Non escludermi

di Timy21
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** "Il mio nome è Mattia Scaglioli" ***
Capitolo 2: *** Senza guardarlo negli occhi ***
Capitolo 3: *** Non ci pensò più una seconda volta ***
Capitolo 4: *** "Sono pronto anche io" ***
Capitolo 5: *** Il dolore del passato la stava consumando ancora. ***
Capitolo 6: *** "E' severamente vietato attraversare i binari" ***
Capitolo 7: *** "E' colpa mia" ***
Capitolo 8: *** Hilary ***
Capitolo 9: *** Francesca ***
Capitolo 10: *** Luca ***
Capitolo 11: *** Se il passato fosse solo passato ***
Capitolo 12: *** Bianco o nero ***
Capitolo 13: *** Smith&Wesson Modello 57 ***
Capitolo 14: *** 14. Leo ***



Capitolo 1
*** "Il mio nome è Mattia Scaglioli" ***



Camilla e Mattia rappresentano, per me, due persone reali e spero di riuscire in qualche modo a renderli reali anche per voi.

Questa storia è scritta e ideata da me. Non è inedita, in quanto è già stata pubblicata su un altro sito (Wattpad).

Scrivetemi, se volete, le vostre idee e i vostri pensieri sui personaggi e sulla storia. Ne sarei molto felice!


Buona lettura :)


Simona De Angelis (wattpad: xkyahstorm)








Capitolo 1: "Il mio nome è Mattia Scaglioli"



La luce entrava splendente nell'ufficio spazioso di Camilla. La mattina primaverile era fresca e frizzante.

"No, farò il possibile per chiudere questa faccenda" il tono della ragazza era basso ma agitato.

Aveva 26 anni, si era laureata non da molto ed era già la redattrice di Vanity Fair italiano. Viveva in un lussuoso appartamento al centro di Milano. Partecipava ad ogni evento sociale e frequentava le persone più alla moda d'Italia. Aveva, all'apparenza, una vita perfetta.

"Signora, l'imprenditore é arrivato"

Cazzo, pensò Camilla.

Doveva cercare di essere cordiale, doveva tenere duro per il giornale.

Uscí dall'ufficio e si recò nell'atrio. Su una poltrona grigia di pelle un uomo sulla quarantina la osservò maliziosamente. Era lui, lo schifoso che voleva rovinarla.
"Buonasera, signora Giuliani" signorina, pensò Camilla sentendo un leggero pizzico di offesa. 
"Io sono Leonardo Bravi, é un vero piacere conoscerla" piacere 'sto cazzo, pensò ancora Camilla raffinatamente.
"Piacere, prego si accomodi nel mio ufficio" avrebbe dovuto escogitare qualche vendetta per quell'affronto, ma non lo fece ed ora cercava di elaborare mentalmente un discorso efficace.

L'uomo alto, brizzolato, con occhi color cioccolato, entrò curioso nell'ufficio di Camilla. Presto sarebbe cambiato tutto, a suo parere. Quella stanza sarebbe diventata meno luminosa grazie alle future pareti color fumo. 
Prese posto di fronte alla scrivania. La "signora" Giuliani si posizionò affianco a lui appoggiata alla scrivania, come per far intendere il suo dominio su quella stanza.
"Dovremmo aspettare ancora qualche minuto, il mio collega é in ritardo" questa frase urtò ancor di piú Camilla, che sfoggiò un'espressione di disaccordo.
"Signore, mi comprenda, sono molto occupata. Inizi lei, quando e se il suo collega arriverà si inserirà, immagino, senza problemi nella discussione" cercò di essere il più comprensiva possibile, ma non le riuscì molto bene e Bravi se ne accorse.

"Va bene, cominciamo" Camilla si rilassò e sfoggiò il miglior sorriso che poté fare.
"Ho quí il contratto e qualche offerta extra" subito al punto, senza giri di parole. 
"Perché vuole questo palazzo?" replicò immediatamente Camilla senza neanche guardare il contratto.
"Per farci soldi, signorina" ah ora mi chiama signorina, pensò Camilla.
"Ha mai amato, signor Bravi?" l'imprenditore restò sorpreso da questa domanda.
"Sí, ed amo tuttora" le rispose garbatamente.
"Immagino lei abbia famiglia" Bravi iniziò a pensare ad un possibile ricatto nonostante il dolce faccino della donna di fronte a lui. E pensò alla moglie e ai suoi due gemelli. Annuí.
"Quindi mi capirà quando le dico che io amo il mio lavoro e che le persone che son qui sono la mia famiglia, giusto?" tutto qui? pensò l'imprenditore. Sorrise.
"Sì, comprendo. Io non le chiedo di chiudere i battenti, solo di spostarvi" che faccia tosta, pensò Camilla. Si avvicinò al muro di fronte a lei e lo toccò. Sorrise.
"Questi muri hanno conosciuto il successo, signor Bravi. Questi muri hanno assistito a premi vinti, a migliaia e migliaia di copie vendute, a un direttore dopo l'altro e io non intendo cederli" lo guardò voltandosi con uno sguardo di sfida e lui lo sostenne.

La porta dell'ufficio di fianco a Camilla si aprí all'improvviso.
"Mi lasci stare" urlò un uomo liberandosi dalla presa di un esile impiegato.
"La devo annunciare!" ribatté l'ometto.
"Mi annuncio da solo" Camilla annuí al suo impiegato e lui si chinò in segno di scuse prima di uscire dall'ufficio.
L'uomo ancora di spalle di fronte a lei si stava sistemò la cravatta, si schiarì la voce e poi si girò di 180 gradi.
"Molto piacere signorina, il mio nome é Mattia Scaglioli".

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Capitolo 2
*** Senza guardarlo negli occhi ***


Capitolo 2: Senza guardarlo negli occhi






Camilla Giuliani

"Mattia Scaglioli" nell'udire quel nome Camilla ebbe un leggero spasmo interiore. Si girò di spalle spontaneamente per nascondersi.
Mattia Scaglioli; non poteva essere lo stesso Mattia Scaglioli di 11 anni prima. 
Quel ragazzo era un drogato, non sapeva neanche più dove fosse.
"Signorina, tutto bene?" 
Sentì la voce di quel Scaglioli e cercò di calmarsi.
Sentiva il viso bruciare, le mani umide e un calore che le percorreva tutto il corpo.

Non poteva essere lui.

Lentamente si girò, come quelle ragazze nei film horror quando sentono la porta scricchiolare dietro di loro. Respirò a fondo, e un profumo inebriò le sue narici. Un buonissimo profumo dolce ma intenso, feromoni puri.
"Si. Piacere, Camilla Giuliani" guardò la mano tesa di quell'uomo e gliela strinse, senza concentrarsi volontariamente su quel contatto. Non cercò il suo sguardo, non voleva assolutamente guardarlo e trovare gli stessi occhi che 11 anni prima incasinarono la sua intera adolescenza.


 

Mattia Scaglioli

"Signor Scaglioli, come ho detto al suo collega, io non vendo"
Mattia, da quando la donna bionda e aggraziata che era di fronte a lui aveva pronunciato il suo nome, non riusciva a ricordare neanche più il motivo dell'incontro.
"Camilla Giuliani" ripeté l'uomo. 
La donna non lo guardò neanche per sbaglio negli occhi, ma dalla vista del solo profilo Mattia era sicuro che fosse lei. 
Si era appena morsa il labbro nervosamente quando Bravi interruppe quella rete di pensieri 
e ricordi creatasi tra le loro menti.
"Mattia, vieni" lo invitò a sedersi accanto a lui, ma il moro continuò a restare in piedi accanto alla porta.
"Sei tu, la Camilla del mio passato?" Le parole gli uscirono spontanee.




 

Camilla Giuliani

Aveva una gran voglia di piangere. E se quella fosse solo una strategia per farla crollare e chiudere l'affare? Per approfittarsi della sua debolezza?
"Mi dispiace ma credo abbia sbagliato persona. Ora, se volete scusarmi, ho moltissimo lavoro da sbrigare. La mia assistente vi accompagnerà alla porta. Spero troviate presto qualche altro locale per la vostra impresa" con questa lunga frase pronunciata tutta d'un fiato la giovane donna congedò i due uomini, che vennero allontanati dal suo ufficio.

Camilla, non lasciare che questo ti faccia cadere, ancora una volta. Camilla, resta concentrata. Camilla, ora hai una vita migliore.
La donna continuava a ripetere a se stessa queste frasi, anche ad alta voce.




 

Mattia Scaglioli
Mattia, torna sopra.  Mattia, torna da lei, accertati che sia lei.
Queste erano invece le frasi che Mattia continuava a ripetersi. 
Ancora e ancora.

In ascensore.

Quarto piano.
Mattia continuava a guardare i piani che lo separavano da quella donna.
Terzo.
Continuava a contare e guardare 
le porte dell'ascensore.
Secondo
"Chi è quella donna per te?" la voce di Bravi risuonò nella sua testa.
Primo.
"Lei è il motivo 
per cui io sono ancora vivo"
Zero.

 

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Capitolo 3
*** Non ci pensò più una seconda volta ***


Capitolo 3: Non ci pensò più una seconda volta.






Camilla Giuliani

 

10:30
 

Camilla trovò una posizione sulla sedia in modo da poter guardare attentamente l'orizzonte e raccogliere i propri pensieri. Non si sarebbe fatta coinvolgere da quell'uomo una seconda volta. 
Il cielo quel giorno di primavera era sereno, e le metteva allegria. Non l'avrebbe fatto diventare grigio con l'aura del suo passato. 
Camilla attenuò la sua preoccupazione. Uscì dal suo ufficio per una pausa, salutando i suo collaboratori e giornalisti.
Scese con l'ascensore. Nonostante fossero passati circa dieci minuti da quando Mattia era entrato lì, il suo profumo era ancora intrappolato in quel piccolo spazio. Questo mise subito a disagio Camilla, che cercò di non respirare per tutta la durata della discesa in ascensore.

Decise di fermarsi alla caffetteria di fronte al suo ufficio.
All'entrata un dolce profumo di cornetti, ciambelle, torte e dolci di ogni tipo le fecero dimenticare il profumo di Mattia che non voleva abbandonare i suoi sensi.

La caffetteria era una stanza elegante con grandi finestre che affacciavano sulla strada, oltre la quale si trovava la sede di Vanity Fair. Le pareti rosse emanavano calore e accoglienza. I tavoli erano di legno nero, e le sedute erano dei deliziosi divanetti con i cuscini bianchi. 
Un giovane uomo dirigeva il bancone, ma la proprietaria era un'anziana signora con magnifiche mani che preparavano deliziose brioche e torte. 
Il bar era pressoché pieno, ma Camilla adocchiò subito un tavolo a due posti accanto alla finestra. Andò immediatamente ad occuparlo con il suo cappotto di pelle nero di Armani e si precipitò al bancone.
Ordinò un caffè con nutella e una torta con panna cotta e cioccolato, sforando la dieta. In quel momento ne sentiva il bisogno. L'importante era poi recuperare con il dovuto esercizio fisico.
Prese il tablet e iniziò a scorrere le notizie, aspettando il suo ordine.




 

Mattia Scaglioli

 

"Allora sei sicuro di non voler tornare con me?" Bravi sapeva cosa avrebbe fatto Mattia, e non sarebbe stata una mossa astuta. Doveva restare concentrato.
"No, torno in metro. Buon pranzo, ci vediamo pomeriggio in ufficio" la sua mente vagava. Non aspettò la risposta del suo collega e si incamminò verso la fermata della metropolitana. Arrivato in procinto delle scale le osservò. Una donna stava salendo con una valigia. Era rossa in viso e sembrava molto stanca.
"Posso aiutarla?" la donna guardò Mattia qualche scalino più in alto.
Sorridendo rispose "Se va di fretta non si preoccupi". Ma Mattia non andava affatto di fretta. Lui, anzi, non voleva raggiungere casa, non voleva tornare in ufficio. Non voleva continuare la sua vita come se l'incontro di quella mattina non lo avesse per nulla turbato.
Mattia sfoggiò un sorriso comprensivo e le prese la valigia. 
"Grazie mille, è stato gentilissimo" e la donna si allontanò.
Scaglioli si ritrovò esattamente sul punto di prima, sopra le scale. Decise che questa volta non ci avrebbe pensato due volte. Si girò e si avviò verso l'ufficio di Camilla.
Una volta lì, ci pensò una seconda volta. Cosa le avrebbe detto? Cosa poteva raccontarle? Cosa avrebbe ricordato del suo passato? Passò una mano sulla barba. Si girò per tornare a casa, come avrebbe dovuto fare già da una mezz'ora ormai.

