Ninety days

di SanjitaSwan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Galeotto (non) fu l'alcool (Zoro) ***
Capitolo 2: *** Lei è troppo per te (Sanji) ***
Capitolo 3: *** Effetto cassonetto (Zoro) ***
Capitolo 4: *** Esperienza da infarto (Sanji) ***
Capitolo 5: *** Un nuovo amico (Zoro) ***



Capitolo 1
*** Galeotto (non) fu l'alcool (Zoro) ***


‘Dannata cravatta!’ penso mentre cerco per la sesta volta, senza successo, di annodare questo inutile pezzo di stoffa intorno al collo.
Che poi chi me lo fa fare di conciarmi così? È stato quell’idiota del mio coinquilino Sanji, che con il suo fare da damerino si è gentilmente offerto di darmi dei consigli sul come vestirsi per un appuntamento.
Ok che non ho un appuntamento con una ragazza da sei mesi, ma sono stato fidanzato con quella strega della mia ex per un anno, e da quel che mi risulta sono riuscito a portarla a letto al primo appuntamento pur non essendomi minimamente sbattuto per mettermi qualcosa di elegante, anzi!
E anche per tutta la durata della nostra relazione, sul sesso andavamo alla grande anche senza cravatta.
Ovviamente tutto questo prima che lei decidesse che quel dannato chirurgo e il suo conto in banca offrissero molto più di quanto avrei potuto offrirle io con il mio lavoro part-time come insegnante di kendo.
Ok, i segnali che qualcosa non andava c’erano da ormai due mesi, soprattutto a letto, e sono il primo ad ammetterlo visto che ormai le nostre fantomatiche scopate si erano ridotte a una sveltina quasi forzata tre volte a settimana (talvolta due) con orgasmo insoddisfacente.
Ma ovviamente il beccare la propria ragazza a letto con un altro non fa piacere a nessuno.
Dopo Nami ho comunque voluto prendermi del tempo prima di uscire nuovamente con una ragazza, e ora finalmente ho intenzione di rimettermi in gioco.
Tashiji sembra la candidata ideale.
O almeno, così me l’ha descritta il mio collega Yosaku: collezionista di katane, appassionata di arti marziali e campionessa di kendo.
Così quando mi ha dato il suo numero, dopo varie esitazioni, ho deciso di invitarla fuori a bere qualcosa.
Non so se effettivamente cerco una relazione seria.
Dopo sei mesi di vita da single con due coinquilini casinisti e porno quasi ogni sera per consolarmi dalle mie disgrazie, e soprattutto dopo la batosta presa da quella stronza della mia ex non mi sento ancora molto pronto a impegnarmi.
Ma spero almeno di portarla a letto, e che diamine!
Ok che mi ci è voluto del tempo per dimenticare Nami, ma il mio uccello non è molto d’accordo, e la mia mano destra comincia a non soddisfarlo più.
Spero solo che Yosaku non mi abbia teso una trappola affibbiandomi una balena coi leggings sul punto di esplodere o una racchia con gli occhiali a fondo di bottiglia che non ha trovato nulla di meglio da mettersi che il maglione della bisnonna.
Sono comunque abbastanza sollevato dal fatto di passare una serata fuori. Almeno non dovrò sopportare quella specie di fogna umana e quell’insopportabile damerino che condividono l’appartamento con me.
Nel giro di nove mesi di convivenza abbiamo collezionato un numero incredibile di mobili danneggiati, soprammobili rotti, alimenti ammuffiti dimenticati in qualche remoto angolo del frigo per troppo tempo (con le urla di Sanji come sottofondo), bollette pagate in ritardo e una quantità impressionante di oggetti persi e ritrovati settimane (se non mesi) dopo nei posti più impensabili (indimenticabile la volta in cui ritrovammo un piatto di riso nel cassetto delle mutande di Rufy).
Sanji è quello che si occupa più di tutti noi delle faccende domestiche, e si occupa soprattutto della cucina, visto che io e Rufy non siamo in grado nemmeno di far bollire un uovo.
Sarebbe pure simpatico se non urlasse da mattina a sera come una casalinga disperata di tenere la casa in ordine e se ogni tanto la smettesse di chiamarmi marimo per il colore dei miei capelli.
C’è da dire che è un ottimo cuoco, anche se il più delle pietanze cucinate finisce solo nello stomaco di Rufy, ed è anche abbastanza bravo nella lotta.
Abbiamo perso il conto delle ragazze che ha portato a letto da quando ci siamo ritrovati a vivere insieme, e a parte una breve storiellina durata all’incirca quattro mesi con una certa Violet, non è mai stato in grado di far durare una relazione più di due settimane.
Si considera un playboy, ma sappiamo tutti che la maggior parte delle volte è andato in bianco.
Fisicamente non sarebbe nemmeno così male, se non fosse per quel ridicolo sopracciglio a ricciolo e il ciuffone biondo che gli copre perennemente un occhio. Peccato non si possa dire la stessa cosa del carattere insopportabile e dell’atteggiamento da checca isterica.
Rufy invece è un bambino cresciuto che mangia qualsiasi cosa a qualsiasi ora del giorno, scatenando ancora di più l’ira di Sanji.
È simpatico, ma ha la tendenza a cacciarsi sempre in situazioni disastrose, e ha il brutto vizio di inventarsi marchingegni che, secondo lui, dovrebbero semplificare la vita in casa. Ovviamente l’effetto ottenuto è sempre il contrario, ed è capitato più di una volta di mandare quasi la casa a fuoco.
È comunque un ottimo amico, anche se piuttosto ingenuo per avere venti anni.
Credo non capisca molto quando in casa si parla di sesso, e l’argomento ragazze per lui è una specie di tabù.
L’importante per lui è avere sempre del cibo a portata di mano.
“Rufy te lo ripeto per l’ultima volta: togliti da quel forno!”
Le urla di Sanji, seguite da un tonfo sordo e un lamento da parte di Rufy, rimbombano per tutto l’appartamento.
L’atmosfera in casa si sta già scaldando, e per fortuna io sono pronto ad uscire.
Decido di lasciar perdere e di lanciare la cravatta sul letto. Se avessi continuato sarei stato lì tutta la notte, e piuttosto che chiedere al biondino di annodarmela e di farmi vestire come un moccioso esco di casa nudo.
La scena che mi si presenta quando raggiungo la cucina raffigura un Rufy lamentoso che cerca di liberarsi dal piede di Sanji che cerca di tenerlo lontano dal forno mentre cucina con quel ridicolo grembiulino col panda e una sigaretta in bocca.
“Ti ho già detto di non avvicinarti al forno! Ti ricordi cos’è successo l’altra volta?” sbotta il biondo rivolgendosi a Rufy.
Come dimenticarselo.
Rufy era tornato a casa ubriaco come una spugna, e con una fame da lupi.
Sanji gli aveva fatto scaldare un cosciotto di carne al forno per zittirlo, ma siccome secondo Rufy ci stava mettendo troppo tempo, l’idiota aveva pensato bene di prendere a pugni il forno.
Risultato: un minuto dopo il forno aveva un bel buco al centro, c’erano cocci dappertutto e quella notte Rufy l’ha passata in ospedale sia per la mano sanguinante sia per i lividi dovuti ai calci che Sanji gli aveva tirato dopo aver visto la sua opera d’arte.
“Io vado” annuncio, uscendo prima di venir coinvolto in qualche eventuale rissa.
Il locale che ho scelto non è lontano, e ho detto alla ragazza di farsi trovare fuori.
L’idea è quella di bere qualcosa, fare quelle due chiacchiere quasi d’obbligo giusto per ‘conoscerci meglio’ e, se possibile, passare direttamente al sodo.
Ovviamente dando per scontato che il soggetto sia anche lontanamente guardabile.
Appena arrivo davanti al locale mi guardo intorno alla ricerca di una ragazza da sola.
Ma le uniche persone che hanno il coraggio di stare fuori con questo freddo sono due amiche che spettegolano mentre fumano una sigaretta coi rispettivi fidanzati e un ragazzo che sembra stare aspettando qualcuno come me.
Ammesso che Yosaku non mi abbia palesemente preso per il culo rimediandomi un appuntamento con un uomo, di ragazze sole che stiano aspettando qualcuno non ce n’è nemmeno l’ombra, e con questo freddo rischio di prendermi una polmonite.
Sto quasi pensando di entrare nel locale e avvertirla di non stare fuori ad aspettarmi quando una voce femminile alle mie spalle mi fa sussultare.
“Sei Zoro?”
Mi volto e finalmente la vedo.
Non è male.
Capelli neri corti, occhiali non troppo spessi e curve al punto giusto.
Peccato solo per la voce squillante.
“Ehm… sì. Tashiji?” dico stringendole la mano ancora prima di farla rispondere.
Velocemente entriamo e prendiamo posto, ma il primo problema si presenta quando le chiedo cosa preferisce bere.
“Oh nulla, grazie. Odio l’alcool”
Ok, sta scherzando, vero?
Già il fatto che io sono un bevitore accanito e lei un’astemia ha fatto perdere punti non solo alla già bassissima probabilità di avere una storia seria, ma anche a quella di avere una storia da una notte.
