L'amore è la più saggia delle follie

di Red_and_blue96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Salve a tutti, mi è venuta la fantasia di scrivere una seconda ff sempre su ReG, ma questa volta sarà ambientata al tempo della storia dei due amanti e sarà diversa dalla conosciuta tragedia…se vi ho incuriosito, seguitemi in questa storia…
Ed ora ecco alcune indicazioni che vi aiuteranno a capire i punti di vista:
-ROSSO: Conte Capuleti
-NERO: Giulietta
-BLU: Mercuzio
-VIOLA: Lady Capuleti
La tabella verrà riportata per ogni capitolo e potrà subire aggiunte…ok basta intrattenervi con le mie trovate: si apra il sipario!
Red_and_blue96


Se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita è che ti riserva sempre delle sorprese, a volte belle altre brutte. Ti riserva anche molteplici occasioni per compiere delle scelte ed esse sono sempre ardue! Pensavo a tutte queste cose quando nel giardino del mio palazzo vidi la mia unica figlia correre, inseguita dalla sua nutrice. È cresciuta in fretta, adesso è pronta a prendere marito, ma dentro di lei è ancora quella dolcissima e ingenua bambina che la mia consorte ha messo al mondo regalandomi un immensa gioia. Devo iniziare a spargere la voce che mia figlia è in età da marito: vedremo chi si farà avanti, accetterei tutti, l’importante è che non sia un mio rivale!
“Giulieeeeetta!!! Fermatiiii!!! Uuuuhhh sto per morire!” urlava la nutrice.
“Ma dai! Sei diventata troppo lenta!” rise di lei la mia bimba.
“No!” disse la nutrice fermandosi per prendere fiato “sono invecchiata…e tu sei troppo cresciuta per continuare a correre e a giocare, sei una donna ormai per l’amor del cielo!” la rimproverò la sua balia.
“Oh no, mia balia…e sia, basta correre!” e ripresero a ridere mentre si sedevano sul muretto. Un servo di mia moglie gli corse incontro e disse qualcosa a mia figlia, che si alzò di scatto e seguita dall’immancabile nutrice, corse nuovamente verso l’ingresso…mi affrettai a raggiungere il salone:
“Giulietta cara, dove corri bambina mia?” chiesi con premura.
“Padre, mi ha mandato a chiamare mia madre!” disse sorridendo.
“Vai bimba mia, non farla attendere…” e mi spostai per far passare le due donne; già Giulietta era una donna.


“Eccomi!” dissi richiamando l’attenzione di mia madre, che era intenta a scherzare e a giocherellare con il Gatto.
“Figlia mia, non è corretto farti rincorrere dalla tua nutrice, è ora di crescere signorina! A breve troverai marito e non voglio che tu dia l’impressione di essere ancora una bambina…” mi sgridò.
“Ma madre, ho solo 14 anni…io sono una bambina!” le risposi a tono.
“All’età tua io ero già tua madre!” si lamentò.
“Va bene madre, vedrò cosa posso fare…ora posso andare?” chiesi. Lei fece un cenno di mano e mi lasciò andare via. Non la sopportavo quando si metteva a farmi la morale, però le voglio stesso un gran bene! Seguita dalla mia balia mi chiusi in camera mia e andai a sedermi alla toletta, la mia nutrice corse da me per sistemarmi i capelli, scompigliati dalla corsa.
“Piccola mia, non te la devi prendere. Lady Capuleti è una donna saggia, severa ma sa anche essere dolce…e poi lo dice per il tuo bene” mi spiegò con la sua solita dolcezza.
“Si ma io vorrei essere libera: so io quando sarà ora di crescere o di conoscere l’amore!” sentenziai.
“Vieni un po’ qua!” e mi fece alzare per portarmi di fronte a lei.
“L’amore? Non esiste l’amore per chi è come te: sarà tuo padre a decidere chi farti sposare!” mi disse.
“Cosa? Nutrice ma che dici…” feci finta di non capire…
“E’ così piccola mia: non si è liberi di innamorarsi. Vedi anche tua madre amava un altro uomo ma suo padre, pace alla sua anima, la diede in sposa al Conte Capuleti…e tu, farai la sua stessa fine” disse triste. Non potevo crederci, io che non vedevo l’ora di conoscere la persona che mi avrebbe rubato il cuore e l’anima ero costretta, per via delle tradizione, a sposare un uomo che non mi piace…e se fosse anche brutto? No, non volevo pensarci…
 
“Ma ancora non siamo arrivati?” chiedo scocciato a mio zio.
“Sii paziente” fu la sua risposta.
Eravamo in viaggio da quasi un giorno e mi ero rotto le scatole a stare seduto in quella carrozza, avevamo fatto solo una sosta e adesso la mia vescica reclamava!
“Mio signore, siamo a Verona!” ci avvisò un servo. Dio sia lodato, finalmente! Appena la carrozza si fermò, scesi come un fulmine e andai a cercare un posto dove svuotarmi, non resistevo più. Quando tornai, trovai mio zio ad aspettarmi appoggiato al portone:
“Dove diavolo ti eri cacciato?” tuonò con il suo vocione. Quasi mi spaventava quando faceva così, era pur sempre un gigante, grosso (quasi due metri) con uno sguardo torvo!
“Mi stavano scoppiando le interiora! Dovevo pisciare…” mi giustificai.
“Non parlarmi con questo linguaggio, cerca di portare rispetto a tuo zio!... Adesso, vattene dentro a sistemare le tue cose! Inizi male, ragazzo mio, sei appena arrivato e già mi fai innervosire…comportati come il nobile che sei, altrimenti pagherai con la vita la tua mancanza di rispetto!” tuonò, e mi tirò dalla giacca per farmi entrare dentro. Madame e messeri, mio zio: il temuto e severo Escalus Della Scala, Principe di Verona.


Avevo pensato al modo per presentare mia figlia a tutti i nobili delle terre intorno a Verona: avrei organizzato una festa verso i primi giorni d’estate, e l’avrei fatta in maschera, così sarebbe stata più divertente! Mi recai nelle stanze di mia moglie per comunicarglielo ed ella fu subito d’accordo… così, chiamai un servo e gli diedi gli inviti che avrebbe dovuto distribuire mentre mia moglie era andata a parlare con Giulietta…

Bussai alla porta delle stanze di Giulietta e attesi risposta. Ad aprirmi fu la sua nutrice:
“Oh mia signora…Giulietta! Vostra madre!” e si inchinò facendomi entrare.
“Eccomi Signora!” esclamò mia figlia uscendo dall’altra stanza.
“Nutrice, lasciaci per un momento. Dobbiamo parlare in segreto.” Ordinai alla serva, ma poi cambiai idea perché la vidi intristirsi…dopotutto era lei che aveva allevato mia figlia, era giusto che ascoltasse anche lei.
“No, no resta pure qui nutrice. Ora che ci ripenso è bene che tu sia presente. Tu sai che mia figlia ha ormai una certa età…”
“Ci scommetterei 14 dei miei denti che ancora non li ha 14 anni! Verrà il primo d’agosto. La notte di quel giorno avrà 14 anni! ” disse prontamente lei. Poi si risvolse a Giulietta e l’abbracciò dicendo:
“Oh Giulietta, tu sei stata la più graziosa bambina che io abbia mai allattato. Non avrò altro a desiderare se potrò vivere fino a vederti un giorno maritata…” e le baciò la fronte.
“Appunto” dissi interrompendola.
“Questa di maritarla è la cosa di cui io voglio parlare. Dimmi Giulietta mia, che ne pensi? Sei disposta a maritarti?” mi rivolsi a mia figlia. La vidi diventare più candida delle sue vesti e il suo sguardo vivace si svuotò per riempirsi di disaccordo.
“È un onore che io non sogno nemmeno” sentenziò. La nutrice spalancò gli occhi e subito la rimproverò di aver perso il giudizio. Mi avvicinai a lei e prendendola per le mani, cercai di farla ragionare: tra pochi giorni avrebbe avuto l’età necessaria per prendere marito e per mettere su famiglia e poi è così giovane e bella come un bocciolo di rosa e doveva sfruttare questa sua virtù… infine le promisi che avremmo pensato io e suo padre a scegliere un marito degno di lei e le promisi anche che non l’avremmo mai abbandonata! Sembrò rasserenarsi sentendo le promesse e si convinse ad accettare l’idea del matrimonio, allora la informai dell’ intenzione di suo padre di dare una festa in maschera per presentarla ai nobili del regno e la reazione arrivò da parte della nutrice, che saltellando per tutta la stanza, si mise a cercare i più bei vestiti per la mia bambina…


Appena sistemai le mie cose, colsi l’occasione della bella giornata di sole per passeggiare per le contrade di Verona: essendo nuovo del posto, volevo visitarlo per scoprire le sue ricchezze…arrivato alla piazza centrale, la trovai gremita di gente, per lo più mercanti, intenti a vendere la loro merce. Tra le persone, intravidi un servo con una borsa in spalla e una lista in mano che sembrava avere l’aria confusa, quasi disperata. Incuriosito, mi avvicinai:
“Messere, ha qualche problema?”
“Oh signore, vede io non so leggere e il mio padrone mi ha incaricato di invitare alcuni nobili, ma non so i loro nomi vista la mia ignoranza…”
“Posso vedere la lista?”
“Certo!”
“Allora: Principe Escalus e nipoti; Conte Paride e fratelli; Messer Martino e figlio; Conte Anselmo e vezzose sue sorelle; signor Piacenzio e graziose nipoti; zio Capuleti con signora e figli; il signor Valenzio e suo cugino; Tebaldo e Lucio…Una bella brigata. E dove vanno?” lessi accorgendomi che anche io ero invitato.
“Sono tutti invitati alla festa in maschera che si terrà presso il palazzo dei Capuleti…e se non siete un Montecchi, potete unirvi anche voi!”
“E se io fossi un Montecchi?”
“Meglio che vi teniate alla larga. Tra Montecchi e Capuleti non scorre buon sangue, essi sono arrugginiti da un odio di cui nessuno ne ha più memoria e per colpa di ciò, tanti sono stati gli spargimenti di sangue…finirà mai quest’odio?” mi spiegò.
“Lo spero…comunque, vi lascio al vostro compito!”. Mio zio non mi aveva parlato di questa guerra che divideva Verona e io volevo scoprirne di più…entrai in una locanda e, sedutomi al bancone, chiesi all’oste se sapeva dirmi di più su questa lotta. Lo vidi impallidire per poi avvertirmi che non mi conveniva pronunciare quei due nomi insieme e mi fece cenno col capo, indicandomi le due persone sedutesi al mio fianco dopo il mio arrivo. Guardando gli anelli che abbellivano le loro mani, capì che erano di nobile origine, allora chiesi al più giovane:
“Messere, mi permetto di disturbarvi…io sono Mercuzio Della Scala” e mi inchinai.
“Sono Romeo, Romeo Montecchi…e lui è mio cugino Benvolio…siete parente del nostro Principe?”
“Sono suo nipote…posso offrirvi da bere?”
Dopo qualche boccale di vino, pensammo di lasciare la locanda per fare quattro passi…
“Ho sentito parlare molto di voi Montecchi…ma mi è stato riferito anche un altro nome…Capuleti se non sbaglio…”. Il riccio, Benvolio se non vado errato, si irrigidì mentre l’altro gli posò una mano sulla spalla, mi guardò avvicinandosi e disse:
“Messere non vi conviene pronunciare quel nome né in nostra presenza né in presenza di un altro Montecchi. Quelli che voi chiamate Capuleti per noi sono degli attacca brighe insopportabili, nonché acerrimi nemici…”
“Perché?”
“Non lo sappiamo” rispose Benvolio “ quest’odio esiste da prima ancora delle nostre nascite e delle nascite dei nostri genitori…”
“Se giurate di non parlare più di quella feccia, potreste anche starmi simpatico, Mercuzio” disse Romeo girandomi intorno.
“Certo…sento che saremo grandi amici…” e gli diedi una pacca sulla spalla a entrambi.


Per tutto il giorno, la mia nutrice non fece altro che aprire bauli e armadi per tirar fuori vesti, gioielli e scarpe…sembrava dovesse andare lei alla festa…io ero totalmente disinteressata: non mi piace essere messa in mostra come una stoffa pregiata, sotto gli occhi degli avventori che cercano solo di concludere un buon affare.
“Giulietta cara…preferisci questo rosso o questo bianco?” chiese sollevando i due abiti.
“Balia, non ci vado alla festa…” dissi stendendomi sul letto.
“Oh benedetta figliola, ma tu devi andarci…altrimenti tuo padre si arrabbierà…”
“Cerca di capirmi…perché devo essere come la carne per un affamato, come seta per un mercante? Io non sono un oggetto, nutrice, e non voglio che si facciano affari su di me!”
“Ma questo non è un affare! Ti stanno dando la possibilità di avere un futuro…”
“Sarà come dici tu, nutrice, ma non è il metodo giusto”. La vidi posare i due abiti sulla poltrona e sedersi al mio fianco per accarezzarmi…
“Bianco” dissi.
“Cosa?”
“Il vestito…” mi alzai per mettermi vicino a lei “lo preferisco bianco”. Sorrise e mi abbracciò calorosamente.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


La tabella dei punti di vista:
-NERO: Giulietta
-BLU: Mercuzio
-ARANCIONE: Tebaldo
-VIOLA: Lady Capuleti

La sera della festa arrivò e io mi ero affidata alle mani della mia nutrice affinché mi rendesse presentabile… alla fine dei preparativi, più che la figlia di un conte sembravo una principessa! La mia nutrice rimase a bocca aperta e mi girava intorno ammirando ogni lembo del vestito e ogni ciocca di capelli, sapientemente acconciati.
“Nemmeno una regina è bella quanto te!” esclamò con gli occhi lucidi.
“Nutrice mia, grazie…è tutto merito tuo e delle tue mani! Che Dio ti benedica!”
“Dio benedica te figliola! Adesso vai che ti aspettano tutti!”. Scendemmo lentamente le scale, ad attendermi alla fine di esse c’era mia madre, mio padre e mio cugino Tebaldo tutti e tre agghindati come si deve! Mio cugino mi venne incontro, mise un piede sull’ultimo gradino e allungò la mano verso di me facendomi un sorrisino malizioso oserei dire! Presi la sua mano solo per non essere sgarbata, ma non lo degnai di uno sguardo. Una volta al suo fianco, mi tirò verso di sé facendomi voltare e poggiò una mano sul fondo della mia schiena, sussurrò al mio orecchio:
“Cugina cara, sei una donna bellissima!” e sfiorò le sue labbra sulle mie, io ero paralizzata dalla paura e non mi mossi al suo tocco. Mio cugino Tebaldo è sempre stato un tipo ribelle e impulsivo, forse a causa della mancanza dei genitori, sapeva anche essere autoritario e per tal motivo tutti qui a palazzo avevano paura di lui, me compresa, anche se con me si è sempre dimostrato gentile e accorto. Odia con tutto il cuore i Montecchi e ogni occasione è quella buona per scatenare una rissa, proprio come l’altro giorno: i nostri servi e quelli dei Montecchi avevano preso a insultarsi e lui, notando la presenza di Benvolio Montecchi, nipote del Conte, lo sfidò a duello, determinato a ucciderlo! Fortuna che il passaggio della carrozza del Principe li aveva interrotti…
“Giulietta!” mi richiamò mio padre
“Eccomi padre mio” dissi inchinandomi di fronte a lui.
“Guarda quanti giovani nobili sono venuti per te…” disse indicandomi la sala con un gesto del braccio.
“Padre, sono lusingata dalla loro presenza…vorrei conoscerli uno ad uno”
“Allora dirò ai servi di farli sistemare in corteo per venire a salutarti! Presto tu, vieni qui…” richiamò un servo e gli diede istruzioni. Nell’arco di qualche minuto, tutti gli uomini presenti nella sala stavano formando un corteo che iniziava a pochi passi da me.
“Amici miei, è giunto il momento di presentarvi mia figlia: Giulietta” esordì mio padre prendendomi per mano. Sorrisi agli uomini e li guardai curiosamente uno alla volta, poi mi sedetti e aspettai che ognuno venisse da me…

Quei pazzi dei cugini Montecchi avevano saputo della festa in maschera e quindi ne volevano approfittare per entrare a Palazzo Capuleti, avevano il permesso di presentarsi per via di mio zio, il Principe, che l’altro giorno aveva sorpreso dei servi delle due fazioni rivali ad azzuffarsi e per creare una pace temporanea aveva obbligato il Conte Capuleti ad invitare alla festa i Montecchi. Io non avevo problemi invece, avevo ricevuto l’invito dal Conte stesso, tramite mio zio.
“Gentile Romeo vogliamo che tu balli!” dissi prendendomi gioco di lui, che camminava con la testa  fra le nuvole.
“Io? No, no credetemi” disse ridestandosi.
“Ah sei innamorato… Fatti prestare le ali da Cupido e vola con esse al di sopra delle tue pene!” dissi sapendo che aveva perso la testa per una certa Rosalina.
“Il suo dardo mi ha ferito troppo crudelmente perché io possa spiccare in alto” rispose sconsolato…
“Via via… Bussiamo ed entriamo alla festa e appena dentro ognuno di noi per sé!” si intromise Benvolio porgendo al cugino una maschera. Ridemmo tutti e tre e ci avviammo a cavallo verso Palazzo Capuleti…appena entrati, due servi ci accolsero e ci chiesero i nomi. A quanto pare dovevamo metterci dietro gli altri uomini per fare la conoscenza della figlia del Conte: un’altra antipatica e viziata ci scommetto! Mentre ci avvicinavamo, riuscivo a scorgere la figlia del Capuleti ma non riuscivo a vederla bene…prima di me toccò a Romeo e a Benvolio e notai le guance della giovane andare in fiamme appena posò il suo sguardo su Romeo, anch’esso incantato dalla ragazza. Quando il servo fece i loro nomi, il Conte e un altro ragazzo al suo fianco sbiancarono e il ragazzo serrò la mascella e portò istintivamente una mano alla spada quando si accorse dello scambio di sguardi tra Romeo e la giovane donna, ma venne trattenuto dal Conte…
“Messer Mercuzio Della Scala, nipote del Principe di Verona!” annunciò il servo. La sala si riempì di brusii che provenivano, per lo più, dalle donne presenti; mossi alcuni passi verso la giovane e mi fermai ad una certa distanza per inchinarmi e farle il baciamano. Lei mi scrutava attentamente e finalmente aprì bocca:
“Io sono Giulietta, la figlia del Conte Capuleti…” e si inchinò. Giulietta…era davvero bellissima, altro che antipatica…i suoi movimenti erano aggraziati, la sua pelle sembrava delicata e morbida come seta, i suoi occhi erano due stelle luminosissime, le labbra parevano boccioli di rosa e i lunghi capelli emanavano un forte profumo di lavanda…rimasi anche io incantato ma poi venni scansato dal messere dietro di me. Spostandomi notai lo sguardo indagatorio del giovane che affiancava il Conte…


Non solo dovevo occuparmi di quel vigliacco di Romeo che ha osato mettere piede in casa Capuleti insieme a quell’idiota di Benvolio, deve ringraziare mio zio che mi ha trattenuto, altrimenti lo avrei trapassato con il mio ferro, certo che non avrei commesso alcun peccato, ma adesso dovevo anche occuparmi di quel Mercuzio: gli sguardi che ha appena posato su mia cugina non sono stati per niente di mio gradimento! Questa è la peggiore serata della mia esistenza, ed è tutta colpa di quell’arrogante di mio zio, perché se solo mi avesse concesso di sposare sua figlia, questa festa non avrebbe mai avuto luogo! “Caro nipote, non credo che la mia Giulietta faccia al caso tuo…” questa era stata la sua risposta…brutto vecchio, ti farebbe più piacere sapere che tua figlia giace tra le gambe di un altro uomo che si approfitterà della sua bellezza e della sua purezza per poi farla soffrire? Io non la tratterei mai come una fra le tante perché lei è… così… delicata, candida…non è fatta per soddisfare i piaceri più peccaminosi di noi belve, lei è fatta per conoscere l’amore sincero e puro…quell’amore che solo io saprei dargli…
Tra tutti gli uomini che si sono presentati alla festa, solo due di loro mi hanno suscitato interesse. Il primo è il figlio del nostro più grande rivale, Romeo Montecchi, il secondo è addirittura il nipote del Principe, Mercuzio Della Scala! Sono entrambi due bei giovani, ogni virtù è con loro: Romeo è il più giovane dei due, lo si può notare dai tratti del suo viso appena accennati, segno di un’ infanzia appena trascorsa, i suoi occhi sono due scure calamite e le sue labbra sono così sottili quanto rosse. Mercuzio, al contrario, è più grande: ha già la barba che appena gli ricopre parte del viso, porta i capelli biondi e ricci all’altezza delle spalle, il suo sguardo color caramello mi ha fatto tremare per un attimo l’anima…
“Giulietta!” mi chiamò la mia nutrice facendomi sobbalzare.
“Arrivo…” dissi; mi trovavo infatti in balcone, la festa era appena finita e stavo guardando tutti gli invitati che lentamente lasciavano casa mia per raggiungere i loro cavalli e le loro carrozze… non potei non notare tre cavalli bianchi, due sellati con stoffe blu e verdi e uno con drappi oro e blu: due Montecchi e un Della Scala. Erano loro…erano i due angeli che avevano riempito di emozioni il mio cuore con alcuni semplici sguardi. Entrambi si voltarono nella mia direzione, come se avessero capito che li stavo pensando e io prontamente mi nascosi dietro una colonna…
“Giuliettaaa! Vieni che è tardi!” urlò ancora la nutrice.
“Sisi eccomi” dissi entrando in camera mia. Aiutata da lei, mi preparai per andare a dormire ma qualcuno bussò alla mia porta…

La festa era finita da poco e io mi ero già ritirata nelle mie stanze, lasciando a mio marito il compito di salutare i nostri ospiti…ogni giovane che si era presentato per la mia Giulietta era di bell’aspetto, ma non tutti furono graditi! Come quei ragazzacci dei Montecchi, presenti solo per far contento il Principe…Dio mio i suoi occhi erano sempre fissi su di noi e di certo avrà notato la reazione di mio nipote Tebaldo…povero caro, non aveva tutti i torti!
“Se ne sono andati tutti” mi informò mio marito entrando nella nostra stanza.
“Allora, che ne pensi di questi giovani? Hai notato qualcuno che potrebbe fare al caso nostro?”
“Sono tutti dei buoni pretendenti, ma sono stato colpito in particolare da uno: il Conte Paride…è stato il più galante e meno sfrontato aggiungerei, visti gli altri…”
“Chissà cosa ne pensa Giulietta…e poi bisogna convocarlo qui per informarlo della scelta…”
“Va da lei e chiedi il suo parere a riguardo…sii vaga però…”
“Vado” dissi inchinandomi. Arrivata davanti alla sua porta bussai, aprì la porta e subito si scansò per farmi entrare:
“Madre mia, che ci fate qui a quest’ora?”
“Sono venuta per sapere cosa ne pensi dei giovani presenti alla festa…”. La vidi sorridere e poi sedersi sul letto, io mi avvicinai e mi misi al suo fianco.
“Vedi madre…c’era qualcuno che mi interessava…”
“Mmm vediamo se indovino…il Conte Anselmo?”
“No ma che dici…”
“Il Conte Paride?”
“E’ un bel giovane ma non mi ha attirato…madre, io parlavo di Romeo Montecchi e di Mercuzio Della Scala…ma so già che il primo sarà impossibile…ma con me è stato molto galante ed è ricco di ogni virtù, solo perché è un Montecchi non vuol dire che sia il peggiore, anche se avesse un altro nome sarebbe uguale!” cercò di giustificarsi.
“Giulietta! Non osare pensare che accorderemo un matrimonio con i Montecchi!”
“Ma madre, e se con questo matrimonio riuscissimo a mettere fine a quest’odio?”
“Tuo padre non sarebbe d’accordo…e Tebaldo ancora più di tuo padre…”
“Ma Tebaldo non ha alcun diritto di comandare su di me! È mio cugino non mio padre e nemmeno mio fratello!”
“Ma è come se lo fosse: vive con noi da quando era piccolo e ti ha vista nascere e crescere…è praticamente tuo fratello, e tu devi obbedire anche a lui…piuttosto, hai fatto un altro nome se non sbaglio…”
“Si…ho nominato Mercuzio, il nipote del Principe…”
“Non è male, ma girano strane voci su di lui…c’è chi dice sia folle, chi senza cuore e sfrontato…”
“A me non pare!”
“Va bene, domani mattina manderemo un invito a Mercuzio e ad altri nobili graditi a tuo padre…è lui che deciderà”
“Ma io voglio sposare la persona che amo…”
“Giulietta cara, noi donne siamo obbligate a ubbidire al volere dei nostri padri…non si può ubbidire all’amore…gli uomini non sanno cosa è” dissi dispiaciuta nel vederla delusa.
“Buonanotte figlia mia!”
“Buonanotte madre…” la lasciai sul letto e andai a riferire della nostra conversazione a suo padre…
“Nostra figlia ha idee diverse dalle tue…”
“Ah! Non ne avevo dubbi…sentiamo, chi ha nominato lei?”
“Il nipote del Principe, Mercuzio, e…Romeo Montecchi!”
“Cosa?! Un Montecchi per parente non ce lo voglio!”
“Lei diceva che con il matrimonio si poteva mettere fine a questa guerra…”
“Lei può dire quello che le pare, decido io…nemmeno quel Mercuzio mi va bene: dicono sia folle e a modo suo, non è un vero nobiluomo…e del Conte Paride che ne pensa?”
“Dice che è bello ma che non l’ha attirata…”
“Almeno gli piace…e sia, domani mattina manderò dei servi a chiamare il Conte e Messer Mercuzio…voglio conoscerli entrambi…”


