A un passo dal cuore

di Trizia_B
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.
 
 
Le estati a Tucson, Carolina del Nord, erano famose per il loro caldo afoso e le nottate infestate dalle zanzare. La baia posta a confine del piccolo borgo, era solita ospitare famigliole di anatre e ranocchie, che durante la sera riempivano l’aria di suoni come se fossero piccoli soprani che allestiscono un concerto gratuito per tutte le persone che avevano la casa sulle quelle sponde. Il vento caldo proveniente dal Pacifico faceva salire i vecchi termometri in mercurio fino all’asticella rossa, minacciando spesso di farli scoppiare. La sera, non era insolito sentire le lamentele del vecchio Tom in fondo alla via, che inveiva come al solito contro la vecchia televisione, che non era in grado di prendere il segnale per permettergli di guardare le repliche del campionato di Baseball del ’74. I bambini correvano per strada giocando a inseguirsi fino in riva, quando poi si liberavano del fardello dei vestiti umidi di afa e sudore, gettandosi in acqua sotto gli occhi disperati delle loro madri che tentavano di farli uscire a più riprese dall’acqua scura. Margaret, la fioraia della cittadina, seduta sulla sedia a dondolo nel suo portico, sorrideva affezionata nel vedere i ceffoni dati sulle chiappette all’aria dei giovani ragazzini dalle madri che finalmente erano riuscite ad acciuffarli. Louis come al solito, osservava la scena in silenzio, seduto sulle assi del pontile che dalla spiaggia conduceva al mare, ridendo davanti ai siparietti più comici, come quello del piccolo Dylan che nel cercare di sfuggire all’ira di sua madre aveva finito per farla inciampare sulla sabbia facendola capitolare in acqua con tanto di scarpe e messa in piega. Schiere di piccole fiammelle al profumo di citronella segnavano il sentiero che dalla spiaggia portava alle case rendendo l’aria intorno a loro calda e profumata. Purtroppo non erano mai abbastanza efficaci da allontanare quelle piccole mietitrici di sangue, ma in fin dei conti a tutti piaceva quell’aura di romanticismo che emettevano le fiammelle mosse dalla leggera brezza estiva. Le giovani coppiette del paese erano solite camminare a piedi nudi sulla sabbia seguendone il percorso fino a giungere allo stesso molo sul quale Louis se ne stava seduto con i piedi immersi dentro l’acqua e i pantaloni arrotolati fino alle ginocchia. Piccole barchette in legno e qualche peschereccio rudimentale e ormai troppo vecchio per poter essere fatto uscire in mare stavano ancorate ai pali di sostegno del molo, lasciandosi cullare dolcemente dalla corrente, incuranti del mondo circostante. Quando l’afa pungente lasciava qualche ora di tregua verso il tramonto, i salici piangenti che riversavano le loro fronde sul pelo dell’acqua, venivano illuminati come alberi di Natale da migliaia di piccole lucciole che al primo colpo di vento sparivano lasciando solo il ricordo sfocato di una luce magica e serena. Tucson era il classico paesino americano da cartolina, quello che ci si aspetta di vedere stampato in sottofondo sulle confezioni del sugo o nei cartoni del latte. Era la cornice perfetta per una storia d’amore estiva, e per un breve seppur intenso periodo lo era stata, da quel giorno di metà Giugno, fino alla fine di Settembre, tre mesi così intensi e indelebili che avevano visto nascere e morire la storia d’amore tra due giovani ragazzi che non avevano avuto paura di violare le regole del loro tempo in nome di un sentimento che andava oltre le leggi sociali e morali dei chiusi anni novanta di una cittadina del sud. Perché nonostante fossero passati ormai molti anni, ancora tutti avevano impresso nella mente quel bacio scambiato su quel molo, quel bacio che suggellava una promessa scambiata in silenzio, promessa che Louis aveva mantenuto per vent’anni, e che per altri venti avrebbe mantenuto, fino a quando il suo Harry non sarebbe tornato da lui.










Continued....

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.