L’abbigliamento non mi sembra quello di una disposta a far sesso subito al primo appuntamento, ma può essere che mi sbagli e che sia tutta una copertura.
Cerco comunque di spronarla a bere qualcosa di leggero.
“Potresti prendere una birra piccola. Non è molto forte”
Dopo vari tentativi di dissuaderla, sorbendomi anche quasi un sermone sulla sua vita rigorosamente antialcolica, riesco a convincerla a prendere uno shot di vodka alla menta.
Appena arriva la cameriera, dopo aver segnato il suo ordine io chiedo la solita bottiglia di sakè.
Non lo avessi mai fatto.
Tashiji mi guarda in cagnesco e chiede, sconcertata: “Bevi una bottiglia di sakè intera?”
Non mi dà nemmeno il tempo di rispondere che inizia a farmi la predica, manco fosse mia madre.
“Ma lo sai che l’alcool è più pericoloso del fumo? Farne abuso in questo modo può portare alla morte! Non li leggi i giornali?”
Io guardo prima lei e poi la cameriera, che ci guarda imbarazzata.
Cerco di porre fine alla tragedia dicendo: “Ehm… uno shot alla menta anche per me, grazie”
La cameriera annota e se ne va.
La serata è partita malissimo, e le probabilità di far partire anche solo qualcosa di minimo, da quel momento, partono spedite verso lo zero.
Yosaku, infatti, mi ha rimediato un’insopportabile logorroica fastidiosa come un sassolino appuntito nelle scarpe, egocentrica a livelli esorbitanti, fiera sostenitrice della vita sana ed equilibrata senza alcool, senza fumo e senza carne che non si fa problemi a rompere il cazzo a tutti quelli che oserebbero violare uno di questi suoi valori morali.
Persino l’argomento katane e kendo, optato per cercare di salvare qualcosa, diventa un supplizio dopo averla sentita parlare anche solo cinque secondi di come è iniziata la sua passione, come si è evoluta e come prosegue, e ovviamente non può mancare la descrizione di vita, miracoli e morte di ognuna delle sue spade.
Potrebbe essere anche interessante, certo… se solo non fosse raccontata come un robot con quella snervante vocina.
La cameriera ci salva, portandoci i due shots.
Trangugio quel disgustoso e misero goccio liquido verde che sa di colluttorio guardandola, curioso di vedere la sua reazione.
Guarda malissimo il suo bicchierino, lo annusa e lo beve a piccoli sorsi, quasi tappando il naso.
Oh, Yosaku, la mia vendetta sarà tremenda.
“Buono?” le chiedo quando, dopo un tempo che mi pare interminabile, finisce.
Lei fa una faccia schifata e scrolla le spalle. “Bleah. Sa di menta!”
‘Wow! Questa sì che è una novità! Vodka alla menta che sa di menta!’ mi viene da pensare.
I minuti a seguire si fanno silenziosamente imbarazzanti, e sono ormai sempre più tentato dal pagare il conto e andarmene.
Ma proprio mentre sto per tirar fuori il portafoglio, lei scoppia in una fragorosa risata.
La risata più fastidiosa che mi sia mai capitato di sentire, per la precisione.
“Che è successo?” chiedo, quasi spaventato.
Lei indica un punto, e farfuglia qualcosa di indecifrabile.
È palesemente brilla, e ciò mi porta a pensare che, con un po’ di fortuna, la serata forse non sarà un disastro completo.
Posso sempre rimediare e concludere il tutto col botto.
Si gira verso di me, senza smettere di ridere.
Ha le guance rosse.
Mi sto domandando se davvero sia possibile ubriacarsi con due gocce di vodka alla pesca, quando, all’improvviso, la sua mano finisce sui miei testicoli.
Lei la guarda, e, senza toglierla di lì, scoppia a ridere di nuovo, biascicando uno “scusa”.
Penso che, forse, stavolta, ho fatto centro, e decido di non farmi scappare l’occasione.
Le propongo di uscire, e lei non solo accetta, ma mi propone addirittura di salire in macchina.
Il messaggio arriva al mio membro forte e chiaro, così, in men che non si dica, pago il conto e usciamo.
Appena saliti in macchina, però, lei insiste che la riaccompagni a casa.
Perplesso, decido di mandare qualche segnale.
“Adesso?”
“Shi. Mio padre non vuole che torni dopo le undici”
Ah, bene. Anche il coprifuoco ci mancava.
Sono comunque solo le dieci e mezza, senza preliminari dovrei farcela.
“Beh, ma possiamo stare anche un po’ qui… a riscaldarci…”
Lei non dà cenni di vita, così decido di mandarle un messaggio più diretto.
Le infilo la lingua in bocca, e faccio per abbassare il sedile.
Lei, però, improvvisamente, mi spinge via.
“Ma che fai?! Ma sei impazzito?!”
Io rimango di sasso, e le chiedo spiegazioni.
“Che faccio? Che fai tu! Prima mi metti una mano sulle palle, poi mi chiedi di salire in macchina, alle undici manca mezz’ora, riempiamo il tempo, no?”
Lei mi guarda come se fossi completamente impazzito, e inizia a urlare di nuovo.
“Ma per chi mi hai presa? Mica sono una troietta che te la dà così, senza pensarci, dopo un’ora che ci conosciamo!”
Sono costretto a subirmi un altro sermone sul suo stile di vita casto e puro, da suora orsolina che ha il coprifuoco alle undici, e il mio povero membro grida vendetta.
Incredibile ma vero, alla fine, dopo cinque minuti buoni di urla e un’irrefrenabile voglia di metterle le mani addosso, riusciamo a trovare una soluzione.
In un lasso di tempo che mi pare un anno, mi abbassa pantaloni e mutande e inizia a farmi un lavoretto manuale.
Ovvero, inizia a impastarmi l’uccello manco fosse una pasta per pizza.
Io mi limito a osservare il tettuccio e a cercare di pensare a qualcosa di eccitante.
Se avessi saputo che sarebbe finita così sarei rimasto a casa a guardarmi l’ennesimo porno.
Almeno io, in sei mesi, ho acquisito una certa dimestichezza, e so per certo di essere molto più soddisfacente io di lei, che continua a impastare il mio povero membro, che implora pietà.
‘Ok, concentrati sui porno. Concentrati. Puoi farcela!”
Persino il ricordo di Nami potrebbe essere eccitante in questo momento.
Anche lei era più brava di Tashiji, sebbene non ci fosse quasi mai il bisogno di buttarla sulle seghe.
Ok, mi serve concentrazione.
Donne russe. Loro sono arrapanti.
No, niente da fare.
Mi rendo conto che potrebbe volerci parecchio tempo, e io ho perso completamente ogni voglia.
Arrivo addirittura a pensare a Rufy e all’ultimo marchingegno che ha costruito, uno stendino fatto con il filo interdentale appeso con lo scotch alle pareti del bagno, che ovviamente ha ceduto con il primo paio di mutande.
Mi viene persino da pensare all’altro giorno, che, senza pensarci, sono entrato nel bagno mentre Sanji usciva dalla doccia.
Per quanto mi abbia urlato contro, sicuramente è molto meglio sentire urlare lui che la monaca di clausura che sta cercando in qualche modo di darmi piacere.
Devo ammettere comunque che nudo, Sanji ha proprio un bellissimo fisico, e la pelle chiara lo slancia ancora di più.
Anche laggiù non è messo male, e non l’avrei mai detto considerate tutte le volte che è andato in bianco.
“Allora, ti muovi o no?” biascica Tashiji spazientita, tirando più forte per accelerare i tempi.
Ma seriamente?
Quasi come un richiamo, però, il suo desiderio pare venir esaudito, e dopo qualche minuto, finalmente, raggiungo l’orgasmo, schizzando sui sedili e sulla sua faccia.
“Bleaaah, è viscido! Oddio, la mia macchina!” urla, precipitandosi a pulire il tutto.
Ok, dopo questa mi arrendo.
Finite le pulizie di primavera, non mi viene altro da dire che un secco “Grazie”
“Per cosa?!” domanda lei scandalizzata.
“Beh… Per… Il servizio” rispondo, completamente indifferente.
Rimane a fissarmi con lo sguardo da pesce lesso e la bocca spalancata per qualche secondo, poi la sua espressione diventa furiosa e disgustata insieme.
“Sei disgustoso!” strilla, trapanandomi i timpani.
Mi ordina di uscire, e io non potrei essere più contento di obbedire.
Se non altro so che non dovrò rivederla più.
Mi incammino sconsolato e insoddisfatto verso casa.
Appena entro nell’appartamento, per fortuna ad attendermi c’è una situazione calma.
Rufy e Sanji stanno guardando un film, e nessuno ha distrutto nulla.
“Ciao Zoro!” mi accoglie Rufy sorridendo e sputando patatine ovunque.
“Come è andata, marimo? Non te l’ha data, eh?” sogghigna divertito quel damerino da strapazzo.
“Fatti i cazzi tuoi, ricciolo” rispondo seccamente lanciandomi sul divano di fianco a Rufy.
Il film è una noia, ma non ho più voglia di far niente.
Così mi limito a cercare di seguirlo senza addormentarmi.
E, ripensando alla tremenda serata che ho appena passato, mi chiedo quasi inconsciamente cosa sarebbe successo se mi fossi messo la cravatta.






