L'Erede di Narnia

di _joy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** I ***


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Rosalind chinò il capo, contrita.
 
Ai suoi piedi, una pozza d’acqua andava allargandosi sul prezioso tappeto antico.
La bimba attorcigliò nervosamente tra le dita la stoffa dell’abitino delicato che indossava.
Davanti a lei, Dora sbuffò.
«Che disastro!» disse, seccata «Guarda cosa hai combinato!»
La bambina arrossì, mortificata, e mosse a disagio i piedini calzati di scarpine leggere.
L’acqua le aveva raggiunte e lei si stava bagnando, ma non voleva ammetterlo.
Dopotutto, era colpa sua.
 
Aveva rotto quel bel vaso prezioso, ma non lo aveva fatto apposta: si era solo protesa per toccare le foglie deliziose che ornavano la composizione floreale che sua mamma aveva preparato giusto quella mattina.
Era così bella.
Sua mamma aveva un vero talento nel creare cose belle e quel mazzo di fiori ne era un esempio.
E a lei piacevano così tanto…
Voleva solo guardarli da vicino.
Erano così profumati… aveva allungato una manina per sentire se erano delicati come sembrava, ma non aveva calcolato di non arrivare al tavolo.
Si era arrampicata su una sedia, ma la scarpetta di tessuto l’aveva fatta scivolare e lei, annaspando per tenersi in equilibrio, aveva urtato il vaso con il braccio e quello era piombato a terra e si era fracassato.
Il rumore aveva fatto accorrere Dora, che l’aveva bruscamente rimessa in piedi e ora la stava rimproverando, mentre raccoglieva i cocci.
 
«E non sciupare quel bel vestitino!» aggiunse la donna, seccamente «Tieni le mani a posto! Una principessa non si arrampica sulle sedie! Non rompe i vasi preziosi! E, soprattutto, non si rovina i vestiti!»
Rosalind arrossì ancora di più.
Ecco, quello sì che le dispiaceva tanto.
Si era comportata male e ora tutti avrebbero pensato di lei che non era elegante come la sua mamma né regale come il suo papà.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma la bimba si sforzò di trattenerle, per non aggiungere un’altra mortificazione alla sua giornata.
Le principesse non piangono: si comportano sempre con grande dignità.
Glielo aveva spiegato il dottor Cornelius, che era stato il maestro del suo papà.
Era un uomo buono e tanto vecchio, ma sempre gentile.
La adorava e Rosalind gli voleva un gran bene a sua volta.
Inoltre, il papà e la mamma lo rispettavano molto e questo lo rendeva ai suoi occhi ancora più importante.
Ormai usciva poco dalla sua stanza, perché faceva tanta fatica a camminare e soprattutto a fare le scale, ma Rosalind andava spesso a trovarlo.
A volte ci andava con papà e quelle erano le visite che preferiva, perché lui si sedeva per terra vicino a lei e per un po’ non era il re di Narnia ma un giovane che rideva spensierato, non si curava dell’etichetta e parlava con lei e la coccolava.
Rosalind adorava quei momenti.
Certo, se poteva esserci anche la mamma era ancora più perfetto, ma papà era quello che, dei due, aveva meno tempo e a lei mancava tanto.
Lo voleva sempre con sé.
La mamma le spiegava sempre che anche papà voleva passare con lei tutto il suo tempo, ma aveva dei doveri verso Narnia e, a volte, per quanto difficile, il dovere ci tiene lontani dalle cose che amiamo di più.
Lo diceva anche Cornelius e Rosalind cercava di accettarlo e di non far pesare al papà quei suoi pensieri egoisti, perché non voleva dargli un dispiacere.
Gli voleva così tanto bene, era il suo eroe!
Cosa avrebbe pensato di lei, il suo papà, se l’avesse vista ora, in disordine e bagnata e dopo aver combinato quel disastro?
 
Come se i suoi pensieri le avessero giocato un brutto tiro, dalla porta si udì una voce maschile ben modulata:
«Cos’è successo qui?»
Rosalind si strinse nelle spalle, spaventata, mentre Dora si rialzava e subito sprofondava in una riverenza.
«Maestà…» esclamò, affannata «Non vi ho sentito arrivare!»
Caspian entrò nella stanza, gli occhi scuri che registravano i dettagli: Dora con le mani piene di cocci, i fiori sparsi a terra sul tappeto fradicio e sua figlia che si faceva piccola piccola in un angolo.
Si soffermò con lo sguardo sulla bambina, per assicurarsi che non si fosse fatta male.
Intanto Dora – che pur essendo scorbutica adorava Rosalind, come tutti al castello – continuò:
«Ecco… C’è stato un piccolo incidente, Maestà, ma non è il caso di parlarne e…»
«No» la interruppe una vocina.
Sia la donna che il re guardarono la bimba.
Lei arrossì sotto il peso dei loro occhi, ma raddrizzò le spalle e balbettò:
«È… è colpa mia! Sapevo che non dovevo toccare i fiori ma erano così belli e… e volevo solo… Mi dispiace! Chiedo perdono…»
Caspian fissò le labbra di sua figlia che tremavano per lo sforzo evidente di non piangere e sentì una stretta al cuore.
Si accovacciò sui talloni e le tese le braccia.
Lei esitò solo un attimo, poi si tuffò verso di lui.
Il re la abbracciò mentre la piccola gli stringeva tra le manine la stoffa della camicia e seppelliva il viso nel suo petto.
«Ehi, ehi» mormorò, accarezzandole i capelli «Amore mio, calma, non piangere»
Lei singhiozzava piano e lui si alzò in piedi, tenendola tra le braccia.
«Ehi, Roz» le disse ancora «Ti sei fatta male? Non piangere, tesoro»
Lei gli cinse il collo con le braccine ma non rispose.
Caspian interrogò con gli occhi Dora e la donna sembrò imbarazzata.
«Ecco, Altezza… è vero che ho sgridato la Principessa, però non volevo…» farfugliò.
 
Il Re mosse qualche passo, prendendo a cullare la figlia come faceva quando era piccola e si svegliava di notte in preda a un incubo o quando stava male ed era irrequieta.
Malgrado la bambina fosse vivace e iperattiva, la sua presenza sembrava sempre calmarla.
Caspian adorava occuparsi di lei.
La nascita di Rosalind aveva cambiato la sua vita.
Con Hermione aveva trovato l’amore, la sua compagna per sempre, e la loro bambina aveva ulteriormente accresciuto il loro rapporto.
Era un idillio, ogni giorno.
Per Hermione e Rosalind, Caspian avrebbe fatto qualsiasi cosa.
La devozione delle sue donne era la linfa che lo spingeva a dare il meglio di sé, come uomo e come sovrano.
Le insicurezze del passato erano state cancellate dall’amore: di sua moglie, di sua figlia, di Aslan e del suo popolo.
Caspian era felice come non mai, ora che sapeva che nella sua vita non c’era solo dovere: c’era molto, molto di più.
 
Ora, mentre Dora tendeva le braccia chiedendogli con lo sguardo se non voleva affidare a lei la principessa, lui scosse il capo.
Non avrebbe mai lasciato in braccio ad altri la sua piccola in lacrime.
Camminò verso il tavolo con Rosalind in braccio e la mise seduta sul piano di legno lucido, poi si abbassò per essere all’altezza di lei.
I loro occhi si incontrarono: quelli nerissimi di lui e quelli appena più chiari della bambina.
Rosalind fondeva in modo squisito i tratti suoi e quelli di Hermione: aveva il viso dolce della mamma, con le sue lentiggini e il naso delicato, ma le labbra carnose, gli zigomi e il taglio degli occhi profondi erano del padre.
I capelli erano ricci e scuri, ma non crespi come quelli di Hermione: soffici e setosi, si arrotolavano in boccoli naturali che le scendevano appena sotto le spalle.
Quando Hermione spazzolava la chioma della figlia era solita dire che per fortuna la piccola non aveva ereditato “il suo cespuglio di rovi”, sebbene il marito e la figlia adorassero entrambi i suoi capelli.
 
Caspian cancellò con un dito le lacrime che rigavano le guance piene della bambina e le ravvivò i capelli con una carezza.
Rosalind tirò su con il naso con aria seria.
Le labbra del re fremettero per un sorriso.
«Allora, mia principessa» le disse, serio «Perché piangi?»
«Non volevo rompere il vaso» bisbigliò lei, mortificata «Dora mi aveva detto di non toccarlo e adesso è arrabbiata con me»
«Roz, Dora si è spaventata perché potevi farti male. E mi sono spaventato anche io, sentendo il rumore»
«La mamma aveva preparato i fiori…» fece la bambina, tristissima, guardando il disastro che aveva combinato.
«Alla mamma importerà solo che tu non ti sia fatta male, amore. Il problema non sono i fiori… Ma come hai fatto a prendere il vaso?»
«Sono… salita sulla sedia» bisbigliò lei, guardando preoccupata il padre «E sono scivolata e allora… ho toccato il vaso e l’ho fatto cadere»
«Roz» fece serio Caspian «Non voglio che ti arrampichi sulle sedie, proprio perché puoi cadere e farti male! E i cocci del vaso sono taglienti… ti sei ferita?»
Lei scosse il capo.
«Sicura? Ti sei fatta male cadendo?» chiese lui, osservandola attentamente.
Altro cenno negativo della bambina.
«Mi dispiace papà… scusa se sono cattiva e gof..goffa» articolò lei.
Caspian batté le palpebre e Dora sbuffò.
«Macché goffa!» esclamò la donna «È che io a volte dico cose che non penso, ma perché un caratteraccio! Lo sapete, Altezza!»
Caspian annuì: sapeva che la donna era fedele e adorava la piccola, anche se non poteva fare a meno di atteggiarsi a burbera.
Del resto, correre dietro a Rosalind non era impresa da poco.
Sollevò la bambina tra le braccia, dicendole serio:
«Tu non sei cattiva né goffa, amore mio. Ma non fare più spaventare Dora, va bene?»
Lei annuì.
«Me lo prometti?»
Altro cenno.
«Sei arrabbiato, papà?» chiese poi timidamente Rosalind.
«No, amore, no»
La bimba gli sorrise e due fossette apparvero sulle sue guance.
«Sei bagnata» osservò Caspian «Devi cambiarti... La mamma ci ucciderà se ti ammali»
Lei ridacchiò, stringendo le manine attorno al collo del padre.
«Chiedi scusa a Dora, prima che andiamo» fece lui.
Rosalind tornò subito seria.
«Scusa, Dora»
La donna le diede un buffetto su una guancia.
«Va bene, scimmietta, non preoccuparti» rispose.
Non voleva vedere la sua bambina piangere, sebbene fosse convinta che il carattere ribelle della piccola andasse un po’ contenuto… per la sicurezza stessa della bambina, se non altro.
«Roz, tieni però presente che adesso Dora ha del lavoro in più, perché deve sistemare qui» intervenne Caspian «E non è giusto, tesoro, lo capisci vero?»
Rosalind arrossì, mortificata.
«Ti aiuto io, Dora?» propose, timida, e suo padre e la donna risero.
«Perché ridete?» chiese la bambina perplessa.
Il re le baciò la fronte.
«Scusa, amore, non dovevamo. Sei stata molto gentile ad offrirti, vero Dora?»
«Certo, bambina mia» confermò «Ma non è il caso! Vai a cambiarti prima di prendere freddo, piuttosto!»
Rosalind fece un sorriso al padre.
«In braccio a papà?» chiese, timida.
Caspian sorrise e poi, improvvisamente, la lanciò in aria.
Rosalind strillò, deliziata.
Dora invece gemette:
«Ah, Maestà, mi farete morire! Insomma! Vi sembra il caso di lanciare la principessina in aria come se fosse un giocattolo?»
Ma sia Caspian che la bambina ridevano, complici, per cui Dora se ne andò sbuffando alla ricerca di secchio e scopa.
 
Qualche minuto dopo, Caspian entrò nelle stanze reali con in braccio Rosalind.
Attraversò il salotto privato pensando, come gli accadeva spesso, che quella stanza era molto cambiata negli ultimi anni.
C’erano molti più scaffali pieni di libri, segno tangibile della presenza di Hermione, e tra i tomi narniani facevano bella mostra di sé volumi di Storia della Magia, Antiche Rune e Aritmanzia.
Caspian ricordava ancora quando, una notte, si era svegliato senza Hermione nel letto accanto a sé, si era alzato e aveva trovato la moglie che allattava la bambina e, contemporaneamente, leggeva un tomo di Aritmanzia.
“Per rilassarsi”, gli aveva spiegato lei.
Di Hermione, Caspian amava anche il fanatismo accademico, per cui la lasciava fare.
E il castello aveva iniziato a rispecchiare i gusti della sua padrona.
Hermione aveva aperto tutte le stanze e dato nuova vita a Cair Paravel.
Narnia, sotto la guida dei suoi sovrani, era rinata.
Il mondo incantato aveva accettato la nuova regina, proveniente da un mondo lontano, per amore del suo re e Aslan aveva benedetto l’unione dei due sposi.
Rosalind era la prova dell’amore di Aslan, che era rimasto al fianco di Caspian anche nella dura prova dell’esilio e della lotta contro Lilliandil e Ramandu.
Rosalind era il segno che Aslan aveva benedetto l’amore tra Caspian e Hermione e Narnia aveva accolto con gioia infinita la principessa, erede al trono per volere del grande Leone.
 
