Alcuni infiniti sono più grandi di altri infiniti

di Yoyce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Voglio raccontarvi una storia. E se ve lo state chiedendo, non è la mia.
Già, avete capito molto bene. Questa storia racconta la vita di due persone che si intrecciano per caso, due persone molto diverse fra loro. E se vi aspettate il fantomatico colpo di fulmine vi sbagliate di grosso. Questa storia è complessa, come lo sono i due protagonisti.
Chi sono io? Lo scoprirete a tempo debito.
 
 
La stanza era invasa dall’oscurità. Vi erano alcuni spiragli di luce che provenivano dalla finestra, grazie ai quali si poteva intravedere una sagoma. Essa si avviò verso l’armadio ed iniziò ad indossare alcuni indumenti. I suoi modi erano duri, rozzi, ma allo stesso tempo molto tristi. Una volta che la sagoma fu vestita prese alcuni oggetti e uscì di casa.
Quel giorno pioveva a dirotto e per le strade non vi era nessuno. Tutti avevano deciso di rimanere in casa, tutti tranne una persona. Essa, infatti, prese la macchina e iniziò a sfrecciare per le strade deserte.
Il veicolo si diresse al confine della città e dopo alcuni metri si fermò. Scese dall’auto una ragazza alta e snella, con addosso un cappotto pesante. Nella mano destra teneva un ombrello per ripararsi sia dal vento sia dalla pioggia. Chiuse la macchina e si addentrò in quest’area dove la pietra regnava sovrana.

La ragazza smise la sua camminata quando trovò quello che cercava. Rimase immobile per alcuni istanti, poi come se si fosse svegliata da una trance si inginocchiò davanti alla pietra.
“Sono già passati due anni. Due fottutissimi anni. Due anni che tu non ci sei più.
Lascio andare una risata amara. Una risata colma di rancore. Rancore verso me stessa.
Penso che ho fatto bene a trasferirmi quì. Penso che non avrei retto tutte quelle fotografie. Tutti quei ricordi. Quegli spezzoni di vita che mi tornano in mente, prepotenti. E' quando tutto va bene, che sei più vulnerabile. Che le cose ti feriscono maggiormente. Che sono più dure da digerire, buttare giù.
E' per questo che molti dicono che la felicità non è uno stato d' animo costante. Ma che è un attimo, una piccola frazione di vita. Un ricordo, un immagine che ti strappa sempre un sorriso. Io però quel sorriso non c’è l’ho più da molto tempo, da quel fatidico giorno. Mi è stato portato via assieme a te. Ora provo solo dolore ogni volta che ricordo noi. Io e te, il nostro amore. Un amore che doveva durare per sempre. Dopo tutti questi anni non riesco più ad amarre, non riesco a provare amore per nessun’altra persona all’infuori di te.” Alcune lacrime rigavano il volto della ragazza che era ancora inginocchiata a quella lapide. Quel pezzo di pietra freddo e umido.
La ragazza rimase li in quella posizione per molti minuti, poi, si alzò e senza guardarsi indietro s’incamminò verso l’auto. E come era arrivata, sfrecciò verso la città.
Una volta tornata in stanza, lei pianse come il cielo. Pianse finché non si addormentò pensando a lei. Il suo amore perduto, Costia.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nell’universo vi sono infinite galassie, pianeti e stelle.
Infinite come le storie e gli amori.
Amori che distruggono e curano, che finiscono e nascono.
 
 
 
Il sole stava sorgendo in quella città senza nome. I cittadini popolavano le strade in quella mattina serena, ignari che quei raggi ancora pallidi, illuminavano quell’edificio bianco, nel quale abitava quella ragazza affranta dal dolore che pianse lacrime amare nel silenzio di quella notte.
 
