Over Again

di Kirale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Looking inside myself ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno: Away from you ***
Capitolo 3: *** Capitolo due: Too many regrets ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre: Thinking about you ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro: Empty Expectations ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque: Wandering heart ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei: Needing hope ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette: Starting over again ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto: Soothing moments ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove: Meeting the enemy ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci: The calm before the storm (prima parte) ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici: The calm before the storm (seconda parte) ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici: The beginning of the end ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici: Lies and truth ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici: Pain and Resolutions ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici: Keep going ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici: Getting closer ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette: On the verge of collapsing ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto: I'd die for you ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannove: Fear of losing you ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti: Let it rain ***
Capitolo 22: *** Epilogo prima parte: All's well that ends...well? ***



Capitolo 1
*** Prologo: Looking inside myself ***


Nota dell'autrice.
Salve a tutti! Questa è la mia prima storia e forse anche l'ultima su "Provaci ancora prof!".
Non scrivevo in italiano fanfictions da più di otto anni e devo ammettere di essere abbastanza agitata.
In realtà, avrei continuato a non scrivere nulla se la fine della sesta serie avesse accontentato i decennali fans della prof, ma siccome purtroppo questo non è accaduto - di nuovo aggiungerei - la delusione è stata talmente tanta, che alla fine ho preso coraggio e ho voluto creare una storia per proseguire quel finale.
Sarà una storia a capitoli ed è già quasi finita, probabilmente in tutto saranno una decina. Non vi aspettate un granché, ve lo dico già da ora. Per le dediche e i ringraziamenti ci rivediamo a fine capitolo.
Essendo multichapters, questa è solo una introduzione ed esclusivamente introspettiva, avevo bisogno di far entrare la gente nella testa dei personaggi prima di poter sviluppare la trama, sarà un po' noiosa, lo so, quindi se dopo di questo non volete più leggerla, avrete tutte le ragioni del mondo.


Che altro dire, buona lettura!


Prologo
Looking inside myself



Era luglio.
Ma in realtà per lui poteva essere qualsiasi altro mese dell'anno, non avrebbe fatto alcuna differenza.

Era già luglio.
E proprio in quel periodo, nell'appartamento di fronte al suo, la voce di una vivacissima neonata riempiva le notti in cui non riusciva a chiudere occhio.

Luglio...
A luglio sarebbero stati stati sette mesi dalla notte che aveva cambiato la sua vita illudendolo che forse, anche se non era più un ragazzino, l'amore, quello con la A maiuscola, aveva letteralmente bussato alla sua porta dandogli una possibilità di cominciare a vivere.

Ma ovviamente si era sbagliato.
Avrebbe dovuto capirlo, aspettarselo.

In fondo non era la prima volta che riceveva un rifiuto da lei, ormai era un' abitudine, però adesso, a causa di tutto quello che c'era stato prima, la botta era arrivata talmente forte da rintontirlo e non fargli comprendere con chiarezza cosa stesse succedendo.
Si ricorda il cervello in tilt che tenta di mettere a fuoco quello che lei gli sta dicendo, o meglio sta dicendo a loro, a lui e a Renzo, in un corridoio di ospedale davanti ad una macchinetta del caffè.
Si ricorda aggettivi come "sola", "libera", "indipendente".
E poi, l'interno della stanza di Carmen e Livietta, dove per la seconda volta, gli venne chiesto chi era.
La sua mente, in pochi secondi, aveva cercato disperatamente una risposta, sebbene nel fondo del cuore lui sperasse che Camilla rispondesse a quella domanda.
Ma lei era già impegnata a fare la nonna libera, e se aveva sempre considerato lui come ultima ruota del carro prima, figuriamoci adesso.
E così era uscito quel"amico adottato", confermato dal sorriso della sua prof.
Quel sorriso che tanto amava ma che in quell'istante lo aveva trafitto al pari di una spada affilata, non avrebbe saputo descrivere il dolore dilaniante che gli aveva mozzato il respiro.

E pensare che la sera stessa, mentre da solo in casa affogava nell'alcol quel senso di sconfitta e solitudine, lei lo aveva persino cercato.
Il telefono era squillato e non sentendosela di rispondere era partita la segreteria.
Eccola lì, con quella voce che aveva sentito mille volte e della quale conosceva ormai le più minime sfumature.
La stessa voce che gli diceva che voleva vederlo.
E lui quel tono lo aveva riconosciuto benissimo.
Solo che lei non poteva dire che non erano una coppia, aggiungere che voleva fare la nonna libera e poi cercarlo di nuovo!
Non si era nemmeno disturbata a contestare la sua risposta in ospedale, eppure adesso lo voleva?

"Amico adottato".

Ma da quando si adottano gli amici?
Si adotta un cane, un gatto, ma sicuramente non si adotta un vicequestore.
Più ci pensava e più non capiva come gli fosse venuto in mente di presentarsi in quel modo.
Forse era stato solo un rocambolesco tentativo di sentirsi parte di quel quadro...ma a chi voleva darla a bere?
Lui in fondo non ricopriva nessun ruolo, non aveva una ragione per stare in quella stanza.
Aveva sperato, pregato, dato tutto sé stesso senza risparmiarsi in quella che lui credeva fosse una relazione che sarebbe diventata la più importante della sua vita, ma che invece alla fine per lei non era altro che un modo per uscire da un periodo estremamente negativo, un modo per riprendere le forze e poi continuare da sola.
O magari più avanti con Renzo, o con quel Michele Carpi.
Chi può saperlo.

L'unica cosa di cui adesso era sicuro è che Camilla avrebbe messo tutti, forse persino il loro portiere, prima lui.
No, decisamente Gaetano non faceva parte di quella famiglia, e Camilla non avrebbe mai fatto parte della sua.
Quella foto che continuava a guardare ogni sera, che pochi mesi prima aveva quasi azzardato a sperare potesse diventare realtà, sarebbe rimasta solo una foto.
Tre volti che gli sorridevano, una donna, un uomo e un bambino, un ritratto perfetto.
E pensare che in un angolo del suo cuore, una parte ancora più nascosta di lui si era persino illusa che un giorno, i volti sarebbero diventati quattro...
Basta, basta, si stava facendo del male da solo e doveva smetterla, ecco perché non aveva risposto alla chiamata di lei.

Lo sapeva che non poteva stare senza Camilla, ma aveva anche capito che lei poteva invece fare benissimo a meno di lui e questa situazione doveva cambiare.
La amava troppo per pensare di perderla ma d'altra parte non poteva annullarsi per lei, lasciarle fare e decidere qualsiasi cosa.
Perché questo aveva fatto soprattutto nell'ultimo periodo in cui erano stati insieme.
Aveva il terrore che lo lasciasse e mentre da una parte tentava di cercare conferme, a volte anche in modo un po' troppo ossessivo, dall'altra si scusava appena poteva perché non avrebbe sopportato che lei si allontanasse a lui.
A quanto pare invece si era allontanata lo stesso, quindi alla fine tutto il suo impegno era stato inutile.
Aveva tanto da darle, ma forse quel tanto era diventato troppo e lui non era stato capace di calibrarlo?
Non lo sapeva, e soprattutto non capiva neanche perché dovesse sentirsi come se quello che era successo fosse colpa sua.

L'unica maniera di ristabilire un equilibrio era quella di allontanarsi, non doveva vederla, in qualche modo doveva sparire e quindi, se nei giorni immediatamente successivi aveva accuratamente evitato di incontrarla anche solo in cortile o sulle scale, perché il rifiuto di lei lo aveva ferito quasi mortalmente, ora aveva realizzato che la cosa migliore era continuare su questa linea e che loro non si vedessero proprio più, almeno per un po'.
Ma per farlo aveva bisogno di andar via da lì, da una casa che parlava di lei, che profumava di lei in ogni angolo.
Gli sarebbe costato tantissimo e stava mettendo sul piatto tutto, ma d'altronde ormai non aveva più nulla da perdere.

Sapeva cosa avrebbe dovuto fare, doveva solo trovare il modo per farlo.
 



Luglio era un mese che le piaceva molto.
Le scuole erano finite, lei riusciva a dedicarsi a qualcosa che non fossero i suoi studenti, e proprio in quel luglio, con l'arrivo il mese prima della nipotina, era sempre indaffaratissima tra pappe e pannolini, intenta ad aiutare una veramente troppo giovane Livietta in un compito che persino per lei, quando di anni ne aveva trenta e passa, era stato duro.
Il tempo per pensare era poco, un bambino è come un uragano e cambia tutti i ritmi dei componenti della famiglia.
Oltretutto, quando arrivavano a casa a trovarli anche Renzo e Carmen con il piccolo Lorenzo e i due bambini decidevano di non cooperare con i loro genitori, i decibel si alzavano pericolosamente rendendo poi tutti ancora più esausti.

Alla sera si buttava sul letto quasi a peso morto con Potty sempre al suo fianco, e solo quando chiudeva gli occhi sentiva una specie di dolore sordo, un senso di vuoto, qualcosa che, anche se era veramente sfinita, non le permetteva di riposare serena.
Ogni tanto si voltava a guardare il cellulare durante quei momenti.
Ogni tanto, ma solo ogni tanto, rileggeva quel "Batti un colpo" e sentiva una fitta al petto.
Non aveva avuto il coraggio di cercarlo più dopo quel giorno.

Era giusto, voleva rimanere da sola, lo aveva detto persino lei.

Ma nella sua testa, questo non implicava il non vedersi; ingenuamente la sera stessa al ritorno dall'ospedale, gli aveva telefonato lasciando un messaggio in segreteria e aspettandosi che come ogni volta, lui la richiamasse.
Stavolta però Gaetano non si era fatto sentire e da allora sembrava facesse l'impossibile per evitarla.
Sapeva di essersi andata a cacciare in una situazione difficile, oltretutto Michele si era persino rifatto vivo chiedendole di vedersi, ma dopo la risoluzione del caso, quando l'ansia del cercare il colpevole aveva fatto calare l'adrenalina, lei lo aveva visto per quello che era, e la nebbia provocata dal ricordo del "primo amore" si era diradata, lasciando il posto alla realtà dei trenta anni dopo.
Una realtà che solo adesso era capace di affrontare, dai problemi di mariti traditori e amanti incinte, a quelli di una figlia giovanissima ma ormai già madre e sposata con un dj che potrebbe portarsela via in qualsiasi momento per andare a vivere a Londra.

Eppure Camilla si era resa conto da sola che, se quella notte non fosse andata da Gaetano a chiedergli la camomilla, a quest'ora lei sarebbe ancora a strafogarsi di cibo piangendo abbracciata a Potty, rosa dalla frustrazione e dal risentimento senza potersi lasciare tutto questo alle spalle.

Era sempre stata abituata a non aprirsi, una persona testarda che vuole cavarsela da sola in tutto, e forse proprio per questo era stato molto difficile, una volta avuto il tempo di riflettere, dover ammettere che se aveva superato uno dei momenti più oscuri della sua vita era stato proprio grazie alla presenza del vicequestore.
Neanche lei sapeva come fossero arrivati a questo punto, come da quell'idillio dal quale aveva paura di svegliarsi, fosse passata al desiderio di allontanarlo, di starsene da sola.

Sapeva solo che ora le mancava.

Le mancava ridere con lui, investigare con lui, passeggiare sotto la pioggia e baciarsi incuranti degli occhi della gente in mezzo ad una piazza.
Le mancavano le sue camicie e le sue felpe, quelle che metteva sempre quando andava a casa sua perché adorava venire avvolta dal suo profumo, anche se ovviamente a lui non lo aveva mai detto.
Aveva bisogno di rivedere quegli occhi che in ogni singolo istante in cui si posavano su di lei, le facevano provare un brivido e sentirsi come se fosse la donna più bella del mondo, l'unica per cui valga la pena vivere.

Ma Camilla era molto orgogliosa, e non sapeva chiedere scusa per prima o tornare indietro sui suoi passi.
Ammettere di essersi sbagliata era una cosa che non faceva mai e aveva sperato che, come ogni altra volta, lui avrebbe fatto la prima mossa, ma il tempo passava e anche se viveva di fronte a lei, Gaetano sembrava un fantasma, era scomparso.

Questa situazione non sarebbe potuta andare avanti ancora per molto, avrebbe fatto qualcosa lui, ne era certa, era solo questione di tempo.
Però era lei che voleva rimanere da sola, e lui aveva sempre rispettato, anche troppo, tutte le sue richieste.

Non aveva più nessuna certezza.

Ed era così che si addormentava la notte, con quella sensazione di inquietudine e un peso sul cuore.


Introduzione andata e la sensazione è uguale a quella che provi quando ti tolgono un dente :D
Scusate la enorme introspezione ma mi serviva per spiegare lo stato emotivo dei personaggi, dal prossimo capitolo, che in ogni caso è già disponibile, le cose cominceranno a muoversi. Sempre qualora vogliate continuare a leggere.
Avrei un mondo di gente a cui dedicare quello che ho scritto e fare tutti i nomi sarebbe lughissimo. Mi limiterò a dire che se non fosse stato per un certo gruppo su Facebook, qui non ci starei per cui la mia dedica e il mio ringraziamento va a quelle stupende persone che ne fanno parte e con cui ho condiviso le gioie e i dolori, soprattutto i dolori, di questa sesta serie della prof.
Ci vediamo al prossimo capitolo!!!

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Capitolo 2
*** Capitolo uno: Away from you ***


Due capitoli a botta. Lo so è un po' tanto, ma dato che il primo era solo un prologo, prima dei pomodori che comunque sono bene accetti sappiatelo che qui la verdura costa tanto, ho pensato di pubblicare anche questo, se non altro per far capire la direzione che sta prendendo questa storia.
Il prossimo capitolo  verrà pubblicato probabilmente Domenica prossima.

Capitolo uno
Away from you


 

Quella telefonata era arrivata come una salvezza.
Era nel suo ufficio quando Torre gli aveva detto che lo cercavano da Roma per un caso che avrebbero voluto svolgere con l'aiuto dell'ex vicequestore del commissariato Trevi/Campo Marzio.
La faccia del fidato amico ispettore era velata da una smorfia, lui Roma la aveva lasciata per tornare a lavorare con il suo vicequestore preferito, e sinceramente non era affatto contento della piega che stava prendendo quella storia.
Gaetano prese il telefono e dall'altra parte, la voce dell'uomo che aveva preso il suo posto a Roma, tale Paolo De Matteis, che Gaetano conosceva solo dalle descrizioni di Torre, dopo una brevissima presentazione, aveva cominciato a spiegare la situazione.
Si trattava di individuare una cellula di criminali che agivano a Roma e che erano affiliati ad un clan mafioso il cui quartier generale si trovava al Sud.
Finora c'erano stati svariati omicidi legati a questo caso che continuava ad andare avanti da mesi senza sbloccarsi perché l'omertà generale non permetteva di individuare la localizzazione dei capi di questa cellula.
Il questore di Roma voleva risposte e aveva preteso che, poiché si erano ormai impantanati, chiamassero aiuti esterni.
E chi avrebbe potuto aiutarli se non Gaetano Berardi, colui che addirittura aveva avuto un trascorso all'estero e vantava ancora adesso la più alta percentuale di risoluzioni di casi di omicidio in carriera?
Oltretutto, era anche stato vicequestore proprio a Roma, quindi conosceva la città e probabilmente aveva ancora svariati agganci da poter utilizzare.
Così De Matteis, un po' ormai stanco del protrarsi della situazione, un po' evidentemente frustrato dal non essere riuscito a sbrogliare il caso da solo, aveva risolto di chiamare Gaetano per spiegargli tutto e chiedere la sua assistenza.
Non avrebbe dovuto lasciare il lavoro di Torino, al suo posto sarebbe andato un sostituto temporaneo finché il caso di Roma non fosse risolto.
Alla sua conclusione, sarebbe potuto tornare a riprendere la sua attività.
Per una volta, Gaetano non si lasciò scappare l'occasione, e anche se Roma gli portava alla mente miliardi di ricordi dolci e amari, accettò la proposta e assicurò che sarebbe andato il più presto possibile forse anche verso la fine di quella settimana.

Dopo aver messo giù il telefono sentiva che il destino gli stava dando un'opportunità e l'unica cosa che gli fece male, fu vedere il volto di Torre che lo guardava come un animale ferito.
- Dottò...ma allora ve ne andate?-
La voce dell'ispettore era spezzata, Gaetano era quasi convinto che si sarebbe messo a piangere.
- Torre, ascoltami, non è per sempre, mi hanno chiesto aiuto da Roma e tu lo sai benissimo che io ho bisogno di allontanarmi da qui, questa è una buona occasione per me e non posso lasciarmela sfuggire.-
Torre guardava per terra, sembrava un bambino che ascolta i rimproveri del padre.
- E...non posso venire con voi?-
- Torre ma che cosa dici? Prima di tutto sei sposato e questo significherebbe allontanarti da tua moglie per dei mesi, e poi non sarà per sempre, quando il caso sarà risolto io tornerò. Inoltre...- Si avvicinò all'amico sorridendo e mettendogli una mano sulla spalla.
- Se non ci sei tu qui a far andare avanti la baracca, io non me ne posso andare tranquillo. Arriverà un sostituto temporaneo è vero, ma io mi fido solo di te e lo sai, il commissariato finché io sono a Roma, lo affido a te, se venissi con me come faremmo?-

Era evidente che quella dimostrazione di fiducia e di amicizia aveva colpito l'ispettore più di quanto lui si aspettasse. Aveva gli occhi lucidi è vero, anche perché con gli anni che passano era diventato molto più sensibile, ma aveva capito la situazione e avrebbe fatto di tutto pur di aiutare Gaetano.

- State ancora molto male, è vero?-
Il sorriso non mutò, ma Torre vide che non toccava più gli occhi. Era un sorriso triste, rassegnato.
- Vuoi la verità? Sì, molto, ed è anche per questo che ho bisogno di cambiare aria. Ti ricordi quello che ti dissi tempo fa riguardo a Camilla? -
- Che voi senza di lei non ci sapete stare?-
Gli occhi del vicequestore ora fissavano un punto imprecisato dietro Torre.
- Esattamente, ho deciso che devo riuscire a farcela da solo, e devo allontanarmi da lei per ritrovare il mio equilibrio. E' vero che ho paura, lei ha deciso che vuole rimanere da sola adesso ma non è detto che Renzo, o quel Michele non possano portarmela via mentre io sono a Roma, però se continuo a stare accanto a lei, nulla cambierà in qualsiasi caso. Sto rischiando di perdere la mia possibilità, lo so, ma il destino in qualche modo ci ha sempre fatto rincontrare e in ogni caso, se devo continuare solo ad essere solo un "amico adottato", preferisco non essere nulla. Mi sto giocando tutto per l'ultima volta, se va male ora, mi metterò l'anima in pace. E poi che ne sai, magari a Roma mi innamoro e decido di rimanere lì... - finì con un sorriso divertito.
Torre invece fece una faccia terrorizzata.
- Poi però mi chiamate lì vero? -
La risata di Gaetano per la prima volta in parecchie settimane riempì l'ufficio. Abbracciò l'amico ancora ridendo.
- Ma come farei senza di te, Torre! Facciamo così, se mi innamoro chiamo te e signora e vi faccio venire a Roma, va bene? Siete la mia squadra dopotutto-.

 

I giorni immediatamente successivi passarono molto velocemente. Gaetano era immerso nei preparativi per la sua partenza ma stava sempre assolutamente attento ad evitare Camilla.
Aveva deciso di farle sapere che sarebbe andato via, ma solo a cosa fatte. Non ce la faceva a parlarle perché sentiva che se la avesse vista, se  avesse guardato in quegli occhi castani, la sua risoluzione sarebbe crollata come un castello di carte.
Per cui fece in modo di uscire o muoversi sempre in orari in cui non vedeva la sua macchina parcheggiata, segno che non c'era.

Il destino volle però che proprio il giorno della sua partenza, mentre stava tornando dal fioraio, incontrasse sulla via del loro condominio Livietta con la piccola Camilla, che invece stavano andando a fare una passeggiata al parco.
 




Ancora non aveva chiamato.
Erano passate settimane e lui ancora non chiamava e non riusciva neanche a incrociarlo in cortile o sulle scale.
Sembrava veramente come se non ci fosse e la cosa la stava facendo impazzire.
Dall'aspettare che lui si facesse sentire, era passata al darsi della deficiente in ogni momento in cui se ne stava sola, a chiedersi perché aveva detto quella frase infelice il giorno della nascita della sua nipotina.
Stava diventando una situazione insopportabile.
In tutto quel periodo non aveva fatto altro che guardare lo schermo del telefono saltando ad ogni notifica di messaggio.
E poi sempre nel cellulare, aveva ritrovato quella foto.

Era un selfie che lui aveva a tutti costi voluto scattare di loro due davanti alla fontana, poco prima di andare da Torre per l'omicidio di Nancy Saracco.
Avevano entrambi un sorriso così felice lì da sembrare due quindicenni innamorati.
A lei i selfie non piacevano per niente, oltretutto era sicura di uscire malissimo in quelle foto fatte con i cellulari, eppure lì, con la testa appoggiata alla spalla di lui, si vedeva bella come non mai. E lui, beh, lui era talmente stupendo da toglierle il fiato.
Se lo era stampato, quel selfie, e lo teneva dentro il primo cassetto del comodino,insieme al messaggio che lui aveva mandato con le margherite che le erano arrivate a scuola.

Come aveva fatto a non accorgersi di quello che aveva?

La sua amica Francesca una volta le aveva detto che se non se lo prendeva lei, se lo sarebbe preso qualcun'altra.
Questo pensiero adesso la terrorizzava, e se lui non le stava rispondendo perché magari durante qualche caso aveva incontrato una donna?
Si era resa conto che il "vi voglio molto bene" detto a quelli che erano effettivamente i due uomini più importanti della sua vita, era stato un errore.
Non avrebbe dovuto metterli sullo stesso piano, era vero che lei nonostante tutto voleva molto bene a Renzo, ma sicuramente poteva astenersi dal fare certe dichiarazioni alla presenza di entrambi.
Aveva commesso una leggerezza imperdonabile e se ne era accorta solo a posteriori, quando alcuni giorni dopo, aveva chiarito con Renzo tutta la situazione.

Si erano incontrati casualmente un pomeriggio, quando Renzo stava portando Lorenzo a fare la passeggiata, e Camilla era con la nipotina, così, mentre entrambi spingevano le rispettive carrozzine, erano riusciti a parlare dicendosi tutto quello che tenevano dentro, senza rancore.
Lei aveva capito che Renzo avrebbe sempre fatto parte della sua vita, era il padre di sua figlia e venti anni di matrimonio non si cancellavano in un soffio, ma allo stesso tempo, quello che era successo la aveva cambiata e anche se li legava e li avrebbe sempre legati un affetto grandissimo, l'amore non c'era più.

A quanto pare però Renzo lo aveva già accettato. Le disse che dopo quella chiacchierata all'ospedale aveva compreso che nulla sarebbe mai potuto essere lo stesso.
Il "vi voglio bene" detto quel giorno gli aveva fatto capire che ormai il loro matrimonio si era concluso.
E poi erano finiti a parlare di Gaetano, con grande sorpresa di Camilla, perché Renzo aveva voluto scusarsi. Si era accorto che probabilmente, il suo intromettersi nella vita di lei e Gaetano aveva causato a Camilla una insofferenza che si era poi tramutata in un desiderio di volersi allontanare da entrambi.

Quel giorno con Renzo aveva segnato una svolta importante per lei, ricordava  ancora ogni parola.

Stavano spingendo le carrozzine in silenzio quando ad un tratto Renzo aveva cominciato a parlare.
- Lo..lo so che ti ho fatto molto male, e so anche di essere stato molto egoista a non voler rinunciare a te, a tentare di riconquistarti quando l'unica cosa che avrei dovuto fare era chiederti perdono in ginocchio e lasciare che tu ricominciassi a fare la tua vita.-
Quell' uscita la aveva spiazzata. Lo stava guardando come non faceva ormai da tempo mentre Renzo sembrava un fiume in piena che neanche la sua balbuzie poteva fermare.
- Tra..tra di noi rimarrà sempre un grande affetto, ma voglio dirti che ho deciso di non intromettermi più nella tua vita, niente più telefonate per chiederti delle pasticche o visite non annunciate a casa tua per un milione di motivi diversi. Ho deciso che non voglio confondere mio figlio più di quanto non lo sarà già quando dovrò spiegargli che la bambina che gioca sempre con lui in realtà è sua nipote. E..de, desidero che questa famiglia allargata rimanga serena. Come dire, depongo le armi, penso che ti amerò per sempre, ma so anche che come tu hai ben detto, questo sentimento non è ricambiato e quindi invece di allontanarti di più da me con la mia insistenza, mi accontenterò di fare con te il nonno della nostra adorabile nipotina. E poi voglio dire, guardaci, ma che nonni fantastici siamo? Alla fine non saremo marito e moglie, ma una coppia di super nonni di certo, non ti pare?-

Aveva finito di parlare mentre guardava i bimbi che ancora non sembravano volersi addormentare, con un sorriso dolce che le faceva un po' ricordare il vecchio Renzo ormai sepolto da anni.
E anche lei per la prima volta si era sentita in pace, finalmente.
Almeno una situazione era risolta.
Stava per aprire bocca quando lui continuò.

- Però Camilla, proprio perché ti voglio bene, anche se ammetto che mi brucia da morire quello che stai per sentire...sei sicura che quel discorso fatto in ospedale riguardasse sia me che il tuo..che Gaetano?-
La domanda la sorprese. Se lo era chiesto spesso anche lei, ma mai avrebbe pensato di sentirsi fare questo discorso da Renzo.
- Ricordati sempre che negherò  tutto ciò che sto per dire fino all'ultimo dei miei giorni, - si fermò un attimo e poi riprese - quando c'è stato il caso di quel...quel tipo lì, Michele, io e Gaetano ci siamo trovati, come dire, nella stessa barca ed è stato in quel momento che..che ho capito quanto lui tenesse a te. Io l'unica cosa che sapevo fare era pensare ad un modo per allontanare questo tuo primo amore mentre lui ripeteva che questa cosa riguardava solo te e Michele. Pensa -ride – che per la prima volta, ho chiamato Michele "intruso" mentre parlavo con Gaetano. Non era lui l'intruso, era Michele. Avevo già accettato che Gaetano facesse in qualche modo parte della tua vita e ora l'intruso era un terzo elemento.-

Si erano fermati a sedersi su delle panchine mentre facevano dondolare leggermente le carrozzine per cullare i neonati.

- Avevo persino tentato di insinuare il dubbio in Gaetano che tu con quel Michele la notte dell'omicidio ci fossi veramente stata, cosa che lui invece non aveva neanche preso in considerazione. E in quel momento mi è stato tutto chiaro. Gaetano ti girava intorno da quando Livietta aveva sette anni, ed era ancora lì ad aspettare, a credere in te e metterti prima di tutto il resto. Lo so che tu dieci anni li vali tutti, ma mentre lo guardavo provavo un misto di invidia per la sua tenacia e pena, perché se è vero che eravamo nella stessa situazione in quel momento, io ho passato venti stupendi anni con te che ricorderò per sempre, lui invece solo qualche mese in cui peraltro, aveva avuto anche tutta una serie di problemi legati alla nostra complicata situazione, senza parlare di quella di Livietta.- continuava - Ho anche provato farlo cedere dicendo che ti vedevo più bella in quei giorni dandone il merito al tuo rincontro con Michele, per farlo preoccupare, ma la realtà è che tu eri rifiorita proprio dopo che avevate cominciato..qua..qualsiasi cosa ci fosse tra voi. Eri splendida, e sapere che non ero io a renderti così mi aveva incattivito a tal punto da volere che anche lui provasse un po' di quello che stavo provando.-

Camilla continuava a fissarlo ed era passata da un misto di rabbia per aver saputo cosa Renzo aveva tentato di fare, ad amarezza, perché probabilmente lei con il suo comportamento a volte ambiguo aveva contribuito a creare quella situazione.
Anche lei si era accorta che aveva ricominciato a sorridere solo dopo quella fatidica notte in cui era andata a chiedere al suo vicino la camomilla galeotta. Aveva ritrovato il piacere di dormire abbracciati, risvegliarsi con un sorriso sentendo il battito del cuore di lui, anche perché tanto finiva sempre col dormirgli addosso. E alla fine del discorso di Renzo, si era fatta avanti prepotente una sensazione che non aveva mai provato prima, la consapevolezza che Gaetano nonostante tutto non aveva mai dubitato di lei, che la conosceva così bene da sapere che lei avrebbe messo a repentaglio anche la sua libertà per fornire un alibi a qualcuno se era convinta della sua innocenza. Di nuovo, sentì lo stomaco chiudersi al pensiero che Gaetano, a differenza di Renzo, non voleva intromettersi tra lei e Michele perché quella era una questione che non lo riguardava.
Il suo vicequestore la aveva sempre lasciata libera, ma aveva ragione chiedere conferme di cosa erano dato che per dieci anni si era visto mettere sempre da parte.
E lei che aveva fatto come risposta? Lo aveva messo al pari di Renzo affermando che voleva rimanere da sola.
Eccola, adesso era sola, e sentiva che una parte di vita le mancava completamente, come se fosse un involucro vuoto.

- Renzo..-
- No Camilla aspetta, fammi finire. Tutto questo era per dirti che è vero che la nostra famiglia è incasinata e molto allargata. Ma se la devi allargare di più...ecco a questo punto io, come ex marito e spero anche amico, ti inviterei a riflettere su chi far entrare . Se non posso esserci più io accanto a te, vorrei vedere lì qualcuno che ti rendesse felice e a malincuore ammetto che questo compito sia riuscito a svolgerlo in modo eccellente solo una persona....poi, la vita è tua e quindi de..decidi secondo i tuoi sentimenti..-

C'era solo un uomo che la conosceva più di Renzo, ma siccome in quel periodo quell'uomo lei non riusciva a vederlo, quando il suo ex marito finì il lungo monologo, lei non poté far altro che abbracciarlo ringraziandolo. Sia per la sincerità che per i consigli.
Rimasero abbracciati per un po' mentre i due neonati nelle carrozzine avevano finalmente preso sonno.


 

Quel pomeriggio aveva chiarito tante cose, dopo l'abbraccio, lei con gli occhi un po' lucidi e anche imbarazzata, gli aveva detto che Gaetano non si faceva più vedere e sentire e il suo ex marito le aveva assicurato che in caso lo avesse rivisto, la avrebbe avvertita così da bloccare il vicequestore e finalmente sistemare tutto anche con lui.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe riuscita a creare un così bel rapporto con Renzo. Questo un pochino le dava la speranza che forse sarebbe riuscita ad aggiustare tutto anche con Gaetano, ammesso che lui riapparisse. Solo che i giorni passavano e di lui neanche una traccia.

Più il tempo correva e più aveva voglia di andare a bussare a quella porta, però la sua insicurezza la bloccava. Si era chiesta se non avesse oltrepassato il numero massimo di volte in cui un uomo potesse venire rifiutato, aveva paura di andare lì e vedersi chiudere la porta in faccia.

E non lo avrebbe sopportato.

Ironico, in dieci anni per la prima volta probabilmente si sentiva come si era sempre sentito Gaetano ad ogni suo rifiuto. Era una sensazione orribile e più ci pensava, più temeva che questa volta lui non la avrebbe perdonata.
Luglio ormai volgeva al termine, Livia era fuori con la piccola Camilla e lei era in casa, sdraiata sul divano con Potty in braccio.

- Che faccio Potty? Che cosa devo fare? -

Ma questa volta Potty non le rispose perché era ben più interessato a riempire il suo pancino, per cui tentava di attirare la sua attenzione verso gli adorati croccantini.
A lei invece inspiegabilmente era persino passato l'appetito, proprio lei che di solito non faceva altro che mangiare biscotti quando si sentiva giù.
Sarà stata la bambina, le notti in bianco e questa ansia per la sua situazione col vicequestore ma ultimamente la sua condizione fisica lasciava molto a desiderare.
- Va bene tesoro, dai, andiamo a darti la pappa -
Alzandosi dal divano ebbe un ennesimo capogiro ma Potty reclamava e quindi si diresse verso lo scaffale dove teneva i croccantini solo per scoprire che il contenitore era vuoto.
Non aveva neanche la macchina, ma mai avrebbe lasciato il suo Potty a stomaco vuoto, per cui risolse di andare a comprare i croccantini con l'autobus.
- Tesoro, adesso la mamma esce a comprarti la pappa, tu fai il bravo e stai attento a non far entrare i ladri d'accordo?-
Il cagnolino dopo essersi preso un ennesimo bacio, guardò Camilla andar via per poi tornare nella sua cuccia ad aspettare pazientemente il ritorno della padrona.

 



-Gaetano! Ciao, è un sacco che non ti si vede!-
La voce di Livietta e quel sorriso che tanto le ricordava la bambina che aveva conosciuto più di dieci anni prima, lo avevano ridestato dal mondo in cui si era perso a pensare.
- Livietta, come stai? Anzi, dovrei dire, come state? - chiese affacciandosi sulla carrozzina a guardare la bimba dormire, un sorriso gli si dipinse sulle labbra e gli occhi si illuminarono.
- Bene, noi stiamo bene, sempre di corsa ma alla fine con mamma che mi aiuta è tutto più facile -
Se sentire un riferimento a Camilla avesse scosso il vicequestore Livia questo non lo era riuscito a percepire, certo è che non era stupida e aveva capito che qualcosa era successo.
Sua madre da quando la piccola Camilla era con loro le sembrava ancora più attiva di prima per quasi tutta la giornata, fino poi a cadere distrutta la sera sul suo letto. E lì, una volta, affacciandosi nella camera, la aveva vista sospirare e prendere in mano una foto, che qualche giorno dopo scoprì ritrarre lei e Gaetano abbracciati.
Non aveva ancora voluto affrontare quel discorso, ma nessuno le vietava di tentare di carpire qualcosa dal vicequestore.
Mentre era impegnata nel suo ragionamento vide l'uomo sfiorare una guanciotta della bambina che forse per il solletico, aveva fatto un piccolo sorriso.
- Vuoi provare a prenderla in braccio?- Gli chiese senza neanche sapere perché le fosse venuta quella idea.
Ma seppe di non aver sbagliato quando il volto di Gaetano cambiò espressione.
-Pensi che possa? Io non so se ci so fare con i bambini, potrei farla cadere...-
- Ma no dai è facilissimo, anche io avevo paura all'inizio...guarda -
E così prese la piccola e con molta delicatezza gliela mise in braccio mostrandogli come tenerla.
Era divertente vederlo con un bambino, le ricordava molto George la prima volta che aveva preso Camilla in braccio e si stupì nell'accorgersi di come alla fine, lei e sua madre non avessero poi gusti così differenti in fatto di uomini.
- Ciao, ma come sei bella! - le diceva con un tono talmente dolce che probabilmente avrebbe fatto sciogliere anche la donna più crudele di questo mondo.
A vederlo in quel modo, così sereno e vulnerabile, Livia sentì che sarebbe stato ora o mai più.
- Gaetano...perché non vieni più a trovarci? -
La domanda era arrivata a bruciapelo, ma non c'era recriminazione nel tono di voce di Livia, c'era solo una curiosità mista a un pizzico di tristezza? Che Camilla sentisse la sua mancanza?
- Vedi Livietta, tra me e tua madre...-
- Lo so cosa c'è...me lo disse prima che mi sposassi con George anche se io lo avevo già capito...-
L'ammissione di Livietta lo aveva sorpreso, ma non più di tanto, in fondo se la madre era una detective nata, la figlia non poteva essere da meno.
- Beh, allora tu sei più informata di me, perché se ti devo dire la verità io non so cosa ci sia tra me e lei, quando lo chiesi a tua madre, lei.. diciamo che non mi rispose. -

Va bene, questo non se lo aspettava nemmeno Livia.
Da come aveva visto stare sua madre nell'ultimo periodo non aveva alcun dubbio che fosse innamorata pazza di Gaetano, avrebbe messo la mano sul fuoco se glielo avessero chiesto. Per questo la risposta del vicequestore la aveva lasciata spiazzata.
L'ultima cosa che Gaetano desiderava, era lasciare a Livia un brutto ricordo di lui.
Voleva bene a quella ragazzina, ormai donna e mamma, come ad una nipote e non nega di aver sognato tante volte che Livietta potesse essere figlia sua e di Camilla.
Per cui non aveva intenzione di mentire, ma non voleva neanche che la colpa di tutto ricadesse solo su Camilla.
Decise quindi di parlare chiaro.

- Tua madre in ospedale, ha detto sia a me che a tuo padre che voleva rimanere un po' sola, che voleva fare la nonna libera e indipendente. E lo capisco, è uscita da un matrimonio durato venti anni, e contemporaneamente è diventata nonna, tutto in meno di un anno.
E poi c'ero io che complicavo la situazione.
A quello Livia non poté non ribattere.
-No aspetta Gaetano, tu non hai complicato nulla!-
Lui però non la fece continuare.
- Livia, tu non sai molte cose, e non sono io a potertele dire perché non spetta a me questo compito. Ma per rispondere alla tua domanda, io ho rispettato la volontà di tua madre e quindi me ne sono stato lontano, e per un po' di tempo continuerete a non vedermi perché ho accettato un lavoro a Roma e starò lì per qualche mese...- non aveva detto una bugia, in fondo non sapeva quanto ci avrebbe messo a risolvere quel caso.- in realtà stavo tornando a casa perché tra poco ho il taxi, parto oggi.-
Gli occhi già grandi della ragazza se possibile si sgranarono ancora di più.
- Ma a mamma non dici nulla? Non puoi lasciarla così!-

Un sorriso amaro sulla bocca, avrebbe voluto controbattere che non era lui ad averla abbandonata e che al contrario c'erano state in passato svariate volte in cui lui era stato "lasciato così", per dirla alla Livia, ma non era il luogo, né il momento ed era inutile recriminare, soprattutto con Livietta.
- Glielo farò sapere stai tranquilla, adesso però devo andare o il mio taxi arriva e non mi trova.-
Rimise la piccola nella culla dopo averle dato un bacio e sorrise a Livia abbracciando anche lei.
- Sarai una mamma stupenda, e anche se non sono tuo padre, mi sento abbastanza di famiglia per dirti che sono orgoglioso di te, sei la degna figlia di Camilla -
E Livia seppe che quello era il più bel complimento che il vicequestore potesse mai farle, ma aveva ancora una domanda, una ultima domanda che le premeva nel cuore mentre lo vedeva andare via.
- Gaetano! - disse prendendo il coraggio a due mani.
Lo vide voltarsi con quel sorriso che, ne era sicura,aveva fatto girare la testa a mille donne.
- Lo so che non sono fatti miei, però...tu...tu sei innamorato mia madre? -
Lo sapeva, non doveva impicciarsi, ma aveva bisogno di sentirlo.
E poi lui sorrise come mai prima, anche se quel sorriso era velato da una profonda tristezza.
- Lei, è l'unica donna che ho amato in tutta la mia vita -
Non ci fu bisogno di dire altro, Livia annuì con la testa.
- Torna presto allora! -
In quel momento il sorriso divenne quasi scherzoso e le fece un occhiolino.
- Io non potrei mai stare troppo tempo lontano da lei..-

Mentre lo guardava allontanarsi, Livietta si chiedeva che cosa potesse essere successo a sua madre, perché un uomo del genere non si trova da nessuna parte. Aveva capito che lui stava omettendo delle cose, che probabilmente c'era molto più dietro tutto quello che lei aveva solo intravisto.
Però non era il suo posto, avrebbe voluto domandare a sua madre ma non sapeva se lei era pronta per quel discorso. In fondo in realtà non era neanche stata proprio lei a dirle di Gaetano, Livia glielo aveva praticamente estorto.
Erano passati circa dieci minuti da quando aveva salutato l'uomo, che si ritrovò sua madre con il fiatone e gli occhi stralunati.
- Livietta, è andato a casa vero?-

E qui si conclude il primo capitolo.
Dunque, la storia comincia a muoversi. Sappiate che questa cosa che stavo scrivendo era partita come una oneshot, ma poi mi è, come dire, sfuggita di mano.
Avrei voluto sviluppare molte altre questioni, ma alla fine ho preferito dare la precedenza a quello che tutti bene o male aspettiamo.
I miei Renzo e Livietta non sono esattamente come quelli che avete visto nella sesta serie, lo ammetto, non mi è piaciuta la loro schizofrenia e quindi ho voluto riportarli ad essere personaggi normali con una certa dignità, soprattutto Renzo che alla fine era diventato la macchietta di sé stesso. L'unica che potrei trattare male nella storia è Camilla probabilmente, perché lei diciamocelo, se lo merita un po'.
Grazie per aver letto il primo capitolo e se vorrete e vi andrà, ci rivedremo per il secondo!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due: Too many regrets ***


Eccomi di nuovo qui con un nuovo capitolo.
Onestamente non so se sono riuscita a tener fede ai caratteri dei personaggi, ci tengo infinitamente a farli rimanere IC ma non è facile soprattutto se si ha a che fare con sviluppi che ancora nella storia non abbiamo visto e soprattutto dato che per quanto riguarda la parte " introspezione dei personaggi" PAP non brilla esattamente e quindi fornisce poco su cui basarsi.
Sono stata cattiva in questo capitolo? Dovrete dirmelo voi credo.
Buona lettura!


Capitolo due
Too many regrets




Il viaggio per comprare i croccantini di Potty si stava rivelando più lungo del previsto.
Sulla via del ritorno, c'era stato un incidente proprio vicino casa e quindi l'autobus si era fermato.
Quando si era alzata dal sedile per andare a chiedere al conducente che cosa stesse succedendo, li vide.

Inizialmente credette di aver avuto un'allucinazione, una visione, un momento di debolezza che le faceva vedere quello che più desiderava, ma poi mettendo a fuoco si accorse che non era così.
Dall'altra parte della piazza, sulla via per arrivare al loro condominio, c'erano Livietta con la piccola Camilla, sua figlia stava parlando con qualcuno...e quella sagoma, la sagoma dell'uomo con loro la avrebbe riconosciuta tra mille.

Il cuore sembrava volesse scoppiarle, era lì veramente, bello come il sole, con quel sorriso che colpisce sempre dritto in mezzo al petto, mentre teneva in braccio la bambina e la guardava come se non avesse mai visto niente di cosìbello nella sua vita.
Venne presa da una voglia folle, aveva un disperato bisogno di riavere il suo sguardo, di perdersi in quegli occhi color cielo che erano capaci di parlarle senza bisogno di parole e portarla talmente in alto da farle dimenticare tutto.
Strinse i pugni desiderando con tutte le sue forze di poter essere dall'altra parte della piazza.

Di scatto, si avvicinò al conducente.
- Mi scusi, per favore, apra la porta, non vede che siamo fermi? Mi faccia scendere torno a piedi!-

L'uomo, un signore sulla sessantina la guardò come se fosse pazza.
- Signora guardi non è possibile, se apro le porte e mentre lei o qualcun altro scende vi succede qualcosa, ci rimetto io il mio lavoro...-
Camilla si sentìsprofondare in un buco nero.
- No, aspetti, lei non capisce, io ho bisogno di scendere la prego, mi faccia scendere, devo scendere assolutamente da qui! -
Aveva alzato la voce e per quella ragione l'uomo si stava innervosendo ancora di più .
- Signora, le ripeto, non è possibile, se non siete alla fermata, non posso aprire le porte, si calmi e aspetti di arrivare alla fermata, e non me lo faccia ripetere un'altra volta. Si metta seduta e stia buona! -
La testa le girava per l'agitazione ma si trascinò verso il vetro da dove li aveva visti.

Rimase lìad osservare quella scena di cui avrebbe voluto far parte.
Poi lo vide adagiare di nuovo la bambina nella culla, anche se era lontano percepiva che lui si muoveva con Camilla in braccio timoroso di fare qualcosa di sbagliato e il cuore le si strinse di tenerezza.

E ora lui se ne stava andando, no, non poteva, lei non gli aveva ancora parlato...doveva fermarsi!
Mentre si incamminava verso il loro condominio, lo vide voltarsi verso sua figlia, dire qualcosa e sorridere. Lo stesso sorriso che aveva visto tanti anni prima dalla finestra della sua scuola, quello capace di illuminare una stanza buia con una luce calda che la aveva sempre attirata fin dalla prima volta che si erano conosciuti.
Ora la vedeva da lontano e rivoleva quella luce e quel calore per sé.

Ma non poté far altro che aspettare, almeno sapeva che ora lui era a casa ed era bastata l'emozione di vederlo a distanza per abbattere qualsiasi paura.
Al diavolo l'orgoglio, stavolta non si sarebbe fatta fermare da nessuno, nemmeno da sé stessa.
Sarebbe andata a bussargli e avrebbero chiarito tutto.

Finalmente l'autobus si mosse ed arrivò alla fermata.
Appena scesa, Camilla cominciò a correre fino a quando non vide la figlia e la nipote e solo davanti a loro si fermò .

- Livietta, è andato a casa vero?-




Il taxi era arrivato, Gaetano fissava il suo palazzo come a volerselo imprimere, sapeva che in ogni caso sarebbe tornato lìma non sapeva quando.
Con un ultimo malinconico sguardo dato verso la finestra di Camilla si infilò dentro al taxi, via per l'aeroporto.
Non aveva avuto il coraggio di parlarle faccia a faccia, aveva paura che tutta la risoluzione scomparisse non appena avesse incontrato quegli occhi color nocciola ai quali non era mai riuscito a dire di no, e non poteva tornare sui suoi passi.

La separazione da lei gli avrebbe fatto bene, forse era questo che mancava a loro, Camilla era sempre stata abituata al fatto che lui ci fosse e magari se questa certezza non la avesse avuta più ...
No, non doveva pensarci. Adesso c'era un caso da risolvere, e doveva far ordine. Aveva messo quella donna al centro della sua vita, e lei aveva preso il suo cuore e ci aveva giocato senza pensare alle conseguenze.
Se la sua partenza le avesse provocato almeno un briciolo di dolore, magari le restituiva il favore.
Anche se non era da lui quell'atteggiamento, anche se non poteva pensare di fare consapevolmente del male alla persona che più amava al mondo insieme a suo figlio.
Però sperava di uscirne, di tornare più forte di prima e magari quel giorno, se tutto fosse stato uguale, avrebbero potuto veramente cominciare qualcosa.

Non è che ci credesse cosìtanto nemmeno lui se proprio doveva essere sincero, ma doveva darsi una speranza, anche se lontana, o tutto quello che stava facendo non avrebbe avuto nessun senso.
Lasciare Torino era come lasciare un pezzo di cuore, no anzi, il pezzo più bello del suo cuore, una pagina di vita dove l'unico desiderio che aveva mai avuto, per pochi stupendi mesi, sembrava essersi avverato, e non sapeva cosa avrebbe ritrovato al suo ritorno, ma non aveva scelta.
Assorto nei suoi pensieri non si rese neanche conto di essere arrivato all'aeroporto.
Guardò lo schermo dei voli, il suo era in orario e con il check in elettronico non avrebbe neanche fatto la fila. I bagagli erano stati spediti prima e quindi si diresse verso la sua uscita senza, per una volta, guardarsi indietro.



- Non esattamente mamma...-
Sua figlia aveva una faccia triste che non le piaceva affatto.
- Tesoro, che cosa vuol dire "non esattamente"?-
- Ecco mamma vedi, Gaetano...insomma...lui sta per partire.-
Il volto della donna già pallido di suo, divenne cadaverico.
- Qu...quando? - chiese mentre si sentiva mancare il respiro e la testa cominciava ad essere pericolosamente pesante.
- Mamma...parte oggi -
Adesso sìche il terreno cominciò a franarle da sotto i piedi.
Tutta la stanchezza per la corsa, tutto lo stress di quelle settimane e l'ansia di non vederlo si fecero sentire in un unico momento, e poi...

Il buio.


Si risvegliò in camera sua, con Livietta seduta al lato del letto che la guardava preoccupata.
- Che..che cosa è successo?-
- Sei svenuta mamma, come ti senti ora? -
- Io sto...meglio, ma come hai fatto a portarmi qui? -
La ragazza sorrise.
- No ma mica sono stata io, papà e Carmen stavano uscendo e ci hanno visto dalla macchina, papà ti ha portato a casa, ora sono di là tutti e due aspettando di sapere come stai...-
Camilla aveva ancora la mente annebbiata, sapeva che c'era qualcosa che doveva fare ma non riusciva a...
Gli occhi le si spalancarono.
- Gaetano!! -
Fece per alzarsi dal letto ma la figlia la bloccò dolcemente con una espressione triste.
- E' già andato via, papà mi ha detto che lo ha intravisto mentre saliva sul taxi circa mezz'ora fa...mi dispiace -

Ecco, adesso un motivo per alzarsi non lo aveva più .
Si rimise distesa fissando un punto impreciso verso la finestra con uno sguardo che Livietta le aveva visto ben poche volte, quasi tutte recentemente.
Tentava di nasconderlo, ma sua figlia capìche quella notizia la aveva scossa molto.
E non la aveva mai vista così.

- Che cosa vi siete detti? - chiese con un filo di voce.
Mentre ascoltava Livietta parlare Camilla non smetteva di darsi della stupida, della cretina, e queste erano solo le più leggere delle offese che si stava tirando in quel momento.
I pugni sul letto si stringevano, era rabbia e frustrazione per non aver agito prima, per essere stata egoista.
Gaetano sarebbe stato via per mesi, perché pensava che era meglio se stessero lontani e stava rispettando quella maledetta richiesta che lei aveva fatto in ospedale.

Era persino troppo tardi per andare a fermarlo, e poi cosa avrebbe fatto? Una scena da film dove lei correva verso il gate urlando che lo amava aspettandosi che lui tornasse indietro e la stringesse tra le sue braccia?
Come no, peccato che quello non fosse un film. Anche perché nei film le eroine di solito sono personaggi buoni e generosi e lei per come si era comportata nei suoi riguardi, tutto poteva definirsi tranne che buona o generosa.
Era invece stata una egoista, e ora ne pagava amarissime conseguenze.
Le era piaciuto per un po' avere non due ma addirittura tre uomini che se la contendevano, ma non si era accorta il prezzo che avrebbe dovuto pagare anzi, che stava già incominciando a pagare.

Era immersa nei suoi pensieri quando Carmen entrò nella stanza.
Diede il cambio a Livietta e si sedette accanto a lei.
- Mi dispiace Camilla, Livietta ci ha raccontato tutto e lo so che non sono fatti miei quindi se vuoi cacciarmi da questa casa ne hai tutto il diritto...-
- Ero veramente io l'ostacolo... -sussurrò con la voce spezzata.
Carmen non si aspettava un'ammissione cosìchiara, è vero che soprattutto nell'ultimo periodo i rapporti con Camilla si erano distesi, ma era stata presa in contropiede e ora non aveva idea di come consolarla o di cosa dire senza risultare invadente.
Però poi si rese conto che quella frase Camilla non la aveva detta a lei, era stato più probabilmente un pensiero che non si era accorta di aver fatto ad alta voce.

In effetti, la donna non la stava neanche guardando, aveva gli occhi persi nel vuoto.
Una sola cosa poteva fare.
- Senti...prima che lo vedessero Livietta e Renzo, quando sei svenuta dato che Renzo ti stava portando in braccio ho preso io quello che avevi e...beh penso che sia meglio darti questo subito...-
E cosìfacendo estrasse dalla piccola busta di plastica una confezione rettangolare che senza neanche pensarci troppo, colta da un attimo di speranza, o magari follia, Camilla aveva comprato in farmacia.
La professoressa si voltò a guardarla.

- Pensi di essere...-
Di nuovo Camilla distolse lo sguardo, stavolta sembrava molto insicura, cosa estremamente rara per lei.
- Non lo so...e poi alla mia età..- anche questo era stato detto quasi sottovoce, disillusa, mentre si appoggiava la mano al lato della testa, quasi a cercare di riordinare le idee.
- Se vuoi porto Renzo e Livietta a casa mia con i bambini, cosìtu puoi stare da sola e...vedere che cosa succede, oppure se hai bisogno posso restare io con te....-

Lo sapeva in fondo che Carmen non era una cattiva persona. E non era neanche tutta colpa sua se alla fine il matrimonio con Renzo non era andato. Però anche essendo consapevole di questo, era troppo farsi vedere cosìvulnerabile proprio dall'amante del tuo ex marito.
- Ti ringrazio Carmen, allora se li porti da te per qualche ora, mi faresti un enorme favore.-
- Va bene - persino Carmen aveva capito che la seconda offerta era troppo per una come Camilla, ma si sentiva comunque utile nel poterle dare una mano.

Mentre erano nella camera, qualcuno bussò alla porta.

La prima cosa che vide furono dei fiori.
Livietta li portava per lei guardandoli con un'aria mista tra il sorpreso e l'ammirato.
- Mamma, guarda che belli! Sono arrivati ora per te, e c'è anche una lettera attaccata!-
Lo disse quasi tutta d'un fiato. Sembrava di nuovo essere tornata una bambina.
Nel vederli, il suo cuore ebbe un sussulto.
Sia Carmen che Livia si accorsero di come il suo volto riprese colore e sorrisero scambiandosi uno sguardo di intesa.
- Livietta, perché tu e la bambina non venite un po' da me? Camilla avrà sicuramente bisogno di riposo e io ho una torta al cioccolato da finire.-
Non serviva dire altro.
- Mamma, torniamo più tardi, mi raccomando rilassati ok?-
Si avvicinò al letto di Camilla e le diede un bacio.
- A dopo tesoro, grazie.-
Le vide allontanarsi e sentìCarmen dire a Renzo di andare da lei. Quando fu sicura che fossero usciti tutti cominciò a fissare quei fiori e il biglietto loro attaccato.
Aveva un disperato bisogno di leggerlo, ma prima doveva sapere, per cui prese la scatoletta che aveva comprato in farmacia e si diresse verso il bagno.

Quando uscì era ancora più agitata di quando vi era entrata.
Questi test moderni, tre minuti e appare sul led la risposta. Neanche devi leggere le istruzioni, il responso esce scritto, "Sei incinta" o "Non sei incinta", come erano andati avanti con i tempi.
Però i tre minuti dovevano passare e lei continuava a fissare quelle rose tenendo in mano il test.
Prese poi il coraggio e aprìla busta che le accompagnava.

"L'ultima volta ti ho regalato delle rose rosse, e quella prima ancora delle margherite, senza contare il ranuncolo, l'ananas, sai, penso che se quel giorno mi avessi detto che non ti avevo mai regalato un gioiello sarei finito sul lastrico...
Non ho fatto altro che domandarmi come siamo riusciti a finire così, e mi dispiace se è stato il mio atteggiamento troppo ossessivo a farti sentire intrappolata.
Tra qualche ora partirò .
Non so quanto starò via, mi vogliono a Roma per risolvere un caso che sembra essere lungo e complicato.
Se in questi mesi ho fatto inconsapevolmente qualcosa che ti ha ferita ti chiedo scusa. Parto per lasciarti il tuo spazio, e forse anche per prenderne un po' io. Probabilmente era troppo presto perché io sperassi che tu volessi costruire qualcosa con me, o forse semplicemente, ti sei accorta che, dopo aver oltrepassato quel confine, ciò che ci univa non era quello che ti aspettavi...."

Mentre leggeva aveva gli occhi annebbiati e si portò una mano alla bocca.

"Posso dirti però che per me lo era, era tutto ciò che mi aspettavo e anche molto di più . Ho vissuto un sogno bellissimo e anche se il risveglio è stato brutale, rifarei ogni cosa. Spero che tu abbia tempo di riflettere mentre fai la nonna libera e indipendente. Anche io cercherò di fare come te, e di fare il vicequestore libero e indipendente.
E poi quando ci rivedremo, sarebbe bello andare di nuovo a bere un Vermouth a piazza San Carlo, che ne dici?
Te lo avevo scritto anche tempo fa, che sono uno che sa aspettare, e anche se alla fine non me le hai mai dette, io ho sempre sperato di sentirle, quelle tre parole.
Forse è per questo che ti sei voluta allontanare, non ho mai voluto forzarti, e invece probabilmente alla fine lo ho fatto.
Il mio ultimo messaggio è in quei fiori.
Credimi se ti dico che non voglio che ti mettano pressione anche perché non so che vite avremo quando ci rincontreremo, però non ho resistito quando li ho visti.
Anche da nonna, sei sempre la donna più bella che io abbia mai visto.

G."

Le stavano scendendo le lacrime e lei non se ne era neanche accorta.
Ma come era possibile che avesse rovinato qualcosa di cosìbello? Che si fosse lasciata scappare quell'uomo da sogno che dozzine di donne erano pronte ad uccidere per avere?
Lo stesso uomo che senza che lei se ne rendesse conto, aveva riempito una ad una tutte le crepe del suo cuore facendole ritrovare la voglia di vivere, il sorriso, la fiducia in sé stessa.
Era stato talmente silenzioso ma costante, il modo in cui Gaetano la aveva sostenuta e fatta rinascere giorno per giorno, che le era stato naturale pensare di esserci riuscita da sola, e solo ora si accorgeva di quanto si fosse sbagliata.
Si buttò sul letto e fissò i fiori.

Sei rose bianche.

"Amore puro e fedele"

Il bip del test la riportò alla realtà e lo prese tra le mani.

- NON SEI INCINTA -

Chiuse gli occhi desiderando con tutte le sue forze che il tempo tornasse indietro.


Eccomi qui a fine capitolo, da alcuni commenti ho intuito che la gente si aspettava un certo tipo di esito per questi malori di Camilla, ma ai fini della dell'idea che ho per questa storia, in questo punto non avrebbe fatto andare avanti la trama fino a dove vorrei portarla e poi la cara prof non se lo merita :P Inoltre, Gaetano si merita di vivere una eventuale gravidanza di Camilla momento per momento. Non mi tirate i pomodori vi prego, ve lo avevo detto che l'unica con cui sarei stata cattiva era Camilla, ha voluto fare la farfalla svolazzante di fiore in fiore e ora ne deve pagare un po' le conseguenze. Gaetano la ha aspettata per dieci anni, stavolta è il turno di lei, che dite?
Con il prossimo capitolo farò un salto temporale. Come avevo spiegato precedentemente, questa era nata come una oneshot e quindi avevo in mente di dar spazio a pochi personaggi, anche se mi stanno venendo delle idee per eventuali capitoli a venire...chissà.
Spero di aver, per quanto possibile, reso i personaggi credibili, in linea con la storia originale e soprattutto non avervi annoiato.
Ovviamente grazie di aver letto e se vorrete lasciare una review, sarà apprezzatissima che sia positiva o negativa.
Ringrazio anche infinitamente tutti quelli che hanno lasciato un commento per i capitoli precedenti!
Grazie di cuore e a Domenica prossima!

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Capitolo 4
*** Capitolo tre: Thinking about you ***


Di nuovo Domenica, di nuovo un capitolo!
Devo veramente ringraziare tutte le persone che hanno lasciato un commento qui, su Facebook e sul forum.
Non scrivevo in italiano da 8 anni circa e se non avessi ricevuto tutto l'incoraggiamento che mi avete dato credo che forse la fanfic sarebbe rimasta al prologo.
Invece sono contenta di averla continuata e di poterla condividere con voi. Grazie anche per tutte le reviews qui, è sempre un piacere rispondere.
Ok, va bene senza indugi. Sappiate però che questo è un capitolo di transizione, dalla prossima settimana, si salvi chi può :D

Buona lettura!

 

Capitolo tre

Thinking about you

 

UN ANNO DOPO

ROMA

 

Era incredibile come il tempo quasi si fermasse quando ci si trovava a Roma.
Seduto al solito bar vicino alla questura Trevi/Campo Marzio, Gaetano stava sorseggiando il suo Vermouth ripensando che alla fine probabilmente, tutto era bene quello che finiva bene.
Il lavoro per scoprire la cellula criminale era durato più del previsto, è vero, ma in quel periodo aveva stretto dei rapporti che neanche lui credeva fosse possibile stringere.

Molte cose erano cambiate, lui, era cambiato.
I primi tempi aveva sofferto immensamente la lontananza, rivedere tutti quei luoghi dove tanti anni prima era stato con lei oppure sedersi in quello stesso bar dove il solito Mario, ancora lì immancabilmente, gli serviva il suo Vermouth con una faccia da zombie dopo l'ultima litigata con la moglie.
Una volta, quando Tommy era sceso a Roma, lo aveva portato in quel bar e il bambino era impazzito di gioia alla vista dell'enorme gelato che il barista gli aveva preparato.
Gli ricordava tanto i tempi in cui lui e Camilla portavano lì Livietta e suo nipote Nino.

Camilla.

Ecco qualcosa che non era cambiato per nulla.
Ancora semplicemente pensare a quel nome gli stringeva il cuore.
Era sempre in contatto con Torre che lo aggiornava su tutto, ma a quanto pare l'ispettore non vedeva la prof da un bel po' e non aveva idea di come lei stesse o che cosa facesse.
Un anno senza vederla, scegliendo di non tornare a Torino anche quando aveva qualche giorno di ferie perché non si sentiva pronto a rivederla e non sapeva che cosa lo avrebbe atteso.
La avrebbe trovata con Renzo? O con quell'altro lì, Michele...
Ma forse era più probabile che fosse tornata con Renzo, d'altronde in questi mesi aveva avuto la conferma che lui per Camilla alla fine era stato solo una tentazione.

Neanche una volta lei gli aveva detto "Ti amo".

Quel pensiero non lo aveva fatto dormire per un numero incalcolabile di notti, soprattutto dopo aver saputo che a quanto pare non le era stato difficile dire quelle parole e prepararsi persino ad una nuova vita quando per la prima volta si separò da Renzo.
Un anno era servito a fargli aprire gli occhi anche quando non avrebbe voluto aprirli per nascondersi sotto quella coltre di indistruttibile abnegazione che aveva verso di lei.
Però tutto quel tempo aveva anche contribuito a fargli capire una serie di atteggiamenti sbagliati che aveva avuto.
Sicuramente quando sarebbe tornato a Torino ci sarebbe stato molto da parlare, anche lui aveva qualcosa da spiegarle, sempre ammesso che le cose non fossero cambiate, Torre non vendendo più Camilla non aveva saputo aggiornarlo sulla situazione di casa Baudino.

- Ehi che fai, non mi aspetti? -
Una voce che ormai era diventata familiare gli fece piegare le labbra leggermente all'insù.
- Tanto tu fai sempre tardi quindi ho preferito cominciare -
Alzò gli occhi verso la persona appena arrivata che stava smontando da un motorino malandato.
- Allora, è finita, oggi brindiamo alla conclusione del caso più lungo nella storia della polizia di Roma! -
A Gaetano veniva un po' da ridere mentre ascoltava quelle parole.
- Guarda che probabilmente ce ne sono di molto più lunghi.-
- Sottigliezze mio caro, finalmente te ne torni in quel di Torino e da una certa prof...bisogna festeggiare no? -
- Con calma, torno a Torino, punto. Il resto è tutto da vedere. E poi comunque lasciami dire che questa situazione è abbastanza surreale...-
- Concordo, ma la vita è così, non sai mai dove ti porta –
E che ci vuoi fare. Quando incontri una persona che vive ogni giorno con leggerezza aspettati sempre massime da film, ormai ci aveva fatto l'abitudine.
- Se un anno fa qualcuno mi avesse detto che oggi sarei stato qui a brindare con te, penso che gli avrei dato del pazzo -
- In teoria quando hai accettato questo lavoro avresti dovuto comunque prevederlo penso, è a me che è arrivata la mazzata...-
- Non esagerare neanche tu adesso.  Però sai, chi lo avrebbe mai detto che un giorno sarei stato a bere un Vermouth con l'unico altro uomo a cui la sola donna di cui mi sono innamorato in tutta la mia vita, ha detto "Ti amo" a parte il marito.
- Ti ricordo che quella stessa donna mi ha anche mollato in tronco in mezzo ad una strada per tornare proprio da quel marito.-
- Ti farei notare che ne esci sempre meglio di me, quando io le ho semi proposto di andare a vivere insieme ha rifiutato, mentre con te aveva anche fatto i preparativi mi pare. Oltretutto, anche io sono stato lasciato in tronco, in un ospedale, davanti ad una macchinetta del caffè sempre con quel marito presente.-
- Ho capito, ci serve un altro Vermouth...a proposito, per quell'altro "caso", cosa intendi fare? Verrà con te?-
- Non ci sono altre soluzioni, è una mia responsabilità e finché la situazione non si risolve non me ne posso lavare le mani, ma io devo riprendere il mio lavoro a Torino quindi...-
- Non ti invidio..-
- Neanche io mi invidio...-
- Dai facciamo un brindisi, a Camilla Baudino, la nostra prof preferita! -

Il tono alto di voce gli faceva capire che probabilmente Marco ancora ci stava male per come era stato lasciato. Ma Gaetano non era un tipo da confidenze e quindi preferì far finta di niente e brindare a Camilla senza aggiungere altro.
Quando si erano conosciuti per caso in questura da De Matteis, Gaetano aveva capito chi era Marco nel momento in cui aveva apostrofato il vicequestore di Roma come fratellino minore.
Marco, capì solo in seguito chi era Gaetano.
Bisogna ammettere che all'inizio, quando capitava di incrociarsi in quell'ufficio che un tempo era suo, si guardavano sempre con molta diffidenza.
E poi, non saprebbe neanche spiegare come abbiano fatto ad arrivare a quel punto, sarà che forse, l'amarezza di non essere stati scelti li aveva accomunati talmente tanto da far cadere la barriere della riservatezza.
Si ricorda ancora la serata in cui davanti ad una bottiglia d'annata offerta da Marco, avevano snocciolato ricordi di tempi andati, quando entrambi avevano incrociato quella testarda prof che riusciva a intrufolarsi nel cuore della gente con una facilità disarmante.
Gaetano si era sempre chiesto chi fosse “l'affascinante produttore di vini” non senza provare una forte gelosia al riguardo.
Ma dopo aver conosciuto Marco, aveva rivisto in lui la stessa delusione che vedeva in sé stesso, e nonostante il bruciore che gli provocava il sapere che Camilla a quanto pare lo aveva amato, non riusciva a non provare della compassione per come era finita anche per lui.

- Se passi per Torino vieni a trovarmi – disse guardando il suo bicchiere.
- Lo farò, ma pretendo che tu mi tieni informato su come vanno le cose con Camilla, sempre che tu risolva l'altro caso... -
Era una risata amara quella che sentiva. E anche lui non poteva fare a meno di provare una fitta.
- Non penso che ci sarà molto da dire...-
Quanto poteva essere triste aver tentato per un anno di dimenticarla senza esserci riuscito nonostante la vita gli avesse messo davanti una prova vivente di quanto lui avesse contato meno di niente per Camilla?
Eppure la amava ancora e a questo punto non avrebbe mai smesso di amarla nonostante le altre donne che avrebbero incrociato la sua vita.
In lui quella fiamma, quella speranza piccola ormai sormontata da pietre aguzze, ancora aveva il coraggio di sopravvivere.
Non aveva scampo.
- E sai un'altra cosa? Penso tu mancherai molto a quel maniaco dell'ordine di mio fratello, anche se non lo ammetterà mai, anzi, potresti ritrovartelo a Torino...-
- Povero Torre, credo si sparerebbe...-
Marco lo guardò dritto negli occhi.
- E' stato un piacere conoscerti, e comunque vada, spero di poterti mandare uno dei mie Brunelli DOC perché prima o poi ci sia qualcosa da festeggiare.-
- Anche per me è stato un piacere, Marco, e a presto. -
Si salutarono con una forte stretta di mano. Probabilmente entrambi avevano imparato molto dall'altro in tutto quel tempo.

Dopo aver congedato Marco, si avviò verso casa, il suo vecchio appartamento era pieno di ricordi ma non era una ragione abbastanza forte per trovarne un altro.
Non aveva neanche messo un piede dentro che sentì un tonfo.
Spaventato corse in cucina e trovò l'artefice del rumore che lo guardava con occhi spaventati.
- Scusa, volevo preparare del tè ma mi è scivolata la teiera...che casino...-
Tirò un sospiro di sollievo.
- Non fa niente, dai, tu stai bene vero?-
- Sì, tutto bene.-
- Piuttosto hai già finito la valigia? Se hai bisogno posso darti una mano.-
- No ho fatto, ma ..questa cosa di venire a Torino, non vorrei incasinare tutto...-
- Sai benissimo che non puoi rimanere qui ed è anche colpa mia se sei in questa situazione. Verrai con me e starai da me. Poi vedremo cosa succederà Lo sai che mi sento responsabile per...voi...-
La risposta di Gaetano non dava possibilità di discussione.

Dopo aver raccolto i vetri da terra, pulirono il pavimento e l'uomo se ne andò in camera a finire i preparativi. La roba che si era portato era lievitata, tanto che aveva cominciato a spedire dei pacchi che in quel momento erano già arrivati a casa sua a Torino, merito di un certo portiere che glieli aveva, a suo dire, persino sistemati in casa.
Era certo che prima o poi gli sarebbe stato presentato il conto per tutte quelle "gentilezze" al suo ritorno.
Intanto si era fatta sera, non aveva voglia di mangiare, aveva avvertito di non preparare per lui e si era disteso sul letto a luce spenta.
Chissà se la avrebbe rivista già il giorno seguente.
Chissà se era tornata con Renzo, o se magari c'era qualcun altro nella sua vita ora.
Non si era fatta sentire neanche una volta, non che se lo aspettasse ovviamente, ma un pochino ci sperava.

Ricordava ancora come se fosse ieri quando aveva dovuto per la prima volta mentire a Tommy riguardo quello che era successo tra loro. Suo figlio era molto sveglio ed era andato subito a chiedergli se si erano lasciati, neanche alla spiegazione del padre, che lui per lavoro era dovuto andare a Roma, aveva creduto molto. Chiedeva perché allora quando aveva dei giorni liberi non andava da Camilla? E perché Camilla non scendeva a Roma?
E quando alla fine del discorso, Tommy gli aveva detto "Stai tranquillo papà, tu sei come Lancillotto e quindi vincerai sempre alla fine" capì di non averlo convinto.
Però quelle parole gli avevano scaldato il cuore.
Non sapeva onestamente se sarebbe mai riuscito ad essere all'altezza dell'idea che suo figlio aveva di lui, ma in quel momento promise a sé stesso che avrebbe fatto di tutto per provarci.
Si addormentò così, mentre l'ultima cosa che vedeva erano due bellissimi occhi castani.
Il giorno seguente forse la avrebbe rivista.

Domani.



TORINO

Aveva smesso di contare i giorni che si erano tramutati poi in mesi, e alla fine era passato un intero anno.
Piano piano la vita era tornata normale, lei aveva cominciato di nuovo la scuola che la aveva tenuta occupata e la nipotina cresceva ogni giorno di più diventando sempre più simile alla madre con degli occhioni azzurri che avrebbero fatto innamorare chiunque.
Dedicarsi a lei era l'unica cosa che la faceva sentire bene, anche se ogni volta che arrivava sul pianerottolo di casa e si voltava dalla parte destra, un'ombra di malinconia velava il suo viso.
Non ricordava più le volte che sentendo un rumore aveva attaccato l'occhio allo spioncino sperando di vederlo davanti alla porta con i bagagli. Ma ogni volta o era il postino, o era qualcuno che veniva a trovarla.

Un giorno però, mentre era in cucina, Livietta la aveva chiamata quasi urlando dicendole di guardare in televisione e sul telegiornale nazionale, mentre si parlava di una cellula criminale che da mesi la polizia di Roma stava tentando di scoprire, lo aveva visto.
Non aveva detto molto, si era limitato a rispondere con un serafico "Non possiamo rilasciare dichiarazioni fino a nuovo ordine", aveva ringraziato i giornalisti e se ne era andato.
Mentre lo guardava imbambolata, sentiva una voglia fortissima di prendere il primo treno e correre giù a Roma, ma poi pensava, a fare che?
Nel biglietto le aveva detto che anche lui aveva bisogno di stare solo, andare a Roma a cosa sarebbe servito?
Sarebbe andata da lui a dirgli che il periodo di solitudine e indipendenza era praticamente finito prima che lui lasciasse Torino? E se lui nel frattempo aveva incontrato un'altra?
In fondo chi glielo faceva fare a stare dietro ancora ad una che lo aveva trattato come lui era stato trattato da lei?

In quel periodo non era più uscita seriamente con nessun altro uomo.
Una volta, spronata dalla figlia, da Carmen e persino da Renzo, aveva accettato una cena con un nuovo insegnante arrivato al liceo Mandela, lui non era neanche male, sicuramente un bell'uomo ma anche mentre camminavano per strada, sentiva che era tutto sbagliato.
Si rivedeva con Gaetano a percorrere quelle stesse strade mentre ridevano come due ragazzini, e qualsiasi altra esperienza sbiadiva a quel confronto.
L'uomo perfetto che tutte sognano era stato innamorato di lei e la aveva aspettata per dieci anni, le aveva regalato poi dei momenti indimenticabili che mai aveva vissuto prima e infine lei lo aveva allontanato, senza neanche saperne il perché.

Era vero che stava attraversando un momento difficile, poco prima del parto di Livietta si era ritrovata a camminare da sola e rimpiangere la vita che aveva prima. Ma quella vita non tornava più e probabilmente anche se fosse tornata, lei non la avrebbe voluta.
E durante quel momento difficile lui era rimasto al suo fianco, anche dopo il casino con Renzo, lui era sempre rimasto lì, ad ascoltarla, a consolarla e a calmarla in quel modo dolcissimo ed esclusivamente suo.

Aveva perso non solo un compagno, ma anche il suo migliore amico e più il tempo passava più si accorgeva di quanto vitale fosse stata la sua presenza accanto a lei.

Era di nuovo luglio e Gaetano stava a Roma da un anno ormai.
Di tempo per pensare ne aveva avuto a bizzeffe, sperava sempre di vederlo tornare, e ogni giorno che passava il timore che lui si fosse rifatto una vita senza di lei la attanagliava.
Proprio a luglio un pomeriggio, mentre stava per salire in ascensore, vide il portiere arrivare con un pacco.

- Permesso professoressa, c'è spazio?-
- Sì certo entri Gustavo, ha bisogno che spinga il piano per lei?-
- No, non si disturbi, vado al suo -
Rispose mentre sistemava il pacco meglio sulle braccia.
- Eh ma io non aspetto pacchi, è per me quello?-
- No professoressa, questo pacco viene da Roma, il nostro Vicequestore me ne ha mandati alcuni, vede..il figliol prodigo torna a casa – concluse con un sorriso sornione.
Camilla pensò di aver avuto un' allucinazione uditiva.
- Gustavo...che cosa ha detto? Può ripetere? -
Aveva disperatamente bisogno di risentire.
- Ho detto, che il NOSTRO vicequestore sta per ritornare, dovrebbe arrivare domani se tutto va bene, pare che il caso a Roma sia stato risolto...-
Aveva la bocca semi aperta, sarebbe potuta essere una perfetta imitazione di un pesce.
Quasi come se fosse in automatico, quando arrivarono al terzo piano, uscì sul pianerottolo e tenne le porta aperta dell'ascensore facendo spazio al portiere.
Lo vide poi che infilava le chiavi nella toppa di casa di Gaetano.
Quando apri la porta per portare il pacco dentro, senza pensarci due volte, lei lo seguì entrando nell'appartamento.
- Io ne ho un altro da portare su professoressa, potrei chiederle di tenermi la porta aperta?-
Non se lo fece ripetere due volte.
- Certo Gustavo vada a prenderlo io rimango qui e la aspetto!-

Quando finalmente il portiere uscì, lasciandola sola, si sentì pervadere da un senso di familiarità e malinconia incredibile.
Tutto era rimasto uguale, anche se teli bianchi ricoprivano il divano e i mobili.
Aveva ricordi disseminati ovunque, divano, pavimento, persino l'entrata della porta. Era come fare un tuffo nel passato, e quella sensazione dolce amara e malinconica ricominciava a farsi spazio dentro di lei.
Si diresse in camera da letto come attirata da una forza invisibile e dopo aver osservato il letto, anch'esso coperto da un telo, si avvicinò alla cassettiera e aprì il secondo cassetto.
Aveva passato abbastanza tempo a casa di Gaetano per sapere dove lui teneva le cose, anche se temeva che se la fosse portata via, invece la ritrovò lì. Era avvolta da una busta trasparente, probabilmente per evitare che si rovinasse ma la avrebbe riconosciuta tra mille.
Quella felpa blu che aveva messo tante volte quando andava a casa sua.
La tolse dalla busta e se la portò al viso.
Sapeva che era impossibile, eppure riusciva quasi a sentire il suo profumo.
Il rumore dell'ascensore la riportò alla realtà e mise la felpa nella sua solita borsa enorme tornando in corridoio.
Dopo aver visto Gustavo depositare un ennesimo pacco, lo salutò cortesemente rientrando in casa.
Livietta e la piccola Camilla erano in sala con George, li guardò dal corridoio scusandosi perché si sentiva un po' stanca e sarebbe andata in camera sua.
Appena chiusa la porta dietro di sé aprì la borsa e tirò fuori la felpa.
Potty questa volta non la aveva seguita, si distese sul letto stringendo la felpa al petto.

Il giorno seguente lui sarebbe tornato.

Domani.

 

 

Grazie per aver letto fino a qui!! Questa parte, come vi avevo già detto sopra, è di transizione, nel senso che è passato un anno e avevo bisogno di mostrare che cosa questo anno di lontananza aveva portato sia a Camilla che a Gaetano.
Gaetano sta tornando a Torino, Camilla è lì che non aspetta altro ma c'è ancora tanto da spiegare, tanto di dimenticare. Ho a che fare con una situazione in cui non ho mai visto questi personaggi quindi la mia unica speranza è di non averli fatti troppo OOC e che non abbiate avuto bisogno di un caffé per rimanere svegli mentre leggevate.
Chissà se si rivedranno già il giorno dopo.
A domenica prossima e grazie per aver letto!
Ogni commento sarà apprezzatissimo come sempre.

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro: Empty Expectations ***


Eccoci qui, a sorpresa di Sabato perché non sono sicura di avere tempo di postare domani, a voi il nuovo un capitolo. Finalmente si rivedranno? Chi s'è portato Gaetano a Torino?
Vi ringrazio ancora immensamente per i commenti, soprattutto ringrazio le persone che commentano sia qui che su Facebook.
Mi siete di un incoraggiamento pazzesco, lo so che uno dovrebbe dire, scrivo solo per me stessa, ma onestamente avere un riscontro da qualcuno che legge questa cosa fa veramente piacere.
Senza tirarla per le lunghe vi lascio alla lettura e ci vediamo alla fine, se sarete sopravvissute^_-

P.S. Il corsivo in questo capitolo è usato per i ricordi.

Capitolo quattro

Empty expectations

 

Il mattino seguente, Torino aveva un colore stupendo, dalla sua finestra poteva vedere un cielo cristallino che avrebbe fatto impallidire i quadri del più talentuoso pittore.
O forse a lei sembrava che fosse così.
La scuola era finita e non aveva preso nessun impegno, quella mattina svegliandosi con il profumo della felpa di lui, si era addormentata stringendola, si sentiva inspiegabilmente bene. Si era persino sorpresa a canticchiare mentre apparecchiava la tavola per tutti.
Livietta e George erano abbastanza stupiti.

- Accidenti mamma, era una vita che non ti vedevo così di buon umore, ma che cosa è successo? -
La domanda un pochino la aveva spiazzata. Era vero che si sentiva differente, ma non immaginava che questo suo cambiamento fosse così evidente.
- Mah, veramente nulla, cos'è vuoi avere una mamma sempre di pessimo umore per caso?-
Messaggio ricevuto, sua madre non aveva voglia di condividere che cosa era successo con il resto della famiglia.
Però a Livia una mezza idea era venuta.
Intanto George si era messo a tavola dopo aver sistemato la piccola Camilla nel seggiolone e aveva cominciato a leggere il giornale, anche se lui saltava tutte le notizie di cronaca e andava direttamente alla pagina dove davano le informazioni dei concerti.
Faceva la spola tra Londra e Torino ormai, ma la cosa non pesava né a lui né a Livia.
Eh, la giovinezza, pensava Camilla.
Mentre sfogliava le pagine, Livietta, che si era affacciata alle sue spalle per curiosità, intravide un titolo in particolare e senza neanche avvertirlo gli tirò via il giornale.
- Liv, ehi, amore che ti prende?-
La ragazza aveva gli occhi spalancati e un sorriso a 34 denti.
- No sentite qui, "Cellula malavitosa scoperta e annientata a Roma, il caso è stato risolto dal vicequestore di Torino Gaetano Berardi che coadiuvando le ricerche con la questura della città, è riuscito a scovare e arrestare tutti i componenti del clan"-
Poi guardando la madre con un sorriso furbo aggiunse.
- Ora ho capito cosa è successo e perché siamo tanto di buon umore...-
Lo sguardo che si scambiarono con George la diceva lunga.
- Sai amore,- commentò rivolgendosi al marito - credo che presto ricominceremo a sentire rumori nell'appartamento qui di fronte...tu che ne pensi mamma?-

Ecco, in questo momento Livietta aveva uno sguardo identico ad Andreina.

- Livietta, tesoro, ma non devi prepararti? Oggi Camilla deve andare a trovare Lorenzo o sbaglio? Vuoi andare da tuo padre in pigiama? -
E va bene, sua madre questa cosa se la voleva proprio tenere per sé, non la biasimava in fondo. Anche a lei piaceva tenere alcune cose che c'erano tra lei e George private. Però il sorriso celato dietro quell'espressione apparentemente seria con cui le rispose valeva più di mille parole.
- Ok, ok va bene, finiamo di fare colazione e poi portiamo questa signorina a trovare Lorenzo.-
- Ecco! - Concluse Camilla soddisfatta di aver messo una fine a quell'improvvisato interrogatorio.

Le dispiaceva non aver risposto alla domanda della figlia ma onestamente neanche lei sapeva come sarebbero andate le cose quando si sarebbero rivisti, tanto meno riusciva a dare un nome a quello che stava provando e spiegarlo agli altri era fuori discussione.

La mattinata la passò praticamente tutta davanti alla finestra, sebbene nessun taxi apparve all'entrata.
Portò cinque volte Potty a fare i suoi bisogni, anche se stava ben attenta a non allontanarsi troppo dal condominio.
Tra un po' si era ritrovata a mangiare sul balcone. Alla sua età sembrava veramente una ragazzina alla prima cotta che aspetta che il ragazzo dei suoi sogni esca di casa, beh, in questo caso, entri in casa.
Verso il primo pomeriggio, ricevette un messaggio di Livietta, si erano fermati da Carmen per il pranzo ma la nipotina reclamava sua nonna e Potty.
Camilla non aveva molta voglia di andare, non quel giorno almeno, ma sapeva che sua nipote se non la vedeva, dopo un po' cominciava a piangere e non la smetteva più, e quindi risolse di affacciarsi da Renzo e Carmen per qualche minuto e poi tornare in "postazione di avvistamento".
Quando entrò nell'appartamento alla scala di fronte, vide tutta la famiglia riunita e la piccola Camilla che la chiamava sorridente.

Non ce la faceva proprio a resistere a quell'amore di bambina.
Senza accorgersene i cinque minuti diventarono tre ore.
 


 

L'aereo era arrivato in perfetto orario e più quel taxi lo riportava verso casa, più Gaetano si sentiva agitato.
Alla sua età avere palpitazioni era preoccupante, ma non sapeva come altro definire quel battito talmente irregolare del cuore da rimbombargli nelle orecchie.
- Qualcuno è agitato...-
Il tono canzonatorio della persona seduta accanto a lui nel taxi lo aveva risvegliato dal mondo dei sogni in cui era piombato.
- Non mi sembra - rispose senza neanche voltarsi, continuando a guardare fisso fuori.
- Sì sì, come dici tu. Certo che Torino non è esattamente come la immaginavo...è un po' spoglia -
A Gaetano non sembrava affatto, erano nel taxi poco dopo l'ora di pranzo, il cielo era terso, senza una nuvola e il sole donava un colore speciale agli alberi.
Insomma, forse non era esattamente così ma per lui lo era.

Un anno che mancava, un anno che non la vedeva, e improvvisamente tutta la sicurezza acquisita si stava sgretolando.
Aveva ancora bisogno di prepararsi psicologicamente.
- Senti, ti lascio a casa, dico a Gustavo di aiutarti a portare la valigia su, io voglio andare un attimo in commissariato per salutare Torre e la moglie e torno più tardi d'accordo?-
Si sentiva un po' un vigliacco, ma aveva bisogno di rivedere il suo amico fidato e sentirsi nel suo ufficio, prima di tornare a casa. Non sapeva se la avrebbe rivista quel giorno stesso, e aveva anche...la persona che ora era seduta al suo fianco da spiegarle oltretutto, ma doveva prima calmarsi e poi ci avrebbe pensato.
- Ok va bene...ma chi è Gustavo? -
- Ah sì scusa, Gustavo è il portiere, ti faccio accompagnare da lui a casa. Sarà tutto coperto di teli ma io devo assolutamente passare in ufficio.-
La donna lo guardò perplessa.
Decisamente Gaetano non era bravo a mentire.
Scappava da qualcosa, era evidente, ma ancora non aveva capito da cosa, o meglio, da chi.

Quando entrarono col taxi nel condominio venne preso quasi dal panico. Rifiutò persino di scendere anche se i suoi occhi volarono verso quella finestra come se qualcosa li attirasse.
Le tende bianche erano tirate a metà ma nessuno era affacciato.
Diede indicazioni a Gustavo lasciandogli le chiavi di casa, salutò i due e disse al tassista di portarlo al commissariato.
No, ancora non ce la faceva, aveva troppa paura di scoprire qualcosa per cui il suo cuore sarebbe di nuovo stato frantumato.
E meno male che era cambiato.



