Ab Altitudo

di Mue
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I. Verso Est ***
Capitolo 3: *** II. Ab Altitudo ***
Capitolo 4: *** III. Bianco, verde, nero ***
Capitolo 5: *** IV. Campione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note:
Prima di tutto, una premessa: questa storia è indipendente e godibile anche senza aver letto le precedenti ma è scritta come seguito e con gli stessi personaggi di Ob Morsum e Invitus Amabo.
 
 
Prologo
 
 
I need another story
Something to get off my chest
My life gets kinda boring
Need something that I can confess
 
Mi serve un'altra storia,
Qualcosa per alleggerire il mio cuore.
La mia vita ha qualcosa di noioso,
Ho bisogno di qualcosa da confessare.
 
Secrets, One Republic
 
 
Un rombo di motocicletta simile al ruggito di un drago risuonò da un capo all'altro di Knightsbridge verso la mezzanotte di un sabato sera di fine estate.
Alcuni, i turisti e non frequentanti della zona, si voltarono stupiti a vedere quale fosse la sorgente di quel frastuono ma la maggior parte della gente sul marciapiede proseguì il cammino imperterrita: gli abitanti del centro di Londra erano abituati al rumore delle auto di lusso di giovani ricchi asiatici, mediorientali o inglesi di buona famiglia che frequentavano i club esclusivi del posto.
Stavolta, però, non si trattava dei soliti milionari figli di papà. Oppure sì?
In effetti Albus Potter, che scendeva dalla vecchia moto  togliendosi il casco, nato con la camicia un po' lo era: non solo era di ottima famiglia -Potter e Weasley, due nomi, due garanzie nel Mondo Magico moderno- ma era anche intelligente, studioso e dotato di una saggezza insolita per i suoi soli diciassette anni.
Lasciò casco e moto sul ciglio del marciapiede e andò a suonare il campanello della quinta porta di St. Leonard Street.
Ci volle meno di un minuto perché la porta si aprisse ma Al fece in tempo a sgualcire irrimediabilmente il giornale che stringeva convulsamente tra le mani.
Il chiavistello scattò, lasciando che la porta si aprisse su un ragazzo altissimo e pallido dai capelli bruni e arruffati, vestito in una tuta Babbana.
«Al!» esclamò sorpreso.
Al fece un ampio sorriso e prese la mano che l'amico gli tendeva circondandolo in un mezzo abbraccio. «Ciao, Stuart!»
Stuart Dunneth, Corvonero, in attesa di iniziare il settimo anno a Hogwarts, era cresciuto ancora da quello precedente e Al vicino a lui sembrava ormai molto più basso del suo metro e ottanta.
«Dove sono i tuoi genitori?» domandò Al entrando e lasciandosi cadere sul divano di pelle dove Stuart gli aveva fatto cenno di accomodarsi mentre recuperava qualcosa da bere dal frigo.
«Vienna» rispose Stuart. «Ian è con loro.»
«Tuo fratello? Ha ricevuto la sua lettera?»
Stuart stappò due bottiglie con un colpo di bacchetta. «Oh, sì» disse allegro dandone una ad Al. «Anche lui ha un biglietto per Hogwarts di sola andata. Gli ho fatto assaggiare un sorso di Burrobirra perché sappia le delizie che lo aspettano. Per i lati negativi c'è ancora tempo, invece.»
«Come Quebec?» ridacchiò Al mandando giù un sorso: in sette anni che lo conosceva, l'insegnante di Aritmanzia non aveva allentato di un palmo le sue ronde notturne a caccia di studenti da punire. Sorpreso dal sapore che sentì, guardò l'etichetta della bottiglia che stava bevendo. «Che ci fa della Sangriastrega spagnola a casa tua?»
«David me ne ha mandate due intere casse come regalo di compleanno un mese fa: era in Andalusia. Ma tu non mi hai ancora spiegato perché sei passato da me. Ho sentito un rumore di moto: deve essere qualcosa di importante per spingere l'integerrimo Albus Potter a salire senza patente sul catorcio di suo fratello maggiore.»
Al bevve un altro sorso di Sangriastrega prima di parlare, facendosi serio.
«Hai letto la Gazzetta del Profeta
Stuart chinò lo sguardo sulla bottiglia. «Qualcosa, sì» ammise in tono incurante. «Per tua fortuna, dato che la copia che hai in mano ormai è illeggibile» aggiunse ironico.
Al sorrise ma subito tornò serio. «Allora hai saputo...?»
Stuart annuì, prendendo il giornale stropicciato e aprendo la prima pagina. A caratteri cubitali sopra una foto tutta spiegazzata da cui i personaggi erano spariti, c'era scritto: “Clamoroso ritorno del Torneo Tremaghi. Il nuovo Ministro della Magia Gabriel MacMillan dà l'annuncio ufficiale una settimana prima dalla riapertura di Hogwarts. Il Capo Auror Harry Potter dà le dimissioni in segno di protesta.»
Stuart alzò lo sguardo su Al. «Tuo padre ha davvero lasciato la carica di Capo degli Auror?»
Al annuì, il volto scuro. «Ha consegnato le dimissioni ieri mattina. Non ha ancora deciso se lasciare anche il lavoro o rimanere in ufficio come Auror semplice.»
Un lungo silenzio seguì quell'affermazione. Poi, forse per cercare di dissipare il disagio crescente, Stuart tirò fuori dal tavolino del soggiorno un mazzo di carte.
«Sai giocare con le carte Babbane?»
Al rimase per un attimo interdetto, poi sorrise e scosse la testa.
Stuart sorrise. «Non sai cosa ti perdi. Adesso ti insegno.» Andò a recuperare altre due bottiglie dal frigo e cominciò a spiegare le regole di un paio di giochi ad Al.
Quando iniziarono la quinta partita e Al cominciava a capire le dinamiche del gioco, si sentì abbastanza rilassato da parlare di nuovo di quello che più gli premeva. «Ai tempi di mio padre, quando si svolse il Torneo, morì uno studente, ucciso da Voldemort la notte in cui risorse e riacquistò il suo potere.» Sospirò. «Mio padre è convinto che rifare il Torneo sia un insulto alla memoria di Diggory -si chiamava così- oltre che... be', secondo lui è ancora troppo pericoloso per gli studenti. E anche mia madre la pensa così.»
«Capisco» disse Stuart fissandolo con il suo sguardo penetrante. «Ma Voldemort non esiste più, vero?»
Albus si rigirò tra le mani un paio di carte nervosamente. «No. Ma a mio padre non importa: odia quel Torneo.» 
Si alzò in piedi e si avvicinò alla finestra, guardando il via vai di macchine di lusso, biciclette e persone che ravvivava la strada. «Il fatto è...», esitò, poi si volse verso Stuart con uno sguardo risoluto. «Il fatto è che io parteciperò.»
 
 
Till all my sleeves are stained red
From all the truth that I've said.
 
Finché tutte le mie maniche non siano macchiate di rosso.
Per tutta la verità che ho detto.
 
 
Quando Al se ne andò, erano le due passate.
Avevano giocato altre partite di carte, bevuto altre due o tre Sangriastreghe e Al aveva mostrato a Stuart la moto di Jamie: sapeva che l'amico voleva truccare magicamente da un po' quella che gli avevano regalato a sedici anni i suoi genitori Babbani e Al gli promise di informarsi per fargli avere un permesso ministeriale di Modifica di Manufatto Babbano grazie alle conoscenze di suo nonno. Su quel bacchettone di suo zio Percy Weasley, che era stato Ministro della Magia fino a un mese prima, non c'era invece proprio da fare affidamento.
Stuart chiuse la porta di casa e mentre raccoglieva le bottiglie sparse sul tavolo del salotto, pestò della carta e si rese conto che Al aveva lasciato lì la sua Gazzetta del Profeta.
La raccolse, la spianò e fissò la prima pagina: sotto l'articolo principale, che parlava di Harry Potter, del Ministro MacMillan e delle polemiche, c'era un elenco delle scuole coinvolte.
Hogwarts, Beauxbatons, Durmstrang.
L'occhio si fermò su quest'ultima, illustrata come un castello basso e grigio, circondato da creste di montagne e neve.
Un lampo passò nella mente del ragazzo. Un sogno, quel sogno che lo tormentava da ormai un mese.
Neve. Dappertutto, ricopriva tutto in quel suo modo così dolce, silenzioso. Così letale.
E poi c'era il sangue. Vermiglio, vivido, che sembrava così sporco su quella patina di bianco abbacinante.
«Dove sei?» Una voce, un sussurro. Stuart avrebbe giurato che quelle parole facevano meno rumore dei fiocchi che cadevano tutto intorno, eppure lui le sentiva.
«Dove sei?»
Stuart ebbe la tentazione di rispondere. Doveva farlo. Ma ancora una volta si trattenne.
«Dove sei? Stuart?»
Stuart trasalì.
Dal suo caminetto veniva una voce familiare. Si riscosse, allontanando da sé gli ultimi stralci del ricordo di quel sogno, quello che, lo sapeva, lo attendeva acquattato nel sonno anche quella notte.
«Stuart?»
Stuart si voltò verso il caminetto, dove le braci del fuoco che aveva acceso in compagnia di Al si stavano spegnendo lentamente. Sulla punta delle ultime fiammelle blu distinse vaghi i tratti di un ragazzo.
«David!» esclamò, riconoscendo David Steeval, il biondo Grifondoro che era stato l'anima gemella di James Potter fino all'anno precedente, in cui i M.A.G.O. avevano concluso la loro carriera scolastica. «Che fai ancora sveglio? In Spagna si fanno le notti piccole?»
David Steeval sorrise. «Magari! No, sono tornato in Inghilterra. Sono rimasto in piedi fino adesso per finire i conti di mia madre: domani abbiamo un incontro importante alla filiale della Gringott di Praga.»
«Vai a Praga?» domandò Stuart interessato. «Ho sentito che laggiù c'è il laboratorio di Alchimisti migliore al mondo.»
David scrollò le spalle. «Ah sì? Può darsi, ma non credo avrò tempo di dare un'occhiata ai loro alambicchi. Dovrò ripartire subito per Il Cairo.»
«Sempre di corsa?» fece Stuart ghignando. «E chi l'avrebbe detto che lo scapestrato David Steeval sarebbe diventato un grande finanziere del Mondo Magico seguendo le orme di sua madre?»
«Oh, taci!» replicò David seccato. «Non hai idea di che terribile faccenda sia dover indossare sempre l'abito da cerimonia. Merlino, quanto invidio Jamie e il suo nuovo posto di Cercatore titolare! Comunque non era di questo che volevo parlarti. Ho sentito del Torneo!»
Stuart si fece di colpo serio. «Ah sì?»
«Maledizione, potevano aspettare un anno di meno a farlo!» esclamò David contrariato. «Altro che quello stupido Banchetto dell'Armistizio dove per poco non ci ho rimesso la pelle. Questo sarebbe stato molto più interessante per concludere Hogwarts. E invece toccherà a te portare alto l'onore di quelle quattro mura decrepite.»
Stuart scrollò le spalle. «Non ho ancora deciso se può interessarmi o no.»
David sogghignò. «Non dire sciocchezze! È l'occasione giusta per finire i tuoi studi col botto. E poi dopo sei anni in quell'antro di manticore non vorresti farti almeno l'ultimo lontano dalle grinfie di Quebec?»
Stuart si fece di colpo più attento. «Perché, hai saputo da qualcuno che si terrà in un'altra scuola? Non a Hogwarts? Il luogo non dovrebbe essere ancora segreto?»
David fece una smorfia ironica. «Ragazzo mio, nel mondo dei galeoni impari presto che i segreti che richiedono tanti soldi non rimangono tali per molto. No, ci sono stati diversi spostamenti di capitali da un posto all'altro di recente, soprattutto verso i paesi settentrionali e orientali, e se le informazioni che ho avuto non sono tutte da buttare, ti posso dire con sicurezza che il Torneo si terrà nel posto più lontano possibile dalle critiche piovute sul nostro Ministro, che ha acconsentito al progetto solo per questo motivo.»
«Beauxbatons? O...?» Stuart esitò a pronunciare il nome, sfiorato di nuovo il ricordo del suo sogno ricorrente.
Neve. Sangue.
“Dove sei?”
«Durmstrang, probabilmente» replicò David. «Per carità, Beauxbatons sarebbe stato cento volte meglio: caldo mediterraneo, cucina francese, belle ragazze -anche se devo dire che le streghe francesi hanno anche la fama di essere parecchio smorfiose- ma dalla vita non si può avere tutto. Prendi l'idea in considerazione. E ora ti saluto, ho le ultime notizie dalla Borsa Magica da controllare prima di domani. Stammi bene, Stuart, e salutami con affetto Quebec: mi mancano le sue punizioni.» E, su quell'ultima nota sardonica, scomparve dal fuoco.
Stuart rimase per un po' a fissare le braci morenti. Poi, una volta che ebbe chiuso il coperchio trasparente del caminetto, si rialzò e tornò al tavolino.
L'illustrazione di Durmstrang era ancora lì in bella mostra e mentre Stuart la guardava gli parve che le pareti di casa sua fossero troppo strette, l'aria troppo calda, il rumore della strada troppo forte; la lettera di Hogwarts che lo convocava all'ultimo anno scolastico posata di sopra sul suo comodino, anziché un invito a quella che da qualche anno considerava come una seconda casa, gli parve d'un tratto il mandato per una prigione senza via di scampo.
Durmstrang.
Stuart chiuse gli occhi. 
“Dove sei?”
«Qui», disse ad alta voce. «Sto arrivando.»
 
This time don't need another perfect lie
Don't care if critics ever jump in line
I'm gonna give all my secrets away.
 
Questa volta non mi serve un'altra perfetta bugia.
Non mi importa se le critiche non supereranno mai il confine,
Sto per gettare via tutti i miei segreti.
 