Sapevo che il nome di Romeo non sarebbe stato gradito, è un unione impossibile la nostra…ma non pensavo che girassero voci sul conto di Mercuzio…addirittura folle! E cosa avrà mai fatto per essere giudicato come tale…mi giravo e rigiravo nelle coperte ma non riuscivo a prendere sonno in alcun modo, mi alzai spazientita e uscì a prendere aria sul balcone. Mi misi a guardare la luna che illuminava il palazzo e i giardini sottostanti, le stelle che brillavano, un leggero venticello mi fece rabbrividire e subito mi strinsi nello scialle…poi un rumore di foglie mi fece abbassare di scatto gli occhi sulle siepi del giardino, non vidi nessuno…poco dopo, notai la pianta rampicante che ricopriva per metà le mura del palazzo muoversi, mi affacciai per vedere cos’era e vidi l’ultima persona che avrei mai immaginato di vedere a Palazzo Capuleti: Romeo Montecchi era arrampicato sull’edera e aveva raggiunto il mio balcone, che scavalcò con un balzo per poi ritrovarsi di fronte a me…mi sorrise e fece un inchino:
“Mia signora…”
“Se ti vedono ti uccidono…” riuscì a dire solo questo…
“C’è più pericolo nei tuoi occhi che in venti delle loro spade! Guardami con dolcezza ed io sarò al sicuro da ogni nemico” disse scandendo ogni parola, mi prese per mano e guardandola e accarezzandola continuò a dire:
“Se io profano con la mia mano indegna questa reliquia sacra, le mie labbra sono pronte a rendere più molle, con un tenero bacio, il ruvido tocco…” e poggiò le sue calde labbra sul dorso della mia fredda e tremante mano.
“Buon pellegrino, voi fate troppo torto alla vostra mano che ha mostrato in ciò la devozione che si conviene…”
“Dunque…” disse alzando le nostre mani ancora unite all’altezza del suo petto “…lascia che le labbra facciano quello che fanno le mani…” e iniziò ad avvicinarsi al mio viso. Prontamente mi scansai, ma le sue mani mi bloccarono in una stretta ferrea alla quale non riuscì a scappare…
“Ferma…ferma non muoverti…” sussurrò al mio orecchio. Il mio cuore batteva all’impazzata…Romeo era davvero un gentiluomo. Perché sei tu Romeo, infondo, il tuo nome soltanto mi è nemico…perché non hai un altro nome?! Dio mio, perché mi hai abbandonata a questa sorte? Perché proprio un Montecchi…mi voltò tenendomi fra le sue braccia e con estrema dolcezza posò le sue labbra sulle mie. Un bacio casto, delicato…il mio primo bacio non l’avrei mai immaginato così; più e più volte mi soffermai a pensare quando sarebbe arrivato l’amore, quando avrei conosciuto l’uomo che mi avrebbe fatto sospirare, quando avrei avvertito il tocco delle sue mani su di me, quando le sue labbra si sarebbero unite alle mie in un adorazione reciproca…era forse arrivato questo momento?
“Oh Romeo…io ti sono nemica e mio padre ha già deciso chi farmi maritare…è un amore impossibile il nostro!”
“Giulietta, mia adorata, combatterò se devo…tu sarai mia!”
“Romeo io…io credo sia sbagliato correre…il tempo ci farà capire ogni cosa…”
“Per me è già tutto chiaro: sei tu la donna dei miei sogni…forse, tu non ricambi…” disse lasciandomi libera dalla sua presa.
“Romeo, non vorrei ferirti…non mi condannare se nel buio della notte ho in un attimo ceduto al tuo amore…buonanotte” e detto questo rientrai in camera mia. Da dietro la finestra vidi Romeo scendere nei giardini e poco dopo un cavallo bianco si allontanò lungo il sentiero…a me invece, non restava che attendere il nuovo giorno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


La tabella dei punti di vista:
-ROSSO: Conte Capuleti
-ARANCIONE: Tebaldo
-BLU: Mercuzio
-AZZURRO: Romeo
-NERO: Giulietta


Per tutta la notte pensai chi potevo convocare a Palazzo per parlare del matrimonio con mia figlia…il Conte Paride, Messere Mercuzio e forse anche mio nipote Tebaldo poteva essere una scelta valida: è vero, gli ho detto che Giulietta non faceva al caso suo, ma l’ha sempre protetta e nessuno la conosce meglio di lui, saprebbe cosa la rallegrerebbe e cosa invece la infastidirebbe… alle prime luci dell’alba, mandai due servi ai palazzi del Conte e del nobile Della Scala e io stesso andai a svegliare Tebaldo per informarlo della decisione…

Chi diavolo è che mi disturba già alle prime luci del sole? Mi alzai dal letto scaraventando le lenzuola a terra e indossando la camicia e i calzoni, andai ad aprire, mi ritrovai difronte mio zio, che con volto serio mi disse:
“Nipote caro, fatti trovare alle 10 nel salone grande…dobbiamo parlare di Giulietta”. All’udire quel nome, il cuore in petto impazzì e con voce tremante dissi:
“Ma possiamo parlarne anche ora…”
“No! Meglio più tardi, non saremo solo io e te…poi vedrai!” e detto questo mi voltò le spalle e scese di sotto. Tornai in camera mia e ripensai alle parole di mio zio…forse si era reso conto che solo io, fra tutti quei damerini di corte, sono all’altezza di essere il marito di Giulietta; dopotutto, io solo conosco mia cugina gli altri ne sanno solo il nome oppure la sposano per il titolo nobiliare o per arricchirsi sulle spalle di mio zio…ma a me non interessa del titolo o del denaro, io voglio solo lei: la mia unica ragione di vita.


Il mio servo venne a svegliarmi e come di consueto, aprì le tende e la finestra e mi aiutò a vestirmi mentre mi parlava di un certo incontro a cui dovevo partecipare fra circa un’ora a Palazzo Capuleti… cosa mai vorrà da me il Conte? A questa domanda il mio servo mi disse che la festa alla quale avevo partecipato era stata organizzata per trovare marito alla figlia del Conte e che io ero uno dei pretendenti scelti dal Conte e dalla figlia stessa! Rimasi incredibilmente sbalordito…non mi aspettavo di aver fatto colpo! Dovevo subito dirlo a Romeo e a Benvolio, scesi nelle cucine, afferrai una mela e mi diressi verso le scuderie dove il mio cavallo era già stato sellato. Dopo aver cavalcato verso Palazzo Montecchi, lasciai il mio cavallo nelle mani di un paggio e mi feci guidare fino alle stanze dei due cugini, bussai prima alla stanza di Romeo:
“Romeo, fratello mio! Che Dio vi dia il buongiorno…” dissi entrando in camera dopo che aprì la porta.
“Qual buon vento Mercuzio?” chiese mentre si vestiva.
“Non ci crederai mai, ma il Conte Capuleti mi ha invitato a casa sua per parlare del matrimonio con Giulietta, ma a quanto mi ha riferito il mio servo non sono il solo! Ma ci pensi io? Maritato? Ahahahahahah!!!” quando dissi “matrimonio con Giulietta” lo vidi voltarsi di scatto e sbarrare gli occhi, sembrava anche che trattenesse il respiro…
“Ah bene…se non vuoi maritarla non ci andare, no?” disse tornando a mettersi gli stivali.
“Ecco io non so se voglio o meno…ma voglio conoscerla…forza sbrigati, io vado a svegliare Benvolio e ti raggiungo nel cortile…”.
“Benvoliooo dai alzati!” dissi saltando sul letto dell’altro fratello.
“San Francesco benedetto, Mercuzio! Scendi subito…che modo gentile di svegliare tuo fratello!” si lamentò.
“Ho saputo una cosa strana, già l’ho detta a Romeo: devo recarmi dal Conte Capuleti perché vuole parlarmi del matrimonio con Giulietta, però non sarò solo io…”
“E tu davvero vuoi maritartela? Ma se non le saresti fedele neanche il tempo di un respiro…” disse mentre indossava la camicia.
“So solo che voglio conoscerla…scendiamo in cortile, Romeo ci aspetta”.


Destino crudele! Maledetto odio che scorre nelle nostre vene…tutta colpa delle nostre famiglie, se non ci fosse questa guerra anche io sarei tra i pretendenti di Giulietta…ogni gatto, ogni cane, l’essere più insignificante può competere per Giulietta, ma Romeo no, Romeo non può! …solo perché porto un nome che è odioso a me perché è nemico a lei. E ora che dirò a Mercuzio? Dovrei confessargli i miei sentimenti per Giulietta o tenermi tutto? Mi prenderebbe per pazzo…eccolo che arriva:
“Romeo andiamo, prendi il tuo cavallo…andiamo a fare una passeggiata!”. Poco dopo, ci ritrovammo tutti e tre a cavallo a parlare di Giulietta:
“E così il Conte vuole farti maritare la figlia! Meglio per te così farai tue le ricchezze della famiglia Capuleti!” disse Benvolio.
“Fratello, io non voglio le ricchezze di suo padre…forse quelle di Giulietta!” disse alludendo alla verginità della donna.
“Ma lei stessa ha fatto il tuo nome?”
“Credo di si…vedremo tra poco. Spero di convincere il Conte, così la potrò fare mia senza problemi! Vedrai come invocherà il mio nome: “Mercuzio…Dio benedetto…ah ah… Mercuzio!” ahahahaha la sentirà tutta Verona e dintorni!!! Ahahahahah!” scoppiarono entrambi a ridere. “Smettetela! Lei non è un oggetto o una sgualdrina da una botta…” sbottai io. I due mi guardarono incuriositi…
“Se non ti conoscessi, direi che sei ammattito…ha forse conquistato il tuo cuore?” chiese Benvolio.
“Lei…non sono nelle sue grazie…” confessai abbassando lo sguardo “ieri sera, dopo la festa, sono tornato da lei…sono salito sul suo balcone e abbiamo parlato…ma lei crede sia più giusto seguire il padre perché sa che non potremmo mai maritarci e amarci liberamente! Non è giusto…”. Sentivo lo sguardo di Mercuzio su di me e Benvolio era sconvolto:
“Ti sei introdotto nel palazzo? E se ti scoprivano? Saresti già morto a quest’ora…hai forse perso il senno cugino!?” mi sgridò.
“Poco importava, sarei passato sull’altra riva felice…perché l’ho stretta tra le mie braccia e le ho rubato un bacio!” dissi ridendo, tutto contento al pensiero del mio gesto irresponsabile.
“Basta…non dire più nulla…” mi pregò Benvolio.
“Io devo andare!” disse Mercuzio spronando il cavallo e lasciandoci soli.
“Romeo andiamo da Frate Lorenzo…meglio che ti confessi e ti sfoghi con lui”.


Il giorno era arrivato: avrei conosciuto i miei pretendenti…
“Madre mia, che Dio vi dia il buongiorno!” dissi abbracciando mia madre, rimasta sorpresa dal mio gesto.
“Vedo che qualcuno è di buon umore…”
“Sono semplicemente curiosa e un po’ emozionata dall’idea di conoscere il mio futuro marito.”
“Su vai a prepararti, saranno qui a breve…” disse mio padre entrando in stanza. Corsi su per le scale e insieme alla mia nutrice scegliemmo l’abito da indossare e aspettammo il momento per scendere nella sala grande…

Mio nipote era già seduto su una delle poltrone e attendeva con me l’arrivo degli altri due…dopo aver versato in una coppa del vino e averne bevuto un sorso, un mio servo annunciò l’arrivo del Conte Paride: Tebaldo roteò gli occhi in senso di disaccordo e subito gli comparve sul volto un sorrisino soddisfatto.
“Conte Capuleti, sono lieto di aver ricevuto un tale invito!” disse Paride inchinandosi. Paride è un giovanissimo conte, lontano parente del Principe, è stato istruito dai migliori maestri del principato e ha molti interessi…il genere di uomo che tutti vorrebbero per le proprie figlie; la bellezza e la grazie lo accompagnano ma sembra che a Giulietta poco importi di lui, da quanto lei stessa ha detto alla madre.
“Conte Paride è un onore avere qui la vostra presenza, accomodatevi!” dissi inchinandomi di fronte al giovane e indicandogli una poltrona.
“Vi prego, non chiamatemi Conte…potrei essere vostro figlio, chiamatemi solo Paride” disse sorridente.
“Io sono Tebaldo, il nipote del Conte” si presentò mio nipote porgendo il braccio che subito venne afferrato da Paride.
“Bene adesso dobbiamo solo attendere l’ultimo…” commentai.
“L’ultimo…?” chiese Paride.
“L’ultimo pretendente!...ah eccolo!” dissi indicandolo. Messer Mercuzio aveva appena fatto ingresso nella sala e si inchinò davanti a tutti noi:
“Buongiorno Conte Capuleti…Messeri…”
“Accomodatevi Messere…così iniziamo a parlare di mia figlia! Ho chiamato voi tre al mio cospetto perché siete giovani e pieni di virtù…ma sarà mia figlia stessa a scegliere il suo sposo…va a chiamare Giulietta!” dissi al servo al mio fianco. Mia figlia non tardò ad arrivare accompagnata dall’inseparabile nutrice e alla vista dei tre, sul suo volto si susseguirono tre diverse facce: arrossì vedendo Mercuzio, tornò apatica per Paride e un espressione confusa mista con curiosità si dipinse sul suo volto alla vista di Tebaldo.
“Buongiorno Messeri…” salutò inchinandosi ampiamente. I tre giovani si alzarono e molto elegantemente si inchinarono a loro volta… gli occhi erano tutti su di lei…
“Ognuno di voi trascorrerà un’intera giornata con mia figlia, finché i cannoni della mia torre non spareranno tre colpi, alla fine del terzo colpo mia figlia dovrà tornare a casa…figlia mia, scegli tu l’ordine dei giovani…”. Giulietta li guardò uno ad uno e dopo un po’ disse:
“Oggi trascorrerò la giornata con Messer Mercuzio, domani con il Conte Paride e domani l’altro con mio cugino Tebaldo…”
“Messere a voi mia figlia…” dissi prendendola per mano e accompagnandola fino a lui, che presa la mano, le lasciò un piccolo bacio.
“Vogliamo andare?” chiese. Mia figlia annuì e uscirono dalla stanza:
“Con voi ci vedremo nei prossimi due giorni alla stessa ora qui…arrivederci Conte Paride, Tebaldo puoi andare” i due si inchinarono e mi lasciarono solo. Subito corsi alla finestra per controllare la situazione e vidi Giulietta che illustrava al giovane le meraviglie dei nostri giardini…che Dio la guidi nella scelta!


Ero rimasta sorpresa dalla scelta di mio padre. Come avevo intuito dalla domanda di mia madre, aveva invitato il Conte Paride ma mai avrei pensato che avrebbe dato retta a me invitando anche Messer Mercuzio. Quello che però non riesco a capire è cosa centri Tebaldo: lui è mio cugino ma è come se fosse mio fratello, forse lui stesso si è proposto? In silenzio, meditavo queste cose mentre scendevo l’enorme scala del palazzo accompagnata da Messer Mercuzio e a rompere il silenzio fu proprio lui:
“Potrei chiamarvi con il vostro dolce nome?”
“Certo, ma solo se io potrò chiamarvi con il vostro”
“E sia, Giulietta…ditemi cosa vi ha spinto a scegliere me per primo?”
“Temo di non potervi rispondere Mercuzio, questi sono affari privati”
“Certamente…allora…cosa volete fare? Una passeggiata in giardino? Una gita al lago? Qualsiasi cosa!”
“Portatemi al lago”
“Bene allora seguitemi…”
Giunti davanti al suo cavallo mi prese per mano con l’intento di farmi salire ma io non ero mai andata a cavallo e quindi non sapevo nemmeno salirci. Con imbarazzo confessai questa mia pecca e lui mi guardò per un attimo meravigliato, poi fece un sorriso sghembo e avvicinandosi dietro di me mi disse di aggrapparmi alla sella. Subito dopo, mi ritrovai le sue mani sui fianchi e il terreno mancò sotto i miei piedi, d’istinto alzai una gamba per sedermi sulla sella e mi accorsi di essere in groppa all’animale. Con uno scatto deciso anche Mercuzio mi aveva raggiunta sedendosi davanti a me:
“Reggetevi pure a me, se volete” disse schioccando le briglie. Senza pensarci due volte mi strinsi attorno alla sua schiena, appoggiandomi anche con la testa. Arrivati al lago, scese lui per primo in modo da aiutarmi a scendere; una volta sistemata la gonna dell’abito, mi porse il braccio e camminammo verso una piccola passerella in legno dove ci sedemmo.
“Prima…” dissi “…quando mi avete aiutata a salire sul cavallo, non avete sbirciato sotto le mie vesti vero?” chiesi guardandolo seriamente.
“No, non lo farei mai!” rispose.
“Pensate forse che io sia come chi fa questo genere di cose? Sono un nobile!”
“Di questo mi preoccupo…i nobili sono così malintenzionati. La gente comune non ha questi pensieri, loro pensano solo a sopravvivere…”
“Cosa ne sapete voi della gente comune?”
“Li ho sempre aiutati: da piccola rubavo nelle cucine oppure portavo parte del mio pasto a chi non aveva un lavoro”.
“Siete nobile d’animo Giulietta…un vero angelo, sia dentro che fuori” disse Mercuzio accarezzandomi il viso.
“E voi? Voi cosa siete?”
“Io sono molte cose e allo stesso tempo nulla…”
“Tra le molte cose… siete, per caso, anche un folle?”
“Può darsi…si mi piace esserlo.”
“Le voci che parlano di voi non dicono il falso allora…”
“Perché qualcuno parla di me? A Verona? Ma se sono qui da poco…”
“Forse vi siete già fatto riconoscere…” dissi schizzandolo con l’acqua rimasta sulle punte delle mie dita.
“Giulietta non scherzate con me!” disse ricambiando gli schizzi.
“Volete la guerra Mercuzio?” e mi alzai afferrandomi le vesti.
“Guerra sia milady!”. Lo vidi scattare verso di me, allora iniziai a correre per tutto il perimetro del lago senza sosta, poi inciampai con un lembo di stoffa e caddi di lato. Dietro di me, Mercuzio non riuscì a fermarsi in tempo e si ritrovò anch’esso a terra. Su di me. Occhi negli occhi. Respiravamo entrambi affannosamente poi iniziammo a ridere…non mi ero mai accorta finora dei riflessi dorati dei suoi occhi, che vedevo sempre più grandi per via dell’aumentare della vicinanza del suo volto al mio.
“Giulietta…”sussurrò sulle mie labbra e nel medesimo istante udimmo da lontano un colpo di cannone. Distolsi lo sguardo da lui, si spostò di lato sdraiandosi sull’erba e continuò la frase:
“Voglio vedervi ancora…” mi voltai per guardarlo. Mi misi seduta e accarezzandogli la poca barba che copriva la sua guancia risposi:
“Succederà solo se mi porterete a casa entro i tre colpi!” sorrise e si alzò aiutando anche me. Salimmo in sella al suo cavallo e al terzo sparo mi trovavo già sotto l’arco del mio palazzo, alzai lo sguardo verso le scale e in cima vidi mio padre attendermi.
“Ho passato un bel pomeriggio Mercuzio, grazie” dissi inchinandomi.
“Ringrazio voi per la vostra graditissima presenza…a presto Giulietta” mi salutò baciandomi leggermente la guancia. Rimasi incantata a guardarlo mentre si allontanava e d’ istinto portai una mano all’altezza del tocco lasciatomi sulla guancia.
“Giulietta!” mi disturbò mio padre.
“Arrivo” dissi trascinando le mie pesanti vesti in cima alle scale.
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La tabella dei punti di vista:
-NERO: Giulietta
-VERDE: Paride
-ROSSO: Conte Capuleti
-ARANCIONE: Tebaldo
-BLU: Mercuzio
-AZZURRO: Romeo



Come pensavo, mio padre volle sapere come avevo trascorso la giornata con Mercuzio e io dovetti raccontargli ogni cosa, omettendo alcuni particolari sconvenienti, come la caduta di lui su di me…sembrava soddisfatto ma sul volto si intravedeva un’ombra di preoccupazione: le voci che aveva sentito su di lui non lo facevano stare tranquillo del tutto… stanca della giornata, mi preparai per la notte aiutata dalla mia balia:
“Bimba mia, com’è andata oggi? Ti piacciono i pretendenti?”
“Si balia, essi sono il Conte Paride, Messer Mercuzio e Tebaldo, mio cugino…oggi ho trascorso la giornata con Mercuzio e devo dire che mi sono divertita…tra tutti è lui quello che più mi interessa!”
“Bene…ma sta attenta mi raccomando…e domani a chi tocca?”
“Al Conte Paride…sai che noia…quello è troppo perfetto!”
“E dove sta il problema?” disse grattandosi la testa confusa.
“Nutrice, io non voglio un perfettino, sarebbe una noia mortale…non si farebbe mai nulla di buffo…”
“Ma come fai a dirlo se nemmeno lo conosci, benedetta figliola!”
“Lo conoscerò domani e lo saprò con certezza! Ma più di tutto mi preoccupa Tebaldo…” dissi mentre mi mettevo a letto.
“Perché?”
“Perché a volte mi fa paura, anche se con me si è sempre comportato da gentiluomo…ma a volte ha quegli scatti…non voglio pensarci!” dissi infilando la testa sotto le coperte.
“Su bimba mia…non agitarti…col tempo capirai molte cose! Buonanotte Giulietta…” disse sistemandomi le coperte e lasciandomi un bacio sulla fronte.