L'incontro in commissariato con Torre e signora fu quasi commovente.
Avevano preparato una torta enorme con tanto di striscioni, una scritta "Bentornato" troneggiava nel suo ufficio e l'abbraccio forte del suo fidato amico gli era, non lo avrebbe ammesso mai con lui, mancato molto.
La Lucianona aveva quasi gli occhi lucidi.
- Non sa cosa ho dovuto fare commissario per farlo star tranquillo oggi, lo guardi, alla sua età si comporta come un bambino...-
- Ma zitta, ma che vuoi, ma che gliene importa a lui, dottò non la state a sentire, questa esagera sempre!-
Rivedere i coniugi Torre battibeccare gli aveva fatto tornare il buonumore.
Finita la festa di benvenuto, Torre e Gaetano rimasero nel suo ufficio mentre la Lucianona portava via delle pratiche e solo allora Torre si azzardò.
- Dottò, so che voi magari non lo volete sapere ma ecco, poco prima che voi tornaste io ho fatto un po' di indagini...-
Gaetano si voltò a guardarlo.
- Indagini su cosa Torre? -
- No è che...ecco- si avvicinò stringendo la bocca aggiunse - c'ho i miei giri...-
- Che cos'hai tu? -
- C'ho i miei giri!!!!- esclamò quasi urlando.
- Sì ma non urlare! Ci sento benissimo!-
- Eh ma voi non capite! -
In effetti Gaetano non aveva chiaro a cosa l'ispettore si stesse riferendo.
- Dunque allora, vuoi spiegarti meglio?-
Torre gli si avvicinò.
- Ecco...ho fatto, beh, ho fatto fare qualche ricerca sulla nostra prof...-
Adesso si erano accese in Gaetano tutte le possibili lucette rosse.
- Torre, che hai fatto? Ma sei impazzito? Ma perché, ma come ti è venuto in mente!! -
- Eh dottò, perché ...perché qui non si era fatta più vedere, so quanto sia importante per voi e mi volevo rendere utile ecco! -
Gaetano era scioccato.
- Farò finta di non aver sentito una parola di questa conversazione, tu hai fatto pedinare Camilla? No, Torre guarda questo è veramente troppo! -
Il tono di Gaetano era abbastanza alto, gli occhi serissimi.
Rimase poi a guardare l'ispettore per qualche minuto, Torre sembrava di nuovo un bambino che stava venendo sgridato dal padre e gli fece un po' di pena.
- Allora? -
L'ispettore lo guardò perplesso.
- Allora cosa? -
- Allora, che cosa hai scoperto no? Avanti racconta! -
- Aaaah ma allora vi interessa! -
- Torre, PARLA! -
- Ecco, dalle ricerche che ho fatto, sembra che non ...voi lo sapete, che non...che non si sia messa con nessuno....il suo ex marito dal quale ha divorziato già da poco meno di un anno, adesso vive con la spagnola, lei si divide tra scuola e la nipotina...Michele Carpi...scomparso nel nulla dopo la risoluzione del caso dell'imprenditore.-

Gaetano guardò Torre come se fosse l'uomo più bello del mondo, ma ancora era presto per cantar vittoria.

- Torre, tu sei assolutamente sicuro di questo? -
- Dottò e certo, mi sono mai sbagliato io? -
Va bene, meglio non rispondere a quella domanda, comunque adesso Gaetano era decisamente più sollevato e, non osava di certo sperarlo, ma forse magari, nel profondo, poteva ancora sperare in qualcosa.
- Va bene Torre...e grazie, anche se non dovevi farlo...-
- Voi sapete che sono sempre ai vostri ordini dottò -
- Sì, ma questo ordine non te lo avevo dato io...-
- E vabbè, dottò, come si dice, "non stiamo a guardare l'ago nell'uovo"-
- Si dice "il pelo nell'uovo" -
- Ma come, c'è un pelo nell'uovo dottò? -
- No Torre, non c'è un pelo nell'uovo ma si dice "guardare il pelo nell'uovo" oppure "cercare un ago in un pagliaio..."-
- Dottò...non vi seguo...-
- Va bene lasciamo perdere dai. -

Ora lasciare l'ufficio e tornare a casa non sembrava più una cosa così difficile.
Non sapeva se Camilla lo avesse aspettato, e non osava sperare in una cosa del genere, ma almeno non c'era nessuno nella sua vita e aveva effettivamente divorziato da Renzo.
Ovviamente c'erano problemi, anche nella sua di vita, ma in questo stato di cauta positività, accettò di farsi accompagnare a casa da Torre con la volante.
 





Il pomeriggio con la nipotina a casa di Renzo e Carmen era passato abbastanza velocemente, Camilla ogni tanto guardava fuori la finestra per controllare la situazione, tanto vedeva tutto benissimo da lì, e tra un gioco e l'altro, con la coda dell'occhio, quando erano circa le cinque, si accorse che le tende di casa di Gaetano non erano più chiuse.
Fu un attimo, le voci intorno a lei sparirono e si avviò verso la finestra per accertarsi di quello che vedeva.
Sì, le tende erano sicuramente aperte, e siccome quando era entrata col portiere il giorno prima non lo erano, qualcuno adesso era dentro quella casa. Si voltò verso gli altri che la stavano chiamando senza però ricevere risposta.
- Mi dispiace, io devo andare...ci vediamo stasera Livietta, io...adesso devo proprio scappare...-
Tutti la guardarono straniti mentre lei riattaccava il collare a Potty per portarselo via, sapevano che qualcosa doveva essere successo all'improvviso ma onestamente nessuno aveva la più minima idea di cosa fosse.
Dopo aver pronunciato quella frase Camilla sembrava aver preso la rincorsa.
- Allora, ci vediamo dopo Livietta ok? Renzo, Carmen grazie per l'ospitalità a presto!-
Lo aveva detto tutto d'un fiato ed era corsa giù per le scale come se dovesse scappare da un incendio.
Era poi entrata nel suo portone e non aveva neanche aspettato l'ascensore, stava salendo le scale a due a due per arrivare prima.
Si ritrovò sul pianerottolo di casa sua con il fiatone e persino sudata mentre Potty dopo averla guardata, si era girato verso la porta di Gaetano abbaiando una volta.
- No un attimo Potty, non posso andarci così, sono un disastro, con calma, basta andare a ricompormi un secondo, tanto non ci scappa più stavolta.-
Anche se aveva questa consapevolezza, appena entrata in casa si precipitò in bagno seguita da dal cane.
- Che ne dici? Come mi vedi? Sono vecchia vero? Guarda che occhiaie, devo coprirle in qualche modo...-

Lo sapeva che Gaetano, per qualche strano e oscuro motivo,la considerava la donna più bella del mondo, ma quello valeva fino a un anno prima. Chissà cosa era successo nel frattempo.
- No adesso basta...è inutile continuare a pensarci, andiamo e fine della situazione! Potty mi raccomando, ti lascio a controllare la casa! -
Il fedele cagnolino le rispose alzando la zampa mentre la guardava uscire.
 

Per un attimo, chiudendo dietro di sé la porta di casa sua, si rivide quella notte, quando in pigiama e a piedi nudi si era recata per la prima volta da lui con l'intento di chiedergli una camomilla.
Quante volte aveva ricordato quei momenti, li aveva rivissuti nei suoi sogni rimpiangendo ogni minuto.
Ed ora, anche se con una consapevolezza diversa, si sentiva ancora in quello stesso modo.

"La lontananza, ravviva il rapporto, lo sai bene"

Erano state queste le parole di sua madre una volta, e nel suo caso, la lontananza le aveva fatto capire quanto teneva a quell'uomo che ora finalmente era di nuovo lì, a pochi metri da lei, separato da un muro.
Fece un respiro profondo cercando di calmare il cuore che le batteva all'impazzata chiuse gli occhi e suonò.
Passarono pochi secondi e poi sentì dei passi veloci avvicinarsi alla porta che si aprì solo a metà.

- Sì, desidera? -
L'espressione di Camilla era identica a quella di chi vedeva un fantasma.
Ad aprire la porta non era di certo arrivato Gaetano, anzi.
Davanti a lei c'era una giovane donna, molto bella, probabilmente di poco più di trent'anni, che la guardava con un'aria curiosa.
- Ah scusi non...devo aver sbagliato...- poi ripresasi dallo shock iniziale continuò- pensavo che qui ci abitasse ancora il vicequestore Berardi...-
- Ah no, non si sbaglia è casa sua - disse la donna aprendo di più la porta.
Camilla non poté non notare l'evidente pancione che sbucava dalla salopette e i suoi occhi caddero proprio lì.
Qualcosa non andava...qualcosa non tornava...non poteva andare...
La donna la guardò con aria curiosa prima di capire che era il suo stato a interessare la signora sconosciuta che aveva suonato alla porta.
- Eh lo so è molto grande...- disse sorridendo mentre con la mano sinistra, sulla quale splendeva una bellissima fede, accarezzava la sua pancia.

Non aveva mai provato la sensazione di morire, neanche dopo l'incidente in macchina o quando le avevano sparato, ma Camilla era convinta che quello che stava sentendo in quel momento gli si avvicinasse pericolosamente.
- Posso, chiederle chi è lei? Penso cercasse Gaetano mi sbaglio? E' andato in commissariato, sa, siamo arrivati oggi ma aveva bisogno di sistemare subito alcune faccende lì - continuò la sconosciuta sorridendo cortesemente.
La domanda la prese in contropiede.

Chi era lei?
Come poteva definirsi?

- Sono...sono Camilla Baudino una...vecchia amica di Gaetano e abito proprio qui di fronte..e...e..niente, volevo salutarlo dato che è un anno che non ci vediamo...-
Mentre parlava non riconosceva il tono della sua voce.
La donna la guardò con aria interrogativa scrutandola da capo a piedi.
- Ah quindi lei abita qui di fronte, molto piacere, io sono Sabrina...- disse porgendole la mano fermandosi un attimo prima di continuare allargando di più il sorriso - Sabrina...Berardi -

Non si ricordava molto bene il resto della conversazione, aveva il vago sentore di aver sentito dire da quella donna qualcosa che sembrava un "Quando torna a casa Gaetano gli dirò che la sua amica Camilla è passata!"
Poi finalmente aveva potuto dileguarsi ed entrare in casa, anche se non aveva mosso un passo dalla porta. Anzi, le si era accasciata contro finendo poi a sedere per terra con il fedele Potty che le era saltato in braccio.
Mentre lo stringeva non aveva neanche la forza respirare, tentava nella sua testa di razionalizzare mentre sentiva di nuovo le parole di Francesca.

"Guarda che, se non te lo prendi tu, se lo prende qualcun'altra"

 

Ve lo avevo detto che mi piaccono i cliffhanger? :D Ah no? Scusate!
Mi sa che "posso spiegare non è come sembra" non funziona eh?
Dunque, prima di tutto per questo capitolo devo dire che mi è piaciuto immensamente scrivere il dialogo tra Torre e Gaetano, non so perché ma è stata la cosa che ho scritto più in fretta e di getto.
Per il, colpo di scena...beh, tutto può succedere, niente è come sembra, ci sarà la sorpresa finale e chi più ne ha più ne metta. Lo so, sono a quattro capitoli compreso prologo e loro non si sono ancora visti, ma finalmente si rivedranno nel prossimo capitolo. Ora, quello che succederà poi non lo garantisco.
Grazie per aver letto fin qui e sono pronta a prendermi gli urli per questo finale di capitolo.
No, veramente, qualsiasi tipo di review è bene accetto, grazie ancora per tutto l'incoraggiamento che mi date sempre.

E quindi, beh, ci vediamo Domenica prossima!!!

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque: Wandering heart ***


Di nuovo Domenica, e di nuovo un capitolo!
Ho lasciato tutti un po' scioccati con il finale del precedente, sappiate che mi sono sentita più in colpa per chi leggeva che per Camilla. Siete state sempre fantastiche e vi ringrazio veramente per aver commentato nonostante il cliffhanger cattivo e l'italiano sconnesso del capitolo.
Dai, finalmente dopo quattro capitoli più prologo, Camilla e Gaetano si rincontrano. Adesso però bisogna vedere come va.
Grazie per il continuo incoraggiamento e ci vediamo alla fine!

P.S. Il corsivo è sempre per i ricordi.


Buona lettura!

 

Capitolo cinque

Wandering heart


La via verso il suo condominio non era mai stata così lunga.
Era quasi tentato di dire a Torre di mettere la sirena per far prima, anche se non è che adesso, appena arrivato si sarebbe precipitato da lei.
Però insomma, doveva ammetterlo, quello che l'uomo aveva scoperto su Camilla gli aveva di nuovo aperto se non un'autostrada, almeno una statale.
Ma lui conosceva il suo amico ispettore e anche se gli voleva un bene dell'anima, non era sicuro al cento per cento dei suoi "giri".
L'unico modo per sapere la verità era andare alla fonte, e lui finalmente si sentiva abbastanza forte per farlo.

Non oggi magari, ma presto.

Solo che questa volta, prima di tutto, doveva chiarire con lei, capire che cosa era per lei.
A quanto pare era ancora libera, ma questo non necessariamente voleva dire che lo aveva aspettato.
Anche perché lui non poteva scordare che a Marco, Camilla aveva tranquillamente detto "Ti amo", che con Marco, lei stava partendo per andare a vivere insieme.
Bastava solo quel pensiero e l'insicurezza tornava a farsi strada.
Gaetano non aveva avuto niente, solo rifiuti più o meno velati appena tentava di introdurre un discorso serio.
Non c'era stato un giorno un cui non avesse analizzato alla loro situazione, ormai stava diventando pazzo, soprattutto quando in una delle sue conclusioni era arrivato a temere, da come lei si era comportata soprattutto nel periodo dopo il matrimonio della figlia, che lui fosse stato usato solo per un appagamento fisico.
Spesso quando parlava con Marco e lo sentiva raccontare di anelli, fughe al mare, progetti per traslochi, provava un'amarezza tale da voler affogare tutto nell'alcol fino ad annullarsi.
Dieci anni della sua vita ad amarla, rincorrerla, senza mai cedere o arrendersi neanche di fronte a talmente tanti rifiuti che non sarebbe riuscito a contarli. Poi, quando avrebbero potuto, lui non c'era.
E se la ricordava ancora quella sua uscita anni prima.

E dov'era il destino quando io e Renzo ci siamo lasciati? Se proprio doveva impicciarsi poteva farlo allora no?

Non lo aveva dato a vedere ma quelle parole lo avevano colpito immensamente, uno squarcio di speranza sotto sabbia e sassi. Però alla fine, quando la possibilità era arrivata veramente e avrebbero potuto vivere quella storia fino in fondo, lei aveva cominciato a tenerlo a distanza. E lui brancolava senza potersi aggrappare a nulla, con il dubbio che lei si fosse accorta di non provare altro che attrazione fisica, e che lui fosse solo un qualcosa a cui appoggiarsi temporaneamente, mentre Camilla...Camilla per Gaetano era la tutto e lo era sempre stata. Non ricordava più com'era svegliarsi e non pensare a lei ormai.
Il dubbio non lo faceva vivere.

Era veramente stato solo lui a credere in loro due?
Eppure...

Dovunque tu vada io vengo con te

Quelle parole gli avevano mozzato il respiro dalla felicità.
Però poi erano arrivati i "Non siamo una coppia ma potremmo diventarlo", "Tra noi le cose funzionano meglio se non le programmiamo" e l'indimenticabile "Sarò una nonna libera e indipendente".
Tutto il contrario di quello che aveva sentito raccontare della Camilla che aveva conosciuto Marco. Come se alla fine di Gaetano a lei non fosse mai importato nulla.

Erano state queste ed altre simili riflessioni ad avergli fatto decidere che stavolta sarebbe stata l'ultima, se fosse andata male se ne sarebbe andato via per sempre in qualche altra città, ma prima doveva capire se questo immenso amore che provava per lei aveva una concreta possibilità. E lo sapeva che tutto sembrava urlargli di no, ma era un essere umano la cui speranza era veramente dura a morire.
La speranza di un futuro insieme, la speranza di vivere una di quelle storie talmente meravigliose da aver paura di addormentarti perché il vero sogno comincia ogni giorno quando apri gli occhi e vedi la persona che hai accanto.
Lui senza di lei non ci sapeva stare, ma se prima si era accontentato di averla a metà, di abbozzare quando si sentiva insicuro pur di non perderla, ora non lo avrebbe fatto più.
Ora averla a metà sarebbe stato peggio.
O tutto o niente, il momento della verità si stava avvicinando, e anche se non era affatto sicuro del risultato finale, sapeva di non potersi più tirare indietro.

Il tempo lei lo aveva avuto, era ora di decidere e cascasse il mondo una volta per tutte, la decisione sarebbe stata definitiva.
Anche se fosse stata quella che Gaetano temeva di più.

Ma quanto ci metteva quella dannata macchina ad arrivare?
 



Quando Livia e George tornarono a casa con la piccola, le luci erano tutte spente.
Avevano persino cominciato a pensare che Camilla non ci fosse, solo che la borsa e le chiavi erano lì quindi doveva per forza essere tornata.
Dopo essersi guardati, Livia andò a bussare alla camera da letto della madre.
- Mamma, ci sei? -
Un rumore soffocato.
- Tesoro sì sono qui, scusa non mi sento molto bene, penso che mi metterò a letto presto...-
Qualcosa era sicuramente successo, la donna che era schizzata fuori da casa di suo padre e Carmen non era la stessa che le stava rispondendo adesso, ne era sicura.
Ma sapeva anche che sua madre non parlava volentieri di quando stava male e quindi era inutile insistere.
- Va bene come vuoi, se hai bisogno noi siamo di là, chiamaci ok?-
Non ricevette risposta se non un mugolio e mentre si allontanava dalla porta incontrò lo sguardo di George.
- Qualcosa non va...-
- Lo so Liv, ma tua madre la conosci...-
Lo sguardo di Livia mentre prendeva in braccio sua figlia era preoccupato.
- Già, vorrei poter fare qualcosa per lei ma è sempre troppo orgogliosa per chiedere aiuto -
Fissarono per qualche secondo la porta della stanza di Camilla, prima di andare in cucina a preparare la cena.
Dall'altra parte di quella porta, Camilla, con ancora Potty in braccio, fissava il vuoto, alcune lacrime silenziose a solcarle il volto.

Aveva trovato un'altra.

- Una donna più giovane, bella che addirittura gli sta per dare un figlio, hai capito Potty?-
Era ovvio che succedesse, in fondo lui era affascinante, intelligente, colto, dolce, premuroso...era l'uomo perfetto che ogni donna sogna di avere al suo fianco.
E lei quell'uomo lo aveva avuto senza rendersi conto di quanto fosse speciale, dandolo sempre per scontato.
Aveva una gran voglia di darsi una botta in testa, almeno avrebbe smesso di pensare, di piangere e sarebbe sprofondata in un sonno senza sogni.
Ci aveva messo poco il vicequestore a consolarsi a quanto pareva, e tutto questo amore "puro e fedele" dove stava?

Era irrazionale quello che stava pensando e lo sapeva perfettamente.
Lei...LEI lo aveva allontanato, LEI gli aveva detto che non erano nemmeno una coppia quando lui le aveva proposto di andare a vivere insieme.
LEI era quella che aveva sviato l'argomento quando lui le aveva chiaramente fatto capire che la avrebbe sposata anche subito.
Non aveva il diritto ora di essere in collera o di recriminare e lo sapeva.
Però non sempre il cervello e il cuore vanno di pari passo e in quel momento aveva una gran voglia di arrabbiarsi, di gridare, di prenderlo a schiaffi o magari anche di prendere sé stessa a schiaffi.

Il biglietto che era arrivato con le rose bianche era quasi consumato per quante volte lo aveva letto.
Se solo avesse capito prima quanto gli doveva, quanto lui fosse importante, o meglio, se solo non avesse avuto paura di accettarlo, forse ora dall'altra parte del pianerottolo ci sarebbe stata lei e chissà....
Invece eccola alla sua età a dover raccogliere di nuovo i cocci del suo cuore essendo consapevole però che questa volta, la colpa era solo sua.
Non sapeva che cosa sarebbe successo da quel momento in poi.
Era tornato e quindi prima o poi si sarebbero rivisti e avrebbero...avrebbero fatto discorsi su come era il tempo, su sua nipote e su...il figlio che lui stava per avere, come due vecchi amici.

Sentiva tutti i muscoli dello stomaco contrarsi a quel pensiero.

Aveva bisogno di aria per cui, mentre Livia e George erano indaffarati a cucinare lei uscì dalla sua camera e senza che la vedessero disse mentre entrava in bagno che portava Potty a fare una passeggiata fuori.
Si guardò allo specchio e con un fazzoletto tolse le righe di mascara che la facevano sembrare una maschera di Halloween, tanto truccata o no non cambiava molto.
Preso il collare del cane, uscì di casa e si mise ad aspettare l'ascensore perché in quel momento era occupato.
Era abbastanza a terra e preferiva non fare le scale, così mentre aspettava di poterlo chiamare, si chinò per legare il guinzaglio a Potty senza accorgersi che l'ascensore si era fermato al suo piano.
Quando si rialzò non fece in tempo fare nulla perché due occhi color cielo di scontrarono con i suoi.

- Gaetano...-

- Camilla...-




Quanto poteva essere infido il destino.

Nessuno dei due sapeva dire per quanto tempo fossero stati a fissarsi su quel pianerottolo occhi negli occhi.
Entrambi stavano avendo un dejavù della prima volta che si erano rivisti a Torino, solo che adesso la storia era ancora più complicata.
Ancora più piena di significati, di vissuto, di sentimenti che non erano stati più costretti a rimanere nascosti.

Lui non si aspettava di rivederla così presto.
Aveva come l'impressione che il mondo in quel momento andasse a rallentatore o che il tempo si fosse fermato del tutto.
Per lei era esattamente lo stesso.
Quanto riuscivano a leggere dell'altro senza neanche aprire bocca, guardandosi e basta. Ed era così da sempre, dal loro primo Vermouth. Non avevano mai avuto bisogno di parole, si attiravano e in qualche modo, in silenzio, parlavano un linguaggio che riconoscevano solo loro.
Ma nessuno dei due era sicuro di poter leggere l'altro nell'anima in quel momento perché aveva troppa paura di perdersi...o magari di ritrovarsi da solo.
In entrambi una enorme insicurezza si stava facendo strada, senza via di scampo innalzando un muro che sembrava invalicabile.

- Come stai? -
Azzardò lui vedendola con gli occhi gonfi.
- Bene - si affrettò a rispondere lei abbassando lo sguardo perché lui la stava scrutando in quel modo che, nei momenti più belli, le faceva sempre venir voglia di sentire quelle braccia intorno a lei e stringersi nel suo calore.
- Sicura? Hai gli occhi gonfi...-
- Sì beh, ho un po' di allergia...al polline -
- Al polline...a luglio...?- lo sguardo di lui diceva tutto.
- Eh sì, a luglio - rispose tentando di sembrare tranquilla.
Ovviamente la storia dell'allergia al polline non era vera, ma non poteva neanche dirgli che era stata a piangere per lui tutta la serata! Il che le fece ricordare...
- Ho saputo....congratulazioni...-
Lui la guardò per un attimo con aria interrogativa, poi sembrò capire.
- Ah sì grazie, ce ne è voluto di tempo ma alla fine, tutto è bene quel che finisce bene...- rispose sorridendo soddisfatto.
La fitta che provò le mozzò il respiro.
- Sì...immagino.- rispose in maniera secca e brusca - Va bene, io adesso devo portare Potty a fare la sua passeggiata - il sorriso tirato che si dipinse sulle sue labbra era qualcosa di incredibilmente falso - Ci vediamo in giro, bentornato eh...-
- Sì ma...Camilla io dovrei, cioè, avrei bisogno di parlarti...-
- Guarda, adesso non è possibile, Potty non ce la fa più e non vorrei sentire Gustavo che si lamenta, ci vediamo uno di questi giorni ok? Ciao.-
Non lo fece neanche rispondere che si infilò nell'ascensore e premette il pulsante.
 

Gaetano era spaesato.
Non capiva che cosa fosse successo, che Camilla ce l'avesse con lui per essersene andato?
Ma era stata lei a voler rimanere sola.
Però no, non era questo, c'era altro, non la aveva mai vista così...qualcosa non lo convinceva affatto.
Quasi come un automa infilò le chiavi nella toppa e aprì la porta.
Sabrina aveva tolto i teli e dalla cucina proveniva un odore di cibo, ma onestamente lui non aveva per niente appetito.
Si diresse verso il mobile dove teneva gli alcolici e lo aprì.
- Ah ma allora sei tornato, alla buon'ora! Stavo preparando la cena e ce ne è anche per te...-
La donna stava uscendo dal bagno.
- No, ti ringrazio ma non ho proprio fame.- rispose senza prestare una grande attenzione.
- Come vuoi - disse prima di incamminarsi verso la cucina.
Poi però si fermò e lo guardò.
- A proposito...prima è venuta a bussare una persona qui...una tua vicina, aspetta..come si chiamava...tipo Camilla o qualcosa...-
Al sentir pronunciare quel nome gli occhi di Gaetano ripresero vita.
- Camilla, è stata qui? E ti ha visto? Lo sai che non dovevi farti vedere, lo sai che non devi parlare a nessuno! Ma cosa ti è saltato in mente? E che le hai detto? -
- Calmati, non è successo nulla...- anche se il suo sguardo non lo convinceva.
- O meglio... - adesso non lo guardava più, gli occhi si erano alzati verso il soffitto, un'espressione di chi ha fatto qualcosa che non doveva - credo che forse ci sia stato un piccolo malinteso...una cosa così senza importanza però...-

Il sangue di Gaetano gli si era gelato nelle vene.
Dimmi che non ne ha combinata un'altra...
Non aveva bisogno di chiedere, e non serviva, l'espressione da poliziotto parlava da sola tanto che lei si trovò costretta a continuare.
- Beh sai, siccome non avevamo mai discusso di come mi sarei presentata una volta qui a Torino, dalle mie parole...ecco...credo che la tua vicina ora pensi che siamo sposati e che lui - disse indicandosi la pancia - sia tuo.-
 

Sabrina sapeva che Gaetano possedeva una mimica facciale incredibile, riusciva a trasmettere qualsiasi sentimento che provava semplicemente attraverso lo sguardo.
Bene, se uno sguardo avesse potuto uccidere, lei adesso sarebbe stata sotto tre metri di terra, incinta o no.



Ora sì che aveva tutto un senso, l'atteggiamento distaccato e il desiderio di dileguarsi...
Poi...non è possibile, quel "Congratulazioni" che lui aveva inteso come riferito al caso concluso, poteva...ma certo, riguardava sicuramente la sua nuova situazione familiare e lui aveva anche ringraziato!
La sua mente ricostrui tutta la scena e ora ogni cosa sembrava andare al suo posto.

Allora se Camilla era così fredda, magari stava male per quello che aveva saputo?
No un secondo, e se si stesse sbagliando? Se magari lei era semplicemente fredda perché non le interessava più nulla di lui?
Non ci stava capendo più niente e adesso stava seriamente rischiando di impazzire, solo di una cosa era sicuro.

Prese le chiavi di casa e si diresse verso la porta.

- Devo scendere, non aspettarmi...e questa volta ti prego, se suonano alla porta, NON APRIRE!- le disse in un tono talmente brusco da spiazzarla.
Non sentì se lei avesse risposto e in quel momento non gli interessava nemmeno.
Doveva parlare con Camilla e lo avrebbe fatto quella sera stessa.
 



Aveva slegato il guinzaglio a Potty e lo aveva lasciato correre per il prato del cortile mentre lei si era seduta su una panchina.
Quel giorno era passato senza che avesse fatto nulla di particolarmente stancante ma era esausta.
L'incontro sul pianerottolo le aveva lasciato una sensazione terribile, sembrava che qualcuno avesse sferrato un calcio all'altezza dello stomaco e lei fosse ancora lì ansimante a riprendersi.

Ce ne è voluto di tempo ma alla fine, tutto è bene quel che finisce bene...

Benissimo, per lui almeno.
A lei stavolta non era rimasto altro che frustrazione, vuoto, senso di solitudine.
Era andato avanti, lui, era riuscito a dimenticarla in neanche un anno e a comprovare che la cosa funzionava, la...la moglie era persino incinta.
E pensare che quel giorno, poco meno di un anno fa, anche lei pensò di poter essere incinta.
Ma non era più una ragazzina, e probabilmente non meritava qualcosa di così grande, non aveva fatto niente per guadagnarselo.
Quante notti si era trovata a sognare il momento del loro reincontro, per un anno intero non le sembrava di aver sognato altro.
E ora aveva perso tutto, tutta la speranza, tutte le fantasie, i castelli in aria che, senza ammetterlo neanche a sé stessa, aveva fatto da quando lui era partito sperando che come per le altre volte, il destino ci avrebbe messo lo zampino.
Però forse era stato quello il suo errore.

Alla fine, per più di dieci anni, era sempre stato Gaetano a fare il primo passo, lei era abituata ad essere quella che doveva rispondere, a cui le cose accadevano senza che facesse il minimo sforzo.
Se prima di quel maledetto giorno in cui lo aveva visto dall'autobus, avesse preso il coraggio a due mani, se fosse andata da lui chiedendogli scusa, sconfiggendo l'enorme orgoglio che utilizzava come barriera per proteggersi dalle delusioni, forse ora le cose sarebbero state diverse.
Aveva sbagliato tutto, aveva innalzato una corazza, si era protetta contro l'unica persona che, lei lo sapeva benissimo, non la avrebbe mai e poi mai fatta soffrire.
E poi vogliamo parlare dell'inverosimile conversazione avuta poco prima? A parte che lei era distrutta, lui la storia dell'allergia non la aveva bevuta neanche per un attimo, ma di certo non poteva sapere cosa c'era dietro quegli occhi gonfi.
Lo aveva sentito dire che doveva parlarle, ma onestamente non sapeva se e quando sarebbe di nuovo stata pronta ad affrontare un faccia a faccia.
Il tempo la aveva solo invecchiata mentre sembrava che lui diventasse ogni volta più affascinante.
Come era possibile che un uomo che era comunque sulla soglia dei cinquant'anni potesse essere così bello?
Era assolutamente ingiusto.

Come trovava un colpo basso che quegli occhi color mare cristallino appena incontravano i suoi, avessero il potere di entrarle dentro l'anima.
Si ricordava quando in quel mare ci sprofondava, ricordava benissimo quando desiderava perdersi lì dentro e lasciarsi cullare dalle onde avvolta dal calore del suo sorriso.
Era comunque convinta di poter tenere a bada quel mare...e che fosse unicamente suo.
Al solo pensare che ora c'era un'altra si sentiva morire, e non solo di tristezza, ma di rabbia, pura e incontrollata rabbia contro sé stessa, contro di lui, contro l'altra.

Avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, a calci....urlargli...urlagli...
Non sapeva neanche cosa avrebbe potuto rimproverargli.
No, per essere precisi diciamo che si ritrovava di nuovo a non sapere più che fare della sua vita.
Perché sì aveva sua nipote, sua figlia, però ora loro non erano solo la sua famiglia, ma erano anche la famiglia Turner, e Renzo e Carmen avevano creato un bellissimo ambiente per far crescere loro figlio Lorenzo, tentando di ricominciare legati dall'affetto e la complicità che avevano sempre condiviso.
Lei era sola, sola come un cane, o "con un cane" come disse una volta poco meno di due anni prima, anche se subito dopo quell'affermazione proprio Gaetano aveva suonato alla porta.

Si vergognava ad ammetterlo, ma durante tutti quei mesi lei aveva sempre avuto la quasi certezza che prima o poi la sua strada si sarebbe rincontrata con quella del vicequestore e che stavolta le cose sarebbero andate nel verso giusto.
E ora che aveva sbattuto il muso contro la durissima verità, era smarrita.

Ironicamente, adesso sì che era veramente sola, proprio come disse quella volta in quel maledetto corridoio di ospedale.

Forse avrebbe dovuto cambiare casa... non sapeva come avrebbe potuto continuare a vivere avendo nell'appartamento di fronte Gaetano, sua moglie e persino la prole.
Com'era debole lei, Gaetano invece per anni aveva avuto davanti agli occhi la famiglia Baudino/Ferrero, ed era sempre stato al suo fianco, ad offrirle una spalla su cui sfogarsi prima di vederla tornare tra le braccia del marito.

Lui c'era sempre stato.

E questo doveva essere il suo karma. Lo aveva avuto intorno incessantemente, usato come amico, come confidente, come amante o come si era definito una volta lui un "surrogato di marito", senza dargli uno straccio di certezza, poi lo aveva allontanato presa dall'ebbrezza dell'essere single, e ora era il suo turno nel vederlo felice accanto ad un'altra donna, e presto di nuovo padre.
Assorta nel suo mondo in cui si autocommiserava, non sentì i passi che si avvicinavano fino a quando non fu troppo tardi.

- Io e te dobbiamo parlare! -

 

Non mi guardate in quel modo vi prego, sì è un altro cliffhanger ma almeno stavolta non è cattivo dai...e mi serve portare Camilla ad un certo punto...
Poi, abbiamo appurato che Sabrina non è la moglie di Gaetano, il che è positivo no? Però diciamo che in ogni caso la sua presenza sarà fonte di problemi, ma lo vedrete in seguito.
Per ora, forza Gaetano, vediamo se riesci a farti ascoltare stavolta, abbasso lo zerbino tiriamo fuori il poliziotto!!
Grazie ancora per aver letto e se mi vorrete dire cosa ne pensate sarò felicissima di sentire le vostre opinioni, noi ci vediamo Domenica prossima!!!

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Capitolo 7
*** Capitolo sei: Needing hope ***


Sopresa! Capitolo infrasettimanale!! Ok in realtà ho paura di vedermi tirare i pomodori se dopo del finale di questo faccio passare una settimana, ed ecco perché ho postato ora...poi dopo aver letto capirete la ragione della mia paura.
Come al solito io devo fare miliardi di ringraziamenti a tutti quelli che commentano, sia qui che su Facebook. Ammetto che più andavo avanti a scrivere e più diventava difficile, e per me arriveranno tempi bui...però sappiatelo, l'incoraggiamento aiuta tanto quindi grazie veramente!!
E adesso basta con le introduzioni e via al capitolo.

P.S. I corsivi sono per i pensieri.


Buona lettura!


Capitolo sei

Needing hope

Aveva chiuso la porta di casa dietro le sue spalle con la convinzione di andare a cercare Camilla e costringerla a parlare a qualunque costo.
Era passato un anno e Gaetano era certo di essere cambiato, di essere ora abbastanza forte per imporsi davanti a lei.
Durante il periodo in cui erano stati...quello che erano stati, lui si era impegnato con tutto sé stesso a non forzarla mai, a mettere i suoi bisogni in secondo piano e assecondarla in tutto per paura di perderla.
Ora, a distanza di tempo, aveva capito che anche quel suo comportamento probabilmente era stato sbagliato.

E' vero, non nega di aver sentito qualche volta la voglia di vendicarsi, di farle provare tutto quello che aveva provato lui, tutto il dolore, la solitudine e la frustrazione di essere sempre e solo "un intruso" nella famiglia felice di lei.
Però Gaetano era sempre stato una persona corretta e fedele a sé stessa, e soprattutto, un uomo che non avrebbe mai ferito la donna che amava, e così, quella voglia di vendetta e rivalsa spariva quasi immediatamente dalla sua testa.
Adesso pensandoci bene, non sapeva nemmeno perché la stesse cercando, in fondo non è che poteva andare lì a dichiararsi, oltretutto per l'ennesima volta.

Non ci stava a fare di nuovo il primo passo, assolutamente no.

E poi, chi glielo diceva che a lei importasse ancora di lui? Che avesse finalmente fatto chiarezza sui suoi sentimenti e capito che lo amava?
Magari si stava sbagliando, forse quello sul pianerottolo era stato un normalissimo saluto di due vicini, forse lei aveva capito che stava bene a fare la nonna libera e indipendente e lui stava solo fraintendendo tutto.
Il suo fuggire poteva essere dovuto al fatto che non desiderava vederlo temendo che lui non la avesse dimenticata e volesse ricominciare qualcosa...
No, così non andava, non poteva continuare a fare ipotesi su ipotesi, aveva bisogno di fatti.

Mettiamo che fosse andato a cercarla, che le avrebbe detto? Quale era la motivazione per cercarla?
Spiegare il malinteso? Ecco sì quello sì, ma insomma, non era così urgente in fondo e poi a Camilla poteva anche non interessare...

E allora che ci stava andando a fare?

Doveva trovare una buona ragione, qualcosa per cominciare la conversazione, almeno quello, poi avrebbe lasciato fare al destino.
Poteva andare a cercarla per chiederle degli occhi gonfi, non ci credeva alla storia dell'allergia e in ogni caso le bugie di Camilla almeno per lui erano riconoscibili ad un chilometro di distanza.
Ecco, bene, sarebbe andato a vedere come stava un'amica per cui era preoccupato.
Diamo questa come scusa ufficiale.

Aumentando il passo, arrivò in giardino e si guardò intorno.
Non ci mise molto a trovarla lì, nell'isola verde in mezzo al cortile, seduta su una panchina con la testa rivolta verso il basso mentre Potty girava per cespugli.

- O la va o la spacca -

Si avvicinò con passo sicuro e si fermò a circa tre metri da lei, dietro la panchina.

- Io e te dobbiamo parlare!-

 


Quella voce la aveva fatta sussultare.
Lentamente alzò la testa e si voltò verso il suo interlocutore, non prima di sforzarsi di apparire il più neutra possibile.

- Gaetano...ma che ci fai qui? -
Bella domanda, pensò lui - In fin dei conti in questo condominio ci vivo e poi mi era venuta voglia di fare una passeggiata...-
Perfetto, cominciare con una bugia lo avrebbe portato sicuramente avanti.
- O almeno questo potrei risponderti, ma la verità è che sono sceso perché quegli occhi gonfi lì non mi convincono. Allora, me lo dici che cosa è successo?-
Camilla si trovò a pensare che quello era un ennesimo colpo al cuore, che non era giusto che un uomo riuscisse a leggerla dentro in quel modo.
Era divisa tra la voglia di scappare via da lì, e quella di rimanere inchiodata sulla panchina e doveva assolutamente trovare una buona scusa...
- E a te cosa importa se ho gli occhi gonfi o no? -
Ottimo, aveva messo Camilla sulla difensiva, doveva provare in un altro modo.
Lentamente si avvicinò sedendosi accanto a lei ma senza che si toccassero, mise le mani in tasca e guardò verso Potty.

- Professoressa, te lo hanno mai detto che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?-
Dio come le era mancata quella voce dolce ed avvolgente e quel tono unico che aveva solo quando diceva "professoressa". Stava morendo dalla voglia di poggiare la sua testa sulla spalla di lui, di sentire il suo braccio cingerle la vita, come quando camminavano sotto la pioggia per il parco.
E poi ancora prima, tornò indietro nel tempo, quando a Roma passavano interi pomeriggi a chiacchierare e fare ipotesi davanti ad un Vermouth, col risultato di ritrovarsi mariti e fidanzate arrabbiati al telefono perché non si erano accorti delle ore che passavano.
Un piccolo malinconico sorriso si fece strada sulle sue labbra.
- E a lei commissario hanno mai detto che quando non è in orario di ufficio non dovrebbe fare interrogatori? -
Di nuovo un'altra domanda.
-Sono solo preoccupato per un'amica -
Quel rumore sordo che le era arrivato alle orecchie doveva essere il suo cuore che si spezzava.

Un'amica...

Solo un'amica...

Fu un attimo.
La rabbia, la frustrazione, la consapevolezza di averlo perso per colpa sua, la solitudine il senso di smarrimento, il vuoto, e tutti i sentimenti che aveva provato in quell'anno di lontananza tornarono all'attacco insieme.
Si irrigidì immediatamente e si alzò dalla panchina voltandosi a guardarlo con una espressione indecifrabile.
- Ah, un'amica, quindi io adesso sarei un'amica? -

La guardò sopreso, non la aveva mai vista in quel modo.

- Camilla ma che ti prende? Cosa avrei detto di tanto sconvolgente? Sei un'amica no? Se ben ricordo, anche tu mi hai sempre definito tale, non sono sempre stato "il tuo amico commissario"? Non credo che tu abbia il diritto di lamentarti su questo -
- E quindi praticamente adesso ti stai vendicando...- incrociò le braccia sul petto quasi con aria da sufficienza - dopo essertene andato per un anno, ora hai ben deciso di tornare a spiattellarmi la tua vita e dulcis in fundo, mi hai seguito qui sotto per ricordarmi il posto che occupo io in questa tua vita. Bravo, vuoi che ti faccia un applauso?-
Era un'ironia amara, dentro stava scoppiando e si tratteneva a stento mascherando con falsa freddezza l'uragano che provava in realtà. Ma non sarebbe durata per molto, non stavolta, era troppo distrutta per poter continuare quell'interpretazione.
Dall'altra parte Gaetano non riusciva a capire niente. - Camilla, ma ti senti? Ma cosa stai dicendo? Mi sembra di ricordare che sia stata tu a dichiarare di voler fare la nonna libera e indipendente!-
- Sto dicendo che a quanto pare ci hai messo poco a consolarti caro il mio vicequestore...-

Lui chiuse gli occhi e si mise una mano sulla tempia.
Forse aveva capito.

- Stai parlando di Sabrina...un secondo, aspetta..-
- Non mi dire la solita frase "non è come pensi ti posso spiegare" perché ne ho sentite troppe nella mia vita e io non devo aspettare nulla, io non aspetto più....ho già aspettato abbastanza! -
A queste parole anche lui non riuscì a tenere la voce bassa e si alzò.
- Non venire a dire a me una cosa del genere! Hai idea di che cosa vuol dire amarti da una vita, aspettarti per dieci anni, riuscire finalmente ad averti per scoprire dopo che di me non te ne è mai fregato nulla?-
- E questa idea da dove ti è venuta fuori?-
- Ma non so...forse perché qualcuno quando chiedevo delucidazioni sul nostro rapporto mi rispondeva che non eravamo amici ma forse non eravamo neanche una coppia.
- Ah certo, è facile venirmi a rinfacciare quello che ho detto mentre stavo attraversando un momento difficile della mia vita. -
- Beh, scusa, a quanto pare io te lo ho reso solo più difficile allora. -
- Di certo non lo hai reso più facile, ossessivo, appiccicoso e geloso...-

Lo sguardo di lui fu peggio di un proiettile sparato dritto al cuore.
Passarono secondi interminabili a fissarsi e nei quali Camilla avrebbe voluto prendersi a schiaffi e ritirare tutto.

Gaetano abbassò lo sguardo, allora era questo quello che provava lei sul serio, inutile anche tentare di spiegare la situazione, non gliene importava nulla, non gliene era mai importato nulla...dopo aver preso un respiro incontrò nuovamente quegli occhi castani, il volto serio, quasi impassibile.
- Se è così che la pensi non abbiamo più niente da dirci...-

No che non lo penso, non lo penso affatto, non lo ho mai pensato...
Lo vide voltarsi e incamminarsi verso il palazzo e si sentì morire. Non poteva lasciarlo andare.
- Gaetano! -
Lui si fermò dandole ancora le spalle.
- Non...non lo penso..- la voce era quasi spaventata.
I loro occhi si incontrarono e lei leggeva loro dentro tutto quello che avrebbe voluto dirle che sembrava essere identico a quello che voleva dirgli lei.

- E che cosa pensi allora? -

Era un barlume di speranza quello che si faceva strada in lui?
Un disperato ultimo tentativo di credere ancora in loro.

Ti prego, dimmelo, tu non sai quanto ho bisogno di sentirlo...dimmi che non ci ho creduto solo io.

L'unica cosa che Camilla desiderava in quel momento era di accorciare le distanze e riprendersi quell'uomo una volta per tutte, un bisogno talmente forte da farle male.

Penso che senza di te non posso stare.

Stava per rispondergli quando un'immagine le balenò davanti.
La donna in casa sua.

Sabrina Berardi.

Berardi....

Dai suoi occhi, il viso si abbassò, un misto di sconfitta e rassegnazione, ormai era troppo tardi...la voce metallica e disillusa.
- Penso che è quasi ora di cena, Livietta e George mi aspettano a casa...- rispose rimettendo il guinzaglio a Potty e correndo verso il palazzo, superando il vicequestore e sfuggendo al suo sguardo.
Gaetano si ritrovò da solo, paralizzato, senza aver capito assolutamente nulla del dialogo che era appena trascorso.
Che vuol dire che lei non lo pensava? Perché il suo sguardo diceva una cosa mentre le sue parole la contraddicevano? Possibile che si fosse immaginato tutto?
Gli ci vollero cinque minuti prima che la nebbia nel suo cervello si diradasse.
Era sceso per chiarire e aveva le idee più confuse di prima e due fughe in un giorno era un record anche per Camilla.
- Eh no, questa volta non finisce così! -

Non poteva più accettare passivamente quello che lei faceva, stavolta non sarebbe andata nello stesso modo! Bene o male che fosse, doveva mettersi il cuore in pace e non avrebbe più lasciato la questione in sospeso.
In un lampo salì le scale, e appena arrivato al pianerottolo bussò con forza alla porta di casa Baudino.
- Camilla, apri questa porta!-
 


Era corsa su con una foga mai avuta prima.
Entrando in casa ignorò completamente le voci di sua figlia e suo genero che la chiamavano e si infilò in camera sua chiudendo a chiave la porta.
Guardò la felpa che era appoggiata alla sedia, la prese tra le mani e poi la gettò lontano con rabbia.
Il letto, che ormai era stato testimone di tante notti insonni, era lì che la fissava.
Ci si fiondò senza pensarci un attimo affondando la testa nel cuscino per soffocare i singhiozzi che minacciavano di uscire.
Non ce la faceva a pensare, a parlare, a fare nulla.
Non ricordava niente se non quello sguardo ferito che ormai era rimasto tatuato nel suo cuore.
Strinse quel cuscino come se volesse ucciderlo.
In fondo lui si era rifatto una vita, perché allora aveva quell'espressione? Che cosa poteva esserci da spiegare?
E anche lei, perché lei quando era con Gaetano riusciva sempre a far uscire dalla sua bocca l'esatto contrario di quello che pensava sul serio?  


- Camilla, apri questa porta, non abbiamo finito!-
Gaetano continuava a bussare mentre dall'altra parte Livietta e George non appena riconobbero la voce, corsero ad aprire.
La faccia stravolta del vicequestore la diceva lunga sul perché Camilla fosse entrata e corsa in camera sua.

- Ragazzi, scusate per la voce alta...mi potete dire dove sta...-
I due non lo fecero finire e indicarono entrambi nello stesso momento la camera da letto.
- Gaetano, senti, noi portiamo la bambina a cena da Carmen e papà. Credo sia meglio che tu e la mamma rimaniate da soli...-

- Scusate ragazzi io non...-
- Non c'è niente di cui scusarti, non hai idea di come ti abbiamo aspettato...soprattutto qualcuno, vero Liv?-
Rispose George con un sorriso corrisposto da Livietta.
- Bentornato...ci sei mancato - disse Livietta mentre lo abbracciava .
- Grazie - rispose lui cercando di apparire calmo mentre in realtà era tutto fuorché quello.
George teneva in braccio Camilla che lo guardava con aria curiosa e due enormi occhi azzurri che erano identici a quelli della mamma, però appena Gaetano la vide si accorse che c'era nella bambina un qualcosa di particolare...
Le si avvicinò prendendole la manina e accarezzando il dorso con il pollice.
- Ciao piccolina, ma come sei bella e quanto sei cresciuta...che dici, me la dai un po' di forza per parlare con tua nonna? - chiese dolcemente mentre la bimba aveva deciso che quel signore le stava simpatico e gli rispose sfoderando un luminoso sorriso.
Ecco che cosa c'era, la bimba aveva il sorriso della sua Camilla.
- Credo che tu le piaccia! Sarà qualcosa che si tramanda da nonna a nipote forse...- commentò Livia divertita.
Al sentire quelle parole una piccola speranza si accese di nuovo in lui.

Se solo ne avessi la certezza.

- Ti prego, metti le cose a posto - lo sguardo della ragazza si fece serio.
- Ci proverò - le rispose accennandole un sorriso prima di dirigersi verso la stanza da letto.

Aspettò che i tre fossero usciti di casa prima di prendere un respiro e cominciare.

- Camilla, per favore, apri questa porta, non abbiamo finito di parlare. -
Dall'altra parte della porta, Camilla distesa sul letto era schizzata in piedi con gli occhi sbarrati.
Che ci faceva lì? Come era entrato? Probabilmente Livietta lo aveva fatto entrare, ma perché era venuto?

- Non abbiamo nulla di cui parlare!- Si sforzò di rispondere con un tono che pregava sembrasse abbastanza freddo da farlo desistere.
- Professoressa, apri immediatamente questa porta -
- Perché non te ne torni da tua moglie invece?-

L'acidità con cui aveva detto le parole "tua moglie" sarebbe stata evidente persino a un sordo.

- Ti ricordo, in caso te lo fossi dimenticato, che io le porte chiuse le so aprire, e quando la situazione lo richiede, anche sfondare, quindi, se non vuoi dover chiamare un muratore per farti rimontare l'entrata della camera, apri subito.-

Effettivamente lei lo aveva visto all'opera e sapeva che non ci avrebbe messo molto ad aprire.
Si avvicinò alla porta con cautela e infilò la chiave nella toppa anche se si fermò prima di girarla.
Un barlume di incertezza la fece indietreggiare.

Non sapeva come avrebbe reagito trovandoselo davanti.
- No...se mi devi dire qualcosa, dimmela da lì! -
- Camilla, attraverso la porta? Ma che cavolo ti passa per la testa? -
- O così o niente! -
Era veramente quella la sua voce? Più che una signora, sembrava una bambina capricciosa.
Ma aveva troppa paura di cosa quello sguardo poteva provocarle, almeno se non lo guardava, riusciva mantenere il controllo....

Gaetano dall'altra parte era sempre più spiazzato. In dieci anni non aveva mai visto Camilla in quello stato e dire che lui era stato probabilmente testimone sia di quando lei era al suo peggio che al suo meglio.
Eppure anche così, testarda come un mulo, capricciosa, prepotente, arrabbiata...anche così, riusciva a farlo impazzire e a legarlo a lei irrimediabilmente.

Ma dove la trovo un'altra come lei...

Erano due calamite, lo erano sempre stati e forse era davvero meglio che ci fosse una porta tra loro perché più le stava vicino, più sapeva che non avrebbe resistito alla tentazione di prenderla tra le braccia e far dimenticare ad entrambi qualsiasi cosa che non fossero loro due se solo lei gli avesse dato una piccola possibilità.
Fece un sospiro, sconfitta a tappeto, come sempre del resto.

-E va bene, hai vinto tu.-

 

 

Ora penso che si capisca perché ho postato in mezzo alla settimana.
In teoria questo capitolo doveva essere chiarificatore, ma Camilla ovviamente non ha voluto collaborare. Ogni tanto la prenderei a schiaffi, neanche nelle cose che scrivo riesco a farle fare quello che vorrei.
E quindi anche qui, un bel (sono ironica) cliffhanger. Però guardiamola dal lato positivo, il prossimo arriva Domenica, il che vuol dire che per chi se la sta leggendo, ci sarà meno da aspettare. Sappiate che il prossimo capitolo oltretutto mi ha fatto sudare...e non ne sono affatto soddisfatta, ma più di così non potevo fare.

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Capitolo 8
*** Capitolo sette: Starting over again ***


Ancora Domenica e ancora un nuovo capitolo. Questo qui mi ha fatto sudare e mi ha bloccato per giorni. Vi avviso che non sono brava in certe cose e alcuni argomenti mi sono ostici da scrivere come vedrete perché il romanticismo sfortunatamente non mi appartiene quindi mi dispiace se qualcuno si aspettava qualcosa di meglio.
Oltretutto sappiate che far dire certe cose a una Camilla post sesta serie è un'impresa titanica.
Unica nota positiva, almeno stavolta non finisce con un cliffhanger.
Grazie ancora e sempre per tutti i commenti e le reviews che scrivete. Io lo dico ogni volta ma lo penso davvero.
Però veramente non vi aspettate un granchè, nel mio piccolo io sarò soddisfatta se non avrete creduto di aver buttato 5 minuti della vostra giornata a leggerlo.
Uno speciale grazie soprattutto alle ragazze che commentano su Facebook e poi anche a quelle che lasciano i commenti qui, questo capitolo ve lo dedico (pigliatevelo anche se non è il massimo).
P.S. In corsivo ci sono i pensieri.

Buona lettura e ci vediamo in fondo!!


Recap dal capitolo precedente

Si avvicinò alla porta con cautela e infilò la chiave nella toppa anche se si fermò prima di girarla.
Un barlume di incertezza la fece indietreggiare.

Non sapeva come avrebbe reagito trovandoselo davanti.
- No...se mi devi dire qualcosa, dimmela da lì! -
- Camilla, attraverso la porta? Ma che cavolo ti passa per la testa? -
- O così o niente! -
Era veramente quella la sua voce? Più che una signora, sembrava una bambina capricciosa.
Ma aveva troppa paura di cosa quello sguardo poteva provocarle, almeno se non lo guardava, riusciva mantenere il controllo....

Gaetano dall'altra parte era sempre più spiazzato. In dieci anni non aveva mai visto Camilla in quello stato e dire che lui era stato probabilmente testimone sia di quando lei era al suo peggio che al suo meglio.
Eppure anche così, testarda come un mulo, capricciosa, prepotente, arrabbiata...anche così, riusciva a farlo impazzire e a legarlo a lei irrimediabilmente.

Ma dove la trovo un'altra come lei...

Erano due calamite, lo erano sempre stati e forse era davvero meglio che ci fosse una porta tra loro perché più le stava vicino, più sapeva che non avrebbe resistito alla tentazione di prenderla tra le braccia e far dimenticare ad entrambi qualsiasi cosa che non fossero loro due se solo lei gli avesse dato una piccola possibilità.
Fece un sospiro, sconfitta a tappeto, come sempre del resto.

-E va bene, hai vinto tu.-
 



Settimo capitolo

Starting over again


La sicurezza che ci fosse una porta a dividerli aveva tranquillizzato Camilla. Non sapeva cosa avrebbe fatto se si fosse ritrovata di nuovo quello sguardo su di sé.
Gaetano intanto dall'altra parte, aveva bisogno di risposte.
- Adesso però mi dici esattamente che cosa è successo di sotto! Se hai problemi di memoria, ti ripeto la domanda, se non pensi che io sia stato un intralcio per te, che cosa pensi? -
Andava diretto al punto il commissario quando voleva essere deciso, forse era una cosa che derivava dal suo lavoro.

E adesso...che poteva fare?
Scomparire dalla sua camera non poteva e quindi...
Parola d'ordine, divagare.

- E che ti importa che cosa penso? Cosa importa adesso quello che posso pensare io? -
- Mi importa! Quindi adesso me lo dici perché se non lo fai, ti giuro che questa porta viene giù in meno di tre secondi...-
Camilla per precauzione si allontanò da essa e si sedette sul lato del letto fronteggiando l'uscio.

Sospirò.

In fin dei conti ormai da perdere non aveva nulla, con la scenata in giardino aveva mandato a quel paese anche la sua dignità. Era scappata come una codarda con la coda tra le gambe, aveva persino rifiutato di avere una discussione decente costringendolo fuori una porta e ancora non gli aveva dato una risposta.
E anche se tutto era finito, una risposta gliela doveva da ben dieci anni.

- Non penso che tu sia stato un intralcio, non penso che tu sia stato appiccicoso o meglio magari qualche volta sì ma non te la ho resa facile neanche io e quando sei stato geloso anche se mi lamentavo in realtà non mi dispiaceva...-

Almeno era qualcosa, pensò Gaetano mentre appoggiava la schiena a quella porta bianca chiudendo gli occhi.
- E poi? - era detto con voce quasi impercettibile ma lei lo aveva sentito lo stesso.

E poi...e poi arrivava la parte difficile. Quando tieni i sentimenti chiusi dentro il cuore per tanto tempo e sei stata ripetutamente ferita non è facile tirare fuori quello che si prova. Non sapeva come si faceva, e soprattutto era anche consapevole che non le rimaneva più niente. Sentiva quasi di non aver mai fatto nulla di più difficile in tutta la sua vita.
- E poi invece, sono stata un'egoista che ha rovinato l'unica cosa bella che le era rimasta...e penso che stavolta è tutta colpa mia se mi ritrovo in questa situazione e che non...non ti biasimo per esserti rifatto una vita dopo che ti ho dato solo delusioni per più di dieci anni..-

La voce aveva acquistato un tono disilluso, senza speranza, sembrava non avesse più voglia di parlare ma Gaetano era consapevole che se non l'avesse incalzata lo avrebbe rimpianto tutta la vita.
Non sapeva fino a quanto poteva spingersi, questa era una Camilla che non conosceva. Per la prima volta era sincera sui suoi sentimenti e anche se aveva un disperato bisogno di sapere, una parte di lui temeva di stare osando troppo e che da un momento all'altro lei cambiasse versione o si chiudesse di nuovo.

- E..?- alla sua età il cuore batteva a mille.

Camilla era in crisi, non ce la faceva, non ci riusciva, anche se quella voce le dava una forza tale da farle credere che potesse fare qualsiasi cosa. Ma non era più per lei...LUI non era più per lei.
Aveva raggiunto il suo limite.

- E poi penso che ora dovresti tornartene nel tuo appartamento da tua moglie che sicuramente ti starà aspettando per cenare invece di stare qui dietro a me!-

Gaetano sapeva riconoscere dal tono di voce di Camilla tutti i messaggi non detti che gli stava mandando. Quando erano insieme, se chiedeva delucidazioni sul loro rapporto, la voce di lei sembrava quasi velata...erano le uniche volte in cui non riusciva a capirla.
Ma ora la verità arrivava forte e cristallina.

- Sei gelosa?-

Quella domanda da parte di lui sembrò scottarla più di una fiamma e scattò in piedi.
- Non sono gelosa!!! -

Al diavolo le paure e l'insicurezza, per un attimo gli apparve impercettibile un sorriso sulle labbra.
- Sei assolutamente, irrimediabilmente, gelosa.-
E non era una domanda. Lui lo sapeva, lo aveva capito. Negare in quel momento la avrebbe resa solo più ridicola, e lei che pensava di aver toccato il fondo quando aveva messo una porta in mezzo tra loro due perché aveva troppa paura di dire certe cose con lui davanti.

Per la prima volta in più di dieci anni, la sconfitta era Camilla.

- E va bene, vuoi sentirlo? Sì sono gelosa, sono gelosa e sono arrabbiata perché non ci sono io lì e lo so benissimo che me la sono cercata questa situazione, ma te lo dico chiaro e tondo qui, o ve ne andate voi o cambio casa io!!!- ormai stava quasi urlando.

Aveva sognato di sentire questi discorsi per più di dieci anni.
Certo, non si aspettava che ci fosse una porta a dividerli ma quello era un dettaglio che avrebbe velocemente risolto.
Solo che prima gli mancava un tassello, un importantissimo, vitale tassello che doveva assolutamente andare al suo posto, ma non glielo avrebbe chiesto, non questa volta. Era stufo di chiedere conferme, per una volta passò all'attacco.

- La sai una cosa professoressa - prese un respiro, se ce l'aveva fatta lei ce la poteva fare anche lui - tu non solo sei gelosa marcia, tu mi ami...e probabilmente anche da un sacco di tempo...-

Quelle parole le entrarono dentro con una forza dirompente.
Lo sapeva di amarlo, ma non era mai riuscita a trovare il coraggio di dirglielo. E' più facile difendersi quando l'altro non conosce i tuoi veri sentimenti.
E infatti ora, con la verità sbattuta in faccia, si sentiva la persona più vulnerabile del mondo.
Ma una parte di lei era cosciente che se c'era qualcuno con cui poteva esserlo, quello era proprio Gaetano.
Avrebbe voluto aprire quella porta buttarglisi tra le braccia e baciarlo come se non esistesse un domani dichiarando ai quattro venti che lo amava...ma la donna col pancione continuava fissarla con quello sguardo compiaciuto, e la paura di esternare i suoi sentimenti pesava come un macigno.

Però in fondo ormai che aveva da perdere?

La dignità era andata, le speranze frantumate, non c'era una via d'uscita possibile...era tutto finito.
Eppure anche in quel momento, con un matrimonio e una gravidanza che li divideva, Camilla sentiva che il destino li legava irrimediabilmente e che qualsiasi barriera avesse messo, in un modo o nell'altro si sarebbero ritrovati.
E anche se poi sarebbe stata peggio, dopo tutti i rifiuti che gli aveva propinato, le fughe e le delusioni che lui aveva ricevuto da lei, era pronta a prendersi la sua parte.
Improvvisamente, le venne in mente quel giorno di alcuni anni prima, quando ancora il fato con i suoi fili insondabili li aveva fatti rincontrare a Torino e per vivere in pace avevano stabilito delle regole.
Soprattutto la terza, le balenò davanti.

Nessun rimpianto

Si avvicinò al lato del letto, verso il comodino dove il selfie che avevano fatto un Febbraio di un anno e mezzo fa la fissava. Osservava quella foto come se fosse un cimelio appartenuto ad un'altra vita.
Quanto erano felici lì, quanto era felice lei lì.
E se ne rendeva conto solo ora che aveva perso tutto.
Sotto la foto c'era il biglietto che le arrivò con le margherite, una morsa allo stomaco nel rileggere quelle ultime parole.

E anche se tu non lo dici io...

-Ti amo -

La voce si era spezzata in mezzo.
Era incredibile come nel suo cuore sentisse le due parole rimbombare per la potenza che avevano, ma nella realtà erano le più difficili da pronunciare.

Ti ho amato probabilmente da prima che me ne rendessi conto io stessa, quando ti relegavo a tentazione perché sapevo che se avessi guardato la verità, quello che provavo mi avrebbe travolto la vita.

Da fuori la porta non sentiva più nulla ma ormai quasi non le importava.
- E non mi chiedere da quanto tempo perché non lo so! Non so se non me ne sono accorta o non volevo accorgermene. E tutte le volte che eravamo vicini era sempre più difficile, ma lo tenevo dentro dicendomi che non era niente, impegnandomi a fare altro e a riempirmi la vita per non pensarci. E poi dopo, quando l'alibi del mio matrimonio era caduto, non riuscivo ad ammetterlo a me stessa e tantomeno a dirtelo quando me lo chiedevi. Ma ora lo vuoi sapere? E va bene sì sono innamorata pazza di te, anche se ormai non cambia più nulla...sei contento adesso? -

Il primo "ti amo" era stato quasi sospirato, con la voce che si era rotta in mezzo, ma mentre continuava a parlare, Gaetano la sentiva finalmente per la prima volta aprire sé stessa. Si era accorto che lei non era più la Camilla che aveva conosciuto a Roma, si era indurita e aveva innalzato un muro sui suoi sentimenti più fragili. Eppure in quelle parole ancora la rivedeva, a tratti, quella donna meravigliosa che era sotto una montagna di pietre aguzze poste da lei stessa.
E lui la avrebbe tirata fuori da lì, fosse stata anche l'ultima cosa che faceva nella sua vita.

Quando Camilla finì, si lasciò cadere sul letto, era uscito tutto d'un fiato.
- Oh e ora lo ho detto! - Era stremata come se avesse corso una maratona.
Il biglietto scivolò per terra, si ricordava di aver fatto una cosa del genere solo una volta con Renzo mentre stavano tentando di far pace dopo un altro litigio.
Ma ora era diverso, era una cosa nuova, la sua unica vera confessione e anche se la aveva sfinita, finalmente per la prima volta aveva tirato fuori tutto e non poteva né voleva tornare indietro.

Lui era ancora appoggiato alla porta con gli occhi chiusi, aveva sognato quel momento per una vita e ora che era arrivato quasi non si rendeva conto che fosse vero.
Aveva bisogno di sapere che era la realtà invece.

- Apri la porta...-
-Torna da tua moglie -
-Camilla, apri la porta o la sfondo..-
-Sì certo...- alzò gli occhi al cielo - figuriamoci...-

Un mezzo sorriso le incorniciò la bocca, nei dieci anni in cui volenti o nolenti si erano sempre trovati l'una sulla strada dell'altro, lui non la aveva mai costretta a fare nulla, anche se a volte lei stessa lo avrebbe voluto, ma la riflessione non durò che un attimo perché la sua porta, la bella porta bianca della sua camera da letto, in un solo colpo era stata aperta.
La faccia che fece non aveva prezzo.

- Ma cosa...Gaetano...che cosa hai fatto? -
Lui non le rispose subito, si limitò a mettersi davanti a lei a fissarla con lo sguardo deciso anche se le braccia incrociate erano segno di una ultima, lieve insicurezza.

- Scusa, ma non puoi dire che non ti avevo avvisato. Ora ripetimelo...-
- Che...che cosa? -
- Sai benissimo cosa, non divagare, ripetimelo o ti giuro che ci chiudo qui dentro finché non lo risento.-
- E come fai? Hai sfondato la porta potrei andare via in qualsiasi momento! -

Ma stavolta lui era diverso, era come non lo aveva visto mai prima d'ora, neanche quando avevano cominciato quella loro strana relazione. C'era una luce particolare nei suoi occhi e qualcosa le diceva che anche con mille porte spalancate, lui non la avrebbe fatta uscire.

- Prima però dovresti passare letteralmente su di me e ti assicuro che finora non ci sono riusciti neanche i criminali, ora ripetimi quello che hai detto prima -

Camilla lo fissava come se lo stesse vedendo la prima volta. Era sempre il suo vicequestore, lo sapeva, ma aveva una sicurezza e una forza in quell'istante che la paralizzavano e sentiva che sarebbe stata disposta a fare tutto quello che lui avrebbe voluto.
E in fondo lei era questo che desiderava. Un uomo che le sapesse tenere testa, ma che non fosse arrogante o pieno di sé.
Dolce, romantico, sincero, intelligente, colto, un amico prezioso un confidente fidato, un amante da mille e una notte.
Ed eccolo lì, quell'uomo in piedi a braccia incrociate era tutto ciò che lei aveva sempre cercato e se doveva perderlo ora che aveva capito quanto fosse importante, lo avrebbe fatto, ma per una volta voleva agire senza preoccuparsi di cosa sarebbe successo dopo.

Non c'era modo di scappare, e sì, alla fine, chi se ne fregava se dall'altra parte del pianerottolo c'era un'altra, adesso Camilla voleva fare la cosa sbagliata...
Che poi era forse la cosa più giusta che avesse mai fatto fino a quel momento.
Ne aveva un bisogno quasi vitale.
Si alzò di nuovo e lo guardò negli occhi, questa volta senza nessuna paura o accenno di incertezza, e per una frazione di secondo si rivide davanti alla fontana, quando invece di correre da Torre, erano rimasti abbracciati a godersi il momento.

Nessun rimpianto

- Ti amo -

E in un attimo il resto svanì come d'incanto.
Si sentì attirare per la vita verso il suo corpo caldo e le labbra di lui la cercarono disperatamente, proprio come la notte in cui fecero l'amore per la prima volta.
In automatico lei gli intrecciò le braccia intorno al collo, le mani tra suoi capelli perdendosi in quelle sensazioni che mai avrebbe pensato di poter assaporare ancora.
Era un ritrovarsi dopo essersi persi, uno scoprirsi e riscoprirsi allo stesso tempo.
Come due persone che erano rimaste senza ossigeno e ricominciavano solo allora a respirare di nuovo.

Gaetano non riusciva più a pensare, non sentiva più cosa succedeva intorno a lui, sapeva solo che doveva averla più vicina ancora più vicina, perché era troppo lontana e non era abbastanza, non sarebbe mai stato abbastanza.
La strinse a sé talmente forte che era sicuro di starle facendo male, ma Camilla sembrava aspettare solo quello. Non aveva nessun desiderio di staccarsi, e per risposta aveva aumentato la stretta intorno al suo collo avvicinando i corpi il più possibile, stava toccando il paradiso perdendosi nel calore dell'inferno.
Le braccia sulla vita di lei allentarono la presa e le mani di Gaetano languidamente cominciarono ad accarezzarle la schiena facendola rinascere, i brividi la percorrevano, provava sensazioni che non ricordava di aver mai provato, forse perché prima, aveva paura di abbandonarglisi veramente anima e corpo mentre ora quella paura era scomparsa.

Ma il respiro ad un certo punto venne a mancare ad entrambi.
Fronte contro fronte con il fiatone, uno sguardo ad occhi semi socchiusi e poi lui poté finalmente morire di nuovo sul quel collo lasciando una scia di baci mentre Camilla si faceva trasportare di nuovo verso l'oblio.
Voleva quelle mani ovunque, voleva che quella bocca la scoprisse centimetro per centimetro, aveva un bisogno disperato di sentirlo fino nel profondo della sua anima.
Per Gaetano era come se stesse finalmente assaporando la vita per la prima volta.
Dio come gli era mancato quel profumo, le braccia sottili avvinghiate al suo collo, quelle mani che gli accarezzavano i capelli e che a volte lo avevano graffiato lasciando segni rossi che si compiaceva a vedere allo specchio.
Voleva sentirla, voleva sentirla intorno a lui, doveva ritrovare sé stesso, la sua parte migliore, e lo poteva fare solo quando si ritrovava in lei.

- Era una vita che aspettavo di sentirtelo dire...ti amo anche io...quanto mi sei mancata...-

La voce di lui la riportò temporaneamente alla realtà.
Al sentirgli pronunciare che gli era mancata, Camilla ebbe un sussulto e si irrigidì.
Lui se ne accorse immediatamente e la guardò con occhi preoccupati senza però minimamente allentare la presa.
Quelli di lei erano velati di amarezza e sconforto.
- Sei...sei sposato...- lo aveva pronunciato come se fosse una condanna a morte.
Doveva ammazzare Sabrina prima o poi...o magari benedirla, a seconda del lato da cui guardava la situazione.
Sorrise e le baciò delicatamente le labbra.
- No...-
Camilla non riuscì a non rispondere a quel bacio, non ce la faceva a staccarsi da quel calore che emanava il corpo di lui ne era rimasta troppo tempo senza...eppure doveva, doveva assolutamente perché lui non era più suo, perché c'era un'altra...

Un secondo.

- Cos...cosa vuol dire no? -
Lo staccò quasi a forza mentre aveva ricominciato a baciarle il collo e se continuava così sarebbero finiti sicuramente su quel letto che era lì a pochi metri...
- Gaetano, ti prego, che cosa vuol dire no?-
Riuscì a fare in modo che la guadasse negli occhi anche se bloccargli le mani era ancora abbastanza difficile data la stretta di ferro.
- Gaetano! -
Lo sentì sospirare mentre appoggiava di nuovo la sua fronte contro quella di lei.
- Era questo che volevo spiegarti di sotto se solo mi avessi fatto parlare. Sabrina, la donna che hai visto a casa mia, non è mia moglie...-
Camilla sgranò gli occhi.
- Ma come? Ma se lei mi ha detto di chiamarsi Berard..
La bloccò con un bacio che le tolse il respiro.
- E sei sempre la solita, non ho finito di parlare, prima di arrivare alle conclusioni, avresti dovuto raccogliere almeno tre indizi, Agatha Christie lo avrebbe fatto...-
Il riferimento alla conversazione avuta tanto tempo prima in un momento in cui erano in procinto di fare tutto tranne che parlare le piegò le labbra in un sorriso che la illuminava fino agli occhi, quegli occhi che per la prima volta lo guardavano adoranti, ed erano uno specchio perfetto di quelli di lui.
Non c'era nessun'altra.
- Ma lo sai che io e lei non abbiamo molto in comune...- disse facendo scorrere le sue mani sul petto di lui coperto dalla camicia fino a scendere sfiorando la cintura dei pantaloni – a parte i finali a sorpresa...-
Era il suo turno di giocare.
- Però se non mi spiega signor vicequestore, la avverto che potrei commettere qualche crimine proprio contro di lei -
- E questo non sarebbe affatto buono perché poi dovrei arrestarla professoressa...-
Un morso al labbro inferiore e non sapevano se fosse stata lei a trascinarlo o lui a spingerla, ma si ritrovarono sul letto avvinghiati come se non esistesse più nulla all'infuori di loro.
Tra un sospiro e un gemito, i vestiti sembravano essere diventati di troppo.
Prima di perdere completamente il barlume della ragione, Camilla riuscì a riprendere un attimo di controllo.
- Veramente non sei sposato? -
Lui aveva cominciato a toccarla in quel modo che la aveva sempre fatta impazzire, e rispose guardandola negli occhi ma senza fermarsi.
- Ti ho mai mentito? -
La risposta era scontata.
- E comunque se proprio vuoi sentirlo, no non sono sposato...ma mi sembra di aver capito che una certa prof, convinta che Sabrina fosse mia moglie, prima si sia sfuggita di voler essere al suo posto, e sono abbastanza sicuro di avere un ottimo udito...-
Aveva cominciato ad sollevare la maglietta di lei e stava percorrendo con le labbra una linea invisibile che andava dalla cintura dei jeans fino allo stomaco...
- Non ti sfugge niente eh Sherlock Holmes?- come faceva a rispondere ancora mentre era pervasa da migliaia di sensazioni non lo sapeva neanche lei.
Lo sentì ridere, e avendo la bocca premuta contro la sua pelle le vibrazioni le si diramarono per tutto il corpo.
- Esattamente, e direi che siamo una coppia di investigatori più che perfetta...-
Non voleva lasciargliela vinta, non così.
- Per essere precisi, Agatha Christie era una scrittrice, non un' investigatrice -
A quel punto lui sollevò il viso dal corpo di lei e la guardò con quel sorriso che in dieci anni non era mai cambiato.
- E tu sei sempre la prof...-

C'era talmente tanto passato che ancora non avevano avuto la possibilità di raccontarsi, di spiegarsi, tante cose che in più di dieci anni avevano tenuto dentro e che avrebbero invece dovuto tirare fuori per cominciare veramente a vivere.
Ma in quel momento, prima di tutto, avevano bisogno di sentirsi, di sapere che erano lì insieme per davvero, il resto sarebbe venuto dopo.
I vestiti scomparvero uno per uno, e ad ogni capo sfilato, era come se uno strato di dolore, di vuoto, di incertezza, venisse gettato via.
Era uno scoprirsi veramente con la consapevolezza che per la prima volta entrambi stavano facendo l'amore, che creavano qualcosa di unico e magico che era loro, solo loro due.
Non solo pelle contro pelle, ma anche anima dentro anima.

Non era l'esplosione di un'attrazione tenuta a stento sotto controllo per dieci anni, ma una piccola fiamma che piano piano prendeva corpo e aumentava di calore fino a scioglierli completamente fondendoli l'uno nell'altra.

Fu come ripercorrere la loro storia.

Cominciò dolce, giocoso, malizioso, i sorrisi complici che si scambiavano durante i le prime chiacchierate al bar, per poi diventare impetuoso, fino quasi ad essere doloroso, il loro bacio nella piazza, il suo addio prima di Praga, i baci che si alternavano a piccoli morsi, tutti i segni che i rifiuti di lei avevano lasciato nel suo cuore, le mani che accarezzavano, facevano quasi il solletico per poi agganciarsi alla schiena con le unghie fino quasi a fare il sangue, Gaetano che le aveva chiesto di sparire mentre delirava disteso sul divano di casa di lei. Sentire di non essere mai stati tanto vicini anche se tutto li divideva, quando si confidavano e si aprivano senza paura ascoltando l'uno i problemi dell'altra, quando lui venne accusato di omicidio, quando lei litigava a casa.

Tutto e poi il contrario di tutto, non essere mai stati così lontani anche se invece erano vicini, quando avevano cominciato quella relazione strana in cui non erano amici ma neanche una coppia, e poi alla fine, superare le barriere, abbatterle, sconfiggere la paura ed entrarsi dentro, nel corpo, fino ad arrivare all'anima, riuscendo finalmente a realizzare forse per la prima volta che non erano soli, che anche l'altro c'era, per poi venire trascinati insieme verso l'oblio aggrappandosi l'una all'altro sapendo che questa volta nessuno nei due avrebbe più mollato la presa.

Che erano un solo cuore e un solo corpo, lo erano sempre stati a dispetto di tutto e tutti, persino di loro stessi, finalmente loro, insieme, fusi in un unico respiro e in un'unica vita.

Non c'era bisogno di altro.
Poteva saltare la luce, arrivare un terremoto, andare a fuoco la città, o persino esplodere il mondo...loro due erano insieme e quello bastava perché tutto fosse esattamente come sarebbe sempre dovuto essere.

- Questa volta prof, te lo giuro, non mi scappi più -
Finalmente poteva di nuovo farsi cullare da quegli occhi meravigliosi che la guardavano adoranti.
- Non ho la minima voglia di farlo, ma se mai capitasse...-
- Non capiterà perché ti ammanetto al letto prima.-
Un brivido la attraversò di nuovo.
- Non mi ricordavo che fossi così - le mani di lei lentamente avevano cominciato ad accarezzargli il petto facendo disegni astratti con un sorriso divertito.
- In un anno certe cose cambiano...e credo di aver capito che una certa professoressa abbia un disperato bisogno di essere messa al suo posto...-
La risata maliziosa di lei mentre teneva la testa sul suo petto riaccese tutti i sensi che stavano cadendo nel torpore.
- Ah sì signor vicequestore? E sentiamo come vorrebbe mettermi al mio posto?-
Non ebbe il tempo di dire altro che se lo ritrovò sopra di lei, gli occhi quasi color ghiaccio che brillavano di una luce indescrivibile.
E a volte il ghiaccio scotta quasi più del fuoco, pensò mentre lui le prendeva entrambi i polsi con una mano tenendoli sopra la sua testa.

Ma a lei non sarebbe affatto dispiaciuto bruciarsi.

 

Ok, ecco, è questo.
E qui diciamo che finisce una prima parte, o meglio, si sono create delle basi da cui ripartire.
Non so se sono riuscita a trasmettere qualcosa, spero un pochino di sì, è anche la prima volta in assoluto che scrivo scene di un certo tipo quindi ho un'ansia pazzesca perché mi sono accorta che per me è difficilissimo.
La storia non è affatto finita, mancano le spiegazioni in primis, perché questi due parleranno, e poi beh, non è che solo perché ora stanno così, le cose si sistemano magicamente. C'è una tipa incinta che ancora non si sa bene chi sia e che porterà problemi, inoltre mi piacerebbe dimostrare che non è vero che quando due si mettono insieme o comunque qualcosa di questo genere succede non c'è più altro da scrivere.
Torneranno vecchie facce, ci sarà gelosia e problemi da risolvere, Camilla non la avrà tanto facile e il rapporto sicuramente verrà messo alla prova con un risultato finale che ancora non so nemmeno io quale sarà dato che da oneshot questa è diventata un work in progress.
Se vorrete dirmi che ne pensate apprezzerò qualsiasi commento e poi, se avrete la voglia di leggermi ancora, vi do appuntamento a Domenica prossima!

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Capitolo 9
*** Capitolo otto: Soothing moments ***


Di nuovo Domenica, di nuovo un capitolo.
Intanto posso ringraziarvi con tutto il cuore per l'enorme risposta (almeno su Facebook) al precedente? Non me la aspettavo e come ho detto in un commento, mi tengo tutti i vostri pareri positivi stretti, anche perché non so se nel proseguimento riuscirò a farvi rimanere della stessa idea. Per ora, veramente grazie!!!
Passiamo al resto, questo capitolo è quello in cui ho tentato io di far pace con Camilla. Nel senso che avrei sempre voluto che Camilla parlasse con Gaetano nella sesta serie, che gli dicesse quello che provava, non ha mai parlato con lui e quindi neanche noi sappiamo cosa le passava per la testa e le ragioni per cui ha fatto quello che ha fatto. In questo capitolo, ho provato io a darle le ragioni per quel comportamento. Non so se sono plausibili, ma io voglio credere che sia così perché sennò veramente sarebbe solo da prendere gli autori a zoccolate sulle gengive per aver rovinato un personaggio che invece per 10 anni abbiamo adorato. Un po' sono riuscita a farci pace qui, ma onestamente non so se la ho tenuta nel personaggio, temo di essermi presa forse troppe libertà. Lascio giudicare a voi e se mi vorrete dire cosa ne pensate sarò immensamente felice!
Per me comunque il capitolo è abbastanza noioso quindi consiglio un triplo espresso, se avete sottomano una caraffa andrebbe meglio.
Che altro dirvi se non ancora grazie? Senza altri indugi vi auguro buona lettura, se riuscite a rimanere svegli :D
P.S. Ci sono due battute nella prima parte un po' sulla falsariga del piccolo scambio che c'è nel libro della Oggero "L'amica americana", chi lo ha letto potrebbe accorgersene.


Capitolo otto

Soothing moments

 

- Svegliati su..-
Una carezza che scendeva dalla guancia al collo fino a sfiorare tutto il braccio.
Quella voce calda che insieme al profumo della sua pelle la avvolgevano mentre era immersa per la prima volta da un anno a questa parte, in un sogno bellissimo dove entrambi passeggiavano sulla riva del mare, il proseguimento di come aveva sempre sperato fosse il loro rincontro.
La mano, con la leggerezza di una piuma, risalì spostandole un riccio dalla fronte.
Aprendo gli occhi, vide quell'azzurro in cui finalmente poteva di nuovo perdersi, lo sguardo che aveva desiderato immensamente di sentire su di sé e quell'incanto di volto piegarsi in un sorriso.

Però c'era un problema.

- Sei troppo lontano, stringimi....-
Aveva una voce dolcissima, quella che lui aveva sentito solo i primi tempi della loro relazione, quando non facevano altro se non dimenticarsi del mondo fuori per immergersi l'uno nell'altra.
- Guarda che se ti stringo più forte ti stritolo-
Rispose lui mentre però la riprendeva tra le sue braccia facendole appoggiare la testa sul suo petto.
- Fallo lo stesso, mi piace tanto -

Il sorriso di Gaetano mentre la teneva stretta e lasciava scorrere una sua mano sulla schiena nuda di lei sarebbe stato da incorniciare. Chiuse gli occhi assaporando quel momento che non pensava avrebbe vissuto mai più. Si sentiva completo per la prima volta, e anche se sapeva che dovevano parlare di una miriade di cose, quelle ore erano solo loro per ritrovarsi e viversi di nuovo.

Però sfortunatamente il tempo incalzava.

- Io tra poco devo andare...oltretutto sarebbe il caso di farsi sentire con Livietta e George perché dubito che siano tornati ma la bambina dovrà pure dormire. E ci sarebbe anche una porta da risistemare -
La sentì emettere una piccola risata.
- Non posso credere che tu abbia veramente sfondato la porta...-
- E' colpa tua che sei una testarda, anche se adorabile quando vuoi, comunque la porta te la rimetto a posto -
- Non ci pensare neanche, per un po' la voglio così, e poi ne è assolutamente valsa la pena. In ogni caso direi che quando avrò voglia di risistemarla chiamerò un muratore, la mia lavatrice si ricorda ancora di quando è passata sotto le tue mani...-
- E che cosa avrebbero le mie mani che non va? - il tono tra l'offeso e il divertito.
- Ora come ora assolutamente niente - rispose mentre le intrecciava con le sue.
Poi alzò la testa dal suo petto e lo guardò con uno sorriso adorante sporgendosi per ricevere un bacio.
- Non mi tentare sennò finisce che ti tengo qui una settimana...-
- L'idea non è affatto male...io sono anche in ferie...- rispose sorridendo maliziosamente.
- Non lo è, ma prima noi dobbiamo parlare di tante cose e lo sai -

Quei ricci tornarono a solleticargli il petto mentre lei appoggiava nuovamente la testa proprio all'altezza del suo cuore.

Forse cullata da quei battiti così sicuri avrebbe potuto. Non è facile tirare fuori la parte più sensibile di te, soprattutto se hai alle spalle tradimenti di persone a cui avevi dedicato la vita e per i quali avevi fatto spesso scelte difficili.
Chiuse gli occhi.

- Ho avuto paura...-
Lo senti irrigidirsi, i battiti del cuore per un attimo più accelerati.
- Di me? - aveva un tono da bambino ferito che la portò a sollevarsi per guardarlo, e non le piacquero quelle nuvole che vedeva nei suoi occhi.
- No! Non di te, cioè forse in parte sì ma, avevo paura di me, di come mi sentivo quando ero con te. Come te lo spiego...-
La mano di lui le sfiorò la guancia.
- Guarda che se ancora non te la sent...-
- Ah no commissario, adesso che ho cominciato tu stai zitto e mi ascolti fino a quando non ho finito, e anche se potrei essere poco chiara, fammi parlare ok? -

Sempre la sua Camilla, quella che quando si metteva in testa una cosa, cascasse il mondo la doveva portare a termine.

- Agli ordini professoressa - Un piccolo sorriso gli si dipinse sulle labbra. Camilla non si era più sfogata con lui da quando avevano cominciato quella relazione da "non amici ma neanche una coppia" e quindi voleva lasciarla parlare se questo poteva servirle, e sicuramente serviva a lui per riuscire a capire meglio qualcosa di quei mesi così belli che si erano trasformati per lei poi in una cappa soffocante da cui volersi allontanare.
Adesso era lei a sorridere. Si rimise con la testa sul suo petto come se da lì potesse trovare il coraggio di lasciarsi andare.

- Non mi era mai capitato di vivere come ho vissuto i primi mesi della nostra relazione. E lo so che me ne sono uscita con quella frase sul fatto che non eravamo amici ma neanche una coppia, ma...credo che sia stata la paura a farmi parlare lì...-
Aveva ricominciato a disegnare cerchi sulla pelle di lui.

- All'inizio mi sentivo una quindicenne, era come se non volessi pensare al futuro, quando eravamo insieme finivo col dimenticare tutto, i doveri, il mio cane, vedevo poco persino Livietta -
Una pausa, un altro respiro profondo, la difficoltà aumentava.
- Poi ho cominciato a capire la proporzione di quello che stava accadendo e...e ho avuto il terrore di accelerare troppo -
La sua mano ritrovò quella di lui e intrecciò nuovamente le loro dita, anche il suo sguardo si pose lì, aveva bisogno di quanto più coraggio possibile per andare avanti.
- Tu mi hai sempre ripetuto che mi hai aspettato per anni, io invece, sebbene mentissi a me stessa e agli altri, razionalmente ho sempre pensato che tra noi non sarebbe mai cambiato nulla.-
Non si accorse della punta di amarezza che attraversò gli occhi di lui perché non lo stava guardando, ma sapeva che non gli avrebbe fatto piacere sentirlo, per quello continuava tenere le mani intrecciate.
- I doveri mi impedivano di pensarci, il mio matrimonio era la scusa perfetta, l'abitudine mi imprigionava e sai, alla fine non è che tu brillassi proprio di stabilità emotiva visto quante donne cambiavi. Quindi avevo trovato un equilibrio in un certo senso...mi ero quasi rassegnata che quello fosse il mio destino -

E onestamente mi piaceva anche un po' l'idea di avere due uomini per me...

