The Prisoner

di AliceMiao
(/viewuser.php?uid=821115)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: La prigione nel faro ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***



Capitolo 1
*** Prologo: La prigione nel faro ***




Un odore nauseabondo di sangue aleggiava in tutta la stanza. Le pareti erano scure, nere, ma con qualche schizzo rosso. Anche le piastrelle del pavimento, una volta grigie, avevano preso un colore rossastro. Dalla sua posizione poteva osservare tutta la stanza: a destra c'erano dei pugnali, dei coltelli e altri oggetti affilati; a sinistra un tavolo, con delle catene attaccate che penzolavano nel vuoto tra il tavolo e il pavimento: davanti a lui c'era una porta, blindata e chiusa a chiave. Tuttavia non la poteva vedere bene. Delle sbarre gli impedivano la perfetta visuale della porta. Perché sbarre? Semplice: era in gabbia. Una gabbia piuttosto misera, aveva giusto lo spazio per sedersi e allungare un po' le gambe. Indossava degli abiti stracciati e sporchi del suo sangue. La gabbia era alta appena più di lui, impedendogli così di alzarsi. Come se ne avesse avuto la forza, dato che lo tenevano a digiuno da mesi. Era sempre così: lo nutrivano una volta, poi facevano passare 4-5 mesi e lavoravano su di lui. Questo si ripeteva ormai da 4 secoli. Da 4 secoli era un animale da laboratorio, su cui il padrone effettuava esperimenti o semplicemente sfogava la sua rabbia dopo aver perso una partita a carte contro gli amici. Il suo padrone era un lupo mannaro, mentre lui era un vampiro. 
Sentì la porta aprirsi e alzò lo sguardo verso di essa. Comparve un uomo alto, grosso e piuttosto su con l'età, dato che mostrava una quarantina d'anni. I capelli neri e ricci erano corti, mentre gli occhi erano rossi. Indossava un camice bianco sporco di rosso, lo stesso che aveva il giorno precedente, mentre i pantaloni erano neri e le scarpe anche. Dietro di lui comparvero altri due uomini, vestiti di nero: le guardie. 
"Bene bene... Direi che il nostro amico ha digiunato abbastanza no?", disse divertito mentre le due guardie lo portarono di peso sul tavolo e lo incatenarono ad esso. Il metallo feriva la sua pelle da quanto era stretto. Le guardie gli tolsero la maglia, dopodiché si misero davanti lla porta, di nuovo chiusa.
"Allora, noto che oggi siamo debolucci", disse il carceriere indossando i guanti e avvicinandosi alla parete, dove prese un coltello.
"Oggi sono andato a giocare a briscola. Ho perso 20.000€ e sono arrabbiato. Molto arrabbiato", disse appoggiando la lama del coltello sul suo petto. "Vuoi aiutarmi a calmarmi?". Un falso sorriso di gentilezza si dipinse sul suo viso, mentre muoveva la lama sul petto, senza ferirlo. Il vampiro sapeva che quello era solo l'inizio; a lui piaceva vederlo soffrire e urlare dal male. 
Accadde: alzò il coltello e lo tagliò sul braccio con forza. Dopodiché lo tagliò sul petto, in vari punti. 
"Voglio che ti ricordi per sempre di questo momento", disse ridendo mentre il coltello si avvicinava pericolosamente al suo viso. Lo fece scorrere piano sul viso, percorrendolo tutto. Quando successe inizialmente non se ne accorse. Vide il coltello percorrere un'immaginaria via diagonale sopra la sua faccia e poi sentì un dolore acuto. Urlò e le guardie si avvicinarono sotto ordine del carceriere, tenendogli la bocca aperta. L'uomo ci infilò un tampone e raccolse un po' della sua saliva, che passò sopra la ferita sul viso. Poi sorrise e prese uno specchio: il vampiro vide la sua immagine riflessa..... e il terrore si impossessò del suo sguardo. Una cicatrice andava dalla sopracciglia destra alla fine della guancia sinistra. Iniziò ad agitarsi e le guardie lo schiaffeggiarono per farlo stare fermo. Urlava, si dimenava, muoveva velocemente il corpo inutilmente, perché non si sarebbe liberato, ma a guidarlo era un istinto: l'istinto di sopravvivenza.
Il carceriere rise e si avvicinò alla parete opposta, dove prese una boccetta di liquido. Gliela fece ingoiare e il vampiro si sentì stanco, spossato, ancora più debole. Solo in quel momento capì cosa gli aveva fatto ingoiare: un sedativo. Completamente inerme si lasciò slegare e riportare nella gabbia. La testa era appoggiata alle sbarre, così come la schiena, mentre le gambe erano allungate in avanti, per quanto potessero esserlo. Sentì l'uomo ridere e quando aprì gli occhi vide che lo stava osservando da fuori come quando un bambino vede un cagnolino o un gattino nel negozio di animali.
"Mi dispiace così tanto doverti uccidere.... Eri una brava cavia da laboratorio e un ottimo oggetto con cui sfogarsi", disse il carceriere dispiaciuto.
Ecco il perché del sedativo: avrebbero fatto meno fatica a ucciderlo se non si fosse potuto ribellare o difendere. L'uomo si mise in un angolo, seguito dalle guardie, mentre due pupi mannari trasformati entravano. La gabbia era aperta e uno di loro gli afferrò il piede e lo trascinò fuori dalla gabbia. L'altro gli morse il braccio destro, facendolo urlare. 
"Stop! Stop! Basta così ". I lupi si staccarono. Se voleva ucciderlo perché li aveva fermati?
"Non uccidetelo", disse avvicinandosi con un'altra boccetta. Era ancora indebolito da quella di prima e immaginò che anche quella contenesse lo stesso liquido della precedente. Infatti si sentì ancora più debole e indifeso. "Prendetelo!". Si sentì sollevare dalle due guardie e poi sentì che si stavano muovendo. Aveva gli occhi chiusi, perché aprirli costava troppa energia che non aveva. Sentì un vento freddo accarezzargli il corpo e si rese conto che erano usciti dalla struttura dove era stato tenuto prigioniero fino ad allora. "Lanciatelo. Sarà Madre Natura ad ucciderlo". E infatti un attimo dopo si sentì lanciare in aria e andare verso il basso. E poi sentì dell'acqua. L'avevano buttato in mare. Andò sott'acqua, poi a galla, poi di nuovo sott'acqua. Troppo debole per ribellarsi si lasciò trasportare dalle onde e, prima di perdere i sensi, pregò che finisse presto.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap 1 ***