Oggi avrei conosciuto meglio Giulietta, quella ragazza mi ispira molta dolcezza…le ho portato un fascio di rose bianche, spero che le gradirà.
“Buongiorno Conte!” salutai entrando a palazzo.
“Paride, figliolo eccoti! Giulietta ti attende nel giardino…” disse indicandolo.
“Bene, vado allora!”. Così le corsi incontro attento a non sciupare i fiori, quando la vidi rallentai e mi diedi una sistemata:
“Buongiorno milady, questi fiori ve li dono per rendere omaggio alla vostra bellezza e grazia!” dissi inchinandomi e baciandole la mano. Era incuriosita dal mazzo di fiori, così lo prese tra le mani e lo portò al naso per sentirne l’odore, poi lo poggiò sulla panchina di pietra. A quel punto, mi sedetti al suo fianco.
“Conte Paride, siete stato gentile a portarli…”
“Cosa vogliamo fare mia cara Giulietta?”
“Scegliete un luogo e portatemi lì!” disse alzandosi e sorridendo. Rimasi fermo a pensare a un posto…poi ci arrivai: l’avrei portata a fare una passeggiata sulla spiaggia!
“Giulietta ho pensato di portarvi a passeggiare sulla spiaggia, se per voi non è un problema…”
“No no, mi piace il mare!”
“Bene, seguitemi fino alla mia carrozza…” dissi porgendole la mano. Mentre camminavamo la vedevo distratta, quasi annoiata…
“Giulietta, perché non mi raccontate qualcosa di voi?”
“Di me? Sarebbe troppo facile così Paride! Non vi dirò nulla di me sennò saprete come sfruttare i miei gusti…parlatemi di voi invece!”
“E sia…come saprete, sono un lontano parente del Principe Escalus, ho un fratello e una sorella poco più piccola di voi…sono stato istruito dai migliori maestri della zona e so parlare molte lingue. Amo moltissimo leggere…a voi piace?”
“Si mi piace, ma non ho uno scrittore preferito…a me piace di più occuparmi del giardino, infatti sotto il mio balcone ho una parte di terreno riservata alle mie piante, che grazie ai saggi consigli di frate Lorenzo, crescono rigogliose!”
“Ecco spiegato l’interesse per le rose che vi ho donato…allora ho colto nel segno!”
“Avete colto una delle mie passioni…ma non il mio cuore!” disse ridendo.
“Non ci vorrà molto…se Cupido è dalla mia parte e la Fortuna non mi abbandonerà, vincerò di sicuro la sfida!”
“Cosa ve lo fa pensare Conte?”
“Il parere di vostro padre. A lui piaccio, credo quasi che gli altri due messeri siano stati invitati per non venir meno alla vostra volontà…ma non mi preoccupo: quel che conta è il volere di vostro padre, quello vostro se posso, è un piccolo dettaglio” spiegai.
“Conte Paride, non avevo mai avuto una buona visione di voi, ma con queste parole devo dire che nulla mi farà cambiare idea…siete uno spavaldo!” disse infuriata. “Adesso riportatemi immediatamente a casa…” la presi in parola e la riportai a palazzo prima del previsto, dove mi mandò via senza neanche degnarmi di uno sguardo. Infondo, le avevo detto solo come realmente stavano le cose: è nostra tradizione che lo sposo sia scelto dal padre e non dalla diretta interessata. La sua volontà è del tutto irrilevante!


Prima ancora dei tre colpi di cannone, vidi Giulietta salire le scale d’ingresso con viso scuro.
“Figlia mia, che è successo? Il Conte Paride ti ha mancato di rispetto?”
“Se quello sbruffone si sente superiore a me, può benissimo tornarsene da dove è venuto. Io l’ho sempre detto che non fa per me ma qui nessuno mi ascolta. Padre non lo voglio più vedere: ha reputato la mia volontà “un piccolo dettaglio”, quasi come se esso sia insignificante. Dopotutto, sarò io la sposa e devo essere io ad avere l’ultima parola!” iniziò a urlare Giulietta, facendo accorrere sua madre e la sua nutrice.
“Basta così!!! Non osare mai più ad urlare davanti a me. E non voglio più sentirti offendere il Conte Paride! Sono IO quello che decide chi sposerai, tu dirai la tua ma l’ultima parola spetta a me, non a te. E adesso fila in camera tua…stasera non toccherai cibo!” sbottai su tutte le furie.
“Ma padre mio, io…”
“Ancora parli? Non replicare!!!” dissi schiaffeggiandola.
“Mio Signore, voi non potete!” accorse la nutrice in suo aiuto.
“Taci, sguattera! O me la prendo anche con te! E voi tornate ai vostri lavori!” tuonai facendo allontanare tutti, Giulietta, con le lacrime agli occhi, fuggì in camera sua seguita dalla nutrice, mentre mia moglie mi guardava scuotendo la testa. Quando tutti se ne andarono, disse:
“Sbagli a trattarla così: è solo una bambina innocente, condannata a soffrire per causa di un uomo che non ama e che non si interesserà di lei…” poi anche lei sparì dalla mia vista. Sospirai profondamente, gettandomi sulla mia poltrona, mi versai una coppa di vino e pensai alla mia bambina: ero duro con lei, ma così avrebbe imparato a essere forte di fronte alle avversità della vita. Bimba mia, lo faccio solo per il tuo bene…


Mi ero recato in paese come di consueto e mentre mi avvicinavo al palazzo, vidi il mio fedele amico corrermi incontro:
“Signore, vostro zio ha nuovamente maltrattato Giulietta, umiliandola davanti tutta la servitù…” lo avevo avvisato infatti, che qualsiasi cosa succedesse a Giulietta, mi avrebbe dovuto informare.
“Il motivo?”
“La padroncina dice che il Conte Paride ha ritenuto la sua volontà insignificante…le ha mancato di rispetto in pratica…”
“Va bene” dissi freddo entrando a palazzo. Mi sarei recato subito da mia cugina per consolarla, mi piangeva il cuore a saperla triste…e poi sarei entrato nelle sue grazie forse. Arrivato alla sua porta bussai due volte prima che venisse aperta dalla Nutrice:
“Padroncino, mi dispiace ma non vuole vedere nessuno…” disse inchinandosi e guardando a terra per la paura. Avevano tutti paura di me…
“Levati! Devo parlarle…” dissi tirandola fuori e chiudendo la porta prima che potesse replicare. La stanza di Giulietta era divisa in due parti, quella dove vi era la porta era adibita a sala di svago mentre l’altra, separata dalla prima da un arco nella parete, era la zona dedicata alla cura e al riposo. Mi sporsi di poco dall’arco per vedere dove era e come previsto la trovai sul letto, con il volto coperto e in preda ai singhiozzi. Giuro che a vederla così, la tristezza si impossessò di me…oh Giulietta, se solo mi sceglierai ti renderò ogni giorno felice, le lacrime non saprai nemmeno cosa sono con me…presi un respiro e mi avvicinai lentamente al suo letto, poi mi sedetti dandole le spalle. Sentendo la mia presenza, capì dal rumore delle sue vesti che si era voltata per sapere chi fosse, poi disse:
“Tebaldo, che ci fai qui?” e mi raggiunse a bordo letto.
“Ho saputo della lite con tuo padre e sono venuto a vedere come stai…” dissi guardandola: aveva gli occhi arrossati e lucidi, le guance rigate dalle lacrime e i capelli in disordine, ma ai miei occhi era un angelo sceso in terra.
“Grazie per il pensiero…sto bene” disse.
“Giulietta hai già fatto la tua scelta?”
“No ma se così fosse non te lo direi, ci sei anche tu in mezzo a questa storia…perché?” era arrivato il momento di parlare con lei e di farle capire qualcosa di me.
“Vedi cugina, io non sono l’uomo che tutti conoscono…tu come mi descriveresti?” la vidi esitare per paura di una mia reazione e allora la spronai.
“Sincera, non ti accadrà nulla!”
“Va bene, tu sei temuto da tutti, incuti paura e sei cattivo e prepotente…”
“Lo immaginavo, io in realtà non sono così…la mia è solo una maschera per avere rispetto…bisogna essere così altrimenti ti calpestano!” Giulietta ascoltava guardandomi e cercava di capire dove volessi arrivare.
“Ma vedi, anche io ho dei sentimenti, proprio come te…non sono impassibile alle emozioni…” dissi accarezzandole il viso, al mio contatto abbassò gli occhi ma io le feci alzare il volto spostando la mano sotto il suo mento. Ci ritrovammo così, occhi negli occhi, lentamente mi avvicinai a lei, la vidi arrossire, dentro me avevo il desiderio folle di baciarla ma non lo feci…le mie labbra si posarono sulla sua guancia, per poi allontanarmi da lei.
“Tebaldo…domani toccherà a te, ma voglio conoscere il vero te!”
“Sarà così…” dissi sorridendole. Lei ricambiò e la lasciai in camera sua. Si può morire di felicità?


Per tutto il giorno non feci che pensare a lei…ma non mi sapevo spiegare il perché!
“Sei innamorato…” sentenziò Benvolio.
“Ohhh smettila, fai sempre lo sputa sentenze tu!”
“Guarda che i sintomi ce li hai tutti eh!” rispose Romeo.
“E che cos’è? Una malattia forse?”
“Sorriso costante…” iniziò Benvolio.
“Buon umore…” continuò suo cugino.
“Pensieri rivolti a lei…” aggiunse Benvolio mentre mi giravano intorno.
“Ce li hai tutti i sintomi: sei innamorato di Giulietta…” disse sospirando Romeo “…proprio come me.” Concluse sedendosi su un muretto.
“Romeo dai, tu parti sconfitto prima di iniziare la guerra…” disse Benvolio. Romeo alzò lo sguardo su di lui e gli occhi gli si illuminarono:
“Hai ragione cugino, non ho ancora iniziato la guerra…e io non perdo mai!” e si mise a correre in direzione della chiesa di Frate Lorenzo.
“Ma dove vai?” gli urlai ma non ricevetti risposta.
“Quello è folle da legare…” commentò il mio amico “Locanda?” propose.


Benvolio mi aveva dato un’idea fenomenale: avrei lottato con ogni forza per avere Giulietta e solo una persona mi poteva aiutare:
“Frate Lorenzo!” lo chiamai una volta in chiesa.
“Romeo figliolo, quale buona?”
“Buongiorno Padre…mi dovete aiutare!”
“Sii più chiaro figlio mio”
“Dovete essere mio messaggero: mi sono innamorato della figlia del ricco Capuleti e sono disposto a tutto pur di averla! Voi le porterete con una scusa una lettera che vi farò avere!”
“San Francesco benedetto! E Rosalina? Colei che tu amavi così teneramente, l’hai bell’e dimenticata?” mi rimproverò il frate. Io in mia difesa alzai le spalle non sapendo che dire…
“D’accordo ti aiuterò…ma non vedo nulla di buono in ciò che stai per fare…”

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La tabella dei punti di vista:
-NERO: Giulietta
-AZZURRO: Romeo
-MARRONE: Frate Lorenzo
-BLU: Mercuzio
-ARANCIONE: Tebaldo


Sapevo che la mia nutrice si sarebbe premurata di farmi mangiare qualcosa per cena, ma lei era osservata da mio padre e se l’avesse scoperta…Quel pezzo di pane mi era stato portato dal Gatto! Domani avrei ringraziato mille volte mio cugino Tebaldo, in fondo sapevo anche che era stato lui a farmelo avere. Già, Tebaldo…mio padre l’aveva scelto per me e mi aveva detto quelle cose, confondendomi un po’…forse ha ragione la nutrice: è sbagliato giudicare qualcuno senza conoscerlo bene…

Dopo essere stato da Frate Lorenzo, visto che il cielo iniziava a scurirsi, ritornai a palazzo per cenare. Benvolio mi stava aspettando nella mia stanza…
“Si può sapere dove diavolo sei finito? Ci hai lasciato per strada come due allocchi!” mi sgridò mio cugino.
“Calma cugino, sono stato da Frate Lorenzo…”
“Ci passi troppo tempo da lui ultimamente….non vorrai mica farti frate?” chiese allarmato.
“Ma certo che no! Lui è l’unico che mi può aiutare in questa battaglia…senti cosa ho pensato di fare: scriverò una lettera a Giulietta e Frate Lorenzo sarà il mio messaggero. La convincerò che la amo più della mia stessa vita e forse vorrà fuggire via con me…”
“Tu hai perso il senno…e lasciarci per lei? Una tua nemica!”
“La sua famiglia è nemica a noi, non lei…noi gioventù non abbiamo nulla a che fare con quest’odio che sta corrodendo le nostre vite!!!”.
Benvolio sospirò e si avviò verso la porta aprendola:
“Come vuoi tu cugino, andiamo a cenare!”
Finita la cena, corsi a chiudermi in camera mia: dovevo scrivere la lettera per la mia amata. Presi un foglio di pergamena e iniziai a scrivere…


Come ogni mattina mi stavo dedicando alla cura del mio piccolo orticello, quando sentì il grosso portone della chiesa aprirsi con il suo solito cigolio…il sole non  era ancora alto in cielo e con mia sorpresa mi ritrovai tra i banchi della mia umile chiesetta il giovane Romeo:
“Figliolo, è così presto…come mai sei già in piedi?”
“Padre ma come? Già vi siete dimenticato del vostro compito? Dovete portare questa lettera a Giulietta Capuleti!”
“Benedetto il Signore! Ma allora ne sei proprio convinto…e sia, e che il cielo ci aiuti!”. Neanche il tempo di finire la frase, che tra le mani mi ritrovai il foglio sigillato con la cera rossa…Romeo mi aveva abbracciato tutto sorridente ed era scappato via dalla navata…Tornai nella mia cella per prendere la mia sacca e mi avviai verso Palazzo Capuleti. Dopo un lungo cammino, intravidi tra le fronde di alcune querce, le alte mura del palazzo…
“Che Dio vi dia il buongiorno messeri…sono venuto per la giovane Giulietta” dissi alla guardia che stava alla porta.
“Buongiorno padre, sono desolato ma la padroncina non c’è…”
“Frate Lorenzo buongiorno!” mi salutò la nutrice della giovane alle sue spalle.
“Ho sentito che cercavate la mia piccina, vedete lei è uscita con…o non ha importanza! Che volevate da lei?”. Allontanatomi dalla guardia, confidai alla nutrice le mie intenzioni:
“Santo cielo…e adesso?”
“Adesso voi prendete questa lettera e la darete solamente a Giulietta. Badate bene che nessuno sappia niente, o saranno grossi guai per il giovane Romeo!”
“Che Dio non voglia…povero ragazzo! Tutta colpa di questa lotta insensata… va bene, darò a Giulietta la lettera…dovrà rientrare a breve”
“Dio vi benedica!” dissi salutandola per fare ritorno alla chiesa. In che guai si stava cacciando Romeo? Sarebbe riuscito nella sua impresa?


Mi ero svegliato alla buon’ ora questa mattina, avevo pensato di fare un dono alla piccola Giulietta…così in sella al mio cavallo, mi recai in piazza dove c’erano i mercanti e tantissima gente. Osservavo ogni bancone alla ricerca di quello che poteva fare al caso mio, ed ecco che al centro della piazza, vicino il grande pozzo, trovai il mercante di gioielli. Avvicinatomi, cominciai ad osservare tutta la merce esposta ma non riuscivo a trovare la collana all’altezza della sua futura padrona.
“Messere, siete forse indeciso?” chiese il mercante.
“Vedete, quello che sto cercando non si trova tra questi…”
“Ditemi cosa vi serve, forse posso aiutarvi!”
“Cerco una collana che sia bella quanto la sua futura padrona…”
“Mhh fatemi pensare…ah!” esclamò abbassandosi sotto il bancone. Si rialzò subito dopo con in mano un cofanetto…
“Ecco…” disse aprendolo e vidi una collana stupenda, tranne che per un piccolo dettaglio.
“E’ perfetta ma c’è un problema…il colore della pietra…” non potevo regalare a Giulietta una collana con la pietra blu, il colore dei Montecchi!
“Posso sostituirla!” esordì il mercante.
“La voglio rossa!”. Dopo aver scelto io stesso la pietra, il mercante si adoperò per cambiarla…dopo qualche minuto era finalmente pronta…
Mentre stavo andando a Palazzo Capuleti, sulla strada incontrai un anziano frate che stava tornando al paese…arrivato vicino alle mura del palazzo decisi di entrare senza farmi vedere, sarebbe stato inutile entrare chiedendo di essere ricevuto da Giulietta, lei non era in casa perché era in compagnia di Tebaldo…scavalcate le mura, percorsi il giardino nascondendomi di siepe in siepe e ci mancò poco che lo stesso Conte non mi scoprisse! Raggiunto il balcone di Giulietta, mi arrampicai sull’edera e con poca fatica giunsi finalmente nella sua camera. Mi avvicinai al suo letto e d’istinto presi il suo cuscino e lo portai al naso, aspirandone ad occhi chiusi l’odore, ma immediatamente lo buttai sul letto “che diamine sto facendo?!” pensai…rimisi il cuscino al suo posto e vi appoggiai la scatola con la collana e il bigliettino sopra. Tornato nel balcone, notai sotto di esso delle guardie ferme a parlare: e adesso che faccio? Mi guardai attorno e trovai un ramo semi spezzato attaccato ancora alla pianta rampicante, lo separai da essa e lo lancia verso un albero lontano. Come previsto, il fruscio delle foglie attirò l’attenzione dei due uomini che subito corsero per vedere cosa stesse accadendo, così ebbi la via libera e tornai in paese.


Ed eccoci al terzo giorno: oggi tocca a mio cugino. Come ogni mattina, la mia nutrice mi aiutò a prepararmi e feci colazione. Avvicinatami alla rampa di scale che conducono alla porta principale, vidi ai suoi piedi Tebaldo, che era appoggiato di spalle a una colonna e giocherellava con il suo pugnale…scesi lentamente i gradini, sollevando le mie vesti per non farmi sentire e quando fui alle sue spalle, tossì fintamente. Sobbalzò di poco e si voltò di scatto per vedere chi aveva osato giocargli questo brutto scherzo, ma quando mi vide, i lineamenti del viso gli si rilassarono e aprì di poco la bocca per poi inchinarsi e dire, con tono persuasivo:
“Buongiorno cugina…”
“A te, Tebaldo” risposi imitando l’inchino.
“Oggi tocca a me avere l’onore della tua compagnia…quindi…” disse girandomi intorno e avvicinando le mani sui miei fianchi...
“…Ho pensato di portarti in un posto speciale” concluse poggiando le sue dita alla mia vita.
“Seguimi cugina” mi invitò mentre lievemente mi spinse in avanti. Camminammo fino alle scuderie, dove il suo cavallo ci attendeva già preparato per essere cavalcato, mi aiutò a salire e poi si sistemò alle mie spalle, prese le redini circondandomi con le sue braccia e spronò il cavallo.
“Dimmi, dove ti hanno portato quei due?”
“Non ti riguarda, nessuno dei due sa nulla dell’altro e nemmeno tu sarai informato…”
“Attenta a come mi rispondi, piccola!” mi disse seriamente. All’udire l’ultima parola, percepì che le mie guance si stavano arrossando e di certo, non era colpa dell’aria che picchiava su di esse. Mentre eravamo ancora sul sentiero che porta al paese, Tebaldo rallentò la corsa e guidò il cavallo verso il bosco che stava alla destra del sentiero e ci addentrammo per qualche miglio. Arrivati più o meno al centro di esso si fermò e mi aiutò a scendere, legò il cavallo ad un albero e disse:
“Da qui si prosegue a piedi” e mi tese la mano. La afferrai e quasi mi trascinò verso la meta. Mi condusse davanti ad una cascata che terminava con un laghetto, io curiosa chiesi se eravamo arrivati e subito si poggiò un dito sulle labbra indicandomi di fare silenzio, si allontanò verso la cascata e avvicinatosi ad una roccia al suo fianco, la fece rotolare, scoprendo così un passaggio segreto. Rimasi sbalordita dalla scoperta e sul suo volto si fece spazio un sorrisino beffardo. Mi fece cenno di seguirlo, camminammo in avanti e la strada era bloccata da una tenda fatta di edera.
“Giulietta, chiudi gli occhi” disse Tebaldo. Gli ubbidì e un fascio di luce mi investì, poi la sua mano prese la mia e mi disse di camminare:
“Apri” e così feci: davanti a me vidi un meraviglioso giardino nascosto, c’era una panchina, un pozzo contornato da rami di lavanda e tantissimi fiori su tutto il prato! Rimasi incantata da quel posto così magico e iniziai a girarmi intorno per osservarlo meglio. Poi alzai gli occhi su Tebaldo: mai in vita mia lo avevo visto sorridere!
“Tutto bene?” chiesi confusa.
“Dovrei chiederlo io” disse. “Comunque si, a te piace?”
“E’ stupendo!!! Ma come l’hai trovato?”
“Non si può dire, è da tanto che conosco questo posto…ci venivo sempre quando…lascia stare!” disse rattristandosi. Lo raggiunsi e a due passi da lui mi fermai:
“Tebaldo, ieri ti ho chiesto che avrei voluto conoscere il vero te, quindi adesso parli e non mi nascondi più nulla!” lo ripresi io. Mi fissò per qualche istante e poi si andò a sedere sulla panchina, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e iniziò a dire…

“Io non sono cattivo davvero…” iniziai a dire a Giulietta. Lei sentendomi parlare, si avvicinò e si sedette al mio fianco.
“Dicevo…io non voglio essere cattivo, lo faccio perché mi voglio proteggere dalle delusioni della vita, anche perché ne ho avute già troppe…se mi dimostro indifferente ai sentimenti e nascondo le emozioni almeno non soffrirò in seguito” spiegai. Giulietta mi guardava con i suoi occhioni ricchi di curiosità, cercava di decifrare ogni mia parola…ma a volte, penso che la cosa migliore sia restare nell’oscurità della ragione; meglio non saperle certe cose…
“Da quando ho perso i miei genitori, sono cresciuto da solo: nessuno mi degnava di uno sguardo, una carezza, una parola di conforto. Niente. Da allora decisi che io sarei diventato indifferente verso gli altri, che me ne sarei fregato della vita e di tutti…e così sono diventato quello che conosci.” Finì di parlare e Giulietta non aveva ancora battuto ciglio.
“Vorresti cambiare?” chiese di colpo.
“Io non lo so…ho paura. Paura che potrei riprovare il dolore di un tempo…Giulietta non voglio soffrire!” urlai alzandomi dalla panchina e mi diressi verso il pozzo, dove presi una secchiata d’acqua e mi sciacquai il viso. La mano di mia cugina si posò tremante sulla mia spalla: il suo tocco mi fece rabbrividire. Molte mani di donna avevano accarezzato la mia pelle ma ogni volta immaginavo che fossero quelle di Giulietta e adesso che era davvero la sua mano, una sensazione strana invase il mio corpo. Mi voltai lentamente e incontrai i suoi dolci occhi da bambina:
“Ti aiuterò Tebaldo…solo se tu lo vorrai!” e per la prima volta, mise da parte il timore e mi avvolse tra le sue braccia. Ricambiai l’abbraccio cercando di infonderle più dolcezza possibile e in lontananza udimmo uno sparo di cannone…
 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La tabella dei punti di vista:
-NERO: Giulietta
-AZZURRO: Romeo
-BLU: Mercuzio


Rientrata nelle mie stanze, andai verso il letto per riposarmi un po’ e pensare al mio futuro che avrebbe preso forma di li a poco. Avvicinatami al baldacchino, notai una scatolina sul cuscino e c’era anche un biglietto:
“Al fiore più bello del giardino chiamato mondo. Con affetto, tuo Mercuzio”. Aprì la scatola e vi trovai una collana con un rubino rosso al centro, meravigliosa…subito mi spostai davanti allo specchio e la indossai: mi stava davvero bene. Avrei ringraziato Messer Mercuzio al nostro prossimo incontro…
I tre giorni erano passati velocemente, e io non sapevo cosa avrebbe deciso mio padre, se si sarebbe basato sulle mie parole o avrebbe seguito la sua testa, ma cosa più importante, ero io che non sapevo chi scegliere…e intanto il tempo era scaduto. Assorta nei miei pensieri non mi accorsi della presenza della nutrice nella stanza:
“Giulietta, vostro padre mi manda da voi perché vi vuole vedere nelle sue stanze.”
“Scendo subito, balia…” e sollevate le vesti, mi diressi al piano di sotto; dove mio padre era alla finestra ad ammirare il giardino.
“Padre mi avete chiamata?”
“Bambina mia, è giunto il momento di scegliere. Dimmi, racconta come hai trascorso le tue giornate con i tre giovani pretendenti.”
“Va bene: con Messer Mercuzio ho passato una giornata bellissima, abbiamo riso e scherzato, mi trovo molto a mio agio con lui…con il Conte Paride non ci voglio avere niente a che fare, è solo un presuntuoso!”
“Giulietta!” mi rimproverò scandendo ogni sillaba del mio nome.
“Chiedo scusa…dicevo, invece con Tebaldo mi sono trovata bene, nonostante un po’ di timore che mi incute, ma alla fine sono riuscita a superare la mia paura!”
“Quindi deduco che fra i tre, il Conte Paride può tornare da dove è venuto mia cara…”
“Assolutamente si padre!”
“Bene puoi andare…domani all’ora nona ti voglio qui di nuovo”
“E sia padre.”
Tornata in camera mia, la nutrice mi consegnò una lettera, datagli da Frate Lorenzo…
“Mia amata, sono giorni che non faccio altro che pensare a voi. I vostri occhi hanno rapito il mio cuore e le vostre labbra la mia anima: appartengo a voi, Giulietta! Vi prego di considerare anche me, di darmi la possibilità di amarvi. So che anche voi siete attratta da me, non negatelo…se deciderete di farmi questa grazia, Madonna Giulietta, recatevi la mattina di venerdi in chiesa con la scusa di confessarvi e li ci incontreremo. Vi aspetto con ansia, vostro Romeo Montecchi.”
Rimasi impietrita da quelle parole…è vero, a me interessa anche Romeo ma il suo nome è nemico al mio…ma ugualmente l’avrei incontrato mattina di venerdi.


