The Racer

di Lachiaretta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 11 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 12 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 13 ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO 14 ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO 15 ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO 16 - BUON NATALE ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO 17 ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO 19 ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO 20 ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO 21 ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO 22 ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO 23 ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO 24 ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO 25 ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO 26 ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO 27 ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO 28 ***
Capitolo 29: *** CAPITOLO 29 ***
Capitolo 30: *** CAPITOLO 30 ***
Capitolo 31: *** CAPITOLO 31 ***
Capitolo 32: *** CAPITOLO 32 ***
Capitolo 33: *** CAPITOLO 33 ***
Capitolo 34: *** CAPITOLO 34 ***
Capitolo 35: *** EPILOGO ***
Capitolo 36: *** CAPITOLO 36 ***
Capitolo 37: *** CAPITOLO 37 ***
Capitolo 38: *** CAPITOLO 38 ***
Capitolo 39: *** CAPITOLO 39 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


 

AVVISO IMPORTANTE. 
Questa storia nasce circa 7/8 mesi fa quando dopo aver visto l'ultimo espisodio di Gossip Girl, e non accettanto che fosse finita la mia tv series preferita ho rivisto il primo espisodio.
Per chi non lo ricordasse, o non lo avesse visto, Serena torna dal collegio in cui si era praticamente esiliata (dopo essere stata a letto con Nate, fidanzato della sua migliore amica Blair). I rapporti con la sua famiglia sono molto critici: con la madre quasi non parla, il padre è sparito quando era piccola e il fratello è ricoverato per aver tentato il suicidio.
I suoi amici sono inizalmente arrabbiati con lei (non proprio tutti) e la escludono perchè non sanno il motivo della sua fuga, poi Blair scopre del tradimento, ma la perdona lo stesso. Solo più avanti si scoprirà che quella notte Serena si era recata a casa (o camera di albergo) di Georgina e lì si è drogata insieme ad un ragazzo che è morto. Serena quindi in realtà era scappata perchè si accusava della morte dell'amico.
Ho comunque inserito elementi molto espliciti tratti dalla serie:
Victrola: locale aperto da Chuck nella prima serie!
Charlie, cugino di Jake: il nome dato da Dan a Chuck nel suo libro Inside!
Ryan Bass : Chuck Bass
(no, no.. non mi piaceva questo personaggio) Ben tre protagonisti della serie han dato il volto a tre personaggi.
oltre ovviamente ai bellissimi vestiti firmati.
Il The Racer che è di sfondo nasce invece dalla mia passione snaturata per Vin Diesel e in particolare Fast and Furios, trasmessami da mia sorella che, essendo amica di una ragazza che correva con le ferrari, ha sempre amato le auto e che addirittura ha partecipato al raduno organizzato l'8 dicembre scorso ad Imola in onore di Paul Walker. (In famiglia siamo tutte un po' pazze.).

Ecco come è nato THE RACER,  e in particolare il prologo la cui prima parte segue pari passo il ritorno di Serena. Il resto è ovviamente un parto della mia mente insana. :)

Ringrazio infine ancora una volta chi sulla mia pagina di FB ha scelto, tra le tre opzione proposte, il volto di NINA DOBREV per Mia e Mylark che ha scelto il volto di ALEX PETTYFER per Jake. Tutti gli altri personaggi sono stati scelti da me personalmente.

Grazie!!!  
THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.



PROLOGO




Quella notte di quattro anni fa credevo che sarebbe stata l’ultima volta che avrei attraversato la Grand Central Station, correndo verso il treno della mia dipartita, il capo coperto e alcuni vestiti nella mia sacca. Dovevo fuggire da ciò di che avevo causato, e quando mia madre aveva chiamato il nonno non mi era stata lasciata altra scelta. Il mio trasferimento in Kentucky era stato deciso con effetto immediato.
Nei quattro anni successivi non avevo creduto una sola volta che sarei tornata, fino all’arrivo della lettera di ammissione alla Columbia University. I nonni decretarono che mi ero impegnata troppo per rinunciare ad un’occasione come questa e scegliere un’università scadente.

Ecco perché, dopo oltre quattro lunghi anni, attraverso di nuovo a passo deciso quel luogo immutato. Ai miei occhi non sembra essere trascorso un solo giorno.





CAPITOLO 1




«Grazie per essere venuta a prendermi, sei stata molto gentile. Il mio nome è Amelia River.» Continuo a sorridere gentilmente trascinando le mie due piccole valigie per i corridoi della Columbia. Grazie all'intervento di mia nonna sono riuscita ad ottenere l'ammissione ad una delle più facoltose case di tutto il campus, la Eaton House, e la mia futura coinquilina ha cortesemente deciso di accompagnarmi al mio alloggio. Seguo la ragazza esaminandola dalla testa ai piedi, non è molto alta, tolte le vertiginose scarpe con tacco raggiungerà a stento il metro e cinquantacinque, ma è molto magra e decisamente prosperosa, i capelli lisci e biondi tagliati in un caschetto leggermente più lungo delle orecchie contrastano con la pelle abbronzata e gli occhi verde scuro.

«Oh, nessun problema. È stato un piacere. Sono contenta di dividere finalmente la stanza con qualcuno. Iniziavo a sentirmi sola. Io sono Spencer, e sarò la tua sorella maggiore essendo del secondo anno!» Parla molto velocemente, forse troppo, e con tono decisamente troppo entusiasta per i miei gusti.

«Sorella?» Le domando sorpresa da quella parola, ravvivando con la mano destra la folta chioma castana.

Lei in risposta scoppia in una fragorosa risata. «Certo. La Eaton House è una vera e propria confraternita. E ad ogni sorella del secondo viene assegnata una matricola con il compito di accompagnarla per tutto il primo anno di iniziazione.» Mi spiega come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo. Io credevo che la Eaton fosse un semplice dormitorio.

Uscite dall’edificio principale attraversiamo il cortile alberato, dirigendoci verso la nostra futura casa. La villa è una delle case più antiche e imponenti del campus, fatta eccezione per le numerose biblioteche, e l’interno, se possibile, è anche più elegante dell’esterno e curato nel dettaglio. Pareti color perla decorate con meravigliosi quadri antichi, divani rossi dal taglio d’epoca e costosissimi tappeti persiani. Ecco dove finiscono gran parte delle generose donazioni delle famiglie delle ammesse, comprese quelle di mia nonna.
Saliamo le ampie gradinate in marmo che portano al piano superiore e svoltiamo nel lungo corridoio di destra, oltrepassando decine di porte; su ognuna di esse una lavagnetta con i nomi delle occupanti. Ci fermiamo di fronte a quella con scritto il solo nome di Spencer.

«Dopo Amelia aggiungeremo anche il tuo nome.» Mi dice sorridente indicando la lavagnetta con il lungo dito perfettamente smaltato di color fucsia e aprendo la porta.

La camera è carina. Due letti poco più piccoli di una piazza e mezzo ai lati opposti della stanza. Spencer mi mostra l’ampia cabina armadio indicando la parte destra come quella a me spettante. Sotto le finestre due scrivanie in legno antico totalmente identiche.

«Questo è il bagno, ma ci sono solo i servizi.» Dice indicando una porta in fondo alla stanza «Le docce invece sono in comune. Ce ne sono due in ogni corridoio quindi non dovrai dividerlo con troppe ragazze.» ammette scrollando le spalle. Ecco il lato negativo, niente doccia in camera.
La ringrazio distendendomi sul mio nuovo letto. In fondo non mi è andata così male, Spencer sembra una ragazza apposto e simpatica, superato il suo tono di voce troppo entusiasta e la sua parlantina eccessivamente veloce.

«Ah Amelia, la cena è alle diciannove in punto. Per questa sera dobbiamo mangiare tutte allo stesso tavolo della mensa, per la presentazione delle matricole.» Mi avvisa sedendosi alla sua scrivania davanti ad un piccolo specchio e sistemandosi il trucco già perfetto.

Istintivamente guardo l’orologio. Manca un quarto alle sei, non riuscirò a riposare e prepararmi in tempo per la cena. Decido dunque di farmi una doccia.
«Ok. Se ti va possiamo andare insieme.» La vedo annuire mentre con precisione ripassa la linea nera intorno ai suoi splendidi occhi verdi. «E comunque io sono Mia!» Preciso stanca di sentirmi chiamare con il mio nome completo.

«Mia? Mi piace!» Afferra dalla scrivania il pennarello blu e corre alla porta per scrivere le tre lettere del mio soprannome sulla lavagnetta. Ora sono ufficialmente la sua compagna di stanza.

Prendo dalla valigia il beauty-case e un telo da bagno ed esco dalla stanza dirigendomi verso le docce.
Il bagno comune è invero una sala molto grande con ben dieci box.
Conto velocemente, una decina di stanze nel corridoio e due sale: in totale venti docce. Praticamente non dovrò mai condividerla con nessuno, tanto vale assegnare anche una doccia personale.

«Pronta all’incontro con le nuove matricole?» Una ragazza entra nella sala docce parlando con tono troppo annoiato. «Odio dover passare un’intera serata con le nuove arrivate, che ne dici di scappare al Victrola?»

Istintivamente rimango immobile all’interno del box in cui mi sono infilata pochi secondi prima, l’acqua della doccia ancora chiusa. Se già odia le nuove arrivate non è il caso di farmi beccare ad origliare proprio il mio primo giorno.

«Sai che non posso. Sono la coordinatrice e devo essere presente» le risponde la sua accompagnatrice. La sua voce mi giunge molto familiare ma non riesco a collegarla. «Rilassati Tina, quest’anno sono meno di venti. L’anno scorso eravamo più del doppio, sarà molto facile!»

«Perché hai accettato quel ruolo? Sei solo al secondo anno. Ci saremmo potute divertire molto di più, te ne rendi conto?» sbuffa la ragazza che deve chiamarsi Tina, la sua voce ovattata dall’acqua della doccia che ormai scorre scaldando l’intera stanza. Se solo anche lei chiamasse l’altra per nome potrei ricordare.

«A me diverte. E poi devo verificare una cosa…» Le risponde lasciando la frase in sospeso.

«Cosa?» Le domanda curiosa l’amica.

«Niente, tranquilla. Un nome familiare, ma credo sia solo un caso di omonimia.» Termina iniziando a canticchiare una canzone di Katy Perry, segno che non vuole continuare quella conversazione.

Aspetto con pazienza che finiscano di lavarsi e che escano dalla sala prima di muovere un solo muscolo e riprendere a respirare normalmente. Quella voce troppo familiare mi sta tormentando.
***

«Andiamo?» Domanda Spencer allacciando il cinturino dei suoi sandali altissimi.

«Ma Spencer. Non è ancora presto?» Protesto infilando l’orlo della camicia all’interno dei jeans.

«No.» Si limita a rispondere esuberante. Mi domando quanto per lei siano importanti questi eventi?

Alle diciannove in punto oltrepassiamo le porte della mensa gremita di studenti. Spencer si avvicina al mio orecchio confidandomi che tutti sono al corrente della tradizione della Eaton, motivo per cui al tavolo accanto al nostro c’è la squadra di football al completo intenta a sbavare addosso alle mie sorelle. Lo stesso valeva per la Sigma Tau e le altre confraternite. E dalla luce che noto negli occhi di Spencer mentre allegramente saluta alcuni ragazzi alle nostre spalle capisco che è questo il motivo della sua fretta.
Ci sediamo una davanti all’altra, accanto ad una sua amica di nome Alissa e alla sua compagna di stanza, Nicole.
Improvvisamente sento alla mie spalle la familiare voce del pomeriggio. «Ciao ragazze. Sono Megan, la coordinatrice delle matricole. Adesso rilassatevi e mangiate, per qualsiasi cosa potete fare riferimento a me.» La voce associata al nome mi illumina. Mi volto e la riconosco all’istante: sorride ad alcune ragazze talmente tanto da rischiare una paresi facciale. «Sto cercando una matricola, Amelia River. La conoscete?» Domanda in tono speranzoso.
Mi sta cercando. Ovviamente il nome familiare a cui si riferiva prima è il mio.

«Non è la compagna di stanza di Spencer?» Le risponde una delle ragazze dopo averci riflettuto.

«Si, si. È lei. È arrivata oggi. Ecco, sono sedute lì.» Dice un’altra ragazza indicando dalla nostra parte. Inconsciamente volto lo sguardo appena in tempo per non essere vista da lei, chissà poi perché.
Ci raggiunge velocemente, o almeno alla velocità maggiore che le consentono i suoi tacchi alti. Saluta prima Spencer e Alissa, e poi si presenta a me e a Nicole. La sua espressione cambia appena mi presento.
Megan Foster mi scruta da capo a piedi con i suoi grandi occhi verdi arricciando una lunga ciocca bionda tra il dito indice e il dito medio della mano destra. È esattamente come nei miei ricordi, solo un po’ più grande.

Eravamo amiche per la pelle, e non solo. Dopo quella notte di quattro anni fa siamo riuscite appena a mandarci qualche sms per i compleanni e a Natale.

Dalla sua espressione delusa intuisco che non mi ha riconosciuta, in effetti sono cambiata molto negli anni. Sono cresciuta di quasi 15 cm, ho perso ben 14 kg e non porto più i capelli corti pettinati con il gel. Il fatto che io mi sia presentata inoltre non le è certamente d’aiuto.

Quando si congeda da noi le lascio fare solo qualche passo prima di alzarmi e rincorrerla.
«Megan aspetta» Si volta verso di me con il sopracciglio destro alzato. Sempre le stesse espressioni, non è cambiata per nulla. «Non si abbracciano le vecchie amiche?»

Il suo volto si illumina. «Mia? Perché diavolo non mi hai detto subito che eri tu!» Esclama tuffandosi tra le mie braccia. «Quando sei tornata?» Urla stringendomi a sé così forte da togliermi il respiro.

«In realtà sono tornata solo oggi.» Le rispondo liberandomi dalla sua presa e mettendomi a posto un lembo della camicia scappato dai jeans.

«E perché non mi hai chiamata? Potevi dirmelo. Ti pare che scopro che sei tornata dal libro delle matricole.» Sbuffa sventolandomi in faccia un foglio con scritti sopra meno di una ventina di nomi. «E se non fossi stata anch’io alla Eaton? Non l’avrei mai scoperto. Chi altri sa che sei tornata?»

Alzo lievemente le spalle. «Solo i miei ma hanno fatto finta di niente.» Le rispondo fingendo che la cosa non mi turbi.

«Ancora non ti parlano?» I suoi occhi si velano di lacrime, deve fare ancora male anche lei.

«No!» Taglio corto lasciando cadere quella parte di conversazione. Fortunatamente non sembra voler proseguire nemmeno lei.

«Ah! Quando gli altri sapranno che sei tornata e quando ti vedranno? A proposito cosa diavolo ti è successo? Sei uno schianto!» Sorrido appena assecondandola imbarazzata quando mi prende per un braccio e mi spinge a girarmi su me stessa. I suoi fischi attirano l’attenzione dell’intera squadra di football facendomi vergognare non poco. «Non ti riconosceranno mai. Se non ci sono riuscita nemmeno io.» Ride sonoramente mentre una strana luce le attraversa gli occhi. «Ho un’idea assurda. Preparati stasera andiamo al Victrola.» Dalla sua espressione capisco che non accetterà mai un “no” come risposta.

«Victrola? Che posto è?» Le domando non ricordando quel nome.

«Ti ricordi Charlie, il cugino di Jake? Ha aperto un locale da un paio d’anni. Il più in voga del momento, ti piacerà. Ci sarà tutto il gruppo.»

Non ricordo bene questo Charlie, devo averlo incontrato solo un paio di volte, ma ricordo bene Jake Haiden. Se anche lui non è cambiato molto come Megan deve essere ancora bellissimo e tanto stronzo.

Siamo cresciuti insieme, io, Jake e Scott. Facevo tutto quello che facevano loro, mi vestivo come si vestivano loro, cioè da maschio. Niente poteva separarci, almeno così credevo. Compiuti i quindici anni capii che Jake non era più solo un fratello per me, ma lui ovviamente non contraccambiava i miei sentimenti. Gli piacevano le ragazze belle, magre, provocanti, tutto quello che non ero io.

Avevo sofferto così tanto.

«Non credo sia il caso.» Balbetto terrorizzata all’idea di rivedere il mio ex migliore amico, nonché primo amore e incubo della mia adolescenza.

«Non si discute!» Mi zittisce prendendomi per un braccio e trascinandomi verso il dormitorio.

Riesco a fatica a starle dietro mentre sale di corsa le sontuose scale in marmo e si fionda all’interno della mia nuova camera.
«Ti aiuto a scegliere cosa mettere, ok?» E senza attendere una risposta da parte mia si tuffa nella cabina armadio.

«Aspetta un minuto...» tento di fermarla «...non sono miei quei vestiti. I miei bagagli arriveranno domani. Tutto quello che ho è qui» affermo indicandole i due piccoli trolley accanto al letto mentre Megan mi guarda come se l’avessi insultata. Chiaramente non contengono nulla se non un’altra camicia, un blaize e un altro jeans: ciò che indosserò per le lezioni di domani.

«Te ne presto uno dei miei allora!» Decreta passandosi il pollice della mano destra sotto il mento e cercando di individuare la mia taglia.

«Ehm Megan, non credo che mi entri un tuo vestito.» Come rafforzativo le indico la mia terza abbondante e la sua taglia prima di seno.

In quell'istante dalla porta rimasta aperta della mia stanza entra Spencer, un ghigno malefico disegnato sul suo volto. «Gliene presto uno dei miei se mi portate con voi. La taglia mi sembra la stessa, le saranno forse un po’ corti.» L’ultima frase rivolta più a Megan, l’unica che può estenderle l’invito al locale.

Gli occhi di Megan si illuminano ancora una volta cancellando ogni traccia di delusione. «Ancora meglio se è troppo corto. Hai visto che gambe. Scelgo un vestito anche per te allora» Esulta ammiccando a Spencer che risponde entusiasta di potersi unire a noi.

Un’ora più tardi siamo pronte per uscire. Spencer è adorabile nel suo mini abito giallo limone, i sandali neri col tacco la alzano di ben 16 centimetri. È ammirabile come riesca a camminare sopra certi trampoli, deve odiare veramente la sua altezza. I grandi orecchini a lampadario le danno quel tocco in più e la rendono stupenda. Ma non stupenda quanto Megan. È sempre stata bellissima ma stasera risplende particolarmente con il suo vestito beige, talmente aderente da risultare praticamente una seconda pelle.

Io invece mi sento tutto tranne che a mio agio. L’abito di Spencer è decisamente troppo piccolo per me, talmente corto da riuscire appena a coprire il mio sedere. Il davanti è abbastanza semplice, accollato e morbido, a differenza del retro che è praticamente assente lasciandomi la schiena completamente nuda. I lunghi capelli castani raccolti in un elegante chignon.

«Perfetta! Perfetta!» esulta Spencer battendo le mani per l’emozione. Questo Victrola deve essere proprio bello per esaltarla così.

«Non ancora» la ammonisce Megan, passandomi un paio di décolletté rosse di vernice con tacco a spillo e un’enorme collana dello stesso colore. «Adesso sei perfetta!»

«Victrola stiamo arrivando.»


Angolo Autrice

Ciao..
Finalmente mi sono decisa a pubblicare questo primo capitolo che frullava da un po' nella mia testa..
In realtà so che come primo capitolo non è un gran chè.. anzi.. diciamo che è introduttivo e mi serviva a presentarvi lei.. MIA.. e le sue amiche..
Ovviamente c'è qualcosa nel passato di Mia che la tormenta ancora oggi. Qualcosa è successo e deve essere stato qualcosa di molto drastico tanto da indurla a prendere un treno in piena notte e scappare in un altro stato.
e quel qualcosa sembra legarla a Megan, sua vecchia amica, e a Jake Haiden!
Chi è Jake Haiden? Non preoccupatevi, per lui ci sarà presto una risposta. Entrerà in scena già dal prossimo capitolo.
Detto questo spero che vi piaccia e siate buoni..
Venerdì prossimo pubblicherò il secondo capitolo.
Un abbraccio
Lachiaretta.



 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


THE RACER


I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori..

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


CAPITOLO 2


Raggiungiamo il parcheggio della Eaton House e un’orgogliosa Megan ci indica la sua meravigliosa auto: una Porsche 997 S Cabrio bianca. Non le è ancora passata la fissa per le belle auto. Il dolce rombo del motore quando accelera per uscire dal parcheggio mi riporta indietro nel tempo e una scarica di adrenalina mi attraversa l’intero corpo. Sono passati quattro anni ma a New York sembra essere rimasto tutto uguale.

«Quindi voi due vi conoscevate già?» Domanda Spencer dal sedile posteriore, le mani sui capelli per evitare che vengano spettinati dall’aria che le arriva addosso a causa del tettuccio aperto.

«Si. Siamo cresciute insieme» le risponde semplicemente Megan.

«Non sapevo che anche tu fossi del Kentucky, Megan.»

«In verità, Spencer, io sono nata e cresciuta qui. Mi sono trasferita in Kentucky solo quattro anni fa!» le spiego cauta.

«Sul serio? Come mai sei andata via?» Domanda insistente.

Con la coda dell’occhio guardo Megan al mio fianco. I muscoli delle sue braccia sono tesi, i pugni stretti al volante talmente tanto da sbiancare le nocche. «Mia nonna non stava bene. Mi sono trasferita da loro» Non amo mentire ma non sono ancora pronta a raccontarle di quella notte. Fortunatamente Spencer sembra non voler chiedere altro.
L’essere riuscita a deviare il discorso sembra aver rilassato anche Megan, chissà se lei ne parla mai con qualcuno.


***


Rallenta davanti all’ingresso del Victrola e immediatamente un ragazzo in giacca rossa e pantaloni bianchi ci corre incontro per parcheggiare la nostra auto. Conoscere il proprietario significa ricevere un trattamento da regine. All’ingresso Megan, invece di mettersi in fila dietro le numerose persone che attendono il proprio turno per entrare, si ferma leggermente fuori dalla coda, aspettando che il buttafuori la veda. Non ne capisco il motivo finché quest’ultimo non la nota e fa aprire la folla per permetterle il passaggio fino alle grandi porte d’epoca. Noi la seguiamo imbarazzate dagli sguardi carichi di odio delle persone destinate a restare fuori.

«Ciao Adam» ammicca maliziosamente «loro sono con me!» Alle sue parole il corpulento Adam sposta la corda di velluto e ci lascia passare.

L’interno è da togliere il fiato. Le luci soffuse colorano la sala di rosso. Sembra di essere in un vecchio cinema e probabilmente in passato deve esserlo stato a giudicare dalle grosse tende pesanti color porpora e dalle poltroncine in velluto spostate lungo le pareti. L’alcool scorre a fiumi e alcune ragazze quasi del tutto svestite girano tra gli invitati porgendo grandi vassoi carichi di bicchieri di Champagne. Prendo un bicchiere a testa e proseguo verso la pista dove decine di nostri compagni di università ballano carichi di ormoni e alcool. Le ragazze strusciano ogni singola parte del proprio corpo, quasi a voler consumare davanti a tutti e dalle facce dei loro accompagnatori finiranno sicuramente in qualche letto, o peggio, sul sedile posteriore della loro auto.
Io e Spencer ci blocchiamo in un piccolo spiazzo libero ma Megan ci afferra per i polsi scuotendo la testa e indicandoci una piccola parte di pista rialzata.

«Noi andiamo nella zona VIP!»

Posso vedere chiaramente l’intero vecchio gruppo riunito. Micheal, Josh e Robert ballano accerchiati da un gruppetto di ragazze un po’ più grandi di loro. Non sono cambiati molto, anzi quasi per niente se non in altezza e corporatura. Devono essersi abbonati ad una palestra perché sembrano decisamente più muscolosi. Poco distanti da loro, Brooke e Jessica, che sono state meno fortunate. Erano molto più carine una volte, più giovani e naturali, ora se non fosse per le profonde scollature e le gambe eccessivamente scoperte non le guarderebbe nessuno. Appena notano Megan la salutarono controvoglia e lanciano un’occhiata di odio a me e Spencer.

«Hai portato delle ospiti?» Le chiedono una volta avvicinate, in volto un’espressione che potrei definire disgustata.

«Si» afferma Megan con aria di sfida. «Voi portate continuamente dei ragazzi. Ho pensato che non ci sarebbero stati problemi se avessi portato delle amiche.»

Loro in risposta la guardano in silenzio incapaci di trovare le parole giuste con cui ribattere. La nostra presenza non fa loro piacere, infatti continuano a fissarci con odio, ma non possono impedirle di invitarci. Da come mi guardano sono comunque sicura che non mi hanno riconosciuta. Faccio un passo verso di loro per salutarle, ma prima di riuscire a dire una sola parola vengo zittita da Megan.

«Vi posso presentare due mie sorelle della Eaton, Spencer e Amelia.» Mentre pronuncia il mio vero nome mi strizza un occhio con aria complice. Non so cos’ha in mente ma decido di farla felice e stare al suo gioco, e in fondo non mi ha lasciato alternative. Jessica e Brooke ci guardano ancora una volta annoiate borbottando qualcosa come “piacere”.
Proseguiamo oltre e passiamo ai ragazzi che hanno già concentrato la loro attenzione su di noi, dimenticandosi di essere accompagnati. Si presentano e continuando la scenetta cominciata dalla mia amica evito di farmi riconoscere, e loro non sembrano ovviamente sospettare nulla. Ci salutano maliziosamente, ammiccando, e, abbandonate le loro amichette, si uniscono a noi per ballare.
Spencer sembra euforica e decisamente contenta degli sguardi che le riserva Micheal. Sono contenta che si sia unita a noi. Io invece non riusco a trattenere una risata quando Robert mi si avvicina e mi sussurra frasi languide all’orecchio. Pensare che una volta mi aveva definita con un epiteto talmente spiacevole da farmi piangere per tre giorni di fila e Scott gli aveva fatto entrambi gli occhi neri per punirlo. Lo allontano con delicatezza continuando a ballare con le mie amiche. Le casse risuonano a tutto volume “Liar Liar” e io penso che mai canzone fu più azzeccata:
bugiarda bugiarda.
Istintivamente mi guardo intorno, alcuni visi nuovi, altri conosciuti, ma capisco di cercare qualcuno in particolare solo quando i miei occhi lo individuano.
Jake Haiden appoggiato al bancone del bar con una bottiglia di birra tra le mani. Ne prende un sorso e si pulisce la bocca carnosa con il dorso della mano. Mi sbagliavo, anche lui è cambiato. Se prima era bellissimo adesso toglie il respiro.
La camicia bianca leggermente sudata lascia intravedere i muscoli perfetti e quelli che devono essere meravigliosi addominali scolpiti. I capelli biondo scuro leggermente spettinati gli ricadono sulla fronte senza però coprire i suoi immutati occhi verde scuro. Vederlo così bello è un colpo al cuore. Dopo la mia partenza aveva provato a chiamarmi più volte ma io non avevo mai risposto, da allora tutto quello che ci aveva legato in passato sparì, come se non fossimo mai stati amici.
Ancora persa ad ammirarlo noto che mi sta fissando anche lui e, sorridendomi maliziosamente, alza la birra in gesto di saluto. Mi volto immediatamente tornando a guardare Megan che mi fissa divertita dal nostro incontro a distanza.

«Jake è ancora più bello vero?» Mi urla all’orecchio. Annuisco appena vergognandomi di ammettere di essermi scoperta ancora attratta da lui.

«Forse dovrei dire loro la verità.» Le rispondo sconsolata.

«E perché? Ci stiamo divertendo! Potresti avere una sorta di rivincita.» Ammicca sbattendo le lunghissime ciglia. «E non credo che sarebbe una bella idea visto che ormai sta venendo proprio verso di noi!» Ride guardando alle mie spalle. Mi irrigidisco appena una mano ghiacciata si poggia sulla parte inferiore della mia schiena a palmo aperto, direttamente a contatto con la mia pelle nuda.

«Megan, hai portato delle amiche?» Domanda risalendo lentamente lungo la mia spina dorsale e facendomi rabbrividire vertebra dopo vertebra.

«Si, lei è Spencer, vive con me alla Eaton House, mentre lei è Amelia, una delle nuove matricole.» Non riesco a vedere il volto di Jake, è alla mia destra, un passo dietro di me. Continua ad accarezzare la mia schiena scoperta, facendomi quasi impazzire. Niente però al confronto con i brividi che mi provoca avvicinandosi al mio orecchio e soffiandoci dentro con voce tremendamente bassa e seducente «Piacere».

Come può una semplice parola sussurrata all’orecchio farmi tornare indietro di quattro anni.

Mi allontano di qualche passo da lui portandomi al fianco di Megan, mentre abilmente dipingo sul mio volto un’espressione schifata. «Purtroppo non posso dire lo stesso!» Sbuffo fingendomi infastidita dal suo modo di guardarmi e toccarmi.

Ora che non gli do più le spalle il suo sguardo si fissa dritto sul mio volto, pensieroso, senza più un’ombra di malizia e per un istante il suo guardarmi con insistenza mi spaventa.
«Ci conosciamo?» Mi domanda dubbioso. Apro la bocca incapace di emettere un solo suono.

Fortuna che Megan è accanto a me, e che non vuole ancora rinunciare alla sua assurda sceneggiata «Non credo Jake, è arrivata solo oggi da un altro Stato.»

Non sembra averlo convinto tuttavia. «Da dove hai detto che vieni?»

Sorrido appena al limite di un attacco di panico. «Non l’ho detto.» Rispondo semplicemente. Ma lui non sembra deciso a rinunciare, che mi abbia riconosciuta?

«E dunque?» Sono sicura che sospetti qualcosa e rispondergli Kentucky significherebbe togliergli ogni dubbio. Rimango zitta sperando di essere salvata ancora una volta da Megan che però non dice assolutamente nulla. Apro e chiudo un paio di volte la bocca incapace di rispondergli. «Ti hanno mangiato la lingua tesoro?» Mi domanda divertito dal mio improvviso mutismo, avvicinandosi di un passo a me, sempre più curioso. Fortunatamente siamo raggiunti dal ragazzo che era con lui al bar poco prima, probabilmente suo cugino Charlie.

«Scusate il disturbo ragazze» ci dice senza nemmeno guardarci in faccia, e rivolgendosi a Jake «ha chiamato Mr Crab. Tra un’ora al vecchio porto.»

Ricordo perfettamente il nome di Mr Crab e il significato di quelle semplici parole. Siamo tutti cambiati, chi più, chi meno, ma le vecchie abitudini sono rimaste le stesse.

«Bene.» Risponde divertito prima di riportare l’attenzione su di noi. «Ragazze ci dobbiamo salutare, a meno che non vogliate unirvi a noi. Le accompagni tu Megan?» Megan annuisce titubante, sento i suoi occhi fissi su di me, mentre Spencer accetta allegramente l’invito di Jake.

«Se non te la senti ritorniamo in sede?» Mi sussurra all’orecchio non appena i due ragazzi si allontanano da noi, seguiti dall’intero gruppo. La fisso nei suoi grandi occhi verdi incapace di emettere una sola parola.

«Dove vanno gli altri adesso?» domanda Spencer, all’oscuro della loro meta.

«C’è una gara stanotte.» Le rispondo senza nemmeno guardarla in faccia. «Jake corre ancora?» Domando poi a Megan che annuisce timidamente. «Chi altro corre del gruppo?»

Lei abbassa lo sguardo incapace di continuare a guardarmi in faccia. «Di noi corre soltanto lui. Robert ci ha provato ma non è abbastanza bravo e perdeva troppi soldi.»

Inspiro profondamente. «Tu continui ad andarli a vedere?»

Megan rimane in silenzio per qualche istante prima di riprendere a parlare. «Si, cioè inizialmente no. Dopo.. dopo quella notte nessuno di noi è più andato per quasi un anno. Nemmeno Jake. Lui è stato il primo a decidere di ricominciare a correre, e a ruota siamo tornati ad uno ad uno per vederlo.» Guarda il suolo sotto le sue costose scarpe firmate, quasi vergognandosi di quell’ammissione.

«Aspettate ragazze. Parlate del “The Racer”? Stanno andando lì?»

Entrambe ci voltiamo meravigliate verso Spencer. «E tu cosa ne sai?» Le chiedo stupita, ancora convinta che le corse clandestine siano un segreto.

«Tutti conoscono “The Racer”, ma non ho mai scoperto dove e soprattutto quando si svolge. Megan ma il tuo amico corre? Stiamo andando a vederlo?» Sembra non riuscire a trattenere l’emozione. Noi eravamo così abituati ad andarci che non avevo idea ci fossero delle persone non invitate che morivano dalla voglia di vedere le corse. Per loro doveva essere qualcosa d’indescrivibile, per noi un’abitudine.

«Non so se andremo.» Le risponde Megan, lo sguardo fisso su di me. Aspetta di conoscere quali siano le mie intenzioni.
E io cosa voglio? Tornare in quel molo sperduto? Ributtarmi a capofitto nel mio passato come se non fosse trascorso un solo giorno dalla mia partenza. La tentazione di dirle di no è alta, molto alta, ma gli occhi supplichevoli di Spencer mi bloccano. Come posso a negarle l’occasione che a quanto pare sta aspettando da una vita. Se voglio avere un futuro in questa città devo superare il passato, e affrontare quel luogo forse è il primo passo da compiere.

«Va bene. Ma non ci fermeremo molto però.»

Spencer esulta per la felicità mentre Megan mi fissa sorridendo senza riuscire a nascondere un velo di preoccupazione e tristezza.

***



Uscite dal locale aspettiamo che il ragazzo dalla giacca rossa recuperi la nostra auto dal parcheggio. Megan gli consegna altri venti dollari e monta al posto del guidatore, io aiuto Spencer a sedersi sul sedile posteriore e mi accomodo su quello del passeggero. La strada verso il vecchio molo è la stessa, una volta arrivate nel Bronx. Niente è cambiato in questi quattro anni, sono aumentati i graffiti e il numero di persone di colore nelle strade, ma per il resto è sempre lo stesso decadente borough. Al passaggio delle nostre auto i ragazzi alzano la testa e ci seguono con lo sguardo e, ora come allora, prego intensamente di non trovare nemmeno un semaforo rosso per non dovermi fermare in mezzo a tutti quei criminali, pronti a farci qualunque cosa per molto meno di una Porsche. Posso intravedere la stessa tensione in Megan che stringe nervosamente il volante e affonda il piede sull’acceleratore ad ogni semaforo giallo.

«Chissà perché Mr Crab si ostina a rimanere nel Bronx. Brooklyn ha molte strade anche più adatte alle corse e decisamente meno terrificanti.» Afferma una volta superato il cancello del molo.

In realtà la gran parte della criminalità è concentrata solamente nel South Bronx, che siamo state costrette ad attraversare, mentre il molo è nella parte del quartiere meno terrificante, come l’ha definito lei. «Credo che sia per sviare ogni sospetto da noi, qui è più facile incolpare dei criminali piuttosto che un gruppo di giovani studenti universitari ricchi e beneducati.» Le rispondo senza distogliere lo sguardo dal vecchio cancello color rame cigolante che viene aperto al nostro passaggio.

Tutto sempre uguale, troppo uguale. Le auto sono già pronte per la partenza, allineate accanto alla postazione sopraelevata sulla quale la possente figura di Mr Crab sovrasta tutti, il megafono per farsi sentire oltre il rumore dei motori delle auto. Gli anni non gli hanno sorriso purtroppo, la sua folta capigliatura castana lo ha abbandonato lasciando spazio ad un’importante calvizia, forse troppo accentuata per i suoi trentotto anni. Il suo fisico sembra ancora scolpito, ma la birra deve avere avuto a meglio sui suoi addominali. Una volta lo consideravo quasi come un padre.

«Avanti ragazzi, la corsa inizierà tra dieci minuti, piazzate le vostre scommesse prima che sia troppo tardi.» Sempre le stesse parole, la sua frase di benvenuto.

Decine di ragazzi si accalcano sotto la sua postazione, banconote alla mano che lui riceve personalmente segnando le loro scommesse. Istintivamente mi avvicino a lui, non che abbia intenzione di puntare soldi su qualcuno, tranne Jake non conosco ancora i nomi degli altri piloti, ma solo per salutarlo. Lui teneva molto a me, mi ripeteva continuamente di scappare da questo schifo, di crescere e lasciar sbocciare la meravigliosa ragazza che nascondevo dentro di me, crearmi un futuro lontano dalle corse. Voglio solo fargli vedere che ci sono riuscita, nonostante una buona parte della mia vita sia stata fatta in pezzi dal “The Racer”, nonostante tutto sono cresciuta e mi sto creando un futuro. Arrivata a qualche passo da lui due possenti mani afferrano il mio ventre stringendomi e un torace scolpito si appoggia alla mia schiena nuda sensibile per il freddo della notte facendomi tremare. Due labbra si avvicinano al mio lobo stuzzicandolo maliziosamente. «Non devi scommettere su di me tesoro.»

Quella voce, calda e sensuale.
Jake Haiden.

Mi divincolo per slacciarmi dalla sua stretta ma Jake non accenna a spostare le mani dal mio ventre. «Non ti agitare piccola. Non mordo mica. Speravo di rivederti.» Soffia ancora all’interno del mio orecchio destro facendomi rabbrividire.

Alzo istintivamente gli occhi al cielo prima di riprendere il gioco lasciato in sospeso al Victrola. «In realtà non volevo puntare su di te.» Gli rispondo ridendo leggermente. Non voglio dargliela vinta, sottomettermi alla sua strafottenza. Se solo sapesse quanto avevo desiderato in passato questo tipo di contatto, le sue mani sul mio corpo, la sua voce sensuale nel mio orecchio, quei nomignoli provocatori. Mando giù un quantitativo non indifferente di saliva bloccata nella mia bocca che rischia di soffocarmi.

«Allora ho fatto bene a fermarti. Non vorrei mai essere la causa della tua perdita.» Il suo tono ironico non nasconde il ghigno che deve essersi stampato in volto. Orgoglioso come sempre.

«E se dovessi perdere? Potrei vincere una fortuna. Tutti stanno puntando su … di te.» La mia voce rotta da un gemito che non riesco a trattenere quanto le sue dita iniziano a muoversi in cerchio sulla mia pancia piatta, accanto al mio ombelico.

«Perché io vinco. Sempre.»
«Le scommesse sono chiuse. Accendete i motori ragazzi.» La voce amplificata di Mr Crab segnala l’imminente inizio della corsa.

«Devo andare tesoro. Vuoi lasciarmi un bacio portafortuna?» Sussurra appoggiando le labbra al mio lobo per poi scendere lungo il collo scoperto.

«Allora non sei così sicuro di vincere se hai bisogno di un mio bacio.» Affermo strafottente riuscendo a liberarmi dalla sua presa appena le sue mani allentano la presa sui miei fianchi.

«Io. Vinco. Sempre.» Sibila soffermandosi su ogni parola, indispettito dalla mia reazione. Non ha mai sopportato le donne capaci di tenergli testa. Non faccio in tempo a ribattere alla sua frase che si è già voltato e a grandi passi corre velocemente verso le auto parcheggiate sulla linea di partenza senza più voltarsi verso di me, finchè non raggiunge un’Audi R8, grigio metallizzato, apparentemente sua. Solo quanto apre lo sportello alza lo sguardo verso di me trafiggendomi con i suoi occhi azzurri e sorridendomi maliziosamente per aver realizzato che io non sono stata capace di smettere di fissarlo. Dipinge un ghigno malefico su quella sua faccia da schiaffi e afferra per i fianchi una delle ragazze semivestite appoggiate al cofano della sua auto. Senza distogliere lo sguardo da me infila la lingua dentro la bocca della ragazza che ricambia il suo bacio senza esitazione.

«Ti sta provocando.» La voce di Megan alle mie spalle mi fa sobbalzare.

«Scusa?» Gli domando smettendo di prestare attenzione a quella scena. Ora come allora ogni singola parte del mio corpo desidera quel bacio più di ogni altra cosa.

«Sapevo che ti avrebbe puntata. Me ne ero accorta da come ti fissava dal bar del Victrola. E il tuo rifiutarlo ti sta facendo desiderare ancora di più. Ah! Questa si che è una rivincita tesoro!»

Continuo a guardarla leggermente imbarazzata. «Tu credi?» Le domando dubbiosa.

Lei allarga le sopracciglia stupita. «C’eri anche tu. Appena ti ha vista si è fiondato su di te e ti stava chiaramente provocando.» Annuisco lievemente.

«Si. Ma ha baciato quella ragazza appena ne ha avuto l’occasione.»

Lei ride divertita dalla mia… gelosia? «Si. Ma ha smesso di baciarla appena tu hai distolto lo sguardo da loro!»

Jake Haiden interessato a me? Jake Haiden vuole baciare me? Devo far uscire quell’immagine dalla mia mente. «E Spencer? Che fine ha fatto?» Domando rendendomi conto che la mia compagna di stanza è sparita esattamente nel momento in cui abbiamo messo piede all’interno del molo.

«Tranquilla, è in buona compagnia.» E mi indica un angolo poco illuminato del parco dove riesco a scorgere, appoggiati al muro, Micheal e Spencer avvinghiati e intenti a studiarsi l’interno della bocca a vicenda. «Decisamente non perde tempo.»

***



«Toglietevi dalla pista. Le strade sono state bloccate tra trenta secondi si parte!»

Robert si avvicina a noi accompagnandoci al bordo della strada, accanto a Josh, Brooke e Jessica. Quest’ultima sembra volermi uccidere con gli occhi, lasciandomi senza respiro.

«Avete scommesso ragazze?» Ci domanda Robert poggiando le braccia sulle nostre spalle.

«Sai che io non scommetto mai.» Gli risponde Megan liberandosi dal suo abbraccio.

«Io avrei voluto ma Jake non me l’ha permesso.» Gli dico sorridendo e inclinando leggermente la testa di lato.

«Ah» Risponde perplesso dalla mia affermazione ma allo stesso tempo felice che io gli permetta di continuare a tenere il braccio sulla mia spalla. Posso vedere chiaramente lo sguardo di Jake puntato su di noi, mentre nervosamente affonda il piede sull’acceleratore facendo tuonare il motore della sua Audi.

A questo gioco si gioca in due caro.

Un brivido percorre la mia schiena quando la fidanzata di Mr Crab, che ormai può essere tranquillamente sua moglie, si porta al centro della pista. Due auto alla sua destra, due alla sua sinistra. Alza le braccia attenta al conto alla rovescia del suo compagno e quando lo sente urlare VIA, le abbassa velocemente guardando sfrecciare le auto al suo fianco. Io inspiro profondamente socchiudendo gli occhi.

«Va tutto bene?» Mi domanda Megan accostandosi a me e stringendomi il braccio per darmi forza. Annuisco silenziosamente mordendomi il labbro inferiore. Credevo sarebbe stato più facile assistere nuovamente al The Racer, ma ogni volta che chiudo gli occhi le immagini di quella notte si ripropongono nella mia mente come se lo stessi rivivendo in questo momento. Non mi rendo nemmeno conto di aver iniziato a respirare affannosamente, almeno finchè le braccia di Robert non mi sollevano di peso e la voce di Megan non si carica di preoccupazione.

«Cosa le succede?» la voce di Mr Crab accanto a noi.

«Non lo so, stavamo parlando e si è sentita male.» Gli risponde Rob preoccupato.

Megan mi sventola la sua borsetta di fronte al viso per darmi più aria. «Non dovevo portarla qui, dannazione.»

Dopo qualche secondo,o forse una manciata di minuti, riprendo possesso del mio corpo e mi rimetto in piedi cercando di tranquillizzare i miei amici preoccupati. Anche Spencer ha abbandonato il suo angolo per correre da me. «Ora sto meglio, devo aver avuto un calo di zuccheri.»

La mia giustificazione sembra accontentare tutti tranne Megan che mi fissa preoccupata.
«Ok, ok. Non c’è più nulla da vedere. Dolcezza vieni con me, sarai più comoda nella mia postazione.» Sancisce Mr Crab afferrandomi per un braccio e obbligandomi a seguirlo. Megan si attacca all’altro mio braccio per venire insieme a noi.

«Scusami Mia, non dovevo portarti qui.» Sussurra desolata al mio orecchio.

«Tranquilla Megan, ora va meglio. Dovevo affrontare prima o poi tutto questo.»

Seduta sulla sedia di Mr Crab guardo lo schermo del suo tablet osservando le immagini della corsa. Una volta i ragazzi ai posti di blocco usavano telefonare sul suo cellulare e comunicargli l’andamento della corsa. Conversazione resa pubblica da Mr Crab che teneva attaccato il megafono al suo telefono in viva voce. Adesso invece i ragazzi tengono il telefono impostato sulla videochiamata trasmettendo le immagini direttamente al suo IPad. Essere seduta alla sua postazione significa assistere in prima persona a quasi l’intera corsa.

«Abbiamo perso il primo blocco, ma si accingono a superare il secondo.»

Dallo schermo vediamo l’immagine di una Ferrari nera sfrecciare lungo la strada deserta, seguita dalla R8 di Jake. Dannazione sapevo che dovevo puntare contro di lui.

«A metà del percorso c’è al primo posto Liam Hount, poco distante da lui Jake Haiden. Con un leggero distacco invece Peter Streight e Mike Borned, che se non affondano i piedi su quei cazzo di acceleratori sono ormai fuori gioco.» Annuncia facendo esultare i pochi che non hanno puntato su Jake.

«Attenti ragazzi, terzo blocco.» La voce di Mr Crab riporta la mia attenzione sul piccolo schermo dove lo sfondo cambiava velocemente. Sono a meno di 4 km dall’arrivo, La Ferrari e l’Audi affiancate.
«Colpo di scena. Testa a testa tra Haiden e Hount. Gli altri sono ormai decisamente fuori. Toglietevi di mezzo stanno arrivando.»

Mi alzo in piedi appena in tempo per vedere i quattro fari in lontananza. Jake è migliorato moltissimo, ora potrebbe quasi essere un pilota professionista. In meno di un minuto arrivano di fronte a noi. Fisso gli occhi sulla linea dello starter tracciata in terra per cogliere gli ultimi istanti di gara. La testa di Mr Crab accanto alla mia impegnata nella medesima operazione. Si vede già il vincitore. Quello che pochi istanti prima era un testa a testa ora è un leggero distacco e ormai è tardi per consentire alla sua auto di ribaltare la situazione.

Angolo Autrice

Eccomi qui.. ecco il capitolo numero 2.
Finalmente ha fatto la sua comparsa Jake Haiden, e la sua combriccola.. Ed ecco svelato il The Racer che ha dato il titolo alla storia!!
Spero vi piaccia anche il Victrola che ha preso ispirazione dal locale di Chuck Bass in Gossip Girl.
Spero che vi sia piaciuto questo secondo capitolo.. almeno quanto a me..
Grazie a tutti voi che avete letto questa storia!!

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


THE RACER


I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


Ciao.. intanto ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la mia storia ai preferiti ... Ben 8. E alle seguite 4.
Grazie grazie grazie.
E sono contenta che vi piaccia la storia. 
è molto importante essendo una piccola creatura tutta mia... e mi spaventa molto.. Ho paura di scrivere una schifezza slacciandomi da un libro (Hunger Games) o da un personaggio famoso (Josh Hutcherson) e sapere che ad almeno qualcuno via piace mi rende una delle persone più felici del mondo.. 
​Quindi vi ringrazio ancora tantissimo e vi lascio alla lettura del capitolo sperando di non deludervi!!!



CAPITOLO 3
 
Le auto sfrecciano davanti a noi provocando uno spostamento d’aria tale che se non fosse per il braccio di Mr Crab che mi cinge prontamente un fianco rischierei di cadere dalla sua postazione.
La rabbia mi ribolle dentro ancor prima di vedere il ghigno divertito sul suo volto, mentre gongolante esce dall’auto e ci raggiunge.
«E come sempre il vincitore è JAKE HAIDEN!» Esulta Mr Crab al mio fianco sollevando il braccio destro di Jake. «Tra un attimo potrete ritirare le vostre vincite!»
«Ho fatto bene a non lasciarti scommettere» ride strafottente avvicinandosi a me. «Io vinco sempre!»
Annuisco dipingendomi abilmente sul volto un’espressione annoiata. «Dipende dall’avversario, e vorrei farti notare per la maggior parte del tragitto sei stato secondo. Hai avuto solo fortuna» concludo indignata.
«Solo per creare suspance nella corsa, tesoro» ride ancora poggiando entrambe le mani sui miei fianchi e avvicinandomi a lui. «Dove hai lasciato Robert?» Sussurra al mio orecchio, impedendomi di nascondere un sorriso. Allora è caduto nel mio gioco. «Sei decisamente più bella quando sorridi» soffia tremendamente vicino, togliendomi il respiro. Per un istante riesco a pensare al solo desiderio di annientare la distanza che ci divide e alla paura che sia lui a farlo.
«Oh merda. La polizia.» Urla Megan sentendo il suono delle sirene pericolosamente vicine a noi e riportandomi alla realtà, mentre tutti i ragazzi del piazzale sembrano impazzire improvvisamente.
Jake afferra il mio polso intimandomi di seguirlo «Vieni con me!»
Rifiuto controvoglia la sua offerta, ma devo occuparmi di Spencer, l’ho portata io in questo guaio e la devo tirare fuori. Lei è l’unica a non capire la gravità della situazione, rimane ferma guardando tutti correre alle loro auto. L’afferro per un braccio e la tiro verso di me appena in tempo per evitarle uno scontro diretto con un ragazzo che è oltre il doppio di lei e che l’avrebbe sicuramente travolta e stesa al suolo. Se non ricordo male deve far parte della squadra di football della Columbia.
«Dobbiamo andarcene prima che ci trovino qui» urlo alle mie amiche sovrastando le altre voci. In quel momento la decisione di andare a vedere le corse mi sembra ancora più stupida di quanto mi fosse sembrata un’ora fa. Non oso immaginare l’espressione della mia famiglia se venissi arrestata. Sia Spencer che Megan annuiscono e insieme corriamo verso la Porsche, ma ormai le sirene sono troppo vicine a noi. Megan mi fissa sgranando gli occhi terrorizzata. «Ci arresteranno» grida immobile davanti alla sua auto mandando anche Spencer nel panico.
«No, Megan, non succederà se ce ne andiamo ora.»
Lei scuote la testa, le sue mani tremano così forte da non riuscire a premere il pulsante per aprire le portiere. «Non posso guidare così. Non faremo un kilometro prima di essere fermate. Io non sono così brava.»
Mi fissa dritta negli occhi e posso leggere chiaramente la sua supplica silenziosa, incapace di esprimerla a parole. Sa bene cosa mi sta chiedendo e quanto mi costa.
Le sorrido appena. «Dai qua.» Afferro le chiavi e la spingo per farla salire sul sedile del passeggero. Poi mi rivolgo a Spencer che è già balzata sul sedile posteriore. «Allaccia la cintura e tieniti forte. Adesso si corre.»
Infilo la chiave e premo il pedale dell’acceleratore inebriata dal rombo dell’animale che sto per dominare. Guidare era per me come l’alcool per un alcolista o la droga per un drogato. Posso aver fatto di tutto per uscirne ma mi è stato sufficiente ricaderci una sola volta, riprovare per un solo secondo, e tutti gli sforzi fatti in anni di astinenza forzata spariscono. Ingrano la marcia e, stando ben attenta a non investire nessuno e a non sbattere contro le altre auto in fuga, raggiungo la strada. Una volta imboccata mi trovo le auto della polizia ad un paio di macchine da noi e accelero per distanziarle. Scalare dalla prima alla sesta è praticamente automatico, come il passaggio dai 30 ai 120 km orari, superando le auto più lente dei nostri compagni.
Dallo specchietto retrovisore noto un’auto della polizia che ci insegue, sicuramente attirata dal modello dell’auto, dalla velocità e dalla mia abilità nella guida.
Spingo ancora di più sul pedale dell’acceleratore – 140 – e sorpasso una fila di auto rientrando nella mia corsia poco prima di scontrarmi con un’auto che percorre il senso di marcia opposto, incurante delle urla provenienti dal sedile posteriore.  – 160 – Il poliziotto non sembra mollare ma quale velocità può mai raggiungere una volante? Non riesco ad individuare il modello, ma sicuramente non è una Porsche 997 S e non credo che, a differenza mia, possa superare i 200 km/h. L’occasione mi si presenta appena imbocchiamo il ponte di Brooklyn in direzione di Manhattan. Poco meno di due chilometri per far perdere le mie tracce. Spingo ancora sull’acceleratore superando i 230 km/h e sentendo fremere sotto di me l’alto numero di cavalli, la volante della polizia ormai letteralmente un lontano ricordo.
Non dovendo più prestare attenzione allo specchietto retrovisore fisso lo sguardo sulla seconda parte del ponte che mi rimaneva da percorrere e sorrido riconoscendo l’auto di fronte a me.
Un’Audi R8, grigio metallizzato.
Jake.
«Vogliamo divertirci?» chiedo a Spencer e Megan che finalmente hanno smesso di urlare.
«Cosa vuoi fare?» mi domanda Megan vedendomi sorridere malignamente. Senza degnarla di una risposta accelero affondando il pedale fino al limite per raggiungere la velocità massima e, a pochi metri dalla fine del ponte, riesco ad affiancarmi all’auto Jake e, dopo un breve testa a testa, a sorpassarlo con una raggiante Megan che agitava la mano per salutare lui e suo cugino Charlie. Con la coda dell’occhio posso vedere lo stupore sul suo volto. Di fronte a lui mantengo la velocità massima per non farmi raggiungere e, raggiunto il primo semaforo, dopo essermi accertata di essere in grado di attraversare senza causare alcun incidente, attraverso con il rosso lasciandomi alle spalle Jake Heiden che invece è costretto a fermarsi dal sopraggiungere di un taxi.
“IO VINCO SEMPRE!” Urlo soddisfatta rallentando e svoltando in direzione della Columbia.
 
Arrivate nel parcheggio della Eaton House scendo di corsa dall’auto aiutando Spencer a fare altrettanto. Riesco a stento a trattenere una risata notando che i suoi capelli hanno perso ogni parvenza di piega. Se ne accorge immediatamente e cerca inutilmente di sistemarli infilando le lunghe dita in quel groviglio.
“Tranquilla Spencer, adesso ce ne andiamo a letto. Ci penseremo domani ai tuoi capelli.”  Cerco di tranquillizzarla ma lei mette il broncio e borbotta. “La prossima volta salgo io davanti!” A queste parole scoppio a ridere e con me anche Megan. “E io che pensavo che non saresti più salita in macchina con noi!” Esclamo prendendole entrambe sottobraccio e correndo verso l’ingresso della villa d’epoca. Di un’unica cosa sono sicura, negli ultimi quattro anni non ero mai stata felice come in questo momento. Forse sto finalmente tornando a vivere e finalmente ho di nuovo due amiche.
 
***
 
La mattina seguente vengo svegliata dall’urlo di Spencer che si scaraventa giù dal letto. “Che diavolo ti prende?” Sbraito incapace di aprire gli occhi a causa della luce che penetra nella stanza dalla finestra che ha appena aperto.
“Sono in ritardo per la prima lezione!” Urla afferrando il suo beauty e un telo da bagno.
“Ma a che ora hai lezione?” Le domando. Io ho la prima lezione alle nove e ho impostato la sveglia alle sette in punto. Istintivamente apro l’occhio destro e guardo la piccola sveglia sul mio comodino. Sono le otto e venti. Lancio in aria il piumone e mi trascino giù dal letto, afferrando a mia volta un asciugamano e il piccolo beauty case e correndo insieme alla mia amica verso le docce. Mi lavo con l’acqua fredda per svegliare ogni singola molecola del mio corpo. Non posso essere in ritardo proprio il primo giorno. Terminata la doccia strofino ripetutamente il viso per eliminare ogni traccia del pesante trucco di ieri sera e torno in camera correndo con Spencer sempre alle calcagna. A differenza sua, fortunatamente, io non ho l’imbarazzo della scelta su cosa indossare. Infilo i Jeans chiari, una camicia rosa senza bottoni, lunga sui fianchi e il blaize nero. Ai piedi un semplice paio di ballerine nere. Guardo Spencer che, con indosso una semplicissima maglia nera talmente aderente da sottolinearne troppo il seno abbondante, è indecisa tra un paio di pantaloni cachi corti in caviglia e una gonna lunga fino ai piedi verde militare. “Io metterei i pantaloni, sarai più comoda a correre per i corridoi.” Le suggerisco. Lei mi guarda, non potendo non darmi ragione. Infila i pantaloni e ai piedi un paio di sandali dal tacco altissimo, annullando l’intera comodità dei pantaloni. Scendiamo al piano di sotto e ci fiondiamo in cucina dove afferriamo al volo un caffè e un biscotto alla marmellata prima di uscire in strada verso l’edificio principale.
Non è un buon modo per cominciare il mio primo giorno alla Columbia University.  
 
***
 
Prima ora di lezione, Elementi del Processo Penale.
Il professore è già seduto alla sua cattedra quando mi scapicolla letteralmente all’interno dell’aula, tutti gli altri studenti già comodamente seduti.
«suddiviso in tre… Oh. Buongiorno signorina. Benarrivata.» Mi scruta dalla testa ai piedi e per un brevissimo istante spero che voglia sul serio darmi il benvenuto. Dall’espressione contrariata che si dipinge sul suo volto un secondo dopo capisco che non è così.
«Mi scusi per il ritardo professore.» Balbetto sentendo il viso avvampare per l’imbarazzo. «Per oggi lascerò perdere, ma in futuro veda di essere puntuale o non le permetterò di entrare in aula. Ora prenda posto e non ci faccia perdere altro tempo.» Sbotta nervoso. Qualcosa mi dice che non devo stargli molto simpatica. Annuisco appena fiondandomi in una delle sedie rimaste libere ed estraggo dalla borsa il mio quaderno nel caso fosse necessario prendere appunti.
«Dove eravamo rimasti.. Ah già! Dicevo che il corso si divide in tre moduli. Alla fine di ogni modulo sarà previsto un esame, i primi due scritti, l’ultimo orale. Il voto finale sarà determinato dalla somma dei tre nella seguente percentuale 25% per ogni scritto e 40% all’orale. E prima che qualcuno di voi decida di intervenire so che è solo il 90% del voto finale, ma l’ultimo 10% è riservato alle tre persone che otterranno i risultati migliori alle due prove scritte a cui verrà assegnato uno stage in procura. I compiti verranno valutati da me unitamente al nuovo vice procuratore, che assisterà alle vostre prove. È un’esperienza che viene riservata ai soli allievi del mio corso dato lo stretto rapporto di amicizia che ci lega, essendo stato mio assistente per molti anni prima di rivestire questo ruolo, oltre ad essere uno dei miei migliori alunni negli ultimi vent’anni. Cercate di non sprecare quest’opportunità.»
Mi ritrovo ad annuire fissando intensamente il mio insegnante. La possibilità di accedere alla procura è stato uno dei motivi che mi ha spinto a tornare a New York e non sono intenzionata a lasciarmi scappare questa possibilità. Dovrò impegnarmi molto. Mi solleva il fatto che saranno prove scritte e per loro natura oggettive e che non saranno valutate solo dal professore con il quale non ho avuto un eccellente primo incontro e di cui non conosco nemmeno il nome essendomi persa la presentazione.
 
***
 
«AMELIA! Siamo qui.» Megan sventola la mano in aria per attirare la mia attenzione, usa il mio nome completo e questa cosa mi mette sull’attenti, ci deve essere qualcuno degli altri nelle vicinanze. E infatti appena giungo al tavolo trovo seduti al suo fianco Spencer, Josh e Robert.
«Ciao» saluto tutti sorridendo che mi rispondono in coro. Immediatamente Robert si allarga spingendo Josh lungo la panca per farmi posto al suo fianco. I capelli neri gli ricadono spettinati sulla fronte, nascondendo appena gli occhi verde scuro, risaltati dalla felpa bianca con lo stemma dell’università. Deve essere un atleta. Mi siedo e poggio il vassoio del pranzo sul tavolino, afferrando la mela verde e iniziando a mordicchiarla controvoglia. Questa situazione mi ha fatto quasi passare la fame. «Non sapevo che anche voi frequentaste la Columbia» dico alzando le spalle e fulminando mentalmente Megan che poteva almeno prepararmi. «Si. Io sono al secondo anno, mentre Josh è al terzo» mi risponde Robert sfoggiando il suo sorriso smagliante.
«Megan diceva che sei una matricola» inizia Josh «ma stamattina eravamo allo stesso corso del professor Collins, non ti ha accolto molto bene.»
Indubbiamente deve trattarsi del corso di Elementi del Processo Penale, non l’avevo visto seduto in aula. Registro mentalmente il nome del professore che fino a quel momento mi era rimasto sconosciuto.
«Mm Mm. Sono al primo anno ma sono stata ammessa a frequentare i corsi avanzati, in particolare di diritto visto che voglio frequentare Giurisprudenza» rispondo sorvolando sul piccolo particolare di essere stata ammessa grazie alla mia altissima media scolastica in collegio. Questo particolare tuttavia non sembra essere loro sfuggito dal modo in cui mi osservano: Josh mi studia circospetto mentre Robert mi fissa divertito.
«Attento Josh, la ragazza qui potrebbe soffiarti il posto in procura.» Avvampo alle sue parole e riporto lo sguardo su Josh. Anche lui vuole lo stage. «In fondo sono tre posti» gli rispondo scrollando le spalle facendo scoppiare tutti a ridere, tutti tranne Josh.
«Beh vedi di non prenderti il mio allora. Sarai anche brava ma sei solo una matricola, penso di poter ottenere un risultato migliore del tuo» annuncia con aria di sfida. «Calma calma. Dovete prima superare gli scritti» interviene Robert cercando di risollevare la conversazione che in effetti si stava facendo pesante. È tuttavia Josh a porre fine ad ogni possibilità alzandosi dalla sedia e allontanandosi senza nemmeno salutare.
«Scusalo sai. È che ci tiene tanto a quel posto in particolare e fatica ad accettare possibili avversari» cerca di giustificare l’amico ma lo interrompo facendogli capire che non serve. Porto invece il mio sguardo su Spencer che fino ad adesso non ha mai staccato gli occhi dal cellulare, ricevendo e spedendo messaggi continuamente.
«Che le prende?» chiedo a Megan che sbuffa sentendosi evidentemente ignorata.
«Sono ore che mi tampinano. Micheal mi ha chiamato 10 volte per avere il numero di Spencer e Robert voleva assolutamente incontrarti» esordisce guadagnandosi un’occhiata truce da parte dell’amico. «E non è l’unico» termina ammiccando e mostrandomi il suo cellulare. Sia io che Robert ci sporgiamo per vedere di cosa si tratti e sorrido notando una serie di messaggi da parte di Jake Haiden con un unico argomento di conversazione: io.
 
Mercoledì ore 00.45. “Megan, chi diavolo è la tua amica? Da dove salta fuori?”
 
Mercoledì ore 00.58. “Dove ha imparato a guidare in quel modo? Ed è pure bellissima. Voglio conoscerla. Chiamami.”
 
Mercoledì ore 01.25. “Siete già tornate alla Eaton o siete in giro?”
 
Mercoledì ore 02.15. “Ok, forse stai già dormendo. Chiamami domani. Ho bisogno di parlare con te di Amelia.”
 
Mercoledì ore 07.05 “Buongiorno Megan. Risponderai ad almeno uno dei miei messaggi? Voglio rivedere Amelia. Tu conosci i suoi orari? Sai dove posso incontrarla.”
 
Mercoledì ore 07.09.”Buongiorno Jake. Ma sei impazzito? Mi sveglio e trovo sei tuoi messaggi, pari al quantitativo di messaggi che in media ricevo da te in un mese. Comunque no, non conosco ancora i suoi orari, ha oggi il primo giorno di lezione. Non so nemmeno se avremo la stessa pausa pranzo.”
 
Mercoledì ore 07.12 “Ok, ma almeno puoi mandarmi il suo numero?”
 
Mercoledì ore 07.13 “Scusa ma no!”
 
Mercoledì ore 07.14. “Dai, non fare la rompiballe. Mandami il numero e basta.”
 
Mercoledì ore 07.15 “No Jake, credo sia giusto chiederlo a lei prima. Pensa se diffondessi il tuo numero tra tutte le sciroccate che ti corrono dietro.”
 
Mercoledì ore 07.17 “Ma io non sono uno sciroccato! Va bene. Capisco. Allora prova a chiederlo appena la vedi e fammi sapere.”
 
Mercoledì ore 07.18 “Ah Megan. Mi raccomando, non menzionare con lei tutti i miei messaggi. Ho una reputazione da mantenere. Limitati a chiederle il numero.”
 
Sto ancora sorridendo, in particolare per il contenuto dell’ultimo sms, quando mi accorgo del volto scuro di Robert al mio fianco. Geloso?
«Mi ha chiesto il tuo numero» continua Megan cautamente riassumendo il contenuto della loro conversazione «ma ho preferito chiederti prima di…»
Il suo lasciare in sospeso la frase mi lascia intuire che c’è qualcosa che la preoccupa riguardo al mio numero di telefono. Ed in effetti ci metto poco a capire quale sia il problema:il mio numero è sempre lo stesso e tutti loro probabilmente mi hanno ancora registrata come Mia, o almeno spero che non abbiano cancellato il mio numero. Non posso darlo a nessuno. Lo stesso vale per il mio contatto Facebook che ho creato solo di recente ma il mio cognome potrebbe accendere un campanello d’allarme, soprattutto in Jake che già sembrava aver sospettato qualcosa. Per fortuna esiste la tecnologia e adesso la maggior parte delle persone usa la mail al posto dei semplici messaggi di testo. Posso crearne una apposita con il solo mio nome proprio al completo all’istante ed è quello che faccio tirando fuori dalla borsa il mio Iphone. Nel giro di pochissimi istanti ho un nuovo contatto. Sorrido alla mia amica e le porgo il mio indirizzo. «Dagli pure la mia mail.» Non posso trattenere una risata notando Robert allungare il collo per leggerla. «Tranquillo, la do anche a te se la vuoi» gli dico ridendo e facendolo avvampare.
 
***
 
Diverse ore più tardi, due corsi di matematica e uno di biologia dopo, torno finalmente nella mia stanza e mi scaravento letteralmente sul letto. Con estrema gioia noto le tre valigie e i cinque scatoloni abbandonati vicino alla porta. Finalmente è arrivato il resto del mio bagaglio, ma in questo momento l’ultima cosa che ho voglia di fare è sistemare i miei vestiti nell’armadio. Sentendo le palpebre decisamente pesanti decido di chiudere gli occhi per qualche secondo, o almeno è quello che avrei voluto finchè non vengo svegliata da Spencer che rientra in stanza canticchiando allegramente.
«You make me feel… oh, scusami Mia, non credevo stessi dormendo!»
«No, tranquilla» le rispondo stropicciandomi gli occhi con la mano destra e sbavando irrimediabilmente il mascara su tutta la guancia. «Stavo solo riposando gli occhi.» Mi rendo immediatamente conto di essere in errore notando che fuori dalla finestra il sole è calato ormai d un pezzo. Mi siedo sul letto sgranchendo il collo anchilosato e stiracchiando le braccia. Il cellulare di Spencer suona ancora una volta, il sorriso malizioso che le si dipinge in volto mentre legge il testo dell’SMS ricevuto mi fa intuire che deve trattarsi di un uomo. «Micheal?» Più un’affermazione che una domanda.
«Ah ah» annuisce «è tutto il giorno che ci sentiamo. Mi ha chiesto se lo raggiungo al Victrola stasera. A proposito perché Megan mi ha chiesto di non chiamarti mai Mia davanti agli altri e non dire a nessuno che eravate amiche in passato o che tu hai vissuto a New York anni fa?»
Alla sua domanda mi irrigidisco. In fondo merita di sapere ma per ora non credo di sentirmela di raccontarle tutta la storia. Mi passo entrambe le mani tra i capelli tirandoli indietro nervosamente. Lei coglie immediatamente il mio disagio e lascia perdere il discorso con un sorriso incoraggiante. «Nel pomeriggio ho avuto lezione insieme a Robert, continuava a controllare il telefono. Qualcosa mi dice che aspettava una tua risposta.»
Estraggo il telefono dalla borsa e controllo e mi stupisco di non trovare alcun messaggio. Le mostro lo schermo vuoto del mio telefono scrollando le spalle.
«Che strano. Eppure era tutta la mattina che pedinava Megan pur di essere sicuro di rivederti e sembrava parecchio emozionato appena gli hai dato la tua mail.»
Una lampadina si accende nel mio cervello alla sua ultima parola e apro per la prima volta la mia nuova casella di posta: 5 nuove mail.
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Mercoledì Ore 14.30. “Ciao Amelia, ti ringrazio per avermi lasciato il tuo contatto. Questa è la mia mail comunque :).”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Mercoledì Ore 15.30. “Mi chiedevo se per caso avevi un’ora buca e avevi voglia di un caffè.”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Mercoledì Ore 15.45. “Ah puoi dirmelo anche all’ultimo, io non mi faccio problemi ad uscire a metà lezione ;).”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Mercoledì Ore 16.30. “Scusami, spero di non averti disturbata. Io ho finito le lezioni ma stasera sarò come sempre al Victrola. Se venite anche stasera ci vediamo là. Ci sarà tutto il gruppo.”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Mercoledì Ore 18.00. “Ciao dolcezza. Megan mi ha mandato il tuo contatto. Mi raggiungi al Victrola questa sera?”
 
Sorrido leggendo il suo messaggio. Ha torturato Megan per potermi contattare e mi manda un messaggio così… non saprei nemmeno come definirlo.
 
Massaggio di posta a Jake Haiden. Mercoledì Ore 18.47. “Ciao Jake. Immagino che tu non veda l’ora di incontrarmi ma non so ancora se verrò al Victrola questa sera e soprattutto non credere che verrò per te.”
 
Non devo attendere molto la sua risposta.
 
Messaggio di posta da Jake Haidem. Mercoledì Ore 18.51. “Certo che non vedo l’ora di incontrare una ragazza bellissima e che guida come un uomo. Se non fossi così dannatamente fastidiosa potresti quasi piacermi, ma con un po’ di tempo credo di poterti addomesticare. A stasera splendore.”
 
Guardo il telefono incapace di credere a ciò che mi ha appena scritto. Che sbruffone. Guardo Spencer che mi sorride sorniona. «Allora?»
Le sorrido a mia volta. «Allora credo che anche stasera andremo al Victrola.» Le rispondo raggiante.
Guardo ancora una volta il cellulare e il messaggio di Jake. Non voglio però che creda che io sia lì per lui, anche se è l’unica ragione che mi spinge ad uscire stasera, e soprattutto siamo a piedi, Megan è dai suoi e non rientrerà domani mattina prima delle lezioni. Forse potrei.. anche se sarebbe un po’ perfido.
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Mrcoledì Ore 19.03. “Ciao Robert, scusa se ti rispondo solo ora ma non ho avuto tempo di controllare la posta prima. Ti andrebbe di passare a prendere me e Spencer alla Eaton House stasera?
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Mercoledì Ore 19.04. “:) A che ora?”

 
 
 Angolo Lachiaretta
LEGGIMI SONO IMPORTANTE


Ed ecco il terzo capitolo.
Spero che vi sia piaciuto... Qualcosa è stato svelato.. o almeno in parte.. 
Mia guida, anzi guida benissimo. 
Astinenza? 
Chissà cosa voleva dire con quello strano paragone..
Boh... Lo scopriremo. Per voi che siete curiose, e che me lo state chiudendo, sappiate che il passato di Mia nasconde un  per così dire segreto che per ora non vi sarà svelato.. Qualcosa verrà scoperto capitolo dopo capitolo, finchè non sgancerò la bomba...
E se te lo stai chiedendo.. cara 
Grety01, si ho preso spunto da te e dalla tua storia nel tenere un segreto per alcuni capitoli... Ma la storia è diversissima quindi PLEASE non te la prendere... Mi è piaciuta tanto l'idea nella tua ff e ho preso spunto..

Per i personaggi sono indecisa se dare loro un volto o meno... non lo so ancora...
Mi piacerebbe avere un banner però...
Tra voi che leggete, c'è qualcuno che ha voglia di farlo per me.. io non ne sono proprio capace *occhi da cucciola*...

Vabbè, bando alle ciance.. spero vi sia piaciuto il capitolo e vi ringrazio comunque per aver letto fin qui!!!!
GRAZIEEEEEEE
 
 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


CAPITOLO 4
 



Sono costretta a sedere sul sedile anteriore accanto a Robert. Da quanto sono arrivati nel parcheggio della Eaton House e Micheal è balzato fuori dall’auto per correre incontro a Spencer, è stato impossibile separarli. Rob sorride indicandomi con il mento il sedile posteriore su cui la mia amica e la sua nuova fiamma scontrano furiosamente le loro labbra. Imbarazzata da quella scena quasi raccapricciante sorrido a mia volta a Robert sperando che non creda che possa succedere anche tra noi.
Quando parcheggiamo davanti all’ingresso del Victrola noto subito Jake alla corda di velluto mentre ride insieme al corpulento Adam. Lo sta aiutando a selezionare le ragazze all’ingresso e ovviamente lascia passare solo quelle particolarmente svestite e belle da mozzare il fiato. Non capisco perché questa cosa mi dà così tanto fastidio.
Appena i nostri occhi si incontrano concentra tutta la sua attenzione su di me, dimenticandosi delle altre ragazze in coda. Mi sorride appena, quasi felice del mio arrivo, e sussurra qualcosa all’orecchio di Adam indicandomi. Il suo splendido sorriso tuttavia si spegne nell’istante in cui Robert poggia il suo braccio sulla mia spalla stringendomi a sé e avanzando verso l’ingresso. Adam, che ovviamente non coglie il cambio di umore del cugino del proprietario, fa aprire un varco nella coda per lasciarci avanzare verso l’ingresso. Robert, senza smettere di abbracciarmi saluta Jake con un buffetto sulla spalla, mentre lui non distoglie i suoi occhi da me, scuri, rabbiosi, indispettiti. È arrabbiato. È arrabbiato che io sia venuta insieme a Robert? Senza nemmeno rivolgermi nemmeno un cenno di saluto si volta ed entra nel locale portandosi dietro un paio di biondine slavate.
In quell’istante, quello che fino a prima sembrava un fantastico piano, diventa il peggior parto della mia mente insana.
 
Entriamo anche noi e prima che possa dirmi qualcosa mi slaccio dalla presa di Robert, lasciandolo interdetto. L’espressione sul suo volto mi turba, lasciare che mi abbracciasse deve averlo illuso. Mi scuso con lui dicendogli di aver bisogno di andare al bagno, verso il quale mi precipito. Una volta dentro mi sento al sicuro, nel bagno delle donne non posso incontrare né Jake né Robert, mi fermo davanti allo specchio sorreggendomi con le mani al freddo marmo del lavandino e scrutando la mia immagine riflessa nello specchio. Cosa avevo in mente di fare? Perché sono venuta qui stasera? Perché sto ancora fingendo di essere chi non sono? Se dicessi la verità adesso come la prenderà Megan? Si arrabbierebbero con lei? Ma soprattutto cosa penserebbero di me? Perché mi sono lasciata incasinare così?
L’ingresso di Jessica all’interno del bagno mi riporta alla realtà. Mi fissa inorridita.
«Ciao» la saluto alzando una mano impacciata.
«Sei l’amica di Megan?» mi domanda senza cambiare l’espressione del suo volto.
«Si» mi limito a rispondere, notando l’assenza di saluto da parte sua.
«Ma Megan stasera è a cena dalla sua famiglia? Cosa ci fai qui se lei non c’è’?»
Lascio cadere il discorso dirigendomi verso l’uscita del bagno. Non merita nemmeno una risposta da parte mia. Odiosa prima, ancora più odiosa adesso.
Lei però decide che il discorso tra noi non è ancora terminato e mi blocca stringendomi il gomito e intromettendosi tra me e la porta. «Ti ho vista ieri con Jake. Non montarti la testa, non credere che possa volere da te qualcosa che non sia una semplice notte di sesso. Se fossi in te gli starei lontana.» Alzo un sopracciglio stupita dalle sue parole. «Lontana? Come fai tu? Qualcosa mi dice che abbia usato anche te e che tu non veda l’ora di continuare ad essere usata.» L’espressione di rabbia che si dipinge sul suo volto mi fa intuire di aver centrato il bersaglio, tanto vale infliggerle il colpo di grazia. «O forse lui si è stancato di usarti?»
A queste mie ultime parole libera il mio braccio e scivola alla mia destra permettendomi di uscire. Che serata assurda. Non mi bastavano Robert e Jake? Doveva pensarci anche Jessica a mandarmi fuori di testa? Una serata come questa necessità di alcool, decisamente. Mi fiondo al bancone del bar, ignorando le ragazze semivestite con i vassoi di Champagne, ho bisogno di qualcosa di molto più forte. Poggio entrambi i gomiti al bancone e sovrastando la musica ordino alla barista un Vodka-Tonic ghiacciato, che mi viene servito pochi secondi dopo. Apro la borsetta per estrarre il portafoglio e pagare quando due mani afferrano possessivamente i fianchi.      
«Mettilo sul mio conto Janin.» La voce alle mie spalle è inconfondibile e devo respirare profondamente più volte prima di trovare il coraggio di voltarmi.
«Ti ringrazio Jake, ma non serviva» sorrido appena sperando che non colga il fremito che attraversa il mio corpo quando me lo trovo ad un paio di centimetri dal mio volto.
«Beh. Avrebbe dovuto pensarci Robert, ma lui non è troppo sveglio» dice ridendo, ma il tono aspro con cui pronuncia il nome del suo amico conferma ciò che pensavo. Gli ha dato fastidio che io sia venuta con lui.
«E perché? Posso tranquillamente pagarmi da bere da sola.» Avvicino la cannuccia alla bocca e prendo un grosso sorso della mia bibita. Mi brucia la gola al solo passaggio, la barista deve aver abbondato con la Vodka e aver lesinato con la Tonic. Appena stacco le labbra dal tubicino nero lui si avvicina facendomi sobbalzare. Afferra la cannuccia e assaggia il contenuto del bicchiere.
«Ti piacciono le cose forti? Mi domando allora cosa ci fai con Robert?» domanda malizioso, senza allontanarsi da me.
«Cosa vorresti dire? Robert sembra un bravo ragazzo e …» ribatto ma vengo immediatamente interrotta.
«Appunto. Non mi sembra che a te piacciano i bravi ragazzi. Ti ho vista correre. Tu ami le emozioni forti. Non ti accontenti del vino, ti piacciono i super alcolici. Ed è così anche per i ragazzi. Non ti piacciono i bravi ragazzi! A te piacciono quelli come me!»
«Che cosa te lo farebbe credere?» gli domando pentendomene nell’istante in cui lui accorcia ancora di più la distanza tra i nostri volti.
«Semplice. La mia vicinanza ti fa avvampare. Al mio tocco il tuo corpo freme. E mi sono accorto di come mi guardavi quando ieri sera ho baciato quella ragazza, volevi essere al suo posto, non negarlo.»
Tutte le mie speranze che non si fosse accorto di nulla erano ovviamente state vane. «Ti sbagli. Io non avvampo se non per la frustrazione di sentirmi intrappolata da te, non fremo se non per il freddo e non ho voluto né voglio baciarti»
«Davvero?» La sua mano destra si sposta dal mio fianco, lentamente, salendo fino al collo mentre le sue dita si allacciano ai capelli scostandoli dietro le spalle, mentre l’altra mano, ancora ancorata al mio fianco sinistro, mi attira ancora più vicina al suo torace. La sua bocca si poggia alla base del corpo lasciata scoperta pochi istanti prima, per poi risalire lenta fino la mascella e all’angolo della bocca, lasciando una scia di candidi baci.
«Non mi sembri ancora convinta» Ansima alla fine tremendamente vicino alla mia bocca. Non colgo subito il significato della sua frase ancora rapita dal pensiero di quelle labbra così soffici e calde a contatto con la mia pelle e desiderosa di sentirle a contatto con le mie. Ha ragione. Io voglio baciarlo. Io voglio annientare la minima distanza che ci divide e che mi sta facendo impazzire. Ma non posso dargliela vinta così e non prima di aver risolto la questione Robert. Prima di essere totalmente incapace di allontanarmi da lui poggio entrambi i palmi aperti sul suo petto e con tutta la forza che ho in corpo, aumentata dalla vodka che è in circolo, lo allontano quanto più possibile da me.
«Si, Jake. Hai ragione, non sono per niente indifferente. Sei un bel ragazzo e devo ammettere di essere attratta da te. Tuttavia questo non vuol dire che ti permetterò di fare di me ciò che vuoi. Non puoi prendermi e cercare di sedurmi sul bancone di un bar ignorando che io sia venuta qui insieme ad un tuo amico» sbotto infastidita. Le braccia ancora tese contro il suo petto per tenerlo lontano dal mio corpo sensibile al suo tocco.
«Ancora Robert? Ti piace o no?»
«No» mi esce dalla bocca prima di rendermi conto di averlo detto. Un sorriso beffardo gli si dipinge sul volto. Lo fermo prima che possa parlare ancora. «Ma questo non vuol dire nulla. Ovviamente credo di dover chiarire questa situazione, ma con lui, non certo con te!»
A queste parole sguscio fuori dalla sua presa e senza dargli il tempo di dirgli nulla scappo via senza voltarmi nemmeno per salutarlo.
 
Individuo immediatamente Robert dall’altra parte della sala, e anche se sono consapevole di avere ancora gli occhi di Jake fissi su di me non posso fare altro che correre verso di lui, maledicendomi per aver accettato di uscire.
«Dov’eri finita?» mi domanda allungando un braccio per cingermi le spalle. Mi lascio abbracciare mantenendo una certa distanza.
«C’era coda in bagno e ho incontrato la tua amica Jessica» rispondo scrollando le spalle sperando di poter giustificare la mia quasi mezz’ora di assenza. Lui fortunatamente sembra accontentarsi della mia risposta e non domanda nient’altro. «Ti dispiace se andiamo?»
«Di già? Siamo qui da poco?» Mi domanda stupito.
«Hai ragione, scusami, ma ho un gran mal di testa. Prendo un taxi, tu resta pure qui con gli altri» gli rispondo disegnandomi un falso sorriso in faccia.
«No. Non esiste. Ti riaccompagno, poi torno a prendere gli altri.» E senza smettere di stringermi a sé mi conduce verso l’uscita. Mi volto ancora una volta verso il bancone del bar, curiosa e speranzosa di trovarvi ancora Jake, ma di lui non c’è più traccia.
 
«Grazie» sussurro mentre l’auto di Robert si ferma di fronte all’entrata della Eaton House.
«Figurati. È stato un piacere per me» risponde slacciandosi la cintura di sicurezza e allungandosi verso di me. «Sono stato contento che tu mi abbia scritto oggi.»
Arrossisco leggermente imbarazzata. Perché mi devo cacciare in queste situazioni. «Robert.. anche a me ha fatto molto piacere… Grazie ancora» Apro lo sportello e metto un piede sull’asfalto, ma lui mi trattiene per un braccio. Mi volto verso di lui sorpresa e stupita dal suo gesto. «Hai bisogno di qualcosa?»
Lui fissa i suoi splendidi occhi marroni nei miei, serio e timoroso allo stesso tempo. «A-aspetta solo un minuto» balbetta e si avvicina ancora un po’ a me. «Amelia, se non l’hai ancora capito tu mi piaci, e non poco. Mi piacerebbe conoscerti meglio, uscire con te, ma senza Victrola, senza Micheal, Josh, Jessica e Spencer. Vorrei invitarti fuori a cena, o al cinema, o ovunque tu voglia. Mi piacerebbe aspettarti ogni mattina, accompagnarti a lezione, pranzare insieme e riaccompagnarti a fine giornata. Insomma mi piacerebbe frequentarti.»
Rimango in silenzio ad ascoltare ogni singola parola che esce dalla sua bocca. Da quando è diventato così romantico e sensibile? È così dolce e carino. «Oh, Robert. È… è così… non so cosa dire..»
«Dì di si» Mi interrompe, gli occhi lucidi di speranza.
Inspiro profondamente. Non posso prenderlo on giro. «No.» Alla mia risposta china improvvisamente il capo e lascia andare il mio gomito. «Robert… Tu sei fantastico e sono sicura che se mi conoscessi sul serio non ti piacerei più così tanto.» Se sapessi chi sono realmente mi odieresti per averti preso in giro.
«è per Jake?» Mi domanda sena alzare lo sguardo dalle sue mani che ora stringono con tanta forza il volante che ho paura possa romperlo da un momento all’altro.
«Jake?»
«Vi ho visti. Vi ho visti l’altra sera, e anche prima. E so che anche lui ti ha contattata. È per lui?»
«No!» Gli rispondo con voce stridula mentre il mio cervello urla “SI, SI, SI”
Sembra leggere nella mia mente perché sul suo volto si disegna un ghigno che di divertito aveva ben poco. «Chissà perché non ti credo. Ma voglio darti un consiglio. Sta attenta a Jake. Non è propriamente un bravo ragazzo, anzi. Non ama legarsi a lungo, o meglio più di qualche notte. Non permettergli di prenderti in giro!»
«Oh, ma io lo conosco bene» gli rispondo ridendo. Dal suo sguardo che improvvisamente ritorna curioso su di me mi rendo conto di aver detto qualcosa di azzardato. Mi correggo immediatamente. «Cioè, conosco bene i tipi come lui. Tranquillo, sono stata già avvisata da Jessica sulla reale natura di Jake e comunque io non mi concedo molto facilmente. Può usare tutte le sue migliori tecniche di seduzione con me ma non mi farò imbambolare da lui.» Robert mi sorride debolmente. «Però mi piacerebbe frequentarti, come amica intendo. Possiamo uscire a cena e andare al cinema ogni tanto, e possiamo pranzare insieme quando i nostri orari ce lo permettono. E puoi anche accompagnarmi a lezione se ti fa piacere, ma a condizione che ti faccia trovare provvisto di un choco-cappuccino bollente» azzardo speranzosa. Mi piacerebbe essere sua amica e vorrei avere una possibilità.
«Choco-cappuccino?»
«Si! Cappuccino allungato con la cioccolata calda. È DELIREVOLE.»
«Se lo dici tu!» Sorride ancora, ma con più naturalezza. Poi inspira profondamente. «Non che il mio orgoglio maschile non ne sia rimasto ferito ma va bene. A che ora passo domani?»
 
***
 
La mattina seguente vengo svegliata da una smagliante Megan che spalanca la porta e si tuffa nel letto accanto a me.
«Buongiorno» biascico con la voce impastata stropicciandomi gli occhi.
«Buongiorno Mia. Sentiamo, cosa mi sono persa ieri? E dove diavolo è Spencer?»
Istintivamente mi alzo a sedere e guardo il letto ancora intatto della mia compagna di stanza. Preoccupata afferro il cellulare dal comodino per chiamarla ma vi trovo un messaggio di posta da parte sua che mi avvisa di essersi fermata a dormire da Micheal e che ci saremmo viste direttamente a pranzo.
«Ah però, la nostra Spencer. Bisognerebbe avvisare Micheal di fare il bravo con lei, ma in fondo sembra piacerle molto» esclama Megan sorridendo «Bene, allora cosa mi sono persa ieri? Mi ha chiamato Jessica inviperita urlando non so bene che cosa su di te che l’hai insultata in un bagno, e su di te che fai la spola tra Jake e Robert.» Sgrano gli occhi indignata.
«Quella vipera che non è altro. No! Non l’ho insultata, le ho solo aperto gli occhi sul fatto che lei non veda l’ora di essere usata Jake ma che a quanto pare lui sembra essersi stufato di lei» ribadisco con forse eccessiva veemenza «e per quanto riguarda la cosiddetta “spola”» continuo mimando le virgolette con l’indice e il medio di entrambe le mani «ho solamente detto a Jake che anche se è un figo da paura non avrà mai nulla da me e ho chiarito con Robert che siamo e saremo solo amici.» E per dare maggior peso alle mie parole annuisco con forza.
«Ah ah. Che serata. Avrei voluto vedere tutto questo. La prossima volta ti attacco una cimice al vestito!» Senza smettere da ridere si alza dal mio letto e apre la finestra della camera per far entrare più luce.
«Ma se tu e Robert siete solo amici cosa ci fa qui sotto con in mano un caffè gigante?» domanda indicando fuori dalla finestra.
Un’ondata di panico mi percorre, afferro ancora una volta il cellulare e guardo l’ora. Le 8.30. «Merda! Sono di nuovo in ritardo!» Urlo tirandomi su dal letto e afferrando i primi vestiti che mi capitano sotto mano.
«Mia!! Blu e nero non stanno bene insieme» urla Megan di rincorrendomi in bagno con in mano un pantalone beige da abbinare al top nero che stringo in mano.
 
***
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Giovedì Ore 12.30. “Alla mia nuova amica, mi ha appena scritto Josh avvisandomi che il Prof. Collins vi sta trattenendo in aula per mettergli da parte un budino al cioccolato. Ne prendo uno anche per te?”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Giovedì Ore 12.32. “Ho il nuovo amico migliore del mondo. Tra dieci minuti arriviamo. Ps: che problema ha Josh con me? Ho provato a salutarlo e si è voltato dall’altra parte.”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Giovedì Ore 12.35. “Ruffiana. Te ne ho presi due!! :) Ps: non badare a Josh, è un cretino.”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Giovedì Ore 12.38. “<3. Sto arrivando.”
 
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Venerdì Ore 8.15. “Ti regalerò una sveglia come si deve. Non puoi svegliarti tardi ogni santo giorno.”
 
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Venerdì Ore 18.30. “Amelia, so che è venerdì ma è uscito al cinema un film che vorrei vedere e diciamocelo.. è un po’ da donne.”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Venerdì Ore 18.33. “Ma va! Che film è?”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Venerdì Ore 18.34. “Colpa delle Stelle.”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Venerdì Ore 18.36. “Ok.. è un film da donne.”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Venerdì Ore 18.39. “Beh. Tu sei una donna. Allora mia nuova amica del mondo femminile. Pizza e cinema?”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Venerdì Ore 18.45. “Pizza al SALAMINO e cinema!!! Passa a prendermi alla Eaton tra un’ora!”
 
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Venerdì Ore 22.00. “Ciao Amelia. Come stai? Non ti ho più né vista né sentita. Spero di non averti offesa l’altra sera. Io sono al Victrola e qui con me ci sono sia Megan che l’altra vostra amica. Magari mi sbaglio ma ho notato anche l’assenza di Robert. Spero che sia una coincidenza.”
 
Guardo il cellulare incredula del messaggio appena ricevuto.
«Inizia» mi sussurra Robert all’orecchio. «Spegni il cellulare.»
«Oh. Si.. lo stavo spegnendo» rispondo allontanando il telefono da lui affinché non veda il testo.
 
Messaggio di posta a Jake Haiden. Venerdì Ore 22.04. “Ciao Jake. Non mi hai offesa e non sono al Victrola. Non hai qualche biondina da infastidire?”
 
Digito velocemente prima di spegnere il cellulare.
 
Il film è fantastico. Robert un amico fantastico. Non mi tocca né cerca di abbracciarmi fingendo un banale sbadiglio. Per tutte le due ore del film siede composto sulla sua poltroncina commentando ogni tanto su come secondo lui la protagonista Shailene Woodley fosse molto più bella in Divergent con i capelli lunghi e che il protagonista maschile, Ansel Nonmiricordocomesichiama, non era poi così carino, rischiando di essere trucidato dalle 150 ragazze intorno a noi. Verso la fine mi porge anche gentilmente un fazzoletto di carte per asciugare i fiumi di lacrime che come cascate mi escono dagli occhi impiastricciandomi l’intera faccia di mascara.
Eppure nonostante sia tutto così perfetto io non riesco a togliermi dalla testa quel dannatissimo ragazzo. Mi avrà risposto? E cosa avrà risposto? Chissà se ha trovato una biondina da infastidire? O peggio… due.
 
***
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Venerdì Ore 22.06. “Io voglio infastidire solo te.”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Sabato Ore 00.23. “Cara mia nuova, ormai non più tanto nuova, amica. Grazie per questa serata.”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Sabato Ore 00.25. “Caro mio vecchio amico, grazie a te. So che negherai anche sotto tortura ma mi sono accorta che anche tu ti sei commosso alla fine. Non ti preoccupare però, potrai comprare il mio silenzio con choco-cappuccini e budini al cioccolato.”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Sabato Ore 00.29. “Io non mi sono commosso.”
 
Messaggio di posta a Robert Campell. Sabato Ore 00.31. “Dai, ti sentivo tirare su col naso e ti vedevo asciugarti le lacrime con la manica del maglione.”
 
Messaggio di posta da Robert Campell. Sabato Ore 00.33. “Ok. Mi converrà farmi l’abbonamento in caffetteria. :) Notte.”
 
Messaggio di posta a Jake Heiden. Sabato Ore 00.54 “è una minaccia?”
 
Messaggio di posta da Jake Heiden. Sabato Ore 01.04. “No. è una promessa.”
 
Messaggio di posta da Jake Heiden. Sabato Ore 01.05. “Spero di vederti presto. Notte.”
 
***
 
«Siamo arrivate e lui ci è venuto subito incontro. Ha salutato prima Megan e poi me, anche se credo che non ricordi il mio nome. Poi ha guardato alle nostre spalle e sono sicura che stesse cercando te. È rimasto con noi per un’ora buona, fissando continuamente l’ingresso. Alla fine Megan gli si è avvicinata e gli ha chiesto se stava aspettando qualcuno e lui blaterato qualcosa tipo che avrebbe dovuto infastidire una biondina ma non sono certa di aver capito bene.»
L’unica mattina che potevo dormire tranquillamente fino a tardi la mia compagna di stanza decide di svegliarsi presto e fare conversazione. Fortunatamente dopo aver trascorso un’ora buona a parlare di Micheal, di quanto siano affiatati, di quanto baci bene e di molte altre cose che faccio finta di non aver sentito, ha focalizzato il discorso su una persona molto più interessante.
«E?» domando alzando lo sguardo dalle mie unghie mezze smaltate.
«E cosa?»
«L’ha trovata una biondina da infastidire?» le chiedo facendola scoppiare a ridere.
«Gelosa eh? Comunque no! Ha passato tutta la sera al bancone del bar a bere birra, controllando il telefono ad intervalli regolari. Prima di mezzanotte è andato via facendo imbestialire la vostra amica Jessica.»
Controllava il telefono ad intervalli regolari? Magari… Lui mi aveva mandato un messaggio ma io avevo spento il cellulare per tutta la durata del film e anche dopo ho aspettato a rispondergli. Magari aspettava la mia risposta.
Spera di rivedermi presto.
«Stasera tornate al Victrola?»
 
 
***
 
L’intervento di Megan è determinante. Nessuna meglio di lei sa truccarmi, pettinarmi e vestirmi come una diva. Per un’intera ora la lascio coccolare dalle sue abili mani e quando riapro gli occhi stento a riconoscermi. Esce dalla cabina armadio e mi sventola davanti al volto un abito nero monospalla che non ricordavo nemmeno di avere. La sottoveste è molto corta e lascia le gambe quasi interamente scoperte, ma il secondo strato di stoffa trasparente che drappeggia libero sui fianchi è fortunatamente leggermente più lungo. Appuntata sulla spalla una fantastica spilla gioiello a forma di orchidea, identica agli orecchini. Con i capelli leggermente ondulati e gli occhi ombrati di nero faccio fatica a riconoscermi.
«Oh Mia, sei meravigliosa» si congratula Megan autolodando il proprio lavoro. «Stasera Jake non avrà scampo! Cadrà ai tuoi piedi come una pera cotta!»
«Non esagerare» la ammonisco rimirandomi ancora una volta allo specchio. Devo ammettere che il suo lavoro è stato notevole.
«Ah ah. Tu non hai la più pallide idea di cosa mi sta frullando in testa.» Non so perché ma le parole di Megan mi spaventano.
 
Alle 22 in punto io e Megan arriviamo al Victrola, Spencer ci ha anticipate con Micheal ma non sembrano essere ancora arrivati. Avanzo a passi sicuri verso la zona vip dove individuo Robert, Josh e Jessica ma Megan mi afferra per un polso bloccandomi in mezzo alla pista.
«Divertiamoci un po’!» mi urla nell’orecchio ammiccandomi. Solleva il mio braccio destro sopra la testa e mi costringendo a fare un giro su me stessa. Appena ritorno a guardarla in volto stringe anche la mia mano sinistra con la sua destra e iniziamo a ballare a tempo di musica mentre la voce di Enrique Iglesias ci rimbomba nelle orecchie. Megan muove il bacino e le anche e mi invita a fare altrettanto e entrambe scoppiamo a ridere. Mi fa fare un altro giro e appena ci guardiamo ancora una volta negli occhi scoppiamo di nuovo a ridere. Prima che me ne possa rendere conto mi ritrovo accerchiata da ragazzi che ci chiedono di ballare. Noi però li ignoriamo e continuiamo a ballare insieme strusciandoci l’una all’altra e ridendo come matte.   Ondeggiavo i fianchi a ritmo di musica finché due mani bloccano la mia vita tirandomi indietro e separandomi dalla mia amica. Mi giro immediatamente pensando di trovare alle mie spalle Robert o Jake ma mi ritrovo di fronte un perfetto sconosciuto. Lui mi sorride smagliante mentre le mani dalla mia vita scivolano sul mio sedere, stringendolo con forza. Non ho nemmeno il tempo di pensare ad un modo per allontanarlo da me vengo separata dallo sconosciuto. Anche se posso vedere solo le sue spalle lo riconosco immediatamente, Jake.
«Se fossi in te mi farei un giro» gli sibila maligno.
Il ragazzo non se lo fa ripetere, saluta Jake con un cenno del capo e si allontana da noi.
«Ehm… Grazie» balbetto appena si volta verso di me. «Stavo per difendermi da sola comunque».
Lui mi sorride divertito «Come no. Si vedeva» mi risponde sogghignando. «Ora se non ti spiace spostiamoci nella zona Vip. Non vorrei dover litigare con qualcuno.»
Mi cinge i fianchi con il braccio destro e mi spinge verso la piccola pita sopraelevata, dove siamo subito raggiunti da tutto il gruppo, in particolare da Robert che mi guarda sospettoso e da Jessica che fissa con odio il braccio di Jake allacciato ai miei fianchi. Mi allontano immediatamente da lui lasciandolo interdetto e saluto ad uno ad uno i nostri amici.
Per l’intera ora successiva Jake riesce a meravigliarmi piacevolmente. Rimane vicino a noi, vicino a me, e ignora ogni altra ragazza che gli ronza intorno. Mi offre da bere ricordandosi che preferisco la vodka al vino e ogni tanto balliamo anche insieme.

Ad un certo punto la musica cambia, il ritmo rallenta e le luci si offuscano, e noi siamo esattamente l’uno di fronte all’altra. Lui mi fissa negli occhi e in quei pochi secondi mi perdo nell’azzurro delle sue iridi perfette.
«Su, vieni qua» sbotta divertito afferrandomi per le spalle e facendomi sbattere contro il suo torace e costringendomi a ballare con lui il lento che risuona nella discoteca. Allaccio le braccia dietro il suo collo e mi stringo a lui poggiando la testa sulla sua spalla, in modo da potergli nascondere il rossore sulle mie guancie. «È strano sai» sussurra al mio orecchio «Mi sembra di conoscerti da sempre…» Panico! Panico!
«Scusami Jake» la voce di suo cugino Charlie ci interrompe «Ha chiamato Mr Crab. È tra mezz’ora.»
Jake annuisce appena sciogliendo il nostro abbraccio. «Tu vieni?»
«Ok» gli rispondo sperando che non noti il colore ormai paonazzo del mio volto.


 

Angolo Lachiaretta - LEGGIMI


Eccoci qui... 
Come sempre inizio ringraziandovi tutti/e. 
Non avete idea di quanto mi abbiano resa felice tutte le recensioni ricevute.. Ben 9. E con mia grande sorpresa altre persone hanno aggiunto questa storia alle preferite/seguite... Ora sono ben 13 preferite e 7 seguite.. Non mi sembra vero..

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. 

Ne approfitto per pubblicizzare la pagina Facebook di The Racer che ho creato appositamente per questa storia, in modo da poter fare due chiacchere, pubblicare foto, idee e anticipazioni.
Infatti potrete trovare i volti che ho pensato di dare a MEGAN, SPENCER e ROBERT. Per quanto riguarda i protagonisti invece sono ancora poco convinta. Troverete un ipotetico JAKE e tre possibili MIA. Se avete Facebook e volete passare mi farebbe piacere avere una vostra opinione. 
Inoltre già stasera inserirò la foto del vestito di Amelia e in settimana ci sarà una piccola anticipazione del nuovo capitolo.
Lascio anche il mio contatto per chi volesse chiedermi l'amicizia. Lachiaretta Efp.

Grazie ancora a tutti/e
Al prossimo capitolo
Lachiaretta


 
 
 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


GRAZIE

Voglio cominciare ringraziandovi..
Vedere in quanti continuate a leggere la mia storia mi riempie il cuore, siete veramente tantissimi.
E grazie per tutte le recensioni che lasciate.
E grazie per aver aggiunto la mia storia alla preferite/da ricordare/seguite.
La vostra accoglienza mi incoraggia e mi sprona a continuare a scrivere.

E grazie a tutti voi che siete passati nella mia pagina
FB. 
clicca per entrare

Finisco con aggiungere una piccola supplica:
CERCASI DISPERATAMENTE JAKE!
Io mi scervello ma non riesco a trovare un palpabile volto per il mio Jake e questa cosa mi esaspera!
Se ne avete piacere datemi una mano.. Mandatemi nomi, foto o quello che volete, sia qui che sulla pagina FB!

Ma basta ciarlare.. Vi lascio al capitolo e mi scuso per eventuali errori!!!








THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


CAPITOLO 5
 
Prima di avere la possibilità di oppormi Jake afferra la mia mano, palmo contro palmo, e intreccia le nostre dita. Senza separarle mi guida fuori dall’ingresso fino alla sua Audi R8 già pronta per la partenza. Apre lo sportello del lato passeggero e mi aiuta a salire al mio posto allacciandomi la cintura di sicurezza. Solo allora separa le nostre mani lasciandomi con un profondo senso di vuoto finchè non si siede al mio fianco all’interno del veicolo.
Per tutta la durata del viaggio Jake rimane in silenzio, guarda attentamente la strada: si sta concentrando per la gara. So bene cosa attira la sua attenzione, i ragazzi con in mano i cartelli “lavori in corso” che si preparano a deviare il traffico. Capire quale sia il tragitto prima è sicuramente d’aiuto. Ogni tanto guarda verso di me e sorride, poggiando la sua mano sulla mia e disegnando cerchi immaginari con il pollice sul dorso.
Il cuore mi batte così velocemente nel petto che ho paura che da un momento all’altro potrebbe squarciarlo e balzare fuori. Cos’è questo strano bruciore allo stomaco, non fa male, è quasi piacevole.
 
Arrivati al molo Jake scende dall’auto e, prima ancora che sganci la mia cintura di sicurezza, apre lo sportello e mi porge la mano per aiutarmi a scendere. Ancora una volta però, invece di lasciarla andare, intreccia le nostre dita e, facendomi strada, mi accompagna fino alla postazione di Mr Crab.
«Daniel!» Lo saluta allungando la mano sinistra a palmo aperto affinché l’uomo batta la sua. «Chi sono gli altri driver stasera?» gli domanda guardando le auto parcheggiate accanto alla sua sulla linea di partenza.
«Tranquillo Jake, stasera si sono proposti solo novellini. Hanno puntato tutti su di te per adesso» gli risponde scrollando le spalle e continuando a digitare sul suo palmare. «Non si vinceranno grosse somme stasera, tranne noi ovviamente!» Ammicca spostando finalmente il suo sguardo su di noi. Solo in quest’istante si accorge della mia mano intrecciata a quella di Jake e i suoi occhi risalgono dalle nostre dita fino al mio volto, dove si sofferma un po’ troppo a lungo per i miei gusti e facendomi avvampare.
«Daniel ti presento una mia amica, Amelia. Amelia lui è Daniel, alias Mr Crab, l’organizzatore del The Racer» allungo timidamente la mano destra verso l’uomo sorridendo.
Lui però attende qualche secondo prima di afferrarla grugnendo. Continua a fissare il mio volto e dopo quella che a me è sembra un’eternità, alzando il sopracciglio sinistro mormora: «Amelia?» annuisco arrossendo violentemente, perché mi sta fissando con tanta insistenza? «Ti ho vista guidare ieri sera. Potresti gareggiare ogni tanto. Saresti l’unica donna…»  
Un colpo di tosse di Jake attira la nostra attenzione e Mr Crab lascia cadere il discorso, non prima di aver fissato il mio viso ancora una volta, a lungo. «La gara inizierà tra dieci minuti. Cerca di concentrarti» dice alla fine rivolgendosi di nuovo verso Jake.
«Certo. Non che ne abbia bisogno comunque. Posso lasciarla qui con te mentre vado nel mio box con Charlie? Sai che lui non vuole donne lì dentro. Dice che poi non mi concentro.» Alle ultime parole scoppia a ridere scuotendo la testa. Conoscendo le vecchie abitudini di Jake non mi sembra strano che suo cugino e suo manager gli abbia messo questo divieto.
Mr Crab grugnisce in risposta continuando a pestare le dita sul palmare.
«Mia cara, tornerò subito da te. Non scappare.» finisce Jake rivolgendosi verso di me e portandosi la mia mano destra che ancora stringe nella sua alla bocca per depositarci un candido bacio e rischiando di farmi crollare a terra svenuta. Un quantitativo non indifferente di sangue confluisce alle mie guance e questa volta non c’è niente che possa celare il mio rossore improvviso ai suoi occhi, e dal sorriso soddisfatto che gli si dipinge sul volto intuisco che la cosa non gli è sicuramente sfuggita. Perché non sono in grado di nascondere le mie emozioni? E perché Jake mi fa sempre quest’effetto? Non posso essere stata lontana così a lungo per poi tornare qui e scoprire che non è cambiato nulla.
Quando finalmente rimango sola con i miei pensieri mi rendo conto che Mr Crab mi sta ancora fissando con insistenza dall’alto della sua postazione. Imbarazzata per il suo sguardo invadente, volto le spalle all’uomo e faccio un passo per allontanarmi. «Posso aspettare Jake anche là, prenderò una birra» dico senza nemmeno guardarlo e indicando il baracchino che funge da bar. Tuttavia uno strano rumore di passi mi blocca. Mr Crab è saltato giù dalla sua postazione e corre nella mia direzione. Non faccio in tempo nemmeno a pensare di voltarmi, la sua mano stringe con forza il mio gomito e mi trascina oltre le auto, oltre la folla, dietro un piccolo capannone, lontano da occhi indiscreti e da qualsiasi persona che potrebbe anche solo cercare di aiutarmi. Non oppongo nemmeno resistenza per lo stupore finché la mia schiena sbatte violentemente contro la parete.
Che intenzioni ha?
«Amelia?» mi domanda bloccandomi con le spalle al muro. Il volto di Mr Crab a pochissimi centimetri dal mio. «Amelia?» ripete fissando i suoi grandi occhi neri nei miei.
«è il mio nome» gli rispondo terrorizzata dall’uomo che mi sovrasta senza tuttavia avere il coraggio di divincolarmi o urlare.
«Che… Diavolo Mia. A che gioco stai giocando? Quello stordito di Jake può non essersene ancora accorto ma..» Brontola scuotendo la testa a destra a sinistra.
Spalanco gli occhi per lo stupore mentre avvampo violentemente. Sono stata scoperta. «Come te ne sei accorto?»
«Lo avevo sospettato l’altra sera quando ti ho vista guidare l’auto di Megan e stasera ne ho avuto la certezza.»
Ovviamente lui mi aveva vista guidare tantissima volte ma cosa può avermi tradita stasera?
 «Amelia! So bene che è il tuo vero nome» risponde alla mia domanda quasi potesse leggermi nel pensiero.
A New York quasi tutti mi conoscevano unicamente con il soprannome di Mia con cui venivo chiamata dall’età di quattro anni. Avevo iniziato ad utilizzare il mio nome completo solo una volta arrivata ad Union, come se potesse farmi diventare un’altra persona. Ovviamente il mio vecchio vicino di casa, uno studente universitario di nome Daniel Crab che ogni tanto si occupava di noi come baby-sitter per guadagnare qualche soldo in più, li conosceva entrambi. Era stato lui ad inventare quel nomignolo per aiutare un piccolo Scott che non riusciva a pronunciare la lettera “L”. Dall’età di quattro anni tutti iniziarono a chiamarmi Mia, dimenticandosi che all’anagrafe ero registrata diversamente.
«Cosa diavolo hai in mente. Tornare qui e fingere di essere un’altra persona? Che gioco è questo?» continua scuotendo il mio corpo per svegliarmi dai miei pensieri. «Lo stai facendo per Jake? Sei tornata irriconoscibile e bellissima per conquistarlo? Maledizione pensavo fossi cresciuta e avessi dimenticato le corse!»
«Nessun gioco. E non è per Jake. Daniel, sul serio, io non volevo nemmeno tornare ma sono stata ammessa alla Columbia e mio nonno mi ha costretta. Non ho detto niente a nessuno perché non ero pronta. Sono qui da giorni e i miei, pur essendo stati avvisati, mi hanno ignorata. Volevo star fuori dal giro ma poi ho incontrato Megan e lei ha avuto quest’idea. Mi ci sono trovata in mezzo e ora non so come uscirne. Cosa penseranno di noi gli altri quando capiranno  come li abbiamo presi in giro?» butto fuori tutto d’un fiato cercando di trattenere le lacrime. La smorfia di dolore che mi si dipinge in volto lo addolcisce leggermente e Mr Crab allenta la presa dalle mie spalle e mi sorride leggermente.
«Chissà perché ma non mi stupisce che sia un’idea di quella pazza di Megan» Scuote la testa desolato. «Guardati Mia, sei bellissima, intelligente e finalmente sei fuori da tutto questo schifo. Ti stavi rifacendo una vita perché sei tornata qui? Potresti avere tutti gli uomini che vuoi perché Jake?»
Abbasso lo sguardo incapace di rispondere alle sue domande. Ha maledettamente ragione. Cosa ci faccio di nuovo qui? E cosa ci faccio con Jake? Perché mi sono lasciata trascinare da lui senza reagire? Perché?
«Ora devo tornare alla mia postazione. Ne riparleremo domani. Hai sempre lo stesso numero vero?» sussurra accarezzandomi gentilmente il volto. Annuisco lievemente. «Bene! Ti telefono domani mattina.»
A queste sue ultime parole lascia definitivamente la sua morsa e si allontana di corsa verso la sua postazione, pronto per dare il via alle auto. «Piloti, accendete i motori. Il The Racer sta per cominciare!»
Lentamente mi dirigo verso il mio gruppo di amici che sembrano non essersi accorti del “rapimento” di Mr Crab. Io però sono veramente troppo tesa per restare indifferente con loro. Ha ragione Daniel, cosa mi è passato per la testa? Tornare qui e fingere di essere un’altra persona. Mi avvicino a Megan che sta ridendo animatamente con Robert.
«Megan scusa, mi presteresti la tua auto? Vorrei tornare alla Eaton House. Sono molto stanca e domani devo fare studiare per lunedì otto lezioni diverse» le sussurro evitando di guardarla in volto per non lasciarle cogliere il mio malessere. Ovviamente però alla mia migliore amica non sfugge nulla.
«Amelia, tutto bene? Cosa… è successo qualcosa con Jake?» mi domanda tutta agitata attirando anche l’attenzione di Robert che mi si affianca costringendomi a guardarlo in volto.
«Ha fatto qualcosa che non doveva?»
Oddio! Stanno travisando tutto. «No! No! Assolutamente. Non riguarda Jake. Robert potresti portare tu Megan a casa?»
«Ma certo! La riaccompagno io. Ma sei sicura di riuscire a guidare?» Conosco Robert da così tanti anni e non siamo stati così amici come in questo momento. Chissà se lo sarà ancora quando scoprirà la verità sul mio conto.
Afferro tra il pollice e l’indice l’adorabile portachiavi di Gucci della mia amica e, dopo averli abbracciati entrambi, mi incammino verso la sua auto parcheggiata poco distante da noi. Apro lo sportello e poggio la borsetta sul sedile del passeggero prima di inchinarmi per prendere posto dal lato del guidatore. Due mani afferrano entrambi i miei fianchi e mi riportano fuori dall’auto.
«Dove vai?» Jake Haiden, un’espressione sconcertata sul volto, fissa i suoi splendidi occhi azzurro cielo nei miei.
«Jake perdonami. Vado a casa. Domani ho una giornata piena e devo riposarmi» sussurro cercando di scusarmi, in fondo gli avevo promesso che lo avrei aspettato alla postazione di Mr Crab.
«Dai aspetta.. La gara non durerà molto e poi ti riaccompagno io» insiste. Gli occhi luminosi pieni di speranza. Cosa ti è successo Jake?
«No! Non posso!» Sono determinata ad andarmene. Non posso continuare a prenderlo in giro. Devo andarmene e sparire.
La delusione si dipinge sul suo volto. Vuole che mi fermi.
«Va bene, Amelia. Buonanotte» sbotta leggermente nervoso. Deve essersi offeso.
«Notte Jake» sussurro tristemente voltandomi per rientrare nell’abitacolo.
«Aspetta.»
La voce di Jake mi spinge ad uscire nuovamente e guardarlo ancora una volta. Prima di potergli chiedere se ha bisogno di altro Jake chiude le sue mani sul mio volto e avvicinandosi repentinamente fa incontrare le nostre labbra.
Un semplice bacio, casto, solo uno sfioramento di labbra. Non cerca di approfondirlo, non fa pressioni per aver accesso all’interno della mia bocca. Un semplice bacio.
E allora perché è il bacio più bello che io abbia mai ricevuto in tutta la mia vita?
Le sue labbra sono così calde, e soffici, e carnose. Il lieve contatto dura solo alcuni secondi che vorrei non finissero mai, poi con una lentezza disarmante si allontana dal mio volto di qualche millimetro. «Avevo bisogno del mio portafortuna» soffia sul mio viso inondandomi con il suo fantastico profumo che mi fa girare la testa e tremare le gambe. O forse è solo l’effetto del bacio. «Notte Amelia. Aspetta la nostra partenza prima di andar via così avrai la strada sgombra» si raccomanda prima di lasciarmi sedere all’interno della vettura.
Aspetto in silenzio la partenza delle auto, facendo attenzione a non far troppo rumore nemmeno con il mio respiro. Incapace di metabolizzare la realtà.
Ma cosa è successo?
Jake mi ha baciata?
Ok, non è stato un vero bacio, era più un bacetto, ma lui ha baciato me?
Sento il suo clacson suonare quando sfreccia accanto con la sua auto accanto a me. Solo ora che sono certa che se ne sia andato alzo lo sguardo per vedere se la strada si sia effettivamente liberata e rimango spiazzata nel realizzare che solo pochissimi metri mi separano dai miei amici. Posso leggere chiaramente dall’espressione sui loro volti che hanno visto tutto, TUTTO. L’espressione sognante di Megan, delusa di Robert, rabbiosa di Jessica e nervosa di Daniel Crab.
TUTTI HANNO VISTO TUTTO.
Cosa sto combinando? Perché mi sono cacciata in questo pasticcio?
 
***
 
Accendo il motore e accelero leggermente per uscire fuori dal parcheggio del molo, attenta a non colpire nessuno dei ragazzi che si sono riversati sullo starter appena dopo la partenza. Alzo la mano destra in cenno di saluto ed esco.
Svolto a sinistra e poi a destra e poi ancora a sinistra, desiderosa di arrivare nel mio letto caldo, lontano da Jake e dalle sue labbra, lontano da Mr Crab, lontano da tutti. Ma soprattutto lontana da quelle labbra calde e soffici. Per mia sfortuna il semaforo è ovviamente rosso: detesto fermarmi in questo quartiere malfamato, soprattutto alla guida di un’auto di lusso come quella di Megan. Rallento e controvoglia mi fermo allo stop, guardandomi intorno nella speranza di non attirare alcun malintenzionato.
La prima non attirò la mia attenzione, e non diedi peso nemmeno alla seconda, ma dopo la quinta pattuglia che a sirene spente correva verso il molo un campanello d’allarme si accese nella mia testa. È un’imboscata.
Arresteranno tutti, arresteranno Jake.
Con il cuore in gola ingrano la retromarcia e intanto telefono a Mr Crab per avvisarlo trovando però l’utenza occupata. DANNAZIONE. Imbocco una stradina secondaria e accelero sperando di arrivare prima di loro. In meno di un paio di minuti raggiungo l’ingresso del molo, giusto con qualche secondo di anticipo rispetto alla polizia.  Senza riflettere mi frappongo tra le pattuglie e il cancello in modo da non permettergli di entrare e guardo verso l’interno. Non vedo quasi più nessuno, solo alcuni ragazzi che corrono verso l’uscita secondaria.
Qualcuno deve averli avvisati. Ecco perché il numero di Daniel era occupato.
Due mani, dopo aver aperto lo sportello, mi afferrano per le spalle e con forza mi estraggono dall’auto.
«Lei è in arresto» la voce del poliziotto che mi sbatte sul cruscotto dell’auto mi rimbomba nelle orecchie mentre le sue mani ciccione e invadenti mi perquisiscono, come se con questo vestito potessi nascondere armi o altro. Reprimo un singhiozzo dall’orrore di sentire quelle mani su di me.
«Toglimi le tue manacce di dosso. Non ho fatto niente» replico sperando che mi lasci andare. Speranza inutile.
«Hai il diritto di rimanere in silenzio. Qualunque cosa dirai potrà essere usata contro di te.»
Merda. Mi stanno arrestando. Sono tornata fin qua per avvisare gli altri di scappare, inutilmente perché si sono già dati tutti alla fuga, e per di più sono riuscita a farmi arrestare? Complimenti a me e alla mia intelligenza. Se non avessi le mani ammanettate dietro la schiena me le batterei da sola, perché cotanta stupidità merita un applauso.
«Hai il diritto di nominare un avvocato per la tua difesa. Se non sei in grado di pagarlo, un avvocato difensore verrà nominato dalla Corte. Ora sei in arresto»
Il poliziotto finisce di recitare la formula relativi ai miei diritti e mi trascina verso la sua volante obbligandomi a salire sul sedile posteriore.
«La sua auto è sotto sequestro finché non decideremo cosa fare con lei!»
Oggi non è decisamente serata.
 
 
Una volta arrivati in centrale mi viene concessa la mia telefonata di rito. Per alcuni interminabili istanti fisso quel sudicio telefono scervellandomi su chi chiamare.
Mio nonno? No! Starebbe così male a causa di quest’ennesima delusione che potrebbe venirgli un’accidenti. Capirebbe che gli anni passati con lui e la nonna non sono serviti a nulla e che io sono sempre la stessa sedicenne scapestrata.
Mio padre? No! Mi lascerebbe marcire in prigione. Riaggancerebbe la cornetta solo sentendo la mia voce.
Mr Crab? Non penso che sia molto furbo da parte mia far venire qui l’organizzatore delle corse.
Mi rimane una sola persona sperando che sia in grado di darmi una mano. Ovviamente scatta la segreteria telefonica.
«Cazzo Megan, sono Mia e ho bisogno di te. Mi hanno arrestata. Raggiungimi alla centrale e inventati qualcosa per farmi uscire. Ah, la tua auto è sotto sequestro.»
 
***
 
«Allora signorina…» guarda ancora una volta il mio documento d’identità «… River. Mi vuole dire cosa ci faceva al molo questa sera?» Domanda fissandomi dritta negli occhi. Il poliziotto non sembra intenzionato a mollare, ma io serro ancora più strette le mie labbra. È da un’ora che continua a farmi la stessa domanda ma ciò che ha ottenuto è stato solo il mio silenzio. La mia bocca è cucita.
«Di nuovo. Signorina River immagino che una belle ragazza di buona famiglia come lei non abbia nulla a che spartire con le corse illegali, ma se lei si ostina a non volermi dire come e perché era lì questa sera mi costringe a trattenerla per questa notte, schedarla e al processo sarà un giudice a farle le mie stesse domande, con l’eccezione che a lui dovrà rispondere» sentenzia minaccioso.
Giudice? Non posso permettermi di arrivare al processo, verrò espulsa dall’università e posso anche dire addio ad ogni possibilità di carriera in procura. Ma non posso nemmeno dire la verità. Devo assolutamente inventarmi qualcosa di convincente.
«Io.. Ero lì… per caso. Ero ferma al semaforo … le vostre auto mi sono passate davanti. Mi avete incuriosita e vi ho seguiti fino al molo.» balbetto cercando di farmi il più piccola possibile sulla sedia della sala interrogatori, quasi a volerlo convincere di essere realmente intimorita.
«Ah. Per caso? E come mai ci ha sbarrato la strada, con un’auto nemmeno di sua proprietà?» Mi domanda nuovamente, sicuramente poco convinto dalla mia storia.
«Sbarrato? No! Ho preso paura e mi sono fermata. La prego agente, ero lì per sola curiosità, credo di essermi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato» pigolo tristemente, sperando di riuscire ad impietosirlo.
«Che fosse nel posto sbagliato al momento sbagliato è sicuro, ma non credo però che la sua presenza al molo fosse un semplice caso!»
Una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare, quasi quanto lo stupore che mi assale quando ne scorgo il proprietario. Sulla porta, appoggiato allo stipite, un giovane uomo elegantemente vestito ci osserva. A primo sguardo non sembra molto più grande di me, ma le piccole rughe sotto gli occhi e intorno al suo sorriso smagliante, e un’ombra quasi impercettibile di capelli bianchi tra la folta chioma castano chiara, mi lasciano intuire che deve avere almeno più di trent’anni. Chissà da quanto stava ascoltando il mio interrogatorio. Il poliziotto davanti a me balza in piedi per salutarlo «Buonasera Dottore.»
Dottore?
L’uomo avanza sinuosamente verso di noi, sino alla sedia accanto a quella da me occupata. Io seguo ammaliata ogni suo movimento, è terribilmente affascinante. Si accomoda al mio fianco porgendomi la mano destra. «Buonasera Signorina River, Avv. Ryan Bass, viceprocuratore di questo distretto.»
Di male in peggio. Ora posso dire addio alla mia intera carriera.
«Per quanto trovi interessante la sua prontezza ad inventare qualunque fandonia pur di difendere il suo segreto, noi non abbiamo tempo da perdere.» Fandonia? Mi ha scoperta! Cosa gli racconto adesso? «Le sue amiche sono venute a farmi visita e hanno già provveduto a dirmi tutto» A queste parole fa un cenno con il capo verso la porte oltre la quale noto Spencer e Megan «sicura di voler continuare a mentirmi?»
Mi volto terrorizzata per la seconda volta verso le mie amiche, non possono aver veramente vuotato il sacco. Megan fa un passo avanti fissandomi dritta negli occhi supplicandomi silenziosamente di fidarmi di lei. Cerca di dirmi qualcosa, ma io non sono ancora capace di leggerle nel pensiero quindi mi limito ad annuire sperando che intuisca di parlare al mio posto.
«Mia basta. Capisco che l’iniziazione sia importante ma non puoi giocarti la carriera. Capiranno oppure rinuncerai alla Eaton House ma almeno potrai laurearti.»
Perché non ci avevo pensato? Mi ha servito una scappatoia su un piatto d’argento.
«Iniziazione? Eaton House?» domanda il poliziotto grassoccio e manolunga che da un’ora abbondante mi sta interrogando.
Abbasso lo sguardo fingendo un inesistente imbarazzo e inizio a parlare «La Eaton House è una delle confraternite della Columbia, io sono stata ammessa però sono solo una matricola e devo superare l’iniziazione per diventare un membro effettivo. E questa era la mia iniziazione, dovevo trovare il The Racer e fare delle foto. Era una settimana che giravo per New York e in particolare nel Bronx e un paio di volte li avevo anche individuati ma non ero abbastanza veloce per seguirli e trovare il posto esatto. Stanotte invece ero riuscita ad arrivare i cancelli per fotografare qualche auto, ma voi mi avete arrestata!» Nascondo il volto tra le mani disperata simulando qualche singhiozzo. «Adesso non solo non sarò un membro della Eaton ma sarò anche espulsa dalla Columbia. Ho rovinato la mia intera vita. Chi lo dirà a mio padre?»
L’affascinante uomo al mio fianco poggia una mano sulla mia schiena accarezzandola lievemente e provocandomi un intenso brivido che percorre il mio intero corpo.
«Si calmi signorina, non sia così tragica. Credo che per questa volta si potrebbe chiudere un occhio e lasciar perdere, a patto che prometta di star lontana da quel luogo. Non è sicuro e non è adatto ad una bella ragazza come lei. Poteva succederle di peggio che essere arrestata.»
Ma cosa pensa? Che il The Racer sia un covo di stupratori o assassini?
«Cosa ne pensa agente? La lasciamo andare? Si è trattato unicamente di una bravata da confraternita» domanda al poliziotto seduto di fronte a noi che annuisce insicuro. «Faremo finta che non sia successo niente. In futuro evitate di darle delle prove così pericolose però.» Quest’ultima frase rivolta alle mia amiche che battono le mani per la felicità.
«La ringrazio dott. Bass, non tutti avrebbero capito.» Ogni riferimento è puramente casuale, anche se il rossore che noto sul volto del poliziotto seduto di fronte a me mi lascia intuire che ha colto la mia velata accusa.
«Si figuri. Non mi sono laureato da così tanti anni e facevo parte di una confraternita anch’io. So bene quanto perfide possono essere le iniziazioni. Mi raccomando però, non si faccia più trascinare in situazioni così pericolose. La prossima volta sarò costretto a confermare l’arresto e rimandarla a giudizio.»
Annuisco senza proferire più parola, quindi raggiungo le mie amiche e ci congediamo.
 
Una volta fuori dalla stazione di polizia abbraccio Megan fino a toglierle il fiato. «Sei stata grande!» urlo, prima di passare a Spencer.
Megan si sistema il vestito e ci indica un’auto parcheggiata pochi metri davanti a noi. «Ti giuro che fino alla fine ho avuto paura. Il bel procuratore sembrava non aver creduto ad una sola parola del nostro racconto ma poi è voluto venire da te» sorride scrollando le spalle.
Dall’interno dell’auto balzano fuori Jake e Robert che mi corrono incontro afferrandomi contemporaneamente per ciascun braccio, mentre Mr Crab rimane seduto al posto del guidatore.
«Che ci fate tutti qua?» domando lasciandomi stringere da loro.
«Amelia, cosa ti hanno fatto?» «Come stai?» Urlano in contemporanea alla mia destra e alla mia sinistra.
«Ragazzi state calmi, sto bene. Mi hanno solo interrogata ma grazie alla geniale idea di Megan mi hanno mandata via senza problemi» rispondo cercando di liberare le braccia dalla loro presa.
«In verità l’idea è stata mia» sbotta Jake gonfiando orgogliosamente in petto e guadagnandosi un’occhiata maligna da parte di Robert.
«Si. È stato geniale. Appena ho sentito il tuo messaggio ho chiamato Spencer. Lei e Micheal avevano appena raggiunto Jake che era con Mr Crab e siamo corsi tutti qui. Eravamo così in pena per te. TUTTI QUANTI» sottolinea maliziosamente le ultime due parole. Non riesce proprio a rimanere seria nemmeno in situazioni come questa.
«Ti è andata bene per questa volta, ma non fare più una pazzia del genere» mi rimprovera Robert.
«Grazie. Io, in verità, volevo solo aiutarvi. Volevo avvisarvi dell’arrivo della polizia e sono corsa da voi.» cerco di giustificarmi.
Mr Crab scende dall’auto e si avvicina a noi. «Beh, non era necessario. Tu ovviamente non puoi saperlo ma io conosco sempre tutti i movimenti della polizia ed ero già stato avvisato. Noi avevamo già evacuato il molo prima del loro arrivo.»
Guardo stupita il mio interlocutore. Chi li aveva avvisati? Ovviamente chi la persona con cui parlava mentre cercavo di chiamarlo anch’io!
«Si. Anch’io e gli altri piloti eravamo già stati avvisati!» esclama Jake allargando le braccia come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Avvisati? Ma chi vi ha avvisati?»
«Ah ah.» ride Mr Crab «Abbiamo i nostri contatti. Come pensi che non siano ancora riusciti ad arrestare nessuno, prima di te ovviamente! Ora andiamo che è tardissimo.»
Leggermente offesa dalle sue parole mi accomodo sul sedile posteriore della sua auto tra Megan e Robert.
«A proposito Amelia, mi devi 485 dollari. Il bel procuratore non è stato altrettanto gentile con me e dovrò pagare la multa per dissequestrare la mia auto!!!»
 
***
 
Arrivate alla Eaton House ci fiondiamo nella camera mia e di Spencer e ci tuffiamo tutte e tre sul mio letto. Fortuna che è largo e noi siamo tutte molto magre. Megan e Spencer si stringono al mio fianco.
«Mia certo che le fortuna capitano tutte a te!» Esclama Megan stiracchiandosi e abbracciandomi.
Non può averlo detto sul serio. «Fortune? Sono stata arrestata Megan! E palpeggiata da quell’agente mangia ciambelle» Sbotto indignata.
«Non guardare il pelo nell’uovo! Sei stata salvata da quel Dio Greco mozzafiato. Ti giuro che ho dovuto ricorrere a tutte le mie forze per non chiedergli di uscire con me.»
«Beh potrai farlo la prossima volta, quando verrai arrestata TU e sarai TU ad essere palpeggiata da quel viscido poliziotto». Insomma Megan, era sicuramente un bell’uomo ma è stata la serata peggiore della mia vita! «E poi adesso ho altre cose per la testa che il culetto sodo del bel vice-procuratore» ammetto sconsolata.
Le mie amiche mi guardano sorprese e stupite.
«Mr Crab mi ha riconosciuta e presto capiranno anche gli altri chi sono. Ci odieranno. Posso fingere di aver tenuto anche te all’oscuro ma cosa ne sarà di me?» Gli occhi iniziano a bruciarmi mentre le lacrime iniziano a bussare prepotentemente ai miei occhi. «Mi odieranno ancora di più e non mi vorranno più vedere.»
«Oh Mia. Non dire così. Dirò la verità, dirò che è stata una mia idea. E se ci dovranno bandire ci bandiranno insieme.» risponde Megan stringendomi ancora più stretta a lei.
«Si. E anch’io mi prenderò le mie responsabilità. Anche se ancora non so di cosa state parlando, niente ci dividerà!» annuncia Spencer facendoci scoppiare a ridere tra le lacrime.
«Ma io non voglio perdere di nuovo tutti. Non voglio perdere Robert, tengo troppo alla sua amicizia. E non voglio perdere Jake. Non di nuovo.»
Jake Haiden è stato per anni il mio migliore amico, un fratello acquisito e il mio primo vero amore. Sono stata lontana da New York quattro anni, QUATTRO ANNI. Sono cresciuta, sono cambiata, sono migliorata. Ho conosciuto decine e decine di ragazzi e alcuni li ho anche frequentati, baciati e altre cose che non voglio descrivere. E nessuno di loro mi ha provocato le stesse sensazioni che ho provato baciando Jake. UN BACETTO! UN CASTO BACETTO.
Ho amato Jake profondamente quando ero una ragazzina brutta, maschile e cicciottella.
E adesso?
«Io credo di amare ancora Jake!»    




 
Ed eccoci alla fine.
Ringrazio chi mi ha sopportata ed è arrivato fin qui.

Che dire Mia è innamorata di Jake ma deve fare i conti con la realtà... 
Ma cosa sta nascondendo?
Cosa sarà mai successo di così grave quattro anni fa?
Siete curiose...???

PS: Nella pagina troverete i volti di Spencer, Megan e Robert! 
Per Mia sono ancora un po' indecisa...
In settimana aggiungerò qualcun altro..

Ultima cosa 
Spero vivamente di continuare ad aggiornare regolarmente, ma vi avviso che tra due mesi sovrò sostenere l'esame più difficile della mia vita e lavorando anche avrò meno tempo libero... Vi terrò comunque aggiornate tramite la mia pagina!

xoxo

 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 6 ***


Ciao!!! 
Ecco il capitolo 6!! Spero vi piaccia.. Ringrazio ancora tutte voi che avete commentato i capitoli precedenti e che ancora seguite la mia storia.. In fondo troverete tutti i volti che ho scelto per i protagonisti. Spero vi piacciano!!
Buona lettura!





THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


CAPITOLO 6
 
 
 
«Io credo di amare ancora Jake!» 
Ammetto più a me stessa che alle mie amiche.
Dannato Daniel Crab, perché aveva ragione? Sto facendo tutto questo per lui, per Jake Haiden.
 
***
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Domenica, ore 16.30. “Buongiorno principessa. Hai già impegni per questa sera? Beh se li hai spostali.. ti porto fuori a cena! Passo a prenderti alla Eaton alle 19 in punto!”  
 
Messaggio di posta a Jake Haiden. Domenica, ore 16.33. “Cosa ti fa credere che io voglia uscire a cena con te?”
 
 
Seduta a gambe incrociate sulla trapunta rosa shocking adagiata sul mio letto, guardo la mia amica sconsolata.
 
«Megan.. Cosa faccio adesso? Non posso continuare così. Devo dirgli la verità, ma sono sicura che appena scoprirà chi sono non vorrà più vedermi.»
 
«Non dire così tesoro. Non è detto» posso leggere chiaramente nei suoi bellissimi occhi verdi che non crede nemmeno lei alle sue parole.
 
