La pergamena strappata

di Nuel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'invito ***
Capitolo 2: *** Compleanno a Malfoy Manor ***
Capitolo 3: *** Mappa e Mantello ***
Capitolo 4: *** L'intruso ***
Capitolo 5: *** Un mistero da svelare ***
Capitolo 6: *** Attività extracurriculari ***
Capitolo 7: *** Il Reparto Proibito ***
Capitolo 8: *** Una brutta partita ***
Capitolo 9: *** Il libro senza titolo ***
Capitolo 10: *** Anche i muri hanno orecchie ***
Capitolo 11: *** Alchimie ***
Capitolo 12: *** L'ultimo saluto a Lumacorno ***
Capitolo 13: *** Il Libro dei Nomi ***
Capitolo 14: *** Le coincidenze non esistono ***
Capitolo 15: *** Una domanda difficile ***



Capitolo 1
*** L'invito ***


1
L’invito


«James! Muoviti o ti lasciamo qui!», la voce di Ginevra Potter si espanse per tutta la casa, raggiungendo le orecchie del maggiore dei suoi figli, che si precipitò giù per le scale con un baccano tale da coprire gli strilli con cui sua sorella Lily stava reagendo all’ennesimo scherzo del fratello di mezzo, Albus, mentre Harry Potter cercava di liberarsi del burocrate che da quindici minuti lo teneva bloccato davanti al camino.
    Ginny agguantò Lily per la mano, lanciando uno sguardo assassino ad Albus e uno ancora più pericoloso alla testa del burocrate che continuava a cianciare con Harry.
    «Ehm», fece l’uomo, quando vide Ginny con la borsetta al braccio incombere dietro la schiena del marito. «Forse dovete andare da qualche parte?».
    Prima che Harry potesse dire che non c’era problema, che avevano tempo, Ginny rispose con tono feroce: «Sì, mio marito si è preso la giornata libera per andare a fare acquisti per i nostri figli a Diagon Alley. Sa, tra un paio di settimane comincia la scuola!».
    Albus e Lily, si misero in fila, accanto alla madre, come se stessero aspettando che il camino fosse libero per potercisi infilare, anche se James si era accomodato sul divano e non sembrava intenzionato ad alzarsi prima che il dipendente del Ministero della Magia non fosse sloggiato dal loro caminetto, cosa che accadde meno di un minuto dopo.
    «Non c’era bisogno di trattarlo così, Ginny!», disse Harry, guardando accigliato la moglie.
    «Sei il capo, Harry! Il capo! Quando comincerai a comportarti da tale?!», sbotto la signora Potter, mettendo le mani sui fianchi.
    Prevedendo l’ennesima discussione infinita tra i genitori, i fratelli Potter ricominciarono a giocare tra loro: era dall’inizio dell’estate che i loro genitori discutevano spesso, ma non era una novità assoluta, quindi, semplicemente, non ci badavano.
    Quando un gufo picchiò alla finestra del salotto, però, lo strillo di Lily raggiunse frequenze preoccupanti per l’incolumità dei timpani del resto della famiglia, zittendo immediatamente Ginny e Harry Potter.
    «È arrivata!», strillò la ragazzina. «La lettera di Victoire!», Lily corse ad aprire la finestra per impossessarsi della lettera della cugina, inseguita da James.
    «Voglio vedere se ha scritto anche Ted!», disse il ragazzo strappandola di mano alla sorella e facendola strepitare di nuovo.
    «No! L’ho presa io! Voglio leggerla prima io!», continuò a gridare Lily.
    «Tu ci metti troppo! La leggo prima io!», James teneva la lettera in alto, fuori dalla portata della sorella, ma la madre la agguantò senza mezze misure, con cipiglio severo che tranquillizzò all’istante i figli.
    «La leggerò io per tutti, va bene?», chiese Ginny e, ovviamente, era una domanda unicamente formale.
    Victoire Weasley si era diplomata a Hogwarts pochi mesi prima ed era partita per la Francia assieme Ted Lupin. Suo padre, Bill, non era stato entusiasta, ma si era dovuto arrendere all’insistenza di una figlia ormai maggiorenne e della moglie, che aveva in simpatia il ragazzo della loro primogenita. Del resto, Ted era cresciuto praticamente con loro, essendo il figlioccio di Harry Potter.
    Per James era una sorta di fratello maggiore e non vedeva l’ora che tornasse, dal momento che passava molto tempo a casa loro, a Godric’s Hollow, volando con lui e Albus e giocando a scacchi magici. Tutto quello che Ted diceva, per James, era verità insindacabile, eccetto il discorso sulle ragazze: da quando aveva iniziato a frequentare loro cugina, Ted era cambiato, passava meno tempo con lui e ne passava decisamente troppo a baciare Victoire. Ted aveva cercato di spiegare a James perché lo facesse, ma James non l’aveva capito. Lui non avrebbe mai baciato una delle sue cugine!
    Albus Potter, invece, si era seduto sul divano, aspettando che la madre leggesse la lettera, così da poter poi andare a Diagon Alley: l’anno precedente aveva iniziato a frequentare Hogwarts, la scuola di magia e stregoneria, e, per quanto amasse stare a casa, coi suoi genitori, non vedeva l’ora di tornarci.
    La lettera d Victoire non era molto lunga: salutava tutti e riportava i saluti di Ted, promettendo che, appena fossero tornati, avrebbero organizzato una cena a casa dei nonni, la Tana, punto di ritrovo di tutto il clan Weasley; una decina di minuti dopo, l’intera famiglia Potter si infilò nel camino con un pizzico di Metropolvere nel pugno.
    La giornata era soleggiata e Diagon Alley era affollata di maghi e di streghe. I negozi che vendevano materiale scolastico erano gremiti di ragazzi e James e Albus avevano già incontrato diversi compagni di scuola.
    «Ron e Hermione ci aspettano davanti al Ghirigoro», disse Ginny, frugando nella borsa per trovare la lista dei libri nuovi di James, mentre per Albus non sarebbero serviti molti nuovi testi, avendo un solo anno meno del fratello.
    Mentre camminavano per la tortuosa strada acciottolata, Lily si fermò davanti alla gelateria di Fortebraccio, che, dopo la guerra, aveva mantenuto il nome, in ricordo dello scomparso Florian.
    «Non prima di pranzo», le disse la signora Potter e la bambina si girò verso il padre, con gli occhi umidi, sapendo di poter ottenere da lui quello che la madre le negava.
    Harry Potter non sapeva resistere agli occhi lacrimevoli di sua figlia. Si inginocchiò e le tese le braccia. «Una pallina sola, va bene?», le chiese condiscendente e Lily annuì esibendo un gran sorriso.
    «Non fai che viziarla!», si lamentò Ginny, incamminandosi mal volentieri verso la gelateria.
    «Dai, Ginny, è solo una pallina», le rispose Harry, cercando di ammansirla, ma il volto della donna si rasserenò solo quando scorse, tra la gente, il quartetto che stava avanzando nella direzione opposta alla loro: erano Blaise e Lotus Zabini in compagnia di Draco e Scorpius Malfoy.
    «Potter!», salutò poco dopo Blaise Zabini, mentre suo figlio Lotus si apriva in un sorriso felice vedendo la signora Potter.
    «Zabini, Malfoy», li salutò Harry, che dirigeva le indagini sull’omicidio della signora Zabini.
    «Ci sono novità, Potter?», chiese l’uomo, ma Harry scosse il capo.
    «Mi dispiace, ancora niente, Zabini, ma lo troveremo!».
    Blaise sospirò e adocchiò la direzione in cui stava andando la famiglia Potter.
«Gelato?», chiese.
    James e Albus annuirono in fretta, mentre Lily osservava i nuovi arrivati da dietro i pantaloni di suo padre.
    «Vogliamo pranzare con un enorme gelato?», chiese Blaise a Lotus e il ragazzino annuì entusiasta. Blaise si volse a guadare Draco e così fece Harry. Malfoy stava parlottando a bassa voce col figlio, entrambi sorridevano e Harry rimase colpito, come lo era stato mesi prima, a scuola, dalla complicità che traspariva dal loro atteggiamento.
    «Draco?», lo richiamò all’attenzione Blaise. «Gelato per tutti?».
    Draco guardò la famiglia Potter per un momento e si volse verso il Serraglio Stregato. «No, io...», poi si fermò, come se avesse visto qualcuno. «Va bene», cambiò idea. Qualcosa nel suo tono era cambiato e Harry Potter guardò nella direzione in cui guardava ancora Malfoy. Fece in tempo a vedere una strega bruna coi capelli tagliati a caschetto ed un ragazzino alto e robusto che entravano nel negozio di animali.
    «Cosa fate domenica prossima?», stava chiedendo, intanto, Scorpius ai due fratelli Potter».
    Albus alzò gli occhi verso il padre e Harry Potter scosse la testa. «Niente di particolare. Perché?».
    Scorpius si girò a guardare il padre, che annuì. «Festeggio il mio compleanno. Volete venire?».
    «A Malfoy Manor?», si intromise Harry, con tono improvvisamente incerto; non aveva bei ricordi del palazzo dei Malfoy, dove lui, Ron e Hermione erano stati prigionieri, vent’anni prima e la sua amica era stata torturata proprio dalla zia di Draco Malfoy.
    «Mia moglie dà ogni anno una festicciola per il compleanno di Scorpius, Potter, e non ci sono mai stati incidenti», sibilò Draco e i ragazzi si guardarono a disagio.
    «Tuo padre potrebbe non gradire di avere dei Potter in casa propria, Malfoy».
    Draco sospirò, scompigliando i capelli del figlio che aveva assunto un’aria mortificata.
    «Potrebbe venire anche la signora Potter, no?», si intromise Blaise. «Di sicuro coi ragazzi sa farci più lei di noi... e anche di Asteria, sinceramente!», ridacchiò Blaise. «Ci saremo anche Lotus e io e...», fece un cenno a Draco, che continuò.
    «Mia cognata Daphne coi figli Augustus, che hai già conosciuto, Potter, e Ausia, che è un Prefetto di Hogwarts».
    «Ma sì, veniamo anche noi!», disse Ginny, guardando Scorpius. Molto probabilmente la lista ridotta degli invitati, con un solo ragazzino dell’età di Scorpius, l’aveva convinta ad accettare quell’invito.
    Scorpius sorrise e guardò di nuovo il padre.
    «Allora, questo gelato?», domandò James, attirando l’attenzione degli altri sulla coda di persone che si stavano radunando all’ingresso della gelateria.
    «James, fa’ una corsa al Ghirigoro e avverti gli zii che siamo qui, per favore. Non vorrei che si preoccupassero», gli chiese allora Ginny, e James scambiò un paio di rapide occhiate con gli altri ragazzi.
    «Ti accompagniamo anche noi!», disse Albus, tirandosi dietro Scorpius e Lotus.
    «Ehi!», protestò Ginny. «E noi dovremmo fare la fila per i vostri gelati?!», protestò infastidita. Dalla strada arrivarono un paio di “grazie, mamma” e un “grazie, signora Potter” che la misero a tacere.
    Harry Potter, ridendo, prese in braccio la figlia più piccola, che gli si avvinghiò al collo. «È meglio che ci mettiamo in fila o non riusciremo a prendere nessun gelato», sbuffò, avvicinandosi all’ingresso della gelateria.

«Temevo che a papà venisse un colpo!», sbuffò James quando furono, finalmente, fuori dalla portata degli orecchi dei loro genitori.
    «Mi sa che a papà non piace molto il signor Potter», si rammaricò Scorpius.
    «Se è per questo, nemmeno a nostro padre piace molto il tuo», lo rincuorò James.
    Fuori dal Ghirigoro, Hermione Granger-Weasley guardava verso la strada, restando in piedi accanto alla porta, così da non ostacolare il via vai di clienti.
    «Zia Hermione!», la chiamò James, agitando la mano sopra la testa e la donna individuò i nipoti assieme ad altri due ragazzini che riconobbe al primo sguardo.
    «James! Albus! Ma dove eravate finiti? Dove sono i vostri genitori?», chiese loro raggiungendoli con pochi passi svelti.
    «Sono andati a prendere un gelato da Fortebraccio. Mamma ha detto di venire ad avvertirvi», le disse James.
    «Dove sono Rose e Hugo?», chiese invece Albus.
    «Hugo era di cattivo umore e Ron l’ha portato al negozio. Rose è ancora dentro», accennò alla libreria, nella cui vetrina, posato su un leggio, faceva bella mostra di sé un libro aperto le cui pagine si giravano da sole.
    «Vogliamo andare da Accessori di prima qualità per il Quidditch. Rose può venire con noi?», chiese rapidamente James. Da un mese e mezzo, cioè da quando erano tornati dalla 428^ finale del Campionato del Mondo di Quidditch, James non aspettava altro che recarsi al negozio che avrebbe esposto fino al primo di Settembre le scope della nazionale inglese.
    Hermione incrociò le braccia e guardò con severità il nipote. «Non prima di aver comprato i libri per il nuovo anno!».
    «Avanti, zia!», la supplicò James, pestando i piedi. «Se non andiamo subito, troveremo un sacco di gente!».
    Hermione sbuffò. «James Sirius Potter, ti rende conto che quest’anno avrai delle materie aggiuntive? Non è che i tuoi voti fossero eccezionali, l’anno scorso!».
    «Ti prego!», chiese ancora il ragazzo, ormai alto quasi quanto lei.
    «Avete la lista dei libri che vi servono?», si arrese la strega, porgendo loro la mano per avere le pergamene non appena i fratelli Potter con due identici sorrisi si frugarono nelle tasche per cercare le liste dei libri ricevute dalla scuola.
    «Albus, vai tu a chiamare Rose? Io prendo i libri e raggiungo i vostri genitori, ma mi raccomando, non mettetevi nei guai!».
    «Grazie, zia!», dissero i ragazzi mentre James strizzava l’occhio agli altri due ragazzi e Albus entrava al Ghirigoro per cercare la cugina.
    Accessori di prima qualità per il Quidditch aveva allestito una mostra nella sala principale, dove erano esposte le sette scope che avevano portato in semifinale l’Inghilterra contro il Brasile. Era stata una partita eccezionale e l’Inghilterra aveva quasi vinto quando, tra l’ululato del pubblico, Silva, il cercatore Brasiliano, aveva preso il Boccino, chiudendo la partita con un vantaggio di 20 punti sulla squadra avversaria.
    La partita era stata l’argomento di conversazione preferito di tutti i maschi della famiglia Potter-Weasley per le due settimane successive, ovvero fino a quando la Gazzetta del profeta aveva annunciato l’apertura della mostra temporanea e il fratelli Potter avevano cominciato a chiedere di andare a vederla.
    Finalmente i cinque ragazzi, approfittando della poca affluenza dell’orario di pranzo, poterono ammirare le scope, sospese in aria da un incantesimo che le faceva fluttuare e girare così che tutti potessero vederle da ogni lato, da dietro i cordoni di sicurezza. Gli occhi di James brillavano di emozione alla vista dei manici aerodinamici e dai rametti di saggina che sembravano addirittura pettinati per quanto erano regolari. Su ogni manico di frassino erano incisi il numero della maglia e il nome del giocatore cui apparteneva, con piccoli caratteri dorati.
    «Sono Firebolt 2k, vero?», chiese Lotus, mentre Scorpius girava intorno al cordone con un’espressione sognante quanto quella di James.
    «Sì, ma sono l’ultimo modello, quello uscito in primavera», specificò Albus.
    Rose gonfiò le guance e sbuffò. «E cos’hanno di diverso da quella precedente?», chiese annoiata.
    «L’incantesimo frenante è stato modificato per evitare l’effetto catapulta che quello precedente provocava quando si inchiodava mentre si volava alla massima velocità», rispose di nuovo Albus.
    «Qual è la massima velocità?», chiese Lotus che non sembrava molto appassionato di Quidditch.
    «320 chilometri orari in 10 secondi!», disse James con tono sognante.
    Mentre Lotus e Rose aprivano la bocca in un’espressione di stupore, Scorpius Malfoy raggiunse James dall’altro lato. «L’hai mai portata alla massima velocità?», chiese all’amico con gli occhi che brillavano di emozione.
    James scosse il capo. «Papà ha fatto mettere un incantesimo rallentante. La mia arriva a 250 chilometri all’ora, come la prima Firebolt», rispose non troppo contento.
    «Sempre meglio della mia Nimbus 2005», fece Scorpius, imbronciato. Poi però gli strizzò l’occhio. «Papà però mi ha promesso che aggiungerà un paio di incantesimi per farla correre un po’ di più, se entro nella squadra del Serpeverde, quest’anno!».
    Il sorriso di James si allargò. «Allora giocheremo come avversari, quest’anno!».
    James era sicuro che sarebbe entrato in squadra, questa volta. Lui e Scorpius continuarono a chiacchierare di Quidditch anche dopo essere usciti dal negozio. Incontrarono i padri dei due Serpeverde davanti al negozio di Madama McClan e si separarono.
    «I vostri genitori sono andati al negozio di scherzi», disse loro Zabini e, mentre Scorpius ricordava loro la data della festa di compleanno, i fratelli Potter e loro cugina Rose si avviarono ai Tiri Vispi Weasley.


 
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Benvenuti nella mia nuova long dedicata alla nuova generazione! ^^
Questa storia costituisce "il secondo anno di Albus Potter" ed è il seguito de "Il fuso delle fate", ma può essere letta anche indipendentemente, sebbene alcuni OC siano descritti lì.
Non mi dilungo (anche perché ho un febbrone da cavallo >.<) e vi do appuntamento a lunedì prossimo, col capitolo due!
Come sempre, se volete seguirmi e sapere qualcosa di più su questa e le altre mie storie, potete trovarmi su FB! ^^

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Capitolo 2
*** Compleanno a Malfoy Manor ***


2
Compleanno a Malfoy Manor



Albus e James ascoltarono il padre, per quella che doveva essere la centesima volta, raccomandare loro di stare attenti, tenere gli occhi aperti e restare con la madre perché Malfoy Manor era un posto pericoloso. A Ginny, Harry aveva raccomandato di tornare a casa per cena: un solo minuto di ritardo e avrebbe convocato una squadra di Auror con cui fare irruzione nel castello dei Malfoy.
    Ginny passò il pacco regalo ricoperto di carta verde con un bel fiocco di raso argentato a James e baciò il marito, primo di voltarsi verso il camino e di entrarci coi figli.
    L’ultima cosa che Albus sentì, prima che la metropolvere lo trascinasse lontano fu la voce di Lily che chiedeva con tono petulante per quale ragione non potesse andare anche lei.
    Per quello spostamento, normalmente, avrebbero usato la smaterializzazione congiunta, ma il padre di Lotus aveva proposto di connettere il camino della casa dei Potter, a Godric’s Hallow, con quello del castello dei Malfoy per quel giorno, in modo da evitare un viaggio disagevole ai ragazzi e alla signora Potter. Loro padre non ne era stato entusiasta: l’idea di un passaggio diretto tra casa sua e l’abitazione di Lucius Malfoy lo innervosiva, ma alla fine aveva dovuto cedere: la connessione sarebbe stata chiusa non appena la sua famiglia fosse rientrata e lui non avrebbe perso di vista il camino un momento.
    Quando i Potter arrivarono a destinazione, atterrando in un grande camino tanto alto che Albus non dovette nemmeno piegarsi, per uscirne, trovarono Scorpius e Lotus accomodati sul tappeto antistante, impegnati a chiacchierare tra loro. I ragazzi balzarono in piedi, rivolgendo agli amici espressioni festanti.
    «Buon compleanno, Scorpius!», James allungò le braccia verso l’amico, porgendogli la pesante scatola e vide gli occhi di Scorpius illuminarsi, come se non si fosse aspettato alcun regalo.
    «Auguri!», fecero eco Albus e la signora Potter, mentre il Serpeverde accettava il regalo con la reverenza che si riserva alle cose delicate.
    James gli fece l’occhiolino. «Sta’ tranquillo: non si rompe!».
    «Ho più paura che esploda!», rispose il giovane Malfoy. «Andiamo di là, gli altri ci stanno aspettando!», disse, dirigendosi alla porta.
    Lotus tese la mano alla signora Potter, in una muta richiesta che Ginny fu lieta di accontentare. Il ragazzo era ora un po’ più basso di James e le sorrideva timidamente, chiudendo la fila con lei, mentre Scorpius, James e Albus percorrevano il corridoio chiacchierando con toni allegri.
    L’abitazione dei Malfoy era un antico maniero dalle pareti solide, arredato con gusto ed opulenza e circondato da una tenuta che si estendeva a perdita d'occhio, ma quando entrarono nel salotto dove erano riuniti gli ospiti, i Potter si ritrovarono in un ambiente familiare, con comodi divani in pelle scura dagli schienali trapuntati, disposti intorno ad un basso tavolino dal ripiano intarsiato, il lucido pavimento di legno chiaro era coperto da soffici tappeti dai colori caldi, su una delle pareti candide decorate da stucchi dorati, si apriva un'ampia finestra dai vetri decorati a rombi, ombreggiati da tende bianche e leggere, abbinate a tende di velluto pesante dal caldo color salmone. All'angolo alcune piante di spatifillo aggiungevano una nota verde alla cromia della stanza.
    «Mamma!», Scorpius raggiunse subito una donna dai tratti eleganti e gli zigomi alti. Aveva i capelli castani e gli occhi nocciola ed era vestita con raffinata sobrietà. La donna tese le braccia per accogliere il figlio, adocchiando subito il pacco tra le sua mani. «Hai ringraziato, Scorpius?», gli chiese, mentre Draco, Blaise e un ragazzo alto, dai capelli scuri si alzavano in piedi all'ingresso della signora Potter.
    «Grazie di essere venuta», le disse Draco Malfoy, avvicinandosi e porgendole la mano.
    Ginny l'accettò con disinvoltura, mentre Lotus ancora le teneva l'altra.
    «Non so se già conosce mia moglie, Asteria e sua sorella Daphne», iniziò a fare le presentazioni Draco.
    Le due donne risposero con controllati cenni del capo. Ginny le ricordava vagamente dai tempi della scuola, entrambe Serpeverde, ma nessuna delle due del suo anno.
    «E loro sono i figli di Daphne: Augustus e Ausia Flint», concluse presentando i due ragazzi.
    «Piacere di conoscervi», fece Ginny con un sorriso, mentre Blaise la invitava a sedere con loro.
    «Avanti, apri!», James incitò Scorpius a scartare il regalo, un attimo prima che la signora Potter potesse presentare i propri figli.
    «Non essere maleducato, James!», sbottò Ginny, scuotendo il capo, mentre Scorpius sfilava con attenzione il nastro di raso. «E lui è Albus», aggiunse guardando storto James ancora per un momento.
    «Lei è Ginevra Weasley!», esclamò sorpreso il ragazzo più grande, Augustus, che non le toglieva gli occhi di dosso da quando era entrata. «Cercatrice delle Holyhead Harpies dal '99 al 2004!».
    Ginny rise, arrossendo appena. «Sì, sono io». Il viso le si illuminò mentre sosteneva lo sguardo attento del ragazzo.
    «Holyhead Harpies contro Appleby Arrows! La partita durava da oltre settanta ore, quando scoppiò un temporale che rese il gioco quasi impossibile. Nessuno vedeva il Boccino da quaranta minuti, la partita era praticamente ferma con tutti i giocatori in volo e lei vide il Boccino per prima, riuscendo a prenderlo nonostante un Bolidi avesse colpito la sua scopa! Quella partita resterà nella storia del Quidditch!»,  disse, entusiasta, per poi chiedere: «Perché ha smesso di giocare?!».
    Ginny guardò il figlio maggiore con indiscutibile affetto; «Trauma cranico e tre costole rotte. Ho rischiato di perdere molto più di una partita, quella volta».
    Augustus Flint seguì il suo sguardo fino a James e la sua delusione fu pari soltanto alla sua incredulità.
    «Wow!», Scorpius, nel frattempo, aveva scartato il proprio regalo, scoprendo un kit di manutenzione per manici di scopa. Gli occhi del ragazzo saettavano dalle forbici coda-ciuffi d'argento al barattolo di lucido Quercine, prese in mano la bussola d'ottone e la rigirò tra le mani guardando l'ago che si spostava. «È bellissimo! Grazie!», rivolse un ampio sorriso a James e Albus; aveva ascoltato con attenzione tutta la tirata di Augustus e la risposta della madre.
    Scorpius tirò fuori dalla scatola anche il manuale di manutenzione per manici di scopa. «Questo potrebbe servire anche a te!», disse, rivolgendosi ad Augustus, che smise di fissare James per sorridere al cugino «Sarà più utile a te se non impari a giocare come dico io!», gli rispose sogghignando.
    «Agli ordini, capitano!», sbuffò Scorpius, mentre James faceva una smorfia. Il modo di giocare di Flint non era ben visto dai tre quarti degli studenti di Hogwarts.
    Asteria Malfoy sospirò, scrollando le spalle. «Non capirò mai cosa ci trovino i maschi nel Quidditch!».
    Sua sorella Daphne rispose con tono fintamente lieve: «Io non capirò mai cosa ci trovino le donne!».
    Ginny la guardò negli occhi, con un sorriso che, per un momento, parve quasi ferino. «Ci sono donne che mettono a frutto il proprio talento e altre che preferiscono stare con le mani in mano e farsi mantenere dai mariti ricchi». Il tono che aveva usato rendeva impossibile fraintendere il senso delle sue parole.
    «Che ne dite se tagliamo la torta, così poi i ragazzi potranno andare a giocare fuori?», chiese Malfoy, mentre le donne si scambiavano sguardo omicida, e Blaise si alzava in piedi.
    «Che magnifica idea! Mi sta venendo fame. Voi state comodi, ci pensiamo noi, d'accordo?», porse la mano a Ginny e la invitò a seguirlo prima ancora che qualcuno avesse risposto.
    «Mi dispiace di aver risposto in quel modo», si scusò lei, non appena la porta fu chiusa alle sue spalle, ma Blaise rise e scosse la testa.
    «Ha fatto benissimo. Daphne è stata molto scortese».
    «Sono comunque un'ospite maleducata», si schermì la signora Potter, accigliandosi, ma l'attimo dopo aggiunse: «ma proprio non posso trattenermi dal dire quello che penso!».
    Blaise Zabini la guardò con ammirazione. «Se Emilia avesse avuto lo stesso coraggio, probabilmente il nostro matrimonio non sarebbe finito».
    Ginny si sentì per un attimo a disagio. «Mi dispiace che Harry non abbia ancora scoperto il colpevole», disse con tono mortificato.
    «Non è colpa sua. So che si sta impegnando. Potter è sempre stato così… del resto, ha sconfitto Voldemort!».
    Ginny alzò lo sguardo, incontrando gli occhi dalla forma allungata dell'uomo, che sbuffò, divertito dalla sua sorpresa. «Sono perché sono stato un Serpeverde dovrei ancora avere timore nel fare il suo nome?»,
    «No, immagini di no», convenne Ginny.
    Nella stanza accanto erano state preparate diverse caraffe di succo di zucca e burrobirra, pile di piatti, tovaglioli e numerose posate e, su un carrello, era già stata posata la grande torta gelato, incantata per non sciogliersi. Al centro del dolce erano state messe due candeline con i numeri uno e due.
    Blaise spostò sul carrello il necessario e chiese a Ginny di aprirgli la porta mentre lo spingeva e di accendere le candeline, con un colpo di bacchetta appena prima di entrare nel salotto dove attendevano gli altri.
    «È enorme!», esclamò Scorpius, contento, vedendoli entrare.
    «Spegni le candeline, Scorpius!», lo invitò la madre, baciandolo sulla guancia subito dopo che il ragazzo vi aveva soffiato, spegnendole. Anche Draco Malfoy baciò suo figlio sulla guancia e Ginny trovò quel quadretto familiare assolutamente incredibile.
    «Spero che non farete tagliare la torta a me anche quest'anno!», disse Daphne, alzandosi per abbracciare il nipote.
    «E non guardate me!», le fece eco Ausia, raggiungendo il cugino per stringerlo un momento tra le braccia e sussurrargli qualcosa all'orecchio.
    «Se volete la taglio io!», fece Blaise, prendendo il coltello in mano.
    «No, papà! Tu no!», si imbronciò Lotus, tendendo la mano per togliergli il coltello di mano.
    «Lotus ha ragione, Blaise, hai già fatto abbastanza danni al suo compleanno!», gli disse Draco allungando la mano per farsi passare la posata.
    «Lo faccio io, se volete», si propose Ginny. «Con tre figli più il figlioccio di Harry ho fatto un bel po' di pratica!», rise, senza accorgersi dell'improvviso irrigidimento di Draco, ma Blaise le passò il coltello da dolci sillabando con le labbra “salvatrice!”.
    Ginny tagliò fette regolari e le depose sui piatti che Blaise le passò, servendo tutti i presenti, mentre Draco versava il succo di zucca e distribuiva i bicchieri.
    Stavano per brindare al festeggiato quando la porta si aprì.
    «Nonna! Nonno!», chiamò Scorpius, all'apparire di Narcissa e Lucius Mafoy, posando il bicchiere e correndo a gettarsi tra le braccia della nonna.
    «Quando imparerai un po' di buone maniere, Scorpius?!», lo rimproverò Lucius, sbattendo a terra la punta del bastone, ma l'attimo dopo sorrideva con le braccia del nipote al collo.
    Ginny rimase a fissare con occhi sgranati l'uomo a causa del quale era diventata vittima inconsapevole di Voldemort quando era appena una bambina e Lucius Malfoy ricambiò con palese disappunto.
    «Non sapevo che avessi esteso l'invito alla signora… Potter, Draco», fece Lucius, con tono disgustato.
    «I fratelli Potter sono amici di Scorpius, padre. Ne abbiamo già parlato», gli rispose Draco, con calma impeccabile.
    «Volete accomodarvi? C'è dell'altro dolce», cercò di cambiare discorso Asteria, avvicinandosi a Narcissa, che la guardò a malapena, tornando ad osservare il nipote.
    «No, Asteria, grazie», Narcissa rispose per entrambi. «Siamo solo venuti a fare gli auguri a Scorpius e a dirgli che, se più tardi vuole passare da noi, c'è il suo regalo che lo aspetta».
    «Un altro?», chiese candidamente il più piccolo dei Malfoy, sollevando le sopracciglia pallide.
    «Non lo starete viziando troppo?», rise Daphne, ma Ginny non prestò molta attenzione allo scambio di battute: teneva gli occhi su Lucius, un'espressione ostile e la mascella rigida. L'uomo aveva guardato con disgusto ed attenzione James e Albus, che l'avevano fissato a loro volta e poi era tornato a guardare lei, rivolgendole un sorriso velenoso quanto impostato.
    «È stato un piacere rivederla, dopo tutti questi anni. Mi saluti suo marito, il nostro eroe».
    Le dita di Narcissa si strinsero appena un po' più forte sul braccio del marito ed i signori Malfoy uscirono, lasciando dietro di sé una traccia di gelo a cui solo i più piccoli parvero immuni.
    In effetti, James e Albus erano più interessati a finire le loro fette di torta in fretta per poter uscire a giocare, che a capire di cosa stessero parlando gli adulti.