Ora, Hermione sedeva di fronte alla specchiera, mentre una cameriera terminava di acconciarle i capelli in una treccia elaborata.
La Regina sorrise ai nuovi arrivati.
«Caspian, Roz! Ciao, amori miei»
Rosalind tese le braccia alla madre, ma Caspian scosse il capo.
«Niente da fare, piccola» le disse «Finché non ti sarai asciugata, niente baci alla mamma. Si è appena vestita e noi non vogliamo sporcarla, vero?»
Hermione aggrottò la fronte.
«Ti sei bagnata, tesoro? Come mai?»
Caspian minimizzò la questione:
«Un piccolo incidente con un vaso»
Rosalind, però, era meno tranquilla.
Sì, papà non si era arrabbiato… però i fiori li aveva sistemati la mamma. E poi l’aveva anche vestita così bene e lei ora era bagnata e sgualcita…
«Ti sei fatta male?» chiese Hermione alla figlia.
Lei scosse il capo, però poi guardò il padre con occhi imploranti.
Lui, ovviamente, non riuscì a resisterle.
«Non si è fatta nulla, ma temo che dovremo ritardare un attimo l’uscita… Sua Altezza deve cambiarsi, vero, amore?»
Rosalind guardò la madre.
«Dora ha detto che le principesse non si stoppiciano i vestiti» farfugliò.
«Stropicciano» la corresse Hermione, sorridendo «E… bè, immagino che qualcuna lo faccia. Tipo me e te»
Le strizzò l’occhio ma la figlia rimase seria.
«Mamma… Ho rotto il vaso… quello bello, con i fiori dentro»
«Oh» Hermione guardò Caspian, che fissava la figlia, orgoglioso per quella confessione coraggiosa.
«Bè, poco male. È solo un vaso… Tu ti sei fatta male? Ti sei spaventata tesoro?»
«No, ma papà ha detto che ho dato del lavoro in più a Dora»
Hermione si alzò e si avvicinò al marito.
«Papà ha ragione, tesoro… Ma sono sicura che ti dispiace e che non lo farai più, giusto? Non è bello caricare la povera Dora di altri pesi»
Rosalind annuì, serissima.
Caspian la mise a terra e Hermione la prese per mano, conducendola verso la porta che dava sulla stanza della bambina, attigua a quella dei genitori.
«Maestà, volete che pensi io alla principessa?» si offrì la domestica.
Hermione ringraziò ma scosse il capo: lei e Caspian cercavano di passare più tempo possibile con Rosalind e accudirla personalmente.
Gli impegni legati al governo del regno portavano via loro molto tempo e Hermione, all’inizio, era terrorizzata all’idea di non essere una madre responsabile, poiché non dedicava alla figlia tutto il suo tempo.
Caspian, dal canto suo, le aveva sempre detto che era cresciuto con un padre distante e devoto al regno e lei non aveva intenzione di fare lo stesso; lo aveva messo subito in chiaro.
Il marito si era detto d’accordo immediatamente: amava Rosalind alla follia e per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Così, la coppia si aiutava, si sosteneva e si divideva i compiti, cercando di bilanciare dovere e piacere.
Ora, Hermione spogliò la figlia e la rivestì con un nuovo abito, sui toni del verde pallido, mentre Caspian si cambiava rapidamente.
Quindi, il re le raggiunse mentre la moglie spazzolava i capelli di Rosalind e li tirava indietro, scoprendo il viso.
Roz si rimirava nello specchio, felice.
Quando suo padre entrò gli fece una riverenza e lui rise, poi si avvicinò per darle un bacio.
Lei tese subito le braccia per farsi sollevare.
Al sicuro nell’abbraccio del padre si preparò a gustare il pomeriggio.
 
*
 
Fu una lunga cerimonia.
 
Narnia festeggiava il raccolto e ringraziava Aslan per la prosperità concessa alle sue terre, che erano in ripresa dopo la tragica incursione di Lilliandil e della sua armata nei confini.
La famiglia reale presenziava e, schierati dietro i sovrani, erano i Lord, i comandanti dell’esercito e della flotta reale, i notabili del regno.
Rosalind, in braccio a Caspian, si sforzava di essere paziente, proprio come si conveniva a una principessa… Ma che noia!
Dopo essersi guardata attorno per un po’, felice dell’attenzione che si catalizzava su di lei, la piccola iniziò ad annoiarsi seriamente.
«Mamma» piagnucolò, mentre il padre intratteneva due dei suoi consiglieri.
Caspian voltò subito il capo, sentendo il richiamo della figlia, ma Hermione si fece avanti.
«Vieni, tesoro» disse «Lasciamo papà discutere di politica e noi facciamo due passi, che ne dici?»
Caspian mise la bimba per terra, abbassandosi sulle ginocchia per darle un bacio.
Baciò quindi Hermione e rimase a guardare le due figurette che, mano nella mano, scendevano la scalinata che portava al cortile interno del palazzo.
 
Un corteo di guardie e notabili seguì la regina e la principessa, che si fermarono a parlare e a salutare gli abitanti di Narnia affollati nel piazzale.
Gli animali parlanti affascinavano ancora la bambina, soprattutto da quando sua mamma le aveva raccontato che dove era nata lei, sulla Terra, gli animali non parlavano.
Sì, perché sua mamma era una strega ed era arrivata a Narnia per caso, grazie a un passaggio in un armadio custodito nella scuola di Magia e Stregoneria che frequentava, un posto che a Rosalind sembrava quanto mai affascinante e che rispondeva al difficilissimo (per lei) nome di Hogwarts.
Anche suo papà era stato a Hogwarts, quando era scappato da Lilliandil che cercava di conquistare Narnia.
Lì aveva trovato la mamma, grazie ad Aslan, che per salvarlo dal potere malvagio dei suoi nemici lo aveva mandato al sicuro, in un altro mondo.
Pur essendo molto piccola, Rosalind non si stupiva dell’esistenza della magia: Narnia era magia e ovviamente anche la sua mamma era magica, lei non ci trovava proprio nulla di strano… Anzi, si stupiva sempre quando le raccontavano che, al suo arrivo a Narnia, Hermione era stata imprigionata.
Rosalind sognava di vedere la Terra, di conoscere i suoi nonni e gli amici carissimi della mamma e del papà: sapeva che a sua madre quel mondo lontano mancava immensamente e lei sembrava animata dallo stesso ardore materno.
Aveva iniziato prestissimo a chiedere ai genitori di portarla a Hogwarts, ma aveva smesso quando papà le aveva spiegato che alla mamma mancava tanto quel mondo lontano e loro due dovevano cercare di non intristirla parlandogliene troppo.
Eppure, malgrado il desiderio di far felice papà, nessuna favola placava Rosalind quanto i racconti della lontana Terra.
 
Ora, la bambina rideva e parlava con tutti i sudditi adoranti che le si avvicinavano, salutavano la Regina, volevano ammirare da vicino l’erede.
Dolce e spontanea di natura, sebbene molto piccola, Rosalind non era mai stata schiva o piagnucolona e i genitori erano molto orgogliosi di lei.
Suo papà la chiamava “la mia piccola dama” e lei era felice di essere amata e coccolata dai genitori e dal castello intero.
Dopo un po’, Hermione la portò all’interno, preoccupata che si stancasse troppo.
Caspian rimase a presenziare alle varie cerimonie, mentre la moglie faceva il bagno alla figlioletta e poi le dava la cena e la metteva a letto.
La sera era previsto un banchetto e Hermione iniziava a sentire la stanchezza mentre, china sul letto di Rosalind, le rimboccava le coperte.
«Io…io…Vengo a cena con te» sbadigliò la piccola, con gli occhi quasi chiusi.
Hermione sorrise.
«No, amore mio: è ora di dormire, sei stanchissima»
«Non sono stanca»
«Sì, invece»
«Come lo sai?»
La madre ridacchiò.
«Basta guardarti, tesoro! Dai, dormi: se fai la brava ti racconto di quella volta che io e Harry abbiamo liberato l’Ippogrifo Fierobecco dall’orto di Hagrid»
Rosalind sorrise e strinse la mano della mamma, chiudendo gli occhi.
 
Quando Caspian entrò, in punta di piedi, Hermione si stava alzando dalla poltrona imbottita, mentre la voce sfumava in un bisbiglio e le mani sistemavano le coperte attorno alla bambina.
La regina soffiò sulle candele e la stanza piombò nella semi-oscurità: le tende erano aperte perché a Rosalind piaceva vedere la luce della luna, se si svegliava.
Caspian le tese la mano e, insieme, uscirono accostando la porta.
Hermione sospirò e si massaggiò il collo.
Il marito si mise alle sue spalle e le circondò la vita con le mani.
«Sei stanca, amore?»
«Un po’. Soprattutto, Roz inizia a pesare davvero tanto»
Lui posò le labbra sulla pelle candida del collo, facendole solletico con la barba.
«È ogni giorno più bella, vero?» bisbigliò, orgoglioso.
Hermione chiuse gli occhi e annuì, abbandonandosi contro il corpo solido del marito.
«Peccato la cena…» mormorò, appassionata «Vorrei soltanto stare un po’ con te… Non siamo praticamente mai soli»
Lui sospirò.
«Non dirmelo. Però… ti propongo un patto: se questa sera sopporti la cena, domani lasciamo Rosalind a palazzo e andiamo a fare una gita io e te, da soli»
Hermione intrecciò le dita a quelle di lui.
«Promesso?»
«Promesso» bisbigliò Caspian, provocandole un brivido delizioso lungo la schiena.
Dopo un attimo, lei si sciolse dall’abbraccio, sospirando.
«Allora prepariamoci… Così domani arriva prima»
Lui rise e si sfilò la camicia.
Si diresse all’armadio, rovistando tra gli abiti, e quando si voltò si accorse che la moglie lo fissava, trasognata.
«Tutto bene?» domandò, perplesso.
«Sì…» rispose lei «Anzi… più che bene»
Lui aggrottò la fronte e lei gli tese le mani.
«Vieni qui» disse «Devo dirti una cosa»



***
Non dovrei assolutamente essere qui...
Non dovrei, davvero, perchè ho altre due storie aperte (Esprimi un desiderio, fandom Ben Barnes:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3003709&i=1  e Ragione e sentimento, crossover Harry Potter/Ben Barnes: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2908749&i=1) e in più questi sarano mesi di fuoco al lavoro, per cui iniziare una nuova avventura è - come dire - rischioso in termini di puntualità degli aggiornamenti.
Eppure Caspian e Hermione mi mancano molto... E dai bellissimi messaggi che ricevo so che mancano anche a voi!
Per cui ho pensato di fare così: se non pensate che sia troppo lento e dispersivo, potrei postare un capitolo ogni due settimane, che ne dite?
Se ritenete che sia difficile seguire una storia con aggiornamenti così dilazionati ditemelo e rivedrò il programma!
Per ora grazie di cuore di non esservi dimenticati di Caspian e di Hermione!
Vi adoro!
Joy

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Capitolo 2
*** II ***


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Quella mattina, quando si svegliò, Rosalind si alzò da sola e, sfregandosi gli occhi assonnati, si diresse alla porta della sua stanza ed entrò in quella dei genitori.
 
Li trovò già svegli, seduti a letto e abbracciati, che parlavano a voce bassa.
Entrambi si interruppero, vedendola, e sorrisero.
Caspian spinse indietro le coperte e scese dal letto per prenderla in braccio e portarla tra le coltri, dove lei si rannicchiò felice.
Ormai, i genitori avevano imparato che non potevano più restare senza vestiti, visto che non si sapeva mai se la figlioletta avrebbe fatto irruzione in camera loro e quando.
Hermione le accarezzò i capelli.
«Hai fame, tesoro?» chiese.
«Sì» rispose la bambina, sbadigliando.
La mamma si chinò a baciarle la testolina scura e il papà prese entrambe tra le braccia.
Hermione chiuse gli occhi e sospirò, al settimo cielo.
Caspian baciò teneramente la fronte della moglie, quindi si rivolse alla bambina:
«Roz, abbiamo una cosa da dirti e vogliamo dirla a te prima di tutti»
La piccola lo guardò, curiosa.
«Un segreto?» chiese.
Lui annuì, serio.
«Allora non posso dirlo a nessuno?»
«Esatto»
Rosalind ci pensò su.
«Va bene, dimmi»
Il re le sorrise.
«Tra un po’ di tempo avrai un fratellino o una sorellina, amore mio»
Rosalind sgranò gli occhi.
«Davvero?» si entusiasmò.
 
