Sunshine

di Milla Chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day 1: Welcome ***
Capitolo 2: *** Day 2: Information ***
Capitolo 3: *** Day 3: Family Suite ***
Capitolo 4: *** Day 4&5: Calm and Storm ***
Capitolo 5: *** Day 6: Moonshine ***
Capitolo 6: *** Day 7: Prism ***
Capitolo 7: *** Day 8: Blooming ***
Capitolo 8: *** Day 9: Heat ***
Capitolo 9: *** Day 10: Emotional Shower ***
Capitolo 10: *** Day 11: Defeat ***
Capitolo 11: *** Day 236: Welcome again ***



Capitolo 1
*** Day 1: Welcome ***


Day 1: Welcome
 

Rei fissò per la terza volta il foglietto. Spostò nervosamente gli occhi sullo scaffale e aggrottò la fronte. Non andava bene.
Dopo aver girato ogni singola stanza dell’hotel, aveva appuntato sul suo fido taccuino le bevande mancanti nei minibar e si era occupato personalmente di rimpinguarli, uno per uno. Le azioni da svolgere erano sistematiche e perfette. Prima di tutto, raggruppava le stanze per piani. In seguito, entrava nell’ufficio sul retro della reception, che oltre ad ospitare le fatture archiviate e ogni sorta di foglio necessario al buon funzionamento dell’hotel, fungeva anche da piccola dispensa per le bevande dei minibar. Prendeva le lattine necessarie per le stanze di un piano, le metteva nel cestino e tenendolo sotto il braccio andava a posizionarle nei piccoli frigoriferi. Poi tornava in reception, segnava le consumazioni di ogni stanza nella propria cartellina in modo da poterle aggiungere al conto finale e ripeteva il tutto per ognuno dei cinque piani dell’hotel.
In quel momento, sul suo taccuino era rimasta una sola stanza. Due soda e una bottiglietta di acqua naturale.
Sullo scaffale nel retro della reception, però, mancava una soda. Con tutte le bevande che sarebbero potute mancare, proprio una soda. Prese un lungo e profondo respiro. Era fastidioso quando si imbatteva in quelle imperfezioni logistiche, soprattutto perché per recuperare ciò che mancava doveva farsi tre piani di scale per scendere nella dispensa della cucina, prendere le bevande che servivano, risalire in reception, depositare le bevande, raccattare quelle necessarie e portarle finalmente nella stanza. Insomma, un’enorme perdita di tempo che avrebbe potuto essere impiegato in modo molto più fruttifero, come per esempio compilare il foglio con gli arrivi e le partenze del giorno dopo.
Rei Ryugazaki aveva diciassette anni, era uno studente brillante e ovviamente non lavorava lì, o almeno non ancora ufficialmente, essendo troppo giovane.
Suo padre era direttore e caposala dell’hotel, un quattro stelle sul mare, e sua madre lavorava nella reception. Essendo incastonato tra i rilievi, l’hotel era stato costruito con una curiosa architettura e disposizione dei locali: l’entrata della reception, composta da ampie vetrate, si affacciava sulla montagna e si trovava già al terzo piano, mentre la sala da pranzo e la cucina erano al piano terra, con una terrazza magnifica da cui si vedeva il mare, davanti alla quale passava una suggestiva stradina che portava al paesello e alla spiaggia.

Rei era sempre stato affascinato dalla coordinazione che si nascondeva dietro l’efficienza di un albergo di lusso. Era un meccanismo: ogni cosa doveva funzionare in modo perfetto e armonico, ogni persona contribuiva all’andamento ben scandito di quel grande orologio vivente. L’ordine e la regolarità lo rilassavano e, quando da bambino sua mamma lo portava in hotel e lo faceva sedere con lei nell’ufficio sul retro mentre cercava di far combaciare le prenotazioni, Rei chiedeva già di poter aiutare, in qualche modo, ulteriormente incentivato dall’esempio del suo fratello maggiore. Non che un bambino di sei anni potesse dare un grande contributo, ma la madre lo accontentava facendogli arrotolare e legare con dei nastrini i menù delle serate di gala e il piccolo si sentiva parte integrante della macchina umana.
Ormai Rei era abbastanza grande da poter aiutare in modo più consistente e non sembrava più così piccolo da scandalizzare i clienti ignari che condannavano con sguardi di disapprovazione un presunto sfruttamento minorile; suo fratello maggiore, invece, si era trasferito da qualche anno a lavorare in un altro hotel.
Svolgeva varie mansioni oltre che riempire i minibar delle stanze -specialmente durante le vacanze, quando lui aveva più tempo e l’hotel si riempiva- come per esempio aiutare la madre a compilare fatture, calcolare i conti dei clienti, controllare che non ci fossero incongruenze nel planning; spesso nelle cene affollate andava a dare una mano al padre e ai camerieri in sala, anche se preferiva di gran lunga sbrigare la burocrazia.

Il ragazzo, dopo una lunga contemplazione, si decise a scendere le tre rampe di scale ed entrare nella dispensa per riempire il cesto di lattine di soda, in modo da non esserne più sfornito la volta successiva. Completò il suo compito, tirò una riga sull’ultimo appunto del taccuino e si sedette su una delle due sedie dietro il bancone della reception, tirando fuori la cartellina con i numeri di tutte le stanze. La madre seduta accanto a lui si alzò per accogliere dei nuovi clienti, chiedere se avessero fatto un buon viaggio e se avessero intenzione di cenare in hotel quella sera. Il ragazzo era troppo occupato a mettere a posto un’apparente contraddittorietà nelle consumazioni della 203 per alzare lo sguardo, ma dal brusio di voci intuì che si trattasse di una famiglia abbastanza numerosa. La madre fotocopiò i loro documenti d’identità per il check-in e li accompagnò in stanza, spiegando con scioltezza e esperienza la struttura dell’albergo e come arrivare alla spiaggia. Quando Rei finì di mettere a posto le cartelle, vide l’ascensore aprirsi e la madre uscire con un sospiro.
-E con questa, sono finiti gli arrivi di oggi.- affermò soddisfatta.
Rei guardò il foglio degli arrivi e tirò una riga sull’ultimo dei cinque cognomi elencati. Hazuki.
Rimasero a parlottare per un po’, cercando di rilassarsi e sbollire lo stress accumulato in quella giornata impegnativa, salutando i clienti che stavano rientrando per la cena.
La serata passò tranquilla e senza interruzioni, almeno finché alla centralina arrivò una chiamata dalla cucina. C’era bisogno di aiuto col servizio, dicevano, e anche in fretta. La madre alzò gli occhi al cielo e rispose che sarebbe sceso qualcuno.
Non tutti sanno dell’eterno conflitto tra reception e cucina: ognuna delle due fazioni è convinta di avere più compiti da svolgere e di essere perennemente più indaffarata rispetto all’altra. L’una ricorda a gran voce che coordina e gestisce l’amministrazione dell’intero hotel, l’altra fa notare che sfamare una sessantina di persone a sera con cinque camerieri non è esattamente un lavoro facile.
Rei scambiò uno sguardo d’intesa con la madre, prima di ridacchiare per la sua espressione stizzita e ricomporsi immediatamente, gonfiando il petto di orgoglio. -Ci penso io.- affermò solenne alzandosi.

La chiamata della cucina non era stata affatto vana, lo capì non appena alzò lo sguardo: ogni singolo tavolo era occupato e la sala era gremita di persone che parlavano animatamente tra di loro e di camerieri che continuavano ininterrottamente a fare su e giù dalla cucina. Per cenare all’hotel non era necessario esserne clienti, perché esso fungeva anche da ristorante, e quella sera Rei pensò seriamente che i turisti dei dintorni si fossero messi d’accordo per invaderli.
Era una tiepida e limpida serata estiva e la lunga vetrata che divideva la sala dalla terrazza era stata aperta con un ingegnoso meccanismo che la rendeva una sorta di vetrata a soffietto (oh, era costata parecchio, ma ne era valsa la pena), creando così un unico ampio ambiente.
Rei stava portando un piatto di anatra all’arancia verso il tavolo sette e pensava di star incarnando il proprio ideale di perfezione, muovendosi sinuosamente tra i tavoli con un grembiule nero legato attorno alla vita. Cercò di mantenere un’espressione contenuta, senza lasciar trasparire il suo autocompiacimento. Proprio mentre stava formulando questi pensieri, però, non si accorse del gradino che divideva la sala dalla terrazza. Accadde tutto troppo velocemente perché potesse evitarlo. Si sbilanciò in avanti e sgranò gli occhi vedendo il piatto sfuggire dalla sua mano e spiccare il volo mentre lui cadeva per terra. Sentì gli urletti dei clienti attorno a lui e qualche stridio di sedia.
Si ritrovò spalmato sul pavimento prima di poter battere ciglio e per qualche secondo non riuscì a muoversi, oppresso dal macigno della vergogna. Non aveva sentito il rumore del piatto infranto e sperò con tutto se stesso che non fosse successo ciò che pensava.
Alzò la faccia da terra col cuore che batteva a mille e vide un ragazzino accucciato davanti a lui. Lo fissava con un’espressione vagamente preoccupata e un piatto tra le mani.
-Stai bene?- gli chiese lo sconosciuto, fallendo nel tentare di reprimere una risatina alla vista della sua espressione stralunata.
-S-sì!-
Rei puntò subito gli occhi sulla maglietta del ragazzo che gli stava di fronte, fatalmente macchiata da ciò che non poteva essere altro che la maledetta anatra. Voleva scomparire sottoterra.
Si riscosse e si alzò in piedi con uno scatto veloce. Spostava lo sguardo dal piatto che teneva tra le mani all’opera di arte moderna sul suo petto, senza il coraggio di sollevare gli occhi e di guardarlo in faccia, e, nervoso, balbettò con le guance rosse di vergogna.
-Oh, i-io… non so davvero come scusarmi!-
-Non mi aspettavo di ricevere la mia anatra in questo modo adrenalinico!- esordì l’altro, ridendo e porgendogli il piatto. -Non fa niente, davvero, sono cose che capitano! Non è niente di irrimediabile, andrò a cambiarmi.- aggiunse subito, vedendo la sua espressione addolorata.
-Posso pagarle la lavanderia, potrei…-
L’altro agitò le mani in aria e fece un verso strano. -Shh, ho detto che non è nulla!-
Rei boccheggiò per qualche secondo, senza sapere cosa dire. Non avrebbe potuto fare figura peggiore, non sapeva neanche come reagire e il disagio e la sensazione di essere fissato da tutti era talmente umiliante che sentiva lo stomaco chiuso.
-Vado subito a prenderle un’altra…-
Alzò finalmente gli occhi e sbatté un paio di volte le palpebre, stupito per qualche ragione.
 -… Anatra.-
Forse perché il ragazzo dall’aria innocente a cui aveva rovesciato la cena addosso aveva dei lineamenti dolci ed equilibrati come Rei non ne aveva mai visti.
Era più basso di lui di una spanna abbondante e gli sorrideva affabile, mostrandogli un paio di occhioni dal colore caldo e innaturale, incorniciati da capelli di un bel biondo mosso. Dietro di lui, un tavolo con sedute altre cinque persone -probabilmente famiglia o amici- lo guardava con un misto di compassione e preoccupazione, osservando la scena, così come gli altri clienti attorno a loro.
Rei si aggiustò gli occhiali e borbottò qualcosa sul fatto che avrebbe dovuto tornare a lavorare. Non aveva torto, la sala era affollata e lui non stava facendo altro che rallentare tutto.
-Perfetto, corro a cambiarmi allora! Ci si vede!-
Il biondino annuì con veemenza e si congedò agitando la mano mentre camminava velocemente verso l’ascensore.
Non avendolo mai visto, Rei non pensava che fosse un cliente dell’albergo, ma dato che era appena salito in camera non poteva essere altrimenti. Sicuramente era arrivato in giornata, era stato uno degli arrivi che si era perso, troppo impegnato a fare altro. Ottimo benvenuto, pensò avvilito. Prese un respiro profondo e si ordinò di tornare subito ad attività produttive.

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Angolo autrice
Buongiorno (buonasera?) a tutte quante, è da un secolo che non pubblico in questa sezione!
Innanzitutto, grazie per essere arrivare a leggere fin qui. Spero che il primo capitolo di questa nuova storia vi sia piaciuto e che vi abbia interessato abbastanza da continuare a seguirne la pubblicazione (che sarà settimanale, salvo imprevisti).
Questa fanfiction è molto importante per me, ho passato due anni a scriverla per una mia amica e sono parecchio emozionata nel pubblicarla, finalmente! Ho passato due estati a lavorare in un hotel bellissimo e ho deciso di sfruttare la mia esperienza per costruire una AU con questa coppia che, personalmente, amo moltissimo.
Grazie a tutte, al prossimo capitolo! ♥

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Capitolo 2
*** Day 2: Information ***


Day 2: Information


Rei guardò oltre il bancone e si chiese distrattamente se il tempo sarebbe migliorato. Dal cielo grigio cadevano insistenti e fitte gocce di pioggia, che finivano per formare pozzanghere sempre più grandi per terra e rivoli artistici lungo le pareti di vetro della reception.
Il giorno prima, la sala e il bar si erano svuotati completamente verso le undici di sera e una volta tornato a casa era riuscito ad addormentarsi solo verso l’una di notte. Le scarse ore di sonno lo avevano reso un po’ fiacco, ma era ancora mattina e sperava di riprendersi nel corso della giornata.
-Inseriamo gli arrivi nel registro, visto che la situazione sembra essere piuttosto tranquilla?- propose Rei, spostandosi con la sedia verso il computer e accedendo al registro nazionale, dove ogni giorno dovevano essere riportati i dati dei clienti arrivati il giorno precedente. In realtà, era dalla sera precedente che una certa curiosità lo punzecchiava con insistenza.
Non riusciva a dimenticare la figuraccia fatta durante la cena. I suoi genitori non gliel’avevano fatta pesare, bastava egli stesso per rimproverarsi e se n’erano accorti più che bene. Inoltre, Rei si era stupito nel vedere un ragazzo che sembrava essere più o meno della sua età, dato che di norma i clienti medi dell’hotel erano ricche coppie di mezza età o neosposini. No, in realtà non era poi così improbabile trovare dei coetanei, ma voleva convincersi che fosse così: era però un dato di fatto che, sulla percentuale, gli adolescenti fossero una rarità in quell’hotel!
La madre approvò l’idea e prese le fotocopie dei documenti di identità dal primo cassetto, iniziando a dettare i nomi, i luoghi di provenienza e le date di nascita. Rei prestò attenzione ad ogni cosa che scriveva, attendendo con una certa impazienza di individuare il ragazzo della sera prima.
-Fine.- disse sua madre, ritirando i fogli dove li aveva presi.
Rei drizzò la schiena, corrucciò la fronte e si voltò con disappunto verso la donna.
-Fine?- ripeté.
-…Fine.- asserì lei, stranita.
Il ragazzo tornò a fissare lo schermo del computer. Com’era possibile? Le uniche persone che avrebbe potuto prendere in considerazione erano un misterioso Akihiro, ma aveva cinque anni in più di lui, e una ragazza, una certa Nagisa, che tuttavia era nata proprio nel suo stesso anno.
I casi erano due: o il ragazzo della sera prima era un ventiduenne con gravissimi problemi ormonali, o era una ragazza, con altrettanti problemi ormonali. Qualcosa decisamente non tornava, non poteva esserselo sognato.
La donna delle pulizie arrivò in reception per prendere il foglio degli arrivi del giorno, in modo da pulire prima le camere più urgenti, e avvisò che sembrava esserci un problema con le lavatrici. La madre di Rei sbuffò e si alzò per andare a controllare la situazione, lasciandolo solo.
Rei rimase una manciata di secondi a fissare confuso lo schermo del computer, per poi guardarsi furtivamente attorno e sgusciare verso il cassetto, aprirlo e prendere le fotocopie dei documenti. Passò velocemente in rassegna le fotografie e si fermò quando finalmente trovò quella che cercava. Con il cuore che batteva inspiegabilmente forte -per paura di essere scoperto?-,  lesse il nome. Hazuki Nagisa.
Si appoggiò una mano sulla fronte e strizzò gli occhi, dandosi dello stupido. Aveva semplicemente un nome da ragazza. Come lui, tra l’altro. Un banalissimo errore.
Storse il naso e con nonchalance lesse anche il resto del documento d’identità, ma il rumore dell’ascensore che si apriva lo fece sobbalzare come se fosse stato un ladro colto sul fatto e si affrettò a ritirare il plico di fogli mentre un signore anziano usciva dall’albergo, salutandolo in modo garbato.
Non aveva tempo di ficcare il naso negli affari dei clienti, c’erano menù da stampare, e-mail a cui rispondere e fatture da compilare e archiviare.
Sparì nell’ufficio sul retro, si sedette davanti al pc e iniziò a cancellare le e-mail di spam, leggere quelle che richiedevano prenotazioni o domandavano semplici informazioni. Passò a malapena mezz’oretta prima che sentisse il campanello della reception risuonare. Per lui, così come per tutti gli albergatori, quello era uno dei suoni più fastidiosi che esistessero sulla faccia della Terra. Spiò dalle tapparelle e vide Nagisa che si guardava attorno incuriosito davanti al bancone vuoto. Aprì bene gli occhi, sorpreso, e si assicurò di essere a posto prima di uscire e vedere il suo volto illuminarsi.
-Hey, ma guarda un po’ chi si rivede! Non lavori come cameriere?-
Rei si aggiustò gli occhiali e sorrise appena, compiaciuto. -Faccio più cose.-
Il biondino rise con più enfasi di quanta ne fosse necessaria, lasciando spiazzato Rei.
-Mi sembri un tipo simpatico, Ryugazaki Rei!-
Rei rimase un attimo interdetto e lo guardò con la bocca socchiusa.
-Come…-
Nagisa si picchiettò con l’indice all’altezza del cuore e Rei impiegò qualche secondo a capire che si riferiva al cartellino appuntato sulla camicia. Livello di stupidità massima raggiunto e superato due volte in quella mattinata, ma attribuì la colpa al sonno mancato.
-Oh.. Oooh! Beh, la ringrazio. E mi scusi ancora per ieri sera, sono veramente mortificato.-
-Eeh? Ci pensi ancora?- sbuffò agitando una mano, come a dire che erano affari di ben poco conto. -Piuttosto, quanti anni hai?-
Rei si sentì di nuovo confuso, questa volta per il repentino cambio di argomento. Era venuto in reception per chiedere informazioni o per fare conversazione? Lo prendeva in contropiede con domande e affermazioni improvvise e non era abituato.
-Diciassette.-
-Diciassette…? Oh, aspetta, Ryugazaki! Sei il figlio del proprietario, vero? Ora si spiega, eheh, mi sembravi troppo giovane per lavorare qui.- ridacchiò grattandosi distrattamente i capelli biondo miele. -Comunque piacere, io sono Hazuki Nagisa, puoi chiamarmi Nagisa! Ho un anno in più di te, ma vedi di non essere troppo formale!- continuò facendogli l’occhiolino e parlando a macchinetta.
Rei fissò i suoi capelli che ondeggiavano a ogni movimento e pensò che fosse un tipo un po’ strano. -In realtà abbiamo la stessa età.- borbottò sovrappensiero.
-Uh?-
-C-cioè, anche io devo compiere diciotto anni, tu li hai compiuti giusto settimana scorsa e…-
La faccia di Nagisa si faceva sempre più perplessa e Rei non sapeva più come spiegarsi senza entrare nel panico.
-I-insomma, non è che… cioè, io ovviamente ho i documenti di tutti i clienti dell’albergo e prima per caso mi è capitato sotto gli occhi il tuo e per caso ho visto che siamo nati lo stesso anno. Il primo agosto. Cioè, almeno credo.- concluse vago, con un piccolo colpo di tosse e la gola improvvisamente secca.
-Aaah, capisco! Così ha senso!-
Rei aggrottò un attimo le sopracciglia. Cosa intendeva? Prima non aveva senso? Forse pensava fosse uno stalker?
-Allora, Rei. Aspetta, posso chiamarti Rei o ti scandalizzi? Non vorrei offenderti!- ricominciò il biondo, appoggiando le mani sul bancone e guardandolo. Rei aprì la bocca per rispondere, ma Nagisa continuò senza aspettare la sua risposta. -Se tuo padre ti obbliga a lavorare qui tutta l’estate, qualche giorno potresti venire in spiaggia con me! Non mi sembra di aver visto molti nostri coetanei in questa zona e non mi va proprio di annoiarmi.-
-Cosa? No, no, non mi obbliga affatto!- puntualizzò agitato, scuotendo la testa. -Mi piace aiutare qui.-
Il volto radioso di Nagisa sembrò spegnersi per un attimo, salvo poi riprendesi. -Come preferisci! Comunque, io ero venuto qui per chiedere una piiiiccola informazione.-
-Sono qui apposta.-
Nagisa si sporse ancora di più sul bancone e mostrò un sorrisino compassionevole. -Non è possibile avere del latte alla fragola nel minibar, vero?-
Rei sbatté lentamente gli occhi.
-Latte alla fragola?-
-Latte alla fragola.-
-Non… Non credo proprio.- mormorò, fingendo di pensarci su. Era ovvio che non disponessero di latte alla fragola, erano un hotel a quattro stelle, non un distributore automatico di schifezze per strada. Ma ovviamente era molto più educato dirglielo in quel modo.
Nagisa sporse il labbro inferiore e sospirò sconsolato. -Che peccato, sarebbe stato perfetto. Vedrò di fare una scorta al supermercato. Sperando che ci sia un supermercato, non mi sembra che il paese sia molto grande. Grazie lo stesso!-
Gli sorrise e trottolò via in ascensore, sotto lo sguardo sconcertato di Rei che stava per dirgli che, sì, c’erano due piccoli supermercati. Appena prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, Nagisa si voltò e agitò una mano in direzione del ragazzo, per poi sparire.
Rei si soffermò a riflettere su ciò che gli era appena successo e non poté fare a meno di pensare di avere a che fare con un tipo a metà tra il divertente e il preoccupante, passando però attraverso il carino. Anzi, no, era colpa del sonno, a mente lucida avrebbe sicuramente pensato che Nagisa fosse squilibrato e basta. Niente carino, niente divertente.