Meno di dieci minuti dopo, i quattro ragazzi correvano già lungo i corridoi lucidi del castello per uscire nel parco retrostante, dove gli elfi domestici, prima di chiudersi in stanze di servizio, lontane dallo sguardo degli ospiti, avevano apparecchiato il tavolo per il tè con altre caraffe di succo di zucca e qualche pasticcino.
    «Lascia che te lo dica, Scorpius», attaccò James, dopo essersi seduto sul prato tagliato di fresco, all'ombra di un'alta siepe di tasso, «gioca pulito. Non dare retta a tuo cugino».
    «Augustus è un bravo giocatore», puntualizzò Scorpius, un po' piccato.
    «Fa un sacco di falli e prima o poi potrebbe far male a qualcuno».
    «A te Augustus non piace perché esce con tua cugina!», gli rispose Scorpius.
    «Non credo si siano più visti dall'inizio delle vacanze», si intromise Albus. «In ogni caso, se fosse bravo come dici, non avrebbe bisogno di fare tutti quei falli», dette man forte al fratello.
    «È che lui si diverte così!», si trincerò Scorpius, dietro un'espressione accigliata che si sciolse solo quando i cugini li raggiunsero, pochi minuti dopo.
    «Vi hanno mandati via?», chiese Lotus ad Ausia, ridendo.
    «A quanto pare», cantilenò la ragazza, sedendosi sull'erba, tra Scorpius e Lotus.
    «Pensavo di trovarvi già tutti arrampicati sulle scope!», li schernì Augustus, incombendo alle spalle di James, che si voltò guardandolo con cipiglio.
    «Vuoi prenderti avanti sui falli del nuovo campionato?», sbottò il primogenito dei Potter, sostenendo lo sguardo divertito del capitano Serpeverde.
    Augustus si piegò sulle ginocchia, inclinando il capo per parlare direttamente all'orecchio di James. «Così pensi di entrare in squadra, quest'anno. Voli piuttosto bene, ma ora che so chi è tua madre, ho capito perché, Potter». Poi si girò verso Albus. «Anche tu pensi di entrare in squadra?».
    «Mio fratello vola anche meglio di me!», sbottò James, rosso di rabbia.
    «È James l'appassionato di Quidditch», rispose invece Albus, con calma, «ma è possibile che faccia un tentativo. Non ho ancora deciso». Sorrise ad Augustus e poi guardò Scorpius. «Tu, invece, sei sicuro di entrare in squadra, vero?».
    «Certo che è sicuro!», gli fece un buffetto Ausia. «Augustus non lo lascerà di sicuro fuori dalla squadra, vero?!», chiese al fratello che sbuffò, sollevando le sopracciglia con fare esasperato.
    «Non lo lascerò fuori dalla squadra perché è bravo, Ausia, non perché è mio cugino!».
    Albus rise e Lotus lo seguì a ruota. Quello che era certo, era che il campionato scolastico di Quidditch sarebbe stato al centro di un sacco delle loro chiacchiere.

 
___________________________

Sono ancora malconcia, quindi perdonatemi, ma sarò breve: grazie a chi ha letto, ma soprattutto a LadyRiddle e a Kiry Rey che hanno commentato.
Per aggiornamenti e spoiler (appena avrò di nuovo la testa funzionante), mi trovate su FB.

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Capitolo 3
*** Mappa e Mantello ***


3
Mappa e Mantello



La mattina del primo Settembre, a casa Potter regnava il caos.
    Albus Potter, con calma invidiabile, osservava il fratello maggiore correre su e giù per le scale, cercando di trovare libri dimenticati in giro per casa e infilare nel baule vestiti che loro madre aveva finito di stirare quella stessa mattina. Loro sorella minore gli correva dietro dandogli il tormento e ridendo ogni volta che lui le diceva di togliersi dai piedi e loro padre cercava le chiavi della macchina, anche quelle finite chissà dove.
    «James! Sei ancora di sopra?», gridò il signor Potter, il viso rivolto verso la rampa delle scale. «Guarda se le chiavi della macchina sono in camera, per favore».
    «Adesso guardo!», arrivò la voce di James dal piano superiore.
    James Potter, in quel momento, adorò suo padre: da tutta la mattina cercava di schiodarsi di torno la sorella minore per poter entrare di soppiatto nella camera dei genitori, ed ora, era proprio il padre a dargli la scusa per farlo.
    Con Lily alle calcagna, varcò la soglia della camera matrimoniale, adocchiò il grande baule ai piedi del letto dei suoi genitori, ma si diresse al comò. Dalla specchiera osservò Lily, che lo seguiva come un cagnolino al guinzaglio e guardò nello svuotatasche, accanto all'orologio francese che zia Fleur aveva regalato a Harry e Ginny per il loro matrimonio ed al piattino di potpourri preparato da sua madre assieme a nonna Molly.
    «Eccole!», individuò le chiavi assieme a qualche zellino e qualche centesimo di sterlina, un paio di caramelle e qualche graffetta. «Portale giù a papà», disse alla sorella, porgendole l'anello metallico con attaccate le chiavi dell'auto».
    «Lo ha chiesto a te!», rispose subito lei.
    «Devo finire di fare il baule! Vuoi che perdiamo il treno per Hogwarts?!».
    Sbuffando, Lily prese le chiavi e corse giù. James fece finta di seguirla, ma, non appena la sorella scese qualche gradino, tornò nella camera dei genitori, inginocchiandosi davanti al baule. Sapeva che quello che cercava era lì dentro perché aveva sentito suo padre dirlo al professor Paciock durante la sua ultima visita.
    Zio George aveva raccontato spesso della mappa favolosa che lui e zio Fred avevano sottratto, molti anni prima, all'appropriazione indebita di Mastro Gazza e zio Ron aveva confermato a Rose che era tutto vero. Quell'estate, poi, durante una cena alla Tana, zio Ron aveva parlato delle passeggiate notturne che avevano fatto lui e zia Hermione assieme a loro padre, quando erano a scuola.
    Era da allora che James non aspettava altro che mettere le mani su quei tesori. Guardò verso la porta, per accertarsi che nessuno lo scoprisse ed aprì il baule. Non gli servì molto per trovare quello che cercava: il mantello era piegato con cura, riposto sopra ad altre cose, la stoffa in cui era intessuto sembrava argento liquido, era fresca e incredibilmente leggera. «Wow!», mormorò James, alzandosi in piedi e aprendo il mantello. Era meraviglioso, non aveva mai visto nulla di tanto bello in vita sua.
    Si chinò e frugò un altro po' per trovare la mappa. Gli zii avevano detto che sembrava una semplice pergamena, un po' consumata senza mai essere stata usata, così, quando trovò un vecchio foglio ingiallito, piegato in quattro, prese la bacchetta dalla tasca dietro dei pantaloni e fece come aveva raccontato zio George. «Giuro solennemente di non avere buone intenzioni!», recitò a bassa voce, colpendo la carta con la punta della bacchetta.
    Per magia, linee di inchiostro comparvero a formare disegni e parole.


 
“I signori Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso
Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori
sono fieri di presentarvi
La Mappa del Malandrino”


    Gli occhi di James sembravano incatenati a quelle parole. Suo padre aveva raccontato a lui, Albus e Ted dei Malandrini, di Lunastorta, il padre di Ted e di nonno Ramoso. «Consiglieri e Alleati dei Magici Malfattori», mormorò tra sé, con voce piena di reverenza.
    «James? Hai finito?», dalle scale giunse la voce di suo padre e James chiuse di scatto il baule e si precipitò fuori dalla camera dei genitori, raggiungendo la propria a tutta velocità. Gettò mantello e mappa nel proprio baule e lo chiuse un momento prima che Harry Potter comparisse alla sua porta.
    «Hai finito, James? Ho già caricato il baule di Albus», gli disse suo padre con quell'aria un po' afflitta che aveva ogni volta che i figli partivano.
    «Sì, ho appena finito, papà», James prese uno dei manici del baule e cominciò a tirarlo fuori dalla stanza.
    «Ti do una mano», gli disse suo padre, prendendo la maniglia al suo posto, trascinando il baule fino alla rampa delle scale per poi farlo levitare davanti a loro mentre scendevano al piano terra.
    «Pronti?», chiese la signora Potter, mentre aiutava Lily ad infilare la giacca sopra l'abitino verde e, pochi minuti dopo, erano tutti nell'auto familiare che svoltava fuori dalla stradina di periferia in cui abitavano e girava intorno al monumento ai caduti al centro della piazza di Godric's Hollow, per proseguire verso l'imbocco dell'autostrada, direzione Londra.
    James si voltò verso il monumento che nascondeva ai Babbani quello commemorativo ai suoi nonni e al padre bambino e sorrise in tralice guardando il volto marmoreo del nonno.


King's Cross era, come sempre, affollata.
    La gente guardava stranita alcuni individui eccentrici che cercavano di passare inosservati nonostante indossassero abiti sgargianti e male assortiti e alcuni di loro trasportassero addirittura gufi o civette. Probabilmente i Babbani pensavano si trattasse di partecipanti a qualche strano raduno di appassionati di ornitologia, ma Albus e James erano contenti che il loro gufo avrebbe volato da solo fino al castello.
    Attraversata la barriera del binario 9 ¾, però, nessuno badò più ad eventuali stranezze, perché tutte le persone che aspettavano sulla pensilina, accanto al rosso espresso per Hogwarts erano maghi come loro.
    I Potter avanzarono, cercando uno scompartimento libero o i loro amici, ma non era facile trovare chi cercavano, tra la folla. Dopo un po', però, Albus sentì qualcosa strusciare contro le sue gambe. Abbassò lo sguardo e incontrò gli occhi verdissimi di Erintja. La gatta cominciò a fare le fusa e si lasciò prendere in braccio quando Albus si chinò a raccoglierla.
    «Non dirmi che sei già scappata!», le disse Albus, ricevendo in risposta delle fusa sonore.
    «Sarà meglio trovare Martin», commentò James, accarezzando la testa della gatta nera del loro amico. Per tutto l'anno precedente, Erintja si era nascosta da Mrs Purr, la gatta fantasma di Gazza, a cui dava spesso man forte Pix, il poltergeist. Per puro caso, Louis e Fred, andando a Hogsmeade, avevano scoperto che la gatta aveva trovato rifugio in un negozio aperto da poco: Dal Marchese di Carabà, incanti e curiosità, il cui proprietario le aveva preparato un soffice cuscino sopra il bancone e le dava croccantini di prima scelta.
    In seguito, però, un'elfa domestica di nome Pikey aveva condotto i fratelli Potter e i loro amici Scorpius Malfoy e Lotus Zabini, in una radura nella Foresta Proibita, dove aveva visto andare Erintja e, lì, i ragazzi avevano rinvenuto un antico artefatto oscuro che il Capo Auror Potter stava cercando: il Fuso delle Fate. Come l'oggetto maledetto fosse arrivato a scuola era ancora un mistero, ma era ormai chiaro che la madre di Lotus, Emilia Zabini, era stata uccisa per rubarlo.
    Dominique Weasley si era punta con il Fuso delle Fate la notte di Natale e si era addormentata come nella favola babbana di Rosaspina, in seguito al ritrovamento del Fuso, il professor Serendip, l'insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, aveva capito come invertire la maledizione ed aveva salvato la ragazza che era diventata subito popolare in tutta la scuola, tanto che il capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, Augustus Flint, le aveva chiesto di uscire con lui e, nonostante Albus pensasse che i due non si frequentassero già più, James vide Flint stringere la mano di loro zio Bil proprio davanti a loro, mentre l'altra era appoggiata sulla schiena di Dominique.
    «Sembra che Dominique si sia trovata un ragazzo», commentò la signora Potter.
    «È Augustus Flint, mamma!», protestò James, con una smorfia disgustata sul viso.
    «Lo vedo. E allora?», chiese la donna, strizzando l'occhio a Lily che guardava il ragazzo con grande interesse.
    «È Serpeverde!», iniziò James, «Fa un sacco di falli a Quidditch, è arrogante e antipatico!», sbottò ancora, spingendo avanti il carrello col proprio baule, per girare alla larga da Flint.
    «James! Albus!», Martin e Rose corsero loro incontro, chiamandoli a gran voce. «Meno male che l'avete trovata voi!», Martin prese Erintja dalle braccia di Albus e poi salutò i genitori dei suoi amici. Martin Nymor era stato smistato, l'anno prima, nella casa di Priscilla Corvonero, era nato Babbano e non sapeva nulla della magia, ma si era applicato molto, tanto di diventare uno dei migliori studenti del loro anno.
    Prima di conoscere Albus, James e Rose, Martin non aveva idea di chi fosse Harry Potter, ma, dal momento che il padre dei suoi amici sembrava una persona importante, si era documentato sui libri di Storia Contemporanea della Magia e ora guardava il Capo del Dipartimento Auror con gli occhi sgranati, come aveva fatto coi genitori di Rose.
    Rose gli diede una gomitata sul fianco e salutò gli zii. «Sarà meglio mettere Erintja nella sua cesta o scapperà un'altra volta e io sono stanca di correre avanti e indietro per cercarla!», disse prima di trascinare via Martin. «Ci vediamo dopo sul treno!». Indicò ai cugini uno scompartimento dove suo padre, Ron Weasley l'aveva già aiutata a caricare il suo baule.
    I Potter si diressero verso Ron e Hermione, quando vennero raggiunti da altri due ragazzini: Scorpius Malfoy e Lotus Zabini. I quattro si erano incontrati solo cinque giorni prima, in occasione del compleanno di Scorpius e si salutarono in fretta dato che lo scompartimento dei due Serpeverde era in fondo al treno e non volevano rischiare di trovarlo già tutto occupato.
    Dietro di loro, i loro padri e la signora Malfoy, salutarono i Potter con cortesia, intenzionati a seguire i figli, ma Draco Malfoy si fermò di colpo.
    Il suo sguardo era fisso sulla stessa donna che, un paio di settimane prima, avevano visto a Diagon Alley.
    «Quest'anno comincia anche il piccolo Vincent», commentò Zabini, guardando il ragazzone che camminava accanto alla madre ed ad un uomo alto e grosso, tanto da sembrare un armadio.
    Quando la donna si girò di profilo, la signora Potter sussultò. «Ma non è Pansy Parkinson, quella?». Pansy Parkinson era stata la ragazza di Draco Malfoy, a Hogwarts o, almeno, era quello che si diceva a scuola. Era stata una Serpeverde, di famiglia purosangue e suo padre era stato un Mangiamorte. Il signor Parkinson era finito ad Azkaban dopo che Lucius Malfoy aveva cominciato a collaborare col Ministero della Magia, e dei Parkinson non si era più sentito parlare.
    «Pansy Goyle», la corresse Zabini. «Ha sposato Gregory poco dopo la fine della scuola».
    «Ci sono Daphne e Marcus. Noi andiamo a salutarli», lo interruppe Draco, distogliendo lo sguardo da Pansy e raggiungendo i cognati assieme alla moglie.
    «Pensavo che la Parkinson stesse con Malfoy», commentò a quel punto il signor Potter e Zabini fece spallucce.
    «La morte di Vincent e i processi hanno cambiato tante cose», rispose Blaise con un sorriso cortese. «Vado a vedere a che punto sono i ragazzi. Signora Potter, è stato un piacere. Capo Potter, arrivederci». Zabini sollevò una grande mano nera a salutare Albus e James e rivolse un sorriso affascinante a Lily, prima di sparire tra la folla.
    Al primo fischio del tremo, Albus e James corsero in avanti, raggiungendo gli zii e lo zio Ron aiutò loro padre a caricare i bauli, mentre Lily ricominciava a piagnucolare che voleva andare coi fratelli.
    «Ci andrai il prossimo anno!», le disse la madre, tenendola per mano per essere sicura che non salisse di nascosto sul treno, mentre baciava i due ragazzi, facendo loro le ultime raccomandazioni.
    Quando il treno partì, i fratelli Potter erano ancora vicini alla porta del  vagone.
    «Credevo che non ce l'avremmo fatta a partire!», sbuffò Albus.
    «Pure io!», confermò James, prima che un sorriso da mascalzone gli stirasse le labbra. «Andiamo a sederci. Devo mostrarti una cosa!».
    Il treno era pieno di ragazzi, ma Rose e Martin avevano tenuto il posto per loro, così Albus e James non dovettero cercare molto prima di accomodarsi.
    James attese che il treno avesse svoltato, lasciando la stazione, prima di alzarsi per frugare nel proprio baule. Ne trasse due oggetti che si strinse al petto e, sorridendo agli altri disse solenne: «Dovete promettere che non rivelerete a nessuno quello che sto per mostrarvi!».
    Con un colpo di bacchetta, Rose fece abbassare le tendine del loro scompartimento. «Prometto!».
    «Prometto», le fece eco Martin, proprio mentre Erintja riusciva ad aprire il coperchio della cesta in vimini e faceva capolino con la testa.
    «Prometto», disse Albus, guardando con attenzione il fratello che srotolava l'involto di stoffa e se lo appoggiava sulla testa, svanendo istantaneamente.
    Un gridolino di sorpresa di Rose e un'espressione di sconcerto di Martin suscitarono le sue risate, mentre Albus boccheggiava.
    «Hai preso il mantello di papà?!», chiese incredulo.
    James se lo tolse, tornando subito visibile e annuì, orgoglioso.
    «È il mantello dell'invisibilità! Uno dei tre Doni della Morte!», squittì Rose, che conosceva la storia bene quanto i Potter per averla sentita direttamente dai suoi genitori.
    «I cosa?», trasecolò Martin.
    «I Doni della Morte», ripeté Rose, toccando con timore reverenziale il mantello. «Tre oggetti che molti considerano una leggenda, ma che zio Harry ha riunito durante la guerra!».
    «Il mantello è l'unico dei Doni che papà ha tenuto. Appartiene alla nostra famiglia da generazioni», disse Albus, guardando poi suo fratello, «e papà non sarà per niente contento quando scoprirà che l'hai preso!». Allungò una mano, incapace di resistere alla tentazione di toccarlo: era fresco, liscio e, in qualche modo, familiare. Quando James parlò di nuovo, Albus si rese conto di aver stretto le dita sulla stoffa, togliendola al fratello.
    «Mi sa che si arrabbierà ancora di più, allora, quando non troverà nemmeno questa…», nel dirlo mostrò la pergamena che aveva sottratto assieme al mantello, pregustando già tutto quello che avrebbe potuto farci di lì in avanti.
    Rose batté le mani con entusiasmo, indovinando subito di cosa si trattasse, mentre Martin guardava a bocca aperta, in attesa di vedere l'ennesima meraviglia ed Erintja teneva gli occhi sul mantello, ripiegato sul braccio di Albus, che continuava ad accarezzarlo con affetto, catturato dalla sensazione piacevole di quella stoffa incredibile.
    «La Mappa della scuola realizzata dal nonno e dai suoi amici!», annunciò James, aprendola e mostrandola agli altri.
    «Si muove!», disse Martin, sbalordito e Albus si unì agli altri nell'osservazione dei piccoli cartigli coi nomi degli insegnanti.
    «A quanto pare il vecchio Serendip è ancora vivo!», scherzò James, indicando il cartiglio del professore che lasciava l'ufficio dell'insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.


 
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Ecco il nuovo capitolo, finalmente stiamo andando a Hogwarts, dove comincerà l'avventura. Che ne dite, James riuscirà a mettersi nei guai? ^^
Grazie a chi legge questa storia e a Ladyriddle, che ha commentato il capitolo precedente. ^^
Come sempre, vi aspetto su FB!