 
Segreti.
Scorpius li odiava. Un po' come odiava il proprio nome. E il proprio cognome -ma forse ora un po' meno.
Erano poche, a dire il vero, le cose che Scorpius poteva sopportare. Una tra queste era sua madre: Astoria Greengrass, la donna migliore che lui conoscesse, la più importante della sua vita. L'unica, almeno dopo che Rose Weasley lo aveva rinnegato per l'ennesima volta.
«Mi dispiace Scorpius, davvero» gli aveva detto tormentandosi i ricci di quel maledetto, meraviglioso rosso fuoco. «Non posso farlo. Non posso. Vorrei, ma... è troppo... Perdonami.»
Scorpius aveva stretto i pugni. «No, Weasley. Non ti perdono.»
Lei aveva iniziato a piangere. «Oh, Scorpius, ti prego...»
«Mi preghi? Lascia perdere le preghiere, non m'interessano. Sei una vigliacca.»
Scorpius sbuffò, cercando di cacciare via quel ricordo e tornando a concentrarsi sul presente, sulla saletta da colazione di casa Malfoy. 
Sua madre stava soffiando con grazia sulla tazza di porcellana cinese, la vestaglia di seta allacciata delicatamente in vita, i capelli color grano acconciati in una treccia perfetta anche da appena alzata.
«Credo, caro, che domani al teatro Flamel dovremmo invitare anche il caro Rawdon e Daphne» stava dicendo al marito, che dall'altra parte del tavolo giocava con il gatto persiano di lei e gli allungava pezzi del suo toast al salmone. «È un secolo che non li vedo e sarebbe carino fare una cena di famiglia. Mia madre, però, è meglio che stia a casa, rovinerebbe tutto, come l'ultima volta a Natale, ricordi?  Quando... oh, ecco il giornale» si interruppe quando una civetta grigia entrò dalla terrazza e planò lieve sul dorso della sedia accanto a lei, tendendole la copia della Gazzetta del Profeta.
«Scorpius, caro, mi allungheresti il borsellino, lì sul divano accanto a te? Ecco, esatto, grazie tesoro.» Pagò il gufo mentre Scorpius tornava a sedersi svogliatamente sul divano spalancando le braccia, la testa che gli ricadeva pesantemente all'indietro.
Ad Astoria non sfuggì la malagrazia con cui il figlio si era stravaccato e mise da parte il giornale. «Scorpius, tesoro, se hai avuto una delusione d'amore non è necessario che lo esprima con tutta quella sciatteria.»
Scorpius serrò le labbra mentre suo padre alzava finalmente la testa dal gatto e lo guardava accigliato.
«Come?» fece, scrutando Scorpius sbalordito. Fece per chiedere qualcosa ma Wilhelm, il gatto, vedendo che non si decideva a lasciar cadere il pezzo di salmone gli azzannò un dito. «Ahi!»
«Allora?» insisté Astoria al figlio con sguardo penetrante.
Scorpius guardò corrucciato la madre inarcando le sopracciglia aggrottate. «Scusa?»
Astoria si portò la tazza alle labbra con espressione risaputa. «Non fare lo sciocco, tesoro. Tu e tuo padre sarete bravi in Occlumanzia ma a me non servono incantesimi Legilimens per certe cose.»
«Oh, no» ribatté suo marito acidamente guardandosi il dito sanguinante. «Non c'è Occlumanzia che tenga di fronte all'immenso potere dell'Incanto Impicciorius di cui sei campionessa... Ehi!» L'ultimo commento era dovuto al cucchiaino da tè che, animato da una forza invisibile, gli aveva picchiato le nocche di una mano.
Astoria fece un'espressione eloquente e accennò a Scorpius, che rimaneva zitto sul divano, le sopracciglia aggrottate.
Diamine, imprecò il ragazzo tra sé: odiava quando sua madre era così intuitiva -praticamente sempre- e odiava avere dei segreti -che non gli capitava praticamente mai.
«È vero quel che ha detto tua madre? Qualcuna ti ha scaricato?» gli domandò suo padre, minaccioso.
Scorpius alzò lo sguardo. «Sì.»
Suo padre rimase a bocca aperta, poi si accigliò. «E chi è? Come ha osato? Dimmi il suo nome, andrò a parlare ai suoi genitori e...»
«Caro, non fare l'antiquato» lo interruppe Astoria, poi tornò a volgersi verso il figlio. «Non so cosa sia accaduto o chi sia, Scorpius, ma ricordati chi sei. Se qualcuno ti ha maltrattato, deluso o rifiutato, significa che non ti meritava.»
Scorpius non si sentì per niente consolato ma, anzi, arrabbiato più di prima. Non gliene fregava niente del suo orgoglio o del nome della famiglia, non gli importava dello smacco etichettato Weasley che aveva subito. A differenza di lei, lui ai nomi e al sangue non faceva per niente caso. A differenza di lei, lui non era un vigliacco.
Aveva tenuta segreta la loro relazione per un pezzo al quinto e al sesto anno solo perché lei glielo aveva chiesto. Lei.
Era andato a riprenderla quando gli era sfuggita, l'aveva aspettata anche dopo che s'era messa con quel figlio di Troll di Tristan Vidal di Corvonero solo per ingelosirlo -e, Morgana, se c'era riuscita!-, aveva fatto tutto e anche di più per lei.
Era stato tutto tempo sprecato. 
Quando Scorpius le aveva chiesto di uscire allo scoperto, lei per l'ennesima volta aveva rifiutato. 
Di che diamine aveva paura? La sua enorme schiera di cugini? Scorpius li avrebbe spazzati via in un istante, se avesse voluto. Dell'opinione dei suoi genitori? Scorpius era un Malfoy e sebbene fosse consapevole che suo padre l'avrebbe scuoiato palmo a palmo appena avesse saputo della sua relazione, se n'era fregato.
Ma alla fine s'era stufato dei segreti; Scorpius li odiava, così come ogni genere di sotterfugio o di compromesso. E ora, dopo l'ennesimo rifiuto e separazione, si sentiva solo svuotato, amareggiato e pieno di rancore.
Non voglio tornare a Hogwarts, realizzò. Non voglio rivederla, non voglio rivedere nessuno. Voglio starmene in pace, senza quella marmaglia di Serpeverde, Grifondoro e tutti gli altri a fare chiasso tutto intorno, a provocarmi, a tormentarmi.
Mentre rimuginava sui suoi pensieri suo padre e sua madre avevano intrapreso un battibecco.
«Certo che dovrebbero reintrodurre il consenso dei genitori alle unioni. Almeno per i purosangue» stava affermando Draco. «Della feccia non importa a nessuno come disperde il proprio sangue.»
Astoria afferrò il giornale con espressione oltraggiata. «Ricordo al mio caro Purosangue che quando mi hai sposato non hai chiesto il consenso proprio a nessuno. E se fosse stato obbligatorio, mia madre ti avrebbe buttato fuori da Casa Greengrass a calci.» Aprì il giornale con violenza mettendosi a leggerlo con furia mentre Draco tornava a inveire.
«Tua madre non c'entra nulla, anche perché voleva che tu sposassi quel microcefalo di Nott, che guarda com'è andato a finire! Con quella Filobabbana della Bones che...»
«Oh, Merlino!» esclamò Astoria di colpo, interrompendolo. «Harry Potter si è dimesso?!»
Draco saltò su dalla sedia come una molla. «Cosa?!»
Scorpius sbuffò di nuovo a sentire quel nome. 
Potter, lo zio di Rose. Possibile che i Potter-Weasley lo tormentassero anche dal giornale della mattina? Draco intanto aveva afferrato il giornale dalle mani della moglie e ignorando le proteste di lei aveva letto con foga.
«Il Torneo Tremaghi?» disse, sbalordito.
Per la prima volta da qualche giorno nella coltre di rabbia repressa di Scorpius si fece strada una scintilla di qualcosa di diverso. Di... curiosità?
«Il Torneo Tremaghi?» ripeté, raddrizzandosi lentamente sul divano.
Suo padre annuì e diede il giornale alla moglie che lo lesse ad alta voce. A fine articolo alzò gli occhi e guardò il marito.
Draco aveva un'espressione eccitata sul volto. «Il Torneo Tremaghi! Quest'anno! Merlino, Scorpius, tu devi partecipare! Se solo avessi potuto farlo io alla mia età...! Diamine, se tu, un Malfoy, vincessi, quanta polvere si dovrebbe mangiare Potter! È quanta gloria per noi! Non devi fartelo scappare!»
Astoria protestò vivacemente. «Ma che sciocchezze! A Scorpius non interessanto queste cose, non è mai stato competitivo e non ha nessuna ragione di esserlo. Non abbiamo niente da dimostrare a nessuno, vero Scorpius?»
Scorpius meditava velocemente, cercando di pensare. Odiava il protagonismo e non voleva mettersi in mostra, ma se quel torneo...
In silenzio si alzò e prese il giornale dalle mani della madre. Vide la lista delle scuole e domandò con voce piatta: «L'hanno fatto a Hogwarts l'ultima volta?»
«Sì» rispose suo padre.
«E quanto è alta la probabilità che venga rifatto a Hogwarts l'edizione dopo?»
Suo padre scrollò le spalle. «Non saprei, ma credo scarse. In passato non si è mai ripetuto nello stesso posto per due volte di fila.»
Gli occhi di Scorpius scintillarono quando disse: «Parteciperò.»
 
 
 
 
Note:
Prima di tutto, grazie per aver letto questo primo capitolo. Come vi è sembrato?
Ho scritto l'inizio di questa storia molto tempo fa, come seguito di Invitus Amabo ma non l'ho mai portato a termine. Tutt'oggi ho solo due capitoli conclusi e la storia rimane quindi tutta da scrivere.
Se avete suggerimenti, sarò lieta di ascoltarli. I protagonisti di questa storia, a differenza delle altre che aveva solo un personaggio femminile centrale -Drilla ed Emily- saranno probabilmente tre ragazzi: Scorpius, Al e Stuart. 
C'è anche un lieve accenno, nella parte di Scorpius, su Rawdon, un fratello di Astoria che ho inventato e di cui ho scritto in alcune storie sulla ship Luna/Rolf, perciò se foste incuriositi vi lascio il link alla prima: Satyrica. Sono storie brevi e dolci, da gustare insieme a un tè o una cioccolata calda.
Non so quanto sarò in grado di aggiornare questa storia né quanti capitoli sarà lunga tuttavia mi spiaceva continuare a tenerla chiusa nel computer senza almeno averla proposta.
Per ora vi saluto, a presto!

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Capitolo 2
*** I. Verso Est ***


 
I. Verso Est
 
 
 

L'espresso di Hogwarts scivolava sulle rotaie come un sinuoso serpente rosso: il vapore dei suoi motori si confondeva nei banchi di nebbia e nelle nubi gonfie di pioggia che alternavano scrosci d'acqua a squarci di sole nel cielo bizzoso.
Il paesaggio tutto intorno, però, non era la consueta campagna inglese e scozzese: abeti rossi e faggi costellavano i lati dei binari e di tanto in tanto occhieggiava dagli spazi tra le chiome qualche edificio dal tetto scosceso.
«Guarda, Stuart, il Danubio!», esclamò Al seduto al suo fianco.
Stuart, il capo pesante di sonno appoggiato a un braccio, si riscosse: oltre il fogliame irto di aghi che sfilava davanti al finestrino intravide snodarsi un nastro blu scuro. Il fiume.
«Tra poco saremo a Vienna» commentò Stuart languidamente, tornando a posare stancamente la testa sul braccio. 
Sospirò e si chiese ancora una volta cosa ci facesse lì.
Io non dovrei essere qui. Dovrei essere a Hogwarts, al Banchetto di Halloween, seduto tra Drilla ed Emily, o magari anche Lorcan Scamandro… dovrei essere lì ad ammonire Ian contro Quebec, a spiegargli di non andare ai banchetti dei fantasmi senza avere già lo stomaco pieno, di non avvicinarsi al Platano Picchiatore durante la caduta delle foglie perché diventa irascibile, a…
Scosse la testa.
No, doveva smettere di pensarci: aveva preso la sua decisione e ora era lì, in viaggio. Per il Torneo Tremaghi.
Sì, Stuart ce l'aveva fatta, era stato ammesso tra gli otto studenti di Hogwarts che sarebbero andati a Durmstrang per mettere il loro nome nel Calice di Fuoco e diventare campione.
Il numero circoscritto di ragazzi che partivano era stato voluto dal Preside e dal Ministero, a causa dei guai dell'edizione precedente, quando Harry Potter era finito tra i candidati senza nemmeno avere l'età per partecipare.
“Questa volta” aveva detto il Preside McKinnon a Hogwarts al banchetto d'inizio anno, quando aveva annunciato ufficialmente il Torneo, “è stato deciso di fare una preselezione, affinché il nome che uscirà dal Calice di Fuoco appartenga solo a uno degli studenti scelti dagli insegnanti e dal Preside stesso e che avranno i requisiti necessari per partecipare. In questo modo il campione designato non sarà valido se non apparterrà a questa ristretta cerchia. Il Torneo Tremaghi si svolgerà a Durmstrang, e gli studenti che vi si recheranno per conto di Hogwarts saranno otto, due per ogni Casa.»
Al e Stuart, dai rispettivi tavoli -Grifondoro e Corvonero- si erano lanciati un'occhiata e Al, pallido, gli aveva fatto un cenno d'assenso. Stuart ricambiò: sapeva che la decisione dell'amico era presa. Così come la sua.
“Iscriverti al Torneo?” aveva esclamato Drilla quando aveva annunciato la notizia a lei e ad Emily, le sue compagne di dormitorio. “Tu sei pazzo! Hai sempre detestato essere al centro dell'attenzione! Lo sai che cosa significa farsi ammettere tra quegli otto aspiranti suicidi? Un sacco di fama, oltre che guai a non finire! E tu odi la fama, l'hai sempre detto!”
Emily era stata più pacata -come sempre, peraltro.- Si era morsa un labbro dicendo: “Non so, Stuart, non mi convince granché. Che cosa vai a fare laggiù? Non c'è niente da guadagnare tranne una coppa e qualche galeone, ma tu non ne hai bisogno, no? E poi come farai a studiare per i M.A.G.O.? Insomma, sono importanti: rischi di rovinarti la media di sei anni.”
Stuart aveva scrollato le spalle a Drilla, aveva sorriso teneramente a Emily ed era andato da Ravenscar, il suo Direttore di Casa, a consegnare la sua candidatura.
E così eccolo lì, a più di mille chilometri da casa, diretto verso una remota zona del nord che nessuno sapeva precisamente dove si trovasse.
Era tradizione recarsi sul luogo con il mezzo più rappresentativo della scuola: nel loro caso, l'Espresso di Hogwarts per l'appunto.
Stuart aveva creduto, da quello che aveva sentito, che Durmstrang si trovasse in una zona settentrionale, magari la Scandinava, ma quando il treno, seguendo la linea dell'Orient Express -i Babbani non lo sapevano, ma era la ferrovia più trafficata d'Europa di treni di Maghi e Streghe- era passato per Parigi, Strasburgo e Monaco, proseguendo per Vienna, aveva capito che le credenze inglesi su Durmstrang erano del tutto errate.
«Dove credi che si trovi?» domandò Al, come se gli avesse letto nel pensiero.
«Durmstrang?» Stuart scrollò le spalle. «All'inizio pensavo in Germania, ma l'abbiamo superata. L'Austria mi sembra un'improbabile candidata. Proseguendo su questa linea ferroviaria potremmo arrivare ovunque, da Budapest a Praga, fino all'Ucraina o addirittura alla Russia. Ma quello nato in una famiglia magica sei tu, dovresti conoscere meglio di me le scuole magiche europee.»
Al scosse il capo. «Non ne ho idea. Tutte le scuole sono Indesignabili e gli studenti e gli stati stanno sempre molto attenti a mantenere il segreto. E Durmstrang è la scuola più misteriosa di tutte: ha studenti di parecchi paesi diversi, non come Beauxbatons che è frequentata quasi solo da francesi e Hogwarts da anglofoni. Mia zia Herm mi ha raccontato che tra gli studenti venuti a Hogwarts lo scorso Torneo ce n'erano di bulgari, di polacchi, di russi e altro ancora.»
«Dovunque sia» li interruppe con una smorfia una ragazza dai capelli neri raccolti in una coda. «Non sarà per niente confortevole.» Era Rhiannon Hobbs, Grifondoro e compagna di classe di Al, che sedeva sul divanetto del tavolo successivo al loro.
Viaggiavano su quello che solitamente era il vagone dei Prefetti e dei Caposcuola, ben diverso da quelli a scompartimenti riservati agli studenti normali: più che in un treno, là dentro pareva di stare in un salotto con le rifiniture retrò, i tavolini, le sedie e le poltroncine e pure un tavolo da scacchi magici.
«E come fai a dirlo?» replicò un ragazzo seduto appunto a quest'ultimo tavolo scostandosi i capelli lunghi rasta dal viso color ebano. Leo Macnair era di Serpeverde ed era alto quasi quanto Stuart.
«Be', a te sembra che sia piacevole un posto da cui vengono tipi che hanno della pelliccia come divisa scolastica?» lo rimbeccò Rhiannon.
«Più che il freddo, a me spaventa il fatto che fino a pochi anni fa ci insegnavano le Arti Oscure» si intromise con la sua voce bassa Virginia Marlowe, che invece era compagna di Stuart a Corvonero e aveva guance tonde e sempre arrossate. «Chissà che cosa sono disposti a fare gli studenti di quella scuola per vincere.» E rabbrividì.
Stuart sbuffò a quell'affermazione: Virginia non gli era mai andata a genio negli anni che avevano fatto a Hogwarts e quando aveva saputo che era lei la seconda candidata scelta nella sua Casa, non ne era stato affatto contento.
Avrebbe desiderato tanto avere Drilla con lui: Drusilla Cook, la più inarrestabile, scatenata, sfrontata strega che conoscesse; gli aveva fatto passare parecchi guai ma questo non aveva fatto altro che farlo affezionare di più a lei.
Drilla, però, non aveva voluto saperne del Torneo e aveva cercato di fermalo in ogni modo, e così anche Emily. Stuart non si era reso conto dei risvolti dolorosi della sua decisione finché non si era trovato alla porta della Sala Grande con il baule pronto per il viaggio.
Emily aveva grandi lacrimoni sulle guance e Stuart, per un attimo, aveva avuto la tentazione di abbracciarlia cedendo alla tenerezza che da sempre lei gli ispirava -quella stessa tenerezza che aveva scalfito lo scudo di freddezza che aveva eretto al terzo anno, quando era stato sotto l'effetto della maledizione elfica. Tuttavia sapeva che l'avrebbe solo messa in imbarazzo e si era trattenuto.
Drilla aveva il volto asciutto, invece, ma Stuart la sapeva lunga e non gli era sfuggito il tic nervoso che sembrava avere agli occhi. La ragazza gli aveva dato una pacca forte su una spalla. «Rendici fiere di te, capito?»
«E stai attento» aveva mormorato Emily. Poi, sorprendendolo, aveva compiuto il gesto che lui un attimo prima si era costretto a soffocare: gli aveva buttato le braccia intorno al collo, affondandogli la faccia nella spalla.
C'erano voluti alcuni minuti per calmarla, salutare ancora e voltare le spalle andandosene ma a Stuart parve che tutto passasse in un lampo mentre agiva come un automa.
In un batter d'occhio era fuori e arrancava insieme ad Al e gli altri sei studenti sotto la pioggia, verso le carrozze.
Stuart non si era voltato indietro. Sapeva che i compagni di classe e suo fratello Ian lo stavano guardando e che ancora non capivano il motivo della sua decisione. Lui non aveva raccontato a nessuno dei suoi sogni: non voleva che credessero che fosse di nuovo sotto l'influsso di qualche magia.
Ancora non capiva nemmeno lui che cosa fosse: aveva cercato nei libri ma nemmeno l'immensa miniera di Hogwarts aveva saputo dargli una risposta; non sapeva nemmeno se andare a Durmstrang sarebbe stata la mossa giusta o no: dopotutto poteva non c'entrare niente, il sogno poteva venire da qualsiasi altro luogo o magari essere solo un sogno, una qualche fissazione incomprensibile del suo subconscio.
Ma ogni volta che mormorava tra sé il nome di quella scuola lontana, avvertiva come una risposta dai meandri della sua mente. E adesso, pensò mentre il sole si abbassava sull'orizzonte e il treno filava a tutta velocità, avrebbe scoperto se quella risposta poteva spiegare il sogno che lo tormentava.