Al sentire le sue parole Gaetano avrebbe voluto risponderle che la sua instabilità era data solo dal fatto che non aveva mai potuto avere lei...ma rimase in silenzio aspettando che Camilla continuasse, ricacciando dentro la delusione per aver capito che per tanti anni era stato solo lui a sperare in quella realtà che stavano vivendo ora.
Ma ormai tutto ciò era il passato e non voleva pensarci più.

- Poi le cose sono cambiate - Camilla stava continuando - Renzo ha fatto quello che ha fatto e io non ho più avuto alibi. Forse ora mi sono accorta che il ceffone che si prese quella mattina qui sotto glielo avevo dato perché quello che aveva detto era andato troppo vicino alla verità, anche se nella sua situazione non aveva nessun diritto di giudicarmi...-
- Hai dato un ceffone a Renzo? -
Chiese con sguardo sorpreso mentre gli occhi di lei trovavano i suoi mandando un messaggio molto chiaro.
- Ok, ok sto zitto, continua -
- E comunque sì, quel giorno mi disse che con il suo tradimento mi ero finalmente data una giustificazione valida per fare quello che avevo sempre voluto fare, e probabilmente aveva ragione. -

A Gaetano scappò un mezzo sorriso.

- Ma tornando al punto principale, la realtà è che non avrei mai pensato che il nostro rapporto sarebbe cambiato, e quando è successo è stata una cosa che mi ha preso così tanto da farmi paura. Ho messo un freno a me stessa e poi Renzo ha cominciato a intromettersi, tu mi chiedevi conferme, poi ti mettevi a fare il ragazzino con lui e io mi sentivo confusa - stavolta alzò lo sguardo verso di lui - Il mio matrimonio è durato vent'anni, era subentrata tra me e Renzo un'abitudine e un equilibrio che con te non esisteva, eppure quella stabilità ventennale era crollata come un castello di sabbia- un sospiro e lo sguardo che si abbassò - aveva già vacillato anni fa quando Renzo mi lasciò per Carmen, e ora di nuovo, sempre per la stessa donna, si era distrutto tutto. Cosa poteva accadere a noi? Noi eravamo troppo, e troppo in fretta, e io ero ancora scottata. Avevo bisogno di tempo, per me era una cosa nuova, non ero mai stata così presa prima, e ho cominciato a sentire un senso di oppressione e ad avere tanti dubbi.-
Appoggiò nuovamente la testa sul suo petto.

In quell'anno separati, Gaetano aveva pensato anche a quella eventualità.

Si ricordava di quando erano in macchina e lei gli aveva chiesto tempo, però poi quel discorso non era uscito più, o meglio, era uscito dopo quando lei si stava già allontanando, però gli chiedeva tempo senza mai dargli una spiegazione.
- Camilla, ma perché non me lo hai detto? Perché non mi hai mai parlato della tua paura? Lo sai che per te avrei fatto qualsiasi cosa, smosso persino le montagne, ma tu non mi hai detto nulla, e quindi io ho continuato a...non posso crederci, quindi tutte le volte che io ti chiedevo una conferma di quello che eravamo, tu ti sei sentita sempre più soffocare....-

Sollevò lo sguardo di scatto e incontrò quello triste e incredulo di lui.

- No, aspetta, non è così...non sei stato solo tu! Come faccio a farti capire...è stato troppo tutto insieme. Tu da una parte, poi Renzo che si intrometteva e io che lo lasciavo fare probabilmente aumentando la tua insicurezza che ti spingeva a chiedermi di più. E poi non lo so, credo che ad un certo punto abbia tentato di trovare un equilibrio cercando di bilanciare tutto ma non mi sia riuscito e devo essere scoppiata...-
- Sì ma non hai risposto alla mia domanda, perché non me ne hai parlato? Prima di stare insieme parlavamo di tutto, ora questa cosa di vitale importanza...-
- Perché non sono abituata ad aprirmi così, lo facevo solo con mia madre e poi con te prima che cominciassimo a stare insieme e neanche su tutto, ma dopo non ci sono più riuscita. Non è facile per me parlare, tanto meno se riguarda quello che provo, l'ultima volta che ho dimostrato a qualcuno i miei sentimenti mi sono ritrovata con un marito che ha messo incinta la sua ex fidanzata...-

E Gaetano doveva ammettere che non aveva tutti i torti.

Quando Renzo disse a Camilla di Carmen, una parte di lui aveva sperato che quella fosse la sua occasione, ma vedere Camilla così a terra, insicura del suo intuito da investigatrice, della sua capacità di insegnante, senza curiosità, come svuotata e pronta solo a deprimersi lo aveva per la prima volta messo davanti ad una donna che alla fine era umana come lui.
Perché fino a quel momento, lui la aveva idolatrata, il punto fisso della sua vita era Camilla, con la sua curiosità, testardaggine, sicurezza nelle risposte, la sua leggerezza che lo faceva sentire bene con sé stesso e capace di superare ogni problema. Una volta glielo aveva detto, che era proprio la sua presenza a dargli la forza, la lucidità e il coraggio, ma non si trattava di momenti isolati. Quando erano insieme lui sentiva di poter fare qualsiasi cosa, sempre.

E vederla in quel modo, priva di ogni sentimento che non fosse tristezza, chiusa dietro una barriera di rabbia per non far capire a nessuno che non aveva più fiducia in sé stessa ma chiedendo disperatamente conferma del contrario, lo aveva, doveva ammetterlo, preoccupato.

Per la prima volta intravedere la sua fragilità gli aveva fatto capire che, sebbene aspettasse quel momento da una vita, prima doveva ritrovare la sua prof, rivedere quel sorriso stupendo che le incorniciava il viso.
Ma scoprire quella stessa fragilità gliela aveva, se possibile, fatta amare ancora di più. Per questo quando erano insieme non riusciva a staccarsi da lei.

- Gaetano... ci sei ancora? Ma come io ti parlo e tu mi fai quello sguardo perso nel vuoto? Ohi?-
Il volto di lui incontrò gli occhi un po' contrariati di lei.
- Sì ci sono, stavo solo pensando...-
- Ah sì? E a chi pensava il nostro vicequestore? Vorrei proprio saperlo dato che io stavo facendo un discorso abbastanza serio -
Era adorabile quel lato di lei. In ogni altra donna probabilmente lo avrebbe trovato detestabile, ma su di lei...
- Ma tu guarda quanto è gelosa una certa professoressa, e poi ti lamentavi di me eh...-
La vide tentare di dire qualcosa ma premette un dito contro le sue labbra che poi trasformò un una carezza.
- Se vuoi ti dico a chi stavo pensando -
Camilla strinse gli occhi con una espressione quasi infastidita.
- Sentiamo...-
Non era possibile che dopo dieci anni, lei ancora non capisse.
- Pensavo a questa persona che per tanti anni ero convinto di conoscere, ma poi ad un certo punto mi sono accorto di essermi sbagliato...-
Gli occhi di Camilla erano sgranati, Gaetano era la persona che la conosceva di più al mondo, per cui sicuramente non poteva star parlando di lei.
- Aspetta un secondo, e chi sarebbe quest...-
- Zitta, non ho finito, fammi finire, dicevo, pensavo di conoscerla, mentre invece alla fine probabilmente non la conoscevo così tanto come credevo. Lei è una curiosona testarda che si fa in quattro quando gli altri stanno male mettendo a repentaglio sé stessa. Fa le cose d'impulso prima di pensare alle conseguenze e si caccia sempre in qualche guaio se è per proteggere qualcuno che ama. Ma se si tratta di lei, non permette a nessuno di aiutarla e si chiude come un riccio...come questi capelli qui...- continuò prendendo una ciocca dei suoi capelli tra le mani.
Camilla si stava trattenendo dal sorridere anche se l'espressione finta corrucciata era molto comica.
- Lo sai che sei uno stupido?- il sorriso le era scappato alla fine.
- E tu lo sai che rifarei tutto e sarei disposto di nuovo a rivivere tutto il dolore di questi undici anni se poi la ricompensa è averti qui adesso? -
I battiti del cuore di Camilla erano talmente veloci che non sapeva più come rallentarli. Si sentiva amata completamente ed era una sensazione alla quale, adesso che riusciva ad accettarla, sapeva che non sarebbe mai più stata capace di rinunciarvi.
E per la prima volta, desiderava rispondere con tutto il suo essere a quell'immenso amore che non le faceva più paura.

La mano di lei sulla sua guancia ed uno sguardo sincero come non lo aveva mai visto mentre lui le prendeva quella stessa mano e baciava l'interno del polso.

- Ti amo...- la voce era ancora debole e lui lo capiva, sentiva che stava facendo un grande sforzo a mostrare quella parte di sé.

Gaetano promise a sé stesso che non avrebbe mai più permesso che lei si sentisse vulnerabile, che avesse paura a dimostrare i suoi sentimenti, che non riuscisse a parlare con lui.
Le sorrise guardandola in quel modo speciale che la faceva sentire sempre la donna più bella del mondo.
- Dimmi solo che non è un sogno e che domani mattina sarà ancora tutto così - anche nella voce di lui si percepiva la paura di soffrire.
Dovevano ricostruire tutto insieme.
- Solo se lo dici anche tu a me -
Un bacio che aveva il sapore di promesse, le mani intrecciate, la consapevolezza di essere finalmente insieme.

In quel momento, con la coda dell'occhio Gaetano scorse tra i vestiti che erano finiti per terra un indumento che non si ricordava di aver indossato.
- Ma...quella non è la mia felpa? - chiese mentre continuava a tenerla abbracciata anche se gli occhi adesso fissavano per terra il punto dove prima Camilla la aveva gettata.
- Veramente sì...- rispose un po' imbarazzata.
- E che ci fa la mia felpa blu, a luglio, in camera tua? -
- La ho presa qualche giorno fa, quando Gustavo stava portando su i tuoi pacchi.-
- Non sapevo ti piacesse così tanto, se vuoi te la regalo - disse un po' divertito.
- Non voglio che me la regali, anzi voglio che te la riprendi.-
- Non ti piace più? -
- Ma sì che mi piace, però preferisco che la indossi tu.-
- E non mi vuoi dire perché? -
- Eh no commissario, mi hai già scucito abbastanza confessioni stasera, lasciami un minimo di dignità.-
Non gli poteva mica dire che se la voleva mettere quando andava a casa sua così da sentire il suo profumo addosso.

L'uomo scoppiò a ridere.

- Va bene ok, te la do per buona, almeno mi dici perché la mia povera felpa se ne sta tutta stropicciata per terra? Che ti ha fatto di male?-
- Lei niente, tu invece...- e ripensando alla loro discussione davanti all'ascensore - Perché mi hai ringraziato quando ti ho fatto le congratulazioni a proposito? Io mi riferivo al t...-
- Stop stop, ti blocco qui, sì dopo ho capito che tu mi avevi fatto le congratulazioni perché pensavi che mi fossi sposato e in attesa di figlio, ma in realtà io credevo che ti riferissi alla chiusura del mio caso...-
- E dato che siamo entrati in argomento...- ecco la prof indagatrice che entrava in azione - me lo vuoi dire una buona volta chi è la donna che sta vivendo con te a casa tua? -
Era una sensazione incredibile vederla apertamente gelosa, una parte di lui adorava questa gelosia, ma sapeva di doverle una spiegazione.

Alla fine era sul serio arrivato il momento di affrontare quel discorso, e gli scherzi dovevano lasciare il passo ad altro.
A qualcosa che si portava dentro, che era doloroso e gli procurava un senso di colpa dilaniante.

- Io ti spiego la situazione, ma tu prima di tutto mi devi promettere che qualsiasi cosa io ti dica la terrai riservata e secondo che non ficcherai il naso in questa faccenda perché è una questione estremamente delicata. L'unico motivo per cui ti racconto tutto è perché io non voglio che tra me e te ci siano segreti o incertezze, ma questa volta la storia è molto pericolosa e non ci devi avere niente a che fare. Me lo prometti?-
Aveva assunto un tono estremamente serio, e anche se la sua curiosità fremeva, Camilla aveva la sensazione che questa volta, sebbene ancora non sapesse nulla, sarebbe stato decisamente meglio rimanerne fuori.
Si sporse per dargli un bacio.

- Promesso...-
- Lo sai che alle tue promesse non credo moltissimo perché alla fine ti impicci sempre, ma stavolta ti chiudo in casa veramente...-
La cosa la stava cominciando a preoccupare, la situazione era così pericolosa?
- Te lo prometto, veramente, adesso però racconta...-

L'uomo chiuse gli occhi e tirò indietro la testa, la sua espressione si fece scura e lei lo sentì aumentare la stretta sulle sue spalle.

- Quando ero a Roma, subito dopo aver arrestato uno dei capi della cellula malavitosa che stavamo cercando di sradicare, mi imbattei in un uomo mentre ero sulle ricerche del loro quartier generale. -
Quando aveva detto che era una questione pericolosa, Camilla aveva avuto il presentimento che fosse legato alla storia di Roma e ora le sue ipotesi stavano prendendo forma.
-Sfortunatamente, non avevamo prove tangibili che la persona arrestata fosse proprio quella che cercavamo, ovviamente noi lo avevamo dedotto dalle nostre indagini, ma sai benissimo che senza testimoni, soprattutto se si tratta di questioni legate alla mafia, è molto facile farla franca.-
Lui si fermò un attimo, come se stesse trovando la forza di raccogliere lei idee, era evidente che non ne aveva mai parlato a nessuno.
- La persona che incontrai, si chiamava Claudio De Silva, era un impiegato della ditta che il gruppo utilizzava come copertura per i propri traffici. In pochissimi lì dentro sapevano di quel giro, la maggior parte di chi vi lavorava era gente normale che non aveva idea del posto in cui si trovava. Insomma, Claudio, un giorno, mentre aveva appena finito di lavorare facendo lo straordinario, fu testimone di un'esecuzione che si stava compiendo proprio nello stesso edificio. Era tardi e non c'era nessun altro, sentì dei rumori provenire da una stanza che aveva una porta socchiusa e vide chiaramente l'uomo che noi avevamo arrestato, ordinare ad altri due che ne tenevano un terzo in ginocchio, di sgozzarlo-
Si interruppe di nuovo, era incerto se proseguire o no, e Camilla sentì che i battiti del suo cuore erano molto irregolari adesso.
- Il cadavere dell'inginocchiato venne ritrovato da noi poche ore dopo la sua esecuzione. Claudio scappò, nessuno si era accorto che era lì e si presentò in questura qualche giorno dopo ancora sotto shock. Quando mi raccontò la storia, io tentai di convincerlo in tutti i modi a testimoniare perché sarebbe stato la chiave per la nostra indagine, ma lui non voleva. Aveva una famiglia a cui pensare e sapeva molto bene che le ritorsioni della mafia più che toccare i diretti interessati, si abbattevano sulle loro famiglie, allora io gli assicurai che non sarebbe successo nulla, sarebbe entrato in un sistema di protezione fino al processo e dopo aver sudato abbastanza, e credimi, ci ho messo molto, conquistai la sua fiducia e lo convinsi a testimoniare -

Camilla ascoltava Gaetano e aveva una brutta sensazione per la piega che stava prendendo la storia.

- Per farla breve, tenemmo l'identità di Claudio segreta ma sfortunatamente qualcuno all'interno della polizia fece una soffiata, con il risultato che...- Gaetano a questo punto si bloccò completamente, era difficile continuare a parlare perché quello che stava per dire lo tormentava ormai da tempo.
Guardò fuori dalla finestra e sospirò.
Lei si accorse di questo e gli prese il volto tra le mani preoccupata.
- Che cosa è successo? -
Gli occhi dell'uomo si fecero tristi.
- Il fratello minore di Claudio, un ragazzo di appena 23 anni, venne trovato morto in casa sua, freddato da un colpo alla testa.-

Il sangue nelle vene di Camilla si era gelato. C'era sicuramente un legame tra la donna a casa di Gaetano e questa storia ma di qualsiasi tipo fosse, ora le stava provocando un'ansia terribile.

- Claudio ne fu distrutto e so che la colpa fu mia, perché non avevo calcolato che qualcuno all'interno potesse parlare e...e ci era andata di mezzo la vita di un ragazzo...-
Nella sua voce c'era tutto, rabbia, tristezza, frustrazione e tanto dolore.

Che inferno aveva passato Gaetano in quell'anno, Camilla non voleva fare altro che stringerlo e fargli dimenticare tutto, ma prima doveva lasciarlo parlare, sapere la storia fino in fondo.

- Lui ora è sotto protezione, vive in un posto che neanche io conosco ed è controllato finché non ci sarà il processo tra due mesi e mezzo. Prima di venire trasferito, mi raccontò di avere una sorella, anche lei più piccola che era incinta. Loro erano orfani di genitori, lei non aveva nessuno e quindi mi chiese se poteva portarla con sé perché era terrorizzato, temeva che le potesse succedere qualcosa. Purtroppo però la protezione dei testimoni non glielo permise perché ci dissero che sarebbe stato meglio se questa storia della sorella, dato che avevano già colpito qualcuno della sua famiglia, fosse rimasta segreta. Lo sappiamo solo in tre, io, il questore di Roma e De Matteis...-

Al sentire quel nome che ormai era un ricordo lontano, Camilla spalancò gli occhi.
- De Matteis? Ma quel perfettino tutto matite e ordine? Non ce lo vedo in questa storia!-
- Ah ma vedo quindi che l'antipatia è reciproca eh? - Notò lui abbozzando un sorriso.
La faccia di lei diceva tutto.
- Non ne parliamo!-
Lo scambio aveva alleggerito l'aria.

- In ogni caso, io sono stato quello che lo ha convinto a testimoniare e per colpa mia lui aveva perso suo fratello, così quando mi raccontò della sorella incinta, appunto, Sabrina, gli assicurai che finché la storia non si fosse conclusa mi sarei preso la responsabilità di proteggerla personalmente. E' da allora che lei si è trasferita a casa mia, prima a Roma e quando sono tornato a Torino, non potevo fare altro che portarla qui con me. Non sarei riuscito a fare nulla mentre era in un'altra città...-

- E quindi tu mi stai dicendo che a casa tua c'è la sorella incinta di un testimone chiave per un processo contro un capo mafioso? Che sei diventato, come dire...la sua guardia del corpo perché ti senti in colpa per aver causato la morte del fratello?-
Non era per niente rassicurante il modo in cui aveva detto "guardia del corpo".
- Camilla, sì, te lo avevo detto che era una storia pericolosa. Adesso promettimi che non ti metti in mezzo perché qui una persona è già morta, ed è stata tutta colpa mia. Devo proteggere Sabrina e il suo bambino ad ogni costo. Giurami che ne starai fuori, non posso pensare cosa potrebbe succederti se ti immischiassi, ti prego, giuramelo!-
Per la seconda volta quel giorno, lo guardava come se non lo avesse visto prima.
La morte del fratello di Claudio doveva averlo colpito immensamente e i sensi di colpa, ne era sicura, non gli permettevano di lasciarsi quella situazione alle spalle e rimanerne fuori.
Gli accarezzò la guancia, un gesto che li univa da dieci anni e che era diventato il loro modo silenzioso per dirsi quello che non potevano esprimere a parole. Lo vide chiudere gli occhi abbandonandosi alla sensazione, il volto ancora piegato in un'espressione triste.

Era molto preoccupata per questa storia e aveva un presentimento orribile, ma non poteva dirglielo o pretendere che lui smettesse di essere...beh di essere lui e di mettere tutto sé stesso nel lavoro che faceva.
- Non è colpa tua se lo hanno ucciso...e comunque te lo prometto, ma almeno posso starti vicino? -
Sentiva che lo stava quasi implorando e lo vide accennare un piccolo sorriso.
- Ehi professoressa, ti sei scordata che non ti faccio più scappare? Credo proprio che sarai costretta a starmi vicino...-
A quell'affermazione, lei si sentì più tranquilla, anche se...
- Ma scusa, allora perché quando si è presentata a me ha detto di chiamarsi Berardi? Mi ha fatto prendere un colpo!-
- Ah, di quello mi ero accorto, in ogni caso penso che volesse scherzare e basta, è una persona abbastanza immatura nonostante sia in attesa di un bambino e ho imparato a mie spese che ama incasinare la vita alla gente. In qualche modo mi ricorda mia sorella Francesca, sarà per questo che provo un certo istinto di protezione verso di lei. E poi devo dire che è stata anche di aiuto. Da quando ho cominciato a occuparmi della sua situazione, ogni volta che mi girava intorno una donna, lei appariva e loro scappavano. Non ho mai capito perché onestamente .-

- Beh, se dice a tutte quello che ha detto a me...posso immaginare...ma aspetta un secondo, che vuol dire "ogni volta che ti girava intorno una donna"? -
- Ma niente, il solito, tra procuratori e magistrati ultimamente ci sono molte donne in polizia ed è capitato che qualcuna tentasse un approccio...-
Camilla stava cominciando a vedere rosso mentre il corpo si irrigidiva.
- Definiscimi "un approccio".-
Nel sentire il suo tono a Gaetano scappò una risata. Era completamente pazzo di lei e questo suo lato geloso che ora stava diventando molto più evidente di prima gli piaceva da morire.

- Non è importante - le rispose sporgendosi per darle un bacio - tanto si sono sempre ritrovate a fare i conti con un gentile rifiuto. E poi Sabrina penso ci mettesse il carico. Credo che si divertisse, lei non sa ancora della morte dell'altro suo fratello, Claudio non glielo ha voluto dire per via nel suo stato e pensava di farlo una volta che il bambino fosse nato...-

Anche la storia di una donna incinta a casa di Gaetano non le andava a genio.

- Scusa però eh, ma questa Sabrina non ha un marito? Porta la fede...-
- La fede è un ricordo della madre, lei aveva un compagno che un bel giorno dopo aver saputo che era incinta, la ha lasciata di punto in bianco...-

Quindi una donna bella, incinta, da sola, a casa di Gaetano e a cui lui doveva fare da guardia del corpo per un caso di omicidio.
E la donna in questione, allontanava le possibili pretendenti di Gaetano a quanto pare, molto bene.
- Ho capito..allora forza andiamo...- disse lei dopo queste riflessioni.
Gaetano non capiva a cosa si stesse riferendo.
- Dove vuoi andare? -
- Beh, a conoscere questa Sabrina come si deve, se vive a casa tua mi pare ovvio che si debbano fare delle presentazioni ufficiali, anche se prima...- assunse un'espressione molto maliziosa e le sue labbra trovarono il collo di lui - devo marcare il territorio...-

Lui chiuse gli occhi divertito godendosi quel momento fino a quando gli balenò in testa una domanda.
- Allora posso marcarlo anche io il mio territorio? - chiese, e il riflesso degli occhi ritornava color ghiaccio.
- Devi - fu la risposta di lei mentre quei brividi caldi che solo lui sapeva provocarle, ricominciavano a pervaderla - però dopo me la presenti come si deve...-
- Tutto quello che vuoi -

Queste le ultime parole pronunciate prima di perdersi di nuovo l'uno nell'altra, avevano troppo tempo da recuperare e in fondo il resto poteva aspettare ancora un altro po'.

 

 

E siamo alla fine anche di questo capitolo. Si è scoperto chi è Sabrina e forse qualcuno potrà intuire che tipo di casino potrebbe portare ai due, anche se ne porterà in più frangenti e non in uno solo.
Probabilmente gli aggiornamenti subiranno un rallentamento tra poco perché ho quasi finito i capitoli che avevo già scritto, per capirci, sono pronti fino al dieci e sto scrivendo l'undici .
Ho molte idee, il work in progress è appunto, in progress ma i personaggi vogliono essere scritti anche in scene normali e ogni volta che comincio mi dilungo troppo a mio parere, e quindi pagine e pagine se ne vanno.
Oltretutto ora ho un problema un po' spinoso, due scelte per la storia, solo che una esclude l'altra e non so bene su quale delle due orientarmi. Per capirci, ho due colpi di scena in testa uno per Camilla e uno per Gaetano, ma si escludono a vicenda, per quale dei due filoni vado? Che cosa scegliereste voi? E con questo dubbio amletico, vi rilancio l'appuntamento alla prossima settimana. Grazie ancora per aver letto e se vorrete commentare mi farà un gran piacere!!

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Capitolo 10
*** Capitolo nove: Meeting the enemy ***


Ed eccomi di nuovo qui, vi sono mancata?
Innanzitutto, Buon Anno!!!
Intanto fatemi esultare per la conferma della settima serie, anche se il mio cuoricino trema molto al pensiero della trama...ma per ora almeno qualche giorno di euforia lo voglio!
Tornando alla fanfic, non è che sia tanto riuscita a scrivere in queste vacanze di Natale quindi cercherò di postare ogni Domenica ma sarà difficile. Vi ricordate ancora dove eravamo? Anche questo è un capitolo abbastanza tranquillo, vorrei far rodare un po' i due e fargli avere qualche settimana di calma prima di fiondare altre mazzate che non so onestamente se supereranno per cui posso dirvi solo, godetevi i capitoli come questo perché potrebbero non essercene tantissimi così dopo.
Poi magari non vi piace neanche.
Grazie come sempre per tutto l'incoraggiamento che mi date sia qui che su Facebook. Leggere le vostre reviews è uno stimolo a continuare sapendo che a qualcuno interessa come va a finire e se non le avessi, probabilmente non continuerei.
In ogni caso, passiamo al capitolo e noi ci vediamo dopo!!!
Buona Lettura!!


Meeting the enemy

I raggi del primo sole del mattino filtravano dalla finestra illuminando i due che si erano addormentati abbracciati e risvegliando l'uomo.
Alla fine non ce l'aveva fatta ad andare via.
Quando ci aveva provato, Camilla lo aveva guardato con un'espressione un po' imbronciata, e lui a quella faccia non era riuscito a resistere, così, dopo aver tentato alla meno peggio di sistemare la porta lasciandola infine socchiusa, era tornato indietro riprendendola tra le braccia e lasciandosi trasportare con lei nel mondo dei sogni.
Quanto era bello sentirla appoggiata all'altezza del cuore, dove alla fine lei era sempre stata, sincronizzare il respiro e accarezzare quei ricci ribelli che gli stavano facendo il solletico.

Avevano deciso che sarebbero andati a casa sua quella mattina per presentare Camilla come si doveva, oltretutto lei ci teneva particolarmente a questa seconda presentazione e lui, anche se non lo avrebbe ammesso mai apertamente, moriva dalla voglia di vedere come si sarebbe comportata la sua prof in quel frangente, dato che aveva percepito una più che evidente gelosia la sera precedente.

Era un po' egoista forse da parte sua, ma la gelosia di lei era un' ulteriore conferma di quanto tenesse a lui e anche se la trovava assolutamente immotivata, gli piaceva notarla e aveva adorato come la donna avesse marcato il suo territorio solo poche ore prima.

Alla fine si era addormentata sul suo petto e mentre era ancora immerso nei suoi pensieri percepì il respiro di lei cambiare, segno che si stava svegliando.
Continuò ad accarezzarle dolcemente i capelli.
- La bella addormentata sta ritornando dal mondo dei sogni...-
La sentì sospirare ancora ad occhi chiusi.
- Sto così bene che ho paura di svegliarmi...-
- E chi ha detto che devi svegliarti? Io ora devo veramente andare ma tu puoi dormire ancora...-
- Ma devi proprio? - chiese con una voce quasi triste che lo fece sorridere, sembrava il ribaltamento della situazione vissuta un anno prima.
- Sì devo proprio, ho bisogno di una doccia e poi più tardi ti chiamo così rifacciamo le presentazioni ufficiali.-
Si tirò su dal suo petto e lo guardò con aria un po' assonnata.
- E perchè invece non fai una doccia qui e mangiamo insieme? Poi possiamo andare da te e sistemiamo anche quella cosa...-
- Ma scusa, se tua figlia si sveglia, non vorrei mi trovasse in giro per casa, pensa a tuo genero...-
- Guarda che loro due non credo abbiano nulla a che ridire, ti puoi mettere un accappatoio di Renzo che teniamo qui in caso di ospiti dell'ultim'ora, arrivano anche amici di Livietta e George a volte. Dai...ti prego.- sembrava una bambina.
In realtà neanche lui aveva una grande voglia di andar via, e in ogni caso trovava molto difficile dirle di no.
Doveva decisamente migliorare in quel frangente perché a parte una sola proverbiale vittoria, continuava a collezionare sconfitte a tappeto.

E questa ne era l'ennesima conferma.

- E va bene, io però adesso vado a farmi la doccia prima che gli altri si sveglino, dimmi dove sta l'accappatoio che così lo prendo.-
Un'idea estremamente interessante fece capolino nella testa di Camilla.
- Lo devo cercare, te lo porto io, stai tranquillo, tanto dormono ancora tutti...-
- D'accordo - rispose mentre si alzava dal letto e si rimetteva i boxer.
Si stava avviando verso la porta quando la sentì richiamarlo.
- Scusa..? -
Si voltò a guardarla ma non serviva che lei dicesse altro, la faccia parlava da sé.
Tornò indietro, si allungò sul letto e le diede un bacio.
Poi le scostò un riccio che cadeva sugli occhi.
- Buongiorno - sospirò lei con un sorriso - adesso direi che puoi anche andare.-
- Col suo permesso professoressa...- disse divertito mentre si alzava nuovamente e si dirigeva verso il bagno.
Lei lo guardò con un aria sognante e soddisfatta, era riuscita a parlare, a dire tutto quello che provava e per la prima volta si sentiva leggera e felice.
Poi si ricordò del suo piano e si alzò indossando la camicia di lui che era stata abbandonata ai piedi del letto.
Si mise a cercare l'accappatoio di Renzo e prese anche un asciugamano grande.

Mentre camminava nel corridoio lo sentì aprire la doccia e furtivamente, senza fare il minimo rumore, entrò anche lei in bagno e chiuse la porta a chiave.
Il vapore nella stanza stava già cominciando a creare una patina sullo specchio, poggiò i due asciugamani e guardò lo spettacolo che le si presentava davanti.
Era stata veramente una buona idea aver messo i vetri trasparenti alla doccia, così ora poteva godersi il suo vicequestore preferito che le dava le spalle ed ecco, quello era veramente un ottimo modo per cominciare la giornata.
Cercando di muoversi senza fare rumore, si tolse la camicia lasciandola cadere e aprì la porta trasparente.
Non gli diede tempo di girarsi che lo abbracciò da dietro.
- Mi fa un po' di spazio qui dentro commissario?- chiese con voce bassa facendo sfiorare le sue labbra sul collo di lui mentre Gaetano, leggermente preso alla sprovvista, si voltò a guardarla.
Ma la sorpresa presto lasciò il posto a ben altro.
- Mi sembra che questa sia casa sua professoressa, anzi, sono io che sto approfittando...-
- Però io sono una buona padrona di casa quindi, non si faccia problemi...approfitti pure..- rispose lasciando scorrere le mani sul suo petto per poi agganciarle al collo.
Non avrebbe trovato le parole per descrivere il sorriso di lui in quell'istante.
- Lo sai che sei veramente incredibile? - commentò mentre passava le mani intorno alla vita di Camilla e si chinava a lasciare una scia di baci sul collo.
Lei aveva un'espressione divertita.
- E tu lo sai che ...-
- Lo so, lo so, anche io non sono così male, vero? -
La precedette bloccandole la frase a metà, sul viso un sorriso sconsolato.
- No, hai sbagliato, stavo per risponderti che potrei dire la stessa cosa di te...stupido...-
Ma lo stupido era stato seguito da una carezza dolcissima che trasportò entrambi di nuovo nel loro mondo.
- Non dobbiamo continuare a parlare...vero? - domandò lui mentre le baciava l'interno del polso.
- Assolutamente no - fu l'ultima cosa che disse prima di trovarsi quelle labbra dolcissime sulle sue e venire spinta contro il muro della doccia.


Uscirono dal bagno che ormai si erano fatte le sette di mattina, Gaetano si rimise i vestiti del giorno prima, erano leggermente spiegazzati ma in fondo doveva solo attraversare un pianerottolo, in realtà era più preoccupato della reazione di Livietta e George.
Ma poi pensò anche che forse, con tutto il trambusto che c'era stato, trovarlo lì alle sette del mattino non li avrebbe scioccati più di tanto.
E doveva ammetterlo, adorava vivere quei momenti in cui vedeva Camilla muoversi per la cucina, anche se era solo per scaldare l'acqua di un tè o mettere dei biscotti su un vassoio.
- Posso fare qualcosa anche io?- Chiese mentre appoggiava i gomiti sul bancone, il mento sulla mano e la fissava come se fosse un quadro.
- Beh, volendo potresti fare il caffè dato che Livia e George comunque prendono il caffelatte...-
- Me la cavo anche abbastanza bene a farlo, tutto merito di Torre -
Commentò prima di girare intorno al bancone e muoversi in quella cucina come se non avesse fatto altro, soprendendola.
- Ma...come fai a sapere dove sta tutto? - Camilla era abbastanza scioccata.
Non smise di muoversi tirando fuori l'occorrente mentre rispondeva.
- Forse una professoressa smemorata si è scordata che le ho spesso preparato la colazione un anno fa...-
Aveva cominciato e mettere il caffè nella macchinetta quando lei appoggiò una mano sul suo braccio e lo accarezzò.
- E' vero...-
La voce aveva assunto una nota malinconica che non sfuggì a Gaetano, per cui cercò immediatamente di riportare la situazione sotto controllo.
- Comunque non mi distrarre che sono impegnato a prepare un caffè che lascerà tutti a bocca aperta - le sorrise facendole l'occhiolino, seguito poi da un bacio sulla guancia.
Era un piccolissimo gesto ma dissipò l'amarezza.
- Questa non è affatto una distrazione...- rispose mentre gli toglieva dalle mani la macchinetta e lo spingeva verso il tavolo della sala facendolo sedere su una sedia poi mettendoglisi a cavalcioni.
- Questa qui, è una distrazione.- affermò trionfante mentre lui dopo il primo stupore la avvicinò ancora più verso di sé.
- Lo sai, queste distrazioni mi piacciono immensamente...- commentò mentre la trascinava in un bacio da togliere a entrambi il respiro.
Erano talmente assorti nel loro mondo che non si accorsero dei passi che si avvicinavano.


- Oh mio Dio!!! - Una voce familiare li fece tornare improvvisamente consapevoli che non erano soli in casa e si voltarono all'unisono verso la persona entrata.
Livia, dopo il primo momento di stupore, si era girata a dar loro le spalle con la velocità della luce.
- Io non ho visto niente! Non ho visto niente! Non ho visto niente! Non ho visto niente!! - ripeteva in continuazione.
Gaetano e Camilla erano rimasti bloccati.
- Livietta, tesoro...vedi...-
- No no mamma va bene non dovete spiegarmi nulla...vi siete staccati? Posso girarmi? -
I due si guardarono un attimo prima di realizzare che Camilla gli stava ancora a cavalcioni e si separarono tentando di ricomporsi.
- Sì certo! - risposero contemporaneamente guardandosi.
- Ok - rispose girandosi lentamente e trovandoli ad una distanza di sicurezza.
Gaetano non aveva la più pallida idea di cosa fare.
- Livietta, ti chiedo scusa, veramente io non...-
La ragazza lo bloccò.
- Ma no Gaetano, aspetta, non scusarti, - non sapeva se si sentiva più imbarazzata per lei o per loro, quindi tentò in tutti i modi di salvare la situazione - non dovete scusarvi o darmi spiegazioni, voglio dire, sono sposata certe cose le capisco, è solo che non ero psicologiamente pronta a vederle con i miei occhi...- una pausa quando si accorse che stava peggiorando le cose - ma con questo non vuol dire che sia arrabbiata anzi, finalmente! Era ora!-
Gaetano e Camilla ripresero un colorito normale e la guardarono un po' sorpresi, Livietta aveva lo stesso modo di reagire di sua madre, quando era in imbarazzo rispondeva alla velocita della luce, anche se le sue ultime parole avevano tranquillizzato tutti.
- Allora non ti dispiace?- chiese come per conferma Camilla.
- Mamma, come fa a dispiacermi? Io avevo capito tutto da prima che tu mi parlassi di quello che c'era tra voi due. E poi ti ho visto in quest'anno, mi sono accorta di come stavi e non vedevo l'ora che Gaetano tornasse per sistemare la vostra situazione. Perché adesso è sistemata vero?- lo sguardo quasi a dir loro che se la risposta fosse stata negativa, ci sarebbero state conseguenze poco allegre.
I due si scambiarono un'occhiata prima che a Camilla sfuggisse un mezzo sorriso.
- Direi che siamo sulla buona strada... - rispose la donna un pochino imbarazzata guardando prima lui e poi abbassando gli occhi, non era mai stata brava a parlare di sé stessa con la figlia.
- Penso proprio di sì...- continuò lui alzandosi dalla sedia e passandole accanto per tornare verso la cucina, non prima di essersi scambiato con lei uno sguardo che definire complice sarebbe stato un eufemismo.

Il volto di Livietta era sorpreso e soddisfatto.
Non ricordava di aver mai visto sua madre in quel modo, aveva avuto probabilmente un piccolo assaggio quando frequentava Gaetano l'anno prima, ma Camilla in quel periodo lo teneva segreto per cui a parte essere sempre di buon umore, non le era mai capitato di vederli insieme. Le sembrava di ritornare indietro nel tempo, a quando era piccola e i suoi genitori non si erano ancora separati, anche se ora quei ricordi erano sfuocati.
Poi in ogni caso, Gaetano era molto diverso da suo padre. Si ricordava Renzo che spesso si lamentava con sua madre per quello che faceva, per la sua sbadataggine, o per il suo volersi sempre immischiare in cose che non la riguardavano.
Livia lo sapeva di avere una mamma diversa dalle altre, e per lei era speciale, anche se quello voleva dire che si dimenticava di andarla a prendere a scuola o alla lezione di danza.
Adesso che era cresciuta e si era sposata, capiva Camilla di più, comprendeva cosa vuol dire vivere accanto a qualcuno che ami e onestamente dopo tanti anni insieme, anche se come figlia quando si erano lasciati avrebbe desiderato che le cose tornassero come prima, come donna capiva che i suoi genitori stavano sicuramente meglio separati.
L'amore per lei non era mai mancato, la amavano come e più di prima, però ora era il suo turno nel volere la felicità di sua madre e suo padre. E mentre vedeva Renzo sempre dietro a Lorenzo e Carmen, quasi ringiovanito a fare il padre e nonno, sua madre la aveva preoccupata non poco.
Anche perché lo sapeva che alla fine Gaetano era la cosa migliore che le poteva capitare, ma Livia la sua testa dura la aveva presa proprio dalla mamma, e quindi aveva paura che alla fine le cose non sarebbero mai andate nel verso giusto.
Invece adesso, mentre li osservava affaccendati in cucina con la madre che dava indicazioni a Gaetano su come fare il caffè e lui che tentava di spiegarle la sua personale filosofia nella preparazione, derivata rigorosamente dalla tradizione napoletana, finalmente si sentiva tranquilla.

In quel momento arrivò George con in braccio la piccola Camilla e si diresse immediatamente verso la moglie stampandole un bacio.
- Buongiorno, allora questa signorina ha fame...che vogliamo fare?-
L'arrivo della bimba distolse Camilla e Gaetano dal loro mondo e si voltarono contemporaneamente a guardare i nuovi arrivati.
- Arriva subito, tra poco è pronto - rispose Camilla cominciando a mettere il latte nel biberon mentre Gaetano si allontanava per andare verso George, sembrava quasi ipnotizzato.
- Buongiorno, posso salutare questa signorina?- chiese poco prima di prendere la manina della bimba che lo guardava con occhi curiosi.
- Io credo che dall'effetto che le hai fatto ieri, potresti persino prenderla in braccio lo sai? Lei è molto buona con tutti ma non sorride spesso agli sconosciuti - rispose George guardando la figlia orgoglioso - e poi credo proprio, se non ho capito male, che dovrà abituarsi a te -
Non sfuggì né e George né a Livietta il sorriso che Camilla e Gaetano si scambiarono guardandosi.
- Dai avanti, prendila un attimo...- disse Livietta prima di prendere la bambina e metterla in braccio al vicequestore.
- Ma non mi conosce, non vorrei spaventarla - provò a dire l'uomo anche se in fondo non voleva fare altro che prendere quella piccolina in braccio.
La bimba lo guardò per un secondo confusa, e Gaetano per rassicurarla le sorrise
- Ciao principessa...-
La voce che aveva usato era talmente dolce da far voltare persino Camilla che stava ancora preparando il biberon per la nipotina.
Incontrò lo sguardo della figlia che sembrava pensare la stessa cosa ed entrambe contemporaneamente spostarono gli occhi verso il vicequestore.
La sua nipotina sembrava estremamente a suo agio, tanto che al sentire la voce di Gaetano aveva sorriso e aveva portato il pollice alla bocca.
- Camilla, ma lo sai che ha il tuo sorriso? -
Sentirsi chiamare mentre stava osservando quel momento la riportò alla realtà, si era imbabolata a guardarlo.
- Ma cosa dici, se è tutta sua madre! - rispose mentre si avvicinava a lui sistemando alla bambina il bavaglino.
- No ma guardala, il sorriso è assolutamente il tuo - insistè lui- vedi? -
- Ma povera amore mio, non ascoltarlo, non è assolutamente vero, sei bella come la tua mamma. -
- E come la nonna! E non provare a contraddirmi perché ti arresto! - continuò lui strappandole un sorriso.

*click*

Al sentire quel rumore Camilla e Gaetarono guardarono verso Livietta e George, lui aveva in mano un cellulare.
- Scusate, ma eravate troppo belli, non abbiamo resistito, vero? - George si avvicinò ai due e mostrò loro la foto che aveva fatto.
- Ma ragazzi, ma che vi passa per la testa? E poi lo sapete che detesto le foto!- Camilla era estremamente imbarazzata anche se si affacciò per vedere il risultato.

Entrambi guardavano la piccola Camilla nella foto con un sorriso talmente sereno da riscaldarle il cuore, se non si fosse saputa la reale parentela, ad un osservatore casuale sarebbe sembrata la foto di una famiglia.
Una sensazione di malinconia la attraversò, e notò la stessa cosa nello sguardo di lui che in quel momento fissava la foto e non si era accorto di nulla.
La voglia di diventare madre di nuovo non le era mai presa finchè era a Roma, non aveva assolutamente la forza di pensare di ricominciare con pappe e pannolini.
Poi quando si trasferirono a Torino, lo scherzo del destino le fece ritrovare Gaetano e per di più con un figlio di cui non si sapeva occupare.
Alla fine si era ritrovata di nuovo a fare da mamma ad un bambino che, forse, se non fosse mai partita per la Spagna, o anche se avesse ritrovato il vicequestore al suo ritorno a Roma, sarebbe potuto essere il suo.

Adesso non aveva più paura di guardare quel passato e chiamare le cose con il loro nome, anche se il rimpianto purtroppo rimaneva.

E poi c'era stato questo ultimo anno dietro alla piccola Camilla.
Invece di sentire la sua età, quando stava con la nipote, Camilla ringiovaniva e spesso anche se a lei sembrava impossibile, mentre passeggiavano nel parco veniva scambiata per la madre di sua nipote.
Ma adesso ormai era tardi, più che in gravidanza, tra poco sarebbe arrivata l'ora della menopausa, non prendeva più neanche la pillola ormai da quasi un anno, e comunque, se non era successo in tutto quel tempo, quante probabilità c'erano che succedesse ora?

George ricevette una telefonata e si allontanò un secondo mentre Livietta disse che andava un attimo in camera a prendere il sonaglino che tanto piaceva alla figlia, così Camilla rimase lì ad ammirare l'espressione di Gaetano mentre guardava quella foto.
Lui le aveva detto una volta che non ce l'aveva la vocazione del padre, invece, prima con Nino e poi con Tommy si era rivelato meraviglioso. Si vedeva che desiderava provare quell'emozione ancora...
E poi dal nulla le venne in mente la donna che stava dall'altra parte del pianerottolo.
Una bella donna, giovane e incinta di un uomo che la aveva lasciata.
C'era quella situazione da sistemare e una morsa cominciò ad attanagliarle lo stomaco, anche se non ne capiva il perché.
Si sarebbero comunque dovuti muovere presto se poi Gaetano voleva anche andare in ufficio.

- Amore senti, tra poco dovremmo andare...-
Al suono della sua voce l'uomo si bloccò voltandosi verso di lei.
- Che...cosa hai detto? - il viso sembrava quello di un bambino che aveva appena ricevuto una sopresa enorme nel giorno di Natale.
Per un attimo lei non capì.
- Ho detto che tra poco dovremmo andare..- rispose mentre lui metteva la bambina nel seggiolone.
- No, non intendevo quello, prima di quello...-
Lei comprese solo nel momento in cui lo vide avvicinarsi.
- Amore..? - lo ripeté un po' imbarazzata, anche perché le era uscito proprio senza pensarci la prima volta.
Gaetano le prese entrambe le mani e le fissò accarezzandone il dorso con i pollici.
- Ho sempre sognato di sentirtelo dire...-
Non aveva neanche il coraggio di guardarla negli occhi e a Camilla si strinse il cuore.
Quanto doveva avergli fatto male in quegli anni? La sua paura non le aveva permesso di aprirsi, aveva avuto il terrore di dire "Ti amo" o "amore" temendo di essere di nuovo ferita.
E dall'altra parte aveva ricevuto così tanto di quelle stesse parole da lui senza avergliene mai data alcuna indietro.
- Mi dispiace se non sono mai riuscita a dirtelo prima...- provava un'amarezza verso quello che aveva fatto da roderla dentro.
Eppure lo vide sorridere mentre la prendeva tra le sue braccia.
- Te lo ho già detto, rifarei tutto, rivivrei tutto il dolore se questo mi portasse di nuovo ad essere qui con te adesso. E forse se me lo avessi detto prima non mi avrebbe fatto lo stesso effetto.-
Poi le prese il mento per farle alzare lo sguardo incontrando i suoi occhi.
- Stavolta andiamo piano quanto vuoi tu, ma Camilla, sappi che io faccio sul serio e lo ho sempre fatto. Non sarà oggi e non sarà domani, aspettiamo tutto il tempo che vuoi, ma devo avere la certezza che questa volta non finirà come le altre e che mi parlerai invece di scappare, perché non voglio perderti più, hai capito professoressa? -
La strinse e lei si lasciò trasportare dalla sua voce e dal fermo battito del cuore dell'uomo che riusciva a percepire perchè era all'unisono con il suo. Non c'era posto al mondo dove si sentisse più al sicuro.
- Promesso...e lo so che non ti fidi molto delle mie promesse, ma questa volta lo faccio. Anche perchè neanche io voglio rivivere tutto quello che ho vissuto durante questo anno.-
Rifugiata nel suo abbraccio le sembrò di sentire quasi che tirasse un sospiro di sollievo.
Un bacio dolcissimo a sugellare quel nuovo patto, e Camilla zittì quella sensazione di apprensione che aveva per la situazione di Gaetano e della bionda incinta, era convinta che se lui fosse rimasto al suo fianco, sarebbero stati capaci di affrontare tutto.

- Allora, come ti presento? Come la mia fidanzata? - chiese scherzando per smorzare l'aria.
Lei alzò lo sguardo con un sorriso sopreso e un ricordo le balenò nella testa...
- Siamo fidanzati? -
Sapeva che lui avrebbe capito esattamente il referimento.
- Non scherzare...e ti sto già abbracciando quindi vedi di fare la seria professoressa...-
- Ma alla nostra età si può ancora usare la parola fidanzati secondo te? - chiese un po' divertita.
- Perché c'è un'età in cui si smette? - rispose a tono.
- Non lo so...ma quindi posso dire che il mio fidanzato è il vicequestore di Torino? - stesso tono, ma con un pizzico di orgoglio e divertimento nella voce.
- Direi di sì, a patto che tu non vada a dirlo in situazioni pericolose decidendo di ficcare il naso in casi di omicidio...e non ci provare, so che lo faresti...-
- Ma non ho detto ancora nulla! - provò a protestare leggermente lei.
- No, ma mi hai guardato..- rispose con aria di chi sapeva molto bene cosa stava passando per la testa della donna che aveva davanti.
- Lo sai che sei noioso? -
- E tu lo sai che su questo non cambio idea vero? E non provare a farmi quegli occhi...non ci provare... -
Un sorriso e un bacio leggerissimo.
- Allora, andiamo? -
- Stai divagando...-
- Ma no, è solo che io devo ancora prepararmi e tu devi passare in ufficio oggi no? Dai andiamo...-
La vide dirigersi verso il tavolo mentre tornavano anche Livietta che George.

- "Al questore di Torino, mi dimetto dal mio incarico prima che la mia fidanzata mi faccia buttare fuori dalla polizia..."-
- Gaetano? Che fai lì impalato? Dai che si raffredda tutto..-
Lui la guardò tra l'adorante e il rassegnato.
- Tanto io lo so che prima o poi mi cacciano dalla polizia...lo so...- mormorò tra sé e sé prima di unirsi a quella visione familiare che lo aspettava.


Mezz'ora dopo, lei era vestita di tutto punto e persino truccata, si sentiva come se andasse a incontrare il nemico anche se sapeva che era una cosa stupida.
Gaetano invece era semplicemente la tranquillità fatta a persona, avevano scherzato durante la colazione e mentre lui sembrava non accorgersi di nulla, Camilla era per qualche ragione, agitata e ansiosa.

Appena entrarono in casa di Gaetano, sentirono anche da lì provenire profumo di caffè.
Lui prese Camilla per mano e la portò verso la cucina dove Sabrina stava apparecchiando per la colazione.
Quando alzò lo sguardo le si dipinse sul volto un'espressione curiosa ma allo stesso tempo tesa.
- Accidenti, quando mi hai detto di non aspettarti non avrei mai pensato che saresti stato fuori tutta la notte, complimenti eh...-
Camilla era rimasta spiazzata dal tono in cui la donna aveva parlato a Gaetano.
Non sapeva bene che tipo di rapporto ci fosse, ma alle sue orecchie la battuta suonava un po' troppo come quella di una fidanzata che si lamentava per il ritorno a casa tardi del suo uomo.

Non le piaceva proprio la storia.

- Scusa ma c'erano situazioni che dovevo assolutamente risolvere, anzi a proposito di questo, credo che voi due vi siate già conosciute e che ci sia stato un malinteso ieri...-
Le due donne si guardarono in maniera neutrale per un attimo, prima di piegare le labbra in un sorriso di circostanza.
Gaetano mise un braccio intorno alla vita di Camilla.
- Camilla, lei è Sabrina De Silva rimarrà qui a Torino fino a che il caso di suo fratello non sarà risolto, Sabrina, lei è Camilla Baudino, la mia fidanzata -
E lo aveva detto con un orgoglio e un sorriso che Camilla avrebbe voluto baciarlo in quel preciso istante.
Sabrina strabuzzò gli occhi.
- La...la tua fidanzata? Ma non mi avevi mai detto di avere una fidanzata! -
Quanto si stava divertendo Camilla a vedere la faccia della donna diventare di mille colori, non avrebbe saputo spiegarlo.
Gaetano in tutto questo non si era accorto di nulla, ma la sensazione che lei aveva avuto era esatta.
- Non te lo ho detto perché è una storia abbastanza complicata e lunga..-
- In realtà dura da dieci anni..- si intromise Camilla mentre vedeva che lui era leggermente in imbarazzo.
La donna, Sabrina, aveva ripreso a sorridere e si avvicinò ai due.
- Allora devo scusarmi per ieri, non sapevo che lei fosse la fidanzata di Gaetano, chissà cosa deve aver pensato...-

Eh, indovina un po' cosa ho pensato...

Le avrebbe voluto rispondere così ma evitò.
Sarà stata un' impressione di Camilla, ma il tono di Sabrina non sembrava affatto dispiaciuto.
- No ma si figuri, Gaetano mi ha spiegato tutta la situazione e capisco perché lo abbia fatto, mi dispiace di non averle detto chi ero ma, beh, è una situazione un po' particolare anche qui...o almeno lo era fino a ieri, vero amore? -
E quell'"amore" stavolta era arrivato dritto al punto, adesso sì che Gaetano se la stava guardando divertito, non avrebbe mai smesso di osservarla in questo tipo di situazioni.
- Effettivamente era molto complicata, ma adesso abbiamo risolto quindi direi che, dato che le presentazioni di rito sono fatte, io andrei a lavoro o verrò dato per disperso...-
- Ma non ti cambi? - domandò sopresa Camilla.
- Ho ancora delle camicie in ufficio, ne prendo una lì sennò si fa veramente tardi...pranzo? -
Il sorriso di lei era una risposta più che sufficiente.
- All'una e mezza? - chiese allacciando le braccia al suo collo.
- Direi che è perfetto - rispose sorridendo e passandole le braccia intorno alla vita.
- Effettivamente, oggi è tutto perfetto...- concluse lei mentre incuranti della donna che li stava osservando, ricadevano nel loro mondo.

- Gaetano scusami eh, ma io in tutto questo che faccio? Devo rimanere inchiodata a casa fino a fine processo? Oltretutto dovrei fare la visita di controllo tra qualche giorno...-
La voce della donna li riportò alla realtà.
L'uomo si girò verso di lei.
- La prossima settimana ti accompagno all'ospedale così puoi fare la visita di controllo, per questi giorni rimani a casa a riposarti, dovresti stare tranquilla nelle tue condizioni..-
- Sono incinta non malata!- protestò lei.
- Però ieri hai fatto un viaggio in aereo, quindi in questi giorni ti riposi e non ammetto repliche. Adesso fai colazione che io devo scappare in ufficio...-
I due la videro sbuffare e sedersi.
Gaetano si staccò da Camilla e andò verso di lei sedendosi anche lui.
- Ascoltami.... - disse prendendole le mani - devi prenderti cura di te, perché non sei da sola, hai capito? Lo so che ti annoierai e che la situazione è difficile, ma è per il tuo bene e per quello del signorino qui, sei quasi al settimo mese resisti ancora un po'...siamo intesi? -
Sabrina non rispose e lui si alzò per andarsene mentre Camilla lo guardava provando una sensazione nuova per lei.

Per un attimo si era sentita un' intrusa, per un attimo le era sembrato di essere lei quella di troppo.

Era ovvio che Sabrina provasse qualcosa per Gaetano, chi non proverebbe qualcosa per lui? Solo lei ci aveva messo anni per capirlo, e la sensazione che la attanagliava si faceva più forte.
Non dubitava affatto di lui, aveva visto il suo modo di fare, le sembrava di rivederlo con Francesca, e a questo doveva aggiungere il fatto che si sentiva enormemente in colpa per cui si comportava probabilmente come un fratello maggiore estremamente protettivo.
Però doveva capire in qualche modo che il suo atteggiamento poteva essere male interpretato.
Anche perché di lui si fidava ciecamente, ma di lei no.
Avrebbe dovuto tenerla d'occhio e sicuramente l'idea che quei due fossero da soli di notte, anche se Sabrina era al settimo mese di gravidanza, non le andava proprio.
Ma a quello avrebbe sicuramente rimediato.
Per il resto, mentre lo vedeva andar via, non aveva assolutamente voglia di rimanere in quella casa, non ora.
In un certo senso sentiva come se fosse stata profanata, come se non fosse più sua, loro.
Non ci voleva rimanere se non c'era lui.

Mentre le passava accanto, lei lo bloccò.
- Esco anche io con te, devo passare un attimo al mercato di Porta Palazzo- disse prima di voltarsi verso Sabrina con un sorriso tirato.
- E' stato un piacere conoscerla, immagino che ci vedremo spesso da ora in poi..-
Lei era ancora seduta e rispose sullo stesso tono.
- Anche per me è stato un piacere, e mi scusi ancora per il malinteso di ieri - ripeté senza il minimo entusiasmo.

Quando uscì da quella porta fece un sospiro di sollievo.
Gaetano si accorse subito che era estremamente contenta di essersene andata.
- Accidenti, sembri una che è appena uscita da una zona di guerra fredda -
- E non hai idea di come ci sei andato vicino, ma veramente non ti sei accorto di niente? -
Lo guardò con aria un po' incuriosita.
- Se ti riferisci al tuo marcare il territorio ti ho visto benissimo, e ti ho adorato, anche se comunque penso che tu non abbia affatto di che preoccuparti a priori-
Lei lo fissò come se fosse un alieno mentre scendevano in ascensore.
- Ma possibile che tu veramente non abbia notato nulla? -
La faccia di Gaetano era quanto più possibile confusa, capì che veramente non aveva la benché minima idea di quello che lei aveva visto.
- Lasciamo stare, prima o poi dovrò spiegarti un paio di cosette credo - disse lei con aria di chi ha quasi gettato la spugna prima di incamminarsi nel cortile.
Lui continuava ad avere un' aria interrogativa ma allo stesso tempo divertita.
- Lo sai che non me la racconti giusta? - le chiese sorridendo.
- Io non te la racconto mai giusta...- e niente, non riusciva a star seria e rispose al sorriso facendolo scoppiare in una risata.
- Allora all'una e mezza? - chiese prima di prenderla tra le braccia.
- Va bene...arresta tanti criminali mi raccomando..-
- E tu stai fuori dai guai...mi raccomando.-
Un sorriso, un bacio finito troppo presto, e si separarono fuori dal condominio andando verso le rispettive macchine.





A pochi metri da lì in un'auto dai vetri scuri, un uomo aveva visto tutta la scena.
- A quanto pare il nostro Berardi ha veramente successo con le donne - commentò tra sé e sé mentre prendeva il cellulare.
- Sono io...ci sono novità interessanti che devi proprio sapere...-




Ed ecco qui anche questa è fatta. Forse dal finale avrete capito che ci sono nubi all'orizzonte, dal prossimo capitolo inoltre, ritorneranno alcuni personaggi, saranno ritorni apprezzati? Me lo dovrete dire voi.
Come sempre se vorrete farmi sapere cosa ne pensate, io ne sarò veramente felice. Ammetto che in questo capitolo ho avuto momenti in cui veramente mi sono divertita a scrivere perché ci sono molti dialoghi e io adoro scrivere i dialoghi, non so, mi sembra di avere i personaggi davanti a me, e poi amo anche molto le scene familiari. Sono scene che avrei sempre voluto vedere, dinamiche che avrei voluto venissero approfondite ma siccome ovviamente non è stato così, me lo sono fatta da sola.
Spero sia riuscita a trasmettere un pochino dell'atmosfera che ho percepito io anche a voi.
Che altro dire, aspetto commenti se vorrete e ci vediamo, sempre qualora ne abbiate voglia, la prossima Domenica!



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Capitolo 11
*** Capitolo dieci: The calm before the storm (prima parte) ***


E' di nuovo Domenica!! E di nuovo sono qui a stufarvi.
Prima di qualsiasi cosa, io devo ringraziarvi per i commenti, le reviews e tutto il resto, soprattutto in questo momento. Tante persone stupende hanno scritto recentemente storie che ancora non sono riuscita a leggere, e sono contentissima di vedere che ci sia un proliferare di fanfic, proprio per questo ringrazio veramente tutti quelli che continuano ancora a seguire questa robina qui, non avete veramente idea di cosa significhi per me.
Tornando al capitolo, in questa prima parte ho affrontato una cosa che andava affrontata, un confronto importante che vedrete e poi mi sto accorgendo che amo molto scrivere la dinamica di coppia dei due scemi, (finchè si comportano da ragazzini li chiamo scemi, ogni volta che parto con le loro scene vanno avanti da soli...). Però dall'altra parte sono abbastanza in ansia. Mi sto addentrando in una dimensione che non abbiamo mai visto e sto praticamente andando alla cieca, quindi se un pochino quello che leggete qui vi ricorderà i Camilla e Gaetano della fiction, se vi comunicherò qualcosina, a me basta, non ho grandi pretese. Non è facile, nonostante tra un po' sappia a memoria tutte le stagioni, mantenerli nel personaggio quando non li ho mai visti in certe situazioni se non in una puntata.
Sperando veramente di non annoiarvi, vi auguro buona lettura!!!


Capitolo dieci: The calm before the storm (prima parte)




Nelle settimane seguenti ad entrambi sembrava di star vivendo in un sogno.
Tutto come ai primi tempi della loro relazione ma con una consapevolezza in più che li faceva sentire capaci di affrontare qualsiasi cosa.
Erano ritornate le passeggiate per la città, le uscite romantiche a cena, stavolta senza scenate in mezzo alla strada e godendosi solo l'uno la presenza dell'altra.
Quando Gaetano non lavorava, spesso la accompagnava al parco a portare la piccola Camilla a prendere un po' d'aria, ed entrambi venivano puntualmente scambiati per i genitori della bambina, cosa che provocava a lei una morsa allo stomaco ogni singola volta che succedeva.

Fu proprio lì, circa un mese e mezzo dopo il ritorno di Gaetano, che incontrarono Renzo e Carmen con il piccolo Lorenzo.
Non che Camilla non li avesse visti in quel periodo, ma Gaetano era ancora titubante e quindi se capitava che lei dovesse andare da loro, il vicequestore preferiva rimanere a casa.

Quel giorno però non poté scappare.

Era sul tardo pomeriggio, faceva ancora abbastanza caldo dopo pranzo quindi a quell'ora non era possibile uscire, ma verso le cinque e mezza l'aria rinfrescava e così avevano inforcato il passeggino e stavano camminando per il parco, quando scorse da lontano la sagoma inconfondibile di Renzo con Carmen, e per un attimo Gaetano si mise sulla difensiva.
Camilla in un primo momento non si era accorta di loro, fino a quando seguendo lo sguardo stranamente teso di lui, li vide intenti a parlare mentre spingevano la carrozzina.
I due erano di spalle per cui non sapevano di essere visti.
Posò una mano su quella di Gaetano che stava stringendo in maniera troppo forte il manubrio del passeggino.
- Non ti ho ancora detto che poco prima che tu partissi per Roma, ho chiarito tutto con Renzo vero? -
Lui la guardò un po' sorpreso.
- No...sapevo da Torre che avevate divorziato, non mi guardare in quel modo sì, penso che abbia sguinzagliato qualcuno perché era preoccupato per me, insomma lo conosci... ma non sapevo che avevate chiarito -
Vide la faccia di lei che dal leggermente contrariato, diventava un po' sconsolata e infine divertita.
- In realtà si è scusato per essersi intromesso nella mia vita e soprattutto tra te e me, la nascita del figlio gli ha fatto capire che la situazione era parecchio incasinata senza che lui continuasse comportarsi come se tutto fosse uguale a prima -

Camilla mentre raccontava era molto serena, purtroppo la stessa cosa non poteva dirsi per Gaetano.

Il vicequestore quando si trattava di Renzo provava ancora, doveva ammetterlo, un senso di inferiorità molto forte. Non solo perché Camilla per dieci anni lo aveva rifiutato per tornare da suo marito, ma anche perché persino dopo che l'uomo la aveva tradita, la prima volta se lo era ripreso, la seconda volta gli aveva permesso, nonostante quello che aveva combinato, di intromettersi nella sua vita. Se lo ricordava ancora quel giorno in cui lui le disse che era geloso e lei gli rispose “Ma lo sai che a Renzo voglio bene!”.
Sarà stato solo quello, ma fu un piccolo colpo al cuore per Gaetano.
Vedere la donna che ami tornare sempre e comunque dal marito per dieci anni gli aveva lasciato delle ferite profonde che solo il tempo avrebbe rimarginato, e sentire pronunciare da lei, per una ragione o per l'altra, il nome di Renzo spessissimo quando erano insieme, aveva un anno prima, minato profondamente la sua sicurezza del loro rapporto.
Ora lo sapeva che era diverso, avevano divorziato formalmente e quindi ci doveva essere stato un chiarimento definitivo per voler chiudere del tutto quella parte di vita.
Eppure quel noioso ronzio non voleva zittirsi.
- E' per questo che poi siete riusciti a separarvi e divorziare? -
- Esattamente, e ora abbiamo un bel rapporto, nel senso che comunque siamo una famiglia un po' allargata ma ci si vuole bene e credo che l'affetto per lui rimarrà sempre, però ...-
A Gaetano decisamente non piaceva quando lei fermava le frasi sul "però", e si voltò a guardarla.
Aveva un sorriso tranquillo dipinto sulle labbra.
- Però cosa? - chiese titubante
Camilla lo stava fissando con uno sguardo imbarazzato e sognante allo stesso tempo.
- Però...non è uguale a quello... che sento adesso...–
Con le dita stava accarezzando il dorso della mano di lui, erano cambiate tante cose in quelle settimane e ancora non riusciva ad ammettere spesso i suoi sentimenti alla luce del sole, ma ci stava provando.
- Mi dispiace se non sono mai riuscita a fartelo capire rendendoti insicuro...-
C'era una nota di tenerezza nella sua voce, e quelle poche parole sembrarono calmare tutte inquietudini del vicequestore.
- Non mi guardare così che poi dimentico che siamo in un luogo pubblico con persino una bambina dietro, mentre tu adesso mi stai stimolando pensieri che non definirei da parco giochi...-
Commentò un po' divertito e un po' toccato mentre prendeva quella stessa mano che lo stava accarezzando, e se la portava alle labbra.

Camilla sorrise soddisfatta, si era accorta che spesso il suo essere diretta, il suo parlare senza pensare a quello che le sue parole provocavano in Gaetano, lo aveva ferito, anche se lei non lo faceva consapevolmente.

Stavolta non avrebbe ripetuto quegli errori.

- Ah ma guardi commissario che io non sto facendo nulla e comunque non penso che mi lamenterei se lei avesse voglia di giocare un po' con me...- rispose maliziosamente.
- Ci sono bambini e genitori qui, lei è una professoressa e io un poliziotto, si immagina il casino? Vuole farci arrestare? - continuò con tono scherzoso.
- Io uscirei subito, il mio fidanzato è il vicequestore...-
- Ah sì? E il suo fidanzato la perdonerebbe per essersi fatta scoprire con me in un parco pubblico? -
- So farmi perdonare bene...se vuole le faccio vedere come...- rispose sorridendo mentre si avvicinava a lui.

E non se lo fece ripetere due volte, ma il bacio fu dolcissimo ed estremamente casto, proprio perché entrambi sapevano di non poter andare oltre anche se non vedevano l'ora di tornare a casa.

- Camilla! -

La voce di Carmen li fece staccare e si voltarono verso quel richiamo vedendo la donna con Renzo che si avvicinavano.
- Ciao, anche voi a far fare una passeggiata a questo ometto? - chiese Camilla sorridendo mentre si accorse che Renzo e Gaetano si stavano fissando in maniera non esattamente amichevole e sembravano quasi non sentirla.
- Eh sì, adesso che è fresco...- rispose Carmen che si era resa conto della stessa cosa.
- Ciao Carmen, Renzo, quanto tempo - commentò Gaetano cercando di essere il più cordiale possibile ma rimanendo impercettibilmente ancora sulla difensiva.
- Ciao Gaetano, veramente molto, come stai?- chiese Carmen mentre sorrideva.
- Molto bene ti ringrazio, anche tu sei in splendida forma, ti trovo bene! - era un commento innocente ma si beccò un'occhiata poco rassicurante da Camilla.

Si stava accorgendo giorno per giorno di quanto fosse possessiva anche lei quando si trattava di Gaetano.

Aveva solo fatto un complimento gentile ad una conoscente che non vedeva da tempo, ma a lei non era affatto andata a genio. Sarà che poi, nonostante il rapporto fosse buono, Camilla, esattamente come il vicequestore, provava un senso di inferiorità per Carmen, anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.

Alla fine non solo il suo ex marito la aveva tradita due volte con lei, ma da lei era persino riuscito ad avere quel maschio che aveva sempre desiderato.
Fu riportata alla realtà da una leggera stretta sulla sua mano e uno sguardo interrogativo del vicequestore, al quale rispose con un sorriso.
La strada era lunga ma in qualche modo ne sarebbero usciti.
- Ciao Gaetano, avevo sentito da Livietta che eri tornato ma non eravamo ancora passati a salutarti. Ti trovo bene - lo salutò Renzo con un sorriso che sembrava veramente sincero.
- Ciao Renzo, stai molto bene anche tu, mi fa piacere rivederti - rispose tentando di mascherare quella leggera inquietudine che sentiva.

Camilla e Carmen li guardavano con un po' di apprensione.
Alla fine comunque, sarebbe stato meglio che i due si chiarissero per cui Camilla interruppe quel momento.

- Carmen senti, ti va di andarci a prendere qualcosa al piccolo bar che c'è qui al parco? Così ci sediamo un attimo! Poi mi devi raccontare del tipo del secondo piano... -
Comprendendo la situazione, Carmen annui mentre lasciava a Renzo la carrozzina e si avviava avanti con Camilla.
- Ah sì non ti ho detto poi cosa ha combinato...-
Le due donne si allontanarono lasciando Renzo e Gaetano indietro con i bambini, a guardarle sorpresi e a non sapere bene che pesci prendere.
Gaetano si era ripromesso, qualora avesse rivisto Renzo, di affrontare l'uomo in maniera corretta e cordiale, ma non avendo idea di come cominciare la conversazione spingeva lentamente il passeggino guardandosi intorno.
Renzo aveva invece avuto un anno per prepararsi e quindi decise di prendere la parola.
- Senti Gaetano...non so se Camilla ti ha già parlato del fatto che abbiamo divorziato...-
- Me lo ha detto, sì...-
- Prima che perda l'occasione, volevo...penso di doverti delle scuse per come mi sono comportato...-
Ammise non senza un pizzico di fatica l'uomo.
- Non serve che ti scusi Renzo, non ha più importanza ora -
In una parte del suo cervello Gaetano non poteva negare che quelle scuse gli facevano piacere, ma non sapeva quanto sincere potessero essere.
Non si fidava ancora completamente di Renzo, perché anche quando Camilla era presa dalla situazione con quel Michele Carpi, nonostante sembrasse quasi che lui e Renzo si fossero alleati, Gaetano aveva sempre l'impressione che alla fine l'uomo volesse solo tirare l'acqua al suo mulino e riprendersi Camilla.
- Invece serve, anche se ti avverto che questa è la prima e l'ultima volta che mi sentirai pronunciare queste parole - rispose l'architetto mentre guardava compiaciuto il suo Lorenzo.
- Sono stato molto egoista, quando tu e Camilla avete cominciato a vedervi ero fuori di me anche se non lo avrei mai ammesso apertamente. Non hai idea di quanti anni ho passato a detestarti dato che lei preferiva mille volte star dietro a te che alla sua famiglia, ho sempre temuto che prima o poi la sfasciasse, e invece alla fine quello che ha rovinato tutto sono stato io -
Gaetano non capiva se Renzo provasse ancora dolore per come erano andate le cose, probabilmente c'era amarezza, ma anche molta genuina rassegnazione.
- E poi non ho avuto neanche il buon gusto di farmi da parte e lasciarle fare la sua vita, mi sono intromesso e ho aumentato i problemi quando invece avrei solamente dovuto chiederle se era felice e darle tutto il mio appoggio - era un po' amaro il tono ora, e si fermò un attimo con lo sguardo verso Carmen e Camilla che parlavano più avanti - io in questo momento sono in pace con me stesso e adoro avere questa numerosa famiglia, anche se all'inizio è stato difficile abituarmici, ma vedevo che Camilla non lo era, non era felice e non lo è stata da quando tu sei partito. -
- Renzo, davvero, non serve che mi spieghi altro...- Gaetano voleva disperatamente mettersi tutto dietro alle spalle, sapeva che una famiglia allargata avrebbe incluso anche Renzo e doveva accettarlo. Oltretutto a parte la rivalità per Camilla, non pensava che l'architetto fosse una cattiva persona. In fondo lei lo aveva amato per anni quindi qualcosa di buono doveva averlo. Se l'uomo era disposto a sotterrare l'ascia, lui per amore di Camilla avrebbe fatto lo stesso e si sarebbe veramente impegnato per creare un rapporto civile.
- Ma non ti preoccupare che ho finito, volevo solo dirti beh, benvenuto in questa famiglia, immagino che da ora in poi ne farai parte... Per me l'importante è solo che tu renda felice la mia ex moglie, anche perché se non lo fai un altro cazzotto non te lo leva nessuno, neanche se sei un poliziotto...- si voltò a guardarlo.
- Su questo puoi giurarci, - Gaetano era serissimo - è l'ultima cosa che farei al mondo e credo che tu lo sappia...-
Rimasero per qualche secondo a guardarsi e poi Renzo gli porse la mano.
- Allora, lo firmiamo questo trattato di pace commissario? -
Lo sguardo di Gaetano non era ancora del tutto convinto, ci sarebbe voluto tempo, ma per Camilla avrebbe fatto questo e altro.
- Vicequestore, ma credo che si possa firmare - rispose mentre anche lui porgeva la mano in una stretta che per la prima volta non sembrò una gara a chi era il più forte.
- Una preghiera però ...- aggiunse Renzo avvicinandolo per parlargli sottovoce - cerca di farla stare lontano da guai -
- Io ci provo, ma se non ce la hai fatta tu in dieci anni, non ti assicuro nulla, è più facile che mi caccino dalla polizia perché lei si è impicciata troppo, ho già avuto fortuna che da quando sono tornato non sia ancora venuta a trovarmi in commissariato...-
Si guardarono scambiandosi un'espressione di compatimento reciproco, Renzo per gli anni passati, Gaetano per quelli che sarebbero venuti.

- Ma siete rimasti impalati? Guardate che sarebbe ora di tornare a casa...- sentirono la voce di Camilla che da lontano li invitava a darsi una mossa, e ri inforcarono i rispettivi passeggini avviandosi verso le due donne che li aspettavano.

Carmen e Renzo dovevano passare a ritirare una torta da Boffi, quindi salutarono Camilla e Gaetano quasi subito dopo lasciandoli soli, e mentre tornavano a casa, la donna ogni tanto si voltava a guardarlo.
Il commissario era un po' sollevato ora che aveva chiarito con Renzo ma se ne stava in silenzio perché era abbastanza divertente vedere Camilla sulle spine, anche se probabilmente entro poco non avrebbe più resistito e le avrebbe parlato lo stesso.

- Lo so che me lo vuoi chiedere...avanti, spara - la sua voce divertita.
- Ma io non ho detto niente! - ripose lei quasi sulla difensiva.
- No, ma ti volti a guardarmi ogni cinque secondi quindi tira fuori il rospo dai -
- Ok, dato che lo hai introdotto tu, che cosa vi siete detti con Renzo? -
- Abbiamo stipulato un trattato di pace - lui sorrise, perché sapeva che quella risposta avrebbe reso molto più tranquilla Camilla il cui volto infatti si rasserenò.
- Si è scusato anche con me, e mi ha dato il benvenuto in questa famiglia allargata, a quanto pare anche questa è risolta eh -
Lei sorrise e lo prese a braccetto sentendo un peso sollevarsi dal cuore.
A Gaetano invece tornò in mente una parte del discorso di Renzo e anche se sapeva che forse era troppo presto, azzardò la domanda.
- Camilla -
- Cosa c'è? -
- Posso chiederti una cosa? -
- Dipende... - rispose in tono scherzoso.
Gaetano si voltò a guardarla mentre spingeva il passeggino, lei aveva il sorriso sulle labbra ed era intenta a fissare la strada senza accorgersi dei suoi occhi.
- Tu...sei felice? -
La vide allargare il sorriso e girarsi verso di lui, che invece onestamente era un po' in apprensione.
- Tu cosa dici? - rispose mentre si stringeva ancora di più al suo braccio.
- Professoressa, io dico che questa mania di rispondere ad una domanda con un'altra domanda non fa affatto bene alla mia stabilità psicologica - commentò, anche se dalla sua risposta aveva già capito.
- Ma quanto sei scemo, va bene, sì sono felice, felicissima, sì sì sì sì sì , quanti sì devo dire per rassicurare la tua stabilit... -
Non le fece finire la frase e stavolta sì, incurante del fatto che fossero in un luogo pubblico, la trascinò in un bacio che le mozzò il fiato.
- Me ne bastava uno - rispose quando si staccarono, le loro fronti appoggiate mentre i respiri tornavano regolari.
- Lei commissario tira dei colpi bassissimi, lo sa? -
- Ho imparato da una professoressa...-

La donna appoggiò la testa sulla spalla di lui sospirando.

- Stasera te la senti di uscire? - continuò Gaetano mentre le passava un braccio intorno alle spalle.
- Sì, perché me lo chiedi? - domandò lei un po' sopresa.
- Non so, ultimamente ti vedo spesso stanca...lo sai che poi mi preoccupo -
Camilla sorrise divertita.
- Beh, se qualcuno mi fa far tardi ogni sera...- commentò scherzosamente alzando lo sguardo al cielo.
- Se vuoi ti faccio andare a letto presto...- aveva un'espressione furba che lei gli avrebbe volentieri voluto togliere a suon di baci, invece, optò per assumere una faccia quasi minacciosa, se non fosse stato per quel sorriso che proprio non riusciva a togliersi dalle labbra.
- Non ci provare sai...-
E lui non fu da meno dato che la risposta gli scatenò una risata.



Continuarono la camminata circondati da una grande serenità, sembrava veramente che niente potesse scalfire quell'idillio fino a quando da lontano non videro una familiare sagoma con il pancione che li aspettava con le mani sui fianchi.

- Beh, bentornato, ce ne hai messo di tempo, ha chiamato Torre e sì lo so che non dovevo rispondere al telefono ma continuava a squillare quindi ho pensato che fosse importante. Ha detto che hanno telefonato da Roma ma non mi ha voluto dire per cosa!-
E Gaetano per un attimo smise di respirare.






- Perché diamine non richiama? -
Era molto spazientito e continuava a fare su e giù per l'ufficio neanche fosse una tarantola, mentre il suo interlocutore se lo guardava tranquillamente seduto su una delle sedie.
- Ma calmati, ti ricordo che non tutti sono stacanovisti come te, a differenza tua, lui avrà una vita e non starà continuamente a lavoro...-
- No tu forse non capisci la situazione, qui siamo veramente nei casini fino al collo e se Berardi non chiama, ci scappa un altro morto...anzi due perché il Questore mi fa fuori sicuramente. Questa situazione non può andare avanti così - una pausa mentre fissava il telefono che non voleva squillare - prestami la tua macchina, vado a Torino!-

L'uomo seduto si alzò .
- Che cosa? Ma sei impazzito? Prima di tutto dovresti avvertire il Questore e poi stai dando per scontato che io ti presti la mia macchina nuova per andare fino a lì? Cioè farti guidare da qui a Torino? Ma te lo scordi! -
-Il Questore mi ha dato priorità assoluta quindi non sarà un problema e in treno di sicuro non vado perché poi non saprei come muovermi per la città quindi mi serve la tua macchina. Devo andare lì a vedere cosa succede sperando che Berardi mi richiami nel frattempo...-
- Ma perché non ci vai con la tua? -
- La mia è dal carrozziere e ne avrà per un po', non ti sei accorto che mi faccio venire a prendere da Marchese ogni giorno? Non ho altra scelta...-
Ci fu un momento di silenzio in cui i due si guardarono, poi l'uomo seduto sul divano sospirò.

- Ho capito, forza andiamo! -
- Andare dove? -
- A Torino, Paolo guarda, neanche sotto la minaccia di una pistola ti presto la mia macchina per arrivare fino a lì, se proprio devi andare ti ci accompagno io, così passo a salutare un po' di amici.-
- Ma tu lo sai chi sta a Torino...-
- Lo so, ma in ogni caso la mia macchina non te la presto, quindi o vengo con te o prendi un treno -
De Matteis sospirò sconfitto.
- E va bene, andiamo, e io intanto provo a richiamare, speriamo solo che Berardi sia stato attento, un'altra soffiata non ci voleva...-
- Vedrai che non andrà come l'altra volta, Berardi è in gamba lo hai dovuto ammettere persino tu, inoltre so che ti sta anche simpatico e azzarderei persino a dire che non vedevi l'ora di trovare una scusa per salire a Torino...-

Paolo De Matteis guardò il fratello con degli occhi che se avessero potuto lo avrebbero infilzato.
- Ricordati che sono un poliziotto, se ti ammazzo nascondo il cadavere e mi trovo un alibi, non dire mai più una cosa del genere! -
Marco si limitò a guadarlo con aria divertita.
- Va bene, va bene, andiamo dai, prendiamo un po' di roba da casa e poi si parte -
I due uscirono dall'ufficio e si infilarono nella macchina di Marco.
Sarebbe stata lunga la strada fino a Torino.



Fine prima parte




In teoria questo capitolo era più lungo, ma un po' per mantenere la lettura leggera, e un po' perché in questo modo mi prendo altro tempo per scrivere, per stavolta va così.
Come vedete i ritorni qui sono solo due, il terzo apparirà nel prossimo capitolo, che poi quello è il ritorno che meno preferisco. Per quanto riguarda De Matteis e Marco, avendo visto la quarta con un occhio chiuso e pochissimo, non so se ci ho preso come personalità, ma mi sono divertita a scrivere il loro dialogo.
Invece, come avrete capito, Renzo non sarà più un problema. Ci tenevo a scrivere un confronto tra lui e Gaetano, ma qualcosa di pacato, che poi è come ho sempre visto il Renzo che apprezzavo nelle serie precedenti. Proprio ultimamente si parlava di come fosse interessante la dinamica tra i due nonostante tutto il casino della sesta serie. Alla fine hanno rovinato anche Renzo lì lo so, ma io non voglio farlo odiare ancora, almeno non qui. Il rapporto Gaetano/Renzo ha molte potenzialità se mettono sinceramente da parte l'ascia da guerra secondo me. Mi piacerebbe vederlo nella settima basta che non cadano totalmente nel ridicolo rimettendo Renzo in corsa come possibile pretendente per Camilla.
Tornando a noi, come sempre io mi rimetto al vostro giudizio, e come al solito un grazie per esservela letta e per l'enorme incoraggiamento che mi date, non sapete quanto vi adori.
A Domenica prossima!!!!

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Capitolo 12
*** Capitolo undici: The calm before the storm (seconda parte) ***


Eccola qui la seconda parte del capitolo della scorsa settimana.
Scusate, lo so che tutti e due non sono un granché, ma prendeteveli così perché dal prossimo, sempre che vogliate continuare a leggere questa cosa...eh, cambieranno tante cose.
Penso che in questa parte, per la signorina incinta partiranno le manie omicide, io le ho avute mentre scrivevo e non è divertente pensare che vorresti ammazzare un personaggio che hai creato tu stessa.
Oltre a quello, c'è una scena che mi ha dato non pochi problemi e sulla quale non sono convinta ma proprio per niente, perché come avevo già detto in precedenza, le scene romantiche non sono il mio forte. Io ci ho provato gente, di meglio mi sa che proprio non riesco a fare, chiedo perdono a chi si aspettava grandi cose. Meno male che ci sono altre bravissime scrittrici che compensano, questa pigliatevela com'è.
E poi c'è il finale...su quello non dico nulla, a parte che sono masochista, ma se uno guarda Pap, la dose di masochismo è ovvia.
Ancora grazie per il supporto, i commenti, le reviews, lo so che non me le merito per niente quindi me le tengo tutte strettissime.
Ok, adesso senza indugi, vi lascio al capitolo, anche se vi metto uno stralcio di quello precedente per capire da dove stiamo partendo...buona lettura!!!





Recap dal capitolo precedente

Continuarono la camminata circondati da una grande serenità, sembrava veramente che niente potesse scalfire quell'idillio fino a quando da lontano non videro una familiare sagoma con il pancione che li aspettava con le mani sui fianchi.
- Beh, bentornato, ce ne hai messo di tempo, ha chiamato Torre e sì lo so che non dovevo rispondere al telefono ma continuava a squillare quindi ho pensato che fosse importante. Ha detto che hanno telefonato da Roma ma non mi ha voluto dire per cosa!-

E Gaetano per un attimo smise di respirare.







Capitolo undici: The calm before the storm (seconda parte)


Al sentire quelle parole l'uomo era rimasto pietrificato, ma si dovette riprendere quasi subito perché Sabrina stava continuando a parlare e non poteva assolutamente mostrare alle donne quanto la cosa lo avesse messo in allarme.
- Gaetano senti, io sono stufa, voglio uscire da casa e andare in giro, non ce la faccio più! -
La frase era stata detta con un tono che non ammetteva repliche, Camilla era come sempre, stata ignorata.
Sabrina sembrava continuare a intromettersi nei momenti in cui lei e Gaetano erano insieme e a non farsi neanche il minimo scrupolo, era come se Camilla non esistesse.

Ma il problema fondamentale in fondo non era quello, o meglio, non solo quello.
La cosa che proprio non piaceva alla professoressa, era che a causa di quel senso di colpa enorme che si portava dietro, e col fatto che la donna gli ricordava sua sorella, Gaetano con lei era estremamente permissivo, dolce e spesso la assecondava.

- Ancora con questa storia? Lo sai che non puoi uscire, che è pericoloso, vieni intanto entriamo in casa che anche qui è meglio se non diamo spettacolo.
L'uomo si staccò da Camilla e prese per le spalle Sabrina per portarla dentro.
- Amore? Vieni? - sentendosi chiamata, venne riportata nella realtà e si affrettò a seguirli con il passeggino e la nipotina.
Sul pianerottolo si divisero, in realtà dovendo andare a cena fuori quella sera era questione solo di un'oretta, ma a Camilla risultava sempre più difficile lasciarlo tornare lì in quell'appartamento senza di lei.
Si sentiva molto ingiusta, ma lo voleva a casa sua con la sua famiglia e lontano da Sabrina.
Anche perché quando li vedeva insieme, aveva sempre l'impressione di essere di troppo.