NOTE DELL'AUTRICE


Non ve l'aspettavate, vero?
E invece sì, amici... Sono tornata!!! *coriandoli e stelle filanti*
Vi sono mancata, vero? *No, nemmeno un po'*
Non so se ho deciso di rimettermi definitivamente in gioco con le fanfiction, anche perché specialmente l'ultimo periodo non è stato esattamente brillante... ma grazie al sostegno di molte persone sono riuscita a riprendere in mano la penna, e ora... eccomi qua!
Ringrazio infinitamente le mie amiche pervertite Vivian, Giada, Soly Dea, Zomi e Piper Parker per avermi aiutato e per essermi state vicine in questo periodo buio.So che, essendo zonamiste, non penso finirete di leggere (o leggerete mai) questa storia, ma vi ringrazio ugualmente.
In modo particolare ringrazio Piper Parker per avermi aiutato a dar vita a questa fanfiction tutta nuova e per i preziosi consigli.
Parlando di questa cosa che avete finito di leggere (se avete avuto il coraggio di arrivare fin qui), è un nuovo esperimento scritto dal punto di vista di Zoro e da quello di Sanji, ed è ispirato al libro 'Le due facce dell'amore', che mi fa sempre morire dal ridere. Spero di non aver copiato troppo nulla e che vi piaccia.
Fatemi sapere cosa pensate e non dimenticate di recensire (recensite... ho i biscotti!)
Grazie a tutti e alla prossima! :D
SS

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Capitolo 2
*** Lei è troppo per te (Sanji) ***