Ma la vide.

Seduta all'angolo della caffetteria.

Sorrideva, leggendo qualcosa sul suo iPad.

Stava portando alle labbra la tazza con il caffè, 
e Mattia in quel momento pensò che non ci fosse nulla di più perfetto e delicato di quel gesto.

Non ci pensò più una seconda volta.


 

Camilla Giuliani

 

La porta del locale si aprì, ma Camilla non ci diede peso. Stava leggendo un fantastico articolo di gossip sul La Repubblica. 
Aveva già letto tutti gli articoli politici e le notizie. Una pagina che proprio non sopportava era quella dello sport. Probabilmente questo, pensava sempre lei, farà di me lo stereotipo tipico della donna.
Ma non le interessava affatto. Era occupata ad amare ciò che amava davvero, e non ciò che gli altri volevano che amasse.

"Salve" Camilla aggrottò la fronte e alzò il viso verso chi la chiamò. 
Un secondo spasmo interiore quella mattina le divorò gli organi.
"Signor Scaglioli" voleva continuare a recitare quella parte.
"Come mai è ancora da queste parti? Sbaglio o il suo ufficio è nei pressi dei Navigli?" inspirò profondamente, cercando di evitare il contatto con quegli occhi.
Abbassò ancora lo sguardo, scrutando la tazza ormai vuota del suo caffè.
"Posso sedermi con lei?" Camilla annuì semplicemente, non sapendo come rifiutare.

"Mi guardi"

Mattia era di fronte a lei, dopo circa undici anni, e le stava chiedendo di guardarlo, per leggere ancora una volta la sua anima.

Camilla, forza, guardalo. Mostragli che riesci ad essere fredda e impassibile.

Chiuse gli occhi e lo guardò. I tratti del suo viso erano leggermente più spigolosi rispetto a quando aveva sedici anni. I suoi capelli mori esaltavano gli occhi cerulei. Era sicuramente cresciuto bene. L'ultima volta che lo vide quegli occhi erano incavati e rossi, spenti.

Ora, invece, Camilla non lo riconosceva più, e questo era sicuramente un vantaggio.

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Capitolo 4
*** "Sono pronto anche io" ***


 

Capitolo 4: "Sono pronto anche io"

 

Mattia Scaglioli


 

Non aveva idea di ciò che Camilla stesse pensando. Lo sguardo della donna era fisso su di lui ma la sua espressione era vuota, come se cercasse di dimenticare chi lui fosse.

"Allora, redattrice di Vanity Fair eh?" Mattia cercò di smorzare la tensione e conversare normalmente con lei. Voleva capire se fosse ancora la Camilla che conosceva o se, a causa sua, avesse rivoluzionato non solo la sua vita ma anche se stessa.

Se la ricordava, la sua Camilla. Ricordava le loro fughe da scuola, i loro sguardi per i corridoi del liceo, il loro gruppo di amici, le feste e le gite al lago di Garda. Ma probabilmente lei non voleva ricordare nulla, eccetto la parte peggiore dei loro momenti.

E come poteva biasimarla. L'aveva rovinata. Quando erano adolescenti non aveva idea del giusto e del sbagliato, e non si rendeva conto delle ripercussioni delle sue azioni su chi gli era vicino.

"Incredibile, vero? Ma sai cosa lo è ancora di più? Il fatto che tu sia qui, a parlare con me, in giacca e cravatta con la faccia ripulita e gli occhi limpidi e vivi. Questo è incredibile" e aveva ragione. Lo era. Non si sarebbe mai immaginato nulla di simile. Non pensava di potersi vantare della sua vita un giorno, del suo lavoro, della sua casa. Però, da giovane, pensava che un giorno si sarebbe potuto vantare della ragazza che allora era al suo fianco.

 

Camilla Giuliani


 

"Tutti commettono degli errori, Camilla" il suo nome pronunciato da lui assumeva tante di quelle sfumature diverse ai sensi di Camilla. La sua voce ora era più matura, come il suo aspetto. Ma la donna non riusciva a calmare i nervi, e i flashback del loro passato continuavano ad oscurarla durante quella giornata.

"Certo, tutti li commettono. E mi fa piacere che tu abbia risolto i tuoi"

"Cam, eravamo giovani. Non capivo cosa stessi combinando!"

"Lo so, neanche io"

"Ora siamo adulti. Quindi ti propongo una cena, così per parlare. Immagino tu debba tornare in ufficio ora" alla parola 'ufficio' Camilla tornò alla realtà.

"Oh si, quello che TU stai cercando di rubarmi" e il rancore salì un'altra volta su dal petto. "Vado. Per la cena passo, grazie dell'invito. Ci vediamo, Scaglioli"

"Ne sono certo, Camilla"

La donna si alzò velocemente dal tavolo senza guardare il suo interlocutore e si avviò all'uscita. Era chiaro ciò che stava succedendo: Mattia voleva usare il suo punto debole, ovvero il passato, per farla cedere e accettare l'accordo. Si rendeva perfettamente conto che quella battaglia non si sarebbe conclusa così.

 

Ore 21:00 

Il lavoro in ufficio ritardò la cena di Camilla. Le luci della redazione erano spente e l'unica stanza illuminata da una luce da tavolo era la sua. Ciò che stava facendo avrebbe potuto concluderlo il giorno dopo ma quella era stata una giornata molto particolare e volle dimostrare a sé stessa di meritare quel lavoro. Lei era una redattrice con le palle, affezionata alla sua rivista e ai suoi colleghi, che non considerava sottoposti. Era un gioco di squadra. La sua vita era perfetta così com'era, e se l'era totalmente meritata. Non le era stato mai regalato nulla durante la sua carriera.

Alle 21:15 decise di tornare a casa.

Metropolitana piena di giovani milanesi, universitari. Ricordò quei tempi con molta nostalgia, mentre nella sua playlist risuonava l'Ed Sheeran di Cold Coffee. Ma qualcosa la riportò più indietro nel tempo.  Un ragazzo era seduto in un angolo della metro con una felpa nera abbinata alle sue occhiaie.

Un flashback catapultò Camilla al 2005, quando aveva solo 15 anni e credeva che la vita fossero musica, sigarette e Mattia. Quel ragazzo gli ricordò una sera, quando decisero di andare con Luca, Francesca e il quasi quattordicenne Leo al solito posto d'incontro con altri giovani di Milano. Non era un posto qualunque, era il LORO posto. La loro vita era concentrata lì, su quelle panchine di legno al quale mancava qualche asta, la breccia ricoperta da cicche di sigarette e filtri di canne consumate. Era il posto perfetto dove il profumo dei fiori si mischiava con l'acro odore del fumo. Il rumore dei treni della vicina stazione dava loro una strana energia, che li faceva sentire vicini al mondo intero. 


 

"Allora Lù, ce l'hai?" 
"Con chi pensi di parlare?" 
Francesca e Camilla erano troppo occupate a parlare della nuova canzone di Rihanna "SOS" per accorgersi di ciò che stava accadendo sulla panchina di fronte alla loro.
"Sono pronto anche io" il piccolo Leo amava il suo amici sedicenni. Era invincibile con loro. E Mattia era il suo mentore. Lo aveva raccolto per la strada, lo aveva salvato.
"Sei sicuro?"
"Si, non rompetemi i coglioni, è il mio fottuto momento"
Mattia sorrise, ricordando la sua prima volta. Era più o meno alla sua età. Non era affatto pentito.
"Va bene" 
Camilla si girò per guardare gli occhi cupi che tanto amava, ma si scontrò con un'altra immagine.
"Che cazzo state facendo?" urlò. Troppo tardi, ormai Leo aveva già tirato la striscia di cocaina preparata accuratamente da Mattia sul suo libro di matematica.





 

N.d.A: i luoghi e le persone del racconto sono ovviamente oggetti della mia fantasia.

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Capitolo 5
*** Il dolore del passato la stava consumando ancora. ***


 

Capitolo 5 : Il dolore del passato la stava consumando ancora. 




Mattia Scaglioli
Ore 7:30

La luce soffice del mattino attraversò le fessure della serranda e svegliò Mattia. Aprì gli occhi e ci mise un po' per focalizzare mentalmente il viso da donna di Camilla. Infatti in pochi istanti la sua mente tornò al loro primo incontro. Avevano 14 anni, maledetti anni. 
Maledetti come Camilla, come la sua bocca, come le sue labbra. Ricordò immediatamente il loro primo bacio, sulla panchina, vicino alla stazione con il vento artificiale dei treni che faceva insinuare i capelli lunghi di lei tra le loro labbra. Ricordava come era vestita: jeans a zampa di elefante e vita bassa, un top che le lasciava scoperto l'ombelico e quel delizioso piercing che la rendeva ancora più attraente.
"Promettimelo" gli sussurrò.
"Cosa?"
"Che cercherai di salvare tutti come hai salvato me" 
Non mantenne la promessa, anzi.

Camilla Giuliani
Ore 7:45

Aprì gli occhi respirando con molta fatica. Quello non era stato solo un sogno, era il suo passato.
Si alzò di scatto e corse in bagno. Accovacciata di fronte al water iniziò a buttar fuori la cena della sera prima e insieme ad essa sperò di buttar giù anche quei ricordi maledetti. Ma non fu cosi. Qualche lacrima per lo sforzo dei conati e per la tristezza le rigarono il volto che lei prontamente asciugò. Si mise in piedi lentamente facendo andare lo scarico. Si girò e, riflessa nello specchio, si vide pallida, con gli occhi scavati per il traumatico risveglio.
Prese un profondo respiro e iniziò a prepararsi per una nuova giornata di lavoro, come se nulla fosse accaduto.

Mattia Scaglioli
Ore 8:00

"Concludendo, secondo il mio parere dovremmo ritirarci dall'acquisto del palazzo sede della famosa rivista Vanity Fair" Mattia era in preda al panico di fronte allo specchio mentre provava il discorso che avrebbe tenuto per il collega e il suo capo. E non reggeva: quel discorso non era affatto convincente. Doveva trovare una falla in quel progetto al più presto, altrimenti Camilla avrebbe perso tutto ciò che l'aveva salvata dal dolore che lui le aveva provocato. Non poteva distruggerla ancora una volta.

8:30, Ufficio del direttore

Mattia guardò i suoi interlocutori, sperando in una reazione positiva.
Leonardo alzò il sopracciglio e osservò preoccupato il capo, che a sua volta fissò con sguardo interrogativo Scaglioli. Mattia lesse nella sua espressione la delusione e il disappunto. 
"Non capisco la tua strategia" non l'aveva lui una strategia.
"Direttore, se mi permette, vorrei parlare un attimo con Mattia da solo, se posso" 
Il capo annuì e uscì dalla stanza. 
"Che cazzo ti è preso? Senza consultarmi poi?" 
"Credo solo che non sia una buona mossa" 
"È per quella Camilla?" Mattia sgranò gli occhi, sentendosi incastrato. 
"Non unisco la mia vita privata con il lavoro" Leonardo sorrise.
"Merda"

Camilla Giuliani
Ore 9:00

"Ragazzi, dobbiamo trovare qualcosa di sconvolgente per questo mese" la solita riunione con gli scrittori iniziò con la solita frase. Questa volta però Camilla la pronunciò con più vigore. Dovevano assolutamente far vedere che Vanity Fair non temeva nessuno ed era all'apice del successo, e che nessuno avrebbe potuto ostacolarli. 
"Camilla, io penso di avere in mente qualcosa di buono, ma non ne sono certo" Patrick era un bell'uomo sulla quarantina, con i capelli brizzolati che gli conferivano ancora più fascino. L'unica pecca era che purtroppo a Patrick non piacevano le donne, anche se nessuno l'avrebbe notato fin quando non fosse stato lui a dirlo.
Tra un'idea e l'altra la riunione si concluse con molti progetti in ballo.
"Patrick, amo la tua proposta" Camilla trattenne nel suo ufficio l'uomo per discuterne. 
"Significa molto per me" Patrick si mise una mano sul cuore e sorrise timidamente.
"Inviami i punti chiave per email" Patrick annuì e uscì dalla stanza.

Camilla ora era sola, nel suo ufficio. Lo osservò bene. La sua scrivania in legno nero, le poltrone in pelle, il pavimento bianco, era tutto così perfetto eppure sentiva che qualcosa non andava affatto. Si sentì fredda, vuota. Il dolore del passato la stava consumando ancora.

Bussarono alla porta, e ciò fece tornare Camilla alla realtà.
"Avanti" 
"Signora, c'è l'imprenditore" chissà perché Camilla se lo immaginava. Era pronta a guardare un'altra volta dentro quegli occhi.
Annuì alla segretaria. Camilla prese posto sulla sua poltrona. L'uomo entrò nella stanza e si accomodò di fronte a lei, che alzò immediatamente lo sguardo.