 

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Capitolo 4
*** L'intruso ***


4
L'intruso



«Serpeverde!», aveva decretato il Cappello Parlante, non appena si era poggiato sulla testa orsina di Vincent Goyle. Il ragazzino aveva reagito con un grande sorriso, rivelando denti grandi e forti e si era diretto verso il tavolo della sua Casa con evidente orgoglio.
    Era poi toccato ai gemelli Scamandro. Albus e James li avevano cercati, durante il viaggio, per invitarli nel loro scompartimento, ma Lorcan e Lysander avevano già legato con altri ragazzi e non erano sembrati molto impauriti dalla prospettiva dello Smistamento. I gemelli Scamandro erano i figli della migliore amica di loro madre, Luna Lovegood, che era anche la madrina di loro sorella Lily e spesso trascorrevano le vacanze assieme. I loro genitori erano spesso all'estero per lavoro, quindi i due ragazzi passavano molto tempo col nonno, un vecchio mago un po' tocco che abitava non troppo lontano dalla Tana, la casa dei nonni Weasley, e che gestiva un giornale bizzarro, Il Cavillo.
    Erano assolutamente identici: ondulati capelli biondi e occhi pallidi, incarnato chiaro e tratti sottili. A dire il vero, James trovava che, a volte, fossero un po' inquietanti, ma la signora Potter diceva che anche i suoi fratelli, zio George e zio Fred si capivano al volo senza la necessità di parlarsi, e Albus e Lily sembravano totalmente a proprio agio con loro.
    Certo è che, quando il Cappello Parlante li smistò entrambi a Corvonero, James ne fu sollevato e Albus non rimase sorpreso. Martin, che li aveva conosciuti sul treno e che aveva ascoltato da loro una rapida descrizione della famiglia Scamandro, applaudì con particolare entusiasmo.
    Per tutta la prima settimana, James attese la lettera con cui suo padre l'avrebbe messo nuovamente in punizione, ma, se Harry Potter aveva scoperto il furto, non ne fece parola coi figli, così, dopo sette giorni di stoica resistenza, sul fare della sera, dopo che l'ultima lezione si era conclusa, il ragazzo corse nel proprio dormitorio, afferrò il mantello e la mappa dal baule e uscì di soppiatto, per gironzolare indisturbato per il castello.
    Passò accanto a Dominique, intenta a chiacchierare con una sua amica Tassorosso, senza che le due se ne accorgessero e fu quasi travolto dalla corsa di due ragazzini Serpeverde che ridevano, inseguiti dalla voce arrabbiata di Ausia Flint e scorse Scorpius Malfoy, all'ingresso del castello, con un mago che James aveva visto pochi giorni prima: suo nonno, Lucius Malfoy.
    Era quasi ora di cena, e James non voleva che qualcuno notasse la sua assenza, quindi cercò un'aula vuota per togliersi il mantello, scrutò la mappa per essere sicuro che non ci fosse nessuno, fuori dalla porta, e uscì, per recarsi in Sala Grande. Era euforico per quella prima incursione ed aveva tutta l'intenzione di ripetere l'esperienza appena finito di cenare. Quella sera, aveva deciso, avrebbe violato il coprifuoco per la prima volta.
    «Ci vediamo dopo», salutò i cugini e strizzò l'occhio ad Albus e Rose, prima di alzarsi da tavola, dopo aver mangiato di fretta. Lasciò la Sala Grande per primo, camminando fino alla porta e poi correndo, quando l'ebbe attraversata. Tornò nell'aula vuota in cui si era nascosto poco prima e si coprì di nuovo col Mantello dell'Invisibilità. Un ampio sorriso gli si disegnò sul volto, mentre sgusciava fuori dall'aula, senza nessuna meta precisa.
    Per un po', James bighellonò, godendosi la sensazione di invincibilità che l'essere invisibile gli dava: poteva ascoltare i discorsi dei personaggi dei quadri e passare attraverso i fantasmi vedendo loro, per una volta, rabbrividire, senza comprendere cosa fosse accaduto. Doveva solo fare silenzio e stare attento a non camminare pesantemente.
    Quando gli studenti iniziarono a lasciare la Sala Grande, James si accostò ad un muro, prese la pergamena e cominciò ad osservarla: avrebbe potuto scoprire dove si trovavano gli altri dormitori e spiare Ausia Flint o quel suo odioso fratello con sua cugina Dominique. Al solo pensiero che avrebbe potuto beccarli a baciarsi gli venne la nausea, ma avrebbe anche potuto tirare loro qualche scherzo innocente.
    Poi, qualcosa attirò il suo sguardo: un cartiglio che non avrebbe dovuto esserci. Lucius Malfoy era ancora a scuola.
    James scorse rapidamente la mappa in cerca dei nomi della preside, del professor Sylla e di Scorpius, ma tutti e tre erano ancora nei pressi della Sala Grande, mentre il signor Malfoy si trovava in biblioteca.
    Madama Pince, l'anziana bibliotecaia, non ammetteva nessuno nella biblioteca, dopo l'ora di cena ed era davvero strano che il nonno di Scorpius ci si aggirasse da solo.
    Senza nemmeno prendersi il tempo di riflettere, James cominciò a correre lungo i corridoi semi vuoti, per raggiungere il terzo piano. Arrivato davanti alla porta della biblioteca, si fermò per controllare che il signor Malfoy fosse ancora lì: la biblioteca era composta da centinaia di stretti corridoi formati da antichi scaffali pieni di volumi, da quelli rari e preziosi a quelli più comuni.
    Numerosi tavolini incastrati tra gli scaffali consentivano agli studenti di studiare in quell'ambiente silenzioso e austero, sotto la vigile presenza della responsabile. In fondo alla biblioteca si trovava il reparto proibito, un'area vietata agli studenti e delimitata da un cordone. Per potervi accedere era necessario avere un permesso scritto di un insegnante e, di solito, i professori erano piuttosto restii a concederlo.
    James si addentrò in punta di piedi, lasciando la porta socchiusa per evitare di fare rumore. Secondo la Mappa del Malandrino, il signor Malfoy si trovava proprio nel Reparto Proibito e James era pronto a giocarsi un altro anno di punizione, rinunciando al Quidditch, che l'uomo non aveva alcun permesso. Quando si trovò davanti al cordone che limitava l'area d'accesso, ebbe un istante di indecisione: varcare quel limite significava diventare… «Un Magico Malfattore», mormorò con le labbra che si arricciavano ai lati. Piegò la Mappa e se la infilò in tasca, prendendo la bacchetta prima di scavalcare il cordone.
    Se suo padre non aveva ancora scoperto la mancanza dei due preziosi oggetti magici, doveva trattarsi di un segno del destino. Sicuramente suo nonno sarebbe stato fiero di lui, anche se, probabilmente, sua madre sarebbe andata su tutte le furie, se lo avesse scoperto.
    Si addentrò nel Reparto Proibito, attento a non fare nessun rumore, occhieggiando qualche titolo ogni tanto, Delle Magie Fetide e Putridissime gli strappò una smorfia poco prima che individuasse il signor Malfoy. L'uomo stava in piedi, tenendo un libro in mano, ne sfogliò alcune pagine e poi si guardò alle spalle. Aveva il volto pallido e gli occhi grigi attenti. Il suo volto tradiva la tensione.
    Per un attino, James trattenne il respiro, terrorizzato all'idea di venire scoperto, ma quando il mago tornò a guardare il libro, James sorrise. Fece un altro passo verso il nonno di Scorpius, ma si fermò di nuovo quando Lucius Malfoy piegò con cura una pagina e la strappò. Chiuse il libro e lo rimise nello scaffale, dove il danno non sarebbe stato scoperto per chissà quanto tempo.
    Quando si prendeva un libro in prestito, nella biblioteca della scuola, la bibliotecaia si premurava di far presente che “Chi strappa, straccia, lacera, stropiccia, piega, mutila, deturpa, macchia, unge, lancia o in qualunque altro modo danneggia, maltratta o mostra mancanza di rispetto nei confronti di questo libro ne subirà le conseguenze, tanto orrende quanto è in mio potere renderle tali.
Irma Pince, Bibliotecaria di Hogwarts”
e nessuno osava danneggiare un libro della scuola: Madama Pince era in ottimi rapporti con mastro Gazza e i due sapevano trovare punizioni davvero terribili, assieme.
    Lucius Malfoy ghignò soddisfatto mentre piegava la pagina strappata e la infilava in una tasca della veste. Girò sui tacchi e, tenendo il bastone da passeggio sotto braccio, si avviò verso l'uscita.
    James si premette contro lo scaffale, facendo cadere un libro mostruoso che si agitò e cominciò a ringhiare, tentando di spezzare la cinghia che lo chiudeva, per non venire travolto dal passaggio dell'uomo che, l'attimo dopo averlo superato, si girò a guardare chi avesse emesso il verso. James si trovò a trattenere di nuovo il fiato, mentre Malfoy osservava con disgusto il libro e subito se ne disinteressava.
    Rilasciò un piccolo sospiro di sollievo quando il mago riprese a camminare, afferrò rapidamente il libro, rimettendolo all'incirca al suo posto, e subito lo seguì. Avevano appena superato il cordone della zona proibita quando comparve, davanti a loro, la luce di una lanterna.
    «Chi c'è?!», chiese la voce stridula di Madama Pince.
    «Mi perdoni, madama, Lucius Malfoy», si presentò l'uomo, con tono sicuro, «temo di aver perso la nozione del tempo mentre mi aggiravo per la biblioteca».
    La strega si avvicinò, con la bacchetta in pugno, sollevando la lanterna. «Ai parenti degli studenti non è consentito girovagare per la scuola, dovrebbe saperlo bene!».
    «Lo so, lo so. Ha ragione. Mi perdoni», sollevò le mani e James ebbe la sensazione che stesse sorridendo. «Ho portato un libro che mio nipote aveva dimenticato a casa e mi è venuta voglia di rivedere la biblioteca dove ho passato tanto tempo, da ragazzo. Sono certo che può capire la mia nostalgia, Madama».
    James, invece, capiva che Malfoy stava circuendo la strega per non passare un guaio. Si accucciò a terra, e puntò la bacchetta contro la tasca in cui era stata nascosta la pagina strappata. «Wingardium Leviosa!», mormorò, sperando che le loro voci coprissero la sua e si concentrò al massimo, cercando di far uscire quella pagina piegata dalla tasca, senza che nessuno dei due se ne accorgesse.
    «La prego di seguirmi, signor Malfoy. L'accompagno all'uscita!», disse in quel momento Madama Pince, voltandogli le spalle e avviandosi verso la porta della biblioteca.
    «La ringrazio, ma non si disturbi. Conosco la strada», si affrettò a replicare Malfoy, avviandosi dietro di lei.
    Un quadrato di carta piegata si sollevò dalle pieghe della ricca veste nera del mago e James strinse i denti come se, così facendo, potesse infondere maggiore potere nell'incantesimo. La pagina si sollevò di qualche altro centimetro e cadde fuori dalla tasca.
    James si trattenne dall'esultare e si rialzò rapidamente, facendo alcuni passi veloci per raccoglierla prima che qualcuno potesse vederla a terra. I suoi passi fecero voltare di nuovo Malfoy, ma James era arrivato alla pagina e l'aveva coperta col mantello, che arrivava fino a terra.
    «Signor Malfoy?», chiamò Madama Pince e James sospirò silenziosamente. Si chinò a raccogliere il maltolto e lo mise in tasca, avviandosi all'uscita facendo più attenzione. Attese con l'orecchio premuto alla porta, pregando che Madama Pince non chiudesse a chiave, ma la strega sembrava interessata unicamente a spedire Malfoy fuori dalla scuola quanto prima.
    Quando i passi dei due si furono allontanati, James aprì lentamente, occhieggiando che nessuno fosse nei paraggi. Sgusciò fuori dalla porta e se la richiuse lentamente alle spalle, cominciando a correre verso la torre di Grifondoro. I corridoi erano ormai vuoti, doveva essere appena scattato il coprifuoco, ma James era ancora troppo eccitato per la visita al Reparto Proibito per pensare alla regola violata.
    Non appena fu giunto davanti al quadro della Signora Grassa di fermò appena in tempo per non andare a sbattere contro la tela. Disse: «Scripta manent!», e la Signora Grassa, che già sonnecchiava, con il capo poggiato sulla spalla coperta di stoffa rosa, aprì gli occhi di colpo, guardandosi attorno.
    «Chi? Cosa? Ma chi c'è?!», brontolò, ma fece scostare di lato il quadro che occupava, liberando il passaggio, anche se non vedeva nessuno.
    James si infilò nell'apertura rotonda della parete e si ritrovò nell'ambiente confortevole del dormitorio della sua Casa. I suoi compagni erano ancora svegli, chi chiacchierando, chi leggendo e chi giocando a gobbiglie o scacchi magici e nessuno si accorse del suo arrivo.
    Nessuno, tranne suo fratello minore Albus. Il ragazzo guardò con aria seria verso l'apertura, come se potesse vedere James anche attraverso il Mantello dell'Invisibilità e James gli passò vicino, spingendogli scherzosamente una spalla, prima di salire le scale per raggiungere la propria camera.
    L'indomani, avrebbe raccontato a lui e a Rose quello che era successo.


 
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Un grazie ai cinque lettori di questa storia, ma soprattutto a LadyRiddle, che perservera nel commerntarla. ^^
Come sempre, se volete insultami, mi trovate sulla mia pagina FB, dove sto aggiornando poco in queste settimane, ma mi faccio comunque viva con news e quant'altro.
Penso che giovedì aggiornerò Seventeen, ma se leggete solo questa storia, a lunedì prossimo! ^^

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Capitolo 5
*** Un mistero da svelare ***


5
Un mistero da svelare




La mattina successiva, i Grifondoro lasciarono i dormitori piuttosto presto, considerando che era sabato e non c'erano lezioni. L'euforia dell'essere tornati a scuola, però, era ancora fresca e le giornate erano calde e soleggiate: dopo colazione, gran parte degli studenti si sarebbe riversata nel parco per godere di quegli ultimi giorni d'estate e del tempo libero che le lezioni appena cominciate ancora lasciavano loro.
    James Potter si sedette a tavola con Fred e Louis Weasley, chiacchierando del campionato di Quidditch appena passato, mangiando uova e pancetta, mentre aspettava di veder arrivare Albus e Rose. Al tavolo di Serpeverde, Scorpius Malfoy e Lotus Zabini ridevano con Vincent Goyle, che era alto quanto Scorpius e con le spalle larghe il doppio delle sue.
    Diede una rapida occhiata anche al tavolo di Corvonero, cercando Martin e i gemelli Scamandro, ma nessuno di loro pareva essere ancora sceso a colazione, così tornò a guardare verso l'ingresso, in tempo per veder entrare Dominique, che mandò un saluto con la mano verso il tavolo di Serpeverde e, quasi, James si strozzò con la pancetta nel vedere Augustus Flint che sorrideva compiaciuto, mentre sua sorella Ausia gli dava una gomitata al fianco.
    Quando tornò a guardare la porta, Albus e Rose erano già entrati, assieme a Gwen  Sullivan che sembrava discutere concitatamente con Rose.
    Rose e Gwen si fermarono nei pressi del tavolo di Tassorosso, continuando a discutere e Albus, alzando gli occhi al soffitto, proseguì da solo, raggiungendo James e sedendo di fronte a lui.
    «'ao», salutò Albus, stropicciandosi gli occhi e sbuffando mentre cadeva pesantemente sulla panca.
    «Che succede, Al?», chiese Fred, versandosi il succo di zucca.
    Albus Potter scosse la testa e si versò nel piatto una generosa quantità di pancetta, senza guardare nessuno, fino a quando, da sotto il tavolo, James gli tirò un calcio che gli fece alzare subito la testa nella sua direzione. «Cosa?», sbottò infastidito e James gli strizzò l'occhio.
    «Dopo andiamo in biblioteca. Devo farti vedere una cosa», gli disse come se fosse normale, ma non lo era affatto, tanto che Louis lo guardò sollevando un sopracciglio.
    «Tu che vuoi andare in biblioteca? Sicuro di stare bene?», gli chiese lasciando a metà strada tra la tazza e la bocca il cucchiaio con il pudding.
    James scrollò le spalle e, quando Rose arrivò, più arrabbiata di Albus, nessuno pensò più alla sua richiesta.
    «Dov'è?», chiese Albus col tono di chi avrebbe potuto uccidere qualcuno.
    «A fare la piattola da qualche parte, molto lontano da me, suppongo!», rispose Rose, afferrando il vassoio con le uova e versandosene nel piatto più di quante avrebbe dovuto.
    «Cos'è successo?», chiese James, guardando alternativamente il fratello e la cugina.
    «È successo…», iniziò Rose conficcando la forchetta in un uovo e allungando la mano libera verso il pane tostato «che non lo reggo un altro anno con Gwen!».
    Albus le passò la ciotola del burro salato e lei la prese bruscamente, iniziando a spalmare il pane. «Altri quattro, Rose», le disse, rassegnato.
    «Progetti di ucciderla dopo i G.U.F.O.?», si intromise Fred e Albus lo guardò come se non capisse di cosa stesse parlando.
    «Vorrei che fosse stata smistata da qualche altra parte!», brontolò Rose, mordendo il pane imburrato e continuando a brontolare mentre masticava.
    «Hai qualcosa da fare, dopo colazione?», le chiese James, per cambiare argomento, notando che, nel frattempo, erano arrivati Lorcan e Lysander. Di Martin, invece, non c'era ancora traccia: probabilmente stava di nuovo cercando Erintja.
    «Ho chiesto a Martin di darmi una mano con un tema di pozioni», rispose Rose.
    «In biblioteca?», insistette James e Rose annuì. «Perfetto. Allora, dopo ci troviamo lì».
    «Si può sapere che hai in mente, James?», gli chiese Louis, chiaramente incuriosito dalla fissazione del cugino per uno dei posti che, notoriamente, amava di meno.
    «Niente», gli sorrise James, con espressione truffaldina.
    

“Niente” era esattamente quello che, la sera prima, raggiunto il proprio letto e chiuse le tende del baldacchino, aveva scoperto sulla pagina del libro sottratta a Lucius Malfoy. La pagina era completamente bianca o, almeno, così sembrava: se il signor Malfoy l'aveva strappata, qualcosa doveva esserci per forza.
    La biblioteca, di giorno, era molto diversa da come James l'aveva vista la sera prima: la luce entrava dalle alte finestre a vetrata, infilandosi tra i corridoi e cadendo sui tavolini tra gli scaffali. Essendo sabato mattina, non c'era quasi nessuno e Madama Pince si sorprese nel veder entrare James Potter. Lo osservò con sospetto, cercando su di lui i segni della determinazione a combinare qualche guaio, ma James le sorrise nella maniera più innocente possibile e andò a sedersi ad un tavolo.
    Albus arrivò poco dopo, assieme a Rose e Martin, il cui viso recava i segni dell'incontro con gli artigli di Erintja. Nonostante i graffi, il ragazzo sorrideva e sembrava aver placato l'ira di Rose.
    «Perché hai voluto che ci vedessimo qui?», chiese Albus a James, quando lo ebbero raggiunto.
    «Perché ieri sera ho…», scoccò un'occhiata a Madama Pince e abbassò la voce, sporgendosi verso il fratello, «ho visto sulla Mappa Lucius Malfoy aggirarsi in biblioteca…», guardò allusivamente verso il Reparto Proibito, «sono entrato a guardare e l'ho scoperto a sfogliare un libro!».
    «E dov'era Madama Pince?», chiese Rose, con voce altrettanto bassa.
    «Lucius Malfoy… non è il nonno di Scorpius?», chiese Martin, ma prima che James potesse rispondere loro, Albus si accigliò e chiese: «Hai visto di che libro si trattava?».
    James scosse la testa, ma gli fece cenno di attendere, spostando teatralmente una mano verso la tasca posteriore della tunica che portava sopra gli abiti babbani e trasse il foglio piegato in quattro, sollevandolo, tenendolo tra indice e medio, in modo che tutti potessero vederlo.
    «L'ho visto strappare una pagina da quel libro, però!».
    Martin e Rose sembrarono scandalizzati dal gesto.
    «Questa!», concluse James, con orgoglio, facendo una pausa ad effetto.
«Madama Pince è arrivata poco dopo e l'ha scoperto, ma ormai se ne stava già andando e non l'ha visto nel Reparto Proibito, altrimenti non credo che l'avrebbe lasciato andare via tanto facilmente. Lui se l'è rigirata come ha voluto…».
    Rose trattenne il fiato per un istante e poi chiese, con voce tremante: «Credi che l'abbia confusa?».
    James negò di nuovo. «No, l'ha abbindolata facendo il sentimentale», rispose, facendo una smorfia, «però, mentre lei lo interrogava sul perché si trovasse in biblioteca, mi sono avvicinato e sono riuscito a sottrargli la pagina che aveva strappato».
    «E non se ne è accorto?!», chiese, incredulo, Martin.
    «Ero sotto al Mantello!», gli rispose James, compiaciuto.
    «Cosa c'è in quella pagina?», chiese, invece, Albus, con tono grave, fin troppo serio per la sua età e James divenne serio a propria volta.
    «Non ne ho idea», dovette ammettere, aprendo il foglio, esponendolo allo sguardo avido dei suoi amici.
    «Bianco?», chiese incredula Rose, lasciandosi cadere sulla sedia, come se le gambe non potessero più reggerla.
    «Non ha senso che abbia strappato una pagina bianca», osservò Martin. «Credi che il testo sia nascosto da qualche incantesimo, come la Mappa?».
    «Credo sia possibile», rispose James, prendendo la bacchetta e puntandola contro la pergamena, senza però pronunciare alcun incantesimo. «Potrebbe essere trasfigurata o… forse il testo è scritto con un inchiostro speciale». Guardò verso gli altri, in cerca di conferma, soffermandosi sull'espressione accigliata di Albus.
    «Posso?», chiese Albus, prendendo la pagina in mano per esaminarla con attenzione.
    James aveva passato un sacco di tempo ad esaminarla, la sera precedente. Sembrava pergamena vecchia, spessa e stranamente morbida, macchiata di giallo lungo i margini. Aveva provato ad avvicinarla alla fiamma di una candela, ad illuminarla con la bacchetta magica, a guardarla alla luce del sole, ma non era riuscito a scorgere nulla.
    «Qui c'è qualcosa», disse Albus, cogliendolo del tutto impreparato. «Non riesco a capire… sembrano rune». Abbassò la pergamena e posò il dito all'incirca a metà pagina, indicando qualcosa che solo lui riusciva a vedere.
    «Non vedo niente», disse James, deluso e, un attimo dopo, Rose e Martin confermarono che nemmeno loro riuscivano a scorgere alcunché.
    «Sei sicuro di vederci qualcosa?», chiese Rose, prendendo la pergamena in mano. Fece una smorfia strana e rigirò il foglio, lo tastò con le dita e si accigliò, portando il figlio al viso per annusarlo. «Non ha la consistenza della carta», concluse, non sapendo che altro dire.
    Anche Martin la presa e la esaminò con attenzione. «Sapete cosa sembra? Pergamena!», alzò gli occhi sugli altri e aggiunse: «Intendo cartapecora, pelle animale, non fibra vegetale».
    «Pelle animale?», chiese Rose, incredula e disgustata, pulendosi istintivamente le mani sulla divisa.
    «Sì, una volta si usava», fece Martin, per nulla impressionato. «Si lavava, si toglieva il pelo e la si sbiancava per poterci scrivere sopra, ma non ne ho mai toccata prima; potrei sbagliarmi».
    «Potremmo cercare il libro», propose a quel punto Albus, «quanti libri di questo genere possono esserci nel Reparto Proibito?».
    «Non ne ho idea, ma non riusciremo a procurarci un permesso tanto facilmente», obiettò Rose, guardando verso la bibliotecaia, da sopra una spalla. Madama Pince guardava nella loro direzione con sospetto.
    «Non ci serve un permesso!», disse James. «Abbiamo il Mantello! Potremmo venire qui durante la notte e cercare», propose, eccitato all'idea di una gita notturna in una delle aree del castello in cui  gli studenti non potevano andare.
    «Ti ricordi in che punto era il libro?», chiese Albus, acconsentendo implicitamente all'idea del fratello.
    «Era buio e seguivo la Mappa», dovette ammettere James, «però non molto lontano c'era un libro che ringhiava!».
    «Volete infrangere il coprifuoco?», chiese Martin, incredulo, rendendo la pagina a James, che però la passò di nuovo ad Albus.
    «Davvero ci vedi qualcosa?», chiese al fratello, che annuì prontamente, quindi si rivolse a Martin. «Abbiamo quello che ci serve!», gli strizzò l'occhio.
    «Io ci sto!», disse Rose, «Ma se anche il resto del libro è protetto dallo stesso incantesimo che nasconde il testo di quella pagina, e credo lo sia dato che James non ha visto il signor Malfoy applicarlo ieri sera, dovremmo capire come rivelarlo».
    «Giusto!», convenne James. «Chi lo farà?», chiese con un ampio sorriso che sottolineava come non intendesse occuparsene lui.
    «Lo faremo Martin e io», rispose Rose, rivolgendosi poi al ragazzo chiamato in causa. «Giusto?».
    Martin annuì. «Potresti copiare quello che riesci a vedere su una pagina?», chiese quindi ad Albus. «Potrebbe esserci utile».
    «Non lo so…», rivelò Albus. «Ho come l'impressione che quello che vedo mi si cancelli dalla mente appena stacco gli occhi», si giustificò.
    «Allora, aspettiamo di trovare un incantesimo adeguato», concluse James, stiracchiandosi. «E ora usciamo! Non ne posso più di stare qui dentro!».
    Albus piegò la pergamena e la tenne con sé, annuendo al fratello, ma Rose e Martin si erano accordati per studiare assieme, quella mattina, quindi, i fratelli Potter lasciarono la biblioteca da soli. James era elettrizzato dall'idea di avere un mistero da risolvere, qualcosa che gli desse la scusa per violare il coprifuoco e usare gli oggetti che aveva sottratto al padre. Si sentiva un Malandrino ed era sicuro che suo nonno e il padrino di suo padre sarebbero stati orgogliosi di lui.
    Suo padre, se anche l'avesse scoperto, non avrebbe potuto arrabbiarsi.

 
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Come sempre, grazie a chi segue questa storia, ed in particolare a Ladyriddle per i suoi commenti puntuali. ^^
Se volete anticipazioni, lanciare pomodori o anche solo fare due chiacchiere, mi trovate sulla mia pagina FB.

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Capitolo 6
*** Attività extracurriculari ***


6
Attività extracurricolari




La settimana successiva, iniziarono le selezioni per i nuovi giocatori di Quidditch. Fred aveva afferrato la lista preparata dal professor Sylla e si era precipitato da James e Albus perché fossero i primi ad apporvi i loro nomi.
    L'anno precedente, Bolt si era diplomato ed ora il ruolo di cercatore era libero; il problema, semmai, era che fosse l'unico posto libero e subito dopo aver scritto il proprio nome, James si voltò verso Albus, porgendogli la pergamena con mano tremante.
    Albus, comodamente seduto sulla poltrona accanto alla sua, nella sala comune di Grifondoro, guardò la pergamena e scosse la testa. Da quando, tre giorni prima, James gli aveva consegnato la pergamena misteriosa sottratta a Lucius Malfoy, Albus Potter continuava a fissarla. Anche in quel momento, mentre teneva sulle ginocchia il libro aperto di Storia della Magia, la teneva davanti agli occhi, usandola come segnalibro.
    «Al…», lo chiamò James, con voce incerta, «è per quello che è successo l'anno scorso? Per quello che ti ho detto?». Il suo tono tradiva il senso di colpa, e Albus gli sorrise comprensivo.
    «No, James. Non mi è mai interessato giocare a Quidditch», gli rispose accarezzando la pergamena.
    «Ma tu sei più bravo di me!», protestò James. «E papà se lo aspetta», aggiunse un po' teso.
    Albus si spinse un po' indietro sulla poltrona, raddrizzando la schiena e guardò James con aria seria. «Papà non è qui e tu ti meriti di entrare in squadra molto più di me. Inoltre…», aggiunse prima che James lo interrompesse, «penso di entrare nel Club dei Duellanti assieme a Martin. Non avrei tempo per fare entrambe le cose e studiare».
    James chiuse la bocca di scatto. «Non lo sapevo», gli disse e non poteva immaginare che Albus avesse deciso di accettare l'invito di Martin nel momento in cui lui gli aveva porto la lista.
    Albus era perfettamente consapevole di quanto James amasse il Quidditch e non si sarebbe mai messo tra il fratello ed il suo sogno, inoltre, più guardava la pergamena e più gli sembrava che i segni che riusciva a scorgere avessero un senso e, fosse stato per lui, non si sarebbe dedicato ad altro che alla risoluzione di quel mistero.
    Una settimana dopo, però, non era ancora arrivato a capo di nulla, e quando Rose lo chiamò a gran voce, facendogli presente che erano in ritardo, trasecolò chiedendo alla cugina per cosa fossero in ritardo.
    «La selezione, Albus!», rispose lei, spazientita e Albus scattò in piedi, chiedendosi come avesse potuto dimenticarlo. Corsero fuori dalla torre di Grifondoro, in cui non era rimasto praticamente nessuno e scesero le scale con tanta fretta che Rose rischiò di cadere nello scalino a trabocchetto. Attraversarono il prato col fiato corto e, finalmente, arrivarono al campo da Quidditch.
    Sembrava che non solo i Grifondoro, ma almeno mezza scuola si fosse data appuntamento lì. C'erano anche Scorpius e Lotus, seduti vicino a Louis e a Martin, che aveva tenuto loro due posti liberi.
    «Albus! Rose!», li chiamò Scorpius, un sorriso enorme sul viso pallido.
    «Come sta andando?», si informò subito Rose, accomodandosi accanto al Corvonero.
    Scorpius si sporse verso di lei, «Se James continua a volare così, quest'anno sarà dura battervi!», rispose allegro.
    «E a te come è andata?», chiese Albus, e Scorpius sbuffò, esibendo un piccolo ghigno soddisfatto.
    «Come vuoi che sia andata? Ovvio che sono in squadra!».
    «Avete già fatto le selezioni?», chiese Rose, un po' dispiaciuta.
    «Stamattina», rispose Scorpius.
    «Avrei voluto vedervi», gli disse, mettendo un broncetto. «Avrei fatto il tifo per te».
    Scorpius scosse la testa. «Meglio che tu non sia venuta...», le disse lui, volgendo lo sguardo attorno, cercando qualcuno, ma in quel momento lo stadio fu scosso da un'ovazione e Scorpius e Rose alzarono immediatamente lo sguardo.
    «Cos'è successo?».
    «Se guardaste, invece di chiacchierare, lo sapreste!», la rimbrottò Louis.
    «James ha preso il Boccino!», disse Martin, concitato. «Ha fatto una cosa strana e il Boccino gli è entrato nella manica», cercò di spiegarsi.
    «Un perfetto Plumpton Pass!», esclamò Louis, e Albus sorrise verso il cielo, dove  James stava ancora volando.
    Il resto della squadra volava verso di lui, Fred in testa, per battergli una mano sulla spalla e congratularsi con lui per l'ottima finta. Si erano presentati solo due candidati per il ruolo di cercatore, e in gran parte era colpa di Fred, che aveva tenuto la lista nascosta più a lungo che aveva potuto, ma, per la verità, tutti quelli che avevano visto la prova di James, l'anno precedente, ovvero tutti i Grifondoro ad eccezione di quelli del primo anno, sapevano che il posto in squadra sarebbe stato suo.
    L'altro candidato si era arreso dopo che un Bolide aveva colpito la coda della sua scopa, facendogli perdere il controllo del manico. Non aveva volato male, ma si era spaventato e Stretton, dopo averlo bloccato con una presa degna di un portiere, gli aveva detto che erano “cose che capitavano”. Erano bastate quelle parole a lasciare James unico aspirante in corsa, ma Stretton aveva voluto continuare il provino fino in fondo e James era stato ben lieto di dargli tutte le dimostrazioni d'abilità che voleva.
    I Grifondoro provarono alcune formazioni di gioco e la selezione si trasformò in un primo allenamento con estrema naturalezza: James conosceva gli schemi di gioco della squadra del suo dormitorio ed era a proprio agio sulla scopa come sulla terra ferma.
    I giocatori scesero dalle scope solo verso l'imbrunire e James era sudato e felice. Il resto del clan Weasley aprì l'invasione del campo da parte degli spettatori rosso-oro per andare ad abbracciarlo e congratularsi con lui e quella giornata si chiuse con una piccola festa nella sala comune di Grifondoro, a base di tartine e burrobirra che gli studenti più grande erano riusciti ad ottenere dagli elfi domestici.
    «Cosa avrà voluto dire Scorpius, oggi?», chiese Rose, all'improvviso, tra uno sbadiglio e l'altro, poco prima di andare a dormire.
    «Non lo so, ma domani posso chiederlo a Martin e Lotus», le rispose Albus.