«Non posso continuare a mentirgli, ma non posso nemmeno dirgli tutto per sms. Secondo te devo uscire con lui?» le domando incapace di prendere una decisione.
 
«Tu vuoi uscire con lui?»
 
Annuisco titubante. Si, io voglio uscire con Jake Haiden. Io voglio sentire ancora le sue mani sui miei fianchi. Voglio sentire ancora le sue calde, soffici e carnose labbra sulle mie. E questa volta vorrei approfondire quel bacio, stringere il mio corpo al suo e…
 
«Tutto bene?» Mi rendo conto di essermi persa nei miei pensieri e dal calore che emana il mio volto è probabile che sia arrossita. Perché anche il solo pensiero di Jake mi fa sempre quest’effetto.
 
«Si.» Le rispondo affermativamente ad entrambe le domande che mi aveva rivolto.
 
«E allora escici. Lui sembra molto attratto da te, come non lo è mai stato per nessuna e sono sicura che sia perchè, oltre ovviamente alla tua straordinaria bellezza, tu gli ricordi l’unica altra donna di cui gli sia importato veramente qualcosa. Forse quando scoprirà che sei proprio la sua Mia potrebbe essere contento.»
 
«O forse potrebbe odiarmi per averlo preso in giro per tutto questo tempo.»
Lei vede il bicchiere mezzo pieno, ma io non posso che pensare che sia mezzo vuoto.
 
«Forse. Ma non puoi saperlo. Mia da quando conosco Jake l’ho visto passare dal letto di una ragazza a quello di un’altra talmente tante volte da perdere il conto» grazie amica mia, una pugnalata avrebbe avuto lo stesso medesimo effetto sul mio stomaco «ma mai si è seduto sulla sedia di un ristorante con un membro del gentil sesso che non fosse una di noi. Vorrà pur dire qualcosa?»
 
«Ma io sono una di voi» le rispondo sconsolata.
 
«Ma lui non lo sa! Cosa ti ha risposto?»
 
Prendo il cellulare dal comodino e apro la casella di posta.
 
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Domenica, ore 16.37. “Alle 19 in punto!”
 
 
Leggo a voce alta la sua risposta ingenerando in Megan una sonora risata «E bravo Jake, a quanto pare non è disposto ad accettare un no come risposta. Vieni che decidiamo cosa metterti» Mi afferra per entrambe le braccia e con un po’ di fatica mi solleva dal letto sul quale sembro essermi inchiodata, quindi mi trascina all’interno della cabina armadio per scegliere il mio nuovo look.
 
 
***
 
 
Esattamente due ore dopo, alle 18.58, scendo le scale della Eaton House pronta per il mio primo vero appuntamento con Jake Haiden.
Dopo innumerevoli cambi d’abito Megan, completamente sfinita, ha deciso di andare a dormire senza cena. Questa volta è stato più difficile del solito.
 
Abiti corti? «No! penserà che vuoi portartelo a letto! E nessuna ragazza per bene ci cade al primo appuntamento.» Mi rimprovera, nemmeno fosse mia madre. E vorrei farle notare che in passato non era proprio il tipo da farsi questo genere di problemi.
Abiti lunghi? «No! Saresti troppo seria ed elegante. E se poi ti porta a mangiare una pizza» In effetti non mi ha detto nemmeno dove vuole portarmi.
Alla fine tira fuori un paio di jeans azzurro chiaro aderentissimi, una maglia senza maniche nera di seta lunga che mi rimborsa in vita con una cintura sottile rossa e scarpe con tacco 12 rosse. Mentre indosso la mise che ha scelto per me Megan apre il portagioie ed estrae un paio di orecchini pendenti rossi e oro e un bracciale largo dello stesso colore. Per concludere pochette rossa Gucci da legare al polso.
«Perfetta, semplice ma sofisticata.» Mi rigiro nello specchio esaminando la mia immagine riflessa. Non ha torto. Non sono sportiva ma nemmeno troppo elegante.
Sistemo i capelli in una delicata treccia laterale alla Katniss Everdeen e completo il tutto con abbondante mascara nero e un velo di rossetto rosso che spero di non aver più a fine serata… e non a causa del cibo.
 
 
Jake Haiden è puntuale come un orologio svizzero. Mi attende fuori dalla sua Audi R8 grigia appoggiato con la schiena allo sportello del passeggero, circondato aimè da una decina di mie compagne. Posso capire che è un figo da paura ma perché tutte, ma proprio tutte, devono fare le svenevoli proprio con il mio Jake.
Non posso fare a meno di fermarmi ad osservarli e notare ancora una volta quanto lui sia bello con la barba leggermente incolta, un paio di Jeans scuri e una camicia rosa pallido alla quale ha arrotolato le maniche fino ai gomiti e ha sbottonato i primi tre bottoni. Una delle galline deve avergli detto qualcosa di divertente perchè le sorride maliziosamente mettendo in mostra la sua perfetta e bianchissima dentatura degna di una delle tante pubblicità di gomme da masticare, un “ghigno” malizioso capace di far capitolare qualunque donna nel raggio di centinaia di metri, me compresa.
 
«Scusatemi ragazze, ma è appena arrivata la donna che stavo aspettando!»
 
Esclama appena i nostri occhi si incrociano, aprendosi un varco tra le mie care coinquiline per raggiungermi.
Improvvisamente mi ritrovo una ventina di occhi puntati addosso, alcuni carichi di invidia, altri di odio, ma gli unici ad attirare la mia attenzione sono un paio azzurro cielo che scrutano il mio intero corpo dalla punta dei capelli a quella delle scarpe. Scarpe dello stesso colore del mio viso, vale a dire rosso peperone per l’imbarazzo.
 
«Sei bellissima» mi sussurra all’orecchio schioccandomi un semplice bacio sulla guancia. Perché ci rimango male? Cosa mi aspettavo, che mi baciasse all’improvviso di fronte a tanta gente? Si! In fondo ieri sera l’ha fatto.
 
«Grazie Jake. Anche tu!» Balbetto per l’imbarazzo.
 
Afferra la mia mano e mi guida verso la sua auto, sulla quale mi aiuta a salire sul sedile del passeggero dopo avermi galantemente aperto lo sportello, mentre io in stile Regina Elisabetta saluto dalla mia carrozza le mie compagne.
 
«Dove andiamo?» gli domando sperando che non si accorga che non riesco a distogliere gli occhi dalla sua figura.
 
«Ti piace il cibo italiano?» Non si risponde ad una domanda con una domanda, ma in questo caso posso anche sorvolare.
 
«Abbastanza.» Io adoro il cibo italiano, in particolare la pizza, ma conoscevo un posto meraviglioso dove andavo a cena con l mia famiglia almeno una volta la mese e che serviva le lasagne più buone che abbia mai assaggiato in vita mia. Da Tony.
 
«Bene allora ti porto da Tony! Fanno delle lasagne strepitose. Sono sicuro che ne andrai pazza!» Certo caro.. te le ho fatte assaggiare io..
 
 
***
 
 
Parcheggiamo poco distanti dall’ingresso.
Il ristorante non sembra cambiato molto dall’ultima volta che ci sono stata. Alle pareti ci sono sempre le stesse foto delle principali città italiane. Piazza San Pietro e il Colosseo di Roma, Piazza San Marco e il Ponte di Rialto di Venezia, il Ponte Vecchio di Firenze.. I tavoli sono ancora gli stessi piccoli tavolini in legno per coppiette o piccole famiglie, con le tipiche tovaglie a scacchi blu e rosse e sedie in vimini. E Tony ancora si ostina a non volersi rasare quegli insulsi baffi che acconcia a punta con chili di gel. Adoravo questo ristorante.
Veniamo accompagnati al nostro tavolo e Jake ordina per entrambi: mozzarella di bufala con pomodori ciliegina e lasagne al ragù.
 
«Allora Jake, parlami un po’ di te.» Gli domando curiosa di scoprire cosa è cambiato negli ultimi quattro anni.
 
Lui mi sorride gentilmente «Cosa vuoi sapere? Credo che tu sappia quasi già tutto di me»
 
«Beh io so solamente che gareggi sempre al The Racer e che sei circondato da donne che pagherebbero per avere un’avventura anche solo di una notte con te.» rispondo scuotendo la testa indignata e scrollando le spalle. «Ma che a quanto pare non è tua abitudine portare una donna a cena fuori!» Termino maliziosa. Mio caro Jake, ho io il coltello dalla parte del manico, o almeno credo.
 
«Immagino che Megan abbia parlato più del dovuto. Eppure non era una ragazza pettegola» Brontola senza smettere di sorridere. «Beh, non c’è molto altro.»
 
«Non ti credo. Cosa fai nella vita? Oltre le corse ovviamente!» Era bravo a scuola nonostante non si impegnasse molto. Non posso credere che abbia mollato gli studi per il The Racer.
 
«Beh. In verità studio alla N.Y.U. Il prossimo anni inizio la specializzazione di medicina. Però non lo dire a nessuno, non sono cose che voglio far sapere in giro» mi risponde visibilmente in imbarazzo.
 
«Medicina?» non lo avrei mai detto. Non aveva mai espresso il desiderio di diventare medico. «E non capisco perchè non vuoi che si sappia in giro, è un mestiere di tutto rispetto e se sei stato ammesso vuol dire che sei anche un ragazzo estremamente intelligente e dotato!»
 
«Tutte sanno che sono molto dotato» ghigna malizioso «ma diciamo che preferisco la mia fama da Bad Boy a quella del ragazzo intelligente che quando non corre» o non è a letto con le numerose spasimanti - termino la frase nella mia mente sapendo che lo sta pensando anche lui «passa il tempo a studiare per diventare medico»
 
«Beh, io sinceramente preferisco questa nuova versione di te!»
 
«Ne ero sicuro. In fondo non sei da meno. Si vocifera che anche se sei solo una matricola sei stata ammessa a frequentare i corsi avanzati di giurisprudenza e che punti a togliere al povero Josh lo stage in procura.»
 
Sentendo le sue parole non riesco a trattenere una risata. «Ti sei documentato sul mio conto allora?»
 
«Tesoro nemmeno io so nulla di te e sinceramente ero troppo curioso di sapere che voci giravano sul tuo conto alla Columbia, soprattutto in merito a te e Robert!»
 
«Robert? È un ragazzo fantastico ma è solo un amico. E comunque è tutto vero, tranne che quella cosa su Josh. Ci sono tre posti in procura e anche se dovessi ottenerne uno non significa rubarlo a lui. Ma non cambiamo discorso. Come mai hai deciso di intraprendere questa strada?» Non ho alcuna intenzione di dirottare il discorso su di me. Io voglio sapere tutto su di lui.
 
Lui sbuffa tremendamente serio, non gli piace molto parlare di sé. «Anni fa durante una corsa c’è stato un incidente e una persona è morta. Io ero lì e sono arrivato per primo sul posto. Non ho potuto fare niente. Non ho saputo fare nulla per salvargli la vita e lui mi è morto fra le braccia. È stato quello il preciso istante in cui ho deciso di studiare medicina perché io voglio poter aiutare le persone, voglio salvare la vita alle persone.»
 
Una lacrima sfugge al mio occhio destro rigandomi la guancia. «Scusami, ti ho intristita.»
 
«No Jake. Assolutamente» rispondo asciugandomi la salata goccia ribelle «è così nobile da parte tua.»
 
Lui abbassa gli occhi, se non lo conoscessi bene potrebbe sembrarmi intimidito. «Grazie.»
 
Meglio alleggerire la conversazione. «E il The Racer? Ci tieni tanto al tuo podio?»
 
«Decisamente! Il The Racer è la mia vita. Ho sempre amato correre, anche se all’inizio lo facevo per soldi, ma adesso non sarei in grado di farne a meno! Gareggerei anche gratis… certo gli incassi non mi dispiacciono.»
 
«Per soldi? Non credevo ne avessi bisogno.. cioè credevo fossi di buona famiglia.» Soldi? La famiglia di Jake è una famiglia facoltosa. Suo padre era il Sindaco e vivevano come noi nell’Upper East Side.
 
«Si. Mio padre non è sempre stato ricco. Non che fosse povero ma non navigava di sicuro nell’oro. Ha studiato molto e ha dovuto fare molti sacrifici per diventare l’uomo che è stato e voleva che capissi anch’io il vero valore dei soldi. Ha sempre pagato la mia istruzione e lo stretto necessario per vivere, ma in quanto a vizi non transigeva, dovevo trovarmi un lavoro e guadagnarmeli. Non che il The Racer può essere considerato un lavoro ma… diciamo che ho trovato la via più facile. Sono sempre stato bravo, anche se all’inizio trovavo qualche difficoltà perché non potendomi permettere un’auto mia dovevo chiederla in prestito ai miei amici.»
 
Non ne avevo idea. Ecco perché voleva sempre utilizzare la mia auto, o quella di Scott.
 
«Già! Non so nemmeno perché ti sto dicendo queste cose. Mi prenderai per uno sfigato.» Rise sonoramente. «Dovrei cercare di ammaliarti e ti racconto queste cose.»
 
«Ci stai riuscendo egregiamente però» Le parole sdrenano dal mio cervello uscendo dalla mia bocca prima ancora di riuscire a fermarle. Avvampo nell’istante immediato in cui focalizzo cosa ho appena detto, rischiando di inciuccarmi con la mia stessa saliva. Non posso averlo detto sul serio.
 
Sul suo volto ritorna il suo meraviglioso ghigno. «Lieto di saperlo!»
 
Distolgo immediatamente lo sguardo dai suoi meravigliosi occhi azzurro cielo, incapace di sostenerlo. Meglio cambiare discorso. «E quindi fino a quando continuerai a correre? Dopo la laurea sarà difficile. Come farai dopo?»
 
Lui inspira profondamente senza levarsi quel sorrisino assurdo dalla faccia. Lo prenderei a sberle «Oh beh. Smetterò. Se continuo a correre è per mio volere, non ne ho più bisogno adesso. A diciotto anni ho avuto accesso al mio fondo fiduciario e da quando ho avuto l’eredità i soldi non mi mancano.»
 
«Eredità?»
 
È lui questa volta ad abbassare lo sguardo. «Mio padre è morto.»
 
Suo padre? Il Sindaco Hayden è morto. Sapevo che aveva terminato il suo mandato poco dopo la mia partenza, quando fu eletto l’attuale primo cittadino, suo braccio destro, ma che fosse morto no! Certo la notizia sarà stata diffusa nei giornali locali, ma in tutti i suoi sms Megan non ha mai accennato ad una notizia del genere. Lo ricorderei bene. «Mi dispiace Jake. Quando?»
 
«La Vigilia di Natale di tre anni fa. Stava già male da anni ma trattandosi di un personaggio politico non aveva detto nulla a nessuno.»
 
Ricordo perfettamente quel Natale, il primo in Kentucky. Avevo cenato con i miei nonni, poi ero uscita con i miei compagni del collegio e avevamo fatto mattina per locali. Ero tornata a casa completamente ubriaca la mattina seguente e avevo dormito fino a tardi. Appena sveglia avevo trovato una telefonata da parte di Jake ma come per le altre pochissime occasioni non lo avevo richiamato. Credevo volesse solo farmi gli auguri… Quella fu l’ultima volta che aveva provato a contattarmi. Oh Jake, se solo avessi saputo la verità, se solo avessi saputo che avevi bisogno di me.. ti avrei richiamato. Perché Megan non mi ha detto nulla, perché? Non sono stata l’amica che sarei dovuta essere allora e non lo sono nemmeno adesso.
Per una frazione di secondo mi passa per la testa di confidargli tutta la verità e affrontarne le conseguenze. E se avesse ragione Megan? Forse dopo un primo momento di confusione e di rabbia potrebbe accettare la cosa. Potrei spiegargli di aver avuto paura della sua reazione, di essere stata così bene al suo fianco da temere di perderlo ancora e lui potrebbe capire.
Ma cosa sto dicendo? Io sono scappata lasciando alle mie spalle terra bruciata e dolore, rifacendomi una vita con un nuovo nome, fregandomene della loro sofferenza. E nonostante tutto lui ha continuato a considerarmi sua amica e nel momento peggiore della sua vita ha cercato il mio conforto. E io cosa ho fatto? Ho continuato ad ignorarlo per proteggere me stessa dal dolore. Se gli dicessi la verità si alzerebbe da questo tavolo, lanciandomi addosso la salvietta e fuggirebbe lontano da me non rivolgendomi più la parola.
 
«Ma basta parlare di me.. per carità. Raccontami qualcosa di te.. Non so quasi nulla salvo che sei bellissima e anche estremamente intelligente.»
 
Non posso perderlo. Non posso dirgli niente. FIFONA! Pensa Mia, pensa. Inventati qualcosa.
«Cosa vuoi che ti dica? Ho vissuto con la mia famiglia a Forks fino alla fine del liceo, quando sono stata ammessa alla Columbia.» Benedetta Meyer. E adesso come ne vengo fuori?
 
«E dove hai imparato a guidare da pilota? È stato il tuo ragazzo ad insegnartelo» mi domanda con una strana luce negli occhi.
 
«Ah ah… no. Magari fosse il mio ragazzo. È stato un mio amico ad insegnarmelo, ancora prima di prendere la patente.»
 
Mi fissa poco convinto, il sopracciglio destro sollevato. «Magari? Non dirmi che esiste un uomo capace di resistere al tuo fascino?»
 
«Smettila di mettermi in imbarazzo» esclamo viola in volto. Perché deve sempre uscirsene con queste frasi. Mi alzo dalla mia sedia e allungo un pugno colpendolo sulla spalla. «E comunque si. A quanto pare non piaccio proprio a tutti.»
 
Lui ride massaggiandosi la spalla con il palmo aperto fingendo di provare dolore. «Vorrei proprio conoscere questo stupido. Parlami di lui.»
 
Jake ti presento Jake lo Stupido.
 
Scrollo le spalle. «Bellissimo, estremamente intelligente e ovviamente con centinaia di ragazze al seguito. Mi ha considerata sempre e solo un’amica.»
 
«Forse non sapeva del tuo interesse. Mi sembra così strano che..»
 
Rido sonoramente. «Oh no. Lo sapeva bene. Credo di non essere stata il suo genere, tutto qui.»
 
Jake mi sorride amabilmente prima di tornare improvvisamente serio, gli occhi fissi nei miei. «Quindi se non ho capito male, non esci con nessuno adesso?»
 
No! Jake Haiden vuole sapere se mi frequento con qualcuno in questo momento. Nego scuotendo violentemente la testa a destra e sinistra.
 
«Bene!» si limita a rispondermi, tornando ad assaporare il suo dolce.
 
 
***
 
 
Da quella sera io e Jake abbiamo iniziato ad uscire regolarmente per l’intero  mese successivo. Almeno una volta a settimana mi porta fuori a cena, ogni volta in un posto diverso, e se la mattina seguente non abbiamo lezione alla prima ora andiamo anche al cinema, anche se, a differenza di Robert, i nostri gusti in materia di film sono decisamente contrastanti e lui non sembra voler accettare di vedere un film senza spari, sangue o alieni. Il week end lo passiamo al Victrola e, ogni volta che Mr Crab chiama, al The Racer.  Usciamo spesso insieme anche a Spencer e Micheal che ormai fanno coppia fissa e sembrano perdutamente innamorati, e ogni tanto si uniscono a noi anche Megan, Robert, Josh e Jessica, anche se quest’ultima sembra ormai letteralmente uscita fuori di testa.
Jake sembra non essere più interessato ad alcuna ragazza. In discoteca rimane al mio fianco, beviamo e balliamo insieme per l’intera serata, e lui ignora letteralmente ogni donna che gli si avvicina.
L’unico problema è che anche se lui resta sempre al mio fianco, in realtà ignora anche me. Non del tutto, presta attenzione agli altri ragazzi che mi si avvicinano e non perde occasione per allontanarli, e se lo abbraccio lui stringe il mio corpo a sé circondandomi con le sue forti braccia. Però ogni volta che avvicino il mio viso al suo per far incontrare le nostre labbra lui si scansa leggermente limitandosi a sfiorarmi un angolo della bocca. Da quella sera al The Racer non ha più cercato di baciarmi, nonostante ogni mio tentativo di sedurlo. Ho provato con tutto, abiti molto corti, o eccessivamente scollati, o entrambi. Strusciamenti troppo pronunciati e balletti sexi, ma lui sembra totalmente indifferente o quasi. Però ci sentiamo ogni giorno, usciamo spesso insieme, e sembra persino essere contrario all’idea che io esca senza di lui.
Non posso aver fatto tutto questo ed essere di nuovo per lui una semplice amica. Ma lui non esce più nemmeno con nessun’altra ragazza. Nemmeno Megan sembra capirci più nulla.
 
 
 
La scoperta più piacevole è stata Josh. Continua ad essere abbastanza diffidente nei miei confronti ma ormai sembra aver sotterrato l’ascia di guerra.
 
«Ciao Amelia, come va?» Mi si avvicina alla fine della lezione poggiando il fondoschiena sul mio banco.
 
«Bene. Tu?» Gli rispondo fissando il suo sedere adagiato sugli appunti della giornata.
 
«Abbastanza bene. Lunedì prossimo abbiamo il primo test. Mi chiedevo se ti andava di..» lascia in sospeso la frase scompigliandosi i capelli con la mano destra.
 
«Di?» lo invito a continuare.
 
«Di studiare insieme questo week end. Sei brava e preparata. Studiare insieme non può che agevolarci. Sempre che non sia un problema per Jake.»
 
Istintivamente esplodo a ridere «E perché dovrebbe essere un problema per Jake?»
 
«Beh lo sai.. insomma tu e lui…» Ah! Persino lui pensa che ci sia qualcosa tra me e Jake.. Peccato che il diretto interessato non sembra della stessa idea.
 
«Io e lui? Siamo solo amici. Comunque va bene. Pensavo già di passare l’intero week end sui libri, non farlo da sola potrebbe solo rendere il tutto più piacevole.»
 
«Mmm. Scegli una delle biblioteche. Ci troviamo lì domani mattina presto.»
 
«Io preferirei la mia stanza, potrei dire a Spencer di fermarsi da Micheal per non essere disturbati.» Ribatto senza rendermi conto che la mia frase potrebbe essere facilmente fraintesa. «Solo per ripetere liberamente a voce alta.»
 
A stento trattengo una risata vedendo l’espressione sul suo volto. Aveva chiaramente frainteso e sembra aver avuto PAURA che ci provassi con lui. «Ah, ok. Però magari preferisco avvisare prima Jake»
 
 
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Giovedì, ore 15.47. “Mi ha appena chiamato Josh chiedendomi di poter studiare con te nella tua stanza. Non mi sembra giusto che lui possa vederla prima di me. O_O”
 
Ma stiamo scherzando? Lui vuole solo essere mio amico e io non posso portare nessuno nella mia stanza.
Messaggio di posta a Jake Haiden. Giovedì, ore 16.03. “Lui ha un buon motivo… dobbiamo studiare per il test di lunedì. Anzi ne approfitto per dirti che questo week end non uscirò”  
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Giovedì, ore 16.07. “Mi stai dicendo che passerai l’intero week end nella tua stanza da sola con Josh?”
 
Messaggio di posta a Jake Haiden. Giovedì, ore 16.18. “Si...”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Giovedì, ore 16.37. “Ok”
 
Ma si è offeso?
 
 
 
Messaggio di posta da Josh Neil. Giovedì, ore 18.41. “Domani sarò davanti all’ingresso della Eaton alle otto in punto. Vedi di svegliarti in tempo”  
 
Messaggio di posta a Josh Neil. Giovedì, ore 18.44. “Perfetto. Io bevo un chococappuccino con molta schiuma e tanto cioccolato.”  
 
 
Io e Josh passiamo l’intera giornata di venerdì a studiare senza sosta fino a mezzanotte, interrompendoci solo quando Spencer bussa alla nostra porta per cambiarsi d’abito e uscire con Micheal. La mattina seguente riprendiamo alle otto e continuiamo a ripetere fino a sera.
 
«La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo, sino a che non sia più soggetta a impugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di … Basta Josh sono esausta» 
Mi getto sul letto comprendoni il volto con entrambe le mani. Fuori dalla finestra il sole è calato da un pezzo, l’ora di cena deve essere passata da un po’. Chissà se gli altri sono già al Victrola e chissà se Jake è da solo? Non si è più fatto sentire dopo quel messaggio monosillabico.
 
«Ma Amelia, sono appena le nove. Non puoi essere già stanca.» Si lamenta Josh scuotendo la testa con un’espressione sdegnata sul volto.
 
«Abbiamo già ripetuto due volte l’intero programma. Credo che sia sufficiente per oggi. Potremmo riprendere domani?» Non riesco a togliermi l’immagine di Jake con un’altra ragazza dalla testa.
 
«è da un po’ che sei distratta. Che ti prende. Credevo ci tenessi ad avere lo stage almeno quanto me. Se vuoi possiamo mangiare qualcosa ma dopo riprendiamo assolutamente.»
 
«Ok.. e se facessimo una scappata al Victrola per mangiare qualcosa e poi tornassimo qui.» Provo a proporgli tutubante. Lui a stento si trattiene da ridermi in faccia.
 
«Al Victrola? E perché? Dobbiamo studiare.»
 
«Va bene. Va bene professore.» Gli rispondo mettendo il broncio e accavallando le gambe. «Ordiniamo una pizza o scendiamo a cucinare qualcosa?»
 
«Avanti! Dimmi cosa c’è che ti turba così potrai concentrarti di nuovo sull’esame!»
 
«Niente.. perché dovrebbe esserci qualcosa che mi turba?» Fisso lo smalto perfetto cercando di mostrare indifferenza.
 
«Si, certo. Ecco perché controlli ad intervalli regolari la tua casella di posta e vuoi andare al Victrola.» Maledetto Josh. Perché deve essere così perspicace? «Centra per caso Jake?»
 
«Jake? Ma cosa stai dicendo? Siamo solamente amici!» La mia voce trasuda di delusione.
 
«Ed è questo che ti turba?» Si siede sul letto accanto a me scrutando il mio volto quasi a voler leggere la risposta nei miei occhi prima di sentirla uscire dalla mia bocca.
 
«Si.» Rispondo sconsolata, tanto il mio viso è un libro aperto e Josh deve ormai averlo già capito da solo.
 
In tutta risposta ottengo una fragorosa risata.
 
«Ti fa divertire così tanto?» ribatto offesa colpendolo su un braccio e facendolo cadere su un fianco.
 
Josh si solleva dal mio cuscino e senza smettere di ridere. «Ad essere onesto si. Sei così tanto intelligente ma così poco perspicace. Come fai a non rendertene conto?»
 
«E di cosa non mi sarei resa conto?»
 
«Di Jake. Ti giuro che non l’ho mai visto interessarsi così tanto ad una ragazza. Come puoi pensare di essere solo un’amica per lui?»
 
«Perché mi tratta da amica… cioè lui non.. con me non.. insomma hai capito!» Per la vergogna mi copro il viso con entrambe le mani.. non posso credere che sto dicendo sul serio queste cose proprio a Josh. Non siamo nemmeno amici.
 
«Perché non è ancora venuto a letto con te? Io voi ragazze non vi capisco. Se uno ci prova subito è uno stronzo e vuole solo quello, se uno aspetta vi disperate perché non vi vuole.» borbotta sconcertato facendomi sfuggire un sorriso.
 
«Ma va! Non voglio dire questo.. è che non dimostra un grande interesse per me. Gli sono indifferente.»
 
«Indifferente?» Ride ancora una volta. «Minacciarmi di castrazione se solo mi fossi azzardato a sfiorarti anche solo con un dito non è sinonimo di indifferenza.»
 
«Che?» sgrano gli occhi incapace di credere a quello che mi ha appena detto.
 
«Eh già. Quindi vedi di riportare la sola verità quando ti domanderà di questo week end di studio. Ci tengo alle mie parti basse.»
Avvampo al pensiero di Jake che minaccia il suo amico Josh. Ma allora ci tiene a me.
 
«Adesso riuscirai a concentrarti? Vorrei non commettere alcun errore dopodomani.»
 
Annuisco «Certo! Come mai ci tieni così tanto? Cioè capisco che sia un’occasione come poche ma per te è quasi essenziale.»
 
«Tu perché vuoi lavorare in procura?»
 
«Voglio proteggere i più deboli e far rispettare la legge. Non è possibile che nel 2014 New York non possa esprimersi liberamente per paura delle ritorsioni della Mafia e della criminalità.»

Lui scoppia ancora una volta a ridere «Oh. Io non ho ideali così puri! Io lo faccio per il The Racer. Non sono mai stato abbastanza bravo per partecipare ma così potrò fare anch’io la mia parte.»

Lo scruto allibita incapace di comprendere il reale significato delle sue parole.

«Una sera ho sentito Mr Crab rivelare che da qualche anno un ex corridore di cui non si conosce il nome è riuscito ad entrare in procura e che grazie a lui che vengono avvisati prima di qualche imboscata. È per questo che ancora non sono riusciti ad arrestare nessuno»

Un ex corridore in procura? Ecco chi aveva avvisato Mr Crab la sera dell’arresto.


 
 

Angolo Autrice

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e chiedo scusa se vi ho fatto aspettare... Fatemi sapere cosa ne pensate... Jake sembra essere molto attratto da Amelia e Amelia che a quanto pare è ancora innamorata di lui, non trova il coraggio di dirgli la verità... Che casino.. Oggi ho approfondito il personaggio di Josh. :) Bene.. non mi dilungo e vi lascio i volti dei personaggi come me li sono immaginati io, sperando di non deludervi...

Mia
Jake
Megan
Robert
Spencer
Micheal
Jessica
Josh
Mr Crab
Ryan Bass

E per chi volesse ecco la pagina su Fb di THE RACER sulla quale potrete trovare aggiornamenti, immagini, spoiler e potrete anche farmi domande!!

xoxo e grazie ancora

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 7 ***


THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


Capitolo 7
 
 
 

«Seduti ragazzi»
 
Il Professor Collins ci invita a prendere posto nell’aula e io e Josh ci sediamo ovviamente vicini, scambiandoci un’occhiata di intesa. La nostra conversazione di sabato sera ci ha avvicinati molto e siamo riusciti a finire di ripetere altre due volte l’intero programma. Non c’è paragrafo del libro che non conosciamo dalla prima all’ultima parola. E devo ammettere che dopo la sua rivelazione su Jake e sulla sua non troppo velata minaccia, il mio livello di concentrazione è stato molto più elevato, anche se lui purtroppo non si è più fatto sentire.
 
«Avete due ore di tempo. Come vedrete ci sono trenta domande e ogni domanda vale un punto. Se trovo qualcuno di voi a parlare o a copiare verrà escluso dal test, perdendo il 40% del punteggio finale. Capirete che dopo sarà necessaria la perfezione per poter superare il mio esame, quindi non credo sia conveniente per voi. Se avete studiato non avrete grossi problemi.»
 
Mentre parla il Professor Collins consegna ai capofila una copia del test, i quali la passano a chi è seduto dietro di loro e così via fino alla fine dell’aula. Appena mi viene consegnato l’usobollo scorro immediatamente con gli occhi le trenta domande. Alcune sono veramente facili, altre un po’ più complicate, ma per ognuna di loro sono in grado di scrivere la risposta corretta. Appena finisco di leggere l’ultima parola dell’ultima domanda alzo lo sguardo verso il castano seduto al mio fianco che fa altrettanto rivolgendomi un sorriso smagliante. Decidere di preparare insieme l’esame è stata la scelta giusta.
Senza ulteriori esitazioni sollevo la mia fidata stilografica Mont Blank e inizio a rispondere alla prima domanda. E alla seconda. E alla terza …
Dopo poco più di un’ora, e quindi a circa metà del tempo concessoci dal professore, finisco di scrivere anche l’ultima risposta, rileggo velocemente il mio elaborato e, pienamente soddisfatta dello svolgimento di tutti e trenta i quesiti, poggio foglio e penna sul banco.
 
«Signorina è in difficoltà?» Mi domanda il professore ghignando. Non ha ancora superato la sua antipatia nei miei confronti per averlo interrotto il primo giorno di lezione.
 
«No Professore. Tutt’altro!» Rispondo sorridendogli a mia volta.
 
«Allora perché non sta più scrivendo?» I suoi occhi si poggiano sulla mia penna chiusa e sul foglio ordinatamente ripiegato sul banco.
 
«Perché ho terminato» annuncio fiera facendo voltare tutti i miei compagni increduli verso di me.
 
«Tutto? Ha risposto a tutte le domande?»
 
«Si. Anzi se non le dispiace consegnerei e uscirei dall’aula. Ho proprio bisogno di un buon caffè.»
 
Un lampo di rabbia attraversa gli occhi del professore, deve proprio detestarmi. «Certo! Vada pure. Spero che tutta questa fretta non la penalizzerà.»
 
«Ne sono abbastanza sicura!» Esclamo sorridente mentre consegno il mio elaborato all’uomo di fronte a me.
 
«Professore, se non le dispiace consegnerei anch’io!» Il ragazzo al mio fianco si alza in piedi allungando il suo compito al docente.
 
«Anche lei signor Neil?» gli domanda incredulo. «Ho forse scelto delle domande troppo facili?»
 
«Assolutamente no.» La risposta proviene dal resto dell’aula che in coro manifesta il proprio disappunto.
 
Non riuscendo più a trattenere una risata mi dirigo verso la porta e, insieme al mio nuovo amico, esco dall’aula. Il primo test è passato e credo di averlo superato discretamente.
 
 
***
 
 
 
Io e Josh ci fiondiamo alla caffetteria migliore della Columbia discutendo sulla prova e concordando di aver dato praticamente le stesse risposte. A questo punto mi pare evidente di non aver commesso alcun errore e di aver ottenuto il massimo del punteggio. Ovviamente non posso cantare vittoria prima di vedere la correzione del mio elaborato e sono sicura che il professor Collins farà di tutto per abbassare il mio punteggio. Fortuna che non sarà da solo a correggerlo ma sarà affiancato dal viceprocuratore distrettuale che ci seguirà nello stage. Speriamo che almeno lui sia obbiettivo.
 
«Signorina River.» Una voce familiare alle mie spalle mi chiama tuttavia sono costretta a voltarmi per capirne l’identità del proprietario. Avvampo per lo stupore trovandomi di fronte uno degli uomini più belli che io abbia mai visto in tutta la mia vita. Alto poco più di un metro e ottanta e dal fisico scolpito che risaltava divinamente attraverso l’abito blu notte, dello stesso colore sei suoi magnetici occhi. Il bel viceprocuratore distrettuale della sera dell’arresto.
 
«Buongiorno Dottor …» balbetto bloccandomi appena realizzo di non ricordare più il suo nome.
 
«Bass. Ryan Bass. Ma puoi chiamarmi solo Ryan, ovviamente se mi permetti di chiamarti Amelia.» Un sorriso seducente gli si dipinge in volto, mostrando i suoi perfetti e bianchissimi denti. Lontano dai neon della centrale di polizia e alla luce del sole, è ancora più bello rispetto a quanto ricordava.
 
«Certo! Ma.. Come fa a ricordarsi il mio nome?»
 
Si passa una mano sulla testa scompigliandosi i capelli biondo scuro «Amelia, dammi pure del tu. E per quanto riguarda il tuo nome.. impossibile dimenticarlo.. non mi capita spesso di assistere ad interrogatori di giovani e bellissime ragazze.» risponde ammiccandomi e facendo confluire tutto il sangue in circolo nel mio corpo alle mie guancie.
 
Ricordo della presenza di Josh solo quando lui tossisce per attirare la nostra attenzione. «Oh Josh! Ti presento il viceprocuratore distrettuale, il Dott Ryan Bass. Ryan …» scandisco bene il nome proprio dell’adone in fronte a me «il mio amico Josh Neil.»
 
«Viceprocuratore?» domanda Josh incredulo.
 
«Si. Il viceprocuratore che mi ha lasciata andare la notte che sono stata arrestata. Per l’iniziazione..» calco bene l’ultima parola sperando che intuisca e non si faccia scappare nulla sul The Racer o che non contraddica la versione che abbiamo raccontato in centrale quella notte.
 
«A proposito! Sei stata poi ammessa?»
 
«Ancora no! Dovrò sostenere una nuova prova ma non so ancora quando né tantomeno cosa.» ammetto scrollando le spalle. In fin dei conti è vero.. Sono stata ammessa ma entro la fine dell’anno dovrò superare l’iniziazione. «Cosa ci fai qui? Ci sono dei problemi?»
 
«Oh. No, assolutamente no. Ho frequentato anch’io la Columbia, mi sono laureato qui in giurisprudenza. Un mio vecchio professore mi ha chiesto la cortesia di aiutarlo a correggere alcuni compiti e di concedere ai tre migliori studenti uno stage in procura. Avrei dovuto supervisionare la prova ma ho avuto degli impegni improvvisi.»
 
«Sei tu l’ex studente di Collins? Noi facciamo parte del suo corso e abbiamo appena sostenuto il test!» Esclama Josh sblordito.
 
Ryan si volta verso di lui estremamente irritato, in effetti ha concesso solo a me di dargli del tu, non a lui. «In persona» risponde alla sua domanda, poi voltandosi ancora una volta verso di me «Sei solo al primo anno e già frequenti il corso di Collins?»
 
Annuisco appena. Perché mi vergogno così tanto ad ammettere di essere stata ammessa ai corsi avanzati?
 
«Bene Amelia, cercherò immediatamente il tuo compito allora. Mi aspetto grandi cose da te. Sarebbe un vero piacere averti tutti i giorni in procura per un mese intero» ammicca ignorando il mio amico e allungando una mano per portarmi dietro all’orecchio una ciocca ribelle sfuggita alla mia treccia improvvisata.
 
«Ragazzi è stato un piacere incontrarvi. Ci vediamo tra due settimane per il prossimo test.» Dette queste ultime parole ci saluta e si allontana sinuoso nel suo bellissimo completo scuro.
 
«Potresti smettere di fissargli il sedere» sbotta ridendo Josh scuotendo indignato la testa.
 
«Oddio» rido imbarazzata. Non mi ero nemmeno accorta di averlo fissato così a lungo e così in basso. Megan ha pienamente ragione, Ryan ha due chiappe fenomenali.
 
«Chissà perché credo che meritato o no uno di quei posti sarà tuo!»
 
Con la mano sinistra spingo il mio amico. «Ma finiscila!»
 
 
 
***
 
 
 
La sera stessa decido che è giunta l’ora di rompere il silenzio che si è creato tra me e Jake. In fondo se ha detto quelle cose a Josh ci sarà un motivo.
Dopo essermi coccolata per l’intero pomeriggio e tirata a lucido, prendo un taxi in direzione Victrola.
Ora non ho più bisogno di qualcuno che dica ad Adam di farmi passare, appena mi scorge fa aprire la coda per permettermi di passare. Faccio parte del gruppo.
Non ho detto a nessuno che sarei uscita, nemmeno a Megan che mi crede a letto a recuperare il sonno perduto a causa dello studio. E infatti la sua faccia sconcertata parla da sé appena mi vede entrare attraverso le pesanti tende di velluto rosso. Le sorrido amabilmente alzando le spalle per non so bene quale motivo, non devo giustificarmi di essere venuta. I suoi occhi titubanti mi indicano un punto preciso alla sua destra. Seguo con lo sguardo quella direzione e lo vedo immediatamente.
Jake seduto su uno sgabello impegnato a bere una birra mentre annoiato ascolta le chiacchiere di Jessica e altre tre biondine troppo svestite. Incredibile come si siano fiondate su di lui in mia assenza, lui però non sembra darci troppo peso.
Mi avvicino a Megan e agli altri ragazzi, senza interrompere il contatto visivo dal mio uomo e dalla mano di Jessica che si poggia sulla sua gamba, accarezzandola delicatamente. Non si è ancora accorto di me.
Continuo a fissarlo mentre ballo con gli altri ragazzi per vedere fino a che punto è pronto a spingersi. Lei però le ascolta svogliato, quasi annoiato.
 
«Tranquilla! È da venerdì che lo tormentano ma a lui non interessa.» Mi urla Megan all’orecchio mentre Robert la afferra per i fianchi e la riporta al suo fianco per continuare a ballare insieme.
 
Li guardo divertita continuando ad ancheggiare accanto a Spencer e Micheal. Dopo pochissimi istanti i miei occhi vengono nuovamente attratti come una calamita dal gruppetto di donne che circonda il mio uomo. La mano di Jessica vaga ancora ingorda sul suo corpo, passando dalla coscia al torace, e poi di nuovo alla gamba. Adesso basta, non sono disposta a sopportare un ulteriore palpeggiamento. Decisa ad interrompere tutto ciò mi fiondo a passo deciso verso quel gallinaio e facendomi strada tra loro fino a raggiungere il castano e stampargli un bacio sulla guancia destra.
 
«Ciao Jake! Come stai?» Gli domando rimanendo a pochi centimetri dal suo volto.
 
Jake, dopo qualche istante di smarrimento, fissa i suoi occhi azzurro cielo nei miei «Amelia! Non sapevo venissi stasera.»
 
«Me ne sono accorta!» Gli rispondo indicando con le pupille le donne alla mia destra e alla mia sinistra. Poi senza permettergli di ribattere «Balliamo insieme?» Sfoggio uno dei miei sorrisi più smaglianti pregando che lui non rifiuti il mio invito.
 
Jake in risposta sfodera il suo fantastico ghigno malizioso. «Scusatemi ragazze» mormora sollevandosi dallo sgabello.
 
«Ma Jake, prima avevi detto che non volevi ballare.» Si lamenta Jessica, sbuffando seccata.
 
«Probabilmente non voleva ballare con te.» Gli faccio notare maligna, prendendo il braccio di Jake e portandomelo lungo i fianchi permettendogli ad abbracciarmi. Ovviamente lui mi asseconda cingendomi con entrambe le mani e poggiando il mento alla mia spalla.
 
«Sei perfida» mi sussurra all’orecchio facendomi sorridere.
 
Vorrei rispondergli che la colpa è sua e del suo essere così irresistibile ma mi mordo l’interno della guancia preferendo tacere. In fondo è con me adesso. Senza lasciare le sue mani che circondano la mia vita mi faccio seguire oltre la corda che separa la zona Vip dal resto del locale, lontano dalle galline e lontano dagli sguardi ammiccanti dei nostri amici. Non c’è nulla di male a volere un po’ di privacy.
Quando raggiungiamo esattamente il centro della pista da ballo, mi volto verso di lui e mi lascio stringere al suo corpo tonico. Jake allaccia i suoi occhi ai miei senza smettere di sorridermi, facendomi perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Intorno a me potrebbe succedere qualunque cosa, potrebbero uscire tutti o entrare altre mille persone e non me ne renderei minimamente conto. La sua mano sinistra scivola languida lungo il mio fianco mentre la destra, dietro la mia schiena, avvicina ulteriormente il mio copro al suo facendo premere i nostri bacini, senza interrompere il contatto visivo. Abbiamo ballato tante volte insieme ma mai così.. C’è qualcosa di diverso: C’è passione, c’è desiderio, c’è quello strano calore che dal punto più intimo del mio corpo si irradia fino alla gola, accompagnato da numerosi brividi. Gli sorrido a mia volta allacciando le mie braccia dietro il suo collo e avvicinando il mio viso al suo, solo un paio di centimetri ci separano ma non voglio essere io ad annullare questa distanza. Purtroppo per me però non provvede nemmeno lui.
Ci fissiamo negli occhi maliziosamente, divertiti, senza allontanare i nostri corpi, e balliamo a tempo di musica provocandoci l’un l’altra.
 
«Perché lo fai?» gemo sforzandomi di continuare a sostenere ancora il suo sguardo perso e interrogatorio. «Perché fai così se non ti interesso?»
 
«Amelia non è vero che non mi interessi» Mi risponde sconcertato, inclinando la testa leggermente all’indietro per vedere meglio il mio volto.
 
«Ma… non ti sei mai fatto grandi problemi con le altre ragazze. E con me invece fatichi a sfiorarmi.» Ammetto sconsolata e delusa per i quasi dieci centimetri che adesso separano i nostri nasi.
 
«Vuoi che ti tocchi quindi?» ammicca malizioso facendo calare la mano destra dal centro della mia schiena fino al sedere e stringendo con forza per poi risalire velocemente.
 
Avvampo per l’imbarazzo guardandolo con odio. Mi sta forse prendendo in giro? «Non intendevo questo Jake. È che è un po’ che usciamo ma… da quella sera… la sera dell’arresto tu non… insomma… non mi hai più baciata. Nemmeno prima delle corse, come portafortuna..» Non posso credere di avergli detto sul serio di voler essere il suo bacio pre gara.
 
«Guarda che la storia del portafortuna era solo una scusa per baciarti!»
 
«Ah» Esclamo dubbiosa «e allora perché non l’hai più usata?»
 
Dal suo volto sparisce ogni malizia. «Amelia, tu mi piaci. Sei diversa e quando sto con te mi sento.. non so come spiegarti.. mi sento a casa. Mi sembra di conoscerti da sempre e sento di poter essere me stesso e poterti dire ogni cosa. Non voglio sbagliare con te.» Le ultime parole sono quasi un sussurro mentre poggia la sua fronte alla mia. «E poi Megan mi ha minacciato di tagliarmi entrambi i testicoli se ti faccio soffrire.» Ammette portando la mano sinistra a proteggere i tesori di famiglia con e facendomi scoppiare in una fragorosa risata. «Non voglio correre.» Ripete alla fine socchiudendo gli occhi.
 
«Ma non puoi nemmeno ingranare la retromarcia!» Gli suggerisco mordendomi il labbro inferiore così forte che potrei tagliarmi.
 
Jake alza la mano sinistra per accarezzare delicatamente la mia guancia e utilizza il pollice per liberare il labbro inferiore dalla tortura a cui l’avevo sottoposto. Istintivamente socchiudo gli occhi travolta dall’intensità del suo tocco e prima di potermene rendere conto sento le labbra morbide e carnose del ragazzo che amo da tutta la vita poggiarsi sulle mie. Un bacio dolce, gentile e apparentemente infinito. Tuttavia per me non è sufficiente.
Sento le sue braccia intorno ai miei fianchi e le mani sul fondo della mia schiena e rabbrividisco sotto il suo tocco. Schiudo le labbra aprendogli un varco verso l’interno della mia bocca sperando che lui colga il mio invito. Per un istante mi aspetto che si allontani ancora insicura che lui voglia realmente baciarmi, invece Jake fa scorrere la lingua intorno alle mie labbra, assaporandone il sapore, e dopo aver mordicchiato leggermente quello inferiore, approfondisce il nostro contatto infilando la lingua all’interno della mia cavità orale alternando piccoli tocchi a cerchi concentrici. Presa alla sprovvista dalla travolgente passione del suo contatto seguo i suoi movimenti cercando di baciarlo altrettanto bene mentre le mie mani scorrono sulla schiena muscolosa, accarezzando il delicato tessuto della sua camicia, fino alla sua testa. Lo sento chiaramente trattenere un gemito quando gli tiro leggermente i capelli.
 
«Non sai da quanto aspettavo di farlo» sussurra staccando brevemente le nostre labbra prima di riprendere a baciarmi con ancora più desiderio e io per un istante rimpiango di essere al Victrola circondata da centinaia di persone.
 
 
***
 
 
 
La mattina dopo passo tutte le prime quattro ore di lezione a ripensare a quello che è successo tra me e Jake, e sono sicura che le tre del pomeriggio non saranno da meno. Devo salvaguardare la mia sanità mentale ed evitare di pensarci almeno a pranzo.
Ottimi propositi, più facili a dirsi che a farsi. Meglio evitare sia Megan che Spencer, non  riuscirebbero a parlare d’altro. Che poi non c’è molto da dire: ci siamo solamente baciati, per quasi un’ora intera, ma ci siamo solamente baciati al centro della pista da ballo sotto gli occhi di tutti.
Senza pensarci ulteriormente prendo il telefono dalla borsa e digito velocemente una mail, pranzare fuori dal campus potrebbe essere un’ottima idea.
 
Esattamente mezz’ora dopo vengo raggiunta da Robert che si accomoda al mio tavolo dopo avermi schioccato un bacio sulla guancia. «Ciao Amelia, come stai? È da un po’ che non ci trovavamo più io e te! Sentivo la mancanza della mia amica.»
 
«Hai ragione, scusami.. è che sono stata molto impegnata ultimamente. Ieri ho avuto la prima parte del test e tra meno di due settimane toccherà alla seconda.» Inizio a giustificarmi stringendomi nelle spalle. In effetti ultimamente credo di averlo trascurato.
 
«E c’è Jake!» Esclama lui ridendo sornione.
 
Non posso fare a meno di annuire desolata. La sera del mio rifiuto gli avevo assicurato che non ero interessata al suo amico, ma poi le cose sono decisamente cambiate.
 
«Tranquilla Amelia, non c’è nessun problema. Siamo amici adesso io e te, e sinceramente sono rimasto colpito da lui. Ti avevo messa in guardia dal Jake donnaiolo ma sembra tenerci sul serio a te. E poi a me interessa un’altra adesso.» Alle ultime parole abbassa timidamente lo sguardo, come se mi stesse rivelando un grosso segreto.
 
Le sue parole mi sbalordiscono, non mi ero accorta che avesse conosciuto una ragazza e tantomeno che fosse così attratto da lei. «Sul serio? Chi è la fortunata? Come l’hai conosciuta? Vi state già frequentando?» lo tempesto di domande incapace di trattenere la curiosità.
 
«Ah ah, calma, calma. In realtà non sa nulla nessuno, nemmeno lei. Diciamo che la conosco da un po’ ma solo adesso mi sono scoperto attratto da lei» ammette stritolando nelle mani la salvietta con talmente tanta forza che ho paura che possa romperla. «In realtà siamo solo amici e sono il primo ad essere sorpreso di questo sentimento. Ultimamente ho avuto varie occasioni di starle accanto e mi sono ritrovato più volte incantato dal suo sorriso, dal suo corpo perfetto, dai suoi luminosi capelli, da lei insomma.»
 
I suoi occhi marroni si illuminano quando parla della misteriosa sconosciuta. Deve esserne molto attratto o addirittura innamorato.
 
«Sei la prima persona a cui lo dico, gli altri non capirebbero. E anche se inizialmente ne ho sofferto molto devo ringraziarti, è stato solo grazie al tuo rifiuto che mi sono riavvicinato a lei tanto da capire cosa provo. Ovviamente ho sempre pensato che fosse una ragazza stupenda e anche caratterialmente mi è sempre piaciuta però… come spiegarti? L’ho sempre considerata off- limits.»
 
«Off-limits?» domando incuriosita.
 
«Si! Non che fosse fuori dalla mia portata» scherza ridendo e sollevandosi il colletto della camicia azzurro chiaro «è stata a lungo fidanzata con un nostro amico e da quando loro si sono… lasciati… non so come spiegarti. Lei è cambiata. E per tutti noi lei è sempre stata la donna del nostro amico, anche quando non lo era più. Per questo è sempre stata off-limits» confessa imbarazzato.
 
Per quanto lui sia generico però a me non serve un nome per intuire quale sia la sua reale identità. Chi altri può essere se non Megan dal sorriso ammaliatore, dal corpo perfetto e dai capelli lucenti, Megan ex fidanzata di Scott. «Quindi nessuno di voi le si è mai avvicinato?» In fondo non ho mai saputo niente di ciò che è successo negli ultimi quattro anni e sono consapevole delle brutte abitudini di Jake di provarci con ogni bella ragazza che gli ronza intorno. E Megan non è solo bella, è meravigliosa. Improvvisamente mi ritrovo ad aver paura di una possibile relazione tra la mia migliore amica e quello che potrebbe essere il mio ragazzo. No! Lei non lo avrebbe mai fatto, né a me né tantomeno a Scott. Però ha caldamente evitato l’argomento Jake da quando sono partita, che mi abbia nascosto qualcosa?
 
«No! E nemmeno lei si è mai interessata, non solo a nessuno di noi, ma a nessun ragazzo. È sempre stata sola. SEMPRE!» mi confida desolato, quasi a voler ammettere che se anche lui si dichiarasse riceverebbe comunque un rifiuto.
 
«Megan non ha più avuto nessun ragazzo?» Gli domando incredula dimenticandomi di dover fingere di non aver intuito la vera identità della cotta di Robert. Il senso di colpa comincia a farsi strada nel mio stomaco. Come ho potuto non rendermi conto di questo suo isolamento sentimentale? Megan ha chiuso il suo cuore e non ha più permesso a nessuno di accedervi. Sapevo che soffriva ancora ma non immaginavo che ne soffrisse ancora così tanto. Anzi, credevo l’avesse superato. Di fronte ad un bel ragazzo non si è mai fatta alcun problema a manifestare un suo possibile interesse. In effetti ripensando a questi mesi trascorsi insieme, al Victrola, al The Racer, alla Columbia, non l’ho mai vista né avvicinarsi a nessuno né accettare le avance dei numerosi ragazzi che le fanno la corte ogni sera. Ma non mi è mai passato per la testa che fosse perché vuole restare sole né che questo suo isolamento perduri da anni.
 
Il volto di Robert si dipinge di un bel color peperone «Chi ti ha detto che si tratta di Megan?»
 
Cavolo… lui me ne parlava liberamente convinto che io non potessi capire. Scrollo le spalle in mia difesa. «Ho solo provato ad indovinare!»
 
«Si nota così tanto? Lei ha capito qualcosa?» La tensione è palpabile nella sua voce.
 
Agito le mani a palmo aperto davanti al volto per negare. «No, no. Almeno non credo. Diciamo che mi ha accennato qualcosa sulla sua precedente relazione e ho capito che parlavi di lei.»
 
Robert sgrana entrambi gli occhi sorpreso. «Deve considerarti veramente un’ottima amica. Megan non parla mai di Scott. Nessuno di noi in realtà parla più di quella storia.»
 
«Immagino di sì. Credo che abbia sofferto molto» sussurro abbassando lo sguardo, incapace di sorreggere il suo ulteriormente e temendo che possa leggere la verità nei miei.
 
«Si. Non è stato facile. Erano insieme da molti anni ed tutti eravamo convinti che si sarebbero sposati di lì a poco. Io avevo scommesso che sarebbero scappati insieme a Las Vegas appena compiuti diciotto anni. Poi quattro anni fa è finito tutto. E per colpa della sua migliore amica anche se Megan non sembra ostinarsi a giustificare le sue colpe. Non è stato facile per lei rialzarsi in piedi. Per fortuna Mia se n’è andata e non si è più fatta vedere.»
 
Ricevere un pugno in pieno viso da Robert mi ferirebbe meno male delle sue parole. Il suo tono trasuda odio puro. Se Megan sembra non avercela con me, lui non sembra dello stesso avviso. Come ho potuto anche solo immaginare che mi avrebbe perdonata? E come ha potuto perdonarmi Megan? È stata colpa mia, SOLO MIA.
 
«Per fortuna è andata via..» La mia è una semplice affermazione, una constatazione di come lui consideri una fortuna la mia fuga e che sia contento che io sia uscita dalle loro vite.
 
Lui prende la mia frase per una domanda «Si! Ha fatto le valigie ed è scappata in piena notte per andare Dio solo sa dove. Si pensa che sia andata dai suoi nonni paterni ma nessuno l’ha praticamente più sentita. Ha creato il disastro ed è scappata senza affrontare le conseguenze, ha lasciato tutti noi a soffrire e leccarci le ferite. A me non è mai piaciuta in fondo, ma Megan e Jake erano amici suoi e loro sono stati quelli che hanno sofferto di più. Fortuna che Jake, a differenza di Megan, la vede per quello che è. Ha detto chiaramente che non vuole più avere niente a che fare con lei.»
   
A me non è mai piaciuta.
 
È scappata senza affrontare le conseguenze.
 
Ha lasciato tutti noi a soffrire e leccarci le ferite.
 
Fortuna che Jake la vede per quello che è.
 
Ha detto chiaramente che non vuole più avere niente a che a che fare con lei.
 
Non posso dire a nessuno chi sono, ma in queste condizioni non posso nemmeno rimanere al loro fianco.
Ricaccio indietro le lacrime che fanno pericolosamente capolino sotto le mie palpebre socchiuse
 
«Scusami Robert, devo andare.» Poggio dieci dollari sul tavolo e mi alzo dalla sedia allontanandomi velocemente.
 
«Amelia dove vai? Non hai nemmeno finito il pranzo.» Urla Robert. La mia fuga l’ha preso talmente alla sprovvista che rimane seduto sulla sedia a vedermi correre verso l’uscita.
 
Devo sparire!
 
 
 
 
Messaggio di posta da Josh Neil. Martedì, ore 16.03. “Amelia stai male per caso? Non sei venuta a lezione.. Ti avviso che abbiamo entrambi preso trenta.”



 




Angolo autrice..

Ciao a tutti... Iniziamo con i ringraziamente.. Volgio ringraziare tutte voi che come sempre recensite ogni capitolo di questa mia storia.. 
Caramella81c, Amolaluna, Elly1611 (ex panta-rei), Mylark, Moiv, Mynameisalex, MartinaMellark e Grety01. Ma anche tutti gli altri che ogni tanto hanno avuto un pensiero per me!!! E ovviamente tutti voi che continuate a leggere, ad aggiungere la mia storia alle storie seguite, preferite o da ricordare..

Detto questo passiamo al capitolo che dividerei in tre parti...
1. Finalmente inizia a prendere piede il personaggio di Ryan Bass, viceprocuratore distrettuale.. Abituatevi alla sua presenza!!!
2. Finalmente Jake e Mia hanno avuto il loro primo momento love love..
3. Finalmente Robert ci ha svelato qualcosa sul passato di Mia.. Anche se ragazze mie è solo la punta dell'iceberg.

Spero che vi sia piaciuto. Il prossimo capitolo ormai è scirtto quindi verrà pubblicato sabato all'ora di pranzo... e mercoledì inserirò nella pagina su Facebook una piccola anticipazione :)

Voglio anticiparvi comunque che a breve, brevissimo la vera identità di Mia verrà scoperta!

Vi lacio di nuovo i volti dei miei personaggi e spero di avere presto un bel banner!!

XOXO 
Lachiaretta


Jake      Amelia / Mia       Ryan Bass     Megan        Robert      Spencer      Micheal       Jessica       Josh         Mr Crab      


 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 8 ***








Ciaooooooo
Cosa ne pensate del nuovo Banner???

Grazie Kiki Ellis!! <3

Veniamo a noi.. Eravamo rimasti con Mia che scappa via dopo che Robert le dice che nessuno di loro la perdonerà mai.

Vi lascio al nuovo capitolo!!




 
Capitolo 8
 
 



Mi rigiro nel letto incapace di prendere sonno. Le parole di Robert rimbombano ancora nella mia mente e da ore mi tormentano.
Non mi hanno mai perdonata e non lo faranno mai.
Cosa pensavo di risolvere fingendo di essere un’altra persona?
Io non sono Amelia, sono la vecchia Mia, e quando Jake, Robert e Josh lo scopriranno mi odieranno, non solo per il passato, ma anche per averli presi in giro per tutto questo tempo.
E Megan? Odierebbero anche lei! Perché mi ha perdonata? Perché non mi detesta anche lei?
La cosa migliore che posso fare per loro è sparire ed evitare che scoprano la verità su di me. In questo modo potrò sdebitarmi con Megan.
 
Dopo il pranzo con Robert sono tornata al dormitorio e mi sono chiusa nella mia stanza. Ho detto a Spencer di essere molto malata e lei per paura di essere contagiata e non potendosi permettere di stare a letto con gli esami in arrivo, ha preso la maggior parte delle sue cose e si è trasferita da Micheal. Da allora sono passati esattamente due giorni e non mi sono mai alzata dal letto, se non per andare al bagno. Tocco a mala pena il cibo che ogni tanto Spencer mi porta in camera. Mi limito a bere un po’ di acqua ogni tanto o la tisana che la mia coinquilina mi prepara una volta al giorno.
Il telefono ha squillato più volte invano. Non devo controllare per sapere che è Megan, a parte Spencer è l’unica ad avere il mio numero di cellulare. Ieri ha anche provato a bussare un paio di volte senza tuttavia ricevere risposta.
Ero stata chiara con Spencer. Deve dire a tutti che non sto bene e che non voglio essere disturbata.
 
Dopo tre giorni mi decido ad aprire la casella E.mail e controllare la posta.
 
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Martedì ore 15.23. “Ciao piccola. Ci vediamo stasera? Pensavo di uscire io e te da soli.”
 
Messaggio di posta da Robert Campbell. Martedì ore 16.48. “Amelia, tutto bene? Sei scappata via oggi. :(”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Martedì ore 22.30 “Amelia penavo di vederti stasera… o di sentirti almeno.”
 
Messaggio di posta da Robert Campbell. Mercoledì ore 9.15. “Ohi.. tutto bene? Ho saputo che stai male? Da come sei scappata credo che si tratti di dissenteria :). Scherzo.. Fammi sapere quando stai meglio così passo a prenderti con il tuo adorato Chocco – cappuccino.”  
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Mercoledì ore 12.41. “Ciao Amelia , ho saputo che stai male. Fammi sapere se hai bisogno di un infermiere?”
 
Messaggio di posta da Josh Neil. Mercoledì ore 15.17. “Ciao Amelia, come stai? Te li passo io gli appunti.”
 
Giovedì mi costringo a trascinarmi fuori dal letto e cambiarmi e portare il mio culo ulteriormente dimagrito a lezione per non rimanere troppo indietro. Infilo un paio di leggins e una felpa del campus, raccolgo i capelli a nido di cuculo in cima alla testa ed esco senza un minimo di trucco. Così conciata passo inosservata per quasi tutta la giornata, finché in corridoio non incrocio Robert. Prima che possa fermarmi giro a destra e corro via, ignorando la sua voce che urla il mio nome.
 
Messaggio di posta da Robert Campbell. Giovedì. Ore 11.48. “Amelia eri tu prima? Sono sicuro che eri tu. Ma non sono sicuro che tu stia bene perché eri vestita da casa e sei letteralmente scappata da me!”
 
Messaggio di posta da Megan Foster. Giovedì. Ore 12.27. “Mia tutto bene? Sono a pranzo con Robert e mi ha appena detto che sei fuggita da lui, ma soprattutto che avevi una felpa.”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Giovedì. Ore 18.56  “Ho fatto per caso qualcosa di sbagliato? Devo aver paura di vedermi arrivare Megan armata di forbici per togliermi i gioielli di famiglia.”
 
Messaggio di posta da Megan Foster. Giovedì. Ore 20.00. “Amelia per favore, mi stai spaventando. Rispondi.”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Giovedì. Ore 23.25 “Amelia ti prego non sto scherzando. Perché non mi rispondi più?”
 
 
E finalmente anche giovedì sembra essere passato.
Il problema più grande sarà la lezione di procedura in cui inevitabilmente dovrò incontrare Josh, anche se ho elaborato un piano infallibile. Sarò l’ultima ad entrare e la prima ad uscire, in questo modo potrò sedermi lontano da lui e scappare via senza doverci parlare.
 
Messaggio di posta da Josh Neil. Venerdì. Ore 10.13. “Perché sei scappata oggi dopo lezione? Pensavo di chiederti di studiare ancora insieme. Fammi sapere?”
 
Messaggio di posta da Robert Campbell. Venerdì. Ore 11.38. “Piccola non te la sei presa perché ti ho detto che mi piace Megan.. Vorrei ricordarti che sei stata tu a rifiutarmi.. Ah ah :) devo immaginare che in realtà sei innamorata di me?”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Venerdì. Ore 18.26. “Mi costringi a venire alla Eaton House.”
 
Fortunatamente leggo il suo messaggio appena in tempo per rientrare nella biblioteca in cui mi sono rinchiusa per l’intero pomeriggio. Che vada pure alla Eaton House, io non ci sarò.
 
Messaggio di posta da Spencer Prince. Venerdì. Ore 21.02. “Mia dove diavolo sei? Jake è stato allontanato dalla sorveglianza. Urlava il tuo nome e non mi ha creduto quando gli ho detto che non c’eri. Non so perché tu lo stia evitando ma ti avviso che la sua auto è ancora parcheggiata qui sotto.”
 
Messaggio di posta da Megan Foster. Sabato. Ore 07.33. “Mia cosa succede? Spencer mi ha appena raccontato di ieri sera e dice che non sei nemmeno tornata stanotte? Sono preoccupata!”
 
Messaggio di posta da Jake Haiden. Domenica. Ore 14.00. “Amelia se non volevi più vedermi bastava dirlo!”
 
Rileggo tutti i messaggi ricevuti negli ultimi cinque giorni e sono un colpo al cuore.
Jake mi ha aspettato quasi tutta la notte fuori dalla Eaton House per parlarmi e io ho passato l’intera notte chiusa in biblioteca. La mattina seguente ho trovato Megan e Spencer sedute sul mio letto ad attendermi, decise a non lasciarmi una via di fuga.
 
«Adesso ti siedi e ci spieghi cosa sta succedendo!» Sbraita Megan irritata dai miei giorni di silenzio.
 
«Megan cosa vuoi? Sto preparando un esame e non ho bisogno di distrazioni.»
 
«Ok, posso capire che per te sia così importante l’esame ma non vuol dire che devi sparire tagliando fuori tutto e tutti. Non di nuovo.» I suoi occhi si riempiono di lacrime, la sto facendo ancora soffrire.
 
«Hai ragione Megan ma mi devo concentrare e ho bisogno di stare da sola. E a quanto pare non volete capirlo.»
 
«Se solo avessi risposto anche ad uno solo dei nostri messaggi lo avrei saputo e non ti avrei disturbata.» Urla esasperata passandosi le mani tra i capelli. Una lacrima ricade incontrollata lungo la sua guancia.
 
Vederla così mi spezza il cuore. «Hai ragione Megan. Scusami. È che ho solo bisogno di tempo. È tutto così difficile.»
 
«E Jake? Ti ha aspettato tutta la notte. Perché lo stai trattando così?»
 
«Oh beh. Non credo di dovermi fare troppi problemi per Jake. Lui non è mai stato un santo, e non solo con me. Adesso capirà cosa vuol dire essere usato.» Non credo alle mie orecchie quando sento la mia stessa voce pronunciare quelle orribili parole. In quale angolo della mia mente sono riuscita a scovarle? E quel dono indignato?
 
«è per questo che lo hai fatto? è per questo che sei tornata qui, bellissima? Per conquistarlo e spezzargli in cuore come lui ha spezzato il tuo? È stata solo una vendetta?» Rimango in silenzio incapace di rispondere alla sua accusa. «Non voglio credere che tu sia diventata così meschina Mia. Chiamami quando il tuo cervello deciderà di tornare tra noi. Fino ad allora ti lascerò in pace con i tuoi libri.»
 
Da allora non l’ho più né vista né sentita. È dura e so che sta soffrendo tanto quanto me ma lo sto facendo per lei. Non merito un’amica come lei.
Come sempre raggiungo l’aula di procedura esattamente un minuto dopo il cambio dell’ora. Josh sembra essere tornato al suo stato di diffidenza dopo avermi vista per giorni scappare da lui e non credo che cercherà di parlarmi, ma preferisco non correre rischi. Ormai manca poco meno di una settimana al secondo test e una volta finito il corso non sarà più costretta a vederlo tutti i giorni, sempre che non venga assegnato ad entrambi lo stage, perché in questo caso sarò proprio nella cacca. Questa mattina però al mio ingresso in aula non trovo i soliti occhi rabbiosi del Professor Collins ad accogliermi, ma quelli radiosi del bellissimo viceprocuratore Ryan Bass.
 
«Buongiorno signorina River, si accomodi pure.» Mi indica un posto in prima fila dipingendosi un sorriso smagliante sul volto. È tornato ad un formale Lei. «Come vi stavo spiegando il professor Collins oggi sarà assente e mi ha chiesto di tenere lezione al posto suo, tuttavia non ho proprio voglia di fare l’insegnante e pensavo di farvi vedere un film determinante per questa materia. “La Giuria” tratto dall’omonimo romanzo di Josh Grisham»
 
Con queste parole si guadagna un fragoroso applauso da parte di più della metà dell’aula, mentre l’altra metà, ovvero le ragazze, sembra pronta a sfilarsi le mutandine e lanciargliele addosso.
Ryan quindi posiziona il videoproiettore e spegne le luci. Nell’istante in cui lo vedo dirigersi verso di me focalizzo di essere accanto ad uno dei pochi posti vuoti della classe. Che mi abbia indicato quella sedia per questo? Si accomoda al mio fianco e avvicina leggermente strisciando rumorosamente le gambe della sedia sul pavimento. Posso chiaramente sentire tutti gli occhi puntati su di noi, compresi quelli di Josh, e so cosa sta pensando.
 
«Ciao Amelia. Come già saprai hai ottenuto il massimo al test. L’ho corretto personalmente e farò altrettanto con il prossimo. Studia mi raccomando, mi dispiacerebbe molto dover assegnare lo stage ad altri studenti.» Sussurra avvicinandosi al mio orecchio senza rendersi conto di aver magnetizzato l’interesse di tutta l’aula.
 
Cerco di allontanare il capo il più possibile da lui «Farò del mio meglio Dott. Bass. In fondo è un premio per i più meritevoli.»
 
«Ti ho detto di chiamarmi Ryan. Fammi sapere se qualche argomento ti è poco chiaro, sarò felice di darti una mano» e nonostante il buio dell’aula posso cogliere il suo smagliante sorriso.
 
Rimane al mio fianco per tutta la durata del film, commentando le scene, secondo il suo parere, più cruciali. Il modo in cui viene costruita la difesa, in cui viene pianificata l’accusa e in particolare il processo attraverso il quale la giuria elabora il suo verdetto. È veramente uno dei film più belli mai girati in materia penale e devo ammettere che è illuminante. E lui sembra conoscerlo molto bene. La sua presenza al mio fianco mi tiene sulle spine e quando si volta per far sentire i propri commenti a tutta la classe, con un gesto che potrebbe sembrare del tutto casuale ma che credo che di casuale non abbia proprio nulla, poggia una mano sulla mia spalla, stringendola delicatamente e lanciandomi addosso una serie di potenti scariche elettriche. Inizio a temere di vincere lo stage.
 
Sfortunatamente il film è più lungo del previsto e io non riesco a sfuggire come mio solito in tempo dall’aula. In particolare da Josh che per sorpassarmi mi urta violentemente la spalla con la sua, spingendomi per uscire per primo.
 
«In un modo o nell’altro immagino che arriverai prima vero? Ti passerà le domanda prima?» Borbotta maligno facendo sghignazzare le due ragazze che lo seguono.
 
«Finiscila Josh. Sai che non è così.» Sbotto, ma lui sta già attraversando il corridoio a grandi passi allontanandosi da me.
 
 
 
Passo anche la settimana seguente chiusa tra le aule di lezione e in una delle tante biblioteche del campus a studiare fino a tardi. Evito accuratamente i corridoi durante i cambi dell’ora e la mensa in pausa pranzo. L’unico che sembra non rinunciare a cercarmi è Robert che sembra sentirsi la causa del mio cambiamento. In più ora che Megan gli ha ammesso che abbiamo discusso mi tormenta per capire cosa sia successo e trovare un modo per riappacificarci. La maggior parte delle volte lo ignoro, ma ogni tanto rispondo a qualche sua mail ricordandogli che entro pochissimi giorni dovrò sostenere un esame importante e che quello che riguarda me e Megan è un problema nostro. Prima o poi si stancherà di cercarmi.
 
Unico lato positivo di questa mia pazzia è che arrivo alla data del secondo test preparatissima.
 
Mi siedo in prima fila e attendo che il professor Collins, come suo solito, dopo le innumerevoli ramanzine e avvertimenti, consegni i fogli del test. Ovviamente conosco ogni singola risposta e, come la prima volta, poco dopo che sia scoccata la fine della prima delle due ore che ci sono state concesse, ho già finito di rileggere l’intero elaborato. Prima di uscire alzo fugacemente lo sguardo verso Josh, l’altra volta ci aveva impiegato tanto quanto me a terminare, invece questa volta non sembra aver ancora terminato la terza facciata. Non so il perché, ma mi dispiace per lui.
 
Esco dall’aula e mi dirigo in caffetteria. Dovendo evitare i cambi dell’ora è da molto tempo che non bevo uno dei miei adorati chocco – cappuccini. Mi siedo su uno degli sgabelli alti vicino al bancone e ordino la mia brodaglia.
 
«Dovrò ricordarmi quello che bevi.» una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare così violentemente che rischio di cadere dalla sedia, fortunatamente due mani forti mi circondano entrambe le braccia e mi trattengono. «Scusa non volevo spaventarti.»
 
«Dott. Bass… è che non mi aspettavo di incontrare nessuno.» Rispondo accaldata per quel suo abbraccio che perdura nonostante io abbia ritrovato il mio equilibrio.
 
Ryan Bass avvicina il mento alla mia spalla e con voce dannatamente seducente sussurra «Io invece sapevo benissimo dove incontrare te. E ti ho detto di chiamarmi Ryan.» Poi come se niente fosse lascia la sua presa e si sposta sullo sgabello accanto al mio ordinando un macchiato alla cannella. «Quindi choco-cappuccino?»
 
Alzo un sopracciglio divertita. «Ryan se avrò superato il test sarò io la stagista. Dovrò portarti io il caffè, non il contrario.»
 
«Come è andato il compito?» Risponde ignorando la mia battuta. Discutiamo delle domande e delle mie risposte e giungiamo alla conclusione che dovrei aver superato anche questo test con quasi il massimo del punteggio. «Solo in due avete ottenuto il massimo dei voti, se avrai risposto esattamente anche a tutte le domande di oggi posso già dirti che sei stata ammessa allo stage.»
 
«Dovrei essere io ad esultare, non tu. E aspetterei di vedere la correzione prima di cantare vittoria.» Scherzo pacatamente sorseggiando la mia bevanda.
 
«Ti ho già detto che mi dispiacerebbe molto non vederti gironzolare per la procura tutti i giorni Amelia, quindi spero vivamente che tu abbia risposto correttamente a tutte le domande.»
 
«Beh i risultati usciranno tra un paio di giorni. Incrocia le dita allora.» Alzo la mano destra con  l’indice e il medio incrociati e gliela sventolo davanti agli occhi.
 
«Ma potremmo saperlo anche subito. Inizio adesso la correzione e potrei iniziare proprio dal tuo.»
 
Nonostante ogni mio rifiuto e opposizione Ryan afferra il mio polso destro e con estrema facilità mi trascina nuovamente verso l’aula di procedura per visionare subito il mio test. Fortunatamente tutti gli studenti sembrano aver finito e l’aula è completamente deserta. Sfila dalla tasca destra dell’elegante pantalone grigio una piccola chiave e la inserisce nella toppa di uno dei cassetti della scrivania estraendone una quarantina di usobollo. Partendo dall’ultimo, alias il primo consegnato, trova immediatamente il foglio con scritto il mio nome. Estrae dal taschino la sua Mont Blank e inizia silenziosamente a scorrere le mie risposte.
Terminato il primo foglio mi sorride smagliante. «Fin qui direi che è tutto giusto.»
 
«Lo sai vero che non puoi fare favoritismi e che il professore dovrà confermare il tuo voto?» Mi manca solo che lui mi dia il massimo dei voti ingiustamente.
 
«Tranquilla Amelia, anche se per te farei qualche favoritismo, le tue risposte sono praticamente perfette. Anche volendo non ce n’è bisogno.» Contenta del mio risultato mi concentro con lui sulla seconda pagina del mio elaborato.
 
 «Amelia hai finito il test?» La porta dell’aula viene spalancata con irruenza alle nostre spalle e un ragazzo fa irruzione all’interno dell’aula.
 
«Ma che modi sono questi? È un'aula e si bussa prima di entrare.» Ryan alza la voce irritato sbattendo entrambi i pugni sul tavolo.
 
«Non mi pare che ci sia una lezione in corso e lei non assomiglia al Professor Collins, quindi non credo di aver interrotto nulla. Amelia se hai finito il test avrei bisogno di parlarti.»
 
«Non credo di averla mai vista, lei non frequenta questo corso!» Ryan scruta lo sconosciuto ragazzo che mi fissa, determinato a non uscire da solo dall’aula.
 
«Se per questo non frequento nemmeno questa università. Sono qui solo per Amelia. Se hai finito il test, ti prego di venire con me.» Negli occhi di Jake posso leggere la sua supplica. «Ho bisogno di parlarti.» Non se ne andrà mai senza aver parlato con me.
 
«Dott. Bass, la ringrazio, ma attenderò come tutti la pubblicazione dei risultati.» E con queste parole mi congedo da lui raggiungendo Jake Haiden e invitandolo con un cenno del capo a precedermi fuori dall’aula.
 
 
 
 
«Si può sapere cosa ti è preso?» Sbotto appena richiudo la porta dietro le mie spalle.
 
«Cosa mi è preso? Diavolo sono due settimane che mi eviti perché dovevi studiare per questo maledetto test. L’hai fatto! Adesso avrai un po’ di tempo?» Esasperato, ecco cos’è, esasperato.
 
Abbasso lo sguardo per non incrociare i suoi occhi. «Jake in realtà… Si, tempo ne ho adesso, ma non credo sia più il caso di uscire insieme.»
 
«Non credi sia più il caso? Non ci credo. È quella pantomima che hai inscenato al Victrola? Cos’era? Pensavo significasse qualcosa anche per te.» Pantomima? Pensa che l’abbia preso in giro. No Jake.. Io volevo sul serio stare con te, ma non posso.
 
«Oh insomma Jake, è stato solo un bacio. Non ti ho promesso amore eterno!» Le parole escono maligne dalla mia bocca, lo stesso tono che per anni sentivo usare da lui quando lasciava le sue conquiste dopo una notte di fuoco. Quella strana luce che vedo lampeggiare nei suoi occhi mi fa intuire che devo aver centrato il bersaglio, ho ferito il suo orgoglio.
 
«Non ci posso credere. Di solito sono io che dico queste cose per allontanare le ragazze da me, mai avrei creduto che sarebbe stata una ragazza a scaricarmi.» Jake esasperato si passa entrambe le mani tra i capelli. «È per il bel dottorino vero?» Urla indicando la porta alle mie spalle.
 
«Ma cosa stai dicendo? E abbassa la voce!» Lo intimo sperando invano che Ryan non stia origliando la nostra conversazione.
 
«Josh me l’ha detto sai? Mi ha raccontato dei vostri incontri. Vuoi uscire con lui adesso? Lo fai per lo stage?»
 
Non posso credere che mi stia accusando anche lui. La rabbia pervade il mio corpo e prima di rendermene conto il mio palmo si scontra violentemente con la sua guancia. Uno schiaffo degno di un film, con tanto di effetto sonoro e inclinazione laterale del viso. Jake sembra metterci qualche secondo a metabolizzare quello che è successo ma appena la situazione torna chiara ai suoi occhi afferra la mia mano ancora bloccata in aria e premendo sulla spalla opposta mi spinge verso il muro bloccandomi con il suo corpo. «Allora è così? Mi stai lasciando per lui?»
 
Prima che io possa dire anche solo una parola Ryan, sicuramente attirato dai nostri toni, spalanca la porta accanto a noi e, spingendo Jake lontano dal mio corpo, mi si para davanti facendomi da scudo con il suo corpo.
 
«Credimi se ti dico che è meglio per te se ne stai fuori» Lo minaccia Jake incenerendolo con lo sguardo.
 
«Non ti rivolgere a lui così. È pur sempre il viceprocuratore distrettuale» Grido a Jake sperando che si tranquillizzi. Non vorrei che la lite terminasse in questura con l’arresto di Jake per aver messo le mani addosso ad un pubblico ufficiale.
 
«Non ti preoccupare Amelia» mi sussurra accarezzandomi dolcemente la spalla dolorante per lo scontro con Jake «Quanto a te invece ti conviene calmarti. Mi sembra che la signorina non abbia piacere a continuare questa discussione quindi sei pregato di andartene.» Termina la frase rivolgendosi per la prima volta al mio amico.
 
«No! Tu devi andartene.» Vedo chiaramente le mani di Jake stringersi a pugno e non posso permettermi che la situazione degeneri. Sguscio sotto il braccio di Ryan e torno davanti a Jake alzando le braccia per difendermi da un possibile attacco.
 
«No Jake, sei tu che devi andartene. Per piacere. Sei troppo agitato adesso, ne riparleremo quando ti sarai calmato.» Cerco di usare un tono pacato per evitare di agitarlo ancora di più. Del tutto inutilmente.
 
«Calmato? Calmato?» Ripete come se avesse appena perso la ragione. «Ma vaffanculo! Ti credevo diversa e avevo ragione. Sei proprio una stronza.»
 
All’ennesimo insulto mi spinge contro Ryan e si allontana velocemente. Appena scompare dalla mia vista svoltando nel corridoio di destra mi lascio crollare al suolo, mentre alcune lacrime, nonostante tutti i miei tentativi di trattenerle, sfuggono al mio controllo e si riversano sulle mie guancie.
 
«Vieni Amelia. Torniamo in aula e terminiamo di correggere il tuo compito.» Mi si rivolge dolcemente l’uomo alle mie spalle accarezzandomele entrambe.
 
In risposta scuoto la testa. «Ti ringrazio Ryan, ma attenderò come tutti i risultati.» E senza nemmeno salutarlo, sollevo da terra la mia borsa e a passi spediti ritorno alla Eaton House.
 
Attraverso di corsa il salone principale ignorando l’espressine delle mi compagne che mi fissano preoccupate. Adesso le lacrime escono copiose dai miei occhi e dalle grosse macchie nere che mi ritrovo su entrambe le mani quando cerco di asciugarle posso intuire di avere il trucco completamente sbavato. Apro a fatica la porta della mia camera e mi distendo sul letto abbandonandomi a dolorosi singulti e ignorando la voce di Spencer che mi chiama. Come ho potuto ferire Jake in quel modo. Come ho potuto dirgli quelle malignità. Lui teneva a me, credeva che tra noi ci fosse qualcosa di serio, e c’era ma io ho rovinato tutto. Ma cosa potevo fare? Non posso continuare per sempre a fingere di non essere Mia, prima o poi la verità sarebbe venuta a galla.
 
L’ho perso sul serio per sempre.
 
Dall’interno della mia bolla sento una voce aggiungersi all’interno della stanza. Megan! Deve averla chiamata Spencer.
 
«Mia cosa hai combinato? Mi ha appena chiamata Jake dicendomi di non osare più portarti nel suo locale o al The Racer. Cosa è successo?»
 
Afferro la salvietta che Spencer mi sta porgendo per soffiarmi il naso con forza. «Gli ho detto che non voglio più vederlo.»
 
«Ma se ci stai così male perché l’hai fatto? Non ci credo che fosse solo un modo per vendicarti di lui.» Megan scuote il capo a destra e sinistra incapace di comprendere il mio gesto, mentre Spencer mi aiuta a mettermi seduta.
 
«Perché?» Le domando tra i singhiozzi. «Perché Robert mi ha detto cosa tutti pensate di me, di Mia. Mi ha detto che ancora accusate me per quello che è successo e che nessuno vuole avere niente a che fare con me, in particolare Jake.»
 
Megan si copre la bocca con la mano destra cercando di sopprimere un gemito. «Mia non è proprio vero…»
 
«Lo sai benissimo anche tu che la colpa è solo mia e non capisco come tu possa avermi perdonata?» Urlo facendo scoppiare a piangere anche lei.
 
«Tu sei la mia amica e io so che … non volevi.» Singhiozza.
 
«No! Megan! No che non volevo, ma è successo e non posso cambiare il passato. Non posso continuare a fingere di essere un’altra persona e non posso dire a nessuno chi sono. Anche adesso sto continuando a farvi del male. Tu sei distrutta. Jake.. oddio tu non hai visto la sua faccia. Da oggi taglierò ogni rapporto con tutti loro e non mi farò più vedere, e se tu non accetterai la mia decisione chiuderò anche con te.» Sentenzio alla fine.
 
È la decisione più giusta. Prima o poi si dimenticheranno di Amelia e nessuno soffrirà più a causa mia.



 

:(
Che tristezza...
Che sia finita tra Jake e Mia?

Voi pensate che abbia preso la decisione più giusta Mia?

Chissà cosa succederà adesso... Io ovviamente lo so e a qualcuno l'ho già spoilerato quindi vi lascio una piccola anticipazione, solo poche righe e non perdetevi quella che posterò martedì sulla pagina FB.

xoxo



«Sei o non sei Mia River? Quella Mia River?»
 
Serro le labbra mordendomi l’interno della guancia, cercando di trattenere le lacrime.
 
«RISPONDI CAZZO RISPONDI.»
 
 


 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 9 ***






Ciao!!
Solo un appunto:
le parti in corsivo sono flah / ricordi, non una parte del testo.
Le troverete in due punti, mentre Mia parla al telefono con Spencer e quando mia ricorda un evento del suo passato.
Buona lettura!!!



 
Capitolo 9
 




Megan sembra aver accettato la mia posizione, da quella sera non ci sono più state uscite di gruppo. Non fingerò più con nessuno e anche le mie amiche non saranno più costrette a farlo.
Ieri mattina ho incrociato Robert ma non me la sono sentita di scappare. Lui mi si è avvicinato titubante e mi ha salutata. Ho risposto al suo saluto continuando a percorrere la mia strada e lasciandolo interdetto. D’ora in poi sarà così per sempre.
 
Negli ultimi giorni sono venuta a conoscenza di parecchie voci che girano sul mio conto. Posso sentire chiaramente i sussurri delle ragazze su come io sia stata stronza con Jake, alcuni indignati per averlo fatto soffrire, altre esultanti per avergli finalmente fatto capire cosa vuol dire essere usati. Per i ragazzi invece sono praticamente diventata una Dea: mi chiedono continuamente di potermi poratre i libri, di scortarmi a pranzo, di uscire la sera. Ovviamente rifiuto ogni loro avance.
Ci sono poi alcune chiacchiere molto fantasiose, alcune delle quali coinvolgono anche il procuratore Ryan Bass.
C’è chi dice che Jake mi abbia trovata in aula in atteggiamenti intimi con l’uomo, altri che giurano di aver sentito che ci stavo facendo sesso sopra la scrivania, con le mie “splendide” chiappe poggiate sui test appena ultimati. Altri ancora sostengono che io abbia chiesto a Jake di fare una cosa e tre e che la nostra separazione sia dovuta alle prestazioni nettamente superiori del Dott. Bass. Le voci più maligne infine raccontano che i due ragazzi, improvvisamente attratti dalla rispettiva bellezza, abbiano iniziato ad amoreggiare tra di loro lasciandomi in un angolo ad osservare la scena.   
Tutto ciò è assurdo eppure sembra che l’intero campus non riesca a parlare d’altro.
 
Tali voci sembrano inoltre aver attirato l’attenzione del professor Collins che ha voluto rivalutare personalmente ogni singolo compito ritardando di oltre una settimana la pubblicazione dei risultati, che dovrebbe avvenire questo pomeriggio.
 
Cammino veloce lungo i corridoi fingendo di non ascoltare i commenti maligni che ancora non mi hanno abbandonata e arrivo in aula giusto mentre il prof sta appendendo i risultati alla parete.
 
«Signorina River. Sarà lieta di sapere che ha ottenuto punteggio massimo in entrambi i test, nonostante io abbia personalmente riletto i suoi compiti ben due volte. È molto preparata nella mia materia e fortunatamente per lei io devo valutarla solo sotto quest’aspetto.»
 
Simpatico come sempre.
 
«Lei, il Signor Neil e la signorina Morgan sarete convocati in procura lunedì prossimo per iniziare lo stage. Cerchi di portare rispetto per quell’istituzione.»
 
Annuisco in silenzio, mordendomi la lingua per non ribattere con parole che potrebbero offenderlo, devo ancora sostenere l’esame orale. Ovviamente lui crede a tutte le chiacchiere, e precisamente alle più maligne che coinvolgono anche il giovane procuratore. Qualunque cosa io dica non credo cambierebbe idea sul mio conto.
 
Chissà se sono arrivate anche alle orecchie di Ryan.
 
Saputo il risultato del test posso finalmente tornarmene alla Eaton senza dover incontrare nessun altro. Peccato non poter gioire per il mio successo, io non ho nessuno con cui poter festeggiare. Entro in camera ripensando a Josh e alla consapevolezza che non potrò più sfuggirgli per l’intero mese. Lavoreremo gomito a gomito e saremo costretti a parlarci.
 
Lascio la borsa sul letto e scendo a prepararmi una tisana calda, da accompagnare ad una buonissima fetta di torta. In fondo me la merito.
Dopo poco più di dieci minuti ritorno in camera e mi siedo sul letto accendendo la tv. Sono proprio una sfigata penso tra me e me. Perfino quella secchiona brufolosa di Susan Morgan sarà in giro a bere per festeggiare il traguardo raggiunto.
 
Il telefono ancora all’interno della borsa fa risuonare la voce di Pink all’interno della stanza. Lo tiro fuori e controllo il nome su display.
 
SPENCER PRINCE
 
Probabilmente la mia amica vorrà congratularsi penso allegra premendo l’immagine del tasto verde di risposta sul display.
 
“Mia dove diavolo eri? È la quarta volta che provo a chiamarti!” La sua voce risuona attraverso l’apparecchio carica di tensione.
 
“Calmati Spencer. Cosa succede?” Le domando preoccupata per il suo tono di voce.
 
“Un disastro Mia. È successo un disastro, perdonami.” Singhiozza. Sta sicuramente piangendo o è sull’orlo di scoppiare in lacrime. Per cosa dovrei perdonarla?
 
“Calmati Spencer. Dimmi cos’è successo Spencer. Con calma.” La incoraggio sperando di riuscire a farla parlare.
 
“Ero nel campus e girava voce che fossero usciti i risultati del tuo test. Allora sono entrata nell’androne A verso il dipartimento di diritto. Nei corridoi ho incontrato Josh, Robert e Jake e siamo andati a vedere i quadri. Tu sei attivata prima e Josh secondo.” Piagnucola.
 
“Lo so Spencer, sono già stata a vedere i quadri.” Che sia in ansia per lo stage insieme al ragazzo?
 
“Ti conviene dirle tutto. SUBITO” Una voce maschile in sottofondo, Josh se non sbaglio.
 
“Cosa sta succedendo?” Cosa fa Josh ancora con lei, e soprattutto perché mi sta chiamando Mia se non è sola?
 
“Ero così contenta per te che ho urlato. È stato più forte di me. Stavo esultando e ti ho chiamata Mia.”
 
Rimango in silenzio mentre la mia amica mi illustra ciò che è appena successo nei corridoi della Columbia.
 
 
«Aaaaa. Guardate Mia è arrivata prima!» Esclama la ragazza indicando con l’indice perfettamente smaltato di rosa il quadro appeso alla parete.
 
“Mia i ragazzi stavano fissando il cartellone complimentandosi con Josh per il secondo posto, ma alle mie parole si sono concentrati sul tuo nome. E Jake non faceva altro che ripeterlo”
 
«Amelia River? Amelia River? Mia? Mia River?»
 
“Prima che potessi dire qualcosa per riparare alla mia gaff mi ha voltato le spalle e ha cominciato a correre. Robert continuava a guardarmi sconcertato e a chiedermi se è era un cattivo scherzo. Non sono riuscita a dire più nulla e quando Josh ha capito che era la pura verità ha obbligato Robert a seguire Jake e cercare di fermarlo. Mia scusami. Non volevo.”
 
Siedo sul letto immobile, mentre la mia tisana, che a circa metà del racconto mi è sfuggita di mano, sta inzuppando l’intero piumone.
 
Mi hanno scoperta.
 
“Mia, Mia. Sei ancora in linea?” La voce di Spencer arriva alle mie orecchie ma non riesco ad emettere un solo suono. “La sento respirare ma non mi risponde.” Dice parlando con qualcun altro, probabilmente  Josh,
 
“Dai qua” La voce di Josh mi giunge improvvisamente più vicina. “Mia, non voglio sapere perché l’hai fatto ma Jake sta venendo alla Eaton House. Ascoltami bene ha troppo vantaggio su Robert, non riuscirà a fermarlo. Noi stiamo per arrivare ma tu vattene da lì.”
 
Senza farmelo ripetere aggancio la telefonata e, dopo essermi infilata le ballerine, mi alzo dal letto lasciando cadere al suolo la tazza che si infrange in decine di pezzi. Apro la porta ed esco ma riesco a fare appena un paio di passi nel corridoio prima di essere letteralmente investita dall’uragano Jake che mi riporta a forza dentro la stanza e chiude la porta dietro le sue spalle.
Quando sento la chiave girarsi all’interno della toppa capisco di essere spacciata.
Il respiro pesante per aver corso a perdifiato attraverso l’intero campus.
 
«Dimmi che non è vero. Dimmi che non sei lei.» La voce distorta dall’assenza di ossigeno per la pesante corsa. Come al suo solito si passa la mano destra tra i capelli sudati spettinandoli, resistendo all’istinto di guardarsi intorno e mantenendo lo sguardo fisso nei miei occhi.
 
E adesso cosa gli rispondo? La paura mi blocca sul posto paralizzandomi sia gambe che braccia.
 
«Rispondi!» Il suo tono si alza di un paio di decibell, mentre lui si avvicina di un paio di passi. Di riflesso indietreggio per mantenere le distanze tra noi. Il suo volto è viola per la rabbia, i suoi occhi iniettati.
Con uno scatto da fare invidia a qualunque felino mi raggiunge e afferra entrambi i miei polsi stringendoli con talmente tanta forza che gemo per il dolore.
 
«Sei o non sei Mia River? Quella Mia River?»
 
Serro le labbra mordendomi l’interno della guancia, cercando di trattenere le lacrime.
 
«RISPONDI CAZZO RISPONDI.»
 
Provo a divincolarmi ma la sua presa è così salda da rendere vano ogni mio tentativo.
È troppo arrabbiato e io sono in trappola.
 
Qualcuno bussa alla mia porta. «Jake apri.» Grida Robert battendo entrambi i pugni sulla porta chiusa.
 
«Robert!» Grido guardando lo strato di mogano che mi separa da lui, nella vaga speranza di poterla dissolvere con lo sguardo.  
 
Jake invece ignora la richiesta dell’amico e non sposta gli occhi, lividi di rabbia, dai miei. «RISPONDIMI» grida ancora una volta.
 
«Cazzo vuoi aprire? Qualcuna di voi ha una maledetta chiave per aprire questa porta?» Intorno a lui devono essersi raggruppate le mie compagne attirate dalle urla.
 
«No! ce l’hanno solo Amelia e Spencer.» Gli risponde una ragazza.
«Ma giù ce n’è una copia.» Interviene un’altra voce.
 
«Cosa aspetti? Corri a prenderla!» Urla Robert mentre con la mano cerca di sforzare la maniglia spingendola prima verso il basso e poi verso l’alto. «Per favore, non fare cavolate» Prega l’amico attraverso il sottile strato di legno che ci divide.
 
Jake si volta verso la porta fissandola attentamente. Tra meno di un paio di minuti Robert entrerà e lui lo sa. Devo resistere.
 
«Se non vuoi dirmelo con le buone lo scoprirò con le cattive.» Minaccia e l’espressione maligna che posso leggere sul suo volto mi spaventa. Cosa ha in mente.
 
Senza lasciare i miei polsi mi spinge finché il retro delle mie ginocchia colpisce il bordo del letto e io ci crollo sopra. Jake approfitta della mia posizione e mi blocca distesa con il peso del suo corpo mentre le sue mani raggiungono il bordo del mio abito e lo sollevano fin sopra la vita.
 
“ROBERT AIUTAMI! Urlo tra le lacrime, divincolandomi, scalciando, tirando pugni in aria.
 
«JAKE, JAKE. PER FAVORE APRI QUESTA PORTA E PARLIAMONE. NON TOCCARLA» Anche Robert sembra terrorizzato.  Conosce bene Jake e sa anche lui che è del tutto imprevedibile.
 
«Eccomi» In lontananza la voce di una ragazza. Probabilmente quella che era scesa a prendere la chiave.
 
Il rumore della chiave nella toppa mette ancora più fretta a Jake che afferra l’elastico del collant nero e lo tira con tanta forza da strapparmeli di dosso e facendomi urlare per il dolore e per la paura.
Cosa vorrà farmi?
 
Robert finalmente spalanca la porta e dopo un attimo di interdizione, corre verso di noi. Jake però non si muove più, sta guardano la metà inferiore del mio corpo coperta solo dal sottile strato di stoffa della mia biancheria intima. Il moro si lancia sull’amico afferrandolo per le braccia e cercando di togliermelo di dosso. Mossa del tutto inutile visto che Jake riesce facilmente a respingerlo colpendolo in pieno volto con il gomito, prima di allungare la mano verso il bordo delle mie mutandine.
Inspiro profondamente serrando gli occhi incapace di dire o fare alcunché. Non avrà intenzione di spogliarmi davanti a Robert e quasi l’intera Eaton House.
 
Persino Robert rimane immobile al suolo ad osservare il suo amico, gli occhi e la bocca spalancati per lo stupore.
 
«Jake cosa cazzo fai?» Urla Megan che entra di corsa nella stanza, anche lei però sembra bloccarsi di fronte alla raccapricciante scena di Jake che sovrasta il mio corpo semisvestito.   
 
Sento le sue dita afferrare l’elastico nero e urlo a squarciagola sicura di vedermi denudare nel giro di pochi istanti. Che sia questa la sua minaccia per indurmi a rivelare la mia vera identità? Ed è quello che vorrei fare, urlargli che sono io pur di farlo smettere, ma la voce sembra avermi abbandonato con quell’ultimo urlo lasciandomi paralizzata ed inerme sopra il mio copriletto rosa bagnato di tisana alla liquirizia.
Jake Haiden però invece di togliermi l’indumento intimo, sposta uno dei bordi di alcuni centimetri scoprendo solo una piccola parte di me che non ricordavo quasi più di avere. Un vecchio tatuaggio ormai sbiadito. Una scritta sottile.
 
Forever.
 
 
 
 
SEI ANNI PRIMA
 
 
“Un tatuaggio? Ne sei sicura Mia? Tua madre ti ucciderà?” Jake ride divertito.
 
“Ma sì. Lo faremo in un punto non visibile! Non avrai paura tu di essere scoperto?”
 
“Ah ah. Ti ricordo che io ho già tre tatuaggi.”
 
Sgrano gli occhi per lo stupore. “Non lo sapevo. Dove?”
 
Solleva la maglia mostrandomi i suoi addominali perfetti e sulla destra del petto perfettamente depilato una non troppo piccola croce celtica. “Gli altri però non te li posso far vedere. Già sembri parecchio accaldata solo per aver visto questo!” Ride sonoramente ricoprendosi l’addome e permettendomi di riprendere a respirare.
 
“Quindi sono in una parte più … intima?” Domando mandando giù un quantitativo non indifferente di saliva che rischia di soffocarmi. Saranno su una chiappa? O forse sul … davanti?
 
“Un posto che tu non vedrai mai!” Mentre con il dito indice chiude la mia bocca che mi si deve essere spalancata pensando a Jake completamente svestito.
 
“Di cosa state parlando?” Scott ci raggiunge all’interno del garage.
 
“Mia vuole farsi un tatuaggio!”
 
“Un tatuaggio? Ma sei fuori? Non ti daranno mai il permesso!” Mi prende in giro.
 
“Che me ne frega del permesso. Io lo faccio lo stesso! E poi non lo darebbero nemmeno a te!” Grugnisco mettendo il broncio. Essere schernita su due fronti è decisamente troppo.
 
“E perché dovrei avere il permesso anch’io?” Mi domanda autoindicandosi con il dito indice.
 
“Oh si! Vuole che ce ne facciamo uno uguale tutti e tre.. Come patto d’amicizia!” Ride ancora Jake sempre più divertito dalla mia idea.
 
“Va bene, basta! Pensavo potesse essere una cosa carina. Per suggellare la nostra amicizia per sempre. Ma se non vi interessa lasciate perdere, non va più nemmeno a me.” Giro i tacchi e faccio due passi verso la porta d’uscita per tornarmene a casa. “Non ci tengo più ad essere amica vostra!”
 
Scott mi afferra per un braccio paffutello. “Dai Mia scusaci! Stavamo scherzando, vero Jake?”
 
“Io non stavo scherzando” Risponde guadagnandosi uno sguardo truce da parte di Scott. “Va bene, va bene. Scusami! E che cosa vuoi fare?”
 
So che le sue scuse non sono sincere ma le accetto comunque. Amo troppo Jake per essere arrabbiata con lui. “Scriviamoci Forever”
 
“Ma è una cosa da donne.” Sbuffa inorridito il mio amico.
 
“Ma non è vero! E poi lo metteremo in un punto nascosto.” Gli rispondo non riuscendo a trattenere una linguaccia.
 
“E perché dovremmo scriverci quella cosa?”
 
“Perché noi saremo amici per sempre!” Scrollo le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Mettiamola ai voti!”
 
“Non se ne parla, lo so bene che Scott è sempre dalla tua parte!” Annuncia indicando il ragazzo che ancora mi trattiene il braccio. Sbuffo ancora mettendogli il broncio e voltandomi dalla parte opposta per non guardarlo in faccia. “Eh va bene! Facciamolo! Ma non farti venire altre idea per i prossimi tre anni.”
 
 
 
E così io, Jake e Scott ci si siamo tatuati proprio vicino all’inguine quella piccola scritta sottile per rimarcare un’amicizia che sarebbe durata per sempre.
 
Forever
 
Quanto mi sbagliavo.
Io, Scott e Jake non siamo più amici, non più. E se quel “Per sempre” adesso non ha più alcun significato, la colpa è solo mia.
 
Jake Haiden fissa inorridito il piccolo tatuaggio identico al suo testimone inconfutabile della mia reale identità.
 
«Sei veramente tu?» Mi domanda sconcertato alzandosi dal mio letto e lasciandomi lì distesa incapace di pronunciare una sola parola. «Mia! Sei proprio tu!»
 
Si volta verso la porta e senza dire più nemmeno una parola esce.
 
«Non ci posso credere.» Robert mi sta fissando perplesso scuotendo la testa. «Come hai potuto prenderci in giro così?»
 
Megan, impalata nel centro della stanza e bianchissima in volto, ci guarda perplessa. «No Robert, io…» Inizia a parlare ma non le permetto di continuare. Se io devo andare a fondo non posso trascinarla con me nel baratro. Almeno questo glielo devo.
 
«Ragazzi, mi dispiace. Non ho avuto il coraggio di dirvi la verità. Megan capirò se nemmeno tu vorrai dirmi anche solo un’altra parola.» Spero che intuisca il reale significato della mia frase.
 
«Ma cosa stai dicendo Mia? La colpa…»
 
«è solo mia Megan! Solo mia. Vi ho presi in giro TUTTI fingendomi un’altra persona.» Urlo tra le lacrime. Non posso permetterle di dire una sola parola che la comprometta.
 
«Mia no..» la mia amica è ostinata, fortunatamente viene ancora una volta interrotta, questa volta da Spencer che accompagnata da Josh fa irruzione all’interno della stanza.
 
«Mia» urla appena mi vede distesa sul letto con il vestito ancora arrotolato sopra la vita e i collant strappati. «Giratevi.» Ordina a Josh e Robert che ancora mi guardano nonostante il mio stato. «Anzi uscite fuori tutti. Fuori TUTTI. Megan dammi una mano.» Detto questo prende il suo piumone e copre la parte inferiore del mio corpo abbracciandomi dolcemente.
 
«Megan vieni, non sei tenuta a rimanere.» Sibila Robert fissandomi con odio.
 
«No, io resto.. io…» Balbetta Megan con le lacrime agli occhi.
 
«Parlerete dopo. ADESSO TUTTI FUORI DALLA MIA STANZA!» Grida talmente forte che i ragazzi e tutte le coinquiline della Eaton si affrettano ad uscire senza proferire più una sola parola.
 
 
«Mia, perché non mi hai permesso di dire la verità. È stata una mia idea quella di non dire chi eri, non dovevi prenderti tutta la colpa.»
 
Spencer mi solleva a sedere aiutandomi a sistemare il vestito e togliendomi le calze smagliate di dosso. Le gambe bianche solcate da numerosi segni rossi e da alcuni lividi in via di formazione per la troppa forza usata da Jake. Lo stesso sui miei polsi.
 
«Ragazze, io vi ho assecondate fino ad adesso ma esigo di sapere cosa è successo.» Afferma Spencer senza smettere di accarezzarmi dolcemente i capelli.
 
Megan ci fissa senza aprire bocca e trattenendo alcuni violenti singhiozzi. Anch’io la guardo grattandomi violentemente gli occhi con il dorso della mano. È giusto dire tutto a Spencer ma chi di noi sarà la prima a proferire parola. Non ho mai parlato con nessuno di quella notte, nemmeno con i miei nonni e dall’espressione che leggo sul suo volto posso chiaramente capire che per lei è lo stesso.
 
«Ho ucciso mio fratello.» Sussurro dopo un interminabile silenzio. Sento tutto il corpo della mia coinquilina irrigidirsi, mentre la sua mano smette di accarezzarmi il capo.
 
«Mia smettila. Non l’hai ucciso, Scott è morto. È stato un incidente!» Esplode Megan accasciandosi al suolo. «Non l’hai ucciso tu, è morto. È stato lui ad andare fuori strada, non tu.»
 
«Per colpa mia.» Grido mentre una sensazione di vuoto mi pervade il petto rendendomi difficile respirare. Inspiro ed espiro velocemente per riuscire ad immagazzinare più aria e Spencer appena intuisce il mio problema allarga le braccia lasciandomi più spazio. Mi alzo in piedi sperando che la posizione eretta possa essermi di maggiore aiuto ma tutto ciò che ottengo e vedere l’intera stanza girare e il pavimento avvicinarsi pericolosamente al mio volto. Tutto ciò che ricordo dopo è solo il colore nero.
 
 

 
 
Ed eccoci a noi..
Parte della verità è venuta a galla.
Jake ha scoperto che Amelia altri non è che Mia e non sembra averla presa molto bene.
E nemmeno gli altri..
E, anche se ormai era ovvio, siè scoperto cosa è successo quella famosa notte. Scott è morto!
Ma cosa sarà successo?
E cosa succederà adesso?
Intanto vi avviso che già nel prossimo capitolo verranno rivelati altri particolari..
Grazie mille a tutti voi che leggete capitolo dopo capitolo, e ovviamente a chi aggiunge la storia alle preferite, seguite o da ricordare.. Siete molti più di quelli che immaginavo.
E ovviamente grazie a chi ha voluto lasciarmi il loro pensiero con una recensione.


Come sempre vi lascio i volti dei personaggi.

Jake  -  Mia  -  Ryan  -  Megan  -  Robert  -  Spencer  -  Josh  -  Micheal  -  Jessica  -  Mr Crab

e vi ricordo la pagina su FB su cui ogni martedì lascio una piccola anticipazione e dove potrete chiedermi qualunque cosa!!
 
 
 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 10 ***







Capitolo 10
 
Come ho potuto arrivare fino a questo punto? Fingere di essere un’altra persona, a quale scopo? Per Jake?
La mia non era una semplice rivincita. L’ho amato così tanto e così a lungo, e il vederlo continuamente attratto dalle altre ragazze, belle e magre, mi ha fatto soffrire tantissimo, ma questo non era un piano pensato per vendicarmi e farlo soffrire.
Io volevo dire subito tutta la verità ma inizialmente non volevo deludere Megan e poi… Lui era attratto da me e io mi sono trovata ancora innamorata di lui, volevo solo viverlo. Con quale risultato?
 
Non vuole essere il mio ragazzo e nemmeno essere mio amico. Mi odia. E non è il solo.
 
 
Sono passati sei giorni dall’ incontro / scontro con Jake nella mia camera e li ho trascorsi tutti, nessuno escluso, a letto, a piangere e a riflettere sul casino combinato. Ad ogni nuovo messaggio ricevuto sussulto e mi affetto a controllare che non si tratti di Jake, o Robert, o Josh, e la delusione è sempre la stessa quando scopro che il mittente è o Megan o Spencer. Un centinaio di volte ho scritto un nuovo messaggio comprendente solamente la parola SCUSAMI, ma mai ho trovato il coraggio di premere il tasto invio.
Anche il resto della Eaton sembra volermi evitare dopo la scenata e non oso immaginare quali fantasiose storie aleggino nei corridoi della Columbia adesso.
 
Forse dovrei scappare di nuovo e tornare dai nonni, e l’anno prossimo potrei iscrivermi ad un’altra università.
 
 
***
 
 
Oggi inizia lo stage. Prendo dall’armadio una camicia color panna e un paio di pantaloni grigio scuri aderenti. Raccolgo i capelli in uno chignon in cima alla testa credendo di avere un’aria più professionale, ma li sciolgo immediatamente lasciandoli cadere liberi in morbide onde sulle spalle. Il pensiero di rivedere Josh mi sta tormentando. Trucco appena gli occhi con matita nera e ombretto color pesca, e passo un lieve strato di lucidalabbra. Alla fine infilo ai piedi stivaletti basso con tacco medio e prendo il cappotto nero.
Megan si è offerta di prestarmi la sua auto ma ho rifiutato, prenderò l’autobus. Peccato che il tragitto sia di oltre 40 minuti e che preveda un doppio cambio di mezzo. Quando finalmente giungo di fronte al palazzo di giustizia decido che dal giorno seguente utilizzerò la sua Porsche senza farmi tanti problemi. In fondo lei la mattina ha lezione e non le serve.
Entro all’interno del palazzo passando attraverso il metal detector e presentandomi alle guardie come una delle nuove stagiste. Quest’ultimi, controllata la mia borsa, mi invitano ad entrare. Seguo le indicazioni per la Procura svoltando prima a destra e poi a sinistra.
L’edifico è pieno di uomini in giacca e cravatta e donne elegantemente vestite, sicuramente avvocati, che freneticamente percorrono i corridoi verso le varie aule. Alcuni di loro sono accompagnati da ragazzi giovani, probabilmente praticanti, che portano le loro borse e fascicoli. Sorrido notando come potrebbero essere tranquillamente scambianti per facchini invece di giovani laureati in giurisprudenza che intraprendono la carriera di avvocato. Spero non tocchi anche a me la stessa sorte.
Continuo per la mia strada fissando una povera ragazza molto magra che a fatica trasporta un faldone che peserà quasi quanto lei, mentre il suo dominus, un uomo di circa quarant’anni, la precede a mani vuote. Che cavaliere.
Senza smettere di compatire la poverina urto un uomo sulla settantina che indossa una toga nera lunga quasi fino ai piedi e sul davanti un bavero bianco merlettato, sembra arrivare direttamente dall’ottocento. Deve trattarsi sicuramente di un magistrato.
 
«Mi scusi Vostro Onore, ero distratta.» Balbetto per giustificarmi.
 
«Non si preoccupi signorina, ma guardi dove mette i piedi la prossima volta.» Mi rimprovera sorridendomi amorevolmente.
 
«Certo.» Rispondo sorridendogli a mia volta. Mi domando se sia così anche in aula o al contrario sia severo e intrattabile.
 
Raggiunta una rampa di scale trovo una segnaletica verticale che indica i vari uffici divisi per piani: la Procura è al terzo. Mi volto verso l’ascensore appena in tempo per vedere le porte chiudersi e sconsolata inizio a salire a piedi. Sono quasi le nove, mi conviene fare in fretta o arriverò in ritardo.
 
«Amelia buongiorno, ti stavamo aspettando.» Mi saluta il viceprocuratore Ryan Bass appena varco la porta della procura. È in piedi in mezzo al corridoio e davanti a lui, seduti su delle sedie appoggiate lungo la parete, ci sono Josh e Susan Morgan.
 
«Buongiorno Dott. Bass, spero di non essere in ritardo.» biascico abbassando lo sguardo per la vergogna.
 
«Assolutamente no. Sono le nove in questo preciso istante. Sono i suoi compagni ad essere arrivati in anticipo. Prego si accomodi.» Mi indica la sedia accanto a quella di Josh ed io, seppur molto titubante, prendo posto. La sua vicinanza mi mette talmente a disagio che non riesco ad posare lo sguardo su di lui, quindi mi limito a fissare Ryan che ci illustra alcune regole principali dell’ufficio.
 
«Prima fra tutte vi chiediamo di mantenere una certa riservatezza. Non credo sia necessaria questa raccomandazione ma è sempre meglio mettere in chiaro tutto fin dal principio. In quest’ufficio verrete in contatto con notizie di reato e indagini in corso, anche se non di grande rilevanza. Ad ogni modo tutto ciò di cui verrete a conoscenza deve rimanere qui dentro. Non potete farne parola con nessuno, nemmeno tra voi oltre queste mura. Secondo ma non meno importante vi chiedo di essere ordinati. Se prendete un fascicolo dovete riporlo al suo posto prima di andarvene, e mi raccomando di non lasciare documenti in giro. Qualunque pezzo di carta può essere determinante per l’accusa. Terza regola, non dovete, ripeto, non dovete mai entrare in contatto con indagati e imputati. Possono essere persone pericolose e voi siete solo degli studenti. Detto questo venite che vi illustro i vari uffici.»
 
Ci alziamo e lo seguiamo per il corridoio salutando i vari impiegati e agenti che ci presenta. Incrociamo anche il poliziotto paffuto che mi ha interrogata ormai oltre un mese fa. Non sembra riconoscermi anche se dal modo in cui si sofferma a guardarmi intuisco di ricordargli qualcuno. Io e Ryan ci scambiamo un’occhiata di intesa divertiti.
 
«Per oggi pensavo di dividervi. Sig. Neil potresti seguire l’agente Marvin, oggi si occuperà di alcune identificazioni. Signorina Morgan invece potresti stare con Mrs Fergie all’accettazione, dove riceverete le denuncie. Mentre tu Amelia vieni con me, seguiremo insieme un’indagine.»
 
Annuisco assecondandolo anche se preferirei prendere il posto di Susan Morgan e ricevere le denuncie dei cittadini piuttosto che rimanere da sola con Ryan al quale credo di dovere qualche spiegazione, ma è lui che comanda e non credo di potermi opporre. Prima di seguirlo all’interno della sua stanza mi volto verso i miei due compagni e per la prima volta mi scambio uno sguardo con Josh. Anche lui fissa il suo sguardo nel mio, e mi stupisco nel scoprirlo estremamente serio ma non arrabbiato come credevo.
Ryan mi conduce oltre una porta con sopra inciso il suo nome. La stanza è molto più elegante delle altre che ci ha mostrato fin’ora, sicuramente per la sua posizione di maggior rilievo. La scrivanie non è in compensato e alluminio ma in pesante mogano in stile ottocentesco. Le sedie profumano di vera pelle, non di plastica, e devo ammettere che sono veramente comode. Ma la cosa più interessante sono i libri che troneggiano nella libreria: decine e decine di libri di ogni tipo, piccoli e grandi, vecchi e ultime edizioni, unico elemento comune il diritto penale.
 
«Se ti interessa posso prestartelo.» Mi dice mentre il mio indice destro sfiora la rilegatura marrone dell’ultimo codice penale commentato con la maggiore giurisprudenza.
 
«Magari più avanti.» Accetto sorridendo. Un manuale di quel calibro costa centinaia di dollari e ad oggi non è ancora reperibile in biblioteca.
 
«Come stai Amelia?» Mi domanda poggiando entrambi i gomiti sulla scrivania e sorreggendo il mento con le mani.
 
«Bene, grazie.» Rispondo scrollando le spalle e prendendo posto sulla sedia davanti alla sua.
 
«E con il tuo ragazzo? Il professor Collins mi ha riferito alcune voci tanto divertenti quando assurde, anche se lui non sembrava ridere.» Gli occhi fissi nei miei.
 
«Lo so. Le ho sentite anch’io e mi dispiace, per tutto. Jake non avrebbe dovuto..»
 
«Sarei impazzito anch’io se avessi perso una donna come te.» Mi interrompe Ryan ridendo.
 
«Se lo dici tu.. Ad ogni modo se vogliamo evitare di creare altre voci eviterei di passare troppo tempo da soli, dovresti seguire anche gli altri stagisti.» Gli suggerisco senza smettere di sorridergli.
 
«Ma Amelia è solo il primo giorno, prometto che farò vedere anche a loro le mie indagini.» Sbuffa allegro. «Però dobbiamo trovare un altro modo per stare da soli. Magari una cena?»
 
«Una cena?» ripeto meravigliata.
 
«Si. O un aperitivo? Insomma Amelia, mi piacerebbe uscire con te.» Insiste.
 
«Ryan, non so.. Non mi sembra il caso. Già ci sono delle voci su di noi.. E ho appena cominciato lo stage..» Cerco di giustificare il mio rifiuto scuotendo la testa a destra e sinistra. «Insomma, non mi sembra appropriato.»
 
«Non è per quel ragazzo?»
 
Rido alla sua domanda «Chi Jake? Assolutamente no.»
 
«Mi sembravate … intimi.» Continua lui non convinto dalla mia risposta. Gli occhi stretti a fessura fissi su di me per cogliere ogni mia vacillazione.
 
«No! No!» Balbetto imbarazzata alzando le mani e agitandole per accentuare la mia riposta. «Non siamo nemmeno più amici. Non voglio rovinare il mio stage.» Rispondo cercando di sembrare il più convincente possibile, in fondo è la pura verità.
 
«Bene. Allora non c’è nulla che ti freni. Ti garantisco che non si ripercuoterà sulla tua carriera.» Annuncia lui alla fine vittorioso. «Prometti almeno che ci penserai.»
 
«Ci rifletterò.» Termino sorridendogli appena, anche se una parte di me vorrebbe rispondergli affermativamente, dopotutto è un bellissimo uomo. «Possiamo metterci al lavoro adesso?»
 
Lui annuisce divertito e mi porge un fascicolo azzurro. «Iniziamo con questo caso.»
 
 
***
 
 
 
«Pranziamo insieme?» Mi dice dopo tre lunghe ore di analisi.
 
Il lavoro di procuratore è tanto difficile quanto affascinante. Fino ad ora abbiamo visionato un unico fascicolo, documento per documento, cercando di carpire ogni informazione. Anche l’approccio di Ryan è cambiato notevolmente appena abbiamo preso in mano la prima foto, il suo volto è passato dal divertito al serio. Ha fissato ciascuna immagine per un’eternità notando particolari inizialmente invisibili ai miei occhi. Ora capisco come può essere procuratore ad un’età così giovane.
 
«Allora? Sushi?»
 
«Ah. Scusami.» Sono talmente concentrata da non aver compreso immediatamente la sua domanda. «Direi che è meglio di no. Forse è meglio pranzare separati.» Gli rispondo riponendo l’ultimo foglio della trascrizione dell’interrogatorio dell’indagato all’interno del fascicolo. Ordine prima di tutto, o forse era la seconda regola.
 
«E perché?»
 
«Ti ho già detto che ci penserò, ma ho bisogno di tempo. È solo il primo giorno.» Abbasso lo sguardo congiungendo le mani in grembo. Mi imbarazza così tanto.
 
«Va bene Amelia. Ci rinuncio per oggi.» Si alza dalla sua sedia e si sposta dietro le mie spalle abbassandosi fino ad arrivare all’altezza del mio orecchio. «Ma sia chiaro che non mollo.» Sussurra facendomi rabbrividire. Il mio istinto di sopravvivenza mi sprona ad allontanarmi il più possibile da lui, subito.
 
Senza dire più nemmeno una parola, prendo la borsa e il cappotto ed fuggi letteralmente dalla stanza. Percorro a grandi passi il corridoio e scendo di corsa i tre piani di scale. Questa mattina ho intravisto uno Starbucks ad un paio di isolati, e lì hanno i migliori Muffin di tutta New York. L’idea di gustarmi per pranzo quell’ottimo tortino al cioccolato ripieno di pezzettini di cioccolato fondente e granella di nocciole non mi dispiace, soprattutto se accompagnato con un ottimo cappuccino al cioccolato.
Con l’acquolina in bocca supero il metal detector e saluto gli agenti all’entrata, ma appena giunta all’aria aperta, qualcuno mi afferra sottobraccio e mi trascina sulla destra impedendomi di attraversare la strada.
Mi volto terrorizzata verso il mio assalitore e lo riconosco subito.
 
«Josh.. ma che cavolo fai?» Gli domando puntando i piedi al suolo per fermarlo ma lui è nettamente più forte di me e continua a tirarmi lungo il marciapiede facendomi inciampare nei miei stessi piedi.
 
«Pranziamo insieme.» Risponde il castano continuando a guardare dritto davanti a sé.
 
«Pranzo? Dici sul serio?»
 
«Certo.» Alza le spalle indicandomi la caffetteria ormai di fronte a noi. «Abbiamo un’ora di pausa e abbiamo bisogno di parlarti.»
 
«Abbiamo? Tu e chi?» Gli chiedo inarcando entrambe le sopracciglia.  Credevo non mi avrebbe più rivolta la parola, anche se non è detto che le cose che ha dirmi siano positive. Una parte di me prega che il suo plurale comprenda Jake.
 
Lui però ignora la mia domanda trascinandomi all’interno del locale. Al centro della sala si blocca scrutando i tavoli, probabilmente alla ricerca del suo accompagnatore. È allora che lo vedo, seduto all’ultimo tavolo in fondo a destra, mentre sorseggia serio il suo fumante caffè. 
 
«Robert? Cosa sta succedendo?» Gli chiedo mentre Josh mi spinge sul fondo della panchina, accanto alla finestra e si siede al mio fianco bloccando ogni mia possibile via di fuga.
 
«Eccovi finalmente. Hamburger per tutti? Mia per te di pollo e una Diet-Coke?» Non accenna a sollevare lo sguardo dal menù, vuole concedermi l’ultimo pasto prima della mia esecuzione?
 
«Lo sapete vero che s’insospettiranno se non torno in procura? Vi troveranno!» Ryan si preoccuperà non vedendomi rientrare e mi cercherà, o almeno lo spero.
 
«Mia, non vogliamo farti del male. Vogliamo solo parlarti.» Risponde atono Josh intuendo i miei pensieri.
 
Robert alza la mano per richiamare l’attenzione della cameriera e ordina il pranzo per tutti e tre. Solo allora punta i suoi occhi scuri nei miei. «Mia, mettiamo subito in chiaro alcune cose: non ti ho perdonata per avermi preso in giro, e lo stesso vale per Josh. Tuttavia Megan è venuta da me ieri chiedendomi di parlarti e come ben sai ultimamente quella ragazza ha una particolare ascendenza su di me. Mi ha spiegato come sono andate le cose, che è stata una sua idea e che praticamente ti ha obbligata.»
 
«Cavolate! Sono stata io a mentire, è solo colpa mia.» Non può averlo fatto.
 
«Mi aveva avvisato che avresti negato tutto per paura di possibili ripercussioni su di lei quindi ti avviso subito che né io né Josh abbiamo intenzione di prendercela con lei, quindi calmati e ascoltami. A quanto dice quando vi siete incontrate ti sei fatta riconoscere immediatamente e tutta questa storia è stata una sua idea, solo perché sperava che in questo modo, volendoti bene e apprezzandoti come Amelia, sarebbe successo lo stesso a Mia. Assurdo no?»
 
«Che assurdità. Niente potrà farvi mai cambiare idea sul mio conto.» Abbasso lo sguardo sul panino che la cameriera mi ha lasciato davanti e sul bicchiere colmo della mia scura bevanda dietetica.
 
«Dacci una possibilità almeno. Parlaci di quella notte, raccontaci la tua versione dei fatti.» Robert allunga titubante le mani sul tavolo e afferra le mie per incoraggiarmi a parlare.
 
Scuoto la testa. «Sapete bene cos’è successo, perché parlarne ancora. Scott è morto»
 
Josh mi cinge le spalle costringendomi ad alzare il volto. «Noi sappiamo solo che Scott ha gareggiato al tuo posto. Voglio sapere perché? Sapevi che lui non era abbastanza bravo a guidare. Perché gli hai dato la tua macchina?»
 
Il solo pensiero del mio gemello alla guida della mia auto riapre quella ferita che credevo chiusa da tempo. «Io non lo sapevo.» Le parole escono dalla mia bocca insieme ad un violento singhiozzo che mi fa scoppiare in lacrime.
 
«Come non lo sapevi? Non gli hai detto tu di guidare?» Mi domanda Robert allungandosi ancora un po’ sul tavolo per avvicinarsi a me.
 
«Non lo sapevo, non lo sapevo.» Libero la mano dalla presa del mio amico e mi strofino entrambi gli occhi sbavando irrimediabilmente il mascara lungo le guance. «Non gliel’avrei mai permesso, in particolare quella sera. Era una corsa troppo impegnativa e io non ero nella condizione di poter guidare. Ero nella mia camera da letto quando gli ho detto che volevo ritirarmi, lui era molto arrabbiato perché… perché… perché c’erano in ballo troppi soldi, abbiamo litigato e lui scappato via. Non sapevo mi avesse rubato le chiavi.» Mi copro il volto con entrambe le mani permettendo alle lacrime di uscire liberamente. «Se solo l’avessi saputo, gliel’avrei impedito. Non volevo che morisse.»
 
«Ti ha rubato le chiavi dell’auto?» Ripete Robert incredulo. «Pensavo l’avessi mandato tu al tuo posto.» 
 
«Io? Era mio fratello, la mia vita. Come puoi anche solo immaginare una cosa del genere?»
 
«E allora perché non ci hai detto nulla? Perché ci hai lasciato pensare che..» Josh lascia la frase in sospeso incapace di continuare.
 
«Che fosse solo colpa mia. Perché lo è! Se avessi corso io quella notte lui adesso sarebbe qui.» gemo tra le lacrime.
 
«Dannazione Mia.» Anche la voce di Josh trema mentre mi stringe forte al suo petto.
 
«Adesso basta. Abbiamo pagato tutti troppo per quella notte, tu in prima persona. Abbiamo sempre pensato… Non dovevi scappare, dovevi dirci la verità.» Continua Robert allungando una mano verso il mio capo e accarezzandomi delicatamente. I nostri piatti sul tavolo ormai devono essere congelati ma non sembra importare a nessuno. «Basta, non ne voglio parlare mai più. Io non posso parlare per Josh, ma per quel che mi riguarda questa storia è chiusa.»
 
«Lo stesso è per me.» Sussurra Josh tra i miei capelli depositandovi un candido bacio.
 
Mi allontano dalla presa di Josh che continua a stringermi. «Cosa? Cosa volete dire?»
 
«Che per quel che mi riguarda hai già sofferto abbastanza.» continua Josh fissandomi negli occhi.
 
«Concordo, è ora di andare oltre e tu sei nostra amica adesso. E se a Jake non va bene, può anche andare al diavolo.»
 
 
***
 
 
Senza nemmeno aver pranzato io e Josh torniamo in procura. Megan, che è sempre un passo avanti a tutti noi, aveva consegnato a Robert un kit intero per la sistemazione del trucco. Senza la sua previdenza sarei tornata in ufficio con le sembianze della bambina di The Ring.
 
«Vieni Amelia. Continuiamo quello che abbiamo lasciato in sospeso.» Mi chiama Ryan dalla porta del suo ufficio.
 
«Arrivo.» Rispondo, poi voltandomi verso il mio amico. «Grazie Josh.»
 
Josh in risposta mi accarezza il volto e senza dire una parola ritorna nella stanza dell’agente con cui aveva lavorato la mattina.
 
«Incominciamo.» Ryan non mi dà nemmeno il tempo di chiudere la porta, apre il fascicolo e con un’espressione estremamente seria in volto comincia ad esaminare i documenti al suo interno. Annuisco appena sedendomi al mio posto. Lui mi passa i fogli e le foto borbottando qualcosa di incomprensibile. Minuto dopo minuto il Dott. Bass diventa sempre più intollerante.
 
«Insomma Amelia, lo vedi o no? Ci sono numerose chiamate da parte dell’indagato alla vittima. Qual è il prossimo passo?» Sbotta improvvisamente dopo oltre tre ore di rimproveri velati.
 
«Io.. io. Non lo so.. chiederei dei tabulati più dettagliati, con la trascrizione delle conversazioni e anche il testo dei messaggi.» balbetto presa alla sprovvista dalla sua irruenza.
 
«Si.» Annuisce brusco strappandomi dalle mani il foglio di chiamate in entrata.
 
«Senti Ryan, si può sapere cosa ti prende? È tutto il pomeriggio che mi tratti malissimo.» Mi alzo in piedi sbattendo entrambi i pugni sul tavolo.
 
«Niente Amelia, non ho niente.» afferma controvoglia rimettendo tutti i documenti all’interno del fascicolo e chiudendolo.
 
«Riprovaci perché non sei convincente.»
 
«Cosa vuoi che ti dica? Con me non vuoi pranzare, ma con quel ragazzo si. Probabilmente mi preoccupavo del ragazzo sbagliato!» Si alza in piedi e si volta verso la finestra. Istintivamente scoppio a ridere alle sue parole e la mia reazione sembra innervosirlo ulteriormente. «Non c’è niente da ridere Amelia.»
 
«Invece si! Stai pensando che io… io e Josh? No, no. Siamo solo amici, non c’è e non ci sarà mai assolutamente nulla.» Cerco di trattenere le mie risate inutilmente.
 
«Nemmeno tra noi.» ammette senza smettere di guardare le auto che sfrecciano in strada e il mio sorriso si spegne immediatamente. In effetti adesso non c’è nulla ma in futuro.. chi lo sa? Non lo avevo del tutto escluso. «E allora perché con me non vuoi uscire?»
 
«Ryan.. io..» inizio prima di essere nuovamente interrotta da lui che inaspettatamente si volta verso di me fissando i suoi splendidi occhi nei miei e io non posso fare a meni di pensare che il Dott. Bass è veramente un bell’uomo.
 
«Dammi una possibilità Amelia.» Mi supplica con tanta dolcezza che il mio cuore inizia a martellarmi in petto.
 
«Va bene.» Gli rispondo senza staccare i miei occhi dai suoi.
 
«Solo un aperitivo, per festeggiare il tuo primo giorno in procura.» continua, probabilmente senza ascoltarmi.
 
«Ho detto di si»
 
Ryan sembra non aver sentito nemmeno una sola parola. «Ti prego Amelia.»
 
«Ryan» Mi avvicino a lui di qualche passo e poggio entrambe le mani sulle sue spalle. «Ho detto di si!»
 
Sul suo volto si apre un raggiante sorriso. «Hai accettato? Hai accettato?»
 
«Si!» Annuisco ridendo. «Andiamo dai!»
 
 
***
 
 
Usciamo insieme dalla procura e svoltiamo verso il centro. Mi lascio guidare da lui non conoscendo più quali siano i locali in voga in questo momento e quali no. Dopo meno di un quarto d’ora raggiungiamo il Temple, un piccolo localino con un grazioso patio accerchiato di fiorite rampicanti. Data l’inusuale temperatura calda di questa serata di fine ottobre il plateatico è colmo di persone, ragazzi e ragazzi che chiacchierano rumorosamente bevendo colorati aperitivi e mangiando tramezzini. La vista del cibo fa agitare rumorosamente il mio stomaco ricordandomi di non aver toccato cibo a pranzo e facendo scoppiare Ryan a ridere allegramente.
 
«Hai fame?» Mi domanda divertito. Avevo sperato invano che non lo avesse sentito con la musica di sottofondo.
 
Imbarazzata mi avvolgo il grembo con entrambe le braccia. «Un po’.»
 
«Ok. Allora è meglio che vada ad ordinare personalmente, potrebbe volerci molto tempo aspettando le cameriere, tu intanto siediti. Cosa vuoi?»
 
«Quello che prendi tu, e magari delle patatine.» Gli rispondo allegra guardandomi intorno per prendere posto. Noto subito, poco distante, due sgabelli appoggiati al bancone e mi affretto per occuparli sedendomi sopra il primo e poggiando borsa e cappotto sul secondo.
 
«Hei! Cosa guardi Jake?» Una voce femminile in lontananza attira la mia attenzione. Anzi per la precisione è il particolare nome appena pronunciato.
Istintivamente mi volto nella direzione di provenienza e immediatamente i miei occhi incontrano un paio di familiari occhi azzurri. Jake Haiden, in tutta la sua bellezza, mi sta fissando dall’altra parte del locale sorseggiando una birra scura. Accanto a lui una provocante rossa gli agita la mano davanti al volto per attirare la sua attenzione. «Allora Jake ci sei o no?» Strilla fastidiosamente benché sia tremendamente vicina al suo volto. Vedo le sue labbra muoversi appena mentre annuisce con il capo. I suoi occhi però continuano a rimanere allacciati ai miei, fissandomi con insistenza ma soprattutto con tanta rabbia da farmi rabbrividire. Sul suo volto fa capolino il suo fantastico ghigno che troppe volte mi ha fatto capitolare, anche se oggi sembra più maligno del solito, e senza smettere di guardarmi allunga un braccio sulla vita sottile della rossa, accerchiandola e guidando la ragazza di fronte a sé. Lei ovviamente non oppone resistenza alcuna e porta le mani dietro il suo collo, intrecciandole ai biondi capelli. Senza interrompere il contatto visivo con me, Jake azzera la distanza che li separa, baciandola non proprio castamente dato che posso vedere chiaramente le loro lingue incontrarsi e le dita affusolate del mio vecchio amico stringere con forza entrambe la natiche della ragazza facendo aderire perfettamente i loro copri.
La cosa peggiore è che i suoi occhi rimangono fissi sui miei, ottenendo ciò che vuole: io non riesco a smettere di guardarli e fatico a trattenere le lacrime. È estremamente chiaro il messaggio che intende trasmettermi: Jake è andato chiaramente oltre.
 
