Mi aggiravo furtivamente per
i boschi di Elmekia, appena dopo il confine di Zefeeria, vestita con un orrido abito rosa che aveva pure
visto giorni migliori, senza più un soldo e affamata,
MOLTO affamata, le orecchie tese a captare il minimo rumore. Il fruscio alle
mie spalle non mi colse però di sprovvista, anzi. Un po’ me lo
aspettavo. Forse avrei dovuto dare una piccola lezione a qualcuno, alla fine.
Sospirai, poi mi scrocchiai le nocche.
Com’ero finita in
quella situazione?
Non volete saperlo.
Davvero, non volete.
Dicevo, ero in una maledetta
foresta. Di notte. E attendevo l’attacco di alcuni briganti che avevo in
precedenza derubato. Ma… i cattivi non hanno
diritti, giusto? Nel senso, non era vero rubare
il mio perché il maltolto non era certo di loro proprietà.
Prendiamo ad esempio il rubino che avevo in tasca, grosso come una noce,
montato su una collana d’oro rosso, lavorata. Si è mai visto un
bandito indossare una roba del genere regolarmente acquistata? Pfui! Qualsiasi cosa prendessi ad
un brigante non era suo, quindi io non stavo rubando, ne stavo semplicemente
prendendo possesso essendo impossibile determinarne il precedente proprietario.
Una logica schiacciante, permettetemi di dire.
“MOCCIOSA!”
Mi voltai. Mi sarei aspettata
quantomeno un attacco a sorpresa… insomma, che banditi senza stile!
Un paio di
loro mi avevano seguito dopo che avevo ridotto il loro campo ad un
mucchietto di ceneri roventi. Ammiravo la loro perseveranza, nel senso,
sarò anche una ragazzina ma avevo lanciato abbastanza Palle di Fuoco e
Frecce Infuocate da far passare a chiunque la voglia di rivedermi… E poi,
diciamolo, non avevo scelta… avevo urgente
bisogno di contante e loro, davanti al loro bell’accampamento, ballavano
lanciando per aria mucchi di monete d’oro. Se l’erano
voluta, ecco.
Come dite? Volete sapere il
perché della mia miseranda situazione? Eccovelo
allora: ero fuggita di casa da un mese, abbigliata
come una deficiente, e presto mi
ero trovata a fare i conti con la mancanza di denaro e di cibo. Perché
ero scappata? Storia lunga. Diciamo solo che per me era tempo di vedere il
mondo e nella fretta di andarmene non ero riuscita ad arraffare abiti da
viaggio decenti e neppure una qualche coscettina di
pollo freddo di mia madre. Il tutto senza soldi perché… perché
a dodici anni non avevo soldi miei e di sicuro non andavo a rubarli nelle casse
del negozio dei miei genitori. Non ero COSI’ TANTO pazza.
Sapevo di potermela cavare da
sola. Sapevo procurarmi il cibo, pescavo con mio padre da quando avevo sei anni
ed ero in grado di costruire trappole per gli animali. Sapevo riconoscere
piante e radici. Usavo la magia come un adulto. E non sarei potuta rimanere a
morire di noia a Zefeeria un secondo di più.
Ma torniamo a noi. I banditi, giusto.
Mi squadravano ad occhi stretti, cosa che di certo non migliorava il loro
aspetto. Tenevano le braccia incrociate. Improvvisamente il più basso,
con i denti sporgenti da coniglio, scoppiò in una sonora risata.
“Capo! Ma è una bambina!”
A quel punto strinsi anche io gli occhi. Non ero una bambina. Ero una giovane
maga, la più giovane maga uscita dalla gilda di
Zefilia! Serrai i pugni. Non avevo avuto intenzione
di far loro del male, non più del necessario, ma se continuavano su
quella strada mi sarei presto trovata costretta. Ero
un’artista della Palla di Fuoco, guardare per credere.
Erano finiti i giorni in cui,
novellina della fuga, avevo avuto incertezze e paure nel lanciare un
incantesimo a qualcuno per ferirlo. Un mese on the road sola
sulle tue gambe ti fa crescere in una maniera impossibile da descrivere a
parole, anche per una ragazza indipendente come avevo sempre ritenuto di essere
quando ancora vivevo in famiglia.
