The Date Garden

di Eriisachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Fiore di ciliegio ***
Capitolo 3: *** Ichiro ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 

 



"Memories sometimes fade"
My grandma said
As she stared at a picture
Of her and grandpa...
"But familiar faces
And familiar places
Are like lighthouses
For a lost mind."

 

 

The Date Garden

Capitolo primo


Era un'afosa giornata d'estate quando accadde per la prima volta.
Era stata una settimana tranquilla quella appena passata, fino a quando mia zia Eiko non chiamò sua sorella Ai, mia madre, per dargli una spiacevole notizia: mia nonna era morta un lunedì mattina d'estate, mentre raccoglieva dei fiori sotto al suo albero preferito, quello che aveva visto crescere insieme al mio defunto nonno prima che questi passasse a miglior vita. Nonostante le avessero raccomandato di restare in casa per il troppo caldo lei, come ogni giorno, aveva deciso di andare a passeggiare nel giardino in cui aveva incontrato l'amore della sua vita, in cui erano cresciuti e si erano innamorati. Probabilmente è morta proprio d'amore...mia nonna è sempre stata un'inguaribile romantica, mi ha sempre raccontato così tante belle storie, ma la mia preferita era proprio quella tra lei ed il nonno. Nonostante fossero passati tanti anni, ricordava ogni singolo momento come se lo avesse vissuto il giorno prima. L'hanno ritrovata sdaiata a terra, ormai morta, ma con il sorriso in volto. Non è strano come il viso delle persone sembri rasserenarsi non appena muoiono? Non importa di che morte si tratti, sembrano sempre accennare un sorriso. 
 
Ero davvero legata a mia nonna e quella tremenda notizia non fece altro che indurire ancor di più il mio cuore di ghiaccio. Innamorata persa della storia d'amore tra i miei nonni, ho sempre desiderato averne una simile, ma lo sappiamo com'è la realtà...niente rose e fiori. E così il mio cuore si è chiuso sempre di più fino a nascondersi dietro una corazza di ghiaccio. L'unica e sola persona con cui questa lastra si scioglieva era mia nonna, le volevo un bene dell'anima, quando mia madre mi diede quella notizia sarei voluta morire per poterla raggiungere.
E invece non è stato così...

Avevo preso un giorno di ferie dall'azienda in cui lavoravo come giornalista e così in quel momento mi trovavo lì, di fronte alla casa dovevo avevo passato la mia infanzia, dovevo avevo sognato ad occhi aperti e dove ogni volta aprivo il mio cuore ai ricordi del passato e ai racconti di quella meravigliosa donna con il volto segnato dalle rughe ed i capelli bianchi come le nuvole, ma con gli occhi brillanti come un diamante al sole. Si chiamava Sakura, come il fiore di ciliegio, e profumava come quel fiore. Non avrei mai potuto dimenticare il suo sorriso, la soavità della sua voce e tantomeno il tocco delle sue mani. Eppure nel momento in cui la vidi, sdraiata su un mare di fiori, dilaniata dal dolore l'unica cosa che desiderai fu di non averla mai conosciuta, per non dover soffrire così in quel momento.

Immediatamente però mi diedi della stupida, avrei potuto sopportare quello ed altro, pur di dirle addio, abbracciarla e ringraziarla di tutto quello che aveva fatto per me. 
Non avevo rimpianti, le ho sempre mostrato ciò che provavo per lei, la sono sempre andata a trovare ogni qualvolta ne avessi l'occasione...ciononostante sentivo un dolore nel cuore ed un pensiero fisso in testa "Saresti potuta andarla a trovare più volte, e non l'hai fatto", "avresti potuto dirle più volte che le volevi bene, e non l'hai fatto". Proprio come capita a tutti, queste parole mi ronzavano nella testa mentre lacrime copiose sgorgavano dai miei occhi.. 

Quei pensieri mi stavano così opprimendo e quelle lacrime così soffocando che decisi di uscire, lasciandomi definitivamente quel corpo inerme alle spalle e dirigendomi nell'unico posto in cui ero sicura vivesse ancora l'anima di mia nonna, e dove sapevo che mi avrebbe udito senza alcun dubbio. 

Presa da una strana speranza che fosse tutto un sogno e di vederla intenta nel raccogliere i suoi amati fiori, corsi verso il giardino dell'incontro, come lo chiamavo sin da piccola.
Ma il mio cuore lo sapeva, lei non c'era. Non si sarebbe alzata e non avrebbe sorriso vedendomi arrivare come faceva ogni volta che andavo a trovarla. Tuttavia il giardino era diverso, sentivo una presenza che l'ultima volta che lo avevo visitato non c'era.
Dovete sapere che quel giardino ha sempre avuto qualcosa di speciale, qualcosa che ti rasserenava appena vi mettevi piede. Mia nonna me lo ripeteva sempre: "Lo senti? Quest'aura che ti sorregge è tuo nonno, questo vento che tira sono le sue carezze. Lui non ci ha mai lasciate." e con quel suo sorriso mi accarezzava i capelli per poi darmi la mano e portarmi accanto all'albero che si ergeva maestoso al suo centro. 

Mi tolsi le scarpe, per sentire l'erba solleticarmi i piedi.
Come sempre tirava un vento leggero all'interno del giardino, e si fermava appena fuori; e lo riconobbi, il tocco di mia nonna quando quel vento mi scompigliò la chioma. Mi avvicinai all'albero e mi sedetti. Ai piedi del tronco notai una piccola busta bianca, la raccolsi e lessi il mio nome: Sakura. I miei genitori avevano deciso di darmi il suo nome, ed io ne ero onorata. 
Non avrei mai potuto confondere quella calligrafia, era quella di mia nonna. Piena di domande aprii la busta.