Stava ancora pensando in quale categoria collocare Nagisa mentre scendeva le scale con un enorme sacco di asciugamani usati. Svoltò a sinistra e spinse la porta della lavanderia. Il problema delle lavatrici che quella mattina aveva fatto allontanare sua madre era stato velocemente risolto dal tuttofare dell’hotel -Rei era abbastanza sicuro che avrebbe potuto aggiustare qualsiasi cosa, non sembrava neanche umano.
La lavanderia. Un luogo tanto incantevole quanto terrificante, come un bosco incantato. Quando era piccolo aveva paura ad entrarci, mentre adesso, nossignore, quell’irrazionale paura era sparita e aveva lasciato il posto a… un leggero nervosismo.
Era un ambiente perennemente freddo e umido: da una parte, una schiera di lavatrici lavorava costantemente e sparpagliati per la stanza c’erano inquietanti carrelli di acciaio riempiti di biancheria da letto immacolata. Dall’altra parte, su lunghissimi fili appesi a mezz’aria, sventolavano perennemente lenzuoli e asciugamani e le pareti erano occupate da ampi armadi vecchissimi e un po’ sgangherati. Raramente c’era qualcuno, e l’assenza di esseri umani rendeva la lavanderia ulteriormente lugubre. La sola nota positiva di quel posto era il delicato profumo di ammorbidente.
Rei lasciò il sacco davanti alle lavatrici e si avventurò nella foresta di panni stesi per ritirare e piegare quelli asciutti, stando bene attento ad evitare con lo sguardo un armadio in particolare. Era quello che da sempre lo spaventava: massiccio, con uno specchio opaco e rovinato fissato sulla sua unica anta. Da piccolo, temeva che quello specchio vecchio e sporco avrebbe potuto riflettere un fantasma che si affacciava tra le lenzuola fluttuanti, o un mostro sbucato dal buio che faceva lo stesso verso delle lavatrici al lavoro. Quasi rise tra sé e sé ripensando a quella paura infondata.
Ma subito dopo averlo pensato, con la coda dell’occhio, vide qualcosa muoversi riflesso in quello specchio. Si voltò di scatto, con il cuore che aveva preso a battere terribilmente forte, e non appena vide un’ombra silenziosa avvicinarsi da dietro un lenzuolo, non poté fare a meno di urlare a pieni polmoni, incapace di muovere un muscolo. Gli rispose un altro grido, vicinissimo e acuto; il lenzuolo davanti a sé fu scostato con violenza e Rei fu investito da una presenza non identificata. Indietreggiò di un paio di passi e si trovò tra le braccia qualcosa.
-Rei!- esclamò sollevato Nagisa, col fiato corto, a un palmo dalla sua faccia. -Che spavento!- concluse inclinando il capo in avanti e scoppiando a ridere.
Il più alto si sentì avvampare e tenne gli occhi fissi sulle mani di Nagisa appoggiate sul proprio petto. Continuò a guardarle anche mentre il biondino le allontanava.
-Rei, stai bene? Sei un po’ pallido.-
Con la schiena contro l’armadio, quello tirò un lunghissimo sospiro per placare il cuore che gli esplodeva nella cassa toracica.
-Sono quasi morto.- sussurrò a bassa voce, visibilmente sotto shock.
Il primissimo pensiero che riuscì a elaborare dopo che ebbe ripreso le funzioni cognitive fu che mai e poi mai avrebbe rimesso piede in lavanderia. Il secondo, invece, era di natura più istituzionale:
-Perché tu sei qui? È un locale privato!-
-Scusamiii, è che non ero sicuro che fosse privato, non sapevo cosa ci fosse dietro quella porta! Ho letto lavanderia e ho pensato, wow, magari posso lavarci la maglietta che ho sporcato ieri sera!-
“Che io ho sporcato ieri sera”, lo corresse mentalmente Rei, tornando a sentirsi in colpa per un millesimo di secondo.
-…Hazuki, sotto “Lavanderia” c’è un cartello con scritto “vietato l’accesso”.-
-Ssssì, ma…- Nagisa aprì la bocca e ruotò il polso, cercando qualche scusa mentre guizzava con lo sguardo a destra e a sinistra -…Primo: chiamami Nagisa; secondo: vietato l’accesso a chi?- concluse con un sorriso solo apparentemente ingenuo.
Rei assottigliò gli occhi e lo scrutò in silenzio.
-Piuttosto, scusami se ti ho spaventato e mi sono fiondato addosso a te, volevo solo scappare perché anche io mi sono spaventato! Non è molto accogliente questo posto.-
-Vero? L’ho sempre pensato anche io.- rispose con una nota di agitazione. Non appena finì di dire quella frase (stranamente liberatoria, tra l’altro), strinse le labbra, leggermente imbarazzato dal fatto che Nagisa si fosse lanciato ad esplorare la lavanderia per l’incidente causato da lui. -Se vuoi darmi la maglietta, posso fartela lavare io…-
Nagisa alzò le sopracciglia e le sue labbra si aprirono, un po’ sorpreso. -Nah, tranquillo, la laverò nella vasca da bagno!-
-Sicuro?-
-Certo! Grazie di essere così gentile, ma te l’ho già detto che non è colpa tua.-
-Non mi sto comportando gentilmente solo perché voglio riparare un danno causato da me, ma perché voglio essere gentile con te.- replicò Rei, quasi in trance, scuotendo la testa.
Si sorrisero appena, entrambi sentendosi un po’ a disagio nella penombra e nell’improvviso silenzio sgradevole. La porta che si aprì subito dopo li fece sobbalzare, ma Rei si morse le labbra e gli indicò la porta per uscire dal cortiletto prima che qualcuno lo vedesse.


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Angolo autrice
I nostri due protagonisti iniziano timidamente a interagire. Eppur si muove.
Ringrazio tantissimo chi è arrivato a leggere fin qui e chi ha messo la storia tra le seguite già dal primo capitolo!
Spero che continuerete a seguirmi e che mi facciate sapere cosa ne pensate.
Settimana prossima il terzo capitolo!
Un bacio a tutte! ♥

 

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Capitolo 3
*** Day 3: Family Suite ***


Day 3: Family suite

Prima di spalancare malamente le porte delle camere per controllare quali bevande mancassero nei famigerati minibar, era normale accertarsi, guardando sul computer, che i clienti avessero già lasciato le loro stanze. Le tessere che fungevano da chiavi per le camere, infatti, andavano inserite in un’apposita fessurina all’interno della stanza, in modo da attivare il sistema elettrico e permettere l’accensione delle luci. Sul computer della reception, una serie di lucine rosse o verdi indicava se la tessera era inserita o no. Normalmente, un cliente che rimaneva nella stanza la lasciava inserita e la estraeva quando se ne andava, ma con tutti quegli anni passati in albergo Rei sapeva bene che non sempre era così. Pertanto, ogni volta, prima di aprire le porte con il passepartout, si era abituato a bussare e dire “permesso?”. Rei seguiva quella procedura tutti i giorni, preferibilmente alla mattina sul tardi, o all’ora di pranzo, quando era meno probabile che il cliente fosse in stanza.
Anche in quel momento, dopo aver bussato e non avendo sentito voci né rumori provenienti dalla 201, aprì la porta con tranquillità.
Le tende della portafinestra erano tirate, cercò di distinguere la mobilia della stanza in penombra e vide un cumulo di coperte sul letto. Non capiva se fossero solo state lanciate lì con noncuranza o se ci fosse effettivamente una persona arrotolata là sotto. Rimase per qualche secondo indeciso sul da farsi: avrebbe potuto dare una controllatina veloce e fuggire o ripassare più tardi, ma la verità era che odiava spezzettare il lavoro. Camminò a passo felpato cercando di evitare i vestiti buttati per terra e aprì lentamente il piccolo frigo con un cigolio. Si inginocchiò sul pavimento, ma non fece in tempo a far niente che qualcosa lo colpì violentemente alla nuca, facendogli sbattere la fronte contro il mobile sotto il quale era posizionato il minibar.
Emise un lungo lamento e si portò le mani attorno alla testa, non capendo dove gli facesse più male. -Ma che…- mugolò sfregandosi i capelli e voltandosi indietro con uno scatto preoccupato.
Una figura in penombra lo fissava e pareva tenere qualcosa in mano.
-Ma ancora tu!- esclamò una voce che gli sembrava di conoscere.
Il ragazzo cercò di abituarsi alla scarsa luce della stanza, vide una scarpa vicino a sé -probabilmente ciò che l’aveva colpito pochi attimi prima- e quando tornò a guardare il letto riuscì a distinguere un fisico minuto avvolto in un lenzuolo.
-Hazuk-… Nagisa?-
-Ti ho fatto male? Scusaaa! Pensavo fossi un assassino, o un ladro, o un mostro, mi è quasi preso un colpo, dopo ieri in lavanderia sto un sacco all’erta!- continuò quello a letto, appoggiando a terra l’altra scarpa, già pronta ad essere sparata contro l’aggressore. Scese dal letto rimanendo avvolto nel lenzuolo e si trascinò ad aprire le tende. -Dovremmo smetterla di incontrarci in modi strani.-
Li aveva dei vestiti addosso? Rei aggrottò le sopracciglia con disapprovazione. Vide finalmente i suoi capelli biondi scompigliati e gli occhietti socchiusi per la troppa luce, nonostante il cielo ancora plumbeo.
-Condivido. Non voglio mai più avere a che fare con cadute imbarazzanti, spaventi e maltrattamenti.-
-Cosa stai facendo?- gli chiese Nagisa, sinceramente incuriosito mentre si accucciava vicino a lui e si tirava il lenzuolo sopra la testa.
-Stavo… Stavo controllando che non mancasse niente nei minibar.- rispose spiazzato.
-Mmh, non abbiamo toccato niente, ma solo perché non c’è il latte alla fragola.-
-Ancora con questa storia?- osservò alzando un sopracciglio.
Nagisa scrollò le spalle e rise. -Quindi passi in tutte le stanze a controllare i frigoriferi?-
-Esattamente.-
-Tutti i giorni?-
-Ovvio.-
-Che vooooglia.- sbadigliò il biondino mentre si voltava indietro e si buttava di nuovo nel letto matrimoniale. Rei lo fissò di traverso e si posò le mani sui fianchi mentre si rialzava. Cercava una frase appropriata per congedarsi, ma non riuscì proprio a trovarla.
-Stavi dormendo?-
Nagisa si rotolò sul materasso e aprì appena un occhio per guardarlo. -È il tempo che mi mette sonno, credo. Uuuff, io volevo andare in spiaggia.-
-Dove sono i tuoi genitori?-
-Saranno ancora al bar? Non lo so, non sono in stanza con me. Dovrei chiedere a Nanako.- farfugliò stropicciandosi la faccia e guardandosi velocemente attorno. -Ahh, è sparita?-
Anche Rei si guardò attorno, senza però avere la minima idea di chi stesse parlando.
La 201 era una family suite, parecchio grande, con un ampio bagno, un salottino, un balcone con vista mare e due camere da letto: una con un letto matrimoniale, un’altra con due letti singoli. Non aveva capito come diavolo fosse disposta quella famiglia nell’hotel, né quanti fossero, ma avrebbe sempre potuto andare a controllare in reception.
-Ah, Nanako è una delle mie sorelle!- si affrettò a spiegare Nagisa, probabilmente vedendo la sua faccia confusa. -Io e le mie tre sorelle maggiori siamo in questa stanza e i nostri genitori in un’altra, ma dividere la camera con loro è più faticoso di quanto pensassi, e non è passato neanche un giorno! Eheh.-
-Immagino.- annuì guardando le valigie aperte e ancora da svuotare per bene, le spazzole disseminate per terra assieme a qualche vestito. -Forse è meglio che torni a lavoro…-
-Umh…-  Nagisa puntò i gomiti sul materasso e appoggiò il mento sulle mani a coppa. -Buon lavoro allora!-
Rei si avviò verso la porta, ma quando si girò indietro vide degli insoliti occhi da cucciolo fissarlo con insistenza. Si fermò sulla soglia, con la maniglia in mano
-Sai…- iniziò Rei vago. -… Mi manca solo questo piano. Se vuoi dopo possiamo andare al bar, non abbiamo il latte alla fragola, ma abbiamo delle ottime coppe gelato con fragole e panna.-
Nagisa si aprì in un sorriso enorme e sembrò essere sul punto di alzarsi in piedi e saltare sul letto. -Con piacere, Rei-chan! A dopo!-
Rei chiuse la porta dietro di sé prima di elaborare le parole che aveva appena pronunciato. Aspetta, cosa gli aveva proposto di sua spontanea volontà? E lui l’aveva chiamato davvero Rei-chan? Ma tutta quella confidenza a uno sconosciuto… ?
Prese un lungo e profondo respiro e si aggiustò velocemente gli occhiali con un tic nervoso. Meglio finire in fretta di controllare le stanze. No, cioè, con calma. Intendeva dire con calma.

-Wooh, quindi fai anche il barista, oltre che il cameriere e il receptionist?- esclamò ammirato Nagisa mentre si fermava davanti al ripiano di marmo e si accomodava su uno degli sgabelli alti.
-A volte.- sorrise compiaciuto Rei, andando dietro il bancone. -Diciamo che so fare qualcosina, quando magari mi viene fame.-
-Dev’essere veramente bellissimo vivere qui tutto l’anno, puoi mangiare quanto e quando vuoi, sei a due passi dal mare…!-
Rei alzò le spalle. -Beh, più o meno. Ci sono sempre tante cose di cui occuparsi in realtà, non penso di averla mai vissuta come una vacanza. Felice che ti piaccia il posto, comunque.-
Ormai aveva smesso di piovere e il cielo si stava schiarendo, a quell’ora del pomeriggio la sala era semivuota e luminosa grazie alla lunga vetrata. Si poteva sentire il vento che scuoteva le fronde degli alberi e agitava il mare e Nagisa sembrava incantato da ciò che riusciva a scorgere oltre il vetro.
Rei prese la panna spray e la spruzzò nella ciotola piena di gelato e fragole. Nagisa spostò lo sguardo sul suo lavoro, continuando a dire “Un po’ di più” e “Ancora un pochino”. Il ragazzo dietro al bancone spruzzò un ultimo fiocco di panna e lo guardò allibito, sperando che quella montagna spumosa fosse abbastanza.
-Perfetto.- sibilò l’altro con una nota inquietante, mentre si avvicinava la coppa di vetro e alzava il cucchiaio con gli occhi che risplendevano.
Rei si versò un bicchiere di succo, rischiando però di fare un disastro, impegnato com’era a tenere gli occhi fissi sulle cucchiaiate enormi che finivano nella bocca di Nagisa. Si affrettò a ritirare la bottiglia di succo e tossì debolmente.
-Allora, quanto avete in programma di stare qui?-
-Dodishi jorni.- farfugliò, ancora con la bocca piena. -Tanto shicuramente il tempo non sharà coshì shempre!-
-Hai ragione.- annuì l’altro con veemenza e sorridendo al suo ottimismo. -Se vi può interessare, dopodomani c’è un piccolo festival in paese, con negozi aperti tutta la notte e bancarelle di cibo. Penso valga la pena farci un giro, è sempre parecchio divertente.-
Nagisa assottigliò per un attimo lo sguardo e tenne il cucchiaio davanti alla bocca, che si era piegata in un piccolo ghigno storto.
-Mi stai invitando a uscire?-
Rei quasi risputò il succo nel bicchiere. -Cosa!? No! Cioè, senza offesa. Stavo solo facendo pubblicità agli eventi nei dintorni come qualsiasi albergatore che si rispetti!-
Picchiettando il cucchiaio contro la guancia, Nagisa alzò entrambe le sopracciglia e storse la bocca per non scoppiare a ridere. -Stavo scherzando!-
-Certo, lo sapevo.-
Seguì un breve silenzio imbarazzante, durante il quale Nagisa finì voracemente il gelato con fragole e panna e Rei il suo succo, guardando ogni cosa nella sala fuorché Nagisa.
-Dunque, ci sarai anche tu?-
-Dove?-
Nagisa ridacchiò e scosse la testa. -Dopodomani!-
-Ah! Oh, forse. Se non c’è troppo lavoro qui.-
Prese la coppa di vetro vuota e la mise a lavare assieme al bicchiere. Nel frattempo, un altro paio di clienti si avvicinarono al bancone e chiesero un caffè, ma fortunatamente se ne occupò il barista legalmente assunto piuttosto che un diciassettenne che si trovava lì quasi per caso.
Nagisa incrociò le braccia sul marmo e inclinò la testa. -Davvero non ti annoi a stare sempre qui?-
-No, sono un tipo dedito al lavoro e mi piace fare le cose nel migliore dei modi.-
-Ma questo non è il tuo lavoro! Okay, forse lo sarà prima o poi, ma ora che ci sono le vacanze scolastiche potresti rilassarti un pochino! Sei strano.-
-Sei tu quello strano che mi ha chiesto il latte alla fragola.-
-Ma cosa c’entra, mica è strano! È nutriente e buonissimo!-
Rei roteò gli occhi ed uscì dal bancone, dirigendosi verso l’ascensore, seguito a ruota dall’altro ragazzo.
-Non scappare!-
-Non scappo, era ovvio che mi seguissi.-
-Pff.-
Nagisa entrò in ascensore con lui e tenne le braccia dietro la schiena, dondolandosi avanti e indietro con un sorriso stampato in faccia per tutto il tempo. -Dove mi porti?-
-Da nessuna parte, stavo tornando a lavoro.-
-Eeeeeh!?- fece con una faccia da cane abbandonato. -Non mi porti a scoprire qualche passaggio segreto dell’albergo?-
Rei lo guardò dall’alto mentre le porte dell’ascensore si aprivano. Con quegli occhietti che guizzavano da tutte le parti e i movimenti veloci, gli sembrava un animaletto. Non gli dispiaceva, però. Era simpatico, un po’ invadente e schietto ma comunque simpatico.
-Passaggio segreto? Assurdo.- esclamò in tono maestoso, aggiustandosi gli occhiali e facendolo scoppiare a ridere per qualche motivo a lui ignoto.
Gli sembrò di sentire tanto caldo quando rise.

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Angolo autrice
Buonasera, eccomi con il terzo capitolo! La situazione tra questi due giovincelli si fa un po' più definita, forse, ma la strada è ancora lunga, oh oh oh-
Ringrazio di cuore chi ha inserito la storia nelle preferite e nelle seguite, e un grandissimo grazie anche a _Unmei_, che ha recensito i due capitoli precedenti. Spero che la storia continui ad interessarvi, e mi raccomando preparatevi psicologicamente per il prossimo capitolo perché sarà molto lungo!
Alla prossima settimana!