"Signor Bravi" Camilla alzò un sopracciglio e sospirò. 
"Immagino lei non si aspettasse di vedere me"
Sul suo viso le si leggeva la delusione. Era l'imprenditore sbagliato. Da una parte si sentì sollevata nel dover solo affrontare una discussione di lavoro, ma dentro di lei nacque quella voglia di undici anni prima: la voglia di vederlo ancora una volta.

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Capitolo 6
*** "E' severamente vietato attraversare i binari" ***


Capitolo 6: "E' severamente vietato attraversare i binari"



Camilla Giuliani


 

"Signor Bravi,cosa posso fare per lei?"

"Signora Giuliani, non prendiamoci in giro, sa perfettamente cosa sta accadendo"

Camilla alzò un sopracciglio cercando di capire di cosa stesse parlando. 

"Io e il signor Scaglioli ci conosciamo da molto tempo ma ciò non influenzerà il mio giudizio. Se mi permette, vorrei ricordarle che io non ho intenzione di trattare per vendere il palazzo, a prescindere dalla presenza di entrambi gli imprenditori o solo sua" su questo Camilla era assolutamente irremovibile. 

La verità era che lei non aveva solo paura di perdere il palazzo. Il suo passato non era noto, poiché non c'era mai stato nessun documento ufficiale che lo descrivesse o che l'avrebbe potuta mettere in difficoltà. La sua preoccupazione era dunque anche per la sua intera carriera, costruita su una vita come un palazzo lego, pezzo su pezzo. Mattia fu il primo a tirare un calcio a quei lego, a buttar giù tutto. 
Camilla si era fatta trascinare da lui, dai suoi amici, dall'odio verso la società della quale ora lei apparteneva totalmente, così come Mattia. 
Ma non poteva incolpare solo lui per questo. Ogni giorno ripensava al suo miserabile carattere debole di allora, e a quanto fosse stata stupida nel pensare che l'amore che provava per Mattia l'avrebbe fatta vivere per sempre. 

"Mi permetta di essere il più chiaro possibile: le conviene non influenzare il signor Scaglioli, la carriera di quell'uomo è a rischio per colpa sua. Stia lontana da lui"

"Ma come si permette di venire nel mio ufficio per dettar legge sulla mia vita privata! Mi faccia il piacere ed esca per favore"
La rabbia di Camilla era incontenibile. Bravi vide i suoi occhi ostili e la sua postura spigolosa che gli ordinavano di uscire. Lui le sorrise, prese la sua ventiquattrore e fuggi da quel palazzo.

 

19:00
 

Camilla invitò tutti i suoi colleghi a staccare un'ora prima dal lavoro, e si recò immediatamente nella sua Land Rover grigia.

Attraversò la città con la radio su RTL, che trasmetteva "Lose Yourself" di Eminem. Le venne da sorridere, poiché le ricordò di tutte le volte che Mattia la cantava e lei rimaneva affascinata da come lui ricordasse e pronunciasse tutte le parole nonostante fossero in inglese. Per quante volte cercò di stargli dietro non ci riuscì mai, e lui rideva per prenderla in giro prima di baciarla con le labbra che avevano il sapore del fumo. 

Arrivata si parcheggiò velocemente e scese. Osservò il contrasto tra la sua macchina e il paesaggio intorno a lei. Poche case i cui giardini erano coperti di erbacce; l'asfalto rovinato come se un trattore fosse passato di li da poco; i cartelli stradali macchiati. Guardò infondo alla strada e notò il bar del quartiere chiuso, sulla quale serranda era ancora scritto con un graffito "Scaglio". Camilla prese un bel respiro di quell'aria poco sana e si avviò verso la stazione. 

Ed eccola lì, la loro panchina. Qualcuno l'aveva utilizzata ultimamente, poiché delle bottiglie di birra erano state abbandonate accanto ad essa. Si avvicinò e la toccò. Era felice che non l'avessero riverniciata ne sostituita. Infondo era parte del suo passato.

Si sedette sopra ad essa e osservò il muro di fronte che la separava dai binari, l'erba sotto ad esso e il fili della ferrovia dietro.

"E' severamente vietato attraversare i binari"

L'altoparlante della vicina stazione si sentiva fin lì. Non era Milano Centrale, quindi non c'erano molte persone che scendevano da quelle parti. Camilla era sola. 

"Sono una cogliona" disse ad alta voce.

"No non lo sei" Camilla balzò giù dalla panchina e si girò, pronta a sfoderare le mosse di autodifesa imparate al corso in palestra.

"Porca puttana Mattia, mi hai spaventato. Cosa ci fai qui?" Mattia sorrise.

"Ti conosco Cam" 

"No, non più. Mi hai seguita?" Mattia sorrise di nuovo, lasciando Camilla perplessa.

"Beccato" 

"Potrei denunciarti" pronunciando queste parole Camilla alzò un sopracciglio. Mattia camminò verso la panchina con le mani nei pantaloni eleganti. Indossava una camicia bianca con un pullover grigio, senza giacca.

"Piuttosto tu, cosa ci fai in questo posto?" Camilla si sedette affianco a lui. 

 

Mattia Scaglioli

 

Mattia notò immediatamente la postura di Camilla. Era la stessa di undici anni prima, quando era in imbarazzo: univa le mani in un pugno e le metteva tra le cosce, con le spalle un po' inarcate. 

"Non ne ho idea. Ho solo pensato che venendo qui avrei trovato una soluzione. O molto più probabilmente per nostalgia" 

In quel momento due ragazzi passarono con lo skate davanti a loro.

"Ricordi quando ti feci provare per la prima volta ad andare sullo skate?" Mattia era sicuro che lei lo ricordasse.

"Oh Scaglioli, quante prime volte ho avuto con te" Camilla si girò verso l'uomo che notò l'angolo del suo labbro inarcato. Mattia rise e guardò avanti a se, ricordando.

"Non tutte buone" l'uomo abbassò il viso verso la panchina. Camilla non rispose. Si alzò e si pulì lì dove il suo tubino aveva toccato la panchina.

"Dove vai?" 

"A mangiare, ho fame. E' ancora valido quell'invito a cena?"

Cazzo se era felice Mattia. Lo era eccome, e in quel momento l'unica cosa che riuscì a fare fu sorridere.

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Capitolo 7
*** "E' colpa mia" ***


CAPITOLO 7: "E' colpa mia"





"Leo te lo giuro che quel naso te lo faccio sanguinare" 
Il quattordicenne rise sentendo la frase pronunciata da Camilla. Non la conosceva da molto, ma lei era sempre molto protettiva nei suoi confronti, e questa cosa da un lato lo eccitava e dall'altro lo innervosiva.
Leo si pulì il naso sul quale aveva ancora qualche traccia di coca, tirò su un'altra volta e poi fece qualche passo indietro, allontanandosi dalla sua amica. 
Mattia, qualche metro più in là, stava osservando la scena e non si spiegava perché Camilla fosse così insistente. Leo sapeva quel che faceva, conosceva i rischi e i benefici della droga che lasciava scorrere nel suo sangue.
"Cam smettila, Leo ormai è un giovane uomo, deve crescere" 
"Questo per te sarebbe crescere? E immagino che tu lo stia aiutando vero? Buttandolo nella stessa merda in cui hai buttato me, mi fai schifo" probabilmente quella fu la prima volta che la biondina senza carattere riuscì ad esprimere perfettamente la sua delusione nei confronti del suo ragazzo ribelle.




 

Camilla Giuliani

 

"Quindi il tuo lavoro consiste nel rovinare le carriere altrui, costruire edifici su beni naturali e cose così" Camilla lanciò questo genere di frecciatine per tutta la cena con Mattia in un bellissimo ristorante milanese che non dava di certo l'aria di essere molto economico.
Camilla aveva davanti a se un bicchiere di vino bianco, dolce e delicato. Lo sorseggiava con cura e attenzione. Mattia invece bevve dell'acqua naturale tutta la sera. 
"Il mio lavoro consiste nella costruzione di immobili comuni, ristrutturazione e innovazione" replicò l'uomo alzando il sopracciglio e insieme il bicchiere, prima di portarlo alle labbra.
Davanti a loro il secondo di pesce arrosto con limone e salsa speciale li fece rimanere in silenzio per qualche minuto, intenti nel gustare quella prelibatezza. 
Camilla si pulì la bocca e guardò fuori dalla vetrata che li affiancava. Erano all'ottavo piano di un palazzo milanese, situato nei pressi dell'ufficio di Mattia nella zona dei Navigli, e dal quale le luci della città della moda sembravano più dinamiche che mai, e il Duomo tagliava imponente il cielo scuro, mostrandosi in tutto il suo splendore.

"Amo Milano" Camilla sorrise alle vette del Duomo e ricordò non solo le serate nei locali rinomati con le amiche, dove le capitò di conoscere un uomo e trovarselo il giorno dopo nel suo letto nudo, ma anche le giornate passate nei parchi e alle mostre di quadri e sculture con Patrick, i concerti all'Alcatraz quando era più giovane tra fumo e alcool. E poi ricordò i suoi vecchi amici.

"Hai più sentito nessuno?" le parve che Mattia se l'aspettasse questa domanda, perché non mostrò quasi alcuna emozione.

"Luca"

"Come sta?" gli chiese Camilla mangiando l'ultimo boccone di pesce.

"Ora non ne ho idea, ma sono andato a trovarlo in carcere un paio di anni fa" Camilla quasi si strozzò.

"In carcere?"

"Rapina a mano armata, in una banca" Mattia si portò una mano alla bocca e la passò sulla barba.

"Non è colpa tua" Camilla lo vide in difficoltà. Pensava davvero che il giovane imprenditore non fosse responsabile per Luca. "Ascolta, lui è grande e vaccinato e ha fatto le sue scelte"

"Si, lo so"

"Francesca non l'ho più sentita, ma so che ora fa la modella per una linea di moda, è davvero magrissima" Camilla era sempre stata un po invidiosa del fisico della sua ex amica, ma ultimamente l'aveva vista su un giornale locale e non provò più quella sensazione, ma quasi pena.

Camilla osservò il bicchiere di Mattia, e si rese conto che non era più lo stesso.

 

Mattia Scaglioli

 

"Da quanto sei pulito?" Mattia sorrise, notando l'espressione della sua interlocutrice, che sembrava quasi in imbarazzo nel porgli quella domanda.

"10 anni, qualche mese fa" e aprì la giacca grigia che indossava. La donna vide una serie di spille in linea, ognuna di un colore diverso.

"Deve essere dura" Camilla tornò a guardare il suo bicchiere con il vino, poi lo prese e buttò il contenuto nella terra della pianta grassa dietro di lei, assicurandosi che nessuno la stesse guardando.

"Non devi farlo, sto bene" Mattia rise guardando quella scena. Era sempre la stessa Camilla, colei che si preoccupava più degli alti che di se stessa, anche se voleva mostrare solo la parte più dura del suo carattere.

"Voglio farlo"

Mattia come risposta le sorrise in segno di gratitudine.

"A volte è dura. Andare ad una cena, una serata tra amici, in un bar, e ordinare solo acqua, cocktail analcolici, un Crodino o una limonata, mentre tutti davanti ai tuoi occhi possono decidere della loro vita. Però mi ripeto sempre che la colpa è mia, e di nessun altro. Camilla, mi dispiace davvero tanto" Camilla lo fermò alzando la mano e sospirò, mordendosi il labbro, come la prima volta che lo rivide il giorno prima nel suo ufficio. Mattia lo notò subito.

"Mat, mi dispiace di averti incolpato"

"No, a me dispiace averti rovinato la vita"

"Scaglioli, guardami. Davvero credi che la mia vita ora faccia così schifo?" ci fu un attimo di riflessione. No, non credeva che la vita di Camilla fosse ormai rovinata, ma lui sapeva di tutto il dolore che le aveva causato, e sapeva che era impossibile che ciò non avesse influenzato la sua visione, il suo modo di essere.

Stava per rispondere quando il suo iPhone si illuminò sul tavolo per una chiamata. 
Sullo schermo apparve la parola Hilary .

"Porca put" Mattia si bloccò in tempo. Alzò lo sguardo e vide Camilla perplessa.

"Tranquillo, rispondi" vedendo il suo sorriso i nervi dell'uomo si distesero. 

"Le manderò un messaggio"

"È la tua.."