The Prisoner Capitolo 1
Ero morto?  Probabilmente no, perché non sentivo pace e tranquillità, come mi avevano sempre detto che ci sarebbe stata dopo la morte. Mi dicevano che avrei sentito la pace, che tutti i miei problemi si sarebbero risolti, che mi sarei sentito bene. Ma non mi sentivo così. Un dolore acuta mi assaliva la gamba destra e il braccio sinistro come se non ci fosse un domani e non riuscivo ad aprire gli occhi. Le palpebre erano pesanti e gli arti non volevano rispondere ai miei comandi e muoversi. Da fuori arrivava il rumore della pioggia forte e il suo insistente picchiettio contro il verro di una finestra che doveva trovarsi alla mia destra. Mentre ascoltavo quel suoni sprofondai nuovamente nell'incoscienza.

"Papà! Papà guarda!". La voce di Elisabeth mi giunse alle orecchie mentre leggevo 'Sogno di una notte di mezza estate'. Sorridendo chiusi il libro. "Cosa c'è Elisabeth?".
"Ho catturato una farfalla! Guarda che bella!". Tra le mani aveva una farfalla dalle ali azzurre e nere, che si sarebbe potuta descrivere con una sola parola: bellissima.
"È davvero bella piccola mia! Ora liberala però, altrimenti muore". "Davvero? E come mai?".
Sorrisi e la presi in braccio, mentre la farfalla volava via. "Perché se non volano le farfalle muoiono". Elisabeth mi diede un bacio sulla guancia e mi abbracciò."Ti voglio bene papà!". La strinsi a me e alzai gli occhi verso il cielo, ringraziando chiunque ci fosse lassù per avermi dato una famiglia.