 

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Capitolo 4
*** Day 4&5: Calm and Storm ***


Day 4&5: Calm and Storm

Il giorno successivo passò tranquillo. E per tranquillo, Rei intendeva senza Nagisa che suonasse il campanello in reception. Era probabile che fosse andato in spiaggia. In realtà, forse un po’ sperava di essere disturbato ed era per questo che era rimasto all’erta tutto il tempo, inutilmente. Annoiandosi un po’, dovette ammettere.
Ma il giorno ancora seguente, per sua fortuna o no, fu diverso.
-Reeeei!-
Il ragazzo riconobbe la voce e spostò lo sguardo dai fogli che stava riordinando. Vide un testino biondo salire dalla rampa di scale; le sue ciabatte facevano un rumore tremendo, ma ciò che lo urtò più di tutto furono i pantaloncini rosa.
-Vieni in spiaggia con me?-
-Cosa? No.- rispose senza pensarci, ruotando la testa in modo teatrale fino a farla ritornare sui compiti.
Vide con la coda dell’occhio le dita che si appoggiavano al bancone. -Andiamo, sto dicendo sul serio.-
-Anche i…- Rei alzò il mento e si interruppe quando vide quel faccino. -…oh.- concluse con un verso strano.
-Volevo venire anche ieri ma c’erano i miei e meeeh, non ho fatto in tempo, robe varie. Mi sono annoiato tantissimo, ti prego!-
-Non posso, guarda come sono vestito.-
-Ti prego ti prego ti prego ti prego! Ti porto a casa io e prendi quello che ti serve o ti presto qualcosa di mio, ti preeeego.-
Rei tirò un lungo sospiro, ma stava già scrivendo un biglietto per la madre, dove diceva che si sarebbe assentato per qualche ora, e lo lasciò accanto al computer.
-Lascia stare, ho dei vestiti un po’ più adatti in qualche armadio qui dietro. Torno subito.- mormorò mentre spariva nel retro e chiudeva la porta a chiave. Quando uscì, Nagisa saltellava dalla gioia e scosse la borsa mare davanti ai suoi occhi. -Allora sei pronto anche per queste evenienze, fa stranissimo non vederti tutti impettito! Non avevi caldo a star sempre coi pantaloni lunghi?- chiese guardando i suoi bermuda e la t-shirt colorata.
-In realtà ho parecchi cambi qui in hotel. Appunto perché ci passo un sacco di tempo.-
-Quand’è stata l’ultima volta che sei andato in spiaggia? Guarda che gambine pallide pallide!- continuò a macchinetta Nagisa, chiamando l’ascensore con un sorriso più grande di lui.
-Non sono affari tuoi…- borbottò stizzito Rei.
Scesero fino al piano terra, salutarono il ragazzo dietro il bancone del bar e si incamminarono per la stradina che portava alla spiaggia e al paese. Il mare calmo era vicinissimo e lo scroscio pigro delle onde aiutava Rei a tranquillizzarsi, dato che stava iniziando a cedere al panico del “che cosa diavolo sto facendo”.
-Ah, non preoccuparti per l’asciugamano, ne ho preso uno in più apposta per te!- ridacchiò Nagisa indicando la grande borsa gialla sotto il suo braccio.
-Cos… ma se non sapevi neanche se sarei venuto o no!- reclamò incredulo, ma l’altro non sembrò assolutamente farci caso.
-Non mi sembra vero, vado in spiaggia con te!- continuò infatti, avanzando a grandi passi. Rei stava per rispondere, ma si bloccò e cercò di capire il senso di quelle parole, sentendo però le guance pizzicare appena.
La spiaggia era tremendamente affollata, tuttavia in un modo o nell’altro trovarono una striscia di sabbia libera e riuscirono a stendere un asciugamano in una posizione strategica, ovvero parzialmente coperto dall’ombra degli ombrelloni vicini.
-In mare!- gridò Nagisa dopo aver mollato la borsa con poca delicatezza ed essersi tolto la maglietta a velocità record, correndo poi verso le onde.
-Non…- Rei provò a fermarlo, probabilmente per richiedere una crema solare della cui esistenza non era nemmeno tanto sicuro. L’altro ragazzo però si buttò in acqua senza troppi complimenti. Rei sospirò e si tolse gli occhiali, per poi raggiungerlo con calma, stando attento a non calpestare altri asciugamani e non urtare alcuna sdraio.
Nagisa riemerse dal mare e vide l’altro ragazzo a qualche metro da sé. Gli si stava avvicinando con una faccia strana, gli occhi fissi in basso e i gomiti sollevati. Si fermò quando l’acqua gli arrivò al bacino.
-Uh?- mormorò confuso. -Reeei, vieni qui!- urlò, andandogli però incontro, finché non ci toccò ancora. -Che c’è, hai paura di bagnarti? È freddina, ma non così tanto!-
-Assolutamente no, solo che mi trovo molto più a mio agio qui.-
-Ooh, non sai nuotare!- sparò Nagisa senza esitazioni. Non aspettò nemmeno una risposta e tese le mani verso di lui. -Vieni, ti posso insegnare!- si limitò a dire, prendendogli i polsi e trascinandolo verso di sé. -Non è così difficile, e una volta imparato è incredibilmente divertente! Se vuoi possiamo stare dove tocchi, tanto sei alto.-
Rei sentì l’acqua fredda bagnargli la pancia e la sua espressione fece scoppiare Nagisa a ridere.
-Non c’è niente da ridere!- esclamò guardandolo dritto in faccia e continuando a camminare in avanti, trascinato con sempre meno forza. L’acqua arrivò a raggiungergli il mento e quasi sobbalzò quando se ne accorse.
-Ci tocchi? Tranquillo, è impossibile che tu vada a fondo nel mare, stai a galla per forza! È questione di fisica, anche se non ho la benché minima idea di cosa significhi, però dicono così.-
-Mi entra l’acqua in bocca.- fece notare Rei, stizzito, mentre alzava la testa per evitare le piccole onde che si avvicinavano troppo alle labbra.
Nagisa non sembrò far caso a quello che disse. Tanto per cambiare. -Lezione di nuoto uno: non smettere di muovere le gambe! Perfetto, ora che sai stare a galla passiamo al livello successivo.-
-Cos…-
-Lezione due: in orizzontale!-
Le mani di Nagisa scivolarono dai polsi alle dita e gli sorrise, facendogli alzare prima un braccio e poi l’altro, a ritmo, come per fargli vedere come si sarebbe dovuto muovere. -E così ti sposti!-
Rei ci provò e non si accorse nemmeno che Nagisa continuava a camminare indietro, portandolo più a largo.
-Visto, ce la fai!- lo incitò, ma non appena accennò a lasciarlo andare, finì con lo sparire sott’acqua per mezzo secondo, giusto il tempo di riafferrarlo e riportarlo in verticale. Rei stava sulle punte dei piedi ormai, e si lamentava con dei “Io non ho mai chiesto questo!” spezzati da colpi di tosse.
-Lezione tre.- continuò Nagisa a voce più bassa, tornando serio e appoggiandogli le mani sui fianchi. Rei deglutì e trattenne il respiro, come una specie reazione involontaria.
-Fai il morto!- proseguì con le istruzioni, spostando velocemente le mani sulla sua schiena e portandolo con la pancia a filo dell’acqua, tra i suoi commenti duramente contrari e i suoi “no! no!” ripetuti senza sosta.
-Non credo che le tue lezioni siano professionali e sicure!- strepitò a occhi serrati mentre si dimenava tra gli schizzi.
-Sta’ fermooo!- Nagisa si morse le labbra per smettere di ridere. -Ti tengo, tranquillo.- continuò, facendogli sentire per bene i palmi delle mani sulla schiena.
Rei si sentiva ondeggiare, totalmente abbandonato alle onde, e pian piano, seppur imbronciato, aprì gli occhi. Vide il cielo terso e si perse a guardare qualche gabbiano che volava sopra di loro. Con la coda dell’occhio scorse i capelli bagnati di Nagisa e sentì il cuore riempirsi, ma non certo d’acqua.
-È… rilassante.-
-Certo che lo è.- rispose il biondino con calma, sporgendo la testa per guardarlo in faccia e passandogli le dita tra i capelli bagnati per liberargli la fronte. Rei lo guardò con gli occhi spalancati e il cuore che vibrava. Era un sole.
-Non ti sto più tenendo da un po’, comunque. Bravo!-
-Cosa!?-
La quantità di acqua ingoiata da Rei nel microsecondo seguente non fu quantificabile.

Rei non si ricordava a che punto fosse arrivato a ridacchiare con sempre meno contegno sull’asciugamano, accanto a Nagisa. Il cielo era arancione, il sole una grande palla rossa che scendeva lenta verso il mare calmo. La spiaggia si era quasi completamente svuotata ormai, e Nagisa aveva potuto stendere sulla sabbia anche l’altro asciugamano.
-… E allora le mie sorelle sono riuscire a spacciarmi come una bambina il primo giorno di scuola. Mi hanno fatto anche i codini, non so se mi spiego! Aah Rei-chan, non hai idea di quanto ho pianto!-
Nagisa finì il suo racconto e si puntellò coi gomiti sull’asciugamano, voltando la testa verso il ragazzo. Rimasero qualche secondo a guardarsi ridacchiando, ma quasi subito distolsero lo sguardo per farlo vagare in modo falsamente casuale sulla sabbia o sulle onde.
-È stata davvero una giornata piacevole.- commentò dal nulla Rei, probabilmente dopo un ragionamento più o meno lungo. La sua voce leggera e sincera rese il sorriso di Nagisa più grande di quanto non fosse già.
-Anche per me!- esclamò fissandolo dritto negli occhi con uno sguardo limpido. Sembrava che lo stesse scrutando a fondo, e Rei non riuscì a sostenerlo per più di qualche secondo. Voltò la testa per tornare a guardare il cielo, eppure la mano di Nagisa lo bloccò, appoggiandosi sulla sua guancia. Il cuore sembrò sprofondare per un attimo, ma le parole del biondino gli fecero venire voglia di sbattere la testa contro un muro.
-Mio Dio, Rei, ti sei scottato di brutto, hai il naso che è un peperone!-
-S-Spero tu sappia che è colpa tua e della tua negligenza nella prevenzione dai raggi ultravioletti.-
-Cheeee?-
-Bastava che tu avessi una crema!-
-Ma io ce l’ho la crema!-
-…Ah. Beh, non l’hai tirata fuori.-
-Reiiii, ma se non me la chiedi! Io ce l’avevo già su, sei un disastro! -
-Io sarei il disastro…!?-
La discussione fu interrotta da un lungo lamento profondo. I due si guardarono per un attimo prima di abbassare gli occhi sulla pancia di Nagisa.
-…Quello era il tuo stomaco.-
-Eh oh, ho fame.-
-Ma è disumano.-
Nagisa strinse i denti e gli mostrò un sorriso tiratissimo. -Se non sbaglio mi avevi detto che stasera c’era un festival, uh?-
Rei si illuminò e si tirò a sedere, aggiustandosi gli occhiali sul naso dolorante. -Mi vuoi obbligare di nuovo a venire con te?-
-Sei tu che hai detto che ti sei divertito!- rispose l’altro, alzandosi in piedi con un balzo e scrollandosi la sabbia rimastagli addosso.
Rei roteò gli occhi con un sospiro. -Va bene, ma solo perché non voglio che ti perdi.-
Afferrò la mano che Nagisa gli aveva teso e si alzò anche lui.
Raccolsero le loro cose e si incamminarono verso il paesello che iniziava ad essere illuminato dalle lanterne.

Le persone cominciavano a poco a poco a scendere nelle stradine strette e irregolari del centro, a osservare e comprare dai chioschetti, o dirigendosi verso i templi.
-Che fameee!- uggiolò Nagisa per l’ennesima volta, tenendosi le mani sulla pancia e guardandosi attorno.
-Ci sono un sacco di bancarelle di cibo, ti consiglio qualcosa di equilibrato dal punto di vista nutrizionale visto che abbiamo bruciato molte calorie nuotando. Oh, ma hai dietro qualche soldo?-
-Taiyaki!!-
Nagisa si illuminò non appena vide un chiosco pieno di dolci e si affrettò a raggiungerlo a passo veloce, sotto lo sguardo attonito di Rei. Trattenne il respiro davanti a tutte quelle leccornie, e in meno di due minuti i due erano di nuovo a camminare sulla stradina di pietre con un grande sacchetto pieno di taiyaki e altri dolci assortiti nella borsa da mare.
-Non è questo che intendevo per equilibrato.- fece notare Rei quando Nagisa gli porse un daifuku, senza tuttavia rifiutarlo: anche lui aveva un certo languorino, dopotutto. -Non puoi riempirti con dei dolci ! Senza contare che fa troppo caldo, finirai col farti venire la nausea.- continuò, abbassando lo sguardo sul ragazzo e giudicando intensamente le mele caramellate.
Nagisa lo guardò con gli occhi spalancati e le guance sul punto di scoppiare. -Shfidami.- scandì a bocca piena. A Rei venne da sorridere, ma scosse la testa, senza speranze, e continuò a camminare. Trovava incredibile come quel biondino avesse talmente tante cose da dire su qualsiasi argomento; era insieme a lui da ore e non aveva smesso di parlare e di emanare quell’aura entusiasta neanche per un attimo. In altre circostanze, se Nagisa fosse stato una qualsiasi altra persona, era sicuro che l’avrebbe trovato fastidioso. In quel caso, invece, quello che sentiva non era fastidio, era diverso, era quasi piacevole. Forse addirittura senza quasi, dato che era sinceramente spensierato e il tempo stava scorrendo a una velocità impressionante. Era strano, non era abituato a sentirsi così divertito e contento, forse perché non aveva un gran numero di amici al di fuori del contesto scolastico, né tantomeno era solito fare uscite di quel genere.
Il cielo era diventato più scuro e le strade più gremite, le lanterne mandavano una luce calda e nell’aria si sentiva lo scroscio vicino del mare, il ronzio delle cicale e una musica allegra.
-Hey, Rei-chan.- disse a un certo punto Nagisa, dopo un inaspettato minuto di silenzio. -Mi piace davvero qui.- continuò alzando la testa al cielo, con un tono inaspettato per lui. -C’è un posto dove si può vedere meglio?-
Rei seguì il suo sguardo diretto verso l’alto e si chiese se per caso si stesse riferendo alla luna. -Penso… Penso di sì?-
-Andiamoci allora!- esclamò, riprendendo tutto d’un colpo l’entusiasmo, tanto da far spaventare Rei, e afferrandogli il polso fino a trascinare entrambi fuori dalla folla.
-Per dove? Per di qua? Per di là?- voltò la testa a destra e a sinistra, procedendo a passo veloce senza avere la benché minima idea di dove andare.
-Woh, calmo! Di qui.-
Rei voltò a destra, mentre Nagisa a sinistra, e il più basso quasi si sbilanciò per il contraccolpo. Si lasciò sfuggire un versetto acuto ma lo seguì a passo spedito.
-Non trovi stranissimo che entrambi abbiamo nomi da ragazze, Rei-chan? È destino!-
Rei sentì le dita di Nagisa scivolare dal polso alla mano, strinse le labbra e l’idea di mandarlo via non lo sfiorò nemmeno.
-Se lo dici tu.-
Il paesello si arrampicava lungo il pendio della montagna e i due iniziarono a salire lungo la strada, lasciandosi le luci delle lanterne alle spalle.

-Ooh, che bello!-
Rei si fermò e lasciò che Nagisa andasse ad affacciarsi dalla staccionata di legno, dalla quale si poteva vedere il paese dall’alto e la luna che si rifletteva nel mare sconfinato.
Inarcò le sopracciglia e si sciolse in un sorriso nel vederlo tanto incantato. Gli si avvicinò, proprio mentre l’altro si girava a guardarlo.
-…Sai Rei-chan, il tuo aspetto inganna parecchio. Ma non me!-
L’altro lo guardò confuso. -In che senso?-
Nagisa inspirò profondamente, poi dal nulla, inaspettatamente, avvolse le braccia attorno suoi fianchi e appoggiò la faccia contro il suo collo, lasciando Rei di pietra.
-Perché anche se fai quello tutto serio e rigido…-
Si aprì in un gran sorriso a labbra serrate, di una dolcezza tale che fu un peccato che il più alto non potesse vederlo.
-Alla fine sei venuto in spiaggia con me! Alla fine i daifuku per cena te li sei mangiati eccome!-
Rei sentì la bocca arida e lo stomaco attorcigliato. Alzò con insicurezza le braccia per ricambiare l’abbraccio, sospinto dal profumo dolce dei suoi capelli mischiato alla salsedine.
-Alla fine sei un idiota col naso rosso.- continuò il biondino ridacchiando sottovoce e allontanandosi di poco, tenendo le mani strette sui suoi avambracci.
La debole risata di Rei gli morì in gola quando vide i suoi lineamenti avvolti nella penombra. Lo stava guardando in un modo strano, e il silenzio che si era venuto a creare era riempito solamente dal suono delle cicale. Lo fissava insistentemente, gli occhi caldi e luminosi anche nel buio che lo perforavano da parte a parte. Rei sentì le ginocchia tremare e si limitò a voltare il capo per osservare il panorama oltre la staccionata con il cuore che batteva forte.
Nagisa strinse le labbra per cercare di sembrare serio e di non sorridere, e tornò a stringersi contro di lui, stranamente senza aprire bocca, unendosi a guardare il paese animato e rumoroso e il mare che si confondeva con il cielo scuro.
-Mi riaccompagni in hotel?- chiese Nagisa ad un tratto.
Rei annuì, sperando che il battito del suo cuore non si sentisse tanto quanto lo sentiva lui. Un fischio lontano lo svegliò dallo stato di trance in cui era caduto e sobbalzò violentemente quando sentì un forte botto e fu investito da una luce colorata. Vide la bocca di Nagisa spalancarsi e le sue pupille restringersi per la luce mentre guardava dritto nel cielo.
-Nooooo, che figo, non mi avevi detto dei fuochi di artificio! Che cliché!-
Rei corrugò le sopracciglia (non erano esattamente due frasi che stavano bene insieme) e strizzò le palpebre, infastidito dall’improvvisa luminosità e dai boati. -Non è sottinteso che in una festa estiva ci siano dei fuochi d’artificio?-
-Che!? Certo che è ovvio, solo che precisino come sei mi aspettavo che me l’avresti detto se ci fossero stati. Come minimo, avresti dovuto sapere anche la quantità e i tipi e i colori!-
Rei aprì la bocca per rispondere, ma fu interrotto dall’ennesima esplosione. In ogni caso, Nagisa non gli stava più prestando attenzione, dato che ormai era salito in piedi su una delle assi della staccionata e guardava rapito gli scintillii che cadevano verso il mare.
-Bene, ora abbiamo anche delle luci che ci accompagnano fino all’hotel, così non dobbiamo fare la strada al buio! Leeeet’s go!- esordì pochi secondi dopo, scendendo con un saltino e girando su se stesso.