Neve, dappertutto. E sangue, un sentiero scuro che punteggiava quella superficie immacolata.
«Dove sei?»
Stuart non vedeva ancora la sorgente di quel mormorio ma sulla sua pelle sentì una vibrazione, come di qualcosa di elettrico che si avvicinava.
«Stai arrivando?»
Lui sussultò: era la prima volta che la voce gli mormorava una frase diversa. 
«Stai venendo da me?»
Stuart aprì la bocca per parlare ma non ne uscì suono: l'emozione gli faceva mancare la voce. 
Avrebbe voluto chiedere chi era, cosa voleva, dove si trovava. Avrebbe voluto ma...
Un rollio delle rotaie più forte degli altri lo svegliò di colpo e Stuart si tirò su a sedere di scatto.
Il treno rotolava avanti con le sue lievi oscillazioni e nella cuccetta sopra la sua Al respirava pesantemente nel sonno.
Stuart si mise in piedi, infilò le scarpe e una felpa e uscì silenziosamente dalla cabina che era stata assegnata a lui e Al nel vagone-dormitorio dei maschi. Attraverso il corridoio ed entrò nella carozza che fungeva da soggiorno e mensa, dove gli otto ragazzi passavano la maggior parte del loro tempo.
Non era vuota.
Seduto su un divanetto, un braccio teso lungo lo schienale e un giornale in mano c'era Scorpius Malfoy.
«Sonno leggero, Dunneth?» gli grugnì quando lo vide entrare.
Stuart scrollò le spalle. «Irrequieto, direi. E tu?»
Lo sguardo di Malfoy brillò di comprensione, ma l'unica risposta a cui si limitò fu uno sbuffo che poteva significare tutto o niente.
Vedendo che immergeva di nuovo l'attenzione nel suo giornale, Stuart si gettò a sua volta su una poltroncina, recuperando da una pila di libri il manuale di Aritmanzia del settimo anno; lo sfogliò distratto, più per abitudine che per voglia di studiare.
«Sarebbe meglio Pozioni Avanzate» lo sorprese un borbottio di Malfoy. «Pagina settecentonove.»
Stuart alzò lo sguardo, perplesso, ma l'altro aveva ancora gli occhi concentrati sul suo giornale. Incuriosito, fece come gli aveva suggerito, prese il testo di Pozioni e trovò la pagina indicata: Preparare un Decotto Calmasogni.
Sbalordito, alzò lo sguardo sul Serpeverde. «Sai il libro di Pozioni a memoria?» domandò, scrutandolo per la prima volta con attenzione.
Malfoy era un ragazzo dai colori chiarissimi, robusto e di corporatura ben piantata, forse eccessivamente rigido; non era granché alto né aveva lineamenti che attiravano l'attenzione.
Stuart non aveva mai scambiato più di un saluto con lui, a Hogwarts, ma lo sapeva per fama scorbutico, di modi bruschi e di umore bizzoso e pessimista. Si diceva che aprisse bocca solo per professare fatalità o muovere critiche più acide di Whiskey Incendiario scaduto.
Vedendo che l'altro non gli rispondeva e teneva gli occhi ostinatamente fissi sul giornale, domandò a bruciapelo: «Perché hai deciso di andare a Durmstrang?»
Malfoy alzò lo sguardo su di lui senza tradire il benché minimo stupore per quella che Stuart sapeva essere una domanda invadente.
«Per scappare da quella.» rispose laconico.
Stuart aggrottò le sopracciglia. «Intendi la scuola?»
«Non solo.» E rialzò il giornale come una barriera tra sé e Stuart che, recependo il messaggio implicito, si alzò.
«Buonanotte» disse tornando con il libro di Pozioni sottobraccio verso il vagone-dormitorio.
Un grugnito.
E quello fu il primo approccio amichevole che ebbe con Malfoy in sette anni di scuola insieme.

*

Il gufo raggiunse e lasciò il treno senza lettere anche quel mattino.
Al gli pagò la copia della Gazzetta del Profeta mentre il tè in infusione propagava il suo aroma e dopo aver chiuso il finestrino dietro al pennuto si trovò a fissare le volute di colore che galleggiavano nell'acqua bollente della sua tazza.
Sospirò, incerto tra la tristezza e il sollievo nel capire che i suoi genitori non gli avrebbero scritto ancora per un po': dovevano ancora perdonarlo.
Era sempre stato il figlio diligente e tranquillo, quello che si impegnava in tutto e che non aveva mai dato motivo a Harry e Ginny di stare in pensiero. Persino i brutti voti di Pozioni gli erano prontamente perdonati tutte le volte: papà, ridendo, ne attribuiva tutta la colpa al DNA di famiglia. «Non temere, Al. Io sono diventato Auror con la pagella piena di T in Pozioni, e se vorrai lo farai anche tu» gli ripeteva incurante.
Ma Al non riusciva a “non temere”; e non riusciva nemmeno a far capire al padre cosa temesse. A stento era riuscito a chiarire le idee a se stesso.
Al sapeva che sarebbe voluto diventare Auror fin da che avesse memoria; credeva di averlo nel sangue.
Almeno fino a poche settimane prima. Una soleggiata giornata di luglio, mentre guardava i suoi genitori e Lily percorrere le vie di Diagon Alley davanti a lui e la gente fermarsi a salutare Harry, tutto d'un tratto s'era ritrovato spiazzato da un pensiero. Era piombato su di lui come un fulmine, come uno specchio che si frantuma in mille pezzi quando di colpo cede il chiodo che lo regge. Così, senza preavviso.
Il pensiero che Al non era suo padre; lui non era Harry. E che non voleva esserlo.
Improvvisamente Al si era reso conto di quanto tutti i suoi desideri, le sue aspettative, le cose che faceva e che gli piacevano, persino il suo aspetto, tutto coincideva con Harry Potter. Il grande Harry Potter, l'eroe, la leggenda, il Capo-Auror... Harry Potter. 
Non Albus Severus. Non Al. No, Harry.
Davvero lui voleva essere solo l'ombra di suo padre? Davvero non c'era niente di diverso, di meglio che lo aspettasse se non restare la sua pallida imitazione -perché, Al lo sapeva, i tempi bui erano passati e non avrebbe mai avuto l'occasione di fare qualcosa di grande come e più di suo padre: niente profezie, niente Lord Voldemort, niente Destino con la “d” maiuscola per lui con relative profezie; sarebbe rimasto uno studente discreto, un Auror discreto, un figlio di Qualcuno. Non sarebbe diventato Qualcuno lui stesso.
No, s'era detto, non è così che voglio che vada.
Era per questo che Al aveva deciso di andare a Durmstrang: aveva bisogno di scrollarsi di dosso la vecchia Storia del Mondo Magico, la vecchia leggenda di Potter, i vecchi desideri. Basta con Harry Potter: da qualche parte doveva esserci qualcosa per Al Potter, ma non lì dov'era. Doveva cambiare, doveva andare via e cercarsi la sua strada; doveva superare i confini della sua vecchia scuola, della sua vecchia vita.
«Abbiamo superato il confine russo» annunciò come lontanissima la voce di Rhiannon.
Al guardò fuori dal finestrino, ma il paesaggio piatto e desolato non gli parve cambiato molto.
«Promettente» commentò con un sorriso vedendo una mucca magra e malconcia osservare con aria vacua l'Espresso che le passava accanto.
Rhiannon Hobbs rise e Fay Stone, seduta al tavolino di fianco con il compagno di Tassorosso Owain Axwell-Smallwood, le fece eco.
«Spero che a Durmstrang ci sia un campo di Quidditch» disse poi la Tassorosso, che faceva parte della squadra della sua Casa. «Ho portato apposta la scopa da Hogwarts.»
«Penso proprio di sì» la rassicurò Al. «Ai tempi dei miei genitori il campione di Durmstrang era Krum, un membro della squadra nazionale bulgara.»
«Wow! Quello che adesso è presidente della Lega Internazionale di Quidditch?»
«Quello brutto?» intervenne Virginia Marlowe, che stava leggendo la copia del Settimanale delle Streghe che le aveva recapitato il gufo quella mattina.
«Alcuni hanno troppe doti per possedere anche un bell'aspetto, signorina Marlowe» interloquì una voce profonda.
Il Preside di Hogwarts, McKinnon, era entrato nel vagone-soggiorno chinandosi per passare attraverso la porta. Era un uomo imponente, altissimo, dalle spalle larghe e il fisico asciutto, con capelli nerissimi, scuri quasi quanto gli occhi. Il volto abbronzato era squadrato, la mascella solcata da diverse cicatrici annerite, tracce di terribili maledizioni oscure.
Al era sempre stato intimorito da lui, sebbene lo ricordasse vagamente quando, da piccolo, andava a trovare suo padre all'ufficio Auror.
«Buongiorno ragazzi» aggiunse sedendosi su una poltrona vicino al tavolo di scacchi magici. «Spero che abbiate passato una buona nottata.» Al guardò Stuart con la coda dell'occhio: era dall'inizio del viaggio che si era accorto che l'amico aveva un sonno agitato ma quando aveva provato a chiedergli qualcosa in proposito Stuart aveva dato la colpa all'agitazione per il Torneo.
«Da qui in poi siamo sotto la giurisdizione del Ministero Magico Russo e di Durmstrang» stava intanto proseguendo McKinnon. «Questo significa che dovremo rispettare le norme che vigono in questi luoghi. 
«Mi preme comunicarvi soprattutto che in questo Paese sono ammessi i Duelli Magici anche al di fuori delle società autorizzate ma questo non vi redime dalle regole di Hogwarts: voi non ne prenderete parte, per nessun motivo.» L'uomo guardò gli otto studenti uno per uno, attentamente. 
«In secondo luogo sono ammessi a Durmstrang famigli di specie, come dire, inusuali, ma anche su questo non transigo: nessuno di voi cercherà di introdurre nell'Espresso di Hogwarts o di portare al ritorno a casa lupi, Spleipnir, cinghiali dorati, orsi o altro.»
«Cos'è uno Sleipnir?» non riuscì a trattenersi dal chiedere Fay, che era Nata Babbana.
«Un cavallo a otto zampe» spiegò succinto McKinnon. «A Durmstrang esistono delle scuderie per questo tipo di grossi animali domestici; a Hogwarts, con solo il capanno di caccia e il vostro professor Weasley di Cura delle Creature Magiche sempre in giro per conferenze sui draghi, dubito che qualcuno abbia voglia di occuparsene.
«Comunque, riprendendo il discorso sulle regole, sappiate che per entrare e uscire da Durmstrang dovrete essere sottoposti a un incantesimo.»
«Un incantesimo?» ripeté Stuart, stupito. «E perchè?»
«Un Incantesimo di Linguaggio» chiarì McKinnon, «che vi consenta di capirvi con gli altri studenti. È una pratica di routine a Durmstrang, a causa delle diverse origini degli studenti della scuola. Vi permetterà di farvi acquisire per un certo tempo un'ottima padronanza di una lingua comune a tutte le persone che vi troverete.»
«Quindi parleremo russo?» chiese Leo Macnair interessato.
«No, Macnair. La lingua ufficiale di Durmstrang è il latino. Non chiedetemene il motivo, non ho tempo per spiegarvi la lunga storia di Durmstrang ma per chi di voi è interessato c'è una vasta biblioteca nella scuola che contiene numerosi volumi a riguardo. Confido che ne usufruirete spesso, ma non ci scommetterei la bacchetta» aggiunse ironico. «Dicevo, sarete sottoposti a un incantesimo all'entrata ma anche all'uscita della scuola: prima del ritorno a casa dovrete sottostare a un Incantesimo di Memoria.»
Al annuì tra sé: avendo sentito zia Herm parlare tanto spesso di quanto Durmstrang teneva alla sua segretezza non ne era affatto stupito.
«Oggi stesso ci fermeremo nella città di Samara, dove un incaricato del Ministero ci attende per le pratiche di accesso. Domani arriveremo a Durmstrang.»
Fece una pausa, poi guardò uno per uno i ragazzi e si soffermò in particolare su Al. «Ho un'ultima cosa da dirvi; o, per meglio dire, consegnarvi: un messaggio dell'ultimo campione di Hogwarts ancora in vita, Harry Potter.»
Al sussultò. Suo padre aveva mandato un messaggio?
McKinnon prese una busta dalla tasca della sua lunga tunica blu e nera e la aprì di fronte a loro.
Ne uscì una voce molto familiare, che fece stringere il cuore ad Al.
«Buongiorno a tutti ragazzi.» esordì in tono pacato la voce di Harry. «Sono Harry Potter e vi parlo in qualità di campione di Hogwarts dell'ultima edizione del Torneo.
«Nel momento in cui redigo questo messaggio voi state partendo da Hogwarts con l'Espresso per uno dei più grandi avvenimenti della vostra vita. So che, a differenza di quanto accadde per me, voi siete in viaggio per vostra libera scelta, una scelta che può essere condivisa o no dalle altre persone, ma che comunque avete compiuto personalmente e ben consapevoli.»
Al deglutì, sentendo una morsa attanagliargli la gola. Sapeva che suo padre, con quelle parole, si stava rivolgendo a lui.
«Voglio che sappiate che il futuro che vi state costruendo con questa avventura è nelle vostre mani e che qualsiasi prova dovrete superare, sarà grazie a voi stessi: non sottovalutatevi. Questo Torneo è una delle occasioni più grandi che avete per conoscere voi stessi. Date modo alle vostre doti di emergere: intelletto, coraggio, impegno, astuzia... avrete bisogno di tutte la qualità delle Case di Hogwarts per superare questo Torneo.
«Chiunque di voi diventerà Campione, ricordi che rappresenta un'intera scuola, oltre che se stesso, e così gli altri siano consapevoli che è l'onore proprio e di Hogwarts a essere nelle mani del loro compagno o della loro compagna.
«Non lasciatevi soli. Ognuno di voi avrà bisogno degli altri perché, da soli, non è possibile arrivare né alla fine del Torneo né al futuro che vi attende dopo. Se io, da campione, non avessi avuto i miei compagnia ad aiutarmi e sostenermi, forse non sarei nemmeno sopravvissuto.
«Ricordatevi: non lasciatevi soli.»