Non mi sono mai piaciuti gli appuntamenti al buio.
L’idea di incontrare una persona che non ho mai visto dopo averne solo sentito parlare o solo dopo averci parlato poco per telefono non è mai stata la mia idea di appuntamento romantico.
Però Franky, quando sono andato giovedì a ritirare la macchina nella sua rimessa, è stato così convincente che alla fine è riuscito a farmi desistere.
“Te lo giuro fratello, è una bomba! Si è trasferita dalla Russia qualche giorno fa nel mio palazzo, e ti posso assicurare che me la farei a occhi chiusi, se solo non fossi già fidanzato”
Ho cercato di fargli capire in tutti i modi che non è il mio genere di appuntamento ideale.
Secondo me una donna va corteggiata prima di portarla fuori a cena o a bere qualcosa, e poi, se Dio te la manda buona, dopo qualche uscita si passa al sesso.
D’accordo, il 90% delle volte mi è andata male, o non sono riuscito, ma quello è un dettaglio irrilevante.
Alla fine, però, il furbone è riuscito a convincermi.
“Ma se è la sorellina brutta di Platinette giuro che ti faccio sanguinare il culo a suon di calci!” gli ho detto, ripensando alla volta che ho rimorchiato un trans e me ne sono accorto solo durante i preliminari.
Elizabeth si chiamava. Un’esperienza scioccante.
“Fidati, Robin è perfetta. Lo vedrai tu stesso” mi ha risposto tranquillo mentre apriva una bottiglia di cola.
Effettivamente Franky è un tipo sincero, ed è sempre stato di parola, soprattutto quando si parla di ragazze.
Così, in men che non si dica, mi ha organizzato un appuntamento al buio in un café piuttosto chic con questa Robin.
Generalmente ci tengo ad apparire sempre in ordine e ben curato, soprattutto se si tratta di un’uscita con una ragazza.
Per questo ci impiego almeno un quarto d’ora a scegliere che cosa mettermi per far colpo, anche se quell’idiota del marimo, il mio coinquilino, mi sfotte dandomi della femminuccia.
Pff. Sempre meglio che uscire con quel ridicolo haramaki ogni volta e con quei vestiti inguardabili.
Per non parlare di quei capelli verdi imbarazzanti!
Mi domando come faccia a uscire di casa conciato in quel modo, visto che, tutto sommato, fisicamente fa anche la sua porca figura.
D’altro canto è in cerca di una donna anche lui, e anche se non mi ha raccontato niente, a giudicare dalla faccia che aveva l’altra sera non credo che il suo incontro con la spadaccina sia andato a buon fine.
Mi annodo la cravatta e mi guardo allo specchio.
Tutto sommato direi che può andar bene.
Dalla cucina arrivano le urla eccitate dell’altro mio coinquilino Rufy, probabilmente dovute all’arrivo delle pizze.
Non permetterei mai che quei due tocchino la mia cucina, dal momento che non sarebbero in grado di vivere senza qualcuno che cucini per loro.
O che pulisca la casa, faccia il bucato e li assista in tutto e per tutto come dei poppanti.
Una volta mi sono preso tre giorni di vacanza per accompagnare la mia ex, Violet, in una gita romantica.
Quando sono tornato sembrava che in casa fosse passato un uragano: dentro il microonde c’era un barattolo di sugo esploso, il frigo era vuoto, sulla parete della cucina c’era uno smile e la scritta CIAO SANJI BENTORNATO realizzati da Rufy col ketchup, dalla tazza del cesso trasbordava una massa di schiuma rosa che copriva anche il pavimento tutto intorno, la mia stanza era invasa da stracci e vestiti ovunque e il cestino dell’umido era strapieno di vermi.
Quel giorno li ho riempiti di calci e li ho costretti a pulire tutto, anche se alla fine ho dovuto metterci mano io perché non sapevano più da che parte voltarsi.
Spero che stasera non decidano di combinare qualcosa e che non mi facciano trovare la polizia e i vigili del fuoco sotto casa.
Prima di uscire li avverto severamente di non combinare guai se non vogliono finire sbattuti fuori di casa a calci.
Il marimo risponde grugnendo, e Rufy è troppo impegnato a gustare la pizza.
Sospiro ed esco, sperando che abbiano capito.
Il bar scelto da Franky è un posto accogliente e trendy, e, dando un’occhiata ai prezzi, è veramente molto costoso.
Cazzo! Ci saranno almeno una trentina di tipi di caffè, e il più economico costa come un cocktail!
Mi accomodo su un divanetto comodo davanti a un tavolino per due persone, e mi guardo intorno cercando una ragazza che assomigli vagamente alla descrizione di Franky.
Noto che tutti qui sono vestiti in un certo modo. Fortuna che ho messo la camicia nuova, d’altro canto con quello che mi è costata…
“Vuole ordinare?” chiede una cameriera avvicinandosi a me.
“No, grazie, sto aspettando una persona” rispondo forse in maniera troppo altezzosa, afferrando una rivista appoggiata di fianco a me tanto per darmi un’aria intellettuale.
Lei mi guarda con una smorfia infastidita e si allontana, mentre io sfoglio distrattamente la rivista.
È uno di quei mattoni che nessun uomo si sognerebbe mai di leggere, ma tutti portano sottomano perché ti fa sembrare più figo.
Poi, improvvisamente, mi sento chiamare.
“Ciao. Sei tu Sanji?”
Io alzo gli occhi… e per poco non ci resto secco.
Franky mi aveva detto che Robin era davvero una bomba.
Ma cazzo, questa qui che ho davanti è una vera e propria dea!
Alta, slanciata, con due tette che a occhio e croce raggiungono la sesta misura strizzate in un tubino nero scollato e lungo fino a mezza coscia, accompagnato da tacchi alti che la slanciano ancora di più.
Lunghi capelli corvini le risaltano ancora di più l’incarnato chiaro e gli occhi azzurri.
E il sorriso che mi sta rivolgendo manderebbe al creatore chiunque.
“Sì!” la saluto stringendole la mano con forse un po’ troppa enfasi, e la invito a sedere.
Nel compiere questo gesto, l’abito le si alza ancora di più, e istintivamente il mio autocontrollo decide di prendersi la serata libera.
Ok. I neuroni sono andati a farsi fottere, perciò l’ideale sarebbe cercare di conservare un minimo di savoir faire, o almeno un briciolo di dignità, per cercare di far colpo senza sembrare un ominide appena teletrasportato nell’anno 2015.
In teoria, ovviamente.
“Checosatifarebbepiacereprendereuncaffèuncappuccinountèunacioccolata?” è la prima cosa che mi esce dalla bocca, facendola ovviamente aggrottare le sopracciglia confusa.
“Scusami, non ho capito…” dice gentilmente.
Oh dannazione, ha la voce di un angelo!
“Scusa” ho il buon senso di dire, con un filo di voce stridula. “Che cosa prendi?” ripeto, scandendo le parole come se avessi davanti una stupida.
Lei però non sembra farci caso più di troppo, e risponde cordialmente: “Prendo un mocaccino”
“Ottima scelta! Qui lo fanno buonissimo, sai?” dico subito io, come se venissi qui tutte le sere a spendere i miei risparmi in mocaccini.
“Vieni spesso qui?” chiede lei.
Appunto.
“Oh, beh… certo. Questo è un posto di classe, e io sono un habitué” rispondo, afferrando di nuovo la rivista e aprendola, come se potesse in qualche modo confermare la stronzata che le ho appena raccontato.
“Interessante…” risponde lei guardando di traverso la rivista.
Solo allora mi accorgo che è al contrario.
Coglione’ è il chiaro messaggio che l’ultimo neurone mi manda prima di uscire dal mio cervello.
“Ordiniamo?” chiedo, chiudendo la rivista e appoggiandola di fianco a me.
Prima che possa rispondere, alzo una mano e urlo, a pieni polmoni “CAMERIERA!”
Ma sei deficiente?!
Tutto il locale si gira a guardarmi con una smorfia di indignazione.
Robin compresa, che probabilmente si starà chiedendo se è il caso di lasciar perdere o di dare un’ultima possibilità all’homo habilis in giacca e cravatta che ha seduto di fianco.
La cameriera mi guarda disgustata, e io non ho più il coraggio di guardare né lei né la splendida dea che ho di fianco.
“Volete ordinare?” chiede dopo qualche secondo, probabilmente aspettando le mie scuse.
Giustamente.
“Scusi… un mocaccino e…”
Mi accorgo che, impegnato com’ero a fare l’uomo di Neanderthal, non ho deciso che cosa prendere.
Non sono un grande bevitore di caffè, quando voglio esagerare prendo un semplicissimo caffè nero con due cucchiai di zucchero.
Inoltre, dando una rapida occhiata al menù, ci sono soltanto caffè mai sentiti nominare in vita mia.
Preso dalla fretta, decido di affidarmi al caso.
“E per me… il numero 24. Espresso. Con doppia panna e cacao! Senza zucchero, grazie”
La cameriera mi fissa allibita, ma poi annota tutto.
Qualcosa mi dice che è stata una pessima idea.
Quando se ne va controllo che cosa ho ordinato.
Caffè macchiato con menta.
‘Ma che cazz…?’
Io nemmeno pensavo esistesse una brodaglia simile!
E sicuramente il fatto di averlo modificato in espresso e averci aggiunto panna e cacao, non è stata esattamente la furbata del secolo.
Mi accorgo che anche Robin sta guardando il menù, e mi guarda come se fossi un pazzo.
“Scelta interessante”
Sorrido, cercando di sembrare disinvolto.
“Beh, sai, mi piacciono i sapori particolari. A te piace il caffè?”
Cazzo. Se esistessero dei premi per il peggior inizio di conversazione di sempre io mi classificherei senza ombra di dubbio al primo posto.
“Oh sì. Lo bevo molto spesso”
“Macchiato o nero?”
Wow. Niente male, davvero.
“Nero”
“Bene… con o senza zucchero?”
Già che ci sei perché non gli chiedi anche che tipo di acqua usa?
“Di solito senza”
Seguono momenti di silenzio imbarazzato.
Probabilmente starà escogitando una vendetta per Franky, per averle rimediato un completo imbecille.
Le fisso le tette, come ipnotizzato.
Dio, cosa darei per stringerle tra le mani…
Poi mi accorgo che lei si è accorta che le sto fissando le tette, e sono costretto, seppur a malincuore, a distogliere lo sguardo, ai limiti dell’imbarazzo umano.
Urge fare qualcosa per risolvere la situazione!
“Hai mai letto questa rivista?” chiedo, mostrandole spavaldo la rivista che mi ha visto leggere al contrario.
Certo. Perché non dovrebbe, è una rivista da uomo!
Ha comunque il buon senso di rispondere.
“Ehm… no, mai letta”
“Io la leggo sempre! È molto interessante… poi questo mese c’è un interessantissimo articolo su…” apro la rivista a caso e leggo il titolo dell’articolo, pentendomene amaramente subito dopo. “…sulla disfunzione erettile!”
OMMIODDIO.
Lei mi guarda come se volesse chiamare la protezione civile da un momento all’altro, e balbetta un “Molto interessante”.
Per fortuna la cameriera in quel momento arriva, e mi posa davanti una tazzina contenente un liquido non meglio identificabile.
Ma cazzo, l’odore mi manda completamente in tilt l’olfatto.
Robin inizia a bere il suo mocaccino, guardandomi incuriosita.
Anche la cameriera, sparita dietro il bancone, ha visibilmente un’espressione che dice a chiare lettere “Vediamo se ha davvero il coraggio di bere quella roba”.
Penso che anche Rufy si rifiuterebbe di bere un intruglio simile.
Ma ormai la frittata è fatta, e mi porto la tazzina alle labbra, inghiottendo un sorso.
Di colpo mi vanno in tilt anche le papille gustative, e per poco non vomito tutto sul tavolo.
Il sapore è indescrivibile da quanto è schifoso, e sono sicuro al cento per cento che tra meno di un’ora il mio stomaco me la farà pagare cara.
“Com’è?” chiede Robin, guardandomi con un’espressione di meraviglia frammista a disgusto.
“Mmmh… squisito!” rispondo con una vocetta strozzata, mandando giù un altro sorso.
È peggio del primo.
Appoggio la tazzina sul tavolino e faccio un ultimo, disperato tentativo di salvare la serata.
“Allora… Franky mi ha detto che ti sei appena trasferita dalla Russia”
Forse ci siamo.
“Oh, sì… ho lavorato lì per due anni, poi ho appunto chiesto un trasferimento qui”
“E ti trovi bene?”
La domanda sembra entusiasmarla.
“Sì, molto… anche se mi mancano molte cose della Russia, visto che ormai mi ci ero affezionata…”
“Per esempio? Non ci sono mai stato… è un bel posto?”
La domanda la entusiasma ancora di più, e le speranze di colpo si riaccendono.
Forse persino troppo.
“Molto bello. Mi manca il paesaggio… i miei amici… l’aria fresca…”
“Il porno!”
La frase mi sfugge senza controllo dalla bocca.
MA COSA CAZZO STAI DICENDO?!
“Come, scusa?!” fa lei, interdetta.
“Beh, sai com’è… la Russia è famosa anche e soprattutto per quello…”
STAI ZITTO, PORCA TROIA!
“L’anno scorso il mio coinquilino ha comprato una decina di dvd con quella roba… le ragazze ti assomigliavano un sacco…”
Prima che possa finire la frase, lei si alza e prende il cappotto.
“Si è fatto tardi, devo andare”
Un applauso, Sanji. Te lo meriti.
“Ma non hai finito il mocaccino!” provo a dire, come se fosse una ragione per fermarsi altri dieci secondi con Capitan Coglione.
Lei nemmeno mi ascolta, e prima di andarsene la sento dire “Finiscilo tu”.
Appena se ne va, metà sala si volta a guardarmi e scoppia in una fragorosa risata, cameriera compresa.
E forse anche il barista.
Fantastico. Oltre ad essermi giocato ogni possibilità di successo con una donna spettacolare, ora ho anche un salatissimo conto da pagare per un mocaccino e il beverone informe.
Oltre al fatto che, per come mi sta guardando la cameriera, credo che dovrò berlo tutto ora.
Quindi cerco di trattenere il fiato e finisco quella schifezza.
Poi mi butto immediatamente sul mocaccino per cercare, senza molto successo, di coprire il sapore.
Mezz’oretta dopo, quando sono rincasato (almeno la casa non è crollata durante la mia assenza), mi arriva un messaggio di Franky.
L’unica parola scritta è “Idiota”.
Non posso che dargli ragione.
Dopo stasera una cosa è certa: non mi avvicinerò mai più a quel bar.
E, a giudicare dai brontolii che iniziano ad arrivare dalle mie viscere, credo proprio che non mi avvicinerò mai più nemmeno a un caffè.