Sicuramente Gaetano non se ne era neanche accorto e di certo non lo faceva apposta, ma Camilla si era veramente ritrovata a sentirsi un'intrusa quando erano in tre. A pensarci bene, stava probabilmente avendo un assaggio di quello che l'uomo doveva aver provato nei dieci anni in cui si erano frequentati, quando lei puntualmente lo mollava per tornare da Renzo e Livietta.
- Ehi perché quella faccia? Dai vatti a preparare che stasera andiamo al Sasso Ferro va bene? - una carezza le ricordò per l'ennesima volta quanto fosse meraviglioso il suo vicequestore portandola a fregarsene se c'era Sabrina e a prendergli il volto per dargli un lunghissimo bacio.
- A dopo - rispose con un sorriso – ah, ciao Sabrina – la salutò con una faccia che diceva "non provare neanche a pensarlo" alla quale Sabrina rispose con un'espressione estremamente irritata.

Mentre rientrava sentì un secco -Ciao- in risposta al suo saluto e rise tra sé.

Era un'ennesima vittoria, sapeva che quella donna viveva in una situazione difficile e aveva provato a parlarle per instaurare un rapporto, anche perché Gaetano glielo aveva chiesto dato che Sabrina non poteva uscire e quindi fare amicizie. Ma era stato praticamente impossibile perché alla fine Camilla aveva capito di non starle simpatica per ovvie ragioni, e anzi, se prima tentava di minimizzare, piano piano la situazione peggiorava, come questa ennesima volta in cui era andata quasi a cercarli.

Non potevano stare un minuto in pace in casa di lui che c'era sempre qualcosa da fare, qualche lamentela da ascoltare, una voglia da donna incinta da soddisfare o altro.
E Gaetano da fratello maggiore, faceva, ascoltava, andava...insomma, cercava di calmarla come poteva. Solo che questo portava lei a prendersi sempre più libertà e Camilla a praticamente vedere rosso non appena intravedeva Sabrina.

Doveva spiegare a Gaetano che poteva anche evitare di essere sempre così accondiscendente, anche se pensava che comunque l'unica cosa sarebbe stato tenere duro fino a quel processo e poi la situazione sarebbe finita.
Si, ma arrivarci al processo, ogni volta che entrava a casa dell'uomo sembrava dovesse andare in trincea e la cosa la sfiancava psicologicamente e anche fisicamente.

Si preparò per andare al ristorante con questi pensieri funesti che le giravano in testa. Era ovvio che non aveva motivo di essere gelosa, Gaetano aveva avuto accanto delle donne bellissime e alla fine era sempre tornato da lei, però ancora, Camilla era molto territoriale ed estremamente sensibile sul capitolo tradimento. A quello si aggiungeva la consapevolezza che nonostante tutto, l'uomo a Sabrina voleva bene, anche se in modo totalmente innocuo, e infatti non era lui a preoccuparla...il problema era quello che Sabrina voleva da Gaetano.
Non gli aveva ancora parlato chiaramente ma stavolta sarebbe stato diverso, stavolta erano insieme e lei se lo sarebbe tenuto con le unghie e con i denti se fosse stato necessario.
Cercò di mettere da parte queste riflessioni e si concentrò sulla serata che la aspettava, non voleva pensare ad altro se non a lui.

- E al diavolo Sabrina, vero Potty? - chiese al cane prima di entrare in bagno per truccarsi, si sarebbe divertita e avrebbe dimenticato il resto.






Il campanello suonò esattamente un'ora dopo e Camilla andò ad aprire vestita di tutto punto.
Lui aveva un aspetto da far girare la testa, nelle settimane precedenti si era fatto ricrescere la leggera barba che gli stava sempre benissimo e vestito elegante sembrava un attore.
- Buonasera professoressa...devo dire che questa sera è riuscita a togliermi il fiato - disse sorridendo con gli occhi che brillavano, prima di baciarle la mano e tirare fuori da dietro la schiena un mazzo di rose rosse.
Camilla, che si sorprendeva ogni volta per quei gesti, prese le rose con un sorriso emozionato.
- Le metto in un vaso e andiamo -rispose dopo averlo ringraziato con un piccolo bacio.
Il tempo di sistemare i fiori nel vaso e uscire di casa che la porta di fronte si aprì.
- Gaetano, meno male che ci sei ancora, mi è caduto il telecomando sotto il divano e non posso piegarmi, ti prego mi aiuti a prenderlo? -
Poteva spostare il divano, pensò Camilla, ma Gaetano ovviamente ingenuo com'era entrò in casa seguito a ruota dalle donne.
- Eccoti il telecomando. Ci vediamo domani, non mi aspettare alzata, vai a dormire presto! -
Sabrina prese il telecomando e accese la televisione, mentre Camilla e Gaetano stavano andando via la sentirono richiamarlo.
- Gaetano un attimo, qui non si vede niente! -
Tornarono indietro e si accorsero che sullo schermo appariva la scritta "Segnale assente".
Altri venti minuti per capire qual'era il problema e Camilla, che non ce la faceva più, si avvicinò all'uomo e gli mise una mano sulla spalla.

Bastò uno sguardo.

- Sabrina senti, per stasera leggiti un libro, io devo andare, mi dispiace, guarda la tv dal computer in caso.-
Ecco, ben ti sta, finalmente Camilla poté respirare.
- Ma Gaetano! - rispose la donna mentre poi i due la videro barcollare e sedersi tenendosi il ventre.
Entrambi scattarono verso di lei con gli occhi sbarrati.
- Cos'hai? Il bambino? -
- No un giramento, non lo so, era tanto che non li avevo, non dovrei averne più arrivata a questo punto...-
- Vado a prendere dell'acqua! - disse Camilla prima di dirigersi verso la cucina.
Qualcosa le diceva che non sarebbero riusciti ad uscire quella sera.
Mentre tornava in sala, Sabrina sembrava star meglio tanto che la vide spalancare gli occhi.
- Eccolo, ah pare stia bene, si sta muovendo!- esclamò con un sorriso - Senti Gaetano, senti qui, questo è forte!-
Colto completamente di sorpresa, Gaetano si ritrovò Sabrina che gli prese la mano e la appoggiò alla sua pancia.

Fece un'espressione indescrivibile, sembrava ringiovanito di vent'anni, il che fu una doccia gelida per Camilla.

- Accidenti, è vero, si sta muovendo, è stranissimo! Eva non mi ha mai fatto toccare il suo pancione quando aspettava Tommy, Camilla, vieni qui, senti! -

Ma quando l'uomo con l'espressione ancora sorpresa, alzò lo sguardo verso Camilla, la vide con una faccia pallida e seria che lo fece scattare in allarme immediatamente.

- No guarda, non mi sento bene - rispose la donna fredda - meglio che torni a casa e usciamo un'altra volta -
- Ma scusa...- tentò di interromperla lui.
- Non ti preoccupare, mi è solo scoppiato il mal di testa, dai ci sentiamo domani -
Si avvicinò a lui mettendogli le mani su entrambe le spalle e gli diede un bacio veloce, poi uscì dall'appartamento rientrando nel suo.

Gaetano era rimasto impalato, Sabrina lo guardava con un mezzo sorriso che scomparì non appena lui si voltò verso di lei.
- Guarda la tv dal computer, io devo andare a vedere che succede -
Prese le chiavi di casa e suonò al campanello di quella di Camilla.

Ad aprire la porta fu George.
- Gaetano, ciao, ma non dovevate uscire? - chiese sorpreso.
- Camilla non si è sentita bene, sono venuto a vedere come sta, non la avete vista rientrare? -
- Veramente non ci siamo accorti di niente vero Liv? - guardò la moglie che annui.
- Va bene dai, vado a vedere allora - rispose lui, e dopo averli salutati, si diresse verso la camera da letto.

Camilla quando era entrata non aveva fatto rumore per non far preoccupare Livietta e si era chiusa in camera senza essere vista da nessuno, seguita solo dal suo fedele Potty.
Gaetano con passo deciso arrivò a quella porta che era stata solo da pochi giorni finalmente risistemata e bussò.
- Amore, sono io apri, che cosa è successo? -
Un rumore e la voce leggermente nervosa di lei.
- Non è niente, solo un po' di mal di testa, stai tranquillo domani starò meglio...-

E Gaetano non ci credette neanche per un momento.

- Camilla per favore apri, anche se non ti senti bene, ti faccio compagnia, non mi costringere a sfondare di nuovo la porta, il muratore penserà che qui dentro ci si fanno incontri di boxe se lo richiamiamo a neanche una settimana di distanza...dai apri...-
La mezza battuta di lui le aveva provocato un piccolo sorriso mentre era seduta sul letto e stava abbracciando il cane.
Il suo vicequestore non si era veramente accorto della doccia fredda che lei aveva ricevuto, anzi, la aveva persino chiamata, probabilmente per fare in modo che anche Camilla condividesse quel momento... Solo che era sbagliato così, non voleva che Sabrina si prendesse quelle libertà, che senso aveva far toccare a lui la sua pancia? E lui poteva pure evitare di farsi cogliere così di sorpresa!

Invece, il volto di Gaetano si era illuminato, altra cosa che la aveva colpita al cuore...ma appena lei si era allontanata, eccolo lì che la inseguiva, come sempre. E anche se da una parte questo la rassicurava moltissimo, dall'altra come faceva lui a non capire che la situazione stava diventando insostenibile?

- Professoressa, devo per forza sfondarla un'altra volta? Guarda che lo faccio...-
A quel punto fece veramente fatica a trattenere la risata e si alzò dal letto aprendogli la porta.
- No che poi non ci fanno neanche lo sconto...- rispose ancora con un mezzo sorriso.
- Vieni qui - disse prendendosela tra le braccia e muovendosi come a cullarla - Cos'è? Mal di testa? Se vuoi ti preparo una camomilla...-
Adesso sì che non poté contenere le risa.
- No, la camomilla è meglio di no, a noi poi fa un effetto tutt'altro che calmante...-
Su quella battuta rise anche lui e quando la sentì un pochino più rilassata, senza avvertirla, la prese in braccio.
- Gaetano, ma che fai? Ma sei matto? Mettimi giù, dai che peso! - esclamò sorpresa mentre lui non sembrava intenzionato e eseguire quella richiesta.
- Shh che ti sentono, e per il metterti giù assolutamente no, se non stai bene ti metto a letto e ti preparo un brodo caldo...-
- Un brodo caldo? E questa da dove ti è uscita? A parte che tu sai cucinare solo roba surgelata ma poi...il brodo in estate? Amore, ma sei impazzito del tutto? - chiese divertita mentre veniva adagiata sul letto come una principessa.
L'uomo si sedette al lato.
- Ok forse il brodo non è una buona idea, però me lo preparavano da piccolo quando stavo male...va bene allora, ti porto un gelato? Oppure i biscotti che ti piacciono... -
Camilla non si sarebbe mai stancata di guardarlo, sembrava veramente un principe accorso a salvarla, anche se offrendole un brodo caldo con trenta gradi.
Le sfuggì una risata sommessa.
- No - gli prese una mano intrecciandola con la sua - mi basti tu...-

Gaetano rimase toccato ma anche abbastanza sorpreso da quell'ammissione.

- Ci sono tua figlia e tuo genero svegli, io lo sai, per te faccio tutto quello che vuoi ma sei sicura? -
Camilla lo guardò a bocca aperta.
- Ma che hai pensato scemo!! - cominciò a ridere - Non intendevo quello! Oggi proprio non capisci niente tu eh... - continuava a ridere di cuore scuotendo la testa tanto che alla fine contagiò anche lui.
- Adesso che stai un po' meglio, me lo dici che c'è ? Non credo che sia mal di testa o sbaglio? -
Come riusciva a leggerle dentro quell'uomo era incredibile, e così quando il momento di ilarità fu passato, abbassò lo sguardo e cominciò a fissare le loro mani intrecciate quasi avesse timore di parlare.

- E' per via di Sabrina vero? - chiese lui vedendo che lei non si decideva a cominciare.
- Se lo sai già...- rispose senza alzare gli occhi, non era la sua voce normale però, era più bassa e con un pizzico di insicurezza e frustrazione, due cose che non andavano per niente bene.

Lo sentì sospirare.

- Lo so che è una situazione difficile e che ci ha di nuovo rovinato la serata, bisogna solo avere un po' di pazienza...quando il processo sarà terminato tornerà a Roma dal fratello...-
- Sì, questo lo so anche io solo che...ma che bisogno aveva stasera di...- si bloccò, non poteva dirgli che era gelosa per quello che aveva visto prima, doveva trovare un altro modo - di...di prendersi certe libertà! -
- In realtà ha stupito anche me, non lo aveva mai fatto finora, è stata una sensazione strana...-

Un lampo gli balenò in testa.
Forse aveva capito, anche se conoscendo Camilla non pensava fosse possibile che lei potesse star male per quello.
Era un terreno delicatissimo dove non sapeva se poteva addentrarsi, anche perché non ne avevano mai parlato prima e non aveva idea di come introdurlo.
- Ah ma guarda che quelle libertà comunque, quando non vengo preso alla sprovvista, sono riservate tutte per una certa prof...-

La battuta le piegò leggermente le labbra anche se in modo un po' amaro.

- Ma non sarebbe la stessa cosa...- si lasciò sfuggire la risposta quasi inconsciamente, accorgendosi solo dopo dell'errore, e alzando lo sguardo per incontrare quello di lui con un'espressione che in dieci anni non gli aveva mai visto prima.
- Camilla...- l'uomo deglutì- ma tu vorresti..?-
E lei non riuscì a capire i suoi pensieri in quel momento.
- No...sì...non lo so! - quasi sbuffò - Non ci capisco niente neanche io, ma poi passiamo il tempo con Camilla e ti vedo con lei, e oggi di là, avevi una faccia così felice.. e io non sono più in un'età da....-
Non le fece dire altro che la attirò a sé facendole poggiare il volto esattamente dove batteva il suo cuore e scuotendo la testa con un sorriso.
Si sentiva come in un sogno, era quasi impossibile da credere per lui che la sua adorata professoressa si preoccupasse di quello che lui desiderava e di quello che lui provava, ma di certo non avrebbe mai permesso che per questo lei stesse male.

- Amore mio, ora ti dirò una cosa sconvolgente - e pose grande enfasi sull'aggettivo - lo sai perché mi vedi in quel modo quando sono con la piccola Camilla?-
Silenzio.
- Ma come, tu che hai sempre la risposta pronta adesso non mi dici niente?
- Eddai, non scherzare..- provò a protestare leggermente la donna anche se il macigno sul suo cuore si stava già facendo più leggero.
- Quindi proprio non lo immagini? Allora te lo dico, io sono così felice quando stiamo con tua nipote perché ci sei tu accanto a me che le sistemi il bavaglino. Quando passeggiamo con lei e ci scambiano per i suoi genitori, mi sento come se camminassi a tre metri da terra perché pensano che sia nostra, mia e tua, e questa cosa che è successa stasera, sarei stato felice solo se tu la avessi condivisa con me.-

Camilla aveva chiuso gli occhi lasciandosi cullare da quella voce mentre lo sentì prendere un profondo respiro, con una mano le accarezzava la schiena donandole un calore dal quale non si sarebbe mai separata.

- In quest'anno senza di te sono stato malissimo, era come se avessi perso me stesso. Adesso che ti ho qui, non mi serve nient'altro. Sei tu, solo ed unicamente tu a rendermi felice. Anche se devo sfondare le porte o rincorrerti perché ti ficchi in mezzo ai guai. - gli scappò una mezza risata -guarda, azzarderei a dire che sono persino felice quando mi prendi la parola durante gli interrogatori e ti metti a fare il commissario al posto mio...- quest'ultima affermazione le provocò un sorriso.

- Però io...-
- Camilla - Gaetano abbassò lo sguardo per incontrare i suoi occhi poggiandole un dito sulle labbra così da non farla continuare - tu sei la mia felicità, nessun altro, e non sai quanti anni ho aspettato per potertelo finalmente dire, per tenerti stretta e sentirti come ti sento adesso.- la mano di lui dalle labbra era passata ad accarezzarle le ciocche di capelli che le incorniciavano la guancia - E' vero che quando è nato Tommy una parte di me avrebbe voluto che fosse tuo, come una parte di me ha sempre desiderato poter avere un figlio da te, ma per me tu sei il più grande regalo, tutto il resto non conta, e se mai accadesse sarebbe un ulteriore sogno, ma questa professoressa curiosa e testarda che sto tenendo tra le braccia ora, proprio lei è la cosa più meravigliosa che mi sia capitata nella vita e non ringrazierò mai abbastanza il destino per averla messa sulla mia strada. -
- Quindi non ti importa se non potremo mai...- stavolta fu lei a non riuscire a finire la domanda.
- Io ho Tommy. E ora anche una montagna di parenti acquisiti a quanto pare, e poi ho te, ma credimi, anche se tutto il resto non ci fosse e avessi solo te, sarei l'uomo più felice del mondo...-

Quelle parole le erano entrate dentro così profondamente da farla quasi piangere.
E lei non era una che piangeva, com'era possibile che fosse diventata così sensibile tutto d'un tratto?

Abbassò lo sguardo lasciando che una mano cominciasse a disegnare cerchi sulla camicia di lui.
- Devi per forza tornare di là ora? -
- Se tu non vuoi, non vado da nessuna parte -
Le prese il volto tra le mani avvicinando prima la fronte e poi baciandola in un modo talmente dolce da farle dimenticare tutta l'amarezza che aveva provato quella sera.

La porta della camera venne richiusa a chiave mentre i due si persero e ritrovarono di nuovo in quel mondo dove non era ammesso nessun altro.
Ed ogni volta che facevano l'amore era differente, ogni sospiro e carezza aiutavano a ricostruire due esistenze passate a negare e vedersi negata una vita che sarebbe potuta essere diversa se solo lei avesse avuto più coraggio prima, e lui fosse stato presente al momento giusto.

E poco importava se Gaetano avrebbe dovuto chiamare Torre o se Livietta e George erano ancora svegli e avrebbero potuto sentire tutto.
Avevano perso anni e anni che nessuno avrebbe più ridato loro, non volevano perdere nient'altro.
 


 

La macchina che ormai era perennemente parcheggiata davanti al condominio di Camilla, non si era mossa da lì per più di un mese.
L'uomo che la guidava era intento a fumarsi una sigaretta al parco da dove si vedevano ancora le case quando venne avvicinato da un secondo individuo vestito estremamente trasandato.
Era una giornata di sole non troppo calda e da lontano sembrava una conversazione casuale.
- Quanto tempo, erano anni che non ti vedevo più, che ci fai qui? -
- Lavoro, in effetti è passato molto tempo, ma ti trovo messo abbastanza peggio di prima, la sorte ti è girata male eh, sappiamo che adesso vivi in una roulotte facendo il fioraio, dalle stelle alle stalle, complimenti...-
- Beh poteva andarmi peggio, in ogni caso vederti qui è strano, c'entra qualcosa il fatto che il capo sia stato arrestato e in attesa di processo? Lo ho letto sul giornale, un altro caso risolto brillantemente dal super Berardi...-
- Ah ma lo conosci? -
- Ci ho sfortunatamente avuto a che fare, anche se alla fine ero pulito e non mi è successo nulla. Comunque è un amico di una mia...amica che fa la professoressa, oltretutto lei vive proprio in quel condominio lì -
- Ah, ma la tua amica per caso si chiama Camilla Baudino? -
Michele si voltò a guardarlo per la prima volta.
- Sì, come fai a saperlo? -
- Beh guarda, non ho idea della definizione che tu abbia di amico ma ti assicuro che quei due non mi pare che siano solo amici...-
Michele fece un sorriso molto amaro che sembrava quasi una smorfia.
- Me lo immaginavo...ma quindi se tu sei qui è perché ci sono novità interessanti per il capo? Qualcosa bolle in pentola sicuramente -
- Non sei più del giro, non posso dire nulla, anzi ora devo tornarmene in macchina -

Mentre stava tornando indietro, entrambi videro Camilla che usciva dal cancello del condominio con un sorriso enorme stampato in faccia.
Michele fissandola assunse una espressione indecifrabile.
- Senti...- disse bloccando l'uomo - e se io nel giro ci volessi tornare? Potrei avere delle informazioni che forse vi sarebbero utili...-
Ricevette un'occhiata guardinga mentre l'altro lo studiava.
- Entra in macchina, facciamo una telefonata e poi vediamo.


Eccolo qui, partorito anche questo capitolo.
Allora, che ne pensate dei ritorni? Sì, ce li teniamo quelli, anche se l'ultimo, se inciampasse nelle sue ciavatte e affogasse nel Po' sarebbe meglio :P
La dinamica tra Getano e Camilla ovviamente essendo una scena che prevedeva una certa dose di romanticismo, non è uscita come avrei voluto, ma ormai purtroppo ci sono abituata. Per capire a cosa ho fatto riferimento, a parte la puntata cinque, sono andata un po' indietro, ricordando la Camilla delle prime tre serie. Per l'abbraccio soprattutto, il video di quando Gaetano la abbraccia dopo che lei gli racconta di sua madre è quello che mi ha ispirato. Camilla è una persona ferita che sta ricostruendo la sua fiducia in sé stessa, e se nella sesta serie in pratica tentava di farcela da sola, per il rapporto che sta costruendo ora con Gaetano, accetta il suo aiuto e si lascia coccolare senza vergognarsene. Per capirci, stavolta stanno crescendo insieme, lui meno infantile, lei meno sulla difensiva. Piano piano hanno trovato un loro equilibrio, Camilla sta dando la possibilità a lui di guardarla dentro e di rimando Gaetano sta cercando di controllare la sua insicurezza anche se questo comporta che ci siano delle scene dolci che ovviamente escono come escono, mi dispiace.
Comunque questo è un po' il rapporto che nella mia testa si sarebbe dovuto sviluppare quando avessero cominciato la loro storia, perché avevano delle premesse stratosferiche, tirate poi alle ortiche.
E poi c'è la malinconia, il rimpianto per aver buttato anni e occasioni che non tornano più. Spero che un pochino sia arrivato anche quello.
Non so se sono riuscita a farvi intendere quello che volevo, spero di sì, e spero che riusciate ancora a vedere i Camilla e Gaetano della fiction qui. Non vorrei farli andare fuori personaggio, ma vorrei farli maturare, questo sì.
Anche se comunque da ora in poi non so come andrà. Per farvi capire, il titolo del prossimo capitolo è “The beginning of the end”. A voi immaginare a quale “fine” mi sto riferendo.
Beh, allora, che altro dire? Io aspetto veramente di sentire che ne pensate, sempre se vorrete.
Un saluto e un grazie ancora enorme per tutto l'incoraggiamento e per aspettare questa cosa ogni settimana. Non mi stancherò mai di ripetere cosa significhi per me sapere che a qualcuno ancora interessa come andrà a finire.
A Domenica prossima!

 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici: The beginning of the end ***


Buona domenica a tutti! Eccomi di nuovo qui con un ennesimo capitolo.
Vi devo ringraziare con il cuore in mano per l'enorme incoraggiamento che mi avete dato con il precedente. So bene di non meritarmelo e soprattutto in previsione di quello che sto per far succedere, ma ogni volta ci rimango sorpresa e ho lo stomaco che mi si stringe a leggervi. Io non andrei avanti se non vi avessi, ma lo sapete già.
Grazie, grazie grazie!!!
Stavolta posso solo dire, non mi ammazzate, pensate che questi capitoli sto avendo problemi a scriverli anche io...
Chiedo scusa già da ora per tutto.
Un grande, enorme grazie e via, togliamoci questo dente.
Se mi vorrete mandare a quel paese, potete farlo che me lo merito.

 

Buona lettura!!

 

Capitolo dodici: The beginning of the end

 

Si sarebbero dovuti vedere per pranzo solo a distanza di mezz'ora, ma non era riuscita a resistere e quel giorno era uscita prima da casa perché voleva a tutti i costi passare in commissariato.
Aveva una voglia pazza di ritornare lì, salutare di nuovo Torre, sua moglie e riprendere il suo posto, perché ormai lo considerava suo di diritto, dentro l'ufficio di Gaetano a impicciarsi degli ultimi casi di omicidio.

In quell'anno non lo aveva più fatto, se non c'era Gaetano non voleva avere niente a che fare con investigazioni, le ricordavano troppo l'uomo ed era come spargere sale su una ferita aperta.
Però adesso le cose erano diverse, adesso finalmente erano come dovevano essere e si accorse che il suo solito passo di buona lena era ancora più veloce di prima.
Attraversò quei corridoi che conosceva a memoria, per poi incontrare un ispettore partenopeo che la guardò come se avesse visto un'apparizione.

- Professoressa, ma...che cosa ci fate qua? - chiese con tono sorpreso e anche un po' spaventato Torre, ovviamente sapeva che le cose tra lei e Gaetano si erano sistemate, ma trovava l'arrivo di Camilla proprio in quel giorno una bruttissima coincidenza.
- Accidenti Torre che accoglienza! Non le sono mancata neanche un po'?- rispose con un tono finto dispiaciuto.
- No ma si figuri anzi, che piacere, solo che non la vedevamo da tanto e proprio oggi...insomma, c'ha fatto la sorpresa eh, che ne dici Lucianona? -
- Professoressa, quanto tempo! E' un piacere rivederla! - la salutò la sempre solare Lucianona con un sorriso gentile, per poi rivolgersi al marito cambiando espressione completamente - e tu, ma così si saluta la professoressa? Non lo stia a sentire, ci fa sempre piacere averla e poi era così tanto che non veniva a trovarci! Sta cercando il dottore? -
- Eh sì, in realtà dovevamo andare a pranzare insieme, ma invece di aspettarlo siccome ero in giro sono venuta a fare un saluto - era un po' imbarazzata, ma alla fine la Lucianona era una delle persone che le ispiravano più simpatia dentro il commissariato, insieme ovviamente a Torre che volente o nolente veniva sempre corrotto da lei per scucire informazioni sui casi a cui lavorava Gaetano.
- Eh, è dentro sì - rispose la poliziotta avvicinandosi alla professoressa - ma io credo che stia succedendo qualcosa di strano sa? - poi continuando a voce più bassa - stamattina era tanto di buon umore ma poi sono arrivate due persone da Roma...io non so chi siano ma Pasquale appena li ha visti è sbiancato...-

Al sentir nominare Roma, Camilla si irrigidì.

Se Gaetano era così impegnato doveva sicuramente essere qualcosa che aveva a che fare con il caso in attesa di processo e quindi per estensione con Sabrina e quella situazione.
- E...chi sono queste due persone? -
Camilla non era sicura di volerlo sapere, aveva un presentimento ma sperava di sbagliarsi, solo che non vedeva Torre fare quell'espressione ormai da anni, e c'era una sola persona per cui la faceva...
Si voltò verso di lui.
- Torre, mi dica che dentro non c'è chi penso io...- chiese con uno sguardo che sembrava volesse dire che, a risposta affermativa, lo avrebbe ammazzato.

L'uomo abbassò il volto sconfitto.

- Io so' scappato da Roma per non avercelo più come capo e adesso me lo ritrovo pure a Torino...-
Era quanto bastava.
- Torre, io entro! - disse senza aspettare la risposta dell'ispettore e dirigendosi con passo veloce verso l'ufficio di Gaetano.
- Professoressa, no per favore, aspetti! - le corse davanti e bussò alla porta prima di lei.
Sentirono entrambi la voce di Gaetano estremamente nervosa.
- Torre, che c'è? -
L'ispettore aprì la porta timidamente.
- Scusate dottò, è che è arrivata...-
- Sono io! - Camilla superò Torre ed entrò nella stanza con il solito passo sicuro guardando solo Gaetano.
- Camilla! Ma...non dovevamo vederci per pranzo più tardi? -
- Volevo farti una sorpresa! - rispose Camilla che incurante di chiunque fosse in quel momento in stanza si avvicinò a Gaetano salutandolo con un bacio.

- E lei cosa ci fa qui? Berardi, dammi una spiegazione! -
Quella voce era inconfondibile, si voltò verso l'uomo che aveva fatto la domanda assumendo un sorriso quasi compiaciuto.
- Anche io sono molto felice di rivederla De Matteis, la trovo bene -
La faccia di Paolo De Matteis era talmente rossa da sembrare che dovesse scoppiare da un momento all'altro.
Aveva saputo da Marco tutta la storia di Berardi e la professoressa, ma era anche rimasto al fatto che si fossero lasciati e lui per quello se ne fosse tornato a Roma.
A quanto pare le cose stavano diversamente.
- De Matteis, per favore, sei qui da stamattina e non ti sei seduto un attimo, innervosirci non porta a nulla e lo sai - tentò di calmarlo Gaetano.
Paolo lo guardò e poi lanciò un'occhiata alla professoressa che invece aveva l'aria di chi sapeva di essere al posto giusto nel momento giusto come per dirgli "E adesso provaci a cacciarmi"

E lui ci provò.

- Lei non può stare qui ora, stiamo parlando di cose riservate, non può essere presente.-
Continuava imperterrito a guardarla.
- Ma se ci sto io qui dietro che ho sentito tutto dall'inizio, non vedo perché non ci possa stare anche lei! -
Una terza voce, proveniente dal divanetto si fece sentire e Camilla finalmente si rese conto che non c'erano solo Gaetano e De Matteis in stanza.
La sua espressione da compiaciuta mutò in sorpresa.

- Marco -

L'uomo guardava la scena seduto sul divanetto con le gambe accavallate.
- Come stai Camilla? Ti trovo in splendida forma, anche se mi pare abbastanza ovvia la ragione -
Gaetano guardava da Camilla all'uomo con una certa apprensione. Renzo era stato preferito a Marco anni prima, ma ora c'era lui accanto alla donna e il tarlo dell'insicurezza che pareva quasi scomparso tornò a farsi sentire.
- Bene, abbiamo fatto i convenevoli, ora, Berardi, la fai uscire? Puoi vedere la tua fidanzata in pausa pranzo ma adesso abbiamo un caso molto delicato a cui pensare -
Camilla avrebbe voluto tanto dirgli che lei sapeva benissimo del caso, ma capiva perfettamente che uscirsene con una risposta del genere avrebbe creato moltissimi problemi a Gaetano, quindi si voltò verso di lui che la guardò di rimando.
Non passarono che cinque secondi nei quali Marco e De Matteis rimasero a fissarli uno con lo sguardo curioso e l'altro con un'espressione molto nervosa.

Poi Camilla fece un mezzo sorriso.

- Tra mezz'ora, e se ritardi ordino per due mangio anche la tua parte e ti lascio solo da pagare il conto...che oggi ho anche più fame del solito-
Gaetano sorrise scuotendo la testa.
- Anche meno...grazie -
- Bene, allora forza andiamo Camilla, dato che i due vicequestori saranno impegnati ti faccio compagnia io per mezz'ora!- disse Marco alzandosi dal divano.
Gaetano a sentire quelle parole si congelò e Camilla se ne accorse immediatamente.
Mentre De Matteis si rivolgeva al fratello, poggiò entrambe le mani sulle spalle del vicequestore per poi farle scendere sistemandogli i baveri della giacca e avvicinare i loro volti.
- Mezz'ora... - gli sorrise con tutto l'amore che poteva trasmettergli prima di avviarsi verso la porta seguita da Marco.
Li vedeva uscire e nonostante tutto Gaetano era rimasto inquieto.
Voleva che quei trenta minuti passassero il più in fretta possibile.
- Qualcuno mi deve spiegare che cosa ci trovate in quella prof...- commentò De Matteis.
Voltandosi a guardarlo, la faccia di Gaetano sembrava dire "Non me lo chiedere perché tanto non capiresti", al che Paolo fece un sospiro e per la prima volta da quando era arrivato quella mattina, si sedette.
- Va bene, non voglio saperlo, è molto più importante risolvere questa situazione...-
Gaetano, che era ancora in piedi, appoggiò entrambe le mani sulla scrivania e abbassò la testa.
- Ripetimi di nuovo tutto quello che avete scoperto e ricominciamo -
- Te lo ho detto, un nostro informatore ci ha riportato che è arrivato qualcuno da giù, dal quartier generale centrale, qui a Torino, ma quella stessa persona non ha capito se sia perché ce l'hanno con te che hai fatto arrestare il loro capo, o se è perché hanno scoperto qualcosa della De Silva.-
- Dobbiamo capire quanto sanno...-
- Io però una sola cosa ti posso dire, sia che la cosa riguardi la De Silva, sia che non la riguardi, tu ci sei in mezzo e sai questo cosa significa...-

Gaetano stava vivendo la peggiore mattinata della sua vita.

Avevano passato ore a pensare a come poter individuare chi potesse essere stato mandato da giù e sapeva che la situazione stava diventando complessa.
Se era perché avevano scoperto di Sabrina, lei era in pericolo, se invece l'obiettivo fosse stato lui, tutte le persone accanto a lui sarebbero state in pericolo e...questo metteva Camilla in prima linea, con tutta la sua famiglia a seguito dato che Tommy ultimamente per impegni di sua madre, non era riuscito a vederlo.
Al solo pensiero che potessero fare qualcosa a Camilla il cuore gli scoppiava in petto.
E se questa gente era qui da quando era tornato, sicuramente ormai conoscevano perfettamente dove abitava e chiunque lui frequentasse.
Rabbrividì al pensiero che magari lo avevano seguito quando lui e Camilla portavano al parco la nipote.
Si sedette sulla sedia quasi cadendoci sopra.

Lo aveva rifatto.

Per la sua leggerezza, aveva coinvolto altre persone in situazioni in cui la gente moriva, e neanche sconosciuti, questa volta in pericolo a causa sua, rischiava di esserci la donna della sua vita.
De Matteis sospirò, Marco aveva ragione, in fin dei conti Berardi non era così male, anzi.
In quell'anno insieme dopo i primi attriti dovuti ai loro caratteri totalmente opposti, per far fronte al problema comune, i due avevano messo le armi da parte lavorando insieme ed ammettendo non senza una iniziale difficoltà, che alla fine questa cooperazione era stata un ottimo modo per confrontarsi e migliorare.
Una specie di unione che fa la forza, impensabile fino ad allora per uno come lui che di solito agiva da solo.
- Lo so che cosa stai pensando adesso, come ci è andato di mezzo il fratello di De Silva, se loro non sanno niente di Sabrina e sono qui per te, non è con te che se la prenderanno...-
- Già...- le parole gli uscivano a forza, stava sprofondando in un incubo.
- E credo di aver intuito anche che cosa hai intenzione di fare...anche se io te lo dico, a parte che di lei non riuscirai a sbarazzartene così facilmente, ma se c'è una cosa che ho imparato della Baudino, è che è testarda come un mulo, oltretutto...potrebbe persino essere già troppo tardi..-

A quelle parole il cuore di Gaetano si fermò per un attimo, una coltre di gelo lo invase.

- Dobbiamo trovare chi è che è venuto, dobbiamo trovarlo assolutamente e io...devo andare da lei adesso!-
De Matteis sospirò.
- Io intanto comincio a fare qualche telefonata, ti dispiace se uso il tuo ufficio? -
- Fai pure, aspetta - si voltò verso la porta - Torre!!!-
L'ispettore entrò di corsa.
- Comandi dottò! -
- Il vicequestore De Matteis rimarrà nel mio ufficio, io devo uscire, tieniti a sua disposizione per qualsiasi cosa...-
In quel momento, neanche lo sguardo di Torre, che al sentire le sue parole sembrava aver visto la morte negli occhi, riuscì minimamente a scalfire la sensazione di nausea e l'opprimente inquietudine che agitavano Gaetano.
Si affrettò ad uscire per andare nel solito ristorante dove si sarebbe dovuto vedere con Camilla, si ritrovava di nuovo a sapere cosa era necessario fare, ma stavolta, il suo cuore si stava frantumando in mille pezzi perché non voleva farlo e non aveva neanche idea di come ci sarebbe riuscito.

 



- Dovresti smetterla di guardare l'orologio ogni secondo, se ti ha detto che viene qui tra mezz'ora arriva tra mezz'ora...-
Marco aveva accompagnato Camilla al ristorante dove si erano sistemati ad uno dei tavolini fuori, ma sia durante il tragitto che ora che si erano seduti, lei continuava ad essere molto a disagio e cercava di guardare ovunque fuorché l'uomo.
- Scusa, è che sono un po' agitata, insomma, questa storia di Roma mi preoccupa...-
Marco, che si era seduto nuovamente con le gambe incrociate cambiò posizione spingendosi avanti col busto poggiando il viso su una mano e fissandola con sguardo interrogativo.
- Quanto sai esattamente della storia? -
Che stupida era stata, per evitare di andare su argomenti nei quali si trovava sicuramente a disagio, Camilla ne aveva aperto uno intoccabile.
- Un po'..-
Marco sospirò.
- Berardi è una persona estremamente ligia e seria, ma ho il presentimento che tu riesca a scucirgli tutte le informazioni che ti pare, mi sbaglio? -
Camilla sorrise tra sé, pensando che in realtà sì era vero, ma era vero anche il contrario dato che Gaetano era riuscito a scucirle molto di più di informazioni su casi di omicidio.
- Diciamo che dopo molti errori passati, adesso abbiamo un rapporto dove parlare è diventato fondamentale, in qualsiasi campo..- risposta perfetta, era fiera di sé stessa, ora che si era rilassata, poteva passare con nonchalance ad altro.
- In realtà se penso che voi due vi conoscete, e a quanto pare da come ne parli mi sembra che non vi stiate neanche antipatici, la cosa mi sembra alquanto surreale.-

Marco scoppiò in una risata.

- Siete veramente incredibili voi due! E' la stessa cosa che mi ha detto lui il giorno in cui ci siamo salutati prima che tornasse a Torino -
La riconferma che lei e Gaetano avevano persino le stesse reazioni alle situazioni non fece altro che portarla ad allargare il sorriso.
- Ammetto che non è cominciata bene, soprattutto i primi tempi sembrava che ci tollerassimo a stento, anche se spesso capitava di vedersi perché lui e Paolo lavoravano al caso 24 ore su 24.-
Marco sembrava perso nei ricordi.
- Poi una sera, a fine di un'altra estenuante giornata di lavoro, per caso siamo andati a bere insieme e dopo alcuni bicchieri, quando era leggermente meno attento a quello che diceva, no non ti preoccupare non lo ho mai visto ubriaco, mi disse che mi odiava, che odiava ...aspetta, come mi ha chiamato...- gli occhi dell'uomo erano stretti come se stesse cercando di ripescare nella memoria le esatte parole- ah ecco, "l'affascinante produttore di vini!" - ricordò con un sorriso mentre Camilla diventava paonazza.
Lui smise di sorridere e la guardò con amarezza.
- Per come è andata la nostra storia, ho capito subito che quella frase la avevi detta solo per farlo ingelosire, anche se non ho idea della situazione in cui vi siete scambiati queste confidenze. Ma fidati che ci sei riuscita in maniera perfetta, Berardi non è uno che viene alle mani, ma lo sguardo di chi un cazzotto me lo voleva dare lo aveva...-
E Marco aveva centrato il punto in maniera perfetta.
Quando quella volta nel suo ufficio, con aria trionfante Camilla ammise con Gaetano di aver saltato la scuola con un "affascinante produttore di vini", lo aveva fatto solo per prendersi una rivincita nei confronti del Gaetano sempre pieno di donne, e vedere un po' la reazione dell'uomo che lì per lì sembrava non fosse stato toccato dalla cosa.
Invece a quanto pare era stato colpito eccome.
- Mi dispiace Marco...-
Lui spostò lo sguardo verso la piazza.
- Di cosa? Di avermi usato per far ingelosire l'uomo che hai sempre amato, o per avermi lasciato come un cretino in mezzo alla strada mentre io pensavo che stessimo per cominciare insieme una nuova vita? - Era detto in modo talmente amaro che Camilla si vergognò di sé stessa.
- Entrambe le cose...-

Ci fu un attimo di silenzio.

- Sai, all'inizio Berardi lo detestavo anche io...mio fratello quando noi eravamo ancora insieme mi disse che ai tempi del precedente vicequestore, tu con lui avevi un rapporto che mai nessuno era riuscito a capire. Alcuni dicevano persino che foste amanti...e non è che questa storia me lo facesse brillare di simpatia. -
Gli occhi di Marco avevano ripreso a vagare lontano.
- Poi non ricordo neanche quando, cominciammo a parlare di te, e piano piano uscì tutta la vera storia. E dal detestarlo, provai invidia e pena...perché ti aveva amata per dieci anni, e alla fine tu lo avevi lasciato davanti ad una macchinetta del caffè - la guardò negli occhi - certo che scegli i posti più strani per dare il benservito agli uomini...-

E adesso la donna avrebbe voluto sotterrarsi.

- Comunque, quando seppi tutto questo e lo raccontai a mio fratello, per qualche motivo Paolo cambiò atteggiamento anche con Berardi, dimenticò i suoi pregiudizi e guarda, ti dirò, io sono convinto che non vedesse l'ora di salire a Torino. Penso che con lui abbia lavorato proprio bene alla fine...-
La donna a questo punto spalancò gli occhi scioccata.
- Ma se sono diversi come il sole e la luna!!! -
- E non lo sai che gli opposti si attraggono? Anche se nel caso di Paolo credo che sia stata la prima volta nella sua vita. Berardi ha una grande capacità, sa attirare le persone verso di sé facendole sentire parte di qualcosa di importante, e Paolo ad un certo punto ha smesso di combattere contro questo potere e si è lasciato trascinare con il risultato di diventare anche lui un miglior capo -
E Camilla non poté fare altro che notare che Marco aveva inquadrato Gaetano perfettamente.
Era successo lo stesso anche a lei dopotutto.
Quando aveva smesso di combatterlo, quando lo aveva accettato e si era aperta, era stata trasportata in qualcosa di meraviglioso che ogni mattina la faceva svegliare con il buonumore e la voglia di canticchiare.
Quella stessa cosa che la faceva sorridere in mezzo alla strada senza nessun apparente motivo.
- E' vero...Gaetano è proprio così -
E l'espressione che le si dipinse sul volto Marco non la aveva mai vista su di lei prima di quel momento.

 



Da lontano li stava fissando.
Camilla sorrideva in un modo bellissimo che di solito riservava unicamente a lui e il solo guardarla gli scaldava il cuore.
Era ancora lì, illesa, serena.
Mentre lui era arrivato in piazza di corsa perché il pensiero che lei potesse in qualche modo essere in pericolo non lo faceva quasi respirare.
Quando aveva scorto lei e Marco seduti al tavolino fuori, aveva tirato un sospiro di sollievo, anche se vederla lì con il suo ex alimentava il tarlo dell'insicurezza e della gelosia, nonostante razionalmente si ripetesse sempre che doveva mettere da parte quei sentimenti o non avrebbe mai vissuto tranquillo.

Ma tanto ora a cosa serviva?

C'era della gente senza scrupoli che andava in giro ad ammazzare persone che avevano come sola colpa quella di avere a che fare con lui o un suo caso, e se erano venuti a Torino per vendicarsi, Camilla sarebbe stata la vittima perfetta.
Lo stomaco al pensiero gli si contorceva, in un modo o nell'altro la avrebbe persa, ma se doveva scegliere, preferiva mille volte guardarla da lontano, con un altro magari ma saperla viva, piuttosto che sotto tre metri di terra.
Guardarla da lontano...lo aveva fatto per tanti anni e non sapeva se ci sarebbe riuscito di nuovo ma non aveva altre alternative.
Solo che non era mai stato bravo a mentire e non aveva mai mentito a lei, eppure doveva assolutamente trovare un modo per prendere le distanze, e prima era meglio era.
Si fece forza raccogliendo tutte le energie che aveva e si incamminò verso di loro.
I due lo videro arrivare e si accorse chiaramente che il volto di Camilla aveva cambiato espressione nel vederlo, illuminandosi.
- Disturbo?- chiese con un sorriso tirato.
- Sei in ritardo! - rispose lei con una faccia un po' imbronciata e la voce da bambina che fece voltare Marco a guardarla come se non collegasse quello che vedeva, alla donna che aveva frequentato.

Ecco, e come avrebbe fatto Gaetano ora a resistere a quell'espressione?
- Lo so scusa, e non posso neanche rimanere, devo tornare immediatamente in ufficio, la situazione è molto complessa... - si voltò verso Marco - tanto tu puoi rimanere ancora con Camilla vero?-
Sentiva il respiro mancargli, quella era l'ultima cosa che voleva fare e vide il volto di Camilla quasi impallidire.
Marco era lievemente sorpreso oltre che in imbarazzo.
- Ma sì, certo...- non sapeva che altro dire e continuava a guardare Camilla e Gaetano cercando di capirci qualcosa.
- Allora grazie, io devo assolutamente correre in ufficio, ci sentiamo dopo Camilla...-
Poi così, senza neanche lanciarle uno sguardo si voltò e si incamminò di nuovo verso la questura.
Camilla era rimasta senza parole, qualcosa non andava...guardò Marco che aveva un'espressione interrogativa e senza pensarci due volte corse dietro a Gaetano.

- Gaetano, Gaetano aspetta, fermati un attimo, mi vuoi dire che è successo? -
E l'uomo lo sapeva che lei gli sarebbe venuta dietro, l'atteggiamento avuto dopotutto non era da lui.

Forza Berardi, devi farlo per lei.

Si voltò mantenendo un'espressione fredda.

- Camilla, non posso dirti cosa è successo, sono informazioni riservate. E te lo dico qui una volta per tutte, non puoi entrare nel mio ufficio e fare il bello e il cattivo tempo quando vuoi. Hai una vaga idea di quanto mi hai messo in imbarazzo con De Matteis lì dentro? Adesso, torna al tavolo, io devo andare e fammi il favore di farti accompagnare a casa da Marco - lo disse tutto d'un fiato con un tono di voce che non riconosceva neanche lui.
Lo vedeva che lei era scioccata, probabilmente anche ferita e sicuramente in imbarazzo, ma almeno aveva trovato un motivo per farle credere che ce l'aveva con lei e forse intanto sarebbe servito per tenerla alla larga da lui. Doveva dare un taglio netto ma avrebbe preferito che gli avessero tagliato da sveglio un braccio o che gli avessero sparato piuttosto.

Camilla dal canto suo era disorientata.

Non lo aveva mai visto con quella faccia, non aveva mai sentito quella voce e cominciava ad aver paura di aver fatto qualcosa di irreparabile.
- Io...non ci ho pensato...non volevo metterti nei guai - la risposta con una voce piccola.
- E lo so, è quello il tuo problema, che non pensi mai alle conseguenze...- voleva cancellare quell'espressione dal suo volto con una carezza e dovette bloccarsi a forza per non farlo.
- Allora...mi chiami quando torni stasera? - chiese con una nota di speranza nella voce e quel tono che lui ormai sentiva solo quando erano insieme.

Stava per cedere e dovette voltarsi.

- Se ce la faccio, adesso devo scappare, torna a casa appena hai finito di pranzare! -
Camilla lo vide allontanarsi e si sentiva spaesata, aveva quasi freddo e non era possibile che fosse la temperatura dato che era Settembre.
Tornò in trance al tavolo e si sedette.
Marco era estremamente a disagio.
Aveva capito che qualcosa non andava ma non sapeva cosa fare.
- Vedrai che appena si libera ti chiama...-
Azzardò a dire.
- Sì...- rispose lei assente, un'orribile sensazione le si faceva strada dentro.

 


 

Erano le nove passate e di Gaetano nessuna traccia, aveva lasciato mille messaggi al suo cellulare che risultava sempre suonare a vuoto.
La stava evitando?
Era arrabbiato?
Tutta colpa sua e della sua curiosità morbosa. Poteva astenersi dal mettersi quasi in competizione con De Matteis ed essere così invadente!
Non erano mai stati per tutte queste ore senza sentirsi da quando avevano chiarito la loro relazione, e la cosa la spaventava e preoccupava molto.
Decise di prendere coraggio e andare a suonare.
Magari era tornato e aveva semplicemente il cellulare con il silenzioso.

 

Dall'altra parte del pianerottolo Gaetano era disteso sul letto con le luci spente.
Tornato dall'ufficio aveva salutato distrattamente Sabrina e senza proferire altro, dopo una doccia veloce, si era chiuso in camera da letto.
Aveva in testa migliaia di pensieri.
Una volta che finalmente sembrava che tutto stesse andando come aveva sempre sognato, era costretto a separarsi forse persino definitivamente dall'unica persona che aveva mai amato in vita sua. E non voleva, ma preferiva quello, la preferiva lontana, piuttosto che vicina con il terrore che da un momento all'altro per causa sua, le accadesse qualcosa.
Si era portato una bottiglia in camera anche se aveva appena cominciato a sorseggiare il primo bicchiere, ma sperava che quel sapore coprisse la sua di amarezza.

Improvvisamente il campanello suonò.

Colto da una specie di presentimento, scattò in piedi uscendo dalla stanza e facendo un cenno a Sabrina.
- Vai a vedere chi è dallo spioncino...- ordinò a bassa voce.
La donna si avvicinò e vide Camilla dall'altra parte.
- E' la tua dolce metà - commentò ironica mentre vedeva il volto di Gaetano cambiare colore.
Abbassò lo sguardo.
- Aprile e dille che non sono ancora tornato, dille anche che non sai quando tornerò perché ti ho chiamato dicendo che avevo del lavoro -
Sabrina lo guardò dubbiosa ma poi si girò mentre Gaetano rimase lì assicurandosi di non essere visto da Camilla.
 

- Ciao Camilla! - la salutò con aria troppo allegra la donna.
Camilla questa volta odiava la situazione, si sentiva in minoranza e stava cercando di non farlo notare.
- Sabrina, ciao, senti c'è Gaetano? -
- Ah no guarda ancora non è tornato, ha chiamato prima dicendo che faceva tardi, io pensavo fosse con te...- si guardò bene dal menzionare che poteva essere a lavoro.
- Ah capisco...- rispose con una voce molto insicura.
- Problemi?- chiese Sabrina con una faccia che Camilla avrebbe definito curiosa ma allo stesso tempo soddisfatta.
- No, non penso, è che oggi ha avuto visite ed è stato molto impegnato a lavoro, ma credevo fosse tornato, va bene ti ringrazio, buona serata...- rispose velocemente voltandosi ed entrando in casa.
- Buona serata! - rispose in tono un po' troppo allegro la donna mentre richiudeva la porta.
Girandosi, vide Gaetano con un'espressione sofferente.
- Tutto bene? Hai problemi con Camilla? -

 

L'uomo neanche la guardò.

 

- Domani dobbiamo andare dal dottore per il controllo vero? Vai a letto presto, buonanotte -
Ignorando completamente la donna, Gaetano rientrò in camera e si sedette sul letto.
Tirò di nuovo fuori la vecchia foto di lui, Tommy e Camilla, alla quale ora si erano aggiunte il selfie che si erano fatti a Febbraio, e la foto scattata da George quando erano con la piccola Camilla.

Sospirò guardandole e poi lasciò cadere la testa indietro fissando un punto imprecisato del soffitto.

Non era destino.
 


Camilla era rientrata in casa ma stava peggio di prima.

Non credeva che Gaetano non ci fosse, ma una cosa era certa, anche se Sabrina le avesse detto la verità e lui non fosse ancora tornato, lei aveva menzionato di essere stata chiamata, questo voleva dire che aveva visto il telefono, aveva visto i suoi messaggi e non la stava richiamando.
Rientrò nella sua camera, seguita da Potty e spense le luci.
Sedendosi sul letto, guardò le foto che avevano fatto insieme e che ora troneggiavano sul suo comodino, con una sensazione che le chiudeva lo stomaco.
Potty le si sdraiò accanto sul letto emettendo un leggero suono, come per consolarla.
- Problemi? Ci sono problemi? Tu che dici? - chiese al cane accarezzandolo.
Il cagnolino abbaiò debolmente prima di emettere un piccolo guaito.
- Anche io spero di no Potty, anche io...-

Si distese sul letto abbracciandosi il suo fedele amico, per qualche ragione si sentiva stanca e malgrado l'ansia e la preoccupazione, sprofondò quasi subito in un sonno senza sogni.

 

 

 

Ok..ecco, è questo.
Non so come mi sia venuta in mente l'idea, volevo fare qualcosa di diverso dal solito...non so se potrete trovarla interessante o no. Ora riuscirete probabilmente prevedere cosa succederà e quindi non so se vorrete continuare a leggere questa cosa.
In caso vogliate smettere, lo capisco.
Sappiate però che nel prossimo o in quello dopo, devo decidere se dividerlo o no, faccio scoppiare più di una bomba...non dico altro.
Comunque ne esco eh, non so come bene, ma il finale è già scritto (lo ho scritto questa settimana presa da ispirazione) è solo questione di capitoli.
Se avrete voglia di commentare, stavolta gli insulti me li merito tutti, io sono qui.

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici: Lies and truth ***


Buona Domenica a tutti! Grazie ancora immensamente a chiunque in questo momento stia leggendo queste parole perché significa che non mi avete abbandonato dopo lo scorso capitolo. Io vado avanti solo perché ci siete voi che leggete e commentate, se non ci foste questa cosa non avrebbe senso di esistere quindi, grazie, anche da parte di questa storia.
Il capitolo di oggi contiene due punti che mi hanno creato un' immensa difficoltà. Nel primo punto la difficoltà è stata che rendere certe situazioni tentando di tenere i personaggi fedeli e nel frattempo comunicare qualcosa è per me difficilissimo per cui ho lottato sia perché non ho amato scrivere quella scena per ovvi motivi che capirete, e poi per tentare oltretutto di renderla vicina ai personaggi.
Il secondo punto è la sorpresa a fine capitolo. Devo ammettere che ci ho riflettuto per molto prima di decidermi. Non so come verrà preso, c'erano due versioni finali di questo capitolo da cui poi si snoda il prossimo, alla fine ho optato per quella che leggerete.
Mi direte voi cosa ne pensate della mia decisione finale.
Senza altri preamboli, buona lettura!!

Capitolo tredici: Lies and truth

La notte non portò affatto consiglio a nessuno dei due e la mattina seguente, la luce del sole era fastidiosamente forte.

Camilla si svegliò più stanca della sera prima, aveva un forte mal di testa con tanto di giramenti e nausea a causa della nottata passata a fare incubi e rigirarsi in dormiveglia.
Si imbambolò a fissare il lato opposto del letto sentendo un vuoto enorme.
Era la prima notte che passavano separati, e lei che ormai si era abituata a dormire abbracciata a lui aveva sentito freddo.
Quello che per molte sere era stato un confortevole rifugio, un mondo a parte lontano da tutto, per la prima volta da quando era tornato Gaetano le sembrava una distesa di ghiaccio.
Si alzò a fatica per andare a prepararsi un tè.

In cucina Livietta stava dando la colazione alla piccola Camilla, George era a Londra per un lavoro.
La ragazza vide la madre che più che camminare, ciondolava e le si dipinse un'aria interrogativa sul volto.
- Mamma che faccia che hai...-
- Ah beh grazie, che figlia gentile che mi ritrovo...- ribatté Camilla anche se la risposta era leggermente troppo nervosa per i suoi soliti standard.
- Accidenti, ok non dico più niente...- commentò Livia un po' sulla difensiva.

Vide la madre sospirare sedendosi ad un lato del tavolo.

- Scusa amore, non sei tu, è che ho dormito male e non mi sento bene questa mattina...-
- Hai litigato con Gaetano? - chiese un po' preoccupata la figlia.
La donna la guardò sorpresa.
- No...perché me lo chiedi? -
- Boh, è che di solito la mattina o siete qui o non ci siete tutti e due e quindi oggi che non lo ho visto mi sono incuriosita.-
Certo che Livietta aveva proprio ripreso da lei, dimostrava la stessa attenzione per quello che accadeva intorno a loro.
- No tesoro non abbiamo litigato, Gaetano ieri ha avuto molto lavoro ed è tornato a casa tardi quindi non ci siamo visti, tutto qui...- e Camilla non sapeva se stava tentando di rassicurare Livietta o sé stessa.
Optò per un cambio di discorso.
- Oggi che programmi hai?-
Livia stava continuando a imboccare la bambina dopo averle lanciato uno sguardo dubbioso.
- Dopo vado da Carmen e portiamo i bambini dal pediatra per la visita di controllo, e poi non so, pensavo di pranzare fuori con lei, tu invece? -
Camilla si ricordava che quel giorno, Gaetano avrebbe dovuto accompagnare Sabrina a fare la visita all'ospedale e non voleva richiamarlo per l'ennesima volta, anche perché appena sveglia aveva tentato e il telefono risultava staccato.
Un'idea le balenò in testa.
- Io oggi penso che andrò a trovare la mia amica Francesca, è tanto che non la vedo e ho voglia di fare due chiacchiere...-
Magari se fosse andata in ospedale, avrebbe potuto incontrarlo per caso e allora lui non poteva evitarla no?
- Salutamela, mi raccomando!-
- Sarà fatto!- rispose con un mezzo sorriso Camilla.
Si portò la tazza alla bocca bevendone pochi sorsi, aveva lo stomaco troppo chiuso per mangiare, ma allo stesso tempo non voleva far preoccupare la figlia quindi aspettò che lei andasse a preparare Camillina per poi svuotare il contenuto della tazza nel lavandino.
Era sicura che dopo essersi tolta quell'ansia, anche lo stomaco si sarebbe aperto.
 


 

Dall'altra parte del pianerottolo le cose non erano migliori.
Gaetano non aveva chiuso occhio e si sentiva uno straccio. Era al terzo caffè e lo stava bevendo come se fosse acqua.
Sabrina lo guardava continuare meccanicamente a portarsi la tazzina alle labbra senza accorgersi di quello che gli succedeva intorno e anche se non aveva capito molto, sapeva che c'entrava Camilla e che c'erano problemi con lei ma era cosciente che se glielo avesse chiesto, non le avrebbe detto nulla.
L'unica cosa che poteva fare era tentare di rivoltare la situazione in suo favore.
- Gaetano, al quarto caffè fai prima a prepararti una caraffa e portartela in un thermos, guarda che in ospedale ci andiamo in macchina ma con tutta quella caffeina in corpo non mi fiderei a farti guidare..-
Lui, che non la stava neanche sentendo all'inizio, si accorse che lei gli stava parlando solo a metà della sua frase.
- Stai tranquilla che in ospedale ci arriviamo. A che ora è? Alle dieci? -
Prese il cellulare per controllare l'orario e gli apparirono tutte le chiamate di Camilla.

Gli si strinse il cuore a vederle.

Era stato durissimo con lei, come mai prima d'ora e sarebbe dovuto esserlo ancora di più, ma non ci riusciva.
Dirle la verità era fuori discussione, non poteva rischiare l'incolumità della donna, perché lo sapeva che lei non si sarebbe tirata fuori volontariamente.
Doveva lasciarla e se c'era qualcuno che li seguiva, doveva anche fare in modo di far capire a chiunque fosse, che nella sua vita non aveva nessuno di importante, così in caso avrebbero potuto prendersela solo con lui e lasciare fuori tutti gli altri.
Non aveva idea di come attuare questo, a patto che non facesse una piazzata in mezzo alla strada visibile a tutti, ma non era possibile perché non ci sarebbe stata l'occasione.
Però era qualcosa che andava fatto al più presto.
-...tano? Gaetano mi senti?-
Ritornò alla realtà mentre Sabrina gli stava passando davanti agli occhi una mano.
- Sei nel mondo dei sogni?-
- No scusa sono qui...allora dobbiamo andare no? Col traffico meglio muoverci ora...-
Si alzò dal tavolo e prese le chiavi della macchina.

La donna improvvisamente cambiò espressione.
- Questa forse è l'ultima visita prima del parto...sarebbe stato bello se avessi potuto condividere questi mesi con lui...-
Il lui in questione era il suo ex compagno, Gaetano sapeva solo che si chiamava Giulio e che la aveva lasciata dopo averla accusata di essere rimasta incinta per incastrarlo a sposarla.
Se ne era andato al termine di una furiosa litigata costringendola a tornare a casa da suo fratello Claudio e raccogliere i pezzi della sua vita.
Per un attimo Gaetano si sentì in colpa per non aver dato importanza alla donna, anche per lei doveva essere un momento difficile, e poi come si può lasciare qualcuno quando addirittura sai che avrete un figlio insieme?
Si avvicinò a Sabrina abbracciandola.
- E' lui quello che ci ha perso...adesso andiamo ok? -
Era un abbraccio innocente, un gesto che fai ad una parente e lo sapeva benissimo anche perché Gaetano non vedeva alcuna altra donna se non Camilla.
Eppure lei in quei mesi in cui era stata a casa sua, dato che il commissario era sempre solo e non sembrava cercare donne, ci aveva sperato.
Ma alla fine il suo non cercarne era dovuto solo al fatto che era già innamorato di qualcuno e sarebbe potuta passargli davanti la più bella donna del mondo, ma lui non ci avrebbe fatto caso.
Si staccò da lei incurante del tumulto che quel gesto aveva provocato, e si avviò verso la porta non prima di sentire il suo battito farsi irregolare.
Si affacciò dallo spioncino e vedendo che non c'era anima viva, fece uscire prima Sabrina facendole chiamare l'ascensore, quando lei vi entrò, lui uscì dalla porta e scese di corsa le scale.

 



Camilla nel frattempo era in macchina, aveva mandato un messaggio a Francesca per chiederle se le andava di prendere qualcosa insieme in una delle sue pause perché aveva voglia di fare una chiacchierata e avevano deciso di vedersi intorno alle dieci e mezza.
L'appuntamento di Sabrina era alle dieci quindi pensò di arrivare un po' prima per poi aspettare e "casualmente" incontrarli per l'ospedale.
Voleva scusarsi con Gaetano per come si era comportata, e c'era un qualcosa che la preoccupava molto in tutta questa storia, aveva bisogno di vederlo, di rifugiarsi tra le sue braccia e sapere che tutto andava bene.
Era ancora al parcheggio quando li vide arrivare, Sabrina ormai era a fine dell' ottavo mese, quindi facilmente individuabile.
Entrarono nel reparto di ginecologia, e la donna si sentì quasi una stalker a seguirli in quel modo, ma poi insomma, pensò che non stava facendo nulla di male, era andata a trovare una sua amica e dato che sapeva che Sabrina aveva la visita, aveva fatto un salto per vedere come andava, era plausibile!
Risolto il problema con la sua coscienza, entrò nel reparto anche lei.

I due erano in sala d'attesa e mentre si avvicinava, Camilla vide la dottoressa arrivare.
Avrebbe potuto aspettare che il medico entrasse con Sabrina e poi avvicinare Gaetano, quindi rimase in disparte senza farsi vedere fino a che l'uomo non rimanesse solo.

- Allora, De Silva non è vero? -
La donna si alzò
- Sì...ma io ero con la dottoressa Caroli...- non amava un granché i medici ed essendo abituata sempre alla solita da quando era a Torino, Sabrina era un po' spaventata.
- Eh lo so ma oggi ha preso un giorno di permesso...cercherò di non farle sentire troppo la sua mancanza - sorrise la donna poi rivolgendosi a Gaetano - e lei è il papà del bimbo? -
L'uomo venne preso alla sprovvista ma notò il rattristarsi di Sabrina a quelle parole, l'altra dottoressa sapeva benissimo chi era lui ma un po' per il dialogo della mattina, un po' per la lunghezza che una spiegazione avrebbe comportato, l'uomo cercò di metterla più semplice possibile.
- Sì, sono il papà, ma aspetto fuori...-
La dottoressa si limitò a sorridere e prese Sabrina con sé mentre la donna gli lanciava uno sguardo sorpreso.

E non era l'unica.

Nell'udire la risposta di Gaetano, un'altra donna era rimasta sorpresa, o forse sorpresa non era il termine adatto, la parola giusta era del tutto sconvolta.
Camilla si era dovuta appoggiare al muro per non cadere.
Che cosa voleva dire quella frase?
Il mondo le stava lentamente crollando attorno, poteva essere solo una cosa detta per evitare mille spiegazioni, ma allora perché le faceva così male?

Quando vide Gaetano da solo, decise di avvicinarsi e non gli diede neanche il tempo di percepire la sua presenza.
- Che cosa significa che sei il padre del bambino? -
Al sentire quelle parole l'uomo trasalì e si voltò immediatamente.
- Camilla...che ci fai qui? - aveva gli occhi sbarrati.
- Che cosa significa che sei il padre del bambino???-
Gaetano la guardava con un misto di preoccupazione e paura.
Si avvicinò a lei allungando un braccio per calmarla dato che sembrava quasi fuori di sé.
- Ascolta...andiamo fuori..- appena le sfiorò la pelle, lei lo scostò violentemente come se ne fosse stata bruciata, la sua espressione funerea.
- Non mi toccare! Voglio sapere che cosa significa quella risposta! -
La situazione si stava facendo difficile e a questo punto Gaetano poteva fare solo una cosa.
- Non qui dentro, andiamo fuori, ti prego. -
Camilla non aspettò che lui le facesse strada per voltarsi e cominciare a camminare, respirava affannosamente, la testa le girava e aveva anche la nausea ma doveva capire cosa stava succedendo prima di tutto.
Lui la seguì preoccupato e con il cuore pesante.
Appena nel giardino, si guardò intorno sperando che quel posto fosse pubblico abbastanza.
La donna continuava a fissarlo e i suoi occhi sembravano entrargli dentro come lame, non sapeva se gli facevano più male quelli o l'espressione ferita che aveva dipinta sul volto.

Se le avesse detto che era il padre del bambino di Sabrina la avrebbe distrutta, colpita a morte.
Sarebbe diventato Renzo o peggio ancora, ma lei lo avrebbe sicuramente lasciato e si sarebbe allontanata.
Però...voleva veramente farlo? Se le avesse detto una cosa del genere lo sapeva che Camilla non si sarebbe più ripresa, e non perché fosse stato proprio lui a tradirla, ma perché già la prima volta lei era rimasta svuotata per mesi e cambiata dentro radicalmente, ma una seconda volta sarebbe veramente stato troppo.
- Io sto aspettando una spiegazione... -
Un tono duro, ma anche spaventato, la voce leggermente tremante, un gridare aiuto nascosto dalla rabbia, era la Camilla che aveva conosciuto dopo il tradimento di Renzo quella che aveva davanti.

Gaetano sospirò, avrebbe trovato un altro modo, lasciarla doveva farlo, ma ferirla a morte non ce la faceva, anche perché lui stesso si stava sentendo morire.
Tentò una via di mezzo, abbassando lo sguardo e sbuffando come se fosse insofferente.
- Mi sorprende che tu me lo chieda...ma che razza di uomo pensi che sia? -
A quella risposta il macigno che aveva sul cuore si sollevò di colpo, anche se l'espressione del volto del vicequestore continuava a non riconoscerla.
Non si accorse di aver trattenuto il respiro fin a quando non sentì l'ossigeno che tornava nei polmoni.
- No è che...lì...alla dottoressa...-
- E che cosa dovevo fare? Andare a raccontare alla dottoressa tutti gli affari di Sabrina? Quella donna è sola e sta portando avanti una gravidanza lontano dalla sua famiglia, è stata anche lasciata in tronco dal suo compagno a causa del bambino, pensi che avrei avuto il cuore di dire qualsiasi cosa che avesse potuto ricordarglielo? Ho risposto la cosa più veloce! Strano che con il tuo acume investigativo tu non ci sia arrivata! -
- Hai ragione, ho tratto le conclusioni senza pensarci ma è che...non lo so...-
L'uomo scosse il capo.
- Tu fai sempre così, ti butti a capofitto nelle cose senza pensare alle conseguenze, trai conclusioni senza confrontarti con nessuno, ma la cosa peggiore è che, anche se per un attimo, hai messo in discussione me...quello che c'è...- si fermò, se avesse continuato su quella strada sarebbe andato tutto all'aria - quello che c'era tra noi. E questa cosa mi ferisce più di quanto tu possa immaginare...-

E l'utilizzo dell'imperfetto a Camilla non era sfuggito.

- Che...che cosa vuol dire "c'era"?- la luce e l'aria ricominciavano a mancare e la bocca della stomaco si stava chiudendo irrimediabilmente.

Ora o mai più Berardi, non hai altra scelta.

Gaetano chiuse gli occhi per un attimo prima di riaprirli e fissarla, sembravano due lame di ghiaccio che volevano trafiggerla.
Però non riusciva a dirglielo in quel modo, mentre nonostante l'apparente durezza, le lasciava la possibilità di entrarle dentro, quindi volse lo sguardo verso l'entrata dell'ospedale.

- Senti, è da un po' che ci penso...credo che...dovremmo prenderci una pausa -

La voce era meccanica, si sentiva staccato da sé stesso come se un altro avesse detto quella frase. Solo il dolore acuto e lancinante in mezzo allo sterno gli faceva capire che era veramente stato lui a pronunciare quelle parole, mentre il respiro usciva a fatica ma pregò che lei non se ne accorgesse.

Dal canto suo Camilla era rimasta pietrificata.

Non riusciva a mettere a fuoco quello che aveva davanti, le parole le arrivavano sconnesse, la stessa sensazione di quando si ha la febbre alta, la nausea si fece prepotente e sentì le gambe cedergli, anche se si costrinse a rimanere in piedi.

- Non...non ho capito..- la voce era ancora più tremante, vulnerabile come mai era stata prima, spezzata anche mentre pronunciava quelle quattro parole.
Gaetano non resse a sentirla così e per evitare di prenderla tra le braccia si costrinse a continuare a fissare l'entrata dell'ospedale, se non la guardava era meglio.
- Ma è ovvio, se sono arrivato a questa età senza una compagna, un motivo ci sarà. -
Forza, ce la doveva fare, non poteva fare altro.
- Solo è la mia dimensione, e come tu mi hai benissimo fatto notare qualche mese fa, sono sentimentalmente instabile. Ho bisogno di spazio e di stare per conto mio per un po'. Il lavoro e Sabrina ultimamente mi stanno prendendo troppo e non ho tempo da dedicare a nient'altro, comunque - girandosi verso di lei la trovò a fissarlo con uno sguardo confuso come se non lo riconoscesse - non credo che sia opportuno parlarne ora. Devo tornare dentro, più avanti, in caso possiamo ritornare sull'argomento ma ora ci sono situazioni più importanti che hanno la precedenza... -

Non era vero, non era vero per niente, ma non poteva fare altrimenti.
Lei era la cosa più importante, lei aveva la precedenza su tutto, e proprio per questo si stava scavando la fossa da solo.

Era destino che non potesse essere felice, che per lui la felicità durasse il battito di ali di pochi mesi per poi volare via facendolo risprofondare nel buio e nella solitudine. Un raggio di luce che lo riscaldava per poi lasciarlo cadere nel gelo.
Senza aspettare risposta, si incamminò verso l'entrata dell'ospedale con il cuore ormai ridotto uno straccio.

Eppure...

Eppure lo aveva sognato così tanto, loro due, insieme, quella tanto agognata famiglia di cui stava finalmente cominciando a sentirsi parte.
Si rivedeva con a lei nel parco, a casa sua a preparare il caffè insieme litigando su chi lo facesse meglio, a giocare con la nipote, a scherzare come due ragazzini punzecchiandosi prima di lasciarsi andare ad una passione che in tutta la sua vita non aveva mai provato.

Era la perfezione.

E non era per lui.

Non ce la faceva...non voleva, ma perché doveva andare così?

Ogni passo che lo allontanava da quel cortile lo faceva sentire come un condannato a morte che cammina verso il patibolo.

Però doveva farlo, per lei...

E poi fu un attimo, perché anche ai condannati è concesso un ultimo desiderio, guidato da qualcosa che non avrebbe saputo spiegare neanche lui, senza pensare a cosa sarebbe successo dopo, fregandosene di tutto, tornò indietro verso di lei che era rimasta immobile nello stesso punto.

Le si avvicinò e una sua mano, lieve come una piuma, le accarezzò i capelli a lato della guancia, sciogliendola dal gelo che stava provando.
Camilla alzò gli occhi e lo fissò, lo sguardo più vulnerabile e ferito che lui avesse mai visto.
Gli stava chiedendo perché e lui non poteva risponderle.
Gli chiedeva se faceva sul serio e lui desiderava disperatamente dirle di no.
Ma non era possibile.
Avvicinò la sua fronte a quella di lei.


Lo so che è l'ultima volta, ma lasciami questo momento.

Non hai idea di quanto ti ami.

Io senza di te non ci so stare.


E poi un bacio dolce e amaro, uno sfiorarsi di labbra, un secondo, che durò un secolo e li riportò dove esistevano solo loro, un gesto piccolo ma che investì entrambi con una forza devastante.

Improvvisamente di nuovo il freddo, lo vedeva allontanarsi di buon passo lasciandola lì a non capire se quel bacio fosse accaduto davvero, o se era stato uno scherzo dalla sua mente.
In maniera sempre più dolorosa, si sentiva come se si stesse svegliando da un'anestesia, con la testa pesante, il cuore in subbuglio e lo stomaco...
Non fece in tempo a realizzarlo che riversò tutta la pochissima colazione fatta sull'aiuola del giardino.


Le sembrò di essere intrappolata in un incubo.



Respirava a fatica e aveva le lacrime agli occhi dovute allo sforzo.
Mentre tentava di prendere aria, sentì due braccia afferrarla per le spalle.
- Camilla, tesoro, che cosa è successo? Che hai? -

Francesca aveva preso una pausa alle dieci e mezza ed era uscita per cercare Camilla quando la vide piegata verso l'aiuola e accorgendosi di quello che stava succedendo era corsa ad aiutarla.
Sentendo che respirava male, la fece immediatamente sedere su una panchina e poi corse a prendere la bottiglietta di acqua che teneva nel suo studio, insieme ad un bicchiere di carta.
Camilla, seduta sulla panchina, tentò di calmare gli spasmi e bevve tutto d'un fiato quando l'amica tornò.
Ancora qualche respiro profondo e cominciò a sentire il cuore tornare a battere in modo normale.

Non le era mai capitato prima di stare così male.

Francesca era molto preoccupata.
Era la prima volta in assoluto che vedeva Camilla così, neanche quando aveva avuto l'attacco di panico si era ridotta in quello stato e qualcosa non la convinceva affatto.
Sedendosi accanto a lei, quando capì che riusciva a parlare, tentò di sondare il terreno poggiandole una mano sulla spalla.
- Come ti senti?- la domanda era semplice, la risposta tutt'altro.
Camilla continuava a fissare un punto nel nulla con la faccia che raccontava perfettamente quanto se la fosse vista brutta e non riusciva ancora a rispondere alla donna, la quale nel frattempo la fissava come per controllare che il suo corpo stesse lentamente ritornando a respirare in maniera normale.
- Sto meglio...grazie - rispose la donna quasi senza crederci neanche lei.
- Va bene...e ora ti va di dirmi che ti è preso? -
Camilla la guardò con aria quasi smarrita
- Che mi è preso? No...è che...- la sagoma di Gaetano che si allontanava da lei le provocò un altro conato che però tenne sotto controllo.
Non aveva capito neanche lei cosa fosse successo, doveva riordinare le idee, o meglio ancora, la sua vita, e in quel momento tutto era tranne che lucida.
Non poteva risponderle e quindi si limitò a una piccola parte della verità.
- E' che stanotte ho dormito pochissimo e stamattina mi sono svegliata stanca e con il mal di testa, avevo poca fame quindi avrò bevuto sì e no due sorsi di tè, probabilmente il mio corpo mi stava cercando di dire che non era una buona idea...- cercò di fare ironia, ma il sorriso amaro che le si dipinse sulle labbra sarebbe stato evidente anche ad un cieco.

Francesca infatti la guardava come se non avesse creduto neanche a mezza parola, ma a quanto pare almeno per il momento decise di non indagare.
- Senti, ti va di venire un attimo con me? - chiese alla donna alzandosi e aiutandola a tirarsi in piedi dato che le sembrava molto debole, un contrasto nettissimo con la Camilla forte come una tigre persino durante tutto il casino con Renzo.
- Ma dove?- le chiese facendosi quasi docilmente trasportare dall'amica, altra cosa che Francesca notò e non le parve affatto positiva.
- Andiamo a fare una visitina al cuore e poi magari facciamo qualche analisi, è un po' che non fai un check up no? - poi continuò sorridendo - sono una dottoressa e mi hai appena vomitato davanti, non ti lascio andare a casa adesso. Tanto ormai sei a stomaco vuoto, quindi approfittiamone! -
- Ma guarda che sto benissimo, ho solo passato una brutta nottata, tutto qui..- cercò di opporsi debolmente Camilla.
- Tesoro, ne sono sicura, ma io comunque non ti faccio tornare a casa senza un controllo e poi andiamo a farci una colazione da leoni, o anche un pranzo anticipato.-

E Camilla lo sapeva che Francesca non avrebbe mai e poi mai gettato la spugna, per cui si fece portare da lei a fare analisi, elettrocardiogramma vari e tutto il resto uscendo da lì che si sentiva uno straccio più di prima.

- Francesca, questa me la paghi, mi hanno fatto di tutto! Ci mancavano solo le lastre e la Tac! -
La dottoressa la guardava divertita trattenendo a stento le risa.
- Mia cara, il check up si chiama così proprio perché controlla tutto il controllabile, andava fatto e non ti lamentare che sembri una ragazzina...-
- Però hai visto? Io te lo avevo detto che non ho niente...sarà stato lo stress, ho avuto una cosa simile un annetto fa..-
- Ok potresti avere ragione, adesso controlleremo le analisi che mi faccio dare stasera, però non c'è niente di strano...eppure qualcosa non mi torna... -
- Te lo ho detto - rispose quasi sbuffando Camilla - non ho niente, da qualche settimana dormo un po' meno del solito e mi sento più stanca, ma che ti devo dire, sarà la menopausa in arrivo...-

Francesca la guardò se possibile ancora meno convinta di prima.
- Beh, in teoria la pillola dovrebbe attutire i sintomi della menopausa quindi io dubito che sia una questione legata a quello, oltretutto non so...-
- Ah no, io ho smesso di prendere la pillola da quasi un anno, era inutile tanto ho 50 anni suonati, non è che serva ad un granché...avevo letto da qualche parte che comunque a quell'età era meglio smettere di prenderla...-
E quell'ammissione per qualche motivo bloccò Francesca che guardò la donna sorpresa.
- Camilla, ma ne hai parlato con la tua ginecologa, chi è la Rossi vero? -
- Ma sì...e comunque in fondo ormai non serviva ad un granché...-

Dalla faccia di Francesca, Camilla non riusciva a capire cosa le stesse passando per la testa.
- Senti, prima di andare via, oggi che la Rossi è in servizio, andiamo un secondo da lei...-
Disse prima di riprendersela a braccetto riportandola dentro.
- Ancora? Ma no Francesca ti prego basta! Pure la ginecologa adesso? No da lei non ci vado... -
- Ma avanti forza, che sarà mai, accertiamo se questa menopausa è in arrivo o no, tanto ce lo diranno anche le analisi, dato che ti ho fatto fare pure quelle degli ormoni, e ci togliamo anche questa, dai dai niente storie - stava continuando a camminare incurante di tutto.
- T'ho detto che non ci vado! - e ovviamente Camilla proseguiva con la sua protesta.
- Sì...va bene, avanti da questa parte -
E stavolta non aspettò risposta, Francesca la ritirò dentro rimanendo sorda ad ogni tipo di lamentela.

Mezz'ora dopo, Camilla era di nuovo fuori dall'ospedale, sicuramente molto confusa e più in crisi di prima, con altre informazioni da assimilare.
Stava seduta su una panchina con Francesca accanto e guardava davanti a sé, mentre l'amica la fissava, la mano era ritornata sulla spalla.
- Camilla, vuoi che ti accompagni a casa? -
- No io...penso di dover camminare un po'...- rispose Camilla.
- Guarda che non è ancora certo, dobbiamo aspettare le analisi di stasera per la conferma...sei sicura che non vuoi che chiami Gaetano così ti viene a prendere?-
Camilla continuava a guardare fisso davanti a sé, ma al sentire quelle parole sembrò rianimarsi.
- Gaetano? No...no è meglio di no..io ho bisogno di camminare...-
Alla reazione che Camilla fece sul nome dell'uomo, Francesca non rimase indifferente.
- Ehi...c'è qualcosa che non va con Gaetano? -
E Camilla in quell'attimo di sentì punta sul vivo.
- E' che...abbiamo deciso, nel senso, io...credo che ci siamo presi una pausa...-
Dirlo ad alta voce amplificava tutto, a cominciare dai battiti del suo cuore che ora le rimbombavano nelle orecchie.
- Che...che cosa? Ma quando? Ma, siete impazziti tutti e due? Questa è proprio l'ultima cosa che avrei potuto sentire oggi! -
Si alzò improvvisamente mettendosi di fronte a Camilla con le braccia incrociate.
- E sentiamo, questa pausa perché la avete presa? -
- Non ci capisco niente neanche io...ho bisogno di pensare o qui divento pazza...meglio che vada a casa ora...-
Francesca la guardò con aria rassegnata e prese la piccola busta bianca di carta che era rimasta sulla panchina.
- Come vuoi, comunque intanto prenditi il panino che abbiamo comprato, devi assolutamente mangiare, è da stamattina che stai a stomaco vuoto! -
Camilla guardò la busta con un mezzo sorriso.
- Grazie, allora passi stasera? -
La dottoressa le sorrise.
- Sì, stai tranquilla, stasera vengo con tutto e poi ne parliamo...ma Camilla, - si fermò un attimo come se stesse cercando le parole giuste - come dottoressa, e dopo quello che mi hai appena detto, io non posso esimermi dal dirlo. Qualsiasi sia il responso..c'è ancora tempo per...-
Camilla sbarrò nuovamente gli occhi, prese la busta e si alzò.
- Allora ci vediamo dopo...grazie di tutto -

Aveva volutamente ignorato l'ultima parte della frase dell'amica e si avviò verso l'uscita mentre Francesca la guardava da lontano scomparire dietro il cancello, non sapeva se sperare che quelle analisi fossero positive o negative.


Camilla si sentiva come se fosse in bilico tra un sogno ed un incubo e aveva solo voglia di camminare e schiarirsi le idee partendo da quelle peggiori.

Gaetano...
Gaetano le aveva detto che dovevano prendersi una pausa.
Il suo Gaetano, quello che fino al giorno prima non la avrebbe mai lasciata neanche per tutto l'oro del mondo.

E proprio quel mondo le era crollato addosso tutto insieme.

Aveva la testa piena di mille pensieri che giravano confusi e quasi informi, e in tutto questo sapeva anche che data la situazione aveva bisogno invece di calma, di camminare, di rilassarsi, di non farsi prendere dal panico o dalla disperazione anche se nella situazione attuale, entrambi sarebbero stati assolutamente plausibili.
Non era da lei abbandonarsi, lasciarsi andare sprofondando in quell'incubo, non adesso.
Quel vortice nero la chiamava e una parte di lei avrebbe voluto buttarcisi dentro e piangere, ma in un'altra parte di lei, una vocina piccola piccola le diceva che nonostante quelle parole, qualcosa non tornava.
O forse era semplicemente la disperata tenacia di volersi aggrappare a qualcosa di quasi inesistente ma che era ancora lì.

Quasi inesistente ma che era lì...proprio come...

Prese il panino dalla busta e lo addentò in maniera quasi famelica mentre cominciava a camminare, senza una meta precisa.
Aveva fatto solo pochi metri che sentì una voce chiamarla.

- Camilla!! -

Dall'altra parte della strada, un uomo stava muovendo il braccio, e appena si accorse che lei lo aveva visto, sorrise e si avvicinò.
- Marco...-
- Accidenti che entusiasmo! Ok non sarò il tuo adorato Berardi però insomma..-
La donna al sentire di nuovo il nome di Gaetano ebbe un altro piccolo sussulto.
- No hai ragione scusami, ero sovrappensiero...- rispose mentre nella sua testa alcuni ingranaggi avevano cominciato a girare.
Non poteva farsi prendere dalla disperazione, non fino a quando non avesse capito tutto e sicuramente non dopo quelle ore in ospedale.
Gaetano...lui aveva cambiato completamente atteggiamento solo da due giorni...e quindi sicuramente in quei due giorni qualcosa doveva essere successo.

E non importa se nelle orecchie un ronzio continuava imperterrito o se lo stomaco si contraeva senza che lei potesse controllarlo.

Comunque andasse, non si sarebbe mai sentita peggio di quanto si era sentita quella mattina, ma doveva sapere, e aveva davanti proprio una persona che avrebbe potuto fare al caso suo.
Marco nel frattempo la guardava con la sua solita aria un po' curiosa e divertita.
- Senti, lo so che magari dirai di no, ma dato che ieri l'uscita al bar non è andata benissimo...ti va se ti offro un Vermouth? -
E stavolta Camilla non aspettava altro, anche se nella sua testa chiese scusa a Marco per quello che stava per fare.
Non sarebbe potuta andare quel giorno, aveva assoluto bisogno di tornare a casa, distendersi, pensare, riordinare le idee e aspettare Francesca, ma quell'occasione non se la fece scappare.
- Guarda, oggi è una giornata abbastanza complicata quindi non è possibile, ma se vuoi possiamo vederci domani, magari non per un Vermouth ma per un succo di frutta che per un po' ho deciso di evitare alcolici...-
Sperava con tutto il cuore che lui accettasse, anche se aveva notato che il suo sguardo era sorpreso, come se non si aspettasse quella risposta da lei.
- Domani va benissimo, ti vengo a prendere a casa se vuoi, così andiamo con la mia macchina -
E Camilla non sentì altro che il "va benissimo".
- Ottimo, però ti chiamo io per dove vederci, se hai un numero nuovo è il caso di darmelo.-
Neanche cinque secondi dopo aver scambiato i numeri, Camilla lo salutò e si incamminò verso la sua macchina entrando senza voltarsi a guardarlo neanche una volta.

Appena dentro, si sentì come se avesse girato il mondo a piedi.