La busta si accartocciò su se stessa e planò leggermente a terra.
Non lasciatevi soli.
Al e gli altri ancora non sapevano quanto sarebbe stato vitale quel suggerimento. E con che sacrificio avrebbero imparato a seguirlo.
 
 
 
 
Note:
Sleipnir: leggendario cavallo di Odino a otto zampe.
Samara: città russa realmente esistente.
Ed ecco il secondo capitolo, "di passaggio" più che pieno di avvenimenti. Ho cercato di presentarvi velocemente tutti gli studenti di Hogwarts che sono coinvolti nel torneo, anche se è presto per conoscerli -alcuni sono proprio solo menzionati- e ho anche tentato di approfondire un po' le ragioni di Al per partecipare al torneo. Pensate che siano abbastanza chiare? Non sembra ma lui è per ora il personaggio che ho più difficoltà a gestire e spero di riuscire ad acquisire la naturalezza che ho quando scrivo di Scorpius e Stuart.
Per ora cosa ne pensate? Chi pensate che diventerà campione? Per chi tifate? E cosa ne pensate degli altri studenti (anche se è presto), qualcuno di loro vi ispira? Anche loro saranno importanti nella storia, quindi teneteli d'occhio ;)
Aspetto le vostre opinioni e suggerimenti, anche perché la storia è tutta da scrivere. A presto!

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Capitolo 3
*** II. Ab Altitudo ***


 
II. Ab Altitudo
 
 
 
 
Scorpius alzò gli occhi dal libro mentre l'ennesima oscillazione del treno faceva perdere l'equilibrio a Dunneth.
Axwell-Smallwood ebbe la prontezza di afferrarlo per un braccio. Scorpius non l'avrebbe mai detto ma quel Tassorosso ricciuto e ricoperto di lentiggini era veloce nonostante lo strato di grasso.
«Grazie» borbottò Stuart.
«Di nulla. Faresti meglio a sederti: l'ultimo tratto fino a Durmstrang ha l'aria di essere accidentato» disse Axwell-Smallwood, guadagnandosi l'approvazione di Scorpius, che aggiunge caustico: «Senza contare che vederti vagare come un'anima in pena per il vagone non aiuta a trattenere la nausea.»
Stuart gli gettò un'occhiata sarcastica. «Come se leggere Trasformazioni attraverso i secoli invece fosse curativo.»
Scorpius grugnì senza rispondere: non valeva nemmeno la pena discutere con un Corvonero impudente. 
Lo sportello del vagone si aprì e McKinnon si affacciò nella loro carrozza. «Siamo molto vicini a Durmstrang, ormai. Rimanete seduti perché l'ultimo tratto di strada è molto scosceso e non ci sono più binari.»
«Se non ci sono binari su cosa stiamo viaggiando?» chiese Potter perplesso.
McKinnon non rispose e fece per andarsene ma prima di chiudersi la porta alle spalle si voltò un attimo e intimò: «Tenete chiusi i finestrini e non apriteli per nessuna ragione.» E sparì.
I ragazzi si guardarono.
«Perché dobbiamo tenere i finestrini chiusi?» pigolò Virginia Marlowe, allarmata. «Cosa c'è fuori?»
Scorpius gettò involontariamente un'occhiata all'esterno ma era buio -era quasi l'ora di cena- ed eccetto gli alberi che scorrevano a velocità impressionante sfiorando il treno, non si vedeva nulla.
«Mi chiedo a che serva l'Incantesimo di Memoria se tanto non abbiamo idea di dove stiamo andando» borbottò Dunneth di fianco a lui mentre scrutava l'oscurità.
«Io mi chiedo a che serva l'Incantesimo del Linguaggio che ci hanno propinato, dato che non ho intenzione di socializzare  con i bolscevichi» replicò Scorpius di malumore.
«Oh, dai Malfoy, quell'incantesimo è stato forte!» lo rimbeccò Fay Stone, la Tassorosso. «Lo rifarei altre mille volte.»
Scorpius si sentì punto sul vivo -si sentiva sempre punto sul vivo quando la Stone interveniva. «Se a te fa piacere farti colpire da un mattone in testa, Stone, fa pure. Chissà che ti raddrizzi il cervello.»
Fay Stone continuò a sorridere. «Non fare il Troll, Malfoy: non era un mattone, era una pietra della Torre di Babele. Non è eccitante? L'ultimo residuo di un palazzo gigantesco ormai scomparso che porta ancora le tracce del più grande Incantesimo di Linguaggio mai eseguito. E noi l'abbiamo toccato!»
Scorpius sbuffò: la Stone e il suo maledetto, inguaribile ottimismo non gli erano mai andati giù. Soprattuto da quando lei, al quarto anno, l'aveva steso con un Bolide. Scorpius non era un tipo orgoglioso ma era inaccettabile che lo avesse atterrato quella ragazzotta castana, insignificante, con le braccia lunghe che continuava ad agitare convulsamente quando parlava, urtando ancora di più i nervi di Scorpius, in quel momento già tesi.
Fece per ribattere ma fu interrotto da un urlo improvviso.
«COS'È QUELLO?»
A strillare era stava Virginia Marlowe. Un'altra testa di gargoyle, pensò Malfoy vedendola gesticolare verso il finestrino.
«Quello cosa?» fece la Stone subito.
«Cosa?» domandò Potter.
«Cos'hai visto?» interloquì pure Axwell-Smallwood.
«Era lì! Proprio fuori dal finestrino! Non avete visto?!» continuò a strillare Virginia indicando il finestrino accanto a lei. «Un mostro! Un... un coso orrendo!» Tremava violentemente.
«Dove, Virginia? Io non ho visto niente...» disse la Grifondoro, Rhiannon Hobbs, incerta.
Anche gli altri, pur guardando continuamente fuori non vedevano niente.
«Morgana, Marlowe, calmati!» le ingiunse Leo Macnair dato che lei continuava a tremare e farneticare.
«Calmarmi? Calmarmi?! Se l'aveste visto anche voi non stareste calmi! SI STAVA ARRAMPICANDO SUL VAGONE!» strillò Virginia atterrita.
«Ma cos'era? Puoi almeno spiegarlo?»
«Ma cosa vuoi che fosse! Avrà scambiato il ramo di un albero per qualcosa di strano.» minimizzò Leo con uno sbuffo.
«Non è vero! È...»
«Guardate, adesso si vede qualcosa!» esclamò Potter, che stava ancora guardando fuori dal finestrino.
Tutti si affrettarono a guardare all'esterno, anche Scorpius, e finalmente distinsero il paesaggio esterno: una grande spianata piena di abeti e sormontata da contorni neri festonati di montagne; era illuminata flebilmente dalla luna, che si specchiava in un piccolo lago e, oltre qualche centinaio di metri di bosco c'era...
«Durmstrang» affermò Scorpius con il suo tono strascicato.
I ragazzi rimasero muti e Virginia smise lentamente di tremare mentre osservavano avvicinarsi a tutta velocità le sagome di un castello tozzo e squadrato, sulle cui superfici si vedevano poche finestre illuminate e fuori, su un sagrato sopraelevato rispetto il terreno circostante ma privo di mura tantissime altre piccole luci di fuochi, forse torce.
L'Espresso di Hogwarts cominciò a scendere di colpo e si immerse a tutta velocità tra gli alberi: Scorpius si stupì di come essi parevano spostarsi al suo passaggio. Doveva esserci un Incantesimo Svicolante molto forte sul treno, e anche qualche sortilegio per creare sotto di lui un binario temporaneo man mano che si faceva strada.
Durmstrang scomparve e ricomparve dopo qualche minuto quando il treno uscì dalla foresta e, descrivendo un ampio arco intorno al terrapieno su cui si trovava il castello, approdò nel cortile e si arrestò sbuffando.
Tutto il tratto di strada non aveva risparmiato agli otto ragazzi gli scossoni e, quando infine furono fermi, dai finestrini poterono vedere solo una gran coltre di vapore prodotto dal treno.
McKinnon aprì la porta tra il suo vagone e quello dei ragazzi ed entrò. «Siete pronti?»
Scorpius e gli altri, cercando di raddrizzarsi le divise, i cappelli e infilando i mantelli raggiunsero la porta della carrozza che si apriva verso l'esterno e che, sotto il tocco di bacchetta di McKinnon, con uno schiocco si aprì.
«Professore, abbiamo visto...» esordì Virginia.
«Qualsiasi cosa abbiate visto, Marlowe, deve aspettare» la interruppe McKinnon, sebbene il suo tono fosse più gentile del solito. «Vi siete coperti tutti bene? Andiamo.» E varcò la soglia della carrozza immergendosi nella coltre di vapore.
Scorpius e Leo furono i primi a seguirlo, e poi tutti gli altri. 
Il freddo fuori li aggredì subito e Scorpius fremette. Il vapore si alzò lentamente e appena si levò il gruppo fu inondato dalla luce di centinaia e centinaia di fiammelle sospese tutto intorno, a mezz'aria.
C'era una folla, lì; una folla silenziosa.
Non c'era la neve, come Scorpius si era aspettato -forse perché era ancora ottobre- tranne che sui pendii delle montagne soprastanti, basse ma massicce. Il castello era tozzo come quando l'aveva visto da lontano, ma comunque alto -almeno quattro piani- e aveva pochissime finestre.
Gli studenti di Durmstrang erano schierati in file ordinate, tutti vestiti di uniformi rosso e marrone cupo bordate di pelliccia e con doppie file di bottoni d'oro; sembravano più divise di un esercito che abiti scolastici. Non avevano cappelli da strega o mago ma colbacchi di pelo ed erano tutti immobili con le braccia tese lungo i fianchi.
Veri soldati, si ritrovò a pensare Scorpius, corrucciato.
Accanto a loro c'erano invece un gruppo di ragazzi che non avrebbero potuto essere più diversi: divise blu e azzurre svolazzanti con mantelli grigi di tessuti lucido e scarpe leggere.
«Beauxbatons, immagino» mormorò Leo al suo fianco. «Dovranno rinunciare in fretta alle scarpette da ballerini, qui» aggiunse, tremando per il freddo.
Dal gruppetto di Beauxbatons si staccò un uomo anziano, esile e basso, con una lunga barba argentata che avanzò con passo aggraziato, quasi saltellando.
«Galahad! È un piacere rivederti!» esclamò stringendo con calore la mano a McKinnon.
«Anche per me, Yves. Lascia che ti presenti ai miei ragazzi: questo è il preside di Beauxbatons, professeur Yves Sylvain Tarasque.»
Mentre l'anziano faceva un buffo inchino molto complicato, si avvicinò a passi pesanti e lunghi anche un'altra figura dalla parte di Durmstrang.
Solo quando fu vicina Scorpius vide che era una donna, e lo comprese solo dal lungo vestito rosso, molto simile alle uniformi degli studenti di Durmstrang. Aveva capelli corti e bianchi e un'espressione tesa.
«McKinnon. Tarasque» disse con voce aspra.
«Buonasera, Altezza» replicò McKinnon in tono rispettoso, chinando il capo.
Scorpius corrugò le sopracciglia. Altezza? Guardò meglio il viso della donna e aprì la bocca sbalordito; non ebbe bisogno della gomitata di Leo al suo fianco per riconoscerla.
Era la Principessa Ljuba Vodianova-Swanhild di Russia.
Scorpius si sforzò di non rimanere lì a bocca aperta come uno stoccafisso: quella era una delle ultime Streghe che avevano detenuto il titolo di Guardiana di Urd. Scorpius aveva visto le sue foto sui libri di Storia Moderna di Magia ma erano passati molti anni dalle prime edizioni e il viso della donna si era consumato come le pagine di quei libri.
«Ci siamo tutti» fu il commento secco della Principessa, a voce bassa e tale che solo Scorpius e Leo, vicini al Preside, lo sentirono. «Sarà meglio entrare, questa non è una notte propizia per restare all'esterno. Seguitemi.»
Beauxbatons e Hogwarts la seguirono intimoriti.
Scorpius era corrucciato. Non aveva badato molto a quel che Virginia aveva detto di aver visto ma l'affermazione fatta dalla donna aveva risvegliato la sua attenzione.
Prima McKinnon con i finestrini, poi le parole della Principessa: c'è qualcosa di strano, in questa scuola. 
Di molto strano.
 