Attraversarono la discesa e il paese parlottando tra loro con enfasi e ampi gesti, camminarono lungo la stradina vicino al mare finché non furono davanti all’hotel, illuminato dalle poche luci sulla stradina.
-Uhh, come entro ora? Posso scalare la grondaia e entrare dal balcone?-
-Cos…!?-
-Scherzaaaavo, noioso!- lo interruppe il biondino dandogli una pacca sulla spalla.
Rei sospirò e gli fece cenno di seguirlo su per alcune scalette secondarie, verso l’altro lato dell’hotel.
-Qui c’è una porta per i clienti che tornano tardi la sera perché la reception chiude alle dieci e mezza.- gli spiegò indicando una porticina. -Se passi la chiave della tua stanza su questo sensore, la porta si apre. E tu ovviamente ce l’hai la chiave, vero?-
Nagisa frugò brevemente nella borsa e, trovata la carta magnetica, gliela sventolò a mezzo centimetro dagli occhi. -Infedele!- esclamò con voce esageratamente potente.
-Shh!- lo zittì Rei, portandosi l’indice alla bocca. -Fai troppo rumore! È tardi, e i clienti dormono.-
Nagisa si chiuse con le dita una cerniera immaginaria sulla bocca e aprì la porta. -Allora… a domani?-
-Umh…- borbottò Rei. -In realtà dovrei passare a prendere le chiavi di casa che ho lasciato nell’ufficio e un altro paio di cose.-
-Perfetto, perché non mi ricordavo come arrivare alla mia camera.-
-Nagisa…!-
Entrarono nell’hotel e camminarono lungo il corridoio buio, cercando di non fare troppo rumore.
-Possibile che non ti ricordi dov’è la tua stanza?- sussurrò Rei a denti stretti, incredulo.
Nagisa scrollò le spalle e si guardò intorno. -Senti, entrando da lì si ha tutta un’altra angolazione, insomma! E poi è buio! A proposito, presumo ci sia qualche storia di fantasmi legata a questo posto, la lavanderia era abbastanza spaventosa.- mormorò avvicinandosi sempre di più al suo braccio.
-Fantasmi?-
-Nessun hotel può dirsi tale senza una storia di fantasmi!-
-…Questo hotel non è quel genere di hotel.- sbuffò, indicandogli le scale. -Camera tua è al piano di sotto, la prima sulla sinistra.
-Grazie mille Rei!- esclamò, per poi tapparsi immediatamente la bocca dopo aver sentito su di sé l’occhiataccia che gli riservò l’altro. -A domani.- gli sorrise, stando in piedi nel buio con le mani dietro la schiena.
Rei rimase a guardare la sua sagoma immobile per qualche secondo. Non vedeva molto a causa dell’oscurità, ma sembrava che avesse i piedi letteralmente piantati per terra e che non avesse intenzione di andarsene. Storse la bocca e si chiese se ci fosse qualcos’altro che dovesse dirgli, oltre che ringraziarlo per la bella giornata, anche se l’aveva già fatto. Si sentiva vagamente spiazzato e inspiegabilmente agitato, in realtà. Stava aspettando qualcosa, o era una sua impressione? Non capiva. Non capiva neanche se stesso, perché percepiva come sbagliata l’idea di andarsene così, senza… senza cosa? Non lo sapeva esattamente.
-A domani. Buonanotte.- riuscì a dire, inceppandosi sulle prime sillabe.
Sentì i piedi di Nagisa togliere le radici dal tappeto del corridoio e un secondo dopo i loro visi si stavano sfiorando.
-Buonanotte.- sussurrò Nagisa, appoggiando la punta del naso al suo in gesto affettuoso, per poi correre giù per le scale.
Rei rimase a fissare il buio, col cuore che rischiava di uscirgli dal petto per la seconda o terza volta in quella giornata. Scosse la testa e deglutì, posandosi una mano sul petto per cercare di calmare il battito. Girò sui talloni e tornò a camminare.
…Fantasmi, uh, ma come gli veniva in mente? Nonostante gli sembrasse un’idea incredibilmente stupida, non poté far a meno di dirigersi verso la reception teso come una corda di violino.

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Angolo autrice
Buonasera! Siete davvero riuscite a leggere fin qui? Spero che non vi siate annoiate!
Questo capitolo è un po' più lungo degli altri, ma i motivi sono ovvi: non si può non raccontare un po' più approfonditamente la prima vera giornata passata assieme di questi due disgraziati (li amo, addio) (diciamolo pure: è il loro primo appuntamento? sì, decisamente sì)
Insomma, grazie mille di seguire la storia! Alla prossima settimana!

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Capitolo 5
*** Day 6: Moonshine ***


Day 6: Moonshine

Non vide Nagisa per tutta la mattina. Tendeva le orecchie ogni volta che sentiva qualcuno salire la scale, alzava appena la testa e guardava furtivamente per poi tornare a compilare registri e fatture, sconsolato, almeno in cuor suo. Quella notte, nonostante la stanchezza, aveva dormito veramente troppo poco a causa dei pensieri che gli affollavano la testa. Gli ritornava in mente tutto quello che era successo negli ultimi cinque giorni e si era interrogato più e più volte su un unico argomento: Nagisa. Mai gli era capitato di trovarsi in quella situazione, di sentire le guance bruciare e di dover affondare la faccia nel cuscino. Nagisa stava mostrando qualche interesse speciale nei suoi confronti o era solo un’impressione? Forse era solo una persona molto… fisica? Non riteneva puramente amichevoli alcuni atteggiamenti avuti il giorno prima, né ciò che provava quando lo vedeva, quando passava un po’ di tempo con lui. Non sapeva perché si fosse trovato così bene, in modo così veloce e improvviso, con una persona nuova che ai suoi occhi brillava di una bellezza indefinibile.
A mezzogiorno strusciò i piedi giù per le scale per andare a pranzare, seppur controvoglia. Arrivò al piano terra, entrò in cucina, i cuochi gli diedero gli avanzi scaldati della cena del giorno prima e vedendo la sua espressione corrucciata gli chiesero se ci fosse qualche problema. Rei sussultò e scosse la testa. Era così evidente?
Uscì dalla cucina per andare nella stanza in cui mangiavano i dipendenti, ma si fermò in mezzo al salone. Nagisa era seduto con due ragazze ad un tavolino sulla terrazza, rivolti verso il mare. Vedeva le sue spalle coperte da una maglia a maniche corte azzurra scuotersi e intuì che stesse ridendo. Immaginò il suono della sua risata e restò ad osservare la sua mano che si agitava in aria per allontanare le mani delle due ragazze, che sembravano essersi messe d’accordo per fargli il solletico.
Rei rimase in piedi col piatto fumante in mano per qualche secondo, prima di riscuotersi e riordinare le idee, camminando impettito nella stanza dei dipendenti e chiudendo la porta dietro di sé con troppa forza.
Gli altri dipendenti seduti al tavolo gli chiesero perché fosse così rosso e Rei diede la colpa al sole preso il giorno prima, cosa che non era del tutto sbagliata.
Per un attimo, un attimo solo, prima di capire che quelle due ragazze fossero le sorelle di Nagisa, aveva sentito un’orribile sensazione allo stomaco. Per quel breve lasso di tempo, l’appetito l’aveva abbandonato del tutto. Lo aveva guardato con un misto di affetto e rassegnazione, ma non avrebbe mai voluto che smettesse di ridere.
Nagisa gli piaceva. Gli piaceva tanto, e pensarlo chiaramente fu una liberazione.
Quando fu tornato nella reception, non passò molto tempo prima che una famiglia di cinque persone uscisse dall’hotel parlottando allegramente. Immediatamente dietro, Nagisa li inseguiva di corsa mentre cercava di infilarsi una scarpa. Vide Rei e si illuminò, frenò e tornò indietro, appoggiandosi al bancone.
-Rei! Oggi io e i miei andiamo a fare una gitarella nella città qui vicino. Torniamo tardi credo.-
Rei allineò le carte e ripose la biro nel portapenne. -Buona uscita allora, sono sicuro che sarà divertente.-
-Mi dispiace non poterti fare compagnia oggi.-
Rei sentì la gola chiudersi per l’emozione e gli sorrise. -Non fa niente.-
La voce del papà di Nagisa lo chiamò mentre il resto della sua famiglia saliva in macchina.
Nagisa rispose al sorriso e si allontanò un po’ dal bancone. -Possiamo vederci stanotte all’uscita secondaria che mi hai fatto vedere ieri? Va bene alle undici?-
Rei aprì la bocca per rispondere, ma Nagisa, sentendosi chiamare un’altra volta, si affrettò verso l’uscita senza aspettare risposta. Si girò indietro e agitò il braccio per salutarlo. -A stasera!-
Le porte di vetro si richiusero dietro di lui e Rei sbatté gli occhi confuso, come se decine di piccoli petardi gli fossero esplosi attorno alla faccia. Non aveva neanche fatto in tempo a pensare che, ecco, aveva un appuntamento. Realizzandolo, spalancò gli occhi e il petto si riempì di trepidazione e impazienza.

Quella giornata gli era sembrata infinitamente lunga, ma quando alle dieci aveva visto Nagisa fargli l’occhiolino mentre rientrava in hotel con la sua famiglia, tutto gli era sembrato più reale e terrificante.
La reception chiudeva alle dieci e mezza e quella mezz’ora di attesa davanti alla porticina lo stava facendo morire. Si sedette sui gradini e si rialzò per chissà quante volte, guardando l’orologio ogni due minuti. Finalmente, la porta si aprì e sbucò Nagisa, con un sorriso entusiasta stampato in faccia.
-Scusa l’attesa! Non vedevo l’ora di farmi una doccia.-
-Figurati. È andato tutto bene?-
Nagisa richiuse la porta dietro di sé e annuì con enfasi. -Assolutamente, è stato più divertente di quanto immaginassi! Mi scoccia non poter essere venuto neanche stamattina, ma mi sono svegliato tardi e le mie sorelle insistevano col voler stare un po’ con me.-
Rei ripensò alla scena di mezzogiorno e non poté fare a meno di sorridere. -Non importa, ho un sacco di faccende da sbrigare, lo sai.- puntualizzò aggiustandosi gli occhiali. -Beh, che vuoi fare?-
-Andiamo in spiaggia!-
-Oh… non penso si possa andare a quest’ora.-
Non fece in tempo a finire la frase che Nagisa stava già scendendo le scale. Saltò giù dall’ultimo scalino e si appoggiò le mani sui fianchi, per poi girarsi a guardarlo con un ghigno. -Se vuoi farlo, si può fare tutto, Rei-chan.-

Un minuto dopo stavano camminando verso la spiaggia sulla stradina illuminata da piccoli lampioni a forma di torce.
-Stamattina ti ho visto con le tue sorelle.-
Nagisa spalancò la bocca e si girò verso di lui, aggrappandosi al suo braccio.
-Davvero!? E perché non sei venuto a salutarmi?-
-Non mi sembrava il caso. E poi avevo il mio pranzo in mano.-
Nagisa sbuffò e alzò gli occhi al cielo. -Il solito.- affermò riservandogli uno sguardo obliquo. -Dopo credo di doverti dire una cosa, comunque.- continuò poi, volutamente insinuante e a voce bassa, mentre con la mano scivolava verso le dita della sua mano.
Rei si sentì strozzare ma cercò di non darlo a vedere, guardandolo piuttosto interrogativo e rispondendo a tono. -Perché non me la dici adesso?-
-Perché dopo è più bello.-
Il più alto evitò il suo sguardo spostandolo verso il lato della strada e si sentì andare a fuoco. Intendeva ciò che stava pensando? Sul serio? No, probabilmente si stava solo immaginando situazioni impossibili. Ma nel dubbio…
-Anche io probabilmente devo dirti una cosa.- biascicò dopo essersi schiarito la voce, incredulo di averlo detto davvero. Voleva sparire.
Nagisa ridacchiò sommessamente e si portò la mano libera ai capelli mossi, giocandoci con la punta delle dita. -E perché non me la dici adesso?-
Rimasero un po’ in silenzio, ascoltando lo scroscio del mare e il rumore dei loro passi.
-Perché dopo è più bello.- continuò Rei, formulando quelle parole con immensa fatica. Gli sembrò di vedere le guance di Nagisa tingersi di un colore un po’ più rosato, ma un attimo dopo stava correndo verso la spiaggia ormai vicina, scavalcando il muretto. Rei lo seguì con un po’ di riluttanza, ma appena atterrò sulla sabbia soffice e vide il cielo limpido e stellato riflettersi nel mare, tutte le sue perplessità sparirono.
Nagisa si tolse le scarpe e le calze e si sedette coi piedi sul bagnasciuga. Rei fece lo stesso e alzò gli occhi al cielo.
-Abbiamo tutta la spiaggia per noi, visto?- disse il biondino.
-Mi stai portando sulla cattiva strada.- fece notare Rei, appoggiando le mani sulla sabbia appena dietro di sé per guardare meglio le stelle.
-Rei-chan è troppo innocente per fare queste cose, uh?- miagolò sporgendo il labbro inferiore e sfoderando i suoi occhioni migliori.
L’altro roteò gli occhi, ma si sciolse non appena sentì la testa di Nagisa appoggiarsi sulla sua spalla. Chiuse le palpebre e si lasciò avvolgere dal rumore delle onde e delle cicale, dall’acqua che gli bagnava i piedi a intervalli regolari, dalla frescura notturna e dal tepore dei capelli morbidi e biondi che gli sfioravano la guancia. Accarezzò il dorso della mano di Nagisa con la punta delle dita in un gesto che venne spontaneo, indotto da quell’atmosfera surreale.
-Riguardo a quella cosa…- iniziò Rei a bassa voce, dopo aver preso coraggio, con il cuore che iniziava a battere sempre più forte. Nagisa rimase in silenzio contro la sua spalla e Rei pensò che non poteva tirarsi indietro.
-È molto difficile spiegarlo, Nagisa, ma credo che te ne sia accorto anche tu.-
Ormai il rumore del suo cuore era più forte della sua voce.
-Come dire…-
Nagisa emise un verso gutturale e Rei si interruppe.
-Nagisa?-
Rei si scostò per guardarlo e il ragazzino scivolò giù dalla sua spalla, appoggiandosi sul suo grembo in una posizione innaturale. Addormentato. Era uno scherzo?
Rei sgranò gli occhi e si sentì tremare da capo a piedi. Tutto il discorso preparato nella sua testa era andato improvvisamente in frantumi, sbriciolato in mille pezzi.
Sospirò e appoggiò lentamente una mano tra i capelli soffici e profumati di Nagisa, cominciando ad accarezzarli con delicatezza e alternando lo sguardo tra il mare e il profilo delicato di quel ragazzo che, addormentato in quel modo, gli sembrava quasi innocuo, come la prima volta che l’aveva visto. Mai prima impressione fu più sbagliata.
-Nagisa.- ripeté dopo qualche minuto, tirandogli appena qualche ciocca di capelli. -Nagisa, ti sei addormentato.-
Quello borbottò e aprì pigramente un occhio.
-… Non è vero.-
-Sì che è vero.-
Si girò su se stesso, finendo a pancia all’aria, per poter guardare bene Rei dal basso. -Hai gli occhiali storti.- mormorò aprendo anche l’altro occhio. -E mi sento la sabbia anche nelle mutande.-
Rei si aggiustò immediatamente gli occhiali e ridacchiò. Vide la mano di Nagisa tendersi verso di lui e appoggiarsi sulla sua testa, per poi scivolare stancamente verso il basso, riempiendogli la faccia di granelli di sabbia. -C’era del sonnifero nella cena che abbiamo mangiato in città.-
-Oppure sei solo molto stanco. Potevi dirmelo, non ti avrei obbligato ad uscire.-
-Pfff. Guarda che volevo davvero uscire!- disse dopo essersi tirato a sedere con uno slancio. -Solo che, sai… il mare, il buio, robe, insomma, la natura mi ha costretto!-
Rei si alzò e si scrollò la sabbia di dosso. -Adesso hai solo bisogno di una bella dormita in un letto comodo. Ce la fai a tornare in hotel?-
Nagisa andò a sciacquarsi i piedi in acqua. -Per chi mi hai preso?!- esclamò con tono offeso. -Anzi, presumo che tu mi debba prima riprendere!- esclamò schizzandolo con le mani bagnate e correndo via sul bagnasciuga. La sua corsa però non durò che pochi secondi.
-…Rei.- commentò con disappunto, fissando la mano del più alto stretta attorno al suo polso. -Sei stato troppo veloce, non è stato divertente come sarebbe dovuto essere!-
-Mi spiace, ma correre è l'attività fisica che preferisco e lo faccio spesso.- replicò l’altro, con un mezzo sorriso di trionfo.
-Hai capito come si fa il fisico Rei-chan.- mormorò tra sé e sé Nagisa, alzando le sopracciglia. -Ma in ogni caso, non valeeee!- si lamentò mentre veniva trascinato fuori dalla spiaggia e puntava i piedi per opporre resistenza.
-Non urlare, Nagisaaa!-

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Angolo autrice
Non ce la possiamo fare. Va sempre peggio (o meglio?) per questi due terribili nerd.
Ringrazio tutte quelle che seguono la storia, anche solo leggendola o inserendola nelle preferite/ricordate/seguite! Spero davvero che vi stia piacendo e che inizi a farvi respirare un po' l'aria dell'estate che sta arrivando (e che io mi godrò in formato ridotto causa esami)
Alla prossima settimana!

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Capitolo 6
*** Day 7: Prism ***


Day 7: Prism
 
Le giornate si facevano sempre più calde, stare nella reception era sempre più faticoso, le pareti di vetro la rendevano una piccola serra e Rei ringraziava che il bancone fosse all’ombra e che esistesse l’aria condizionata. Passare tutta la giornata a fare su e giù per le scale -dal momento che l’ascensore era riservato ai clienti- era sempre più sfiancante, stare in pantaloni lunghi neri e camicia era un supplizio sempre maggiore. Quel giorno, in particolare, il calore era insopportabile e si rifletteva sull’asfalto. Il sole batteva contro i vetri della hall e il forte frinire delle cicale era l’unico rumore udibile in quel pomeriggio rovente, assieme alla lieve musica di sottofondo emessa dalle casse disseminate nell’hotel. Quasi tutti i clienti erano andati in piscina o in spiaggia (tra cui anche Nagisa e la sua famiglia), qualcuno era al bar a mangiare gelati o bere bibite fresche. Sembrava una giornata tranquilla, ma in realtà quel caldo eccessivo aveva portato con sé diversi problemi: due arie condizionate nelle camere si erano guastate, un cliente si lamentava che il minibar non era abbastanza freddo, ad un altro non andava la televisione. Idraulici ed elettricisti stavano cercando di aggiustare il tutto mentre le camere erano vuote, ma di certo il clima infernale non aiutava a velocizzare il lavoro.
Rei scese in cucina e controllò il numero dei clienti che avrebbe cenato. Strabuzzò gli occhi e diede per certo che, quella sera, avrebbe dovuto scendere in sala per aiutare i camerieri. Lasciò i menù per il giorno successivo al bancone del bar e si sedette su uno degli sgabelli alti che si trovavano lì, per riprendere fiato qualche minuto. Appoggiò i gomiti al marmo e il ragazzo che serviva al bar gli allungò una ciotolina di porcellana con del gelato e della panna montata.
Era un tipo dall’aria vagamente scontrosa, i capelli leggermente lunghi legati in un codino e i denti stranamente appuntiti. Aveva iniziato a lavorare lì da circa una settimana e all’inizio Rei aveva avuto parecchi dubbi sulla scelta di suo padre di assumere una persona del genere come barista, ma presto aveva scoperto che dietro l’apparenza aggressiva si celava una persona gentile che svolgeva al meglio il suo lavoro (senza contare che attirava parecchie ragazze che camminavano sulla stradina, non era un dettaglio da sottovalutare) e Rei poteva tranquillamente dire che, nonostante tenesse spesso il broncio, gli ispirava simpatia.
-A che tavolo devo portarlo?-
Il barista ridacchiò mentre asciugava un bicchiere con uno straccio. -È per te!-
-Ohh. Grazie mille!-
Il volto accaldato di Rei si aprì in un sorriso e affondò il cucchiaino nel gelato che già si stava sciogliendo. Nonostante tutti i piccoli litigi tra i dipendenti, per i motivi più disparati, i ritardi, le reciproche accuse di nullafacenza, alla fine erano come una grande famiglia allargata. Alcuni di loro erano persone che nella vita di Rei erano sempre state presenti, dipendenti storici  che gli davano le caramelle da quando era un bambino. Altri erano arrivati solo da qualche anno, altri ancora se n’erano andati. Dalle donne delle pulizie ai camerieri, dai tuttofare ai cuochi, Rei aveva l’impressione che tutte quelle persone contribuissero a costruire la sua seconda casa, un posto a cui era incredibilmente e profondamente legato. Tuttavia, Rei sapeva che qualcosa stava cambiando. Non intorno, ma dentro di sé.
Adorava quel lavoro, sapeva che sarebbe stata la sua strada e spendeva moltissime energie nel cercare di imparare quanto più possibile sulla gestione di un hotel, ma a volte si sentiva come se fosse legato troppo stretto, come se avesse bisogno di prendere respiri più profondi. Forse era l’età, forse la sensazione di aver scoperto un mondo completamente nuovo dopo aver conosciuto Nagisa, o forse entrambe le cose, perché dopotutto erano legate indissolubilmente l’una all’altra. Non pensava che avrebbe potuto provare quel genere di sentimenti per un ragazzo, una persona così attiva, loquace, senza peli sulla lingua, qualcuno che sembrava essere il suo opposto sotto ogni aspetto. Eppure, sembrava che Nagisa fosse arrivato a tendergli la mano nel momento giusto. Nagisa era bello, bellissimo, e il solo pensarlo lo emozionava. I lineamenti dolci, la pelle morbida, il corpo sottile ma niente affatto fragile; eppure, da piccoli gesti, da brevi inclinazioni nella voce, si poteva capire che c’era anche una bellezza segreta in Nagisa, immersa nella sua dolcezza, non isolata dal resto, ma avvolta in esso. Nagisa non era solo ciò che dava a vedere, era ben chiaro. Era anche quello, anzi, lo era per la maggior parte, ma non solo. Rei aveva vissuto brevi attimi in cui Nagisa sembrava aprirsi, schiudersi, ed erano quelli i momenti in cui era veramente limpido, cristallino. Se n’era reso conto a poco a poco, sempre di più. All’inizio era solo una sensazione strana, un’atmosfera di libertà che si sprigionava nell’aria come un profumo denso e inspiegabile. Ma poi capitava ancora, e ancora, e Rei si era reso conto che in quei secondi ogni cosa attorno a sé, lui compreso, iniziava a gravitare attorno a Nagisa, come se fosse un polo d’attrazione. Nagisa attirava tutto verso di sé e al contempo rilasciava un benessere naturale, era un prisma che incanalava la luce e irradiava colori. Rei si era accorto di averne disperatamente bisogno.