Stavo andando da Frate Lorenzo per avere notizie della lettera, quando sulla strada incontrai Mercuzio, che decise di farmi compagnia:
“Gentile Romeo, dove stiamo andando?”
“Stiamo andando da Frate Lorenzo, ho urgente bisogno di parlare con lui”
“Cos’è? Ti vai a confessare perché hai peccato di lussuria? Ahahahahahah” disse con quella sua voce maliziosa mentre mi accarezzava le spalle e scendeva sul mio petto.
“Ahhh piantala! No Mercuzio, il mio unico peccato è l’avarizia, poiché desidero avere una donna tutta per me, senza che altri le ronzino intorno!” dissi spingendolo di poco sulla spalla.
“Parli della figlia di Capuleti eh?”
“Proprio lei: è così bella e radiosa, ha due occhi che sembrano fuoco e due labbra…”
“Labbra rosee…il viso scolpito dagli angeli e la chioma come seta…” mormorò lui fermandosi e guardando fisso davanti a sé.
“Così ha fatto centro anche nel cuore del folle Mercuzio!”
“Si a quanto pare…domani mattina la vedrò di nuovo al suo palazzo, verrà deciso cosa fare per averla…”
“Lei non sarà né tua, né di Paride, né tantomeno di Tebaldo…”
“Parlavate di me, Messeri?” chiese il giovane Capuleti alle loro spalle, che era scortato dai suoi amici.
“Tebaldo…si da il caso che io stia facendo ritorno a casa…” risposi pacato.
“Guardate amici, il vile Romeo ha paura e corre a casa per nascondersi sotto le vesti della mamma…mmmmhhh che donna Lady Montecchi!” e scoppiarono a ridere alludendo alle grazie di mia madre. Iniziai a innervosirmi ma Mercuzio intervenne per calmare le acque.
“Signori, suvvia…non roviniamo questa splendida giornata con le nostre sporche parole…forza Romeo andiamo via e voi, messeri, fate ritorno alle vostre dimore, e vedete di tenervi occupati con qualche topo da acchiappare…” e si voltò trascinandomi via.
“Mercuzio taci…non mi sembra che tu sia nella giusta posizione per proferire parola contro di me, ti ricordo che sono il nipote del Capuleti e non vorresti mai che tu possa avere negata la visione di mia cugina, non è così?”
“Ma che bravo Tebaldo, sei uno sveglio acchiappa-topi! Ma non sta a te decidere la sorte di Giulietta”
“Ci sono coinvolto quanto te…”
“A domani Tebaldo, messeri…” fece un inchino e lasciammo definitivamente quel posto per raggiungere, poi, la chiesetta.
“Frate Lorenzo sono io!” dissi entrando e segnandomi con il segno della croce. Da dietro la porta che collegava la chiesa con il chiostro del monastero, comparve l’anziano frate che si affrettò a venirmi incontro.
“Avete adempiuto al vostro compito?”
“Certo figliolo, sta tranquillo…e voi messere siete..?”
“Mercuzio Della Scala, nipote del Principe vostro signore!” disse inchinandosi.
“Oh benedetto figlio, il mio Signore è posto più in alto di tuo zio, ma con ciò non voglio dire che non rispetto la legge terrena, rappresentata dallo Scaligero…sei il benvenuto nella mia dimora, per qualsiasi cosa ti potrai confidare anche tu con me.”
“Vi ringrazio, frate…”
“Allora ci vediamo domani mattina…se dovesse essere qui prima di me, rassicuratela sul fatto che arriverò di sicuro!” aggiunsi, e vidi Mercuzio ruotare gli occhi al cielo…


Il giorno della scelta era giunto e mi trovavo già nelle stanze del Conte Capuleti, con me c’era anche l’acchiappa-topi. Dopo poco tempo, arrivò il Conte accompagnato dal mio fiore preferito: sua figlia.
“Non aspettiamo Paride, zio?”
“Paride non si è dimostrato il gentiluomo che sembrava essere… Tebaldo, Mercuzio, siete rimasti voi due…e ho deciso che per scegliervi dovrete affrontare delle prove di vario genere: coraggio, bravura e via dicendo. Si inizierà dopodomani, così avrò il tempo per decidere le sfide…” disse tutto d’un fiato il Conte, io e Tebaldo ci guardammo per un attimo e annuimmo al Conte.
“Padre aspettate…” disse Giulietta.
“Figlia mia cosa ti turba?”
“Alla gara si dovrà aggiungere un altro giovane, è un nobile anche lui, se posso sarò io stessa a riferirgli il giorno delle sfide…” suo padre la guardò adirato e tuonò:
“Dove hai conosciuto questo giovane?”
“In piazza l’altro ieri…vi prego padre, vi supplico!” disse lei inginocchiandosi ai suoi piedi. Chi poteva essere? No, lui no…
“E sia! Ora va a dirglielo! Arrivederci messer Mercuzio, Tebaldo…” e scomparirono alla nostra vista.


Il giorno seguente

Corsi più in fretta che potevo verso la chiesa di Padre Lorenzo, una volta alle sue porte, mi ci appoggiai per riprendere fiato e vi entrai.
“Buongiorno Padre!” salutai così il frate che stava spegnendo le candele dell’altare.
“Giulietta cara, Romeo arriverà a momenti…anzi! Eccolo qui il nostro giovanotto, vi lascio soli…” e scomparve nella sacrestia. Mantenendomi calma, mi voltai verso la navata che precedentemente avevo percorso e lo vidi mentre ripercorreva i miei passi, sorridente e sicuro di sé in quella divisa color Montecchi. Abbassai lo sguardo su me stessa e un mantello color Capuleti mi occupò la vista: io e lui eravamo opposti in tutto.
“Giulietta…” sospirò ai piedi dei tre gradini che ci dividevano.
“Romeo, ho una bella notizia per te: sotto falso nome gareggerai contro mio cugino Tebaldo e Messer Mercuzio per avere la mia mano…” dissi scendendo i gradini e arrivando a un passo da lui.
“E che nome dovrò usare?” chiese preoccupato.
“Sarai il Conte Antonio Ferrari, della contea di Rovigo…procurati abiti di un colore diverso ovviamente…” dissi inventandomi tutto.
“Va bene mia dolce Giulietta…perché mi dai questa opportunità?” chiese stupito.
“Perché…” dissi girandogli intorno “…mi incuriosisci Montecchi!” e gli stampai un bacio sulla guancia per poi correre via, e nel farlo gli urlai “ domani alle 9 al mio palazzo!”

“Giulietta fermati!” e iniziai a correre ma giunto fuori non la vidi più. Ero felicissimo, mi aveva dato una possibilità…e ora volevo assolutamente godermi la faccia di Mercuzio mentre avrebbe appreso la notizia!

Ragazze, eccomi dinuovo qui! vi posto l'immagine della favolosa, a parer mio, collana regalata a Giulietta. Fatemi sapere cosa ne pensate e mi raccomando fate conoscere la mia storia a presto!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


La tabella dei punti di vista:
-NERO: Giulietta
-BLU: Mercuzio
-AZZURRO: Romeo
-ARANCIONE: Tebaldo
-ROSSO: Conte Capuleti


“Miei cari ragazzi, voglio ricordarvi che se siete qui è per un motivo di altissima importanza, perciò non costringetemi a rimandarvi tutti da dove siete venuti…quanto a voi Conte Antonio: io non so da dove siete spuntato, ma mi auguro solo che l’intuizione di mia figlia verso di voi, sia ripagata con altrettanta attenzione nei suoi confronti, qualora sarete voi il vincitore…”
“Non vi deluderò, Conte!” rispose Romeo, da sotto il cappuccio che gli nascondeva mezzo viso.
“La prima prova si svolgerà in cortile, dove ho fatto sistemare tre bersagli, a distanze diverse…spero solo che voi siate bravi con arco e frecce. Seguitemi!” ordinò mio padre.
Mentre scendevamo le scale per raggiungere il cortile, mi avvicinai a Mercuzio:
“Messere, volevo ringraziarvi per il dono stupendo che mi avete fatto…”
“Nulla è così stupendo da eguagliarvi, Giulietta…” e mi fece l’occhiolino per sistemarsi poi alla sua postazione, ovvero dietro una fune sistemata a terra: i tre ragazzi, posti dietro di essa, dovevano centrare i tre bersagli per superare la prova.
“Il primo sarà Tebaldo” disse mio padre prendendo posto accanto a sua moglie, io mi sedetti un po’ più in la e iniziai a fissare le mosse dei ragazzi; attorno a noi a riempire il cortile c’erano i nostri servi e altre persone. Tebaldo si fece passare il suo arco di legno dipinto in rosso con tre frecce dalla coda del medesimo colore, mi rivolse uno sguardo sicuro e iniziò a tendere l’arco per poi scoccare la prima freccia, che non mancò il bersaglio, così come quello seguente…solo l’ultimo venne colpito ma non al centro. Poi fu la volta di Mercuzio, che centrò i bersagli senza sforzarsi più di tanto. La loro prova era finita e solo Mercuzio era certo di averla superata, ma sarebbe spettato a mio padre giudicare chi aveva superato la prova e chi no. Romeo, mentre l’amico ignaro tornava a sedersi, si stava preparando le frecce; scoccò la prima che finì dritta tra quella di Tebaldo e Mercuzio, poste l’una accanto all’altra, e un gemito di stupore si sollevò dai servi che assistevano alla scena. La seconda freccia seguì l’esempio della prima e ricevette lo stesso gemito, io mi voltai per guardare mio padre e lo vidi corrugare la fronte e sporgersi dalla balconata per vedere meglio. Arrivato al terzo bersaglio, Romeo mi guardò sorridendo, si girò verso l’obiettivo e con una precisione incredibile riuscì a trapassare la freccia di Mercuzio, aprendola in due metà! Un applauso generale si fece spazio tra lo stupore comune e il Montecchi si avvicinò a noi inchinandosi.
“Bene, sembra chiaro che Tebaldo sia sotto di un punto, mentre Mercuzio e Antonio sono pari…adesso riposatevi un po’…”. Scesi dalla mia postazione e andai incontro a Romeo:
“Ma come hai fatto? È stato incredibile!”
“Vedete quanto riesco a fare per voi? È l’amore che mi permette di sorprendervi…” disse baciandomi la mano.
“Conte! Non vorrete sciupare la nostra Giulietta!” intervenne Tebaldo fermandosi al mio fianco.
“Cugina cara, in chi hai riposto la tua speranza?”  chiese ancora mentre si avvicinava anche Mercuzio.
“Non so ancora, è presto per sperare!” e li lasciai soli per tornare al mio posto.

“Conte Antonio, permette due parole?” chiesi allo straniero.
“Messere dica pure…”
“Come ha fatto a trovare Giulietta, io credo moltissimo al caso e tutto il resto, ma la ragazza in questione non si lascia ammaliare con niente…”
“Mio caro Mercuzio, credevi davvero che non avrei lottato per avere Giulietta?” chiese abbassando di poco il cappuccio e lasciando scoperti i suoi occhi…la terra mi mancò da sotto i piedi e qualcosa di simile alla paura e alla gelosia messi insieme si impossessò di me.
“Tu…” sibilai a denti stretti.
“Che vinca il migliore, fratello…” e mi lasciò una pacca sulle spalle.


Come immaginavo, Mercuzio non era felice di vedermi, ma non potevo farci nulla…il Conte era rimasto molto compiaciuto della mia bravura con l’arco e questo lo devo solo a Benvolio, che sin da piccolo mi ha obbligato a imparare come gestire ogni genere di arma, è davvero un peccato che lui non possa essere qui per vedere quanto sono diventato bravo.
“Messeri, diamo inizio alla seconda prova…” disse il Conte mentre i servi sistemavano vari attrezzi per tutto il cortile.
“Uno scontro corpo a corpo?!” chiese Tebaldo felice come un bambino. “Adoro l’idea…” rispose Mercuzio sarcastico.
“Bè non vedo l’ora di rovinarti quel bel visino che hai…” lo provocò Tebaldo con una risata sguaiata, una volta saputo che i primi a lottare sarebbero stati loro due.
“Oh su, lo sai che sei nei guai vero?” Mercuzio stava tirando fuori il suo lato folle… “Ridi, ridi che poi non riderai…ti farò assaggiare…mhh vediamo, la mia spada!” disse decidendo con che arma lottare.


“Mercuzio…guardati dai…e tu saresti un uomo?!” lo schernì indicandolo.
“Lo sembri per metà devo dire…ora vedi come ti farò strisciare a terra! Forza fatti sotto!” dissi sferrando un colpo con la mia spada. E andammo avanti così per molto tempo, i colpi erano tutti parati ma quello sbruffone non avrebbe resistito per molto, lo scaraventavo a destra e a manca…ma una voce si levò dalle tribune:
“Padre mio, ma che sfida è mai questa? Rischiare le loro vite per me…no, no! Fermate tutto padre, pietà!!!” urlò Giulietta. Suo padre non rispose e continuò a guardare la lotta tra me e il biondo.
“Quale pietà Giulietta?” rispose invece Mercuzio da sotto il mio ferro.
“Lui deve morire adesso, l’offesa è stata pesante!” concluse scaraventandomi a terra…mi sono fatto distrarre dalla melodiosa voce della mia amata e questo è il risultato!
“No per pietà padre, vi supplico in ginocchio fermate questa lotta!” continuò lei, ma non ricevette risposta…dopo solo pochi istanti udimmo il grido di mio zio:
“Fermi!” tuonò poco prima che la mia spada attraversasse la spalla di Mercuzio…ci è mancato poco! Ma cosa…no…occhi miei non ingannatemi…


La lotta non l’aveva fermata il Conte di sua volontà, era stata Giulietta: aveva scavalcato la tribuna e si era messa in mezzo ai due lottatori e la punta della spada di Tebaldo le sfiorava la gola…un secondo in più e l’avrebbe trapassata! Appena si accorse della ragazza, Tebaldo scaraventò l’arma il più lontano possibile e si accasciò a terra con lo sguardo pieno di terrore; ma dietro di lei, il mio amico Mercuzio era ancora più terrorizzato del rivale: la sua spada aveva attraversato il fianco di Giulietta senza resistenza e le sue candide vesti adesso si stavano macchiando di rosso. Da parte sua Giulietta, aveva la pelle ancora più bianca del solito, le labbra schiuse che iniziavano a diventare violacee e lo sguardo fisso sul cugino, un attimo dopo era a terra. Un attimo dopo tutti noi eravamo intorno a lei…
“La mia bimba!” ebbi la forza di urlare solo questo mentre accorrevo a salvarla dalla lama.
“Chiamate Frate Lorenzo, presto!” dissi prendendola in braccio e correndo verso le sue stanze. Una volta sistemata sul suo letto, la nutrice cacciò tutti dalla stanza affinché potesse toglierle i vestiti di dosso…e Frate Lorenzo non tardò ad arrivare con tutto il suo carico di erbe mediche e bende!
“Fate qualcosa Padre, vi prego!” disse mia moglie.
“Pregate il Padre nostro che sta nei cieli piuttosto…adesso lasciatemi solo con lei…” e ci chiuse fuori. Come poteva essere accaduto? Perché non le ho dato ascolto…è tutta colpa mia…


“Cosa le hai fatto, verme schifoso?!” dissi prendendo per il colletto della camicia Mercuzio e sbattendolo al muro.
“Non era mia intenzione acchiappa-topi, e leva le tue manacce di dosso!” mi rispose spingendomi.
“Finitela voi due, non è colpa di nessuno, non si poteva prevedere!” esordì il Conte Antonio.
“Ah fa silenzio tu!” lo spinsi.
“Basta voi tre o vi sbatto fuori!” ci riprese mio zio…aveva ragione, il nostro unico pensiero doveva essere Giulietta adesso, chissà come stava la mia amata…


“Fratello vieni con me…” mi disse Romeo da sotto il suo cappuccio, e lo seguì fuori nel cortile. Togliendosi il cappuccio dalla testa iniziò a dire:
“Non avere dei sensi di colpa, non potevate prevederlo, nessuno dei due…adesso ci resta solo da pregare, prega Dio che Giulietta sia forte e che si rimetta presto…”
“Non ho bisogno di pregare, lei è forte, lei ce la farà…” dissi lasciandolo solo e mi recai fuori dal palazzo.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


La tabella dei punti di vista:
-VIOLA: Lady Capuleti
-ROSSO: Conte Capuleti
-BLU: Mercuzio
-AZZURRO: Romeo
-ARANCIONE: Tebaldo
Nella piccola stanza di Giulietta eravamo rimaste solo io e la nutrice, Frate Lorenzo se ne era andato già da un pezzo: aveva medicato la ferita abbastanza profonda con erbe e unguenti e l’aveva fasciata strettamente per evitare ulteriori perdite di sangue. La mia bambina adesso riposava beata, non ha sentito alcun dolore per via della perdita dei sensi…almeno non ha sofferto. Se solo suo padre le avesse dato retta! Maledetti uomini…se potessi vi ucciderei tutti. Mi alzai dal piccolo divanetto e avvicinandomi alla porta, passai di fronte al grande crocefisso di legno appeso al muro. Mi voltai per guardare l’uomo appeso alla croce e riposi tutte le mie speranze in Lui…

Appena vidi mia moglie uscire dalla stanza di nostra figlia, gli corsi incontro:
“Come sta?” chiesi con finta indifferenza.
“Sta bene, sta riposando…la ferita ha bisogno di molto tempo per guarire, ma se la caverà: nostra figlia è forte lo sai…”
“Adesso taci! Sai solo ciarlare…mi bastava sapere che stava bene!” dissi esasperato dalla lingua lunga di mia moglie. Lei di tutta risposta, divenne rossa in viso e sollevandosi le vesti, andò via ad una certa velocità.
“Donne! Tutte uguali: sanno solo parlare!” si lamentò Tebaldo.
“Moderati, ragazzo mio! Se non fosse stato per una donna tu non saresti qui!” lo corressi. Mi guardò per un attimo con quegli occhi colore del cielo, poi avvicinandosi con fare impacciato chiese sottovoce:
“Come sta?”. Mai avevo visto mio nipote così in pensiero per qualcuno…
“Sta bene, ha bisogno di riposare…”. Annuì e si andò ad appoggiare ad una colonna e preso il suo pugnale, cominciò a giocherellarci come suo solito. Dall’ altra parte della sala, qualcun altro giocava invece con i lacci della camicia…


Giulietta…chissà cosa le aveva fatto il Frate…non volevo chiederlo al Conte, mi sembrava poco rispettoso…ma che vado a pensare? Io che mi preoccupo di essere rispettoso? Ma che mi salta in testa? Il vero Mercuzio Della Scala non si preoccuperebbe di ciò! Ora glielo chiedo…
“Conte!” esordì nel silenzio più assoluto.
“Mercuzio dimmi”
“Come sta vostra figlia?” chiesi appoggiando un braccio al muro.
“Bene, ha bisogno solo di riposo…”
“Perfetto…io andrei al mio palazzo, qui non c’è altro da fare dunque…”
“Domani mattina fatevi trovare alla solita ora al solito posto Messere”
“Ci sarò Conte” e girai i tacchi per andarmene. O almeno volevo far credere questo…attesi infatti, che dalla stanza uscisse la nutrice di Giulietta: volevo chiederle di fammi entrare nelle sue stanze per vederla…ma quella cicciona non si faceva vedere!


Quando Frate Lorenzo uscì con un espressione compiaciuta, tirai un sospiro di sollievo: Giulietta stava bene. Mi offrì di accompagnarlo alla sua chiesa, così mi sarei anche potuto togliere questo dannato cappuccio che mi stava opprimendo…
“Padre salite pure a cavallo, vi ci porto io in chiesa…”
“Grazie figliolo…” e salì in sella.
Durante il tragitto nessuno dei due proferì parola, solo quando arrivammo davanti il portone della chiesa, scesi anch’io da cavallo e seguì il Frate dentro.
“Io non ce la faccio più Padre!” sbottai scaraventando il mantello sui banchi…
“Ma Romeo sei solo all’inizio. Hai già rinunciato a Giulietta?”
“No, non intendevo questo…non posso nascondere la mia identità a tutti. E se il Conte mi dovesse scegliere che farò? Non posso presentarmi dicendo: Conte vi ho ingannato, sono Romeo Montecchi il figlio del vostro più grande nemico! …Giulietta non la vedrò più finchè avrò respiro così facendo!” e mi accasciai sul banco alla mia destra. Frate Lorenzo venne da me e sedutosi vicino disse:
“Anche Nostro Signore ha nascosto la sua identità per compiere la sua missione…”
“E guardate che fine ha fatto!” dissi indicando il crocefisso che mi era dinanzi.
“Bè…un momento! Vieni con me figliolo!” e prendendomi per il braccio mi trascinò verso la sua cella e mi fece sedere su uno sgabello.
“Cosa vi prende Padre?” chiesi confuso mentre lo vedevo rovistare in uno scaffale.
“Ecco la soluzione!” disse brandendo una forbice.
“Che volete farci con quella?”
“Figliolo, hai mai pensato di cambiare taglio di capelli?”