Tutta la mattinata le stava passando intorno agli occhi e appoggiò la testa indietro respirando a pieni polmoni.
- E' tutto a posto, ce la posso fare, va tutto bene...con calma..-
Ripeté quelle parole come un mantra mentre le saliva la voglia di piangere e la testa le girava.
Riprese a mangiare il panino lasciato a metà e lo finì senza neanche rendersene conto.
Con lo stomaco pieno, riuscì a trovare la forza per infilare la chiave nel lunotto e accendere la macchina.
- A casa, avanti, Potty ci aspetta...-



Non appena la sua macchina partì, un'altra automobile nera, mise in moto per seguirla.
L'uomo che la guidava era stavolta accompagnato da Carpi.
- Bene bene, sai che ti dico? Secondo me non mi serve a un granché la tua assistenza -
Michele lo guardò sorpreso e preoccupato.
- Perché pensi questo? -
- Perché è ovvio che Berardi è un donnaiolo...mi sorprendeva il fatto che non si fosse stufato di quella, oltretutto pure stagionata...-
Invece Michele non era assolutamente dello stesso avviso.
- No aspetta, fammi fare un tentativo e andare a controllare...-
- Guarda che nessuno ti ferma, solo che non penso tu possa fare nulla, rimaniamo con il nostro piano originale e a te è andata male! -
- Non credo, intanto seguiamola, poi lascia fare a me...-

 

Tic-tac-tic-tac-tic-tac-tic-tac

Dannazione a quell'orologio, da quando era così forte?
Non era possibile che le lancette di un orologio da polso fossero così rumorose e poi di chi era? Lei di certo non ne portava...
Sbuffò rigirandosi per cercare con lo sguardo quel noioso disturbatore che non faceva altro che scandire i minuti interminabili.
Tornata a casa aveva mangiato a forza a pranzo, fortunatamente era sola e non avrebbe dovuto dare spiegazioni alla figlia del suo stato, poi si era messa con Potty sul letto, bevendo una tisana al finocchio dato che la camomilla per sicurezza aveva evitato di prenderla.
Francesca le aveva mandato un messaggio dicendo che sarebbe arrivata di lì a poco, e Camilla si sentiva come se la sua vita fosse appesa ad un filo.
Dove era finito quel libro che lesse subito dopo che aveva cacciato Renzo di casa?
Stava tentando in ogni modo di ricordarselo.
- Respiriamo profondamente, ok, sono pronta ad accogliere con...con...come cavolo faceva quella parte? Potty io non ce la faccio più!-
Il suono del campanello la fece sussultare e scattare in piedi dirigendosi velocemente verso la porta.

Dall'altra parte, Francesca le guardava con un un volto indecifrabile che se possibile la tenne ancora più sulle spine.
- Allora? - chiese senza neanche salutarla.
- Camilla, andiamo a sederci vieni...- l'amica chiuse la porta e si incamminarono verso la sala da pranzo dove poi Francesca tirò fuori una specie di largo e piatto fascicolino che conteneva i risultati delle analisi e glielo diede senza pronunciare nulla.
La donna si sedette e aprì la prima pagina come per tentare di capirci qualcosa, anche se era evidente che tra tutte quelle sigle la testa se possibile le girava ancora di più.
- Eh ma Francesca io qui non ci capisco niente! -
- Hai ragione scusami, è solo che per me la situazione è un po' inusuale...partiamo da stamattina, quando la dottoressa ti ha detto che...-
- Che facendo la visita c'era qualcosa ma data la mia età poteva essere di tutto e quindi...-
- E quindi tra le altre analisi, quelle su cui ci dobbiamo concentrare sono all'ultima pagina, le analisi degli ormoni...-

Camilla scorse immediatamente all'ultima pagina.

- Ecco, e anche questo per me è turco...- rispose guardando quelle cifre quasi sbuffando dato lei con i numeri aveva un pessimo rapporto.
- Leggi il commento del medico in fondo..-
- Ok, dunque, aspetta, - si allungò a prendere gli occhiali che aveva lasciato su tavolino.
- Dove sta? Ah eccolo...allora...Considerata l'elevata quantità di Beta HCG nel sangue si può affermare senza margine di errore che il soggetto...-

La bocca stavolta non riusciva a chiudersi, rileggeva continuamente quelle parole come se non ci credesse e poi guardò l'amica che se la osservava divertita.

- Per la situazione in cui ti trovi ora non so se sia un bene o un male, a parte che immagino tu lo sappia da sola che questa eventualità aveva praticamente zero possibilità di accadere, quindi onestamente non ho idea di come ci siate riusciti..-

Se non fosse stato per quello che le aveva raccontato Camilla la mattina, Francesca sarebbe scoppiata a ridere all'istante, bastava guardare la faccia della sua amica con la bocca aperta e gli occhi sgranati.
Si limitò ad allargare il sorriso divertito assumendo un'espressione sorniona.

- In ogni caso sai, di solito in queste situazioni si fanno le congratulazioni...-




Congratuazioni Camilla...ci potevi riuscire solo tu.
Ok, alla fine ho optato per questa scelta.
Ho riflettuto veramente molto prima di decidermi, ma dopo le ultime discussioni sul gruppo, dato che è chiarissimo che non vedremo mai una cosa del genere in PaP ho deciso di metterlo qui.
Sono diventata prevedibile?
Ci sta, ma era il mio sogno per fine PAP 6 e non si è avverato. Stavolta me lo faccio da sola.
Non so quanti lettori ho perso ancora di più adesso, mi dispiace veramente, ma alla fine ho voluto farmi questo regalo.
Per la scena in cui Gaetano la lascia, è stata una tortura scriverla, sappiatelo. Io detesto far soffrire Gaetano perché non se lo merita eppure adesso tra i due sicuramente lui è quello che sta peggio.
Però vi ricordate quando tempo fa chiesi il colpo di scena a chi volevate che accadesse? Si era praticamente arrivati ad un exequo, quindi alla fine ho fatto accadere qualcosa a tutti e due, adesso vediamo come se la cavano, soprattutto Camilla che al momento è in una situazione surreale e anche se dovrebbe starsene buona buona, non penso proprio che ci starà.
Milioni di grazie per aver letto fin qui, e grazie per le reviews e l'interesse che dimostrate ogni volta. Sappiate che ho ancora solo un capitolo fatto per cui potrei non riuscire più a rispettare il solito appuntamento domenicale, però mi metto d'impegno per trovare il tempo! Lo schema è fatto e il finale è mezzo pronto, devo solo arrivarci!
Certo, sempre e comunque per chi è ancora interessato a seguire questa cosa.
Un bacione a tutte e stavolta sul serio, aspetto commenti, non so se ho fatto la scelta giusta, ho un po' scelto col cuore di fan e non so se ho fatto bene.
Grazie ancora per aver letto anche questo capitolo!!!

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici: Pain and Resolutions ***


Buona Domenica! Eccomi di nuovo qui a postarvi questo ennesimo capitolo. Grazie infinite per tutto l'incoraggiamento, i commenti, le reviews che avete lasciato anche per lo scorso. Io non so bene dove mi stia portando questa storia ma sapere che non sono da sola mi rincuora enormemente. Scrivere sta diventando difficile, vorrei arrivare subito al sodo risparmiando la parte sul giallo, ma purtroppo non si puaaah e quindi mi sto facendo forza a continuare, cosciente che non posso saltare niente e pregandovi di rimanere con me fino alla fine. Sappiate solo una cosa per questo capitolo, io mi diverto un sacco a scrivere Camilla incinta, e sto malissimo ma proprio malissimo per Gaetano. Stavolta lui sta soffrendo mentre sto..come dire, cercando di riportare Camilla ad un livello pre-sesta serie come personalità.
Spero tanto che non vi annoi questa parte, e senza altri preamboli vi auguro buona lettura!



Capitolo quattordici: Pain and resolutions

 

La giornata era cominciata male, continuata malissimo e ora l'unica cosa che desiderava era tuffarsi nel lavoro, trovare quei maledetti bastardi che erano venuti a rovinargli la vita e sistemare questa situazione una volta per tutte.
Dopo essere usciti dall'ospedale, aveva lasciato Sabrina a casa con la scusa che doveva tornare in commissariato anche se in realtà avendo preso la mattina libera, non era vero.

Si era accorto che lei per tutto il tragitto aveva cercato di parlargli e renderlo partecipe non sapeva neanche lui di cosa, ma in quel momento nella sua testa c'era il vuoto totale e sinceramente non aveva voglia di ascoltare niente e nessuno.

La scena nel cortile era stata straziante.

Quando era rientrato nell'ospedale, la rabbia e la frustrazione mista al senso di sconfitta erano esplose come forse mai nella sua vita gli era successo e aveva tirato un calcio ad un vaso di piante che era stato messo nel corridoio, mandandolo in frantumi.
Era poi rimasto lì accanto, entrambe le mani poggiate contro il muro, la testa rivolta verso il pavimento per prendere dei profondi respiri e calmare quella sensazione terribile di mancanza di aria.
Per tutto il resto della mattinata aveva camminato zoppicando, ma sperava che quel dolore lo aiutasse a non pensare al burrone da cui si stava volutamente buttando.

Ormai era fatta.

Quelle parole che mai e poi mai nella sua vita, neanche sotto tortura avrebbe voluto pronunciare, erano uscite dalla sua bocca prendendo forma intorno a lui rimbombandogli nella testa.
Ricordava il volto di lei che gli chiedeva quasi disperatamente perché e lo guardava come se non lo avesse mai visto prima.

Neanche lui si era mai visto così dopotutto.

All'uscita, notò che la macchina di Camilla era ancora parcheggiata davanti all'ospedale e istintivamente si guardò intorno sperando in cuor suo di vederla almeno da lontano.
Non c'era l'ombra di lei e il macigno sul cuore si ingigantì.
Probabilmente era andata a trovare la sua amica dottoressa.

Anche in quel momento ore dopo, mentre girava per le strade senza una meta cercando di pensare a possibili nascondigli dove scovare chi lo seguiva, le mani sul volante automaticamente lo avevano portato di nuovo nei pressi dell'ospedale.

La macchina di Camilla era ancora lì e proprio come poco prima, ricominciò a far vagare lo sguardo nella vana speranza di intravederla.
Aveva bisogno di lei come dell'aria che respirava, non era pronto a separarsene dopo tutto quello che avevano vissuto insieme, per cui si era convinto che per i primi tempi, un po' per controllarla e un po' per se stesso, perché non ne poteva fare a meno, avrebbe tentato di starle vicino, da lontano.
Come a vegliare su di lei senza che lei se ne accorgesse e con discrezione per non farsi scoprire da chi probabilmente gliela voleva far pagare.
Non ci poteva fare niente, era più forte di lui.
Sentiva come se fossero irrimediabilmente uniti e nonostante tutto, quel legame non poteva e soprattutto non voleva assolutamente spezzarlo.

O almeno così credeva.

Da lontano con la coda dell'occhio la vide.
Aveva qualcosa in mano e stava camminando quando d'un tratto si girò, come se fosse stata chiamata da qualcuno.
Si voltò anche lui nella stessa direzione.

Marco Visconti era dall'altra parte della strada e la stava salutando con un braccio.

Se possibile nel suo cuore si era aperta una voragine.
La vide andare verso di lui, li osservò parlare e scambiarsi probabilmente i numeri di telefono.

Beh, a quanto pare non era stata così toccata da cosa era successo.

A quanto pare ce ne era già un altro in lista.

Avrebbe dovuto fargli piacere, un'ennesima prova per chiunque li controllasse, che lui per lei non era niente e viceversa.
E allora perché al solo pensarlo sentiva il cuore fermarsi?
Con una mano si allentò la cravatta prima di prendere un respiro profondo e chiudere gli occhi tirando la testa indietro.

Ma sì, doveva andare così.

Lo aveva deciso no? Meglio che stesse il più lontano possibile da lui, anche con un altro, ma al sicuro, piuttosto che vicino a lui rischiando di finire in mezzo ad una situazione in cui la gente moriva a colpi di pistola.

E allora come mai si sentiva come se avessero sparato a lui in pieno petto?

Dopo aver assistito a quella scena, aveva continuato a vagare per la città in macchina saltando persino il pranzo, e all'arrivo in commissariato nel pomeriggio, il suo umore era nero.
In un modo o nell'altro li avrebbe scovati.
Si recò nel suo ufficio come una furia mentre De Matteis era ancora in corridoio ma aveva optato per non entrare dentro dato che in ogni caso, nonostante le telefonate varie, brancolavano nel buio.

Si udì una voce tuonare.

- Torre, vieni immediatamente!! -
L'ispettore partenopeo che si stava bevendo un caffè, al sentire quel tono quasi lo fece rovesciare.
- Comandi Dottò!!!-
Buttò il bicchierino neanche finito e corse dentro l'ufficio chiudendosi la porta alle spalle.
 

- Di cattivo umore il nostro vicequestore vedo...-
Una voce alle spalle di De Matteis lo ridestò dai suoi pensieri.
- Pare di sì, e tu che ci fai qui? -
- Sono venuto a riprendermi la mia macchina dato che questa mattina te la sei portata via senza neanche avvertirmi..-
- Guarda, non è giornata...la situazione è critica e la tensione si può tagliare con un coltello...-
Marco si sedette su una delle sedie guardando la porta dell'ufficio di Gaetano.
- A me invece è andata piuttosto bene finora...- commentò quasi divertito.
- Ah sì...meno male...- il sarcasmo nella voce di De Matteis era difficile da non individuare.

- Domani vedo Camilla..-

A quell'affermazione Paolo si voltò a guardarlo come se avesse davanti un pazzo.
- Che cosa fai tu domani? - doveva aver sentito male.
- Domani, io e Camilla ci vedremo per prendere qualcosa insieme...-

Paolo sentì le prime avvisaglie di un aneurisma in arrivo.

- Ma sei completamente uscito di testa? A parte, e dico, a parte che starebbe con Berardi, ma poi tu continui ad avere un buon rapporto con una donna che ti ha piantato in mezzo alla strada come un deficiente? -
L'aveva detto a voce talmente alta che un paio di poliziotti si erano girati a guardarli.
- Abbassa la voce! Non c'è niente di male e comunque è solo un'uscita per andare bere qualcosa. Dopo di ieri, se avessi avuto il minimo dubbio su quello che prova Camilla, ti assicuro che mi è passato...- emise un sospiro – non vede che Berardi...-
E all'udire quelle parole la faccia di De Matteis si oscurò.
Aveva capito dalla conversazione avuta con Gaetano, che l'uomo avrebbe fatto qualcosa per tenere alla larga la professoressa, dall'altra parte se quella donna veniva lasciata in tronco, trovandosi Marco lì non aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere.
- Non ci voglio neanche pensare...- mormorò tra sé.
- Hai detto qualcosa? - chiese Marco mentre si riavvicinava, era andato alla macchinetta a prendere un caffè.
- No..niente..-

La storia stava cominciando a prendere una piega abbastanza inaspettata, Paolo sperava solo che non si complicassero ulteriormente le cose.
Conosceva la Baudino e aveva idea che non se ne starebbe stata buona neanche se Berardi avesse tentato di allontanarla, anzi, probabilmente proprio una decisione del genere le avrebbe fatto ficcare il naso con ancor più voglia in quella situazione.

E stavolta poteva finire veramente ammazzata.

La porta dell'ufficio di Gaetano si aprì e ne uscì Torre che aveva l'aspetto di uno appena tirato fuori da una lavatrice.
Dietro di lui Gaetano, con espressione scura, prima lanciò un'occhiata indescrivibile a Marco, del quale entrambi i fratelli di accorsero, e poi guardò Paolo.
- Abbiamo del lavoro da fare – annunciò con un tono così serio da far preoccupare tutti i presenti.
- Io vado Paolo, ci vediamo dopo in hotel – disse Marco, poi rivolgendosi all'altro – Gaetano...-
- Marco...- c'era qualcosa di diverso nello sguardo di Gaetano quel giorno, ma Marco non riuscì a capire che cosa fosse, anche se si ripromise di scoprirlo quanto prima.
Paolo entrò nell'ufficio e chiuse la porta dietro di sé.

La Lucianona vedendo il marito quasi sconvolto gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla e accarezzandola.
- Non lo ho mai visto in quel modo, non so che è successo ma non lo ho mai visto così in più di dieci anni di servizio con lui...-
La donna cercò di consolarlo.
-Stai tranquillo, magari è solo una brutta giornata, domani starà meglio..-
E Torre ci avrebbe veramente voluto credere ma qualcosa gli diceva che non era così e che il malumore del vicequestore non sarebbe sparito tanto presto.


 

Era ormai sera inoltrata e Camilla dopo che Francesca se ne era andata, si era distesa sul letto con un'ennesima tisana al finocchio e Potty al suo fianco.
Stava tentando di leggere un libro senza successo.
La giornata era stata inverosimile, le sembrava di aver fatto un lunghissimo giro sulle montagne russe, prima giù, poi su...e adesso...non sapeva neanche lei come comportarsi.
- E ora Potty...che faccio? -
Chiuse gli occhi ricordando la conversazione avuta con Francesca quel pomeriggio.

 

- Le congratulazioni...? -
- Camilla, ti sei rimbambita improvvisamente? Sei incinta mia cara, non so come tu abbia fatto, ma stai aspettando un bambino. Alla tua età sì, sembra impossibile anche a me ma è proprio così e adesso devi decidere che cosa fare...-
Sentire Francesca dirlo ad alta voce, la portò finalmente a realizzare la grandezza della cosa.

Era incinta...

Alla sua età, per qualche miracolo o forse perché il destino alla fine prende sempre il sopravvento, la cosa più impossibile e paradossale che potesse accadere, era diventata una realtà.
- Di..di quanto? -
Vide Francesca controllare le analisi.
- A giudicare da queste direi poco più di un mese, sei ancora agli inizi ma mi sorprende che non te ne sia accorta...-
- Ma come facevo ad accorgermene? Ho 51 anni, a questa età più che una gravidanza, ti ho detto, pensavo di avere la gastrite o l'inizio della menopausa, non avrei mai pensato a...-

Si portò una mano alla bocca mettendo insieme i piccoli sintomi che aveva ignorato.

- Camilla...questo vuol dire che non lo terrai? -
- Che...che cosa? - lo sguardo della professoressa era spaesato.
- Tesoro...- prese la mano dell'amica – come hai detto bene, hai 51 anni e una gravidanza a questa età è altamente rischiosa, lo sai, oltretutto, se non ho capito male, tu e Gaetano vi siete...come dire... presi una pausa, anche se questa cosa me la devi spiegare perché non mi è chiara...-
Si bloccò tentando di riprendere il filo del discorso precedente.
- Sei ancora all'inizio, a questo punto saresti ancora in tempo per...-
- Stai dicendo che sono ancora in tempo per abortire? - la voce le tremava mentre vedeva Francesca abbassare lo sguardo.

Era vero, la gravidanza sarebbe stata pericolosa, poteva non riuscire a portarla a termine, poteva avere complicazioni con il bambino, praticamente era tutto contro di lei, persino Gaetano.

Eppure...

Eppure quella piccola vita era stata concepita per amore, un miracolo su un milione quando proprio pochi giorni prima, dopo quel discorso fatto con lui, si era messa il cuore in pace.

Eh no, non ci stava.

Non ci sarebbe stata, non stavolta.

Lo aveva sentito quel bacio in ospedale, non se lo era sognato.
Lì per lì era troppo sconvolta per arrivarci ma a mente quasi fredda, era riuscita a ragionare.
Il suo cervello spinto dalla disperazione ora dopo lo shock iniziale stava cominciando a mettere a fuoco tutto.
Aveva percepito che Gaetano non era in lui, qualcosa doveva essere successo, non era possibile che un uomo che il giorno prima le aveva proclamato che lei era la sua felicità, subito dopo le dicesse che voleva del tempo da solo.
Fino a quel momento era stato tutto un sogno, si erano lasciati quella mattina come sempre e lui...lui era arrivato a lavoro e la Lucianona aveva detto che in ufficio era di buon umore fino a quando non erano arrivati Marco e De Matteis.

Il cambio repentino di Gaetano era cominciato dopo il loro arrivo.

Non era possibile che stesse pensando di rimanere da solo da un po' e lei non ci stava ad accettarlo.
Qualcosa dentro di lei, o in questo caso avrebbe potuto facilmente dire “qualcuno dentro di lei”, le diceva di non fermarsi alla superficie, di non abbandonarsi alla disperazione ma di scavare fino in fondo perché quella che lui le aveva detto, non era la verità, non poteva essere la verità.

 E anche se il cervello, la sua parte razionale e la sua dignità le urlavano di metterci una pietra sopra e farsene una ragione, Camilla era molto più propensa ad ascoltare la vocina che proveniva dal suo cuore.
- Tu...non ci pensi nemmeno ad abortire, ho ragione? - Francesca la guardò con un sorriso.

Anche le labbra di Camilla si piegarono mentre negli occhi qualcosa era cambiato.

- Lo hai detto tu, era una possibilità su un milione, solo io potevo riuscirci, e se adesso è capitato, vuol dire che era destino...- prese le analisi dalle mani della dottoressa e le guardò - non ci penso neanche a fuggire dal destino, lo ho fatto per più di dieci anni...adesso basta scappare.-
Francesca si sedette accanto a lei.
- E allora credo che ci sia qualcun altro che, nonostante tutto, dovrebbe essere informato...-
Camilla la guardò ma un'ombra di timore si stava facendo strada in lei.
Era vero che voleva capire cosa fosse successo ma se Gaetano pensava tutto quello che le aveva detto, lei non avrebbe accettato mai e poi mai che fossero tornati insieme solo per dovere.
Al solo pensiero che l'uomo avesse veramente cambiato idea su di loro sentiva tutto il suo corpo ribellarsi...probabilmente la piccola vita che stava proteggendo, non era molto contenta di questa possibilità.


 

Un guaito di Potty la riportò alla realtà mentre udì dei rumori provenire da fuori e si alzò per andare alla finestra.
Eccolo lì il lupus un fabula, Gaetano era appena rientrato, sembrava distrutto con la testa abbassata e la camminata incerta.
Voleva disperatamente parlargli, capire, ma sapeva che tre emozioni così forti nello stesso giorno, specialmente nel suo stato, non le avrebbero fatto bene per cui a malincuore si staccò dalla finestra, appoggiandosi al muro accanto.

Si guardò la pancia che ancora era invisibile.

- Non possiamo andarci adesso, io non sono in condizione di avere un colloquio normale e tu devi startene qui, dobbiamo rilassarci tutti e due...-
Potty abbaiò.
- No Potty, stavolta non stavo parlando con te...-
Si distese nuovamente sul letto.
- Domani passeremo in commissariato di nuovo, succeda quello che succeda, dobbiamo riuscire a capire ...- portò una mano alla pancia guardandola con un piccolo sorriso.
-Lo so che sei lì dentro già da un po', ma domani ti porto formalmente a conoscere il tuo papà...vedrai che andrà tutto bene..- il suo sguardo si perse nel vuoto mentre emetteva un sospiro - deve andare tutto bene ...-
Potty le si avvicinò appoggiando la sua testolina proprio all'altezza dell 'addome di Camilla e emettendo un flebile suono.
- Hai visto Potty? Avrai un fratellino o una sorellina...dai ora dormiamo.-
Abbracciò il cane che sembrava non volersi spostare dalla sua pancia come a voler proteggere anche lui quel miracolo mentre la donna cadeva in un sonno profondo stremata dagli eventi.

 


 

Il mattino del giorno seguente aveva un colore incerto.
Il cielo era nuvoloso e l'aria si stava rinfrescando, erano appena le otto e avrebbe potuto dormire un pochino di più ma per la prima volta in quasi due decadi, Camilla venne svegliata da una sensazione che la riportò indietro nel tempo di vent'anni e la fece correre in bagno per svuotare il contenuto del suo stomaco.

Non era più abituata.

Rimase seduta per terra appoggiata al muro tentando di riprendere aria, ancora scossa dagli spasmi.
- No..non ho proprio più l'età e se il buongiorno si vede dal mattino...- respirò a pieni polmoni un altro paio di volte sentendo che il suo corpo si stava calmando - ehi tu...con calma eh, guarda che hai una mamma che non ha più il fisico quindi ti prego, fai il bravo...o la brava non lo so...insomma...siamo intesi?-
Chiuse gli occhi come se si aspettasse una risposta...che arrivò con un rumore proveniente dal suo stomaco.
- Ah hai capito, e adesso avresti anche fame? Prima mi hai fatto vomitare anche l'anima e ora vuoi che mangi? Ok allora facciamo così, io vado a fare colazione ma mettiamoci d'accordo che quello che mangio lo teniamo nello stomaco, va bene? -
Aspettò qualche altro secondo.
- Chi tace acconsente...-
Si alzò da terra lottando contro un giramento di testa e dopo essersi lavata il viso andò verso la cucina.

Livia era già in piedi, come sempre dato che faceva mangiare la figlia molto presto.
- Mamma, stai bene? Ti ho sentito in bagno prima...-
Ma perché doveva avere una figlia a cui non sfuggiva niente?
Non poteva ancora dirle nulla di tutta la storia o sicuramente sarebbero venuti a saperlo anche Renzo, Carmen e il resto del mondo.
- Sì tesoro tranquilla, ieri con Francesca abbiamo ordinato del cibo cinese e forse qualcosa mi ha fatto male, ma ora con una bella colazione mi passa...- sorrise la madre mentre guardava Livietta asciugare Camillina con il bavaglino.
Avrebbe dovuto prepararsi la colazione ma si imbambolò a fissare le due con aria sognante, il viso poggiato su una mano, mentre per la prima volta immaginò di essere al posto della figlia ad imboccare...chissà se era maschio o femmina...
- Mamma? Mamma? Sei sveglia? -
- Eh? Ah, sì...no è che..siete così belle, mi fate quasi commuovere...ma come mi prende male certe volte...-
Dannati ormoni, le stavano venendo gli occhi lucidi.
Livietta sorrise divertita.
- Allora immagino tu abbia fatto pace con Gaetano...anche se sei un po' più strana del solito, ma non in senso negativo eh...-
Ma da chi lo aveva ereditato questo senso di osservazione sua figlia?
Va bene, questa era una domanda retorica.
Però Camilla dovette ammettere che al sentire pronunciare il nome di Gaetano la invase un'ondata di tristezza.
Se ci fosse stato lui con loro quella mattina, allora sì che sarebbe stato tutto perfetto.
Se lo immaginava già a girarle intorno chiedendole mille volte come stava, non facendola neanche alzare dalla sedia, preparandole qualsiasi cosa avesse voluto da mangiare ma nello stesso tempo cercando sul cellulare tutti i cibi consigliati durante la gravidanza...sarebbe stato premuroso fino all'inverosimile.

No, il suo Gaetano non era quello del giorno prima, non poteva crederlo.

Va bene, in una parte del suo cuore c'era il timore che fosse vero, che lui si fosse stufato del fatto che Camilla bene o male facesse come le pareva, soprattutto quando si intrometteva nei casi a cui Gaetano lavorava, ma alla fine quei due mesi circa passati insieme quasi in simbiosi le dicevano tutt'altra cosa.
Prima avrebbe avuto paura, si sarebbe sentita persa, insicura, sconfitta e frustrata.
Ma stavolta era diverso.
Stavolta era stato lui a ricostruirla, era con lui che stava creando un percorso dove entrambi avevano trovato un equilibrio sostenendosi e non ci stava, dopo tutto quello che c'era stato, non avrebbe accettato la cosa fino a quando lui non le avesse detto chiaramente almeno che non la amava più e guardandola negli occhi.

Al solo pensarlo sentì il gelo invaderla.
E se glielo avesse detto?

Non voleva che poi tornasse da lei solo per dovere, anche se ricordandosi di Tommy con la sua ex moglie, magari sarebbe stato presente e basta senza che loro fossero insieme sul serio.

Eh no, basta, questi pensieri le facevano malissimo!

- Tesoro, io e Gaetano non abbiamo litigato, lui è solo impegnatissimo perché ci sono problemi con un caso...e ora fammi preparare la colazione che poi vado in commissariato..-
Non voleva assolutamente coinvolgere nessuno in quella storia, sarebbe andata fino in fondo da sola e senza che gli altri si accorgessero di nulla.

Non doveva farlo solo per lei ormai.

 

Due ore dopo, si trovò in macchina davanti al commissariato.
Una delle due gambe si muoveva senza riposo per scaricare l'ansia mentre tentava di prepararsi un discorso per affrontare Gaetano e riuscire in qualche modo a capire da lui cosa c'era di vero nella “pausa” che aveva detto di voler prendere.
- Allora, io parto e dico, “Gaetano, lo so che mi hai detto che hai bisogno di tempo ma io ti devo parlare!”...no, no così non va, mi butta fuori sicuramente subito, poi magari lì c'è anche De Matteis...-
Accantonò quell'idea continuando a pensare.
- Oh, Gaetano, proprio te cercavo, sai un malintenzionato mi ha rubato il portafoglio e...-uno sbuffo - sì e così mi manda dai colleghi della municipale...-
La gamba che si muoveva freneticamente non accennava a fermarsi.
- Ok basta, io entro e poi improvviso!!! -
Scese dalla macchina e si avviò dentro il commissariato quasi contenta di non scorgere nessuna faccia familiare.
Improvvisamente sentì la voce di Gaetano e colta di sorpresa, invece di andare da lui, si nascose dietro un angolo aiutata anche da una vistosa pianta messa proprio lì.

Lo vide come mai lo aveva visto prima.

Aveva gli occhi quasi gonfi, sembrava non avesse dormito, emetteva un'aria cupa ed era talmente nervoso da far stare tutti almeno a tre metri da lui.
Non riusciva a riconoscerlo e le faceva quasi paura.
Poi dalla parte opposta del corridoio, udì provenire un'altra voce maschile familiare.

- Ti stavo cercando...-

Approfittando di quella pianta salvatrice, Camilla si voltò verso Marco, che guardava Gaetano con un'espressione estremamente seria, perfetto specchio di quella del vicequestore, il quale però subito dopo cominciò a camminare verso il suo ufficio rispondendogli senza guardarlo.
- Marco, non ora, non è il momento...sono...-
- Si tratta di Camilla...-
Quelle parole bloccarono Gaetano che gli gettò uno sguardo talmente gelido da pietrificarla.
Abbassò gli occhi.
- Vieni...-

Camilla li seguì prima con lo sguardo, poi quando li vide entrare nell'ufficio di Gaetano e chiudere la porta, conoscendo ogni angolo di quel posto, si avvicinò alla seconda porta dell'ufficio del vicequestore e senza fare il minimo rumore girò la manopola per aprirla leggermente.
Forse aveva trovato un modo per capire qualcosa senza dover chiedere direttamente alla fonte...

Grazie alla porta socchiusa sarebbe riuscita a sentire tutto.

Nell'ufficio di Gaetano, sembrava di essere tornati a poco più di un anno prima, quando lui e Marco si erano incontrati a Roma per la prima volta.
C'era la stessa atmosfera fredda con una tensione palpabile.
Fu Gaetano il primo a interrompere la lotta di sguardi sedendosi e portando entrambe le mani sulla faccia per poi farle scorrere sulle tempie massaggiandosele.
Erano due notti che non chiudeva occhio e l'umore era pessimo, con le indagini erano in alto mare e ora ci si metteva anche Marco.
- Allora, che mi devi dire di Camilla? -
- Abbastanza cose in realtà, a cominciare dal chiederti come mai due giorni fa la hai lasciata a pranzo con me...-
Gaetano non lo guardò nemmeno.
- Avevo da fare con tuo fratello, non potevo fermarmi...-
- Sono balle e lo sai...-
- Che cosa vuoi Marco? - il tono era quasi spazientito.
Marco invece lo stava guardando come uno che voleva capire quanto potesse spingersi dato che Gaetano non scuciva mezza informazione.
Assunse dunque un'aria di sfida.
- Oggi vedo Camilla...ci andiamo a prendere un Vermouth -
Vide la testa del vicequestore scattare a guardarlo come se gli avesse appena estratto davanti alla faccia una pistola, anche se poi riprese il controllo quasi subito.
- Congratulazioni...- rispose sfoggiando un sorriso amaro.
- Che vuol dire questa risposta? Mi pare che stiate insieme no? -
- La risposta vuol dire che Camilla può vedere chiunque vuole...-
E Marco appoggiò entrambe le mani alla scrivania di Gaetano sporgendosi verso di lui.
- Mi stai dicendo che non avresti problemi se io andassi con la tua fidanzata a bere un Vermouth, dopo tutto quello che so? -
- Non stiamo più insieme...- non era riuscito a dirlo a voce troppo alta, già così era una tortura enorme per lui.
- Che cosa hai detto? -
- Senti Marco, te lo devo scrivere sul muro? -
L'uomo non poteva credere alle sue orecchie.
- E' stata lei? -
Gaetano dopo il la risposta stizzita, era tornato a massaggiarsi le tempie.
- Sono stato io...-
E se possibile la faccia di Marco si piegò in un'espressione ancora più scioccata.
- Tu sei fuori di testa...ma come ti è venuto in mente? Sei innamorato pazzo di quella donna, lo so, lo ho visto quindi non me la racconti giusta...cos'è, Paolo ti ha attaccato la filosofia del “le donne sono solo una grana”? Non ci credo, non ci posso credere...-
- Non penso di doverti dare spiegazioni!!- sbottò Gaetano.
- E invece sì...c'è qualcosa sotto, non è possibile...non ha senso...-
Marco aveva cominciato a camminare avanti e indietro per lo studio sembrando quasi un indemoniato.
Improvvisamente si fermò.
- Tu lo hai fatto per la soffiata!! -
A quell'affermazione Gaetano sbarrò gli occhi.
- Ma certo, che stupido, come ho fatto a non pensarci prima...- ritornò davanti a Gaetano in piedi e posò nuovamente le mani sulla scrivania- siccome non sapete se questi qui ce l'hanno con te o con Sabrina, hai deciso che Camilla doveva allontanarsi e la hai lasciata perché se avesse saputo tutto sicuramente si sarebbe ficcata in qualche guaio come al suo solito...deve essere così! -
- Non so di cosa tu stia parlando...-
Ma Gaetano ora era rigido sulla sedia, le braccia incrociate e lo sguardo vacillante.
Marco fece un sospiro e lo fissò serio.
- Sono ancora innamorato di Camilla...-
L'unico movimento di Gaetano furono di nuovo gli occhi che allargò per un attimo prima di chiuderli.
- Lo immaginavo - rispose con voce quasi incolore, anche se si percepiva la sconfitta nelle sue sfumature.
- Se tu la lasci, io ci riprovo -
Nessun cambio di posizione, Gaetano sembrava di pietra.
- Padronissimo di farlo -
- E poi la riporto a Roma e ti mandiamo una scorta di vino dal mio vigneto...-
- Ricordati il mio preferito allora..-
Marco continuava a scrutarlo, due azzurri diversi, uno che cercava di leggere l'altro che era chiuso ermeticamente.
- Non ti importa sul serio? Dopo tutto quello che avete passato, che tu hai passato, non ti importa? -

E in un secondo, l'aria cambiò completamente.

Gaetano si alzò come una furia, la mossa fu talmente repentina che la sedia quasi si capovolse.
- Ma che cosa vuoi che ti dica eh? Che solo per quello che hai detto ti ammazzerei di botte? Che sono stato un deficiente perché non ho calcolato che ci sarebbero potute essere conseguenze del caso di Roma qui a Torino e mi sono illuso di poter finalmente cominciare a vivere anche io? Che io senza di lei non ci so stare? -
Sbatté una mano sul tavolo e poi cominciò a camminare.
- Vuoi che ti dica quanti caffè mi sono preso per cercare di non dormire perché appena chiudevo gli occhi vedevo Camilla freddata da colpo di pistola in mezzo ad una pozza di sangue? O come sto male ogni dannato minuto da quell'infernale momento in cui tu e tuo fratello siete arrivati qui a darmi la fantastica notizia che c'è gente che forse mi odia così tanto da puntare ai miei affetti più cari? -
Nella foga del discorso Gaetano era arrivato al divanetto e ci si era buttato sopra passandosi una mano sugli occhi.
- Non hai idea del mio inferno, di come mi manchi l'aria...ma che dovevo fare? Dimmelo eh, tu che sei lì a fare l'ironico e lo spavaldo, che cosa avresti fatto tu? La conosci e lo sai che se glielo avessi detto non solo non si sarebbe tenuta alla larga, ma magari avrebbe pure indagato per conto suo! Che cos'altro potevo fare? -
Marco abbassò lo sguardo, non aveva tutti i torti, mentre la voce di Gaetano diventava amara.
- Sono stato un ingenuo, con tutto il casino di Roma, io senza pensare a possibili ripercussioni, non facevo altro che sperare di poter finalmente stare con la donna che amo da sempre...e adesso ne sto pagando le conseguenze...quindi vai, bevici un Vermouth portatela il più lontano possibile da qui e lasciami in pace! -
Per la prima volta lo sguardo di Gaetano era rassegnato.
- Almeno saprò che è al sicuro...perché posso accettare di non vederla, non abbracciarla....purché stia bene. Ma se le succedesse qualcosa io...-

E quella frase non riuscì a finirla.

Ritornò alla sua scrivania e dopo aver risistemato la sedia, si sedette nuovamente tentando di ritrovare la calma prendendosi le testa tra le mani.
- Se hai altro da dirmi, fai pure, in caso contrario io devo continuare investigare su dove sono questi bastardi. -
Marco lo guardò triste, era stato investito dalla totale disperazione che c'era nelle parole del vicequestore e anche se in cuor suo era vero che per Camilla avrebbe sempre provato qualcosa di forte, quell'uomo che aveva davanti la amava di un amore talmente immenso che tutto il resto scompariva.
- Ne uscirete fuori...lo so che ce la farete...e comunque a parte la verità sull'uscire oggi con Camilla, non penso di fare nulla di quello che ho detto.-

Non cambiava niente per Gaetano, ma una parte del suo cuore si sentì sollevata.

- Ti prego solo oggi, di...di guardarti intorno quando siete insieme. Non so se c'è qualcuno che segue me, ma ho paura che in ogni caso, nonostante la piazzata di ieri in ospedale, potrebbero ancora avere dei dubbi...-
- Farò tutto quello che posso...e scusami..-
- Non importa, forse avevo bisogno di sfogarmi...certo che farlo con te è veramente il colmo..-
- Beh, sai a volte troviamo più facile aprirci con chi non ci è direttamente accanto...-
Un mezzo sorriso sul volto di entrambi.
- Già...-


Camilla era rimasta congelata.
Mentre ascoltava il dialogo dei due uomini per qualche minuto all'inizio aveva avuto veramente paura che Gaetano non provasse nulla, non poteva vedere il suo volto ma le risposte erano state una più tagliente dell'altra e lei stava lentamente cadendo nella disperazione, fino allo scoppio.
E se solo qualche secondo prima sentiva le gambe che la volevano far fuggire via da lì per non ascoltare più quella tortura, quando Gaetano aveva iniziato a sfogarsi, era rimasta immobile sul posto.
Aveva percepito tutto il suo corpo contrarsi e non era riuscita a muovere un muscolo.
Solo un enorme, immenso peso sullo stomaco che minacciava di salire fino agli occhi e che le impediva di respirare normalmente.
Non sapeva se piangere dalla felicità o dalla disperazione.
Aveva ragione a pensare che ci fosse qualcosa sotto, ma non avrebbe mai immaginato una cosa del genere e soprattutto, ascoltare per la prima volta in assoluto Gaetano parlare così apertamente dei suoi sentimenti e del suo dolore aveva avuto su di lei un effetto devastante.
Appena lo sentì crollare sul divano, una forza si era impossessata del suo corpo in maniera quasi inconscia e la incitava a aprire quella porta prenderselo tra le braccia e non lasciarlo solo neanche mezzo secondo.
Ma poi si costrinse a fermarsi, mettendosi una mano sul ventre e prendendo respiri profondi.
Non aspettò che Marco lasciasse l'ufficio di Gaetano prima di allontanarsi ed uscire dal commissariato.

L'aria fresca dipanò la sua valanga di riflessioni anche se il respiro ancora usciva leggermente affannato e il cuore aveva i battiti accelerati.

Gaetano la aveva lasciata per proteggerla.

Gaetano la amava ancora, forse più di prima.

Per tutto il tragitto la mano non si era mossa dalla sua pancia.

- Vedrai, ci riprendiamo il tuo papà, te lo prometto...in qualche modo ce lo riprendiamo...-
Mentre diceva questo si guardava intorno come a sperare in un aiuto del destino, e proprio in quel momento, Marco stava uscendo dal commissariato.
Camilla spalancò gli occhi.
Si avvicinò a lui che aveva un'espressione scura e sembrava assorto nei suoi pensieri.

- Marco...-

La voce della donna lo ridestò,
- Camilla...- la stava guardando con aria sorpresa e preoccupata.
- Che ci fai qui? -

Il volto di lei era serio e deciso mentre i suoi occhi castani gli entravano dentro.

- Ho bisogno del tuo aiuto...-

 


Mai a starsene buona Camilla eh? Mi sarebbe piaciuto vedere lei e Gaetano indagare insieme ma stavolta Gaetano non è in condizione di indagare lucidamente e beh, Camilla ha preso in mano le redini (dove sta la novità?) e ovviamente decide di far tutto da sola coinvolgendo gente che vorrebbe tanto rimanerne fuori.
Sappiate che la conversazione tra Marco e Gaetano la ho scritta mentre noi discutevamo sul gruppo di come avevamo trovato inverosimili le puntate finali di sesta, se vi arriva frustrazione, delusione, dolore, non so se è Gaetano e sono io che lo ho utilizzato per sfogarmi.
Comunque, povero Gaetano, ormai è uno zombie...ha perso proprio tutto. Quanto mi fa male scriverlo così, speriamo che Camilla invece di aiutare non faccia casini ulteriori che deve star buona...
In tutto questo, ho solo un altro capitolo quasi pronto che spero di poter finire entro Domenica prossima, ma mi metto sotto perché ho avuto recentemente idee per una nuova fanfiction che non comincerò finché non ho finito questa, quindi tocca che mi muova.
Ora, se il ciavattaro non mi togliesse ogni desiderio di scrivere magari...
Grazie ancora per tutto e come sempre, se vorrete e avrete tempo, mi farebbe immensamente felice sapere cosa ne pensate.
Per il resto, ci vediamo la prossima Domenica!!

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici: Keep going ***


Buona Domenica a tutti.
Sono riuscita a finirlo questo capitolo, anche se succede diciamo...tutto o niente.
Ci sono tanti incontri e dialoghi, Camilla e Marco, Camilla e Sabrina, Camilla e Gaetano.
Lo so che il giallo non è la parte che interessa di più, ma un pochino devo per forza portarla avanti.
Per chi ancora la segue, vi dirò che non manca molto alla fine, per cui sarei veramente contenta se vi andrà di rimanere con me e concludere questo percorso.
Grazie veramente ancora a tutti quelli che stanno continuando a leggerla. So che a lungo andare diventa pesante quindi non potete immaginare quanto mi aiuti sapere che c'è ancora qualcuno a cui interessa. Soprattutto ora che praticamente il capitolo lo scrivo nella settimana e quindi è spesso difficile trovare inspirazione.
Grazie, grazie per trovare il tempo di darle uno sguardo e per i commenti.
Senza di voi non ci sarebbe questa cosa qui.
Spero tanto che questo capitolo non vi provochi il sonno però...intanto vi auguro buona lettura.


Capitolo quindici : Keep going

 

- Tu...che cosa?-
Marco non poteva, non riusciva a credere alle sue orecchie.
- Io voglio scoprire chi è questa gente che è venuta per farla pagare a Gaetano e voglio anche trovare dove si nasconde! -

Perché tutto sommato se l'aspettava?

Erano seduti allo stesso bar dove si erano parlati due giorni prima, Marco con davanti un Vermouth, Camilla con succo di frutta, e la donna gli aveva dichiarato i suoi intenti come se fosse la cosa più semplice del mondo.
- E tu come sai tutto questo? -
Domandò, anche se la risposta era intuibile.
- Stamattina ero venuta in commissariato per vedere Gaetano e tu mi hai preceduto...parlavate così forte che...-
- Sì, diciamo che ti sei messa ad origliare...-.
- E quanto la fai lunga, magari mi sarò avvicinata alla porta un po' troppo, ciò non toglie che voglio aiutarli nelle indagini.-
L'uomo poggiò entrambi i gomiti sul tavolino e si portò una mano sul volto.
- Camilla, ma tu ti rendi conto che questa gente va in giro ad ammazzare persone innocenti, vero?-
- Sì - rispose senza un minimo di esitazione.
- E che il tuo adorato vicequestore ha fatto tutto quello che ha fatto ed ora è ridotto peggio di un morto vivente proprio perché non voleva che tu ti immischiassi...-
Sentendo le sue parole fu punta sul vivo e abbassò lo sguardo.
- Lo so...ma non posso fare altrimenti...-
- Potresti, basta che ne tu ne rimanga fuori, vedrai che la risolveranno...-
- Non se ne parla! - aveva persino alzato la voce.
-E se ci andasse di mezzo lui? E se lo ammazzassero? No, io buona buona non ci sto, voglio che sia ben chiaro! Non ho alcuna intenzione di perderlo!-
Marco si raddrizzò prima di fissarla per qualche secondo e poi appoggiarsi alla spalliera.
- Tu non cambi proprio mai eh..- il suo tono sembrava sconfitto.
- Quando ci sono cose importanti di mezzo no, e ho bisogno di un aiuto per avere un collegamento con le informazioni che hanno Gaetano e tuo fratello...non posso chiedere a Torre. -
Camilla invece non si era mossa dalla posizione iniziale, braccia appoggiate sul tavolino, una mano che teneva il bicchiere anche se non aveva ancora iniziato a bere.
L'uomo rimase in silenzio come assorto sul da farsi, un po' sorprendendola dato che lei pensava di riuscire subito a convincerlo.

Doveva dare un ennesimo colpo.

- Senti Marco, io farò questa cosa in ogni caso, senza il tuo aiuto ci metterò solo più tempo e sarò costretta a trovarmi le informazioni da sola...-
Non serviva che glielo dicesse, lui aveva già capito che non la avrebbe mai convinta a desistere.
- E quindi..che cosa vuoi che faccia io? - chiese ormai rassegnato cercando di guardare ovunque tranne che gli occhi di lei.
- Ho bisogno che ti informi su come stanno procedendo, qualsiasi cosa che loro sappiano. Se stanno brancolando nel buio forse non cercano nel modo giusto. Io lo so che Gaetano è capace sicuramente di risolvere il caso in situazioni normali, ma in questo momento non mi sembra abbastanza lucido per farlo dato che sono due notti che non dorme..-
- Hai sentito proprio tutto eh? - commentò quasi divertito.
Ma non era il momento di fare battute e se ne accorse immediatamente perché Camilla non cambiò espressione neanche adesso che gli si era fatta presente la sua curiosaggine.
Sentiva di non avere quasi scampo e sospirò.
- E comunque hai ragione, è sfinito e di umore nero, non è lucido ora e mio fratello lo è anche meno perché a Torino non sa neanche come muoversi...-
- Tu ascolti e poi mi riferisci...-
- Ma tu mi assicuri che te ne stai buona ad aspettare quello che ti dico e non ti metti a girare in posti strani da sola, questo deve essere chiaro...-
- Pensi che potrebbero controllarmi? -
- Io credo che ora come ora pensino che Sabrina, dato che vive con Gaetano e che è la sorella di De Silva, sia più appetibile. Potrebbero pensare di vendicarsi doppiamente.-
Al sentire pronunciare il nome di Sabrina, Camilla ebbe un attacco di nausea e la bocca le si piegò in una smorfia anche se impercettibilmente.
In una parte remota del suo cervello non poteva non pensare che forse se non ci fosse stata lei tutto questo casino non sarebbe successo.
Aveva aggiunto un altro motivo alla lista di ragioni per cui non vedeva l'ora che quella donna ritornasse a Roma.
Al pensiero del processo cominciò a ragionare.
Qualsiasi mossa quella gente avesse fatto, sarebbe comunque stata prima del processo, al quale ormai mancava meno di un mese per cui sicuramente, in un modo o nell'altro chiunque fossero, questi li tenevano sotto controllo.
Probabilmente avendolo saputo solo da due giorni, Gaetano ancora non ci aveva pensato ma...
Avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con qualcuno.

- Camilla, mi ascolti? -
La voce di Marco la riportò alla realtà.
- Sì scusa stavo pensando. Allora guarda facciamo in questo modo, tu mi aiuti a indagare e poi qualsiasi cosa scopriamo, chiami con la tua solita voce da travestito e lasci tutte le informazioni a Gaetano....ti sembra un patto ragionevole? -
E a Marco sembrava la soluzione migliore. Alla fine avrebbe tenuto sotto controllo Camilla, meglio questo che lasciarla indagare da sola, e poi una telefonata a suo fratello e Berardi e la collaborazione sarebbe finita.
Si avvicinò con il viso a lei abbassando la voce.
- Tu lo sai che se i nostri amici vicequestori lo scoprono, il tuo Gaetano mi ammazza e ti chiude in casa agli arresti domiciliari per tutta la vita, mentre mio fratello non farebbe distinzione e ci ammazzerebbe entrambi...vero?-
La donna piegò le labbra.
- Questo è un sì? -
Marco sentendosi sconfitto si accasciò sulla sedia passandosi una mano tra i capelli, poi sospirò guardando la piazza.
- Non mi pare di avere altra scelta...-
E Camilla fece il primo sorriso sincero da quando si erano rivisti.
- Grazie...-



Dopo aver parlato con l'uomo, non sapeva se si sentiva più sollevata o più in ansia.
Aveva avuto la certezza che l'atteggiamento di Gaetano nei suoi confronti era stato forzato dagli eventi, ma sapere che c'era gente che voleva fargliela pagare non la faceva stare tranquilla.
Tornando a casa si era fermata al parco del Valentino, aveva bisogno di riflettere con calma, di ritrovare il suo acume nelle investigazioni anche se purtroppo non aveva niente su cui basarsi a parte le poche informazioni che le aveva raccontato Gaetano.
Se quella gente aveva ammazzato il fratello di Sabrina voleva dire che in ogni caso sapevano dove trovarlo.
Però era stata una mossa veloce, come un avvertimento.
Da quello che aveva capito stavolta invece, Gaetano lo aveva saputo due giorni prima ma loro erano qui da un po', e quindi se finora non avevano fatto niente...

- Pensa Camilla...pensa..-

Se avessero voluto ammazzare Gaetano, vendicarsi di lui, sarebbe stato logico arrivare, farlo il più presto possibile e poi sparire di nuovo e invece stavolta erano in giro già da settimane senza aver fatto nulla.
Potevano star cercando di capire chi erano le persone più vicine a Gaetano per trovare chi colpire?
In quel caso di certo tenevano sotto controllo il commissariato ma anche casa sua.
E c'era un'unica persona che poteva sapere qualcosa dei movimenti intorno a casa loro.
Si alzò dalla panchina dove si era seduta in maniera un po' troppo improvvisa e questo le causò un giramento di testa.
- Ehi, non facciamo scherzi li sotto, abbiamo da lavorare, mi serve cooperazione che sennò rimaniamo senza papà, ok? -

Ritornò in macchina dirigendosi verso casa con un obiettivo ben chiaro in testa.
Appena parcheggiato, invece di salire, si avviò verso la guardiola del portiere.

- Gustavo? -
- Oh professoressa! Mi dica, cosa posso fare per lei? -
Sicuramente se c'era qualcuno che non si faceva mai gli affari suoi, era il portiere del loro condominio, intanto sarebbe partita da lui.
- No senta mi chiedevo se ultimamente avesse notato cambiamenti in giro da noi...non lo so, ci sono stati nuovi trasferimenti? -
L'uomo la guardò con aria interrogativa.
- Trasferimenti qui? No non mi pare...anche se veramente io vorrei andarmene sa..-
No, se Gustavo cominciava a parlare non ne sarebbe uscita più, doveva cercare di riportare la conversazione su altri lidi con gentilezza.
- Ma come, non si trova più bene con noi?- chiese con finto interesse.
- Eh, insomma, mi piacerebbe andare via, magari se vincessi alla lotteria, mi piacerebbe molto poter lasciare il lavoro, poi comprarmi una di quelle macchine sa..quelle nere con i vetri scuri che fanno molto vip... anche qualcuno da noi deve averla comprata e quando la ho vista ho pensato che era la macchina dei miei sogni, e poi cambiare casa...-
Una macchina nera con i vetri scuri?
Camilla sentì suonare un campanello.
- Ah ma davvero? Non ho presente, ma che tipo di macchina sarebbe? -
- Ah guardi aspetti, vediamo se c'è ora...no non la vedo. Ho sempre cercato di scoprire di chi era per chiedere dove la avessero comprata, ma finora non sono riuscito a intercettare il proprietario. Comunque devono averla comprata da poco, neanche due mesi...e di certo abitano qui perché la vedo ogni giorno..ah, come vorrei comprarmene una anche io e poi andarmene in giro facendo credere a tutti...-
- Sì Gustavo, aspetti un attimo, torniamo sulla macchina perché vede anche a me piacciono molto quel tipo di automobili. Mi dica un secondo, rimane sempre allo stesso posto?-
- No, cambia, comunque deve essere di qualcuno che abita qui per forza perché ormai riconosco tutte le macchine dei condomini e quella mi è saltata subito agli occhi...-
Non era un po' strano che da poco meno di due mesi ci fosse una macchina con i vetri scuri spesso parcheggiata intorno al suo condominio?
Non poteva essere una coincidenza, il problema è che non sarebbe stato opportuno in ogni caso, anche se la avesse scorta, farsi scoprire a guardarla.
I vetri scuri impedivano di vedere chi c'era dentro e se lei la avesse fissata e qualcuno fosse stato nella macchina, sicuramente avrebbe attirato l'attenzione.
Ma ora che aveva questa informazione almeno poteva cominciare le sue ricerche.
- Grazie tante Gustavo- sorrise -mi è stato di grande aiuto, e non ci lasci troppo presto eh! -
- Oh si figuri professoressa...ma in cosa le sono stato d'aiuto?-
- Devo andare, mi scusi ma ho una giornata pazzesca, arrivederci eh! -
 

Mentre si avviava verso il portone lasciando un curioso Gustavo alle sue spalle, Camilla si sentì soddisfatta di questa prima scoperta, ora doveva solo aspettare le notizie da Marco, ma intanto continuare sulla pista di questa misteriosa macchina nera con i vetri scuri che stava davanti il suo condominio.
Non sapeva se la direzione che aveva preso era giusta, però da qualche parte doveva cominciare.
Avrebbe voluto fare molto di più ma in quel momento di certo non aveva quasi niente in mano e non c'erano basi per muoversi.
Sperava solamente di riuscire a scoprire qualcosa a breve perché il tempo incombeva.
Immersa nei suoi pensieri non si accorse mentre apriva la porta dell'ascensore al suo piano, che Sabrina stava uscendo dall'appartamento di Gaetano.
Le due donne si fissarono per qualche secondo prima che Camilla la salutasse con un sorriso tirato.
- Ciao Sabrina, stai uscendo? -
Onestamente, dato il non proprio idilliaco rapporto tra le due, Sabrina non si aspettava quella domanda.
- Sì, cioè no, in realtà abbiamo finito lo zucchero quindi pensavo di andarlo a comprare...lo so che non dovrei uscire sennò Gaetano si arrabbia ma insomma, lui è troppo protettivo, in fondo devo solo arrivare all'angolo.-
L'aggettivo "protettivo" era stato molto enfatizzato e non era assolutamente sfuggito a Camilla, che però invece risponderle male, sorrise guardando nel vuoto.
- Hai ragione, è troppo protettivo...-
Non accorgendosi affatto che la donna non si stava riferendo a lei, Sabrina continuò.
- Eh, ma guarda, non puoi immaginare...praticamente se potesse non mi lascerebbe mai sola..-
Quella battuta fece tornare in sé Camilla che sentì una voglia incredibile di rispondere a tono ma evitò, sebbene nelle sue parole si poté percepire un forte sarcasmo.
- Beh allora senti, non facciamolo preoccupare, ti do io lo zucchero, vieni un attimo dentro che lo prendo -
Nella sua testa Camilla si ripeteva di essere gentile, di ricordare le parole che Gaetano aveva detto quella mattina.

Doveva ammetterlo, fino a quel momento, con la storia del bambino, lei si era comunque sempre leggermente sentita in svantaggio o meglio incompleta nei confronti di Sabrina.
Ma adesso le cose erano diverse, era vero che Gaetano aveva preso una decisione drastica ma Camilla sapeva la ragione che c'era dietro e aveva la prova vivente, beh, quasi vivente, che il destino era dalla sua parte.
Mentre cercava lo zucchero in cucina, vide Sabrina sedersi sul divano e guardarsi intorno.
Tornando da lei con un barattolo, glielo porse mentre si accorse che la donna non accennava ad alzarsi.
- Hai bisogno di altro?- chiese mentre la vedeva stringere lo zucchero guardando per terra.
- Senti Camilla...io non so bene cosa stia succedendo tra te e Gaetano, ma ultimamente mi sembra di capire che ci siano problemi..-
E questa era una conversazione che Camilla non avrebbe mai voluto fare, tanto meno con lei.
- Io non credo che siano affari che ti riguardino...- la donna dovette stringere i pugni per trattenersi dal buttare l'altra fuori di casa.
- No, lo dico perché tre giorni fa, quando sei venuta a noi, lui era dentro ma mi ha detto di dirti che era a lavoro...-
Allora era come pensava, quel giorno Gaetano c'era e si era fatto negare.

Ricordati che ti ama, ricordati di cosa ha detto a Marco, stai calma.

- Beh sai, capita spesso di avere momenti difficili in una coppia e comunque ti ripeto, non credo che siano affari tuoi...-
Sabrina, che fino ad allora aveva evitato di incontrare il suo sguardo alzò il viso per fissare Camilla, sulle sue labbra un sorriso alquanto fastidioso.
- Sai...ho deciso che probabilmente anche dopo la fine del processo, non tornerò a Roma..-
Un rivolo di sudore freddo percorse la schiena della professoressa a sentire quelle parole, non sapeva se chiederle o no il perché anche se andando a fiuto non era difficile immaginarselo.
- Vorrei...rimanere qui con Gaetano, lo vedo come mi guarda e come si preoccupa per...lui...- disse indicandosi il pancione.
- E poi hai visto anche tu la faccia che ha fatto qualche giorno fa...io credo che desideri un bambino più di ogni altra cosa...-

Respira, non la puoi strozzare che sennò finisci in galera....

Quasi automaticamente si portò la mano sulla sua inesistente pancia, cosa che Sabrina notò ma che intese in tutt'altro modo.
- Vorresti veramente privarlo di questa felicità? -
- E tu cosa ne sai di quello che lo rende felice? -
Camilla tentò con tutte le sue forze di non far presente il fatto che il bambino che la signorina avrebbe avuto non era di Gaetano. Anche perché alla fine era cosciente che si può crescere un figlio con amore anche se non si è i genitori naturali, e sebbene in quel momento si sentisse insultata dall'altra, non voleva scendere al suo stesso livello facendo leva sul fatto che Sabrina fosse stata lasciata in tronco.
- Hai ragione, forse non posso saperlo del tutto, ma se ti sta evitando adesso è evidente che probabilmente neanche tu ora sai cosa lo rende felice..-

E su quello si sbagliava, si sbagliava di grosso perché sapeva senza ombra di dubbio che lei e Gaetano erano una cosa sola e non aveva dubbi che insieme fossero talmente tanto felici da far invidia al mondo.
Adesso c'erano problemi da risolvere, cose difficili che li avevano divisi ma non era l'amore quello che mancava.
Gaetano glielo aveva detto chiaramente, lei era la sua felicità e dopo tutta la conversazione ascoltata in commissariato, sapeva senza ombra di dubbio che ormai non potevano più fare a meno l'uno dell'altra.

Per questo ora lui stava male.

Per questo, stavolta sarebbe stata lei a salvarlo.

Se lui la aveva salvata da sé stessa quando lei era ridotta l'ombra della donna che tutti avevano conosciuto, dilaniata dalla rabbia e dalla frustrazione, adesso sarebbe stato il suo di turno.
In qualche modo ce l'avrebbe fatta.
Intanto per ora, avrebbe dovuto mandare via la donna che aveva di fronte o le sarebbero salite le manie omicide.
- Senti, non ho voglia di discutere con te e tanto mento di Gaetano, sei quasi a fine gravidanza, concentrati su questo...-
Sabrina si alzò dal divano dirigendosi verso la porta con un'espressione quasi soddisfatta.
- Sì hai ragione, facciamo nascere questo bambino, e tu magari rifletti sulla nostra chiacchierata...ah grazie per lo zucchero!-
Dopo aver udito il rumore della porta di casa che si chiudeva, colta da una rabbia quasi incontrollabile Camilla prese il primo libro che aveva sottomano lo scaraventò verso l'entrata.

- Calma, calma, respira. Qui va a finire che arrestano me...-

Il resto della mattinata lo passò tentando di rilassarsi lanciando ogni tanto un occhio al telefono sperando di ricevere notizie da Marco, anche se probabilmente almeno fino al giorno seguente non ne avrebbe avute.

In realtà la sua previsione era anche fin troppo ottimista.


Marco dal giorno della conversazione con Camilla, ogni sera quando il fratello tornava in hotel, tentava di scoprire qualche informazione in più ma puntualmente quello che riusciva a scucire dalla bocca di Paolo era troppo poco per poterlo raccontare a Camilla.
L'unica cosa che aveva capito era che Gaetano stava quasi dando di matto, ma non avrebbe mai potuto dirlo alla professoressa o sicuramente lei avrebbe voluto prendere l'iniziativa di cercarsi informazioni da sola.
Inoltre non sapeva perché ma aveva la sensazione che Paolo fosse molto più parco del solito riguardo il caso negli ultimi tempi.
Sì va bene, gli aveva detto che aveva visto Camilla, ma gli aveva anche assicurato che non era successo nulla e soprattutto che la cosa non lo aveva minimamente toccato, eppure Paolo lo guardava ancora con diffidenza.
Dopo poco più una settimana senza essere riuscito a carpire nulla al fratello, Marco si ritrovò di nuovo al commissariato.
Se non poteva essere Paolo, avrebbe cercato di scoprire qualcosa alla vecchia maniera.

Poco prima di arrivare all'ufficio di Gaetano, apparì proprio l'uomo che faceva al caso suo.

- Torre! - esclamò con un sorriso soddisfatto mentre metteva una mano sulla spalla all'ispettore che aveva invece la faccia di uno che voleva solo rinchiudersi in casa buttare la chiave.
- Che faccia che hai amico, che succede, il capo di è cattivo umore? -
Lo aveva detto in modo scherzoso ma la domanda doveva aver colpito l'altro in maniera profonda perché abbassò lo sguardo.
- Eh...ormai sono giorni che è di cattivo umore e non riesco a portargli una notizia decente...sto proprio diventando vecchio -
- Non è vero, smettila..- si avvicinò la Lucianona che lo guardava con amore e preoccupata.
- Lo scusi signor Visconti, mio marito ultimamente si butta troppo giù...non è colpa tua va bene? Anzi, tu stai facendo tutto quello che puoi..-
Lo consolò la moglie mentre gli metteva una mano sulla spalla accarezzandola.
- Non faccio abbastanza...- la voce di Torre era ormai sul punto di cedere.
- Ma scusa, pensa - disse la Lucianona - chi ha scoperto che intanto quelli venuti da giù sono solo due? -
- Sono...stato io...-
- E chi è riuscito a trovare l'albergo dove stavano e farsi persino dare la copia dei documenti? -
- Sì ma erano nomi falsi!! Documenti falsi! - invece di aiutarlo, sembrava quasi che qualsiasi cosa gli si dicesse, lui riuscisse a trovare il lato negativo.
- Sì...però le foto sono quelle...e adesso le stanno confrontando con il database che abbiamo per vedere se sono schedati...-
- Ma non è abbastanza! Lo vedi come sta il dottore, non lo ho mai visto così e ogni giorno peggiora...vado un attimo fuori...-
L'uomo si allontanò mesto mentre la moglie lo guardava triste e preoccupata.
- Ma il vicequestore è veramente così nervoso? - chiese Marco alla Lucianona.
La donna sospirò.
- Neanche io lo ho mai visto così, più passa il tempo e più va peggio, non urla mai perché il dottore è un signore, ma basta un suo sguardo...e credo anche che non dorma molto ultimamente sa? Io entro con qualcosa da mangiare ogni volta perché passa talmente tanto tempo in quell'ufficio che ormai neanche mangia più...-
- Ma questo caso è veramente così complesso? Io so qualcosa da mio fratello ma...-
La Lucianona si guardò intorno prima di avvicinarsi a Marco.
- Lo è, hanno scoperto pochissimo, solo che sono in due e per qualche settimana avevano preso una camera in una pensione, questa è stata una soffiata di alcuni informatori di Roma che Pasquale ancora conosceva...ma quando siamo andati lì ci hanno detto che avevano già lasciato il posto e i documenti che avevano dato erano falsi. Abbiamo le facce ma il database è lungo....Pasquale è andato con le foto in giro ma, temo che ormai lui sia troppo conosciuto per cui anche se qualcuno avesse informazioni, lui sarebbe l'ultima persona a cui verrebbe detto. -
E ora Marco sapeva che avrebbe dovuto in qualche modo ottenere quelle foto.
Mentre erano assorti nel loro discorso la porta dell'ufficio di Gaetano si spalancò e videro l'uomo uscire.
Correzione, videro qualcosa uscire, perché anche se erano passati solo pochi giorni da quando Marco aveva parlato con Gaetano l'ultima volta, a giudicare dalla faccia del vicequestore sembrava che fosse trascorso un anno o più.
Gaetano era irriconoscibile, le occhiaie lunghe, una ricrescita di barba segno che aveva passato almeno una notte se non più in commissariato, e se possibile era anche dimagrito.
I loro occhi si incontrarono.
- Marco...che ci fai qui? - chiese il vicequestore con una voce che quasi non sembrava la sua.
- Ero venuto a cercare mio fratello per chiedergli le chiavi della macchina...se la è di nuovo presa...-
- E' fuori, Baiocco, dove sta Torre? Chiamalo ho bisogno di lui...-
- Subito!! - scattò la poliziotta correndo via a cercare Torre.
- Sei uno straccio...- commentò Marco mentre guardava Gaetano che si avviava verso la macchinetta automatica per prendere quello che doveva essere il trentesimo caffè della giornata.
- Lo so da solo...hai altro da dirmi? -
- No, se mio fratello non c'è me ne vado in hotel in taxi...-
Si apprestò ad andarsene quando la voce del vicequestore lo bloccò.
- La hai vista? -
Non lo guardava, aveva gli occhi persi nel vuoto.
- Tu le abiti di fronte e chiedi a me se la ho vista? -
- Non torno a casa da tre giorni...-
L'uomo si avvicinò a Gaetano che si era messo a fissare il bicchiere vuoto del caffè.
- Torna a casa per qualche ora, rilassati, fatti una doccia...non aiuta nessuno e tanto meno le indagini se ti stanchi fino a perdere lucidità.-
- Non posso, siamo in alto mare ...-
- Dammi retta, sembri uno zombie, allontanati da qui e torna qualche ora a casa, il tempo di una doccia e di un cambio...ogni tanto schiarire le idee fa bene...- disse mentre gli dava una leggera pacca sulla spalla.
Gaetano lo guardò prima che un sorriso sconfitto gli si dipingesse sul viso, era veramente stanco.
- Magari sì...lascio qualche indicazione a Torre e poi un salto a casa lo faccio...-
Un cenno della testa e poi l'uomo rientrò in ufficio seguito dall'ispettore che nel frattempo era arrivato correndo.
Marco prese il cellulare digitando velocemente un messaggio prima di guardarsi intorno.
Conosceva suo fratello, probabilmente una copia delle foto delle persone che stavano cercando era nel fascicolo che Paolo teneva in casa per studiare la sera.
Soddisfatto di quella risoluzione, uscì dal commissariato con l'idea di recarsi nel loro hotel.
 


 

Erano passati giorni nei quali tentava di star calma ma l'agitazione montava.
Marco le aveva detto che si sarebbe fatto sentire con delle novità quando ne avesse avute ma non aveva ancora ricevuto nulla.
Nel frattempo, lei aveva ricominciato la scuola e un pomeriggio tre giorni prima, tornando a casa, aveva finalmente visto una macchina con i vetri scuri parcheggiata poco lontano dal suo condominio...ma quello era stato il massimo ottenuto.
Dopo aver preso la targa era stata aiutata da un alunno e aveva fatto ricerche che si erano risolte con un buco nell'acqua, perché sembrava che la targa non fosse registrata, il che però la aveva convinta ancora più fermamente che era sulla pista giusta.
Così con la scusa di portare Potty a fare la passeggiata, fingeva di guardare altrove ma i suoi occhi fissavano solo quei vetri scuri dai quali era impossibile capire se dentro ci fosse qualcuno o no.
E come se non bastasse, Livia aveva cominciato a non credere più alle scuse della madre per quanto riguardava Gaetano, e proprio Gaetano sembrava scomparso.
Erano giorni che non lo vedeva, persino la sera la macchina non c'era per cui si era convinta che l'uomo stesse passando le notti a lavoro in commissariato e la cosa la metteva in ansia.

Il tempo scorreva e non riusciva a trovare un indizio che fosse uno se non quella macchina nera dalla quale però non aveva mai visto uscire nessuno.
Era con l'ennesima tisana in mano anche quel pomeriggio quando sentì il suo cellulare vibrare.

"Forse ho scoperto qualcosa, dopo faccio delle ricerche tra le carte di mio fratello, ti faccio sapere.
P.S. Il tuo vicequestore sta per crollare, dovrebbe tornare a casa tra poco.
Marco"

D'istinto corse a vedere, anche se sapeva che in ogni caso Gaetano ci avrebbe messo un po' per arrivare, ma aveva memorizzato persino il rumore che faceva la sua macchina per cui si distese sul letto con gli occhi chiusi in attesa di sentire quel motore inconfondibile spegnersi in cortile.
Aveva bisogno di vederlo, anche se magari lui la avesse trattata male.

Non passarono neanche venti minuti prima che quel suono familiare le fece aprire gli occhi di scatto.
Andò di nuovo alla finestra spostando le tende impercettibilmente per non farsi notare, e quello che vide la preoccupò moltissimo.
Gaetano stava uscendo dalla macchina, non aveva la cravatta, i capelli erano in disordine e i vestiti le sembravano stropicciati.
Era anche dimagrito e le si strinse il cuore a vederlo così.
Senza neanche pensarci, si recò in cucina cercando le bottiglie di plastica vuote da buttare, chiuse la busta, attaccò Potty al collare e non appena sentì l'ascensore che si fermava al suo piano, prese un respiro e aprì la porta.
Sapeva che era il momento sbagliato, ma dopo il messaggio di Marco la sua preoccupazione era alle stelle e anche se lui la avesse trattata con freddezza, lo avrebbe capito sapendo che dietro stavano tutti e due male per quella separazione.
 

Gaetano aveva la sensazione si essere un robot, la strada dal commissariato a casa era stata percorsa automaticamente, nel cervello un'accozzaglia di pensieri confusi perché non dormiva da giorni.
Erano in alto mare, almeno finché non avessero avuto riscontri con il database per le due foto trovate in quell'hotel, anche perché ovunque mandasse Torre sembrava esserci un'enorme omertà e non si riusciva a cavare un ragno dal buco.
Dopo aver parcheggiato, si era avviato quasi trascinandosi verso l'ascensore e solo mentre lo sentiva salire verso il terzo piano venne colto dall'ansia.
Gli capitava sempre così quando tornava a casa ormai, perché non sapeva se sperare che per qualche caso fortuito si incontrassero sul pianerottolo oppure no.

Ma in quel caso, il destino, o meglio, una certa professoressa, aveva già deciso per lui.

Anche con i sensi appannati dovuti alla stanchezza, si accorse immediatamente dopo aver aperto l'anta, che non era solo sul pianerottolo e c'era unicamente una persona che persino in quello stato gli provocava l'accelerazione dei battiti del cuore.
Alzò lo sguardo stanco e dopo più di una settimana, azzurro incontrò due occhi color nocciola che come sempre, avevano il potere di entrargli nell'anima.
- Ciao...-
Da quanto tempo non sentiva la voce della sua prof?
Gli sembrava che fossero passati anni dall'ultima volta, ed era bastato un saluto perché le farfalle nel suo stomaco cominciassero una danza frenetica.
- Ciao - rispose con voce bassa, non riuscendo a nascondere quanto era sfinito.
Aveva una voglia incredibile di prenderla tra le braccia e sentire di nuovo il profumo dei suoi capelli contro il collo. Sapeva che accanto a lei tutto sarebbe stato più facile e in discesa, ed ora era lì a due passi...

Vicinissima eppure lontana.

Una tortura.

- Sei...appena tornato? Sembri molto stanco...-
Quella domanda lo spiazzò.
Era convinto che lei fosse arrabbiata, che lo odiasse per come si era comportato, e invece nei suoi occhi vedeva solo comprensione, tenerezza e preoccupazione.

Non puoi farmi questo, sto già male così, ti prego.

Lui si accorse invece che lei era bellissima.
Aveva una luce negli occhi che prima non c'era e un'aria diversa.
Alla fine probabilmente non era rimasta così provata da quello che era successo se dopo una settimana sembrava ancora più bella di prima.

E quanto gli faceva male questo?

- Lo sono...- rispose tentando di evitare il suo sguardo, non cercava la sua compassione.
- Stai andando a portare Potty fuori? -
Perché glielo aveva domandato? Avrebbe dovuto dileguarsi il più presto possibile ma era più forte di lui, anche così, la presenza di Camilla lo riusciva a calmare come niente al mondo e non voleva né poteva privarsene.
- Sì...e con l'occasione butto la plastica...-
Era rimasta sorpresa, onestamente non si aspettava che lui le facesse alcuna domanda. Però se poteva guadagnare qualche secondo prima di vederlo di nuovo sparire per chissà quanti giorni, sicuramente non lo avrebbe sprecato.
- Senti Gaetano, io ...- non finì la frase perché Potty improvvisamente si mise ad abbaiare verso le scale liberandosi dalla stretta del guinzaglio e cominciando a scendere mentre Camilla, presa alla sprovvista, fece cadere per terra la busta e il suo contenuto si sparpagliò sul pavimento.
- Oh mamma! Potty ma dove vai?-
- Stai tranquilla vai a cercarlo, ci penso io qui - disse l'uomo prima di chinarsi a raccogliere tutto mentre lei faceva lo stesso.
- No aspetta, ti aiuto...- prese le rimanenti bottiglie per terra infilandole nella busta che lui le stava tenendo aperta.
Quando fece per rialzarsi, ebbe un attimo di tentennamento perché un giramento di testa le fece quasi perdere l'equilibrio.
Gaetano se ne accorse immediatamente e di riflesso la tenne per la vita tirandola su, cosa che la portò di appoggiarsi al suo petto e aggrapparsi alle sue braccia.
- Ehi, che hai? Stai bene? - La sua voce era veramente preoccupata.
- No, è un capogiro non è niente...-

E ritrovarsi così vicini dopo quella mattina in ospedale e quel tempo di forzata separazione ebbe su di loro un effetto devastante.
Una scossa di elettricità che fece rendere conto ad entrambi di essere ancora vivi.

Gaetano per la prima volta da giorni si sentì rinascere. Non riusciva a staccare le braccia dalla vita di Camilla e anzi, se possibile, la stretta si fece più forte, come se non esistesse altro posto dove le sue mani potessero stare.
E se glielo avesse detto?
E se le avesse spiegato tutto facendole giurare di non mettersi in mezzo, facendola andare da qualche parte fino a quando non avrebbero trovato quella gente?
Non ce la faceva più a vivere senza di lei, anche senza vedersi, avrebbero potuto sentirsi, parlare, almeno sarebbe stato qualcosa e se tutto fosse finito bene sarebbero potuti ripartire da dove si erano lasciati.

Forse...

Camilla dal canto suo era di nuovo a casa, protetta da quell'abbraccio, appoggiata all'altezza del suo cuore di cui finalmente risentiva i battiti, il posto in cui tornare sempre e che sapeva darle tutto quello di cui aveva bisogno.
Il suo profumo, il suo calore, quello sguardo che la faceva sentire la donna più fortunata della terra.
Percepì chiaramente quando la stretta si fece più sicura, e di rimando anche lei si aggrappò con più vigore a quelle braccia.
Voleva dirgli tutto.
Gli avrebbe detto del giorno in commissariato e che avrebbe fatto tutto ciò che lui desiderava, basta che stessero insieme.
Voleva raccontargli quello che le stava accadendo, viverlo con lui...aveva un bisogno disperato di sentirlo vicino a lei.
Magari avrebbe capito, magari insieme avrebbero potuto trovare una soluzione.

Magari...

Senza neanche rendersene conto i loro visi si avvicinarono, il cuore batteva all'impazzata e sebbene sapessero che non si era risolto nulla, entrambi avevano un disperato bisogno di sentirsi, di trovarsi, di viversi ancora perché quando erano separati era come se mancasse l'aria e non c'era niente per cui valesse la pena di svegliarsi ogni giorno.
Non avevano bisogno di parole, avevano solo bisogno di quell'attimo.
La distanza diminuì ancora, potevano percepire il respiro dell'altro e gli occhi che si chiudevano mentre con quel gesto ormai così familiare e allo stesso tempo meraviglioso, sentivano che avrebbero ritrovato loro stessi.

 

- E tu che ci fai qui eh bello? -
Una voce li riportò bruscamente alla realtà e contemporaneamente si voltarono verso le scale.
- Ciao Camilla, quanto tempo, questo signorino qui stava scendendo le scale tutto solo e ho pensato che non fosse una buona idea... -
Gaetano sbarrò gli occhi e lentamente ma inesorabilmente, la braccia intorno a Camilla si sciolsero.
La donna, sentendo perdere quel contatto si costrinse a rimanere in piedi da sola guardando il nuovo arrivato con un volto indecifrabile.
- Ah scusate, ho interrotto qualcosa? -
Chiese con un sorriso troppo largo per i gusti di Gaetano.
- Michele...ciao, che ci fai da queste parti? -
La voce di Camilla non riusciva a nascondere un leggero tremolio.
- Eh niente, ero venuto a fare un saluto e vedere come stavi dato che è tantissimo che non ci vediamo...poi ho trovato questo cagnolino sulle scale e...-
- Ah, grazie sì scusa entra in casa, porta Potty dentro io devo scendere un secondo a buttare la spazzatura...-
- Ma no dai ci vado io e poi torno, ci metto pochissimo...- e senza aspettare risposta le prese la busta e si incamminò di sotto lasciando il guinzaglio con Potty alla donna.
Mentre sentiva i passi allontanarsi, Camilla si voltò verso Gaetano per continuare il discorso interrotto ma lo trovò con un'espressione totalmente differente da quella di qualche minuto prima.
Stava per spiegargli che non vedeva Michele da tempo quando la porta di casa del vicequestore si aprì.

- Ehi ma c'è una riunione di condominio sulle scale?-
Sabrina si era affacciata incuriosita dalle voci, ma appena vide il vicequestore gli andò immediatamente vicino toccandogli il braccio.
- Oddio Gaetano, che faccia, sei stanchissimo, ma che ci fai qui fuori? Dai vieni dentro che ti preparo qualcosa da mangiare, sei distrutto...-
Questa volta anche se presa da furia omicida, Camilla purtroppo non poteva far nulla se non continuare a guardare il vicequestore che invece sembrava aver perso qualsiasi voglia di ribattere e si stava lasciando docilmente trasportare dentro.
Non voleva lasciarlo andare via così.

- Gaetano! -

Lo vide bloccarsi e girarsi verso di lei.
Avrebbe voluto dirgli tantissime cose ma non poteva più ormai, quindi si limitò ad avvicinarsi a lui mentre Sabrina stava rientrando e non senza qualche timore, anche lei gli mise entrambe le mani su un braccio diminuendo ancora la distanza.
- Lo so che...che non è più come prima -
Dio quanto le faceva male dirlo, ed era lo stesso identico dolore che stava provando lui nel sentirlo.
- Però per qualsiasi cosa...io sono sempre dall'altra parte del pianerottolo...anche se so che tu ce la puoi fare da solo e non hai bisogno di me...-

E quelle parole gli entrarono dentro svuotandolo.

Tu non hai neanche la minima idea di quanto io abbia bisogno di te.

I suoi occhi parlavano da soli e lei voleva disperatamente abbracciarlo e sentirlo vicino, cosa che avrebbe sicuramente fatto se non fosse che udirono qualcuno che saliva le scale.
- Grazie...- rispose con un filo di voce prima di avviarsi verso il suo appartamento e chiudere la porta dietro di sé.
Camilla non seppe mai che dietro quella porta appena chiusa, lui ci si era appoggiato serrando gli occhi e ricacciando quel dolore che lo stava quasi uccidendo.
La donna era rimasta a guardare l'uscio fino a quando Potty non la riportò alla realtà emettendo un piccolo guaito.
Spostando lo sguardo, vide Michele appoggiato al muro col il solito sorriso che a suo tempo, le aveva fatto perdere la testa, anche se ora non le comunicava assolutamente nulla.

- Allora, posso entrare? -


Sono sempre incerta se odiare di più Michele o Sabrina.
Ma penso che alla fine il primo posto lo lascerò a Michele, perché Sabrina almeno è inventata, Michele è una spina nel fianco vera.
Diciamo che con il prossimo capitolo le indagini potrebbero portare comunque ad una svolta.
Non è facile far passare il tempo in una fanfic, sembra sempre che tutto accada una cosa dietro l'altra senza respiro...e poi se devo scrivere Michele mi prende male.
Poveri Gaetano e Camilla, sono proprio sfortunati.
Intanto io ho finito anche il capitolo della prossima settimana. Penso che entro tre, massimo quattro capitoli questa storia giungerà al termine. Non ce la facevate più vero?
Ancora grazie per aver letto fin qui, non sapete quanto vi sono grata dal profondo del cuore, anche se non so quanta voglia avrete di seguirmi ancora dato il dilungarsi della storia.
Ma la gratitudine che provo è veramente enorme.

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici: Getting closer ***


Eccomi di nuovo qui.
Lo so, vi state stufando di questa storia, lo so, scusate, non avrei mai pensato di farla durare così tanto. Vi assicuro che vedere Camilla e Gaetano separati ha causato un blocco persino a me, per quello ho dovuto un attimo variare.
Dopo la side story, siamo qui a riprendere il filone principale.
Devo dirvelo, ho già pronto il prossimo capitolo che è lunghissimo perché per evitare di annoiarvi ho messo quasi tutte le indagini lì, insieme ad altri incontri. Vediamo come si snoda ma probabilmente per Pasqua questa storia vi saluterà.
Con la difficoltà che ho avuto nello scrivere ero quasi tentata di smetterla del tutto (è la seconda volta che succede, va e viene questa sensazione), e devo ringraziare unicamente l'incoraggiamento che ricevo se vado avanti. Se non lo avessi la storia sarebbe veramente morta.
In questo capitolo penso che Michele e Sabrina diano il peggio di loro...soprattutto lei.
Spero tanto di riuscire a farvi un po' entrare nell'atmosfera di PAP, ormai non so più neanche se sto rimanendo fedele ai personaggi.
Va bene direi che per ora basta con i preamboli...dimenticavo, a fine capitolo vi ho messo, per chi è curioso, anche due righe del prossimo tanto per farvi capire l'andazzo.
Per ora, vi auguro spero una buona lettura!
E grazie, come sempre, grazie di tutto.



Capitolo sedici : Getting closer
 

L'incontro sul pianerottolo aveva lasciato Gaetano assolutamente sconvolto.
Non era riuscito a capire nulla di quello che stava succedendo.
L'aveva rivista, dopo che non tornava a casa da giorni, il suo era stato il primo viso che lo aveva accolto appena entrato nel palazzo.
Ed anche in quella situazione tremenda, era stata la cosa più bella che gli fosse capitata in quell'ultima settimana.

L'aveva tenuta di nuovo tra le sue braccia, aveva percepito il suo calore e il suo profumo.
Quanto gli era mancata? Non riusciva a quantificarlo, gli sembrava di respirare solo quando era con lei e poi...quelle sue parole finali, una lama e un balsamo insieme.

Lo so che non è più come prima

Non era vero.

Era come e più di prima.

Ovunque andava la vedeva, se chiudeva gli occhi la sognava, e purtroppo gli incubi erano talmente orribili da farlo svegliare con il fiatone e un senso di terrore che lo pervadeva anche nei pochi minuti in cui si appisolava.
Ma in quel momento davanti al suo appartamento, aveva veramente pensato per un istante che forse poteva parlarle, che avrebbe potuto spiegarle tutto, chiederle perdono per aver deciso senza interpellarla e trovare con lei il modo di rimanere insieme.

E poi era arrivato...quello.

Lui, che anche la prima volta era riuscito a portare lo scompiglio facendolo addirittura partire per Roma.
E Gaetano era di nuovo sprofondato nel buio.
Lei era sempre dall'altra parte del pianerottolo?
Ma come poteva dirle che non la voleva dall'altra parte, che la voleva a casa sua, abbracciata a lui mentre scherzavano e si coccolavano come due innamorati sedicenni?
Finché non avesse risolto quel caso non ci sarebbe mai stata nessuna possibilità e doveva assolutamente venirne a capo perché non ce la faceva ad andare avanti così.

Però poi...lei se lo sarebbe ripreso?

Conosceva Camilla, probabilmente senza sapere che inferno stava passando Gaetano si sarebbe arrabbiata moltissimo per questa storia, ma lui non aveva potuto fare altrimenti.
L'unica cosa era concentrarsi e ritrovare la lucidità.
Aveva fatto mettere sotto controllo il commissariato, casa sua, senza nessun riscontro.
Non c'erano individui sospetti a girare intorno a casa, almeno non da quando aveva fatto piazzare gli agenti in borghese.
Ma sicuramente erano da qualche parte, li spiavano e lui cascasse il mondo avrebbe dovuto scoprire dove si nascondevano.

Mille pensieri mentre era sotto la doccia e lasciava scorrere l'acqua guardandola scendere a rivoli come se tra quelle spirali potesse trovare una risposta.

Quanto era bella.

