Alexandre

di InstantDayDream
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno. ***
Capitolo 2: *** Fear ***



Capitolo 1
*** Ritorno. ***


Alexandre

La seguente storia è liberamente tratta dalle opere di Arriano e Curzio Rufo. La prima scela per l precisione nel narrare le imprese, la seconda per i suoi elementi fantastici. Per il carattere dei personaggi storicamente esistiti la fonte è Plutarco

Il pomeriggio stava sconfinando nella sera ed una leggera ombra cominciava ad aleggiare nelle stanze del grande palazzo reale di Pella.
Aselenes sedeva inquieta davanti a Filippo, chiedendosi il motivo del suo essere convocata. Che avesse saputo dei suoi preparativi per raggiungere Alessandro in esilio? Impossibile. Mentre questi pensieri turbinavano nella sua mente, il suo volto si manteneva immobile come una maschera di cera, non permettendo a nessun sentimento di oltrepassare la sua coltre di finta tranquillità.
«Immagino che saprai perché ti ho fatto venire qui, Aselenes» Esordì Filippo, massaggiandosi stancamente gli occhi con la mancina, non guardando la ragazza, per ora.
«Al contrario, re, non riesco a comprenderlo» Rispose lei, innocentemente.
Filippo la guardò per un lungo istante, con un sorriso quasi paterno in volto. Nonostante ci fosse abituato, era sempre strano vedere quella ragazza, nel fiore degli anni, dell’età di suo figlio, indossare il corto chitone militare e portare i capelli neri sciolti sulle spalle, in tutta la loro magnifica lunghezza, come un soldato.
«Hai cercato di raggiungere Alessandro, in esilio»
La ragazza fece indugiare a lungo i suoi occhi grigi in quelli del sovrano, anche se di uno non restava che una brutta cicatrice di guerra. Quindi, con decisione, scosse la testa.
«No, re. Stavo ancora allestendo tutti i preparativi» rispose con una certa fierezza, non peccando di insincerità, adesso che era stata scoperta. Se non poteva raggiungere Alessandro in esilio, sarebbe morta a Pella. Sempre fedele al proprio comandante, come un vero soldato. Dentro di lei, però, qualcosa protestava. I ricordi fastidiosi le saltavano alla mente, facendosi strada prepotentemente, nonostante lei cercasse di ricacciarli indietro. Davvero sarebbe finita così? Davvero non avrebbe rivisto Alessandro un’ultima volta? Doveva fuggire dal suo destino di morte: aveva delle promesse da mantenere, doveva essere al suo fianco, con tutti gli altri, quando sarebbe diventato re.
Filippo si schiarì la voce e lei tornò a prestargli la sua attenzione, facendo finta che non fosse cambiato nulla rispetto a pochi minuti fa.
«Devo ricordarti, ancora una volta, di essere paziente? Tornerà»
Aselenes sbuffò. «È più di un anno, Filippo! Mi dici di aspettare ma hai mandato via Alessandro e con lui la Torma, tutta, tranne me! I miei amici e compagni, come pretendi che sia paziente?»
Aveva perso, oramai, la calma che si era forzatamente imposta, dimenticandosi persino di rivolgersi a lui come sovrano. Se Filippo non fosse stato così ben disposto nei suoi confronti probabilmente stavolta non avrebbe cercato di mettere da parte la sua indole negativa, come invece, era evidente, si stava sforzando di fare. Aselenes lo guardò, a lungo, con aria di sfida. Il re scosse il capo, osservandola. Sembrava stare per dire qualcosa, quando, ad un tratto, qualcuno bussò alla porta.
«Avanti!» Esclamò il re, non riuscendo a trattenere una nota dura dal suo tono di voce. La porta di legno intarsiato si aprì, lasciando entrare l’esile figura del tesoriere reale: Eumene di Cardia. Eumene non era un soldato, ed era facilmente intuibile dal suo aspetto gracile, impossibile da trovare nei membri dell’esercito, e sul volto, sebbene giovane, portava i segni del troppo studio e del lavoro al chiuso. Tuttavia nel complesso la sua espressione appariva gioviale.
«Re» Esordì «sono spiacente di interromperla ma sono appena rientrati gli esuli»
La sua voce, dal pesante accento greco, lasciava trasparire l’entusiasmo del giovane. Aselenes lo fissò sbigottita, come se non credesse alle sue parole. Tuttavia ci mise poco a ricordarsi che i Principi ed Alessandro non erano gli unici ad essere mai stati in esilio. L’entusiasmo nei suoi occhi si spense immediatamente. Si alzò dalla sedia offertale in precedenza dal re e, mormorando parole di scusa, uscì dalla stanza, diretta ai suoi alloggi. La sua mente vorticava pericolosamente, creandole una tale confusione che più di una volta si dovette fermare, cercando l’appoggio di una parete, per non cadere a terra. E così non erano tornati e lei non poteva andare, indubbiamente Filippo avrebbe aumentato il controllo su di lei. Anche le provocazioni che, di giorno in giorno, aveva cercato di recargli per farsi mandare via con gli altri, non le erano valse niente. Era questo quello a cui era destinata? Chiusa nella reggia di Pella, da sola, protetta da Filippo finchè fosse stato in vita e uccisa dal suo primo successore? Non aveva avuto paura a lanciarsi in battaglia contro migliaia di uomini a Cheronea, ma aveva paura di questo adesso. Si accasciò in un corridoio deserto, socchiudendo gli occhi e cercando un appoggio nella parete dietro di lei. Sospirò, tornando, ancora una volta, a vivere nel passato.