Tanti bambini, al castello, avevano fratelli o sorelle e quindi avevano sempre compagnia.
Rosalind era la più sola, perché essendo la figlia dei sovrani era sempre guardata a vista dai domestici, che non le permettevano mai di avventurarsi nei giochi e nelle esplorazioni più rischiose.
Ma se avesse avuto un fratello o una sorella…
 
«E quando?» chiese ancora la piccola.
«Tra qualche mese» rispose il padre.
Caspian allungò una mano per posarla sulla pancia di Hermione, che disse:
«Sai, tesoro, sia io che papà non abbiamo avuto fratelli o sorelle… Ma vogliamo che per te sia diverso. Avere un fratello significa avere qualcuno che ci sarà sempre, per te»
«Come voi» commentò la piccola, ragionevole.
«Certo, ma con un fratellino o una sorellina potrai giocare di più, parlare di segreti… Cose che a mamma e papà non dici, magari…»
Rosalind parve riflettere.
«Come quando Briscola mi regala i biscotti di nascosto? Un segreto così?»
I genitori risero.
«Quelli che vorrai, tesoro» disse Hermione «Però ricordati che un fratellino sarà anche una responsabilità: dovrai volergli bene e proteggerlo e stare sempre attenta che stia bene. Perché tu sarai la sorella maggiore e quindi lui o lei cercherà sempre te, come modello, per avere aiuto. Te la senti?»
Sorella maggiore.
Suonava benissimo per la piccola Rosalind, che era la bimba del castello.
Annuì vigorosamente.
Caspian le baciò la testa.
«Sappiamo che ci aiuterai e ci fidiamo tantissimo di te, tesoro»
Lei fece un sorrisone e poi chiese:
«Dov’è il fratellino? Quando arriva?»
Caspian accarezzò con la mano la pancia della moglie.
«È qui, tesoro. Dove eri anche tu prima di nascere»
Rosalind guardò perplessa la pancia della madre.
«Ma lì non ci sta il fratellino… è piccolissimo allora!»
«Poi cresce… E quindi anche la pancia della mamma crescerà»
«Oh» Rosalind si ricordò di alcune signore che giravano per il castello, con delle pance grandissime.
In effetti, la mamma le diceva che aspettavano dei bambini.
«Ma il fratellino ci va a…a… Guarts
“Guarts” era il suo modo di pronunciare la parola “Hogwarts”.
Hermione sospirò.
«No, piccola. Il fratellino sta qui con noi, qui a Narnia»
«Allora, sei contenta principessa?» chiese Caspian.
Rosalind annuì.
«Tantissimo!»
 
*
 
Ed era vero, era molto contenta.
 
Per qualche giorno andò in giro felice e soddisfatta, sapendo che i suoi genitori avevano rivelato solo a lei una notizia così importante e sentendosi grande e fortunata.
Poi, Hermione iniziò ad accusare i primi sintomi della gravidanza e Caspian cercò di annullare gli impegni di lei e ridurre i suoi, in modo da starle vicino.
E, per Rosalind, significava vedere molto di più il papà e questo la rendeva felicissima, anche se la mamma stava molto a letto e non riusciva tanto a giocare con lei.
La bambina aveva associato questo stato di cose alla futura nascita, quindi quando si accorgeva che la madre era a letto, oppure si sedeva sofferente, correva da lei e le bisbigliava:
«Mamma… segreto, segreto!»
Alla fine, visto che Hermione era abbastanza provata, Caspian annunciò la lieta novella al Consiglio dei Lord. Sua moglie preferiva aspettare, ma lui non voleva vessarla con i doveri di palazzo e quindi ordinò tassativamente che fosse lasciata a riposo.
Di lì, ovviamente, la notizia si diffuse e, ben presto, Cair Paravel gioì per la consapevolezza che i sovrani avrebbero avuto un secondo bambino.
E Rosalind era al centro dell’attenzione.
Tutti le porgevano complimenti e felicitazioni come non mai perché sarebbe stata la sorella maggiore, avrebbe avuto nuove responsabilità e gioie.
 
Poi, un giorno, mentre con sua mamma si stava recando fuori per una passeggiata, la moglie di uno dei notabili di palazzo le incrociò e si fermò a parlare con la Regina:
«Che cara piccina che è vostra figlia, Maestà! Così adorabile! Sono sicura che non sarà gelosa del bambino che nascerà… Sarebbe terribile, sapete, ma spesso i bambini si vedono messi da parte per via delle attenzioni che i genitori riservano al nuovo nato!»
Hermione aveva sorriso e aveva risposto che Rosalind era felicissima dell’arrivo di un fratellino e che non le sarebbero mai mancati, da parte dei genitori, affetto incondizionato e comprensione.
La signora si era affrettata a scusarsi e si era allontanata; a Rosalind era sembrata molto sciocca e anche sua mamma l’aveva liquidata velocemente.
«Cosa vuol dire gelosa, mamma?» aveva chiesto, perplessa.
«Tesoro, la gelosia è un brutto sentimento» aveva risposto Hermione «Vuol dire che hai paura di perdere qualcosa che ritieni tuo… Ma pensa sempre, Roz, che l’amore non è un oggetto che prendi o togli come vuoi, è qualcosa che hai nel cuore e da lì non se ne va mai. Mentre chi è geloso spesso diventa cattivo, porta rancore… e non è una bella cosa!»
«Ma… lei voleva dire che se arriva il fratellino tu e papà non mi volete più bene?»
Hermione si inginocchiò davanti alla figlia.
«Amore, ma secondo te io e papà potremmo non volerti più bene? Potrà mai venire un giorno così? Tu sei la luce delle nostre vite!»
Rosalind sorrise e abbracciò la mamma.
«Anche io voglio tanto bene a te e papà. E anche al fratellino»
La Regina le accarezzò i capelli.
«Lo so, amore mio. È un bambino molto fortunato ad avere te come sorella!»
Rosalind sorrise, rassicurata.
 
*
 
Eppure, quelle parole incaute erano destinate a tornarle in mente.
 
Una settimana dopo, in un’assolata mattina, Rosalind stava correndo per il corridoio, inseguita da un’affannata Dora, in cerca della madre, per chiederle di uscire in giardino a giocare.
Fece irruzione nel salotto privato reale, quindi si diresse verso la camera da letto.
«Mamma, mamma!» urlò.
La stanza era in penombra e la Regina era distesa a letto.
Rosalind non stette a chiedersi come mai, oltre al padre, fosse presente anche il medico di Corte e fece per arrampicarsi sul letto, come era sua abitudine.
Ma, stavolta, Caspian la prese tra le braccia e la allontanò dal letto.
Lei rise e strillò, ma lui le coprì la bocca con una mano, delicatamente, e la portò fuori dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
Nel salotto, mise la bambina a terra e si inginocchiò per essere alla sua altezza.
«Roz, la mamma non sta bene oggi» le disse «Non può venire a giocare, tesoro»
Rosalind mise il broncio.
«Ma io voglio andare in giardino con la mamma!»
«Lo so, piccola, ma oggi non è possibile»
«Allora vieni tu con me, papà?»
Caspian le accarezzò la guancia.
«Tesoro, purtroppo non posso. Devo ricevere un ambasciatore da Calormen e vorrei stare con la mamma finché non sta meglio…»
«Sto con voi anch’io!» lo interruppe lei.
«Roz, la mamma ha bisogno di dormire… Cerca di capire, tesoro…»
Ma Rosalind lanciò uno strillo insoddisfatto.
Dora si affrettò ad intervenire:
«Dai, scimmietta, ti porto io in giardino! Possiamo raccogliere i fiori e…»
«Voglio la mamma!» urlò la piccola «Mamma!»
Caspian cercò di calmarla e in quel momento il medico di corte uscì dalla stanza.
Il Re si alzò subito, trattenendo per mano la figlia che già faceva per lanciarsi nella camera.
«Come sta Sua Maestà?» domandò, ansioso.
«Mio Re, purtroppo le prime fasi di una gravidanza sono delicate e non c’è modo di alleviare il disagio della Regina… Ma lei è forte, Sire, quindi lasciatela riposare e non forzatela a mangiare se non vuole»
«Ma il bambino…»
«Sire, non c’è nulla che faccia pensare a un pericolo, ma purtroppo le nausee non sono contenibili in alcun modo. Dobbiamo fidarci di Sua Altezza e della sua assennatezza: se dice che non ha fame, aspettiamo che passi questo momento di debolezza»
«Ma sta bene?»
«Sì, mio Re. Ma ripeto: sono momenti delicati… Capisco che non vogliate vederla soffrire, ma non c’è medicina che possa evitarle le nausee. Però mi raccomando: lasciatela a letto e che stia tranquilla. Non deve agitarsi e preferirei che non si alzasse, almeno per un paio di giorni. Le nausee sono forti e la indeboliscono. Se fosse possibile…»
Esitò e poi proseguì:
«Sebbene sia assolutamente certo che vedere la principessina la riempia di gioia, magari dovrebbe essere lasciata a riposo per un po’, ecco… Senza che si affatichi troppo»
Caspian annuì, scuro in volto.
Rosalind si mise a singhiozzare:
«Voglio la mamma!»
Il medico, imbarazzato, accennò un inchino e chiese il permesso di ritirarsi, assicurando naturalmente che sarebbe tornato a controllare la sovrana.
Uscì mentre Caspian cercava di calmare la figlia, che stava urlando sempre più forte.
Dora unì i suoi sforzi a quelli del Re, ma non ci fu nulla da fare finché una pallidissima Hermione non fece capolino dalla camera.
Rosalind ululò di gioia e le corse incontro, stringendosi alle sue gambe.
Hermione le accarezzò i capelli, facendo cenno al marito di non preoccuparsi.
Lui espirò pesantemente e si passò una mano tra i capelli, nervoso.
Dora si torceva le mani.
«Mia Regina, come state?» chiese.
«Bene» mormorò Hermione «Solo un po’ debole, ma davvero non è nulla. Caspian, amore, non fare quella faccia»
Il marito le si avvicinò, teso, e le prese una mano delicatamente, come se maneggiasse un cristallo.
«Anche quando aspettavo Roz avevo le nausee, lo sai» lo rimproverò lei dolcemente.
«Sì, ma questa volta mi sembri stare peggio» obiettò lui.
«Hai sentito il medico: è normale. Ora non preoccuparti e vai pure dall’ambasciatore»
Lui esitò, visibilmente combattuto.
Dora intervenne a dare manforte alla sovrana.
«Ah, Maestà, non temete: siamo fatte per questo. Si sta male, ma non è nulla che le donne non sopportano da sempre!»
Caspian rimase rigido.
Non riusciva a placare l’ansia quando vedeva Hermione stare male: era più forte di lui.
In quel momento, sentì la moglie, al suo fianco, irrigidirsi.
Hermione si morse un labbro e cercò di scostare dolcemente la figlia che le stava appesa addosso.
«Piccola, lascia un momento la mamma…» mormorò con voce tremante.
Ma Rosalind le si strinse addosso ancora più stretta e Caspian intervenne appena in tempo a tirarla su di peso, mentre Hermione indietreggiava precipitosamente richiudendo la porta.
La bambina strillò e si mise a piangere, ma il padre la mollò senza una parola tra le braccia di Dora e scomparve dietro la moglie.
 
La povera donna tentò di calmare la bambina urlante per vari minuti, ma Rosalind sembrava in grado di ululare senza prendere fiato per una vita.
Poi, all’improvviso, la porta si aprì di nuovo, bruscamente, e Caspian comparve nella stanza.
Con due falcate raggiunse Dora e, piazzatosi di fronte al viso di sua figlia, paonazzo per gli strilli, scandì:
«Rosalind! Smettila immediatamente!»
Dora trasalì, udendo il tono del sovrano.
Anche Roz si zittì: era talmente abituata alla pacatezza del padre che rimase sconvolta.
Caspian la prese in braccio e la posò a terra, poi disse severamente:
«Rosalind, la mamma non si sente bene, lo sai. Deve riposare e tu non puoi fare i capricci e urlare e farla preoccupare, perché deve stare a letto. Non voglio più sentire un rumore, sono stato chiaro?»
La bimba batté le palpebre.
«Ma…» pigolò.
Lui rimase impassibile e gli occhi della piccola si riempirono di lacrime.
Scoppiò in singhiozzi e si voltò scappando in corridoio, mentre Dora sospirava e la seguiva.
Quando la porta si richiuse, Caspian sospirò pesantemente e si passò una mano tra i capelli, poi tornò da Hermione.
Lei era distesa a letto e gli tese la mano; lui corse subito a sdraiarsi accanto alla moglie.
«Non è da te alzare la voce in quel modo» bisbigliò lei.
«Lo so… e non posso sopportare di vederla piangere! Però hai sentito il medico: devi riposarti e…»
«Oh, Caspian, non dirmi che non posso vedere Roz perché non lo sopporterei!»
«Ma no, certo che puoi vederla! Solo che devi stare a letto e non puoi correrle dietro tutto il giorno»
«Ma c’è Dora e…»
«No, Hermione» la interruppe lui, deciso «Facciamo come ha detto il dottore. Tu stai a letto e a Roz penso io»
«Ma tu non hai tempo!»
«Lo troverò. Avrò sempre tempo per mia figlia!»
«Sei già oberato di impegni a causa delle mie assenze e…»
Lui le posò delicatamente un dito sulle labbra.
«Non dire sciocchezze… Promettimi solo che ti riguarderai e penserai a nostro figlio! Tu fai la tua parte e io la mia!»
Lei sorrise.
«Siamo una vera squadra, eh?»
Il Re si sporse a baciarla.
«Assolutamente sì»
Tra le braccia del marito, alla fine Hermione riuscì a rilassarsi e a prendere sonno.
Lui aspettò per assicurarsi che non stesse nuovamente male, poi si alzò per andare a cercare la figlia.
 