Forse perché non l'aveva vista per una settimana, ma era bellissima, una visione che non si sarebbe mai stancato di ammirare.
Era una violenza inaudita quella che si infliggeva ogni volta che si incontravano, averla lì e non poterla sentire.
Come era possibile che fosse arrivato a quel punto?
Un anno prima erano stati insieme ben più di due mesi, ma ora era tutto diverso.
Non riusciva ad immaginare una vita senza di lei e quella risoluzione che lo aveva portato ad allontanarsene si stava sgretolando.

Era solo un uomo, un uomo stanco che non desiderava altro se non un po' di felicità.
Stava chiedendo troppo?
Dopo aver aspettato per più di dieci anni, sarebbe dovuta finire in quel modo?
Rimanendo amici?
Ma se non erano mai stati veramente amici neanche prima...

Razionalmente il cervello gli diceva di sì, che era per il bene di Camilla, ma il cuore urlava che doveva esserci un'altra via.
E lui era talmente stremato da non saper più a chi dare retta.

 

Dopo aver indossato la tuta, era immediatamente andato in camera sua e si era gettato sul letto.
Ingenuamente sperava ancora di sentire lì il profumo di lei mentre affondava la testa sul cuscino, si era volutamente messo dalla parte in cui Camilla di solito dormiva in una vana speranza di percepirne il ricordo.
Con gli occhi chiusi udì la porta che si apriva.
Sabrina era entrata silenziosamente e si era seduta al lato del letto.
Sentì poi una mano tra i capelli che lo accarezzava, un gesto che lo fece ritornare indietro nel tempo, perché quella era una cosa che Camilla adorava fare.

Ma era completamente differente.

Non era familiare.
Le mani questa volta non gli facevano provare la sensazione di volersi abbandonare a quel tocco, di accompagnare il movimento con la testa, come per non perdere quel contatto.

Non era la stessa cosa, non lo sarebbe mai stato con nessun'altra.

Aprì gli occhi e sospirò.
- Che ci fai qui? -
Spostò la testa per farle fermare la mano e si mise seduto.
- Ero preoccupata...lo so che mi hai chiamato spesso ma non sei tornato a casa per tre giorni...-
- E' un periodo molto pieno a lavoro, il caso in cui è implicato tuo fratello ha avuto ripercussioni abbastanza forti e devo risolverlo il prima possibile.-
Chiuse gli occhi appoggiando la schiena alla spalliera del letto.
- Mi dispiace...- rispose lei alzando una mano e avvicinandola al viso di Gaetano.
Non fece in tempo a toccarlo che lui la bloccò.
- Che cosa stai facendo? -
Non era uno stupido e aveva avuto abbastanza esperienza con le donne per capire l'atteggiamento che vedeva.
Camilla aveva ragione...forse lui era stato troppo indulgente con Sabrina e lei si era fatta delle illusioni.
- Gaetano...io non voglio tornare a Roma dopo la nascita di mio figlio...io...voglio rimanere qui con te!-

E poi senza neanche aspettare una risposta, la donna si sporse e lo baciò.

Non durò che un attimo, perché quasi subito sentì due braccia afferrarla, anche se delicatamente, per farla allontanare.
Sabrina lo precedette bloccandolo prima che lui cominciasse a parlare.
- Io...lo so che le cose vanno male con Camilla, e posso aiutarti, posso...posso fartela dimenticare, ne sono sicura! -
La determinazione negli occhi di lei sembrava voler bruciare ogni ostacolo, ma qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe stata inutile.
Ne aveva avute a dozzine prima e non era riuscito a dimenticarla neanche quando lui e Camilla non erano niente.
Adesso, dopo tutto quello che avevano vissuto, era semplicemente impossibile per chiunque riuscire in quell'impresa.
Anche perché lui non la poteva, e soprattutto, non la voleva dimenticare.
E se glielo avessero domandato non avrebbe saputo trovare una ragione sul perché la sua vita fosse così legata a quella di una curiosa professoressa che più di dieci anni prima gli aveva vomitato sulle scarpe nuove di cuoio.

Non sarebbe mai riuscito a spiegare a parole perché se ne era innamorato.
Non esisteva una spiegazione razionale.

Era la sensazione di quando si guarda il fondo del mare e si sente una forza che spinge a tuffarsi per farne parte, quella del vento tra i capelli, l'elettricità di un fulmine, il profumo della vita stessa.
Sentirsi così in alto da poter facilmente toccare il cielo con un dito, ma non doverlo fare perché tra le braccia hai già tutto quello che desideri.
E niente o nessuno avrebbe mai potuto lontanamente arrivarci vicino.
Sorrise, un po' per amarezza e un po' per malinconia.
Guardò Sabrina e decise che si meritava una risposta onesta e vera, perché provava molto affetto per lei e le doveva almeno la sincerità.

Chiuse gli occhi cercando le parole giuste.

- Tu sei una bellissima donna, e in questo momento poi, con una vita dentro di te stai brillando. E lo sai che ti sono veramente affezionato...- un sorriso sconsolato si dipinse sulle sue labbra - ma io è da più di dieci anni che ho Camilla come pensiero fisso nella mia testa e nessuno è mai riuscito a farmela dimenticare...-
- Ma se la stai evitando....- tentò di ribattere Sabrina.
- Nella vita di due persone ci sono momenti belli e momenti meno belli, e capitano i problemi...io ora ho molti problemi con lei, però questo non toglie che la ami disperatamente e mi dispiace se per colpa del mio comportamento tu ti sia fatta delle idee diverse...-
Voltò il viso verso il comodino dove la foto con Tommy e Camilla fatta tre anni prima ora era lì incorniciata a dovere, invece di essere chiusa in un libro, e non poté trattenere lo sguardo adorante.
- E anche se il mio sogno più grande dovesse svanire per sempre, anche se non potessi mai più stare con lei, per me sarà sempre l'unica donna che abbia mai amato, l'unica che sa capirmi veramente...-
Lo sguardo ora era su Sabrina, in realtà essendoci passato, poteva forse immaginare come si sentisse.
Rifletté se fosse opportuno prenderle una mano, temeva di essere frainteso ma allo stesso tempo sapeva quanto un tocco a volte poteva aiutare.
Lei aveva il volto abbassato, con un dito le tirò in su il mento per guardarla negli occhi.
- Io ci sarò sempre per te, anche se non come vorresti tu. Non posso darti quello che vuoi, non sono io quello che cerchi. Tu devi trovare qualcuno che ti ami sopra ogni cosa e per il quale non sarai mai seconda...-
Anche se alla fine se lo aspettava, sentirlo dalla voce di Gaetano era stata comunque una porta in faccia.
Aveva voglia di piangere e contemporaneamente un enorme imbarazzo faceva capolino.
- Scusami, io..lo sapevo in realtà ma ci ho voluto provare lo stesso...-

L'uomo abbozzo un sorriso.
- Beh, se c'è qualcuno che può capire come ci si sente a tentare l'impossibile sapendo che quasi sicuramente andrà male, quello sono io...-
- Non mi pare ti sia andata male...- rispose sarcastica.
- Guarda che ci ho messo più di dieci anni e un tentativo è pure andato a vuoto...però...rifarei tutto, non cambierei una virgola..-
Era una battaglia persa, si alzò sentendosi sconfitta ma almeno, adesso che aveva ricevuto una risposta chiara, avrebbe forse potuto mettersi il cuore in pace.
Mentre si avviava verso la porta si sentì richiamare.
-Sabrina, io non scherzavo prima, io ci sono e ci sarò sempre per te...per qualsiasi cosa tu abbia bisogno -
La donna stava per scoppiare in lacrime ma la pochissima dignità rimasta la costringeva a trattenersi.
Abbozzò un sorriso tirato.

- Lo so...- rispose uscendo dalla stanza.
Quando rimase solo, l'uomo prese la foto incorniciata e la guardò con malinconia.
- Avevi veramente ragione tu, come fai ad essere sempre un passo avanti a me? -
Quanto avrebbe voluto averla lì, già si immaginava il suo "Te l'avevo detto!" soddisfatto con quel sorriso orgoglioso che lui le avrebbe tolto con un bacio.
Sospirò guardando la finestra
Era proprio irrecuperabile.

- Dall'altra parte del pianerottolo eh...-



In una camera d'albergo, Marco Visconti, appena rientrato, aveva immediatamente cominciato a cercare il fascicolo che sapeva doveva essere lì da qualche parte.
Dopo aver controllato ovunque in stanza senza successo, si ricordò della cassaforte della camera.
Paolo gli aveva detto che la avrebbe usata lui quindi senza alcun dubbio doveva essere lì dentro, ma il fratello mai e poi mai gli avrebbe dato la combinazione.
E sicuramente quando sarebbe tornato avrebbe tenuto tutto sotto stretto controllo quindi...c'era solo una cosa da fare dato che la cassaforte aveva anche un buco per una chiave normale nonostante andasse a combinazione.
Prese il telefono.
- Buonasera mi scusi sono della camera 134, ho avuto un problema con la cassaforte, mettendo la combinazione non si apre, potreste venire ad aiutarmi con il passe partout?
Detto e fatto.
A cassaforte aperta, dopo essersi fatto dire la combinazione, scoprì che i suoi sospetti erano fondati, e tra un'altra marea di scartoffie trovò quella cartellina rossa che aveva visto tante volte tra le mani del fratello .
Venti minuti dopo, Marco era andato dal concièrge e si era fatto fare le fotocopie di tutto, foto comprese.
Tornato in camera aveva rimesso il fascicolo a posto esattamente nel modo in cui lo aveva trovato, sapeva che Paolo notava ogni minimo dettaglio dopotutto, e richiuso la cassaforte.
Mandò velocemente un messaggio dal telefono e uscì.

 

 

Camilla aveva fatto entrare Michele che si era accomodato sul divano tentando di chiamare Potty per accarezzarlo, sebbene il cane lo osservasse guardingo.
Mentre guardava la scena pensava che il tempismo avuto era da manuale.
Se non fosse arrivato lui, chissà cosa sarebbe successo.
Magari avrebbero potuto chiarire, lei e Gaetano.
E invece Michele, dopo che non si sentivano da quasi un anno, era ricapitato nel posto sbagliato al momento sbagliato e aveva mandato tutto in frantumi.
Si stava costringendo a rimanere calma ma non sapeva quale forza la stava trattenendo dal tirargli il piattino che aveva in mano.
Desiderava mandarlo via al più presto, per questo aveva optato per offrirgli un caffè.
Qualcosa da bere velocemente e dileguarsi, oltretutto non capiva affatto la ragione di quella visita.
Mentre accendeva il fuoco per la caffettiera sentì Potty ringhiare e si voltò.

- Potty! Tesoro che succede? -

Vide Michele con un sorriso leggermente spaventato e si avvicinò al cane per prenderlo in braccio.
- Avanti fai il bravo...scusalo Michele, sarà che non ti conosce...-
- Ah no figurati, io non vado un granché d'accordo con i cani -
Dopo aver dato a Potty la ciotola con i croccantini per farlo distrarre, versò il caffè appena fatto e lo porse a Michele prima di sedersi anche lei sul divano, mantenendo una certa distanza tra loro.
Le era ignaro cosa lui volesse, ma non aveva voglia di fare salotto per cui decise di andare direttamente al sodo.
- E' veramente molto che non ci vediamo, posso chiederti che cosa ci fai qui? -
L'uomo non aveva smesso di sorridere neanche per un secondo.
- Perché ti dispiace? - il tono scherzoso contrastava immensamente con i pensieri di Camilla.

Per il tempismo sì e non sono in vena di avere gente a casa...

Va bene forse non era il caso di rispondere esattamente così.
- No figurati...è solo che comunque dopo così tanto tempo, sono un po' sorpresa che tu mi sia venuto a trovare..-
- Beh sai, passavo da queste parti e mi sono ricordato che abitavi qui, ho pensato di farti un' improvvisata e vedere come stavi...ma credo di aver interrotto qualcosa tra te il tuo super vicino di casa? - il tono con cui era fatta la domanda era allegro, anche se il sorriso che aveva sembrava tutto fuorché sincero.
- Ma no, ho avuto un capogiro e Gaetano mi stava aiutando, tutto qui..-
- Ah beh adesso si chiama così? Comunque sempre servizievole il nostro vicequestore, anche quando è stanco morto...-
- Lo è sempre stato...però noto una certa acidità nelle tue parole.-
- Eh per forza, sono stato lasciato per lui dopotutto no? -
E Camilla proprio non si aspettava quell'uscita.
- Veramente non mi pare che fossimo mai stati qualcosa io e te, a parte aver collaborato al caso dove eri stato coinvolto...-
- No ma ti avevo detto che non avrei mollato...- e mentre pronunciava queste parole, Michele si spostò leggermente avvicinandosi a Camilla che si irrigidì.
- Michele senti, mi dispiace molto ma quello che c'era tra noi è stato bellissimo trenta anni fa, quando ci siamo reincontrati io ti ho aiutato ed è vero...per un momento ho provato una sensazione di libertà stando insieme, ma che alla fine era solo dovuta al ricordo dei miei vent'anni e sono convinta che fosse così anche per te...-
Non le piaceva come si stava sviluppando quella situazione per cui, avendo sentito il rumore di un messaggio ricevuto, si alzò dal divano e andò a prendere il telefono cercando di essere il più rilassata possibile.
L'uomo allargò le braccia sulla spalliera mandando la testa indietro.
- Beh diciamo che non ho potuto reggere il confronto con il super poliziotto che risolve i casi in un batter d'occhio, aiuta quando cadono le buste della spesa, fa la guardia del corpo a giovani donne incinte...insomma chi potrebbe competere? -
Camilla stava controllando il telefono quando si accorse che il messaggio era da Marco.

"Ho novità, sto venendo da te adesso.
Marco"

Il suo cuore quasi sobbalzò.
Aveva trovato qualcosa!
A questo punto doveva liberarsi di Michele al più presto e con l'occasione, dato che Marco sarebbe venuto di lì a poco poteva intanto vedere se lui notava qualcosa sotto il suo palazzo quando arrivava.

"Va bene, ti aspetto. Quando arrivi qui sotto fammi un favore, guarda se c'è questa macchina di cui ti mando la foto, ho bisogno di sapere se vedi qualcuno dentro o lì vicino ma non farti notare!"

Se chiunque fosse nella macchina controllava la gente accanto a Gaetano probabilmente non si sarebbe mai fatto vedere quando loro uscivano, ma con Marco poteva avere più fortuna, quindi gli mandò la foto della macchina con un messaggio sperando che finalmente la dea bendata girasse dalla sua parte.

Ora doveva solo sbarazzarsi di Michele.

- Sì...- rispose distrattamente cogliendo poco o niente del discorso dell'uomo.
- Senti Michele, io però starei aspettando una persona, se vuoi ci vediamo un altro giorno...ora dovrei prepararmi se non ti dispiace.-
L'uomo si alzò dal divano e le andò vicino.
- Allora almeno permettimi di invitarti fuori, magari non a cena che è troppo compromettente ma a pranzo? Non vogliamo far ingelosire il tuo vicequestore...-
A Camilla dava molto fastidio questo continuo riferimento a Gaetano e non le piaceva neanche così tanto il fatto che Michele ogni volta si avvicinasse a lei pericolosamente mentre parlava.
Doveva divagare.
- Va bene...allora senti, sei ancora senza cellulare? -
Lo vide sorridere.
- Sorpresa, ne ho uno anche io adesso, è un regalo ma intanto rimango collegato con il mondo, anche se non so benissimo come usarlo...-
Muoveva il cellulare che teneva in mano davanti ai suoi occhi e Camilla ne approfittò per allontanarsi, riprendere la tazzina che lui aveva lasciato sul tavolino e rimettere un'accettabile distanza tra i due.
-Allora bene, lasciami il numero che ti chiamo appena ho un minuto libero, con la scuola sono abbastanza incasinata dato che è cominciata da poco. -
Lo vide cercarsi nelle tasche ed estrarre uno scontrino stropicciato su cui con una penna che era sull'isola della cucina, scrisse qualcosa che probabilmente era il suo numero.
Lasciò lo scontrino lì e Camilla cominciò a muoversi verso la porta per accompagnarlo all'uscita.
Aveva già aperto quando prima di uscire, Michele si rivolse verso di lei.
- Ma come, neanche un bacio di saluto? -
Il tono era divertito ma la luce negli occhi non sembrava infonderle tranquillità.
- Diciamo che una stretta di mano la troverei più adeguata...- rispose porgendo la mano mentre si sentiva attirare verso di lui e fece appena in tempo a girare la testa così che le labbra di Michele incontrassero la sua guancia.
- Ti cerco io...ciao..- e stavolta non aspettò neanche che chiamasse l'ascensore per chiudere la porta.

Sentì salirle la nausea.

- Hai ragione, hai ragione...ma come ho fatto a pensare di voler ritornare ai miei vent'anni? -
Il senso di fastidio aumentò.
- Ok va bene non lo dico più!!-
Con uno scatto riuscì fortunatamente ad arrivare fino al lavandino della cucina e a svuotare lo stomaco.
Non si era ancora del tutto ripresa da quell'attacco che le barrette di cioccolato in bella vista sulla credenza attirarono la sua totale attenzione e ne prese una manciata andandosi a sedere sul divano, Potty, finalmente calmo, si accucciò accanto a lei.
- Cioccolato eh...come con Livietta...sei una femminuccia anche tu? - le scappò un sorriso - Credo che se lo fossi tuo padre impazzirebbe dalla gioia...beh ovviamente prima di rinchiuderti in casa fino ai trent'anni...-

Michele, uscito dal condominio, si avviò immediatamente verso la macchina nera anche se la trovò chiusa, l'altro era poco lontano da lì a fumarsi una sigaretta.
Si appoggiò al lato dell'automobile con le braccia incrociate.
- Allora, hai scoperto qualcosa? -
- Sì...che come pensavo il vicequestore non ha affatto mollato nessuno...li ho visti sul pianerottolo in una posizione quasi inequivocabile...-
- Lo stai dicendo solamente per pararti il...-
- No fidati..e in ogni caso lasciami fare, è questione di giorni e vedrai che non vi deluderò -
- Certo che con Berardi ce la devi avere proprio tanto eh - commentò l'uomo buttando la sigaretta per terra.
- Odio le persone altezzose, e quel poliziotto in particolare...-
- E la tua amica? O meglio, la SUA amica? -
- Te l'ho detto, voi è Berardi che volete no? Ve lo porto su un piatto d'argento...a lei ci penso io.-


 

Era arrivato in mezz'ora, dannato traffico.
Fortunatamente però avendo preso un taxi non doveva cercare parcheggio, si fece solo lasciare un centinaio di metri prima di casa di Camilla così da potersi guardare intorno.
Tenendo il cellulare in mano con la foto mandatagli, camminava lentamente quasi a far credere di star seguendo la mappa sul telefono quando, spostando lo sguardo, intravide la macchina che doveva cercare dall'altro lato della strada, poco distante dall'entrata del condominio.
I suoi occhi si sbarrarono, accanto all'auto c'erano due uomini che parlavano!
Non sapeva se erano i proprietari però, potevano anche semplicemente essere due persone che chiacchieravano lì e si erano appoggiati alla vettura.
In ogni caso, il suo vecchio passato da investigatore lo portò a non scartare nessuna ipotesi e, sempre fingendo di cercare campo per una chiamata, scattò diverse foto verso quella direzione.
Soddisfatto della sua opera, riprese a camminare lentamente, guardando i due con la coda dell'occhio ed entrò nel condominio con aria sicura.
Arrivato al pianerottolo non ebbe neanche il tempo di suonare che la porta di Camilla si aprì.

- Finalmente, entra, ma quanto ci hai messo? -
- C'era traffico! - rispose l'uomo mentre veniva accompagnato in salotto e fatto accomodare.
Camilla si sedette sul tavolino basso esattamente di fronte a lui.
- Allora, queste novità - chiese senza nessun preambolo.
- Come al solito sempre al sodo vai tu eh? Intanto mi dici a che ti serve sapere se c'era una macchina nera qui sotto? -
- Perché la hai vista? C'era qualcuno fuori? - la donna aveva sbarrato gli occhi.
- Sì la ho vista, e sì, due uomini stavano parlando lì accanto ma potevano essere anche semplicemente due amici che si erano fermati in quel punto preciso...comunque ho fatto delle foto...- tirò fuori il cellulare dalla tasca, premette alcuni tasti e poi lo diede alla donna.
- Sei fortunata che io abbia una buona telecamera...-
- Ok aspetta che non vedo nulla, gli occhiali non li ho mai a portata di mano quando servono!! - si alzò ancora col cellulare in mano e prese gli occhiali che erano poggiati sulla piccola scrivania dietro il divano.
Non appena vide la foto il suo volto sbiancò.
- Ma..non è possibile...- no, non ci poteva credere, doveva assolutamente essere una coincidenza.
- Che cosa? Camilla? Quella faccia non mi piace...che succede? -
La donna gli ridiede il cellulare, l'espressione in volto confusa.
- Vedi quel tipo lì con la barba e brizzolato? -
- Sì, questo tipo che sembra un po' un barbone...-
- Ok, sì gli piace seguire La Touche, comunque si chiama Michele Carpi ed è un mio vecchio...amico...ma non è possibile, sicuramente era lì a parlare per caso...- sospirò delusa - niente ancora un altro buco nell'acqua -
- Va bene, ma allora mi spieghi che c'entra questa macchina con tutta la storia?- chiese più confuso di prima Marco.
- Il mio portiere mi ha detto che da circa due mesi un'auto nera con i vetri scuri è spesso parcheggiata qui sotto, e siccome lui non l'aveva mai notata prima, io mi sono insospettita. Poi con l'aiuto di un mio alunno quando la ho vista, ho fatto ricercare la targa ma risultava inesistente...-
- E quindi tu pensi che quella macchina potrebbe appartenere a chi vi controlla...ha senso...io invece ho questo...-
Prese la piccola cartellina di plastica che aveva portato e ne estrasse alcuni fogli.
- Qui ci sono le foto dei due che cercano....- porse i fogli senza riguardarli a Camilla che lì prese in mano e sbarrò gli occhi.
- Un secondo, dammi il tuo cellulare di nuovo...- e senza neanche aspettare glielo prese dalle mani aprendo una delle foto che aveva scattato.
- Non è possibile...non è possibile...- alzò lo sguardo e gli passò foto e cellulare - guarda! -
Marco le confrontò, e anche sul suo volto si dipinse un'espressione scioccata.
- Ma questo qui...-
- E' lo stesso...- Camilla era corsa a prendere lo scontrino stropicciato che Michele aveva lasciato sul tavolo.
- Aspetta...fammi fare mente locale - si portò le dita alla bocca picchiettando il labbro, c'era qualcosa che sapeva di dover ricordare ma che non riusciva a venirle in mente.
- Però Camilla, il tuo amico non è quello dell'altra foto...-
- No ma qualcosa non torna...oggi Michele è stato qui e, a parte provarci senza ritegno, continuava a nominare Gaetano e il suo tono era molto ironico, ne parlava come un superuomo che aiutava le persone in difficoltà, le donne incint...un secondo! Come ha detto...aiuta la gente..e..fa la guardia del corpo a giovani incinte!!!! Ha detto così! -
- Scusami ma come faceva a sapere che Gaetano sta facendo la guardia del...oh..-
I loro occhi si incontrarono mentre ad entrambi scendeva un rivolo di sudore freddo per la schiena.
Camilla scattò a prendere il cellulare digitando il numero che Michele le aveva lasciato.
- Che stai facendo?- chiese Marco allarmato.
- Chiamo Michele!- in due falcate Marco le tolse il cellulare.
- Ma non se ne parla neanche! Se questo tuo amico è in combutta con chi ce l'ha con Gaetano, tu devi stare lontana da lui il più possibile! E inoltre, dato che abbiamo scoperto abbastanza io direi che è il caso di fare una telefonata anonima in commissariato...-
- No un secondo, aspetta, te l'ho detto, prima dobbiamo capire dove si nascondono. Ne abbiamo solo uno mi pare, l'altro...Michele, è sempre stato a Torino e non è quello nelle foto che hai tu, quindi da qualche parte ce ne è un terzo. Dobbiamo trovare quello...e poi telefoniamo!-
- Camilla...ti rendi conto che uno di quelli ha accesso a casa tua? Che lo hai fatto entrare qui? -
- Ma Michele per quanto stravagante non farebbe mai nulla contro di me...credo...-
- Io non oso pensare al pericolo che hai corso, il tuo Gaetano al saperlo avrebbe avuto un attacco di cuore all'istante!!-
- E se sapesse il resto...- mormorò.
- Che hai detto? -
- Niente, niente, allora, è evidente che sanno chi sono quindi io non potrò mai mettermi a controllare o a seguire quella macchina lì, abbiamo le foto, e io ho un alunno in classe che di luoghi malfamati se ne intende, non mi domandare come, domani gli chiedo di dirmi un po' di zone e poi proviamo a far vedere la foto di questi due? -
- Hanno già mandato Torre ovunque e ha fatto un buco nell'acqua.-
- Eh ma se ci andiamo noi magari abbiamo più fortuna, Torre come poliziotto è riconoscibile quanto un elefante in una piazza. Dai, prometto che dopo questa, se non riusciamo a trovare nulla, chiamiamo Gaetano e gli diciamo tutto! Ti prego! -
Marco la guardò sconfitto.
- Però dopo questa li chiamiamo!! -
- Li chiamiamo immediatamente, promesso! -
Tranquillizzato da quella risposta, tirò un sospiro di sollievo.
Questa cosa che un amico di Camilla fosse implicato nel caso non ci voleva...comunque il nome gli era familiare, non ricordava però dove lo aveva sentito fino a quando non ebbe un lampo e spalancò gli occhi.
- Scusa un secondo, ma Michele...non sarà mica quel Michele per cui Gaetano è praticamente scappato a Roma? -
- E tu che ne sai?- chiese lei sorpresa.
- Gaetano, vino, Roma, ti ricordi? Fu la stessa sera in cui mi disse che mi odiava...ma quindi è lui? -
- Sì è lui...- rispose incerta Camilla.
- Bene, credo che dovremo pagare al tuo vicequestore un avvocato perché se scopre che di mezzo c'è quel tipo, lo ammazza e finisce in galera...-
Ad un tratto il cellulare di Marco cominciò a squillare.
- E' mio fratello aspetta...pronto? Sì, ma come dove sono, saranno affari miei, perché? Che è successo? Alla macchina? - Camilla lo vide sospirare - arrivo, dammi venti minuti e arrivo -
Attaccò e guardò la donna.
- La mia macchina si è fermata in mezzo alla strada e mio fratello vuole che vada a vedere cosa è successo, devo andare, ma senti, Camilla, seriamente, andiamo insieme a fare un giro, solo uno per i posti che ti dirà il tuo alunno e poi chiamiamo in commissariato...va bene? -
- Va bene, ok...ti mando un messaggio domani! -
- E tu non chiamerai quel Michele per nessuna ragione al mondo...chiaro? Se so che lo chiami informo Gaetano immediatamente, anzi no lui no, informo mio fratello che sicuramente ti arresta per intralcio alle indagini...-
Camilla sbuffò.
- Va bene, non chiamerò Michele, hai la mia parola...-
Lo accompagnò alla porta.
- Grazie veramente Marco, non so come me la sarei cavata stavolta - gli disse con tono decisamente più sommesso.
- Figurati...non è un granché quello che abbiamo fatto, ma ammetto che un po' mi ha ricordato i vecchi tempi- commentò malinconicamente prima di scendere le scale salutandola con un braccio mentre era di spalle .
Non aveva aspettato la sua risposta.


Non è un granché quello che abbiamo fatto, ma ammetto che un po' mi ha ricordato i vecchi tempi

Dall'altra parte del pianerottolo, un uomo era rimasto inchiodato dietro la porta del suo appartamento raggelato da frasi rubate delle quali non capiva il senso, sentendo il peso di mille pietre aguzze crollargli addosso.



Camilla tornò in casa e si sedette sul divano guardando il numero di Michele.
- Marco ha ragione, dobbiamo star buoni...però non riesco a capire come possa Michele essere implicato..che faccio? -
Si guardò la pancia.
- Dici? Beh effettivamente...ma sì hai ragione, tecnicamente noi a Marco abbiamo detto che non avremmo chiamato nessuno, però non si è mai parlato di messaggi...ottima osservazione!-
Prese il cellulare e copiando il numero mandò un sms.
Voleva capire cosa c'entrasse l'uomo in quella storia.
Non passarono neanche cinque minuti che il suo cellulare squillò.
- Pronto, Michele, sì...beh vedi alla fine ho pensato che magari potevamo vederci per un pranzo insieme uno di questi giorni...una mia amica con cui dovevo incontrarmi Venerdì mi ha appena scritto che è impegnata quindi...-

 








Per la serie, Camilla se non si mette nei guai non è felice, ed ora è capace di dare la colpa alla sua pancia se ha le idee malsane. E povero Gaetano che continua a capire solo parte delle situazioni e finisce anche peggio di come potrebbe stare.
Sabrina direi che possiamo salutarla qui, si è sfracellata frontalmente contro un muro...ciccia mettiti l'anima in pace non c'è trippa pe' gatti come si dice dalle mie parti.
Michele invece è una spina nel fianco, il bloccatore di capitoli, non avete idea di come detesti scriverlo.
Siccome invece mi rendo conto che un pochino con tutte queste indagini vi state annoiando e in questa parte neanche si sono visti quei due, vi metto una mini preview del prossimo capitolo, così per ringraziarvi di seguire ancora questa roba.
Grazie veramente per tutto l'incoraggiamento e i commenti, io veramente ci tengo tantissimo a sapere cosa ne pensate perché lo so che non sta uscendo come vorrei...e me ne dispiace.
Ok, pronti per un assaggio del prossimo capitolo?
Via!!


 



Tratto dal capitolo diciassette: On the verge of collapsing

Mentre Gaetano le dava le spalle in attesa di arrivare al loro piano, lei gli tirò leggermente il manico della giacca.
- Lo so che non ti interessa, ma tanto per la cronaca, non c'è nulla di quello che puoi pensare tra me e Marco -
- Non sono affari miei Camilla, non devi darmi spiegazioni - rispose a forza, quasi sofferente.
Pregava con tutto il suo cuore che quell'ascensore andasse più veloce, e ancora non capiva come faceva lei a non essere furiosa dopo quel discorso in ospedale.
- Gaetano...ascoltami un secondo...io...devo parlarti di una cosa, o meglio, di più di una cosa e lo so che ora non è il momento ma...ho bisogno di...- ce la poteva fare, ce la doveva fare – senti...potremmo vederci Venerdì sera? Poi ti prometto che se vorrai io me ne starò buona e non mi vedrai più...-

Non mi vedrai più

Sentì lo stomaco chiudersi e quelle quattro parole dette quasi sottovoce avevano avuto la potenza di un urlo dentro di lui.
Che cosa dovevano ancora dirsi? Lui aveva già parlato per tutti e due nonostante se ne fosse pentito ogni minuto da quella maledetta mattina.
Si girò a guardarla e la trovò a fissarlo decisa, come se da quella richiesta ne dipendesse la sua vita.
C'era qualcosa di diverso, una sicurezza mai vista prima lei, ma Gaetano non aveva idea di che cosa la rendesse così forte.
E come sempre, non riuscì a dirle di no.

continua...



Ci vediamo Domenica!!!! E spero veramente mi facciate sapere cosa ne pensate!!!

 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette: On the verge of collapsing ***


Di nuovo Domenica e di nuovo un capitolo. Vi avviso immediatamente, questo capitolo è lungo, molto lungo perché ho voluto raccogliere le indagini quasi tutte insieme e poi, beh, scrivendo quello della prossima settimana mi sono accorta che non riesco a concludere la storia con solo altri due capitoli ma ce ne vorranno tre.
Pensavo di finire per Pasqua invece mi sa che dovrò saltare la pubblicazione per quella Domenica e andare in Aprile con i due finali.
Per il resto grazie, grazie per le risposte e i commenti all'altro capitolo, non avete idea di quanto mi aiuti ora che sto scrivendo cose pesanti e ho la voglia latente di mandare tutto a quel paese.
Non mi ammazzate per questo, ricordatevi che se me la tirate poi non saprete come va a finire.
Spero tanto che non vi annoi, lo prego ogni volta ma ora con indagini e tutto la paura è veramente enorme.
Meglio che lasci l'introduzione corta dato che il capitolo sarà extra lungo.
Come per l'altra volta, alla fine vi metto un assaggio del prossimo che è già finito.
Spero davvero tanto che mi facciate sapere cosa ne pensate!!
Buona lettura!!

 



Capitolo diciassette: On the verge of collapsing

 

La notte non voleva proprio passare.
La distanza era di poco meno di trenta metri in linea d'aria, e alle due di notte, entrambi erano svegli, con gli occhi sgranati senza riuscire a prendere sonno.

Dopo tre giorni in commissariato, Gaetano avrebbe tanto voluto dormire, invece non trovava pace in quel letto che era ormai diventato troppo vuoto.

Ma stavolta non erano solo le indagini a torturarlo.
Alcune frasi rubate quel pomeriggio gli rimbombavano nella testa.

Aveva deciso che avrebbe tenuto sotto controllo Camilla per quanto possibile, e se fino a quel giorno non ci era riuscito perché il caso lo aveva impegnato in ufficio, saperla con Michele Carpi dall'altra parte del pianerottolo, nonostante non avesse nulla a che fare con le indagini, per ovvi motivi non lo aveva fatto stare tranquillo.
Però, neanche venti minuti dopo che era entrato, lo stesso Carpi era di nuovo uscito dal palazzo e ciò gli aveva fatto tirare un sospiro di sollievo.
Sfortunatamente, la calma non era durata per molto perché poi era arrivato Marco.
In realtà, Gaetano non sapeva se stesse venendo da lui o stesse andando da Camilla, per cui per ogni evenienza, si era messo dietro la porta ad aspettare.
Da lì aveva sentito l'ascensore fermarsi e a quanto pare l'uomo neanche aveva avuto il tempo di suonare che la porta di casa Baudino si era aperta.

- Finalmente, entra, ma quanto ci hai messo? -
- C'era traffico! -

Una doccia gelida gli avrebbe mozzato il respiro meno di quelle parole.

Sabrina si era chiusa in camera, probabilmente ancora imbarazzata per il rifiuto ricevuto, per cui lui era rimasto attaccato a quell'anta come se da lì dipendesse la sua vita, contando i minuti fino a che non avesse sentito di nuovo qualche rumore.
La paura che tutto tacesse fino al mattino seguente lo attanagliava mentre voleva prendersi a schiaffi da solo.
Oltretutto, ma da quando in qua a casa di Camilla c'era questo andirivieni di uomini?
Assorto in quei pensieri cupi aveva perso la nozione del tempo.
Gli sembrava che fossero passate ore in cui era lì, seduto con la schiena appoggiata al legno, in attesa del minimo indizio che gli facesse capire cosa stava succedendo dall'altra parte del pianerottolo.

E se fosse andato?

Ma poi con che scusa?

Si era voluto allontanare lui da Camilla, non poteva presentarsi lì e chiedere cosa stessero facendo.
Mille dubbi, mille domande mentre continuava a sbattere piano la testa contro la porta.

Poi finalmente sentì delle voci.

- Grazie veramente Marco, non so come me la sarei cavata stavolta -
- Figurati...non è un granché quello che abbiamo fatto, ma ammetto che un po' mi ha ricordato i vecchi tempi -

Il peso di mille pietre lo travolse come una valanga.
Che avevano fatto?
Che cosa poteva aver ricordato a Marco i vecchi tempi?
E quel tono di Camilla...era dolce, lo aveva riconosciuto, sicuramente aveva un piccolo sorriso sulle labbra.

Cosa diavolo era successo in quella casa?

Voleva disperatamente aprire la porta, telefonare a Marco e pretendere di sapere tutto, andare a bussare a Camilla e chiudersi con lei in quella casa fino a far dimenticare ad entrambi persino come si chiamavano.
Ma non poteva farlo.
Non aveva il diritto di pretendere nulla, ci si era cacciato da solo in quella situazione, e mentre sprofondava nel burrone lei spiccava il volo.
Ecco perché non era arrabbiata con lui, ecco perché non era più come prima e stupido lui che si illudeva di ritornare insieme quando tutto quell'incubo fosse finito.
Passavano le ore ma Gaetano era rimasto imbambolato, seduto per terra con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani che gli tenevano la testa.
Quando fu ormai buio si alzò, accorgendosi di non aver neanche acceso la luce, e si trascinò in camera da letto.

Era veramente finita.

E a lei era bastato pescare dal vaso dei suoi ex per trovarne a bizzeffe a riempire il posto lasciato libero.
Mentre fissava il soffitto, ora che era notte fonda, la consapevolezza che non sarebbe mai più stato lo stesso gli fece decidere di chiedere il trasferimento via da lì.
Sì, era sicuramente meglio così, appena finita tutta la storia, avrebbe inoltrato la domanda.
Non ce la faceva a continuare ad averla di fronte e vederla con altri uomini.
E stavolta non sarebbe tornato, questa volta, sarebbe stato un trasferimento definitivo e addio.
Basta professoresse, basta amore, basta sperare l'impossibile e inseguire la felicità perché era ovvio che non era per lui.

In fondo, chi ci crede più al lieto fine

Le favole sono per i bambini e gli illusi, lui non rientrava in nessuna delle due categorie e si doveva concentrare sulla dura realtà, sul suo lavoro e nient'altro smettendola di sperare nell'impossibile.
Intanto, la prima cosa da fare era risolvere quel maledetto caso al più presto.

Ma sebbene la sua mente avesse pianificato tutto, si rigirava nel letto come un'anima in pena senza trovare pace.

Sarebbe stata l'ennesima notte in bianco.

 


Dall'altra parte del pianerottolo, un'altra anima era in pena, un'altra insonne non trovava tranquillità, anche se per motivi diversi.
Sarà stata la gravidanza, sarà stata la storia di Michele o l'aver rivisto Gaetano dopo una settimana, ma Camilla non riusciva a dormire e aveva la testa confusa.

Il vicequestore era a pezzi.

Si teneva in piedi con Dio solo sapeva quale forza di volontà, ma prima o poi sarebbe crollato e lei era assolutamente ferma nel voler scoprire nel minor tempo possibile almeno dove si nascondevano quelle persone.
Non aveva alcuna intenzione di mettersi in pericolo, non ci pensava nemmeno, sicuramente non ora, ma allo stesso tempo non accettava di perdere Gaetano.
Era arrivata ad un passo da poter avere tutto, persino l'impossibile, per poi trovarsi nello stesso giorno a doverlo perdere.

E lei non lo voleva perdere, odiava perdere.

Poche ora prima, era di nuovo stata tra le sue braccia e si era accorta con ancor più prepotenza di quanto non potesse più fare a meno di lui, di loro.
E quell'esserino che stava crescendo dentro di lei era già abbastanza furbo o furba, da farle avere un giramento nel momento giusto.
Meno male che aveva evitato l'attacco di nausea perché vomitare di nuovo sulle scarpe di Gaetano non sarebbe stato esattamente romantico, nonostante sicuramente avrebbe fatto tornare entrambi indietro di più di dieci anni.
Era anche per quel piccolo miracolo che doveva andare fino in fondo alla storia.
E qui arrivava lui, quello che a pensarci bene era stato la causa dell'infelice uscita davanti alla macchinetta di caffè dell'ospedale il giorno della nascita di sua nipote.

Michele.

No, non era possibile, va bene che le persone cambiano ma Michele in combutta con dei mafiosi era qualcosa di inconcepibile nella mente di Camilla.
Eppure mentre pensava questo, sentì distintamente la voce di Gaetano dirle che doveva smetterla di ragionare con il cuore e concentrarsi solo sui fatti.
E i fatti le dicevano che Michele era riapparso dopo un anno proprio in quei giorni.
Le dicevano anche che lui si era fatto sfuggire informazioni delle quali non sarebbe dovuto essere a conoscenza.
Infine, sempre i fatti, dimostravano che Michele stava parlando con uno dei due che erano venuti per creare problemi a Gaetano.
Tre indizi fanno una prova, come dice Agatha Christie, e tutto quello che aveva capito durante il pomeriggio decisamente non deponeva a favore dell'uomo.
Il giorno seguente si sarebbe fatta dare dal suo alunno i nomi di alcuni posti dove lei e Marco avrebbero potuto cominciare a cercare informazioni e poi Venerdì avrebbe visto Michele.
Qualsiasi fosse il suo ruolo, era chiaro che sapesse qualcosa.
Doveva riuscire a scoprire tramite lui dove erano gli altri due uomini.
Avrebbe potuto nel frattempo dire a Gaetano della macchina nera...però poi sarebbe stato un problema se lui avesse deciso di bloccarla, perché dentro ce ne stava solo uno quindi l'altro avrebbe avuto tutto il tempo per scappare, nascondersi e chiamare rinforzi.
No, non poteva dirglielo ancora, prima doveva trovare il loro nascondiglio, solo allora avrebbe informato Gaetano e non tramite una telefonata di Marco, sarebbe andata lei stessa, si sarebbe presa sicuramente una sgridata come mai prima d'ora ma poi quell'incubo sarebbe finito una volta per tutte.

Si voltò verso il comodino prendendo la foto ormai incorniciata fatta da George che ritraeva lei, Gaetano e la piccola Camilla.
Passò delicatamente le mani sul vetro come per accarezzare quell'immagine prima di portarsela al petto sospirando.

- Te lo prometto piccolino, farò diventare questa foto una realtà, e conto sul tuo aiuto eh...-

Sapeva che era assolutamente troppo presto per percepire qualsiasi cosa, ma la consapevolezza di non essere mai da sola la tranquillizzava.
Se il destino la aveva portata fino a quel punto una ragione ci doveva anche essere.
Rimise la foto al suo posto mentre Potty le si accoccolava accanto e lei piombava finalmente nel tanto agognato sonno.
 


 

La mattina dopo, a scuola, Camilla era tutt'altro che concentrata.
Aveva rivisto a macchina nera e si era accorta che, quando era uscita, proprio la stessa macchina si era mossa e la aveva seguita.
Certo, era rimasta sempre almeno cinque automobili indietro, ma la cosa la aveva agitata più di quanto si aspettasse.
Fino a quel momento infatti, la aveva vista davanti casa, non si era mai accorta di essere pedinata.
Adesso invece non c'erano dubbi.
Affacciandosi dalla sala professori senza spostare la tenda, aveva scorto quei vetri scuri fermi ad un parcheggio e i battiti del cuore erano aumentati così tanto da costringerla a sedersi e prendere un bicchiere d'acqua.
Sicuramente, anche con la lista di posti che le aveva dato il suo studente non avrebbe potuto far nulla perché andare con Marco a fare ricerche con gente che la seguiva era fuori discussione.
Per quello non gli aveva ancora mandato un messaggio, non sapeva assolutamente come fare per spostarsi senza dare nell'occhio.

Il colpo di genio le balenò in testa solo in quarta ora.
Appena la campanella suonò, uscì dall'aula e prese il cellulare.

- Renzo? Sì, sì sono io ciao, senti ho bisogno di un favore, tu oggi vai in studio senza auto perché è dal meccanico vero?-
-...-
- E il tuo studio è sempre qui vicino? -
- No, ti spiego, io devo accompagnare la mia collega Anna a fare delle spese ma andiamo con la sua macchina, non ho voglia di ripassare a prendere la mia, c'è un doppione delle chiavi da me, prima di uscire puoi passare a prenderlo così in caso oggi pomeriggio quando devi tornare a casa non sei a piedi e io mi risparmio il viaggio fino a scuola..-
-...-
- Ma che ti importa dove dobbiamo andare? Devo accompagnarla a fare dei giri, allora, sì o no? -
-...-
-...oh ecco e ci voleva tanto?-
-...-
- No scusa è che sono un po' nervosa, anzi grazie, sì poi ci vediamo stasera e passi a ridarmi le chiavi, grazie ancora eh, ciao! -
Una era fatta, a quel punto poté finalmente tirare un mezzo sospiro di sollievo.
Adesso, doveva dire a Marco di non vedersi davanti scuola, si sarebbe fatta portare da Maffei in un bar non lontano per poi partire da lì.
Dopo aver mandato il messaggio, rientrò in classe sperando veramente che tutto quel casino servisse a qualcosa.
 

Poche ore dopo, trovò l'uomo seduto fuori dal locale mentre sul volto aveva un'espressione poco convinta.
- Allora, mi spieghi perché questo cambio di programma? Se non mi sbaglio dovevo venire a prenderti a scuola - chiese mentre Camilla si sedeva e chiamava il cameriere per ordinare un panino e un' acqua minerale.
- E prima o poi mi dovrai spiegare anche il perché di questa totale astensione dagli alcolici, capisco che ci siano tanti ricordi legati al Vermouth però...-
Camilla lo guardava senza sapere da dove partire, tamburellando con le dita sul tavolo.
Fortunatamente il cameriere arrivò con l'acqua, ne bevve qualche sorso dato che la bocca era diventata secca, e questo le fece trovare abbastanza freddezza per cominciare il discorso.
Non poteva evitare di dirgli che la stavano seguendo, ma temeva che come prima cosa Marco chiamasse Gaetano o peggio, suo fratello, e mandasse tutto a monte.

Però doveva fidarsi, ormai erano in gioco, era tutto o niente.

Prese un bel respiro.

- Ecco, allora, se mi prometti di non agitarti ti spiego tutto e poi dopo oggi ti assicuro che la finiamo con queste indagini parallele...-
Marco continuava a fissarla credendo poco a quella promessa ma non avendo altra scelta se non quella di abbozzare, l'atteggiamento di Camilla certamente non lo rassicurava.
- Non mi agito, ma tu parla -
Dopo aver smesso di tamburellare, le mani di Camilla erano entrambe finite a stringere il bicchiere.
- Stamattina mi sono accorta che quella macchina nera mi ha seguito fino a scuola...-
L'uomo sgranò gli occhi e di scatto prese il telefono.
Lei, avendo immaginato quella reazione, glielo tolse immediatamente.
- No, aspetta! Te l'ho detto, dopo oggi la finiamo! -
- Camilla ma tu non ti rendi conto della situazione! Mio Dio, ti hanno seguito, sai che vuol dire? Vuol dire che quella gente sta puntando te! Dobbiamo chiamare la polizia e farti dare una scorta! Dove sono ora? Ci stanno controllando? -
Cominciò a guardarsi intorno furtivamente cercando di dare poco nell'occhio ma il tono di voce lasciava capire quanto evidentemente fosse agitato.
- Marco, calmati, non ti ho mai visto così, no non sono qui, sono uscita da dietro con un mio collega, la macchina è rimasta fuori scuola e Renzo la passerà a prendere più tardi, adesso respira, bevi dell'acqua e parliamo un attimo! -
L'uomo non fu per niente calmato da quelle parole.
- Qui la situazione è anche peggio di quello che pensavo, Gaetano mi ammazza, mio fratello mi ammazza...- poggiò i gomiti sul tavolino coprendosi la faccia con le mani.
- Ascoltami invece, guarda qui, non ho molto, ho una lista di bar frequentati da persone che potrebbero essere in un giro non proprio pulito, ce ne sono due a Falchera, due in zona Vallette e poi tre a Porta Palazzo. Andiamo lì, facciamo vedere le foto, due domande e poi via a casa, va bene? Gli diciamo che stiamo cercando questi due perché io sono la sorella di uno di loro e ho bisogno di trovarlo, facciamo questo e poi basta! -
Marco continuava a scuotere la testa, intrappolato in un vicolo cieco, era sicuro che lei, in caso di una sua risposta negativa, avrebbe fatto tutto da sola quindi tanto valeva andarle dietro almeno per evitare che si ficcasse in casini ancora peggiori, ma sapere che avevano puntato proprio Camilla era la notizia peggiore che potessero scoprire.
- E' pericoloso Camilla, se quelli capiscono che tu li stai cercando, finisce male...-
- Marco, se non li troviamo finisce male lo stesso quindi vediamo di essere un passo avanti a loro! E' vero che mi seguono, ma non sanno che me ne sono accorta dopotutto! E a noi serve una scusa per chiedere di loro!-
La guardò, sul volto lei un'espressione che non avrebbe mai saputo definire.
Si vedeva che aveva paura ma dall'altra parte c'era una decisione nelle sue parole, una fermezza nei suoi occhi come se qualcosa di più grande persino di loro la guidasse dandole il coraggio di scavalcare montagne.

Doveva veramente amarlo tantissimo e a giudicare da come era ridotto Gaetano, il sentimento era più che corrisposto.

Si domandò se nella sua vita avesse mai provato qualcosa che fosse anche solo minimamente simile a quello che univa quei due, ma anche scavando nella sua memoria non trovò nulla.
E probabilmente era logico, perché un legame come quello una volta vissuto, non si dimentica.
Ma chissà, magari aiutando loro, il kharma avrebbe girato e anche lui prima o poi avrebbe incontrato quella persona per cui rischiare persino di morire, sempre se non ce l'avesse rimessa in questa storia, la pelle.
Mentre rifletteva, il panino che aveva ordinato Camilla era arrivato e si stupì nel vedere che lei lo divorava.
- Accidenti, la situazione ti rende nervosa ma l'appetito non ti manca di certo, complimenti. Io ho lo stomaco completamente chiuso adesso...-
- Devo mangiare...- rispose senza pensare con la bocca mezza piena.
- Cosa vuol dire che devi mangiare? - la risposta lo aveva lasciato un po' sorpreso.
Camilla ebbe un piccolo sussulto, aveva parlato senza pensare.
- No è che...- prese tempo finendo di masticare il boccone - mi servono energie per risolvere questo caso e quindi devo tenermi in forza ...-
Salvataggio in angolo.
- Va bene, allora, appena hai finito ci muoviamo, giro veloce quattro chiacchiere e poi questa storia finisce, siamo intesi? -
-Intesi, perfetto, senti, io vado un attimo a comprare delle barrette al cioccolato... -
Senza aspettare risposta Camilla si alzò dal tavolo andando verso la cassa del bar.
Marco la guardava un po' stupito.
- Ma come farà a mangiare sapendo di essere nel mirino di dei malviventi...mah, contenta lei...-

 

Si mossero poco dopo decidendo di partire da Falchera, i due bar da controllare erano veramente abitati dalla meno raccomandabile gente che avessero mai visto, ma complice il fatto che Camilla era perfettamente entrata nel personaggio, le risposte che ricevevano sembravano sincere. Probabilmente giovava anche che non sembrassero poliziotti, senza contare la capacità interpretativa di Camilla che come sorella disperata si sarebbe meritata l'Oscar, quindi invece di diffidenza, certo, non incontravano compassione, ma neanche un muro insormontabile.
Il problema grosso però era che nessuno sapeva niente, e questo valse sia per Falchera che per la zona delle Vallette.

La situazione si stava facendo sempre più nera.

Mentre si avviavano a Porta Palazzo per controllare gli ultimi tre bar ancora sulla lista, Marco guardava Camilla che aveva comprato nuovamente barrette al cioccolato e ne mangiava in continuazione.
- Secondo me è fame nervosa...-
Camilla tossì leggermente deglutendo a forza, ci mancava solo che si strozzasse.
- Sì...e ti credo con questa situazione, due posti, due buchi nell'acqua...-
Parcheggiarono vicino al mercato cercando negli altri tre bar ma sfortunatamente anche lì non riuscirono a trovare nemmeno una persona che avesse visto gli uomini ritratti in quelle foto.
Camilla, uscita dall'ultimo posto aveva l'umore quasi sotto ai piedi.
Non avevano fatto neanche mezzo passo avanti e sicuramente Marco dopo questo avrebbe voluto chiamare in commissariato.
Infatti, come volevasi dimostrare, mentre lei sperava in un aiuto divino, vide l'uomo che stava già apprestandosi a prendere il cellulare.
- Che fai? - chiese insospettita.
- Quello che avrei dovuto fare già da un po', chiamo il tuo Gaetano e gli racconto tutto, compresa la storia della macchina...-
- Marco aspetta un attimo, io pens..-
 

- Professoressa? Professoressa Baudino? -
Al sentire il suo nome Camilla si voltò.
- Idris? -

Erano passati alcuni anni ormai, ma non si sarebbe mai dimenticata di Idris, quel ragazzo così problematico dal padre violento che era stato persino coinvolto in un caso di omicidio e per cui lei era finita con Gaetano legata in un armadio.

Va bene, quello non era stato poi così spiacevole.

Vide il suo ex alunno andarle incontro e si abbracciarono davanti a Marco che guardava la scena senza capirci nulla.
- Ma tu lavori ancora qui? -
- Vengo a dare una mano al fruttivendolo, vivo ancora con mia madre da Sabrina ma mi fa piacere poter comunque aiutare, faccio qualche lavoretto qua e là ma sto anche studiando eh prof...sono solo un po' fuori corso...-
Quanto le faceva piacere rivedere i vecchi alunni, ritornare indietro nel tempo e ricordarsi del primo anno in cui si era trasferita a Torino.
- Ma lei invece qui che ci fa prof?-
- Eh...io...- ma si, tanto provare non costava nulla, tirò fuori le due foto dalla borsa - stavo cercando notizie su queste due persone...- disse porgendo le foto al ragazzo.
Quando lui le prese, il sorriso gli scomparì immediatamente dalle labbra e il suo sguardo diventò preoccupato.
- Prof...che vuole lei da questi due? -
Camilla scattò, lo prese per le braccia guardandolo negli occhi.
- Tu...li conosci? Li hai visti? -
Idris si guardò intorno.
- Non qui...-
Camilla si girò verso Marco, forse, ma proprio forse, non era completamente persa la speranza.
- Senti, ti riportiamo a casa con la macchina se hai finito, così parliamo lì, va bene? -
Il ragazzo annui anche se la sua espressione non prometteva nulla di buono.

I tre entrarono nell'auto di Marco e Idris spiegò all'uomo come arrivare a casa sua, visto che non era pratico della città.
Camilla si era seduta dietro con con lui mentre gli teneva davanti le foto e lo guardava in trepidante attesa.
- Idris, che mi sai dire di questi? -
Il ragazzo sospirò e assunse un'aria cupa.
- Io so che sono persone senza scrupoli, ma quando dico questo, non voglio dire la gente poco raccomandabile che conosce lei prof, dico persone che ammazzano a sangue freddo, quelli che persino i criminali di Torino tendono ad evitare...-
- Dove li hai visti? -
- Ero in un locale ai Murazzi, lavoro anche lì due volte alla settimana, faccio le pulizie quando sono chiusi e... alcune settimane fa, mentre io ero dietro al bancone a sistemare le bottiglie, sono entrati questi due che sembrava conoscessero il mio capo e gli hanno chiesto se non sapeva di qualche palazzo o posto abbandonato a Torino, perché avevano delle faccende di cui disporre.-
Il sudore freddo sulla schiena di Camilla e il leggero tremolio delle sue spalle erano l'unica spia che il racconto di Idris la stava terrorizzando.
- E il tuo capo...che ha detto? -
Il ragazzo sembrava estremamente restio a parlare.
- Professoressa, ma perché lo vuole sapere? Lei deve stare lontana da questa gente, ha capito? -
- Voglio che la polizia li trovi, ti prego Idris...se sai qualcosa, dimmelo - e la sua voce lo stava veramente implorando.
Il ragazzo scosse la testa.
- Non so molto altro, a parte che il mio capo gli disse che c'erano degli edifici abbandonati proprio ai Murazzi, tra i vari locali che erano stati chiusi di recente, e che in caso se avevano delle cose da sbrigare potevano farsi un giro lì...-
Camilla e Marco si scambiarono uno sguardo, era tutto quello che volevano.
Lasciando Idris sotto casa sua, il ragazzo prima di andarsene si voltò a guardare Camilla.
- Prof mi dia ascolto, stia lontano da quei tipi, la prego...-
- Stai tranquillo Idris...e grazie veramente di tutto.-
Mettendo in moto la macchina, Camilla vide Marco prendere l'auricolare.
- E adesso, facciamo la chiamata...-
Camilla staccò il cellulare di Marco dall'auricolare senza che lui potesse fare nulla per fermarla, dato che stava guidando.
- No, non sappiamo ancora abbastanza, i Murazzi non è quasi niente...dobbiamo andare lì..-
- Non se ne parla nemmeno! - e questa volta Marco aveva alzato la voce prima di accostare e fermare la macchina.
- Lo hai sentito il tuo ex alunno, persino lui che mi sembra si trovi a suo agio in certi ambienti non era affatto tranquillo. -
- Marco, ti rendi conto che se fanno una retata ai Murazzi, prima di trovare il luogo giusto, quelli potrebbero essere scappati? Non dobbiamo fare tanto, facciamo solo un giro a guardare quali sono gli edifici che in questo momento non vengono usati.-
Lo sguardo di Camilla si era tramutato in implorante, era una Camilla dalle mille facce quella che gli si stava presentando da quando era arrivato a Torino, una donna che lui non conosceva, o forse proprio quella città gli stava dando la possibilità di capire quello che lei era sempre stata.

Non era convinto, stavolta si stavano avvicinando troppo al fuoco, però nella mente la vocina continuava a ripetergli che se avesse detto di no lei avrebbe trovato il modo di andarci da sola pure se costretta agli arresti domiciliari.
Si passò una mano tra i capelli sconsolato.
La prossima volta che avrebbe deciso di innamorarsi di una donna, sarebbe di certo stato qualcuno di meno testardo e incline a mettersi nei guai, questa era l'unica promessa che fece a se stesso.

- Io domani non posso...- rispose sconfitto per l'ennesima volta.

- Facciamo Venerdì - rispose lei - a pranzo sono impegnata ma verso le tre dovrei finire, ci vediamo sempre in quel bar, farò in modo di non farmi seguire, e dopo assolutamente chiamiamo la polizia.-
- Promettimelo, ma sul serio.-
- Te lo prometto - e stavolta era convinta di quello che diceva, era ancora scossa da un leggero tremore che per una volta non era solo adrenalina, sapeva che era pericoloso ma ora che erano ad un passo non poteva coinvolgere la polizia, avrebbe dato troppo nell'occhio.
Qualsiasi cosa avessero scoperto, lo avrebbe riferito a Gaetano e qualunque fosse stata la sua reazione, almeno avrebbe avuto un punto da cui ripartire, anche se poi, con l'altra notizia che gli doveva dare...
- Gaetano mi ammazza...cioè forse non mi ammazza ma stavolta non me la caverò così facilmente...-
Marco la guardò e nonostante tutto una mezza risata gli sfuggì, Camilla non si era neanche accorta di aver parlato ad alta voce.
- Beh, tu non verrai ammazzata, anche se non garantisco per mio fratello, io comunque vengo ammazzato in ogni caso, ricordati di portarmi i fiori sulla tomba...-
La donna lo guardò sorpresa anche se poi sospirò.

Era vero, Marco stava messo molto peggio di lei.

- Grazie veramente, se non ci fossi stato tu...-
- Speriamo che un giorno possa trovarlo anche io un amore come il vostro...-
Lei non rispose, un po' perché ad accettarlo quell'amore ci aveva messo dieci anni perdendo una marea di tempo, e poi anche perché le era difficile trovare le parole giuste per lui.
Dopo averlo mollato in mezzo ad una strada, dopo aver chiuso ogni tipo di comunicazione, si erano rivisti e lo aveva coinvolto in una situazione pericolosa dove Marco non ci avrebbe guadagnato nulla.
- Lo ho sempre saputo che eri una brava persona...un po' troppo frivolo ma qualcuno che se può aiuta chi ne ha bisogno...-
- Non ti illudere...sono cattivissimo...- rispose facendo una faccia truce per smorzare un po' l'atmosfera troppo sentimentale che si stava creando.
Lei sicuramente era sincera e disinteressata nel dirgli quelle cose, ma dopo averla amata a lui non faceva bene sentirle.

Arrivarono sotto casa di Camilla ed entrarono con la macchina dentro il condominio.
- Senti, sali un secondo che ti offro qualcosa da bere dai, mi hai scarrozzato per la città almeno un caffè lo posso fare...-
Marco sorrise guardando fuori.
- Ma sì, l'ultimo caffè prima che il tuo vicequestore mi strozzi...direi che me lo merito no? -
Le scappò una risata che per quella volta contagiò anche l'uomo.
Uscirono dalla macchina senza accorgersi dei due occhi che li guardavano quasi sconvolti.

- Camilla??-

Nell'udire quella voce la donna sussultò.
- Renzo? -
L'architetto aveva uno sguardo scioccato, gli occhi andavano dalla donna, all'individuo che era con lei e che gli ricordava veramente troppo una vecchia conoscenza di Roma.
La bocca era rimasta semi aperta mentre si puliva gli occhiali e li rimetteva sperando di aver avuto un incubo.
- E lui che ci fa qui? - chiese indicandolo col dito come si fa con qualcosa di fastidioso.
- Accidenti che accoglienza, è un piacere rivederti Renzo...-
Senza nemmeno calcolare l'intervento di Marco, l'architetto continuò a fissare Camilla.
- Ma Gaetano lo sa? -
La professoressa sentì nella testa tanti campanelli d'allarme.
- Che vuol dire questa domanda? - chiese sorpresa come se Renzo potesse pensare che ci fosse qualcosa tra lei e Marco.
- Beh insomma, vedervi uscire insieme sorridendo da una macchina...Livietta che mi dice che non vede Gaetano a casa vostra da un po'...uno che deve pensare? Oltretutto tu non eri a fare spese con una collega?-

E da quando in qua persino Renzo era bravo a fare deduzioni?
Sentiva che le sarebbe venuto il mal di testa.

- Intanto Renzo, con tutto il rispetto ma dovresti farti gli affari tuoi, e poi che cavolo di uscite fai, Gaetano e Marco si conoscono, si sono conosciuti a Roma...-
La faccia di Renzo era incredula.
- Sì va bene, ma Gaetano, di lui...qui, adesso...lo sa? - aveva posto la domanda muovendo il dito quasi a mimare tutta la situazione.
Camilla e Marco si guardarono indecisi su cosa rispondere e ciò non piacque per nulla all'uomo.
- Ripeto nuovamente, allora, Gaetano, lo sa? -

- Sapere cosa? -

Una terza voce maschile familiare a tutti i presenti li fece voltare e Camilla stavolta si gelò all'istante.

Certo che a volte la vita ti mette in mezzo a dei momenti in cui vorresti solo scomparire.
Dietro di loro, era apparso in condizioni leggermente migliori del giorno prima, ma sempre orribili, proprio Gaetano che sentendo il suo nome si era avvicinato a quell'inusuale gruppo.
 

Era rientrato solo per cambiarsi e aveva visto i tre da lontano scuotendo la testa al pensiero di un ennesimo uomo di Camilla al quale lei era in qualche modo ancora legata.
Avrebbe volentieri evitato quell'incontro, ma udire il suo nome sulla bocca di Renzo lo aveva incuriosito.
Adesso che sentiva su di sé tre paia di occhi si stava però pentendo di quell'idea.
Aveva lottato contro troppa gente per Camilla, ritrovarsi a far parte di quell'improbabile quadrato, anzi, pentagono se aggiungevano pure il seguace di La Touche, era qualcosa che voleva evitare.

Era stanco e disilluso.

Ogni volta che la vedeva era come se sentisse una morsa stringergli il cuore, oltretutto insieme a Marco, di nuovo.
E che cos'è che doveva sapere?
Di che parlava Renzo?
Da una parte avrebbe voluto scoprire tutto, dall'altra non era sicuro di voler conoscere la risposta.
Ci fu un attimo in cui tutti si guardarono senza proferire parola, la prima voce a parlare fu quella di Renzo.
- No Gaetano, chiedevo a Camilla se tu sapevi...di loro - ripeté indicando sia Marco che Camilla.
Se il vicequestore fosse stato colpito dalla domanda non si capì immediatamente.
Rimase per un attimo bloccato, mille pensieri in testa, tra la conversazione ascoltata il giorno prima e la domanda di Renzo, se qualcuno gli avesse piantato un coltello nello sterno sarebbe stato meglio.
Camilla si trovava nella stessa situazione, solo che a paralizzarla era la paura.
Il terrore che lui fraintendesse le parole di Renzo, che si facesse strane idee.
Ufficialmente il vicequestore la aveva lasciata e lei poteva tranquillamente vedere chi voleva, quindi sapeva benissimo che lui sarebbe stato propenso a credere che si stesse facendo consolare da Marco.

E ci mancava solo quello.

Vide Gaetano aprire la bocca per rispondere ma non lo lasciò parlare cominciando lei.
- Renzo, non c'è niente da sapere, io e Marco ci siamo visti per prendere qualcosa insieme dato che non ci vedevamo da anni e sai benissimo come è finita a Roma tra me e lui, questo è tutto! -
- E scusami, perché mi hai detto che dovevi andare a fare spese con una tua collega se invece uscivi con lui?-
Continuò imperterrito Renzo mentre Gaetano guardava da lui a Camilla con aria interrogativa in cerca di risposte.
- Ma io Marco lo ho incontrato per caso più tardi...- questa era veramente la scusa più bieca che potesse trovare, solo che non poteva dire la verità!
Per ora invece tutto quello che Gaetano aveva registrato era che Camilla aveva detto a Renzo che vedeva una collega mentre invece era uscita con Marco.

Dopo ciò che era successo, quella rivelazione fu come il colpo di grazia, dovette fare ricorso a tutta la forza che aveva per evitare di girare i tacchi e andarsene, ma di certo non poteva comportarsi come una ragazzina abbandonata dal fidanzato, per cui rimase lì, con la mascella rigida e i pugni chiusi.
Evidentemente Camilla non aveva ancora detto a Renzo che cosa era successo tra loro, un altro compito ingrato che a quanto pare sarebbe toccato a lui e in quel preciso momento.
Raccolse tutte le sue forze e prese un bel respiro sperando che la voce non gli tremasse.
- Vedi Renzo, il fatto è che io...-
- Che Gaetano sapeva benissimo di Marco in città perché suo fratello sta conducendo un'indagine con la questura di Torino. Io e Marco ci siamo incontrati per caso questo pomeriggio e mi ha riaccompagnato a casa, Gaetano non sapeva che ci saremmo visti perché non era premeditato, ora...- dopo aver detto tutto in un solo fiato si voltò verso Marco - noi ci sentiamo per quell'ultima cosa da sistemare... - poi guardò Renzo - tu puoi ridarmi le chiavi quando ti è più comodo, - infine i suoi occhi incontrarono Gaetano per un attimo, prima che lo prendesse per un braccio - e noi dobbiamo andare che tu hai un aspetto orribile...- quest'ultima parte venne detta in modo meno deciso del resto, ma sperava disperatamente che lui non si sottraesse.

E sarà stato il tocco delle sue mani forse, ma gli occhi incupiti di Gaetano la guardarono sorpresi mentre lei gentilmente lo accompagnava verso il loro portone lasciando Marco e Renzo a fissare Camilla che quasi trascinava via il vicequestore.
- Ciao! -
Fu l'ultima cosa che i due uomini sentirono prima di vederli scomparire.
Un'occhiata guardinga di entrambi, un cenno con la testa di Marco, e poi anche lui si allontanò mentre Renzo ancora non aveva capito che cosa fosse successo.
 

Quando si bloccarono davanti all'ascensore, Gaetano la guardava quasi smarrito mentre lei aveva gli occhi fissi nel vuoto, come se avesse qualcosa da dire ma non sapesse da dove partire.
Nessuno dei due si accorse che Camilla non aveva staccato le mani e il suo braccio automaticamente si era piegato per farla appoggiare.
Era un riflesso inconscio, si adeguavano l'uno all'altra senza bisogno di dirsi niente.
Non sapevano cosa fare, dire qualsiasi cosa avrebbe fatto tornare entrambi ad una realtà che nessuno dei due accettava, ma di certo non potevano neanche starsene davanti ad un ascensore senza neanche chiamarlo.
Fu lui a spingere quel pulsante, facendola risvegliare dallo stato in cui era entrata.
Appena si accorse che lo stava ancora tenendo per il braccio, lentamente si staccò, ed entrambi sentirono come se qualcosa fosse venuto a mancare.
Camilla guardò per terra.
- Scusa se mi sono intromessa...- cominciò senza riuscire a guardarlo negli occhi.
Ma tanto neanche lui ci riusciva.
- Come mai Renzo non sa che...- che ci siamo lasciati, questo voleva dire ma non era impossibile farle uscire quelle parole.
- E' che...ancora non lo ho detto a nessuno perché...non sapevo come..- era una tortura per lei - non sapevo come spiegarglielo dato che non avevamo mai dato l'idea che ci fosse qualche...qualche problema.-
Era troppo doloroso dirlo, era troppo difficile.

E infatti non c'era nessun problema...sono io il problema...

Gaetano era sull'orlo del precipizio, la voce di Camilla tremava e sapeva che anche la sua non era da meno, avrebbe voluto dirle un milione di cose, poi l'ascensore arrivò e lui le aprì la porta per farla entrare.
Il momento peggiore fu proprio lì, in quegli interminabili minuti in cui Camilla si aspettava che parlasse mentre Gaetano voleva solo premere quel bottone rosso, bloccare l'ascensore e tenerla lì dentro con lui senza uscire più.
Ma non poteva fare nulla di tutto questo e anzi, come se non bastasse, le parole che aveva sentito il giorno prima, quei ringraziamenti a Marco, gli fecero acquistare un sarcasmo che non sapeva neanche lui di possedere e per un attimo, tutto il resto svanì.
- Beh, mi pare che la cosa non sia molto complicata dato che hai fatto presto a trovare un sostituto...-

Aspetta un secondo.

Camilla sgranò gli occhi scioccata e d'istinto spinse quel pulsante rosso.
- Che cosa vorrebbe dire questo? -
La sua voce era molto più alta del solito e sentiva il sangue salirle alla testa.
- Camilla ma che fai? Sei completamente impazzita? -
Gaetano tentò di premere di nuovo il pulsante ma lei aveva messo la sua mano proprio lì.
- Rispondimi prima, che cosa vuol dire quell'osservazione? -
I suoi occhi nocciola gli stavano entrando dentro con una rabbia che non aveva mai visto.
Sembrava sul punto di urlargli un “Come osi dirmi una cosa del genere?” e...

E alla fine aveva ragione.

Ma che gli era venuto in mente?

Uscirsene con quella frase del tutto fuori luogo.
Abbassò lo sguardo e sospirò.
- Lascia stare...-
- Assolutamente no! Sei stato tu quello che mi ha mollato fuori da un'ospedale e ora con che diritto fai queste uscite infelici? -
Era stato un impulso, sapeva cosa c'era dietro ma il solo pensare che Gaetano la giudicasse così frivola da averlo già sostituito la mandava in bestia e non era riuscita ad evitare di rispondere a tono, anche se vedendo il volto ferito di lui se ne pentì immediatamente.
- Hai ragione, è stata un'osservazione stupida, non sono io quello che può giudicare cosa fai o non fai della tua vita sentimentale, ti chiedo scusa -
Gaetano per la prima volta era stato veramente sbattuto di fronte a tutto quello che aveva combinato.
Prima la aveva lasciata, e ora si era messo a recriminare quando era stato proprio lui a cercarsela.
Era ovvio che lei si rifacesse una vita, ma vai a spiegare ai sentimenti questa ovvietà.

Tutto un altro paio di maniche.

La vulnerabilità di quelle scuse arrivò con la forza di un uragano a Camilla.
Era talmente turbata che la mano sul pulsante si allontanò dando la possibilità a lui di premerlo per far ripartire l'ascensore.
Il respiro di lei si stava lentamente calmando e questo le fece ritrovare la lucidità.

Mentre Gaetano le dava le spalle in attesa di arrivare al loro piano, lei gli tirò leggermente il manico della giacca.
- Lo so che non ti interessa, ma tanto per la cronaca, non c'è nulla di quello che puoi pensare tra me e Marco -
- Non sono affari miei Camilla, non devi darmi spiegazioni - rispose a forza, quasi sofferente.
Pregava con tutto il suo cuore che quell'ascensore andasse più veloce, e ancora non capiva come faceva lei a non essere furiosa dopo quel discorso in ospedale.
- Gaetano...ascoltami un secondo...io...devo parlarti di una cosa, o meglio, di più di una cosa e lo so che ora non è il momento ma...ho bisogno di...- ce la poteva fare, ce la doveva fare - senti...potremmo vederci Venerdì sera? Poi ti prometto che se vorrai io me ne starò buona e non mi vedrai più...-

Non mi vedrai più

Sentì lo stomaco chiudersi e quelle quattro parole dette quasi sottovoce avevano avuto la potenza di un urlo dentro di lui.
Che cosa dovevano ancora dirsi? Lui aveva già parlato per tutti e due nonostante se ne fosse pentito ogni minuto da quella maledetta mattina.
Si girò a guardarla e la trovò a fissarlo decisa, come se da quella richiesta ne dipendesse la sua vita.
C'era qualcosa di diverso, una sicurezza mai vista prima lei, ma Gaetano non aveva idea di che cosa la rendesse così forte.
E come sempre, non riuscì a dirle di no.

- Venerdì sera...va bene, e perdonami ancora per la spiacevole battuta, non era mia intenzione -
L'ascensore era finalmente arrivato e lui uscì per primo lasciandole la porta aperta.

Vedendo che stava per entrare in casa, lei lo bloccò di nuovo mettendogli una mano sul braccio.
- Grazie, ti prometto che non te ne pentirai. - disse sempre sottovoce mentre lui dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non prendersela, tirarla dentro casa e rivivere minuto per minuto quella loro meravigliosa prima notte.

Si voltò a guardarla.
- Non mi sono mai pentito di nulla quando si è trattato di te...-
Dove era finita la sua fermezza nel farle credere che non era il tipo da relazione seria?
Ma andiamo, non ci avrebbe creduto nessuno a quella scusa.
E sarà stata la stanchezza, la disperazione, ma tutta la sua decisione si stava sgretolando e sentiva che se fosse rimasto anche solo un altro minuto con lei non avrebbe più risposto delle sue azioni.
Le parole di Gaetano le erano entrate dentro come la pioggia dopo un'estate afosa, la mano sul braccio strinse la presa e lentamente si avvicinò a lui.
Non c'era niente da fare.
Erano due calamite, quando lei alzò lo sguardo per entrare in quegli occhi, sentiva una forza che la attraeva prepotentemente verso di lui e per nulla al mondo avrebbe voluto opporsi.
Anche perché lo sapeva, lo percepiva che per lui era la stessa identica cosa.

Erano vicini, troppo vicini, i campanelli d'allarme di Gaetano stavano suonando a tutta forza ma lui sembrava non sentire niente, gli bastava fissare il volto di Camilla per riconoscere quell'irrefrenabile desiderio di annullare del tutto le distanze e al diavolo il mondo!

Improvvisamente si sentì un telefono squillare e il trillo li riportò alla realtà.

Come svegliati da un sogno, si fissarono, sembrava si volessero dire qualcosa ma nessuno dei due cominciava.

Quel pianerottolo stava diventando pericoloso.

- E' il tuo...- sussurrò lei mentre Gaetano cercava rocambolescamente quell'orrido aggeggio che aveva scelto il momento peggiore per farsi sentire.
Dopo averlo trovato, alzò lo sguardo verso di lei, nei suoi occhi leggeva delusione ma non solo.. anche qualcos'altro, qualcosa di più profondo che non riusciva a capire.
- A Venerdì...-
Quelle furono le ultime parole proferite prima che Camilla rientrasse in casa chiudendo la porta dietro di sé.

Maledetto telefono



I giorni seguenti passarono più velocemente di quanto Camilla si aspettasse, c'era una strana agitazione in lei, sentiva che finalmente in qualche modo la situazione si sarebbe risolta, e anche se non sapeva come, qualsiasi risultato sarebbe stato meglio di continuare a vivere come stava facendo in quel periodo.

Il Venerdì arrivò in men che non si dica.

Aveva volutamente dato a Gaetano l'appuntamento quella stessa sera mandandogli un messaggio dove gli chiedeva di andare da lei per le sette, perché non avrebbe aspettato neanche un minuto in più, era il giorno in cui si sarebbe deciso tutto, prima Michele a pranzo, poi Marco per andare ad i Murazzi e alla fine qualsiasi cosa fosse uscita dalla loro piccola investigazione, sarebbe stata riferita a Gaetano insieme alla notizia che era incinta.
E sperava con tutto il cuore che quell'ultima cosa potesse sopperire un po' a tutto il resto perché Gaetano sarebbe sicuramente stato furioso con lei nel sapere che, fregandosene del pericolo, era andata a fare ricerche per conto suo.
Si toccò la pancia davanti allo specchio del bagno.
- Scusami se ti uso, ma è per la mia, e anche per la tua sopravvivenza. Forse non ci ammazza se sa di te...anche se io ti preparo perché sicuramente sarà arrabbiatissimo.-
Aveva optato per rimanere in casa per due ragioni fondamentali, la prima era che in un ristorante li avrebbero seguiti e lei non sarebbe riuscita a dirgli nulla, e la seconda era la speranza che essere protetta da quelle mura, spettatrici dei loro tanti momenti insieme, potesse in qualche modo attutire le notizie brutte e ingigantire quella bella.

Mentre si preparava per andare a incontrare Michele, il cellulare le squillò e dallo schermo le apparve il nome di Marco.
- Pronto, cosa è successo?
- No, niente, volevo solo chiederti a che ora ci vediamo esattamente oggi pomeriggio perché così so quando muovermi...-
- Possiamo fare come ti avevo detto verso le tre? Io a pranzo...devo vedere..qualcuno e dovrei finire per quell'ora...-
- Camilla, perché rispondi titubante? C'è qualcosa che non va? Che stai combinando? -
Ma sì, tanto ormai Marco non avrebbe più potuto fare nulla, Michele sarebbe arrivato a prenderla da lì a poco, chissà poi dove aveva trovato una macchina, o magari sarebbe venuto col camper.
- Senti Marco, io a pranzo devo vedere Michele e no prima che dici qualsiasi cosa, non lo ho chiamato, è stato uno scambio di messaggi. -
- Che cosa devi fare tu a pranzo??Ma sei impazzita del tutto?? Dove? Vengo anche io! -
- Non urlare, calmati, ha prenotato in una trattoria si chiama il K2, la conosco anche, e comunque voglio solo parlarci un'altra volta e poi basta! -
- Il K2, benissimo arrivo subito, Camilla tu sei fuori di testa, sappilo. Non ci vai da sola con quello, tranquilla che me ne sto lontano, ma se ti lasciassi andare a incontrare quell'uomo senza nessuno Gaetano non me lo perdonerebbe mai, mi sto muovendo ora e una cosa, tieni sempre il cellulare acceso, è chiaro? -
- Ma quanto la fai lunga, va bene il cellulare è carico e lo tengo acceso, però tu puoi anche non venire, non succederà nulla, credimi, mi rifiuto di pensare che Michele possa farmi del male...-
- Io questo Michele non lo conosco, ma in ogni caso sto partendo ora, mi metto ad un tavolo a parte e tengo sotto controllo la situazione. Tu fai finta di non conoscermi quando entri e poi dopo che avete finito, dici che avevi un impegno e io arrivo a prenderti, e non ammetto no Camilla, siamo intesi? -
Onestamente, se al posto di Marco ci fosse stato Gaetano si sarebbe sentita molto più al sicuro, doveva ammettere che l'uomo la aveva agitata.
Però era questione di poche ore, stringere i denti e poi quella sera stessa avrebbe detto tutto al vicequestore.

Solo questione di poche ore.

- Camilla, mi senti? Ci sei? -
- Sì ti sento, ci sono...-
In quel momento il citofono suonò.
- Ok è arrivato, vado, rimaniamo così, ti chiamo quando ho finito e tu fai finta di arrivare da fuori, e tengo il telefono acceso qualsiasi cosa accada, ora però ti devo lasciare!-
- Camilla, qualsiasi ritardo, qualsiasi cosa mandami un messaggio hai capito?-
- Ma sì stai tranquillo, ora vado davvero, a dopo!
Riattaccò senza dargli il tempo di rispondere mettendo il silenzioso al telefono e dopo essersi controllata un ultima volta allo specchio uscì di casa.

- Ce la possiamo fare noi due...tranquillo piccolino oggi sistemiamo tutto.-

Lo vide fuori, con un sorriso troppo aperto, aspettarla davanti ad una macchina dall'aspetto elegante.
Lei rispose in maniera tirata piegando leggermente la bocca quando lui le aprì lo sportello per farla entrare.
Anche gli interni dell'auto erano nuovissimi, dall'odore doveva sicuramente trattarsi di una macchina a noleggio.
- Beh, vedo che ti è cambiata in meglio la vita...cellulare, macchina nuova...- commentò per cominciare il discorso sperando di smorzare quell'ansia che la stava prendendo.
- Diciamo che volevo fare bella figura con te? - rispose lui mentre continuava a guidare.
- Allora, adesso me lo dici perché ti sei ripresentato a casa mia dopo più di un anno? Alla storia che passavi da quelle parti non ho creduto affatto..-
Come al solito, lei preferiva mettere le carte in tavola subito.
- Non ora...-
- Io preferirei che parlassimo ora e non in un'osteria...-
Gli scappò una risata che a Camilla suonò estremamente sarcastica.
- No Camilla, non stiamo andando in nessuna osteria e ti assicuro che avremo tempo per parlare...-
La donna al sentire le sue parole sbiancò voltandosi immediatamente verso la portiera della macchina come per aprila, ma lui l'aveva chiusa automaticamente.
Improvvisamente, due mani spuntarono dal sedile posteriore .
- Non serve addormentarla...- disse Michele - tanto Camilla è abbastanza intelligente da non fare nulla...vero? -
Come era possibile che non si fosse accorta che c'era una terza persona nell'auto?
Non lo vedeva, ma le mani, una delle quali aveva un fazzoletto sicuramente imbevuto di cloroformio, si erano allontanate dalla sua faccia e ora erano poggiate sul collo.
Non poteva farsi addormentare col cloroformio...sarebbe stato troppo pericoloso per...

Oddio cosa ho fatto!

- No...- stava tentando di prendere respiri profondi per calmare il cuore che batteva a mille - non serve che mi addormentiate...vi giuro non farò nulla -
- Te l'avevo detto che era una donna sveglia - disse Michele quasi orgoglioso.
Chiunque fosse dietro di lei si avvicinò ulteriormente.
Il cuore non aveva smesso il battito accelerato e per la prima volta, aveva una gran voglia di piangere.

Il sogno di riuscire a spiegare a Gaetano tutto quella sera si era irrimediabilmente frantumato.

- Vedremo se hai ragione...in ogni caso, credo che dovrebbe mettersi comoda signora...ci farà compagnia per un bel po'...-

In quel momento sentì che non le sarebbe servito il cloroformio, la testa cominciò a girarle e poi ...

Il buio.



Lo so, lo so adesso mi state tirando i pomodori. Scusate!!! Questa cosa era in programma dall'inizio della storia, poi non so bene dove mi porterà ma io avevo avvertito che Camilla stava giocando col fuoco.
E ora, la cara prof si trova nella peggiore situazione in cui potesse trovarsi, pensare che voleva salvarlo lei Gaetano eh...ma io dico, va bene investigare, ma uscire con uno che sai è implicato con gente che chiaramente vuole rovinare la vita all'uomo che ami è da suicidio!
E sì per chi se lo chiedeva, Camilla aveva volutamente messo tutto Venerdì proprio perché a Gaetano quella sera avrebbe voluto dire sia di Michele, sia del giro con Marco, non ce la faceva ad aspettare più. Solo che è facile fare i conti da soli...
Spero veramente che non vi abbiano annoiato queste indagini e come sempre grazie a chiunque spenderà un momento anche per scrivermi che ne pensa, perché io onestamente non so bene come mi sia venuta in mente questa cosa, e non so se la sto portando avanti decentemente.
La voglia di mollare c'è sempre, sarà il freddo di Marzo...
Per chi vuole, di seguito metto una preview del prossimo capitolo, spero così di farvi ingannare l'attesa.

Tratto dal capitolo diciotto : I'd die for you


- Ma bravo il nostro Carpi, allora ce lo hai portato veramente! -
Esclamò uno dei due ironico.-
Ve l'avevo detto, prendete lei e lui arriverà correndo...- rispose Michele orgoglioso.
Gaetano lo guardò furente.
- Quindi è stata tutta una tua idea....- se non avesse avuto le mani legate gli avrebbe spezzato il collo.
- Ovviamente, loro volevano prendere l'altra tipa, la sorella di De Silva, ma io sapevo perfettamente che con Camilla saremmo andati a colpire più facilmente dove ti fa male...-
Come a ribadire il concetto, sferrò un pugno che colpì lo stomaco di Gaetano facendolo indietreggiare.

Per un attimo l'aria gli si mozzò nei polmoni.
- Ti piace prendertela con chi non può rispondere Carpi...complimenti...- commentò cercando di riprendere fiato, più che la forza del colpo era stata la sorpresa a coglierlo impreparato.
- Carpi, buono! Sai bene che non siamo noi a doverlo toccare...-
- Scusate...era troppo tempo che volevo farlo..- disse lui con un sorriso soddisfatto mentre li guardava.
- Dov'è Camilla? - chiese immediatamente Gaetano - io sono venuto, adesso la voglio vedere e poi dato che è me che volete, la dovete lasciare andare...-



Ci vediamo Domenica prossima!!

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto: I'd die for you ***


Di nuovo Domenica e di nuovo un capitolo. Siamo agli sgoccioli, sappiate che come scrittura sono a metà dell'ultimo capitolo, la fine è vicina!! Non ce la facevate più lo so.
Grazie tantissimo per tutto il supporto, l'incoraggiamento, i commenti, io veramente non so cosa farei se non li avessi.
In questa parte mi dispiace ma non penso che succeda moltissimo per cui temo che vi annoierete, ho tentato un po' di bilanciare parti più leggere con parti pesanti, ripeto ho provato, ma poi non so se ci sono riuscita, spero tanto che non vi addormentiate.
Come sempre vi metto un anticipo del penultimo per darvi un assaggio, ed ecco, direi che in quello accade qualcosa.
Ancora grazie, grazie e grazie dal profondo del cuore.
Bando alle ciance che potrei commuovermi, buona lettura!

 


Capitolo diciotto: I'd die for you.