Proprio mentre pensava queste cose, quasi come se fosse servito da richiamo, la famiglia Hazuki apparve dalla stradina, di ritorno dalla giornata di mare. Li osservò salire i cinque gradini che portavano alla terrazza della sala e vide le tre sorelle salutarlo con la mano, trattenendo i risolini. Dietro di loro Nagisa, con la sua borsa da mare sotto il braccio, faceva lo stesso, ma con un’espressione totalmente diversa. Rei ricambiò i saluti e guardò l’orologio, che segnava le sei. Era quasi ora di andarsi a preparare: alcuni camerieri stavano già apparecchiando i tavoli, alle sei e mezza si sarebbero dovuti trovare tutti in cucina per la distribuzione dei tavoli e per aggiustare gli ultimi dettagli, e alle sette sarebbe iniziato il servizio.
Nagisa e gli altri componenti della sua famiglia erano, come sempre, al tavolo sette, e casualmente Rei riuscì ad ottenere il servizio di quel tavolo. La sala si stava riempiendo e il capocuoco batté le mani, come a voler dare la carica ai camerieri.
Rei guardò con la coda dell’occhio il nuovo lavapiatti che se ne stava appoggiato con un braccio ad un’enorme pentola capovolta su un ripiano d’acciaio, con le maniche arrotolate fin sopra i gomiti. Non aveva ancora avuto modo di parlare con quel ragazzo giovane dalle spalle larghe: sapeva che era stato assunto più o meno nello stesso periodo del barista che quel pomeriggio gli aveva offerto il gelato e Rei era abbastanza sicuro di averli visti insieme, quindi forse erano amici? Magari avrebbe potuto chiedere a lui di presentarglielo? Gli metteva un po’ di soggezione, a dir la verità, con quei suoi occhi chiari e l’aria seria.
Prese quattro piatti e uscì dalla cucina, dirigendosi verso il tavolo sette. Camminava impettito e attento, nelle vene sentiva ancora il terrore dell’ultima volta che aveva aiutato in sala e, nonostante in quell’occasione avesse incontrato per la prima volta Nagisa, non avrebbe mai voluto che ricapitasse una scena del genere. Tra l’altro, ci sarebbero stati molti altri modi meno imbarazzanti per conoscerlo: dargli informazioni sui templi da visitare nelle vicinanze, o sulle attrazioni turistiche, o esplicargli i benefici del nuovissimo centro benessere con sala per massaggi e sauna che avevano fatto costruire quell’inverno. Oh, quello avrebbe dovuto assolutamente farlo comunque!
Arrivato al tavolo, servì prima le signore e trattenne l’imbarazzo nel sorridere cordialmente alle tre sorelle che si stavano scambiando sguardi complici, suscitando in loro un risolino contenuto. Sentiva lo sguardo di Nagisa gravargli addosso.
-Buon appetito.- disse appoggiando l’ultimo piatto davanti a Nagisa e guardandolo negli occhi. Il ragazzo lo fissò di rimando dal basso, alzando un sopracciglio e stringendo le labbra per non sorridere troppo, anche perché la madre stava iniziando a riprenderlo per la postura scomposta. Rei prese un respiro profondo e tornò in cucina cercando di non sembrare un pinguino impettito.
Quella notte, la serietà e la preziosità di un efficiente lavoro di coordinazione ed estetica, per Rei si mescolò a quello che sembrava essere un gioco di ruolo. Trovava abbastanza difficile rivolgersi a Nagisa in quel modo serio e distaccato, cercando di comportarsi con fare elegante, come faceva con gli altri clienti. Di certo, Nagisa non lo aiutava con i suoi risolini bassi e gli sguardi ammiccanti. Quella giocosa educazione che si dimostravano l’un l’altro, l’accidentale sfiorarsi delle mani quando posava il piatto, perché proprio in quel momento Nagisa decideva di bere o di impugnare le posate: tutto ciò rendeva il servizio di quella sera più interessante di quanto non fosse mai stato.

Una volta terminata la cena, di norma una parte dei clienti si spostava dal proprio tavolo ai tavolini in ferro battuto sul limite della terrazza, in modo da passare una serata tra un liquore e l’altro, rilassandosi grazie allo scrosciare del mare, che da quel punto si vedeva benissimo e offriva uno spettacolo meraviglioso.
Rei era appoggiato alla parte esterna del bancone del bar ad osservare gli altri camerieri che si occupavano delle ordinazioni, quando sentì qualcuno afferrargli i fianchi, facendolo sobbalzare.
-Ryugazaki-san.- fece Nagisa con voce modulata, sgusciandogli davanti e appoggiando un gomito al bancone, a specchio del ragazzo che gli stava davanti. -Cos’ha da offrirmi stasera?- chiese lanciando un’occhiata ai drink che un cameriere stava portando ad un tavolo.
-Niente alcolici per i minorenni.- rispose Rei mentre si aggiustava il colletto della camicia. -Ma ho sentito parlare della sua fervente passione per le fragole, quindi potrei offrirle un’ottima coppa gelato con ingredienti di prima scelta.-
Nagisa trattenne il respiro e gli mostrò un sorriso che agli occhi di Rei sembrava far illuminare la stanza. Gli piaceva farlo sorridere in quel modo.
-Accetto volentieri la sua gentile proposta!- esclamò con un breve inchino, mentre Rei si dirigeva già dietro il bancone. -Con tanta panna, come l’altra volta!- puntualizzò tornando alla normalità e sporgendosi sul marmo per osservare il suo lavoro.
Rei gli lanciò un’occhiata mentre teneva il capo chino sulla coppa di vetro e sorrise istintivamente alla vista di quel viso impaziente e felice.
-Stai davvero bene vestito così.- sussurrò d’un tratto il biondo, cogliendolo di sorpresa.
Rei strabuzzò gli occhi e sentì gli occhiali scivolargli lungo il naso, e poco ci mancò che facesse cadere tutto.
Nagisa allungò le mani per reclamare il suo gelato, e Rei deglutì mentre glielo posava sul bancone.
-Grazie mille.- disse prendendo la ciotola con una mano e rimettendogli a posto gli occhiali con l’altra.
-G-grazie a te.- rispose confuso Rei. -Spero che sia di tuo gradimento anche il gelato.-
-Come non potrebbe!- rispose l’altro, facendogli l’occhiolino e ficcandosi il cucchiaino stracolmo in bocca.
Rei notò che non gli staccava gli occhi di dosso.

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Capitolo 7
*** Day 8: Blooming ***


Day 8: Blooming
 
Un'altra calda giornata come tutte le altre per il figlio del proprietario. Apertura della reception alle sei e mezza di mattina, puntualissimo, preparazione delle partenze, degli eventuali arrivi e pagamento dei conti, distribuzione dei fogli delle camere alle donne delle pulizie e giù in sala. Compilare i registri online e cartacei con gli arrivi del giorno precedente, ritirare le ricevute delle spese in ordine cronologico e alfabetico, controllare che gli arrivi, le partenze e le caparre della settimana corrispondessero sia nel portfolio che nel planning sul computer. E tutto questo prima delle due del pomeriggio, perché dopo pranzo avrebbero incominciato immediatamente a pensare alla cena, quindi la stampa dei menù, il ritiro delle schedine dalla sala, insomma, la quantità di mansioni da svolgere non si esauriva mai.
Erano circa le dieci e mezza di mattina quando riuscì ad avere un attimo di respiro per dare un’occhiata al fidato taccuino dei minibar delle stanze. Una decina abbondante necessitava di essere controllata, quindi verificò quali clienti fossero ancora in camera, almeno secondo il computer. Fece un segnetto a biro accanto al numero delle camere in cui sarebbe potuto entrare, prese il passepartout e incominciò dalle stanze di quel piano, per poi scendere al secondo. Appena a sinistra vide la 201, e con un sorriso amaro ricordò quando Nagisa gli aveva tirato una scarpa in testa.
Abbassò la testa sul taccuino e vide il trattino accanto al numero. Prese un bel respiro, bussò e aprì la porta, per trovarsi immerso nel buio. Proprio come ricordava, in quella stanza regnava il caos assoluto. Non fece in tempo ad alzare gli occhi dal pavimento né a muovere un passo che la voce di Nagisa lo fece sussultare.
-Nanako, sei tu?- sentì mormorare dal bozzolo di coperte nel letto.
-No, veramente…-
-Ooh, sei Rei…!-
-Stavi ancora dormendo?- commentò sorpreso, ma neanche troppo.
-Eheh.- lo sentì ridacchiare. -A dir la verità no.- affermò facendo frusciare le coperte. Effettivamente, la sua voce non era assonnata e Rei non poteva contraddirlo.
-…Ancora a fare i minibar? Ma davvero non è noioso?- continuò il ragazzo a letto.
Rei aggrottò la fronte confuso. -No. Cioè, no alla seconda domanda. Alla prima, la risposta è sì.-
Quasi non riuscì a finire la frase che Nagisa tornò a parlare. -Sai, stavo giusto pensando a te, sono felice che tu sia arrivato! E poi mi stavo annoiando, pensavo che potremmo fare due chiacchiere, uh?-
Rei vide le coperte spostarsi e la sagoma di Nagisa stiracchiarsi, per poi sedersi sul letto e guardare verso di  lui.
-Umh, non credo di avere molto tempo a dir la verità. Volevi chiedermi qualcosa in particolare?-
-Non lo sooo, ci stavo ancora pensando, ma speravo che tu avessi qualche idea per iniziare una conversazione!- si lamentò ridendo.
Rei sorrise e scosse la testa, andando verso il minibar. -Non tirarmi scarpe in testa, questa volta.-
-Tranquillo, stavolta ti ho identificato.-
Rei aprì il piccolo frigo e segnò le bibite mancanti, trovando strano il silenzio di Nagisa.
-C’è qualcosa che non va?- chiese infatti una volta finito, avvicinandosi alla portafinestra e aprendo le tende per lasciare finalmente entrare la luce del sole. Si girò verso il letto e vide Nagisa che lo guardava a sua volta, seduto a gambe incrociate, indossando giusto un paio di pantaloncini rosa, con un gomito sul ginocchio e la guancia appoggiata al palmo della mano. Aveva un’aria vispa e lo scrutava con occhioni vivaci, le guance rosate e un paio di mollettine rosse in testa che gli liberavano la fronte dai capelli. Il biondino scrollò le spalle. -Nah, pensavo.-
Rei inarcò le sopracciglia. -La cosa ti stupisce così tanto?-
-Ehi!- esclamò con le guance gonfie, facendo scoppiare a ridere entrambi. Rei si avvicinò a lui, come se la sua risata fungesse da calamita, e gli si sedette accanto sul letto.
Nagisa iniziò a giocherellare con le cuciture della sua camicia, mentre le risate si spegnevano.
-Grazie per avermi riaccompagnato in hotel l’altro giorno. E l’altro giorno ancora! E anche per tutto il resto.-
-Oh, di nulla! Grazie a te piuttosto.-
Nagisa alzò gli occhi dalle cuciture al volto di Rei, scrutandolo a fondo, come se fosse stupito. -Di cosa?-
Rei sentì un brivido lungo la schiena nel sentire la sua voce diventare improvvisamente seria. -Di… tutto il resto?-
Si guardarono negli occhi in silenzio. Rei non sapeva cosa stesse succedendo. All’improvviso, gli sembrò che la stanza fosse invasa da una particolare gamma cromatica. Gli occhi di Nagisa non erano mai stati così magnetici, due tazzine profondissime e calde di sciroppo dolce e viscoso che sembravano avvicinarsi sempre di più. Il suo profumo gli riempì il cuore e, quando le mani di Nagisa gli strinsero quasi convulsamente la camicia mentre lo tirava verso di lui, Rei non riuscì a resistere e premé le labbra sulle sue.
Il cuore sprofondò sotto i piedi per una manciata di secondi, ma Nagisa fece di tutto per far sì che non si allontanasse.
Un gesto talmente naturale, come un corpo che si lascia cullare dalle onde, che non aveva nemmeno avuto tempo di pensare a ciò che stava facendo.
Rei si allontanò piano e guardò Nagisa, che ricambiava lo sguardo con la testa leggermente inclinata e la bocca mezza aperta in un sorriso abbozzato e sorpreso. Sentiva un ronzio insistente per il quale temeva di svenire da un momento all’altro.
Non c’era parte di Rei che non tremasse, dalla punta delle dita, allo stomaco, alle ginocchia. Le braccia sottili di Nagisa si allacciarono attorno al suo collo e Rei appoggiò la fronte contro la sua, con il fiato corto e il cuore che batteva esageratamente forte, come se avesse appena corso per cento chilometri.
-È da un sacco che volevo farlo.- confessò Nagisa con un sussurro, stringendolo forte contro di sé.
Rei non sapeva cosa rispondere. Temeva un infarto e in testa aveva solo un gran casino. -D-Davvero?- chiese, in una sorta di trance.
Nagisa non poté fare a meno di ridere e nascondere la faccia sulla sua spalla, stringendogli la camicia tra i palmi delle mani. -Davvero.-
Da come giocava nervosamente con il suo orlo, Rei dedusse che anche lui dovesse sentirsi in qualche modo imbarazzato.
Il più alto si morse l’interno della guancia e lo abbracciò altrettanto forte, mentre si riempiva i polmoni con il profumo dei suoi capelli fino a farsi girare la testa.
-Anche io.- bofonchiò Rei, in uno stato semi confusionario. -Però, forse io ora… dovrei, credo, tornare a lavoro, ma…-
-Prima mi baci e poi mi abbandoni, uh?- esclamò il biondo con una nota di melodrammaticità spezzata da una risata leggera. -…Questo è crudele.- concluse con un tono più basso, totalmente diverso dal solito, appoggiando una mano sulla sua nuca e avvicinandolo a sé, sentendolo rabbrividire mentre abbassava le palpebre lo baciava ancora, dischiudendo a poco a poco le labbra.
Rei sentì le gambe molli man mano che approfondivano il bacio e, quando qualcuno bussò alla porta, sussultò violentemente. Si tirò in piedi e si aggiustò goffamente la camicia in tutta fretta, mentre delle voci femminili provenivano da dietro la porta.
-Nagi-chan, apri!-, -Non abbiamo la chiave!-
Nagisa alzò gli occhi al cielo e si alzò mollemente dal letto. -La dimenticate sempre in camera!- rispose con voce squillante, rivolto verso la porta.
-Senti chi parla!-
Rei aprì e le tre ragazze rimasero un attimo spiazzate. Fece un piccolo inchino rigido e le lasciò entrare. -C-Chiedo scusa, ero qui per controllare il minibar, non vi disturberò ulteriormente.-
Mentre usciva dalla stanza rigido come un manichino e richiudeva la porta, diede una veloce occhiata dietro di sé e vide Nagisa rivolgergli un sorrisetto divertito. Si allontanò a passi svelti dalla camera, sentendosi quasi venir meno e udendo in lontananza un “Cariiiiino!” urlacchiato dalle tre sorelle.

Rei si guardò attorno nella reception vuota e silenziosa, inglobato da una sensazione di annebbiamento, e cercò nuovamente di riordinare i propri pensieri. Da quanto tempo era lì, in quello stato? Per l’ennesima volta, si chiese se fosse successo davvero ciò che pensava. Non si ricordava come fosse riuscito a congedarsi e ad uscire da quella stanza sulle proprie gambe, che si scioglievano nuovamente al solo pensiero. Si massaggiò la fronte e spostò gli occhi sul plico di fatture che aspettavano di essere compilate. Era felice, sentiva che avrebbe potuto camminare a mezzo metro da terra, ma era anche terrorizzato e continuava a sospirare. Non si aspettava di baciarlo così, praticamente dal nulla, in camera sua. Pensava a qualcosa di più romantico, come la spiaggia di notte, cosa che effettivamente sarebbe potuta succedere se Nagisa non si fosse addormentato. Eppure era stato più forte di lui.  E ora? Cosa avrebbe dovuto fare?
-Reeei-chaaaan!-
Alzò la testa e vide Nagisa comparire dalle scale, arzillo come una trottola. Appoggiò i gomiti al bancone e sporse il collo verso di lui.
-Le mie sorelle pensano che tu sia carino.- sussurrò dopo essersi guardato attorno, onde evitare la presenza del nemico.
-Sono davvero lusingato, ringraziale. Anche loro sono carine.-
Nagisa gonfiò le guance e assottigliò lo sguardo. -Rei-chan, non pensavo che avresti reagito così!-
Rei alzò le spalle e gli sorrise con un velo di imbarazzo. Nagisa emise un borbottio basso.
-Comunque non sono qui per questo, ovviamente sono qui per…- fece una pausa teatrale mentre allungava un braccio verso le porte della reception. -…portarti viiiia con me!-
Rei strabuzzò gli occhi e ci mise qualche secondo a ricomporsi. -…Cosa intendi?-
-Intendo che voglio uscire con te! Cos’altro sennò?-
-Oh… Oh! Va bene.- esclamò Rei, guardando l’orologio e alzandosi in piedi con uno scatto.
Il volto di Nagisa si illuminò, incredulo. -Cosa? Vieni? Così, senza farti pregare? Senza far storie? Davvero?-
-Perché no?-
-Sai, le solite cose tue…- incrociò le braccia e si aggiustò un paio di occhiali immaginari, in un’esilarante imitazione di Rei. -Lavoro, responsabilità, ordine, puntualità!-
-… Io non faccio così.- borbottò Rei, imbronciato, aggirando il bancone. Nagisa si aggrappò al suo braccio e appoggiò la testa sulla sua spalla, ridacchiando felice. Rei sorrise spontaneamente a quel contatto.
-Dove mi porti? In spiaggia? In piscina? In qualche stanza segreta dell’hotel?-
-Stanza segreta? Mi sembra che mi avessi già chiesto una cosa del genere, e che io ti avessi già risposto.-
Nagisa si morse il labbro inferiore e guardò Rei dal basso. -Sì, ma pensavo che ora che siamo più intimi mi avresti detto la verità.-
Rei arrossì. -Ma è questa la verità!-
-Ummh, è ancora troppo presto a quanto pare.- pensò a voce alta il biondino, senza ascoltare, con un sospiro. -Insomma, dove mi porti?-
-Non lo so, dove preferiresti andare?-
-Andiamo in spiaggiaaaa!-
 
Nagisa fece un verso strano, come una risata trattenuta.
-Perché ridi?- chiese Rei, che camminava accanto a lui sulla stradina.
-Sembra che tu stia svolacchiando in giro, sei felice?-
-Sinceramente?- mormorò in imbarazzo. -Sì.- concluse a voce bassissima, ma con un sorriso. -Mi sembra tutto bellissimo.-
Nagisa si sbilanciò quel tanto che bastava per dargli una leggera spallata, guardandolo dal basso. -Come te, Rei-chan.-
Le guance di Rei si tinsero di un rosso intenso, facendo scoppiare a ridere l’altro.
In quel momento, a Rei sembrava di poter leggere chiaramente ogni emozione che traspariva dal suo volto. Gli appariva limpido e cristallino, fresco e dolce come l’acqua. Ciò che era successo quella mattina, quei baci, quelle parole che l’avevano fatto rabbrividire non avevano cambiato Nagisa di una virgola e Rei era incredibilmente contento di ciò, ma allo stesso tempo inquieto. Se da una parte aveva paura che qualcosa cambiasse in Nagisa, che la loro amicizia potesse essere rovinata, un’altra parte di lui, molto più piccola ma incredibilmente fastidiosa, temeva anche che quello che era successo non significasse poi così tanto per lui. Aveva dubbi su ogni cosa.
-Comunque non mi hai ancora detto perché non ti sei fatto pregare, mi ero già preparato un discorso per convincerti!- disse Nagisa, interrompendo il suo flusso di pensieri.
-Oggi ho il pomeriggio libero.- rispose semplicemente Rei.
-Woooah, quindi li hai dei giorni liberi! Credevo vivessi lì ventiquattr’ore su ventiquattro.-
-In realtà ogni giorno potrebbe essere giorno libero, dato che non sono vincolato da alcun contratto. Se dovessimo tener conto delle mie ore di lavoro, avrei diritto a due giorni liberi a settimana.-
Nagisa lo guardava con la bocca leggermente aperta e le sopracciglia che formavano due archi quasi perfetti.
-Allora possiamo uscire tutti i giorni! Andare al mare insieme!- esclamò con fervore.
-N-Non è così che funziona…- abbassò la voce e spostò lo sguardo verso la strada. -…Anche se mi piacerebbe moltissimo passare del tempo con te, ho dei doveri personali. E presumo che anche tu debba passare del tempo con la tua famiglia!-
Nagisa sbuffò e si avvicinò un po’ di più a Rei per avvolgere le dita attorno al suo mignolo.
-Ah-ha.- asserì con tono strascicato mentre si fermava nel mezzo della stradina deserta e assolata. Rei si girò a guardarlo e stava per chiedergli il perché di quella sosta, ma Nagisa gli appoggiò le mani sulle spalle e si alzò sulle punte dei piedi per stampargli un bacio sulle labbra, cogliendolo di sorpresa. Si allontanò con uno schiocco e tornò alla sua altezza normale; sul suo volto sbocciò un sorriso, e il più alto sentì che lo scaldava più di quanto non stesse già facendo il sole. I suoi dubbi sembrarono volare via assieme alla brezza che li investì pochi secondi dopo.
Non poteva non significare nulla.