La sveglia segnava le sei e cinquantadue, Louis si voltò nella sua direzione osservandola in silenzio con la testa ancora posata sul cuscino. Ogni mattina era sempre la stessa storia, apriva gli occhi e si voltava in direzione del ticchettio, conscio che mancassero esattamente tre minuti al suo suono. Aspettava in silenzio mentre lentamente stirava i muscoli sotto le coperte, sbadigliava un paio di volte, e poi non appena il martelletto iniziava a battere sulle due cupolette in metallo per avvertirlo che la giornata era iniziata, lui allungava pigramente un braccio arrestandolo. Si spostava in cucina circondato solo dal silenzio delle stanze vuote, stanze che un tempo avevano ospitato non solo lui, ma la sua intera famiglia. Dopo la morte prematura di entrambi i suoi genitori e di sua sorella Eleanor in un incidente stradale qualche anno prima, si era ritrovato a dover gestire gli affari di famiglia da solo, abbandonando il suo impiego di contabile nella banca di Tucson. Aveva venduto il suo appartamento in centro e si era trasferito nuovamente sulle sponde della baia dove la sua casa d’infanzia lo aspettava pronta ad accoglierlo. Riprendersi la sua vecchia stanza gli era parso poco conveniente, e in più i ricordi che vi erano racchiusi erano troppo forti perché gli permettessero di dormire la notte. Aveva imballato i vestiti e gli effetti personali dei suoi genitori e aveva preso possesso della loro stanza da letto, lasciando solo la loro foto di matrimonio sul comodino che un tempo era appartenuto a sua madre. Aveva sofferto quando l’ospedale l’aveva contattato per avvertirlo che per la sua famiglia non c’era stato niente da fare. L’impatto con il camion che aveva inforcato la loro corsia era stato devastante e i paramedici avevano decretato il decesso non appena giunti sul posto. Il rapporto con i suoi genitori si era andato pian piano incrinando durante la sua adolescenza, fino a rompersi del tutto nell’estate del novantadue, l’estate di Harry, ma restavano comunque i suoi genitori e Eleanor era sua sorella. Lei forse era quella che gli mancava di più. Non erano mai stati grandi confidenti o complici, ma lei riusciva a capirli con uno sguardo e a volte era sufficiente più delle parole. Durante il funerale si era voltato spesso in direzione dell’ingresso della chiesa con la speranza di vederlo entrare, di vederlo farsi spazio tra le persone a lutto, raggiungerlo e prenderlo per mano, senza bisogno di dirsi nulla, solo per dargli il suo sostegno. Ma lui non si era presentato, e Louis aveva aggiunto un altro giorno alla lunga lista di giorni senza di lui. Un giorno in meno al nostro incontro, si ripeteva sempre alla fine di ogni giornata lasciando un ultimo sguardo all’orizzonte, incamminandosi poi in direzione di casa sua.

L’estate era ormai entrata a pieno nel suo periodo migliore e Louis ancora stentava a credere al modo in cui quella piccola cittadina fosse riuscita a mantenere le sue fattezze da cartolina nonostante gli anni trascorsi. Ormai non era più uno dei tanti giovani che la mattina si incamminavano con l’asciugamano in spalla e il sorriso sulla faccia in direzione della spiaggia, pronti a trascorrere l’intera giornata a mollo o sotto il sole cocente. Adesso faceva parte degli adulti. Dall’alto dei suoi quarant’anni, adesso spettava a lui redarguirli se correvano troppo veloci sul ciglio della strada, o facevano troppo baccano dopo pranzo, disturbando il sonno dei vecchi coniugi Paulson che avrebbero finito per lamentarsi a gran voce con tutto il vicinato per ore intere. Nonostante gli anni passati, quelle strade avevano ancora le stesse fosse ai lati che facevano bucare le gomme dei visitatori che non ne erano a conoscenza e il negozio in centro della ormai defunta signora Margaret, vendeva ancora le stesse composizioni che profumavano sempre allo stesso modo, nonostante adesso a dirigerlo fosse sua nipote Cloe. Tucson era casa sua, e Louis era certo che anche se non ci fosse stata quella promessa di mezzo, sarebbe rimasto a viverci comunque, perché quella città custodiva i suoi giorni migliori, ma anche quelli peggiori e nonostante tutto non lo aveva mai abbandonato, e nemmeno Louis l’avrebbe fatto.