Ci volle tutta la serata affinché lasciassero incustodita la camera di Giulietta: suo padre se ne era andato prima ma la nutrice non aveva sporto il suo naso fuori dall’uscio neanche per un istante! Maledetta…il mio fidato amico non ne poteva più di andare avanti e dietro dalla sua camera così dopo cena decisi di presentarmi personalmente e se ci fosse stata le nutrice l’avrei zittita come la volta precedente…
Arrivato davanti la porta, afferrai la maniglia e lentamente l’abbassai…entrato in camera sua, tutto taceva. Affacciai nella stanza dove riposava e la trovai da sola: la nutrice non c’era più! Tirato un sospiro, ripresi a guardare la mia Giulietta. Lentamente mi avvicinai al suo letto e mi ci sedetti, le presi una mano e la portai alle mie labbra.
“Ci hai fatto prendere un bello spavento sai? Perché ti sei cacciata tra noi? Ora non ha importanza, l’importante è che tu adesso ti rimetta in piedi…perché…perché…io non ce la faccio a vivere senza vederti in giro, senza sentire la tua risata spensierata tra i corridoi del palazzo o in giardino, senza incrociarti a pranzo e a cena, mi manca anche il tuo abbassare lo sguardo quando incroci il mio, imbarazzata e rossa in viso, o forse anche intimorita. Ti chiedo scusa se in questi anni ti ho impaurita…ma adesso sto cercando di cambiare per te, solo per te! Risvegliati, dolce amore mio…” e inconsapevolmente una lacrima mi scese dall’occhio ricalcando la mia cicatrice. Vedendola così tranquilla, mi avvicinai per guardarla meglio, istintivamente alzai una mano e le accarezzai la guancia fredda, poi mi avvicinai e le lasciai un bacio sulla fronte.
“Riposati…a presto…”. Stavo per uscire ma udì la porta della stanza aprirsi e corsi immediatamente a nascondermi dietro le tende…


Era già notte e il mio stomaco reclamava cibo! Ma adesso avevo una cosa più importante da fare: vedere Giulietta. La sua nutrice finalmente si degnò di passare per il cortile e la fermai subito:
“Che Dio vi dia la buonasera, bella gentildonna!” salutai sbarrandole la strada.
“Oh benedetto ragazzo! Mi avete fatto prendere un colpo…che diavolo volete?” urlò.
“Abbassate la voce!” dissi tappandole la bocca con una mano e portandola sotto il porticato.
“Voglio vedere la vostra padroncina!”
“No, no, no, no…non se ne parla nemmeno! Lei adesso deve riposare…”
“Solo per pochi istanti, vi supplico…voglio vedere come sta!”
“Sta bene, grazie per l’interessamento…” e fece per andarsene ma la fermai.
“Vi sarò debitore, chiedete quello che volete e vi sarà dato…ma ve ne prego…” dissi gettandomi ai suoi piedi. Parve intenerirsi da quelle parole e sollevandomi per le spalle mi prese sotto braccio e mi condusse alla stanza di Giulietta.
“Vi aspetterò qui, non si sa mai…non dilungatevi!”
“Grazie” dissi abbracciandola per poi entrare nelle stanze. Arrivato davanti al letto, la vidi: i lunghi capelli le incorniciavano il viso e la pelle era bianca come la luna…un angelo sceso in terra a salvare questo povero diavolo!
“Giulietta, sono qui…non ti lascio sola…” dissi portandomi la sua mano al petto e baciandole la guancia. Mi inginocchiai vicino a lei e cominciai ad accarezzarle il viso…la vidi muovere le labbra, poi lentamente aprì gli occhi. Si voltò verso di me e debolmente chiamò il mio nome.
“Giulietta eccomi!” e mi sorrise.
“Vado a chiamare la tua nutrice eh!” e con due passi ero già davanti la porta che chiamavo la donna.
“Figlia mia sei sveglia! Senti dolore?”
“Si nutrice, un terribile bruciore al fianco…cosa mi avete fatto?” chiese con un filo di voce e alzando le coperte.
“Frate Lorenzo ti ha medicato e quindi ora devi stare ferma a letto finchè la ferita non si chiuderà…”
“Oh ma io mi annoio a stare qui…non potrò vedere nessuno!” borbottò.
“Ma verremo noi a trovarti! Con o senza il permesso di tuo padre…” dissi rallegrandola.
“Grazie Mercuzio…va a casa adesso, scommetto che è da stamattina che sei qui”
“Vero…adesso vado…ah! Un ultima cosa…” dissi avvicinandomi a lei e lasciandole un bacio sulla guancia
“Dormi bene piccolo angelo” e lasciai la stanza sotto lo sguardo torvo della nutrice e quello divertito di Giulietta.


Maledetto di un Della Scala! Sempre lui in mezzo ai piedi. Però pure tu, mia Giulietta, svegliarti un po’ prima no? Avresti trovato me al posto suo…non ho fortuna…adesso la nutrice non se ne andrà più da qui! L’unica soluzione è scendere dal balcone…

“Ecco fatto Romeo…o forse dovrei dire Conte Antonio…” disse il Frate porgendomi uno specchio. Quello che vidi riflesso non ero più io: i miei ricci erano stati tagliati lasciando spazio a una pettinatura molto corta.
“Padre non credo che basti solo cambiare taglio per ingannare il Conte…” dissi posando lo specchio sul piccolo tavolino li a fianco.
“Infatti…” rispose mentre era chinato su un baule.
“Indosserai questi!” e mi porse due o tre abiti nuovi di zecca, di colori diversi da quelli del mio casato.
“Grazie Padre, non so come ringraziarvi!” e mollati i vestiti sulla sedia, lo abbracciai per le gambe…ma il mio sorriso svanì quando mi venne in mente un altro pensiero.
“Frate Lorenzo?” chiesi alzandomi a testa bassa.
“Cosa c’è adesso?” chiese a sua volta con la sua aria calma.
“Che succederà se verrò scelto? Non posso maritarmi senza la mia famiglia e con un falso nome? Capuleti non mi accetterà…”
“Se il vostro sarà vero amore, sono certo che anche il cuore del Conte lo saprà riconoscere…e forse quest’odio finirà!” concluse alzando gli occhi al cielo.
“Grazie ancora Padre, adesso torno a casa…si è fatto tardi! A presto!” e spronando il mio cavallo, lasciai la chiesa per tornare al mio palazzo, dove ad attendermi trovai mio cugino Benvolio, che alla vista del mio nuovo taglio, mi guardò stranito mentre io iniziai a ridere:
“Romeo…che accidenti hai fatto a…” riuscì a dire indicandomi la testa.
“Cugino, non è forse vero che l’amore ci fa fare pazzie?” lo congedai così e andai a cenare.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Giulietta

“Svegliati dormigliona!” fu così che la mia nutrice mi diede il buongiorno.
“Fammi riposare ancora un po’, balia…” mugugnai io portando un braccio sugli occhi, per evitare che la luce che entrava dalla finestra appena aperta, mi svegliasse del tutto.
“Vorrei tanto bambina mia, ma vedi…è arrivato Frate Lorenzo per medicarti la ferita” rispose prendendo la spazzola da sopra la toletta.
“Va bene allora mi sveglio…” e mi sollevai di poco mentre la mia nutrice aveva iniziato a pettinarmi.
“Cosa c’è per colazione?” chiesi affamata.

Conte Capuleti

“E’ assurdo!” protestai.
“Ma zio, non puoi sospendere tutto solo perché Giulietta non può essere presente!” si lamentò ancora.
“Chi non può essere presente!?” disse mia figlia, che comparve sulla porta aiutata dalla nutrice. Subito vidi i tre giovani dinanzi a me scattare all’in piedi, incredibile…
“Giulietta ma non dovresti essere a letto?” chiesi sconcertato dalla sua presenza.
“Mio buon Conte” intervenne Frate Lorenzo che nel frattempo era comparso dietro le due donne “Vostra figlia è molto giovane e quindi la ferita non ha impiegato molto tempo a rimarginarsi in parte…le ho consigliato io di camminare per un po’ in questi giorni…stando sempre attenta, vero Giulietta?”
“Certo Padre, vi ringrazio ancora per il vostro prezioso aiuto…” rispose lei e il Frate se ne andò via dopo essersi congedato. Mia figlia, sorretta dalla nutrice, si andò ad accomodare sul divanetto dove prima erano seduti i due giovani estranei e fece cenno di continuare i nostri discorsi.
“Adesso che Giulietta è presente, possiamo continuare a decidere il da farsi…” ripresi il mio discorso.
“Messeri, sta giungendo l’estate e io voglio che mia figlia si maritata entro la fine di questa. Perciò, ho deciso che sarò  io a scegliere chi farà al caso suo. Avrò tempo entrò la fine della stagione…e adesso potete andare. Vi giungeranno mie notizie al riguardo” e così dicendo attesi che i tre giovani salutassero mia figlia e che lasciassero il palazzo. Quando io e mia figlia ci ritrovammo soli nella stanza, mi preparai a sentirla lamentare…

Giulietta

Cosa avevano appena udito le mie orecchie? Mio padre si era preso la libertà di scegliere mio marito senza prima chiedere il mio parere…oh ma adesso mi sente!
“Padre! Ma perché avete preso una tale decisione?”
“Figlia mia, sai bene che spetta a me decidere…” rispose calmo, e più lui era calmo più io mi infuriavo.
“Sarò io ad essere maritata quindi è giusto che anche io prenda parte alla scelta!”
“Giulietta, non tentare di cambiare verso alle questioni della vita…” disse dandomi le spalle.
“Padre…voi…voi non potete obbligarmi a sposare un uomo che non amo!!!” urlai con quanto fiato avevo in corpo.
“Giulia Isabella Lavinia Capuleti! Non osare mai più contraddire tuo padre. E da adesso in poi non mi rivolgerai più la parola senza prima avere il mio permesso!” replicò mio padre voltandosi di scatto e venendomi incontro con la mano alzata, come se quasi volesse picchiarmi, ma forse si era ricordato della ferita. Ma la cosa peggiore era il fatto che mi aveva chiamata con il mio nome completo e ciò accade solamente quando è davvero adirato. Con le poche forze che avevo, mi aggrappai alla spalliera del divanetto e mi alzai. Feci qualche passo barcollando fino all’uscio, poi mi aggrappai ad essa e voltai l’angolo per ritrovarmi in corridoio. Alla mia destra trovai appoggiato al muro Tebaldo, aveva udito tutto e ora mi guardava con aria di chi avrebbe commesso un omicidio di li a poco e allo stesso tempo avrebbe voluto difendermi. Ebbi solo il tempo di pensare che anche da bambino aveva la stessa reazione quando mio padre mi sgridava, perché poi il mio fianco cedette e perdendo l’equilibrio mi ritrovai a un palmo da terra. Ma la mia pelle non toccò mai il freddo marmo color grigio e bianco perché mio cugino si era lanciato su di me e aveva fatto in tempo a sorreggermi la testa e la schiena:
“Tebaldo, grazie al cielo…”
“Shh non parlare, ti riporto in stanza.” Mi sollevò da terra prendendomi tra le sue braccia e si avviò verso le mie stanze, sotto lo sguardo del Gatto, che rimase di guardia davanti alla mia porta una volta entrati dentro. Tebaldo, con molto garbo, mi adagiò sulle bianche lenzuola che rivestivano il mio letto matrimoniale, poi si sedette al mio fianco:
“Sarebbe meglio controllare la ferita…” disse con il suo solito tono glaciale e muovendo la mano verso il lembo della gonna del mio abito.
“Non pensarci nemmeno…tu non vedrai nul- ah!!!” non riuscì a finire la frase poiché una fitta mi tolse il respiro.
“Dicevi?” chiese sarcastico alzando le mie vesti…e io non potei fare altro che arrossire per l’imbarazzo. Con mia grande sorpresa fu molto sensibile e delicato, mentre alzava le vesti non guardò neanche per un istante nella  direzione delle mie gambe, abbassò gli occhi solo dopo aver trovato la ferita. Procedette togliendo la fascia che mi fasciava l’intera vita, e dopo avermi guardata con sguardo rassicurante, si avvicinò di poco per vedere cosa era accaduto sotto la garza della dimensione del taglio:
“Giulietta si è riaperto qualche punto, ma non è nulla di così importante da richiamare l’attenzione di Frate Lorenzo, ci posso pensare io stesso” disse.
“Sai cucire le ferite?” chiesi meravigliata.
“Certo che si!” esclamò con ovvietà. Ma certo, il grande e temuto Tebaldo sapeva fare tutto e non aveva bisogno di nessuno! Si alzò dal letto e andò a prendere tutto l’occorrente che il Frate aveva lasciato per le medicazioni giornaliere, li mise sul cuscino e cominciò a sistemare l’ago:
“Farà male ma non troppo, se senti dolore stringi questa” e togliendosi la giubba di pelle rossa me la porse. Il contatto con le mani bollenti di Tebaldo mi fece sussultare e questo non gli passò inosservato, visto il sorrisetto che si era stampato in viso. Il dolore che provai fu indescrivibile e la giubba di mio cugino mi tornò utile…
“Manca molto?...non ce la faccio…più!” dissi tra un sospiro e l’altro.
“Tranquilla ho appena finito…ecco fatto” disse rilassandosi e posando l’occorrente.
“Grazie ancora…tieni questa è tua” e gli porsi la giubba che però non indosso, perché doveva abbassarmi le vesti…e stavolta i suoi occhi lo tradirono.

Tebaldo

Giulia sei stupenda, e non ho visto altro che le tue gambe…cosa darei per averti…spero solo non si sia accorta, altrimenti chi la sente! Oh, troppo tardi…è rossa in viso:
“Tebaldo!” mi riprese lasciando un piccolo schiaffo sulla mia mano. Decisi che l’avrei impaurita un po’…adoravo la sua espressione terrorizzata.

Giulietta

Mi pentì poco dopo del gesto che avevo appena fatto e il suo voltarsi lentamente verso di me non mi tranquillizzò affatto. I suoi occhi di ghiaccio mi fissavano in modo accusatorio e la sua mano andò ad afferrare il mio polso:
“Ragazzina non ci provare più, mi hai sentito?” sibilò a denti stretti.
“C-certo.” Ma non ne fu convinto perché invece di lasciarmi, con l’altra mano mi afferrò dal collo, sollevando il mio viso dalla mascella e cominciò a stringermi e ad avvicinare il suo volto. Chiusi gli occhi per la paura. Potevo avvertire le sue labbra che percorrevano le linee della mia spalla lasciata scoperta dalla scollatura dell’abito rosa cipria che indossavo, esse salivano sempre più su fino ad arrivare al mio orecchio, poi un sussurro:
“Hai paura cugina?” e mi lasciò un bacio sulla guancia.
“Lasciami ti prego…” e la sua mano scomparve dal mio collo, ma l’altra si sollevò tenendo ancora il mio polso nella sua stretta e se la portò alla bocca, con la quale mi lasciò un bacio sul dorso della mano:
“Stavo solo scherzando…non ti farei mai del male, non a te” disse sorridendomi. In quell’istante tirai un sospiro di sollievo…
“Giulietta…mi ci vedresti al tuo fianco?” domandò dandomi le spalle e guardando dalla finestra, si era infatti alzato dal letto e si stava appoggiando con la spalla al muro.
“Mmm forse!” dissi io ridendo. Lui si girò ricambiando il sorriso.
“Guarda che non c’è molto da ridere su questo! È una questione seria…pensa che si sta parlando dell’uomo che avrai sempre accanto. Vuoi forse fare la fine di mia zia, tua madre?”
“No affatto, povera mamma, deve essere dura per lei…” dissi rattristandomi ma Tebaldo prontamente mi si avvicinò e sollevò il mio mento con la punta delle dita.
“Se tuo padre non dovesse scegliere me, giuro sul mio onore che ti sarò affianco, anche dopo le nozze…perché se quell’uomo non lo amerai, ci penserò io a rallegrare le tue giornate.” Lo disse in un modo così solenne e dolce che per un attimo mi tremò il cuore e non potei fare a meno di accarezzarlo. Non si lasciò scappare l’occasione e lentamente cominciò ad avvicinarsi e appoggiò le sue labbra carnose sulle mie. Staccatosi poco dopo, prese la sua giubba, rimasta sul mio letto e lanciatomi un ultimo sguardo,  sparì dietro la porta.
Non mi dispiacque quel bacio, devo anche ammettere che rimasi piuttosto soddisfatta, se è questo il termine giusto…i miei pensieri su Tebaldo, che stavano diventando poco seri, vennero interrotti dalla presenza della mia nutrice che entrò in camera mia per prepararmi per la cena. Indossai un abito rosso con le maniche a palloncino e mi feci acconciare i capelli in una treccia laterale, lasciando qualche ciocca libera; poi scesi di sotto con l’aiuto della mia adorata nutrice.

La Nutrice

C’era qualcosa di diverso nella mia bambina: l’avevo ritrovata seduta sul letto, rossa in viso e con lo sguardo perso nel vuoto…ma quello che più mi preoccupava era aver visto quello sconsiderato di Tebaldo uscire dalla sua stanza. Aveva forse fatto qualcosa a Giulietta?
Accompagnai la mia bimba alla grande tavola imbandita, dove già avevano preso posto il Conte, la Contessa, Tebaldo e ora Giulietta, che sedeva di fianco alla madre e di fronte a Tebaldo. Dopo aver fatto un inchino mi dileguai per recarmi nelle cucine e consumare il mio pasto.

Mercuzio

Rientrai al castello giusto in tempo per l’ora di pranzo. Entrato nella sala, li vidi seduti tutti intorno alla tavola stracolma di cibo come sempre. Mio zio teneva le mani incastrate tra loro all’altezza del mento, con i gomiti appoggiati sul tavolo. La sua espressione non prometteva nulla di buono:
“Mercuzio” mi richiamò una volta seduto a tavola.
“Dove diavolo sei stato fin’ora?” e sbatté i pugni sul tavolo facendo vibrare i piatti e i calici. Mio fratello si girò a guardarmi e mi fece cenno di rispondere:
“Dai Capuleti, stamane il Conte ci ha convocato per avvisarci della sua decisione riguardo il futuro marito di sua figlia…” dissi con tutta la calma che avevo in corpo. Mio zio non parve molto compiaciuto:
“Non mi piace affatto che frequenti i Capuleti, i Montecchi potrebbero pensare che il loro Principe si stia schierando dalla parte avversaria. Sai bene che io rappresento la giustizia a Verona e quindi devo essere neutro.”
“Zio tu sei neutrale. I Montecchi possono dormire sonno tranquilli…” e addentai la coscia di pollo che avevo preso dal vassoio centrale.
“Bada a te, Mercuzio. Stai attento alle tue azioni…”Dopo che anche lui diede il primo morso al pezzo di carne che stava nel suo piatto, tutti gli altri ripresero a mangiare.
“A me non dispiacerebbe sapere Mercuzio maritato alla figlia del Capuleti…” disse mia cognata rompendo il silenzio che si era creato.
“Moglie mia, sai bene che ci vuole la benedizione di qualcuno…” rispose mio fratello riferendosi a nostro zio.
“…E il consenso di qualcun altro!” mi affrettai a dire. “Il Conte può decidere ciò che vuole, ma io, se sarò scelto, sposerò Giulietta solo se sono sicuro di provare qualcosa per lei, e non mi riferisco solo all’ammirazione!”
“Parli bene.” Sentenziò mio zio, e lo guardai con intesa.
“Fatto sta che Giulietta è una delle più belle di tutta Verona, ti sfido a trovarne una più bella!” disse divertita mia cognata mentre imboccava il figlio.

Alcuni giorni dopo…

Romeo

“Romeoooo?” udì il grido da sotto la mia finestra. Alzandomi controvoglia dal letto andai a vedere chi fosse, ma già l’avevo riconosciuto dalla sua  voce:
“Mercuzio, dai vieni su!” lo invitai. Uscì in corridoio e andai da Benvolio, che era già pronto per la nostra solita passeggiata in paese. Insieme  a lui, scesi le scale per andare incontro al mio amico che per poco non mi sbatté addosso mentre imboccava l’angolo della scala:
“Eccolo qua! Il nostro Romeo, meglio conosciuto come Conte Antonio!” mi schernì Mercuzio ridendo a crepapelle. Benvolio ci fissava confusi…
“E’ forse il caso che voi due mi spiegate cosa sta succedendo?” chiese mio cugino con tutta la ragione di questo mondo.
“Si dai, andiamo a passeggiare e ti racconterò tutto…e tu smettila di ridere, o i tuoi riccioli faranno la stessa fine dei miei!”
“Oh che paura!” continuò con la sua presa in giro. Arrivati in piazza, ci sedemmo sui soliti scalini dove di lì a poco vennero ad arrivare anche gli altri ragazzi della nostra compagnia.
“Benvolio, devi sapere che tuo cugino Romeo, invaghito com’è per la nobile e bella Capuleti, ha deciso di cambiare identità per poter presentarsi agli occhi del Conte senza essere scoperto, con la speranza che questi gli dia in sposa sua figlia!” disse Mercuzio tutto d’un fiato.
“Cugino, l’ho sempre detto che non stai bene. E poi cos’è questa fissa per le donne della famiglia Capuleti? E prima Rosalina, adesso Giulietta…più li odi e più ti piacciono forse?”
“Io non odio nessuno, loro non mi hanno fatto niente…e nemmeno i miei genitori li dovrebbero odiare, perché tutto questo non ci ha mai riguardati! Sono cose antiche…”
“Romeo, seriamente, non puoi continuare a mentire a tutti: il Conte, la tua famiglia…per quanto tu lo voglia e per quanto Frate Lorenzo ti aiuti, non potrai mai sposare Giulietta! Andiamo è una follia!” sbottò Mercuzio guadagnandosi il consenso di tutto il gruppo.
“Ma  non sei forse tu che mi hai insegnato a credere nei sogni e a compiere follie?” risposi a tono alzandomi e parandomi a un passo da lui. Lo vidi diventare serio, l’avevo colpito nel suo punti debole.
“Va bene, come vuoi! Vai a farti ammazzare dai Capuleti…ma non dire che  non ti avevamo avvertito Romeo…scellerato che non sei altro…” e si accasciò sui gradini e per il resto della giornata non proferì parola, fino a quando non scorgemmo da lontano la figura della nutrice di Giulietta…

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ciao a tutti! Vi chiedo scusa se ho cambiato la grafica della storia, ma purtroppo ci sono alcuni problemi con l'editor e quindi non riesco più a inserire i colori! Spero che anche questo nuovo "modello" vi piaccia. Mi raccomando non dimenticatevi di recensire! Al prossimo capitolo.
P.S.: se avete dei suggerimenti per la storia scriveteli pure!