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Capitolo 8
*** Day 9: Heat ***


Day 9: Heat
 
Anche quella giornata era stata torrida e impegnata.
Ciò che era successo il giorno prima aveva tormentato Rei tutta la notte e tutto il giorno, aveva continuato a rimuginarci su senza sosta. Era impossibile pensare ad altro e, nonostante tutto il carico di lavoro, il continuo riflettere aveva reso infinite quelle ore in reception. Si sentiva internamente frustrato, perché una parte di lui gli urlava di mollare tutto e correre da Nagisa, mentre un’altra gli ricordava che in quei caldi giorni l’hotel era incredibilmente affollato e c’era bisogno del suo aiuto, senza contare che Nagisa era uscito presto con la sua famiglia e non l’aveva visto per tutto il giorno. Probabilmente era rientrato mentre lui era a cena. Sperava con tutto il cuore in questa ipotesi, altrimenti avrebbe iniziato a preoccuparsi e a pensare che gli fosse capitato qualcosa. E se avesse fatto un incidente? Magari era in ospedale. Qual era l’ospedale più vicino?
Rei era talmente perso a immaginare gli scenari più improbabili mentre cercava l’errore in un conto del bar che non si accorse della presenza di Nagisa finché questo non suonò ripetutamente il campanello demoniaco per attirare la sua attenzione. Sussultò spaventato e quasi fece volare le carte in aria, ma si ricompose e alzò lo sguardo. Non che vedere quel ragazzo lo aiutasse a tenere sotto controllo il battito del cuore, comunque.
Nagisa ridacchiò sotto i baffi e gli fece l’occhiolino. -A che ora finisci?-
-Nagisa!- esclamò sollevato, per poi formulare una risposta alla sua domanda. -Tra poco più di un’ora, alle dieci e mezza. Perché?-
-Beh, con questo caldo ho proprio voglia di un bagno notturno in piscina assieme a te.- spiegò vivace.
-Ma la piscina chiude alle dieci.- gli fece notare Rei, cercando di seguire il suo ragionamento.
-Lo so.- Nagisa inclinò la testa da un lato e si aprì in un grande sorriso prima di fuggire dalla reception a passo svelto. -A dopo allora, Rei-chan!-
Rei lo seguì con gli occhi, con un sacco di domande e reclami morti sul fondo della gola. Non aveva più parole per definirlo.

Rei cercò di aprire la porta coi gomiti, dal momento che le mani erano occupate da un asciugamano e da due lattine di tè alla fragola che aveva comprato proprio per Nagisa quella mattina prima di andare in hotel, conservate nel piccolo frigo nel retro della reception. Infilò un piede nello spiraglio che era riuscito a creare e, con uno sforzo immane, ci sgusciò attraverso. Sua madre era appena andata a casa e Rei le aveva detto che sarebbe rimasto un po’ lì a mettere a posto alcune carte degli arrivi. Si era invece messo un costume e aveva riacceso le luci della piscina.
Al di fuori della reception c’era un piccolo spiazzo, e subito a sinistra si trovava il parcheggio al coperto. Al di sopra del parcheggio, attraverso delle scale, si accedeva alla piscina, che finiva così per essere praticamente davanti ai balconi del quarto piano.
Rei salì quelle scale con il cuore in gola, complice la paura di inciampare nel buio. Quando arrivò in cima quasi gli mancò il fiato per lo spettacolo. Le luci colorate sul bordo della piscina facevano risplendere l’acqua appena increspata dalle due piccole cascate alle estremità e illuminavano il profilo Nagisa, accovacciato sul bordo.
Sentì i muscoli delle spalle e del viso rilassarsi e sciogliersi, mentre Nagisa si girava verso di lui e gli rivolgeva un sorriso radioso.
-Rei-chan, eccoti! Si muore di caldo, non chiedermi come abbia fatto a non buttarmi subito!-
Rei si sedette accanto a lui e gli passò il suo tè. -Ammiro molto questa tua forza di volontà. Ti ho portato del tè alla fragola, l’ho visto questa mattina al supermercato e ho pensato che ti potesse piacere.-
-Aah, ci andava proprio qualcosa di fresco!- esclamò Nagisa, tutto giulivo, aprendo la lattina con un rumore che lo portò ad assumere un’espressione beata. -Che carino, grazie!-
Rei lo guardò incantato per qualche secondo prima di riscuotersi e aprire anche la propria, con più calma rispetto al ragazzo accanto a lui.
-Allora, umh… Si stava bene oggi in spiaggia?-
-Sono stato tutto il tempo in acqua, ma la spiaggia era veramente strapiena, non si riusciva a camminare! E si moriva di caldo, giuro. E qui in hotel, invece?-
Rei sorseggiò il tè e fece una smorfia per l’esagerata dolcezza di quella bevanda. -Le solite cose. Ci sono stati un sacco di contrattempi però, un lavandino otturato ha mandato in panico quelli della 408.- spiegò mentre girava la lattina per controllare la quantità di zuccheri presente in quell’infuso diabolico e strabuzzando gli occhi quando trovò le cifre nella tabella. Nagisa, invece, sembrava apprezzare molto, tanto da aver già appoggiato la lattina vuota dietro di sé sotto lo sguardo attonito di Rei.
-Ah, immagino! Sono quelli col cagnolino carino vero? Un giorno mi sono fermato sulla stradina a strapazzarlo, era così affettuoso!-
-…È un pitbull, non lo definirei esattamente un “cagnolino carino”.-
Nagisa alzò le spalle e guardò il tè alla fragola di Rei. -Lo finisci?-
Rei scosse la testa e allungò la lattina verso di lui. -Troppi zuccheri aggiunti, non so come tu faccia a berlo. Puoi finirlo, se vuoi.-
Il biondino non se lo fece ripetere due volte e lo finì in due sorsi, concludendo con un lungo verso soddisfatto.
-Che caldo.- si lamentò Rei con un sospiro, guardando le piccole onde nella piscina.
-Buttiamoci allora! Davvero, cosa aspettiamo?- esclamò Nagisa allungando le mani verso il suo viso, prendendogli gli occhiali rossi e appoggiandoli accanto alle lattine vuote. Si alzò in piedi e, dopo essersi stiracchiato, tese il braccio verso Rei per aiutarlo ad alzarsi. Una scena simile era già successa in spiaggia, e se allora il contatto tra le mani si era prolungato più del dovuto accidentalmente, quella notte ne furono più che consapevoli. Rei continuò a stringere forte la mano attorno a quella dell’altro anche quando fu in piedi, e gli si scioglieva il cuore nel vedere che non smetteva di sorridergli.
-Okay Rei-chan, al tre ci tuffiamo!-
-Va ben…-
-Treeee!- urlò Nagisa, saltando in acqua e trascinando con sé il povero ragazzo.
Quando riemersero da sotto la superficie, Nagisa scoppiò a ridere e tornò vicino a Rei, perché sott’acqua le loro mani si erano separate.
-Pensavo che avresti fatto un conto alla rovescia!- starnazzò Rei tra un colpetto di tosse e l’altro, aiutato dalle pacche sulla schiena che gli stava dando Nagisa.
-L’ho fatto a mente!- disse in sua difesa, spostandogli i capelli scuri da davanti agli occhi prima di sparire sott’acqua e nuotare un po’ attorno.
Rei riuscì ad arrivare al bordo con fatica e ad aggrapparsi con un sospiro. Anche l’acqua della piscina non riusciva a dare abbastanza frescura, anzi, era piuttosto tiepida, probabilmente perché era rimasta esposta al sole cocente tutto il giorno.
-Ehi.- si sentì sussurrare all’orecchio, mentre il petto di Nagisa premeva sulla sua schiena. Rei si sentì rabbrividire e le guance iniziarono a bruciargli quando il ragazzo dietro di lui gli lasciò un piccolo bacio dietro l’orecchio, e un altro sul collo. Doveva davvero smetterla di imbarazzarsi e arrossire ogni volta che avveniva un contatto tra loro due, ma gli pareva impossibile. Quel ragazzino metteva in disordine tutto, partendo dagli oggetti inanimati fino ad arrivare ai suoi sentimenti.
Il biondo sparì di nuovo sott’acqua, per riapparire tra le braccia di Rei, tra lui e il bordo della piscina. Non aveva la forza di parlare, rapito com’era dalla bellezza che gli stava così vicino
-Baciami.- sussurrò Nagisa, la schiena appoggiata al bordo, intrappolato tra le sue braccia, facendo scivolare le mani dietro le spalle per portarselo più vicino.
Rei vedeva le luci cambiare colore riflesse nelle sue pupille. Chinò la testa per baciarlo, le labbra già dischiuse.
Era così strano e bello fluttuare nell’acqua, con le labbra di Nagisa che sapevano di cloro e di fragola. Percepiva distintamente il rumore delle cicale e delle cascate tra i baci profondi e avrebbe voluto che non finisse mai, perché quella sensazione di pace lo faceva stare meglio di quanto non fosse mai stato.
Nagisa emise un verso basso e avvolse le gambe attorno ai fianchi del ragazzo mentre le sue mani si spostavano dalle spalle alla nuca. Rei sentì un brivido intenso nella pancia quando Nagisa si lasciò sfuggire un lamento soffocato prima di allontanarsi da lui per riprendere fiato un attimo.
-Mi piaci da matti, Rei-chan.-
Sorrideva tra un bacio e l’altro e il cuore di Rei batteva forte. Quando rimasero fronte contro fronte, a guardarsi a vicenda con le luci che cambiavano colore sulla loro pelle, cercò la forza per parlare. Aprì la bocca più volte, ma la voce non voleva saperne di uscire. Finì con l’appoggiare la faccia contro la sua spalla, desiderando di sparire sotto la piscina tanto si sentiva rosso.
-Cos’hai?- chiese Nagisa con una risata serena ma divertita.
La risposta che Nagisa sentì furono delle bollicine incomprensibili.
-Nooo, che carino!- cinguettò sollevando la testa a Rei e strizzandogli le guance coi palmi delle mani.
Rei si chiedeva come avesse fatto a cambiare tanto in una manciata di secondi. Gli piaceva in ogni caso.
-Carino!? No, è solo che… E se qualcuno ci vedesse? Dopotutto, siamo davanti a delle camere. Sei davvero imprudente.-
Nagisa gli lasciò una scia di piccoli baci sulla guancia sinistra.
-Ma a me piace così tanto!-
Rei chiuse gli occhi e si sentì sciogliere. -Anche a me.- sussurrò inclinando la testa verso la sua bocca, alla ricerca di altri baci.
Rimasero abbracciati ad accarezzarsi le spalle con la punta delle dita finché queste non diventarono raggrinzite.
-Nagisa.- disse Rei, rompendo il silenzio.
-Sì?-
Il suo tono era dolce, sempre allegro, ma in qualche modo incredibilmente tranquillo.
-Ho un po’ paura.- confessò con fatica, guardando l’acqua increspata dietro Nagisa.
-Perché?- chiese senza muoversi.
Rei osservò l’acqua increspata con gli occhi bene aperti. -Perché tra pochi giorni parti.-
Il volto di Nagisa si adombrò e Rei si irrigidì.
-Già.- replicò a bassa voce, accennando una risata dal retrogusto amaro.
-So che sembra stupido perché ti conosco veramente da poco, ma il pensiero mi fa… star male. Sono felice di averti conosciuto, Nagisa. E di star passando questi momenti con te. E sono sicuro che, se due settimane fa avessi pensato che mi sarebbe potuta succedere una cosa del genere, avrei indubbiamente pensato che fosse sbagliato.- continuò Rei, come se il blocco che impediva ai pensieri di fluire fuori dalla sua bocca fosse stato improvvisamente rimosso e lui non riuscisse a trattenerli. -Intendo… era ovvio che te ne saresti andato, quindi può sembrare sbagliato tutto quello che stiamo facendo, perché… Qual è il senso, dopotutto?-
Rei vide chiaramente negli occhi di Nagisa che il suo cuore era sul punto di spezzarsi.
-Non fraintendermi, io non credo che sia sbagliato. Lo so che non è sbagliato. Non so spiegarlo, non riesco a trovare una risposta logica. Non ci ho mai pensato davvero perché avevo paura di affrontarlo. Mi fa paura anche adesso.- concluse a voce sempre più bassa, in un tono incredibilmente triste che fece trasalire Nagisa.
-Non lo dire.- gli mormorò in risposta con voce appena incrinata e acuta.
Ascoltandolo, si sentì colpire da un macigno. Guardò Nagisa con gli occhi spalancati e spaventati e lo vide sorridergli con una tranquillità innaturale e le ciglia umide.
Rei aprì appena la bocca e cercò qualcosa da dire per scusarsi. Non voleva rovinargli la vacanza, non voleva rovinare quel momento. Non sapeva perché l’avesse detto, ma ormai l’aveva fatto. Era un discorso inevitabile, no? Anzi, c’erano ancora moltissime cose che sentiva di volergli dire. Non avrebbero potuto scappare per sempre.
-Non voglio parlarne adesso.- sibilò Nagisa tra i denti, tentando di tenere sotto controllo la voce e abbracciandolo forte.
Rei sentiva solamente il rumore delle cascate e delle cicale e anche quello lo spaventava. Ogni volta che cercava di allontanarsi da Nagisa per guardarlo in faccia, quello lo stringeva ancora più forte, impedendoglielo.
-Non volevo che reagissi così, Nagisa…- spiegò Rei con calma, dopo qualche minuto di silenzio assoluto.
Nagisa si staccò da lui e gli mostrò un’espressione serena, lasciando spiazzato l’altro ragazzo.
-Stai tranquillo, Rei-chan!- disse mentre ricominciava a nuotare lentamente. -Non è il momento di pensarci, davvero!-
Rei lo guardava a bocca aperta. Aveva pianto, si vedeva. Eppure sembrava essersi rigenerato, riassemblato, come se in quei minuti si fosse reincollato addosso i pezzi della sua faccia felice. Non era completamente sicuro di voler credere alle sue parole, ma di certo desiderava con tutto il cuore di non renderlo ulteriormente triste. Per questo motivo, si lasciò andare in un sorriso debole e nuotò all’inseguimento di Nagisa.

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Capitolo 9
*** Day 10: Emotional Shower ***


Day 10: Emotional Shower
 
-Hazuki Nagisa, devo mostrarti una cosa molto importante.- cominciò serio Rei da dietro il bancone della reception, prendendo un opuscolo e facendolo scivolare sul marmo, verso il biondo che lo guardava rapito.
-Questa brochure illustra il nostro nuovissimo centro benessere. L’abbiamo costruito quest’inverno e possiede le migliori attrezzature per offrire al cliente un servizio di prima qualità.- spiegò fiero dopo essersi aggiustato gli occhiali. Nagisa la aprì e si concentrò sulle immagini, piuttosto che sulle scritte.
-Come vedi, è dotata di una sauna, un’ampia camera per massaggi, un’altra per la cromoterapia, con anche un materasso ad acqua, senza contare la magnifica stanza del vento e la doccia emozionale. Si possono anche prenotare manicure e pedicure.-
-Doccia emozionale…?- chiese Nagisa, confuso.
-È una doccia, ma con cromoterapia e aromaterapia. Un’esperienza per rilassare mente e corpo.- spiegò Rei, portandosi prima le mani alle tempie e poi al cuore.
Nagisa lo scrutò perplesso da oltre l’opuscolo. -E perché mi stai dicendo tutto questo, Rei-chan?-
-Sembra andare molto di moda, moltissimi alberghi stanno istallando oasi relax di questo tipo, e i clienti rispondono molto positivamente. Potresti dirlo alle tue sorelle e ai tuoi genitori, non mi pare che ne abbiano ancora usufruito!-
Il biondino chiuse la brochure con uno scatto, quasi spaventando Rei, e lo guardò con occhi grandi. -Andiamo io e te a farci fare un massaggio!- esclamò entusiasta.
-Cos… Come puoi pensarlo!?-
-Perché no!?-
-Io qui ci lavoro!-
Nagisa reclinò la testa indietro con un lungo lamento. -Eddaiiiii, se si fa su appuntamento ci saranno sicuramente dei momenti liberi, mica rubi il servizio ai clienti! Davvero, se io fossi te, me ne starei sempre in spiaggia o in piscina o a rilassarmi su qualche poltrona vibrante!-
Rei si tolse gli occhiali e si massaggiò la radice del naso. -Perché la fai sempre così facile?- sospirò.
-Dai, dai, guarda se ci sono appuntamenti per oggi, dai.- lo spronò impaziente Nagisa, saltellando aggrappato al marmo.
Rei emise un verso basso di disappunto, ma spostò gli occhi sul grande calendario della settimana sul quale venivano scritti gli appuntamenti e i particolari compiti o incontri in programma.
-Oggi non possiamo.- asserì picchiettando una biro accanto al foglio. Nagisa si lasciò sfuggire un lungo “no”, per essere però subito interrotto. -Però domani è libero.-
Il “no” si tramutò in uno squillante “sì!” e Nagisa alzò le braccia al cielo.
-Ci facciamo fare un massaggio!- esclamò sognante.
-Beh, teoricamente… ci andrebbero almeno due giorni di preavviso per chiamare le massaggiatrici.-
L’espressione di Nagisa si spense e lo guardò con occhi supplicanti. -Ma comeeee…-
Rei alzò le spalle. -Beh, i locali saranno comunque liberi per un paio d’ore.-
-Rei-chaaaaan, basta riempirmi di speranze e poi disilludermi e poi riempirmi di speranze di nuovo!-
-Sei tu che ti entusiasmi con un niente!-
-Fatto sta che è libero, e noi ci andremo! Al diavolo i massaggi, c’è un sacco di altra roba da fare!-
Nagisa si allungò e afferrò le mani di Rei, tirandolo verso di sé prima che potesse reclamare. -Sarà bellissimo e romantico!- sorrise guardandolo negli occhi.
Rei sussultò e arrossì lievemente, sentendo tuttavia un’inspiegabile felicità.
-Romantico?- domandò imbarazzato. Vide il suo indice posarsi sul proprio naso e incrociò gli occhi per guardarlo. Nagisa ridacchiò compiaciuto.
-Allora confermato per domani. A che ora?-
-Dalle cinque.-
-Perfetto allora! Però io oggi volevo fare qualcosa… Ah, Rei-chan! Andiamo in paese, dopo pranzo, così compro qualche souvenir! Ti prego non mi dire di noooo…-
Rei sospirò e gli sorrise con dolcezza. Aveva una sola opzione, e non che gli dispiacesse.