Rosalind non era nella stanza dei giochi e le guardie all’ingresso gli dissero che la principessa non era uscita in giardino, per cui Caspian si diresse verso la biblioteca: quella era la stanza preferita di Hermione e la loro bambina sembrava aver ereditato l’amore materno per i libri, a giudicare da come amava recarsi in quella stanza.
E non sbagliava: Rosalind, seduta per terra accanto al caminetto, stava acciambellata come un gattino, con la testa nascosta tra le braccia.
Dora cercava di distrarla, ma apparentemente senza successo.
Caspian si avvicinò in silenzio e si sedette a terra, accanto alla piccola, prendendo ad accarezzarle la schiena.
La figlia si irrigidì all’istante e rimase immobile.
Lui fece un cenno a Dora, congedandola, senza mai smettere le sue carezze.
«Ehi, piccolina» disse, dopo qualche minuto «Guardami»
Dopo un attimo, Rosalind alzò il capo, gli occhioni circospetti.
«Volevo chiederti scusa per aver alzato la voce, prima» le disse il padre «Non avrei dovuto farlo e mi dispiace molto»
«Sei arrabbiato con me?»
«No, tesoro. Sono preoccupato perché la mamma non è stata bene, ma non sono arrabbiato. Tu sei arrabbiata con me?»
Lei ci pensò su.
«No»
Caspian si protese a darle un bacio.
«Grazie» le disse.
«È il fratellino che fa stare male la mamma?» chiese la bambina.
«No, Roz, no. È che… il corpo della mamma deve cambiare, per accogliere il tuo fratellino, e questo all’inizio non la fa stare tanto bene»
Rosalind si morse un labbro.
«Non mi sembra giusto» disse, solenne.
Caspian sorrise appena.
«Nemmeno a me, amore, ma non possiamo farci nulla, purtroppo, a parte cercare di aiutare il più possibile la mamma a stare tranquilla e riposata»
Lei batté la mano sul tappeto.
«Allora… allora io cosa faccio?»
«Ho un’idea: che ne dici se andiamo a vedere i cavalli nelle stalle, io e te insieme? Stiamo un po’ fuori e poi, quando torniamo, andiamo a vedere se la mamma è sveglia»
Gli occhi della figlia si illuminarono, ma lei rispose:
«Ma… Dora dice che non devo disturbarti quando devi lavorare…»
«Tu non mi disturbi mai. E poi ho tanta voglia di stare un po’ con te. Che ne dici?»
Lei batté le mani dalla gioia.
«Possiamo andare a cavallo insieme?»
Caspian allontanò il pensiero del povero ambasciatore in attesa e sorrise alla piccola.
«Perché no?»
 
 

***
Buongiorno, miei diletti lettori!
Sono già passate due settimane, quindi eccoci qui!
Vi ricordo le altre due mie storie aperte al momento:
Esprimi un desiderio (fandom Ben Barnes - tanto per cambiare!):  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105663
Ragione e sentimento (crossover Harry Potter/Ben Barnes - come sopra: tanto per cambiare!):  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3105195
E, se volete farmi domande o chiacchierare, sono su Facebook!
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Grazie per l'amore che dimostrate sempre a questa storia e a me!
Vi adoro!
Joy

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Capitolo 3
*** III ***


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Le settimane che seguirono furono difficili per la Regina.

 
Hermione era molto provata dalla seconda gravidanza: le nausee forti la costringevano al riposo forzato e lei, per natura impetuosa, all’inizio lo aveva accettato di malavoglia.
Solo la paura per il bambino e la volontà di tenere tranquillo l’apprensivo marito l’avevano convinta a prendersi una pausa dai numerosi impegni mondani e di governo.
Caspian aveva tassativamente vietato a chiunque, nel castello, di coinvolgere la moglie anche nelle questioni più urgenti e tutti, affezionati com’erano alla sovrana, rispettavano scrupolosamente le direttive.
Ma c’era un compito che Hermione non intendeva assolutamente delegare: sua figlia.
Caspian la capiva, ma le ripeteva che Rosalind era vivace e vulcanica e stare dietro a lei era spesso più sfiancante di una giornata di lavoro.
Da parte sua, il re cercava di destreggiarsi tra gli impegni del regno e quelli familiari, ma l’assenza della moglie gli pesava e la preoccupazione per il suo stato di salute traspariva dall’espressione tesa e dalle occhiaie evidenti.
Il dover presiedere udienze lunghe ore non era mai stato un problema, ma ora che il suo pensiero correva regolarmente alla moglie, Caspian faceva molta fatica a restare concentrato e a non interrompere bruscamente le sedute meno urgenti, anche se il fastidioso pensiero che stava sprecando tempo lo tormentava.
I notabili e i sudditi meritavano la sua attenzione: il re se ne era sempre fatto un punto d’onore.
I suoi uomini sapevano che il re li avrebbe ascoltati in modo imparziale per qualunque problema e non esitavano a presentarsi a corte.
Hermione amava quelle udienze, perché contribuivano a rafforzare il legame del sovrano con il suo popolo: la Regina non si stancava mai di vedere quanto tutti, a Narnia, amassero Caspian.
Senza sua moglie, però, anche i compiti che lo avevano sempre attratto iniziavano a pesargli: il sovrano era distratto e teso.
I notabili ne conoscevano il motivo, ma la vita di un Re apparteneva al suo popolo, non a lui stesso.
Questa legge non scritta era valida da sempre e sarebbe rimasta valida per sempre; pur dispiaciuti per la preoccupazione del sovrano, tutti sapevano che non c’era modo di alleggerire la sua pena.
Caspian stringeva i denti e poi, la sera, raccontava tutto a Hermione, cercando il suo consiglio e le sue rassicurazioni.
Lei lo consigliava volentieri, ma lo esortava a non preoccuparsi troppo per lei: le nausee erano una cosa normale in una gravidanza.
 
Ma, stavolta, effettivamente la Regina accusava più dolori rispetto alla precedente gestazione.
Inoltre, l’estate era al culmine e l’afa gravava sul castello, rendendole insopportabile trascorrere a letto intere giornate.
La luce e il sole la invogliavano a uscire, ma il gran caldo la indeboliva ulteriormente.
Una mattina, malgrado la temperatura fosse già elevata nelle prime ore del giorno, Hermione si era alzata ed era riuscita a mangiare un po’ di frutta fresca e a bere un succo dolce.
Rinfrancata da quel progresso, andò a cercare la figlia nella sua camera.
Rosalind non voleva vestirsi a causa del caldo e indossava solo una camiciola leggera, ma alla prospettiva di fare una passeggiata con la madre schizzò in piedi, felice.
Dora si accinse a prepararla e Hermione, dopo aver baciato la piccola, scese a salutare il marito.
Vedendola comparire nella sala del trono, Caspian si alzò di scatto dallo scranno e le andò incontro con un sorriso.
Tutti i presenti salutarono emozionati la regina, mentre il sovrano le baciava la mano e la conduceva a sedere al suo fianco.
I notabili colsero l’occasione per rinnovare alla coppia i loro auguri e lei si trattenne per qualche minuto a parlare con tutti.
Quindi, Caspian la accompagnò fino al giardino, raccomandandole mille volte di non stancarsi troppo; poi, quando lei sbuffò scherzosamente, la baciò a lungo davanti ai servitori, che nascondevano a fatica i sorrisi di fronte a quelle manifestazioni di affetto dei loro sovrani.
Si separarono mormorandosi frasi tenere e lui tornò al lavoro con un sospiro di sollievo.
 
Hermione scese in giardino e iniziò a passeggiare con calma nei viali ingentiliti dalla moltitudine di fiori spumeggianti e colorati: ne stava ammirando alcuni particolarmente belli, quando Rosalind arrivò, festosa e ridente.
Hermione la accolse a braccia aperte e si dispose a trascorrere qualche ora con la sua piccola.
Purtroppo, però, malgrado il grande caldo Rosalind non si tratteneva dall’arrampicarsi sui tronchi e dal saltare sulle panchine.
Dora corse a dare manforte alla sovrana, impedendole di correre dietro alla bambina a briglia sciolta.
Malgrado questo, quando Rosalind si diresse festosa verso la grande fontana ornata di statue di marmo chiaro, le due dovettero correre a perdifiato per acchiapparla prima che si lanciasse in acqua.
«Ma fa caldo!» protestò la bimba, contorcendosi tra le braccia della domestica.
«Rosalind, smettila!» sbraitò quella «Cosa ti ho detto e ripetuto? La tua mamma non deve stancarsi! Smettila di comportarti come una scimmietta, per Aslan!»
«Non si deve invocare Aslan senza motivo» rispose la bambina, prendendo all’improvviso un tono solenne «Il dottor Cornelius lo dice sempre!»
Dora lanciò un’occhiataccia alla bambina, ma la mise a terra.
«Va bene, se lo dice Cornelius allora…»
Non fece in tempo a finire la frase che Rosalind, ridendo, era già scappata via.
Con un moto di sconforto, la donna si asciugò il sudore dalla fronte.
Hermione le consigliò di riposarsi un momento, ma quando si mosse per seguire la figlia fu colta da un capogiro.
«Maestà… Vi sentite male?» chiese Dora, spaventata.
«No…» mormorò Hermione con voce flebile, combattendo contro un’improvvisa ondata di nausea «Vai, prendi Rosalind»
Dora era combattuta, ma alla fine andò a cercare la principessina, preoccupata che la piccola peste si cacciasse in qualche guaio.
La regina dovette sedersi sul bordo della fontana per riprendere fiato.
Dopo qualche minuto, con la mano premuta sul ventre, si arrischiò ad alzarsi: era troppo caldo sotto il sole cocente e Hermione pensò che il fresco del palazzo le avrebbe giovato.
Riuscì però a muovere solo qualche passo, prima di crollare svenuta a terra.
 
*
 
Una guardia entrò trafelata nella sala del trono, senza farsi annunciare e gridando che la regina si era sentita male in giardino.
 
Il povero ciambellano che vedeva l’etichetta così bruscamente sconvolta non fece in tempo a scusarsi che Caspian era già schizzato fuori dalla stanza.
Il re fece le scale due a due, con il cuore in gola, e fece irruzione nelle sue stanze per trovarvi la moglie adagiata a letto, ancora priva di sensi.
Il medico di corte era stato chiamato, ma arrivò qualche minuto dopo.
Il re si era seduto accanto alla moglie e le stava massaggiando dolcemente i polsi.
«Maestà, che succede?» chiese il medico, affannato.
«Dovete dirmelo voi!» quasi ruggì Caspian, frustrato.
L’uomo non si offese: era talmente palese la preoccupazione del sovrano che non riusciva proprio a biasimarlo.
In quel momento, Hermione aprì gli occhi battendo le palpebre.
«Ehi, piccola!» esclamò Caspian, chinandosi su di lei preoccupato «Come ti senti? Stai bene?»
«Maestà, vi prego, fatela respirare» intervenne il medico «La regina ha bisogno d’aria»
Lui trattenne una risposta pungente e si fece appena più indietro.
«Cos’è successo?» domandò Hermione al marito.
«Eri in giardino e ti sei sentita male… Tesoro mio, perché sei stata a lungo fuori, con questo caldo?»
«Oh… Rosalind!» esclamò lei «Dov’è? Dora l’ha riportata dentro?»
Lui sospirò.
«Stavi inseguendo la bambina, ne deduco»
«No, no, lei non c’entra! Solo che ho fatto un movimento brusco e ho avuto un giramento di capo… Ma è colpa mia! Faceva davvero molto caldo…»
Il re scosse il capo, ma vedere la moglie in ripresa contribuì a tranquillizzarlo.
Non fosse che, in quel momento, lei si alzò di scatto portandosi una mano alla bocca.
Ignorando completamente il povero dottore, Caspian la sollevò di peso e la portò nella stanza da bagno in volata.
Quando ne uscirono, lei era pallida e sudata e si lasciò deporre tra le lenzuola dal marito senza obiettare.
Il medico le raccomandò di stare a riposo e di non strapazzarsi e, nuovamente, ripeté al re che non c’erano rimedi contro i sintomi della gravidanza.
 
Caspian rimase con la moglie per tutta la mattina, imboccandola dolcemente e cercando di farle bere dell’acqua con regolarità.
Quando Hermione si fu appisolata, lui si alzò e lasciò una cameriera a vegliarla.
Scese alla ricerca della figlia e la trovò in biblioteca, dove era riuscita a sfilarsi l’abitino leggero e a impiastricciare con la frutta fresca un basso tavolino di legno intagliato.
Vedendo comparire il padre, lei lanciò un grido di gioia e gli corse incontro.
Dora, esausta per il caldo e l’irruenza della bambina, appena vide entrare il re balzò comunque in piedi.
«Maestà, è colpa mia! Non dovevo permettere alla regina di stancarsi tanto! Perdonatemi!»
Caspian scosse il capo, ma rispose:
«Non è colpa tua, so che Hermione vuole seguire personalmente Rosalind. Ma ti chiedo, Dora, di non uscire più sola con la bambina: voglio che siate almeno in due e che una di voi resti sempre con la regina»
La donna annuì.
«Come desiderate, Maestà»
«Dov’è mamma?» chiese in quel momento Rosalind.
Caspian si inginocchiò accanto alla bambina.
«La mamma non è stata bene, Roz. Fa troppo caldo perché lei possa uscire in giardino a giocare con te»
Rosalind mise il broncio.
«Ma la mamma sta sempre male… Non è giusto!»
«Tesoro, non vuoi aiutare papà a far stare bene la mamma? Non posso fidarmi di te?»
Lei arricciò il nasino.
«Sì, ti aiuto!» disse, volenterosa.
«Allora, per favore piccola: la mamma non deve stancarsi. Ha bisogno di dormire un po’. Hai mangiato? Che ne dici di mangiare qualcosa con Dora?»
La donna si fece avanti ma la bambina si avvinghiò alle gambe del padre:
«Papà, stai con me! Mangia con me!»
Il sovrano sospirò.
«Tesoro, papà deve tornare al Consiglio… Mangerò tardi e non voglio che mi aspetti, perché avresti molta fame…»
Ma le parole gentili del padre non sembravano calmare la bambina, che scoppiò a piangere.
Dora, sospirando, fece per prenderla in braccio, ma la bambina la colpì con la manina.
In un attimo, Caspian le afferrò il polso, senza farle male ma con fermezza.
«Rosalind» scandì «Che non ti veda mai più fare una cosa del genere! Mi sono spiegato? Non transigo su un comportamento del genere: non si colpiscono le persone!»
E, per quanto lei piangesse e si disperasse, lui rimase inflessibile.
Chiamò una guardia e ordinò all’uomo di portare la principessina nella stanza dei giochi.
«E chiamate una cameriera perché la tenga d’occhio» concluse «Dora, mi spiace molto per il comportamento incivile di mia figlia. Vai, sei libera per oggi»
La domestica era quasi dispiaciuta di quelle parole, perché Rosalind strillava e invocava il suo nome, chiedendole scusa.
Non osò però disobbedire al sovrano, per cui si inchinò e uscì.
Caspian riuscì a conservare un viso severo di fronte alle lacrime della figlia, quindi tornò in camera da Hermione.
 
