I hate you! Yes, I love you too. di Promise (/viewuser.php?uid=52567)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Invito ***
Capitolo 2: *** Amiche ***
Capitolo 3: *** Red ***
Capitolo 4: *** Incubo? ***
Capitolo 5: *** Lotta ***
Capitolo 6: *** Iniziativa ***
Capitolo 7: *** Problemi ***
Capitolo 8: *** Taxi ***
Capitolo 1 *** Invito ***
La differenza tra
l'amore e il sesso, è che il sesso allevia le
tensioni e l'amore le provoca.
Woody
Allen
6:
00
Salve
a tutti ascoltatori di Radio Konoha! E’ qui il
vostro DJ che vi da il buon giorno!
Oggi, prendetevela comodo! Rilassatevi! C’è il
sole!
Uscite con i vostri amici e magari prendetevi un gelato!
Il vostro DJ vi augura una giornata da non
dimenticare!
“Ma
vaffanculo...”
Pronunciò, completamente
coperta dal piumino invernale. Si, era primavera, ma lei era freddolosa.
Non esistevano stagioni particolarmente eccitanti o deprimenti per lei.
Le
stagioni perdevano importanza e tutto diventava un inverno grigio e
solido. Non
amava l’inverno grigio e solido che si era formato nel suo
carattere. Ma lo
sopportava e con gli anni aveva imparato a conviverci.
No, Karin non era la ragazza
triste e solitaria. Cancellate questo dalla vostra mente.
Karin era nata incazzata.
Niente di più, niente di meno.
Aveva una personalità particolare: il suo modo di portare i
capelli, di
indossare gli occhiali, di vestirsi... affascinava. I suoi compagni del
corso,
per un primo tempo pensarono pure di poter stringere amicizia, con la
ragazza
che adesso, stava uscendo lentamente dal suo
“rifugio”.
Poi, però bastava parlare con
lei pochi secondi che...
“Lasciami stare.”
Riusciva a smontarti così, in 2 secondi. Non voleva
offendere, no,
assolutamente.
Era solo un modo carino per dire di levarsi dalle palle.
Karin frequentava la National
School of Arts di Konoha. E
un
motivo c’era.
La sua passione segreta era
la regia.
I compagni di scuola erano
tutti sfigati senza speranze. Ma almeno non rompevano eccessivamente.
Poi ce n’era uno, uno carino veramente... Sasuke Uchiha. Era
uno strafigo
pazzesco. Peccato che praticamente metà delle ragazze della
scuola erano cotte
di lui. Nah, troppo
faticoso, non ne
valeva la pena.
Forse l’unico punto veramente
nero della scuola, quello che le dava più sui nervi era
Suigetsu.
Era un coglione sfigato.
Troppo cretino, per fare parte del gruppetto di Sasuke. Un poveraccio.
Karin lo
avrebbe carinamente preso a calci in mezzo alle gambe. Era... come dire
ridicolo. Aveva un sorriso orribile, che faceva accapponare la pelle. E
poi era
così stupido, le sue battute non facevano MAI ridere, era
sfacciato,
sfacciatissimo e molto maleducato. Poi, era un fottuto figlio di
papà, come
quelli che sono firmati dalla testa ai piedi... La ragazza avrebbe
potuto
continuare per ore e ore. Ma doveva concentrare i suoi pensieri su
qualcosa di
più importante: il suo film-documentario su il degradamento
generazionale, il
compito in classe che aveva chiesto il professor Orochimaru.
La ragazza uscì dalla doccia
e velocemente si asciugò i capelli, lanciando uno sguardo
distratto fuori dalla
finestra.
Oh, era una giornata
schifosamente soleggiata.
Si guardò allo specchio.
Pelle chiara, capelli rosso fuoco, occhi bellissimi.
Karin non era affatto brutta.
Con una smorfia finì di
vestirsi. I soliti jeans sbiaditi e un po’ rovinati
all’orlo e una felpa scura.
Con un ultimo sforzo inflilò le scarpe da ginnastica e
raccolse da terra lo
zaino con i libri prepato la sera prima.
Colazione? Non importa,
avrebbe mangiato durante il tragitto.
Alzando il cappuccio della felpa, con lo zaino in spalla, prese la sua
“piccola
cinepresa da viaggio” (ovvero un telecamera che usava nel
caso avesse avuto
bisogno di riprendere qualcosa), le chiavi di casa, il cellulare e
uscì,
velocemente, accennando un saluto alla sorella, che dormiva sul divano
letto.
Karin non aveva genitori. C’era solo sua sorella maggiore
Tayuya.
E per quanto Karin volesse
bene a Tay, come amava chiamarla, anche Karin avrebbe ammesso di essere
più
responsabile di lei: ogni settimana un ragazzo diverso, una storia
finita male,
un tradimento... era così ingenua. Ci cascava sempre.
Ma parleremo più tardi della sua famiglia. Karin adesso,
dopo una colazione
consumata ad una locanda vicino, si trovava davanti alla sua scuola.
La National School of
Arts di Konoha,
non era una scuola come tante.
Era la più prestigiosa scuola d’arte di tutta la
terra del fuoco. Le materie
erano tantissime e gli esami di ammissione erano molto difficili. Se riuscivi ad entrare in
questa scuola le
possibilità erano due: o eri uno che ha talento, senso di
sacrificio e del
lavoro o eri un fottuto figlio di papà.
Karin era in gamba, ma con non pochì sforzi
riuscì ad entrare nella scuola.
Durante la domanda di ammissione aveva portato uno dei suoi video e la
commissione, dopo 2 giorni l’aveva chiamata per un altro
colloquio.
Dopo settimane di emozione, tensione e paura, non vi dico la gioia
della
ragazza quando scoprì la sua ammissione!
E mentre la ragazza
incappucciata si apprestava ad entrare, invisibile tra un gregge (come
Karin
amava chiamare) di individui firmati dalla testa ai piedi, acconciature
da
schianto e auto talmente costose da consumare il guadagno di una vita
di un
operaio normale, farò una descrizione della scuola.
Allora, la scuola era un vero capolavoro architettonico. Era enorme,
con stanze
di tutti i generi.
C’era una palestra, una piscina coperta e
all’aperto, un piccolo stadio, una
serra, delle dependance per i professori e il personale scolastico, 10
aule per
le 10 classi (usate per le materie standard/noiose come algebra,
inglese,
storia, letteratura etc.) 3 sale di registrazione, 2 sale di
pittura/scultura/quellochevuoitù, 2 sale per le prove
(munite di tutti gli
strumenti possibili immaginabili), una sala per le prove di ballo, una
sala per
le mostre, una sala concerti, un teatro, la mensa, la biblioteca, la
sala relax
per gli studenti, la zona informatica, i bagni, l’infermeri,
il parcheggio per
gli studenti e i professori... E le varie aule adibite a varie
discipline.
Tutto extra lusso. Mooolto
extra lusso. Ma la
National School of
Arts era una scuola privata. Karin lo sapeva bene, e andava avanti a
borse di
studio e a realizzazioni di patetici filmini per i matrimoni,
compleanni etc.
Tayuya cercava a suo modo di aiutarla lavorando al bar, ma i soldi
erano
veramente pochi. La scuola si “divorava” i
gioielli, i quadri e anche la casa.
Così la vendettero, e si trasferirono in un appartamento
squallido, con dei
vicini di casa antipatici e l’intonaco orrendo delle pareti.
Karin entrò nella scuola, correndo verso la classe e quindi
evitando le
risatine delle sue amatissime compagne
di scuola.
Con fare veloce arrivò davanti alla bacheca scolastica, dove
aveva affisso (con
la tassa di 5 dollari a settimana) il suo annuncio, sperando che un
bigliettino
con i suo numero di telefono fosse stato strappato dal foglio. Mancava
un
biglietto! Voleva dire che qualcuno era interessato. Se
l’affare andava bene, l’affitto
di questo mese era andato.
Mancavano solo le bollette, e l’iscrizione alla scuola. Oh,
questa non è
proprio una prospettiva così allettante...
La campanella di entrata suonò e subito....
Eccolo, con quel sorriso di merda, canzonatorio.
“Ciao strega!”
Suigetsu.
- Il maggior disprezzo è la
non curanza, Karin – diceva la rossa a se stessa. E come un
automa, facendo uno
sforzo incredibile per non ricoprirlo di insulti, si sedette al suo
posto,
lasciando il ragazzo a parlare con un ragazzo disturbato che si
chiamava Gaara
(si diceva appartenesse ad una setta satanica) e un cretino,
l’Uzumaki.
Si sedette davanti. Dove
nessuno l’avrebbe potuta disturbare. Era un bel posto.
Nessuno tendeva a
sedersi davanti, quindi le seccature erano poche. La sua compagna di
banco era
Hinata Hyuga, una ragazzina con seri problemi di tutto.
Tutto sommato era sempre gentile e Karin la sopportava.
Hinata la salutò sussurrando e Karin tirò fuori i
libri. Storia con il
professor Kabuto. Quella checca incredibile. Che palle.
Il professore entrò in
classe. E i ragazzi smisero di fare baccano. Solo delle ragazze dietro,
Sakura
e Ino continuavano a
spettegolare con le
loro vomitevoli risatine.
”Buongiorno ragazzi”
Il professor Kabuto non era
uno di quei professori matusalemme. Era piuttosto giovane, laureato a
pieni
voti.
Non era brutto, anche se si capiva perfettamente il suo orientamento
sessuale.
Vestiva sempre elegante. Oggi indossava un completo di Roberto Cavalli,
ieri un
Dolce e Gabbana.
Era un uomo (oddio...) pignolo e saccente, e le sue lezioni erano
piuttosto
pallose.
“Bene, vediamo chi è presente
oggi”
E con fare molto elegante
estrasse dalla sua valigetta di pelle il registro (classe III C) e la
sua amata
stilografica.
Mentre il professore faceva i
nomi, Karin, si fece una “mappa mentale” ( Karin
adora fare le “mappe mentali”
) della sua classe.
Aburame Shino –
Insettomane, nerd. Figlio
di un professore.
Amane Shirashi
* - Ragazzo apparentemente normale e tranquillo. Ha una passione per le
scarpe.
Io lo trovo banale.
Akimichi Choji
– Ragazzo obeso con notevoli problemi di controllo della
rabbia. Si dice
pacifico ma è patetico.
Haruno Sakura
– Oca patetica. Stupida e senza personalità. Se
non veste chanel , esce fuori
di testa.
Higuchi Kasumi * - Sempre malaticcia. Ogni scusa e
buona per prendere la ferrari di
papà e andare a fare shopping.
Hyuga Hinata
– Ma come fa ad essere così tremendamente paurosa?
Inuzuka Kiba
– Vuole salvare il mondo. E’ socio del WWF, della
Lipu, di Greanpeace, di
Amnesty International... ahaha. Peccato non sappia mantenere una
sufficienza.
E’ figlio di un presentatore tv.
Hozuki Suigetsu - Sto
zitta che è meglio.
Izumi Karin
– Oh, sono io!!!
Misora Tsugumi * - Ma come?!? Ha cambiato di nuovo
colore di capelli? Non ho parole...
Namikaua Juugo
- E figlio di un
magnate della finanza.
Ma è praticamente un esaurito.
Nara Shikamaru
– Secchione. Nipote del fondatore della scuola. Lui di certo
non paga nulla...
che culo.
Rock Lee –
Lo sportivo della classe. Ha gia un contratto con la Nike. Almeno
così dice
lui.
Sabaku no Gaara
– L’indemoniato. Partecipa ad una setta, ha
organizzato un Sabba ed è ricoperto
di tatuaggi. Patetico.
Sanami Akira
* - La tipica idol kawaii che a 4 anni faceva gia televisone. Adesso
è una tipa
da rehab. Tipo la Lohan.
Shimura Suguru
* - Dongiovanni patetico. Fa il modello, ma non sa quanto fa 2x1. Ahaha.
Takahashi Ten Ten – Suo padre ha
un’azienda famosa di armi da fuoco. Spero non sappia
usar...
Uchiha Sasuke
– Però.... Non sembra da buttare.
Uzumaki Naruto
– ahaha... Coglione patetico. La Hyuga ha una cotta
incredibile per lui. Io
l’ho detto che quella non sta bene...
Yamanaka Ino
– Peggio dell’Haruno. Oca che più oca
non si può. E’ la tipica puttana della
classe.
(*=
personaggi di fantasia.
Sono personaggi che avranno poco impatto nella storia. N.D.R)
Tutti presenti. Tranne l’Uchica.
”Bene, direi che possiamo iniziare!” disse il
professore. Quel giorno sembrava
di buon umore.
La porta si aprì improvvisamente.
”Mi scusi.”
Sasuke entrò in classe con il permesso firmato. Le
ragazze della classe soffocarono con non pochi sforzi i gridolini.
Karin cercò
di fare finta di nulla.
Hinata era l’unica indifferente all’entrata. Ed
è uno dei motivi per i quali Karin
la sopportava.
Lui era parecchio carino. Aveva classe, era di buona famiglia...
peccato che
nel suo gruppo avesse dei coglioni, ma lui era veramente... Karin si
diede un
pizzicotto. Lei era diversa, non oca come l’Haruno.
Basta a queste cazzate che è meglio. Aveva cose
più importanti in testa.
Il suo documentario e il
biglietto dell’annuncio.
Chissa chi aveva pensato di richiedere
il suo servizio. Chissa chi avrebbe pensato di richiederlo.
E per il documentario? Il professor (nonché vicepreside)
Orochimaru ci teneva
un sacco. Anche se era un tipo che metteva i brividi, era stato fra i
primi che
l’avevano aiutata ad entrare nella scuola.
Tuttavia Karin, mostrava
diffidenza. Sebbene riconoscente era anche sospettosa nei confronti
della
“biscia”.
Doveva avere la testa fra le
nuvole perché quella checca del professor Kabuto
sbattè in libro di storia sul
suo banco, facendole prendere un colpo. Risatine generali.
La ragazza arrossì
violentemente per l’imbarazzo.
”Bene signorina Izumi, mi sa dire perché il 1941
fu un anno di svolta? L’ho
vista parecchio attenta.”
Che culo! La ragazza aveva studiato la sera prima.
”Bene, Il 22 giugno la
Germania attaccò l'Unione Sovietica, rompendo il patto di
non aggressione, con
l'Operazione Barbarossa. I russi furono colti ampiamente di sorpresa e
i
tedeschi conquistarono vaste aree di territorio, catturando centinaia
di
migliaia di soldati nemici. I sovietici si ritirarono, e riuscirono a
portarsi
dietro gran parte della loro industria pesante, togliendola dalla linea
del
fronte e riposizionandola in zone più remote. Una tenace e
disperata difesa
impedì alla Germania di conquistare Mosca prima dell'arrivo
dell'inverno. La
Germania, che si aspettava di finire la campagna in pochi mesi, non
aveva le
proprie armate equipaggiate per il combattimento nel rigido inverno
russo...”
E un espressione stupita si
dipinse sulla faccia di Kabuto.
“Basta così signorina. Stia
più attenta in futuro.”
Karin fece un sospiro di
sollievo. Hinata le diede timidamente una pacca sulla spalla.
Anche se questo la infastidiva, forse Hinata non era poi
così male.
La campanella suonò dopo pochi minuti e la rossa si
avviò verso l’armadietto.
Ripose i libri di storia e chiuse con una spinta.
“Ma tu guarda un po’. Adesso
è pure una secchiona”
- Suigetsu.... – ringhio
mentalmente Karin.
Lo sentiva parlare con gli amici. Con loro c’era anche Neji
Hyuga e una certa
Kin.
Ridevano tutti. Anche Sasuke.
Karin era furiosa, ma come sempre fece finta di nulla
E se ne andò veloce verso la
mensa.
Chiamare la mensa della
National School of Arts mensa è come dare a Hinata della
spavalda.
Insomma, era una specie di ristorante super chic. C’erano
menù di tutti tipi e
per gli studenti era gratis.
Karin usava prendere qualche dolcetto in più di solito e lo
portava a casa per
Tay. Con tutto quello che costava la scuola... Ed era vero, la scuola
costava
tantissimo. Ma chi usciva da lì otteneva subito un ingaggio.
Era praticamente un biglietto per il futuro. Frequentare quella scuola
era un
vero investimento. Per Karin era anche una rovina, ma lei ce la metteva
tutta.
Karin prese il suo vassoio e scelse il pranzo: insalata con salmone, i
mitici
dolcetti alla crema, uno yogurt alla fragola e una bottiglietta
d’acqua.
Velocemente si sedette al suo solito posto, appartato. Accanto a lei,
si sedeva
sempre Hinata.
E anche quel giorno la Hyuga
si sedette accanto a lei.
“Sai, sei stata brava oggi!”
disse
Karin sobbalzò. Hinata che
parla? Allora i porci volano.
”Grazie” rispose secca la rossa.
Hinata non si scompose
completamente.
“Ti va di ve..venire a casa
mia oggi? Ho bi..sogno di ai..aiuto con letteratura.”
Karin la osservò. Cosa doveva
fare? Pulire i piatti della settimana scorsa o accettare
l’invito della Hyuga?
”Ok.” rispose Karin
Il visino di Hinata si
illuminò.
“Che bello! Allora vieni
subito dopo scuola... ovvero appena puoi, sempre se puoi”
Poi estrasse dalla graziosa
borsetta un pezzo di carta e lo porse a Karin.
”Cos’è?” disse la rossa
“E’ la mappa... per arrivare
a casa mia”
Meglio non chiedere a Hinata
il motivo di una mappa per casa sua, pensò Karin.
Ed era vero. Lo sforzo che stava facendo la mora doveva essere gia
incredibile
di per sé.
“Hey
Tay! Sono a casa” disse
Karin neutra appoggiando la “sua piccola cinepresa”
sul tavolo.
”Ciao Kairy, com’è andata a
scuola?” disse una voce allegra dalla cucina.
Karin spalancò gli occhi.
Tayuya allegra? Cos’era successo? I porci volano veramente
allora.
”Sto preparando una torta... oggi festeggio” disse
la sorellina sporca di
farina, che stava cercando di rompere un uovo senza farlo cadere per
terra.
”E per cosa?” chiese Karin sospettosa.
”Segreto! Te lo dirò stasera!”
Karin la guardò torva. Poi prese di nuovo le chiavi e la
cinepresa e lo zaino.
”Dove vai?” chiese la sorella dalla cucina.
“Vado a fare visita ad
una...”
“Okay, torna entro le 21: 00,
o la torta la mangio tutta io!”
Forse meglio tornare alle 22:00.
La
ragazza chiuse la porta e scese dalle scale.
Il “piccolo spazio
felice” di Promise
Io
adoro la coppia Sui – Karin.
Lo so che in questo capitolo avete sentito parlare veramente poco dei
piccioncini.
Vi prometto che i prossimi saranno pieni di litigat... volevo dire di
adorabili
scene romantiche.
Il
pairing è scelto. Quindi non
vi preoccupate Karin non si metterà con Sasuke, ne con Kiba,
ne con Lupo Alberto.
Spero vi sia piaciuto il primo capitolo, frutto della mia conquista del
nuovo adsl!
*balla contenta*
Commenti sono graditi!
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Capitolo 2 *** Amiche ***
Approfittando
del bel tempo,
Karin decise di prendere la bicicletta, per fare più veloce.
Di solito prendeva la metropolitana o andava a piedi. L’auto?
Eh la scuola.
”CI FARA FINIRE IN ROSSO!” Urlava Tay quando
arrivava la lettera della scuola.
“Ci
siamo gia Tay. Ci siamo
gia.” rispondeva sempre Karin, sempre rassegnata.
La
bicicletta era un pezzo
d’epoca. Però reggeva bene. E nessuno avrebbe
rubato un ammasso di ferraglia
arrugginita. Quindi non esisteva neanche il problema della catena.
Ai
suoi tempi, doveva essere
anche una gran bella bicicletta.
La casa di Hinata non era lontanissima. Si trovava nel quartiere chic,
che era
ad un isolato di distanza.
Conoscendo le scorciatoie potevi fare molta meno strada. Ma stavolta la
ragazza
preferì la strada lunga.
Un senso di disagio le prendeva quando pensava a come sarebbe stata a
casa
Hyuga.
Vedrai: sicuramente una villa da paura, con piscina, maggiordomo e
pitbull da
guardia.
Dentro, tv al plasma anche al cesso, parquet pregiato, divani
indistruttibili e
caviale per merenda.
Un
onda di disagio
s’impossessò del cuore della ragazza.
Guardo
i suoi vestiti
provando autocommiserazione e disgusto. Anche se era fiera del suo
abbigliamento , avrebbe tanto voluto comprare il vestitino a fiori che
aveva
visto qualche giorno prima.
Si immaginava lei, con il vestito a fiori, felice, sorridente, al mare.
Magari
con una bicicletta nuova, il lucidalabbra alla ciliegia e un cerchietto
per i
capelli.
Forse avrebbe potuto avere una cinepresa nuova, un computer potente,
dove
montare i filmati più velocemente. Avrebbe voluto veder
Tayuya ridere. Ridere
come faceva tanto tempo fa.
Adesso, non era più così. Il suo sorriso era
sincero, ma allo stesso tempo
forzato.
Come se volesse dimostrare di essere felice, ma anche afflitta.
Pedalava piano, come se avesse paura, o non avesse voglia di entrare in
un
mondo che era diverso, totalmente diverso, dal suo. Karin si
pentì della sua
idea.
Non sapeva come avrebbe reagito a entrare in un mondo così
assurdamente diverso
dal suo.