 

Qualcosa non andava.

Marco stava muovendo le dita sul tavolo dell'osteria dove Camilla e quel Carpi sarebbero andati a mangiare guardando fisso l'entrata.
Era pronto con un giornale da mettere in bella vista non appena avessero oltrepassato la porta, ma passavano i minuti e non vedeva nessuno.
In realtà pensava di trovarli già lì, perché dal suo hotel ci aveva messo quasi quaranta minuti ad arrivare mentre, calcolando la distanza, da casa di Camilla senza traffico in venti minuti ce l'avrebbero fatta, con il traffico al massimo mezz'ora.
I parcheggi c'erano, lui l'aveva trovato subito e da quando era entrato era già passata quasi un'ora senza che nessuno si facesse vivo.

Una sensazione orribile di inquietudine lo rodeva.

Non aveva provato a telefonare pensando che magari si erano fermati prima a parlare da qualche parte, ma ormai era veramente passato troppo tempo, lei lo aveva salutato al telefono perché quel tipo era arrivato sotto casa dopotutto.
Digitò il numero di Camilla e sentì il cellulare squillare a vuoto.

Era acceso ma nessuno rispondeva.

Forse aveva messo il silenzioso, ma gliel'aveva detto di tenerlo sempre a portata di mano e di mandargli un messaggio per qualsiasi ritardo dato che era praticamente andata tra le braccia del lupo!
Oltre alle dita che non volevano smettere di muoversi sul tavolo, aveva cominciato a battere anche un piede per terra.

No, qualcosa era andato storto.

Si passò una mano tra i capelli.
Aveva un bruttissimo presentimento e doveva tentare quantomeno di toglierselo.
Un cameriere che stava girando per i tavoli gli passò vicino e lui colta l'occasione al balzo lo fermò.
- Senti scusa, avrei un favore da chiederti -
- Sì mi dica! - il ragazzo sembrava giovane ma anche già abbastanza esperto.
- Vedi, sto aspettando due amici, uno dei due aveva prenotato qui ma credo di aver sbagliato io l'ora dell'appuntamento, potresti dirmi per caso a che ora è stato prenotato il tavolo a nome Carpi? Se è più tardi torno dopo che non vorrei fare una figuraccia! -
Il cameriere lo guardò un po' sorpreso.
- Guardi, oggi che io sappia non ci sono prenotazioni per pranzo, aspetti però che controllo -
La goccia di sudore gelido che Marco sentì percorrergli la schiena lo immobilizzò mentre sgranava gli occhi.
Vide il ragazzo allontanarsi, controllare prima un Ipad e poi un'agenda nera scorrendo i vari nomi con una penna, pregava con tutte le sue forze che la memoria del cameriere avesse fatto cilecca.
Richiusa l'agenda, il ragazzo tornò da lui.
- Sì come pensavo, oggi non abbiamo nessun tavolo prenotato, mi dispiace o non hanno prenotato e pensavano di venire senza riservare, o hanno cambiato piani prima di telefonare...-

Quanto odiava avere ragione.

Si alzò dal tavolo lasciando una grossa mancia e ringraziando prima di precipitarsi fuori dal locale.
Avrebbe dovuto farlo giorni addietro ma poi Camilla era sempre riuscita a fargli cambiare idea e adesso si era ficcata nei guai peggiori in cui si potesse cacciare in tutta la sua vita.
 

Lei rischiava di essere ammazzata.
Lui sicuramente sarebbe stato ammazzato.

- Mai una volta che mi desse ascolto quella donna! - esclamò frustrato e spaventato.
Si infilò in macchina con una sola idea in testa, doveva immediatamente andare in commissariato pregando che non fosse troppo tardi.




 

Venerdì.

 

E si sarebbero dovuti vedere quella sera.
Era pervaso da un sentimento di agitazione e impazienza al tempo stesso.
Voleva vederla ma non voleva vederla.
Desiderava che arrivasse quell'ora ma anche che il tempo si fermasse prima.
Rileggeva quel messaggio come se le parole in esso contenute fossero magiche, dal valore inestimabile.
E pensare che non era niente di particolare, un semplice “Ci vediamo alle sette da me” ma per lui quelle cinque parole rappresentavano tutto.

Doveva smetterla di essere così su di giri ma non ci riusciva. Non aveva idea di come avrebbe resistito nella stessa stanza con lei senza abbracciarla, soprattutto se era a casa sua dove sapeva che appena entrato sarebbe stato invaso dai ricordi.
Senza contare le domande che si stava ponendo da quell'ennesimo incontro, che cosa gli doveva dire?
Sicuramente era importante, una cosa di importanza vitale perché quel volto non gliel'aveva mai visto prima, e lui ormai le facce della sua prof era sicuro di conoscerle tutte.
Ma che cosa poteva esserci di così tanto importante che lui avrebbe dovuto sapere?

Era una cosa, anzi no, due.

Due cose di cui a quanto pare lei aveva assolutamente un disperato bisogno di metterlo al corrente.
Ci aveva riflettuto in tutti quei giorni e non riusciva a immaginare niente, gli doveva dire di Marco?
Renzo gli aveva domandato se lui sapeva di Marco e Camilla dopotutto, ma lei stessa poco dopo aveva negato.

Allora sarà stato quel Carpi?

Sentiva già che gli stava andando il sangue alle testa, avrebbe preferito Marco a quel punto, Carpi era un individuo che per qualche motivo non lo convinceva, gli dava l'idea di essere molto subdolo, aveva un qualcosa di viscido.
Quel suo modo di fare così eccentrico ma allo stesso tempo spavaldo non gli piaceva, una persona che a costo di salvare sé stessa era disposta persino a lasciare che gli altri si mettessero nei guai per difenderlo.
Lo detestava dal profondo del suo cuore, e se Camilla gli doveva dire che aveva ricominciato a frequentarlo, tanto valeva chiamarla e cancellare l'incontro perché probabilmente avrebbe come minimo spaccato qualcosa al momento.

Continuava a fare avanti e indietro nel suo ufficio mentre da fuori la porta Torre e De Matteis lo guardavano incuriositi.
Fu Paolo il primo a dar voce a quello che entrambi stavano pensando.
- Oggi ha qualcosa di diverso...- commentò cercando di immaginare che cosa potesse portare Gaetano a comportarsi in quel modo.
- C'avete ragione, oggi è diverso, il suo umore è strano eh, ma non è nero come gli ultimi giorni, qui gatta cicala...-
A quell'osservazione De Matteis guardò Torre con l'aria di chi non sa se sia più forte il desiderio di sbattere la propria testa contro la porta, o quella dell'altro.
- Ma come parli Torre! - esclamò quasi schifato.
L' ispettore abbassò il volto con un misto di vergogna e imbarazzo prima di stringere la cartellina gialla che aveva in mano e apprestarsi a bussare alla porta.
Gaetano aveva smesso di camminare avanti e indietro e si era gettato sulla sedia portandosi una delle mani a massaggiarsi la tempia.
Non aveva neanche fatto in tempo a fare il secondo tocco che Marco entrò di corsa spostando sia Torre che suo fratello.
- Scusate, scusatemi tutti e due ma devo assolutamente parlare con Gaetano ora ed è una cosa importantissima! - disse prima di entrare nell'ufficio senza neanche bussare e chiudere la porta dietro di lui.

I due uomini lo guardarono scioccati prima che De Matteis facesse un gesto con la mano bloccando Torre che evidentemente voleva intrufolarsi.
- No, aspetta, temo che ci siano delle brutte notizie in arrivo, e se sono legate a chi penso io...devo andare a prendermi un antidolorifico perché mi verrà un enorme mal di testa! - disse prima di allontanarsi mormorando qualcosa che sembrava un “io lo sapevo, lo sapevo...” lasciando Torre fuori dall'ufficio scioccato.

- Dobbiamo parlare!!-

Marco era entrato come una furia nell'ufficio di Gaetano sorprendendolo mentre era ancora assorto nei suoi pensieri.
Il vicequestore sospirò.
- Marco senti, in questo momento io veramente...-
Non finì la frase perché l'uomo aveva sbattuto le mani sulla scrivania in maniera eccessivamente rumorosa.
- Adesso tu mi ascolti! - sospirò chiudendo gli occhi - temo che Camilla sia stata rapita...da quella gente...-

Il volto di Gaetano era rimasto pietrificato.

Non era sicuro di aver capito bene, il sangue gli si era gelato nelle vene e lo stomaco si era chiuso tutto d'un colpo.
I pugni si strinsero e sentì le unghie quasi tagliare la pelle del palmo della mano.
Si alzò con fatica come se quello che stesse facendo fosse a rallentatore e poi partì all'improvviso.
- Che cosa stai dicendo? Cosa te lo fa pensare? Che è successo, maledizione parla!! -
Sembrava una furia, sbatté contro il lato della scrivania prima di prendere Marco per le spalle e strattonarlo.
- E' anche colpa mia, sono stato uno stupido, puoi prendermi a pugni, non me lo perdonerò mai...-
Marco si sentiva assolutamente impotente e in colpa.
Se avesse chiamato Gaetano e suo fratello a quest'ora forse non sarebbero arrivati a quel punto.
- Non ci capisco nulla se dici solo questo, parla per la miseria, dimmi che cosa è successo!!-

Adesso sì che Gaetano faceva paura.

Aveva il volto rosso, il respiro corto, le mani che lo stringevano sulle braccia sembravano tenaglie.
- Devo partire dall'inizio, lo so che mi odierai ma devo partire dall'inizio.-
Lo forzò a sedersi sulla sedia di fronte alla scrivania mentre Gaetano non cessava di rimanere rigido e in tensione come se fosse pronto a riesplodere in un qualsiasi momento.
- Allora, per prima cosa, Camilla sa che ci sono due persone che sono venute per il caso di De Silva, e sa che tu la hai lasciata perché temevi che loro se la prendessero con lei. -
- E come...-
Uno sguardo a Marco e non ci fu bisogno di parole, voleva sbattere la testa contro la scrivania.
- Ha origliato...-
L'uomo annui.
- Ha sentito la mia conversazione con te quel giorno qui e appena sono uscito è venuta da me dicendomi che voleva trovare quei due...-
- E tu la hai assecondata!!- esclamò furente.
- Non potevo fare altrimenti! Sai cosa mi ha detto? “se non mi aiuti io lo faccio da sola!” Ecco che mi ha detto! -
- E perché diamine non sei venuto ad avvertirmi?- ormai Gaetano stava urlando.
- Perché anche se la mettevi agli arresti domiciliari, lei avrebbe trovato il modo per impicciarsi lo so, lo ha già fatto quando era sorvegliata come possibile bersaglio di un killer alcuni anni fa. La conosci meglio di me, lo sai com'è fatta, quando ha deciso una cosa non la fermi! -

E purtroppo Gaetano lo sapeva che era vero.

E poi non poteva prendersela con Marco, perché punto primo, lo aveva capito che lui era ancora innamorato di Camilla e non le avrebbe mai detto di no, punto secondo, Camilla era testarda come un mulo e se si metteva in testa qualcosa era la fine, perché cascasse il mondo la portava a termine.

Si prese la testa tra le mani.
Era in mano a quei bastardi adesso.
Senza neanche guardarlo continuò a domandare.
- E poi? -
- E poi Camilla ha parlato col portiere e da lui pare abbia saputo di una macchina nera che era davanti casa vostra da circa due mesi, ha fatto delle ricerche tramite un suo alunno e ha scoperto che la macchina aveva una targa non registrata. Non ha mai visto nessuno lì, ma era ovvio perché se quelli stavano controllando voi, quando uscivate sicuramente non si sarebbero fatti vedere.-
- Ma io ho fatto mettere sotto controllo il condominio, come è possibile che i miei uomini non se ne siano accorti?- ormai era disperato.
- Probabilmente perché loro cercavano qualcosa di nuovo, qualche movimento sospetto, ma questa macchina aveva i vetri scuri, era sempre ferma e probabilmente avranno pensato che fosse di qualcuno che abitava lì, poi...ecco allora, - deglutì- io ho scucito a Torre qualche informazione su come andavano le vostre indagini e ho fotocopiato dalla cartella che mio fratello tiene in hotel le foto dei due che cercavate per portargliele...-
- Tu...che hai fatto? - Se avesse potuto, Gaetano avrebbe ucciso Marco all'istante.
- Lo so, ho sbagliato, mi ammazzi, mi arresti fai tutto quello che vuoi ma dopo che la ritroviamo...adesso ascoltami che non ho finito! -
- C'è anche dell'altro? - sospirò, ma uscì quasi come un rantolo perché aveva il respiro affannato - continua...- disse rimettendosi le mani sulla testa.
- Quando sono andato da lei, siccome mi aveva mandato delle foto della macchina chiedendomi di notare se c'era qualcuno lì intorno, ho cercato di trovare anche io quest'automobile...e..c'erano due persone a parlare lì accanto. Senza pensarci ho fatto delle foto che abbiamo confrontato con quelle che avevo trovato nel fascicolo di mio fratello e...qui ho due notizie che...-
- Erano loro? - lo aveva chiesto con un filo di voce.
Marco temeva questo momento perché non aveva idea della reazione che avrebbe avuto Gaetano.
La voce gli era venuta meno per cui decise di mostrarglielo, dato che le foto le aveva ancora nel cellulare.
Premette alcuni tasti e poi glielo diede...i loro sguardi si incontrarono per un attimo e c'era solo un'immensa preoccupazione in entrambi.

Gaetano prese il cellulare e facendo un respiro profondo, guardò la foto.
Marco lo vide mentre la mano che teneva il telefono cominciò a stringerlo convulsamente quasi a tremare.
Respirava solo con le narici, la bocca chiusa, gli occhi, dopo essersi spalancati per un istante, erano diventati di ghiaccio, un'espressione furiosa che avrebbe spaventato chiunque.

Michele Carpi.

Poggiò il cellulare sul tavolo prima di prendere con entrambe le mani la spalliera della sedia e stringerla così forte che per un attimo Marco pensò sarebbe riuscito a spaccarla anche se era di legno.
La scaraventò via .
- Quel bastardo!-
Anche la voce non sembrava la sua.
- Fammi continuare...aspetta che non ho finito...-
- Parla velocemente perché io la devo ritrovare e poi..quello lo ammazzo con le mie stesse mani! -
Marco si sedette, stavolta fu lui a prendersi la testa tra le mani dopo aver poggiato i gomiti sulle gambe.
- Quando Camilla ha collegato che l'uomo con cui parlava quel Carpi era uno dei due che voi cercate, ha fatto mente locale di quello che si erano detti e pare che proprio Carpi si fosse lasciato sfuggire tra le tante cose il fatto che tu stavi proteggendo la sorella di De Silva, da lì lei ha capito che qualcosa non andava però ti assicuro - si alzò avvicinandosi a Gaetano che ormai sembrava un leone legato ad una catena, spaventoso ma impotente al tempo stesso - appena mi sono accorto del collegamento io volevo avvertirti ma lei mi ha detto che poi sarebbe andato tutto all'aria perché voi avreste fatto un controllo e preso solo uno dei due mentre l'altro avrebbe avuto modo di fuggire...-
Gaetano cercò di recuperare un minimo di lucidità anche se ormai dire che il mondo gli era crollato addosso era un eufemismo.
La donna più importante della sua vita era in mano a degli assassini e lui doveva ritrovarla, poi la avrebbe forse strozzata ma prima doveva ritrovarla.

Eppure dovette ammettere che la sua osservazione aveva un senso.

- Oltretutto Camilla si era accorta che la seguivano, per questo ci hai trovato insieme quel giorno sotto casa vostra...eravamo andati con la mia macchina a cercare notizie su quei due, ma Camilla aveva lasciato la sua davanti scuola per evitare di aver dietro il tipo che la controllava...io ho scoperto questa cosa solo quel giorno e anche lì volevo chiamarti, ma con questa storia che lei mi ripeteva che lo avrebbe fatto in qualsiasi modo anche da sola, ho sempre avuto le mani legate...e ho pensato, o almeno, speravo, che controllandola non si sarebbe messa nei guai...mi aveva assicurato che non avrebbe chiamato quel Carpi..-
- Ma non è finita qui giusto?- chiese lui ormai pronto a tutto - Io..io quella donna la ammazzo.. prima la ammazzo e dopo la arresto...per.. intralcio alle indagini! -
Si buttò sul divanetto mentre Marco riprese a parlare.
- Non è finita, io pensavo che lo fosse perché nei posti dove siamo andati nessuno sapeva niente, ma a Porta Palazzo abbiamo incontrato un suo ex alunno...un certo ...come si chiamava, un ragazzo straniero, Id..Idris mi pare -
- Idris....Garba, ah sì un caso di qualche anno fa, e allora? -
- Per fartela breve, lui ha detto che questa gente poteva star utilizzando dei locali abbandonati intorno a Murazzi, era lì che dovevamo andare, oggi pomeriggio saremmo andati lì a vedere se c'era qualcosa di sospetto e poi mi aveva promesso che vi avremmo avvertito -
- Ecco che cosa mi doveva dire stasera...- mormorò lui collegando tutto.
- Quando la ho chiamata oggi, lei mi ha detto che si sarebbe vista con Carpi a pranzo in un posto che si chiama K2 dove lui aveva prenotato, io non sapevo che si stessero sentendo, le ho urlato che era impazzita, che sarei andato nel locale a controllare che non succedesse niente, e di lasciare il cellulare acceso e mandarmi un messaggio per qualsiasi ritardo -
- E a questo punto tu sei andato nel locale, loro non sono mai arrivati e tu finalmente sei corso qui come avresti dovuto già fare non appena lei ti aveva chiesto aiuto -
Marco non poteva rispondere, guardava per terra sentendosi in colpa come non gli era mai successo prima.
Lui aveva vissuto il dramma della famiglia De Silva, aveva visto Gaetano roso dai sensi di colpa, aveva percepito la sua paura per chi gli stava intorno e il lancinante dolore per la decisione di allontanarsi dall'unica donna che aveva mai amato nella vita.

E Marco in un certo senso aveva contribuito a creare ancora più problemi mentre la sola cosa che desiderava fare era contenere i danni.

- Speravo di poterla controllare, di limitare le sue botte di testa, non immaginavo che avesse deciso di vedere quello senza dirmi niente...mi dispiace -
A Gaetano scappò una risata ironica.
- Camilla e controllare sono due parole che non staranno mai bene nella stessa frase -
Si voltò verso la porta dove intravide una sagoma familiare.
- Torre! -
L'ispettore fece quasi un salto per lo spavento ed entrò immediatamente nell'ufficio.
- Comandi dottò!! - dalla faccia che aveva era ovvio che avesse ascoltato tutto.
- Invece di origliare anche tu, vediamo di muoverci immediatamente, massima priorità, voglio quei bastardi qui il più presto possibile, - continuò a bassa voce - e poi io me la vedo con Carpi...-
- Andiamo ai Murazzi dottò? -
- Sì...in ogni caso se avessero voluto...- dovette fermarsi un attimo e prendere fiato prima di continuare, non voleva neanche pensarci - se avessero voluto farle qualcosa lo avrebbero già fatto...senza...-

Non ce la faceva.

Aveva bisogno di aria, ma dato che aveva interrotto la frase a metà gli altri due lo stavano ancora guardando solo che non riusciva a dar voce alla sequenza di pensieri nella sua testa, si allentò il colletto della camicia...doveva uscire e riprendere il controllo.
Vide entrare anche De Matteis.
- Marco, parla a tuo fratello e digli tutto, io torno subito ho bisogno di un attimo...-
Senza guardarli uscì dal suo ufficio e si diresse fuori.

Neanche l'aria fresca aiutò i suoi pensieri a diradarsi.

- Maledizione!! -

Sferrò un calcio alla ruota di una macchina della polizia parcheggiata lì fuori e poi poggiò sul cofano entrambe le mani.
Calma, calma, Camilla era ancora viva, se la avessero voluta ammazzare lo avrebbero già fatto.
Il cellulare di Camilla era attaccato, potevano rintracciare il segnale tramite il GPS, sapeva che lei lo aveva acceso perché glielo aveva attivato lui stesso scherzando sul fatto che così avrebbe sempre saputo dove stava in caso si fosse messa nei guai.
Mai avrebbe pensato di doverlo veramente utilizzare.
No, non era il momento di lasciarsi andare alla disperazione.

Va bene, dovevano andare ai Murazzi, e nel frattempo individuare dove si trovava Camilla dal suo GPS ma fare presto perché non sapeva quanto sarebbe durata la carica del cellulare.
Ce la doveva fare, la poteva ritrovare, e poi quanto è vero che era un commissario di polizia la avrebbe rinchiusa in casa per il resto della sua vita ammanettata al letto!
Con questo pensiero fisso in testa, si apprestò a tornare dentro quando sentì il suo telefono suonare.
Prendendolo in mano, si accorse che sul chiamante appariva la scritta “Anonimo”.
Si bloccò nella camminata e premette il tasto verde avvicinando il telefono all'orecchio.
- Ciao commissario come te la passi? -
Quella voce...aveva parlato poche volte con lui ma la sua voce dal tono strafottente la ricordava perfettamente e dovette trattenere a stento la furia.
- Carpi...-
- Complimenti, non immaginavo ti ricordassi così tanto di me da riconoscere la mia voce...-
- Se è con me che ve la volete prendere, fatelo e basta ma tu e i tuoi amici evitate di coinvolgere persone che non c'entrano nulla! Dove sta? Che le avete fatto? -
- Sei più sveglio di quanto pensassi, mi dovrai spiegare come fai a sapere tutte queste cose ma non credo che ora sia il momento opportuno -
- Vuoi continuare a fare conversazione? Ti avverto che non sono dell'umore, te lo ripeto, se ce l'hai con me per qualche cosa vendicati su di me ma lascia stare Camilla!-
- Tranquillo che lo faremo, ma dovevamo essere sicuri che venissi...Camilla sta bene, a quanto pare aveva sonno per cui dorme placidamente, adesso, non facciamola svegliare con una brutta notizia che ne dici? -
- Che cosa vuoi che faccia? -
- Tra venti minuti, a piazza CLN davanti alla fontana, vieni da solo e disarmato, ti porto dalla tua bella addormentata, ah e ovviamente se solo provi ad avvertire qualcuno non ci saranno baci che tengano e il sonno lo facciamo diventare eterno, è chiaro?-

Non gli diede il tempo di rispondere che riattaccò.

Che ironia del destino, Piazza CLN proprio davanti alla fontana.
Non sapeva se ridere o piangere dalla disperazione.

Rientrò in commissariato, aprendo la porta del suo ufficio si ritrovò De Matteis con gli occhi quasi fuori dalle orbite.
- Quella pazza!! Io te l'avevo detto! -
E' vero, lui lo aveva avvertito.
- Lo so, sentite, continuate le indagini io devo allontanarmi per un po', ho bisogno di chiarire le idee...Torre, se Camilla ha il cellulare acceso il GPS è attivo, vedi di localizzarla da quello, per il resto, ci sono i Murazzi...-
Guardò i tre uomini ai quali si era aggiunta anche la Lucianona ora.
- Mi fido di voi, io torno tra qualche ora...-
- Comandi dottò!! E vedrà che la ritroviamo la prof...- disse Torre tentando in ogni modo di risollevare Gaetano.
Era chiaro a tutti lo stato di disperazione in cui stava sprofondando.
L'uomo annuì prima di uscire nuovamente.

Marco e Paolo si guardarono poco convinti, il vicequestore era andato via furioso e tornato molto più freddo e quasi disilluso.
La cosa non suonava bene a nessuno dei due, ma non avendo tempo per ipotizzare il perché di quel cambio di comportamento, continuarono a guardare la cartina di Torino che si erano fatti portare con ingrandimento proprio sui Murazzi, per capire quali erano gli edifici abbandonati.
Non potevano andare a perlustrarli senza un piano, avrebbero dato troppo nell'occhio.
Prima di andarsene, Gaetano entrò nella stanza di Torre lasciando la sua pistola e il cellulare lì, se lo avesse fatto nel suo ufficio, sarebbe stato subito bloccato dalle loro domande.


Arrivò a piazza CLN a piedi.
Era proprio lì, davanti alla stessa fontana dove alcuni anni prima lui e Camilla avevano passato un pomeriggio a coccolarsi e passeggiare come due ragazzini prima di venire interrotti da Torre.

Sembrava trascorso un secolo.

- Certo che sei puntuale...-
Gli era arrivato alle spalle e lui assorto nei ricordi neanche lo aveva sentito.
- E' ovvio...- sibilò girandosi a guardarlo.
La rabbia che lo pervase insieme alla voglia di strappargli quello sguardo compiaciuto a suon di cazzotti fu quasi impossibile da contenere.
Ma dovette farlo per il bene di Camilla e si limitò a sostenere il suo sguardo senza battere ciglio.
Michele lo stava osservando, un sorriso borioso quasi a compiacersi di avere il commissario lì alla sua mercé.
- Non penso di doverti perquisire, calcolando che c'è di mezzo Camilla so bene che non ti sei portato dietro nessuna pistola, il cavaliere senza macchia e senza paura che si sacrifica per la sua damigella, che romantico...-

Respira Gaetano, respira, ne va della vita di Camilla.

- Dobbiamo rimanere qui a fare conversazione o andiamo dove mi devi portare?
Pregava con tutto il suo cuore che almeno lo conducesse da Camilla, non gli importava nulla di cosa gli poteva capitare ma doveva accertarsi che lei stesse bene.
- Quanta fretta commissario...e va bene, allora...-
Gaetano venne preso per un braccio e accompagnato ad una macchina.
- Metti le mani dietro -
Michele aprì lo uno sportello, e utilizzandolo per nascondere ai passanti cosa faceva, prese una corda che aveva messo sul sedile e legò stretti i polsi del vicequestore dietro la sua schiena.
- Scusa, ma non voglio sorprese, ora puoi entrare -
Gaetano si sedette sul sedile posteriore mentre Michele si mise alla guida e come pensava, dalla strada che stavano facendo, il luogo dove questi si erano nascosti era proprio ai Murazzi.


- Qualcosa non torna...-
- Che vuoi dire? -
Paolo stava ancora guardando la cartina della zona dei Murazzi mentre Marco camminava avanti e indietro.
- Ci sta mettendo troppo...-
- Intendi Berardi? Lo capisco, deve schiarirsi le idee, quella donna si è messa nell'ennesimo pasticcio, ma stavolta la arresto! E già che ci siamo arresto anche te per intralcio alle indagini!-
Marco sbuffò.
- Fai quello che vuoi ma quando la storia è finita! Adesso dobbiamo trovare Camilla! -
- Sì lo so lo so...appena torna Berardi ci muoviamo, andremo in borghese con una squadra...-
- Era strano...era molto strano...- continuò Marco.
- Effettivamente me ne sono accorto anche io, ma mettiti nei suoi panni, non abbiamo idea di quello che stia provando -
Mentre parlavano Torre entrò nello studio di corsa.
- Abbiamo rintracciato la prof col GPS! -
- Finalmente una notizia decente! - esclamò Paolo.
- Aspettiamo il dottore vero? Poveraccio, deve stare malissimo, ha persino dimenticato la pistola e il cellulare nel mio ufficio...-
De Matteis nel sentire quell'osservazione sgranò gli occhi e si voltò verso Marco.
- No, non è possibile, un poliziotto in servizio deve sempre avere la pistola dietro, non può essersela tolta, e tantomeno andare in giro senza cellulare...-
- A patto che...-
Si guardarono tutti e tre anche se Torre non capiva esattamente la situazione, mentre i due fratelli avevano dedotto al volo cosa stava succedendo.
- Ma porca miseria!!- Paolo aveva urlato dopo aver sbattuto le mani sulla scrivania - quei due sono identici, identici! Adesso ci mancava pure lui che decide di fare le cose da solo!! -
- Ma quindi voi pensate che...- Torre era rimasto con la bocca aperta.
- E' ovvio, ecco perché quel “Mi fido di voi”. Benissimo, a storia finita vi arresto tutti e tre!! Pure lui lo metto dentro! -
Paolo era furioso.
Marco si mise una mano sulla faccia scioccato.
- Io dicevo che lei era fuori di testa, ma lui pure...sono proprio fatti l'uno per l'altra...-
- Sì, due incoscienti che hanno tanta voglia di farsi ammazzare! Torre, il GPS lo abbiamo, partiamo con la squadra in borghese e andiamo ai Murazzi. E se li troviamo vivi, poi se la vedranno con me!!! -
- Agli ordini!! -
- Vengo anche io! -
Marco si mosse prima che il fratello potesse intercettarlo.
- Non cominciare - Paolo era ormai al limite.
- E' anche colpa mia, poi mi arresti ma in questa situazione ci sono dentro, voglio venire!! -
De Matteis si toccò le tempie.
-Non ho voglia di discutere, vieni ma non ti muovi dalla macchina, adesso andiamo che ogni minuto è vitale! -




L'auto si fermò davanti ad una saracinesca chiusa, il posto dava l'idea di essere abbandonato ma non era troppo lontano dalla zona in cui la sera i ragazzi si trovavano nei locali.
Purtroppo però non c'erano punti di riferimento per orientarsi e probabilmente anche con il GPS di Camilla sarebbe stato complesso arrivare fino a quel luogo preciso.
A Gaetano non interessava nulla di cosa gli potesse succedere, ma lei doveva venire liberata, e l'unico modo era lasciare un indizio che, in caso De Matteis e gli altri fossero passati, potesse mandar loro un messaggio.
Ma lui non aveva niente con sé da poter utilizzare in quel momento... a parte...

Non se ne sarebbe voluto separare ma per salvare Camilla avrebbe fatto quello e altro.
Lentamente mosse le mani dietro fino a pescare nella sua tasca, dove ormai teneva sempre fissa la spilla da sceriffo che Tommy gli aveva regalato.
Senza che Carpi se ne accorgesse, dato che si era allontanato un attimo per andare ad aprire la saracinesca, Gaetano fece scivolare per terra la spilla.

Ora doveva solo sperare che qualcuno la trovasse e che facessero in tempo per salvare Camilla.

Michele tornò da lui e lo prese per un braccio quasi strattonandolo anche se non ce ne era affatto bisogno dato che Gaetano era più che consenziente nel venire condotto dentro.
Gli interni sembravano quelli di un locale notturno, e anche se ora era vuoto probabilmente dalla conformazione era stato usato come club o discoteca.
Appena entrato, si trovò faccia a faccia con i due uomini che tanto aveva cercato in quelle settimane.

- Ma bravo il nostro Carpi, allora ce lo hai portato veramente! -
Esclamò uno dei due ironico.-
Ve l'avevo detto, prendete lei e lui arriverà correndo...- rispose Michele orgoglioso.
Gaetano lo guardò furente.
- Quindi è stata tutta una tua idea....- se non avesse avuto le mani legate gli avrebbe spezzato il collo.
- Ovviamente, loro volevano prendere l'altra tipa, la sorella di De Silva, ma io sapevo perfettamente che con Camilla saremmo andati a colpire più facilmente dove ti fa male...-
Come a ribadire il concetto, sferrò un pugno che colpì lo stomaco di Gaetano facendolo indietreggiare.

Per un attimo l'aria gli si mozzò nei polmoni.
- Ti piace prendertela con chi non può rispondere Carpi...complimenti...- commentò cercando di riprendere fiato, più che la forza del colpo era stata la sorpresa a coglierlo impreparato.
- Carpi, buono! Sai bene che non siamo noi a doverlo toccare...-
- Scusate...era troppo tempo che volevo farlo..- disse lui con un sorriso soddisfatto mentre li guardava.
- Dov'è Camilla? - chiese immediatamente Gaetano - io sono venuto, adesso la voglio vedere e poi dato che è me che volete, la dovete lasciare andare...-
Uno dei due uomini, che stava pulendo una pistola lo guardò con un mezzo sorriso.
- Siamo impazienti commissario, stai tranquillo che la professoressa dorme come una bambina, anzi non ha fatto altro che dormire e non abbiamo neanche dovuto darle il cloroformio, è svenuta in macchina...-
A sentire quelle parole il cuore di Gaetano per un attimo si bloccò.
- Dove sta? Avanti, sono legato e sapete benissimo che non farò nulla ma dovete farmela vedere! -
L'altro uomo fece una risata.
- Ma sì, tanto da qui a poco lui ce lo siamo tolto di mezzo, e facciamogliela vedere prima...chiudili insieme dai, noi in fin dei conti dobbiamo aspettare il capo per fare qualsiasi cosa...-

Il capo?
Quindi ce n'era un altro?
Erano due, più questo capo e Carpi, da solo a metterli fuori gioco per far scappare Camilla non ce l'avrebbe mai fatta.

A quanto pare quello che aveva parlato ora, era il più autoritario, vide Michele avvicinarsi e prenderlo di nuovo per un braccio per portarlo fino a delle scale che andavano giù.
Dovevano averla messa in qualche stanza che faceva da magazzino.

Arrivati davanti ad una porta di metallo chiusa a chiave, Gaetano venne quasi spinto in maniera fulminea dentro e non fece in tempo a voltarsi che udì il click della serratura.

Non si vedeva molto bene l'interno, erano sotto terra e l'unica luce proveniva da una piccola finestra con delle sbarre, messa in alto.
Cercò di guardarsi intorno per trovare Camilla prima di scorgere la sua sagoma ancora addormentata su dei sacchi che probabilmente contenevano sabbia o quant'altro e che erano messi quasi accanto alla porta.

In un batter d'occhio fu accanto a lei.
Sembrava illesa, stava solo dormendo e piano piano il cuore tornò a battergli normalmente.
Sentiva di riuscire di nuovo a respirare mentre la guardava, e malediceva Carpi che lo aveva legato, anche se sicuramente tra quei calcinacci qualcosa per slegarsi c'era.

Si guardò intorno in cerca di quello che poteva fare al caso suo e per puro caso la sua attenzione fu catturata da un pezzo di vetro sicuramente della finestra, che gli sembrò appuntito al punto giusto.
Non ti insegnano queste cose in polizia, ma quando era nell'Interpool gli capitò una simulazione di rapimento per cui ci mise poco a trasformare quel pezzetto di vetro in un coltello perfetto per rompere la corda, certo con l'aiuto di Camilla magari ci avrebbe messo di meno, ma preferiva lasciarla dormire ancora per svegliarla solo quando sarebbe stato sicuro almeno di avere le mani libere in caso la situazione si mettesse male e dovesse proteggerla.
Fortunatamente lo spago non era così resistente, e neanche cinque minuti dopo si era liberato.
Questi individui non erano affatto preparati e cominciava a dubitare che fossero legati direttamente al caso che stava seguendo.
Sì, conoscevano Sabrina e la storia, ma il modus operandi era stato diverso e avevano commesso troppi errori, era dell'idea che fossero un gruppo a parte che incuteva più preoccupazione per il nome all'ombra del quale sembrava agire, che per le loro reali capacità.
Con le mani libere si riavvicinò a Camilla tirandola su e tenendola tra le braccia.
Aveva il respiro tranquillo, ma il fatto che fosse svenuta non gli piaceva un granché.

Leggermente, con una mano le disegnò il contorno del viso come per imprimerselo nella memoria, era furente con lei perché si era messa in questa situazione, ma dall'altra parte, sapere che aveva fatto tutto questo per lui...
No, basta, era arrabbiato e lei si sarebbe presa una lavata di testa e gli arresti domiciliari a vita!
Cominciò a passare le mani tra i suoi capelli, era rimasto troppo tempo senza sentirla, almeno ora che dormiva poteva un attimo sfogarsi visto che quando la avrebbe svegliata sarebbe stata sgridata a dovere.
E se lo avessero ammazzato quelli sarebbero stati i suoi ultimi momenti con la donna.

La sentì muoversi leggermente.
Dopo tutte le notti passate insieme, capì benissimo dal cambio di ritmo del respiro che si stava svegliando.
Istintivamente lei voltò la testa verso il suo petto come se cercasse protezione, e a quel gesto non fu un grado di resistere ulteriormente.
La strinse tra le sue braccia lasciando che la sua mano le accarezzasse la schiena per infonderle calore, accolse il viso nell'incavo del suo collo e poggiò sui ricci la sua guancia...la cantina era abbastanza fredda.
Camilla sospirò.

- Gaetano...-

La stretta intorno a lei si fece ancora più decisa.
- Che cosa devo fare con te? - chiese con un misto di frustrazione e dolcezza - Come faccio a proteggerti se fai di tutto per cercare di farti ammazzare? -
Quella voce, quel tono, quelle braccia che la stringevano per proteggerla da tutto, e la sensazione di essere tornata dove sarebbe sempre dovuta essere erano inconfondibili.
Di scatto aprì gli occhi.

- Gaetano?! -


Oh yes, Camilla si sentirà una sfuriata da leone...
Per Marco, gli è andata meglio del previsto e non so se si nota ma mi diverto tantissimo a scrivere De Matteis.
Il prossimo capitolo è molto lungo...succede tanto, ma veramente tanto. Non so però se è molto in tema con la Pasqua...potrei deludere le aspettative eh, io ve lo dico.
Ancora grazie per tutto e spero tanto mi facciate sapere cosa ne pensate di questo perché siete solo voi a darmi l'incoraggiamento per continuare.!!
Ed ora una piccola preview del prossimo capitolo.

 


 

Preview dal capitolo 19: Fear of losing you

Uno sparò rimbombò nell'edificio.

Camilla, che era riuscita a salire al primo piano, appena lo udì sentì il sangue ghiacciarsi.
Ricordava le parole di Gaetano ma era disperata, un terrore si impadronì di lei mentre nelle orecchie sentiva un fischio.
- Non voltarti, vai avanti, non voltarti, non voltarti! -
Stava bene, doveva stare bene, Gaetano non la avrebbe lasciata e lei gli aveva promesso che avrebbe seguito le sue indicazioni alla lettera.
Continuava a correre senza capire dove stesse andando, il posto non era grande ma nella sua testa c'era il caos.
- Che sta succedendo? -
Una voce maschile e dei passi che si avvicinavano la spinsero ad aumentare la velocità con tutta la disperazione che aveva in corpo.
D'improvviso vide una porta che sembrava essere un'uscita secondaria e senza pensarci due volte le si buttò quasi contro sperando fosse aperta.
Sentì l'aria di fuori riempirle i polmoni ma non si accorse di essere caduta per terra finché due braccia non la tirarono su.
- Camilla!! -
Lo sguardo appannato dalle lacrime incontrò un azzurro che non era quello che avrebbe voluto vedere.
- Marco?! -

Alla prossima!!!!

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannove: Fear of losing you ***


Buona Pasqua!
Eccomi di nuovo qui, lo avevo promesso a più di una persona questo capitolo per Pasqua e quindi lo ho postato nonostante non lo trovi così “pasquale”.
Devo dirlo, questa parte ha avuto una genesi strana ma mi è piaciuto scriverla. Un po' perché ho sentito la fine avvicinarsi e un po' perché la avevo in mente fin dall'inizio della storia e quando aspetti tanto una cosa e poi la vedi nascere è una bella sensazione indipendentemente dal risultato.
Come al solito purtroppo, ecco quello, il risultato finale non è stato all'altezza di come io speravo uscisse, ma ho i miei limiti e me ne dispiace se non riuscirà ad arrivarvi tutto quello che vorrei dire.
Grazie ancora immensamente per aver seguito questa storia fino a qui e chiedo perdono già da ora per il finale di capitolo.
Se non ci foste voi, io non sarei mai arrivata a questo punto, alcune delle reviews che leggo, alcuni dei commenti mi commuovono tantissimo e mi hanno veramente dato una forza enorme per andare avanti.
Con la speranza che non mi vogliate ammazzare, ricordandovi che è Pasqua, e pregando che non vi addormentiate nel frattempo, vi lascio alla storia.

Buona lettura!



Capitolo diciannove : Fear of losing you.


Si sentiva avvolta da un freddo immenso.
Camminava da sola nel mezzo del buio non sapendo dove andare, era stanca e tremava.
Dalla bocca vedeva uscire il suo respiro e nonostante tentasse di riscaldarsi con esso le mani, l'aria usciva gelida.
La strada...non riusciva a vederla e la voglia di fermarsi e addormentarsi aumentava ad ogni passo.
Istintivamente si toccò la pancia, ma quella la sensazione a cui ormai si era abituata, provata dal primo momento in cui Francesca le aveva dato i risultati delle analisi non c'era.

Nulla.
Era come se non esistesse, come se fosse...vuoto.

Terrore

Il panico assoluto si impadronì di lei mentre cominciò a correre, sentiva le lacrime voler scendere prepotentemente e poi in un istante si ritrovò a cadere nel vuoto.
Chiuse gli occhi pronta a qualsiasi cosa, se aveva perso quel piccolino per la sua voglia di mettersi in situazioni più grandi di lei, si meritava tutto quello che le poteva accadere, tutto!
L'impatto però non arrivò.
Invece, ad un certo punto la velocità rallentò per permettere a qualcosa di accoglierla.
C'era calore tutto intorno a lei, un tepore che le infondeva sicurezza .
Non era più dilaniata freddo, al suo posto due braccia la cullavano comunicandole amore e protezione.
E una sola persona la faceva sentire così.

- Gaetano...-

Come faccio a proteggerti se fai di tutto per cercare di farti ammazzare? -

Quel tono, quella voce dolce la avrebbe riconosciuta ovunque.
Aprì gli occhi di scatto e alzò lo sguardo verso il suo proprietario.
- Gaetano?! -

L'uomo la stava fissando con preoccupazione, ma anche con un'immensa tenerezza mista a tanto, tanto rimprovero.
Subito dopo lanciò uno sguardo intorno e si portò una mano sulla pancia.
Un sospiro di sollievo, non sapeva come, ma la sensazione c'era ancora.
- Come stai? Sei ferita? - le chiese tentando di capire se in qualche momento avesse sbattuto la testa.
- No io non...non credo, ho perso conoscenza in macchina ma questo è tutto quello che ricordo -
Il volto di lui si scurì.
- Io e te dobbiamo parlare molto seriamente! - sentenziò con un tono che non ammetteva repliche e incredibilmente duro.
La paura che si fosse fatta male adesso era sparita lasciando il posto a tanta rabbia perché si era cacciata da sola in quel guaio rischiando di morire.

E se fosse morta tanto valeva che morisse anche lui.

Lei lo fissava un po' intimorita, si aspettava una sfuriata, si era preparata, ma non pensava che la avrebbe sentita in una situazione come quella.
Adesso era anche peggio di come aveva previsto dovesse andare.
- Io...senti...-
- Ah no aspetta, ora tu non apri bocca, e fai parlare me e ti avverto, mi ascolti fino alla fine hai capito? -
Va bene, era veramente arrabbiato.

- Come diavolo ti è venuto in mente di metterti ad indagare da sola? Come diavolo hai potuto pensare di poter riuscire a scoprire dove si nascondeva questa...questa gentaglia senza che loro si accorgessero di niente? -
A quanto pare aveva parlato con qualcuno.
- Ti ha detto tutto Marco vero? -
- Ovviamente! Quando non ti ha visto arrivare in osteria è corso da me come avrebbe dovuto fare già tanto tempo fa! Tu mi devi spiegare come fanno a passarti per la mente queste idee suicide! -
Mentre parlava sentì i pugni di lei stringergli la camicia.
- E tu mi devi spiegare perché invece hai deciso di fare di testa tua senza mettermi al corrente di quello che stava succedendo!!-
- Perché volevo...speravo, di poterti proteggere! -
- Ah certo, allontanandomi da te, facendomi credere che sei una persona che non vuole una relazione seria, voglio dire, dopo la botta con Renzo credo che la tua idea di protezione rasenti la sadicità! -
- Meglio così che ammazzata Camilla! -

No, non era possibile, non stavano litigando su questo, non erano lì abbracciati dopo settimane di lontananza, ed entrambi incaponiti nel voler continuare quella specie di discussione.

C'era qualcosa di assolutamente paradossale.

- Ah perché quindi, se invece ammazzavano te non ci sarebbe stato problema! -
- Meglio me che te! -
- Questo è da vedere! Non puoi deciderlo tu! -
- Ah e lo decideresti tu? Ma andiamo, hai più corteggiatori di una diva della televisione, Marco te lo sei rigirato come un calzino, Renzo è ancora lì che pende dalle tue labbra, e non nominerò quell'essere immondo che ti ha portato qui...-
- E questo che c'entra? E poi scusa stai insinuando che sarebbe colpa mia? -
- No, sto dicendo semplicemente che all'occorrenza un rimpiazzo lo trovi! -

Per un attimo Camilla vide rosso e con una delle due mani sferrò un pugno anche leggermente più forte di quanto ci si aspettasse contro il petto di lui che non avendo previsto quella reazione fece una piccola smorfia di dolore.
- Ma io non lo voglio un rimpiazzo! In quante lingue te lo devo dire? Non lo voglio, non lo cerco, non mi interessa!! Pensi che avrei fatto tutto questo se avessi voluto qualcun altro? - adesso stava urlando anche lei.
- Tu non hai idea di come mi sono sentita fuori da quell'ospedale! -
- Oh sì che ce l'ho! Tu pensi che io sia stato meglio? Ma io volevo evitarti tutto...tutto...ah ma porca miseria!-
Respirava a pieni polmoni e sentiva una vena battergli sulla tempia.
Lui era quello arrabbiato, lui era dalla parte della ragione!
Eppure anche questa volta si ritrovava ad doversi spiegare fino quasi a scusarsi per la scelta che aveva fatto.
Com'era possibile che quella donna riuscisse a rigirare tutto a suo favore?
Per tentare di calmarsi e di farle capire perché aveva preso la decisione di allontanarla, prese una delle mani di lei...era così piccola in confronto alla sua e automaticamente lei allargò le dita per intrecciarle insieme.

- Come faccio a spiegarti quanto sei importante per me? Io mi farei uccidere piuttosto di saperti in pericolo, riesci a immaginare come possa essermi sentito quando Marco mi ha detto che ti avevano rapita? -
Adesso sì che anche lei aveva una voglia immensa di piangere.
La voce più bassa, quasi un sospiro.
- E come faccio io a farti capire che per me è la stessa identica cosa? Solo che io non voglio che nessuno ci rimetta niente, io voglio avere tutto hai capito? E guarda Gaetano che in quel tutto tu ci sei in mezzo, anzi, sei una parte fondamentale quindi te lo scordi che ci rinunci! Lo sai benissimo che sono testarda, lo sai che non mi arrendo!-
- Camilla...ma in questa situazione prima di tutto io devo pensare a te, a farti uscire viva! -
La voce di lui tremava, ma non avrebbe saputo dire se era la disperazione di saperla in pericolo o l'emozione di sentirla pronunciare quelle parole che mai e poi mai avrebbe sperato di ascoltare ancora.
- E' qui che ti sbagli...- gli prese il volto con le mani avvicinando i visi - io non ho alcuna intenzione di andarmene senza di te o di lasciarti qui e sono sicura che noi insieme un modo per risolvere questa storia lo troviamo! -

E in quei due occhi che gli entravano dentro senza che lui ne avesse paura, ritrovò tutto il coraggio e la vita che aveva perso nel momento stesso in cui era rientrato in quell'ospedale.

Abbassò il viso con un mezzo sorriso dipinto sulle labbra.

Persino in quella situazione, gli bastava stare con lei per ritrovare la lucidità e la sicurezza.
Era una forza trascinante, e guardandola non poté fare altro che ammetterlo.

I respiri stavano tornando regolari, la rabbia, la frustrazione di sentirsi intrappolato, avevano lasciato il posto ad una fermezza la cui nascita gli era ignota data la attuale disperazione.
- Sì...noi due ce la possiamo fare...- lui lo disse sottovoce, ma bastò per infondere la certezza in entrambi.
Passò delicatamente una mano tra i capelli che le sfioravano la guancia, il tocco talmente leggero da sembrare una piuma, ma dopo tutti quei giorni di forzata separazione per entrambi fu una scarica di elettricità allo stato puro.

Si incontrarono a metà strada spinti da un bisogno talmente profondo da far scomparire tutto intorno a loro rendendo persino i rumori ovattati.

E anche quello fu devastante.

Le loro bocche si cercarono disperatamente, il respiro corto per la foga di non smettere, di non separarsi neanche un attimo mentre ritrovavano solo in quel preciso istante l'aria che era mancata per troppo tempo.
Le mani a stringersi, le dita ad aggrapparsi a spalle e schiena fino sentire di averne perso la sensibilità, i corpi ad aderire e sfregarsi come se ormai il resto fosse del tutto inesistente.
Erano loro, da sempre solo loro, nient'altro che due parti dello stesso fulcro, due calamite che si attiravano e che trovavano il loro posto solo se incastrate insieme.
Esisteva solo la pelle dell'altro, solo quelle carezze calde, solo quella bocca, quelle labbra che si mordevano, si lambivano e si accarezzavano senza tregua.

Finalmente potevano ritornare nel loro paradiso.

Non riuscivano a fermarsi e non volevano smettere di rimanere lì, fusi come se dall'altro dipendesse la loro stessa esistenza, respirandosi come fossero ossigeno.
Fu Camilla che per un attimo lo fissò con gli occhi quasi lucidi prima di chiuderli venendo percorsa da un brivido quando lui le passò leggermente i denti sulla vena del collo.
- Mi sei mancato...-
Continuava ad avere le mani tra i suoi capelli massaggiandoglieli come ormai era solita fare mentre lui la strinse ancora più forte.
- Sei tu che non hai idea di quanto io abbia sentito la tua mancanza...non ce l'hai...-
Gaetano ormai sapeva di non essere più in grado di contenersi, la aveva di nuovo tra le braccia ed era arrivato a credere, per alcuni lunghissimi giorni, che non sarebbe più successo.

L'eternità aveva il sapore di un attimo quando erano insieme.

E non sarebbe mai bastata.

Un rumore proveniente da fuori li fece ritornare alla realtà e si staccarono quasi a forza ancora con il fiatone.
Appoggiò la sua fronte su quella di lei.
- Noi due insieme ci inventeremo qualcosa...-
Dopo il primo momento in cui lentamente ritornava alla realtà, Camilla nel sentirgli pronunciare quella frase sgranò gli occhi impercettibilmente prima di assumere un'espressione leggermente timorosa.
- Noi...due...sì...ecco...in realtà c'è una cosa che non ti ho detto...-
Non sapeva come le era venuto in mente di introdurre quel discorso proprio ora.
Lui però la fissò sconsolato.
- No aspetta, no, non ce la posso fare, che altro hai combinato? -
Le braccia di lei erano rimaste avvinghiate alle sue spalle ma gli occhi si spostarono verso l'alto.
- Allora, se dobbiamo essere proprio precisi, io non ho combinato niente, o meglio non lo ho fatto da sola...-
Il volto di Gaetano le ricordava tanto un uomo ferito che non aspettava altro se non il colpo di grazia.

Lo sentì prendere un profondo respiro come se volesse cercare di prepararsi psicologicamente.

- Va bene, che avete fatto insieme tu e Marco? -
Camilla lo guardò come se fosse un alieno.
- Con Marco? Ma sei completamente pazzo? No, no ma proprio no! Non con Marco! Ma che ti passa per la testa? -
- Ok, allora senza Marco, forza, sono pronto a tutto -
Camilla rifletté, se glielo avesse detto sicuramente Gaetano se ne sarebbe fregato della promessa di farcela in due e si sarebbe veramente fatto ammazzare per proteggerla...forse metterlo al corrente mentre erano rinchiusi in una cantina nelle mani di gente senza scrupoli non era proprio una buona idea.
Ma intanto poteva preventivarsi.
- Mi devi promettere però che non ti arrabbi -
- Camilla, se dici così sicuramente mi arrabbio...-
- Ecco lo vedi? Allora adesso non te lo dico! -
Gaetano stava ricominciando a innervosirsi, come faceva quella donna a fargli provare sentimenti così incredibilmente contrastanti in un solo momento?
La voleva strozzare e stesso tempo abbracciare come se da lei dipendesse la sua esistenza.
Calma, doveva calmarsi.
- Senti, dimmi solo questo, ha a che fare con il caso o con le indagini che avete fatto? -
La donna rimase un attimo sorpresa.
- No...-
- E' una notizia cattiva? -
- Assolutamente no! - esclamò lei - Cioè allora, se te la dico adesso sotto un certo punto di vista penso che ci possa mettere in una situazione un po' particolare, se te la dico quando tutto è finito...-
- Ecco allora, dimmelo quando sarà tutto finito così al massimo ti chiudo in casa per i prossimi cinquant'anni con Potty che ti fa la guardia...-
Incontrò i suoi occhi mentre le stava quasi scappando una risata.
- Dopo averlo saputo credo che potresti farlo veramente...magari non per cinquant'anni ma giù di lì...-
Gaetano assunse un'espressione curiosa al limite del buffo e sebbene la situazione non fosse assolutamente delle migliori, lei non poté fare a meno di togliergliela con un bacio.
- Adesso la voglio sapere!! - incalzò lui.
- Lo saprai quando è tutto finito! - decise soddisfatta.

Quella donna lo avrebbe fatto impazzire, prima aveva una cosa importante da dirgli subito e poi non ce l'aveva più.
Tutta la tensione lo abbandonò nello stesso momento mentre scuoteva la testa sconsolato.
- Dimmi solo se un giorno, ma un giorno anche lontano, io riuscirò mai a vincerne una con te...-
- Non lo so - strinse la stretta sul collo sorridendo di nuovo come non faceva da un'eternità - ma a mia discolpa posso dire che tu mi fai vincere troppo facilmente -
- Sappi che questa battuta me la segnerò...- ma fu detto con un sorriso talmente dolce che Camilla non riuscì a resistere stampandogli un altro bacio.
- Io ci conto...-

Un ennesimo rumore li riportò alla realtà e si voltarono entrambi contemporaneamente verso la finestra dalla quale era venuto.
Non era il momento di lasciarsi andare, non ancora, prima dovevano risolvere quella situazione.

- Per ora vediamo di farti...- non finì neanche la frase che si prese un'occhiata inceneritrice da lei - di farci uscire da qui...-
- Ecco, questo plurale va meglio...dove siamo esattamente? -
- Da quanto ho visto è un locale abbandonato che deve essere stato chiuso da poco, zona Murazzi.
- Quindi erano qui...bene, chi sa che sei venuto? -
Gaetano la guardò come se fosse impazzita.
- Camilla, tu credi che io abbia detto a qualcuno che venivo qui? Il tuo carissimo amico mi ha telefonato dandomi chiare istruzioni che se avessi parlato tu saresti morta, pensi che a queste condizioni avrei detto qualcosa? -
Lei lo guardò sorpresa.
- Quindi non lo sa nessuno? -
- No ma l'avranno capito, ho lasciato la pistola e il cellulare nel ufficio di Torre perché quello mi aveva detto di venire disarmato e un qualunque poliziotto sa che in servizio la pistola si deve sempre avere, quindi immagino che ci siano arrivati...-
- E sanno del luogo? -
- Marco ci ha parlato dei Murazzi, credo che fossero alla ricerca del posto con delle piantine, oltretutto il tuo cellulare continua a squillare, e hai il GPS acceso quindi rintracciarti non è impossibile, ho fatto cadere qui davanti la spilla che mi aveva regalato Tommy, Torre la conosce se la trovano dovrebbero capire...-
- Quindi in pratica dobbiamo solo aspettare? -
- Da una parte sì, dall'altra, siccome siamo arrivati così vicino, io ci voglio vedere chiaro in questa storia...qualcosa non mi quadra... -
Si era alzato da quel provvisorio divano fatto sui sacchi e aveva cominciato a perlustrare la stanza muovendo quello che vedeva e controllando se la porta non avesse qualche possibilità di apertura o un punto dove magari con delle spallate poteva essere sfondata.

Camilla lo guardava con un sorriso soddisfatto.
In neanche venti minuti si era ritrovata davanti il vecchio Gaetano, il vicequestore intelligente, analitico, freddo e capace di tirare fuori i pro e i contro di ogni situazione.
Aveva un'enorme voglia di buttargli di nuovo le braccia al collo ma era meglio contenersi...le era già andata di lusso che sembravano aver chiarito, anche se si sarebbe di nuovo arrabbiato quando lei gli avesse detto...

No, adesso meglio non pensarci.

- Vuoi sfondare la porta? - chiese mentre lo guardava tastare il metallo.
- Vorrei farti uscire da qui, solo che io non posso muovermi. C'è qualcosa che non torna, queste persone sanno del mio caso a Roma ma non operano nello stesso modo. Oltretutto non so dove sia la tua borsa ma non si sono preoccupati di spegnerne il telefono e poi...voglio che mi portino a vedere il loro capo...-
Camilla rimase interdetta.
- Effettivamente anche io ci avevo pensato, loro con il fratello di Sabrina hanno agito molto più velocemente e senza rapire nessuno. Però aspetta, il loro capo non è in attesa di processo? -
- Lui sì, ma dopo avermi portato qui, hanno detto che il capo si doveva occupare di me. E infatti quando l'amico tuo mi ha dato un pugno, gli altri gli hanno intimato di non toccarmi perché non era il momento...-
Camilla sbuffò.
- E basta con questo “amico tuo” di qua e di là, Michele non è un mio amico e sicuramente non è la stessa persona che ho conosciuto trent'anni fa, si è trasformato un un essere che stento a chiamare umano.
Gaetano la guardò prima di alzare gli occhi al cielo.
- Oh grazie, grazie per averglielo fatto capire! La prossima volta ascolta quello che ti dico invece di arrivare a trovarti in una situazione di vita o di morte però eh, perché io non so neanche se usciamo vivi da questa, ma sicuramente non voglio ripetere l'esperienza! -
Le scappò una risata, anche così adorava vederlo geloso.
Ma non era il momento di ridere anzi, c'era qualcosa di serio da mettere in chiaro.
- Guarda che non puoi andare da solo dal capo, se ti vuole ammazzare lui è l'ultima persona che devi vedere! -
- Un po' di fiducia in me la vuoi avere? Me la so cavare in fin dei conti...quindi mi ascolti, adesso prima mi rileghi le mani con la corda dato che è ancora abbastanza lunga, perché io ero legato quando mi hanno portato qui, e poi fai esattamente quello che io ti dico, è chiaro? -
Lei non sembrava molto convinta, aveva abbastanza paura che lui decidesse per qualche missione suicida.
- Possiamo fare un compromesso? -
- Non se ne parla neanche! E ricordati che ti potrei arrestare per intralcio alle indagini...-
- E quanto sei noioso! - Sembrava una ragazzina arrabbiata e Gaetano dovette fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per non ridere.
A discapito della risata che voleva scoppiare, cercò di mantenersi serio.
- Allora, adesso faremo in questo modo...-


Cinque macchine utilitarie camminavano quasi a passo d'uomo nei pressi dei Murazzi proprio in quel momento.
- Dottò, pare che il posto sia dietro quelle due traverse...-
De Matteis guardava la piantina.
- Va bene allora, secondo questa mappa del catasto lì ci sono sette edifici in disuso, perlustrarli tutti sarà lungo ma intanto dobbiamo fermarci qui con le macchine, non possiamo dare nell'occhio in un posto solitamente deserto...-
- Dico ai ragazzi di parcheggiare e continuare a piedi?-
- Sì, e noi faremo la stessa cosa, accostati qui che scendiamo, e tu...- si voltò verso Marco - te ne stai chiuso in macchina è chiaro? -
L'uomo aveva un volto rassegnato velato da un grande senso di colpa.
- Va bene...-rispose, anche se era ovvio che si sarebbe allontanato dalla macchina quando loro se ne fossero andati.
- In ogni caso per qualsiasi evenienza, questa è la pistola del commissario Berardi, gliela ridai quando ritroviamo lui e quella ...quella...non ho più aggettivi per lei - ammise sconsolato.
Marco prese la pistola di Gaetano e la guardò.
Gliela voleva ridare ad ogni costo.

Gli altri scesero e cominciarono a camminare sparpagliandosi verso la traversa interessata.
Il luogo era vuoto, poche macchine tutte simili parcheggiate davanti a saracinesche chiuse.
Capire dove stavano sarebbe stato difficile anche perché non si sentiva alcun rumore.

Si tenevano in contatto tramite cellulare quando Torre, che camminava un po' indietro rispetto agli altri, chinandosi per legarsi una scarpa, si accorse di qualcosa che brillava quasi sotto ad una ruota di un'automobile parcheggiata davanti all'ennesima saracinesca abbassata.
Gli occhi si spalancarono quando prese quell'oggetto in mano.
In men che non si dica chiamò con il telefono De Matteis.
- Commissario, forse ci siamo! Ho trovato una spilla che è del dottore, un regalo del figlio...penso che gli sia caduta nella cullutt...collet...-
- Torre, per l'amor del cielo è “colluttazione”! Comunque, torniamo indietro e me la fai vedere immediatamente! -
In men che non si dica lo vide arrivare e prendere la spilla in mano.
- Credo che la abbia lasciata per mandarci un messaggio...- fissò la saracinesca - devono essere qui dentro.
Appoggiò l'orecchio senza udire nulla.
- Richiama tutti ma rimaniamo dietro quei cespugli per ora, voglio vedere se si muove qualcosa...manda comunque quattro anche dietro l'edificio...-
La squadra completa di poliziotti in borghese si aggiunse ai due per poi sparpagliarsi nascondendosi tutto intorno.
Non passarono neanche dieci minuti che un'altra macchina, abbastanza lussuosa, arrivò proprio davanti a quel palazzo.
C'era un solo passeggero che uscì boriosamente da essa mentre era ancora al telefono e non dovette neanche bussare perché la saracinesca si aprì quasi immediatamente.
Nel vederlo Torre strabuzzò gli occhi.
- Ma quello...che ci fa qui? -
Paolo guardò l'ispettore confuso.
- Lo conosci? -
- E' un vecchio caso ma...doveva essere in galera, ce lo ha messo proprio il dottore...come ha fatto a...-
- Bene, quindi la pista della vendetta era giusta, però non è legato a Roma...io quest'uomo non lo ho mai visto...- si mise una mano sul mento - eppure mio fratello ha detto che l'amico della prof aveva fatto un riferimento al caso De Silva, non ci sto capendo niente...- guardò l'uomo deciso - Torre, comincia dal principio ma fai in fretta perché qualcosa mi dice che dovremo entrare in azione a breve...-

Nel frattempo Marco era uscito dalla macchina e aveva seguito a debita distanza gli altri, senza farsi vedere.
Li scorse mentre si raggruppavano tutti davanti ad un edificio che doveva essere quello in cui tenevano Camilla e Gaetano.
Guardandosi intorno, decidette con nonchalance di farne il giro per vedere se c'era un'entrata secondaria, sapeva che alcuni uomini avrebbero fatto lo stesso, ma lui con tutto il casino che aveva combinato non voleva starsene con le mani in mano.


- Non sarei molto d'accordo con questa tua idea...-
Stava legando con dello spago i polsi dell'uomo ma in maniera più larga così che ci mettesse poco a liberarsi.
- No Camilla, questa non è un'idea, è un piano, e non deve piacerti, lo devi fare e basta -
- Ma non ti voglio lasciare da solo! -
Sollevò di nuovo lo sguardo in alto, ormai era un'abitudine.
- Prima di tutto, Torre e gli altri stanno arrivando, è veramente questione di poco, secondo, io ho bisogno di muovermi senza sapere che ti stanno tenendo qui dentro -
- Come fai ad avere la certezza che saranno qui presto? - chiese dubbiosa lei.
- Perché a differenza di qualcuno di mia conoscenza, io mi fido dei miei uomini...-
Il tono aveva una punta di sarcasmo.
- Anche io mi fido dei miei uomini! - e quando faceva la voce da bambina Gaetano doveva pescare tutta la forza di volontà che aveva per non prendersela tra le braccia e farla star zitta in modi estremamente piacevoli.

Ma era evidentemente il momento sbagliato.

- Ah sì, e quanti uomini avresti tu? -
L'ironicità era evidente.
Lei gli si mise davanti.
- Uno - rispose con un mezzo sorriso - ma che vale per mille...e che mi deve ritornare intero perché ho una cosa da dirgli che è importantissima...-
- Se tu non ti metti nei guai io ti prometto che torno intero -
Il volto di lei si fece serio.
- Stai attento...- era detto quasi come un sospiro.
- Anche tu, mi raccomando non voltarti mai...-
Avrebbero voluto azzerare le distanze in quel momento, almeno per un ultima volta, ma un rumore di passi che proveniva dalla porta li fece staccare e voltarsi verso di essa.

Gaetano senza parlare le fece un cenno e lei, seppure immensamente preoccupata, tornò esattamente dove si trovava fingendo di dormire mentre lui rimase in piedi quasi davanti all'entrata ad aspettare chiunque arrivasse.

Fu Michele ad aprirla mentre lo guardava con aria di sfida.

- Toh, ma guarda, non sei riuscito a svegliare la bella addormentata? Vorrà dire che quando avremo finito con te ci penserò io a destarla con un lungo bacio...-
Camilla dovette fare uno sforzo sovrumano per non muoversi e frenare il conato di vomito, oltretutto sapeva che a Gaetano probabilmente stava ribollendo il sangue nelle vene.
- Allora, questo capo immagino sia arrivato se sei di nuovo qui...mi ci vuoi portare o devo continuare a sentirti sproloquiare? -
- Hai proprio fretta di essere ammazzato eh? E va bene, anche io non vedo l'ora che arrivi quel momento quindi direi che possiamo andare, avanti...-
Entrò nella stanza quanto bastava per tirarlo fuori prendendolo da un braccio.

Non appena Gaetano uscì dalla porta, diede una spallata a Michele facendogli perdere l'equilibrio così da allontanarlo.
- Ora! -
Fu tutto quello che disse prima che Camilla, già pronta da quando i due le avevano dato le spalle, si intrufolasse nello spazio che lui aveva lasciato aperto per correre verso le scale.
- Porc...! Ragazzi! E' scappat...- non finì di pronunciare le parole che Gaetano, anche con le mani legate, gli aveva sferrato una gomitata in mezzo allo sterno.
- Questo è per prima - disse soddisfatto.
Vide Camilla già in cima mentre anche lui cercò di muoversi verso di lei.

Uno sparo rimbombò nell'edificio.

Alla donna, che era riuscita a salire al primo piano, appena lo udì il sangue si ghiacciò nelle vene.
Ricordava le parole di Gaetano ma era disperata, un terrore si impadronì di lei mentre nelle orecchie sentiva un fischio.
- Non voltarti, vai avanti, non voltarti, non voltarti! -
Stava bene, doveva stare bene, Gaetano non l'avrebbe lasciata e lei gli aveva promesso che avrebbe seguito le sue indicazioni alla lettera.
Continuava a correre senza capire dove stesse andando, il posto non era grande ma nella sua testa c'era il caos.
- Che sta succedendo?-
Una voce maschile e dei passi che si avvicinavano la spinsero ad aumentare la velocità con tutta la disperazione che aveva in corpo.
D'improvviso vide una porta che sembrava essere un'uscita secondaria e senza pensarci due volte le si buttò quasi contro sperando fosse aperta.
Sentì l'aria di fuori riempirle i polmoni ma non si accorse di essere caduta per terra finché due braccia non la tirarono su.
- Camilla!! -
Lo sguardo appannato dalle lacrime incontrò un azzurro che non era quello che avrebbe voluto vedere.
- Marco?! -




Marco era senza parole.
Stava facendo il giro del palazzo quando di colpo vide la porta secondaria dell'edificio spalancarsi e Camilla uscire a razzo cadendo per terra sull'erba.
Sgranò gli occhi prima di correre verso di lei e tirarla su.

Uno degli uomini che la stavano seguendo uscì anche lui dalla porta con una pistola in mano, ma non riuscì a fare nulla perché tre dei poliziotti che erano nascosti sul retro, lo bloccarono spingendolo per terra e ammanettandolo.

La donna però sembrava fuori di sé.
- Gaetano...Gaetano...ti prego, oddio fa che non sia morto!! -
Respirava malissimo e le scendevano le lacrime mentre Marco non poteva fare altro che tenerla su dato che sembrava che tutte le forze la avessero abbandonata.
Una delle mani era stata portata alla bocca mentre continuava a piangere ripetendo il nome del vicequestore.
- Camilla, stai tranquilla, sono sicura che sta bene! -
Le sue parole rimasero inascoltate mentre lei aveva cominciato a muoversi come per alzarsi a voler tornare dentro.

- Professoressa! -

La voce di Torre riportò la vista annebbiata verso la sagoma del poliziotto che si avvicinava.
- Torre, Torre dobbiamo andare dentro! E' in pericolo, lo vogliono ammazzare! -
La faccia dell'ispettore sbiancò.
- Ma come...e voi come avete fatto a..-
- Mi ha fatto scappare lui quando lo stavano portando dal capo che era arrivato...solo che lo avevano legato, e poi mentre correvo ho sentito uno sparo, oddio se gli hanno sparato! Dobbiamo andare a vedere Torre! -
- Non se ne parla nemmeno, lei non va da nessuna parte! Noi andiamo a vedere, Marco, rimani qui con la professoressa - la voce di De Matteis arrivato di corsa stavolta non ammetteva repliche - se riesci a tenerla buona sorvolerò sul fatto che hai di nuovo ignorato i miei ordini e sei uscito! -
Non aspettò risposta e si girò.
- Entreremo da quella porta, dobbiamo arrivare il più possibile vicino a dove sono gli altri....quanti sono? -
Lei non lo stava neanche sentendo, era troppo terrorizzata da cosa potesse essere successo a Gaetano.
- Camilla - la chiamò Marco - se dobbiamo aiutare Gaetano devi dirci almeno quanti sono dentro...-
La donna, ritornando in sé, guardò l'uomo che la aveva seguita da dentro.
Era lo stesso in macchina con Michele.
Sapeva che erano due, questo voleva dire che se ne avevano preso uno, ed era arrivato il capo...
- Sono tre...un altro di loro, Michele e questo capo, ma che vogliono da Gaetano? Lui ha detto che non sembravano gli stessi di Roma da come agivano...
- Eh professoressa, c'ha ragione il dottore, o meglio, c'è qualcosa di strano in tutto questo...il “capo” di questa storia, lo conoscete anche voi...-
Lei sbarrò gli occhi ancora rigati da copiose lacrime.
- Chi è Torre, chi c'è dietro? -


- Sei un gran bastardo Carpi...mi fai schifo! -
Era ancora legato, anche se Camilla gli aveva fatto i nodi molto larghi e sentiva un dolore lancinante al braccio destro.
Nella colluttazione quel verme aveva tirato fuori da non si sapeva dove una pistola, ma anche da una distanza ravvicinata era solo riuscito a sparargli ad un braccio.
Oltretutto fortunatamente per lui, la pallottola non era entrata, lo aveva preso di striscio andando a finire nel muro.
Ma il dolore era abbastanza debilitante, questo lo doveva ammettere.
- Ringrazia che non è stato in mezzo alla fronte principe azzurro, e stai tranquillo che il mio amico Camilla la riprenderà subito quindi ti è andata malissimo...-
Lo stava strattonando per portarlo in una zona che sembrava essere più verso il retro dell'edificio.
L'altro uomo della foto era di fronte ad una porta.
- Che cos'era tutto quel casino, e perché lui è ferito? -
- Ha tentato di far scappare Camilla...ma è andato Dan a riprenderla.-
- Entra, io vado a vedere che avete combinato, non ti posso far fare nulla da solo, non riesci neanche a farti valere con un uomo legato Carpi...non mi sorprende la fine che hai fatto...-
Lo sguardo di Michele era truce mentre spingeva dentro Gaetano ed entrava dietro di lui.

Si trovavano praticamente in un grande garage, c'era una porta anche a lato e uno spazio molto largo, sicuramente adibito come parcheggio per una macchina, dove un uomo abbastanza ben piazzato era di spalle con le mani dietro la schiena e le gambe leggermente allargate.
Quella stazza aveva un qualcosa di familiare, non sapeva dove ma la aveva già vista.
- Quanto tempo è passato commissario, vedo che anche se un po' ammaccato è ancora abbastanza pimpante, ha dato un bel da fare a Carpi...-
La voce, anche la voce gli era familiare ma non ricordava dove la aveva sentita, quel timbro così particolare...

No, non era possibile.

Un nome gli balenò in testa ma non aveva senso...lui e Camilla lo avevano mandato in prigione, non poteva essere lì.
- Non dice niente? -
L'uomo si voltò lentamente con un sorriso compiaciuto sulle labbra.
- Davvero commissario non si ricorda di me? -
Gli occhi di Gaetano si sbarrarono mentre gli si presentava davanti una delle ultime persone che avrebbe mai pensato di rivedere nella sua vita.
Come era possibile?
Quest'uomo doveva essere in prigione, non poteva essere qui placidamente senza che nessuno se ne fosse accorto.

- De Blasi....Luigi De Blasi...-

Il sorriso diventò un ghigno.
- Oh ma allora si ricorda di me, sono commosso commissario...potrei quasi mettermi a piangere...-
Come poteva esserci lui dietro tutto questo? Come poteva essere a conoscenza del suo caso di Roma?
E soprattutto, come faceva ad essere fuori di prigione?
Quell'essere era una delle persone più orride che Gaetano avesse mai visto, un violento assassino che avevano mandato dentro con l'accusa di omicidio di una personal trainer e il tentato omicidio di sua moglie.
Non si capacitava.
- L'emozione gli ha tolto la parola! - commentò ridendo sguaiatamente Michele.
Di certo non era l'emozione, più che lo stupore misto a un senso di nausea nel vedere quel verme davanti a lui.

Doveva prendere tempo.

Sapeva che i suoi erano vicini, doveva tentare di farlo parlare finché non fossero arrivati.
Adesso più che mai, non si sarebbe fatto ammazzare.

- Cosa ci fa lei qui...doveva essere..-
- In prigione? Ma commissario, come siamo ingenui, le prigioni sono per chi non può permettersi di comprare la giustizia pagando fior di euro dopotutto. Non sono stato dentro neanche cinque mesi e poi sono uscito si immagini, persino con la fedina penale immacolata!- Aveva cominciato a camminare e si voltò a guardarlo - Ma lo sa, nei cinque mesi dentro non ho fatto altro che pensare a lei, a come un semplicissimo povero funzionario della legge avesse avuto il coraggio tentare di mandarmi in galera...-
La baldanza con cui pronunciava le frasi faceva venire voglia a Gaetano si prenderlo a pugni.
- Questo non spiega però il suo coinvolgimento con il mio caso di Roma -
Che c'entrava De Blasi con Roma? Come sapeva di De Silva?
- Ma caro il mio commissario, lei si ricorda che lavoro faccio? -

Luigi De Blasi era un avvocato, anche stimato, però questo non poteva avere a che...
- Ho sempre mandato altri del mio nuovo studio alle udienze, ma lo sa chi è il difensore ufficiale dell'uomo che avete preso a Roma? Indovini un po'...-
Lui...lui era l'avvocato difensore, lui era quello che faceva le veci del capo della cellula romana...ma anche qui non tornava qualcosa, perché non prendersela con Sabrina? Perché con lui?
- E allora mi avete preso per tentare di trovare un appiglio per il processo? Anche se io muoio, il processo andrà avanti...-
De Blasi emise una risata sguaiata.
- Ma assolutamente no, io tengo al caro De Silva, e sì sappiamo benissimo tutto di lui, persino dove sta, ma mi creda, lui testimonierà così il mio povero assistito finirà in prigione senza che io possa fare nulla per salvarlo...-
- Non capisco, e allora io cosa c'entro? -
De Blasi continuò a camminare con le mani dietro la schiena.
- A Roma sono allo sfascio, il gruppo è stato praticamente distrutto...ma pensi un po' commissario cosa succederebbe se io, così affranto per non aver potuto vincere il processo e scagionare il mio assistito, vada da loro e poi al quartier generale principale e dica che ho ammazzato il vicequestore colpevole di aver messo in galera uno degli uomini più importanti di tutto il clan...pensi che prova di forza...- si voltò a guardarlo - come si dice, se non puoi sconfiggerli, alleati con loro...-
- Quindi lei non salverà il suo assistito, lascerà che lo mandino in prigione però venendo glorificato lo stesso perché porterà la mia testa a quelli?-
- Non è un piano perfetto? Potrò prendere in mano io la cellula di Roma... - lo sguardo di superiorità che aveva destava in Gaetano la voglia di prenderlo a calci fino a farlo stramazzare.
- Ovviamente anche io verrò ricompensato, dato che il piacere di piantarti una pallottola in testa lo avrò personalmente...- esclamò Michele con uno sguardo soddisfatto.
Gaetano lo fissò quasi schifato.
- Non capisco veramente come abbia fatto Camilla a fidarsi di te...-



Esattamente dall'altra parte della saracinesca di quel garage, De Matteis era intento a dare a bassa voce istruzioni per come muoversi.
Il secondo uomo andato a cercare Camilla, era stato intercettato dagli altri della squadra e portato via con le manette ai polsi.
Due erano andati, ma i peggiori rimanevano.
Sarebbero entrati dalla porta sul retro che ormai era aperta e si sarebbero divisi dentro.
Per trovare Gaetano dovevano fare in fretta, separati sarebbe stato meglio, per cui senza perdere altro tempo, silenziosamente, De Matteis seguito da Torre entrò nell'edificio.

Camilla era ancora a terra, Marco le era accanto e avrebbe voluto rimproverarla in maniera esemplare, ma la vedeva con lo sguardo perso nel vuoto, rivoli secchi delle lacrime ancora a solcarle il viso.
- Vedrai che non è successo nulla Camilla, sta bene...non gli è accaduto niente...-
- Sì...- rispose assente mentre il suo sguardo cadde sulla pistola che aveva Marco.
Lui se ne accorse subito e la prese.
- E' di Gaetano, la aveva lasciata...-
- Nell'ufficio di Torre, sì lo so..-
- Avete parlato quindi..- chiese lui leggermente sollevato, almeno sembrava che si fossero spiegati lì dentro.
- Abbiamo...chiarito e mi ha promesso che sarebbe tornato...-
Sfiorò la pistola con una mano.
- Gliel'avrei dovuta riconsegnare io, ma penso che sarà più contento se gliela ridai tu...-
Camilla prese la pistola stringendosela al petto.
- Marco ti prego, lasciami entrare...ti prego...- lo sguardo era implorante.
- Camilla, non se ne parla...non posso, ti ho seguito per giorni e mi sono preso le sfuriate di mezzo mondo senza contare il terrore che mi ha paralizzato quando ho capito che in quella trattoria non saresti mai arrivata! Non puoi farmi questo!-
- Sono entrati tutti...ti prego...ti scongiuro, devo sapere se sta bene...per favore...-
Era disperata, piangente, spaventata.
Il terrore e l'ansia come non le aveva mai viste, erano lo specchio del volto della professoressa.
Allentò la presa su di lei e la donna capì che si era arreso.

Non seppe mai quale forza la tirò in piedi, ma si accorse solo che le sue gambe la stavano riportando dentro, in quella casa abbandonata dove forse l'uomo che amava era già...

No, non sarebbe successo...no...si rifiutava di accettarlo!

Vide da lontano De Matteis che saliva le scale mentre Torre scendeva di sotto.
Lei invece continuò per quel piano sperando di sentire qualche voce per avere un indizio.
Gli altri poliziotti avevano seguito metà il commissario e un altra metà l'ispettore.
Probabilmente volevano controllare i due posti perché pensavano che Gaetano fosse tenuto in un luogo da dove era meno facile scappare.
Camminava piano, disperata nel sentire il minimo rumore nel silenzio assoluto quando una risata la colse di sorpresa.

La voce era di Michele, la avrebbe riconosciuta immediatamente tra mille per quanto la detestava ormai.
Proveniva da una porta situata verso il fondo di un corridoio che partiva parallelamente all'entrata dal retro.
Si avvicinò ad essa senza sapere cosa poter fare.
Si trovava probabilmente a pochissimi metri da Gaetano ma entrare avrebbe voluto dire farsi ammazzare, o far ammazzare lui.

Da lontano vide Torre che quando la scorse impallidì.

Lei gli fece un cenno col dito per intimargli di non proferire parola e poi indicò la porta.
L'uomo si allontanò un attimo notando qualcosa al lato e lo vide scomparire in un altro corridoio.
Il respiro aveva cominciato a farsi corto e il sangue le batteva fino alla testa.
Era disperata, perché Torre non era andato da lei?
Dove diavolo si era cacciato?
Gaetano era dietro quella porta perché andava a farsi le passeggiate in giro?

Lo vide riapparire dopo circa cinque minuti e da lontano con il labiale capì solo
- C'è un'altra entrata, vado lì, non si muova! -
La paura la aveva paralizzata, il cuore le rimbombava nelle orecchie.
Chiuse gli occhi pregando che quell'inferno finisse presto.


Al di là di quella porta, Michele non aveva smesso di ridere sguaiatamente.
- Ma non ti preoccupare, so recitare la mia parte perfettamente, vedrai quando le dirò che per salvarle la vita e salvare la tua ho tentato di far credere a questa gente che ero dalla loro parte....solo che toh, alla fine purtroppo, con mio grande rammarico, ti hanno ammazzato davanti ai miei occhi senza che io potessi far nulla per prevenirlo - lo strattonò facendolo finire in ginocchio, un ghigno sulle labbra - ovviamente eviterò di dirle che sono stato proprio io a premere il primo grilletto...-
De Blasi guardò l'orologio ed estrasse una pistola che teneva nella sua ventiquattrore.
-Questa è in caso tu voglia fare il furbo commissario, e ora Carpi, finiscila, fai quello che devi e concludiamo che sono a cena con il giudice Serpieri -
- Non aspettavo altro...-
Si mise di fronte a Gaetano che vuoi per la ferita, vuoi per le mani legate, era ancora in ginocchio, e gli puntò la pistola dritto in fronte.

Era finita.
Non erano arrivati in tempo.
Si chiese se avesse potuto slegarsi e attaccare, ma ne aveva due che gli puntavano una pistola e quindi era un'ipotesi impossibile.

Il destino alla fine aveva smesso di essere dalla sua parte.

Chiuse gli occhi aspettando l'inevitabile.
Almeno la aveva rivista, almeno avevano fatto pace, almeno...

No...

Non poteva finire così.

Non sarebbe finita così!

Un rumore fragoroso e la porta al lato del garage si spalancò.
- Fermi tutti polizia!!!!-
Torre era entrato e si era avventato su De Blasi neanche fosse un mastino napoletano.
Gaetano approfittò del momento di sorpresa per alzarsi e tentare di dare una testata a Carpi, voleva liberarsi ma quei nodi che pensava fossero fatti larghi in realtà erano più difficili di quanto credeva da sciogliere.

Torre, nonostante la stazza, era riuscito a immobilizzare l'avvocato mettendogli le manette, ma i rinforzi non arrivavano e non poteva lasciare da solo l'uomo o sarebbe scappato, quindi Gaetano si trovava a dover fare corpo a corpo con le mani legate contro Michele oltretutto armato di pistola.
Nonostante i tentativi, la ferita al braccio gli doleva e un attimo di disattenzione fece sì che l'altro con un calcio sul retro del ginocchio, lo facesse piegare di nuovo.
Si ritrovò la canna della pistola dieci centimetri dalla fronte.
- Ci hai provato commissario, ti è andata male...mi arresteranno ma questa soddisfazione me la sarò tolta -

Gaetano non ebbe il tempo neanche di pensare che uno sparo secco risuonò nell'aria.

Improvvisamente, vide Carpi piegarsi urlando mentre si prendeva una gamba e per istinto si voltò verso Torre che aveva lo sguardo sorpreso e fissava esattamente dietro di loro.

Girandosi dalla parte opposta vide lei.

Camilla

In un attimo il luogo si riempì di uomini mentre anche Michele guardava la professoressa del tutto scioccato.
Venne poi preso da due poliziotti e portato via.
Gaetano finalmente riuscì a rompere i lacci e si diresse verso la donna che aveva ancora in mano la sua pistola tremante.
Il viso sconvolto, era scossa da tremiti e respirava a fatica, come se non potesse credere a quello che era successo.

Non aveva mai sparato in vita sua.

- Tesoro...calmati, dammi la pistola...va tutto bene...-
Le si avvicinò mentre lei lo guardava smarrita.
- Ti...stava per ammazzare...- era detto più piano di un sospiro.
- E' vero, ma a quanto pare anche io ho una guardia del corpo...- le tolse l'oggetto dalle mani poggiandolo per terra prima di tirarsela addosso e stringerla.
- Mi hai salvato la vita, lo sai? -
- Ti voleva...sparare...-
Le prese il volto tra le mani cancellando con i pollici dei residui di lacrime.
- E tu glielo hai impedito...lo hai colpito alla gamba, non ti farò mai più toccare una pistola finché vivo ma sei stata bravissima amore mio...-
Ritornò in sé a quelle parole e le lacrime probabilmente per sfogo di tutta la tensione accumulata scoppiarono come un fiume mentre gli si rifugiava tra le braccia.
- Ho creduto che ti avessero ammazzato! -
- Shhh va tutto bene è finita, adesso possiamo tornare a casa, finalmente questo incubo è passato...-

Potevano tornare a casa

Era tutto finito.

Avrebbero ricominciato la loro vita di tutti i giorni.

Chiuse gli occhi tentando di far registrare al suo corpo che non c'era più pericolo, che poteva smettere di tremare, anche perché questo non avrebbe giovato assolutamente a...

Un dolore lancinante al basso ventre le mozzò il respiro.
Dovette aggrapparsi con le unghie alla giacca di Gaetano perché era così forte da farla quasi urlare.

Improvvisamente le tornò in mente il suo incubo.

No.
Non poteva essere...

Non ora...ti prego, ti scongiuro.

Gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime mentre Gaetano accorgendosi che si era irrigidita la guardò preoccupato.
- Camilla, che hai? Amore, che succede? -
- No, ti prego dimmi che non sta accadendo...dimmi di no ti prego! - lo guardava disperata come se implorasse a lui di aiutarla mentre voleva piegarsi dal dolore.
- Non voglio, non adesso!! -
- Camilla ma cosa ti senti? Ti ha ferita? Che devo fare? -
Lui era sconvolto, la donna aveva il volto distorto da un'espressione sofferente e non capiva nulla di quello che stava accadendo.
- Port...portami...Francesca...le Molinette, ti prego, fai in frett...-
Non riuscì a finire la frase perché perse conoscenza facendo entrare Gaetano nel panico assoluto.