La mano di Ryan che mi porge un bicchiere di Champagne mi distrae da quell’orribile scena, riportando la mia attenzione su di lui. Guardo il mio accompagnatore in volto constatando nuovamente quanto sia estremamente bello, quasi quanto Jake. Aggiungerei inoltre che è un uomo - perché è questo che è, un uomo non un ragazzino - estremamente intelligente ed interessante.  Io non sono sola, se Jake è con quella rossa, io sono con Ryan.
Senza prendere il calice che mi porge, mi alzo dallo sgabello, mi sollevo sulle punte dei piedi per raggiungere la sua stessa altezza e senza lasciargli il tempo di capire le mie intenzioni prendo il suo volto tra le mani e poggio le mie labbra sulle sue. Dopo un primo istante di smarrimento Ryan deposita entrambi i bicchieri sul bancone e, accerchiandomi con entrambe le braccia, ricambia il mio bacio cercando immediatamente di approfondirlo. Non appena però sento la sua lingua sfiorare il bordo del mio labbro inferiore, cercando di forzarlo per accedere all’interno della mia bocca, mi stacco da lui imbarazzata.
 
Cosa diavolo ho fatto? Ho appena baciato Ryan Bass. Se la mia intenzione era non creare nuove chiacchiere e non compromettere il mio stage non ho proprio fatto la cosa più giusta.
Fortunatamente lui capisce subito le mie intenzioni e senza protestare si accontenta di ciò che ha ottenuto porgendomi di nuovo il bicchiere pieno di vino che stavolta prendo in mano e brinda sorridente al mio primo giorno in procura.
 
Ingoio un generoso sorso dell’ottimo vino e senza farmi notare porto nuovamente lo sguardo verso l’angolo opposto del locale, non riuscendo a trattenere il desiderio di controllare Jake e la sua nuova amica, tuttavia trovo solo la ragazza dai capelli rossi impegnata a recuperare velocemente le sue cose da sopra il tavolino, guardando infastidita l’uscita. Seguo la stessa traiettoria appena in tempo per vedere Jake uscire dal locale a passo spedito, senza intenzione alcuna di aspettare la ragazza che rimane invece tutta sola all’interno.

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 11 ***


THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


INIZIO COL DIRE CHE NON SO BENE PER QUALE MOTIVO, MA AL POSTO DEL DECIMO CAPITOLO C'ERA LA VERSIONE CORRETTA DEL PROLOGO - CAPITOLO 1... MMM CHISSA' COSA HO COMBINATO.
COMUNQUE NON SAPENDO BENE QUANDO PUO' ESSERE SUCCESSO E VEDENDO CHE COMUNQUE QUALCUNO DI VOI HA CONTINUATO A LEGGERE L'HO RIPUBBLICATO E CHE NON LO HA LETTO LO TROVERA' APPUNTO SOTTO CAPITOLO 10. SCUSATE PER L'IMPREVISTO!!!!



Dove eravamo arrivati?
Scott, fratello gemello di Mia, prende il suo posto ad insaputa della sorella in una gara tanto importante quanto pericolosa, rubandole le chiavi dell'auto. Scott però, a differenza di Mia, non era un ottimo guidatore e a causa della sua inesperienza ha un incidente che gli costa la vita. Mia quella stessa notte, venuta a conoscenza della morte del fratello, viene spedita dai suoi genitori a casa dei nonni, non sopportando il dolore per la perdita del figlio e incolpando Mia e la sua passione per le corse illegali.
Tutti gli amici hanno ovviamente inteso la sua fuga e il successivo silenzio come un'ammissione di colpa, immaginando che Mia avesse chiesto a suo fratello di sostituirla nonostante la sua inesperienza.
Solo Megan, al tempo fidanzata di Scott e migliore amica di Mia,  non vuole accusare l'amica per non perdere anche lei. 
 
Ora la verità è venuta a galla e scoprire che in realtà Amelia era contraria a far correre il fratello e che lui le ha rubato le chiavi dell'auto pur di non perdere i soldi scommessi, ha fatto cambiare idea a Robert e Josh che accolgono l'amica a braccia aperte perdonandole tutto.
 
 
 



 
CAPITOLO 11
 
«Spencer, sono un disastro.» Mi lancio sul letto nascondendo il volto sul cuscino. Dopo quel bacio e la fuga di Jake, la serata si è chiusa presto. Bevuto l’aperitivo sono scappata adducendo di essere troppo stanca e di dover recuperare le forze per il giorno seguente e, nonostante Ryan abbia insistito più volte per accompagnarmi al campus, ho preferito prendere l’autobus senza controllare che l’ultima corsa era passata esattamente venti minuti prima, costringendomi a camminare per oltre due ore. Ora sono letteralmente sfinita.
 
La mia coinquilina fa capolino dalla nostra cabina armadio, il suo corpo perfetto coperto solo da un costosissimo intimo di pizzo rosa pallido.
 
«Ma… Che intenzioni hai questa sera?» Le domando notando che non è sua abitudine indossare biancheria così ricercata, quantomeno quella non immediatamente visibile, prima di andare a dormire, oltretutto da sola.
 
Spencer sbuffa irritata. «Sarebbe meglio dire che intenzioni AVEVO per questa sera! E preciso il tempo al passato perché sono miseramente andate in fumo.»
 
«Cosa è successo?» Le domando non capendo cosa può aver trattenuto Micheal di fronte a tali indumenti e tanta bellezza.
 
«Prima tu! Perché saresti disastro?» Mi domanda prendendo il pigiama da sotto il cuscino e infilando i corti pantaloncini giallo canarino.
 
«Ho baciato Ryan Bass.» Le confido senza tanti giri di parole.
 
«Cosa? Ryan Bass il bellissimo procuratore?»
 
«Conosci altri Ryan Bass?» Scrollo le spalle, alzandomi a sedere sul letto e sfilandomi gli stivaletti dai piedi che lascio cadere con estrema noncuranza al suolo.
 
Lei scuote la testa divertita invitandomi a continuare il racconto.
 
«Ah!» Mi copro il volto con entrambe le mani. «Ho provato a declinare tutti i suoi inviti ma lui non demordeva e alla fine ho accettato mettendo però in chiaro che per adesso non ci sarebbe stato nulla tra di noi, almeno finché sarebbe durato il mio stage.»
 
«Erano dei buoni propositi.» Concorda trattenendo a stento una risata. «Cos’è andato storto?» Sento il materasso sotto di me abbassarsi leggermente, segno che deve essersi seduta al mio fianco.
 
«Jake Haiden! Il caso ha voluto che Jake fosse nello stesso loale in compagnia di una ragazza e si davano da fare, capisci cosa intendo?» Scandisco bene le ultima parole per non creare malintesi. «Lui però continuava a guardarmi… esplorava la sua bocca e arpionava il suo fondoschiena e guardava me, ho perso la testa. Ryan si è materializzato al mio fianco in tutta la sua bellezza ed è stato più forte di me, l’ho baciato.»
 
«E poi?» insiste Megan incapace di nascondere la sua curiosità.
 
«E basta. Ho fatto finta di niente e lui da uomo maturo ed educato ha fatto altrettanto.»
 
«No, intendevo Jake. Come ha reagito?» La mia vita sentimentale diverte Spencer più di un mese intero di Beautiful.
 
«Jake? Che ne so! Se ne è andato via. Anzi è proprio scappato.»
 
«Adesso si spiega tutto!» Spencer si alza in piedi saltellando e battendo le mani. «Jake aveva garantito a Micheal che sarebbe stato fuori tutta la sera lasciandoci la loro camera alla NYU. Io ero arrivato da lui poco dopo le otto prospettantomi una serata molto… intima…, mi ero appena sfilata il vestito mostrandogli il mio nuovissimo completino di La Perla, e avevo attenuto l’effetto desiderato perché Micheal non riusciva a tenere le mani apposto ed era veramente eccitatissimo. Erano ovunque e mi baciava…»
 
«Spencer!» La interrompo coprendomi le orecchie con entrambe le mani per non sentire i particolari piccanti della sua vita sentimentale. «Stai divagando troppo. Vieni al sodo.»
 
«Si! Si. Ci sarei arrivata presto.» Sbuffa infastidita. «Insomma ci eravamo appena stesi sul letto quando Jake ha fatto irruzione nella stanza. Ha letteralmente spalancato la porta ed è entrato senza curarsi del fatto che c’ero anch’io.»
 
Poco dopo le otto? Allora è tornato al dormitorio dopo essere andato via.. E da solo…
 
«Sembrava fuori di sé per la rabbia che non credo si sia nemmeno accorto che ero praticamente seminuda e quando Micheal gli si è parato davanti per ordinargli di andarsene si sono quasi messi le mani addosso.»
 
«Hanno litigato?»
 
«No. Per fortuna no. Cioè Jake era talmente nervoso che ha quasi distrutto una sedia a suon di calci ma dopo essersi sfogato ha chiesto scusa e si è offerto di pagarci una camera d’albergo perché proprio non se la sentiva di uscire. Noi però abbiamo rifiutato e io sono tornata a casa, lasciandoli alle loro cose da uomini.» Spencer mi fissa negli occhi aspettando una mia reazione che non arriva. «Ma non lo capisci Mia? Era così per te!»
 
«Si che capisco. Mi odia così tanto che il solo vedermi lo manda fuori di testa.» Ammetto sconsolata.
 
«Eppure dovresti essere più intelligente della media.» Scuote la testa sbalordita. «Proprio non ci arrivi? Lui era arrabbiato perché ti ha vista baciare Ryan.» Mi fissa sgranando gli occhi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 
«Non credo» biascico dopo averci riflettuto per qualche istante. «Non so nemmeno se lo ha visto. È durato solo pochi secondi e lui è uscito subito. E perché dovrebbe farlo arrabbiare? Lui stava baciando quella rossa.»
 
«Ma guardava te! Secondo me voleva farti ingelosire e quando ha visto che tu invece hai baciato Ryan è andato fuori di testa. Non dimenticare che lui è ancora convinto che tu l’abbia lasciato per lui.» Spencer mi espone convinta la sua teoria. Ha così tanta fantasia che potrebbe tranquillamente scrivere una fan fiction di successo, spero di non diventarne la protagonista.
 
«Ma.. non so! Comunque lui mi odia adesso e questo non cambia nulla. E c’è una cosa più urgente da risolvere. Cosa faccio con Ryan adesso?»
 
Spencer si passa il pollice sul mento pensierosa. «Posso chiederti perché l’hai baciato?»
 
«Perché l’ho baciato?» Ripeto a me stessa interrogandomi. «Non lo so..»
 
«Mia…» Mi sprona la mia amica.
 
Abbasso lo sguardo vergognandomi di me stessa «Per Jake credo. Lui stava baciando quella ragazza e io mi sono ritrovata con le labbra premute a quelle di Ryan.» Passo entrambe le mani in mezzo alla fluente chioma castana spettinandola. «Non so cosa fare.»
 
«Ma Ryan ti piace?»
 
La domanda mi spiazza, non me l’ero mai veramente posta. «Si..» Balbetto. «Certo che si! È bellissimo, intelligente, estremamente interessante e abbiamo molte cose in comune ma….»  Ma non è Jake.
 
«Ma non è Jake…» Ammetto alla mia amica con un filo di voce.
 
«Però Jake si ostina a non parlarti.» La voce di Spencer improvvisamente seria. «E Ryan comunque ti piace. Perché non continuare ad uscire con lui?»
 
«Non vorrei prenderlo in giro..» Constato amaramente. Ryan mi piace ma nel mio cuore c’è ancora Jake. Come posso uscire con lui?
 
«Mia! Ryan non è un ragazzino, è un uomo… Non devi promettergli amore eterno ma solo dargli una possibilità per farsi conoscere e magari potrebbe piacerti anche più di Jake. Non so bene cosa vi legasse in passato ma hai già perso troppi anni dietro a quel cretino, che a mio avviso è solo troppo orgoglioso per ammettere di essere perdutamente innamorato di te. Vuole fare l’arrabbiato, che lo faccia, tu però andrai avanti con Ryan o con chiunque altro attiri il tuo interesse, e se e quando lui finalmente si renderà conto dei suoi sentimenti non è detto che ti troverà ancora qui ad aspettarlo.» Recita fiera il suo discorso, che in effetti non fa una piega. «Dimentica Jake e dai una possibilità a Ryan.»
 
I suoi occhi si illuminano di determinazione. «Sai che ti dico? Hai proprio ragione. Non posso buttare via la mia vita dietro ad un ragazzo che nemmeno mi vuole! Uscirò con Ryan e proverò a conoscerlo. Voglio dargli una possibilità.» Annuncio abbracciandola.
 
Basta perdere tempo dietro a Jake Haiden.
 
 
***
 
 
La mattina seguente arrivo in ufficio molto prima delle nove decisa a parlare da sola con Ryan. Fortunatamente Megan mi ha concesso di usare la sua auto che ho potuto parcheggiare nello spazio sotterraneo riservato ai dipendenti. La mia attenzione viene attratta dal sinuoso rombo di un motore dagli innumerevoli cavalli e rimango incantata dall’immagine di una fiammante Ferrari rossa che si ferma poco distante da me. Abbagliata da tanta bellezza, non riconosco immediatamente l’autista, il viceprocuratore Bass.
 
«Ryan!» Lo chiamo smontando dalla mia vettura.
 
«Amelia buongiorno. Speravo di vederti prima dell’arrivo dei tuoi amici, vorrei parlarti subito.»
 
Annuisco, colpita dalla sua serietà. «Dimmi.»
 
Ryan esamina il parcheggio alla ricerca di orecchie indiscrete. «Amelia, vorrei definire la nostra posizione. Eri stata molto chiara ieri mattina e poi.. Se ti sei pentita per il bacio di ieri non devi farti alcun problema, capirò e non penalizzerà il tuo stage.»
 
Pentita? In effetti forse deve essergli sembrato un controsenso, prima gli dico che non ritengo appropriata una relazione tra noi e poi lo bacio inaspettatamente. Devo essergli sembrata leggermente confusa. «Non me ne sono pentita.» Mi limito a rispondere fissando i suoi splendidi occhi.
 
«Sicura? Non che voglia che tu lo sia ma..» Scruta il mio volto per cogliere anche un solo segno di cedimento.
 
«Certo Ryan, ne sono sicura. E se anche tu sei d’accordo, mi piacerebbe iniziare a frequentarti.»
 
«Se ne sono d’accordo?» Si allunga verso di me e, afferrandomi per i fianchi, mi solleva di peso facendomi ruotare in aria . «Sono ovviamente d’accordo.»
Appena i miei piedi tornano a contatto con il suolo, le sue labbra incontrano le mie e questa volta, quando le sue labbra si schiudono e la sua lingua stuzzica le mie per aprirsi un varco, non mi oppongo, approfondendo il bacio e lasciandomi travolgere dalla sua passione.
 
 
***
 
 
Alle diciannove Megan e Robert raggiungono me e Josh direttamente in procura e ci invitano fuori a cena. Sapendo già che Ryan deve lavorare fino a tardi accetto di buon grado, imponendo però di mangiare da Planet Pizza. Ho proprio bisogno di un paio di fette del suo impasto alto e focaccioso, ricoperto da un lieve strato di salsa di pomodoro e abbondante morbidissimo formaggio filante e fette di salame piccante.  In passato ne mangiavo una intera quasi tutti i giorni accompagnata da patatine fritte e gelato e nessuno sembra essersene dimenticato, infatti quando a stento termino la mia seconda fetta, lasciando tutta la crosta nel piatto, ridono sonoramente.
 
«Adesso che ti osservo bene in fondo non sei cambiata così tanto.»
 
«Ecco perché l’hai riconosciuta subito.» Ride Megan prendendo in giro Robert.
 
«Non sto scherzando Megan, guardala. I suoi occhi! Cioè non ci sono più tutti quei kg in eccesso, e lasciatelo dire Mia, erano veramente troppi!»
 
«Lo so Robert, lo so. Non era un segreto e non perdevi occasione di dirmelo.» Ammetto facendogli una linguaccia. Robert era sempre stato il più maligno con me.
 
«Tesoro, lo facevo per te. Guarda che bella che sei adesso!»
 
«Cretino.» Lo rimprovera Josh, bevendo l’ultimo sorso della sua birra bianca.
 
«Comunque ragazzi alla Columbia si sente la vostra mancanza. Ora mi tocca mangiare tutti i giorni con lui.» Cambia discorso Megan indicando il moro seduto al suo fianco.
 
Lui le afferra la mano e la tira verso di sé stringendola al suo petto. «Ti lamenti?»
 
«No, no. Ci mancherebbe!» Urla la bionda, dimenandosi per sfuggire alla sua presa.
 
Non riesco a trattenere un sorriso vedendo i due ragazzi. Forse Megan non è ancora pronta ad avere un altro ragazzo, ma quando lo sarà troverà al suo fianco un ragazzo fantastico e perdutamente innamorato di lei. Devo ammettere però che dal modo in cui anche lei guarda lui, forse quel giorno non è molto distante.
 
Il telefono di Josh suona riportandomi alla realtà. «è Jake. Scusate.» Si alza e si allontana di qualche passo rispondendo. «Pronto. Ciao amico, come stai?»
 
«Lo sa che siete fuori con me?» Domando agli altri rimasti seduti al tavolo.
 
«Beh, no! Non gli abbiamo chiesto il permesso per uscire a cena insieme e non credo di doverlo fare.» Risponde Robert scrollando le spalle.
 
«Ma gli avete detto… insomma.. che mi avete perdonata?» gli chiedo afferrando la crosta avanzata e giocandoci riducendola in centinaia di piccoli pezzettini.
 
«No. Cioè Mia, non è un problema e glielo dirò, è che negli ultimi giorni era piuttosto intrattabile. Per lui è stata piuttosto dura e l’ha presa sul personale a causa di quello che c’è stato tra voi. Dagli il tempo di metabolizzare la cosa e gli spiegherò come sono andate le cose. Ti perdonerà anche lui.» La sua voce tentenna sulle ultime parole, segno che non ci crede molto nemmeno lui.
 
Annuisco poco convinta. Non credo che mi perdonerà.
 
«Robert.» Josh torna a sedersi al nostro tavolo attirando l’attenzione dell’amico. «Jake è al Victrola e dice che ci sono dei problemi con quelli dell’Extra. Ha bisogno di noi.» Annuncia serio.
 
«Extra?» Gli domando non riconoscendo il nome del locale.
 
«Si. È  un locale poco distante da quello di Charlie. C’è molta rivalità e cercano spesso di boicottarlo. Chissà cos’hanno combinato stavolta?»
 
«Andate!» Li incoraggio. Non voglio creare altri problemi a Jake.
 
«Si, andate voi. Io rimango con Mia.» Aggiunge Megan sorridendomi amorevolmente e guadagnandosi un’occhiata delusa da parte di Robert che chiaramente non vuole separarsi da lei.
 
«Megan, vai al Victrola con loro.» La incoraggio, non è giusto che rinunci alla sua serata per me.
 
«No, non ti lascio sola! Rimango con te, andiamo da qualche parte e poi ti riporto a casa.» Replica testarda la mia amica.
 
«Scusate, ma perché non andiamo tutti al Victrola?» Domanda Josh, le sopracciglia inarcate e lo sguardo corrucciato.
 
«Jake ha detto che posso venire?» Gli domando stranita, probabilmente al telefono deve avergli detto che eravamo insieme e lui deve aver esteso l’invito anche a me.
 
«Assolutamente no!» Risponde con una scrollata di spalle. «Ma questo è un paese libero e noi siamo liberi di uscire con te senza dovergli chiedere il permesso. Quindi adesso ci alziamo da qui e andiamo tutti al Victrola.» Sentenzia alzandosi dal tavolo e lasciando una banconota da cinquanta dollari sul tavolo, prima di uscire e dirigersi a passo spedito verso il parcheggio. Noi non possiamo fare a meno di raccogliere le nostre cose e seguirlo, trattenendo una risata mentre Robert lo prende in giro fingendo di estrarre dei soldi dalla tasca con aria altezzosa e inscenando un’uscita teatrale quasi quanto la sua.
 
Monto in auto con Josh e per l’intero tragitto cerco di immaginarmi l’incontro che mi aspetta, meno di quindici minuti mi separano da Jake Haiden e l’emozione sta per prendere il sopravvento su di me. Come reagirà? Si arrabbierà? E se avesse ragione Spencer e in realtà lui è solo geloso di Ryan, geloso di me. Che assurdità.
Guardo fuori dal finestrino ripetendomi mentalmente le ultime parole di Josh all’interno della pizzeria.
 
È un paese libero e noi siamo liberi di uscire con te.
 
È un paese libero e noi siamo liberi di uscire con te.
 
È un paese libero e noi siamo liberi di uscire con te.
 
Spero che Jake sia dello stesso orientamento.
 
Josh ferma l’auto subito dopo quella di Megan e consegna le chiavi ad uno dei ragazzi addetti al parcheggio, poi vedendo che esito a scendere dalla vettura, mi apre lo sportello porgendomi la mano destra per  aiutarmi a smontare. «Su! Andiamo!»
 
Guardo come tutti gli altri verso Adam affinché ci lasci passare, avvicinandoci alla corda rossa. Non riusciamo tuttavia a superarla che veniamo bloccati dalla voce rabbiosa di Jake.
 
«Cosa ci fai tu qui?»
 
Mi volto verso di lui in tempo per sentirgli ripetere la stessa domanda ma rivolta a Josh e Robert. «Cosa ci fa lei qui?» I dito indice puntato su di me.
 
I jeans aderenti mettono in risalto le sue gambe toniche e la camicia bianca aperta lascia intravedere il torace come sempre perfettamente depilato. La giacca color panna si abbina perfettamente alla sua carnagione olivastra e ai suoi capelli biondi. La barba leggermente incolta aggiunge al complesso già dannatamente bellissimo, un tocco di sensualità da togliere il fiato. L’unico elemento stonante in cotanta perfezione è la collera che leggo nei suoi occhi. Collera verso di me.
 
Abbasso lo sguardo fingendo di lisciare un’inesistente piega sul mio cappotto giallo e lascio agli altri l’arduo compito di prendere posizione. CODARDA.
 
«Senti Jake, calmati intanto. Tu ci hai chiamato interrompendo la nostra cena e noi siamo qui.» Gli risponde Josh spostandosi di fronte a me quasi volesse farmi da scudo con il suo corpo.
 
«Che cosa? Eravate anche a cena con lei?» Sputa, alzando le mani per indicarmi. «Cosa è cambiato dall’altro giorno. Eravamo tutti d’accordo, nessuno avrebbe più avuto a che fare con lei.»
 
Le sue parole mi colpiscono quasi quanto l’immagine di loro tre seduti ad un tavolo a decidere di tagliarmi fuori dalle loro vite.
 
«Abbiamo parlato.» Ammette Josh cercando di prendere le distanze da lui consapevole della sua imprevedibilità. «Abbiamo parlato e chiarito, e se la lasciassi parlare anche tu forse…»
 
«PARLARE? PARLARE DI COSA? DEL PERCHE’ E’SCAPPATA DOPO CHE SCOTT E’ MORTO SPARENDO PER OLTRE QUATTRO ANNI? O DEL PERCHE’ E’ TORNATA FINGENDO DI ESSERE UN’ALTRA PERSONA?» Grida avanzando pericolosamente verso di me. Il volto deformato dalla rabbia.
 
«Calmati Jake.» Josh non accenna a spostarmi, continuando a farmi scudo con il suo corpo. «Posso capirti e forse non sei ancora pronto, ma non possiamo continuare ad accusarla della morte di Scott.»
 
«Perché? Può dire quello che vuole ma doveva esserci lei all’interno di quell’auto, non lui.»
 
Quello che succede dopo è talmente veloce che nessuno riesce ad impedirlo.. Una massa di capelli biondi si intromette tra i due ragazzi e il rumore sordo di uno schiaffo riempie l’aria tra noi. Mi sporgo appena oltre Josh per vedere meglio e rimango stupefatta. La testa di Jake reclinata sul lato sinistro, cinque dita rosse stampate sulla guancia destra.
 
«Come puoi anche solo pensare una cosa del genere?» Urla Megan. La mano destra ancora a mezz’aria si chiude a pugno e insieme all’altra inizia a colpirgli il petto: una, due, dieci volte. «Come puoi? Come puoi?» Ripete senza smettere di colpirlo con le sue esili mani.
 
Jake non si ribella. Guarda il suolo alla sua sinistra mordendosi il labbro inferiore con talmente tanta forza che deve averlo spaccato.
 
«BASTA» Grido con tutto il fiato che ho in corpo, attirando l’attenzione anche delle poche persone che ancora non si erano accerchiate intorno a noi. «ADESSO BASTA. Tutto questo non è necessario. Non mi serve il Victrola e non mi serve il tuo perdono! Sono io che non voglio più avere a che fare con te.» Giro i tacchi e mi incammino a passi spediti verso l’ingresso sforzandomi di trattenere le lacrime che ormai bussano pericolosamente sotto le mie palpebre.
 
«Mia aspetta.» la mano di Josh stringe il mio gomito e mi costringe a voltarmi. «Vengo con te.»
 
Scuoto la testa in segno di dissenso. «No, grazie. Resta.»
 
«Non se ne parla, permettimi almeno di accompagnarti a casa.» Insiste.
 
Faccio l’errore di alzare lo sguardo verso Jake e mi stupisco del fatto che anche lui mi sta guardando. Con la mano si massaggia la guancia dolorante per lo schiaffo di Megan, i suoi occhi fissi su di me, inaspettatamente tristi.
«No, Josh. Preferisco camminare e ho bisogno di stare da sola. Ci vediamo domani mattina però.»
 
Josh annuisce e lascia la sua presa permettendomi di andarmene. Tornata in strada volto a destra e mi incammino verso il centro della città. Riconosco subito il motore dell’auto di Jake che accelera alle mie spalle correndo nella mia direzione e quando mi sorpassa evito di guardare nella sua direzione per non incrociare di nuovo il suo sguardo. Lui comunque non accenna a rallentare.
 
Doveva esserci lei all’interno di quell’auto, non lui!
 
Avrebbe preferito la mia morte a quella di Josh? Come biasimarlo, non sa quante volte io ho pregato di poter tornare indietro e fare cambio con lui.
 
Doveva esserci lei all’interno di quell’auto, non lui!
 
Dovevo morire io? Non ha propriamente detto questo.
 
Inspiro profondamente e con l’indice della mano destra asciugo una lacrima sfuggita al mio controllo. Prima di rendermene conto estraggo il telefono dalla borsa e seleziono il suo numero. Porto l’apparecchio al telefono e aspetto di ricevere una risposta.
 
“Pronto?” La voce rauca e assonnata.
 
“Scusami Ryan, stavi dormendo?” Gli domando pentendomi di averlo chiamato così tardi.
 
“Tranquilla Amelia, in realtà sto per uscire dall’ufficio. Tutto bene?”
 
“Si, si. Avevo solo voglia di … Sentirti…” Balbetto imbarazzata. Cosa penserà di me?
 
“Fa piacere anche a me! Dove sei?”
 
Mi guardo intorno per orientarmi. “Sono vicino al Palace Hotel. Stavo facendo quattro passi. Adesso torno alla Eaton!”
 
“Fermati lì. Passo a prenderti entro cinque minuti. Ok?”
 
“Ne sei sicuro Ryan, è molto tardi!” Biascico imbarazzata. Abbiamo deciso solo oggi di iniziare a frequentarci e già lo costringo a venirmi a recuperare in piena notte in centro Manhattan.
 
“Amelia, appunto perché è molto tardi non ti lascio da sola. Sto arrivando.”
 
La sua voce calda e pacata mi mette tranquillità. Capisco di aver bisogno di lui non appena vedo la sua auto rallentare sul ciglio della strada e la sua affascinante figura scendere elegantemente dalla bassa vettura e camminare fluida verso di me. Senza preavviso avvicino il mio volto al suo e faccio incontrare le nostre labbra forzandolo immediatamente per approfondire il bacio. Lui mi ricambia senza alcuna esitazione allacciando le braccia intorno al mio corpo e facendo aderire i nostri corpi.
 
«Se lo avessi saputo sarei arrivato prima.» Passo sentire chiaramente un sorriso formarsi sul suo volto tra un bacio e l’altro. «Vieni, ti accompagno a casa.»
 
Senza smettere di baciarlo o di stringerlo mi oppongo. «No Ryan. Non voglio tornare in dormitorio.»
 
Le sue forti mani mi stringono il volto costringendomi ad allontanarlo dal suo. «E dove vuoi andare?»
 
Inspiro profondamente perdendomi nell’azzurro dei suoi occhi. Lo stesso splendido azzurro degli occhi di Jake, ma che a differenza sei suoi non mi trasmette disprezzo, rancore e odio, ma attrazione, passione e desiderio.
 
Al diavolo Jake.
«Andiamo da te?» sussurro sporgendomi ancora verso di lui per baciarlo ancora. Ryan si lascia baciare e senza dire una parola mi accompagna alla sua auto aiutandomi a salire.
 
AL DIAVOLO JAKE.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 12 ***


THE RACER


Ciao a tutti..  sono Lachiaretta.. questa è la mia storia originale e spero che vi piaccia..
I primi capitoli sono in fase di revisione a causa di errori.. 

The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.




CAPITOLO 12


Dove eravam arrivati?

Mia torna insieme a Megan, Robert e Josh al Victrola, qui però incontra Jake che non sembra volerle permettere l'ingresso nel locale. Robert e Josh difendono la ritrovata amica prendendo le sue parti facendo arrabbiare ancora di più Jake che, perdendo il controllo, si lascia sfuggire una bruttisima frase, guadagnandosi un sonoro schiaffo da Megan.
Mia quindi se ne va e si incontra con Ryan, decisa a dire addio al passato e dimenticare Jake una volta per tutte.

 CHIODO SCACCIA CHIODO?



 
 

 
AL DIAVOLO JAKE.
 

Al diavolo Jake e benvenuto Ryan Bass. Sono stanca di perdere tempo per un uomo che non vuole avere niente a che fare con me. Ne ho sprecato fin troppo, lunghi anni quando ero ancora una teenager e gli ultimi mesi dal mio ritorno a New York, senza dimenticare gli anni passati ad Union durante i quali non ho smesso di pensare a lui un solo giorno. Non ho mai avuto un ragazzo, non che non sia mai uscita con nessuno, ma non ho mai avuto un vero fidanzato.
Nessuno era bello come lui, nessuno era simpatico come lui, nessuno era sexy come lui…
Nessuno era Jake Haiden.
Eppure ne ho conosciuti di ragazzi interessanti.

Adesso basta però. È ora di chiudere fuori dalla mia vita Jake Haiden e aprire il mio cuore ad altri ragazzi e adesso è il turno di Ryan Bass.
Non poteva capitarmi di meglio in fondo, il viceprocuratore è un uomo stupendo, estremamente intelligente, coinvolgente. E il fatto che baci tremendamente bene non guasta sicuramente.
Si, ora devo dare una possibilità a Ryan, in fondo se l’è guadagnata non mollando mai la presa, da quel pomeriggio nei corridoi della Columbia, nonostante i miei numerosi rifiuti.
 
Da quella sera, quando Jake mi ha allontanata dal Victrola, sono passate due settimane e io e Ryan abbiamo iniziato a frequentarci come una vera coppia. Ovviamente in procura fingiamo di essere dei semplici conoscenti, ma la sera ceniamo sempre insieme e ogni tanto nel week end mi fermo a dormire nel suo appartamento, come questa sera.
 
Ryan vive in uno di quei classici appartamenti da uomo in affari. Un bilocale minimalista composto da salotto con angolo cottura, camera da letto e bagno padronale. Siedo sul grande divano di pelle nera poggiando i piedi già scalzi sullo scuro tavolino di fronte, aspettando che Ryan finisca di cambiarsi. 
 
«Cinese o pizza?» Mi domanda uscendo dal bagno con una semplice maglia grigio scuro con scollo a V e pantalone di tuta nero, devo ancora abituarmi a vederlo in abiti comodi. Mi raggiunge sul divano sedendosi al mio fianco e avvolgendomi tra le sue braccia. «Non hai idea quanto è stato difficile resisterti oggi, se possibile sei più bella del solito.» Sussurra congiungendo le nostre labbra e mordicchiando il mio labbro inferiore. Lo assecondo immediatamente schiudendo la bocca e permettendogli di accedervi, sento la sua lingua accarezzarmi il palato, i denti, stuzzicare e attorcigliarsi alla mia. Senza darmi la possibilità di oppormi mi spinge all’indietro fino a distendermi sul divano e si allunga sopra di me, facendo perno sugli avambracci per non pesarmi troppo e costringendomi a fare spazio al suo copro tra le mie gambe. Gemo profondamente all’interno della sua bocca quando la sua erezione si scontra contro la mia coscia, e questo mio verso sembra eliminare ogni suo freno. Le mani di Ryan vagano curiose lungo il mio ventre, i miei fianchi fino a raggiungere i miei seni che stringe irruentemente.
 
«Ryan..» Pronuncio il suo nome in un sospiro.
 
«Ti prego Amelia, ti voglio.» La sua voce è roca, colma di desiderio. Le sue mani risalgono fino al colletto della camicia iniziando a sbottonare i primi bottoni.
 
«Dobbiamo cenare e non abbiamo ancora ordinato.» Biascico a causa del fiato corto, non è facile nemmeno per me tenere a bada gli ormoni.
 
«Posso cucinarti qualcosa dopo.» Soffia nel mio orecchio mordendomi maliziosamente il lobo e sbottonando il terzo bottone.
 
Afferro le sue mani tra le mie per impedirgli di continuare a spogliarmi. «Dai.. ormai mi hai messo voglia di cinese… e tra poco inizia il film.»
 
Ryan sbuffa sonoramente sollevandosi da me. «Cazzo Amelia, ti rendi conto che mi stai torturando così? Sono un uomo e ho dei bisogni.» Il suo tono è estremamente seccato e la cosa mi indispettisce non poco. Mi alzo anch’io in piedi e infilo i bottoni della camicia nelle rispettive asole e prendo le ballerine dal suolo. Senza dire una parola mi dirigo verso l’attaccapanni dal quale recupero la borsa e il piumino.
 
«Cosa stai facendo?» mi domanda quando ormai mi sto avviando verso la porta.
 
«Secondo te? Me ne vado.» Sbotto indignata, sembra non voler accettare i miei limiti e non capire che ho solo bisogno di tempo.
 
«Dai Amelia, non esagerare adesso. Scusami. Non volevo.. è che tu sei così.. così.. che per me è difficilissimo resisterti. Resta.» Mi supplica avvicinandosi a me. «Ti lascio ordinare tutto quello che vuoi.»
 
«Tutto tutto?» Gli sorrido ritrovandomi nuovamente a pochi centimetri dal suo volto.
 
«Tutto!» Conferma lasciandomi un casto bacio sul labbro inferiore.
 
«Anche i ravioli alla griglia con gamberi?»
 
«Tutto quello che vuoi!»

 
Ci risistemiamo sul divano dopo aver chiamato 'La grande muraglia', il ristorante cinese a pochi isolati da noi. Ryan è stato di parola e mi ha lasciato ordinare ogni antipasto del menù, oltre a riso, spaghetti e ben due tipi diversi di pollo, senza contestare il quantitativo decisamente eccessivo per sole due persone. Apparecchiamo sul tavolino di fronte al divano in tempo per l’inizio del film: Hunger Games – la ragazza di fuoco. Scoprire di avere gli stessi gusti in materia di film, e in particolare di saghe, è stata proprio una bella sorpresa. Mi siedo in terra poggiando la schiena contro il divano, sorseggiando un bicchiere di ottimo vino e aspettando il ragazzo delle consegne.
La suoneria del cellulare costringe Ryan a sollevarsi ma lui, invece di rispondere, riattacca.
 
«Non rispondi?» gli domando, incuriosita dal suo gesto.
 
«No. Non è niente di importante.» Si limita a dire abbandonando il telefono sul bancone della cucina e tornando al mio fianco. Vorrei chiedergli chi era ma freno la mia lingua, in fondo non è affar mio. Fortunatamente anche il mio telefono si illumina distraendomi.
 
Messaggio da Megan: “Ciao tesoro, che fai? Noi stiamo per andare al molo. Ti unisci a noi?”
 
Messaggio a Megan: “Sono da Ryan, ci vediamo domani. Buona serata.”
 
Mi stupisce saperla in quel luogo, dopo l’ultima volta al Victrola e l’ultima discussione con Jake aveva iniziato ad evitare ogni possibile contatto con lui, proprio come me.
 
Messaggio da Megan: “Però domani sera usciamo vero? Vengono anche Robert e Josh!”
 
Sorrido leggendo il suo ultimo sms. Si renderà conto del suo attaccamento a Robert prima o poi? Sono scura che se lui continuerà a giocare bene le sue carte riuscirà a fare breccia nel suo cuore.
 
Messaggio a Megan: “Certo! Passo da te appena torno alla Eaton!”
 
 
Finalmente il ragazzo delle consegne bussa alla porta con la nostra cena. Ryan lo paga lasciandogli una sostanziosa mancia, mentre io apro la seconda bottiglia di vino. Non facciamo nemmeno in tempo a separare le bacchette però che la sua suoneria risuona nuovamente all’interno della stanza fastidiosamente, giungendo giusto nell’istante in cui il presidente Snow minaccia Katniss mostrandole in video in cui lei bacia il suo amico Gale.
Ryan si solleva controvoglia da terra per prendere il cellulare dimenticato sul bancone del piano cottura.
 
«Amelia scusami, devo rispondere.» biascica prima di uscire in terrazza, nonostante le maniche corte e la temperatura esterna ormai non più calda.
 
Il suo atteggiamento mi insospettisce, prima non ha voluto rispondere e adesso si assicura di non essere sentito da me, anche se sono a conoscenza di quasi tutte le pratiche del suo ufficio. Mi alzo anch’io da terra e, rimanendo nascosta nella penombra, mi piazzo accanto alla porta-finestra e origlio la sua conversazione. Sentendo solo la voce di Ryan mi è difficile comprendere la conversazione, ma capisco subito che sta parlando con qualche poliziotto e ogni dubbio scompare alle parole “corsa” e “Bronx”.
Stanno parlando del The Racer. Hanno avuto una soffiata e si preparano ad uscire.
 
Mi allontano immediatamente appena lo sento chiudere la telefonata e mi fiondo in bagno, non prima di aver recuperato dal divano il cellulare per avvisare i miei amici. So che non dovrei, è il suo lavoro, ma non posso farne a meno.
Primo fra tutti provo a telefonare a Mr Crab, ma il suo numero mi risulta occupato. Quindi scrivo un messaggio con invio multiplo a lui, Megan e Robert, sicura che almeno uno dei tre lo leggerà in tempo. Per alcuni secondi fisso il testo trascritto sul display, mentre l’indecisione si fa lentamente strada dentro di me. Inspiro ed espiro un paio di volte e alla fine aggiungo un altro destinatario: Jake Haiden.
 
La prima a rispondermi è Megan che mi ringrazia anche da parte di Robert rivelandomi tuttavia che Mr. Crab era stato avvisato e che sono già andati via.
 
Il secondo invece è Mr Crab che mi domanda stupito come faccio ad essere a conoscenza dei movimenti della polizia.
 

Jake invece mi risponde solo la mattina seguente.
 
Messaggio da Jake: “Dovrei ringraziarti? Sappi che noi abbiamo già i nostri informatori e non serve che sfrutti il tuo bel dottorino per farti perdonare. Non abbiamo bisogno di te.”
 
Messaggio a Jake: “Fottiti.”
 
 
 
 
Sabato sera, come promesso, esco per cena con Megan e Robert, che a quanto pare sono sempre più vicini a diventare una coppia, e Josh.
 
«Che aria scura.. cosa succede?» Gli domando appena prendiamo posto al nostro tavolo notando che il mio amico non abbandona un solo secondo il telefono continuando a spedire e ricevere messaggi con un’espressione estremamente seria in volto.
 
«Un disastro, Charlie ha ricevuto una lettera anonima con all’interno le copie di molte foto del The Racer di ieri sera e si vede chiaramente il volto di Jake. Il mittente deve aver ben chiaro lo stretto legale con Jake e l’hanno minacciato che se il Victrola non verrà chiuso le foto verranno divulgate e trasmesse alla polizia.»
 
«Ma scherzi?» Sbuffo indignata, è un ricatto bello e buono. «Chi può essere stato?»
 
«Non possiamo esserne sicuri ma credo che si tratti dei proprietari dell’Extra. Chi più di loro può avere interesse in tal senso, e ieri fatalità correvano anche loro. Il problema più urgente è Jake però, sembra voler trovare a tutti i costi un modo per risolvere la questione e sai bene anche tu che a volte è un tantino impulsivo.»
 
 «Un tantino?» Rispondo sarcastica, ancora riporto sul mio corpo i segni della sua irruzione nella mia stanza. La forza con cui mi ha strappato il leggero strato di nylon per scoprire il tatuaggio mia ha procurato non pochi lividi che anche se solo lievemente ancora colorano le mie gambe. «Ma cosa può fare? Non penso che sia capace di fare una pazzia così grossa da finire nei guai.»
 
Robert sorride scettico. «Non ne sarei così sicuro. In fondo c’è di mezzo Charlie, è praticamente tutta la sua famiglia da quando è morto suo padre.»
 
Abbasso lo sguardo al pensiero del defunto Sindaco Haiden mentre mi torna alla mente la telefonata di Jake il giorno della sua morte. Ora sarebbe diverso se gli avessi risposto?
«Tutto bene?» Domando a Robert accorgendomi che ancora una volta sta fissando il telefono pensieroso, ignorando la mia domanda.
 
«Robert che succede?» Ripete Josh preoccupato per l’improvvisa assenza mentale dell’amico.
 
«Jake.» Si limita a rispondere senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
 
«Che vuole adesso?» Sbuffa Megan. Oggi ha chiaramente ammesso di non averlo ancora perdonato e di non essere intenzionato a farlo finchè non si scuserà con me. Cosa che credo impossibile.
 
Robert alza gli occhi seri su Josh. «Dobbiamo andare. Quello stordito si è infiltrato all’interno dell’Extra per recuperare gli originali delle foto. Dice di averle trovate e cancellato ogni file ma è rimasto chiuso all’interno dell’ufficio dei proprietari. Dobbiamo tirarlo fuori prima che lo scoprano.»
 
Josh impallidisce improvvisamente. «Chiuso dentro l’ufficio? Ma se lo trovano potrebbero fargli di tutto.»
 
«Di tutto?» Sgrano gli occhi terrorizzata percependo la tensione tra i miei amici.
 
«Si.» Ammette Robert serio. «Sono dei criminali e gliela farebbero pagare non poco. Scusate ma dobbiamo andare.»
 
«Veniamo con voi.» Insisto alzandomi dal tavolo, un brivido percorre la mia schiena al pensiero di Jake torturato.
 
«Non se ne parla Mia, è pericoloso. Tu e Megan restate qui.» Ribatte autoritario Robert accarezzando la guancia destra della ragazza seduta al suo fianco. è teso, ha paura e sta terrorizzando anche me.
 
«Si ragazze, vi chiamiamo dopo. Potrebbe essere pericoloso.» Lo asseconda Josh. «Ci conoscono bene e sarà difficile entrare e uscire dal locale.»
 
«Appunto per questo devo venire.» Continuo testarda. «Non sanno chi sono e potrò tranquillamente entrare dall’ingresso principale.»
 
Robert mi fissa scuotendo la testa. «No, no, no. Mia ti ho già detto che è troppo pericoloso.»
 
«Aspetta Robert, non ha tutti i torti. Potrebbe vagare indisturbata all’interno del locale. Le basterà trovare una scusa per entrare nell’ufficio del proprietario e far uscire Jake.» Concorda Josh.
 
«La fai facile tu? Trovare un modo per entrare e farlo uscire? Cosa succede se la scoprono?» Robert sembra determinato a tenermi fuori.
 
«Beh, un modo lo troverò! In fondo non sono una sprovveduta! Ma se hai un’idea migliore..»
 
Il suo silenzio cancella ogni dubbio. Non c’è altra soluzione.
 
 
 
Entrare è ancora più facile di quanto credevo grazie alla collaudata tecnica di Megan. Mi fermo un po’ più indietro rispetto alla coda in modo da rimanere ben visibile al buttafuori che ritmicamente guarda i nuovi arrivati, ed infatti pochi istanti dopo mi fa cenno di avvicinarmi aprendomi un varco.
Una volta dentro non mi resta che scoprire dove si trova l’ufficio del proprietario. Mi scruto intorno esaminando la sala che mi circonda. Il locale è carino ma non ha niente a che vedere con la magica atmosfera del Victrola. È una semplice discoteca con luci intermittenti, pista al centro e un bar sul fondo. Non c’è da stupirsi che sia mezzo vuoto.
Sfilo la pelliccia bianca corta e la trattengo con l’avambraccio, le luci intermittenti illuminano il tessuto del mio abito dello stesso colore, giusto per passare inosservata.
Non posso perdere troppo tempo, devo trovare Jake e portarlo fuori di qui.
Sorpasso le poche persone in mezzo alla pista, ignorando un paio di ragazzi che mi invitano ad unirmi a loro e mi dirigo verso il corridoio dei bagni. È lì che noto una piccola scala a chiocciola, poco oltre la porta della toilette. Salgo velocemente gli alti gradini di grata imprecando per la mia gonna troppo corta e i miei tacchi troppo alti e sottili. Se lo avessi saputo averi messo pantacollant e ballerine. Al piano di sopra mi ritrovo in un lungo e completamente buio corridoio, con porte sia alla mia destra che alla mia sinistra. Apro la prima pregando di essere abbastanza fortunata da trovare subito la stanza che cerco e sussurro a voce bassissima il suo nome. «Jake?» Attendo qualche istante senza ottenere risposta, quindi chiudo la porta e provo con quella seguente, nuovamente inutilmente.
 
«Posso esserle d’aiuto?» Una voce alle mie spalle mi sorprende che per la paura balzo all’indietro con tanta irruenza che rischio di cadere per terra. Un uomo sulla quarantina mi blocca la strada incrociando le braccia al petto. «Si è persa per caso?»
 
Nego con un cenno del capo. «No. Sto cercando il titolare.»
 
«Ce l’ha di fronte. In cosa posso aiutarla?» Mi interroga accendendo la luce de corridoio per vedermi con chiarezza. Socchiudo gli occhi accecata dall’improvviso bagliore.
 
«Come posso essere certa che tu non mia stia prendendo in giro?» Gli domando incrociando le braccia al petto.
 
«Devi fidarti di me. Di cosa hai bisogno bellezza?» A quanto pare ha abbandonato il tono di cortesia e lasciato spazio ad apprezzamenti poco piacevoli.
 
Deglutisco vistosamente, ora devo giocarmi il tutto per tutto. «Vorrei andare in un posto diciamo un po’ più privato.. non so se capisci?» Ho la netta sensazione che potrei infilarmi in un brutto guaio, decisamente brutto.
 
«Certo che ci siamo capiti. Seguimi.» Ammicca maliziosamente facendomi strada verso una delle ultime porte sulla sinistra del corridoio e infila la chiave nella toppa. In effetti se Jake è rimasto bloccato la porta doveva essere chiusa. «Entra pure.» Mi invita indicandomi una delle sedie di pelle mentre lui prende posto dall’altra parte del tavolo. «Volevi un posto tranquillo, eccolo. Qui siamo lontano da orecchie indiscrete. Di cosa hai bisogno? Sesso? Droga?»
Si sofferma leggermente sulla prima alternativa abbassando di un paio di gradi il tono di voce. In che razza di casino mi sono infilata. Devo almeno escludere quell’opzione.
 
«Droga.» Biascico dopo essermi adagiata la pelliccia sulle spalle e aver infilato il mio Iphone nel taschino anteriore.
 
«In effetti non credo che tu abbia bisogno di pagare per avere un uomo. Cosa e quanto vuoi?» Mi domanda, il tono deluso.
 
Inspiro profondamente cercando di non cedere al panico e di pensare ad una risposta abbastanza convincente. «Cocaina. Per il quanto dipende da quello che hai, se ne vale la pena potrei ordinarne abbastanza. Sai ho in mente una certa festa.»
 
Lui sorride compiaciuto. «Posso fartela assaggiare.» Risponde aprendo uno dei cassetti della scrivania e tirandone fuori una piccola bustina con all’interno una piccola dose di polverina bianca.
 
La prendo in mano e la osservo terrorizzata. Adesso sono proprio nella merda.
 
«Cosa aspetti bambolina?» Mi sprona.
 
«Scusa caro ma non è una cosa che faccio con gli sconosciuti!» Gli rispondo cercando di sorridergli smagliante. «Ho bisogno della mia privacy. Che ne dici di andare a prenderci qualcosa da bere intanto. Per sciogliere un po’ il ghiaccio.» Le parole escono fluide dalla mia bocca nonostante tutta la mia tensione. Spero che colga il mio invito malizioso e scenda a prendere un drink.
 
«Se può aiutarti a scioglierti un po’.» Ammicca troppo forzatamente, e prego di uscire da questo locale prima di rincontrare nuovamente quest’uomo disgustoso. Quindi chiude a chiave il suo cassetto da spacciatore ed esce dalla stanza lasciandomi sola.
 
Esattamente cinque secondo dopo l’armadio metallico alle mie spalle si spalanca, e Jake balza fuori dal suo interno, facendomi sussultare sulla sedia.
 
«Che cazzo ci fai tu qui?» Sbotta rabbioso venendomi incontro.
 
«Scusa se sono venuta a salvarti il culo. Andiamo?» Taglio corto sapendo di non avere tempo da perdere. Apro la porta e controllo che il corridoio sia sgombro. Le luci sono di nuovo spente e non c’è nessuna traccia di addetti ai lavori. «Veloce prima che torni.» Lo incito agitando la mano per farmi seguire. Jake invece spalanca la porta e mi sorpassa sbuffando.
 
Scendiamo le scale velocemente e ci fermiamo nei bagni attendendo che il proprietario dell’Extra torni al piano di sopra con una bottiglia di vino e due calici. «Se vuoi puoi tornare su e finire il tuo festino.» Mi sussurra maligno all’orecchio.
 
Scelgo di ignorare la sua provocazione e di precederlo fuori dalla stanza prima di essere beccati. Raggiungo il centro della pista da ballo e mi guardo intorno nervosa, voglio uscire da questo posto immediatamente. «Non possiamo passare dall’ingresso. Tu sai dov’è un’uscita di sicurezza?»
 
Jake mi indica una porta poco distante dal bancone del bar con appesa una targhetta luminescente verde, EXIT. «Vieni.» Poggia la mano destra sulla mia spalla e mi guida attraverso la folla facendomi sussultare: ogni cellula del mio corpo reagisce immediatamente al suo contatto e capisco di averne sentito la mancanza.
Raggiungiamo il bancone del bar e cercando di passare inosservati ci blocchiamo a pochi metri dalla nostra via di fuga.
Non faccio in tempo a rilassarmi e a tirare un sospiro di sollievo che vedo ricomparire il titolare dell’Extra dal corridoio dei bagni, la bottiglia di vino alla mano, che a passo spedito si incammina verso il bancone del bar e quindi verso di noi.
 
«Merda. Se ci vede adesso capirà tutto e sarà la fine.» Sbotta Jake nel mio orecchio cingendomi le spalle. Dai muscoli tesi del suo braccio percepisco tutta la sua ansia, anche se non lo vuole ammettere ha paura e non solo per sé stesso. Dovevo immaginarlo che sarebbe tornato subito non trovandomi nel suo ufficio ad aspettarlo.
 
«Dobbiamo nasconderci.» Lo guardo terrorizzata. Forse abbiamo giocato troppo col fuoco e ora finiremo bruciati. Nemmeno Ryan riuscirà a tirarmi fuori dai guai questa volta.
 
«Non mi pare di vedere armadi in cui nasconderci.»
 
Mi guardo intorno alla ricerca di un’idea. «Aspetta, ho trovato.» Con tutte le mie forze spingo Jake verso la parete alle nostre spalle mentre lui, non avendo altro da perdere, indietreggia lasciandosi guidare da me. Quando il retro delle sue ginocchia tocca il bordo dell’orribile divanetto che trasuda sporco e sudore, si lascia cadere seduto e io lo seguo sedendomi a cavalcioni sulle sue ginocchia e facendo pericolosamente alzare il mio vestito già troppo corto. Accanto a noi una coppia amoreggia con passione e senza vergogna.
 
«Cosa stai facendo?»
 
«Shh» sibilo portando il mio volto talmente vicino al suo che le nostre labbra possono sfiorarsi e indicandogli con un cenno del capo i due ragazzi alla nostra destra. «Spera di passare inosservati»
 
I suoi occhi si spostano sulla coppia seduta al nostro fianco e un ghigno si dipinge sul suo volto. «Bisogna fare le cose per bene allora.» Un attimo dopo poggia le sue labbra sulle mie cingendomi con entrambe le braccia e portando una delle mani sul mio sedere, appena sopra l’orlo del vestito. Cerco di oppormi alla sua presa ma lui mi ammonisce con un ringhio facendo aderire ancora di più i nostri corpi e palpeggiandomi selvaggiamente il fondo schiena. Inaspettatamente mi morde con forza il labbro inferiore, costringendomi a schiudere la bocca per il dolore, e senza perdere tempo infila la lingua all’interno della mia cavità orale. Quando sfiora la mia lingua con la sua mille scosse attraversano il mio corpo e senza rendermene conto porto le mani sulla sua testa intrecciando le dita tra i suoi capelli e ricambiando il suo bacio. Il nostro secondo vero bacio.
Fino a pochi istanti fa mi dimostrava tutto il suo disprezzo e adesso mi sta baciando con… desiderio.. Sì, lo stesso desiderio di quando non conosceva la mia reale identità.
Continuiamo a baciarci a lungo, anche più del necessario, mentre le sue mani vagano curiose lungo il mio corpo, soffermandosi sul mio ventre, sfiorando il mio seno e tornando con irruenza sul mio sedere che ormai conosce alla perfezione. Tutti i miei buoni propositi delle ultime due settimane sembrano buttati al vento. Mi ci vuole tutta la forza che ho in corpo per staccarmi da lui quel tanto che basta per interrompere il nostro momento di passione, il cuore in gola martella alla velocità della luce e inspiro profondamente per sopperire la mancanza di aria. Come può farmi sempre quest’effetto. Fisso i miei occhi nei suoi, accaldata e con il fiato corto.
 
«Credo che non si sia accorto di noi.»
 
«Lo penso anch’io.» Mi risponde distogliendo lo sguardo ma senza abbandonare la presa sul mio fondoschiena. «Meglio uscire prima che sia troppo tardi.» Anche lui ha il respiro accelerato e le sue gote sembrano leggermente arrossate. Mi aiuta ad alzarmi accompagnando l’orlo del mio abito in modo che solo lui conosca il colore della mia biancheria intima. Poi si solleva accanto a me e guarda verso il basso imbarazzato, istintivamente controllo la stessa direzione e avvampo notando il rigonfiamento dei suoi pantaloni.
Il nostro bacio non gli ha per niente fatto schifo.
Ignorando il mio sorriso prende il telefono e chiama Robert e indicandogli dove venirci a prendere, quindi spalanca la porta facendo risuonare l’allarme antincendio all’interno del locale e tirandomi per il braccio destro corriamo a perdifiato nel vialetto posteriore, dove poco distante Robert, Josh e Megan ci attendono con il motore acceso e lo sportello posteriore aperto.
 
Jake salta su trascinandomi con lui e Robert dà gas e parte facendo stridere i pneumatici sull’’asfalto umido.
 
«Mia sei appena diventata il mio mito! Io mi sarei cagata sotto. Se non fosse stato per lei saresti stato spacciato!» Esulta Megan voltandosi verso di noi e dopo aver fissato prima me e poi Jake per alcuni secondi esplode a ridere sonoramente. «Oh Mio Dio» Esclama coprendosi la bocca con entrambe le mani.
 
«Ma stai zitta Megan. E si può sapere cosa hai da ridere così?» Borbotta stizzito ma viene zittito immediatamente da Robert.
 
«No, Jake. Devi solo ringraziarla, ha rischiato molto per te.»
 
«Qualcosa mi dice che l’ha già ringraziata.» Continua la bionda senza smettere di ridere.
 
Jake si volta verso Josh sbuffando «Ma senti sta gallina! è per caso ubriaca?». L’unica risposta però che ottiene è che anche il suo amico scoppia a ridere e capisco che forse c’è qualcosa che non va sul suo volto. «Si può sapere cosa cazzo avete tutti?»
 
Quando anche Robert inizia a sogghignare dal posto di guida capisco che Jake è arrivato al limite della sua pazienza: non è bello essere deriso così apertamente. Mi allungo appena per guardarlo anch’io e mi copro il viso per l’imbarazzo. Nel buio del locale non me ne ero resa conto e una volta fuori sono stata sballottata da lui ad una velocità tale che solo ora riesco a vederlo chiaramente.
 
«Sai che ti trovo bellissimo, ma quella tonalità di rossetto dona più ad Amelia che a te!» Lo denigra Josh ingenerando ulteriori risa nei nostri amici seduti sui sedili posteriori e nemmeno io riesco più a trattenermi.
 
«Tu non osare ridere. NON OSARE RIDERE.» Grida puntandomi con il dito indice della mano destra mentre furiosamente strofina la sinistra sulla bocca.
 
«Ora però ci devi dire come c’è finito.» Sghignazza Megan accoccolandosi sul sedile per non essere vista da Jake e la conosco abbastanza per sapere che ormai ha le lacrime agli occhi.
 
Jake però si gira verso di me fulminandomi con lo sguardo. «Lascia perdere Megan.» Le consiglio estraendo lo specchietto per sistemarmi il trucco. 
 
 
Parcheggiamo di fronte al Victrola e veniamo immediatamente raggiunti da Charlie che subito abbraccia il cugino.
 
Io mi guardo intorno e indietreggio di qualche passo, ricordando che mi è stato vietato l’ingresso. «Beh ragazzi, buona serata.»
 
«Aspetta Mia. Dove vai?» Mi domanda Megan frastornata.
 
«Vado a casa, non sono la benvenuta qui.» Annuncio scrollando le spalle. Gli occhi di Jake fissi su di me. «Ah, dimenticavo» Estraggo il cellulare dalla tasca della pelliccia e invio a tutti loro un messaggio. «Ho pensato che potrebbero procurarsi altre foto o qualunque altra cosa per ricattarci, è utile avere qualcosa contro di loro.» Trasmetto loro una registrazione in cui si vede chiaramente il volto del proprietario dell’Extra che si accorda per vendermi la cocaina. Prima di riporre il telefono all’interno del taschino avevo acceso la telecamera. «Forse adesso questa guerra potrà finire.»
 
«Tu sei un fottuto genio signorina.» Charlie mi stringe a sé sollevandomi da terra e facendomi girare in tondo. «Per la cronaca, questo locale è mio e solo io posso decidere chi entra e chi resta fuori e per te le porte sono sempre aperte. E non mi interessa se mio cugino ha ancora qualcosa in contrario.» Quindi mi prende sottobraccio e mi invita a seguirlo all’interno.

Guardo un’altra volta Jake che scuote indifferente le spalle. «Hai sentito, non ho voce in capitolo.»
 
 
 
 
Appena entriamo raggiungiamo Spencer, Micheal e Jessica nella zona vip e Charlie ci porta un paio di bottiglie di Champagne e calici per tutti. Jake invece sembra dileguarsi immediatamente, si precipita al bar e ordina una birra isolandosi da tutti. Gli dà così tanto fastidio la mia presenza?
Gli altri però lo ignorano e mi invitano a fare altrettanto, facendomi ballare e servendomi da bere. L’unica che non sembra felice della mia presenza è Jessica che si scruta continuamente intorno.
 
«Allora Mia! Complimenti. Noto che hai perso qualche chilo di troppo.»
 
«Grazie Jessica.» Rispondo poco convinta che il suo sia un vero complimento.
 
«Ti sembra giusto costringere Jake a stare lontano dai suoi amici?» Ecco dove voleva arrivare. Alzo le braccia sbuffando e mi allontano da lei. Non cambierà mai.
 
Ma è giusto costringere Jake a stare lontano dai suoi amici perchè ci sono io?
 
Maledetta Jessica e la sua boccaccia. Mi ha appena rovinato la serata.
Mi siedo su un divanetto inspirando profondamente il profumo di detersivo ai fiori d’arancia e di pulito, nessun paragone con quelli luridi dell’Extra. Estraggo il mio IPhone dalla borsetta e seleziono il nome di Ryan dalla rubrica, portando l’apparecchio all’orecchio destro e tappandomi il sinistro con le dita.
 
“Pronto Amelia?”
“Ciao Ryan, stai lavorando?”
“No. Sono a casa. E tu? Cos’è questo frastuono?”
“Sono in un locale, il Victrola. Mi raggiungi?”
“Ma non volevi passare la serata con i tuoi amici?”
“Si, e sono stata con loro fino ad adesso. Ora voglio stare con il mio ragazzo. Mi raggiungi?”
“Ok, mi cambio e arrivo.”
 
 
 
Lo vedo subito appena compare all’ingresso in tutta la sua bellezza. Indossa un paio di jeans e una camicia dello stesso azzurro dei suoi splendidi occhi. Non sono però l’unica a notarlo e appena mette piede sulla pista da ballo un piccolo gruppetto di ragazze gli si chiude intorno ingabbiandolo con i loro corpi. Lui le distanzia imbarazzato cercandomi con lo sguardo. Sorrido trionfante avanzando verso di loro «Scusate ragazze, ma lui è già impegnato… con me!» Annuncio allacciando le mani dietro il suo collo e baciandolo dolcemente, ignorando gli occhi fissati su di noi.
Lui arpiona con le mani i miei fianchi e mi solleva delicatamente da terra. «Mi sei mancata così tanto.» Sussurra prima di baciarmi di nuovo.
Quando i miei piedi incontrano di nuovo terra le ragazze accanto a noi sono sparite e lui mi stringe con forza facendo aderire perfettamente i nostri corpi e ondeggiando a tempo di musica.
 
Il nostro idilliaco incontro viene però interrotto quasi subito nel più brusco dei modi, qualcuno urta violentemente la schiena di Ryan spingendolo in avanti e facendomi cadere per terra.
 
«Ma che…» Sbraita Ryan voltandosi per vedere il colpevole, Jake Haiden.
 
«Scusate, non l’ho fatto apposta.» Ghigna maligno.
 
«Chissà perché non ne sono così sicuro.» Sibila nervoso, poi si volta di nuovo verso di me e mi prende per le braccia per aiutarmi ad alzarmi.
 
«Mia tutto ok?» Mi chiede divertito il biondo e senza alcuna ombra di rimorso nella voce.
 
Ryan finge di non sentirlo e mi solleva da terra. «Stai bene vero?» Mi sussurra accarezzandomi la guancia.
 
«Gliel’avevo già chiesto io. Non ha bisogno di un traduttore.»
 
I muscoli di Ryan fremono mentre si volta verso di lui. «Ragazzino hai qualche problema con me o con la mia ragazza? Perché non ho intenzione di farmi rovinare da te la serata.»
 
Jake scoppia a ridere. «Non sei un po’ troppo vecchio per avere una 'ragazza'? Comunque sì. Ho qualche problema con voi.»
 
Ryan ride a sua volta, ma senza ombra di divertimento. «Beh è un problema tuo.»
 
«Credo che sia anche tuo invece.» Il suo tono di voce aumenta leggermente e avanza di un paio di passi fronteggiandolo.
 
«Ah. Ora mi ricordo di te. Sei il tipo che settimane fa non voleva accettare di essere stato scaricato da Amelia. Non ricordo il tuo nome.» Lo denigra apertamente Ryan gonfiando il petto e provocando esattamente la reazione che temevo. Jake balza in avanti spingendo ancora una volta il viceprocuratore e alzando entrambi i pugni pronti a colpirlo.
 
Mi fiondo in mezzo a loro pregando che Jake sia ancora abbastanza lucido da non colpirmi. «Jake fermo.» Urlo alzando le mani davanti al volto per difendermi, ho un brutto presentimento. Fortunatamente lui abbassa i pugni appena in tempo per non colpirmi. Le mani di Ryan afferrano la mia vita e dopo avermi sollevata da terra, mi distanziano da Jake, riparandomi dietro le sue possenti spalle.
 
«Non serve che la difendi, non ho intenzione di farle del male.»
 
«Ragazzino piantale. Mettiti in testa che lei non ti vuole.» Gli sputa addosso rabbioso, ormai ogni briciolo di autocontrollo sembra averlo abbandonato.
 
«Povero dottorino, io non ne sarei così sicuro.» Il sorriso malefico che compare sul suo volto accende tutti i miei campanelli d’allarme.
 
«Che cosa stai dicendo?» Urla Ryan  guardando prima me e poi ripotando gli occhi su Jake.
 
«Ryan» invoco il suo nome per attirare l’attenzione del mio ragazzo. «Non ascoltarlo, andiamocene per piacere.»
 
«Ma come Mia, io credo che a lui interessi sapere.»
 
«Finiscila Jake» Grido esasperata.
 
«SAPERE COSA?» Urla Ryan tirandomi per il polso destro e costringendomi a guardarlo. I suoi occhi colmi di rabbia e della consapevolezza che quella che sta per sentire non potrà renderlo felice. Codarda come al mio solito ammutolisco. «ALLORA?»
 
«Allora sei cornuto caro mio.» Ride compiaciuto Jake, ha appena ottenuto la sua rivincita.
 
«COSA STA DICENDO?» urla scuotendomi e stringendo con forza.
 
«Non era niente di serio Ryan, era.. finto.» Ammetto abbassando lo sguardo, incapace di sostenere il suo. 
 
«Finto?» Ride Jake scettico. «Non mi sembrava così finto mentre infilavi la lingua nella mia bocca.»
 
«TACI JAKE» Grido con le lacrime agli occhi colpendolo in pieno volto con il palmo della mia mano.

«Ryan ti prego, posso spiegarti.»
 
«Andiamo via.» Mi ordina dopo aver inspirato ed espirato profondamente un paio di volte.
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 13 ***


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Buona lettura.


 Dove eravamo rimasti?
Charlie riceve una lettera in cui viene invitato a chiudere il Victrola, altrimenti alcune foto di Jake al The Racer verranno rese pubbliche e trasmesse alla polizia.
Jake corre in aiuto del cugino e recupera le foto, rimanendo tuttavia bloccato all’interno dell’Extra, locale rivale del Victrola. Mia, che ovviamente non riesce a stare lontana dall’ex amico, si offre volontaria per andare a salvarlo e, complici l’adrenalina, la paura di essere scoperti e il desiderio, i due si baciano per la seconda volta.
Poco dopo Mia viene raggiunta al Victrola da Ryan, la sua presenza però fa arrabbiare Jake che affronta il procuratore rivelandogli di aver baciato la ragazza.
 
E adesso???
 
 
 
 
CAPITOLO 13
 
 
 
 
«Ti prego Ryan. Mi stai facendo male.» Supplico il mio ragazzo che mi sta trascinando verso la sua auto parcheggiata appena fuori il Victrola. La sua mano destra stretta intorno al mio polso con tanta forza che il sangue fatica a fluire. Lui però ignora la mia richiesta continuando per la sua strada. «Ryan…»
 
«Ryan cosa?» Grida spingendomi contro la sua auto e facendomi sbattere la schiena.
 
«Ah!» Gemo per l’urto. La mano destra di Ryan chiusa a pugno sbatte contro il montante a pochi centimetri dalla mia spalla sinistra.
 
«Allora? Cosa hai da dire?» Sbraita completamente fuori di sé per la rabbia.
 
«Io..» Comincio, ma mi rendo subito conto che non ci sono parole per giustificarmi. Sicuramente non posso raccontargli di come Jake è entrato all’interno dell’Extra e tantomeno del video in cui fingo di voler comprare la droga per poter ricattare il proprietario del locale senza rischiare un’incriminazione nei confronti di Jake o di Charlie, oltre alla mia ovviamente. In fondo questa notte abbiamo commesso più di un reato: effrazione, furto, oltre al tentato acquisto di sostanze stupefacenti.
E comunque tutto ciò non mi sembra nemmeno vicina al poter giustificare quel maledetto bacio, perché è così, l’ho baciato. Anche se mi ero fermata vicinissima alle sue labbra, ed è stato lui a farsi avanti, a baciarmi per primo e a toccarmi. Il ricordo della mani di Jake che mi stringono e mi esplorano mi fa avvampare.
Perché non riesco ad essere arrabbiata con lui, soprattutto adesso che mi ha deliberatamente messo nella merda?
 
«E questo?» Persa nei miei pensieri non mi ero accorta di quanto il mio ragazzo si fosse avvicinato al mio volto e vedendomi chiaramente sotto la luce del lampione al nostro fianco nota immediatamente un piccolo particolare a cui io ancora non avevo fatto caso. Con la mano destra mi afferra il mento costringendomi ad alzare il capo verso di lui, mentre con il pollice mi schiude le labbra esaminando quello inferiore. «È stato lui?»
 
Non capendo a cosa si riferisce mi libero dalla sua presa scuotendo la testa e mi inumidisco la bocca con la lingua sentendo un improvviso bruciore. Immediatamente tornano alla mia mente i denti di Josh che affondano per aprirsi un varco e approfondire il bacio. Presa dalla sua passione avevo dimenticato il dolore e non avevo controllato le conseguenze del suo gesto. Il bruciore provocato dal contatto con la saliva mi fa intuire che deve presentare un taglio non indifferente e che faticherà a rimarginarsi.
 
«Allora?» Insiste alzando ancora una volta la voce.
 
Abbasso lo sguardo, l’unica soluzione è ammettere le mie colpe e sperare che sia abbastanza comprensivo. «Mi dispiace.»
 
«TI DISPIACE?» Le sue mani tornano a stringersi con forza sui miei avambracci, spingendomi nuovamente contro la costosa vettura rossa parcheggiata alle mie spalle.
 
 «Ryan, mi fai male.» Supplico invano con le lacrime agli occhi. «Mi dispiace. Ho sbagliato. Ero in buona fede e la situazione mi è sfuggita di mano.»
 
«Buona fede? Spiegati perché io proprio non riesco a capire.» La sua voce trasuda rabbia ed esasperazione.
 
«Lascia perdere Ryan, qualunque cosa ti farebbe solo arrabbiare di più. Ho baciato Jake, o quantomeno gli ho permesso di baciarmi. Mi dispiace e ti giuro che non succederà mai più.» Alzo la voce anch’io, e lui in risposta stringe ancora di più la presa sulle mie spalle. «Non posso costringerti a perdonarmi, ma ti prego.. Ho sbagliato. Sto bene con te e non voglio buttare tutto al vento per una cazzata.»
 
Lui lascia cadere le braccia lungo i fianchi e scuote la testa. Sta cedendo e io devo insistere. Afferro il suo volto tra le mani e mi avvicino il mio viso al suo.
 
«Perdonami Ryan, io voglio stare con te. Non succederà mai più.» Ripeto fissando i miei occhi nei suoi e cercando di essere il più convincente possibile.
 
Ryan mi scruta intensamente quasi a voler leggere i miei pensieri e dopo un lunghissimo minuto di silenzio, annuisce lievemente. «Tu non vedrai più quel ragazzo, mai più.» Il suo tono di voce è estremamente serio.
 
«Come?» Balbetto presa alla sprovvista dalle sue parole.
 
«Tu non lo vedrai mai più e non verrai più in questo posto.»
 
 
 
***
 
 
Dopo la nostra disastrosa discussione la situazione sembra essere leggermente migliorata. Ryan mi ha perdonata e ha deciso di continuare a frequentarmi nonostante il bacio con Jake, ma non senza conseguenze. Da lunedì ogni mattina alle otto in punto si presenta fuori dalla Eaton House per accompagnarmi in procura dove rimane sempre al mio fianco per l’intera giornata, costringendomi anche a pranzare insieme, e alla fine mi riporta al dormitorio solo dopo aver cenato. Quando non siamo insieme invece mi telefona ad intervalli regolari di circa trenta minuti fino alla buonanotte. Posso capire la sua gelosia e la sua totale mancanza di fiducia, in fondo sono stata io a baciare un altro ragazzo, ma spero che gli passi presto perché sarà dura continuare così. Inoltre ho paura del giorno in cui avrà fine il mio stage, vale a dire la prossima settimana, e della sua reazione alla mia ripresa dei corsi al College.
 
«Cavolo Mia, è venerdì! Non puoi diventare un’eremita perché il tuo ragazzo è completamente fuori di testa.» Si lamenta Megan stendendosi sul mio letto e allungando contemporaneamente gambe e braccia.
 
«Vuoi lasciarmi studiare?» Sbuffo chiudendo il libro e voltandomi verso di lei. «Tra la musica di quelle squinternate qui accanto, Spencer che cambia abito quattro volte al giorno e tu che fai irruzione ogni sera non supererò mai l’esame.»
 
«Mica colpa mia se a quanto pare ti sono state proibite anche le biblioteche, e comunque è l’unico modo che mi è rimasto per vederti, non ti lascia venire nemmeno in mensa.» Sbotta la bionda scrollando le spalle.
 
«Beh nemmeno mia se per questo.. Devi ringraziare Jake e la sua linguaccia. Sono fortunata che Ryan non mi abbia lasciata sabato scorso, l’unica cosa che posso fare è assecondarlo.»
 
«Ah ah ah..» Megan scoppia sonoramente a ridere. «Della sua lingua in tutti i sensi.»
 
«Non è divertente. Ryan pensa che io l’abbia tradito volontariamente e questo perché non posso dirgli la verità senza rivelargli del The Racer o altri fatti che un procuratore distrettuale non dovrebbe mai conoscere. Se ci avessero trovati sarebbe stata la fine, ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente ed io mi ero solo avvicinata. Guarda facevo meglio a lasciarlo lì dentro.» Grugnisco nervosa, il solo ricordo di Jake che urla contro Ryan mi manda fuori di testa.
 
«Si diciamo che non ti è nemmeno dispiaciuto..» Mi fa notare la mia amica, le curate sopracciglia inarcate.
 
«Beh ovviamente no, e nemmeno a lui sai..» Preciso non potendo dimenticare la sua passione, la sua eccitazione, e il solo ricordo mi fa arrossire violentemente. «E comunque è stato lui a infilarmi la lingua in bocca!»
 
«Secondo me è solo geloso di Ryan.» Sentenzia alzandosi in piedi.
 
«Io non credo...» Abbasso lo sguardo, già Spencer sostiene questa teoria. Se avessero ragione? «Non ne vuole più sapere di me…»
 
«Non direi, mi ha chiesto di te.»
 
«Che cosa?» Le domando sorpresa.
 
«Si, mi ha chiesto se stavi bene e perché non sei più uscita. Gli ho spiegato che Ryan ti ha messo sotto chiave e lui in risposta ha grugnito qualcosa che non ho ben capito su quanto sia stupido.»
 
«Beh la colpa è solo sua.» Constato amaramente.
 
«Tu non l’hai visto, quella sera intendo, se ne stava per le sue ma non ti toglieva gli occhi di dosso e appena ha visto Ryan baciarti è letteralmente corso da voi.»
 
Non ti toglieva gli occhi di dosso. È letteralmente corso da voi.
 
«Non farmici pensare. A momenti si mettevano le mani addosso.» Ancora mi mette i brividi l’immagine di Jake che con la guardia alzata si avvicina a Ryan, pronto a colpirlo.
 
«Io voglio andare a fondo a questa storia. Ti ribadisco che secondo me lui è perso di te ma è troppo orgoglioso per ammetterlo. Insomma stavate così bene insieme.»
 
«E anche se fosse? Io ormai sto con Ryan. Non cambierebbe nulla.» Questa è la verità, è inutile fantasticare su meravigliose congetture, Jake non è innamorato di me e non lo sarà mai.
 
«Ti prego andiamo al Victrola. Voglio solo capire se ho ragione. Poi ti lascerò in pace.» Insiste speranzosa Megan sfoggiandomi uno dei suoi migliori sguardi da cucciolo, di quelli che ti impediscono di rifiutare ogni sua richiesta.
 
«Ma scherzi? Sai che non posso, Ryan me l’ha vietato.» Scuoto la testa in senso di diniego mentre il senso di colpa e il desiderio di rivedere Jake comincia a farsi strada dentro di me.
 
«Ma dai.. Lui non sta lavorando? Digli che vai a letto perché non stai bene e spegni il telefono.» Non demorde. «Diciamo all’ingresso di non passarti telefonate ed esci senza farti vedere da nessuno.»
Le sue argomentazioni sono abbastanza valide in fondo e se le dimostro che le sue teorie sono sbagliate la finirà con questa storia.
 
Ma se avesse ragione?
 
«Dai Mia.. non farti pregare!» Pigola inginocchiandosi e portando il suo volto alla stessa altezza del mio.
 
«Dannazione Megan. E va bene. Ma non più di un’ora.» Alla fine accetto, anche se mi aveva già convinta un paio di battute prima.
 
Telefono a Ryan lamentando un terribile mal di testa, adducendo che sarei andata a letto presto. Lui è costretto in procura con il turno di notte e non verrà mai a sapere della mia innocente mini fuga.
Nel frattempo Megan sceglie i nostri outfit per la serata optando inizialmente per un grazioso tubino verde smeraldo senza spalline, che rifiuto immediatamente non volendo mostrare i segni lasciati da Ryan sulle mie braccia che ancora faticano ad andarsene. Quindi mi obbliga ad indossare un semplice abito blu scuro con le maniche lunghe a sbuffo molto corto che abbina ad un paio di scarpe altissime bianche e ad bauletto dello stesso colore.
 
Ovviamente spengo il telefono e lo ripongo nel cassetto del comodino, non prima però di aver inviato un messaggio a Ryan augurandogli buon lavoro, quindi comunico in guardiola che sarei andata a dormire e di non disturbarmi.
Sono decisa ad uscire, niente potrà fermarmi, nemmeno il senso di colpa che mi sta lacerando lo stomaco.
 
La strada verso il Victrola è breve e come sempre Adam ci fa entrare immediatamente scostando per noi la grossa corda e permettendoci di superare le pesanti tende rosse, elemento della precedente destinazione dell’immobile. Lasciamo i cappotti e le borse nell’ufficio di Charlie e torniamo nel cuore del locale, facendoci strada attraverso la pista, dirette alla zona sopraelevata riservata a noi e ai nostri amici. Seguo la mia bionda amica stringendole la mano sinistra, il suo fisico sembra ancora più magro e slanciato avvolto nell’aderente abito ciclamino che contrasta divinamente con la sua pelle chiarissima e l’oro dei suoi capelli. Nessuno sa vestirsi e vestirmi bene quanto lei, non ha idea di quanto le devo per tutto l’aiuto che mi dà sempre.
 
Alzo lo sguardo oltre i gradini di marmo che mi separano dal privè e un pugnale attraversa il mio torace da parte a parte, squarciando il mio cure e bloccando il mio respiro. Porto il peso dal piede destro al piede sinistro e lascio andare la mano di Megan che appena se ne accorge si volta interdetta.
 
 «Che ti prende?» Mi domanda, mentre sul viso le si dipinge un’espressione stupita dopo aver poggiato lo sguardo sul mio, probabilmente per quello che ci ha letto. Istintivamente indirizza gli occhi nella mia stessa traiettoria. «Oh Mia.. Mi dispiace.» Mormora.
 
Esattamente al centro del privè c’è Jake. Questa sera indossa una semplice t-shirt bianca sopra un paio di pantaloni color cachi e una giacca elegante nera, oltre ad una non così bella biondina. La sta letteralmente indossando perché solo un abito riesce ad aderire così tanto ad un corpo. I loro bacini strusciano con indecenza, senza nemmeno seguire il ritmo della canzone che rimbomba all’interno del locale, e si baciano. Jake poggia le labbra sul collo di lei, risalendo lentamente verso la mascella e tornando alla sua bocca dove risucchia la sua lingua. Le mani viaggiano lungo quel corpo troppo esile e senza curve per i miei gusti, soffermandosi sullo spigoloso sedere per poi spostarsi senza problemi verso il davanti, sotto l’orlo del corto vestito e facendola sospirare.
 
Volto le spalle a quella scena trattenendo le lacrime e affondando le unghie nei palmi, come se il dolore fisico potesse sostituire la voragine che si è aperta all’interno del mio petto. Perché? Le parole di Megan e di Spencer mi avevano illusa che lui fosse attratto da me, che provasse qualcosa, e invece lui è tornato alle sue vecchie abitudini, o forse non le aveva mai abbandonate.
 
«Andiamo via se preferisci.» Scuoto la testa e mi giro per guardare la mia amica in viso, dopo aver ricacciato indietro le lacrime.
 
«No Megan, va a salutare Robert. Io intanto mi prendo qualcosa da bere. Però ci fermiamo poco, ok?»
 
La sua espressione lascia intravedere tutto il suo stupore. Non si aspettava che avessi intuito della sua nuova simpatia per il nostro amico. «Ne sei sicura? Vengo al bar con te.»
 
«Tranquilla, ho bisogno di stare sola. Dammi dieci minuti e ti raggiungo.» La spingo con la mano affinché non mi segua mentre io mi incammino nella direzione opposta, necessitando qualcosa da bere.
 
 
 
«Cosa prendi bellezza? Offro io.» Un ragazzo appoggiato al bancone accanto me avvicina il suo volto al mio, e dopo avermi scrutata dalla cima della testa alla punta dei piedi, mi sorride smagliante. Non mi sembra di averlo mai visto prima di oggi.
 
«Faccio da sola, grazie.» gli rispondo atona senza nemmeno voltarmi a guardarlo. «Una corona!» ordino alla barista allungando la banconota e corrucciando le sopracciglia per farle capire che non era mie intenzione lasciar pagare allo sconosciuto.
 
«Non fare la preziosa tesoro. Voglio solo offrirti da bere.» Allunga il braccio oltre la mia testa e afferra la birra dalle mani della barista prima che possa prenderla io stessa. Con il dito indice tuffa la fettina di lime all’interno della bottiglietta soffermandosi sull’imboccatura e me la porge sorridente. «Voglio solo conoscerti.»
 
«E io no!» grugnisco seccata. Fosse stata una serata diversa sarei stata meno maleducata ma adesso voglio solo bermi questa maledetta birra, chiamare Megan e tornare alla Eaton House per passare l’intera notte a piangere. Il tutto preferibilmente senza incontrare Jake.
 
Il ragazzo però non sembra recepire il messaggio. Si avvicina ancora di più a me tanto che posso sentire il suo fiato sul mio volto, arriccio il naso alla puzza di grappa e sigaretta. «Se vuoi ti posso offrire una birra a casa mia.»
 
«Ah ah» rido, ma senza alcuna ombra di divertimento. «Non ti permetto di offrirmi da bere qui, perché dovrei venire a casa tua?» Gli domando retorica declinando la sua offerta e senza aspettare la sua risposta cerco di allontanarmi dallo scocciatore che però me lo impedisce trattenendomi per un braccio e bloccandomi con il suo corpo contro il finto mogano del bancone.
 
Avvicina le viscide labbra a me e mi volto appena in tempo per scansare il suo bacio indesiderato che tuttavia deposita sulla mia guancia, quindi mi porge il mio drink sorridendo come se non lo avessi apertamente rifiutato. «Guarda che potresti divertirti.»
 
«Non hai sentito per caso? Ti ha detto di no!» Un paio di mani afferrano con delicatezza le mie spalle e mi trascinano lontano dallo sconosciuto mentre il corpo del mio salvatore si piazza di fronte a me.
 
«Jake!» Lo scocciatore sobbalza e indietreggia di qualche passo di fronte al muro umano che si è interposto tra noi. «Non ti riguarda, fatti gli affari tuoi!» Il sentire il suo nome mi lascia interdetta e stupefatta. 
 
«Me li sto facendo Arthur. Lei è con me!» Non posso vedere il suo volto ma la sua voce è talmente minacciosa da farmi venire i brividi.
 
Lei è con me.
 
Tutta la determinazione di Arthur sparisce nell’istante in cui Jake pronuncia quelle parole, quindi alza le mani in segno di resa. «Scusami. Non lo sapevo. Era qui tutta sola.» E senza aspettare più una parola gira i tacchi e si allontana … con la mia birra in mano.
 
Voleva offrirmi da bere e invece alla fine l’ho fatto io.
 
 
«Si può sapere cosa ci fai qui?» Jake si volta immediatamente verso di me, il viso ancora teso, la mascella serrata.
 
«Ciao Jake, che piacere vederti. Sto bene grazie.» Gli rispondo ironica inclinando di lato il capo. Che modi sono questi?
 
«Si Mia, stai bene grazie a me! Tu non hai idea di chi sia quell’Arthur. Anche se non è ancora stato beccato si dice che droghi le ragazze per portarsele a letto. E sai come lo fa? Semplicemente toccando i loro drink! È velocissimo ad infilare pastiglie solubili all’interno del bicchiere.» Nel preciso istante in cui le sue parole vengono immagazzinate dal mio cervello mi torna alla mente l’immagine dello sconosciuto che allunga l’indice all’interno della bottiglia per far scivolare lungo il collo la fettina di lime, soffermandosi a lungo sull’imboccatura. E se lui avesse… Non posso credere di essere così sprovveduta, stavo per caderci. Ecco perché non mi ha restituito la birra di fronte a Jake.
 
«Non lo sapevo…»balbetto sconcertata «Jake grazie.» 
 
«Amelia hai idea di quello che sarebbe successo se non ti avessi vista? Dannazione, perché sei venuta qui da sola?» Mi chiede fissandomi ancora con rabbia.
 
«Scusami Jake. Stavo solo ordinando da bere.» Gli rispondo incassando il collo nelle spalle spaventata dalla sua reazione decisamente eccessiva per quanto giustificata.
 
Jake sembra rendersene conto e addolcisce la sua espressione sorridendomi leggermente. «Potevi venire in zona vip. Non mi piace vederti in giro tutta sola.»
 
«E a me non piace vederti impegnato con una qualsiasi biondina pelle e ossa» Borbotto indignata senza rendermi conto delle mie parole se non dopo averle sentite uscire dalla mia bocca. Anche se troppo tardi mi mordo il labbro inferiore sperando di creare una qualche barriera.
 
Immediatamente il suo fantastico ghigno fa capolino. «Sei gelosa?»
 
«No!» strillo poco convincente.
 
«Beh, e a me non piace vederti con il tuo dottorino.» sussurra divertito al mio orecchio. «Prendi un’altra birra?» Annuisco lievemente mentre lui ordina alla barista due Corona e me ne passa una prima di sbatterla sulla mia.
 
«Grazie.» Bevo un generoso sorso del liquido ambrato per farmi coraggio. È così difficile parlare con lui, credo che sia l’essere umano più volubile dell’intero pianeta terra, un attimo prima è rabbioso e terrificante, un secondo dopo è dolce e gentile… e bello. No, lui è sempre bello, anzi bellissimo.
Ma cosa mi passa per la testa, lui è solo completamente e irrimediabilmente pazzo, è come Dott. Jeckyl e Mr Hyde.
 
«Ho saputo che il tuo ragazzo dopo la discussione dell’altra sera ti ha vietato di venire qui.» Continua con meno decisione dopo aver bevuto quasi mezza bottiglia. «e di vedere me.» Mi scruta titubante in attesa di una risposta.
 
«Mm Mm.» Annuisco senza dare troppo peso al suo sguardo insistente.
 
«Quindi non vi siete lasciati?» Mi domanda fissando le sue iridi azzurre nelle mie, all’interno delle quali vi trovo… speranza?
 
«No! Per fortuna no.»
 
«Certo, che fortuna!» Una leggera nota ironica nella sua voce. «E allora cosa ci fai qui? E soprattutto perché mi stai parlando?» Il sopracciglio destro alzato.
 
«Ho accompagnato Megan.» ammetto scrollando le spalle. «E per quanto riguarda te.. sei tu che sei venuto a parlarmi!»
 
«Punti di vista!» Cerca di rimanere serio ma non riesce a trattenere gli angoli della bocca che nonostante i suoi sforzi si alzano leggermente. «Non ti sembra una reazione esagerata?»
 
Scuoto la testa stizzita. «Secondo te? Gli hai praticamente urlato che l’ho tradito. E il tuo resoconto non è stato poi così fedele.» Svuoto la mia bottiglietta e la poggio sul bancone. Jake fa lo stesso senza smettere di sorridere e attira l’attenzione della cameriera mimandole con le mani il numero due e indicando le birre vuote per ordinarne altre due.
 
«Forse ho esagerato.» Borbotta spingendo il lime all’interno del lungo collo e facendolo tuffare all’interno del liquido ambrato e sbattendo il vetro contro quello nelle mie mani. «Ma non è un po’ troppo vecchio per te?»
 
La sua domanda mi spiazza totalmente. «Ryan non è vecchio! Ha solo undici anni in più di me, ragazzino.» Gli rispondo indignata, utilizzando lo stesso nomignolo con cui si riferiva a lui il mio ragazzo durante la discussione per sbeffeggiarlo. 
 
«Ti ricordo che io ho due in più di te, se sono un ragazzino io, tu cosa sei ai suoi occhi?»
 
La sua frase mi lascia interdetta, non mi ero mai posta questa domanda, forse per lui sono solo una ragazzina.
 
«Chissà come la prenderà quando gli dirò che sei venuta qui?» Mi domanda improvvisamente bevendo un altro generoso sorso di birra, un ghigno malefico sul viso.
 
Sbianco alle sue parole, mentre l’ansia incomincia a farsi strada all’interno del mio petto. «Ti prego Jake non puoi dirglielo.»
 
Il mio cambio di umore lo irrigidisce e ogni ombra di sorriso sparisce dal suo volto. «Perché non dovrei?»
 
«Jake!» piagnucolo stringendo il suo polso. Le mie dita faticano a coprire tutta la circonferenza. «Ti prego.» Supplico fissando i miei occhi nei suoi e avvicinando i nostri volti.
 
«Tranquilla..» Sussurra sorridendomi di nuovo, e io posso tirare un sospiro di sollievo. «Non glielo dirò. Vieni?» Chiede indicando la zona sopraelevata riservata a lui e ai nostri amici, solo ora noto che ci stanno fissando.
 
«Sicuro che posso?» domando titubante.
Un giorno non vuole più avere a che fare con me e il giorno dopo mi invita a seguirlo.
 
«Certo. È già la terza volta che discuto su questa pista per causa tua, per stasera sono a posto.» Risponde fissando i suo occhi nei miei. «E poi sono rimasto l’unico ad avercela con te! Non credo di voler essere tuo amico ma posso cercare di avere una convivenza pacifica.»
 
Non so se dover essere felice o meno per questa sua ultima frase. Vuole una convivenza pacifica ma non vuole essere mio amico. Però è corso da me non appena ha visto quel tipo e ha detto che non gli piace vedermi insieme a Ryan.  
 
Senza pensarci ancora lo seguo lungo la pista fino ai nostri amici ai quali ci uniamo a ballare. Poco distante da noi la secca biondina ci sta osservando dondolandosi sullo sgabello su cui è seduta e facendo alcuni cenni per attirare l’attenzione di Jake che però la ignora finché lei, senza nascondere il suo disappunto, si allontana imprecando.
L’occhiata di intesa che mi lancia Megan non lascia dubbi.
 
 
 
 
Un’ora più tardi torno nella mia stanza, appesi alla porta trovo quattro bigliettini che segnalano diverse chiamate del mio ragazzo. In preda al panico giro la chiave nella toppa e mi fiondo all’interno della stanza e recupero dal comodino il mio Iphone. Premo il piccolo tasto in alto e sbatto il piede per terra attendendo che sparisca la mela nera su sfondo bianco. Non appena recupera la linea inizia a suonare ininterrottamente segnalandomi l’arrivo di diversi messaggi. Superata la decina rinuncia a tenere il conto e solo quando finalmente all’interno della mia camera torna il silenzio lascio scorrere il dito sullo schermo e inizio a leggerli uno alla volta.
In realtà sono per la maggior parte segnali di avviso di chiamata, e solo un paio contengono anche testo.
 
Messaggio da Ryan ore 20.15: “Piccola ho provato a chiamarti. Vorrei sapere come stai..”
 
Messaggio da Ryan ore 21.30: “Sono preoccupato, vorrei venire a vedere come stai ma qui è un disastro. Ci sono stati ben tre arresti.”
 
Messaggio da Ryan ore 22.15: “Avrei voluto augurarti la buona notte ma hai il telefono ancora spento. Ho chiamato anche in sede, più di una volta, ma mi hanno detto che hai chiesto di non essere disturbata. A domani amore mio.”
 
Rileggo più volte le frasi del mio fidanzato e il senso di colpa inizia a farsi strada lentamente dentro di me. Gli ho mentito di nuovo, ho finto di stare male solo per scoprire se Jake è interessato a me. Per passare la serata con Jake.
 
Non credo di voler essere tuo amico ma posso cercare di avere una convivenza pacifica.
 
Non credo di voler essere tuo amico.
 
E a me non piace vederti con il tuo dottorino.
 
Non vi siete lasciati?
 
Perché deve essere così contraddittorio e volubile. Credo seriamente che debba iniziare a frequentare un bravo psicanalista,  soffre chiaramente di uno sdoppiamento di personalità.
 
Il pensiero della serata trascorsa insieme mi fa sorridere e per un istante mi sembra di essere tornata ai tempi in cui per lui ero solo Amelia. Senza pensarci oltre digito velocemente alcune parole e invio un messaggio.
 
 
Messagio a Jake, ore 22.45. “Grazie ancora per prima. Non so cosa sarebbe potuto succedere se non fossi intervenuto”.
 
La sua risposta non tarda ad arrivare, infatti il mio telefono vibra tra le mie mani pochi secondi dopo.
 
Messaggio da Jake ore 22.46. “Figurati Mia, in fondo te lo dovevo. Non ti ho ancora ringraziato per avermi tirato fuori dall’Extra. Siamo pari adesso. Buonanotte.”
 
Rimango di sasso di fronte allo schermo illuminato.
 
Te lo dovevo. Siamo pari.
 
Lo ha fatto solo perché non voleva sentirsi in debito come me, perché io l’ho tirato fuori dai guai.  
 
Chissà perché ci rimango così male? Jake ha solo ribadito per l’ennesima volta che a lui di me non gli importa praticamente nulla, non è una novità e non dovrebbe stupirmi.
 
E se fosse successo la settimana prima? Avrebbe permesso a quell’Arthur di farmi bere la birra corretta e di farmi non oso nemmeno immaginare che cosa. Il solo pensiero delle mani di quel ragazzo sul mio corpo mi fa rabbrividire.
 
Mi distendo sul letto allacciando le ginocchia al petto e nascondendovi il viso ormai completamente bagnato dalle salate lacrime che rovinosamente cadono lungo le mie guance inzuppando il mio vestito e le lenzuola e piango, piango ininterrottamente e a lungo finché non sento la chiave inserirsi nella toppa. Spencer, in punta di piedi e con le scarpe in mano, rientra silenziosamente all’interno della nostra stanza, richiudendo la porta alle sue spalle e dirigendosi verso il suo letto.
Trattengo il respiro e stringo gli occhi sperando di non essere scoperta ma ben presto l’ennesimo singhiozzo si fa strada verso la mia bocca.
 
«Mia che paura!» La mia coinquilina accende la piccola lampada sul suo comodino e avvicinandosi al mio letto. «Pensavo dormissi.»
 
Faccio sprofondare di più il volto tra le ginocchia non volendo mostrarmi a lei in quello stato.
 
«Che succede?» Sento la sua mano accarezzarmi il volto tra i capelli ormai umidi e un sospiro giunge alle mie orecchie.
 
«Hai litigato con Ryan?» Mi domanda sconsolata. Neanche lei apprezza il mio fidanzato dopo l’ultima settimana, nonostante sia stata proprio lei in principio a convincermi a dargli un’opportunità. I segni lasciati sul mio corpo e la cosiddetta prigionia a cui mi ha obbligata negli ultimi giorno, l’hanno etichettato come un uomo violento e possessivo.
 
Scuoto la testa in risposta.
 
«E allora? Cosa è successo tesoro?»
 
La luce si fa più intensa, segno che anche la mia lampada è stata accesa. Un altro sospiro interrompe il mio silenzio.
 
«Sei ancora vestita. Sei uscita per caso?»
 
Annuisco lievemente mentre Spencer mi aiuta a tirarmi su e mi sfila il vestito dalla testa.
 
«Devi dirmi qualcosa se vuoi che ti aiuti Mia..» Sconsolata mi infila la maglia del pigiama e dopo essersi cambiata anche lei, si infila con me sotto le coperte.
 
«Spencer. Sono andata al Victrola e ho visto Jake.» Balbetto stringendomi al corpo della mia amica e ricominciando a piangere. E quel pensiero che da quasi un’ora mi sta tormentando non riesce ad uscire dalla mia mente. «E ha ribadito per l’ennesima volta che a lui di me non gli importa praticamente nulla. Devo dimenticarlo Spencer, devo dimenticarlo.»
 
 




 
 
Ecco il nuovo capitolo..
Considerazioni finali:
1. Mia vede e capisce solo quello che vuole… Io non sono così sicura che Jake abbia ribadito che di lei non gli importa praticamente nulla.
2. Jake soffre chiaramente di qualche disturbo bipolare… Cioè un giorno è un cretino patentato e il giorno dopo indossa la sua corazza lucente e diventa il migliore dei principi azzurri…
 
Voglio comunque tranquillizzarvi su di lui che è e resterà sempre il mio personaggio preferito anche se non smetterà di comportarsi alle volte non benissimo… Capirete molto di lui nel prossimo capitolo, in particolare del reale motivo di tutto il suo rancore nei confronti di Mia…
 
Grazie ancora a tutti..
Alla settimana prossima!!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO 14 ***




 
 
 AVVISO A TUTTI I LETTORI
 
 

Ciao a tutti / e
Intanto grazie di essere ancora qui a sopportarmi ancora e a leggere anche questo nuovo capitolo.. Non sapete quanto mi renda felice.
 
Volevo avvisare che purtroppo la settimana prossima sarò da lunedì a venerdì a Padova per il mio esame quindi sicuramente non troverete la mia anticipazione martedì né tantomeno aggiornerò giovedì.
Non temete, arriverà il capitolo 15 ma non so dirvi se venerdì, sabato o domenica.. comunque prima o poi arriverà!!
ASPETTATEMI.

Per intrattenervi voglio consigliarvi una storia che adoro tantissimo. È ancora agli inizi ma promette veramente molto bene, infatti è una delle mie storie preferite. Leggetela perché è veramente molto bella.
 

 
IL RUMORE DELLA FELICITA’
I <3 Nicholas De Santi
 
Tornata dall’esame invece penserò solo a rilassarmi fino al 7 di gennaio (anche se mi toccherà farmi vedere a lavoro).. Scriverò questa storia e riprenderò la ff su Hunger Games che ho sospeso…  Inoltre voglio leggere leggere leggere, ma soprattutto niente che abbia a che fare con il diritto. Ho già qualche libro sul comodino che mi attende ma vorrei concentrarmi anche su EFP.
Se qualcuno di voi vuole consigliarmi qualche storia o vuole un mio parere sulla sua fatevi avanti perché io non aspetto altro..
 
Ora vi lascio a questo capitolo che per me è molto importante…
 
 
 
 
 



 
CAPITOLO 14
 





 
Per tutta la settimana seguente mi concentro solo sulla fine mio stage e sui miei studi, gli esami sono alle porte e non ho tempo da perdere. Ryan fortunatamente non sospetta nulla della mia fuga, non voglio e non posso più rischiare di rovinare tutto quindi da venerdì sera non ho più né visto né sentito Jake e credo che sia la cosa migliore.
D’altra parte nemmeno lui mi ha più cercata, perché dovrebbe? Ha detto chiaramente che non vuole più avere niente a che fare con me. La nostra sarà solo una convivenza pacifica e a me non basta, non è sufficiente.
 
È venerdì sera e come tutte le settimane tre quarti della Columbia si prepara per andare al Victrola con la speranza di poter entrare. Io però non ho alcuna intenzione di uscire e, dato che il mio ragazzo ha nuovamente il turno di notte, mi si prospetta una lunga serata in compagnia dei miei carissimi libri e di un sacchetto formato gigante di M&M’s. Spencer è già uscita con il suo ragazzo con chiare intenzione di voler approfittare della sicura assenza del coinquilino di Micheal per avere la stanza tutta per loro. Un po’ la invidio, ma in fondo nemmeno così tanto.
 
 
«Mia posso?» Megan bussa alla porta già aperta, esitando sull’ingresso.
 
«Certo che puoi.» Sbuffo girandomi verso l’ingresso della mia camera e invitandola a chiudere la porta in modo da non essere disturbate. «Hai bisogno di qualcosa?»
 
La mia amica si accomoda sul bordo del letto accavallando le lunghe gambe. «Stasera Ryan lavora?»
 
«Si. Ha il turno di notte.» Annuisco accomodandomi al suo fianco.
 
«E tu cosa fai?» Megan congiunge la mani in grembo eliminando delle inesistenti pellicine dalle unghie smaltate viola scuro.
 
«Studierò e mangerò gustosissimi confettini al cioccolato e arachidi.» Le rispondo prelevando il sacchetto giallo di M&M’s dal comodino.
 
Megan in risposta sbuffa sonoramente. «Mia insomma.. non hai voglia di uscire?»
 
«Non ci vengo al Victrola se è questo che intendi.» Affermo risoluta. Non ho la minima intenzione di incontrare Jake, finchè gli sto lontana posso illudermi di averlo dimenticato.
 
«Ci sono anche altri posti sai?»
 
«Ma Robert sarà al Victrola.»  Controbatto.
 
La mia frase la fa avvampare violentemente. «Cosa vorresti dire?»
 
«Non credere che non me ne sia accorta» sussurro sorridendole amorevolmente «e non ci trovo assolutamente nulla di male. Robert non è più il ragazzino stupido di un tempo. Io approvo!»
 
«Ma Mia, io… Sto riscoprendo e rivalutando anch’io Robert però… Non so..» nasconde lo splendido viso tra le mani. «lui non è…»
 
Le poggio una mano sulla spalla costringendola a guardarmi. «Robert non è Scott, lo so bene. Ma Scott non c’è più e lui non sarebbe felice di vederti così.»
 
«Tu credi?» Le lacrime inumidiscono le lunghe ciglia.
 
«Eravamo gemelli, pensavamo le stesse cose. Quindi no, non lo credo, ne sono sicura.» Allungo le braccia e stringo la mia amica a me.
 
«Grazie Mia.» Sussurra tra i miei capelli. «Mi sei mancata tantissimo.» Scioglie il nostro abbraccio e i nostri occhi ai incontrano. «Quindi questa sera usciamo io e te.»
 
«E Robert?»
 
«Robert posso raggiungerlo dopo. Però voglio almeno cenare con te. Sono stanca di vederti chiusa qui dentro. Quindi fatti una doccia che usciamo.»
 
Inarco il sopracciglio destro. «Guarda che io non voglio venire al Victrola però! Né in qualunque altro posto in cui potrei rischiare di incontrare Jake. Ho già rischiato troppo con Ryan.»
 
«Tranquilla. Usciamo io e te, per cena. E poi ti porto a casa.» Insiste Megan senza perdere le speranze.
 
«Ok. Ma prima chiamo Ryan e glielo chiedo.» In fondo non c’è nulla di male se usciamo a cena io e lei.
 
«Non ci credo! Gli devi anche chiedere il permesso.» Sbuffa indignata. «Vabbè fammi sapere se il tuo ‘padrone’ ti permette di uscire con me.» Detto questo esce dalla mia stanza per lasciarmi telefonare con tranquillità.
 
 
 
Ryan non sembra così contento appena gli comunico l’invito di Megan ma non riesce a trovare una motivazione valida per obbligarmi a non uscire. Alla fine acconsente avvertendomi che mi avrebbe comunque chiamata, e infatti solo durante la cena ricevo ben cinque telefonate da parte sua facendo innervosire non poco la mia amica. Percepisco la sua tensione ma comprendo anche la sua paura, in particolare nei lunghi istanti di silenzio in cui lo immagino mentre allunga l’orecchio e cerca di cogliere possibili voci maschili intorno a me. Mi conforta solo la consapevolezza che è unicamente colpa mia e chi è causa del suo mal…
Paghiamo il conto e torniamo in auto. Megan ha bevuto qualche bicchiere di troppo quindi le sfilo le chiavi dalla tasca dei pantaloni obbligandola a salire sul sedile del passeggero.
 
«Allora? Hai sentito Robert?»
 
«Si! L’ho sentito prima di uscire e mi ha scritto dieci minuti fa… Vanno tutti al The Racer, ha chiesto se li raggiungiamo.» Borbotta senza guardarmi in faccia.
 
«Megan..» La rimprovero. «Ti ho già detto che io non ci vengo.» Le rispondo risentita costringendola a voltarsi verso l’esterno dell’auto per non vedere il mio disappunto. «Ma tu puoi andarci se vuoi.» La incoraggio alla fine.
 
Lei torna a guardarmi stupita non credendo alle proprie orecchie, ma subito il suo sorriso si spegne. «No, siamo uscite insieme. Non ti lascio.»
 
«Ma io adesso torno alla Eaton, sono piuttosto stanca e sono sicura che Ryan sta andando letteralmente fuori di testa sentendomi fuori.» Scrollo le spalle sorridendo. «Però ti scordi di guidare. Ti porto al molo e ti fai riaccompagnare a casa da Robert.»
 
 
Quando arriviamo troviamo Charlie e Robert di fronte al grande cancello di ferro del molo intenti a guardare tutte le auto che transitano lungo la strada. Appena rallentiamo si affiancano alla nostra auto, le facce stravolte.
 
«Che succede ragazzi?» Chiede Megan preoccupata dai loro sguardi.
 
«Jake.. doveva già essere qui.» Biascica Robert allungandosi per depositare un bacio sulla guancia della mia amica.
 
«Quella non è la sua auto?» Dal posto del guidatore indico l’Audi R8 parcheggiata sulla linea dello starter oltre l’ingresso del molo.
 
«Si, ma lui è con la mia.» Mi interrompe Charlie. «C’era un rumore al motore che non mi convinceva e ci siamo scambiati le auto per controllarla.»
 
«Quando l’avete visto l’ultima volta?» Domando loro preoccupata, questo ritardo è tremendamente strano e ho paura che possa essergli successo qualcosa per strada.
 
«Al Victrola, eravamo lì insieme e lui ha detto che ci avrebbe raggiunti.» Risponde Robert scrollando le spalle.
 
«Avete provato a chiamarlo?» Interviene Megan con la domanda più ovvia.
 
«Certo, più di una volta ma non risponde» mentre Charlie ancora una volta compone il numero di Jake sul telefono e portandoselo all’orecchio.
 
Guardo oltre il cancello e vedo chiaramente Mr Crab e accanto a lui uno dei proprietari dell’Extra, quello che voleva vendermi la droga.
 
«Qualcuno dovrebbe andare a vedere.» Sussurro sovrappensiero.
 
Charlie annuisce, i muscoli della mascella tesi. «Andate a vedere al Victrola. Deve essere ancora là!» Ordina a Robert chiudendo definitivamente la chiamata.
 
«Certo! Ma la gara comincia tra pochi minuti. Dovremo dare forfait.» Contesta il moro cosciente che ormai c’è ben poco da fare.
 
Charlie scuote la testa sconsolato prima di riportare i suoi occhi marroni nei miei. «So di non poterti chiedere un favore per mio cugino, ma sei l’unica abbastanza veloce da potercela fare.»
 
«No Charlie. Non sono così veloce. Il Victrola è a quindici minuti da qui e la gara comincia tra meno di dieci, non potrei mai andare e tornare in tempo. E non voglio esserci io se per caso…» Le parole sdrenano dalla mia bocca come un fiume in piena.
 
«Non intendevo questo!» Il suo volto serio. «Sono sicuro che non sia successo niente di così grave, sono il suo numero in caso di soccorso, mi avrebbero già chiamato. So di chiederti molto ma lo sai anche tu che non può più ritirarsi. Dovresti correre al posto suo.»
 
«No, no, no.» Scuoto la testa in senso negativo. «Io non corro più Charlie,  men che meno per Jake. Perderete un po’ di soldi, ne avete a palate in fondo.» So bene che dare forfait dopo aver accettato di gareggiare significa dover rifondere una quota delle scommesse, ma in fondo loro non hanno problemi economici.
 
«Non si tratta dei soldi.»
 
«E di cosa?» Inarco entrambe le sopracciglia per lo stupore.
 
«Jake ha scommesso la sua auto.» Biascica Charlie abbassando lo sguardo.
 
Non posso credere alle mie orecchie. «Cosa? Ma si è bevuto il cervello?»
 
«Voleva quella del suo avversario...»
 
Pronunciando le ultime parole con il dito indica le auto già pronte alla linea di partenza. Devo uscire dall’auto per vederle tutte e in particolare l’ultima della fila. Trattengo il respiro per non gridare, mentre copro la bocca con il palmo della mano destra. Parcheggiata in quarta posizione, dal lato diametralmente opposto all’Audi di Jake, una Maserati nera. Un modello vecchio di qualche anno ma ancora bellissimo. La carrozzeria è stata tirata a lucido e non si vedono più o segni dell’incidente. È bella ora come allora, la mia Maserati.
Non vedo quell’auto dalla notte in cui Scott è scappato dalla nostra casa alla sua guida.
 
«Jake ha detto che non doveva averla nessun altro.»
 
Mentalmente ringrazio me stessa e tutti i santi che conosco per aver indossato un paio di semplici ballerine.
 
Guiderò io.
 
Corriamo alla posizione di Mr Crab per comunicargli il cambio pilota, è costretto ad accettare la mia decisione senza però nascondere tutto il suo disappunto. Non mi importa quello che pensa, quella era la mia auto, credevo fosse andata distrutta nell’incidente o che i miei l’avessero demolita, e invece deve essere stata recuperata e risistemata. Nessuno può guidare quell’auto e non posso permettere che Jake perda la sua auto a causa mia.
 
«Amelia, hai deciso di cominciare anche tu a correre?»
 
«No, Daniel. Da stasera sono definitivamente MIA»
 
Fiancheggio l’R8 e allungo una mano verso lo sportello aprendolo. Alla vista di quel gesto il proprietario dell’Extra mi si avvicina .
 
«Ci rivediamo signorina.»
 
«Così pare.» Gli rispondo oltrepassandolo per salire nell’auto.
 
«Cosa credi di fare? Quest’auto non può partire senza il suo pilota.» Sorride maligno convinto di aver già vinto.
 
«La macchina è in gara, indipendentemente dal pilota che può essere sostituito.» Gli sorrido a mia volta. «Quest’auto taglierà il traguardo e mi riprenderò la mia Maserati.»
 
«La tua?» Stringe il mio polso con tanta forza da costringermi a gemere per il dolore.
 
«Io terrei le mani apposto se fossi in te.» Charlie si mette in mezzo tra noi e obbligandolo a lasciare la presa.
 
«La sua auto?» Ripete la sua domanda incredulo.
 
«Si, Logan. Ti ricordi di Mia River. Correrà lei questa sera.»
 
«Mia River?» Strabuzza gli occhi facendoli scorrere dalla punta delle mie ballerine verde bottiglia per tutto il mio corpo fino a riportarli sul mio viso. «Non è possibile.. sei così.. diversa?»
 
«È lei! E ti conviene non giocarci altri scherzi altrimenti questo verrà pubblicato.» Charlie alza il telefono e gli mostra alcune immagini del video che ho registrato due settimane fa all’interno del suo locale.
 
Logan sbianca e si allontana di qualche passo, il viso distorto per la rabbia. «Che cosa hai fatto?»
 
«Aria.» Lo intimo ad allontanarsi con un gesto della mano. «E tranquillo, non è l’unica copia che abbiamo!»
 
Io e Charlie ci battiamo il cinque e lui mi riapre lo sportello per farmi salire all’interno dell’auto.
 
«Mi raccomando Mia, guida come sai fare ma non fare cazzate. Cerca di essere prudente.»
 
«Non preoccuparti per me.» Lo tranquillizzo strizzandogli l’occhio destro.
 
 
 
Accendo il motore e spingo l’acceleratore un paio di volte per familiarizzare con l’auto. Sorrido all’idea di tornare al cambio manuale, non ho mai veramente apprezzato l’auto di Megan per l’assenza della frizione. Tamburello nervosamente con le dita sulla pelle del volante e inspiro profondamente assaporando l’odore del mio ex amico di cui gli interni sono saturi. Tutto quel profumo riporta la mia mente a quella sera all’Extra, alle mani di Jake avide del mio corpo e alle sue labbra affamate di baci. Scuoto la testa ricacciando quel ricordo, adesso l’ultima cosa di cui ho bisogno è distrarmi. Affondo ancora una volta il piede nell’acceleratore fremendo al soave suono del motore e fisso il mio sguardo su Mr Crab che annuisce serio dalla sua postazione invitando la sua donna a spostarsi accanto a noi per darci in via.
Tolgo il freno a mano, ingrano la prima e inizio a rilassare la gambe che trattiene la frizione. Silenziosamente prego di rimanere calma e di non fare alcun errore, soprattutto in fase di partenza e appena il fazzoletto della fidanzata di Daniel sferza l’aria di fronte a me do gas rilasciando la frizione attenta a non essere troppo veloce ma nemmeno troppo lenta. Un errore in questa fase comporterebbe lo morte del motore e la perdita di secondi preziosi per la gara. Fortunatamente le ruote cominciano a muoversi e come un fulmine spingo ancora una volta la ballerina sul pedale della frizione e la rilascio ingranando la seconda, e poi la terza, lasciandomi alle spalle il cancello del vecchio molo. Non avevo fatto caso ai segnali stradali mentre accompagnavo Megan e adesso devo prestare ancora più attenzione alla strada non avendo idea del percorso prescelto. Una volta ingranata la sesta posso lasciare il cambio e impugnare con entrambe le mani il volante per concentrarmi sui miei avversari. Dallo specchietto retrovisore noto che uno dei concorrenti deve essersi già ritirato in partenza perché di lui non c’è alcuna traccia, un altro è pochi metri alle nostre spalle, mentre la mia Maserati nera è esattamente al mio fianco. Il ragazzo alla guida non è uno sprovveduto e sa come mettermi in difficoltà infatti alla prima curva mi stringe quel tanto da costringermi a rallentare per evitare di scontrarci. Anche se mi ha sorpassata però non mollo la presa e gli rimango attaccata pronta ad affiancarlo appena la strada me lo consente. I ragazzi con i telefoni cellulari alla mano segnalano il secondo step, ho ancora cinque chilometri per ribaltare la situazione. Inaspettatamente mi ritrovo nuovamente all’interno del molo, le luci guida conducono dritte fino alla lunga lingua di cemento che collega la sezione nuova con quella vecchia dove ci aspettano Mr Crab e l’arrivo.  È la prima volta che le corse utilizzano questo percorso, forse perché troppo pericoloso. Siamo di nuovo testa a testa mentre corriamo alla massima velocità, le urla dei ragazzi che stanno filmando rimbomba nel porto completamente vuoto; la banchina che dobbiamo attraversare è larga poco più di tre metri e un’auto dovrà lasciare il passo all’altra. Affondo con tutte le mie forze il piede sull’acceleratore decisa a non rallentare, o il mio avversario rinuncerà o cadremo entrambi in acqua. A poche decine di metri dall’imbocco inspiro profondamente supplicando mentalmente il mio avversario che alla fine, intuendo la mia determinazione e spaventato dalle immagini del nostro possibile incidente, inchioda permettendomi di sterzare e occupare la corsia per la vittoria.
 
Il boato che mi avvolge appena la mia auto taglia il traguardo è indescrivibile. Tiro il freno a mano facendo fischiare le ruote sull’asfalto e bloccandomi a pochi metri dalla postazione di Mr Crab. La mia vittoria è indiscutibile, ho distanziato gli altri di oltre un minuto. Vengo immediatamente raggiunta dai miei amici che mi aiutano ad uscire dalla vettura e Josh, che intuisce subito che fatico a trattenermi in piedi sulle mie ginocchia per la tensione e l’emozione, mi circonda la vita per sostenermi. Tutti urlano, mi abbracciano e perfino Mr Crab corre al mio fianco, il megafono alla mano.
 
«SOLO UNA RAGAZZA FINO AD OGGI HA VINTO IL THE RACER» Grida al pubblico. «E OGGI QUELLA RAGAZZA E’ DI NUOVO QUI. SIGNORI E SIGNORE, IN SOSTITUZIONE DI JAKE HEIDEN, MIA RIVER!» Mentre pronuncia il mio nome afferra il mio polso destro e con slancio lo alza verso il cielo e in quell’istante un altro boato esplode all’interno del molo.
 
«Gli altri hanno trovato Jake.» Mi sussurra Chiarlie all’orecchio. «Era stato fermato dalla polizia che l’ha trattenuto per alcune domande, controllo documenti e alcool test.»
Annuisco sollevata, almeno adesso sappiamo che sta bene.
 
«Dov’è?» Gli domando titubante. So che non dovrei vederlo ma ho bisogno di sapere perché ha voluto rischiare di perdere la sua auto per la mia.
 
«Al Victrola.»
 
Saluto i miei amici e salgo nuovamente a bordo dell’Audi per raggiungerlo nel locale ormai chiuso. Lascio la vettura parcheggiata fuori dall’ingresso completamente vuoto e, scavalcata la postazione di Adam, spingo la pesante porta per entrare. Jake è solo all’interno, seduto ad uno degli sgabelli accanto al bancone del bar intento a bere quella che, a giudicare dalle gote arrossate e dall’espressione assente, deve essere l’ennesima birra. Quando mi vede sbuffa sonoramente e torna a concentrarsi sulla sua bibita ambrata.
 
«Queste sono tue!» Lancio sul bancone due mazzi di chiavi, quello della mia auto e della sua.
 
«L’hai fatto per tornare a correre vero? Hai pianificato tutto?» Grugnisce svuotando il bicchiere e allungandosi verso la spina per riempirlo di nuovo.
 
«Cosa diavolo stai dicendo?»
 
«I poliziotti.» Grida frustato passandosi la mano tra i capelli. «Cercavano della droga, a quando pare avevano ricevuto una soffiata, per questo mi hanno bloccato per tutto quel tempo e mentre mi interrogavano, mi facevano soffiare all’interno di quella dannatissima cannuccia, e controllavano l’auto e i miei effetti personali, TU CORREVI ALMIO POSTO.»
 
«E si può sapere perché dovrebbe essere un mio piano? Pensi che abbia chiamato io la polizia?»
 
«Credi che sia così stupido da non capire, li avrà mandati il tuo ragazzo. Volevi tornare ad essere la campionessa?» Alza lo sguardo verso di me, colmo di disprezzo.
 
«Non dire sciocchezze Jake. Ryan non sa nulla del The Racer e non è mia intenzione parlarne con lui. Se ho corso è stato solo per l’auto, puoi chiedere a Charlie, prima che mi dicesse cosa c’era in gioco, mi ero rifiutata di correre.»
 
«L’hai fatto per riavere la tua auto?» Sorride ironico.
 
«Sbagli se credi che io voglia anche solo toccare quella macchina.» Alzo anch’io la voce. Come può pensare che io voglia ricominciare a correre con la macchina su cui è morto mio fratello.
 
«E allora perché l’avresti fatto? Per me?» Sbuffa divertito bevendo un altro generoso sorso dall’ennesima birra. Gli sembra impossibile che io l’abbia fatto per lui?  Eppure non è la prima volta che lo aiuto.
 
«Jake, basta. Mi sono stufata di litigare con te e credo che tu sia troppo ubriaco. Pensala come vuoi.» Sbotto alzando le mani in segno di resa. «Se è così difficile per te sopportare anche solo la mia presenza, non ti graverò ulteriormente.» Gli volto le spalle e a grandi passi mi dirigo verso la porta di ingresso.
 
«Dove pensi di andare? Sei qui a piedi o preferisci chiamare il tuo ragazzo?»
 
Ignorandolo abbasso il maniglione antipanico e spingo forte, tuttavia mi ritrovo a sbattere la spalla e la testa sulla porta che non si è mossa nemmeno di un millimetro, facendo ridere il ragazzo alle mie spalle. Imbarazzata porto anche la mano sinistra sul tubo metallico e spingo di nuovo invano.
 
«Hai bisogno di una mano?» Mi schernisce Jake senza però accennare ad alzarsi dalla sedia.
 
«Tu cosa credi? Si Jake ho bisogno di aiuto.»
 
Svogliatamente il biondo posa il bicchiere di birra sul bancone e si solleva in piedi avanzando verso di me. Sorridendomi malizioso afferra la grande maniglia accerchiandomi con le braccia e si spinge in avanti facendo aderire i nostri corpi contro la porta che di nuovo rimane perfettamente chiusa.
 
«Jake se hai chiuso la porta a chiave non è divertente.» Sbraito innervosita dalla nostra posizione e divincolandomi per uscire dalla sua presa.
 
Capisco che qualcosa non va quando il suo volto cambia espressione, mi sposta di lato, e nuovamente cerca di forzare l’ingresso. E ancora, e una terza volta.
 
«Jake, cosa sta succedendo?» Corro verso l’uscita di sicurezza ma anche questa porta sembra bloccata.
 
«Che ore sono?» Mi domanda Jake bianco in volto.
 
«Le tre e dodici minuti. Perché?»
 
«Merda! È il nuovo antifurto di Charlie. Porte e finestre si bloccano alle tre in punto. Me ne ero dimenticato.» Esattamente tre minuti dopo il mio ingresso nel locale il sistema dall’allarme ha bloccato tutte le uscite, questa si chiama sfortuna.
 
«Che cosa? Te ne eri dimenticato?»
 
«Si Mia, ho avuto troppi pensieri per stanotte grazie al tuo fidanzato.» Grugnisce infastidito.
 
«Ti ho già detto che lui non c’entra nulla. Come poteva sapere del The Racer? Saranno stati quelli dell’Extra.» In effetti erano loro i più interessati a far dare forfait a Jake per vincere anche la sua auto.
 
«Come vuoi!» Risponde poco convinto ed estrae il telefono dalla tasca per chiamare suo cugino. «Dannazione è scarico!» Sbraita lanciandolo su uno dei divanetti.
 
«Prendi il mio e chiamalo, è dentro la borsa.» Jake ritorna verso il bancone e beve un altro generoso sorso di birra, quindi estrae il telefono dalla mia pochette nera abbandonata sulla lastra di mogano.
 
Nell’istante in cui lo stringe tra le mani la voce di Pink risuona all’interno della stanza. «Devo rispondere?» Agita in aria il mio IPhone mostrandomi il volto sorridente di Ryan che mi sta chiamando!
 
«Non osare Jake!» Come un fulmine mi fiondo verso di lui per recuperare il mio cellulare.
 
«Perché? Potrei chiedergli se ha mandato lui i poliziotti! Ma aspetta! Lui ti aveva vietato di venire al Victrola e di vedermi. Cosa direbbe a saperti qui e soprattutto sola con me?»
 
«Per favore Jake, non farlo!» Mi allungo verso di lui che solleva l’apparecchio sopra la mia testa e allontanandolo dalle mie mani.
 
«Dai lo saluto e te lo passo.» Ride, fingendo di premere il cerchietto verde sul fondo dello schermo.
 
«Jake.» Decisa a riprendere il mio telefono allungo di più il mio braccio destro mentre lego il sinistro attorno al suo collo per fare perno e sollevarmi maggiormente da terra, quindi salto. Preso alla sprovvista da mio gesto, e dalla troppa birra che ha in corpo, Jake barcolla all’indietro e perde l’equilibrio trascinandomi con sé al suolo. Soffoco un gemito quando la mia spalla incontra malamente il suolo. La canzona risuona ancora all’interno della stanza, segno che Ryan non ha ancora riagganciato e io, ignorando lo sguardo preoccupato di Jake fisso su di me, mi porto sopra di lui bloccandogli entrambe le mani in tempo per far terminare la musica.
Jake, preso alla sprovvista dal mio gesto, ride ancora più sonoramente.
Solo quando le mie orecchie non sentono più la voce della mia cantante preferita tiro un lungo sospiro di sollievo, accasciandomi sul suo corpo. 
 
Madornale errore.
 
Attraverso i vestiti sento i suoi possenti addominali irrigidirsi e le sue braccia circondare i miei fianchi. Punto le ginocchia al terreno per sollevarmi leggermente ma peggioro solo la situazione già critica, ottenendo soltanto un contatto troppo intimo dei nostri bacini.
 
«Così non mi aiuti.» sussurra vicino al mio orecchio stringendomi a sé e facendo aderire il mio petto al suo per impedirmi di divincolarmi.
 
«Jake..» Balbetto imbarazzata. Il contatto ravvicinato con il suo corpo mi manda allo stesso tempo in estasi e in confusione. Porto una mano sul suo torace e mi alzo in modo da poterlo guardare negli occhi e quando incontro l’azzurro che tanto mi era mancato mi ci perdo, non trovandovi più traccia della rabbia di poco prima.
Ed è in quelle meravigliose iridi color cielo che ricordo perfettamente il motivo per cui ero decisa a non avere più niente a che fare con Jake. Ogni cellula del mio corpo mi spinge ad azzerare la distanza che ci separa, ad unire le nostre labbra e baciarlo, e dalla luce e dal desiderio nei suoi occhi comprendo che è lo stesso per lui.
 
La voce di Pink mi sveglia dal mio sogno ad occhi aperti e mi costringe a distogliere lo sguardo da lui. Ryan mi sta chiamando di nuovo. Prendo l’apparecchio in mano e fisso per qualche istante il bel volto sorridente del mio ragazzo, lo stomaco mi si aggroviglia torturato dai sensi di colpa, non posso fargli ancora del male. Jake deve aver letto nella mia mente e intuito i miei pensieri perché inspira sonoramente e lentamente mi libera dalla sua presa.
Appena le sue dita si allontanano dai miei fianchi una sensazione di solitudine e di freddo mi travolge e io vorrei stringermi ancora una volta a lui e riprendermi quell’attimo di felicità che ormai sembra essersi distolto. Invece mi sollevo da Jake e mi siedo al suo fianco appoggiando la schiena al bancone.
 
«Non rispondi?»
 
Sposto lo sguardo verso di lui e lo trovo seduto nella mia medesima posizione, ma deve essersi alzato perché tra le mani stringe nuovamente il boccale di birra. «Non ti sembra di aver bevuto troppo?»
 
«Non rispondi?» Insiste senza guardarmi.
 
Scuoto la testa. «No. Non potrei dirgli dove sono, né tantomeno con chi, e non voglio mentirgli.» Ammetto dopo qualche istante di silenzio.
 
«Mi dispiace.» Biascica bevendo un altro generoso sorso. Se non fossi tremendamente vicina a lui sarei sicura di aver sentito male. Jake si sta scusando.
 
«Gli passerà prima o poi.» Scrollo le spalle sorridendogli. «Tornerà a fidarsi di me.»
 
«Non mi riferisco a lui.» Jake solleva le ginocchia nascondendoci nel mezzo il capo. «Non me ne frega nulla di Ryan Bass. Mi dispiace per tutto il resto.»
 
Fisso i miei occhi su di lui indecisa se avvicinarmi o se restare al mio posto e continuare ad ascoltare.
 
«Non lo penso sul serio.» Inspira profondamente come se gli mancasse l’aria. «Non penso sul serio che sia colpa tua e che dovessi esserci tu al suo posto.»
 
Le sue parole mi lasciano spiazzata. «Mi pare che tu l’abbia ribadito più volte.» Non mi rendo conto di aver cominciato a piangere finché grossi goccioloni di acqua salata cadono al suolo.
 
«Perché..» Lascia in sospeso la frase depositando il bicchiere a terra, ormai di nuovo vuoto. «Perché ti ho vista!»
 
Perché deve essere così complicato parlare con lui?
 
«Mi hai vista? Non capisco..»
 
«Quella notte. Ti ho vista quella notte, mentre parlavo con Robert» Jake nasconde il viso tra le mani «ma ormai era troppo tardi. So che mi hai sentito.»
 
Abbasso la testa e annuisco. Ricordo bene quella notte, ogni particolare, e anche quella precisa conversazione che mi ritorna alla mente come se la sentissi pronunciare di fronte a me ancora una volta.
 
“Mia? Ma stai scherzando? Le voglio bene ma… l’hai vista? Ahahah. Non potrei mai stare con una come lei.. Nemmeno se fosse l’ultima donna sulla faccia della terra. Jessica invece, ha un culetto che…” 
 
Non ho mai sentito la fine della conversazione, sono fuggita credendo di essere passata inosservata, ma evidentemente mi sbagliavo.
 
«Avevo solo diciotto anni, uno stupido ragazzino. Davanti a Robert ho finto che non mi importasse che tu avessi sentito e non gli ho detto nulla, poi però ho iniziato a sentirmi in colpa e volevo scusarmi. Sono corso al The Racer, ma la gara era già iniziata e ho iniziato a seguire la tua auto.» Un singhiozzo gli muore in gola e sono sicura che stia piangendo, vorrei avvicinarmi a lui ma ogni muscolo del mio corpo è inchiodato al suolo, incapace di reagire. «Ho visto la tua auto uscire di strada, ribaltarsi e sbattere contro il muro di quell’edificio. Sono corso da te ma al posto del guidatore ho trovato Scott, ancora vivo. Non l’ho mai detto a nessuno, nemmeno a Charlie. Ho chiamato l’ambulanza ma perdeva troppo sangue, quindi gli ho preso la mano dicendogli che ero lì con lui per fargli forza, lui però rifiutava di stringere la mia.» Inspira profondamente un paio di volte. «Le sue ultime parole prima di morire… L’ultima cosa che mi ha detto era che mi odiava per quello che ti avevo detto, che lui stava correndo al posto tuo perché ti avevo distrutta.» Finalmente solleva la testa dal nascondiglio di braccia e gambe che si era creato. «è stata colpa mia in realtà.»
 
Le sue lacrime ricadono copiose lungo le guance rigandogli il volto, proprio come le mie. Ha parlato con Scott, l’ha visto morire, e non ha mai detto niente a nessuno.
 
Ricordo bene quella notte: ero riuscita a trattenere le lacrime fino a casa ma una volta distesa a letto ero crollata abbandonandomi al mio dolore. Mi ero illusa di potergli interessare, credevo che provasse qualcosa per me, e la consapevolezza che lui non mi avrebbe mai voluta nemmeno se fossi stata l’unica donna dell’intero pianeta mi stava distruggendo. Scott rincasò poco dopo di me e trovandomi in quello stato si arrabbiò, ma con me. 
Ricordo ancora le sue grida, diceva che dovevo smettere di correre dietro a Jake e di starci male, che dovevo aprire gli occhi e capire che non ero adatta a lui, e quando mi rifiutai di rispondere alla chiamata di Mr Crab per andare a correre andò su tutte le furie.
 
«Odiare te mi ha aiutato a lenire i sensi di colpa, ma so bene che il tuo unico errore è stato innamorarti di un coglione come me. Se il mio migliore amico è morto è colpa mia, e ho perso anche te quella notte. Ti ho cercata i giorni seguenti, al telefono, a casa, al funerale.. ma tu eri sparita.»
 
«Jake..» Da quanto tempo teneva dentro tutto questo dolore? «No, Jake. Non è colpa tua, è solo mia.»
 
Lui scuote la testa, un sorriso amaro e per niente divertito compare sul suo volto. «So che ti ha preso le chiavi, Robert me l’ha detto sperando che ti perdonassi. Tu eri distrutta per le MIE parole e lui ha corso al tuo posto.» alza leggermente la voce sulla parola ‘mie’ per accentuare la sua colpa. «All’inizio ho…»
 
 
«No Jake.» Porto il peso in avanti inginocchiandomi accanto a lui e allungando le braccia per cingere le sue spalle.
 
«Mia.» Le sue mani circondano i miei fianchi stringendomi al suo corpo. «Avrei voluto esserti accanto e affrontarlo con te, ma tu eri andata via e non hai mai risposto alle mie chiamate. Ho sempre pensato che tu mi odiassi per quello che vi avevo fatto.»
 
«Non ti ho mai odiato Jake, non è stata colpa tua.» Sussurro al suo orecchio.
 
«Ho lasciato che tutti pensassero che fosse colpa tua però, e alla fine me ne sono convinto anch’io perché incolpare te alleviava il mio dolore. E quando ho scoperto che eri tornata…» Un singulto spezza le sue parole.
 
«Shh.» Lo zittisco cercando di trattenere le lacrime anche se ormai i miei occhi sono due dighe aperte. «Basta Jake. Scott non ti odiava, era solo arrabbiato e sono sicura che dovunque lui sia in questo momento vorrebbe scusarsi con te e dirti che sei un idiota a colpevolizzarti così.»
 
Annuisce poco convinto. «E a te? Cosa direbbe a te?»
 
Non mi sono mai posta questa domanda. Oggi è la seconda volta che esprimo i possibili pensieri del mio gemello agli altri, ma a me? Cosa direbbe a me Scott? Mi sono ritirata in un altro Stato, non ho più parlato con i miei genitori accettando il loro odio per aver contribuito alla morte di mio fratello, mi sono allontanata da tutto e da tutti. Scuoto la testa affondando la testa nell’incavo della sua spalla.
 
«Ti direbbe che sei un’idiota a colpevolizzarti così, ma che è orgoglioso della sua sorellina e di quello che è diventata in questi anni.»
 
