I hate you! Yes, I love you too.

di Promise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Invito ***
Capitolo 2: *** Amiche ***
Capitolo 3: *** Red ***
Capitolo 4: *** Incubo? ***
Capitolo 5: *** Lotta ***
Capitolo 6: *** Iniziativa ***
Capitolo 7: *** Problemi ***
Capitolo 8: *** Taxi ***



Capitolo 1
*** Invito ***


La differenza tra l'amore e il sesso, è che il sesso allevia le tensioni e l'amore le provoca.

Woody Allen

6: 00
Salve a tutti ascoltatori di Radio Konoha! E’ qui il vostro DJ che vi da il buon giorno!
Oggi, prendetevela comodo! Rilassatevi! C’è il sole!
Uscite con i vostri amici e magari prendetevi un gelato!
Il vostro DJ vi augura una giornata da non dimenticare!

“Ma vaffanculo...”
Pronunciò, completamente coperta dal piumino invernale. Si, era primavera, ma lei era freddolosa.
Non esistevano stagioni particolarmente eccitanti o deprimenti per lei. Le stagioni perdevano importanza e tutto diventava un inverno grigio e solido. Non amava l’inverno grigio e solido che si era formato nel suo carattere. Ma lo sopportava e con gli anni aveva imparato a conviverci.
No, Karin non era la ragazza triste e solitaria. Cancellate questo dalla vostra mente.
Karin era nata incazzata. Niente di più, niente di meno.
Aveva una personalità particolare: il suo modo di portare i capelli, di indossare gli occhiali, di vestirsi... affascinava. I suoi compagni del corso, per un primo tempo pensarono pure di poter stringere amicizia, con la ragazza che adesso, stava uscendo lentamente dal suo “rifugio”.
Poi, però bastava parlare con lei pochi secondi che...
“Lasciami stare.”
Riusciva a smontarti così, in 2 secondi. Non voleva offendere, no, assolutamente.
Era solo un modo carino per dire di levarsi dalle palle.
Karin frequentava la National School of Arts di Konoha. E un motivo c’era.
La sua passione segreta era la regia.
I compagni di scuola erano tutti sfigati senza speranze. Ma almeno non rompevano eccessivamente.
Poi ce n’era uno, uno carino veramente... Sasuke Uchiha. Era uno strafigo pazzesco. Peccato che praticamente metà delle ragazze della scuola erano cotte di lui. Nah, troppo faticoso, non ne valeva la pena.
Forse l’unico punto veramente nero della scuola, quello che le dava più sui nervi era Suigetsu.
Era un coglione sfigato. Troppo cretino, per fare parte del gruppetto di Sasuke. Un poveraccio. Karin lo avrebbe carinamente preso a calci in mezzo alle gambe. Era... come dire ridicolo. Aveva un sorriso orribile, che faceva accapponare la pelle. E poi era così stupido, le sue battute non facevano MAI ridere, era sfacciato, sfacciatissimo e molto maleducato. Poi, era un fottuto figlio di papà, come quelli che sono firmati dalla testa ai piedi... La ragazza avrebbe potuto continuare per ore e ore. Ma doveva concentrare i suoi pensieri su qualcosa di più importante: il suo film-documentario su il degradamento generazionale, il compito in classe che aveva chiesto il professor Orochimaru.
La ragazza uscì dalla doccia e velocemente si asciugò i capelli, lanciando uno sguardo distratto fuori dalla finestra.
Oh, era una giornata schifosamente soleggiata.
Si guardò allo specchio. Pelle chiara, capelli rosso fuoco, occhi bellissimi.
Karin non era affatto brutta.
Con una smorfia finì di vestirsi. I soliti jeans sbiaditi e un po’ rovinati all’orlo e una felpa scura. Con un ultimo sforzo inflilò le scarpe da ginnastica e raccolse da terra lo zaino con i libri prepato la sera prima.
Colazione? Non importa, avrebbe mangiato durante il tragitto.
Alzando il cappuccio della felpa, con lo zaino in spalla, prese la sua “piccola cinepresa da viaggio” (ovvero un telecamera che usava nel caso avesse avuto bisogno di riprendere qualcosa), le chiavi di casa, il cellulare e uscì, velocemente, accennando un saluto alla sorella, che dormiva sul divano letto.
Karin non aveva genitori. C’era solo sua sorella maggiore Tayuya.
E per quanto Karin volesse bene a Tay, come amava chiamarla, anche Karin avrebbe ammesso di essere più responsabile di lei: ogni settimana un ragazzo diverso, una storia finita male, un tradimento... era così ingenua. Ci cascava sempre.
Ma parleremo più tardi della sua famiglia. Karin adesso, dopo una colazione consumata ad una locanda vicino, si trovava davanti alla sua scuola.
La National School of Arts di Konoha, non era una scuola come tante.
Era la più prestigiosa scuola d’arte di tutta la terra del fuoco. Le materie erano tantissime e gli esami di ammissione erano molto difficili. Se riuscivi ad entrare in questa scuola le possibilità erano due: o eri uno che ha talento, senso di sacrificio e del lavoro o eri un fottuto figlio di papà.
Karin era in gamba, ma con non pochì sforzi riuscì ad entrare nella scuola. Durante la domanda di ammissione aveva portato uno dei suoi video e la commissione, dopo 2 giorni l’aveva chiamata per un altro colloquio.
Dopo settimane di emozione, tensione e paura, non vi dico la gioia della ragazza quando scoprì la sua ammissione!
E mentre la ragazza incappucciata si apprestava ad entrare, invisibile tra un gregge (come Karin amava chiamare) di individui firmati dalla testa ai piedi, acconciature da schianto e auto talmente costose da consumare il guadagno di una vita di un operaio normale, farò una descrizione della scuola.
Allora, la scuola era un vero capolavoro architettonico. Era enorme, con stanze di tutti i generi.
C’era una palestra, una piscina coperta e all’aperto, un piccolo stadio, una serra, delle dependance per i professori e il personale scolastico, 10 aule per le 10 classi (usate per le materie standard/noiose come algebra, inglese, storia, letteratura etc.) 3 sale di registrazione, 2 sale di pittura/scultura/quellochevuoitù, 2 sale per le prove (munite di tutti gli strumenti possibili immaginabili), una sala per le prove di ballo, una sala per le mostre, una sala concerti, un teatro, la mensa, la biblioteca, la sala relax per gli studenti, la zona informatica, i bagni, l’infermeri, il parcheggio per gli studenti e i professori... E le varie aule adibite a varie discipline.
Tutto extra lusso. Mooolto extra lusso. Ma la National School of Arts era una scuola privata. Karin lo sapeva bene, e andava avanti a borse di studio e a realizzazioni di patetici filmini per i matrimoni, compleanni etc.
Tayuya cercava a suo modo di aiutarla lavorando al bar, ma i soldi erano veramente pochi. La scuola si “divorava” i gioielli, i quadri e anche la casa. Così la vendettero, e si trasferirono in un appartamento squallido, con dei vicini di casa antipatici e l’intonaco orrendo delle pareti.
Karin entrò nella scuola, correndo verso la classe e quindi evitando le risatine delle sue amatissime compagne di scuola.
Con fare veloce arrivò davanti alla bacheca scolastica, dove aveva affisso (con la tassa di 5 dollari a settimana) il suo annuncio, sperando che un bigliettino con i suo numero di telefono fosse stato strappato dal foglio. Mancava un biglietto! Voleva dire che qualcuno era interessato. Se l’affare andava bene, l’affitto di questo mese era andato. Mancavano solo le bollette, e l’iscrizione alla scuola. Oh, questa non è proprio una prospettiva così allettante...
La campanella di entrata suonò e subito....
Eccolo, con quel sorriso di merda, canzonatorio.
“Ciao strega!”
Suigetsu.
- Il maggior disprezzo è la non curanza, Karin – diceva la rossa a se stessa. E come un automa, facendo uno sforzo incredibile per non ricoprirlo di insulti, si sedette al suo posto, lasciando il ragazzo a parlare con un ragazzo disturbato che si chiamava Gaara (si diceva appartenesse ad una setta satanica) e un cretino, l’Uzumaki.
Si sedette davanti. Dove nessuno l’avrebbe potuta disturbare. Era un bel posto. Nessuno tendeva a sedersi davanti, quindi le seccature erano poche. La sua compagna di banco era Hinata Hyuga, una ragazzina con seri problemi di tutto.
Tutto sommato era sempre gentile e Karin la sopportava.
Hinata la salutò sussurrando e Karin tirò fuori i libri. Storia con il professor Kabuto. Quella checca incredibile. Che palle.
Il professore entrò in classe. E i ragazzi smisero di fare baccano. Solo delle ragazze dietro, Sakura e Ino continuavano a spettegolare con le loro vomitevoli risatine.
”Buongiorno ragazzi”
Il professor Kabuto non era uno di quei professori matusalemme. Era piuttosto giovane, laureato a pieni voti.
Non era brutto, anche se si capiva perfettamente il suo orientamento sessuale. Vestiva sempre elegante. Oggi indossava un completo di Roberto Cavalli, ieri un Dolce e Gabbana.
Era un uomo (oddio...) pignolo e saccente, e le sue lezioni erano piuttosto pallose.
“Bene, vediamo chi è presente oggi”
E con fare molto elegante estrasse dalla sua valigetta di pelle il registro (classe III C) e la sua amata stilografica.
Mentre il professore faceva i nomi, Karin, si fece una “mappa mentale” ( Karin adora fare le “mappe mentali” ) della sua classe.


Aburame Shino – Insettomane, nerd. Figlio di un professore.

Amane Shirashi * - Ragazzo apparentemente normale e tranquillo. Ha una passione per le scarpe. Io lo trovo banale.

Akimichi Choji – Ragazzo obeso con notevoli problemi di controllo della rabbia. Si dice pacifico ma è patetico.

Haruno Sakura – Oca patetica. Stupida e senza personalità. Se non veste chanel , esce fuori di testa.

Higuchi Kasumi * - Sempre malaticcia. Ogni scusa e buona per prendere la ferrari di papà e andare a fare shopping.

Hyuga Hinata – Ma come fa ad essere così tremendamente paurosa?

Inuzuka Kiba – Vuole salvare il mondo. E’ socio del WWF, della Lipu, di Greanpeace, di Amnesty International... ahaha. Peccato non sappia mantenere una sufficienza. E’ figlio di un presentatore tv.

Hozuki Suigetsu - Sto zitta che è meglio.

Izumi Karin – Oh, sono io!!!

Misora Tsugumi * - Ma come?!? Ha cambiato di nuovo colore di capelli? Non ho parole...

Namikaua Juugo - E figlio di un magnate della finanza. Ma è praticamente un esaurito.

Nara Shikamaru – Secchione. Nipote del fondatore della scuola. Lui di certo non paga nulla... che culo.

Rock Lee – Lo sportivo della classe. Ha gia un contratto con la Nike. Almeno così dice lui.

Sabaku no Gaara – L’indemoniato. Partecipa ad una setta, ha organizzato un Sabba ed è ricoperto di tatuaggi. Patetico.

Sanami Akira * - La tipica idol kawaii che a 4 anni faceva gia televisone. Adesso è una tipa da rehab. Tipo la Lohan.

Shimura Suguru * - Dongiovanni patetico. Fa il modello, ma non sa quanto fa 2x1. Ahaha.

Takahashi Ten Ten – Suo padre ha un’azienda famosa di armi da fuoco. Spero non sappia usar...

Uchiha Sasuke – Però.... Non sembra da buttare.

Uzumaki Naruto – ahaha... Coglione patetico. La Hyuga ha una cotta incredibile per lui. Io l’ho detto che quella non sta bene...

Yamanaka Ino – Peggio dell’Haruno. Oca che più oca non si può. E’ la tipica puttana della classe.

(*= personaggi di fantasia. Sono personaggi che avranno poco impatto nella storia. N.D.R)


Tutti presenti. Tranne l’Uchica.
”Bene, direi che possiamo iniziare!” disse il professore. Quel giorno sembrava di buon umore.
La porta si aprì improvvisamente.
”Mi scusi.”
Sasuke entrò in classe con il permesso firmato. Le ragazze della classe soffocarono con non pochi sforzi i gridolini. Karin cercò di fare finta di nulla.
Hinata era l’unica indifferente all’entrata. Ed è uno dei motivi per i quali Karin la sopportava.
Lui era parecchio carino. Aveva classe, era di buona famiglia... peccato che nel suo gruppo avesse dei coglioni, ma lui era veramente... Karin si diede un pizzicotto. Lei era diversa, non oca come l’Haruno.
Basta a queste cazzate che è meglio. Aveva cose più importanti in testa.
Il suo documentario e il biglietto dell’annuncio.
Chissa chi aveva pensato di richiedere il suo servizio. Chissa chi avrebbe pensato di richiederlo.
E per il documentario? Il professor (nonché vicepreside) Orochimaru ci teneva un sacco. Anche se era un tipo che metteva i brividi, era stato fra i primi che l’avevano aiutata ad entrare nella scuola.
Tuttavia Karin, mostrava diffidenza. Sebbene riconoscente era anche sospettosa nei confronti della “biscia”.
Doveva avere la testa fra le nuvole perché quella checca del professor Kabuto sbattè in libro di storia sul suo banco, facendole prendere un colpo. Risatine generali.
La ragazza arrossì violentemente per l’imbarazzo.
”Bene signorina Izumi, mi sa dire perché il 1941 fu un anno di svolta? L’ho vista parecchio attenta.”
Che culo! La ragazza aveva studiato la sera prima.
”Bene, Il 22 giugno la Germania attaccò l'Unione Sovietica, rompendo il patto di non aggressione, con l'Operazione Barbarossa. I russi furono colti ampiamente di sorpresa e i tedeschi conquistarono vaste aree di territorio, catturando centinaia di migliaia di soldati nemici. I sovietici si ritirarono, e riuscirono a portarsi dietro gran parte della loro industria pesante, togliendola dalla linea del fronte e riposizionandola in zone più remote. Una tenace e disperata difesa impedì alla Germania di conquistare Mosca prima dell'arrivo dell'inverno. La Germania, che si aspettava di finire la campagna in pochi mesi, non aveva le proprie armate equipaggiate per il combattimento nel rigido inverno russo...”
E un espressione stupita si dipinse sulla faccia di Kabuto.
“Basta così signorina. Stia più attenta in futuro.”
Karin fece un sospiro di sollievo. Hinata le diede timidamente una pacca sulla spalla.
Anche se questo la infastidiva, forse Hinata non era poi così male.
La campanella suonò dopo pochi minuti e la rossa si avviò verso l’armadietto.
Ripose i libri di storia e chiuse con una spinta.
“Ma tu guarda un po’. Adesso è pure una secchiona”
- Suigetsu.... – ringhio mentalmente Karin.
Lo sentiva parlare con gli amici. Con loro c’era anche Neji Hyuga e una certa Kin.
Ridevano tutti. Anche Sasuke. Karin era furiosa, ma come sempre fece finta di nulla
E se ne andò veloce verso la mensa.
Chiamare la mensa della National School of Arts mensa è come dare a Hinata della spavalda.
Insomma, era una specie di ristorante super chic. C’erano menù di tutti tipi e per gli studenti era gratis.
Karin usava prendere qualche dolcetto in più di solito e lo portava a casa per Tay. Con tutto quello che costava la scuola... Ed era vero, la scuola costava tantissimo. Ma chi usciva da lì otteneva subito un ingaggio.
Era praticamente un biglietto per il futuro. Frequentare quella scuola era un vero investimento. Per Karin era anche una rovina, ma lei ce la metteva tutta.
Karin prese il suo vassoio e scelse il pranzo: insalata con salmone, i mitici dolcetti alla crema, uno yogurt alla fragola e una bottiglietta d’acqua.
Velocemente si sedette al suo solito posto, appartato. Accanto a lei, si sedeva sempre Hinata.
E anche quel giorno la Hyuga si sedette accanto a lei.
“Sai, sei stata brava oggi!” disse
Karin sobbalzò. Hinata che parla? Allora i porci volano.
”Grazie” rispose secca la rossa.
Hinata non si scompose completamente.
“Ti va di ve..venire a casa mia oggi? Ho bi..sogno di ai..aiuto con letteratura.”
Karin la osservò. Cosa doveva fare? Pulire i piatti della settimana scorsa o accettare l’invito della Hyuga?
”Ok.” rispose Karin
Il visino di Hinata si illuminò.
“Che bello! Allora vieni subito dopo scuola... ovvero appena puoi, sempre se puoi”
Poi estrasse dalla graziosa borsetta un pezzo di carta e lo porse a Karin.
”Cos’è?” disse la rossa
“E’ la mappa... per arrivare a casa mia”
Meglio non chiedere a Hinata il motivo di una mappa per casa sua, pensò Karin.
Ed era vero. Lo sforzo che stava facendo la mora doveva essere gia incredibile di per sé.

“Hey Tay! Sono a casa” disse Karin neutra appoggiando la “sua piccola cinepresa” sul tavolo.
”Ciao Kairy, com’è andata a scuola?” disse una voce allegra dalla cucina.
Karin spalancò gli occhi. Tayuya allegra? Cos’era successo? I porci volano veramente allora.
”Sto preparando una torta... oggi festeggio” disse la sorellina sporca di farina, che stava cercando di rompere un uovo senza farlo cadere per terra.
”E per cosa?” chiese Karin sospettosa.
”Segreto! Te lo dirò stasera!”
Karin la guardò torva. Poi prese di nuovo le chiavi e la cinepresa e lo zaino.
”Dove vai?” chiese la sorella dalla cucina.
“Vado a fare visita ad una...”
“Okay, torna entro le 21: 00, o la torta la mangio tutta io!”

Forse meglio tornare alle 22:00.
La ragazza chiuse la porta e scese dalle scale.

Il “piccolo spazio felice” di Promise

Io adoro la coppia Sui – Karin.
Lo so che in questo capitolo avete sentito parlare veramente poco dei piccioncini.
Vi prometto che i prossimi saranno pieni di litigat... volevo dire di adorabili scene romantiche.

Il pairing è scelto. Quindi non vi preoccupate Karin non si metterà con Sasuke, ne con Kiba, ne con Lupo Alberto.
Spero vi sia piaciuto il primo capitolo, frutto della mia conquista del nuovo adsl! *balla contenta*
Commenti sono graditi!

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Capitolo 2
*** Amiche ***


Approfittando del bel tempo, Karin decise di prendere la bicicletta, per fare più veloce.
Di solito prendeva la metropolitana o andava a piedi. L’auto? Eh la scuola.
”CI FARA FINIRE IN ROSSO!” Urlava Tay quando arrivava la lettera della scuola.

“Ci siamo gia Tay. Ci siamo gia.” rispondeva sempre Karin, sempre rassegnata.

La bicicletta era un pezzo d’epoca. Però reggeva bene. E nessuno avrebbe rubato un ammasso di ferraglia arrugginita. Quindi non esisteva neanche il problema della catena.

Ai suoi tempi, doveva essere anche una gran bella bicicletta.
La casa di Hinata non era lontanissima. Si trovava nel quartiere chic, che era ad un isolato di distanza.
Conoscendo le scorciatoie potevi fare molta meno strada. Ma stavolta la ragazza preferì la strada lunga.
Un senso di disagio le prendeva quando pensava a come sarebbe stata a casa Hyuga.
Vedrai: sicuramente una villa da paura, con piscina, maggiordomo e pitbull da guardia.
Dentro, tv al plasma anche al cesso, parquet pregiato, divani indistruttibili e caviale per merenda.

Un onda di disagio s’impossessò del cuore della ragazza.

Guardo i suoi vestiti provando autocommiserazione e disgusto. Anche se era fiera del suo abbigliamento , avrebbe tanto voluto comprare il vestitino a fiori che aveva visto qualche giorno prima.
Si immaginava lei, con il vestito a fiori, felice, sorridente, al mare. Magari con una bicicletta nuova, il lucidalabbra alla ciliegia e un cerchietto per i capelli.
Forse avrebbe potuto avere una cinepresa nuova, un computer potente, dove montare i filmati più velocemente. Avrebbe voluto veder Tayuya ridere. Ridere come faceva tanto tempo fa.
Adesso, non era più così. Il suo sorriso era sincero, ma allo stesso tempo forzato.
Come se volesse dimostrare di essere felice, ma anche afflitta.
Pedalava piano, come se avesse paura, o non avesse voglia di entrare in un mondo che era diverso, totalmente diverso, dal suo. Karin si pentì della sua idea.
Non sapeva come avrebbe reagito a entrare in un mondo così assurdamente diverso dal suo.