"Cara nipote mia,
Forse sei arrabbiata con me, perché ti ho abbandonato, perché non sono accanto a te ad asciugare le tue lacrime, ma amore mio...io sarò sempre con te all'interno del tuo cuore. 
Ti ricordi le passeggiate che facevamo quando mi venivi a trovare ogni estate? Le storie che ti raccontavo mentre raccoglievamo i fiori, o mentre mangiavamo i panini che avevamo preparato insieme? Io mi ricordo ogni momento, piccola mia. Ricordo ogni tuo sorriso e ricordo ogni cambiamento sul tuo viso che ti ha reso la splendida donna che sei oggi. 
Forse mi perdonerai, forse sarai in grado di sorridere pensandomi ma il mio compito accanto a te era ormai finito. Avevo bisogno di tornare da tuo nonno, che mi stava aspettando da così tanto tempo.
Non voglio dilungarmi, voglio solo che tu sappia che ti amerò per sempre piccola mia, che non dimenticherò mai il bene che ci siamo volute. Per questo voglio farti un dono, in modo che tu possa aprire di nuovo il tuo cuore per un amore che ti renderà la vita migliore, proprio come successe a me. 
Ti dono la cosa più preziosa che io abbia mai posseduto. All'interno di questa busta troverai una collana che trovai in questo giardino poco prima di incontrare per la prima volta lo sguardo color del cielo di tuo nonno. Sai, Sakura, da giovane io ero come te, avevo paura di aprire il mio cuore e di essere felice, ma l''amore mi ha cambiata.
Vorrei tanto che vivessi la storia d'amore che hai sempre desiderato, portando per sempre nel tuo cuore il ricordo di questa donna che ti ha amato tanto.

Grazie per tutto,
Ti amerò per sempre,
tua nonna Sakura."


Ero ancor più piena di domande, ma il vento aveva seccato le mie lacrime e sul mio viso era comparso un sorriso. Mia nonna mi aveva donato una vita piena di sogni, dei sorrisi sinceri e soprattutto la presenzza di una persona su cui ho sempre potuto contare. Ed ora, mi aveva voluto donare altro, qualcosa che mi legasse per sempre a lei. Svuotai la busta, e sulla mia mano cadde un ciondolo a forma di cuore, del colore del cielo. Subito mi rivenne in mente ciò che avevo letto sulla lettera "lo sguardo limpido come il cielo" di cui mia nonna mi aveva sempre parlato con sguardo innamorato...
Indossai la collana, e sentii il cuore caldo. Con quella collana, mia nonna era con me, non mi avrebbe mai abbandonato. Mi sedetti sull'erba e mi poggiai sul tronco. Chiusi gli occhi mentre il venticello mi arrivava addosso cancellando il caldo estivo. 

E avvenne.

Fu come vivere la vita di qualcun altro e vederla dall'alto contemporaneamente. Stavo vivendo la scena in prima persona, ma riuscivo a vedermi fuori: una giovane donna con i capelli neri come la pece, la pelle candida e gli occhi color cioccolato. Mi assomigliava, ma sapevo di non essere io. Stava raccogliendo dei fiori, e si trovava nel giardino dell'incontro. Il venticello tirava come sempre, ma l'albero era visibilmente più piccolo.  Capii allora che si trattava di una scena del passato, ma come era possibile? 
Qualcuno mi chiamò, ma non sentii alcun nome. Alzai lo sguardo e tutto ciò che vidi furono due occhi azzurri come il cielo prima che la visione sparisse ed io tornassi in me stessa.

"Cosa diavolo sarà successo?" pensai prima di decidere di tornare a casa. Mi sentivo spossata per tutti gli avvenimenti della giornata.
Tornata davanti alla villetta non volli entrare, mia nonna non si trovava in quel corpo che giaceva sul letto, e lo sapevo bene. 
Salii in macchina e misi a modo, imboccando la strada principale per tornare a casa.
Erano già le 18:30.

Arrivai a casa alle 19:30.
Avevo 23 anni e vivevo da circa tre, sola, in un appartamentino di Tokyo non lontano dall'azienda in cui lavoravo. 
Frugai nella borsa senza nemmeno pensare a cosa stavo cercando troppo presa dai miei pensieri.
Durante il viaggio ovunque mi girassi vedevo mia nonna, e diedi la colpa al dolore che sentivo.
Non avevo fame, dunque, quando riuscii ad entrare mi tolsi i vestiti, mi misi il pigiama e mi sdraiai cercando di dormire.
Passarono minuti, ore, forse due, forse quattro; fatto sta che mi addormentai dopo tanto tempo.

"Amore mio, scappiamo insieme. Fuggiamo dove il nostro amore non verrà intralciato. Fuggi via con me!" disse il ragazzo di fronte a me porgendomi la mano. Per quanto mi sforzassi non riuscivo ad alzare il viso.
"Io...non posso..." delle lacrime iniziarono ad uscire dal mio viso. Ma quella donna non ero io, perché stavo facendo quel sogno? Perché stavo vivendo una vita che non era la mia? Gridai aiuto, ma non uscirono suoni dalla mia bocca.
Finalmente la donna alzò il viso e l'unica cosa che vidi oltre al buio totale furono un paio di occhi azzurri come il cielo, profondi come il mare che gridavano solo una parola: AMORE.