Giulietta

L’aria si faceva più calda e il sole che illuminava Verona scottava…questa mattina poi, è più calde delle altre...ci vorrebbe proprio una bella rinfrescata, magari al lago! Già il lago…dove mi ha portata Mercuzio. È da quel giorno che ho litigato con mio padre che non lo vedo e lui non si è nemmeno fatto sentire, non si è degnato di venirmi a trovare. Cos’è? Ha paura di mio padre forse? Bene, se lui non si degna a venire da me andrò io da lui…tanto, avevo proprio voglia di una passeggiata…

 

Mercuzio

Dopo la sfuriata che avevo avuto con Romeo non avevo nemmeno voglia di avvicinarmi alle tante ragazze che mi lanciavano sguardi vogliosi mentre attraversavano la piazza…ma poi giratomi nella direzione del palazzo dei Capuleti, notai venire da lontano una donna…ma si! Era la nutrice di Giulietta e con lei c’era anche… Cosa? Giulietta in piazza? Eppure in tutti i giorni che ho trascorso su queste scale non l’ho mai vista per le strade di Verona. Mentre ragionavo su di loro, non mi accorsi che si erano fermate proprio ai piedi della scalinata, più precisamente ai miei piedi.
“Buongiorno messere…” disse affannata per la lunga camminata la nutrice, Giulietta non proferiva parola.
“Buongiorno bella gentildonna…” risposi al saluto fiaccamente. Finalmente alzai lo sguardo su di loro e l’espressione di Giulietta mi preoccupò.
“Nutrice lasciaci soli” le ordinò tenendo le braccia incrociate al petto, decisi che era meglio alzarmi e spostarmi da lì, o altrimenti mi avrebbe rovinato la reputazione agli occhi dei miei amici.
“Dove pensi di andare Della Scala?” mi urlò venendomi incontro. Dietro di lei, Romeo si era alzato per seguire meglio la vicenda e gli altri ragazzi fecero un verso, come se stessero prendendo in giro la ragazza.
“Dove più mi pare e piace” risposi con arroganza.
“Ma ti sembra modo? Sparisci, non ti fai più sentire…è così che ti importa di me?” sbraitò catturando così l’attenzione dei ragazzi, che ammutoliti, si voltarono per vedere cosa stava succedendo. Mi avvicinai a lei con passo svelto, purtroppo per lei dovevo fingere di fregarmene altamente o i miei amici mi avrebbero deriso dopo…
“Mia cara, non devo rendere conto a te delle mie azioni, perché se avessi voluto sarei venuto a trovarti. Evidentemente non mi andava…” risposi mantenendomi calmo. Cambiò subito espressione rattristandosi…
“Allora tu…io…io non ti interesso?” chiese con le lacrime agli occhi. Vedendola in questo stato, la presi per un braccio e la portai in un vicolo li vicino, la nutrice aveva provato a seguirci, ma fu bloccata dai ragazzi…
“Giulietta, neanche una sola parola uscita poco fa dalla mia bocca era vera…mi sei mancata tanto ma non ho avuto modo di venire da te...perdonami se puoi” e le baciai la mano riuscendo a strapparle anche un sorriso. Di tutta risposta, si gettò tra le mie braccia e stringendomi forte disse:
“Oh Mercuzio, lo sapevo che stavi mentendo, voi maschi siete tutti uguali, avete due caratteri: uno per gli amici e uno per le donne…”
“Ascoltami, hai novità da tuo padre?”
“Hai fretta di sposarmi?” rispose sarcastica.
“No è che vorrei sapere se è cambiato qualcosa dall’incontro dell’altro giorno…”
“No purtroppo…anche io non so ancora chi scegliere…voi tre mi mandate in confusione, mi piacete tutti e tre!” confessò per poi tapparsi la bocca con le mani.
“Ahh e così ti piaccio eh?” dissi toccandole la punta del naso con un dito
“Come se non l’avessi capito Mercuzio…” disse lei giocando con un mio ricciolo per poi passare le sue dita in mezzo a tutta la chioma. Adoravo quella sensazione…
“Giulietta, se ti bacio mi tiri uno schiaffo?” chiesi sottovoce avvicinandomi al suo orecchio e portando avanti sulla spalla una sua ciocca di capelli.
“N-no…” bisbigliò diventando tutta rossa in viso, mentre era ancora tra le mie braccia… Avuto il suo consenso, iniziai ad avvicinarmi lentamente alle sue labbra, ma un’ombra oscurò la poca luca che attraversava il vicolo:
“Non osare muoverti ancora Mercuzio!” mi ordinò una voce molto familiare. Aprì gli occhi e mi voltai lentamente verso di lui, Giulietta balzò via da me per lo spavento e si pietrificò alla sua vista. Romeo avanzava verso di noi con occhi di fuoco e andatura rigida.
“Cosa ti prende Romeo, ne ho tutto il diritto” dissi con la mia solita leggerezza.
“Tu non la tocchi…non è tua!” continuò.
“Certo Romeo, perché tu la puoi baciare quando vuoi e io no vero?” dissi afferrandolo per la giacca.
“Cosa? Romeo è questo che racconti ai tuoi amici? Pensavo fosse una cosa tra noi…io mi fidavo di te!” urlò Giulietta in lacrime, io e lui ci rattristammo a vederla piangere: dopotutto era una bambina in confronto ai 18 anni di Romeo e ai 20 miei…Scappò via dal vicolo ancora un po’ zoppicante per la ferita e la nutrice la prese sotto braccio e la condusse via da lì.
“Con te facciamo i conti dopo” dissi a Romeo
“Affrontami ora se hai il coraggio! Avanti, che vuoi dirmi?”
“Romeo seriamente, non possiamo rovinare la nostra amicizia per Giulietta…siamo in competizione si, ma non esageriamo! Entrambi dobbiamo fare le nostre esperienze con lei, così come Tebaldo…sarà lei o suo padre a scegliere, ma noi dobbiamo conoscerla bene!”

 

Romeo

Anche questa volta aveva ragione, Mercuzio a volte sapeva essere anche ragionevole…mi stupiva sempre di più quel ragazzo, mi incuriosiva. Se ne andò via lasciandomi attaccato al muro, quando mi ripresi dalle sue parole tornai in piazza a sedermi accanto a lui. Girò il viso verso di me e dopo uno sguardo d’intesa ci abbracciammo. Succedeva sempre così: io e lui. Litigio. Abbraccio. In coì poco tempo avevo imparato a conoscere quel ragazzo a memoria, sapevo i suoi pensieri, le sue reazioni, i suoi gesti soliti…Mercuzio non aveva segreti per me, conoscevo più lui che me stesso.
“Pace?” mormorò sdraiandosi sul gradino e posando la testa sulle mie gambe.
“Pace…” ripetei sorridendo, felice di aver ritrovato il mio amico, mio fratello, il mio Mercuzio.

 

Giulietta

“No! Mi hanno deluso, entrambi!” urlai percorrendo il corridoio.
“Ma Giulietta, Mercuzio non ha detto nulla!” mi fece notare la nutrice.
“Appunto! Mi doveva avvertire che sapeva cosa era accaduto tra me e Romeo… non li voglio più vedere!”
“Ma cos’è questo baccano?” urlò Tebaldo spalancando la porta della sua stanza e fissando la nutrice e poi me. Ecco, il sangue mi gelò nelle vene…
“Scusami Tebaldo, sono furiosa…” e voltai le spalle ignorandolo, ma mi afferrò per le braccia e mi trascinò in camera sua chiudendo la porta, poi la riaprì e disse:
“Tranquilla, non le farò nulla!” rivolto alla nutrice rimasta fuori con gli occhi spalancati. Tornò da me e mi fece sedere sul letto:
“Ora mi spieghi cosa è successo!” e per tutta risposta mi voltai dall’altra parte, ostinata a tenere la bocca chiusa.
“Andiamo, parlami…almeno tu” disse abbassando il tono della voce. Nessuno per paura, osava parlargli, trascorreva le giornate in silenzio e da solo, fatta eccezione dal Gatto, che fedelmente lo seguiva ovunque…
“Mercuzio e Antonio mi hanno fatta arrabbiare, ma tu starai fermo qui e non gli farai nulla, vero?” dissi minacciandolo con il dito alzato.
“Solo perché me l’hai chiesto tu…” disse sbuffando stendendosi sul letto.
“Perché ancora li consideri? Sono solo degli sbruffoni!”
“Voglio conoscerli…e poi è la prima volta che accade, può succedere no?” chiesi voltandomi verso di lui e appoggiando i gomiti sul letto. Si voltò verso di me e mi accarezzò una guancia, poi si alzò di poco e si poggiò su un gomito, senza distogliere il suo sguardo da me:
“E quante volte ti ho fatto arrabbiare io?”
“Nessuna”
“Ti ho mai delusa?”
“No”
“E ancora non sai chi scegliere? Andiamo Giulietta…riflettici su! Adesso vai…” disse esasperato e recandosi verso la porta che aprendo, fece vedere la mia nutrice appoggiata ad essa intenta ad origliare.
“Scusate signore…” disse diventando rossa. Mi alzai dal letto e uscì dalla stanza cercando di nascondere le risate.

 

Romeo

Adesso che avevo fatto pace con Mercuzio, volevo parlare con Giulietta per scusarmi con lei. Sapevo bene di aver tradito la sua fiducia…ma non pensavo fosse una cosa così intima essersi incontrati furtivamente e averle rubato un bacio! Pregando la sua nutrice più e più volte, mi fece entrare nelle sue stanze:
“Giulietta eccoti!”
“Romeo! Che ci fai qui? Non voglio più vederti” urlò.
“Shhh o mi farai scoprire…” la supplicai raggiungendola per voltarla verso di me.
“Cosa sono queste urla? Ho per caso sentito QUEL nome?” domandò la nutrice che non ci aveva lasciato soli. Giulietta allora mi guardò, consapevole del fatto che non avrebbe potuto mentire alla donna che l’aveva cresciuta e dopo un mio cenno di consenso, iniziò a dire:
“Vedi…” iniziò Giulietta guardandomi “… lui non è il Conte Antonio…”
“Come no? E chi saresti!?” chiese confusa a me.
“Vedete balia, io sono Romeo, Romeo Montecchi…” confessai. Subito sbiancò in volto e le sue mani corsero su verso la cuffia che iniziò a toccarsi ancora più confusa di prima.
“Voi…un M-montecchi…Romeo, il figlio del Conte!”
“Si balia…” annuì Giulietta.
“Figli miei ma vi siete ammattiti? E Giulietta, se lo scoprisse tuo padre cosa accadrebbe? Un Montecchi tra i Capuleti…San Francesco benedetto…!” esclamò mettendosi a sedere in preda ad una crisi d’ansia. Da buon nobile quale sono, mi alzai e andai a rassicurarla e spiegai tutto il piano che avevo ingegnato con l’aiuto di Frate Lorenzo, mentre Giulietta l’abbracciava con premura cercando di calmarla.
“Benedetti ragazzi, spero solo che tutto vada bene…” disse infine e andò a sciacquarsi il viso con l’acqua che era stata versata per Giulietta in un vassoio posto su un tavolino.
“Non l’ha presa bene…” sussurrai impacciato grattandomi la testa.
“Non preoccuparti di lei…cosa volevi dirmi?” disse Giulietta incrociando le braccia.
“Volevo chiederti scusa, io non ho mai avuto a che fare con una donna e non pensavo che confidarmi con i miei amici sarebbe stato un problema così grave. Ho avuto bisogno di farmi consigliare da mio cugino e da Mercuzio, non sono esperto come loro…” dissi gettandomi ai suoi piedi. Giulietta confusa chiese:
“Esperto come loro? Cosa intendi?” e si abbassò prendendomi per mano per farmi rialzare e mi fece sedere accanto a lei sul letto.
“Loro hanno già avuto altre donne, sanno come siete fatte insomma! Io invece non so nulla: tu sei la prima donna di cui mi innamoro” e spuntò sulle sue labbra un timido sorriso.
“Sei perdonato Romeo…adesso va…”
“Non prima di aver fatto questo!” e la strinsi tra le mie braccia. Mi mancava molto il suo profumo …

 

Conte Capuleti

“Giulietta! Ho preso una decisione!” esordì mentre tutti stavano mangiando. Quale momento migliore della cena per parlare di certe questioni… mia figlia lasciò la posata nel piatto e mi guardò incuriosita:
“Dunque?” chiese con un filo di voce.
“Dunque…sposerai il Conte Antonio. Tra tutti, è stato colui che si è meglio comportato…spero tu sia felice…”
“Come desideri padre…” disse a metà tra la felicità e il dubbio. Tebaldo nel frattempo si era alzato lasciando la tavola. Giulietta lo guardò scappare via e con gli occhi mi supplicò di avere il permesso di raggiungerlo e la accontentai. Quel ragazzo era così ostinato? Mia moglie aveva l’aria assente e poco dopo si alzò anche lei e andò via. Possibile che qualsiasi cosa faccia per la mia famiglia sbagli sempre?

 

Tebaldo

Sentendo il nome del prescelto, un conato di vomito stava per risalirmi in bocca, così scappai via verso il cortile, per prendere una boccata d’aria e per sfogarmi. Lanciato un urlo infatti, scagliai con tutta la forza che possedevo, il mio pugnale verso un albero ed esso si andò a conficcare nella sua corteccia. Poi mi accasciai su una panchina li vicino e mi coprì il volto con la mano. Qualche istante dopo, una mano morbida prese nella sua stretta l’altra mia mano rimasta libera.
“Tebaldo?” chiese lei. Scostai il viso dal mio palmo e la guardai indifferente.
“Mi dispiace” disse
“A te? Dispiace a te? Tu che sei la sola a non avere colpa!” dissi afferrandole le mani e guardandola dritto negli occhi.
“So che stai soffrendo…” iniziò lei.
“Vieni qui!” esclamai adirato e la trascinai tra le mie braccia stringendola a me. Ricambiò con mia sorpresa l’abbraccio e a quel punto le accarezzai i capelli. Mi sarebbe mancato il suo profumo…





 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


 Finalmente le mie preghiere sono state ascoltate e l'editor è tornato a funzionare come prima. Perciò riecco a voi la storia con la sua grafica colorata! Con questo capitolo voglio augurarvi un buon inizio di settimana. Buona lettura!!!
 

Conte Capuleti
I preparativi per il fidanzamento di Giulietta erano iniziati già da giorni e finalmente era arrivata la sera della festa. Lei stessa aveva voluto avvisare il Conte della scelta e mi aveva promesso che sarebbe arrivata in tempo alla festa, accompagnata dal Conte stesso. Nel frattempo gli invitati iniziavano a riempire la sala…

 
Giulietta
Ero nei guai…io e Romeo eravamo nei guai. Ora che era stato scelto da mio padre avrebbe dovuto svelare la sua identità. Mi stavo recando da Frate Lorenzo, in chiesa già mi attendeva Romeo, mandato a chiamare prima…
“Giulietta!” disse appena mi vide e subito corse verso di me per abbracciarmi forte.
“Sei contenta amore mio?” chiese baciandomi la fronte. In quel momento non riuscivo proprio a essere contenta. Temevo per la sua vita, qui a Verona la vita sembra essere una cosa da nulla, la si risparmia e la si toglie con la stessa leggerezza di una piuma…
“Romeo ho paura per te…” e lo strinsi ancora di più a me dicendogli ciò che veramente pensavo. Frate Lorenzo si era avvicinato a noi nel frattempo:
“Ragazzi miei, verrò con voi alla festa. Sarò io a parlare a nome vostro, voi non vi preoccupate.” Ci rassicurò poggiando le sue mani sulle nostre spalle.
“Grazie padre…” dissi. Insieme salimmo sulla carrozza che mi aveva accompagnata. Romeo mi strinse la mano per tutto il viaggio. Indossava i suoi vestiti ma teneva addosso un lungo mantello che li nascondeva, i suoi capelli erano ricresciuti di poco ma gli stavano bene comunque…entrati a palazzo, Frate Lorenzo si mise davanti a noi prima di aprire il portone che ci separava dalla sala. Entrambi respirammo a pieno e ci prendemmo per mano, solo allora il portone fu aperto.

Frate Lorenzo
“Frate Lorenzo che piacere vedere che siete venuto anche voi ai festeggiamenti!”
“Conte ringrazio voi per l’invito…ma sarei venuto lo stesso anche senza riceverne uno. Ho qualcosa da dire a proposito di questo fidanzamento.”
Un brusio di voci si fece spazio nella sala, e il Conte e sua moglie si guardarono insospettiti.
“Attendiamo l’arrivo dei festeggiati almeno!” disse la Contessa.
“Sono qui madre…” rispose Giulietta spuntando dietro di me. Al suo fianco, Romeo teneva il cappuccio e lo sguardo basso.
“Allora Frate parlate pure” mi incitò il Conte sedendosi.
“Conte, Contessa…da tempo immemore va avanti questa lotta con la famiglia dei Montecchi...”
“Non osate nominare quelle belve in casa mia!” mi frenò subito il Conte.
“Fatemi parlare per favore… ma un momento, forse i gesti valgono più di mille parole!” e giratomi verso il giovane, gli feci cenno di mostrare la sua identità. Romeo tolse il cappuccio e guardò il Conte che ancora non aveva capito cosa stava succedendo, ma quando poggiò le mani sui lacci del mantello e lo lasciò cadere mostrando a tutti gli abiti con sopra cucito lo stemma della sua famiglia, il Conte scese le scale in un solo secondo, mi spostò con fare poco garbato e paratosi di fronte a Romeo, che ancora non aveva battuto ciglio, gli lasciò sulla guancia uno schiaffo fortissimo. Romeo non rispose all’offesa, solo disse:
“Conte, io amo davvero vostra figlia e la mia presenza non voleva assolutamente mancarvi di rispetto! A me non importa nulla della guerra, noi figli non centriamo nulla, così come non centrate voi, vostra moglie e i miei genitori. Questi sono affari del passato e con esso sarebbero dovuti rimanere…vi prego, Conte, benedite la nostra unione. Solo così porremmo fine alla lotta!” e presa per mano Giulietta, stese il braccio verso il Conte, quasi a incitarlo ad accettare questa unione.
“Hai coraggio a presentarti in casa mia, davanti a me e a parlarmi come un tuo pari! Ma vedi, sei solo adesso…dove è la tua famiglia? I tuoi amici? È giusto considerare la faccenda alla presenza di entrambe le famiglie! Non vorrei che si pensasse per Verona che io abbia ceduto alle preghiere di un ragazzino…dico bene, mio Signore?” e si voltò con aria soddisfatta verso il Principe Escalus, che aveva seguito l’intera vicenda appoggiato a una colonna. Chiamato in causa, si avvicinò al Conte, lo guardò alzando un sopracciglio, rivolse lo stesso sguardo a Romeo e poi a Giulietta. Infine disse:
“Domani, alle prime luci del giorno al castello di Villafranca. Voglio entrambe le famiglie. Manderò dei servi a prendervi. Non fatemi aspettare.” E voltando le spalle a tutti, lasciò la sala scortato dalle guardie, facendo intendere a tutti che la festa era finita. I suoi sudditi capirono il messaggio, e dopo aver rivolto un rapido sguardo al padrone di casa, anche essi lasciavano il castello, lasciando da soli al centro della stanza Romeo, Giulietta e i due padroni di casa. Salutai anche io il Conte e mi apprestai a lasciare il castello, certo di aver fatto la mia parte e ancor più certo di aver lasciato quei due ragazzi nelle mani del Signore…o forse del Principe.

Tebaldo
Lo sapevo! Qualcosa non mi convinceva in quel Conte Antonio… non solo Giulietta non poteva essere mia moglie ma andava in sposa al mio peggior nemico…Spero solo che il nostro Principe sappia valutare bene la questione domani mattina. Pensavo e ripensavo a tutto quello che era accaduto poche ore prima e mi rigiravo tra le lenzuola in cerca del sonno, quando un colpo secco alla porta mi fece girare di scatto la testa verso di essa. Lentamente mi alzai, poco convinto di aver sentito quel rumore, e mi avvicinai ad essa; aspettai qualche istante e un nuovo colpo un po’ più forte la fece vibrare.
“Chi è?” sussurrai appoggiando la mano sulla sua superficie e tendendo l’orecchio. Dall’altra parte della porta, una voce sottile rispose:
“Tebaldo sono io, posso entrare?”
Senza farmelo ripetere due volte stavo per aprire la porta ma poi mi ricordai di essere mezzo nudo. Un uomo dignitoso non si dovrebbe mostrare ad una donna senza abiti…ma forse in questo caso si poteva fare un eccezione. Aprì quindi la porta e davanti a me comparve mia cugina: indossava la sua veste da notte, sulle spalle uno scialle le copriva le trasparenze lasciate intravedere dalla stoffa di quel vestito, i capelli era sciolti e le ricadevano sul petto; alla vista del mio petto e addome scoperti divenne rossa in viso e subito abbassò lo sguardo.
“Entra prima che ti vedano. Mi desideravi?” dissi con il mio solito modo di fare.
“Si! Cioè…non in quel senso…” disse coprendosi le guance con le mani. Un piccolo risolino scappò dalle mie labbra.
“Volevo chiederti un favore”
“Dimmi”
“Qualsiasi cosa accada ti prego di non fare del male a Romeo…”
“Giulietta ti darei questo mondo e altro se potessi, ma questo proprio non puoi chiedermelo!”
“Perché? Fallo per me Tebaldo, promettimelo!” tentò di convincermi prendendomi per mano.
“No, non posso…se il Principe non accorderà alla vostra unione, io dovrò rimediare all’offesa di Romeo e sai bene che modo userò…”
“Ma lui ha dichiarato di non volervi offendere!”
“Mi ha offeso comunque. Ha offeso me e questa casa! Adesso va Giulietta…” dissi distogliendo lo sguardo da lei. Fece per andarsene, ma dopo qualche passo si fermò e tornò indietro, fermandosi a pochi passi da me:
“Se davvero ci tieni a me, se davvero mi doneresti tutte le ricchezze di questo mondo, promettimi che non farai nulla a Romeo” disse fissandomi negli occhi. Sentendomi perdere in quello sguardo così ricco di sentimenti, non riuscì a negare nuovamente alla mia amata la sua richiesta.
“Grazie…” e si gettò fra le mie braccia, non curante dello scialle che aveva abbandonato le sue spalle e dello stretto contatto che si era creato tra i nostri corpi: essendo molto più bassa di me, il suo viso arrivava giusto all’altezza del mio petto e nonostante fosse piena estate, la pelle fredda della sua guancia a contatto con la mia pelle scaldata dalle coperte mi fece rabbrividire. Non sapendo dove mettere le mani, le poggiai entrambe sulla sua vita, per poi farle scivolare sulla sua schiena, in modo da stringerla ancora di più a me. L’inesistente spessore della sua tunica, mi fece percepire le sue fattezze, e senza vederla, potei giurare di avere tra le mie braccia la ragazza più bella del mondo.


Giulietta
Tebaldo era così caldo in confronto a me: ero totalmente congelata per via dell’ansia, che mi aveva assalito e che non mi faceva dormire. Tra le sue braccia riuscì a trovare un po’ di sollievo…forse solo in quel modo sarei riuscita a prendere sonno. Così, spinta dalla voglia di riposare al sicuro, gli chiesi:
“Tebaldo. Potrei dormire con te? Sai, sono in ansia e non riesco a prendere sonno”. Alzò il volto dalla mia spalla e guardandomi confuso non esitò a raggiungere il letto e a sollevare le lenzuola, per poi sistemare il cuscino che mi avrebbe ospitata. Arrivata vicino al letto, presi un laccio che portavo al polso e raccolsi i capelli in una treccia, nel farlo, notai mio cugino affiancare l’altra parte del letto e soffermarsi a guardare prima me e poi le bianche lenzuola. Attese che mi fossi sistemata nel letto e poi si distese anche lui. Per la seconda volta me lo ritrovai faccia a faccia, divisa solamente da qualche centimetro, che scomparve dopo che egli si avvicinò per potermi stringere nuovamente tra le sue braccia e infine lasciarmi un bacio sulla fronte:
“Buonanotte Giulietta…”
“Notte Tebaldo…”
Credo fosse passata solo qualche ora da quando mi ero addormentata, e fui svegliata da Tebaldo che si lamentava nel sonno come un bambino! Pensai che forse stava sognando di qualche battaglia ma poi cambiai idea quando lo sentì mormorare: “Giulietta…rimani con me…ti amo…”. Rimasi stupefatta da quelle parole e vedendolo ancora in agitazione, provai a calmarlo accarezzando la sua guancia e sussurrai:
“Tebaldo, Tebaldo…io sarò sempre con te…” e di colpo si tranquillizzò, lasciando comparire sul suo volto un sorriso beato.