Riportai la mia attenzione
sui due brutti ceffi. Quello grosso, il “capo” si sfregò le
mani luride, delle dimensioni di due badili.
“Non mi
interessa se è una bambina. Ci ha derubati
e va punita.” Poi, rivolgendosi a me: “E poi quando sarò
stufo, canterai e mi dirai CHI c’era alle tue spalle a lanciare
incantesimi, mocciosa.”
Coooosa? Quello era un insulto bello e buono. Come osava? Mi fece cenno con la
mano di avvicinarmi. Eccerto.
“Non ti farò del
male, perché sei una bambina. Ma meriti una lezione: si vede che i tuoi
non ti hanno sculacciata abbastanza… adesso vieni qui
e ti metti in ginoc…”
La mia Palla di Fuoco, che
avevo castato mentre ancora dava aria ai denti, lo
colpì in pieno. Che razza di maniaco! Avrei preferito un bandito con
tanto di spada ad un pedofilo! Ghignai in modo
cattivo, con una mano sul fianco.
Mentre il grassone sfrigolava
un po’, urlando come un ossesso, mi resi conto di essermi persa “coniglietto”. Questo fino a che non
avvertii la lama di un pugnale tra le scapole. Un brivido mi corse lungo la
schiena.
Che razza di cretina dovevo essere? E… adesso? Merda, merda, merda!!!
“Anche se sei
capricciosa, come tutte le rosse, non ti ammazzo se ti sottometterai a m…”
Il tizio smise di parlarmi
all’orecchio, cosa per altro comunque disgustosa, e, dopo aver esalato
una specie di sbuffo, mi caracollò addosso. Il
pugnale gli cadde di mano, finendo tra i miei stivali. Lo agguantai e mi girai, il più veloce possibile.
Di fronte a me c’era un
ragazzo alto, dai capelli biondi che scendevano in ciocche arruffate fino quasi
a toccargli le spalle.
In mano aveva una cerbottana.
Per un micro secondo gettai
un’occhiata al bandito, che giaceva tramortito ai miei piedi, poi tornai
a fronteggiare il ragazzo.
Rimanemmo zitti a fissarci
per un minuto buono. Non si sentiva nessun rumore, probabilmente anche il capo
bandito doveva aver avuto la fantastica idea di svenire mentre finiva di
rosolare.
Ho già detto che ero
appena scappata di casa? E che avevo una fame orrenda
l’ho menzionato?
Ecco, il mio stomaco
iniziò a borbottare rumorosamente proprio in quel momento, interrompendo
il gioco di sguardi tra me e lo sconosciuto. Non sapevo cosa aspettarmi,
dopotutto mi aveva aiutata, ma gli incontri nel bosco,
di notte, non sempre sono buona cosa. Soprattutto per una ragazza sola.
E poi perché mai avevo
dato retta a quello stupido col caschetto dai capelli viola e mi ero messa in
marcia verso Elmekia invece di andare a Saillune come mi ero prefissata?
Il ragazzo sorrise,
avvicinandosi in modo cauto.
Mi irrigidii.
“Non ti faccio niente,
promesso.”
Oh, sentilo. Non aveva capito
che era LUI semmai a dover aver paura di me. Forse perché mi aveva conosciuta in posizione di netto svantaggio, dite? Ma me la sarei comunque cavata… aspettavo solo di mandargli
un bel Mono Volt attraverso il pugnale. Non avrei avuto esitazioni nel farlo,
il fuoco è la mia specialità ma non ho problemi neanche con
l’elettricità.
Incrociai le braccia sotto il
seno, o meglio, quello che prima o poi sarebbe
sbocciato come seno, e strinsi le labbra.
“Come ti chiami, ragazzina? Ti sei persa? Devi andare a casa, vero? E’ notte… che ci fai tutta da sola?”
Un attacco di logorrea in
piena regola. Spalancai la bocca, in un’espressione sicuramente poco
intelligente. Il ragazzo biondo sembrava… nervoso. Ora che si era fatto
più vicino, con piccoli passi cauti, potevo vederlo meglio. Aveva gli
occhi chiari e un fisico atletico. Era… bello. Sì, bello. Ma io non mi trovavo in una foresta, con un sacco di
refurtiva addosso per rimirare i ragazzi, anzi, giusto, era proprio il caso di
cercare una locanda e di mettere qualcosa sotto i denti. Forse avrei avuto
bisogno anche di una spada, ora che ci pensavo. Il ragazzo ne aveva una bella
grossa con sé, magari dietro pagamento me l’avrebbe anche
lasciata.