Non
capiva, non capiva come
mai ma voleva tornare a casa, o a finire di intervistare
quell’adolescente
brufoloso che stava da mattina a sera sui videogiochi del bar sotto
casa sua,
per il suo documentario sul degrado giovanile.
A casa sicuramente ci sarebbe stata Tay che l’avrebbe accolta
con una fetta di
torta.
Si,
doveva assolutamente
andare dalla Hyuga, pensò pedalando più decisa.
Prese la strada centrale pedalando sempre più veloce. Era
piuttosto in ritardo.
Tagliò dopo qualche centinaia di metri a destra. Cominciava
a sentirsi
piuttosto stanca per lo sforzo.
E per il caldo. Faceva un caldo pazzesco. Terribile. Si
passò una mano sulla
fronte fradicia, risistemandosi poi gli occhiali che continuavano a
scivolarle
sul naso. MA COSA CI FACEVA QUELLA VOLVO NERA CONTROMANO?
Karin
sentì improvvisamente
freddo. Come se un pomeriggio d’ inverno si fosse
impossessato del suo corpo.
Un urlo, un secondo. I vestiti a fiori, il mare, il lucidalabbra...
passarono
in secondo piano.
...
...
“Sta
bene?”
”Non lo so, ma ha fatto un volo...”
“Ma
almeno non ha avuto
l’impatto”
“No,
probabilmente è saltata
o qualcosa del genere”
“Guarda
si sta riprendendo!”
Karin cercò con gli occhi quello che restava della sua
bicicletta.
Ma non vedeva nulla.
”Occhiali”
sussurrò,
cercando di
rialzarsi.
Un uomo, piuttosto mingherlino le passò la montatura.
La mitica bici era migliorata. Si era ridotta ad un ammasso di
ferraglia
ammaccata.
Karin guardò l’ora. Era in ritardo pazzesco.
Si
rialzò di colpo.
“Ehi
ragazzina che fai!
Bisogna chiamare l’ambulanza”
“Grazie
di tutto.” disse
asciutta Karin.
Non stava poi tanto male, sentiva solo bruciare il ginocchio. Un
taglietto,
grazie al cielo.
La cinepresa si era miracolosamente salvata. La rossa
sospirò di sollievo,
abbandonando velocemente i passanti che la guardavano ad occhi sbarrati.
Il problema adesso era raccontare tutto a Tay, rovinando la sorpresa.
Il
campanello suonò a casa
Hyuga.
Hinata era rimasta tutto il pomeriggio zitta sul divano, aspettando la
compagna
di scuola.
Era in ritardo spaventoso. La mora sospirò. Probabilmente
non avrebbe avuto mai
amiche.
Nonostante avesse “tutto” si sentiva incompleta e
tristissima. A che servivano
i bei vestiti se non potevi prestarli ad un’amica? Cosa
facevi con dei
pettegolezzi, se non avevi nessuno con cui condividerli?
Hinata rassegnata fece cenno a Consuelo di aprire. Si sentiva ferita e
ridicola.
Fosse
come suo cugino Neji.
Sicura di se e sempre in compagnia, abbandonando le giornate a guardare
in
televisione com’era bella la vita degli altri.
Sospirando tornò sul divanetto bianco, con il proposito di
finire “Orgoglio e
Pregiudizi” in tempo per finire la relazione. Consuelo, la
cameriera, rientrò
in casa.
”Signorina, c’è una ragazzina che chiede
di lei.”
Hinata
spalancò gli occhi.
Che cosa? Allora non era tutto cosi grigio! Chiuse il libro con gioia e
corse
al cancello, di persona.
”Ciao.”
“SALVEEEE
IZUMI-CHAN! CHE
BELLO VEDERTI QUI!” gridò Hinata correndo verso il
cancello.
Oh,
fantastico. Proprio come
me l’ero immaginata, penso Karin.
Villa extra-super-mega lusso, cameriere argentine... mancava solo il
cugino
cattivo di snoopy ed eravamo a posto. Intanto Hinata si avvicinava
pericolosamente al cancello.
“Ommiodio!
Ma che ti sei fatta
Izumi-chan?”
Probabilmente si riferiva alla vistosa macchia rossa sui jeans e agli
occhiali
incrinati.
Karin diede uno sguardo frugale alla gamba.
“Nulla,
mi hanno solo
investito.” rispose
secca.
”COSAAAAAAAAAAAAAAA?”
”Scusa se ho fatto tardi, la vecchietta che mi ha
accompagnato aveva voglia di
chiacchierare.”
Non
passarono 5 secondi che
Karin si ritrovò nell’infermeria
(gli
Hyuga avevano anche un infermieria???), mentre Hinata finiva di
fasciarle il
ginocchio.
”Ti ho detto 49850 volte che non è nulla”
“Ma
non puoi dire così! Sei
stata investita”
”Non sono stata proprio investita... tecnicamente
è la bicicletta che si è
sacrificata al posto mio”
”Ma sei stata investita”
“Non
è nulla.”
“E’
la 49851 volta che lo
ripeti. Avresti potuto perdere la vita”
”Ma su, non facciamo le tragiche.”
Hinata aveva finito di fasciare per la 3° volta il ginocchio di
Karin. Le
sarebbe scocciato parecchio che la sua nuova migliore amica fosse morta
dissanguata.
Il
cielo, dalla finestra, cominciava
a riempirsi di nuvole, e cominciavano a scendere piccole goccie di
pioggia.
Strano, oggi sembrava una giornata soleggiata, pensò Karin.
Hinata accanto a lei, sembrava essere afflitta per questo.
”Ohhh che sfortuna!”
Si lamentava.
Invece Karin ne era sollevata. Il tempo ideale per lei. Non faceva
caldo, non
faceva freddo, il sole non l’accecava, in più era
abituata quello stato di
grigio intenso e denso.
I pensieri della ragazza furono interrotti dal fischio del bollitore.
“E’
pronto il tè!” canticchiò
allegra, come se il sole splendesse ancora nel cielo.
Con grazia incredibile, Hinata verso la bevanda nelle due graziose
tazzine di
porcellana.
Sul tavolo c’era anche un vassoio di pasticcini alla crema.
”Serviti pure!” canticchiò Hinata.
Karin abbozzò un sorriso.
“Grazie”
disse.
La rossa avvicinò la tazza al viso.
Il profumo del tè era buono. Il vapore saliva.
Avvicinò ancora di più la tazza.
Hinata
scoppiò in una
risatina.
“Che
c’è?”
“Gli
occhiali!”
Rise
anche Karin.
Giusto,
erano appannati.
Karin allontanò la tazza e l’aria fredda fece
sparire l’alone.
“Che
buffo!” disse la mora.
Adesso
il te era meno caldo.
La rossa ne bevve un sorso. Buono.
Si senti un rumore proveniente della strada. Un paio di auto
accostarono sulla
strada e Consuelo corse alla porta. Karin stupita e curiosa
sbirciò fuori dalla
finestra.
”Non ti preoccupare! E’ solo Neji con i suoi
amici”
E’
vero, Neji abitava con la
famiglia della cugina. I suoi genitori morirono molto tempo fa, in un
incidente
aereo...
Dalla finestra, Karin, riuscì a scorgere lo Hyuga. Elegante,
distinto nei modi.
Karin avvampò. Dietro di lui... l’Uchiha...
Le sembrò morire. Era in condizioni pietose! Occhiali rotti,
jeans sporchi,
felpa rovinata...
Oh,
no, oh no.
”Stai bene Izumi-chan?”
“Emh
si” mentì.
Diede un altro sguardo frugale alla porta stavolta bruciava... di
rabbia.
Accidenti. Pure il coglione con il sorriso di merda doveva venire?
In preda alla rabbia tirò un pugno sul tavolo...
“Emh...
Izumi-chan...ho fatto
qualcosa di male?”
“No,
Hyuga. Tutto a posto”
Velocemente sbirciò di nuovo fuori.
Tutta
la combriccola dei culi
di marmo. Oh che bello.
Entrarono in casa. Karin diventò di ghiaccio.
“Vado
a salutarli! Vuoi
venire?”
“No.”
disse secca la rossa.
“Ok”
sussurrò Hinata,
correndo verso il luminoso ingresso.
la ragazza, rimasta sola adesso si mise la testa fra le mani.
Perché non era tornata a casa? Perché non era
tornata dal ragazzino brufoloso
fissato con i videogames?
Perché???
“Salve,
bentornati” disse
Hinata inchinandosi.
“Buonasera
Hinata” rispose al
saluto il cugino.
Dietro
di lui, le risatine di
Naruto, Kankuro e Suigetsu.
Hinata si senti morire. Sentiva dentro di se quei tanti
“Guarda che bambinetta”,
“Ahaha ridicola”, “Ma che ha fatto quel
poveraccio di Neji per meritarsi sta qui?”
Si sentì il rumore di una tazza cascare.
Neji
si allarmò.
“Cos’è
stato?” disse serio.
Oh,
no. Oh, no. Un movimento
brusco, una leggerezza e la preziosa tazzina era già su una
nuvoletta rosa.
Gli occhi di Karin erano pieni di orrore. Oh no. Oh no. Quanto
sarà costata. Oh
no. Oh no.
Hinata corse nella sala del tè, seguita da Neji e dai culi
di marmo.
La ragazzina fu la prima ad entrare.
Karin era per terra, sbigottita.
“Scusami”
sussurrò alla mora.
Hinata
chiuse la porta. Prima
che Neji entrasse.
“HINATA!”
Risate
generali.
Gli
occhi di Hinata si
riempirono di lacrime.
”Coglioni” sibilò Karin, incazzata nera,
anche se era ancora scossa.
Hinata sorrise.
”No, non preoccuparti! E’ stato il
gatto!”
La rossa spalancò gli occhi. Avrebbe potuto fare una figura
terribile. Ma
Hinata l’aveva salvata.
”Grazie” sussurrò la ragazza.
”Non c’è di che. Non preoccuparti, non
è nulla.” sussurrò di risposta la
moretta.
Adesso
le due ragazze erano
sempre nella stanza del tè. I cocci erano stati levati, e
tutto era stato messo
a posto. I libri erano aperti, e Hinata aveva risposto correttamente
all’ennesima
domanda di Letteratura.
“Non
capisco dove sono i
problemi con la letteratura! Sei preparatissima!”
La
Hyuga arrossì.
”Ecco a dire il vero.. il motivo per cui ti ho invitato
è un altro..”
Karin
stette in silenzio.
“Non
sai quanto ti invidio...
Tu sai importi. Sei tosta. Ti ammiro un sacco”
“Scusa?”
Karin
adesso era incredula.
“Insegnami
ad essere come te
Karin!” stavolta Hinata la stava implorando.
La
rossa socchiuse gli occhi,
stava per cedere.
“E
perché dovrei farlo?”
“Perché
mi impegnerò un
sacco. Ti aiuterò sempre. Sarò la tua spalla. La
tua amica”
Aveva
le lacrime agli occhi.
Accidenti. Dire di no alla Hyuga era come accettare di restare un
eternità
sulle piastre roventi.
”Ok” disse secca sbuffando
Hinata
spalancò gli occhi e
sobbalzò.
“Evvivaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”
In
un lampo
stritol...abbracciò la rossa.
“Saremo
amiche per sempre!”
Karin
non sapeva se scappare
a gambe levate o scappare a gambe levate.
L’abbraccio di Hinata stava diventando mortale.
Ci
sono legami che uccidono,
pensò Karin, cercando sempre di liberarsi. Troppo affetto,
tutto in una volta.
“Si...ok...
però ahi... mi
fai male”
“Ah
giusto. Ti hanno
investita”
“Gia”
Hinata sorrise. E stavolta Karin, ricambiò.
Si,
erano strane insieme. Ma
era pur sempre un inizio.
“Hey...
ti chiedevo..”
“Si?”
“Avrei
dei biglietti per il
concerto degli Akatsuki di sabato prossimo...io vorrei che tu venissi
con me”
“Davvero?”
Karin
adorava gli Akatsuki.
Sua sorella era innamorata pazza di Hidan il batterista.
D’istinto abbraccio Hinata.
Sentiva che sarebbe stata una grande amicizia.
“A
domani!”
“A
domani Izumi-chan!”
Karin
salutò l’amica con un
sorriso, stavolta sincero.
Pioveva fortissimo. Fortunatamente Hinata le aveva prestato un ombrello.
La
rossa chiuse il cancello
dietro di se.
Una risata si liberò. Accanto a lei c’erano due
ragazzi, ognuno con un
ombrello. Fumavano.
Karin strinse i pugni. Ignorali, pensò, ignorali e basta.
”Che bel gatto!”
rise
mister culo di
marmo-scorfano.
Karin
si girò di colpo
furiosa. Accanto a lui c’era Gaara. L’assatanato
stava zitto, anzi era a
disagio.
“Taci
stronzo.” sibilò
furiosa.
Il ragazzo rise ancora più forte.
Portava
una camicia nera di
taglio elegante.
La stessa che portava il professore qualche giorno prima. Elegante si,
ma
vagamente... avete capito no.
“Vedo
che il professor Kabuto
ti ha contagiato Hoizuki.”
Suigetsu resto zitto, probabilmente stava meditando a qualcosa per
sfottere la
ragazza. O forse era stato il colpo basso ad ammutolirlo.
Gaara
era sempre più nervoso.
La ragazza fece per andarsene.
”Adesso ti piacciono anche gli ombrellini Izumi?”
Indicò
l’ombrellino rosa di
Hinata che Karin teneva aperto.
La rossa avvampò. Certo che l’ombrello non era
proprio “adatto” a lei.
Gaara restava immobile, con gli occhi spalancati. Faceva cenno
all’amico di
andare.
I suoi occhi erano spalancati e pieni di paura.
“E
cosa ti è successo ai
pantal...”
Karin
non poté replicare.
Gaara aveva trascinato il ragazzo dentro il giardino.
La rossa restò lì stupita. Fuori dal cancello.
Tayuya
si appoggio al tavolo.
Sospirando. Osservava l’odiosa, orribile, carta da parati
verde limone, vecchio
residuo degli anni 70’. Aveva
cercato di
rendere meno squallida la casa attaccando quadri e poster.
Il risultato non era un granché ma almeno copriva in parte
l’abominevole carta
da parati.
Karin era di nuovo in ritardo. La sua torta era venuta un vero schifo.
Rimaneva
solo la bella notizia, che però Karin non poteva ancora
ascoltare. Eh certo,
mica era ancora arrivata.
Fuori era buio e pioveva a dirotto. Dopo il dodicesimo sospiro decise
di chiamare
la sorella al cellulare.
Fuori
dalla porta si udì la
canzoncina snervante della nokia e le chiavi che litigavano con la
serratura
della porta, da riparare. Ma, sapete, la scuola...
Karin entrò, chiudendo un grazioso ombrellino rosa.
“E
questo?” chiese Tayuya
stupita. Il colore preferito di Karin non era certo il rosa.
”Me l’ha prestato la mia amica, visto che
pioveva”
“Non
mi hai ancora detto come
si...”
“Hinata
Hyuga”
Il bicchiere di cola scivolò dalle mani di Tay,
infrangendosi in mille pezzi.
Karin si butto a raccogliere con molta cura i pezzi più
grossi.
”Oh ‘fanculo Tay, era di vetro. I bicchierini di
plastica no, eh?”
Ne
aveva abbastanza di cocci
rotti.
“Hyuga?”
Karin
abbassò lo sguardo.
Tay, era sicuramente delusa. Lei solo sapeva quanto desiderasse vestiti
belli,
un’auto, una casa con piscina, cameriera e pitbull da
guardia. Calò il
silenzio.
Eppure
Karin l’ammirava
tanto: era riuscita a farcela, a non mollare, a sacrificarsi.
Tayuya avrebbe potuto fare tante cose senza Karin. Avrebbe potuto
tornare a
scuola, fare i viaggi che sognava da tempo, andare al mare... La
pioggia
aumentava.
Con
il tempo Tay, aveva
cominciato ad accettare la condizione di vita di adesso. Ma le era
ancora tanto
doloroso sentire che anche se lo nascondeva con tutte le sue forze,
avrebbe
voluto anche Karin andare al mare, avere una camera gigantesca e fare i
viaggi
che desideravo.
La rossa si alzò, per andare in cucina a buttare nel cestino
dei rifiuti
differenziati i primi pezzi di vetro.
Senza
guardare in faccia la
sorella.
“Mi
sono dimenticata della
buona notizia...”
Aggiunse
una voce allegra
dall’ingresso.
”E poi... ha chiamato un ragazzo a casa... Parlava di un
video... Mi ha
lasciato il suo numero, ma preferisce richiamarti di persona”
Karin spalancò gli occhi. Si! Si! Si!
“Davvero?”
”Certo!”
Questa era una bella notizia. Fece un salto di gioia. Tutt’un
tratto senti un
dolore acuto al ginocchio. La fasciatura andava cambiata. Un ondata di
terrore
s’impossessò della ragazza. E se
l’avesse saputo Tay? E la bici? Ohhh, addio
filmato, vita sociale, scuola e concerto degli Akatsuki.
Adesso Tayuya era in cucina.
“Cos’hai?
Non ti ho ancora
raccontato la bella notizia... nonostante la torta sia un po’
bruciacchiata.”
Karin sorrise. Le voleva davvero bene.
6:00
Buongiorno a tutti gli ascoltatori
di radio Konoha!
Oggi piove, ma non disperate! Il vostro DJ ha buone notizie!
Ieri gli Akatsuki, il gruppo
musicale del momento,
capitanato da Itachi Uciha, hanno confermato le date del concerto in
città!
E se proprio gli Akatsuki non vi
piacciono, vi ricordo
che mancano solo 2 mesi alle vacanze estive!
“Fanculo.”
Karin era di nuovo sotto le coperte. Si
chiese perché Tayuya non aveva comprato una
sveglia e basta.
Invece no. Lei all’inizio adorava la sveglia con il fottuto
DJ che parlava.
Poco tempo e cambiò idea. Così la sveglia
passò alla rossa, che adesso, come
tutti i giorni a malavoglia uscì dal suo mondo felice.
Velocemente si vestì e fece colazione, meditando alla serata
di prima.
Tayuya, aveva ricevuto una promozione. I soldi erano sempre pochi, ma
la
notizia aveva sollevato l’umore di tutte e 2. La cosa brutta
è che pioveva, la
bicicletta era rotta e il giorno prima era stata investita.
Naturalmente la sorella non doveva sapere. Le sarebbe venuto un colpo.
Quel giorno prese la metropolitana.
La fermata era vicinissima alla scuola.
Dopo
poco arrivò davanti all’Istituto.
C’erano le solite che si raccontavano i gossip.
Cercò Hinata con lo sguardo. Ma
non c’era, probabilmente era in classe.
La rossa sbuffò scocciata.
Tutt’un
tratto si fermò di
colpo. Le parve di aver visto una volvo nera, dall’aspetto
vagamente familiare.
_FINE CAPITOLO_
Il mondo morbido e profumato di
Promise (ci sono anche
gli unicorni YO!)
Arg
ora basta scrivere: sono
staaaancaaaaaa. Intanto:
BUONA
PASQUA A TUTTI VOI!
Poi...
Io,
io non pensavo veramente
potessero esserci tanti commenti!
Le
letture soprattutto mi
hanno stupito visto che nel primo giorno di fanfiction erano circa 200.
*-*
Cavoletti,
era una fiction
senza pretese, ma mi avete spiazzato. Continuate così
*addita*
Un
grazie a chi ha aiutato a
migliorarla come 0000 e Hinata_Dincht.
Purtroppo
mio fratello aveva
fatto una fanfiction su word con scritto Uchica e la correzione
automatica mi
ha fatto un casino. Per quanto riguarda il cognome di Sui, grazie
mille! Erano
anni che lo cercavo. Provvederò
a correggere il tutto
domani!
So, che su EFP ci sono tantissime fan di Sakura Haruno. Ecco, a me non
piace,
ma non prendete questa cosa dell’oca in modo offensivo: di
solito in molte
storie, soprattutto SakuSasu, è Karin che recita la parte
della strega cattiva
(non che farò recitare questa parte a Sakura.. anzi).
Mi
sembrava giusto che per
una volta fosse il contrario.
L’amicizia fra Karin e Hinata è fantastica. Sono
completamente diverse ed è per
questo che si completano a vicenda. Avete presente l’anime
Lucky Star? (se non
lo avete visto cercate su you tube che merita) Hinata assomiglia a
Tsukasa e
invece Karin a Kagami. <3
Ah
si, scommetto che
l’investimento vi ha fatto morire di paura. XD
Lo,
so, sono sadicaaaaaaaaaa.
:D
Scommetto che per chi non porta gli occhiali, la scena del te,
sembrerà
stupida. Io li porto, gli occhiali mi si appannano anche con la
pastasciutta XD
Per
quanto riguarda la scelta
dei pairing secondari, tutto è ancora casuale. Insomma, non
lo so nemmeno io
che cavolo ne verrà fuori. Potete stare certi che
però ci sarà una
Karin-Suigetsu.
Lupo Alberto stava simpatico anche a me, peccato
ç_ç Ma Sui è moooolto più
sexy.
Grazie
a chi ha inserito la
fanfiction fra i preferiti... non sapete quanta gioia mi date! <3
Commentate
e fatemi sapere se
anche questo capitolo vi è piaciuto! ^^
E
soprattutto, aiutatemi a
migliorarla! Ditemi se c’è qualcosa che vorreste
cambiare, se ci sono errori
etc.
Un
salutone one one!
P.S - Scusatemi per il capitolo orribile ç_ç
P.S (2) - SE VI PIACE LA COPPIA SUIKA DOVETE ASSOLUTAMENTE VISITARE QUESTO FORUM: http://suika.blogfree.net/ (cerchiamo staff!)