NOTE DELL'AUTRICE
Ciao belli!
Bentornati nel nuovo capitolo di questa fic.
Mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo, e spero sia divertente anche per voi leggerlo.
Preparatevi perché i prossimi due capitoli saranno ESILARANTI.
Cosa combineranno i nostri due amici stavolta? Con chi usciranno? E cosa succederà di drammatico?
Restate sintonizzati e lo scoprirete!
Grazie a chi ha letto e recensito il primo capitolo, spero che questo sia di vostro gradimento.
Ricordate: più recensioni ci saranno e più biscotti avrete!
Un bacio e alla prossima! :D
SS

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Capitolo 3
*** Effetto cassonetto (Zoro) ***


Giuro, non so perché l’ho fatto.
Sembrava un’idea perfetta quando ho visto la foto che mi ha mostrato Johnny.
Inoltre mi era stato assicurato che, a differenza di Tashiji, Albida era tutt’altro che astemia, e, oltretutto, castità e purezza non rientravano nel suo vocabolario, stando alle voci che giravano.
Così, come un completo imbecille, ci sono cascato e ho accettato un altro stupido appuntamento.
Insomma, in quel momento, più che il mio cervello, a rispondere era stato il mio pene in astinenza, e non ho assolutamente pensato a eventuali inconvenienti.
L’unica cosa che avevo in mente, per quanto triste e squallido possa sembrare, era farla bere a dismisura e trascinarla in un parcheggio isolato, o meglio ancora nel letto.
L’idea era partita molto bene, così, per aggiungere qualche punto a mio favore, ho addirittura optato per un abbigliamento elegante.
Naturalmente non mi sarei certo abbassato ai livelli del damerino con cui condivido l’appartamento, ma una semplice camicia bianca e un buon paio di jeans sembrano essere l’ideale.
D’altronde, la mia idea di eleganza è questa, e non mi sognerei mai di mettermi tutto in tiro solo per piacere a qualcuno.
Sanji, nel frattempo, sta come sempre inveendo contro Rufy, che a quanto pare ha lasciato in giro le briciole dopo aver svaligiato il frigo per l’ennesima volta.
Oltretutto in questi giorni, Rufy se ne è inventata un’altra delle sue per rallegrare la convivenza: vuole comprare un cucciolo.
Sanji ovviamente è in disaccordo, perché “già ci sono due animali in questa casa e non ho nessuna intenzione di star dietro a un terzo”, e comunque io sono allergico al pelo del cane.
So che questo non fermerà Rufy, ma spero almeno che, se deve avere un animale domestico, sia qualcosa come un pesce rosso.
Che ovviamente durerà al massimo tre ore.
Sperando con tutta l’anima che Sanji non noti il mio abbigliamento (non perderebbe occasione di sfottermi), mi infilo la giacca e esco senza troppe cerimonie.
Quando Johnny mi ha dato il numero di Albida, la prima cosa a cui ho pensato è stata una serata in discoteca.
Ma oggi è mercoledì, e le discoteche sono quasi tutte chiuse.
Così mi sono dovuto accontentare di un piccolo discopub squallido e scalcinato.
Quando Albida ha approvato la mia decisione, non sono riuscito a capire se fosse un buon segnale o meno: quel locale è pieno di troioni da combattimento che ogni sera si presentano in minigonna inguinale e tacchi quindici, e tutte le volte finiscono la serata con un ragazzo diverso. 
Non che la cosa mi dispiaccia, ma ho anche io la mia dignità in fin dei conti!
Scaccio il pensiero fastidioso e mi concentro sulla ricerca della ragazza.
Non ci vuole molto. 
La squadro: nonostante sia fine febbraio indossa una mini di pelle che a stento le copre le cosce, un paio di spaventosi stivaloni vertiginosi alti quasi fino al ginocchio, una maglietta striminzita a pancia scoperta che lascia le tette strizzate in un reggiseno di almeno due taglie più piccolo completamente esposte.
La quantità di trucco che ha in faccia basterebbe per una decina di clown, e con tutta la lacca che si è spruzzata sui lunghi ricci neri, potrebbe benissimo aver aperto un nuovo buco nell’ozono.
Ok che non mi dispiace l’idea di rimorchiare una zoccola professionista, ma così sembra troppo anche per me!
Mi avvicino per presentarmi, ma appena apre bocca rischio di rimanerci secco.
Cazzo, ha l’alito di un cassonetto dell’immondizia esposto al sole per giorni in pieno agosto!
Cerco di trattenere il fiato senza darlo a che vedere, e entro con lei nel pub.
Ci sediamo al bancone, e lì i miei dubbi sull’esito positivo dell’appuntamento si concretizzano.
Appena si siede la minigonna le si alza, scoprendo tremende smagliature che le occupano tutte le cosce, e che, ovviamente, al buio non avevo notato.
Beh, a guardarla bene realizzo che il buio non mi ha fatto notare parecchi dettagli: alla luce fioca del locale, il trucco le regala decisamente parecchi anni di più (tanto da farmi chiedere se abbia più di trent’anni), le tette sono palesemente rifatte da un chirurgo evidentemente non molto esperto e porta anche un paio di collant contenitivi color carne con diversi buchi.
Idea splendida, Zoro, davvero.
“Allora” chiedo per rompere un po’ il ghiaccio, preparandomi a trattenere il fiato appena chiuderò la bocca. “Che cosa prendi?”
“Per me una doppia vodka pesca Red Bull, grazie!” risponde lei con una voce decisamente poco fine.
Dio, trattenere il fiato non basta, e mi sento il suo fiato pestilenziale venirmi addosso senza pietà.
Poi mi concentro sul suo ordine. 
Cazzo, questa qui o ha un fegato che può benissimo competere col mio oppure ha deciso di ammazzarsi!
Non ho certo nulla da ridire però, così ordino una bottiglia di sakè e la guardo scolarsi il suo vodka pesca Red Bull nel giro di due minuti.
Anzi! Appena lo finisce ne chiede subito un altro, insieme a uno shot di tequila bum bum.
Decido di prenderne uno anche io, e appena lo finiamo lei decide di farmi battere il record mondiale di apnea parlandomi della sua vita.
Scopro che è una parrucchiera (questo spiega le tonnellate di lacca), che si è appena separata dal compagno con cui stava da cinque anni (e mi chiedo il perché, povero ragazzo!) e che il suo livello di vanità potrebbe paragonarsi a quello di Paris Hilton (proviamo a gettarti un secchio d’acqua sulla faccia e vediamo se te lo puoi effettivamente permettere).
Quello che però mi lascia abbastanza senza parole, è il fatto che in tutto questo discorso, ordina altri tre drink e sette shots di tequila bum bum.
Non avevo mai conosciuto una ragazza che bevesse così tanto senza vomitare prima, e dopo averla assecondata con gli shots decido di darci un taglio per vedere fin dove sa arrivare.
Al decimo shot, il lato positivo è che il suo alito ora è deliziosamente corretto con un frizzante aroma di tequila bum bum, e ogni tanto posso anche permettermi il lusso di respirare. Quando la sua bocca è lontana almeno cinquanta centimetri dal mio naso, si intende. 
Il lato negativo è che effettivamente iniziano a fare effetto anche su di lei, e inizia a passarmi la mano lì.
Si avvicina pericolosamente nel compiere questo gesto, e quando è abbastanza vicina da farmi trattenere il fiato fino a esplodere, mi biascica nell’orecchio: “Mettimi una mano sotto la gonna”.
Non ho tempo di fare niente, perché ci pensa lei a compiere questa operazione, afferrandomi la mano con forza e trascinandomela sotto la gonna, su un improbabile tanga fatto di filo del telefono.
Fortunatamente gli shots iniziano a fare effetto anche su di me, seppur molto leggero, e non provo l’impulso di chiederle se sia improvvisamente impazzita.
L’unica cosa che spero è che non mi proponga di scopare in pubblico. Va bene tutto ma una dignità ce l’ho anche io, e l’ultima cosa che voglio è dar libero spettacolo a un branco di ubriaconi maniaci.
Poi però inizia a baciarmi il collo, sbattendomi la matassa di capelli duri di lacca in bocca.
E quando sento che inizia a farmi un succhiotto, capisco che sta decisamente mandando un chiaro segnale.
Ne approfitto per tirar fuori la mano da sotto la gonna, e le propongo di spostarci in un’area un po’ più riservata.
A questo punto lei mi propone di andare a casa sua, dove in questo momento non c’è nessuno.
Il mio cervello mi suggerisce di correre via il più velocemente possibile, conducendo il pensiero al fatto che, probabilmente, non solo dovrò infilare la lingua in quella specie di bidone che dovrebbe essere la sua bocca, ma probabilmente anche in un altro posto che vanta molte probabilità di avere lo stesso tipo di problema.
Ovviamente, però, il mio membro non è d’accordo, e mi ricorda che, oltre al fatto che sono sei mesi che non gli do soddisfazioni, il cervello in questo momento è lievemente annacquato dall’alcool, mentre lui è sano come un pesce.
Mi sembra inutile dire chi sia il vincitore.
Dopo aver pagato, quindi, ci trasferiamo in quella che scopro, appena arriviamo, essere la casa dei suoi.
“Io e Bagy convivevamo da sei mesi, e la casa era sua per contratto. Quindi sono temporaneamente bloccata qui” spiega aprendo la porta.
Fantastico. 
Appena entriamo, lei mi infila la lingua in bocca, in quello che credo sia un tentativo di risucchiarmi via la faccia.
E ci sta anche riuscendo alla grande, devo dire.
‘Non pensare all’alito, Zoro. Ti prego!’ mi ripeto mentalmente, onde evitare di pensare al fatto che un cassonetto umano mi sta limonando e, di conseguenza, far fare a tutto l’alcool ingerito (e probabilmente anche alla cena di Natale dell’anno scorso) un indegno ritorno in scena sul pavimento.
Quella che si sta decisamente rivelando un’assatanata ninfomane in astinenza almeno quanto me, o molto probabilmente di più, mi sbatte sul divano, e con una mossa fulminea mi abbassa pantaloni e boxer.
Poi si dedica a un lavoretto orale che, nonostante il suo problema di igiene orale, devo ammettere che non è assolutamente male.
Peccato che il pensiero di avere il membro all’interno di un vorace cestino dell’umido ha esattamente l’effetto opposto di quello che Albida vorrebbe ottenere con il suo pompino.
Dopo cinque minuti, junior ha ancora qualche difficoltà a erigersi, e lei continua sempre più veloce, fino a staccarlo quasi con i denti.
Sono abbastanza sicuro che, all’interno delle sue fauci, anche il mio buon amico abbia capito che non è stata una grande idea, ma ormai siamo qui, e ci conviene portare a termine ciò che abbiamo iniziato.
L’unica speranza che mi è rimasta è che, dopo il pompino, si passi direttamente al sodo, senza doverle ricambiare il favore.
Finalmente, dopo un lasso di tempo che non so esattamente quanto sia, ma mi pare interminabile, lei solleva la testa e mi fa, con voce assatanata: “Ora tocca a te mangiarmi”.
Ecco! Lo sapevo, cazzo!
Non mi resta altro da fare che armarmi di tutto il coraggio possibile e levarle il tanga leopardato, infilando la testa tra le sue gambe spalancate.
Con grande sollievo, scopro che il suo problema è solo di natura orale, e il resto vien da sé.
Se non fosse per in fatto che, per ogni piccolissimo movimento che faccio, urla come se la stessero scannando, e si muove come se avesse degli spasmi.
Spero vivamente che non abbia vicini anziani, altrimenti si prospetta il finale perfetto di una serata di merda.
Resto lì finché, finalmente, non raggiunge l’orgasmo (con effetti sonori che farebbero acquistare l’udito a un sordomuto).
E a quel punto, con uno sguardo che credo voglia essere sexy e ammiccante, ansima: “Favoloso! Ora di sopra, maschione! Voglio che mi sfondi”
Ah, cazzo, andiamo bene!
Ancora coi pantaloni abbassati, mi trascina in camera sua, chiedendomi se dovrei procurarmi un apparecchio acustico prima di lanciarmi in questa folle impresa.
Appena arrivati in camera, quella poca voglia che avevo passa del tutto.
La stanza dovrebbe essere sua, ma sembra quella di una dodicenne in fissa con le boy band.
Infatti, le pareti sono tappezzate di poster di cantanti che solo un’adolescente rincoglionita ascolterebbe, e in modo particolare del cantante Foxy.
Ommioddio, ci mancava anche questa.
Anche al buio, posso constatare che la stanza è tutta completamente rosa confetto, e gli scaffali strabordano di peluches e barbie.
Il letto è abbastanza piccolo, e dubito che arriverà a domani ancora intero.
Almeno, non dopo quello che ho visto!
Raccolgo quel poco che resta del mio coraggio e abbandono definitivamente ogni tipo di dignità.
Quel che segue è inutile che stia a raccontarlo, si può benissimo immaginare senza troppi problemi.
Nel caso la fantasia scarseggi, basti pensare a un film porno nella camera di una ragazzina tredicenne circondata di pupazzi, dove la protagonista è la figlia dell’esorcista in modalità ninfomane con dei deficit uditivi, e il protagonista è un patetico idiota completamente amorfo che si chiede come si sia cacciato in questa situazione, sperando di non lasciarci i timpani.
Dopo minuti che sembrano anni di quello che credo sia l’esatto opposto dell’apoteosi dell’amore e della passione, lei interrompe i suoi spasmi e le sue urla assatanate, dicendomi: “Io ho fatto. Ora tocca a te”.
Cerco di concentrarmi sulle tette per aiutare il mio povero uccello massacrato, ma in quel momento mi accorgo con orrore di aver dimenticato il preservativo.
Glielo faccio presente in fretta, prima di ritrovarmi imparentato per sbaglio con dei piccoli cassonetti urlanti, e lei mi ordina di uscire subito.
Dopo un altro paio di spinte, esco all’ultimo secondo e la centro in pieno viso, mirando bocca e l’occhio destro.
Immediatamente inizia a gridare come se le avessero spruzzato dell’acido nell’occhio, e strofina via i residui con una mano.
Inizia a lacrimare nero, e la sua faccia diventa subito un Picasso, che tenta di ripulire con la maglietta striminzita, peggiorando notevolmente la situazione.
Provo a sistemare il tutto con un fazzoletto intinto nella bottiglietta d’acqua che trovo sul comodino, e la cosa sembra funzionare.
Ora a guardarla ha metà faccia completamente nera, e la parte visibile senza trucco le fa dimostrare almeno il doppio dell’età che dovrebbe avere.
Proprio come immaginavo.
Non vedo altri motivi per restare, per cui faccio, in tono mogio: “Posso andarmene ora?”
La sua espressione si fa indispettita, e mi fulmina con lo sguardo.
“Ah, questa poi! Prima ti fai i tuoi porci comodi, mi scopi e poi te ne vai?”
Io vorrei sottolineare che l’unica a farsi i suoi porci comodi qui è lei, ma non me ne dà il tempo, e mi indica la porta gridando “Fuori!” con la mano sporca, centrando con le poche gocce del mio sperma un poster, prendendo Foxy in piena faccia.
Lei lancia un rantolo disperato, e si precipita a rimediare freneticamente… proprio con il fazzoletto bagnato che le avevo dato per pulirsi l’occhio.
Risultato: dopo aver reso il poster nero di trucco, si buca, lasciando il povero Foxy senza naso e con il resto della faccia tutta nera.
Manco fosse davvero una tredicenne, inizia a piangere, intimandomi nuovamente di andarmene.
Obbedisco senza fiatare, e mi precipito fuori da quella casa in men che non si dica.
Uscendo, incrocio quella che dovrebbe essere la madre, che mi guarda in cagnesco.
Non potendo presentarmi dicendo “Salve signora, mi chiamo Zoro Roronoa e mi sono appena sbattuto sua figlia ninfomane, facendole quasi perdere la vista e ho trasformato Foxy in Lord Voldemort con poche gocce di sperma”, balbetto qualcosa e fuggo via, più imbarazzato che mai.
Non so se junior abbia imparato la lezione, ma sicuramente io sì: mai più appuntamenti al buio!
Mi fiondo velocemente a casa, intenzionato ad andare a letto immediatamente.
Ma quando sto per infilarmi sotto le coperte, mi arriva un messaggio di Albida.
‘Strana serata. Ma sei simpatico, e non mi divertivo così da anni. Ti va di rifarlo?’
Con la consapevolezza che molto probabilmente non lo farò, decido di rispondere domani, e finalmente mi addormento, facendo uno strano sogno su Foxy che perde il naso durante un concerto.





NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao belli!
Vi sono mancata? (ovviamente no...)
Eccomi qui con il terzo capitolo di questa... cosa.
Scusate il ritardo ma tra vacanze natalizie, poca voglia, poca ispirazione e problemi personali sono riuscita ad aggiornare solo ora.
Che dire... il povero Zoro ha passato una serata insolita che sicuramente non vorrà ripetere mai più.
Ringrazio Piper Parker per i consigli, e spero di non essere sprofondata troppo nel volgare con questo capitolo.
Vi aspetto al prossimo capitolo, con Sanji che vivrà un'esperienza traumatica che lo terrà lontano da appuntamenti di qualsiasi tipo per un bel pezzo, e poi finalmente la vera storia inizierà.
Vi ringrazio di aver letto, spero che vi sia piaciuto il capitolo (recensite, mi raccomando!) e ci vediamo alla prossima (spero il prima possibile!).
Un bacione! :D
SS

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Capitolo 4
*** Esperienza da infarto (Sanji) ***