Il giorno successivo si tenne la prima riunione del Club dei Duellanti. Al tavolo degli insegnanti, durante la colazione, era comparso un mago sconosciuto, dalla chioma folta e rossa come la barba appuntita e la veste di uno sgargiante verde. Chiacchierava allegramente col professor Serendip e le loro risate altisonanti facevano contorcere l'espressione del professor Sylla, come se fosse vittima di tremendi dolori addominali.
    L'identità del mago venne svelata quando gli iscritti al Club dei Duellanti si presentarono in Sala Grande, nel primo pomeriggio. I tavoli erano stati addossati alle pareti in modo da lasciare un ampio spazio libero al centro della sala, dove si trovavano il professor Serendip e il mago sconosciuto.
    «Buongiorno, sono il professor Ektor Sharp», esordì con una forte inflessione irlandese, «il vostro insegnante di duello magico».
    Un mormorio di sorpresa si sollevò tra gli allievi e alcune mani si alzarono per attirare l'attenzione dei due insegnanti.
    «Noi pensavamo che sarebbe stato il professor Serendip il nostro insegnante», disse qualcuno e in molti annuirono prima che il docente di Difesa Contro le Arti Oscure facesse segno agli studenti di fare silenzio.
    «Ho chiesto io al professor Sharp di prendere il mio posto in questo corso, così che possiate imparare con qualcuno di altamente qualificato. Il professor Sharp è uno degli onorevoli membri dell'associazione dei Maghi Duellanti d'Irlanda…».
    «I Maghi Duellanti del Trinity di Dublino!», esclamò sottovoce Lotus. «Quando lo saprà Scorpius gli verrà un infarto!».
    Albus e Martin lo guardarono senza capire e Lotus li guardò con incredulità. «I Maghi Duellanti del Trinity sono i migliori del mondo! Hanno una tradizione antichissima! Molti Maestri del Trinity sono persino sulle figurine delle cioccorane!».
    «Wow!», commentò Martin, guardando Albus come se si aspettasse che lui ne sapesse qualcosa, ma Albus si limitò a scuotere il capo. Per lui, non era poi questa gran cosa finire nelle figurine delle cioccorane, dato che suo padre, zio Ron e zia Hermione e anche il professor Paciock, che frequentava abitualmente casa sua, erano finiti su quelle figurine dopo la guerra contro Voldemort.
    «Alcuni antenati di Scorpius hanno avuto dei membri del Trinity come insegnanti di duello e papà e il signor Malfoy ci hanno promesso di trovarci un insegnante di duello dell'associazione dei Maghi Duellanti d'Irlanda, quando saremo più grandi!», continuò Lotus, emozionato come lo era James quando si parlava di Quidditch.
    Il professor Sharp li fece dividere in coppie, mostrò loro la posizione corretta, il modo in cui impugnare la bacchetta e come inchinarsi di fronte all'avversario. Albus notò come Lotus sembrasse già conoscere i dettagli formali e come spasimasse dalla voglia di usare qualche incantesimo.
    «Alzate il braccio... puntate… mantenete la posizione», ordinò l'insegnante, mentre passava tra di loro correggendo la postura del polso o del gomito o l'impugnatura della bacchetta. «Mantenere la posizione può essere difficile, ma è ciò che differenzia un duellante da un comune mago che sostiene un duello… Molto bene!», commentò osservando Lotus. «Il tuo nome, giovanotto?».
    «Lotus Zabini, signore».
    «Non mi aspetto che tutti impariate ad utilizzare una tecnica esteticamente perfetta. Mi aspetto che impariate a padroneggiare alcuni incantesimi di attacco e di difesa in maniera efficace…», continuò abbassando di poco il braccio di Albus «tuttavia, essendo la prima lezione, voglio mostrarvi la giusta postura, così che possiate cercare di replicarla… Protego!», esclamò poi, all'improvviso, piroettando su se stesso, dando forma con apparente facilità ad uno scudo che deviò uno Schiantesimo arrivato da chissà dove.
    Alcuni studenti urlarono, si misero a correre, radunandosi vicino alle pareti, mentre il professor Sharp osservava con attenzione la sala, poi, d'un tratto, scattò, spostandosi di lato proprio quando un nuovo incantesimo silenzioso di abbatté dove lui si trovava un attimo prima.
    «Expelliarmus! Homenun Revelio!», pronunciò quindi, in rapida successione, e un sorridente professor Serendip comparve, applaudendo la dimostrazione del suo amico. La sua bacchetta era finita nella mano libera del Duellante che ridacchiava soddisfatto.
    «Era Disilluso!», soffiò Martin e quelle parole accesero qualcosa nella mente di Albus. Mentre gli studenti tornavano ad accerchiare gli insegnanti, entusiasmati dalla dimostrazione, Albus rimase vicino alla parete, pensando.
    Quella sera, raccontò l'accaduto a Rose e James, mentre finivano i compiti, nella Sala Comune della loro Casa; come il professor Serendip si fosse reso invisibile ed avesse attaccato a sorpresa il nuovo insegnante e come l'altro si fosse difeso e l'avesse reso nuovamente visibile.
    «Stai pensando che le parole di quella pergamena possano essere disilluse?», gli chiese Rose, sotto voce, per non essere sentita da altri e Albus annuì.
    «Non so, mi sembra difficile che qualcuno abbia disilluso solo il testo», obiettò lei.
    «Forse, temeva che se avesse disilluso tutto il libro, l'avrebbe perso», si intromise allora James. «Invece, disilludendo l'inchiostro, ne avrebbe solo impedito la lettura».
    «È un incantesimo complesso, ma un sacco di maghi lo sanno usare e soprattutto, un sacco di maghi conoscono la formula per scoprire una disillusione», insistette Rose. «Possiamo imparare l'incantesimo e provarci, ma non credo sia la soluzione che cerchiamo».
    «Cosa state confabulando?», Louis arrivò alle spalle di James, aggirò il divano e si sedette accanto a lui. «Com'è andata la lezione di Duello?».
    «La stavo giusto raccontando. Lotus sperava che venissi anche tu», rispose Albus, ma Louis si strinse tra le spalle.
    «Sono stato impegnato», si scusò, senza dare ulteriori spiegazioni.
    «Hai chiesto a Lotus?», Rose diede una piccola spinta ad Albus, che sembrò impiegare un paio di secondi a capire a cosa la cugina si riferisse.
    «Mi sono dimenticato! Scusa».
    Rose mise un piccolo broncio, ma subito tornò a sorridergli. «Non importa».
    «Chiedergli cosa?», chiese allora James, che ignorava del tutto la faccenda.
    «Una cosa che ci stava dicendo Scorpius quando tu hai preso il Boccino, ieri», gli disse Rose. «Gli avevo detto che avrei voluto andare alla sua selezione per fare il tifo e mi ha detto che è stato meglio che non sia andata, ma non ha detto perché».
    Louis sbuffò e gli occhi dei cugini si concentrarono su di lui, che incrociò le braccia sul petto e sbuffò di nuovo, prima di parlare. «Dominique c'era andata», esordì con tono duro, «ma quell'idiota di Flint s'è arrabbiato e l'ha mandata via, insinuando che li stesse spiando!».
    «Ma è ridicolo!», esclamò Rose scandalizzata. «E meno male che è il suo ragazzo!».
    «Infatti Dominique è ancora arrabbiata con lui. Ho passato tutto il giorno a cercare di calmarla», disse rivolgendosi ad Albus.
    «Io lo odio quel Flint!», sibilò James, scuro in viso, ma Louis scrollò le spalle di nuovo e si alzò in piedi. «Muovetevi a finire i compiti, si sta facendo tardi». Li salutò e salì le scale che portavano al dormitorio maschile.
    «Vado anche io, buonanotte», disse Rose, chiudendo i libri e arrotolando la pergamena su cui aveva scritto il suo tema di Pozioni lungo quarantacinque centimetri.
    Quando Rose ebbe lasciato la Sala Comune, James guardò Albus con espressione seria e gli chiese: «Ma cosa ha scritto per fare un tema così lungo?».
    Albus sbuffò e tirò un calcio al fratello, indicandogli le scale. Avrebbero fatto meglio ad andare a dormire anche loro.
    
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Note:
Plumpton Pass
Azione del Cercatore: uno sbandamento in apparenza frutto di distrazione per cui il Boccino si infila su per una manica. Prende il nome da Roderick Plumpton, Cercatore dei Tornado di Tutshill, che utilizzò l'azione nella sua famosa presa da record del Boccino nel 1921. Benché alcuni critici sostenessero che si trattò di un incidente, Plumpton affermò fino alla morte di averlo fatto di proposito. [Il Quidditch attraverso i secoli]

Sir Ettore è il padre adottivo di Re Artù/Semola nei romanzi della serie “Re in eterno” di Terence Hanbury White. Il film Disney “La spada nella Roccia” è ispirato al primo libro della serie.

In Inghilterra i duelli erano molto diffusi, in particolare in Scozia ed Irlanda nel corso del XVIII secolo. Il codice dei duelli irlandesi, pubblicato in diversi trattati anonimi alla fine del Settecento, è particolarmente rigoroso: rappresentava una società irlandese aristocratica molto affezionata alla pratica del duello, in particolar modo il Triniity College di Dublino era famoso come pericoloso focolaio di duelli tra gentiluomini. La pratica del duello in Gran Bretagna riguardò sempre e solo aristocratici e militari; solo dopo il 1820 cominciarono a verificarsi duelli tra borghesi "meccanici": proprio questo aspetto, secondo Antony Appihà (in "Le regole dell'onore") contribuì, più della stretta legislativa, a rendere il duello desueto. Comunque ancora negli anni venti-trenta del XIX secolo il duello era molto diffuso, tanto che l'irlandese primo ministro Duca di Wellington, eroe nazionale, mentre era in carica si sentì obbligato ad un duello con un membro dell'opposizione che lo aveva insultato. Va anche aggiunto che nel XIX secolo i duelli britannici non erano quasi mai all'ultimo sangue, anche se generalmente combattuti con le pistole, armi che, a differenza delle spade, non permettevano di dosare la violenza. Le regole del duello irlandese si diffusero notevolmente sia in Inghilterra che nelle colonie inglesi, dove il duello "passò di moda" verso la metà del XIX secolo, in maniera analoga a quanto avvenuto nella metropoli. [Wikipedia]

Come sempre, grazie a chi segue questa storia, pur restando in silenzio, e a Ladyriddle che, invece, commenta. :P
Vi aspetto sulla mia pagina FB! ^^

 

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Capitolo 7
*** Il Reparto Proibito ***


7
Il Reparto Proibito




La prima settimana di Ottobre era stata interamente occupata dalle selezioni per i nuovi giocatori di Quidditch e dalla stesura del calendario degli allenamenti. La temperatura aveva iniziato ad abbassarsi, e la prima nebbia, bassa e rada era comparsa sulla superficie del lago.
    Finiti i ripassi, le lezioni erano ricominciate a ritmo sostenuto e gli studenti trascorrevano sempre più tempo in biblioteca. Verso la metà del mese, poi, una pioggerellina sottile aveva preso a scendere tutti i giorni, giusto per ricordare che l'inverno si stava avvicinando e per inumidire la terra.
    James Potter, stranamente, non era del tutto infelice di passare tanto tempo nella biblioteca, dato che ciò gli permetteva di ronzare attorno al Reparto Proibito. Naturalmente, non aveva il permesso di accedervi, così si limitava a sbirciare, stando al di fuori dell'area delimitata dal cordone, occhieggiando le costole dei libri, cercando di riconoscere qualche titolo e di memorizzarne la posizione.
    «Questa notte», disse risoluto, un pomeriggio, osservando di sottecchi la bibliotecaia che passava tra i tavoli affollati di studenti.
    «Ma non abbiamo ancora trovato l'incantesimo per leggere la pergamena», protestò Martin, sottovoce. Il ragazzo, seduto davanti a James e di fianco a Rose, aveva alzato la testa dal libro di Incantesimi con un movimento repentino, impallidendo alla sola idea. Rose dovette posargli una mano sull'avambraccio per evitargli una crisi d'ansia.
    «Lo troveremo, ma intanto, prendiamo il libro», insistette James. «Non è detto che lo troviamo subito, ma se Lucius Malfoy è entrato una volta per rubare quella pagina, potrebbe cercare di rifarlo».
    Albus guardò il fratello con preoccupazione. «Ma non sa che l'hai presa tu, vero?», chiese con tono severo.
    «No, ma potrebbe capire di averla perduta qui e tornare a cercarla o per impadronirsi del libro», spiegò James, convinto.
    «Allora qual è il piano?», chiese Rose, gli occhi illuminati dall'emozione, mentre ancora stringeva il braccio di Martin.
    James si sporse verso il centro del tavolo, subito imitato dagli altri tre. «Aspetteremo che tutti siano andati a letto, così da non rischiare di incontrare nessuno, e poi verremo a cercarlo», bisbigliò.
    Rose e Albus annuirono, mentre Martin si tirava indietro sulla sedia. «Mi dispiace di non potervi accompagnare», disse il Corvonero proprio mentre Dominique si avvicinava al loro tavolo.
    «Dove andate?», chiese la ragazza, sedendosi sul posto vuoto accanto a Rose.
    «Parlavano di Hogsmeade», fu rapido a risponderle Albus. «James potrà andarci per la prima volta, quest'anno».
    «E io non so se i miei genitori mi daranno mai il permesso di andarci: per loro è ancora tutto così strano!», aggiunse Martin, supportando la bugia di Albus.
    «Vedrai che riuscirai a convincerli», gli rispose la Prefetto di Grifondoro. «Non vedo l'ora di uscire dal castello e stare un po' con Augustus!», sospirò la ragazza, strizzando l'occhio a Rose.
    «Ancora?», chiese, con una smorfia di disgusto, James.
    «Pensavo vi foste lasciati», commentò Albus, mantenendosi su toni più neutri.
    «Abbiamo litigato, ma poi abbiamo fatto pace», rispose la cugina, visibilmente contenta.
    James mantenne l'espressione schifata fino a quando non seppellì il naso tra le pagine del libro di Babbanologia; l'aveva scelta come materia facoltativa perché la riteneva semplice, ma aveva presto scoperto che era addirittura esilarante: i Maghi sapevano molto poco dei Babbani, soprattutto per quanto riguardava le loro scoperte dopo l'entrata in vigore dello Statuto di Segretezza. Questo lo avvantaggiava sui suoi compagni di classe e sull'insegnante, che, dopo le prime risposte impacciate alle domande che aveva posto sull'evidente discrepanza tra la realtà e quanto scritto nel testo, gli aveva ordinato di attenersi allo studio del libro.
    James cominciò a ridere davanti alla raccomandazione di abbigliarsi secondo l'uso babbano, quando ci si mescolava ai non maghi, sapendo bene come i suoi nonni e zii avessero maldestramente cercato di attenersi a quella regola, ogni qual volta si erano recati a casa loro, suscitando la curiosità e, talvolta, il timore dei vicini.
    Prima dell'ora di cena, rientrò alla torre di Grifondoro per lasciarvi i libri e, quando uscì, trovò Erintja davanti al ritratto della Signora Grassa.
    «Non ho mai visto un gatto più inquietante», si lamentò il dipinto, quando James si piegò a prenderla tra le braccia, «e ne ho visti tanti di gatti, io. Ti ho mai raccontato del gatto di Lady Mildred...».
    James non rimase ad ascoltarla, le rispose con un annoiato: «È solo un gatto», e si avviò verso le scale, grattando Erintja dietro le orecchie. La gatta, in un primo momento, sembrava poco incline a restare in braccio, ma, poiché James non la lasciava andare, si rassegnò. «Dovresti davvero smetterla di scappare, sai», le disse lui, «Martin si preoccupa sempre un sacco per te».
    Essendo quasi l'ora di cena, si diresse verso la Sala Grande, sperando di incontrare il Corvonero strada facendo. Martin, in effetti, stava cercando Erintja, aiutato dai gemelli Scamandro; James era contento che i tre avessero legato, ma, allo stesso tempo, non riusciva a lasciarsi alle spalle quel lieve disagio che sempre gli provocavano Lorcan e Lysander: i gemelli, coi loro capelli chiari e gli occhi pallidi, somigliavano molto a loro madre e, come lei, parlavano spesso di creature che nessuno conosceva. Anche in quel caso, avevano delle teorie sul perché Erintja continuasse a scappare, così, consegnata la gatta al suo proprietario, Jamen se ne andò prima che potessero coinvolgerlo in qualche strana discussione sui Nargilli o su altre creature, dicendo loro di dover parlare con Louis.
    In verità, era da quella mattina che non incontrava il cugino, pertanto, quando lo vide già accomodato a tavola, intento a parlare con Molly, lo raggiunse senza esitare. «Ehi», lo salutò mentre scavalcava la panca e gli si sedeva di fianco. «Dove sei sparito per tutto il giorno?», gli chiese.
    «A studiare con Lotus. Ha iniziato Aritmanzia, quest'anno, e c'erano delle cose che non capiva», rispose Louis, rivolgendogli un sorriso allegro.
    «Non vi ho visti, in biblioteca».
    «Perché non eravamo in biblioteca», rispose con semplicità Louis, strizzandogli l'occhio, «Piuttosto, ci sei stasera, per una partita a scacchi?».
    «Ehm, sì», rispose James, stupendosi della richiesta di Louis.
    «Devo fare pratica», gli disse abbassando la voce, «oggi Lotus mi ha stracciato».
    James ghignò e si servì una cena abbondante, promettendo al cugino di aiutarlo a battere il Serpeverde.
    Quando, però, furono nella Torre di Grifondoro, James non riuscì a concentrarsi sugli scacchi, tanto che Louis lo batté per due volte di fila prima di capire che il cugino stesse pensando a tutt'altro.
    Il maggiore dei fratelli Potter si scusò dicendo di essere molto stanco e, fatto un cenno al fratello ed a Rose, risalì le scale a chiocciola che portavano al dormitorio maschile, in attesa che i Grifondoro andassero a letto.
    Verso mezzanotte, James, Albus e Rose si trovarono nella sala comune vuota e silenziosa. Il fuoco nel caminetto si stava ormai spegnendo e Rose rabbrividì per la tensione.
    «Se volete tirarvi indietro, adesso o mai più!», disse James, in un sussurro, mentre stendeva il Mantello dell'Invisibilità sul braccio.
    «Io vengo!», confermò Albus, senza esitazione e Rose annuì.
    James diede la Mappa del Malandrino al fratello e gettò il Mantello dell'Invisibilità sulle loro teste. Dopo aver controllato che il corridoio fuori dal loro dormitorio fosse vuoto, camminando uno accanto all'altro, lasciarono la sala comune e si diressero a passo rapido verso la biblioteca.
    Il castello, di notte, era silenzioso, illuminato solo da poche torce che gettavano ombre sinistre sui muri. I personaggi dei quadri dormivano saporitamente, mentre qualche fantasma si aggirava silenzioso per i corridoi vuoti e loro stettero molto attenti a non farsi scoprire. Sulla Mappa, individuarono le posizioni degli insegnanti di ronda e di Pix il Poltergeist, che si aggirava al secondo piano assieme a Mrs Purr, per evitare di imbattervisi: nonostante l'eccitazione, erano consapevoli che, essere trovati a girovagare fuori dal loro dormitorio, dopo l'orario del coprifuoco, avrebbe garantito loro un mare di guai.
    «Da questa parte», bisbigliò James, spostando un arazzo dalla parete, infilandosi in uno stretto passaggio che avrebbe permesso loro di sbucare vicino alla meta.
    Quando arrivarono davanti alla porta della biblioteca, Rose estrasse la bacchetta, sussurrando: «Alohomora» e la serratura scattò.
    «Entriamo!», li incitò James, spingendo la porta.
    La biblioteca era buia e spettrale: la luce pallida delle stelle entrava dalle alte finestre a vetrata illuminando sommariamente gli alti scaffali e i tavoli ingombri di libri.
    «Siamo sicuri che non c'è nessuno, vero?», mormorò Rose, rabbrividendo. Sei occhi si spostarono sulla Mappa, accertandosi che la biblioteca fosse completamente vuota.
    «Per di qua», li incitò di nuovo James, andando verso il Reparto Proibito.
    Prima di scavalcare il cordone di delimitazione, si fermarono di nuovo: nel silenzio sinistro che li circondava, sembrava loro di sentire quasi il battito dei loro cuori. Oltrepassare quello sbarramento significava violare la seconda regola in mezzora e, non appena lo realizzò, sul volto di James comparve un sorriso compiaciuto.
    Fu il primo a scavalcare il cordone, subito seguito da Albus, che aiutò Rose a non restare impigliata.
    «Dobbiamo trovare un libro che ringhia o uno che si chiama Delle Magie Fetide e Putridissime. Il libro che cerchiamo era vicino a quelli», disse James, cominciando a camminare verso il primo degli stretti corridoi tra gli scaffali.
    «Non ricordi con un po' più di precisione dov'era?», chiese Albus, prima di uscire dal mantello e mormorare: «Lumos!», per leggere i titoli impressi sulle costole dei libri.
    «Ci vorrà un sacco di tempo!», si lamentò Rose, uscendo a propria volta e  guardandosi attorno con gli occhi sgranati: nel Reparto Proibito c'erano molti più libri di quanti se ne fosse aspettata, i corridoi erano più stretti che nel resto della biblioteca e non vi erano tavoli per la consultazione.
    Nonostante fossero sicuri di essere soli, un paio di volte ebbero la sensazione di essere osservati e si fermarono guardandosi attorno. La Mappa del Malandrino continuava a dire che c'erano soltanto loro, nella biblioteca, eppure, i ragazzi avrebbero giurato di aver sentito una presenza. Non si trattava di un fantasma, era più come una corrente d'aria, un sospiro che faceva loro staccare gli occhi dai titoli dei libri per cercare chi l'avesse emesso.
    «È solo autosuggestione, vero?», chiese Rose dopo l'ennesimo suono che le sembrava di aver udito.
    «Sì, non c'è nulla di cui aver paura, Rose», le rispose James, mentre si appoggiava ad uno scaffale e un ringhio improvviso fece balzare tutti e tre.
    James si era appoggiato ad uno scaffale su cui un libro aveva reagito cercando di morderlo e ora strattonava e spingeva, in mezzo agli altri libri, per liberarsi della stringa che lo teneva chiuso.
    «Conosco quel libro!», esclamò Rose, eccitata, allungando una mano ad afferrarlo tenendosi alla larga dai suoi denti. «Basta accarezzarlo sul dorso e si calma», spiegò ai cugini. Dopo un paio di carezze, il libro cominciò a fare un basso verso simile a delle fusa. «Vedete?», fece la ragazza, entusiasta.
    «È il libro dell'altra volta», esclamò sicuro James.
    «Il Libro Mostro dei Mostri? Ne sei sicuro?», chiese Albus. «Perché era girato con la bocca verso l'esterno?».
    «L'ho rimesso sullo scaffale senza guardare», rispose James, ma un attimo dopo sentirono la porta della biblioteca aprirsi e James si affrettò a coprire Rose e Albus col Mantello dell'Invisibilità. La ragazza strinse a sé il libro, che ronfò sonoramente mentre Mastro Gazza si avvicinava durante il suo abituale giro di ronda, facendo temere ai ragazzi che il custode si sarebbe accorto di loro.
    «C'è nessuno?», chiese con voce malevola, quello, sollevando una lanterna, mentre Mrs Purr si avvicinava loro e soffiava contro le loro gambe invisibili. Il libro reagì ringhiando e Mastro Gazza richiamò la sua gatta. «Lascia stare quel maledetto libro, Mrs Purr, lo sai che non ti fa niente!». L'uomo passò vicino ai tre senza accorgersi della loro presenza e si allontanò assieme alla gatta fantasma che continuava a soffiare, voltandosi indietro con gli occhi tondi puntati esattamente sul punto in cui si trovavano.
    Dopo qualche minuto in cui rimasero immobili come se fossero stati colpiti dall'Incantesimo della Pastoia, sentirono la porta chiudersi e, con un gran sospiro, ricominciarono a respirare. Rose accarezzò di nuovo il libro e lo mise al suo posto, nel verso giusto. «Giuro che ho pensato che ci avrebbe visti!», mormorò, appoggiandosi allo scaffale, le gambe che le tremavano.
    «Il libro deve essere da queste parti», disse James, la voce un po' incerta, mentre sbucava dal mantello e ricominciava la ricerca.
    Per quanto cercarono, però, non riuscirono ad individuare il libro da cui Lucius Malfoy aveva strappato la pagina. «Non sappiamo come si chiama», constatò Rose, sbadigliando, un'ora abbondante più tardi.
    «Sappiamo quanto è grande e che le sue pagine sono di cartapecora», ragionò Albus.
    «Ma dovremmo aprire tutti i volumi che hanno le dimensioni giuste per vedere se hanno anche la carta giusta e se fossero più di uno?», ribatté Rose.
    «Non possiamo arrenderci!», protestò James, continuando a leggere titoli inquietanti.
    «Stiamo cercando un ago in un pagliaio, James. Dobbiamo trovare qualche altro sistema per trovarlo. Ora sappiamo dov'è. Accontentiamoci, per stanotte», disse Albus e a James non restò che annuire: si era fatto molto tardi e dovevano riposare almeno qualche ora o, la mattina seguente, si sarebbero addormentati in classe e, per le prime due ore, lui avrebbe avuto Pozioni. Dormire in classe non era una possibilità da considerare.