"È mia moglie"




 

SPAZIO AUTRICE

Salve a tuttii, spero che la storia vi stia piacendo. Se è così mi piacerebbe sapere le vostre opinioni. Aspetto le vostre recensioni. In ogni caso grazie a chi ha messo la storia tra le seguite e a chi fino ad ora ha letto tutti i capitoli :)

Simona

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Capitolo 8
*** Hilary ***


Capitolo 8:     Hilary



Camilla Giuliani

"Grazie per la cena" la donna si girò sorridendo verso Mattia, in segno di riconoscenza. 
Doveva aspettarselo. Un uomo così affascinante doveva per forza essere sposato. O almeno fidanzato. Non ci aveva, invece, proprio pensato a questa possibilità.

"Camilla, potrò rivederti?"

"Non credo sia il caso" la bionda pronunciando queste parole si sentì svuotare il cuore.

"Lo capisco"

Camilla lo vide allontanarsi, entrare nella sua macchina, e sparire per il traffico di Milano.

Decise che quello era il momento perfetto per fumarsi una sigaretta. Aveva smesso ormai da qualche anno, e fumava solo in alcune occasioni, ma il sapore che Mattia aveva lasciato ancora una volta nella sua vita era perfetto per una sigaretta. Andò al distributore più vicino e comprò le Marlboro Gold, pacco da dieci. La strada era abbastanza trafficata, e le vie dei Navigli colme di giovani. Milano era meravigliosa, di giorno e di notte.

Accese la sua sigaretta con un clipper che aveva sempre a portata di mano e inspirò a fondo. Espirando guardò il canale accanto a lei e le luci riflesse su esso. Tirò di nuovo e chiuse gli occhi.




 

"Mattia ti prego fermalo" Camilla, per l'ennesima volta era nel panico guardando il quattordicenne Leo rovinarsi la vita.

"Cam, lo abbiamo fatto tutti, anche tu"

"E' una cazzo di regola?" la ragazza urlò contro Mattia, e poi gli sputò vicino le scarpe.

"Ringrazia che non te l'ho fatto finire in faccia"

Vide il riccio ridere. Per quanto volesse odiarlo non ci riusciva; la sua risata, il suo volto, la sua espressione leggermente e perennemente malinconica, facevano crescere in lei il desiderio di averlo solo per se, per sempre.

"Ci hai provato, ma non mi spaventi" Mattia si avvicinò di più a lei, inspirò un tiro di canna e poi lo passò a lei dalla bocca, espirando. La prese per la vita con una mano e la strinse. Camilla inspirò il fumo, e si lasciò andare a quello stupendo e maledetto bacio intriso di odio e amore.

Riaprì gli occhi espirando. Quei flashback la uccidevano. Guardò l'orologio con la sigaretta in bocca. Imprecò a mente sgranando gli occhi e rendendosi conto che erano ormai le 23 passate.
Il giorno dopo si sarebbe dovuta svegliare presto, come ogni mattina. Tolse la sigaretta dalla bocca e corse alla macchina.


 

Mattia Scaglioli

 

Il cellulare di Mattia squillò ancora una volta, due, tre. Sbuffò e lo afferrò, mentre continuava a guidare.

"Hilary, cosa c'è?" rispose un po' seccato. La voce della donna dall'altra parte del telefono gli sembrò parecchio irritata.

"Dove sei?" Mattia girò gli occhi.

"Sto tornando a casa" e riattaccò, sapendo che una volta tornato si sarebbe dovuto sorbire le urla della moglie.

Come avrebbe risolto quella questione?



 

"Eccomi, sono a casa"

Aprendo la porta di casa Mattia urlò per attirare l'attenzione di Hilary, ovunque lei fosse. 
Ed eccola arrivare di fronte a lui, bella come sempre. Capelli rossi corti, guance rosee, occhi verdi. Indossava la sua camicia da notte in seta, comprata qualche settimana prima da Victoria's Secret, e sotto ad essa si intravedeva l'intimo di pizzo nero, questo però comperato da Tezenis. Sulle braccia nude risaltavano i tatuaggi. Ne erano cinque: tre in un braccio e due sull'altro. Una rosa enorme sulla spalla destra, un teschio sull'altra e varie scritte e decorazioni sul resto delle braccia.

"Dobbiamo parlare" gli disse incrociando le braccia al petto e guardandolo severa.

"Ho rincontrato una vecchia amica ieri e siamo andati a cena" confessò Mattia, anche se la sua versione non era molto esatta.

"Chi sarebbe?" Hilary sembrava agitata. Mattia non avrebbe mai voluto farle del male, ma infondo non aveva fatto nulla di cui pentirsi.

Le andò incontro e le accarezzò entrambe le braccia. Ma lei non si rilassò affatto. Anzi, si scostò evitando il suo contatto e sbuffando.

"Mi dispiace" disse l'uomo stampandole un bacio sulla guancia fredda.

"Ti amo Mattia"

Lui non rispose ma sorrise, prima di salire le scale per prepararsi per la notte. Poco dopo lo raggiunse anche la moglie, mentre lui era intendo a leggere "Il vecchio e il mare" di Hemingway comperato quello stesso pomeriggio. Non si rivolsero parola e lei cadde quasi immediatamente in un sonno profondo.

2 a.m.

La stanza era buia, ma non abbastanza da non vedere il viso rilassato di Hilary accanto al suo.

"E se ora ci fosse stata Camilla al mio fianco? Perché non ci siamo fermati prima? Perché non ho smesso con la droga quando me lo chiese lei? Dio quanto vorrei che ci fosse lei in questo letto con me"

Mattia si rese conto degli orrendi pensieri che lo stavano tormentando. Non avrebbe dovuto pensare ad altre donne, ne tanto meno all'unica donna che lui aveva realmente amato. Hilary era, infondo, una brava ragazza. Lo amava, dal primo giorno in cui gli parlò.

Non riuscendo a dormire si alzò e andò in bagno. Si guardò allo specchio prima di aprire il cassetto sotto di lui ed estrarre una boccetta di Oxazepam, un ansiolitico non troppo forte utilizzato soprattutto dalla moglie. Era efficace contro l'insonnia e non era la prima volta che lo prendeva. Non sentiva il bisogno compulsivo di mandar giù quelle pillole, ma lo aiutavano in determinati momenti.

"Una sola pillola, oppure due? No, 
una"

E la mandò giù d'un fiato. Tornò a letto e pian piano l'effetto dell'ansiolitico lo fece cadere in un sonno pesante.

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Capitolo 9
*** Francesca ***


CAPITOLO 9: Francesca

Mattia Scaglioli



La mattina arrivò presto, Mattia quasi non se ne accorse grazie a quella pillola. 
Quando si svegliò la moglie non era accanto a lui. Probabilmente era in cucina a preparare il caffè, perché l'odore arrivava fino alla camera.

Mattia era disteso nel loro enorme letto alla francese, con le lenzuola bianche e lo schienale di legno nero. La camera aveva il pavimento lucido grigio e le pareti erano dipinte di rosso sangue.




 
"Mattia, porca puttana aiutami" Leo era piombato di fronte a lui all'improvviso, con le mani sporche e con troppi fazzoletti tra le dita, che premevano sul naso.
"Ma che cazzo,Leo" disse il riccio con incredibile calma. 
Gli andò vicino e iniziò a tamponargli il naso. Quando il flusso si fu fermato prese l'acqua dal suo zaino e bagnò lo straccio.
"Tranquillo è normale" Mattia lo tranquillizzò, mentre il quattordicenne strafatto davanti a lui lo guardava con lo sguardo perso ma terrorizzato.
Era diverso dal solito. Non era euforico, e aveva le pupille ristrette, quasi inesistenti.
Gli prese il viso con una mano e lo girò da una parte e dall'altra.
"Ma che cazzo fai" Leo con una stretta poco convincente tolse le dita del ragazzo dalle sue guance.
"Ma che cazzo hai preso?" 
"Ero troppo euforico e un mio amico mi ha dato un po di ero"
Mattia si scurì in viso.
"Hai sniffato eroina? Ma ti sei rincoglionito?" Mattia era furibondo. Il suo novellino aveva preso l'iniziativa senza consultarlo, senza chiedergli il suo parere.
"Ma che male c'è?"
"Che male c'è? L'eroina è merda. Hai merda che ti scorre tra le vene" 
"Che differenza c'è tra coca ed ero?"
"Porca puttana, Cam non deve saperlo, mi hai sentito?" gli urlò agitato Mattia a pochi centimetri dalla sua faccia.
Il ragazzino si limitò ad annuire, anche perché non era in grado di pronunciare nulla.





 
"Amore" Mattia tornò alla realtà sentendo la moglie chiamarlo dalle scale "è pronta la colazione" 
Mattia si passò una mano sul viso prima di rispondere un leggero "Arrivo", e si alzò ancora leggermente assonnato.


 
Camilla Giuliani


Nonostante fosse andata a dormire ad un orario non adeguato, Camilla riuscì a svegliarsi prima del solito. Erano le 7:15 quando aprì gli occhi. La sua stanza era fredda, grigia e buia. L'odore di chiuso la irritò. Si alzò velocemente e aprì le serrande, poi la finestra. L'aria primaverile entrò leggera e frizzante, facendosi spazio tra quella stantia della notte.
Uscì sul balcone e guardò il panorama del centro di Milano.
Quella era la vita che desiderava, quella che aveva sempre voluto eppure qualcosa non andava. Sentiva un vuoto, come se mancasse qualcosa.
Prese il telefono e cercò su internet il numero di Francesca. Non sapeva il perché, ma voleva sentirla, o magari incontrarla.
Francesca Di Maio. Modella. Non riusciva a trovarlo. Ma si accorse di un email, e aveva la scusa perfetta per contattarla.

Ore 9.30

"Patrick" Camilla uscì velocemente dal suo ufficio con un bigliettino tra le mani. L'uomo si alzò dalla sua sedia girevole. La sua scrivania era sobria, con qualche foglio sparso, un computer e una pianta grassa all'angolo. 
"Dimmi Camilla" 
"Ho la persona perfetta per il tuo servizio" e gli porse il biglietto con l'email.
Patrick la guardò stupito e incuriosito.
"Chi è?" 
"Una mia vecchia conoscente. Scrivile, vedi cosa ti dice. Offrile il minimo, se non accetta offri di più" Camilla gli sorrise in modo complice.
Essendo nel settore Camilla aveva sentito parlare di Francesca. Si diceva fosse in gamba e anche alla mano. Se non era cambiata da quando la conosceva era sicura che fosse vero. Francesca era sempre stata una ragazza gentile, onesta e con la testa sulle spalle. Era lei che aiutava Camilla quando voleva cacciarsi nei guai insieme a Mattia. Anche lei in passato fu dipendente da droghe, ma ne uscì quasi subito, con la sola forza di volontà. 


 
"Cam, perché continui a sniffare? È una merda" Francesca si rivolse all'amica accanto a lei. Erano sulla panchina, ma Mattia e Luca non c'erano.
"Non lo so Fra" la bionda si portò le mani tra i capelli e li spettinò. Davvero non lo sapeva. Un periodo pensò che forse lo faceva per Mattia, per tenerlo a se, per impressionarlo. E probabilmente all'inizio era cosi. Ma poi tutto iniziò a girare intorno alla coca, all'euforia che le provocava. Cercò di smettere molte volte senza successo. Il primo giorno di astinenza sentiva di poter conquistare il mondo. Sentiva l'energia dominarla e la voglia di vivere.
Dopo qualche giorno però tutto iniziava a diventare difficile. Mangiare, bere, camminare. La sua non era una forte dipendenza, ma sentiva l'assenza. Alla fine, spinta da tutti gli stimoli che aveva attorno - Mattia specialmente - si arrendeva al potere del bisogno. 
"Piuttosto, dov'è Leo?"
"Da un qualche parte a fumare crack"


 

 
Mattia Scaglioli


Ore 10.30


"Bravi, dobbiamo parlare" esordì Mattia entrando in ufficio con un caffè in mano.
"Cosa c'è?" l'imprenditore sembrava fin troppo occupato per ascoltarlo.
"Vanity Fair" Leonardo si bloccò e alzò lo sguardo. 
"Non iniziare"
"Voglio tirarmi fuori da questo affare" Bravi alzò le sopracciglia e sbuffò.
"Non puoi, siamo una squadra, se non mi ritiro io non lo fai neanche tu" 
"Lo so, ma io non voglio saperne ok? Gestiscila tu"
Mattia aveva un piano non molto elaborato, ma doveva funzionare.

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Capitolo 10
*** Luca ***



Capitolo 10:  Luca.