Nella vita pensavo davvero di averle provate tutte.
Ma evidentemente mi sbagliavo di grosso, e il destino, come al solito, ha deciso di giocare a mio sfavore.
Mai avrei pensato di essere così disperato da abbassarmi a tanto, ma soprattutto mai avrei pensato di ritrovarmi al pronto soccorso per colpa di una scopata.
A dirla tutta non è stata proprio una scopata a causare ciò (per mia grande fortuna), ma andiamo con ordine…
L’idea di uno strip club è venuta al mio amico Brook, e io, ovviamente, ero completamente in disaccordo.
Se ci aggiungiamo l’aggravante che quello a consigliarmelo è stato un vecchio sciroccato musicista scheletrico pervertito, ancora con l’argento vivo in corpo nonostante l’età avanzata, ovviamente l’idea era da bocciare a prescindere.
Peccato che Brook, quando ci si mette, sa essere molto convincente, e, in fondo, mi fa tenerezza e non riesco mai a dirgli di no.
“Fidati Sanji, uno strip club è proprio quello che fa per te, yohoho!” mi aveva detto, sfoggiando la sua irritante risata. “Le ragazze sono bellissime e con dei corpi in grado di mandarti fuori di testa! E poi sono sempre molto disponibili, farebbero qualsiasi cosa gli chiederesti di fare, yohoho!”.
Non sono mai andato in uno strip club, li ho sempre reputati squallidi e adatti a gente disperata che non sa più cosa inventarsi per portare a letto qualcuno.
D’altronde, però, alla fine ammetto a me stesso che in fondo anche io faccio parte di questa cerchia di sfigati.
Effettivamente ci ho messo parecchio ad accontentarlo, ma alla fine è riuscito a convincermi ad andare in questo locale dove andava lui quando era più giovane, dicendo di avvertire che mi aveva mandato lui, e mi consiglia addirittura di chiedere di Candy, la migliore spogliarellista del locale, assicurandomi che ‘mi lascerà secco!’.
Inizialmente ero indeciso se andarci da solo o portare con me qualche amico, ma non ho molti amici coi quali sono così in confidenza da chiedere di accompagnarmi in un posto del genere, e certamente non andrei mai in giro per strip club con Zoro!
Con Rufy, poi, figuriamoci.
Quindi, alla fine opto per la solitudine, almeno sono sicuro che nessuno saprà mai quello che farò in quelle ore.
Per non farli insospettire, dico a Zoro e Rufy che vado a bere con alcuni colleghi di lavoro in un club, e loro la bevono senza problemi. D’altronde sono così idioti che avrei anche potuto raccontar loro di andare a scalare l’Everest usando solo una muta da sub e pinne.
Per fortuna la stessa sera Zoro ha un altro appuntamento con una ragazza che gli ha presentato il suo amico Johnny, e Rufy va a dormire da suo fratello Ace.
C’è di buono che non potranno combinare guai in casa mentre non ci sono.
Quando esco, se ne sono già andati entrambi da un bel pezzo (ovviamente Rufy non se ne è andato senza prima lasciare il frigo in condizioni pietose).
Digito sul navigatore l’indirizzo che mi ha dato Brook e cerco di far muovere la mia macchina millenaria fino al posto.
Il primo segnale che mi ha dato le conferme che non avrei dovuto dar retta a quel vecchio pazzo, è arrivato nel momento in cui mi sono ritrovato in una strada fino ad allora sconosciuta, completamente deserta.
Il navigatore però insiste a voler proseguire, e mi vien da pensare che l’ultima volta che Brook è andato è stata quasi venti anni fa, quindi probabilmente il locale, nel frattempo, avrà chiuso e sarà stato rimpiazzato chissà quante altre volte.
Beh, tutto sommato non sarà una notizia così orribile. Mi dispiace per Brook, ma almeno l’unica cosa che mi sono perso saranno quaranta chilometri di benzina, e posso sempre tornare a casa a farmi un bagno caldo, bermi una buona tazza di tè o rilassarmi in qualche altro modo, visto che quei due impiastri non ci sono.
Poi Rufy ora si è anche messo in testa di prendere un animale, come se loro due messi insieme non fossero già abbastanza!
Potrei anche fargli una lista di buoni motivi per cui non prenderemo mai e poi mai un cagnolino o un gattino, ma conoscendo il soggetto, dubito servirebbe a qualcosa.
Intanto, il navigatore mi dice di prendere una strada secondaria, senza illuminazione, promettendomi che siamo quasi arrivati.
Sto per mettere a tacere quello stupido computerino da quattro soldi con un calcio sul cruscotto, quando improvvisamente noto un’insegna con scritto che allo strip club mancano 800 metri, proseguendo sulla strada.
Cazzo, altro che chiuso! Il posto è apertissimo, e sembra anche esserci un po’ di gente, nonostante sia solo mercoledì.
Inoltre è l’unica fonte di illuminazione nel raggio di un chilometro, e mi chiedo come facciano gli altri a conoscerlo, visto che io non l’ho mai sentito nominare.
Parcheggio il veicolo e entro, cercando di non sembrare troppo impacciato.
Mi accoglie una ragazza seminuda con due tette da urlo, che mi chiede di lasciarle la giacca con un sorriso che mi manda in catalessi.
Probabilmente sfoggiando l’espressione più ebete dell’universo, le do la giacca, senza smettere di fissarle le tette.
Lei però non sembra essere infastidita, e mi spiega come funziona il pagamento, facendomi presente che l’intrattenimento privato costa cento berry in più di quello di gruppo, drink compresi.
Momentaneamente assente, non mi viene in mente delle raccomandazioni di Brook, e opto per quello di gruppo, pagando subito.
Dopodiché lei mi fa accomodare in un enorme sala dove decine di uomini seduti a gruppetti su divanetti blu fissano imbambolati ragazze stupende che ballano per loro indossando solo biancheria intima decisamente osé, autoreggenti e tacchi a spillo.
Molti tengono in grembo ragazze che li intrattengono privatamente, strusciandosi e muovendosi in maniera terribilmente lenta e sexy.
La tettona mi fa accomodare su un divanetto con dei ragazzi giovani, probabilmente lì per una festa di compleanno, che guardano ululando una bionda prosperosa che twerka a tre centimetri dal nostro naso.
“Ti mando subito la cameriera” mi dice senza smettere di sorridere, mentre io annuisco senza smettere di fissarle le tette con lo sguardo ebete, mentre i ragazzi che ho vicino mi mandano un’occhiata di complicità guardando allontanarsi il culo dell’accompagnatrice.
Ok, forse la cameriera mi può aiutare. Devo ricordarmi di dire che mi manda Brook e di chiedere di incontrare Candy.
Intanto la bionda che ho davanti è scesa dal cubo sul quale stava ballando, e ha iniziato a ballare seduta in grembo a tutti i ragazzi del gruppo, uno alla volta, mentre questi strillano allupati.
“Ciao! Cosa prendi da bere?”
Una voce mi fa trasalire, e girandomi vedo la cameriera.
O meglio, un’altra tettona coi capelli neri quasi nuda che dovrebbe essere la cameriera.
Cerco di non sorridere come un ebete anche stavolta, e ordino un Margarita.
“Non so se può essere utile…” aggiungo, cercando di non fissare le tette. “Ma mi manda un uomo che si chiama Brook… so che molti anni fa era un habitué qui, e mi ha detto di dire così… e sto cercando Candy”.
Il sorriso della cameriera si spegne per pochi istanti, trasformandosi in un’espressione perplessa e incredula.
“Mi dispiace, il nome del tuo amico non mi dice niente, ma vado subito a chiedere in direzione, ti aiuteranno loro” dice, sorridendo quasi imbarazzata e allontanandosi col mio ordine.
Ecco, lo sapevo. Brook mi deve aver fatto uno dei suoi scherzetti per il puro gusto di farmi ridere dietro dalle ragazze.
Mentre penso a un possibile modo per rimediare, mi sento qualcosa, o meglio qualcuno, che si siede sulle mie gambe, e un paio di mani che si appoggiano sul mio petto.
Ci metto due secondi a capire che è il mio turno dello spettacolino della ballerina, e quest’ultima inizia a dondolarsi sulle mie gambe e a strusciarmisi addosso, facendomi praticamente ritrovare la faccia in mezzo alle tette.
Rimango immobile, come ipnotizzato, mentre la bionda inizia a scuotere le tette a un millimetro da me lanciando la testa all’indietro e spalancando le gambe.
In un attimo non capisco più un cazzo di quello che mi accade intorno, e resto fermo a fissare le meravigliose gemelle bianche che si stanno muovendo da una parte all’altra davanti a me.
Probabilmente avrò un’espressione che più da morto di figa non si può, e non penso nemmeno al fatto che i ragazzi della festa seduti vicino a me mi stanno guardando applaudendo e incitando la ballerina.
Ho comunque almeno la decenza di accorgermi di un rivolo di bava che stava iniziando a colarmi dal lato destro della bocca, e lo ripulisco in fretta.
“Ecco il tuo Margarita” fa una voce, e una mano mi appoggia un bicchiere sul tavolino.
Cerco di riprendermi e balbetto un qualcosa che dovrebbe essere un grazie, mentre la ballerina passa al ragazzo di fianco a me.