Vorrei tanto poter sentire quelle parole dalla bocca di mio fratello, sapere che non è arrabbiato con me. Darei tutto, anche la mia stessa vita per riaverlo al mio fianco. Un gemito di dolore mi si spegne in gola.
 
Jake afferra le mie spalle e mi allontana da lui per guardarmi negli occhi, e io nei suoi leggo il mio stesso dolore. «Mia ascoltami ci siamo fatti del male a vicenda per troppo tempo. Non possiamo cambiare il passato e le nostre azioni, però possiamo migliorare il futuro.»
 
Deglutisco rumorosamente cercando di comprendere le sue parole. «Cosa dobbiamo fare?»
 
«Io non smetterò mai di incolparmi per quel che è successo, e so per certo che non lo farai nemmeno tu, ma non continuerò a scaricare le mie colpe su di te per sentirmi meno peggio.» continua senza distogliere lo sguardo da me. «Ci ho provato ad andare avanti da solo ma non ha funzionato. Proviamoci insieme..»
 
«Pro - provarci in-sieme?» Ripeto titubante scandendo ogni parola.
 
«Si, aiutiamoci a rimettere in sesto. Io da solo non ce la faccio, ho bisogno di te.» Lascia scivolare le mani oltre le mie spalle stringendomi nuovamente al suo corpo. «Ho bisogno di te, voglio averti al mio fianco.»
 
«Oh Jake.» Sussurro al suo orecchio, inspirando profondamente, inalando il suo respiro misto al profumo del suo, un odore che ancora mi stordisce, che mi fa girare la testa e diventare le gambe molli: Profumo di Jake. Lo stringo a mia volta facendo aderire i nostri corpi e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. E tutto il dolore che da quattro anni tormenta ininterrottamente il mio cuore sembra affievolirsi improvvisamente lasciando un piccolissimo spazio alla felicità.
Lui mi vuole al suo fianco e vuole me, non la bella Amelia. Vuole Mia, il pacchetto completo. E io? Io voglio stare con Jake? Il volto di Ryan fa capolino all’interno della mia mente ma ben presto viene sostituito dal sorriso smagliante di Jake. Voglio bene a Ryan, è bello, intelligente, intrigante, ma non è Jake. Sto bene con lui, ma io non lo amo e forse non potrò mai amarlo perché il mio cuore appartiene ancora al ragazzo che in questo momento mi sta stringendo a sé supplicandomi di rimanere al suo fianco, inconsapevole che io sono sempre stata sua. «Oh Jake. Sì.»
 
Le sue dita affondano nella mia carne e il suo respiro mi si scontra addosso solleticandomi il collo. «Rivoglio almeno la mia amica.»
 
Lascio cadere le mani al suolo, accanto alle ginocchia ormai insensibili per la scomoda posizione tenuta troppo a lungo. Le lacrime mi sfuggono incontrollate e la sua stretta inizia a soffocarmi, ma il mio corpo traditore sembra non voler sentire ragioni e si rifiuta di staccarsi da lui.
 
«Mia ti prego, perdonami.» Finalmente si scosta da me per tornare a posare le sue iridi umide sul mio volto, continuando a supplicarmi silenziosamente. «So di essermi comportato male ma… sono sicuro che ci sia ancora una possibilità per noi.»
 
Annuisco lievemente tirandomi indietro fino a riportarmi seduta con la schiena appoggiata al bancone del bar, allacciando le ginocchia al petto. Dovrei dirgli di no, dovrei dirgli che non posso essere solo sua amica, ma quelle sfere azzurre fisse su di me che mi implorano spazzano via tutta la mia forza di volontà. «Ok.» Biascico dopo qualche interminabile secondo.  «Amici.»



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** CAPITOLO 15 ***


*


Dove eravamo rimasti?
Mia torna a correre al The Racer e vince.Dopo raggiunge Jake al Victrola all'interno del quale rimangono rinchiusi a causa dell'antifurto di Charlie che blocca tutte le uscite superate le tre di notte. Jake dopo un paio di birre di troppo finalmente si apre con Mia e le confessa tra le lacrime di essersi sempre comportato male con lei per lenire i suoi sensi di colpa. Jake infatti la notte dell'incidente sapeva di essere stato sentito mentre confidava a Robert di trovare l'amica brutta e sentendosi in colpa l'aveva raggiunta sul luogo dell'incidente dove però vi trova Scott che muore tra le sue braccia. 
Alla fine le chiede alla ragazza di tornare ad essere almeno amici.



CAPITOLO 15
 





«Rivoglio almeno la mia amica.»
 
 
 
Fortunatamente riusciamo a metterci subito in contatto con Charlie che nell’arco di mezz’ora è fuori dalle porte a disattivare l’allarme per permetterci di uscire dalla nostra gabbia.
Dopo la sua richiesta di essere amici ho preteso di prepararmi un paio di Vodka-Tonic, con molta, forse troppo, Vodka, tanto per buttare giù insieme all’alcool l’amaro nodo che mi stringe la gola. Essere amici? Perché ho accettato? Come posso essere sua amica se in fondo so di provare ancora qualcosa per lui, di amarlo. Mi sembra di essere tornata la brutta ragazzina innamorata del suo migliore amico, destinata a soffrire vedendolo tra le braccia di altre ragazze. Avrei dovuto rifiutare la sua offerta, restare fedele al mio progetto di tagliare i ponti con lui e con il tempo dimenticarlo e invece come sempre non sono riuscita a resistergli.
 
Quando finalmente usciamo Jake si offre di riaccompagnarmi al campus e io accetto anche se controvoglia, sopportando ormai a fatica la sua vicinanza.
 
Arrivata alla Eaton sfuggo dalla sua auto permettendogli appena di sfiorare le mie guancie con le sue labbra calde e morbide mentre mi augura la buona notte. In camera mi aspetta Spencer ancora sveglia.
 
«Mia, ciao.» Si tira su mettendosi a sedere sul letto e accendendo la lampada sul suo comodino. «Come va?»
 
«Immagino che tu sappia già tutto, vero?» La sua agitazione la tradisce.
 
«Sì, mi ha chiamata Megan. Ha detto che hai corso al The Racer e che tardavi perché sei rimasta chiusa dentro al Victrola con Jake. Allora?»
 
«Beh, ho vinto la corsa e Jake si è scusato e mi ha chiesto di tornare ad essere sua amica.» Breve e concisa.
 
Spencer allarga le sopracciglia sgranando gli occhi verdi. «Amici? Ne sei sicura?»
 
«Certo che ne sono sicura, ero presente, l’ho sentito con le mie stesse orecchie.»
 
«E tu? Hai accettato?»
 
Inspiro sonoramente sedendomi sul bordo del letto. «Certo, non sono riuscita a dirgli di no. Anche se dovrò trovare un modo per dirlo a Ryan.» Improvvisamente mi torna in mente il mio ragazzo. «Dannazione Ryan, non ho più risposto alle sue telefonate.» Afferro il telefono da dentro la borsa e digito velocemente il suo numero, dopo il primo squillo tuttavia parte la segreteria telefonica. Deve aver spento il telefono.
 

 
*******
 
 
Messaggio da Ryan. Ore 07.00 “Devo parlarti. Ti aspetto nel mio ufficio in pausa pranzo.”
 
Vengo svegliata dalla fastidiosa vibrazione del mio telefono sul comodino, un messaggio da parte del mio ragazzo, poche parole che non promettono nulla di buono. Sarà sicuramente arrabbiato per le otto telefonate a cui non ho risposto durante la gara e la conversazione con Jake. Sono già le undici, faccio in tempo a vestirmi e partire.
 
 
«Ciao.» Faccio capolino dalla porta socchiusa dell’ufficio. Ryan Bass siede alla sua scrivania con il capo chino su alcuni fogli che stringe tra le mani, la giacca blu scuro abbandonata su una delle sedie e la cravatta allentata. Al mio saluto porta i suoi occhi nei miei facendomi raggelare, sembra estremamente serio e chiaramente molto arrabbiato. Senza proferire parola mi indica la poltrona di fronte alla sua invitandomi ad entrare. Chiudo la porta alle mie spalle e mi siedo appendendo il cappotto viola allo schienale.
 
«Ordiniamo qualcosa per pranzo?» gli domando inclinando la testa di lato sperando di rompere il muro di silenzio che ha eretto fra noi.
 
«Non ti ho chiamata per mangiare.» Accenna scuro in volto.
 
«Lo immaginavo.» Scrollo le spalle titubante. «Hai detto che volevi parlarmi.»
 
«Già! Dove sei stata ieri sera?»
 
«Scusa se non ti ho più risposto ma come ti ho lasciato detto in segreteria sono tornata in camera e sono crollata.» Mento spudoratamente. «Mi sono svegliata in piena notte e, viste le chiamate perse, ho provato a telefonarti ma tu avevi il telefono staccato.» Cerco di mantenere un tono di voce sicuro, mi dispiace raccontargli tutte queste bugie ma so per certo che non prenderebbe bene la verità.
 
Ryan annuisce poco convinto e, allungandosi verso l’ultimo cassetto della scrivania, ne estrae un piccolo fascicolo azzurro e me lo porge. «Vorrei mostrarti questo.»
 
La afferro con entrambe le mani e scruto la candida copertina su cui non è segnato il nome di alcuna pratica. Alzo ancora una volta lo sguardo incontrando gli occhi glaciali del mio fidanzato che mi sta fissando estremamente serio e mi sprona con un cenno del capo a visionarne il contenuto. Dentro vi trovo solo una busta aperta di medie dimensioni, alzo il lembo laterale e vi estraggo un plico di carta patinata: decine di foto. Il molo, le auto alla partenza, Mr Crab, io che salgo all’interno dell’Audi di Jake e che vengo acclamata dopo la vittoria. «Ryan..» Balbetto incapace di alzare lo sguardo.
 
«Cos’hai da dire al riguardo?»
 
«Ryan..» Balbetto una seconda volta. «Posso spiegarti. Ti prego dimmi che non c’è un’indagine in corso.» Inspiro ed espiro profondamente in preda all’ansia.
 
Il mio ragazzo scuote il capo. «No. Non c’è nessuna indagine, grazie a me. Ma si può sapere cosa facevi al The Racer?»
 
«E tu come fai a conoscere il The Racer?» Domando stupita da sentire uscire quel nome dalla sua bocca.
 
«Rispondi alla mia domanda e non mentirmi più.» Ribatte serio in volto alzando leggermente il tono di voce e sbattendo un pugno sul tavolo facendomi sobbalzare.
 
«Scusami se ti ho mentito ma… credevo di non potertene parlare. È stato un caso che io abbia corso, io non corro più da anni ormai.»
 
«Da anni? Ma non ti sei trasferita a New York solo quest’anno?» Mi chiede sporgendosi verso di me con la fronte corrugata.
 
Inspiro un’altra volta, devo raccontargli tutta la verità, tutta. «Non è del tutto esatto. Mi sono trasferita solo pochi mesi fa da Union, ma sono nata e cresciuta qui.»
 
«E quindi?»
 
«Me ne sono andata circa quattro anni fa, quando mio fratello gemello è morto.» Abbasso la testa incapace di sostenere il suo sguardo e un paio di lacrime sfuggono al mio controllo.
 
«Amelia… Non sapevo nemmeno che avessi un fratello. Come è successo?» La sua mano stringe la mia spalla, si è alzato e seduto sulla sedia accanto alla mia.
 
«Durante il The Racer.» Inizio trattenendo un singhiozzo. «Mi ha sostituita a mia insaputa e ha avuto un incidente. Per questo sono stata mandata via e ho smesso di correre.»
 
«Morto durante una corsa quattro anni fa?» Ripete con tono interrogativo anche se non sembra una vera e propria domanda, o perlomeno non rivolta a me.
 
Annuisco portando lo sguardo nuovamente verso di lui.
 
«E tu correvi anche se giovanissima? Quanti anni avevi? Sedici?»
 
Annuisco ancora insicura di aver capito bene dove vuole andare a parare.
 
«Quindi tu sei Mia? Mia River?» La sua espressione chiaramente sconvolta.
 
«Tu mi conoscevi?»
 
Ryan annuisce serio alzandosi ancora una volta dalla sedia e dirigendosi verso la finestra, dove si ferma a fissare le auto che scorrono veloci sotto di noi. «Non ti avevo riconosciuta. Ti conoscevo solo di fama però, nessuno era in grado di starti dietro, nemmeno io onestamente.»
 
«Tu?»
 
«Si. Correvo anch’io fino a qualche anno fa e ti ho anche sfidato un paio di volte.» Si gira di nuovo e mi sorride. «Non sono mai riuscito a batterti però.»
Cerco di fare mente locale ma non riesco a ricordarmi di lui, in nessuna occasione. Mi ricorderei di un così bel ragazzo. «Tu, un ex corridore?»
E improvvisamente mi tornano alla mente le parole di Josh.
 
Da qualche anno un ex corridore di cui non si conosce il nome è riuscito ad entrare in procura e che grazie a lui che vengono avvisati prima di qualche imboscata.
 
E quella sera nel suo appartamento, era lui al telefono con Mr Crab.
 
«Ma allora sei tu? Sei tu che controlli i movimenti della polizia?»
 
Ryan annuisce. «Si, da qualche anno ormai controllo il The Racer ed evito l’arresto di tutti voi. E ieri sera anche il tuo a quanto pare. Quindi? Perché hai corso?»
 
Scuoto la testa. «Ryan… lascia perdere, è un discorso lungo.»
 
«C’entra quel ragazzo vero? Jake Haiden?» Nel pronunciare il nome di Jake il volto di Ryan ritorna scuro e serio. «Doveva gareggiare lui.»
 
«Si, ma non è come pensi. Jake era il mio migliore amico e ci siamo ritrovati. C’era in gioco l’auto su cui mio fratello è morto, non potevo permettere che continuassero ad usarla.»
 
«So bene che vi siete ritrovati, e anche come.» Ribatte scontroso.
 
«Ancora con questa storia Ryan, pensavo fosse superata. Anzi visto che a quanto pare sei a conoscenza di quasi tutto credo sia ora di chiarire. Quelli dell’Extra avevano scattato delle foto del The Racer e avevano ricattato il Victrola. Jake era andato a recuperarle e..»
 
«E tu sei corsa ad aiutarlo.» Mi interrompe portando le mani all’interno delle tasche dei suoi pantaloni eleganti e accasciandosi sulla poltrona accanto alla mia.
 
«Si, ma perché ero l’unica di cui non conoscevano il volto. A differenza di Robert, Josh o Megan io potevo entrare e portare fuori Jake senza rischiare troppo. È mio amico Ryan, non potevo lasciarlo lì!»
 
«E il bacio?» Sputa fuori l’ultima parola come se gli lasciasse un sapore amaro in bocca.
 
Fisso i miei occhi nei suoi, consapevole di quanto la nostra conversazione lo stia ferendo. «Stavamo uscendo dal locale ma stavamo per essere scoperti dal proprietario, abbiamo fisto una coppia che si baciava su un divanetto e nessuno faceva caso a loro, per questo…»
 
Ryan sbuffa sonoramente. «Ho capito, basta. Questo è tutto? Non mi nascondi più niente?»
 
Inspiro profondamente. Sono tentata ad annuire ma non sarebbe giusto, e non voglio più alcun segreto con lui.. «No.» Ryan sgrana gli occhi trattenendo il respiro. «Cioè non è più successo niente ma ci siamo visti, ieri sera. Abbiamo parlato e chiarito i nostri problemi e deciso di tornare ad essere amici.»
 
«Amici?» Si alza nuovamente in piedi e porta il peso in avanti protendendosi verso di me. «Quel ragazzo prova qualcosa per te non può essere tuo amico.»
 
«Ti sbagli Ryan, inizialmente forse era attratto da me, ma questo prima di sapere chi ero veramente.»
 
Ryan si porta le mani sul capo tirandosi indietro i capelli. «Svegliati Amelia, non capisci che lui è geloso di noi?»
 
Scuoto la testa con forza. «No Ryan, ti sbagli. Lui si è comportato così solo perché era arrabbiato con me, per farmela pagare. Ma adesso abbiamo chiarito e non succederà più.»
 
«Si, non succederà più perché come ti ho già non lo vedrai più e questa volta non accetterò ulteriori trasgressioni.» Decreta voltandomi le spalle quasi a voler chiudere il nostro discorso..
 
Punto il mio sguardo sulla sua schiena mentre la rabbia prende possesso del mio corpo e stringo i pugni conficcandomi le unghie all’interno della carne. «NO!»
 
«CHE COSA?» Urla a sua volta guardandomi sconcertato.
 
«HO DETTO DI NO.» Inspiro di nuovo cercando di non perdere il controllo. «Ryan non puoi comandarmi, impedirmi di uscire o obbligarmi a tagliare i ponti con Jake, è mio amico. Ha sbagliato lo so, ma si è scusato.»
 
«Non mi interessa cosa si sia inventato per circuirti, non mi fido di lui.»
 
«MA TU DEVI FIDARTI DI ME, DI ME.» Preciso puntandomi il dito al petto.
 
«Vorrei poterlo fare, ma finchè ti lasci baciare da lui è difficile.»
 
«Non avevamo chiarito questo punto?» Chiedo esasperata.
 
«No, tu l’hai chiarito con delle banali scuse, ma non cambia il fatto che tu l’abbia baciato.»
 
Alzo le mani in segno di resa. «Va bene, ci rinuncio. Ryan io non voglio dover scegliere tra te e lui. Ti voglio bene e ho deciso di essere la tua ragazza, ma sono anche sua amica. Se vuoi stare con me devi accettarmi per come sono, compresi i miei amici e quindi anche Jake, altrimenti non credo che possa continuare tra di noi. Pensaci.»
 
Senza aspettare una sua risposta afferro il cappotto dalla sedia, apro la porta ed esco, fingendo di non sentire le sue urla che mi intimano di fermarmi.
 
In strada svolto subito a sinistra, dovrei chiamare un taxi ma non voglio fermarmi davanti al Palazzo di Giustizia, Ryan è anche troppo arrabbiato e deve riflettere sul nostro rapporto. Cammino per un paio di isolati incassando il collo all’interno del collo del cappotto per l’aria gelida che mi colpisce il volto e maledicendomi di non aver portato con me una sciarpa. Guardo il cielo e fisso le nuvole stranamente troppo bianche e sicuramente cariche di neve. Tra tre giorni sarà Natale e ripenso ai miei nonni nel Kentucky, mi mancano entrambi moltissimo. Estraggo il telefono dalla borsa e, ignorando le chiamate di Ryan, premo la chiamata rapita che ho assegnata a loro.
 
“Amelia, ciao.”
“Ciao nonno, come va?”
“Noi bene. Tu? Hai sentito tua madre?”
“No. Sa dove sono, quando vorrà potrà venire da me. Volevo chiederti un piacere… tra pochi giorni è Natale e pensavo di… se non vi disturbo…”
“Ma quale disturbo tesoro. Dimmi quando vuoi rientrare che ti prendo un biglietto.”
“Grazie nonno. Io sono impegnata in università fino al ventiquattro, se c’è un volo potrei partire il venticinque mattina così arrivo per pranzo.”
“Perfetto, allora controllo subito. Un bacio.”
 
 
Interrompo la telefonata in tempo per trovare almeno due avvisi di chiamata di Ryan, mi dispiace non rispondergli ma ora non ho proprio voglia di parlargli.
 
Messaggio a Ryan. “Scusami ma ho bisogno di tempo per pensare e credo debba farlo anche tu! Ci sentiamo nei prossimi giorni.”
 
Non faccio in tempo a riporre il telefono all’interno della borsa che ricevo l’ennesima chiamata, cosa non gli è chiaro delle parole “ho bisogno di tempo”? Sbuffando spengo il telefono e proseguo per il mio tragitto buttando di tanto in tanto l’occhio alle scintillanti vetrine e realizzando di non aver ancora comprato nemmeno un regalo per Natale.
 
 
Quattro ore dopo torno alla Eaton House carica di sacchetti e pacchi coloratissimi. Prima di partire non ero solita girare per negozi e dedicarmi allo shopping, pensavo solo al cibo e alle corse. Ho iniziato ad apprezzarli solo raggiunti i diciotto anni e la taglia quaranta, ma i negozi di Union non sono nemmeno paragonabili a Manhattan e alle sue boutique.
Ho pensato a tutti. Al mio carissimo nonno ho preso una bottiglia di buonissimo Brandy e una confezione di originali sigari cubani, anche se sono convinta che farebbe meglio a smettere di fumare, alla mia adorata nonna una borsa da aggiungere alla sua collezione, cappello e sciarpa in cashmere per Josh e Robert, mentre per Megan e Spencer due bellissimi completini intimi Victoria Secret. Una cravatta per Charlie, un portachiavi per Micheal e una Mont Blanc per Ryan.
C’è anche un ultimo regalo, in realtà solo una piccola busta, ma che mi è costato più impegno e tempo di tutti gli altri non ricordando la posizione esatta del negozio, e non sono nemmeno essere sicura che sia di suo gradimento.
 
«Mia, ti sei imbambolata?» La voce di Jake mi riporta alla realtà, è in piedi di fronte a me con in mano una scatola di cartone che sembra molto pesante.
 
«Stavo solo controllando di aver preso tutto.» Grugnisco infastidita di essere stata colta nel bel mezzo dei miei pensieri.
 
«Guarda quanti regali, spero ci sia qualcosa anche per me.» Ghigna divertito.
 
«E perché avrei dovuto prenderti un regalo? Credi di meritartelo?» Gli rispondo facendogli la linguaccia, come quando eravamo bambini. «A proposito, cosa fai qui?»
 
«Oh, Jessica è stata ammessa in questa vostra confraternita e mi ha chiesto di darle una mano a traslocare.» Indica con il capo il pesante scatolone che tiene tra le braccia.
 
«Jake, tesoro.. Dai, abbiamo ancora molte cose da portare.» La voce fastidiosa di Jessica giunge alle nostre orecchie da una delle finestre del secondo piano, almeno non condivideremo lo stesso corridoio.
 
«Arrivo, arrivo.» Sbuffa Jake in risposta. «Ti darei una mano con quei pacchi ma ho finito le mani.»
 
«No, tranquillo, vai pure, Jessica ti sta chiamando.» Sbotto infastidita sorpassandolo salendo le scale a due a due e chiudendogli il portone di ingresso letteralmente in faccia. Che si arrangi lo stronzo. Sempre di corsa mi fiondo all’interno della mia stanza e sbatto la porta con tutta la forza che ho in corpo.
 
«Mia, che ti prende?» Mi domanda Spencer sobbalzando per la paura.
 
«Niente, niente mi prende. Oggi è solo una pessima giornata.» Grugnisco lasciando cadere i sacchetti sul mio letto. «Ma non mi chiedere nulla perché non ne voglio proprio parlare.»
 
«Ok, come preferisci.» Spencer scrolla le spalle cercando di nascondere un mezzo sorriso.
 
«Ma ti rendi conto che hanno ammesso anche Jessica, se solo non avessi bisogno di un posto dove dormire me ne andrei subito, e lo chiama tesoro.» Sbotto in un fiato, ormai inizio a parlare velocemente come la mia coinquilina.
 
«Scusa ma non ho capito, chi chiama tesoro chi?»
 
«Jessica chiama tesoro Jake e quel cretino la sta aiutando a traslocare.» Le chiarisco indignata facendola scoppiare a ridere.
 
«Ah, adesso ho capito. E che problema c’è? In fondo siete solo amici.» Inarca le sopracciglia divertita scuotendo la testa.
 
So cosa intende ma si sbaglia. «Che problema? NESSUNO! Nessuno. Non me ne frega niente di quei due idioti. Che facciano quello che vogliono!» Sbraito sfilandomi il cappotto e lanciandolo sul letto accanto ai pacchetti regalo. «Vado a farmi una tisana.» Concludo per sfuggire al suo fastidiosissimo sorriso, ed esco dalla nostra camera sbattendo nuovamente la porta.
 
Non capisce proprio nulla Spencer, io non sono gelosa di Jake, è solo che Jessica non è adatta a lui, merita di meglio di una come lei.
 
Scendo al piano terra e mi dirigo a passo spedito in cucina, prendo il bollitore e lo riempio di acqua prima di metterlo sul fuoco. Prendo dalla mensola una tazza piuttosto grande e ci posiziono all’interno la bustina prescelta: limone e cannella. Qualcosa di caldo riuscirà a calmare la mia rabbia.
 
 
******
 
 
Il giorno dopo affronto le ultime ore di lezione e pranzo con Josh, Megan, Robert e Spencer.
 
«Allora ragazzi, voi che progetti avete per queste vacanze?» Domanda Megan portando alla bocca una forchettata di maccheroni al formaggio.
 
«Io sono dai miei come sempre.» Le risponde Robert sorridendole amorevolmente.
 
«Sai che i miei odiano il freddo, andiamo alle Bahamas a prendere il sole.» Sbuffa Josh come se fosse la cosa più terribile che gli potesse capitare.
 
«Io raggiungo i miei nel Conneticut dalla mia famiglia, ma pensavo di tornare prima di capodanno per stare con Micheal.» Continua Spencer.
 
«Io torno ad Union.» Scrollo le spalle cercando di sfuggire allo sguardo di rimprovero di Megan.
 
«Cosa? Potevi anche dirmelo prima!»
 
«L’ho deciso solo ieri in realtà, ho il volo domani mattina presto.»
 
«E quando pensi di tornare? Spero prima di quattro anni?»
 
«Non sei divertente. Credo per capodanno se organizzate qualcosa.»
 
Megan alza gli occhi al cielo portandosi una ciocca ribelle dietro l’orecchio. «Certo che organizziamo qualcosa, prenota già il volo di ritorno. Quindi saremo solo io e te in città..» Avvampa posando il suo sguardo su Robert.
 
«Se vuoi posso passare a trovarti.» Le sussurra dolcemente arrossendo leggermente a sua volta e non posso fare a meno di sorridere incredula, stanno flirtando di fronte a noi.
 
«Va bene, allora lasciamo a voi l’organizzazione del capodanno.» Annuncia Josh sogghignando divertito e ammiccandomi leggermente. «Cercherò di tornare anch’io in tempo.»
 
«Perfetto! Ma sei sicura che Ryan vorrà passare con noi il trentuno?»
 
«Oh Ryan… Non lo so.. in verità noi abbiamo discusso e abbiamo preso una pausa. Dopo passerò comunque da lui per salutarlo ma non so ancora se passeremo le feste insieme.» abbasso lo sguardo imbarazzata, è la prima volta da ieri che lo ammetto a qualcuno. «Voi comunque contante su di me. E prima che iniziate a farmi domande su questo argomento di cui io non voglio parlare, sappiate che ho dei regali per voi.» Sollevo la pesante borsa sopra il tavolo e la apro mostrando loro i pacchetti colorati.
 
«Mia… Cosa è successo?»
 
«Megan ho appena detto che non ne voglio parlare.» La ammonisco seria. «Vi sto per consegnare i miei regali a patto che mi promettiate di non aprirli prima di Natale.»
 
«Ma Mia, non puoi darci un regale senza permetterci di aprirlo.» Si lamenta Josh mettendo su il broncio. «Però ho anch’io dei regali per voi!»
 
«Tesoro…» Mi slancio verso il mio amico stringendogli le braccia al collo e schioccandogli un bacio sulla guancia.
 
«Mia?» Riconosco subito la voce alle mie spalle e dal modo in cui si irrigidisce la schiena di Josh so che è lo stesso per lui. Jake in piedi dietro di noi con Jessica abbarbicata al suo braccio destro quasi fosse un babbuino.
 
«Ragazzi!» Biascico portandomi la tazza fumante di caffè alla bocca sorridendo ad un tesissimo Josh.
 
«Che succede? Ci siamo persi qualcosa?» Sorride maligna Jessica.
 
«Assolutamente no.» Si affretta a rispondere il ragazzo al mio fianco. «Ci stavamo solo scambiando i regali.»
 
«Ah! Che carini.» Annuncia Jake puntando i suoi occhi gelidi nei miei.
 
«Beh Jake, Anch’io ho un regalo per te, ma pensavo di dartelo stasera a cena…»
 
Cena? Si sono dati un appuntamento per la sera della Vigilia?  «E stiamo organizzando di passare il capodanno insieme.» Sibilo maligna stringendo il braccio di un sempre più rigido Josh.
 
Lo sguardo freddo di Jake passa da me a Josh che immediatamente si slaccia dalla mia presa e mi allontana da lui. «Non dovevi andare alla Bahamas?»
 
«Si, ma pensavo di tornare, per non passare l’ultimo insieme ai miei.» Si difende lui, alzando le mani e scivolando sulla panca per allontanarsi ulteriormente da me.
 
«Vabbè, ma ci uniamo anche noi, e porto anche Greta allora!» Continua Jessica ignorando le mie occhiatacce, e chi sarebbe ora questa Greta?
 
«Greta?» Domanda Megan titubante.
 
«Si, la mia compagna di stanza. Eccola là!» Alza la mano verso una bella ragazza castana dalla pelle ambrata, alta e magra. Ci raggiunge sorridendo allegra e scrutando timidamente ognuno di noi con i suoi penetranti occhi scuri.
 
«Ciao Greta, ti presento Josh, Mia, Robert, Megan e ….» Si ferma fissando la mia coinquilina.
 
«Spencer.» Le suggerisce lei sbuffando. Ormai fa parte del gruppo da mesi, potrebbe almeno imparare il suo nome.
 
«Si, Spencer. Stiamo organizzando una festa per l’ultimo dell’anno. Ti unisci a noi vero?»
 
«Piacere.» La ragazza allunga la mano prima verso di me e poi verso Josh il quale si solleva in piedi balbettando qualcosa di impercettibile e sorridendo imbarazzato. «Siete sicuri che non disturbo?»
 
«Scherzi? No, no. Nessun disturbo. Le amiche di Jessica sono anche nostre amiche.» Biascica Josh passandosi una mano tra i capelli.
 
«Certo, non preoccuparti Greta. Siamo felici di averti con noi.» Sorrido gentilmente stringendole la mano mentre vengo affiancata da Megan che fa lo stesso
 
«Ora scusate ragazzi ma per me si è fatto tardi, devo preparare le valigie e passare da Ryan. Buon Natale a tutti.» Prendo il mio vassoio dal tavolo e lo porto alle inservienti, quindi a passo veloce mi dirigo verso l’uscita della mensa.
 
«Mia aspettami.» Sollevo gli occhi al cielo e sbuffo voltandomi verso Jake che mi sta rincorrendo. «Valigie? Quando pensavi di dirmi che stai partendo?»
 
«Jake, sei mio amico, non mio padre. E comunque non ho avvisato nemmeno lui della mia partenza, quindi..»
 
«Qual è il problema adesso? È da ieri che sei intrattabile.»
 
«Perché tutti pensate che io abbia dei problemi. Adesso non devi aiutare Jessica a finire il trasloco e prepararti per la vostra cena?» Grugnisco indignata dandogli ancora una volta le spalle, senza che mi passi inosservato il suo ghigno tanto fastidioso quanto fantastico.
 
«Ti posso almeno accompagnare in aeroporto? A che ora hai il volo?»
 
«Alle sette, ma devo essere in aeroporto almeno un’ora e mezza prima.» Gli rispondo inclinando la testa di lato sperando che rinunci visto l’orario.
 
«Ok, allora vengo a prenderti alle cinque in punto.»

Dannato Jake.
 
 
 
 
 
*****
 
 
Avviso Ryan con un sms che nel pomeriggio sarei passata dal suo ufficio e alle cinque, dopo aver preparato la valigia e preparato il bagaglio a mano, esco per raggiungere il palazzo di giustizia.
I corridoi sono quasi totalmente vuoti e la cosa non mi sorprende essendo la sera della vigilia di Natale, solo Ryan Bass lo staccanovista sta lavorando a quest’ora.
Arrivata alla sua porta busso e la apro senza aspettare che mi inviti ad entrare, in fondo mi sta aspettando. Purtroppo non lo trovo da solo.
 
«Amelia.» Mi saluta guardandomi male per la mia intrusione.
 
«Scusami Ryan, non credevo fossi impegnato, posso tornare dopo.» Passo lo sguardo dal lui alla donna bellissima bionda al suo fianco. Indossa una camicetta bianca leggermente trasparente e decisamente troppo sbottonata per i miei gusti e per il suo seno eccessivamente prosperoso. Le gambe lunghe a mala pena coperte sfuggono dalla gonna grigia attraverso il vertiginoso spacco.
 
«Tranquilla, abbiamo finito.» Mi sorride maliziosa. «Ryan com’è carina la tua sorellina?»
 
Sorellina? «Veramente io sono la sua fidanzata.» La correggo guadagnandomi un’espressione alquanto sorpresa.
 
«Ma.. Dott. Bass non mi avevi detto di essere impegnato.» Se ne esce fuori arricciando il labbro inferiore e sfoggiando un finto e troppo malizioso broncio.
 
Ryan invece ci guarda senza proferire parola anche se posso leggere chiaramente nei suoi occhi il suo stato di disagio.
 
«Beh vi lascio allora, Ryan ti chiamo nei prossimi giorni e continuiamo il nostro discorso, magari davanti ad una buona bottiglia di vino.» Si allunga verso il mio ragazzo lasciandogli un bacio sulla guancia. «Piacere di averti conosciuta Alessia.»
 
«Amelia» Sibili nervosa. «Il mio nome è Amelia.»
 
La donna però senza correggersi mi sorride ed esce dalla stanza, non prima di aver lanciato un’altra occhiata al viceprocuratore.
 
«E io che ti credevo disperato per il nostro litigio.» Lo rimprovero scuotendo la testa.
 
«Ma cosa stai dicendo.. Lei è solo una collega e amica, stiamo seguendo una pratica insieme.»
 
«Si Ryan, siete talmente amici che non sapeva nemmeno della mia esistenza.» Borbotto infastidita dalle sue parole, e lei si comportava in modo forse troppo amichevole. «E quindi? Ci uscirai insieme?»
 
«Uscirci… non esagerare adesso, siamo amici e dobbiamo discutere di questioni di lavoro durante le feste, piuttosto che intristirci nel palazzo di giustizia quasi vuoto abbiamo pensato di incontrarci in un locale. Ti infastidisce per caso? Siamo amici, non ci vedo nulla di male.»
 
Ecco dove voleva arrivare, vuole mettermi nella posizione di dovergli dire di non uscire con lei. Vuole farmi ingelosire, quanto lui lo è di me e Jake, e diavolo se c’è riuscito con quella bambolona. Dannazione. «No, alcun fastidio.» Ammetto alla fine mordendomi la lingua. «Comunque sono qui solo per salutarti.»
 
«Salutarmi?» Mi domanda sbigottito.
 
«Si, torno dai miei nonni per Natale. E ti ho portato questo.» Estraggo dalla borsa il pacchettino color panna con il fiocco blu. «Aprilo domani però.»
 
«Amelia, io però non ho niente per te.. cioè non ce l’ho qui.» Ryan si scompiglia i capelli imbarazzato.
 
«Tranquillo Ryan, non è necessario. Ti lascio lavorare adesso. Ci sentiamo.» Lo saluto con un cenno della mano, ma lui si frappone tra me e la porta.
 
«Aspetta Amelia, è tutto apposto? Tra noi intendo.»
 
«Ryan.. dipende da te, non da me. Ne riparliamo quando torno,ok?» Gli rispondo sorridendogli per rincuorarlo. Non voglio che stia male per colpa mia, ma non sono più sicura nemmeno io di voler portare avanti questa relazione.

 
 
 
 

Eccomi qui... scusatemi per il ritardo ma sono stata impegnatissima con l'esame e tornata ho avuto tanto tanto tanto bisogno di rilassarmi.. 
Il capitolo è un po' così... finalmente iniziano i primi problemi tra Mia e Ryan... dico finalmente perchè dalle vostre recensioni vedo che non lo sopporta più nessuno :)
Vi avviso però che questo capitolo era molto più lungo e ho deciso di dividerlo e pubblicare un altro capitolo il 25 che sarà un episodio natalizio... :)
Non avrete sul serio pensato che potevo eclissare il Natale mandando Mia dai nonni... Vi avviso già che non succederà... e non dimenticate chi sarà con lei in aeroporto... :)


Veniamo ad alcuni volti nuovi e non che non avevo ancora assegnato....
Charlie

Greta

Jessica (lei aveva già un volto ma ho deciso di cambiarla perchè prenderà sempre più piede)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO 16 - BUON NATALE ***


DOVE ERAVAMO RIMASTI?
Mia ormai decisa a lasciare Ryan sta per partire per il Kentucky per trascorrere il Natale con i nonni.
Ma non dimentichiamoci chi la deve accompagnare in aeroporto. :)
Cambio banner per questo capitolo tutto JIA.







CAPITOLO 16 - BUON NATALE
 



 
Torno in camera e mi stendo sul letto, ormai sono già le nove di sera e tra meno sette ore dovrò essere di nuovo in piedi.
Spencer è già partita nel pomeriggio e la mia stanza ora che sono sola sembra molto più grande e silenziosa. Infilo il pigiama e mi butto sotto le coperte accendendo il televisore guardando il solito film natalizio “Una poltrona per due”. Alle undici spengo tutto e mi costringo a dormire per affrontare il lungo viaggio, ma passo un’interminabile ora a rigirarmi nel letto con la certezza di aver dimenticato qualcosa di importante, anche se non ricordo cosa.
Mi alzo e apro due volte sia la valigia che il bagaglio a mano per ricontrollare di non aver scordato nulla, ma sembra che ci sia tutto. Guardo l’agenda per verificare la possibile esistenza di un appuntamento con un docente o una consegna saltata, ma niente.
Alla fine torno a letto ma quella spiacevole sensazione non mi abbandona.
 
Dopo poco più di mezz’ora mi alzo di nuovo e ribalto l’intera borsa. Cosa diavolo può mai essere. Inserisco di nuovo il contenuto all’interno e mi soffermo a guardare la busta rimasta sulla mia scrivania. Non ho ancora dato a Jake il regalo che ho preso per lui e credo di essermi pentita della mia scelta, ormai però è troppo tardi per cambiare idea ed è passata l’una di notte. La rigiro tra le mani dubitando che sia quella piccola busta a tenermi sveglia, in fondo lo vedrò tra poche ore..
Mi siedo ancora una volta sul letto e accendo di nuovo il telefono. Non so nemmeno io per quale motivo ma mi ritrovo a controllare la vecchia casella e.mail, quella che utilizzavo quando ancora non conoscevano la mia identità, quando Jake non sapeva chi fossi ed era interessato a me, a conoscermi.
Rileggo un paio di volte il messaggio in cui mi invitava al nostro primo vero appuntamento da Tony, ed ecco che la strana sensazione che mi tormenta da ore diventa consapevolezza.
 
Come ho potuto dimenticarmene?
 
Digito velocemente il suo numero e attendo invano una risposta. Era a cena con Jessica, forse è ancora impegnato con lei. L’immagine di loro due insieme, abbracciati, intenti a baciarsi mi appare davanti agli occhi e mi costringe a riagganciare la chiamata. Non può essere con lei giusto oggi, non può essere Jessica la persona con cui vuole condividere un momento come questo.
Dieci secondi dopo però il telefono mi vibra tra le mani, è lui.
 
“Mia, tutto bene? Cosa è successo?” La sua voce non è assonnata, non stava dormendo.
“Niente, Jake, tranquillo. Ti sto disturbando? Sei ancora con Jessica?”
Percepisco il suo sospiro. “No. Non sono più uscito, sono andato da mia madre. Va tutto bene?”
“No, non va tutto bene. Me ne sono dimenticata, come ho potuto? Ieri.. tuo padre.. me ne sono dimenticata. Avrei dovuto starti vicina e invece..” Balbetto sconnessamente tra i singhiozzo, rendendomi conto che non dovrei essere io a piangere.
“Mia… Non fare così, ormai sono passati anni, ho accettato e superato la sua morte.”
“Ma Jake, sono stata così scontrosa con te…dovrei essere tua amica.. ”
“E lo sei… Ascolta io non ho sonno e non credo nemmeno tu ormai. Ti va se vengo lì e ci teniamo compagnia finché non ti accompagno in aeroporto?”
Guardo l’orologio incerta. “In fondo sono già le due.. Ti aspetto.”
 
 
Sposto il cellulare dall’orecchio appena sento che ha riattaccato, realizzando che a breve Jake Haiden sarà nella mia stanza.
Guardo il mio pigiama vergognandomi di non avere niente di più sexy o accattivante e l’idea strampalata di aprire il cassetto della biancheria di Spencer e prendere qualcosa di suo attraversa la mia testa per qualche istante ma la scaccio immediatamente.
 
Quarantacinque minuti più tardi scendo silenziosamente le scale e apro la porta trovandomelo di fronte bellissimo anche con indosso semplici pantaloni della tuta blu e una felpa verde della NYU sotto la giacca pesante, e in testa un buffo cappello da Babbo Natale.
 
«Oh Oh Oh. Buon Natale Mia!»
 
«Shhh… Scemo, ci scopriranno così..» Trattengo a stento una risata. «Sai che non possiamo far entrare ragazzi di notte. Vieni!»
 
«Oh beh, io non ho mai avuto difficoltà.»
 
Inspirando profondamente, lo afferro per un braccio e lo trascino dentro fino alla mia stanza, chiudendo velocemente la porta. Nella camera di chi è stato di notte?
No Mia, Non puoi essere gelosa del suo passato.
 
«E Spencer?» Mi domanda guardando il suo letto vuoto.
 
«Lei è partita oggi pomeriggio. Sono da sola.» Bisbiglio imbarazzata mentre una strana sensazione prende possesso di me. L’ultima e unica volta che siamo rimasti da soli in questa stanza lui mi ha praticamente gettata sul letto e spogliata con la forza, e questo ricordo adesso non mi spaventa più, anzi, mi sta emozionando. Scuoto la testa per allontanare il pensiero. «Comunque Buon Natale Jake.» Annuncio sorridendo e porgendogli il suo regalo.
 
Lui lo prende tra le mani e mi guarda sconcertato. «Cos’è?»
 
«Aprilo!»
 
«Ma allora lo hai preso un regalo anche per me.» Sogghigna divertito. «Meglio, sarebbe stato imbarazzante darti questo altrimenti.» Apre il giaccone e ne estrae un pacchettino molto sottile.
 
«Jake, non dovevi.» Sussurro non cercando nemmeno più di nascondere il mio sorriso di pura felicità. «Prima tu.»
 
Jake apre la buste e ne estrae in contenuto. Dopo averlo fissato per alcuni secondi scoppia a ridere fragorosamente. «Ma scherziamo?»
 
Lo guarda allibita mentre lui continua a ridere ancora con il mio regalo in mano. «Ti fa tanto ridere? È un buono per un tatuaggio.»
 
«Questo lo vedo. Ma perché hai scelto proprio questo regalo?» Mi domanda con ormai le lacrime agli occhi.
 
«Guarda se non ti piace non c’è problema, ti posso prendere un altro regalo.» Metto il broncio indignata. Poteva almeno fingere. «Potresti farti un nuovo tatuaggio.»
 
«No Mia, non fraintendere, se sono felice. Ma l’hai scelto solo per questo?» Fissa il suo sguardo nel mio con l’aria di chi la sa lunga, in fondo ha sempre saputo leggermi dentro.
 
«No. In realtà ho pensato che il tuo tatuaggio sarà ormai sbiadito come il mio e visto che siamo tornati amici, non so… possiamo ribatterli, come nuovo patto.» Alle mie parole scoppia di nuovo a ridere sonoramente. Arrabbiata gli tolgo il foglio dalle mani e gli volto le spalle. «Adesso basta Jake, non sei divertente. Puoi farti quello che vuoi, non devi necessariamente sistemare il nostro.»
 
Lui si alza dal mio letto e mi stringe da dietro riprendendosi il suo regalo. Il suo petto aderisce perfettamente alla mia schiena e le sue braccia mi ingabbiano togliendomi ogni via di fuga e più di un battito. «Non ho detto che non mi piace. Sarò felicissimo di sistemare il tatuaggio. Ora apri il tuo regalo.»
 
Senza liberarmi dalla sua presa slego il nastro colorato e tolgo diversi strati di carta, trovandomi tra le mani una piccola busta. La guardo stranita mentre con mani incerte la apro e vi estraggo un buono identico a quello che ho regalato a lui.
 
«Abbiamo avuto la stessa idea.» Sussurra al mio orecchio divertito, stringendomi ancora di più a sé. «Il tuo è veramente troppo sbiadito e rovinato.»
 
Scoppio a ridere anch’io con lui e mi volto per abbracciarlo e ringraziarlo. «Allora ci andiamo insieme?»
 
«Certo! Appena torni prenotiamo l’appuntamento.» Concorda e mi stringe ancora più al suo corpo. Adoro la sensazione che mi regala, le sue braccia forti mi fanno sentire sicura, il suo profumo riempie i miei polmoni facendomi girare la testa. Sapore di buone, sapore di casa, sapore di Jake.
 
Mi scosto da lui di qualche centimetro prima di perdere il controllo di me stessa. «Sono quasi le tre, cosa dici di andare a fare colazione?»
 
«Certo! Vestiti, io intanto scendo con le tue valigie. Ti aspetto in macchina.» Sussurra ancora troppo vicino a me e la sua voce, più bassa di qualche tono, è così dannatamente sensuale che mi basterebbe solo un’altra parola per mandare a monte l’intero viaggio e costringerlo a trascorrere i prossimi giorni con me nella mia stanza.
 
Appena chiude la porta alle sue spalle prendo dalla sedia il pantacollant neri e il cardigan beige lungo con balze. Indosso il tutto e infilo ai piedi i miei nuovi mini Ugg marrone chiaro. Prendo dal guardaroba il piumone ed esco dalla mia stanza avvolgendomi la pesante sciarpa rossa al collo e coprendomi il capo con il cappello di lana dello stesso colore.
 
 
Durante il tragitto verso l’aeroporto il tempo cambia e quello di cui più avevo paura si realizza. Il brutto tempo che ormai il meteo annunciava da giorno sembra abbattersi sulla città di New York giusto questa notte. «Jake inizia a nevicare, ti conviene tornare a casa prima che vengano chiuse le strade, non hai nemmeno chiuso occhio stanotte. » Lo invito a lasciarmi sola appena parcheggiamo, anche se vorrei non dovermi mai staccare da lui.
 
«Non se ne parla Mia, aspetto il tuo imbarco.» Mi risponde togliendomi dalle mani il piccolo trolley e trascinandolo al mio posto fino al bar, dove ordina due muffin e un caffè macchiato per lui e un choco cappuccino per me. «Siediti e fai colazione dai.»
 
Prendo un pezzo del mio muffin, granella di nocciole e scaglie di cioccolato, e lo butto giù insieme ad un sorso del mio caffè. La mia attenzione però continua ad essere attratta dalla finestra e dai fiocchi di neve che si scontrano contro gli spessi vetri, ora sono molto più grossi e fitti di prima. «Sul serio Jake, guarda come nevica, torna a casa. Non voglio saperti in giro con questo tempaccio.»
 
Lui sorride allungando un braccio sulle mie spalle e stringendomi a sé. «Guarda che non sono così sprovveduto alla guida.» Sussurra al mio orecchio lasciandomi un bacio sul capo. «E voglio aspettare comunque, ho paura che con questo tempo…» Lascia in sospeso la frase sentendo il suono del campanellino dell’altoparlante.
 
SI AVVISANO I PASSEGGERI CHE A CAUSA DEL MALTEMPO TUTTI I VOLI DI OGGI SONO STATI CANCELLATI.
SI AVVISANO I PASSEGGERI CHE A CAUSA DEL MALTEMPO TUTTI I VOLI DI OGGI  SONO STATI CANCELLATI.
 
La voce meccanica ripete due volte l’avviso che temevo, a causa dell’eccessiva neve nessun aereo è in grado di decollare per oggi.
 
«Me lo aspettavo. Andiamo a sentire cosa ti dicono.» Jake scuote la testa sorridendo sornione, ecco perché non voleva tornare a casa.
 
Mi accompagna fino al banco informazioni dove ci comunicano che il mio volo non è solo rimandato ma del tutto cancellato a causa della bufera che si è abbattuta anche sul Kentucky. L’impiegata mi chiede quindi di lasciarle il numero di telefono avvertendomi che i soldi del biglietto di oggi mi verranno rimborsati e che mi verrà comunicato quando saranno riaperte le vie aeree.
 
«Che sfortuna però.» Ammetto sconsolata digitando un messaggio di testo per comunicare a mio nonno il mio cambio di programma.
 
«Vabbè dai, vieni..» Poggia la mano sulla mia spalla trascinandomi verso l’uscita.
 
«Dove? Non so dove andare adesso. La Eaton è praticamente vuota e dai miei…» Non riesco a terminare la frase che mi rimane in gola come un amaro boccone.
 
«Vieni a casa mia. Ovviamente se hai piacere a stare con noi?»
 
«Ma non vorrei essere di troppo Jake.» Gli rispondo timidamente. Non vedo sua madre da oltre quattro anni e non si aspetta un ospite inatteso.
 
«Ma se eri praticamente una della famiglia? Sarà felice di vederti. E poi una faccia nuova non può che essere una cosa positiva, penseremo meno a mio padre, ci sono anche Charlie e sua madre.»
 
«Allora va bene.» Gli sorrido smagliante permettendogli di abbracciarmi e stringermi per l’ennesima volta.
 
 
***
 
 
«Mamma sono a casa.» Annuncia Jake aprendo la porta, la sua famiglia vive ancora nella stessa splendida villa a tre piani. Una cameriera ci raggiunge immediatamente pretendendo la mia borsa e la mia giacca.
 
«Jake tesoro mio, eccoti finalmente. Mi sono spaventata questa mattina quando non ti abbiamo trovato nella tua camera.» La signora Haiden si allunga ad abbracciare e baciare il figlio. È esattamente la ricordavo, alta e magrissima nell’abito rosso lungo fino ai piedi, i biondi capelli raccolti in un impeccabile chignon, il volto forse un po’ troppo tirato ma perfettamente truccato. Alla vista di tanta eleganza mi vergogno un po’ della mia tenuta decisamente poco formale. «Oh caro, hai portato un’amica?» Domanda appena si accorge della mia presenza ancora sulla porta.
 
«Si mamma, ti ricordi Mia River vero?»
 
«Mia?» La madre di Jake sbarra gli occhi incredula. «Oh santo cielo, non sembri nemmeno tu. Sei bellissima..» Afferra le mie spalle e mi stringe a sé stampandomi un grosso bacio sulla guancia. «Jake non fa altro che parlare di te da quando sei tornata e adesso capisco il perché.»
 
«MAMMA.» La richiama Jake, il volto rosso per l’imbarazzo. «Il suo volo è stato cancellato e non sapeva dove andare. Ho pensato di invitarla a passare il Natale con noi, se non ti dispiace.»
 
«Ma quale dispiacere. Sei la benvenuta tesoro.» Mi sorride amorevolmente stringendomi ancora una volta a sé, quindi si volta verso la domestica che ancora sorregge le nostre giacche. «Micaela sei sorda per caso! Su, su. Aggiungi un posto a tavola!»
 
«La ringrazio signora Haiden. È veramente gentile da parte sua.» Le rispondo timidamente congiungendo le mani in grembo.
 
«No, no, no. Quale signora Haiden, io sono Hellen cara. Vieni con me, voglio presentarti mia sorella.» Mi prende sottobraccio e mi trascina verso il salone principale. «Tu va a cambiarti invece, quella tuta proprio non mi piace.» Rimprovera al figlio che scuote la testa sconsolato e mi lanciando un ultimo sorriso prima di correre veloce al piano di sopra.
 
Io intanto vengo condotta nella stanza adiacente dove vi trovo Charlie, una signora bionda non troppo magra ma ugualmente bellissima che mi viene presentata come Priscilla, madre di Charlie, e una splendida bambina di circa sette anni. La bellezza deve essere un dono di famiglia.
 
«Tu devi essere Alice.» Le dico porgendole la mano.
 
«Tu sei la fidanzata di mio fratello?» Mi domanda puntandomi addosso i suoi splendidi occhi azzurri e facendo scoppiare a ridere Charlie.
 
«Ma cosa dici Alice? Tu non puoi ricordarti di lei perché eri troppo piccola quando è andata via ma è una sua cara amica.» La corregge la madre scompigliandole i capelli color oro.
 
Alice in risposta scrolla le spalle e mi sorride. «Peccato. Vuoi giocare con me?»
 
«Ali, non tormentare Mia.» La rimprovera Jake scendendo le scale con indosso un pantalone color panna e un maglione blu scuro.
 
«Ma Jake» Sbotta la piccolina incrociando le braccia al petto. «Io voglio giocare.»
 
«Dai Jake, infondo è ancora presto, possiamo uscire. Guarda ha smesso di nevicare.»
 
«Si, si, voglio fare un pupazzo di neve. Peeerfavoreeee.» Lo supplica saltellandogli intorno e aggrappandosi alle sue gambe.
 
Jake infila le mani sotto le sue ascelle e la solleva agilmente. «Se alla mamma va bene.» Le sussurra strizzandole l’occhio destro.
 
«Va bene ragazzi ma tornate dentro per l’ora di pranzo e non sporcatevi troppo.» Acconsente Hellen Haiden facendo esultare entrambi i figli.
 
 
 
Il giardino è coperto da un ormai abbastanza spesso manto bianco, fortunatamente la neve fresca è abbastanza soffice e Alice riesce fin da subito a sprofondarci all’interno, rotolandosi e bagnandosi tutta. Guardo Jake mentre la osserva assorto, gli occhi colmi di affetto e un sorriso sognante sul volto. Deve volerle veramente molto bene. «Venite. Facciamo un pupazzo.» Ci chiama iniziando ad impaccare una grossa palla. Io e Jake la raggiungiamo e mentre io la aiuto ad irrobustire quello che poi diventerà il corpo, Jake si occupa della testa. Tra le aiuole cerchiamo due sassi abbastanza grandi per gli occhi e alcuni più piccoli per la bocca, ma così non ci convince pienamente. Jake allora si arrampica agilmente su uno degli alberi del giardino e strappa un ramo per il naso e due più grossi per le braccia del nostro omino di ghiaccio. Alla fine lo guardo titubante insieme alla mia nuova amica ed è effettivamente molto carino ma ancora non va, è troppo spoglio, troppo poco colorato, manca qualcosa.
Srotolo la sciarpa rossa dal mio collo e la passo ad Alice affinché con l’aiuto di Jake la metta al pupazzo, e mi ritrovo di nuovo imbambolata a guardare i due fratelli. Lui la solleva da terra all’altezza giusta perché sia lei ad allacciare la striscia di lana al collo tozzo della nostra creazione e sono così dannatamente belli insieme.
Soprapensiero mi accuccio al suolo e prendo tra le mani un po’ di neve soffice e bianca, compattandola e appallottolandola. Vorrei resistere, in fondo non sono io la bambina, ma la tentazione è troppo forte. Appena Jake rimette con i piedi per terra la sorella e si volta verso di me con il suo splendido sorriso smagliante, lancio la palla colpendolo in pieno viso.
 
«CHE COSA HAI FATTO?» Urla Jake con il volto completamente ricoperto di ghiaccio dopo qualche secondo di sbigottimento, mentre Alice ride sonoramente trattenendosi la pancia con entrambe le braccia. «Inizia a correre Mia, inizia a correre, perché adesso me la paghi.» Minaccia serio passandosi entrambe le mani sulle guance per pulirsi e finalmente riapre gli occhi seri ma allo stesso tempo divertiti.
 
Inizio ad indietreggiare di qualche passo. «Dai Jake, era solo uno scherzo.» Alzo le mani in segno di resa ma lui scuote la testa mentre il suo ghigno malefico fa capolino sul suo volto. Quando lo vedo avanzare verso di me gli volto le spalle e inizio a correre più velocemente che posso.
 
«Scappa Mia!» Mi incoraggia la piccola Alice senza smettere di ridere.
 
Unico problema: già con un paio di scarpe da ginnastica sono una schiappa nella corsa, figurarsi con ai piedi i grossi e ingombrati Ugg. Dopo una decina di metri il braccio di Jake afferra il mio costringendomi a voltarmi verso di lui.
 
«Era solo uno scherzo, non c’è bisogno di arrabbiarsi così!» Lo imploro cercando di impietosirlo. «Scusami.»
 
Lui mi sorride allegramente e si abbassa per prendermi da sotto le ginocchia e sollevarmi sulla sua spalla. «Adesso te lo faccio vedere io lo scherzo.»
 
«No, no! Ti prego Jake scusami.» Urlo battendo entrambi i pugni sulla mia schiena.
 
«Ah ah ah. Più fai opposizione più grande sarà la tua punizione cara.» Ride girando su se stesso. «Cosa ne facciamo di lei Alice?»
 
«NINTE, NIENTE.» Intimo ad entrambi e supplicando la biondina affinchè non suggerisca idee strane al fratello.
 
«RAGAZZI TRA POCO SI MANGIA.» Ci richiama la signora Haiden.
 
«Dai Jake, dobbiamo rientrare. Hai sentito tua madre?»
 
«Certo che l’ho sentita, non sono mica sordo.» Ride scuotendomi con forza. «ARRIVIAMO.» Urla infine ruotando di nuovo su se stesso.
 
Emetto un sospiro di sollievo rilassandomi sulla sua spalla e credendo erroneamente che abbia rinunciato alla sua vendetta, ma prima di riuscire ad emettere anche solo un suono sento la mia schiena sprofondare nella neve e il corpo di Jake immobilizzarmi con tutto il suo peso. «Dai Alice, sotterriamola nella neve.» E con entrambe le mani mi ricopre il volto di neve ridendo come un bambino.
 
«JAKE SMETTILA, POVERA MIA» urla sua madre, mentre il mio amico mi solleva di nuovo pulendomi il volto e sua sorella ci salta addosso abbracciandoci entrambi. Percepisco le sue grandi e forti mani circondare le mie guancie congelate e scaldarle e le sue calde labbra poggiarsi sulla mia fronte, e poi sul naso, e infine su entrambe le guance. «Va meglio?» Sussurra all’orecchio stringendomi al suo corpo disinteressandosi della presenza di sua sorella.
 
 
 
«Per fortuna che vi avevo detto di non sporcarvi!» Ci rimprovera appena rimettiamo piede in casa. «Dai qualcosa a Mia, non vedi che è tutta bagnata. Dovevi proprio ridurla così?»
 
«Ho dei vestiti nella valigia in auto.»
 
«Vado a prenderla, tu intanto vai nella mia stanza e asciugati.» Afferma lasciandomi uno schiaffetto leggero sul fondo schiena e facendomi sobbalzare.
 
«Vieni ti accompagno.» Alice stringe la sua manina alla mia e mi guida su per le scale fino alla vecchia camera di Jake. «Usa il suo bagno.»
 
Entro all’interno della stanza e mi sfilo gli indumenti fradici e ghiacciati sistemandoli ordinatamente sul termosifone in modo che si asciughino, quindi mi volto per dirigermi a piedi scalzi verso il bagno.
Non ho però fatto i conti con la velocità di Jake che spalanca la porta ed entra nella stanza.
Per un interminabile secondo rimane di fronte a me in silenzio scrutando il mio corpo coperto solo dalla biancheria intima finché la mia valigia gli sfugge dalle mani cadendo rumorosamente al suolo.
 
«Scu-scusami Mia, cre-credevo che fossi già in ba-gno» Balbetta ritornando in sé e dandomi le spalle.
 
«Scusami tu Jake, dovevo immaginare che saresti arrivato subito, non avrei dovuto farmi trovare così.» Prendo dalla sedia la felpa verde che indossava prima e la metto per coprirmi. «Non preoccuparti.» Gli sussurro passandogli accanto e recuperando il mio trolley. Lo vedo chiaramente alzare lo sguardo di nuovo sul mio corpo e soffermarsi sulla sua felpa.
 
«Ti dona! Posso regalartela se vuoi. Prendo qualcosa e vado a cambiarmi in camera di mia sorella. Ti aspetto giù.»
 
Annuisco sorridendogli appena e trattengo il respiro finché non lo vedo uscire dalla stanza, quindi mi lascio cadere sul letto coprendomi il volto con entrambe le mani. Dannato maltempo. Perché non sono partita un giorno prima? Già è abbastanza difficile rimanere con lui che continua a guardarmi, a sorridermi, ad abbracciarmi, a baciarmi… farmi trovare seminuda non è stato il massimo. L’immagine del suo viso, quella luce nei suoi occhi, sono ancora impressi nella mia mente. Devo andar via da questa casa prima che sia troppo tardi.
 
Mi sollevo dal letto ed apro la mia valigia, ne tiro fuori un collant nero velato e un abito nero inserto in pizzo, li indosso velocemente e mi sistemo i capelli ormai mossi in una coda alta.
 
Appena finisco apro la porta e scendo le scale per non fare attendere troppo i padroni di casa. Sono già tutti seduti in tavola e mi è stato riservato un posto tra i fratelli Haiden. Alice mi sorride raggiante mentre Jake mi rivolge un cenno imbarazzato e io mi siedo in mezzo a loro dando inizio al sontuoso pranzo.
 
 
 
Inizio a boccheggiare già dopo i tre antipasti e il primo, il solo pensiero che manchino ancora due portate alla fine del pasto mi tormenta.
 
«Inizi a cedere?» Mi domanda Jake sogghignando sotto i baffi e stravaccandosi sulla sedia. «Mia madre non conosce mezze misure.»
 
«Oddio non credo di riuscire ad ingoiare più un solo boccone.» Mi lamento massaggiandomi il ventre non più piatto.
 
«Possiamo fare una pausa se vuoi..»  Sembra aver finalmente superato l’imbarazzo che si era creato tra noi. «Charlie ti fumi una sigaretta? Ti accompagniamo!»
 
Charlie annuisce e noi lo seguiamo attraverso la porta finestra fino alla terrazza avvolgendoci nei giacconi. «Certo che Micaela cucina proprio divinamente.» Esordisce il cugino accendendosi una Marlboro e stringendola tra le labbra sottili.
 
«Quella tartare di gamberi era spettacolare.» Continuo io ricordando l’antipasto che ho preferito in assoluto.
 
«Perché le capesante gratinate? Ne avrei mangiate a centinaia.»
 
«Io però non ce la faccio più! Non credo di riuscire a mangiare anche il secondo.» Jake allunga la mano sulla mia spalla stringendomi di nuovo a sé.
 
«Tranquilla, ci penso io. Tu conservalo e poi ci scambiamo il piatto.» Mi suggerisce poggiando il mento sul mio capo.
 
«Sei una fogna!» Scherzo fingendo di tirargli un pugnetto sulla spalla e approfittando per slacciarmi dalla sua presa, imbarazzata dallo sguardo sornione di Charlie che finisce la sigaretta e la getta in mezzo alla neve.
 
«Va bene dai, rientriamo e finiamo sto pranzo.»
 
Attraversiamo la porta finestra e mi fermo accanto a Jake aspettando che la chiuda per poter tornare insieme a tavola.
 
«Ragazzi.. guardate sopra la vostre teste!» Alle parole di Alice alzo lo sguardo fino al soffitto e sbianco notando la piccola pianta verde dalle foglie coriacee piazzata giusto sopra di noi.
 
La signora Haiden batte le mani entusiasta. «Sapete cosa dice vero?»
 
No, non può succedere veramente, non posso essermi fermata insieme a lui sotto una pianta di VISCHIO. Ma perché diavolo hanno appeso del vischio se avevano in progetto un natale in famiglia. E adesso?
 
«Dicono che porti sfortuna non baciarsi.» Ride Charlie pregustandosi la scena.
 
Guardo Jake in volto cercando di trattenere le emozioni, non posso baciarlo, tantomeno di fronte a tutta la sua famiglia. «Sono solo dicerie.»
 
«E se portasse sul serio sfortuna. Vuoi veramente correre il rischio?»
 
Jake Haiden circonda il mio volto tra le mani e accarezzandomi dolcemente le guance avvicina il suo viso al mio con una lentezza disarmante. Socchiudo gli occhi poco prima che le sue soffici e calde labbra incontrino le mie, delicatamente, dolcemente, sfiorandosi appena. Sento il suo respiro sulla mia pelle e lo inspiro a pieni polmoni come se fosse linfa vitale. La sua lingua accarezza gentilmente la congiunzione delle mie labbra solleticando quello inferiore ed io istintivamente le schiudo lasciandogli libero accesso alla mia bocca ma invece di approfondire il bacio lui si allontana titubante da me. «Non mi sembra il caso.» Sussurra infine al mio orecchio, lasciandomi inebetita e totalmente insoddisfatta.
Fortunatamente lui sembra essere l’unico a rendersene conto.
 
Un’ora più tardi termina finalmente il nostro pranzo, quando ormai fuori dalla finestra è già buio pesto. Charlie e sua madre si congedano e tornano a casa loro mentre io e Jake ci sediamo sul divano insieme ad Alice a guardare Mary Poppins, uno dei film preferiti della mia infanzia.
Jake si toglie le scarpe e allunga i piedi sul tavolino in vetro e abbraccia la sorella e facendola accoccolare sul suo petto. Sua madre invece si accomoda sulla poltrona alla nostra destra e riprende a leggere il suo libro.
 
 
«Grazie Mia.» Sussurra dopo un po’ sorridendomi teneramente.
 
«Di cosa Hellen?» Le domando stupita. Lei però mi fa cenno di abbassare la voce indicando con un cenno del capo entrambi i suoi figli profondamente addormentati.
 
«Per tutto. Da quando mio marito è venuto a mancare il Natale non è più stata una festa per noi. Per la prima volta dopo anni ho visto i miei figli sorridere in questo giorno e il merito è solamente tuo.» Guardo la signora Haiden a bocca aperta senza riuscire a proferire parola. «Non so cosa ci sia tra te e mio figlio ma credo che lui ti voglia molto bene. Lo leggo nei suoi occhi quando ti guarda, dal modo in cui ti abbraccia e da come ti ha baciata. E non ha mai portato nessuna ragazza qui in tanti anni.»
 
Inspiro profondamente inalando il profumo del ragazzo seduto al mio fianco. «Hellen io…. Non credo che…»
 
«Non devi dirmi nulla, sono affari vostri, ma sono contenta che abbia una persona come te al suo fianco.» Risponde tranquillamente senza smettere di sorridermi e riponendo il libro sul tavolino. «Vuoi una tazza di tè?»
 
Annuisco accettando la sua offerta. La guardo uscire dalla stanza e dirigersi in cucina e appena esce dal mio campo visivo porto gli occhi su Jake che dorme tranquillamente abbracciato alla sorella. Perché ogni volta che mi decido di dimenticare Jake e andare oltre, lui riesce ad essere così fantastico da farmici ricadere come una pera troppo matura. Non se sia possibile ma credo di amarlo sempre di più, ad ogni istante che passo con lui.
Senza riuscire a controllare un solo muscolo del mio corpo traditore, nonostante il mio cervello gli urli di non farlo, avvicino il mio volto al suo e deposito un candido bacio sulla sua fronte.
 
«Mia?» Sussurra aprendo gli occhi.
 
«Dormi Jake, non volevo svegliarti.» Bisbiglio completamente rossa in volto per essere stata colta sul fatto.
 
Lui però si sistema meglio sul divano portando il viso alla stessa altezza del mio. «Era per caso un bacio? O stavo forse sognando?»
 
«Bacio?» Mento spudoratamente. «A quanto pare non riesci a starmi lontano nemmeno in sogno.»
 
«Evidentemente.» Sorride malizioso avvicinandosi ancora un po’ a me. «Abbiamo lasciato qualcosa in sospeso prima però...» Sussurra unendo le nostre labbra e questa volta non attendo nemmeno che sia lui ad invitarmi a schiudere le labbra, sono io ad approfondire il bacio che sto desiderando da ieri notte, anzi, da settimane. Prende la mia mano sinistra nella sua e intrecciamo le nostre dita, mentre le nostre lingue si riscoprono, si accarezzano. Infine mordicchia leggermente il mio labbro inferiore e, con un ultimo bacio a stampo, si scosta da me controllando di non aver turbato il riposo di Alice.
 


 
«Buon Natale Mia.»
 
  






E BUON NATALE A TUTTI VOI!!
LACHIARETTA

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Capitolo 17
*** CAPITOLO 17 ***







CAPITOLO 17
 
 
 
 
 
Il regalo più bello che io abbia ricevuto in vita mia? La neve. Così tanta neve da impedire il decollo del mio aereo e da farmi passare una giornata così insieme al ragazzo che ho sempre amato. Oggi ho conosciuto un lato di lui di cui ignoravo l’esistenza, la parte più vera che riserva solo per le persone che ama, come sua sorella e forse anch’io. Un Jake gentile, premuroso e affettuoso.
Il Natale più bello della mia vita.
 
 
Facciamo incontrare le nostre labbra ancora una volta, le sue dita sfiorano delicatamente il mio viso anticipando una scia di baci lungo la linea della mascella fino all’incavo del collo sul quale si sofferma ben sapendo l’effetto che mi provoca. E infatti sento chiaramente il suo sorriso sulla mia pelle quando a stento trattengo un gemito ma non posso fare a meno che inclinare di più il capo per concedergli un accesso più ampio e comodo a quella parte tanto sensibile di me. Sappiamo entrambi però che sua sorella e proprio accanto a noi e che sua madre potrebbe ritornare dalla cucina da un momento all’altro e controvoglia ci costringiamo a staccarci. «Non ti muovere.» Sussurra con voce roca al mio orecchio baciandomi un’ultima volta.
 
 
«Su piccola peste, ti porto a letto.» Jake solleva Alice dal divano e la stringe tra le sue braccia forti, guadagnandosi un brontolio sommesso per aver disturbato il suo riposo.
 
«Mia vieni anche tu…» La sua manina si allunga da oltre le spalle del fratello per farmi cenno di andare con loro mentre l’altra stropiccia gli occhi assonnati.
Mi alzo dal divano e li seguo per le scale fino alla sua camera dove aiuto Jake a depositare la sorella ancora mezza addormentata sul grande letto a baldacchino, pensando inconsciamente a quanto bello sarebbe un giorno avere una famiglia tutta nostra.
 
«Il mio orsetto Jake, l’ho lasciato in salotto.» Borbotta guadagnandosi un sonoro sbuffo da parte del fratello e facendomi sorridere.
 
«Arrivo subito, ma quando torno voglio vederti in pigiama e sotto le coperte.» Sentenzia fingendo un tono serio e autoritario e correndo al piano di sotto.  Io intanto iuto la biondina a togliere il vestito rosso, ad infilare il pigiamino e a coricarsi sotto le pesanti coperte.
 
«Sai Mia, vorrei tanto che tu diventassi la fidanzata di mio fratello.» Biascica tra uno sbadiglio e l’altro.
 
Lo vorrei tanto anch’io.
 
Le sorrido gentilmente rimboccandole il piumone fino al collo. «Dovresti dirlo a lui.»
 
Lei annuisce lievemente sbadigliando di nuovo. «Tu mi piaci molto di più di quell’altra.»
 
Per un istante dimentico di respirare mentre tutti i muscoli della schiena si irrigidiscono. «Quell’altra? Chi?»
 
«É passata ieri sera per portargli un regalo, mi sembra che si chiami Jessica.»
 
Ma allora l’ha vista? Aveva detto di avere un regalo per lui. E lui? «Perché credi che lei sia la sua fidanzata?» Non dovrei mettere in mezzo la bambina ma io devo sapere.
 
«Si sono baciati, e non c’era nemmeno il vischio. Ma non lo dire a Jake, lui non sa che li stavo spiando.»
 
Ha baciato Jessica.
 
Il mio cuore perde un paio di battiti mentre cerco di ingoiare tutto il dolore che sento crescere in me. Inspiro ed espiro velocemente, ma il fiato inizia a farsi sempre più corto e l’iperventilazione è tremendamente vicina. Mi sforzo comunque di sorriderle per non turbarla.
 
«Eccomi qui.» Jake ritorna nella stanza con in mano il piccolo orsetto della sorella. «Adesso dormi però.»
 
Si siede sul letto dalla parte opposta rispetto a me e le accarezza teneramente il volto con la mano destra mentre con la sinistra sfiora la mia abbandonata sul letto, al suo contatto però mi ritraggo come se scottasse, guadagnandomi un’espressione sorpresa e preoccupata.
 
Jake ha baciato Jessica.
 
«Io- Io scendo giù.» Balbetto alzandomi e affrettandomi verso la porta, la stanza è diventata troppo piccola per contenere entrambi. «Vi lascio soli.»
 
Non faccio in tempo però a chiuderla alle mie spalle che Jake la riapre con tanto impeto da farmi quasi cadere per terra. «Mia, è successo qualcosa?» Gli occhi azzurri fissi nei miei.
 
Successo qualcosa? Vorrei urlargli in faccia tutto quello che penso di lui, che so di Jessica, ma ho promesso ad Alice che non l’avrei tradita e chi sono io per poter parlare, io che ufficialmente sono ancora fidanzata con Ryan. Scuoto la testa cercando di scacciare l’immagine di lui e Jessica insieme nell’elegante portico di casa Haiden. «No, non è successo nulla. Devo avvisare Ryan della cancellazione del volo però.» Conosco abbastanza bene il mio amico e quanto poco sopporta colui che dovrebbe essere il mio fidanzato. Non ho ancora capito se sia geloso o se si tratti solo di una forte antipatia, ma so bene quale sarà la sua reazione alle mie parole.
 
«Ryan?» Sputa il suo nome come se fosse veleno. «Certo! Prendi le tue cose, ti riaccompagno in dormitorio.» Sbotta nervoso distogliendo lo sguardo da me, i pugni stretti lungo i fianchi.
 
Senza pensarci troppo entro nella sua stanza e recupero la mia valigia e i vestiti di stamattina anche se ancora bagnati, soffermandomi per un istante sulla felpa verde della N.Y.U.  So che mi sta fissando appoggiato allo stipite della porta ma non ho il coraggio di voltarmi, di incontrare le sue iridi colme di rabbia. «Posso chiamare un taxi.»
 
Jake sbuffando e con passo pesante raggiunge il mio fianco, mi toglie la mia valigia dalle mani ed esce dalla stanza. «Ti accompagno io, andiamo.» Scende le scale velocemente e, continuando a darmi le spalle, si infila la giacca e apre la porta di ingresso.
 
Senza aggiungere una sola parola indosso il mio piumino e lo seguo lungo il vialetto salendo sul sedile del passeggero della sua Audi. In auto accendo immediatamente la radio e alzo il volume creando un muro impenetrabile tra noi, ma nemmeno la voce di Ellie Goulding mi aiuta contro le dolorosissime fitte che torturano il mio petto né dalle lacrime che bussano pericolosamente ai miei occhi.
 
Jake ha baciato Jessica.
 
«Eccoci.» Annuncia debolmente mentre rallenta nel parcheggio della Eaton House, le mani si stringono attorno al volante con talmente tanta forza da farlo quasi cigolare.
Scuote ancora una volta il capo e, aperto lo sportello, scende dall’auto e recupera dal bagagliaio le mie borse. In silenzio raggiungiamo il portone e saliamo le grandi scalinate in marmo fino al corridoio del primo piano, svoltiamo a destra e mi precede verso la porta con indicati il mio nome e quello di Spencer. Infilo la chiave e la giro all’interno della toppa facendo scattare la serratura ma prima di poter dire una sola parola Jake mi segue all’interno della stanza lasciando sul pavimento le borse e sedendosi sul mio letto.
 
«Ti ringrazio, per tutto.» Biascico senza guardarlo in faccia.
 
«Tutto qui? È stato bello, grazie, ma vattene?» Come sospettavo la pace di oggi sta andando a farsi benedire, lasciando spazio alla rabbia. Mi sforzo di guardarlo in volto, non ho voglia di litigare con lui, non dopo oggi.
 
«Si, è stato bello. Quindi grazie ma è ora che tu te ne vada. Non so che idee ti sia fatto ma…»
 
«CHE IDEE? STAI PENSANDO CHE… » mi interrompe alzando la voce di diversi toni. «IO NON SONO QUI PER QUELLO MA… MIA CI STAVAMO BACIANDO E DUE MINUTI DOPO...»
 
«ABBASSA LA VOCE O TI SCOPRIRANNO.» Non mi rendo immediatamente conto di aver urlato anch’io ma la rabbia inizia a farsi strada anche dentro di me. Mi sta accusando di qualcosa? Lui che ha baciato quell’altra.
 
«Scusa, non voglio metterti nei guai.» Si alza dal letto e si avvicina lentamente a me afferrando le mie spalle e costringendomi a guardarlo in volto. «Vorrei solo capire se…» Socchiude gli occhi e avvicina il suo volto al mio, e il desiderio di baciarlo è forte ma dentro di me prevale la consapevolezza che quelle labbra invitanti meno di ventiquattro ore fa hanno incontrato quelle di Jessica, tanto da costringermi a voltare il capo e sfuggire alla sua presa.
 
Ho appena rifiutato Jake Haiden e nei suoi occhi leggo il suo orgoglio ferito che sta per avere il sopravvento.
 
«Ok Mia, ho capito! Me ne vado così sei libera di chiamare quel fesso di Ryan!» Sibila maligno voltandomi le spalle, ma dopo solo un paio di passi si blocca e torna a guardarmi tirando un sorriso falso.«Anzi, rimango qui. Voglio proprio sapere cosa pensa del fatto che sei stata con me oggi, e soprattutto che mi hai baciato di nuovo.»
 
«Finiscila Jake, il mio rapporto con Ryan non ti riguarda!» Eccolo di nuovo, il ragazzo vendicativo e un po’ stronzo a cui ero abituata.
 
«Povera Mia, non riesci ad essere fedele al tuo ragazzo e te la prendi con me. Ti senti forse in colpa?»
 
«Come ti permetti? Beh non sono l’unica infedele a quanto pare, perché intanto non saliamo un piano e ne parliamo con Jessica?» Jake sgrana gli occhi come un bambino scoperto dai genitori con le dita nel barattolo della nutella. «Credevi che non lo sapessi? Su andiamo.»
 
Jake in risposta ghigna divertito. «Puoi anche dirglielo. Lei sa bene che tra noi è solo sesso.»
 
Mi soffermo qualche secondo sulle sue parole sperando di non aver sentito bene, ma quando ormai sono certa di ciò che ho udito inspiro profondamente un paio di volte, non riuscendo più a trattenere le lacrime. Come ho potuto illudermi che si trattasse solo di un bacio, loro vanno a letto insieme, e ora le immagini nella mia mente sono cambiate, non c’è più l’elegante portico di casa Haiden, ma un letto e i loro corpi completamente nudi che si incontrano.
«ESCI DALLA MIA STANZA!» Urlo con tutto il fiato che ho in corpo.
 
«Mia..» Improvvisamente la sua rabbia sembra essersi placata, fa un passo incerto verso di me fissando il suo sguardo nei miei occhi umidi ma lo blocco allungando le mani verso di lui a palmi aperti.
 
«ESCI DALLA MIA STANZA JAKE, VATTENE!»
 
 
 
Trattengo il respiro fino all’istante in cui lo vedo chiudersi la porta dietro le spalle, senza nemmeno preoccuparmi di chiuderla a chiave mi stendo sul letto e, affondando il volto ancora truccato nel candido cuscino, lascio libero sfogo al mio dolore versando ad una ad una tutte le mie lacrime.
L’orologio analogico sul mio comodino scandisce i minuti e le ore che trascorrono lenti mentre mi ripeto di essere solo una stupida illusa.
Ho creduto che a lui importasse qualcosa di me, dei nostri baci, delle nostre carezze, ma questo vale solo per me.
 
Loro vanno a letto insieme.
 
Il chiarore delle prime luci dell’alba fa capolino attraverso gli scuri dimenticanti aperti disturbando i miei occhi stanchi e gonfi. Con non poca fatica mi infilo sotto il piumone e lo tiro quel tanto da riuscire a coprirmi il capo e chiudo finalmente gli occhi.
 
Quando li riapro sono ancora completamente coperta e il fastidioso suono della suoneria del cellulare giunge ovattato da qualche angolo della mia stanza. Mi ci vuole qualche secondo per ricordare tutto, la fantastica giornata passata con Jake, il nostro bacio e infine la raccapricciante scoperta e proprio quando mi illudo di aver terminato tutte le mie lacrime eccole che tornano a rigarmi le guance, ad inzuppare il cuscino. Senza controllare l’ora o rispondere alle numerose chiamate in arrivo affondo ancora una volta il volto nel cuscino sporco di mascara colato e mi abbandono di nuovo al mio dolore, fino al momento in cui, stremata, permetto di nuovo al sonno di trascinarmi tra le braccia di Morfeo.
 
 
Quando mi alzo dal letto è ormai sera. Ho trascorso l’interno giorno di Santo Stefano a dormire e piangere ed è ora di reagire perché se Spencer o Megan mi trovano in questo stato potrebbe scoppiare la terza guerra mondiale.
Anche se con fatica mi trascino fuori dalla mia stanza fino alle docce, mi spoglio e mi infilo sotto il getto bollente e rigenerante.
 
Loro vanno a letto insieme.
 
A forza di ripeterlo mi sto abituando all’idea, forse tra non molto riuscirò anche ad accettarla.
 
Loro vanno a letto insieme.
 
Di cosa mi stupisco, né lui né tantomeno lei sono mai stati dei santi e credo che la cosa vada avanti da anni ormai. Contenta lei… No, non sono contenti tutti, io non lo sono.
Premo il tubetto dello shampoo alle fragole e ne deposito una buona dose sul palmo della mano e, passandomelo sul capo, massaggio dolcemente il cranio placando quel fastidioso mal di testa che non mi vuole abbandonare.
 
Loro vanno a letto insieme.
 
Chissà se è da lei adesso, o magari sono da lui. Chissà se le ha mai permesso di indossare la felpa verde con il cappuccio dopo... ma perché mi fisso con quella maledetta felpa adesso? Devo smettere di pensare a Jake e al giorno di Natale, in fondo non è successo niente di eccezionale. Ci siamo solo baciati, più volte, e abbracciati, e abbiamo giocato.
Dannata giornata perfetta, perché siamo stati così bene insieme?
Cosa sarebbe successo se Alice non mi avesse detto di Jessica? Se io lo avessi aspettato seduta su quel divano senza seguirli al piano di sopra?
Forse sarei ancora con lui, forse avrei indosso quella odiosissima felpa, forse sarei felice.
No, no, no. Sul serio sto pensando che sarebbe stato meglio non scoprire la verità e illudermi di essere amata da lui. Perché l’ho pensato, per l’intera giornata ho creduto che lui provasse veramente qualcosa per me.
 
Loro vanno a letto insieme.
 
Esco dalla doccia avvolgendomi all’interno del mio caldo accappatoio mentre con un asciugamano tampono i capelli bagnati. Guardo la mia immagine riflessa nello specchio e quasi stento a riconoscermi con gli occhi gonfi e arrossati. Recupero i miei vestiti e torno a passo veloce all’interno della mia stanza, soffermandomi per alcuni secondi all’altezza delle scale e tirando l’orecchio, nemmeno potessi sentire da lì se Jake è nella stanza di Jessica. Una volta in camera recupero il telefono da dentro la borsa e lo trovo spento, deve essersi scaricata la batteria. Collego l’apparecchio al cavo sul comodino e attendo che ci sia abbastanza carica da poterlo almeno accendere e appena compare sullo schermo la caratteristica mela morsa, inizia a suonare e a ricevere numerosissimi messaggi. La maggior parte sono avvisi di chiamata ma ci sono anche messaggi di testo.
 
Messaggio da Jake. Ore 23.00. “Mi dispiace Mia.”
 
Messaggio da Jake. Ore 23.20. “Mia ti prego, è stata una giornata meravigliosa. Non roviniamo tutto.”
 
Tu hai rovinato tutto, tu hai rovinato la nostra giornata perfetta.
 
Messaggio da Jake. Ore 00.13. “Buonanotte.”
 
Messaggio da Jake. Ore 3.27. “Stai dormendo? Ho bisogno di parlarti, voglio chiarire questa cosa.”
 
Messaggio da Jake. Ore 5.01. “Non importa, ci sentiamo domani.”
 
Messaggio da Jake. Ore 8.37. “Ho provato a chiamarti un paio di volte ma non hai risposto, stai ancora dormendo?”
 
Messaggio da Jake. Ore 9.12. “Ok, posso capire se non vuoi più parlarmi ma ti prego…”
 
Messaggio da Jake. Ore 11.53. “Mia sorella vuole salutarti, non so il motivo ma è convinta che tu sia arrabbiata con lei, ti prego rispondimi.”
 
No Alice, crede me la sia presa per quello che mi ha detto.
 
Messaggio da Jake. Ore 12.04. “Dannazione Mia, è solo una bambina. Sta piangendo.”
 
Messaggio da Jake. Ore 12.45. “Hai spento il telefono? Ricominci con la storia del non rispondere, molto matura!”
 
Ecco quando deve essersi scaricato il telefono. Per forza, deve avermi chiamata almeno una quindicina di volte.
 
Messaggio da Jake. Ore 17.09. “Non hai ancora riacceso il telefono, mi sto preoccupando. Forse non vuoi solo parlare con me e ti sto tormentando. Mi dispiace. Almeno chiama mia sorella, non la vedevo così felice da prima della morte di mio padre e adesso è chiusa nella sua stanza a piangere.”
 
Non ci posso credere: undici messaggi e ben ventitré chiamate da parte sua. Lo manderei a quel paese se non fosse per la piccola Alice, non voglio che soffra per colpa mia.
 
Loro vanno a letto insieme.
 
“Mia.” Jake risponde al secondo squillo, deve aver avuto il telefono in mano. “Finalmente, mi stavo preoccupando.”
“Passami Alice.” Gli ordino seria, anche solo il suono della sua voce mi ferisce.
“Aspetta, parliamo un attimo. Questa cosa con Jessica non è come pensi tu… è che…”
“Jake non mi interessa. Qualunque cosa ci sia tra te e Jessica non mi riguarda. Ho telefonato solo per parlare con tua sorella.” Lo interrompo decisa a non voler sentire le sue giustificazioni.
“Io credo che ti importi invece, proprio come a me importa di te e Ryan…”
“No Jake, sei libero di fare quello che vuoi, non mi devi rendere conto di chi ti scopi!” Forse alzo un po’ troppo la voce sull’ultima parola. “Come io non devo rendere conto a te. Per me è tutto a posto, amici come prima. Ora o passi il telefono a tua sorella o metto giù.” Lo prego stanca di continuare a parlare.
Amici come prima? Da dove mi è uscita questa frase?
“Amici?” Inspira profondamente e trattiene il respiro per qualche secondo. “Tu vuoi essere mia amica nonostante quello che è successo tra noi?”
“Si Jake, è stato un errore.”
“Un errore che si sta ripetendo forse un po’ troppe volte! Ci sarà un motivo se…”
“Tranquillo Jake, non succederà mai più.”
“Ti passo Alice.”
 
Mi ci vogliono oltre dieci minuti per tranquillizzare Alice, non è stupida anche se piccola e sa che la mia fuga è stata causata dalla sua rivelazione. Non mi ha permesso di mettere giù finchè non le ho promesso che sarei tornata a trovarla prima del nuovo anno, già mi sono pentita di questa promessa che non sono sicura di poter/voler mantenere, non posso far soffrire quella bambina.
 
Scendo al pian terreno e cerco qualcosa da mangiare, ovviamente quasi tutte sono tornate a casa loro per le feste e le dispense sono praticamente quasi vuote ma non voglio uscire da sola e men che meno chiamare Megan che deve essere in compagnia di Robert o ancora peggio Ryan, visto che ormai sono decisa a lasciarlo. Mi preparo una tisana e torno in camera ignorando i morsi della fame. 
 
Trascorro anche i due giorni successivi in completa solitudine chiusa nella mia stanza, salvo la veloce fuga al supermercato per comprarmi qualcosa da mangiare. Jake non ha più chiamato né mandato messaggi ed era quello che volevo, però ogni volta che controllo il cellulare la delusione è grande.
A volte mi ritrovo improvvisamente a ripensare alle sue ultime parole, al suo tentativo di chiarire, al fatto che a lui importi di me e Ryan. Il suo tono sottomesso e triste sembrava sincero, eppure ha rinunciato a me con tanta facilità.
 
 
Il ventinove ritorna Spencer in dormitorio, sono contenta di rivederla anche se mi ero abituata alla tranquillità e il silenzio. Trascorre un’intera ora a raccontarmi come ha trascorso i giorni di festa e della sorpresa di Micheal che il giorno di Santo Stefano è comparso in Conneticut dopo ore e ore di auto pur di rivederla. Io invece deciso di non raccontarle di Jake, non credo di essere pronta ad affrontare tutte le sue innumerevoli domande.
Verso le diciotto chiamiamo Megan e la invitiamo a raggiungerci alla villa per cenare tutte insieme e ordiniamo delle pizze. Da persone civili apparecchiamo uno dei tavoli della sala da pranzo invece di mangiare distese sul letto come avevo proposto io. Con grande dispiacere scopro che nonostante la mia amica si sia vista ogni giorno con Robert tra loro non sembra ancora essere successo nulla, a quanto pare il ragazzo sembra più timido del previsto.
 
«E per l’ultimo? Cosa avete deciso?» Domanda Spencer curiosa di essere informata sui nostri progetti.
 
«Beh pensavamo di cenare tutti insieme a casa di Josh, i suoi torneranno prima della befana, e poi di andare al Victrola. Voi che ne dite?» Ci spiega Megan. «Cuciniamo tutti insieme.»
 
«Per me va bene, e anche Micheal sarà sicuramente d’accordo. Ma a Josh va bene?»
 
«Certo! L’abbiamo sentito ieri e ha acconsentito, chiede però di invitare anche Greta. Tu che dici Mia?» Incontro un attimo gli occhi di Megan e distolgo immediatamente lo sguardo perché non vi legga i miei pensieri. «Per te va bene vero?» Insiste aspettando una risposta.
 
«Io…» Comincio titubante, ma vengo interrotta dalla porta che viene spalancata con forza alle nostre spalle. Mi volto di scatto e gelo nel vedere Jake, evidentemente ubriaco, con il braccio intorno alle spalle di Jessica entrare in villa.
 
«Ciao.» Ci saluta Jessica senza smettere di ridere, credo abbia bevuto molto anche lei. Jake invece si limita ad un cenno del capo evitando accuratamente di posare il suo sguardo su di me, decisa a fare altrettanto gli volto le spalle.
 
«Ragazzi stavamo parlando di capodanno, vi unite a noi?» Li invita Megan dopo essersi soffermata un po’ troppo a lungo a guardarmi.
 
«No!» biascica Jake serio.
 
«Preferiamo andare in camera.» Sogghigna lei stringendosi ancora un po’ al ragazzo. «Ma a noi va bene tutto, diteci»
 
Loro vanno a letto insieme. Loro stanno per andare a letto insieme.
 
Chino il capo sul cartone della mia pizza giocando con alcune fettine di salame avanzate, sentendo gli occhi della mia amica ancora fissi su di me.
 
«E Greta?»
 
«Si, mi ha già detto che si unisce a noi volentieri! Jake andiamo?»
 
Trattengo il respiro sentendo lo schiocco di un bacio alle mie spalle e aspetto di sentire i loro passi che si allontanano per rilassarmi.
 
«Scusate ma io non ho più fame. Buona serata ragazze.» Saluto le mie amiche e mi allontano prima che possano farmi anche solo una domanda, infilo il piumino ed esco dalla Eaton House. Non so dove andare ma stasera anche la grande villa è troppo piccola per contenere me e Jake contemporaneamente.
 
 
 
 
Ok, ok.. Non odiatemi! Lo so di avervi illuse con il capitolo natalizio, speravate nella consolidata coppia Jake – Mia… e invece no!!! Dovranno chiarire ancora molte cose e ci vorrà ancora un po’ di tempo.
Scusate per questo capitolo più corto del solito ma sinceramente non mi piaceva e ho deciso di tagliarlo… Il prossimo arriverà Venerdì 2 gennaio 2015… Siete pronti a festeggiare con Jake, Mia e gli altri?? Ma soprattutto con Ryan che ovviamente tornerà!!!
Chissà se Jake continuerà ad ignorare la nostra Mia o tornerà alla carica di fronte al suo rivale. In fondo le sue testuali parole sono state:
“Io credo che ti importi invece, proprio come a me importa di te e Ryan…”
 
Intanto auguro buon anno a tutte e non fucilatemi per questo capitolo orrendo!!!!!
 

 
 
 
 
 
 
   
 
 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 18 ***





Ciao…

Voglio iniziare augurandovi BUON ANNO.
Spero che abbiate trascorso bene questi giorni di festa… Io sì e voglio approfittare di questo capitolo per dire a chi non mi segue su FB che sono tanto felice perché il mio fidanzato mi ha chiesto di sposarlo… 
 
Detto questo torniamo ai nostri amici! Mia dopo aver trascorso il natale con Jake ha litigato con lui scoprendo che il signorino va  a letto con Jessica..
La cosa l’ha ovviamente turbata non poco e ha deciso di allontanarlo di nuovo, peccato che sono costretti ad affrontare capodanno insieme.
Cosa succederà???
 
Grazie ancora per tutte le recensioni che lasciate e prometto che a breve risponderò a tutte.
Un bacio e tanti auguri a tutte!!
 
 
 
 
CAPITOLO 18
 
 
 
 
Infilo l’abito che Megan e Spencer mi hanno regalato per Natale e mi guardo riflessa nello specchio della mia stanza, contenta della loro scelta. Inizialmente mi sembrava troppo luminoso, troppo sgambato, troppo aderente, insomma un abito eccessivo per me, ma dopo aver incrociato Jessica con il suo volgarissimo vestito rosso, tanto corto quanto scollato, e di un tessuto decisamente scadente, non posso che constatare quanto il mio sia elegante, bello e forse anche sexy.
Il luccicante tessuto blu paiettato scivola leggero avvolgendomi i fianchi e ricadendo morbido fino al suolo, e il profondo spacco laterale supera di molto la metà coscia mostrando entrambe le gambe ad ogni mio passo. La parte superiore, molto aderente, sottolinea le mie misure forse leggermente abbondanti, mentre la scollatura dritta lascia scoperta la pelle nuda di entrambe le spalle. Apro la scarpiera e prendo un paio di spuntate argentate con tacco a spillo e ci abbino una piccola borsa rigida dello stesso colore.
 
Megan e Spencer sono già a casa di Josh per dare inizio ai preparativi, insieme a Robert e Micheal e io, recuperato dall’armadio il lungo cappotto bianco, mi affretto sulle scale per non rischiare di incontrare Jessica e Greta che ormai saranno sicuramente pronte.
 
«Mia!» La sua voce mi blocca a metà della sontuosa scala di marmo che conduce al pian terreno. Mi aspettavo di incontrarlo ma più tardi e soprattutto a casa di Josh, anche se avrei dovuto immaginare che sarebbe venuto a prendere Jessica, la sua “amica”.
 
«Jake!» Rispondo allo stesso modo soffermandomi appena sull’elegante completo grigio chiaro, la camicia azzurra leggermente sbottonata, le scarpe eleganti, la barba incolta come piace a me e i capelli pettinati all’indietro con il gel. Le mie intenzioni erano buone, “soffermarmi appena” e invece mi ritrovo a fissarlo incantata da tanta bellezza.
 
«S-sei bellissima.» Sussurra distogliendo lo sguardo da me. «Ho saputo che ieri sei passata a salutare Alice, grazie.»
 
Scrollo le spalle terminando di scendere le scale. «Figurati, è stato un piacere.»
 
«Ed è stato un caso vero che tu sia andata giusto quando io ero appena tornato in dormitorio dove avevo incontrato la tua coinquilina.» Sibila rigido mentre gli passo accanto diretta al portone di ingresso. Beccata! Fingo di non sentirlo e proseguo per la mia strada ma la sua mano mi blocca avvolgendo il mio gomito e costringendomi a voltarmi verso di lui. «Mia…»
 
«No Jake, non è stato un caso. Ero sicura di non trovarti a casa.» Sbotto scuotendo il braccio per liberarmi dalla sua presa che però non cede.
 
«Immaginavo…» Sussurra serio scuotendo la testa. «Vuoi un passaggio? Jessica e Greta saranno pronte a momenti.»
 
«Non serve, Ryan sta per arrivare.»
 
Jake mi fissa sbalordito, la fronte corrugata. «Ryan? Prima ho sentito Robert e ha detto che saresti stata sola. Che voi due…» Lascia in sospeso la frase fissando i suoi occhi nei miei, quasi a volermi leggere dentro.
Ovviamente Robert deve avergli riferito la nostra ultima conversazione avvenuta nella mensa della Columbia, quando avevo comunicato loro di essere ormai in rottura con il mio ragazzo. Il pensiero però di dover cenare con ben quattro coppie, effettive e potenziali, mi ha fatto cambiare idea, ieri sera l’ho chiamato e invitato a trascorrere questa serata con me e, nonostante lui avesse già altri impegni, è stato ben lieto di cancellarli per accompagnarmi.
Egoista? Forse… ma non avrei sopportato di affrontare questa cena da sola, e magari lui, vedendo la nuova coppia, potrebbe anche smettere di essere tanto geloso.
 
«C’è stato un cambio di programma. Megan ha detto che non c’erano problemi se portavo anche lui.» Gli rispondo tirando ancora una volta il braccio.
 
«Quindi siete ancora insieme?» Non so cosa mi spiazzi di più, se il suo tono di voce deluso o la tristezza che leggo nei suoi occhi.
 
Annuisco distogliendo lo sguardo da lui. «Jake, io non ho detto a Ryan di aver trascorso il Natale a New York, con te. Non vorrei mentirgli ma so quale sarebbe la sua reazione e non voglio rovinare la festa a tutti.» Comincio fissando le dita nude e infreddolite dei miei piedi, non ha più nevicato ma è pur sempre troppo freddo per queste scarpe. «Ti sarei grata se non gli dicessi nulla.»
 
«Dovevi pensarci prima di invitarlo.»
 
Ritorno a guardarlo dritto in volto per vedere il suo ghigno serio e malefico. «Ti prego Jake. Sono sicura che ormai farmi soffrire sia uno dei tuoi passatempi preferiti ma… sul serio, quando si tratta di te non riesce proprio a controllare la sua rabbia.»
 
La mano di Jake ancora allacciata al mio gomito si contrae insieme a tutti i muscoli del suo braccio, il suo volto si avvicina pericolosamente al mio. «Cosa vuoi dire? Ti ha fatto del male?»
 
Inspiro profondamente inebriata dal suo dopobarba. «Non volontariamente. Era parecchio agitato per la storia del bacio e per come l’aveva scoperto. Jake, se tieni anche solo un po’ a me, non provocarlo questa sera.»
 
La suoneria del mio cellulare ci distrae, Ryan è arrivato.
 
La mano di Jake scioglie la sua presa ma lui non accenna ad allontanarsi. «Non pensare che questo discorso sia concluso. Ad ogni modo non preoccuparti, non dirò nulla stasera.» Prosegue assottigliando lo sguardo e fissandomi intensamente. «E non mi diverte farti soffrire.»
 
Lo ringrazio con un cenno del capo e mi allontano da lui e, dopo aver immagazzinato un’altra generosa dose del suo profumo, corro fuori affrettandomi verso la Ferrari rossa parcheggiata davanti all’ingresso. Gli ho appena dato un ulteriore motivo per odiare Ryan, ma almeno per stasera posso stare tranquilla o almeno spero.
 
«Ciao.» biascico entrando all’interno dell’abitacolo.
 
«Buonasera.» Ryan indossa uno dei suoi splendidi completi blu scuro, gemelli firmati e camicia chiara. Appena mi accomodo sul sedile del passeggero si sporge verso di me depositando un dolce bacio sulla mia guancia. «Cosa ci fa lui qui?» Domanda sforzandosi di mantenere il sorriso e indicandomi l’Audi parcheggiata poco distante da noi.
 
«Si frequenta con Jessica adesso. È venuto a prenderla.» Alle mie parole, quello che fino a poco prima era un sorriso finto e tirato diventa improvvisamente sincero e smagliante.
 
«Non sapevo uscisse con una ragazza. Beh mi fa piacere… ovviamente.»
 
 
 
Non avevo mai visto la casa di Josh e rimango a bocca aperta appena superiamo i sontuosi cancelli di villa Neill. L’abitazione è circondata da alte mura, neanche fosse un castello, e dal vialetto posso scorgere nei numerosi ettari di giardino una grande piscina e un campo da tennis. Non credevo esistessero case di tal genere nella periferia di New York né che la famiglia di Josh fosse così benestante.
Lasciamo l’auto vicino all’ingresso e ci affrettiamo alla porta per sfuggire al freddo gelido, suono il campanello un paio di volte e dopo un lungo minuto ci viene ad aprire il padrone di casa tutto trafelato.
 
«Scusate ragazzi, i domestici sono in ferie e qui nessuno di noi sembra abituato ad arrangiarsi.» Sbuffa sonoramente togliendosi la traversa che deve aver indossato per non sporcarsi la camicia elegante.
 
Lasciamo i cappotti sul divano e lo seguiamo in cucina dove sembra essere appena scoppiata una bomba. Pentole e piatti abbandonati nel lavandino, alcuni cocci per terra, e sporco ovunque.
 
«Ma cosa state combinando?» Domando saltando una grossa chiazza di salsa di pomodoro sull’elegante pavimento.
 
«Le tue amiche si sono offerte di cucinare ma sembra che nessuna di loro l’abbia mai fatto prima.» Sbotta Josh indicando Megan e Spencer. Non indossano ancora i loro abiti, ma comode tute insudiciate.
 
«Apprezza almeno il tentativo no?» Risponde Megan imbronciata.
 
«Se lo sapevo chiamavo un cattering. Cosa penserà Greta?» Josh sembra molto preoccupato per il giudizio dell’amica di Jessica, deve proprio averlo affascinato la moretta.
 
«Tranquilli ragazzi, adesso vi aiuto io.» Annuncia Ryan togliendosi la giacca e arrotolando le maniche della camicia. «Cerchiamo di salvare il salvabile.»
 
«E tu cosa pensi di fare?» Gli domando sollevando entrambe le sopracciglia.
 
«Tesoro sei tu che vuoi mangiare sempre fuori o ordinare al take away. Io cucino benissimo in realtà.» Aggiunge con aria di sfida avvicinandosi alle mie amiche. «Lasciate fare a me ragazze, andate a cambiarvi e aprite una bottiglia di vino.»
 
Megan e Spencer esultano sollevate lasciando i fornelli al mio ragazzo, mentre Josh stappa un prosecco frizzante italiano e riempie due generosi bicchieri.
 
Ryan apre il frigorifero e vi trova di tutto: tonno, salmone, canocchie, capesante e scampi. Almeno non abbiamo badato a spese. Tira fuori il tutto e li lascia sul piano di lavoro, quindi si infila nella dispensa e ne esce con le braccia colme di spezie, riso, pasta sfoglia, pan grattato e un’altra decina di cose.
 
«Posso darti una mano?» Gli domando avvicinandomi a lui.
 
«Sarebbe un onore.» Risponde lui smagliante. «Credo che finiresti per distrarmi però, con il cappotto non avevo notato quel fantastico spacco.» Sussurra con voce roca al mio orecchio facendomi arrossire. 
 
«Che stupido!» Rido colpendogli l’avambraccio con un leggero pugno.
 
«Se mi dite cosa fare vi aiuto anch’io. Dovrei essere abbastanza innocuo.» Si aggiunge Josh ridendo.
 
«Va bene, Mia tu sguscia gli scampi e taglia il salmone e il tonno. Josh affetta la cipolla, l’aglio, il cipollotto e il prezzemolo.» Ci ordina autoritario e noi ci mettiamo al lavoro.
Siamo talmente presi che ci rendiamo conto dell’arrivo degli ultimi invitati solo quando Greta ci raggiunge in cucina per salutare il padrone di casa. Jessica da gran maleducata quale è non si spreca nemmeno a farsi vedere in cucina, si accomoda in salotto e si fa versare un’abbondante bicchiere di vino, Jake invece, appoggiato con la schiena allo stipite della porta, si limita ad osservarci.
Ryan sembra tollerare tranquillamente il suo sguardo fisso su di noi e continua a muoversi in cucina completamente a suo agio, scherzando con Josh e prendendomi in giro per la mia totale inettitudine ai fornelli.
Dopo meno di mezz’ora sta già impiattando un favoloso antipasto comprensivo di brioches al salmone, capesante gratinate, cocktail di gamberetti in salsa rosa e canocchie sfumate al vino e prezzemolo.
 
Raggiungiamo i nostri amici in salotto e ci accomodiamo alla sontuosa tavola imbandita, brindiamo e iniziamo a gustare l’antipasto che risulta eccellente.
 
«Ryan ma è buonissimo.» Esulta Robert dopo aver assaggiato un boccone di capasanta.
 
«Sei veramente un cuoco eccezionale.» Continua Megan addentando la prima canocchia.
 
«Merito anche dei miei aiutanti.» Ammicca Ryan allungando una mano verso di me e accarezzandomi delicatamente il volto.
 
«Buono!» Commenta Jake abbassando rapidamente lo sguardo sul piatto. «Anche noi a Natale abbiamo mangiato le capesante…» lascia la frase in sospeso facendomi perdere un battito. «… ma anche queste sono molto buone.»
 
Questa cena sarà più dura del previsto.
 
Lascio Megan e Robert aiutare Ryan a terminare il risotto, mentre io e Josh rimaniamo seduti a gustarci un paio di bicchieri di vino. Jake evita accuratamente il mio sguardo ma ogni tanto lo scopro intento ad osservare il mio ragazzo, temo che stia tramando qualcosa.
 
Diversi minuti dopo ci viene servito un fantastico risotto al prosecco e scampi, spolverato di prezzemolo fresco. Raccolgo dal bordo del piatto alcuni chicchi e porto la forchetta fumante alla bocca per scoprire che il sapore è anche più buono del profumo che mi sta inebriando i polmoni.
 
«Ryan è favoloso… Promettimi che cucinerai ancora per me.» Esulto dopo aver assaporato il connubio perfetto tra la dolcezza dello scampo e la decisione del vino. Altro piatto preparato dal mio uomo e perfettamente riuscito.
 
Lui allunga la mano sinistra sul tavolo e stringe la mia mano depositata accanto al piatto e fissandomi dritta negli occhi sussurra dolcemente. «Per sempre.»
 
Avvampo non aspettandomi una tale risposta che quasi mi ricorda una proposta di matrimonio, ma non voglio slacciare la mia mano dalla sua e la stringo a mia volta. Quindi sorrido e abbasso lo sguardo sul mio piatto imbarazzata.
 
«Oh Mia, che teneri che siete.» La voce fastidiosa di Jessica interrompe il silenzio che si era creato intorno a noi. «Si vede che siete veramente innamorati. Io se fossi in te un uomo così non me lo lascerei scappare.»
 
«Beh spero tanto che la pensi anche lei come te. Per lo meno ho capito che prenderla per la gola funziona.» Sorride Ryan intrecciando le nostre dita.
 
«Mi raccomando però, prenderla per la gola con il cibo, non con le mani!» Alle parole di Jake alzo lo sguardo terrorizzata verso di lui, la sua allusione è chiarissima ma spero che tutti gli altri, compreso Ryan siano abbastanza ingenui da non coglierla.
 
«Che cretino.» Interviene Jessica spingendolo per la spalla e facendo scoppiare tutti a ridere, compresi Ryan e Jake. Quest’ultimo però, per la prima volta dall’inizio della cena, porta le sue iridi color cielo nelle mie, quasi a voler sottolineare silenziosamente che la sua non era una semplice battuta.
 
«Ti avviso Ryan di stare attento.» Continua fastidiosamente Jessica che sembra voler ormai monopolizzare tutte le conversazioni. «La povera Mia aveva non pochi problemi di peso da piccola, non farla ingrassare di nuovo.» Quasi mi strozzo cercando di mandar giù un grosso sorso di vino. Come si permette?
 
«Problemi? Per me sarà sempre una delle donne più belle che abbia mai incontrato nella vita.» Le risponde a tono Ryan senza smettere di sorridere facendomi arrossire nuovamente e guadagnandosi l’approvazione del resto del tavolo.
 
«Oh Mia, finalmente un uomo che sa quello che vuole. Se fossi in te starei attenta a non farmelo portar via, ne esistono veramente pochi come lui. Io me lo sposerei subito.»
 
I troppi apprezzamenti di Jessica iniziano a farsi pensanti. «Devo iniziare a temere anche te?»
 
«Ah ah ah.. Beh se non avesse chiaramente occhi solo per te… ah ah ah» La sua risata stridula mi infastidisce. «Veramente Mia, attenta a non farti scappare un uomo fantastico come Ryan.»
 
«Ok, Jessica! Abbiamo capito!» Sbotta Jake battendo nervosamente il pugno sul tavolo. «Possiamo cambiare argomento discorso adesso?»
 
Jessica sempre ridendo si sporge verso il ragazzo seduto al suo fianco stampandogli un bacio sulla guancia. «Povero Jake, sei geloso? Ryan non sarà mai fantastico quanto te.»
 
Riporto lo sguardo, che avevo distolto per non vedere il bacio, sulla nuova coppia seduta davanti a me. Jake si è ingelosito per gli apprezzamenti di Jessica a Ryan? Jake è geloso di Jessica? Ryan non sarà mai fantastico quanto Jake?
 
«E voi due come vi siete conosciuti?» Domanda Ryan sorridendo sornione. Vedere Jake impegnato con un’altra ha eliminato ogni ombra di preoccupazione in lui.
 
«Beh noi ci conosciamo praticamente da sempre. Jake è stato il mio primo ragazzo, la mia prima volta.» Sorride sognante ripensando ai vecchi tempi. «Non che si sia comportato benissimo il ragazzaccio, andava e veniva. E non si faceva molti problemi a farsi altre ragazze di fronte a me. Poi un anno fa gli ho dato un ultimatum: “o stai con me seriamente o non voglio più saperne.” Lui aveva deciso di chiudere e non ci siamo parlati per diverso tempo. Nell’ultimo periodo però ci siamo riavvicinati, era stato appena lasciato da “Amelia” per l’assistente del suo professore.» Calca la voce sul mio nome completo e indica con la mano Ryan, deve alludere a quel pomeriggio dopo il secondo test di procedura. «Io ho provato a resistergli, ma l’hai visto? Insomma ci sono ricaduta. Da quel giorno abbiamo ricominciato a frequentarci anche se, mettiamola così, in segreto e forse non era proprio un rapporto esclusivo.»
 
Loro vanno a letto insieme.
 
Inspiro ed espiro profondamente incontrando ancora una volta gli occhi seri del biondo seduto di fronte a me.
 
«Jessica non serve che racconti proprio tutto.» La rimprovera senza distogliere lo sguardo.
 
«Questo fino all’altra sera però. La notte di Santo Stefano mi ha raggiunta alla Eaton intorno alle undici di sera e dopo aver fatto l’amore con me, ha detto che non doveva più essere un segreto la nostra relazione.» Allunga la mano sul tavolo e intreccia le loro dita. «Insomma stiamo insieme adesso.» E ancora una volta si sporge per baciarlo, questa volta però sulla bocca.
 
Loro stanno insieme.
 
Mi sollevo dalla sedia prendendo il mio piatto ancora mezzo pieno e quelli delle persone sedute intorno a me. Il mio stomaco si è ormai chiuso.
 
 «Ti aiuto.» Si affretta premuroso Ryan alzandosi in piedi.
 
«Non se ne parla, hai fatto anche troppo. Il secondo non è ancora pronto, porto solo i piatti in cucina.» Gli sorrido spingendolo affinché torni a sedersi mentre io porto le stoviglie nel lavandino, apro l’acqua calda e le passo sotto il getto bollente sciacquando i residui di cibo. Sospettavo che tra loro fosse andata esattamente in questo modo ma sentirlo dire fa veramente male.
 
«Non è proprio come dice lei.»
 
Sbuffo udendo la voce di Jake alle mie spalle. «Te lo ripeto ancora, non è affar mio.» Lentamente mi volto verso di lui sforzandomi di sorridere ma ogni ombra di divertimento svanisce appena mi rendo conto che lui è pericolosamente vicino a me.
 
«I tuoi occhi dicono il contrario.»
 
«Sono solo stupita. Quel giorno, i tuoi messaggi, le tue parole… Sei corso da lei, hai fatto “l’amore” con lei.» Pongo l’accento sulla parola amore, non doveva essere solo sesso. Sarei anche orgogliosa del modo in cui sono riuscita ad affrontarlo, se non fosse per il tono strozzato della mia voce.
 
«Io e lei… Quel giorno tu hai detto che…»
 
Lo zittisco scuotendo la testa e distogliendo lo sguardo da lui. «No Jake. Vuoi dire che è colpa mia se stai con lei? Quello che è successo a Natale è stato…» Inspiro profondamente per trovare la forza di proseguire. «Mi ero illusa che potesse esserci qualcosa tra noi.»
 
Jake si protende verso di me poggiando entrambe le mani sul lavandino circondando il mio corpo. «Mia non era un’illusione..» Socchiudo gli occhi inebriata dal suo profumo e dalla dolcezza del suo tono. Lui prova qualcosa per me? «C’era qualcosa tra noi.» Le sue labbra sfiorano delicatamente l’incavo del mio collo facendomi rabbrividire.
 
«Scusate ma non mi sembra il momento migliore questo.» La voce seria di Josh costringe Jake a staccarsi da me. «Ci sono due persone nell’altra stanza che non sarebbero molto felici di trovarvi così.»
 
Il pensiero di Ryan e Jessica mi riporta alla realtà. Mi scosto da lui avvicinandomi al nostro amico che ci ha appena beccati.
 
«Mia aspetta, ti prego parliamone, domani, da soli.»
 
«Per dire cosa? Stai con lei ma stavi per baciare me adesso. Io non ho bisogno di una persona che non sa cosa vuole, e soprattutto chi vuole.» Sposto lo sguardo da lui perché la sua sola immagine è capace di annientare la mia determinazione, gli volto le spalle e torno nell’elegante sala da pranzo di casa Neill.
 
Terminiamo la cena con un delizioso salmone al cartoccio e il dolce, quindi a solo mezz’ora dalla mezzanotte raggiungiamo Charlie al Victrola.
Il locale è pieno di persone, la maggior parte compagni della Columbia e della  N.Y.U., ed elegantemente allestito per la serata. Ci portiamo immediatamente nella nostra zona riservata dove ci aspettano diverse bottiglie di ottimo Champagne e decine di calici. Balliamo e scherziamo aspettando l’inizio del conto alla rovescia.
Mi volto verso Megan e la trovo stretta tra le braccia di Robert, muovendosi al ritmo di una musica lenta e sensuale che probabilmente esiste solo nelle loro teste. Stringono i loro corpi e non smettono di guardarsi intensamente negli occhi. Che sia stasera la serata giusta per loro? Ryan mi sorride smagliante osservando anche lui la tenerissima scena e si avvicina ancora di più a me costringendomi ad abbracciarlo.
 
«Sei ancora arrabbiata con me?»
 
Scuoto la testa sorridendogli a mia volta. «Sei stato fantastico questa sera.»
 
«Cucinerò ogni giorno per te se è questo il risultato.»
 
«Non mi riferivo alla cena, o almeno non solo. Ti sei comportato benissimo.»
 
Ryan inarca un sopracciglio divertito. «Lo so piccola. Vederlo insieme a Jessica mi ha tranquillizzato, e anche lui sembra non essere più interessato a litigare con me.»
 
Annuisco titubante.
 
«Non smetterò di essere geloso e non credo di poter dimenticare il vostro bacio, però sono disposto a tollerare la sua presenza nella tua vita per averti nella mia.»
 
Il senso di colpa si fa strada velocemente lungo il mio esofago. So che dovrei dirgli del giorno di Natale ma, codarda come sono, nemmeno una parola esce dalla mia bocca.
 
Fortunatamente l’inizio del conto alla rovescia mi obbliga a distogliere lo sguardo dai suoi bellissimi occhi e a raggiungere le mie amiche.
I ragazzi prendono una bottiglia ciascuno e scartano la carta dorata per stapparle allo scoccare della mezzanotte.
 
«DIECI»
 
Urliamo a squarciagola in coro fissando il mega schermo dove i numeri scorrono veloci.
 
«NOVE - OTTO.»
 
Stringo il braccio intorno alla vita di Megan felice di avere la mia amica di nuovo al mio fianco dopo tanto tempo. Lei è stata una delle persone che mi è mancata di più in questi anni.
 
«SETTE - SEI.»
 
Josh si porta accanto alla bellissima Greta che risplende all’interno del suo abito verde smeraldo e che gli sorride a sua volta. I loro sguardi promettono molto più di quello che si dicono e non posso che essere felice per il mio amico.
 
«CINQUE - QUATTRO.»
 
Micheal si avvicina a Spencer agitando la bottiglia e preparandosi a inondare la sua ragazza con il prezioso contenuto.
 
«TRE.»
 
Poso per un solo istante lo sguardo su Jake rendendomi immediatamente conto che anche lui mi sta fissando, ignorando la sua ragazza piazzata al suo fianco e pronta a spalmargli il suo corpo addosso. Lui però non distoglie i suoi occhi dai miei, seri e tristi. Sono sul serio disposta a lasciarlo andare?
 
«DUE.»
 
Mi concentro su Ryan che mi strizza l’occhio destro trattenendo il tappo pronto ad esplodere. Le sue iridi ghiaccio, a differenza di quelle di Jake, sono piene di felicità e amore, mi spingono ad avvicinarmi a lui e ad unire le mie mani alle sue intorno alla bottiglia. Ryan merita molto di più da me e io voglio dargli veramente una possibilità.
 
«UNO.»  
 
Allo zero urliamo tutti a squarciagola sovrastando il rumore delle bottiglie che contemporaneamente si stappano, delle trombette, della musica.
Ryan riempie due calici con la bottiglia che ha in mano e me ne passa uno. «Auguri amore.» Sussurra al mio orecchio stampandomi un bacio sulla guancia destra e fermandosi di fronte a me, a pochi centimetri dal mio viso. Istintivamente guardo un’ultima volta Jake che mi sta ancora fissando, ma la mia attenzione viene immediatamente attirata dal suo braccio allacciato alla vita di Jessica.
Loro stanno insieme.
Separo la distanza che c’è tra me e Ryan e lo bacio. Dapprima teneramente permettendo alle nostre labbra di sfiorarsi e riconoscersi dopo tanto tempo, rincontrarsi e aderire dolcemente.
 
«Quanto mi sei mancata.» La voce roca e profonda lo rende ancora più sensuale di quello che già è.
 
Allunga le mani sotto la sua giacca per avere più contatto e costringerlo ad unirsi ancora a me e baciarmi di nuovo ma questa volta con molta più passione. Schiudo le labbra e gli lascio libero accesso all’interno della mia bocca, permettendo alle nostre lingue di sfiorarsi, accarezzarsi, stuzzicarsi. Avevo dimenticato quanto lui fosse bravo a baciare.
Mi stacco da lui controvoglia con il respiro corto e troppo accelerato, esattamente come il suo, la mano di Megan picchietta però insistentemente sulla mia spalla. Mi volto verso di lei indispettita e le bacio entrambe le guancie allacciando le braccia al suo collo. Lo stesso con Spencer, Josh, Robert e tutti gli altri.
L’ultimo ad avvicinarsi a me è Jake, il volto rigido e serio.
 
«Auguri.» Sussurro titubante incapace di guardarlo in volto.
 
«Buon anno Mia.» Mi risponde depositando un bacio intenzionalmente sull’angolo della mia bocca e soffermandosi a pochi centimetri dal mio volto, fronte contro fronte, facendo seccare completamente la mia gola. Sospira profondamente un paio di volte prima di voltarsi e raggiungere la sua ragazza per darle quel bacio che forse sarebbe dovuto aspettare a me, mentre io tormentata ancora una volta dall’indecisione, torno da Ryan che sembra non essersi accorto di nulla.



 
Ricordate la mia pagina su FB (clicca qui) anche se la sto trascurando da un po'! Ma tornerò con molte foto tra cui Mia (foto) e Jake (foto) nel loro look per la festa! 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** CAPITOLO 19 ***


The Racer ha anche una pagina su FB sulla quale troverete ogni martedì un piccolo spoiler, immagini e su cui potrete farmi domande. Se volete accedervi clicca qui. Vi aspetto.

Buona lettura.


 
CAPITOLO 19
 
 
 
 
«Vieni qui, ti aiuto.»
 
Barcollo sui tacchi altissimi faticando a tenermi in piedi, per fortuna le forti braccia di Ryan sono pronte a sorreggermi. Sono ormai le quattro del mattino e siamo rimasti praticamente solo noi all’interno del locale. Prendo dal tavolino accanto a me un bicchiere e me lo porto alla bocca assaporando un generoso sorso del liquido frizzante all’interno.
 
«Amelia, non ti sembra di aver bevuto troppo vino per stasera?» Mi rimprovera Ryan togliendomi di mano il calice e riponendolo nuovamente dove l’avevo prelevato.
 
«Dai Ryan… Non esagerare.» Mi lamento allungando nuovamente la mano per riprendermi ciò che mi è stato tolto, prima di riuscirci però il mio ragazzo mi allaccia la vita con il braccio destro e mi solleva di peso portandomi verso l’uscita.
 
«Ah! Sei completamente ubriaca. Ti porto a casa.» Poi si volta verso il mio gruppo di amici scrutandoli ad uno ad uno. «Siete in grado di guidare o serve che chiamo un paio di taxi.»
 
«Siamo tutti capaci di guidare bello.» Gli risponde Jake scuro in volto e con aria di sfida. L’alcool deve aver minato il suo autocontrollo.
 
«Non ho detto questo. Vorrei evitarvi un arresto per guida in stato di ebbrezza, e sinceramente dubito che anche solo uno di voi sia sotto il limite consentito.» Il tono di Ryan è ancora pacato nonostante le parole del mio amico.
 
«Jake e Jessica li posso accompagnare io appena chiudo.» Charlie si avvicina a noi poggiando la mano sulla spalla del cugino. «Porto anche Greta e ho un altro posto libero.»
 
«Bene. Allora potresti riaccompagnare Josh, perché io non credo che sarei capace di staccarlo dalla sua nuova fiamma.» Solo in quest’istante mi accorgo che i due ragazzi sono ancora nel centro della pista avvinghiati uno all’altra e dal modo in cui si baciano è evidente che deve essere scoccata la scintilla. La moretta deve averlo veramente colpito al cuore perché da quando sono tornata a New York non l’ho visto nemmeno una volta lasciarsi andare con una ragazza, nonostante più di una si sia dimostrata interessata a lui. «Chiamo un taxi per Megan, Robert, Spencer e Micheal.»
 
Charlie annuisce guardando male Jake in procinto di aggiungere qualcosa che, a giudicare dal suo ghigno, non doveva essere niente di gentile, fortunatamente si ammutolisce di fronte all’occhiataccia del cugino. «Grazie.»
 
Ryan estrae il telefono dalla tasca interna della giacca e chiama un’auto affinché riaccompagni a casa i nostri amici, quindi mi carica all’interno della sua auto e ci avviamo verso la Columbia.
Una volta arrivati mi aiuta a scendere ma i piedi mi fanno troppo male perché possa camminare e rido mentre il mio ragazzo mi cinge per la vita, mi carica come un sacco di patate sulla sua spalla e mi accompagna all’interno del dormitorio. Una volta nella mia stanza mi deposita sul letto sporgendosi verso di me per baciarmi la punta del naso.
 
«Servizio completo per la mia principessa.» Sussurra dolcemente a pochi centimetri dal mio volto unendo le nostre labbra.
 
Sarà colpa del troppo vino bevuto, o del modo fantastico in cui si è comportato stasera, o forse solamente del suo essere così dannatamente affascinante con l’abito che indossa, ma allungo le mani dietro il suo collo e lo costringo a seguirmi sul letto approfondendo il nostro bacio e facendo aderire il mio corpo al suo.
 
«Amelia.» Sussurra con voce roca appena mi stacco da lui per riprendere fiato.
 
«Ryan.» Rispondo cercando di sfoderare un tono di voce abbastanza sensuale.
 
«Non puoi provocarmi così.. Hai bevuto troppo.» Balbetta serio, sicuro che come sempre finirò per bloccarlo sul più bello costringendolo a fermarsi. Io invece azzero nuovamente le distanze tra noi mordicchiandogli prepotentemente il labbro inferiore e costringendolo a baciarmi ancora. Il desiderio sta prendendo il sopravvento sul mio autocontrollo e sul suo.
 
«Mia tra poco tornerò Spencer.» Ryan ha ormai il fiato corto, le sue mani scorrono veloci lungo il mio corpo fino al profondo spacco del mio abito dove sfiora delicatamente la porzione di carne scoperta ed infreddolita.
 
«Il tassista ha detto che ci avrebbe messo mezz’ora ad arrivare al Victrola. Abbiamo un po’ di tempo.» Lo supplico aderendo ancora una volta a lui e congiungendo le nostre labbra in un bacio che sembra dissolvere tutti i dubbi di Ryan. La sua bocca si schiude approfondendo il bacio con una passione mai conosciuta prima, le sue mani si infilano sotto la delicata stoffa del mio abito sollevandolo fino a scoprire entrambe le gambe e costringendomi ad allargarle per fargli spazio tra di esse.
 
«Oh Amelia, non hai idea di quanto ti desidero.» Confessa scendendo a mordicchiare il lobo destro, il collo e l’incavo dei seni, facendomi gemere per il piacere. Sento la sua eccitazione scontrarsi prepotentemente con la parte più intima del mio corpo e la cosa mi manda completamente fuori di testa, tanto da darmi il coraggio di allungare le mani verso la sua camicia e sbottonarla aprendomi un varco verso il suo torace ampio e forte. Lui capisce immediatamente le mie intenzioni e scostandosi da me mi aiuta a sfilargliela insieme alla giacca, quindi passa ai pantaloni che lascia ricadere al suolo insieme ai calzini e alle scarpe. Sorride compiaciuto scoprendomi ad ammirare il suo corpo possente ed atletico coperto solo dai boxer rossi. Senza dire una sola parola mi toglie le scarpe e mi aiuta a ritornare in piedi, cercando con i polpastrelli l’apertura del mio vestito lungo la schiena. Con il cuore in gola indietreggio da lui di un passo e porto la mano sinistra sul fianco destro, esattamente poco sotto l’ascella, stringendo tra il pollice e l’indice la linguetta di ferro e tirandola verso il basso per sganciare i dentini della cerniera. Ryan mantiene i suoi occhi fissi nei miei colmi di desiderio e passione, attendendo che la stoffa blu abbandoni il mio corpo ed io inspiro profondamente prima di lasciarlo scivolare ai miei piedi.
Aspetta qualche interminabile secondo prima di accarezzare con le sue iridi blu il mio corpo coperto dalla sola biancheria intima, esita tuttavia a fare un solo passo probabilmente per paura del mio ennesimo rifiuto. Solo quando mi avvicino a lui uscendo dal groviglio di stoffa blu che giace a terra si decide a stringermi di nuovo tra le sue braccia baciandomi ancora una volta e spingendomi fino al letto dove ci stendiamo di nuovo uno sopra l’altro. Le sue mani curiose riprendono a vagare lungo il mio corpo accarezzandomi le natiche, il seno, il ventre, e le mie fanno lo stesso con lui soffermandomi sui possenti bicipiti, sull’addome scolpito, sul suo sedere sodo.
 
«IO TI ODIO.»
 
«SPENCER TI STO PARLANDO, NON OSARE VOLTARMI LE SPALLE.»
 
La porta si spalanca sbattendo rumorosamente mentre Spencer entra come una furia seguita da Micheal, e ad uno ad uno da tutti gli altri.
 
«NON MI INTERESSANO LE TUE GIUSTIFICAZIONI.»
 
Micheal sbuffa sonoramente colpendo con il pugno la porta che sbatte nuovamente sul muro. «TI HO DETTO CHE IO NON C’ENTRO NULLA. E’ SOLO UNA MIA COMPAGNA DI CORSO.»
 
«TI HA BACIATO, SULLA BOCCA. E NON SAPEVA NEMMENO CHE AVESSI UNA FIDANZATA E IO E TE STIAMO INSIEME DA MESI.»
 
«Su calmatevi adesso, siete troppo agitati e ubriachi.» Interviene Josh cercando come sempre di fare da paciere, è rimasto fermo sulla porta, accanto a lui Greta e Jessica. Quest’ultima sorride maligna.
 
«NON SONO UBRIACA. E’ FINITA!»
 
Né io né Ryan muoviamo un solo muscolo aspettando con terrore l’inevitabile momento in cui si accorgeranno della nostra presenza, in una posizione del tutto imbarazzante e con indosso la sola biancheria intima.
Dopo un’interminabile manciata di secondi il mio ragazzo inspira profondamente un paio di volte per farsi coraggio e utilizza il suo corpo per coprire il mio. «Scusate, vi dispiacerebbe uscire, almeno i ragazzi così Amelia si riveste.»
 
Da oltre le possenti spalle del mio ragazzo e nonostante la penombra posso vedere chiaramente l’espressione stranita dei miei amici che finalmente sembrano notarci, stesi sul mio letto.
 
«Oh Signore.» Strilla Megan comprendoni gli occhi con la mano dalla vista delle chiappe di Ryan coperte solo dal boxer portafortuna indossato per la serata.
 
«ECCO HAI SENTITO? VATTENE MICHEAL, ESCI DALLA MIA STANZA.»
 
«Mah» Balbetta il ragazzo senza indietreggiare di un solo passo.
 
«Potreste almeno voltarvi?» Continua il mio ragazzo con tono di voce estremamente seria mentre otto paia di occhi rimangono fissi su di noi. Le sue braccia mi stringono ancora di più al suo torace per proteggermi da occhi indiscreti.
 
Imbarazzata mi soffermo ad uno ad uno sui volti dei miei amici fino a giungere a quell’unico viso che non avrei voluto vedere, non ora che sono quasi nuda sul mio letto insieme ad un altro. Ci osserva cercando di non tradire emozione alcuna ma io conosco troppo bene quegli occhi per non sapere che sta soffrendo. Ed è proprio lui con tono di voce atono ad attirare l’attenzione di tutti. «Ragazzi usciamo, diamogli il tempo di sistemarsi.» Josh non se lo fa ripetere due volte mentre Micheal e Robert devono essere trascinati da Jake oltre la porta. Solo quando viene chiusa alle loro spalle Ryan si solleva da me e recuperando pantaloni e camicia dal pavimento, si riveste alla velocità della luce. Io invece prendo dall’armadio un paio di leggins e una felpa, li indosso e raggiungo Spencer che si è seduta sul suo letto in lacrime.
 
«Io vi lascio sole allora.» Il mio ragazzo ormai completamente ricomposto avanza verso la porta.
 
«Torno subito.» Sussurro alla mia coinquilina accarezzandole la chioma dorata. «Ti accompagno.» Dico a Ryan appena lo raggiungo sulla porta ed esco insieme a lui. Con il cuore in gola osservo il corridoio notando tuttavia che di Jake, Jessica, Josh e Greta non vi è più traccia, sono rimasti solo Robert e Micheal.
 
«Posso entrare adesso?» Mi domanda quest’ultimo vedendomi comparire.
 
«Non lo so…» Inizio titubante, mi dispiace per loro ma non so ancora cosa sia successo e Spencer sembra troppo turbata.
 
«Micheal, scusa se mi intrometto ma credo che adesso non sia il caso. Lasciala dormire e calmarsi, domani avrete entrambi la mente più lucida e potrete parlare.» Interviene Ryan in mio soccorso, come sempre riesce a dire la parola giusta al momento giusto. «Se vuoi ti accompagno al tuo dormitorio.»
 
Micheal annuisce e ci segue giù dalle scale insieme a Robert. «E scusateci se vi abbiamo disturbato.» Continua sconsolato uscendo dall’ingresso principale e lasciandoci da soli sulla porta.
 
«Beh, allora buona notte.» Lo saluto avvicinandomi a lui per baciarlo.
 
Ryan mi circonda la vita con le sue forti braccia e mi stringe al possente torace. «Ti prego, vieni a casa con me.» Mi supplica facendo incontrare le nostre labbra. «Ti voglio con me stanotte.»
 
Inspiro profondamente. «Oh Ryan, mi dispiace… Spencer… Si è appena lasciata con Micheal. Non posso lasciarla sola.»
 
Il mio ragazzo sbuffa sonoramente scuotendo la testa e per un istante credo che sia arrabbiato ma poi sorride e mi bacia ancora una volta. «Va bene.. Ti chiamo domani.»
 
Lo bacio ancora una volta e lo spingo fuori dalla porta affinché accompagni un Micheal totalmente distrutto in dormitorio.
 
Mi dirigo verso la cucina e accendo il bollitore, una buona tisana farà solo bene a Spencer.
 
«Vi abbiamo interrotti?»
 
 Sobbalzo per lo spavento vedendo comparire un’ombra dal salotto completamente buio e per lo spavento urto il bollitore fortunatamente non ancora troppo caldo ma abbastanza da bruciarmi il dorso della mano sinistra. «Ah.» Gemo stringendola con l’altra e soffiandoci sopra per attenuare il dolore.
 
«Ti sei scottata?»
 
«Ma sei impazzito, mi hai fatto venire un infarto.»
 
Jake ignora le mie parole e si fionda immediatamente al mio fianco costringendomi ad alzare il braccio per vedere sotto la luce al neon le effettive condizioni della mia mano. «Non è grave. Basterà metterla sotto l’acqua.»
 
Mi conduce fino al lavello dove apre il rubinetto. Il contatto con il liquido freddo è rigenerante. «Grazie.»
 