*
 
La Sala Grande di Durmstrang diede a Stuart una vertigine tanto forte che dovette fermarsi un attimo sulla soglia e Fay gli andò a sbattere contro.
«Stuart?» gli fece, incerta.
Stuart si prese la testa tra le mani, scuotendola. Era stato solo per un momento ma era come se quella stanza gli fosse... famigliare?
«Tutto bene» borbottò e seguì la Tassorosso oltre la porta.
Il salone era tutto tappezzato di legno, un tetto molto scosceso che era stato interamente dipinto con decorazioni geometriche che richiamavano fiori, animali e altri elementi naturali. Sulle pareti c'erano arazzi enormi, anch'essi a motivi singolari, il più imponente dei quali riportava una frase che Stuart suppose fosse il motto di Durmstrang: Ab Altitudo. 
Al centro, circondato dai due lati da molti lunghi tavoli, c'era un immenso braciere dove ardeva un fuoco alimentato almeno da una ventina di grossi ceppi.
Era tutto coloratissimo.
Stuart non se lo sarebbe mai aspettato e rimase a guardarsi intorno a bocca aperta finché Al non lo richiamò; dopo un po' di esitazione i ragazzi di Hogwarts si erano seduti ad uno dei tavoli liberi vicino al falò.
Non c'erano le centinaia di candele galleggianti che illuminava la Sala Grande di Hogwarts e i tavoli delle file più esterne rimanevano in penombra. Fu lì che invece si accomodarono la maggior parte degli studenti di Durmstrang, lasciando vuoti i posti più al caldo. Se fosse per cortesia o per altre ragioni, però, Stuart non era certo di poterlo dire.
Quando tutti si furono seduti e i Presidi raggiunsero la donna che li aveva accolti -quella che McKinnon aveva chiamato “Altezza”- su un tavolo perpendicolare agli altri -l'unico riscaldato anche da due grossi bracieri di ferro battuto- nella stanza si sparse un suono lungo e profondo e Stuart, dopo essersi guardato in giro, ne individuò la fonte in uno studente che aveva portato alla bocca un grosso corno.
La Preside di Durmstrang -o almeno Stuart immaginò che lo fosse- era rimasta in piedi e prese a parlare. «Benvenuti a Durmstrang. Io sono Ljuba Vodianova-Swanhild di Russia. Siamo lieti di ospitarvi presso la nostra antica accademia. Il vostro viaggio è stato lungo, quindi mangiate il nostro cibo e rifocillatevi: la notte non è ancora scesa e vi sarà tempo per parlare.»
Si sedette.
Stuart notò che al tavolo, oltre ai Presidi e ai professori di Durmstrang, che vestivano tutti più o meno con tenute simili a quelle degli studenti, c'erano altre due persone che invece indossavano tuniche normali da mago. Una di loro era un uomo basso e di aspetto poco piacevole, con sopracciglia molto scure e folte.
«Oh, Morgana! Quello è Krum!» esclamò Fay, di fronte a Stuart, guardando nella sua stessa direzione.
«Krum?» ripeté Stuart interessato. «Quello di cui parlavi l'altro giorno? Della Lega Internazionale di Quidditch?»
«Non è solo Presidente della Lega! È stato anche il migliore Cercatore al mondo per otto anni di fila!» puntualizzò Fay eccitata.
«Dal vivo è ancora più brutto che sul Settimanale delle Streghe di Virginia» affermò Rhiannon ridacchiando.
«Ma chi se ne importa!» sbottò Fay. «È un fuoriclasse! La Bulgaria ha vinto tre mondiali di fila grazie a lui!»
Stuart si volse verso Al. «Hai detto che fu il Campione di Durmstrang lo scorso torneo, vero?»
Al annuì. «Sì. Ma non capisco perché sia qui oggi.»
«Per fare il giudice, ovviamente» si intromise Scorpius con il suo fare burbero.
Tutti si volsero nella sua direzione. «È molto probabile» annuì Leo, scostandosi i rasta dal viso. «E anche l'altro seduto di fianco a lui deve esserlo.»
Stuart si mise a studiare l'altro uomo. «Non ha un aspetto molto sano» osservò, vedendo il colorito pallidissimo della sua pelle e i cerchi neri intorno agli occhi che contrastavano in modo inquietante col colore chiarissimo delle sue iridi.
Non ci fu altro tempo per fare supposizioni perché in quel momento entrò una fila di ragazzi in uniforme di Durmstrang con grossi vassoi portati con una mano e appoggiati alla spalla.
«Ma... servono loro il pranzo?» si stupì Owain facendo tanto d'occhi. «Non hanno elfi domestici?»
A quanto pareva no, perché raggiunsero le tavole di Hogwarts e Beauxbatons e vi lasciarono i loro carichi in silenzio.
«Grazie» disse Al mentre tendeva la mano per aiutare la ragazza che gli stava lasciando il vassoio davanti. Quella alzò lo sguardo e aveva un'espressione così truce che Al si ritrasse d'istinto.
«Non ringraziare» gli intimò con voce profonda, scandendo le parole come se fossero due pesanti colpi d'ascia.
«Il vostro Incantesimo di Linguaggio non deve funzionare molto, se scambiate “grazie” con un insulto» s'intromise Scorpius sarcastico.
La ragazza fulminò con un'altra occhiataccia anche Scorpius. Aveva occhi di un verde tagliente la grossa treccia d'oro dei suoi capelli le arrivava oltre la cintura. 
Guardò con disprezzo entrambi e poi si voltò e si allontanò senza dire altro.
«Bell'inizio» commentò Stuart inarcando le sopracciglia.
Scorpius alzò le spalle. «L'ho già detto, preferirei socializzare con un ippogrifo infuriato che con quelli di Durmstrang.»
Il banchetto procedette spedito, poiché tutti i ragazzi di Hogwarts evitarono di ringraziare o rivolgere qualsiasi altra parola a quelli che venivano a portare e togliere i vassoi.
Leo, Owain e Al furono alquanto sbalorditi nello scoprire che alcune delle caraffe servite contenevano una bevanda dal sapore decisamente alcolico e sebbene un paio di pietanze si rivelarono forse troppo saporite, il cibo fu eccellente.
Alla fine della cena tutte i tavoli furono sgombrati con efficienza e la Preside di Durmstrang si alzò di nuovo mentre il corno risuonava ancora una volta.
Strani modi per intimare il silenzio, pensò Stuart perplesso.
«Il momento è giunto. Stasera daremo l'avvio al Torneo Tremaghi. Ma prima di farlo portare, vorrei presentare a quanti di voi non li conoscessero, i nostri due giudici: Viktor Krum, Presidente della Lega Internazionale di Quidditch.»
Krum si alzò e ricevette con aria indifferente e accigliata l'applauso degli studenti.
«E il signor Damir Grimnismal, della Divisione dei Cacciatori e dei Distruttori.»
Un altro applauso, stranamente molto più forte dai tavoli di Durmstrang, riempì la sala.
«Cosa sono i Cacciatori e i Distruttori?» chiese Al perplesso mentre batteva le mani.
«Chissà» rispose Owain incerto. «Ma devono essere molto importanti se quelli di Durmstrang applaudono di più lui che Krum.»
Swanhild, la Preside di Durmstrang, proseguì. «Gli altri tre giudici saremo io, McKinnon e Tarasque. 
«I concorrenti si sfideranno in tre prove stabilite dai giudici e che saranno distribuite lungo tutto l'anno scolastico. Sono prove difficili, create per testare tutte le abilità dei campioni. Ad ogni prova riceveranno un punteggio e la somma di essi stabilirà il vincitore della Coppa Tremaghi.
«Ora apriremo il forziere che contiene il giudice imparziale che stabilirà i tre campioni di Hogwarts: il Calice di Fuoco.» 
 Stuart notò solo in quel momento che sul tavolo di fronte a lei c'era un grosso scrigno dall'aspetto antico ricoperto di pietre preziose. Un professore dal grosso naso e una lunga barba bionda si fece avanti dal tavolo e battendo tre volte sul forziere fece aprire cigolando il coperchio.
Stuart si era aspettato un maestoso calice dorato e invece la Preside estrasse dal forziere una coppa di legno rozzamente intagliata, ricolma di un guazzabuglio di fiammelle blu e bianche che danzavano come agitate da un forte vento.
«Questo Calice deciderà il campione di ogni scuola. Coloro che voglio partecipare dovranno scrivere su un foglio di pergamena il loro nome e quello della loro scuola entro le otto di domani sera, la sera di Halloween, e metterlo nel Calice.
«Ricordate» concluse appoggiando le mani al tavolo e scorrendo uno sguardo intenso sugli studenti, soffermandosi in particolare su quelli di Durmstrang, «essere Campione della propria scuola significa firmare un contratto magico vincolante, da cui non potrete sottrarvi fino alla fine del Torneo. E ricordate anche», e la sua voce si fece più cupa, «che essere Campione significa portare sulle spalle l'onore della propria scuola e dei propri compagni. Di tutta la scuola e di tutti i compagni.
«Che la notte vi porti consiglio. Buonanotte.»
E con quelle parole enigmatiche fece sistemare al professore dalla barba bionda il calice su un piedistallo di fronte al loro tavolo e si ritirò.
Gli studenti delle tre scuole si alzarono e quelli di Hogwarts si radunarono vicino al fuoco.
«Avete visto? Quel Calice di Fuoco è incredibile! Voi pensate di metterci subito il vostro nome?» domandò Fay elettrizzata.
Stuart lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio ad Al, che a quelle parole aveva stretto le labbra, serio: Stuart era certo che il suo amico fosse, tra tutti loro, colui che probabilmente desiderava di più diventare Campione. E non per la gloria o per la fama. Albus aveva bisogno di mettersi alla prova con se stesso e, come aveva detto suo padre nel messaggio, questo Torneo era una delle occasioni più importanti della sua vita.
«Credo che McKinnon ci farà attendere fino a domani» disse Owain, indicando il Preside che li stava raggiungendo.
«È tutto chiaro, ragazzi? Avete capito tutto quello che ha detto la Principessa?»
«Principessa? Quale Principessa, professore?» disse Rhiannon confusa guardandosi in giro.
«La Preside di Durmstrang, Hobbs» la illuminò in tono spazientito Leo. «È una Principessa della Casa Russa degli Swanhild.»
«Una Principessa? Davvero?» fece Al sbalordito.
«Sì, Potter» interloquì McKinnon. «Ma prima di questo, è anche una delle Streghe europee più capaci dell'ultimo cinquantennio. Badate di trattarla con rispetto.» Li guardò uno per uno. «Avrete capito che qui a Durmstrang funziona in modo molto diverso da Hogwarts. Le gerarchie sono fondamentali e non tarderete a scoprire che il fatto di essere stranieri non vi esime dal rispettarle.»
«Professore, metteremo il nostro nome nel Calice adesso?» chiese Virginia.
«No, Marlowe, attenderemo domattina. Sarà meglio tornare all'Espresso tutti insieme.»
Stuart si fece attento. «Perché? Crede ci siano pericoli?» non riuscì a trattenersi dal chiedere.
McKinnon lo guardò fisso per un lungo istante, poi disse: «Sì, Dunneth. Ricordatevi, non siete a Hogwarts.»
«Cosa intende?» fece Owain confuso.
«Lo saprete presto. Ora andiamo.»
Ci fu un mormorio perplesso ma il Preside si stava già allontanando e tutti si incamminarono dietro a McKinnon.
L'Espresso non era più dove l'avevano lasciato ma era stato spostato da qualcuno -o si era spostato da solo, immaginò Stuart- sul versante della montagna, protetto da un semicerchio di fitti abeti neri.
I ragazzi e McKinnon dovettero scendere dal terrapieno dov'era situata la scuola e poi risalire un tratto di pendio per raggiungerlo.
Mentre percorrevano il rozzo sentiero di gradini che scendeva allontanandosi dalla scuola, Stuart si guardò indietro e notò che sul ciglio del terrapieno si stagliavano contro la volta stellata alcune figure. Studenti, a giudicare dall'aspetto tozzo, dato loro dalle divise bordate di pelliccia.
Erano in gruppetti di due e stavano immobili lì, come sentinelle.
Sembrano sentinelle o lo sono davvero?, si domandò Stuart perplesso. E se lo sono, per chi o per cosa devono fare la guardia?
C'erano parecchi misteri che emergevano dalle parole che Stuart -e Scorpius- aveva udito quella sera. Enigmi tra le righe dei discorsi del Torneo.
E McKinnon, che li confermava con quelle poche parole criptiche.
Stuart ebbe l'impressione che, se anche lo avesse desiderato, diventare Campione di Hogwarts sarebbe stato l'ultimo dei suoi pensieri.
 

 

Note:
Galahad: Vero nome del personaggio di Lancillotto delle leggende arturiane.
Tarrasque: Nome di un mostro mitologico della Provenza.
Svanhildr: Nome della figlia di Sigfrido e Crimilde.
Grimnismal: Nome di un poema della mitologia norrena.
Buonasera!
Sono felice di postare così puntualmente il secondo capitolo e vi ringrazio per averlo letto.
E finalmente arriviamo a Durmstrang! Cosa ne pensate? Riuscite a immaginarvela per come è stata descritta? Cosa ne pensate?
Nel prossimo capitolo probabilmente ci sarà una breve parentesi dove potrete capire più dettagliatamente i personaggi dei compagni di Al, Scorpius e Stuart e probabilmente sarà anche il capitolo dove verranno annunciati i famigerati campioni.
Siete pronti? Per chi tifate? Cosa vi aspettate? Dai, fatemi sapere che sono curiosa :) A presto!

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Capitolo 4
*** III. Bianco, verde, nero ***


III. Bianco, verde, nero
 
 
 