 
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Come sempre, grazie a chi legge e a chi ha aggiunto questa fanfiction alle storie seguite... però guardate che mica vi mordo se commentate! ^^
Un grazie particolare a Ladyriddle che commenta... e che come vedete è ancora viva, vegeta e intera. ^^
Se volete, mi trovate sulla mia pagina FB.

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Capitolo 8
*** Una brutta partita ***


8
Una brutta partita


 
 
Il terzo fine settimana di Ottobre si sarebbe tenuta la prima partita del campionato scolastico di Quidditch: Grifondoro contro Serpeverde, la squadra campione dell'anno precedente. Gli studenti non parlavano d'altro sin dal lunedì mattina, quando Mark Stretton, capitano del Grifondoro e Augustus Flint, capitano del Serpeverde, si erano stretti la mano, davanti all'intera scolaresca, impegnata a fare colazione, stabilendo che il perdente si sarebbe fatto carico del compito che il professor Lumacorno aveva affidato all'altro.
    «Non ho alcuna intenzione di passare l'inverno ad ustionarmi nell'aula di Pozioni estraendo fegati di Salamandre!», aveva garantito Stretton, sedendosi pesantemente al tavolo di Grifondoro e riempiendosi il piatto di salsicce.
    James Potter, che non aveva programmato altre incursioni nel Reparto Proibito, quella settimana, troppo teso per la sua prima partita ufficiale, annuì risoluto alle parole del capitano, mentre Albus, seduto accanto a lui, si accigliò e chiese: «A cosa serve il fegato di Salamandra?».
    «A raccogliere il sangue per la Pozione Rimpolpasangue e altre pozioni rinforzanti», rispose Stretton, mentre si versava il succo di zucca nel bicchiere. «Ce l'abbiamo in programma nel secondo trimestre, ma le scorte di sangue di salamandra sono scarse e il professor Lumacorno ha estratto due nomi tra quelli degli studenti del settimo anno e “guarda caso” siamo usciti Flint e io!», sbuffò.
    «Sembra disgustoso», commentò Lucy Weasley, facendo gli occhi dolci a Stretton: da quando James era stato ammesso in squadra, la cugina aveva sviluppato un sospetto interesse per il Quidditch che si era presto rivelato unilateralmente diretto al capitano Stretton.
    «Lo è!», garantì lui, rispondendole con la bocca piena e l'espressione corrucciata.
    «Farò il tifo per Grifondoro con tutte le mie forze!», promise la ragazza, arrossendo tanto che le guance divennero del colore delle sue lentiggini.
    A metà settimana, Albus raggiunse il fratello nella sala comune, con il viso scuro e un diavolo per capello, gli si piazzò davanti mentre James armeggiava col proprio manico di scopa e un panno sporco di cera e lo guardò con uno sguardo tanto arrabbiato che il ragazzo se ne sentì quasi intimorito.
    «Buttalo giù dalla scopa!», sbottò Albus, facendo sgranare gli occhi all'altro.
    «Chi?», chiese James, fermandosi.
    «Augustus Flint!». Albus sputò in nome e si sedette a gambe incrociate sul tappeto, davanti al fratello maggiore. «Ha vietato a Scorpius di studiare con noi fino a dopo la partita... “Non fraternizzare col nemico”, ha detto!», scimmiottò Flint, e James, facendosi scuro quanto Albus, cercò con lo sguardo Dominique per rinfacciarle l'ennesimo atteggiamento ostile del suo ragazzo.
    Nonostante i musi lunghi e le insistenze di James, Dominique non volle rendersi conto degli atteggiamenti di Augustus fino al giorno della partita, quando, assieme al resto degli studenti, si arrampicò su per gli spalti dello stadio di Quidditch per assistere alla prima e più attesa partita dell'anno.
    Mancava poco a Halloween e l'aria era fredda e tagliente, il cielo plumbeo era coperto di nubi grigie che annunciavano il maltempo, ma gli studenti erano eccitati e schiamazzavano sulle gradinate, in attesa dell'inizio della partita e, come al solito, Martin raggiunse Albus e Louis. I ragazzi cercarono con lo sguardo Lotus, ma il ragazzo non si vide.
    «Flint avrà detto anche a lui di non fraternizzare!», brontolò Albus, scoccando un'occhiata in tralice alla cugina, sperando di non vederla esultare per ogni rigore della squadra avversaria.
    Le due squadre lasciarono gli spogliatoi e si avviarono al centro del campo, dove Madama Bumb li attendeva per dare inizio alla partita. Stretton e Flint si strinsero la mano come se avessero voluto stritolarsela a vicenda, come avevano fatto pochi giorni prima in Sala Grande, e poi l'arbitro diede ordine che tutti montassero in sella.
    Al fischio di inizio tutti i giocatori si alzarono in volo raggiungendo le proprie postazioni. Il Boccino sfrecciò in alto, sparendo alla vista in un istante e James si piegò in avanti sulla scopa per raggiungere maggiore velocità nell'inseguimento, rabbrividendo per il vento che gli frustava il viso e le braccia, si infilava nella divisa e la faceva sventolare come una bandiera. La sensazione che provava era indescrivibile: era la sua prima partita e avrebbe voluto che suo padre fosse lì a vederlo.
    Metri sotto di lui, i primi fischi della folla gli comunicarono che doveva essere successo qualcosa, ma ancora non si sentiva la voce dello speaker, così abbassò lo sguardo, appena in tempo per vedere Peakes parare la Pluffa. Pochi secondi dopo, con un suono gracchiante, la voce carica di entusiasmo del ragazzo di Tassorosso incaricato di commentare la partita riempì l'aria. La Pluffa passa a Serpeverde, tiro di Serpeverde, ma Peakes para! – strepitò nel microfono, mentre James individuava Scorpius volare a una quindicina di metri da lui – Peakes rimette la Pluffa in gioco, Harper se ne impossessa, un Bolide sta per colpirlo, ma Harper lo evita! Bella battuta di Fred Weasley, ma Harper lancia la Pluffa verso Mulciber che a sua volta lancia a Flint e Flint vola verso gli anelli di Grifondoro!
    James strinse le labbra: sotto di loro la partita era frenetica e lui non aveva ancora individuato il Boccino, ma in quel momento vide Scorpius piegarsi su un fianco e direzionare la scopa verso un punto preciso, così si lanciò all'inseguimento. Un boato della folla annunciò il primo goal della partita mentre lo speaker gridava Fred Weasley segna! Dieci punti per Grifondoro! Le labbra di James si distesero in un sorriso mentre un bagliore dorato compariva per un momento nel suo campo visivo, sbucando da una nuvola per infilarsi in un'altra, un po' più in alto, a pochi metri da Scorpius.
    Malfoy rallentò all'improvviso, doveva averlo perso di vista quando si era infilato nella nuvola scura, e James decise di aggirarlo, salendo rapidamente di quota, per non fargli capire in quale direzione sarebbe andato, ma il ragazzo dovette intuire le sue intenzioni e, virando bruscamente, lo inseguì verso le nuvole più alte.
    James trattenne il respiro mentre gli pareva di attraversare un velo d'acqua che gli lasciò il viso umido; la voce dello speaker divenne lontana e ovattata e, una volta sopra il tetto di nubi, si guardò attorno alla spasmodica ricerca della pallina alata.     Pochi attimi dopo, Scorpius sbucò oltre la condensa e si guardò attorno voltando la testa a destra e a sinistra, in cerca del Boccino. Di nuovo, lo individuò lui per primo e scattò in avanti.
    James era di nuovo all'inseguimento e cominciava ad essere irrequieto. Poi, d'un tratto, si rese conto che quella di Scorpius era stata una finta: ora il Serpeverde sapeva che nemmeno lui aveva idea di dove fosse il Boccino e si rituffò tra le nuvole, scendendo in picchiata. James lo inseguì di nuovo, senza perderlo di vista, mentre Scorpius fendeva a tutta velocità l'area sopra il campo da Quidditch. Nel frattempo il fischio dell'arbitro precedette solo di un secondo il grido dello speaker: Fallo! Fallo di Flint su Weasley!
    James cercò velocemente con lo sguardo i cugini mentre i giocatori erano poco più di macchie colorate nelle loro uniformi, che volavano velocemente all'inseguimento delle palle, ma riuscì a vedere il momento in cui Fred, perduta la presa sulla scopa, iniziò a precipitare.
    Un battitore di Serpeverde direzionò un Bolide contro di lui, in caduta libera, e Megan Simon dovette precipitarsi a respingerlo prima che raggiungesse l'obiettivo. Nella fretta di salvare Fred, la ragazza perse la presa sulla mazza e per qualche istante fu in balia del nuovo attacco del Bolide. Mentre Roxanne si lanciava a recuperare Fred, prima che toccasse terra, Bats dovette frapporsi tra Megan e il Bolide, lasciando scoperti gli altri giocatori. Megan recuperò rapidamente la propria mazza, mentre Roxanne depositava Fred a terra, livido di rabbia, ma fortunatamente incolume, e  Serpeverde segnò ancora.
    Stretton si avvicinò a Madama Bumb, chiedendo una sospensione e la donna fischiò la pausa, in modo che la squadra potesse riunirsi. La folla fischiava scontenta.
    James volò fino a raggiungere gli altri e sentì Fred urlare: «Mi ha afferrato la scopa! L'ha trattenuta per farmi cadere!».
    Madama Bumb assegnò un rigore a Grifondoro per compensare il fallo subito da Fred, la folla tacque e, per qualche istante, parve che la Pluffa stesse per entrare nell'anello di sinistra della porta di Serpeverde, ma il portiere verde-argento, all'ultimo istante, riuscì a respingerla, rimandandola in gioco con un lancio spettacolare.
    La partita riprese e James e Scorpius salirono di nuovo di quota, ma James era nervoso: Scorpius era perfettamente tranquillo eppure suo cugino aveva appena rischiato di uccidere Fred. Finalmente individuò il Boccino e si lanciò al suo inseguimento. Voleva che la partita finisse.
    Sentì lo speaker annunciare che Grifondoro aveva segnato, erano 20 a 10 per Serpeverde. La voce lo raggiunse di nuovo, assieme ad una folata di vento avvisandolo che un Bolide era stato lanciato contro di lui. Intanto Scorpius l'aveva quasi raggiunto. Bats respinge il Bolide destinato a Potter e intanto Malfoy lo incalza! Un momento! Cosa sta facendo Mulciber? Madama Bumb fischiò di nuovo, ma Mulciber continuò a volare contro James come se intendesse speronarlo. Per non finire infilzato dalla sua scopa, James dovette virare e Scorpius ebbe modo di superarlo avvicinandosi al Boccino tanto da poter allungare la mano per afferrarlo.
    James vide le dita guantate di Scorpius chiudersi intorno alla svolazzante pallina dorata e Madama Bumb fischiò la fine della partita. Lo speaker annunciò la vittoria di Serpeverde per 170 a 10 e James rimase a fissare l'espressione contenta di Scorpius come se non riuscisse a crederci.
    Mulciber rise forte e volò intorno a Scorpius che fissava, ancora incredulo, il baluginio dorato tra le proprie dita, prima di ghignare all'indirizzo di James e Scorpius lo seguì verso il suolo. Un inizio di campionato davvero sottotono per Grifondoro, stava commentando lo speaker, con tono deluso.
    «Scorpius…», lo chiamò James, e il Serpeverde alzò lo sguardo su di lui, un sorriso felice sul volto pallido. «Non è stata una partita corretta».
    Il sorriso scomparve dal viso di Scorpius, che fissò serio James. «Abbiamo fatto gioco di squadra».
    «Augustus ha afferrato la scopa di Fred e i vostri battitori hanno cercare di ferirlo dopo che era caduto…».
    «Non l'hanno fatto apposta!».
    «E Mulciber ha cercato di speronarmi!», insistette James.
    Scorpius si imporporò di rabbia sulle guance rese ancora più pallide dall'aria fredda. «Impara a perdere, James», gli rispose piccato, prima di iniziare a scendere.
    James guardò la squadra del Grifondoro radunarsi a terra, abbacchiata. Anche da quella altezza poteva distinguere Fred che gettava la scopa e si buttava contro Flint solo per venire fermato da Stretton e Bats, prima che intervenisse Madama Bumb.
    Sugli spalti di Serpeverde, gli studenti festeggiavano, mentre la squadra capitanata da Flint si stringeva intorno a Scorpius che smontava dalla scopa e porgeva con orgoglio il Boccino al cugino.
    Megan Simon lo raggiunse, accaldata, reggendosi con una mano sola. Aveva lasciato la mazza a terra. «Vieni giù o vuoi goderti lo spettacolo dall'alto?», gli chiese con un sorriso quieto. Anche lei guardava con sdegno la squadra avversaria.
    «Mi sono fatto fregare come un novellino», le rispose James, chinando lo sguardo, ma la ragazza scrollò le spalle.
    «Abbiamo perso una partita, non il campionato, e trattandosi di Serpeverde, siamo fortunati che nessuno si sia fatto male. Stretton dice che sono stati più aggressivi del solito e che la colpa è della sua scommessa con Flint, quindi non te la prendere». Gli fece segno di scendere e James, dopo un sospiro, volò verso terrà.
    Forse era colpa di Flint se avevano perso la partita, ma era certo che fosse assolutamente colpa di Flint se Scorpius gli aveva risposto a quel modo.
    

 
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Note
Tra i falli del Quidditch troviamo il Blagging: afferrare la coda della scopa di un avversario, che è quello che ha fatto Augustus con la scoda di Fred, ed il Blatching, volare con l'intento di entrare in collisione con un altro giocatore. [Wikipedia]

Un ringraziamento a tutti i lettori silenziosi, ma in particolare a Ladyriddle e a Ledtere per aver commentato il capitolo precedente. Come sempre, vi invito a seguirmi su FB.

 

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Capitolo 9
*** Il libro senza titolo ***


9
Il libro senza titolo




Dopo la partita di due settimane prima, Scorpius Malfoy non aveva più passato molto tempo con Albus e James: l'aver preso il Boccino l'aveva reso popolare presso tutti i suoi compagni di Casa, inoltre, James aveva la sensazione che il ragazzo fosse ancora arrabbiato con lui per quello che gli aveva detto mentre erano sopra il campo da Quidditch.
    «Non potremmo chiedere a Scorpius quali sono gli interessi di suo nonno?», sbuffò Martin, un giorno, mentre cercavano un incantesimo che svelasse il contenuto della pergamena.
    «E come ci giustificheremmo con lui?», gli chiese Albus.
    «Anche se lo sapesse, non ce lo direbbe», mugugnò invece James, scoccando un'occhiata di traverso al tavolo dove Dominique stava studiando con Augustus ed Ausia Flint.
    Dopo la partita, lei ed Augustus avevano litigato di nuovo, ma la pace era tornata piuttosto in fretta, cosa che l'aveva fatta litigare con Fred e Roxanne, che l'avevano accusata di preferire il suo spocchioso ragazzo ai suoi cugini. James, però, aveva anche sentito Roxanne mettere in guardia il fratello dal continuare a corteggiare Ausia o, prima o poi, Augustus gli avrebbe fatto male sul serio.
    La settimana successiva era stata la volta della partita Tassorosso contro Corvonero e Tassorosso aveva stracciato Corvonero sotto una pioggia battente. Il mattino successivo una buona parte degli studenti era raffreddata e, tre giorni dopo, c'erano ancora diversi studenti che starnutivano sulle zucche di Halloween.
    Fu poco dopo la metà di Novembre che Rose si schiarì la gola e guardò con espressione soddisfatta i cugini e Martin, mentre si stringeva al petto un vecchio libro di incantesimi. «Ho trovato una cosa!», annunciò loro e poi aprì il vecchio libro dove aveva lasciato una piuma come segnalibro.
    «Vulnera revelio», lessero i ragazzi, e poi Martin prese il testo, iniziando a leggere l'incantesimo, mentre Albus e James guardavano il libro al contrario, seduti dal lato opposto del tavolo.
    «Potrebbe funzionare», concesse Martin dopo alcuni minuti, «ma ci vorrà un sacco di tempo». Spinse il volume verso i fratelli Potter così che anche loro potessero leggere l'incantesimo.
    «Serve ad individuare ferite o rotture…», constatò Albus.
    «O strappi», precisò Rose. «Dovremo applicare questo incantesimo ad ogni libro, così troveremo quello da cui è stata strappata la pagina con un semplice tocco di bacchetta».
    «Rose, la maggior parte di quei libri è vecchissima! Saranno tutti rovinati», la contraddisse James.
    «No, invece», obiettò Martin, «Madama Pince controlla ogni libro che è stato prestato e ogni nuovo libro che viene inserito nella biblioteca».
    «I libri del Reparto Proibito non vengono consultati spesso, quindi tranne l'usura del tempo, non dovrebbero aver subito danni dopo essere stati portati a Hogwarts», aggiunse Rose.
    «Inoltre, l'entità del danno dovrebbe rendere subito distinguibile un piccolo strappo o il morso di un topo da un'intera pagina strappata», concluse Martin.
    «Ci vorrà comunque tantissimo tempo per esaminare tutti i libri dello scaffale, anche se impariamo tutti l'incantesimo», disse Albus, che continuava a tenere con sé la pergamena e ad essere l'unico in grado di scorgere qualcosa sulla sua superficie.
    «Però, se restiamo al castello durante le vacanze di Natale, potremmo riuscirci senza dare nell'occhio», suggerì James e la prospettiva di passare assieme il Natale, tra le mura del vecchio castello, piacque subito a tutti.
    Quando, la settimana successiva, venne giocata la partita Serpeverde contro Corvonero, Martin e Rose erano già in grado di eseguire l'incantesimo con sicurezza e nei giorni successivi, anche Albus e James si applicarono per impararlo.
    «Vulnera revelio», disse Rose, ruotando elegantemente il polso e toccando il libro di Storia della Magia di Martin con la punta della bacchetta. La copertina si illuminò appena e una tenue luminosità si irradiò da alcune pagine interne.
    «Erintja ha morso delle pagine mentre studiavo», spiegò il ragazzo. «E adesso state a vedere», si schiarì la voce e occhieggiò verso Madama Pince, immersa nella lettura come di consueto, mosse la bacchetta con precisione e toccò il libro dicendo: «Vulnera reparo». La copertina si illuminò di nuovo e così pure le pagine interne. Martin appoggiò la bacchetta sul tavolo e cominciò a sfogliare il libro. «È l'incantesimo con cui Madama Pince ripara i libri», spiegò, «in questo modo potremo ripristinare la pagina strappata».
    Rose gli buttò le braccia al collo per un momento, ritraendosi subito, col viso più rosso delle sue lentiggini. «Non ci resta che trovarlo!», esclamò ancora un po' imbarazzata.
    La ricerca, però, dovette attendere perché, in men che non si dica, iniziarono le verifiche del primo trimestre e, in previsione della pausa natalizia, Stretton impose un ritmo serrato agli allenamenti della squadra: Serpeverde aveva vinto anche contro Corvonero ed era saldamente in cima alla classifica. Come se non bastasse, il capitano del Grifondoro, doveva occuparsi delle Salamandre e, ogni sera, dopo cena, si recava nei sotterranei ad alimentare il fuoco in cui le creature vivevano. La sera prima di lasciare il castello per le vacanze di Natale, il ragazzo tornò nella sala comune con una scottatura sul braccio e una ciocca di capelli bruciacchiata. Lucy Weasley strillò e si offrì di medicarlo, ma Stretton era troppo eccitato per darle retta: «È stata la prima volta che sono uscite dal fuoco!», raccontò ai suoi compagni di casa, orgoglioso della loro crescita, «Ormai sono grandi così!», mostrò loro aprendo le braccia. Durante le vacanze, le creature sarebbero state affidate alle cure di Hagrid e, una volta ricominciata la scuola, sarebbero state abbastanza grandi per gli scopi del professor Lumacorno.
    Quando la maggior parte degli studenti partì e furono rimasti in pochi, tra le mura di Hogwarts, James cominciò a portare il Mantello e la Mappa sempre con sé, così da poter entrare nel Reparto proibito approfittando di ogni occasione. Gli allievi rimasti passavano la maggior parte del tempo nelle loro sale comuni e gli insegnanti non li sorvegliavano con la stessa attenzione che prestavano loro durante il periodo scolastico, pertanto, James cominciò a prendere nota degli orari di Madama Pince. La bibliotecaia passava molto tempo con Mastro Gazza, dando a lui, Albus e Rose la possibilità di perlustrare il Reparto Proibito con relativa tranquillità.
    Avevano misurato la pagina strappata sulla lunghezza delle loro bacchette, così da non perdere tempo con libri troppo piccoli o troppo grandi e, avevano preso l'abitudine di infilarsi sotto il Mantello dell'Invisibilità subito dopo la cena, una volta salita la prima rampa di scale, quando non c'era nessuno nei paraggi. La prima sera, Martin era andato con loro, ma era risultato difficile stare in quattro sotto il Mantello, inoltre, accompagnare l'amico al suo dormitorio, dopo la perlustrazione notturna, costituiva un inutile rischio, così, seppure a malincuore, avevano proseguito in tre.
    Nonostante avessero individuato lo scaffale su cui doveva trovarsi il libro e avessero ridotto il numero di volumi da esaminare, ogni volta che “Vulnera revelio” veniva bisbigliato, un brivido percorreva le schiene dei Grifondoro, che si guardavano attorno per accertarsi che Gazza o la sua odiosa gatta o Madama Pince non comparissero all'improvviso.
    Fu solo durante la prima notte del nuovo anno, considerata una delle più magiche di tutto il calendario, che, mentre James sbadigliava e Rose si stropicciava gli occhi, Albus estrasse un volume dalla rilegatura in pregiata pelle nera, un po' consumata, lo aprì, stese la pergamena che teneva sempre in tasca accanto ad una sottile linea luminosa che rivelava un lungo e deliberato strappo e pronunciò: «Vulnera reparo!».
    La pagina si rinsaldò perfettamente, tornando al proprio posto come se non vi fosse mai stata tolta e Albus si girò verso il fratello, guardandolo sbadigliare di nuovo. «È questo. L'ho trovato», disse allora, la voce bassa e stanca.
    «Come?», chiese James, di colpo sveglio. Lui e Rose si avvicinarono ad Albus.
    «Sei sicuro?», chiese la cugina. Aveva gli occhi arrossati per la stanchezza.
    «La pagina si è riunita al libro lungo lo strappo. Nessun dubbio», rispose lui, tenendo il libro stretto al petto.
    «Che libro è? Facci vedere», chiese James, evidentemente eccitato.
    Nel momento in cui aveva riparato il libro, Albus aveva sentito uno strano attaccamento nei suoi confronti, quel tomo lo affascinava, ma non c'era motivo per non mostrarlo a James e Rose, così lo sporse affinché anche loro potessero vedere che sulla copertina scura non c'era nessun titolo. Nemmeno sulla spessa spalla era riportato alcun che.
    «Aprilo. Forse il titolo è scritto all'interno», suggerì Rose, le mani strette al petto e la bacchetta ancora in pugno, e Albus aprì la copertina, sfogliò le prime pagine, ma non solo non trovò alcun titolo, scoprì che il libro era completamente bianco. Scorse rapidamente le numerose pagine, ma su nessuna era scritto nulla.
    «Non è possibile!», protestò James, deluso.
    «L'abbiamo trovato, James. Troveremo anche il modo per leggerlo», disse Rose.
    «Speravo che bastasse ripararlo per rendere visibile il suo contenuto», si lamentò ancora James, sbuffando.
    «Forse non dovremmo farlo. Se è nel Reparto Proibito, probabilmente è qualcosa di oscuro e pericoloso», mormorò Albus, che non riusciva a staccare gli occhi dal volume.
    «Ma dobbiamo scoprire perché Lucius Malfoy voleva quella pagina», gli ricordò James. «Portiamolo con noi, così potremo esaminarlo con più calma».
    Rose annuì e Albus lo richiuse, stringendolo nuovamente al petto come se gli appartenesse o se fosse destinato a lui. James gettò il Mantello dell'Invisibilità su tutti loro; da qualche parte, un orologio batté le tre del mattino con rintocchi lugubri e un gufo bubolò all'esterno. Dopo aver dato un'occhiata alla Mappa per sincerarsi che la via fosse libera, i Grifondoro fecero ritorno alla torre col loro bottino.