Gli affari della famiglia Tomlinson si portavano avanti da ben quattro generazioni, e con Louis si era arrivati alla quinta. Qualche volta lo rattristava il pensiero che molto probabilmente quella dinastia si sarebbe conclusa con lui, ma tutto ha un inizio e una fine infondo, nonostante Einstein avrebbe avuto qualcosa da obbiettare a riguardo. La Tomlinson FishingGood, si occupava di sistemare le reti da pesca al confine che dalla baia portava direttamente in mare aperto. Il suo bis bis nonno aveva ottenuto un accordo molti anni prima con l’allora governatore della Carolina, che doveva un favore a sua cugina. Nonno Tomlinson si era quindi accaparrato il tratto migliore di mare in cui pescare e secondo il contratto la sua giurisdizione si sarebbe succeduta da padre in figlio, purché questi fosse un suo effettivo discendente. Ecco come si era ritrovato quindi ad ereditare la vecchia barca a motore di suo padre e una trentina di reti da pesca che andavano sistemate quattro volte a settimana per poter poi vendere il pesce ai fornitori che si sarebbero occupati di smerciarlo in città e nei paesi vicini. Louis aveva il suo lavoro in banca prima dell’incidente, e visti i diverbi con i suoi genitori non si era mai davvero interessato agli affari di famiglia, ma dopo la loro morte aveva deciso che nonostante tutto sarebbe stato un bel gesto portare avanti il loro ricordo in quel modo. In fin dei conti dopo tutti quegli anni era arrivato alla conclusione che la colpa non potesse essere del tutto loro, erano altri tempi e certe cose restavano un tabù anche ora in fondo.

Quel giorno il sole era stato particolarmente caldo e sulla barca sembrava non esserci un solo punto in cui si potesse respirare. L’aria era carica di afa e il mare era una tavola blu cobalto. Louis aveva sistemato le reti come sempre, da bambino era solito accompagnare spesso suo nonno durante le uscite serali -Vedi Louis, un giorno toccherà a te fare questo mestiere e portare avanti il nome della famiglia Tomlinson, quindi prendi quella rete e impara il tuo mestiere- Suo nonno glielo ripeteva sempre, e alla fine aveva avuto ragione. Il sole stava ancora alto nel cielo, ma lui aveva già messo in moto i motori per fare ritorno al molo. Il suo orologio segnava le sei e cinquantadue, mancavano appena tre minuti, se non si fosse sbrigato, non avrebbe fatto in tempo. Diede una spinta alla leva motore e mise i motori avanti tutta, in due minuti era finalmente arrivato. Fece le manovre necessarie all’attracco e infine in velocità legò le cime ai pali designati. Prese un respiro sistemandosi la maglietta un po’ sudata sotto le ascelle e controllò di avere i capelli in ordine. Annuì a se stesso un paio di volte e poi in fine andò a sedersi esattamente a due pali dalla fine del molo, la dove quel cuore inciso sul legno ormai vecchio se ne stava muto a testimoniare un amore che con gli anni nel cuore di chi l’aveva inciso non era mai appassito. Louis sorrise passando distrattamente la punta dell’indice sul contorno del piccolo cuore con all’interno quelle due lettere. L e H. un solo cuore a racchiudere due persone, un solo sentimento ad tenerli uniti per sempre. Quando sollevò lo sguardo distogliendo la mente dai ricordi, si rese conto che il sole era ormai quasi tramontato e che i ragazzi erano ormai quasi tutti rincasati. Le fiammelle delle candele alla citronella svolazzavano leggere e le lucciole danzavano fra le fronde dei salici facendo risplendere il pelo dell’acqua. Louis diede un ultimo sguardo all’orizzonte e infine si alzò. Un giorno in meno al nostro incontro, si ripetete nella mente mentre con un ultima carezza a quel cuore faceva ritorno a casa, solo ancora una volta. 