- Camilla??...Camilla!!!!!-


 

Buona Pasqua?
Lo so, mi volete ammazzare adesso...lo so.
Sembrava tutto finito e invece non lo è.
Ho sempre detto che non sapevo come sarebbe andata a finire la gravidanza di Camilla proprio perché avevo questa parte in mente dall'inizio in caso la avessi fatta rimanere incinta, ecco perché c'è sempre stato il dubbio fino alla fine.
E vi annuncio che ho finito anche l'ultimo capitolo...non vi lascio preview stavolta perché è l'ultimo e vorrei tenere la sorpresa. L'unico indizio è che si intitolerà "Let it rain".
Ho un po' di ansia a postarlo in realtà, perché insomma, sì ci sarà un epilogo ma è il capitolo finale della storia che mi ha fatto ricominciare a scrivere dopo otto anni, e per quanto abbia passato giorni in cui volevo cancellarla totalmente, alla fine le voglio bene e mi piacerebbe poter darle un finale decente, a prescindere da cosa succederà.
Cominciamo col toto baby? Lo perde o no?
Non so se riuscirò a soddisfarvi con il mio finale e quindi penso che sarò in agitazione fino a Domenica prossima.
Nel frattempo io sto morendo dalla voglia di sapere che ne pensate di questo, perché volevo scriverlo fin dal principio..spero tanto che mi diciate le vostre impressioni e un grazie immenso, perché senza i commenti e le reviews io non sarei arrivata fino a qui.
Siamo alla fine ormai, ma senza di voi avrei mollato molto ma molto prima.

A Domenica prossima!!!

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Capitolo 21
*** Capitolo venti: Let it rain ***


Ed eccoci qui, a questo lunghissimo capitolo finale di una storia che non riesco neanche a credere di aver portato a conclusione.
Era partita come one-shot, ed è diventata un prologo, venti capitoli e, se lo vorrete, un epilogo.
Comunque vada, qualsiasi sia la conclusione, io a questa storia ho voluto bene anche quando la volevo cancellare, anche quando mi ha fatto bloccare e sbattere la testa contro il muro, è stato un rapporto di amore e odio che mi ha accompagnato fino ad oggi.
E devo ringraziare quel cavolo di finale della prof se mi ha fatto arrabbiare così tanto da riprendere la scrittura dopo otto anni di blocco.
Ma più di tutto, devo ringraziare immensamente tutte le persone che la hanno letta, e ancora di più quelle che hanno lasciato le reviews, o la hanno commentata su Facebook.
Senza il vostro supporto, le vostre parole, non sarei mai arrivata alla fine e non è uno scherzo, è la pura verità.
Per cui questo capitolo, a prescindere da quello che succede, ve lo dedico, prendetevelo anche se non è il massimo ok? E scusate se vi aspettavate altro o di più.
Per le parole finali ci vediamo dopo, sotto.
Per ora vi lascio, per l'ultima volta salvo epilogo, con il solito, buona lettura!


Capitolo venti: Let it rain

 

Il tempo sembrava essersi fermato.
Se ne stava lì, totalmente paralizzato con gli occhi sbarrati senza capire assolutamente niente.
Era come se di colpo qualcuno gli avesse strappato via la luce appena ritrovata.

Un momento prima Camilla era tra le sue braccia piangente a scaricare tutta la tensione accumulata durante quella storia, e subito dopo lo aveva supplicato disperata e con il viso distorto dal dolore, di portarla in ospedale.
Poi aveva perso conoscenza.
La guardava come se non riuscisse a capacitarsi di quello che stesse succedendo, come se non stesse accadendo a lui.

No.

Una sensazione orribile mista al panico si stava facendo strada prepotentemente.
La voce non voleva uscire, come se qualcosa gli impedisse di tirarla fuori, un nodo alla gola da dover assolutamente sciogliere perché non poteva rimanere fermo, non ora non...
E poi lo scoppio, quando un cieco terrore sostituì il panico, finalmente gridò con tutta la forza che aveva in corpo.

-Torre!!! -
-Comandi Dotto!-
-Porta la macchina, presto! Dobbiamo correre alle Molinette!-

L'ispettore, vedendo Camilla svenuta e Gaetano spaventato a morte, corse a recuperare la macchina per portarla fuori dall'edificio mentre l'uomo prendeva la donna in braccio, incurante della fitta provocata dalla ferita che aveva.

La mente ridotta ad una tabula rasa.
Camilla non si era sicuramente fatta male e allora come mai era svenuta? E che cos'era quel dolore?
Appena in auto la sistemò sui sedili posteriori e si sedette accanto a lei.
Mentre era ancora priva di sensi la controllò come poteva anche se con le mani tremanti, per accertarsi che effettivamente non ci fossero contusioni, lividi o altro.
Non riusciva a trovare nulla di strano, ma allora perché?

I poliziotti avevano ritrovato la sua borsa con ancora tutto dentro, gettata vicino ad un secchio della spazzatura ed era stata poi messa nella macchina con loro.
Gaetano guardandola, si accorse che il cellulare era ancora acceso e immediatamente compose il numero telefonico dell'unica persona che avrebbe potuto chiarirgli qualcosa.
- Pronto, ciao Francesca sono Gaetano ascoltami, sto arrivando con Camilla in ospedale...non so cosa sia successo, stava parlando ma ad un certo punto si è quasi piegata dal dolore e poi è svenuta...- la voce di lui era confusa e spaventata, dall'altra parte Francesca invece ebbe un sussulto.
- Oh mio Dio...va bene io chiamo il dottore che la segue e faccio preparare tutto qui fuori, vi aspettiamo! Fate più presto che potete! -
- Il dottore che la segue? Ma cos..-
Non poté finire la frase perché la donna aveva già attaccato lasciandolo, ora sì, veramente in preda alla paura.
- Ma che cosa sta succedendo... - esclamò ad alta voce mentre colto da un improvviso senso di protezione, prese Camilla e se la appoggiò addosso stringendola di più.

Il viaggio in ospedale fu breve grazie alla sirena inserita, ma per Gaetano quei minuti equivalevano ad ore.
I rumori gli arrivavano in ritardo, il cervello sembrava essere entrato in un circolo vizioso, sapeva solo che Camilla era svenuta e c'era un dottore che la seguiva, ma questo gli bastò perché l'ansia e il panico si impossessassero di lui come mai era successo prima.
Appena arrivati, trovarono Francesca con una barella e degli infermieri fuori.
La macchina venne aperta e Camilla trasportata sulla lettiga, Gaetano la stava seguendo fino a quando venne bloccato dalla donna.

- Non puoi entrare, devi rimanere qui...-
- Francesca, che succede? - la prese per le spalle scuotendola, - Dio mio, che succede!?-
La voce di Gaetano era disperata e vedendo la faccia della dottoressa si accorse che anche la sua non presagiva nulla di buono.
- Ma...non sai niente? - il suo volto incredulo.
- Sapere cosa? Francesca, io qui sto impazzendo, so solo che eravamo ai Murazzi, abbiamo arrestato quelli che avevano preso Camilla e lei è svenuta!!! Dannazione mi vuoi dire che ha?-
Adesso lui stava urlando.
- Camilla è stata rapita?- abbassò lo sguardo.
- Ora è chiaro...devo andare un attimo dentro, torno subito! -
Ma Gaetano non la fece muovere.
- No Francesca, tu non te ne vai senza dirmi tutto!! -
E la dottoressa pensò che proprio in quel momento, non poteva dirglielo.
Se Camilla, per colpa della situazione, aveva compromesso la gravidanza, dire a Gaetano che era incinta e nello stesso momento che aveva perso il bambino sarebbe stato un colpo dal quale non si sarebbe più ripreso.

Il suo lavoro le imponeva di non mentire, ma in quel caso, prima di qualsiasi decisione, doveva andare a vedere come stava la sua amica.
Sentì che la stretta sulle braccia si allentava e lo vide scongiurarla con gli occhi.
- Senti, entro, controllo cosa succede, esco e ti spiego tutto, va bene? Adesso però fammi andare perché sennò non riesco a darti notizie.-
La rassegnazione si dipinse sullo sguardo di lui mentre lasciava cadere le mani.
Si buttò su una sedia con la testa rivolta verso il basso, e a lei nel vederlo così si strinse il cuore.
- Torno appena posso! - promise entrando nel reparto di pronto soccorso e lasciando l'uomo solo.

 

I minuti passavano e passavano e passavano ancora ma non usciva nessuno.
E se fosse stato il cuore?
Con tutto quello che era successo...e se...se fosse stato troppo tardi?
Non poteva pensarci, si sarebbe ucciso, non voleva neanche immaginare un mondo in cui lei non c'era.
Lui l'aveva allontanata proprio per proteggerla, ma alla fine lei aveva scoperto tutto e come al solito agito di testa sua.
E stavolta lo aveva fatto per lui...per loro.
Ma se alla fine l'avesse persa, tanto valeva venire ammazzato.

Non c'era tregua.

Sentì dei passi avvicinarsi.
Il suo fedele amico ispettore era arrivato insieme a Marco e a De Matteis ma lui non alzò il capo.
I tre lo guardarono senza sapere come comportarsi.
Fu Torre il primo a muoversi, vedendolo così a pezzi si sedette accanto a lui ed estrasse la spilla che teneva in tasca.
- Penso che la rivogliate...- gli disse porgendola all'uomo che la prese tra le mani.
- Dottò...vedrete che non è niente, la nostra prof non si fa mettere i piedi in testa da nessuno -
E a Gaetano le labbra si piegarono leggermente, mentre infilava nel taschino della giacca la spilla di Tommy, come a fargli da portafortuna.
- Ma sì, Torre ha ragione, è andata sotto sparatorie, ha avuto incidenti di tutti i tipi, Camilla non è una che sta male per quello che è successo...- gli fece eco Marco.
Era vero, Camilla ne aveva passate tantissime e alla fine ce l'aveva sempre fatta.
- Sì...lo so, lei non si fa buttare giù da niente...- sospirò - ma se solo mi dicessero che cos'ha...-
Il dubbio per Gaetano era peggio dell'inferno, eppure anche in quel momento, si rese conto che non poteva pensare solo a lui, Camilla aveva una famiglia che sicuramente la stava aspettando a casa preoccupata.
Le parole gli uscirono a fatica.
- Torre, senti, non sappiamo ancora nulla ma, chiama Livietta a casa, dille che Camilla è con me e che...che torniamo presto, di non preoccup..-
Non ce la faceva più, aveva bisogno di un attimo di respiro, nemmeno lui riusciva davvero a credere a quello che diceva.
Era successo troppo, troppo in fretta, era sfinito fisicamente e psicologicamente, ma se a Camilla fosse accaduto qualcosa...

Era la sua amazzone, la sua forza, e persino la sua salvatrice.
Senza di lei ora non sarebbe vivo, aveva sparato per difenderlo e adesso...
Adesso non sapeva neanche più se la avrebbe rivista, temeva di non potersi perdere più in quegli occhi, di non poterci più fare i battibecchi, tenerla tra le braccia e guardarla dormire.

Perché il destino gli strappava sempre le cose proprio quando lui pensava di avercela fatta?
E che vita sarebbe stata una dove lei non c'era?

Non avrebbe potuto neanche definirsi sopravvivenza, nulla avrebbe avuto più senso.
La sicurezza che lei gli aveva dato si stava di nuovo sgretolando.
Torre gli mise una mano sulla spalla.
- Ci penso io alla figlia della prof, state tranquillo...-
Subito dopo l'ispettore si alzò allontanandosi per telefonare.

Da quel momento Gaetano non si rese più conto dello scorrere del tempo.
Guardando il suo orologio in realtà si accorse che da quando era stato portato da Carpi ai Murazzi non era passata che qualche ora, ma gli sembrava che la giornata non dovesse finire mai.
Gli altri facevano avanti e indietro ma lui rimaneva seduto a fissare il pavimento.
Erano persino andati a dirgli che intanto poteva essere medicato per il braccio, ma aveva rifiutato.
Non si sarebbe mosso da lì fino a quando qualcuno non gli avesse detto che cosa aveva Camilla.

D'improvviso, le porte del pronto soccorso si aprirono e i quattro videro un dottore seguito da Francesca uscire.
L'uomo si rivolse a Gaetano.
- Lei è il marito? -
Il vicequestore lo guardò smarrito.
- Io... -
- Sì dottore, non si preoccupi, spieghi a lui!-
Era stata Francesca a rispondere al suo posto.
Gli occhi del commissario andavano dalla dottoressa al medico chiedendo disperatamente risposte.

L'uomo si tolse la mascherina e si passò una mano sulla fronte.

- Senta, sono tutti e due fuori pericolo però per l'amor del cielo, chiuda sua moglie in casa, non la faccia muovere né tanto meno uscire per i prossimi mesi e le impedisca di fare qualsiasi cosa...-
Gaetano non riusciva a comprendere le parole del dottore, era come se gli arrivassero a strascichi.
- La situazione è delicatissima, oggi abbiamo sfiorato la tragedia per entrambi e non so neanche io come abbiano fatto a salvarsi, ma la signora deve riposarsi fisicamente e psicologicamente o non arriveremo alla fine di questa gravidanza - sospirò guardando il volto perso dell'uomo e sentendo di essere stato un po' troppo duro.

Frasi, frasi, troppe frasi, Gaetano aveva la testa così confusa da non riuscire a metterle tutte insieme.
- No un attimo la prego, lei mi deve almeno dire se è curabil...

Si bloccò di colpo.
- Come ha detto scusi? -
Finalmente il cervello aveva messo a fuoco ciò che gli stava dicendo medico e il suo volto si pietrificò all'istante.

- Tra poco la portiamo in reparto, faremo ulteriori accertamenti di routine e se tutto va bene la lasciamo andare a casa tra una settimana, perché vorrei prima monitorare la situazione per qualche giorno, ma lei controlli sua moglie e le impedisca di fare qualsiasi tipo di sforzo, non deve essere stressata per nessun motivo, ha avuto una serissima minaccia d'aborto ed è un miracolo che ce l'abbiano fatta - poi voltandosi a guardare anche gli altri - potrete vederla tra una mezz'oretta.

Un'infermiera lo chiamò di nuovo dentro e il dottore si allontanò lasciando i quattro uomini scioccati.
Francesca, dopo essersi accertata personalmente che Camilla fosse fuori pericolo, svanita la preoccupazione, guardava Gaetano trattenendosi a stento.
- Sei ancora vivo? - chiese con un sorriso che rischiava di scoppiare in qualsiasi momento.
L'uomo era rimasto immobile con la bocca semi aperta e lo sguardo inebetito.
- Pianeta terra chiama Gaetano....ci sei ancora? - gli disse passandogli una mano di fronte alla faccia.
Il vicequestore si voltò verso la dottoressa.
- Non...non ho capito...ma come...-
- No, alla tua età non venire a chiedere a me come si fanno i bambini perché credo che tu abbia una conoscenza più che profonda dell'argomento, ehi svegliati, avanti! -
- Ma...è vero? Cioè...lei...lei è...-
Si sentì barcollare e venne aiutato a sedersi su una sedia, Francesca gli si mise accanto.
- Io pensavo che te lo avesse detto alla fine, so che vi eravate presi una pausa ma dopo averlo saputo lei aveva deciso di informarti comunque...a quanto pare non lo ha fatto -
- Un...un...bamb...-
- Gaetano per favore smettila di balbettare e torna in te, tra poco ti faranno entrare, vuoi avere la faccia da pesce lesso e parlare come Rain Man davanti a lei? -
La guardò spaesato.
Non riusciva ancora a credere a quanto aveva sentito.
Ecco qual'era la cosa importantissima che gli doveva dire.
E in un lampo capì la proporzione della notizia, realizzando anche che lei si era impicciata di quella situazione mentre sapeva di...

- Ossignore...-
Tirò la testa indietro così di colpo che il rumore del cranio sbattuto sul muro costrinse Francesca a guardarlo scioccata.
- Gaetano...va tutto bene? -
- No...no...non va, Camilla ha..lei si è ficcata volontariamente in una situazione in cui ha rischiato la vita nel suo stato? -

Bene, erano al secondo stadio, il primo era l'incredulità, ora, di norma il secondo sarebbe stata la felicità, però non sembrava così, e la dottoressa lo guardò perplessa.
- Ma non mi hai detto che è stata rapita?- tentò di obiettare.
- No aspetta, rapita non è il termine esatto, io direi che gli è praticamente andata tra le braccia! Non ci posso credere...non ci posso credere, io la arresto, la metto agli arresti domiciliari a vita...-
- Va bene, non ci ho capito nulla, ma senti, dato che lei deve stare a riposo anche psicologico io direi che forse prima è meglio che respiri e pensi...-
Gli mise una mano sulla spalla.
- Voi due avrete un bambino, hai capito? Tu e lei avrete un figlio...-
L'uomo fece un respiro profondo e poi la guardò con l'aria più vulnerabile che avesse mai potuto avere.

Un figlio...mio e suo...nostro...

Un bambino.

Una vita creata con la donna che gli aveva insegnato cosa voleva dire amare veramente qualcuno.
Un essere che era una parte di lui e una parte di lei fusi insieme.
E gli tornò in mente quella serata passata a dirle che lei era la sua felicità e che non aveva bisogno di altro, senza sapere che mentre la abbracciava, dentro Camilla c'era già un miracolo.
Qualcuno da cullare quando non voleva dormire, da proteggere a costo della sua stessa vita, da far sorridere con il solletico e da accompagnare a scuola per mano.
Avrebbe, anzi, avrebbero fatto tutte queste cose loro due insieme.
Aveva voglia di piangere dalla felicità, e nello stesso tempo era diviso tra il desiderio enorme di entrare da Camilla e abbracciarla e quello di strozzarla per essersi messa in pericolo sapendo di essere incinta.

Gli altri tre uomini erano ancora increduli.
- Ora ho capito! - esclamò Marco.
Tutti, compreso Gaetano, lo guardarono.
- Ecco perché mi diceva che doveva mangiare...ecco perché continuava a comprare barrette al cioccolato e aveva smesso di bere qualsiasi tipo di alcolico! -
- Non te l'aveva detto? - chiese Gaetano ancora sulle nuvole.
- No, se le domandavo qualcosa sviava il discorso...anche perché se lo avessi saputo col cavolo che mi facevo convincere! E io che le sono pure andato appresso, non ci credo! -
Paolo lo guardò con superiorità.
- Te l'avevo detto che quella donna era fuori di testa, ma fino a questo livello di pazzia stento persino io a crederci... Berardi non ti invidio, ti sei trovato proprio una squinternata...-
Il vicequestore guardava i due fratelli ma captava ben poco dei loro commenti perché persino lui ancora non riusciva capacitarsi di tutto, fino a quando Torre non gli si parò davanti dandogli delle grosse pacche sulle spalle con un sorriso a trentaquattro denti.
- Dottò, state a diventare di nuovo papà! Congratulazioni! -

Sentirlo dire da quello che in effetti era il suo migliore amico, rese tutto una realtà più tangibile.
-Torre...-
Gaetano si portò una mano sul viso abbassando la testa e mosse leggermente le spalle, sembrava quasi che avesse trattenuto un singhiozzo.
Respirò profondamente.
Quando risollevò lo sguardo, aveva gli occhi lucidi, una striscia umida tirata via furtivamente aveva lasciato un impercettibile traccia a lato di una guancia.
Un debole sorriso incredulo sulle labbra.

Il medico che aveva precedentemente parlato con loro riapparve e appena lo vide, il vicequestore si alzò.

- Dunque - cominciò l'uomo - la paziente si è svegliata, abbiamo fatto ulteriori controlli, il battito del piccolo c'è e abbiamo cominciato a somministrare il progesterone, almeno per i prossimi tre mesi sua moglie deve essere tenuta in assoluto riposo, ora se volete, uno per uno potete entrare a vederla...-
Tutti guardarono Gaetano che sentì Francesca dargli una leggera gomitata.
- Avanti paparino, entra, e ricordati di non agitarti che poi fai agitare anche lei e questo potrebbe portare a contrazioni...quindi, prendi un bel respiro, calmati e vai! -
Una leggera spinta era tutto quello che gli serviva per muoversi, mentre gli altri videro la sua sagoma che camminava spaesata scomparire dietro le porte del pronto soccorso.


- La prof incinta, il dottore le farà una lavata di testa da leoni, ma poi si scioglierà come neve al sole...- commentò Torre un po' commosso.
- Un altro essere umano a condividere il DNA con la professoressa...meno male che tra poco torniamo a Roma...-
Marco era probabilmente chi tra loro stava peggio.
Aveva appena capito di aver fatto rischiare la vita non ad una, ma a due persone e sembrava non darsi pace.
Francesca, notando la reazione differente gli si avvicinò.
- Quindi lei è il produttore di vini, non è vero? -
Appoggiò la schiena al muro incrociando le braccia e guardandolo.
- Sì e sono anche un enorme deficiente....ma non credevo che qualcuno mi conoscesse...-
- Camilla mi ha parlato di lei, sono una sua amica di vecchia data, Francesca, piacere - gli porse la mano che l'uomo strinse.
- Marco...certo che Camilla me ne ha fatta un'altra da manuale -
- Eh, riesce ad avere un ascendente sugli uomini fenomenale - commentò sorridendo.

- Cos'è successo? Come stanno Gaetano e Camilla?-
Una voce femminile rimbombò nel corridoio e tutti si voltarono verso di essa scorgendo Sabrina arrivare correndo, o meglio, tentando di correre per quanto poteva con la sua pancia ormai da nono mese.
De Matteis fu il primo a riconoscerla e rispondere.
- Va tutto bene, a Berardi non è successo nient...-
Non finì la frase che si ritrovò la donna tra le braccia a stringerlo in una maniera da togliergli quasi il fiato.
- Ho avuto tantissima paura Paolo! Sono corsa con un taxi appena ho visto il telegiornale! -
Al sentire Sabrina che chiamava l'uomo per nome, tutti i presenti strabuzzarono gli occhi mentre proprio il povero De Matteis era rimasto immobile con le braccia tese ai lati del corpo, scioccato quasi quanto gli altri.
Preso dal panico, si voltò verso Marco e lo vide muovere le braccia scandendo con le labbra "Abbracciala".
L'uomo guardò Sabrina terrorizzato prima di accennare un movimento con le mani mettendogliele sulle spalle.
Marco continuava a mimare scandendo il labiale senza pronunciare una parola con la voce "Ma che sei scemo? Abbracciala di più!"
Aumentò la stretta in maniera incerta, mentre lei piangeva.
- Va...tutto bene, cerca di ricomporti...-
Marco si portò una mano a coprirsi gli occhi, decisamente suo fratello, non era capace di consolare una donna.

Ad un tratto, il pianto si fermò.
- Oh...- Sabrina guardò gli occhi di De Matteis.
- Credo che mi si siano rotte le acque...-
Francesca a quel punto si mosse velocemente prendendo una sedia a rotelle che era al lato delle porte scorrevoli.
- Ok, perfetto, siamo nel posto giusto io sono cardiologa ma sicuramente qui non manca il personale, infermiera! Abbiamo una paziente a cui si sono rotte le acque, presto! -
Due donne giovani le si avvicinarono mentre Sabrina si voltava verso De Matteis molto spaventata.
- Non mi lasciare sola...-
L'uomo non sapeva cosa fare, aveva gli occhi sgranati ed era rigido come uno stoccafisso.
Un altro medico arrivò di corsa.
- Ti prego...ho paura...- implorò la donna.
Il nuovo dottore si voltò verso Paolo.
- Lei è il padre? Venga con me che le faccio mettere un camice, immagino voglia assistere -
- Che voglio fare io? No asp...-
- Avanti lo so, le reazioni sono sempre uguali, venga andiamo, non vede che sua moglie la cerca? -
- Mia...eh? -
Anche se estremamente titubante, De Matteis si stava lasciando trascinare, soprattutto quando Sabrina, in preda ad una contrazione, prese la sua mano.
Gli altri tre li videro allontanarsi, lo shock dipinto sui loro volti.
Solo quando girarono l'angolo, Marco scoppiò in una risata fragorosa.
- Oh...quella faccia non l'avevo mai vista su mio fratello, avrei dovuto riprenderla...-
Anche Francesca nonostante non conoscesse il tipo, aveva l'aria di chi stava trattenendo a stento le risa, mentre Torre era rimasto con la bocca aperta.
- Adesso ho veramente bisogno di qualcosa di forte - concluse l'uomo ancora mezzo ridendo.
- E stavolta penso che servirebbe anche a me -commentò Francesca che era evidentemente divertita ma anche molto provata.
- Beh, allora posso invitarti al fantastico bar di questo ospedale per prendere un Vermouth? -
La donna piegò il volto di lato.
- Mica male come idea, oltretutto a me il Vermouth piace molto...-
Marco, da vero cavaliere le porse il braccio.
- Madame...-
- Monsieur...ma non me l'aveva detto Camilla che eri così galante...- commentò divertita.
L'uomo sorrise.
- Ho molte doti nascoste che sfodero solo all'occorrenza -
- Che coincidenza...- rispose prendendogli il braccio - anche io...-

Torre era rimasto da solo ancora con lo sguardo incredulo.
- Io non ci sto capendo più niente...però qui gatta cicala...-
D'un tratto il suo telefono squillò, dopo aver visto chi era sul display rispose.
- Lucianona! Sì sì tutto bene, una grande paura ma c'ho una notizia che è una bomba!-
-....-
- No, no te lo devo dire di persona che voglio vedere la tua faccia!-
Continuava a stare al telefono mentre lentamente si apprestava ad uscire dall'ospedale.
 


 

Il percorso tra i letti dei pazienti in pronto soccorso non era mai stato così tortuoso.
Un'infermiera gli stava facendo strada mentre Gaetano camminava, ma sentiva come se i suoi piedi non toccassero terra.
La vide da lontano, distesa in quel letto che sembrava enorme per lei, l'ultimo della fila vicino alla finestra.
Aveva una flebo attaccata e guardava fuori.
Non si era ancora accorta di lui, e anche così, debole e pallida, per Gaetano era la donna più bella che avesse mai visto in vita sua.
- Abbiamo visite signora - annunciò l'infermiera destando Camilla dal mondo dei sogni e facendola voltare verso i due venuti.
Quando i suoi occhi incontrarono quelli del vicequestore, in un attimo pensò di morire per quanta emozione ci scorse dentro.

Amore, spavento, rabbia...era come se stesse venendo trascinata da tutti quei sentimenti che percepiva solo dal suo sguardo.

L'infermiera tirò una tenda ovale che permise loro di ritagliarsi un pezzo di privacy in mezzo agli altri letti, e se ne andò.
Rimasti soli, si fissarono senza sapere chi dovesse cominciare a parlare, consapevoli però finalmente entrambi, che proprio soli non lo erano e non lo sarebbero stati mai più.
Gaetano era combattuto, avrebbe voluto raggiungere quel letto in due falcate e abbracciarla, ma una parte di lui era ancora scioccata dalla consapevolezza del pericolo in cui lei si era cacciata nonostante sapesse della sua gravidanza.

L'ansia di entrambi stava rendendo l'aria quasi irrespirabile.

Fu lei a rompere quel silenzio con un'espressione molto vulnerabile, il volto abbassato.
- Quanto sei arrabbiato da uno a dieci? -
Gli occhi di Gaetano si spalancarono, sembrava in procinto dire qualcosa, aveva alzato una mano e con il dito indicava la donna come a voler iniziare un discorso, solo che prendeva aria ma dalla sua bocca non usciva nulla, quasi non trovasse nessuna risposta adatta.
- Camilla...diecimila! Ecco quanto sono arrabbiato! -
La donna fece una smorfia.
- A mia discolpa posso dire che io ero venuta a dirtelo il giorno dopo dell'ospedale eh...solo che poi Marco è arrivato nel tuo ufficio prima di me e...-
- E tu invece di entrare hai pensato bene di fare di testa tua! -
Non sapeva neanche lui come doveva sentirsi, voleva essere arrabbiato ma sebbene le sue parole affermassero il concetto, non riusciva ad esserlo del tutto.
Una cosa era certa, non poteva non rimproverarla per aver messo a repentaglio sia la sua vita che quella che aveva dentro di lei.
- Anche qui, non è proprio esatto dire che io abbia deciso tutto da sola...in realtà ho avuto degli aiuti...un, ecco lo chiamerei un incitamento...-
- Da chi? Adesso mi dici chi ti ha incitato perché quanto è vero che sono un poliziotto lo arresto! -
Camilla si morse il labbro mentre gli occhi si spostarono sulla sua pancia dove teneva fissa una mano, per poi guardare l'uomo piegando il volto di lato e facendo le spallucce.
Gaetano, accorgendosi dell'azione, sbatté le palpebre svariate volte prima di collegare il messaggio che gli stava mandando.
- No, non è vero, dimmi che non stai dando la colpa a nostro figlio di averti mandato a fare un'operazione suicida...-

Si bloccò d'improvviso e incontrò il volto sorpreso della donna.

Nostro figlio

Quelle parole, che erano uscite con una semplicità disarmante, dette ad alta voce con lei davanti investirono entrambi in modo così dirompente da provocare un groviglio di emozioni indescrivibile.
Una cosa era pensare al bambino quando erano soli.
Ma parlarne insieme, sentire quel nostro figlio rimanere nell'aria come un eco ad accompagnarli circondandoli, era una sensazione che non avrebbero mai saputo spiegare.

Incredulità, felicità, commozione, panico, paura...

Rimasero a fissarsi per pochi istanti prima che lei con uno sguardo quasi implorante si sollevasse dal cuscino, allungasse una mano e lui si fiondasse sul lato del letto prendendola tra le sue braccia e stringendola a sé.
Affondò il viso tra i suoi capelli e respirò a pieni polmoni.
- Mi hai fatto prendé un colpo...-
Eccola la parlata romana di quando era spaventato.
Avrebbe riso se non fosse che aveva solo tanto bisogno di piangere, di sfogarsi e di sentire che lui era proprio lì, con lei in quel momento, che erano finalmente insieme, tutti e tre.
- E io ho avuto paura di avervi perso...prima te e poi questo piccolino, e se fosse successo...-
- Basta, è finita, adesso sì, non pensarci più, e cascasse il mondo questa volta non ti faccio muovere a costo di mettere le guardie fuori casa, o anche dentro! -
E anche qui dovette trattenere una risata.
- Te l'avevo detto che avresti avuto questa reazione...-
- E nonostante lo sapessi hai continuato, se non fosse che ti amo da impazzire ti ammazzerei...-
La sentì tirare un leggero colpetto all'altezza del cuore.
- Almeno adesso la smetterai con la tua insicurezza cronica, perché se dopo tutto questo hai ancora qualche dubbio io non s...-
La parole le morirono sulle labbra perché Gaetano le tirò su il volto con un dito e la baciò con un tale trasporto da farla aggrappare a lui per rimanere dritta.
Quando si staccarono, portò nuovamente il viso tra i suoi capelli e la accolse nell'incavo del collo.
- Ripetimelo, voglio sentirlo da te, non da un dottore, voglio che me lo dica tu...-
Gli occhi erano lucidi, avevano rischiato di perdere tutto, di vederselo svanire davanti come neve al sole, ora invece finalmente erano di nuovo lì, insieme e cascasse il mondo questa volta sarebbe stato per sempre.
E anche Camilla aveva sognato tanto questo momento.
- Commissario Berardi...- il sorriso che aveva arrivava ad illuminarle tutto il viso mentre lo guardava con un'espressione commossa - penso proprio che noi due avremo un figlio...-
Nel dirglielo, si stacco leggermente da lui, il tempo di prendere una delle sue mani e portarsela sulla pancia.
- C'è qualcuno che ti voleva conoscere...-
Il volto dell'uomo quando la mano venne poggiata lì, fu forse l'espressione più bella che lei gli avesse mai visto fare in tutta la sua vita.
L'incredulità felice di un bambino insieme ad un amore immenso decisamente da adulto ed una tenerezza che, era sicura, non sarebbe mai stata capace di trovare in nessun altro.
Senza spostare la mano che la donna gli teneva ancora sul ventre, con l'altra strinse Camilla a sé, nascondendo il viso nel suo collo mentre era scosso da spasmi. Lei non capì se fossero dovuti al trattenere una risata o un pianto.
Solo quando lo sentì tirare su col naso, comprese.
- Non ci speravo...era un desiderio irrealizzabile, avere te era già la cosa più bella che potesse succedermi, ma ora io non...
La donna fece in modo che lui la guardasse e con una mano gli accarezzò il viso, le guance umide.
- Grazie...- disse riuscendo a stento anche lei a trattenere le lacrime.
Lui fece un'espressione sorpresa.
- Sono io che devo ringraziare te...-
- No, sei tu...sei sempre stato tu...- avvicinò i loro volti appoggiando la fronte a quella di lui e chiudendo gli occhi.
- Grazie per non esserti mai arreso, grazie per non avermi mandato a quel paese in più di dieci anni, grazie per avermi capito sempre come nessun altro e avermi permesso di essere me stessa senza dovermi frenare...- li riaprì per guardarlo - grazie per avermi ricostruito pezzo per pezzo quando di me non rimaneva niente e di avermi aspettato anche se non me lo meritavo -
La mano sul suo viso venne coperta da quella di Gaetano, un'impercettibile lacrima minacciava di scendere nuovamente.
- Cos'è vuoi farmi commuovere? Io starei cercando di mantenere un minimo di dignità davanti a mio figlio - rispose con gli occhi che gli brillavano.
Un cielo che non era mai stato così azzurro.
Dopo aver intrecciato le dita, l'uomo depose un bacio nell'interno del polso di lei.
- Sono io che devo dire grazie, grazie ad una serata di tanti anni fa in cui una curiosa professoressa ha chiamato in commissariato per una porta chiusa a chiave poco prima di vomitarmi sulle scarpe -
A Camilla quasi scoppiò una risata.
- Grazie a mille Vermouth, grazie al caos che hai portato nella mia vita facendomi innamorare per la prima volta, grazie per essere la ragione per cui vale la pena svegliarsi ogni mattina, - la guardava come se volesse imprimersi ogni angolo del suo viso nella mente - grazie per avermi salvato la vita in talmente tanti modi da non saperli elencare tutti, fino ad oggi quando lo hai fatto letteralmente, grazie per avermi insegnato come fare il padre per Tommy e grazie per questo miracolo che mai e poi mai avrei pensato potesse succedere...- chiuse gli occhi per un attimo - questa volta ho tanta paura di fallire, di non essere all'altezza, ma poi vedo te e sento che possiamo farcela, perché in due è tutto più facile, tutto in discesa.-
Ora fu il turno di Camilla che commossa, tirò su col naso sfregandosi gli occhi.
- Ti amo...- anche la voce era incerta, ma stavolta non per la paura, ma perché c'era troppa emozione dietro.
- E tu non hai idea di quanto io ami te...-

Il loro bacio fu tenero, dolce, uno scambio di promesse e amore perché finalmente sapevano che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per loro, per affrontare insieme quella meravigliosa avventura di una vita da crescere.
E poi risero, guardandosi complici, lui continuava a baciarla sulle guance, sulla fronte, facendole il solletico sul naso mentre lei non smetteva di passare le mani tra i suoi capelli e sul suo viso.
Rimasero così, abbracciati, a ritrovarsi, a imprimersi negli occhi, a sentirsi nelle mani, chiusi nel loro mondo senza accorgersi del tempo che passava, ma in fin dei conti non era importante.

Vennero riportati alla realtà solo dopo, quando la tenda fu nuovamente spostata.
- Signora, allora come stiamo? -
Il medico che la aveva praticamente ripresa per i capelli ora sembrava molto più rilassato.
- Benissimo dottore - rispose Camilla mentre Gaetano si era alzato all'arrivo dell'uomo.
- La spostiamo in una stanza privata data anche la situazione dalla quale venite, se ne sta parlando persino al telegiornale, gli infermieri sono qui per occuparsi del trasporto -
La donna si voltò a guardare Gaetano, il quale comprendendo il messaggio che gli stava mandando con gli occhi si avvicinò al medico mentre i due ragazzi prendevano i lati del letto per muoverlo.
- Dottore, posso andare anche io? -
- Il tempo di sistemare la signora in stanza, e poi potrà entrare -
 

Intanto, mentre aspettava che gli infermieri spostassero Camilla in una camera del reparto maternità, Gaetano andò a farsi medicare il braccio e sulla via del ritorno sentì il suo telefono vibrare all'arrivo di un messaggio.
Leggendolo sorrise.

"Tommy continua a chiedermi perché non vieni a prenderlo e gli manchi, per quanto dovrà ancora durare questo caso?"

Con suo figlio lì, avrebbe praticamente avuto tutta la sua famiglia insieme.
Rispose immediatamente.

"Il caso si è concluso, mettilo sul primo aereo domani che non vedo l'ora di vederlo!"

La porta della stanza si aprì e i due infermieri uscirono facendolo finalmente entrare.
Questa camera era decisamente più accogliente del pronto soccorso, ma quando si voltò verso Camilla la vide con un'espressione insofferente.
Le si sedette accanto prendendole una mano e baciandola prima di accarezzarle con l'altra i capelli.
- Che c'è...che hai? -
- Quanto dovrò stare qui? - chiese con una faccia un po' imbronciata.
- Una settimana a quanto dice il dottore, devono tenerti in osservazione, lo sai quanto avete rischiato...-
La donna sospirò.
- Come faccio con Livietta? Lei non sa nulla probabilmente, bisogna chiamarla...George è a Londra avrà bisogno di aiuto...e poi Potty...-
- E domani da me arriva Tommy...-
La donna al sentire quelle parole, nonostante la preoccupazione, sorrise.
- Non vedo l'ora di vederlo! Ma come facciamo? La situazione adesso è anche più incasinata...-
Gaetano passò a sedersi dalla sedia, al lato del letto, abbracciandola.
- Qualche modo lo troviamo, noi due sappiamo risolvere tutto insieme no? -
Si appoggiò a lui ancora col sorriso sulle labbra.
- Questo è vero...-

Cadde per qualche minuto il silenzio nella camera, ma la sensazione che entrambi avevano era talmente piacevole da sentire di poter rimanere così per giorni senza aver bisogno neanche di parlare.
Chiusero gli occhi mentre nel loro corpo la stanchezza causata da tutto quello che avevano vissuto si stava facendo largo reclamando il riposo.

Eppure quella lunghissima giornata ancora non sembrava voler finire.

- Permesso...scusate? -
Una voce interruppe quell'atmosfera facendo raddrizzare Gaetano.
- Prego...- rispose Camilla.
La sagoma di Torre apparì dalla porta portando con sé una ventata di buon umore.
- Dottore, professoressa, si può?-
- Vieni Torre! - rispose Gaetano con un sorriso.
L'ispettore sembrava essere quasi più felice di loro.
- Posso fare le congratulazioni ai futuri genitori? -
- Grazie Torre, veramente! - rispose Camilla mentre veniva abbracciata anche se molto gentilmente dall'uomo.
- Eh dottò, tra poco avremo un altro Berardi in giro! La Lucianona non ci poteva credere quando glielo ho detto! -
Camilla e Gaetano si guardarono per un attimo prima che lei parlasse.
- Ecco Torre, le dispiacerebbe in caso di tenere ancora la cosa riservata per un po'? Sa, io non lo avevo detto a nessuno e ora con questo spavento...-
L'uomo cadde in imbarazzo.
- Oh...mi scusi io non...-
- No Torre, no ma si figuri, è solo che non vorrei che arrivasse la notizia a mia figlia e agli altri, mi piacerebbe che lo sapessero da noi, la Lucianona va benissimo...-
Gaetano gli diede una pacca sulla spalla.
- Basta non andare a dirlo a tutto il commissariato e dintorni, hai capito? Facciamo almeno passare un altro mesetto per quello...-
L'ispettore si sentì rincuorato mentre il cellulare gli squillò.
- Oh scusate, è dal commissariato...dimmi! -
Videro l'uomo fare prima una faccia sorpresa, poi annuire con la testa.
- Ah, ho capito...eh e che tocca fare...se l'è quasi cercata...va bene grazie, informo io il dottore! -
Gaetano scrutò la faccia di Torre mentre lui rimetteva il cellulare in tasca.
- Allora? -
Li guardò entrambi con un'espressione seria.

- Michele Carpi...-

Al sentire quel nome Gaetano scattò in piedi mentre Camilla gli prese una mano stringendogliela, non sapeva se per calmare lui o sé stessa.
- Che ha fatto Michele? - chiese nonostante non fosse sicura di voler sapere la risposta.
Torre guardò Gaetano per capire se fosse il caso di parlare con la professoressa davanti, e lui fece un cenno affermativo con la testa.
- Mentre lo stavano portando all'ospedale, quando noi eravamo ancora in viaggio per arrivare qui, è riuscito a uscire dalla macchina ad un semaforo...i nostri ragazzi lo hanno inseguito lungo il Po' e siccome aveva la gamba ferita non ci hanno messo molto a circondarlo ma Carpi...si è buttato nel fiume per scappare...-
Entrambi sgranarono gli occhi e Gaetano sentì la stretta di Camilla aumentare.
- Quindi è fuggito? -
Torre ebbe qualche problema a continuare.
- Non proprio, la ferita alla gamba non gli ha permesso di nuotare e i ragazzi lo hanno visto affondare quasi subito annaspando...nei pochi secondi che ci hanno messo per prepararsi a buttarsi, sa lì il fiume ha delle correnti più forti, lui era scomparso...sott'acqua...-
- E'...annegato? - domandò Gaetano scioccato.
- I sub hanno ritrovato il corpo adesso...-

Camilla abbassò lo sguardo molto provata dalla notizia, mentre Gaetano si risedette accanto a lei abbracciandola.
Nonostante tutto, questa conclusione aveva turbato anche lui.
- Va tutto bene...stai tranquilla...pensa che devi stare calma - le accarezzava i capelli dolcemente.
- Non so come devo sentirmi...- sospirò lei con un tono di voce incolore.
- Adesso è veramente tutto finito...- commentò a voce bassa l'uomo.
Si guardarono con un'espressione identica sui volti, come per cercare nell'altro l'appoggio di cui avevano bisogno in quel momento.

L'aria pesante si attenuò quando si sentì bussare nuovamente alla porta.
Torre si mosse per aprire ritrovandosi la Lucianona.
- Posso entrare? -
- Ma sì vieni - disse Gaetano mentre vedeva la donna avvicinarsi con un contenitore in mano.
- Scusate - disse timidamente con un sorriso mentre si accorse che Camilla aveva adocchiato la scatola che stava tenendo - non volevo disturbare ma dopo aver saputo la bella notizia ero venuta per fare gli auguri e portare qualcosa...-
Gli occhi della professoressa si illuminarono.
- Che cosa c'è lì dentro? -
- E' una sacher...non so se le piace...-
Camilla allargò le braccia mentre vedeva la scatola della torta venire depositata sulle sua gambe.
Senza aspettare la aprì, e notando che era già tagliata ne prese un pezzo cominciando a divorarlo lasciando tutti scioccati.
- Lucianona è buonissima! Grazie non doveva! -
- Amore, ma non so se puoi mangiare ora...- Gaetano la guardò un po' sorpreso da quell'attacco quasi famelico alla torta.
- No, posso posso, avevo voglia di cioccolato da stamattina! E' normale, mi è capitato anche quando aspettavo Livietta...-
La Lucianona la guardò intenerita mentre Torre le passava un braccio intorno alla vita.
- Eh magari stavolta avremo in giro una piccola Berardi, che ne dite dottò? - commentò l'ispettore.
L'espressione che fece Gaetano fu da manuale mentre nella sua testa si faceva strada l'immagine di una bambina dai ricci castani e gli si disegnava un sorriso sognante, e anche un po' da ebete, sulle labbra.

Camilla lo guardò soffocando una risata mentre si leccava persino le dita sporche di cioccolata.

- Torre, mi sa che dopo questa frase lo abbiamo perso del tutto...-
Si sentì bussare nuovamente mentre lei cominciava a pensare che quella stanza di ospedale si stava facendo un po' troppo affollata.
- Permesso! -
Francesca entrò seguita da Marco e andò immediatamente vicino a Camilla.
- Beh, dopo averci fatto prendere un colpo vedo che ti sei ripresa alla grande eh...- commentò la donna sorridente mentre si sedeva dall'altro lato del letto, salutandola poi con un abbraccio.
- Lo so...ho avuto paura anche io..- ammise lei mentre il senso di colpa per aver coinvolto tante persone cominciava a farsi strada.
Marco la guardò scuotendo la testa.
- Non mi hai detto nulla...-
A quelle parole, il rimorso aumentò.
- Scusa, ma non mi avresti aiutato se te l'avessi detto...-
- Infatti col cavolo che mi avresti convinto! Già non so come tu abbia fatto a trascinarmi dentro senza sapere tutto...-
Gaetano, che era sceso dalle nuvole tornando alla realtà, si lasciò scappare un accenno di risata scuotendo la testa, forse era una reazione più per sfinimento che per altro.
- Lascia stare, abbiamo appurato che lei riesce a rigirarsi gli uomini come vuol...-
Non aveva neanche finito di parlare che si beccò una gomitata da parte di Camilla.
- A proposito di donne che fanno fare agli uomini le cose più impensabili, tu non sai dove sta mio fratello...- vide i due guardarlo curiosi - a Sabrina si sono rotte le acque e se lo è trascinato in sala parto...io non sapevo che tra quei due ci fosse un rapporto così stretto -
Gaetano e Camilla sgranarono gli occhi.
- Ma nemmeno io...- commentò lui.
- De Matteis in sala parto? Sviene prima di mettersi il camice...- fu tutto quello che disse lei invece, prima di scorgere proprio l'ombra dell'uomo affacciarsi dalla porta ormai lasciata semi aperta.
L'espressione di chi aveva appena visto qualcosa di straordinariamente infernale.
- Commissario, che gentile a venire a trovarmi - esclamò ironica mentre solo a guardarlo le scappava da ridere, un po' come a tutti gli altri presenti.
- Lei...lei...- Paolo non riusciva a continuare la frase.
- Come sta Sabrina? - chiese Marco per evitare che nel silenzio scoppiasse la risata generale che stavano trattenendo.
- Sta bene, il...il...bimbo è nato e sta bene pure lui...e io credo di aver bisogno di sedermi - disse mentre occupava una delle due sedie messe vicino ad un piccolo tavolinetto accanto alla finestra, e si passava una mano tra i capelli.

Gaetano guardò Camilla.

- Adesso c'è ancora più confusione di prima, Sabrina ha partorito, tu sei ricoverata, domani torna Tommy e Livia con tua nipote sono sole a casa tua.... Sarà un problema star dietro a tutti, dobbiamo trovare un modo...-
- A lei...cioè...a De Silva ci penso io se...non ci sono problemi...- azzardò De Matteis senza guardarli in faccia ma tenendo l'espressione fissa verso il vuoto.
Camilla si voltò verso Gaetano scioccata, anche se doveva ammettere che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitare di avere Sabrina con un bambino a vivere con lui.
- Ma noi siamo in hotel Paolo, come facciamo a ospitare anche Sabrina con un neonato lì? -
E alla donna a quel punto, venne un'illuminazione.
- Allora scusa, Sabrina ha tutta la roba da Gaetano, perché tu e tuo fratello non andate a stare lì? Gaetano invece con Tommy può venire da noi insieme a Livia e mia nipote...tanto sarebbe per poco. Sabrina in hotel non può andarci di certo ma con Tommy in arrivo lasciare due bambini ad una persona che ha appena partorito non mi pare un buon piano...-

Il vicequestore la guardò piacevolmente sorpreso da questa idea.
Non solo perché era degna della sua prof e suonava tanto come una famiglia molto allargata, ma anche perché in pratica Camilla aveva deciso che lui si sarebbe trasferito da lei...va bene temporaneamente, ma la cosa gli aveva riscaldato il cuore e sedendole ancora più vicino, dopo averle passato un fazzoletto perché aveva i baffi di cioccolato ovunque, le cinse le spalle.
- Ma davvero? Non...non ci sono problemi? -
- Tu pensi che ti faccia tornare a vivere con Sabrina adesso? -
L'uomo sorrise divertito.
- Non ci credo che sei ancora gelosa...-
- Non mi mettere alla prova...e comunque mi sembra l'unica soluzione plausibile, anche se temporanea, almeno per Marco e gli altri -
- Effettivamente non hai tutti i torti, quindi se a voi non da fastidio stare da me, siete i benvenuti - fece eco a Camilla guardando i due fratelli.
La donna gli si avvicinò di più sussurrandogli all'orecchio.
- Al massimo De Matteis ti ordina casa e ti ritroverai nel tuo studio le matite allineate per grandezza, ma direi che è il peggio che ti può capitare...-
E questa volta l'uomo non poté trattenere la risata che contagiò anche lei, sebbene nessuno dei presenti ne capì il motivo.

Dopo aver sistemato anche quella situazione, lentamente, ribadendo gli auguri alla coppia, gli altri andarono via lasciandoli finalmente di nuovo soli.

Un sospiro all'unisono li fece sorridere.
- Che giornata infinita...- commentò Gaetano mentre sistemava la schiena sui cuscini rialzati del letto di Camilla e la prendeva tra le sue braccia facendola appoggiare di nuovo a lui - tra poco devo andare anche io -
- Non puoi rimanere un altro po'? - chiese con una voce dolcissima che lui le sentiva fare solo in momenti estremamente privati.
- Temo non sia possibile, e te lo devo dire, se mi trasferirò temporaneamente da te, questa notte mi mancherai tantissimo in quel letto...-
- E chi te l'ha detto che quella era una cosa temporanea? -
Gaetano la fissò sorpreso.
- Ma dici sul serio? - aveva ricominciato a sentire il familiare groppo sullo stomaco e le farfalle ormai libere di sprigionarsi in volo.
Gli occhi castani di lei brillavano.
- Mai stata più seria in vita mia, sempre che tu non sia contrar..-

Era la seconda volta che le interrompeva una frase trascinandola in un bacio da togliere il fiato, ma Camilla pensò che non le sarebbe dispiaciuto se quella fosse diventata un'abitudine.
Per un attimo aveva avuto paura che lui non fosse d'accordo, che volesse andare con calma come le disse subito dopo essere tornati insieme, ma quella storia le aveva fatto capire che ogni momento era prezioso e che mai e poi mai avrebbe più voluto passarne un altro senza di lui.
Staccandosi, Gaetano la guardò come se stesse vedendo per la prima volta, la più bella opera mai realizzata al mondo, il cuore sembrava uscire dal petto travolto dall'immensa felicità che quelle parole gli avevano provocato.
Non era più tutto un sogno.

Da fuori si udì un tuono lontano che interruppe quel momento magico e li fece voltare verso la finestra.

Per un attimo, fissando il colore del cielo, in Gaetano riaffiorarono i ricordi.
- Lo sai - commentò con uno scintillio giocoso nello sguardo - credo proprio che stia per piovere...tu che dici? -

Erano passati dieci anni, addii, trasferimenti, figli, divorzi, grappe aromatiche, separazioni, viaggi, fughe, ma alla fine quel filo rosso del destino li aveva ricondotti sempre lì.

E stavolta il finale...

- Io dico...- un sorriso complice, perché si capivano sempre senza parlare – che tra poco verrà giù temporale -

E Gaetano sorrise chiudendo gli occhi mentre continuava a stringerla, pervaso da una sensazione meravigliosa, come se quelle parole le stesse veramente aspettando da una vita.

Finalmente pioveva davvero.

 


E finalmente sì, ragazzi, piove sul serio.
Non avete idea di come ho sofferto sulla scena tra Gaetano e Camilla. Che non sono romantica ormai lo sanno anche i muri, ma ci ho provato almeno un po' a cercare di capire come poter rendere questo amore, e non è stato facile dato che io che all'amore non credo più ormai da tanto.
Ma il loro è una favola per me e almeno lì, l'agognato lieto fine lo volevo.
Non è venuto come speravo, ho riletto questo capitolo tante di quelle volte e ad ogni rilettura mi piaceva di meno, tutti i miei limiti sono qui, e mi riempie di frustrazione non aver descritto le cose come avrei voluto. Scusate davvero.
Ammetto anche che per due giorni circa ho pensato di far perdere davvero il bambino a Camilla, perché una gravidanza a 51 anni con tutti i casini ulteriori insomma, non ha un granché di veritiero, ma come si dice, facciamo succedere le cose che vorremmo da soli dato che queste soddisfazioni non ce le regaleranno mai gli autori.
E per il finale, sebbene sentissi che con la loro scena a due sarebbe stato un buon momento per chiudere, mi è stato fatto giustamente presente che la prof ha di solito finali corali, e quindi parte dell'epilogo è stata inserita qui, per far concludere un po' la storia con un sapore di prof alla "Tutto è bene quel che finisce bene" e per tutti.
A parte Michele che nel Po' ci è finito davvero :D
Comunque grazie, grazie per averla letta, seguita, commentata. Non è un granché e lo so, ma avere la consapevolezza che qualcuno la ha sempre aspettata mi ha dato una forza grandiosa.
Non è esattamente facile postare un capitolo ogni settimana, ma avevo talmente tanto incoraggiamento da esserci riuscita, anche se con risultati discutibili.
Ok va bene, ora faccio respirazione e poi sono pronta ad accogliere positivamente qualsiasi pomodoro in faccia che mi vogliate tirare dopo questo finale.
Spero sul serio che mi facciate sapere che ne pensate, soprattutto stavolta.
Intanto vi ripeto il mio grazie dal più profondo del cuore, questa storia sgangherata è per voi.
Che faccio, lo volete questo epilogo o no?
Ho delle ideuzze per quello...un po' di vita quotidiana e forse, una ennesima sorpresa, ma voi la vorreste?

Fatemi sapere eh ^_-

Grazie, grazie e ancora grazie.

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Capitolo 22
*** Epilogo prima parte: All's well that ends...well? ***


Eccomi eccomi, scusate l'attesa!
Sono state settimane difficili, purtroppo ho avuto problemi di salute e con la febbre non riuscivo a guardare lo schermo per scrivere, aggiungiamo che questo epilogo è venuto così lungo che devo dividerlo e che ho avuto un blocco per una settimana quindi vi lascio immaginare...
Chiedo ancora scusa, la prima parte dell'epilogo, più corale la metto oggi.
Poi c'è quella che mi ha fatto sudare e che è ancora in fase di scrittura, spero di poterla postare presto ma la prossima settimana sarò in viaggio e potrebbe non essere possibile per me finirla.
Ma mi impegno, promesso!
Grazie ancora per la continua attesa, perfino per questo epilogo.
Non so se è come ve lo aspettate, questa parte include anche gli altri mentre la seconda parte è qualcosa che volevo scrivere da un sacco e sarà più intima, nel senso che riguarderà strettamente la nostra coppia preferita e basta.
Qui do una piccola conclusione al resto così poi da potermi dedicare solo a Camilla e Gaetano, ma ci sono eh in questa parte, non è che non appaiono, anzi.
Grazie ancora a tutti, veramente dal cuore, spero davvero che mi diciate cosa ne pensate!
E come al solito vi lascio con un buona lettura!

 


Epilogo prima parte: All's well that ends...well?

 

- Ok allora, vediamo di muoverci perché saranno qui presto, George tesoro per favore sistema quegli addobbi che stanno storti, papà invece di romanzare su come hai cucinato il dolce, lo spumante è nel frigo? -
Livia girava per la casa dando ordini sia al marito che al padre mentre teneva Camilla in braccio.
- Livietta, e io che faccio? -
Tommy si guardava intorno mentre gli altri erano indaffaratissimi a sistemare vivande, festoni e bibite.
- E tu Tommy...- ci pensò un attimo - tu ti metti alla finestra così ci dici quando arrivano! -
Il bambino fece un sorriso enorme contento di avere anche lui un compito e corse a mettersi di vedetta.

Sul tavolo della cucina, Carmen stava sistemando gli stuzzicadenti nei panini insieme a Francesca.
- Certo che comunque è veramente strano trattenere una persona in ospedale una settimana per un semplice svenimento, va bene che è successo di tutto prima, però...-
La dottoressa sgranò gli occhi guardando Marco che stava seduto sul divano fissando divertito la situazione generale, l'uomo scosse la testa in cenno negativo.
- Eh, sai insomma, Camilla non stava passando un bel periodo, un check up completo e un po' di calma le hanno fatto solo che bene -
- Beh direi di sì, ancora non ho ben capito tutta la storia del rapimento ma immagino che sia rimasta traumatizzata, meno male che qui c'era Gaetano ad aiutare...-
- La professoressa Baudino si ficca sempre in situazioni che non le competono, poi ecco che arrivano i guai, e meno male che non sono sfociati in tragedia...-
Non si erano accorte di De Matteis che era arrivato alle loro spalle e sembrava stesse cercando qualcosa.
- Che vuol dire tragedia? - chiese Carmen sorpresa.
- No, il commissario intendeva semplicemente che era un'operazione pericolosa, tutto qui - rispose Francesca fulminando Paolo con gli occhi.
- Sì...intendevo quello...- si corresse lui prima di dileguarsi verso il fratello sedendoglisi accanto sul divano.
- Ho pensato che quella dottoressa mi avrebbe ammazzato con lo sguardo poco fa...è degna amica della Baudino - commentò Paolo voltandosi verso Marco che invece guardava Francesca divertito.
- Sì...è proprio degna amica di Camilla - rispose sorridendo senza staccare gli occhi da lei.
De Matteis, accorgendosi sia del tono che della faccia del fratello, si portò una mano sulla tempia.
- No...dimmi di no...tutte a me capitano...-
- Guarda che sono io che dovrei dirlo dato che stai facendo il babysitter ad un neonato, cosa che non avrei mai creduto possibile...-
Paolo sembrò essere stato colpito sul vivo e si agitò.
- Non è colpa mia se Sabr...De Silva non è capace di star dietro al bimbo, e comunque è sola che avrei dov..-
- Sì va bene, va bene calmati...non è il caso che ti agiti anche tu perché credo che qui quando quei due arriveranno succederà un casino -
- Ah, quindi avevo capito bene, non sanno niente... -
- Da quanto mi ha detto Francesca no, Gaetano è uscito per andare in ospedale tre ore fa ma si aspetta un ritorno tranquillo, tu immaginati quando vedranno tutta questa gente qui, oltretutto gli devono dire dello stato di Camilla...-
Paolo cominciò a massaggiarsi la tempia.
- Ho bisogno di qualcosa di forte, no forse di un antidolorifico, la Baudino e tutto quello che gira intorno a lei mi fanno sempre venire un gran mal di testa...-
Si alzò dal divano intercettando Sabrina con il neonato che lo veniva a chiamare per farsi aiutare a cambiargli il pannolino, mentre Marco continuava a guardarsi intorno tentando di immaginare cosa sarebbe successo di lì a poco.
Francesca, che aveva finito con i panini, prese due bicchieri di prosecco e si diresse verso l'uomo porgendogliene uno.
- Non sarà sicuramente buono come quelli che produci tu, ma meglio di niente...- commentò mentre si sedeva accanto a lui.
- Compensa la compagnia - ribatté lui con il sorriso - e poi voglio vedere la faccia dell'architetto quando saprà della notizia, perché immagino che gliela dicano ora...-
- Non ti sta simpatico Renzo eh? - commentò divertita.
- Diciamo che sono più contento se Camilla sta con Gaetano...poi Renzo con tutto quello che ha combinato...-
- Effettivamente...-
- E quindi sarà con grande piacere che mi godrò la sua espressione oggi, seduto qui -
Alzò il calice verso di lei e brindarono divertiti, non si sarebbero persi quello spettacolo per niente al mondo.

 



- Cioè, se il medico doveva darmi altre raccomandazioni faceva meglio a scrivermele su una lista, mi sono fermata alla quinta!- commentò la donna sbuffando mentre erano fermi ad un semaforo.
- Tranquilla, non ci sono problemi - le rispose l'uomo che stava guidando prima di estrarre dalla sua tasca il cellulare - ho registrato tutto io perché non avevo carta e penna -
Camilla lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite.
- Non l'hai fatto...-
- Ovvio che lo ho fatto, dovevo essere certo di non perdermi niente e sta sicura che seguiremo queste regole alla lettera...-
- Stai cominciando a diventare un tantino pesante -
- Ti ricordo che non sono io quello che si è fatto rapire mentre aspettava un bambino -

Ah già, vero.
E come dargli torto?

Non ebbe il coraggio di rispondergli perché aveva assolutamente centrato il bersaglio. Anzi, le era andata fin troppo bene che lui dopo quel pomeriggio non avesse più fatto riferimenti a tutta la situazione.
Solo che questa storia della minaccia d'aborto lo aveva trasformato, e se prima era già premuroso di suo, probabilmente la paura di perdere sia lei che il bimbo era stata così forte che ora a malapena la lasciava per qualche ora, non di più, e quando era a lavoro la tempestava di messaggi.
In ospedale inseguiva il dottore ovunque per fargli duemila domande, e se Camilla aveva un minimo dolore era capace di far andare nella sua stanza una équipe di medici al completo a farla visitare.
E poi chissà come mai, tutte le volte erano dottoresse a entrare, sempre pronte a visitarla con un sorriso rivolto più a Gaetano che a lei...sì decisamente era molto contenta di essere stata dimessa.

Quell'ospedale non era un posto sicuro.

In ogni caso, avrebbe dovuto trovare un modo per tranquillizzare l'uomo, anche se onestamente non sapeva come, perché persino lei aveva avuto una grande paura e spesso la notte veniva svegliata da incubi che la portavano a mettersi una mano sulla pancia per controllare che fosse tutto a posto.
Oltretutto, ritrovarsi da sola in un letto di ospedale non la calmava affatto e trovava molta difficoltà dopo a riprendere sonno.
Fortunatamente a casa quel problema sarebbe stato risolto dato che avrebbe avuto qualcuno da abbracciare nel caso i brutti sogni si fossero ripresentati.
Fissò Gaetano quasi sognante prima di sporsi leggermente e dargli un bacio leggero sulla guancia.
- Hai ragione, scusa...-
Il vicequestore fece un mezzo sorriso prima di guardarla con aria interrogativa.
- Aspetta, mi stai dando ragione? Ok chi sei tu e che cosa ne hai fatto di Camilla?-
A lei scappò una piccola risata.
- Ma quanto sei scemo -
- E infine eccoci qui, casa dolce casa - esclamò lui prima di voltare dentro il parcheggio del palazzo e posteggiare la macchina.
- Se la signora mi aspetta un attimo vengo a prenderla -
- Sì ma posso scendere anche da sola...- tentò di obiettare lei.
- Non se ne parla neanche, hai sentito il dottore? Fino alla prossima visita non devi praticamente muoverti, quindi adesso aspetti che ti porto in braccio -

Camilla alzò gli occhi al cielo.
In realtà non le dispiaceva affatto farsi prendere in braccio, anche se poi sarebbe stato difficile non dare nell'occhio.
Dovevano ancora dire a sua figlia e a tutti gli altri del bambino e sebbene sapesse che bisognava farlo il più presto possibile, forse non era proprio il caso di dare la notizia sulla porta di casa.
Però Gaetano non aveva tutti i torti, per qualche tempo sarebbe sicuramente stato meglio evitare movimenti e agitazioni, e poi aveva una gran voglia di farsi coccolare un po'.
L'uomo le aprì lo sportello e la prese tra le braccia sollevandola come se fosse un fuscello.
- Commissario, ma vedo che siamo veramente in forma, complimenti - commentò lei con un sorriso malizioso.
- Beh, devo dire che non mi lamento, e poi mi sento come se potessi sollevare montagne - rispose l'uomo chiudendo lo sportello con un gomito.
- Stai dicendo che sono grassa?-
- Assolutamente no amore mio, anzi, io non vedo l'ora che tu ingrassi un po', anche se prima della fine del terzo mese non penso che vedrò nulla -
Camilla lo guardò sorpresa mentre erano arrivati davanti all'ascensore.
- E tu come fai a sapere tutte queste cose? -
. Non hai idea della cultura che mi sono fatto...- rispose facendole l'occhiolino.
- No infatti, ed è meglio che non la abbia...-
Probabilmente i mesi a venire sarebbero stati un alternarsi di inferno e paradiso, ma in fondo, pensò, ne valeva assolutamente la pena.


- Stanno arrivando! Stanno arrivando! -
Gridò Tommy eccitato appena vide la macchina entrare nel condominio.
Livia e Carmen andarono ad affacciarsi.
- Livietta, ma perché papà ha preso Camilla in braccio? -
La ragazza guardò il bambino sorpresa quasi quanto lui.
- Ah, es l'amor, qué maravilla...- esclamò Carmen.
- Non lo so Tommy, magari mamma è ancora stanca e lui non la vuole far affaticare di più, a questo punto penso sia meglio andare a prepararci per aprire la porta -
Subito dopo Livia si voltò verso gli invitati.
- Mia madre è qui, nascondetevi andando verso la cucina così non vi vede appena entra! -
Tutti si spostarono seguendo le indicazioni della ragazza mentre lei faceva un cenno a George per andare davanti alla porta.


L'ascensore arrivò al terzo piano e le porte vennero aperte abbastanza rocambolescamente.
- Dunque amore, potresti suonare tu il campanello dato che io ho le mani felicemente impegnate? -
Mentre Camilla allungava il braccio per suonare, la porta di casa si aprì mostrando George sorridente.
- Hi mum, ciao Gaetano, vi stavamo aspettando! -
Il ragazzo aprì ulteriormente l'anta per far entrare i due mentre Gaetano si apprestava a portare Camilla sul divano.
Voltandosi verso il salotto, non fece in tempo a fare nemmeno due passi.

- Bentornata!!!-

Dall'isola della cucina apparvero oltre a Livia, Renzo, Carmen, Marco, Francesca, De Matteis e Sabrina con tanto di neonato a carico.
Alla vista del padre, Tommy gli corse incontro contento abbracciandogli le gambe.
- Vi piace la sorpresa?- chiese estremamente eccitato con gli occhi che gli brillavano mentre Camilla e Gaetano erano rimasti congelati sul posto.

Addio serata tranquilla.

I due si guardarono per un attimo, la professoressa capì che il vicequestore non sapeva assolutamente niente di quella improvvisata, ma entrambi compresero che era indispensabile evitare di farsi vedere così scioccati, meglio dissimulare con un sorriso.
Fu Camilla che gli rispose.
- Ma certo tesoro...grazie, avete fatto tutto questo per me? -
- E soprattutto, a me non avete detto nulla? - continuò Gaetano ancora bloccato sul posto.
- No, non volevamo che magari ti facevi scappare qualcosa con mamma - rispose Livietta sorridente - comunque come mai la stai ancora tenendo in braccio? -
La domanda li ridestò dal momento di shock.
- Ah sì aspetta...-
Tutti coloro che non sapevano cosa c'era dietro quel comportamento rimasero interdetti quando videro l'uomo non far scendere Camilla ma portarla fino al divano ed adagiarla lì sopra.
Renzo, sebbene ancora un po' stranito da quell'atteggiamento, prese la parola.
- Bene, direi che ora, per festeggiare il ritorno della padrona di casa, possiamo fare tutti un brindisi, che ne dite? -
Gli altri sembrarono approvare questa idea e cominciarono a passarsi i bicchieri fino a quando Livia non ne porse uno anche alla madre.
- Amore, grazie ma io...è meglio se brindo con un succo di frutta o dell'acqua...-
La figlia la guardò incuriosita.
- Non ti senti ancora bene mamma? -
- No tesoro assolutamente, solo che...- sospirò guardando Gaetano che le fece un cenno con la testa.
Era molto prima di quanto si aspettassero, ma in fin dei conti dicendolo ora che si erano riuniti tutti, avrebbe dovuto spiegare le cose una volta sola.
Il commissario si posizionò dietro al divano mettendole le mani sulle spalle, sapeva che quell'annuncio avrebbe voluto farlo lei alla sua famiglia, ma questo non voleva dire che non poteva in qualche modo comunicarle che c'era.
La vide voltarsi e sorridergli mentre una sua mano si posava su quella di lui e le dita si accarezzavano.
- Allora...ecco, io...cioè noi, dovremmo dirvi una cosa prima che facciamo questo brindisi perché è giusto che la sappiate - alle parole di Camilla tutti si voltarono verso di lei e il tono delle voci si abbassò fino quasi a scomparire.
Tommy le si sedette accanto con un broncio preoccupato.
- Adesso sei guarita? Non è che tu e papà avete litigato di nuovo vero?-
Camilla gli fece una carezza sorridendo.
- No tesoro mio, non abbiamo litigato e io sto benissimo solo che...- guardò la sua famiglia - alcuni lo sanno già perché sono stati gli avvenimenti a parlare per me, però ci tenevo a dirlo io personalmente a tutti voi...-
Prese un sospiro, non sapeva come avrebbero reagito, sperava bene ma anche in quel caso, certe notizie erano sempre fonte di reazioni particolari.

- Ecco, dunque, il motivo per cui sono rimasta una settimana in ospedale, è perché...sono incinta...-

Se una goccia di acqua fosse caduta, la avrebbero sentita fino in cortile per quanto silenzio si fece nella stanza dopo il suo annuncio.
Gli occhi grandi di Livia erano, se possibile, sgranati ancora di più, Carmen era rimasta con la bocca aperta, Renzo sembrava congelato sul posto, un sorriso teso sulle labbra.
- Oh my God but that's amazing!!! - esclamò George rompendo quell'aria tesa e abbracciando Camilla.
Suo genero le era sempre stato molto simpatico, ma in questa situazione lo stava decisamente adorando.
- It's wonderful, congratulazioni!!- dopo aver stretto lei andò anche verso Gaetano.
Livia, appena ritornata in sé si sedette sul divano accanto alla madre e con un sorriso enorme la abbracciò.
- Oh mamma, ma è stupendo, come sono contenta! E' proprio da te, e io avrò un fratellino o una sorellina!! Non ci posso credere! Va tutto bene vero?-
- Amore, grazie, eh non ci potevo quasi credere neanche io e comunque sì...devo solo stare molto a riposo e non muovermi per i prossimi tre mesi perché ho avuto alcuni...problemi, ma la faremo andare bene - rispose mentre continuava a tenere stretta la figlia.
Anche Carmen si avvicinò.
- Sono tanto felice per voi, un altro bimbo in giro, cosa c'è di più bello! -
Renzo era ancora rimasto fermo, il sorriso marmoreo sulle labbra mentre Marco gli si avvicinò da dietro.
- A quanto pare non sei stato l'unico a riuscire a far figli alla tua età... è interessante notare come ci abbiano messo poco quei due non è vero? -
L'architetto si voltò a guardarlo, le labbra ancora tirate.
- Sì...-
Marco invece aveva un volto estremamente soddisfatto mentre gli dava una leggera pacca sulla spalla.
- Beh, adesso sì che siete una grande, grandissima famiglia zio Renzo...-

Senza girarsi neanche a vedere la sua reazione, l'uomo si allontanò andando da Camilla e Gaetano, non prima di venire affiancato da Francesca.
Renzo rimase a guardare da lontano quella scena come se per un attimo si sentisse escluso da tutto.
Un'amarezza di sottofondo si faceva strada in lui dopo le parole di quel produttore di vini; con Camilla avevano provato ad avere altri figli per un periodo, ma non era mai successo.
A lei e al poliziotto superpiù erano bastati due mesi.
Non sapeva se doveva considerarla come un'ulteriore sconfitta, certo era che se il destino aveva fatto sì che una grappa aromatica cambiasse il senso di tutta la loro vita, questa ulteriore prova gli sbatteva in faccia per l'ennesima volta la verità da cui aveva tentato di scappare per tanti anni e che infine era riuscito ad accettare solo recentemente.
Quei due erano fatti per stare insieme e per quanto ci si potesse opporre, il risultato sarebbe stato identico.

Il tempo questo finale non era riuscito a cambiarlo.

Sospirò prima di incamminarsi verso la coppia.
- Che dirvi, congratulazioni a tutti e due, stavolta vicequestore vediamo di tenerla tranquilla questa futura mamma eh? -
Il volto di Gaetano sembrava ringiovanito di dieci anni e il sorriso sincero che gli rivolse colse Renzo totalmente impreparato.
- Su questo puoi stare sicuro anzi, a proposito, vorrei dire anche io una cosa se non vi dispiace...-
La festosità del momento si interruppe per far spazio nuovamente al silenzio mentre i presenti spostarono su di lui l'attenzione.
- Allora, lo so che forse è un po' troppo per me chiedervelo, ma siccome questa donna è la cosa più preziosa che ho nella mia vita insieme a mio figlio...anzi ai miei figli, ho bisogno del vostro aiuto.-

Sul volto di tutti si dipinse un'aria curiosa.

- Come voi saprete, Camilla tende spesso a non ascoltare i consigli, a fare di testa sua, a non seguire indicazioni e...va bene la conoscete non credo che debba aggiungere altro - si beccò due occhi spalancati da Camilla a cui lui rispose con un occhiolino - potrete ben immaginare che io non riesca a stare ventiquattro ore a casa a controllarla, ma il dottore ha chiaramente detto che lei deve rimanere a riposo e ferma almeno fino alla prossima visita e probabilmente per i prossimi tre mesi...ora, siccome io alle promesse di questa professoressa qui ci credo poco, vorrei chiedervi di tenerla d'occhio anche voi per quanto possibile...-
- Stai tranquillo Gaetano, - lo rassicurò Livietta - ci penso io, non farò muovere la mamma per nessun motivo, e le metto a guardia Potty, vero piccolo? -
Il cane per risposta abbaiò scodinzolando.
- Grazie Potty il tuo aiuto sarà fondamentale! - commentò Gaetano sorridente.
- Non ti preoccupare, la terremo sotto stretto controllo! - Carmen aumentò la dose.
Camilla era abbastanza sorpresa nel vedere la reazione generale a quelle parole.
- Scusate eh, ma non potrei anche io dire la mia? - si intromise tentando di prendere la parola.
- No!!-
Il coro che era partito la fece rimanere di sasso.
Gaetano le rimise le mani sulle spalle.
- Arrenditi, stavolta non ci sarà ma che tenga, te ne dovrai stare buona buona, e ringrazia che non sto pensando di legarti a letto con le manette per ulteriore sicurezza... -
- Pe...però...- la donna lo guardò con la bocca semi aperta.
Tommy prese un lembo della manica di Camilla tirandolo leggermente.
- Cami...ma quindi io adesso avrò un fratellino? -
Camilla, risvegliatasi dalla sorpresa lo guardò con un'espressione dolce.
- Eh tesoro, sì, un fratellino o una sorellina...- rispose facendogli una carezza.
- E tu e papà smetterete di volermi bene? -
A quella domanda i due si guardarono sconvolti.
Fu Gaetano a rispondere circumnavigando il divano per chinarsi davanti a lui.
- Amore mio, mi spieghi da dove ti viene in mente una cosa del genere? -
- Lo ho sentito dai miei amici a scuola, quando nasce un fratellino i genitori si dimenticano di loro per stare sempre con quello appena nato...-
- Ecco allora qui non accadrà, te lo assicuro - rispose Camilla senza un attimo di esitazione.
- Io ti voglio un bene grandissimo e questo non cambierà mai, non importa chi altro arriverà e anzi, avrò bisogno del tuo aiuto...-
- E papà ti adora...lo sai...- rinforzò Gaetano.
Il volto preoccupato del bimbo sfoderò un sorriso.
- Allora spero che sia una sorellina così da fratello maggiore la potrò proteggere! - esclamò sicuro.
- Eh...una sorellina...-
Il volto di Gaetano si illuminò perdendosi con lo sguardo nel vuoto.
- Mamma...ma perché Gaetano fa quella faccia?- chiese sottovoce Livia divertita.
- Lascia stare, ogni volta che qualcuno ipotizza che possa essere femmina tira fuori quell'espressione da ebete e si perde nel mondo dei sogni...credo che significhi dire che vuole una bambina, anche se questo non possiamo controllarlo...-
- Però è buffo...- commentò Livia quasi scoppiando a ridere.
- Sì...è proprio buffo...shh non ridere che se ne accorge - concordò Camilla trattenendo anche lei le risa.
Mentre gli altri avevano ricominciato a parlare tra loro, Sabrina si avvicinò ai due.
Teneva il bambino in braccio e Livia appena la vide, si alzò dal divano per farla sedere accanto a Camilla, che invece la scrutava ancora con un leggero circospetto.
- Senti Camilla - prese a parlare - io mi voglio scusare veramente con te per tutto...tutto quello che è successo, sono stata una stupida immatura...- la voce per la prima volta, sembrava sincera.
Era ovvio che non ci fosse più alcuna possibilità, anzi, che non ci fosse mai stata, anche se Camilla si ricordava ancora l'amarezza provata quel pomeriggio dopo le parole della donna, ma con tutto quello che era accaduto, l'ultima cosa che voleva era covare rabbia verso qualcuno, non ora che quello che aveva desiderato era a portata di mano.
- Sabrina, non ti preoccupare, è tutto dimenticato...-
- Ti capisco se non mi puoi perdonare, ma vorrei che tu sapessi che io sono sempre stata consapevole che i miei tentativi sarebbero andati a vuoto...anche se ci ho provato...però alla fine un sentimento così grande non può essere sconfitto e vorrei che mi perdonassi anche tu Gaetano per tutto...-
L'uomo la guardò abbastanza soddisfatto da quell'apologia.
- Anche per me è lo stesso, come dice Camilla, è il passato, buttiamocelo dietro spalle e continuiamo guardando avanti...-
La donna sembrò rincuorata e visibilmente commossa, mentre De Matteis si avvicinò.
- Professoressa, spero che ora ci farà il favore di stare buona buona almeno per un po'...- commentò ironicamente.
Sabrina lo guardò un po' sorpresa per quella battuta.
- Ma che tono è questo Paolo? Non vedi come sono belli? Ah, lo vorrei trovare anche io un rapporto così, un amore come questo! -
Camilla e Gaetano non sapevano dove girarsi per l'imbarazzo.
De Matteis invece assunse un'espressione seria.
- Ti faccio presente che nella vita non esiste solo l'amore, esiste anche altro, il lavoro per es...-
- Ma che cosa stai dicendo? L'amore è la cosa più importante, non ti sei mai innamorato tu? - continuò lei senza dargli tempo di finire la frase.
Paolo la guardò come preso in contropiede prima di scuotere la testa.
- Mi riesce difficile innamorarmi...-
Sabrina continuava a fissarlo come se lo stesse studiando.
- Secondo me, tu hai paura di innamorarti.-
Il commissario aveva un viso indecifrabile, all'apparenza duro eppure si percepiva che c'era dell'altro dietro. Non rispose, la guardò per alcuni secondi serio, e poi si limitò a passarle il biberon che aveva in mano, in realtà si era avvicinato solo per quel motivo.
- Il bimbo aveva fame...ma è meglio se glielo dai in una stanza con meno gente sennò non si addormenta, qui c'è un po' troppo rumore...-
Così dicendo la aiutò ad alzarsi dal divano conducendola verso le camere e lasciando due paia di occhi sconvolti dalla scena appena vista.
- No...ma... - Camilla si voltò a guardare Gaetano incredula.
- Molto, molto alla lontana però...sì, ho avuto un dejavù anche io...-
- Forse per la laurea di quel piccolino ce la fanno, noi ci abbiamo messo dieci anni in fondo...- commentò lei ironica.
- Ma spero anche prima, certo povero bambino con un padre come quello...-
La risata che seguì fu quasi liberatoria, mentre la festa continuava tra l'allegria generale.

Quella notte, per la prima volta dopo settimane, Camilla dormì nel suo letto, di nuovo tra le braccia del suo vicequestore, sentendo che il mondo finalmente aveva davvero cominciato a girare nel verso giusto.
Sarebbe stata così la vita d'ora in poi, addormentandosi con lui, venendo risvegliata dai suoi baci e perdendosi in quegli occhi ogni volta che voleva.

Come volevasi dimostrare, nessun incubo sconvolse il suo sonno.

La mattina seguente, dopo un leggero tocco delle labbra sulla fronte, unito al rumore di qualcosa che veniva poggiato sul letto, aprì gli occhi vendendosi quel sorriso luminosissimo davanti.
- Buongiorno...hai dormito bene? -
Come faceva quell'uomo ad avere una voce così dolce persino al mattino?
Sorrise stirandosi.
- Benissimo, come una bambina...-
- Molto bene, ed ora le ho portato la colazione professoressa...-
Camilla si spostò per vedere eccitata cosa c'era sul vassoio rimanendo di sasso.
- No aspetta un attimo, ma il mio tè che fine ha fatto? -
- Il tè per un po' lo bandiamo ma guarda, qui ti ho preparato un succo di verdure, che serve perché hai bisogno di alimentarti in modo equilibrato, poi ci sono i cereali, la frutta, le fette biscottate integrali, questa invece è marmellata biologica, ed ovviamente lo yogurt -
L'incredulità sul volto di Camilla era palese.
- E questa roba per quante persone è? -
- Ma come siamo spiritosi questa mattina, è tutta tua, e devi finirla perché la colazione è il pasto più importante della giornata! - decretò come se stesse recitando un libro a memoria.
- Ma tu sei...no aspetta non crederai davvero che io possa finire tutto...-
Gaetano la guardò deciso e soddisfatto.
- Assolutamente sì e...- aprì la porta lasciando entrare Livietta - c'è qualcuno qui che si accerterà che non rimanga assolutamente niente...-
La ragazza aveva un sorriso furbo e le braccia incrociate.
- E non barerai...-
Camilla li guardò sconfitta.
- Voi farete così fino alla nascita del bambino? -
Gaetano e Livia si scambiarono un'occhiata complice.
- Esattamente! - risposero all'unisono sorridendo.
- Adesso però io devo andare in ufficio quindi... -
A quelle parole Livia uscì dalla stanza mentre Gaetano si sedette al lato del letto dalla parte di Camilla che intanto si era di nuovo distesa, quasi a comprovare la sua sconfitta.
- Posso salutare questa bellissima donna? -
- Almeno il succo di verdure posso evitarlo? - rispose lei sperando di contrattare.
Lui sorrise prima di baciarla dolcemente sentendola sospirare.
- Facciamo così, se finisci tutto, prima di tornare passo da Boffi e ti porto una torta al cioccolato...-
Il volto della professoressa si illuminò.
- Così non vale, conosci i miei punti deboli...-
Sentirlo ridere di cuore al mattino era una musica, non aveva idea di come avesse fatto fino a quel momento a viverne senza.
E subito dopo la sorprese immensamente, perché si spostò sulla sua pancia dove poggiò prima l'orecchio, sebbene sapesse che era troppo presto per sentire qualsiasi cosa, e poi la baciò.
- Ciao amore mio, non far venire troppa nausea alla mamma e mi raccomando falle magiare tutto, il tuo papà non vede l'ora di conoscerti lo sai? -
Vederlo in quello stato, così emozionato e felice provocò in Camilla una voglia pazzesca di trattenerlo lì, anche perché era ovvio che non volesse andarsene neanche lui.
Lei gli passò una mano tra i capelli mentre l'uomo aveva nuovamente avvicinato l'orecchio come se potesse veramente percepire una risposta alla sua raccomandazione.
- Anche lui non è molto felice del succo alle verdure eh...- commentò molto addolcita.
Gaetano non rispose, si sporse per baciarla ancora una volta e poi con grande fatica si avviò verso la porta.
- Cerco di tornare il più presto possibile, mi raccomando a tutti e due! -
- Agli ordini commissario...- rispose la donna mentre lo vedeva andare via dopo averle dedicato un sorriso mozzafiato.
Gli occhi poi si spostarono su quella specie di colazione che sembrava più un banchetto di nozze, la guardò come se fissasse un avversario.
Livietta entrò in stanza andandosi a sedere sul letto e incrociando le braccia.
- Allora, da dove cominci?-
No, decisamente un'alleanza Gaetano-Livietta non se l'aspettava, sarebbero stati giorni complessi, eppure anche così una strana serenità la aveva invasa.

Non poteva ancora immaginare però che di lì a poco, quella stessa serenità, a causa della sua curiosità, sarebbe stata messa a dura prova.
 

Fine prima parte.

 

Lo so, lo so non è finita ma rendiamoci conto, doveva essere un epilogo che notoriamente è più corto di un capitolo normale, invece mi è uscito molto più lungo.
Ci sono cose che volevo scrivere, e quindi dopo questa parte un po' corale e un po' divertente, prometto la che seconda sarà molto più a due.
Almeno adesso abbiamo sistemato tutti gli altri.
Grazie ancora per tutto, spero veramente che mi facciate sapere che ne pensate perché io senza di voi non vado avanti, ma credo che si sappia.
Vi metto un pezzo del seguente?
No perché la sottoscritta riesce a ficcare angst anche in un epilogo...vai vai ve lo metto.


 

Tratto dalla seconda parte dell'epilogo: The box of memories

 

Aprendolo, la donna si accorse immediatamente che il suo contenuto era molto datato.
C'erano una marea di cianfrusaglie vecchissime, foto di Tommy quando era appena nato, foto di Nino dei tempi in cui Gaetano lo aveva ospitato a casa sua a Roma, foto che dovevano risalire al periodo di Praga, e poi c'era anche lei...
Una scatoletta di legno non molto grande chiusa a chiave e un biglietto, tenuto insieme alla scatoletta da un laccio.
La chiave Camilla non era riuscita a trovarla, e la sua coscienza aveva lottato con la curiosità per neanche cinque minuti prima che la donna prendesse il biglietto e lo aprisse per leggerne il contenuto.
Non sapeva che si sarebbe pentita amaramente per quella decisione impulsiva.

"Sei il il ricordo più dolce e quello più amaro. Dovunque io sarò, chiunque amerò dopo di te, qui dentro rimarrà un pezzo del mio cuore, una parte che nessun'altra potrà mai prendersi"

Le mani le tremavano.
Il biglietto era vecchio, ma non vecchissimo, la carta un po' ingiallita ma era sicura che dieci anni non fossero passati da quando era stato scritto.
E quindi quello voleva dire che in un certo momento del suo passato, dopo che loro due si erano già conosciuti, Gaetano aveva amato profondamente qualcun altro...

A prestissimo!!!

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