“Ho provato a chiedere in direzione, mi hanno detto di dirti che devi andare laggiù, in fondo a sinistra” dice la cameriera, indicando un punto della sala.
La ringrazio e lei se ne va, dopo avermi detto di entrare in una porta rosa e salire le scale dietro… e dopo avermi spillato altri duecentocinquanta berry per l’intrattenimento di Candy.
Rimasto col portafogli piangente, bevo il mio Margarita e cerco di tenere a mente tutte le informazioni.
In fondo, a sinistra, porta rosa, scale.
Ok, ci sono.
Seguo le istruzioni della cameriera, e mi ritrovo davanti alla porta rosa, con sopra una targhetta con su scritto ‘The fabulous Candy’.
La targhetta sembra molto vecchio stile, ma commetto il madornale errore di ignorare il dettaglio ed entro lo stesso, salendo le scale e scostando una tenda rossa che mi catapulta in una stanza tutta rosa piena di candele accese.
“Ehm… salve!” faccio, entrando. “Sto cercando Candy… è qui?”
“Arrivo, arrivo subito!” fa una voce dietro una porta, e mi invita ad accomodarmi.
Io mi siedo su un morbido pouf leopardato, in attesa di veder entrare in scena questa fantomatica Candy.
Ma quando la porticina si apre, rimango senza parole… questa volta non molto positivamente.
Se fossi stato furbo, mi sarebbe venuto in mente che, essendo stata venti anni fa l’ultima volta che Brook ha messo piede qui dentro, di conseguenza è stata altrettanti anni fa l’ultima volta che ha visto Candy, ma il mio cervello si è rifiutato di collaborare sin dal momento in cui Brook mi ha dato l’indirizzo di questo stramaledetto locale.
Infatti, appena entro, quella che mi ritrovo davanti potrebbe essere effettivamente stata una bomba sexy… forse nel paleolitico!
Candy, infatti, è una signora di età decisamente avanzata, sicuramente la più rugosa che abbia mai visto, ma nonostante ciò ha ancora il coraggio di tingersi i capelli biondo platino, di truccarsi come un trans, nel vano tentativo di coprire le rughe, e di sfoggiare una lingerie che, indossata da una delle ballerine qui fuori, manderebbe al creatore qualsiasi coetaneo di questa vecchia signora.
Ha in corpo più silicone che sangue, e deve aver speso una fortuna per farsi fare centinaia di ritocchi agli zigomi da un chirurgo chiaramente non molto esperto.
Porca puttana!
L’idea di farmi scopare da una vecchia rifatta da testa a piedi mi fa inorridire, e, sinceramente, non so in che modo uscire da questa situazione.
Infatti, Candy mi sta guardando con uno sguardo che credo voglia essere sexy e provocante (ma che in realtà mi mette solo i brividi), e mi fa, avvicinandosi a me pericolosamente: “Ciao bel bocconcino. E così tu sei amico di Brook, eh? Ah, quell’uomo era fantastico ai tempi…”
L’idea di Brook che si fa fare cose da questa donna di plastica mi fa quasi vomitare il Margarita che ho appena bevuto, e invio chiari segnali d’allarme rosso al mio cervello per cercare di fargli produrre un’idea per uscire di qui.
Ma la signora mi ordina con tono autoritario di sdraiarmi sul letto.
Qualcosa mi spinge a obbedire, e questa mette su un disco in vinile su un grammofono (UN GRAMMOFONO!) e si avvicina a un palo piazzato in mezzo alla stanza.
Inizia a fare una sorta di spogliarello ballando quella che dovrebbe essere una lap dance, che però sembrano più un modo originale che adopererebbe un detenuto per fuggire dal carcere.
Dal canto mio, cerco di fare del mio meglio per apparire contento e appagato, anche se credo che se entrasse qualcuno, in questo momento, guardandomi chiamerebbe un’ambulanza, pensando che probabilmente ho una colica renale.
Pensala come una bella donna di quelle qui fuori,  Sanji.
Non dovrebbe essere difficile, no? D’altronde, anche se parecchi anni fa, bella e giovane lo è stata anche lei.
Candy balla ancora una manciata di minuti, poi, dopo essersi levata il reggiseno, rivelando le due bolle in silicone rugose che pochi si ostinerebbero a chiamare tette, sale sul letto, gattonando come una tigre nella mia direzione.
‘E adesso che cazzo fa? Mica vorrà scopare sul serio!’ penso, mentre l’allarme nel mio cervello inizia a suonare molto, molto forte.
Inizio a sudare freddo mentre lei mi si aggrappa alle spalle e mi sbatte le tette siliconate in faccia, continuando a ballare come fino a un quarto d’ora fa stava facendo la spogliarellista al mio tavolo.
Cerco in ogni modo di riprodurre quell’immagine al posto di questa vecchia decrepita, ma le sue mani che iniziano a slacciarmi i pantaloni mi riportano bruscamente alla realtà.
Merda! Qui si mette davvero male!
Evidentemente, compiendo questo gesto, deve essersi accorta che il suo spettacolo ‘sexy’ (tra milioni di virgolette) non ha dato i frutti sperati, e dopo avermi nuovamente sbattuto le tette in faccia per un minuto buono, torna al palo.
“Ora ti mostro una cosa per cui Brook andava matto!” annuncia, guardandomi con fare ammiccante.
Oh cazzo! E se ora si tira giù le mutande?
Spero vivamente che non mi dia mostra delle sue grazie, potrei morire sul colpo!
Prima che possa succedere qualunque altra cosa, Candy si allontana dal palo, e si ferma a pochi metri da esso.
Poi prende la rincorsa,si aggrappa al palo con una mano e, tenendosi attaccata solo con questa, si mette di fronte a me e spalanca le gambe a 180 gradi.
Oh, porca troia!
Fa per girarsi dall’altra parte, ma nel compiere questo gesto, la mano scivola, e con un urlo sgraziato la vecchia cade rovinosamente a terra.
Mi precipito a controllare che stia bene, e la situazione sembra non essere delle migliori.
Candy giace a terra, tenendosi una gamba e lamentandosi come un animale agonizzante.
Dopo aver tastato la gamba dolente, a cui lei risponde con delle urla di dolore isteriche, cerco di fermare il grammofono, per l’ennesima volta, ma così facendo graffio completamente il vinile.
“Che stai facendo, cretino?” chiede lei scocciata, gemendo. “Chiama qualcuno, anziché startene lì impalato”
AH, PURE!
Oltre al danno la beffa, ora mi da anche del cretino!
Vorrei ribattere che alla sua età si dovrebbe stare a casa a giocare a briscola, anziché perdere ogni tipo di dignità in questo modo, ma inizio a preoccuparmi anche io, e mi precipito fuori dalla stanza… senza ricordarmi che ho i pantaloni slacciati.
Questi, subito, rotolano giù fino alle caviglie, e appena faccio il primo gradino scivolo giù come un salame, rischiando di rompermi qualcosa anche io.
Arrivo nella grande sala trafelato, e senza neanche preoccuparmi di essere in mutande davanti a un sacco di gente, che mi guarda sbigottita e ride, inizio a balbettare frasi sconnesse per capire che c’è un problemino che potrebbe mutarsi in un problemone, se non chiamiamo subito qualcuno.
Dopo alcuni tentativi riesco a far capire che Candy si è fatta male, e conduco i presenti nella sua stanza.
Mentre i soccorritori chiamano l’ambulanza, ho la decenza di ritirare su i pantaloni, pensando che questa sera ho dato ai presenti in questo stupido locale uno spettacolo che raramente dimenticheranno.
Risultato: passo metà della notte al pronto soccorso aspettando il turno di Candy, che scopro essersi rotta un femore.
Non solo: scopro anche che ha problemi di incontinenza, e vi risparmio i dettagli su quello che ho dovuto subire nelle ore di attesa.
Quando finalmente ritorno a casa, sono le quattro e mezza del mattino.
Fortunatamente tutti dormono, e nessuno si accorge di me.
Deciso a dimenticare questa tragica serata, ripromettendomi non solo di non rimettere mai più piede in uno strip club in vita mia, ma anche di non ascoltare mai più i consigli di Brook in fatto di donne, mi levo scarpe, giacca e cravatta e mi butto a letto ancora con tutti i vestiti addosso, crollando in un sonno profondo.
Il giorno dopo mi arriva un messaggio di Brook.
‘Yohoho! Allora come è andata? Hai conosciuto Candy? Ti sei divertito con lei?’
Per il momento ho preferito non rispondere.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Yohoho! Eccomi qui!
Scusate il ritardo, ma ho apportato parecchie modifiche a questo capitolo, e mi ci è voluto più tempo.
Spero vi sia piaciuto, anche se in ritardo, e che vi abbia fatto divertire.
Ora gli appuntamenti, per i nostri amici, dovranno attendere parecchio, e dal prossimo capitolo mi dedicherò solo a loro due, più un nuovo arrivato per mano di Rufy a cui credo vi affezionerete.
Non so quando potrete avere il prossimo capitolo, ma spero di riuscire a portarlo il prima possibile.
Nel frattempo, di là ci sono dei biscotti (però non finiteli tutti!).
Spero che sia stato di vostro gradimento e di ricevere i vostri pareri!
Un bacio e alla prossima! :D
SS