Non capiva, non capiva come mai ma voleva tornare a casa, o a finire di intervistare quell’adolescente brufoloso che stava da mattina a sera sui videogiochi del bar sotto casa sua, per il suo documentario sul degrado giovanile.
A casa sicuramente ci sarebbe stata Tay che l’avrebbe accolta con una fetta di torta.

Si, doveva assolutamente andare dalla Hyuga, pensò pedalando più decisa.
Prese la strada centrale pedalando sempre più veloce. Era piuttosto in ritardo.
Tagliò dopo qualche centinaia di metri a destra. Cominciava a sentirsi piuttosto stanca per lo sforzo.
E per il caldo. Faceva un caldo pazzesco. Terribile. Si passò una mano sulla fronte fradicia, risistemandosi poi gli occhiali che continuavano a scivolarle sul naso. MA COSA CI FACEVA QUELLA VOLVO NERA CONTROMANO?

Karin sentì improvvisamente freddo. Come se un pomeriggio d’ inverno si fosse impossessato del suo corpo.
Un urlo, un secondo. I vestiti a fiori, il mare, il lucidalabbra... passarono in secondo piano.
...

...

“Sta bene?”
”Non lo so, ma ha fatto un volo...”

“Ma almeno non ha avuto l’impatto”

“No, probabilmente è saltata o qualcosa del genere”

“Guarda si sta riprendendo!”
Karin cercò con gli occhi quello che restava della sua bicicletta.
Ma non vedeva nulla.
”Occhiali”

sussurrò, cercando di rialzarsi.
Un uomo, piuttosto mingherlino le passò la montatura.
La mitica bici era migliorata. Si era ridotta ad un ammasso di ferraglia ammaccata.
Karin guardò l’ora. Era in ritardo pazzesco.

Si rialzò di colpo.

“Ehi ragazzina che fai! Bisogna chiamare l’ambulanza”

“Grazie di tutto.” disse asciutta Karin.
Non stava poi tanto male, sentiva solo bruciare il ginocchio. Un taglietto, grazie al cielo.
La cinepresa si era miracolosamente salvata. La rossa sospirò di sollievo, abbandonando velocemente i passanti che la guardavano ad occhi sbarrati.
Il problema adesso era raccontare tutto a Tay, rovinando la sorpresa.

Il campanello suonò a casa Hyuga.
Hinata era rimasta tutto il pomeriggio zitta sul divano, aspettando la compagna di scuola.
Era in ritardo spaventoso. La mora sospirò. Probabilmente non avrebbe avuto mai amiche.
Nonostante avesse “tutto” si sentiva incompleta e tristissima. A che servivano i bei vestiti se non potevi prestarli ad un’amica? Cosa facevi con dei pettegolezzi, se non avevi nessuno con cui condividerli?
Hinata rassegnata fece cenno a Consuelo di aprire. Si sentiva ferita e ridicola.

Fosse come suo cugino Neji. Sicura di se e sempre in compagnia, abbandonando le giornate a guardare in televisione com’era bella la vita degli altri.
Sospirando tornò sul divanetto bianco, con il proposito di finire “Orgoglio e Pregiudizi” in tempo per finire la relazione. Consuelo, la cameriera, rientrò in casa.
”Signorina, c’è una ragazzina che chiede di lei.”

Hinata spalancò gli occhi. Che cosa? Allora non era tutto cosi grigio! Chiuse il libro con gioia e corse al cancello, di persona.
”Ciao.”

“SALVEEEE IZUMI-CHAN! CHE BELLO VEDERTI QUI!” gridò Hinata correndo verso il cancello.

 

Oh, fantastico. Proprio come me l’ero immaginata, penso Karin.
Villa extra-super-mega lusso, cameriere argentine... mancava solo il cugino cattivo di snoopy ed eravamo a posto. Intanto Hinata si avvicinava pericolosamente al cancello.

“Ommiodio! Ma che ti sei fatta Izumi-chan?”
Probabilmente si riferiva alla vistosa macchia rossa sui jeans e agli occhiali incrinati.
Karin diede uno sguardo frugale alla gamba.

“Nulla, mi hanno solo investito.”  rispose secca.
”COSAAAAAAAAAAAAAAA?”
”Scusa se ho fatto tardi, la vecchietta che mi ha accompagnato aveva voglia di chiacchierare.”

Non passarono 5 secondi che Karin si ritrovò nell’infermeria (gli Hyuga avevano anche un infermieria???), mentre Hinata finiva di fasciarle il ginocchio.
”Ti ho detto 49850 volte che non è nulla”

“Ma non puoi dire così! Sei stata investita”
”Non sono stata proprio investita... tecnicamente è la bicicletta che si è sacrificata al posto mio”
”Ma sei stata investita”

“Non è nulla.”

“E’ la 49851 volta che lo ripeti. Avresti potuto perdere la vita”
”Ma su, non facciamo le tragiche.”
Hinata aveva finito di fasciare per la 3° volta il ginocchio di Karin. Le sarebbe scocciato parecchio che la sua nuova migliore amica fosse morta dissanguata.

 

Il cielo, dalla finestra, cominciava a riempirsi di nuvole, e cominciavano a scendere piccole goccie di pioggia. Strano, oggi sembrava una giornata soleggiata, pensò Karin.
Hinata accanto a lei, sembrava essere afflitta per questo.
”Ohhh che sfortuna!”
Si lamentava.
Invece Karin ne era sollevata. Il tempo ideale per lei. Non faceva caldo, non faceva freddo, il sole non l’accecava, in più era abituata quello stato di grigio intenso e denso.
I pensieri della ragazza furono interrotti dal fischio del bollitore.

“E’ pronto il tè!” canticchiò allegra, come se il sole splendesse ancora nel cielo.
Con grazia incredibile, Hinata verso la bevanda nelle due graziose tazzine di porcellana.
Sul tavolo c’era anche un vassoio di pasticcini alla crema.
”Serviti pure!” canticchiò Hinata.
Karin abbozzò un sorriso.

“Grazie” disse.
La rossa avvicinò la tazza al viso.
Il profumo del tè era buono. Il vapore saliva.
Avvicinò ancora di più la tazza.

Hinata scoppiò in una risatina.

“Che c’è?”

“Gli occhiali!”

Rise anche Karin.

Giusto, erano appannati. Karin allontanò la tazza e l’aria fredda fece sparire l’alone.

“Che buffo!” disse la mora.

Adesso il te era meno caldo. La rossa ne bevve un sorso. Buono.
Si senti un rumore proveniente della strada. Un paio di auto accostarono sulla strada e Consuelo corse alla porta. Karin stupita e curiosa sbirciò fuori dalla finestra.
”Non ti preoccupare! E’ solo Neji con i suoi amici”

E’ vero, Neji abitava con la famiglia della cugina. I suoi genitori morirono molto tempo fa, in un incidente aereo...
Dalla finestra, Karin, riuscì a scorgere lo Hyuga. Elegante, distinto nei modi.
Karin avvampò. Dietro di lui... l’Uchiha...
Le sembrò morire. Era in condizioni pietose! Occhiali rotti, jeans sporchi, felpa rovinata...

Oh, no, oh no.
”Stai bene Izumi-chan?”

“Emh si” mentì.
Diede un altro sguardo frugale alla porta stavolta bruciava... di rabbia.
Accidenti. Pure il coglione con il sorriso di merda doveva venire?
In preda alla rabbia tirò un pugno sul tavolo...

“Emh... Izumi-chan...ho fatto qualcosa di male?”

“No, Hyuga. Tutto a posto”
Velocemente sbirciò di nuovo fuori.

Tutta la combriccola dei culi di marmo. Oh che bello.
Entrarono in casa. Karin diventò di ghiaccio.

“Vado a salutarli! Vuoi venire?”

“No.” disse secca la rossa.

“Ok” sussurrò Hinata, correndo verso il luminoso ingresso.
la ragazza, rimasta sola adesso si mise la testa fra le mani.
Perché non era tornata a casa? Perché non era tornata dal ragazzino brufoloso fissato con i videogames?
Perché???

 

“Salve, bentornati” disse Hinata inchinandosi.

“Buonasera Hinata” rispose al saluto il cugino.

Dietro di lui, le risatine di Naruto, Kankuro e Suigetsu.
Hinata si senti morire. Sentiva dentro di se quei tanti “Guarda che bambinetta”, “Ahaha ridicola”, “Ma che ha fatto quel poveraccio di Neji per meritarsi sta qui?”
Si sentì il rumore di una tazza cascare.

Neji si allarmò.

“Cos’è stato?” disse serio.

Oh, no. Oh, no. Un movimento brusco, una leggerezza e la preziosa tazzina era già su una nuvoletta rosa.
Gli occhi di Karin erano pieni di orrore. Oh no. Oh no. Quanto sarà costata. Oh no. Oh no.
Hinata corse nella sala del tè, seguita da Neji e dai culi di marmo.
La ragazzina fu la prima ad entrare.
Karin era per terra, sbigottita.

“Scusami” sussurrò alla mora.

Hinata chiuse la porta. Prima che Neji entrasse.

“HINATA!”

Risate generali.

Gli occhi di Hinata si riempirono di lacrime.
”Coglioni” sibilò Karin, incazzata nera, anche se era ancora scossa.
Hinata sorrise.
”No, non preoccuparti! E’ stato il gatto!”
La rossa spalancò gli occhi. Avrebbe potuto fare una figura terribile. Ma Hinata l’aveva salvata.
”Grazie” sussurrò la ragazza.
”Non c’è di che. Non preoccuparti, non è nulla.” sussurrò di risposta la moretta.

Adesso le due ragazze erano sempre nella stanza del tè. I cocci erano stati levati, e tutto era stato messo a posto. I libri erano aperti, e Hinata aveva risposto correttamente all’ennesima domanda di Letteratura.

“Non capisco dove sono i problemi con la letteratura! Sei preparatissima!”

La Hyuga arrossì.
”Ecco a dire il vero.. il motivo per cui ti ho invitato è un altro..”

Karin stette in silenzio.

“Non sai quanto ti invidio... Tu sai importi. Sei tosta. Ti ammiro un sacco”

“Scusa?”

Karin adesso era incredula.

“Insegnami ad essere come te Karin!” stavolta Hinata la stava implorando.

La rossa socchiuse gli occhi, stava per cedere.

“E perché dovrei farlo?”

“Perché mi impegnerò un sacco. Ti aiuterò sempre. Sarò la tua spalla. La tua amica”

Aveva le lacrime agli occhi. Accidenti. Dire di no alla Hyuga era come accettare di restare un eternità sulle piastre roventi.
”Ok” disse secca sbuffando

Hinata spalancò gli occhi e sobbalzò.

“Evvivaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”

In un lampo stritol...abbracciò la rossa.

“Saremo amiche per sempre!”

Karin non sapeva se scappare a gambe levate o scappare a gambe levate.
L’abbraccio di Hinata stava diventando mortale.

Ci sono legami che uccidono, pensò Karin, cercando sempre di liberarsi. Troppo affetto, tutto in una volta.

“Si...ok... però ahi... mi fai male”

“Ah giusto. Ti hanno investita”

“Gia”
Hinata sorrise. E stavolta Karin, ricambiò.

Si, erano strane insieme. Ma era pur sempre un inizio.

“Hey... ti chiedevo..”

“Si?”

“Avrei dei biglietti per il concerto degli Akatsuki di sabato prossimo...io vorrei che tu venissi con me”

“Davvero?”

Karin adorava gli Akatsuki. Sua sorella era innamorata pazza di Hidan il batterista.
D’istinto abbraccio Hinata.
Sentiva che sarebbe stata una grande amicizia.

“A domani!”

“A domani Izumi-chan!”

Karin salutò l’amica con un sorriso, stavolta sincero.
Pioveva fortissimo. Fortunatamente Hinata le aveva prestato un ombrello.

La rossa chiuse il cancello dietro di se.
Una risata si liberò. Accanto a lei c’erano due ragazzi, ognuno con un ombrello. Fumavano.
Karin strinse i pugni. Ignorali, pensò, ignorali e basta.
”Che bel gatto!”

rise mister culo di marmo-scorfano.

Karin si girò di colpo furiosa. Accanto a lui c’era Gaara. L’assatanato stava zitto, anzi era a disagio.

“Taci stronzo.” sibilò furiosa.
Il ragazzo rise ancora più forte.

Portava una camicia nera di taglio elegante.
La stessa che portava il professore qualche giorno prima. Elegante si, ma vagamente... avete capito no.

“Vedo che il professor Kabuto ti ha contagiato Hoizuki.”
Suigetsu resto zitto, probabilmente stava meditando a qualcosa per sfottere la ragazza. O forse era stato il colpo basso ad ammutolirlo.

Gaara era sempre più nervoso.
La ragazza fece per andarsene.
”Adesso ti piacciono anche gli ombrellini Izumi?”

Indicò l’ombrellino rosa di Hinata che Karin teneva aperto.
La rossa avvampò. Certo che l’ombrello non era proprio “adatto” a lei.
Gaara restava immobile, con gli occhi spalancati. Faceva cenno all’amico di andare.
I suoi occhi erano spalancati e pieni di paura.

“E cosa ti è successo ai pantal...”

Karin non poté replicare. Gaara aveva trascinato il ragazzo dentro il giardino.
La rossa restò lì stupita. Fuori dal cancello.

 

Tayuya si appoggio al tavolo. Sospirando. Osservava l’odiosa, orribile, carta da parati verde limone, vecchio residuo degli anni 70’.  Aveva cercato di rendere meno squallida la casa attaccando quadri e poster.
Il risultato non era un granché ma almeno copriva in parte l’abominevole carta da parati.
Karin era di nuovo in ritardo. La sua torta era venuta un vero schifo. Rimaneva solo la bella notizia, che però Karin non poteva ancora ascoltare. Eh certo, mica era ancora arrivata.
Fuori era buio e pioveva a dirotto. Dopo il dodicesimo sospiro decise di chiamare la sorella al cellulare.

Fuori dalla porta si udì la canzoncina snervante della nokia e le chiavi che litigavano con la serratura della porta, da riparare. Ma, sapete, la scuola...
Karin entrò, chiudendo un grazioso ombrellino rosa.

“E questo?” chiese Tayuya stupita. Il colore preferito di Karin non era certo il rosa.
”Me l’ha prestato la mia amica, visto che pioveva”

“Non mi hai ancora detto come si...”

“Hinata Hyuga”
Il bicchiere di cola scivolò dalle mani di Tay, infrangendosi in mille pezzi.
Karin si butto a raccogliere con molta cura i pezzi più grossi.
”Oh ‘fanculo Tay, era di vetro. I bicchierini di plastica no, eh?”

Ne aveva abbastanza di cocci rotti.

“Hyuga?”

Karin abbassò lo sguardo. Tay, era sicuramente delusa. Lei solo sapeva quanto desiderasse vestiti belli, un’auto, una casa con piscina, cameriera e pitbull da guardia. Calò il silenzio.

Eppure Karin l’ammirava tanto: era riuscita a farcela, a non mollare, a sacrificarsi.
Tayuya avrebbe potuto fare tante cose senza Karin. Avrebbe potuto tornare a scuola, fare i viaggi che sognava da tempo, andare al mare... La pioggia aumentava.

Con il tempo Tay, aveva cominciato ad accettare la condizione di vita di adesso. Ma le era ancora tanto doloroso sentire che anche se lo nascondeva con tutte le sue forze, avrebbe voluto anche Karin andare al mare, avere una camera gigantesca e fare i viaggi che desideravo.
La rossa si alzò, per andare in cucina a buttare nel cestino dei rifiuti differenziati i primi pezzi di vetro.

Senza guardare in faccia la sorella.

“Mi sono dimenticata della buona notizia...”

Aggiunse una voce allegra dall’ingresso.
”E poi... ha chiamato un ragazzo a casa... Parlava di un video... Mi ha lasciato il suo numero, ma preferisce richiamarti di persona”
Karin spalancò gli occhi. Si! Si! Si!

“Davvero?”
”Certo!”
Questa era una bella notizia. Fece un salto di gioia. Tutt’un tratto senti un dolore acuto al ginocchio. La fasciatura andava cambiata. Un ondata di terrore s’impossessò della ragazza. E se l’avesse saputo Tay? E la bici? Ohhh, addio filmato, vita sociale, scuola e concerto degli Akatsuki.
Adesso Tayuya era in cucina.

“Cos’hai? Non ti ho ancora raccontato la bella notizia... nonostante la torta sia un po’ bruciacchiata.”
Karin sorrise. Le voleva davvero bene.

6:00

Buongiorno a tutti gli ascoltatori di radio Konoha!
Oggi piove, ma non disperate! Il vostro DJ ha buone notizie!

Ieri gli Akatsuki, il gruppo musicale del momento, capitanato da Itachi Uciha, hanno confermato le date del concerto in città!

E se proprio gli Akatsuki non vi piacciono, vi ricordo che mancano solo 2 mesi alle vacanze estive!

 

“Fanculo.”
Karin era di nuovo sotto le coperte. Si  chiese perché Tayuya non aveva comprato una sveglia e basta.
Invece no. Lei all’inizio adorava la sveglia con il fottuto DJ che parlava. Poco tempo e cambiò idea. Così la sveglia passò alla rossa, che adesso, come tutti i giorni a malavoglia uscì dal suo mondo felice.
Velocemente si vestì e fece colazione, meditando alla serata di prima.
Tayuya, aveva ricevuto una promozione. I soldi erano sempre pochi, ma la notizia aveva sollevato l’umore di tutte e 2. La cosa brutta è che pioveva, la bicicletta era rotta e il giorno prima era stata investita.
Naturalmente la sorella non doveva sapere. Le sarebbe venuto un colpo.
Quel giorno prese la metropolitana.
La fermata era vicinissima alla scuola.

Dopo poco arrivò davanti all’Istituto.
C’erano le solite che si raccontavano i gossip. Cercò Hinata con lo sguardo. Ma non c’era, probabilmente era in classe.
La rossa sbuffò scocciata.

Tutt’un tratto si fermò di colpo. Le parve di aver visto una volvo nera, dall’aspetto vagamente familiare.
_FINE CAPITOLO_

Il mondo morbido e profumato di Promise (ci sono anche gli unicorni YO!)

Arg ora basta scrivere: sono staaaancaaaaaa. Intanto:

BUONA PASQUA A TUTTI VOI! Poi...

Io, io non pensavo veramente potessero esserci tanti commenti!

Le letture soprattutto mi hanno stupito visto che nel primo giorno di fanfiction erano circa 200. *-*

Cavoletti, era una fiction senza pretese, ma mi avete spiazzato. Continuate così *addita*

Un grazie a chi ha aiutato a migliorarla come 0000 e Hinata_Dincht.

Purtroppo mio fratello aveva fatto una fanfiction su word con scritto Uchica e la correzione automatica mi ha fatto un casino. Per quanto riguarda il cognome di Sui, grazie mille! Erano anni che lo cercavo. Provvederò a correggere il tutto domani!
So, che su EFP ci sono tantissime fan di Sakura Haruno. Ecco, a me non piace, ma non prendete questa cosa dell’oca in modo offensivo: di solito in molte storie, soprattutto SakuSasu, è Karin che recita la parte della strega cattiva (non che farò recitare questa parte a Sakura.. anzi).

Mi sembrava giusto che per una volta fosse il contrario.
L’amicizia fra Karin e Hinata è fantastica. Sono completamente diverse ed è per questo che si completano a vicenda. Avete presente l’anime Lucky Star? (se non lo avete visto cercate su you tube che merita) Hinata assomiglia a Tsukasa e invece Karin a Kagami. <3

Ah si, scommetto che l’investimento vi ha fatto morire di paura. XD

Lo, so, sono sadicaaaaaaaaaa. :D
Scommetto che per chi non porta gli occhiali, la scena del te, sembrerà stupida. Io li porto, gli occhiali mi si appannano anche con la pastasciutta XD

Per quanto riguarda la scelta dei pairing secondari, tutto è ancora casuale. Insomma, non lo so nemmeno io che cavolo ne verrà fuori. Potete stare certi che però ci sarà una Karin-Suigetsu.
Lupo Alberto stava simpatico anche a me, peccato ç_ç Ma Sui è moooolto più sexy.

Grazie a chi ha inserito la fanfiction fra i preferiti... non sapete quanta gioia mi date! <3

Commentate e fatemi sapere se anche questo capitolo vi è piaciuto! ^^

E soprattutto, aiutatemi a migliorarla! Ditemi se c’è qualcosa che vorreste cambiare, se ci sono errori etc.