Continued....

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.
 
 
Quella mattina si era alzato presto nonostante non avesse del lavoro da fare e il suo pappagallo Kim non necessitasse di particolari attenzioni. Il pennuto infatti, se ne stava appollaiato sulla sua asticella di legno all’interno della gabbietta senza emettere alcun suono. Louis gli ticchettò un paio di volte sulle sbarre per assicurarsi che fosse ancora vivo, ma questo semplicemente rispose dandogli le spalle ricominciando forse a dormire. Le temperature si erano notevolmente innalzate all’inizio della settimana appena trascorsa e anche uscire di mattina presto con addosso una canotta leggera e un paio di bermuda di jeans non era sufficiente per restare freschi. Per quel motivo quindi aveva deciso che era da troppo tempo che non si concedeva una meritata giornata in spiaggia ad oziare. Aveva lasciato la sua Ford parcheggiata in garage e si era incamminato come da ragazzo lungo la strada bianca che da casa sua, una delle ultime in fondo alla baia, conduceva alla spiaggia davanti al molo. Infradito ai piedi e asciugamano in spalla, si era quindi messo in marcia lasciandosi trasportare dai ricordi della sua gioventù. Ricordava ancora come tutte le mattine il suo migliore amico di allora, Liam Payne, il figlio del sindaco si facesse strada con la sua BMX fino a casa sua per farlo poi salire sulle pedaline sistemate sulla ruota di dietro, e insieme percorrevano quella stessa strada sulla quale adesso stava passeggiando da solo, fino a raggiungere la spiaggia, finendo spesso in acqua con l’intera bicicletta, cosa che destava non poco fastidio ai bagnanti già presenti. Liam si era trasferito subito dopo il liceo, aveva ottenuto una borsa di studio per il college dei suoi sogni e non si era più voltato in dietro. I primi tempi l’aveva pregato molte volte di raggiungerlo, ma Louis aveva sempre rifiutato dicendogli che se si fosse trasferito così lontano sarebbe stato impossibile per lui presentarsi all’orario prestabilito sul molo in attesa del compimento di quella promessa che in cuor suo sapeva avrebbe onorato a vita. Liam alla fine aveva smesso di telefonare, e Louis non poteva biasimarlo. La vita intorno a lui andava avanti, ma per lui, fermo in quella cittadina, sembrava che il tempo fosse ancora fermo a ventisei anni fa. Camminava distrattamente lanciando qualche volta uno sguardo alle due ragazzine che come lui si stavano dirigendo verso il mare. Una di loro aveva dei lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta e un vestito rosso, mentre l’altra aveva un taglio più sbarazzino, quasi da ragazzo e indossava degli shorts che, Louis era certo, la sua defunta madre non avrebbe mai approvato addosso a Eleanor. Fu questione di un secondo, le ragazze camminavano parlottando tra di loro, quando da dietro le fronde di uno dei salici era sbucato un ragazzo che tutto preso dalla sua corsa, non si era reso conto in tempo della loro presenza. In un battito di ciglia, Louis aveva visto il ragazzino finire addosso alla giovane con il vestito rosso e l’attimo dopo erano entrambi a terra, uno di fronte all’altra. Negli occhi di lei era palese tutto il suo disappunto per essere finita con il sedere per terra, mentre sul viso di lui, erano spuntate oltre a un sorriso imbarazzato, due piccole fossette, che per un secondo fecero tremare il cuore di Louis.
 