Camilla Giuliani



Erano tre giorni che Camilla non vedeva ne sentiva Mattia, e solo in quel momento si rese conto di non avere il suo numero. Come poteva fare per contattarlo? 
Eppure sapeva che era sbagliato. Non potevano prendersi in giro: non sarebbero mai stati amici o semplici conoscenti.
Camilla voleva dimenticarlo. Avrebbe pagato oro per tornare indietro nel tempo ed annullare l'incontro con gli imprenditori per andare dall'estetista, oppure ad un altro pranzo di lavoro.
Camilla si sentiva così dipendente, come se la sua vita fosse destinata ad una continua sofferenza, ad un continuo contatto e distacco con Mattia Scaglioli. Era davvero così? Era davvero quello il senso della sua esistenza? Quello di aiutare e salvare Scaglioli?


Ore 10:00


"Camilla, Francesca Di Maio è quì" l'assistente l'avvisò tramite i loro telefoni comunicanti d'ufficio e l'emozione iniziò a salire dallo stomaco della donna. Prese un bel respiro e si alzò dalla sedia girevole del suo ufficio sistemandosi il tubino bianco.
Si avviò verso la porta. Prima di aprirla pensò alla sua amica d'infanzia, l'amica storica. Si chiese se fosse ancora la stessa, se l'avrebbe riconosciuta. Per un attimo si pentì di quella scelta e le prese il panico. Ma doveva affrontarlo, aprire la porta e guardarla negli occhi.

Appena Francesca la vide sorrise. Si ricordava perfettamente di lei, come dimenticarla?
"Quando ho letto Vogue nell'email mi è venuto un colpo; quella stronzetta di Camilla ha fatto strada, mi son detta" Francesca, dopo aver pronunciato queste parole, camminò sui tacchi a spillo velocemente e andò ad abbracciarla.
Camilla si trovò un po' spaesata, non seppe bene come reagire e si limitò a ricambiare l'abbraccio, sentendo le ossa della schiena di Francesca premerle contro i palmi e il suo Chanel n.5 inebriarle le narici. L'aveva lì, tra le sue braccia, e in un attimo tornò indietro a 12 anni prima, quando Francesca restava a dormire a casa sua, decidevano cosa ascoltare, che film guardare, cosa indossare. Erano sicuramente maturate e ormai cresciute per quelle cose, eppure Camilla per un attimo sperò di poter recuperare quel rapporto.

Quando l'abbraccio si sciolse la bionda accompagnò Patrick e la sua vecchia amica nell'ufficio.
"Cavolo se ti sei sistemata bene" esclamò la mora sgranando gli occhi.
"Beh, anche tu non devi essere messa malissimo o sbaglio?" Camilla ammicò a Francesca e sorrise, sistemandosi sulla sua sedia di pelle e facendo accomodare gli ospiti.
"Allora, come mai dopo tutto questo tempo hai scelto me per un servizio? Di cosa si tratta?"
"Francesca ti presento Patrick Mastronardi, uno dei migliori fotografi della città" Francesca si voltò verso l'uomo brizzolato e affascinante, sfoggiando il suo più bel sorriso e il suo sguardo da cerbiatta. Lo conosceva Camilla quello sguardo. Quanto sarebbe rimasta delusa la sua amica.
"Molto piacere" la donna stese il braccio e Patrick prima lo fissò un attimo, poi le strinse la mano.
"Piacere mio. Parlando del progetto" esordì l'uomo schiarendosi la voce ed aprendo la cartellina gialla di cartone che aveva davanti a se "il mio sarà un servizio fotografico con tema "Voglia di..", ovvero in ogni scatto verrà rappresentata una situazione di appagamento del piacere: cibo, shopping, sesso, ma anche di voglie e desideri più profondi"
Francesca sorrise e ci pensò un attimo.
"Molto interessante" 
Camilla sorrise e guardò compiaciuta Patrick, che ricambiò lo sguardo. 
Continuarono a discutere i dettagli e in mezz'ora Francesca e Camilla erano fuori dall'edificio.

"Ti offro qualcosa?" le chiese la bionda indicando la caffetteria.
La mora sorrise e fece un segno di negazione con il capo.
"No, grazie"
"Ho rincontrato Mattia" Camilla non riuscì a frenare le parole. Francesca la guardò e poi abbassò lo sguardo. Frugò tra la sua borsa e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette slim e ne portò una tra le labbra. Porse il pacchetto alla bionda, che non si lasciò sfuggire l'occasione e ne prese una.
"Sotto qualche ponte o al cimitero?" non l'aveva mai sopportato più del necessario. Aveva sempre assistito al disastroso effetto che quella relazione aveva su Camilla.
"È un imprenditore" Francesca sgranò gli occhi urlando un "che?" quasi strozzandosi con il fumo. Camilla annuì.
"E' assurdo, e Luca?" la bionda alzò le spalle. "Credo in carcere, o almeno così mi ha detto Mattia" 
"Immaginavo" Francesca portò la sigaretta tra le labbra ed inspirò il fumo mentre toccava con l'indice il labbro inferiore, tenendo la sigaretta vicino la bocca. Camilla vide negli occhi della donna mora la ragazzina di un tempo, quella con una cotta colossale per Luca, quella che voleva aiutarlo, che cercava di calmare gli impulsi criminali del biondo.
"Mi manca" disse con voce sommessa. 
"Dovremmo scoprire come sta" propose Camilla. Francesca la guardò sospettosa.
"Vuoi davvero ricominciare? Cam ci siamo salvate per un pelo lo sai" e la bionda annuì.
"Diamoci una seconda possibilità. Forse le cose saranno diverse"
"Ma non sei incazzata? Quello che hanno fatto a Leo.."
"Certo che lo sono" Camilla si voltò e guardò l'ufficio.
"Devo rientrare. Ti chiamo" gettò la cicca di sigaretta e sorrise all'amica. Lei annuì e la salutò con un cenno.




 
Mattia Scaglioli


"Prego, può entrare" Mattia si alzò dalla sedia della fredda sala d'attesa del carcere e seguì la guardia che aprì due cancelli e lo fece entrare in un'enorme stanza con tavoli e sedie. L'aria era stantia ed impregnata di chiuso e umidità. Si guardò attorno e vide i muri grigi scoloriti con qualche crepa qua e là. Respirando si inalava l'odore di polvere e ferro arrugginito. 
Si chiese come faceva Luca ad essere finito in un posto del genere.

La porta di acciaio di fronte a lui si aprì, e un uomo biondo, alto, muscoloso, con la maglia color panna un po' macchiata e i pantaloni grigi della tuta bucati apparve sulla soglia. Non aveva le manette, nè un'espressione triste. 
Sorrisero entrambi, Mattia si alzò e lo abbracciò. 
"Distanze" urlò la guardia. Mattia si scostò ma non ci fece molto caso.

"Cazzo, Mat, diventi sempre più una testa di cazzo" esclamò Luca accomodandosi sulle scomode panche di ferro.
"Grazie, ti trovo bene anche io" disse ironicamente il riccio.
"Cosa ci fai in questo posto di merda?" 
"Ho incontrato Cam" Luca sgranò gli occhi e sospirò. 
"Ci hai scopato?" Mattia rise.
"Non da 11 anni a questa parte" Mattia sapeva che il tempo era poco quindi si affrettò.
"Quando uscirai di quì?" Luca alzò le sopracciglia e fece un segno di negazione.
"Tra circa un paio di anni se sarò buono" 
"E se ti pagassi la cauzione?" il biondo lo guardò inizialmente senza espressione, come se si fosse perso tra le parole del suo vecchio amico. 
"Non posso chiederti questo" 
"Quant'è?"
"10.000, è troppo anche per te" Mattia rise. "No non lo è. Sarai molto presto fuori di qui" 

Luca abbassò lo sguardo e iniziò a respirare affannosamente. Nessuno credeva in lui, nessuno aveva mai osato mettere una buona parola sul ragazzo biondo iperattivo, con disturbi dell'apprendimento, dipendenza da cocaina e un coltello nello zaino. Eccetto lui, Mattia.



                 
"Luca, ehi, senti, Mattia non mi vuole dare la coca, non capisco perché. Ti prego dammi una dose"
"Fratello stai esagerando, calmo" Luca vide Leo in preda al panico. 
"Ci parlo io con Mat ok? Intanto prendi questa" e gli porse una bustina con polvere bianca. Per un attimo Leo sperò che non fosse bianca, ma più scura, più di un color sabbia. Sospirò in ogni caso grato.
"Grazie"
Tremando la aprì, intrise il mignolo con un po della sostanza e la sniffò. E tutto gli sembrò migliore. Il dolore dell'abbandono della madre, il padre in carcere e la zia pazza, tutto sembrò diventare frivolo in confronto alla sua dipendenza.

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"Mat, Leo è venuto da me in preda al panico per la coca, che cazzo! Dagli una buona dose" Luca iniziò ad agitare le braccia come suo solito mentre parlava.
"Leo deve smetterla, sta esagerando, e Cam finirà per lasciarmi se continuo a dargli la bianca" 
"Anche io ero come lui, ricordi? Tu sei riuscito a farmi calmare. Mi sono dato una regolata con il consumo di sostanze. Mi hai stabilizzato"
"La situazione è molto diversa, tu sei diverso. Stavamo vivendo quella merda insieme, e ne siamo usciti insieme. Lui non ha nessuno che lo capisca in questo momento, e non riesco ad aiutarlo"



Con lo sguardo ancora basso pronunciò un "Grazie" singhiozzando, tra una lacrima e l'altra che gli rigavano il volto e finivano sulle labbra, dove lui prontamente passò la lingua per mischiarle con la saliva.


 

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Capitolo 11
*** Se il passato fosse solo passato ***


CAPITOLO 11: Se il passato fosse solo passato



Camilla Giuliani

 

"Buongiorno Camilla!" l'assistente della direttrice era splendente; aveva un sorriso un po malizioso e felice.

"Gio, stai bene?" le chiese Camilla un po preoccupata. Quella mattina da quando era entrata nello studio di Vanity Fair aveva la sensazione che tutti la guardassero con uno strano sorriso complice.

"Si, tutto bene, ecco il tuo caffè" Camilla la osservò un attimo. Una donna minuta in tailler, sulla quarantina, sempre felice e sorridente. Oggi era diversa.

Prese il suo caffè macchiato lentamente dalle sue mani continuandola a guardare e cercando di scrutare qualche particolare indizio, invano. Ringraziò e si diresse nel suo ufficio.

Quando aprì la porta uno strano profumo la invase. Non capì da dove provenisse. Guardò la vetrata e si rese conto che non poteva provenire da fuori, poiché l'ufficio era al sesto piano di un palazzo in centro, e la possibilità di presenza di fiori era davvero scarsa. Guardò le piante grasse, ma neanche quelle potevano essere. Solo dopo si accorse di un mazzo di fiori sulla sua scrivania. Era una composizione di tulipani rossi e calle, avvolta da una rete gialla che richiamava il pinolo della calla. Si avvicinò esterrefatta, in un primo momento. Appena vide il biglietto le fu tutto chiaro. Avrebbe riconosciuto quella scrittura a distanza di cinquant'anni.

"Incontriamoci sotto l'Arco della Pace alle 21.00 stasera. Ti prego, vieni. M.S."

Nonostante sapesse che era lui dalla sola composizione, quando lesse "M.S." il suo cuore perse un battito. Dopo due settimane di silenzio lo avrebbe visto di nuovo, e questa volta non aveva intenzione di lasciarlo fuggire senza la certezza di poterlo rivedere.

Sotto la firma un P.S. citava "ho cercato il significato delle calle ed ora capisco perché era uno dei tuoi fiori preferiti. Raffinatezza e semplicità. Spero tu non abbia cambiato gusti"

Un sorriso le spuntò dalle labbra inarcate. Prese un tulipano e lo annusò.

 

 

"Adoro i tulipani" esclamò Camilla. Annusò il fiore che ergeva dall'erba di fronte la panchina.

"Ma non ti piacevano le calle?" la voce di Mattia sembrò confusa.

"Si, ma amo anche i tulipani. Lo sai che il fiore che simboleggia il vero amore non è la rosa ma bensì il tulipano? Specialmente quello rosso. Un'antica leggenda racconta che questo fiore sia nato dal sangue di un giovane che dopo una delusione d'amore si uccise" Mattia la osservò nel suo vestitino blu. Chinandosi le sue coscie si erano scoperte più del dovuto, i capelli le erano caduti davanti agli occhi e le coprivano il viso mentre parlava ancora accucciata sul fiore per annusarne il profumo.

"Mah, che ragazza strana" rispose il ragazzo ironico.

Camilla si girò e camminò verso di lui, non staccando mai gli occhi dai suoi.

"Me li regalerai?" la biondina gli accarezzò la guancia, sperando in una risposta positiva.