Dopo non so quanto tempo mi svegliai di nuovo. Stavolta non sentivo più il dolore alla gamba e al braccio. Mi resi conto di aver recuperato un po' di energia, così aprii gli occhi. 
Ero in una stanza piuttosto semplice, con una scrivania, un armadio e il letto su cui ero disteso io.
Provai a mettermi seduto, ma una mano mi bloccò. Guardai alla mia destra e vidi una ragazza, più o meno della mia età. Capelli lunghi e neri, leggermente ondulati che facevano da cornice a un volto dalla carnagione leggermente abbronzata, abbellito da due meravigliosi occhi azzurri. Sembrava abbastanza alta e indossava un top senza maniche nero e un paio di jeans corti blu, mentre ai piedi aveva dei sandali con un leggero tacco. Sul braccio destro aveva un braccialetto con un ciondolo a forma di zampa di gatto; al collo portava una collana lunga, con ciondolo piuttosto grande a forma di chiave. Ma la cosa che mi colpì furono i denti: era una vampira come me
"Sta giù, non sei ancora abbastanza in forze". Aveva usato un tono molto autoritario con me, come quello che usano i medici. Magari lo era.
"Dove sono?".
"A casa mia. Mi dici come hai fatto a ridurti così?".
"Sono stati i lupi mannari. Mi hanno catturato ". Sembrava una ragazzina, non volevo spaventarla, così decisi di non scendere nei dettagli.
"Oh. Strano, sono secoli che qui non ci sono lupi mannari".
"Dove siamo esattamente?". 
"Londra, perché?"
Londra? Sul serio? Oh. Mio. Dio. Il mare mi aveva trasportato dalla Scozia fino a Londra? Quanto tempo avevo passato in mare? Ma soprattutto, quanti anni avevo passato rinchiuso là dentro?
"Che anno è? Lo so, è una domanda stupida, ma ti prego rispondimi ".
Lei sembrò perplessa, ma poi rispose: "2016".
2016. Non 1650. "Va tutto bene?".
Scossi la testa. "No non va tutto bene! Sono stato per 400 anni prigioniero dei lupi! Come fa ad andare tutto bene?!". Stavo strillando, ma non potevo fare altrimenti. Mi sembrava di impazzire!
Sentii le sue mani sul mio petto, mentre cercavo con tutto me stesso di alzarmi. 
"Va tutto bene. Va tutto bene. Va tutto bene". La sua voce delicata mi arrivò alle orecchie e fu come se mi avessero drogato per calmarmi. Mi calmai quasi subito anche per un altro motivo: la sua voce. Solo in quel momento me ne resi conto, ma quella ragazza aveva una voce quasi identica a quella della mia compagna, morta secoli prima insieme a mia figlia.
"Shhh va tutto bene. È finita ora, non devi avere più paura". 
La guardai negli occhi e lì vidi la sicurezza che cercavo. Sentivo che con lei sarei stato al sicuro.
Annuii leggermente, prima di rilassarmi. "Ho sete...". Lei sorrise, come se si aspettasse che l'avrei detto e si avvicinò alla scrivania. Afferrò una caraffa per l'acqua, solo che al suo interno c'era sangue. Prese anche un bicchiere e, dopo aver i versato del sangue, lo avvicinò alla mia bocca.
"Mandalo giù piano, il tuo stomaco non si è ancora rigenerato completamente". Obbedii e bevvi, anche se mi ci volle tutto l'autocontrollo possibile per non afferrare il bicchiere e ingoiarlo in meno di un secondo.
"Ancora uno... Per favore". Lei scosse la testa e posò il bicchiere di nuovo sulla scrivania, insieme alla caraffa.
"Per ora basta, il tuo corpo non è in grado di riceverne molto alla volta. Più tardi te ne darò un altro, promesso". Annuii.
"Sembra che te ne intenda di cure mediche. Sei una dottoressa per caso?". Lei sorrise.
"Esatto. Dirigo l'ospedale per vampiri di Londra e mi occupo in particolare di quei vampiri che riescono miracolosamente a sfuggire da attacchi di lupi mannari".
"Come mai mi hai portato a casa tua e non in ospedale come gli altri?".
"Perché era il posto più vicino. Non avresti resistito fino all'ospedale nelle condizioni in cui eri e ho dovuto togliere il veleno in fretta. Ora riposa", disse uscendo.
"Aspetta, come ti chiami?".
Lei sorrise. "Tsubaki. Tu?".
"Jamie". E sprofondai nel buio.

Note: i capitoli saranno in prima persona d'ora in poi. Spero vi piaccia!
Baci AliceMiao 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3443812