1992
 

Il caldo di quella giornata era davvero asfissiante e il suo gelato non  ne voleva sapere di restare sul cono. Si era ritrovato a dover leccare la sua pallina al melone dalle dita che lo stringevano alternando smorfie schifate a sbuffi contrariati. Era tutta colpa di Liam. Decisamente. Se quella mattina non avesse bucato la ruota della sua bicicletta, a quell’ora Louis non si sarebbe trovato costretto a camminare sotto il sole con un gelato ormai da buttare, in direzione del molo. Avevano deciso il giorno prima che sarebbero usciti a largo con il gommone dello zio di Liam e avrebbero pescato un po’, il pesce poi l’avrebbero cotto alla griglia nel giardino di Louis e lo avrebbero mangiato seduti sulla veranda di casa sua mentre il sole sarebbe tramontato davanti ai loro occhi lasciando finalmente spazio a qualche ora di fresco. Ad ogni modo Liam lo aveva chiamato, dicendogli che non sarebbe passato a prenderlo e che si sarebbero visti direttamente al punto di incontro prestabilito. Sulla strada non c’era nessuno a parte lui, ma questo non gli dispiaceva, passeggiare circondato dal rumore della natura gli era sempre piaciuto. La strada sulla quale si trovava era quella che costeggiava sul retro tutte le case che si affacciavano alla baia, esattamente come la sua, e che venivano nascoste da fronde si vecchi salici che sembravano delle pesanti tende verdi che coprivano la visuale sul mare. Annusando l’aria comunque si poteva sentirne l’odore fresco e leggero, che ti solletica lo stomaco e ti fa venir voglia di sorridere. In quel momento, forse si trovava proprio con il naso all’insù, perché non si accorse in tempo del ragazzo che spuntato da dietro una delle piante gli era finito addosso facendolo cadere come un sacco di patate.

Louis aveva emesso uno sbuffo sorpreso e si era tastato la coscia lesa dal contatto con la terra battuta mettendo su una smorfia. Quando aveva alzato lo sguardo, si era ritrovato davanti un paio di gambe muscolose e abbronzate che salivano quasi fino al cielo. Fu costretto a schermarsi il viso con una mano per via del sole che gli impediva di vedere in faccia la causa del suo repentino scontro con il terreno, ma tutto ciò che vide, fu una mano grande e nodosa che gli si parò davanti al viso invitandolo ad usarla per aiutarsi ad alzarsi.

Louis l’accetto di malavoglia, ancora un po’ scocciato dal fatto appena avvenuto, sentendosi tirare su come se non pesasse nulla. una volta rimesso in piedi non poté fare a meno di sentire il cuore accelerare e la bocca seccarsi. Non era la prima volta che gli capitava una reazione del genere davanti a un ragazzo, ma questa, questa era tutta un’altra storia. il giovane infatti non era per niente simile a nessun ragazzo che avesse mai incontrato prima. Lui era semplicemente bellissimo. Il viso squadrato incorniciato da folti boccoli castani, la mascella definita e gli occhi, verdi come quei salici che oscillavano mossi dal venticello alle loro spalle, e infine quel sorriso, perfetto, caldo, dolce e affascinante. Quello che lo fece tremare però, furono quei due buchini sistemati ai lati delle sue guance, piccole fossette profonde fatte solo per essere baciate. Louis si riscosse poco dopo mettendo su la miglior faccia offesa che conoscesse.

“Stai più attento la prossima volta.” Gli diede le spalle riprendendo a camminare verso la spiaggia senza attendere nemmeno la sua risposta. Poco dopo come colto da uno strano presentimento si voltò notando il ragazzo camminargli esattamente a fianco con ancora sul viso lo stesso sorriso.
“Si può sapere che vuoi?” lo guardò di sbieco accelerando il passo nel tentativo di allontanarlo ma questi non si fece scrupoli nello stargli dietro senza difficoltà. Aveva due gambe lunghissime, nulla a che vedere con la statura minuta di Louis. “Sei inquietante lo sai? Si può sapere che vuoi?” si era fermato voltandosi completamente nella sua direzione osservandolo con le braccia incrociate davanti al petto sentendosi vagamente minaccioso. Il ragazzo lo imitò senza mai togliersi quel sorriso, che adesso sapeva un po’ di presa in giro, dalla faccia.

“Senti amico, ho delle cose da fare e tu mi stai facendo fare tardi, quindi o mi dici cosa vuoi oppure addio.” Il ragazzo si morse una guancia tentando di trattenere una risata. Louis era livido di rabbia. Chi diavolo si credeva di essere? Prima lo buttava a terrà come un birillo e poi si metteva a fare strani giochetti facendogli perdere tempo!