Bene adesso me ne vado definitivamente! Alla prossimaaaaa *fa ciao ciao con la manina*
|
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Capitolo 3 *** Red ***
Karin
spalancò gli occhi. Si,
certo, poteva essere una volvo nera qualunque. Non la volvo nera che
aveva
distrutto (o migliorato?) la sua bicicletta-pezzo d’epoca.
Zoppicando si
diresse il più velocemente possibile verso l’auto
parcheggiata. Ma l’abitacolo
era vuoto. Non c’era nulla. L’auto era nera e tutto
sommato Karin non aveva
perso molto sangue. Dentro l’auto c’era solo un
paio di occhiali da sole. I
Ray-Ban. Quei fottutissimi occhiali “supermegafichi che
più fichi non si può”.
Magari se avesse trovato qualcuno con gli occhiali...
No impossibile. Troppi occhiali. Troppi studenti. Troppe volvo nere in
circolazione.
Ma
le restava un dubbio.
Tirò fuori dallo zaino il quaderno nero per annotar...
”Izumi-channnn” un grido interruppe i suoi pensieri
Hinata. Karin si lascio sfuggire un piccolo sorriso.
”Entriamo?” le disse. Oggi indossava una maglia
bianca a collo alto e un
coprispalle azzurro, con una gonna.
Alla maglia era appuntata una graziosa spilla con un fiore,
più precisamente
una cosmea.
Karin invece era in jeans e indossava una maglia a maniche corte verde
e una
giacca nera risalente al neolitico. O al mesozoico?
“Ok”
rispose la rossa,
sospirando, un po’ per la volvo un po’ per
l’invidia.
Le due ragazze entrarono dentro la scuola.
”Cosa guardi?” le chiese Hinata
Karin affisse il suo volantino. La bacheca, come ogni
venerdì era stata
ripulita.
”Oh, nulla” le rispose distrattamente la rossa.
”Avviamoci in classe! Chi abbiamo alla prima ora?”
canticchiò allegra Hinata.
“La
Yuhi.” rispose afflitta
Karin.
”Oh nooooo”
Sembrava che il buon umore di Hinata fosse sparito nel nulla.
In classe l’argomento principale era del concerto degli
Akatsuki.
”Sapete, io andrò a questo concerto... e ho il
biglietto per il backstage!”
Si vantò Naruto, seduto su un banco in fondo. Hinata
arrossì violentemente. E
iniziò a scarabocchiare sul banco, in maniera ossessiva
cuoricini, stelline e
fiorellini. Taaanti cuoricini. Da far venire il diabete,
pensò Karin.
”Io ho i biglietti in prima fila!”
aggiunse Sakura allegra.
”Tu vieni Ino?”
Ino si sistemò i capelli biondi e lunghissimi. Motivo di
invidia di buona parte
delle ragazze della scuola.
”Certo, cara” rispose tranquilla.
Gaara era fermo immobile, appoggiato al muro, fissava la rossa con
orrore,
giocherellando istericamente con un mazzo di chiavi.
Un
brivido percorse la
schiena di Karin. Inquietante.
”E tu Suigetsu vieni?” trillò Ten Ten,
sempre finta, sempre allegra.
”Certo!” rise culo di marmo dai denti splendidi.
Karin strinse i pugni.
Il concerto aveva perso punti. Non sarebbe stato più
divertente. Che palle.
L’Uchiha
non c’era.
Dicevano
suo fratello fosse
tornato in città, e Sasuke fosse restato a casa per passare
del tempo con lui.
Eppure
correva voce che lui
odiasse suo fratello.
Hinata
e Karin si sedettero
accanto, come sempre. Ma stavolta erano tutte e due più
allegre, sebbene la
professoressa non donava il “sorriso” ai ragazzi e
la Yuhi ispirava perennemente
terrore e odio.
La campanella suonò quasi subito.
Tutt’un tratto la classe non produsse alcun rumore. Da fuori
si sentiva un
rumore di tacchi.
Sinistro.
La porta si
spalancò. E ne usci una bellissima donna.
Ecco
la temutissima Yuhi. I
ragazzi corsero ai loro posti e sudarono freddo.
Era
una donna bellissima. Era
giovane, aveva un viso molto bello e metà dei professori ci
provavano.
Ma, girava voce che lei stesse con il professor Asuma. Girava voce
anche che
fosse rimasta incinta, ma avesse abortito...
E alcune volte sembrava pure simpatica. Peccato fosse una stronza...
Insegnava
letteratura. E te
la faceva odiare con tutta l’anima.
”Buongiorno a tutti” sibilò fredda. Ohhh
è di buon umore, pensò con
“entusiasmo” la rossa, giocando con una ciocca di
capelli.
Hinata cominciò a tremare. Karin le diede una pacca sulla
spalla, per
tranquillizzarla.
Con
una velocità sovraumana
tirò fuori l’elegante registro e la penna.
Senza
fare l’appellò
individuò gli alunni presenti e quelli assenti e li
segnò.
Chiuse il registro violentemente. E’ proprio incazzata,
pensò Karin, incazzata
nera.
“Oggi
faremo qualcosa di
diverso” ringhiò.
La classe ebbe un sussulto. DIVERSO? Cosa si dovevano aspettare? Aiuto!
”Il preside ha detto che dobbiamo avere un metodo di studio
innovativo”
continuò.
Innovativo?!? Innovativo?!? Cosa comprendeva?!? Macchine di tortura?
Elettroshock? Legge del taglione per chi non aveva portato la
relazione? Che
cosa?!?
”Lavorerete in squadre di 4” continuò
ringhiando
La classe ebbe un altro sussulto! Impossibile! Sakura non poteva essere
messa
insieme ad Akira, Ino non sopportava Choji, Naruto litigava
continuamente con
Kiba, Kasumi avrebbe letteralmente ucciso Lee, Ten Ten odiava Shino,
Shikamaru
aveva litigato recentemente con Sasuke, Gaara aveva problemi quasi con
tutti...
senza dimenticare l’amorevole
rapporto fra Karin e culo di marmo mentadent. Ne sarebbe uscita una
carneficina.
“Mi
scusi!” alzò la mano
Tsugumi, che oggi aveva i capelli di un viola scuro.
Era
la rappresentante di
classe. L’unica che si era candidata. Una punk molto
particolare.
Una scema-miss nessuna personalità che si tingeva i capelli
per essere
considerata.
Inoltre si credeva pure una gran figa ma era un vero cesso. Diciamo una
perdente.
“Dica
signorina Misora”
“Come
mai tutto questo?”
”Vede, ieri notte i muri della scuola sono stati sfregiati da 10 graffiti.”
Accentuò la parola “sfregiati” con
particolare disprezzo.
La classe sussultò di nuovo. Chi diavolo era stato?
“Non
si preoccupi, troveremo
i colpevoli. Ma la preside pensa che un attività costruttiva
sarebbe pulire i
muri”
Un
sussulto si rimpossessò
della classe. Oh no. Oh no.
Tsugumi
si rifece forza,
incitata dalle compagne di banco
“Ma
perché proprio la nostra
classe?”
”Le altre classi devono preparare il festival
primaverile.”
Cosa?!?
Anche la loro classe
doveva preparare il festival!
Stavolta alzò la mano Juugo
”Ma signorina, anche noi dobbiamo...”
“Se
riuscirete a pulire i
muri in tempo, ah, ricordatevi di studiare per il compito.
L’ho anticipato a
lunedì prossimo.”
Eccola,
era tutta colpa sua.
La professoressa odiava i festival. Avrebbe preferito più
tempo per i suoi
corsi di poesia. Odiosa. Odiosa. Odiosa. In più sabato
c’era il concerto, la
classe avrebbe dovuto anticiparsi con lo studio. Odiosa. Odiosa.
Odiosa.
Hinata fece il broncio.
”Uffa! Non è giusto, non credi
Izumi-chan?”
”Si, non è giusto” sospirò.
Quella faccenda dei graffiti le avrebbe rubato il
tempo per il suo documentario.
Proprio la scorsa sera le erano venute in mente un paio di buone idee...
Ormai non le importava più il concerto.
”Spero almeno che ci mettano insieme, almeno ci potremo
divertire!”
Beh, effettivamente con Hinata sarebbe stato più facile
sopportare il tutto.
Anche se era più o meno da 16 ore che avevano legato, Karin
sentiva gia di
essersi affezionata.
Lo stesso anche Hinata.
La Yuhi si girò con un sorriso.
“Ah
ragazzi... mi stavo proprio
dimenticando! Oggi test a sorpresa! Izumi distribuisci i
fogli!”
Odiosa. Odiosa. Odiosa. Come volevasi dimostrare.
Nella “sala mensa” non si fece che parlare della
punizione e della crudeltà
della professoressa Yuhi.
Tutti avevano un aspetto orribile e depresso. In più, era
frustrante l’idea di
essere compagno di torture con una persona piuttosto antipatica.
In più. partecipare al festival era divertentissimo, si
conoscevano alunni di
scuole diverse, si lavorava senza il fiato dei professori sul collo e
soprattutto si guadagnava. Così, per le gite scolastiche si
usavano i fondi del
festival e non si andava a chiedere soldi alle famiglie.
Karin giocherellava con la mela rossa, passandola da una mano
all’altra.
Hinata, accanto a lei, ripassava furiosamente letteratura. Voleva
esserci al
concerto.
“Guarda
che sai gia tutto!”
disse annoiata la rossa.
”No! Non so nulla e io voglio andare al concerto!”
Karin
diede uno sguardo
annoiato intorno a se. I
culi di marmo,
senza il loro leader, assente, facevano battute sulla professoressa.
Ino,
Sakura e Tsugumi si lamentavano, un lavoro del genere avrebbe rubato
tempo alle
loro giornate di shopping e gossip. Per la prima volta Karin non lo
giudicò un
atteggiamento completamente stupido e puerile: dopotutto era amicizia.
Poi in
un altro tavolo c’erano Shino e Shikamaru che discutevano
dell’anticipazione
del nuovo (perché la Yuhi, è la Yuhi) compito,
per loro ingiusta, dato che
secondo i loro calcoli, avrebbero finito gli autori romantici pochi
giorni
prima del compito stesso.
La ragazza si stiracchiò e diede un morso alla mela.
Quel giorno non aveva preso molto, non aveva particolarmente fame. Non
mancavano comunque i mitici dolcetti alla crema.
Era
tesa anche lei per la
punizione, forse più che tesa scocciata. Ma non lo dava
molto a vedere. Sarebbe
stato solo uno spreco di tempo in più.
La campanella di avvertimento suonò. Ce n’erano 2.
Una di avvertimento che
segnalava che fra 3 minuti sarebbe suonata quella ufficiale e quella
ufficiale,
appunto. Karin si
alzò trascinando
Hinata e andarono a posare i vassoi, lasciando i compagni alle loro
chiacchiere
isteriche.
Fu il professor Jiraya ad assegnare le coppie. Quel pervertito coglione
che
toccava sempre il sedere a tutte.
Oh no. Oh no. Oh no.
Karin
teneva il bigliettino
con le coppie.
“Haruno-Sanami-Izumi-Hoizuki”
Sakura
e Kasumi corsero via a
braccetto.
Dietro, il mollusco. Con il sorriso giocondo stampato sulla faccia.
Lei con l’anguilla? Oh no. Oh no.
Il mondo le crollò addosso. Le girava la testa, aveva la
nausea per lo shock.
”Oh perfetto mi tocca quel cesso”
riecheggiò la voce di Suigetsu per la stanza.
Ma lei non la percepiva. La rabbia, il disgusto e la rabbia, avevano il
sopravvento su qualsiasi cosa.
Solo
l’eco della voce di
Hinata che l’informava che sarebbe stata in coppia con
Naruto, niente di più.
Le
veniva solo da vomitare.
La tag era abnorme. Le due ochette non avevano fatto un cazzo.
“Bene,
io direi che ci tocca
collaborare” le sorrise.
Oh,
no. Il suo sorriso no.
Tutto tranne quello.
”Muori.” sibilò Karin a denti stretti.
L’avrebbe strangolato all’istante.
”Siamo di cattivo umore, eh?”
La rossa lo fulminò con lo sguardo. Sperando che qualcosa lo
disintegrasse. Un
invasione aliena, un
satellite caduto dal cielo, la Yuhi... qualcosa, qualunque cosa.
Zitta prese una spugna e cominciò a sfregare il muro. Ma non
andava via nulla.
”Aiutami!”
Ordinò
Karin al ragazzo.
Suigetsu rise beffardo.
“Che
hai da ridere?”
“Sei
buffa” sorrise lui.
“Almeno
lavoro” osservò lei.
“Tanto
non c’è nulla da fare
con quel muro”
Karin getto la spugna bagnata sul ragazzo. Avrebbe voluto che la spugna
fosse
stata un sasso tagliente.
La rossa non l’ascoltò. Prese uno spray e
sfregò ancora più forte.
Ma, aveva ragione culo di marmo mentadent. Non c’era nulla da
fare.
“E
che palle! Quelle due non
hanno fatto un cazzo!!! Puttane!”
Suigetsu
rise e lei lo
fulminò con uno sguardo.
“Ti
sembra divertente?”
“Te
l’ho gia detto. Sei
buffissima.”
”Ma vaffanculo.”
“E
buffo vedere una balena
strofinare un panno contro un muro in preda a crisi isteriche”
”BALENA??? Io???!!!???”
”Hai ragione. Poverine, non hanno mai fatto male a nessuno
per ess...”
La rossa si alzò in piedi e diede un calcio alla gamba del
ragazzo, sperando di
avergli fatto male.
”Spero ti abbia fatto male” disse riappoggiandosi
sulle ginocchia.
“Grazie,
mucca.”
”Il prossimo te lo becchi in mezzo alle gambe”
I
sassolini per terra le
bucherellavano la gamba.
Karin cambiò gamba per appoggiarsi. Scelta sbagliata.
Appoggiò la gamba ferita.
Fece
una smorfia di dolore e
inciampò sul prato verde.
L’espressione del ragazzo cambio. Da strafottente a
apparentemente preoccupata.
”Tutto bene?”
“Si,
lasciami in pace”
Sentiva
il sangue scenderle
per ginocchio. Arg, il taglio... riaperto. Cazzo.
Il
ragazzo si inginocchiò e
capì quello che era successo. Si diede un occhiata intorno,
non c’era nessuno.
”Eh cosa fai?” si lamentò Karin.
Il ragazzo non rispose. La sollevò da terra e la porto verso
l’infermeria. Il
cielo era scuro, ma faceva un caldo terribile.
“Lasciami
subito!” protestò
la ragazza.
I corridoi erano vuoti.
“Stai
zitta” disse Suigetsu.
Cavolo
però, certo che
addominali che aveva... meritò della squadra di nuoto.
Karin arrossì. Aveva anche un buon profumo. Sapeva di...
mare. C’era caldo e
lui la stava quasi cullando.
Si accoccolò alla sua spalla e chiuse gli occhi...Lei, con
un vestito a fiori,
al mare...
Togliersi il vestito e rimanere in costume... Fare un bagno fino a
l’ora di
pranzo... Poi magari uno spaghetto allo scoglio... Magari con lui.
Karin
svegliati!!!, pensò subito.
A dire il vero, non c’era bisogno che lui la portasse in
braccio. Ma gustarsi
quel momento da “Principessa servita e riverita”
non se lo sarebbe lasciato
perdere. Anche se lui era un mollusco riluttante, certo.
Lui la guardò. Le faceva quasi tenerezza.
Appoggio a malavoglia la ragazza sul lettino dell’infermeria.
Avrebbe voluto
ancora tenerla in braccio... Ma che cosa pensava?!? Lei era noiosa e
antipatica! Per giunta pure brutta. Come gli veniva in mente tutto
questo?
Suigetsu
chiuse il box del
garage, salutando affettuosamente la sua cabriolet. Rossa, rossa
come...ehm
salsa di pomodoro? No, rossa come lei, pensò. Era difficile
mentire a se
stesso.
E quel pomeriggio nuvoloso, lui pensava a lei. Mordicchiando la matita
aprì il
libro e cercò di fare finta di studiare come sempre. Che
palle.
Ripensò
al foglietto che
aveva strappato da un annuncio, per togliersi dalla mente Pel di
carota.
Di
li a poco avrebbe compiuto
18 anni.
I
suoi, abitavano a Chicago e
volevano il “filmino” della festa, che palle. Il
bello è che non aveva nemmeno
risposto lei. Bensi una certa Tayuya. Ma come si fa a chiamare una
Tayuya!?
I
suoi avranno conosciuto un
modo saggio per usare il borotalco...
Si
sdraio sul divano nero. La
stanza era minimalista, ma molto, molto bella.
Davanti a lui c’era un televisore 110 pollici, il pavimento
era bianco. Sul
tavolo davanti a lui c’era una boccia con un pesce rosso. Arg
rosso. E accanto
dei fiori... rossi. Accidenti.
Sistemò la testa sui cuscini. Uno bianco e uno... e che
palle.
Aveva sete. Aprì distrattamente il frigo. Una lattina di
coca cola. Di
colore...rosso.
Furioso
chiuse lo sportello
del frigorifero con violenza. Ma perché tutte a lui?
Tutt’un tratto la suoneria del cellulare trillò.
Sospirando il ragazzo tolse il
cellulare dalla tasca del jeans nero.
Era
Naruto.
“Pronto?”
“Ciao,
sono Naruto!”
”Si”
“Ehy
ti sento giù”
”...”
“Okayy
ho capito, non è il
momento, volevo solo chiacchierare! La Hyuga è due
palleee...a te come ti è
andata? Il tirannosauro ti ha divorato la lingua?”
“No”
“Ehhh?
Ma stai bene?”
“No...
volevo dire si”
“Sei
strano amico. Ti va di
uscire?”
“Ok...
penso che un po’
d’aria mi farà bene.”
”Allora ci si vede al Red stasera!”
Il
Red era un pub, piuttosto
frequentato dai ragazzi della sua scuola e degli istituti vicini.
Naruto
riagganciò.
Ma
vaffanculo, pensò
Suigetsu. Ahhh Naruto è proprio un rompiscatole.
La
cameretta di Hinata era
completamente rosa. Entrati sembrava essere catapultati nel
pianeta-caramella.
Il
letto era enorme e a
baldacchino. Ci saranno stati almeno una centinaia di cuscini tutti
rosa.
Hinata sorseggiava il suo succo di frutta. Karin finiva la sua barretta
ai
cereali.
Insieme erano a sfogliare riviste e ad ascoltare musica, intonando i
ritornelli
ad alta voce.
Dopo
essersi raccontate il
pomeriggio di schiavitù gentilmente offerto dalla Yuhi, si
diedero ai discorsi
più svariati.
”Hey Izumi-chan! Sei libera stasera?” chiese
Hinata, che stava finendo di
leggere l’articolo sui profumi di Cosmopolitan.
Karin
restò un attimo
assorta.
”No, stasera non ho proprio nulla da fare!”
“Che
ne dici di andare al
Red?”
“COSA?”
“Mio
cugino mi ha portato
qualche volta... è un locale carino!”
”Ma... ma... ma... non è il posto per una come
me!!!”
“Che
discorsi sono? Come mai
non sarebbe il posto per una come te?”
”Non capisci!!!”
“Si,
non capisco! Come mai?”
“Il
massimo di lusso per me è
il mcDonalds”
“E
allora?”
“E
allora niente! Non ci
vengo”
”Ci divertiremo un sacco!”
“Quale
parte della frase –Non
ci vengo- non riesci a comprendere?”
”Smettila di fare così!”
Karin
fece un piccolo balzo
dal letto, alzandosi in piedi, con molta cautela, per la ferita.
“Ma hai visto come sto? Una barbona in confronto a me
è da Red Carpet!”
Karin, con occhio critico si vide allo specchio.
Hinata
si portò un indice
alla bocca a mò di pensiero.
“Ho
un idea!” trillò balzando
dal letto.
Prese
poi Karin per un
braccio e aprì la porta vicino lo specchio.
“Ma
che...che diavolo...oh.”
Meraviglia.
L’armadio di Hinata. Il sogno più bello dei sogni
più belli.
”Ci sono dei vestiti che io non indosso... ma penso ti
starebbero benissimo!”
La rossa sorrise afferrando al volo il blister di lenti a contatto che
le aveva
lanciato l’amica.
Hinata
prese le chiavi
dell’auto.
”Non sapevo avessi la patente.”
“L’ho
presa qualche mese fa!”
disse sorridendo Hinata.
L’auto era una meravigliosa renault scenic nera.
”Ohhh” esclamò Karin con una punta di
meraviglia e invidia. Lei non aveva più
la bici. Figuriamoci l’auto.
Salite,
Hinata accesa la
radio: la canzone era “Just Dance” di Lady Gaga.
Karin si sentiva come la cenerentola sulla zucca fatata trasformata in
carrozza.
Solo che lei era fottutamente, fantasticamente griffata. E anche se
tutto
questo andava contro i suoi ideali, non si mostrò molto
dispiaciuta. E
vaffanculo a Cenerentola e co. : nessuna di loro si era mai sentita
bene come
adesso!!!
Il
locale non era lontano.
L’insegna “RED”, in uno stile minimalista
illuminava la grande porta.
In fila, un sacco di ragazzine e studenti, cercando un pretesto per
essere
inseriti in lista.
Hinata raccolse tutto il coraggio che aveva e avanzò verso
il bodyguard, molto
carino.
”Come vi chiamate?”
”Ehhmm io sono Hinata Hyuga... Mio cugino...Ne..”
”Entri pure.”