Una ragazza camminava senza meta per le vie di quella città ormai affollata, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa. Alcune vie più tardi si avvicinò alla vetrina di un bar e leggendo un annuncio, nel suo volto si creò un sorriso raggiante. “Cercasi cameriera”, così citava il foglio. Con passo sicuro oltrepassò la soglia d’entrata.
Una volta entrata si avvicinò al bancone, dietro ad esso una ragazza stava preparando un caffè.
“Salve, mi chiamo Clarke Griffin. Ho letto l’annuncio e mi chiedevo se quel posto da barista fosse ancora disponibile.” lo disse tutto d’un fiato, sperando vivamente di essere ancora in tempo.
L’altra ragazza, una volta finita la sua mansione alzò lo sguardo e osservò attentamente quella ragazza.
“Salve” rispose cordialmente lei. Il sorriso di Clarke sparì dal suo volto appena udì la risposta dell’altra, nel suo saluto non vi era nessuna emozione e questo la fece sussultare.
“Quel posto è ancora disponibile, ma devi sapere che altre persone sono venute a richiederlo.”
“Capisco” disse Clarke, “posso lasciarvi il mio curriculum?”
Quella ragazza dal nome ancora sconosciuto, le fece un accenno d’assenso e Clarke appoggiò sul bancone i fogli appena presi dalla borsa. Quest’ultima iniziò a sfogliarli e una volta finito guardò nuovamente Clarke che non riuscì a decifrare il suo sguardo ed ebbe paura di non essere adatta per quel lavoro. Poche persone riuscivano a metterle soggezione, è sempre stata una persona aperta e molto diretta. Non aveva paura dei giudizi della gente e soprattutto negli ultimi anni aveva avuto molto esperienze sia lavorativa che personali. Esse, infatti, l’aiutarono a diventare più matura. Eppure, davanti a questa persona non riusciva a non agitarsi.
“Noto che hai fatto vari lavori, inoltre sei in possesso non solo di un diploma, ma anche una laurea in medicina” Disse, spezzando quel silenzio. “Eppure, invece di trovarti un impiego nella tua specializzazione, vorresti avere questo lavoro da cameriera. Mi chiedo il perché.” A Clarke sembrò che nell’ultima frase avesse usato un tono curioso, ma probabilmente si era sbagliata e senza pensarci troppo rispose a quella domanda muta.
“Onestamente Signorina..”
“Woods, Anya Woods”
“Okay quindi Anya, con tutto rispetto ma ho i miei buoni motivi per cercare un lavoro differente dalla mia specializzazione. Ed onestamente penso che non sono necessari per ottenere questo lavoro” Finito di parlare, Clarke si rese conto che ora Anya la stava guardando in modo diverso. Forse era sorpresa? No, le parve più uno sguardo d’interesse. In ogni caso si creò, per alcuni istanti una tensione ed a Clarke non piacque. Essa venne spezzata da alcuni clienti appena entrati e Clarke, stanca da quella soggezione salutò codiarmene Anya e con passo svelto si avviò all’uscita. Stava per uscire quando una voce la richiamò
“Griffin, sei in prova per una settimana. Mettiti un grembiule e aiutami con queste ordinazioni” Clarke si girò di scatto e guardò stupefatta in direzione di Anya con in mano un grembiule. Si avvicinò al bancone e prese l’indumento.
“Grazie per avermi dato questa opportunità”
“Non sei ancora assunta, inoltre oggi la mia socia deve ancora arrivare ed io ho bisogno di qualcuno. Quindi cerca di sfruttare al meglio questa possibilità. Non ce ne sarà un’altra. Se fallisci non avrai il lavoro.” Clarke non si sorprese dalle parole dure di Anya, dopotutto aveva capito, seppur conoscendola da pochi minuti, che il suo capo richiedeva il meglio e lei, doveva esserne all’altezza. Si chiese però chi fosse la sua socia e se avesse un carattere simile a quello di Anya. L’avrebbe sicuramente scoperto e senza pensarci troppo si legò il grembiule ed iniziò a lavorare.
 
Le ore passarono ed erano arrivare le 15, mentre Clarke cercava di lavorare sodo sotto lo sguardo attento di Anya, nel frattempo la ragazza del palazzo bianco si svegliò dal suo sonno. Con estrema calma cerco il suo telefono e vi trovò 20 messaggi e 7 chiamate perse. Tutte notifiche dallo stesso mittente. Guardò l’ora e sbuffando si alzò da quel giaciglio e si diresse in bagno. Una volta uscita si vestì, riprese in mano il telefono ed iniziò a leggere i messaggi. Solo l’ultimo le provocò interesse e senza indugio rispose. Prese la borsa da terra e si avviò all’uscita. La ragazza questa volta non utilizzò la macchina e si diresse verso la sua destinazione a piedi. Una ventina di minuti arrivò davanti alla porta di un bar, entrò e iniziò a guardarsi attorno cercando una ragazza in particolare. Appena la vide, si diresse da lei.
“Spiega.” Fu l’unica cosa che disse, mentre la diretta interessata alzò lo sguardo e la fulminò.
“Non rispondi a miei messaggi ne alle mie chiamate dopo quasi 24 ore e l’unica risposta che ricevo da un inutile messaggio è “chi è?”. Forse non ti sei resa conto che ero in pensiero, e si hai capito bene. Ero preoccupata per te idiota.”
“Anya..”
“No Lexa, non ci provare. Non puoi sparire per un giorno intero senza dirmi nulla, inoltre oggi avevo bisogno del tuo aiuti, qui in bar, e tu non c’eri.” Anya sputò tutta la sua frustrazione cercando di far capire a Lexa tutta la sua preoccupazione. Cosa che non avvenne.
“Ne parliamo più tardi, ora vorrei sapere chi è la nuova cameriera.”
Anya sbuffò sonoramente e chiamò Clarke
“Hey nuova arrivata vieni un attimo qui” e Clarke senza farselo ripetere due volte si avvicinò a lei e a quella ragazza alta e snella.
“Lei è l’altra socia” Disse Anya a Clarke. Quest’ultima la guardò e dopo aver capito si presentò.
“Salve, sono Clarke Griffin. Piacere di conoscerla” Le sorrise educatamente e le porse la mano. Gesto che non venne ricambiato e l’unica cosa che sentì fu solo il suo nome.
“Lexa” e senza aggiungere altro quest’ultima sparì dietro il bancone.
Clarke rimase esterrefatta da quel comportamento maleducato e avrebbe scoperto che Lexa non era per niente simile ad Anya. Era molto peggio. 

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