La moglie dormiva e contemplarla, come al solito, contribuì a mitigare il suo umore.
Quando si svegliò, Hermione si sentiva più in forze anche se non volle mangiare.
Continuava a ripetere che le nausee erano normali e non la preoccupavano, ma quando andò in bagno chiamò urlando il marito.
Caspian si precipitò da lei e la trovò tremante, che guardava una macchia di sangue scuro sporcarle gli abiti.



***
Buon pomeriggio, miei diletti lettori!
Sono in ritardo di qualche giorno, ma chiedo la vostra comprensione: sono settimane pesantissime al lavoro!
Oggi ho lavorato per bene e ho aggiornato anche Esprimi un desiderio (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3127011) e Ragione e sentimento (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3126893), se volete darci un'occhiata.
Come sempre, vi ricordo che sono su Facebook:
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Buona lettura e buona domenica!
Joy

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Capitolo 4
*** IV ***


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Rosalind era molto triste.

 
Il papà si era arrabbiato con lei, la mamma non c’era e lei si sentiva sola.
La mamma avrebbe saputo spiegarle perché papà era arrabbiato e Rosalind avrebbe potuto chiedergli scusa; poi sarebbero potuti stare tutti e tre insieme, felici e contenti.
Rimuginando su quel pensiero, una volta finito di mangiare, Rosalind chiese che la portassero dalla mamma.
La donna che era con lei, di nome Festa, conosceva gli ordini del re per cui spiegò alla bambina che la regina stava male e non poteva essere disturbata.
«Lo so» fece Rosalind, seria «Ma la mamma mi fa stare con lei anche se non sta bene»
«No, principessina, non potete: il re non vuole»
Quelle parole fecero affiorare le lacrime negli occhi della bambina.
Papà non la voleva?
Com’era possibile?
Sì, aveva fatto i capricci… Ma papà la perdonava sempre!
E lei era dispiaciuta di aver dato una botta a Dora, davvero.
Le avrebbe anche chiesto scusa... e anche al papà.
Ma come poteva farlo, se non la portavano né dalla mamma, né dal papà, né da Dora?
Eppure, Festa fu inflessibile alle sue suppliche e le guardie poste ai lati della porta, silenziose e impassibili, si limitarono a guardare la principessina senza emettere verbo.
 
Essere sottoposta a quegli sguardi gelidi, alla fine, riuscì a mettere persino la vivacissima Rosalind in imbarazzo.
Sapeva che le guardie rispondevano direttamente al re e l’idea che riferissero a papà che lei era impaziente e noiosa le dispiaceva molto.
Quindi, la bambina si impose di dominarsi e comportarsi come si conveniva al suo rango.
Ma era così nervosa e annoiata che non riusciva a interessarsi a nulla e quando suo padre comparve, più di tre ore dopo, scoppiò a piangere al solo vederlo, sfogando così la tensione.
Il suo pianto gettò nello sconcerto i presenti e Festa si torse le mani, preoccupata che il re si arrabbiasse con loro.
Il sovrano, però, conosceva bene la sua bambina e quindi andò subito a prenderla tra le braccia.
Rosalind gli circondò il collo con le braccine paffute e nascose il viso nella sua spalla.
Papà le mormorò delle parole tenere, le disse di non piangere e lei poté abbracciarlo a lungo, come aveva tanto desiderato fare.
Caspian continuò a cullarla e, a una sua parola, le guardie e Festa uscirono, lasciandoli soli.
A quel punto, il re sedette su uno scranno, facendo accomodare la bimba sulle sue ginocchia.
Le sciugò teneramente le lacrime e la baciò in fronte.
«Scusa, papà…» singhiozzò lei, pentita.
«Scusami anche tu, amore mio» rispose lui «Sai che la mamma non si sente bene e questo mi rende molto nervoso… Perdonami»
Lei annuì vigorosamente e il re le diede un altro bacio.
«Però» aggiunse «Devi promettermi che non colpirai più Dora o qualsiasi altra persona»
Rosalind annuì, vergognosa.
«Tu non lo hai mai fatto, papà?» chiese poi timidamente.
«Una volta… Ero poco più grande di te e colpii il mio palafreniere, nelle stalle. Mio padre – tuo nonno – mi colpì con il frustino e mi gettò a terra»
Rosalind aprì la bocca, sgomenta.
Suo papà non l’avrebbe mai picchiata, ne era certa… Vero?
Non aveva fatto così male a Dora, dopotutto!
Come intuendo i pensieri della figlia, Caspian le fece una carezza gentile.
«Sai, Roz, è molto umiliante essere colpiti in quel modo. Fa male, ma non solo fisicamente. Me ne sono molto vergognato, perché è successo davanti ai nostri uomini e mi ha fatto sentire debole e stupido. E mi ha fatto capire l’umiliazione che avevo inflitto io al palafreniere… Sai, lui non avrebbe mai potuto colpire me, a sua volta, perché io ero il suo principe. E non è giusto approfittarsi di questa situazione, capisci tesoro? È sbagliato colpire gli altri… A meno che non ci siano delle motivazioni gravissime. Promettimi che non lo farai più»
Lei annuì, ancora scioccata.
Come poteva essere che suo papà fosse stato colpito in quel modo, lui che era tanto gentile ed educato?
Il nonno paterno, agli occhi di Rosalind, presentava connotati inquietanti.
Il papà era molto legato al suo ricordo, ma la bambina preferiva il nonno materno, che dai racconti della mamma era divertente e generoso.
Purtroppo, lei non aveva mai conosciuto i nonni: i genitori del papà erano morti presto e quelli della mamma erano in quel fantastico mondo lontano…
 
Fu riscossa da quelle riflessioni dal padre, che le chiese se aveva fame.
Rosalind si appoggiò a lui e scosse il capo, sbadigliando.
Il re sorrise.
«Fammi indovinare: neppure oggi pomeriggio sei andata a riposare»
L’occhiata che lei gli lanciò da sotto le ciglia scure fu eloquente e lui dovette trattenersi dal ridere.
«Sei la bambina più indisciplinata del mondo, piccola mia… E anche la più vulcanica»
Ma il suo tono era chiaramente orgoglioso.
«Papà, puoi stare sempre con me oggi?» chiese la bambina.
«In realtà, tesoro mio, devo assistere a una riunione del Consiglio, ma se vuoi potremmo andare a trovare insieme il dottor Cornelius»
Lei annuì, felice.
«Con la mamma?»
«La mamma riposa, piccola. Non può alzarsi… Ascoltami bene, Roz: la mamma deve stare a letto, glielo ha ordinato il medico. Non può alzarsi per venire a giocare con te o per aiutare me nel governo del regno. E noi due siamo responsabili per lei»
Rosalind sembrava perplessa, per cui il padre le spiegò:
«Lo sai che la mamma odia stare a letto e non poter fare nulla… Ma deve farlo per il bene del tuo fratellino, tesoro»
«Il fratellino sta male?» chiese la bambina, ansiosa.
Caspian sospirò.
«No, amore, no. Solo che la mamma è debole, fa molto caldo ed è meglio se sta a letto. Come fai anche tu quando stai male, giusto?»
Rosalind, in realtà, era insofferente come la madre all’immobilità forzata, ma sapeva bene che quando aveva avuto l’influenza la mamma la costringeva a restare sotto le coperte.
Al massimo, poteva spostarsi nel lettone dei genitori e quello non le dispiaceva.
«Sì» annuì «Ho capito. Vengo a dire a mamma che non deve alzarsi?»
Caspian sorrise a sentire quel tono ansioso.
«La mamma dorme ora, piccola. Però possiamo cenare con lei se vuoi. Noi tre da soli»
Loro tre da soli?
Era una festa, per la bambina!
Roz annuì, felice.
«Un’altra cosa, tesoro» aggiunse il padre «Ho pensato che ormai sei grande e quindi penso che possa farti piacere vedere riconosciuto questo status. Quindi… ho fatto preparare per te le stanze dell’erede di Narnia. Ti va se andiamo a vederle insieme?»
«Quali stanze?»
Rosalind sgranò gli occhioni, subito circospetta, e Caspian si maledisse in silenzio.
Sua figlia era molto perspicace ma altrettanto sensibile e lui aveva sperato che ci fosse anche Hermione, al momento di doverle spiegare che doveva lasciare la nursery.
I sovrani volevano aspettare ancora qualche mese, ma le condizioni di salute di Hermione avevano fatto preoccupare il re, che voleva garantire alla moglie il massimo riposo e, contemporaneamente, evitare di spaventare la figlia facendole vedere la mamma debole e costretta a letto.
 
Tentò un approccio ragionevole:
«Quando ero piccolo, io non ho mai dormito nella cameretta che hai tu, tesoro: sai che la mamma e io la abbiamo fatta costruire per te, no?»
La piccola annuì: lo sapeva, la mamma le aveva spiegato che Cair Paravel era molto grande e lei – la regina – era in ansia all’idea di avere la figlioletta lontana, di non sentirla piangere e quindi di non poterla consolare.
Quindi i suoi genitori avevano sovvertito le tradizioni e fatto creare una piccola nursery attigua alla loro camera da letto.
Per Caspian non era stato così: fin da piccolissimo era stato affidato alla balia, nella nursery del castello.
Era lì che i suoi genitori andavano a trovarlo.
Hermione, scandalizzata all’idea di sua figlia che cresceva lontana, in un’altra ala del castello, si era opposta fermamente a quel progetto.
Caspian, che ricordava bene il senso di solitudine provato da bambino, aveva appoggiato la moglie e Rosalind era rimasta con loro.
Quando era molto piccola Hermione spesso la portava nel grande letto matrimoniale, dove entrambi la coccolavano e poi, quando si era addormentata, la lasciavano riposare.
Malgrado si lamentasse a volte della mancanza di intimità con la moglie, Caspian adorava sua figlia e mai avrebbe chiesto a Hermione di portarla via.
L’unico problema, all’inizio, era stata semmai la paura di schiacciarla inavvertitamente nel sonno… Cosa che aveva causato ai sovrani parecchie notti quasi in bianco.
Quando poi Roz era cresciuta e aveva iniziato a camminare, la sera veniva accompagnata nel suo lettino, ma spesso se ne tornava trotterellando nella camera principale non appena si svegliava.
Non voleva stare sola e i genitori, che per lei stravedevano, non riuscivano a negare (a lei e a loro stessi) quella gioia.
Quando aveva scoperto della nuova gravidanza, Caspian aveva avanzato l’idea che forse, ormai, Rosalind era pronta per trasferirsi nella nursery, la notte.
Era non solo una questione di spazi, ma più che altro di disciplina per la bambina.
Hermione aveva compreso l’idea del marito, ma il pensiero la straziava.
Ora, però, con la moglie costretta a letto, Caspian aveva riflettuto su come anche per la piccola sarebbe stato meno doloroso vedere la mamma sofferente e aveva voluto sistemare le cose.
 
Ora disse alla bambina:
«Crescere e diventare una sorella maggiore comporta delle responsabilità, Roz. E inoltre tu sei l’erede di Narnia: l’erede ha i suoi appartamenti, proprio come io e la mamma abbiamo i nostri»
Lentamente, gli occhi di Rosalind si riempirono di lacrime.
«Non… Non posso più stare con te e la mamma?»
Caspian strinse a sé la bambina.
«Ma no, tesoro! Certo che puoi stare con noi! Ma ormai sei grande e meriti una camera che sia grande e bella, piena delle tue cose… Non la vuoi?»
Rosalind pareva scioccata e scosse il capo.
Lui le baciò i capelli.
«Guarda che non ti mandiamo mica via, sciocchina! Sei la luce del nostro mondo… Come potremmo? Dico solo che, magari, sei pronta per una stanza più grande e tutta tua»
«Ma…Lontana da te?» fece lei, angosciata.
Lui sorrise.
«In fondo al corridoio. Io l’ho vista oggi… è bellissima: è fatta per una vera principessa. Non vuoi nemmeno vederla?»
Roz finse di pensarci su.
«Io… Forse sì» disse alla fine.
Il re ridacchiò, divertito, e si alzò in piedi tenendola in braccio.
«Cammino da sola» lo informò dignitosamente lei «Sono grande ormai!»
Caspian represse un sorriso e la mise a terra, ma poi la abbracciò stretta.
«Sei sempre la mia piccolina adorata, Roz» bisbigliò.
 
 

***
Buongiorno, adorati lettori!
Scusatemi per il ritardo con il quale aggiorno, ma sono state settimane decisamente pesanti!
Per chi fosse interessato, vi segnalo che sto scrivendo altre due storie, sempre con Ben Barnes come protagonista (strano, eh! :P):
Esprimi un desideriohttp://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3144971
Ragione e sentimento (crossover con Harry Potter): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3138610
Vi ricordo anche che potete trovarmi su Facebook!
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Buona lettura e buon weekend!
Joy

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Capitolo 5
*** V ***


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Alla fine – proprio come Caspian sapeva che sarebbe successo – Rosalind si innamorò a prima vista della nuova stanza.