La rossa restò sbalordita. Oh cacchio.
Erano
tutte e 2 splendide.
Karin indossava un completino Richmond. Hinata invece era uno schianto
con il
suo chanel.
I capelli rossi di Karin erano lucidi e ondulati. I capelli di Hinata
erano
liscissimi.
Karin
stava risplendendo, ma
non erano le luci soffuse del pub ad illuminarla. Il vestito Richmond
nero e
bianco esaltava le sue forme e senza occhiali era ancora più
bella,
impreziosita da un paio di orecchini.
I capelli, rosso fuoco erano la ciliegina sulla torta.
Elegantemente
si sedette su
un tavolino e si mise a chiacchierare con la mora.
Sopra,
nel privè, il gruppo
di Sasuke era stravaccato sulle varie poltroncine rosse.
L’Haruno
stava limonando alla
grande con l’Uchiha, che però partecipava al
rapporto come partecipa
una casalinga ad una partita di
pallone. Almeno la rosa tutto pepe sembrava gradire.
L’Uzumaki cercava di cuccare con una ragazza francese
arrivata a Konoha con un
programma di scambio culturale: Margot.
Lo Hyuga con Gaara parlava del pomeriggio infuocato con altre ragazze.
L’unico solo, triste, depresso era proprio lui: Suigetsu per
noi, Culo di marmo
mentadent per Karin. Poi vabbè, c’era Gaara, ma
lui era sempre incazzato
nero...
Lentamente si affacciò al piccolo balcone che dava la vista
sulla pista da
ballo e sulla sala di ristorazione.
Rosso.
Suigetsu aveva un nodo alla gola. Lei? Così... bella?
Chiuse gli occhi massaggiandosi la testa. Ma cosa gli stava succedendo?
Il
cameriere si avvicinò al
tavolo.
”Cosa prendete signorine?”
Signorine?
Wow che classe.
“Io
prendo del sushi! Tu
Karin?”
Karin
arrossì, l’aveva
chiamata per nome.
Il
viso di Sasuke si spostò
sulle due ragazze.
“Emh,
io...pure per me
sushi.”
Mentre
Karin si chiedeva cosa
diavolo fosse il sushi gli occhi dei ragazzi erano ancora fissi su loro
due.
Naruto
stava addirittura
sbavando.
“Fai
schifo” disse Sasuke con
disapprovazione.
”Ma che gli è successo?!?”
domandò esclamando Naruto ignorando Sasuke, che
aveva staccato le labbra da Sakura, ormai ubriaca, quasi addormentata e
stava
fissando Karin con interesse.
Suigetsu strinse i pugni. Ondata di gelosia. Ma l’Haruno non
gli bastava?
Karin si accorse dello sguardo dell’Uchiha e sorrise con
malizia. Pugnalata.
Come se mille, anzi centomila spade gli si conficcassero nel cuore.
Come mai soffriva? Lei era un cesso. Allora?
Come
mai avrebbe
tranquillamente spaccato la faccia al suo migliore amico?
Suigetsu scrollò le spalle. Era ubriaco, fuori di se. Non
stava pensando
razionalmente.
“NON
POSSO CREDERE CHE TUA
CUGINA SIA QUELLO SCHIANTO!!!” urlò Naruto a Neji,
che preferì non proferire
parola.
”SE L’AVESSI SAPUTO PRIMAAAAA! ARGGGGG”
Naruto adesso stava sbattendo la testa
contro una colonna. Margot, visibilmente turbata fuggi.
“Naruto
chiudi quel cesso di
bocca” sospirò Sasuke, allontanando freddamente
l’Haruno, che ormai però era
abituata.
”Suuuuu invitiamole!” implorò Naruto,
“Perfavooooreeeee!!!”
Sasuke
si guardò intorno
cercando il consenso dei ragazzi.
Neji e Gaara erano contrari.
Naruto
era superfavorevole.
“Eddai!
Eddai! Eddai!”
Suigetsu sembrava rincoglionito.
Lui? Favorevole.
”Si può fare.” annunciò.
Suigetsu
sentì
improvvisamente l’irrefrenabile desiderio di buttare
l’Uchiha da qualcosa di
alto. Molto alto... Mondo
Piccolo di Promise (E’ un mondoooo
piccooooolllooooo, piccoooloooo, piccooooolo)
Ma
ciaoooooooo! Se hai letto fin
qui... ti vogliooo bene!
Scusate
per il ritardo, ma
una professoressa vuole la mia morte. T___T
Come avete visto... ehm.. si... appunto... perciò.
Arrivederci al prossimoooo eppisodiooooo!
(Ve
l’avevo detto che era
piccolo piccolo come mondo ù_ù)
COMMENTATE YO! XD
|
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Capitolo 4 *** Incubo? ***
Suigetsu
sedeva, fuori, sulla
panchina del parco pubblico. A chiedersi cosa gli era passato per la
testa.
Perchè
l'aveva fatto? Era gia
successo... ma mai per lei. E se Sasuke non lo aveva denunciato,
probabilmente
era perchè il piccolo Uchiha era talmente fatto da non
capire nulla.
Lei
non se ne era nemmeno accorta.
Neanche sapeva lui fosse li. Quella serata era stata sua...tutti gli
occhi su
di lei... su i suoi capelli rossi.
Il
ragazzo strinse i pugni in
preda alla gelosia.
Poi
afferrò la testa con le
mani e stette in silenzio. Non voleva vedere nessuno. Non voleva
sentire
nessuno.
Sarebbe
voluto stare solo,
nell'oceano. Senza nessuno. Senza sentire stronzate e non vedere nulla.
E
continuava a chiedersi il
perchè di tanto dolore dentro di lui. Eppure Karin era
brutta e insopportabile.
Che palle.
Una
mano si appoggiò con
dolcezza sulla sua spalla.
"Come
mai sei triste,
Hozuki-kun?"
1 ORA PRIMA
"Allora?
Che ne pensi?
Ti piace il sushi?"
Hinata
aveva appena finito.
Sorrise e bevve un pò d'acqua finendo la bottiglia.
Karin
non era sorridente.
Anzi.
"Il
wasabi...
bruciore...acqua" squittì. Le lacrime le riempivano il viso.
C'era
qualcosa che non
andava. Hinata squittiva di solito. Non Karin. Hinata.
Karin
era rossa in viso, ma
non era per le occhiatine insistenti dell'Uchiha.
Faceva sforzi disumani per non mettersi ad
urlare come un'invasata.
"Stai
bene?"
I
capelli di Karin stavano
diventando di una tonalità più opaca del viso. O
forse era solo Karin che
cambiava tonalità da un rosso peperone a un viola
preoccupante?
Hinata
osservò la bustina del
piccantissimo wasabi completamente vuota.
"N...no"
"Oh
santo Cielo..."
sussurrò la mora spalancando gli occhi e portando una mano
alla bocca.
Hinata,
ormai esperta di
pronto soccorso afferrò Karin per un braccio e la
portò verso la toilette delle
signore.
Sul
privè c'era aria tesa.
Sasuke
e Naruto erano
impazienti di ricevere le loro "nuove ospiti".
Neji
non condivideva l'idea
che sua cugina finisse con quello squilibrato dell'Uzumaki. E poi, lui
voleva
divertirsi con Ten Ten... Mica poteva farlo davanti a sua cugina.
Gaara
era orripilato.
Suigetsu
sembrava fatto.
Eppure era "lucidissimo".
Intanto
erano saliti su
Kankuro e Kiba.
Erano
tutti stravaccati sulle
varie poltroncine a sorseggiare i loro coktails.
Sasuke
seguì con la coda
dell'occhio le ragazze che si dirievano velocemente verso la toilette.
"Che
porche!" urlò
Kiba
"Hanno
gia capito tutto e
si stanno mettendo comode!!!"
"BRUCIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!"
Urlò
istericamente Karin
attaccandosi al rubinetto del bagno, sotto le occhiate di
ragazzine-troiette
scandalizzate.
"Gia
mi immagino la
Hyuga senza... insomma... non so se avete visto durante educazione
fisica
come..."
"Naruto
queste cose
tienitele per te." sentenziò Neji, da buon cugino e ragazzo
rispettabile
fra le mura domestiche.
"Eddai
Cuginooo!!! Che
fortuna te... l'avessi io una cuginetta così in casaaaaa!!!"
"Naruto,
non esagerare"
osservò l'Uchiha serio.
"E'
molto carina anche
l'Izumi" disse Kiba
"Di
solito viene a
scuola come una barbona" rise Naruto
Suigetsu
si fece scuro in
volto
"Hey
Hozuki, come è
andata con la strega?"
"Mpt..."
mormorò
Suigetsu, pensando ai corridoi e l'infermeria.
"Ti
ha mangiato la
lingua?" rise Kankuro
"Ha
detto mica qualcosa
su di me?" Aggiuse preoccupato Gaara.
"No...
nulla"
sussurrò Suigetsu. Ma che aveva Gaara?
Fissava
la lampada rossa
davani a lui.
"Adesso
va meglio
Karin?"
"Io
non lo mangerò più.
Lo giuro su me stessa, la mia cinepresa e i biglietti del concerto"
Improvvisamente
l'interesse
per il concerto era tornato.
Suigetsu
non le avrebbe dato
noia. Lei si sarebbe tenuta a distanza. Perchè doveva
rovinarsi una serata per
culo di marmo mentadent? Che bisogno c'era?
Nessuno.
Karin
usci dal bagno
volteggiando leggera. Hinata era soddisfatta.
"Si
sta facendo tardi?
Vuoi tornare a casa?"
"In
effetti sono un pò
stanca... Mica sono abituata a uscire fino a tardi"
La
rossa fece uno sbadiglio.
"Lavoraccio
con i
graffiti vero?" rise Hinata.
"Si!"
rispose
ridendo Karin.
"Dai,
chiediamo il
conto!"
"La
prossima volta al
McDonalds!"
Sempre
ridendo andarono verso
al tavolo.
In
mezzo al tavolino, c'erano
però 2 rose e una bottiglia di champagne.
"Waaaaahhhh"
grido
entusiasta Hinata portando una rosa al viso, per sentirne il profumo.
"Ci
dev'essere stato
sicuramente un errore." Sospirò razionale Karin.
"Ma
ci sono 2
rose!!!"
"Ma
noi non abbiamo
l'età per bere."
Hinata
la fissò e Karin
arrossì. Certo, non aveva l'età ma... Tutta colpa
di Tay e le sue serate pizza
e birra.
Tuttavia...
"Hai
ragione. Chissa cosa direbbe mio padre. Chiediamo il conto e informiamo
dell'errore."
"Ma
quanto ci
mettono?" sospirò Naruto buttandosi a peso morto sulla
poltrona.
"Tutto
a suo
tempo." replicò l'Uchiha.
"Mptf"
mormorò
Suigetsu, nervi a pelle, faccia da pesce morto 3 giorni fa e nuova e
inaspettata ossessione per un colore.
A
dire il vero, lui avrebbe
voluto che Karin se ne fosse andata. Che avesse pensato fosse stato
tutto uno
scherzo. Una burla.
"No,
signorine. E' stato
proprio recapitato a voi... Non esiste problema."
Karin
era incredula. Non
sapeva cosa fare, dove guardare, cosa pensare.
Seduta
lontano, c'era Hinata,
che aspettava una risposta... un segnale...
La
rossa lesse il cartellino
del cameriere. Julian. Mmmm carino.
"Hai
bisogno di una mano...?"
"Karin"
"Hai
bisogno di una mano
Karin?"
"Portami
dal
tizio."
Bene,
il privè doveva essere
questo.
2
Piccole rampe di scale,
porta rossa.
Karin
si sistemò i capelli e
si mise un pò di profumo.
Rimase
immobile per qualche
minuto.
Eddai,
fa qualcosa! Pensò.
Ma
sentiva delle voci.
L'azienda
Uzumaki, nella
quale era compreso il locale dove sua sorella lavorava, avrebbe
licenziato
maggior parte dei dipendenti.
Ad
essi venivano mandate
delle lettere con un accenno a una possibile promozione. Tutte cazzate.
Inoltre
il signor Uzumaki
avrebbe guadagnato tanto da ampliare la piscina della casa del figlio.
Oppure da farne una nuova, probabilmente più bella.
Aveva
sentito parole come
"poveracci", "morti di fame", "barboni"...Ma
perchè era tutto così?
Naturalmente
questi “morti di
fame” avrebbero dovuto pulire la nuova piscina. E loro
ridevano, ridevano.
Come se la vita fosse un arcobaleno pieno di unicorni e fogli verdi,
con cui potevi
comprare la felicità...
Forse
era vero. Loro erano
felici. Perché lei non poteva esserlo?
Le
lacrime salirono. La rossa
si allontano. Non voleva sentire altro. Era solo arrabbiata.
Era
tutto così ingiusto.
Succedeva sempre così.
Povera
Tay...
"Io
vado in bagno."
sospiro Suigetsu. E si diresse verso la porta.
Al
primo rumore, Karin con
uno scatto corse nel corridoio dove venivano separati i bagni maschili
da
quelli femminili.
Appoggiò
le spalle al muro
freddo e si sedette sul pavimento.
"Ah
eccoti."
La
ragazza sussultò.
"che
cazzo ci fai tu
quì?" sibilò infuriata.
Suigetsu
le si avvicinò
lentamente.
"Tecnicamente,
questa
sarebbe la mia domanda. Non vale." disse calmo.
"Eri
tu quello che ha
mandato le rose..."
Mentire
o dire la verità?
Verità.
"No."
"Oh."
Karin ebbe
una punta di delusione, che però nascose bene.
Sarebbe
stato bello umiliare
Suigetsu e tutti quei cazzo dei suoi amici. O forse avrebbe veramente
voluto
ricevere tutte quelle attenzioni da lui?
"C'è
qualcosa che non
va?" sussurrò lui.
Mentire
o dire la verità?
Mentire.
"Emh...
sai Julian... il
cameriere. Beh... mi ha risposto un pò male... ci sono
rimasta male... tutto
quì. Certo che schifo di servizio...il cliente andrebbe
trattato con più
riguardo... lo farò presente al direttore..."
Si,
col cazzo. L'autorità e
il parere di Karin in quel mondo così distorto e orribile
era superiore solo ad
un oliva.
E
poi si sentiva anche
orribile. Dopotutto Julian non aveva fatto proprio nulla di male.
Il
ragazzo si mise a ridere.
"Adesso
cos'hai da
ridere?"ringhiò Karin
"Sei
buffa quando ti
arrabbi."
"Secondo
te, sono sempre
buffa!"
"Si...
sono buffa,
grassa, stupida..."
Non
aveva nemmeno voglia di
rispondere alle provocazioni.
"Ma
cosa hai capito...
buffa vuol dire adorabilemte spassosa!"
"Si,
e Babbo Natale
esiste."
La
mano del ragazzo le sfiorò
il viso.
"Karin...
Karin...Karin..."
"Toh.
Mi chiami pure per
nome."
"Perchè
non
dovrei?"
"Perchè
non ti ho dato
il permesso."
Suigetsu
sorrise. Anche se i
suoi denti erano orribili, Karin si sentì quasi meglio.
"Perchè
sei
triste?"
"Perchè
non sono affari
tuoi."
Il
suo profumo le si
avvicinò. Dolcemente si chinò su di lei e
avvicinò le labbra...
Karin
chiuse gli occhi. Una
parte di lei avrebbe volentieri preso a calci nelle gengive il ragazzo,
ma
l'altra decise di lasciarlo fare...
Adesso
era sempre più
vicino... mooolto più vicino...
"ECCOVI!"
Gridò
Hinata facendo sobbalzare i due, rossi in viso.
Hinata
guardò la scena. Due
ragazzi muti e rossi come peperoni su un pavimento del bagno. Mmmm...
"Ho
interrotto mica
qualcosa?" sussurrò Hinata risentita.
Per
qualche secondo i due si
guardarono, ad occhi spalanchati, senza proferire parola.
Mentire
o dire la verità?
"Mi
stavo chinando per
far vedere quanto fosse nana quella mucca!" rise Suigetsu indicando
Karin
"No,
stavo solo notando
che fra gli abominevoli denti di Suigetsu c'era dell'insalata!!! Su
andiamo!
Sono stanca!" esclamò Karin alzandosi in piedi.
Hinata
trascinata dall'amica
giù per le scale parve disorientata.
"Ma
Kay!!! Andiamo almeno
a ringraziare!"
"Per
cosa? Per un cazzo
di champagne don Porron..."
"Don
Perignon"
"Si
ecco giusto appunto.
Che però nemmeno abbiamo consumato! Vogliono farci solo
carità!"
Hinata
si fermò.
"In
che senso?"
Ops.
Tasto MOLTO dolente.
Caddero
silenziose a terra le
lacrime. Di nuovo.
Dal
balcone adesso capì chi
c'era e la fissava anche Suigetsu. Solo, che non rideva più.
"Lascia
perdere
Hinata..."
"Karin..."
sussurrò
tristemente la mora restando immobile.
Suigetsu
si girò infuriato
contro Sasuke.
Successe tutto così
velocemente.
Tayuya
era seduta accanto a
Karin sul divano.
"Tutto
bene?"
"Adesso
va meglio...
grazie Tay."
"La
mia cioccolata fa
miracoli."
La
cioccolata di Tayuya non
era una cioccolata come le altre.
Sembrava Flanders nel film dei Simpson quando preparava la cioccolata a
Bart.
Insomma,
era una pozione
miracolosa e piena di calorie.
Ottimo
rimedio per l'umore,
un pò meno buono per i brufoli.
"Anche
se è quasi
estate..."
"Vedi?
Stai protestando!
E' un ottimo, anzi un ottimissimo segno!"
"Stai
insultando la
nostra lingua." osservò Karin.
"L'avevo
detto che la
mia cioccolata fa miracoli!" sorrise Tayuya e portò la tazza
nella piccola
cucina.
Karin
sistemò la soffice
coperta sul divano letto e sintonizzò la televisione (un
altro pezzo d'epoca)
su MTV, alzando il volume.
"Forse
hai fatto male a
lasciare la tua amica da sola."
"Si...
Mi dispiace...
Spero che mi sappia perdonare."
"Dopotutto
merita un
grazie... Ti ho vista tornare a casa con mascara colato e tutto... Ma
non mi
era mai successo di vedere la mia sorellina così splendida!"
Abbracciò
forte Karin.
Tay
era una grande.
"Hey Tay..."
"Si, Kairy?"
"Lo
so che sa molto di
stronzata commovente... Ma mi puoi parlare di mamma e papà?"
Chiese ignorando il
soprannome orrendo.
Tayuya
la fissò a lungo.
"Beh.
Mamma era una
groupie e papà una rockstar drogata."
"oh.
Che schifo."
"Poi,
si sono messi la
testa a posto."
"Per
modo di dire."
"Si
sono sposati a Las
Vegas!" Tayuya battè le mani divertita mettendosi degli
occhiali pieni di
paillettes che luccicavano.
"Con
un prete travestito
da Elvis!" urlò Karin imitando il Re del Rock.
"Oppure
Elvis
resuscitato e fattosi prete."
"Potrebbe
essere."
"Che
fico."
convenne Tayuya.
"E
poi? Siamo arrivate
noi."
"Gia.
Che stronzata fare
2 figlie quando non hai un cazzo per mantenerti."
"Figuriamoci
per
mantenere noi due."
"Si...
e poi che
stronzata bere prima di guidare. Però, ci volevano bene. In
tutte le loro
fottutissime imperfezioni."
"E
si amavano?"
"Forse
non sarannno
stati una coppia meravigliosa... ma si amavano veramente. Vedi, non
sempre le
coppie -oh Jenny sono fatti per stare insieme- sono fatte per stare
insieme. In
più sono fottutamente noiose." convenne Tayuya.
"Com'erano?"
"Mamma
era una sventola
con i capelli rosso fuoco. Tipo Jessica Rabbit."
"Non
si direbbe che
abbiamo preso da lei!"
"Parla
per te! Papa era
figo come Kurt Kobain. Però cantava da schifo."
"Dopotutto
suonava la
batteria."
"Aveva
un buon senso del
ritmo!"
"Ma
faceva schifo lo
stesso."
"Poi...
beh è arrivata
zia Eveline. E poi ho compiuto 18 anni. Tu ne avevi solo 10."
"La
odiavo quella
strega."
"Era
una talpa come
te!"
Tayuya
e Karin scoppiarono a
ridere, come forse non ridevano da tempo.
"Allora
raccontami
dell'incidente con il wasabi!!!"
"Non
me ne parlare! E'
stato orribile! Sentivo l'inferno."
"Peggio
di quando hai
giocato a chi mangiava più peperoncini?"
"Avevo
3 anni!"
ribattè Karin, incrociando le braccia.
Tayuya
si alzò in piedi e
tirò un cuscino a Karin.
"Battaglia
cuscinosa?" disse in tono di sfida
"Ma
certo!"
Le
piume volavano in tutta la
stanza ed erano crollati un paio di poster e qualche sedia di plastica.
Tayuya
salì sul divano con un
salto felino e iniziò a tirare alcuni vecchi pupazzi addosso
a Karin.
Quest'ultima
continuava a
colpire la sorella con il cuscino che continuava a riempire di piume la
stanza.
Adesso
nel minuscolo salotto
Izumi sembrava arrivata la neve in fine aprile. Nemmeno l'orribile
carta da
parati si notava più.
E
fanculo alla carta da parati, alla
bolletta del telefono, al
padrone di casa, pensò Karin. Nella sua
semplicità, la sua vita forse non era
così male.
Suigetsu cammina
per la strada... cosa ci fa quel coglione?