 
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Un altro capitolo è andato. Come sempre, un grazie ai lettori di questa storia, a partire da Ladyriddle e Ledtere, per aver commentato.
Per aggiornamenti, spoiler e chiacchiere, mi trovate su FB! ^^

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Capitolo 10
*** Anche i muri hanno orecchie ***


10
Anche i muri hanno orecchie

 


Quando le vacanze di Natale finirono e il castello tornò a riempirsi di studenti, il libro trafugato dal Reparto Proibito non aveva ancora un titolo. Per quanti incantesimi i ragazzi avessero provato, nessuno si era rivelato appropriato. Albus passava un sacco di tempo sfogliando il tomo, accarezzandone le pagine, scorgendo segni evanescenti che sembrano mutare lentamente e che nessun altro vedeva.
    Alla fine della seconda settimana di Gennaio, Rose lo raggiunse sul divano della Sala Comune, portando un libro sotto al braccio. Si accomodò su un cuscino floscio, color cannella e aprì il libro sulle ginocchia, schiarendosi la voce. Sapendo che quello era il modo in cui la cugina cercava di attirare la sua attenzione, Albus alzò gli occhi dal tema di Pozioni che stava correggendo e la guardò.
    «Ho detto a Dominique che l'anno prossimo potrei scegliere Antiche Rune, tra le nuove materie», esordì compita, «e le ho chiesto di prestarmi il suo libro del primo anno così da farmi un'idea della materia». Sorrise e rimase in attesa di una risposta, ma Albus la guardò senza capire. La ragazza sbuffò. «Dacci un'occhiata, Al! Magari riconosci uno di quei simboli che dici di vedere. Se li studi qui, forse riuscirai a riconoscerli con più facilità», gli spiegò.
    «È un'idea», riconobbe il ragazzo e, messo da parte il tema, cominciò a leggere dal libro che Rose aveva allungato a metà verso di lui. Fu una lettura difficile, ma interessante, tanto da convincere Albus che, l'anno successivo, avrebbe potuto seguire quella materia, tuttavia nulla di quanto lesse o vide su quelle pagine lo aiutò a riconoscere i segni che a malapena vedeva su quelle del libro da cui Lucius Malfoy aveva strappato la pergamena.
    «Comincio a pensare che il signor Malfoy fosse mosso solo da vandalismo», sbuffò Martin, qualche giorno dopo, mentre si accasciava sul terzo scalino tra il secondo ed il terzo piano della torre di Astronomia. Quasi nessuno vi si recava di giorno, dal momento che la professoressa Sinistra si svegliava intorno alla metà del pomeriggio e le lezioni non iniziavano mai prima del tramonto. Da quando la scuola si era riempita di nuovo, i ragazzi avevano eletto quel punto come loro ritrovo: isolato, ma non nascosto, quindi il luogo ideale per esaminare un libro, fingendo di studiare assieme, senza attirare l'attenzione.
    «Dubito che quell'uomo sia un vandalo», sbuffò Rose, alzandosi e sbattendo le mani sulla gonna per togliervi la polvere. «Andiamo, o faremo tardi alla partita». La partita Grifondoro contro Tassorosso avrebbe stabilito quale squadra sarebbe arrivata ultima nella classifica del girone d'andata del torneo scolastico e non era particolarmente attesa; era solo inevitabile.
    Albus rimise il libro nella borsa e i tre scesero le scale, dirigendosi all'uscita, ma, nei pressi della grande porta del castello incontrarono un trafelato James che correva verso di loro.
    «Ma non dovresti essere sul campo, tu?», gli chiese Albus, vedendo il fratello con già indosso la divisa da Quidditch.
    «Vengo da lì e ci torno di corsa se mi fate un favore!», disse col respiro corto per la corsa. «Stretton ha lasciato i suoi guanti di pelle di drago nei sotterranei, ieri sera, quando è andato a occuparsi delle Salamandre. Ha rotto un guanto da Quiddicht e mi ha mandato a prendere quelli».
    «Non sono scomodi per giocare?», chiese Martin, dubbioso.
    «Un po', ma meglio quelli che afferrare la Pluffa a mani nude», gli rispose James.
    «Andiamo noi a prenderli, tu torna al campo», lo rassicurò Rose, e James lasciò di corsa il castello, mentre suo fratello e i due amici si dirigevano ai sotterranei.
    I sotterranei erano il luogo in cui si trovava la Sala Comune di Serpeverde e dove alcune aule più o meno grandi non vedevano mai una luce più intensa di quella delle torce. L'umidità la faceva da padrona, rendendo la pietra scivolosa e l'aria fredda e appiccicosa e questa era la ragione per cui Lumacorno aveva deciso di far crescere lì le Salamandre: la possibilità di un incendio era altamente improbabile.
    «Facciamo presto o perderemo la partita», disse Albus, incamminandosi lungo il corridoio che iniziava al termine delle scale.
    «Facciamo presto o ci ammaleremo», lo corresse Martin, tremando per il freddo che sembrava poter scivolare fin sotto la pelle.
    Arrivarono fino a metà corridoio prima di sentire un deciso “No!” quasi urlato. Si fermarono, cercando nella penombra per capire chi fosse stato e da dove venisse la voce. Dopo qualche istante, Rose indicò loro la porta della grande stanza in cui si trovavano le Salamandre: era aperta a metà.
    «Non era la voce di Lumacorno, quella?», chiese Martin, sottovoce e, quando Albus annuì, i ragazzi si scambiarono uno sguardo veloce. Albus si portò l'indice davanti alle labbra e avanzò in punta di piedi, subito seguito dagli altri due.
    «So quello che stai facendo, ti ho visto e non ti permetterò di proseguire con questa follia!», sbottò ancora l'insegnante di Pozioni, la voce alta e isterica.
    «Tu non me lo permetti?! Tu?!», sbottò una seconda voce, prima di scoppiare a ridere. Era la voce del professor Sylla, il responsabile della Casa di Serpeverde e, non appena la riconobbero, i ragazzi si fermarono sul posto: il professore di Trasfigurazione era sempre pronto a togliere punti agli studenti delle altre Case e, anche se loro padre non aveva detto loro nulla, Albus era convinto che fosse lui la ragione per cui James non aveva potuto giocare a Quidditch sin dall'anno precedente, quando si era azzuffato con Lotus Zabini, il migliore amico di Scorpius Malfoy.
    «Lo dirò alla McGranitt e allora vedremo!», insistette il vecchio professore.
    «Non oserai farlo, oppure…».
    «Oppure cosa? Mi stai minacciando?», la voce di Lumacorno sembrò tremare: l'anziano mago non era famoso per il suo coraggio e se stava affrontando il ben più intimidatorio Sylla doveva trattarsi di qualcosa di grosso. «Se si venisse a sapere, perderesti tutto quanto!».
    «Ricordati che non ci andrei di mezzo solo io se la faccenda fosse scoperta!», ribatté Sylla, con tono serio. Per alcuni istanti nei sotterranei si udì solo il silenzio, poi fu di nuovo Sylla a parlare: «È meglio andare alla partita prima che si accorgano della nostra assenza».
    «Prima promettimi che questa storia finirà!», disse Lumacorno con tono accorato. «Promettimelo!».
    Un silenzio teso cadde tra i due prima che Sylla sputasse la sua risposta: «Finirà». Passi svelti e il cigolare dei cardini misero fine alla conversazione e Albus, con prontezza di spirito, abbassò la maniglia della porta più vicina, pregando che fosse aperta. La porta si aprì e i ragazzi di precipitarono in una piccola stanza buia, trattenendo il respiro, proprio un istante prima che gli insegnanti li scoprissero ad origliare nel corridoio. Per alcuni minuti non osarono né parlare né muoversi. Ascoltarono con attenzione il rumore dei passi che si allontanavano sul pavimento di pietra e solo allora tirarono un sospiro di sollievo.
    «Lumos», scandì Rose, muovendo la bacchetta intorno per scoprire dove si trovavano: era una piccola stanza con un vecchio armadio, un tavolo con intorno un paio di sedie, e una vecchia scacchiera malconcia.
    «Di cosa stavano parlando, secondo voi?», chiese Martin, parlando sottovoce.
    «Non lo so, ma faremmo meglio a sbrigarci», ricordò loro Albus, aprendo con cautela la porta. Cercò di vedere attraverso lo spiraglio se ci fosse qualcuno e, solo dopo essersi assicurato che il corridoio fosse vuoto, uscì.
Martin e Rose gli furono subito dietro un'altra volta.
    La porta della stanza dove Lumacorno e Sylla avevano parlato era rimasta semiaperta, dall'interno proveniva un calore del tutto estraneo al posto in cui si trovavano e, non appena i ragazzi entrarono, videro quattro grandi camini entro cui bruciava un fuoco alto e abbagliante, tra le cui fiamme si agitavano forme scure e guizzanti.
    «Non usciranno, vero?», chiese Martin, intimorito. Il calore, nella stanza, aveva asciugato le pareti di roccia e stava già facendo sudare i ragazzi. Il riverbero delle fiamme faceva sembrare i capelli di Rose una nuvola di rame scintillante.
    «No, se non ci avviciniamo», rispose Albus, mentre cercava di individuare alla svelta i guanti di Stretton. Oltre ai camini, nella sala c'era un lungo tavolo col piano di marmo su cui erano appoggiati diversi arnesi per attizzare il fuoco, gettare carbone tra le braci e intrappolare le Salamandre. C'erano anche grandi ceste di carbone e una catasta di legna da ardere.
    Sul lungo tavolo, tra gli arnesi metallici, incantati per non diventare incandescenti, Albus vide i guanti e si affrettò a prenderli prima che le Salamandre si accorgessero di loro: non era sicuro di quale fosse la distanza che quelle creature consideravano “vicino”.
    Recuperati i guanti, corsero al campo da Quidditch; la partita era già iniziata e Grifondoro conduceva per 10 a 0, James volava in alto, tenendo d'occhio il Cercatore avversario e cercando di individuare il boccino, e Albus si avvicinò al parapetto del settore occupato dai suoi compagni di Casa. Sventolò i guanti in aria fino a che qualcuno della squadra non lo notò; Stretton si avvicinò a Madama Bumb, probabilmente per chiedere il permesso di recuperare i guanti e poi volò fino a dove si trovava Albus. Aveva una mano intirizzita e una coperta dal guanto regolamentare. Si affrettò ad infilare il guanto destro, ringraziando rapidamente e lasciando il sinistro alla custodia di Albus, prima di riprendere quota. La partita non era stata interrotta e, con un po' di fortuna, Grifondoro sarebbe riuscito a non finire ultimo in classifica.


 
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Note:
Per le stanze nei sotterranei ho immaginato di usare queste:
♠ Armadio dei Sotterranei
Si trova in una piccola stanza fuori dal Corridoio dei Sotterranei. In questa stanza, Ruberus Hagrid nascose Aragog nei primi anni del 1940 e, di conseguenza, dove Tom Riddle, il 13 Giugno 1943, accussò Ruberus Hagrid di aver aperto la Camera dei Segreti uccidendo i nati Babbani. – Qui è dove Louis e Lotus giocano a scacchi.
♠Sala dei festeggiamenti per le feste di Complemorte
Questa è una delle sale più spaziose del Castello. La sala è accessibile dal Corridoio dei Sotterranei. In questa stanza, il 31 Ottobre 1992, si svolse la cinquecentesima festa di Complemorte di Sir Nicholas de Mimsy-Porpington.


Un altro capitolo di questa mia bistrattata storia è andato. Come sempre ringrazio Ladyriddle per aver commentato il capitolo precedente e anche tutti gli altri lettori silenziosi (però ribadisco che, se vi faceste sentire, non mi dispiacerebbe affatto).
Per tutto il resto, vi aspetto sulla mia pagina FB! ^^


 

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Capitolo 11
*** Alchimie ***


Piccola dedica speciale, con un giorno di ritardo: buon compleanno, Ladyriddle!
Alcuni episodi di questa storia sono merito (o colpa :P) tua, sappilo.
♥ Auguri! ^^

 
11
Alchimie



 
Se Gennaio si era concluso con grida di giubilo per la vittoria del Grifondoro, terza in classifica, Febbraio si era aperto con le grida di rabbia di Dominique. In lacrime, la ragazza si era rifugiata nel dormitorio della sua Casa, rifiutandosi di uscirne fino a quando i suoi capelli, normalmente di un bel biondo rame, non fossero tornati al colore naturale, cosa che accadde solo dopo cinque giorni, quando l'incantesimo estetico lanciatole addosso da Ausia Flint venne, finalmente, annullato da uno della cugina Lucy che, stanca dei suoi pianti, aveva deciso che, se l'incantesimo anomalo non poteva essere invertito, nulla le impediva di ricolorare le chiome di Dominique con un altro incantesimo.
    «La odio!», aveva sentenziato Dominique, «L'ha fatto apposta perché non vuole che esca con suo fratello!». Ausia Flint aveva giurato che si era trattato di un malaugurato incidente, ma che, subito dopo, avesse fatto notare, tra le risate delle sue compagne di Casa, come il verde donasse a Dominique non deponeva del tutto a suo favore. Vero era che Ausia si stesse comportando in maniera particolarmente odiosa, tanto che persino Augustus, che prendeva sempre le sue difese, era intervenuto perché la smettesse di deridere la sua ragazza.
    Di certo, Ausia non era l'unica a non vedere di buon occhio la coppia formata da Dominique e Augustus: James sarebbe persino stato disposto ad aiutarla pur di dividere la cugina da quell'arrogante di Flint, ma, anziché aiutare lei, si ritrovò a dover soccorrere Scorpius, incorso nelle sue ire.
    La metà di Febbraio si stava avvicinando e gli studenti dal terzo anno in su erano in fermento in vista del fine settimana in cui si sarebbe svolta la visita a Hogsmeade. I gufi facevano avanti e indietro freneticamente, recapitando ordini per regali di San Valentino e prenotazioni di tavoli da Madama Piediburro. Le ragazze, quasi sentissero l'avvicinarsi della primavera, cinguettavano come uccellini sui rami, parlavano di vestiti e sospiravano, cercando di indovinare quali doni avrebbero ricevuto dai loro spasimanti. A questa sorta di delirio collettivo sembrava essere immune Ausia che, invece, era di umore nero e se la prendeva per ogni cosa.
    Quel giorno, mentre uscivano dalla Sala Grande, dopo aver pranzato, James sentì distintamente la voce di Scorpius, qualche metro avanti a lui, chiedere alla cugina se avrebbe passato San Valentino con il suo innamorato. La reazione di Ausia fu fulminea: estrasse la bacchetta ed esclamò: «Exulcero!», prima di strillargli contro che non erano affari suoi. La Fattura Pungente colpì con precisione il viso di Scorpius, che subito si riempì di bolle rosse e dolorose.
    Di quanti avevano assistito alla scena, un gruppetto di Serpeverde del secondo e del terzo anno ed un paio di Corvonero del quinto, nessuno avrebbe osato mettersi contro Ausia in condizioni normali, meno che meno quando era così alterata.
    James si fece largo tra gli altri, raggiungendo Scorpius che, dolorante, si copriva il viso con le mani. «Scorpius!», lo chiamò, sfiorandogli la spalla. «Ti accompagno in infermeria, vieni», gli disse, prendendolo per un gomito, mentre il ragazzo si lamentava debolmente per il dolore causato dalle piccole ustioni.
    Fu facile convincere Madama Chips che Scorpius era stato colpito da un incantesimo vagante e che non avessero idea di chi l'avesse lanciato, così, l'infermiera si limitò a spalmare un unguento sul viso del giovane Malfoy borbottando contro i giovani irresponsabili.
    «Grazie», gli disse Scorpius, il viso ancora un po' arrossato, quando lasciarono l'infermeria.
    James scrollò le spalle e gli sorrise. «Siamo amici», gli rispose e gli tese la mano. Scorpius arrossì e osservò il suo palmo per alcuni istanti, prima di stringere quelle dita nelle proprie. «A quanto pare dobbiamo ringraziare Ausia, per questo», rise James, e Scorpius sbuffò. «Si può sapere che le è preso?».
    «Non lo so, è da un po' che è intrattabile. Nemmeno Augustus riesce a ragionarci e in dormitorio nessuno ha il coraggio di dirle nulla».
    «Nemmeno fuori», gli fece notare James e i due si misero a ridere. Continuarono a chiacchierare come ai vecchi tempi, prima della partita Grifondoro contro Serpeverde e, senza pensarci, James guidò Scorpius fino al secondo piano della torre di Astronomia, dove si sedette su un gradino, in attesa degli altri. Mancava poco più di mezzora al termine delle lezioni del pomeriggio e presto suo fratello e gli altri l'avrebbero raggiunto.
    Il primo a presentarsi all'appuntamento quotidiano fu Martin, che guardò sorpreso all'aggiunta di Malfoy al loro gruppetto, dopo che era ne era stato escluso per tanto tempo. Una manciata di minuti dopo, arrivarono anche Albus e Rose. La ragazza fu subito entusiasta di sapere che lui ed il cugino avessero seppellito l'ascia di guerra e, senza la minima esitazione, lo informò del loro più recente passatempo: «Stiamo cercando di risolvere un mistero», gli bisbigliò, ridacchiando.
    Sguardi di approvazione passarono da un viso all'altro, mentre Scorpius chiedeva: «Che mistero?».
    Albus aprì la cartella e ne trasse un massiccio volume rilegato in pelle nera, sembrava essere molto antico e Scorpius sgranò gli occhi. «Sembra…», disse il giovane Malfoy, ma poi tacque.
    «Sembra cosa?», lo incalzò Albus, che reggeva il libro tra le mani.
    «Sembra un libro che ho visto nella biblioteca di mio padre, ma non può essere».
    «Perché no?», chiese Martin, osservando con attenzione l'espressione del ragazzo.
    «Perché dovrebbe essere un vecchio manoscritto unico al mondo. Mio padre colleziona testi di Alchimia e i libri di Sir Dee sono tra i pezzi forti della collezione Malfoy da secoli».
    «Un testo alchemico?», chiese Albus, accigliandosi.
    «Chi è Sir Dee?», chiese invece Martin.
    Scorpius sedette sul gradino, accanto a James e protese le mani verso Albus. «Posso vederlo?», gli chiese, e, anche se un po' a malincuore, Albus gli diede il libro.
    «Sir Dee era un mago vissuto nel XVI secolo alla corte della regina babbana Elisabetta I. Era un alchimista e un astrologo, e un mio antenato lo conobbe e acquistò alcuni dei suoi testi», spiegò Scorpius, osservando con attenzione la copertina, prima di aprire il volume. A quel punto si interruppe, sorpreso dalle pagine immacolate.
    «Crediamo che il testo sia nascosto da un incantesimo», gli disse James.
    «Dove avete trovato questo libro?», chiese Scorpius, mentre Albus glielo sfilava di mano.
    «Ecco…», iniziò James, «ricordi quando tuo nonno venne a trovarti, qualche mese fa?».
    Scorpius annuì. «Sì, era venuto a portarmi un libro che avevo dimenticato a casa», disse, poi si accigliò e aggiunse: «Ero convinto di averlo messo nel baule la sera prima di partire, ma evidentemente mi ero sbagliato».
    I fratelli Potter si scambiarono uno sguardo d'intesa: avevano sentito raccontare dai loro genitori quali fossero i mezzi di Lucius Malfoy, come avesse fatto avere il diario di Riddle a loro madre, e Rose trattenne il fiato, probabilmente a causa dello stesso pensiero.
    «Ecco», riprese James, con cautela, «tuo nonno è andato nella biblioteca, dopo averti salutato e lì ha nascosto questo libro… e ha strappato una pagina».
    «Questa», precisò Albus, aprendo il libro alla pagina dove aveva messo una piuma come segnalibro.
    «Perché dovrebbe aver fatto una cosa simile?», chiese Scorpius, ma James notò che non sembrava troppo turbato dal suo racconto.
    «Magari voleva che il libro sparisse da casa sua, ma fosse facilmente recuperabile», azzardò Rose.
    «E perché ne avrebbe strappato una pagina? Perché farlo a scuola?».
    «Forse gli serviva e a casa temeva di essere scoperto», provò Martin.
    «E tu come fai ad averlo visto?», chiese infine Scorpius, guardando James e il ragazzo si mosse sul gradino, come si fosse accorto in quel momento che era scomodo.
    James cercò lo sguardo di Albus, il fratello aveva le labbra serrate, ma dopo qualche istante annuì. James guardò anche Rose e Martin, per essere sicuro che anche loro fossero d'accordo e, alla fine, sospirò. «Devi promettere di non dirlo a nessuno», gli disse mentre metteva mano all'involto argenteo che teneva sotto il mantello.
    «Prometto», rispose Scorpius, guardingo.
    James tolse da una tasca interna il Mantello dell'Invisibilità, stendendolo davanti agli occhi increduli di Malfoy. Il tessuto era sottilissimo e leggero come una piuma, sembrava argento liquido e, quando James ci si avvolse, scomparve del tutto alla vista.
    Scorpius sobbalzò e si alzò in piedi, guardandosi attorno come se si aspettasse di veder comparire l'amico in qualche altro punto.
    «È il Mantello dell'Invisibilità di mio padre», disse James. La sua voce proveniva dallo stesso punto in cui si era trovato poco prima e, mentre Scorpius restava a bocca aperta, si scoprì il capo.
    «Wow!», commentò Scorpius, allungando la mano per cercare il tessuto ancora invisibile. «Mio padre l'ha sempre detto che il vostro doveva avere un sistema per girare per il castello senza essere visto», commentò ammirato.
    «È della nostra famiglia da secoli», disse James, orgoglioso.
    «Nessun mantello dell'invisibilità dura tanto a lungo!», protestò Scorpius, e James se lo tolse dalle spalle, ripiegandolo su un braccio.
    «Nessun mantello dell'invisibilità realizzato dai maghi», precisò con un sorriso a trentadue denti. «Questo è il Mantello dell'Invisibilità, quello che la Morte in persona donò a Ignotus Peverell!». Quando James notò l'espressione contrariata sul viso di Albus, aveva già detto troppo, ma Albus non stava guardando lui, bensì la figura eterea che stava comparendo alle sue spalle, sbucando dal gradino.
    «Dama Grigia!», la riconobbe subito Martin. La Dama Grigia era il fantasma della Casa di Corvonero e non si faceva vedere spesso in giro.
    «Martin, finalmente ti ho trovato!», esordì lei con voce fievole, intrecciando le lunghe dita affusolate in grembo. «La preside McGranitt mi ha mandata a cercarti. Devi andare a prendere la tua gatta nello studio del professor Lumacorno, ma devi andare subito, fai presto». La sua voce si affievolì e lei stessa parve farsi sempre più evanescente, mentre si allontanava.
    «Cosa ci fa Erintjia nello studio di Lumacorno?», chiese Rose, guardando l'amico, che scrollò le spalle. «Sarà scappata di nuovo».
    «La Dama Grigia ha detto di fare presto, però, meglio andare», fece notare Albus e, mentre James riponeva di nuovo il mantello al sicuro, i ragazzi scesero le scale tutti assieme, dirigendosi ai sotterranei.

La porta dello studio del professor Lumacorno era socchiusa e la preside McGranitt, il professor Sylla e Madama Chips erano all'esterno, cinerei e immobili come statue, chiusi in un tetro silenzio.
    «Preside, mi ha mandato a chiamare?», chiese Martin, non appena fu a pochi passi dalla donna. Gli altri erano alle sue spalle.
    «Signor Nymor, la sua gatta è nello studio del professor Lumacorno». La preside stirò le labbra, evidentemente contrariata. Osservò rapidamente gli altri ragazzi e poi cercò di parlare con voce pacata, ma era pallida e rigida e lo stesso si poteva dire del professor Sylla, mentre l'infermiera aveva gli occhi lucidi come se si trattenesse dal piangere. «Mrs Purr l'ha bloccata sotto la libreria e la sua gatta si rifiuta di uscire», spiegò la preside, «e non appena qualcuno di noi cerca di entrare, le due bestie si attaccano, e la sua gatta sta mettendo a soqquadro l'intero studio. Ha anche graffiato il professor Sylla quando ha cercato di prenderla».
    C'era qualcosa di strano, e non erano le mani graffiate e gonfie dell'insegnante di Trasfigurazione, ma fu Scorpius a prendere la parola: «Dov'è il professor Lumacorno?».
    I tre adulti si scambiarono uno sguardo, mentre dal fondo del corridoio arrivava Mastro Gazza, arrancando ad ogni passo, col fiato corto e pesante.
    «Signora preside, ho fatto… prima che ho potuto…», ansimò. Era tutto storto e sbilenco, il suo corpo grigiastro sembrava scolpito nel legno, eppure Mastro Gazza non mollava ancora: Hogwarts era la sua casa e non sembrava avere idea di lasciarla se non in una bara.
    «Mastro Gazza, per favore, può richiamare la sua gatta?».
    L'uomo si guardò attorno come se non capisse dove fosse Mrs Purr. «Dove si è nascosta la mia cara micetta?».
    James sentì un brivido lungo la schiena nell'udire la voce stridula e malevola del custode usare parole affettuose, ma fu la risposta della preside a farlo gelare sul posto.
    «Nello studio del professor Lumacorno… Il professore è... Horace ci ha lasciati. Ci serve che aiuti Poppy a portare il corpo in infermeria, non possiamo lasciarlo qui».
    Quando Gazza spalancò la porta, chiamando la sua gatta fantasma e Martin lo seguì, rigido, fin sulla porta, dove il professor Sylla lo fermò, mettendogli le mani rosse dei graffi di Erintjia sulle spalle, i ragazzi riuscirono a scorgere il corpo del professor Lumacorno steso sul pavimento.


 
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Note:
Sir Dee, (1527 – 1608) [wikipwdia] fu l'astrologo di fiducia di Elisabbetta I, appassionato di alchimia, occultismo e molto altro, divenne figura ricorrente in romanzi e fumetti di diversi autori.
Quando Lovecraft inventò il “Necronomicon” [wikipedia] ne attribuì la traduzione inglese a Sir Dee.
Alcuni averi di John Dee andarono perduto dopo la sua morte.

Secondo la storia della famiglia Malfoy, [qui] alla corte di Elisabetta I visse anche Lucius I Malfoy. Egli ambiva alla mano della monarca, ma usò la magia su di lei, provocandone il rifiuto.
… Se volete sapere come la penso io, fu Dee a scoprire l'illecito di Malfoy ed a spezzarne l'incantesimo. Per ripicca contro di lui, Malfoy rubò alcuni libri e oggetti dell'alchimista, alcuni dei quali, secoli dopo, vennero venduti al negozio di Sinister.