 
La nursery era grande e spaziosa: aveva ampie finestre affacciate sul parco del castello e Hermione aveva fatto cambiare la tappezzeria poco dopo il loro ritorno a Narnia.
Ora le pareti erano affrescate su toni pastello e il lettino di legno massello era ornato da tende di pizzo rosa.
Rosalind corse in giro, felice, facendo piroette per tutta la stanza.
Poi scoprì che aveva per sé non solo una stanza, ma anche un salotto annesso.
Proprio come i genitori.
E quel salotto era pieno di cose che lei adorava.
Fiori, quadri, una poltrona comoda, un caminetto, giocattoli.
E libri.
Tantissimi libri.
Pur essendo piccola, Rosalind manifestava già la stessa dedizione materna per i libri: malgrado fosse vivacissima, poteva passare ore a sfogliare libri illustrati, perdendosi nella contemplazione dei disegni.
Era un tratto di lei che inorgogliva la madre e divertiva moltissimo il padre.
Il dottor Cornelius incoraggiava la piccola donandole dei libri magnificamente miniati e parlandone con lei.
Non a caso, la prima cosa che Rosalind chiese al padre fu di portarla a trovare il dottore, così che potesse raccontargli della sua nuova biblioteca privata.
E così, la sera, il re accompagnò la figlia alla torre del suo anziano precettore.
 
Cornelius era ormai molto avanti con gli anni e viveva ritirato nella sua torre.
Caspian aveva disposto che avesse dei servitori che gli portassero il cibo e provvedessero ai suoi bisogni perché era molto affezionato al vecchio mentore.
Quella sera, come sempre quando lo vedeva, sentì una stretta al cuore nel notare come Cornelius fosse anziano: sembrava debole e indifeso, anche se gli occhi brillavano sempre della solita luce gentile e intelligente.
Il sovrano dissimulò i pensieri e sorrise con affetto, mentre Rosalind si lanciava nella stanza e abbracciava il precettore del padre.
Cronelius, seduto in poltrona, accarezzò con mano tremante il capo della bambina.
«Mia principessa» disse «Che gioia vedervi! Fatevi ammirare, altezza… Siete sempre più bella!»
Rosalind gli sorrise, felice, poi quando avvertì la mano del padre sulla spalla fece una garbata riverenza all’anziano.
Cornelius sorrise, quindi guardò Caspian.
«Buonasera, mio re»
«Buonasera, dottore. Come state?»
«Bene, vi ringrazio… E la regina?»
Rosalind trattenne il fiato e scambiò un’occhiata con il padre.
«Hermione al momento è a letto, signore» disse lui.
«Come mai?» chiese l’uomo, ansioso «La regina sta male?»
«No… deve solo riposare. Sono felicissimo di annunciarvi che la regina e io aspettiamo un bambino»
«Oh!» l’esclamazione di gioia di Cronelius fece sorridere Rosalind «Che notizia meravigliosa, Maestà! Mi rendete così felice, così felice…»
Cornelius sembrava sul punto di piangere e Rosalind lo osservò perplessa, mentre Caspian si inginocchiò accanto alla poltrona e prese delicatamente tra le sue una mano dell’uomo.
«È merito vostro, signore» disse, affettuosamente «Vi sono debitore per tanta felicità»
«Ah, mio caro ragazzo, il merito è solo di Aslan!» ribatté Cornelius, stringendogli le mani.
«Perché è merito del dottore?» chiese in quel momento Rosalind, perplessa.
Caspian le sorrise.
«Perché il dottor Cornelius capì ben prima di me che la mamma era la donna della mia vita, piccola»
L’anziano ridacchiò mentre la bambina sgranava gli occhi.
«Davvero?!» chiese, rapita «Raccontatemi!»
Ma Caspian fece un passo indietro.
«Dottore vi prego, spiegatele quanto ero sciocco!»
Cornelius sorrise, prendendo la mano della bambina.
«Tuo padre non era sciocco, mia carissima, ma prudente. E non posso dargli torto… Sai, al castello in quel periodo c’era Lilliandil e quando tua madre, la nostra regina, arrivò…»
 
Mentre la voce modulata di Cornelius iniziava a raccontare a Rosalind di quel periodo felice, Caspian prese una coperta che drappeggiò sulle spalle del mentore, poi sedette accogliendo tra le braccia la figlia, cullandola e perdendosi nei ricordi che Cornelius stava evocando.
Quando il racconto terminò Rosalind si era già addormentata.
Caspian, che la stringeva tra le braccia, sorrise al suo mentore.
«Non vi ringrazierò mai abbastanza per avermi aperto gli occhi, quel giorno» disse.
L’uomo sorrise, nostalgico.
«Sono fiducioso che l’avreste capito da solo, mio re. Magari ci avreste messo un po’ di più, ma è impossibile non ammirare Hermione e i suoi pregi notevolissimi»
Il sovrano annuì.
«Non vedo che lei, infatti… Ma ricordo che rimasi sconvolto, quando mi suggeriste di sposarla!»
Cornelius annuì, ma aggiunse:
«Eppure, nemmeno una settimana più tardi eravate già innamorati l’uno dell’altra… era impossibile non notarlo!»
Caspian sospirò, sistemando meglio tra le sue braccia la figlia.
«Che succede, sire?» domandò Cornelius, sempre sensibile all’umore del suo re.
Dopo un attimo, l’altro rispose:
«Hermione è molto provata da questa seconda gravidanza… Anche quando aspettava Rosalind soffriva molto per le nausee, ma questa volta è peggio. E prima… Prima ha perso del sangue»
Il dottore ansimò, spaventato, e il sovrano si affrettò ad aggiungere:
«Non molto, non temete, ma il medico di corte ha ordinato che non si alzi dal letto per le prossime settimane. E sapete quanto Hermione sia attiva e…»
«Maestà, la regina non metterà mai in pericolo il vostro bambino!»
«No, certamente: è ovvio che obbedirà al medico, ma le pesa molto non potersi occupare di Roz. E nostra figlia, per quanto dolce e affettuosa, è anche vulcanica e non so come potrà reagire nel vedere la mamma bloccata a letto. Non è facile da spiegare a una bimba così piccola»
«Capisco» mormorò il mentore «E da qui la decisione di riaprire le stanze dell’erede?»
Caspian annuì.
«Sapete che, dopo il nostro ritorno a Narnia, Hermione e io le abbiamo fatte avvicinare alla nostra stanza: quando ci dormivo io erano in un’altra ala del castello e io mi sentivo così solo… Non avrei mai permesso che a Rosalind accadesse lo stesso. Però ammetto che non avrei voluto farla spostare con questa fretta… Le abbiamo appena annunciato che avrà un fratellino o una sorellina, non volevo caricarla di un altro grande cambiamento… Ma non so che altro fare. Hermione ha bisogno di riposo e se è difficile per me vederla così sofferente, immaginate che effetto potrebbe avere su Rosalind!»
Cornelius annuì.
«Naturalmente, sire, avete ragione. Ma vedrete che la principessa è combattiva e non si lascerà turbare per così poco… Non la state certo esiliando! Fatele percepire la vostra presenza e il vostro affetto immutati e andrà tutto bene»
Il re sospirò, osservando il visetto della figlia che dormiva.
«Non sono lucido, quando vedo Hermione soffrire» bisbigliò «Sa Aslan quanto vorrei risparmiarle questa prova!»
«Maestà, questa è una legge della natura immutabile. Capisco la vostra preoccupazione e la capirà anche il regno: sapete quanto Narnia ama Hermione. Ora la salute della regina ha la priorità!»
«Naturalmente, ma lei non vuole che ci si preoccupi per lei o che la vita di Rosalind ne risulti sconvolta. Mi esorta a pensare alla piccola, ma le leggo negli occhi il dolore all’idea di non potersene occupare personalmente e…»
Caspian tacque e Cornelius disse, incoraggiante:
«Maestà, Aslan non lascerà che accada nulla di male alla nostra regina, ne sono certo! E non siete felice all’idea di avere un altro figlio?»
«Sono immensamente felice… Ma anche immensamente spaventato, adesso»
Cornelius annuì.
«Capisco, maestà. Ascoltate il mio consiglio: occupatevi della regina e datele forza con il vostro amore e la vostra presenza. Sapete che per Hermione siete il punto di riferimento. Narnia è felice e prospera e ora la priorità è un’altra. E se pensate che alla principessina possa giovare la mia compagnia, sarò felice di aiutarvi. Non siete solo, mio re»
Caspian sorrise, commosso.
«Non l’ho mai pensato, ma…»
«Caspian, io vi conosco bene: avete la tendenza a pensare di dovervi fare carico di tutto. Ma siete in errore: l’intero regno adora Rosalind! Voi dovete essere presente, ovvio, ma non temete: faremo qualsiasi cosa perché alla principessina non manchi troppo la mamma, adesso»
Il re annuì e ringraziò l’anziano maestro, quindi si accomiatò e scese le scale con la figlia ancora addormentata tra le braccia.
 
Si diresse verso gli appartamenti reali e, al suo ingresso, una delle dame di compagnia di Hermione si alzò e si inchinò.
«La regina è sveglia, sire» disse.
Il re annuì e la congedò con un cenno, entrando in camera.
Hermione era appoggiata ai guanciali e tra le mani aveva un tomo aperto.
Voltò il capo e sorrise al marito, che depose Rosalind sul letto, per poi coprirla teneramente.
Hermione accarezzò i ricci della figlia e si voltò sul fianco.
Caspian si distese dall’altro lato della piccola e intrecciò una mano con quella della moglie.
«Come ti senti?» mormorò.
«Meglio» sorrise lei, che era ancora pallida «Dove siete stati?»
«Da Cornelius. Rosalind voleva raccontargli della sua nuova stanza»
Hermione aggrottò la fronte e lui le strinse la mano.
«Ho chiesto che preparassero le stanze dell’erede»
Hermione spalancò gli occhi.
«Per Roz?»
Caspian annuì.
«Scusami, non volevo agire senza dirtelo… Ma tu devi riposare, amore, e anche per Roz forse sarebbe meglio non vederti sempre a letto, sofferente… che ne pensi?»
Sua moglie sembrò incupirsi, ma poi annuì.
«Forse hai ragione… Ma è ancora così piccola, Caspian!»
«Hermione, sarà qui accanto… E tra un po’ avrà un fratellino, per cui la nursery ci servirà, non credi?»
La regina batté le palpebre.
«Sì… sì. Andrà tutto bene, amore mio»
Caspian le baciò la mano.
«Purché tu e il bambino stiate bene, non chiedo altro!» esclamò.
In quel momento Rosalind mormorò qualcosa nel sonno e aprì gli occhi.
Caspian la strinse a sé, sorridendo.
«Ciao, piccola» le disse.
Roz si guardò attorno e vide la mamma che le sorrideva.
«Mamma!» fece, assonnata, voltandosi verso di lei.
Hermione le baciò la fronte e represse un groppo in gola all’idea di non aver più la sua piccola accanto a sé.
Capiva che Caspian era nel giusto, ma… Per Aslan!
Lei doveva abituarsi all’idea.
«Tesoro, hai cenato?» chiese dopo un po’.
Rosalind aprì un occhio, assonnata.
«No»
Caspian ridacchiò.
«Volevamo cenare con te, ma Roz si è addormentata mentre eravamo da Cornelius»
«Possiamo mangiare lo stesso?» chiese la bambina, ansiosa.
I suoi genitori risero, quindi il re chiamò un servitore e chiese che venisse servita la cena.
Intanto, Rosalind disse alla madre:
«Lo sai che ho una camera nuova?»
Hermione fu attenta a mostrarsi serena mentre le chiedeva:
«E ti piace, piccola?»
«Sì» annuì la bambina «Posso portare tutti i miei giocattoli e i miei libri ed è una stanza da principessa»
«Allora è perfetta per te, piccola» disse sua madre, baciandola.
Rosalind ci pensò su:
«Ma se poi non mi piace posso tornare qui?»
«Certamente»
La bambina sorrise.
«Però mi piace, credo»
 
 
Più tardi, quando Rosalind si fu di nuovo addormentata, Caspian la portò in braccio nella nuova stanza e raccomandò a Dora di restare nei pressi, perché non voleva che, se si fosse svegliata, sua figlia si trovasse sola.
E, quando tornò da Hermione e si coricò accanto a lei, ammise che lasciare sua figlia in un altro letto lo aveva abbastanza sconvolto.
La regina annuì, ma presto si addormentò anche lei, vinta dalla debolezza.
Caspian rimase sveglio a lungo, guardandola dormire.
 


***
Miei adorati, scusate il ritardo con cui aggiorno!
A mia discolpa posso solo dire che mi sono goduta i miei genitori... Ma mi scuso per avervi fatti aspettare!
Ora sono tornata e, come sempre, vi ricordo che potete trovarmi su Facebook.
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Vi ricordo anche le altre due storie che sto scrivendo:
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Ragione e sentimento  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3173404

Buona lettura!
Joy

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Capitolo 6
*** VI ***


~~In realtà, Rosalind non ebbe problemi nell’adattarsi alla nuova stanza.