«Alexandre, Alexandre!» urlò, mentre correva verso di lui nei lunghi stanzoni del palazzo reale.
«Aselenes! Non dovresti essere qui…credevo presenziassi con la tua famiglia al matrimonio» All’ultima parola la bocca del giovane ebbe un fremito di disgusto: era evidente che quel matrimonio non era di suo gradimento. Del resto difficilmente sarebbe potuto piacere a qualcuno che il proprio padre prendesse una quinta moglie, dell’alta nobiltà Macedone, mentre tutti vociferavano che quell’unione avrebbe diseredato il figlio e ripudiato l’attuale regina.
«Presenzierò, con la Torma» rispose lei semplicemente, sorridendogli. Portò una mano sulla spalla di lui, guardandolo intensamente. «Coraggio!» gli disse in un sussurro, prima di voltare le spalle e sparire. Percepiva su di lei lo sguardo di Alessandro, avrebbe voluto voltarsi e andargli incontro, passare del tempo con lui per rasserenarlo, ma non era opportuno alla corte. Non era mai stato opportuno da quando avevano finito la loro istruzione a Mieza. Un rumore di passi alle sue spalle la costrinse a girarsi, speranzosa. Le sue speranze non furono deluse, Alessandro la stava raggiungendo. Si fermò, guardandolo con aria interrogativa.
«Accompagnami, ho bisogno di una cavalcata» disse, semplicemente. Le parole dure di un ordine col tono di una richiesta, questo era Alessandro.
***

Si erano spinti lontano dalla città, in un boschetto ombroso facilmente raggiungibile con mezz’ora di cammino, ad un galoppo veloce.
«Non devi avere paura, tuo padre ti adora, tutti vorrebbero un figlio come te. Le tue imprese riecheggeranno per secoli su questa terra…è da folli non accorgersene. E tuo padre lo sa. Muore di orgoglio ogni volta che ti vede»
«Ma la corte è piena di serpi, Aselenes! Serpi che odiano mia madre perché dicono che è barbara e chiamano me bastardo! Non è forse evidente che io sono figlio di Filippo? Ma sarebbero disposti a cavare gli occhi e non vedere pur di liberarsi di me!»
Aselenes lo osservò in silenzio per qualche istante, capiva quando era di pessimo umore perché il suo occhio sinistro si faceva più scuro, lasciando il limpido colore dell’acqua dell’oceano per assumere quello del cielo di notte.
«Che si cavino gli occhi allora, che non ti vedano! Di certo per tuo padre tu sei la stella più brillante a cui gli dei hanno concesso di esistere»
«Vorrei che tu avessi ragione» sospirò Alessandro. Indugiando lo sguardo su di lei per un attimo. Aselenes allontanò lo sguardo dal suo, lasciandolo posare sui cavalli accanto a loro. Sembrava irreale quella situazione, normalmente non sarebbe dovuto essere così. Chissà, magari se suo padre non l’avesse mandata a fare il soldato avrebbe addirittura potuto sposare Alessandro, ma preferiva stargli accanto così, in ogni momento della sua vita, come ognuno della Torma.
«Mia madre stava pensando di farmi sposare tua sorella minore» disse all’improvviso il giovane principe, guadagnandosi subito l’attenzione di Aselenes
«Diventeremo parenti, quindi?» domandò, accennando un sorriso.
«Ammetto che tua sorella ha tutte le caratteristiche della moglie ideale per un principe, ma continuo a pensare che la migliore abbia fatto il soldato» le sorrise, con quel suo sorriso spontaneo che in futuro gli sarebbe valso l’assoggettazione di tanti nemici con un semplice discorso fatto da lui. Non potè non ricambiare il sorriso e mostrare il suo sollievo nell’udire quella notizia.
«È tardi. Non abbiamo tempo, dobbiamo tornare per il matrimonio» disse alzandosi, e dirigendosi verso il cavallo
«Non c’è mai stato tempo» le rispose Alessandro, raggiungendola e prendendole la mano.