Un salutone one one!
P.S - Scusatemi per il capitolo orribile ç_ç
P.S (2) - SE VI PIACE LA COPPIA SUIKA DOVETE ASSOLUTAMENTE VISITARE QUESTO FORUM: http://suika.blogfree.net/ (cerchiamo staff!)
Bene adesso me ne vado definitivamente! Alla prossimaaaaa *fa ciao ciao con la manina*

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Capitolo 3
*** Red ***


Karin spalancò gli occhi. Si, certo, poteva essere una volvo nera qualunque. Non la volvo nera che aveva distrutto (o migliorato?) la sua bicicletta-pezzo d’epoca. Zoppicando si diresse il più velocemente possibile verso l’auto parcheggiata. Ma l’abitacolo era vuoto. Non c’era nulla. L’auto era nera e tutto sommato Karin non aveva perso molto sangue. Dentro l’auto c’era solo un paio di occhiali da sole. I Ray-Ban. Quei fottutissimi occhiali “supermegafichi che più fichi non si può”. Magari se avesse trovato qualcuno con gli occhiali...
No impossibile. Troppi occhiali. Troppi studenti. Troppe volvo nere in circolazione.

Ma le restava un dubbio.
Tirò fuori dallo zaino il quaderno nero per annotar...
”Izumi-channnn” un grido interruppe i suoi pensieri
Hinata. Karin si lascio sfuggire un piccolo sorriso.
”Entriamo?” le disse. Oggi indossava una maglia bianca a collo alto e un coprispalle azzurro, con una gonna.
Alla maglia era appuntata una graziosa spilla con un fiore, più precisamente una cosmea.
Karin invece era in jeans e indossava una maglia a maniche corte verde e una giacca nera risalente al neolitico. O al mesozoico?

“Ok” rispose la rossa, sospirando, un po’ per la volvo un po’ per l’invidia.
Le due ragazze entrarono dentro la scuola.
”Cosa guardi?” le chiese Hinata
Karin affisse il suo volantino. La bacheca, come ogni venerdì era stata ripulita.
”Oh, nulla” le rispose distrattamente la rossa.
”Avviamoci in classe! Chi abbiamo alla prima ora?” canticchiò allegra Hinata.

“La Yuhi.” rispose afflitta Karin.
”Oh nooooo”
Sembrava che il buon umore di Hinata fosse sparito nel nulla.
In classe l’argomento principale era del concerto degli Akatsuki.
”Sapete, io andrò a questo concerto... e ho il biglietto per il backstage!”
Si vantò Naruto, seduto su un banco in fondo. Hinata arrossì violentemente. E iniziò a scarabocchiare sul banco, in maniera ossessiva cuoricini, stelline e fiorellini. Taaanti cuoricini. Da far venire il diabete, pensò Karin.
”Io ho i biglietti in prima fila!”
aggiunse Sakura allegra.
”Tu vieni Ino?”
Ino si sistemò i capelli biondi e lunghissimi. Motivo di invidia di buona parte delle ragazze della scuola.
”Certo, cara” rispose tranquilla.
Gaara era fermo immobile, appoggiato al muro, fissava la rossa con orrore, giocherellando istericamente con un mazzo di chiavi.

Un brivido percorse la schiena di Karin. Inquietante.
”E tu Suigetsu vieni?” trillò Ten Ten, sempre finta, sempre allegra.
”Certo!” rise culo di marmo dai denti splendidi. Karin strinse i pugni.
Il concerto aveva perso punti. Non sarebbe stato più divertente. Che palle.

L’Uchiha non c’era. 

Dicevano suo fratello fosse tornato in città, e Sasuke fosse restato a casa per passare del tempo con lui.

Eppure correva voce che lui odiasse suo fratello.

Hinata e Karin si sedettero accanto, come sempre. Ma stavolta erano tutte e due più allegre, sebbene la professoressa non donava il “sorriso” ai ragazzi e la Yuhi ispirava perennemente terrore e odio.
La campanella suonò quasi subito.
Tutt’un tratto la classe non produsse alcun rumore. Da fuori si sentiva un rumore di tacchi.

Sinistro. La porta si spalancò. E ne usci una bellissima donna.

Ecco la temutissima Yuhi. I ragazzi corsero ai loro posti e sudarono freddo.

Era una donna bellissima. Era giovane, aveva un viso molto bello e metà dei professori ci provavano.
Ma, girava voce che lei stesse con il professor Asuma. Girava voce anche che fosse rimasta incinta, ma avesse abortito...
E alcune volte sembrava pure simpatica. Peccato fosse una stronza...

Insegnava letteratura. E te la faceva odiare con tutta l’anima.
”Buongiorno a tutti” sibilò fredda. Ohhh è di buon umore, pensò con “entusiasmo” la rossa, giocando con una ciocca di capelli.
Hinata cominciò a tremare. Karin le diede una pacca sulla spalla, per tranquillizzarla.

Con una velocità sovraumana tirò fuori l’elegante registro e la penna.

Senza fare l’appellò individuò gli alunni presenti e quelli assenti e li segnò.
Chiuse il registro violentemente. E’ proprio incazzata, pensò Karin, incazzata nera.

“Oggi faremo qualcosa di diverso” ringhiò.
La classe ebbe un sussulto. DIVERSO? Cosa si dovevano aspettare? Aiuto!
”Il preside ha detto che dobbiamo avere un metodo di studio innovativo” continuò.
Innovativo?!? Innovativo?!? Cosa comprendeva?!? Macchine di tortura? Elettroshock? Legge del taglione per chi non aveva portato la relazione? Che cosa?!?
”Lavorerete in squadre di 4” continuò ringhiando
La classe ebbe un altro sussulto! Impossibile! Sakura non poteva essere messa insieme ad Akira, Ino non sopportava Choji, Naruto litigava continuamente con Kiba, Kasumi avrebbe letteralmente ucciso Lee, Ten Ten odiava Shino, Shikamaru aveva litigato recentemente con Sasuke, Gaara aveva problemi quasi con tutti... senza dimenticare l’amorevole rapporto fra Karin e culo di marmo mentadent. Ne sarebbe uscita una carneficina.

“Mi scusi!” alzò la mano Tsugumi, che oggi aveva i capelli di un viola scuro.

Era la rappresentante di classe. L’unica che si era candidata. Una punk molto particolare.
Una scema-miss nessuna personalità che si tingeva i capelli per essere considerata.
Inoltre si credeva pure una gran figa ma era un vero cesso. Diciamo una perdente.

“Dica signorina Misora”

“Come mai tutto questo?”
”Vede, ieri notte i muri della scuola sono stati sfregiati da 10 graffiti.”
Accentuò la parola “sfregiati” con particolare disprezzo.
La classe sussultò di nuovo. Chi diavolo era stato?

“Non si preoccupi, troveremo i colpevoli. Ma la preside pensa che un attività costruttiva sarebbe pulire i muri”

Un sussulto si rimpossessò della classe. Oh no. Oh no.

Tsugumi si rifece forza, incitata dalle compagne di banco

“Ma perché proprio la nostra classe?”
”Le altre classi devono preparare il festival primaverile.”

Cosa?!? Anche la loro classe doveva preparare il festival!
Stavolta alzò la mano Juugo
”Ma signorina, anche noi dobbiamo...”

“Se riuscirete a pulire i muri in tempo, ah, ricordatevi di studiare per il compito. L’ho anticipato a lunedì prossimo.”

Eccola, era tutta colpa sua. La professoressa odiava i festival. Avrebbe preferito più tempo per i suoi corsi di poesia. Odiosa. Odiosa. Odiosa. In più sabato c’era il concerto, la classe avrebbe dovuto anticiparsi con lo studio. Odiosa. Odiosa. Odiosa.
Hinata fece il broncio.
”Uffa! Non è giusto, non credi Izumi-chan?”
”Si, non è giusto” sospirò. Quella faccenda dei graffiti le avrebbe rubato il tempo per il suo documentario.
Proprio la scorsa sera le erano venute in mente un paio di buone idee...
Ormai non le importava più il concerto.
”Spero almeno che ci mettano insieme, almeno ci potremo divertire!”
Beh, effettivamente con Hinata sarebbe stato più facile sopportare il tutto.
Anche se era più o meno da 16 ore che avevano legato, Karin sentiva gia di essersi affezionata.
Lo stesso anche Hinata.
La Yuhi si girò con un sorriso.

“Ah ragazzi... mi stavo proprio dimenticando! Oggi test a sorpresa! Izumi distribuisci i fogli!”
Odiosa. Odiosa. Odiosa. Come volevasi dimostrare.

Nella “sala mensa” non si fece che parlare della punizione e della crudeltà della professoressa Yuhi.
Tutti avevano un aspetto orribile e depresso. In più, era frustrante l’idea di essere compagno di torture con una persona piuttosto antipatica.
In più. partecipare al festival era divertentissimo, si conoscevano alunni di scuole diverse, si lavorava senza il fiato dei professori sul collo e soprattutto si guadagnava. Così, per le gite scolastiche si usavano i fondi del festival e non si andava a chiedere soldi alle famiglie.
Karin giocherellava con la mela rossa, passandola da una mano all’altra. Hinata, accanto a lei, ripassava furiosamente letteratura. Voleva esserci al concerto.

“Guarda che sai gia tutto!” disse annoiata la rossa.
”No! Non so nulla e io voglio andare al concerto!”

Karin diede uno sguardo annoiato intorno a se.  I culi di marmo, senza il loro leader, assente, facevano battute sulla professoressa. Ino, Sakura e Tsugumi si lamentavano, un lavoro del genere avrebbe rubato tempo alle loro giornate di shopping e gossip. Per la prima volta Karin non lo giudicò un atteggiamento completamente stupido e puerile: dopotutto era amicizia. Poi in un altro tavolo c’erano Shino e Shikamaru che discutevano dell’anticipazione del nuovo (perché la Yuhi, è la Yuhi) compito, per loro ingiusta, dato che secondo i loro calcoli, avrebbero finito gli autori romantici pochi giorni prima del compito stesso.
La ragazza si stiracchiò e diede un morso alla mela.
Quel giorno non aveva preso molto, non aveva particolarmente fame. Non mancavano comunque i mitici dolcetti alla crema.

Era tesa anche lei per la punizione, forse più che tesa scocciata. Ma non lo dava molto a vedere. Sarebbe stato solo uno spreco di tempo in più.
La campanella di avvertimento suonò. Ce n’erano 2. Una di avvertimento che segnalava che fra 3 minuti sarebbe suonata quella ufficiale e quella ufficiale, appunto.  Karin si alzò trascinando Hinata e andarono a posare i vassoi, lasciando i compagni alle loro chiacchiere isteriche.
Fu il professor Jiraya ad assegnare le coppie. Quel pervertito coglione che toccava sempre il sedere a tutte.

Oh no. Oh no. Oh no.

Karin teneva il bigliettino con le coppie.

“Haruno-Sanami-Izumi-Hoizuki”

Sakura e Kasumi corsero via a braccetto.
Dietro, il mollusco. Con il sorriso giocondo stampato sulla faccia.
Lei con l’anguilla? Oh no. Oh no.
Il mondo le crollò addosso. Le girava la testa, aveva la nausea per lo shock.
”Oh perfetto mi tocca quel cesso” riecheggiò la voce di Suigetsu per la stanza.
Ma lei non la percepiva. La rabbia, il disgusto e la rabbia, avevano il sopravvento su qualsiasi cosa.

Solo l’eco della voce di Hinata che l’informava che sarebbe stata in coppia con Naruto, niente di più.

Le veniva solo da vomitare.

La tag era abnorme. Le due ochette non avevano fatto un cazzo.

“Bene, io direi che ci tocca collaborare” le sorrise.

Oh, no. Il suo sorriso no. Tutto tranne quello.
”Muori.” sibilò Karin a denti stretti. L’avrebbe strangolato all’istante.
”Siamo di cattivo umore, eh?”
La rossa lo fulminò con lo sguardo. Sperando che qualcosa lo disintegrasse.  Un invasione aliena, un satellite caduto dal cielo, la Yuhi... qualcosa, qualunque cosa.
Zitta prese una spugna e cominciò a sfregare il muro. Ma non andava via nulla.
”Aiutami!”

Ordinò Karin al ragazzo.
Suigetsu rise beffardo.

“Che hai da ridere?”

“Sei buffa” sorrise lui.

“Almeno lavoro” osservò lei.

“Tanto non c’è nulla da fare con quel muro”
Karin getto la spugna bagnata sul ragazzo. Avrebbe voluto che la spugna fosse stata un sasso tagliente.
La rossa non l’ascoltò. Prese uno spray e sfregò ancora più forte.
Ma, aveva ragione culo di marmo mentadent. Non c’era nulla da fare.

“E che palle! Quelle due non hanno fatto un cazzo!!! Puttane!”

Suigetsu rise e lei lo fulminò con uno sguardo.

“Ti sembra divertente?”

“Te l’ho gia detto. Sei buffissima.”
”Ma vaffanculo.”

“E buffo vedere una balena strofinare un panno contro un muro in preda a crisi isteriche”
”BALENA??? Io???!!!???”
”Hai ragione. Poverine, non hanno mai fatto male a nessuno per ess...”
La rossa si alzò in piedi e diede un calcio alla gamba del ragazzo, sperando di avergli fatto male.
”Spero ti abbia fatto male” disse riappoggiandosi sulle ginocchia.

“Grazie, mucca.”
”Il prossimo te lo becchi in mezzo alle gambe”

I sassolini per terra le bucherellavano la gamba.
Karin cambiò gamba per appoggiarsi. Scelta sbagliata. Appoggiò la gamba ferita.

Fece una smorfia di dolore e inciampò sul prato verde.
L’espressione del ragazzo cambio. Da strafottente a apparentemente preoccupata.
”Tutto bene?”

“Si, lasciami in pace”

Sentiva il sangue scenderle per ginocchio. Arg, il taglio... riaperto. Cazzo.

Il ragazzo si inginocchiò e capì quello che era successo. Si diede un occhiata intorno, non c’era nessuno.
”Eh cosa fai?” si lamentò Karin.
Il ragazzo non rispose. La sollevò da terra e la porto verso l’infermeria. Il cielo era scuro, ma faceva un caldo terribile.

“Lasciami subito!” protestò la ragazza.
I corridoi erano vuoti.

 

“Stai zitta” disse Suigetsu.

Cavolo però, certo che addominali che aveva... meritò della squadra di nuoto.
Karin arrossì. Aveva anche un buon profumo. Sapeva di... mare. C’era caldo e lui la stava quasi cullando.
Si accoccolò alla sua spalla e chiuse gli occhi...Lei, con un vestito a fiori, al mare...
Togliersi il vestito e rimanere in costume... Fare un bagno fino a l’ora di pranzo... Poi magari uno spaghetto allo scoglio... Magari con lui. Karin svegliati!!!, pensò subito.
A dire il vero, non c’era bisogno che lui la portasse in braccio. Ma gustarsi quel momento da “Principessa servita e riverita” non se lo sarebbe lasciato perdere. Anche se lui era un mollusco riluttante, certo.
Lui la guardò. Le faceva quasi tenerezza.
Appoggio a malavoglia la ragazza sul lettino dell’infermeria. Avrebbe voluto ancora tenerla in braccio... Ma che cosa pensava?!? Lei era noiosa e antipatica! Per giunta pure brutta. Come gli veniva in mente tutto questo?

 

Suigetsu chiuse il box del garage, salutando affettuosamente la sua cabriolet. Rossa, rossa come...ehm salsa di pomodoro? No, rossa come lei, pensò. Era difficile mentire a se stesso.
E quel pomeriggio nuvoloso, lui pensava a lei. Mordicchiando la matita aprì il libro e cercò di fare finta di studiare come sempre. Che palle.

Ripensò al foglietto che aveva strappato da un annuncio, per togliersi dalla mente Pel di carota.

Di li a poco avrebbe compiuto 18 anni.

I suoi, abitavano a Chicago e volevano il “filmino” della festa, che palle. Il bello è che non aveva nemmeno risposto lei. Bensi una certa Tayuya. Ma come si fa a chiamare una Tayuya!?

I suoi avranno conosciuto un modo saggio per usare il borotalco...

Si sdraio sul divano nero. La stanza era minimalista, ma molto, molto bella.
Davanti a lui c’era un televisore 110 pollici, il pavimento era bianco. Sul tavolo davanti a lui c’era una boccia con un pesce rosso. Arg rosso. E accanto dei fiori... rossi. Accidenti.
Sistemò la testa sui cuscini. Uno bianco e uno... e che palle.
Aveva sete. Aprì distrattamente il frigo. Una lattina di coca cola. Di colore...rosso.

Furioso chiuse lo sportello del frigorifero con violenza. Ma perché tutte a lui?
Tutt’un tratto la suoneria del cellulare trillò. Sospirando il ragazzo tolse il cellulare dalla tasca del jeans nero.

Era Naruto.

“Pronto?”

“Ciao, sono Naruto!”
”Si”

“Ehy ti sento giù”
”...”

“Okayy ho capito, non è il momento, volevo solo chiacchierare! La Hyuga è due palleee...a te come ti è andata? Il tirannosauro ti ha divorato la lingua?”

“No”

“Ehhh? Ma stai bene?”

“No... volevo dire si”

“Sei strano amico. Ti va di uscire?”

“Ok... penso che un po’ d’aria mi farà bene.”
”Allora ci si vede al Red stasera!”

Il Red era un pub, piuttosto frequentato dai ragazzi della sua scuola e degli istituti vicini.

Naruto riagganciò.

Ma vaffanculo, pensò Suigetsu. Ahhh Naruto è proprio un rompiscatole.

 

La cameretta di Hinata era completamente rosa. Entrati sembrava essere catapultati nel pianeta-caramella.

Il letto era enorme e a baldacchino. Ci saranno stati almeno una centinaia di cuscini tutti rosa.
Hinata sorseggiava il suo succo di frutta. Karin finiva la sua barretta ai cereali.
Insieme erano a sfogliare riviste e ad ascoltare musica, intonando i ritornelli ad alta voce.

Dopo essersi raccontate il pomeriggio di schiavitù gentilmente offerto dalla Yuhi, si diedero ai discorsi più svariati.
”Hey Izumi-chan! Sei libera stasera?” chiese Hinata, che stava finendo di leggere l’articolo sui profumi di Cosmopolitan.

Karin restò un attimo assorta.
”No, stasera non ho proprio nulla da fare!”

“Che ne dici di andare al Red?”

“COSA?”

“Mio cugino mi ha portato qualche volta... è un locale carino!”
”Ma... ma... ma... non è il posto per una come me!!!”

“Che discorsi sono? Come mai non sarebbe il posto per una come te?”
”Non capisci!!!”

“Si, non capisco! Come mai?”

“Il massimo di lusso per me è il mcDonalds”

“E allora?”

“E allora niente! Non ci vengo”
”Ci divertiremo un sacco!”

“Quale parte della frase –Non ci vengo- non riesci a comprendere?”
”Smettila di fare così!”

Karin fece un piccolo balzo dal letto, alzandosi in piedi, con molta cautela, per la ferita.
“Ma hai visto come sto? Una barbona in confronto a me è da Red Carpet!”
Karin, con occhio critico si vide allo specchio.

Hinata si portò un indice alla bocca a mò di pensiero.

“Ho un idea!” trillò balzando dal letto.

Prese poi Karin per un braccio e aprì la porta vicino lo specchio.

“Ma che...che diavolo...oh.”
Meraviglia.
L’armadio di Hinata. Il sogno più bello dei sogni più belli.
”Ci sono dei vestiti che io non indosso... ma penso ti starebbero benissimo!”
La rossa sorrise afferrando al volo il blister di lenti a contatto che le aveva lanciato l’amica.

Hinata prese le chiavi dell’auto.
”Non sapevo avessi la patente.”

“L’ho presa qualche mese fa!” disse sorridendo Hinata.
L’auto era una meravigliosa renault scenic nera.
”Ohhh” esclamò Karin con una punta di meraviglia e invidia. Lei non aveva più la bici. Figuriamoci l’auto.

Salite, Hinata accesa la radio: la canzone era “Just Dance” di Lady Gaga.
Karin si sentiva come la cenerentola sulla zucca fatata trasformata in carrozza.
Solo che lei era fottutamente, fantasticamente griffata. E anche se tutto questo andava contro i suoi ideali, non si mostrò molto dispiaciuta. E vaffanculo a Cenerentola e co. : nessuna di loro si era mai sentita bene come adesso!!!