Quel pomeriggio era incredibilmente rovente. Avevano aspettato che passassero le ore più calde, ma a quanto pareva quella settimana ogni ora poteva essere considerata come quella più calda.
Rei riusciva quasi a sentire il calore emanato dalle pietre della stradina assolata lungo la quale stavano camminando lui e Nagisa, diretti verso il paese. Bevve un altro sorso dalla bottiglietta d’acqua e ringraziò la propria previdenza. Non si sarebbe mai potuto permettere un’eccessiva perdita di sali minerali.
Nagisa teneva indietro i capelli che normalmente gli ricadevano sopra la fronte con entrambe le mani e strizzava gli occhi come se non ci vedesse. Effettivamente, l’orizzonte tremolava come se si stesse sciogliendo.
-Nemmeno un po’ di vento? Una lieve brezza!?- si lamentò ad alta voce il biondino, fermandosi sotto la salvifica ombra di un albero le cui fronde fuoriuscivano dal giardino in cui era piantato. Allungò entrambe le mani verso Rei e gli afferrò il bordo della maglia, per poi trascinarlo verso di sé. Si alzò sulle punte dei piedi e, con una naturalezza che lasciò Rei spiazzato, gli stampò un bacio sulle labbra.
Era strano e bellissimo quando lo coglieva di sorpresa in quel modo, gli mandava lo stomaco in subbuglio. Rei pensava che fosse un po’ come un’ubriacatura istantanea.
-Non sembrava che facesse così caldo dentro l’hotel.- continuò Nagisa, appoggiando la guancia sulla sua spalla.
Non lo abbracciò, e questo fece ben capire a Rei quanto caldo provasse Nagisa.
-Facile, coi condizionatori.- commentò il più alto, voltando la testa verso la direzione da cui erano arrivati e rimpiangendo in cuor suo la piacevole frescura dell’hotel. -Vuoi un po’ acqua? Sembri accaldato.-
Nagisa lo guardò e prese la bottiglietta dalla mano tesa verso di lui. Ridacchiò di gusto prima di bere.
Rei lo guardò interrogativo.
-Che ho detto di divertente? È importante bere e rimanere idratati, fa bene alla pelle!-
-Niente, è che mi fa ridere come hai detto “sembri accaldato”. Insomma, detto da te! Guardati Rei-chan, sembri un peperone!-
-E come faccio a saperlo!?- esclamò stirando la bocca e riprendendosi la bottiglietta prima di incamminarsi di nuovo verso il paese. -Un peperone, ma tu sentilo! Tu sembri una caramella fusa sotto il sole.-
-Come sei permaloso!- rise Nagisa, seguendolo a ruota.

Per le strade del paese non c’era molta gente, ma ce n’era comunque abbastanza da creare un leggero e piacevole brusio. Per la gioia dei due ragazzi, le zone d’ombra erano molto più numerose: la bottiglietta d’acqua era finita da un pezzo e si sentivano come se avessero camminato per giorni nel deserto.
-Compriamo. Acqua.- ansimò Rei col fiato corto. Si guardò attorno per individuare Nagisa e andò nel panico per un attimo quando non lo vide accanto a sé. La sensazione durò solo cinque secondi, giusto il tempo di far rientrare il ragazzo nel proprio campo visivo: si stava precipitando a passo di carica dentro una gelateria. Rei sembrava quasi più allarmato di prima mentre lo raggiungeva.
-Nagisa, sul serio, ancora gelato!? Dovresti bere acqua, te l’ho già detto, reintegra tutti i sali minerali persi col sudore, il gelato ti farà solamente venire ancora più sete!-
L’altro aveva già chiesto un cono alla fragola e panna e lo guardava tranquillo e genuinamente sorridente, nonostante le labbra un po’ screpolate.
-Sì, ma vuoi mettere?- contestò alzando le sopracciglia.
Una suoneria allegra iniziò a risuonare nella tasca dei suoi pantaloni e Nagisa rispose al cellulare con un’espressione sorpresa.
-Mamma? Pronto?-
Rei lo guardò per qualche secondo, poi il biondino gli rivolse un gran sorriso e gli fece capire a gesti che sarebbe andato fuori a parlare, e lui sarebbe dovuto restare dentro ad aspettare il suo gelato.
-Mi senti meglio ora? Uh?- continuò al telefono, tappandosi l’altro orecchio con la mano libera.
Rei lo seguì con gli occhi fino alla porta, poi spostò lo sguardo sul gelataio davanti a sé.
-Umh… avete dell’acqua?- chiese, leggermente in imbarazzo.

Rei uscì da lì con il gelato di Nagisa in una mano, un ghiacciolo alla menta nell’altra -non aveva resistito- e una bottiglia d’acqua sotto il braccio.
-Tutto a posto?- chiese vedendolo sovrappensiero.
-Ah? Sì, tutto bene, voleva solo sapere dove fossi. Ooh, il mio gelato!- esclamò Nagisa, improvvisamente luminoso. -Guarda quanto è bello!-
Si sedettero sui gradini in pietra di un vicolo all’ombra. Da quel punto si vedeva il paese in discesa, la casette disordinate, i loro giardini e le piante nodose, e persino uno scorcio di mare calmissimo.
Nagisa sospirò rilassato e si appoggiò contro di lui, osservando il paesaggio e giocherellando con le dita della sua mano.
-Rei-chan…- mormorò uggioso quando ebbe finito il gelato. Rei lo guardò preoccupato.
-…Ho sete.- concluse con tono colpevole.
-Ah! Cosa ti avevo detto!- disse concitato, ma in qualche modo sollevato. Sghignazzò compiaciuto subito dopo, mentre gli porgeva la bottiglietta, e ricevette il secondo bacio a sorpresa della giornata, sulla guancia questa volta. Sorrise e si voltò per restituirglielo sulle labbra che sembravano sapere perennemente di fragola.

-Stiamo sempre a mangiare o bere qualcosa.- notò Rei, svoltando in una stradina.
-Beh, cos’altro vorresti fare, d’estate?- rispose l’altro, col tono di chi la sa lunga.
Rei non fece in tempo a rispondere che Nagisa già lo trascinava per mano verso un negozietto di souvenir, tutto emozionato.
-Guarda qui, ci sono un sacco di cose! Ooh, i braccialetti!- commentava ad alta voce, facendo girare la colonna carica di ciondoli che, scontrandosi appena, creavano un piacevole rumore.
Rei trovò quel rumore profondamente rilassante, assieme al leggero cigolio di quella vecchia colonna girevole e alle voci di qualche gabbiano in lontananza. Ai suoi occhi, l’immagine di Nagisa tutto concentrato a scrutare quegli oggettini uno ad uno era meravigliosa. Era una scena così semplice, così quotidiana da risultare banale, eppure in quel momento aveva la convinzione che non ci fosse nient’altro che avrebbe voluto guardare.
Nagisa trattenne il respiro e sgranò gli occhi, chinandosi per prendere qualcosa che Rei, dalla sua prospettiva, non riusciva a vedere.
Due portachiavi gli si pararono davanti agli occhi con una velocità incredibile.
-Guarda, siamo noi! Guarda che belli!- esclamò Nagisa agitandoli.
Rei gli prese le mani per farlo star fermo e si allontanò di mezzo passo per mettere a fuoco.
-Un pinguino?- chiese con espressione confusa.
-E una farfalla! Tu sei la farfalla ovviamente.-
La bocca di Rei si piegò in un sorriso storto. Non aveva capito bene il passaggio logico, ma prese in mano il portachiavi e lo guardò per qualche secondo.
Sarebbe potuto essere un bellissimo e incredibilmente stupido ricordo.
Ah, eccola la parola che non avrebbe mai dovuto pensare. Un ricordo?
Una terribile sensazione agrodolce lo investì, come se stesse dormendo e il sogno fosse appena stato sommerso da un’immensa onda scura.
Il sorriso incerto di Rei si spense definitivamente.
Guardò Nagisa che trotterellava verso il cassiere, gli porgeva il portachiavi a forma di pinguino e indicava verso la sua direzione, probabilmente per dire che ne pagava un altro uguale, ma a forma di farfalla.
Non voleva davvero ricordarsi tutto quello che aveva detto la sera precedente in piscina, non voleva ricordarsi tutti quei pensieri sconnessi, confusi e ingigantiti che gli infestavano la mente prima di addormentarsi, pensieri orribili, che non riusciva a scacciare perché paralizzato dalla morsa del sonno, totalmente in balia del subconscio.
Due giorni. Tutto il caldo era sparito, si sentiva congelato, come se potesse combattere il tempo. Gli sembrava di sentirsi picchiettare addosso i secondi come se fossero goccioline d’acqua, e ogni attimo che gli scivolava addosso era un attimo perso, e ogni attimo perso lo uccideva.
-Rei?-
Sussultò sentendo la sua mano toccargli la spalla.
-Cosa succede? Sei triste? Non ti piace?-
Oh, il suo tono era così dolce, e la sua espressione tanto morbida.
Voleva abbracciarlo forte.
-No, mi piace moltissimo.- gli rispose con calma, cercando di mostrargli un sorriso. -Grazie mille, non dovevi pagare anche il mio…-

Durante il ritorno, Rei fu più silenzioso che all’andata. Nagisa lo notò e lo prese per mano.
-A cosa pensi?-
Rei alzò la testa e scrollò le spalle con un sospiro. -A cosa devo fare in hotel, ho un paio di cose da controllare.-
Non era del tutto falso, effettivamente: per lo più era invaso dalla malinconia, certo, eppure aveva un’idea, ma prima di parlargliene avrebbe dovuto studiare bene almeno tre o quattro documenti in reception.
Nagisa lo scrutò con la bocca storta, chiedendosi se gli stesse nascondendo qualcosa, ma decise di dargli fiducia e cambiò discorso.
-Rei-chan, sai cosa c’è di cena?-
-Certo che lo so, ho fatto i menù stamattina, la portata principale…-
-No no no, non dirmelo! Non voglio rovinarmi la sorpresa. Come funziona in cucina? Cioè, come scegliete ogni giorno cosa fare da mangiare?-
-Abbiamo quattro menù settimanali, quindi ogni mese si ripetono ciclicamente. Per esempio, oggi ho dovuto fare il menù della domenica della seconda settimana. Capito?-
-No…-
-Ma…!-
Nagisa gli fece l’occhiolino e gli mostrò la lingua, facendo ondeggiare avanti e indietro le loro mani intrecciate.
-È sempre tutto buonissimo, comunque. A volte i piatti sono un po’ complicati, ma i miei mi hanno fatto girare così tanti ristoranti in vita mia che non mi stupisco più di molto. Solo che l’alta cucina non mi entusiasma come entusiasma i miei genitori, preferisco altro, roba più semplice.-
-Tipo dolci preconfezionati alla fragola.-
-Esatto!-
Rei alzò le sopracciglia. L’aveva detto con sarcasmo, ma Nagisa aveva risposto sinceramente. Non si era mai soffermato a pensare alla condizione economica della famiglia di Nagisa, ma effettivamente una coppia con quattro figli che si poteva permettere di andare in ristoranti lussuosi e stare nel loro hotel per più di una settimana doveva essere parecchio benestante. Poteva solo immaginare quante volte Nagisa, con la sua semplicità e il suo carattere così spigliato e libero, si fosse trovato a disagio.
-Ti trovi bene in casa tua?- chiese cauto dopo qualche secondo di riflessione, rendendosi conto di quanto potesse risultare scortese solo dopo aver pronunciato quelle parole.
Nagisa fece una faccia che Rei non aveva ancora visto. Era un misto di sorpresa e inquietudine spalmate su un sorriso debole e negli occhi un po’ stanchi.
-Sì, certo.-
Rei si diede mentalmente dello stupido, ormai totalmente convinto di aver fatto la figura del maleducato.
-C-Comunque tieni il telefono a portata di mano mentre sei a cena.- ricominciò con un lieve balbettio.
Nagisa lo guardò incuriosito. Iniziò a tempestarlo di domande, ma Rei rimase irremovibile e continuò a camminare verso l’hotel con un’espressione compiaciuta e Nagisa attaccato al suo braccio.

Dopo essersi fatto una doccia e aver indossato dei vestiti consoni e puliti, Rei raggiunse sua madre in reception. Dopo qualche lavoretto burocratico e aver spiegato ad un paio di clienti che, sì, il conto del bar si poteva pagare solamente in contanti, entrò nell’ufficio con una certa nonchalance. Sperando di non risultare sospetto, si sedette sulla sedia girevole davanti al computer e aprì il planning. Tenne sott’occhio i fogli delle partenze, degli arrivi, delle pulizie. Tutto combaciava alla perfezione, sembrava troppo bello per essere vero. Sentì il cuore agitarsi: il suo piano poteva essere messo in atto.
I camerieri giravano per la sala seguendo percorsi precisi e il rumore dei bicchieri e dei piatti si mischiava al chiacchierio discreto e allegro dei clienti. Nagisa sentì il cellulare vibrargli nella tasca e raddrizzò la schiena. Lo tirò fuori velocemente e non appena lesse il messaggio si aprì in un sorriso incontenibile.
-Nagisa, non è educato usare il cellulare a tavola.- lo riprese la madre, con un tono spazientito ma composto.
-Stasera esco!- avvisò contento, senza prestarle ascolto.
-Esci?- chiese suo padre.
-Ancora?- commentò con una piccola risata una delle sue sorelle. -Doveva essere una vacanza in famiglia, ti ricordo.-
-E dove vai?- continuò la madre con un sospiro sconsolato, che però lasciava trasparire anche un certo biasimo.
-Oh, in giro.-
Infilò di nuovo il telefono in tasca, riempiendosi la bocca di pesce.
Sul display si leggeva un “Effettivamente, c’è davvero un posto speciale in hotel. Ti ci porto dopo che ho finito di lavorare.”

Rei si sentì stranamente agitato durante l’ultima mezz’ora di lavoro. Guardava gli orari dei voli in tempo reale sul computer e spostava frettolosamente lo sguardo verso l’ascensore, in attesa che Nagisa sbucasse da un momento all’altro.
Alle dieci e mezza assicurò a sua madre che sarebbe rimasto ancora un po’ lì a portarsi avanti, e che forse dopo sarebbe andato in paese con qualche amico -un piacevole stupore aveva colorato il volto della receptionist quando sentì questa informazione.
Non passarono molti minuti prima che Nagisa sbucasse dalle scale, visibilmente impaziente ed emozionato:
-Lo sapevo che c’era un passaggio segreto, lo sapevo!-
-Shh!- lo zittì Rei guardandosi attorno. -Non è un passaggio segreto, è… No, faccio prima a portarti.-
-Aah, non sto nella pelle!-
Rei entrò in ascensore seguito a ruota dall’altro ragazzo. Schiacciò il tasto del quarto piano, e attese con le labbra che tremavano per l’agitazione. Cosa stava facendo? Magari Nagisa si aspettava tutt’altro, un nascondiglio segreto scavato nelle rocce della montagna o qualcosa del genere. Le porte si aprirono e Nagisa saltò fuori, guizzando gli occhi a destra e a sinistra alla ricerca di una porta segreta, ma Rei girò a destra e iniziò a salire le scale.
-Ancora scale? Ma il quarto piano non è l’ultimo? Sull’ascensore non ci sono altri tasti!-
-Veramente, l’hotel ha cinque piani, solo che l’ultimo non è raggiungibile con l’ascensore.-
-Ooh, e perché?-
I due fecero ancora qualche decina di scalini (quella rampa era molto più lunga di tutte le altre) prima di trovarsi su un pianerottolo con una porta bianca sulla quale era fissata una targhetta con il numero “501”.
Nagisa spalancò la bocca mentre Rei la apriva.
-Perché questa stanza occupa tutto il piano.- rispose finalmente Rei, scansandosi di lato e invitandolo ad entrare. -Ok, forse non era proprio quello che ti aspettavi, ma… Pensavo fosse un posto degno di essere visto.-
Nagisa entrò e alzò gli occhi sul soffitto, senza parole. Era una mansarda accogliente ed enorme, con delle vetrate che coprivano l’intero lato a sud-ovest, coperte da delle tende leggerissime e bianche. Nagisa si affrettò verso di esse, convinto che oltre si trovasse un balcone altrettanto grande: invece di un balcone, si trovò davanti una magnifica terrazza incastonata nel tetto dell’hotel.
-L’abbiamo praticamente rifatta questa primavera.- iniziò Rei, aggiustandosi gli occhiali con un che di orgoglioso. -E non hai ancora visto il pezzo forte.- continuò, schiacciando quello che sembrava essere un interruttore della luce. Nagisa rientrò nella stanza e vide muoversi sul soffitto qualcosa che prima non aveva notato: una tapparella, che fino a pochi attimi prima nascondeva un grande lucernario posto sopra il letto.
-È un bello spettacolo se vuoi vedere le stelle e stare comodo allo stesso tempo. E poi, insomma, questa tapparella è fantastica, alla mattina la luce non filtra, e anche nella veranda ci sono delle tapparelle che puoi…-
Non fece in tempo a finire che si trovò le guance intrappolate tra le sue mani e la sua bocca premuta sulla propria.
-Ma oddio, è…- Nagisa agitò le braccia e indicò cose a caso nella stanza. -Che cos’è? Possiamo stare qui? Oddio!-
-Sì, ecco…- iniziò Rei, passandosi una mano sulla nuca -Insomma, è stata pulita proprio questa mattina e fino a dopodomani non ci verrà nessuno, quindi pensavo che avrei potuto mostrartela; dopotutto, non ci va molto a rimettere a posto qualche cuscino… Non credo che qualcuno se ne accorgerà, quindi pensavo che sarebbe stato carino farti stare un po’ qui, se ti va.-
-Scherzi? Che è, una suite imperiale?-
-Royal, a dir la verità, ma più o meno il senso è quello.-
Era felice di vedere Nagisa così entusiasta mentre usciva di nuovo in terrazza, appoggiandosi al parapetto e guardando il mare che da quell’altezza si mostrava in tutta la sua immensità. Era sempre suggestivo il cielo notturno che si mescolava con l’acqua sconfinata.
Anche Rei uscì e lo raggiunse. L’aria non era torrida come la sera precedente, né frizzante, ma tiepida e piacevole. Si trovò a stringergli le dita e, prima che se ne accorgesse, a chinarsi per baciarlo, e baciarlo ancora, mentre gli accarezzava i capelli e la guancia.
Quanto gli piaceva, quanto gli piaceva. Quanto profumava, e gli faceva battere il cuore così forte, e quanto era bello e luminoso e tremendo e dolce. Nagisa lo guardava come se fosse tutto il suo mondo e ogni movimento era pienamente cosciente, timido e impaziente.
La pelle era calda come la sabbia e più si abbracciavano, più si stringevano, più si baciavano, e sembravano urlarsi che non avrebbero voluto lasciarsi andare neanche un secondo.
Nella culla silenziosa di una notte estiva, in tutta la sua delicatezza e segretezza, Rei sentì un “Sei bellissimo” così caldo che avrebbe voluto nascondere la faccia rossa tra le pieghe delle lenzuola tra cui erano finiti a gemere piano e riempirsi di piccole parole a fior di labbra.
Rei ricordò di aver sfiorato con l’indice quello zigomo morbido un’altra volta prima di addormentarsi con lui.
Non era nei suoi programmi, ma la mente per la prima volta in vita sua sembrava essere veramente sgombra da ogni singolo pensiero.