Per i corridoi del palazzo risuonava un forte vociare, a volte si sentivano addirittura urla. Erano passati solo pochi minuti da quando si era rintanata in quel corridoio, cosa poteva essere successo? Fece qualche passo verso la porta che lo separava dalla stanze del re e si mise ad ascoltare. Il brusio era tale che non si capiva, le voci si sovrapponevano, rendendo impossibile distinguere ciò che ciascuna aveva da dire. Sentiva le urla della donne e se ne chiedeva il perché. Scuotendo il capo si indirizzò di nuovo verso la sua direzione, tornando sui suoi passi. Sciocca era stata a fermarsi, a lasciare altro posto alla speranza.
Ad un tratto una voce risuonò chiara, una voce da uomo, con un forte accento greco: Eumene.
«Alexandre» gridava «Alexandre!»
Aselenes si fermò. Attendendo di riudire quel grida ancora tra le mura del palazzo, accertandosi che non fosse solo Eumene ma che tutti pronunciassero quel nome.
«Alexandre» sussurrò a sua volta.
Restò immobile qualche minuto, incapace di realizzare cosa stava succedendo, quindi, voltandosi di scatto come se fosse stata attraversata da un fulmine, spalancò la porta e corsa verso il luogo da cui provenivano le grida. Rapida e veloce, come era sempre stata, giunse subito all’ingresso delle camere reali. C’era un gruppo di viaggiatori evidentemente arrivati da poco. Guardò incredula i loro volti, ad uno ad uno, riconoscendoli. Per ognuno che vedeva era un nuovo tuffo al cuore: Tolomeo, Efestione, Perdicca, Seleuco, Leonnato, Lisimaco: la torma era tornata. Finalmente lo sguardo si posò su una figura bionda, quella che stava aspettando da un anno a questa parte. Le sorrise.
«Sei tornato, Alexandre».