Ringrazio Ladyriddle e Ledtere per aver commentato il capitolo precedente e vi do appuntamento a lunedì 4 aprile per il prossimo capitolo! (A Pasquetta vi risparmio, così potreste uscire sereni a fare un picnic o a visitare un museo senza la smania di leggere il nuovo capitolo! U.U).
Come sempre, vi aspetto sulla mia pagina FB! ^^

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Capitolo 12
*** L'ultimo saluto a Lumacorno ***


12
L’ultimo saluto a Lumacorno



 
Madama Chips aveva comunicato alla preside che il professor Lumacorno era morto per cause naturali. La preside aveva fatto un annuncio prima della cena, venerdì sera, spiegando che l'insegnante di pozioni era stato rinvenuto nel suo studio dal professor Sylla, quando non c'era già più nulla da fare. Aveva avvisato che i funerali si sarebbero tenui il lunedì mattina successivo, quindi tutte le lezioni di quel giorno sarebbero state annullate. Aveva anche invitato gli studenti a celebrare la festività come avevano programmato, ricordando loro quanto il professor Lumacorno avesse amato le feste. Quanto prima, aggiunse, sarebbe stato convocato un nuovo insegnante di Pozioni.
    Nonostante le raccomandazioni della preside, però, l'entusiasmo per l'uscita a Hogsmeade era calato parecchio. «Per me è stato Sylla», aveva soffiato Martin all'orecchio di Rose, mentre si allontanavano dalla Sala Grande, dopo la cena.
    Rose aveva strabuzzato gli occhi e Martin aveva continuato, a voce bassa: «Non ricordi cosa abbiamo sentito nei sotterranei, quando siamo andati a prendere i guanti di Stretton?».
    «Lumacorno e Sylla stavano litigando», disse Albus, comparendo alle spalle della cugina, cogliendola di sorpresa. Rose sobbalzò e Albus e Martin si guardarono seriamente negli occhi.
    «Dite quello che volete, ma per me non è un caso», rimarcò il Corvonero.
    «Allora deve essere…    », pigolò Rose, con tono ansioso.
    «Un omicidio», terminò Albus per la cugina, che gemette come se il solo dirlo la spaventasse.
    Quando si separarono, al secondo piano, ognuno diretto al proprio dormitorio, Albus e Rose presero da parte James, raccontandogli della lite che avevano ascoltato, prima delle vacanze di Natale.
    Nel castello si era sparsa la voce che loro fossero presenti quando Mastro Gazza aveva trasportato il professor Lumacorno fuori dallo studio, e i membri della famiglia Weasley che si trovavano a scuola si erano stretti intorno ai cugini come se volessero distogliere i loro pensieri dalla scena cui avevano assistito, ma, inevitabilmente, quando furono seduti tra divano e poltrone spaiate, vicino al caminetto che riscaldava la sala comune di Grifondoro, James, Albus e Rose si ritrovarono a parlare dei loro sospetti.
    Il professor Sylla non godeva certo della simpatia dei membri della casa rosso-oro a causa della sua smaccata preferenza per i Serpeverde e, quando Albus e Rose raccontarono della discussione che i due insegnanti avevano avuto, nella stanza delle Salamandre, parve a tutti che la torva fama dei membri della casa di Salazar fosse, una volta di più, meritata.
    «Non pensate che la preside dovrebbe essere informata?», chiese Dominique, stropicciandosi le mani, e subito Lucy le fece eco aggiungendo: «Dovreste dirlo a zio Harry!».
    «Abbiamo solo dei sospetti», fece presente Louis, «senza prove non è il caso di accusare qualcuno».
    Nonostante Louis avesse ragione, il germe del sospetto aveva ormai messo radici nelle menti dei fratelli Potter, così come in quelle delle loro cugine Rose e Dominique.
    Quando, quel sabato, gli studenti si recarono a Hogsmeade, la notizia della morte del professore di pozioni aveva già raggiunto il villaggio ed era sulla bocca di tutti. Non fu una giornata romantica come molti si erano aspettati e persino il tè servito da Madama Piediburro parve un po' meno buono del solito. L'ombra lunga e densa della morte pareva incombere anche sul clima: era una giornata fredda e grigia, di pieno inverno e i ragazzi preferivano chiudersi ai Tre Manici di Scopa o da Mielandia che gironzolare per le strade.
    James non faceva eccezione, ma, poiché non aveva voglia di stare in compagnia degli altri studenti, si rassegnò a ciondolare per la strada, coprendosi col Mantello dell'Invisibilità per evitare di essere notato e richiamato da qualche studente che, come lui, non aveva alcun appuntamento galante. Aveva la sensazione che, stando lì sotto, riuscisse a pensare meglio e, in quel momento, aveva molto su cui pensare; non aveva mai visto qualcuno di morto, prima del professor Lumacorno, e il suo colorito cereo, il modo in cui la sua mano pendeva accanto al suo fianco, gli erano rimasti impressi nella mente, tanto da rivederli anche nei suoi sogni. L'idea che Sylla avesse potuto uccidere il vecchio insegnante continuava ad affacciarsi ai suoi pensieri nonostante la rassicurazione di Madama Chips. Era pur vero che il professor Lumacorno era avanti con gli anni, eppure se quello che Albus e Rose avevano sentito era vero, era davvero strano che fosse stato proprio Sylla a rinvenire il corpo… avrebbe potuto usare un incantesimo o una pozione… forse un veleno… stava ancora rimuginando quando la voce di Flint lo colpì come un Bolide.
    «Basta con questa storia!», sbottò il Serpeverde.
    «Come puoi dire basta?», lo incalzò Dominique. James si appiattì contro una casa, rendendosi conto solo in quel momento di aver lasciato la High Street ed essersi inoltrato lungo una delle laterali meno battute del villaggio. Dal tono della cugina, comprese subito che i due stessero litigando e decise di restare ad ascoltare, anche se, forse, non era molto corretto.
    «Il tuo Capo-Casa potrebbe essere un assassino!», continuò Dominique e James strinse i pugni lungo i fianchi: Dominique non avrebbe dovuto parlare ad Augustus dei loro sospetti, ma dall'espressione arrabbiata di lui, doveva avergli detto ogni cosa. James avrebbe voluto gridarle che era una stupida.
    «Come no!», sbuffò lui, «Per voi Grifondoro, se succede qualcosa, deve sempre essere colpa nostra! Non so se te ne sei accorta, ma anche io sono un Serpeverde!».
    «E per questo lo copriresti?», insistette Dominique. «Se sapessi qualcosa sarebbe tuo dovere denunciarlo!».
    «Io sono un Serpeverde. Il professor Sylla è un Serpeverde. Il professor Lumacorno era un Serpeverde», dichiarò Flint. «Una Casa, una famiglia. Se uno di noi fa qualcosa di sbagliato, se la vede con noi, ma se voi provate a mettervi in mezzo, noi faremo quadrato intorno a lui», ringhiò Flint, sempre più arrabbiato. James corrugò la fronte e si fece più attento.
    «Cioè vi sostituireste alla legge?», chiese Dominique. Aveva un'espressione stravolta sul viso pallido per il freddo.
    «Questa è la nostra legge», tagliò corto lui, dandole le spalle ed incamminandosi verso la strada principale, ma la ragazza non demorse.
    «Vostra di chi?», chiese, afferrandogli il braccio per farlo voltare e Augustus si girò con uno scatto stizzito, allontanando la sua mano.
    «Servederde, Purosangue. Quello che si suppone sia anche tu, più o meno!», le disse con tono sprezzante.
    James non poteva vedere il suo viso, dato che gli dava le spalle, ma vide quello di Dominique, i suoi occhi sgranati che si riempivano di lacrime e la sua bocca che si apriva, le labbra che tremavano. Era particolarmente carina, quel giorno, sua cugina: aveva indossato un vestito viola sotto il mantello pesante e si era truccata. Tra i capelli aveva messo delle forcine con delle campanelle che, anziché suonare, spargevano scintille dorate e un lieve profumo di vaniglia ad ogni movimento della testa.
    «Come puoi…», singhiozzò, «come puoi fare un discorso simile?! C'è stata una guerra per colpa dei Purosangue che si ritenevano superiori agli altri… mio zio è morto, i genitori di Ted sono morti…». Il trucco le scivolò sulle guance pallide assieme a due lacrime sporche di mascara.
    Augustus Flint scrocchiò il collo e tacque per qualche istante. A James parve che Dominique trattenesse il fiato. «Credo sarai più felice con un tuo simile, Weasley», le disse con tono annoiato, «non sei fatta per il mio ambiente». Si girò, e James poté notare la totale indifferenza sul suo viso, mentre Dominique scoppiava a piangere.
    «Augustus!», lo chiamò, in lacrime, cercando di inseguirlo, ma James di mise tra loro, afferrandola e trattenendola.
    «Sono James», le sussurrò non appena lei strillò per la sorpresa. Nemmeno in quel momento Augustus si volse per vedere cosa le fosse capitato.


Dominique pianse per tutto il giorno e per quello successivo. Per quanto James fosse felice di quella rottura e avesse detto innumerevoli volte che Flint era un bastardo, non gli faceva affatto piacere vedere la cugina in quello stato. In ogni caso, il lunedì mattina, l'espressione distrutta della ragazza fu la più alta espressione di cordoglio tra tutti i partecipanti al funerale del professor Lumacorno.
    La funzione si tenne nel cortile della scuola, il professor Lumacorno non aveva nessun parente in vita, così la preside McGranitt aveva deciso che le sue spoglie avrebbero riposato nel piccolo cimitero di Hogsmeade, non molto lontano dalla tomba di suo marito.
    Nel cortile erano state preparate molte più sedie di quanti non fossero gli studenti; James e Albus ne compresero la ragione quando cominciarono ad arrivare i familiari di alcuni di loro, per lo più ex allievi della Casa Serpeverde. Scorpius venne raggiunto dalla sua famiglia per intero: Draco Malfoy e sua moglie Asteria, con la sorella Daphne ed il di lei marito Marcus Flint, e dai nonni Lucius e Narcissa.
    «Credi che proverà a raggiungere di nuovo la biblioteca?», chiese Albus, in un bisbiglio, al fratello, ma James non fece in tempo a rispondere perché anche Harry Potter e sua moglie Ginevra, assieme agli zii Hermione e Ron erano arrivati.
    Il rappresentante del Ministero, venuto a rendere l'ultimo saluto all'insegnante, ricordò con poche parole il ruolo avuto da Horace Lumacorno nella Seconda Guerra Magica, il suo contributo fondamentale alla causa contro il più grande mago oscuro di tutti i tempi e, quando Albus alzò gli occhi su suo padre, si rese conto di quanto poco fosse toccato Harry da quelle parole.
    I Serpeverde, nelle loro vesti più tradizionali, sembravano essere i più compresi da quel lutto: Lumacorno era stato il responsabile della loro Casa per molti anni e loro erano stati, sicuramente, i suoi allievi preferiti, con poche eccezioni.
    Terminato il discorso del funzionario, il feretro lasciò la scuola, accompagnato dall'applauso di tutti i presenti; la bara passò fluttuando a mezz'aria tra le due ali di studenti, seguita dagli insegnanti, Hagrid si fermò per un momento vicino alla famiglia Potter, si soffiò il naso su un fazzoletto a pois, grande come una tovaglia, e si rivolse a Harry: «Te lo ricordi, Harry, quando morì Aragog? Fu lui a tenere il discorso… e adesso se ne è andato anche lui». Tirò su col naso e Harry gli batté una mano sul braccio.
    «Me lo ricordo, Hagrid», disse Harry Potter, mentre la bara veniva caricata su una carrozza trainata dai Thestral.
    James tornò a guardare in direzione della famiglia Malfoy, Asteria stava baciando il figlio sulla fronte, mentre Draco porgeva il braccio a Narcissa, di Lucius non c'era traccia. «Albus!». James sgomitò verso il fratello, indicando col mento il settore dei Serpeverde.
    Albus comprese subito. «Può cercare quanto gli pare; non può trovarlo», mormorò al fratello maggiore. Il libro misterioso era al sicuro, nella torre di Grifondoro, nel baule del minore dei fratelli Potter. Grazie a Scorpius, ora sapevano che si trattava di un libro di Alchimia, ma non avevano potuto scoprire nulla di più.
    Per quanto Albus avesse ragione, James avrebbe comunque preferito poter seguire le mosse del signor Malfoy sulla Mappa del Malandrino. Gli sembrava quasi che la vecchia pergamena bruciasse, nella sua tasca, perciò infilò la mano nel mantello e la accarezzò con le dita; non poteva tirarla fuori davanti a suo padre che sembrava non essersi ancora accorto del furto subito, così, tornò a guardare in direzione dei Serpeverde e lo sguardo gli cadde su Augustus Flint. Lo odiava. Lo odiava tanto da non riuscire a staccargli gli occhi di dosso.


 
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Ancora tre capitoli e questa storia sarà conclusa! ^^
Un grazie a tutti i lettori silenziosi (so che ci siete), ma in particolare a Ladyriddle che commenta sempre e che mi auguro apprezzerà questo capitolo.
Alla settimana prossima o, se preferite, molto prima su FB! ^^

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Capitolo 13
*** Il Libro dei Nomi ***


13
Il Libro dei Nomi



Trovare qualcuno che sostituisse il professor Lumacorno si era rivelata un'impresa tutt'altro che facile: l’anno scolastico era arrivato a metà e l’aveva superata, e l’unico che rispose all’appello della preside fu un farmacista incaricato dalla catena di farmacie Bobbin, la cui proprietaria era stata un’allieva della professoressa McGranitt. Il nuovo professore, però, era poco avvezzo all’insegnamento e così, mentre il prato del castello tornava ad essere verde e l’aria cominciava a profumare di fiori, gli studenti iniziarono a distrarsi, sempre meno interessati alle noiose lezioni che il supplente teneva con sempre minore entusiasmo.
    Albus aveva preso l’abitudine di studiare il libro di Antiche Rune ogni sera, davanti al caminetto, assieme a Rose, prendendo appunti sempre più precisi, mentre Martin si era fatto carico delle ricerche su Sir Dee.
    «Era un mago che viveva in mezzo ai Babbani, questo Sir Dee», disse loro un giorno, mentre stavano seduti in riva al lago, «prima dello Statuto di Segretezza, e ha ragione Scorpius: viveva alla corte di Elisabetta I, solo che, stando ai libri di Storia della Magia, quando morì molti dei suoi averi, libri e artefatti magici, vennero trafugati e se ne persero le tracce. Pare che il ladro non sia mai stato scoperto».
    «E guarda caso un suo libro ricompare in casa Malfoy...», sbuffò James.
    Martin lo guardò senza capire, così il maggiore dei fratelli Potter spiegò: «Il nonno di Scorpius aveva una collezione di oggetti oscuri, artefatti di ogni genere che vennero sequestrati dal Ministero prima della caduta di Voldemort».    
    «Li teneva in una specie di stanza segreta», aggiunse Albus.
    «Cavolo!», commentò Martin. «Quindi, voi pensate che questo libro…?».
    «Se Scorpius l’ha visto in biblioteca non può essere un libro di magia oscura. Se lo fosse non l’avrebbero tenuto in bella vista», rifletté Rose, mentre masticava della cioccolata.
    «Ma se è un semplice testo di Alchimia, perché nasconderne il contenuto?», chiese Albus, che non sembrava per nulla convinto e che continuava a cercare di interpretare i segni che intuiva sulla pergamena ogni volta che apriva il libro.
    «E perché strapparne una pagina sola?», gli fece eco James, sbuffando e rivolgendo lo sguardo abbattuto sul fratello, che scrollò le spalle.
    «Magari è il libro che insegna a fare la pietra filosofale», buttò il ragazzo, ma James scosse il capo.
    «Se fosse così, Lucius Malfoy avrebbe realizzato la pietra per sé e si sarebbe tenuto stretto il libro».
    In mancanza di nuovi indizi, la ricerca languì per molti giorni, deprimendo i ragazzi che furono costretti a concentrarsi sullo studio, fino a quando, un pomeriggio di due settimane dopo, Scorpius Malfoy, che non aveva fornito altre informazioni in merito al libro od al suo supposto autore, disse loro: «Potrei chiedere a mio padre».
    Albus e James si scambiarono uno sguardo preoccupato. «Non credi sia pericoloso?», gli chiese Albus. «Sì, sai, se dovesse scoprirlo tuo nonno…».
    «Tra pochi giorni torneremo a casa per le vacanze pasquali, potrò cercare il libro nella biblioteca di mio padre, facendogli notare la mancanza. Gli chiederò che fine abbia fatto e di cosa trattasse», spiegò Scorpius, con un sorriso furbo sul viso appuntito.
    «Potrebbe essere una buona idea», convenne Martin.
    «Ma stai attento a non far capire a tuo padre che ce l’abbiamo noi», aggiunse James.

Le vacanze pasquali duravano a malapena una settimana e molti studenti restavano al castello, approfittando di quei giorni per mettersi in pari con lo studio, anziché tornare a casa, così Albus dovette continuare a sfogliare il libro dietro le tende chiude del suo letto a baldacchino o quando i suoi compagni di stanza non c’erano. Nelle ultime settimane gli era parso che i segni che intravvedeva sulle pagine si fossero fatti più chiari, ma ancora non riusciva a decifrarli. Talvolta tracciava delle linee e dei simboli sulla pergamena su cui prendeva appunti e poi li confrontava con quelli disegnati sul libro di Antiche Rune, ma non aveva trovato ancora nessuna corrispondenza.
    Anche quel pomeriggio, se ne stava seduto sul letto, con le gambe incrociate e la piuma in mano. Gli incontri del club dei duellanti, per quella settimana, erano stati sospesi come qualsiasi altra lezione e Albus si sentiva nervoso e profondamente frustrato dall’incapacità di venire a capo del mistero del libro. Di fronte a sé teneva il libro degli incantesimi, cercando di visualizzarli uno per uno, sperando di cogliere un nesso, un indizio, e poi pensò a quella volta in cui il professor Sharp aveva usato l’incantesimo Homenum Revelio per far comparire il professor Serendip, disilluso.
    Quell’incantesimo continuava a tornargli in mente e Albus era certo che fosse la chiave per leggere il libro. Lucius Malfoy sapeva come leggere la pagina che aveva strappato e forse lo aveva fatto proprio prima di strapparla. Se solo James fosse arrivato pochi attimi prima, avrebbe potuto vedere cosa aveva fatto, ma James non era arrivato prima.
    Mise giù la piuma e prese la bacchetta. L’incantesimo Revelio era tra i più versatili, somigliava all’Incantesimo di Appello bisognava sapere con precisione cosa cercare: un uomo, una disegno, delle parole… Albus trattenne il fiato colto da un’idea: forse non era disilluso l’inchiostro, ma il messaggio stesso contenuto dal libro. «Verba Revelio», mormorò ruotando il polso e battendo la punta della bacchetta sulla pagina. Un brivido gli percorse la schiena, l’aspettativa gli fece tremare la mano, ma come temeva, non accadde nulla. Sbuffò, deluso. «Vorrei sapere almeno il titolo di questo libro», borbottò rigirandosi la bacchetta tra le mani; almeno per quello l’incantesimo avrebbe potuto funzionare. Fece un respiro profondo e disse: «Nomen Revelio», e, sorprendentemente, sulla prima riga della prima pagina comparve un nome: “Donatus Thompson”.
    Albus gridò, sobbalzando sul materasso e poi fissò la porta, per essere sicuro che non arrivasse nessuno, tornò a guardare la scritta, ancora incredulo, e saltò giù dal letto, chiudendo il libro e nascondendolo sotto il mantello. Fece le scale di corsa, rischiando di cadere, e raggiunse James e Rose in sala comune. «Ho visto qualcosa!», annunciò loro.
    Non c’era bisogno che dicesse loro di cosa si trattava, perché lo capirono subito. Rose mise da parte il libro che stava leggendo e James scattò in piedi. «Cosa?», chiese subito al fratello.
    «Un nome», rispose Albus, facendo loro segno di uscire. «Troviamo Martin e vi faccio vedere».
    Trovarono Martin con la gatta in braccio, di ritorno dalle serre, dove Erintjia aveva trovato un angolino tranquillo in cui riposare senza rischiare di incontrare Mrs Purr; dal giorno della loro ultima zuffa, la gatta fantasma passava quasi tutto il suo tempo a cercare la gatta dalla lunga coda, soffiando e miagolando, come se fosse posseduta da una furia.
    «Albus ha visto qualcosa sul libro!», gli disse Rose, prima ancora di aver sceso l’ultimo gradino, e i quattro raggiunsero la scala della torre di Astronomia, dove Erintjia si accomodò in braccio ad Albus, seduto su uno scalino che avrebbe potuto, ormai, avere il suo nome.
    Albus aprì il libro, ma il nome che aveva visto poco prima era svanito. «Non c’è!», disse con espressione incredula.
    «Forse l’incantesimo lo rende visibile per poco tempo», suggerì Rose.
    Albus, allora, annuì, riprese la bacchetta e, come aveva fatto poco prima, scandì: «Nomen Revelio!». Lentamente un nome si formò in alto, sulla pagina: “Joanne Cooper”.
    Per alcuni momenti, Albus rimase a fissare il nome, interdetto, poi, notando gli sguardi degli altri, si decise a dire: «È un nome diverso».
    «Io non vedo nessun nome, Albus», gli disse James e subito Rose e Martin annuirono. Erintjia fece le fusa e si stiracchiò sulle gambe del Grifondoro, rigirandosi e solleticando il mento di Albus con la coda, prima di tornare nella posizione iniziale.
    «Come è possibile che voi non lo vediate?», chiese Albus, «C’è scritto “Joanne Cooper”».
    «Forse lo può vedere solo chi fa l’incantesimo», ipotizzò Rose, ma quando fu lei a pronunciare le parole magiche e toccare il libro con la bacchetta, non vide nulla di più di quanto avesse visto prima.
    «Come sei arrivato a questo incantesimo?», gli chiese Martin e Albus scrollò le spalle.
    «Ho pensato che il titolo potesse essere disilluso, ma sulla copertina non è apparso nessun titolo. Solo questo nome in prima pagina».
    Martin guardò la copertina. «Avevamo già escluso la disillusione, però».
    «Quella dell’inchiostro», gli ricordò Albus. «Ho provato con le parole, il contenuto, ma non ho ottenuto nulla».
    «Sì, l’autore o il precedente proprietario avrebbero potuto rendere non intelligibile il messaggio del libro, è una buona idea, anche se io avrei usato un Confundus sui lettori».
    «Ma chi ha lanciato questo incantesimo non era uno studente», fece ancora Albus, «chi vuole scoprire un oggetto disilluso deve sapere almeno sommariamente di cosa si tratta, altrimenti potrebbe provare all’infinito senza trovare nulla». Il che era, grosso modo, quello che stava capitando a loro che, per quel giorno, decisero solo di stilare una lista di argomenti che avrebbero potuto trovarsi scritti su quelle pagine.
    Quando, prima di andare a dormire, Albus aprì di nuovo il libro, il nome di Joanne Cooper era ancora lì.

La mattina successiva, quando gli studenti rimasti a Hogwarts stavano facendo colazione in Sala Grande, uno stormo di gufi invase la volta, recapitando lettere e pacchi agli studenti. Rose pagò uno zellino per la sua copia de La Gazzetta del Profeta e la aprì sul tavolo, tra il piatto pieno di bacon e il bicchiere di succo di zucca ed emise un piccolo strillo.
    James e Albus la guardarono preoccupati e lei si sporse verso i cugini. «Qual era il nome che hai visto ieri sul libro?», chiese ad Albus.
    «Joanne Cooper», le rispose il ragazzo e Rose gli passò il giornale. In prima pagina c’era la foto di una donna ossuta, l’espressione da topo, che rideva e sfarfallava le ciglia. Il titolo recitava “Tragica scomparsa di Joanne Cooper, portavoce delle Fattucchiere Itineranti”
    Albus e James presero il giornale, strattonandolo un po’: entrambi volevano leggere l’articolo, piuttosto breve, sull’incidente accorso durante la notte alla strega. Dopo i festeggiamenti per la Pasqua, Joanne Cooper, un po’ troppo alticcia, era salita sulla sua scopa, a tarda sera, volando troppo basso e finendo per schiantarsi contro un palo della luce babbano. Quattordici case erano rimaste temporaneamente senza corrente elettrica e una squadra di Obliviatori era intervenuta per cancellare la memoria dei pochi Babbani che, a quell’ora di notte, avevano assistito all’incidente.
    «Pensi che quella donna sia stata tra i proprietari del libro?», chiese James, ma Albus poté solo scuotere il capo.
    Fu quando lasciarono la Sala Grande e Martin si unì a loro che Albus tolse dalla borsa il libro e lo aprì, scoprendolo nuovamente vuoto. Questa volta, però, non perse tempo: eseguì l’incantesimo con sicurezza e rapidità ed un nome diverso comparve al posto di quello della signora Cooper.
    «Come è possibile che il nome cambi ogni volta?», chiese Rose che, di nuovo, disse di non vedere nulla, esattamente come Martin e James.
    «E se…», titubò Martin, «forse è un’idea folle, ma se ci fossero molti nomi scritti su questo libro?».
    Albus abbassò lo sguardo sul volume, sfogliò qualche pagina e poi tornò a guardare Martin. «Come potrei scoprirlo?».
    «Prova con Tota Nomina Revelio», suggerì il ragazzo.
    «Potrebbe funzionare!», esultò Rose, che sorrise incoraggiante dell’espressione perplessa dei cugini e aggiunse a loro beneficio: «Anziché un solo nome, dovrebbe rivelare tutti i nomi, se ce ne sono davvero altri».
    Albus annuì, prese fiato ed eseguì l’incantesimo. In un istante le pagine si riempirono di nomi, uno dopo l’altro comparvero davanti ai suoi occhi, scritti con una grafia svolazzante e antica, e lui li lesse febbrilmente, fino a quando divennero troppi per ricordarli. Non conosceva nessuno di quegli uomini e di quelle donne, ma i nomi e i cognomi di alcuni di loro suggerivano che si trattasse di maghi e streghe.
    «Potrebbe essere… una specie di registro», commentò Martin, corrugando la fronte, quando Albus descrisse loro l’accaduto. «Forse dovresti scrivere i nomi che riesci a vedere e potremmo cercare di capire chi sono queste persone».
    Albus cominciò quella sera stessa a scrivere i nomi, copiandoli a partire dalla prima pagina. Fu girando la quarta e tornando indietro per ricontrollare un nome che si rese conto che uno si era spostato, risalendo di una posizione. Tornò indietro e si accorse che il primo nome che aveva copiato sulla lista era svanito.
    Preso da una sorta di strano presagio, Albus ripose la piuma accanto alla pergamena su cui stava scrivendo e cominciò a sfogliare le pagine rapidamente, scorrendo i nomi senza leggerli sul serio, in cerca di qualcosa, di nomi che conosceva, fino a quando non ne trovò uno: quello di Lucius Malfoy.