«Sei sempre la solita pasticciona.» Mi rimprovera sorridendomi allegramente.
 
«Io cosa? Ma se è stata colpa tua.. Cosa diavolo ci facevi in salotto con le luci spente?»
 
Jake fissa i suoi occhi nei miei e scuote il capo ridendo. «Sto aspettando che Charlie torni a prendermi per riportarmi alla NYU. Mi sono tolto dall’ingresso quando vi ho sentiti scendere.»
 
«Potevi farti accompagnare da Ryan, sta portando Micheal.»
 
«Neanche morto salirei in macchina con lui.» Sibila Jake lasciando andare la mia mano e allontanandosi da me di qualche passo.
 
Rimango basita dalle sue parole. «Jake…» Sbuffo avanzando verso di lui, vorrei dirgli di smetterla con questo atteggiamento, di fare la persona matura, come d’altra parte faccio o cerco di fare io con Jessica.
 
«Non serve che dici nulla. Non lo accetterò mai.» Grugnisce rabbioso chiarendo la sua posizione nei confronti del viceprocuratore.
 
«Non ci hai nemmeno provato.» Biascico incredula. «E come mai sei rimasto qui se non era tua intenzione fermarti con Jessica?»
 
«Diciamo che era nei miei progetti inizialmente… ma poi mi è passata la voglia..»
I suoi occhi sono fissi nei miei e il mio cuore perde un battito. Ha cambiato idea dopo aver visto me e Ryan insieme? Indietreggio di un passo per prendere nuovamente le distanze dal suo profumo seducente ed invitante.
 
Jake conosce bene i miei limiti e intuisce chiaramente le mie intenzione. «Ti allontani?» Avanza verso di me incastrandomi nell’angolo della cucina. «Di cosa hai paura?»
 
«Jake..» Lo supplico allungando le mani a palmi aperti per mantenere una distanza di sicurezza. «Per favore.»
 
«Non preoccuparti Mia, non ho intenzione di baciarti.» Ghigna beffardo. «Non ti offendere ma mi farebbe schifo anche solo sfiorarti con un dito, hai ancora il suo odore addosso.»
 
Incasso le sue parole come un pugno in pieno stomaco. «Ah ah!» Mi sforzo di ridere da quanto mi sento indignata. «Adesso hai capito come mi sono sentita io nello scoprire che mi hai baciata subito dopo aver baciato Jessica.»
Come si permette di farmi la morale, lui che sembra non sapere nemmeno cosa sia.
«Anzi, probabilmente dopo averci fatto sesso.»
 
Il sorriso sparisce dal suo volto. «Non ti ho ancora chiesto come lo hai saputo.»
 
«Come l’ho saputo non ti riguarda, ciò che conta è che tu non sei stato nemmeno abbastanza uomo da dirmi che stavi con lei.»
 
«Eravamo amici… perché avrei dovuto dirtelo?»
 
Io per lui sono solo un’amica.
 
«E tu non ti fai problemi a baciare tutte le tue amiche!» Sono stanca del suo essere così altalenante, con una sola parola riesce a farmi passare dal paradiso all’inferno.
 
«Beh..» Inizia incapace di riuscire a contraddirmi, entrambi conosciamo perfettamente le sue abitudini. «Lo sai che non è proprio così…»
 
«Non era una domanda.» Scuoto violentemente  il capo cercando di scacciare il desiderio di stringerlo. «Ti prego Jake, basta. Sono stanca e ho mal di testa.» Inspiro profondamente distogliendo lo sguardo da lui, non me la sento di continuare questa conversazione. Prima mi dice che sono un’amica e poi mi lascia intendere che sono diversa. Vorrei poter entrare in quella testa bacata e capire cosa ci frulla dentro, ma ho anche paura di scoprirci qualcosa di brutto, come i suoi sentimenti per Jessica. «E devo tornare da Spencer.»
 
«Va bene.» Jake Haiden alza le mani in segno di resa, ha capito che il nostro discorso è giunto al termine, almeno per stasera. «Buonanotte Mia.» Fissa le sue iridi azzurre nelle mie e dopo una lieve esitazione deposita un candido bacio sulla mia guancia sinistra, quindi chiude il cappotto e a grandi passi esce dalla Eaton House.
 
Rimango senza fiato immobile ad osservare la porta che si è appena chiusa dietro le sue spalle indecisa se rincorrerlo e chiarire definitivamente la nostra posizione o salire le scale e tornare nella mia camera da letto. La mia parte fifona ha ovviamente la meglio e mi dirigo al piano superiore raggiungendo la mia coinquilina che sta ancora piangendo.
 
«Si può sapere cosa è successo?» Domando a Megan che, seduta al suo fianco cerca invano di consolarla. «Era tutto a posto quando sono andata via.»
 
«Stavamo aspettando il taxi quando si è avvicinato a noi un gruppetto di ragazze amiche di Jake e Micheal.» Dovevo immaginarlo che c’era di mezzo lui e le sue “amiche”. «Erano tutte piuttosto su di giri e molto accomodanti. Una si è avvicinata un po’ troppo a Micheal chiedendogli se la accompagnava in dormitorio e Spencer si è fatta avanti per fronteggiarla. La rgazza era stupita di scoprire che lui avesse una fidanzata, rimproverandolo di non aver mai accennato alla sua esistenza, quindi l’ha salutato baciandolo sulla bocca. Spencer è andata completamente fuori di testa e l’ha schiaffeggiato davanti a tutti.»
 
Rimango senza parole ad ascoltare il racconto della mia amica. «Non ha tutti i torti.» Posso solo immaginare quanto faccia male vedere il proprio ragazzo baciare un’altra, io non riesco a sopportare nemmeno l’idea di Jake con Jessica ed è lei la sua ragazza…
 
«Lui dice che è solo una compagna di corso ma Spencer non crede che sia la prima volta che succede qualcosa tra loro. Lui non l’ha respinta e non le ha nemmeno mai detto di non essere single.» Constata Megan dispiaciuta. Vuole bene a Micheal ma stavolta non ha scuse.
 
«Tesoro..» Accarezzo il capo della coinquilina cercando di darle un po’ di sollievo ma lei non smette di singhiozzare e piangere. Vorrei trovare qualche parola, dire qualcosa in grado di confortarla, ma più ci penso più nella mia testa trovo solo il vuoto.
L’unica cosa che posso fare è lo stesso che lei ha fatto per me decine di volte da quando ci siamo conosciute quasi quattro mesi fa, tutte quelle volte in cui io mi sono ritrovata nel mio letto a piangere a causa di Jake.
La costringo a voltarsi e le sfilo l’aderente vestito per la testa, quindi le metto addosso il pigiama e mi infilo con lei sotto le coperte. «Sfogati Spencer.» Le sussurro all’orecchio abbracciandola forte.
 

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Capitolo 20
*** CAPITOLO 20 ***


Ciaooooo....

Eccomi con il nuovo capitolo.. spero vi piaccia.. ringrazio ancora tutte per le bellissime recensione che mi lasciate e per aver aggiunto la mia storia alle preferite/seguite/da ricordare. Ma anche tutte voi che continuate a leggere la mia storia... vi adoro.









 
 
CAPITOLO 20
 
 
I giorni seguenti li trascorro per lo più in camera con Spencer la quale si rifiuta anche solo a mettere il naso fuori dalla porta, il telefono spento per non sentire o parlare con nessuno fatta eccezione per me e Megan, che si è in pratica trasferita da noi.
Micheal si è presentato un paio di volte alla Eaton House ma lei mi ha proibito di aprirgli la porta, non vuole vederlo e, anche se a malincuore, sono stata costretta ad impedirgli di entrare.
Fortunatamente anche Ryan è stato comprensivo ed ha accettato il poco tempo che gli ho concesso, concentrandosi sul lavoro e sulle gare di Mr. Crab che ormai sono ricominciate a pieno regime.
Per me invece si avvicina inesorabile la prima sessione d’esami e sul mio calendario se ne presentano ben tre: economia politica il 16 gennaio, procedura penale il 22 e biologia il 2 febbraio.
 
 
 
«Ciao.» La voce di Josh mi costringe a riemergere dal libro che sto leggendo. «Ho girato quattro biblioteche prima di trovarti.»
 
«Avevo bisogno di un po’ di tranquillità e non ho detto a nessuno dove sarei andata.» Sbuffo sgranchendo i muscoli indolenziti del collo per le troppe ore china a studiare.
 
«Come procede?»
 
«Mmm, non lo so.. Economia non mi preoccupa, ma procedura è molto più impegnativa… per non parlare di Biologia.. Non ci capisco niente.» Accavallo le gambe dondolandomi sullo schienale della sedia.
 
«Idem…» Biascica accasciandosi sul posto libero al mio fianco. «Ero partito bene, ma diciamo che negli ultimi giorni sono stato piuttosto distratto.»
 
«Una distrazione di nome Greta?» Rido colpendogli il fianco con il gomito e il suo volto diventa paonazzo.
 
«Mi piace molto quella ragazza.» Ammette scuotendo la testa a destra e sinistra. «E devo dire che stiamo molto bene insieme, almeno per ora.»
 
«Sono contenta per te, te lo meriti.» Sorrido smagliante al mio amico, vederlo finalmente felice con una ragazza mi riempie il cuore, ero stanca di vederlo solo. «Ma non mi hai ancora detto perché sei qui.» Gli domando chiudendo finalmente il libro e concentrandomi su di lui.
 
Josh inspira sonoramente fissando gli occhi nei miei. «Non ho la minima idea di come siano gli esami orali del Professor Collins.»
 
«Nemmeno io… sono solo al primo anno, non ho mai avuto occasione di assistere.» Rido guadagnandomi un’occhiataccia da parte del mio interlocutore.
 
«Lo so… ma Ryan c’è passato molto prima di noi e collabora con lui… e l’ultimo dell’anno si era offerto di darci una mano a studiare.» Continua, il tono di voce serio e teso. Deve preoccuparlo veramente molto questa prova.
 
«Certo… posso chiedergli di aiutarci a ripetere nei prossimi giorni. Lo chiamo subito.»
 
Mi alzo e con il telefono in mano mi dirigo verso l’esterno della biblioteca in modo da poter conversare tranquillamente senza disturbare nessuno. Dopo meno di cinque minuti ritorno dal mio amico e sorridendogli allegramente gli comunico che Ryan ha accettato di aiutarci e che si è reso disponibile già dal giorno seguente. Josh sospira sollevato, si alza dalla sedia e mi lascia sola, e io anche se controvoglia riapro il libro e torno a ripetere il capitolo sul Prodotto Interno Lordo.
 
 
Il giorno dopo ci presentiamo nell’appartamento del mio ragazzo subito dopo la fine del suo turno di lavoro, alla mano due cartoni di pizza e sei lattine di birra.
 
Ryan ci apre la porta in pantaloni di tuta neri e polo blu a maniche corte. «Bene, direi di non perdere tempo e di cominciare subito.» Esordisce con espressione estremamente seria.
 
«Ciao amore. Sono anch’io contenta di vederti.» Lo saluto ironica avvicinandomi a lui per baciarlo.
 
«Certo che lo sono tesoro.» Sussurra facendo aderire le nostre labbra. «Ma non siamo qui per divertirci.» Quindi mi indica il bancone dell’angolo cottura sul quale giacciono decine e decine di voluminosi manuali. Credo di essermi già pentita di aver chiesto il suo aiuto.
 
«Josh quante forme di impugnazioni conosci?» Domanda portando alla bocca una fumante fetta di pizza.
 
Il castano risponde spiazzato, Ryan Bass è entrato in modalità professore senza nemmeno darci il tempo di occupare i nostri sgabelli o di aprire una lattina di birra.
Da quel preciso istante il vice procuratore comincia a sparare a raffica domande per tre lunghe ore senza concederci nemmeno un minuto di pausa, utilizzando come metodo per la formulazione del quesito lo stesso che, secondo lui, viene utilizzato dal Professor Collins, vale a dire aprire totalmente a caso il codice e scegliere sempre senza alcun preciso criterio informazioni su uno degli istituti ivi indicati. Molto professionale!
Nello stesso modo trascorriamo anche l’intero week end, concedendoci solo delle piccole pause per i pasti principali, e così anche il mercoledì successivo e la settimana dopo, sena concederci un aperitivo o una serata libera la Victrola. Poco male perché non ci sarei comunque andata per rimanere vicina a Spencer dato che ultimamente Micheal sembra aver rinunciato a chiarire con lei, cosa che la fa soffrire anche di più. Lo stesso tuttavia non vale per Josh che avrebbe voluto vedere Greta e sembra preoccupato di saperla tutta sola nel locale. In compenso sembra aver legato ancora di più con Ryan con il quale ormai parla praticamente di tutto. Determinante è stata la sera in cui tra un raviolo al vapore e un involtino primavera, mi sono lasciata sfuggire dell’amicizia che lega il mio ragazzo a Mr Crab.
Stiamo cenando tranquillamente nonostante l’ora piuttosto tarda, non avendo voglia di cucinare abbiamo chiamato il nostro ristorante cinese preferito, quando Ryan riceve una telefonata a cui non risponde. Capisco che si tratta di Mr. Crab quando sia io che Josh riceviamo un messaggio da Jake che ci avvisa dell’imminente corsa. Noto subito l’espressione contrariata del mio ragazzo quando legge il nome del mittente sul telefono abbandonato tra il mio e il suo piatto.
 
«Ci sta solo avvisando dell’inizio del The Racer.» Gli dico per tranquillizzarlo facendo andare di traverso a Josh il vino che sta bevendo.
 
«Mia, che cavolo stai dicendo.» Mi rimprovera fissando i suoi occhi preoccupati nei miei.
 
«Ops.» Mi copro la mano con la bocca non sapendo più che cosa dire. Non so se sia peggio fingere di aver rivelato di essere a conoscenza delle corse a l viceprocuratore o tranquillizzare Josh confessando il ruolo determinante di Ryan. Il mio amico intanto si solleva dalla sedia e inizia a muoversi avanti e indietro scuotendo la testa.
 
«Ryan ti prego non ascoltarla, non sa quello che dice.. Sono solo voci che girano. Noi in realtà sono anni che cerchiamo di capire, scoprire…» Le parole escono a raffica e forse anche totalmente prive di senso.
 
«Tranquillo Josh.» Ryan lo interrompe invitandolo a prendere nuovamente posto. «è tutto apposto, conosco anch’io il The Racer, vi ho partecipato anch’io qualche anno fa, anche contro la stessa Amelia.» prosegue sorridendomi.
 
«E io ti ho sempre battuto!» Intervengo orgogliosa.
 
«Fammi capire bene. Tu correvi?» Domanda Josh guardando entrambi totalmente spiazzato dalla nuova scoperta.
 
Ryan annuisce serio, era stato abbastanza chiaro, ma il castano continua ad osservarlo rimuginando sulla notizia appena acquisita.
 
«E lavori in procura.» Prosegue, quest’ultima più un’affermazione che una domanda. «Dovevo immaginarlo, gli altri erano troppo inetti.»
 
«A cosa ti riferisci?» Gli domanda il mio ragazzo, questa volta lui completamente spiazzato dalle sue affermazioni.
 
«L’infiltrato in procura.» Annuncia Josh puntandogli l’indice contro.
 
Sia io che Ryan avvampiamo e in contemporanea scuotiamo violentemente la testa cercando di negare.
 
«Non serve che mi diciate di si, ho capito tutto. Oddio Ryan, ti rendi conto che sei il mio mito? Io voglio diventare esattamente come te. Ti ho sempre avuto davanti e non sapevo chi fossi.»
 
Josh sembra incontenibile, esulta non prestandoci più alcuna attenzione. Io e il mio ragazzo ci guardiamo desolati e io sussurro le mie scuse con un filo di voce. Lui scrolla le spalle e mi dice di non preoccuparmi, si fida di Josh e sa che non direbbe nulla a nessuno.
 
Mi viene concessa una pausa dalle nostre giornate di studio solo i giorni precedenti l’esame di Economia politica che tuttavia non mi preoccupa affatto avendo già studiato la materia l’ultimo anno di collegio insieme a diritto pubblico. Ed infatti quella mattina supero brillantemente il primo esame guadagnandomi uno dei voti più altri dell’intera classe.
Tuttavia non mi permetto di festeggiare il mio successo mancando solo pochi giorni alla data prescelta per procedura penale.
Per i cinque giorni successivi Ryan ci costringe a studiare tutti i giorni ospitandoci nel suo appartamento per non farci perdere tempo in trasferimenti. Quando lui è di turno in procura io e Josh ripassiamo più volte l’intero programma e al suo ritorno lui ci tempesta di domande preparandoci a rispondere a qualunque quesito in maniera ineccepibile e con celerità. Di notte invece io condivido il letto con il mio ragazzo mentre il nostro amico riposa sul grande divano del salone.
Io e Ryan non abbiamo più ripreso il discorso rimasto in sospeso la notte di capodanno, ma non perchè lui non abbia tentato. Io non permetto più di superare il limite dei vestiti, principalmente a causa della presenza di Josh nella stanza affianco, in secondo luogo perché sono stanca dopo tante ore di studio, ma la realtà è che quella passione che mi aveva colto dopo la festa è evaporata dal mio corpo insieme a tutto l’alcool che avevo bevuto.
 
Il 21 gennaio alle sei di sera io e Josh torniamo nei rispettivi dormitori, abbiamo bisogno di una lunga notte di riposo per affrontare al meglio la lunga giornata che ci aspetta. La mattina seguente infatti mi alzo alle sette in punto, mi faccio una velocissima doccia per attivare tutte le mie funzioni nervose quindi rientro nella mia stanza indossando gli abiti che ho selezionato: Jeans scuri, camicia bianca a cui allaccio tutti i bottoni per non dare un ulteriore motivo al professor Collins di dubitare della mia moralità e giacca elegante verde scuro. Mi osservo nello specchio sistemando sulle spalle i capelli leggermente ondulati a causa del vapore e felice del risultato ottenuto prendo la borsa e mi dirigo al pian terreno del dormitorio.
Fuori dalla porta trovo Josh che come promesso mi aspetta per andare insieme al Padiglione A e dagli aloni scuri che cerchiano i suoi occhi capisco immediatamente che non deve aver dormito molto.
 
 
Cinque ore più tardi oltrepassiamo le porte della mensa e l’odore di omelette al formaggio ci investe come un treno in corsa, il piatto peggiore nell’intero menù. Ci dirigiamo verso il bancone dove Josh prende la sua poltiglia giallastra dall’odore di piedi e io mi accontento di una semplice mela e una lattina di coca cola.
 
«Raggiungiamo gli altri?» Mi domanda indicandomi con il dito indice il tavolo a cui siedono Robert e Jake. Il mio cuore salta un battito quando i nostri occhi si incontrano dopo tanti, troppi giorni di lontananza, esattamente ventuno. Lascio vagare gli occhi per l’intera mensa alla ricerca della sua fastidiosa ragazza ma non sembra esservi traccia quindi, decisamente sollevata, mi avvicino a loro prendendo posto nella sedia vuota di fronte alla sua.
 
«Ciao.» Saluto sorridendogli appena e spostando immediatamente lo sguardo su Robert.
 
Entrambi i ragazzi fissano i nostri volti facendomi imbarazzare più di quando io già sia.
 
«Non era oggi procedura? Com’è andata?» Ci domanda infine titubante il moro.
 
Sorrido smagliante intuendo la loro preoccupazione per l’esito della prova di oggi e un po’ seccata per aver messo in dubbia la nostra riuscita. «Bene. Abbiamo preso entrambi il massimo.»
 
«Collins ha provato a metterla in crisi con tutte quelle domande, ma è stata bravissima.» Sottolinea Josh colpendomi con il gomito il fianco.
In effetti il professore non sembra avermi mai apprezzata, fin dal giorno in cui ero arrivata in ritardo alla prima lezione, per non parlare di quando ha sentito tutte quelle voci su me, Ryan e Jake. Credo sia per questo motivo che ha voluto interrogarmi per prima e durante l’intero esame sembrava essersi accanito alla ricerca di un argomento al quale non avrei saputo rispondere correttamente, fortunatamente dopo oltre un’ora e mezza ha alzato bandiera bianca e seppur con espressione sofferente mi ha assegnato il voto più alto dell’intero corso.
Per solidarietà sono rimasta in aula fino al turno di Josh, tuttavia, pur avendo ottenuto anche lui il voto massimo nella prova orale, l’esito finale risultava inferiore di unico centesimo al mio avendo fatto un errore nel secondo scritto.
 
«Ma allora dobbiamo festeggiare.» Continua Jake sorridendomi felice. «Ma tu pensi di mangiare solo quella?»
 
Faccio rotolare la mia mela verde da una mano all’altra guardandola perplessa, quindi annuisco portandola alla bocca e staccandone un generoso morso. Da quando gli interessa cosa mangio? «Ho mangiato un muffin a colazione.»
 
«Oh beh, e allora puoi non mangiare per una settimana.» Borbotta lanciando l’ennesima occhiataccia al mio misero pasto.
 
«Cosa devo dirti? Non ho voglia di mangiare quella sbobba che ci rifilano oggi!» Sbuffo alzando gli occhi al cielo. «A proposito, cosa ci fai qui?»
 
«Ti do forse fastidio?» Risponde lui seccato, i suoi occhi fissi nei miei cercano una risposta, imbarazzandomi terribilmente.
 
«Assolutamente.» Scuoto la testa sperando che non si accorga dell’improvviso rossore che deve aver dipinto le mie guancie. «Domandavo…»
 
«Ho accompagnato Micheal, vuole provare a parlare con Spencer.»
 
«Ah..» Non riesco a trattenere un sorriso, nell’ultima settimana il ragazzo aveva addirittura smesso di chiamarla e Spencer, troppo orgogliosa per essere lei a fare il primo passo, si era convinta di averlo perso per sempre, per di più, a causa degli esami, non sono nemmeno riuscita a starle vicina come avrei dovuto o voluto. «Speriamo risolvano, non riesco più a vederla così triste.»
 
«Chissà che gli apra almeno la porta stavolta. Dai vieni.» Jake si alza dalla sedia e si ferma al mio fianco poggiando entrambe le mani sullo schienale. «Ti porto a mangiare qualcosa di commestibile.» I suoi occhi incontrano ancora una volta i miei e il mio cuore salta un battito.
 
«E perché?» Domando, non può avermi sul serio chiesto di uscire di fronte a Josh e Robert, i quali fingono di non aver sentito nemmeno una parola.
 
«Non vorrai disturbarli? Se va come credo staranno facendo “pace”… » Mima con le dita le virgolette soffermandosi sulla parola pace e immediatamente capisco a cosa si riferisce.
 
«In effetti…» gli rispondo sforzandomi di non arrossire. «Ma non credo sia il caso…» Ammetto titubante.
Nelle ultime tre settimane non ho passato giorno senza chiedermi dov’era, cosa faceva, come stava, e ora che ho finalmente l’occasione di trascorrere del tempo con lui rifiuto?
 
«E perché no? Il tuo ragazzo non ti permette di uscire insieme agli amici? Mi pare che non ti faccia problemi quando esci con Josh.» Sbotta allungandosi verso di me e avvicinando il suo viso al mio.
 
«Non sarebbe di certo d’accordo se sapesse che l’ho baciato.» Gli rispondo atona facendo voltare Jake verso il nostro amico il quale inizia a tossire facendosi andare di traverso l’acqua che sta bevendo. «Scherzavo.» Rido sonoramente mentre Josh alza le mani in segno di difesa e ripete più volte di non avermi mai toccata nemmeno con un dito.
 
«Allora andiamo?» Insiste lui riportando la sua attenzione su di me e ignorando Josh che ne approfitta per alzarsi e cambiare tavolo insieme a Robert.
 
«Mi spiace ma Jake non ho tempo. Tra dieci giorni ho l’esame di biologia e sono tremendamente indietro. Mi fermerò in biblioteca a studiare.» Piagnucolo desolata ricordando di aver letto solamente due dei ventotto capitoli programma di esame. «Proprio non mi entra in testa questa materia.»
 
«Allora posso aiutarti a studiare.» Continua il ragazzo guadagnando una sonora risata da parte mia.
 
«Pensi di potermi aiutare?» Dico tra una risata e l’altra, non lo vedo nei panni dell’insegnante.
 
«Sei seria??» Risponde piccato assottigliando gli occhi in una fessura. «Io studio medicina. Chi meglio di me può aiutarti in materie scientifiche?»
 
Non ha tutti i torti, non ci avevo pensato, potrebbe essere la mia salvezza. «In effetti…»
 
«Dai.. quando ti ricapitano delle ripetizioni gratis? Mangiamo qualcosa e ti spiego l’intero programma.»
 
Lo osservo in silenzio per qualche istante riflettendo attentamente sulle sue parole. «E va bene, ma non oggi. Ho bisogno di riposare un po’ anche, mi farò ospitare da Megan nella sua stanza.»
 
«Facciamo domani allora?»
 
Annuisco incapace di trattenere un sorriso di fronte alla sua espressione soddisfatta.
 
«Facciamo da me all’NYU? Jessica ultimamente è un po’ troppo gelosa e decisamente opprimente, non diamole un motivo per rompere.»
 
«Beh, ma se dobbiamo studiare…» Lo provoco maligna.
 
«Perché tu ovviamente dirai a Ryan che ci vediamo?»
 
La sua domanda mi zittisce all’istante e lui scoppia a ridere divertito. «Sarà il nostro piccolo segreto!» Mi sussurra toccandomi il naso con la punta del dito indice.
 
«Jake..» Abbasso lo sguardo non riuscendo ad affrontare oltre i suoi occhi fissi nei miei. «… studiamo e basta.»
 
«Certo! Che idee ti vengono in mente?» Ghigna divertito voltandomi le spalle e allontanandosi da me senza darmi il tempo di rispondergli.
 
 
 
Che idee mi vengono in mente?
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO 21 ***


Ciao a tutti… questo capitolo merita una premessa in più.. Infatti a differenza di tutti gli altri, ha un titolo:
Pensieri Svelati.
Inoltre in questo capitolo per la prima volta è presente un cambio di POV. Ho cominciato riportandovi un piccolo e insignificante Jake’s POV ambientato nel capitolo precedentemente, esattamente poco prima che Mia e Josh raggiungessero lui e Robert in mensa (uno dei miei Jake’s Moment che ogni tanto pubblico sulla mia pagina di FB).
Subito dopo la storia riprende normalmente esattamente da dove ci eravamo lasciati e quindi da quando Mia e Jake si salutano promettendosi di incontrarsi il giorno seguente per studiare biologia insieme.
La prima parte sarà, come consuetudine, scritta dal punto di vista di Mia, ma da poco più di metà invece si passerà a quello di Jake. Ho preso questa decisione perché credo che sia necessario arrivati ormai al culmine di questa storia chiarire anche i suoi pensieri (e già… ormai mancano pochi capitoli).
Ora finalmente saprete cosa frulla nella testa di Jake.
Grazie ancora a tutte voi che instancabili leggete la mia storia e anche a tutte coloro che continuano a recensire…
Buona lettura.


 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 21 – PENSIERI SVELATI
 
 




 
JAKE’S POV
 
 
Seduto al tavolo della mensa addento l'omelette al formaggio che Robert mi ha costretto a comprare , puzza di piedi e ha la consistenza di una suola di scarpa.
Ora capisco perché Mia continua a dimagrire, con questo cibo non commestibile che le rifilano ogni giorno. Appena sistemerò tutto con lei la porterò a cena fuori.. tutte le sere.. Altro che i piatti di Ryan!
 
«Ha l'esame oggi!»  Interviene Robert destandomi dai miei pensieri.
 
«Cosa?»
 
«Mia! Ha l'esame di procedura oggi, non credo che verrà a pranzo!»
 
«E perché credi che io la stia aspettando?» Scrollo le spalle lasciando ricadere la forchetta nel piatto.
 
«Perché ogni volta che quella dannata porta si apre tu non riesci a fare a meno di guardarla deluso.» Comincia in tono saccente il moro al mio fianco. «E comunque mio caro Jake ti conosco talmente bene da aver capito che sei perdutamente innamorato di lei. Quando ti deciderai ad ammetterlo sarà meglio per tutti, compresa la povera Jessica!»
 
 
 
 
 
MIA’S POV
 
 
Quando torno alla Eaton House posso sentire chiaramente le urla di Micheal e Spencer fin dall’ingresso, il lato positivo è che almeno adesso, dopo quasi tre settimane, stanno parlando. Quindi evito accuratamente la mia stanza e mi dirigo immediatamente al piano superiore in quella di Megan, a metà del corridoio però altre parole dai toni non troppo leggeri giungono alle mie orecchie e non si tratta di Spencer.
 
«Perché non posso venire?» Silenzio. «Ma se sei stanco possiamo solo dormire, non dobbiamo necessariamente fare nulla.» Ancora silenzio, deve sicuramente trattarsi di una conversazione telefonica. All’altezza della camera da cui proviene la voce capisco immediatamente l’identità della proprietaria: Jessica.
«Ma che cavolo, Micheal è qui, è oltre mezz’ora che tutta la Eaton lo sente litigare con quell’altra, Josh vorrebbe stare con Greta, perché non posso venire da te. Stiamo insieme Jake, non dovrei nemmeno chiederti il permesso, o mi stai forse nascondendo qualcosa?»
A queste ultime parole la porta si spalanca e Josh e Greta escono veloci lasciando un po’ di privacy alla loro amica.
«Cosa vuol dire che l’ho voluto io? Tu hai accettato di stare con me, come una vera coppia! C’è per caso qualcuno lì con te?»
 
Sorrido imbarazzata alla coppia essendo stata beccata ad origliare la telefonata. «Sto andando da Megan, non mi sembra il caso di entrare in camera mia.» Ammetto alla fine scrollando le spalle e a malincuore, non potendo più sentire la telefonata tanto interessante, proseguo lungo il corridoio verso la lavagnetta con il nome di Megan e di una certa Tina della quale per il momento conosco solo la voce.
I due ragazzi non mi rispondono ma mentre Greta abbozza un sorriso di rimando, gli occhi di Josh, fissi su di me, sono tremendamente seri e pensierosi.
Infatti, quando la bionda apre la porta, prima ancora che io riesca a fare un solo passo all’interno della stanza, le mani del ragazzo mi circondano le spalle e mi spingono verso la mia amica, richiudendo la porta alle nostre spalle.
 
«Vorrei parlarti.» Annuncia serio voltandosi verso di me.
 
«Devo uscire?» Gli domanda Megan, entrambe le sopracciglia alzate.
 
«No, lo verrai a sapere comunque, tanto vale che ascolti e dici la tua.»
 
Scruto l’interno della stanza alla ricerca di orecchie indiscrete ma della sconosciuta Tina non sembra esservi traccia. «Cosa ti prende Josh?»
 
«Vi ho sentiti prima, e vi ho visti. Che intenzioni avete? Vorrei ricordarti che lui è fidanzato e anche tu lo sei.»
 
«Scusate ma io non ho né visto né sentito nessuno. Cosa mi sono persa?» Domanda Megan spiazzata dalle improvvise domande e affermazioni del castano.
 
«Ma niente, Jake si è solo offerto di darmi una mano a studiare biologia. Tutto qui.» Le spiego sbuffando e alzando gli occhi al cielo. Da quando Josh è stato eletto custode di Jessica e Ryan?
 
«Perché non succederà niente? Proprio come a capodanno?»
 
«A capodanno? Cosa è successo a capodanno?» Ripete Megan che ormai sembra non capire più nulla.
 
«Li ho trovati in cucina mentre stavano per baciarsi. E non scaricare come sempre la colpa su Jake, eri consenziente. Quella sera ho fatto finta di non avervi visti, ma domani non ci sarò io a fermarvi. Siete entrambi fidanzati, che cavolo.»
 
«Tu e Jake?» Megan mi guarda saltellando da un piede all’altro e battendo le mani emozionata. «Perché non mi hai detto niente?»
 
La sua reazione e lo sguardo di rimprovero che le rivolge Josh mi fanno scoppiare a ridere. «Josh, non succederà nulla, tranquillo. Studieremo e basta. Adesso la situazione è diversa, il rapporto tra me e Ryan è molto più solido e non voglio rovinare tutto.»
 
«Dannazione Mia, apri gli occhi!» Alza il tono di voce, sicuramente infastidito dalle mie risate. «Ho visto prima la tua faccia mentre sentivi Jessica litigare con Jake, tu provi qualcosa per lui. Ryan mi piace e non ho intenzione di coprirti ancora.»
 
Alle sue parole il mio sorriso svanisce. «Josh… Non vorrai… non vorrai dire a Ryan che mi devo incontrare con Jake? Lui non capirebbe…»
 
«No Mia, non glielo dirò, ma devi chiarire i tuoi sentimenti. Non puoi stare con Ryan se provi qualcosa per un altro.»
 
Josh ha ragione e io non posso negarlo, quindi chino il capo e annuisco desolata sedendomi sul letto accanto a Megan. Nonostante tutto lui è un buon amico e lo capisco nell’istante in cui si siede al mio fianco e mi cinge le spalle con il braccio. «Io lo dico per te, perché ti voglio bene. Lo so che non è facile perché senti qualcosa per entrambi, devi solo capire con chi dei due vuoi stare veramente e non puoi rimanere con Ryan solo perché Jake sta con Jessica.» Sussurra al mio orecchio dimostrandomi ancora una volta che come sempre riesce a leggere i miei pensieri come se fossero un libro aperto. «E smettila di far intendere a Jake che sia successo o mai succederà qualcosa tra noi… Prima o poi nel dubbio mi metterà le mani addosso.» Conclude ridendo.
«Adesso torno a salutare Greta, sapendo che Micheal era qui speravo di mandare Jessica da Jake e passare qualche ora da solo con lei, ma a quanto pare Jake non sembra d’accordo.»
 
 
 
***
 
 
 
«Ciao.» Lo saluto togliendo il cappotto, sedendomi al suo fianco e porgendogli uno dei caffè da passeggio che ho preso per noi. Appena sveglia ho trovato un messaggio con cui mi avvisava che mi avrebbe aspettata direttamente in biblioteca. «Non conosco i tuoi gusti, quindi ho optato per un semplice caffè!» In effetti ci sono ancora tante cose che non conosco di lui, vivere separati così a lungo ci ha cambiati molto.
 
«Ciao.» Ricambia lui sfoderando il suo meraviglioso sorriso. «Grazie, è proprio come lo preferisco. Pronta a cominciare?»
 
«Si dai…» Rispondo poco convinta. «Hai sentito Micheal?» Domando più per temporeggiare che per curiosità, anche se in verità sono proprio curiosa di sapere se sono riusciti a sistemare tra loro oppure no. Non volendoli disturbare ho preso in prestito alcuni vestiti di Megan evitando di passare per la mia stanza.
 
«No, ma non è tornato in camera stanotte e ho preferito non disturbare. Tu dove hai passato la notte?» Alle ultime parole il suo sorriso svanisce e al suo posto compare un’espressione tremendamente seria.
 
«Da Megan.» Lo rassicuro scoppiando a ridere. «Te l’avevo detto che avrei dormito da lei.»
 
Lui in risposta torna nuovamente a sorridere. «Volevo esserne sicuro.»
 
So a cosa sta pensando, teme che io abbia dormito da Ryan, come io temo che lui abbia dormito con Jessica. «E tu? Hai dormito da solo?»
 
«Certo! Volevo essere riposato per oggi.»
 
Voleva essere riposato per me…
 
Non ha ceduto a Jessica alla fine, non le ha permesso di andare a dormire da lui. Ci fissiamo ancora per qualche secondo negli occhi senza smettere di sorriderci a vicenda e alla fine, quando ormai mi sento del tutto persa in quell’azzurro cielo ora nitido come non mai, sono costretta a distogliere lo sguardo riportando alla mente le parole di Josh.
 
Siete entrambi fidanzati.
 
«Cominciamo?» Mi domanda infine rendendosi conto del mio improvviso imbarazzo e io annuisco in silenzio senza proferire più parola. Spengo il telefono e mi concentro sul libro abbandonato davanti a me e sulla voce cristallina di Jake che mi spiega con parole semplici ma efficaci i vari componenti delle cellule vegetali e animali, cosciente di non poterlo guardare nemmeno per una frazione di secondo senza perdere il filo del discorso.
Dopo un paio d’ore abbondanti abbiamo ultimato già metà del programma d’esame e devo ammettere che come insegnante è molto più bravi di quanto immaginassi, infatti quando mi chiede di ripetere quanto visto fino a quel momento le parole mi escono di bocca naturali e comprendo di aver capito e memorizzato quasi tutto senza alcuna riserva.
 
«Cosa ne dici se facciamo una pausa?» Gli domando stiracchiandomi sulla sedia e sgranchendomi i muscoli del collo.
 
«Certo.» Mi risponde serio guardando alle mie spalle. «Si, e dopo ripetiamo di nuovo questa prima parte del..» Lascia ancora una volta il discorso in sospeso guardando nuovamente nella stessa direzione. La tentazione di voltarmi è tanta ma non voglio rischiare di scoprirlo a fissare una bellissima ragazza, o forse due.
 
«Ci sei?» Sbuffo all’ennesima volta in cui lo vedo distrarsi fissando sempre lo stesso punto.
 
«Si, scusami Mia. Ci sono.» Si giustifica facendo nuovamente incontrare i nostri occhi. «Cosa dicevo? Si, facciamo una pausa, magari pranziamo, e dopo passiamo alla seconda parte.»
 
Rimango stupita dalle sue parole, solo pochi secondi prima stava per dire l’esatto opposto e adesso ha cambiato idea. Chissà che cosa o meglio chi lo sta distraendo così tanto. Chiudo il manuale e lo ripongo nella borsa e nell’esatto istante in cui torno a guardarlo lo scopro nuovamente a fissare lo stesso identico punto e la cosa mi infastidisce tremendamente. «Senti Jake se preferisci vado via e continuiamo un’altra volta?»
 
Alle mie parole riporta immediatamente la sua attenzione su di me. «Co - cosa? Per –chè?» Balbetta stupito.
 
«Non so, forse senza di me potrai concentrarti meglio su chi ti distrae.» Sbuffo prendendo dal tavolo il resto della mia cancelleria e riponendo il tutto all’interno della mia borsa con estrema non curanza.
 
Nuovamente il suo bellissimo sorriso torna a fare capolino. «Perché chi credi che io stia guardando?» Domanda divertito fissandomi così intensamente da farmi arrossire immediatamente. Dannazione, sono riuscita nuovamente a fargli capire che sono gelosa di lui.
 
«Eccovi qui.» La voce di Micheal ci costringe a distogliere la nostra attenzione l’uno dall’altra. «Finalmente vi ho trovati.»
 
«Ciao!» Lo saluta Jake allungando la mano a palmo aperto verso l’amico. «Come fai a sapere che eravamo qui?» Gli domanda curioso, per evitare possibili sorprese da parte di Jessica abbiamo evitato accuratamente di svelare il luogo del nostro incontro.
 
«Jake, lo sai che la maggior parte le ragazze dell’NYU sanno sempre esattamente dove sei all’interno del campus. Mi è bastato fermarne un paio e subito mi han riferito di averti visto qui insieme ad una moretta “col culo cadente”.» Ridendo mima le virgolette con le dita a mezz’aria. «Non avrei mai immaginato che si trattasse di te.» Ghigna indicandomi con l’indice della mano destra.          
 
Le ragazzo sanno sempre dove sei all’interno del campus.
 
So che Jake è un ragazzo molto popolare e ambito, ma non fino a questo punto, ed ancora una volta mi scopro gelosa di queste sconosciute che possono vederlo e seguirlo ogni volta che vogliono.
 
«Su Mia, non fare quella faccia!» Ride sonoramente Jake. «Il tuo sedere è perfetto e te lo confermo io che l’ho tastato con mano!» Continua alzando entrambe le mani e stringendo le dita.
Non avevo nemmeno fatto caso alla loro offesa. «Cretino.» Indignata gli colpisco la spalla con il pugno chiuso cercando di trattenere l’imbarazzo. Ricordo alla perfezione il nostro bacio sui divanetti dell’Extra e le sue mani ingorde e curiose che esaminavano il mio fondo schiena. 
 
«Potrei non ricordare bene però, che ne dici di ripetere?» Ghigna allungando una mano verso il mio fianco senza però sfiorarmi con un solo dito.
 
«Va bene ragazzi, e su queste parole io me ne vado. Volevo solo chiederti la macchina, la mia serve a mio fratello e io vorrei tornare da Spencer, vorrei battere il ferro finché è ancora caldo. L’ho quasi convinta a tornare insieme.»
 
«Certo.» Gli risponde allungando le chiavi della sua Audi. «Riportamela intera e per un’ora decente che vorrei riportare Mia al campus.»
 
 
 
Micheal ci lascia da soli assicurandoci che sarebbe tornato prima di cena e implorandoci di augurargli buona fortuna, noi invece decidiamo di prenderci una pausa e pranzare.
 
«Allora? Cosa vuoi mangiare?»
 
Mi porto il dito indice al mento e fingo di riflettere sulla sua domanda. In realtà a me va bene tutto e non ho nemmeno così tanta fame, vorrei solo allontanarmi da qui e da tutte le sue spasimanti. «Quello che vuoi, però uscirei dal campus se ti va bene..»
 
«Ok piccola.» Sussurra al mio orecchio aiutandomi ad infilare il cappotto. «Lascia fare a me.» Le sue dita sfiorano delicate la base del mio collo facendomi rabbrividire come non mi succedeva da tempo. «Dobbiamo camminare un po’ però..»
 
Annuisco affondando il capo all’interno della sciarpa per proteggermi dal freddo pungente che ci accoglie all’esterno. «Non c’è problema.»
 
Camminiamo per quasi mezz’ora da Brooklyn a Coney Island e io mentalmente ringrazio di aver messo gli stivali senza tacco. Per tutto il tempo parliamo degli anni che abbiamo trascorso distanti e Jake mi tormenta di domande, curioso di scoprire tutto della mia vita in Kentucky non accontentandosi di risposte vaghe e generiche. Raggiungiamo la spiaggia e ci fermiamo da Nathan’s ad ordinare due hot dog, una birra e una diet coke.
 
«E tu mi hai portato fin qui per mangiare un panino.» Lo derido addentando il mio wurstel.
 
«Signorina, non è un semplice panino, questo è uno dei migliori hot dog di New York.» Improvvisamente mi prende sottobraccio e mi obbliga a seguirlo verso la distesa di acqua piatta e insolitamente calma per il mese di gennaio. «E vuoi mettere a mangiarlo in riva al mare?»
 
Sorrido emozionata per la sua inaspettata vicinanza e mi lascio guidare verso il pontile di fronte a noi, dove ci accomodiamo fianco a fianco con le gambe a penzoloni e lasciandoci cullare dal rumore del mare. «In effetti.»             
 
«Allora, non mi hai ancora detto quanti fidanzati hai abbandonato ad Union.» Continua il suo interrogatorio bevendo un lungo sorso di birra.
 
«Ah ah.» Rido mandando giù un altro boccone del mio hot dog. «Nessuno!»
 
«Non ci credo, devo aspettarmi qualche altro ragazzo che rivendica dei diritti su di te?» Ride a sua volta colpendomi con la spalla e facendomi traballare.
 
«Assolutamente no. Nessun ragazzi in Kentucky.» Lo rassicuro portando alla bocca la lattina e mandando giù un generoso sorso della mia bevanda.
     
«E con Ryan?» Domanda senza nemmeno sforzarsi di continuare a sorridere.
 
 
 
 
 
 
JAKE’S POV
 
 
Mia ha gli occhi fissi sull’oceano e non accenna a pronunciare una sola parola. Una parte di me vorrebbe evitare accuratamente l’argomento, anzi vorrebbe cancellarlo definitivamente, ma abbiamo ancora una conversazione in sospeso. «Quella cosa che mi hai detto la sera dell’ultimo dell’anno…»
 
Affonda i denti nel labbro inferiore, continuando a guardare la distesa d’acqua di fronte a se. «Jake…» Dice dopo aver inspirato profondamente.
 
Allungo la mano verso di lei e le accarezzo delicatamente la guancia con il palmo, costringendola a voltarsi e per un istante mi perdo in quegli occhi marroni tanto grandi quanto dolci. «Mia, devi dirmelo se ti ha fatto del male.» Il solo pensiero mi fa rabbrividire e semmai dovessi scoprire che quell’idiota ha osato sfiorarla con un solo dito sarei pronto a rischiare la galera pur di fargliela pagare. Lei, così dolce e così indifesa, ha già sofferto troppo, devo proteggerla a qualunque costo.   
 
«Ti prego Jake, l’ultima cosa che voglio fare adesso è parlare di Ryan… o di Jessica.»
 
Per l’ennesima volta vuole far cadere il discorso e forse ha ragione, non è questo il momento più adatto per parlare del suo… fidanzato.
Ah Mia, perché sono stato così idiota? Perchè non ho saputo aspettarti? Perché mi sono lasciato andare con Jessica credendo che la gelosia ti avrebbe fatta tornare da me.
 
«In realtà a proposito di Jessica vorrei dirti che…»
 
Prima che possa finire di parlare lei allunga l’indice della mano destra e lo preme sulle mie labbra costringendomi a lasciare in sospeso la frase. «Shhh.» Mi zittisce mettendo da parte quello che ha avanzato del suo panino e la bibita quasi vuota. Alzo la mano e stringo la sua morbida e decisamente troppo fredda e scossa da brividi.
 
«Ma stai tremando.» 
 
«Non fa proprio caldo qui.» Mi risponde timidamente stringendosi ancora una volta all’interno del leggero cappotto giallo.
 
«Se indossassi un piumino come tutte le persone normali invece di questi cappottini troppo leggeri.» La rimprovero scuotendo la testa a destra e sinistra e cercando di scaldarla con le mani.
 
«Beh ma sono più carini e non mi fanno sembrare grassa.» Ribatte sbuffando e sfoggiando quel bellissimo broncio che tanto adoro.  
Senza pensarci mi porto alle sue spalle, circondando il suo corpo minuto con le braccia e le gambe e la abbraccio cercando di scaldarla con il contatto fisico. Affondo il volto nei suoi bellissimi capelli e inspiro profondamente riempiendomi i polmoni del suo profumo di cui ho tanto sentito la mancanza nell’ultimo lunghissimo mese, vaniglia. Quante volte ho immaginato di stringere il suo morbido corpo al mio come sto facendo in questo momento, quante volte ho cercato il suo profumo sulla pelle di altre ragazze realizzando che nessuna di loro era la mia Mia. «Saresti bellissima anche con addosso un sacco dell’immondizia.»
 
Le ci vogliono una manciata di secondi per rilassare i muscoli della schiena e adagiarsi contro il mio torace, e io la stringo ancora di più a me per godermi fino in fondo questo momento che vorrei potesse durare per l’eternità. Lascio scivolare le mani lungo le sue braccia fino ad incontrare le sue e le nostre dita si intrecciano in un gesto semplice e naturale, quasi abitudinario.
 
«Mia..» Sussurro al suo orecchio prima di nascondere il volto nell’incavo del suo collo cercando di resistere alla tentazione di baciarle quella porzione di carne morbida e calda. Cosa darei per leggere nella sua mente, per sapere cosa prova per me. Le parole di Robert continuano a rimbombarmi nella mente: “ti conosco talmente bene da aver capito che sei perdutamente innamorato di lei. Quando ti deciderai ad ammetterlo sarà meglio per tutti…!" Perché quel nano rompiscatole deve avere sempre ragione? Chissà se anche lei se ne è accorta? «Un penny per i tuoi pensieri.» Le domando dopo interminabili minuti di silenzio solleticandole il collo con il mio respiro caldo.
 
Lei scioglie le nostre mani e stringe le mie braccia ancora di più al suo corpo, come se fosse possibile. «Chi stavi guardando prima?»
 
Non capisco immediatamente a cosa si riferisca. «Quando?»
 
«In biblioteca, fissavi con insistenza qualcuno alle mie spalle.» Sorrido istintivamente proprio come la prima volta che mi ha posto questa stessa domanda.
 
«Sei gelosa?» Le sussurro all’orecchio e sorrido ancora sentendola rabbrividire.
 
«Rispondi e basta.» Sbuffa cercando di slacciarsi dalla mia presa e io stringo ancora di più le braccia, non sono pronto a lasciarla andare.
 
«Dei ragazzi..» Le rispondo ripensando alle facce di quegli idioti che continuavano a girare intorno al nostro tavolo solo per guardarla. «Non la smettevano di fissarti.»
 
Mia soffoca una risata tendendo i muscoli della schiena e schiacciandosi ulteriormente al mio torace. Pagherei per vedere il suo bellissimo volto.
 
«Sei geloso?» Mi scimmiotta riproponendomi la stessa domanda che le avevo rivolto io pochi istanti prima.
 
Vorrei negare, vorrei fare come sempre il duro ma non voglio rovinare questo momento perfetto, con lei sento di poter essere me stesso fino in fondo. «Sempre.» Le rispondo semplicemente stringendola affinché non tenti di girarsi verso di me e guardarmi con quei bellissimi occhi nocciola. «E di chiunque..»
 
«Jake io…»
 
«Shh.» La zittisco imbarazzato dalla mia improvvisa sincerità e impaurito dalla sua possibile reazione. «Non dire niente per favore.»
 
Inaspettatamente le sue mano tornano sulle mie e le nostre dita si intrecciano ancora una volta, palmo contro palmo. «Anch’io.» Sussurra dopo quella che mi sembra un’eternità facendomi perdere un battito.
 
Rimaniamo in silenzio stretti l’una tra le braccia dell’altro a guardare il mare e lasciarci cullare dal rumore delle onde che si infrangono contro i pali del pontile. Nessuno dei due dice più solo una parola dopo la nostra rivelazione totalmente inaspettata e io non riesco a non bearmi dell’improvvisa e piacevole scoperta, non muoviamo un solo muscolo per non rovinare il momento, il nostro attimo di felicità. 
Quando ormai il sole inizia a calare oltre la linea dell’orizzonte e l’aria gelida diventa insopportabile per la sua pelle delicata e, anche se controvoglia, mi alzo dal legno umido e la aiuto a tirarsi in piedi. Sempre in silenzio ci incamminiamo verso il mio campus, il mio cuore perde l’ennesimo battito quando la sua mano si allaccia nuovamente alla mia e le nostra dita si intrecciano ancora una volta, e tutto ciò che riesco a pensare è che vorrei non dovermi separare da lei, vorrei poterla tenere al mio fianco almeno per stanotte. E sono sicuro che lo stesso vale per lei, anche se non ha il coraggio di dirmelo, lo capisco dal modo in cui il suo pollice accarezza il dorso della mia mano, dal modo in cui le sue dita si stringono alle mie.
 
«Vuoi salire?» Le domando titubante, non voglio che fraintenda le mie intenzioni. «Così chiamiamo Micheal e sentiamo tra quanto arriva.» Mi affretto a chiarire. Darei tutto ciò che ho per passare anche una sola notte con lei ma non voglio che creda di essere una delle tante.
 
Mia annuisce lasciando ondeggiare i suoi splendidi capelli e io vengo colpito dall’ennesima ondata di vaniglia e senza lasciare la sua morbida mano la trascino lungo i corridoio del dormitorio fino alla stanza numero trecentoquarantadue, la mia.
 
«Che ordinati che siete.» Mi schernisce appena messo piede oltre la porta.
 
«Io sì.» E le indico il mio lato di camera, ho passato l’intera notte a metterlo a posto e pulirlo nel dubbio che vi sarebbe entrata. «Quella è la parte di Micheal.» Termino orgoglioso.
 
Estraggo il telefono dalla tasca dei Jeans e scorro la rubrica alla ricerca del nome del mio compagno di stanza. Ci sono molte chiamate senza risposta e alcuni messaggi, la maggior parte di Jessica, avevo tolto tutti i toni già in biblioteca e non avevo più controllato il telefono. Credevo di essere stato abbastanza chiaro con lei, eppure sembra non voler lasciare la presa.
 
“Hei amico, cosa c’è?” Mi risponde Micheal con il fiato grosso, spero che non significhi ciò che penso.
 
“Dove sei? Ti avevo detto di tornare per cena. Devo riaccompagnare Mia alla Eaton.”
 
“Ah! è già così tardi? Ascolta non può fermarsi da noi? Così continuate a studiare. Tanto qui in camera sua ci sono io..” Sogghigna divertito e sento la voce di Spencer, vicina all’apparecchio, lamentarsi e chiedere della sua amica. “Spencer vuole parlare con Mia, passagliela.”    
 
Mi volto verso la ragazza seduta a gambe incrociate sul mio letto e le allungo il telefono. «Spencer vuole parlare con te.»
 
Lei sbatte un paio di volte le lunghissime ciglia e prende il cellulare portandoselo all’orecchio.
«Ciao Spencer. Dimmi tutto? …..  No, dai ne parliamo dopo. ….. Come Micheal vuole dormire anche stanotte da noi? ….. Ho capito che state facendo pace ma  ……  Ah! Quel tipo di pace. Va bene ragazzi, buona serata.»
 
Chiude la conversazione e dalla sua espressione so già cosa sta per dirmi. «Fammi indovinare… Micheal non viene!»
 
«Esatto!» Sorride scuotendo la testa.
 
Inspiro profondamente sentendo le guance avvampare, eppure è una frase che ho ripetuto molte volte prima di oggi a moltissime ragazze. «Puoi fermati qui se vuoi...»
 
Mia si guarda intorno titubante. «Magari posso usare il letto di Micheal..»
 
«Io se fossi in te non lo farei, non credo che abbia mai cambiato le lenzuola dall’inizio dell’anno… universitario intendo.» Mia arriccia il naso nella sua solita smorfia di disappunto e io non riesco a trattenermi dal ridere. «Puoi dormire con me, prometto che sarò bravo.»
 
Senza rifletterci annuisce e sfoggiandomi il suo fantastico sorriso ma dal rossore delle sue guance intuisco facilmente che anche lei è imbarazzata.
Ordino una pizza alle verdure mentre lascio a lei la scelta del film da vedere, pregando che non scelga nulla di noioso o romantico in stile Twilight. Se fosse per me sceglierei un bel film dell’orrore per poterla stringere ancora una volta tra le mie braccia in tutte le scene di maggior terrore, infondo fino a qualche anno fa era lei a scegliere questo genere di film e poi urlando per la paura cercava di abbracciarmi per trovare conforto.
Mia invece mi stupisce piacevolmente e realizza i miei desideri sfoggiandomi la custodia dell’Evocazione, che abbia le mie stesse intenzioni?
 
«Possiamo vedere questo? Non sono riuscita a vederlo al cinema?»
 
«Ne sei sicura? Tu e i film di paura non siete mai andati molto d’accordo.» Le faccio notate ammiccando. 
 
«Jake, non sono più una bambina! I film non mi spaventano più!» Le classiche ultime parole famose.
 
Intanto che aspettiamo la pizza prendo dal comò un paio di pantaloni di tuta scuri e una t-shirt bianca per mettermi comodo, e le porgo la mia maglietta preferita di Spiderman affinché lei faccia lo stesso. Mia la prende tra le mani e imbarazzata la stropiccia indecisa sul da farsi. «Forse dovrei rimanere vestita..»  
 
«Non ti ho chiesto di spogliarti. Sei talmente piccola che sarà più larga e lunga della maggior parte dei vestiti che sfoggi quasi ogni sera la Victrola.» Vorrei ricordarle anche di quando l’ho vista con indosso la sola biancheria intima ma non appena quell’immagine torna alla mia mente sento il respiro accelerarsi e preferisco tacere.
 
Le mie parole sembrano comunque averla convinta, infatti si alza dal letto e si dirige in bagno dal quale torna pochi minuti dopo con indosso solo la mia maglietta effettivamente più grande di un paio di taglie e i calzini bianchi alla caviglia. Se fosse un’altra la troverei ridicola, ma lei no, Mia è bellissima e tremendamente sensuale anche così.
Fortunatamente il ragazzo delle pizze bussa alla mia porta prima che io possa dire o fare qualcosa di sbagliato, di nuovo.
 
Non voglio più sbagliare con lei.
 
«Posso prendere una felpa? Ho un po’ freddo.» Domanda mentre io prendo il portafoglio ed estraggo le banconote necessarie a pagare il garzone.
 
«Certo! Prendi quella che vuoi, guarda nell’anta di destra.» Le rispondo aprendo la porta e allungando i soldi comprensivi di una lauta mancia e ricevendo in cambio un cartone gigante di pizza, due lattine di birra e una diet coke. Quando mi giro la vedo riemergere dall’armadio con in mano non una semplice felpa ma quella felpa in particolare, quella dell’NYU. «No scusa Mia, potresti prenderne un’altra.» Mi affretto a lasciare la nostra cena sulla scrivania e a correre da lei togliendole il tessuto verde dalle mani.
 
Mia sbarra gli occhi per lo stupore ma le sue dita sottili non lasciano la presa. «E perché? Mi piace questa, e avevi anche detto che me l’avresti regalata.»
 
«Si, si. E te la posso regalare se vuoi ma non puoi metterla ora.» Mi affretto a risponderle sperando di cancellare quell’espressione delusa che si è dipinta sul suo volto.
 
«Ma perché non posso?» Insiste tirando con più forza il tessuto.
 
«… perché è sporca. Va bene?» Ammetto desolato, lasciando la presa affinchè non si strappi. Mia indietreggia di qualche passo guardando prima il capo di abbigliamento che stringe tra le mani e poi me, gli occhi stretti a fessura, la mascella tesa.
 
«Ma tu la roba sporca la tieni nell’armadio?» Ovviamente non mi crede, e ora cosa le dico?
 
«Sono sicuro che puzza, l’ho messa praticamente tutti i giorni ultimamente.»
 
«Tutti i giorni?» Trattiene a stento una risata e la blocco prima che l’avvicini al naso per annusarla. «E perché non l’hai lavata?»
 
Le volto le spalle passandomi le mani tra i capelli e cercando nei meandri della mia mente una possibile risposta che non mi faccia sembrare pazzo o dalla scarsa igiene personale.
 
«JAKE.» Mia alza la voce portandosi le mani sui fianchi. «Guardami e dimmi cosa c’è sotto!»
 
Ok, ok. Cosa avevo detto oggi? Basta bugie, devo essere me stesso fino in fondo. Mi giro di scatto non immaginando quanto lei sia vicina e rischiando di farla cadere a terra, fortunatamente sono pronto ad afferrarle le spalle e attirarla a me permettendomi di assaporare ancora una volta una buona dose del suo dolce profumo.
 
«Perché…» La paura che scappi a gambe levate accende ogni singolo campanello d’allarme del mio corpo. «Per la vaniglia.»
 
Mia scoppia a ridere incredula delle mie parole. «E adesso cosa c’entra la vaniglia?»
 
«Dopo che te ne sei andata a Natale, l’ho trovata sul letto e anche se l’hai indossata solo per qualche minuto era satura del tuo profumo. Da allora l’ho indossata quasi tutti i giorni e, anche se ormai sa solo di me, mi sembra di sentire ancora quel retrogusto di vaniglia. Se l’avessi lavata sarebbe svanito completamente.» Butto fuori tutte le parole d’un fiato, staccandomi da lei e voltando il capo incapace di guardare la sua faccia divertita o peggio, schifata dalla mia rivelazione. «Capirò se te ne vuoi andare.» Sussurro infine, pregando che non sia nelle sue intenzioni scappare da me.
 
Lei però non proferisce parole e grande è lo stupore quando le sue mani circondano le mie guance costringendomi a guardarla negli occhi. «Jake…» Sussurra prima di far incontrare le sue labbra con le mie. «Andarmene? È la cosa più dolce che mi abbiano mai detto...» E mi bacia ancora allacciando le braccia dietro il mio collo. Mi ci vuole ogni briciolo di determinazione che ho in corpo per allontanarla da me e per non saltarle addosso appena i miei occhi incrociano i suoi, stupiti e delusi per la mia reazione.
 
«Non guardarmi così Mia, non aspetto altro dal giorno di Natale, anzi da molto prima, ma non deve succedere ora e soprattutto non così. Se e quando succederà voglio che significhi qualcosa.» Le bacio la fronte e le accarezzo i morbidi capelli ispirando profondamente il suo dolce profumo. «Sono stanco di dividerti con Ryan.»
 
«E io sono stanca di dividerti con Jessica.» Sbuffà affondando il volto nel mio torace.
 
«Io Jessica l’ho lasciata ieri sera.» Le sussurro all’orecchio. «Non potevo continuare a stare con lei dal momento che il mio cuore appartiene ad un’altra.»  
 
Il mio cuore appartiene a te.      
 
       
 
              
 
 
 
 
 
        

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Capitolo 22
*** CAPITOLO 22 ***








 


Ciao a tutte,
vi ringrazio per tutte le bellissime recensioni del capitolo precedente... Siete fantastiche e prometto che risponderò a tutte entro il week end.
Mi ha fatto piacere che abbiate apprezzato i pensieri di Jake e che abbiate capito anche lui.
In effetti sotto sotto è molto tenero, e forse un po’ imbranato (cit. Viola <3 ). Volevo che lo vedeste anche voi con i miei occhi…
 
 
Il nuovo capitolo invece parte esattamente dalla spiaggia, dal Jake’s Pov! Mi è stato richiesto di ripeterlo riportando i pensieri di Mia questa volta… quindi buona lettura… sempre nella speranza di non annoiarvi e non deludervi.
 
Un abbraccio 
 
 
 
 
 
 
CAPITOLO 22
 
 
 
«Quella cosa che mi hai detto la sera dell’ultimo dell’anno…» Tengo gli occhi fissi sull’oceano incapace di pronunciare una sola parola. Ho sbagliato ad accennargli della reazione di Ryan al nostro bacio, in fondo per quanto esagerata era totalmente giustificabile, ma Jake non lascerà mai perdere l’argomento.
 
Affondo i denti nel labbro inferiore e inspiro profondamente per trovare il coraggio di dire qualcosa. È tutto così perfetto, vuole veramente parlare di Ryan Bass adesso? Vuole veramente parlare dell’uomo che dovrebbe essere il mio fidanzato ma per il quale io non sento di provare un briciolo dell’affetto che provo per il ragazzo al mio fianco? «Jake…» Biascico mentre il senso di colpa e la consapevolezza si fanno strada velocemente verso di me. Io sto con Ryan solo per cercare dimenticare Jake, e credo che anche lui se ne sia accorto, ecco perché reagisce sempre così male alla sua presenza.
 
Quello che succede dopo mi lascia totalmente interdetta, la mano di Jake scivola veloce verso il mio viso, accarezzando la mia guancia e delicatamente fa perno su di essa per costringermi a voltarmi verso di lui facendo incontrare i nostri occhi, azzurro e marrone. Terra e cielo. Ecco, noi siamo esattamente come la terra e il cielo, destinati ad essere separati dall’apparente orizzonte.
 
«Mia, devi dirmelo se ti ha fatto del male.»
 
Le sue parole e quella strana luce nei suoi occhi mi fanno tremare, non sembra arrabbiato ma spaventato. Vorrei potergli dire la verità ma ho paura della sua reazione, ha dimostrato troppe volte di essere totalmente imprevedibile, sono sicura che se sapesse la verità correrebbe all’istante da lui, rischiando oltretutto la galera.
Che cavolo Jake, siamo io e te di fronte a questo fantastico mare, perchè vuoi parlare di Ryan?
 
Siete entrambi fidanzati.
 
«Ti prego Jake, l’ultima cosa che voglio fare adesso è parlare di Ryan… o di Jessica.» Aggiungo velocemente ricordandogli il nome della sua ragazza, perché anche lui è impegnato.
 
«In realtà a proposito di Jessica vorrei dirti che…»
 
Prima che possa finire la sua frase allungo l’indice della mano destra e premo sulle sue morbide e invitanti labbra. «Shhh.»  Non voglio parlare della sua fidanzata, non ora che siamo da soli in questo magnifico posto, non ora che posso fingere che non esista nulla all’infuori di noi, non ora che posso illudermi di contare qualcosa per lui. Esito per pochissimi istanti a contatto con le sue labbra immaginandomi di poterle sfiorare ancora una volta con le mie, di baciarlo proprio come quel pomeriggio del giorno di Natale, quando eravamo seduti uno accanto all’altra sul suo divano. Sento la sua bocca tendersi in un sorriso sotto la pressione del mio indice mentre la sua mano afferra la mia avvolgendola e facendomi rabbrividire per quel contatto tanto desiderato.
 
«Ma stai tremando.» 
 
«Non fa proprio caldo qui.» Mi affretto a rispondere incassando il collo all’interno del cappotto, fingendo che quel tremito che mi ha appena scosso sia stato causato dal freddo piuttosto che dalla sua stretta inaspettata.
 
«Se indossassi un piumino come tutte le persone normali invece di questi cappottini troppo leggeri.» Mi rimprovera allungando la mano e strofinandola per l’intera lunghezza della mia schiena.
 
«Beh ma sono più carini e non mi fanno sembrare grassa.» In effetti questa mattina, percepita la bassa temperatura della giornata, avevo pensato di indossare il caldo piumino nero ma poi, guardando la mia immagine riflessa nello specchio troppo gonfia per i miei gusti, ho optato per l’aderente cappotto giallo.
Volevo essere bella per lui.
Senza preavviso alcuno Jake si alza dal pontile e prima che io riesca a muovere un solo muscolo per oppormi si porta alle mie spalle sedendosi dietro di me e lasciando ricadere le gambe una per ogni lato del mio corpo, mentre le sue braccia mi stringono togliendomi completamente il respiro.
 
«Saresti bellissima anche con addosso un sacco dell’immondizia.» Sussurra la mio orecchio dopo affondando il volto nei miei capelli e inspirando profondamente.
No, mi sto sbagliando, non può avermi annusata sul serio.
Ma le sue parole, quelle le ho sentite veramente, mi ha appena detto che mi trova bellissima. Mi rilasso contro il suo torace crogiolandomi nel suo abbraccio e le sue mani scivolano veloci lungo le braccia fino a raggiungere le mie, ed io istintivamente intreccio le mie dita con le sue e socchiudo gli occhi cercando di imprimere nella mia mente l’istante più bello della mia intera vita.
Quante volte ho invidiato tutte le ragazze che ricevevano queste attenzioni da lui, dal mio Jake, e adesso ho paura di aprire gli occhi e ritrovarmi nel letto di Megan, scoprendo di essermi sognata tutto. Ma in fondo non è possibile, se questo fosse un sogno io sarei l’unica per lui e questo escluderebbe Ryan, Jessica e soprattutto le ragazze della mensa.
 
«Mia.. Un penny per i tuoi pensieri.» Sussurra la mio orecchio solleticandomi il collo per la troppa vicinanza e io non riesco a non immaginare le sue labbra morbide e calde a contatto con la mia pelle desiderando più di ogni altra cosa un suo bacio. Faccio risalire le mani fino ai suoi gomiti e li spingo verso il mio corpo costringendolo ad abbracciarmi di più, quasi a volermi fondere in un tutt’uno con lui.
 
«Chi stavi guardando prima?» Domando d’un fiato troppo curiosa per lasciar cadere il discorso.
 
«Quando?» Mi chiede di rimando, sta fingendo o si è già dimenticato di loro?
 
«In biblioteca, fissavi con insistenza qualcuno alle mie spalle.» Specifico, tranquillizzandomi nella consapevolezza che non può vedere il rossore delle mie guance.
 
«Sei gelosa?» Sussurra al mio orecchio sfoderando nuovamente il suo tono arrogante e spavaldo.
 
«Rispondi e basta.» Sbuffo cercando di liberarmi da lui, non lo sopporto proprio quando entra in modalità playboy.  
 
Lui però mi stringe ancora di più a sé impedendomi di sfuggire al suo abbraccio e senza staccarsi dal mio orecchio mi risponde serio. «Dei ragazzi.. Non la smettevano di fissarti.»
 
Sgrano gli occhi incredula, mi immaginavo una bellissima, magrissima e attraente biondina, o una provocante rossa. Mai avrei anche solo potuto immaginare che si trattasse di ragazzi, ragazzi che guardavano me oltretutto. Soffoco una risata soddisfatta e aderisco totalmente la mia schiena al suo torace, mentre una domanda sorge spontanea. «Sei geloso?»
 
So già che negherà, ma questa volta non può più nascondersi dietro la sua aria di uomo vissuto che non deve chiedere mai, perché sotto sotto ormai so che è vero.
 
«Sempre.» Rimango senza parole nel sentire la sua risposta e d’impatto mi dimeno tra le sue braccia per potermi voltare e vedere il suo viso, con la paura di essere presa in giro. Jake però, capite le mie intenzioni, stringe le braccia ingabbiandomi e impedendomi di spostarmi di un solo centimetro «E di chiunque..» Continua spiazzandomi ancora di più.
 
«Jake io…» Comincio non sapendo bene cosa dire alle sue parole che mi hanno come sempre perdere un battito, ma lui mi interrompe non permettendomi di continuare.
 
«Shh. Non dire niente per favore.»
 
Non posso credere che sia vero, Jake ha veramente ammesso di essere geloso di me. Tutte le volte in cui reagiva male di fronte a Ryan, ho sempre pensato che lo facesse solo per farmi un dispetto, perché arrabbiato per il mio ritorno, e invece era solo… geloso. Proprio come lo sono io quando lo vedo insieme a Jessica o alla fortunata di turno. Megan e Spencer avevano ragione e io, stupida e cocciuta come sempre, non avevo creduto alle loro parole.
Jake è geloso.
Sorrido a me stessa riportando le mie mani alle sue e intrecciandole con le mie. «Anch’io.» Ammetto infine, decisa ad aprire il mio cuore una volta per tutte. Solo per oggi voglio essere me stessa, basta bugie.
 
 
 
Un’ora e mezza dopo torniamo alla NYU e Jake mi invita a salire nella sua stanza per chiamare Micheal. Per tutta la strada le nostre mani sono rimaste intrecciate e quando è costretto a lasciarla per aprire la porta della sua camera, con la consapevolezza che tra poco dovrò salutarlo, una strana sensazione di vuoto prende possesso del mio cuore.
Estrae il telefono dalla tasca dei Jeans e fissa lo schermo pensieroso prima di digitare il numero del suo compagno di stanza. Da questa mattina non ho mai controllato nemmeno una volta il mio, Ryan avrà sicuramente provato a chiamarmi più e più volte e adesso sarà molto arrabbiato, il problema è che in realtà non me ne frega assolutamente niente.
 
“Dove sei? Ti avevo detto di tornare per cena. Devo riaccompagnare Mia alla Eaton.” Sbotta non appena l’amico gli risponde, dopo una manciata di secondi si volta verso di me allungandomi l’apparecchio. «Spencer vuole parlare con te.»
 
“Ciao Spencer. Dimmi tutto?” La saluto portandomi il telefono all’orecchio.
“Allora, com’è andata? È successo qualcosa tra voi?” Mi domanda maliziosa, impaziente di conoscere i fatti.
“No, dai ne parliamo dopo...”
“A proposito di dopo… Micheal vorrebbe dormire da noi stanotte..”
“Come vorrebbe dormire anche stanotte da noi?” Ripeto incredula. E io? Io dove passo la notte?
“Dai Mia, stiamo facendo pace…”
“Ho capito che state facendo pace ma…”
“No Mia, non hai capito.. intendo quella pace. Ti prego.” Avvampo immaginandomeli completamente nudi sul letto della mia coinquilina.
“Ah! Quel tipo di pace. Va bene ragazzi, buona serata.”
 
Chiudo la conversazione e alzo lo sguardo verso il ragazzo in piedi di fronte a me che sorride sornione. «Fammi indovinare… Micheal non viene!»
 
«Esatto!» Sorrido a mia volta scuotendo la testa. E adesso cosa faccio? Potrei provare a chiamare Megan, sentire Ryan è decisamente escluso.
 
«Puoi fermati qui se vuoi...»
 
La sua voce tentenna leggermente. Vago per la camera incapace di continuare a fissarlo per l’imbarazzo finchè i miei occhi incrociano il letto ancora disfatto del suo coinquilino. «Magari posso usare il letto di Micheal..»  Affermo indicandolo con l’indice della mano destra.
 
«Io se fossi in te non lo farei, non credo che abbia mai cambiato le lenzuola dall’inizio dell’anno… universitario intendo.» Arriccio il naso schifata all’idea di anche solo sfiorare quella stoffa sporca di oltre quattro mesi, e pensare che Spencer, così maniaca dell’igiene, ha più volte dormito lì con lui. «Puoi dormire con me, prometto che sarò bravo.» Continua inaspettatamente ridendo, sicuramente a causa la mia espressione ancora schifata, e io annuisco immediatamente, sia perché non mi avvolgerei mai in quelle lenzuola nemmeno sotto tortura ma soprattutto perché il mio corpo è incapace di rifiutare il suo invito nonostante la mia mente urli i nomi di Ryan e Jessica.
 
Siete entrambi fidanzati.
 
Lo osservo con la coda dell’occhio mentre accendo il televisore e scorro la libreria dei film, mi sembra così strano che permetta a me di scegliere il film da vedere. Guardo la lista cercando di immaginare qualcosa che possa piacere ad entrambi, ripensando alle nostre serate di quattro anni fa, a base di pizza e film horror, in cui la sottoscritta sfruttava ogni singola scena di paura per cercare di abbracciarlo. Sorrido al solo pensiero e senza indugio mi soffermo su “L’Evocazione”. «Possiamo vedere questo? Non sono riuscita a vederlo al cinema?»
 
«Ne sei sicura? Tu e i film di paura non siete mai andati molto d’accordo.» Ammicca soffocando un sorriso, so che sta pensando anche lui al nostro passato.
 
«Jake, non sono più una bambina! I film non mi spaventano più!» Gli rispondo assaporandomi già l’istante in cui mi rifugerò tra le sue braccia forti, consapevole che questa volta lui mi stringerà a sé approfittando delle mie paure.
 
Al diavolo Ryan, al diavolo Jessica.
 
Jake si avvicina al comò bianco sotto la finestra e si inginocchia mettendomi in bella mostra il suo lato b che io istintivamente osservo ammaliata deglutendo un paio di volte: il fondo schiena di Jake è veramente notevole. Distolgo velocemente lo sguardo quando si volta porgendomi una maglietta e invitandomi a mettermi comoda. Sgrano gli occhi al pensiero di spogliarmi davanti a lui mentre un brivido percorre il mio intero corpo. «Forse dovrei rimanere vestita..» 
 
«Non ti ho chiesto di spogliarti. Sei talmente piccola che sarà più larga e lunga della maggior parte dei vestiti che sfoggi quasi ogni sera la Victrola.» Il suo tono è ironico ma il suo volto sembra tutt’altro che divertito, i suoi occhi sono imbarazzati e famelici, proprio come la mattina di Natale, quando è entrato nella sua stanza mentre io ero svestita. Che stia pensando anche lui a quel momento? Mando giù un quantitativo non indifferente di saliva e prima che possa vedermi arrossire per l’ennesima volta mi alzo dal letto e corro in bagno a cambiarmi.
 
All’interno della piccola stanza mi sfilo prima il maglioncino e poi gli stivali e i Jeans e osservo per qualche istante la mia immagine riflessa nello specchio soffermandomi sui miei seni gonfi e sodi e sui fianchi forse un po’ troppo pronunciati. Jake prima ha detto che mi trova bellissima, eppure Jessica e tutte le altre ragazze con cui l’ho visto sono molto più magre di me. Scuoto la testa ricacciando quell’immagine dalla mia mente, non posso continuare a farmi paranoie di questo genere, non dopo tutti gli sforzi che ho fatto finora. Infilo la maglia di Spiderman che, come previsto da Jake, supera effettivamente il sedere di una decina di centimetri e tengo i calzini per non mettere i piedi a contatto diretto con il pavimento freddo.
Quando ritorno nella stanza anche Jake si è cambiato, ora indossa un pantalone di tuta scuro e un t-shirt bianca che aderisce appena sui suoi perfetti pettorali. Anche lui mi osserva dalla testa ai piedi e io vorrei ritornare sui miei passi fino a rifugiarmi nel piccolo bagno, come farò a resistere fino a domani mattina se desidero saltargli addosso ogni volta che i suoi occhi si poggiano su di me?
Fortunatamente il garzone della pizzeria bussa alla porta costringendoci a interrompere il nostro contatto visivo.
 
«Posso prendere una felpa? Ho un po’ freddo.» Domando dopo aver inspirato profondamente, grave errore, ora ho i polmoni pieni del suo profumo che mi si sta imprimendo sulla pelle attraverso il tessuto leggero che indosso.
 
«Certo! Prendi quella che vuoi, guarda nell’anta di destra.» Mi risponde aprendo la porta e senza prestarmi alcuna attenzione.
 
Mi avvicino al frassino bianco e lascio scorrere la pesante anta lungo la sinistra. All’interno vi sono decine e decine di felpe, di tutti i colori e di tutte le marche, ma la mia attenzione viene attratta da una in particolare malamente riposta sull’ultimo ripiano in basso. La mia felpa verde della NYU.  La prendo e mi volto aprendola per indossarla.
 
«No scusa Mia, potresti prenderne un’altra.» Jake corre verso di me e afferra il tessuto tirando con decisione per sfilarmela dalle mani. Nonostante la sua reazione mi stupisca molto, non mi lascio prendere alla sprovvista e non lascio la presa.  
 
«E perché? Mi piace questa, e avevi anche detto che me l’avresti regalata.» Ribatto titubante. Il mio primo pensiero è per Jessica, non so bene per quale motivo ma sono sicura che l’abbia promessa anche a lei visto che sembra riuscire ad avere tutto quello che desidero io.
 
«Si, si. E te la posso regalare se vuoi ma non puoi metterla ora.»
 
«Ma perché non posso?» Insisto delusa, perché non vuole lasciarmela indossare? E perché è così agitato? Cosa mi nasconde?.
 
«… perché è sporca. Va bene?»
 
Mi sta prendendo in giro? Era nell’armadio, non tra le cose da lavare. «Ma tu la roba sporca la tieni nell’armadio?»
 
«Sono sicuro che puzza, l’ho messa praticamente tutti i giorni ultimamente.» Continua e io non riesco a resistere alla tentazione di avvicinarla al naso e sentire se è vero tuttavia le mani di Jake mi bloccano a metà strada.
 
«Tutti i giorni? E perché non l’hai lavata?» Domando soffocando una risata. L’ho sempre visto come un ragazzo molto pulito, non uno che tiene la cose sporche insieme a quelle lavate nell’armadio.
 
Jake mi volta le spalle passandosi entrambe le mani nei capelli e lo conosco abbastanza bene per essere certa che un gesto del genere significa che sta nascondendo qualcosa. «JAKE. Guardami e dimmi cosa c’è sotto!» Mi avvicino di qualche passo a lui, forse troppo perché quando si gira improvvisamente devo fare un balzo indietro per non essere urtata da lui, ma le sue mani mi afferrano prontamente le spalle riattirandomi a sé.
 
«Perché…» Comincia titubante stringendomi al suo torace, sicuramente non vuole permettermi di guardarlo in faccia. «Per la vaniglia.»
 
La vaniglia? Ma cosa diavolo sta dicendo? Si è forse macchiato mangiando un budino? Non riesco a trattenere l’ennesima risata. «E adesso cosa c’entra la vaniglia?»
 
«Dopo che te ne sei andata a Natale, l’ho trovata sul letto e anche se l’hai indossata solo per qualche minuto era satura del tuo profumo. Da allora l’ho messa quasi tutti i giorni e, anche se ormai sa solo di me, mi sembra di sentire ancora quel retrogusto di vaniglia. Se l’avessi lavata sarebbe svanito completamente.»
 
E nella mia mente si presentano le immagini del mio kit da bagno: shampoo, balsamo, doccia schiuma e crema per il corpo, tutto al dolcissimo sapore di vaniglia.
Ha indossato tutti i giorni questa felpa solo perché sentiva o meglio gli sembrava di sentire il mio profumo. Dal giorno di Natale lui ha pensato a me, proprio come io ho pensato a lui, sentiva anche lui la mia mancanza. «Capirò se te ne vuoi andare.» Prosegue prima che io abbia detto una sola parola.
Trattengo a stento una lacrima che bussa pericolosamente sotto le mie palpebre, una lacrime di felicità queste. Non è più un’illusione, ora ho la conferma che anche lui prova qualcosa per me.
Allungo le mani lungo le sue spalle forti fino a raggiungere il volto e lo costringo a guardarmi. «Jake…» Balbetto rimanendo come sempre ammaliata dall’azzurro dei suoi occhi che si perdono nei miei. Terra e cielo. E il passo successivo viene da sé, mi sollevo sulle punte dei piedi e unisco le mie labbra alle sue ritrovandole perfette, esattamente come le ricordavo, calde, morbide e accoglienti. «Andarmene? È la cosa più dolce che mi abbiano mai detto...» Si Jake, nessuno ha mai fatto una cosa simile per me. Il mio cuore batte all’impazzata e ho paura che potrei sentirmi male da un momento all’altro, ma l’unica cosa che riesce a darmi sollievo sono le sue labbra che unisco nuovamente alle mie. Quanto mi sono mancate, quanto ho desiderato poterle sentire di nuovo su di me, così tanto che non mi basta questo misero bacio a stampo, ho bisogno di qualcosa di più profondo per colmare la mia sete. E sono io a schiudere le labbra per accogliere la sua lingua, forse troppo esperta per i miei gusti a causa dei troppi baci concessi alle altre ragazze.
La sua reazione però mi lascia del tutto basita, esattamente l’opposto di ciò che mi aspetto. Le sue mani raggiungono le mie allacciate dietro il suo collo e sciolgono il mio abbraccio allontanandomi da lui. Siamo destinati ad essere separati, eccolo il nostro orizzonte.
 
«Non guardarmi così Mia, non aspetto altro dal giorno di Natale, anzi da molto prima, ma non deve succedere ora e soprattutto non così. Se e quando succederà voglio che significhi qualcosa.» Si china su di me ma per baciarmi la fronte mentre la sua mano mi accarezza delicatamente i capelli, proprio come con una bambina. «Sono stanco di dividerti con Ryan.»
 
«E io sono stanca di dividerti con Jessica.» Sbuffo affondando il volto nel suo torace. Jake non sono solo io quella impegnata, anche tu stai con un’altra ragazza.
 
«Io Jessica l’ho lasciata ieri sera.» Sussurra la mio orecchio bloccando non solo il mio respiro, ma l’intero mio mondo. «Non potevo continuare a stare con lei dal momento che il mio cuore appartiene ad un’altra.»  
 
Mi stringo al suo torace facendo perno sulle braccia per ancorarmi meglio a lui, nel cuore la paura di svegliarmi e scoprire di aver sognato ogni singolo istante di questa meravigliosa giornata. Le sue parole rimbombano nella mia mente e io non so se ridere o piangere. L’ha lasciata sul serio, l’ha lasciata per me.
 
«Perché non me l’hai detto prima?» Biascico, il volto schiacciato contro la sua maglietta.
 
«Ho provato a dirtelo, ma tu mi hai zittito… Mia guardami.» Le sua mani circondano le mie spalle e delicatamente mi separano dal suo corpo atletico, chino il capo vergognandomi di me stessa. Tra noi l’unica traditrice sono io, io che nella consapevolezza di amare da tutta una vita il ragazzo di fronte a me continuo ad essere legata ad un altro uomo. E vorrei potergli telefonare e lasciarlo seduta stante per coronare il mio sogno d’amore una volta per tutte, ma non sarebbe giusto. Non ora, non così. Nonostante io abbia il terrore di chiedergli di aspettarmi fino a domani per darmi il tempo di fare le cose per bene. «Jake…»
 
Ma come sempre io sono un libro aperto per lui. «Non voglio che mi rispondi adesso, voglio che tu ci rifletta, da sola. Devi prendere una decisione, o stai con Ryan o stai con me, basta giocare. Domani, sulla spiaggia! Ti aspetterò domani al tramonto sullo stesso pontile, raggiungimi se sceglierai me. Ora mangiamo che la pizza si raffredda.»
 
Sorrido alla dolcezza delle sue parole, mi ero anche dimenticata della nostra cena. «Certo.» Gli rispondo stringendomi ancora una volta a lui e poi dirigendomi verso il letto dopo aver recuperato il telecomando per avviare il film. «Ma quindi la felpa la posso mettere?» Domando infine sogghignando e trattenendo ancora tra le mani il tessuto verde.
 
Jake si blocca con in mano il cartone della pizza e scoppia a ridere sonoramente. «Assolutamente no.»
 
«Ma ho freddo.» Ribatto fingendo un broncio e incrociando le braccia al petto.
 
Jake mi raggiunge sul letto e mi sfila dalle mani l’indumento appallottolandolo. «Facciamo così questa la buttiamo a lavare e appena sarà pronta te la regalo, tu invece stasera metti un’altra felpa così io potrò indossarla per il prossimo mese, alternandola a questa maglia.» Sussurra al mio orecchio accarezzando il leggero tessuto che mi avvolge e facendomi rabbrividire.
 
Vorrei rispondergli che da domani non gli servirà una stupida maglia per sentire il mio odore, perché da domani ci sarò io, non riuscirà più a liberarsi di me. Preferisco tuttavia tacere, in fondo io ho penato tanto fino ad oggi, lui può aspettare fino a domani per scoprire le mie intenzioni. Domani sulla spiaggia al tramonto saremo io e lui finalmente. Terra e cielo si incontreranno.
 
Ci infiliamo sotto il piumone e avviamo il film, mangiando ogni tanto una fetta di pizza. Ad ogni minima scena di paura mi stringo a lui che mi accoglie tra le sue braccia stringendomi e disegnando cerchi immaginari sulla mia schiena con la punta delle dita. Nascondo il viso nell’incavo del suo collo assaporando il dolce profumo della sua pelle e beandomi della consapevolezza che lui fa altrettanto con me. Le sue braccia forti mi stringono al suo torace per darmi riparo mentre ride ogni volta che non riesco a trattenere un urletto. Aveva ragione lui, sono passati gli anni ma io sono sempre la stessa bambina.
Dopo due interminabili ore spegniamo il televisore e la luce. La tensione tra noi è palpabile e nessuno pronuncia più una sola parola, un conto era guardare il film e abbracciarsi per la paura ma ora che siamo solo io, lui, il buio e il rumore dei nostri respiri istintivamente più corti e veloci del normale sento che non è più un gioco e il desiderio di stringersi, baciarsi e toccarsi è alto. Indecisa sul da farsi mi stendo e mi volto sul fianco destro, dandogli le spalle per il timore di fare o dire qualcosa di inappropriato, tuttavia Il mio cuore perde un battito quando il suo braccio si allaccia alla mia vita e il suo torace aderisce alla mia schiena.
 
«Almeno per una notte posso dormire sul mio fianco preferito.» Sussurra con voce roca al mio orecchio.
 
«Il destro?» Gli domando incuriosita, incapace di comprendere il reale significato delle sue parole. Perché non può dormirci di solito?
 
«No Mia, il tuo.*» Termina depositando un dolce bacio sui miei capelli e stringendomi ancora un po’ al suo corpo.
 
 
 
 
La mattina seguente veniamo svegliati da Micheal e Spencer che entrano all’interno della stanza senza farsi alcun problema trovandoci ancora teneramente abbracciati sotto le coperte.
 
«Non interrompiamo niente vero?» La voce di Micheal ci desta facendoci sobbalzare.
 
«Che modi sono questi?» Si lamenta il ragazzo al mio fianco nascondendo il volto nell’incavo del mio collo. Immediatamente mi irrigidisco comprendendo come durante la notte io mi devo essere voltata verso di lui, le nostre gambe intrecciate, la sua mano destra abbandonata sul mio seno libero dall’intimo che ho sfilato prima di coricarmi, la sua erezione che preme dolorosamente sul mo fianco.
 
Apro gli occhi titubante inquadrando il volto malizioso dei nostri due amici che ci osservano sogghignando e puntello il gomito sul materasso per tirarmi su. Le braccia di Jake tuttavia mi stringono ancora impedendomi di muovermi di un solo centimetro, allunga le gambe slacciandole dalle mie e deposita un bacio alla base del collo. «Vorrei potermi svegliare ogni giorno così.» Sussurra prima di lasciarmi andare e mettersi a sedere. «Buongiorno ragazzi, potevate anche chiamare però.» Termina rivolgendosi ai nostri amici.
 
«Oh beh, non mi sembra di avervi disturbato.» Ride divertito Micheal.
 
«Mia ho pensato che potevi aver bisogno di un cambio.» Squittisce la mia coinquilina, il volto sereno e sorridente come non lo vedevo da tempo.
 
 
 
 
 
Dieci minuti dopo indosso gli abiti che mi ha portato Spencer e dopo aver salutato tutti, mi avvio insieme a Jake verso il parcheggio.
 
«Sicura che non vuoi che ti accompagni?» Mi domanda lasciando l’ennesimo tenero bacio sulla mia fronte.
 
Sorrido smagliante con la consapevolezza che da ieri è ormai cambiato tutto, o quasi. «Si Jake, tranquillo. Devo parlare con una persona e devo farlo subito.» Da stasera potremo finalmente essere una coppia, io e te, ma prima devo risolvere quella questione.
 
Jake annuisce e si china nuovamente per baciarmi le guance. «Ricorda, al tramonto. Io sarò lì ad aspettarti.»
 
Lui lo sa, lo legge nei miei occhi. Io ci sarò.
 
 
Una volta fuori dal dormitorio della NYU mi decido a tirar fuori il telefono dalla borsa. Vi sono un paio di chiamate di Megan e un messaggio da parte sua. A quanto pare Spencer l’ha avvisata che sarei rimasta da Jake e chiede un aggiornamento immediato. Le altre ottantatré chiamate sono tutte di un’unica persona, Ryan Bass. Ci sono anche alcuni messaggi da parte sua, per l’esattezza diciotto. I primi dal tono tranquillo, ma negli ultimi sembra essere parecchio arrabbiato. Un brivido percorre la mia schiena mentre digito il suo numero sullo schermo e premo il tasto di chiamata.
 
“Amelia!” Risponde al primo squillo.
“Ciao Ryan,come…”
“Amelia cosa diavolo è successo ieri, ti rendi conto che ti ho chiamato per tutto il giorno e per tutta la notte e tu non hai mai risposto.” Mi interrompe, è nervoso, molto nervoso.
“Scusami Ryan, non ho visto il telefono fino a stamattina.” Mi affretto a rispondere inspirando profondamente. Se è già questo il suo umore come farò a dirgli che tra noi è finita senza provocare alcuna reazione.
“Per tutto il giorno e per tutta la notte? Dov’eri? DOVE SEI STATA?” La sua voce si alza di un paio di toni, soprattutto sulle ultime due parole.
“Possiamo vederci? Vorrei parlarti.” Continuo risoluta decisa ad incontrarlo nonostante il suo umore.
“Parlarmi di cosa?”
“Dai Ryan, ti aspetto alla tavola calda, facciamo colazione insieme.” Un luogo pubblico è quello che ci vuole, lì almeno sarà costretto a controllare le sue reazioni.
“Sono le dieci Amelia, io ho già fatto colazione diverse ore fa.”
“E ti bevi solo un caffè allora. Vieni o no?” Il suo tono ironico e pungente mi sta facendo perdere la pazienza.
“Tra venti minuti sarò lì.” E riattacca senza indugio, temo che sarà molto più complicato di ogni mia previsione.
 
 
 
Quando oltrepasso la porta della nostra solita tavola calda, ad un solo isolato dalla procura, trovo Ryan già seduto ad attendermi nell’ultimo tavolo in fondo alla sala, il volto teso, la mascella tirata.
 
«Buongiorno.» Lo saluto avvicinandomi alla sedia di fronte alla sua ma lui con un gesto del piede sposta quella al suo fianco invitandomi a prendere posto lì.
 
«Siediti.» Nessun saluto, nemmeno un misero sorriso. Lui lo sa.
 
«Come stai?» Cerco di divagare, l’essere così distante dagli altri tavoli occupati mi mette non poca ansia, soprattutto se accompagnata dall’espressione scura del suo volto.
 
«Mia possiamo saltare i convenevoli, sei venuta qui per dirmi qualcosa. Avanti!» Sbotta stringendo la tazza di caffè cos’ forte che ho paura che si possa infrangere nelle sue mani.
 
«Ok.. Io sono venuta per dirti che ho riflettuto su di noi, sul nostro rapporto e…»
 
«Vuoi lasciarmi?» Mi interrompe arrivando al sodo, gli occhi stretti a fessura studiano il mio volto e io abbasso lo sguardo incapace di incrociare il suo, duro e furente, e annuisco.
 
«Almeno dimmelo guardandomi in faccia.»
 
«Ryan, non lo prendere come un fatto personale. Mi dispiace, ci abbiamo provato ma…» Cerco le parole migliori per rendere meno amara la pillola, ma il succo è quello.
 
«Io ci ho provato, non tu. Tu non ci hai MAI provato, ti sei adattata a stare con me.» Mi interrompe nuovamente alzando la voce.
 
«Vedi, anche tu ti sei reso conto. Tra noi è sempre mancata quella scintilla, ma non sei tu il problema.» Mi affretto a rispondere sperando di tranquillizzarlo.
 
«INFATTI, IL PROBLEMA HA UN ALTRO NOME E LO CONOSCIAMO ENTRAMBI.» Ryan sbatte i pugni sul tavolo facendo rovesciare la tazza contente il caffè che si riversa sul tavolo e al suolo, attirando l’attenzione dell’intera sala. «So cosa vuol dire convivere con l’ombra di un ex fidanzato, ma lui c’era proprio con tutto il corpo… Jake non ti ha mai lasciata andare.»
 
«Ryan…»
 
«Vuoi negare? Vuoi veramente negare la verità? E dimmi Amelia non c’entra nulla il fatto che lui abbia lasciato Jessica?» Afferra il mio polso stringendolo con forza e io trattengo un gemito di dolore. «Ah, non sei nemmeno stupita, non so nemmeno perché ma mi illudevo che tu non sapessi nulla.»
 
«E tu come lo sai?» Gli domando tirando il braccio e sperando che lasci la presa, cosa che però non fa.
 
Lui ghigna maligno stringendo con più forza le dita. «Sono venuto a cercarti alla Columbia ieri sera e ho trovato Jessica, mi ha raccontato di come Jake l’ha lasciata e fatalità anche lei ha provato a chiamarlo per tutto il giorno senza ottenere una sola risposta. Eri con lui vero?»
 
«Ryan non sono qui per parlare di Jake ma di noi. E come ti ho detto ci abbiamo provato ma evidentemente non funziona.»
 
«L’hai già detto questo. Ora voglio sapere se hai passato la notte con lui.» Insiste determinato a voler conoscere la verità su quanto accaduto la notte precedente.
 
Abbasso gli occhi incapace di sostenere il suo sguardo, non voglio più mentirgli. «Si, ero con lui, ma non ti ho tradito se è questo che vuoi sapere. Abbiamo solo parlato.»
 
«Ah, parlato? Anche per tutta la notte? Ne avevate di cose da dirvi voi due.» Domanda intensificando il tono sull’ultima parola.
 
«E dormito.» E ci siamo abbracciati, e c’è stato quel bacio che lui però non ha ricambiato. aggiungo mentalmente ma a questo punto credo sia meglio risparmiargli questa delusione. «Senti Ryan, mi dispiace. Non ho mai voluto prenderti in giro, speravo che…»
 
«Basta Amelia. Non voglio sentire altro.» Mi interrompe strattonando il mio braccio sul quale non ha ancora allentato la presa. «Non capisco perché tu sia stata con me tutto questo tempo.» La rabbia ormai sembra aver preso il sopravvento e il dolore inizia a diventare insopportabile.
 
«Ti prego Ryan, basta. Lasciami andare adesso, mi stai facendo troppo male.» Lo supplico non riuscendo più a trattenere le lacrime.
 
«Certo Amelia.» Grugnisce fulminandomi con lo sguardo. «Solo un’ultima cosa. Ti sbagli se pensi che ti permetterò di lasciarmi per stare con lui. Magari alla prossima corsa potrei dimenticarmi di avvisare Mr Crab dell’arrivo della polizia, potrebbe arrivare una soffiata su un’Audi R8 grigia targata… RH911S giusto?»
 
«Ryan.. non puoi..» Balbetto incredula.
 
«Oh si che posso, come tu puoi lasciarmi per lui. Ora per quel che mi riguarda lui ha tre scelte: essere stupido come credo e finire in galera, essere intelligente e rinunciare alla sua passione, detestandoti ogni volta che sentirà il dolce rombo di un’auto, o infine essere furbo e trovarsi un’altra ragazza che non gli incasini la vita. Oppure potresti scegliere tu per lui, pensaci bene piccola e fammi sapere cosa decidi.»
 
Mi alzo in piedi e finalmente Ryan lascia il mio polso sul quale già si evidenziano i segni di quello che diventerà l’ennesimo ematoma. Senza più pronunciare una sola parola gli volto le spalle e mi allontano da lui ignorando la sua voce che chiama il mio nome e mi intima di fermarmi. Finalmente si è mostrato per quello che è veramente… un grandissimo stronzo.
 
Fuori dalla porta svolto a destra e mi incammino lungo le popolate vie di New York, l’aria si è fatta ancora più fredda e il misero cappotto giallo mi ripara ben poco, niente però in paragone al gelo che ho dentro. Rimbocco il colletto e incasso il collo all’interno ripensando alle parole di Ryan e alle possibili conseguenze mentre vago a lungo e senza meta. Grosse nuvole scure hanno riempito il cielo e dal rumore dei tuoni temo che a breve pioverà, eppure c’era il sole stamattina. Guardo l’orologio e con mio grande stupore mi accorgo che sono ormai le due del pomeriggio, senza rendermene conto ho camminato per ben tre ore e quando un grosso gocciolone di acqua mi colpisce il capo comprendo come il destino ancora una volta mi stia dimostrando quella che deve essere la mia scelta.
Il tramonto sulla spiaggia perderebbe tutto il suo romanticismo sotto la pioggia, come Jake perderebbe una parte della sua vita stando con me. Non posso fargli questo.
 
 
Due ore più tardi attraverso il portone della Eaton House, i vestiti fradici, i capelli grondanti di acqua, ma almeno così nessuno noterà le lacrime che copiose hanno rigato le mie guancie.
 
«Mia! Cosa diavolo ti è successo?» Megan si affaccia dalla sala cucina insieme a Robert ed entrambi mi guardano stupiti.
 
Scrollo le spalle e mi sforzo inutilmente di sorriderle lievemente. «Niente, ho solo bisogno di una doccia calda e di riposo.» Senza indugio proseguo verso le grandi scalinate in marmo, desiderosa di chiudermi  dentro la mia stanza e non uscirci mai più.
 
«Non esci?» Domanda alle mie spalle, nella sua voce una nota si stano stupore.
 
Lei sa.
 
Mi soffermo per un brevissimo istante, un piede già sul primo gradino. «No.»
 
 
 
 
 
POV JAKE
 
 
Tra meno di un’ora il sole inizierà a calare e il mio cuore batte così forte che temo di poter avere un infarto da un momento all’altro. Il meteo non è dalla mia parte ma non importa, anche sotto la pioggia sarà indimenticabile, finalmente saremo io e lei, insieme.
Abbottono la camicia bianca fino al penultimo bottone e la infilo all’interno dei bermuda blu elettrico, voglio essere perfetto per lei. Perché io lo so, sono sicuro che lei ci sarà. L’ho visto nei suoi occhi quando ci siamo salutati.
 
Lei ci sarà.
 
Sento il telefono vibrare dall’interno della tasca dei pantaloni.
 
“Megan ciao, dimmi.”
“Jake dovresti venire alla Eaton.” Non un saluto, un tono estremamente preoccupato.
“Che succede? Stavo per uscire.”
“Micheal ci ha già raccontato tutto ma lascia perdere la spiaggia, si tratta di Mia. Stamattina si è vista con Ryan, ha detto che voleva lasciarlo, ma è tornata solo ora e sono sicura che ha pianto.” Un impeto di rabbia mi scuote e lancio a terra il contenitore del gel che ancora stringo tra le mani.
“Pianto? Quel… Se scopro che le ha fatto qualcosa di male lo ammazzo stavolta.”
“Non so nulla Jake, mi ha solo detto che non ha intenzione di uscire. Vieni subito qui.”
 
 
 
 
POV MIA.
 
 
«AMELIA RIVER APRI QUESTA DANNATA PORTA O GIURO CHE LA FACCIO CADERE A SUON DI CALCI!»

 
 
 
 
 
 
Eccoci alla fine di questo capitolo… c’era un’altra parte ma per questioni di tempo (non sarei riuscita ad aggiornare oggi) e di lunghezza del capitolo ho deciso di tagliarla e riservarla per il capitolo 23. Spero vi sia piaciuto e di non avervi annoiato con la prima parte che riprende quello che avevate letto nel capitolo precedente ma raccontato da Mia.
 
 
 
*Cit. Fedez – Magnifico.
 



 

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Capitolo 23
*** CAPITOLO 23 ***






CAPITOLO 23
 
 
 
«AMELIA RIVER APRI QUESTA DANNATA PORTA O GIURO CHE LA FACCIO CADERE A SUON DI CALCI.»
 
La voce di Jake rimbomba nei corridoi della Eaton House mentre entrambe le sue mani battono con forza contro la porta della mia camera rischiando di farla saltare dai cardini. Sembra arrabbiato, anzi ne sono sicura, non mi ha mai chiamata con nome e cognome completo.
 
«Vattene Jake, va via.» Grido tra le lacrime, seduta a terra con le spalle schiacciate contro la porta, le ginocchia raccolte al petto. Indosso ancora i vestiti bagnati e i miei capelli sono ancora zuppi. Sono sicura che mi ammalerò ma sinceramente poco mi importa.
 
I pugni di Jake esitano per un brevissimo istante, si deve essere reso conto della mia vicinanza. «Mia..» Sussurra appoggiando la fronte alla porta. «Aprimi per favore.» Il suo tono di voce triste  mi stringe il cuore ma non posso cedere ancora, non ora che lui rischia così tanto. «Mia è il tramonto… Cos’è successo?»
 
Nascondo il volto tra le ginocchia scuotendo la testa. «HO DETTO VATTENE.» Urlo più forte che posso sperando di convincerlo a tornarsene alla NYU, il tramonto  è passato e noi siamo ancora una volta separati.
 
«Come vuoi tu!» Sbotta battendo il pugno esattamente all’altezza della mia testa. «Ti conviene spostarti perché ho intenzione di scardinare questa maledetta porta.»  E urta con forza l’asse di mogano che ci separa facendomi sobbalzare, e poi ancora e ancora. La sta sicuramente prendendo a spallate. «Mia ti prego spostati, non voglio farti del male.»
 
«ORA BASTA JAKE.» Interviene la voce di Megan in lontananza, probabilmente dal piano di sotto. Il rumore di numerosi passi lungo il corridoio mi fa intuire che non deve essere da sola.
 
«Calmati.» Continua Robert con tono più pacato di quanto potessi immaginare. «Ti farai solo male.»
 
«E io ho la chiave.» Conclude Spencer mentre il rumore della serratura mi costringe a spostarmi per non essere investita. Traditrice, eppure quando lei non voleva vedere Micheal io ho rispettato la sua volontà cacciandolo a malincuore ogni volta.
 
Ad uno ad uno i miei amici entrano all’interno della stanza, ci sono proprio tutti: Megan, Robert, Spencer, Josh, Micheal e Jake. Quest’ultimo non smette un solo istante di fissarmi, preoccupato e sorpreso. Devo essere un vero e proprio disastro con il trucco colato e i capelli arruffati. Raccolgo nuovamente le ginocchia al petto e nascondo il volto al suo sguardo indagatore. «E questa cosa sarebbe? Un’imboscata?» Grugnisco indignata.
 
«No Mia, preferisco definirla una terapia di gruppo.» Risponde Megan incrociando le braccia al petto e spostando il peso da una gamba all’altra. «Questa volta non ti permetterò di chiuderti in te stessa e di fuggire ancora.»
 
«Cosa è successo? Eri così felice questa mattina.» Continua Spencer avvicinandosi titubante. Istintivamente alzo lo sguardo verso il ragazzo biondo che mi osserva in silenzio appoggiato allo stipite della porta, cosa stai pensando Jake? Sei forse deluso?
 
«Lasciatemi sola.» Mormoro nascondendo ancora una volta il capo tra le ginocchia e rannicchiandomi su me stessa. Sento la testa pulsare e il sapore amaro della bile mi riempie la bocca, potrei vomitare da un momento all’altro.
 
«Dopo che avrai vuotato il sacco.» Minaccia Megan sbattendo ritmicamente il piede sinistro al suolo. «Dicci cos’è successo.»
 
Scuoto violentemente il capo. Non posso, non posso dire loro la verità. Come reagirebbe Jake?
 
«Jake non ti ho chiamato per farti rimanere in disparte a guardare, pensavo avresti detto qualcosa?»
 
Il parquet scricchiola sotto le sue Adidas bianche mentre lentamente si avvicina fino a bloccarsi a circa mezzo metro da me, con un tonfo crolla in ginocchio e con entrambe le mani afferra il mio viso costringendomi a guardarlo in faccia.
I suoi occhi incontrano i miei e un fremito attraversa entrambi. In quei due specchi d’acqua azzurra posso vedere chiaramente la mia immagine riflessa, gli occhi gonfi e arrossati per le troppe lacrime versate, i capelli spettinati, le guance sporche di quel che un tempo era il mio trucco.
 
«Mia, cos’è successo?» La sua voce è un sussurro, talmente bassa che stento io stessa ad udirla. Sta soffrendo ancora una volta e di nuovo la ragione sono io. Tutte le persone a cui voglio bene sono destinate a soffrire a causa mia, tutte.
 
«Ho preso la mia decisione.»
 
«Va bene.» Vuole sembra tranquillo ma una brevissima esitazione lo tradisce. «Va bene. Se è quello che vuoi veramente.»
 
Annuisco distogliendo lo sguardo da lui, dalla consapevolezza di aver appena spezzato il cuore al ragazzo che amo.
 
«Devi guardarmi in faccia però.» Con una lieve pressione della mano destra mi costringe ad alzare nuovamente il capo. «Guardami e dimmi perché piangi.»
 
Con un gesto improvviso mi libero dalla sua presa e mi alzo in piedi allontanandomi da lui, non posso mentirgli guardandolo in volto. «Jake che cosa vuoi da me? Mi hai chiesto di scegliere e io l’ho fatto. Non c’è più niente da dire.»
 
«Hai scelto di stare con Ryan quindi?» Mi domanda serio sollevandosi dal pavimento.
 
«No!» Rispondo senza pensarci. «Ryan non è più il mio ragazzo.» Jake se solo sapessi la verità.
 
«E allora? Non può essere svanito tutto quello che è successo ieri, quello che ci siamo detti. Dammi un solo valido motivo per uscire da quella porta e io non ti disturberò mai più.»
 
«Insomma Mia, non capisci che siamo preoccupati? Conosciamo Ryan e soprattutto le sue reazioni, devi dirci se ha fatto qualcosa…» Spencer lascia la frase in sospeso circondandosi la vita con entrambe le braccia quasi a volersi proteggere da qualunque cosa stia immaginando.
 
Scuoto il capo voltando le spalle all’intero gruppo, sei paia di occhi mi scrutano dalla testa ai piedi aspettando una mia parola, qualcosa che possa chiarire la situazione.
 
«Che diavolo Mia, adesso mi stai proprio facendo incazzare.» Jake afferra il mio polso destro, lo stesso ancora indolenzito per la lunga stratta di Ryan, e mi costringe a girarmi nuovamente verso di lui.
 
«Calmati Jake.» Josh fa un passo verso di noi, la mano sinistra sulla sua spalla per tranquillizzarlo.
 
«Calmarmi? Ho perso la pazienza. Mi dici che non vuoi stare con me e va bene, non ti posso costringere, ma adesso mi racconti cosa è successo.» Entrambe le sue mani stringono le mie spalle, indietreggio immediatamente ma nell’istante in cui la mia schiena aderisce al muro capisco di essere in trappola e di non avere via di fuga. Il suo sguardo indagatore scruta i miei occhi promettendomi silenziosamente di non avere intenzione alcuna di arrendersi.
 
Senza che possa evitarlo le lacrime tornano ancora una volta a scorrere lungo il mio volto. «Jake non posso.» Biascico inspirando profondamente e lasciando morire un singhiozzo all’interno della mia gola.
 
«Piccola tu puoi dirmi qualunque cosa.» Mi incoraggia senza slegare i suoi occhi dai miei. «Sono qui per te, siamo tutti qui per te. Cosa è successo con Ryan?»
 
«Lui sapeva già tutto, sapeva che tu avevi lasciato Jessica. Era venuto a cercarmi alla Eaton e lei gli ha detto che io non c’ero e che anche tu eri sparito. Aveva capito che ero con te e quando l’ho lasciato l’ha presa decisamente male.»
 
Un fremito percorre gli arti di Jake, dalle sue spalle alle mie. «Ti ha fatto qualcosa?» Sussurra cercando di controllare una rabbia ormai pronta ad esplodere e colpire tutto e tutti.
 
Scuoto il capo con decisione. «No, o almeno niente di grave.» Mi correggo ripensando alla sua presa decisa sul mio polso sul quale a breve comparirà sicuramente un significativo livido.
 
«E allora? Devi parlare Mia se vuoi che ti aiuti.»
 
«Ha detto che..» balbetto indecisa «che se io e te, insomma staremo insieme, non ti coprirà più!»
 
«Coprirmi?» Jake mi fissa sbigottito, la fronte corrucciata.
 
«Non ci credo! Ti ha veramente ricattata così?» Josh sbuffa indignato, non mi ero resa conto fosse ancora così vicino a noi.         
 
«Perché dovrebbe farlo?» Domanda ancora una volta portando lo sguardo da me al nostro amico, l’espressione confusa di chi sembra essersi perso un particolare rilevante.
 
Josh si passa una mano fra i lunghi capelli pettinandoli all’indietro. «Ryan è l’infiltrato di Mr Crab in procura, è lui che ci avvisa dell’arrivo della polizia.»
 
«Ti denuncerà Jake, farà una soffiata su di te.» Continuo io togliendomi quest’enorme peso dal cuore.
 
Megan si porta entrambe le mani alla bocca soffocando quello che sembra essere un insulto nei confronti del mio ex ragazzo.
 
«E quindi?» Continua Jake sgranando gli occhi.
 
«Non hai sentito? Ho detto che la prossima volta che correrai lui ti farà arrestare!» Alzo esasperata il tono di voce, cosa non gli è chiaro?
 
«L’ho capito, ma allora? Non correrò!» Scrolla le spalle come se quello che ha appena detto sia la cosa più ovvia.
 
«NO JAKE.» Grido spingendolo con tutte le mie forze per prendere le distanze da lui. «NON TI PERMETTERO’ DI FINIRE IN GALERA O DI RINUNCIARE ALLA TUA PASSIONE PER ME. IL THE RACER E’ LA TUA VITA! IO NON POSSO.»
 
«Quindi è per questo che hai deciso di non venire al nostro appuntamento? Perché credi che per me sia più importante il The Racer?»
 
Annuisco chinando il capo, detta da lui sembra la cosa più stupida che abbia mai fatto in tutta la mia vita ma è così, non posso portargli via anche questo.
 
«Ok Mia, ascoltami bene perché non è facile, è la prima volta che dico una cosa del genere. Avrei voluto un po’ di privacy, e magari un tramonto sulla spiaggia, ma mi posso accontentare.» Fissa i suoi occhi nei miei aggrappandosi nuovamente alle mie spalle. «Amelia River io ti amo.»
 
Spalanco gli occhi nel sentirgli pronunciare quelle due parole che nemmeno io ho mai avuto il coraggio di pronunciare a voce alta.
 
«Il resto non ha alcuna importanza se posso stare con te. Ti ho già lasciata andare una volta e abbiamo perso fin troppo tempo da quando sei tornata.» Le mani di Jake circondano il mio viso e le sue labbra incontrano le mie delicatamente, ignorando la presenza dei nostri amici a soli pochi passi da noi.
 
«Ma Jake, non voglio che tu abbia un solo rimpianto a causa mia.» Piagnucolo non appena mi lascia lo spazio necessario per parlare, tutta la mia decisione sembra svanire velocemente.
 
«L’unico rimpianto che posso avere è uscire da quella porta in questo istante e rinunciare a te. Mia, sei il mio primo pensiero al mattino e l’ultimo la sera, e non mi abbandoni per tutta la giornata.» Ispira profondamente trattenendo il fiato per alcuni secondi. «Voglio che sia tu la mia vita.»   
 
«Jake.. Ne sei sicuro? Non voglio che tu abbia nemmeno un rimorso?» La mia determinazione annullata dal desiderio di sfiorare ancora una volta quelle labbra.
 
«Sono sicuro.» Sussurra leggendomi nel pensiero e annullando la distanza che ci separa. «E poi tra poco più di sei mesi dovrò iniziare la specializzazione in ospedale, non avrò tempo per correre.»
 
Dopo l’ennesimo bacio la sua lingua accarezza delicatamente il mio labbro superiore invitandomi a schiuderlo per accedere all’interno della mia bocca, le sue braccia si allacciano alle mie gambe, appena sopra il ginocchio, sollevandomi e costringendomi ad allacciarle ai suoi fianchi. Istintivamente porto le mani alla sua testa, stringendo tra le dita i lunghi capelli biondi, mentre continuo a baciare Jake con una passione che non credevo nemmeno di possedere.
 
«Scusate» mormora Jake staccandosi brevemente dalle mie labbra «credo che non ci sia più bisogno di voi, ora vorrei rimanere da solo con la mia ragazza.»
 
«La tua ragazza?» ripeto poggiando la mia fronte alla sua e perdendomi nell’azzurro acceso dei suoi occhi.
 
«Dobbiamo discutere ancora su questo punto?» Ghigna divertito in risposta senza interrompere il contatto visivo, nel suo sguardo nemmeno un’ombra di dubbio.
 
«No.» Rido unendo nuovamente le mie labbra alle sue e approfondendo immediatamente il nostro bacio stringo maggiormente le mie gambe ai suoi fianchi.
 
Lo sbattere della porta ci fa capire che gli altri sono usciti dalla stanza, lasciandoci finalmente da soli. Senza nemmeno rendermi conto mi ritrovo con la schiena contro il materasso del mio letto e la sua bocca che lascia una scia umida di baci dal mio orecchio all’incavo del collo facendomi rabbrividire e lasciandomi senza respiro. Le sue mani vagano sulla mia schiena sotto gli indumenti ancora umidi per tutta la pioggia presa poco più di un’ora prima, afferrano l’orlo della camicia e la sollevano fin sopra la mia testa. «Ti ammalerai con questi vestiti bagnati, meglio toglierli.» Ammicca con voce roca mentre i suoi occhi si soffermano sulla parte superiore del mio corpo coperta solo dal reggiseno bianco di pizzo. Titubante torna ad accarezzarmi il ventre e i fianchi risalendo piano verso i miei seni, strappandomi un sonoro gemito. «Mia, sei morbida e delicata proprio come immaginavo.» Sussurra lasciando un altro bacio sull’incavo del collo per poi scendere verso lo sterno obbligandomi ad inarcare la schiena per dargli maggior accesso. Posso sentire chiaramente il suo sorriso sulla mia pelle mentre con un’altra scia di baci torna verso la mia bocca mordendomi le labbra e stuzzicando la mia lingua. «Adoro il tuo profumo alla vaniglia.»
 
«L’avevo intuito.» Rispondo sorridendo e allacciando le braccia dietro il collo per costringerlo a baciarmi di nuovo. Riesco a sentire chiaramente la sua eccitazione che preme sulla mia anca attraverso i due strati di pantaloni. Mi sfugge un altro gemito quando improvvisamente morde la pelle sensibile alla base del collo. «Jake.» Invoco il suo nome stupendomi del tono troppo basso della mia voce. Le mie mani, sfuggendo al controllo della mia mente, sfilano la camicia dai bermuda e curiose sgusciano sotto il candido indumento, desiderose di sentire il corpo del ragazzo che mi sovrasta. Seguo il solco dei suoi addominali, risalendo fino al pettorale scolpito e ai muscolosi avambracci, con la punta delle dita accarezzo ad uno ad uno i suoi tatuaggi, la croce celtica e la fine della piccola scritta identica alla mia che fa capolino oltre la cintura dei pantaloni. Sorridendo Jake si stacca da me per un solo brevissimo istante necessario ad eliminare lo strato di stoffa e ritorna su di me, la mia pelle brucia a contatto diretto con la sua. «Jake.» Ripeto incapace di esprimete anche un solo pensiero compiuto. Solo una volta nella mia vita mi sono trovata a contatto così ravvicinato con un uomo ma le sensazioni che mi sta regalando Jake non sono minimamente paragonabili.
 
Le sue mani tornano sui miei fianchi ripercorrendo la linea della mia vita, fino all’orlo dei pantaloni, aggancia le dita ai passanti della cintura mentre le sue labbra scendono nuovamente verso i seni e poi fino all’ombelico.
Inspiro profondamente quando con il pollice e l’indice apre il bottone dei Jeans sentendomi sempre più a corto di aria. Jake mi sta facendo impazzire baciando quella piccola striscia di carne tra l’ombelico e la mia intimità come nessuno mai prima, nessuno.
 
«Jake.» Cerco di richiamare la sua attenzione prima di perdermi nell’oblio della passione. «Jake aspetta, c’è una cosa che devo dirti.»
 
«Mia non possiamo parlare più tardi?» Sussurra senza smettere di baciare l’orlo delle mie mutandine. «Ora ci sarebbero un paio di cose che vorrei fare e nessuna delle due prevede l’uso della parola, a meno che tu non voglia continuare a chiamare il mio nome, mi piacciono i tuoi gemiti.»
 
Arrossisco violentemente per le sue parole così spinte e il mio cuore salta un battito appena i suoi indici si insinuano oltre l’elastico dei miei slip.
 
«Jake no, sul serio, aspetta un attimo.» Ansimo afferrando le sue mani per impedirgli di sfilarmi Jeans e mutande insieme.
 
Jake si solleva sui gomiti fissando i suoi occhi nei miei. «Hai le tue cose per caso?»
 
«No!» Sbuffo indignata. «Assolutamente no.»
 
«Allora? Si può sapere cosa ti prende, perché se non lo avessi capito stiamo per…»
 
«Jake.. Io, in realtà io..» Balbetto distogliendo lo sguardo da lui per la vergogna.
 
Jake si solleva e si porta a sedere accanto a me costringendomi a guardarlo. «Mia tesoro, che ti succede?»
 
«Io..» Inspiro profondamente cercando il coraggio di continuare senza farmi sopraffare dalla vergogna. «Io non l’ho mai fatto.»
 
«Fatto cosa?» Domanda Jake, la fronte corrucciata per la sorpresa.
 
Mi copro il volto con entrambe le mani, perché non riesce a capire? «Questo.»
 
Jake spalanca entrambi gli occhi fissandomi incredulo. «Mi stai dicendo che sei… Mia non puoi essere vergine.»
 
«Posso invece, e non guardarmi così.» Afferro la sua camicia abbandonata sul letto e la uso per coprirmi.
 
«Nessuno? Ma tu e Ryan, io vi ho visti.» Biascica scuotendo la testa.
 
«No! Noi non abbiamo.. Avevamo bevuto e forse stavamo per… ma non l’abbiamo fatto!» Sollevo il lembo della camicia per coprirmi il volto arrossato per la vergogna. «Volevo solo fartelo sapere.»
 
«E meno male! Ti rendi conto che io stavo per… e tu sei…» Lascia in sospeso la frase quasi non avesse il coraggio di pronunciare nuovamente quella parola e si alza dal letto per percorrere in lungo e in largo l’intera stanza.
 
«Oh Jake, sono vergine non malata.» Sbotto innervosita dalla sua reazione totalmente esagerata e ingiustificata. «Ti ho per caso deluso?»
 
«Deludermi?» Jake si avvicina nuovamente a me cingendomi il volto con entrambe le mani e delicatamente ricongiunge le nostre labbra. «Assolutamente no.» Divora le mie labbra con sempre maggiore passione e per un istante credo che voglia riprendere ciò che abbiamo lasciato in sospeso. «Tu non hai idea di cosa ho provato tutte le volte che ti immaginavo insieme a Ryan, o insieme a chiunque altro, e invece tu… Nessuno ti ha mai… E tu vorresti farlo con me?»
 
Geloso. Jake era geloso di me.     
 
«Jake se sono…» deglutisco cercando di controllare il rossore del mio viso «insomma hai capito… io non l’ho mai fatto con nessuno per te. Non hai mai smesso di pensarti un solo giorno negli ultimi quattro anni, sono uscita con alcuni ragazzi ma nessuno era bello come te, simpatico come te, sexy come te, nessuno di loro era te e io non riuscivo a dimenticarti.»
 
Jake non dice una parola, fissa i suoi occhi nei miei e ricongiunge le nostre labbra, si stende al mio fianco stringendomi al suo torace.  «Non hai idea di quanto ti amo.» Sussurra al mio orecchio depositando un bacio tra i miei capelli ancora umidi.
 
Stringo le braccia al suo torace ancora nudo e mi concentro sull’incavo del suo collo che scendo a baciare, mordere,succhiare, strappandogli un piccolo gemito. Mi sposto a cavalcioni sopra di lui lasciando cadere sul pavimento la sua camicia decisa a non fermarmi questa volta, in fondo lui è Jake Haiden, il ragazzo che amo da quando avevo quattordici anni, e anche lui mi ama. Cosa posso volere di più? Le mie mani vagano ingorde lungo i suoi addominali fino alla cintura dei pantaloni evidentemente rigonfi, tentenno un solo attimo a causa della vergogna prima di liberare il bottone più alto.
Le sue mani raggiungono le mie intrecciando le nostre dita, con un colpo di reni ribalta la situazione e mi sovrasta bloccandomi i polsi sopra la testa. «Calma, calma tigre.» Ride bacandomi la punta del naso.
 
Istintivamente cerco di liberarmi dalla sua presa trovandola tuttavia stranamente eccitante. «Abbiamo interrotto qualcosa mi pare.» Sussurro cercando di sfoggiare un tono sensuale e femminile.
 
«Lo so bene piccola.» Ghigna divertito da me sfiorando ancora una volta le mie labbra con le sue. «Ma non succederà ora.»
 
Come non succederà ora? Trattengo il respiro vergognandomi improvvisamente di me stessa e della mia nudità, mentre il triste pensiero di essere stata rifiutata da lui inizia a logorarmi dentro. «Non – non mi vuoi più?» Balbetto stupita e delusa allo stesso tempo.
 
«Certo che ti voglio, come non ho mai voluto nessuna in tutta la mia vita.» I suoi occhi azzurri, scuri per la lussuria, fissi nei miei. «Ma abbiamo entrambi aspettato tanto questo momento e possiamo aspettare qualcosa di più speciale.»
 
Il mio cuore perde un battito alle sue parole e trattengo il respiro quando lascia le mie mani e mi stringe tra le sue braccia. «Tu vuoi aspettare per me?»
 
«Certo amore, e sarà bellissimo.» Sussurra teneramente al mio orecchio. «Sarò il primo e unico uomo ad averti.»
 
«Unico?» Ripeto soffocando una risata spontanea. «Siamo insieme da circa un’ora e già pretendi che sia per sempre?»
 
«Stai già pensando di lasciarmi?» Si allontana leggermente da me per guardarmi in volto con gli occhi eri stretti a fessura.
 
«Nemmeno per sogno, non ti libererai facilmente di me.»     
 
«E allora potrebbe esserlo sul serio.» Le sue labbra tornano su quel punto preciso del mio collo che mi fa rabbrividire e le sue dita si intrecciano alle mie. «Per sempre intendo.»       
 
 
 
 
Angolo autrice
 
Eccoci qui… Altro capitolo…
A quanto pare le minacce di Ryan non hanno avuto il riscontro che lui sperava… anzi!! Tutto l’opposto…
 
Che dire finalmente Mia e Jake stanno insieme.. e potrebbe essere per sempre.. O almeno lo speriamo tutti…
 
Alla settimana prossima con il capitolo 24..
 
Seguiranno poi un paio di capitoli che descriveranno alcuni momenti futuri importanti della mia coppia preferita e come anticipavo ci sarà la fine di questa prima parte della storia…

Prima parte però!!!
Non è mica finita!!
Già perché poi la storia riprenderà con un salto temporale di qualche anno!!!
 
Ringrazio come sempre tutte voi che mi seguite, leggete e ovviamente che recensite.. Le vostre parole sono favolose e mi rendete felicissima ogni volta.
 
Lachiaretta

               

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Capitolo 24
*** CAPITOLO 24 ***


Eccomi qui… Pubblico anche se poco convinta quindi SIATE BUONE…
Questo capitolo è stato piuttosto difficile e capirete presto il perché.
Vi lascio alla lettura e perdonate qualche errore ma se lo leggevo un’altra volta rischiavo di cancellare tutto….
Grazie a tutte!!!
 

 
 
CAPITOLO 24

 
 
Entrare al Victrola mano nella mano con Jake è un’altra cosa, siamo una coppia adesso e non ci facciamo problemi a nasconderlo, anzi. Le braccia di Jake possessive mi stringono continuamente al suo torace e le sue labbra affamate faticano ad allontanarsi dalle mie. Finalmente siamo insieme e nessuno dei due sembra intenzionato a separarsi dall’alto.
 
Dopo aver deciso di posticipare la nostra prima volta insieme, la mia prima volta ad un momento migliore rispetto ad un puro impeto di passione, Jake ha insistito per organizzare il nostro primo vero appuntamento. Mi faccio una doccia veloce e scelgo, forse per la prima volta da quando sono tornata a New York, in completa autonomia l’abito per la serata. La scelta non è stata poi così difficile, consapevole della passione del mio ragazzo per i colori chiari, l’abito pesca aderente e senza spalline mi è praticamente caduto tra le mani.
Quando scendo le grandi scalinate del mio alloggio lo trovo in cucina, comodamente seduto su uno degli alti sgabelli della zona colazione. Dal modo in cui sgrana gli occhi e dal sorriso che gli si apre in volto capisco di aver fatto la scelta giusta, per l’abito e per aver scelto di stare finalmente con lui.
Mi aiuta ad infilare il cappotto nero e insieme, mano nella mano, ci dirigiamo in parcheggio verso la sua auto. Stento a credere alle sue parole quando mi dice che sono la ragazza più bella con cui sia mai uscito, sicuramente sta esagerando per farmi felice ma posso accettarlo, infondo sono l’unica a cui lui abbia mai detto quelle due parole, le sette lettere che aspettavo da una vita, “ti amo”.
Tra noi non è solo sesso, lui prova qualcosa per me e per me è disposto ad aspettare un momento speciale.
 
Rimango stupita quando parcheggiamo davanti allo stesso ristorante italiano del suo primo appuntamento con Amelia, quando ancora non sapeva che io ero veramente Mia. E la sorpresa diventa maggiore quando noto che ha prenotato il medesimo tavolo: «Ho dovuto insistere per far spostare una coppia.» Sussurra divertito al mio orecchio.
 
Lo guardo dubbiosa non comprendendo il significato delle sue parole e men che meno le sue intenzioni.
 
«Voglio ricominciare da capo, da qui, come se gli ultimi mesi non esistessero, Ryan, Jessica, le cattiverie e le bugie. Voglio solo ricordare i momenti belli.»
 
Mi stringo ancora una volta a lui baciandolo con forse troppa passione per essere in un ristorante e ci accomodiamo per la nostra prima cena da fidanzati.
Io ordino burrata e insalata mentre lui si concede un fumante piatto di lasagne alla bolognese, accompagnando il tutto con un’ottima bottiglia di Franciacorta.
Punto fisso della nostra conversazione è l’ormai prossimo esame di biologia e l’aver perso un giorno di studio, non ha intenzione di lasciarmi tregua e non è disposto ad accettare un voto inferiore al massimo, come se abbassasse la sua media piuttosto che la mia.
 
Finita la cena raggiungiamo gli amici al Victrola, la sua mano non abbandona la mia nemmeno durante il tragitto in auto rendendogli non poco difficoltoso il cambio delle marce. «La prossima auto avrà il cambio automatico, così non dovrò mai staccarmi da te.» Ride intrecciando ancora una volta le nostre dita.
 
Quando entriamo nel locale saliamo immediatamente a salutare Charlie che si dimostra entusiasta della nostra relazione pretendendo di brindare con un vino di ottima annata. A quanto pare se lo aspettava da tempo, sicuro dei nostri reciproci sentimenti. Raggiungiamo i nostri amici riuniti come sempre nella parte di sala a noi riservata, oggi stranamente vuota. Prevedibile: ormai nessuno dei ragazzi sembra più interessato ad invitare nuove ragazze ad unirsi a noi.
Le braccia possessive di Jake mi stringono a lui, quasi a voler dimostrare a tutti che sono sua, e non si limita nel dimostrarmi il suo dispiacere quando devo allontanarmi da lui per accompagnare Megan alla toilette.
 
«Torno subito.» Sussurro sulle sue labbra prima di baciarlo ancora.
 
«Ragazzi, andiamo solo al bagno. E pensare che fino a qualche giorno fa non eravate capaci di stare insieme nella stessa stanza.» Sbuffa Megan afferrandomi per il braccio e trascinandomi con forza attraverso le centinaia di persone che ormai riempiono il locale verso il bagno delle donne.
 
«Che modi! Hai per caso un attacco di dissenteria?» Le domando stupita per la sua irruenza.
 
La mia amica si blocca all’altezza dei lavandini e mi fissa alzando il sopracciglio destro come suo solito. «NO!» Sbotta offesa per la mia richiesta e per il non aver intuito cosa le passa pel testa. «Ho solo bisogno di parlarti.» Continua seria voltandosi verso lo specchio per sistemarsi il trucco leggermente sbavato sotto l’occhio sinistro.
 
«Cosa succede?» Il suo tono e l’espressione del suo volto mi preoccupano non poco.
 
«Robert.» Ammette dopo lunghi secondi di silenzio. «Oggi pomeriggio, dopo che vi abbiamo lasciati soli nella tua stanza, Spencer e Micheal sono usciti, Josh ha raggiunto Greta e io e lui siamo scesi in sala per vedere un film.» Inspira profondamente un paio di volte prima di voltarsi ancora una volta verso di me e coprirsi il volto con entrambe le mani, si vergogna di qualcosa, ma che cosa? «Eravamo soli, il film era così romantico e io ho sentito quella sensazione allo stomaco. Mia non la sentivo da così tanto tempo, da quando ho conosciuto Scott.» Sentire pronunciare il nome di mio fratello in una conversazione “normale” mi fa sobbalzare. «Il mio cuore batteva così forte che ho avuto paura di sentirmi male e l’ho fatto.»
 
«Hai fatto cosa?» Domando totalmente spiazzata dalle sue parole.
 
«L’ho baciato Mia, l’ho baciato.» Grida arruffandosi esasperata i capelli.
 
«Cosa? E lui? Insomma, lui ti ha ricambiata ovviamente, è perso per te da mesi ormai. Vero?»
 
«Sì, mi ha ricambiata, almeno finché gliene ho dato il tempo.»  Scuote il capo riportando le mani davanti agli occhi. «Sono scappata in camera prima che potesse dire o fare altro. Ti rendi conto, l’ho lasciato da solo sul divano della Eaton dopo averlo baciato.»
 
«Sei scappata?» Ripeto, gli occhi sgranati per la sorpresa.
 
«Mi ha preso il panico, non ho mai baciato nessuno dopo… beh lo sai. E ora Robert nemmeno si avvicina a me.» Annuisce amareggiata.    
 
«Ragazze.» La testa di Spencer fa capolino oltre la porta del bagno. «Jake mi ha mandata a controllare che fosse tutto apposto.» Sorride entrando all’interno della stanza e salutandoci con un bacio ciascuna.
 
«A quanto pare già non riesce più a starti lontano.» Ghigna Megan divertita. «Quanto ti invidio.»
 
«Che novità è questa? Non dirmi che sei interessata a Jake?» Lo stupore sul volto di Spencer ci fa scoppiare entrambe a ridere.
 
«No, no! Ma a quanto pare ha sentito quella sensazione allo stomaco.» Le rispondo senza smettere di ridere. «E tu, va da Robert e digli quello che senti. Vedrai che lui non scapperà!»
 
«Ci proverò! Andiamo adesso, Jake rischia di andare fuori di testa.» Continua Megan scuotendo la testa e sorridendo. Il suo umore è decisamente migliorato, e spero per lei che riesca a parlare con Robert. Conoscevo bene mio fratello e non avrebbe mai accettato di vederla soffrire dietro il suo fantasma, è troppo giovane per isolare il suo cuore. Robert è un bravo ragazzo e saprà renderla felice.
 
Usciamo tutte insieme dal bagno e attraversiamo la pista colma di persone che ballano avvinghiati gli uni agli altri cercando di non farci travolgere. Il loro numero è più che raddoppiato nei dieci minuti che abbiamo trascorso nelle toilette. A circa metà strada due mani possessive avvolgono i miei fianchi e due labbra carnose sfiorano delicatamente la pelle delle mie spalle scoperta per l’abito senza spalline. Sorrido lasciando le mie amiche procedere per la loro strada e crogiolandomi tra le braccia che mi accarezzano sensualmente il ventre, certa che nessuno sfiderebbe mai il mio ragazzo sfiorandomi nemmeno con la punta di un dito. Siamo insieme solo da poche ore ma già negli ultimi mesi non ha mai esitato a chiarire ai ragazzi soliti frequentare il Victrola di starmi lontani.
La mia sicurezza sfuma tuttavia nell’istante in cui alzo lo sguardo verso la parte di locale rialzata e riservata al nostro gruppo di amici dove incontro il volto di Jake che discute animatamente con Micheal e Robert sorseggiando una birra scura.
Istintivamente cerco di liberarmi dalla presa di quelle mani che sembravano conosciute e voltarmi per vedere in volto il proprietario, la stretta però si fa più forte impedendomi di muovere un solo muscolo.
 