Alzai la mano, interrompendo
il suo flusso di parole.
“Senti,
ehm…”
Non avevo idea di come si
chiamasse. La mia indecisione diede il via ad un nuovo
fiume di parole.
“Mi chiamo Gourry, Gourry Gab… Bè, Gourry, ecco. Ehm, senti allora… se mi dici dove
abiti…”
“Gourry.”
Gli misi una mano sul braccio. Avrei voluto mettergliela sulla spalla, per assumere
un tono confidenziale ma era davvero troppo alto. “Senti,
uh… sei stato gentile ad aiutarmi. Io adesso andrei, eh? E’ stato un piacere… conoscerti.”
Gourry mi guardò attonito per un secondo, come se non
si fosse aspettato che avessi la lingua. E in effetti
ero stata zitta per la maggior parte del tempo del suo sproloquio.
“No, aspetta,
ragazzina. Questo è un posto pericoloso… voglio accompagnarti a
casa. Davvero. Niente secondi fini, ci mancherebbe non
sei che una bambina…”
Sempre sta storia della
bambina… quasi tredici anni, suvvia! Alcune ragazze che conosco sono
pronte al matrimonio! Sbuffai. “No, uhm… grazie,
eh? Davvero, non c’è bisogno.”
“No, sul serio. I tuoi
saranno preoccupati. Pensa se ti dovessi imbattere in qualche altro
malintenzionato.”
Andammo avanti per un
po’, io cercando di levarmelo di torno e lui cercando di farmi capire
quanto fosse necessaria per la mia salvezza la sua presenza al mio fianco. Nel
frattempo il bandito ai nostri piedi iniziava a dare segni di
imminente risveglio. Io invece iniziavo a dare i primi segni di imminente esaurimento nervoso.
Avevo una fame terrificante.
Questo non aiutava la mia sanità mentale. Stavo già meditando di
spedirgli ALMENO uno Sleeping. Solo per farlo stare zitto.
Al secondo mugugno del delinquente, io e Gourry in contemporanea fissammo gli occhi sulla sua figura
prona.
Gli schiaffai lo stivale
sulla schiena, abbassandomi verso di lui.
“Ragazzin…”
Alzai l’indice per
zittire Gourry.
“Bandito.”
L’uomo socchiuse gli
occhi, per mettermi a fuoco. Dovevo avere quella cerbottana, adesso che ci
pensavo. La spada E la cerbottana. Poteva sempre venire utile.
“Se ti muovi ti faccio fare la fine del tuo capo. Hai capito?”
L’uomo annuì.
“Bravo. Adesso tolgo il
piede e ti lascio andare. Alzati lentamente.”
Il mio stomaco
brontolò ancora, togliendomi un pochino di credibilità
come cattiva. Che ci volete fare? Allo stomaco non si comanda.
Il brigante si alzò,
portandosi una mano al collo, lì dove il dardo lo aveva colpito.
Avvicinai le mani, mettendole
vicino alla bocca.
“Laphas Seed!”
Ed ecco che l’uomo era
legato come un salame. Per un po’ le corde magiche avrebbero fatto il
loro effetto, impedendogli di andare a chiamare rinforzi. Il bandito mi
guardò con aria malevola.
“Strega.”
Gli sorrisi. “Bravo,
sette più.”
Mi rimandò uno sguardo
confuso e io arrossii. Era una cosa che si diceva a
scuola e io dovevo abbandonare certi vezzi, se non
volevo passare per una mocciosetta.
“Adesso sparisci e non
farti più vedere!” Sputacchiai.
L’uomo indicò
con la testa le sue gambe strettamente avvolte nella corda. Alzai le spalle e
mi voltai quello che doveva essere il sud-ovest, in direzione Saillune. Meglio mettere un po’ di strada tra me e Elmekia e tra me e Zefilia. A passo spedito fino ad
una qualche locanda e poi Ray-wing per un po’.
Quello era il piano.
“Ehm…
ragazzina?”