 
Il mattino seguente quando Scorpius uscì con occhi assonnati dal vagone udì uno scricchiolio inconfondibile sotto le scarpe.
Fantastico, si disse sarcastico chinando lo sguardo sul sottile strato di neve che durante la notte si era depositato sul terreno.
«Wow!» esclamò dietro le sue spalle la snervante voce della Stone. «Ha nevicato! Avete visto? Ed è solo novembre!»
I ragazzi uscirono tutti dal vagone, chi eccitato, chi, come Scorpius, piuttosto seccato.
«Com'è possibile che faccia così freddo?» esclamò Virginia rabbrividendo.
«Già, si gela. E con l'arrivo dell'inverno sarà ancora peggio. I mantelli non ci basteranno mai» osservò Rhiannon lamentosa, cercando di arrotolarsi meglio nel suo.
«Questa sarà un'ottima motivazione a esercitarvi negli Incantesimi di Calore e nelle Magie di Fuoco» commentò McKinnon seguendoli fuori dal vagone e sfregandosi le mani. «Sono lieto di vedervi tutti svegli... più o meno» aggiunse con un'occhiata eloquente ad Al che sbadigliava e che subito chiuse la bocca e si ficcò le mani nelle tasche del mantello. «Oggi metteremo i vostri nomi nel calice. Avete preparato tutti il vostro biglietto?»
I ragazzi annuirono con un borbottio generale.
«Andiamo.»
Si inoltrarono lungo la china che portava sotto il terrapieno su cui sorgeva Durmstrang.
Scorpius, gli occhi quasi chiusi per il riverbero del sole sulla neve, notò che ora, con la luce del giorno, il posto appariva molto più interessante della sera prima.
Quasi bello.
Le montagne incappucciate di nubi e neve si stagliavano massicce sullo sfondo; un sottile nastro d'acqua scendeva ghiacciato e attraversava la discesa, oltrepassando un ponte di pietra. Sul limitare della foresta a valle un possente animale apparve e scomparve tra gli aghi degli abeti, scivolando via silenzioso nonostante la mole poderosa: un alce.
Lì, poco lontano, si era insediata Beauxbatons con la sua grossa carrozza, probabilmente ingigantita ancora di più all'interno da un Sortilegio di Estensione Irriconoscibile che la rendeva adatta a ospitare tutti gli otto ragazzi giunti a Durmstrang.
Alcuni di loro si trovavano all'esterno: un paio sembravano divertirsi come bambini lanciandosi palle di neve e rotolandosi nella neve fresca sotto gli sguardi di disapprovazione dei compagni di scuola, che invece si scaldavano a un braciere dalle ampie ed eleganti volute in ferro battuto.
Uno dei due anticonformisti, nel tentativo di scansare le palle di neve dell'altro, corse lontano alla carrozza, della direzione dei ragazzi di Hogwarts e si fermò a pochi metri da loro.
«Merlino!» mormorò Rhiannon Hobbs alle spalle di Scorpius. «Che brutto
Scorpius avrebbe attribuito volentieri un commento tagliente a quell'oca della Hobbs ma per una volta la ragazza era troppo nel giusto per tacitarla.
Il ragazzo di Beauxbatons era tanto sproporzionato che sembrava tagliato grossolanamente da un pezzo di legno: aveva la pelle abbronzata, spalle, viso e corporatura quadrate, favoriti che gli crescevano folti ai lati del viso e occhi e capelli neri come la pece, che lo rendevano, se possibile, ancora più sgradevole.
Per nulla consapevole del commento di Rhiannon o dell'opinione di Scorpius -e probabilmente di tutti gli altri-, lo studente di Beauxbatons si tolse il basco grigio dalla testa e fece loro un gran sorriso. «Bonjour, Hogwarts!»
«Buongiorno» replicò cortesemente McKinnon. «Siete già stati a fare colazione?»
«No, monsieur. Noi preferiamo mangiare la colazione nella nostra carrozza. Con i croissant» aggiunse il ragazzo agitando allegramente il cappello, come se questo spiegasse tutto.
Guardò senza smettere di sorridere ognuno dei ragazzi di Hogwarts e soffermandosi su Rhiannon fece di nuovo per parlare ma una palla di neve lo colpì dritto sulla nuca.
Il ragazzo diede in un'esclamazione francese che Scorpius avrebbe giurato non avrebbe incontrato l'approvazione del suo preside e si voltò verso il suo compagno, che si era già riparato dietro un albero solitario poco più in giù.
«Devo andare. Au revoir, anglais. McKènnòn. Madamoiselle» disse rivolto a Rhiannon con un cenno del capo. Quindi fece roteare il cappello, se lo calcò in testa e si allontanò con grosse e agili falcate.
«Ha salutato te, madamoiselle» commentò sarcastica Fay dando di gomito all'amica. «Hai colpito.»
L'unica cosa che dovrebbe essere colpita, Stone, è la tua testa. Per rimetterla a posto, meditò acido tra sé Scorpius strizzando gli occhi gonfi per la stanchezza.
Aveva dormito poco e male, e nei pochi intervalli di sonno non aveva fatto che sognare lei.
Non era nostalgia quella che provava: se anche lei fosse tornata da lui in ginocchio pregandolo di stare ancora insieme o dicendogli che era pronta ad affrontare tutti i suoi parenti Weasley per lui, non avrebbe accettato. Era deluso troppo profondamente; ma ciò non toglieva che tutti i ricordi di lei rimanevano per lui un'ossessione: continuava a ripensare a tutto quello che era stato e si nutriva del proprio risentimento senza riuscire a trovare da nessuna parte qualcosa che lo interessasse, che lo strappasse dal suo perenne malcontento.
McKinnon riprese il passo e li condusse fino all'ingresso della Sala Grande di Durmstrang. Il calice era lì, oltre il grande fuoco che ardeva maestoso al centro della stanza. C'era qualche studente di Durmstrang a girovagare ma la stanza non era piena come il giorno precedente e anche al tavolo alto c'erano solo un paio di professori e Grimnismal.
La stanza era calda e accogliente e fu un sollievo avvicinarsi al fuoco centrale.
«Molto bene. Vi do il tempo di fare colazione e candidarvi al Torneo, ragazzi. Tra mezz'ora esatta torneremo all'Espresso e cominceranno le lezioni per voi» disse McKinnon.
«Lezioni?» fece Fay. «Lezioni di cosa? Con chi?»
«Con me, ovviamente. Non penserete vi faccia restare indietro con il programma dei vostri compagni a Hogwarts?» Detto questo andò a raggiungere la tavola alta e sedette vicino a Grimnismal.
I ragazzi, lasciati soli, si guardarono.
«Che facciamo, li mettiamo adesso?» chiese Al, a disagio, facendo un cenno verso il Calice.
«Certo che sì! Cosa stiamo aspettando?» rispose immediatamente Fay, tirando fuori il suo nome scritto su un biglietto arrotolato.
Anche gli altri tirarono fuori i loro: Scorpius affondò la mano nella tasca del suo mantello ma quando estrasse il suo pezzo di pergamena le dita ancora intorpidite dal freddo lo lasciarono sfuggire e quello rotolò via fino a un paio di stivali marroni vicino all'orlo di una gonna rossa.
Scorpius alzò lo sguardo e vide la ragazza della sera prima, quella dalla grossa treccia e dalla scarsa simpatia.
Beh, ci mancava solo lei.
Vedendo che lei non si muoveva ma teneva le braccia incrociate e lo guardava con un cipiglio accondiscendente, Scorpius si irritò. «Se non sei in grado di raccoglierlo potresti anche spostarti, così lo faccio da me.»
Quella ebbe un lampo di astio negli occhi ma si chinò e prese il foglietto in mano.
Scorpius tese la mano in attesa e lei, invece che ridarglielo, lo tenne tra le mani.
«Non dovresti ringraziare?»
Scorpius strinse gli occhi. Quella ragazza lo aveva irritato già la sera prima e ora sembrava decisa a portare avanti l'opera. «Ieri hai detto di non farlo» le rispose lui in tono ovvio.
Lei avvampò. «Sei insolente, Hogwarts.» Quest'ultima parola la disse con disprezzo.
«E tu sei scortese, Durmstrang
La ragazza si inalberò. «Non mi chiamo Durmstrang.»
«E io non mi chiamo Hogwarts» replicò Scorpius.
La ragazza lo guardò con disprezzo, quindi aprì il foglietto che aveva in mano e lo guardò come se fosse una cosa disgustosa. Fece appena in tempo a dargli un'occhiata veloce e assumere un'aria perplessa prima che Scorpius dicesse pigramente: «Accio
Il foglietto volò via dalle mani della ragazza e tornò nel suo pugno.
La ragazza s'inferocì. «Come osi?!»
Scorpius inarcò le sopracciglia. «Oso cosa? Riprendere ciò che è mio?»
«Avresti potuto Appellarlo fin dall'inizio.»
«E perdermi l'occasione di non ringraziarti? Mai.»
«Cosa succede, Asa?» fece una voce profonda dietro alla ragazza.
Era un ragazzo molto alto dai capelli grigi e le sopracciglia arcuate, lunghe e nette sul viso chiaro.
La ragazza -Asa, a quanto pareva- si mise a parlargli in una lingua che Scorpius non comprese e che intuì fosse russo -quindi al di fuori dell'Incantesimo di Linguaggio.
Dal gruppo di Hogwarts si fece avanti Al. «Dai, Malfoy, lascia perdere, andiamo a mettere i nomi nel Calice.»
Scorpius scrollò le spalle, il ragazzo alto disse qualcosa e Asa, infastidita, gli rispose in tono sferzante, quindi gettò un altro sguardo sprezzante a Scorpius e voltò le spalle con decisione, allontanandosi. Il ragazzo alto scrollò le spalle e mettendosi le mani in tasca si allontanò a sua volta senza dire niente.
«Dai, andiamo» fece allora Al appoggiando la mano su un braccio a Scorpius.
«Non ho bisogno della balia, Potter» disse calmo Scorpius. «Comunque muoviamoci. Non voglio perdermi la colazione per colpa di un'isterica di Durmstrang.»
Raggiunsero tutti insieme al Calice di Fuoco: le fiamme guizzavano più vive che mai.
Fay fu la prima a mettere il suo nome nel calice, fingendosi solenne e poi, quando le fiamme lo consumarono, battendo le mani con eccitazione.
«E adesso non mi resta che aspettare che venga annunciato il mio nome stasera.»
«Contaci, Stone» disse Leo mettendo nel Calice il suo.
Toccò poi a tutti gli altri e mentre Scorpius lasciava cadere indifferente il suo pezzo di pergamena vide dall'altra parte del Calice Stuart Dunneth che lo fissava.
«Che vuoi, Dunneth?»
Stuart scrollò le spalle. «Niente, mi ero incantato.»
A Scorpius lo sguardo con cui lo guardava era parso tutt'altro che assente ma per una volta decise di lasciar perdere. Se anche avesse capito, poco importa.
La colazione si rivelò meno ricca della cena precedente: i tavoli erano già pronti, apparecchiati e tutti dotati di grossi bricchi di tè, latte e caffè bollente oltre che di fette di pane, frittate e altro cibo.
Nessuno servì i tavoli ma Scorpius notò che quando gli studenti di Durmstrang si alzavano raccoglievano i piatti, le posate e le tazze che avevano usato e le portavano via.
Anche Al doveva averlo notato, perché disse preoccupato: «Pensate che dobbiamo sparecchiare anche noi il nostro tavolo?»
Ma quando finirono fu McKinnon a raggiungerli e dissipare quel dubbio: «Se avete terminato torniamo tutti insieme all'Espresso. Ci penseranno gli Elfi Domestici a pulire i tavoli.»
«Ma allora ci sono gli Elfi Domestici?» domandò Rhiannon, stupita. «Dunque perché ci hanno servito gli studenti, ieri?»
«Il prestare servizio a turno e abituarsi alla fatica e ai lavori peggiori fa parte della filosofia di Drumstrang, Hobbs» rispose McKinnon divertito. «Un'eccellente approccio pedagogico, a mio parere. Potremmo attuarlo anche a Hogwarts.» E sorridendo su quella velata minaccia li scortò fuori.
Una volta tornati all'espresso McKinnon salì per primo ed aprì la porta che dava sul vagone dove risiedeva e dentro cui i ragazzi non si erano mai avventurati. «Seguitemi.»
Scorpius e gli altri, incuriositi, entrarono nel vagone fino ad allora interdetto e rimasero a bocca aperta: di fronte a loro si aprì una vasta aula con alcuni tavoli, sedie e una lavagna da un lato e un angolo simile a una palestra per duellanti dall'altro. Su entrambe le pareti più lunghe si riconoscevano le file di finestrini tipici dei vagoni dell'Espresso che si affacciavano sul panorama montuoso circostante ma erano l'unico elemento che indicavano che quella non era una stanza vera a tutti gli effetti.
Stuart e Fay, che erano Nati Babbani, rimasero a bocca aperta. Scorpius si sentì semplicemente ammirato per l'eccellente Sortilegio di Estensione Irriconoscibile che era stato castato ad arte sul vagone.
«Accomodatevi» disse McKinnon prendendo una sedia e posizionandosi di fianco alla lavagna.
«Allora» fece, una volta che tutti furono diligentemente seduti ai banchi, «prima di iniziare la lezione di oggi immagino abbiate delle domande sui giorni che seguiranno. Stone?»
«Professore, ci è consentito chiedere l'autografo a Krum?» chiese la Tassorosso allegra.
Leo si fece sfuggire una risata pungente.
McKinnon inarcò un sopracciglio, strinse le labbra un attimo come per trattenere un sorriso e guardò gli altri ragazzi. «Mi auguro che questa non sia la domanda più degna di nota che avrò da voi.»
Fay si morse un labbro ma non parve affatto imbarazzata.
«Smallwood?» fece McKinnon vedendo Owain alzare la mano.
«In che cosa consisteranno le Tre Prove del Torneo?»
«Temo che questo debba rimanere un segreto fino al loro svolgimento. Capisco la vostra ansia di sapere quanto più possibile sul Torneo, ma fino a stasera dovrete trattenere il vostro... impeto» e fece un sorriso divertito, «e cercare di porre domande più inerenti all'anno scolastico che ci attende: dopotutto solo uno di voi diventerà Campione.»
A quell'affermazione ci fu un lungo istante di silenzio in cui i ragazzi si scambiarono occhiate.
Alla fine alzò la mano Virginia. «Come faremo per le verifiche? Dovremo sostenerne? Ci farà lei tutto il programma, professore?»
«Sono lieto che la razionalità di Corvonero ci abbia portato al punto: sì, sosterrete tutte le verifiche e le lezioni necessarie, affronterete lo stesso programma dei vostri compagni a Hogwarts e sebbene siate esenti dagli esami finali, uscirete da quest'anno scolastico comunque con i vostri M.A.G.O. che provvederò io stesso a valutarvi.»
Ci fu un borbottio generale, interrotto da una mano alzata lentamente da Stuart.
«Dunneth?»
«Professore» domandò Dunneth serio, «a cosa fanno la guardia gli studenti di Durmstrang? O fare le sentinelle è un altro aspetto della filosofia di questa scuola?»
Scorpius, fino ad allora abbastanza indifferente, si fece d'un tratto attento e avrebbe giurato di vedere l'espressione di McKinnon farsi per un istante tesa.
Il Preside tuttavia rispose con perfetta disinvoltura. «Vorrei poterti rispondere che fa solo parte della loro filosofia, ma non è del tutto vero. Ci sono creature magiche molto pericolose che si aggirano nella foresta e sebbene le mura di Durmstrang e il terreno circostante siano protetti da forti magie repulsive, è tradizione della scuola far svolgere agli studenti turni di guardia sia per rafforzarli che per elevare lo standard di sicurezza.»
«Ma che tipo di creature, esattamente?» domandò Fay perplessa.
McKinnon si alzò e batté sulla lavagna con la bacchetta. I gessi cominciarono immediatamente a disegnare le fattezze di alcune creature di aspetto macabro.
Scorpius ne riconobbe alcuni visti sui libri della vecchia casa di suo nonno ancora prima che McKinnon chiarisse: «Demoni di Primo Grado. Sono specie di creature oscure molto pericolose che fanno parte del programma di quest'anno: cogliendo quest'occasione direi che possiamo iniziare subito la lezione da loro. E» aggiunse il Preside guardandoli uno per uno: «voglio che facciate una ricerca e stendiate una relazione di cinquanta centimetri su almeno tre specie entro giovedì. Srotolate le vostre pergamene e iniziamo la lezione.»
«Cinquanta centimetri?» esclamò Al, incerto.
McKinnon sorrise affabilmente. «Sì, Potter. Come ho detto, sosterrete lo stesso programma dei vostri compagni. E poiché fate parte di una ristretta cerchia scelta, mi aspetto che lavoriate il doppio di loro.»
 