Il locale non era lontano.
L’insegna “RED”, in uno stile minimalista illuminava la grande porta.
In fila, un sacco di ragazzine e studenti, cercando un pretesto per essere inseriti in lista.
Hinata raccolse tutto il coraggio che aveva e avanzò verso il bodyguard, molto carino.
”Come vi chiamate?”
”Ehhmm io sono Hinata Hyuga... Mio cugino...Ne..”
”Entri pure.”
La rossa restò sbalordita. Oh cacchio.

Erano tutte e 2 splendide.
Karin indossava un completino Richmond. Hinata invece era uno schianto con il suo chanel.
I capelli rossi di Karin erano lucidi e ondulati. I capelli di Hinata erano liscissimi.

Karin stava risplendendo, ma non erano le luci soffuse del pub ad illuminarla. Il vestito Richmond nero e bianco esaltava le sue forme e senza occhiali era ancora più bella, impreziosita da un paio di orecchini.
I capelli, rosso fuoco erano la ciliegina sulla torta.

Elegantemente si sedette su un tavolino e si mise a chiacchierare con la mora.

Sopra, nel privè, il gruppo di Sasuke era stravaccato sulle varie poltroncine rosse.

L’Haruno stava limonando alla grande con l’Uchiha, che però partecipava al rapporto come  partecipa una casalinga ad una partita di pallone. Almeno la rosa tutto pepe sembrava gradire.
L’Uzumaki cercava di cuccare con una ragazza francese arrivata a Konoha con un programma di scambio culturale: Margot.
Lo Hyuga con Gaara parlava del pomeriggio infuocato con altre ragazze.
L’unico solo, triste, depresso era proprio lui: Suigetsu per noi, Culo di marmo mentadent per Karin. Poi vabbè, c’era Gaara, ma lui era sempre incazzato nero...
Lentamente si affacciò al piccolo balcone che dava la vista sulla pista da ballo e sulla sala di ristorazione.
Rosso.
Suigetsu aveva un nodo alla gola. Lei? Così... bella?
Chiuse gli occhi massaggiandosi la testa. Ma cosa gli stava succedendo?

Il cameriere si avvicinò al tavolo.
”Cosa prendete signorine?”

Signorine? Wow che classe.

“Io prendo del sushi! Tu Karin?”

Karin arrossì, l’aveva chiamata per nome.

Il viso di Sasuke si spostò sulle due ragazze.

“Emh, io...pure per me sushi.”

Mentre Karin si chiedeva cosa diavolo fosse il sushi gli occhi dei ragazzi erano ancora fissi su loro due.

 

Naruto stava addirittura sbavando.

“Fai schifo” disse Sasuke con disapprovazione.
”Ma che gli è successo?!?” domandò esclamando Naruto ignorando Sasuke, che aveva staccato le labbra da Sakura, ormai ubriaca, quasi addormentata e stava fissando Karin con interesse.
Suigetsu strinse i pugni. Ondata di gelosia. Ma l’Haruno non gli bastava?
Karin si accorse dello sguardo dell’Uchiha e sorrise con malizia. Pugnalata.
Come se mille, anzi centomila spade gli si conficcassero nel cuore.
Come mai soffriva? Lei era un cesso. Allora?

Come mai avrebbe tranquillamente spaccato la faccia al suo migliore amico?
Suigetsu scrollò le spalle. Era ubriaco, fuori di se. Non stava pensando razionalmente.

“NON POSSO CREDERE CHE TUA CUGINA SIA QUELLO SCHIANTO!!!” urlò Naruto a Neji, che preferì non proferire parola.
”SE L’AVESSI SAPUTO PRIMAAAAA! ARGGGGG” Naruto adesso stava sbattendo la testa contro una colonna. Margot, visibilmente turbata fuggi.

“Naruto chiudi quel cesso di bocca” sospirò Sasuke, allontanando freddamente l’Haruno, che ormai però era abituata.
”Suuuuu invitiamole!” implorò Naruto, “Perfavooooreeeee!!!”

Sasuke si guardò intorno cercando il consenso dei ragazzi.
Neji e Gaara erano contrari.

Naruto era superfavorevole.

“Eddai! Eddai! Eddai!”
Suigetsu sembrava rincoglionito.
Lui? Favorevole.
”Si può fare.” annunciò.

Suigetsu sentì improvvisamente l’irrefrenabile desiderio di buttare l’Uchiha da qualcosa di alto. Molto alto...
Mondo Piccolo di Promise (E’ un mondoooo piccooooolllooooo, piccoooloooo, piccooooolo)
Ma ciaoooooooo! Se hai letto fin qui... ti vogliooo bene!

Scusate per il ritardo, ma una professoressa vuole la mia morte. T___T
Come avete visto... ehm.. si... appunto... perciò.
Arrivederci al prossimoooo eppisodiooooo!

(Ve l’avevo detto che era piccolo piccolo come mondo ù_ù)
COMMENTATE YO! XD

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Capitolo 4
*** Incubo? ***


Suigetsu sedeva, fuori, sulla panchina del parco pubblico. A chiedersi cosa gli era passato per la testa.

Perchè l'aveva fatto? Era gia successo... ma mai per lei. E se Sasuke non lo aveva denunciato, probabilmente era perchè il piccolo Uchiha era talmente fatto da non capire nulla.

Lei non se ne era nemmeno accorta. Neanche sapeva lui fosse li. Quella serata era stata sua...tutti gli occhi su di lei... su i suoi capelli rossi.

Il ragazzo strinse i pugni in preda alla gelosia.

Poi afferrò la testa con le mani e stette in silenzio. Non voleva vedere nessuno. Non voleva sentire nessuno.

Sarebbe voluto stare solo, nell'oceano. Senza nessuno. Senza sentire stronzate e non vedere nulla.

E continuava a chiedersi il perchè di tanto dolore dentro di lui. Eppure Karin era brutta e insopportabile. Che palle.

Una mano si appoggiò con dolcezza sulla sua spalla.

"Come mai sei triste, Hozuki-kun?"

 

1 ORA PRIMA

"Allora? Che ne pensi? Ti piace il sushi?"

Hinata aveva appena finito. Sorrise e bevve un pò d'acqua finendo la bottiglia.

Karin non era sorridente.

Anzi.

"Il wasabi... bruciore...acqua" squittì. Le lacrime le riempivano il viso.

C'era qualcosa che non andava. Hinata squittiva di solito. Non Karin. Hinata.

Karin era rossa in viso, ma non era per le occhiatine insistenti dell'Uchiha.  Faceva sforzi disumani per non mettersi ad urlare come un'invasata.

"Stai bene?"

I capelli di Karin stavano diventando di una tonalità più opaca del viso. O forse era solo Karin che cambiava tonalità da un rosso peperone a un viola preoccupante?

Hinata osservò la bustina del piccantissimo wasabi completamente vuota.

"N...no"

"Oh santo Cielo..." sussurrò la mora spalancando gli occhi e portando una mano alla bocca.

Hinata, ormai esperta di pronto soccorso afferrò Karin per un braccio e la portò verso la toilette delle signore.

 

Sul privè c'era aria tesa.

Sasuke e Naruto erano impazienti di ricevere le loro "nuove ospiti".

Neji non condivideva l'idea che sua cugina finisse con quello squilibrato dell'Uzumaki. E poi, lui voleva divertirsi con Ten Ten... Mica poteva farlo davanti a sua cugina.

Gaara era orripilato.

Suigetsu sembrava fatto. Eppure era "lucidissimo".

Intanto erano saliti su Kankuro e Kiba.

Erano tutti stravaccati sulle varie poltroncine a sorseggiare i loro coktails.

Sasuke seguì con la coda dell'occhio le ragazze che si dirievano velocemente verso la toilette.

"Che porche!" urlò Kiba

"Hanno gia capito tutto e si stanno mettendo comode!!!"

 

"BRUCIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!"

Urlò istericamente Karin attaccandosi al rubinetto del bagno, sotto le occhiate di ragazzine-troiette scandalizzate.

 

"Gia mi immagino la Hyuga senza... insomma... non so se avete visto durante educazione fisica come..."

"Naruto queste cose tienitele per te." sentenziò Neji, da buon cugino e ragazzo rispettabile fra le mura domestiche.

"Eddai Cuginooo!!! Che fortuna te... l'avessi io una cuginetta così in casaaaaa!!!"

"Naruto, non esagerare" osservò l'Uchiha serio.

"E' molto carina anche l'Izumi" disse Kiba

"Di solito viene a scuola come una barbona" rise Naruto

Suigetsu si fece scuro in volto

"Hey Hozuki, come è andata con la strega?"

"Mpt..." mormorò Suigetsu, pensando ai corridoi e l'infermeria.

"Ti ha mangiato la lingua?" rise Kankuro

"Ha detto mica qualcosa su di me?" Aggiuse preoccupato Gaara.

"No... nulla" sussurrò Suigetsu. Ma che aveva Gaara?

Fissava la lampada rossa davani a lui.

 

"Adesso va meglio Karin?"

"Io non lo mangerò più. Lo giuro su me stessa, la mia cinepresa e i biglietti del concerto"

Improvvisamente l'interesse per il concerto era tornato.

Suigetsu non le avrebbe dato noia. Lei si sarebbe tenuta a distanza. Perchè doveva rovinarsi una serata per culo di marmo mentadent? Che bisogno c'era?

Nessuno.

 

Karin usci dal bagno volteggiando leggera. Hinata era soddisfatta.

"Si sta facendo tardi? Vuoi tornare a casa?"

"In effetti sono un pò stanca... Mica sono abituata a uscire fino a tardi"

La rossa fece uno sbadiglio.

"Lavoraccio con i graffiti vero?" rise Hinata.

"Si!" rispose ridendo Karin.

"Dai, chiediamo il conto!"

"La prossima volta al McDonalds!"

Sempre ridendo andarono verso al tavolo.

In mezzo al tavolino, c'erano però 2 rose e una bottiglia di champagne.

"Waaaaahhhh" grido entusiasta Hinata portando una rosa al viso, per sentirne il profumo.

"Ci dev'essere stato sicuramente un errore." Sospirò razionale Karin.

"Ma ci sono 2 rose!!!"

"Ma noi non abbiamo l'età per bere."

Hinata la fissò e Karin arrossì. Certo, non aveva l'età ma... Tutta colpa di Tay e le sue serate pizza e birra.

Tuttavia... "Hai ragione. Chissa cosa direbbe mio padre. Chiediamo il conto e informiamo dell'errore."

 

"Ma quanto ci mettono?" sospirò Naruto buttandosi a peso morto sulla poltrona.

"Tutto a suo tempo." replicò l'Uchiha.

"Mptf" mormorò Suigetsu, nervi a pelle, faccia da pesce morto 3 giorni fa e nuova e inaspettata ossessione per un colore.

A dire il vero, lui avrebbe voluto che Karin se ne fosse andata. Che avesse pensato fosse stato tutto uno scherzo. Una burla.

 

"No, signorine. E' stato proprio recapitato a voi... Non esiste problema."

Karin era incredula. Non sapeva cosa fare, dove guardare, cosa pensare.

Seduta lontano, c'era Hinata, che aspettava una risposta... un segnale...

La rossa lesse il cartellino del cameriere. Julian. Mmmm carino.

"Hai bisogno di una mano...?"

"Karin"

"Hai bisogno di una mano Karin?"

"Portami dal tizio."

 

Bene, il privè doveva essere questo.

2 Piccole rampe di scale, porta rossa.

Karin si sistemò i capelli e si mise un pò di profumo.

Rimase immobile per qualche minuto.

Eddai, fa qualcosa! Pensò.

Ma sentiva delle voci.

 

L'azienda Uzumaki, nella quale era compreso il locale dove sua sorella lavorava, avrebbe licenziato maggior parte dei dipendenti.

Ad essi venivano mandate delle lettere con un accenno a una possibile promozione. Tutte cazzate.

Inoltre il signor Uzumaki avrebbe guadagnato tanto da ampliare la piscina della casa del figlio.
Oppure da farne una nuova, probabilmente più bella.

Aveva sentito parole come "poveracci", "morti di fame", "barboni"...Ma perchè era tutto così?

Naturalmente questi “morti di fame” avrebbero dovuto pulire la nuova piscina. E loro ridevano, ridevano.
Come se la vita fosse un arcobaleno pieno di unicorni e fogli verdi, con cui potevi comprare la felicità...

Forse era vero. Loro erano felici. Perché lei non poteva esserlo?

 

 

Le lacrime salirono. La rossa si allontano. Non voleva sentire altro. Era solo arrabbiata.

Era tutto così ingiusto. Succedeva sempre così.

Povera Tay...

"Io vado in bagno." sospiro Suigetsu. E si diresse verso la porta.

Al primo rumore, Karin con uno scatto corse nel corridoio dove venivano separati i bagni maschili da quelli femminili.

Appoggiò le spalle al muro freddo e si sedette sul pavimento.

"Ah eccoti."

La ragazza sussultò.

"che cazzo ci fai tu quì?" sibilò infuriata.

Suigetsu le si avvicinò lentamente.

"Tecnicamente, questa sarebbe la mia domanda. Non vale." disse calmo.

"Eri tu quello che ha mandato le rose..."

Mentire o dire la verità?

Verità.

"No."

"Oh." Karin ebbe una punta di delusione, che però nascose bene.

Sarebbe stato bello umiliare Suigetsu e tutti quei cazzo dei suoi amici. O forse avrebbe veramente voluto ricevere tutte quelle attenzioni da lui?

"C'è qualcosa che non va?" sussurrò lui.

Mentire o dire la verità?

Mentire.

"Emh... sai Julian... il cameriere. Beh... mi ha risposto un pò male... ci sono rimasta male... tutto quì. Certo che schifo di servizio...il cliente andrebbe trattato con più riguardo... lo farò presente al direttore..."

Si, col cazzo. L'autorità e il parere di Karin in quel mondo così distorto e orribile era superiore solo ad un oliva.

E poi si sentiva anche orribile. Dopotutto Julian non aveva fatto proprio nulla di male.

Il ragazzo si mise a ridere.

"Adesso cos'hai da ridere?"ringhiò Karin

"Sei buffa quando ti arrabbi."

"Secondo te, sono sempre buffa!"

"Si... sono buffa, grassa, stupida..."

Non aveva nemmeno voglia di rispondere alle provocazioni.

"Ma cosa hai capito... buffa vuol dire adorabilemte spassosa!"

"Si, e Babbo Natale esiste."

La mano del ragazzo le sfiorò il viso.

"Karin... Karin...Karin..."

"Toh. Mi chiami pure per nome."

"Perchè non dovrei?"

"Perchè non ti ho dato il permesso."

Suigetsu sorrise. Anche se i suoi denti erano orribili, Karin si sentì quasi meglio.

"Perchè sei triste?"

"Perchè non sono affari tuoi."

Il suo profumo le si avvicinò. Dolcemente si chinò su di lei e avvicinò le labbra...

Karin chiuse gli occhi. Una parte di lei avrebbe volentieri preso a calci nelle gengive il ragazzo, ma l'altra decise di lasciarlo fare...

Adesso era sempre più vicino... mooolto più vicino...

 

"ECCOVI!" Gridò Hinata facendo sobbalzare i due, rossi in viso.

Hinata guardò la scena. Due ragazzi muti e rossi come peperoni su un pavimento del bagno. Mmmm...

"Ho interrotto mica qualcosa?" sussurrò Hinata risentita.

Per qualche secondo i due si guardarono, ad occhi spalanchati, senza proferire parola.

Mentire o dire la verità?

"Mi stavo chinando per far vedere quanto fosse nana quella mucca!" rise Suigetsu indicando Karin

"No, stavo solo notando che fra gli abominevoli denti di Suigetsu c'era dell'insalata!!! Su andiamo! Sono stanca!" esclamò Karin alzandosi in piedi.

 

Hinata trascinata dall'amica giù per le scale parve disorientata.

"Ma Kay!!! Andiamo almeno a ringraziare!"

"Per cosa? Per un cazzo di champagne don Porron..."

"Don Perignon"

"Si ecco giusto appunto. Che però nemmeno abbiamo consumato! Vogliono farci solo carità!"

Hinata si fermò.

"In che senso?"

Ops. Tasto MOLTO dolente.

Caddero silenziose a terra le lacrime. Di nuovo.

Dal balcone adesso capì chi c'era e la fissava anche Suigetsu. Solo, che non rideva più.

"Lascia perdere Hinata..."

"Karin..." sussurrò tristemente la mora restando immobile.

Suigetsu si girò infuriato contro Sasuke.

Successe tutto così velocemente.

 

Tayuya era seduta accanto a Karin sul divano.

"Tutto bene?"

"Adesso va meglio... grazie Tay."

"La mia cioccolata fa miracoli."

La cioccolata di Tayuya  non era una cioccolata come le altre. Sembrava Flanders nel film dei Simpson quando preparava la cioccolata a Bart.

Insomma, era una pozione miracolosa e piena di calorie.

Ottimo rimedio per l'umore, un pò meno buono per i brufoli.

"Anche se è quasi estate..."

"Vedi? Stai protestando! E' un ottimo, anzi un ottimissimo segno!"

"Stai insultando la nostra lingua." osservò Karin.

"L'avevo detto che la mia cioccolata fa miracoli!" sorrise Tayuya e portò la tazza nella piccola cucina.

Karin sistemò la soffice coperta sul divano letto e sintonizzò la televisione (un altro pezzo d'epoca) su MTV, alzando il volume.

"Forse hai fatto male a lasciare la tua amica da sola."

"Si... Mi dispiace... Spero che mi sappia perdonare."

"Dopotutto merita un grazie... Ti ho vista tornare a casa con mascara colato e tutto... Ma non mi era mai successo di vedere la mia sorellina così splendida!"

Abbracciò forte Karin.

Tay era una grande.

 

"Hey Tay..."

"Si, Kairy?"

 

"Lo so che sa molto di stronzata commovente... Ma mi puoi parlare di mamma e papà?"  Chiese ignorando il soprannome orrendo.

Tayuya la fissò a lungo.

"Beh. Mamma era una groupie e papà una rockstar drogata."

"oh. Che schifo."

"Poi, si sono messi la testa a posto."

"Per modo di dire."

"Si sono sposati a Las Vegas!" Tayuya battè le mani divertita mettendosi degli occhiali pieni di paillettes che luccicavano.

"Con un prete travestito da Elvis!" urlò Karin imitando il Re del Rock.

"Oppure Elvis resuscitato e fattosi prete."

"Potrebbe essere."

"Che fico." convenne Tayuya.

"E poi? Siamo arrivate noi."

"Gia. Che stronzata fare 2 figlie quando non hai un cazzo per mantenerti."

"Figuriamoci per mantenere noi due."

"Si... e poi che stronzata bere prima di guidare. Però, ci volevano bene. In tutte le loro fottutissime imperfezioni."

"E si amavano?"

"Forse non sarannno stati una coppia meravigliosa... ma si amavano veramente. Vedi, non sempre le coppie -oh Jenny sono fatti per stare insieme- sono fatte per stare insieme. In più sono fottutamente noiose." convenne Tayuya.

"Com'erano?"

"Mamma era una sventola con i capelli rosso fuoco. Tipo Jessica Rabbit."

"Non si direbbe che abbiamo preso da lei!"

"Parla per te! Papa era figo come Kurt Kobain. Però cantava da schifo."

"Dopotutto suonava la batteria."

"Aveva un buon senso del ritmo!"

"Ma faceva schifo lo stesso."

"Poi... beh è arrivata zia Eveline. E poi ho compiuto 18 anni. Tu ne avevi solo 10."

"La odiavo quella strega."

"Era una talpa come te!"

Tayuya e Karin scoppiarono a ridere, come forse non ridevano da tempo.

"Allora raccontami dell'incidente con il wasabi!!!"

"Non me ne parlare! E' stato orribile! Sentivo l'inferno."

"Peggio di quando hai giocato a chi mangiava più peperoncini?"

"Avevo 3 anni!" ribattè Karin, incrociando le braccia.

Tayuya si alzò in piedi e tirò un cuscino a Karin.

 

"Battaglia cuscinosa?" disse in tono di sfida

"Ma certo!"

Le piume volavano in tutta la stanza ed erano crollati un paio di poster e qualche sedia di plastica.

Tayuya salì sul divano con un salto felino e iniziò a tirare alcuni vecchi pupazzi addosso a Karin.

Quest'ultima continuava a colpire la sorella con il cuscino che continuava a riempire di piume la stanza.

Adesso nel minuscolo salotto Izumi sembrava arrivata la neve in fine aprile. Nemmeno l'orribile carta da parati si notava più.