Naturalmente sapeva che i genitori non erano più nella camera adiacente, ma era una bambina che non si perdeva d’animo e non si faceva certo problema nel comparire anche in piena notte nel loro letto.
E l’idea di avere una camera solo sua la faceva sentire grande e indipendente.
Dopotutto, lei era l’erede di Narnia: la consapevolezza del suo rango l’aveva accompagnata per tutta la vita, così come la certezza di essere il centro dell’esistenza dei genitori.
Era qualcosa di ben diverso dal rango, quello: era l’essere amata nella sua forma più pura.
E Rosalind ricambiava volentieri quell’amore: per esaudire un desiderio del padre avrebbe fatto di tutto.
Sapere che Caspian le aveva destinato una stanza nuova era abbastanza per farle desiderare di compiacerlo.
E andava detto che, tra Dora e le ancelle, il cambiamento non fu poi così brusco.
Rosalind comunque si addormentava nel lettone dei genitori e poi il papà la portava in camera, dove lei riposava fino al mattino.
Quindi si alzava e raggiungeva la stanza reale.
Era facile: solo qualche passo in più.

Poi una mattina, mentre Dora la vestiva, sentì le due ancelle che rifacevano il letto parlare a bassa voce e con grande eccitazione della nursery che si preparava ad accogliere un nuovo bambino.
Mentre Dora le spazzolava i capelli, la fronte di Rosalind si aggrottò sempre più, finché sbottò:
«Siete tutte sciocche e non mi piacete affatto!»
Nell’improvviso silenzio che seguì la bambina rivolse un’occhiata di sfida alle tre donne e poi saltò giù dalla sedia, sfrecciando verso la porta.
La oltrepassò di corsa e si diresse verso la stanza dei genitori.
Entrò negli appartamenti reali e si diresse verso la camera dei genitori, aprì appena la porta e infilò timidamente la testa nel piccolo spazio.
Nel grande letto, Hermione e Caspian erano abbracciati e il re teneva una mano sulla pancia della moglie.
«Davvero» stava dicendo «Non vedo l’ora che il piccolo nasca, Hermione!»
La Regina annuì, sognante.
«Anche io non vedo l’ora di avere qui il nostro piccolo… Ci penso in continuazione, sai?»
Il Re rise sommessamente.
«Lo so bene, amore. Mi scopro a pensarci per ore, mentre dovrei ascoltare i miei Lord al Consiglio… ma è più forte di me! Chissà se sarà un maschietto o una principessina…»
«Con Rosalind ero così sicura sarebbe stato un maschietto… Chissà questa volta…»
«Be’ direi che con Roz siamo stati davvero bravi… Non vedo l’ora di conoscere questo piccolino!»
Hermione accarezzò il viso del marito.
«Sarà bellissimo avere un neonato in braccio, eh?»

Rosalind richiuse piano la porta, in silenzio, e indietreggiò attraverso l’anticamera.
Uscì in corridoio e si trovò davanti Dora, con le mani sui fianchi.
«Be’, signorinella!» la apostrofò la donna «Cosa pensavi di fare? Non devi rivolgerti in quel modo alle ancelle, lo sai!»
La bambina la fissò seria, quindi accennò a muoversi.
«Dove vai?» chiese Dora.
Rosalind si strinse nelle spalle, quindi si diresse verso le scale.
«Niente da fare!» fece Dora, seguendola «Non puoi scendere di sotto prima di colazione, Rosalind, e lo sai bene! Non iniziare con i tuoi capricci, siamo intese?»
Stranamente, la bambina si fece accompagnare di nuovo in camera, ma quando Dora uscì per prenderle la colazione e tornò a servirla, non la trovò più seduta nel salottino.
Insieme alle ancelle frugò in ogni angolo, quindi scese in biblioteca e, in ultimo, si azzardò persino ad andare a bussare alla porta della stanza reale.

Quando fu avvisato del fatto che Dora cercava la principessa, Caspian uscì di corsa dalle stanze reali, inseguito dalle raccomandazioni della moglie.
Nel frattempo, svariati servitori stavano cercando la bambina ovunque, al castello.
Il re lasciò due ancelle a guardia del riposo della moglie e si unì alle ricerche.
Fu lui a salire alla torre di Cornelius, ma l’anziano non aveva visto la bambina.
Caspian ridiscese, maledicendosi in silenzio per aver fatto preoccupare anche il suo precettore.
Alla fine, quando ormai la mattinata era avanzata, una delle cameriere che stavano esplorando il giardino fu vista tornare verso il castello trascinando per il braccio la principessa.
Caspian fu avvisato e arrivò di corsa, giusto in tempo per assistere alla scena di sua figlia che gridava e si contorceva per liberarsi dalla presa della ragazza.
Gli strilli cessarono quando Rosalind lo vide comparire, ma il re rimase stupito di fronte all’occhiata di sfida della figlia.
«Roz, cosa succede?» chiese il sovrano «Ci hai fatti spaventare! Non ti trovavamo! Non ti ho sempre detto che non devi uscire da sola? Il parco è grande e…»
La bambina, con i vestiti stropicciati e i capelli in disordine, non disse nulla.
Il sovrano sospirò, quindi congedò le guardie e i servitori.
Quando rimase solo con la figlia, la prese tra le braccia, ma lei subito si agitò e cercò di divincolarsi.
«Rosalind, cosa succede?»
Nemmeno di fronte al tono severo del padre lei si placò.
Caspian represse un’imprecazione, osservando con la coda dell’occhio il ciambellano che, con discrezione, aveva aperto la sala delle udienze, attigua al salone di ingresso.
«Cinque minuti» promise all’uomo, cercando di ignorarne lo sguardo scettico.
Con la figlia tra le braccia, voltò le spalle al servitore e si diresse verso il suo studio.
Aprì la porta, la richiuse con un calcio discreto, e posò la bambina su una comoda poltrona di pelle.
Il caminetto era spento, ma le tende erano tirate e la luce del sole illuminava la stanza, piena di libri, mappe e armi alle pareti.

In un angolo, due teche brillavano nella luce del giorno.
Una conteneva la spada che Aslan aveva donato a Caspian il Liberatore, durante il viaggio verso i Confini del Mondo alla ricerca dei Lord di Narnia.
L’altra conteneva una spada altrettanto bella e pregevole: la spada di Godric Grifondoro.
L’arma era stata evocata da Hermione durante la battaglia contro Lilliandil e Ramandu e Caspian la aveva usata in difesa di Narnia e di Aslan stesso.
Nessuno era stato più sorpreso del sovrano di fronte all’apparizione miracolosa di quella spada: come mai l’Incantesimo di Hermione non aveva evocato la spada di mille battaglie?
Come mai quell’arma magica aveva lasciato Hogwarts per finire nella sua mano?
E la risposta che Aslan aveva dato alla fine di quella battaglia sembrava al re ancora più prodigiosa.
Il simbolo della Casa di Grifondoro non è forse un Leone?
Aveva chiesto questo Aslan il Grande.

E così, la Spada era diventata un ulteriore segno che legava il mondo suo e quello di Hermione, tanto da meritare un posto speciale a palazzo.

Il terzo oggetto riposto nello studio, quello che calamitò subito l’attenzione di Rosalind, era una semplice verga di legno, un po’ consumata e custodita in una teca più piccola, poggiata su una colonna di legno scuro.
Caspian osservò la figlia raggiungere quella colonna e fissare incantata il ramoscello.
Lui sapeva che, per Rosalind, non c’era oggetto più prezioso e desiderabile in tutto il palazzo, forse in tutta Narnia, della bacchetta magica di sua madre.

*

Dopo la vittoria contro Lilliandil, Caspian e Hermione avevano deposto le loro armi.
Lui aveva rinunciato alla preziosissima spada e lei alla sua vecchia e amata bacchetta.
In occasione del suo secondo viaggio a Narnia – durato un’unica notte, nella quale era stata concepita Rosalind – Hermione aveva lasciato la bacchetta e i suoi abiti nella camera di Caspian ma, per opera del malvagio potere di Ramandu, si era risvegliata a Hogwarts e il passaggio da lei utilizzato per arrivare a Narnia era stato sigillato dall’ex guida di Aslan.
Quindi, Hermione aveva dovuto comprare una nuova bacchetta da Olivander, noto fabbricante del Mondo Magico.
Quando però era tornata con il marito, Harry e Ron, si era riappropriata della sua bacchetta e aveva lasciato senza rimpianti la seconda.
Dopotutto, quella era la bacchetta dei suoi primi Incantesimi: l’aveva scelta e, per lei, era insostituibile.
L’unico problema era che, a Narnia, la magia delle bacchette era sconosciuta.
Per non turbare gli equilibri del suo nuovo mondo, Hermione aveva a malincuore acconsentito a non usarla più.
Aslan aveva creato le teche magiche in cui erano state riposte la Spada di Grifondoro e la bacchetta e i sovrani si accontentavano di rimirare quei tesori ogni tanto, grati della pace che li rendeva inutili.

Rosalind, che conosceva a memoria le storie sulle guerre condotte dai genitori, adorava osservare quei cimeli.
Passava tutto il tempo possibile nello studio del padre, tanto che lui era segretamente contento del fatto che le teche fossero magiche e infrangibili.
Hermione si era spesso domandata cosa sarebbe successo se la figlia avesse toccato la sua bacchetta: sarebbe stata capace di usarla?
Dopotutto, era figlia di una strega.
Se fossero vissuti sulla Terra Rosalind, probabilmente, avrebbe ricevuto una lettera da Hogwarts al compiere degli undici anni… Ma a Narnia?
Quella magia si sarebbe mai sviluppata?
Narnia era una terra magica, ma la magia che vi operava era diversa da quella delle bacchette.
E Rosalind univa in sé quei due tipi di magia.
Chi poteva dire cosa ne sarebbe derivato, con il tempo?
Aslan non aveva dato spiegazioni ai sovrani, limitandosi a dire loro di avere Fede e di non temere.
E la pace di cui Narnia godeva rendeva facile non preoccuparsi del futuro.

Ma fino a quando?
Era a questo che pensava ora Caspian, osservando lo sguardo bramoso della figlia.
«Roz» la chiamò, piano «Cosa succede, tesoro? Perché sei scappata? Lo sai che ti ho chiesto di non far preoccupare la mamma… Ti aspettavamo per fare colazione, come sempre»
La bambina si voltò verso il padre, ma allungò la manina per sfiorare il basamento del piedistallo ligneo.
Fece per parlare, ma poi esitò.
Caspian attese, paziente, e alla fine la figlia disse:
«Volevo solo scendere in giardino…»
«Lo sai, piccola, che devi mangiare prima»
Lei scrollò le spalle.
«Sì»
«E sai benissimo che non devi uscire da sola»
«Sì» ripeté lei, apparentemente docile.
Caspian si accovacciò sulle ginocchia.
«Cos’è che non mi dici, Roz?»
«Niente. Andiamo dalla mamma?»
«Prima voglio parlare un po’ con te»
«Non è vero» si impuntò lei «Tanto lo so che non hai tempo e che devi lavorare!»
Caspian batté le palpebre, preso in contropiede.
«Sì, tesoro, è vero, ma lo sai che per te ho sempre tempo»
Malgrado quelle rassicuranti parole, Rosalind si mise a fare i capricci finché il sovrano, a malincuore, dovette affidarla a Dora e tornare alle udienze del regno.
Dora fece le spese delle bizze della bambina per tutta la mattinata, finché non esplose seccatissima:
«Rosalind, sei una vera peste! Spero che il tuo fratellino non erediti il tuo caratteraccio!»

Misteriosamente, quella frase rese la bambina insolitamente quieta e pensierosa per tutto il pomeriggio.




***
Miei diletti lettori, non solo sono in cronico ritardo, ma grazie al nuovo computer e a Windows 8 rischio anche di non riuscire a postare neppure oggi!
Non posso inserire il banner, né i link, e sto diventando matta!
Per di più, non posso formattare il testo. Orrore!!!!!
Spero che almeno il capitolo vi piaccia e che possiate perdonarmi per questa attesa...
Siete in vacanza? Io sì... e mi sto rilassando totalmente: niente pc, tutto mare!!!
In realtà speravo di scrivere molto, ma ammetto che è stata una gradita pausa, visto che anche in ufficio sono sempre davanti al computer.
Ho tanta voglia di ricominciare, però... ed è grazie a voi che mi seguite; che leggete, commentate, mi scrivete e riempite le mie giornate di gioie e non di lagne!
Vi adoro!
Vostra,
Joy
 

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Capitolo 7
*** VII ***


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Dopo la grande paura, la regina di Narnia si costrinse a un forzato e sgradito riposo, cercando al contempo di essere presente nelle giornate della figlia e di placare l’apprensivo marito.
 
Persino i suoi amati libri quasi non riuscivano a distrarla: Hermione non era abituata all’inattività e la situazione le pesava molto.
Eppure ne andava della vita di suo figlio e questo faceva sì che non esistessero discussioni sull’argomento.
I suoi sforzi furono premiati: il riposo diminuì i fastidi legati alla gravidanza e le perdite di sangue che avevano terrorizzato i sovrani non si ripresentarono.
All’avvicinarsi dei tre mesi di gestazione i sintomi più pesanti iniziarono ad affievolirsi e Hermione poté alzarsi sempre più frequentemente.
Quando alla fine il medico di corte le permise di lasciare le stanze reali giurò che, se fosse dipeso da lei, non ci sarebbe più tornata.
«Stai scherzando, spero!» commentò Caspian mentre scendevano insieme lo scalone principale, abbracciati.
La mano del re carezzò delicatamente la schiena della moglie.
«Nemmeno per sogno!» esclamò lei, battagliera.
«Peccato» ridacchiò lui «Avevo una mezza idea di proporti una festa privata, ora che stai meglio… Pensavo che potremmo lasciare Rosalind con Dora e Cornelius, mentre io e te…»
Non terminò la frase e la moglie si fermò di botto.
«Ma allora torniamo subito in camera nostra!» esclamò a voce alta, facendo scoppiare a ridere il marito e un’incauta guardia che la aveva sentita e che quasi si strozzò di fronte all’occhiataccia del suo superiore in grado.
 