Mi alzai di soprassalto, riuscendo ad aprire finalmente i MIEI occhi. Ero madida di sudore e le coperte erano cadute a terra, sicuramente mi ero dimenata molto durante la notte. Guardai l'orologio: le quattro e mezza. Almeno ero riuscita a dormire un po'.
Mi alzai per bere un bicchiere d'acqua e mi affacciai alla finestra. 
"Dovrò prendere sicuramente un'aspirina prima di andare a lavoro, mi scoppia la testa." 
Guardai il cielo ancora scuro, in cui erano visibili tutte le stelle splendenti. Ero preoccupata per quelle strane visioni, ma al contempo ero curiosa di scoprire di chi si trattasse e del perché fossero iniziate solo in quel momento. 

Ciò che non sapevo è che la mia vita sarebbe cambiata molto presto.


N.d.A.
Salve a tutti, spero di avervi incuriosito con questa mia storia.
Mi è venuta l'idea e l'ho scritta di getto. 
Spero di ricevere qualche recensione per sapere cosa ne pensate,
alla prossima!
Erisa.

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Capitolo 2
*** Fiore di ciliegio ***


Capitolo secondo

Fiori di ciliegio

 
 
Erano passati esattamente nove giorni da quello strano ‘sogno’.
Dodici dalla morte di mia nonna.
Calde lacrime continuavano a scendere la notte, quando poggiavo la testa sul morbido cuscino. Ogni sera mi tornavano in mente i ricordi delle estati passate con lei, di tutto l’amore che mi ha donato, e quello che io ho donato a lei. Sentivo di aver prosciugato non solo tutte le lacrime, ma anche quel poco amore che ero disposta a donare.

Nessuna strana visione, nessuno strano sogno da quel giorno. Qualunque cosa fosse aveva deciso di non farsi più ‘vedere’, e mi ero convinta che fosse stato uno strano scherzo che il mio cervello aveva deciso di giocarmi. Ciononostante non riuscivo a dimenticare quegli splendidi occhi azzurri, mi avevano ormai catturata. Al solo ripensarvi mi sentivo un uccellino, che libero volava nel cielo limpido.
Forse avevo solo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino in quel momento di dolore.
Questo mi ripetevo ogni volta.

Stavo camminando tranquillamente per una stradina di Tokyo, mi stavo dirigendo alla stazione di Shimbashi per poter arrivare in poco tempo al parco Hamarikyu, uno dei miei preferiti. Era una giornata tranquilla, afosa come solo a Tokyo poteva essere, ma decisi comunque di non sprecarla piangendomi addosso in casa.
Mi ero vestita in fretta ed ero uscita con altrettanta celerità, per paura di cambiare idea e decidere di rimanere in casa anche quel sabato.
Camminavo svelta, sembrava stessi scappando da qualcuno, avevo paura. Ma di cosa infondo?
All’improvviso mi fermai incuriosita da un piccolo negozio, posto tra un konbini ed un ristorante. Come attirata da una forza spirituale decisi di entrarvi, giusto per sapere di cosa si trattasse.

Uscirò immediatamente’ mi dissi.
L’atmosfera rasserenava, anche se la stanza non era eccessivamente illuminata. Vi erano candele profumate e fiori in ogni dove; un lettino di quelli tipici degli psicologi ed una poltroncina accanto.
‘Che sia veramente uno psicologo?
Non appena lo pensai una vecchia donna, probabilmente la proprietaria, mi parlò.
Rimasi folgorata dalla sua bellezza. Per quanto avanti con l’età, la donna presentava dei lineamenti delicatissimi ed i suoi capelli, ormai bianchi per la vecchiaia erano raccolti in uno chignon con delle bacchette.
Mi accolse con un sorriso così dolce che mi parse di trovarmi a casa, piccola, davanti alla mia amata nonna.
"Ciao cara, sei qui per ritrovare te stessa?" mi disse sempre con quel sorriso sul volto.
"Buonasera signora, mi scusi sono entrata per curios…aspetti; cosa intende per ‘ritrovare me stessa’?”
Non avevo dato peso a ciò che la donna mi aveva chiesto e quando me ne resi conto la domanda mi uscì spontanea.
"Lo sento ragazza. Hai bisogno di trovare delle risposte, hai bisogno di trovare il modo di superare la morte di tua nonna."

Forse avrei dovuto avere paura, come faceva quella donna appena conosciuta a sapere una cosa così intima?
Forse sarei dovuta uscire, scappare, tornare a casa; ma se lo avessi fatto forse ora non sarei qui a raccontare la mia storia, forse sarei già morta.
“Va bene signora, voglio provare.” E senza aggiungere altro la seguii al centro della sala.

“Sdraiati, io mi siederò accanto a te mentre ti addormenterai; mentre vivrai in un luogo lontano da qui, mentre scaverai all’interno della tua anima.”
Feci come mi disse, anche se le sue parole mi intimorirono non poco.
Senza lasciarmi il tempo di fare domande continuò a parlare.
“Ora ti concentrerai solo sulla mia voce. Quando ti risveglierai ti sentirai felice, leggera, vogliosa di vivere. Non avrai più paura, perché conoscerai a fondo la tua storia.
Chiudi gli occhi, rilassati. Concentrati solo sulla mia voce.”

Feci come mi disse, cercando di rilassare tutti i miei muscoli, facendomi cullare dalla musica di sottofondo che la donna aveva fatto partire e concentrandomi solo sulla voce soave della vecchia donna che mi affiancava.

“Immagina una luce, una splendida luce del colore che desideri, entrare nel tuo corpo. Espandersi in ogni parte, in ogni dove. Conterò fino a dieci. Al mio dieci ti troverai in uno stato di rilassamento, non ti troverai più in questo mondo, ma in un luogo dove non esistono i limiti dello spazio-tempo…
1..
2..
3..
4..”