 
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Terzultimo capitolo! Vi siete fatti qualche idea su "cosa" sia il libro di Sir Dee? ^^
Attendo le vostre ipotesi!
Come sempre, grazie a tutti i lettori, ma in particolare a Ladyriddle, ledtere, uwetta e Aiedailtari per aver commentato il capitolo precedente.
Vi aspetto su FB! ^^
 
 

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Capitolo 14
*** Le coincidenze non esistono ***


14
Le coincidenze non esistono




Le lezioni ripresero a metà settimana, un giorno soleggiato e tiepido in cui era difficile restarsene tra le spesse mura del castello. Il religioso silenzio della biblioteca era attraversato da risatine improvvise e da mormorii che si zittivano non appena Madama Pince si avvicinava con passo minaccioso, per ricominciare appena l’anziana bibliotecaia si allontanava.
    Albus aveva preparato delle liste e le aveva divise con James, Rose e Martin, così che potessero cercare di dare un volto a quei nomi e cognomi ricopiati dal libro. Ne aveva preparata una anche per Scorpius, nel caso l’amico avesse deciso di dare loro una mano. Scorpius, però, quel primo giorno di scuola, aveva gli allenamenti di Quidditch e non ebbero modo di incontrarlo.
    In verità, non riuscirono a parlare con lui fino al fine settimana, quando James lo raggiunse all’uscita della Sala Grande, dopo pranzo. Scorpius guardò rapidamente in direzione di Flint, come se temesse di essere richiamato e gli diede appuntamento di lì a mezzora, al solito posto.
    I tre Grifondoro e Martin si diressero alla Torre di Astronomia ed attesero l’arrivo del Serpeverde. Albus fremeva dalla curiosità di sapere se l’amico fosse riuscito a scoprire qualcosa, a casa; James, invece, aveva anche altro per la testa: di lì ad un mese si sarebbe tenuta l’ultima partita di ritorno del campionato, di nuovo Grifondoro contro Serpeverde, e l’idea di farla pagare a Flint per come aveva trattato la cugina non gli dispiaceva affatto.
    Fortunatamente, sembrava che Dominique avesse superato il dolore per essere stata lasciata dal capitano verde-argento, ed era tornata a scuola serena e riposata. Per contro, Fred non faceva che chiedere a Louis di Ausia: la ragazza era rincasata per le festività ed era tornata al castello molto meno nervosa, ma con gli occhi cerchiati di rosso, come se avesse passato tutto il tempo a piangere. Scorpius e Lotus sembravano molto preoccupati per lei, ma non avevano nulla da dire a Louis che potesse tranquillizzare Fred.
    Quando Scorpius li raggiunse, aveva l’espressione seria e si guardava alle spalle come se temesse di essere seguito. «Ho parlato con mio padre», esordì con la voce bassa e il capo inclinato verso gli amici; aveva tutta l’aria di dover rivelare loro qualcosa di molto importante, così gli si strinsero intorno. Albus smaniava di sapere quanto il signor Malfoy aveva detto al figlio.
«Il libro è sparito dalla biblioteca del maniero e lui dice che può averlo preso solo il nonno, allora gli ho chiesto se potesse chiedere al nonno di renderglielo perché volevo leggerlo mentre ero a casa...», fece una pausa e guardò gli amici che pendevano dalle sue labbra, «ma nonno Lucius ha accampato delle scuse, ha detto di non sapere dove l’ha messo!».
    «Quindi è come pensavamo noi, il libro è stato messo di proposito nel Reparto Proibito!», esclamò James.
    «Aspettate: non è tutto», disse Scorpius, «papà mi ha raccontato una storia su quel libro: Sir Dee era un famoso alchimista, ma aveva un certo interesse per le arti oscure… raccontò al mio antenato che la pergamena di quel libro era fatta con pelle umana e che l’inchiostro che aveva usato era mescolato al sangue!».
    Rose squittì di paura, aggrappandosi a Martin che, a sua volta, fece un passo indietro, mentre James impallidiva.
    «Ma è solo una storia, no?», chiese Albus, la voce atona e lo sguardo fisso su Scorpius. Solo quando l’amico annuì, Albus si accorse di aver trattenuto il respiro.
    «E ti ha detto anche di cosa parla?», chiese James.
    «Ha fatto di meglio», rispose Scorpius, «Mi ha fatto vedere una copia realizzata da un nostro antenato, ma...».
    «Ma?», lo incalzò Albus, che si sentiva inquieto.
    Scorpius scrollò le spalle. «Era pieno di calcoli, di date e di mappe del cielo, non sono riuscito a capire il senso di quei conti, erano troppo complicati».
    «Albus è riuscito a vedere qualcosa», disse James, il cui entusiasmo sembrava scemato. «E non sono calcoli».
    Scorpius guardò Albus, in attesa di essere messo a parte di quanto aveva scoperto, ma il ragazzo era immerso nei propri pensieri. «Faglielo vedere, Al», lo spronò Rose e allora il minore dei fratelli Potter trasse di tasca la lista che aveva preparato per Scorpius. «Nomi», gli disse.
    Scorpius prese la lista e, con la fronte corrugata, cominciò a leggere. «Chi sono queste persone?», chiese.
    «Non lo sappiamo», gli rispose James, mentre il Serpeverde continuava a leggere.
    «Questo lo conosco!», esclamò Scorpius dopo un po’. «È un conoscente di mio padre, è venuto a fargli visita l’estate scorsa». Sollevò lo sguardo sugli altri come a chiedere cosa ci facesse quel nome tra gli altri.
    «Chi?», gli chiese Albus, sbirciando il foglio e Scorpius indicò un nome scritto verso la fine della pergamena.
    «Artemius Coque», disse Scorpius, «Importa calderoni… può voler dire qualcosa?».
    «Non credo», rispose Albus, «Conosci qualche altro nome della lista?».
    Scorpius scosse il capo, ma disse quello che Albus aveva sperato dicesse: «Posso cercare di informarmi in giro, però».
    Anche gli altri cercarono di scoprire qualcosa sui nomi della lista: nei giorni successivi, Rose lesse ogni giorno La gazzetta del Profeta con particolare attenzione ai nomi e si fece prestare da Dominique le vecchie uscite del Settimanale delle Streghe che non aveva ancora buttato. Martin, invece, decise di passare al setaccio tutti gli autori della biblioteca. Non era un’impresa facile, ma ordinò i nomi della lista in ordine alfabetico e cominciò a spulciare lo schedario vicino alla scrivania di Madama Pince, con la scusa di cercare un libro di cui non ricordava il titolo.
    James avrebbe voluto fare di più, ma più si avvicinava l’ultima partita dell’anno, più il capitano Stretton intensificava gli allenamenti, lasciando sfiancati i giocatori per i due giorni successivi. Mark Stretton era all’ultimo anno e quella sarebbe stata la sua ultima partita come capitano del Grifondoro, oltre che, probabilmente la sua ultima partita in assoluto. La squadra di Grifondoro era terza in classifica, ma una vittoria avrebbe potuto farla salire alla seconda posizione. La squadra di Flint avrebbe comunque vinto il campionato scolastico, ma, quanto meno, per Stretton batterlo proprio nell’ultima partita sarebbe stata una rivincita.
    Albus continuò a controllare ogni sera le pagine del libro: l’idea che fossero fatte di pelle umana lo faceva rabbrividire, ma non poteva fare a meno di sfiorarle con una sorta di reverenza. A volte gli sembrava che da loro emanasse un lieve tepore e il cuore gli batteva più forte.
I nomi iscritti, talvolta, non cambiavano per giorni, poi uno svaniva e il successivo scivolava una riga più in alto, come se tutti fossero in fila all’ufficio postale.
    Due settimane dopo aver parlato con Scorpius, due nomi sparirono simultaneamente: Marilyn e Timothy Blackwood. Sparirono proprio davanti agli occhi di Albus, come se non fossero mai stati lì. Albus si stropicciò gli occhi e chiuse il libro: ormai era tardi ed era meglio dormire.
    Il mattino successivo, Rose lesse con la consueta attenzione il giornale che un gufo le aveva recapitato e, all’improvviso, sobbalzò. Ripiegò il giornale in modo da mettere in evidenza un articolo a tre mezze colonne sulla pagina di cronaca e lo passò ad Albus e James.

 
        “Drammatico incidente:
Marilyn e Timothy Blackwood muoiono nel rogo della loro casa.
Si sospetta un’esplosione di magia involontaria.”

Albus deglutì a fatica e lesse l’articolo per intero, dividendolo col fratello. I coniugi Blackwood erano morti nel rogo della loro casa, in un villaggio del sud dell’Inghilterra. Quando i soccorsi erano arrivati, avevano trovato unicamente il bambino di cinque anni, in lacrime, a diversi metri dalla casa.
    «Albus...», James lo chiamò sottovoce, e Albus scosse il capo. Non credeva nelle coincidenze: quel libro aveva una fama oscura e due persone che vi erano citate erano morte… e lui era l’unico a poterlo leggere. Quel pomeriggio, Albus corse nel suo dormitorio, durante una pausa tra due lezioni, e chiuse il libro dentro il proprio baule. Non voleva più averlo sempre con sé, anzi, la sua presenza gli sembrava ormai minacciosa.
    Prima di sera, Rose aveva informato Martin dell’accaduto, ma poiché nei giorni successivi non trovarono altre corrispondenze tra i nomi della lista e i fatti di cronaca, finirono per pensare ad una mera casualità.
    Albus non lo pensava affatto, ma preferì non farne parola con gli altri. Era la prima volta che si portava dentro un simile peso tutto da solo, ma l’essere l’unico che riusciva a vedere i nomi scritti nel libro gli suggeriva che non ci fosse nessuno a cui avrebbe potuto parlarne.
    Tra gli studenti del secondo anno c’era un certo fermento perché presto si sarebbero dovute scegliere le materie aggiuntive per l’anno successivo e Martin e Rose cominciarono a discutere del futuro, accantonando, per il momento, la lista. Certo era che loro ed anche Albus avrebbero seguito Antiche Rune, Martin disse di voler seguire anche Cura delle Creature Magiche, mentre Albus e Rose si sentivano quasi obbligati a farlo per non deludere il professor Hagrid. La madre di Rose le aveva inviato una lettera suggerendole di prendere in considerazione Aritmanzia, mentre Martin sembrava interessato all’Alchimia.
    Albus pensò distrattamente che avrebbe potuto emulare James e seguire Babbanologia, ma, in realtà, non ne aveva alcuna voglia: continuava a pensare al libro chiuso nel suo baule. A volte gli sembrava quasi che lo stesse chiamando, che gli mancasse.
    Il giorno in cui si tenne la partita Grifondoro contro Serpeverde, Albus era particolarmente di cattivo umore. Era andato al campo da Quidditch assieme agli altri, Corvonero e Tassorosso facevano il tifo per Grifondoro e Albus sapeva che avrebbe dovuto farlo anche lui: James era sceso in campo agguerrito quanto Stretton e Fred. Il loro risentimento era tutto per Flint, che sembrava addirittura inorgoglito da tanto astio nei suoi confronti.
    La partita cominciò con Serpeverde subito all’attacco. Il Boccino zigzagò per un po’ in mezzo ai giocatori, impedendo ai Cercatori di avvicinarlo e poi scomparve verso l’alto, costringendo James e Scorpius a una folle rincorsa. Nel frattempo, i battitori di Serpeverde sembravano essere ovunque, intercettando i Bolidi e cercando di colpire i cacciatori Grifondoro.
    Megan Simon e Bats riuscivano a stento a contenerli e, quando Flint riuscì a entrare in possesso della Pluffa e la lanciò contro la porta del Grifondoro, solo una parata eccezionale di Peakes riuscì ad evitare che il Serpeverde segnasse il primo punto.
    Peakes lanciò la Pluffa in direzione di Roxanne e lei la passò a Fred. Lo speaker commentava entusiasticamente il gioco perfettamente sincronizzato dei fratelli Weasley, ipotizzando che Roxanne avrebbe potuto diventare il nuovo capitano della squadra, l’anno successivo, quando sia Stratton e che Fred si sarebbero diplomati. Era una voce che serpeggiava da un po’ tra i Grifondoro e sembrava che a metterla in giro fosse stato proprio Stretton.
    L’attenzione di Albus, però, era altalenante e dipendente dalle esplosioni di gioia o di disapprovazione del pubblico: quando la folla schiamazzava, lui riemergeva dai pensieri in cui si era perso e cercava freneticamente la Pluffa per capire cosa stesse accadendo.
    Nonostante tutta la determinazione dei Grifondoro, dopo quaranta minuti dall’inizio della partita, Serpeverde era in vantaggio di dieci punti, che divennero venti al cinquantesimo minuto.
    Fred e Stretton avevano segnato due volte a testa, sfondando la difesa della squadra avversaria, ma Flint aveva realizzato metà dei punti della sua squadra da solo, e, per quanto Albus fosse dispiaciuto, doveva ammettere che il capitano avversario fosse un ottimo giocatore, proprio come diceva Scorpius.
    Incredibilmente, Flint non aveva fatto ancora nemmeno un fallo, né ci aveva provato. Il Boccino tornò in vista, passò vicino ad un battitore Serpeverde, che per la sorpresa quasi cadde dalla scopa e poi sfrecciò dietro la porta difesa da Peakes per subito invertire la direzione e rientrare in campo. James e Scorpius lo inseguirono spingendo al massimo le loro scope e protendendo in avanti la mani ogni volta che pareva loro di poterlo prendere, ma la pallina dorata continuava a sfuggire alle loro dita.
    Un paio di volte gli studenti saltarono in piedi, convinti che James fosse riuscito a prenderlo, decretando la vittoria della squadra rosso-oro, ma un baluginio dorato a una decina di metri da lui li aveva mentiti. Intanto Peakes parò un nuovo rigore di un cacciatore Serpeverde, rimettendo la Pluffa in gioco con un lancio lunghissimo, che dette a Stretton la possibilità di accorciare la distanza tra le squadre.
    La partita durava da settantadue minuti quando Roxanne segnò a propria volta, riportando la situazione in parità. La tribune strepitarono di gioia, ma il loro entusiasmo duro molto poco perché Scorpius Malfoy riuscì a prendere il Boccino, ruzzolando a terra, al termine di una picchiata conclusasi con la sua scopa conficcata nel terreno.
    Per qualche momento Scorpius non si mosse e il cuore di Albus balzò in gola. Pensò vorticosamente al libro: non c’era, lì, il nome di Scorpius. Ne era sicuro, non c’era!
    Scorpius sollevò la mano che stringeva il boccino e, dopo che sul campo era sceso un innaturale silenzio, il pubblico tornò a gridare, fischiare, applaudire.
    Albus sorrise di sollievo ed assistette alla discesa di James che si avvicinava a Scorpius, lo aiutava ad alzarsi e lo abbracciava. La partita era conclusa e Serpeverde aveva vinto, ma soprattutto, nessuno era morto.
    Albus comprese che, per un momento, l’ombra del professor Lumacorno si era estesa sopra tutto il campo da Quidditch, ma per fortuna, Scorpius era ammaccato, ma stava bene.
    Augustus Flint scese accanto al cugino e gli rivolse qualche parola, poi diede una pacca amichevole sulla spalla di James, che lo lasciò a bocca aperta, mentre lui e Scorpius tornavano in volo per fare il giro d’onore del campo. Avevano vinto il torneo scolastico e l’ultima partita. Flint avrebbe lasciato Hogwarts come il capitano vincitore, mentre sul viso di Stretton comparvero due scie umide a rigargli le guance.
    

 
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Note:

Siamo nel 2018 e stando al calendario, Pasqua cadrà domenica 1 Aprile. Ho immaginato che gli studenti rientrino a scuola il martedì, per questo le lezioni cominciano il mercoledì.
Non trovato riferimenti circa la durata delle vacanze pasquali, nei libri di HP, così ho arbitrariamente deciso di farle durare quanto da noi. Ladyriddle, però, proprio pochi giorni fa, mi ha fatto notare che le “vacanze di primavera”, in Inghilterra, durano da una a tre settimane, a seconda della scuola.

In merito al libro, ho messo una nota pochi capitoli fa: Il Necronomicon è uno pseudobiblium, la traduzione più comune del titolo è
Libro dei Nomi dei Morti e, secondo una traduzione, era fatto di pelle umana e scritto col sangue. La traduzione inglese di questo libro viene attribuita a Sir Dee, che visse realmente alla corte di Elisabetta I e molti dei suoi scritti scomparvero realmente alla sua morte... in pratica non ho inventato nulla. Ho solo... reinterpretato. ^^

Ringrazio come al solito tutti i lettori di questa storia che sta volgendo al termine, ma particolarmente
uwetta, ledtere e Ladyriddle per aver commentato.
Vi aspetto su FB! ^^

 

 


 

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Capitolo 15
*** Una domanda difficile ***


15
Una domanda difficile



La delusione della sconfitta era stata dura da superare, ma cominciava a fare caldo e gli allenamenti serali erano stati sospesi, dando la possibilità agli studenti del quinto e del settimo anno di concentrarsi sullo studio, in vista degli esami.
    Fred Weasley aveva trovato il coraggio di dichiararsi ad Ausia Flint, e lei, contrariamente ad ogni aspettativa, non l’aveva insultato né affatturato. Erano usciti assieme, una domenica pomeriggio, per fare una passeggiata lungo la sponda del lago, ma doveva essere successo qualcosa perché Fred non fece parola di quel loro primo e ultimo appuntamento e smise del tutto di nominarla. I voti di Ausia erano peggiorati nell’ultimo trimestre e persino Dominique era sembrata preoccuparsi per lei quando la ragazza non si era presentata ad una riunione indetta dai Capiscuola per ringraziare tutti i Prefetti per la collaborazione data in quell’anno che stava volgendo al termine.
    Gli insegnanti avevano cominciato gli incontri di orientamento con gli studenti del secondo anno e Albus era riuscito a rilassarsi, tanto che, da qualche giorno, non pensava più al libro che teneva chiuso nel baule.
    Purtroppo, però, quando fu ora di mettere a riposo la divisa invernale, dovette aprire il baule ed il libro era lì, ad aspettare pazientemente che lui lo aprisse di nuovo.
Albus lo prese tra le mani, il suo tepore non era intenso quanto quello del sole della primavera avanzata, tanto da convincere il ragazzo che non emanasse proprio nessun calore da quelle pagine. Lo aprì, trovando che i nomi ricopiati per ultimi nelle liste che aveva dato ai suoi amici, erano ormai arrivati in testa alla colonna. Ne lesse alcuni, realizzando solo dopo aver voltato pagina che il nome di Artemius Coque era scomparso.
    Quel giorno, prima dell’ora di cena, Albus e Scorpius si incontrarono poco prima di entrare nella Sala Grande, il Serpeverde stava guardando le grandi clessidre che tenevano conto dei punti di ogni casa: Corvonero era decisamente in vantaggio.
    «Ehi, Scorpius», lo chiamò Albus.
    «Ciao», gli rispose il giovane Malfoy, il naso ancora un po’ spellato dopo la caduta dalla scopa.
    «Sai se tuo padre ha più incontrato quel suo amico? L’importatore di calderoni», gli chiese con noncuranza e Scorpius scrollò le spalle. Ovviamente non poteva saperlo, dato che era al castello sin dalla fine delle vacanze pasquali.
    «Ti serve un calderone nuovo?», gli chiese, divertito.
    Albus fece spallucce. «Forse». Per lui il discorso era finito lì e non ci pensò più.
    Non ci pensò più fino a quattro giorni dopo, quando la Gazzetta del Profeta riportò la notizia del ritrovamento del corpo dell’importatore. Quando è stato trovato, doveva essere morto già da tre o quattro giorni. – diceva l’articolo – A rinvenire il corpo è stato un amico, preoccupato perché da giorni non riusciva a mettersi in contatto con lui. Il signor D. Malfoy ha quindi deciso di fargli visita e ha rinvenuto il corpo nel magazzino retrostante la casa del signor Coque.
    Artemius Coque era anziano e viveva da solo. Non ha parenti in vita, pertanto nessuno si era accorto della sua scomparsa. Pare che la morte sia sopraggiunta in seguito ad una caduta mentre stava conteggiando i calderoni in magazzino.

    Albus aveva cercato con lo sguardo Scorpius, l’ansia che era tornata a stringergli la gola. Scorpius Malfoy gli fece segno di uscire dalla Sala Grande e lo precedette in ingresso, dove si erano incontrati solo pochi giorni prima. Le grandi clessidre delle quattro Case di Hogwarts incombevano ai lati del portone e la grande sala d’ingresso era vuota, eccezion fatta per loro. Il resto degli studenti e gli insegnanti stavano ancora facendo colazione.
    «Mi ha scritto mio padre», esordì Scorpius, «Mi ha chiesto perché gli ho domandato del signor Coque proprio l’altro giorno...».
    «Gli hai chiesto di Coque?», chiese Albus, allarmato.
    Scorpius annuì. «Mi avevi chiesto di lui, è l’unico nome della lista che abbiamo identificato!», si giustificò.
    «Non è l’unico», lo contraddisse Albus, con fare cupo. «Ricordi quell’incendio in cui sono morti due maghi, qualche settimana fa? Si sospettava uno scoppio di magia involontaria». Scorpius annuì. «Erano sulla lista», disse allora Albus.
    Scorpius sgranò gli occhi. Era difficile dire se fosse impallidito, dato quanto era chiara la sua pelle, ma dopo qualche istante disse: «Mio padre deve saperlo!».
    «Sapere cosa?», chiese Albus, stringendo i pugni.
    «Del libro!».
    «Non puoi dirglielo! Lo verrà a sapere tuo nonno!»
    «Sì che posso!», ribatté Scorpius. «Il libro è nostro, mio nonno l’ha… perso, quindi deve tornare al castello!».
    «Tuo nonno non l’ha perso!», replicò Albus. «L’ha nascosto!», rimarcò e, in quel momento, Albus capì per quale motivo l’avesse fatto e perché avesse strappato la pagina. In qualche modo, Lucius Malfoy doveva aver letto il proprio nome su quel libro, e aver strappato il foglio su cui si trovava. Probabilmente, in quel modo, aveva pensato di sfuggire al proprio destino, ma i pensieri di Albus si erano concentrati su altro: se Lucius Malfoy aveva letto il proprio nome sul libro, lui non era l’unico a poterlo fare.
    «Va bene», accondiscese a quel punto, «dì a tuo padre che il libro ce l’ho io».

Forse non era stata una grande idea quella di far sapere al signor Malfoy che aveva lui il libro: il giorno successivo, il barbagianni di Scorpius gli recapitò una lettera in cui faceva sapere al figlio che, nel pomeriggio, sarebbe venuto a Hogwarts ad incontrare Albus.
    Albus si era preparato tirando il libro fuori dal baule e rimettendolo nella propria borsa, aveva frequentato le lezioni pomeridiane portandosi dietro il suo peso familiare, in attesa di veder comparire il padre di Scorpius da un momento all’altro, ma, a comparirgli davanti fu Nick Quasi Senza Testa che, su ordine della preside, gli chiese di recarsi nel suo ufficio.
    La preside McGtranitt lo aspettava in compagnia del signor Malfoy e Albus passò lo sguardo da uno all’altra.
    «Lieto di rivederti, Albus», lo salutò Draco, garbatamente.
    «Piacere mio, signor Malfoy», rispose lui, rigido e guardingo.
    La preside non sembrava essere a proprio agio: teneva la mani intrecciate in grembo e lo fissava da dietro gli occhiali squadrati. «Signor Potter», iniziò l’ex insegnante di Trasfigurazione, «il signor Malfoy mi ha detto di avere urgenza di parlare con lei in quanto pare che lei sia entrato in possesso di un inestimabile oggetto di famiglia...», il tono della preside era quanto mai duro e Albus si passò la lingua sulle labbra secche.
    «Sì, signora», pigolò, evidentemente in difficoltà, non potendo spiegare che lui ed il fratello erano entrati nottetempo nel Reparto Proibito. Fu allora che Draco Malfoy gli venne in soccorso.
    «Il fatto è, professoressa, che Albus e James sono venuti a trovare Scorpius quest’estate e mio figlio ha prestato ad Albus un libro. Purtroppo non si è accorto di avergli dato l’originale e non la copia per la consultazione che abbiamo fatto fare». Nel dirlo, tirò fuori dal mantello un libro dalla copertina molto simile e lo aprì così che la preside potesse vederlo. Si trattava di un libro pieno di formule matematiche e di cartine astrologiche, doveva trattarsi di quello che aveva già fatto vedere a Scorpius. «Me ne sono accorto solo l’altro giorno e ho scritto a Scorpius per avvisarlo che avrei portato ad Albus il libro giusto, in cambio del manoscritto antico».
    Albus ringraziò il signor Malfoy e prese dalla borsa il libro, passandolo all’uomo che gli sorrise brevemente.
    «Ecco fatto», fece Malfoy alla preside, mentre faceva sparire il libro all’interno del proprio mantello. «Ora posso anche togliere il disturbo, professoressa. La ringrazio per la sua comprensione».
    «Posso andare anche io, signora preside?», chiese Albus e, al suo assenso, i due lasciarono l’ufficio assieme: era quello che Albus aveva sperato.
    Per un po’, il signor Malfoy tacque, poi, senza guardarlo, chiese ad Albus: «Ora vuoi dirmi come hai avuto questo libro veramente?».
    «Lei mi dirà cos’è veramente quel libro?», gli chiese in risposta, guadagnandosi un’occhiataccia dal padre del suo amico.
    «Se ti dicessi che non lo so, mi crederesti?», rispose Draco Malfoy e Albus, a malincuore, dovette ammettere che gli credeva.
    «James ha visto il nonno di Scorpius aggirarsi per la biblioteca», gli disse Albus, «gli è sembrato strano e così l’ha seguito», scoccò un’occhiata di sottecchi a Draco, che aveva un sorrisetto ironico sulle labbra sottili come quelle del figlio. «Lo ha visto nascondere un libro nel Reparto Proibito e… strapparne una pagina».
    Draco parve particolarmente interessato a quel particolare. «Quindi al libro manca una pagina...».
    «No, signore: James è riuscito a recuperarla».
    Draco sollevò le sopracciglia con fare incredulo, ma lo incitò ad andare avanti.
    «Abbiamo recuperato il libro e...»
    «Quindi siete entrati nel Reparto Proibito senza permesso», esclamò Draco e Albus ammutolì, anche se gli parve di percepire una nota di divertimento nella voce del mago. «Scorpius mi ha detto che solo tu riesci a leggere il testo. Come te lo spieghi?».
    «Non me lo spiego», rispose Albus. «Pensavo che lei potesse farlo o… suo padre».
    Erano ormai giunti alla porta del castello e il signor Malfoy si fermò, guardando Albus dall’alto in basso. «Io no di certo, ma scommetto che hai un motivo per pensare che io o mio padre ci riusciamo».
    Albus volse lo sguardo attorno, ma non c’era nessuno che potesse salvarlo dal rispondere a quella domanda. «La pagina strappata», rispose allora, semplicemente.
    «Cosa c’è scritto su quella pagina?», chiese Draco e il suo tono non era più amichevole o disinteressato.
    Albus lo guardò con ostinazione e una buona dose di sospettosità. «Davvero non sa cosa contiene il libro?».
    Draco Malfoy sbuffò. «No, non lo so! Scorpius mi ha detto che ci sono dei nomi, solo dei nomi!».
    Albus corrugò la fronte, pensieroso. «Le persone i cui nomi sono scritti su quel libro muoiono», disse con fredda determinazione. «Vuole ancora sapere cosa c’è scritto su quella pagina?».
    L’espressione del signor Malfoy cambiò repentinamente. Come per Scorpius, Albus non avrebbe saputo dire se fosse impallidito, tanto era chiaro il suo incarnato, ma di certo quella domanda l’aveva preso alla sprovvista.
    «Ti farò sapere, Albus», disse in modo secco, prima di voltarsi e lasciare la scuola.
    Albus scoprì di essere contento di non avere più il libro con sé. Avrebbe dovuto spiegare a James che l’aveva reso al suo legittimo proprietario, ma era certo che il fratello non se la sarebbe presa a male, del resto, l’unico in grado di leggere l’infinita lista di quei nomi era lui.
    Mancava poco più di un mese e mezzo alla fine della scuola e poi sarebbero tutti tornati a casa, ma, fino a quel momento, Albus era deciso a dedicarsi allo studio e non pensare più al libro o al perché avesse potuto leggerne il contenuto.


 

Altrove...

Il secondo livello del Ministero della Magia era la sede preposta alla gestione della magia e delle sue leggi. Lì si trovava anche l’Ufficio Auror e non era un luogo che Draco Malfoy amava particolarmente. Molti anni prima, quando lui e suo padre erano stati processati come Mangiamorte, era stato lì che li aveva trascinati il Wizengamot.
    In quel momento, però, Draco Malfoy vi si recava come uomo libero e completamente riabilitato. Per quanto fossero ancora in molti ad odiare il cognome che portava e a non fidarsi di lui, Draco aveva condotto una vita onesta ed era lì per incontrare niente meno che il capo dell’Ufficio Auror, Harry Potter.
    Arrivato davanti alla porta del suo ufficio, Draco si diede un rapido colpo di bacchetta per essere impeccabile, strinse più forte sottobraccio un libro dalla copertina in pelle scura e logora, su cui non era riportato alcun nome, e bussò alla porta.
    Quando dall’interno dell’ufficio la voce di Potter scandì il permesso di entrare, Draco abbassò la maniglia ed entrò con un singolo lungo passo.
    «Buongiorno, Potter», esordì, «dobbiamo parlare».

 
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E così, anche questa storia è finita. Mi rendo conto che questa storia non è stata, forse, come ve la sareste aspettati e forse non vi ha proprio entusiasmato, ma date a questi personaggi il tempo di crescere e spero che vi ricrederete sul loro conto.
Un sentito grazie a tutti i lettori, in particolare a Ladyriddle, ledtere e uwetta per aver commentato. Il prossimo capitolo della serie Imago Mundi arriverà prossimamente, dopo che avrò concluso altre storie che ora richiedono tutta la mia attenzione. Per restare informati sulle mie storie, vi invito a seguire la mia pagina FB.
A presto! ^^
 
 

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