P..perchè
viene
verso di me? Cerca rogne? Che testa di cazzo...
Un momento, si
dirige verso di me! Lo ignoro. Quel mollusco non si merita nemmeno uno
sguardo.
Eppure è
sempre più
vicino... non è così br...KARIN.
MA.
COSA. STAI. PENSANDO?!?!?!?!?!
E' un cesso eppure
perchè arrossisco...?!?!?
Perchè quel
coso mi sorride?!?
Mi sta
prendendo le mani... smettila di sorridere Karin!
E' così
vicino... AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!
6:00
Buongiorno a tutti gli ascoltatori
di Radio Konoha e
buona domenica a tutti!
Karin
si risvegliò sudata con
la gola in fiamme per l'urlo agghiacciante da doccia di psyco.
Porto
una mano alla bocca.
Era in camera sua. Solo in camera sua. Tranquilla
Karin... sei sola!
La
porta si aprì di colpo.
"Sto
arrivando
sorellina!!!" urlò Tayuya brandendo una mazza da baseball.
La rossa cadde
dal letto per lo spavento.
"..."
Karin
prese gli occhiali per
meglio esaminare la scena, rialzandosi in piedi.
Il
silenzio era così
imbarazzante.
"Aehm...
avevo sentito
urlare" si giustificò Tayuya nascondendo la mazza dietro la
schiena.
"..."
"Oggi
preparo le
frittelle.. va bene?"
"Eh?
Ah si, ok"
sussurrò frastornata Karin.
"Va
tutto... bene?"
"Ehm
certo." mentì
Karin.
"Però
non impostare la
sveglia così presto la domenica... dovresti riposarti."
"Giusto...
Hai ragione,
credo che tornerò a dormire ancora un pò."
Dormire?!?
Per ritrovarsi in
incubi terribili? No grazie.
"Bene!"
sorrise Tay
e chiuse la porta dolcemente.
E questa era l'ultima notizia!
Passate una dolcissima
domenica!
Karin
si raggomitolò sul
letto. Aveva tre quesiti fondamentali da
farsi:
a)
come mai aveva selezionato
la sveglia di domenica.
b)
come mai aveva sognato
culo di marmo mentadent. E il cuore le batteva più forte del
solito.
c)
come mai non aveva avuto
il coraggio di dire niente a Tay.
Guardò
la stanza pensierosa e
il suo sguardo si posò sulla scrivania dove c'era la sua
cinepresa e il
computer (risalente al mesozoico) dove montava i filmati. Oasi di
salvezza!
"Oggi
giorno di
riprese!"
Tutt'un
tratto suonò il
campanello. Hinata.
Mondo "ritardoso" di Promise.
Ehhh
che nick di cacca che
ho. Prometto troppe cose. (non pensate male, niente doppi sensi
ò.o)
E
a forza di promesse, favori
e scuola non sono riuscita ad aggiornare.
Pazienza.
E spero che questo
capitolo sia di vostro gradimento.
E'
un capitolo confuso, ci
sranno un pò di dubbi che verranno però risolti
nel prossimo capitolo!
Boh,
non ho molto da dire, se
non da ringraziare gli utenti che hanno recensito, hanno messo fra i
preferiti
o nelle seguite. AdoroVi! <3
Nel
prossimo capitolo avrò
l'occasione di salutarvi per bene! Ahhh non vedo l'ora!
Ricordo
a tutte le angurie
che il forum per la loro coppia preferita è questo! http://suika.blogfree.net/
(notare la
grafica XD)
Ultimamente
siamo cresciuti
parecchio e siamo diventati una famiglia! (il forum è aperto
anche agli anti
XD)
Speriamo
di pubblicizzare il
suika ancora di più! <333333333333333333333
That’s
ammmoooooooooooooooooooooooooooooooooreee!
Kiss
Kiss
Promise
<3
(YO!)
|
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Capitolo 5 *** Lotta ***
”Se
non apri te li faccio
venire io gli incubi!” aveva intimato Tayuya che cercava di
riposare nella sua
piccola stanza, mentre Karin cercava di nascondersi in qualche modo,
protestando a voce bassa.
Karin aprì la porta fingendosi assonnata. Aveva terrore...
magari Hinata era
veramente furiosa. Poi, diciamocelo pure, la rossa non amava risolvere
i
problemi (ne tanto meno crearseli, ovviamente).
Lasciò la catenella chiusa, come se non avesse saputo fin
dall’inizio che la
mora avesse aspettato per ben 25
minuti,
suonando ad intermittenza il campanello, senza però essere
troppo sgradevole.
“Buongiorno
Izumi-chan!”
arrossì Hinata. Oggi indossava un vestito verde chiaro con
sopra una graziosa
giacca bianca con dei ricami di fiori. Al collo era legata una collana
con una
farfalla e i capelli erano legati in una coda, rifinita da un fiocco di
raso
dello stesso colore del vestito. Ai piedi un paio di ballerine con un
piccolo
tacco, verdi e molto semplici, ma graziose.
La rossa arrossì imbarazzata. Nulla in confronto alla sua
maglia a maniche
corte e consumata con il logo dei Rolling Stones e i jeans aderenti
sbiaditi
alle ginocchia. Ai piedi lei indossava delle semplici scarpe da tennis
consumate e sbiadite.
Karin
spalancò gli occhi. Non
era arrabbiata ma in mano teneva un piccolo pacchetto e un bigliettino.
Di
scuse. Coosa? Hinata non c’entrava niente in quella storia!
Anzi era Karin che
aveva esagerato come al solito. Allora come mai tutto questo?
“E’
presto...” osservò Karin,
fingendosi di nuovo assonnata.
Hinata
diventò rossa.
”Oh.. scusa..è che...ho sentito
urlare...ecco...non volevo
disturbare...ma...ma...ci tenevo a fare visita a Izumi-chan!”
Fregata.
Accidenti a tutti
gli incubi. Preparati per il terzo grado Karin, pensò la
rossa.
Eppure
il cuore le batteva
ancora fortissimo... per il disgusto o per...Karin scosse la testa.
Disgusto. Decisamente disgusto. Nessun dubbio. Disgusto.
“Oh...entra
pure...” mormorò
impacciata Karin, aprendo completamente la porta.
Hinata ebbe un lieve sussulto. La casa della sua amica era molto
semplice e
molto diversa dalla sua.
Ecco
perché Karin era a
disagio quando è venuta a casa mia; sono veramente
egoista...pensò.
“Kay...
mi dispiace per ieri
sera!” disse Hinata sincera.
”Ehy, ci dev’essere un errore. Sono io che ieri mi
sono comportata da stronza.
Ovvero, scusami tanto Hinata!” disse secca Karin. Non voleva
che Hinata si
sentisse in colpa.
“Ti
ho portato i tuoi
vestiti... Li hai lasciati a casa mia. Ricordi?”
sussurrò imbarazzata Hinata
”Eh gia! Anche io ti devo consegnare il vestito splendido
dell’altra sera...”
sussurrò Karin persa nei pensieri.
Certo che era veramente bella quella sera. Karin non era mai stata
così
elegante e sofisticata. Nemmeno così fottutamente sexy,
considerati gli sguardi
dei vari ragazzi.
”Oh... ma io voglio che tu li tenga!” disse Hinata
facendosi posto fra i
cuscini distrutti e i cartoni della pizza, sedendosi educatamente sul
divano
semi-distrutto, rigirando il pacchettino fra le mani.
“No!”
urlò Karin, mentre
rompeva le uova.
”Ma guarda che a me non piacciono! A te invece stavano
benissimo!”
“Cosa
vuoi per colazione?”
“Non
cambiare argomento!”
“Ok,
allora le preparo io le
frittelle. Tay è sfaticata!”
”Allora lascio qui i vestiti e
scappo
prima che tu possa rendermeli!” disse Hinata incrociando le
braccia.
Karin
stava per controbattere
, ma improvvisamente Tayuya usci dalla sua stanza. I suoi capelli erano
raccolti con un vecchio fermaglio per capelli e indossava un paio di
jeans neri
e una t-shirt azzurra un po’ stropicciata. Gli occhi stanchi,
di una ragazza
che aveva fatto baldoria con la sorella fino a tarda notte, costretta a
svegliarsi presto, di domenica. Per il resto era sempre davvero molto
bella.
“Ehy
ehy ehy! Chi sarebbe la
sfaticata?”
Hinata
si inchino,
sbalordendo le sorelle Izumi. Inchini a casa Izumi non si erano mai
visti.
“Piacere
di fare la vostra
conoscenza... io sono Hinata Hyuga.”
“Oh.
Ah. Beh...io sono Tayuya
ma va bene anche se mi chiami Tay!” sorrise Tayuya un
po’ sorpresa e impacciata
cercando di rassicurare la ragazza.
“Tayuya,
potresti preparare 2
tazze di caffè forte e...Hinata?”
”Mmm, a me va benissimo del thè.”
“Subito!”
“Certo
che sono veramente
buone! Karin sei davvero brava!” disse Hinata finendo con
l’ultimo boccone.
“Ehm...
modestamente i dolci
mi vengono particolarmente bene. E’ mia sorella che li
brucia!” disse Karin
sorseggiando il caffè.
“EHY!”
Tayuya stava prendendo
i piatti.
Karin e Hinata si misero a ridere, mentre iniziarono a raccogliere i
bicchieri,
per aiutare.
“Cos’avete
intenzione di fare
oggi ragazze? Dopotutto è domenica e
c’è bel tempo!” domando Tayuya mentre
cercava il detersivo per le stoviglie.
Hinata guardò Karin.
”Ehm beh, io un’idea l’avevo... Sono un
po’ indietro con il mio film, è un po’
noioso però...nulla di speciale”
“L’avevo
detto che sei piena
di talento! Posso aiutarti? Ti pregoooo!” implorò
Hinata
“Guarda
che è un po’
faticoso...l’attrezzatura è pesante e oggi fa un
caldo pazzesco.” ed era vero.
“Sopporterò!
Fammi venire con
te!!!”
“Guarda
che l’argomento è
palloso e piuttosto critico.” chissà come
l’avrebbe presa Hinata dopo aver
saputo che il suo documentario trattava sul degrado generazionale e
sulla
differenza impressionante della ricchezza tante volte usata in modo
sfrenato,
in pratica una critica al suo mondo.
“Ti
sto pregando!” continuò
Hinata usando il suo tono della serie -se non mi porti con te sei un
perfido e
bruttissimo (nonché senza un po’ di cuoricino) che
merita di bruciare
all’inferno-.
“Eddai
Karin! Vi divertirete
insieme!” la esortò Tayuya, mentre strofinava i
piatti con un panno per
asciugarli.
“Ok!!!”
urlò Karin,
sconfitta, mentre le due ragazze si guardavano con intesa.
Il
sole batteva fortissimo,
l’asfalto era letteralmente bollente e l’aria era a
dir poco soffocante. L’attrezzatura
era molto pesante. Hinata era visibilmente provata dalla fatica.
“Karin…
scusa ma…” Hinata arrossì. Non avrebbe
voluto essere d’impiccio, ma la faccenda stava diventando
proprio faticosa.
“Si,
fermiamoci, sono esausta
anche io… ci dovrebbe essere un bar nei paraggi”
sussurò Karin.
“Suigetsu…”
Karin
tossì violentemente e
tutti gli sguardi si levarono sulle due ragazze.
Hinata
si preparò a
praticare la
manovra, ma Karin accennò
che andava tutto bene.
“Senti
Hinny, l’ultima
persona di cui voglio sentire parlare è proprio culo di
marmo mentadent”
Sbottò
Karin.
“Ha fatto a botte con Sas…”
“Problemi
suoi!” ringhiò.
Non ne voleva sapere nulla dei problemi degli
altri. I suoi erano già
enormi e potenzialmente irrisolvibili.
La
mora guardò in basso. Ops.
Tutt’un
tratto, Karin si
sentì il peggior mostro in tutto il mondo.
L’essere più spregevole di tutto
l’universo.
Okay,
aveva i suoi problemi,
ma Hinata era sua amica. E Karin aveva esagerato.
“Hinata
scusami! Non volevo
offenderti!!!”
L’espressione
dell’amica
cambiò subito.
“Non
ti preoccupare!”
Karin
sorrise, accorgendosi
di quanto fosse comprensiva Hinata e di quanto era stata fortunata a
stringere
amicizia con la giovane Hyuga.
“Ciao!
E’ un paio di giorni
ke nn riesco a contattarti! Risp una certa Taiuia.
Ecco vedi sono interessato a 1 serviz. Risp
se 6 interessato/a”
“Ahem,
ahem... forse con la
grammatica è un po’ scarso, ma i soldi son
soldi.” spiegò a Hinata.
“Passami
il cellulare, sono
una contrattatrice!” sorrise entusiasta Hinata
“Se
lo leggesse mia sorella…”
Hinata era concentrata sul messaggio.
“Fatto!”
esultò
“Eh?”
“Ho
inviato il messaggio!”
“E
cos’hai scritto?”
*BIP
BIP*
“Oh! E’ arrivata la risposta”
“E
cosa dice?!?”
“Dice,
che vuole che tu filmi
la sua festa… si tratta di un evento piuttosto importante,
con gente importante”
“E
quanto offre?”
“Ha
detto anche 15.000
dollari per un lavoro fatto bene.”
“COSA?!?”
“Beh,
sai anche per il mio
battesimo pagarono tanto. Forse un pochino di più. Poi qui
si tratta di riprese
per tutta la serata. Il tipo sembra non voler darsi al risparmio
insomma.”
“COSA?!?”
“Non
dovresti essere
contenta?”
“Se
sono contenta? Da oggi
posso morire felice!!!... No, aspetta. Prima i soldi. Poi la morte
felice. …No!
Prima i soldi, il divertimento e la morte felice.”
Tornando
a casa, Hinata e
Karin fecero alcune riprese. Passarono davanti a un pub
quando…
“Ma
fai delle interviste?”
chiese Tsugumi interessata, alzandosi lievemente dalla sedia.
“Ehm
ecco…” mormorò
impacciata Karin.
Di
solito non succedeva di
trovare ragazzi interessati al suo lavoro.
“Tsu,
passami il kit per il
trucco.” Disse seria Ino, cercando di non commentare
l’abbigliamento di Karin.
Dopotutto, un’intervista era pur sempre
un’intervista.
In
pochi secondi Ino riuscì a
truccarsi come una stella del cinema. Hinata la guardava ammirata,
prendendo di
nascosto appunti sul trucco.
Sakura
la guardava seria:
aveva capito che Karin non avrebbe voluto fare un intervista.
Il
suo era un tentativo per
metterle in ridicolo.
Guardò
le compagne, occupate
con il trucco. Nel
campo vicino, separato
da una rete, bambini scalzi che giocavano a pallone, sporchi, ma veri.
Karin
la stava guardando, ma
teneva la camera spenta.
“Li
hai visti anche tu, vero?”
Sakura
non disse niente,
rossa per la vergogna.
Le
due ragazze fecero per
allontanarsi.
“EHY!
Ma l’intervista?” urlò
Ino
“Mi
basta questo.” Disse Karin
“Kay…”
sussurrò Tayuya, con
gli occhi ancora rossi di pianto e il mascara colato.
“Tay?
Che succede?!?” pensò
al lavoro e stava per assicurarle che aveva trovato un modo per
guadagnare.
“Ci buttano fuori di casa.” Sussurrò
singhiozzando.
Il
padrone di casa non ne poteva
più. Era stanco dei numerosi ritardi ed aveva fatto
richiesta di sfratto.
Entro
fine settimana, Karin e
Tayuya avrebbero dovuto lasciare la loro casa.
“Vendesi,
ottime condizioni”
La
rossa appese tristemente
il volantino grigio con la foto della sua cinepresa.
Le
tremavano le mani. Avrebbe
voluto strappare quel volantino. Ma rifiutò di essere
egoista.
Chiuse
gli occhi e si
allontanò di corsa per non cambiare idea.
Tutti
gli studenti erano
fuori dalla scuola e Karin correva per i corridoi deserti.
Appese
al corridoio c’erano
trofei, attestati, foto…
Guardò
le foto degli studenti
migliori: sorrisi perfetti, capelli perfetti, abiti perfetti.
Persone
talmente belle da non
sembrare…vere.
Ci
sarebbe stata un po’ di
perfezione nella sua vita?
Karin
era seduta sulla sedia,
lo sguardo scuro e i pugni chiusi.
La classe era deserta. Le piaceva stare sola.
Nel
frattempo avrebbe trovato
una scusa a Hinata per non essersi presentata fuori da scuola.
Avrebbe anche trovato una scusa per S. Non avrebbe potuto filmare
neanche 5
minuti della sua festa.
Si
mise a giocherellare con
una matita quando entrò Sakura Haruno.
Anche lei inaspettatamente in anticipo.
“Karin…”
sussurrò
“Ciao”
disse lei,
neutra. Il mondo
sarebbe potuto anche
cascare. Lei sarebbe rimasta incazzata comunque.
La rosa si avvicinò lentamente quasi avesse paura di un
contatto ravvicinato
con Karin la sanguinaria.
Ogni
passo era eseguito con
la massima cura e cautela. Come se da ognuno dipendesse la sua vita.
La
grazia dell’Haruno contribuiva
soltanto a incrementare l’incazzatura di Karin la terribile.
“Posso?”
chiese gentile
indicando la sedia di Hinata
“Fa come ti pare.” ringhiò Karin la
massacratrice.
Lentamente,
Sakura prese la
sedia di Hinata e si sedette con grazia accanto a Karin.
“L’altro
giorno…” iniziò la
ragazza
“Ieri”
precisò Karin la
stronza.
“Ho
aperto gli occhi.”disse
sincera.
“Ma
dai?” La rossa si finse
stupita.
Sakura
cercò di ignorare
Karin.
“Non
so più chi sono io!”
disse Sakura. Le
sembrò di essersi
liberata da un peso incredibile.
“Sakura
Haruno” disse con
secca la rossa.
“Eh?”
la rosa spalancò gli
occhi.
“Sei
Sakura Haruno. Adesso va
meglio?”
Sakura
sospirò. Ogni
tentativo di avvicinare Karin era vano.
“Non
soffro di amnesia,
Izumi. Non ho mai avuto nessun sintomo.” Disse stizzita
Sakura.
“Sicura?
Perché prima
sembrava che tu…aspetta sei grave!” La rossa ci
stava prendendo gusto.
La
rosa divento paonazza e il
suo colorito raggiunse quello dei capelli di Karin la divoratrice.
Hinata
entrò in classe e aprì
la porta con modi bruschi.
Karin
osservò bene. Strano,
Hinata non si comportava così.
La
mora arrossì violentemente
e il suo carnato raggiunse quello di Sakura.
“Izumi-chan! Haruno-chan!” e fece un leggero
inchino.
“Ciao
Hinny!” salutò Karin,
fingendosi allegra e serena. Hinata abbozzò un sorriso.
La
rossa notò che si copriva
un braccio.
“E’
successo qualcosa?”
domandò invece Sakura
Karin
si alzò di scatto dalla
sedia e intravide alcuni graffi sul braccio della mora.
“Chi?”
domandò con un tono
che non ammetteva repliche.
Anche Sakura si alzò dalla sedia.
“Sono…caduta.”
“Hinata!”
disse Sakura
esaminando la ferita che era coperta da un fazzoletto.
“Non
è normale che tu ti sia
fatta questo cadendo!” continuò.
“Chi?”
ringhiò Karin.
Hinata
abbassò gli occhi.
Sakura e Karin corsero alla finestra.
Kin stava ridendo con le sue compagne lanciandosi il diario di Hinata!
“Che
carogne!” sibilò Sakura.
“Cosa
facciamo, Izumi-chan?”
si girò.
Ma
non c’era nessuno. Solo
Hinata con gli occhi bassi.
“Ma dove ca..diavolo si è cacciata?”
E
sentite! Sorrise Kin alle
altre serpi.
“ Oggi l’ho
visto… mi sono sentita
morire…N. era così bello! Vorrei tanto essere
alla sua altezza! “
Le
capre risero tutte insieme
“Che
cretina.”
“Ma
chi è sto’ N.?”
“Magari
è uno alto, ihihih”
rise una che sembrava la più scema del gruppo.
“Povera
scema senza speranze”
tagliò corto Kin, ammirando i suoi lunghi capelli.
“Che
ne dite di mettere il
tutto su internet?” continuò.
“Ottima
idea!”
“Oh,
che idea splendida!”
“Sei
così favolosa! Hihihih!”
“Naturalmente
queste idee
sono della sott..”
Più
veloce del vento, quasi
in stile dragonball, Karin lanciò un pugno dritto in faccia
alla ragazza.
Ancora
più veloce, afferrò il
diario di Hinata e lo lancio a Sakura.
Gli
occhi di tutti si
soffermarono sulla scena: Kin che si stava alzando da terra, Sakura che
stringeva il diario, Karin pronta a risvegliare la sua indole omicida.
Fra
il pubblico si trovava
anche...
“Wow”
sussurrò Kiba.
“Mica pensavo che la Izumi picchiasse duro!”
esclamò Neji visibilmente
ammirato.
“Oh.
Io lo sapevo” disse
Suigetsu, per nulla sorpreso, pensando a quante volte la strega lo
aveva
ricoperto di lividi.
“Oh!
Izumi-chan ha proprio
uno spirito forte e giovane!” esclamò Lee.
“Beh, la indole da boxeur era intuibile! Scommetto che fa
male!” continuò Kiba.
“Oh,
su questo non ci sono
dubbi” ammise Suigetsu.
Gaara
impallidì.
“Chissa
se sa usare i
fucili!” disse Ten Ten e stavolta anche Suigetsu
impallidì.