Romeo
Stanotte non avevo chiuso occhio. Ero troppo agitato per questa situazione… mi stavo recando al castello del Principe per ascoltare la sua sentenza. Mio padre e mia madre mi avevano preceduto con grande dissenso per la notizia appresa, ma in cuor mio sapevo che mia madre fingeva: una volta mi aveva confidato che pregava Dio notte e giorno, affinché questa guerra potesse finire. E ora eravamo a un passo da tutto ciò… Accompagnato da Benvolio, mi apprestavo ad entrare nella Sala Reale: in fondo al centro si trovava il trono vuoto in attesa del suo padrone, sulla destra i servi dei Capuleti si intrattenevano con vari discorsi, in prima fila si trovava il Conte, con la moglie e il nipote. Spostai lo sguardo sotto la piccola scala che separava il trono dal resto della sala e seduta all’angolo di essa c’era Giulietta che ricambiò un sorriso. Alla mia sinistra, le disposizioni erano identiche a quelle dei Capuleti, e la sedia alla base della scala attendeva me. Appena mi accomodai, le guardie annunciarono l’entrata del Principe, preceduto da Mercuzio e da suo fratello e la moglie, che presero posto dietro del Principe. Anche Frate Lorenzo era tra i presenti.
“Silenzio!” richiamò così l’attenzione il Principe.
“Conte Capuleti, illustrate la situazione dal principio.” E il Conte fu scortato al centro della sala e rivolgendosi al Principe raccontò di come Giulietta avesse raggiunto l’età da marito, e di come aveva stabilito i pretendenti…delle uscite con ognuno di essi e delle sfide finite in modo tragico per via della grave ferita della figlia. Raccontò anche del mio inganno, ingegnato grazie a Frate Lorenzo e della mancata conoscenza della mia vera identità.
“Romeo Montecchi!” disse il mio sovrano. “Vuoi aggiungere qualcosa?”
“Maestà, vi prego di credermi se vi dico che tutto quello che ho fatto, è frutto del forte amore che provo per Giulietta. Lei mi ricambia e crediamo entrambi che se acconsentirete a queste nozze, la nostra unione potrà salvare le nostre famiglie dall’odio che le divora!”
“Dice il vero Giulietta?”
“Ogni parola uscita dalla sua bocca è vera, mio Principe. Vi supplico…” e si inginocchiò abbassando la testa.
“Montecchi?”
“Abbiamo sempre desiderato la felicità di nostro figlio, ma se lui sposa la figlia del Capuleti, può dire addio ai suoi genitori!” esclamò il Conte.
“No!” ribattè Lady Montecchi “Figlio mio, non credere a tuo padre, perché io continuerò ad amarti lo stesso, anche dopo le nozze…voglio davvero il tuo bene, così come voglio il bene delle nostre famiglie. Mio Principe, solo voi potete porre fine alla guerra!” e si accasciò ai piedi della scala, subito corsi ad alzarla e a stringerla in un abbraccio ringraziandola.
“Bene, ho preso la mia decisione e se non verrà rispettata sapete bene cosa vi aspetta…Romeo, Giulietta venite qui”. Raggiunsi Giulietta e porgendole la mano, la accompagnai lungo la scala e ci fermammo davanti al Principe, che afferrando le nostre mani unite e alzandole verso l’alto disse:
“Per mezzo del mio potere, dico che Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti possono sposarsi, e che con questo matrimonio si ponga ufficialmente fine alla guerra tra le due famiglie…Frate Lorenzo stesso celebrerà le nozze e io sarò presente. Adesso andate…ci vediamo alla festa di stasera…vero miei cari Conti?” e con questa domanda, chiese a modo di ordine di organizzare una festa di fidanzamento.
Scesi la scala mano nella mano con Giulietta e una volta arrivati al centro della sala la abbracciai forte, sotto gli applausi dei nostri servi che urlavano frasi di gioia.
 

Giulietta
Finalmente sarebbe finita questa guerra e io avrei sposato l’uomo che amo, l’unico che ha dimostrato di tenere a me e di rischiare di perdere la sua vita per amore. Sciolto l’abbraccio con Romeo, pensai bene di andare da Tebaldo e di trascinarlo al centro dove avevo lasciato Romeo. Una volta di fronte al rivale, aveva già capito la mia intenzione e fissando Romeo porse in avanti il suo braccio, nel frattempo la sala ammutolita guardava noi. Romeo guardò il braccio, poi lo fissò di rimando e lo abbracciò fraternamente, lasciando Tebaldo di sasso. Si avvicinò a noi anche Benvolio, che ripeté il gesto di mio cugino nei suoi confronti. Anche mio padre e il padre di Romeo si avvicinarono contemporaneamente e giunti a un passo l’uno dall’altro si strinsero le mani sotto lo sguardo soddisfatto del Principe. Dietro di lui notai Mercuzio, che guardava la scena senza esprimere alcun sentimento...

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Mercuzio
“Zio, siete sicuro?” chiese mio fratello a nostro zio.
“Mai stato più sicuro di una azione appena fatta Valentino” rispose con molta sicurezza per poi allontanarsi verso le sue stanze. Valentino mi guardò con aria interrogativa, io lo fissai di rimando:
“Bè? Non vai a fare gli auguri al tuo amico Romeo?” e fece cenno con il capo verso il Montecchi. Diressi la mia attenzione verso Romeo, che tutto sorridente raccoglieva le parole di augurio dai servi, poi notai lo sguardo indagatorio di Giulietta: appena notò che la stavo guardando si avvicinò all’orecchio di Romeo per sussurrargli qualcosa, qualcosa che riguardava me, dato che subito Romeo alzò gli occhi per guardarmi. Decisi che quello era il momento per ritirarmi…il sogno fatto questa notte si stava avverando…

 
Romeo
“Mercuzio!” lo richiamai mentre lo stavo inseguendo, ma a rispondermi fu la porta della sua stanza con un sordo tonfo. Bussai.
“Aprimi, per favore…”
“Perché stai qui? Dovresti essere nella sala a ricevere gli auguri” disse indicando verso la direzione della sala.
“A me interessa più il mio fratello che gli auguri” risposi scavalcandolo e chiudendo la porta che era rimasta tra le sue mani.
“Cos’è questa reazione? Non sei felice per me?”
“Sai bene che lo sono, certo non sono al settimo cielo: mi hai portato via Giulietta… ma non ti nascondo il fatto che vi invidio…ecco l’ho detto. Io vi invidio!” Aveva iniziato a scuotere il capo e il resto del corpo come era solito fare quando doveva confessare qualcosa, questo atteggiamento mi ha incuriosito dal primo momento che lo conobbi: è un tipo strano Mercuzio…
“Perché ci invidi? Lo sai bene che con Giulietta non saresti arrivato a tanto. Insomma, tu che ti sposi? Tu, proprio tu! Il folle Mercuzio che pensa solo a divertirsi, donne incluse!”
“Ma si…scherza pure quanto ti pare, Montecchi. Grazie per i complimenti…” E iniziò a slacciarsi la giacca per poi gettarla sul letto dove ero seduto.
“Sai, stanotte ho fatto un sogno!” dissi per cambiare argomento ed evitare uno stupido litigio. Alle mie parole, Mercuzio si voltò di scatto e spalancò gli occhi, poi sorrise sarcastico:
“Si! Anche io!” mi rispose avvicinandosi e poggiando le mani sulle mie ginocchia per reggersi.
“Oh, qual era il tuo?” Mercuzio perse il sorriso e i suoi occhi si rattristarono…
“Lascia perdere…la Regina Mab stanotte non è stata clemente con me…era un sogno confuso: vedevo cose di diverso tipo, come degli scontri con i nemici, poi passavo dalle braccia del mio attentatore alle gambe di molte donne, ma era tutto senza senso e io mi muovevo come contro voglia! Ma poi…poi… ahahah… ma basta!!!” si fermò di colpo dopo aver parlato di getto.
“Poi? Poi cosa Mercuzio? Continua…”
Ancora più triste di prima, sussurrò:
“Poi c’eri tu, Romeo. L’unica persona ad avere senso in quel sogno…mi hai guardato. Mi hai sorriso. Mi hai anche toccato una spalla…” disse mimando il gesto “…ma poi anche tu hai perso senso. Perché non eri solo, c’era qualcuno con te, una donna…QUELLA donna! Che ti ha preso per le mani e ti ha portato via, via da me…e tu? Tu non hai fatto nulla per resisterle, non hai mosso un dito per restare con il tuo amico o con il tuo fratello, come diresti tu…mentre io per te…credo che lo sai cosa farei…” e si lasciò cadere sulle ginocchia, lo sguardo lucido perso nel vuoto. Allora mi alzai e gli andai vicino, mi inginocchiai di fronte a lui, lo abbracciai:
“Mai. Non andrò mai via da te.”

 
 
Mercuzio
Quelle parole mi rassicurarono, ma sapevo bene che Romeo non aveva capito il senso del mio sogno e delle mie precedenti parole. Io non invidiavo affatto lui, no. Io ero invidioso di Giulietta. Giulietta è una ragazza stupenda e ho accettato la proposta del Conte solo per divertirmi un po’, e poi credevo davvero di essere innamorato di lei! Ma è da quando sono giunto a Verona, grazie a mio zio, e ho conosciuto Romeo che giorno dopo giorno ho provato una forte attrazione verso di lui. Come un legame forte che va oltre la semplice amicizia o l’amore fraterno credo… un fratello non è attratto dai lineamenti delicati, dagli occhi espressivi e profondi, dalle labbra, dai capelli, dai modi ingenui e inesperti dell’altro fratello. Io amo, oserei dire, la sua esuberanza, amo il suo tentennare su una parola che vorrebbe dire, amo la sua tenacia e ostinatezza tipica di un ragazzino. Non avrei mai immaginato di trovarmi in una situazione del genere…ma dopotutto, forse ha ragione la gente: io sono un folle.

 
Giulietta
Stavamo lasciando il castello, ma in mezzo a tutta la folla avevo perso Romeo. L’unico che trovai fu suo cugino Benvolio, così con un po’ di imbarazzo, mi avvicinai per chiedergli:
“Scusate Messere, avete visto Romeo? Non riesco a trovarlo” dissi inchinandomi.
“Madonna Giulietta chiamatemi semplicemente per nome. Comunque Romeo è andato a parlare con Mercuzio. Adesso andiamo, c’è una festa da preparare no?” e sorridendomi mi porse il braccio per poi avviarci verso l’uscita.

“Balia aspetta! Ti aiuto!” dissi afferrando uno dei miei bauli per spostarlo. Tutte e due eravamo alle prese con la preparazione della festa di fidanzamento e immancabilmente, la mia nutrice voleva agghindarmi come si deve per l’occasione. Così iniziammo ad aprire tutti i bauli, vestiti e drappi volavano nella stanza per poi raggiungere il pavimento o il letto, nel caso dei possibili da indossare!
“Santo cielo! Hai un sacco di vestiti ma al momento mi sembrano tutti miseri stracci! Devo inventarmi qualcosa…la mia piccina non può sfigurare davanti tutta Verona!!!”
“Vedrai che qualcosa troveremo…e poi nessuna ha più inventiva di te!” e corsi ad abbracciarla. Quando mi staccai da lei per tornare a rovistare nell’armadio inciampai su una stoffa e ci mancò poco che io arrivassi sul pavimento. Sotto quella stoffa c’era un baule più piccolo rimasto nascosto ai nostri occhi. Lo aprì e dentro vi trovai l’abito adatta per la festa…
 
Tebaldo
“Ma come diavolo si allaccia questa camicia!”
Quel pezzo di stoffa mi aveva già innervosito più di quanto io non lo fossi…Vedere Giulietta fidanzarsi con Romeo non era uno dei miei sogni ovviamente…
“Vuoi che ti aiuti?” mi voltai e trovai mia zia sulla soglia della porta.
“No faccio da solo…” e mi ostinai a trovare una soluzione per quei lacci ribelli, ma spazientito tolsi la camicia e la gettai ai piedi del letto… mia zia la afferrò e si avvicinò aiutandomi a indossarla e riuscendo ad allacciarla come si doveva. Lei ha sempre sostituito mia madre riflettendo su di me tutte le sue attenzioni, ma nonostante questo odio anche lei perché ha sottratto a Giulietta l’amore materno che le spettava, donandolo a me. Quella povera ragazza ha avuto accanto solo il padre perché sua madre era sempre impegnata ad amare me, in ogni modo possibile.
“Tebaldo, ragazzo mio, qualcosa non va?” mi chiese annodando l’ultimo laccio.
“No va tutto a meraviglia!” dissi sciogliendolo perché lo preferivo slacciato.
“Non è così e lo sai…sei arrabbiato per la faccenda del fidanzamento.”
“Avrei dovuto esserci io al suo posto…ma è giusto così: io qui sono insignificante. Stasera non ci sarò alla festa!” e afferrai la spada e la giacca e mi diressi verso la porta, che prontamente venne coperta da mia zia.
“Levati!” dissi puntandole un dito contro.
“Non puoi non esserci.” Mi supplicò.
“Non VOGLIO esserci” replicai.
“Giulietta ne soffrirebbe…sai quanto quella ragazza tenga a te!”
“Oh adesso ti importa dei sentimenti di tua figlia!”
Un potente schiaffo mi colpì in pieno il viso e mi fece riflettere sulla frase di mia zia. Giulietta sarebbe rimasta delusa se io non mi sarei presentato alla festa.
“Non dirmi mai più una cosa simile Tebaldo. Adesso finisci di rivestirti e presentati nella sala!”. Detto questo mi lasciò solo.

 
Lady Capuleti
Il mio palazzo iniziò a riempirsi di gente, tutta Verona era radunata nella sala da ballo… arrivò anche il Principe con la sua famiglia che avvertì mio marito dell’imminente arrivo dei Montecchi, incrociati sulla strada. Non appena finì di avvisarlo, i miei servi annunciarono la loro presenza. Il silenzio si impadronì della sala. I primi ad entrare furono il Conte e la moglie, vestiti in modo molto elegante; dietro di loro stavano Romeo e Benvolio seguiti dalla servitù, che attendeva l’entrata dei loro padroni. I quattro misero finalmente piede nella sala e subito Romeo si avvicinò a me per inchinarsi e farmi il baciamano, dopo si inchinò anche davanti a mio marito, che gli posò una mano sulla spalla in segno di accoglienza. I conti seguirono l’esempio del figlio e gli ospiti tirarono un sospiro di sollievo. Stavamo gli uni di fronti agli altri, in un silenzio a dir poco imbarazzante! Così provai a dire qualcosa per smorzare la tensione.
“Contessa, il vostro abito è davvero incantevole!”
“Vi ringrazio, non si può dire che il vostro non lo sia!” disse sorridendo e concludendo con una piccola risata che fece sciogliere anche i nostri mariti.
“Lasciamoli soli…” le sussurrai per portarla ai piedi delle scale, dove iniziammo a parlare di tutto, per poterci conoscere meglio e provare ad andare d’accordo.



 
Romeo
“Permettete una parola, Conte?”. Fu così che i due conti si allontanarono verso l’altro lato della sala lasciando me, Benvolio e Tebaldo da soli al suo centro.
“Romeo sai bene che non mi piaci, per cui ti avverto: se oserai fare del male a Giulietta te la vedrai con me, e puoi star certo che nessuna preghiera fermerà la mia lama!”. Tebaldo non aveva perso tempo ad avvertirmi sulle conseguenze di un possibile malinteso tra me e Giulietta…
“Stai tranquillo, la tratterò sempre con il rispetto e l’amore che merita…”
“Sarà meglio per te…cugino…” sentenziò l’ultima parola in modo poco convinto, ma ciò non mi importava. Poi ci lasciò soli.
“Romeo, ancora devo congratularmi con te per la fermezza, il coraggio e l’eleganza di stasera! Sei stato grande stamattina al Palazzo Reale!” disse Benvolio abbracciandomi.
“Grazie…ma la mia futura sposa già si fa attendere?” chiesi scherzando sull’assenza di Giulietta, troppo tempo eravamo rimasti divisi.
“Le piace farsi bella…del vino?” disse una voce dietro di noi.
“Mercuzio! Grazie per essere venuto.” Risposi prendendo il bicchiere che teneva in mano.
“Dovere” rispose facendo toccare il suo bicchiere con i nostri e bevendo un sorso seguito da noi.
“Messeri!” una voce si levò ai piedi della scala e richiamò l’attenzione della sala che si voltò verso il servo che aveva parlato.
“Ecco a voi, Madonna Giulietta.” E tutti i nostri sguardi percorsero i gradini della scalinata fino ad arrivare alla cima di essa, dove un angelo attendeva di scendere. Giulietta era molto più che bella, era divina: non l’avevo mai vista vestita di azzurro, quel colore le donava particolarmente. Aiutata dalla sua nutrice scese le scale e subito i presenti si spostarono lasciandomi da solo al centro della sala. Lanciai uno sguardo verso mio padre, che mi fece cenno di andarle incontro. Arrivato davanti a lei, la presi per mano e le baciai la fronte, gli invitati ci omaggiarono con un applauso.
Durante la cerimonia, tutti quanti ebbero modo di sfamarsi e divertirsi ballando, ma io e Giulietta ci allontanammo nel suo giardino per poter  parlare un po’.
“Hai visto amore? Tutto si è risolto: io e te siamo fidanzati, i nostri genitori vanno d’accordo…Verona non vedrà più spargimenti di sangue innocente!”
“Vero amore mio…sono più che contenta. Ma credo che mi mancherà vivere qui… i miei genitori, la mia nutrice adorata, Tebaldo e la servitù. Tutti mi vogliono bene e io ne voglio a loro…” rispose rattristandosi.
“Sta tranquilla. Li verremo a trovare ogni volta che vorrai.” E mi chinai su di lei per baciarla. Un bacio casto a fior di labbra all’inizio, ma lei seppe travolgermi in un bacio molto più profondo. La strinsi di più a me e le sue mani si posarono sulle mie spalle.
“Romeo, Giulietta, ragazzi miei!” ci venne a chiamare la nutrice.
“Scusate, ma dentro vi cercano per il ballo.”
E in men che non si dica mi ritrovai a volteggiare al centro della sala con la mia fidanzata, che come previsto dal ballo era l’unica donna e quindi passava per le mani di tutti coloro che stavano ballando.

 
Giulietta
Avevo sempre sognato di fare questo ballo: mi faceva sentire importante!
Dopo aver ballato con Romeo, toccò a Tebaldo prendere il suo posto. Mentre ballavamo mi disse:
“Ho già avvisato il tuo Romeo…”
“Ma mi avevi promesso che…”
“Non gli accadrà nulla…di terribile!” e si beccò una mia occhiataccia che lo fece ridere, procurandosi degli sguardi increduli da parte degli invitati.
“Guarda si meravigliano tutti!”
“Sei tu il mio sorriso…” mi baciò la guancia e con una giravolta mi trovai fra le braccia di Mercuzio.
“Giulietta i miei complimenti per l’abito…e per il fidanzato aggiungerei!”
“Non fare lo sciocco, Mercuzio. So bene che sei infastidito dal fatto che sarà lui a sposarmi e non tu!”
“Si mi hai scoperto…sono molto, molto infastidito…ma comunque auguri!”. Il ballo finalmente terminò e di conseguenza anche la serata. Alla fine restò a palazzo solo la famiglia di Romeo, per discutere sul matrimonio che si sarebbe celebrato fra una settimana.
“Direi che sarebbe meglio suddividere i compiti, così da essere più organizzati!” suggerì mio padre.
“Voi donne guiderete la servitù nella scelta degli abiti e nella decorazione della sala, noi due invece penseremo al resto!” rispose il Conte Montecchi e tutti quanti annuirono.
La settimana dei preparativi passò velocemente, tutti i servi dei Montecchi  e i nostri servi si erano riuniti sotto la guida di mia madre, di Lady Montecchi e della nutrice, che faceva da portavoce tra la servitù e le nobil donne. Il Conte e mio padre badavano alle spese e agli inviti, parlarono con Frate Lorenzo il quale fu felicissimo di apprendere della celebrazione immediata delle nozze! A me e a Romeo toccava il compito di scegliere i testimoni…
“Giulietta ti va bene se il mio testimone sarà Benvolio?”
“Assolutamente si Romeo, è giusto che tu scelga tuo cugino…ti è sempre stato accanto dopotutto! Io non so proprio chi scegliere invece…non ho molte amicizie…”
“La tua nutrice?”
“Non posso, il testimone deve essere un nobile…”
“E se scegliessimo il Principe? È solo grazie a lui se possiamo celebrare la nostra unione!!!”
“Hai ragione…andiamo a chiederglielo!”
Informati i nostri genitori e preparata la carrozza, ci avviammo verso il castello di Villafranca…
 
Mercuzio
“Signore, chiedono di voi” disse il servo interrompendo l’assemblea che mio zio aveva indetto per parlare di certe questioni territoriali.
“Non vedi che sono occupato!?” rispose mio zio.
“Mi permetto di insistere poiché voi stesso mi avete ordinato di disturbarvi qualora fossero giunti qui Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti…”. All’udire quei nomi, mio zio ordinò ai presenti di lasciare la sala, fece rimanere solo me e Valentino. Il servo nel frattempo, aveva fatto entrare i due: Romeo entrò con un sorriso così sgargiante da far venire il voltastomaco e teneva per mano quell’ odiosa di Giulietta. Si, dopo del loro fidanzamento avevo iniziato a odiarla, la invidiavo con tutto me stesso…
“Principe Escalus” dissero insieme inchinandosi. Fantastico, adesso parlano come se fossero una sola persona!
“Cosa vi ha portati qui?” chiese mio zio sedendosi sul trono e sorridendo. Mio zio che sorride non è una cosa che si vede tutti i giorni.
“Stavamo scegliendo i nostri testimoni per le nozze e abbiamo pensato che tutto questo è possibile solo grazie al vostro intervento.” Iniziò a dire Romeo.
“Dunque… pensavamo che voi sareste un perfetto testimone…vi chiediamo umilmente di accogliere la nostra richiesta” concluse Giulietta. Mio zio li guardò muovendo la testa pensieroso, poi sorrise:
“Ma certo, vi farò contenti! C’è altro?”
“No signore, adesso andiamo a sistemare le ultime cose…grazie!” rispose Romeo e stava per andarsene quando si fermò:
“Mercuzio, potresti seguirmi fuori?”



 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Mercuzio

Richiusi il portone dietro di me e con la mano spostai i capelli dal mio viso per poterlo guardare meglio:
“Dimmi Romeo” mi rivolsi direttamente a lui, senza degnare di uno sguardo lei…
“Mi chiedevo se volessi essere il mio testimone…” disse poggiandomi il braccio sulla spalla e alzando gli occhi verso di me, essendo io più alto.
“Credevo che l’avresti chiesto a Benvolio…”
“Si pure lui riceverà la tua proposta…ma i testimoni possono essere due per sposo o sposa. Quindi i miei testimoni sarebbero Benvolio e tu e i testimoni di Giulietta il Principe e un altro da scegliere” concluse sorridendo alla fidanzata.
“Se così vuoi…allora accetto. Giulietta non ha nulla in contrario?” chiesi a lei sarcastico.
“Giulietta è d’accordo sulle scelte di Romeo” mi rispose per le righe. L’aria era diventata piuttosto pesante e Romeo se ne accorse e colse l’occasione per salutare e andare via con lei.
“Zio!” lo chiamai rientrando in sala.
“Nipote!” rispose imitando il mio tono.
“Come mai tutta questa benevolenza nei confronti di quei due?” chiesi acido. Valentino mi fissava incredulo.
“Se ti ricordi, ti avevo detto che non volevo problemi a causa della figlia del Capuleti che doveva scegliere un marito, visto che tra i prescelti c’eri tu e che potevi combinare qualche disastro in modo da adirare i Montecchi. Quindi, sono più contento che la cosa non ci abbia riguardato direttamente! La famiglia Della Scala ne è rimasta fuori, evitando possibili discordie.”
“Ora capisco…bè, preparati un abito adatto da testimone…” sentenziai.
“Perché tu no?” rispose.
“Come fai a saperlo?”
“Intuizione…e poi non per niente sono il principe!”