«Allora piccola, cosa hai deciso?» Sussurra vicinissimo al mio orecchio, una voce inconfondibile: Ryan.
 
«Ryan cosa fai qui? Vattene.» Sibilo continuando a guardare il viso del mio fidanzato indecisa se sperare che lui si accorga di noi oppure no, la sua reazione potrebbe essere imprevedibile.
 
«Devo presumere che tu non abbia cambiato idea su di noi.»
 
Spencer e Megan proseguono per la loro strada ignare del mio contrattempo e nessuna delle persone intorno a noi sembra rendersi conto del mio disagio. «Infatti, non ho cambiato idea. E ti informo che né io né Jake siamo disposti a cedere ai tuoi ricatti. Ora lasciami, non sono una tua proprietà, non puoi fare quello che vuoi quando vuoi.»
 
«Lasciala Ryan.» La voce di Mr Crab riecheggia seria alle nostre spalle costringendoci a voltarci verso di lui. «Non hai idea della sorpresa quando i ragazzi mi hanno chiamato per raccontarmi quello che è successo oggi. Puoi spaventare Mia o intimorire Jake, ma con me non funziona.» Scuote il capo a destra e sinistra, senza riuscire tuttavia a nascondere un ghigno segno che ha la situazione sotto controllo. «Ti sei invaghito di una ragazzina e ora che lei ti ha lasciato stai perdendo la testa. Ma non sei l’unico che può approfittare della sua posizione. Sul mio telefono ho tutte le tue chiamate e i tuoi messaggi, chissà cosa direbbe un Giudice se scoprisse il ruolo del viceprocuratore nelle tanto odiate corse illegali.»
 
Le mani di Ryan si stringono intorno alla mia vita con maggior forza schiacciandomi contro il suo torace finché altre due braccia mi afferrano improvvisamente e mi separano da lui. «Credevi sul serio che ti avrei permesso di continuare a minacciarla.» La voce di Jake mi fa rilassare e istintivamente lo abbraccio facendo aderire i nostri corpi. Deve essersi accorto della mia assenza una volta raggiunto dalle nostre amiche.
 
«Non puoi dire sul serio. Tu hai bisogno di me.» Sibila Ryan rivolgendosi al più anziano di noi. «Senza di me non puoi gestire le tue corse.»
 
«Certo, ma ricorda che se io vado a fondo, tu vieni a fondo con me. Quindi rifletti bene sulle tue intenzioni Ryan» Ghigna vittorioso Daniel Crab. «E adesso vattene.»
 
«Come volete.» Sbotta stringendo i pugni. «Congratulazioni Amelia, hai ottenuto quello che volevi. Ma ricorda: il lupo perde pelo ma non il vizio.» Su queste ultime parole scoppia a ridere, ci volta le spalle e se ne va.
 
Aspetto di vederlo uscire dal locale per rilassarmi quindi mi volto verso il mio ragazzo, il volto teso, la mascella contratta. «Grazie Daniel.» Jake stringe la mano a Mr Crab.
 
«Ci mancherebbe, se avessi saputo prima che Mia si era messa con lui l’avrei avvisata.» Continua il mio vecchio baby-sitter, accarezzandomi la spalla con la mano sinistra. «Tu invece sei sicuro di voler smettere di correre?»
 
«Sì, prima o poi doveva succedere. Lasciamo spazio ai nuovi piloti.» La mano destra sul capo arruffa i capelli meccanicamente come ogni volta che si sente in imbarazzo. «Tutto bene tesoro?» Sussurra infine al mio orecchio baciandomi delicatamente il capo.
 
Annuisco per tranquillizzarlo, Ryan è stato più gentile del solito dopotutto, non riesco tuttavia a non pensare alle parole: Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
So perfettamente che si riferiva a Jake e alle sue vecchie abitudini. Saprà amarmi al punto da essermi fedele? Rinuncerà a tutte le sue avventure per me. I volti di tutte le ragazze con cui sono certa sia stato mi si ripresentano davanti agli occhi, compresa Jessica con la quale saremo costretti a convivere, e uno strano bruciore mi assale la bocca dello stomaco. Scuoto il capo cercando di scacciare i cattivi pensieri, non mi devo lasciare influenzare dalle allusioni del mio ex fidanzato. «Possiamo tornare a casa?»
 

 
***

 
Quella notte, come tutte le successive, le trascorriamo insieme alternandoci tra la Eaton e la N.Y.U.. Ogni sera Jake si spoglia degli indumenti rimanendo con indosso solo un paio di boxer mentre io indosso una sua maglietta, quindi ci stendiamo nel letto e io mi accoccolo al suo torace permettendo alle sue braccia di avvolgermi e ingabbiarmi. Le sue labbra si premono sulle mie e la sua lingua mi stuzzica finché non gli lascio libero l’accesso all’interno della mia bocca e ci baciamo a lungo fino a crollare addormentati per la stanchezza. Mai una volta ha preteso qualcosa in più determinato ad aspettare quel momento speciale che vuole regalarmi.
Di giorno invece mi aiuta a studiare biologia interrogandomi senza sosta fino ad essere certo della mia preparazione. Alla data prefissata per l’esame mi accompagna in aula, chococappuccino e muffin alla nocciola alla mano, attende di vedermi terminare la colazione quindi mi bacia e mi augura in bocca al lupo uscendo giusto un attimo prima della consegna dei compiti.
Tre ore dopo esco dalla stanza, rilassata e felice per essere riuscita a rispondere a tutti i quesiti presenti nel foglio, sicura di aver ottenuto un ottimo risultato anche al mio terzo esame.
 
In mensa trovo ad aspettarmi ovviamente Jake, Megan, Robert e Spencer, quest’ultima in lacrime per essere stata bocciata all’esame di sociologia.
Prendo un sandwich al tacchino e li raggiungo al tavolo cogliendo immediatamente la mano di Megan intrecciata a quella di Robert. Ammicco alla mia amica che mi sorride di rimando promettendomi mentalmente di raccontarmi tutto in un altro momento. Mi siedo accanto alla mia coinquilina e le poggio una mano sulla spalla per consolarla, purtroppo non ci sono parole se non un banale “andrà meglio la prossima volta”. Dopotutto non mi sembra di averla vista studiare molto ultimamente, era inevitabile la sua bocciatura soprattutto per un esame tosto come quello che ha sostenuto oggi. Dall’altra parte del tavolo Jake mi osserva sorseggiando una Fanta e sorridendo sornione, lo conosco abbastanza per sapere che qualcosa gli frulla in testa e non vedo l’ora di scoprire cosa.
 
«Cosa facciamo oggi?» Gli domando non appena rimaniamo soli al nostro tavolo, con la coda dell’occhio vedo la mano di Robert poggiarsi sulla schiena di Megan e accompagnarla oltre la porta.
 
«Io ho da fare per un paio d’ore, ti passo a prendere verso le sei.» Mi risponde soprapensiero baciandomi velocemente sulla bocca.
 
«Cosa devi fare? Finalmente ho un pomeriggio libero e tu ti prendi degli impegni?» Incrocio le braccia al petto delusa, potevamo uscire finalmente, passare delle ore spensierati insieme. «Devi incontrare qualcuno?» 
 
«Non essere assurda! No, ho solo promesso a mia madre che sarei passato da casa.» Si affretta a giustificarsi scrollando le spalle.
 
«Vengo anch’io allora, ho proprio voglia di rivedere Alice.»
 
Jake porta la mano destra tra i capelli arruffandoseli come in tutti i momenti di difficoltà. «Scusa ma oggi preferisco di no, la prossima volta. Passo a prenderti alle sei in punto, metti qualcosa di carino.» Unisce ancora una volta le nostre labbra e fugge da me per chiudere la conversazione.       
 
 
 
***
  
     
                       
Passo l’interno pomeriggio a girovagare completamente sola per il campus, Spencer sembra letteralmente sparita ma credo sia da Micheal, mentre Megan mi  liquida asserendo di essere impegnata e che mi chiamerà domani. Non sembra esserci traccia nemmeno di Josh o Greta.
L’unica persona conosciuta che incrocio è Jessica ma da perfetta codarda mi sono nascosta per evitare di affrontarla. Cosa potrei dirle? Mi spiace se il tuo ragazzo ti ha lasciata per stare con me?
I dubbi non smettono di tormentarmi un solo minuto: dov’è Jake? Con chi è? Che impegno ha?
Quando ormai credo di essere arrivata al punto di non sopportazione digito il numero di sua madre, mi risponde la cameriera e senza presentarmi chiedo di lui. La risposta mi lascia totalmente interdetta: Mi spiace signorina, il signorino Jake non c’è, non vive più qui da qualche anno, se mi lascia il suo numero la farò richiamare.
La goccia che fa traboccare il vaso. Mi ha mentito.
 
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
 
Come richiesto da Jake mi sono infilo un abito nero molto corto e tacchi altissimi, lascio i capelli sciolti che ricadono sulle spalle e sistemo più volte il trucco sbavato da qualche lacrima traditrice che sfugge al mio controllo.
 
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
 
 Alle diciotto in punto scendo nel parcheggio ripetendomi mentalmente di dargli la possibilità di spiegarsi prima di perdere totalmente la testa. La mia determinazione tuttavia vacilla quando la sua auto parcheggia davanti a me e Jake, bellissimo come sempre, mi raggiunge unendo le nostre labbra.
 
«Ciao piccola. Andiamo?»
 
Annuisco distogliendo lo sguardo da lui e precedendolo all’interno della sua auto.
 
«Tutto bene?» Domanda raggiungendomi all’interno dell’abitacolo.
 
«Certo! Com’è andata da tua madre?» Ribatto con finta disinvoltura, ma colgo immediatamente il suo respiro improvvisamente pesante.
 
«Bene, l’ho aiutata a scegliere alcune cose vecchie da dare in beneficenza e ho giocato con alice alla Play.»
 
«Ah, sei stato lì tutto il pomeriggio quindi?» Sento la ma voce incrinarsi leggermente sulle ultime parole, cosa mi sta nascondendo.
 
«Sì!» Annuisce con gli occhi fissi sulla strada, almeno non ha il coraggio di mentirmi guardandomi negli occhi. Dove è stato tutto il pomeriggio?
 
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.     
 
Alzo il volume della radio e sposto lo sguardo fuori dal finestrino alla mia destra indecisa se parlargli o meno. Lo vedo agitarsi, si tocca continuamente i capelli e le braccia, qualcosa lo turba magari il senso di colpa. Improvvisamente accosta l’auto in mezzo alla tangenziale est e si volta verso di me.
«Siamo arrivati?» Domando guardandomi intorno e vedendo solo strada e abitazioni.
 
«No, ma dovresti mettere questa.» Allunga una benda nera invitandomi a metterla sugli occhi per impedirmi di vedere dove mi sta portando.  «Ti prego.»
 
Inspiro profondamente un paio di volte prima di portarmi la stoffa sul volto, in un altro momento mi sarebbe piaciuto tantissimo questo alone di mistero ma ora che la mia razionalità sta andando alla deriva non so più cosa pensare.
 
Finalmente dopo un’interminabile ventina di minuti l’auto rallenta nuovamente e accosta, le agili mani di Jake mi slacciando la cintura e mi aiuta a scendere dall’auto.
 
«Non toglierla ancora.» Si affretta a dirmi appena le mie mani raggiungono la nuca per liberarmi del tessuto che mi impedisce di vedere
 
«Jake per favore, non riesco a camminare a occhi chiusi con queste scarpe.»
 
Le sue mani circondano i miei fianchi e mi conducono lungo il nostro percorso. «Tranquilla piccola, ti guido io.» Sussurra dolcemente al mio orecchio lasciandomi un bacio appena sotto l’attaccatura e facendomi rabbrividire. «Attenta allo scalino.»
 
Alzo il piede a vuoto un paio di volte prima di individuare lo scalino in questione. «Insomma Jake, quanti ce ne sono? Rischio di ammazzarmi così!»
 
«Oh quante storie, adesso ci penso io.» Improvvisamente si ferma e portandomi una mano dietro le ginocchia mi solleva di peso.
 
«Cosa fai? Mettimi giù! Sono pesante!» Strillo per lo spavento sentendo la terra mancarmi da sotto i piedi.
 
«Smettila di lamentarti.» Sbuffa Jake baciandomi ancora una volta l’orecchio.
 
Il suo tono di voce, divertito ma serio, mi induce a smettete di oppormi quindi mi stringo al suo torace assaporando una generosa dose del suo odore. «Jake ma dove siamo sento profumo di…» Il sapore della salsedine mi pizzica il naso e in lontananza sento chiaramente il rumore delle onde. «Siamo in spiaggia?»
A fatica armeggia con quella che sembra una serratura e dal cambio di temperatura intuisco che dobbiamo essere entrati all’interno di qualcosa, ma di che cosa? «Posso guardare adesso?»
 
«Ancora un attimo.» Delicatamente mi lascia tornare con i piedi per terra e mi aiuta a rimettermi dritta. «Aspetta qui.» Le nostre labbra si incontrano per un brevissimo istante e poi Jake si allontana da me lasciandomi sola nel bel mezzo di quello che potrebbe tranquillamente essere il nulla. Dopo una manciata di interminabili secondi torna da me slegando il nodo della benda che mi costringe gli occhi chiusi. «Ecco, ora puoi guardare.»
 
Lentamente apro gli occhi e dopo una iniziale difficoltà ad inquadrare ciò che mi circonda rimango letteralmente a bocca aperta. La stanza è illuminata dalla luce di una decina di candele rosse, al centro un gigantesco piumone dello stesso colore ricoperto di petali di rosa, oltre la porta finestra un breve tratto di spiaggia e il mare.
 
«Jake ma dove siamo?» Balbetto sbalordita per la sua sorpresa trattenendo ancora una volta le lacrime.
 
«Questa è la casa agli Hampton di mia madre.. lei e Alice si trasferiscono qui d’estate.» Jake si passa la mano tra i capelli imbarazzato, non è da lui tanto romanticismo.
 
«Sono senza parole.. Hai fatto tutto questo per me?»
 
«Ti avevo promesso qualcosa di speciale, e poi da qui vediamo la spiaggia e tra poco ci sarà il tramonto.» 
 
Mi alzo sulla punta dei piedi e congiungo le nostre labbra stringendo le mani dietro il suo collo. È tutto così tremendamente romantico. «Quando hai preparato tutto questo?» Sussurro sentendo la sua stretta intensificarsi.
 
«Oggi pomeriggio, gli altri mi hanno aiutato.»
 
Ecco dov’era? Era con i nostri amici ad organizzare tutto questo per noi, per me. Una lacrima sfugge nuovamente al mio controllo mentre la felicità prende il posto del dolore che nelle ultime ore continuava a tormentarmi. Non mi ha tradita.
Ci baciamo senza interrompere lo sguardo visivo, e io mi perdo nei suoi occhi che troppo a lungo non ho potuto ammirare a causa della benda, cercando di trasmettergli con il pensiero tutto ciò che provo per lui, l’amore e il bisogno di sentirlo ancora più vicino a me. Non abbiamo bisogno di altre parole io e Jake, posso sentire tutto ciò che prova attraverso la sua pelle, dal modo in cui le sue mani si insinuano sotto il mio abito, dalla sua lingua che si attorciglia alla mia desiderosa di approfondire sempre di più il nostro bacio.
 
«Mia» Sospira il mio nome tra un bacio e l’altro, il viso affondato nell’incavo del mio collo su quel preciso punto che mi fa impazzire, tanto che non riesco più a trattenere un gemito.
Le sue mani decise raggiungono la cerniera e con una lentezza esasperante apre il mio vestito che ricade al suolo lasciandomi in intimo e tacchi, facendomi ringraziare di aver comunque scelto un completo sexy.
I suoi occhi, incantati e famelici scrutano il mio intero corpo soffermandosi su ogni singolo centimetro di pelle scoperta. «Sei meravigliosa, e sei mia.» Sussurra tornando sulle mie labbra e conducendomi verso il centro della stanza.
 
Fortunatamente la luce fioca delle candele cela il rossore delle mie guance, sono tua Jake, lo sono sempre stata e adesso lo sarò veramente. «Jake… voglio fare l’amore con te.» Gli sussurro con il fiato corto.
 
Velocemente la camicia di Jake raggiunge il pavimento, seguita a breve da tutti gli altri indumenti e dalle mie scarpe. «Quest’attesa è stata una tortura.» Ammette tornando su di me con indosso i soli boxer, mi stringo al suo torace desiderosa di sfiorare la sua belle ancora leggermente abbronzata, i suoi addominali scolpiti e le sue braccia forti.
Si stende al mio fianco stringendomi a sé, mi bacia il capo invitandomi a guardare fuori dalla finestra. Il sole è calato sulla distesa di acqua di fronte a noi colorando l’esterno di calde striature rosse e arancioni. Trattengo il fiato guardando quello spettacolo della natura e sentendo il mio ragazzo ripetere quelle tre splendide parole in un sussurro all’interno del mio orecchio. «Ti amo Mia.»
 
Ancora una volta stringo le braccia intorno al suo collo e congiungo le nostre labbra baciandolo con passione e permettendogli di sistemarsi in mezzo alle mie gambe.
La sua mano scivola tra la mia schiena e le coperte e si sofferma sul retro del reggiseno, i suoi occhi si fissano nei miei, seri e lussuriosi, in attesa di un mio consenso che non tarda ad arrivare. Incapace di emettere un suolo suono che non sia un gemito mi limito ad inarcare la schiena permettendo alle sue dita abili di slegare il piccolo gancio e liberare i miei seni su cui affonda il viso facendomi perdere completamente la testa. Non avevo mai nemmeno fatto vedere a nessuno quella parte del mio corpo priva di qualsiasi indumento, e mai avrei potuto anche solo immaginare che la sua bocca e le sue mani avrebbero potuto regalarmi sensazioni così profonde.
 
«Jake.» Ansimo incapace di contenermi.
 
«Sei così bella.» Senza interrompere il delizioso supplizio a cui mi sta sottoponendo le sue mani raggiungono velocemente il pizzo rosa cipria delle mie mutandine, agganciando l’elastico con entrambi i pollici e inspirando profondamente prima di farle scivolare verso le mie caviglie.
 
«Jake..» Ormai l’unica parola che riesco a pronunciare. Vorrei fare qualcosa per lui, per fargli provare le mie stesse emozioni ma ora che sono completamente nuda di fronte a lui riesco solo a tremare per la paura di ciò che sta per succedere.
 
«Piccola, sei sicura di essere pronta?» Sussurra stringendomi ancora una volta al suo torace. «Potrei morire in questo momento, ma se non sei pronta io posso aspettare ancora.»
 
Il mio cuore si riempie di gioia, ancora una volta Jake sta mettendo me e i miei sentimenti prima di tutto e tutti compreso se stesso. La sua erezione attraverso il sottile tessuto del suo intimo ed è tremendamente grande e pulsante, deve costargli non poca fatica proporre di attendere ancora. 
«Ti voglio Jake.» Sussurro nascondendo il viso nell’incavo del suo collo e la voce mi muore in gola quando la sua mano torna sul mio seno.
 
«Tranquilla Mia, farò piano.» Sussurra con voce roca baciandomi ancora una volta, dolcemente, a stampo. «Ma devi dirmi se ti faccio male.»
 
Annuisco senza staccare i miei occhi dai suoi e artigliandomi alla sua schiena, ho bisogno di lui, di sentirlo dentro di me.
 
Le sue labbra sfiorano ancora una volta le mie delicatamente. «Non aver paura»
 
I suoi movimenti delicati sono una tortura anche per lui, lo leggo nei suoi occhi, nel fremito che attraversa il suo corpo ad ogni centimetro. Non deve essere facile trattenersi così. 
 
«Scusami.» Sussurra baciandomi l’angolo della bocca e fermandosi per qualche istante in modo da permettermi di abituarmi a lui.
 
«Va tutto bene, non ti fermare ti prego.» Ansimo cercando di nascondere l’intenso dolore che provo e allacciando le gambe dietro la sua schiena per concedergli maggior accesso.
 
Alle mie parole aumentando il ritmo, senza smettere di baciarmi e sussurrarmi parole di scusa, finché la sensazione di dolore sparisce lasciando spazio al piacere, togliendomi il respiro, facendomi fremere e facendo impazzire il mio cuore. Il suo respiro irregolare mi solletica la base del collo, i nostri corpi ormai madidi di sudore si incontrano e incastrano alla perfezione, le orecchie colme dei suoi gemiti. Sono persa in quegli occhi azzurri come il cielo mentre l’ultimo briciolo di passionalità mi abbandona.
A nessuno mi sono mai concessa in questo modo, come non ho mai amato nessuno con tanta intensità e ora che siamo un unico essere sento che aspettarlo è stata la decisione più giusta.
E boccheggio nell’istante in cui il piacere ci travolge entrambi con tanta intensità che non riesco a trattenermi dall’urlare mentre lui chiama più volte il mio nome fremendo sopra di me.
 
«Ti ho fatto male?» Sussurra al mio orecchio spostandosi stremato al mio fianco.
 
Scuoto il capo rannicchiandomi contro di lui e poggiando il capo sul suo torace. La sua mano mi accarezza delicatamente i capelli. «La prima volta più bella in assoluta!» Sorrido nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.
 
«è stata una prima volta anche per me sai?» Continua costringendomi ad alzare il viso e guardarlo negli occhi. «Non avevo mai fatto l’amore.»     

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Capitolo 25
*** CAPITOLO 25 ***






CAPITOLO 25
 
 


 
Sei mesi dopo.
 
 
JAKE’S POV
 
L’ultimo mese non è stato affatto facile, abbiamo entrambi affrontato una sessione di esami particolarmente intensa, soprattutto io avendo dovuto sostenere le ultime prove e preparando in contemporanea la tesi di laurea che dovrò esporre tra meno di un mese. Abbiamo avuto così poco tempo per stare insieme che quando mia madre si è offerta di prestarci la casa agli Hampton non ce lo siamo fatti ripetere due volte, abbiamo preparato in fretta e furia le valigie e  siamo partiti.
I primi tre giorni abbiamo a mala pena visto la luce del sole, siamo rimasti chiusi nella camera matrimoniale a recuperare le lunghe notti passate lontani l’uno dall’altra. A fare l’amore. Sì, perché io e Mia non abbiamo mai fatto sesso, nemmeno una volta, noi abbiamo sempre e solo fatto l’amore. Ogni notte dopo il piacere sempre più intenso che riesce a regalarmi la stringo a me e mi addormento inebriandomi del suo profumo di vaniglia, ed ogni mattina mi sveglio con lei ancora tra le mie braccia.
Ecco perché per me è stato così strano questa mattina svegliarmi da solo nel grande letto. Passo la mano sulle lenzuola ormai fresche, segno che Mia si deve essere alzata da tempo e il mio primo pensiero è che sia in cucina a preparare la colazione ma nell’aria non vi è alcun odore, tranne il nostro.
Controllo per sicurezza che non sia in bagno ma la porta è aperta e la piccola stanza completamente vuota, quindi scendo silenziosamente le scale. Anche la cucina è vuota e perfino la macchina del caffè è ancora spenta.
Anche se con indosso solamente i boxer spalanco la porta finestra e controllo la piscina e il tratto di spiaggia di fronte alla villetta, ma nemmeno lì vi è treccia della mia fidanzata.
Come può essere sparita così, senza svegliarmi, senza lasciarmi nemmeno un biglietto?
Non è da lei, cosa le sarà successo?
Torno all’interno dell’abitazione e mi accomodo sul divano di pelle nera notando immediatamente l’assenza delle chiavi della mia auto da sopra il mobile dell’ingresso.
È uscita? Per andare dove?
Mezz’ora più tardi sono ancora semi svestito seduto sul divano ad aspettarla quando il motore della mia Audi rimbomba nel vialetto e Mia apre la porta silenziosamente con in mano una piccola busta.
 
«Jake, che paura! Perché non sei a letto?» Sobbalza abbandonando le chiavi sul mobile dell’ingresso e affrettandosi a nascondere ciò che ha in mano all’interno della borsa.
 
«Perché mi sono svegliato da solo e non avevo idea di dove fossi.» Le rispondo asciutto, non voglio intromettermi troppo nella sua vita ma avrebbe potuto almeno avvisarmi che sarebbe uscita.
 
«Ah, ho fatto un salto in farmacia, mi sono svegliata con un terribile mal di testa.» Scrolla le spalle sedendosi a cavalcioni sulle mie ginocchia e facendo unire le nostre labbra in un candido bacio. Sta cercando di distrarmi e sa bene come fare ma non le permetterò di cambiare discorso.
 
«In bagno c’è una confezione da trentasei di Moment e non credo che mettersi alla guida della mia auto sia stata la scelta migliore se stavi così male.»
 
«Ah.» Affonda gli incisivi nel labbro inferiore colta alla sprovvista dalla mia affermazione. «Non me ne ero accorta. Ora vestiti che prima ho chiamato Megan, tra un’oretta ci raggiunge con Robert.» Sussurra baciandomi ancora una volta e facendo aderire il petto formoso coperto solamente dalla sottile canottiera verde al mio torace nudo.
 
«Mia! Sei uscita senza reggiseno?» Alzo leggermente la voce innervosito dal pensiero di tutti i ragazzi che possono aver incrociato la sua strada in tutto il periodo in cui è stata fuori.
 
«Non riuscivo a trovarlo al buio e poi tu mi dici sempre che ti faccio impazzire quando non lo porto.» Ride alzando gli occhi marroni al cielo.
 
«Appunto! Non lo devi portare con me, MAI senza di me.» Mi alzo in piedi agganciando le sue gambe intorno alla mia vita e costringendola ad allacciare le braccia al mio collo, a passo veloce mi dirigo al piano di sopra depositandola sul letto e scoprendo immediatamente le sue generose forme. «Odio anche solo l’idea di qualcuno che ti guardi.» Ringhio prima di baciarla con maggior passione.
 
Alla fine è riuscita a distrarmi, per ben due volta.
 
 
***
 
 
«Sicura che Mia ti ha detto di venire oggi?» Si lamenta Robert mentre la sua fidanzata bussa alla porta richiamando la nostra attenzione.
 
«Certo! Insomma, so quello che mi ha detto!» Sbuffa la bionda picchiando ancora una volta il pugno sulla lastra di legno che la separa dall’interno dell’abitazione.
 
Infilo velocemente una maglia e un paio di pantaloncini mentre lascio il tempo a Mia di lavarsi e rivestirsi. «Ragazzi, scusate ma stavamo dormendo.» Mi giustifico aprendo loro la porta e facendoli entrare. «Prendete un caffè?»
 
«Per me no! Mia è ancora a letto?» In tanti anni che la conosco Megan non è mai stata così acida e qualcosa mi dice che deve essere collegato allo strano comportamento di questa mattina di Mia.
 
«Sta facendo la doccia, arriva subito.» Le rispondo volgendo lo sguardo prima su di lei e poi su Robert che solleva le spalle sfoggiando un sorriso di circostanza.
 
«Beh io vado, non si farà problemi a farsi vedere da me.» Sbotta fiondandosi su per le scale ed entrando nel bagno senza nemmeno bussare e richiudendosi la porta dentro le spalle.
 
«Tu hai una minima idea di quello che succede alle ragazze?» Domando al mio amico porgendogli una tazza colma di caffè.
 
«Ma che ne so, era tutto a posto fino a ieri. È così da stamattina. Ha sentito Mia e ha preteso di venire qui immediatamente.»
 
«Anche Mia era strana stamattina, è uscita presto per comprare qualcosa. Aspetta l’ha lasciato in borsa.» Butto l’occhi verso la porta del bagno dove ancora le nostre ragazze sono ancora chiuse e recupero dal mobile dell’ingresso la borsa che le ho regalato per San Valentino.
 
«Cosa fai? Non puoi frugare tra le sue cose!»
 
«Perché? Tu non vuoi fare luce sulla faccenda?» Mi innervosisce il non essere appoggiato da lui, con estrema lentezza faccio scorrere la cerniera scoprendo il contenuto e il pacchettino sigillato della farmacia che guardo con sospetto. Non ha le dimensioni di una scatola di moment e non è stata nemmeno aperta.
 
Il rumore della porta che sbatte mi costringe a richiudere la borsa e tornare in cucina dove Robert ride divertito dal mio spavento.
Per questa volta lascio perdere ma scoprirò cosa mi stanno nascondendo quelle due.
 
 
***
 
 
 Guardo la mia ragazza mentre prende il sole stesa accanto a Megan in riva al mare. Mia è tremendamente bella con quel bikini giallo fosforescente, piacevolmente in contrasto con la sua pelle già abbronzata dopo soli tre giorni di mare. Le sue forme generose mi fanno impazzire e potrei passare ore ad ammirarla.
Perso nei miei pensieri non mi accorgo immediatamente dei due ragazzi che già da qualche minuto stanno osservando l’adorabile fondoschiena della mia ragazza a mala pena coperto dalla mutanda brasiliana.  Il gomito di Robert attira la mia attenzione appena in tempo per vedere i due sconosciuti che si avvicinano alle due ragazze per presentarsi ed entrambi ci alziamo in piedi pronti a delimitare il nostro territorio ma fortunatamente il cattivo umore di Megan di oggi li costringe a scappare a gambe elevate.
 
«Non ti sembra che Mia abbia il seno più grosso ultimamente?» Se ne esce di punto in bianco Robert buttandosi ancora una volta a sedere sulla sdraio accanto alla mia.
 
«E da quando guardi le tette della mia ragazza?»Sbotto colpendogli l’avambraccio con il pugno destro abbastanza forte da farlo sobbalzare.
 
«Ahi!» Grida attirando l’attenzione di Mia e Megan. «Dovevi proprio farmi così male! Certo che con te non si può fare nemmeno una battuta, e comunque non è colpa mia se il costume la copre a mala pena.»
 
«Non me lo dire, ho cercato di convincerla a metterne un altro ma non ne ha voluto sapere.» Guardo ancora una volta la mia bellissima fidanzata notando che effettivamente Robert potrebbe avere ragione, il suo seno sembra decisamente più grosso compresso nella fascia gialla. Cosa diavolo le sta succedendo. «Fammi un piacere, chiamami se le ragazze tornano in casa e se ti chiedono dì loro che sono andato in bagno.»
 
«Non vorrai tornare a vedere cos’ha comprato Mia stamattina?» Mi domanda alzando gli occhi al cielo. «Se ti scopre potrebbe arrabbiarsi parecchio.»
 
Sbuffo riservando un’occhiataccia al mio amico, mi dispiace che non sia d’accordo ma io devo scoprire cosa le passa per la testa. «Tu pensa a coprirmi intanto.»
 
Mi alzo dalla sdraio e dopo essermi infilato la polo bianca e le infradito mi incammino verso la villetta della mia famiglia entrando all’interno dell’abitazione dalla porta finestra, la stessa attraverso la quale abbiamo guardato il tramonto la prima volta che abbiamo fatto l’amore.
Cosa mi stai nascondendo Mia? Perché sei scappata questa mattina e cosa hai comprato in farmacia?
Prendo la borsa dal mobile dell’ingresso e la apro senza distogliere lo sguardo dalla spiaggia e dalla mia ragazza che entrata in acqua chiama il mio nome invitandomi a raggiungerla mentre Robert le risponde che sono andato in bagno. Devo fare in fretta, non ho molto tempo.
Prelevo dall’interno della borsa il piccolo involucro bianco e verde e lo stringo all’interno della mano destra indeciso se procedere o aspettare che sia lei a parlarmene, la curiosità però è troppa per attendere anche solo un altro minuto. Scarto velocemente la confezione attento a non strappare la carta per poterlo richiudere e quello che mi trovo tra le mani mi lascia totalmente sconvolto.
Lo lascio ricadere all’interno della borsa firmata e richiudo il tutto per evitare di essere scoperto.
 
 
***
 
 
Alle diciotto siamo quasi pronti per uscire per cena. Mia e Megan sembrano inseparabili e ancora non sono riuscito a parlare da solo con la mia ragazza, anche adesso si stanno preparando insieme in bagno. Megan esce dalla piccola stanza e si avvicina all’ingresso prendendo tra le mani la borsa di Mia e di conseguenza ciò che vi è custodito all’interno.
 
«Ti serve qualcosa?» Le domando portandomi alle sue spalle. Megan sobbalza rendendosi conto della mia presenza così ravvicinata.
 
«No – no.» Balbetta lasciando ricadere la borsa sul mobile dell’ingresso. «Assolutamente no.»
 
Non può averne parlato prima con lei che con me, eppure deve averla mandata a recuperare la borsa dall’ingresso. «Dille di usare questa per stasera.» Sorrido sornione allungandole il pacco che tenevo nascosto nel portabiti. «è il nostro mesiversario.»
Megan sgrana gli occhi evidentemente delusa e senza aggiungere nemmeno una parola prende il regalo che le sto porgendo e con passo pesante torna in bagno per consegnarla alla mia ragazza che sembra apprezzarlo particolarmente a giudicare dalle sue urla.
 
«Jake amore, è bellissima.» Come un fulmine Mia fasciata nel suo mini abito nero si fionda giù dalle scale dritta tra le mie braccia dove la accolgo stringendola a  me.
 
«Tu lo sei, in particolare con questo vestito.» La mia mano scivola lungo la schiena nuda e scoperta della mia fidanzata, aveva già indossato quest’abito la prima volta che ci siamo incontrati dopo il suo ritorno a New York. Ricordo perfettamente quella sera, non appena i miei occhi hanno incrociato i suoi dall’altra parte del Victrola ho capito che qualcosa ci legava e che ci avrebbe legato per sempre. Per un istante avevo quasi riconosciuto i suoi occhi grandi marroni e il suo sorriso smagliante, somigliava così tanto alla mia migliore amica che avevo capito di amare il giorno stesso che mi aveva abbandonato ignorando le mie chiamate. 
 
«Sei pazzo, questa è una Gucci.» Mi rimprovera sventolandomi la piccola borsa nera davanti al naso.
 
«La conosco bene, ci ho messo più di un’ora a sceglierla. Andiamo adesso?» Mia annuisce lanciando un’occhiata a Megan per farle cenno di uscire mentre l’altra continua a fissare il mobile dell’ingresso, puntano ancora a quella borsa. Mi dispiace Mia, voi siete amiche ma io sono il tuo ragazzo, non ti permetterò di escludermi da questa faccenda.
 
 
Mezz’ora dopo sediamo al mio ristorante preferito degli Hampton, era da molto che volevo portarci Mia anche se avrei preferito da soli.
 
«Posso portarvi intanto qualcosa da bere?» Domanda il cameriere porgendoci quattro menù.
 
«Sì grazie.» Rispondo prendendo due menù e porgendone uno alla mia bellissima fidanzata. Io e Robert ordiniamo due Franciacorta, seguiti da Megan che opta per un aperitivo analcolico.
 
«Per me invece un Hugo se lo preparate.» Termina Mia sorridendo smagliante al ragazzo che non riesce a fare a meno di guardare la profonda scollatura sulla sua schiena.
 
«Certamente.» Le risponde ammiccando così evidentemente che sono costretto a stringere i pugni sotto il tavolo per calmarmi.
 
«Mi scusi ma credo sia meglio che porti un aperitivo analcolico anche ALLA MIA FIDANZATA.» Sbotto alzando leggermente la voce sulle ultime tre parole, spero sia abbastanza intelligente da capire da solo di non permettersi più espressioni di tal genere.
 
«E perché?» Controbatte Mia sbattendo i suoi splendidi occhi marroni perfettamente truccati.
 
«Amore» mi avvicino a lei depositando un dolce bacio sulle sue labbra, forse superfluo se non per il cameriere che continua a guardarci deluso «stamattina avevi un gran mal di testa, credo sia meglio non bere alcolici.»
 
Mia apre e chiude la bocca un paio di volte cercando le parole con cui controbattere, alla fine annuisce e sostituisce il suo ordine. È questo il tuo gioco? Ti costringerò a dirmi la verità tesoro.
 
Attendiamo i nostri drink perlustrando i menù per la cena. Robert si lascia scappare che la specialità di questo posto è il pesce crudo, dal sushi alla tartara, e chiede di ordinare una barca da condividere tutti insieme. Mi stupisco quando Megan si porta la mano davanti alla bocca quasi a voler trattenere un conato di vomito dicendo di non voler nemmeno sentire l’odore di pesce crudo, eppure sono certo averla vista mentre lo mangiava in altre occasione. Tutto ciò però casca a mio favore perché Mia, per assecondare l’amica, decide di ordinare anche lei qualcosa di ben cotto e tutti optiamo per un San Pietro alla piastra con contorno di verdure.
Non le avrei mai permesso di ordinare pesce crudo nel suo stato attuale.
L’umore di Megan sembra non migliorare nemmeno per tutta la cena, continua a punzecchiare Robert e a rispondergli male nonostante Mia continui ad intervenire come paciere per calmare l’amica dato che Robert continua solamente ad assecondarla, senza fare o dire nulla che potrebbe irritarla sul serio. Conosco abbastanza bene Megan da sapere che in realtà il suo nervosismo è causato da ciò sta succedendo a Mia.
In tutti i momenti difficili Megan non ha mai esitato a chiamarmi e a costringermi ad affrontare Mia e i suoi momenti difficili, se stavolta non mi sta dicendo nulla può solo significare che la situazione non è positiva.
Porto lo sguardo verso la mia fidanzata che assapora l’ultimo boccone del suo piatto, mai l’ho vista mangiare così tanto cibo in un unico pasto da quando siamo insieme.
Che non voglia dirmi nulla? Che voglia in realtà… Mille dubbi mi assalgono e mi devo concentrare per non incominciare ad urlare.
 
La mano del cameriere che sfiora la spalla della mia fidanzata per chiederle se può portare via il piatto mi riporta alla realtà, fortuna che Robert prontamente afferra il mio avambraccio e con un cenno del capo mi intima di calmarmi.
 
«Posso portarvi qualcos’altro?» Domanda il nostro cameriere senza smettere di sorriderle.
 
«Io prenderei un amaro. Voi?» Mia si volta verso di noi scrutando ad uno ad uno i nostri volti.
 
 «Ancora? Mia non mi sembra il caso.» Sbuffo scuotendo la testa a destra e sinistra.
 
«Oh insomma Jake, si può sapere cosa ti prende? Mi hai fatto saltare l’aperitivo, mi hai costretta a bere acqua per tutta la cena e ora non mi permetti nemmeno un amaro?»
 
«Come puoi essere così sconsiderata? Fumati una sigaretta visto che ci sei a sto punto!» Sbatto il pugno con un po’ troppa violenza sul tavolo tanto da far cadere il calice a terra che si infrange in svariate schegge di vetro.
 
«Sigaretta? Cosa stai dicendo?» Spalanca i suoi grandi occhi marroni chiaramente sorpresa dalla mia reazione. Come può non pensare alle conseguenze? Non le importa nulla?
 
«Usciamo per favore.» Sibilo lasciando sul tavolo sue banconote da cento dollari e facendo cenno agli altri di seguirmi fuori dal locale. Non vorrei lasciare una così lauta mancia al cameriere che per l’intera cena non ha fatto altro che puntare la mia donna ma non ho intenzione di rimanere all’interno del locale un minuto di più.
 
«Jake!» Mi chiama Mia non appena siamo in strada, lontani da orecchie indiscrete. «Jake vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?»
 
«Perché non me lo spieghi tu Mia, o preferisci continuare a non dirmi niente?» Il mio tono di voce si alza leggermente mentre le mie mani stringono le sue spalle sottili.  Il suo silenzio può significare una sola cosa. «Come puoi non condividerlo con me, io ti amo.»
 
«Ti amo anch’io, ma non ci sto capendo niente.» Sussurra avvicinando il suo volto al mio per baciarmi. I nostri amici ci osservano interdetti a soli pochi metri da noi, ma ormai sono abituati a far parte dei nostri problemi.
 
«So che non avevi mal di testa stamattina, ho visto cosa sei andata a comprare.» Le parole escono come un fiume in piena dalla mia bocca e mi sembra di essermi tolto un macigno dal petto. «Perché non hai voluto parlarne con me?»
 
«Hai frugato nella mia borsa?»
 
«Eri così strana oggi, volevo capire cosa ti stava succedendo.» Ammetto portandomi la mano destra sul capo e spettinandomi nervosamente i capelli. «Aspettiamo un bambino?»
 
«NO!» Strilla stridula costringendomi a guardarla in volto.
 
«Non lo puoi sapere, non hai ancora fatto il test!» Obbietto scuotendo il capo, che sia riuscita a trovare il tempo di farlo?
 
«Non devo farlo, non sono incinta!»
 
«Ma le tue tette! Anche secondo Robert sono più grosse!»
 
Mia porta entrambe le braccia al petto stringendo il seno prosperoso. «Sono ingrassata Jake, sono solo ingrassata!»
 
«E allora perché avresti comprato un test di gravidanza?»
 
«Per me..» La voce di Megan ci raggiunge in un sussurro. Tutti ci voltiamo verso di lei compreso Robert, la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Improvvisamente tutto diventa più chiaro: la loro visita, il suo umore decisamente negativo, il non volere né caffè né alcol per tutta la giornata, il conato di vomito al solo pensiero del pesce crudo. Mia la stava solo aiutando.
 
«Tu? Sei incinta?» Balbetta Robert sedendosi sul marciapiede e prendendosi la testa fra le mani quasi avesse paura di vedersela cadere da un momento all’altro.
 
«Sono solo in ritardo di qualche giorno, non ne sono sicura. Prima volevo fare il test ma Jake era sempre in mezzo.» Sistemandosi il corto vestito si siede accanto al suo ragazzo che la abbraccia immediatamente. «Volevo dirtelo ma ho avuto paura.»
 
«Scusami Megan, io pensavo che fosse Mia… Se lo avessi saputo non ti avrei intralciata.» Biascico vergognandomi di me stesso e di aver frainteso tutta la situazione.
 
«Tranquillo Jake, non c’è problema. Anche se vorrei che mi spiegassi la storia delle tette di Mia…» Ride lanciando un occhiataccia al suo ragazzo che solleva le mani scuotendo la testa come a voler negare di aver mai anche solo accennato una sola parola.
 
«Ora che abbiamo chiarito direi che è arrivato il momento di tornare a casa e fare quel test.»
 
 
***
 
 
«Posso farti una domanda?» Sussurra Mia al mio orecchio. Tornati a casa abbiamo lasciato Robert e Megan da soli per fare il test e ci siamo diretti in spiaggia. «Se fossi stata in cinta…» Inspira profondamente prima di continuare. «Ne saresti stato contento?»
 
«Piccola…» La stringo tra le mie braccia inspirando profondamente il suo candido profumo di vaniglia e accarezzando il suo ventre piatto. «Tu cosa credi? Ti avevo praticamente già tolto tutto alcool e tutto quello che avrebbe potuto fare male al nostro bambino.»
 
«Un giorno potrebbe esserci.» Sussurra stringendo le mie mani sulla sua pania e gonfiandola di aria.
 
«Ne sono sicuro amore mio.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutte… Ecco una piccola avventura JIA di passaggio che spero non vi abbia annoiate!!!
 
Il prossimo capitolo sarà ambientato circa due anni dopo questo momento, sarà un altro capitolo di passaggio prima della vera e propria seconda parte.
Voglio ringraziare ancora tutte per le bellissime recensioni che mi lasciate ogni volta, a tutte voi che leggete, che avete aggiunto la mia storia alle preferite, da ricordare e seguite. Non credevo che questo piccolo trip potesse piacere così tanto e non finirò mai di ringraziarvi!
E RINGRAZIO ELLYB PER IL BANNER!
 
Ah Megan non è incinta, era solo un falso allarme. :) Ma chissà, magari in futuro potrebbe succedere.
 
Baci
Lachiaretta

 

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Capitolo 26
*** CAPITOLO 26 ***







CAPITOLO 26
 

 
Un anno dopo.
 
 
Siedo sul letto sentendo le gambe cedere improvvisamente sotto il mio peso. «Ripetilo perché credo di non aver capito bene.»
 
«Mia…» Jake si avvicina a me lentamente, titubante.
 
«Ho detto ripetilo, ho bisogno di sentirmelo dire ancora una volta.» Allungo le mani per intimargli di rimanere dove si trova, la sua vicinanza mi manda sempre in confusione e io voglio rimanere lucida. Fortunatamente mi sono seduta perché l’improvvisa carenza di ossigeno, causata dal mio respiro accelerato, mi fa girare la testa. «Ripetilo.» Sussurro infine ancora una volta con un filo di voce.
 
«Mi hanno offerto di proseguire la specializzazione a Washington ed io ho accettato. Amore non mi capiterà mai più un’offerta del genere, lì c’è il miglior cardiochirurgo di tutti gli Stati Uniti. Mi ha raccomandato direttamente dal primario di chirurgia e la dott.ssa Yang ha acconsentito.» Jake parla lentamente, con il capo chino, quasi vergognandosi delle sue capacità. Pochi giorni dopo la laurea ha iniziato la specializzazione in chirurgia nel miglior ospedale di New York facendosi fin da subito notare tra le altre matricole per le sue straordinarie abilità. Era il primo ad entrare e l’ultimo ad uscire, non lo spaventavano infiniti turni e lunghissime ore in sala operatoria, sempre pronto a memorizzare ogni insegnamento possibile da parte dei suoi superiori. Ben presto venne accolto sotto l’ala protettrice del primario di chirurgia, un uomo di sessant’anni senza figli che notò immediatamente la sua propensione per tutto ciò che riguardava il cuore. Ecco perché non ha esitato a raccomandarlo ad una sua vecchia  studentessa nota per le sue grandi capacità e specializzata proprio in quell’ambito la quale non ha esitato ad accontentare il suo vecchio mentore e accogliere Jake tra i suoi adepti.
 
«Quando dovresti partire?» Domando fissando le punte dei miei piedi nudi come il mio intero corpo. Jake ha ben pensato di dirmelo dopo aver fatto l’amore, sicuro di trovarmi più docile e accondiscendente dopo il piacere.
 
«Mia, se potessi rimarrei qui con te. Il solo pensiero di non poterti vedere tutti i giorni…»
 
«Quando?» Lo interrompo scandendo bene ogni singola lettera.
 
«La settimana prossima.» Risponde d’un fiato avvicinandosi di un passo a me e cercando di coprire con le mani il suo corpo completamente svestito. «Amore mio, Washington è a sole due ore e mezza di strada da qui. Ci potremo vedere ogni volta che vorremo.»
 
Una lacrima sfugge al mio controllo rigandomi la guancia destra e istintivamente allungo le braccia verso di lui pregandolo silenziosamente di stringermi a sé, assaporando già la sensazione di solitudine. Il corpo di Jake si porta immediatamente sul mio e le sue labbra mi sfiorano delicate e gentili e io approfondisco immediatamente il bacio mentre il pensiero di stare lontana dal mio unico amore mi logora dentro.
 
«Non cambierà nulla Mia, ti amo troppo per permetterlo.» Sussurra al mio orecchio stringendomi ancora più a sé e mentre il suo bacino preme sul mio.
 
«Promettimelo Jake, promettimi che non mi lascerai.» Biascico tra un bacio e l’antro allargando le gambe per concedergli maggior accesso alla mia intimità.
 
«Mai.» Sussurra entrando in me desideroso di possedermi esattamente come pochi minuti fa.
 
«Ti amo Jake.»
 
«Ti amo Mia.»
 
 
 
 
 
 
Un altro anno dopo.
 
 
 
Quest’anno è stato ancora più fruttuoso del precedente, almeno in ambito universitario. L’assenza di Jake mi ha costretta a concentrarmi sugli studi permettendomi di superare più esami di quelli originariamente previsti nel mio calendario e i vari docenti sono stati ben lieti di ammettermi a tutti i corsi del penultimo anno. Il professor Collins oltre ogni mia aspettativa mi ha persino concesso la tesi che secondo i miei progetti riuscirò ad esporre tra un anno esatto a partire da oggi, un anno in anticipo rispetto ai miei compagni.
 
I primi mesi abbiamo cercato di trovarci almeno una volta a settimana ma presto gli impegni lavorativi di Jake sono diventati talmente pressanti da impedirgli di avere abbastanza tempo per affrontare il viaggio di ritorno a New York e nonostante mi sia impegnata in tutti i modi per incontrarlo regolarmente , vederlo è stato sempre più difficile.
La maggior parte delle volte che lo raggiungevo a Washington trascorrevo la giornata da sola nel suo appartamento aspettando di vederlo rientrare completamente sfinito da un turno di trenta ore e addormentarsi al mio fianco privo persino anche delle forze necessarie per fare l’amore.
L’ultima volta ho passato l’intera notte a guardarlo dormire, osservando le profonde occhiaie intorno ai suoi occhi stanchi e le piccole rughe sul suo viso, infine dopo diverse ore mi sono alzata e, fingendo un test all’università, ho raccolto la mia roba e sono tornata a New York stanca di questa eterna lontananza.
 
 
 
Il punto di non ritorno arriva però in un caldo giovedì di giugno.
 
Megan insiste affinché io mi unisca a lei per cena, una serata tra donne, ed è per questo che usciamo io, lei, Spencer e Greta, costringendomi ad indossare scarpe col tacco e un abito troppo corto e troppo scollato.
 
«Se Jake vede che sono uscita conciata così ci ammazza entrambe.» Sbotto allungando con le mani l’orlo del vestito cercando di coprire le gambe bianche e scoperte.
 
«Oh Mia ti rendi conto di quanto sei diventata noiosa? Da quando Jake è partito passi tutto il tuo tempo in biblioteca a studiare o a Washington, non ti riconosco più!»
 
«A proposito di Washington, a che ora parti domani?» Il volto di Megan fa capolino dai sedili posteriori che occupa insieme a Greta. «Micheal vorrebbe venire a dormire da noi, il nuovo coinquilino non ci lascia mai la camera libera.»
 
«L’ho conosciuto ed è veramente sgradevole, comunque pensavo di partire subito dopo l’ultima lezione delle sedici. Può fermarsi tutto il week end se vuole.» Sorrido amorevolmente alla mia coinquilina, lei e il suo fidanzato si erano abituati bene finché Jake condivideva la stanza con lui permettendoci ogni notte di riservare una delle due camere ad una delle due coppie. Paul, il ragazzo che ha sostituito Jake, invece ha dato la sua disponibilità a proseguire con questa abitudine solo a patto di condividere la stanza con me, ragion per cui Micheal e Spencer ora riescono a dormire insieme solo quando io sono a Washington.
 
Arrivate al Temple ci facciamo strada tra la folla alla ricerca di un tavolo libero dove bere il nostro aperitivo. Sono stata una sola volta in questo posto, al mio primo appuntamento con Ryan, e il ricordo di Jake che bacia una provocante rossa mi scuote ora come allora.
Chissà cosa sta facendo adesso?
Guardo il telefono fingendo di controllare l'ora quando in realtà spero solo di trovare un suo messaggio che mi rassicuri che tra noi va tutto bene.
 
«Se osi mandare un solo sms a Jake ti sequestro il cellulare per tutta la sera. Serata donne abbiamo detto!» Contesta Megan stizzita, le mani intorno ai fianchi e il volto imbronciato. So che vuole distrarmi, se solo capisse cosa sto provando.

 
«Tranquilla!» Le rispondo alzando lo sguardo al cielo e guadagnandomi un'occhiataccia che fa scoppiare a ridere sia me che Megan in contemporanea. «Io prendo un Mojito grazie!» Ordino infine alla cameriera di fronte a noi.
 
«Mojito, ci dai dentro stasera?» Continua Spencer ordinando un bicchiere di vino fermo, seguita da Greta che opta per un cocktail analcolico.
 
«Se non mi vuoi vedere ogni cinque minuti a controllare il telefono aspettando una telefonata di Jake è meglio alzare fin da subito il grado.» Ammicco alla mia amica restituendo il listino alla cameriera che se ne va rassicurandoci che sarebbe tornata a breve con le nostre ordinazioni.
 
«Ma quindi è così che passi le serate alla Eaton? Aspettando che Jake ti chiami?» Greta alza il sopracciglio destro evidentemente sorpresa dalla mia ammissione. Ormai è la fidanzata di Josh da oltre due anni ma non siamo ancora riuscite a legare molto. La sua amicizia con Jessica ha sempre frenato i nostri rapporti e dopo la partenza di Jake non ho più avuto molta voglia di frequentare il Victrola e quindi l’intero gruppo.
 
«Già! I suoi turni lo esauriscono e spesso per avere almeno un week end al mese totalmente libero li raddoppia, con il risultato che a volte è difficile anche solo sentirsi per telefono. Quando ha un minuto chiama e io ho talmente tanta voglia di sentirlo che tengo sempre il telefono sotto controllo.» Ammetto sconsolata. Ormai la nostra non sembra più nemmeno una relazione a distanza.
 
«Siete bravi però a resistere, a me spaventa anche solo l'idea di non poter vedere Josh tutti i giorni dopo la laurea, non oso immaginare per due o tre settimane.»
 
Fortunatamente sulle sue parole il pesante bicchiere di Mojito mi viene consegnato dalla cameriera e un buon sorso di alcool mi aiuta a cacciare all'interno dello stomaco il nodo che mi si sta formando in gola.
 
Per quanto ancora riusciremo a resistere?
 
«E Josh come sta? Che idee ha per dopo la laurea?» Cambio abilmente argomento di conversazione.
 
«Non so.» Ammette sconsolata giocando con l'ombrellino posto in cima al suo cocktail. «In questo istante ha un incontro “importante” ma per scaramanzia ha preferito non parlarmene. Mi chiamerà a breve penso.»
 
La chiamerà? Eh no! Se non posso sentire io Jake, nemmeno lei sentirà Josh. Insomma le regole sono regole. Mi limito a sorriderle guardando con la coda dell'occhio Megan che sorseggia il suo vino e si guarda intorno evidentemente a disagio per la piega che ha preso la conversazione.
 
«Greta in realtà abbiamo bandito i telefoni per stasera, per concentrarci solo su di noi.»
 
«Bandito?» Greta spalanca i grandi occhi scuri incredula guardando furtiva la borsa ancora aperta. «Ma non me lo avevate detto.»
 
«Colpa mia, mi dispiace!» Le sorrido alzando le spalle, anche se in realtà il merito è di Spencer che non sembra sopportare più il fatto che il mio Iphone sia diventato un tutt'uno con la mia mano e che io continui a controllarlo anche di notte. «O tutte o nessuna.»
 
«Va bene... Se proprio dobbiamo.» Accetta chiudendo la borsetta verde senza riuscire tuttavia con la sua espressione di circostanza a nascondere la delusione.
 
Trascorriamo l'ora successiva a parlare animatamente bevendo altri due giri di aperitivo, finché la mia testa comincia a girare e decido che almeno per me è arrivata l'ora di buttare qualcosa di solido all’interno dello stomaco. Ci trasferiamo quindi da Pino’s dove ordiniamo una maxi pizza al salamino piccante e patatine fritte e ben quattro birre. Argomenti principali della serata: la nuova squadra di football della Columbia che sembra attirare tutta l'attenzione di Spencer, ovviamente all'insaputa di Micheal, la prova di ingresso particolarmente crudele per le nuove matricole della Eaton elaborata dalla sottoscritta e Megan, i nuovi corridori del The Racer e infine la questione Mia/Amelia di cui Greta conosce solo qualche particolare malignamente raccontato da Jessica.
 
«No! Non ho mai chiesto a Jake di fare una cosa a tre con Ryan! E non sono stata con lui solo per essere ammessa allo stage!» Sbuffo indignata. «In realtà la mia storia con lui è cominciata proprio in procura dopo aver superato a pieni voti entrambi i test di ammissione che sono stati corretti personalmente dal Professor Collins.»
 
«Credo che Jessica abbia distorto un po' gli avvenimenti. E devo ammettere che non sei così male come ti dipinge lei.» Allargo le sopracciglia per niente sorpresa dalla sua affermazione, chissà cosa le avrà raccontato sul mio conto.
 
«Era ora che te ne accorgessi.» Esulta Spencer sbattendo il bicchiere sul suo e bevendo un generoso sorso di birra.
Quando ormai l’alcool sembra avere il sopravvento su tutte noi al nostro tavolo cala improvvisamente il silenzio. Ad una ad una colgo le mie amiche osservare o addirittura sfiorare le proprio borse chiuse da oltre tre ore.
 
«Elimino la regola che bandiva i cellulari!» Esclamo esasperata dalla tensione che si è venuta a creare. «Controllate chiamate e messaggi e salutatemi i ragazzi.»
 
Greta non se lo fa ripetere due volte ed estrae immediatamente il telefono dalla borsa digitando velocemente il numero di Josh, Spencer e Megan invece mi fissano incerte con gli occhi sgranati. «Sei sicura?» Domanda la prima senza muovere un solo muscolo.
 
«Ma certo!» Sorrido loro recuperando il mio Iphone e controllando eventuali chiamate da parte del mio fidanzato. Tutto ciò che vi trovo tuttavia è una notifica da parte di Candy Crush. Nessun messaggio, nessuna chiamata persa. Inspiro profondamente cercando di nascondere la delusione. «Allora che dicono?»
 
Greta è la prima a rispondermi. «Niente di che. Sono al Victrola ma non sentivo molto quindi ho messo giù.»
 
«Anche Robert è lì, dicono che il locale è pieno e che si stanno divertendo.» Il tono di Megan non nasconde la sua preoccupazione, eppure il suo fidanzato ha occhi solo per lei e non le ha mai dato un solo motivo per aver paura.
 
«Si, anche Micheal è con loro.» Ammette sconsolata Spencer.
 
Nessuna di loro è capace di celare la voglia di raggiungere i rispettivi fidanzati e anche se a malincuore decido che la nostra serata solo donne, per quanto bellissima, è durata fin troppo. «Ragazze andate! Io chiamo un taxi.»
 
«No, no, no.» Megan scuote violentemente il capo a destra e sinistra. «Non se ne parla, siamo uscite con te e restiamo con te.»
 
«Abbiamo avuto la nostra serata! Abbiamo mangiato, bevuto. Ora andate a ballare.» Obbietto cercando di essere il più convincente possibile.
 
«Ma perché non viene con noi?» Mi incalza Greta sorprendendomi positivamente, tali parole me le sarei aspettate da Spencer piuttosto che da lei.
 
«No, grazie. Sarei solo il settimo incomodo. Raggiungete i vostri ragazzi e divertitevi.»
 
«In realtà c’è anche Paul!» Aggiunge Spencer rendendosi conto di aver fatto una gaffe solo dopo aver pronunciato quelle parole.
 
«Un motivo in più per non venire con voi! Non lo sopporto quando ci prova con me.»
 
«Ma c’è anche Charlie. Dai vieni, solo una mezz’ora e poi torniamo a casa.» Insistono in coro le mie amiche e alla fine non riesco più a negarmi.
 
«Va bene, ma solo mezz’ora.»
 
 
 
Raggiungiamo velocemente il Victrola, il corpulento Adam appena mi nota tra la folla ci raggiunge a grandi falcate stritolandomi nel suo abbraccio rimproverandomi per non essermi più fatta viva negli ultimi mesi. Saltiamo come sempre la coda e ci dirigiamo come consueto verso la parte di pista a noi riservata dove troviamo i nostri amici intenti a bere dell’ottimo Champagne.
 
«A cosa brindiamo.» Domanda Spencer prendendo un bicchiere e sorseggiando il liquido trasparente all’interno.
 
«Al prossimo vice procuratore.» Le risponde il fidanzato indicando Josh con il capo.
 
«Vice procuratore?» Ripeto avvicinandomi al mio amico, è sempre stato il suo sogno entrare in procura fin da quando eravamo adolescenti e adesso sembra averlo realizzato.
 
«Si. Sono stato stasera al colloquio.» Annuisce visibilmente entusiasta Josh. «Non ti nego che quando mi sono trovato davanti Ryan ho avuto paura che mi ostacolasse per quel che è successo. Invece si è dimostrato felice di incontrarmi e mi ha detto che sono stato uno dei migliori stagisti mai passati per quell’ufficio.»
 
La sua affermazione mi colpisce nell’orgoglio, chissà se pensa la stessa cosa di me? Ma poco importa, dubito che il mio ex fidanzato darà mai anche a me la possibilità di lavorare in procura una volta laureata. Afferro anch’io un bicchiere e ingoio il contenuto in un sorso decisa ad annegare i miei dolori nell’alcool per una sera. La tristezza però non sembra volermi abbandonare, in particolare quando tutte le coppie si riuniscono e iniziano a ballare dimenticandosi della mia presenza.
 
La voglia di vedere Jake, stringerlo tra le mie braccia e respirare il suo profumo prende il sopravvento e per un istante progetto di chiedere le chiavi a Megan e partire immediatamente fregandomene delle lezioni di domani, subito però mi ricredo immaginandomi da sola all’interno del suo appartamento e ricordando la sensazione di solitudine anche maggiore che mi assale nel preciso momento in cui rimetto piede alla Eaton.
 
Senza farmi notare dal gruppo chiamo un taxi, una volta ricevuto il segnale da parte dell’autista che mi avvisa di essere arrivato nel parcheggio del locale saluto tutti guadagnandomi non poche occhiatacce di disappunto e ritorno nella mia stanza dove, trovato riparo sotto le lenzuola, finalmente lascio libere le lacrime che ho trattenuto per tutta la serata realizzando quanto in realtà mi stia rendendo infelice la relazione a distanza con il ragazzo che amo.
 
La mattina seguente mi trascino a lezione senza ascoltare una sola parola dei miei insegnanti, a mensa mi rigiro tra le mani una mela incapace di ingoiare anche solo un boccone di cibo e nel pomeriggio il mio umore peggiora mentre mille dubbi mi assalgono. Alle quattro in punto esco dal padiglione B dirigendomi alla Eaton ma invece di prendere il mio bagaglio estraggo il telefono dalla borsa salendo al secondo piano e fermandomi davanti alla camera di Megan.
 
Nuovo messaggio a Jake Haiden: “Perdonami ma non mi sento bene, non me la sento di affrontare il viaggio.”
 
Inspiro profondamente prima di premere il tasto invio pentendomi immediatamente di averlo fatto ma la sola idea di partire e rivederlo mi fa più male che bene.
Busso alla porta sperando di non disturbare la mia amica, ormai però ho promesso a Spencer che le avrei lasciato la stanza e non ho proprio idea di dove poter passare la notte. «Megan sono io.»
 
«Mia.» Megan apre la porta stranita di trovarmi di fronte a lei. «Cosa fai qui? Problemi con l’auto?»
 
«No, no.» Scuoto il capo per rassicurarla.«Ho deciso di non partire. Posso entrare?»
 
Megan si sposta di lato permettendomi di accedere all’interno della sua stanza completamente vuota. «Cosa è successo?»
 
«Non ce la faccio più, sta diventando troppo dura e io non credo di farcela.» Le lacrime rigano immediatamente le mie guance e io mi accascio sul suo letto comprendoni il volto con entrambe le mani. «Posso dormire qui, solo per questa notte.»
 
«Tesoro, puoi fermarti quanto vuoi. Tina è partita oggi per tornare dai suoi.» Sussurra accarezzandomi i capelli dolcemente.
 
Nuovo messaggio da Jake Haieden. “Amore, sto lavorando, finisco tra un paio di ore e ti chiamo.”
 
Leggo il messaggio spegnendo il telefono immediatamente, non sarei in grado di mentirgli a voce. Solo adesso mi rendo conto di ciò che indossa Megan. «Ma stavi uscendo? Me ne vado immediatamente.»
 
«Non dire cavolate, adesso chiamo Robert e gli dico che ci vediamo domani, e tu mi racconti cos’è successo.» Afferma risoluta la mia amica accomodandosi al mio fianco.
 
«Non se ne parla. Esci, io rimango qui e ne parliamo domani. Ok?» La incito asciugandomi una lacrima e tirando su col naso come una bambina. «Non riuscirei nemmeno a parlare adesso.»
 
«Va bene, ma torno presto.» Mi rassicura stringendomi tra le sue braccia e baciandomi entrambe le guance. Quindi recupera la borsa ed esce lasciandomi sola con il mio dolore sotto le sue lenzuola che profumano di lavanda.
 
«Ah Megan, non dire nulla a Jake.»
 
 
***
 
 
Nuovo messaggio a Jake Haiden: “Jake muovi il culo, Mia non è malata, è nella mia stanza in piena crisi. Ha bisogno di te.”
 
Nuovo messaggio a Megan Foster: “Parto immediatamente.”
 
 
***
 
 
«Apri Mia.» La voce di Jake mi desta facendomi sobbalzare, cosa ci fa alla Eaton? «Avanti Megan mi ha detto che sei qui.»
 
Mi alzo dal letto e avanzo lenta verso la porta guardando di sfuggita la mia immagine riflessa nello specchio, gli occhi gonfi e arrossati per le troppe lacrime versate. Dannata Megan, mi aveva promesso che non lo avrebbe chiamato e invece lo ha fatto. «Ciao.» Gli apro senza accendere la luce sperando che il buio possa celare la mia faccia stravolta.
 
«Amore.» Sussurra stringendomi immediatamente tra le sue braccia con tanta forza da togliermi il respiro. «Quanto mi sei mancata.»
 
Inspiro profondamente inebriandomi del suo profumo e crogiolandomi nel suo abbraccio senza però avere il coraggio di ricambiarlo. «Sei venuto a New York, per me?»
 
«Certo.» Annuisce deciso. «Dimmi la verità piccola, non sei malata? Cosa sta succedendo?» Sussurra al mio orecchio, il tono di voce triste e deluso.
 
Porto entrambe le mani al suo petto e faccio pressione per separate i nostri corpi e allontanarmi da quella presa che mi soffoca e confonde allo stesso tempo. «Sto male Jake, sto male.» Le lacrime che pensavo di aver esaurito rigano di nuovo il mio volto cogliendo di sorpresa il mio ragazzo. «Sta diventando troppo difficile, ho provato a farmi forza tutto questo tempo ma la verità è che io non ce la faccio più!»
 
Jake apre e chiude la bocca un paio di volte senza emettere alcun suono, lo sguardo stravolto. «Pensi che per me sia facile? Starti lontano tutti i giorni e cercare di non pensare alla paura che tu possa incontrare un altro ragazzo e innamorarti di lui mentre io sto lavorando?» Scuote la testa portandosi le mani tra i capelli ormai troppo lunghi.
 
«Non dire cavolate Jake, non potrei mai innamorarmi di un altro.»
 
«E allora perché vuoi lasciarmi?» Biascica incapace di guardarmi in volto.
 
«Perché ti amo troppo.» Sbotto allontanandomi di qualche passo da lui e sedendomi sul letto di Megan. «Perché vorrei poterti vedere sempre, potermi addormentare ogni notte al tuo fianco e vorrei poter fare l’amore ogni giorno con te come prima. Non sopporto più la lontananza, sto troppo male.»
 
Jake Haiden fissa i suoi occhi sorpresi e lussuriosi nei miei, mai avrei potuto immaginare la sua reazione.
«Co-cosa stai fa-facendo?» Balbetto incredula mentre il mio ragazzo di fronte a me senza interrompere il contatto visivo sbottona la camicia azzurra che indossa e la lascia cadere a terra, seguita immediatamente dai pantaloni beige chiaro e dalle scarpe da ginnastica.
 
«Hai appena detto che mi ami e che vorresti fare l’amore con me tutti i giorni Mia, non hai idea di quanto tu mi sia mancata nelle ultime tre settimane. Ti amo anch’io piccola e ti voglio adesso.» Gli occhi più scuri per il desiderio non si slacciano dai miei mentre si avvicina, il suo corpo coperto solo dal boxer blu scuro. Sospiro appena le sue mani raggiungono le mie spalle obbligandomi a stendermi sul letto dopo avermi sfilato la vecchia felpa verde simbolo del nostro amore.
 
«Jake non risolverà i nostri problemi.» Ansimo incrociando le mani dietro il suo collo e avvicinando il mio volto al suo.
 
«Non parlare Mia, fa l’amore con me.» Sussurra unendo le nostre labbra e entrando in me in un gemito soffocato. Così Jake fa l’amore con me, senza mai staccare gli occhi dai miei e ricordandomi continuamente quanto grande è il suo sentimento.
 
 
 
Un’ora dopo mi ritrovo completamente nuda e appagata tra le braccia del mio fidanzato mentre con la punta dell’indice ripercorro i confini del suo tatuaggio identico al mio, ad una ad una le lettere di quella semplice parola contornata da un cuore.
 
«Per sempre.» Sussurra al mio orecchio depositando un bacio tra i miei capelli. «Abbiamo aggiunto un cuore al nostro tatuaggio perché il nostro amore doveva essere eterno.»
 
Alzo il capo riportando i miei occhi nei suoi che non riescono più a celare i suoi sentimenti, paura e tristezza. «Non smetterò mai di amarti Jake.» Lo rassicuro unendo le nostre labbra e cercando di trasmettergli tutto il mio amore in quel semplice gesto. «Se fossi venuta da te forse sarei stata meglio e avrei evitato tutto questo.»
 
«Vuoi spiegarmi cos’è successo?»
 
Scuoto il capo mordendomi l’interno della guancia per trattenere le lacrime, vergognandomi per la mia reazione forse troppo esagerata. «Ho avuto un momento di crisi, mi sono sentita sola e tu eri così distante. Se non fosse per l’università farei le valigie e mi trasferirei a Washington immediatamente. Non sopporto più questa distanza.»
 
«Ti manca un anno amore, dobbiamo resistere solo un altro anno.» Inspira profondamente allungandosi fino a raccogliere il pantalone da terra. «Io credo e spero ancora che tra noi sia per sempre, dobbiamo solo portare pazienza. Il giorno stesso della tua laurea verrò a prenderti e ti porterò con me e saremo di nuovo insieme.»
 
«Vuoi che venga a vivere con te? Nella stessa casa?» Ripeto sorpresa dalle sue parole. Non abbiamo mai parlato di una possibile convivenza.
 
«Voglio molto di più.» Jake si alza dal letto portandosi in piedi di fronte a me e infila inaspettatamente i boxer scuri. Uso il lenzuolo per coprire il mio corpo nudo e lo seguo non capendo le sue intenzioni finché non lo vedo inchinarsi sul ginocchio destro e allungare verso di me una piccola scatolina di velluto rosso. Sento il respiro venirmi a mancare e il mio cuore perdere un battito quando il suo pollice fa pressione sulla chiusura dorata e la apre mostrandomi uno splendido anello in oro bianco con al centro un piccolo diamante dal taglio ottagonale. Rimango senza fiato a guardarlo incapace di emettere un solo suono in attesa della sua proposta. «Io voglio trascorre tutta la vita con te e perché no, magari anche con due o tre figli e un cane. Mia River vuoi sposarmi?»
 
E le parole escono dalla mia bocca semplicemente perché io ho sempre saputo la risposta a quella domanda. «Sì Jake, lo voglio.»
 
 
 
 
 
Angolo autrice. LEGGIMI!!!!

Eccomi qui... e a GRANDE richiesta anche sta settimana con un giorno d'anticipo.. il capitolo era pronto :)

Mia ha avuto i primi dubbi e Jake TATATAN

Vuoi sposarmi???

Chi di voi se lo aspettava??

Forse qualcuno si... ma ho saputo conservare la sorpresa.

Bene a questo punto sta ufficialmente per partire la seconda parte... il prossimo capitolo sarà l'ultimo di passaggio, PROMESSO.
Sarà ambientato esattamente ad un anno da questo, in concomitanza con la laurea di Mia.... Avete capito cosa intendo????
 
Spero vi sia piaciuto, continuo con il ringraziarvi sempre per tutto..
Vi abbraccio E RINGRAZIO ANCORA ELLYB PER IL BELLISSIMO BANNER


 

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Capitolo 27
*** CAPITOLO 27 ***




 



 
CAPITOLO 27


 
UN ANNO DOPO.
 
 


Un altro anno è passato e finalmente ho terminato tutti gli esami e mi sto preparando ad esporre la tesi di laurea. La scelta dell’argomento non è stata affatto facile ma quando Jake si è offerto di darmi tutto l’apporto medico possibile la decisione è stata immediata e anche il professor Collins ne è stato entusiasta: l’eutanasia.
Devo ammettere però che questo ha peggiorato non poco la nostra situazione costringendo il mio ragazzo ad impegnare il poco tempo insieme a correggere le pagine del mio lungo elaborato piuttosto che guardare un film o semplicemente stringerci e amarci come solo noi sappiamo fare. Nessun dubbio ha però attraversato più le nostre menti perché la nostra forza è saldamente ancorata al mio annullare destro accompagnata da una proposta forse non troppo romantica ma totalmente spontanea.
Abbiamo deciso di sposarci tra circa quattordici mesi concedendoci un anno di convivenza prima di fare il grande passo. Una sera dopo aver fatto l’amore abbiamo progettato tutto nel dettaglio e Jake si è dimostrato ben lieto di accontentare ogni mio desiderio. Sarà una cerimonia molto privata a cui parteciperanno solo ovviamente la madre di Jake, Alice, Megan e Spencer che saranno altresì le mie damigelle d’onore, Micheal, Josh e Robert vale a dire i testimoni di Jake, Greta e ovviamente Mr Crab, quest’ultimo celebrerà l’evento. Per il luogo non abbiamo avuto alcuna indecisione, la spiaggia degli Hampton di fronte alla casa al mare della sua famiglia dove ci siamo amati per la prima volta, ed esattamente al tramonto mentre il sole a picco sul mare colora il cielo di quelle meravigliose sfumature rosse e arancioni che sembrano emozionare il mio fidanzato particolarmente.
Unico punto dolente è la mia famiglia, secondo Jake dovrei invitare anche i miei genitori con cui non parlo da circa otto anni ormai e dovrei rompere il ghiaccio avvertendoli già per la mia laurea.
 
 
«Cosa fai ancora a letto? Non hai appuntamento con Collins tra dieci minuti.» La voce di Spencer mi sveglia facendomi sobbalzare, con il cuore a mille afferro il telefono per rendermi conto che mancano esattamente dieci minuti alle nove, ora dell’appuntamento con il mio relatore per l’ultima revisione della mia tesi di laurea.
 
«Merda! Non mi sono svegliata!» Urlo lanciando in aria il piumone rosa e sfilandomi la maglia del pigiama mentre corro lungo il corridoio verso le docce con indosso solo un piccolo asciugamano.
 
«Sei stata tutta la notte a telefono con Jake, è ovvio che tu non abbia sentito la sveglia.» Impreca rincorrendomi con in mano i miei vestiti e il borsello del trucco per aiutarmi.
 
Venti minuti e una doccia fredda dopo busso alla porta del professor Collins pregando che non sia troppo infuriato per il mio ritardo totalmente ingiustificato, i capelli legati in cima alla testa nel tentativo di nascondere di non aver nemmeno avuto il tempo di pettinarli.
 
«Avanti.» La sua voce sembra inaspettatamente tranquilla. Apro la porta ed entro all’interno della stanza trovandolo seduto alla sua scrivania e impegnato a bere un caffè insieme a due individui dei quali riesco a vedere solo le spalle seppur familiari. «Prego si accomodi signorina River, aspettavamo solo lei.»
 
«Buongiorno a tutti.» Saluto spiazzata dalla presenza dei suoi ospiti, doveva essere un semplice incontro per discutere della modalità di esposizione della tesi. «Scusatemi per il ritardo ma...» inizio a giustificarmi ma vengo interrotta da una risata familiare.
 
«… ma sei sempre la stessa Mia, per la laurea ti regalerò una decina di sveglie così riuscirai almeno una volta a svegliarti in tempo.» La sedia di destra si gira di scatto verso di me mostrandomi il volto del misterioso interlocutore che altri non è che il mio caro amico Josh.
 
«Josh, che ci fai qui?» Domando stupefatta, lo trovo bene nel suo elegante completo nero e cravatta grigia.
 
«Si accomodi signorina River, il dottor Neill e il dottor Bass sono qui per parlarle.» Aggrotto la fronte nel sentir pronunciare il nome del mio ex fidanzato che lentamente si volta verso di me senza riuscire a guardarmi in viso dopo oltre tre anni di lontananza.
 
«Buongiorno Amelia.» Sussurra voltandosi nuovamente verso il mio professore mentre io gli rispondo con un cenno del capo.
 
Il professor Collins mi indica l’unica sedia libera all’interno della stanza invitandomi prendere posto con loro. «Caffè?» Mi domanda indicando il bollitore mezzo vuoto. Annuisco accettando la tazza che mi viene offerta mentre con la coda dell’occhio continuo a guardare Ryan Bass seduto al mio fianco. È ancora bellissimo come un tempo nel suo completo elegante grigio scuro e questi tre anni non sembrano averlo cambiato. «Come dicevo sono venuti per farle una proposta molto interessante che la prego di ascoltare.»
 
Josh poggia la mano sul mio gomito invitandomi a voltarmi verso di lui. «Non sai quanto ho faticato a non dirti nulla finché non fossi stato certo che eri stata selezionata tu. Tra meno di due settimane ti laurei e devi pensare al tuo futuro. So che hai già dei progetti a livello personale ma nulla sul piano professionale ed è per questo che siamo qui. Vogliamo proporti un lavoro, un anno di tirocinio presso la procura di New York. Io ho ultimato il mio e sarò nominato vice procuratore e adesso vogliamo offrirlo a te. Sei la candidata ideale.»
 
Ascolto le sue parole inaspettate totalmente stupefatta. «Ma Josh.. ti ringr – vi ringrazio ma io pensavo di trasferirmi a Washington.» Biascico non sapendo bene cosa rispondere.
 
«Lo so Mia, e non devi risponderci adesso, pensaci. A Washington non hai alcun tipo di aggancio e faticherai a trovare lavoro. Un anno qui invece ti permetterà di accedere a tutte le procure degli Stati Uniti. Sarebbe solo un altro anno.»
 
Come sempre Josh sa pesare bene le parole e conosce i miei punti deboli. A Washington mi attende il coronamento del mio sogno d’amore ma lavorativamente parlando? «Ci penserò, entro quando devo darti una risposta?»
 
«Una settimana, abbiamo altri candidati da contattare in caso di un tuo rifiuto.» Conclude ammiccandomi gentilmente.
 
Con la coda dell’occhio continuo a guardare Ryan che si muove nervosamente sulla sedia, accavalla le gambe, si tocca i capelli, allenta il nodo della cravatta. Che sia la mia vicinanza ad innervosirlo? Il professor Collins invece mi sorride sornione fiero che un altro dei suoi studenti sia stato reclutato dalla procura di New York, simbolo del suo eccellente ruolo nell’insegnamento nella procedura penale.
«Ci penserò.» Rispondo riportando lo sguardo sul mio amico, poteva avvertirmi, avrebbe reso tutto più facile quest’incontro.
 
 
 
 
«Amelia aspetta.» La voce di Ryan mi costringe a bloccarmi sul posto. Cosa ci fa ancora qui? Pensavo fosse andato via un’ora fa insieme a Josh e invece è fermo davanti al mio chiosco preferito di caffè sicuro di incontrarmi per la mia merenda mattutina. Lo guardo perplessa, immobilizzata a diversi metri da lui domandandomi perché voglia parlare con me dopo avermi praticamente ignorata per tutto l’incontro.
 
«Ryan.» Lo saluto con un cenno del capo indecisa se fermarmi o voltargli le spalle e andarmene alla velocità della luce. La curiosità purtroppo ha come sempre la meglio. «Hai bisogno di me.»
 
Il vice procuratore si avvicina a me di un paio di passi fissando per la prima volta dopo tanti anni i suoi occhi color ghiaccio nei miei e io istintivamente indietreggio per mantenere tra noi le dovute distanze. «Non avere paura Amelia, voglio solo parlarti.» Sussurra inspirando profondamente ma senza più avvicinarsi a me per il timore di turbarmi. Qualcosa in lui è diverso, non ritrovo nel suo volto quell’espressione di sfida che l’ha sempre caratterizzato, sembra triste e dispiaciuto. «Quanto tempo, sei cresciuta tantissimo.»
 
Annuisco lentamente sollevando lievemente gli angoli della bocca. «Infondo sono passati quasi quattro anni. Cosa devi dirmi Ryan.»
 
«Voglio scusarmi.» Distoglie lo sguardo da me prima di parlare, orgoglioso com’è non deve essere facile per lui pronunciare queste parole. «Non mi sono comportato molto bene con te in passato. Ero innamorato e avrei fatto di tutto pur di non perderti.»
 
«Ryan io…» Lo interrompo prima che possa dire anche solo un’altra parola, non mi piace rinvangare il passato men che meno i brutti ricordi.
 
«Tranquilla Amelia non ci sto provando, so che sei impegnata con lui e non è mia intenzione riaprire una porta chiusa da tempo. Sono felicemente fidanzato anch’io adesso e presto le chiederò di sposarmi.»
 
Le sue parole mi stupiscono, Ryan non è mai stato un argomento di conversazione con Josh ma non ha mai accennato nulla di tutto ciò nell’ultimo anno. «Sono felice per te, deve essere una ragazza fortunata.» Continuo poco convinta, se non ha cambiato i suoi modi e non controlla la sua gelosia non credo che le spetti una gran bella sorte.
 
«Direi più una donna, ha la mia età.» Cosa vuol dire? Che io ero solo una ragazzina avendo undici anni meno di lui mentre questa sarebbe una donna? Incrocio le braccia al petto indispettita «L’hai anche conosciuta, nel mio ufficio poco prima di Natale, Alessia.» Immediatamente ricordo la provocante avvocatessa semisvestita che mi aveva accolta scambiandomi per la “sorellina” di Ryan, già evidentemente interessata a quello che allora era ancora il mio uomo.
 
«Allora ci avevo visto giusto! C’era dell’interesse tra voi!» Mi sforzo di sorridere anche se in fondo l’immagine della mia sostituta non mi fa molto piacere.
 
«Anch’io avevo sempre visto giusto tra te e Jake.» Colpita e affondata. Ha ragione, lui era sempre stato geloso verso il mio fidanzato percependo meglio di me il sentimento che mi già legava a lui. «E io avevo occhi solo per te allora, ma non sono qui per ripensare al passato. Volevo solo scusarmi e consigliarti di pensare bene alla nostra proposta. Superato il tirocinio diventerai vice procuratore e potrai trasferirti in ogni procura degli Stati Uniti, è sempre stato il tuo sogno e potrai realizzarlo. Josh mi ha spiegato che vuoi trasferirti a Washington per riunirti a lui e lo capisco, ma lì sarai una semplice ragazza laureata in legge, non ti verrà data la possibilità di lavorare in Tribunale se non come praticante di un qualunque avvocato.» Le sue parole mi scuotono, come dargli torto. Ricordo bene come vengono trattati i giovani praticanti, costretti a fare da “schiavi” a qualche avvocato per uno stipendio praticamente pari a zero. Questo tirocinio potrebbe veramente essere il mio trampolino di lancio. «Sono sicuro che diventerai un ottimo procuratore distrettuale, migliore di me e di Josh. Ad ogni modo sei tu a decidere, riflettici bene. Io volevo solo scusarmi con te per come mi sono comportato sperando di non essere uno dei motivi che potrebbero indurti a rifiutare questa opportunità.»
 
Annuisco sorridendogli questa volta sinceramente, è cambiato molto, non serba rancore nei miei confronti come un tempo e sembra veramente dispiaciuto per quello che è successo tra noi riconoscendo appieno le sue colpe. «Ci rifletterò.» Quindi gli volto le spalle e lentamente mi allontano da lui, fermandomi dopo soli pochi passi. «E Ryan, grazie.» Sorrido e alzo la mano accennando un saluto.
 
 
 
 
***
 
 
 
Passo la settimana successiva a ripetere il mio elaborato ormai ultimato e appositamente rilegato. Il completo scelto per l’avvenimento e la toga sono già lavati, stirati e ordinatamente appesi alla porta della cabina armadio e al solo vederli, ogni santo giorno, Spencer versa qualche lacrima per la consapevolezza di non essersi laureata in tempo e che dalla prossima settimana io non potrò più condividere la stanza con lei.
Il pensiero dell’offerta di Ryan mi assilla continuamente, il mio cuore non vede l’ora di raccogliere le mie cose e raggiungere l’amore della mia vita a Washington, il mio cervello invece mi rimprovera anche solo per aver pensato di rifiutare un’opportunità così, in fondo è solo un anno. Mille dubbi tormentano la mia mente impedendomi di concentrarmi nello studio ed presto dovrò dare una risposta a Josh, una risposta che ancora non ho trovato.
 
Passo l’intera notte sveglia a rigirarmi nel letto incapace di dormire, tutto il mio futuro dipende dalla loro domanda, in ambito lavorativo e personale. Sì, perché posticipare il mio trasloco di un anno inevitabilmente posticipa anche il nostro matrimonio se vogliamo comunque convivere un anno prima. Ma in fondo cos’è un anno? Siamo riusciti a superare gli ultimi due abbastanza bene non tenendo conto della mia piccola crisi. Il solo pensiero di altri dodici mesi distante da lui però mi stringe il cuore in una morsa di dolore, non sono capace di prendere questa decisione da sola e domani Josh vorrà conoscere la mia risposta.
 
Attenta a non svegliare Spencer esco lentamente dalle lenzuola, afferro la felpa della NYU, un paio di leggins e le scarpa da ginnastica. Butto tutto ciò che trovo nella borsa ed esco dalla mia stanza. Fortuna che Megan alcuni mesi fa mi ha regalato una copia delle chiavi della sua auto così che io possa prenderla al bisogno, per questo salgo prima al secondo piano e le lascio un messaggio sulla lavagnetta per avvertirla, quindi corro nel parcheggio e metto in moto la sua Porsche bianca.
 
 
Due ore e mezzo dopo mi ritrovo nel vialetto della piccola abbinata locata dal mio fidanzato e in cui vive ormai da oltre due anni: la mia futura casa. Avanzo velocemente non preoccupandomi dell’ora, sono da poco passate le cinque del mattino e le prime di luci dell’alba iniziano a rischiarare il cielo ancora buio. Devo bussare svariate volte prima che Jake spalanchi la porta con indosso solo un paio di mutande, sicuramente stava ancora dormendo infondo è praticamente notte. Sollevo il sopracciglio destro sorridendogli maliziosamente. «Apri sempre così la porta?»
 
«Mia? Cosa fai qui? Dovevamo vederci la settimana prossima a New York.» Sgrana gli occhi meravigliato di trovarmi di fronte a casa sua, non curante del fatto che chiunque attraversi la strada in questo istante potrebbe vederlo così svestito.
 
«Non sei felice di vedermi?» Gli rispondo divertita dalla sua reazione sorpresa.
 
«Ma è successo qualcosa?» Continua avvicinandosi di un passo a me e puntando le mano sulle mie spalle per obbligarmi a guardarlo in volto, come se non volessi sostenere il suo sguardo.
 
«Avevo solo voglia di vederti Jake, ora possiamo entrare? Non mi piace che l’intero vicinato veda quanto sei bello senza vestiti.» Sussurro alzandomi sulle punte dei piedi per avvicinare le mie labbra alle sue e lui ne prende possesso immediatamente baciandomi con più desiderio di quanto aveva lasciato trasparire fino ad adesso. Le sue mani circondano la mia vita sollevandomi da terra e obbligandomi ad ancorarmi al suo bacino con le gambe, si volta su sé stesso e rientra all’interno di quella che un giorno sarà la nostra casa e senza attendere ulteriormente sale le scale diretto in camera da letto.
 
«Sei dimagrita ancora?» Sbuffa adagiandomi sulle lenzuola nere e sfilandomi i comodi vestiti che indosso per lasciarmi come lui in sola biancheria intima. Si stende sul mio corpo sorreggendosi sui gomiti per non pesarmi. Se solo sapesse quello che ho passato questa settimana capirebbe perché la voglia di mangiare sembra essere andata a farsi benedire. Ignorando la sua domanda unisco nuovamente le nostre bocche approfondendo il nostro bacio e assaporando il sapore del mio uomo, solo adesso che mi stringo al suo corpo ormai nudo mi sento veramente a casa e automaticamente mi domando come farò ad affrontare un altro anno lontano da lui. «Perché ogni volta che ti vedo sei sempre più bella.» Sussurra baciandomi di nuovo, e poi ancora, e sfila quel che resta della mia biancheria, ansimando e gemendo per il piacere, i nostri respiri accelerati e i nostri corpi tremanti, uno dentro l’altra, fino a raggiungere il piacere.
 
 
 
«Non posso ancora crederci che tra poco potrò vederti tutti i giorni, questi sono stati i due anni più duri della mia vita, quasi quanto i quattro in cui tu eri sparita.» Sussurra al mio orecchio stringendo il mio corpo nudo al suo mentre le sue mani disegnano cerchi immaginari lungo la mia schiena solcata dalle sue unghie che sono affondate più del dovuto. È stato veloce ma sicuramente il nostro rapporto più intenso.
 
Le sue parole mi fanno tornare in mente il motivo della mia visita inaspettata. Inspiro profondamente un paio di volte prima di trovare il coraggio di emettere un solo suono. «A proposito di questo, c’è una cosa di cui dovrei parlarti.» Balbetto costringendolo a sollevarsi dal cuscino per fissare i suoi occhi azzurri nei miei. «Per te sarebbe tanto grave se posticipassimo di un altro anno il mio trasloco?»
 
Il suo viso rimane impassibile per qualche istante, probabilmente il tempo necessario a metabolizzare ciò che gli ho appena detto. «E perché? Mia sono già stati così difficili questi due anni e solo undici mesi fa abbiamo rischiato di lasciarci perché tu non eri in grado di sopportare la distanza.» Risponde confuso dalla mia affermazione improvvisa.
 
Deglutisco l’ammasso di saliva che sembra essersi raccolta all’interno della mia bocca mentre con il braccio destro copro i miei seni vergognandomi per la mia nudità. «Lo so Jake, lo so. Ma siamo stati così bravi fino ad adesso e si tratterebbe solo di un altro anno.»
 
«Vuoi dirmi perché hai deciso di rimanere a New York?» La sua voce si alza di un paio di toni, chiaramente innervosito dalla piega che ha preso la nostra conversazione.
 
«Non ho deciso, non ancora. Josh mi ha offerto un tirocinio in procura.» Ammetto d’un fiato. Josh? Beh in fin dei conti quel giorno è stato lui a parlare davanti al professor Collins.
 
«Un tirocinio in procura?» Ripete sarcastico con una lentezza estenuante.
 
«Già, si tratterebbe di un solo anno, poi diventerei viceprocuratore e potrò chiedere il trasferimento in una qualunque procura degli Stati Uniti, compresa quella di Washington.»
 
«E se provassi direttamente a fare domanda qui?» Jake si alza dal letto e si infila le mutande e un paio di pantaloni di tuta neri. Non è positivo che senta il bisogno di vestirsi.
 
Mi sollevo anch’io e inizio a raccogliere i miei vestiti sparsi per l’intero pavimento della stanza non trovando tuttavia il mio reggiseno, chissà dove l’avrà lanciato nell’irruenza di spogliarmi. «Jake non funziona così, lì sono conosciuta per il mio stage di qualche anno fa. Qui non sono nessuno.» Gli rispondo semplicemente, decidendo di indossare la felpa verde sul petto nudo.
 
«Oh già, dimenticavo. Il tuo stage con Ryan Bass, immagino che c’entri anche lui in questa proposta?» Incrocia le braccia al petto nervosamente nel tentativo di nascondere i pugni chiusi.
 
Il mio tentativo di aggirare il nome del mio ex fidanzato è andato miseramente in fumo. «Ovviamente, è il capo procuratore adesso e Josh lavora per lui, ma io dovrò collaborare solo con Josh.»
 
«MA VI VEDRETE TUTTI I GIORNI.» Grida improvvisamente facendomi sobbalzare per lo spavento. Non può reagire così dopotutto sono passati anni e sa bene che io non ho mai amato Ryan.
 
«No, ti prego Jake non ricominciare ad essere geloso di Ryan.» Biascico passandomi entrambe le mani tra i capelli per la disperazione, credevo sarebbe stato felice per me. «È un’opportunità irripetibile per la mia carriera e si tratta solo di un anno.» Percepisco la mia voce tremare ma non voglio piangere, non adesso. Solo adesso che sto discutendo con lui per difendere il mio futuro mi rendo conto che ho già preso la mia decisione, forse speravo solo di trovare il suo appoggio per sentirmi meno in colpa.
 
Il mio tentennamento non gli passa inosservato e Jake sembra addolcirsi. «Sei brava e potresti comunque far carriera anche qui.»
 
Le sue parole tuttavia ottengono l’effetto contrario in me, con un gesto veloce scosto la sua mano che si avvicina al mio volto impedendogli di accarezzarmi. Io ho sofferto tantissimo permettendogli di allontanarsi da me solo perché era “il meglio” per lui. «Anche tu avresti potuto a New York ma io ho accettato il tuo trasferimento capendo che era la tua occasione. Qui dovrei cominciare dal basso e fare da portaborse ad un qualunque avvocato, sfruttata e sottopagata. Un solo anno e otterrò il trasferimento nella procura di questa città, potresti anche sopportarlo per me come io ho sopportato gli ultimi due anni incoraggiandoti e supportandoti.» Mi rendo conto di aver involontariamente alzato la voce solo dopo aver pronunciato l’ultima parola. Non è mia intenzione rinfacciargli ciò che ho fatto per lui ma forse mi aspettavo altrettanto.
 
Il mio ragazzo mi fissa per alcuni secondi prima di alzare le mani in segno di resa e recuperare dall’armadio una felpa qualunque. «Devo andare, il mio turno comincia tra meno di un’ora.»
 
«Ti prego aspetta Jake, dobbiamo parlare.» Faccio un passo verso di lui ma i suoi occhi freddi mi bloccano immobilizzandomi, è molto arrabbiato.
 
«Di cosa? È chiaro che tu hai già deciso, volevi solo avere il mio benestare.» Sbotta voltandomi le spalle. «Mi spiace ma non sono d’accordo, sarai tu a scegliere, o me o Ryan e la procura.»
 
«No, Jake. Non mi puoi chiedere di scegliere. Sarà solo un altro anno, dobbiamo solo portare pazienza per altri dodici mesi, come abbiamo resistito fino ad adesso…» Balbetto spiazzata dalle sue parole. «E Ryan non c’entra nulla, lui sa di noi ed è fidanzato ora.»
 
«Non cambia nulla.» Sbuffa e senza più degnarmi di uno sguardo corre giù dalle scale, appena sento la porta sbattere e il motore della sua auto rombare sul vialetto mi accascio al suolo lasciando libero sfogo alle lacrime e ai singhiozzi. Raccolgo le ginocchia al petto e vi nascondo il viso tendendo le orecchie nella speranza di sentirlo rientrare, corrermi incontro e rassicurarmi che tra noi è tutto a posto, che mi ama e che nulla potrà mai separarci, eppure non è questo che mi ha lasciato intendere. E infatti più passano i minuti più mi convinco che non tornerà almeno per ora e che non vuole vedermi.
Non si è mai arrabbiato così tanto da allontanarsi da me in questo modo, sono sempre stata io ad erigere muri tra noi e lui ha sempre combattuto per abbatterli. Ne sarò capace anche io?
 
Un’ora dopo sobbalzo sentendo il cellulare vibrare all’interno della tasca della felpa, lo prendo e controllo il display sperando che sia lui che mi dice di aspettarlo perché vuole parlare con me, chiarire, invece trovo un messaggio di Megan che mi domanda se sia successo qualcosa e mi avverte che purtroppo ha bisogno della sua auto per l’ora di pranzo.
Jake ormai deve aver iniziato a lavorare e non ha pensato per un solo istante a telefonarmi o mandarmi un messaggio. Controllo sul frigo il suo orario di oggi e come aveva annunciato il suo turno è cominciato da poco e terminerà solo nel tardo pomeriggio. Non potrò nemmeno vederlo.
 
Messaggio a Jake Haiden, ore 07.20: “Jake devo riportare a Megan l’auto. Ci possiamo sentire questa sera?”
 
 
Mi siedo al posto di guida della splendida auto della mia amica e accendo il motore, premo il pedale dell’acceleratore inebriandomi del rombo di tutti i suoi cavalli. Mi dirigo verso l’autostrada desiderosa di correre e superare qualche limite di velocità, infondo posso permettermi di perdere qualche punto della patente e pagare una piccola multa.
Devo scegliere tra Jake e la mia carriera.
Non doveva andare così, doveva capirmi, doveva appoggiarmi. Cosa devo fare adesso?
Non posso rinunciare a Jake, non dopo aver faticato così tanto per conquistare il suo amore. E che senso avrebbe la mia vita senza di lui.
Ma non vorrei nemmeno dover rinunciare ai miei sogni.
 
 
 
Messaggio da Jake Haiden, ore 15.35: “Mia ho bisogno di pensare. Ti chiamo io domani.”
 
 


 
 
JAKE’S POV
 



 
La mattina dopo, ore 7.13.
 
 
Mi alzo dal letto disturbato dalla luce del sole che irrompe attraverso le finestre dimenticate aperte. La testa mi gira e il bisogno di vomitare è altissimo, non avrei dovuto bere così tanto ieri sera ma dopo la discussione con Mia e dieci ore di turno la prima Tequila è stata d’obbligo, le successive necessarie. Non ricordo nemmeno a che ora sono rientrato a casa e mi devono aver probabilmente trasportato di peso. Fortuna che alcuni miei colleghi sono anche miei amici.
 
Mia..
 
Non l’ho più sentita dopo quel messaggio, sono stato un idiota a chiederle di scegliere tra me e la procura ma questi anni sono stati difficili anche per me e il solo sentire il nome di Ryan non mi ha permesso di capire più nulla. Non dovevo assalirla così né tantomeno abbandonarla nella consapevolezza che stava per scoppiare a piangere, maledetto il mio orgoglio. Lei non mi ha ostacolato una sola volta accettando quello che io ho creduto essere il meglio per me, nonostante la facesse soffrire.
Mi guardo intorno alla ricerca del mio cellulare per chiamare la mia ragazza e chiederle perdono, voglio dirle che la amo e che nulla cambierà mai quello che c’è tra noi, che nonostante tutto noi ci sposeremo comunque l’anno prossimo negli Hampton, in riva al mare mentre il tramonto colora il cielo di quelle meravigliose sfumature rosse e arancioni, e che lei sarà meravigliosa nel suo abito bianco.
La amo e se per la sua felicità dovrò aspettarla per altri dodici mesi lo farò, con o senza convivenza.
Ecco cosa le dirò, ovviamente dopo essermi scusato per la mia stupidità.
Lascio vagare il mio sguardo per la stanza a mala pena illuminata dalle luci dell’alba alla ricerca di quel maledetto telefono quando finalmente lo vedo sopra il comò, esattamente dove lo lascio tutte le sere prima di coricarmi, mentre mi avvicino però sono costretto a rallentare nel notare al suo fianco un piccolo luccichio che ieri non avevo visto.
Inspiro profondamente un paio di volte realizzando il significato di ciò che vedo trattenendomi dal desiderio di urlare e distruggere tutto ciò che mi circonda.
Abbandonato sul grande mobile in mogano accanto alla porta della mia camera da letto la nostra promessa d’amore, l’anello di fidanzamento che solo un anno fa ho regalato a Mia.
Afferro il telefono e corro al piano di sotto digitando il numero della mia fidanzata, o forse ex a giudicare dal suo gesto inaspettato.
 
Il numero selezionato è inesistente.
 
Fisso sullo schermo l’immagine della mia ragazza abbinata al suo numero che a detta della sua compagnia telefonica non esiste più, un impeto di rabbia prende il possesso di me e scaravento il mio telefono contro il muro distruggendolo.
 
Non posso credere che mi abbia lasciato così, senza una parola, cambiando addirittura il numero e restituendomi l’anello. Le ho chiesto io di scegliere ma mai avrei potuto anche solo immaginare che sarebbe finita così. È di nuovo scappata da me esattamente come otto anni fa.
Stringo la testa tra le mani e mi accascio al suolo concentrandomi sulla mia respirazione e cercando di trattenere le lacrime che ormai ricadono incontrollate lungo le mie guance.
 
MI HA LASCIATO.
 
LE HO CHIESTO DI SCEGLIERE E NON HA SCELTO ME.
 
MI HA LASCIATO.
 
 
 
 
 
 MIA'S POV
 
 
 
Messaggio a Josh Neill. Ore 18.00 “Ciao Josh, sono Mia. Volevo dirti che accetto la tua proposta. Ps: non dare a nessuno questo numero.
 
Messaggio da Josh Neill. Ore 18.03 “Sono contento, non te ne pentirai. Mi devi spiegare però perché hai cambiato numero di telefono e perché non posso darlo a nessuno. Ci possiamo incontrare per una birra o ci vediamo direttamente lunedì? Non vedo l’ora di chiamarti dottoressa.”
 
Messaggio a Josh Neill. Ore 18.05  “In realtà puoi già farlo, ho fatto cambio con uno dei laureandi di oggi. Sto lasciando la Eaton in questo momento, ti dispiacerebbe ospitarmi finchè non trovo un appartamento?”
 
Messaggio da Josh Neill. Ore 18. 09 “Cosa??? Perché?? Mi stai facendo preoccupare Mia, si può sapere cosa stai combinando? Comunque la mia casa è la tua casa. Stacco tra un’ora, ci vediamo là.”
 
Messaggio a Josh Neill. Ore 18.11. “Grazie, sei un amico. Dopo ti spiego, ma per favore non dire nulla a Megan o Jake o chiunque ti chiami. Ho bisogno di stare sola.”

 
 



 
 
 
ANGOLO AUTRICE.
 
Per favore non odiatemi!!!!
Qualcuna di voi ha già detto che è disposta a venirmi a cercare a casa e lapidarmi e so che adesso sta già preparando la valigia pronta a venirmi a cercare ma tanto non sa dove abito!!!! Vero Marisol? Vero Christin?? Ahahahahaha….
 
Dal prossimo capitolo entreremo ufficialmente nella seconda parte della mia storia… Non siate arrabbiate né con me né tantomeno con Mia. Sapete bene che con me nulla è veramente come sembra e c’è sempre qualcosa sotto…
 
Grazie a chi ha letto fino ad adesso e spero che vi piacerà anche questo sequel….
 
 
 

 

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Capitolo 28
*** CAPITOLO 28 ***






CAPITOLO 28
 
 
 
 
DUE ANNI DOPO

 
 
 
 
 
Avanzo lentamente, un piede nudo davanti all’altro, cercando di non superare il ritmo scandito dalla marcia che leggiadra accompagna la mia passeggiata. Il leggero abito bianco senza spalline ondeggia travolto dalla leggera brezza primaverile mentre il cielo si colora delle più belle sfumature di rosso e arancione che io abbia mia visto e il sole si lascia inghiottire dalla distesa di acqua di fronte a noi.
Incrocio gli occhi velati di lacrime di Megan e Spencer che, splendide nei loro vestiti color pesca, mi attendono insieme ai loro fidanzati ai due lati dell’archetto di fiori di arancio, sotto il quale intravedo il mio promesso sposo meraviglioso nel suo completo di lino bianco.
Mi dà ancora le spalle ma posso percepire chiaramente il suo nervosismo dal modo in cui passa la mano tra i capelli biondi schiariti dal sole e spettinati dal vento. Vorrei gridare il suo nome, invitarlo a girarsi verso di me e guardarmi, e lui sembra leggermi nel pensiero e con una lentezza esasperante si volta verso di me mostrandosi in tutta la sua bellezza.
Mi blocco sui miei passi stringendo tra le mani il mio bouquet di rose bianche desiderosa di vedere il viso il mio futuro marito illuminato dalla calda luce del tramonto che lui ama tanto, quasi quanto me.
I nostri occhi si incontrano, azzurro e marrone, cielo e terra, e finalmente abbiamo raggiunto il nostro orizzonte, il giorno del nostro matrimonio.
L’ho amato fin dalla prima volta che l’ho visto, quando ero ancora solo una ragazzina intenta a giocare con le automobiline e a sporcarmi di fango, anche se a lui piacevano le bambine con le bambole. Ci ha messo più tempo del voluto e dello sperato ad accorgersi di me ma dopo non mi ha lasciato tregua, doveva essere per sempre e da adesso lo sarà. Sto realizzando tutti i miei sogni.
 
Siamo riusciti a raggiungere quel preciso punto dell’orizzonte in cui cielo e terra si incontrano.
 
Il mio promesso sposo mi sorride e come sempre rimango ammaliata dalla sua bellezza, affretto il passo per azzerare le nostre distanza e lo raggiungo sotto l’archetto di fiori di arancio creato appositamente per noi dove mi aspetta anche Daniel Crab, elegantemente vestito per celebrare le nostre nozze.
 
 
Io Amelia River, prendo te Jake Haiden, come mio legittimo sposo…
 
 
 
 
 
Vengo svegliata dal fastidioso brusio del cellulare che vibra rumorosamente sul piano del mio comodino, sono madida di sudore e ho il respiro accelerato. Ancora una volta questo dannato sogno, o forse sarebbe meglio chiamarlo incubo. La smetterà mai di tormentarmi?
Sono ormai quasi due anni che si ripete, dal giorno in cui ho deciso di chiudere la mia relazione con Jake, quasi ogni notte disturba il mio sonno svegliandomi di soprassalto e obbligandomi ad usare fin troppo correttore la mattina seguente per coprire le pesanti occhiaie.
Apro controvoglia gli occhi e controllo l’ora sulla radiosveglia, sono da poco passate le quattro del mattino, chi diavolo può chiamarmi a quest’ora?
Guardo il display del telefono e rimango a bocca aperta riconoscendo immediatamente quel particolare numero, non è registrato tra i contatti ma l’ho digitato così tante volte che la mia mente non è mai riuscito a dimenticarlo, eppure ci ho provato più di una volta.
Perché mi starà chiamando dopo tutto questo tempo e cosa avrà da dirmi? Ma soprattutto da chi avrà avuto il mio numero? Non ce l’ha praticamente nessuno.
Rimango imbambolata a fissare lo schermo del mio Iphone che stringo nella mano destra ponendomi mille domande e senza trovare il coraggio di rispondere finché la telefonata viene interrotta. Non passano nemmeno pochi secondi che l’apparecchio ricomincia a vibrarmi tra le mani e lo stesso numero riappare sul display ancora illuminato.
 
Se sta insistendo per parlarmi a quest’ora di notte forse ha veramente qualcosa da dirmi, qualcosa di importante.
 
Avvicino titubante l’apparecchio mentre scorro con l’indice la banda verde per la risposta. “Pron-to?” Balbetto dopo aver inspirato profondamente socchiudendo gli occhi, perfino l’idea di sentire la sua voce mi terrorizza. Per un istante mi sembra quasi di sentirmi il suo profumo addosso.
 
“Amelia?” La sua voce giunge al mio orecchio strana oltre che tremendamente scossa. Avevo quasi dimenticato il suo suono, il modo in cui pronunciava e tuttora pronuncia il mio nome completo.
 
“Mamma, sono io.” Sono passati così tanti anni dall’ultima volta che ci ho parlato, dieci per l’esattezza, perché mi sta chiamando a quest’ora di notte? Non l’ho mai sentita così sconvolta, fatta eccezione per la notte in cui ha scoperto che mio fratello era morto in un incidente stradale. “Cosa è successo?”
 
“Tuo padre, siamo in ospedale. Lui, lui…” Balbetta tra i singhiozzi, sta sicuramente piangendo a dirotto.
Papà? Deve trattarsi di qualcosa di grave per chiamarmi. Inspiro profondamente più volte pregando silenziosamente che sia ancora vivo, di poterlo rivedere e far pace con lui. Sono passati dieci anni e nessuno di noi ha mai voluto fare un passo verso l’altro per risolvere i nostri problemi.
Dieci anni e lui potrebbe essere morto.
 
“Mamma calmati, cosa sta succedendo? Papà sta bene? In quale ospedale siete?” Le domande escono a raffica dalla mia bocca prima ancora che io sia in grado di pensarle. La mia voce trema e una lacrima inaspettata riga la mia guancia.
 
“Ha avuto un infarto Amelia, lo stanno per portare in sala operatoria. Siamo al Lenox Hill .”
 
Un’infarto! È vivo.
 
Arrivo!” Mi affretto a risponderle chiudendo la telefonata e alzandomi dal letto. Afferro un paio di jeans chiari abbandonati su una delle sedie della mia camera da letto e un maglioncino nero che dovrebbe essere stirato piuttosto che indossato ma non è questo sicuramente il momento per fare la difficile, infilo il paio di stivali al ginocchio che ieri ho lasciato fuori dalla scarpiera perché troppo stanca per metterli a posto ed esco dal mio appartamento con alla mano le chiavi della mia auto.
 
Fortunatamente vista l’ora tarda trovo le strade sgombre e il parcheggio praticamente vuoto, supero un paio di semafori rossi incurante delle telecamere che secondo i miei calcoli dovrebbero essere accese giusto questa notte e che in questo momento stanno fotografando la mia targa. Più tardi chiamerò Josh e mi farò togliere la multa, in fondo sono il vice procuratore di New York e mio padre… No! Non posso pensare a queste cose, non ora. Ora devo solo correre da lui.
 
Abbandonata l’auto imbocco l’ingresso e corro il più velocemente possibile lungo i corridoi seguendo le indicazioni per il Pronto Soccorso. Sto per rivedere i miei genitori dopo dieci anni e mio padre potrebbe morire da un momento all’altro, devo fare in fretta.
Riconosco immediatamente mia madre accoccolata su una delle poltroncine della sala d’attesa. È invecchiata, ora profonde rughe segnano il suo volto e i capelli, lasciati insolitamente sciolti, sembrano più scuri, segno che deve aver iniziato a tingerli per coprire i fastidiosi capelli bianchi. Non ricordavo di somigliarle così tanto eppure siamo due gocce d’acqua. «Mamma!» Sussurro avvicinandomi a lei titubante.
 
«Amelia? Sei tu?» Si solleva in piedi e azzera le nostre distanze stringendomi tra le sue braccia. Rispondo al suo abbraccio realizzando quanto sia diversa, era più alta o forse ero solo io ad essere più bassa. 
 
«Dov’è papà?» Mi allontano da lei desiderosa di poter rivedere mio padre finché ne ho ancora la possibilità.
 
«L’hanno portato in sala operatoria, il medico ha detto che non c’era tempo per aspettarti. Ci potrebbero volere delle ore.»
 
«Lui sa che mi hai chiamato?» Le domando titubante, chissà se l’idea è stata sua o solo di mia madre. Vuole vedermi anche lui?
 
«Certo. È stato lui a chiedermelo, voleva…» Lascia la frase in sospeso coprendosi la bocca con la mano destra per soffocare un singhiozzo improvviso. «Vuole chiederti scusa prima che sia troppo tardi.» Vuole liberarsi la coscienza? Scuoto il capo per allontanare questi brutti pensieri, come posso pensare così male di lui? Ora che potrebbe morire.
 
Le cingo le spalle spronandola a riaccomodarsi sulla sua poltroncina, prendendo posto al suo fianco e stringendole la mano. Sembra quasi ironico come nessuna delle due abbia voluto rivolgere la parola all’altra negli ultimi dieci anni, ognuna per i suoi motivi, paura o rancore, e adesso siamo sedute a stringerci la mano come se non fosse successo nulla. Come se io avessi ancora sedici anni e Scott non fosse mai morto. È questo il prezzo da pagare per riavere la mia famiglia? Un’altra tragedia?  
No, no. Mio padre non è morto, e non morirà, non stanotte. Non prima che io gli abbia parlato.
 
«Sei ancora più bella… La televisione e i giornali non ti rendono giustizia.» Le parole di mia madre mi costringono ad abbandonare i miei pensieri infelici e riportare l’attenzione su di lei.
 
«Televisione? Giornali?» Le faccio eco insicura di aver capito bene le sue parole.
 
Si allontana da me fissando i suoi occhi nocciola nei miei e annuendo timidamente. «Abbiamo sempre seguito la tua carriera. All’inizio non eravamo pronti a rivederti ma tuo nonno ci ha sempre tenuti aggiornati. Ci eravamo decisi a raggiungerti il giorno della tua laurea ma una volta arrivati alla Columbia abbiamo scoperto l’avevi inaspettatamente anticipata senza dire nulla a nessuno. Ho stentato a riconoscerti la prima volta che hanno detto il tuo nome in televisione, l’assistente del vice procuratore Amelia River, così bella e terribilmente magra. La mia bambina, sei cresciuta così tanto. Ci è mancato il coraggio di chiamarti, era passato così tanto tempo e tu ti eri fatta una tua vita.» Ascolto le sue parole incredula, ho sempre pensato che non volessero vedermi, che ancora mi odiassero per quello che era successo e loro invece avevano solo paura di bussare alla mia porta? E intanto sono passati mesi, anni. «Abbiamo raccolto tutti gli articoli che parlavano di te e registrato tutti i tg in cui sapevamo che avresti rilasciato dichiarazioni. Siamo così fieri che nonostante tutto, nonostante noi, tu sia diventata la donna che sei.» Mia madre sorride ma le sue guancie si rigano di copiose lacrime, si sta scusando per entrambi ma non tocca a lei, o almeno solo a lei. Finché mio padre sarà vivo questo discorso può attendere.
 
«Non è questo il momento mamma, tranquilla.» Le accarezzo la spalla per rassicurarla. «Prendiamo un caffè adesso, sarà una lunga notte.»
 
 
 
***
 
 
Fortunatamente Josh non è solo un abile e preparato capo procuratore.
È sempre stato dalla mia parte negli ultimi anni assecondando ogni mie richiesta e non tradendomi mai, nemmeno quella volta che il mio ex fidanzato è tornato a New York e dopo aver perlustrato invano l’intera Columbia alla mia ricerca e venuto a bussare alla porta di ogni singola persona conosciuta. Megan lo avrebbe fatto entrare e ci avrebbe costretti a litigare fino a far pace, Josh invece mi ha protetta fingendo, come da mia richiesta, di non avermi né vista né sentita.
E anche il mese successivo quando è venuto a cercarmi direttamente in Procura, sicuro di trovarmi in orario di lavoro, Josh lo ha fronteggiato ribadendo la mia decisione di chiudere con lui e guadagnandosi un pugno in pieno volto e un occhio nero. A differenza degli altri lui aveva scelto di stare dalla mia parte decretando la fine della loro storica amicizia e di conseguenza la mia con il resto del gruppo, compresa Megan che voleva trovare ad ogni costo una soluzione al nostro “problema”.
 
E adesso, anche se non ancora mattina, il suo telefono per me è sempre acceso e dopo avermi lasciata sfogare per oltre mezz’ora riesce comunque a mandarmi un messaggio di conforto.
 
Messaggio da Josh, ore 06:35. “Mia, non sai quanto mi dispiace. Fammi sapere appena ci sono novità e non preoccuparti per il lavoro, ci penso io qui.”
 
Messaggio a Josh, ore 06: 37. “Grazie Josh, mi aspettavano tra due ore per l’interrogatorio Mastreet, il fascicolo è sul tavolo del salotto a casa mia. Ho elaborato una scaletta di domande. Non saprei cosa fare senza di te.”
 
Messaggio da Josh, ore 06:41. “Lo sai che per te ci sarò sempre. Ti raggiungo in pausa pranzo, ok? Posso portarvi qualcosa?”
 
Messaggio a Josh, ore 06:44. “Magari un vestito di ricambio. E un’ultima cosa, potresti chiamare tu Ryan? È a Seattle e per lui è ancora notte fonda.”
 
Messaggio da Josh, ore 06:46. “Certo, ci penso io. A dopo piccola.”
 
Con la coda dell’occhio osservo mia madre addormentata al mio fianco, la testa abbandonata all’indietro sullo schienale della poltrona, la bocca schiusa, deve essere veramente molto stanca per lasciarsi andare così. Non ricordo di averla mai vista così vulnerabile, nemmeno quella notte quando mi mise in mano la mia sacca e mi obbligò a salire su quel treno diretta in Kentucky, sta perdendo anche il suo ultimo punto di riferimento.
Mi strofino entrambi gli occhi cercando di eliminare l’immagine di una lapide con sopra scritto il nome di mio padre, credo che sia ora di bere un altro caffè se non voglio crollare anch’io.
 
«Signorina River?» Un uomo di colore non particolarmente alto con indosso un camice blu e in testa una cuffietta bianca e rossa attira la mia attenzione.
 
«Sono io.» Gli rispondo alzandomi in piedi e sfiorando con la mano destra la spalla di mia madre per svegliarla. «Mamma.» Le sussurro amorevolmente mentre anche lei una volta aperti gli occhi e inquadrata la figura del medico al mio fianco balza in piedi lisciando i vestiti ormai stropicciati.
 
«Dottor Bauer ci sono novità?» Domanda visibilmente preoccupata.
 
Con un gesto del capo ci invita a prendere nuovamente posto nelle nostre poltrone e per un istante sento il respiro venirmi a mancare pensando inevitabilmente al peggio. «Suo marito ha avuto un infarto miocardico acuto.» Mia madre si porta entrambe le mani alla bocca soffocando un grido mentre io spalanco gli occhi per il terrore. «Non preoccupatevi è stabile, per adesso. Abbiamo riaperto il vaso inserendo ben due bypass aorto-coronarico e lo abbiamo collegato ad una macchina cuore polmone. Per il momento è completamente sedato e lo terremo sotto controllo ma appena possibile dovremo intervenire di nuovo per sostituire la valvola mitralica eccessivamente danneggiata.»
 
Fisso l’uomo davanti a me senza comprendere veramente le sue parole e insicura di parlare la sua stessa lingua. «Quindi? È un intervento difficile?»
 
Lui sposta la sua attenzione da mia madre a me annuendo lentamente. «Molto. Sarò sincero suo padre non sta affatto bene e c’è la possibilità che non sopravviva all’operazione che richiederà più interventi diversi ma faremo il possibile.»
 
Potrebbe morire.
 
«Quando inizierete questi interventi?» Continuo conficcando le unghie nei palmi fino a ferirmi per tenere i piedi per terra e non farmi prendere dal panico, come sta succedendo a mia madre che ha smesso di emettere anche un solo fiato.
 
«Presto, molto presto. Nei prossimi giorni si unirà al nostro staff un nuovo medico, uno dei migliori cardiochirurghi degli Stati Uniti, estremamente abile in questa procedura. Preferisco attenderlo e valutare il tutto con lui. State tranquille sarà in ottime mani.»
 
 
***
 
 
«Ciao piccola.» La voce di Josh mi fa sobbalzare. «Scusami, non volevo spaventarti.» Sorride depositando un dolce bacio sulla mia guancia e stringendomi in un caloroso ed interminabile abbraccio. «Cosa ci fai qui? Ti ho detto che potevi stare in ospedale.»
 
«Josh ciao!» Sussurro al suo orecchio lasciandomi crogiolare dalle sue braccia forti che mi rassicurano. «Mia madre mi ha obbligata a prendermi qualche ora ma io non me la sentivo proprio di stare a casa. E comunque avevo delle cose da sistemare.» Termino indicando i fascicoli abbandonati sulla mia bellissima scrivania di mogano scuro.
 
«E io cosa ci sto a fare qui secondo te?» Ribatte Josh incrociando le braccia al petto e sfoggiando il suo adorabile broncio.
 
«Non puoi fare tutto tu, hai anche troppo da lavorare. Mi porto un paio di fascicoli in ospedale e li guardo stanotte, tanto non sarei capace di dormire sul quelle maledette sedie.» Rispondo portandomi le mani alla schiena come una vecchia e massaggiandomi le spalle.
 
«Ma non dire cavolate, non puoi lavorare tutta la notte Mia.»
 
«E cosa dovrei fare? Mio padre è praticamente in coma con tutti i sedativi che gli danno e stanotte costringerò mia madre a tornare a casa. Un po’ di lavoro mi aiuterà a distrarmi. Ora che ne dici di offrirmi un choco-cappuccino e un muffin alla nocciola? Sono le cinque e non ho ancora fatto colazione o pranzato.» Ammicco facendolo scoppiare in una fragorosa risata.
 
«Non cambierai mai. Dovrei detrarre dal tuo stipendio e aggiungere al mio tutte le colazioni che ti offro, comunque ho proposto ad Al una convenzione, ogni dieci uno in omaggio. Sai che risparmio.» Esulta Josh facendomi l’occhiolino, quindi mi cinge le spalle con il braccio destro ed insieme ci dirigiamo verso l’uscita.
 
Ha questa capacità di sollevarmi e farmi ridere anche nei momenti peggiori.
Come all’inizio del mio tirocinio, non ero propriamente al massimo della forma e il solo pensiero di Jake e a come era finita tra noi riusciva a farmi scoppiare in lacrime di punto in bianco, lui era sempre pronto ad isolarmi dal resto dell’ufficio e consolarmi e quando vedeva che non ero in grado di lavorare mi copriva con Ryan svolgendo le mansioni di entrambi. È solo grazie a lui se mi sono rimessa in piedi così presto, e quando dopo lo Stage mi è stato proposto il ruolo di viceprocuratore di New York è stato per lui che ho accettato, per poter un giorno ricambiare il favore o solamente perché era già diventato parte di me e sentivo di non potermi più allontanare da lui.
Usciamo in strada ancora stretti uno all’altra, il semaforo è giallo e ci affrettiamo ad attraversare prima che diventi definitivamente rosso, cosa che succede giusto a metà dell’attraversamento pedonale. Con la coda dell’occhio osservo le macchine in coda che con il motore acceso attendono il liberarsi della strada per poter partire e la mia attenzione viene attirata da una meravigliosa Porsche 911 Turbo S Cabriolet nera nuova di palla ferma dietro ad un’anonima berlina Volkswagen dello stesso colore. È l’ultimo modello prodotto dalla casa e fino ad oggi ero riuscita a vederla solo sulle pagine patinate di Tutto Ruote, ma devo ammettere che dal vivo è ancora più bella che in foto. Ammaliata proseguo fino al marciapiede dove mi blocco in attesa di sentire il dolce rombo del motore in partenza e mi rendo conto che anche chi è alla guida mi sta osservando, tuttavia la luce del sole ancora alto che si riflette sui vetri non mi permette di vedere con chiarezza quel profilo che seppur familiare non riesco ad abbinare a nessun volto noto.
 
«Ti lasci ancora abbagliare delle belle auto?» La voce di Josh mi costringe a portare su di lui la mia attenzione.
 
«Già! Ma non solo. Tu sei riuscito a vedere il ragazzo alla guida?» Gli domando soprapensiero seguendo la macchia nera ormai indistinta per la velocità con cui si è allontanata da noi.
 
«No, fortunatamente per lui, altrimenti mi toccherebbe mettergli una bella multa.»
 
 
 
***
 
 
Parcheggiata l’auto mi dirigo verso l’accettazione dove trovo un piccolo gruppetto di infermiere riunito di fronte al bancone, intente a parlare fittamente. Mi avvicino a loro in tempo per cogliere qualche frammento della loro conversazione.
 
«L’avete visto il nuovo cardiochirurgo?» Domanda una piccola biondina con qualche chilo di troppo con un po’ troppa enfasi.
 
«L’ho incrociato stamattina e stentavo a credere ai miei occhi.» La risponde una giovanissima ragazza di colore con spessi occhiali bordati di tartaruga.
 
«Vi rendete conto che ha solo ventotto anni?» Continua la bionda sventolandosi la mano davanti al viso per farsi aria e coprirsi da un improvviso rossore che ha imporporato le sue guance paffute.
 
«Avete scoperto qualcosa di lui? Magari è single.» Chiede incuriosita una ragazza dai capelli rossi con le guance completamente ricoperte di lentiggini.
 
«Chissà se gli piacciono le ragazze più grandi?» Interviene una mora formosa e provocante, decisamente la più bella delle quattro. Dall’occhiata che le riservano le colleghe colgo un certo disappunto nei confronti del suo interesse.
 
«Hai dodici anni più di lui e sei anche sposata. Lascialo a noi insomma.» Le risponde malignamente la rossa sottolineando la sua età e il suo essere sentimentalmente legata ad un altro uomo, anche se il suo modo di atteggiarsi mi lascia intuire che per lei non è affatto un ostacolo.
 
Mi sfugge una risata nel sentire la loro conversazione, l’arrivo del nuovo cardiochirurgo non è passato indifferente e inconsciamente spero di incontrarlo presto curiosa di poter vedere con i miei occhi tanto splendore. Se è tanto bravo quanto bello siamo decisamente in ottime mani.
 
«Scusa il ritardo, ho trovato traffico.» Entro di corsa nella piccola stanza singola assegnata a mio padre, le braccia colme dei fascicoli che mi accompagneranno per l’intera notte.  Una decina di persone in camice bianco riempiono la stanza, deve essere già cominciato il giro dei medici.
 
«Tranquilla Amelia, vieni.» Mia madre con un gesto della mano mi invita a raggiungerla accanto al letto di mio padre che è ancora privo di sensi. «Stavano per cominciare, c’è il nuovo medico.»
 
Mi volto smagliante nella direzione indicata da mia madre, curiosa di vedere questo dio greco che con la sua bellezza sembra aver già conquistato l’intera equipe femminile del Lenox ma prima ancora che il mio cervello riesca ad immagazzinare ciò che vedono i miei occhi sento le braccia farsi improvvisamente leggere. Con un tonfo i fascicoli raggiungono il suolo aprendosi e spargendo documenti su tutto il pavimento, io però li ignoro non riuscendo a slacciare i miei occhi dai suoi e maledicendomi per non aver mai chiesto nulla sul suo conto. Un nome, mi sarebbe bastato un nome per scappare a gambe levate. O avrei potuto capirlo, ventotto anni, cardiochirurgo e bellissimo. Tutto pur di non trovarmi qui in questo momento, a bocca aperta e sotto lo sguardo incredulo di mia madre e una decina di dottori, incapaci di capire il motivo della mia reazione.
Eppure io rimango immobile, gli occhi fissi nei suoi, azzurro e marrone, cielo e terra, il mio orizzonte.
L’ho amato fin dalla prima volta che l’ho visto, quando ero ancora solo una ragazzina intenta a giocare con le automobiline e a sporcarmi di fango, anche se a lui piacevano le bambine con le bambole. Ci ha messo più tempo del voluto e dello sperato ad accorgersi di me ma dopo non mi ha lasciato tregua, fino al giorno in cui io sono scappata, due anni fa.
Credevo che non l’avrei più rivisto nella mia vita e invece eccolo di fronte a me, gli occhi sbarrati per la sorpresa e incapaci di slacciarsi dai miei.
 
«Ja-ke?» Balbetto con il fiato corto mentre il cuore mi martella nelle orecchie.
 
Jake Haiden in tutta la sua bellezza inspira profondamente un paio di volte prima di riuscire a distogliere lo sguardo e portare la sua attenzione sui cinque ragazzi al suo fianco, studenti a giudicare dalla giovane età e dal colore più chiaro del loro camice.
«Esponetemi il caso.»
 
Non un saluto, non un sorriso. Jake è qui di fronte a me e non è evidentemente felice di rivedermi.
 
 




Angolo autrice

Buonasera a tutte... 
Eccoci qui, è cominciata la seconda parte di questa mia strampalata storia.
Ammetto che questo capitolo forse non è proprio bellissimo, è un po' triste e forse un po' noioso ma necessario. Prendetelo come una sorta di prologo. 
Ad ogni modo io ci tenevo particolarmente per inserire la famiglia di Mia, è importante per me riuscire a riunirla a sua madre e suo padre prima che sia troppo tardi. E così ho trovato il modo per far ritornare Jake...

Sono passati altri due anni e i nostri protagonisti sono cresciuti:
 adesso Jake è un bravissimo, oltre che bellissimo, cardiochirurgo e Mia è diventata viceprocuratore.
Ma cos'altro sarà successo? 
Ma soprattutto cosa avrà fatto cambiare idea a Mia tanto da lasciare Jake di punto in bianco??

Ovviamente sarà un ritorno al passato, esattamente come i primi capitoli dovrete aspettare che io decida di rivelarvi tutto, ma avrò i miei tempi. Non abbiate fretta e continuate a seguirmi...

Lachiaretta

 

 

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Capitolo 29
*** CAPITOLO 29 ***






 
CAPITOLO 29
 
 
 


 
Sono passati due giorni dal nostro incontro e da quella sera non ho più incrociato Jake anche se è stato impossibile non sentir parlare di lui, il bellissimo cardiochirurgo che sta facendo strage di cuori per l’intero ospedale.
 
 
 
Dopo averlo visto fuggire insieme al suo seguito di adepti in camice bianco non sono riuscita ad attendere un solo istante prima di chiamare Josh e raccontargli l’accaduto. Lui sembra turbato quasi quanto me dal suo ritorno, infondo l’ultima volta sono arrivati alle mani. Inoltre teme che la presenza del mio ex possa destabilizzarmi, esattamente come ogni volta che è entrato a far parte della mia vita.
 
“Mia tutto ok?” Risponde dopo solo due squilli preoccupato per la mia chiamata improvvisa, infondo ci siamo salutati solo venti minuti fa.
 
“Non proprio. Ho appena incontrato il cardiochirurgo che opererà mio padre.” Sbotto poggiando le spalle al muro del corridoio e lasciandomi lentamente scivolare fino al suolo.
 
“Bene… avevo capito non sarebbe arrivato prima di domani! Ma allora perché questo tono? Cosa c’è che non va?” Sembra chiaramente confuso, d’altronde non può nemmeno immaginare quello che sto per dirgli.
 
“E’ Jake. Josh il cardiochirurgo è Jake.” Scandisco lentamente mentre poggio il mento sulle ginocchia accoccolandomi su me stesso e richiudendomi a guscio.
 
“No!” La mia rivelazione sembra aver shoccato Josh e per una manciata di lunghissimi secondi sembra non saper più cosa dire, esattamente come me. “Cosa ti ha detto? Vi siete parlati?”
 
“Niente! Non mi ha detto niente. Io sono riuscita a mala pena a pronunciare il suo nome e lui… lui ha prestato attenzione solo agli altri medici e ha detto a mia madre che terrà mio padre sottocontrollo, se non avrà altre ricadute nelle prossime quarantotto ore procederà con il primo intervento. Poi se ne è andato senza più guardarmi in faccia o salutarmi.”
 
“Beh Mia, cosa avrebbe dovuto dirti? Volevi sentirti dire qualcosa?” Mi domanda secco Josh, chiaramente poco felice della mia reazione.
 
“No, ovviamente no. Però…” Balbetto presa alla sprovvista dalle sue parole. “Insomma è Jake, non credevo che l’avrei mai rivisto, non adesso almeno e non qui.” Un singhiozzo interrompe le mie parole, non ero preparata e questo periodo è decisamente troppo stressante per me.
 
“Dammi un quarto d’ora e ti raggiungo.”
 
“No Josh, stai tranquillo. C’è mia madre qui e mi sono portata qualche pratica. Ci vediamo domani.” Lo saluto cercando di tranquillizzarlo il più possibile.
 
“Va bene ma chiamami se avessi bisogno. Conosco Jake, probabilmente non si aspettava nemmeno lui di incontrarti ma sono sicuro che appena avrà metabolizzato la cosa verrà a cercarti. È pur sempre Jake infondo e voi due siete come due magneti, vi attraete e respingete a seconda dei poli, vale a dire il vostro umore. Mi raccomando chiamami e correrò da te.” Le sue parole riescono a strapparmi un sorriso, il mio cavaliere dalla scintillante armatura, pronto a difendermi contro tutto e tutti, rischiando di ritrovarsi nuovamente con un bell’occhio nero.
 
 
 
 
Questa notte sono riuscita a convincere mia madre a tornare a casa, ha bisogno anche lei di una doccia, di dormire e mangiare qualcosa che non si avvicini minimamente ad uno dei pasti confezionati della mensa dell’ospedale. Non può continuare a trascurarsi in questo modo o presto sarò costretta ad assistere anche lei. Ho dovuto insistere molto rassicurandola che non mi sarei allontanata un solo istante da lui e promettendole che l’avrei avvisata se ci fossero state novità.
Presto incominceranno la serie di operazioni necessarie per la riparazione dell’aorta danneggiata e la sostituzione della valvola mitralica deteriorata, forse già domani se non avrà ricadute questa notte. Jake ha detto che deve superare quarantotto ore in totale stabilità per poter intervenire, per questo le infermiere e gli specializzandi lo stanno monitorando dandogli la possibilità di tenersi alla larga dalla degenza di mio padre, non che la cosa mi dispiaccia.
 
Mi allungo sulla scomoda poltrona lasciando il fascicolo sul tavolino accanto e osservando mio padre che riposa indisturbato. Ad occhi poco informati potrebbe sembrare semplicemente addormentato ma ormai è in questo stato da quattro lunghi giorni e spero solo che Jake sia tanto bravo come dicono da permettermi di riabbracciarlo.
Guardo l’orologio per controllare l’ora, sono quasi le quattro del mattino, mia madre non mi raggiungerà prima di tre ore e io rischio di crollare tra le braccia di Morfeo da un momento all’altro se non bevo un caffè ma le ho promesso che non mi sarei allontanata per nulla al mondo. Mi alzo in piedi sgranchendomi la schiena e il collo indolenziti per le lunghe ore passate seduta, cosa potrà mai succedere se mi assento giusto il tempo per andare alla macchinetta?
 