“Io
ti ammazzo!” urlò Kin
rossa in viso.
“Oh
che paura!”
“Ti
giuro che ti ammazzo!!!”
urlò rabbiosa.
Karin
sospirò.
“Allora
fallo. Ma stai zitta
per favore. Sei irritante.”
“Fanculo!”
Kin cercò di colpirla, ma Karin, indovinò le sue
intenzioni e riuscì a evitare
il colpo.
Le
assestò un gancio e cercò
di gettarla a terra.
Più
ragazze accorsero in
aiuto di Kin. Erano troppe per una sola persona.
“Assaggia questo, puttana!” urlò.
Karin
sentì un dolore acuto e
il sangue. Il suo sangue.
Ah, quella bastarda mi hanno spaccato il naso…
pensò dolorante.
Sakura
diede il diario a
Hinata e corse nella mischia.
Colpì
Kin con un calcio ben
assestato e aiutò Karin a rialzarsi.
“Tutto bene?”
“Si, è abbastanza carino vedere le stelline come
nei cartoni animati”
“Eh?”
“Dietro di te!”
Sakura
non fece in tempo a
girarsi che una ragazza era dietro di lei. Le tirò i lunghi
capelli fino a
farla cadere a terra, per poi riempirla di calci. Un’altra
accanto a lei, prese
un paio di forbici.
I ciuffi dei bellissimi capelli rosa di Sakura cadevano per terra,
insieme alle
lacrime e agli sguardi indifferenti.
Karin,
furiosa, ricambiò il
favore per Sakura e diede il meglio di se.
Le
due “parrucchiere” adesso
si trovavano proprio senza capelli,
stese nel cortile.
La Signorina Tsunade, arrivò.
Il suo
sguardo severo non aveva bisogno di altre parole e fece cenno a Karin
di
raggiungerla.
“Saku!”
La
bionda si levò dalla folla
che si stava dileguando velocemente, mentre Kin restava stesa a terra.
Ino
corse ad abbracciare
Sakura.
I
capelli erano sul terreno.
I meravigliosi capelli lunghi di Sakura…eppure a lei non
importava.
Stava ridendo. Karin, si voltò verso di lei, prima di
raggiungere la signorina
Tsunade.
“Ehy,
Sakura…”
“Si?”
sussurrò la rosa.
Karin
si morse un labbro.
Aveva avuto torto su Sakura e odiava ricredersi. Ma stavolta dovevo
farlo.
“Sei
stata grande.”
Ammise
Karin, e velocemente
se ne andò, cercando di dare meno soddisfazione possibile
alla rosa.
“Anche
tu” ammise Sakura,
sorridendo. Non le importava più dei capelli.
Spazio di Promise
E’
quasi un anno, che non
aggiorno. Oggi, mi sono messa a rileggere la storia, che avevo anche
continuato,
Mi
sono sentita quasi morire
dalla vergogna. Ci tenevo davvero tanto a continuare la storia e non
posso fare
torto a me stessa, per giunta in questo modo.
In
pratica…Continuerò la
storia. :)
|
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Capitolo 6 *** Iniziativa ***
“La
tua reazione è stata
sbagliata.”
“Lo so”
“Avresti
potuto informare un
professore o uno dei dipendenti.”
“Lo so”
“Ti
rendi conto della gravità
del tuo gesto?”
“Si…
mi dispiace.”
La
preside Tsunade la
guardava negli occhi. Era seduta sulla sua poltrona.
L’ufficio era normalissimo
e sulla scrivania vi erano un sacco di foto della preside da ragazzina.
In
quasi tutte le foto c’era un ragazzo con lei. A Karin diede
un po’ fastidio
ammetterlo, ma la preside era davvero una donna bellissima. E anche
brillante.
Come lei non si era guadagnata l’ingresso nella scuola, che
poi avrebbe
condotto, grazie alla sua famiglia, ma grazie al suo talento.
Nonostante la
trovasse un po’ vecchiotta e rompiballe, ammise anche di
ammirarla.
Il suo sguardo adesso era severo. Karin arrossì. Si sentiva
davvero in colpa.
“Sai, Izumi. Noi ci aspettiamo veramente molto da te. Sei una
studentessa brillante
e devi continuare a frequentare questa scuola. Ti verrà data
una possibilità ma
speriamo che in futuro non avvengano più episodi di questo
genere.”
“Si
signora, grazie signora”
“Signorina.”
“Scusi.”
La
preside sospirò.
“Anche se l’altra alunna ha avuto torto, agire con
violenza non è stato un
gesto maturo. Anzi, ti ha portato sul suo stesso livello.”
Karin abbassò lo sguardo. Era vero. E si vergognava. Per una
cosa che si
sarebbe potuta risolvere benissimo in un altro modo, rischiava di
compromettere
la sua carriera scolastica e gli sforzi che lei e Tay avevano fatto con
tantissimi sacrifici.
“E
adesso esci fuori di qui
prima che cambi idea!”
“Si, signora”
“SIGNORA
A CHI?”
“Si,
signorina!!”
La porta si chiuse alle spalle di Karin. Dopo aver tirato un lungo
sospiro,
decise di raggiungere nuovamente l’aula delle lezioni di
scultura, anche se la
lezione sarebbe terminata da li a poco.
Dopo il sollievo iniziale riprese la malinconia. Tay in lacrime, la
casa, la
sua amata cinepresa, adesso pure l’ultimatum a scuola, il
progetto in ritardo…
Decise di non entrare. E continuò a vagare per i corridoi
come un fantasma.
Cercò di non piangere davanti all’annuncio che
aveva affisso poco prima.
Dovette fare sforzi incredibili per trattenersi.
In quel momento avrebbe voluto solo distruggere tutto, gridare, urlare.
Si
chiedeva perché doveva subire tutto questo. Avrebbe voluto
smettere di
preoccuparsi dei soldi, di poter buttare i pasticcini della mensa
quando non le
andavano invece di conservarli. Di preparare le frittelle la domenica
senza
sensi di colpa per il costo della colazione. Odiava la sua vita. Odiava
i
genitori. Odiava il proprietario della casa e quella casa schifosa.
Arrivò al
primo piano senza accorgersene. Camminava veloce stringendo i pugni.
Nel corridoio, accanto alla macchinetta delle merendine si trovava
Hinata.
“Karin…”
La rossa si fermò. Finse che quel momento di malinconia non
fosse mai arrivato.
Iniziò a pensare nel modo più positivo possibile
e accennò persino un sorriso,
anche se un po’ forzato.
“E’
andata bene, quella
vecchiaccia mi ha fatto la solita strigliata, ma è
andat…”
“…Grazie.”
Hinata
arrossì.
“F-figurati, cioè, quella puttana di Kin meritava
che qualcuno le desse una
lezione.”
“Grazie. Io, io non reagisco mai. Io lascio sempre perdere,
scappo, piango, mi
nascondo in camera mia e mi sento uno schifo.”
Karin rimase in silenzio.
“E’ tutta la vita che mi sento una completa
deficiente, ho sempre una paura.
Resto sola, non riesco nemmeno a parlare con il ragazzo che mi piace.
Anzi,
nemmeno a guardarlo negli occhi. E’ patetico non trovi? Non ho
personalità, la gente mi giudica una ragazza
banale e non fa che trattarmi con superficialità, senza che
io possa reagire. E
tu invece sei forte, non ti importa di niente e di nessuno, sei entrata
in
questa scuola perché sei l’unica che lo merita
veramente, hai talento, sei
brillante e anche molto simpatica. E senza di te, Kin
mi…”
“Hinata…”
In quel momento Karin si accorse di essere stata una di quelle persone
che la
giudicavano banale e la trattavano con superficialità. Fino
ad adesso si era
sentita diversa, alternativa ma una tipa piuttosto giusta. Sentiva di
distinguersi dalla massa, da quelli che credeva ragazzini viziati che
credevano
di giudicare una persona in base ai vestiti che indossavano o in base
alla
popolarità.
Aveva sempre trattato Hinata male, come se fosse una delle tante
principesse
viziate. Invece si era accorta con il tempo che era molto di
più.
Karin non aveva mai avuto amiche. Amici si. Fino a quando
arrivò l’età della
“separazione” tra maschi e femmine, aveva passato
il tempo dopo la scuola a
giocare a pallone o a basket nei campi dietro i palazzi. Quelli erano
asfaltati, se cadevi, i ginocchi si spaccavano e i pantaloni si
strappavano.
Non erano ammesse le femminuccie, ma Karin era la tosta e faceva
eccezione. Da
quegli anni le venne in mente l’idea
ricorrente che le ragazze erano tutte dei surrogati di Barbie o della
nuova
baby-star di Disney Channel. Tutte tranne Tay ovviamente.
Iniziò ad essere
sempre meno femminile. In effetti era davvero diversa rispetto alle sue
compagne. Fingeva di stare bene così, senza parlare del
ragazzo che le piaceva,
senza dimostrare un minimo di eccitazione per il concerto che sarebbe
arrivato
di li a poco. Si nascondeva, fingendosi fiera del suo essere
alternativa, del
rispondere in tono scontroso, del fregarsene di tutto e di tutti per
sentirsi
più forte, quando invece faceva soffrire persone come
Hinata. E in realtà, lei
l’aveva sempre sognata un’amica. Un amica con cui
prestarsi i vestiti, mangiare
schifezze fino a tarda notte, parlando di ragazzi e ascoltando musica a
palla.
Un amica che c’era quando si sentiva sola, che la consolava
quando le cose
andavano male.
Un’amica come Hinata.
Anche
se aveva già cambiato
idea, capì che aveva davvero valutato male
l’amica. Hinny era come, diciamo… un
cucciolo. Si
sentì in dovere di
aiutarla, quindi, per dimenticare lo sfratto e tutti i casini vari si
impose un
obbiettivo: se le piaceva tanto Naruto Uzumaki, si sarebbe messa con
lui prima
del concerto!
“Si..?”
“Ti aiuto io. Ti va?”
La
mora fece uno scatto e
abbracciò forte l’amica.
“Ti voglio bene Kairi”
Senza dirle nulla la prese per un braccio e si diresse verso uno dei
compagni
che cazzeggiava in corridoio senza fare nulla di particolare.
“Hey Inuzuka.”
Kiba si girò, intimorito.
“I-Izumi?
Oh ciao Hyuga…”
Karin
lo prese per la giacca,
guardandolo fisso negli occhi. Il ragazzo impallidì.
“Ho bisogno di un favore!”
“Ehm, si… cosa posso fare per te?”
Karin prima di rispondere analizzò la situazione. Se
l’avesse detto, ci sarebbe
stata una fuga immediata di Hinata, ma se Hinata fosse fuggita, il suo
piano
sarebbe in parte andato a puttane. E pensò anche che ci
sarebbero potuti essere
stati problemi idioti tipo pettegolezzi. Sbagliati ovviamente. Ma chi
se ne
fotte, pensò, oramai non mi posso tirare indietro.
Così prese per un braccio Hinata e lo afferrò con
tutta la forza che aveva.
Hinata iniziò ad agitarsi, ma la rossa non aveva tempo per
accorgersene. Doveva
farlo, anche se effettivamente era tutto davvero molto poco fico. Fece
un gran
respiro. Poi…
“MI
SERVE IL NUMERO DI
CELLULARE DI NARUTO UZUMAKI!”
O
Cristo. L’aveva fatto. Beh,
a dire il vero non le fregava nulla, perché a lei
l’Uzumaki non piaceva
affatto. Anzi, le scocciava parecchio che una ragazza a posto come
Hinata
frequentasse un tale idiota. Che oltretutto, anche se indirettamente
era causa
del licenziamento di Tayuya e della sua rovina. Insomma non
è che adorava
Naruto. Ma era per
Hinny, era solo per
Hinny.
Però non aveva mai fatto richieste del genere. In effetti
era proprio imbarazzata.
In quel momento avrebbe desiderato trovare l’interruttore
della sua mente per
smettere di pensare. Dio com’era infantile. Stava solo
richiedendo il numero di
un compagno di classe, per una sua amica oltretutto. Però
era la prima volta,
insomma. E aveva paura dei pettegolezzi idioti. Si vergognò
tremendamente di se
stessa, questi ragionamenti non si facevano neanche all’asilo.
Hinata
emise un gridolino
strozzato e diventò prima rossa poi bianca come uno
straccio. Kiba riprese il
suo colorito e iniziò a respirare.
“Ehm…
si… certo!”
“Hinata prendi nota!” disse Karin autoritaria per
sottolineare – NON SONO IO
QUELLA A CUI
INTERESSA UZUMAKI METTITELO
BENE IN TESTA –
Quando
capì che Kiba aveva
afferrato il concetto, smise di guardarlo male.
Hinata annotò il numero sulla sua agendina rosa. Le tremava
la mano e non
riusciva a respirare. E in effetti il numero di Naruto era
caratterizzato da
una calligrafia diversa da quella perfetta e ordinatissima degli altri
numeri.
Hinny doveva essere davvero su di giri!
Le ragazze ringraziarono Inuzuka e al suonare della campanella
tornarono in
classe.
Suigetsu
fissava il banco di
Izumi. Vuoto.
- Ma tu guarda quella pazza… - pensò.
Ricominciare a parlare con Sasuke non era
stato affatto semplice. Ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma ormai la
compagnia era quella e con alcune persone del gruppo era davvero
affiatato. Le
cose inizialmente non erano andate bene e i due si parlavano a
malapena. La
tensione si poteva percepire a km di distanza.
Sospirò
e poggiò la testa fra
le mani. Cercando di pensare ad altro… la festa. Adesso non
gli andava nemmeno
di organizzarla, ma aveva ingaggiato tutto lo staff e anche il regista.
Non poteva tirarsi indietro, mancava davvero pochissimo e mezza scuola
era
stata invitata.
Chissà se la pazza avrebbe accettato di venire? Ecco
un’altra cosa a cui non
doveva pensare.
Ultimamente era ossessionato da lei. Senza motivo oltretutto. Che
motivo c’era
di rimanere ossessionato da una occhialuta grassona?
Da
una parte di sentiva un
cretino: fare a botte con il suo migliore amico per una pazza furiosa.
Da
una parte, era una vita
che desiderava prendere a pugni in faccia quel grandissimo figlio di
puttana. Perché
lui poteva avere sempre tutto quello che cazzo voleva e che Suigetsu
non poteva
avere. Perché viveva con una leggerezza che sfiorava il
disprezzo verso le
persone che lo circondavano. Perché diciamocela tutta, anche
se conosceva
Sasuke da una vita. C’erano diverse cose che non sopportava
del suo carattere.
Il fatto che tutti lo venerassero nemmeno fosse un Dio sceso in terra.
Il fatto
che ogni ragazza gli andasse dietro e che accettasse tranquillamente
che lui ci
andasse a letto anche solo per una notte, per il solo gusto di passare
il
tempo. Il fatto che avesse tutte le fortune del mondo e che fosse un
tale pezzo
di merda.
D’altra parte non era il solo a pensarlo. Sakura era tornata
subito in classe
dopo il colloquio con la preside, molto più breve di quello
di Karin…
MA RIUSCIRA’ MAI LA
NOSTRA PROMISE AD ESSERE PUNTUALE?
(angolo autrice)
Mi
stufo di scusarmi, perché sono
un disastro come autrice. Mi vergogno come una scema.
Ma oggi mi sono detta. Un altro capitolo, dai! E l’ho fatto.
Ancora
grazie per tutte le
recensioni. Davvero grazie per il sostegno, anche se non lo merito,
dato che
sono un’autrice irresponsabile e stupida.
Scusate
per il capitolo più
corto degli altri. Notte!
|
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Capitolo 7 *** Problemi ***
Haruno
Sakura era sempre
stata quel genere di ragazza che tutte avrebbero voluto essere. Di buona famiglia, bella,
piuttosto popolare.
Tutte la invidiavano per i suoi splendidi capelli rosa, curatissimi e
lunghissimi, sempre perfetti. La invidiavano per la sua corporatura
esile ma
slanciata e i suoi occhi da cerbiatta, verdi come smeraldi. Per le sue
labbra,
la sua bocca che sembrava una ciliegia e per le sue dita affusolate. Per la pelle che pareva
quella di una bambola
e per le sue gote sempre leggermente arrossate. Per la sua camminata
sempre
aggraziata e per le unghie sempre curatissime. Per la sua risata
cristallina e
per l’essere sempre impeccabile in ogni occasione. Sakura era
bella e
soprattutto era consapevole della sua bellezza.
La
ragazza smise di prendere
appunti per la lezione di scultura. Tanto oramai, aveva già
saltato parte della
lezione, non avrebbe avuto senso continuare a scrivere pigramente
quattro
concetti su un bloc-notes. Al massimo avrebbe chiesto a Ten Ten, forse
una
delle poche persone che cercavano di seguire la lezione, di prestarle
gli
appunti che aveva. Odiava la teoria, ma nella pratica si divertiva
tantissimo e
riusciva ad avere anche buoni risultati. Seccata prese una ciocca di
capelli. I
suoi capelli, che aveva trattato con la massima cura per anni adesso
erano un
cespuglio corto e spettinato. Maledì in silenzio il momento
in cui aveva deciso
di aiutare Hyuga e di prendere parte alla rissa con Izumi. Da una
parte, si
sentiva invece fiera di se stessa.
Kin sarebbe stata sospesa e francamente era una vita che desiderava
darle una
lezione, come metà delle ragazze della scuola. Non era che
una ragazzina
arrogante che si divertiva a cercare rogne dovunque.
Si chiese comunque, se il gesto che aveva compiuto avrebbe cambiato il
parere
della gente su di lei, o meglio il parere di Sasuke su di lei. I ragazzi normalmente
stravedevano per lei e
aveva perso il conto delle dichiarazioni dalla seconda elementare. Ma
Sakura
aveva il cuore solo per lui.
Lo aveva conosciuto qualche anno prima. Glielo aveva presentato
Uzumaki, suo
amico d’infanzia.
Sasuke. Il migliore. Bello, anzi no, bello è un termine
riduttivo: stupendo,
intelligente, il migliore in ogni esame. Il ragazzo che ogni ragazza
avrebbe
voluto. Anche a costo di uccidere.
Per averlo però bisognava lottare. Era una vera lotta per la
popolarità, in una
giungla urbana che aveva le sue regole: durissime. Tacchi a spillo,
soldi
buttati al vento, amicizie che alla fine non erano amicizie, alcol,
droga.
Feste che duravano fino alla mattinata successiva dove circola gente
affatto
raccomandabile.
Proposte a dir poco indecenti, ricatti. Iniziano le sigarette, lo
stress, un
dimagrimento che non era di certo frutto di una vita sana. I voti
calano. I
rapporti con la famiglia vanno a pezzi. I vecchi amici si allontanano.
In effetti Sakura più volte si era chiesta se la vita che
conduceva fosse
davvero adatta a lei. Nonostante i voti, che di certo non brillavano
era una
ragazza intelligente, era creativa e anche se cercava di assomigliare
il più
possibile alle sue compagne di classe, dentro di lei c’era una Sakura diversa, una Sakura
che era entrata in
quella scuola non per i pavimenti di marmo italiano o per i parcheggi
riservati. Una Sakura che sognava di diventare una grande stilista, una
Sakura
che timida si vergognava ancora un pochino di indossare le sue
creazioni e si impegnava
per migliorarle giorno dopo giorno. Sakura amava disegnare modelli di
abiti da
sera o semplici, quotidiani. Non ne parlava quasi con nessuno, ma
effettivamente
aveva talento da vendere. La professoressa Anko lo aveva notato e
perciò
l’aveva iscritta ad un concorso di nuovi talenti in campo
dell’alta sartoria.
Sarebbe avvenuto da lì a poche settimane e Sakura, stava
facendo praticamente i
salti mortali per rendere al meglio il suo abito. Eppure
era dalla serata al Red che non
riusciva più a concentrarsi.
Finalmente aveva avuto quello che desiderava da tanto tempo. Aveva programmato quella
serata da tutta la
vita. Il suo abito Chanel preferito, corto da capogiro. Il profumo che
le aveva
consigliato Ino ed era stata dal parrucchiere tutto il pomeriggio. Era
stupenda. E quella era la sua serata. Come previsto arrivarono le rose
e lo
champagne. L’invito per il privè. Ma…
Baciarsi con Sasuke però non era stata
quella cosa da film che aveva tanto sognato. Era stato freddo, la sua
lingua le
era quasi andata in gola tanto in profondità che avrebbe
potuto soffocarla. Ma
guardava altrove. Non partecipava affatto. La accarezzava, ma in modo
distaccato. E ogni tanto la respingeva, per partecipare alla
discussione,
dimenticandosi di Sakura. E quando chiamarono altre ragazze e Sasuke si
mostrò
interessato, Sakura si sentì come se mille spade le
trafiggessero il cuore
nello stesso momento.
Chissà chi erano quelle ragazze. Probabilmente devono essere
state bellissime
quella sera, perché Sakura aveva dato veramente il meglio di
se. Non era
riuscita a vederle, perché nel momento che decisero di farle
salire, facendo
sforzi sovraumani per trattenere le lacrime (ci mancava anche che
Sasuke la
considerasse una piagnucolona) si inventò una scusa
qualunque e tornò a casa, senza
nemmeno salutare Ino.
Le lacrime bagnarono il quaderno degli appunti. Anche pensarci faceva
troppo
male. Perché lei dopotutto era innamorata di Sasuke e
avrebbe dato ogni cosa
per comprendere i suoi sentimenti.