E fanculo alla carta da parati, alla bolletta del telefono, al padrone di casa, pensò Karin. Nella sua semplicità, la sua vita forse non era così male.

 

Suigetsu cammina per la strada... cosa ci fa quel coglione?

P..perchè viene verso di me? Cerca rogne? Che testa di cazzo...

Un momento, si dirige verso di me! Lo ignoro. Quel mollusco non si merita nemmeno uno sguardo.

Eppure è sempre più vicino... non è così br...KARIN. MA. COSA. STAI. PENSANDO?!?!?!?!?!

E' un cesso eppure perchè arrossisco...?!?!? Perchè quel coso mi sorride?!? Mi sta prendendo le mani... smettila di sorridere Karin!

E' così vicino... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!

 

6:00

Buongiorno a tutti gli ascoltatori di Radio Konoha e buona domenica a tutti!

 

Karin si risvegliò sudata con la gola in fiamme per l'urlo agghiacciante da doccia di psyco.

Porto una mano alla bocca. Era in camera sua. Solo in camera sua. Tranquilla Karin... sei sola!

La porta si aprì di colpo.

"Sto arrivando sorellina!!!" urlò Tayuya brandendo una mazza da baseball. La rossa cadde dal letto per lo spavento.

"..."

Karin prese gli occhiali per meglio esaminare la scena, rialzandosi in piedi.

Il silenzio era così imbarazzante.

"Aehm... avevo sentito urlare" si giustificò Tayuya nascondendo la mazza dietro la schiena.

"..."

"Oggi preparo le frittelle.. va bene?"

"Eh? Ah si, ok" sussurrò frastornata Karin.

"Va tutto... bene?"

"Ehm certo." mentì Karin.

"Però non impostare la sveglia così presto la domenica... dovresti riposarti."

"Giusto... Hai ragione, credo che tornerò a dormire ancora un pò."

Dormire?!? Per ritrovarsi in incubi terribili? No grazie.

"Bene!" sorrise Tay e chiuse la porta dolcemente.

 

E questa era l'ultima notizia! Passate una dolcissima domenica!

 

Karin si raggomitolò sul letto. Aveva tre quesiti fondamentali  da farsi:

a) come mai aveva selezionato la sveglia di domenica.

b) come mai aveva sognato culo di marmo mentadent. E il cuore le batteva più forte del solito.

c) come mai non aveva avuto il coraggio di dire niente a Tay.

Guardò la stanza pensierosa e il suo sguardo si posò sulla scrivania dove c'era la sua cinepresa e il computer (risalente al mesozoico) dove montava i filmati. Oasi di salvezza!

"Oggi giorno di riprese!"

Tutt'un tratto suonò il campanello. Hinata.

 

Mondo "ritardoso" di Promise.

Ehhh che nick di cacca che ho. Prometto troppe cose. (non pensate male, niente doppi sensi ò.o)

E a forza di promesse, favori e scuola non sono riuscita ad aggiornare.

Pazienza. E spero che questo capitolo sia di vostro gradimento.

E' un capitolo confuso, ci sranno un pò di dubbi che verranno però risolti nel prossimo capitolo!

Boh, non ho molto da dire, se non da ringraziare gli utenti che hanno recensito, hanno messo fra i preferiti o nelle seguite. AdoroVi! <3

Nel prossimo capitolo avrò l'occasione di salutarvi per bene! Ahhh non vedo l'ora!

Ricordo a tutte le angurie che il forum per la loro coppia preferita è questo! http://suika.blogfree.net/ (notare la grafica XD)

Ultimamente siamo cresciuti parecchio e siamo diventati una famiglia! (il forum è aperto anche agli anti XD)

Speriamo di pubblicizzare il suika ancora di più! <333333333333333333333

That’s ammmoooooooooooooooooooooooooooooooooreee!

Kiss Kiss

Promise <3

(YO!)

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Capitolo 5
*** Lotta ***


”Se non apri te li faccio venire io gli incubi!” aveva intimato Tayuya che cercava di riposare nella sua piccola stanza, mentre Karin cercava di nascondersi in qualche modo, protestando a voce bassa.
Karin aprì la porta fingendosi assonnata. Aveva terrore... magari Hinata era veramente furiosa. Poi, diciamocelo pure, la rossa non amava risolvere i problemi (ne tanto meno crearseli, ovviamente).
Lasciò la catenella chiusa, come se non avesse saputo fin dall’inizio che la mora avesse aspettato per ben  25 minuti, suonando ad intermittenza il campanello, senza però essere troppo sgradevole.

“Buongiorno Izumi-chan!” arrossì Hinata. Oggi indossava un vestito verde chiaro con sopra una graziosa giacca bianca con dei ricami di fiori. Al collo era legata una collana con una farfalla e i capelli erano legati in una coda, rifinita da un fiocco di raso dello stesso colore del vestito. Ai piedi un paio di ballerine con un piccolo tacco, verdi e molto semplici, ma graziose.
La rossa arrossì imbarazzata. Nulla in confronto alla sua maglia a maniche corte e consumata con il logo dei Rolling Stones e i jeans aderenti sbiaditi alle ginocchia. Ai piedi lei indossava delle semplici scarpe da tennis consumate e sbiadite.

 

Karin spalancò gli occhi. Non era arrabbiata ma in mano teneva un piccolo pacchetto e un bigliettino. Di scuse. Coosa? Hinata non c’entrava niente in quella storia! Anzi era Karin che aveva esagerato come al solito. Allora come mai tutto questo?

“E’ presto...” osservò Karin, fingendosi di nuovo assonnata.

Hinata diventò rossa.
”Oh.. scusa..è che...ho sentito urlare...ecco...non volevo disturbare...ma...ma...ci tenevo a fare visita a Izumi-chan!”

Fregata. Accidenti a tutti gli incubi. Preparati per il terzo grado Karin, pensò la rossa.

Eppure il cuore le batteva ancora fortissimo... per il disgusto o per...Karin scosse la testa.
Disgusto. Decisamente disgusto. Nessun dubbio. Disgusto.

 

“Oh...entra pure...” mormorò impacciata Karin, aprendo completamente la porta.
Hinata ebbe un lieve sussulto. La casa della sua amica era molto semplice e molto diversa dalla sua.

Ecco perché Karin era a disagio quando è venuta a casa mia; sono veramente egoista...pensò. 

“Kay... mi dispiace per ieri sera!” disse Hinata sincera.
”Ehy, ci dev’essere un errore. Sono io che ieri mi sono comportata da stronza. Ovvero, scusami tanto Hinata!” disse secca Karin. Non voleva che Hinata si sentisse in colpa.

“Ti ho portato i tuoi vestiti... Li hai lasciati a casa mia. Ricordi?” sussurrò imbarazzata Hinata
”Eh gia! Anche io ti devo consegnare il vestito splendido dell’altra sera...” sussurrò Karin persa nei pensieri.
Certo che era veramente bella quella sera. Karin non era mai stata così elegante e sofisticata. Nemmeno così fottutamente sexy, considerati gli sguardi dei vari ragazzi.
”Oh... ma io voglio che tu li tenga!” disse Hinata facendosi posto fra i cuscini distrutti e i cartoni della pizza, sedendosi educatamente sul divano semi-distrutto, rigirando il pacchettino fra le mani.

“No!” urlò Karin, mentre rompeva le uova.
”Ma guarda che a me non piacciono! A te invece stavano benissimo!”

“Cosa vuoi per colazione?”

“Non cambiare argomento!”

“Ok, allora le preparo io le frittelle. Tay è sfaticata!”
”Allora lascio qui i vestiti e  scappo prima che tu possa rendermeli!” disse Hinata incrociando le braccia.

 

Karin stava per controbattere , ma improvvisamente Tayuya usci dalla sua stanza. I suoi capelli erano raccolti con un vecchio fermaglio per capelli e indossava un paio di jeans neri e una t-shirt azzurra un po’ stropicciata. Gli occhi stanchi, di una ragazza che aveva fatto baldoria con la sorella fino a tarda notte, costretta a svegliarsi presto, di domenica. Per il resto era sempre davvero molto bella.

“Ehy ehy ehy! Chi sarebbe la sfaticata?”

Hinata si inchino, sbalordendo le sorelle Izumi. Inchini a casa Izumi non si erano mai visti.

“Piacere di fare la vostra conoscenza... io sono Hinata Hyuga.”

“Oh. Ah. Beh...io sono Tayuya ma va bene anche se mi chiami Tay!” sorrise Tayuya un po’ sorpresa e impacciata cercando di rassicurare la ragazza.

“Tayuya, potresti preparare 2 tazze di caffè forte e...Hinata?”
”Mmm, a me va benissimo del thè.”

“Subito!”

 

“Certo che sono veramente buone! Karin sei davvero brava!” disse Hinata finendo con l’ultimo boccone.

“Ehm... modestamente i dolci mi vengono particolarmente bene. E’ mia sorella che li brucia!” disse Karin sorseggiando il caffè.

“EHY!” Tayuya stava prendendo i piatti.
Karin e Hinata si misero a ridere, mentre iniziarono a raccogliere i bicchieri, per aiutare.

“Cos’avete intenzione di fare oggi ragazze? Dopotutto è domenica e c’è bel tempo!” domando Tayuya mentre cercava il detersivo per le stoviglie.
Hinata guardò Karin.
”Ehm beh, io un’idea l’avevo... Sono un po’ indietro con il mio film, è un po’ noioso però...nulla di speciale”

“L’avevo detto che sei piena di talento! Posso aiutarti? Ti pregoooo!” implorò Hinata

“Guarda che è un po’ faticoso...l’attrezzatura è pesante e oggi fa un caldo pazzesco.” ed era vero.

“Sopporterò! Fammi venire con te!!!”

“Guarda che l’argomento è palloso e piuttosto critico.” chissà come l’avrebbe presa Hinata dopo aver saputo che il suo documentario trattava sul degrado generazionale e sulla differenza impressionante della ricchezza tante volte usata in modo sfrenato, in pratica una critica al suo mondo.

“Ti sto pregando!” continuò Hinata usando il suo tono della serie -se non mi porti con te sei un perfido e bruttissimo (nonché senza un po’ di cuoricino) che merita di bruciare all’inferno-.

“Eddai Karin! Vi divertirete insieme!” la esortò Tayuya, mentre strofinava i piatti con un panno per asciugarli.

“Ok!!!” urlò Karin, sconfitta, mentre le due ragazze si guardavano con intesa.

 

Il sole batteva fortissimo, l’asfalto era letteralmente bollente e l’aria era a dir poco soffocante. L’attrezzatura era molto pesante. Hinata era visibilmente provata dalla fatica.

 “Karin… scusa ma…” Hinata arrossì. Non avrebbe voluto essere d’impiccio, ma la faccenda stava diventando proprio faticosa.

“Si, fermiamoci, sono esausta anche io… ci dovrebbe essere un bar nei paraggi” sussurò Karin.

 

“Suigetsu…”

Karin tossì violentemente e tutti gli sguardi si levarono sulle due ragazze.

Hinata si preparò a praticare  la manovra, ma Karin accennò che andava tutto bene.

“Senti Hinny, l’ultima persona di cui voglio sentire parlare è proprio culo di marmo mentadent”

Sbottò Karin.
“Ha fatto a botte con Sas…”

“Problemi suoi!” ringhiò.
Non ne voleva sapere nulla dei problemi degli altri. I suoi erano già enormi e potenzialmente irrisolvibili.

La mora guardò in basso. Ops.

Tutt’un tratto, Karin si sentì il peggior mostro in tutto il mondo. L’essere più spregevole di tutto l’universo.

Okay, aveva i suoi problemi, ma Hinata era sua amica. E Karin aveva esagerato.

“Hinata scusami! Non volevo offenderti!!!”

L’espressione dell’amica cambiò subito.

“Non ti preoccupare!”

Karin sorrise, accorgendosi di quanto fosse comprensiva Hinata e di quanto era stata fortunata a stringere amicizia con la giovane Hyuga.

 



“Ciao! E’ un paio di giorni ke nn riesco a contattarti! Risp una certa Taiuia.  Ecco vedi sono interessato a 1 serviz. Risp se 6 interessato/a”

 

“Ahem, ahem... forse con la grammatica è un po’ scarso, ma i soldi son soldi.” spiegò a Hinata.

“Passami il cellulare, sono una contrattatrice!” sorrise entusiasta Hinata

“Se lo leggesse mia sorella…”  
Hinata era concentrata sul messaggio.

“Fatto!” esultò

“Eh?”

“Ho inviato il messaggio!”

“E cos’hai scritto?”

*BIP BIP*
“Oh! E’ arrivata la risposta”

“E cosa dice?!?”

“Dice, che vuole che tu filmi la sua festa… si tratta di un evento piuttosto importante, con gente importante”

“E quanto offre?”

“Ha detto anche 15.000 dollari per un lavoro fatto bene.”
“COSA?!?”

“Beh, sai anche per il mio battesimo pagarono tanto. Forse un pochino di più. Poi qui si tratta di riprese per tutta la serata. Il tipo sembra non voler darsi al risparmio insomma.”

“COSA?!?”

“Non dovresti essere contenta?”

“Se sono contenta? Da oggi posso morire felice!!!... No, aspetta. Prima i soldi. Poi la morte felice. …No! Prima i soldi, il divertimento e la morte felice.”

 

Tornando a casa, Hinata e Karin fecero alcune riprese. Passarono davanti a un pub quando…

“Ma fai delle interviste?” chiese Tsugumi interessata, alzandosi lievemente dalla sedia.

“Ehm ecco…” mormorò impacciata Karin.

Di solito non succedeva di trovare ragazzi interessati al suo lavoro.

“Tsu, passami il kit per il trucco.” Disse seria Ino, cercando di non commentare l’abbigliamento di Karin.
Dopotutto, un’intervista era pur sempre un’intervista.

In pochi secondi Ino riuscì a truccarsi come una stella del cinema. Hinata la guardava ammirata, prendendo di nascosto appunti sul trucco.

Sakura la guardava seria: aveva capito che Karin non avrebbe voluto fare un intervista.

Il suo era un tentativo per metterle in ridicolo.

Guardò le compagne, occupate con il trucco.  Nel campo vicino, separato da una rete, bambini scalzi che giocavano a pallone, sporchi, ma veri.

Karin la stava guardando, ma teneva la camera spenta.

“Li hai visti anche tu, vero?”

Sakura non disse niente, rossa per la vergogna.

Le due ragazze fecero per allontanarsi.

“EHY! Ma l’intervista?” urlò Ino

“Mi basta questo.” Disse Karin

 

“Kay…” sussurrò Tayuya, con gli occhi ancora rossi di pianto e il mascara colato.

“Tay? Che succede?!?” pensò al lavoro e stava per assicurarle che aveva trovato un modo per guadagnare.
“Ci buttano fuori di casa.” Sussurrò singhiozzando.

 

Il padrone di casa non ne poteva più. Era stanco dei numerosi ritardi ed aveva fatto richiesta di sfratto.

Entro fine settimana, Karin e Tayuya avrebbero dovuto lasciare la loro casa.

 

“Vendesi, ottime condizioni”

La rossa appese tristemente il volantino grigio con la foto della sua cinepresa.

Le tremavano le mani. Avrebbe voluto strappare quel volantino. Ma rifiutò di essere egoista.

Chiuse gli occhi e si allontanò di corsa per non cambiare idea.

Tutti gli studenti erano fuori dalla scuola e Karin correva per i corridoi deserti.

Appese al corridoio c’erano trofei, attestati, foto…

Guardò le foto degli studenti migliori: sorrisi perfetti, capelli perfetti, abiti perfetti.

Persone talmente belle da non sembrare…vere.

Ci sarebbe stata un po’ di perfezione nella sua vita?

Karin era seduta sulla sedia, lo sguardo scuro e i pugni chiusi.
La classe era deserta. Le piaceva stare sola.

Nel frattempo avrebbe trovato una scusa a Hinata per non essersi presentata fuori da scuola.
Avrebbe anche trovato una scusa per S. Non avrebbe potuto filmare neanche 5 minuti della sua festa.

Si mise a giocherellare con una matita quando entrò Sakura Haruno.
Anche lei inaspettatamente in anticipo.

 

“Karin…” sussurrò

“Ciao” disse lei, neutra.  Il mondo sarebbe potuto anche cascare. Lei sarebbe rimasta incazzata comunque.
La rosa si avvicinò lentamente quasi avesse paura di un contatto ravvicinato con Karin la sanguinaria.

Ogni passo era eseguito con la massima cura e cautela. Come se da ognuno dipendesse la sua vita.

La grazia dell’Haruno contribuiva soltanto a incrementare l’incazzatura di Karin la terribile.

“Posso?” chiese gentile indicando la sedia di Hinata
“Fa come ti pare.” ringhiò Karin la massacratrice.

Lentamente, Sakura prese la sedia di Hinata e si sedette con grazia accanto a Karin.

“L’altro giorno…” iniziò la ragazza

“Ieri” precisò Karin la stronza.

“Ho aperto gli occhi.”disse sincera.

“Ma dai?” La rossa si finse stupita.

Sakura cercò di ignorare Karin.

“Non so più chi sono io!” disse Sakura.  Le sembrò di essersi liberata da un peso incredibile.

“Sakura Haruno” disse con secca la rossa.

“Eh?” la rosa spalancò gli occhi.

“Sei Sakura Haruno. Adesso va meglio?”

Sakura sospirò. Ogni tentativo di avvicinare Karin era vano.

“Non soffro di amnesia, Izumi. Non ho mai avuto nessun sintomo.” Disse stizzita Sakura.

“Sicura? Perché prima sembrava che tu…aspetta sei grave!” La rossa ci stava prendendo gusto.

La rosa divento paonazza e il suo colorito raggiunse quello dei capelli di Karin la divoratrice.

 

Hinata entrò in classe e aprì la porta con modi bruschi.

Karin osservò bene. Strano, Hinata non si comportava così.

La mora arrossì violentemente e il suo carnato raggiunse quello di Sakura.
“Izumi-chan! Haruno-chan!” e fece un leggero inchino.

“Ciao Hinny!” salutò Karin, fingendosi allegra e serena. Hinata abbozzò un sorriso.

La rossa notò che si copriva un braccio.

“E’ successo qualcosa?” domandò invece Sakura

Karin si alzò di scatto dalla sedia e intravide alcuni graffi sul braccio della mora.

“Chi?” domandò con un tono che non ammetteva repliche.
Anche Sakura si alzò dalla sedia.
“Sono…caduta.”

“Hinata!” disse Sakura esaminando la ferita che era coperta da un fazzoletto.

“Non è normale che tu ti sia fatta questo cadendo!” continuò.

“Chi?” ringhiò Karin.

Hinata abbassò gli occhi. Sakura e Karin corsero alla finestra.
Kin stava ridendo con le sue compagne lanciandosi il diario di Hinata!

“Che carogne!” sibilò Sakura.

“Cosa facciamo, Izumi-chan?” si girò.

Ma non c’era nessuno. Solo Hinata con gli occhi bassi.
“Ma dove ca..diavolo si è cacciata?”

 

E sentite! Sorrise Kin alle altre serpi.
Oggi l’ho visto… mi sono sentita morire…N. era così bello! Vorrei tanto essere alla sua altezza! “

Le capre risero tutte insieme

“Che cretina.”

“Ma chi è sto’ N.?”

“Magari è uno alto, ihihih” rise una che sembrava la più scema del gruppo.

“Povera scema senza speranze” tagliò corto Kin, ammirando i suoi lunghi capelli.

“Che ne dite di mettere il tutto su internet?” continuò.

“Ottima idea!”

“Oh, che idea splendida!”

“Sei così favolosa! Hihihih!”

“Naturalmente queste idee sono della sott..”

Più veloce del vento, quasi in stile dragonball, Karin lanciò un pugno dritto in faccia alla ragazza.

Ancora più veloce, afferrò il diario di Hinata e lo lancio a Sakura.

Gli occhi di tutti si soffermarono sulla scena: Kin che si stava alzando da terra, Sakura che stringeva il diario, Karin pronta a risvegliare la sua indole omicida.

 

Fra il pubblico si trovava anche...

“Wow” sussurrò Kiba.
“Mica pensavo che la Izumi picchiasse duro!” esclamò Neji visibilmente ammirato.

“Oh. Io lo sapevo” disse Suigetsu, per nulla sorpreso, pensando a quante volte la strega lo aveva ricoperto di lividi.

“Oh! Izumi-chan ha proprio uno spirito forte e giovane!” esclamò Lee.
“Beh, la indole da boxeur era intuibile! Scommetto che fa male!” continuò Kiba.