Esco dalla stanza e ormai automaticamente percorro il corridoio principale lievemente illuminato dalle luci d’emergenza e completamente immerso nel silenzio, quando la mia attenzione viene attirata da una risata femminile troppo forte e del tutto fuori luogo che sembra provenire esattamente dalla zona ristoro. Svolto a sinistra verso la macchinetta del caffè rigirandomi tra le dita la moneta necessaria all’acquisto della mia bevanda preferita tuttavia mi blocco trovandomi di fronte Jake. Non è solo però, con lui c’è una donna che anche se di spalle riconosco immediatamente, l’infermiera di ieri, quella bella, più grande e soprattutto sposata. Ridono insieme ad una qualche battuta che non sono riuscita a sentire e inspiro profondamente quando l’ingorda mano di lei si poggia sul torace di Jake accarezzando i suoi pettorali scolpiti e soffermandosi giusto all’altezza del cuore. E lui ovviamente la lascia fare, si lascia toccare da quella donna e sembra fargli persino piacere. E perché non dovrebbe? Non sta più insieme a me, ci siamo lasciati due anni fa ed è libero di fare ciò che vuole. Libero? Sto dando per scontato che lui sia single ma se non fosse così? Se ci fosse un’altra ragazza nel suo cuore adesso?
Inspiro ed espiro profondamente un paio di volte cercando di rimanere lucida e di controllare dall’improvvisa ondata di rabbia e gelosia che sembra avermi investita al solo pensiero di lui stretto tra le braccia di un’altra donna. Indietreggio di qualche passo senza riuscire a staccare gli occhi da loro ma decisa a rinunciare al mio tanto desiderato caffè, sfortunatamente incontro nel mio cammino una sfortunata specializzanda che mio malgrado travolgo e scaravento a terra.
Ma la dea bendata mai una volta dalla mia parte?
Il forte gemito di dolore della ragazza attira ovviamente l’attenzione di Jake e della sua nuova amica e appena li vedo avanzare verso di noi per accertarsi che la malcapitata non si sia fatta male l’unica cosa che riesco a fare è essere estremamente maleducata. Blatero alcune veloci scuse e corro letteralmente lontano da le incurante dei possibili danni che potrei aver causato.
 
Beccata.
 
Torno nella camera di mio padre e riprendo posto sulla poltrona nascondendo la testa tra le ginocchia. Cosa mi prende? Perché mi fa ancora quest’effetto vederlo con un’altra donna. Sono passati dieci anni e io di fronte a lui rimango sempre la stessa sedicenne insicura e innamorata.
Ma cosa sto dicendo?
Non sono più innamorata di Jake, no. Tra noi è finita e io non lo amo più. O forse si? Ok, almeno con me stessa devo essere sincera, una parte di me lo ama ancora.
 
«Posso?» Riconosco immediatamente il suono della sua voce. Alzo lo sguardo interrompendo il mio monologo interiore e me lo ritrovo appoggiato allo stipite della porta, mi fissa divertito e so che sta trattenendo a stento il suo ghigno maligno.
 
Annuisco indicandogli il letto su cui mio padre riposa beato, sicura che sia qui per visitarlo, ma lui si avvicina a me allungandomi un bicchiere fumante.
 
«Cappuccino al cioccolato, non hai cambiato i tuoi gusti vero?»
 
Scuoto il capo prendendo tra le mani la bevanda gentilmente offerta dal mio ex fidanzato, stando ben attenta a non entrare in contatto con la sua mano, sicura di non riuscire a sopportarlo. «Grazie.» Balbetto imbarazzata. «Come sta quella ragazza?»
 
Jake scoppia a ridere sonoramente ripensando alla povera sfortunata che ho letteralmente travolto per scappare da lui. «Si riprenderà. Nulla di rotto, era solo un po’ stordita dopo lo scontro con l’uragano Mia. Sei piccola ma quando vuoi…» Mi deride accomodandosi sulla poltroncina accanto alla mia e spingendomi delicatamente la spalla in segno di scherno. Nell’istante in cui il suo palmo aderisce alla mia pelle nuda però il mio cuore sussulta e sono sicura di aver saltato un normale battito.
 
«Non volevo disturbare..» Gli rispondo amaramente sorseggiando il caffè bollente e raccogliendo ancora una volta le ginocchia al petto, il mio totalmente inutile scudo. Perché giusto stasera ho mandato a casa mia madre?
 
«Disturbare?» Mi fa eco sollevando il sopracciglio destro stupito. «La tua immaginazione sta viaggiando come sempre più del dovuto.»
 
«E del lecito. Ho sentito dire che è sposata.» Continuo maligna sicura che l’avvenente infermiera abbia tralasciato questo importantissimo particolare.
 
«E tu cosa ne sai?» Jake ride ancora sgranando gli occhi per la sorpresa, chiaramente all’oscuro della relazione sentimentale della sua nuova amica. Colpita e affondata.
 
«Le infermiere chiacchierano.» Rispondo alzando le spalle e sorridendogli a mia volta.
 
Quanto mi è mancato il suono della sua voce, il dolce rumore della sua risata, l’azzurro limpido dei suoi occhi. «Come stai?» La domanda esce spontanea dalla mia bocca curiosa di sapere qualcosa di lui dopo due anni di lontananza.
 
«Bene, adesso sto bene.» Comincia ponendo l’accento sulla parola adesso. «Non ti nego che i primi mesi non sono stati affatto facili ma il lavoro mi ha aiutato. Ho ultimato la specializzazione e superato l’esame per diventare strutturato con il massimo dei voti.»
 
«E come sei diventato il miglior cardiochirurgo degli Stati Uniti?» Continuo decisa a mantenere la conversazione sull’ambito lavorativo ed evitando accuratamente quello sentimentale.
 
«Il migliore?» Ride ancora sonoramente spettinandosi i capelli con la mano destra. «Sono bravo ma non così tanto, o almeno credo. Ho avuto la fortuna di partecipare agli studi della dottoressa Yang e la possibilità di approfondire tecniche fino ad ora quasi sconosciute.»
 
«Non dirmi così. Devi operare mio padre, voglio credere che tu sia il migliore.» Lo contraddico ironica ma con un velo di tristezza nella voce che non riesco a nascondere.
 
«Beh mettiamola così allora, su questo tipo di intervento sono praticamente il migliore.» Mi rassicura poggiando la mano destra sulla mia spalla e costringendomi ad incontrare il suo sguardo serio e incoraggiante. «Andrà tutto bene Mia. Sono contento che tu abbia fatto pace con i tuoi.»
 
Sospiro profondamente inebriandomi del suo profumo al punto che sono costretta a fingere di dover buttare il bicchiere di carta pur di alzarmi e allontanarmi da lui, dal suo odore talmente carico di ricordi da farmi girare la testa.
Scrollo le spalle piegando lievemente gli angoli della bocca. «Pace? Non proprio ma forse siamo sulla buona strada, mia madre mi ha chiamato per la prima volta quattro giorni fa per dirmi che mio padre aveva avuto un infarto e da allora non ci siamo più allontanate.»
 
«A proposito, volevo scusarmi per l’altra sera. Mi aveva già abbastanza turbato lo scoprire che il paziente fosse tuo padre e quando mi sei piombata davanti… diciamo che non me lo aspettavo.» Sussurra abbassando lo sguardo da me evidentemente imbarazzato.
 
«Beh hai reagito sicuramente meglio di me che ho disseminato le mie pratiche per l’intera stanza, ho passato l’intera notte a rimettere i documenti nei giusti fascicoli.» Rido per sdrammatizzare senza riuscire comunque a guardarlo a mia volta. «È comprensibile Jake, non ci siamo più visti per quasi due anni.»
 
«Questo non è del tutto vero...» Mi corregge mordendosi il labbro inferiore con forza, quasi pentito per aver pronunciato quelle parole.
 
«Cosa? Quando?» Domando tornando a sedermi accanto a lui e portando le ginocchia al petto.
 
«Qualche ora prima, davanti alla procura. Ero fermo al semaforo e tu hai attraversato la strada con Josh. Continuavi a guardarmi o meglio a guardare la mia auto.» Spalanco gli occhi riportando alla mente quel preciso istante di due giorni prima quando sono rimasta ammaliata dalla bellissima auto sportiva.
 
«La Porsche 911 nera, eri tu?» Lo fisso sbalordita mentre lui annuisce orgoglioso. «Carogna sai che è la mia auto preferita!» Mi lamento colpendogli il braccio con un leggero pugno.
 
«Ahi!» Si lamenta massaggiandosi la parte di cute colpita, neanche gli avessi fatto così male. «Te l’ho mostrata io, non ho una sorta di diritto di prelazione?»
 
Scuoto il capo indecisa se rispondergli o meno. Prelazione? Quando avrà imparato questa parola e soprattutto da chi? «Allora sei tornato a New York?» Domando invece dopo un interminabile e pesantissimo silenzio.
 
«Si, sono tornato.» Annuisce portando lo sguardo dritto davanti a sé ed evitando accuratamente il mio. «In verità era già da quasi un anno che mi corteggiavano per questo posto ma ho rifiutato tutte le loro proposte. Tutto ma non New York. È stata la dottoressa Yang a convincermi a partire, o accettavo questo lavoro o mi avrebbe spedito a disinfettare ascessi anali. Certo che non avrei mai nemmeno immaginato di trovarmi tuo padre come primo paziente.»
 
«Tutto ma non New York?» Ripeto stizzita allungandomi sulla sinistra per allontanarmi il più possibile da lui. Non può avermi detto sul serio una frase del genere. «E se avessi saputo che era mio padre non saresti tornato?»
 
«No! No!» Si affretta a rispondere agitando la mano per accentuare la negazione. «Sarei tornato ugualmente, mai avrei pensato di trovarti al suo capezzale.»
 
«Quindi mi stavi evitando?» Sbotto nervosa sollevandomi dalla poltroncina e iniziando a camminare avanti indietro dalla porta al letto per poi tornare alla porta. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, non nasconderti dietro inutili giri di parole, non tornavi a New York a causa mia.
 
«Secondo te?» Ride scettico alzando gli occhi al cielo. «Sono due anni che evito qualunque tipo di contatto con te, da quando ho messo le mani addosso ad uno dei miei migliori amici che a quanto pare ti stava nascondendo da me nemmeno fossi stato il peggiore dei fidanzati.» La sua voce si alza di un paio di toni, la nostra conversazione pacifica e matura sembra essere andata a farsi benedire. «Non ho nemmeno più rivolto la parola a Robert, Micheal o qualcuno degli altri pur di non sentire il tuo nome che inevitabilmente faceva capolino in qualunque conversazione, QUALUNQUE.» Jake si copre il viso con entrambe le mani e inspira profondamente un paio di volte, alla ricerca della calma sparita. «Sono stato costretto a smettere di leggere la cronaca locale dal giorno in cui la tua foto è stata pubblicata in prima pagina, viceprocuratore. Per quanto ci provi...»
 
Fisso incredula il mio ex fidanzato che sembra non trovare più una sola parola per terminare la sua frase, non sapevo che anche lui avesse allontanato gli altri esattamente come me e per lo stesso motivo, ma io almeno ho avuto Josh al mio fianco, l’unico a conoscere tutta la verità. «Tu? Tutto questo per me?»
 
«Puoi biasimarmi? Te ne sei andata così, senza nemmeno una spiegazione e non hai più voluto vedermi. Hai perfino chiesto a Josh di nasconderti! Tu sei voluta uscire dalla mia vita, ti ho solo accontentata!» Sbotta nervoso colpendo con la mano sinistra lo stipite della porta, sta trattenendo la rabbia o quantomeno sta tentando. «Mia cavolo, sul momento ho reagito male, lo ammetto, ma avrei potuto accettare, sarebbe stato solo un anno. Non dovevi fuggire così ma a quanto pare è una tua abitudine.»
 
Accontentata? Reagito male? Abitudine? Ovviamente sottolinea solo ciò che gli fa comodo, non sei stata una vittima Jake, sei stato il mio carnefice e non te ne rendi nemmeno conto. «A quanto pare…» gli faccio eco imitando lo stesso tono sarcastico utilizzato da lui. «Nessuno di noi ha mai perso le sue abitudini! Com’era? Il lupo perde il pelo ma non il vizio?» Chiudo le mani a pugno affondando le unghie all’interno dei palmi per reprimere la voglia di colpirlo.
 
«E cosa vorresti dire? Mi vuoi fare una colpa perché dopo due anni rivolgo la parola ad una infermiera? Non ci stavo provando.»
 
Bugiardo.
 
«Lasciamo perdere Jake, non ho voglia di litigare ora e tantomeno qui.. Sei libero di fare quello che vuoi con chi vuoi, non sono più la tua fidanzata.» Mi riporto sulla poltroncina che da troppe ore sta ospitando il mio corpo stringendo le gambe al petto e nascondendo il viso all’interno delle ginocchia. Respira Mia, respira e non piangere. Non posso dargliela vinta, non ora che sento chiaramente i suoi occhi fissi su di me.
 
«Credo sia meglio che me ne vada!» Prosegue dopo un silenzio infinito.
 
La definizione di Josh ci calza a pennello, ci attraiamo e respingiamo come due magneti e sarà così per sempre. Abbiamo avuto il nostro momento Jake e l’abbiamo sprecato. No! Tu l’hai sprecato. Hai gettato il nostro amore, io mi sono limitata a chiudermi in me stessa troppo accecata dal dolore. Gli ultimi istanti della nostra relazione mi assalgono ancora una volta come non mi succedeva da molto tempo, trafiggendomi il cuore da parte a parte.
 
«Un'ultima cosa. È solo o accompagnato?»
 
La sua domanda mi riporta con piedi per terra e sono costretta a ripeterla mentalmente per cercare di coglierne il significato che ancora mi sfugge. «Chi?»
 
Jake sorride amaramente scuotendo la testa. «Non chi, cosa semmai! L'anello al tuo anulare sinistro. Ti sposi?»
 
Guardo sorpresa la mia mano sentendola improvvisamente pesante come se ci fosse un macigno al posto del meraviglioso zaffiro contornato di diamanti, identico a quello di Lady D, ora al dito di Kate Middleton. Apro e chiudo la bocca un paio di volte prima di riuscire ad emettere un solo suono, non avrebbe dovuto scoprirlo, non così almeno.
 
«Tranquilla Mia, non serve che dici nulla. I tuoi occhi parlano per te, non sono mai stati capaci di mentire.» Sbotta e dopo l’ennesimo interminabile silenzio sento i suoi passi allontanarsi e la porta sbattere. Quando finalmente trovo il coraggio di alzare lo sguardo ciò che mi ritrovo davanti è il nulla, una stanza è completamente vuota fatta eccezione per me e mio padre.
 
 
 
 
 
Tre mesi prima.
 
«Mia, forse è troppo presto, forse sto correndo troppo, ma è quello che voglio. In tutto la mia vita non ho mai amato nessuna come ho amato te e lo capisco dalla gioia che provo ogni volta che ti vedo sorridere, da quella sensazione di calore che provo quanto ti stringi a me, dal fatto che con te non è stato il miglior sesso della mia vita per quanto inaspettato.» Guardo il castano seduto dall’altra parte del tavolo mentre una lieve luccichio all’interno del bicchiere di Champagne che il cameriere mi ha appena servito attira la mia attenzione. «Ok, non stiamo insieme da molto e forse non l’abbiamo presa troppo seriamente ma ci conosciamo da tanto ormai e sono sicuro di quello che voglio.»
 
«Ma? Cosa stai dicendo?» Domando non credendo ai miei occhi e alle mie orecchie.
 
«Amelia io voglio passare il resto della mia vita con te, non come amico, non come collega di lavoro, non come amante quando fingiamo che a noi vada bene così. Io voglio passare il resto della mia vita con te. Non mi metterò in ginocchio perché non sono il tipo ma ti farò comunque quella domanda. Mia vuoi sposarmi?»
 
 
 
Ho detto di sì, ho accettato nonostante quasi ogni notte da ormai due anni mi sveglio di soprassalto dopo aver sognato Jake e la nostra spiaggia. Nonostante io sia consapevole che una parte del mio cuore appartenga ancora a lui. Ma anch’io merito di essere felice, di stare bene dopo tanta sofferenza e lui mi sta dando una valida alternativa, anche se forse non lo amerò mai abbastanza e con tutta me stessa. Non lo potrò mai amare con quella parte di me che quella notte è rimasta a Washington insieme a lui e al suo anello.
 

 
***
 
 
 
 
“Mia…” Josh mi risponde immediatamente, stava aspettando la mia telefonata. “Cosa è successo?”
 
“Jake è venuto a trovarmi, abbiamo parlato… e litigato.”  Gli confido cercando di mantenere un tono di voce tranquillo, non voglio che capisca quanto ancora ci sto male.
 
“Vuoi che venga lì, non dobbiamo parlarne per forza, possiamo esaminare qualche pratica insieme.” Continua Josh visibilmente turbato dalla mia rivelazione, mi conosce troppo bene, ormai è capace di leggermi nel pensiero anche attraverso il telefono.
 
“No, tranquillo. Voglio cercare di dormire un po’. Lui però…” Inspiro profondamente  appesantita da quel macigno che sembra non volermi abbandonare. “Josh lui ha visto l’anello, sa che mi sposo.”
 
“Gli hai detto anche con chi?”
 
Scuoto la testa prima di ricordarmi di essere a telefono e che lui non può vedermi, quindi biascico un “NO.”
 
“Bene, allora lascia che sia io a dirglielo. Non so come potrebbe reagire… e in fondo gli devo ancora un occhio nero.”
 

 
 
 
Angolo autrice…
 
Stavolta ragazze mie non dico nulla.. Lascio parlare voi e corro a nascondermi.
 
Grazie mille ancora per tutte le bellissime recensioni.
Un abbraccio.
Lachiaretta.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 30
*** CAPITOLO 30 ***









CAPITOLO 30


 
 
JAKE’S POV.


 
Esco dalla stanza e percorro i lunghi corridoi dell’ospedale a passo veloce, non guardo in faccia nessuno, ignoro persino la voce di uno degli specializzanti che cerca di attirare la mia attenzione mentre prego che la mia fuga non causi la morte di nessuno, infondo non sarei nemmeno di turno. Scuoto la testa cercando di cancellare dalla mia mente l’immagine della sua mano, di quell’anulare cerchiato da un anello decisamente pacchiano per i gusti di Mia ma soprattutto non mio.  È tutto così sbagliato, sono passati solo due anni e lei sta già progettando di sposarsi con un altro.
Oltrepasso la porta di sicurezza che conduce alle scale antincendio appena tempo, in tempo per sottrarre il mio attacco di rabbia agli occhi curiosi di decine di persone tra infermieri, medici e specializzandi, mentre incapace di trattenermi scaglio un pugno contro lo stipite della porta accompagnato da un ringhio non troppo soffocato.
Si è fidanzata con un altro, si sposerà. Non ho avuto nemmeno bisogno di sentirmelo dire, i suoi occhi colpevoli hanno parlato per lei, non sono mai stati capaci di mentire.
Dovevo aspettarmi che lei si sarebbe rifatta una vita, infondo è stata lei a decidere di lasciarmi, ad andarsene, ma sposarsi così presto?
Inspiro profondamente più volte cercando di immagazzinare più ossigeno possibile, che tuttavia non è mai abbastanza. Non pensavo che avrebbe fatto così male.
Quando l’ho rivista l’altro giorno, bellissima, le guance arrossate per la corsa e i capelli dolcemente spettinati, ho capito che nonostante tutti i miei sforzi una parte di me ha continuato ad amarla come se non fosse trascorso un solo giorno da quella notte. E prima quando i miei occhi hanno incrociato i suoi in quel corridoio mentre travolgeva la povera piccola Leslie per scappare da me e poi ha praticamente ammesso di essere gelosa dell’infermiera Olivia, ho creduto che fosse lo stesso anche per lei. E invece lei si sposa.
Certo, non che io sia rimasto in religiosa attesa del suo ritorno, ma io sono un uomo, è diverso, ed sono io quello abbandonato a cui bisognava leccare le ferite. Ho frequentato anch’io altre donne, molte donne, finchè dopo un lungo anno ho creduto di averla dimenticata. Invece mi è bastato rincontrare quegli occhi un solo istante per riaprire le vecchie ferite e riportare a galla quell’amore che credevo dimenticato.
Il desiderio di conoscere il volto dell’uomo che ha preso il mio posto nel suo cuore mi tortura al punto che prima di rendermene conto le mie nocche colpiscono ancora una volta la parete alla mia sinistra, e poi ancora finchè il candido muro si colora di lievi schizzi rosso sangue.
 
Idiota, devi aver cura delle tue mani, ti servono per salvare delle vite. Domani le userai direttamente sul cuore di suo padre, devi salvarlo altrimenti lei non ti guarderà più in faccia. E tu riuscirai ancora a guardarla in faccia adesso che sai che lei non è veramente più tua.
 
 
 
***
 

 
«Jake Haiden?» Una voce femminile mi costringe a voltarmi, chi può conoscermi nel reparto di ginecologia ostetricia? Mi giro lentamente notando una persona conosciuta comodamente seduta su una delle poltroncine verdi della sala d’aspetto. È sempre uguale, non sembra essere passato un solo giorno per lei, i capelli più lunghi le ricadono in morbidi boccoli sulla spalla sinistra e il suo smagliante sorriso è ancora capace di illuminare l’intera sala.
 
«Megan ciao.» La mia vecchia amica fa perno sui braccioli della seduta per sollevarsi a fatica, spostando dal grembo la giacca e lasciandola ricadere sul sedile. Rimango a bocca aperta notando che al posto di quello che una volta era un ventre completamente piatto ora c’è piccola protuberanza delle dimensioni di una palla da basket. «Sei – sei incinta?» Balbetto sorpreso.
 
«A quanto pare.» Sorride massaggiando quella parte del suo copro che racchiude quello che un giorno sarà il suo bambino. «Di ben cinque mesi.»
 
«Congratulazioni.» Istintivamente sorrido azzerando la distanza che ci divide, la stringo tra le mie braccia cercando di non schiacciare la non troppo piccola pancia e le bacio entrambe le guance. «Che bella notizia. Il padre è… è…» Le parole mi muoiono in gola incerto se terminare la frase o lasciarla in sospeso, il bambino potrebbe essere chiunque, in due anni tutto può cambiare. Non ci siamo più visti né sentiti, posso solo presumere e sperare che sia ancora sentimentalmente legata ad uno dei miei migliori amici e che il figlio sia suo ma non posso escludere che in realtà loro si siano lasciati esattamente come è accaduto tra me e Mia e che lei aspetti un figlio da un altro. E se anche Mia fosse incinta? Questo giustificherebbe la loro fretta, un matrimonio riparatore.
 
I N C I N T A ?
 
«Terra chiama Jake.» Megan mi schiocca il pollice e l’indice davanti al mio naso tre volte per scollegarmi dai miei pensieri. «È Robert ovviamente!» Termina la frase che avevo lasciato in sospeso, facendomi sospirare per il sollievo. Almeno qualcosa non è cambiato. «Ma l’avresti saputo se avessi risposto ad una sola delle nostre telefonate negli ultimi due anni.»
 
Le sue parole mi colpiscono come un pugno. Dopo la mia rissa con Josh sono tornato a Washington accettando di soffrire pur di accontentarla, Mia non voleva più avere a che fare con me ed io sono sparito. Purtroppo Megan, Spencer, Robert e tutti gli altri non erano dello stesso parere e ogni volta che li sentivo pronunciare il suo nome il mio cuore sanguinava stretto nella morsa del dolore. Faceva troppo male e la decisione di smettere di rispondere alle loro telefonate è stata inevitabile.
Dopo diversi mesi il senso di colpa era diventato insostenibile e da vigliacco come sono non ho più avuto il coraggio di contattare nessuno di loro.
 
Mi lascio cadere scompostamente su una delle poltroncine e Megan seppur con molta fatica si siede al mio fianco stringendomi la mano destra tra le sue. «Hai ragione, scusami. Avrei dovuto chiamarvi o almeno mandarvi un messaggio.»
 
Megan annuisce sorridendo candidamente, i suoi occhi luminosi fissi nei miei. «Si può sapere quando sei tornato? Sarà felicissimo Robert di sapere che sei qui.»
 
«Sono qui solo da qualche giorno.» Le rispondo ricambiando il suo sorriso e stringendo le lunghe dita intorno al suo palmo. «Lavoro qui adesso. Dott. Haiden, il bellissimo e bravissimo cardiochirurgo.» Ammetto sogghignando e riportando ciò che dicono di me nei corridoi del Lenox. «E non ci crederai mai chi mi sono trovato davanti al mio primo turno…» Lascio in sospeso la frase per creare un po’ di suspance soffermandomi sui suoi occhi curiosi. «Mia. Suo padre è mio paziente.»
 
«Suo padre?» Mi fa eco sgranando entrambi gli occhi. «E lei è qui?»
 
«Non te lo ha detto? Suo padre ha avuto un brutto infarto qualche giorno fa, lo opererò domani per iniziare la sostituzione della valvola mitralica. Sua madre l’ha chiamata immediatamente e lei è ovviamente corsa qui. Non mi meraviglia comunque che si sia dimenticata di chiamarti, non l’ho vista bene, tremendamente magra e parecchio agitata e preoccupata. Pensa non mi ha nemmeno detto che aspetti un bambino.»
 
Megan abbassa lo sguardo evidentemente imbarazzata. «In verità..» Inspira profondamente per trovare il coraggio di continuare a parlare. «In verità Mia non lo sa.» Ammette d’un fiato evitando accuratamente i miei occhi.
 
«Come non lo sa? È difficile non notarlo.» Rido indicando la sua enorme pancia.
 
«Lo avrebbe notato se ci fossimo viste almeno una volta negli ultimi cinque mesi, o nell’ultimo anno e mezzo.» Ammette scuotendo il capo e deglutendo rumorosamente, quasi a voler mandare giù un non troppo immaginario groppo in gola. «Dopo che ti ha lasciato ho provato a capire, a farla ragionare, insomma eravate così innamorate e dovevate sposarvi, ma finivamo sempre per discutere. Una sera abbiamo litigato pesantemente e lei ha cominciato ad allontanarsi da me fino....» Megan lascia in sospeso la frase circondandosi con le mani il grosso pancione, accarezzando il bambino frutto del suo amore.
 
 «Fino?» La sprono a continuare incredulo. Persino dopo la morte di Scott, quando Mia è fuggita ad Union, Megan era stata l’unica persona con cui era rimasta in contatto. La loro amicizia non può essere arrivata al capolinea, in parte anche per colpa mia.
 
«Diciamo che non mi sono trovata d’accordo con le sue decisioni. Jake non vorrei dirtelo così, Mia si è fidanzata.»
 
«Tranquilla Megan, lo so.» Alle mie parole gli occhi azzurri della mia vecchia amica tornano nei miei, sorpresi e confusi. «È difficile non notare tutti quei carati.» Ammetto con una scrollata di spalle palesando una totalmente finta indifferenza.
 
 
 
 
 
 
MIA’S POV

 
 
Passo le successive ore a rigirarmi sulla scomoda poltroncina. Per ben due volte sono riuscita ad appisolarmi e per ben due volte mi sono svegliata di soprassalto con la fronte ricoperta di sudore e il fiato corto. Sempre lo stesso maledettissimo sogno, la spiaggia, l’abito bianco, le mie ex amiche e Jake, solo che questa volta al posto del leggero vestito di lino bianco indossa il suo camice da medico.
Fino ad ora l’ho incontrato solo due volte e la mia sanità mentale sta già andando a quel paese, come posso continuare a vederlo senza rischiare di uscire completamente fuori di testa? Se potessi fuggire a gambe levate scapperei all’istante ma devo stare vicina a mia madre e a mio padre e questo coinvolge inevitabilmente anche Jake Haiden.
Se almeno il tempo fosse stato meno gentile con lui, se non fosse ancora il ragazzo più bello che abbia mai incontrato in vita mia e se la smettessi di essere gelosa di tutte le donne che sembrano inevitabilmente venire attratte da lui, forse sarebbe più facile.
E ora lui lo sa e non sembra averla presa bene.
 
 
 
***
 
 
 
Apro la porta di casa togliendomi immediatamente le fastidiose scarpe col tacco e abbandonandole pesantemente accanto alla porta, le sistemerò più tardi. Lascio la borsa sul divano e senza nemmeno togliermi la giacca leggera mi lascio cadere sul letto abbracciando il cuscino e socchiudendo gli occhi.
 
«Piccola?» Una voce proveniente dal bagno mi fa sobbalzare per lo spavento. Ero convinta di essere sola in casa e invece deve essere rientrato prima del previsto.
 
«Tesoro che ci fai qui? Mi hai quasi fatto morire di paura.» Biascico comprendoni il volto con il braccio attendendo di vedere la luce della camera accendersi.
 
La snella figura del mio fidanzato fa capolino dal piccolo bagno e sinuosa avanza verso il letto, si stende al mio fianco e unisce le nostre labbra baciandomi con forse troppa irruenza. «Non sei contenta di vedermi?»
 
«Certo! Sono solo molto stanca. Mi riposo un paio d’ore, passo in procura e torno in ospedale.» Sussurro girandomi sul fianco e nascondendo la testa nell’incavo del suo collo.
 
«Lascia perdere la procura, ci penso io ai tuoi casi. Ci sto andando adesso.» Mi rimprovera accarezzandomi la testa e stringendomi al suo corpo tonico.
 
«No! Hai troppe cose da fare, non posso caricarti anche del mio lavoro. Piuttosto pranziamo insieme dopo?» Gli domando allontanandomi leggermente da lui e fissando i miei occhi nei suoi, il mio futuro sposo.
 
«Non posso, devo presenziare all’apertura della nuova biblioteca nel Bronx. Se potessi saltarlo lo farei ma mi tocca. Chissà di ottenere così qualche elettore anche tra quei poveracci.» Sbuffa alzandosi in piedi e sistemandosi il nodo della cravatta e il colletto dell’elegante camicia azzurra.
 
Sorrido indignata dalla sua frase. «Finché li chiami poveracci sarà difficile.» Constato amaramente, mi domando perché si sia candidato sindaco se nutre così poca simpatia per tutti coloro che non risiedano nei fortunati quartieri di Manhattan. Quando si comporta così proprio non lo sopporto.
 
«Ah ah. Ma loro mica lo sanno.» Ride sonoramente chinandosi ancora una volta su di me per baciarmi. «Ora dormi e guai a te se ti vedo in procura.» Continua con tono quasi minaccioso.
 
«Non posso, Josh mi aspetta. Ci vediamo lì tra un paio d’ore. E mi fermo anche stanotte in ospedale.»
 
«Va bene, non insisto. Ma cerca di riposare almeno un po’. Ti amo.»
 
«Tesoro...» Inspiro profondamente cercando il coraggio di dirgli la verità. Non voglio segreti con lui, non ora che stiamo cercando di instaurare le basi per la nostra futura famiglia. Non voglio nascondergli di aver incontrato Jake né tantomeno di averci parlato ma conosco il mio futuro marito e so che non prenderebbe la notizia affatto bene.
Tuttavia in questo momento non ho bisogno di ulteriori pensieri, men che meno a causa delle sue insicurezze e delle sue gelosie.
«Ti amo anch’io.» Sussurro infine decidendo di tenere per me il ritorno del mio ex ragazzo a New York, almeno per ora.
 
Quando finalmente sento la porta di ingresso chiudersi il mio corpo si rilassa sul materasso e socchiudo nuovamente gli occhi stanchi.
 
 
 
 
 
 
 
JAKE’S POV.
 
 
«E dimmi un po’! Come ha reagito Robert alla notizia?» Domando cercando di trattenere una risata.
 
«Meglio del previsto in realtà. Gli ho messo davanti al naso il test di gravidanza, si è seduto senza proferire parola per oltre due ore, limitandosi a guardare il vuoto e scuotere il capo ad intervalli regolari.» Ride Megan trattenendosi la pancia gonfia. «Ad un certo punto si è alzato e ha acceso il portatile alla ricerca di una casa con almeno tre camere da letto, una macchina adatta ai bambini, culle e corredini. Ci ho messo tre giorni a fargli capire che potevamo almeno attendere il sesto mese di gravidanza per trasferirci o anche il sesto anno del bambino.» Sbotta alzando gli occhi al cielo e scimmiottando il suo fidanzato.
 
Mi sono mancate la sua comicità naturale e la sua risata contagiosa, mi è mancata la mia amica. Se non avessi smesso di parlare con Robert forse quel giorno avrei ricevuto la sua risata estasiata, avremmo preso entrambi la macchina per trovarci in un paesino qualunque a metà strada e festeggiare fino ad essere troppo ubriachi per rientrare a casa costringendo una Megan disperata e totalmente incazzata a venirci a prendere e riaccompagnarci. Si, sarebbe andata esattamente così se io non avessi smesso di rispondere alle loro telefonate. «Beh dai, io credevo peggio, l’altra volta sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.» Nell’istante in cui pronuncia le ultime parole mi blocco affondando gli incisivi nel labbro inferiore fino a sentire il sapore ferroso del sangue nella bocca. L’altra volta… negli Hampton, quando mi ero convinto che Mia aspettasse il nostro bambino. Quella volta…
 
Megan è stata sempre la più perspicace tra noi e anche stavolta intuisce che è meglio cambiare discorso. «Ma tu cosa ci fai qui? In questo reparto intendo?»
 
Sorrido ricordandomi improvvisamente il motivo per cui ho attraversato l’intero ospedale per raggiungere ostetricia, Mia è riuscita a destabilizzarmi ancora una volta, come ho potuto dimenticarmene.
 
«Jake! Sono qui.» La voce squillante di Hanna riempie improvvisamente la sala d’aspetto mentre corre fuori dalla saletta del ginecologo con un smagliante sorriso e una piccola busta alla mano. Si precipita verso di noi allacciandomi le braccia al collo e lasciandomi un bacio sulla guancia destra. «È maschio! È maschio!» Esulta estraendo dalla busta una piccola ecografia e sbattendomela a pochi centimetri dal naso. «Guarda, questo è il suo pisellino.»
 
 
 
 
 
MIA’S POV
 
 
Siedo alla mia scrivania allungando la schiena sullo schienale dell’elegante poltroncina di pelle. Josh siede di fronte a me, sul suo volto un’espressione mista tra il preoccupato e divertito.
 
«Mia ti è bastato incontrarlo una volta per ridurti così.» Ghigna indicandomi con la mano aperta.
 
«Grazie eh! Bell’amico che sei!» Sbotto imbronciata, gli occhi stretti a fessura per darmi un’espressione più seria. «Non è per lui se sto così! Ti ricordo che mio padre è in come in ospedale e domani dovrà essere operato.»
 
«Mia… Non devi fingere con me. Sono qui per te, non per giudicarti.» Sorride pacato fissando gli occhi marroni nei miei, le sopracciglia unite formano quell’adorabile fossetta appena sopra l’attaccatura del naso. Ha ragione, negli ultimi anni si è dimostrato l’unica persona di cui posso fidarmi veramente e con lui posso essere sincera. Sospiro profondamente voltandomi verso l’ampia finestra per non continuare a sostenere il suo sguardo. 
 
«Non credevo che sarebbe tornato, non dopo tutto questo tempo.» Inspiro ed espiro a pieni polmoni per cercare di calmare il mio cuore che improvvisamente raddoppia le pulsazioni. «Ritrovarmelo improvvisamente davanti, parlarci, mi sono sentita ancora la ragazzina quindicenne, grassottella e insicura di un tempo.»
 
«Ma non lo sei, hai quasi ventisette anni, sei il viceprocuratore di New York e sei decisamente uno schianto.» Josh sorride sornione alzandosi dalla sedia e portandosi alle mie spalle iniziando a massaggiarle delicatamente. Istintivamente mi rilasso sotto il suo tocco e abbandonandomi sullo schienale della mia poltroncina. «Provi ancora qualcosa per lui?»
 
Socchiudo gli occhi godendomi il suo tocco leggero. Non ho bisogno di pensare, la risposta è ben chiara nella mia mente. «Josh… Lui è Jake Haiden, proverò sempre qualcosa per lui.»
 
Le sue mani si bloccano improvvisamente alla base del mio collo. «E quindi?» Mi domanda con voce incerta.
 
«Quindi nulla, non potrò mai perdonarlo. Appena mio padre uscirà dall’ospedale troverò il modo di evitarlo come la peste. E poi il prossimo anno mi sposo.» Gli rispondo stendendo il busto sulla scrivania e nascondendo il volto tra le braccia incrociate per nascondere al mio amico gli occhi velati di lacrime.
 
«L’hai detto a…?» Continua titubante, so di metterlo in difficoltà con tutti i miei segreti, ha sempre paura di farsi sfuggire una parola di troppo.
 
Istintivamente scoppio a ridere, una risata nervosa però. «Ma stai scherzando? Stasera è impegnato e domani deve partire per Seattle. Vuoi agitarlo più di quanto lo sia già? Gliene parlerò una volta finita la campagna elettorale.»
 
Josh solleva entrambe le sopracciglia dubbioso. «Non la prenderà peggio?»
 
«Sicuramente, ma adesso ho anche troppo pensieri per sopportare anche lui.»
 
«Ok. Ma avvisami quando gli parlerai, non mi fido nemmeno di lui e della sua reazione. Certo che ho fatto proprio un pessimo affare quando ho scelto di essere il tuo migliore amico.»
 
 
 
***
 
 
Alle dodici in punto oltrepasso le grandi porte dell’ospedale, ormai la mia seconda casa, e raggiungo mia madre che mi attende scomodamente seduta sulla poltroncina accanto al letto intenta a leggere le notizie di borsa ad alta voce. Appena mi vede entrare nella camera si blocca, un lieve rossore in volto. «Ho pensato di tenerlo aggiornato, magari è cosciente.» Ammette abbassando lo sguardo, da quando è diventata così vergognosa?
 
Nell’istante in cui metabolizzo le sue parole però sento le mie guance avvampare. E se fosse veramente cosciente? Questo significherebbe l’aver assistito all’intera mia conversazione Jake se così può essere chiamata.
 
«È un’ottima idea, posso continuare io se vuoi. Tu va a casa.» Le consiglio poggiando i fascicoli su una delle sedie e appendendo la giacca all’attaccapanni.
 
«Aspetto il giro dei medici prima, sembra sempre agitarti più del dovuto.» Sorride guardandomi con la coda dell’occhio, mi sta chiaramente prendendo in giro. «Conoscevi già il bel cardiochirurgo?»
 
«Anche tu.» Le rispondo semplicemente, incapace però di guardarla negli occhi. «Io e Jake giocavamo insieme da bambini.»
 
«Jake?» Ripete il mio nome portandosi l’indice sulla punta del naso, suo gesto tipico quando si sofferma a riflettere su qualcosa in particolare. «Non sarà il figlio del sindaco Haiden?»
 
«Esattamente lui.» Come siamo brave ad evitare accuratamente il nome di mio fratello, mamma prima o poi dovremo affrontare anche quest’argomento ma non adesso, adesso dobbiamo pensare solo a papà.
 
«Ma era uno scapestrato, io e tuo padre eravamo sicuri che sarebbe diventato un delinquente per questo non riuscivamo ad accettare la tua cotta per lui.» Le sopracciglia inarcate per lo stupore. Ricordo bene quanto poco piacesse loro Jake, erano convinti fosse stato lui a influenzarmi negativamente. «Ovviamente l’avevamo giudicato male. Sentito caro? Il primo fidanzatino di tua figlia è considerato uno dei migliori cardiochirurghi degli Stati Uniti e domani ti opererà al cuore.» Termina la frase rivolta a mio padre che secondo lei ci sta ascoltando mentre finge di dormire sul suo letto d’ospedale.
 
«Ciao Mia.» Il mio fidanzato fa capolino all’interno della stanza sfoggiando uno dei suoi migliori sorridi. «Buonasera signora River.»
 
«A-amore co-cosa fai qu-i?» Balbetto sentendo le gambe farsi improvvisamente molli e il volto sbiancare.
 
«Ho preferito rimandare le interviste e passarti a salutare prima di andare in aeroporto.» Mi risponde chiaramente spiazzato dalla mia reazione.
 
«Ciao caro, come sei gentile. È fortunata Amelia ad aver trovato un uomo gentile e ben educato come te.» Interviene mia madre sollevandosi dalla poltroncina e avvicinandosi a lui per depositargli un bacio su ogni guancia.
 
«Così mi lusinga Signora River.» Le risponde accettando e contraccambiando i baci. Cosa mi sono persa?
 
«Scusate ma voi due vi conoscete?» Sicuramente mia madre avrà letto su qualche giornale del mio fidanzamento con il candidato sindaco alle prossime elezioni e dall’altra parte lui deve aver intuito che la donna al mio fianco altri non poteva essere che mia madre, ma questo non sembra il loro primo incontro.
 
«In realtà stamattina sono passato a prenderti ma tu eri già andata via.»
 
«Già, non vi siete incrociati per pochissimi minuti.»
 
Era passato in ospedale? Non avevo mai vagliato questa possibilità, credevo di potergli nascondere la verità senza problemi. E mentre il mio ragazzo e mia madre continuano a parlare di me come se io non fossi all’interno della stanza, la mia mente riesce a focalizzarsi su un unico pesantissimo pensiero:
 
Tra poco lui sarà qui.
 
«Buonasera.» Il Dott. Bauer, Jake, cinque studenti e due infermiere entrano all’interno della piccola stanza riempiendola. Il primo di loro ci rivolge un caldo sorriso, gli altri ci ignorano inconsapevolmente o per quanto riguarda Jake volontariamente.
Con la coda dell’occhio osservo il mio fidanzato in piedi alla mia sinistra, lo fissa stringendo entrambi i pugni lungo i fianchi. Ovviamente gli sono bastati pochi istanti per riconoscere il mio ex fidanzato, gli stessi che sono stati sufficienti a Jake per scorgere una terza figura all’interno della piccola degenza e alzare lo sguardo, curioso di dare un volto al mio promesso sposo. Posso vedere chiaramente la sua espressione cambiare, gli occhi azzurri stringersi a fessura, la mascella irrigidirsi, l’intero volto tendersi in un fascio di nervi. Quell’ombra di sorriso che lo aveva accompagnato totalmente sparita.
 
«Jake Haiden.» Sibila il mio futuro marito mentre la sua mano destra si stringe prontamente al mio polso con forse un po’ troppa forza.
 
«Ryan Bass.» Lo saluta Jake portando i suoi occhi increduli nei miei.
 
Non doveva succedere, avrei dovuto dire io a Jake che ero tornata con Ryan e a quest’ultimo che lui era tornato a New York e che era il medico di mio padre. Entrambi non sembrano aver preso troppo bene la scoperta ma lo sguardo duro di Ryan accompagnato dalla salda presa al mio braccio non preannuncia nulla di buono. Ecco della reazione di chi mi devo preoccupare di più.
«Amelia potresti accompagnarmi alla macchina.» Sibila secco il mio fidanzato trascinandomi per un polso fuori dalla piccola stanza prima ancora di darmi il tempo di rispondergli o di salutare nessuno.
 
 
 
 
Angolo autrice
 
Allora regazze,

Siete cadute praticamente nel mio tranello e vi siete tutte aizzate contro il povero piccolo Josh che altri non è che un attimo amico per la nostra Mia. Quindi tranquille Josh – Mia è una storia che non esiste e mai esisterà.
Però non è che vi ho lasciati nel migliore dei modi in questo capitolo.
Jake ha scoperto di Ryan e Ryan non sembra aver preso molto bene al ritorno di Jake…
Sarà cambiato o reagirà nel peggiore dei modi come suo solito.
E Hanna (foto)?? Che ve ne pare? E aspetta un bambino, esattamente come la nostra Megan.
 
Sono cambiate tante cose in questi due anni, forse troppe.
 
Alla prossima settimana. 

 
 
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 Ed ecco Jake insieme alla nuova arrivata, Hanna? Già si vede il suo bel pancino!! Che ne dite?




 

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Capitolo 31
*** CAPITOLO 31 ***






 
Capitolo 31
 
 
«JAKE?» Domanda non appena fuori dalle uscite di sicurezza dell’ospedale, la voce decisamente più alta del normale per coprire il suono fastidioso delle sirene delle ambulanze. Come una furia sotto gli occhi increduli di mia madre, Jake e il restante staff, Ryan mi ha trascinato fuori dalla stanza di mio padre, per l’intero corridoio, due rampe di scale, attraverso l’accettazione del pronto soccorso fino all’uscita, ignorando totalmente ogni mia protesta e la forza con cui stringeva il mio sottile polso che ha decisamente rischiato una slogatura. «JAKE HAIDEN?» Ripete incredulo abbandonando la presa, passandosi entrambe le mani tra i capelli e inspirando profondamente per trovare la calma.
 
«Ryan io…» Vorrei dire qualcosa per giustificarmi ma la verità è che non ho scuse, gli ho appositamente mentito e non c’è nulla che io possa dire per farmi perdonare. Il senso di colpa si fa strada amaro dalla bocca dello stomaco fino al petto, dove mi si blocca il respiro affannato.
 
«Per quanto pensavi di potermelo tenere nascosto?» Stranamente il tono sembra più pacato del precedente, e mi rendo conto immediatamente che si sta sforzando per non far degenerare la nostra discussione, cosa mai successa in passato quando l’argomento di conversazione era Jake. Ricordo ancora la violenza con cui si rivolgeva a me quando parlavamo di lui, i suoi scatti d’ira e i lividi sul mio corpo a seguito di ogni discussione. Ora invece si sta tenendo a debita distanza e dal suo respiro eccessivamente affannato capisco che sta facendo di tutto per mantenere il controllo.
 
Si sta impegnando per noi e gli devo almeno un po’ di sincerità. «Te lo avrei detto, presto! È che…» Inizio titubante, nonostante tutto temo una reazione spropositata alla scoperta, non è mai stato bravo a trattenere la rabbia. «… che adesso siamo entrambi troppo stressati. Tu hai la campagna elettorale e io sto già così male per mio padre, non volevo discutere con te. Ho bisogno di averti al mio fianco adesso.»
 
Il sospiro secco di Ryan mi sorprende, mi aspettavo di sentirlo urlare, di vederlo colpire con troppa forza una qualsiasi parete, degenerare, e invece si limita a sospirare ancora una volta alla ricerca di tutto il suo autocontrollo. «Quindi è un medico adesso?»
 
Annuisco senza riuscire a trovare il coraggio di guardarlo negli occhi. «Già, il nuovo bravissimo cardiochirurgo che tra meno di ventiquattro ore opererà mio padre.»
 
«Devo dedurne che vi incontrerete tutti i giorni?» Scandisce bene ogni singola parola pronunciata con una calma innaturale che mi costringe a sollevare lo sguardo e incrociare i suoi grandi occhi chiari.
 
«Credimi Ryan, se potessi lo eviterei, tra me e Jake è tutto finito. Sai bene che ho cambiato casa e numero solo per non avere più niente a che fare con lui. Pur di non incontrarlo ho permesso che lui e Josh arrivassero alle mani, eri presente anche tu. Non è cambiato nulla adesso, ci parlerò solo se ne sarò costretta e finchè mio padre non sarà dimesso.»
 
«Se potessi sapere per quale motivo è finita tra voi forse mi sarebbe più facile capirti e crederti.» Le sue mani delicate si poggiano sulle mie spalle mentre con i pollici accarezza la base della mandibola e mi costringe ad alzare il volto per incatenare gli occhi ai suoi. «Il lavoro non c’entrava nulla vero?»
 
Scuoto il capo velocemente e affondo gli incisivi sul labbro inferiore fino a farmi male. «No. Ma ti basta sapere che ho avuto le mie ragioni e sono ancora valide, non devi preoccuparti.»
 
Ryan annuisce titubante, so che vorrebbe conoscere la verità, forse più per curiosità che per sicurezza, ma io non sono ancora pronta a parlargliene. Forse non lo sarò mai. «Una settimana e tornerò da te. Ti chiamerò tutti i giorni.» Promette infine stringendomi al suo corpo tonico, incurante del fatto che gli stropicciando la camicia perfettamente inamidata dalla lavanderia.
 
Mi sollevo sulle mezze punte permettendo alle mie labbra di unirsi alle sue che si schiudono subito approfondendo il bacio forse un po’ troppo per essere in un luogo pubblico. «Ryan torna presto e stai tranquillo. Ti ho dimostrato di non essere più la ragazzina di un tempo e non ho intenzione di rovinare tutto.»
 
Con un altro bacio saluto il mio fidanzato che con la sua Ferrari rossa si allontana dall’ospedale diretto in aeroporto. Sorrido orgogliosa di lui, di quanto sia maturato e di tutto l’autocontrollo che ha acquistato in questi anni o forse ero semplicemente io a renderlo più inquieto, con la mia indecisione e la mia tendenza a farmi circuire da Jake. L’ho tradito più di una volta e Ryan mi ha sempre perdonata, come posso biasimarlo se ogni tanto le sue reazioni non sono state propriamente docili. Quando potrò rimettere le distanze tra me e Jake potrò finalmente essere la moglie che merita. Senza smettere di sorridere attraverso nuovamente le porte scorrevoli del grande ingresso, supero l’accettazione ignorando gli occhi dell’infermiera quarantenne fissi su di me e le sue chiacchiere sussurrate alla sua collega dai capelli rossi, dalla sera in cui ho travolto quella povera specializzanda sembrano decise a tormentarmi. Chissà cosa si sono immaginate o cosa le avrà raccontato Jake per giustificare la mia reazione. E lui comunque l’ha lasciata per raggiungermi in camera di mio padre con caffè alla mano, gongolo tra me e me prima di rendermi conto di esserne felice e di quanto sia inadatta tanta soddisfazione. Scuoto la testa cercando di scacciare questi strani pensieri fermandomi davanti all’ascensore e premendo il testo di chiamata, il display segna che è fermo al quarto piano e sembra non volerne sapere di scendere. Osservo un paio di volte la porta metallica che conduce alle scale antincendio alternando lo sguardo tra essa e il numero quattro fisso, indecisa se salire a piedi o attendere ancora.
Su Mia, sono solo due piani e non ti farà sicuramente male fare un po’ di esercizio fisico.
 
 
 
«Mia aspetta.» La voce di Jake rimbomba nella tromba delle scale sopra la mia testa, i suoi occhi azzurri mi puntano oltre la ringhiera mentre solo una rampa ci separa e io mi maledico per non aver aspettato l’ascensore. Senza nemmeno rispondergli e senza interrompere il contatto visivo scendo un paio di gradini all’indietro ma appena lo vedo affrettarsi per raggiungermi, faccio dietro front e velocizzo il passo per raggiungere la porta del primo piano e scappare da lui. Peccato che io sia sempre stata una schiappa nella corsa, a differenza sua ovviamente che scende i gradini a due a due.
A pochissimi passi dall’uscita di sicurezza le sue mani si stringono ai miei avambracci obbligandomi a voltarmi, le lunghe dita impresse nella carne mentre mi spinge, piano, costringendomi ad arretrare fino ad incontrare la fredda e triste parete di cemento. Perché nessuno sembra utilizzare le scale tranne noi, eppure viene sempre raccomandata una certa attività fisica? E perchè adesso che lui è così vicino a me, troppo vicino, la mia idea di “attività fisica” non comprende certamente il salire e scendere le scale a piedi?
 
«Ryan Bass?» Sibila a pochi centimetri dal mio volto, il suo alito caldo direttamente sulla mia pelle. «Non ci posso credere.» Sicuramente non potevo aspettarmi una reazione diversa da lui. Già non aveva preso bene la notizia del matrimonio, la scoperta che il mio promesso sposo altri non è che l’uomo che avevo lasciato per stare con lui non poteva non scuoterlo. Un ritorno al passato?
 
«Ti prego Jake, lasciami.» Supplico cercando di sfuggire alla sua presa salda che mi incastra tra il suo corpo caldo e accogliente e il freddo muro impedendomi di spostarmi di un solo millimetro. I miei occhi istintivamente attirati dalle sue labbra rosa e leggermente screpolate mentre con la punta della lingua le inumidisce con un gesto tutt’altro che naturale le inumidisce quasi invitandomi a fare altrettanto.
 
Il suo splendido ghigno fa capolino mostrandomi la linea di perfetti denti bianchissimi. «Adesso hai paura di me? Pensi che potrei farti del male?» Sussurra senza accennare ad allontanarsi dal mio volto, l’odore del suo dopobarba mi penetra nei polmoni attraverso le narici inebriandomi e destabilizzandomi.
 
«Non ho paura.» Riesco a biascicare dopo un interminabile manciata di secondi cercando di ignorare il calore improvviso delle mie gote, segno che nonostante i miei sforzi sto avvampando, i suoi occhi fissi nei miei, il corpo premuto contro il mio, le lunghe gambe intrecciante alle mie.
 
«E allora perché stai tremando?»
 
Tremando? Non ho certo paura di Jake e non mi sta nemmeno facendo male eppure il mio corpo viene scosso da interminabili brividi ogni volta che il suo respiro si infrange sulla mia pelle. «Io…»
 
I suoi occhi guizzano velocemente dai miei alle mie labbra mentre il suo pomo d’Adamo si abbassa e si alza velocemente. «Dopo tutto quello che ti ha fatto, come hai potuto tornare con lui?» Sussurra teso, il tono serio, il volto contratto per la rabbia. «E sai cos’è peggio? Che io lo sapevo che era questo quello che voleva, per questo che ti ha offerto quel maledetto tirocinio e tu ci sei caduta con tutte le scarpe.» Inspira profondamente senza interrompere il contatto visivo, quasi a voler risucchiare tutto il mio odore mentre si sporge in avanti accorciando la distanza che separa i nostri volti. «Mia non puoi aver dimenticato tutto quello che è successo… a meno che… non ti avrà ricattata di nuovo?»
 
«No!» Alzo la voce indignata schiacciandomi il più possibile contro la parete dura e fredda e guardando oltre le sue spalle per cercare possibili orecchie indiscrete. «Sta attento a quello che dici Jake, non è più una storia tra ragazzini. Ryan è candidato a sindaco di New York, la stampa non aspetta che una cavolata del genere per sbatterlo in prima pagina.» Sibilo con un fiato di voce fissando nuovamente gli occhi nei suoi e avvicinandomi per essere sicura che solo lui possa sentirmi.
 
«Non sia mai che si scopra la verità su quell’uomo.» Ghigna maligno. «Ad ogni modo non è un mio problema.»
 
Sgrano gli occhi per lo stupore, non può essere tornato lo stesso ragazzino di sette anni fa, incurante dei propri gesti per il solo divertimento. «Jake puoi avercela con me se vuoi ma non fare cazzate.»
 
«Lo fai per la carriera forse? Andare a letto con lui ti aiutata a diventare la più “giovane e bella” viceprocuratore degl…» Le parole gli muoiono in gola appena il mio palmo colpisce la sua guancia destra con tanta forza da costringerlo a piegare il volto. Come può anche solo pensare una cosa del genere, come se non mi conoscesse. Le sue parole mi feriscono più di qualunque altro gesto, forse anche di… No! Quello no, è stato decisamente peggio.
 
«COME TI PERMETTI DI DIRMI UNA COSA DEL GENERE? NON HAI IL DIRITTO DI PARLARMI COSI’!» Nervosa alzo la voce non curandomi più di poter essere sentita da qualcuno di passaggio. Ingoiando le lacrime carico nuovamente il braccio per colpirlo ancora dando sfogo a tutta la mia rabbia repressa ormai da due anni ma lui è più veloce e decisamente più forte, mi circonda entrambi i polsi costringendomi ad alzare le braccia e bloccandomele sopra la testa. «Non permetterti Jake, io non sono come le ragazze che sei abituato a farti.» Ringhio arrabbiata mentre il mio intero corpo si divincola per liberarsi dalla sua presa mentre lui ancora una volta mi schiaccia contro la parete facendo aderire i nostri petti.
 
«Ne sei sicura? Eppure sei fidanzata e non riesci a togliere gli occhi dalla mia bocca.» Sussurra avvicinando le nostre labbra che si sfiorano appena. «So perché lo fai, è lo stesso per me Mia. È da quando ti ho vista entrare nella camera di tuo padre, con le guance arrossate per la corsa e per l’imbarazzo di aver lasciato cadere tutti i fascicoli, gli occhi sgranati per lo stupore di trovarti di fronte a me. Eri bellissima e mi ci è voluto tutto il autocontrollo per non afferrarti  e baciarti davanti al Dottor Bauer, tua madre, gli specializzandi e le infermiere, e lo stesso vale per l’altra sera anche se eravamo da soli.»
 
Spalanco gli occhi la sorpresa dalle sue rivelazione, incapace di muovere un solo muscolo. «E adesso?» Domando con un filo di voce arrendendomi al suo corpo che riprende possesso del  mio, esattamente come due anni fa. Maledetto corpo traditore.
 
«Adesso è diverso.» Biascica inclinando il capo e scendendo verso il mio collo. «Adesso ho terminato tutto il mio autocontrollo.» Termina poggiando le labbra calde sulla pelle ricettiva, sento il suo sorriso premere sulla carne nell’istante in cui mi lascio sfuggire un sospiro di piacere dovuto a quel contatto che bramo da giorni. Con una scia di umidi baci sale fino al lobo che stringe delicatamente tra i denti prima di seguire la linea della mascella e tornare vicino alla mia bocca, troppo vicino. Unisce le nostre fronti inspirando profondamente ancora una volta e istintivamente sorrido ripensando come dopo tanto tempo giusto ieri ho cambiato il mio shampoo tornando al gusto di vaniglia, per lui. «Sii sincero Mia, dillo che lo vuoi anche tu.»
 
Le sue labbra calde e carnose sfiorano le mie ad ogni parola e devo trattenermi dal desiderio di avventarmi su di loro, stringerle tra i denti e far incontrare le nostre lingue che sembrano sentire la mancanza l’una dell’altra come mai prima. E poi cosa? Fare ancora una volta l’amore con lui per poi sentirmi di nuovo sola e abbandonata? Però ora che è qui, di fronte a me, il suo corpo proteso verso il mio, le nostre gambe intrecciate e le sue mani che mi costringono i polsi sopra la testa... dovrei essere indignata o arrabbiata, e invece mi ritrovo attratta da lui e stranamente eccitata. Lo voglio? Lo voglio! «Io…» Balbetto imbarazzata mentre la mia mente urla solo una parola: “SI”.
 
«I tuoi occhi non sono mai stati capaci di mentire.» Sussurra con voce roca mentre le sue labbra si serrano sul mio labbro superiore assaporandolo ed io d’istinto schiudo la bocca desiderosa di qualcosa di più.
 
Debole. Sei la stessa stupida e debole ragazzina di sette anni fa, incapace di resistere al fascino di Jake Haiden. Incapace di amarlo.
 
 
«Scusate, sto interrompendo qualcosa?» La voce di Josh alle spalle di Jake mi fa sobbalzare per lo spavento, ho pregato a lungo che qualcuno arrivasse per fermare l’assalto di Jake ma ora che le nostre labbra si sfiorano e la mia lingua è pronta ad intrecciarsi alla sua non sono più così sicura di volerlo veramente. Il ragazzo di fronte a me invece rimane immobile, la fronte che aderisce alla mia, le mani che mi stringono i polsi sopra la testa, l’espressione corrucciata per essere stato disturbato.
 
«Veramente si, Josh! Ci stai interrompendo.» Sbuffa mentre un lampo di rabbia attraversa i suoi occhi azzurri scuriti per l’eccitazione. «Potresti lasciarci soli?»
 
«Potrei, ma solo dopo essermi accertato che è quello che vuole anche Mia.» Constata il mio amico sporgendosi oltre la sua spalla per cercare di vedermi in volto.
 
«Fidati sono abbastanza sicuro che lei sia pianamente d’accordo con me.» Gli risponde senza distogliere i grandi occhi chiari dai miei, le lunghe dita si stringono intorno ai miei polsi ma senza causarmi dolore.
 
«Lascialo dire a lei e io sarò felice di andarmene Jake.»  Continua serio senza alcun tentennamento nella voce. «E comunque sono venuto per avvisarla che lui è qui, visto che il suo telefono è spento.»
 
Capisco immediatamente che per “lui” intende il mio fidanzato. Non solo non ha problemi ad affrontare Jake o chiunque altro possa a suo avviso farmi del male, ma ha anche attraversato l’intera città solo per riferirmi che Ryan è in ospedale. È ovviamente arrivato troppo tardi ma l’ha fatto. Come potevo anche solo immaginare di trovare un migliore amico migliore.
E io che persona sono? Ho appena rassicurato il mio fidanzato di essere cambiata e che non sarei caduta tra le possenti braccia del mio bellissimo ex fidanzato eppure ora, meno di qualche minuto più tardi, le mie labbra sfiorano fameliche le sue e il desiderio di essere nuovamente sua scuote il mio intero corpo.
 
«Puoi stare tranquillo, lo abbiamo già incontrato e come vedi stiamo entrambi benissimo, dannatamente bene.» Risponde ironico, ma il suo tono divertito scema sulle ultime parole che vengono quasi sussurrate e destinate unicamente a me. «Ora puoi andartene.»
 
«NO!» Grido in preda al panico al solo pensiero di restare ancora una volta da sola con lui, non ora che i miei neuroni sembrano aver deciso di funzionare di nuovo. Nono posso permettermi di sbagliare ancora una volta, Ryan non se lo merita e Jake? Per lui è solo un gioco, lui non si merita nulla. «Non andartene Josh.» Lo prego mentre gli occhi di Jake si sgranano per lo stupore e la sua espressione cambia visibilmente. Si aspettava che rimanessi con lui.
 
«Bene Jake, penso che sia stata abbastanza chiara. Ora lasciala.» Josh poggia cauto la sua mano destra sulla spalla dell’ex amico per indurlo ad allontanarsi da me e ciò che ottiene è una spallata non troppo forte ma sufficiente ad allontanarlo da noi. Istintivamente porto le mani finalmente libere alla bocca soffocando un grido.
 
«Cosa vuoi Josh? Perché continui a metterti in mezzo?» Sbotta nervoso allontanandosi di un paio di passi e dallo sguardo che mi riserva capisco che non vuole arrivare di nuovo alle mani, almeno non davanti a me.
 
Josh lo fissa leggermente stordito e in risposta scuote la testa mesto, quindi mi si avvicina togliendomi gentilmente le mani da davanti il volto. «Andiamo Mia, ti accompagno da tuo padre.» Sussurra senza smettere di controllare con la coda dell’occhio il mio ex fidanzato.
 
«Josh smettila, non le ho mai fatto del male e non la costringerei mai a fare qualcosa che anche lei non voglia. È un’adulta ormai e può prendere le sue decisioni, non ha bisogno di una balia.» Sbuffa passandosi nervosamente le mani tra i capelli e sedendosi sull’ultimo gradino.
 
«Potrei dissentire, le hai già fatto del male e lo stai facendo adesso destabilizzandola.» Gli risponde con eccessiva calma il mio amico al mio fianco passandomi un braccio sulle spalle. «Ma hai ragione. Siete due adulti e Mia è FIDANZATA.» Alza leggermente la voce per sottolineare il mio stato sentimentale facendomene vergognare. Dovrei essere fedele. «Poteva entrare chiunque da quella porta e vedervi. Non avete più vent’anni, quando vi baciavate in un qualsiasi angolo del Victrola, ora dovreste essere due adulti, lei deve rispettare il suo impegno con Ryan e tu… Maledizione tu devi smetterla di fare quello che fai!» Josh non salva nemmeno me dalla sua predica. Una strana sensazione di déjà vu mi assale, esattamente come il nostro primo capodanno insieme quando lui stava con Jessica e io con Ryan e Josh ci ha beccati in cucina mentre stavamo per baciarci.
 
«Cosa è successo?» Biascica portando lo sguardo al suolo e stringendosi la testa con le lunghe dita. «Perché siamo arrivati a questo? Ho perso la mia ragazza e la mia migliore amica.»
 
Josh mi guarda perplesso e accenna ad un lieve sorriso indeciso se rispondergli o meno. Cosa è successo? Come ho potuto dimenticare quello che è successo, anche solo per un secondo. Come ho potuto dimenticare il perché non siamo più insieme. «Jake tra noi è finita, sia come coppia che come amici, e non c’è cosa che tu possa dire o fare per farmi cambiare idea. I nostri rapporti devono limitarsi a medico-parente del paziente.» Scandisco bene le parole indicando prima lui e poi me con l’indice della mano destra. «Quando mio padre sarà dimesso non ci vedremo né sentiremo più.» Concludo decisa non riuscendo tuttavia a incrociare il suo sguardo. Intreccio la mano di Josh e insieme al mio amico lo supero ricominciando a salire le scale verso il secondo piano, ripromettendomi che d’ora in avanti prenderò solo l’ascensore accertandomi prima della sua assenza all’interno dell’abitacolo.
    
Prima di poter raggiungere la curva della scala Jake si solleva in piedi fissandoci dal basso verso l’alto. «Guardati Mia, cosa sei diventata? Io non ti riconosco più. Posso accettare che non vuoi più avere a che fare con me, ma gli altri?»
 
Mi blocco con un piede sul gradino di fronte a me, inspirando profondamente prima di pronunciare una sola parola per evitare di mettermi ad urlare contro di lui. «Tu non sai niente della mia vita. Non sai cosa è successo negli ultimi due anni.»
 
«Già! Non so più niente della tua vita, ma so che hai tagliato fuori tutti tranne Josh!» Sbotta indicando con un gesto del capo il mio amico che ancora mi tiene la mano. «E a differenza tua so che Megan, la tua migliore amica di sempre, è incinta di oltre cinque mesi e sta malissimo per non averti accanto nel momento più bello della sua vita.»  
 
«Me-gan…?» Balbetto pensando a lei e cercando di immaginarmela con il pancione rigonfio e occupato da una piccola creatura. Avrebbe potuto dirmelo se tiene ancora alla mia amicizia così tanto. Ma come? Non le ho mai dato il numero nuovo né il mio indirizzo, e quella volta che è venuta a cercarmi a lavoro per pranzare insieme è stata allontanata da Ryan stanco di sentirle ripetere che lui non sarebbe mai stato l’uomo per me e che dovevo tornare da Jake. «E il bambino è…» di Robert? Termino mentalmente la frase, sarà lui il padre? Infondo non so più niente di lei.
 
Jake sorride sornione. «è stato il mio stesso pensiero! Praticamente le stesse parole. Comunque si, è suo. Tu sembri sicura nell’identificarmi come il peggiore dei fidanzati ma un uomo che ti fa del male e che ti allontana dai tuoi amici, dalle persone che ti vogliono bene, non è sicuramente migliore.»
 
E su queste ultime parole spinge maniglione antipanico della porta ed esce dal vano scale allontanandosi da noi.   
 
 
ANGOLO AUTRICE
ECCOMI. ANZITUTTO SCUSATE IL RITARDO..
SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI SIA PIACIUTO ANCHE SE CORTO, UN PICCOLO MOMENTO JIA. CHE SIGNIFICHI QUALCOSA IL FATTO CHE NONOSTANTE GLI IMPEGNI DI ENTRAMBI NESSUNO DEI DUE RIESCA A STAR DISTANTE DALL'ALTRO.

NON DIMENTICATE LA MIA PAGINA SU FACEBBOK, VI ASPETTO PER FOTO, ANTICIPAZIONI E SEMPLICEMENTE FAR DUE CHIACCHERE CON ME.

 

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Capitolo 32
*** CAPITOLO 32 ***






La parte in corsivo è un flashback... per differenziarlo dal resto della narrazione ho voluto appositamente metterlo al passato e in terza persona.
Ci vediamo a fine capitolo.



Capitolo 32
 
 
 
Uscita dall’ospedale monto in macchina diretta verso casa e mentre ingrano la prima indugio qualche secondo al primo incrocio indecisa se girare come al solito a sinistra verso casa mia o verso destra, diretta all’indirizzo a cui dovrei trovare la casa di Megan e Robert. Ormai da un paio d’anni vivono in una piccola casetta nella periferia di New York, poco distante dalla bellissima villa Haiden. Forse potrei passare a salutarla e congratularmi con lei per la lieta notizia. Per l’intera notte e gran parte della giornata il mio pensiero fisso è stata la gravidanza della mia migliore amica ed io vorrei tanto vederla, stringerla a me e vivere con lei questo momento.
Senza indugiare oltre cambio il senso della freccia e seguo le indicazioni del navigatore fino alla via inserita, parcheggio poco distante dal vialetto d’ingresso bloccandomi però a pochi passi dalla porta indecisa se bussare o risalire in auto e andarmene.
 
Non sei nemmeno sicura che lei voglia ancora rivederti, è passato così tanto tempo. Forse troppo.
 
Trascorro circa venti minuti imbambolata davanti al portico finché Robert spalanca improvvisamente la porta sgranando gli occhi per lo stupore trovandomi di fronte a sé, alla mano un sacchetto bianco che ha tutta l’aria e l’odore di essere immondizia. «Mia?»
 
«Robert ciao.» Biascico imbarazzata, la sorpresa che leggo nei suoi occhi mi fa salire la bile alla bocca lasciandomi un retrogusto amaro. Cosa ci faccio qui dopo oltre un anno che non ci parliamo?  «Scusa, non dovevo venire.» Emetto in un fiato voltandomi su me stessa e ripercorrendo il vialetto alla velocità maggiore che mi consentono gli alti tacchi che porto ai piedi. Solo la voce della mia migliore amica che cerca di richiamare la mia attenzione riesce a fermarmi prima di raggiungere la mia auto.
 
«Mia ferma!»
 
Mi giro nuovamente verso l’ingresso per vedere Megan appoggiata con entrambe le mani allo stipite della porta, il ventre già abbastanza pronunciato per non aver ancora terminato il secondo trimestre, mentre Robert le si affianca lasciando cadere il sacchetto e afferrandola per le spalle quasi avesse paura di vederla perdere i sensi da un momento all’altro.
 
«Megan, sei bellissima.» Sussurro non riuscendo a distogliere lo sguardo dalla sua bellissima figura ammorbidita dalla maternità mentre gli angoli della bocca si sollevano per il piacere di rivederla. Indossa un semplice abito color pastello, stretto sul seno decisamente più prosperoso della taglia prima di un tempo e morbido sui fianchi fino al ginocchio, ai piedi un semplice paio di infradito nere. Non è proprio il suo stile.
 
«Non andartene.» Mi intima con la voce tremante. «Entra, per piacere.» I grandi occhi azzurri velati di lacrime attendono di vedermi fare un passo verso di lei.
 
Trattenendo a mia volta le lacrime annuisco lievemente ripercorrendo il vialetto della loro abitazione e seguendola all’interno dell’accogliente ingresso.
 
«Vi lascio sole.» Ci sorride Robert raccogliendo da terra il sacchetto delle immondizie e richiudendosi la porta dietro le spalle.
 
Con un cenno del capo saluto il mio vecchio amico e seguo la sua fidanzata lungo il luminoso corridoio verso l’ampia cucina, dove mi porge una caraffa di succo alla pera. «Io purtroppo non bevo più alcolici e li ho banditi da questa casa per non cadere in tentazione.»
 
«Tranquilla, il succo andrà benissimo.» Le sorrido porgendole il piccolo sacchetto contenente un regalo che mi sono fermata appositamente a comprare per strada. «Questo è per voi.. Non conoscevo il sesso e ho optato per un colore neutro.»
 
«Grazie.» Sussurra ancora imbarazzata, c’è molta tensione tra noi. «Ma non serviva.» Continua prendendo tra le mani il pacchetto e strappando la carta multicolore con quella luce negli occhi che la contraddistingue fin da quando era bambina. Una volta eliminata solleva a mezz’aria la graziosa tutina bianca con cappuccio e orecchiette da orsetto.
 
«Megan, sei come una sorella per me, è il mio primo nipotino.. o nipotina?» Domando curiosa. In un primo momento ho pensato di utilizzare il tempo al passato, eri come una sorella, ma ho cambiato subito idea se voglio risanare la nostra faida.
 
Questo pensiero non passa inosservato nemmeno alla mia amica che sorride mostrandomi i denti bianchissimi. «Nipotina» Asseconda, forse accettandomi nuovamente come sua sorella, «è una femmina!»
 
Le sorrido a mia volta asciugando una lacrima con l’indice della mano destra per la commozione. «Avete già deciso un nome?»
 
«Veramente no, cioè eravamo d’accordo di chiamarlo Scott se fosse stato maschio.» Inizia pronunciando lentamente il nome di mio fratello, probabilmente per la paura di turbarmi. Sono molti anni che non sento qualcuno pronunciare il suo nome a voce alta. «Da femmina ci piacciono vari nomi: Elena, Serena, Taylor. Abbiamo deciso che sceglieremo quando sarà nata, quando la guarderemo in volto capiremo che nome darle.» Termina sorridendo, deve piacerle parecchio questo progetto, ma conosco ancora abbastanza bene lo spirito programmatore di Robert e sono abbastanza sicura che sia un’idea tutta sua. «E tu che mi dici? So che vi siete fidanzati..»
 
«Megan.» Sospiro indecisa se addentrarmi veramente in quel discorso o meno. È un argomento piuttosto spinoso, causa del nostro allontanamento. «Ci sposiamo l’anno prossimo.» Taglio corto sfoderando un sorriso poco sincero, eppure dovrebbe essere la mia bella notizia, non dovrei aver paura di parlarne.
Come siamo arrivate fin qui?
 
 
 
Erano trascorsi ormai cinque mesi da quando Mia era tornata da Washington, aveva cambiato indirizzo, numero di telefono e iniziato il tirocinio in procura. Si era chiusa in se stessa e nonostante le insistenze degli amici non aveva voluto rivelare a nessuno le ragioni che l’avevano condotto a lasciare Jake, il ragazzo che apparentemente aveva amato fin dalla tenera età. Solo Josh sembrava esserne a conoscenza, si era preso cura di lei quando il suo cuore era in pezzi e Mia lo aveva ricambiato rivelandogli la verità, inducendolo a schierarsi dalla sua parta senza voler sentire altre campane. Ciò aveva fatto riflettere molto Megan, la bionda si era più volte domandata se una reazione di tale portata da parte dell’amico comune potesse essere giustificata da un qualche gesto ignobile, ma Jake negava e le sue lacrime sembravano veramente sincere. Aveva reagito male all’idea di non potersi riunire con l’unica ragazza che avesse mai amato in vita sua, fingeva di essere forte ma la distanza feriva anche lui ogni giorno di più, però non l’avrebbe mai lasciata per questo e il dolore lo stava distruggendo.
Per questo Megan non riusciva a comprendere cosa potesse aver fatto arrabbiare Mia: così grave da non poterne parlare o così futile da vergognarsene a farlo? Diverse volte le due ragazze avevano intavolato l’argomento finendo per discutere, a volte anche troppo animatamente, finché i loro rapporti si congelarono a causa del nuovo ragazzo della mora.
Nessuno si aspettava che Mia sarebbe ricaduta tra le braccia del bel procuratore distrettuale ma così accadde. Solo Josh era veramente consapevole di come l’amica si fosse gettata a capofitto sul lavoro passando diverse ore chiusa nel suo ufficio solo per non lasciarsi soffocare dal dolore che sembrava non volerla abbandonare nemmeno dopo mesi e che la assaliva ogni volta che rimaneva sola. Ciò che gli amici si limitavano a vedere però era che lei passava troppe ore delle sue giornate insieme a Ryan Bass e quando anche lui decise di porre fine alla sua relazione con la provocante Alessia, restituendo l’anello che aveva acquistato per lei, le chiacchiere furono inevitabili. Persino Mia non poteva tuttavia fingere di non vedere il modo in cui il suo ex aveva ricominciato a guardarla, l’insistenza con cui le stava accanto e di come le fossero assegnati sempre più fascicoli di Ryan nonostante fosse stata assunta per affiancare Josh. Ryan però non era mai stato indiscreto, non aveva mai iniziato il discorso né tantomeno aveva alzato una sola mano verso la ragazza, limitandosi ad osservarla e ad inebriarsi del suo dolce profumo di fiori d’arancio, fino alla sera in cui riuscirono a far condannare un disgustoso uomo all’ergastolo per aver abusato di diverse donne. Erano così fieri dell’ottimo lavoro svolto da Mia che in udienza, interrogando l’imputato, era riuscita a trarlo in inganno e fargli ammettere le sue colpe davanti all’intera giuria, per questo Ryan aveva insistito per festeggiare insieme bevendo almeno un aperitivo, e poi due, tre e quattro. Fin da subito il vino fece perdere il controllo della propria mente alla povera Mia che non era più abituata a frequentare locali ma soprattutto a bere qualunque tipo di sostanza alcolica. E quando le mani di Ryan si poggiarono sui suoi fianchi per invitarla a ballare capì quanto, a differenza della sua mente, il suo corpo si sentisse irrimediabilmente solo manifestandole il bisogno di un tocco più profondo, più intimo.
Prima di potersene rendere conto le sue labbra erano su quelle del bel procuratore che, dopo un iniziale tentennamento, si lasciò andare approfondendo il bacio e dando sfogo alla frustrazione accumulata negli ultimi mesi a causa del desiderio. Ben presto si ritrovarono nell’appartamento dell’uomo, nel suo letto, e per la prima volta Mia si concesse a qualcuno che non fosse il suo Jake.
Iniziò così la loro relazione, se così si poteva essere definita, non stavano insieme, non c’erano appuntamenti, cene o qualunque cosa li facesse anche solo sembrare una coppia. Lavoravano di giorno e facevano sesso la notte. Sesso, solo sesso, perché Mia nemmeno una volta riuscì a chiamare quel rapporto con l’appellativo “amore”. Spesso prima del piacere si era scoperta a pensare a Jake, a mentire a se stessa fingendo che fossero le sue braccia a stringerla, le sue labbra a lambirle la bocca, e infine piangeva realizzando la triste realtà, tuttavia Ryan Bass era un ottimo diversivo e ben presto si sentì meno sola. La situazione però degenerò quando dopo il superamento del tirocinio ed essere stata nominata a sua volta procuratore della città di New York la stampa iniziò ad interessarsi a lei. A differenza si quanto successo a Ryan e Josh prima di lei, il fatto che fosse una bella ragazza attirò non solo la cronaca mondana ma anche diverse riviste scandalistiche che pubblicavano regolarmente articoli sul suo conto, accanto a quelli su qualche attricetta o cantante. Volevano conoscere i dettagli della sua vita privata e quando la pizzicarono davanti alla casa del suo superiore, le bocche appiccicate e le mani di lui che le stringevano vigorosamente il seno, si vide costretta ad ufficializzare una relazione tutto sommato inesistente per salvare la loro immagine. Ciò che Mia tuttavia ignorava era che era stato proprio il suo “fidanzato” ad avvisare i fotografi nell’istante in cui aveva intuito che sarebbe stato l’unico modo per averla veramente.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.    
Megan, che conosceva l’amica meglio di qualunque altra persona, ben sapeva che i sentimenti che manifestava non erano per nulla sinceri e che il suo cuore batteva ancora per l’amico di infanzia e più volte aveva cercato di farla ragionare facendo perdere la pazienza al bel procuratore che stanco di sentirle pronunciare il nome dell’ex fidanzato la cacciò in malo modo davanti ad una Mia quasi totalmente indifferente.
Ecco come mise fine alla loro amicizia.
 
 
 
«Mi dispiace per quello che è successo Megan… Eri la mia migliore amica..» Sussurro con un filo di voce tremante. «Mi piacerebbe tornare come prima, se lo vuoi anche tu ovviamente.» Continuo titubante. Io lo vorrei ma non posso essere sicura che per lei sia lo stesso, potrebbe non volermi perdonare. La sua espressione infatti mi lascia intuire che potrebbe non essere dello stesso avviso.
 
«Non fraintendermi Mia, piacerebbe anche a me e molto, ma sono successe troppe cose tra noi e le ragioni che ti hanno allontanata da me sono ancora presenti.» Abilmente non pronuncia alcun nome, né quello di Ryan né quello di Jake.  «Possiamo parlarne però.» Conclude sorridendomi nuovamente. A quanto pare sembra volermi dare una possibilità, devo stare attenta a non sprecarla. Ryan può dire quello che vuole ma non può separarmi da lei, non di nuovo.
Improvvisamente la mia attenzione è attratta dalla sala da pranzo adiacente alla cucina, in centro una tavola già elegantemente apparecchiata per quattro persone.
 
«Maledizione, scusami Megan, sono sbucata qui senza nemmeno avvisarvi e non vi ho nemmeno chiesto se eravate liberi.» Sbotto alzandomi in piedi e indicando la tavola. «Da quando ieri Jake mi ha detto che eri incinta non sono riuscita a pensare ad altro e appena mia madre mi ha dato il cambio per la notte in ospedale sono corsa qui.»
 
«Oh, non preoccuparti Mia, non c’è nessun problema. Come sta tuo padre?» Domanda guardando istintivamente il grande orologio appeso al muro, manca poco alle sette. «E a proposito di Jake… Vorrei dirti una cosa…»
 
«Bene, diciamo che sta bene, domani Jake lo opererà.» La interrompo senza lasciarle il tempo di terminare la frase. «Ti rendi conto, Jake? Io lo sapevo che aveva tutte le carte in regola per diventare un ottimo cardiochirurgo. Speriamo che sia veramente così bravo… e devo anche raccontarti cosa è successo, ma cosa volevi dirmi?»
 
«In realtà l’ho incontrato anch’io l’altro giorno e...» Comincia prima di essere nuovamente interrotta dal campanello che risuona stridulo attraverso il corridoio fino alla cucina.
 
«Resta comoda, apro io.» Sorrido alzando gli occhi al cielo vedendola puntellare le mani sul bancone per cercare di sollevarsi dallo sgabello e riportarsi in piedi. Se già fatica così tanto adesso mi domando come riuscirà a muoversi superato l’ottavo mese. «Deve essere Robert, avrà dimenticato le chiavi.» A passo veloce attraverso nuovamente il corridoio verso la porta d’ingresso, ignorando la sua voce che mi prega di tornare in cucina, e sorridendo al pensiero di come sembrava preoccupato per il nostro incontro. «Credo che abbia paura del mio effetto su di te, l’hai visto prima? La paternità l’ha fatto diventare ancora più protettivo.» Alzo la voce, voltandomi verso la cucina nell’istante esatto in cui spalanco la porta, riservandole un’occhiataccia per avermi seguita fino all’ingresso e sorprendendomi per la sua espressione impaurita.
 
Solo nell’istante in cui mi volto nuovamente capisco il perché di tanto timore. Invece di Robert mi trovo di fronte il mio ex fidanzato, bello come non mai nei suoi bermuda beige chiaro e camicia dello stesso azzurro del colore dei suoi occhi sgranati per la sorpresa di trovarmi all’interno dell’abitazione.
La mano di Megan si appoggia titubante alla mia spalla stringendola dolcemente e invitandomi a indietreggiare. Ecco cosa voleva dirmi, che lo aveva invitato a cena, ma la tavola è apparecchiata per quattro, non per tre. «Ciao Jake. Hanna.» Saluta con troppa tensione nella voce dopo qualche attimo di esitazione.
 
Il nome femminile pronunciato dalla mia amica attira la mia attenzione sulla figura in piedi nascosta dietro il possente corpo di Jake, una piccola ragazza magra e biondissima, i capelli poco più lunghi delle spalle acconciati in morbidi boccoli. Gli occhi verdi e furbi mi osservano da capo a piedi mentre un sorriso malizioso le si disegna sul sottile volto.
Mi sposto di lato per permettere loro di entrare e richiudo la porta dietro le loro spalle. Gli occhi di Jake ancora puntati sul mio viso in cerca di un’espressione che possa tradire i miei pensieri mentre i miei rimangono fissi sulla quarta bellissima ospite.
 
«Piacere Mia.» Porgo gentilmente la mano verso la ragazza che dopo avermi guardata ancora una volta un po’ troppo a lungo si stringe al braccio di Jake ignorando la mia offerta. Evidentemente nessuno deve averle insegnato l’educazione.
 
«Quindi tu saresti quella Mia?» Domanda lasciando intendere di aver ben chiaro chi sia io e che ruolo ho avuto nella vita del ragazzo che le è accanto. «Io sono Hanna.» Con un gesto solo apparentemente naturale ma sicuramente predeterminato porta la mano destra sul ventre lievemente pronunciato per il suo fisico così sottile, accarezzandosi lentamente la pancia. Una protuberanza tale su un corpo tanto magro può significare una cosa sola. Distolgo immediatamente lo sguardo e torno a osservarle il volto sul quale vi trovo ad attendermi un ghigno malefico: sa chi sono, sa che ho capito ed era esattamente ciò che voleva.
La fisso qualche secondo di troppo ma abbastanza per riportarmi alla mente un ricordo ormai cancellato ma che ancora mi ferisce con egual dolore. Inspiro profondamente un paio di volte per cercare in me la forza di controllare il tono di voce e non lasciar trasparire alcuna emozione. «Vi lascio alla vostra cena, ti chiamo domani Megan.» Pronuncio alla fine allungando il braccio destro e stringendo con forza la maniglia dorata.
 
«Ci conto.» Mi saluta allungandosi verso di me e baciandomi entrambe le guancia. «Ti prego scusami, avrei dovuto avvertirti che sarebbero arrivati da un momento all’altro.» Sussurra infine con un filo di voce affinché solo le mie orecchie riescano a udire le sue parole.
 
Le sorrido lievemente per tranquillizzarla mentre le passo una mano tra i lunghi capelli accarezzandole il capo. «Buona serata, e salutami Robert.»
 
Senza rivolgere più nemmeno uno sguardo ai suoi due ospiti esco dall’abitazione e a passo veloce mi dirigo verso la mia Jaguar parcheggiata in fondo al vialetto, affrettandomi a cercare le chiavi nella borsa che sembra diventare la valigia di Mary Poppins tutte le volte che ci infilo le mani alla ricerca di qualcosa.
 
«Dovevo sospettare che fosse tua, hai sempre avuto buon gusto per le belle auto.» La voce di Jake alle mie spalle, mi sta seguendo lungo il vialetto. Da solo?
 
In tutta risposta continuo per la mia strada senza nemmeno voltarmi o dargli la possibilità di iniziare una conversazione. «Jake torna in casa.»
 
«Fermati Mia voglio solo parlarti un attimo.» Continua, la voce sempre più vicina e più incerta di quanto mi aspettassi da lui. Sembra preoccupato, teme forse di non poter più fare la povera vittima abbandonata ora che non può più nascondere di essersi rifatto una vita?
 
«Non hai già detto abbastanza?» Sibilo mentre le mie dita vittoriose si serrano intorno al portachiavi e premono il pulsante per aprire le portiere. Solo pochi passi e sarò al sicuro all’interno della mia amata macchina. Prima di riuscire a raggiungerla tuttavia la sua mano circonda il mio gomito costringendomi a voltarmi e guardarlo in volto.
 
«Aspetta un attimo. Hanna in realtà è…» Le parole gli muoiono nell’istante in cui i nostri occhi s’incrociano e nota le copiose lacrime che rigano entrambe le mie guance dal momento in cui i miei piedi hanno superato la soglia di casa Campell. Mi ha seguita per darmi il colpo di grazia? Temeva non mi fossi resa conto dello stato della sua… amica? Fidanzata?
 
«È incinta! Me ne sono accorta da sola.» Grido esasperata tirando il braccio affinché lasci andare la presa, e lui sembra così spiazzato dalla mia reazione che mi asseconda liberando il mio gomito. «Congratulazione Jake, sarai un padre fantastico.» Termino asciugandomi le lacrime con la manica della maglia, incurante del mascara che ormai deve essermi colato su tutto il volto. Quindi gli giro le spalle e con scatto felino monto in auto e metto in moto, scappando via da lui, dalla sua fidanzata e dal loro bambino.
 
Il loro bambino.
 
 
 
***
 
 
Mi rigiro nel letto dopo aver passato le ultime dieci ore a fissare il soffitto bianco illuminato solo dal riflesso dei fari delle auto che sfrecciano sulla strada, ho cercato perfino di contarle nella speranza totalmente vana di prendere sonno. Nemmeno quando gli occhi stentavano a rimanere aperti tanto bruciavano per le lunghe ore passate a piangere sono riuscita a cadere tra le braccia di Morfeo e alla fine ho dovuto solo farmene una ragione, ho trascorso l’intera notte sveglia turbata dall’immagine di Jake, Hanna e i loro splendidi bambini biondi dagli occhi chiari.
Jake non è migliore di me. Mi ha giudicata, si è permesso di criticare le mie scelte e di lusingarmi con le sue belle parole facendomi sentire in colpa per aver desiderato un suo bacio pur non essendo libera. E lui? Come può comportarsi così quando quella Hanna porta in grembo suo figlio. È così spregevole da essere pronto a tradirla?
 
Ryan ha provato a chiamarmi un paio di volte ma non ho potuto rispondergli, ero troppo turbata per rivolgergli anche solo una parola, avrebbe capito, avrebbe frainteso. E comunque non avevo alcuna voglia di sentire la sua voce.
 
Quando raggiungo mia madre in ospedale sono già le undici passate, sapevo che Jake sarebbe passato a prendere mio padre insieme all’equipe selezionata per l’intervento alle dieci e mezza e mi è bastato tardare quella mezz’ora per essere sicura di non incontrarlo. Non stamattina, non dopo ieri sera.
 
«Amelia tesoro, finalmente. Mi stavo preoccupando.» Mia madre mi si avvicina stringendomi in un caldo abbraccio appena varco le porte della degenza di mio padre. «Guarda che faccia che hai? Sembri stravolta!»
 
«Grazie mamma, sei gentilissima.» Ironizzo con entrambe le sopracciglia sollevate. «Stai tranquilla, va tutto bene. Non sono solo riuscita a dormire stanotte.» Le rispondo scrollando le spalle e lasciandomi cadere sulla poltroncina accanto al letto vuoto. Mia madre mi scruta dalla testa ai piedi scuotendo il capo alla vista del mio abbigliamento non proprio consono alla mia età e al mio ruolo: felpa con il cappuccio, pantacollant e converse. Già fatico a stare in piedi, volevo almeno stare comoda oggi.
 
«Lasciami indovinare, centra per caso il bel dottore?» Mi domanda a bruciapelo, il volto stranamente divertito.
 
Sgrano gli occhi presa alla sprovvista dalla sua affermazione. «Cosa te lo fa pensare?»
 
«Ti cercava stamattina, quando è venuto a prendere tuo padre, continuava a guardarsi intorno quasi sperasse di vederti comparire all’improvviso. Mi è sembrato deluso quando è dovuto andar via.» Jake? Come può stupirsi che io non abbia alcuna intenzione di vederlo.
 
«L’importante è che si concentri nell’intervento, no?» Le rispondo fingendo che le sue informazioni mi siano totalmente indifferenti.
 
«Dobbiamo fidarci di lui, infondo dicono che sia bravissimo e credo che metterà tutto sé stesso in questo intervento… per te!»
 
«Mamma è il suo lavoro, lo fa per questo.» Sibilo secca, non voglio che lui faccia niente per me.
 
«Se ne sei convinta! Io ora vado a prendere tua zia in aeroporto, tu beviti un caffè e cerca di riprenderti. Non usciranno prima di tre o quattro ore, sarò tornata per allora.»
 
Fisso sbalordita mia madre che si infila il cappotto ed esce dalla stanza, non prima di avermi depositato un bacio tra i capelli. Come può aver già capito tutti in così pochi giorni e senza bisogno di alcuna spiegazione? Le è bastato vederci vicini pochi istanti per percepire la tensione e scorgere quel brandello di sentimento che ancora ci lega. È pur sempre mia madre infondo.
 
Caffè, ho bisogno di caffè!
 
Mi sollevo dalla poltroncina e ritorno nei lunghi corridoi diretta al bar del primo piano, le mani incassate all’interno delle tasche laterali della maglia, il passo veloce agevolato dalla totale assenza di tacchi, fiera della mia tenuta sportiva fino al momento in cui incrocio una familiare testa bionda. Rallento cercando di fare dietro front prima che lei possa vedermi ma la fortuna non sembra ancora una volta voler essere dalla mia parte e Hanna si volta verso di me in tempo per far incrociare i nostri sguardi.
 
«Mia!» Mi saluta soffocando a stento una risata. «Ti stavo scambiando per una ragazzina così conciata.» Il tono di voce sarcastico non nasconde la volontà di deridermi.
 
La fisso a lungo soffermandomi sulle scarpe nere aperte con il tacco non troppo alto, l’abito rosso aderente e scollato, il camice bianco lungo fino al ginocchio. «Sei un medico?»
 
«Evidentemente.» Risponde senza abbandonare il suo tono ironico, allargando le braccia e sorridendo alla sua collega che le sorride di rimando.
 
«Quindi vi siete conosciuti in ospedale.» Mormoro rivolta più a me stessa che a lei voltandole le spalle e trattenendomi da rivolgerle parole poco carine.
 
In tutta risposta Hanna scoppia a ridere sonoramente. «Mi aspettavo che saresti finita a parlare di Jake, comunque sì, ci siamo entrambi specializzati a Washington.» Sento il rumore dei suoi tacchi avanzare lenti verso di me. «Mi dispiace che tu l’abbia presa male ieri, mi si è stretto il cuore quando Jake ci ha detto che sei scappata piangendo.» Ghigna maligna.
 
«Non sembri per nulla dispiaciuta, piuttosto divertita.» Sibilo continuando a mantenerle le spalle e ingoiando la rabbia che sembra assalirmi improvvisamente. Hanno riso di me!
 
«Beh, mi è sembrata una reazione piuttosto esagerata. Sei stata tu a lasciarlo in fondo, non penso tu abbia il diritto di essere gelosa.» Sussurra vicinissima al mio orecchio destro. «Come puoi biasimarlo? Si è rifatto una vita, esattamente come te, o volevi che si struggesse ancora per il tuo amore perduto?»
 
«Taci Hanna, non sai quello che dici.» Per un istante il pensiero di raccontarle dell’altra sera attraversa la mia mente, sarebbe ancora così fastidiosamente spavalda se sapesse che Jake solo ieri sera ha cercato di baciarmi? Poi i miei occhi scendono verso il suo ventre appena rigonfio e l’immagine di un piccolo bambino biondo dai grandi occhi azzurri separato da suo padre solo per il mio stupido orgoglio. Scuoto il capo abbandonando i miei progetti di vendetta.
 
«Credi? Conosco le donne come te!» Sibila maligna. «Hai preferito la carriera al tuo uomo e adesso? Te ne sei pentita o non riesci solo ad accettare che lui sia felice con un’altra? Eppure mi sembra che il tuo fidanzamento sia ancora in piedi!»
 
«Il mio stato sentimentale non ti riguarda.» Sbotto avvicinandomi a lei per fronteggiarla, i nostri volti alla stessa altezza nonostante lei porti i tacchi. «Se fossi in te mi preoccuperei più per il tuo!»
 
«E questa cosa sarebbe? Una minaccia?» Mi risponde senza smettere di sorridere.
 
«No! Prendilo come un consiglio» Le rispondo sorridendole a mia volta prima di voltarle le spalle e allontanarmi di qualche passo.
 
«Dove credi andare? Lanci il sasso e nascondi la mano?»
 
Mi blocco sui miei passi mordendomi la lingua e pentendomi di averle messo la pulce nell’orecchio. Le scelte di Jake non mi riguardano, non più, lei sa bene che genere di lupo è Jake e non sta a me ricordarle che non perderà mai il vizio. Questa certezza mi rassicura del fatto non vorrei mai prendere il suo posto. «Lascia perdere, forse hai solo ragione tu, sono solo gelosa. Scusami adesso ma ho altro a cui pensare, devo aspettare che mio padre esca dalla sala operatoria.»
 
La mano di Hanna si poggia sulla mia spalla prima ancora che io riesca a muovere un solo passo. «La sostituzione della valvola mitralica?» Domanda con voce estremamente dolce, in netto contrasto con il tono pungente di pochi istanti prima. «Non temere, Jake è uno dei migliori e farà di tutto per salvarlo. Fidati di lui.»
 
Una risata nervosa mi scappa dalla bocca prima che io riesca a fermarla. «Fidarmi? Ho già riposto la mia fiducia su di lui e me ne sono pentita amaramente.» Sbotto scrollando le spalle per liberarmi dalla sua presa, quindi senza darle il tempo di pensare anche solo ad una risposta mi allontano da lei correndo e ringraziando mentalmente di aver indossato le scarpe da ginnastica stamattina.
 
 
***
 
 
POV JAKE
 
 
«Jake aspetta.» Appena uscito dalla sala operatoria la voce di  Hanna mi richiama. Sfilo la cuffietta azzurra da sopra la testa e mi volto verso di lei passandomi il pollice e l’indice della mano destra sugli occhi stanchi. «Ci avete messo tantissimo.»
 
«Già.» Constato alzando gli occhi verso l’orologio a muro appeso sopra la mia testa, sette ore di intervento. «Ci sono state delle complicazioni.»
 
Hanna si porta entrambe le mani alla bocca soffocando un sospiro. «è morto?»
 
«No, grazie a Dio no! Ma lo terremo ancora sedato e tra qualche giorno interverrò di nuovo.» Le confesso deluso da me stesso. Ho dato il meglio per poter restituire a Mia almeno suo padre e non ci sono riuscito, non ancora almeno. «Adesso vado ad informare i familiari.» La saluto voltandole le spalle e allontanandomi verso la degenza del Sig. River.
 
«Lei non è in quella stanza.» Mi blocco sui miei passi sospirando per le sue parole.
 
«E tu come lo sai? Sei andata a cercarla?» Le domando corrugando entrambe le sopracciglia.
 
«Ma scherzi? Mi ha trovato lei e non ne è stata molto contenta. È chiaramente gelosa.» Ammette sfoderando il suo ghigno divertito. «Ad ogni modo se ci tieni ad essere tu a dirle di suo padre di consiglio di usare la scala D, è seduta da ore all’altezza del primo piano. Andrò io insieme ad uno dei tuoi specializzandi dalla madre.»
 
La scala D? All’altezza del primo piano? Perché ha scelto quel posto dove nascondersi? Il punto esatto dove solo l’altro giorno ci siamo praticamente baciati, o lo avremmo fatto se non ci avesse interrotto Josh. L’unico posto che la lega a me in questo luogo.
 
Non servono parole per ringraziarla dell’informazione, io e lei ci intendiamo. Con un gesto del capo mi congedo dirigendomi verso il luogo indicato. Apro silenziosamente la porta di sicurezza, facendo attenzione a non fare alcun rumore e mi sporgo oltre la ringhiera giusto per vederla seduta sul primo gradino, la schiena ricurva, le ginocchia raccolte al petto e il volto nascosto tra esse.  
 
«Mia.» La chiamo appena la raggiungo sedendomi al suo fianco. Lei solleva il capo e i miei occhi incontrano i miei, bellissimi ma chiaramente tristi e stanchi.
 
«Mi hai trovata?» Sussurra asciugandosi con la manica una lacrima appena sfuggita al suo occhio destro.
 
«Certo piccola.» Sussurro sforzandomi di sorriderle, non riesco a vederla così e non voglio essere la causa del suo dolore. «Ho ultimato l’operazione, ci sono state delle complicazioni ma è ancora vivo.» La rassicuro immediatamente soffermandomi sui suoi splendidi occhi color nocciola sgranati per la paura.
 
Mia annuisce lievemente stringendo la sua mano alla mia e intrecciando le nostre dita. «E adesso?»
 
«Appena si starà stabilizzato lo opererò di nuovo. Mia farà tutto il possibile.»
 
Copiose lacrime iniziano a rigare le sue guance mentre un malamente trattenuto singhiozzo le muore in gola. «Ti prego Jake, salvalo. Io voglio parlargli almeno un’ultima volta. Ti prego.»
 
Istintivamente lascio la presa sulla sua mano e allungo le braccia stringendo il suo esile corpo al mio. Mia nasconde il viso nell’incavo del mio collo bagnando di lacrime salate la divisa e lasciandosi andare in un pianto convulso. Non ricordo di averla mai vista così vulnerabile e indifesa. «Te lo giuro amore, te lo giuro.» Sussurro al suo orecchio rendendomi contro troppo tardi delle mie parole ma non pentendomi di averle pronunciate.
 
Amore.
 
 
 
POV MIA
 
Amore.
 
Una parola pronunciata dopo così tanto tempo con tanta disinvoltura e naturalezza, quanto mi era mancato il suono della sua voce rivolto a me con tanta dolcezza.
Sollevo il capo per incatenare nuovamente i suoi occhi mentre la mia mano a palmo aperto raggiunge la guancia, Jake socchiude gli occhi lasciandosi crogiolare da quell’inaspettata dimostrazione d’affetto. È tutto così sbagliato, soprattutto dopo le ultime novità, ma ho bisogno di lui adesso. Ho bisogno del mio Jake, il mio amore. I suoi occhi si sbarrano per lo stupore quando le mie labbra lente e titubanti sfiorano le sue, schiudendosi e lasciando scivolare la lingua verso di lui che la accoglie accarezzandola con la sua. Le mie mani intrecciate ai suoi capelli per impedirgli d allontanarsi, nonostante la sicurezza che respingermi è l’ultimo dei suoi pensieri. Le lunga dita di Jake accarezzano leggere le mie spalle, scendendo lungo la linea delle braccia fino ad allacciarsi ai miei fianchi dove fanno presa per sollevarmi e tirarmi sulle sue ginocchia, permettendo ai nostri corpi di aderire perfettamente. Mi ritrovo a divorare le sue labbra come se questo bacio potesse soddisfare una certa fame sopita ormai da due anni, ritrovandomi a gemere nella sua bocca completamente ammaliata da lui e riscoprendomi ancora perdutamente innamorata del mio amico d’infanzia. Nessun bacio di Ryan è mai riuscito a scuotermi al punto da farmi perdere il controllo, tanto da indurmi ad infilare le mani sotto il sottile strato di camice azzurro fino ad incontrare i suoi pettorali , gli addominali scolpiti e infine l’elastico dei pantaloni che sfioro costringendo il ragazzo ad ansimare sotto di me.
Solo lo sbattere della porta un paio di piani sopra le nostre teste mi riporta con i piedi per terra, letteralmente. Mi separo da lui alzandomi e barcollando sulle gambe instabili a causa del bacio.
 
«Scu- scusami Jake.» Sussurro prima di voltargli le spalle e correre via ignorando la sua voce che mi supplica di fermarmi. 




Angolo autrice.

Ci siamo. Finalmente è rivelato come Mia è finita insieme a Ryan. Mia ha conosciuto la bella Hanna che sembra porprio divertirsi a vederla gelosa ma è anche molto comprensiva. e poi c'è Jake.... Jake Haiden che si lascia sfuggire quella parola rivolgendosi a lei: AMORE.
Si stanno entrambi arrendendo alla realtà, sono ancora perdutamente innamorati l'una dell'altro ma non è così facile.
Ci sono Ryan, Hanna e il bambino di mezzo.
E non dimenticare del motivo per cui Mia ha lasciato Jake che aleggia ancora su di loro tanto da far credere a Mia di non voler mai prendere il posto della bella Hanna! Motivo che Jake sembra ignorare. Cosa sarà mai successo?? 

Curiose??
TRANQUILLE NEL PROSSIMO CAPITOLO TUTTO VERRA' SVELATO!!! 

Ringrazio ancora tutte per leggere, recensire e aggiungere a preferite/ricordate/seguite. Orami stiamo giungendo al termine.. mancano solo tre capitoli ed è solo grazie a voi che mi avete seguita nonostante i capitoli con qualche errore di distrazione di troppo. Grazie mille.  

 

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Capitolo 33
*** CAPITOLO 33 ***






CAPITOLO 33


 
Monto in auto e chiudo immediatamente la sicura nonostante sia certa di non essere stata seguita. Jake mi ha pregata di non andarmene, ha chiamato più volete il mio nome e nella sua voce c’era un non so che di disperazione. Una parte di me voleva tornare indietro e parlargli ma come potevo restare dopo averlo baciato? Sento ancora la consistenza dei suoi muscoli tesi sulle mie mani, il profumo della sua pelle nelle narici e la dolcezza delle sue labbra.
Come ho potuto perdere così il controllo?
Mi è bastato un suo abbraccio, sentirlo chiamarmi amore, i polmoni invasi dal suo odore e non ho capito più nulla. Le sue labbra erano così invitanti e così tremendamente vicine. È stato più forte di me.
 
Accendo il motore, affondando il piede sull’acceleratore con foga ed esco dal parcheggio dirigendomi immediatamente verso la procura. Ieri ho promesso a Megan che l’avrei chiamata e non posso non mantenere la mia promessa, quindi digito il suo numero sullo schermo del telefono e attendo la sua risposta che arriva fin dal primo squillo. Sembra apparentemente stupita, forse non credeva veramente nella mia parola.
Discutiamo a lungo parlando del più e del meno, dell’intervento di mio padre, di mia madre e infine di Spencer che dovrebbe tornare domani dalle sue vacanze con Micheal ai Caraibi. A parere di Megan la mia ex coinquilina, dopo un primo attacco di rabbia nei miei confronti per aver deciso di farmi viva giusto l’unica settimana all’anno in cui lei è lontana da New York, sarà veramente felice di rivedermi e riallacciare il rapporto con me e infondo anch’io non vedo l’ora di stringerla e scoprire come sta e cosa le è successo nell’ultimo periodo. Ci accordiamo quindi per organizzare una cena il prima possibile noi tre insieme. Prima di chiudere mi avvisa che sta organizzando anche una festa per la bambina per la settimana seguente, prima di diventare troppo ingombrante, e avrebbe piacere di essere sicura della mia presenza. Inspiro profondamente un paio di volte prima di domandarle chi, oltre me e ovviamente Robert, ha intenzione di invitare e come mi aspettavo non manca nessun nome dei vecchi amici, ad eccezione di Josh, e socchiudo gli occhi mentre lei titubante pronuncia i nomi di Jake e della nuova fidanzata Hanna.
Come posso stare nella stessa stanza con lui, o peggio con lei dopo quello che è successo tra noi solo pochi minuti fa? Aspettano un figlio, Jake diventerà padre tra qualche mese e io l’ho baciato e muoio dalla voglia di farlo ancora. La risposta mi esce spontanea. “Mi dispiace Megan, preferisco non venire se ci saranno anche loro. Non offenderti, festeggeremo io e te.” Segue un lungo silenzio dopo il quale Megan, senza insistenza alcuna, mi rassicura dicendomi che se proprio deve fare una scelta, questa scelta sarebbe ricaduta su di me e che non li avrebbe invitati, mentre il senso di colpa mi stritola la cassa toracica togliendomi il respiro.
Come posso chiedere ai miei amici di scegliere tra me e lui?
 
Raggiungo la procura decisa a buttarmi a capofitto sul lavoro, studiare la prossima causa riuscirà sicuramente a distrarmi e a farmi smettere di pensare alle labbra di Jake premute sulle mie. Velocemente salgo le scale verso il mio ufficio ignorando gli sguardi stupiti dei miei colleghi per il mio abbigliamento poco consono, decido di non disturbare Josh che è chiuso nella sua stanza insieme al nuovo disastroso stagista e apro l’armadio alla ricerca del fascicolo sull’arresto di un tale Snow, beccato a correre con la sua auto in quella che aveva tutta l’aria di essere una corsa illegale. Il The Racer non ha più gli stessi piloti di un tempo e non è la prima volta che un qualche sprovveduto si fa beccare, fortunatamente non hanno mai vuotato il sacco in nessun interrogatorio e non sembrano intenzionati a tradire Mr Crab. Questo almeno finchè riesco ad evitare loro il carcere e qualunque tipo di incriminazione.
 
“Mara! Mara!” Richiamo la mia segretaria sperando che possa essermi d’aiuto. “Mara tu sai dove ho messo il fascicolo Snow? Non lo trovo da nessuna parte!”
 
La piccola donna si porta un dito sotto il mento soffermandosi a riflettere sul se e quando avesse visto quella particolare pratica illuminandosi dopo qualche secondo. “L’aveva preso il Dott. Bass prima di partire per Seattle dicendo che se ne sarebbe occupato lui. Credo che se lo sia portato a casa e deve averlo lasciato là.”
 
“Maledizione.” Impreco alzando entrambi gli occhi al cielo, questa deve essere la mia giornata sfortunata. “Hanno anche anticipato l’interrogatorio. Vado a recuperarlo.” Le comunico riafferrando la borsa e dirigendomi nuovamente verso l’uscita nonostante fossi appena arrivata da meno di qualche minuto.
 
 
***
 
 
Estraggo il piccolo portachiavi a forma di cuore regalatomi da Ryan all’ultimo Natale nella speranza che mi decidessi ad andare a vivere insieme a lui e infilo la chiave nella toppa del portone dell’elegante palazzina in centro Manhattan. Non mi piace andare a casa sua, né con lui e tantomeno senza di lui, la trovo troppo fredda e fintamente raffinata. Per questo preferisco restare ancora nel mio piccolo appartamento, in una palazzina dove se ti ritrovi all’ultimo minuto senza sale o zucchero puoi suonare al dirimpettaio senza temere di essere scambiata per una barbona. E diciamo che Josh al piano di sopra mi dà una certa sicurezza che nemmeno il miglior portiere di tutta New York riuscirebbe ad infondermi.
Giunta al primo piano seleziono dal mazzo la chiave della porta blindata, la inserisco e faccio per ruotarla verso destra senza però riuscirci. La porta è infatti stranamente chiusa senza mandata e questo mi lascia interdetta pensando che Ryan non potrebbe mai aver lasciato la casa praticamente aperta sapendo di mancare per giorni. Tuttavia anche le luci sono accese e dalla cucina provengono alcuni suoni, delle voci forse anche se non sembrano pronunciare parole in modo chiaro. Titubante mi addentro nell’ingresso avvicinandomi alla stanza in questione attraverso il salotto, man mano che accorcio le distanze le voci sembrano sempre più chiare e una delle due è quella di Ryan mentre l’altra appartiene sicuramente ad una donna, non emettono parole ma gemiti. So già cosa mi troverò davanti ma non esito nel mio cammino volendo vedere con i miei occhi ciò che sta accadendo.
 
Un viaggio di lavoro a Seattle?
 
Mi appoggio con la schiena allo stipite della porta della cucina incrociando le braccia al petto e scrutando amareggiata la scena. Alessia, l’ex fidanzata di Ryan e chiaramente sua amante, è stesa a pancia in giù sul tavolo dove io consumo solitamente la colazione quando dormo qui, mentre Ryan completamente nudo la sta prendendo con foga, tirandole i capelli con la mano sinistra e schiacciandola contro la superficie con la destra.
 
Istintivamente mi ritrovo a battere le mani l’una contro l’altra, schifata da lui. Ecco perché aveva reagito così stranamente bene al ritorno di Jake, non aveva paura che lo tradissi visto che lui fa altrettanto da chissà quanto tempo. “Non vi fermate a causa mia, continuate pure. Devo solo prendere questo e vi lascio da soli.”
 
Ryan si immobilizza pietrificato a metà dell’orgasmo seguendo con gli occhi chiari il mio corpo che veloce raggiunge la penisola accanto all’angolo cottura e recupera quello che spero sia il fascicolo Snow. Senza più degnarlo di uno sguardo esco dalla stanza e mi allontano da loro fingendo di non sentire la sua voce che mi supplica di non andare, nonostante non sia ancora uscito dalla sua amante.
 
 
 
POV JOSH
 
Siedo alla mia scrivania intendo ad esaminare alcune foto di una scena del crimine, non ho ancora trovato nulla con cui poter sostenere una stabile accusa verso quel delinquente nonostante sia sicuro che è stato lui a picchiare quasi a morte quella ragazza. Voglio vederlo dietro le sbarre entro massimo una settimana così.
Il vibrare del telefono dalla tasca dei pantaloni mi riporta con i piedi per terra. Mi sorprendo leggendo il nome di Ryan visto che a Seattle è notte inoltrata. Che sia successo qualcosa?
“Ryan dimmi tutto?”
 
“Josh passami Mia, subito!” Sbraita senza nemmeno perdere il tempo per rivolgermi un saluto, spaventandomi leggermente.
 
“Ryan non c’è Mia, Mi han detto che è passata qui ma che è andata via oltre un’ora fa. Cosa sta succedendo?” Ho il presentimento che Mia abbia combinato qualche cavolata con Jake.
 
“Non dire cazzate Josh, se scopro che la stai nascondendo finirai ad occuparti di sospensioni di patenti per il resto della tua vita.”
 
“Dannazione Ryan, Mia qui non c’è e adesso mi dici cosa nascondi altrimenti ti posso giurare che non avrai l’occasione di mandarmi in motorizzazione, finirò in carcere per averti pestato a sangue.” Lo minaccio, il tono di voce così alto che metà dell’ufficio smette di lavorare e rivolge lo sguardo verso la mia porta che mi affretto a chiudere per separarmi da orecchie indiscrete.
 
“Amelia è venuta a casa mia.” Ammette desolato con un filo di voce.
 
“Lo so, doveva prendere un fascicolo.”
 
“Peccato che io ero lì, con Alessia. Due o tre volte al mese fingo di avere un incontro di lavoro fuori città e ci chiudiamo in casa mia.”
 
“CHE COSA?” Urlo indignato. Appena Mia è tornata single si è affrettato a lasciare la provocante avvocatessa con cui ormai si frequentava da qualche anno, nonostante raccontasse in giro di volerla sposare, ed è stato dietro alla mia amica fino a riuscire a conquistarla nuovamente, ed ora che sono fidanzati ufficialmente la tradisce con la sua ex? “Ci penso io a trovarla tu però vedi di starle alla larga, a meno che non sia lei a volerti vedere.” Sibilo prima di attaccargli il telefono in faccia. Può essere così stupido? Tradire Mia con Alessia?
Afferro le chiavi dell’auto e mi fiondo fuori dall’ufficio fingendo di non vedere gli sguardi sorpresi dei miei colleghi: devo assolutamente trovarla ovunque sia.
 
 
***
 
 
“Josh quanto tempo. Hai per caso sbagliato numero?” Mi domanda Megan a mo’ di saluto con la sua solita pungente ironia.
 
“No Megam, non ho sbagliato. Volevo solo chiederti se Mia è con te, ho bisogno di parlarle.” Domando secco senza rivolgerle alcun saluto a mia volta. Adesso trovare Mia è una priorità.
 
“No, sono in ospedale a ritirare i referti della morfologica. È per caso successo qualcosa?” Il suo tono cambia velocemente, da sarcastico a preoccupato.
 
“Lascia perdere, se la senti però chiamami subito.” Le rispondo sbrigativo mentre accendo il motore della mia auto e mentalmente ripercorro i possibili luoghi dove la mia amica potrebbe essersi rifugiata, oltre ovviamente casa sua che ho trovato completamente vuota.
 
“NO!” Strilla con voce stridula impedendomi di riattaccarle il telefono in faccia. “No Josh! Non chiudermi fuori dalla sua vita, non di nuovo. È anche mia amica, la mia migliore amica. Ti prego Josh dimmi cosa sta succedendo.”
 
“Va bene Megan, cerca di stare tranquilla però.” Il suo singhiozzo mi lascia intuire che sta già per mettersi a piangere, che siano gli ormoni? “Intanto penso a trovarla e poi ti racconto tutto. Tu prova a chiamarla, magari a te risponde.” Addolcisco la voce immaginandomela seduta nella sala d’attesa dell’ospedale, una mano sul pancione ormai evidente e l’altra intenta ad asciugare le lacrime. Ospedale? “Megan in quale ospedale sei?”
 
“Al Lenox Hill. Hai già controllato da suo padre?” Domanda leggendomi evidentemente nel pensiero.
 
No! Potresti salire nella sua stanza? Io intanto ti raggiungo.”
 
“Certo, il tempo di fissare il prossimo appuntamento e corro.” Risponde decisa facendomi sorridere nonostante l’apprensione per la scomparsa della nostra amica in comune, siamo di nuovo una squadra.
 
“Megan non serve che corri, non devi affaticarti… e congratulazioni. Sono felice per te e Robert.” Termino imbarazzato, sono stato io a voltarle le spalle ma ho creduto di fare il bene di Mia. Non voleva che lei sapesse e io l’ho solo assecondata.
 
“Tranquillo, me lo ripeterai quando saremo faccia a faccia.”
 
 
 
 
Quando la raggiungo nel reparto di cardiochirurgia mi maledico per averla coinvolta trovandola di fronte alla guardiola intenta a conversare animatamente con Jake e ripetendo continuamente il nome di Mia.
 
“Dannazione Megan, perché lo hai messo in mezzo?” Sbraito stringendo i pugni mentre il ragazzo sposta i suoi gelidi occhi azzurri su di me.
 
“Ho pensato che poteva averla vista.” Si giustifica la bionda sollevando le mani in segno di difesa.
 
“Se devo essere sincero spero che Jake sia l’ultima persona che lei possa incontrare in questo momento.” Sbotto indicandolo con la mano aperta ma riferendomi a lui come se non fosse in piedi di fronte a me. La scoperta del tradimento di Ryan l’ha già destabilizzata fin troppo, le manca solo finire a letto con Jake per poi disperarsi per se stessa, Hanna e il futuro bambino. Finchè non saranno in grado di stare nella stessa stanza senza saltarsi addosso non deve ronzarle intorno.
 
“Josh si può sapere perché mi odi così tanto? Eravamo amici una volta! Hai scelto di schieratrti dalla sua parte e questo posso anche accettarlo, ma io cosa ti ho fatto?”  Mi domanda Jake avvicinandosi di un paio di passi, il mento alto per fronteggiarmi fiero.
 
“Oltre ad un occhio nero?” Ribatto maligno sfoderando il mio ghigno, quasi paragonabile al suo.
 
“Già, oltre quello! Dovrei essere io quello arrabbiato. Mi hai mentito, l’hai nascosta da me e mi hai proibito di parlarle.” Continua il biondo in camice bianco mentre le mie mani ricominciano a prudere al solo ricordo di Mia e dello stato pietoso in cui è arrivata nel mio appartamento chiedendomi asilo. Non ho potuto negarle il mio aiuto anche se ciò ha significato mettermi contro tutti. “Sei forse innamorato di lei anche tu?”
 
Sgrano gli occhi per la sua domanda improvvisa. Mi sarei aspettato di tutto tranne questo. “NO! Come diavolo ti viene in mente una cosa del genere?”
 
“E allora perché? Dimmelo.” La sua voce cala di un paio di toni mentre il suo sguardo si allontana da me fissandosi al suolo. Come può credersi la vittima?
 
“Puoi biasimarmi? Dopo quello che le hai fatto? Credevo l’amassi Jake, lo credevo veramente.”
 
“Io l’amo infatti..” Si blocca portandosi una mano alla bocca quasi volesse rimangiarsi le ultime parole e grattandosi la testa imbarazzato con l’altra. “Ok, l’amo ancora. Ero geloso, e stupido, ma soprattutto geloso. Mi ha preso alla sprovvista la vostra offerto di lavoro, sentivo così tanto la sua mancanza e volevo venisse a vivere con me a Washington. Per questo le ho chiesto di scegliere. Già la sera stessa avevo capito di aver sbagliato, le avrei detto di frequentare il tirocinio, che l’avrei aspettata un altro anno o tutto il tempo di cui avrebbe avuto bisogno, ma lei mi ha tagliato fuori dalla sua vita.” Constata amaramente scuotendo il capo e dando tutta la colpa a lei. Stupido egoista.
 
“COSA DOVEVA FARE?” Alzo la voce per la rabbia stringendo nuovamente i pugni, alzandoli a mezz’aria mentre mi avvicino a lui minaccioso di un passo per colmare la nostra distanza. Ormai non sono più in grado di reprimere la voglia di picchiarlo, esattamente come due anni fa. “Può essere che tu non abbia ancora capito la verità?”
 
“Si che l’ho capita! Le ho chiesto di scegliere tra me e il tirocinio e lei ha chiaramente scelto Ryan!” La voce dura non riesce a nascondere tutto il suo disprezzo.
 
“Non tirare in ballo Ryan, lui era l’ultimo dei suoi pensieri. LEI AVEVA SCELTO TE!” Grido fregandomene di trovarmi in un corridoio dell’ospedale, ormai ho perso anche l’ultimo briciolo di pazienza. “Se vi siete lasciati è stata solo colpa tua!”
 
“Perché le ho chiesto di scegliere? Mi ha detto che tornava a New York perché a Megan serviva l’auto e poi ha cambiato numero! Non ha avuto nemmeno il coraggio di parlarmi.” Controbatte urlando a sua volta e attirando l’attenzione delle infermiere del piano.
 
“No Jake.” Stavolta è Megan ad intervenire, fino ad ora è rimasta in silenzio guardandoci discutere con gli occhi sbarrati per la paura e rigonfi di lacrime. “Lei aveva scelta te, ne sono sicura. Quella sera io sono tornata per cena e ne abbiamo discusso un paio d’ore, è ripartita per Washington poco dopo le dieci. Poi vi siete lasciati.”
 
“No! La mattina abbiamo litigato, lei se ne è andata e io non l’ho più vista, non è tornata quella sera…” Inspira profondamente smettendo di guardare la ragazza al suo fianco e fissando improvvisamente il vuoto. “Poco dopo le dieci?” Le fa eco soffermandosi a riflettere su quel particolare.
 
“Si, sarà arrivata a casa tua intorno all’una di notte e la mattina era di nuovo alla Eaton. Ha detto che avevate litigato ma ho scoperto solo qualche giorno dopo che vi eravate lasciati, quando sei venuto alla Columbia per la sua laurea e ormai lei era sparita.”
 
Man mano che Megan racconta la sua versione dei fatti diverse emozioni sembrano attraversare il volto di Jake, rabbia, confusione e infine disperazione. Nella sua mente ogni tassello sta occupando il giusto posto permettendogli di vedere quella verità che fino ad oggi conoscevo solo io, oltre a Mia ovviamente.
 
 
 
 
POV MIA
 
Sto vagando ormai da qualche ora per le strade di Manhattan senza meta alcuna. Non posso tornare a casa, né andare in procura o in ospedale, sicura di vedervi comparire Ryan presto o tardi e adesso non ho proprio voglia di parlare con lui.
Mi ha tradita, e con Alessia oltretutto!
Chissà da quanto va avanti questa storia? Forse non hanno mai smesso di scopare.
Ciò che mi stupisce è non ho versato ancora nemmeno una lacrima. Ho urlato e sono scappata, ma non ho pianto come invece mi sarei aspettata.
E adesso cosa faremo? Annulleremo il matrimonio per la gioia dei rotocalchi che ci tormenteranno per scoprire la verità. Non voglio che tutta New York sappia che mi ha tradita con quella gallina, sarebbe così umiliante, ma non voglio nemmeno che si avvicini più a me.
Cosa devo fare?
 
“Ciao Mia.” Una voce femminile alla mia destra mi costringe a voltarmi. Sgrano gli occhi e sbuffo sonoramente trovandomi di fronte la bella dottoressa bionda seduta alla fermata del bus. Gli occhi furbi fissi su di me, sul volto il suo solito ghigno pronto a deridermi in qualunque momento. Questa è proprio la mia solita fortuna, tra tutte le persone che potevo incontrare vagando per le strade di New York giusto lei doveva capitarmi tra i piedi. “Non si saluta?” Continua ridendo di me e del mio silenzio.
 
“Ciao Hanna.” Taglio corto riprendendo a camminare per allontanarmi il più possibile da lei. Dovrei consigliarle di smetterla di intromettersi nella mia vita, prima o poi terminerò tutto il mio autocontrollo e non riuscirò più a rivolgermi a lei con tanta gentilezza.
 
“Certo che sei proprio maleducato, oltre che stronza. Mi domando cosa trovasse Jake in te per amarti tanto.” Mi apostrofa continuando a ridere fastidiosamente.
 
Per tutta la notte trascorsa insonne mi sono ripromessa tante volte di essere superiore, di non litigare con la nuova compagna del mio ex, ma ora ho oltrepassato il limite della sopportazione. “A chi hai dato della stronza?” Mi volto ancora fissando il mio sguardo duro e serio su di lei.
 
“A te evidentemente.” Sorride maligna fingendo di guardare le persone che la circondano. “Non mi pare ce ne siano altre nei dintorni.”
 
“Magari escludendo te!” Ribatto sorridendole a mia volta, se è la guerra che vuole eccola accontentata.
 
“Tutto quest’odio! Ho appena saputo che hai chiesto a Megan di non invitare me e Jake alla festa per il bambino, molto maturo da parte tua!”
 
Istintivamente affondo le unghie nei palmi per impedire alle mie mani di allacciarsi ai suoi odiosi boccoli ossigenati e strapparle tutti i capelli. Ma come fa poi a saperlo? Doveva essere una conversazione privata tra me e Megan. “E se anche fosse? Sono affari miei e della mia amica.”
 
“Sono affari anche nostri se ci coinvolgi.” Ribatte inarcando le curate sopracciglia. Ma come osa rivolgersi a me così?
 
“Per l’esattezza non le ho detto di non invitarvi ma solo che non era mia intenzione essere presente se ci fosse stato anche lui.” Le rispondo allargando le braccia e sorridendo sorniona. “Non è colpa mia se Megan ha scelto me. Tu non sei stata nemmeno considerata.” Mento fingendo di non aver inserito anche lei nel discorso.
 
“Megan ha scelto te solo perché sa che saresti l’unica a portarle rancore in questa faccenda.” Mi zittisce facendo sparire ogni ombra di divertimento dal mio volto. “Anche lei sa che sei solo una bambina. Jake è superiore.”
Non possono essere veramente parole di Megan, eppure solo lei può averle riferito la mia richiesta. E tutto questo perché non riesco a stare vicino a Jake senza sentire il bisogno di respirare il profumo della sua pelle, di sfiorare le sue labbra, stringerle tra i denti, accarezzare la sua lingua con la mia e stringere il mio corpo al suo. Se solo Hanna sapesse quello che succede ogni volta che rimaniamo da soli mi ringrazierebbe piuttosto che darmi della stronza. Lo sto facendo per il suo bene, oltre che per la mia sanità mentale.
 
“Hanna si può sapere cosa vuoi da me?” Le domando avvicinandomi di qualche passo e costringendola ad alzarsi in piedi per potermi fronteggiare senza dovermi guardare dal basso verso l’alto. “Vuoi portarmi via anche i miei amici?”
 
La bionda sgrana gli occhi sorpresa dalle mie parole. “Anche?” Mi fa eco sollevando il sopracciglio destro. “Pensi che io ti abbia portato via Jake?” L’espressione improvvisamente seria.
 
“Lascia perdere.” Le volto le spalle riprendendo il mio cammino sperando in tal modo di porre fine a questa conversazione ormai spinosa.
 
“No Mia, non lasciamo perdere.” Il rumore dei passi alle mie spalle mi lascia intuire che deve aver deciso di seguirmi. “Tu hai lasciato Jake, nessuno te lo ha portato via.”
 
“Tecnicamente.” Approfittando del semaforo verde imbocco il passaggio pedonale e accelerando il passo per aumentare la distanza tra noi. È gravida e indossa dei tacchi, non dovrebbe essere in grado di correre.
 
“Non girare la frittata cara. Tu l’hai lasciato, smettila di fargli una colpa per essersi rifatto una vita. Piuttosto mi farei qualche domanda se fossi in te!”
 
Mi blocco a metà incrocio voltandomi ancora una volta verso di lei e incontrando di nuovo il suo ghigno divertito. Sta continuando a prendermi in giro. “Tipo?” Le chiedo scrollando le spalle, stanca della piega che ha preso la conversazione.
 
“Sei gelosa Mia, e lo ami ancora. Sono una donna e le capisco queste cose. Quello che non riesco a capire è perché, perché se lo ami così tanto invece di sparire e fidanzarti con un altro non sei tornata da lui? Avrebbe accettato anche quel tuo stupido tirocinio.”
 
Lo avrebbe accettato? E io avrei mai accettato di continuare a stare con lui sapendo la verità?
 
“Divertente che sia proprio tu a rimproverarmi di aver lasciato il padre di tuo figlio. Però ti sbagli su un punto in particolare. Io sono tornata, quella stessa notte, decisa a mollare tutto per lui.” Le rispondo atona cercando di non lasciar trasparire il dolore che ancora sento dentro, in particolare di fronte alla persona che lo ha causato.
 
 
 
Flashback: Due anni prima.
 
Hanna trascinava a fatica Jake su per le scale domandandosi se sotto quel fisico apparentemente asciutto e muscoloso nascondesse qualche chilo di grasso per giustificare quel peso non indifferente.
 
“Ci hai decisamente dato dentro questa sera?” Biascicò lasciando scivolare l’amico sul grande letto una volta entrati nella sua camera e notando immediatamente il capo di biancheria intima femminile abbandonato tra la porta e il muro.
 
“Hanna sono stato un idiota, non dovevo imporle di scegliere.” La bocca impastata per l’eccessivo uso di sostanze alcoliche non permetteva alle parole di uscire chiare e distinte ma Hanna, ormai abituata alle serate brave dei suoi colleghi specializzandi, ne afferra immediatamente il significato.
 
“Finalmente te ne sei reso conto!” Sorrise sfilandogli la tuta e aiutandolo a coricarsi sotto le coperte. Hanna aveva esitato a manifestare il suo dissenso mentre gli altri dottori incitavano Jake a farsi valere con la fidanzata rimanendo fermo sul suo ultimatum, voleva bene all’amico ma riconosceva il suo errore certa che se fosse rimasto irremovibile sul suo pensiero se ne sarebbe pentito.
 
“Sento di averla persa!” Piagnucolò il ragazzo coprendosi gli occhi col braccio sinistro, lo stato di euforia lo stava abbandonando lasciando il posto alla tristezza.
 
“Non l’hai persa Jake, per quel che ne so vi amate da sempre.” Cercò di tranquillizzarlo l’amica scompigliandogli i capelli con la mano destra. “Domani andrai da lei e le dirai di accettare quel posto e che l’aspetterai un altro anno perché la ami come non hai mai amato nessuna in vita tua.”
 
“Tu non capisci Hanna. Più di una volta in questi anni il nostro rapporto ha tentennato a causa della lontananza, non sono tornato a New York solo perché lei non me lo avrebbe permesso. Un altro anno sarebbe devastante. Per non parlare di Ryan Bass.” Hanna ascoltò paziente il suo amico e collega sfogarsi, comprendendo pienamente i suoi timori, gli stessi che lei affrontava tutte le volte in cui il turno di Mark, il bel strutturato per cui aveva perso la testa dal primo giorno di specializzazione, coincideva con quello dell’avvenente infermiera che frequentava poco prima di lei, sicura di un loro possibile incontro notturno nelle stanze riservate al medico di guardia. Non era però sua intenzione peggiorare la situazione oltre il dovuto e riservò all’amico le stesse parole di incoraggiamento che era solita ripetersi nei momenti di sconforto.
 
“Jake ragiona, lei l’ha lasciato per te. Non sarà così stupida da tornare sui suoi passi.”
 
Le lacrime però iniziarono a rigare le candide guance di Jake, segno che ormai l’alcool lo aveva sopraffatto. Istintivamente la bionda agganciò le braccia intorno al collo dell’amico che si lasciò stringere affondando il volto nell’incavo del suo collo. “Non so cosa farei senza di te.”
 
“Per questo sono la tua migliore amica.” Sussurrò a pochi centimetri dal suo orecchio sorridendo sorniona.
 
“Rimani qui, è quasi mezzanotte e domani il tuo turno comincia alle sei. Dormi qualche ora.” La invita dopo aver controllato la sveglia sul comodino.
 
“Non hai tutti i torti, magari evitiamo di dirlo a Mark però.” Acconsente infilandosi completamente vestita sotto le coperte accanto a Jake che le volta le spalle cadendo quasi immediatamente in un sonno profondo.
 
 
Nessuno dei due si ricordò di aver lasciato la porta accostata e nessuno dei due sentì un’ora più tardi i passi leggeri di Mia che salivano incerti le scale spaventata per l’ingresso insolitamente aperto, né l’urlo soffocato della ragazza seguito da numerosi singhiozzi mentre i suoi occhi marroni, ormai velati di lacrime, si soffermarono a lungo al suo fidanzato steso nel letto accanto alla bellissima bionda.
Lei non poteva sapere che si trattava di un enorme spiacevole equivoco, nella sua mente le immagini che le si paravano di fronte, accompagnate dalla consapevolezza che ciò rientrava nelle vecchie abitudini del suo ragazzo, furono sufficienti a farla giungere alla soluzione più ovvia. Jake l’aveva appena tradita e forse non era nemmeno la prima volta.
 
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
 
Distrutta dal dolore sfilò l’anello di fidanzamento abbandonandolo sul grande comò della camera da letto, quindi tornò sui suoi passi, salì in auto e mise in moto. La mattina seguente si precipitò nella stanza del Professor Collins pregandolo di anticipare la sua laurea al giorno stesso e non fu difficile convincere un altro laureando a far cambio di data con lei. Il tutto non prima di essersi procurata un nuovo numero ed aver eliminato il suo. Il pomeriggio stesso aveva abbandonato la Eaton diretta all’appartamento di Josh al qualche si era vista costretta a dire la verità pur di fargli mantenere il segreto. Era sicura che Jake l’avrebbe cercata, o almeno lo sperava perché in caso contrario avrebbe significato non contate proprio nulla, infondo lui non sapeva che lei lo aveva scoperto. Mia però non voleva vederlo mai più, certa che se lo avesse visto sarebbe morta per il dolore e la delusione o peggio si sarebbe fatta abbindolare da lui. 
 
Il suo grande sogno d’amore era appena diventato il suo peggiore incubo.   
 