Tebaldo

Nonostante il mio odio per Benvolio, alla fine mi ritrovai a collaborare con lui per il matrimonio dei nostri cugini. Devo dire che, in fin dei conti, non è così insopportabile e con mia sorpresa ho scoperto che abbiamo molte cose in comune. Stavamo per recarci insieme dall’orefice per scegliere gli anelli per gli sposi, quando delle mani mi coprirono gli occhi, facendomi piegare all’indietro, Benvolio da parte sua rideva.
“Benvolio taci altrimenti dopo riderò io!”
“Ciao cugino mio!” disse Giulietta mollando la presa e abbracciandomi sempre da dietro. Mi girai e notai anche Romeo.
“Giulietta, piccola…Romeo…” salutai.
“Che ci fate qui?” chiese Benvolio.
“Siamo venuti qui per chiedervi un favore. Vorreste essere i nostri testimoni?” chiese Romeo.
“Certo che si, cugino. E lo chiedi pure!” rise Benvolio abbracciandolo.
“Aspetto una risposta, Tebaldo” disse Giulietta.
“Ti farò sapere” e le feci l’occhiolino. Poi raccattai Benvolio dalle braccia del cugino:
“Andiamo Montecchi: non si è mai visto un matrimonio senza anelli!” e salimmo a cavallo.
“Tebaldo!” mi chiamò Giulietta.
“Si?”
“Sai i miei gusti, non mi deludere!” le sorrisi e spronai il cavallo, inseguito da Benvolio. Finalmente arrivammo alla bottega dell’orefice, che appena mi vide entrare, spalancò gli occhi, neanche avesse visto un fantasma! Dietro di me, si fece spazio Benvolio e l’orefice scosse la testa per rinsavire: non si incontra un Capuleti a spasso con un Montecchi ogni giorno…
“Miei signori, so già il perché siete qui!” disse l’orefice.
“Bene allora facci vedere gli anelli più belli che hai!” rispose Benvolio, mentre io mi accomodavo su una seggiola vicino al bancone. L’orefice iniziò a poggiare sul banco casse, bauli e sacchetti, sembrava aver messo sotto i nostri occhi tutto quello che aveva nella bottega. Prese un cassetto alla volta e inizio a descrivere i vari anelli. Tutti banali! Non c’era una coppia di anelli all’altezza di Giulietta e Romeo… sbuffai pesantemente e mi alzai, lasciando Benvolio in balia di tutto quell’oro. Uscì sulla porta a prendere aria, alzai il viso e guardai il palazzo che si ergeva di fronte: molto semplice come stile ma con tanti dettagli particolari. E così ebbi un’ idea! Entrai dentro e spostai Benvolio dal banco:
“Sentite messere…avevo notato due anelli in oro con una linea ondulata centrale…”
“Si sono questi?” disse voltandosi alla sua destra e tirando fuori da una cassetta due fedi.
“Si proprio loro…si potrebbe avere un incisione?”
“Certo ragazzo mio!”
“Che idea hai?” chiese Benvolio confuso.
“Bene, su quello di lei voglio incisa una rosa e su quello di lui…uno scudo!” dissi all’orefice e spiegando allo stesso tempo a Benvolio.
“Saranno pronti adesso stesso!”
“Attendiamo allora” rispose Benvolio. Uscimmo dalla bottega e subito fui sbattuto al muro da Benvolio:
“Che diavolo hai appena fatto? Una rosa e uno scudo?”
“Senti un po’ Montecchi… i simboli scelti non li ho trovati a caso! Hanno un significato da associare agli sposi. Pensaci su, idiota!” ed entrai di nuovo dentro, lasciando Benvolio a bocca aperta davanti la bottega.

 

Giulietta

Chi avrebbe mai immaginato che i preparativi per un matrimonio siano così estenuanti! Fortuna che eravamo una famiglia numerosa e c’era stata la possibilità di dividerci i compiti. Oggi i sarti più bravi di Verona verranno a palazzo per iniziare a cucire il mio abito, dopo andranno a palazzo Montecchi per cucire l’abito di Romeo: spero solo che sia elegante! Forse potrei chiedere a una certa persona di aiutare Romeo…in fatto di eleganza non lo batte nessuno.

Mercuzio

“Mi stai chiedendo di aiutare Romeo nella scelta dell’abito?” dissi con un tono molto più alto del solito e puntandole un dito addosso.
“Ti prego, Mercuzio. In fatto di eleganza e raffinatezza non ti batte nessuno!” mi supplicò Giulietta. Sbuffai.
“Quando si comincia?” chiesi rassegnato.
“Dopo pranzo i sarti andranno al palazzo di Romeo, fatti trovare li mi raccomando” disse abbracciandomi. Stranamente, quel contatto non mi diede fastidio, mi ci ero quasi abituato a vederla sempre tra i piedi, ma questa volta dovevo ringraziarla: mi aveva servito un piatto che non potevo rifiutare… dopo averla riaccompagnata al palazzo, mi diressi verso la piazza del paese per passare un po’ di tempo con gli amici rimasti: Romeo e Benvolio, da quando erano state annunciate le nozze, non si facevano più vedere in giro poiché erano sempre presi da mille questioni!
“Mercuzio!” urlò un ragazzo del gruppo e mi fece cenno di raggiungerli.

 

Romeo

Dopo il pranzo, come previsto, erano arrivati i sarti: molto puntuali!
“Posso chiamarti con il tuo nome, Messer…?” chiese la giovanissima sarta che avevo davanti.
“Romeo, chiamami pure Romeo” dissi sorridendole.
“Bene Romeo, per prima cosa devo chiederti di allontanare tutte queste persone. Questo perché influenzerebbero le tue scelte e alla fine l’abito piacerà più a loro che a te!” mi spiegò con molta gentilezza. Subito allontanai tutti, mia madre compresa, e in quell’istante vidi arrivare Mercuzio, con aria trafelata.
“Eccomi, scusa il ritardo!” mi disse facendomi l’occhiolino. Quello era il segnale che poco prima si era intrattenuto con una “gentil donzella”…
“Fratello non puoi stare qui, la sarta…”
“No Romeo! Lui deve stare qui…è un ordine della vostra futura moglie” mi corresse la sarta.
“Dici bene, mia bella sarta. Giulietta stessa mi ha chiesto di aiutarti nella scelta del vestito. Non si fida dei tuoi gusti a quanto pare!” rispose Mercuzio sollevando un lembo della mia giacca per prendermi in giro.
“Va bene. Iniziamo allora!”
“Dunque” cominciò la sarta “ so che i colori dovranno essere quelli delle due famiglie. Perciò queste sono tutte le stoffe che possiedo. Decidetene una!” e aprì davanti a sé un sacco con un’infinità si pezzi di stoffa.
“Mercuzio aiutami sennò non ne esco vivo…” sussurrai all’orecchio del mio migliore amico.
“Scusami tanto dolcezza, potresti eliminare tutti i colori scuri? Non vogliamo che lo sposo sia scambiato per la morte in persona vero?” disse rivolgendosi alla sarta con il suo solito modo di fare. Per un attimo, dentro me, intuì una punta di… di…gelosia?
La sarta obbedì e dopo aver scelto il colore, iniziò a prendere le misure, sotto lo sguardo attento di Mercuzio.
“Chiedo scusa?” disse “ Ma per prendere le misure precise non dovrebbe togliersi gli abiti?”
“Il tuo amico non sbaglia Romeo, su spogliati” disse tranquillamente la ragazza che era intenta a tirare fuori le stoffe da abbinare a quella scelta. Un po’ imbarazzato, iniziai a togliere la giacca e il resto aiutato da Mercuzio…

 

Mercuzio

Dio, non ho parole per ringraziarti! Vedere le fattezze di Romeo è un conto, ma poterle toccare… la sua pelle scottava, forse per il caldo… quel ragazzino era venuto su davvero bene! Non mi ero mai soffermato sul fisico di un uomo, ho sempre guardato le donne. Ma con Romeo era tutt’ altra cosa: quando lo conobbi, mi ispirò subito curiosità, sentivo che per lui avrei fatto qualsiasi cosa e sarei stato qualsiasi cosa lui avesse voluto! Mi è capitato, di pensare di aver più volte fatto un torto a Benvolio, per via del mio essere protettivo nei confronti di Romeo. Dopotutto, lui ne ha più diritto di me essendo suo cugino e essendogli cresciuto affianco. Adesso arrivavo io e… e pretendevo di rubargli il posto! No, non voglio che sia così… e se non riuscirò a contenermi, sarò disposto ad allontanarmi da loro, da lui. Non mi posso permettere di rovinare i nostri rapporti!

 

Romeo

“Io… io devo andare…” mormorò Mercuzio, che finora aveva tenuto tra le mani la mia giacca e non aveva più proferito parola.
“Ma ancora mi serve il tuo aiuto!” lo supplicai restando immobile, per non rischiare di essere punto dall’ago della sarta.
“Ci vediamo Romeo…” e se ne andò lasciandomi li. Non mi aveva dato nessuna spiegazione, come ultimamente faceva! Da quando erano state benedette le nozze tra me e Giulietta, Mercuzio era cambiato con me: era freddo, scontroso, non mi sorrideva più, era ostile! E anche con Giulietta era diverso, potrei giurare che la odia adesso, quando prima aveva cercato di portarmela via! Era incredibile questa sua svolta!
“Romeo, che modello vuoi per la camicia?” chiese la ragazza che mi stava dinanzi sorreggendo una serie di disegni che mi fecero distrarre da quel pensiero.

 

Giulietta

La sarta era appena salita sulla sua carrozza e il cocchiere non ebbe neanche il tempo di scoccare le briglie che il cancello del palazzo venne attraversato da un cavallo bianco dalla lunga criniera. Su di esso, un uomo vestito di rosso, guardava fisso in avanti, non curante dell’aria che gli accarezzava la pelle… Arrivato davanti a me, che mi trovavo nel viale per salutare la sarta, scese con un balzo dal cavallo e pieno di sicurezza mi venne incontro e mi strinse fra le sue braccia: il forte odore di rose mi arrivò alle narici e si impossessò di ogni mio respiro.
“E tutto questo affetto a cosa lo dobbiamo Tebaldo?” chiesi ancora stretta a lui.
“Cerco di passare più tempo insieme a te, prima che tu lasci il palazzo…” si giustificò. Sorrisi inconsapevolmente. Si allontanò da me ed estrasse fuori dalla sacca della sella del cavallo una rosa bianca, tutta sbocciata che emanava lo stesso odore che poco prima mi aveva invasa.
“Per te” disse inserendo la rosa nella mia treccia, proprio all’altezza dell’orecchio.
“Grazie, ma io speravo di vedere qualcos’altro…” dissi stringendomi nelle spalle.
“Oh giusto!” e si portò le mani alla giacca da dove prese un sacchettino con dentro gli anelli. Me li poggiò sul palmo della mano e ne fui meravigliata!
“Bellissima l’idea dell’incisione, non sapevo che Benvolio fosse così ingegnoso!”
“Cugina, così mi offendi! L’idea è stata mia!” disse facendo il finto offeso.
“Oh grazie ancora cugino! Senti, ma allora hai deciso se essere il mio testimone?”
“Si piccola, tutto quello che vuoi. Io adesso devo andare, ci vediamo per cena.” E ripartì…

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


La Nutrice
Finalmente era arrivato il grande giorno! I servi correvano su e giù per addobbare il palazzo con fiori e drappi: la mia piccola aveva buon gusto!!!
Mi recai in camera sua per svegliarla. Aperta la porta le tende della finestra si spostarono per via dell’aria che entrava dalla porta e che si univa a quella della finestra aperta. Sulla mia destra un manichino indossava l’abito di Giulietta e intorno ad esso c’erano tutti gli altri accessori. Stavo accarezzando l’abito quando una mano si posò sulla mia spalla facendomi spaventare!
“Mia signora, mi avete fatto spaventare!”
“Tranquilla…volevo solo aiutarti con Giulietta. Non capiterà nuovamente questo momento” disse sorridendomi per nascondere la commozione.
“Certo…perché non la svegliate voi?” suggerì alla mia padrona che subito andò a scuotere dal sonno sua figlia.
“E’ il gran giorno figliola! Forza prepariamoci!” le dissi appena sveglia.
“Madre, non dovreste prepararvi anche voi?” disse lei confusa dal vedere sua madre li con noi.
“Prima tu, poi ci pensiamo a me” e così si alzò dal letto e fu raggiunta dalla figlia che, commossa da quel gesto inaspettato, abbracciò sua madre.
Una volta indossato l’abito e le scarpe, gli sistemai i lunghi capelli aiutata dalla madre, creando un’unica treccia centrale lasciata più morbida e decorata con tante perle. Poco dopo sua madre si assentò per poi tornare con uno scrigno.
“Giulietta, questa spetta a te. Ti ricorda quello che sei e le tue origini. Questa è la corona da Contessa.” disse e tirò fuori una bellissima corona di perle e rubini, che pose sul capo della figlia fissandola con dei nastri. Giulietta ancora incredula, si alzò per correre di fronte allo specchio e una volta visto il suo riflesso si portò le mani alla bocca, meravigliata.

 
Benvolio
“Forza cugino, giù dal letto. Hai una bellissima sposa che ti attende!” dissi togliendo le coperte da sopra il corpo di Romeo.
“Benvolio dai! Ho freddo”
“Ma se siamo in piena estate… muoviti tra poco arriveranno gli invitati!”.
Finalmente quel pigrone di Romeo lasciò il letto e si andò a lavare, io nel frattempo avevo sistemato l’abito confezionato dalla sarta sul letto, pronto per essere indossato!
“Benvolio, ci voleva questo bagno adesso mi sento pieno di forza!” disse mentre si asciugava.
“Risparmia questa forza per stanotte” dissi ironico ed entrambi scoppiammo in una fragorosa risata accompagnata da un abbraccio.
“Mi mancherai Romeo…” dissi finita la risata
“Anche tu…” rispose Romeo prendendo il mio viso tra le mani.
“Vecchio mio” continuò “ è ora che anche tu trovi una donna eh!” e poi mi lasciò stare per iniziare a vestirsi.
“Mi sono perso qualcosa?” disse Mercuzio entrando in camera.
“Il testimone non dovrebbe aspettare in chiesa?” chiese Romeo mentre allacciava la giacca.
“Diciamo che…volevo passare prima dallo sposo per dargli una cosa” e portò le sue mani verso la collana che teneva al collo, la tolse e avvicinandosi a Romeo, la adagiò intorno al suo collo. Decisi che era il momento di lasciarli soli, perché già da tempo avevo capito che Mercuzio aveva cambiato i suoi sentimenti per Romeo…

 
Mercuzio
“Grazie…” rispose Romeo meravigliato.
“Te la regalo. Così ti ricorderai sempre del tuo fratellone”
“Guarda che mi sposo, non sto partendo alla scoperta del mondo! Ti vedrò ogni giorno!!! Lo giuro” disse ridendo e mostrandomi quelle bellissime fossette che aveva sulle guance. Rimasi immobile a fissarlo, lui sembrò ricambiare. Per un attimo fui tentato di avvicinarmi a lui per accarezzarlo, ma non finì di pensarlo e già le mie mani stavano compiendo il percorso immaginato e si erano già posate sulle sue guance. Romeo non reagì, continuava a fissarmi…quasi come se volesse lasciarmi fare. A questo punto, lo avvicinai per abbracciarlo, e lui ricambio per l’ennesima volta.
“Romeo, non promettere cose che non potrai mantenere. Tu sarai impegnato a mandare avanti il tuo palazzo e a occuparti della tua vita con Giulietta…”
“Ma ci sarai anche tu e Benvolio in mezzo a tutto questo. Io non mi dimentico di voi… di te, particolarmente”
“Romeo… ricordati di me… ci sono anche io” gli ripetei.
“Mercuzio mio, non preoccuparti” e mi lasciò un bacio sulla fronte.

 
Frate Lorenzo
Gli invitati alle nozze iniziarono a prendere posto tra i banchi della chiesa, la famiglia di Romeo e quella del Principe erano appena arrivate. Il giovane sposo corse subito verso di me per abbracciarmi e ringraziarmi ancora per tutto quello che avevo fatto per lui. Mercuzio e Benvolio si erano accomodati sulla panca vicino al posto dello sposo. Poco dopo, il portone si aprì di nuovo, svelando le carrozze che avevano trasportato la famiglia Capuleti. Dalla prima scese il giovane Tebaldo, che stese la mano verso sua zia per poi attraversare insieme la navata e prendere posto. Dalla seconda carrozza scese il Conte che ripetè il gesto del nipote nei confronti della figlia. Lo stupore in chiesa fu grande: Giulietta ammaliò tutti! Camminava timorosa lungo la navata, sorretta dalla presa di suo padre. Giunti vicino a Romeo, il Conte la guardò intensamente con gli occhi lucidi e fece scivolare il braccio lontano da quello di Giulietta… la ragazza l’osservò andare al posto, lo fissò ancora sorridendogli debolmente e poi spostò lo sguardo su Romeo, che attendeva di spostare il velo dal suo viso.



Giulietta
“Mia adorata, non trovo le parole per descrivere la tua bellezza” mi sussurrò Romeo. Non si poteva dire il contrario di lui: indossava una camicia bianca a maniche larghe che si stringevano ai suoi polsi, lo ricopriva una casacca blu intenso che arrivava al bacino per dare spazio a dei calzoni bianchi. La vita era messa in evidenza da un cinturone largo e nero; non portava la spada per rispetto del luogo dove si trovava…salì di nuovo con gli occhi e al collo notai una collana familiare:
“Ma questa è…” dissi sottovoce
“Regalo di nozze di Mercuzio…”
“Fratelli” iniziò Frate Lorenzo.
 
Romeo
La cerimonia procedeva nel migliore dei modi. Mi guardavo intorno per riuscire a rilevare ogni tipo di emozione che esprimevano gli invitati: vi trovai gioia, serenità… finchè non incrociai lo sguardo di Mercuzio che stava alla mia destra, diviso da me solo da Benvolio. Il suo sguardo era vuoto, privo di emozioni. A me piace dire “ uno sguardo che vede ma non osserva”. Anche il resto del corpo non trasmetteva sentimenti: le labbra erano diventate una linea dritta, la mascella era semi contratta, la postura sorprendentemente rigida, proprio lui che non amava stare composto… allora tornai indietro con il pensiero e cercai di ricordare i momenti passati con Mercuzio dopo l’annuncio delle nozze e, ricordandomene, notai che furono attimi vuoti, costruiti da silenzi e infinita tristezza. Alla fine di questo ragionamento, posso affermare che Mercuzio è contrario alle mie nozze.
 

Giulietta
Cercavo di prestare attenzione alle parole del saggio e buono frate, ma sentivo su di me uno sguardo, che mi fissava senza mai stancarsi! Allora, lentamente rivolsi delle rapide occhiate a chi mi stava alle spalle: i miei genitori erano sereni, la mia nutrice piangeva per l’emozione, le ragazze che sempre mi aiutavano a prepararmi mi sorridevano contente! Alla mia sinistra stavano Tebaldo e il Principe, quest’ultimo notò il mio sguardo perplesso e indagatore e mi sorrise come per dire di stare tranquilla. Finalmente, alzando di poco lo sguardo arrivai a fissare Tebaldo, cogliendolo nell’atto di osservarmi. Il pesante sguardo che sentivo su di me è il suo! Continuai a sostenerlo cercando di fargli capire che un po’ mi stava irritando, e forse il messaggio arrivò perché immediatamente abbassò il capo, spostando l’attenzione sulla stoffa bianca che teneva in mano, dove era adagiato il mio anello nuziale. Un raggio di sole penetrò con prepotenza la vetrata che si trovava dietro l’altare, illuminando tutti i presenti e abbagliandomi per via del riflesso che emanava la spilla che chiudeva la giacca di Tebaldo. Distolsi subito lo sguardo, e fui colpita dal colore degli occhi di mio cugino: un celeste così chiaro e puro da sembrare trasparente, lucido come l’acqua…anzi erano proprio bagnati da alcune lacrime che, grazie alla luce, brillavano sulla sua guancia… Tebaldo non è mai stato felice di queste nozze.
 
Romeo
Finita la cerimonia, io e Giulietta salimmo su una carrozza scoperchiata e ricoperta di tulle bianchi, rossi e blu, che riprendevano in questo modo i colori dei fiori adagiati agli angoli di essa e di quelli che componevano il bouquet della mia sposa. Tutti gli altri ci precedevano sulle loro carrozze, avviandosi per le strade di Verona: il Principe aveva deciso che il nostro matrimonio sarebbe stato un affare che riguardava tutto il regno, poiché tutti dovevano sapere della pace che finalmente regnava tra le due famiglie. Finito il giro e raccolti gli auguri di tutta la gente accorsa nelle strade, percorremmo la strada che portava al palazzo che mio padre mi aveva donato come regalo di nozze, e dove avrei vissuto insieme a Giulietta. Tutto intorno a noi era in ordine e agghindato a festa, il salone dove avremmo consumato il pasto era illuminato da un’infinita serie di candele, essendo una stanza interna dove scarseggiava la luce del sole. Giulietta, dopo aver preso posto al tavolo d’onore, supplicò la balia affinché le togliesse la corona e il velo:
“Era pesante amore?” chiesi sedendomi alla sua destra.
“Quanto basta!” e si mise a ridere. Insieme osservammo gli invitati prendere posto ai vari tavoli e commentavamo ognuno di loro, a volte facendoci delle grosse risate! Con Giulietta è sempre tutto più bello e più divertente, non ci si annoia mai, anche perché lei sa come tenermi testa…
 

Giulietta
Per tutto il giorno si festeggiò il nostro matrimonio, era già l’ora del tramonto e ancora c’erano invitati che si stavano rimpinzando! Il mio stomaco aveva litigato con i pasti già da mooolto tempo prima…
“Vado dalla mia famiglia” dissi a Romeo prima di lasciare il nostro tavolo. Poco distante dal nostro tavolo c’era quello della mia famiglia, ma i miei genitori si alzarono per raggiungere delle loro conoscenze, lasciando Tebaldo, ancora seduto, da solo.
“Ehi” dissi sedendomi al suo fianco.
“Giulia…”
“In chiesa ho notato…” cominciai a dire incerta.
“So bene cosa hai visto!” mi interruppe bruscamente. Per un secondo indietreggiai, abituata ad avere paura di lui, ma poi mi feci più vicina al suo orecchio, visto che avevano iniziato a suonare.
“Tebaldo mi dispiace così tanto per te, deve essere davvero orrendo vedere la persona che più ti sta a cuore sposarsi con quello che fino a qualche giorno fa era il tuo più grande nemico.”
“Non ho bisogno del tuo dispiacere, Giulia. Sono abituato a soffrire…” e si alzò scappando verso il cortile. Decisa a finire il discorso con lui, sollevai la pesante gonna dell’abito e lo rincorsi…
Lo trovai appoggiato al pozzo, si rigirava tra le mani il pugnale come suo solito…
“Tebaldo…” quasi lo supplicai di voltarsi. Eravamo infatti, ai due lati del pozzo.
“Giulia” rispose guardandomi e avvicinandosi.
“Giulia, me lo avevi promesso…” sussurrò “…mi avevi promesso che mi avresti aiutato a non soffrire più. Ma alla fine, ti sei rivelata tu stessa la mia più grande sofferenza” concluse mentre una lacrima ripercorreva la sua cicatrice. In quell’istante mi sentì morire per via di un enorme macigno che mi stava schiacciando il petto, le gambe iniziarono a tremarmi, il fianco che aveva ospitato la mia ferita tempo fa riprese a bruciare, d’un tratto il freddo si impossessò di me… mi accasciai a terra, poggiando i palmi delle mani davanti a me. Iniziai a piangere…


Tebaldo
“Cosa hai?” la soccorsi inginocchiandomi.
“Sono distrutta…perché ho capito che ho sbagliato tutto. Se solo avessi avuto più tempo. Del tempo che avrei usato per capire me stessa…oggi ho fatto lo sbaglio più grande della mia insignificante esistenza”
“Tu non sei insignificante…”
“Insignificante no, ma sono spregevole. Sono la causa di ogni male, sono la rovina di voi ragazzi che mi siete corsi dietro per avere la mia mano. Vi siete affannati così tanto…e tutto perché eravate ciechi. Non vedevate il veleno dentro di me…era meglio per voi se morivate prima di conoscermi. Perché adesso, sono sicura che se commetto anche solo un'altra azione, sarà la fine per te, l’inganno cadrà sul mio matrimonio, su Romeo, e sulla mia famiglia…”
“Ma che dici? Stai delirando Giulia” la ripresi.
“Non mi credi? Vuoi vedere come tutto andrà in rovina? Bene Tebaldo, goditi il momento perché segnerà l’inizio della fine.” Detto questo, afferrò il colletto della mia camicia e con violenza mi trascinò a un soffio dalle sue labbra
“Ecco…adesso tutto andrà perduto” disse debolmente e si avvicinò ancora. Ormai avevo capito le sue intenzioni e i suoi sentimenti, era troppo tardi per evitare il peggio. Così mi rassegnai all’idea che veramente, da adesso in poi, tutto sarà solo un’ enorme bugia. Anche io mi feci più vicino a lei, la accolsi tra le mie braccia e ci scambiammo un intenso e tanto desiderato bacio.

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