“Saku… tutto bene?” sussurrò
Ino, che aveva appena finito di ripassarsi lo
smalto. Viola, il suo colore preferito. Sakura la guardo per un attimo
e finse
un sorriso.
“Aehm, nulla. Mi lacrimano solo un po’ gli occhi.
Sai tutto questo polline… io
sono delicatissima in questo periodo… vado in bagno. Sai, il
mascara.”
La
rosa uscì in fretta
dall’aula, con una minitrousse per il
trucco e si diresse a passo svelto verso il bagno.
La scuola come sempre, anche in questo, si distingueva dalle altre.
Bagni impeccabili
e di lusso.
Tirò
fuori dalla mini trousse
firmata Louis Vuitton il rimmel e in lucidalabbra Dior. Specchiandosi vide i capelli
e le ritornò in
mente del disastro di prima. In qualche modo Ino e Sanami [Nota: vedi capitolo 1.] erano riuscite a
sistemare quello che era
“sistemabile”. In effetti non era un completo
disastro. I capelli corti non le
stavano affatto male. Si toccò una ciocca con le unghie
laccate di rosso.
Sentiva di potersi piacere anche così. Ma…
“Secondo me stai meglio con i capelli corti.”
Sakura si girò di colpo. Ma non c’era nessuno. Era
una voce maschile. In un
bagno femminile…?
- Perfetto. -
pensò. – Adesso sto pure
diventando un’esaurita. -
_______________________________________________________________________________
Karin
entrò nell’aula con
Hyuga e si sedette al solito posto.
Suigetsu
cercò di volgere lo
sguardo altrove. Ma non ci riuscì. Ultimamente ne era
ossessionato.
Poco prima due ragazze gli avevano chiesto il numero di telefono, ma
non era
riuscito a divertirsi e soprattutto a comportarsi come al solito. Tutta
colpa
di quella pazza violenta.
Da una parte Izumi gli dava sui nervi. Anzi, dire che le stava sui
nervi era
riduttivo. Certe volte non riusciva proprio a sopportarla. Da
un’altra non
riusciva a non togliersi dalla testa la serata al Red, quando era nei
bagni con
lei. Si, ammise Suigetsu, dopo tanti anni: Izumi non era brutta, ma
insomma non
era proprio il suo tipo. E poi aveva un carattere da vecchia zitella. E
alcune
volte Suigetsu avrebbe voluto volentieri buttarla giù da
qualcosa di alto,
molto alto. Ma non riusciva a spiegarsi lo stato di perenne tensione
quando la
vedeva. E non era una semplice tensione. Quella volta che i ragazzi
avevano
invitato Karin al privè, aveva temuto di impazzire. Di
perdere la testa.
Diamine, forse era già impazzito.
Doveva
capire quello che
diamine gli passava per la testa o sarebbe rimasto uno straccio.
Suigetsu
alzò la mano.
“Mi scusi, professor Kabuto, vorrei chiederle
se…”
“Si Hozuki?” rispose freddamente il professore.
“Senta…a proposito del risultato
dell’ultimo test…”
“Certo. E’ stato un risultato non proprio
brillante, il suo, Hozuki.”
Metà
classe inziò a ridere. E
Suigetsu a lanciare occhiate assassine ai compagni.
- Bella dimostrazione di
maturità. – pensò
Karin, infastidita dalle risatine ocheggianti, quando avrebbe voluto
solamente
tornare a casa, anche se praticamente non ne aveva più una,
ed eliminare dalla
storia quella giornata. Hinata restava in silenzio e continuava a
scarabocchiare carinerie varie ovunque poteva.
“Si, già. Emh volevo chiedere. Io vorrei
migliorare, ma da questa postazione
non riesco a concentrarmi.”
Karin
spalancò gli occhi e si
girò di scatto. – Oddio, no, non lo voglio qui! -
Hinata smise di scarabocchiare cuoricini e prestò
più attenzione alla scena. Se
l’avessero separata da Karin sarebbe morta sul colpo. Non era
ancora
psicologicamente pronta per aprirsi di nuovo a qualcuno.
“Allora prendi il posto di Misora, accanto a
Higuchi.” Sospirò il docente.
“Dietro di noi.” Sussurrò Hinata,
visibilmente sollevata a Karin che invece
rabbrividì.
Ancora
nemmeno lei era
riuscita a dimenticarsi del Red. Dei bagni. Ma anche del doposcuola a
fare le
pulizie. Ma fra tutti i problemi che aveva, quello semplicemente
passava al
secondo posto.
Misora cambiò posto con Hozuki tutta contenta per il suo
trasferimento in
ultima fila, mentre Suigetsu iniziò a pensare che forse era
meglio se fosse
restato nei banchi in fondo e di essere un idiota completo. Il fatto
che anche
Karin lo pensasse era ovvio.
“E adesso ragazzi, andate a pagina 453, paragrafo 2.
Yamanaka, puoi iniziare a
leggere.”
_______________________________________________________________________________
Karin
nell’ora di pranzo non
toccò cibo. Si limitava a prendere la forchetta e a
giocherellare con una
polpetta. Hinata, unica compagna di tavolo, la guardava preoccupata.
Il suo braccio era stato subito fasciato nell’infermeria e
cercava di coprire
la fasciatura il meglio che poteva con il suo cardigan azzurro. Era
sempre
impeccabile e carinissima. I capelli oggi erano lievemente ondulati e
le unghie
fresche di french manicure. Trucco leggero ma curatissimo. Il suo
profumo,
Hypnotic Poison di Dior, dolcissimo, si diffondeva nell’aria.
Karin invece
indossava solo una t-shirt bianca, con sopra stampata una frase tratta
da una
canzone e i suoi capelli erano spettinati come sempre. Indossava i suoi
pantaloni preferiti in similpelle, neri, regalo risalente al suo scorso
compleanno. Ai piedi i vecchi anfibi, un po’ rovinati. La
matita un po’ sbavata
sugli occhi e mascara a go go. Le unghie, rovinate e un po’
rosicchiate, rigorosamente
smaltate di nero.
“Non mangi nulla?”
“Non mi va.” Rispose Karin, inespressiva.
“Se
non mangi ti sentirai
male.”
“La
mia vita fa schifo.”
Brontolò la rossa.
“Ma
se non mangi, le cose non
miglioreranno.”
“La
mia vita fa schifo.”
“Kairi! Dai su, assaggia qualcosa.”
“Buhhhhh” si lamentò Karin.
Hinata fece un sospiro. C’era qualcosa che non andava. Karin
era davvero troppo
strana quel giorno.
“Su, smettila di fare la bambina. Tante storie solo
perché un compagno di
classe con cui non vai proprio d’accordo ora è nel
banco dietro il nostro...”
la rimproverò.
Karin
le avrebbe voluto
urlarle che diamine, non era per Suigetsu, cioè si anche per
lui, ma che lui
non le importava così tanto da farle perdere
l’appetito. Erano gli altri
problemi che la tormentavano. La serata di lavoro. La cinepresa.
Tayuya. La
casa. E i soldi che non c’erano mai. Senza parlare del
richiamo della preside e
della borsa di studio praticamente giocata per una cretina come Kin. Ma alla fine decise di
restare in silenzio.
Si era ripromessa di non trattare male Hinata o di non fare o dire
assolutamente nulla che la urtasse. E poi ci mancava solo rendere
un’altra
persona partecipe dei suoi problemi. Una ragazza come Hinny,
probabilmente non
avrebbe dormito la notte.
“Scusa… è che sono solo un
pò stanca.” Si limitò a dire e
alzandosi, si diresse
verso l’uscita della sala mensa, a passi veloci.
Passando solo dal corridoio riuscì a dare
un’occhiata alla bacheca e a vedere
che un annuncio per la vendita della sua preziosa cinepresa era stato
staccato.
Rimase davanti alla bacheca imbambolata.
La prima volta che si iniziò ad interessare di cinema era a
8 anni. A scuola le
avevano dato un progetto e lei aveva deciso di rappresentarlo con un
piccolo
documentario. Il titolo era: Perché
la
mia vita è felice.
Da uno scatolone aveva recuperato grazie a zia Eveline una vecchia
videocamera
vinta con i punti del supermercato. Lei l’aveva sgridata. Era
sempre stata
autoritaria e severissima, e Karin la chiamava strega.
Ma
in fondo le voleva bene.
Anche se non lo aveva mai confidato a nessuno.
Perché la sua vita era felice? Perché i gelati
del bar sotto casa sua erano
sempre buonissimi, perché zia Eveline profumava di
marmellata di fragole,
perché sua sorella Tayuya era sempre con lei. Era felice
perché quando c’era il
sole, poteva andare a giocare nel campo di fronte e anche se alcune
volte si
faceva male, era felice lo stesso. E se pioveva, la zia le preparava le
crostate. Era felice perché la scuola le piaceva. Le
insegnanti erano giovani e
carine ed erano tutte molto dolci. Era felice.
Le cose continuarono però ad andare gradualmente peggio di
prima. Zia Eveline,
che anche se aveva avuto i suoi crucci, severa come un generale
militare, un
po’ brusca nei modi, era sempre stata come una di quelle
anziane fatine buone
dei film di animazione, si ammalò molto e Tayuya dovette
lasciare gli studi,
per trovare un lavoro con uno stipendio migliore, per le cure.
Karin si dedicò ancora di più al suo nuovo hobby.
Riuscì a comprare con anni di
risparmi un computer di seconda mano e inziò a montare i
suoi video. Cercò di
impegnarsi sempre di più con la scuola, perché
voleva che zia e Tayuya fossero
fiere di lei.
La zia però continuava a peggiorare. Il suo tumore era ormai
terminale. La malattia
che la divorava da tempo non le consentiva più di continuare
le cure a casa.
Venne trasferita nell’ospedale vicino.
Dopo qualche settimana, dopo che Karin ebbe finito di mangiare la cena.
Tayuya
le disse, con la voce che le tremava, che la zia era salita in cielo e
che
adesso finalmente stava bene. Karin,
come ogni bambina di 10 anni, anche se diceva di odiarla, non
riuscì a
trattenere le lacrime. Pianse tanto, consolata dall’abbraccio
dolcissimo di
Tay.
La mattina dopo, Tayuya decise far saltare a Karin un giorno di scuola.
La
prese per una mano e la portò nel negozio di elettronica
più vicina. Karin non
ci credeva: una cinepresa professionale, tutta per lei.
“Ma posso veramente?” sussurrò, timorosa
anche solo di sfiorarla con la sua
manina.
“E’ un regalo della zia.” Sorrise Tayuya,
accarezzandole la testa.
La
Karin liceale, al
rievocare di quei ricordi, sorrise; ma fu un sorriso amaro.
Quell’oggetto
rappresentava molto di se. Più di quanto si fosse potuto
immaginare. E adesso
rischiava di finire come “accessorio vintage” nella
cameretta di un ragazzino
viziato. Strinse i pugni per la rabbia.
“Che stai guardando, tomato ketchup?” senti
sussurrare all’orecchio.
Karin si girò di scatto, furiosa. Ma Suigetsu Hozuki si
allontanò in tempo, per
evitare di mettere a repentaglio la propria vita.
“Nemmeno
all’elementari si
inventano tali nomignoli.” sibilò glaciale la
rossa.
Suigetsu
sospirò, cercando di
assumere un atteggiamento controllato.
“Izumi, vengo in pace.” Disse alzando la mano
destra e imitando i gesti del
tipico film di fantascienza.
Karin si lasciò scappare una risatina nervosa. Solo adesso
Suigetsu si accorse
che aveva gli occhi lucidi e rossi, come se avesse trattenuto le
lacrime da un
sacco di tempo. Questo gli ricordò la serata al Red, lei
come una principessa
triste, come una cenerentola allo scoccare della mezzanotte. Con il suo
temperamento aggressivo come ultima difesa dal pianto, quando al posto
di una
carrozza d’avorio si trovava sul freddo pavimento del bagno
del locale. Come
quando le loro labbra erano state sul punto di sfiorarsi e intrecciarsi
in una
folle romantica danza. Cercò di prendere coraggio e si
promise di essere il più
serio possibile e di evitare altre frecciatine.
“Senti” continuò lui abbassando la voce.
“Questo sabato faccio una festa e ci
sarà tutta la scuola e magari potevi venire anche
tu.” Lentamente si avvicinò a
lei.
Karin restò immobile. Anche se lo sguardo del ragazzo la
metteva non poco in
soggezione, ma non evitò lo sguardo e lo fisso con fermezza,
come per sfida.
Suigetsu durante la lezione di storia aveva passato tutto il tempo a
guardarla.
E ne era rimasto come ipnotizzato. Senza motivo non poteva staccarle
gli occhi
da dosso. La sua
schiena, coperta solo
da una maglietta bianca un po’ consumata che si appiccicava
alla pelle per il
sudore, il suo collo bianco, i capelli spettinati e il reggiseno nero
che si
intravedeva appena sotto la maglietta bianca. Aveva passato la lezione
a chiedersi
cosa gli stava succedendo.
E adesso la fissava negli occhi. Era pronto a cogliere ogni cosa di
lei. Sempre
avvicinandosi, riuscì a percepire il suo respiro. Non voleva
perdere un attimo
di lei. Lo sguardo si poso per un attimo sulle labbra della ragazza,
per poi
ritornare allo sguardo.
Karin si sentiva bruciare dentro lentamente. Avrebbe voluto continuare
quel
gioco di sguardi e di sfida, ma si rendeva conto che stava rivelandosi
troppo
pericoloso. Istintivamente gettò lo sguardo a terra.
“Mi dispiace, questo sabato ho lavoro da fare.”
Sussurrò con una punta di
amarezza che cercò di nascondere il meglio possibile. La
campanella suonò in
quel preciso istante.
Con le guance in fiamme decise di entrare il più velocemente
possibile in
classe senza dire nient’altro.
Suigetsu immobile la guardava.
Promise’s CORNER
Hola
ragazze!
Grazie
mille per le
recensioni e per il sostegno, anche se non me lo merito!
E
grazie a tutti gli utenti
che hanno messo la fiction fra i preferiti o fra le storie seguite o da
ricordare.
So
anche che ultimamente
posto capitoli sempre più corti, ma preferisco fare
così, invece di inserirne
uno all’anno. E poi penso che così riesca a
definire meglio la scena, invece di
fare confusione. Che ne dite?
Voglio
un’attimo parlare di
questa fan fiction. Finalmente, dopo tanto tempo ho fatto
un’aggiornamento in
tempo decente – a distanza di soli 2 giorni! - (NON CI CREDO
NEMMENO IO) e ho
incluso più personaggi nella storia. Certo, si tratta di una
Suika, ma vorrei
che si approfondisse di più ogni personaggio. Non so come
farò, ma dai,
proviamoci.
Ci saranno vari intrighi. Non voglio una cosa tipo telenovela,
intendiamoci. Ma
credo di voler rendere la vita dei giovani protagonisti molto
più
spregiudicata. Anche perché è passato tanto tempo
e mi accorgo di rimanere sul
banale. Quindi aspettatevi di stupirvi.
Ah e tranne il Suika, non ci saranno pairing fissi. E
poi non stupitevi, poiché già il Suika
è una
coppia particolare. Ahaha, sono una sadica, lo so.
Amo
sempre di più Karin,
ancora di più del personaggio originale. E’ una
figa pazzesca, cioè non mi
sarei mai aspettata di creare un personaggio OC così forte.
Il bello è che ha
anche un lato tenero (anche se molto nascosto). Francamente mi piace
anche un
botto come si veste.
Anche la “mia” Sakura mi piace molto di
più. Sebbene resti un personaggio
“passivo” e ancora un po’ insicura sotto
molti aspetti, è cosciente delle sua
condizione e sta facendo passi da gigante per cambiarla. E poi la trovo davvero molto
cool. Sento
proprio che diventerà importante nella storia.
[[Mamma
Promise è tanto
felice]]
Hinata invece non
mi soddisfa ancora. La
trovo molto dolce, ma non mi piace più come mi piaceva anni
fa (quando iniziai
la ff, per intenderci). Cercherò di sviluppare di
più il suo carattere. E’
molto pucciosa, ma la voglio più tosta. Almeno un pochino.
Suigetsu, l’ho definito poco a dire la verità, ma
troverò il modo di impegnarmi
di più su di lui. Idem per Sasuke e per Naruto, che
sarà un personaggio a dir
poco fondamentale nella storia.
Fra
le ragazze, credo che
approfondirò anche Ino ed altre, ma non voglio anticiparvi
tutto.
Parlando di cose idiote, adoro quando Suigetsu chiama Karin
“Tomato Ketchup”.
Beh spero di non avervi annoiato troppo!
Al
prossimo aggiornamento…
spero di sentirvi presto!
E…
BUONA PASQUA. <3
xoxo
|
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Capitolo 8 *** Taxi ***
“E
quindi adesso cosa
facciamo?”
“Non usare quel tono da “fine
del mondo”.
Così sembriamo delle disperate”
Puntualizzò Tayuya.
“Tecnicamente
siamo
disperate.” Sussurrò Karin. Tayuya le rispose con
un’occhiata seccata e aprì
uno scatolone infilando alcuni indumenti piegati prima.
“Okay…
okay… allora qual è il
piano?” ruppe di nuovo il ghiaccio Karin.
Tayuya era inginocchiata vicino a lei a riempire uno degli scatoloni
con alcuni
abiti.
Karin,
si rosicchiava le
unghie appoggiata ad una pila di scatoloni.
Il minuscolo appartamento sembrava un palazzo di cartone e di nastro
adesivo.
Circondato da un mare di intonaco verde-limone che con gli anni e la
sporcizia
adesso assomigliava di più ad un denso verde
vomito, come Karin usava definirlo.
“Beh, pensavo che per un po’ possiamo stare dal mio
ragazzo.” Disse Tayuya a
mezzavoce.
Karin assunse un espressione sinceramente disgustata.
“Ma io non voglio stare a casa di quel viscido. Giuro che
divento matta. E poi
Tay, ho trovato un ingaggio questo finesettimana. E’ per una
festa. Mi pagano
bene.”
Tayuya sospirò e finì di piegare qualche abito da
mettere nello scatolone.
“Il padrone di casa è stato chiaro, sorellina. Ha
già stipulato un contratto di
affitto con due nuovi inquilini a quanto pare. Quindi, dobbiamo
andarcene. E poi
Sakon è stato davvero carino. Mi ha aiutata a
smontare parecchi
mobili. Grazie a lui mi manca pochissimo lavoro da fare!” Sussurrò
rassegnata Tayuya.
“E’ stato davvero carino!
Mi ha aiutata a
smontare parecchi mobili!” le fece il verso Karin
esagerando e rendendo il
tono di voce pateticamente smielato.
“Beh,
almeno lui aiuta sai?
Francamente non è che mi diverta a giocare alla
traslocatrice.”
“Tu hai trovato un nuovo lavoro?” chiese Karin,
cercando di cambiare argomento,
dato che non le andava di dare una mano, o meglio si sentiva troppo
incazzata
con il mondo per rendersi utile.
“Oggi
sono andata un po’ in
giro. Qualcosa ho trovato, ma molti hanno periodi di prova molto
lunghi, il che
significa restare anche più di una settimana senza un soldo.
Però…”
“Però?”
Tayuya prima di rispondere staccò con i denti un pezzo di
nastro adesivo per
pacchi.
“Ho trovato intanto un part-time anche per la mattina. Li il
periodo di prova
durerà solo 2 giorni e la paga non è altissima,
ma almeno decorosa. Penso che
comunque trovero anche qualcos’altro. Staremo solo un
po’ dal mio ragazzo. Solo
qualche settimana. Il tempo di trovare una nuova casa. Senza orribile
intonaco
verde-vomito. Promesso. Mi passi quel pennarello?”
Karin sorrise e raccolse un pennarello nero indelebile, appoggiato a
uno
scatolone vicino. Adorava Tayuya. Odiava quel cretino del suo ragazzo,
si. Lo
trovava un coglione smidollato, le sarebbe piaciuto prenderlo a calci
nelle
gengive, le creava un nervosismo inaudito e inoltre era un fottuto
perdente.
Ma
non sarebbe mai riuscita a
smettere di voler bene a sua sorella.
“Vai da Hinata, oggi?” chiesta Tayuya mentre
scriveva in stampatello sullo
scatolone VESTITI ESTIVI. “Tanto ho praticamente finito. Non
ho bisogno di
altro aiuto.” Continò finendo di usare il
pennarello.
Sebbene fosse sollevata al pensiero di non dover far nulla, il sorriso
di Karin
si spense all’istante.
“No, oggi no. Sono distrutta e… voglio solo andare a dormire.”
Tayuya stette in silenzio per qualche momento, pensosa e Karin si
diresse in
camera sua.
“Karin non ent-“
“TAYUYA DOVE DIAMINE HAI MESSO IL MIO LETTO?!”
“…Ehm ho già imballato le tue
cose”
“Tay!”
_______________________________________________________________________________
“Ah, ben tornato Neji.”
“Grazie Hinata.”
Hinata
dopo aver fatto un
breve inchino, sempre aggraziato, andò nella sala del
tè, seguita dal cugino.
“Cosa preferisci?” disse Hinata piano.
“A dire il vero, ora che ci penso non mi va nulla,
grazie.”
“Oh” Hinata smise di ordinare il set da
tè.
“I ragazzi mi hanno invitato ad uscire questo pomeriggio.
Sicura di voler
restar da sola in casa? Perché non esci con quella
ragazza…”
“Karin?
Oh… l’ho chiamata
poco fa, ma ha il cellulare spento.”
