Medicina del Cuore

di Loveroflife
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Passato ***
Capitolo 3: *** Deja Vù ***
Capitolo 4: *** Chiarimenti? ***
Capitolo 5: *** Festa! ***
Capitolo 6: *** Merda! ***
Capitolo 7: *** Carlo o Victor? ***
Capitolo 8: *** Un nuovo inizio o la fine di tutto? ***
Capitolo 9: *** Spiegazioni ***
Capitolo 10: *** Libido. ***
Capitolo 11: *** Sei anni ***
Capitolo 12: *** Guns N' Love ***
Capitolo 13: *** Aria di matrimonio ***
Capitolo 14: *** Due anni dopo - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 

La sveglia suona, senza pietà. Mal di testa e voglia di dormire: sono questi i suoi pensieri. Si alza piano, quasi come se le fosse impossibile farlo. Riesce a mettersi seduta, sbadigliano rumorosamente. Riesce a trascinarsi in bagno per sciacquarsi la faccia e pettinarsi. Ai denti ci avrebbe pensato dopo la colazione. La sua cucina è vuota; l'unico rumore a riempirla è il ticchettio dell'orologio appeso accanto al frigorifero.
Mette il latte a riscaldare e intanto ha il tempo di prepararsi delle gustose fette biscottate con burro e marmellata. Non le importava di ingrassare, tanto non aveva nessuno a cui dar conto del suo aspetto fisico.

Accese la tv, l'unica cosa a farle compagnia. L'oroscopo delle sei del mattino era l'ideale. Non credeva in quelle sciocchezze ma sentire che le cose sarebbero andate bene le faceva piacere. Almeno quello.
Finì con calma la sua colazione e si accese una sigaretta, in tempo per vedere in tv le notizie del traffico.

 

Dopo una doccia calda e rigenerante, si vestì piano, con un elegante gonna viola al ginocchio, una camicetta di una tonalità più chiara e dei tacchi piuttosto alti, senza esagerazioni. Accessori vari, tra cui orecchini, collana e orologio, dato che odiava i bracciali, ed iniziò a truccarsi. Una passata di mascara e un po' di blush per dare colore alle guance pallide.
Era una donna di venticinque anni, quasi ventisei, diventata apatica di botto. Era un'appassionata del trucco e degli smalti ma da un po' di anni, ormai, non le importava più di nulla. Per il suo lavoro, però, era costretta a darsi un minimo di tono, curandosi e truccandosi.
Prese la sua borsa di cuoio color marrone e si incamminò verso la porta, non prima di aver preso le sigarette, l'accendino e le chiavi dell'auto.
Si chiuse la porta alle spalle, dandole due mandate per chiuderla per bene.
Chiamò l'ascensore, non aveva voglia di farsi tre piani a piedi.
Entrò calma e premette il pulsante che la portava dritta al garage del palazzo. Una volta li, arrivò in fretta alla sua auto. Quel garage le incuteva sempre timore, forse per i troppi film visti, dove una povera ragazza veniva aggredita proprio in garage, sotterranei e via dicendo.
Neanche il tempo di infilare la chiave nel quadro d'accensione che le squillò il telefono. Rispose senza leggere chi fosse.

''Dottoressa Lentini, con chi parlo?'' Mise il cellulare tra l'orecchio e la spalla, intenta a mettersi la cintura di sicurezza.
''Dottoressa un cazzo, ieri sera sei sparita!''
''Erika, cosa ci fai già in piedi?'' Continuò, facendo finta di niente.
''Ho un turno di mattina. Non cambiare discorso, che cazzo di fine hai fatto ieri sera?'' Continuò l'amica, urlando come una sirena.
''Sono tornata a casa, avevo mal di testa; dopo aver lavorato tredici ore è normale, non credi?'' Continuò con una calma estrema, accendendosi un'altra sigaretta.
''Non sparare stronzate, sei scappata appena il collega di Sara ti ha chiesto quanti anni avessi. Non puoi continuare a scappare appena un uomo mostra il suo interesse per te. Non è normale.'' La sua amica ci aveva azzeccato come sempre, maledetta.
''Uffa, ero semplicemente stanca, tutto qui.'' Continuò a mentire.
''Ok, allora stasera ci rivediamo? Sara potrebbe richiamare il suo amico. E' un bel professore di letteratura latina. E' colto, sexy, gentile.'' Tentò lei, invano.
''Allora escici tu, se ti piace cosi tanto.'' Alzo gli occhi al cielo, mentre controllava i capelli nello specchietto retrovisore.
''Oh Marika, andiamo, sono sei anni che non ti fai corteggiare da un uomo. Fallo per me!'' La pregò, e Marika già se la immaginava con le mani unite e in ginocchio.
''Erika, tutto dipende se stasera tornerò stanca o meno. Ti avviso io, promesso.'' Buttò la sigaretta e mise in moto, avviandosi lentamente.
''Giuralo. Fai un secondo giuramento di Ippocrate.'' Scherzò l'amica. Ormai non poteva farci niente. Sapeva bene che Erika l'avrebbe trascinata fuori di casa, se avesse detto di no.
''Ok, giuro. Ci sentiamo dopo, altrimenti arriverò in ritardo. Ciao!'' Aspettò la risposta della sua amica e mise giù.