La donna continuò a contare, ed io mi sentivo sempre più leggera, sempre più isolata. I miei muscoli si erano rilassati, la mia mente viaggiava, non sentivo più dolore solo un senso di pace.
10…
Immagina di scendere una lunga scalinata. Una scalinata luminosa. Scendi sempre più giù. Ogni gradino è un passo verso la verità…”
Scendevo, scendevo veloce quella scalinata, assetata di verità.
Scesi finché non venni abbagliata da una potentissima luce.

“Sei arrivata? Bene… ora ti trovi in uno splendido giardino. Un giardino rigoglioso, pieno di fiori, di alberi. Una distesa d’erba dove puoi riposare. Scegli un posto, sdraiati e chiudi gli occhi.”
C’era un giardino meraviglioso, così familiare. Lo riconobbi, era il giardino dell’incontro, corsi a perdifiato e mi sdraiai ai piedi dell’albero, invasa da un senso di pace.
“Ora che sei rilassata e che hai abbandonato questo mondo alzati. Davanti a te c’è uno specchio. Specchiati, guardati, cerca di ricordare…”
La voce sembrava provenire dal cielo, risuonava in tutto l’ambiente.
Davanti a me apparve un meraviglioso specchio.
Vi guardai all’interno e vidi me stessa. Indossavo un kimono ricamato con dei fiori di ciliegio, era rosa e bianco. Avevo i capelli sciolti e lunghi fino ai fianchi, liscissimi. Gli occhi color cioccolato velati da un’ombra di tristezza che sembravano sul punto di piangere, la bocca rosea che non sorrideva ma tremava . Le mani erano affusolate e non indossavo scarpe.
Al collo la collana di mia nonna. All’improvviso sentii all’altezza del cuore un dolore lancinante, iniziai a piangere, volevo scappare ma non avevo la forza di muovermi.

‘Cosa mi sta succedendo? Chi sei?’
Come a sentire i miei pensieri la voce riprese a parlare.

“All’interno dello specchio ci sono tanti altri specchi che raffigurano scene diverse, epoche diverse, persone diverse... Hai vissuto ognuna di quelle vite, ti riconosci?”
Accanto alla donna dagli occhi tristi apparvero altre persone: un uomo, con dei capelli e baffi rossi; una donna egiziana, vestita d’oro con degli occhi color smeraldo; un bambino che scappava da un villaggio infuocato.
Sono io in ogni scena?’
“Purtroppo non hai molto tempo, scegli uno specchio e concentrati solo su di lui. Al mio tre vi entrerai, e potrai rivivere quelle scene della tua vita passata.
1…” Sapevo dove volevo entrare.
“2…” Mi avvicinai il più che potei allo specchio e vi inserii una mano. Come per magia, lo oltrepassò.
“3…” Senza paura entrai con tutto il corpo e venni inondata dalla luce e mi ritrovai a camminare nel vuoto. In lontananza una finestra dove si intravedeva un giardino. Corsi di nuovo finché non vi arrivai. Entrai e mi sentii in qualche modo diversa.

“Sei entrata? Guardati intorno, guardati addosso. Osserva le persone e cerca di riconoscere qualcuno nei loro volti.”
Mi guardai intorno: mi trovavo in uno splendido giardino, non c’erano grandi alberi, solo uno, piccolo, al centro: ed in lontananza vedevo un piccolo tempio. C’era un sole splendente e tanti fiori.
“Pensa ad una data, pensa ad un nome..”
1763, Ume.
Non so perché ma mi vennero in mente all’improvviso, e la cosa che mi spaventò di più fu la sensazione di esserne sicura.

“Guardati, ti riconosci?”
Mi guardai: non avevo scarpe, solo dei calzini bianchi; un kimono a fiori bianco e rosa; i capelli lunghi fino ai fianchi e le mani affusolate. Ero lei, ero quella donna che avevo visto nello specchio. Nonostante mi trovassi nel corpo di un’altra sentivo di essere me stessa, e non ebbi paura, né volli scappare.
“Ora cammina, cerca di parlare con qualcuno..”
Presi a correre, vogliosa di scoprire qualcosa di quel posto, ma qualcuno mi trattenne.

Amore mio, sei tornata…’ Mi volsi, e rimasi scioccata da cosa vidi.
Un ragazzo, un ragazzo meraviglioso. Indossava anche lui un kimono; aveva i capelli neri legati in un codino. Aveva delle labbra che sembravano così soffici, era alto, e aveva un fisico asciutto. Ma ciò che mi incantò furono i suoi occhi, un paio di occhi a cui non avevo fatto altro che pensare negli ultimi giorni: azzurri, come il cielo d’estate.

Akira…’ le parole mi uscirono da sole. Era la mia anima a parlare.
Ti ho aspettata così tanto, ma non ti lascerò più.’ Fece per abbracciarmi ma mi scansai per un motivo a me apparentemente sconosciuto.
Non posso, non farlo ti prego… Mio padre…lui ha deciso che mi sposerò.’ L’uomo che mi trovavo di fronte si bloccò, il suo sguardo si fece vacuo, poi triste.
Perché? Perché mi fai questo?’ una lacrima scese dal suo occhio.
Akira, amore mio, perdonami… se non sposerò quell’uomo mio padre mi ucciderà…’ abbassai lo sguardo, non avrei retto il contatto con i suoi occhi profondi. Ero convinta sempre di più di aver vissuto quella vita. Provavo dei sentimenti per quell’uomo che non ero in grado di spiegarmi ma che mi sembravano, ad ogni modo, familiari.
Amore mio, scappiamo insieme. Fuggiamo dove il nostro amore non verrà intralciato. Fuggi via con me!’ disse il ragazzo di fronte a me porgendomi la mano.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo ad alzare il viso.
‘Io...non posso…’ delle lacrime iniziarono ad uscire dai miei occhi.