“Oh, su questo non ci sono dubbi” ammise Suigetsu.

Gaara impallidì.

“Chissa se sa usare i fucili!” disse Ten Ten e stavolta anche Suigetsu impallidì.

 

“Io ti ammazzo!” urlò Kin rossa in viso.

“Oh che paura!”

“Ti giuro che ti ammazzo!!!” urlò rabbiosa.

Karin sospirò.

“Allora fallo. Ma stai zitta per favore. Sei irritante.”

“Fanculo!”
Kin cercò di colpirla, ma Karin, indovinò le sue intenzioni e riuscì a evitare il colpo.

Le assestò un gancio e cercò di gettarla a terra.

Più ragazze accorsero in aiuto di Kin. Erano troppe per una sola persona.
“Assaggia questo, puttana!” urlò.

Karin sentì un dolore acuto e il sangue. Il suo sangue.
Ah, quella bastarda mi hanno spaccato il naso… pensò dolorante.

Sakura diede il diario a Hinata e corse nella mischia.

Colpì Kin con un calcio ben assestato e aiutò Karin a rialzarsi.
“Tutto bene?”
“Si, è abbastanza carino vedere le stelline come nei cartoni animati”

“Eh?”
“Dietro di te!”

Sakura non fece in tempo a girarsi che una ragazza era dietro di lei. Le tirò i lunghi capelli fino a farla cadere a terra, per poi riempirla di calci. Un’altra accanto a lei, prese un paio di forbici.
I ciuffi dei bellissimi capelli rosa di Sakura cadevano per terra, insieme alle lacrime e agli sguardi indifferenti.

Karin, furiosa, ricambiò il favore per Sakura e diede il meglio di se.

Le due “parrucchiere” adesso si trovavano proprio senza capelli,  stese nel cortile.
La Signorina Tsunade,  arrivò. Il suo sguardo severo non aveva bisogno di altre parole e fece cenno a Karin di raggiungerla.

 

“Saku!”

La bionda si levò dalla folla che si stava dileguando velocemente, mentre Kin restava stesa a terra.

Ino corse ad abbracciare Sakura.

I capelli erano sul terreno. I meravigliosi capelli lunghi di Sakura…eppure a lei non importava.
Stava ridendo. Karin, si voltò verso di lei, prima di raggiungere la signorina Tsunade.

“Ehy, Sakura…”

“Si?” sussurrò la rosa.

Karin si morse un labbro. Aveva avuto torto su Sakura e odiava ricredersi. Ma stavolta dovevo farlo.

“Sei stata grande.”

Ammise Karin, e velocemente se ne andò, cercando di dare meno soddisfazione possibile alla rosa.

“Anche tu” ammise Sakura, sorridendo. Non le importava più dei capelli.

Spazio di Promise

E’ quasi un anno, che non aggiorno. Oggi, mi sono messa a rileggere la storia, che avevo anche continuato,

Mi sono sentita quasi morire dalla vergogna. Ci tenevo davvero tanto a continuare la storia e non posso fare torto a me stessa, per giunta in questo modo.

In pratica…Continuerò la storia. :)

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Capitolo 6
*** Iniziativa ***


“La tua reazione è stata sbagliata.”
“Lo so”

“Avresti potuto informare un professore o uno dei dipendenti.”
“Lo so”

“Ti rendi conto della gravità del tuo gesto?”

“Si… mi dispiace.”

La preside Tsunade la guardava negli occhi. Era seduta sulla sua poltrona. L’ufficio era normalissimo e sulla scrivania vi erano un sacco di foto della preside da ragazzina. In quasi tutte le foto c’era un ragazzo con lei. A Karin diede un po’ fastidio ammetterlo, ma la preside era davvero una donna bellissima. E anche brillante. Come lei non si era guadagnata l’ingresso nella scuola, che poi avrebbe condotto, grazie alla sua famiglia, ma grazie al suo talento. Nonostante la trovasse un po’ vecchiotta e rompiballe, ammise anche di ammirarla.
Il suo sguardo adesso era severo. Karin arrossì. Si sentiva davvero in colpa.
“Sai, Izumi. Noi ci aspettiamo veramente molto da te. Sei una studentessa brillante e devi continuare a frequentare questa scuola. Ti verrà data una possibilità ma speriamo che in futuro non avvengano più episodi di questo genere.”

“Si signora, grazie signora”

“Signorina.”

“Scusi.”

La preside sospirò.
“Anche se l’altra alunna ha avuto torto, agire con violenza non è stato un gesto maturo. Anzi, ti ha portato sul suo stesso livello.”
Karin abbassò lo sguardo. Era vero. E si vergognava. Per una cosa che si sarebbe potuta risolvere benissimo in un altro modo, rischiava di compromettere la sua carriera scolastica e gli sforzi che lei e Tay avevano fatto con tantissimi sacrifici.

“E adesso esci fuori di qui prima che cambi idea!”
“Si, signora”

“SIGNORA A CHI?”

“Si, signorina!!”
La porta si chiuse alle spalle di Karin. Dopo aver tirato un lungo sospiro, decise di raggiungere nuovamente l’aula delle lezioni di scultura, anche se la lezione sarebbe terminata da li a poco.
Dopo il sollievo iniziale riprese la malinconia. Tay in lacrime, la casa, la sua amata cinepresa, adesso pure l’ultimatum a scuola, il progetto in ritardo… Decise di non entrare. E continuò a vagare per i corridoi come un fantasma. Cercò di non piangere davanti all’annuncio che aveva affisso poco prima. Dovette fare sforzi incredibili per trattenersi.
In quel momento avrebbe voluto solo distruggere tutto, gridare, urlare. Si chiedeva perché doveva subire tutto questo. Avrebbe voluto smettere di preoccuparsi dei soldi, di poter buttare i pasticcini della mensa quando non le andavano invece di conservarli. Di preparare le frittelle la domenica senza sensi di colpa per il costo della colazione. Odiava la sua vita. Odiava i genitori. Odiava il proprietario della casa e quella casa schifosa. Arrivò al primo piano senza accorgersene. Camminava veloce stringendo i pugni.
Nel corridoio, accanto alla macchinetta delle merendine si trovava Hinata.
“Karin…”
La rossa si fermò. Finse che quel momento di malinconia non fosse mai arrivato. Iniziò a pensare nel modo più positivo possibile e accennò persino un sorriso, anche se un po’ forzato.

“E’ andata bene, quella vecchiaccia mi ha fatto la solita strigliata, ma è andat…”
“…Grazie.”

Hinata arrossì.
“F-figurati, cioè, quella puttana di Kin meritava che qualcuno le desse una lezione.”
“Grazie. Io, io non reagisco mai. Io lascio sempre perdere, scappo, piango, mi nascondo in camera mia e mi sento uno schifo.”
Karin rimase in silenzio.
“E’ tutta la vita che mi sento una completa deficiente, ho sempre una paura. Resto sola, non riesco nemmeno a parlare con il ragazzo che mi piace. Anzi, nemmeno a guardarlo negli occhi. E’ patetico non trovi?  Non ho personalità, la gente mi giudica una ragazza banale e non fa che trattarmi con superficialità, senza che io possa reagire. E tu invece sei forte, non ti importa di niente e di nessuno, sei entrata in questa scuola perché sei l’unica che lo merita veramente, hai talento, sei brillante e anche molto simpatica. E senza di te, Kin mi…”
“Hinata…”
In quel momento Karin si accorse di essere stata una di quelle persone che la giudicavano banale e la trattavano con superficialità. Fino ad adesso si era sentita diversa, alternativa ma una tipa piuttosto giusta. Sentiva di distinguersi dalla massa, da quelli che credeva ragazzini viziati che credevano di giudicare una persona in base ai vestiti che indossavano o in base alla popolarità.
Aveva sempre trattato Hinata male, come se fosse una delle tante principesse viziate. Invece si era accorta con il tempo che era molto di più.
Karin non aveva mai avuto amiche. Amici si. Fino a quando arrivò l’età della “separazione” tra maschi e femmine, aveva passato il tempo dopo la scuola a giocare a pallone o a basket nei campi dietro i palazzi. Quelli erano asfaltati, se cadevi, i ginocchi si spaccavano e i pantaloni si strappavano. Non erano ammesse le femminuccie, ma Karin era la tosta e faceva eccezione.  Da quegli anni le venne in mente l’idea ricorrente che le ragazze erano tutte dei surrogati di Barbie o della nuova baby-star di Disney Channel. Tutte tranne Tay ovviamente. Iniziò ad essere sempre meno femminile. In effetti era davvero diversa rispetto alle sue compagne. Fingeva di stare bene così, senza parlare del ragazzo che le piaceva, senza dimostrare un minimo di eccitazione per il concerto che sarebbe arrivato di li a poco. Si nascondeva, fingendosi fiera del suo essere alternativa, del rispondere in tono scontroso, del fregarsene di tutto e di tutti per sentirsi più forte, quando invece faceva soffrire persone come Hinata. E in realtà, lei l’aveva sempre sognata un’amica. Un amica con cui prestarsi i vestiti, mangiare schifezze fino a tarda notte, parlando di ragazzi e ascoltando musica a palla. Un amica che c’era quando si sentiva sola, che la consolava quando le cose andavano male.
Un’amica come Hinata.

Anche se aveva già cambiato idea, capì che aveva davvero valutato male l’amica. Hinny era come, diciamo… un cucciolo.  Si sentì in dovere di aiutarla, quindi, per dimenticare lo sfratto e tutti i casini vari si impose un obbiettivo: se le piaceva tanto Naruto Uzumaki, si sarebbe messa con lui prima del concerto!

“Si..?”
“Ti aiuto io. Ti va?”

La mora fece uno scatto e abbracciò forte l’amica.
“Ti voglio bene Kairi”
Senza dirle nulla la prese per un braccio e si diresse verso uno dei compagni che cazzeggiava in corridoio senza fare nulla di particolare.
“Hey Inuzuka.”
Kiba si girò, intimorito.

“I-Izumi? Oh ciao Hyuga…”

Karin lo prese per la giacca, guardandolo fisso negli occhi. Il ragazzo impallidì.
“Ho bisogno di un favore!”
“Ehm, si… cosa posso fare per te?”
Karin prima di rispondere analizzò la situazione. Se l’avesse detto, ci sarebbe stata una fuga immediata di Hinata, ma se Hinata fosse fuggita, il suo piano sarebbe in parte andato a puttane. E pensò anche che ci sarebbero potuti essere stati problemi idioti tipo pettegolezzi. Sbagliati ovviamente. Ma chi se ne fotte, pensò, oramai non mi posso tirare indietro.
Così prese per un braccio Hinata e lo afferrò con tutta la forza che aveva. Hinata iniziò ad agitarsi, ma la rossa non aveva tempo per accorgersene. Doveva farlo, anche se effettivamente era tutto davvero molto poco fico. Fece un gran respiro. Poi…

“MI SERVE IL NUMERO DI CELLULARE DI NARUTO UZUMAKI!”

O Cristo. L’aveva fatto. Beh, a dire il vero non le fregava nulla, perché a lei l’Uzumaki non piaceva affatto. Anzi, le scocciava parecchio che una ragazza a posto come Hinata frequentasse un tale idiota. Che oltretutto, anche se indirettamente era causa del licenziamento di Tayuya e della sua rovina. Insomma non è che adorava Naruto.  Ma era per Hinny, era solo per Hinny.
Però non aveva mai fatto richieste del genere. In effetti era proprio imbarazzata. In quel momento avrebbe desiderato trovare l’interruttore della sua mente per smettere di pensare. Dio com’era infantile. Stava solo richiedendo il numero di un compagno di classe, per una sua amica oltretutto. Però era la prima volta, insomma. E aveva paura dei pettegolezzi idioti. Si vergognò tremendamente di se stessa, questi ragionamenti non si facevano neanche all’asilo.

Hinata emise un gridolino strozzato e diventò prima rossa poi bianca come uno straccio. Kiba riprese il suo colorito e iniziò a respirare.

“Ehm… si… certo!”
“Hinata prendi nota!” disse Karin autoritaria per sottolineare – NON SONO IO QUELLA  A CUI INTERESSA UZUMAKI METTITELO BENE IN TESTA –

Quando capì che Kiba aveva afferrato il concetto, smise di guardarlo male.
Hinata annotò il numero sulla sua agendina rosa. Le tremava la mano e non riusciva a respirare. E in effetti il numero di Naruto era caratterizzato da una calligrafia diversa da quella perfetta e ordinatissima degli altri numeri. Hinny doveva essere davvero su di giri!
Le ragazze ringraziarono Inuzuka e al suonare della campanella tornarono in classe.

 

Suigetsu fissava il banco di Izumi. Vuoto.
- Ma tu guarda quella pazza… - pensò. Ricominciare a parlare con Sasuke non era stato affatto semplice. Ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma ormai la compagnia era quella e con alcune persone del gruppo era davvero affiatato. Le cose inizialmente non erano andate bene e i due si parlavano a malapena. La tensione si poteva percepire a km di distanza.

Sospirò e poggiò la testa fra le mani. Cercando di pensare ad altro… la festa. Adesso non gli andava nemmeno di organizzarla, ma aveva ingaggiato tutto lo staff e anche il regista.
Non poteva tirarsi indietro, mancava davvero pochissimo e mezza scuola era stata invitata.
Chissà se la pazza avrebbe accettato di venire? Ecco un’altra cosa a cui non doveva pensare.
Ultimamente era ossessionato da lei. Senza motivo oltretutto. Che motivo c’era di rimanere ossessionato da una occhialuta grassona?

Da una parte di sentiva un cretino: fare a botte con il suo migliore amico per una pazza furiosa.

Da una parte, era una vita che desiderava prendere a pugni in faccia quel grandissimo figlio di puttana. Perché lui poteva avere sempre tutto quello che cazzo voleva e che Suigetsu non poteva avere. Perché viveva con una leggerezza che sfiorava il disprezzo verso le persone che lo circondavano. Perché diciamocela tutta, anche se conosceva Sasuke da una vita. C’erano diverse cose che non sopportava del suo carattere. Il fatto che tutti lo venerassero nemmeno fosse un Dio sceso in terra. Il fatto che ogni ragazza gli andasse dietro e che accettasse tranquillamente che lui ci andasse a letto anche solo per una notte, per il solo gusto di passare il tempo. Il fatto che avesse tutte le fortune del mondo e che fosse un tale pezzo di merda.



D’altra parte non era il solo a pensarlo. Sakura era tornata subito in classe dopo il colloquio con la preside, molto più breve di quello di Karin…

 

MA RIUSCIRA’ MAI LA NOSTRA PROMISE AD ESSERE PUNTUALE? (angolo autrice)

Mi stufo di scusarmi, perché sono un disastro come autrice. Mi vergogno come una scema.
Ma oggi mi sono detta. Un altro capitolo, dai! E l’ho fatto.

Ancora grazie per tutte le recensioni. Davvero grazie per il sostegno, anche se non lo merito, dato che sono un’autrice irresponsabile e stupida.

Scusate per il capitolo più corto degli altri. Notte!

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Capitolo 7
*** Problemi ***


Haruno Sakura era sempre stata quel genere di ragazza che tutte avrebbero voluto essere.  Di buona famiglia, bella, piuttosto popolare. Tutte la invidiavano per i suoi splendidi capelli rosa, curatissimi e lunghissimi, sempre perfetti. La invidiavano per la sua corporatura esile ma slanciata e i suoi occhi da cerbiatta, verdi come smeraldi. Per le sue labbra, la sua bocca che sembrava una ciliegia e per le sue dita affusolate.  Per la pelle che pareva quella di una bambola e per le sue gote sempre leggermente arrossate. Per la sua camminata sempre aggraziata e per le unghie sempre curatissime. Per la sua risata cristallina e per l’essere sempre impeccabile in ogni occasione. Sakura era bella e soprattutto era consapevole della sua bellezza.

La ragazza smise di prendere appunti per la lezione di scultura. Tanto oramai, aveva già saltato parte della lezione, non avrebbe avuto senso continuare a scrivere pigramente quattro concetti su un bloc-notes. Al massimo avrebbe chiesto a Ten Ten, forse una delle poche persone che cercavano di seguire la lezione, di prestarle gli appunti che aveva. Odiava la teoria, ma nella pratica si divertiva tantissimo e riusciva ad avere anche buoni risultati. Seccata prese una ciocca di capelli. I suoi capelli, che aveva trattato con la massima cura per anni adesso erano un cespuglio corto e spettinato. Maledì in silenzio il momento in cui aveva deciso di aiutare Hyuga e di prendere parte alla rissa con Izumi. Da una parte, si sentiva invece fiera di se stessa.
Kin sarebbe stata sospesa e francamente era una vita che desiderava darle una lezione, come metà delle ragazze della scuola. Non era che una ragazzina arrogante che si divertiva a cercare rogne dovunque.
Si chiese comunque, se il gesto che aveva compiuto avrebbe cambiato il parere della gente su di lei, o meglio il parere di Sasuke su di lei.  I ragazzi normalmente stravedevano per lei e aveva perso il conto delle dichiarazioni dalla seconda elementare. Ma Sakura aveva il cuore solo per lui.
Lo aveva conosciuto qualche anno prima. Glielo aveva presentato Uzumaki, suo amico d’infanzia.
Sasuke. Il migliore. Bello, anzi no, bello è un termine riduttivo: stupendo, intelligente, il migliore in ogni esame. Il ragazzo che ogni ragazza avrebbe voluto. Anche a costo di uccidere.
Per averlo però bisognava lottare. Era una vera lotta per la popolarità, in una giungla urbana che aveva le sue regole: durissime. Tacchi a spillo, soldi buttati al vento, amicizie che alla fine non erano amicizie, alcol, droga. Feste che duravano fino alla mattinata successiva dove circola gente affatto raccomandabile.
Proposte a dir poco indecenti, ricatti. Iniziano le sigarette, lo stress, un dimagrimento che non era di certo frutto di una vita sana. I voti calano. I rapporti con la famiglia vanno a pezzi. I vecchi amici si allontanano.
In effetti Sakura più volte si era chiesta se la vita che conduceva fosse davvero adatta a lei. Nonostante i voti, che di certo non brillavano era una ragazza intelligente, era creativa e anche se cercava di assomigliare il più possibile alle sue compagne di classe, dentro di lei c’era una  Sakura diversa, una Sakura che era entrata in quella scuola non per i pavimenti di marmo italiano o per i parcheggi riservati. Una Sakura che sognava di diventare una grande stilista, una Sakura che timida si vergognava ancora un pochino di indossare le sue creazioni e si impegnava per migliorarle giorno dopo giorno. Sakura amava disegnare modelli di abiti da sera o semplici, quotidiani. Non ne parlava quasi con nessuno, ma effettivamente aveva talento da vendere. La professoressa Anko lo aveva notato e perciò l’aveva iscritta ad un concorso di nuovi talenti in campo dell’alta sartoria. Sarebbe avvenuto da lì a poche settimane e Sakura, stava facendo praticamente i salti mortali per rendere al meglio il suo abito.  Eppure era dalla serata al Red che non riusciva più a concentrarsi.
Finalmente aveva avuto quello che desiderava da tanto tempo.  Aveva programmato quella serata da tutta la vita. Il suo abito Chanel preferito, corto da capogiro. Il profumo che le aveva consigliato Ino ed era stata dal parrucchiere tutto il pomeriggio. Era stupenda. E quella era la sua serata. Come previsto arrivarono le rose e lo champagne. L’invito per il privè. Ma… Baciarsi con Sasuke però non era stata quella cosa da film che aveva tanto sognato. Era stato freddo, la sua lingua le era quasi andata in gola tanto in profondità che avrebbe potuto soffocarla. Ma guardava altrove. Non partecipava affatto. La accarezzava, ma in modo distaccato. E ogni tanto la respingeva, per partecipare alla discussione, dimenticandosi di Sakura. E quando chiamarono altre ragazze e Sasuke si mostrò interessato, Sakura si sentì come se mille spade le trafiggessero il cuore nello stesso momento.
Chissà chi erano quelle ragazze. Probabilmente devono essere state bellissime quella sera, perché Sakura aveva dato veramente il meglio di se. Non era riuscita a vederle, perché nel momento che decisero di farle salire, facendo sforzi sovraumani per trattenere le lacrime (ci mancava anche che Sasuke la considerasse una piagnucolona) si inventò una scusa qualunque e tornò a casa, senza nemmeno salutare Ino.
Le lacrime bagnarono il quaderno degli appunti. Anche pensarci faceva troppo male. Perché lei dopotutto era innamorata di Sasuke e avrebbe dato ogni cosa per comprendere i suoi sentimenti.
“Saku… tutto bene?” sussurrò Ino, che aveva appena finito di ripassarsi lo smalto. Viola, il suo colore preferito. Sakura la guardo per un attimo e finse un sorriso.
“Aehm, nulla. Mi lacrimano solo un po’ gli occhi. Sai tutto questo polline… io sono delicatissima in questo periodo… vado in bagno. Sai, il mascara.”