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Capitolo 10
*** Day 11: Defeat ***


Day 11: Defeat
 
Era mattina inoltrata quando Rei aprì gli occhi lentamente, dopo averli strizzati. Gli sembrava di dormire da giorni e ci mise un attimo a ricordare dove fosse e, soprattutto, perché fosse lì. Oh, il cuore iniziò a battergli forte al ricordo. Era successo davvero quello che pensava?
Stava dormendo così placidamente, eppure qualcosa lo aveva disturbato nel sonno. Non era solamente la luce che già rischiarava la stanza a causa del lucernario che si erano dimenticati di chiudere. Si voltò dall’altra parte e sgranò gli occhi quando vide la schiena nuda di Nagisa che sussultava in modo irregolare.
Era seduto sul bordo del letto, in parte rivestito. Stava leggermente chinato in avanti, con pugni premuti sopra gli occhi.
-Nagisa?- chiese con voce impastata e confusa. Una sensazione di profonda inquietudine gli afferrò il cuore, rendendolo improvvisamente attivo e sveglio. Si tirò a sedere e si tese verso di lui.
Nagisa singhiozzò ad alta voce. Cercò di farsi più piccolo, ma non poteva. Piangeva e stringeva i denti per non lasciar uscire altri lamenti.
Rei aveva l’impressione di essersi svegliato nell’universo sbagliato. Non era quella l’atmosfera con cui si erano addormentati, cosa era successo? Forse stava ancora sognando?
-Non volevo svegliarti.- mormorò Nagisa, cercando di asciugare le lacrime che continuavano a rigargli le guance.
-Cosa succede?-
-Non voglio andare via.- gemette, tornando a piangere, il respiro interrotto da piccoli singhiozzi.
Rei sentì un buco nello stomaco, ma si fece coraggio e si sedette accanto a lui, coprendosi col lenzuolo, e gli passò un braccio attorno alle spalle, seppur con un po’ di insicurezza.
-Stai tranquillo. Abbiamo ancora tutto un giorno e mezzo da passare insieme! Oggi andiamo nel centro benessere, possiamo provare un sacco di cose, poi possiamo andare in spiaggia, o dove preferisci, e…-
-No.- lo interruppe con un pigolìo, voltando la testa dall’altra parte con lentezza. -Scusami Rei, avrei dovuto dirtelo subito, ieri pomeriggio, dopo che mi ha chiamato mia mamma.- continuò scrollando le spalle.
Rei gli appoggiò una mano sulla guancia per girarlo verso di sé e guardarlo in faccia. Gli spezzava il cuore vedere quegli occhi così arrossati e gonfi.
-Devo andare via oggi.- riuscì a dire prima di scoppiare a piangere di nuovo, accartocciandosi in una smorfia che lo fece morire definitivamente. -Non volevo che tu fossi triste!- continuò annaspando.
Rei lo zittì con un abbraccio strettissimo e si morse le labbra, perché era sicuro che anche lui avrebbe iniziato a piangere da un momento all’altro.
Si sentiva così stupido. Lasciò che Nagisa piangesse a pieni polmoni, pensando che magari sfogarsi l’avrebbe fatto stare meglio, ma più sentiva i suoi singhiozzi e le sue lacrime che gli bagnavano la spalla, più si sentiva sprofondare. Era come se un macigno gli fosse crollato sul cuore e pensava che tutto quello che stava succedendo fosse incredibilmente sbagliato.
-Perché un giorno prima?- chiese con voce instabile. In realtà sapeva che, razionalmente parlando, un giorno non faceva una grande differenza: stavano solo anticipando ciò che avrebbero dovuto vivere solo ventiquattr’ore dopo. Il problema era che Rei non si era mentalmente preparato. Non sarebbe mai stato pronto, in verità.
-I miei genitori devono tornare prima per dei problemi a lavoro. Sembra stupido, vero? Mi dispiace.- disse con fatica. Rei poteva sentire chiaramente il dolore nella sua voce e non sapeva cosa dire, né come comportarsi.
-Non scusarti. Lo sapevamo che prima o poi saresti andato via.- rispose con un tono più triste di quanto volesse.
-Non voglio tornare a casa, né a scuola, e mi dà fastidio quando…- si interruppe per cercare di regolarizzare il respiro, che ormai si era fatto troppo veloce. -… Quando non fanno altro che parlare di cosa devo fare e come devo diventare, perché io non so come fare e non voglio e non riesco a fare quello che vogliono loro.-
Rei lo guardò con un’espressione persa e sconsolata. Aveva fatto fatica a capire qualche parola lasciata a metà per deglutire o trattenere l’ennesimo singhiozzo. Mai avrebbe pensato che un giorno lo avrebbe visto così a pezzi.
-Nagisa.- sussurrò, appoggiandogli le mani sulle guance fradice, accarezzandolo piano coi pollici e facendogli sollevare la testa china. Non poteva davvero sopportarli, quei suoi occhi grandi ridotti a due fessure lucide. Avrebbe tanto voluto trovare un modo per tranquillizzarlo all’istante.
-Stai vedendo tutto molto più grande di come sia in realtà. A poco a poco si fa tutto, davvero. Non devi pensare a tutto adesso, fai una cosa per volta, prendi un bel respiro e…- Rei si fermò a pensare, incerto. -Non pensavo che la tua famiglia pesasse così tanto su di te, mi dispiace. Credimi, riuscirai a trovare la tua strada e fare quello che ti piace e sarai bravissimo e solare come lo sei sempre.- si bloccò di nuovo per deglutire e tenere la voce sotto controllo. -… Neanche io voglio che tu vada via. Ma pensa che… Continueremo a sentirci, e potrai tornare, se vorrai. Non è per sempre.-
Gli dava una sensazione strana fare quel discorso. Era come se non stesse parlando solo a Nagisa, ma anche a se stesso, per calmarsi, per sciogliere il nodo strettissimo in fondo alla gola ed essere sicuro di non essersi riempito la testa di bugie, momenti vani e inutili e sensazioni effimere. Non era così, lo sapeva, ma a quel punto sembrava essere stato tutto così sconsiderato e senza scopo.
Sempre tenendo il suo viso tra le mani, si chinò per appoggiare le labbra sulle sue, leggerissimo.
-…Possiamo andare a fare colazione insieme?- chiese Nagisa a voce bassa, asciugandosi definitivamente gli occhi con il dorso della mano.
Rei gli sorrise. -Certo che possiamo.-

Il buffet per la colazione era ancora straripante di cosine invitanti, ma l’entusiasmo che Rei era sicuro che Nagisa avrebbe mostrato davanti a tanto bel cibo era notevolmente smorzato. Presero due piatti e si sedettero ad un tavolino in ferro battuto sulla terrazza. Qualche gabbiano volava pigramente nel cielo limpidissimo e i loro versi lontani avevano un che di malinconico.
-Mi piace moltissimo la colazione all’occidentale.- commentò Nagisa, addentando una brioche.
-Io credo di preferire quella tradizionale, ma non mi dispiace neanche questa.-
Nagisa bevve un sorso di succo d’arancia e guardò verso il mare. -Dopo andiamo da qualche parte? Giusto due orette. Per tornare per pranzo. Cioè, per la partenza.-
-Sì.- rispose Rei cercando di restare tranquillo. Si sentiva un po’ ingessato. E triste. Una tristezza molto particolare, a dir la verità. -Non vuoi avvisare i tuoi?-
Nagisa scrollò le spalle. -Le mie sorelle staranno ancora dormendo.- disse ridacchiando, e Rei lo guardò con un velo di apprensione.
Si alzarono insieme e stavano per scendere i gradini della terrazza quando un cameriere con un carrellino si affrettò a fermare Rei.
-Dov’eri finito!?- gli mormorò a denti stretti, guardandosi attorno. -Tua madre ti cerca da quando ha aperto la reception, ha detto che a casa non c’eri e credeva che tu fossi già tornato qui ad aprire!-
Rei sentì che avrebbe iniziato a sudare molto presto. Non era mai successa una cosa del genere, non aveva neanche controllato il cellulare appena sveglio, non aveva avuto il tempo di pensarci. Guardò Nagisa e poi di nuovo il cameriere, e rispose balbettando.
-Le spiegherò dopo, ora… Ditele che sto bene e… Ci vediamo dopo!-
Scese velocemente quei pochi gradini di marmo insieme a Nagisa e si affrettò lungo la stradina.
Andarono nella direzione opposta rispetto al solito. Camminarono per una decina di minuti lungo la strada leggermente in salita, in silenzio, tenendosi per mano. Svoltarono un paio di volte, lungo stradine secondarie che si inerpicavano sulla montagna, fino ad arrivare ad un bel prato.
Era surreale. Rei si sentiva sconfitto dal tempo, ma in qualche modo sentiva che era una sconfitta giusta, come se se lo fosse meritato. Avrebbe voluto ancora parlare di tante cose, fare tante cose, ma non gli veniva in mente niente, e niente sarebbe stato abbastanza importante. Cos’altro rimaneva, se non rassegnarsi?
Non gli aveva dato abbastanza baci.
L’erba era fresca e guardare il cielo da quella posizione era rilassante, si sentiva leggero, e Nagisa che gli stringeva la mano lo aiutava a non sentirsi in colpa.
Anche Nagisa non aveva più l’aria di voler piangere. Sembrava tranquillo, sorrideva, anche, mentre si girava a pancia in giù e si sollevava coi gomiti per allungare il collo e dargli un bacio e lasciare che gli accarezzasse la faccia. Strinse gli occhi incorniciati dai ciuffetti biondi e arricciò il naso, perché la punta delle sue dita erano leggermente fredde, e Rei pensò che gli sarebbe mancata tanto quella faccia.

Rei pensava di essere anestetizzato quando lasciò la sua mano davanti all’hotel. Non l’aveva lasciata per un attimo e non si era neanche reso conto del tempo che era passato.
Lo accompagnò all’ascensore sperando invano che Nagisa non avesse di nuovo gli occhi lucidi.
-Non voglio andare via.- ripeté ancora. Sembrava spaventato.
Rei annuì triste e si trovò con le sue braccia avvolte attorno al collo. Tremava? No, forse era lui stesso a tremare. Si sentiva patetico.
Lo strinse forte e inspirò il suo profumo. Gli aveva già detto che non sarebbe salito in reception con lui, non avrebbe preso l’ascensore, ma avrebbe salito le scale, nella speranza che sua madre fosse più impegnata nel fare il check out che a prestare attenzione e suo figlio che sgattaiolava ai piani superiori per mettere in ordine.
E così era un addio, eh? Per davvero? -no, niente addii, solo arrivederci, se l’erano promesso, ma faceva male uguale.
Nagisa indietreggiò dentro l’ascensore, schiacciò un pulsante e le porte si chiusero tra lui e Rei. Il suo sguardo spezzò definitivamente il cuore di Rei.
Aspettò qualche secondo. Il suo cervello faceva fatica a ragionare, e si obbligò ad andare verso il primo scalino di quelle lunghe scale, alzare un piede, ripetere il gesto per altre trenta volte.
Arrivò al terzo piano e indugiò sulla figura bionda che gli dava le spalle. Guardava per terra con un trolley tra le mani, le cui dita non facevano altro che tormentarsi e staccarsi la pelle attorno alle unghie. La madre di Rei parlava con i genitori di Nagisa e, fortunatamente, fu davvero troppo impegnata per vederlo.
Rei avrebbe voluto chiamarlo, ma strinse le labbra e continuò a salire le scale molto più velocemente di prima.
Arrivò fino al pianerottolo del quinto piano e, col fiato corto, aprì la porta della 501. Doveva tenere la mente impegnata, e per prima cosa avrebbe dovuto mettere a posto quella stanza e pulirla, doveva tornare come se nessuno fosse mai entrato. Fece mente locale, afferrò le lenzuola per tirarle via, con l’idea di andarne a prendere di nuove, più tardi. Aveva intravisto una delle signore delle pulizie al quarto piano, vero?
Sentiva il cuore battergli sempre più forte e lasciò andare le lenzuola per terra. Gli scivolarono letteralmente tra le dita, e le braccia caddero lungo i fianchi.
Camminò svogliatamente fino alla finestra che dava verso la montagna, verso la strada, appoggiò una spalla contro il muro. Guardò la macchina che stava andando via e sentì un caldo insopportabile. Chiuse gli occhi per un attimo, e vagò per la stanza, senza meta, con passo un po’ vagabondo, per una manciata di secondi. Si ritrovò ad appoggiare i gomiti sul parapetto della terrazza e chinò il collo in avanti mentre scoppiava a piangere.
Eccole lì, tutte le lacrime che non aveva ancora versato. Non ce l’aveva proprio fatta, ma ora facevano così male, e sperò che tutto quel dolore sparisse in fretta, ma che il profumo di Nagisa non si cancellasse mai dalla sua testa, e non sapeva come fare a conciliare quei due desideri.
Inspirò, inspirò a lungo, e lasciò che le lacrime picchiettassero sulle piastrelle in pietra, lasciò che quei cerchiolini bagnati assorbissero il suo sguardo, e che la mente volasse via, mentre sentiva i piedi ancora ben ancorati a terra. Che volasse ancora più lontano, il suo pensiero, in alto assieme ai gabbiani, nel cielo vuoto, perché nella sua testa non riusciva proprio più a starci.

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Angolo autrice
Non linciatemi vi prego.
Scusate se non ho scritto nessun angolo autrice negli ultimi capitoli, ma sono sempre stata parecchio impegnata con gli esami di maturità, in più settimana prossima ho l'orale e sono tutta presa!
Colpo di scena? Sì? No? Non odiatemi, perché se osservate bene, la fanfiction non è ancora finita: il prossimo sarà l'ultimo capitolo, l'epilogo di tutto quanto, e spero davvero che possa dare una degna conclusione a questa storia.
Alla prossima settimana!

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Capitolo 11
*** Day 236: Welcome again ***


Day 236: Welcome again


Nagisa camminava velocemente verso la stazione di Shibuya. Era in ritardo di qualche minuto, il treno molto probabilmente era già arrivato, quindi si alzò sulle punte dei piedi e cercò di guardare oltre la massa di persone che lo accerchiavano.
Si sfregò le mani nude e un po’ arrossate, pensando che facesse ancora troppo freddo per essere quasi l’inizio di aprile, e di certo il sole calante contribuiva a rendere l’aria più frizzante. Ogni suo muscolo vibrava per l’agitazione, aveva un grande caos in testa e tanta, tantissima impazienza in corpo.
Non era esattamente un gioco da ragazzi, riuscire a individuarlo, ma sarebbe stato disposto a prendere a gomitate tutta la stazione pur di trovare…
-Rei!- gridò non appena riconobbe la figura. Saltò un paio di volte agitando la braccia, giusto per farsi individuare prima di iniziare a farsi largo tra le persone, verso il ragazzo dall’aria un po’ stravolta, ma che gli mostrava un sorriso enorme.
Le sue dita finalmente gli afferrarono la giacca, e gli sembrò di aver aspettato una vita solo per quel momento.
Affondò il viso nel suo petto e lo strinse fortissimo. Le sue braccia lo avvolsero e sentì finalmente un po’ più caldo, con il cuore stracolmo di una felicità incontenibile.
Sette mesi. Per l’esattezza, quasi otto.

Quell’estate, Nagisa era salito sulla sua macchina con gli occhi pieni di lacrime, convinto che non fosse affatto giusto che il cielo fosse così limpido. Avrebbe dovuto diluviare, condividere con lui tutto il vuoto, e invece gli era sembrato che si beffasse di lui, come se gli stesse dicendo che non gli importava nulla di quello che loro due avevano passato, che quello che era successo era qualcosa di poco conto.
Con un pensiero infantile, si era ripromesso che avrebbe fatto rimpiangere al cielo di averli ignorati e di essere rimasto immobile.
Non un solo giorno era passato senza che lui e Rei si fossero scritti, o avessero fatto una telefonata, avevano passato gran parte delle loro serate a parlare di tutto e di niente in videochiamate infinite. Era stato strano all’inizio, una parte di lui temeva che non avrebbe sopportato la lontananza fisica, o che Rei si sarebbe stancato di lui, ma era fiero di poter dire che non era stato affatto così.
Spesso rimanevano con il computer acceso sulla scrivania e continuavano a fare i compiti, o leggere, o qualsiasi altra cosa; semplicemente, era rassicurante pensare che anche l’altro fosse lì, in qualche modo.
C’erano state brevi discussioni, ma anche tante notti in cui si erano addormentati col telefono in mano e un sorriso beato sulle labbra. Certi giorni Nagisa sentiva un formicolio caldo e fastidioso sulla pelle, provava un doloroso senso di ingiustizia e impazienza, voleva vederlo e basta, e più volte aveva pensato di mollare tutto e prendere un treno per raggiungerlo.
Rei in qualche modo l’aveva sempre fatto ragionare, e col senno di poi un po’ se ne vergognava.
Quel momento, mentre lo abbracciava e sentiva di nuovo il suo profumo e il suo calore, valeva ogni secondo di quell’attesa.

-Come stai?- gli chiese Rei con gli occhi che brillavano e le sue guance tra le mani.
-E me lo chiedi!?- rise, mentre scrollava la testa e alzava le spalle. -Non lo so neanche! Sono così… Ahh!-
Appoggiò di nuovo il fronte contro di lui. Era un gomitolo di emozioni, stava benissimo, aveva tanta voglia di riempirlo di baci, ma anche di piangere e non sapeva perché.
-Anche io sono felice di rivederti.- gli disse Rei accarezzandogli la schiena e ridendo in un modo così dolce che Nagisa si sentì aggrovigliare tutto dentro.
-Ho preparato un letto per te in camera mia! Oh, e cosa preferisci di cena? Possiamo mangiare fuori se vuoi! Com’è andato il viaggio?-
Si avviarono verso la metro mentre Rei raccontava dell’ansia che gli avevano procurato tutti quei cambi e del terrore che l’aveva assalito quando in una stazione si era reso conto che stava per salire sul treno sbagliato.
Si erano ripromessi di non scriversi per tutto il viaggio, salvo emergenze. Non c’era un motivo preciso, ma Nagisa pensava che sarebbe stato più avvincente e romantico, ed era felice di averlo proposto perché ora avevano un sacco di cose da dirsi e non c’erano silenzi imbarazzanti da riempire.
Camminarono senza mai smettere di parlare, e il biondino non poteva fare altro che sorridere per l’espressione basita di Rei davanti a tutti quei teleschermi enormi e colorati, i negozi, la quantità incredibile di gente. Tokyo era grande e bella e Nagisa aveva ben dieci giorni per fargliela conoscere. Nei giorni precedenti aveva stilato una lista di posti in cui portarlo e non vedeva l’ora di illustrargli il programma.
Faceva una certa impressione vederlo in quel contesto: si era abituato ad associare a lui il calore del sole e tutti i colori più caldi, la sabbia e il mare, il paesaggio di un paesello di pietra. Era curioso e insolito vedere i grattacieli di Tokyo riflessi nei suoi occhi attenti. Non gliel’aveva mai detto, Nagisa, ma quell’estate aveva sperato tantissime volte di poter stare con lui anche quando avrebbe fatto freddo. Voleva camminare con lui con addosso sciarpe e giubbotti, e stargli vicino per scaldarsi, bere una cioccolata assieme a lui tenendolo per mano e appoggiandogli la testa sulla spalla. Lo entusiasmava l’idea che, sì, ora potevano farlo. Certo, non faceva più così tanto freddo, ma non era neanche lontanamente paragonabile alla calura di quell’estate.

Salirono sulla metropolitana e scesero dopo quattro fermate. Un’altra breve passeggiata, tre piani di scale. Nagisa si fermò su un pianerottolo e si voltò per aspettare Rei che trascinava il suo bagaglio su per gli scalini.
-La manutenzione all’ascensore proprio oggi, vero?- commentò esausto, raggiungendo il biondino.
-Su, su, fatti i muscoli, Rei-chan!- ridacchiò Nagisa prima di appoggiargli le mani sulle spalle. Chiuse gli occhi e sentì le sue braccia avvolgergli la vita. Non riuscì a non sorridere mentre si alzava sulle punte per colmare la distanza e baciarlo. Rei lo teneva stretto, come se non stesse aspettando altro, come se non volesse che scappasse, le dita aggrappate alla stoffa sulla sua schiena. Nagisa rise dentro di sé. Non aveva nessuna intenzione di andare via.
Era passato tanto tempo, ma era ancora più bello di come si ricordavano.

Sarebbero entrati in casa e Rei si sarebbe fatto un lungo bagno. Avrebbero mangiato qualcosa e si sarebbero stesi nel letto di Nagisa ad accarezzarsi e parlare finché Rei non sarebbe crollato per la stanchezza.
Alla fine, il letto che Nagisa gli aveva preparato non sarebbe servito. Né quella sera, né quelle successive.

 

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Angolo autrice
Eccomi con l'epilogo! Stamattina ho dato l'orale di maturità (yay, sono libera!) e ora concludo definitivamente questa storia.
Un grazie di cuore a tutti quelli che hanno seguito la storia e che l'hanno recensita, spero che vi sia piaciuta e che via abbia tenuto buona compagnia durante questi mesi.
Un bacio!

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