*
 
La giornata fu lunga e faticosa anche per Stuart, abituato a mantenere per molte ore la concentrazione.
McKinnon era un insegnante generoso, appassionato ma implacabile e le sue lezioni erano così gravide di informazioni che all'ora di cena Stuart aveva riempito due rotoli di pergamena di appunti che spaziavano da Cura delle Creature Magiche a Difesa Contro le Arti Oscure e Alchimia e Pozioni Avanzate.
McKinnon non divideva le nozioni in più materie com'era consuetudine a Hogwarts ma fluiva da un settore all'altro della magia collegando e saltando, mettendo in discussione, chiarendo e poi confondendo ancora di più: era affascinante ma anche terribilmente stancante e Stuart si ritrovò con un gran mal di testa, frutto probabilmente anche dell'insonnia delle notti precedenti.
Le lezioni erano durate tutto il giorno, erano state sia pratiche che teoriche e avevano avuto solo una breve pausa per pranzo che però era stata talmente veloce che non avevano avuto modo nemmeno di riprendersi dalla mattina; quando finalmente il Preside li lasciò andare era calato il buio all'esterno e McKinnon concesse ai ragazzi un'ora di riposo prima di recarsi a cena.
Stuart si cacciò sotto la doccia bollente e si preparò una Pozione per calmare l'emicrania mentre Al guardava gli appunti della lezione sconsolato al tavolo dello scompartimento che condividevano.
«Non credevo sarebbe stata così dura.»
Stuart, che cominciava a sentire l'effetto benefico della pozione che agiva e si stava rilassando, gli batté una mano sulla spalla incoraggiante. «Sciocchezze. Sei il migliore tra noi, Al.»
Al emise un gemito. «Vorrei fosse vero. Tu, Stuart, sei un genio, i Serpeverde mi fanno paura, soprattutto Macnair; poi c'è Fay che è un mostro a Trasfigurazione e anche gli altri sono molto più bravi di me. Non so come ho anche solo sperato di poter ambire a diventare Campione della scuola.»
Stuart tacque. Campione.
Lui non ci teneva affatto a diventarlo, non era lì per quello. Al non lo sapeva ma Stuart sulla sua pergamena non aveva scritto nulla; aveva consegnato al Calice un foglio vuoto.
Esattamente come Malfoy.
Stuart l'aveva visto: la sua pergamena ormai srotolata dalla ragazza di Durmstrang era caduta volteggiando nel Calice subito dopo quella di Stuart e la luce aveva trapassato la carta sottile rivelando l'assenza di inchiostro.
Per scappare da quella”, aveva detto Scorpius la notte in cui l'aveva trovato nel vagone comune. Cosa intendeva con quella?
Stuart non poté proseguire con le sue meditazioni perché Owain venne in quel momento a chiamare lui e Al e dovettero affrettarsi a infilare i mantelli e uscire nel freddo della notte degli Urali.
Mentre s'incamminavano verso Durmstrang, con la coda dell'occhio Stuart guardò Scorpius, dietro di lui, che teneva lo sguardo basso per terra per non inciampare in qualche pietra.
Lui scappa da qualcosa che conosce. Io invece sto cercando qualcosa che non so.
Stuart sospirò massaggiandosi le tempie: doveva sbrigarsi a capire l'origine dei suoi sogni o la mancanza di sonno l'avrebbe distrutto.
Quando arrivarono alla Sala del Banchetto di Durmstrang la trovarono uguale alla sera prima tranne che per uno spazio che era stato ricavato spostando alcuni tavoli nel centro della sala, di fronte alla tavola dei professori.
«Chissà a cosa serve?» si domandò a voce alta Al mentre si accomodavano. Le tavole erano ormai quasi tutte complete e quando anche gli ultimi ritardatari di Beauxbatons giunsero la Principessa Swanhild si alzò in piedi.
«Benvenuti di nuovo a tutti voi. È stato convenuto che la nomina dei Campioni avverrà dopo il banchetto, dunque vi invito a godervi il cibo e il vino il più possibile prima che il Calice di Fuoco sia pronto.»
Si risedette e il banchetto ebbe inizio. I ragazzi erano tornati a servire ai tavoli ma non erano gli stessi della sera prima: al tavolo di Hogwarts stavolta venne un tipo allampanato e chiaro di capelli che si rivelò molto più simpatico della ragazza della sera prima.
«Se vi dovesse servire ancora qualcosa chiamatemi. Il mio nome è Endimion.»
Leo, a due posti da Stuart, commentò con un sorriso allusivo: «Sentito, ragazzi? Allora la simpatia a Durmstrang non è proibita come credevamo.»
Endimion rise. «Immagino che ieri abbiate conosciuto Asa. Non badateci, vi odia.»
«Chissà perché, l'avevamo intuito» commentò Leo sarcastico. «Quello che è poco chiaro è perché.»
Il ragazzo di Durmstrang scosse il capo. «Una parte di noi non è felice di avere stranieri a scuola. E non è contenta nemmeno del Torneo.»
«Come mai?» domandò Stuart incuriosito.
Per tutta risposta il ragazzo alzò le spalle e si allontanò.
«Questa scuola è sempre più strana» disse Owain perplesso servendosi dalla grossa zuppiera di gulash che aveva portato il ragazzo chiamato Endimion.
«A me piace» disse Fay allegra. «È così diversa da Hogwarts! Certo ci vorrà un po' ad abituarsi ma la zona tutto intorno è meravigliosa. Domani vorrei andare a volare un po', se McKinnon non ci rinchiude di nuovo tutto il giorno nell'Espresso.»
«È meglio che tu stia attenta a non allontanarti troppo» commentò Virginia cupa.
«Oh, dai, Virginia!» fece Rhiannon ridendo. «La tua teoria sul Grendel è assurda!»
Stuart si fece attento. «Il Grendel?»
Rhiannon e Fay risero e le guance rosse di Virginia si imporporarono di rabbia mentre lei si chiudeva in un silenzio offeso.
«Virginia dopo la lezione ha preso un prestito da McKinnon uno dei suoi libri di Demonologia» spiegò Rhiannon, «ed è convinta che quello che ha visto arrampicarsi sul finestrino sia un demone della razza Grendel.»
«E perché ridete?» interloquì Al perplesso. «Non potrebbe essere vero? McKinnon ci ha detto oggi che ci sono i demoni nella foresta.»
«Sì, potrebbe essere vero se non fosse che i Grendel sono estinti da centocinquant'anni» spiegò Fay. «E poi sono creature composte solo da un braccio e una testa, e Virginia è sicura di aver visto qualcosa che aveva un corpo intero. È probabile invece che fosse un Orc-néas, quello che ci ha mostrato oggi McKinnon. Ti devi essere sbagliata Virginia.»
«Io sono sicura di quello che ho visto» disse Virginia in tono sommesso.
«Io ti credo.»
A parlare, sorprendendo persino se stesso, era stato Stuart. Virginia alzò gli occhi su di lui sbalordita.
Anche tutti gli altri lo guardarono.
«Ma Stuart, se è un demone estinto da secoli...» cominciò Owain.
«Magari non è davvero estinto» replicò Stuart. «Virginia, tu hai la Vista, vero?»
La sua compagna di Corvonero annuì con le guance rosse. «Un po'. Non ho il dono della Preveggenza ma riesco a vedere attraverso gli Incantesimi di Disillusione, i Mantelli dell'Invisibilità... cose così...»
Stuart annuì. Non era del tutto certo di quel che stava facendo ma c'era qualcosa che lo spingeva a credere a Virginia: dopotutto anche la Strega che lo aveva maledetto a Hogwarts al terzo anno era creduta da tutti estinta, giusto? E poi c'erano i suoi incubi, e sebbene ancora non ne vedesse un nesso, era certo che dovevano nascere da qualcosa di fuori dal comune, quindi perché non partire da quel demone che doveva essere estinto?
«McKinnon ha parlato di una biblioteca, vero? Potremmo cercare qualcosa a riguardo uno di questi giorni.»
Virginia annuì cautamente, fissandolo come se fosse ancora incredula di essere creduta.
Leo scosse la testa, incredulo. «Certo che voi Corvonero ve le dovete proprio andare a cercare. Non ne avete abbastanza di tutta la giornata di lezione sui Demoni di oggi?»
«E a te che importa?» ribatté Stuart. «Vuol dire che avremo molto più materiale per la relazione che faremo a McKinnon per giovedì.»
Leo fece un verso sdegnoso e Fay emise un verso di stizza. «Oh, dai, Macnair, smettila di fare il superiore. Voi Serpeverde siete proprio dei guastafeste! Piuttosto non vuole venire nessuno con me a volare appena ne abbiamo il tempo? Scorpius, almeno tu che eri il Cercatore di Serpeverde non hai voglia di salire su una scopa?»
Malfoy le lanciò un'occhiata sprezzante. «In tua compagnia no di certo, Stone.»
Fay, per nulla scoraggiata, rise. «Se pensi che mi basti come risposta ti sbagli. Insisterò finché non cedi.»
«Che guastafeste sarei se lo facessi?» replicò Scorpius burbero.
Fay rise ancora e continuò a spronarlo e pregarlo e Stuart tornò a porre l'attenzione sul suo piatto. Sentendosi osservato, però, alzò gli occhi e vide che Virginia lo fissava.
Lei strinse le labbra, poi disse: «Grazie.»
Il banchetto terminò presto e quando le ultime portate furono sgomberate e anche gli studenti di Durmstrang a cui toccava servire quella sera si erano andati ad accomodare ai tavoli più laterali la Preside si alzò dal tavolo degli insegnanti.
«Prima di iniziare il sorteggio dei Campioni vorremmo onorare le mura della nostra scuola con l'inno che da secoli ci accompagna. Gli studenti del Gotha ci onoreranno con la loro esibizione.»
Si risedette e lo spazio libero venne occupato da una fila di studenti che si disposero con ordine militare imbracciando dei lunghi e robusti bastoni neri.
«Che cosa strana» mormorò Rhiannon, subito zittita da un sibilo di Leo Macnair.
Le voci scemarono e quando finalmente, dopo qualche momento ci fu silenzio, i ragazzi del Gotha muovendosi perfettamente all'unisono sollevarono le braccia e iniziarono a battere un ritmo profondo e martellante sul pavimento con i bastoni.
Stuart, dapprima affascinato, iniziò a sentire uno strano formicolio salirgli lungo la schiena: gli sembrava che ogni battito, cupo e vibrante, gli penetrasse in profondità, fin dentro le ossa, facendolo ronzare insieme alla musica.
Il ritmo si fece più veloce, il formicolio gli raggiunge la testa e le parole di una canzone cominciarono a risuonare nella stanza, cantate dalla voci di quasi tutti gli studenti di Durmstrang:
 
“Non abbiamo dato i nomi ai fiumi,
forse lo fecero coloro le cui ossa qui giacciono.
E bianchi, bianchi come seta e imperituri
sulla terra nera d'origine i loro fantasmi cacciano.
Noi non conosciamo i loro nomi
E non è il loro sangue che ereditiamo,
ma il diritto del più forte e il desiderio della fama.
Il Fiume è la strada che porta la risposta che cerchiamo
è un nuovo mondo, una promessa che proclama.
 
Nella trama intessuta di verde,
di luce e di tenebre sulle superfici delle montagne,
Qui per sempre confina il cuore della nostra gente.
Attraversa la linea del sole, della vitalità che si disperde
I pini centellinano cautamente
Il lucente smeraldo, la malachite e l'oscurità,
E l'erba il suo colore non perde.
Vecchio rame nelle montagne compone vertebre
per gli ultimi palazzi di marmo verde.
Dalla creazione del sole e della luce e delle tenebre,
Noi speriamo.”
 
Il formicolio si era esteso a tutto il corpo di Stuart, fino alla punta delle dita: si sentiva fremere e a ogni battito sul pavimento rispondeva un battito del suo cuore: era in fibrillazione.
 
“Non ho giocato con parole segrete,
ma la voce dell'ombra nella valle mi ha chiamato,
dove ci sormonta il larice scuro,
dove risiede una fiamma che non ha bruciato,
nei carboni accesi e sotto le corna dell'ariete.
Il falò si estingue, ed il carbone è nero opaco,
La terra è ancora calda.
Nelle grotte, nelle miniere, nelle gallerie e nei pozzi,
altri mondi dentro la foschia misteriosa,
ci sono buie profondità nell'oscurità odorosa.
Ma gli dei convocano i venti di montagna,
i loro eredi da tempo immemorabile.
E i figli della foresta con una fiamma nella mano,
ancora a cantare in lingue antiche.”
 
Un ultimo battito e di colpo il formicolio cessò. Stuart si sentì come se qualcosa che l'aveva stretto fino a quel momento fin quasi a stritolarlo ricadesse improvvisamente, scivolandogli addosso come olio.
Gli studenti di Durmstrang, rimasti immobili per un lungo istante dopo la fine improvvisa della canzone, chini e tesi con il bastone che aveva vibrato l'ultimo colpo, si mossero e si rialzarono lentamente.
Da Beauxbatons partì un applauso singolo -il ragazzone brutto che aveva visto quella mattina Rhiannon, riconobbe Stuart- a cui seguì quello dell'intera scuola e anche di Hogwarts e degli studenti di Durmstrang.
«Stuart? Che c'è?» fece Virginia mentre applaudiva e vedeva che Stuart era rimasto come pietrificato, le mani inconsapevolmente strette da parecchi minuti al tavolo.
Stuart, a cui pareva di aver perso il controllo del proprio corpo, si accorse che invece riusciva a muovere le mani e si unì agli ultimi stralci di applauso.
Che diamine mi sta succedendo?, si domandò attonito. Cosa c'era in quella canzone, un incantesimo?
Si guardò intorno per capire se a qualcun altro aveva fatto lo stesso effetto ma i suoi compagni non ricambiarono il suo sguardo scosso, tutti presi dalla Principessa, che si era alzata in piedi e aveva raggiunto il Calice di Fuoco.
La sala si era completamente zittita.
«È ora» disse la donna, mentre il fuoco nel Calice guizzava più forte e sprigionava una luce più densa. «Colori di cui il nome uscirà da questo Calice dovranno raggiungere la porta alle mie spalle una volta nominati e lì attendere le istruzioni per la Prima Prova.»
Le fiamme del Calice si fecero ancora più alte; poi una lingua di fuoco saettò dal bordo della coppa e da essa un biglietto ricadde adagio nella mano della Principessa. Lei aggrottò le sopracciglia mentre leggeva ciò che c'era scritto.
«Il campione di Beauxbatons» scandì forte, «è Lucian Gevaudan!»
Un applauso partì dai compagni quando il ragazzone di quella mattina si alzò dal tavolo con un gran sorriso, raggiunse e superò il tavolo alto dei giudici e professori.
«Silenzio, ora, per favore.»
Il fuoco si era di nuovo fatto più alto e luminoso. Un'altra lingua di fuoco e un altro biglietto.
«Il campione di Durmstrang» scandì la Principessa dopo un solo attimo di esitazione, forse per l'emozione di leggere la sua scuola, «è Skadhi Hama!»
E fu allora che la folla Durmstrang si spezzò nettamente. Da una parte esplosero urla e applausi, dall'altra un gemito e un silenzio glaciali.
Stuart vide alzarsi da un tavolo molto addossato a una parete una figura che una volta venuta avanti alla luce del fuoco si rivelò una ragazza dal viso pallidissimo e capelli tanto chiari da sembrare quasi bianchi, gli occhi di un colore indefinibile -grigi, rossi? Probabilmente era albina, si disse Stuart- e che avanzò a testa alta, inseguita dagli applausi della sua ala di studenti.
Applausi che facevano apparire ancora più inquietante il silenzio dell'altra ala della sala, pensò Stuart.
Nel momento in cui la ragazza gli passò vicino, un nuovo brivido lo scosse: Stuart si afferrò al tavolo, sentendosi investire di nuovo da quel terribile formicolio di prima.
Al si sporse verso Stuart evidentemente senza notare la sua tensione. «Che cos'hanno quelli di Durmstrang? Pensi che siano divisi in Case come noi e una delle due voleva un proprio Campione?»
Stuart scosse piano la testa mentre il formicolio scemava di nuovo. «Non lo so. Al», aggiunse con urgenza, «non hai sentito niente prima, durante la canzone?»
Al inarcò le sopracciglia. «Come?»
«Prima, coi tamburi. Non ti formicolava la testa? Soprattutto all'ultimo pezzo, quello che parlava delle grotte, della fiamma...»
«Grotte, fiamma?» ripeté Al sconcertato. «Di cosa parli? Hai capito di che parlava la canzone?»
Stuart corrugò le sopracciglia. «Certo che ho capito! Perlomeno, il senso generale, ma non so a cosa quel verde, quelle ombre e quei fantasmi di cui parlava si riferissero, e...»
«Stuart» lo interruppe Al scuotendo la testa, sempre perplesso, «quella canzone era in russo! Nessuno ha capito nulla. Di cosa stai parlando?»
Stuart cominciò a irritarsi. «Come sarebbe a dire? Non era russo, l'ho capita tutta, quindi...»
«Era russo, Dunneth» lo interruppe Scorpius, lì accanto, guardandolo fisso. «Nessuno di noi ha capito un accidente di quello che cantavano. Comunque faresti meglio a tacere, ora: è il nostro turno.»
Stuart ammutolì, stordito. Russo? Ma l'aveva capito! Aveva capito tutto, e l'Incantesimo di Linguaggio funzionava solo sul latino, per lui come per gli altri, quindi come...
Un bagliore dell'ultima fiamma lo distrasse di colpo e anche lui per un attimo si scordò tutto mentre la Preside Swanhild afferrava l'ultimo biglietto.
«Il campione di Hogwarts è Albus Potter.»
 

 

Note:
La canzone è una traduzione riadattata di una canzone o una poesia russa che trovai per caso in un video. Non ne conosco la fonte precisa, se qualcuno volesse illuminarmi ne sarei lieta.
Grendel: Nome di un mostro del poema di Beowulf.
Orc-nèas: Creatura mitologica del poema di Beowulf.
Gevaudan: Regione della Francia infestata da una bestia misteriosa nel diciottesimo secolo.
Skadi: Divinità norrena dell'inverno, della caccia e degli sci
Hama: Nome di un personaggio de Il Signore degli Anelli.
Buonasera!
È passato un secolo, lo so. Non voglio stare qui a giustificarmi, so che i miei aggiornamenti sono lunghissimi e mi spiace per chi ha la costanza di seguirmi (pochi, probabilmente.)
In ogni caso eccoci qui, finalmente con un altro piccolo passo delle avventure di Al, Stuart e Scorpius e dei loro compagni. Sto cercando di dare spazio un po' a tutti e di far emergere pian piano la personalità di ciascuno. Cosa ne pensate? Vi piace il loro gruppo? Quali personaggi preferite? Per chi tifate? Vi aspettavate questa nomina di Campione?
Io a dire il vero inizialmente avevo programmato tutt'altro ma man mano che la storia prende forma si indirizza quasi contro la mia volontà verso altre strade a me ignote, quasi come se fosse già scritta e io devo solo metterla nero su bianco. Curioso, vero?
Sono curiosa di sapere le vostre impressioni quindi scrivetemi :)
Spero a presto col prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** IV. Campione ***