 

La rosa uscì in fretta dall’aula, con una minitrousse per il  trucco e si diresse a passo svelto verso il bagno.
La scuola come sempre, anche in questo, si distingueva dalle altre. Bagni impeccabili e di lusso.

Tirò fuori dalla mini trousse firmata Louis Vuitton il rimmel e in lucidalabbra Dior.  Specchiandosi vide i capelli e le ritornò in mente del disastro di prima. In qualche modo Ino e Sanami [Nota: vedi capitolo 1.] erano riuscite a sistemare quello che era “sistemabile”. In effetti non era un completo disastro. I capelli corti non le stavano affatto male. Si toccò una ciocca con le unghie laccate di rosso. Sentiva di potersi piacere anche così.  Ma…
“Secondo me stai meglio con i capelli corti.”
Sakura si girò di colpo. Ma non c’era nessuno. Era una voce maschile. In un bagno femminile…?

-  Perfetto. - pensò. – Adesso sto pure diventando un’esaurita. -
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Karin entrò nell’aula con Hyuga e si sedette al solito posto.

Suigetsu cercò di volgere lo sguardo altrove. Ma non ci riuscì. Ultimamente ne era ossessionato.  
Poco prima due ragazze gli avevano chiesto il numero di telefono, ma non era riuscito a divertirsi e soprattutto a comportarsi come al solito. Tutta colpa di quella pazza violenta.
Da una parte Izumi gli dava sui nervi. Anzi, dire che le stava sui nervi era riduttivo. Certe volte non riusciva proprio a sopportarla. Da un’altra non riusciva a non togliersi dalla testa la serata al Red, quando era nei bagni con lei. Si, ammise Suigetsu, dopo tanti anni: Izumi non era brutta, ma insomma non era proprio il suo tipo. E poi aveva un carattere da vecchia zitella. E alcune volte Suigetsu avrebbe voluto volentieri buttarla giù da qualcosa di alto, molto alto. Ma non riusciva a spiegarsi lo stato di perenne tensione quando la vedeva. E non era una semplice tensione. Quella volta che i ragazzi avevano invitato Karin al privè, aveva temuto di impazzire. Di perdere la testa. Diamine, forse era già impazzito.

Doveva capire quello che diamine gli passava per la testa o sarebbe rimasto uno straccio.

Suigetsu alzò la mano.
“Mi scusi, professor Kabuto, vorrei chiederle se…”
“Si Hozuki?” rispose freddamente il professore.
“Senta…a proposito del risultato dell’ultimo test…”
“Certo. E’ stato un risultato non proprio brillante, il suo, Hozuki.”

Metà classe inziò a ridere. E Suigetsu a lanciare occhiate assassine ai compagni.

-  Bella dimostrazione di maturità. – pensò Karin, infastidita dalle risatine ocheggianti, quando avrebbe voluto solamente tornare a casa, anche se praticamente non ne aveva più una, ed eliminare dalla storia quella giornata. Hinata restava in silenzio e continuava a scarabocchiare carinerie varie ovunque poteva.
“Si, già. Emh volevo chiedere. Io vorrei migliorare, ma da questa postazione non riesco a concentrarmi.”

Karin spalancò gli occhi e si girò di scatto. – Oddio, no, non lo voglio qui! -
Hinata smise di scarabocchiare cuoricini e prestò più attenzione alla scena. Se l’avessero separata da Karin sarebbe morta sul colpo. Non era ancora psicologicamente pronta per aprirsi di nuovo a qualcuno.
“Allora prendi il posto di Misora, accanto a Higuchi.” Sospirò il docente.
“Dietro di noi.” Sussurrò Hinata, visibilmente sollevata a Karin che invece rabbrividì.

Ancora nemmeno lei era riuscita a dimenticarsi del Red. Dei bagni. Ma anche del doposcuola a fare le pulizie. Ma fra tutti i problemi che aveva, quello semplicemente passava al secondo posto.
Misora cambiò posto con Hozuki tutta contenta per il suo trasferimento in ultima fila, mentre Suigetsu iniziò a pensare che forse era meglio se fosse restato nei banchi in fondo e di essere un idiota completo. Il fatto che anche Karin lo pensasse era ovvio.
“E adesso ragazzi, andate a pagina 453, paragrafo 2. Yamanaka, puoi iniziare a leggere.”
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Karin nell’ora di pranzo non toccò cibo. Si limitava a prendere la forchetta e a giocherellare con una polpetta. Hinata, unica compagna di tavolo, la guardava preoccupata.
Il suo braccio era stato subito fasciato nell’infermeria e cercava di coprire la fasciatura il meglio che poteva con il suo cardigan azzurro. Era sempre impeccabile e carinissima. I capelli oggi erano lievemente ondulati e le unghie fresche di french manicure. Trucco leggero ma curatissimo. Il suo profumo, Hypnotic Poison di Dior, dolcissimo, si diffondeva nell’aria. Karin invece indossava solo una t-shirt bianca, con sopra stampata una frase tratta da una canzone e i suoi capelli erano spettinati come sempre. Indossava i suoi pantaloni preferiti in similpelle, neri, regalo risalente al suo scorso compleanno. Ai piedi i vecchi anfibi, un po’ rovinati. La matita un po’ sbavata sugli occhi e mascara a go go. Le unghie, rovinate e un po’ rosicchiate, rigorosamente smaltate di nero.
“Non mangi nulla?”
“Non mi va.” Rispose Karin, inespressiva.

“Se non mangi ti sentirai male.”

“La mia vita fa schifo.” Brontolò la rossa.

“Ma se non mangi, le cose non miglioreranno.”

“La mia vita fa schifo.”
“Kairi! Dai su, assaggia qualcosa.”
“Buhhhhh” si lamentò Karin.
Hinata fece un sospiro. C’era qualcosa che non andava. Karin era davvero troppo strana quel giorno.
“Su, smettila di fare la bambina. Tante storie solo perché un compagno di classe con cui non vai proprio d’accordo ora è nel banco dietro il nostro...” la rimproverò.

Karin le avrebbe voluto urlarle che diamine, non era per Suigetsu, cioè si anche per lui, ma che lui non le importava così tanto da farle perdere l’appetito. Erano gli altri problemi che la tormentavano. La serata di lavoro. La cinepresa. Tayuya. La casa. E i soldi che non c’erano mai. Senza parlare del richiamo della preside e della borsa di studio praticamente giocata per una cretina come Kin.  Ma alla fine decise di restare in silenzio. Si era ripromessa di non trattare male Hinata o di non fare o dire assolutamente nulla che la urtasse. E poi ci mancava solo rendere un’altra persona partecipe dei suoi problemi. Una ragazza come Hinny, probabilmente non avrebbe dormito la notte.
“Scusa… è che sono solo un pò stanca.” Si limitò a dire e alzandosi, si diresse verso l’uscita della sala mensa, a passi veloci.
Passando solo dal corridoio riuscì a dare un’occhiata alla bacheca e a vedere che un annuncio per la vendita della sua preziosa cinepresa era stato staccato. Rimase davanti alla bacheca imbambolata.
La prima volta che si iniziò ad interessare di cinema era a 8 anni. A scuola le avevano dato un progetto e lei aveva deciso di rappresentarlo con un piccolo documentario. Il titolo era: Perché la mia vita è felice.
Da uno scatolone aveva recuperato grazie a zia Eveline una vecchia videocamera vinta con i punti del supermercato. Lei l’aveva sgridata. Era sempre stata autoritaria e severissima, e Karin la chiamava strega.

Ma in fondo le voleva bene. Anche se non lo aveva mai confidato a nessuno.
Perché la sua vita era felice? Perché i gelati del bar sotto casa sua erano sempre buonissimi, perché zia Eveline profumava di marmellata di fragole, perché sua sorella Tayuya era sempre con lei. Era felice perché quando c’era il sole, poteva andare a giocare nel campo di fronte e anche se alcune volte si faceva male, era felice lo stesso. E se pioveva, la zia le preparava le crostate. Era felice perché la scuola le piaceva. Le insegnanti erano giovani e carine ed erano tutte molto dolci. Era felice.
Le cose continuarono però ad andare gradualmente peggio di prima. Zia Eveline, che anche se aveva avuto i suoi crucci, severa come un generale militare, un po’ brusca nei modi, era sempre stata come una di quelle anziane fatine buone dei film di animazione, si ammalò molto e Tayuya dovette lasciare gli studi, per trovare un lavoro con uno stipendio migliore, per le cure.
Karin si dedicò ancora di più al suo nuovo hobby. Riuscì a comprare con anni di risparmi un computer di seconda mano e inziò a montare i suoi video. Cercò di impegnarsi sempre di più con la scuola, perché voleva che zia e Tayuya fossero fiere di lei.
La zia però continuava a peggiorare. Il suo tumore era ormai terminale. La malattia che la divorava da tempo non le consentiva più di continuare le cure a casa. Venne trasferita nell’ospedale vicino.
Dopo qualche settimana, dopo che Karin ebbe finito di mangiare la cena. Tayuya le disse, con la voce che le tremava, che la zia era salita in cielo e che adesso finalmente stava bene.  Karin, come ogni bambina di 10 anni, anche se diceva di odiarla, non riuscì a trattenere le lacrime. Pianse tanto, consolata dall’abbraccio dolcissimo di Tay.
La mattina dopo, Tayuya decise far saltare a Karin un giorno di scuola. La prese per una mano e la portò nel negozio di elettronica più vicina. Karin non ci credeva: una cinepresa professionale, tutta per lei.
“Ma posso veramente?” sussurrò, timorosa anche solo di sfiorarla con la sua manina.
“E’ un regalo della zia.” Sorrise Tayuya, accarezzandole la testa.

 

La Karin liceale, al rievocare di quei ricordi, sorrise; ma fu un sorriso amaro. Quell’oggetto rappresentava molto di se. Più di quanto si fosse potuto immaginare. E adesso rischiava di finire come “accessorio vintage” nella cameretta di un ragazzino viziato. Strinse i pugni per la rabbia.
“Che stai guardando, tomato ketchup?” senti sussurrare all’orecchio.
Karin si girò di scatto, furiosa. Ma Suigetsu Hozuki si allontanò in tempo, per evitare di mettere a repentaglio la propria vita.

“Nemmeno all’elementari si inventano tali nomignoli.” sibilò glaciale la rossa.

Suigetsu sospirò, cercando di assumere un atteggiamento controllato.
“Izumi, vengo in pace.” Disse alzando la mano destra e imitando i gesti del tipico film di fantascienza.
Karin si lasciò scappare una risatina nervosa. Solo adesso Suigetsu si accorse che aveva gli occhi lucidi e rossi, come se avesse trattenuto le lacrime da un sacco di tempo. Questo gli ricordò la serata al Red, lei come una principessa triste, come una cenerentola allo scoccare della mezzanotte. Con il suo temperamento aggressivo come ultima difesa dal pianto, quando al posto di una carrozza d’avorio si trovava sul freddo pavimento del bagno del locale. Come quando le loro labbra erano state sul punto di sfiorarsi e intrecciarsi in una folle romantica danza. Cercò di prendere coraggio e si promise di essere il più serio possibile e di evitare altre frecciatine.
“Senti” continuò lui abbassando la voce. “Questo sabato faccio una festa e ci sarà tutta la scuola e magari potevi venire anche tu.” Lentamente si avvicinò a lei.
Karin restò immobile. Anche se lo sguardo del ragazzo la metteva non poco in soggezione, ma non evitò lo sguardo e lo fisso con fermezza, come per sfida.
Suigetsu durante la lezione di storia aveva passato tutto il tempo a guardarla. E ne era rimasto come ipnotizzato. Senza motivo non poteva staccarle gli occhi da dosso.  La sua schiena, coperta solo da una maglietta bianca un po’ consumata che si appiccicava alla pelle per il sudore, il suo collo bianco, i capelli spettinati e il reggiseno nero che si intravedeva appena sotto la maglietta bianca. Aveva passato la lezione a chiedersi cosa gli stava succedendo.
E adesso la fissava negli occhi. Era pronto a cogliere ogni cosa di lei. Sempre avvicinandosi, riuscì a percepire il suo respiro. Non voleva perdere un attimo di lei. Lo sguardo si poso per un attimo sulle labbra della ragazza, per poi ritornare allo sguardo.
Karin si sentiva bruciare dentro lentamente. Avrebbe voluto continuare quel gioco di sguardi e di sfida, ma si rendeva conto che stava rivelandosi troppo pericoloso. Istintivamente gettò lo sguardo a terra.
“Mi dispiace, questo sabato ho lavoro da fare.” Sussurrò con una punta di amarezza che cercò di nascondere il meglio possibile. La campanella suonò in quel preciso istante.
Con le guance in fiamme decise di entrare il più velocemente possibile in classe senza dire nient’altro.
Suigetsu immobile la guardava.

 

Promise’s CORNER
Hola ragazze!

Grazie mille per le recensioni e per il sostegno, anche se non me lo merito!

E grazie a tutti gli utenti che hanno messo la fiction fra i preferiti o fra le storie seguite o da ricordare.

So anche che ultimamente posto capitoli sempre più corti, ma preferisco fare così, invece di inserirne uno all’anno. E poi penso che così riesca a definire meglio la scena, invece di fare confusione. Che ne dite?

Voglio un’attimo parlare di questa fan fiction. Finalmente, dopo tanto tempo ho fatto un’aggiornamento in tempo decente – a distanza di soli 2 giorni! - (NON CI CREDO NEMMENO IO) e ho incluso più personaggi nella storia. Certo, si tratta di una Suika, ma vorrei che si approfondisse di più ogni personaggio. Non so come farò, ma dai, proviamoci.
Ci saranno vari intrighi. Non voglio una cosa tipo telenovela, intendiamoci. Ma credo di voler rendere la vita dei giovani protagonisti molto più spregiudicata. Anche perché è passato tanto tempo e mi accorgo di rimanere sul banale. Quindi aspettatevi di stupirvi.
Ah e tranne il Suika, non ci saranno pairing fissi.  E poi non stupitevi, poiché già il Suika è una coppia particolare. Ahaha, sono una sadica, lo so.

Amo sempre di più Karin, ancora di più del personaggio originale. E’ una figa pazzesca, cioè non mi sarei mai aspettata di creare un personaggio OC così forte. Il bello è che ha anche un lato tenero (anche se molto nascosto). Francamente mi piace anche un botto come si veste.
Anche la “mia” Sakura mi piace molto di più. Sebbene resti un personaggio “passivo” e ancora un po’ insicura sotto molti aspetti, è cosciente delle sua condizione e sta facendo passi da gigante per cambiarla.  E poi la trovo davvero molto cool. Sento proprio che diventerà importante nella storia.

[[Mamma Promise è tanto felice]]
Hinata invece  non mi soddisfa ancora. La trovo molto dolce, ma non mi piace più come mi piaceva anni fa (quando iniziai la ff, per intenderci). Cercherò di sviluppare di più il suo carattere. E’ molto pucciosa, ma la voglio più tosta. Almeno un pochino.
Suigetsu, l’ho definito poco a dire la verità, ma troverò il modo di impegnarmi di più su di lui. Idem per Sasuke e per Naruto, che sarà un personaggio a dir poco fondamentale nella storia.

Fra le ragazze, credo che approfondirò anche Ino ed altre, ma non voglio anticiparvi tutto.
Parlando di cose idiote, adoro quando Suigetsu chiama Karin “Tomato Ketchup”.
Beh spero di non avervi annoiato troppo!

Al prossimo aggiornamento… spero di sentirvi presto!

E… BUONA PASQUA. <3
xoxo

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Capitolo 8
*** Taxi ***


“E quindi adesso cosa facciamo?”
“Non usare quel tono da “fine del mondo”. Così sembriamo delle disperate” Puntualizzò Tayuya.

“Tecnicamente siamo disperate.” Sussurrò Karin. Tayuya le rispose con un’occhiata seccata e aprì uno scatolone infilando alcuni indumenti piegati prima.

“Okay… okay… allora qual è il piano?” ruppe di nuovo il ghiaccio Karin.
Tayuya era inginocchiata vicino a lei a riempire uno degli scatoloni con alcuni abiti.

Karin, si rosicchiava le unghie appoggiata ad una pila di scatoloni.  
Il minuscolo appartamento sembrava un palazzo di cartone e di nastro adesivo. Circondato da un mare di intonaco verde-limone che con gli anni e la sporcizia adesso assomigliava di più ad un denso verde vomito, come Karin usava definirlo.
“Beh, pensavo che per un po’ possiamo stare dal mio ragazzo.” Disse Tayuya a mezzavoce.
Karin assunse un espressione sinceramente disgustata.
“Ma io non voglio stare a casa di quel viscido. Giuro che divento matta. E poi Tay, ho trovato un ingaggio questo finesettimana. E’ per una festa. Mi pagano bene.”
Tayuya sospirò e finì di piegare qualche abito da mettere nello scatolone.
“Il padrone di casa è stato chiaro, sorellina. Ha già stipulato un contratto di affitto con due nuovi inquilini a quanto pare. Quindi, dobbiamo andarcene. E poi Sakon è stato davvero carino. Mi ha aiutata a smontare parecchi mobili. Grazie a lui mi manca pochissimo lavoro da fare!”  Sussurrò rassegnata Tayuya.
E’ stato davvero carino! Mi ha aiutata a smontare parecchi mobili!” le fece il verso Karin esagerando e rendendo il tono di voce pateticamente smielato.

“Beh, almeno lui aiuta sai? Francamente non è che mi diverta a giocare alla traslocatrice.”
“Tu hai trovato un nuovo lavoro?” chiese Karin, cercando di cambiare argomento, dato che non le andava di dare una mano, o meglio si sentiva troppo incazzata con il mondo per rendersi utile.

“Oggi sono andata un po’ in giro. Qualcosa ho trovato, ma molti hanno periodi di prova molto lunghi, il che significa restare anche più di una settimana senza un soldo. Però…”
“Però?”
Tayuya prima di rispondere staccò con i denti un pezzo di nastro adesivo per pacchi.
“Ho trovato intanto un part-time anche per la mattina. Li il periodo di prova durerà solo 2 giorni e la paga non è altissima, ma almeno decorosa. Penso che comunque trovero anche qualcos’altro. Staremo solo un po’ dal mio ragazzo. Solo qualche settimana. Il tempo di trovare una nuova casa. Senza orribile intonaco verde-vomito. Promesso. Mi passi quel pennarello?”
Karin sorrise e raccolse un pennarello nero indelebile, appoggiato a uno scatolone vicino. Adorava Tayuya. Odiava quel cretino del suo ragazzo, si. Lo trovava un coglione smidollato, le sarebbe piaciuto prenderlo a calci nelle gengive, le creava un nervosismo inaudito e inoltre era un fottuto perdente.

Ma non sarebbe mai riuscita a smettere di voler bene a sua sorella.
“Vai da Hinata, oggi?” chiesta Tayuya mentre scriveva in stampatello sullo scatolone VESTITI ESTIVI. “Tanto ho praticamente finito. Non ho bisogno di altro aiuto.” Continò finendo di usare il pennarello.
Sebbene fosse sollevata al pensiero di non dover far nulla, il sorriso di Karin si spense all’istante.
“No, oggi no. Sono distrutta e… voglio solo  andare a dormire.”
Tayuya stette in silenzio per qualche momento, pensosa e Karin si diresse in camera sua.
“Karin non ent-“
“TAYUYA DOVE DIAMINE HAI MESSO IL MIO LETTO?!”       
“…Ehm ho già imballato le tue cose”
“Tay!”
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“Ah, ben tornato Neji.”
“Grazie Hinata.”