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Capitolo 2
*** Fear ***


I giorni successivi al rientro di Alessandro non furono quelli che Aselenes si era aspettata: il principe aveva da mettersi in pari col governo della Macedonia, con i provvedimenti presi dal padre, le guerre intraprese e tutto ciò da cui era stato estraniato per un anno. Se non altro riusciva a farsi bastare il rumore dei suoi passi nell’ingresso del palazzo, o l’eco della sua voce proveniente dal fondo dei corridoi. Non ne faceva parola con nessuno, lei come Efestione, Tolomeo e Cratero, che erano i più vicini ad Alessandro, sapevano che prima di tutto era l’erede al trono di Macedonia e, solo dopo, era il loro compagno.
«Dove corri Aselenes?» Le urlò una mattina Tolomeo, scorgendola da lontano per la strada che portava alle scuderie. La ragazza dovette aguzzare la vista e parare i raggi del sole con la mano, per far sì che gli occhi scorgessero la figura dell’amico. Sorrise, riconoscendolo. Tolomeo era indubbiamente la persona che era più felice di riabbracciare, dopo Alessandro. Certo, anche ad Efestione era molto legata, ma tra loro vi era sempre quella scintilla di rivalità, dovuta al legame particolare che entrambi avevano col giovane principe.
«Ad allenarmi, Tolomeo, non vedi che il sole è già alto? Sono in ritardo e non voglio fiaccare il cavallo più del necessario» rispose, quando oramai erano sufficientemente vicini da non dover urlare per sentirsi. L’amico le rivolse un’occhiata penetrante, quindi scosse il capo, ma non disse nulla.
«Cosa ti turba?» domandò allora, titubante, dato che il gesto del Lagide l’aveva lasciata alquanto spiazzata. Conosceva bene Tolomeo, erano stati inseparabili fin da piccoli, l’unica persona che l’aveva sempre trattata come un uomo, come voleva essere trattata, con tutto quello che questo comportava. Sapeva riconoscere oramai, a distanza di anni, cosa volesse dire ogni suo minimo gesto, ogni cenno del capo, ogni sorriso, ogni batter di ciglia; ecco perché ora sapeva che le stava nascondendo qualcosa, qualcosa di spiacevole.
«Non hai sentito?» disse, rialzando lo sguardo sul volto della giovane «A quanto pare Alessandro ha fatto infuriare di nuovo il vecchio» Aselenes lo fissò stupita, incerta su cosa dire, mentre cercava di metabolizzare la notizia, decisamente spaventosa, soprattutto ora, in cui i rapporti tra padre e figlio apparivano ancora segnati dalla precarietà dell’esilio.
«E qual è il motivo della lite, stavolta?» domando quindi, avendo ripreso abbastanza padronanza di sé, da non ostentare nessuna insicurezza nella voce. «Non lo so per certo, ma a quanto pare Alessandro ha fatto saltare un’importante alleanza coi Persiani…» Spiegò, pensieroso in volto. Aselenes sospirò e volse le spalle a Tolomeo, per dirigersi nuovamente in direzione della reggia: quella mattina avrebbe saltato l’allenamento, dopotutto non avrebbe dimenticato l’arte del cavalcare, se per un solo giorno evitava di farlo.
«Dove vai ora?» Le domandò il Lagide, affiancandosi nuovamente a lei, facendo una domanda che era decisamente superflua, considerato che sapeva benissimo dove stava andando. Aselenes gli rispose con un’occhiata penetrante, che bastò ampiamente a confermare l’ipotesi di Tolomeo e a farlo proseguire accanto alla ragazza, verso il Palazzo di Pella, dove avrebbero potuto scoprire cos’era successo stavolta tra Filippo ed Alessandro. Certo, la cosa sembrava abbastanza grave: far saltare un’alleanza coi Persiani, proprio ora che Filippo si apprestava ad invadere l’Asia, poteva risultare fatale per il regno di Macedonia; ma in cuor suo Aselenes credeva che Alessandro non volesse alleati, che la sua brama di gloria fosse tale da fargli desiderare di raggiungere la vittoria solo con le forze macedoni e greche. Un fremito le percorse la schiena all’idea che il ragazzo potesse aver avvallato tale spiegazione davanti al padre, a motivo del suo comportamento. Avrebbe causato solo altre liti, ancora più violente, perché indubbiamente il nome di Olimpiade sarebbe saltato fuori e nominarla non era una buona idea, soprattutto ora che si trovava in esilio volontario in Epiro, alla corte del fratello Alessandro. Non che ad Aselenes dispiacesse: aveva il terrore di quella donna ed era convinta che un giorno, o tramite sicari o tramite le sue arti barbare, l’avrebbe uccisa, tanto vedeva in malo modo il rapporto suo e di Alessandro. Certo, davanti a lui taceva questi timori e celava la paura per Olimpiade in un ossequioso rispetto nei confronti della regina.