Quella scena, quelle parole, mi tornò tutto in mente. Stavo rivivendo lo strano sogno che avevo fatto poche notti prima, che mi aveva svegliata nel bel mezzo della notte.
Sapevo che alzando lo sguardo avrei trovato degli occhi a guardarmi con amore, e così fu.
Ti amerò per sempre…addio’ sussurrai prima di fuggire via correndo, per scappare da quell’uomo che sentivo essere colui a cui io, o meglio Ume, aveva donato il suo cuore.

“Continua a vivere, vivi un’altra scena, un altro giorno.”
La voce della donna riapparse magicamente, così come era scomparsa.
All’improvviso venni catapultata da tutt’altra parte.

Mi trovavo davanti ad uno specchio, i miei capelli erano acconciati in una crocchia alta e decorati da sfarzosi gioielli. Il kimono che indossavo non era più rosa e bianco ma rosso, e sulla bocca risaltava un rossetto altrettanto rosso.  Al collo la collana che mia nonna mi aveva donato, e che non sapevo come facesse ad avere anche lei.

Attorno a me numerose donne mi toccavano, mi sistemavano il vestiario, il trucco; una in particolare mi sorrideva come a consolarmi. Quello che sentivo io, però, era solo dolore. Un dolore lancinante al petto ed una voglia irrefrenabile di piangere. Senza bisogno di sforzarmi capii il perché di quel dolore, era il giorno del mio matrimonio. Stavo per andare in sposa ad un uomo che non amavo, abbandonando per sempre il mio amato.

Ume, è giunta l’ora.’ Disse quella donna che mi aveva precedentemente sorriso. Forse eravamo amiche intime, forse sapeva come mi sentivo.
Lentamente mi alzai.

“è giunta l’ora di tornare a casa, Sakura. Torna in quello splendido giardino, abbandona quel corpo, va via da quel posto.”
Ma non volevo, non volevo andar via. Non volevo abbandonare quell’anima in pena, sentivo di doverla aiutare. Cercai invano di non andarmene. I miei occhi si aprirono, e mi ritrovai nel giardino a cui ero arrivata tramite la scalinata.

“No, ti prego, fammi tornare indietro. Devo aiutare Ume, non può sposare quell’uomo!” urlai, urlai fino a non avere più voce ma la vecchia donna non parve ascoltarmi, ma una voce mi giunse comunque alla mente.

Salvami, Sakura, ti prego..’
‘Ume? Come faccio Ume?’
‘L’albero Sakura, usa l’albero.’
‘Ume spiegati meglio!
’ nessuna risposta.
‘Ume!’ Chiamai e richiamai ma non sentii più alcun suono.

“è arrivato il momento di ritornare nel tuo mondo, Sakura. Risali le scale, e pian piano apri gli occhi.”
Contro il mio volere, il mio corpo si mosse. Salii le scale e dopo svariati secondi aprii gli occhi ritrovandomi sul lettino, nella stanza di quello strano negozio.
Ero incredula, non ero sicura di aver vissuto realmente quelle cose, mi sembrava impossibile.
Guardai quella vecchia donna ad occhi spalancati e la riconobbi.

“Hisa…”
“Mi hai riconosciuta finalmente…Ume.” I suoi occhi si fecero lucidi e una sola lacrima solcò il suo volto. Era la donna che mi aveva sorriso in quella stanza piena di persone, l’unica che aveva cercato di sostenermi in quel momento di dolore.
“Come..come è successo? Chi sono?” Volevo andare in fondo a quella storia, volevo aiutare quella donna che sentivo essere parte di me.
“Sakura, ti prego, aiutala.
Sono giunta fin qui solo per cercarti, ma il mio tempo è quasi scaduto.
Devi ricondurla da Akira, o la sua anima resterà per sempre in pena.” Il viso di Hisa si fece preoccupato, a quanto pare non si trattava di un banale scherzo.
“Io voglio farlo, ma come?” Hisa mi guardò. I  suoi occhi fissi nei miei.
“Dovrai tornare indietro, impedirle di sposare Hito, di morire ancora.
Dovrai salvarla dalla dannazione eterna.
La sua anima si è reincarnata nel tuo corpo, e la tua anima si è fusa con la sua.
L’unica maniera è usare il potere della collana.” Chiuse gli occhi.
“è giunto il momento. Non posso più restare, devo tornare indietro.
Prendi questo, ti aiuterà.” Mi porse un fermaglio con un fiore rosa, di ciliegio.
“Ti proteggerà.
Spero di rincontrarti, Sakura. Stavolta nel mio mondo.” Mi sorrise e si dissolse nell’aria. Scomparve, insieme al negozio e mi ritrovai seduta a terra, in un vicolo cieco.
Fuori si era fatto pomeriggio.
Il negozio era scomparso, come se non fosse mai esistito.

Forse mi ero immaginata tutto? La mia mente infondo mi giocava brutti scherzi in quel periodo.
Ma ciò che stringevo tra le mani mi confermò che era successo davvero.
Mi fece tornare alla mente che adesso avevo una missione: salvare Ume.
Ma come?

N.d.A
Ciaoa tutti! Scusate per l'attesa, ma sono stata impegnatissima con la scuola (lo sono tutt'ora, sfortunatamente).
Ho provato a scrivere un capitolo un po' più lungo e ho fatto viaggiare un po' l'immaginazione.
Spero che vi sia piaciuto, e vi ringrazio per le recensioni ricevute.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un abbraccio.
 