A dire il vero Hinata era parecchio turbata. Aveva veramente provato a
contattare l’amica ma l’unica risposta che aveva
ricevuto era stata quella
della fredda voce metallica della segreteria telefonica. Karin aveva
qualcosa
di strano. Hinata sapeva bene anche che l’amica era una
ragazza che non
esternava i problemi e tendeva a tenersi tutto dentro. Era una cosa che
aveva
imparato quasi subito da Kay. Ma il fatto che non le rispondesse al
telefono la
preoccupava ancora di più. Aveva visto l’annuncio
affisso all’ingresso della
scuola, aveva riconosciuto facilmente la vecchia amata cinepresa di
Karin.
Doveva essere successo qualcosa di importante. Karin non avrebbe mai
venduto
quell’oggetto senza una ragione precisa.
Neji stava controllando qualche messaggio e Hinata era lì
ferma in mezzo alla
stanza. Nella confusione della giornata si era dimenticata di avere fra
le mani
il numero di Naruto, più prezioso di un diamante.
“Allora esco.” Disse Neji, con il tono
contraddistinto dalla solita
inespressività disarmante.
“Abbi cura di te.”
Hinata si sentiva sempre un po’ ridicola a dirlo, ma non poteva farci
niente.
Era
nella sua indole
preoccuparsi per gli altri e soffrire per loro.
A
differenza di Karin però
non riusciva a migliorare veramente le cose. Era passiva in ogni
situazione,
pur essendo emotivamente coinvolta. La contraddistingueva una
fragilità
inaudita e una delicatezza spaventosa, ma non riusciva ad imporsi e
subiva ogni
tipo di angheria.
Non riusciva ad trovare il coraggio per chiamare Naruto. Non riusciva a
trovare
il coraggio per andare da Karin. Non riusciva a trovare il coraggio per
difendersi da persone prepotenti. La gente non la considerava. Era come
se
fosse invisibile. Hinata era la ragazza strana della IIIC, la cugina di
Hyuga,
la tizia amica di Izumi.
Ma non era mai Hinata. Neji non le avrebbe mai chiesto se voleva uscire
anche
lei. Naruto non l’avrebbe mai notata veramente. E Karin aveva
sicuramente cose
più importanti a cui pensare, invece che ad una stupida
piagnucolona. In quel
momento, Hinata provò un profondo disprezzo verso se stessa,
verso la sua
debolezza e verso la sua incapacità di prendere in mano la
situazione e di
dimostrarsi forte.
Aspettò solo che il cugino chiudesse la porta di casa per
accucciarsi sul
pavimento di marmo, rimanere in silenzio e sentirsi più sola
di quanto si fosse
mai sentita.
_______________________________________________________________________________
Dopo
gli ultimi colpi di
phon, Sakura ammirò la splendida acconciatura, risultato
della sapiente mano di
un esperto.
“Quando, la cara
Ino mi ha chiamata disperata dicendo
che era un’emergenza ho cancellato il mio volo per Londra. Ma
cara Sakura, come
hai fatto a conciarti così?”
“Ehm, problemino con alcune persone”
arrossì Sakura.
“Che barbarie. I capelli sono sacri… sono
l’essenza di una persona!” Protestò
indignato Roberto. Roberto non si definiva semplicemente
“parrucchiere”, ma Artista
(con la A maiuscola). Ed effettivamente era fenomenale. Inutile dire
che era
più gay di Elton John.
Il suo salone era recensito dalle riviste di moda più
prestigiose e vi era una
lista d’attesa kilometrica per farsi fare
un’acconciatura da lui. Ma con le
amicizie giuste…
“Grazie
mille Roberto. Hai
fatto davvero uno splendido lavoro.” Disse Sakura tirando
fuori dal suo portafoglio
una carta di credito.
“Prego tesoro. E se proprio devo essere sincero sei
semplicemente incantevole
con i capelli corti.”
Sakura
sorrise accarezzandosi
una ciocca. Si diede un leggero sguardo nello specchio del salone.
Diamine,
era davvero uno
schianto. Oltre al nuovo taglio di capelli, indossava un completo
stupendo di
Armani che aveva comprato il giorno prima. Il trucco era perfetto e
aveva colto
l’occasione di farsi anche la manicure. Finito
il pagamento, Roberto le riconsegnò la
carta di credito.
“Grazie tesoro e mi raccomando, se succede qualcosa
chiamami!”
“Certo.
E grazie a te.”
Sakura
uscì dal salone. Dalla
sua pochette iniziò a vibrare e suonare il cellulare.
“Ciao
Saku, sono io!” la voce
di Ino rallegrò ancora di più Sakura.
“Ino! Dove sei?” rispose.
“Mi trovo al Complex. Mi raggiungi?”
Il Complex era un bar aperto da poco, un po’ in periferia e
vicino alla
spiaggia, che però vantava una gran popolarità
fra i giovani del luogo. Certo,
non era un locale neanche paragonabile al Red, al Juice o al Room
però si
difendeva bene ed era un’alternativa accattivante,
perché si poteva fare il
bagno in una Jacuzzi serviti da camerieri bellissimi o godere
semplicemente
della vista spettacolare e buona musica dal vivo. Ovviamente tutto
questo era
riservato a persone che potevano permettersi di spendere. E tanto.
Sakura sorrise. La giornata non sarebbe potuta andare meglio. Era
stupenda con
il nuovo taglio, il completo Armani era favoloso e un sorriso le
illuminava il
volto. Il Complex era la ciliegina sulla torta. E poi doveva
assolutamente
mostrare a tutti il nuovo taglio.
“Dammi 5 minuti, prendo un Taxi e ti raggiungo.”
_______________________________________________________________________________
“Non
gli bastava trasferirci
tutti da Trottolinoamorosodududadadà, ha inscatolato pure la
mia stanza!”
Brontolando
Karin uscì
dall’appartamento, dalla porta sul retro. Sakon, il ragazzo
di Tay, aveva
suonato il campanello e Karin ne aveva abbastanza di sfigati, quindi
non
potendo riposare, dato che il suo letto era stato smontato per il
trasloco,
decise di farsi un giro. Scese velocemente le scalette malandate e
percorse il
vicolo deserto. Mentre la sua testa era pervasa da pensieri sgradevoli
che
avrebbero potuto istigare una normale teenager al suicidio
cercò di
concentrarsi sull’unico pensiero meno disperato ovvero la
festa di sabato.
Sinceramente non le piacevano le feste, tutta la confusione, musica
scadente a
palla, ubriachi che vomitano in mezzo alla pista… diciamo
che per Karin non c’era
poi così tanto divertimento.
L’ideale
di divertimento di
Karin consisteva nel lavorare su un video o su una pizza e una birra o
sullo
sfottere i tamarri di Jersey Shore sul divano con Tayuya e una
copertina.
Qualche
volta era stata
invitata ad una festa, ma non si era mai divertita molto, anzi per
nulla e
aveva passato tutte le serate a desiderare che Tayuya arrivasse prima
del
solito, cosa che non accadeva praticamente mai, dato che sua sorella
era
costantemente in ritardo, un po’ per colpa del lavoro, un
po’ perché la
puntualità non era proprio il suo forte.
Così,
aveva smesso anche di
accettare i pochi inviti che le rimanevano. E questo sabato, avrebbe
avuto di
nuovo una festa. Però stavolta nessuno l’avrebbe
infastidita e avrebbe
guadagnato qualcosa. Quindi non sembrava così male.
Un altro pensiero positivo era il concerto degli Akatsuki. Per un
momento
raggiunse l’estasi pensando di poter finalmente ascoltarli
dal vivo e cantare a
squarciagola le loro canzoni al concerto. Ma si ricordò che
i biglietti li
aveva solo Hinata e doveva andarci con lei. E il pensiero positivo
svanì all’improvviso.
Uscita dal lungo vicolo entrò in una via principale e
iniziò a farsi strada fra
i passanti e i turisti sul marciapiede.
Vide
per un attimo Haruno che
prendeva un taxi e fu tentata di farle un cenno di saluto, visto quello
che era
successo nella giornata, ma rimase immobile. E forse era meglio
così, dato che
anche se quel giorno erano accaduti vari eventi, questo non voleva dire
che
fossero diventate già amichette del cuore.
Inoltre Karin osservò Sakura, perfetta in ogni dettaglio e
iniziò a provare una
sottile vergogna per le sue unghie rosicchiate, i capelli spettinati ed
anche i
suoi pantaloni preferiti le sembrarono roba da grandi magazzini.
Pensò che
comunque non valeva la pena entrare nel mondo di Haruno e delle altre,
perché
Karin apparteneva a tutt’altro mondo e anche se avesse voluto
fare parte di
quel gruppetto di ragazze dai vestiti firmati e senza grandi ideali, il loro mondo era troppo
costoso.
Girandosi
affrettò
velocemente il passo, un
po’ più
amareggiata di prima e incazzata con il mondo come sempre. E solo la
vista di
una misteriosa Volvo nera riuscì a distoglierle dalla mente
ogni pensiero.
_______________________________________________________________________________
Sakura
scese dal taxi dopo
aver pagato la tariffa del viaggio, stando ben attenta a non sgualcire
troppo
il vestito. Davanti a lei c’era una pedana di legno
posizionata proprio sulla
spiaggia, che andava rialzandosi gradualmente e ai lati di questa
pedana delle
palme. Il Complex si trovava alla fine della pedana, in posizione
rialzata. Il
fatto che il locale fosse in alto, valorizzava il tutto,
perché vantava davvero
di una vista a dir poco splendida.
Sakura risalì la pedana con calma. Le piaceva molto la
spiaggia. L’aria era
tiepida ma non ancora afosa e vi era una leggerissima e piacevolissima
brezza
marina. Fra poco sarebbe proprio iniziata l’estate.
Arrivata nel locale, la ragazza cercò con lo sguardo Ino,
quando fu richiamata
da quest’ultima.
“Sakura! Siamo qui” urlò Ino agitando un
braccio.
Sakura notò che non c’era solo la biondissima Ino,
ma anche Ten Ten e Tsugumi,
una delle compagne di classe.
A passo veloce raggiunse il loro tavolo, sfoderando un sorriso radioso.
“Che
schianto, Saku!” disse
ammirata Ten Ten.
Sakura
arrossì lievemente e
sorrise, fingendo una certa modestia, sebbene perfettamente consapevole
di
essere davvero favolosa.
“Roberto ha compiuto un capolavoro!” sorrise Ino.
“Davvero, ti stanno
benissimo! Che invidia… io non sto bene con i capelli corti,
ma a te donano
molto.”
Sakura fece una piroetta, come una bambina che voleva mostrare il nuovo
vestitino a suo padre.
“Grazie ragazze!” disse Sakura sorridendo e
prendendo posto a sedere.
Un cameriere dal fisico scultoreo si avvicinò al tavolo e
chiese a Sakura
l’ordinazione. Sakura optò per un succo di
pompelmo, mentre le altre avevano
già indicato la loro consumazione.
Anche le altre erano molto carine. Ten Ten portava i capelli legati in
una
morbida coda e indossava un Gucci nuovissimo che le metteva in risalto
le gambe
kilometriche, mentre Ino era una dea nel suo Versace, con i capelli
lunghi
sciolti e biondissimi. Tsugumi sedeva in silenzio intenta a sfogliare
una
rivista.
“Kin verrà espulsa?” chiese la mora,
sorseggiando la sua acqua tonica.
“Non lo so” ammise Sakura amareggiata
“Però la preside non era propensa a fare
finta di nulla. Spero almeno sia stata sospesa, sarebbe il minimo per
quello
che ha fatto a Hinata”
“Hinata? Che c’entra lei?” chiese Ino
incuriosita.
“Quella è buona solo a frignare.”
Sussurrò Tsugumi malignamente. “Alla fine
quella che ci ha rimesso è stata Saku.”
Sakura
iniziò a trovarsi a
disagio. Avrebbe
voluto urlare che in
realtà Hinata non era una frignona e che si era fatta
realmente male. Ma tutte
quelle attenzioni, i capelli perfetti, quel cameriere carino che le
aveva
sorriso, il completo nuovo… perché rovinare una
bella giornata con un litigio?
_______________________________________________________________________________
“Aaaaaaaaah
che palle, ho
perso di nuovo!” protestò Kiba, agitando il
joystick.
“Scusa, ma non concedo rivincite” rise Suigetsu,
alzandosi dal divano e
spegnendo la console.
Kiba gli lanciò il suo joystick che Suigetsu prese al volo.
“Ehy Hozuki, non mi offri niente?”
“Mi
perdoni signor Inuzuka,
ma ho solo birra.” Disse Suigetsu ostentando un accento
inglese da vecchio
maggiordomo.
“Sarà sufficiente, per questa volta”
rispose Kiba con un tono snob
Suigetsu
si diresse verso il
frigo e tirò fuori due bottiglie. Una la lanciò
all’amico.
“Scusa, ma la domestica ha avuto un problema oggi e non ha
potuto fare la
spesa.” Sospirò Hozuki.
“Tanto volevo una birra.” disse Kiba buttandosi di
nuovo a peso morto sul
divano.
I
ragazzi stettero in
silenzio per un attimo.
“Piuttosto
mi vuoi dire
perché hai cambiato posto in classe?”
Suigetsu trovò una scusa. “Beh, i miei genitori
stanno mandando un precettore
per testare la mia preparazione e se non so niente, i vecchi mi tolgono
i
viveri.”
“Che palle. Adesso ti toccherà ascoltare quella
checca in paranoia del
professor Kabuto.”
Suigetsu stappo la sua bottiglia e iniziò a sorseggiare la
sua birra
ghiacciata.
“Hai anche davanti quella pazza di Izumi!”
A Suigetsu andò di traverso un sorso.
“Però la sua compagna di banco, Hinata,
è molto carina” continuò Kiba, che si
era interrotto per bere un po’ di birra. Suigetsu
sgranò gli occhi: d’altro
canto non avrebbe mai potuto immaginare che il suo amico si fosse
potuto
prendere una sbandata per una ragazza così timida e
riservata come Hyuga.
Inoltre non era sicuro che Neji, cugino di Hinata Hyuga, l’avrebbe presa
bene.
Kiba si accorse del danno, diventando immediatamente paonazzo.
“Hozuki, non metterti in testa di combinare casini o sei m
o r t o.”
sibilò il moro, accentuando la parola morto.
Kiba
era quel tipo di ragazzo
non troppo sveglio, un po’ spaccone con gli adulti. In genere
però era un tipo
abbastanza pacifico e nonostante l’aspetto arrogante,
riusciva ad avere una
discreta folla di ammiratrici. Amava la natura, tanto da aderire a
diverse
associazioni ed aveva un cane, Hakamaru al quale era molto legato fin
da quando
era un bambino. I suoi genitori erano gente famosa. Il padre era un
noto
presentatore televisivo, che negli ultimi tempi aveva riscosso molta
popolarità
grazie ad un nuovo gioco a premi, mentre la madre era direttrice di una
catena
di alberghi di lusso sparsi nel continente. Ma nonostante la sua
fortuna
economica e sociale, Kiba non amava ostentare tutto ciò.
Inoltre non dava segno
di impazzire per la vita notturna. Preferiva praticare sport
all’aperto oppure,
come in quel pomeriggio, giocare alla playstation.
Insomma,
nonostante
l’atteggiamento un po’ vivace non era cattivo.
Però era fortissimo e nelle
risse riusciva spesso ad avere la meglio, quindi non era auspicabile
farlo
arrabbiare.
“Ho
afferrato il concetto.”
Annuì Suigetsu.
Kiba riprese il suo colorito abituale.
“Ah comunque la sai la novità?” riprese
“Quale sarebbe?”
“Credo che Izumi si sia presa una cotta per
Uzumaki”
Suigetsu cercò di accennare un sorriso beffardo, ma il
sorriso si trasformò in
una smorfia. Rimase semplicemente in silenzio. Izumi e Naruto? Per
favore.
Avrebbero potuto vincere il premio di coppia più mal
assortita dell’anno. Non
poteva essere vero e poi a Naruto non piaceva lei, no?
Si girò di colpo, perché il sorriso si era
trasformato presto in una smorfia e
la rabbia lo aveva invaso come un fiume in piena. Sicuramente Naruto
avrebbe
solo giocato con Karin. A lui, lei non interessava, ci avrebbe
scommesso
qualunque cosa. Naruto non la meritava quanto lui, anche se Karin era
una
strega.
“Amico, tutto bene?” iniziò ad
allarmarsi Kiba.
“Pensavo che se magari Izumi si avvicinasse ad Uzumaki,
magari potrei chiederle
di Hyuga...” continuò il ragazzo
Suigetsu annuì, stringendo i pugni.
“Senti, invita gli altri. Cosi facciamo una bella
chiacchierata.” Sibilo poi.
_______________________________________________________________________________
Karin,
agitatissima, si
sbracciò per chiamare un taxi.
L’autista accostò vicino a lei, aprendo le
portiere e con aria pacata le
domandò:
“Dove vorrebbe andare signorina?”
Karin si catapultò nel veicolo, chiudendo velocemente le
portiere e disse la
frase che tutti noi vorremmo dire almeno una volta.
“SEGUA QUELLA MACCHINA.”
L’autista si guardò intorno e notò la
Volvo nera, fortunatamente ancora nelle
vicinanze grazie al semaforo che l’aveva bloccata.
Karin ovviamente era consapevole che il mondo era sicuramente pieno
zeppo di
Volvo nere e sicuramente in città non esisteva un'unica
Volvo nera, ma quando
l’auto le era passata accanto, aveva avuto una sensazione
spiacevole e
stranissima.
L’uomo non fece domande e seguì l’auto.
Alla radio c’era uno degli ultimi singoli
degli Akatsuki. Karin sospirò chiedendosi perchè
la cattiva sorte la adorasse e
la perseguitasse senza darle tregua.
E proprio nel bel mezzo dei pensieri deprimenti, si accorse che un
altro
problema, non proprio tralasciabile incombeva su di lei. Se ne accorse
quando
vide il contatore del taxi e si ricordò di avere in tasca
solo qualche
spicciolo. Oh no. Oh no.
Karin cominciò ad agitarsi molto. Era squattrinata si, ma
non una pezzente e
non le andava di essere vista come una delinquente perché
non lo era. Lei e
Tayuya erano persone oneste e avevano fatto molti sacrifici, ma mai
avevano
commesso scelleratezze. Le mani della ragazza non smettevano di
tremare.
Ad un certo punto l’auto parcheggiò e il taxi
accostò.
L’auto sospetta si era fermata davanti ad un complesso
residenziale molto
raffinato. Karin si accorse di essere nei quartieri alti e si
sentì ancora più
a disagio.
“Signorina, l’auto nera si è
fermata” riprese l’uomo con il solito tono di voce
estremamente pacato.
Dall’auto uscì un volto fin troppo famigliare e
Karin spalancò gli occhi per la
sorpresa. Gaara, un suo compagno di classe, con cui non era in
confidenza e non
avrebbe mai voluto avere a che fare, usciva dall’auto
inforcando i suoi
occhiali da sole. Il corpo le si irrigidì per lo shock,
quando notò
un’ammaccatura alla carrozzeria.
“Se vuole, posso aspettarla qui.”
Continuò l’uomo con voce pacata
Karin non rispose e uscì dalla vettura dirigendosi verso
l’entrata del palazzo,
facendo uno scatto per entrare prima che il cancello si chiudesse
dietro di lei.
Gaara non sembrava essersi accorto di nulla, merito forse degli
auricolari
dell’i-pod. Karin si stava sentendo proprio una persona
orribile, una stalker,
però il misto di rabbia furiosa e curiosità
aumentò la voglia di fare chiarezza
sulla Volvo e il suo ginocchio malandato.
Per far capire al tassista che sarebbe ritornata, anche senza soldi,
Karin fece
un cenno al tassista dalla ringhiera della recinzione.
L’autista rispose con un
cenno.
Gaara entrò nel androne del palazzo e salì le
scale, ancora ignaro della
presenza della rossa, che stava sempre a qualche rampa di distanza,
muovendosi
furtivamente senza produrre alcun suono.
Ad un certo punto il ragazzo si fermò ad un pianerottolo,
suonando il
campanello e Karin si acquattò sul freddo e lucidissimo
marmo bianco delle
scale. Dopo pochi secondi una voce familiare:
“Arrivo!”
Karin
si irrigidì ancora di
più. Era Kiba Inuzuka, era sicuramente lui.
Era proprio a casa di Inuzuka! Accidenti, adesso era doppiamente nei
guai.
Alla
porta aprì proprio Kiba
che fece entrare subito Gaara, completamente ignaro
dell’inseguimento di Karin
e chiuse la porta.
La ragazza sospirò e si alzo dal marmo freddo. Cosa avrebbe
potuto fare ora?
Cosa aveva tratto da tutto ciò?
Anche se le coincidenze facevano impressione, Karin non avrebbe ancora
potuto
incolpare Sabaku. Intanto non aveva prove e anche se ne avesse avute,
non
c’erano testimoni non c’era niente che avrebbe
potuto aiutarla. Forse doveva
aspettare e chiarirsi? Per carità, no! Avrebbe potuto essere
denunciata per
l’essersi immessa in proprietà altrui e non
avrebbe fatto altro che aumentare
la tariffa del taxi. Karin gemette di rabbia per la propria
stupidità, quando
una mano gelida le bloccò con forza le braccia e
un’altra mano le premette con
forza la bocca di modo che non potesse parlare, ne gridare aiuto.
L’angolo di Promise,
l’autrice più lenta del mondo.
Lo
so, vi faccio dannare. Lo so, sono
lenta. Lo so, lo so. Alcuni di voi mi vorrebbero sparare un colpo in
testa lo
so. Ma vi prometto che finirò questa fiction… un
giorno.
Lo giuro!
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