Giunti all’ingresso della reggia, si affrettarono nell’ingresso e lì, con passo sapiente, si diressero verso le scale che conducevano agli alloggi di Alessandro. A metà strada, tuttavia, si imbatterono in Eumene che, indubbiamente, aveva assistito a tutta la scena e li fermò prima che potessero procedere oltre.
«Fermi» Osservò «Non credo che sia saggio continuare, Alessandro è di umor nero e Filippo lo è ancora di più» Aselenes e Tolomeo si scambiarono un’occhiata, poi il Lagide scese quei pochi scalini che aveva fatto e Aselenes continuò a salire, di poco, perché Eumene la afferrò repentinamente per un braccio, cercando di fermarla.
«Eumene, se non mi lasci sarò costretta a farti volare giù per le scale, come Icaro in mare» osservò, e sia lei che il segretario sapevano bene che non era un modo di fare la sbruffona: non era difficile far volare Eumene di sotto, gracile e privo di allenamento militare com’era.
«Lo dico per te» rispose lui, lasciandola tuttavia andare. La ragazza scosse le spalle, come a dire che non le importava, quindi si inoltrò per le scale, imboccando poi il corridoio che conduceva alla stanza di Alessandro. Fu bene attenta a passare lentamente davanti alla stanza in cui il re amministrava lo stato: poteva avvertire i passi furibondi di Filippo che si muovevano, irregolari, a causa della sua gamba zoppa, sul pavimento, e non le sfuggiva che stavolta la punizione per Alessandro poteva essere mandare in esilio lei, lasciando lui in Macedonia. Superato quell’ostacolo si diresse più rapidamente verso la propria meta. Una volta giunta a destinazione, un servo, secondo l’ordine che gli era stato dato, disse che nessuno poteva entrare nelle stanza del principe. Come se ce ne fosse bisogno, Aselenes indico la spilla fissata a reggere la parte sinistra del suo chitone militare: la stella argeade in argento, come spettava ai nobili, dato che l’oro era riservato solo alla famiglia reale. Il servo si chinò, in segno di rispetto, come a dire che riconosceva l’importanza della ragazza, ma non si mosse di un passo. Spazientita Aselenes lo allontanò in malo modo, facendolo cadere a terra, ed approfittò del tempo che questo impiegò ad alzarsi, per entrare nella stanza di Alessandro.
«Alexandre…» cominciò a dire, ma fu immediatamente interrotta dal rumore precipitoso dei passi del servo, seguito dalle sue parole di scusa, altrettanto affrettate. Aselenes sospirò
«Sì, non è colpa sua, sono entrata con al forza, lui non voleva farmi passare» ammise, con aria annoiata e, involontariamente, strappo un sorriso ad Alessandro.
«Va, so che non è colpa tua. Bada bene, se dovesse giungere qualcun altro dì che non sono a palazzo, a meno che questo non sia Filippo» il servo annuì ed uscì nuovamente, tornando a guardia delle stanze, lasciando i due giovani soli. Alessandro scrutò a lungo la figura di Aselenes, in ogni minimo dettaglio, come se la vedesse per la prima volta, e lei fece altrettanto. Solo a seguito di questa osservazione attenta notò che in mano stringeva qualcosa, convulsamente, come se non fosse conscio di ciò che faceva. Si chinò, in modo da essere alla medesima altezza del ragazzo, che era seduto, e gli accarezzò gentilmente la mano, cercando di fargli allentare la presa. Dopo poco Alessandro cedette e lei si ritrovò in mano un talento d’oro, su cui era coniata, in maniera perfetta, l’effigie del ragazzo. Aselenes sorrise e disse:
«Dubito sia questo il motivo del litigio con Filippo, vuoi spiegarti?» Alessandro alzò lo sguardo in quello della ragazza e sospirò. «Non ti adirerai con me…» Aselenes scosse il capo e solo allora lui si azzardò a continuare «Filippo aveva arrangiato un matrimonio per Arrideo, con la figlia di un satrapo Persiano, la cui alleanza sarebbe stata fondamentale. Ma io, credendo che Arrideo l’avrebbe offeso, dato che non si aspettava di certo un ritardato come marito per la figlia, gli ho mandato una lettera in cui mi offrivo di sposare io stesso la figlia…» fece un pausa, per studiare lo sguardo della ragazza, che lo sostenne con una certa fierezza, anche se dentro di sé aveva sentito una fitta che non aveva nulla a che vedere col resto del racconto. Gli fece comunque cenno di continuare e lui proseguì
«Quando Filippo lo ha scoperto è andato su tutte le furie, ha detto che ho fatto saltare il matrimonio, che di certo io che sono erede al trono non potevo sposare la figlia di un satrapo, non era abbastanza per me, mentre lo era Arrideo, perché mezzo scemo. Come sempre nel mio gesto ha visto l’ombra di mia madre…crede che stia tramando per mettergli contro anche l’Epiro…» Ma qui Aselenes lo zittì, ponendogli dolcemente una mano sulle labbra, quindi, senza dire nulla, gli mostrò il talento d’oro.