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Capitolo 5
*** Un nuovo amico (Zoro) ***


“Sei silenzioso stamattina, marimo” commenta acidamente quello stupido damerino a colazione, il mattino dopo quello schifoso appuntamento con la ninfomane.
“Per una volta che Rufy non c’è e si sta in silenzio” commento, finendo il caffè.
È una delle poche volte che riesco a fare colazione senza dover stare attento che quel pozzo senza fondo di Rufy si mangi quello che c’è nel mio piatto, e intendo godermi questo momento.
Inoltre, dopo la magnifica serata di ieri sera, non ho proprio voglia di parlare, specie con Sanji.
Se sapesse quello che è successo ieri sera mi sfotterebbe fino alla fine dei miei giorni.
Però anche lui non ha una bella cera, e stanotte l’ho sentito rientrare verso le quattro del mattino.
“E tu invece che hai fatto stanotte? Hai due occhiaie che ti arrivano fino al collo… e perché sei tornato così tardi?”
Lui mi guarda, e resta zitto per qualche secondo.
“Te l’ho detto che tornavo tardi ieri sera… io e i colleghi ci siamo trattenuti fino a tardi”
Dal tono di voce frettoloso e ansioso di cambiare argomento capisco che si sta inventando tutto di sana pianta, e che ha passato una nottata d’inferno, forse peggio della mia.
Ma sinceramente non mi interessa sapere cosa ha fatto. Insomma, è qui ed è vivo, no?
“Ieri sera come è andata con quella ragazza?” chiede, tornando a guardarmi.
Cazzo! Mi conviene cambiare argomento alla svelta, sicuramente non gli andrò a dire “Niente male, ho scopato nella cameretta d’infanzia di una ninfomane divorziata con l’alito di un topo di fogna e ho schizzato su un poster di Foxy deformandolo”.
“Non male… me l’ha data” taglio corto, dando a intendere che non ho voglia di parlarne.
Fortunatamente lui coglie il segnale, e torniamo a mangiare in silenzio.
“Ogni tanto è bello fare colazione tranquillamente, senza Rufy tra le palle” commenta quando finisce, stiracchiandosi sulla sedia.
Rispondo con un grugnito.
È imbarazzante stare qui seduto in silenzio con il ricciolo, ma non riesco a capire perché.
Non ci siamo mai cagati più di troppo, e non ci ho mai dato troppa rilevanza, ma ora che siamo qui, soli in questa stanza, nel silenzio più assoluto, mi rendo conto di quanto sia imbarazzante.
“Vado a farmi una doccia” annuncio infine, avviandomi verso il bagno.
Qualcuno doveva pur rompere quel dannato silenzio!
La mattinata trascorre lenta, e a pranzo Rufy non è ancora tornato.
È evidente che sia io che Sanji iniziamo a essere in pensiero: Rufy che salta il pranzo è un evento a cui mai avrei pensato di assistere.
“Pensi che dovrei chiamarlo?” mi chiede Sanji mentre fa saltare le verdure in padella.
“Ma figurati” rispondo io seccamente, giocherellando con una forchetta. “Era con Ace, no? Magari ha deciso di pranzare con lui”.
Non riesco a finire la frase che il campanello inizia a suonare insistentemente.
“Tempismo perfetto” dice Sanji tirando una boccata alla sua inseparabile sigaretta e andando ad aprire.
“Ciao amici!” è l’allegro saluto di Rufy appena la porta si apre.
Entra in cucina con un sorriso che va da un orecchio all’altro, e un grosso sacco di iuta in una mano.
Stranamente la prima cosa che fa appena entra non è sedersi a tavola e reclamare il pranzo a squarciagola battendo forchetta e coltello sul piatto come un bambino, scatenando l’ira di Sanji, e appena Sanji ci raggiunge, scopro che ha un importante annuncio da fare.
“Ho delle notizie bellissime per voi! Come sapete sono stato a trovare mio fratello… vi ricordate Sabo, il suo coinquilino?”
Io e Sanji annuiamo, senza riuscire a capire dove vuole arrivare. 
“Beh, Sabo studia petologia… esologia… ortologia”
“Etologia, Rufy!” lo corregge Sanji. “Insomma, dove vuoi arrivare? Muoviti, che non ho tempo per le tue chiacchiere”
“Eh sì, quella roba lì che studia gli animali… comunque ieri sera abbiamo parlato molto di un suo progetto che ha appena finito e ne è molto soddisfatto…”
Mentre dice ciò alza il sacco, che per un attimo mi pare muoversi.
Anzi, ne sono sicuro.
“Rufy, che diavolo è quella roba?” chiedo, indietreggiando di mezzo passo.
“Vi presento il nostro nuovo cucciolo!” annuncia soddisfatto indicando il sacco. “Volete vederlo? È bellissimo!”
“Rufy, ancora?!” sbotta Sanji. “Ti avevo già detto che non possiamo tenere animali, il marimo è allergico ai cani, e io non voglio star dietro anche a lui, non voglio pulire anche il casino che lascia in giro, non voglio lamentele da parte dei vicini per il rumore e non voglio portarlo fuori!”
“Ma non c’è bisogno di tutto questo! Lui è bravissimo! Non sporca, non fa rumore e non va portato a spasso. Guardate, adesso ve lo mostro… però non stategli addosso perché è un cucciolo, e si spaventa”
Detto ciò, Rufy infila una mano nel sacco, e ciò che ne tira fuori è tutto tranne che quello che mi aspettavo.
“CHE SCHIFO!” strilla Sanji appena lo vede.
Anche io indietreggio di istinto, mentre Rufy sembra assolutamente a suo agio.
Dal sacco, infatti, Rufy estrae un piccolo serpente che si attorciglia sulla sua mano e su parte del polso.
È un esemplare di pitone tutto completamente bianco come la neve, e con gli occhi blu.
Devo ammettere che è uno dei più bei serpenti che abbia mai visto, e sicuramente costerà una fortuna… ma cazzo, cosa gli è saltato in mente di portare a casa un animale del genere?
“Rufy… q-quel mostro se ne ritorna immediatamente da dove è venuto, non esiste che vivrà qui! È fuori discussione!” grida Sanji, indicando il rettile con mano tremante.
“Non gridare così, che lo spaventi!” si lamenta Rufy, accarezzando l’animale, che resta fermo immobile. Evidentemente è più spaventato di quel cacasotto del sopracciglio a ricciolo, e da che Rufy l’ha tirato fuori dal sacco non si è ancora mosso. Tant’è che comincio a chiedermi se sia vero o meno.
“Non me ne frega un cazzo! Adesso lo riporti immediatamente da Sabo, oppure ti spedisco fuori di qui a calci!” insiste Sanji irremovibile.
“Ma guardalo, è così carino! È tutto bianco! E poi Sabo me l’ha regalato… era parte del suo progetto sui rettili, e aveva otto serpenti… adesso che il progetto è finito doveva dare i serpenti a qualcuno, e questo era il più bello che aveva. Ti prego! Mi occupo io di lui”
“E dove pensi di metterlo? E cosa gli darai da mangiare? Questo coso non vivrà mai qui!”
“Un serpente ha bisogno di molte cure, non è mica come un cane o un gatto!” aggiungo io, anche se l’idea di tenere questo pitone non mi fa così ribrezzo.
Mi preoccupa solo come lo terrà Rufy. Se è vero che se ne prenderà cura lui quel povero animale tenterà il suicidio se sopravvivrà più di una settimana.
Il serpente, intanto, continua a restare immobile, se non per tirare fuori la lingua ogni tanto e muovere leggermente la testa.
“Ma mi sono già organizzato con Ace per comprargli la teca oggi pomeriggio! Per favore! Lo tratterò benissimo, e non verrò mai a disturbarti, Sanji, lo prometto! Però fammelo tenere! Per favore!”
Segue una lite sul teniamolo-non teniamolo, alla quale mi guardo bene dal prenderne parte, e infine, come sempre, vince Rufy, che tutto soddisfatto porta il serpente in camera sua saltellando da una parte all’altra e scordandosi completamente del pranzo.
“Allegro, amico! Resti a vivere con noi! Ti chiamerò Fiocco di Neve!” lo sento urlare, mentre Sanji si strappa via il grembiule ed esce di casa sbattendo la porta e sibilando “Un giorno me la leverò la soddisfazione di prendervi a calci sulle gengive”.
Mezz’ora dopo, Rufy e Ace escono a comprare la nuova casetta per Fiocco di Neve (che comunque penso che sia il nome più idiota che si possa dare a un serpente), e io rimango solo.
Decido di mettere su un porno, giusto per riprendermi un po’ dalla drammatica serata di ieri.
Anche junior ha bisogno di riprendersi (anzi, direi soprattutto lui, che dopo il trattamento subito ieri ha un disperato bisogno di pronto soccorso), e ora che non ho scocciatori in giro per casa, posso dedicarmi completamente a me stesso.
Ma non passano nemmeno cinque minuti che qualche idiota inizia a suonare insistentemente alla porta.
Impreco sonoramente, mi rialzo la patta dei pantaloni e vado a vedere chi è.
È impossibile che Rufy sia già tornato, quindi questo deve essere sicuramente Sanji.
E sicuramente è ancora incazzato per la storia del serpente, quindi l’idea è quella di aprire e poi ritirarsi immediatamente a continuare quello che stavo facendo, sperando che non venga a rompere ulteriormente i coglioni.
Ma quando apro la porta quello sull’uscio non è Sanji, ma un postino.
“Ehm… salve” faccio io, cercando di ricordarmi di un eventuale ordine online.
“Buongiorno. È lei Sanji Vinsmoke?”
Ok, non è per me. Evidentemente quello stupido cuoco deve aver ordinato un altro insulso strumento da cucina o qualcosa del genere, in ogni caso di dubbia utilità per il sottoscritto.
Oppure deve aver di nuovo parcheggiato nel divieto di sosta, e si è beccato una multa. Se è così sono più che felice di non entrare nel merito.
“Ehm… no, ora lui non c’è… se non è qualcosa di personale può rivolgersi a me che sono il coinquilino, se no non so quando tornerà” rispondo, aprendo un po’ di più la porta.
“No, assolutamente… lei è il coinquilino ha detto, giusto?” risponde lui, iniziando a infilare una mano nella sacca.
“Sì” 
“Beh, quando torna può consegnargli questa?” mi fa infine consegnandomi una busta.
Lo sapevo, l’idiota si è preso una multa!
Non vedo l’ora di sbattergliela sotto il naso quando torna.
“Ehm… d’accordo… grazie” rispondo, prendendo in mano la busta.
“Grazie a lei. Arrivederci” conclude lui girando i tacchi.
Richiudo la porta e mi siedo sul divano, rigirando la busta tra le mani.
C’è qualcosa che non torna. Il destinatario è sì Sanji, ma il nome del mittente, scritto a mano, è un nome femminile mai sentito in vita mia.
Ora non mi dire che l’idiota è così disperato da aver iniziato una relazione epistolare.
Se è così è veramente squallido. Voglio dire, ormai le lettere chi se le invia più?
Deve essere per forza una vecchia senza nemmeno il telefono fisso che passa la sua vita a dar da mangiare alle sue decine di gatti.
Resto con la busta in mano qualche secondo, indeciso sul da farsi.
Sanji si incazzerebbe un sacco se mi azzardassi a toccare la sua posta, ma stavolta la tentazione di leggere le vomitevoli cose che si scrive con questa ipotetica nonna Abelarda, che probabilmente in queste lettere si spaccia per una bella figa, è davvero troppo forte.
Scusa ricciolo dei miei stivali, ma questa non posso proprio perdermela.
Apro la busta già con il ghigno beffardo dipinto in faccia, ma quando ne tiro fuori il contenuto, resto allibito.
Non è affatto una squallida lettera d’amore, ma una fattura del pronto soccorso con la data della sera prima.
Ma il meglio arriva dopo.
Questa donna è davvero una signora anziana… ma è, attenzione gente, una SPOGLIARELLISTA.
Sanji che va agli spettacoli delle spogliarelliste?
Di oltre sessant’anni, per di più!
La situazione è decisamente peggiore di quanto pensassi, altro che relazione epistolare!
E si è anche inventato una cena coi colleghi pur di andare a vedere questa vecchia!
A me, personalmente, vien da vomitare al solo pensiero di una vecchia mezza nuda che balla su un palo credendosi bella e giovane.
Improvvisamente, la porta si apre, e indovinate un po’ chi fa capolino in salotto?
“Ehi, marimo, leva quei piedi disgustosi dal tavolo” è il primo, acido commento di Sanji.
Ok, ora non me ne frega più niente se ho aperto la sua posta o meno, qui urgono spiegazioni immediate.
Mi alzo e mi avvicino con fare beffardo, mettendo le mani con la busta dietro la schiena.
“Stavo proprio aspettando che tu tornassi… ieri sei andato a cena coi tuoi colleghi, giusto?” chiedo.
La sua espressione vacilla per un istante, poi mi guarda con fare intimidatorio, e mi risponde seccamente: “Sì, problemi?”
A questo punto, con un sorriso soddisfatto, gli sventolo davanti alla faccia il pezzo di carta.
“Non so, dimmelo tu”
Raramente ho visto Sanji cadere dalle nuvole, davvero.
Ma l’espressione sconvolta che in questo momento si sta dipingendo sulla sua faccia di merda, giuro, non ha eguali.








NOTE DELL'AUTRICE:
Ed eccomi quaaaa... di nuovo in ritardo!
Questo capitolo era troppo corto per essere pubblicato, quindi ci ho messo un po' di più perché ho dovuto fare delle modifiche...
dunque, Rufy ha finalmente il suo alquanto bizzarro animaletto domestico, e i nodi iniziano a venire al pettine... come andrà a finire?
Riuscirà Fiocco di neve a non annodarsi su sé stesso dopo due giorni con Rufy? E cosa si inventerà il cuoco stavolta?
Stay tuned!!!
Spero che vi piaccia, vi ringrazio per i complimenti che ho ricevuto per lo stile comico della storia e mi raccomando, recensite!
Un bacio e alla prossima! :D
SS

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