Hinata dopo aver fatto un breve inchino, sempre aggraziato, andò nella sala del tè, seguita dal cugino.
“Cosa preferisci?” disse Hinata piano.
“A dire il vero, ora che ci penso non mi va nulla, grazie.”
“Oh” Hinata smise di ordinare il set da tè.
“I ragazzi mi hanno invitato ad uscire questo pomeriggio. Sicura di voler restar da sola in casa? Perché non esci con quella ragazza…”

“Karin? Oh… l’ho chiamata poco fa, ma ha il cellulare spento.”
A dire il vero Hinata era parecchio turbata. Aveva veramente provato a contattare l’amica ma l’unica risposta che aveva ricevuto era stata quella della fredda voce metallica della segreteria telefonica. Karin aveva qualcosa di strano. Hinata sapeva bene anche che l’amica era una ragazza che non esternava i problemi e tendeva a tenersi tutto dentro. Era una cosa che aveva imparato quasi subito da Kay. Ma il fatto che non le rispondesse al telefono la preoccupava ancora di più. Aveva visto l’annuncio affisso all’ingresso della scuola, aveva riconosciuto facilmente la vecchia amata cinepresa di Karin. Doveva essere successo qualcosa di importante. Karin non avrebbe mai venduto quell’oggetto senza una ragione precisa.
Neji stava controllando qualche messaggio e Hinata era lì ferma in mezzo alla stanza. Nella confusione della giornata si era dimenticata di avere fra le mani il numero di Naruto, più prezioso di un diamante.
“Allora esco.” Disse Neji, con il tono contraddistinto dalla solita inespressività disarmante.
“Abbi cura di te.”
Hinata si sentiva sempre un po’ ridicola a dirlo,  ma non poteva farci niente.

Era nella sua indole preoccuparsi per gli altri e soffrire per loro.

A differenza di Karin però non riusciva a migliorare veramente le cose. Era passiva in ogni situazione, pur essendo emotivamente coinvolta. La contraddistingueva una fragilità inaudita e una delicatezza spaventosa, ma non riusciva ad imporsi e subiva ogni tipo di angheria.
Non riusciva ad trovare il coraggio per chiamare Naruto. Non riusciva a trovare il coraggio per andare da Karin. Non riusciva a trovare il coraggio per difendersi da persone prepotenti. La gente non la considerava. Era come se fosse invisibile. Hinata era la ragazza strana della IIIC, la cugina di Hyuga, la tizia amica di Izumi.
Ma non era mai Hinata. Neji non le avrebbe mai chiesto se voleva uscire anche lei. Naruto non l’avrebbe mai notata veramente. E Karin aveva sicuramente cose più importanti a cui pensare, invece che ad una stupida piagnucolona. In quel momento, Hinata provò un profondo disprezzo verso se stessa, verso la sua debolezza e verso la sua incapacità di prendere in mano la situazione e di dimostrarsi forte.
Aspettò solo che il cugino chiudesse la porta di casa per accucciarsi sul pavimento di marmo, rimanere in silenzio e sentirsi più sola di quanto si fosse mai sentita.

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Dopo gli ultimi colpi di phon, Sakura ammirò la splendida acconciatura, risultato della sapiente mano di un esperto.

 “Quando, la cara Ino mi ha chiamata disperata dicendo che era un’emergenza ho cancellato il mio volo per Londra. Ma cara Sakura, come hai fatto a conciarti così?”
“Ehm, problemino con alcune persone” arrossì Sakura.
“Che barbarie. I capelli sono sacri… sono l’essenza di una persona!” Protestò indignato Roberto. Roberto non si definiva semplicemente “parrucchiere”, ma Artista (con la A maiuscola). Ed effettivamente era fenomenale. Inutile dire che era più gay di Elton John.
Il suo salone era recensito dalle riviste di moda più prestigiose e vi era una lista d’attesa kilometrica per farsi fare un’acconciatura da lui. Ma con le amicizie giuste…

“Grazie mille Roberto. Hai fatto davvero uno splendido lavoro.” Disse Sakura tirando fuori dal suo portafoglio una carta di credito.
“Prego tesoro. E se proprio devo essere sincero sei semplicemente incantevole con i capelli corti.”

Sakura sorrise accarezzandosi una ciocca. Si diede un leggero sguardo nello specchio del salone.

Diamine, era davvero uno schianto. Oltre al nuovo taglio di capelli, indossava un completo stupendo di Armani che aveva comprato il giorno prima. Il trucco era perfetto e aveva colto l’occasione di farsi anche la manicure.  Finito il pagamento, Roberto le riconsegnò la carta di credito.
“Grazie tesoro e mi raccomando, se succede qualcosa chiamami!”

“Certo. E grazie a te.”

Sakura uscì dal salone. Dalla sua pochette iniziò a vibrare e suonare il cellulare.

“Ciao Saku, sono io!” la voce di Ino rallegrò ancora di più Sakura.
“Ino! Dove sei?”  rispose.
“Mi trovo al Complex. Mi raggiungi?”
Il Complex era un bar aperto da poco, un po’ in periferia e vicino alla spiaggia, che però vantava una gran popolarità fra i giovani del luogo. Certo, non era un locale neanche paragonabile al Red, al Juice o al Room però si difendeva bene ed era un’alternativa accattivante, perché si poteva fare il bagno in una Jacuzzi serviti da camerieri bellissimi o godere semplicemente della vista spettacolare e buona musica dal vivo. Ovviamente tutto questo era riservato a persone che potevano permettersi di spendere. E tanto.
Sakura sorrise. La giornata non sarebbe potuta andare meglio. Era stupenda con il nuovo taglio, il completo Armani era favoloso e un sorriso le illuminava il volto. Il Complex era la ciliegina sulla torta. E poi doveva assolutamente mostrare a tutti il nuovo taglio.
“Dammi 5 minuti, prendo un Taxi e ti raggiungo.”

 

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“Non gli bastava trasferirci tutti da Trottolinoamorosodududadadà, ha inscatolato pure la mia stanza!”

Brontolando Karin uscì dall’appartamento, dalla porta sul retro. Sakon, il ragazzo di Tay, aveva suonato il campanello e Karin ne aveva abbastanza di sfigati, quindi non potendo riposare, dato che il suo letto era stato smontato per il trasloco, decise di farsi un giro. Scese velocemente le scalette malandate e percorse il vicolo deserto. Mentre la sua testa era pervasa da pensieri sgradevoli che avrebbero potuto istigare una normale teenager al suicidio cercò di concentrarsi sull’unico pensiero meno disperato ovvero la festa di sabato. Sinceramente non le piacevano le feste, tutta la confusione, musica scadente a palla, ubriachi che vomitano in mezzo alla pista… diciamo che per Karin non c’era poi così tanto divertimento.

L’ideale di divertimento di Karin consisteva nel lavorare su un video o su una pizza e una birra o sullo sfottere i tamarri di Jersey Shore sul divano con Tayuya e una copertina.  

Qualche volta era stata invitata ad una festa, ma non si era mai divertita molto, anzi per nulla e aveva passato tutte le serate a desiderare che Tayuya arrivasse prima del solito, cosa che non accadeva praticamente mai, dato che sua sorella era costantemente in ritardo, un po’ per colpa del lavoro, un po’ perché la puntualità non era proprio il suo forte.

Così, aveva smesso anche di accettare i pochi inviti che le rimanevano. E questo sabato, avrebbe avuto di nuovo una festa. Però stavolta nessuno l’avrebbe infastidita e avrebbe guadagnato qualcosa. Quindi non sembrava così male.
Un altro pensiero positivo era il concerto degli Akatsuki. Per un momento raggiunse l’estasi pensando di poter finalmente ascoltarli dal vivo e cantare a squarciagola le loro canzoni al concerto. Ma si ricordò che i biglietti li aveva solo Hinata e doveva andarci con lei. E il pensiero positivo svanì all’improvviso.
Uscita dal lungo vicolo entrò in una via principale e iniziò a farsi strada fra i passanti e i turisti sul marciapiede.

Vide per un attimo Haruno che prendeva un taxi e fu tentata di farle un cenno di saluto, visto quello che era successo nella giornata, ma rimase immobile. E forse era meglio così, dato che anche se quel giorno erano accaduti vari eventi, questo non voleva dire che fossero diventate già amichette del cuore.
Inoltre Karin osservò Sakura, perfetta in ogni dettaglio e iniziò a provare una sottile vergogna per le sue unghie rosicchiate, i capelli spettinati ed anche i suoi pantaloni preferiti le sembrarono roba da grandi magazzini. Pensò che comunque non valeva la pena entrare nel mondo di Haruno e delle altre, perché Karin apparteneva a tutt’altro mondo e anche se avesse voluto fare parte di quel gruppetto di ragazze dai vestiti firmati e senza grandi ideali,  il loro mondo era troppo costoso.

Girandosi affrettò velocemente il passo,  un po’ più amareggiata di prima e incazzata con il mondo come sempre. E solo la vista di una misteriosa Volvo nera riuscì a distoglierle dalla mente ogni pensiero.

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Sakura scese dal taxi dopo aver pagato la tariffa del viaggio, stando ben attenta a non sgualcire troppo il vestito. Davanti a lei c’era una pedana di legno posizionata proprio sulla spiaggia, che andava rialzandosi gradualmente e ai lati di questa pedana delle palme. Il Complex si trovava alla fine della pedana, in posizione rialzata. Il fatto che il locale fosse in alto, valorizzava il tutto, perché vantava davvero di una vista a dir poco splendida.
Sakura risalì la pedana con calma. Le piaceva molto la spiaggia. L’aria era tiepida ma non ancora afosa e vi era una leggerissima e piacevolissima brezza marina. Fra poco sarebbe proprio iniziata l’estate.
Arrivata nel locale, la ragazza cercò con lo sguardo Ino, quando fu richiamata da quest’ultima.
“Sakura! Siamo qui” urlò Ino agitando un braccio.
Sakura notò che non c’era solo la biondissima Ino, ma anche Ten Ten e Tsugumi, una delle compagne di classe.
A passo veloce raggiunse il loro tavolo, sfoderando un sorriso radioso.

“Che schianto, Saku!” disse ammirata Ten Ten.

Sakura arrossì lievemente e sorrise, fingendo una certa modestia, sebbene perfettamente consapevole di essere davvero favolosa.
“Roberto ha compiuto un capolavoro!” sorrise Ino. “Davvero, ti stanno benissimo! Che invidia… io non sto bene con i capelli corti, ma a te donano molto.”
Sakura fece una piroetta, come una bambina che voleva mostrare il nuovo vestitino a suo padre.
“Grazie ragazze!” disse Sakura sorridendo e prendendo posto a sedere.
Un cameriere dal fisico scultoreo si avvicinò al tavolo e chiese a Sakura l’ordinazione. Sakura optò per un succo di pompelmo, mentre le altre avevano già indicato la loro consumazione.
Anche le altre erano molto carine. Ten Ten portava i capelli legati in una morbida coda e indossava un Gucci nuovissimo che le metteva in risalto le gambe kilometriche, mentre Ino era una dea nel suo Versace, con i capelli lunghi sciolti e biondissimi. Tsugumi sedeva in silenzio intenta a sfogliare una rivista.
“Kin verrà espulsa?” chiese la mora, sorseggiando la sua acqua tonica.
“Non lo so” ammise Sakura amareggiata “Però la preside non era propensa a fare finta di nulla. Spero almeno sia stata sospesa, sarebbe il minimo per quello che ha fatto a Hinata”
“Hinata? Che c’entra lei?” chiese Ino incuriosita.
“Quella è buona solo a frignare.” Sussurrò Tsugumi malignamente. “Alla fine quella che ci ha rimesso è stata Saku.”

Sakura iniziò a trovarsi a disagio.  Avrebbe voluto urlare che in realtà Hinata non era una frignona e che si era fatta realmente male. Ma tutte quelle attenzioni, i capelli perfetti, quel cameriere carino che le aveva sorriso, il completo nuovo… perché rovinare una bella giornata con un litigio?

 

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“Aaaaaaaaah che palle, ho perso di nuovo!” protestò Kiba, agitando il joystick.
“Scusa, ma non concedo rivincite” rise Suigetsu, alzandosi dal divano e spegnendo la console.
Kiba gli lanciò il suo joystick che Suigetsu prese al volo.
“Ehy Hozuki, non mi offri niente?”

“Mi perdoni signor Inuzuka, ma ho solo birra.” Disse Suigetsu ostentando un accento inglese da vecchio maggiordomo.
“Sarà sufficiente, per questa volta” rispose Kiba con un tono snob

Suigetsu si diresse verso il frigo e tirò fuori due bottiglie. Una la lanciò all’amico.
“Scusa, ma la domestica ha avuto un problema oggi e non ha potuto fare la spesa.” Sospirò Hozuki.
“Tanto volevo una birra.” disse Kiba buttandosi di nuovo a peso morto sul divano.

I ragazzi stettero in silenzio per un attimo.

“Piuttosto mi vuoi dire perché hai cambiato posto in classe?”
Suigetsu trovò una scusa. “Beh, i miei genitori stanno mandando un precettore per testare la mia preparazione e se non so niente, i vecchi mi tolgono i viveri.”
“Che palle. Adesso ti toccherà ascoltare quella checca in paranoia del professor Kabuto.”
Suigetsu stappo la sua bottiglia e iniziò a sorseggiare la sua birra ghiacciata.
“Hai anche davanti quella pazza di Izumi!”
A Suigetsu andò di traverso un sorso.
“Però la sua compagna di banco, Hinata, è molto carina” continuò Kiba, che si era interrotto per bere un po’ di birra. Suigetsu sgranò gli occhi: d’altro canto non avrebbe mai potuto immaginare che il suo amico si fosse potuto prendere una sbandata per una ragazza così timida e riservata come Hyuga. Inoltre non era sicuro che Neji, cugino di Hinata Hyuga,  l’avrebbe presa bene.
Kiba si accorse del danno, diventando immediatamente paonazzo.
“Hozuki, non metterti in testa di combinare casini o sei m o r t o.” sibilò il moro, accentuando la parola morto.

Kiba era quel tipo di ragazzo non troppo sveglio, un po’ spaccone con gli adulti. In genere però era un tipo abbastanza pacifico e nonostante l’aspetto arrogante, riusciva ad avere una discreta folla di ammiratrici. Amava la natura, tanto da aderire a diverse associazioni ed aveva un cane, Hakamaru al quale era molto legato fin da quando era un bambino. I suoi genitori erano gente famosa. Il padre era un noto presentatore televisivo, che negli ultimi tempi aveva riscosso molta popolarità grazie ad un nuovo gioco a premi, mentre la madre era direttrice di una catena di alberghi di lusso sparsi nel continente. Ma nonostante la sua fortuna economica e sociale, Kiba non amava ostentare tutto ciò. Inoltre non dava segno di impazzire per la vita notturna. Preferiva praticare sport all’aperto oppure, come in quel pomeriggio, giocare alla playstation.

Insomma, nonostante l’atteggiamento un po’ vivace non era cattivo. Però era fortissimo e nelle risse riusciva spesso ad avere la meglio, quindi non era auspicabile farlo arrabbiare.

“Ho afferrato il concetto.” Annuì Suigetsu.
Kiba riprese il suo colorito abituale.
“Ah comunque la sai la novità?” riprese
“Quale sarebbe?”
“Credo che Izumi si sia presa una cotta per Uzumaki”
Suigetsu cercò di accennare un sorriso beffardo, ma il sorriso si trasformò in una smorfia. Rimase semplicemente in silenzio. Izumi e Naruto? Per favore. Avrebbero potuto vincere il premio di coppia più mal assortita dell’anno. Non poteva essere vero e poi a Naruto non piaceva lei, no?
Si girò di colpo, perché il sorriso si era trasformato presto in una smorfia e la rabbia lo aveva invaso come un fiume in piena. Sicuramente Naruto avrebbe solo giocato con Karin. A lui, lei non interessava, ci avrebbe scommesso qualunque cosa. Naruto non la meritava quanto lui, anche se Karin era una strega.
“Amico, tutto bene?” iniziò ad allarmarsi Kiba.
“Pensavo che se magari Izumi si avvicinasse ad Uzumaki, magari potrei chiederle di Hyuga...” continuò il ragazzo
Suigetsu annuì, stringendo i pugni.
“Senti, invita gli altri. Cosi facciamo una bella chiacchierata.” Sibilo poi.

 

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Karin, agitatissima, si sbracciò per chiamare un taxi.
L’autista accostò vicino a lei, aprendo le portiere e con aria pacata le domandò:
“Dove vorrebbe andare signorina?”
Karin si catapultò nel veicolo, chiudendo velocemente le portiere e disse la frase che tutti noi vorremmo dire almeno una volta.
“SEGUA QUELLA MACCHINA.”
L’autista si guardò intorno e notò la Volvo nera, fortunatamente ancora nelle vicinanze grazie al semaforo che l’aveva bloccata.
Karin ovviamente era consapevole che il mondo era sicuramente pieno zeppo di Volvo nere e sicuramente in città non esisteva un'unica Volvo nera, ma quando l’auto le era passata accanto, aveva avuto una sensazione spiacevole e stranissima.
L’uomo non fece domande e seguì l’auto. Alla radio c’era uno degli ultimi singoli degli Akatsuki. Karin sospirò chiedendosi perchè la cattiva sorte la adorasse e la perseguitasse senza darle tregua.
E proprio nel bel mezzo dei pensieri deprimenti, si accorse che un altro problema, non proprio tralasciabile incombeva su di lei. Se ne accorse quando vide il contatore del taxi e si ricordò di avere in tasca solo qualche spicciolo. Oh no. Oh no.
Karin cominciò ad agitarsi molto. Era squattrinata si, ma non una pezzente e non le andava di essere vista come una delinquente perché non lo era. Lei e Tayuya erano persone oneste e avevano fatto molti sacrifici, ma mai avevano commesso scelleratezze. Le mani della ragazza non smettevano di tremare.
Ad un certo punto l’auto parcheggiò e il taxi accostò.
L’auto sospetta si era fermata davanti ad un complesso residenziale molto raffinato. Karin si accorse di essere nei quartieri alti e si sentì ancora più a disagio.
“Signorina, l’auto nera si è fermata” riprese l’uomo con il solito tono di voce estremamente pacato.
Dall’auto uscì un volto fin troppo famigliare e Karin spalancò gli occhi per la sorpresa. Gaara, un suo compagno di classe, con cui non era in confidenza e non avrebbe mai voluto avere a che fare, usciva dall’auto inforcando i suoi occhiali da sole. Il corpo le si irrigidì per lo shock, quando notò un’ammaccatura alla carrozzeria.
“Se vuole, posso aspettarla qui.” Continuò l’uomo con voce pacata
Karin non rispose e uscì dalla vettura dirigendosi verso l’entrata del palazzo, facendo uno scatto per entrare prima che il cancello si chiudesse dietro di lei. Gaara non sembrava essersi accorto di nulla, merito forse degli auricolari dell’i-pod. Karin si stava sentendo proprio una persona orribile, una stalker, però il misto di rabbia furiosa e curiosità aumentò la voglia di fare chiarezza sulla Volvo e il suo ginocchio malandato.
Per far capire al tassista che sarebbe ritornata, anche senza soldi, Karin fece un cenno al tassista dalla ringhiera della recinzione. L’autista rispose con un cenno.
Gaara entrò nel androne del palazzo e salì le scale, ancora ignaro della presenza della rossa, che stava sempre a qualche rampa di distanza, muovendosi furtivamente senza produrre alcun suono.
Ad un certo punto il ragazzo si fermò ad un pianerottolo, suonando il campanello e Karin si acquattò sul freddo e lucidissimo marmo bianco delle scale. Dopo pochi secondi una voce familiare: “Arrivo!”

Karin si irrigidì ancora di più. Era Kiba Inuzuka, era sicuramente lui.
Era proprio a casa di Inuzuka! Accidenti, adesso era doppiamente nei guai.

Alla porta aprì proprio Kiba che fece entrare subito Gaara, completamente ignaro dell’inseguimento di Karin e chiuse la porta.
La ragazza sospirò e si alzo dal marmo freddo. Cosa avrebbe potuto fare ora? Cosa aveva tratto da tutto ciò?
Anche se le coincidenze facevano impressione, Karin non avrebbe ancora potuto incolpare Sabaku. Intanto non aveva prove e anche se ne avesse avute, non c’erano testimoni non c’era niente che avrebbe potuto aiutarla. Forse doveva aspettare e chiarirsi? Per carità, no! Avrebbe potuto essere denunciata per l’essersi immessa in proprietà altrui e non avrebbe fatto altro che aumentare la tariffa del taxi. Karin gemette di rabbia per la propria stupidità, quando una mano gelida le bloccò con forza le braccia e un’altra mano le premette con forza la bocca di modo che non potesse parlare, ne gridare aiuto.

 

 

L’angolo di Promise, l’autrice più lenta del mondo.
Lo so, vi faccio dannare. Lo so, sono lenta. Lo so, lo so. Alcuni di voi mi vorrebbero sparare un colpo in testa lo so. Ma vi prometto che finirò questa fiction… un giorno.
Lo giuro!

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