 
 
 
Hanna mi fissa incredula, gli occhi sgranati per la mia rivelazione. Non ero più riuscita ad ammetterlo a nessuno, escluso Josh ovviamente. Ma con lui è stato diverso. Se ne avessi parlato con Megan non avrebbe capito, non mi avrebbe creduto, avrebbe chiamato Jake costringendomi ad incontrarlo e io non volevo più nemmeno sentir pronunciare il suo nome.
Assurdo come solo poche ore fa ho trovato il mio fidanzato intento a scoparsi la sua ex sul tavolo della cucina e in me non ci sia nemmeno l’ombra del dolore che ancora provo solo ripensando all’immagine di Jake e Hanna nel letto in cui io avevo dormito meno di ventiquattro ore prima.
“Quindi ti prego Hanna, non farmi la morale, non difendere Jake o vittimizzarlo. Io avevo scelto Jake mentre lui era già a letto con te, e magari non era nemmeno la prima volta. Non sono io la cattiva tra noi.” Termino indicando entrambe con il dito indice.
 
“Mia..” Comincia avanzando incerta verso di me, ma prima di riuscire ad udire anche solo un’altra parola la sua voce viene coperta dal rumore di un clacson e dal fischio dei freni di un’auto che sgomma sull’asfalto avvicinandosi pericolosamente a lei che lascia cadere la borsa comprendoni il volto con entrambe le mani.   
 
 
 
 
POV JAKE
 
“Jake, è il tuo cerca persone.” Megan richiama la mia attenzione. Sono imbambolato a guardare il vuoto da secondi, forse interi minuti, e l’unica cosa che riesco a pensare è che la colpa di tutto è unicamente mia. Ha frainteso tutto, se solo me ne avesse parlato… le avrei spiegato. Mi avrebbe creduto?
 
“Jake! Il cercapersone!” La mano di Megan si stringe intorno alla mia spalla scuotendomi per riportarmi alla realtà. La guardo perplesso riconoscendo solo in quell’istante il fastidioso suono proveniente dalla mia tasca.
 
“Mi chiamano dal pronto soccorso.” Sussurro guardando il piccolo schermo illuminato. “Riguarda Hanna.”
 
 
 
Angolo Autrice
 
Ecco il nuovo capitolo… Anzitutto scusatemi se ci saranno errori ma non ho avuto tempo per rileggerlo... So che non è bello ma non avrei avuto tempo fino a domenica altrimenti e qualcuna richiedeva il capitolo... SORVOLATE E PERDONATEMI.

Ed ecco svelato cosa è successo quella notte.
Un applauso a quelle di voi che l’avevano capito.. ovviamente non ho potuto/voluto dirvi che avevate ragione per non rovinarvi la sorpresa o rovinarla a chi per curo caso avrebbe lette una delle mie rarissime risposte!!
Allora cosa ne pensate…??
Mia poverina si è ritrovata davanti al suo fidanzato steso a letto con un‘altra e ha frainteso tutto. Come biasimarla però? Jake era famoso per queste cose e diciamocelo, se la vedi con i tuoi occhi non riesci proprio a pensare che si tratti di un semplice equivoco. Il suo cuore si è spezzato irrimediabilmente.
Jake povero era ovviamente all’oscuro di tutto e nella sua testolina, ricordatevi che sarà sempre il mio adorato tontolino, ha ovviamente pensato che lei avesse scelto di lasciarlo per il lavoro. All’inizio non voleva darsi per vinto ma arrivare alle mani con uno dei suoi migliori amici, il quale nascondeva da lui la sua fidanzata nemmeno fosse l’essere più spregevole del mondo, l’ha distrutto. Ha quindi deciso di accontentarla per amore, lasciandola alla sua vita.
 
Ma ora cosa sarà successo ad Hanna? L’auto la stava per investire e Jake è stato chiamato in pronto soccorso. Povera Hanna, speriamo che lei e il bambino stiano bene.. Anche se molte di voi sperano che succeda qualcosa a loro in modo che il nostro Jake sia libero di tornare da Mia….
 
Al prossimo capitolo
Un abbraccio
Lachiaretta.

 

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Capitolo 34
*** CAPITOLO 34 ***






CAPITOLO 34


 
 
POV JAKE
 
Appena varco l’ingresso del pronto soccorso corro incontro alla piccola infermiera paffutella seduta dietro il bancone dell’accettazione. Le gambe mi tremano ancora per la sconvolgente scoperta e fatico a rimanere lucido pensando a Mia in lacrime sulla porta della mia camera da letto, gli occhi fissi su me e Hanna immaginando inevitabilmente il peggio. Se solo lo avessi saputo. «Sono qui, cosa succede?»
 
«Dott. Haiden, l’ambulanza sta arrivando. So solo che c’è stato un incidente e che riguarda la dottoressa Summer.» Balbetta agitata portandosi una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio e cercando invano di sostenere il mio sguardo senza arrossire. «Non hanno riferito nulla sulle condizioni della dottoressa ma so che è stata lei a chiedere di farla chiamare quindi deve essere coscente.»
 
Inspiro profondamente un paio di volte cercando di non perdere il controllo, di male in peggio. «Maledizione.» Sussurro pensando ad Hanna, cercando di immaginare ciò che può essere accaduto e pregando che non sia successo nulla di grave a lei o al bambino. Senza attendere che la giovane ragazza pronunci anche solo un’altra parola mi dirigo verso l’ingresso delle ambulanze facendo cenno a Megan e Josh di attendermi accanto all’accettazione: potrebbe non essere un bello spettacolo, soprattutto per Megan.
Il mio cuore perde un battito quando scorgo l’esile corpo di Hanna disteso sulla barella spinta da due paramedici in divisa blu notte, un taglio profondo all’altezza della tempia sinistra le ricopre di sangue l’intero volto. Lei però è sveglia e apparentemente cosciente.
 
Mi affretto verso di lei aiutando il personale a trascinarla all’interno e controllando la ferita che per quanto profonda non sembra preoccupante. Scruto con lo sguardo l’intero suo corpo alla ricerca di altre ferite, ma salvo qualche escoriazione qua e là non sembra aver riportato altri danni, almeno apparenti. «Un ecografo, subito!» Urlo alla figura alla mia destra, senza preoccuparmi di verificare che si tratti di uno specializzando o di un infermiere. «Tranquilla Hanna, adesso controlliamo il bambino.» Le sussurro accarezzandole delicatamente il volto e asciugandole con la punta del pollice una lacrima.
 
«Jake.» Singhiozza il mio nome cercando di mettersi a sedere e fissando i suoi grandi occhi nei miei. «Il bambino… Non sono io.» Blatera pronunciando parole alla rinfusa senza riuscire a formulare una frase sensata.
 
Con la mano destra faccio forza sulla sua spalla per spingerla delicatamente all’indietro e impedirle di sollevarsi, dovrebbe sapere che in questi momenti non è indicato muoversi troppo. «Stai ferma Hanna, sei solo confusa. Hai avuto un incidente.» Le rispondo con voce ferma cercando di mantenere la calma, come insegnano i primi giorni di specializzazione. Mai mostrare la propria paura al paziente, devi essere forte anche per loro. «Vi muovete con quest’ecografo.» Sbotto infine verso lo specializzando alla mia destra.
 
«No Jake, ascoltami. L’auto non ha investito me.» Termina portando lo sguardo verso le porte scorrevoli alle mie spalle e istintivamente mi volto seguendo la traiettoria dei suoi occhi. In un istante sento il mio torace stringersi in una morsa dolorosa e il cuore dapprima saltare un battito per poi accelerare improvvisamente come se avessi corso per chilometri a perdifiato, le gambe sembrano volermi cedere da un momento all’altro e la testa gira vorticosamente.  Tutto il mondo mi crolla addosso appena i miei occhi inquadrano la seconda barella alle nostre spalle e il corpo di Mia privo di sensi, gli abiti ridotti in brandelli e completamente ricoperti di sangue, un paramedico a cavalcioni sopra di lei intento a praticarle il massaggio cardiaco. «Mi ha salvata.»
 
Le sue parole mi scivolano addosso senza che riesca a comprenderle appieno, il mio sguardo fisso sulle mani del paramedico che ritmicamente premono sul torace di Mia. La sta rianimando. Lascio la barella di Hanna biascicando al dottore accanto a me di occuparsi di lei e mi avvicino alla mia ex fidanzata pregando che non sia veramente quello che penso. «Cosa abbiamo?» Domando con finta freddezza dopo aver inspirato profondamente più volte.
 
«Donna, recuperata in strada dopo essere stata investita da un’auto. Non c’è battito da oltre dieci minuti, è morta dottore.» Risponde semplicemente il volontario della croce rossa, con la stessa leggerezza che avrebbe usato per indicarmi l’ora o riferirmi le condizioni meteorologiche, comprimendo con le sue sudice mani il suo delicato petto un’ultima volta.
 
MORTA
 
MORTA
 
MORTA
 
MORTA
 
Prima che possa emettere anche solo un’altra parola lo spingo con entrambe le mani con talmente tanta forza da farlo crollare al suolo, richiamando l’attenzione dell’intera accettazione, mentre io con un balzo prendo il suo posto per non interrompere la rianimazione. «Sta lontano da lei.» Sbotto premendo con tutta la forza che ho in corpo sul suo esile torace, rischiando di romperle qualche costola, un’infermiera mi fissa con la bocca aperta sconvolta per il mio gesto. «Cosa aspetti a portarmi un defibrillatore?» Le grido addosso incapace di controllarmi.
 
Mia non può morire, non senza sapere che io la amo ancora e che non l’ho mai tradita.
 
«Veloci, portiamola in sala operatoria.» I miei occhi incrociano per un breve istante quelli di Josh, colmi di terrore e disperazione, le sue braccia sorreggono Megan comprimendole il volto al suo petto per impedirle di guardare l’amica stesa sotto di me.
 
Giunti in una delle stanzette di primo intervento vengo raggiunto dal dottor Bauer che mi intima di scendere dalla barella. «Dottor Haiden si sposti.» Con una forbice taglia il tessuto saturo di sangue proveniente dalle diverse ferite presenti su tutto il corpo, quindi la passa all’infermiera affinché faccia la stessa cosa con i sottili leggins mentre lui la collega alla macchina per il monitoraggio dei parametri vitali. La lunga linea dritta è una pugnalata al fianco. «Carica duecento. Libera.» Urla avvicinando le piastre del defibrillatore a lei e facendola sobbalzare con una potente scarica elettrica. Entrambi fissiamo in silenzio lo schermo sperando in una qualche reazione ma la situazione rimane però invariata. «Carica trecento.» Ordina all’infermiera alla macchina quindi si rivolge a me che ho ripreso il massaggio manuale. «Jake spostati. Libera.» Urla irradiandola ancora una volta con una scarica elettrica molto più potente.
Un primo bip attira la mia attenzione bloccandomi il respiro in gola e facendomi rimanere in apnea, ma quando poi viene seguito da un secondo e da un terzo socchiudo gli occhi ringraziando chiunque abbia accolto le mie preghiere. «L’abbiamo ripresa.» Annuncia Bauer monitorando la linea zizzagata. «Intubiamola e chiamate la banca del sangue, ha bisogno di una trasfusione.»
 
«Che gruppo?» Domanda la bella infermiera castana, quella più grande e sposata. Non mi ero accorto che ci fosse anche lei all’interno della stanza.
 
«Zero negativo.» Le rispondo immediatamente senza farle perdere il tempo di andare a recuperare la sua borsa e controllare la targhetta conservata nel portafoglio.
 
«Ne è sicuro Dottor Haiden? Sbagliare potrebbe esserle fatale.» Mi risponde la donna inarcando entrambe le sopracciglia sorpresa che conosca un dato così personale della paziente.
 
«Certo! Conosco tutto della donna che stavo per sposare, tutto.» Le rispondo asciutto portando una mano ai capelli incrostati di sangue della mia ex fidanzata e accarezzandole delicatamente il capo.
 
«Mi avete chiamato?» Un nuovo medico entra nella stanza ormai fin troppo affollata portando immediatamente gli occhi su Mia che giace ancora sulla barella, ora solo in biancheria intima. Lui, come tutti gli altri, nella sua professionalità non sembra far caso al suo bellissimo corpo quasi totalmente svestito e fissa la sua attenzione sulla gamba visibilmente più corta di qualche centimetro.
 
«Donna, ventisette anni, investita da un’auto. L’abbiamo appena rianimata, ora il cuore è stabile anche se debole.» Riassume Bauer sfiorando con la punta delle dita un enorme livido nero che ricopre il suo intero fianco destro.
 
«Il femore è evidentemente fratturato e sospetto un’emorragia interna.» Riferisce immediatamente la sua diagnosi costringendomi a trattenere ancora una volta il respiro. Non mi preoccupa l’osso rotto, possiamo aggiustarlo, ma una lesione interna potrebbe essere fatale se non la prendiamo in tempo.
 
«Portiamola a fare una TAC allora.» Con entrambe le mani afferro la sponda laterale della barella e aiutato dal restante personale la conduciamo nuovamente in corridoio verso l’ascensore. «Resisti Mia, adesso ti rimettiamo in sesto.» Sussurro avvicinandomi al suo orecchio e depositandole un bacio sulla tempia sporca.
 
La salverò, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia ma la salverò.
 
«Dottor Haiden mi scusi.» Bauer stringe la mano intorno al mio braccio trattenendomi con forza. «Posso parlarle?»
 
«Adesso?» Gli rispondo sgranando gli occhi e scrollando il braccio per non dover abbandonare la presa dalla barella che procede spedita verso le porte dell’ascensore già aperto.
 
«Il dottor Smoak può occuparsi della TAC, non è necessaria la sua presenza. Ho bisogno di parlarle, adesso!» Ordina perentorio obbligandomi a slacciare le dita dal freddo lettino metallico.
 
«Dannazione Bauer, cosa c’è di così urgente?» Sbotto mentre Mia sparisce dal mio campo visivo diretta ai piani più alti.
 
«Jake.» Inizia passando ad un confidenziale “tu”, segno che non mi aspetta nulla di cui essere entusiasta. «Non puoi entrare in sala operatoria, sei troppo coinvolto. Aspetterai fuori insieme ai tuoi amici.» Il suo sguardo gelido fisso nei miei occhi sembra non volermi lasciare possibilità di scelta.
 
«Ma… NO!» Alzo la voce di un paio di toni cercando di impormi sul medico più anziano. «Non posso, io la amo.»
 
«Appunto!» Annuisce rivoltandomi contro la mia rivelazione. «Resterai fuori.»
 
«No, no, no.» Scuoto il capo con forza utilizzando anche tutto il mio corpo per negare la sua imposizione. «Non se ne parla. Se il suo cuore dovesse cedere ancora una volta? Devo esserci per poter intervenire.»
 
«Ascoltami bene Jake, sei il miglior cardiochirurgo che abbia mai incontrato in tutta la mia carriera ma anch’io sono un ottimo medico. Me ne occuperò personalmente e ti garantisco che farò tutto il possibile per tenerla in vita. Ma tu.. rischieresti di essere di intralcio. Non sei abbastanza lucido per intervenire.» Mi ritrovo ad annuire consapevole di quanto le sue parole corrispondano al vero, incapace di trattenere ulteriormente le lacrime. «Va da Hanna e vedi come sta. Manderò qualcuno ad aggiornarti continuamente.»
 
 
 
 
Due ore dopo siedo in religioso silenzio nella saletta da aspetto del secondo piano incapace di rivolgere una sola parola a Megan o Josh sistemati vicino a me. Nessuno è ancora venuto a darci qualche informazione nonostante l’avessero promesso e il dottor Bauer ha proibito l’ingresso a chiunque in galleria per controllare. Passandomi le mani tra i capelli mi ripeto che non è un buon segno.
Inspiro profondamente scorgendo la figura di Hanna, coperta dal camice di ricambio di un qualche specializzando, che lentamente fa il suo ingresso nella sala e si siede di fronte a me e Megan, incontro i suoi occhi mentre il senso di colpa si fa strada veloce dalla bocca dello stomaco alla gola. Non sono nemmeno passato dalla sua stanza per informarmi delle sue condizioni.
 
«Come state?» Le domando non riuscendo a sostenere il suo sguardo, dolce e comprensivo nonostante mi sia totalmente disinteressato di lei nelle ultime ore.
 
«Entrambi bene, mi terranno sotto controllo qualche giorno ma non abbiamo riportato alcun danno. Grazie a Mia.» Sorride appena sospirando rumorosamente. «Come sta?»
 
«La stanno operando ma non sappiamo ancora nulla.» Biascico coprendomi il volto con entrambe le mani.
 
«Jake prima dell’incidente mi ha raccontato di essere tornata a Washington la notte dopo la vostra discussione.» Balbetta titubante, tutto il suo odio verso la mia ex fidanzata sembra essere scemato avendo scoperto che non mi ha lasciato senza un valido motivo come abbiamo sempre creduto fino ad oggi.
 
«Lo so, l’ho appena scoperto anch’io.» La rassicuro informandola di non avere l’amara incombenza di svelarmi il mistero. «Ci ha visti insieme e ha frainteso. Se solo me ne avesse parlato.» Biascico lasciando ricadere la testa all’indietro contro lo schienale della poltroncina.
 
«Cosa doveva dirti?» Sbotta Josh sollevandosi in piedi e lasciando che la sedia ricada rumorosamente al suolo, i pugni stretti e pronti a colpire. «Jake ti ha trovato a letto con un’altra, cosa doveva pensare secondo te?»
 
«E tu? Se mi avessi chiamato invece di nasconderla avrei potuto chiarire l’equivoco.» Gli rispondo fissando i miei occhi nei suoi e leggendovi tutto il suo senso di colpa. «Ne eri sicuro anche tu vero?»
 
Josh scuote il capo abbassando lo sguardo non riuscendo a sostenere il mio un istante di più. «Mi dispiace Jake, ne ero sicuro. Infondo ti eri già comportato così in passato, con Jessica.» Quanto male fa la verità quando ti viene sbattuta in faccia? Ricordo ancora i primi mesi dopo il ritorno di Mia a New York, quando fingevamo di essere amici e finivamo irrimediabilmente per litigare ogni volta incapaci di controllare il sentimento che ci legava l’uno all’altra. Finii insieme a Jessica solo per scaricare tutta quella tensione che accumulavo ogni giorno non potendola stringere a me, baciarla e reprimendo il desiderio di fare l’amore con lei fino a farle urlare il mio nome. Fu un piacevole diversivo, finché continuare mentire mi divenne impossibile. Amavo la mia migliore amica. «Se l’avessi vista quando è arrivata da me. Ha passato giorni stesa nel mio letto a piangere, senza mangiare né dormire. Era completamente distrutta. Se fossi stato tu a trovarla tra le braccia di un altro cosa avresti pensato?»
 
«Ma io non l’ho tradita!» Sbotto trattenendomi dall’imprecare contro Josh che infondo è stato solo un ottimo amico, quantomeno per lei. Non oso immaginare cosa sarebbe successo se non ci fosse stato nemmeno lui al suo fianco.
 
«Dobbiamo dirle la verità. Quando si sveglierà dopo l’operazione le racconteremo tutto di quella notte così saprà che non l’hai fatto.» Si intromette Hanna alzandosi anche lei in piedi e mettendosi in mezzo a noi quasi a volerci invitare a smettere di discutere. Megan invece non ha ancora proferito una sola parola, rimane seduta in silenzio incapace di smettere di piangere. La conosco abbastanza bene per sapere quali sono i suoi pensieri. Si sta colpevolizzando di tutto, per non aver insistito né con me né con lei tanto da scoprire una discrepanza nei nostri racconti, esattamente come poche ore fa, e per il nostro balordo piano.
 
«A quale scopo? Cosa otterrete?» Riprende Josh avanzando di un passo verso Hanna e scuotendo la testa in dissenso. «Vi scaricherete la coscienza, ma lei capirà di aver frainteso tutto e di non poter rimediare al suo errore ora che è chiaramente troppo tardi.»
 
«Non è troppo tardi.» Controbatte Hanna portandosi le mani ai fianchi e fronteggiando sicura il mio vecchio amico.
 
«Maledizione aspettate un bambino.» Sospira Josh stancamente indicandole il piccolo ventre appena pronunciato.
 
«Chi aspetta un bambino da chi?» Mark entra a grandi passi all’interno della saletta, i lunghi capelli neri completamente spettinati e il viso arrossato per la corsa. Immediatamente raggiunge Hanna, le afferra il volto tra le mani e scruta quel che rimane del taglio perfettamente suturato. «Eccomi piccola, mi sono precipitato qui appena mi hanno chiamato dal pronto soccorso.» Le sussurra prima di baciarle delicatamente le labbra e voltarsi verso di me. «O mi sono forse perso qualcosa, Jake?» Mi domanda infine fissando gli occhi scuri nei miei, cercando di cogliere il senso della nostra conversazione e ciò che gli stiamo nascondendo.
 
«E tu chi saresti?» Chiede Josh completamente spiazzato dal suo gesto improvviso.
 
«Sono il fidanzato di Hanna e mi auguro che il bambino sia mio.» Chiarisce con calma prima di riportare lo sguardo indagatore sulla sua ragazza. «Mi volete spiegare cosa sta succedendo o devo uccidere uno dei miei migliori amici?»
 
Io e Hanna ci fissiamo negli occhi a lungo prima che lei inspiri profondamente e inviti Mark a sedersi con lei sulle comode poltroncine di pelle e iniziare a raccontare tutta la verità, a lui e ad uno sbigottito Josh che non riesce a togliere lo sguardo dal nuovo arrivato.
 
 
 
 
 
Flashback.
 
«Jake! È maschio! Guarda questo è il suo pisellino!» Hanna stringeva ancora un braccio intorno al collo di Jake mentre con la mano opposta mostrava fiera la piccola ecografia, la prima foto del suo futuro figlio. Le ci volle qualche secondo per inquadrare la ragazza in piedi di fronte al biondo che la stringeva a sé con le sue braccia forti. «Scusate, vi ho interrotti? Io sono Hanna, piacere.» Disse sfoderando un cordiale sorriso e allungando la mano dopo averla slacciata dal collo di Jake.
 
«Piacere, Megan!» Rispose la bionda stringendole titubante la mano e scrutando la nuova arrivata dalla testa ai piedi. «Anche voi?» Balbettò incerta sulle parole esatte da pronunciare. «Aspettate un figlio?»
 
In tutta risposta entrambi i ragazzi le scoppiarono a ridere in faccia sonoramente. «No, no Megan.» La rassicurò Jake allungando la mano verso di lei. «Non sono io il padre.»
 
«Per quanto io adori il bel dottor Haiden, il padre di mio figlio è un uomo molto più affascinante oltre che un medico migliore.» Continuò Hanna facendo imbronciare il povero Jake chiaramente offeso dalle sue parole. «E il nostro Jake non ha mai smesso di struggersi per la sua amata ex ragazza.»
 
«Attenta a quello che dici carina.» La minacciò colpendole delicatamente una spalla. «Siamo solo colleghi e grandi amici, abbiamo frequentato la specializzazione insieme a Washington e quando sono stato trasferito qui ha insistito per venire anche lei. Si fermerà solo per un mese anche se il Lenox la sta corteggiando parecchio perché accetti di lavorare qui definitivamente.» Chiarì infine a Megan che tranquillizzata dalle loro parole si mostrò propensa a stringere amicizia con la bella Hanna.
 
 
 
DUE GIORNI DOPO, A CASA DI MEGAN
 
«Cosa aspetti? Seguila.» Hanna spinse Jake verso la porta invitandolo a rincorrere Mia che scappava a gambe levate dopo averla conosciuta, al contempo preoccupata e divertita dalla sua reazione. Lui non se lo fece ripetere due volte, spalancò la porta e come una furia corse in giardino dietro alla bella mora padrona del suo cuore. Sia Jake che Megan sembravano eccessivamente ansiosi per la sua fuga, a differenza della bella dottoressa che non riusciva a trattenere gli angoli della bocca, involontariamente si sollevano verso l’alto.
 
«Non ti sembra di essere stata piuttosto sgarbata?» Megan era irritata dall’atteggiamento tenuto da Hanna davanti alla sua ritrovata amica, aveva chiaramente tenuto un atteggiamento di sfida nei suoi confronti stringendosi al braccio di Jake e lasciandole intuire un possibile rapporto intimo con il ragazzo.
 
«Non direi. Non nutro molta simpatia per quella ragazza ma a quanto pare Jake sembra ancora pendere totalmente dalle sue labbra. Hai visto con che faccia si sono guardati?» Hanna non riusciva proprio a smettere di ridere, trovava la situazione estremamente divertente per quanto facesse soffrire non poco il suo migliore amico. «Ti ha detto che si sono praticamente baciati oggi? Lei si deve sposare con il bel procuratore eppure… si sono fermati solo perché è intervenuto quel suo amico, James.»
 
«Josh.» La corresse Megan sgranando gli occhi per la sorpresa, ecco cosa voleva raccontarle prima di essere interrotte dal campanello. In quel momento Jake ricomparve sulla porta visibilmente shoccato, le braccia lungo i fianchi con i pugni stretti.
 
«Ha frainteso tutto. Dannazione Hanna, l’hai fatto volontariamente vero?» Inveì nervosamente contro l’amica colpendo lo stipite della porta con le nocche. «Si è accorta che sei incinta e ora crede che il bambino sia mio.»
 
«Prevedibile.» Rise sonoramente Hanna battendogli la mano sulla spalla e chiedendo alla padrona di casa di spostarsi in salotto per potersi sedere in attesa del ritorno di Robert.
 
«Ti rendi conto che è scappata piangendo?» Continuò Jake, l’atteggiamento della sua amica lo stava infastidendo non poco. Dopo il bacio del giorno precedente si era ripromesso che avrebbe fatto di tutto per riconquistare la sua amata, l’intervento di Hanna aveva azzerato le sue possibilità se non avesse trovato il modo di convincere Mia della verità.
 
«E tu vuoi smettere di sottovalutare la sua gelosia?» Ribatté Hanna senza smettere di sorridere e facendo rimanere sia Jake che Megan con la bocca spalancata. «Se ti avesse dimenticato come ti vuol far credere non avrebbe reagito così, magari non ne sarebbe felice, ma addirittura piangere? Se fossi in te la manderei a quel paese ma tu sembri volerla riconquistare a tutti i costi ed io te la sto servendo su un piatto d’argento. Ora non potrà smettere di pensarti e tutti i sentimenti sopiti ritorneranno a galla.»
 
Megan sembrò illuminarsi man mano che Hanna illustrava la sua idea, fingere che Jake fosse il padre del bambino, che avesse dimenticato Mia e che si fosse rifatto una vita. Niente di più distante dalla realtà. Il bel dottor Haiden aveva infatti passato il primo intero anno dopo la fuga della ragazza a struggersi per l’amore perduto e solo dodici mesi dopo sembrò convincersi che la ragazza non sarebbe più tornata da lui quando in un impeto di rabbia diede fuoco al New Yorker la cui prima pagine mostrava il volto perfetto della ragazza che ancora amava insieme all’ex amico, era stata nominata nuovo viceprocuratore di New York. Forse una parte di lui  ancora sperava in un suo trasferimento a Washington ma la notizia manifestava chiaramente che ciò non era nelle intenzioni di Mia. Da allora cercò di dimenticarla, provò a frequentare qualche ragazza ma nessuna era bella come lei, intelligente come lei, affascinante come lei. Nessuna era lei. Alla fine si arrese ad una vita da single, lasciandosi accompagnare a casa di tanto in tanto da qualche avvenente sconosciuta, un diversivo grazie al quale cercava di dimenticarla, almeno per qualche ora. «Ha ragione Jake, esattamente come con Jessica. È stata la gelosia a farle aprire gli occhi sui sentimenti che provava per te e sarà lo stesso adesso. Quando capirà di amarti le dirai che il bambino non è tuo e lei lascerà Ryan.»
 
Jake sembrava titubante di fronte alla convinzione delle sue amiche anche se interiormente pregava che avessero ragione. «Non ne sono sicuro, io credo che si arrabbierà e non vorrà mai più rivolgermi la parola.»
 
«Fidati sarà più felice»
 
 
 
 
 
«Siete tre idioti.» Mark si solleva dalla poltroncina riservando uno sguardo truce alla fidanzata. «Con tutto il rispetto, a te nemmeno ti conosco.» Continua rivolto a Megan. «Ma in tre non avete un cervello completo.» Lo sguardo colpevole che incrocio nel volto di Hanna mi lascia intuire che non deve essere più così convinta della genialità del suo piano.
 
«Io vi ammazzo.» Minaccia Josh, lo sguardo al pavimento mentre le mani si stringono ai braccioli con talmente tanta forza da far sbiancare le nocche. «Le avete lasciato credere che il bambino fosse tuo, ti rendi conto di quanto ha sofferto?»
 
Una fastidiosa pressione mi comprime il torace costringendomi ad abbassare lo sguardo, mi sento terribilmente in colpa per averla fatta soffrire di nuovo. Se ora lui decidesse di tirarmi un pugno glielo lascerei fare senza opporre resistenza, me lo meriterei per essere stato un completo idiota. Forse dovrei solo andarmene e permetterle di rifarsi una vita con qualcuno capace di amarla, purché non si tratti di Ryan.
 
«Appena si riprenderà le racconteremo la verità e metteremo fine a questo casino.» Annuncia Hanna con tanta determinazione da costringere Mark a voltarsi e fissare i suoi occhi nei suoi.
 
«Si è rotta una gamba vero? Forse dovrei andare a controllare, potrebbe esserci bisogno del mio aiuto.» Mark non è solo il bel fidanzato di Hanna e mio caro amico, è anche un ottimo chirurgo ortopedico. Se c’è qualcuno in grado di aiutare Mia in questo momento è lui. «Vi farò sapere qualcosa al più presto.»
 
 
 
POV JOSH
 
 
Dall’istante in cui Mark ci lascia da soli in sala d’aspetto il tempo sembra essersi ulteriormente rallentato. I secondi prendono la consistenza di minuti, i minuti di ore e allo scoccare della seconda mi sembra di essere seduto su questa scomoda poltrona da giorni. Hanna ci ha rassicurato lodando le capacità lavorative del ragazzo che abbiamo scoperto essere il suo reale fidanzato. Jake invece non ha più emesso un solo suono, si è seduto prendendosi la testa tra le mani e cercando di nascondere le lacrime che ritmicamente raggiungono il suolo. Sta soffrendo molto.
Se ripenso a come l’hanno presa in giro e a quanto lei è stata male, non riusciva ad accettare che lui l’avesse dimenticata, a differenza sua che aveva continuato ad amarlo e sognarlo ogni singolo giorno degli ultimi due anni, e addirittura aspettasse un bambino. Il senso di colpa dopo il loro ultimo incontro, per quel bacio che lei gli aveva rubato, e lui che chiaramente non si era tirato indietro.
Se solo gli avessi dato la possibilità di parlare invece di cacciarlo in malo modo quel giorno in procura, avrebbe raccontato la sua versione dei fatti e forse sarebbero potuti tornare insieme risparmiandosi entrambi due anni di dolore. Ma lei non riusciva nemmeno ad accettare l’idea di vederlo e il tradimento sembrava così reale e così maledettamente da Jake.
Dovevo essere un buon amico per entrambi, non solo per lei.
Anche se non posso vederlo in volto riesco a cogliere il suo dolore, lo stesso che sto provando io ma moltiplicato per cento, accompagnato dal terrore che Mia potrebbe non riprendersi più o non poter camminare. Non riesco ad immaginare le sue belle gambe deturpate dalle cicatrici senza più la possibilità di indossare i vertiginosi tacchi.
Apro la bocca un paio di volte desideroso di dirgli qualcosa che sia in grado di tranquillizzarlo ma mi zittisco immediatamente appena scorgo in fondo al corridoio la possente figura di Mark con il suo camice da sala operatoria. Mi sollevo dalla poltroncina seguito da tutti i miei amici tranne Jake che ci fissa titubante torturandosi le mani l’una con l’altra.
 
«Abbiamo appena terminato.» Annuncia il bel dottore appena ci raggiunge, un sorriso accennato gli illumina il volto. «Quella ragazza è molto forte, il cuore non ha più dato alcun problema, la gamba è ingessata e la schiena non ha subito alcun trauma. Ci vorrà della fisioterapia ma si riprenderà nel giro di un mese.» Inspira profondamente fissando i suoi grandi occhi scuri in quelli di Jake e sorridendogli per incoraggiarlo. «Sta bene. Per ora deve risposare quindi scendiamo a bere un caffè, potrete vederla più tardi.» Quindi offre il suo braccio ad Hanna e si incammina verso l’ascensore diretto al bar, il viso visibilmente stanco, non deve essere stata una giornata facile nemmeno per lui.
 
Faccio cenno a Megan di andare con loro mentre fisso Jake che ancora non sembra intenzionato ad alzarsi in piedi. «Non vieni?» Sussurro dopo una manciata di secondi, sicuro di essere rimasti da soli.
 
«Preferisco di no.» Mi risponde prendendosi ancora una volta la testa tra le mani e spettinandosi i lunghi capelli biondi. «Scusa ma vorrei rimanere da solo per un po’.»
 
Annuisco senza realizzare che il mio amico non può vedere il mio gesto. «Jake..» Sospiro aspettando che lui alzi lo sguardo verso di me. «Mi dispiace per questi anni, se ti avessi concesso il beneficio del dubbio… Scusami.»
 
I suoi occhi inespressivi fissi nei miei, il volto bianco come un lenzuolo. «Non ha più importanza Josh, forse doveva solo andare così.»
 
Le sue parole mi colpiscono quasi quanto il tono sommesso con cui le pronuncia. «Cosa stai dicendo? Non capisco.»
 
«Continuo a farle del male, nonostante i miei sforzi. La morte di Scott, il suo ritorno a New York, il mio trasferimento a Washington e ora questo. È una vita che soffre a causa mia, forse dovrei solo decidermi a farmi da parte definitivamente.»
 
Scuoto il capo vigorosamente cercando nella mia mente le parole giuste per rispondergli, non può esserne veramente convinto. «Jake non le hai fatto solo del male, lei ti amava e per quel che ne so prova ancora un forte sentimento. Forse in passato non ti sei comportato benissimo con lei, ma due anni fa è stato solo un equivoco. E tutto questo..» Mi soffermo allargando le mani mostrando la sala d’aspetto ormai vuota. «L’incidente non è colpa tua. Ha fatto scudo ad Hanna con il suo corpo ma conosci anche tu Mia, l’avrebbe fatto per chiunque. E tu comunque non c’entri nulla.»
 
«Ti sbagli. Lei stava vagando per la città a causa mia. Ci siamo baciati e lei… era sconvolta. Scappava da me e si è imbattuta in Hanna.»
 
Una doccia fredda, ecco la sensazione che provo. Si sta dando la colpa anche dell’incidente credendo che lei fosse sconvolta per il loro bacio. Non che non lo fosse ma non era lì per quel motivo. La colpa è solo di Ryan che si era portato a casa quello stramaledetto fascicolo e si è fatto beccare con un’altra. E questa volta non c’è margine di errore, quell’idiota l’ha tradita. Stringo tra i denti il labbro inferiore indeciso se rivelargli un particolare così personale della vita di Mia ma non voglio più avere segreti con lui e almeno questa volta devo fare di tutto per aiutarli a tornare insieme. «Jake, in realtà c’è una cosa che…»
 
«NO! BASTA JOSH. NON VOGLIO PIU’ PARLARNE, NON FINCHE’ LEI NON SI SARA’ RIPRESA DEL TUTTO E FINO AD ALLORA NESSUNO LA TURBERA’ RACCONTANDOLE DEL NOSTRO ASSURDO PIANO O QUELLO CHE E’ REALMENTE SUCCESSO QUELLA NOTTE. LA SUA SALUTE PRIMA DI TUTTA.»
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
 
Ecco il penultimo capitolo.
Ora è tutto svelato, solo Mia è ancora all’oscuro della verità e a quanto pare Jake sembra deciso a non rivelarle nulla almeno per adesso… Speriamo che cambi idea in tempo.
So che questo capitolo è stato forse un po’ triste ma spero vi sia piaciuto comunque. Era inevitabile per prepararci al finale.
 
Vi avviso già che l’ultimo capitolo arriverà con un lieve ritardo. Questo fine settimana sarò a Firenze quindi non potrò iniziare a scriverlo quindi non credo potrà arrivare prima di sabato o domenica.. Siete pronte? Io decisamente no!!!
 
Ringrazio ancora tutte voi che mi avete seguita in questi mesi continuando a leggere e recensire questa mia storia.
 
Alla prossima settimana.

 
 

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Capitolo 35
*** EPILOGO ***






FINALE
 


 
 
SETTE SETTIMANE DOPO.
 


«Cosa diavolo ci fai qui?» Josh si fionda all’interno della mia stanza facendo sobbalzare il povero stagista per la paura. «Ti è stato detto di stare a riposo!»
 
«Solo la gamba deve stare a riposo.» Preciso indicando il non più candido gesso appoggiato alla sedia di fronte a me sperando che il mio amico non riesca a vedere sotto il morbido vestito giallo. «Finché Louis mi porta tutto quello di cui ho bisogno sono a posto. Anzi gradirei un buon cappuccino al cioccolato, ma a lui non posso proprio chiederlo.» Addolcisco la voce sbattendo velocemente le lunghe ciglia scure, sicura che Josh non potrà mai negarmi una richiesta così semplice.
 
«Ho capito, ci vado io! Ma non voglio vederti lontana da quella sedia, se non per andare in bagno. Altrimenti ti costringerò a farla in un pappagallo!»
 
Scoppio a ridere sonoramente sbattendo una mano sulla possente scrivania di mogano. «Le donne non usano il pappagallo Josh, la padella semmai. E non permetterò nemmeno a te di togliermi nuovamente il lusso di potermi sedere su un water.» Ricordo ancora con orrore le lunghe settimane trascorse in ospedale, costretta a letto senza possibilità di alzarmi in piedi e obbligata a chiedere aiuto a chiunque di passaggio ogni volta che dovevo fare la pipì o peggio. I primi giorni sono ormai solo un lontano ricordo, offuscato dagli antidolorifici e dal forte dolore e credo di essere diventata veramente cosciente di ciò che mi circondava solo dopo un’intera settimana. Megan e Josh non mi hanno abbandonata un solo minuto permettendo a mia madre di fare la spola tra il mio capezzale e quello di mio padre che nel frattempo si era risvegliato dopo essere stato operato da Jake per ben tre volte.
Spencer si è fiondata in ospedale direttamente dall’aeroporto e dicono non abbia smesso di piangere fino al mio risveglio, purtroppo essendo appena rientrata da una lunga vacanza non ha potuto prendere altri giorni di ferie e a malincuore non riusciva mai a trattenersi abbastanza a lungo. Il lato positivo di questa situazione è che ci siamo tutti riavvicinati, soprattutto Josh con Micheal e Robert, come se gli ultimi anni non fossero esistiti.
Persino Hanna è venuta a trovarmi, lo sguardo basso per il senso di colpa, mi ha ringraziata scusandosi per il suo atteggiamento inizialmente ostile nei miei confronti. Si mordeva il labbro inferiore come se si stesse trattenendo dal dirmi qualcosa ma prima che potessi domandarle qualsiasi cosa è fuggita dalla mia stanza seguita come un’ombra dal bell’ortopedico che mi ha operata.
L’unica persona che sembra tenersi volontariamente alla larga da me è Jake Haiden. Non è mai venuto a trovarmi, nemmeno una volta, anche se sono sicura di averlo visto spiare l’interno della camera ogni singola volta che lo scorgevo passare, distogliendo immediatamente lo sguardo appena i nostri occhi s’incrociavano. 
 
«Ecco qui!» Josh mi porge il bicchiere di fumante chococappuccino prendendo posto su una delle sedie di fronte alla mia. «Come sta Ryan?»
 
«Non ne ho la più pallida idea. Ci siamo visti ieri per la sua intervista ma siamo riusciti appena a scambiare due parole. Dopo due ore ero stanca e mi sono fatta accompagnare a casa dal suo autista mentre lui si è fermato per la conferenza stampa e la cena di beneficenza.» Gli rispondo atona ripensando alla difficoltà di tenermi in piedi sulle stampelle e un’unica scarpa col tacco al piede sano. «Ha provato a chiamarmi una volta finito ma avevo già spento il cellulare. Stavo guardando “Le regole del delitto perfetto” e non volevo essere disturbata.» Scrollo le spalle sfoggiando un sorriso smagliante.
 
«Per quanto andrà avanti questa storia?» Mi rimprovera scuotendo la testa a destra e sinistra.
 
«Ancora qualche giorno. Domenica si vota e poi saremo finalmente liberi.» Lo rassicuro mandando giù un generoso della bevanda da lui gentilmente offerta. «E comunque è stata Rebecca ad uccidere Laila.»
 
«Ma no!» Inveisce contro di me alzandosi in piedi e sbattendo i pugni sul tavolo. «Ero di turno ieri sera, volevo vederlo oggi pomeriggio!» Sbuffando sonoramente mi volta le spalle e uscendo a grandi passi dalla mia stanza dopo aver sbattuto la porta di fronte ad un Louis sbigottito. Sgrano gli occhi per lo stupore per la sua reazione, il mio era solo uno scherzo. Prima di poter pronunciare però una parola lui riapre la porta e ridendo torna a sedersi di fronte a me, sfoderandomi un sorriso maligno. «Lo so benissimo che non è stata lei, per non ricevere alcuno spoiler avrei dovuto chiudermi in un monastero senza internet o qualunque altro contatto con la realtà. So già da tre settimane chi è l’assassino.» Ride sonoramente incrociando le braccia al petto.
 
«Mi hai terrorizzata!» Lo accuso puntandogli contro la punta di una delle stampelle e facendo perno sull’altra per alzarmi in piedi. «Louis penserà che siamo tutti pazzi qui dentro.» Preciso ricordando al mio amico la presenza dello stagista all’interno della stanza che ci sta fissando senza emettere più una sola parola. Il ragazzo sentendosi chiamato in ballo distoglie lo sguardo frettolosamente riprendendo la sua ricerca di alcune pratiche all’interno del grande armadio a muro.
 
«Beh penso di aver dato il meglio di me quando sono arrivato alle mani con Jake.» Annuisce titubante sottolineando il nome del mio bellissimo ex fidanzato. «L’hai più visto o sentito?»
 
Sento il mio volto indurirsi mentre cerco le parole giuste per rispondere alla sua domanda. «No! E sinceramente credo che sia meglio così. Sono quasi morta per salvare Hanna e il loro futuro figlio e lui non è nemmeno venuto a trovarmi. Per quel che gli riguarda sarei anche potuta morire.» Rispondo asciutta stringendo le mani alle stampelle e allontanandomi dalla scrivania di qualche passo.
 
«Sai bene che non è vero. Ti ho già detto che ti ha rianimata personalmente e non si è allontanato da te finché non è stato sicuro che ti saresti ripresa.» Il suo tono serio mi sorprende. Da quando prende le parti di Jake? Sono per caso tornati amici?
 
«Beh potrebbe anche chiamare.» Aggiungo stizzita dalla strana piega che ha preso la nostra conversazione.
 
«No che non può, non ha il tuo numero e ti immagina chiusa in una casa a riprenderti dall’incidente subito, casa di cui non conosce l’indirizzo.»
 
Abbasso lo sguardo mentre le parole di Josh mi colpiscono il volto quasi mi avesse preso a schiaffi. «Dettagli! Sono dettagli. E si può sapere perché adesso sembri esserti schierato dalla sua parte? Che cosa dovrei dire a Jake?»
 
«Beh magari la verità su Ryan potrebbe essere un buon inizio» Le perfette sopracciglia divaricate mentre i suoi occhi scuri e sicuri si fissano nei miei. «Potrebbe avere anche lui qualcosa da dirti.» La sua voce si affievolisce sull’ultima frase mentre gli incisivi affondano con forza nel labbro inferiore. Cosa mi sta nascondendo?
 
«Se anche fosse non mi interessa.» Sbotto frustata dall’irresistibile voglia di passarmi la mano tra i capelli e non potendo essendo costretta sorreggermi alle stampelle.
 
 
 
 
JOSH POV


“Ciao Megan, come va?” Sussurro al telefono mantenendo un tono bassissimo nel caso in cui Mia si avvicini alla porta.
“Ciao Josh, io benone. Voi? Cenate da noi una di queste sere?” Risponde con il solito tono allegro che la contraddistingue.
“Potrebbe essere un’idea ma dovresti invitare anche Jake.”
Megan rimane in silenzio per una manciata di secondi. “Mmmm... Posso provare ma non credo che lui accetti. Ha detto che non è sua intenzione parlarle ed evita tutti i luoghi in cui crede di poterla incontrare. Ti rendi conto che Hanna mi ha detto che si è perfino stampato i suoi orari della fisioterapia? Al solo sospetto della sua presenza alzerà i tacchi e scapperà a gambe levate.”
“Quel solito testone. Ci vorrebbe un pretesto.” Ci soffermiamo entrambi a riflettere sul da farsi finché non la sento sospirare dall’altro capo del telefono.
“Ok! Ho un’idea. Tu porta Mia da noi esattamente alle diciotto, io penso a Jake. Passate dal retro.”
 
 
 
 
MIA POV
 

«Dove andiamo?» Salgo in auto depositando le stampelle al mio fianco, il sedile tirato completamente indietro così da tenere la gamba completamente dritta.
 
«Megan ci ha invitato a cena. Ho preso del gelato.» Sorride smagliante mettendo in moto e affondando il piede nell’acceleratore. Il tragitto verso casa della mia amica è fortunatamente breve vista la mia poca resistenza a restare seduta sui bassi sedili dell’auto di Josh, ma mi stupisco quando invece di fermarsi sul vialetto della bella villetta della nostra amica, prosegue svoltando verso il piccolo giardinetto sul retro. «Che c’è? Ci sono meno scalini da questo lato» Si giustifica scrollando le spalle una volta sceso dall’auto e avermi aperto lo sportello. Allunga la mano destra verso di me e la stringe per aiutarmi ad uscire dall’abitacolo, sollevandomi e facendomi poggiare l’intero peso del mio corpo su di lui. «Andiamo adesso, ci staranno aspettando.» Termina controllando l’orologio come se fosse tardi, anche se sono appena le sei e ci attendono per cena.
 
Senza nemmeno bussare Josh abbassa la maniglia e apre la porta facendomi cenno di precederlo all’interno dell’abitazione. Aiutandomi con le stampelle mi sposto all’interno della cucina buia e silenziosa, domandandomi come mai la nostra amica non sia venuta ad accoglierci. Procedo chiamandola a gran voce verso l’accogliente salotto. La porta è aperta ma non sembra esserci traccia né di lei né di Robert. Esausta dei pochi passi compiuti mi accomodo su una delle grandi poltrone alzando il gesso e poggiandolo sul tavolino di cristallo nero con estrema delicatezza.
 
«MEGAN? ROBERT?» Li chiamo nuovamente immaginando il peggio. «Dove può essere?» Domando infine a Josh che mi fissa in silenzio a pochi metri da me.
 
«Vado a controllare fuori, magari ci aspettavano dall’ingresso principale. Tu riposati adesso.» Annuisco lievemente corrucciando la fronte appena mi accorgo, fissando le spalle del mio amico che si allontana, che tra le mani stringe entrambe le mie stampelle.
 
«Josh che diavolo... le mie stampelle!» Strillo realizzando di non poter muovere un solo passo senza.
 
«Tranquilla, non ti servono adesso.» Mi risponde senza nemmeno voltarsi senza di me. «Così almeno sono sicuro che non potrai scappare.» Sussurra chiudendosi la porta dietro le spalle e uscendo dall’abitazione.
 
Rimango sola all’interno del buio salotto, adagiata sulla poltrona e sbuffando sonoramente fissando la lancetta dei secondi del grande orologio a pendolo e contando ogni minuto che passa. «Maledizione» Sbuffo passandomi la mano tra i lunghi capelli. «Dove sono finiti tutti?»
 
 
 
 
JAKE POV
 

Come ogni giorno controllo dal portale delle infermiere gli appuntamenti della fisioterapia giornaliera. Già sapevo che lei non ci sarebbe stata ma è sempre meglio non rischiare. Se la rivedessi non riuscirei più a starle lontano. Hanna non riesce a capire perché mi sia deciso a non rivelarle la verità, nessuno degli altri ci riesce.
Il vibrare del telefono nella tasca dei Jeans mi riporta con i piedi per terra. Sorrido leggendo il nome del mio amico ritrovato dopo così tanto tempo.
 
“Ciao Robert. Come va?”  
“Jake.” Chiama il mio nome, il tono di voce teso e preoccupato. “Megan non sta bene.”
“Che cosa succede? Avete chiamato un’ambulanza?” Gli domando immediatamente allarmato, la bambina?
“No. Non vuole, credo abbia paura. Potresti venire qua, magari riesci a farla ragionare.”
“Certo. Arrivo subito, faccio venire anche il 911 nel caso abbia bisogno di essere portata in ospedale.” Rispondo deciso, facendo cenno ad un paramendico seduto in fondo alla sala che mi raggiunge di corsa.
“NO!” Grida ancora più preoccupato. “Non vuole, conosci Megan, si agiterebbe ulteriormente. Vieni qua, se sarà necessario la accompagneremo noi.”
 
Interrompo la chiamata sfilandomi il camice e fiondandomi verso l’uscita dell’ospedale. Se Robert ha sentito la necessità di chiamarmi sul lavoro significa che deve essere veramente preoccupato, spero che non sia nulla di tanto grave da aver paura perfino di chiamare un’ambulanza. Senza preoccuparmi di chi mi circonda inizio a correre verso il parcheggio, metto in moto l’auto e accelero non preoccupandomi dei limiti di velocità, sono un medico e questa è un’emergenza.
Parcheggio di fronte al vialetto d’ingresso e con il cuore in gola spalanco la porta trovandomi di fronte a me un tutto sommato non troppo preoccupato Robert.
 
«In salotto.» Si limita a dire con voce bassissima indicandomi l’accesso alla grande sala completamente buia. Apro la porta ed entro tastando il muro con la mano alla ricerca dell’interruttore che trovo solo un attimo dopo aver sentito la porta richiudersi alle mie spalle, il rumore di una chiave che scatta all’interno della serratura. Scruto la stanza abituandomi lentamente all’improvviso chiarore proveniente dal grande lampadario a goccia e fin da subito inquadro l’esile corpo della ragazza seduta sulla poltrona, non è incinta e ha una gamba rotta.
 
«MIA?» Domando a voce troppo alta mentre lei mi fissa con la bocca spalancata. Immediatamente le volto le spalle fiondandomi sulla porta che come sospettavo è chiusa a chiave. Non possono avermi sul serio incastrato così, è un’imboscata. «ROBERT! APRI IMMEDIATAMENTE QUESTA PORTA.»
 
«NO!» Al posto del mio amico risponde la sua fidanzata, sembra divertita dalla situazione. Chiaramente deve trattarsi di una sua idea.
 
«FELICE DI SAPERE CHE STAI BENE MEGAN!» Le urlo attraverso l’asse di legno che ci separa. «ORA APRI LA PORTA E PROMETTO CHE NON MI ARRABBIERO’.»
 
Tutto ciò che ottengo per risposta è una sonora risata. «NON MI INTERESSA SE TI ARRABBI. NESSUNO DEI DUE USCIRA’ DA QUI PRIMA DI AVER PARLATO E CHIARITO TUTTO QUESTO CASINO.»
 
Esasperato mi volto verso la mia ex fidanzata che continua a fissarmi con gli occhi sgranati e la bocca schiusa. Perché deve essere sempre così maledettamente bella da togliere il fiato. «E tu non dici niente?» Le domando facendole alzare gli occhi al cielo.
 
«Cosa vuoi che ti dica. Mi hanno abbandonata su questa poltrona quasi venti minuti fa portandomi via anche le stampelle. È così umiliante e per fortuna ho fatto pipì prima di uscire.» Sbotta allargando le braccia quasi a volermi indicare l’assenza dei sostegni che dovrebbero aiutarla a camminare ed io devo trattenermi dallo scoppiare a riderle in faccia. Hanno organizzato tutto nel dettaglio. «JOSH TI PREGO, ALMENO TU SII RAGIONEVOLE.» Supplica richiamando il suo amico e collega, sentire il suo nome mi stupisce credendolo estraneo a tutto questo.
 
«IO SONO RAGIONEVOLE. AVREI DOVUTO FARLO DUE ANNI FA, ORA RESTERETE CHIUSI IN QUESTA STANZA FINCHE’ NON VI SARETE DETTI TUTTO, PROPRIO TUTTO.» Le sue parole accompagnate dalla risata quasi malefica di Megan. Si sono completamente bevuti il cervello.
 
«Tranquilla Mia, ci penso io adesso a trovare una via d’uscita da questo posto.» Come un fulmine mi fiondo dapprima verso la porta della cucina, che trovo ovviamente chiusa a chiave, e poi verso le grandi finestre non riuscendo trattenere un’imprecazione notando i grossi lucchetti che bloccano gli scuri uno contro l’altro.
 
«PER CHI MI HAI PRESA JAKE? NON TI HO LASCIATO NESSUNA VIA DI FUGA.» La voce di Megan, quasi potesse vedere i miei movimenti all’interno della sala.
 
«JOSH VORREI RICORDARTI CHE TUTTO CIO’ HA UN NOME: SEQUESTRO DI PERSONA.» Lo avverte Mia seria.
 
«SEMPRE LA SOLITA ESAGERATA.» Le risponde il procuratore non trattenendo una risata. «PRIMA PARLERETE PRIMA POTRETE USCIRE DA QUI. DIPENDE DA VOI.»
 
«Maledizione.» Impreco prendendo posto il più lontano possibile da lei. «Sembrano decisi a non volerci lasciare andare.»
 
«Conosci Megan, non aprirà quella porta finché non avrà ottenuto ciò che vuole.» Annuisco riconoscendo quanto le sue parole corrispondano al vero. Non mi permetterà di andarmene se non dopo averle rivelato che il figlio di Hanna non è mio e che io non l’ho mai tradita. Affondo con forza gli incisivi nel labbro inferiore trattenendomi dall’imprecare ulteriormente e il sapore ferroso del sangue mi riempie la bocca. «Hai per caso qualcosa da dirmi?» Domanda titubante fissando i suoi grandi occhi marroni nei miei e facendomi saltare un battito. Riuscirò mai a smettere di amarla?
 
«Come stai?» Le chiedo distogliendo lo sguardo e inspirando profondamente.
 
«Bene, grazie.» Risponde pacata. «Ma non credo che sia questo genere di conversazione che si aspettano.» Si sistema meglio sulla poltrona asciugandosi le mani sudate sui braccioli, chiaramente agitata. Involontariamente mi trovo ad ammirarla nella sua straordinaria bellezza, i lunghi capelli scuri le ricadono morbidi sulle spalle, l’abito giallo senza spalline le stringe delicatamente i seni abbondanti e lascia quasi completamente scoperte le meravigliose gambe, fatta eccezione per il non più candido gesso che le avvolge la destra dal ginocchio al piede.
 
«So cosa ha fatto Ryan.» Le parole mi escono dalla bocca prima di poter frenare la lingua.
 
Mia spalanca gli occhi per la sorpresa. «Chi te l’ha detto?»
 
Scuoto il capo sorridendo amaramente, cercando di reprimere la rabbia. «Ho sentito lui e Josh che ne discutevano in ospedale.» Ricordo perfettamente quel giorno: vagavo tra cardiochirurgia e ortopedia per controllare sia le sue condizioni che quelle di suo padre quando per puro caso ho sentito Josh urlare agitato. Mi sono avvicinato senza farmi notare in tempo per sentirlo accusare Ryan di aver tradito Mia con una donna di cui non ricordo il nome, a quanto pare era stata la stessa Mia a scoprirlo poco prima di avere l’incidente per questo il mio vecchio amico lo intimava ad andarsene e tenersi a debita distanza da lei.
Scoprire questa shoccante verità era stata una manna dal cielo, un segnale divino che mi diceva di raccontarle la verità, sicuramente lei non avrebbe più voluto sposarlo e per me ci sarebbe stata una nuova possibilità, questa volta non l’avrei sprecata.
«Immagina il mio stupore quando ho scoperto che non l’avevi lasciato.»
 
Mia mi fissa in silenzio per un tempo interminabile, riflettendo su come rispondermi. «Non sai di cosa parli Jake.» Sospira infine semplicemente.
 
«Perché? Lui l’hai perdonato pur avendolo visto che…» Mi alzo in piedi talmente velocemente da far cadere uno dei piccoli vasi posti sul tavolino al mio fianco che s’infrange al suolo. Lo guardo sconsolato abbassandomi per raccogliere i cocci. «A me non hai nemmeno permesso neanche di spiegarti cosa era successo.»
 
Con la coda dell’occhio la vedo irrigidirsi inchiodata alla sua poltrona, le spalle dritte e i muscoli delle braccia tesi. «Ti ripeto che non sai di cosa parli. Non potrò mai perdonare un tradimento, né da parte tua né da parte di Ryan.» Sussurra secca stringendo nei pugni l’orlo del vestito color limone.
 
«Ma siete ancora fidanzati? Temi che lasciarlo possa minare la tua carriera?» Sbotto lasciando cadere nuovamente i cocci per terra e fissando il piccolo taglio sul mio palmo già rigato di sangue. «Maledizione.»
 
«NON FARE LO STRONZO JAKE E PARLALE DI QUELLA NOTTE.» L’urlo di Megan ci fa sobbalzare entrambi, eravamo convinti di essere finalmente rimasti soli e invece ci stanno evidentemente ancora ascoltando.
 
«Ma sentono proprio tutto? Non è che hanno piazzato qualche microfono?» Sussurra a voce bassissima piegandosi in avanti verso di me ed io non riesco a reprimere un sorriso di fronte alla dolcezza del suo viso. Attratto da lei come fosse una calamita mi sposto sulla poltrona al suo fianco prendendo la sua mano destra tra le mie.
 
«Io non ti ho mai tradita.» Le dico prima che possa emettere anche solo un’altra parola. «Non avrei mai potuto farlo, eri la mia vita.»
 
Mia inspira profondamente fissando le nostre dita intrecciate. «Ti ho visto con i miei occhi Jake. Quella notte io..» La interrompo prima che possa raccontare la sua versione dei fatti, so bene cosa crede di aver visto e anche se non corrispondente al vero l’idea di averle causato tanto dolore mi spezza il cuore.
 
«No Mia, tu mi hai visto a letto con Hanna, ma in realtà mi aveva appena riportato a casa completamente ubriaco e distrutto per la paura di averti persa, si era solo fermata a dormire perché era molto tardi. Non ho mai toccato Hanna nemmeno con un dito.»
 
I suoi occhi scrutano veloci il mio intero corpo alla ricerca di un qualcosa che mi tradisca, che la rassicuri che le mie parole non corrispondono al vero. «E il bambino?» Domanda infine pronunciando le tre parole con un’innaturale lentezza, entrambe le sopracciglia sollevate.
 
«Non sono io il padre.» Un lampo di rabbia attraversa il suo volto e la sua mano sfugge alle mie con straordinaria velocità. «Non ti ho mai detto di esserlo, l’hai dedotto tu!»
 
«E TU ME LO HAI LASCIATO CREDERE.» Grida scivolando all’indietro verso il bracciolo e facendo perno sulle braccia per sollevarsi in piedi, in equilibrio sulla sola gamba sinistra si allontana con un paio di salti e barcolla pericolosamente rischiando di cadere al suolo. Istintivamente mi alzo e le circondo i fianchi con entrambe le braccia sorreggendola. «LASCIAMI JAKE, NON MI DEVI TOCCARE.» Grida divincolandosi dalla mi presa.
 

«Calmati Mia, ti farai male.» La rimprovero passandole una mano sotto le ginocchia per prenderla in braccio.
 
«MALE? HAI IDEA DI QUANTO HO SOFFERTO ALL’IDEA CHE TU ASPETTASSI UN FIGLIO DA UN’ALTRA?» Grida senza tuttavia arrendersi alla mia presa salda nemmeno quando torno a sedermi sul divano trattenendola sopra di me. Lascio scivolare le mani lungo le spalle afferrandole i polsi e bloccandoglieli vicino al corpo.
 
«Esattamente quanto me quando ho scoperto che ti saresti sposata, con Ryan oltretutto.» Le sbotto in faccia avvicinando pericolosamente i nostri volti. «O quando ho capito che lo avresti sposato comunque, nonostante lui ti avesse tradita.» Le ultime parole sono un sussurro e mi feriscono come se una lama tagliente venisse estratta dal mio cuore. «Sto male anch’io soprattutto perché io so che è reale.»
 
Improvvisamente tutta la sua forza sembra scemare e il suo corpo si arrende al mio permettendomi di stringerla. «Ci siamo lasciati.» Sussurra infine d’un fiato.
 
Sorpreso dalle sue parole la fisso trattenendo il respiro. «Ma io vi ho visti sui giornali.»
 
Mia scuote la testa abbassando lo sguardo incapace di sostenere il mio. «Gli ho concesso di fingere fino al termine della campagna elettorale, sarebbe uno scandalo. Fingiamo di stare insieme, ci concediamo qualche bacio a stampo, nient’altro e domenica sarà tutto finito.»
 
Un fremito percorre le mie braccia mentre la mia testa impreca per aver lasciato trascorrere altre sette settimane invece di essere andato a parlare con lei appena scoperto l’equivoco. «Non state più insieme?» Ho bisogno di sentirmelo ripetere ancora una volta, incredulo di aver udito bene.
 
«E tu non sei stato a letto con Hanna?»
 
Scuoto il capo mentre il mio cuore inizia a battere sempre più velocemente, quasi volesse squarciarmi il petto e tornare al suo posto, da lei.
 
«Non hai avuto altre donne?» Continua mordendosi nervosamente il labbro inferiore. Siamo vicinissimi, le sue gambe incrociate sopra le mie, il mio braccio destro che le circonda le spalle stringendola al mio corpo, eppure dopo tanto tempo nessuno sembra volersi allontanare dall’altro.
 
Inspiro profondamente deciso ad aprirle il mio cuore e non mentirle mai più. «Mia, sono passati due anni. Ci sono state altre donne ma non erano te, ho provato a dimenticarti senza riuscirci ovviamente. Mi è bastato incrociare di nuovo i tuoi splendidi occhi per capire di essere ancora perdutamente e irrimediabilmente innamorato di te. Dimmi che c’è ancora una possibilità per noi.»
 
«SIIIIIIIIIIIIIIII!» L’urlo di Megan riempie la stanza facendoci sobbalzare. Mia si poggia la mano sul cuore espirando rumorosamente, anche lei doveva essersi dimenticata della loro presenza dietro la porta.
 
«MEGAN NON CI POSSO CREDERE, TI RENDI CONTO? MIA STAVA PER RISPONDERE.» La rimprovera Josh con il medesimo tono alto nonostante si trovi vicinissimo a lei.
 
«VA BENE RAGAZZI, ABBIAMO PARLATO. ORA POTETE APRIRE LA PORTA.» Li invita Mia sorridendomi e aiutandosi con le mani a far scendere la gamba rotta da sopra di me per rimettersi composta al mio fianco. Un’ondata di freddo avvolge la parte del mio corpo improvvisamente non più a contatto col suo.
 
«PRIMA RISPONDI ALLA SUA DOMANDA.» Le ribatte la nostra amica facendomi saltare un battito, non mi era passato inosservato come lei abbia accuratamente evitato di rispondere dopo l’intromissione di Megan, approfittandone per allontanarsi da me. Forse non vuole rifiutarmi davanti a loro.
 
«SI.» La rassicura mentre il mio cuore si ferma aspettando di essere irrimediabilmente infranto da una semplice parola.
 
«ALLORA RISPONDI.» La incita ancora una volta mentre io stringo i pugni trattenendomi dall’urlarle di chiudere la bocca. Lei e la sua fissazione con le terapie di gruppo.
 
«HO DETTO SI!» Ripete voltandosi verso di me, un ampio sorriso le illumina il volto.
 
Un improvviso dubbio mi assale costringendomi a trattenere il respiro. «Si mi risponderai o si?»
 
«Si.» Sorride avvicinandosi e cingendomi il volto con entrambe le mani. «Si, si, si.» Sussurra infine prima di unire le sue labbra alle mie. Dopo un primo istante di smarrimento le mie braccia circondano il suo corpo e subito approfondisco il bacio che tanto ho desiderato nelle ultime sette settimane. Tanta la felicità da non accorgermi nemmeno di Megan che spalanca la porta e corre verso di noi esultando sfuggendo ai tentativi di Robert e Josh di allontanarla da noi.
 
 
 
 
 
 
 
 
UN ANNO DOPO
 
 
 
«Piccola sei sicura di non voler indossare delle scarpe.»
 
«Papà te l’ho già detto mille volte, sono sicura. Non voglio rischiare di cadere.» Gli rispondo alzando gli occhi al cielo divertita. «Le metterò per il pranzo.»
 
«Non ti permetterei mai di cadere. Sono qui per sorreggerti.» Brontola mio padre corrucciando la fronte e porgendomi il braccio. È splendido nel suo abito blu notte, e in perfetta salute grazie a Jake. Gli deposito un bacio sulla guancia abbracciandolo e agganciandomi al suo gomito.
 
«Andiamo adesso, non vogliamo arrivare tardi.»
 
Avanzo lentamente, un piede nudo davanti all’altro, cercando di non superare il ritmo scandito dalla marcia che leggiadra accompagna la nostra passeggiata. Il leggero abito bianco senza spalline, esattamente quello dei miei sogni, ondeggia travolto dalla leggera brezza primaverile mentre il cielo si colora delle più belle sfumature di rosso e arancione che io abbia mia visto e il sole si lascia inghiottire dalla distesa di acqua di fronte a noi.
Incrocio gli occhi velati di lacrime di Megan e Spencer che, splendide nei loro vestiti color pesca, mi attendono insieme ai loro fidanzati ai due lati dell’archetto di fiori di arancio, sotto il quale intravedo il mio promesso sposo meraviglioso nel suo completo grigio chiaro.
Mi dà ancora le spalle ma posso percepire chiaramente il suo nervosismo dal modo in cui passa la mano tra i capelli biondi schiariti dal sole e spettinati dal vento. Vorrei gridare il suo nome, invitarlo a girarsi verso di me e guardarmi, e lui sembra leggermi nel pensiero e con una lentezza esasperante si volta verso di me mostrandosi in tutta la sua bellezza.
Mi blocco sui miei passi stringendo tra le mani il mio bouquet di rose bianche desiderosa di vedere in viso il mio futuro marito illuminato dalla calda luce del tramonto che lui ama tanto, quasi quanto me.
I nostri occhi s’incontrano, azzurro e marrone, cielo e terra, e finalmente abbiamo raggiunto il nostro orizzonte, il giorno del nostro matrimonio.
L’ho amato fin dalla prima volta che l’ho visto, quando ero ancora solo una ragazzina intenta a giocare con le automobiline e a sporcarmi di fango, anche se a lui piacevano le bambine con le bambole. Ci ha messo più tempo del voluto e dello sperato ad accorgersi di me ma dopo non mi ha lasciato tregua, era il nostro destino, doveva essere per sempre e da adesso lo sarà. Sto realizzando tutti i miei sogni.
 
Siamo riusciti a raggiungere quel preciso punto dell’orizzonte in cui cielo e terra s’incontrano.
 
Il mio promesso sposo mi sorride e come sempre rimango ammaliata dalla sua bellezza, affretto il passo per azzerare le nostre distanze trascinando mio padre sulla sabbia dorata e lo raggiungo sotto l’archetto di fiori di arancio creato appositamente per noi dove mi aspetta insieme a Daniel Crab, elegantemente vestito per celebrare le nostre nozze.
Le nostre labbra si incontrano velocemente, un semplice bacio a stampo. «Ci siamo finalmente.» Mi sussurro all’orecchio facendomi rabbrividire. «Adesso sarà per sempre.»
 
 

 
Qualcuno dice che “a domani” è la promessa più bella che si possa fare, ma  un “PER SEMPRE” può realizzare tutti i tuoi sogni.
Cit. Lachiaretta.
 

FINE


 
 
Eccoci qui. È finita. Spero vi sia piaciuto l’ultimo capitolo, per me è stato veramente difficile. Forse una parte di me voleva non mettere la parola fine ai miei adorati JIA ma dopo 35 capitoli era inevitabile.
Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno sostenuta, che capitolo dopo capitolo mi hanno seguita, chi ha aggiunto THE RACER alle storie preferite/da ricordare/seguite, e chi ha trovato il tempo per lasciare la propria recensione e sono veramente tantissime, se non le vedessi non ci crederei. Piano piano risponderò a tutte voi, ve lo prometto.
Intanto se qualcuna di voi avesse piacere di fare due chiacchiere non esitate a contattarmi, qui o su facebook (Lachiaretta Mia River – o sulla pagina di THE RACER.)
Ora mi prenderò un periodo di pausa dalla scrittura per dedicarmi alla sola lettura (salvo una OS particolare) ma non è detto che un giorno non decida di fare ancora una volta visita ai miei adorati personaggi e sfornarvi qualche OS sul loro futuro o passato! Potrebbe accadere quando meno ve lo aspettate.
Non so cosa aggiungere arrivata a questo punto, siamo alla fine.. Con il cuore in mano vi ringrazio ancora una volta e vi abbraccio tutte confidando che non è un addio ma solo un arrivederci.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 36
*** CAPITOLO 36 ***





La storia riprende esattamente dall’ultimo capitolo, dopo che Mia scoperta la verità su quanto successo quella famosa notte e decide di dare un’altra possibilità a Jake.
Spero di non deludervi.
 
 
JAKE’S POV
 
Con la coda dell’occhio fisso la ragazza seduta al mio fianco. Il morbido vestito giallo le stringe dolcemente i fianchi lasciandole scoperte le bellissime gambe. Sta giocando con il bordo del gesso segno che è imbarazzata.
Non posso credere che abbiamo perso tutto questo tempo, siamo stati lontani tutto questo tempo per un’incomprensione. Se solo mi avesse detto di avermi visto con Hanna le avrei potuto spiegare la verità, forse non mi avrebbe creduto subito ma avrei lottato fino a convincerla di non poter amare un’altra donna al mondo. Se Josh invece di nasconderla, difenderla, avesse vuotato il sacco… Se… troppi se.
Ora però siamo qui, insieme.
Mia si volta incerta verso di me, abbozzando un timido sorriso. Riusciremo a superare questo momento, a tornare Jake e Mia di una volta?
Ne sono certo.
 
 
“Vuoi salire? Ordiniamo una pizza e parliamo un po’?” Mi domanda appena la mia auto rallenta sotto il suo palazzo. Le trema leggermente la voce e non riesce a guardarmi in faccia mentre io sento il bisogno di annegarmi nei suoi splendidi occhi.
 
Annuisco affrettandomi a scendere dalla macchina, recuperare dal sedile posteriore le sue stampelle e aprirle lo sportello per aiutarla a rimettersi in piedi.
Stringo le sue spalle beandomi del contatto tra le mie dita e la sua pelle morbida. È così soffice e delicata, e indifesa. Guardo la sua gamba ferita mentre fatica a tornare in equilibrio sul piede sinistro, stringo i denti per reprimere il senso di colpa. “Tra poco più di dieci giorni te lo toglieranno.” La rassicuro mentre le mie mani abbandonano a malincuore la presa sul suo corpo.
 
“E tu come lo sai?” Mia sgrana gli occhi voltandosi finalmente verso di me, sta sorridendo segno che conosce già la risposta.
 
Scuoto il capo vergognandomi di quello che sto per dirle. “Credi veramente che in queste sette settimane io non ti abbia controllata? Non ho mai smesso di guardare le tue cartelle cliniche, di parlare insieme al tuo fisioterapista reprimendo ogni volta la rabbia all’idea che quel ragazzotto tutto brufoli poteva toccarti, a differenza mia.” Sbotto d’un fiato fissando gli occhi nei suoi sperando che vi legga tutto l’amore che non ho mai smesso di provare per lei. Ed è lei a fare il primo passo.
Si inclina in avanti rischiando di perdere l’equilibrio fin troppo instabile e io mi trovo costretto ad afferrarla tra le mie braccia per non farla cadere. Lascia andare le stampelle che le avevo appena passato e allaccia le mani dietro la mia testa costringendomi ad avvicinare il volto al suo. È tutto talmente veloce che non mi ci vogliono qualche secondo per rendermi conto che le sue labbra sono sulle mie, mi sta baciando.
Prendo immediatamente il controllo sollevandola da terra e appoggiandola delicatamente, o almeno così credo di fare, alla fiancata della mia auto. Schiudo le labbra reprimendo un gemito nel sentire fare altrettanto da lei e le nostre lingue si incontrano, accarezzandosi, scontrandosi, stuzzicandosi. Un’ondata di emozioni prendono possesso del mio corpo facendolo fremere, nessuna ragazza è mai riuscita con un solo bacio a scuotermi così. È lei la donna della mia vita e non me la lascerò scappare mai più.
Dopo una manciata di interminabili secondi mi costringo a staccarmi da lei per permetterle di respirare e mi perdo nei suoi grandi occhi marroni illuminati da centinaia di pagliuzze dorate, le guance arrossate, le labbra gonfie a causa del bacio troppo prolungato. È così maledettamente bella.
 
“Ti prego saliamo.” Ansima, ha ancora il fiato corto e il pensiero di poter stare da solo con lei nel suo appartamento mi manda in estasi. Ed è più forte di me. Le porto la mano destra dietro la schiena e la sinistra scende dietro le ginocchia, la attiro tra le mie braccia stringendola al mio corpo e avanzo a grandi passi verso il portone d’ingresso. Mia ride sonoramente e la sua risata è così cristallina che mi rincuora dandomi la forza di procedere verso l’ascensore ignorando lo sguardo indagatore del portiere che ci segue fino alla chiusura delle porte.
“Terzo piano.” Sussurra baciandomi ancora e ancora, con avarizia e una fame che sembrava sopita da tempo.
Appena le porte si aprono esco nel corridoio e svolto immediatamente a destra, non so nemmeno io per quale motivo, facendo scoppiare nuovamente a ridere la ragazza che stringo tra le mie braccia. “A sinistra Jake, a sinistra. Interno 107.” Sentire nuovamente la sua candida voce pronunciare il mio nome, senza rabbia o dolore, è come una boccata d’aria fresca dopo anni rinchiuso in una bolla. Siamo di nuovo noi due, Mia e Jake.
Tira fuori dalla borsa la chiave e cerca di infilarla nella toppa mentre la fretta le causa non poche difficoltà. Mi vuole anche lei, vuole stare con me.
Entriamo all’interno del suo appartamento e mi guardo intorno per riuscire a cogliere tutto di lei. Piccolo e coccolo, esattamente come me l’aspettavo. L’angolo cottura è pulito ed ordinato, in effetti credo che non l’abbia utilizzato una sola volta in tutto il tempo trascorso qua dentro, non ha mai amato cucinare.
Il salotto invece è il completo opposto. Una coperta buttata sul divano, un avanzo di cibo cinese sul piccolo tavolino accanto alla abatjour, cinque o sei fascicoli abbandonati sul tavolo. Reprimo un sorriso nel notare come lei sia rimasta la solita disordinata Mia.
 
“Scusa il casino, sai faccio fatica a sistemare nella mia condizione.” Si giustifica, come se prima non fosse diverso. Sorrido annuendo e fingendo di assecondarla, è troppo orgogliosa e farle notare il contrario significherebbe rovinare la magia del momento.
 
“Ti aiuto domani a mettere in ordine.” Sussurro sollevandola ancora una volta e avanzando verso la porta della camera da letto, fortunatamente aperta. Il letto è ancora sfatto e alcuni vestiti buttati su una sedia poco distante dall’armadio. Mi lascio cadere sul morbido materasso tirandola sopra di me e facendo unire ancora una volta le nostre braccia. Mia non riesce a muoversi liberamente a causa del gesso che le inchioda la gamba al materasso. Con estrema delicatezza inverto le nostre posizioni portandomi sopra di lei mentre la costringo ad ansimare scendendo verso il collo scoperto e risucchiando quella porzione candida e tenera di pelle che tanto adoro. So bene cosa le piace e sono pronto a farla impazzire. Voglio sentirla urlare il mio nome, riempirmi le orecchie con i suoi gemiti, voglio sentirmi ancora una volta parte di lei, dell’unica donna che io abbia mai amato, la mia migliore amica, la mia Mia.
Punto entrambe le ginocchia sul letto staccandomi da lei il tempo necessario per disfarmi della camicia. Vedo i suoi occhi famelici perdersi lungo la linea dei miei addominali, mi strappa un sospiro sfiorandomi il torace con le sue dita delicate fino alla cintura dei pantaloni e le mie mani fremono all’idea di poter vedere e toccare ancora una volta il suo meraviglioso corpo. “Spogliati.” La voce più roca di quanto potessi anche solo immaginare.
 
“Devi aiutarmi. Non posso farlo da sola.” Mi risponde con voce tremante sollevandosi dal materasso e unendo di nuovo le nostre labbra come se i miei baci fossero il suo ossigeno.
 
L’aiuto a rimettersi in equilibrio sulla sola gamba sinistra, Mia mi volta le spalle e solleva i capelli scoprendo la candida pelle delle spalle. Con entrambe le mani stringo la carne morbida scendendo forse troppo lentamente verso l’orlo dell’abito giallo e la fredda chiusura lampo, beandomi del fremito che la percuote al mio tocco. Siamo entrambi molto tesi ed emozionati.
La abbasso con calma, senza fretta, sentendo cavallo dei miei pantaloni stringersi sempre di più man mano che la sua schiena nuda si mostra ai miei occhi. Adoro quando non porta il reggiseno.
Inspiro più volte alla ricerca dell’ultima briciola di controllo che mi permette di non saltarle addosso.
 
“Come avresti fatto senza di me?” Continuo malizioso cercando di distogliere l’attenzione dal mio respiro pesante.  “Come fai a cambiarti ogni giorno?” Le domando senza riflettere notando come lei debba utilizzare la mano sinistra per sorreggersi al muro e non cadere a terra.
 
“Mi aiuta Josh.” Le parole le escono dalla bocca con tanta velocità e naturalezza da lasciarmi intuire che non deve essersi accorta del reale significato di ciò che ha detto. Il morbido tessuto giallo scivola lungo il suo corpo magro fino a raggiungere il suolo, lasciando il suo corpo coperto unicamente dalla brasiliana nera di pizzo. Sento la testa girarmi per il desiderio mentre le sue parole mi rimbombano nelle orecchie.
 
“JOSH?” Domando titubante scandendo ogni singola lettera del nome del suo migliore amico. So bene quanto fossero vicini all’università, tanto da indurla a confidarsi solo con lui, e sono consapevole di quanto il loro rapporto si sia stretto dopo l’incomprensione, ma non credevo fossero addirittura così intimi. In effetti Josh aveva una fidanzata prima, Greta. Che l’abbia lasciata per Mia?
Anche quella sera in ospedale ho creduto che lui fosse innamorato di lei, probabilmente i miei sospetti sono reali e loro… Non riesco a terminare la frase nemmeno nei miei pensieri mentre il mio cuore accelera pericolosamente.
“Lui ti ha messo lui questo vestito?” Continuo perdendomi sulla linea perfetta della sua schiena nuda. “CAZZO MIA, VUOI DIRMI CHE LUI TI HA VISTA COSI’? INDOSSI SOLO UN MALEDETTISSIMO PERIZOMA. SIETE STATI INSIEME PER CASO?” Mi allontano da lei di un passo stringendo i pugni e cercando di controllare la rabbia.
 
“NO!” Grida in risposta. Si volta verso di me lasciando andare i lunghi capelli che le ricadono morbidi sulle spalle e utilizzando il braccio destro per coprire alla mia vita il seno libero. Gli occhi sgranati per lo stupore. Come può meravigliarsi della mia reazione? Non so cosa mi freni dall’uscire da questa stanza, montare sulla mia auto e spaccargli quella faccia da damerino. Un occhio nero non è stato sufficiente. 
 
“Jake calmati, non è come pensi.” Si avvicina a me sorridente, come se ci fosse qualcosa di cui poter essere felici. La mia ragazza è stata a letto con uno dei miei migliori amici e lei sorride. “Jake, tra me e Josh non c’è mai stato nulla e mai ci sarà. Io non sono esattamente il suo tipo.”
 
“Come puoi non esserlo? Sei bellissima e lui ti ha vista così!”
 
Mia solleva gli occhi al cielo di fronte alla mia reazione rischiando di farmi perdere ancora di più una calma ormai inesistente. “Io e Josh siamo solo amici, è come un fratello per me. Sei mancato troppo tempo da New York e sono successe delle cose si cui non hai idea.”
 
“E questo cosa significa? Cosa potrebbe mai essere successo di così eclatante da permettergli di toccarti, guardarti così.” Alzo la mano indicando il suo corpo nudo. Vorrei stringerla a me ma questa novità mi blocca al suolo impedendomi di avanzare di un solo passo verso di lei.
 
“Jake calmati.” Mia cerca inutilmente di reprimere un sorriso, sta ridendo di me. “Josh è gay!” Termina togliendomi il respiro e lasciandomi senza parole. Mia si lascia cadere di lato, tornando sul letto morbido e io mi siedo al suo fianco incapace di parlare. Josh è gay? Da quando? Aveva una fidanzata.
 
“Nessuno mi ha detto niente…” Continuo imbarazzato e sconvolto dalla rivelazione.
 
“Ti prego non dirlo a nessuno, gli altri ancora non lo sanno. Per ora non vuole farne grossa pubblicità.”
 
“Quando?” Continuo curioso ma soprattutto sollevato, non che non mi dia fastidio che l’abbia vista così ma almeno so che non l’ha toccata.
 
“Dobbiamo sul serio continuare a parlare di Josh?” Mi domanda sollevando entrambe le sopracciglia.
 
Mia riporta il braccio destro lungo i fianchi mostrandosi a me in tutto il suo splendore. Sgrano gli occhi alla vista del suo generoso seno mentre la voglia di lei prende di nuovo possesso del mio corpo.
Apro la bocca in cerca di una risposta da darle ma ciò che ne esce è solo un ansimo roco. Questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Sento di aver perso il controllo di me stesso mentre l’aiuto a stendersi e mi riporto ancora una volta sopra di lei, accarezzo il suo intero corpo strappandole numerosi gemiti. Bacio ogni lembo di pelle scoperta fino a raggiungere il pizzo nero e strappandole un sospiro profondo.
Si lamenta appena mi allontano da lei, non lo farei mai se non fosse che indosso ancora i pantaloni che ormai stringono talmente tanto da farmi impazzire. Allarga le braccia le braccia nell’istante in cui torno da lei e mi stringe al suo corpo baciandomi con tanta passione che sento il mio cuore fermarsi prima di riprendere a battere talmente velocemente da convincermi che rischio un attacco di cuore.
Ed è così che mi perdo in lei, come abbiamo già fatto molte altre volte in passato ma aumentata da quel desiderio che entrambi abbiamo accumulato in questi anni di lontananza. Riusciamo ad amarci esattamente come la prima volta, perché nessuno si è mai amato tanto quanto noi, così tanto da superare tutto e tornare insieme.
 
“Sei mia.”
 
“Per sempre.”
 
 
 
 
 
Tre ore dopo.
 
 
Vengo svegliati da furiosi colpi alla porta. Qualcuno grida ma non sono in grado di riconoscere la voce né tantomeno di cogliere le parole.  
Mia siede sul letto, gli occhi sgranati, la faccia sconvolta.
Mi ci vuole qualche secondo per capire cosa sta succedendo.
 
 
“MIA APRI QUESTA PORTA. SO CHE SIETE INSIEME.” Qualcuno bussa con talmente tanta violenza che temo che la porta potrebbe cedere da un momento all’altro. “AVEVI PROMESSO. ME LO DOVEVI E INVECE TE LO SEI PORTATO A CASA. APRI QUESTA PORTA O GIURO CHE LA SFONDO  E VI AMMAZZO ENTRAMBI.”
 
“Cosa sta succedendo?” Le domando vedendola guardare imbambolata il telefono. Glielo strappo dalle mani e fisso lo schermo alla ricerca di una risposta, il New Yorker.
 
Al centro della pagina due foto di lei e Ryan Bass, sotto io e lei che ci baciamo con passione appoggiati alla fiancata della mia auto.
 
 
LA BELLA PROCURATRICE AMELIA RIVER TRADISCE IL FIDANZATO RYAN BASS. COME PREDERA’ LA NOTIZIA IL CANDIDATO SINDACO A SOLI TRE GIORNI DAI SEGGI.
 
 
 
“AMELIA APRI QUESTA PORTA O GIURO CHE LA SFONDO.”
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
So che non se lo aspettava nessuno ma sentivo di avere ancora qualcosa da dire sulla mia combriccola preferita :)
In questo capitolo ho voluto far riavvicinare Mia e Jake FINALMENTE… Ma lo sapete bene che ci sarà qualche problema in attesa.. esattamente dietro la porta.
Vi prego fatemi sapere se vi piace l’idea di continuare la storia.. Ho bisogno di voi per continuare a scrivere :)
Lachiaretta.
 

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Capitolo 37
*** CAPITOLO 37 ***


Capitolo 37
 
MIA’S POV.
 
All’ennesimo colpo alla porta Jake decide di alzarsi dal letto, infilarsi la camicia e avvicinarsi all’ingresso. Vorrei dirgli di non farlo ma so che presto i vicini si sveglieranno e potrebbero chiamare la polizia quindi mi infilo un paio di pantaloncini e una canottiera e saltando su un piede solo seguo Jake lungo il piccolo corridoio.
 
Appena il ragazzo al mio fianco apre la porta ci troviamo di fronte Ryan Bass, perfetto come sempre nel suo elegante abito grigio scuro nonostante l’aria affannata e gli occhi carichi di rabbia.
 
“Bene bene. Chissà perché immaginavo di trovarvi  ancora insieme!” Sibila Ryan soffocandomi con il sua alito pesante. Deve aver bevuto e non poco. In mano stringe una delle prime copie stampate del New Yorker, in prima pagine le nostre foto e il bacio tra me e Jake.
Istintivamente Jake solleva il braccio destro portandolo davanti a me, pronto a parasi tra noi nell’ipotesi in cui Ryan volesse avvicinarsi a me.
“Dovresti proteggere te stesso, non lei.” Continua maligno il castano di fronte a noi schioccando le dita di entrambe le mani e stringendo i pugni con fare minaccioso. È arrabbiato, troppo arrabbiato. In tutti questi anni sono riuscita ad evitare uno scontro diretto tra loro ma adesso non vedo via d’uscita. Non sarei nemmeno in grado si mettermi tra loro in queste condizioni e senza stampelle.
 
“Non ho paura di te Ryan.” Gli risponde Jake, il tono di voce fiero mentre con il braccio destro mi intima ad indietreggiare all’interno dell’appartamento.
Inspiro profondamente per reprimere la paura che mi sta inchiodando al suolo. Non possono permettere loro di picchiarsi a causa mia, le conseguenze sarebbero disastrose. Barcollando sul solo piede sinistro oltrepasso Jake e mi porto in mezzo ai due ragazzi, nonostante tutti i tentativi del più giovane dei due di bloccarmi, pregando che nessuno dei due sia disposto a fare niente che possa mettere in pericolo anche me.
 
“Ti prego Ryan, hai bevuto.” Lo supplico fissando i miei occhi nei suoi carichi di rabbia. Se è rimasto un solo briciolo di amore in lui proverà a capirmi.
 
“Taci Mia, non voglio sentire più una parola da parte tua. STAI ZITTA.” Mi assale avvicinandosi pericolosamente a me. L’odore della tequila raggiunge le mie narici bloccandomi il respiro. Ryan tiene molto l’alcol ma deve averne bevuta veramente tanta. “Come puoi tornare con lui, buttare via la nostra storia così?” Continua avanzando di un altro passo e sbattendo il pugno destro sullo stipite della porta.
 
Sobbalzo per lo spavento perdendo il mio equilibrio instabile e barcollando pericolosamente verso il suolo se non fosse per le pronte mani di Jake che mi afferra per i fianchi, mi sollevano da terra, e mi depositano nuovamente alle sue spalle, ben lontana da Ryan e la sua rabbia. “Quale storia? Non ti ha mai amato e nemmeno tu!” Gli risponde al mio posto sfoggiando il suo fantastico ghigno che tanto odio quanto adoro.
 
“IO LA AMO!” Grida Ryan di rimando colpendo ancora una volta lo stipite della porta con il pugno chiuso. Più lui perde la pazienza più sento i muscoli della schiena di Jake irrigidirsi, pronto a difendermi se Ryan dovesse perdere totalmente il controllo.
Un’ondata di ricordi prende possesso di me, sento di aver già vissuto questa scena, molti anni fa, dentro il Victrola. Quella volta però era stato Jake ad aggredirci e Ryan a farmi da scudo con il suo corpo.
 
“Adesso smettila Ryan, se tra voi due è finita è solo colpa tua. L’hai tradita, accettane le conseguenze.” Jake fa un passo verso Ryan il quale non sembra intenzionato ad indietreggiare, è più grande e più muscoloso, oltre a conoscere perfettamente le arti marziali. Faccio un passo abbracciando con entrambe le mani la schiena di Jake per supplicarlo di non accettare le sue provocazioni.
 
“Ho sbagliato è vero, ma Mia possiamo ancora rimediare. Cosa è cambiato tra voi due? Non volevi vederlo mai più, lo hai lasciato e sei tornata da me. Non oso nemmeno ricordare lo stato terribile in cui sei tornata da Washington e ora giocate alla bella coppietta felice. Vi è bastata una cena con gli amichetti d’infanzia per sistemare tutto?”
 
Alle sue parole sia io che Jake ci irrigidiamo, non abbiamo ancora affrontato ciò che è successo dopo la mia fuga e sicuramente questo non è il momento più adatto. Ryan però sta distorcendo la verità quel tanto che basta per mandare Jake su tutte le furie. “Io non sono tornata da te.” Ribatto velenosa. Tornata a New York mi sono rifugiata in casa di Josh, sono stata malissimo ma Ryan non ha visto nulla del mio stato d’animo, se non quella triste facciata che mi portavo dietro mio malgrado.
 
“Hai ragione.” Si difende Ryan sollevando entrambe le mani di fronte a sé quasi fossero uno scudo. Sta sorridendo, segno che sta per sparare un’altra delle sue cattiverie. “Hai ragione. Ci hai messo qualche mese a venire a letto con me. Devo ammettere però che le prime volte non era così brava nonostante i tuoi insegnamenti, ma tranquillo grazie a me è migliorata!” Le sue parole mi colpiscono come lame taglienti ferendo il mio cuore da parte a parte, so bene però che le sue provocazioni non sono dirette a me ma al ragazzo al mio fianco ormai livido di rabbia. Sta perdendo la pazienza e presto non sarò più in grado di contenerlo, e questo è esattamente quello che vuole Ryan.
 
“Basta. Ti prego Ryan smettila.” Lo supplico mentre stringo con le dita i muscoli tesi della braccia di Jake.
 
“Perché? Sto solo dicendo la verità.” Ride maligno lanciando indietro la testa e mostrandoci la sua perfetta dentatura bianca. “Tu stessa hai ammesso che con me hai sperimentato sensazioni mai provate prime.” Bugie, solo bugie. Dalla mia bocca non è mai uscita una sola parola in tal senso e nella mia testa è sempre stato il contrario. Ogni volta che giacevo con lui pensavo a Jake, sognavo di stringere Jake, di fare l’amore con lui, e mai una volta ho provato veramente piacere.
Ryan però è il migliore nel suo lavoro e sa bene come ingannare le persone al punto da spingerle a dire o peggio a fare ciò che gli interessa.
E infatti Jake si stacca da me spingendomi contro il muro e si scaglia contro l’uomo in giacca e cravatta, afferrandolo per il colletto e premendolo con forza contro la porta del mio appartamento. Ryan soffoca un sospiro di dolore senza però dargli la soddisfazione di farsi vedere ferito mentre io grido accasciandomi al suolo in assenza di un qualsiasi sostegno che mi aiuti a rimanere in piedi.
Il tonfo del gesso contro il pavimento attira l’attenzione di entrambi i ragazzi su di me.
 
“Hai visto cosa le hai fatto? Sei solo capace di farle del male.” Ryan rincara la dose facendo perno sulle sue debolezze, vuole che sia lui a colpirlo, sta tramando qualcosa.
 
“IO L’AMO!” Grida Jake togliendomi il respiro. “L’HO SEMPRE AMATA. E NON LE FAREI MAI DEL MALE VOLONTARIAMENTE.”
 
“Vi prego finitela. Cosa pensate di ottenere mettendovi le mani addosso? Attireremo solo l’attenzione di tutti, arriverà la stampa in tempo per vedere il grande cardiochirurgo e il futuro sindaco picchiarsi come due ragazzini per una donna.” Sentenzio cercando invano di sollevarmi da terra per poi riaccasciarmi al suolo stremata. Con il palmo aperto indico la pagina del New York volata al suolo accanto a me, forse questo potrebbe restituire ad entrambi la lucidità.
 
E in effetti lo sguardo di Ryan si posa ferito sul mio corpo accasciato al pavimento, la mia gamba ingessata e la mia espressione dolorante. In fondo mi ama e non riesce a vedermi in questo stato. “Ha ragione lei, non otterremo nulla così.” Continua serio Ryan fissando i suoi grandi occhi chiari in quelli azzurro cielo di Jake dopo avermi guardato un’ultima volta, i pugni ancora stretti per la rabbia segno che non è ancora intenzionato a lasciar perdere questa sua battaglia.
 
Jake slega la presa dalla sua camicia indietreggiando di qualche passo verso di me, si inginocchia al suolo e, senza dire una parola, mi solleva da terra di peso adagiandomi contro il muro. I suoi occhi temporeggiano sul mio volto e leggo il suo dolore nel vedermi così, ferita ed indifesa. “Che cosa proponi allora?”
 
“Sfidiamoci. Chiamiamo Mr Crab e chiediamogli di organizzare una corsa per stanotte. Solo noi due. Chi perderà si toglierà di torno.” Ryan ci racconta il suo piano, è serio come se Jake potesse veramente prendere in considerazione una tale cavolata. Nessuno dei due corre più da molti anni, troppi anni, ed è comunque impensabile che possa essere una maledetta gara a decidere del nostro futuro.
Mi giro verso il ragazzo al mio fianco aspettandomi di sentirlo ridere da un momento all’altro per l’assurdità della proposta. Lui invece fissa il mio serio, mentre il suo vecchio ghigno maligno che tanto mi era mancato gli si dipinge in volto. “Ci sto.” Annuisce infine togliendomi il respiro.
 
“No, no, no.” Mi agito tra le sue braccia afferrando il suo splendido volto tra le mani e costringendolo a voltarsi verso di me e guardarmi. “Non lo fare Jake. È tutto inutile. Io non permetterò ad una stupida sfida di decidere per me.” Lo supplico sforzandomi di reprimere le lacrime che ormai bussano pericolosamente ai miei occhi.
 
“Tranquilla Mia, non ho mai perso e non perderò contro questo damerino.” Mi rassicura facendo incontrare le nostre labbra in un veloce bacio a stampo.
 
Ryan alla sola vista di quel gesto colpisce ancora una volta il muro con un pugno quindi ci volta le spalle dirigendosi verso l’ascensore. “Staremo a vedere ragazzino. Ci vediamo al molo.”
 
“Jake ti prego, non andare.” Non appena il possente corpo di Ryan esce dal nostro campo visivo abbraccio Jake stringendolo a me con tutta la forza che mi è rimasta in corpo. Le lacrime iniziano a scendere incontrollate bagnandomi entrambe le guance, un brutto presentimento mi invade il torace togliendomi il respiro.
 
“Non preoccuparti amore. Finirà presto e tornerò da te, aspettami.” Unisce le nostre labbra baciandomi dolcemente, approfondendo appena il nostro contatto. Appena si stacca da me corre via lasciandomi sulla porta sognante e con il respiro irregolare, completamente in balia di lui e del cattivo presentimento che mi sta lacerando.
Perché Jake è caduto nella sua trappola? Ryan sta sicuramente tramando qualcosa e Jake gli sta correndo dietro incurante del pericolo. Come possono anche solo pensare che io mi adatterò al risultato di una corsa. Certo, se dovesse vincere Jake Ryan sarebbe costretto a lasciarmi in pace, non potrebbe più mettersi in mezzo e io e Jake saremo finalmente felici. Ma se dovesse vincere il procuratore? Non hanno mai corso l’uno contro l’altro, Jake era imbattibile ma anche Ryan era molto bravo.
Cosa succederebbe se dovesse vincere lui? Non lascerò di nuovo Jake per questo motivo.
 
 
“Pronto. Mia?” Risponde al primo squillo, la voce chiaramente preoccupata per l’ora tarda.
 
“Josh! Dove cavolo sei?”  Chiedo al mio amico senza nemmeno salutarlo.
 
“Mia, sono le tre del mattino, sono a letto.” Risponde sarcastico prima di tornare serio improvvisamente. “Ma che succede? Hai litigato con Jake per caso?”
 
Inspiro profondamente all’idea che ancora non si fidi di lui, quando invece la colpa di tutto è solo di Ryan Bass. “Josh. Smettila di dire cavolate. Scendi da me e aiutami a vestirmi. Dobbiamo andare al molo.”
 
 
 
INTANTO AL MOLO.
 
MR CRAB’S POV.
 
 
“Assolutamente no. Jake non ti asseconderò in questo piano strampalato. Ryan Bass è un uomo pericoloso e se ti ha sfidato è perché è sicuro di vincere.” Scuoto il capo violentemente guardando il ragazzo davanti a me. Non posso permettergli di rovinarsi la vita per una stupida sfida. L’ho visto crescere ed è sempre stato come un figlio per me, ho addirittura pianto quando ho scoperto essere diventato un famoso cardiochirurgo. “Mia ti ama, ti ha sempre amato, una gara non cambierà i suoi sentimenti. Ha deciso di perdonarti e di stare con te.”
 
Jake si passa nervosamente la mano tra i capelli finendo di spettinarli definitivamente quindi sistema la camicia sgualcita all’interno dei pantaloni. “In verità non c’era molto da perdonarmi, è stato solo un grande incomprensione. Non l’ho mai tradita.”
 
“Ancora meglio. Lascia perdere questa corsa, sposatevi e lasciate perdere Ryan Bass. Prima o poi se ne farà una ragione.” Suggerisco scuotendo ancora la testa. Sono convinto che non è una buona idea. Ryan Bass è subdolo, calcolatore, farà di tutto per vincere e se l’ha sfidato vuol dire che ha qualche asso nella manica. Ad esempio: dov’è adesso?
 
“No! Sono troppi anni che vive tra noi, non lo sopporto più. Non ho paura di lui e questa è la mia occasione per togliermelo di torno.”
 
La nostra conversazione viene interrotta dal rombo della Ferrari di Ryan Bass che ci raggiunge al molo accompagnato da un grido di esulto dei numerosi spettatori che si sono riuniti nel piccolo molo. Il procuratore candidato sindaco scende dalla vettura sistemandosi l’elegante abito grigio scuro. “Siete pronti?” Domanda serio. Jake aveva detto di averlo visto completamente ubriaco meno di mezz’ora fa, deve aver preso qualcosa per aiutare la sbornia.
 
Jake annuisce stupidamente avanzando sicuro verso la sua macchina già parcheggiata alla linea di partenza. So già che me ne pentirò ma loro lo faranno con o senza di me.
 
“PERFETTO RAGAZZI. LE SCOMMESSE SONO STATE PIAZZATE. GODETEVI QUESTA GARA PERCHE’ NESSUNO DI VOI NE VEDRA’ MAI PIU’ ALTRETTANTO BELLA.
ALLA LINEA DI PARTENZA DUE PIONIERI DEL THE RACER, I DUE CAMPIONI STORICI CAMPIONI SI SFIDERANNO PER LA PRIMA VOLTA. CHI SARA’ IL MIGLIORE?”
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Una nuova sfida, una nuova gara. Cosa succederà adesso? Chi vincerà? Jake o Ryan?
Saranno fondati i sospetti di Mr Crabb?
Al prossimo capitolo!!!! Mi raccomando che aspetto di sentire i vostri pareri <3
Un abbraccio.
Lachiaretta.
 

 
 
 
 

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Capitolo 38
*** CAPITOLO 38 ***


CAPITOLO 38.
 
 
 
Josh entra sgommando all’interno del molo, esce di corsa dall’auto e corre ad aprirmi la portiera. Io però impreco comunque contro di lui ordinandogli di recuperare le mie stampelle dal sedile posteriore.
 
Odio essere così goffa.
 
Odio questo maledetto gesso.
 
Odio Ryan che ha sfidato Jake a questa maledetta corsa e odio l’orgoglio di Jake che l’ha costretto ad accettare.
 
Mi alzo in piedi con troppa fatica afferrando i miei tutori e avanzo il più velocemente possibile verso la postazione di Mr Crabb, in tempo per vedere sua moglie abbassare le braccia e sentire i motori rombare e accelerare.
 
Sono arrivata tardi: la gara è appena cominciata.
 
Con la coda dell’occhio guardo Josh maledicendolo per essere stato così lento. L’ho aspettato per oltre quindici minuti nell’ingresso del mio appartamento, dove mi ha abbandonata Jake prima di seguire Ryan lungo il corridoio. L’ho detestato nel vederlo scendere nel suo completo gessato. Non poteva infilarsi una tuta? Insomma abita al piano di sopra, quindici minuti mi sembrano eccessivi.
Quando finalmente mi ha raggiunto abbiamo dovuto cercare una felpa per me, le mie stampelle e recuperare la sua auto.
È solo colpa sua se non siamo arrivati in tempo.
 
“Maledizione.” Impreco fissando la splendida auto di Jake che presto scompare dalla mia vista.
 
“Mia!” Mi saluta Mr Crabb avanzando a grandi passi verso di me. “Ho provato a convincere Jake a desistere ma è convinto che sia la sua occasione per liberarsi di Ryan.” Constata amaramente indovinando esattamente quello che frulla anche nella mia testa. Quell’idiota è convinto che battendolo in questa gara Ryan si farà da parte lasciandoci liberi di vivere la nostra vita insieme.
Quello che non capisce è che Ryan non è così. È capace di utilizzare i giornali, la polizia e qualunque altro mezzo a sua disposizione per ottenere ciò che vuole, e purtroppo adesso ciò che vuole sono io.
È solo colpa mia, se non avessi accettato di uscire con lui non saremmo arrivati a questo, ma se non ciò non fosse avvenuto forse Jake non si sarebbe accorto di amarmi.
 
“A che punto sono?” Domando a Mr Carb che osserva la gara dal suo Ipad senza dire una sola parola. Non sono abituata a tutto questo silenzio, solitamente rende partecipe l’intera folla della gara attraverso il megafono ma stasera è talmente importante anche per lui che non riesce nemmeno a parlare.
 
“Hanno superato il primo blocco. Jake è in testa ma Ryan sembra volutamente stargli alle calcagna. È così strano.” I suoi occhi incrociano i miei e immediatamente la preoccupazione assale entrambi. Ryan corre ad altissima velocità ma non sembra nemmeno tentare il sorpasso, neanche all’ennesima curva dove Jake in preda alla foga sterza troppo presto prendendola troppo stretta e lasciandogli lo spazio necessario per accelerare e superarlo. Ha una Ferrari e può correre molto più di così. Un nodo alla gola mi blocca il respiro, conosco abbastanza bene Ryan per essere sicura che ha un piano in mente, ideato ben prima di giungere a casa mia nel cuore della notte.
 
“Ecco il secondo blocco. Jake è ancora primo.” Pronuncia meccanicamente Mr Crab, incapace come me di distogliere lo sguardo dal piccolo schermo mentre io mi accosto alle sue spalle per vedere meglio anch’io quei pochi istanti di gara che ci è permesso di osservare.
 
Ed ecco tutte le mie preoccupazioni materializzarsi improvvisamente davanti ai miei occhi. Non sono molte le immagini che riesco a cogliere prima del fuggi fuggi generale di coloro che presidiano il posto di blocco ma sono comunque sufficienti ad intuire cosa sta capitando.
Cinque o sei auto della polizia si parano davanti all’auto di Jake costringendolo a sterzare per non finire loro addosso. Agenti armati escono dalle macchine e puntano le loro armi contro il mio fidanzato intimandolo di spegnere il motore e scendere allo scoperto. Ryan Bass dietro di lui fa altrettanto urlando parole di ringraziamento.
 
 
 
 
 
JAKE’S POV
 
 
 
Quando vedo le sirene blu è troppo tardi per svoltare in una delle stradine laterali, decido quindi di tentare una inversione ad U non potendo infrangere il muro di veicoli di fronte a me ma l’auto di Ryan non mi lascia via di fuga. Impreco colpendo il volante con entrambi i pugni rendendomi conto di essere ormai accerchiato.
 
“SPEGNI IL MOTORE ED ESCI DALL’AUTO.” Urla uno dei dodici poliziotti davanti a me, forse quattordici. Hanno tutti le pistole sguainate e puntate verso di me, nemmeno fossi un criminale pericoloso.
Come abbiamo fatto a farci scoprire così. È sempre stato Ryan a tenere sotto controllo le ricerche delle polizia e proteggere sia noi che Mr Crab da possibili agguati e ora lui ci è finito dentro con me. Come è possibile che né Mia né Josh siano stati avvisati.
 
Ryan esce dall’auto con le mani alzate ma sul suo volto però non c’è ombra di preoccupazione. Sorride maligno verso di me prima di rivolgersi ai poliziotti con tono sicuro. “Grazie agenti. Grazie per avermi raggiunto, da solo non sarei mai riuscito a fermarlo. L’altro pilota è riuscito a fuggire.”
 
“Grazie a lei dott. Bass per averci chiamati. Non avevamo ricevuto segnalazioni questa notte, non pensavamo ci potessero essere gare così tardi, ben oltre il solito orario.”
 
Improvvisamente tutto diventa chiarissimo ai miei occhi. Anche lui sapeva bene che non sarebbe stata una stupida gara a costringere Mia ad una decisione di tale portata. L’esito della gara non lo avrebbe mai spinto a lasciarla andare, era solo un subdolo piano per incastrarmi e farmela pagare per avergli portato via la donna della sua vita ed io ci sono cascato con tutte le scarpe. Guardo ancora una volta davanti a me, gli agenti mi puntano ancora addosso le loro armi intimandomi nuovamente di scendere dall’auto ed io obbedisco consapevole di non avere altra scelta. Il più grosso di loro mi corre incontro, mi afferra per un braccio e mi sbatte con forza contro il cruscotto della mia auto. Nell’istante in cui le manette si chiudono ai miei polsi vedo la mia intera vita passarmi davanti: una vita fatta di donne, feste balorde e corse illegali, ed ora che avevo messo la testa a posto, la specializzazione in medicina, il posto da candidato primario di cardiochirurgia al Lennox, Mia… Ho distrutto tutto con una stupida gara, cadendo per colpa del mio orgoglio nella subdola trappola di Ryan Bass.
Un altro agente si avvicina a noi e inizia a leggermi i miei diritti mentre un’auto si ferma sgommando al nostro fianco, riconosco subito Josh e dentro di me prego che sia solo, inutilmente. Mia scende dalla vettura senza nemmeno attendere che il nostro amico le passi le sue stampelle, rischiando di cadere sull’asfalto e farsi altro male. Ci fissiamo per alcuni lunghissimi istanti, occhi negli occhi, ed io mi sento mancare la terra sotto i piedi all’idea che sto per perderla di nuovo. Vorrei poter correre verso di lei, abbracciarla e dirle che andrà tutto bene, che tornerò a casa con lei e non mi allontanerò mai più.
So bene però che ciò non sarà possibile.
Lei mi fissa con gli occhi sbarrati senza il coraggio di avvicinarsi fino all’istante in cui l’agente alle mie spalle mi riporta dritto e mi costringe a seguirlo verso l’auto d’ordinanza per portarmi in centrale. Solo allora inizia a saltellare verso di noi.
 
“Si fermi, agente si fermi immediatamente.” Urla al poliziotto che si blocca stupefatto dalla sua reazione.
 
Fatico a trattenermi quando Ryan si para davanti a Mia per impedirle di raggiungermi, accerchia la sua vita con entrambe le braccia e la solleva da terra allontanandola da me. Avvicina la sua sudicia bocca a lei e le sussurra qualcosa all’orecchio, parole che purtroppo non riesco a cogliere. Mia però si agita tra le sue braccia urlandogli di lasciarla andare.
Tutti i poliziotti si bloccano scrutando stupiti la scena che si è parata loro davanti e solo l’intervento di Josh riesce a tranquillizzarli.
 
“Calmatevi tutti ora!” Grida attirando l’attenzione su di sé, il volto pallido e stravolto, ci osserva cercando qualcosa da dire senza compromettere nessuno. “Che cosa sta succedendo qui?”
 
“Dottor Neill, siamo stati contattati dal Dott. Bass il quale ha avvistato una delle corse del The Racer. Molto coraggiosamente gli si è messo alle calcagna comunicandoci la loro posizione e permettendoci di arrestare almeno uno dei partecipanti.” Il poliziotto termina il suo racconto indicandomi con il braccio teso. Ecco qual era il suo piano, farmi arrestare per togliermi di torno una volta per tutte.
Porto lo sguardo su Mia ancora stretta tra le braccia di quel maledetto. Lo guarda disgustata mordendosi il labbro inferiore pur di non dire niente che possa peggiorare la mia situazione.
 
“è tutto chiaro.” Continua Josh incrociando gli occhi di Mia e annuendole per incoraggiarla, poi fissa severamente Ryan e infine mi guarda a lungo promettendomi silenziosamente che se ne sarebbe occupato lui. “Ovviamente tratterete il Dottor Haiden con il dovuto rispetto, dovranno essere tenute delle indagini ed essere sicuri che il Dottor Bass non si sia confuso. Insomma potrebbe trattarsi di una semplice contravvenzione per aver superato i limiti di velocità.”
 
Gli agenti annuiscono titubanti guardando prima Josh e poi Ryan il quale non può far altro che assecondare il suo collega.
 
“E adesso toglietegli quelle manette, il Dott. Haiden è un rinomato cardiochirurgo e l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una denuncia all’intero distretto per un semplice errore burocratico. Intanto portatelo in centrale e aspettate il nostro arrivo, porterò la Dottoressa River a cambiarsi e vi raggiungeremo per l’interrogatorio.”
 
 
 
 
POV MIA.
 
Osservo seria gli agenti che tolgono le manette a Jake e lo conducono verso la loro auto costringendolo a salire sul sedile del passeggero mentre un altro poliziotto con il volto illuminato da un grande sorriso prende posto nella fantastica auto di Jake e la mette in moto per portarla in centrale.
Una volta spariti dalla mia vista mi accorgo di essere ancora stretta tra le forti braccia di Ryan. Mi agito immediatamente per cercare di divincolarmi ma lui non sembra disposto a volermi lasciare andare.
 
“Mia calmati, ti farai male!” Mi consiglia con tono calmo e rassicurante. Lo stronzo è felice, ha raggiunto il suo scopo e ora pensa di potermi riavere solo perché Jake è stato arrestato.
 
“Josh!” Richiamo il mio amico che corre al mio fianco per aiutarmi ad allontanarmi da lui. “Andiamo subito in centrale e dobbiamo anche trovare il migliore avvocato di tutta New York.”
 
Josh annuisce stringendomi a sé per non farmi cadere. “Prima ti porto a vestirti. Potrebbero esserci dei giornalisti e non mi sembra il caso farti vedere così.”
 
“NO!” Gli rispondo con troppa foga. “Ho alcuni cambi in ufficio, andiamo lì!”
 
Josh annuisce di nuovo, quindi rimontiamo sulla sua auto e ci allontaniamo da un Ryan fin troppo felice per i miei gusti. Vuole la guerra e guerra avrà. Può fare tutto ciò che vuole contro di me ma Jake non doveva toccarlo.
 
 
“Allora? Che facciamo?” Mi domanda il mio migliore amico al mio fianco. Il volto serio concentrato sulla strada, le mani stringono eccessivamente il volante. È preoccupato tanto quanto me.
 
“Dobbiamo trovare un avvocato.” Un ottimo avvocato. Qualcuno che sia capace di distruggere qualunque prova contro Jake. Noi potremo aiutarlo intralciando le indagini ma abbiamo bisogno di un mano.
 
“Che ne dici di Susan Morgan?” Al solo suono di quel nome mi volto nuovamente verso Josh completamente stranita. Mi ricordo bene di Susan, abbiamo frequentato gli stessi corsi alla Columbia ed era stata scelta insieme a me e Josh per quel famoso tirocinio in procura quando ero ancora al primo anno. Lei però puntava a diventare procuratore e tutti i suoi sogni sono stati distrutti prima da Josh e poi da me. Quando Ryan ha scelto Ryan come suo vice non ha detto quasi niente, anzi, sembrava aver preso sportivamente la sua sconfitta. L’anno seguente invece non è stato lo stesso.
Dopo un lungo anno sabatico passato a studiare manuali di procedura penale ha provato a vincere nuovamente il tirocinio, tirocinio che invece è stato proposto a me senza nemmeno aprire l’usuale concorso. Susan non riuscì più a tacere. Mi aspettò davanti alla procura urlandomi qualunque tipo di offesa, accusandomi di averle rubato quel posto solo per merito della mia bellezza.
Ovviamente adesso so che è stato sicuramente uno dei motivi che ha spinto Ryan ad assegnarmi il tirocinio ma non si può negare la mia bravura.
Lei al contrario ha abbandonato la carriera di procuratore sostenendo l’esame da avvocato e diventando uno dei migliori avvocati penalisti di New York. Peccato che non sia mai riuscita a battermi in aula, altro motivo per odiarmi.
 
“Susan Morgan? Non ci aiuterà mai, non vede l’ora di vendicarsi di me.”
 
“Di te infatti. La chiamerò io e non si rifiuterà mai di aiutare Jake.” Continua lui voltandosi leggermente verso di me per farmi capire che è serio.
 
 
 
 
 
 
 
 
TRE GIORNI DOPO.
 
“No, no, no. Mia non puoi farlo, Jake ti odierebbe.” Josh di fronte scuote violentemente il capo mentre l’uomo di fronte a noi continua a fissarci in attesa di una risposta da parte Mia. Mi sarei aspettata di tutto ma mai un vero e proprio ricatto. Jake mi odierebbe? Molto probabile. Non credo che sarebbe mai in grado di perdonarmi ma come posso non accettare?
 
“Josh piantala. È l’unico modo che abbiamo per tirarlo fuori di prigione.” Anche se mi porterà a perderlo definitivamente.





Angolo Autrice

Cosa sarà mai successo?? e cosa succederà a Jake? E a Mia? e ai nostri JIA... 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 39
*** CAPITOLO 39 ***


CAPITOLO 39.
 
 
 
“E perché dovrei aiutarti? Tu non mi hai mai dato una mano.” Sbuffa Susan Morgan incrociando le braccia al petto e fissandomi dall’alto al basso.
 
Non è più la timida ragazza con gli occhiali dell’università. Ora è una donna sicura di sé e, anche se mi scoccia ammetterlo, veramente bella.
 
“Susan la stai guardando dal punto di vista sbagliato. Non stai aiutando lei, ma Jake Haiden.” Precisa Josh mentre io sposto il mio sguardo da lei a lui e poi nuovamente a lei in tempo per vederla tentennare spostando il peso dalla gamba destra alla sinistra. “Lui è stato arrestato per uno spiacevole equivoco e rischia di rovinare la sua intera vita finendo in carcere per chissà quanti anni.”
 
“Spiacevole equivoco?” Susan solleva entrambe le sopracciglia scrutando il mio amico incerta. “So bene che ha sempre partecipato al The Racer, credevo però avesse smesso di correre.”
 
“Ha smesso!” Sbuffo allungandomi sulla sedia e sistemando meglio la gamba ingessata. “Questa non era una vera e propria corsa. Era solo al posto sbagliato al momento sbagliato.” Scandisco le ultime parole ricordando di aver utilizzato la medesima scusa la notte in cui fui arrestata da Ryan Bass, il nostro primo incontro.
 
“Sul serio? E fatalità ha condotto l’arresto il dottor Bass, candidato sindaco e tuo fidanzato, la stessa notte in cui tu sei stata fotografata insieme a Jake in atteggiamenti piuttosto intimi? A proposito siete tornati insieme?” Spalanco la bocca per lo stupore al solo sentir pronunciare le sue parole.
 
“E tu come lo sai?”
 
“Mia, non sono una sprovveduta, ho le mie fonti. Appena Josh mi ha chiamata mi è bastato fare una paio di telefonate per scoprire della gara, dell’arresto e dell’articolo.” Susan sorride spavalda fissando i suoi grandi occhi verdi nei miei. È brava nel suo lavoro, sapeva già tutto ancora prima di arrivare da noi.
 
“Ok, ok.” Si intromette Josh interrompendo il nostro contatto visivo. “Bando alle ciance, non abbiamo molto tempo. Credi di poterci aiutare o no?”
 
“Beh Jake non mi ha mai fatto niente di male, anzi. Ricordo che al liceo ha picchiato alcuni bulli che volevano rompermi gli occhiali solo per divertimento. E al College mi ha fatto entrare gratuitamente al Victrola un sacco di volte.” Annuisce accettando l’incarico di proteggere il mio uomo. “Ma sia chiaro, lo faccio solo per lui!”
 
“Certo, certo.” Alzo le mani in segno di resa, in fondo ho ottenuto ciò che volevo.
 
“E ora portatemi da lui, vorrei presenziare al suo interrogatorio.”
 
 
 
POV JAKE
 
 
Sono seduto da quasi un’ora in questa piccola stanza arredata unicamente con un tavolo e quattro sedie e un grande specchio. Deve trattarsi sicuramente di una finestra nascosta per permettere ad altre persone di seguire l’interrogatorio.
Mi hanno lasciato solo, accompagnato unicamente da una scatola di ciambelle avvizzite che non invoglierebbero nessuno.
Finalmente la porta si spalanca e fanno il loro ingresso Ryan Bass e uno degli agenti che ha partecipato al mio arresto.
Ryan mi sorride spavaldo mentre prende posto sulla sedia di fronte alla mia, fissa i suoi occhi maligni nei miei sfidandomi a fare una qualsiasi cosa sufficiente a peggiorare la mia già troppo precaria situazione.
 
“Bene Dottor Haiden, possiamo iniziare? Gradisce una ciambella?” Ride sonoramente mentre il poliziotto i accomoda alla mia sinistra, apre la scatola, afferra un donuts alla fragola e mi invita a fare altrettanto. Io però guardo disgustato il contenitore e rifiuto l’offerta con un gesto della mano prima di riportare lo sguardo sull’uomo di fronte a me. Si crede furbo ma non è così, Mia e Josh troveranno un modo per tirarmi fuori da qui.
“Beh se non vuole rifocillarsi direi di iniziare senza perdere troppo tempo.” Continua Ryan sorridendo sornione alla sua stessa immagine riflessa nello specchio e io immediatamente mi domando chi ci sia dietro la finestra. Forse Mia? No, non permetterebbe mai a Ryan di interrogarmi così.
 
“Non è mio diritto avere un avvocato?” Gli rispondo ben conscio di ciò che mi spetta in questo tipo di circostanze, merito di tutte le volte che ho aiutato Mia a ripetere per i suoi esami.
 
“Certo che è suo diritto.”  Al posto di Ryan risponde una voce di donna non del tutto sconosciuta. Una giovane donna in abito scuro spalanca la porta e si accosta al nostro tavolo passandomi una procura e una penna. “Firmala Jake e potrò assisterti.”
 
Guardo incerto il pezzo di carta di fronte a me, potrebbe essere un altro inganno di Ryan e lei essere una sua complice. Sto per rifiutarmi quando vedo sia Mia che Josh sulla porta, annuiscono segno che questa donna è stata mandata da loro, quindi afferro la penna e firmo la procura. Sarò assistito da questa donna… Susan Morgan.
Riporto lo sguardo sulla giovane donna accanto a Ryan, mi sorride fiduciosa e credo si tratti solo di un caso di omonimia.
Conoscevo una Susan Morgan, ma portava le treccine e spessi occhiali, il volto era tormentato dai brufoli e non aveva alcun gusto nel vestire. Non può trattarsi della stessa persona.
Lei però mi ha chiamato per nome e mi ha dato del tu. Deve essere lei.
 
“Bene.” Continua riprendendosi il foglio di carta e porgendolo a Ryan. “Ora Dottor Bass la prego di non rivolgere più alcuna domanda al mio assistito senza il mio consenso.” Quindi afferra l’ultima sedia rimasta libera, la avvicina alla mia e mi sorride fiduciosa.
 
Solo adesso Mia e Josh entrano e si affiancano a Ryan che li guarda perplesso mentre l’agente si affretta ad alzarsi e offrire la propria sedia alla mia ragazza. Al posto dei pantaloncini e la felpa indossa una camicetta bianca troppo stretta sul seno e una gonna a palloncino grigio scuro.
“Bene, cominciamo allora.” Sono le sue prime parole una volta preso posto troppo vicino a quel viscido di Ryan che la guarda perplesso ma allo stesso tempo affascinato dalla sua straordinaria bellezza, esattamente come me.
 
“No. Voi due non prenderete parte all’accusa nel caso Haiden.” Urla in risposta alzandosi in piedi e sovrastando Mia con il suo corpo massiccio, il pugno chiuso sbatte violentemente contro il tavolo facendola sobbalzare. Mi sto già alzando in piedi quando la mano di Susan Morgan mi afferra il polso pregandomi silenziosamente di rimanere al mio posto. Con un cenno del capo mi indica Josh che è già in mezzo a loro facendo da scudo a Mia con il suo corpo ed io mi tranquillizzo allentando i muscoli tesi del mio corpo.
 
“E perché di grazia?” Gli domanda con finto tono tranquillo nonostante siamo tutti consapevoli che è la triste verità.
 
“Beh tu sei un suo amico d’infanzia e Amelia è stata la sua fidanzata per molti anni. Nessuno di voi due è qualificato.” Conclude riportandosi a sedere con la sua irritante espressione soddisfatta. Ha ragione purtroppo e allontanare Mia e Josh dall’accusa renderà tutto molto più difficile.
 
“Il Dottor Bass ha ragione, la vostra presenza inficerebbe le indagini.” Interviene Susan assecondando il procuratore e guadagnandosi un’occhiataccia da parte della mia ragazza seduta di fronte a noi e uno sguardo stranamente stupito di Ryan che le annuisce felice. “Questo però vale anche per lei Dottor Bass. Temo che l’aver condiviso per molti anni la Dottoressa River con il mio cliente non l’abbia lasciato del tutto indifferente, ricordo bene alcune voci su una vostra accesa discussione nei corridoi della Columbia e all’interno del Victrola, e sono sicura che le foto che saranno pubblicate tra meno di tre ore raffiguranti la sua ragazza in atteggiamenti molto intimi con il dottor Haiden spazzerebbe via ogni suo briciolo di professionalità. Mi spiace ma anche lei non è qualificato.” Alla fine del suo discorso il sorriso sul volto di Ryan sparisce mentre sento gli angoli della mia bocca alzarsi. Non avrò Mia e Josh contro di me, ma nemmeno Ryan a quanto pare.
“Direi che questo interrogatorio dovrà essere rinviato a domani mattina in attesa che venga nominato qualcuno di competente a seguire Jake Haiden. Comprendo che fino ad allora dovrà essere tenuto sotto osservazione ma vi chiedo di portare rispetto al mio assistito in quanto stimato cardiochirurgo, propongo gli arresti domiciliari.”
 
“No, no, no. Non se ne parla.” Ryan scuote il capo violentemente rifiutando la richiesta si Susan.
 
“Su Dottor Bass, mi pare che non sia una richiesta così irragionevole. Provi solo ad immaginare a cosa succederebbe se il Dottor Haiden dovesse essere scagionato, al danno che verrebbe causato alla sua immagine a causa di un misero errore e al danno che lei e lo Stato dovrebbero risarcire al mio assistito. Può rifiutare adesso, in attesa di qualcuno che la sostituisca, ma poi dovrà rispondere personalmente dei suoi errori soprattutto se la sua professionalità dovesse venire meno a causa di futili motivi personali.”
Cavolo se è brava, sapevo che Mia e Josh avrebbero trovato il migliore avvocato di New York ma la bravura della donna al mio fianco mi sorprende.
 
Ryan china il capo e annuisce facendo. “Va bene, va bene. Mettetelo ai domiciliari.” Sbotta furioso voltandoci le spalle e uscendo dalla piccola stanza mentre io e Mia ci sorridiamo vittoriosi.
 
“Non esultate troppo presto ragazzi. Abbiamo solo evitato la galera, per ora.” Ci interrompe Susan incrociando preoccupata i miei occhi. “Non sappiamo chi prenderà il suo posto.”
 
“Beh, credo che non esista nessuno peggio di Ryan Bass.”
 
 
 
 
DUE ORE PIU’ TARDI.
 
Finalmente vengo scortato a casa di mia madre da due agenti e Susan Morgan. Lei mi accompagna fin dentro casa e si raccomanda di non parlare con nessuno e non rilasciare alcuna dichiarazione che non sia stata preventivamente concordata. Mi istruisce su come rispondere ai giornalisti che fin dalle prime luci dell’alba avrebbero riempito il mio vialetto, lo scoop della settimana.
 
FAMOSO CARDIOCHIRURGO IMPLICATO NELLE CORSE CLANDESTINE CHE DA DECENNI TORMENTANO NEW YORK.
 
“Non sarà facile scagionarti, potrebbero tornare a galla elementi del tuo passato da corridore.” Mi prepara Susan prospettandomi il peggio. “Vorrei solo capire fino a che punto vuoi spingerti.”
 
“In che senso?” Le domando dirigendomi al frigo e recuperando una bottiglia di birra. Dopo averla aperta gliela porgo chiedendole se vuole favorire ma lei scuote il capo rifiutando la mia offerta.
 
“Potremmo sfruttare la tua relazione con Mia, domani verrà pubblicato un articolo in cui si parla della vostra relazione clandestina.”
 
“Non è una relazione clandestina, io e Mia stiamo insieme.” Sbraito sbattendo entrambi i pugni sul tavolo.
 
“Ufficialmente lei è ancora la fidanzata di Ryan, solo l’altro giorno era insieme a lui alla conferenza stampa.” Sottolinea e il solo ricordo mi fa salire nuovamente l’amaro in bocca. Ricordo bene l’immagine di loro insieme, erano freddi e distaccati ma insieme, ancora non sapevo che era solo una finzione in attesa dell’esito delle elezioni. “Una relazione extraconiugale potrebbe spiegare come mai un uomo di alto rango come il dottor Bass abbia deciso di incastrarti in questa cosa. La gelosia potrebbe averlo fatto impazzire al punto da pedinarti, inventarsi una corsa e farti arrestare.”
 
Perspicace l’avvocato. Ancora non sa quanto si sia avvicinata alla realtà, tranne per la corsa, anche quella era vera. Potrebbe avere ragione, sarebbe la strada più sicura ma non voglio portare Mia nel fango con me, verrebbe considerata una poco di buono e non se lo merita.
“No, no, no. Non se ne parla.”
 
“Ma Jake! Ti rendi conto che potrebbe essere la tua unica via d’uscita. Il giudice potrebbe archiviare immediatamente.”
 
Prendo un generoso sorso dalla mia birra e lo butto giù con foga. “Pensi che non lo sappia anch’io? Però non voglio. Teniamola fuori per ora.”
 
 
 
 
POV MIA
 
 
 
Dopo l’interrogatorio corriamo immediatamente in procura per scrivere l’ordine per gli arresti domiciliari di Jake. Chiamare Susan Morgan è stato un vero colpo di genio.
Una volta stampata l’istanza tiriamo un sospiro di sollievo e trasmettiamo il tutto via fax alla questura che dovrebbe provvedere immediatamente a mandarlo a casa, quindi raccogliamo le nostre cose e chiedo a Josh di accompagnarmi al suo appartamento, voglio finire questa notte con lui. Non riesco tuttavia ad arrivare alla porta che mi trovo davanti Ryan a bloccarmi la strada.
 
“Amelia aspetta per favore.” Mi intima di fermarmi non lasciandomi tuttavia altra possibilità visto che con il suo fisico massiccio blocca l’unica via d’uscita. Josh accorre al mio fianco pronto ad aiutarmi in caso di necessità, il volto duro per la rabbia.
 
“Ryan no!” Scuoto il capo per dare maggiore enfasi alla mia risposta. “Dopo quello che hai fatto stasera non devi rivolgermi mai più la parola.”
 
Ryan sbuffa passandosi entrambe le mani sul volto. “Ragazzi ho sbagliato, ho fatto una cazzata. Ora il problema non riguarda più solo Jake ma tutti noi.”
 
Josh fa un passo avanti avvicinandosi al mio ex per fronteggiarlo. “Cosa vorresti dire? Cos’hai combinato?”
 
“Niente di più di ciò che già conoscete. Il problema è che nessuno di noi tre potrà partecipare all’accusa grazie al vostro avvocato e ho appena scoperto chi ci manderanno: Micheal Bells.”
 
Al solo sentir pronunciare quel nome sento la pelle accapponarsi. Inspiro profondamente e socchiudo gli occhi ripercorrendo mentalmente la sua carriera di successi, non ha perso una sola causa. “Oddio, sarà la fine per Jake, Micheal è uno che non molla.”
 
“Non mi importa nulla di quel cretino!” Sbotta Ryan sollevando gli occhi al cielo e stringendo i pugni, so bene che non desidera altro che vederlo finire in carcere. “Il problema siamo noi tre. Una volta a conoscenza del The Racer capirà subito che qualcuno sviava le indagini e con altrettanta facilità arriverà a noi.” Nonostante il tono duro non riesce a nascondere la preoccupazione. “Sarà la fine per la nostra carriera.”
 
Le sue parole ci colpiscono come un pugno, è la pura verità. Riesco a leggere il terrore sul volto di Josh che fissa il mio ex senza dire una sola parola. “Ed è solo colpa tua!” Grido lasciando cadere una delle stampelle e colpendo con il pugno libero il suo torace atletico. “Se tu non avessi organizzato tutto questo per incastrare Jake adesso non ci dovremmo preoccupare.”
 
Ryan stringe il mio polso nella sua grande mano. “Mi dispiace piccola, potessi tornare indietro lo prenderei a pugni ed eviterei tutto questo. L’ultima cosa che voglio è fare del male a te, Josh e me stesso.”
 
Scuoto il braccio per liberarmi dalla sua presa ma smetto di colpirlo, so bene che è la verità. Non tanto per me o Josh ma per sé stesso. È talmente egoista che non rischierebbe mai la sua carriera a pochi giorni dalle elezioni. “E adesso?”
 
“Adesso dovremo trovare il modo di collaborare e cercare di arginare i danni.”
 
“Arginare i danni? A Jake?” Domando furiosa incrociando nuovamente i suoi occhi e trattenendomi dal colpirlo ancora. “Scordatelo, se lui va a fondo, tu vaia fondo con lui!”
 
 
 
Un’ora dopo attraverso con fatica il vialetto di villa Haiden, busso alla porta sperando che Jake sia ancora sveglio. Forse avrei dovuto chiamarlo prima di venire o almeno chiedere a Josh di aspettare il mio ingresso in casa. Spero di non dover dormire sul dondolo in veranda.
Fortunatamente la porta si spalanca al secondo tentativo e mi ritrovo davanti Jake con indosso solo un paio di pantaloni di tuta. Percorro con lo sguardo il suo torace tonico soffermandomi sul bordo dei boxer che fanno capolino oltre l’elastico, gli addominali scolpiti, le braccia scolpite. Non credevo fosse possibile innamorarsi mille volte della stessa persona ma ora che lui mi sta guardando con gli occhi sgranati per lo stupore non ho più dubbi. Lo amo e non smetterò mai di amarlo.
Lascio cadere entrambe le stampelle e mi fiondo su di lui stringendogli entrambe le braccia al collo incapace di trattenere ancora le lacrime.
 
“Calmati Mia, supereremo anche questa.” Sussurra al mio orecchio depositandomi candidi baci tra i capelli.
 
Vorrei poter confermare, dirgli che ha ragione e che supereremo anche questa come tutto il resto ma le parole mi rimangono bloccate in gole mentre grosse gocce salate rigano le mie guance. L’unica cosa che riesco a fare è unire le nostre labbra e baciarlo con tutta la passione che ho in corpo, come se fosse il primo bacio o forse l’ultimo.
Vorrei potergli promettere che adesso sarà per sempre ma so che sarà tanto difficile, forse troppo.
Lui rischia di vedere andare a rotoli la sua intera vita a causa mia e io devo trovare un modo per salvarlo, a qualunque costo.
Aiutandomi con l’unica gamba sana che ho saldo allacciandomi ai suoi fianchi e prima di potermene rendere conto siamo all’interno della casa, sulle scale e nella sua camera da letto, senza vestiti e pronti a fare l’amore ancora una volta.
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Eccoci qui con un nuovo capitolino.. Ryan vuole dare in pasto Jake alla giustizia cercando di salvare il salvabile, in particolare se stesso e forse anche Mia. Susan Morgan vorrebbe sfruttare Mia per scagionare Jake e incolpare Ryan di tutto. Né Mia né Jake però vogliono fare nulla che possa pregiudicare l’altro.
Chi si sacrificherà per primo? E chi pagherà più conseguenze?
Perché già lo sapete che qualcosa succederà vero?
 
A prestissimo.
 
 

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