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Capitolo 3
*** Ichiro ***


Capitolo terzo

Ichiro

 

Preso da mille pensieri correvo tra le fronde degli alberi, saltando da un ramo all’altro senza neanche guardare dove mettessi i piedi.
Correvo ad una velocità impressionante, da non vedere ciò che mi circondava.
Non mi interessava il pericolo, il fatto che mi sarebbe potuto succedere qualcosa; volevo scappare, fuggire da quel dolore che mi inseguiva, che mi dilaniava il cuore e attanagliava l’animo.

Il mio caro nonno era morto, dopo una vita di dolore per un amore perso per sempre, era morto.
La persona che avevo più cara al mondo, l’unica che mi era rimasta accanto mi aveva abbandonato a quel tragico destino di solitudine.
Ormai ero solo, senza nessuno che potesse aiutarmi.
Non sapevo dove mi stessi dirigendo, volevo morire pur di sfuggire a quel sentimento che mi stava opprimendo, ma una voce, un flebile sussurro mi fece drizzare le orecchie.

“Ichiro…” ‘Qualcuno mi sta davvero chiamando o è tutto frutto della mia immaginazione?
“Ichiro…corri…”

Era notte, c’era buio pesto, ma grazie alla mia vista ipersviluppata riuscivo a vedere perfettamente anche nell’oscurità più totale. Seguendo quel flebile suono ero arrivato in un giardino, pieno di fiori, al centro del quale vi era un piccolo albero, probabilmente appena nato. Tuttavia, nonostante la giovane età, sui suoi rami erano sbocciati tanti fiori di ciliegio, a discapito di ogni legge naturale. Rimasi immobile alla vista di quell’arbusto che evocava un’aura spirituale così serena che per un attimo riuscì a scacciare ogni mio dolore.

“Siediti.” Quella voce si era fatta incredibilmente più vicina, segno che ero giunto a destinazione. Non ero spaventato, ma alquanto sorpreso dalla sensazione di familiarità che provai nell’udirla.
“Spirito, chi sei?”
“Ichiro, non mi riconosci? Sono io…” quando dall’albero fuoriuscì uno spirito così trasparente che quasi non era possibile notarlo, sussultai nel riconoscerlo.
“Nonno…? Come è possibile?” Ero così felice di vederlo, volevo fargli tante domande, chiacchierare come avevamo sempre fatto; ma dal suo sguardo trapelava solo un senso di disagio e capii che quello non era il momento di tornare indietro, non c’era più tempo.
“Aiutami, figliolo...” la voce incrinata, segno di un pianto imminente.
“Non voglio più stare da solo, riportami da lei…” Capii subito di chi parlasse. Mi aveva raccontato così tante volte del suo amore sofferto, della donna amata che aveva perso per colpa di un destino a loro avverso.
“Come posso, nonno?”
“Usa i fiori, usa l’albero stesso…” La figura iniziò a diventare sempre più invisibile.
“Trova la ragazza in cui ancora vive e riportala da me…la aspetterò. Usa il fiore, Ichiro. Usa il fiore…” Dopodiché il silenzio. Mi avvicinai all’albero e colsi un fiore, il più bello. Come per magia si trasformò in un ciondolo. Lo strinsi accanto al cuore e mi sentii rincuorato.
Ti prometto che ritroverò Ume, nonno.” Chiusi gli occhi e dal ciondolo si sprigionò un’energia così potente da farmi librare in aria. Quando li riaprii la notte era scomparsa e aveva lasciato spazio al tramonto.
Il giardino non era più lo stesso: ero confinato in un recinto, l’albero, prima piccolo, era divenuto grande e maestoso.
In lontananza vidi una strana capanna, mi domandai se ci fosse un villaggio che per la corsa sfrenata non avevo notato.
Mi incamminai deciso a chiedere informazioni agli abitanti del luogo.

Continuai a camminare per poco poiché sentii la presenza di qualcuno che si stava avvicinando. Mi nascosi dietro un cespuglio ed osservai attentamente la ragazza che mi passò davanti senza accorgersi di me perché troppo impegnata ad osservare qualcosa che teneva in mano.
Rimasi incantato dalla sua semplice bellezza, ed arrossii notando le sue gambe scoperte.
Era vestita in modo strano: anziché un kimono, indossava un abito che le arrivava poco sopra al ginocchio e che le lasciava intravedere le gambe snelle. Il seno prosperoso era coperto da una maglia attillata. I capelli lunghi e neri come la pace erano legati in una coda alta che le lasciava scoperto il collo niveo.
Nonostante fosse una donna umana, percepivo un odore differente da quello solito degli umani. Fissando il suo viso non mi accorsi di un ramo che finii accidentalmente per pestare, producendo un rumore che la ragazza non riuscì a non udire.

“Chi va là?” alzò lo sguardo, distogliendolo da ciò che l’aveva impegnata sino a quel momento. Quando incontrai i suoi occhi rimasi folgorato, convinto di non aver mai visto un essere più bello.
“S..salve..posso sapere cosa ci fa in questa proprietà privata?” ‘Pro…COSA? Un momento…non è spaventata dal mio aspetto?’ rimasi davvero perplesso alla reazione avuta dalla ragazza, tutto perché non sapevo ancora cosa mi fosse accaduto.

 

Stavo camminando, fissa sul fermaglio che Hisa mi aveva donato. Avevo pensato e ripensato ad un modo per contattare Ume, per poterla aiutare, ma non avevo avuto nessuna idea. Quindi avevo deciso di recarmi al giardino per potermi sfogare un po’. Ero sconvolta, impaurita per tutto quello che mi era successo e che avevo vissuto in quella giornata e sapevo che sarei riuscita a calmarmi solo lì.
Ero così immersa nei miei pensieri che non mi ero accorta della presenza di un estraneo nella proprietà di mia nonna, almeno fino a che quest’ultimo non fece rumore schiacciando probabilmente un ramo.
Sussultai e alzai lo sguardo, ma tutto mi sarei aspettata meno che quegli occhi.