 
Narnia accolse con gioia il ritorno della sua regina.
I Lord la festeggiarono durante il Consiglio e l’apparizione dei sovrani al balcone del palazzo fu salutata da grida di gioia del popolo.
Hermione era pallida, ma radiosa.
Ogni giorno sentiva che le sue forze crescevano.
All’inizio del quarto mese di gestazione, con il ventre appena arrotondato, si sentiva meravigliosamente bene: era piena di energie e vitalità.
Persino inseguire Rosalind – cosa che preoccupava non poco Caspian – non era più un problema e talvolta i servitori osservavano con occhi benevoli la principessa che sgambettava in giro e sua madre che la inseguiva sollevando le gonne fino alle ginocchia per non inciampare.
Rosalind, grazie alle cure della madre e alla ritrovata serenità del padre, sembrò dimenticare i malumori che nell’ultimo periodo l’avevano resa capricciosa e scostante.
Tutti, a palazzo, associarono la tranquillità alla passata paura della bambina per non aver accanto la mamma e continuarono a tollerare con gioia il carattere vulcanico della principessa.
 
*
 
E poi accadde.
Senza preavviso, senza nulla che la annunciasse, un’ombra oscura si distese sul castello, monito di come la vita sa essere imprevedibile.
 
Una mattina, prima dell’alba, Hermione fu svegliata da un bussare insistente alla porta.
Assonnata, gettò un’occhiata a Caspian che dormiva beato, quindi si alzò gettandosi uno scialle sulla veste da notte.
Aprì la porta e trovò una delle cameriere che si torceva le mani, nervosa.
«Che succede?» domandò subito, preoccupata.
«Maestà…» balbettò la ragazza «Maestà… mi dispiace…»
«Che succede?» chiese ancora Hermione, alzando la voce «Rosalind? Sta male?»
Fece per uscire ma la cameriera la trattenne.
«No, no, Maestà! La principessa sta bene!» disse.
Poi, facendosi coraggio, aggiunse:
«Solo che… che è morto, Maestà»
Poi, di fronte all’occhiata angosciata della regina, spiegò meglio:
«Il dottor Cornelius è morto»
 
 
Caspian era scioccato.
Il suo precettore, che era stato mentore e guida, non c’era più.
Se ne era andato serenamente, nel sonno, lasciando sulla scrivania un’incompiuta lettera per un amico studioso che voleva ultimare il giorno successivo.
Ma non ci fu una nuova alba per Cornelius.
Il dotto uomo lasciò la vita in punta di piedi, senza disturbare.
Hermione, addoloratissima per la perdita dell’anziano maestro, si diceva che lui ne sarebbe stato felice.
Non voleva essere un peso per gli altri e vedere le sue capacità di movimento limitarsi sempre più lo umiliava.
Invece se ne era andato senza soffrire, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, senza pesare sui suoi cari e senza lasciarli nell’angoscia di vederlo intrappolato in un corpo che non lo accompagnava più.
La regina sapeva che questo era un dono di Aslan… ma era comunque molto triste.
Eppure, non poté abbandonarsi alla disperazione, in quanto fu spaventata dalla reazione del marito.
 
Il re, saputa la notizia, si era chiuso nel suo studio e non ne era uscito né per mangiare, né per attendere ai suoi doveri e neppure dietro le insistenze di Hermione.
La regina aveva rispettato il più possibile il desiderio del re di restare solo con il suo dolore, ma, dopo aver messo a letto un’inconsolabile Rosalind che le era rimasta testardamente attaccata tutto il giorno, scese nello studio per cercare suo marito.
Trovò la stanza immersa nel buio, tanto che si chiese se Caspian non fosse uscito.
Poi, quando gli occhi si abituarono all’oscurità, riuscì a localizzarlo.
Il re sedeva immobile nella sua poltrona, con il capo abbandonato contro lo schienale di velluto.
Hermione mosse un paio di passi nella stanza, rabbrividendo.
Le grandi finestre erano rimaste aperte: evidentemente il re non si era alzato per accostarle.
L’aria della notte era pungente e la regina si mosse come un’ombra, facendo attenzione a non inciampare.
Lo studio le era molto familiare per via delle ore felici che vi aveva trascorso con Caspian, quindi si diresse senza esitazione verso le finestre, poi alla scrivania per cercare la pietra focaia.
Caspian non diede segno di accorgersi dei movimenti di lei, che pian piano riuscì ad accendere una candela.
Con quella in mano attraversò la stanza, accendendo tutte le altre candele, quindi rivolse la sua attenzione al camino.
La legna era predisposta e la regina attese con pazienza finché non riuscì ad accendere un ceppo.
Quindi tese brevemente le mani alle fiamme, poi si alzò e si diresse verso la scrivania.
 
Caspian teneva gli occhi chiusi e aveva la fronte aggrottata, come se provasse dolore.
Hermione ripose la candela, quindi intrecciò le dita con quelle del marito e prese a massaggiarle.
«Hai le mani fredde, amore» mormorò «Lascia che te le scaldi io»
Il re non rispose, ma Hermione massaggiò e scaldò le sue dita, quindi baciò le nocche una ad una.
Si protese poi per prendere l’altra mano e bisbigliò:
«Sai, a volte mi manca la mia bacchetta… Con quella avrei acceso il fuoco in un attimo e tu non staresti congelando. È una grossa tentazione, lo ammetto… Risolveremmo un sacco di piccoli problemi, se io usassi la magia»
Di fronte all’immobilità del marito represse un sospiro e continuò a massaggiargli il dorso delle mani.
Quando finì trattene l’elegante mano del re tra le sue e disse a bassa voce:
«Caspian, parlami. Non posso sopportare di vederti così»
 
Lui aprì gli occhi a fatica.
Si fissarono a lungo, in silenzio, quindi Hermione aprì le braccia e lui si lasciò stringere a lungo.
 
*
 
Il giorno dopo, per la prima volta, il cameriere personale del re si vide sollevare dalle mansioni quotidiane da una regina con gli occhi cerchiati, che lo congedò con poche parole.
«Oggi penso io ad aiutare Sua Maestà» disse brevemente «Vai pure, grazie»
L’uomo rimase sconcertato, ma la regina fu irremovibile.
Decise di non svegliare il marito, perché la notte prima aveva faticato molto per convincerlo ad andare a dormire.
Inoltre, il sovrano si era rigirato nel letto, mormorando frasi sconnesse, per gran parte della notte.
Hermione chiese che accompagnassero Rosalind nelle camere regali e accolse la figlia nel salottino.
Fortunatamente, la bambina era ben sveglia e non espresse desiderio di giocare nel lettone dei genitori; chiese però dove fosse il padre.
«Tesoro, papà è molto triste» le disse Hermione, accarezzandole i capelli «Lo sai che il dottor Cornelius non è più con noi, te l’ho spiegato ieri...»
La bimba annuì, seria.
«Anche io sono triste, mamma» rispose «Dora dice che non posso più andare nella sua stanza a parlare con lui»
«Purtroppo no, piccola. A tutti noi dispiace tanto… Ma sai che legame speciale aveva con papà»
«Sì… ma papà non può farci niente, giusto?» obiettò Rosalind.
Hermione sospirò.
«Purtroppo no, piccola»
«Ma papà può fare un sacco di cose!» tentò lei «È grande e forte e Aslan gli vuole bene!»
«Certo, tesoro, Aslan vuole tanto bene a papà e a noi, ma questo non significa che possa esaudire ogni nostro desiderio»
«E perché? Se papà è triste…»
«Oh, tesoro, amare qualcuno non significa fargli dei regali. Significa stargli vicino. La vita non è sempre facile e non tutti i giorni sono uguali… Ma per questo è così bella. Se la vita non finisse, non sarebbe così preziosa. E Aslan lo sa bene. Ricordi quanto ti ho raccontato che si sacrificò per salvare Edmund il Giusto?»
Roz annuì, circospetta.
Quella storia le faceva un po’ paura, a dir la verità.
Immaginava il bellissimo leone che da solo andava a cercare la Strega Bianca e le veniva sempre da piangere.
«Perché Aslan non viene da papà?» chiese ora «Così lo conosco anche io!»
Hermione sorrise.
«Lo hai già conosciuto, Roz. Solo che eri piccolissima e non lo ricordi… Ma lui veglia sempre su di te»
Rosalind arricciò il nasino.
«Tu sei sempre con me» argomentò «Io però Aslan non lo vedo»
La regina la abbracciò.
«Verissimo, ma ecco un’altra delle bellezze dell’amore: chi ti ama non deve per forza esserti accanto per volerti bene»
 
*
 
Dopo due giorni, Hermione decise che ne aveva abbastanza.
 
Pur capendo il dolore di Caspian, non sopportava di vederlo così spento e apatico.
Il giorno prima il re si era presentato in Consiglio, ma non aveva aperto bocca per tre ore consecutive.
I Lord, rammaricati, si scambiavano osservazioni banali cercando di capire come procedere con la seduta.
Così, quella mattina, Hermione si alzò, si vestì e andò a occuparsi della figlia, per poi portarla con sé negli appartamenti reali.
Appena vide il padre, che era seduto su un divano e fissava il caminetto spento, Rosalind gli corse incontro e gli si arrampicò sulle gambe.
Caspian la rimise dritta e i due si guardarono in silenzio.
«Papà» disse poi lei, seria «Non devi essere triste, perché poi anche la mamma è triste. E anche io!»
Il re fece un sorriso stanco.
«Hai ragione, tesoro. Ma, sai… A volte la vita è difficile per gli adulti…»
«Ma tu sei il re» fece lei «Tu puoi fare tutto!»
Caspian le accarezzò i capelli, mentre Hermione si sedeva al suo fianco.
«Magari» bisbigliò «Mi piacerebbe poter fare tutto, ma…»
«Non credo ti piacerebbe, sai?» intervenne sua moglie «Non siamo fatti per avere un potere del genere. Hai già la responsabilità della tua gente, del tuo regno. Vorresti avere il potere di decidere della vita?»
Caspian la circondò con il braccio e affondò il viso tra i capelli voluminosi di lei.
«Saggia come sempre» mormorò «Per fortuna ho te, amore mio»
Rosalind richiamò subito la sua attenzione, tirandogli un lembo della camicia.
«Papà, ho pensato una cosa» fece, seria «Secondo me il dottor Cornelius si dispiace se ti vede triste. La mamma dice che dal cielo lui ci vede… e non vuole vedere che stai male, secondo me»
Il re si trovò a battere le palpebre a una certa velocità di fronte all’argomentazione della figlia, quindi la abbracciò stretta.
«Tutta la madre» disse poi, facendo ridere Hermione.
«Ma… Cornelius è in cielo insieme ai nonni?» chiese dopo un po’ Rosalind.
Il re annuì.
«E con gli amici della mamma? Quelli che hanno combattuto insieme a lei? O ci sono due cieli diversi?»
Hermione baciò la guancia della figlia, che sembrava pensierosa.
«No, tesoro» rispose «C’è un solo cielo. Proprio come c’è un solo Aslan»
 
*
 
Quello stesso giorno Caspian tornò a svolgere i suoi compiti a pieno ritmo.
Malgrado il dolore, sapeva di non potersi abbandonare a cupi pensieri o alla solitudine.
Hermione non glielo avrebbe permesso. A ragione.
La vita di un re non è mai la sua.
Cornelius glielo aveva ripetuto così tante volte…
E il sovrano scoprì, con il passare delle settimane, che l’attività e la vita di tutti i giorni lenivano la pena.
Non la cancellavano, come non riempivano il vuoto lasciato dalla presenza dell’anziano maestro, ma la rendevano sopportabile.
 
Hermione gli rimase sempre accanto, fedele, forte e discreta.
Rosalind prese invece l’abitudine di salire le scale della torre di Cornelius e di nascondersi nelle sue stanze.
Volle che il re le mostrasse il passaggio segreto da cui il maestro lo aveva fatto scappare da Miraz, anni prima, e portò nella sua stanza alcune mappe celesti, che vennero incorniciate e appese alle pareti.
Ma soprattutto per lei, che era così piccola, il passere del tempo fece sbiadire il ricordo: il mondo di Rosalind era colorato e vivace, pieno dell’amore dei genitori.
La morte e l’abbandono erano sentimenti estranei, impossibili da capire.
Eppure c’era una frase bellissima che Rosalind a volte si ripeteva e che trovava bella, talmente bella che l’aveva ripetuta anche al papà, facendolo sorridere.
La stessa frase era stata incisa sulla tomba di Cornelius e Rosalind, quel giorno, si era sentita molto importante e saggia ad averla pensata.
 
Era una frase di un mago potente e anziano, che la mamma aveva conosciuto nel suo magico mondo.
Si chiamava Albus Silente e una volta aveva detto:
In fin dei conti, per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura.

*

Carissimi, malgrado il tetro umore del capitolo (dipendente dall'umore da sovraccarico di lavoro) io sono felice, felicissima di essere qui, ad aggiornare finalmente questa storia!
Quanto mi sono mancati Hermione e Caspian! E anche voi, ogni giorno!
Grazie se avrete ancora pazienza con la vostra Joy, ritardataria ma affezionata!
Buona lettura!
J

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