 
IV. Campione

 
Al non aveva mai creduto davvero di poter essere eletto Campione di Hogwarts: era troppo consapevole della superiorità dei suoi compagni.
Sì, era animato dalla speranza ma in cuor suo sapeva che non ce l'avrebbe fatta, che non sarebbe mai stato all'altezza.
Ma il suo nome era uscito dal Calice.
Albus Potter.
Rimase folgorato per un lungo istante, sordo a tutto, anche al boato che si era levato nella sala, anche alle grida dei suoi compagni. Stuart gli stava stringendo una spalla, Rhiannon gli stava gridando nell'orecchio esultando per Grifondoro che avrebbe rappresentato la scuola, persino Macnair applaudiva sebbene amareggiato.
Al, inebetito, ci mise qualche secondo ad affrontare l'impatto di quello che era appena successo.
«I-io?» balbettò incerto.
Stuart lo issò a sedere e gli diede una spinta. «Vai, Al. Sei tu, sei il Campione.» Il sorriso di gioia estrema che aveva sul volto convinse definitivamente Al.
Anche lui si aprì in un sorriso gigante e disse: «Grazie.»
Strinse una mano a Stuart e poi si incamminò verso il tavolo dei professori, dove McKinnon lo guardava sorridendo.
«Nella stanza posteriore, Potter. Complimenti» aggiunse a bassa voce e Al annuì obbedendo.
Ancora stordito e incredulo raggiunse la porta indicata e la oltrepassò ritrovandosi in una stanza buia, dal soffitto basso a volta e le pareti tappezzate di armi, scudi e bastoni.
Lì c'erano gli altri Campioni, in piedi accanto a uno scrittoio in prossimità del quale galleggiavano numerose candele illuminando la penombra e stagliando le ombre scure dei campioni sulla parete opposta.
La scura figura rozza e squadrata del ragazzo di Beauxbatons, Lucian, si volse e gli andò incontro con una mano tesa.
«Benvenuto!» esclamò allegramente. «Io sono Lucian. Come ti chiami?»
Al, colto di sorpresa ma di umore estatico, gli strinse la mano con calore. «Albus.»
Lucian gli sorrise: aveva denti strani, grossi e lunghi.
«Vieni vicino a noi. Lei è Skadhi» disse indicando la figura più esile e bassa che si stagliava contro la luce delle candele. Poi, con un sussurro commentò: «Non le piace tanto parlare, credo.»
Al cercò di non ridere e si avvicinò.
La ragazza di Durmstrang si volse e Al, che alla sua nomina l'aveva vista solo di sfuggita, se la trovò finalmente vicino, irradiata dalla luce fioca.
«Ciao.»
Al batté gli occhi più volte e gli emerse involontario un sospiro spezzato.
Era bianca, non c'era altra parola altro definirla.
Ciglia candide come piume di cigno, sopracciglia invisibili da tanto erano chiare e che le facevano parere la fronte pallida troppo alta. Tante piccole trecce di capelli che le scoprivano tratti della pelle del cranio e che sembravano sottili come fili di ragnatela.
Ed era bella.
Non bella nel senso classico del termine. Al era certo che chiunque, con “bella” avrebbe inteso una ragazza come Rhiannon, la sua compagna di casa. O come Rose, o anche le altre sue cugine Dominique e Victoire.
Non certo lei, con la sua bocca piccola e il naso grande. Eppure... eppure era bella... anzi, la più bella ragazza che Al avesse mai visto.
Qualcosa dentro di lui ebbe un sussulto, come un contraccolpo di assestamento dell'Elevatore al Ministero quando arrivava al piano giusto.
Deglutì, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Lei ricambiò il suo, perplessa, poi corrugò la fronte.
«Cosa c'è?» domandò secca.
Al fece per dire qualcosa ma non gli uscì in suono. La fatica di cercare di rimediare però gli fu risparmiata dall'ingresso dei Presidi delle scuole e dai due giudici supplementari del Torneo, Krum e Grimnismal.
«Ebbene, ecco i nostri tre Campioni» esordì Tarasque eccitato. «Lucian, ragazzo, sono veramente felice che tu sia stato scelto.»
«Merci, Monsieur.»
«Siamo tutti felici per i nostri Campioni ma forse è meglio tralasciare le cortesie a dopo» interloquì seccamente la Swanhild. Si rivolse ai tre ragazzi: «Siete qui perché vi siete sottoposti a un contratto magico vincolante che vi terrà legati per tutta la durata del Torneo. Spero che siate consapevoli sia dell'onore che dell'onere che questo comporterà.»
Tutti e tre annuirono anche se Al faticava a stare concentrato, lo sguardo che veniva come calamitato dalla ragazza di Durmstrang.
«I nostri giudici esterni vi daranno ora le istruzioni per la prima prova» concluse la Principessa, facendo un cenno verso i due uomini rimasti più indietro.
Krum, a braccia conserte, si volse muto verso Grimnismal con un cenno eloquente: avrebbe lasciato parlare lui. Grimnismal sfregandosi una tempia si fece avanti ma non abbastanza da entrare nel raggio di luce delle candele; Al ne fu stranamente sollevato: quell'uomo non gli ispirava molta fiducia, aveva un pallore che lo inquietava e i suoi occhi erano troppo neri e troppo penetranti.
«Molto bene» esordì l'uomo con una voce bassa e calma. «Come sapete il torneo comprende tre prove. Poiché è stato creato per promuovere l'amicizia tra le tre scuole che vi partecipano, la prima prova sarà concentrata sulla collaborazione.
«Ogni Campione avrà a disposizione uno studente di una delle altre due scuole ad assisterlo nell'impresa. Per evitare che gli studenti delle altre scuole ostacolino il Campione che assistono, sarà dato un punteggio sia al Campione che allo studente al suo fianco. I punti dello studente si sommeranno a quelli del Campione della sua scuola.»
Al, che sebbene ascoltasse attentamente Grimnismal non aveva mai smesso di guardare di sottecchi la ragazza di Durmstrang, Skadhi, la vide rabbuiarsi a quell'affermazione.
«E chi sceglierà gli studenti che dovranno stare con i Campioni?» domandò corrucciata.
«I Campioni stessi. Avete a disposizione tutti i giorni da qui fino alla prova, che si terrà il venticinque novembre, per conoscere meglio gli studenti delle altre scuole e farvi un'idea di chi vorreste al vostro fianco nella Prova.
«Ho dimenticato qualcosa, Viktor?» concluse, voltandosi verso Krum.
L'altro grugnì e fece un segno di diniego e Grimnismal annuì. «Perfetto. Allora credo di potervi lasciare ai vostri dormitori. Ci rivediamo il giorno della Prima Prova. McKinnon, Tarasque. Altezza» salutò brevemente, quindi girò i tacchi ed uscì dalla stanza preceduto da Krum.
A quel punto prese la parola la Principessa Swanhild. «Le vostre scuole vorranno festeggiarvi ma vi consiglio di non celebrare eccessivamente l'avvenimento e di riposarvi: vi attenderanno giornate impegnative. Buonanotte a tutti.»
«Altezza!» la fermò Skadhi mentre si stava già ritirando. «Posso parlarvi?»
La principessa strinse le labbra, quindi le fece un cenno secco e la ragazza, con gran rammarico di Al, seguì la sua Preside fuori dalla stanza.
Al stava ancora fissando la porta inebetito quando McKinnon lo richiamò. «Allora, Potter, intendi scrivere subito per dare la notizia a tuo padre?»
 
*

Leo stava suonando la sua Violarpa con più intensità del solito. Le dita scorrevano lungo le corde traendo note lunghe, profonde e vibranti che si impastavano in una melodia barocca, ricca di abbellimenti e virtuosismi.
Scorpius non era mai stato un esperto di musica, gli era sempre interessata poco ma anche nella sua ignoranza aveva sempre riconosciuto a Leo Macnair un talento piuttosto spiccato.
Il suo compagno di dormitorio aveva tenuto riposto il suo strumento tutto il viaggio sull'Espresso di Hogwarts ma ora, forse spinto dalla rabbia del risultato del sorteggio, forse in piena astinenza da musica o forse per entrambi i motivi, stava spalmando l'anima su quelle corde. E Scorpius non poteva far altro che stare ad ascoltare, l'attenzione che continuava a scivolare via dal numero di Trasfigurazione Oggi che aveva in mano mentre stavano seduti nel loro scompartimento personale.
Chiuse gli occhi, deciso a lasciarsi prendere dalla musica e cercando di non pensare alle ceneri che giacevano nel posacenere sul tavolo, ormai fredde.
Rose gli aveva mandato una lettera quella mattina e Scorpius l'aveva bruciata senza aprirla: non era pentito di averlo fatto ma ogni oggetto che gli ricordava lei non faceva che aggiungere amarezza al suo stato d'animo già tetro.
Leo rallentò la musica e abbassò il volume. «Scorpius?»
Scorpius alzò lo sguardo sul compagno di stanza.
«Stai distruggendo la rivista» gli fece osservare Leo e Scorpius si accorse che aveva completamente accartocciato Trasfigurazione Oggi.
«Dannazione» commentò con voce strascicata cercando di spianare le pieghe.
Leo stava arpeggiando piano, guardandolo. «Ti serve qualcos'altro a cui pensare, caro mio.»
Leo sapeva di Rose, era suo compagno di stanza dal primo anno e nascondergli qualcosa -se anche Scorpius avesse voluto, ma i segreti non facevano per lui- sarebbe stato assurdo.
«Del tipo?»
«Be'» rispose Leo con una smorfia, «se ti fossi iscritto davvero al Torneo saresti stato nominato al posto di Potter e potresti scervellarti sulla Prima Prova.»
Scorpius sbuffò. «Il Calice avrebbe scelto comunque Potter.»
Leo diede in una risata sarcastica. «Contro di te? Okay, è bravo in Incantesimi o Difesa Contro le Arti Oscure ma, ammettiamolo, non è un genio, non quanto il suo amico Dunneth o te: è sempre stato sotto l'ala di suo padre.»
«Appunto.»
Leo diede un arpeggio troppo violento e la Violarpa diede una nota stridente di lamento.«Cosa vuoi dire con “appunto”?»
«Sotto l'ala di suo padre era sicuramente protetto ma forse era anche trattenuto» spiegò Scorpius succinto. «Potrebbe rivelarsi sorprendente: dopotutto il Calice l'ha preferito a te.»
Leo storse il naso. «Ne dubito.»
«Staremo a vedere» replicò Scorpius con un'alzata di spalle.
Leo aveva l'espressione imbronciata. «Quello che proprio non riesco a spiegarmi è come il Calice l'abbia preferito a Dunneth. Ero convinto che sarebbe stato lui il Campione.»
Scorpius fissò la copertina tutta spiegazzata di Trasfigurazione Oggi.
«Chissà.»
Quando Stuart gli aveva lasciato intuire di aver visto il suo biglietto vuoto Scorpius non gli aveva prestato molta attenzione: non gli interessava quello che pensava Dunneth. Tuttavia ora, ponderando l'episodio, Scorpius cominciò a scoprirsi incuriosito da Stuart: sapeva che passava diverse notti insonni, che gli importava poco di quel Torneo -era stato quello che meno aveva parlato delle Prove, del premio o di altre cose collegate alla gara durante il viaggio verso la Russia- e che era invece molto interessato a Durmstrang: durante il viaggio l'aveva più volte visto intento a leggere Compendio dell'Istruzione magica in Europa.
Che anche lui non si fosse davvero iscritto? E cosa faceva lì a Durmstrang?
“Ti serve qualcos'altro a cui pensare”, gli diceva Leo.
Scorpius meditò per qualche momento su Dunneth, poi la sua memoria scivolò all'anno prima, quando a una partita di Quidditch aveva visto Stuart seduto in tribuna con una delle sue amiche e Rose... Scorpius sbuffò: no, Dunneth e i suoi affari non erano decisamente la soluzione che l'avrebbe aiutato a non pensare.
Leo aveva ripreso a suonare a ritmo serrato formando quella sua musica ricca e intensa e fu allora che Fay si affacciò nello scompartimento dei Serpeverde.
«Ehi, Malfoy...»
Scorpius aggrottò le sopracciglia. «Stone, chi ti ha dato libero accesso alla nostra stanza senza nemmeno bussare?»
Ma Fay non rispose e guardò invece Leo che ignorando il rumore della porta che si apriva o forse non avendolo nemmeno sentito continuava a rovesciare musica nella piccola stanza del treno.
«Oh...» fece Fay, e per la prima volta da che Scorpius la conosceva rimase zitta.
Scorpius si lasciò sfuggire un sorriso leggero e tornò anche lui a guardare Leo che, forse sentendosi osservato, dopo qualche istante alzò lo sguardo e vide l'intrusa.
Fermò la musica di colpo, sbottando: «Stone! Ancora qui per il Quidditch?! Scorpius, maledizione, acconsenti a questo incubo o non ci lascerà più in pace!»
Fay non riuscì a trattenere una risata e guardò Scorpius interrogativa: l'aveva tormentato per tutto il ritorno dal banchetto all'Espresso dopo la nomina dei Campioni.
Scorpius sbuffò: «Se l'alternativa è essere tormentati per tutta la notte, temo che dovrò accettare.»
«Sapevo che avresti ceduto» disse con sicurezza Fay, allegra. «Comunque, a dire il vero, ero venuta qui a dirvi che Al è tornato: venite di là a festeggiarlo con noi?»
Leo fece un verso sprezzante. «Oh, sì, festeggiare un Grifondoro è proprio nella lista delle cose che preferisco, seconda solo a una carezza del Platano Picchiatore.»
«Non fare il Troll, Macnair: anche tu hai applaudito quando l'hanno nominato.»
Leo sbuffò ma seguì fuori dallo scompartimento Fay e Scorpius.
«Che cosa stavi suonando?» domandò Fay incuriosita. «È uno strumento magico? Sembrava un concerto di archi! Fa un bellissimo suono.»
Leo era compiaciuto dal suo interesse ma rispose sprezzante: «Già, Stone, niente a che vedere con le vostre noiose babbanerie musicali.»
«Come fai a sapere che sei più che all'altezza della nostra musica se non la ascolti? O la conosci?» fece Fay con un sorrisetto sardonico.
La fatica di trovare una risposta fu risparmiata a Leo dalla loro entrata nel vagone comune: furono investiti dalle domande eccitate di Rhiannon e Owain, dalla risata di Stuart e dalle esclamazioni emozionate di Virginia.
«...Quindi sarà tra meno di un mese? Ma chi sceglierai? Hai già qualche idea?» stava chiedendo Owain interessato.
«Oh, Al, sei Campione! Grifondoro Campione! Che meraviglia!» commentava giuliva Rhiannon danzando.
Leo finse un conato di vomito e Fay gli tirò uno scappellotto sulla spalla prima di andare ad accucciarsi vicino ad Al, circondato dagli altri.
Al aveva una faccia strana, a metà tra un sorriso e un'espressione tesa.
«Stai già cominciando a fartela sotto, Potter?» domandò Leo che l'aveva notato a sua volta mentre si sedeva poco lontano.
Al arrossì e non rispose.
«Ti hanno detto in cosa consiste la Prima Prova?» domandò Scorpius con discreto interesse.
Fay, troppo eccitata, rispose al posto suo. «A quanto pare i Campioni dovranno scegliere uno studente delle altre scuole per affiancarli e aiutarli durante la Prova! Non è pazzesco? Penso che sia la prima volta che coinvolgono direttamente altri studenti, no?»
«Sì» fece Owain. «Ho dato un'occhiata alla storia delle edizioni precedenti su uno speciale che è uscito con la Gazzetta del Profeta un mese fa: non è mai capitato... Volontariamente o attivamente, intendo. Tante volte gli studenti sono stati coinvolti per incidente, a volte ci sono state pure delle morti nei Tornei più antichi. Oppure l'ultimo Torneo li hanno usati come ostaggi, ma non hanno fatto nulla di pratico.»
Scorpius interloquì serio: «Come si assicurano che gli studenti non mettano i bastoni tra le ruote ai Campioni avversari?»
«Daranno dei punti in più alla loro scuola» spiegò Al mordendosi il labbro. «Il problema ora è sceglierlo.»
Scorpius inarcò le sopracciglia. «Oh, se ti toccherà scegliere da Durmstrang avrai già metà lavoro fatto: elimina tutta la parte di scuola che non ha applaudito alla loro Campionessa.»
Virginia spalancò gli occhi. «Credi che quelli che non desideravano che fosse nominata lei preferiranno osteggiare Al e non darle punti in più? Possono arrivare a tanto?»
Scorpius scrollò le spalle. «Non è una possibilità da scartare.»
Stuart si intromise con la sua voce calma. «Be', hai un mese per cominciare a capire di chi fidarti...»
«Di nessuno, soprattutto se di Durmstrang» commentò Scorpius.
Stuart lo guardò. «È dall'inizio del viaggio che parli male degli studenti di Durmstrang, Malfoy. Che cosa sai di loro che te li rende così antipatici?»
Aveva posto la domanda in tono leggero ma Scorpius vide che lo fissava con interesse.
Scorpius scosse la testa. «Niente di personale, ma i Maghi russi in generale sono famosi per le faide secolari tra le loro famiglie e fazioni, soprattutto quelle Purosangue. E la neutralità non è contemplata.»
«Anch'io ho sentito qualcosa del genere. Mio padre ha un amico della Siberia e spesso ci ha raccontato di dissidi politici» intervenne Virginia accigliata. «Ma che cosa c'entriamo noi con le loro liti? E poi questi ragazzi sono solo studenti, no?»
«Siamo nel loro territorio e questo, per molti di loro, è già una scusa valida» disse Scorpius asciutto. «Se fossi in voi, mi terrei lontano da loro, anche se sono solo studenti.»
Ma nessuno avrebbe seguito il suo consiglio. Nemmeno lui stesso.

 

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