"Forse" le rispose il riccio, prima di stamparle un bacio sulle labbra carnose.

 

 

Mattia Scaglioli

 

Ore 20:50

 

Il moro, ancora vestito rigorosamente da ufficio, era già sotto l'Arco, in attesa. L'emozione iniziò a crescere. Guardò attorno a lui. Il parco Sempione era ancora aperto ma non raggiungibile direttamente dall'Arco. Di lì a poco sarebbe stato chiuso, per evitare vandalismi notturni. Lungo il corso sempione i tram continuavano le corse, e i turisti con le loro reflex cercavano di cogliere il miglior angolo per una foto del monumento.

 

 

"Fammi una foto" Camilla porse a Mattia il suo Motorola V4 di ultima generazione, sottile ed elegante.

Il ragazzo sbuffò e lo prese controvoglia.

"Più indietro. Devi prendermi tutta nella foto" Camilla era sorridente posizionata di fronte l'Arco della Pace.

"Voglio esserci anche io nella foto" urlò Leo dietro di loro. Mattia lo guardò storto.

"Non fatemi perdere tempo"

Leo andò vicino la sua amica Camilla, che lo prese sottobraccio. Mattia era sempre stato molto sospettoso sul loro rapporto. Perché Cam ci teneva così tanto a quel ragazzino? Non poteva piacergli, era troppo piccolo per lei.

Fece velocemente la foto e la guardò prima di ridare il telefono alla sua ragazza. Pensò che non ci fosse una biondina più bella di lei, con i capelli al vento e il sorriso di chi non dovrebbe mai soffrire.

 

 

 

Cosa sarebbe successo? Un ritorno al passato? Oppure ormai quel passato era stato sepolto?

"Mattia!" una voce lo chiamò qualche metro più lontano. Il riccio sorrise all'amico.

"Sei venuto!" Scaglioli andò contro Luca a braccia aperte.

"Cazzo fratello mi hai salvato! Non penso ti libererai facilmente di me"

"Spero che questa sia una candid camera" la voce di una donna attirò la loro attenzione facendo sciogliere l'abbraccio.

"Porca troia, è impossibile che sia tu" esordì Luca sorridendo. "Francesca" disse a voce più bassa.

La ragazza incrociò le braccia, osservando prima Luca e poi Mattia.

"Siete un incubo"

L'imprenditore scoppiò in una risata, notando come la ragazza non fosse affatto cambiata infondo. Era sempre stata molto scontrosa soprattutto con lui.

Però doveva ammettere che era diventata una bellissima giovane donna, nonostante il palese fisico da passerella troppo scheletrico e poco coperto dal suo abito succinto verde acqua. Sulla spalla un tatuaggio colorato risaltava, e in quel momento Mattia si ricordò di sua moglie. Non l'aveva neanche avvertita del ritardo che avrebbe fatto. Nonostante si sentisse in colpa non prese il telefono, non provò a chiamarla, non controllò i messaggi. La cosa più importante in quel momento era capire se il passato fosse solo passato.

Luca le corse incontro e la prese in braccio. Mattia notò sul viso della ragazza stupore e tensione. Non ne era felice.

"Luca, scollati" lo spinse via sorridendo e aggiustandosi il tubino.

"Non capisco, cosa succede?"

 

Camilla Giuliani

 

Camilla guardò l'orologio dell'ufficio. 20:30. Cazzo, sono in ritardo.

Sistemò la scrivania, prese la sua borsa e ne tirò fuori un rossetto bordeaux. Lo specchio del bagno del suo ufficio rifletteva il volto di una giovane donna, bionda, con le labbra carnose e un vestito elegante. I suoi occhi erano intrisi di speranza. L'avrebbe rincontrato. Si sentiva come una ragazzina al primo appuntamento, quando pensi alle frasi da dire; quando è tutto così poco naturale perché preparato accuratmente in anticipo.

Pensandoci bene odiava quella sensazione. Aveva l'impressione che quel decennio non fosse mai esistito, invece lei aveva bisogno di sapere che quegli anni erano passati per ricordare a se stessa come aveva creato la persona che era ora.

20:50

Speriamo sia ancora lì quando arriverò.

Dopo cinque minuti di camminata circa era di fronte alla fermata della metro sotto il Duomo. Corse per le scale e, per la fretta rischiò, come suo solito, di inciampare su qualche gradino mentre si dirigeva ai binari sotterranei. Arrivata guardò il tabellone. La metro sarebbe stata lì in pochi minuti. Decise di sedersi un attimo e respirare quell'aria a pieni polmoni nonostante fosse stantia e umida. Si guardò attorno e vide due ragazzi seduti dall'altro lato dei binari. Sorridendo continuò ad osservarli, perché le davano l'impressione che si piacessero ma nessuno dei due era abbastanza coraggioso da parlare all'altro. Erano semplicemente lì, seduti uno a qualche metro dall'altra. Lei ascoltava la musica e ogni tanto lanciava uno sguardo al ragazzo, e lui leggeva un libro, tenendo d'occhio la ragazza con la coda dell'occhio. Camilla pensò di urlare loro "Guardatevi", ma poi si rese conto di dover pensare agli affari suoi, senza interferire, perché se uno dei due era davvero interessato in metropolitana si sarebbe seduto accanto all'altro e si sarebbero tenuti compagnia parlando delle loro vite, della musica che stava ascoltando lei e del libro che stava leggendo lui, in mezzo a quella mole di gente frettolosa e dinamica nella metro.

 

 

"Guardalo quanto è bello" la quattordicenne Camilla era quasi in estasi. Sospirò, guardando il riccio seduto sul muretto di fronte il loro nuovo liceo.

"Ma chi?" le chiese la sua storica amica Francesca, cercando di individuare l'oggetto del desiderio dell'amica dal suo sguardo.

"Quello riccio lì infondo"

Francesca lo notò. Capelli mossi, occhi azzurri, sigaretta alla mano, vestiti larghi e giacca sportiva da basket.

"Quello è Mattia Scaglioli" la bionda la fulminò con lo sguardo.

"Come fai a conoscerlo?"

"Vive più o meno vicino casa mia. Stagli lontana, ti conviene"

Camilla lo osservò. Sparì tutto attorno a lei nel momento in cui lui ricambiò lo sguardo mentre mentre gli amici stavano discutendo. Fece un tiro di sigaretta guardando ancora la bionda, poi tornò a parlare con i compagni.

"Se gli interesso sarà lui a venire da me" rispose a Francesca, che girò gli occhi.

"Io ti ho avvertita"

 

 

La metropolitana sfrecciò davanti a Camilla che si alzò di fretta e salì al volo sul vagone di fronte a lei. Decise di scendere a Pagano, la quinta fermata dal Duomo, invece di Cairoli dato che alle 21:00 il parco Sempione sarebbe stato già chiuso e non avrebbe potuto attraversarlo, quindi si sedette di fronte ad una signora intenta a leggere proprio Vanity Fair, ma non le disse nulla. Era curiosa di vedere le sue espressioni. Arrivata alla stazione di Pagano scese. Guardò di nuovo l'orologio. 21:10. Già 10 minuti di ritardo. E le aspettava ancora un chilometro di strada a piedi. Perché quella mattina non uscì con la sua amata Land Rover grigia?

Arrivò con il fiatone di fronte l'imponente Arco alle 21:38, pregando che Mattia non se ne fosse andato.

"Cam, ma dove diamine eri?" una voce femminile urlò questa frase. La bionda si girò di scatto e vide Francesca. Poco dietro Luca e Mattia la seguivano.

Nonostante la felicità e lo stupore, in un certo senso si sentì delusa, come quel giorno che, invece di trovare l'imprenditore Mattia Scaglioli nel suo ufficio, si trovò di fronte allo sgorbutico Bravi.

"Incredibile, cosa ci fate tutti quì?" Camilla abbracciò Francesca, poi Luca e infine strinse la mano a Mattia, e quel contatto le provocò una sensazione molto più intensa rispetto agli abbracci.

"Camilla Giuliani, sei stupenda" Luca le prese una mano e scherzosamente gliela baciò.

"Ma che gentiluomo" e la bionda rise.

"Scusate se vi ho scomodati, volevo solo rivedervi" esordì Mattia. Erano lì, di nuovo insieme, uniti. Ma qualcuno mancava.

"Ho pensato di andare a trovare Leo tutti insieme" disse il riccio, come se avesse letto nella mente della bionda, che guardò ai suoi piedi pensierosa. Prese un bel respiro e annuì. Guardò gli altri due vecchi amici. Entrambi appoggiarono l'idea.

"Non è molto lontano da quì, ricordate?" Camilla sentì l'ansia crescere e annuì, mentre tutti si girarono verso di lei.

"Andiamo"

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Capitolo 12
*** Bianco o nero ***


CAPITOLO 12 : Bianco o nero.





Camilla Giuliani



Camminando al fianco dei suoi vecchi amici Camilla sentiva l'ansia crescere. Una strana sensazione di disgusto si fece largo nel suo stomaco, ricordando ancora una volta una delle scene più macabre della sua vita, ma non la peggiore. 



 
"Leo, tutto andrà bene" 
Il quattordicenne, ormai stremato dai conati e dalle convulsioni, era raggomitolato su se stesso tremolante. In casa, oltre a Mattia, Camilla, Luca, Francesca e Leo non c'era nessun altro.
La stanza di Mattia era ormai sudicia e l'odore acre del vomito provocava ai presenti un'improssiva sensazione di acido gastrico in bocca. La stanza era illuminata solo da un abat-jour con luce gialla da comodino. Il letto da una piazza e mezza su cui era disteso inerme Leo occupava quasi tutta la stanza. Le lenzuola di cotone stropicciate erano ormai impregnate del sudore del ragazzo. 

"Datemi una dose vi prego" il ragazzino disteso sul letto alternava momenti di pianto ad altri di irritabilità, sempre in preda agli spasmi. 
"Ne devi uscire. Un giorno di astinenza dall'eroina ti farà bene" disse Mattia, seduto sulla sedia della scrivania intento a sciogliere del fumo.
"Lo devi fare proprio quì?" gli chiese Camilla fulminandolo mentre accarezzava i capelli di Leo.
"Qualche tiro di hashish lo farà sentire meglio" disse, chiudendo accuratamente e velocemente lo spinello. Lo accese, e l'odore forte del fumo si mischiò immediatamente a quello del vomito e dell'alcool che Leo aveva bevuto per combattere l'astinenza. Si alzò e passò lo spinello al ragazzino che, fremendo per la voglia di droga insaziabile, fece due profondi tiri, prima di consegnarla nuovamente al sedicenne riccio. Le convulsioni si calmarono leggermente per il piacere, ma poco dopo il suo corpo cominciò di nuovo a muoversi spontaneamente.

Camilla vide negli occhi del quasi quindicenne che la fissavano delle lacrime amare, unite ad un'espressione di dolore e sofferenza. Lo vide inarcare la schiena e gonfiare il petto. La ragazza si spostò velocemente dal suo fianco poco prima che vomitasse proprio dove era lei. 
"Che schifo cazzo" Luca si voltò, mentre Mattia restò impassibile. Camilla, invece, si sentiva esausta. Era stanca di quella vita, stanca di vederlo stare così, stanca di sapere che infondo la colpa era solo loro.
"Io non riesco più a star qui" Francesca uscì correndo dalla stanza con le lacrime agli occhi e scomparve nel buio del pianerottolo di casa Scaglioli.
"Mat, vai a prendere dei fazzoletti, un secchio con acqua e detersivo e uno straccio per favore" disse Camilla con voce insofferente. Guardò l'orologio. 2:10. Erano ormai parecchie ore che Leo non assumeva più eroina, e la ragazza iniziò a domandarsi quando quella tortura sarebbe finita.

Pulì tutto il pavimento di legno della stanza. Leo si era calmato e gli spasmi cessarono. Era ormai assopito e stremato.

Camilla scoppiò in lacrime sul ciglio della porta una volta lasciato lo straccio nel secchio. Mostrare la sua forza per aiutare il ragazzo l'aveva portata ad una profonda tristezza e debolezza. La vista le si offuscò e sentì le gambe cedere. I polpacci erano in fiamme. Si sentiva morire dentro.

Mattia si accorse del collasso fisico e mentale della sua ragazza e, balzando dalla sedia, la prese prima che potesse cadere a terra. Piangeva. E vederla piangere scombussolava la sua freddezza.
"Tieni, dobbiamo restare svegli" il ragazzo cacciò una bustina dalla tasca del jeans e gliela porse. Camilla lo guardò. Era arrabbiata. Non voleva assumere nulla in quel momento, ma una semplice dose di caffeina non l'avrebbe aiutata. Doveva restare attiva, per Leo.
Aprì la busta di plastica con due grammi di coca all'interno e ci immerse l'indice. Poi sniffò.
Sentì subito l'energia iniziare a girare nel suo corpo. Francesca era di fronte a lei, Luca abbracciato alla sua amica, per consolarla. Guardò di nuovo la bustina, poi Mattia.
E ne sniffò ancora, fin quando non sentì più il suo corpo abbandonarla. 