Ormai al limite della sopportazione, grugnì infastidito rimettendosi a camminare quasi a passo di marcia. Non fece nemmeno dieci metri che la sua mano venne afferrata e fu costretto a voltarsi nuovamente. Il ragazzo la lasciò andare riportando la sua lungo il fianco. “Sai ricordi un po’ mia zia Terry.” E nel dirlo si lasciò sfuggire una risatina che fece alterare ancora di più Louis.

“Che diavolo significa?” sbraitò infatti, guardandolo con gli occhi assottigliati per la rabbia. Il ragazzo si morse il labbro rispondendo subito dopo. “Sembri anche tu una vecchia zitella inasprita.” Louis lo guardò a bocca aperta per lo stupore, ma non fece nemmeno in tempo a ribattere che il ragazzo si era già rimesso in marcia lasciandoselo alle spalle.

Louis non perse tempo mettendosi a camminare in fretta per raggiungerlo. “Hei! Hei tu, chi ti credi di essere? Prima mi vieni addosso facendomi cadere, non domandi nemmeno scusa e poi da gran maleducato mi dai della zitella inasprita senza nemmeno presentarti!” aveva il fiatone ma almeno aveva detto tutto quello che doveva. Il ragazzo lo osservò in silenzio sempre con un mezzo sorriso sulle labbra, poi lo accontentò. “Hai ragione, mi dispiace, non era mia intenzione farti cadere ma sei sbucato davanti a me all’improvviso mentre correvo e poi dopo, quando ho visto il tuo disappunto è stato divertente farti arrabbiare, ti si avvicinano le sopracciglia e si forma una rughetta proprio qui vedi?” con un dito era andato a sfiorargli il solco tra le due sopracciglia facendo indietreggiare Louis che gli aveva urlato di tenere giù le mani ottenendo in cambio solo una risata a crepapelle. Quel ragazzo era decisamente strano e lui iniziava a non sopportarlo più. “Ad ogni modo non mi hai ancora detto il tuo nome, e poi perché diavolo stavi correndo in mezzo ai salici mh?”
Per la prima volta Louis riuscì a scorgere un velo di imbarazzo sul viso del giovane che si morse nuovamente il labbro prima di rispondere. “Mi chiamo Harry, e..stavo correndo perché ho visto un ape” l’ultima parte della frase l’aveva praticamente sussurrata rosso di vergogna, ma Louis era riuscito comunque a sentirla e era scoppiato a ridere piegandosi in due su se stesso.

“Potresti finirla per favore? Sai non è affatto carino! Quell’ape era enorme! E voleva uccidermi dovevi vedere i suoi occhi!” Louis non riusciva a smettere di ridere nonostante le suppliche da parte di Harry che aveva iniziato quasi a piagnucolare dalla vergogna.

“Ok, Ok, certo che sei strano, grande e grosso e poi hai paura di un ape.”

“Non sono grosso, sono ben proporzionato!”

Louis fece un cenno con la mano lasciando cadere l’argomento, allungandola poi nella sua direzione. “Io sono Louis, non ti ho mai visto in città Harry, quindi presumo tu sia venuto qui per trascorrere l’estate, se ti piace pescare seguimi sono in tremendo ritardo per l’appuntamento con il mio amico e tu saresti la prova vivente del fatto che non è colpa mia.” Harry gli strinse la mano iniziando a camminare a fianco a lui sotto il sole, in direzione del molo e di Liam.
 

Presente
 

Louis sospirò osservando le guance della ragazzina tingersi dello stesso colore del suo vestito quando il ragazzo le offrì la sua mano per aiutarla a rimettersi in piedi. Sorrise sentendo il cuore battere un po’ più forte mentre li guardava allontanarsi tutti e tre verso la spiaggia.










Ciao a tutti, spero che la storia vi stia piacendo, magari fatemelo sapere con una recensione. a presto -Pat 

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