«Io qui vedo l’uomo che regnerà sulla Macedonia un giorno, l’uomo davanti a cui mi inchinerò chiamandolo “Mio Re”, l’uomo che avrà gloria pari a quella non solo di Achille, ma di tutti gli Achei cantati da Omero messi assieme.» Alessandro scosse la testa, ma ci voleva ben altro per scoraggiare la ragazza ed impedirle di continuare il suo discorso. «Ed è giunto il momento che ti comporti da tale, va da tuo padre, dimostra che hai pensato a qualcosa per andare contro tua madre in suo favore e capirà che non è dalla parte di Olimpiade che stai, ma dalla sua» Alessandro la guardò, spaesato, scuotendo la testa, e sussurrando che non poteva fare niente che andasse contro sua madre. Aselenes sospirò, doveva essere decisa e trovare una mossa che avrebbe salvato la situazione.
«Non ti sto dicendo di fare niente di grave, proponigli di dare in sposa tua sorella a tuo zio Alessandro, in questo modo si assicurerà una salda alleanza in Epiro, dato che la dolcezza di Cleopatra e la sua bellezza possono fare molto di più di mille trattative politiche, e a tua madre sembrerà che Filippo voglia rinsaldare i legami con lei e non sarà più tanto ostile a lui» Alessandro la osservò a lungo, quindi prese il volto di Aselenes tra le mani e le sfiorò la fronte con un bacio, leggero, come una carezza passeggera. Quindi tornò a guardarla, con gli occhi ardenti di entusiasmo e lei seppe che la sua idea aveva avuto la meglio nella mente del ragazzo e che avrebbe fatto come suggerito da lei. Guardò il ragazzo nelle iridi bicromi, e vide il loro solito ardore tacere per un attimo e lasciare posto ad un’infinita dolcezza. Si allontanò da lui, par paura che sentisse il battito del suo cuore accelerato, ma questo non bastò a cessare l’intensità di quello sguardo. Solo adesso Aselens si rese conto che era la prima volta che si trovavano soli da un anno a quella parte e le venne voglia di non andarsene più da quel posto. Rivolse mute preghiere ad Apollo di fermare il suo carro in cielo, in modo che potesse così durare più a lungo quell’istante, ma nessun mortale può ottenere tali privilegi da un dio e così il tempo continuò a passare, mentre loro due non facevano altro che guardarsi negli occhi. «Lo farò» disse Alessandro alla fine, in un sussurro dolce come il miele « Ma solo se tu, quello stesso giorno, sposerai me» Aselenes rise ma lui parve quasi oltraggiato da quella risata e lei si affrettò a cessarla.
«Sono un soldato, non una regina» si giustificò, tornando a guardarlo con espressione grave. Ma lui non voleva sentire ragioni, si avvicinò a lei e prese le sue mani tra le proprie, guardandola, con quei suoi occhi talmente carichi di dolcezza e passione da fare invidia ad Eros stesso.
«E continuerai ad esserlo! Sarà in segreto, nessuno lo saprà, solo noi ed Afrodite eterni testimoni di questo. Tu sarai un mio soldato e la mia regina, e io per te sarò re, amante, amico, fratello e quanto ancora tu possa chiedere» disse, ignorando che con ogni parola faceva ardere di più l’animo di Aselenes, che a stento aveva il coraggio per guardarlo adesso.
«Non possiamo» si limitò a dire, guardando terra, ma stringendo le mani di Alessandro tra le sue.
«Non temere, non saremo sciocchi, sapremo celare il nostro segreto. Io vado a dire a Filippo ciò che mi hai detto di dirgli, tu attendimi qui, verrò a comunicarti il giorno del matrimonio e quello stesso giorno, all’alba, celebreremo anche le nostre nozze. Se non vorrai, perché sono erede di questo regno, allora rinuncerò al trono e all’eredità, e ci ritireremo a vivere nelle campagne presso Ege, senza alcuna regalità come vincolo» Detto questo si alzò e sparì, lasciandola da sola, nella sua stanza. Si rialzò, lentamente, così come lentamente aveva realizzato ciò che le era appena stato detto. Vagò per la stanza, sfiorando ogni oggetto, poiché ognuno per lei aveva un ricordo. Molti le strapparono un sorriso, molti qualche lacrima di nostalgia, che presto divenne pianto dirotto. Ci mise un po’ a capire che era solo gioia, la gioia stolta che Afrodite manda all’amante. Si sedette allora sul letto di Alessandro, asciugandosi gli occhi, e mettendo da parte i suoi sentimenti. Con una mano accarezzò la splendida coperta, che così spesso aveva ammirato, realizzando che da troppo tempo non le sfiorava più la pelle.

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