"Ragazzi" Camilla si fermò. Cosa pensavano di fare? Riaprire vecchie ferite come se quegli anni non fossero mai passati? Tutti cessarono di camminare e si girarono verso di lei. La bionda vide nello sguardo di Francesca comprensione. Nonostante tutto quel tempo, la sua vecchia amica riusciva a comprenderla solo con uno sguardo. 
"Io non vengo, scusatemi" Camilla indietreggiò, come per sottolineare la sua assenza. 
"Ti prego" Mattia la raggiunse velocemente, mentre Francesca e Luca restarono ai propri posti. Nessuno sembrava sorpreso. Mentre camminavano in silenzio, senza pronunciare una parola ma solo con il rumore dei loro passi sull'asfalto, ognuno di loro aspettava la resa di qualcuno, specialmente di Camilla.
La ragazza sorrise al moro e fece qualche passo avanti per raggiungerlo. Si specchiò nei suoi occhi verde smeraldo. Nonostante il suo sguardo fosse più dolce e maturo di prima, per un attimo si sentì di nuovo di fronte al ribelle del liceo che le scrutava l'anima. 
Con una mano gli accarezzò delicatamente il viso e quel contatto suscitò in entrambi un brivido che partiva da lì dove le dita di lei sfiorarono la pelle di lui, lungo tutta la schiena, impercettibilmente agli occhi degli amici.
"Scusa" sorridendo Cam lo prese per mano per un attimo e si allontanò, salutando con un cenno gli altri.
Non voleva ripiombare nell'oscurità. Il suo passato era troppo buio, sotterrato nella terra fredda.




 
Mattia Scaglioli



La guardò andar via, senza fermarla. Come poteva biasimarla? Però qualcosa ancora non gli quadrava. La faccenda di Leo aveva scosso tutti, ma lei maggiormente, e l'uomo dopo undici anni ancora non si spiegava il perché.
Intento a osservare le gambe della bionda su bellissime decollete nere a punta allontanarsi sempre di più da lui, non si accorse immediatamente di ciò che lei gli aveva lasciato nella sua mano. La aprì e vide un biglietto da visita bianco con le scritte dorate e nere.

"Camilla Giuliani
Redattrice di Vanity Fair, Milano"


Sotto vi era il numero di telefono e la via dell'ufficio. Lo girò e una seconda serie di numeri attirò la sua attenzione. Era il numero di telefono privato. Probabilmente ne aveva uno per il lavoro e uno per i contatti personali. Se lo sarebbe dovuto aspettare da lei, sempre così precisa ed efficiente.
"Mattì, allora?" la voce di Luca lo risvegliò.
"Eccomi"
Si infilò il bigliettino in tasca e tornò sui suoi passi.


 

Camilla Giuliani

Ore 00:30


L'appartamento di Camilla era ordinato, all'apparenza. Non era mai in casa, quindi non aveva neanche il tempo di mettere in disordine. La mattina si faceva una doccia, si cambiava, truccava e usciva. Il letto era l'unico mobile che dimostrava la presenza di un inquilino nell'appartamento, dato che una volta sveglia non rimetteva mai a posto le coperte e lasciava il letto da una piazza e mezzo disfatto. L'arredamento era essenziale ma elegante, un po' come il suo ufficio. Amava mettere un po' di se stessa nei luoghi dove viveva. Contrasti tra mattonelle scure e pareti chiare o viceversa. Il bene e il male, giusto e sbagliato. Sta ad ognuno di noi decidere qual è il colore che rappresenta il buono e quale il cattivo, senza dare per scontato che il nero sia il più oscuro tra i due.

Per lei infatti era il bianco il colore del male, come la cocaina, come il colore della pelle di un drogato o di un cadavere. Il bianco le aveva rovinato la vita nonostante prima amasse quel colore puro e ingenuo. 

Ora la bionda era sul divano di pelle marrone, che profumava ancora di nuovo, con i piedi sul tavolino di vetro scuro. Sopra di esso era poggiata una bottiglia di Jägermeister, mentre il bicchiere con il liquore era in mano a Camilla. Il posacenere accanto all'amaro conteneva cinque cicche di sigarette spente nell'arco di quelle ore. Nella stanza risuonava, dalle casse ai lati del televisore appeso sul muro nero opaco di fronte a lei, la sua personale playlist della sera. "No Grey" dei The Neighbourhood. 

 
                                             "Everything is black and white, no grey" 

 
Sorrise. Lo trovò buffo, lei adorava il grigio. Era come non voler ammettere l'esistenza degli estremi. Eppure era vero: il grigio nella vita reale non esisteva. Potevi rimandare una scelta, ma prima o poi si arriva ad una decisione. Bianco o nero. 

Il suono della sua suoneria la fece sobbalzare, afferrò velocemente il telefono. Numero non registrato. 

"Pronto?"

"Camilla?"

"Si"

"Ho combinato un casino, sono un casino" Mattia trascinava le parole. La ragazza poteva quasi sentire le sue lacrime rigarle il volto. 

"Che hai fatto?" dalla voce della bionda traspariva preoccupazione.

"Lo sai" Camilla capì immediatamente.

"Dove sei?" gli chiese mandando giù un groppo di pianto, cercando di farsi forza.

"Non importa. Ovunque sono sarò sempre tra le mani del diavolo" 

"Mat, tesoro, dimmi dove sei" 

Tornare al passato.

"Io ti amo"

Di nuovo.

"Lo so, ma voglio che tu me lo dica negli occhi, come quando ci siamo fidanzati lo ricordi?"

Essere forte per lui.

"Sono alla panchina"

Correre da lui e salvarlo dai suoi incubi. 

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Capitolo 13
*** Smith&Wesson Modello 57 ***


SMITH&WESSON Modello 57


 
Mattia Scaglioli
 
 
 
Si era allontanato dalla panchina, nonostante Camilla gli avesse detto espressamente di aspettarlo lì. Aveva oltrepassato la rete che divideva il parco con la loro panca tra le altre su una lunga via con i ciottoli, e i binari. C'era solo un piccolo marciapiede, dove aveva poggiato il suo peso, tenendosi con le dita aggrappato alla rete dietro di lui. Non voleva farlo davvero, eppure sentiva che era la cosa giusta. Pensò ai suoi amici, alla sua famiglia un po' distrutta, alla sua vita, e capì che infondo nessuno avrebbe sentito la sua mancanza più di quanto lui stesso sentiva la mancanza di qualcosa che lo completasse. Aveva pensato di ricominciare con la droga; un'esistenza portata avanti strisciando, ma comunque portata avanti. Però si rese conto che quel suo gesto avrebbe distrutto la vita di molte persone più di quanto non l'avrebbe fatto la sua morte.
 
Alzò lo sguardo dai binari al muro oltre di essi. Di fronte a lui la scritta "Scaglio" risaltava sugli altri graffiti di ogni tipo e colore. La sua firma, per far capire a chiunque passasse in treno o lungo il parco che quello era il suo posto, il suo mondo, e nessuno doveva permettersi di reclamarne la proprietà.
 
"Mattia" si girò in modo cauto, per guardare negli occhi l'unica persona che poteva fargli cambiare idea, e lo sapeva per certo. In quel momento sul binario opposto a quello più vicino a lui sfrecciò un regionale, e si alzò un forte vento, che fece muovere i suoi ricci e i capelli biondi della donna dietro di lui. Il rumore metallico del treno che correva sui binari prese il posto dei suoi pensieri per un attimo. La vide sorridere e avvicinarsi. Nonostante avesse un tubino tentò di arrampicarsi sulla rete.
 
"Che fai? Stai indietro" le urlò sgranando gli occhi. La stava mettendo in pericolo.
 
"Stai zitto" rispose la bionda affaticata dall'arrampicata. Lui la aiutò a scavalcare la rete e la trovò con il viso rivoltò verso di lui dopo pochi secondi.
 
"Mattia Scaglioli, tra pochi minuti un treno passerà, senti il campanello?"
 
L'uomo tese l'orecchio attentamente e nell'udire quel suono l'agitazione iniziò a crescere in lui; un misto di adrenalina e terrore. Doveva salvarla.
 
"Devi tornare dall'altra parte"
 
"Senza te non ci torno"
 
 
 
Camilla Giuliani
 
 
 
Cercava di non lasciar trasparire la sua paura, quella che aveva provato altre volte, in situazioni simili a questa. Osservava i binari, con la testa svuotata e lo stomaco sotto sopra. Di li a poco sarebbe passato un treno nel binario più vicino al pezzo di marciapiede dove erano poggiati oltre la rete. Doveva sbrigarsi.
 
Si voltò verso Mattia. Aveva il viso terrorizzato ma allo stesso tempo convinto di ciò che voleva fare. Gli si formarono delle rughe di nervosismo sulla fronte e il suo respiro era affannato. Boccheggiava, come se volesse dire qualcosa. I ricci scompigliati e gli occhi così rossi dovuti al precedente pianto lo trasformarono, agli occhi di Camilla, nello splendido sedicenne di dieci anni prima. Si sentiva così lui, in quel momento.
 
 
 
Camilla era nella sua cameretta con le pareti rosa e il profumo di lavanda delle lenzuola pulite. Parte dei muri era coperta con poster di Eminem, Rihanna e Brad Pitt. Li aveva messi quando era più piccola e non aveva mai pensato di staccarli dalla parete, poiché infondo erano importanti per il suo passato, e di conseguenza per il presente e il futuro.
 
Sentì qualcuno urlare il suo nome, sotto la sua finestra. Tese l'orecchio aspettando un altro segnale.
 
"Caam" riconobbe il timbro, ma sentiva una strana pesantezza arrivare insieme a quella voce. Corse alla finestra e l'aprì, senza controllare prima chi fosse. Al piano di sotto Mattia camminava avanti e indietro, tormentandosi i ricci e portando le mani sul suo viso, per asciugare le lacrime.
 
"Matt ma che cazzo fai"
 
"Dovevo essere io, lo sai"  Camilla non rispose ma abbassò lo sguardo "Volevo solo salutarti"
 
La ragazza rialzò lo sguardo e vide Mattia con una pistola. La riconobbe; era quella che utilizzava in caso i suoi "clienti" non rispettassero il pagamento: una Smith&Wesson modello 57, donatagli dal suo fornitore di coca, probabilmente rubata in uno scambio finito male. Non aveva mai colpito nessuno, la usava solo per spaventare chi voleva fregarlo. Gli serviva, poiché essendo così giovane molti credevano di poterlo derubare sotto il suo naso; ma lui non era affatto stupido. Riusciva sempre a farsi rispettare, con le buone o con le cattive. Camilla l'aveva presa in mano un paio di volte, sfoggiandola scarica davanti al viso del suo riccio, ridendo.
 
"Mettila giù" lo intimò alzando le braccia.
 
"Cosa? No amore non ti farei mai del male, non capisci?" urlò, piangendo e agitando il revolver.
 
"E' per me" disse puntandoselo sulla tempia destra. Camilla sbarrò gli occhi, boccheggiando. Sentì il pranzo risalire e pensò che da un momento all'altro la testa del suo ragazzo sarebbe stata sparsa di fronte il suo portone.
 
"Mettila giù" ripeté la bionda. Ora anche lei piangeva e singhiozzava.
 
"Addio" il ragazzo chiuse gli occhi. Camilla, urlando un inquietante "No" si abbassò, nascondendosi dietro al muro della sua cameretta, accucciata. Nel giro di due secondi si sentì uno sparo, e lei pensò di esser morta di nuovo, durante quelle settimane. Pensò di doversi alzare, dover affrontare il cadavere spappolato del suo ormai ex ragazzo. E lo fece, si alzò e lentamente di affacciò alla finestra. Ma quello che vide fu Mattia sanguinante dal fianco destro e Luca che lo teneva fermo. Il revolver era volato oltre le siepi, e dalla sua finestra era ben visibile. Pianse, di sollievo, e si affrettò a scendere.
 
Da quel giorno, Camilla non fece che ringraziare Luca per aver salvato il suo primo amore, spingendolo al momento dello sparo. Era arrivato giusto in tempo, aveva visto il suo amico e lo aveva salvato, per evitare l'ennesima tragedia.
 