Cielo, vedevo solo cielo, un cielo che mi stava scrutando nello stesso modo in cui lo stavo facendo con lui.
Era un ragazzo a dir poco meraviglioso: era alto, e nonostante i vestiti tradizionali poteva intravedere il suo corpo muscoloso. Aveva i capelli lunghi fino alle spalle, neri come la notte e la pelle era leggermente abbronzata. Non avevo mai visto qualcuno così bello; ed i suoi occhi mi avevano rapita. Stavano diventando un’ossessione dal giorno della prima visione, e da quel momento divennero il mio tormento.

Non so dove trovai la forza di parlare, ma lo feci.
“S..salve…posso sapere cosa ci fa in questa proprietà privata?”
Non mi rispose subito, lo vidi assumere un’aria perplessa. Passò un po’ di tempo prima che potei udire la sua voce: così profonda e dolce allo stesso momento.
“Mi dispiace, io credo di essermi perso..” abbassò lo sguardo e percepii che non stesse mentendo.
“Oh, in tal caso la potrei aiutare. Dove è diretto?” sorrisi, un sorriso gentile e spontaneo.
Pensai che era tanto bello quanto strano, ogni volta per rispondere ci impiegava una vita.
“Dati i vestiti tradizionali suppongo che sia diretto a Kyoto?”
“In realtà…io sto cercando una persona. Saprebbe dirmi dove si trova la sacerdotessa del villaggio? Avrei bisogno di parlare con lei.” Ricambiò il sorriso socchiudendo gli occhi e toccandosi con una mano la nuca.
Sacerdotessa? Villaggio? Okay, è strano forte.’
“Mi dispiace, ma questo non è un villaggio, e non c’è nessuna sacerdotessa.” Pensai che fosse davvero inusuale, non aveva l’aria di qualcuno che stesse giocando.



Accidenti, non so cosa dirle.’
“Mi dispiace molto se ciò potrebbe causarle dei problemi, ma potrebbe ospitarmi questa notte in casa sua? Ho davvero bisogno di trovare questa persona, è questione di vita o di morte.” Da quando mi ero abbassato a tanto? IO, a chiedere ospitalità ad una donna con così tanta leggerezza.
“Oh..ecco, in realtà..” Ero convinto di averla spaventata con il mio comportamento, o forse per il mio aspetto, ed ero stato così sfrontato a chiederle di ospitarmi che potevo comprendere il suo scetticismo. Tuttavia, una forza mi spinse a cercare di convincerla, in fondo era per mio nonno che lo facevo.
Giunsi le mani per pregarla e abbassai lo sguardo.
“La prego, signorina. So che posso sembrarle strano, ma le giuro sul mio onore che non le farò alcun male. Sto cercando in ogni modo di esaudire l’ultimo desiderio che mio nonno ha espresso prima di scomparire per sempre..” Omisi i particolari più importanti, altrimenti mi avrebbe preso davvero per pazzo, e sperai con tutto il cuore di averla convinta.
La vidi farsi rigida e guardarmi quasi con compassione. Poi i suoi occhi si fecero lucidi.
Ho detto forse qualcosa di sbagliato?


Rimasi di gesso a sentire quelle parole. Lui si trovava forse nella mia stessa situazione, solo che il desiderio che dovevo realizzare io era legato a qualcuno del mio passato. Mi convinsi, nonostante sapessi di star correndo un grande rischio.
La mia vita era monotona, non succedeva qualcosa da tanto tempo, e forse quello era il momento giusto per cambiare le cose.
Accettai e vidi i suoi occhi illuminarsi, ed il mio cuore perse un battito.

“D’accordo, può restare in casa mia per questa notte. Anche io sto cercando una persona, sa? Solo che trovarla per me sarà un po’ difficile… Magari può ricambiare il favore dandomi una mano, che ne dice?” Solo una parola: avventata. Ma cosa mi era passato per la testa? Quelle parole mi erano letteralmente uscite dalla bocca senza che la collegassi al cervello. Come gli avrei spiegato tutto se avesse accettato?
“Certo. Comunque piacere, io sono Ichiro.” Si inchinò.
“Io mi chiamo Sakura, piacere.” Ricambiai l’inchino.
Non so perché. Non so come, ma mi sentivo felice. Nonostante avessi davanti quegli occhi che somigliavano tanto a quelli di Akira e che mi stavano inondando l’animo di dolore, mi sentivo serena.

“La prego, mi segua.” Gli indicai il sentiero che portava a casa di mia nonna e mi incamminai.