Uh, mi ero dimenticata della
cerbottana e della spada. Tornai a volgere lo sguardo verso Gourry.
Bravo ragazzo.
“Sei una
ma…”
“A quanto mi fai la spa…”
Avevamo parlato in contemporanea.
Mi schiarii la voce. Insomma, la storia stava davvero andando per le lunghe, ero
sporca e arruffata, iniziava a fare freddo, ero quasi stata pugnalata da un
idiota con i denti da coniglio, avevo fame –l’ho già detto,
per caso? E non riuscivo a liberarmi dal mio “salvatore”.
“Sì, sono una
maga. Sì, sono qui di mia spontanea volontà. No,
non devo tornare da mamma e papà.”
A nominarli mi veniva ancora un
pochino di tristezza. Ma solo un pochino. Ero grande,
potevo badare a me stessa. Lo avevo dimostrato, no?
Gourry mi fissava esterrefatto.
“Ah, e vorrei comprare
la tua cerbottana e la spada.”
Gli sorrisi. Fino a quel
momento a me non era neanche passato
per l’anticamera del cervello di chiedergli perché lui fosse per boschi solo soletto. Non sembrava
troppo più grande di me, poteva avere al massimo diciassette anni ma non
sembrava un mercenario né un viandante. Non aveva neanche un misero mantello. Sembrava… sperduto?
Bè, come sarebbe a dire “detto da me”? Io
ero scappata di casa! Non avevo certo ancora avuto il
tempo di abbigliarmi in modo consono. Quanto alla mia aria di maga
vissuta… ci stavo lavorando!
“Ragazzina… non
so ancora come ti chiami.”
Mi sorrise, mostrando i denti.
Risposi al sorriso, riluttante. Non avevo mai pensato alla storia del nome.
Dovevo dargli il mio vero nome? Era saggio? Certo, intendevo farmi una
reputazione però… anzi, ero stata sciocca a non dire al bandito
come mi chiamavo, l’idea della castigamatti mi
piaceva molto. Però… bè,
non ero riuscita completamente nel mio intento. Per un pelo non mi facevo
pugnalare…
Mi si illuminarono
gli occhi. Potevo andare a razziare qualche altro campo di banditi! Altri
tesori, altre monete d’oro! E poi… Mentre le fiamme ardevano, io,
scenograficamente in piedi su una montagnola, avrei potuto gridare il mio nome e…
“Ragazzina, ci
sei?”
Ecco, una ragazza non ha
neanche diritto a fantasticare. Gourry mi stava
sventolando una mano davanti agli occhi.
“Sì, ragazzina,” la voce proveniva dal bandito, “siamo curiosi
di sapere.”
Uh, faceva lo spiritoso. Dunque avevo avuto la mano troppo leggera?
Tornai verso di lui, col mio
miglior ghigno sulla faccia.
“Senti,
feccia dell’umanità. Vuoi giocare
davvero?”
Impallidì leggermente.
Bene. Lasciai che tra le mani si formasse un Lighting.
Per uno che non sa usare la magia sembrava una piccola
palla di fuoco. E, il nostro amico non era esperto. La sua fronte si imperlò di sudore.
“Scher.. scherzavo.”
Una macchia di urina si
allargò sui suoi calzoni.
“Mi sembrava.”
Gli volsi la schiena e sospirando
mi avvicinai a Gourry.
“Senti, a proposito
della spada…”
Il mio stomaco
gorgogliò ancora. Basta, non ne potevo più, era ufficiale. Scossi
la testa.
“Lasciamo
stare. Mi sai indicare una locanda
dove si possa mangiare… tanto? Magari nelle zone, eh?”
Gourry annuì. “Non ci sono
mai stato ma ne ho sentito parlare… Locanda Al Baciccio,
a Ehmellin, non credo sia troppo lontano. Ti ci accompagno…”
“Lina.”
Mi premiò con un altro
sorriso, la sua aria era quasi felice.
Ecco, glielo avevo detto. Ma Lina non voleva dire niente. Io ero la grande Lina
Inverse, alunna genio della Gilda… no, maga genio!
…e lo avrei presto dimostrato al mondo!”
“Avanti, allora!”
Fissai Gourry,
ne valutai approssimativamente il peso e richiamai il Levitation.