 
 
 
 
Mattia Scaglioli
 
"Mattia, non è stata colpa tua" gli ripeté Camilla.
 
"Si invece" urlò il moro per non ascoltare più i suoi pensieri. Il treno si vedeva in lontananza, fischiava. Camilla lo guardò, cercando di restare calma.
 
"Vuoi che moriamo entrambi?" Mattia la guardò. Poi si girò ad osservare il treno. La sua velocità li avrebbe trasportati sotto i binari in pochi secondi.
 
"Va bene" prese velocemente la donna e la spinse oltre la rete. Guardò ancora una volta il primo vagone, a poche decine di metri da lui e poi guardò la bionda. Doveva riconquistarla, e se fosse morto non avrebbe potuto più farlo.
 
Il fischio del treno infastidì le sue orecchie mentre risaliva la rete. Si gettò a terra velocemente, sporcando i suoi vestiti firmati di terra e breccia. Camilla si inginocchiò accanto a lui e gli prese il viso. Dopo pochi secondi gli tirò uno schiaffo. Mattia se l'era immaginato. Accade anche quella volta del revolver che, nonostante lui stesse sanguinando dal fianco, lei gli tirò uno schiaffo.
 
Sorrise, come per dire "lo sapevo", e si sedette sull'erba, mentre il treno faceva muovere le foglie e i loro capelli.
 
Guardando di fronte a lui le figure distorte dei vagoni che sfrecciavano sui binari esclamò:
 
"Sono stato io Cam: io ho ucciso Leo"
 
 
 
 
 
*Spazio Autrice*
 
Salve a tutti lettori. Non so se la storia vi stia piacendo o meno, se la seguite da tanto o se avete letto pochi capitoli. In ogni caso volevo scusarmi. Non aggiorno da più di un mese per ottime ragioni. E' stato un mese molto difficile: ho perso una figura importantissima per me, e non ho avuto tempo ne voglia di scrivere. Cercherò di impegnarmi e trovare la forza di aggiornare più spesso, ma in caso così non fosse scusatemi in anticipo.
 
Fatemi sapere se devo continuare questa storia o se è meglio che la elimini immediatamente ahahah
 
Grazie a tutti :)
 
Simona.
 
PS: Scusate per qualche errore, provvederò a revisionarla il più presto possibile.

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Capitolo 14
*** 14. Leo ***


14. LEO



15 Novembre 2004

11:35 p.m.

La pioggia non cessò di cadere per un solo minuto quel giorno. Era come se il cielo prevedesse una catastrofe, come se i fiumi d'acqua che scorrevano per le strade di Milano sotto le nuvole nere e cariche dovessero trasportare via la tristezza di quella giornata cupa.

In realtà a Mattia quel tempo piaceva. Amava il rumore delle gocce che cadevano sul pavimento del suo balcone. Guardando fuori dalla finestra della sua camera inspirò un tiro della sua canna e lo trattenne per un po' nei polmoni, mentre il computer sulla sua scrivania riproduceva "Still D.R.E."di Dr. Dre. Una saetta spaccò il cielo e venne riflessa sulle strade bagnate. Milano non si sarebbe addormentata neanche con quel tempo, però il suo quartiere era un'altra storia. Ogni tanto qualche macchina che passava sotto la sua villa si annunciava con il rumore delle ruote sulla strada impregnata, per il resto però il quartiere dormiva. Mattia aprì la finestra, e il suono delle gocce si intensificò. L'aria uggiosa lo investì, provocandogli un sorriso. Prese il telefono e cercò "Cam" tra i contatti preferiti. Si morse il labbro inferiore secco per il nervosismo. L'avrebbe dovuta chiamare? Quel pomeriggio avevano litigato, e lui si era permesso di tirarle uno schiaffo. Si odiava, non se lo sarebbe mai perdonato. Era fatto e arrabbiato per le parole di Camilla. Lei lo spintonò e lui, in un attacco di ira, le fece scrocchiare il palmo della mano sulla sua guancia. Lei pianse, e Mattia si sentì distrutto.

Mentre ripensava a quel pomeriggio, sul suo telefono apparve la scritta "Socio".

"Luca, bello, che fai?"

"Mattia corri subito al mio garage" la sua voce spezzata era accompagnata da urla in sottofondo. Urla di dolore che il riccio aveva già sentito.

"Che cazzo è successo?" il rumore della pioggia intensificò l'ansia del ragazzo, e il vento che entrava dalla finestra, che egli tanto amava, aumentò il gelo che sentiva dentro. Aveva capito.

"Tu vieni"

Correndo sotto la pioggia, Mattia sentì i polmoni bruciare. Non aveva più così tanta resistenza. Non era più così forte, non riusciva a correre o a urlare come prima. La sua voce era diventata rauca e debole. I suoi muscoli si indolenzivano più spesso, quando non era sotto l'effetto della cocaina. Il punto era questo: lui non era più nessuno senza la droga. Quando era pulito si sentiva inutile, un'anima vagante che mentiva a se stessa. "Posso farcela, posso sconfiggere la coca", ma quante cazzate. Non poteva farlo. La coca era ormai parte del suo sangue, doveva iniettarla più volte al giorno e sentirla circolare, dando scosse ai suoi nervi. Era la sua identità.

Vide Luca fuori dal garage e rallentò, prendendo un grande respiro e facendo entrare nei polmoni l'aria uggiosa. Aveva i capelli bagnati e il viso zuppo. Con la manica della felpa cercò di asciugarsi gli occhi, con poco successo. Il biondo lo intimò ad entrare il più velocemente possibile, e appena furono dentro Luca chiuse la serranda.

La scena che si trovò di fronte gli sembrò un deja vu: Leo disteso su una coperta poggiata sul pavimento lurido, con le convulsioni e gli occhi bianchi. I capelli castani del ragazzino erano sporchi, le guance ricoperte della schiuma che usciva dalla bocca. Le sue braccia erano tutte bucate e livide, e il corpo bianco cadavere.

"Che cazzo ha preso?" Mattia urlò contro l'amico, visibilmente scosso.

"Non lo so, è arrivato qui ed è svenuto"

Mattia cercò nelle tasche del ragazzo e trovò della carta argentata. Eroina. Ne aveva assunta troppa. Ma non era sicuro che non avesse assunto anche coca.

"Prendi il Narcan, muoviti" ordinò il riccio al biondo, che corse a prendere il necessario. Mattia accarezzò il viso di Leo e sentì nello stomaco la cena risalire. Non poteva permetterlo.

Sentì la serranda del garage aprirsi e si girò velocemente. Camilla e Francesca erano sotto la pioggia, ma il riccio notò solo la bionda, con i capelli fradici e il mascara della giornata colato lungo le guance. Indossava il pantalone del pigiama e la felpa dell'Adidas grigia larga che le aveva regalato lui.

"Di nuovo?" gli urlò contro, come se la colpa fosse solo ed esclusivamente di Mattia, e lui questo non lo capiva affatto. Leo aveva preso le sue decisioni.

Luca passò il flacone di naloxone all'amico, che velocemente infilzò con l'ago il tappo e aspirò il contenuto.

"Aspetta, è in overdose?" la voce di Camilla si spezzò, e la ragazza iniziò a piangere.

"Stai zitta" le urlò contro Mattia, prima di iniettare il Narcan nel braccio del ragazzo.

Luca continuava a ripetere "Funziona, ti prego", Mattia iniziò a versare qualche lacrima. Dopo pochi secondi Leo ancora non migliorava.

"Perché non funziona?" Luca alzò la voce.

Mattia lo guardò e scosse la testa, in segno di fallimento.

"Sta soffrendo inutilmente, non ce la farà, è da troppo in queste condizioni" il riccio si asciugò le lacrime, mentre dietro di lui Camilla urlò disperata e Francesca, in un pianto sommesso, abbracciò l'amica.

"Cosa facciamo?" chiese Luca. "Non mi può morire in casa" sussurrò a Mattia per non farsi sentire dalle ragazze che, sicuramente, si sarebbero agitate ancora di più.

"Mettiti i guanti e passameli" Luca lo guardò interrogativo.

"Che cazzo avete intenzione di fare?" chiese Francesca, provocando l'agitazione di Camilla che, tra un singhiozzo e l'altro non aveva notato nulla.

"Dovete uscire" disse Luca.

"Neanche per sogno" Camilla si liberò dalla stretta di Francesca e piombò sul ragazzo inerme. Mattia la prese e la spinse dietro di lui.

"Guardate in che cazzo di condizioni è! Sta soffrendo senza motivo, morirà in ogni caso, lo capite? Se chiamassimo i soccorsi arriverebbero tardi e ci metteremmo in un mare di casini con tutta la droga che abbiamo ed il resto. Ci abbiamo provato, ma è tardi, è solo questione di minuti"

Tutti si girarono verso Leo. Era ancora lì, ma le convulsioni erano diminuite. Gli occhi erano aperti e il respiro irregolare. La crisi respiratoria stava giungendo al termine. Presto avrebbe esalato l'ultimo soffocato e debole respiro.

"Aspetta, no" Camilla prese Mattia per il braccio, piangendo, e lui la alzò lentamente. La ragazza era troppo debole per opporsi. Francesca la abbracciò, premendo il suo petto contro la fronte della bionda.

Mattia e Luca si guardarono. Non ne andavano fieri, affatto. Il moro strinse i pugni e scansò la folle idea di iniettarsi dell'eroina anche lui per calmare i nervi. E fu allora che capì quanto provava ribrezzo verso se stesso. Era arrivato al punto di uccidere uno dei suoi migliori amici per evitare la prigione. Era sul punto di avere un attacco di panico quando guardò Leo negli occhi. Lo doveva fare per dargli pace.

"Addio Leo" sussurrò Mattia, prima di tappare il naso e la bocca dell'amico quindicenne il più velocemente possibile. Luca non riuscì ad aiutare l'amico poiché un conato di vomito gli salì dallo stomaco e corse fuori. Francesca strinse forte le palpebre e si poggiò a Camilla, che a sua volta era racchiusa tra le sue braccia.

In pochi secondi, in cui il riccio rimase con gli occhi chiusi con le ciglia impregnate di lacrime e il respiro trattenuto, il quindicenne smise di muoversi. Il suo cuore si fermò, le braccia caddero senza vita e la respirazione cessò.

Leo morì alle 00:13 del 16 Novembre del 2004.

Mattia sentì un pezzo di se stesso volar via insieme all'anima del ragazzo. Era condannato. Aveva spezzato una vita, sperando che fosse la cosa più giusta da fare.

Si accorse che tutto attorno a lui era fermo. Si concentrò sul rumore delle gocce cadere e sul rombo dei tuoni. Non sentiva nulla dentro di se, in quel momento. Si concesse solo un attimo di riflessione, cercando di non cadere nel buio che sentì sotto i suoi piedi; cercando di immaginare la vita di Leo in un posto migliore; provando a rallentare i battiti del suo cuore.

"Sei solo un assassino" sentì la voce di Camilla confermare le sue idee.

"Ho dovuto farlo" si alzò e vide la sua ragazza con lo sguardo perso. Camminò lentamente, si accasciò accanto al cadavere ancora caldo e gli stampò un bacio sulla guancia dopo avergli accuratamente chiuso gli occhi.

"L'hai fatto solo per poi spostarlo senza problemi e non chiamare nessuno. Volevi solo parare il tuo culo di merda. Vuoi solo proteggere la tua schifosa cocaina" Camilla, con gli occhi rossi e vuoti, guardò quelli in lacrime di Mattia. Lui osservò le labbra screpolate, e lei gli sussurrò "Ti odio così tanto che spero di trovarti morto come Leo". Detta questa frase se ne andò con Francesca, lasciando il riccio e Luca con il cadavere del quindicenne consumato dalla droga.

Il quattordicenne Leo, invece, parlava di viaggiare, del futuro radioso che avrebbe voluto avere. Leo era il ragazzo che amava il sole e le belle giornate, l'odore dei fiori e il calcio. Leo parlava di musica e di vita, delle ragazzine della sua classe. A Leo piaceva studiare la fisica, la matematica e la chimica. Voleva studiare per diventare ingegnere. Leo amava veder sorridere i suoi amici, soprattutto Camilla. Ogni tanto faceva qualche battuta, anche pessima, per sentire le loro risate. Li seguiva ovunque, per lui erano un esempio; eppure il suo mentore per eccellenza fu la causa della sua morte.

La mattina del 16 Novembre tutti i notiziari e i giornali parlavano di Leo. Questo ragazzo quindicenne era stato ritrovato in un parco, famoso per il giro di eroina, a poche centinaia di metri dalla sua casa. Era un'evidente tragica morte da overdose di eroina. 

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