Ero riuscito a convincerla, non so per quale strano motivo.
Osservandola potei capire come fosse tormentata, dai suoi occhi potevo intravedere una valanga di emozioni, dal dolore alla felicità che passavano repentinamente dall’uno all’altra.
Mi indicò il sentiero e mi incamminai seguendola.
“Mi dica, le interessa la storia?” La sua voce era cristallina, soave e tenue. Alle mie orecchie sembrò musica.
“La prego mi dia del tu. È il minimo.
No, in realtà non sono interessato in questo genere di cose, le uniche storie che amavo ascoltare erano quelle che mi raccontava mio nonno.”
La vidi sussultare e girarsi con gli occhi spalancati.
“A..anche io amavo ascoltare le storie che mia nonna mi raccontava! La sua stupenda storia d’amore.” Sorrise, un sorriso così gioioso che fece sorridere anche me.
“Mio nonno mi raccontava la sua storia d’amore, un amore che lo ha accompagnato fino al giorno della sua morte.” Guardai in basso, pensare a mio nonno mi faceva così male, ma bene allo stesso tempo.
“Ti spiacerebbe raccontarmi la sua storia d’amore? Sai, sono sempre stata incantata dalle storie d’amore; ma non di quello che si legge sui libri, quello VERO, provato da persone reali..” Si era voltata di nuovo e aveva ripreso a camminare.
La sua domanda mi spiazzò un po’, non sapevo se raccontarle o meno la storia di Ume e Akira, in fondo erano delle cose personali. Però, ripensando a ciò che aveva detto e quanto mi avrebbe aiutato pensai che fosse giusto nei suoi confronti, per ringraziarla del suo gesto.
“Scusa se sono stata indiscreta, sono cose intime, non avrei dovuto.” Si scusò fermandosi nuovamente e guardandomi negli occhi e arrossendo quando ricambiai lo sguardo. Era strana, ma bella, tremendamente bella.
“Non preoccuparti, te la racconterò.”
“Davvero?” i suoi occhi brillarono. “Allora sbrighiamoci a rientrare!”

Camminammo per circa cinque minuti finché non arrivammo davanti a quella capanna che, realizzai, sembrava un tempio piuttosto che una banale capanna.
“Accidenti, non abbiamo nulla da mangiare..”
“Non vivi qui?” chiesi perplesso.
“No, questa è la casa della mia defunta nonna. È morta qualche giorno fa..” il suo tono si fece improvvisamente triste e abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace molto. Anche mio nonno è morto poco tempo fa, ed ora sono qui per cercare di renderlo felice anche se non potrò più averlo accanto..” sorrisi amaro.
“Mi dispiace molto per tuo nonno… mi dispiace, ma non ho davvero nulla.”
“Non preoccuparti, posso resistere fino a domani!” stavolta le sorrisi conciliante. I pensieri mi impedivano di pensare al cibo, di avere fame.
“Allora se per te non è un problema, andremo a mangiare domani mattina.” Rispose al mio sorriso e aprì la porta del tempio.
Quando entrammo mi sentii strano, mi sembrava di conoscere quel posto, di esserci stato molte altre volte.
“Prego, andiamo in salotto. Vuoi un po’ d’acqua? Quella ce l’ho!” rise, una risata limpida che riempì la stanza silenziosa e mi arrivò fino al cuore.
“Con piacere.” risi.

Poco tempo dopo eravamo seduti nel salone principale ed ero pronto a raccontare la storia di mio nonno.
“Mio nonno incontrò la sua amata quando aveva circa diciotto anni, mentre lei ne aveva sedici. Il loro fu amore al primo sguardo, si incontrarono in un giardino immenso che si trovava vicino ad un tempio che entrambi erano soliti frequentare. Nonostante tutte le volte che vi fossero stati, si incontrarono solo molto tempo dopo. Crebbero, sognarono e progettarono insieme un futuro, ma il loro amore non era destinato a durare.
Mio nonno, infatti, apparteneva ad una classe sociale inferiore rispetto a quella della ragazza, ed il loro matrimonio avrebbe significato la perdita di determinati privilegi della ragazza…”
Sakura mi guardava rapita, e quando pronunciai questa frase mi bloccò immediatamente.
“Quindi lo lasciò?” chiese incredula.
“No, la donna amata da mio nonno era innamorata nel profondo di lui, avrebbe rinunciato anche alla sua vita per poter rimanere insieme. L’antagonista della storia è stato il padre della ragazza che, costringendola  a sposare un uomo della sua stessa classe sociale ha segnato la fine della loro relazione, ma non del loro amore. Quello, sono sicuro, li ha legati fino ed oltre la morte.
Mio nonno soffrì all’inverosimile quando la sua donna gli disse che sarebbe andata in sposa ad un altro. Così iniziò a vivere una vita tormentata, segnata solo dal dolore. Poco dopo il matrimonio tra la sua amata e l’altro uomo, mio nonno venne a sapere che la donna a cui aveva donato il proprio cuore era morta. Il marito l’aveva torturata fino a farle esalare l’ultimo respiro, lasciandola morire senza aver detto addio all’amore della sua vita.
Inutile dirti che mio nonno cercò più volte di suicidarsi per porre fine a quel dolore atroce, ma trovò un motivo per rimanere in vita…”
“Ovvero?” mi guardava con occhi sognanti, e sorrideva.
Me. Devi sapere che non sono suo nipote poiché c’è lo stesso sangue che ci lega, ma perché c’è qualcosa di più forte: l’amore. Mi trovò accanto ad un fiume. Ero appena nato e mia madre mi aveva abbandonato, lui mi raccolse e mi educò fino a farmi diventare quello che sono ora.
Il giorno della sua morte e tutt’ora provo un dolore indescrivibile al pensiero di non poterlo vedere mai più, ma il mio obiettivo ora è realizzare il suo desiderio.”
“Qual è il suo desiderio, Ichiro?” Mi guardava intensamente, e mi persi nel suo sguardo color del cioccolato.
“Il suo desiderio è riportargli la sua amata, riportargli Ume.”

Sakura sgranò gli occhi ed il suo sorriso sparì.


N.d.A.
Eccomi con un nuovo capitolo!
Ho cercato di ritagliare un po' di tempo dalla scuola per scrivere.
So che non è nulla di speciale, sono stanca ed occupata eppure quando mi viene un po' di ispirazione provo a scrivere qualcosa.
Spero che vi piaccia comunque, ed aspetto le vostre recensioni (sia buone che non) per sapere cosa ne pensate.
Grazie per essere arrivati a leggere queste note,
alla prossima!
ps. Un abbraccio grande a MusicHeart, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! <3
 

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