 

Mentre guidava, accese la radio e si trovò a pensare. Aveva ragione Erika. Erano sei anni, sei lunghissimi anni che non si faceva corteggiare. Sei anni che le birre se le pagava sola, cosi come anche i caffè e tutto il resto. Sei anni che non andava a ballare, sei anni che fumava come una turca. Sei anni che stava rovinando la sua vita. E ora si ritrovava a venticinque anni sola, in una casa in cui l'unica sua compagnia erano la tv e i libri, oltre ai cd. Aveva deciso di andare ad abitare da sola da poco più di due anni, quando ancora doveva finire di laurearsi ma comunque stava facendo la tirocinante, quindi veniva pagata ugualmente. Era ormai un medico a tutti gli effetti, un pediatra, e lavora in ospedale da appena sei mesi. Era soddisfatta sul lato lavorativo, ma era il lato affettivo che faceva sentire la sua insoddisfazione.
Arrivò in Ospedale, parcheggiò nel posto riservato ai dottori e si incamminò verso le porte del pronto soccorso. Le porte le si aprirono davanti, mostrandole la solita scena da oltre sei mesi: bambini urlanti con braccia e gambe rotte, donne incinte, reduci da qualche incidente stradale. Di tutto, insomma!

 

Fu un piccino ad attirare la sua attenzione. Un piccolo di due-tre anni, con tantissimi capelli ricci, gli occhi di un colore chiarissimo e un sorriso smagliante. Era in braccio ad una giovanissima ragazza, sua mamma o sua sorella, probabilmente. Le ricordava tantissimo una persona di sua conoscenza.
Lo guardò attentamente, distratta solo da Carlo, il suo amico ginecologo.
''Ehy Marika, buongiorno!'' Era un bellissimo uomo, che toccava quasi i trentacinque anni, biondo e con gli occhi di un azzurro glaciale. Era perfetto, se solo non le facesse la corte, senza freni.
''Ciao Carlo, buongiorno.'' Rimase in silenzio, cercando di ignorarlo e infilandosi il camice con la targhetta che riportava il suo nome.

''Allora, quando ce la prendiamo una birra insieme?''. Continuava ad insistere da un mese, tanto da far alzare al cielo gli occhi alla povera Marika, che ormai non sapeva più che scusa trovare.
''Carlo, stasera esco con le mie amiche, magari un'altra sera eh?'' Disse, sorridendogli e avviandosi verso il suo studio, nel pronto soccorso.
''Come vuoi, ma tanto prima o poi uscirai con me, me lo sento.'' Scherzò il dottore, pronto a prendere posto nel suo banchetto.
''Magari in un altra vita'', pensò Marika, tenendoselo giustamente per sé.

 

''Avanti il prossimo!'' Urlò Marika, dalla sua postazione nel piccolo ufficio riservato al medico pediatra.

Sentì un lieve bussare, al quale gridò un ''avanti'' senza esitare, senza alzare gli occhi da un foglio, in cui c'era il referto di un esame di un bambino, che stava finendo di compilare.
''E' permesso, dottoressa?'' Chiese incerta, una voce femminile.
''Prego, si accomodi, finisco di scrivere una cosa e sono subito da lei.'' Continuò indicandole la sedia davanti alla scrivania.
Poco dopo alzò il capo, ritrovandosi davanti quella ragazzina con quel bambino cosi particolare. Per poco sussultò, notando la somiglianza del bambino con una sua conoscenza.
''Mi dica tutto.'' Fece, alzandosi per prendere un bicchiere d'acqua dalla piccola bottiglia che aveva dietro di lei.
''Ecco, mio figlio ha la febbre alta da quattro giorni, ha rigurgitato continuamente per due. Non so cosa fare.''
''Bene, me lo dia che lo metto sul lettino e lo visito.''
Prese in braccio quel bambino di due o tre anni e lo appoggiò delicatamente sul lettino, alzandogli la maglietta per sentirli il cuore e i bronchi. Si sentirono due tocchi alla porta e si sentì aprire.
''Scusami Roberta, ma non trovavo parcheggio.'' La voce le suonò stranamente familiare, sentendo un brivido lungo la schiena per pochi attimi.
''Sssh, siediti e sta buono, la dottoressa lo sta visitando.'' Sentì la sedia trascinata per terra e dopo di chè ci fu silenzio.
''Quanti anni ha il bambino?'' Chiese continuando a sentirli i bronchi e esaminandogli gli occhi.
''Due anni fra un mese.'' Rispose la giovanissima mamma.
''Bene, può venire a prenderlo, mentre io mi lavo le mani e le faccio la ricetta con i medicinali.''
''E' grave?'' Ancora quella voce, troppo familiare per i suoi gusti.

Continuò a rimanere di spalle, mentre si lavava le mani.
''No, è solo la sesta malattia. La febbre alta, il vomito, sono tutti sintomi di questa malattia che in genere viene tra i sei mesi e i due anni d'età. Niente di grave. Per fortuna non ci sono segni di convulsioni. Qualche supposta e tutto andrà bene.''
''Bene, cosa devo prendere allora?'' La voce della mamma le fece capire che era ora di voltarsi.
''Due supposte di diazepam al giorno, mattina e sera, per cinque giorni, e tutto andrà per il meglio.'' Si girò e quello che vide la fece rimanere di sasso. Accanto al bambino e alla madre c'era lui: Victor. Era più adulto, le piccole rughe d'espressione accanto agli occhi lo dimostravano, aveva i capelli più corti, la barba e sotto la giacca di pelle portava un pantalone nero e una t-shirt dei Nirvana. Lo avrebbe riconosciuto anche tra miliardi di persone.

Anche lui la guardò con attenzione, e notò le sue pupille che si restringevano sempre più.
''Le faccio subito la ricetta.'' Si mise a scrivere, con il capo chino e gli occhi fissi sulla penna. Chissà se l'aveva riconosciuta.
Dovette obbligatoriamente chiedere il nome del bambino.
''Co-come si chiama?'' Chiese, iniziando a tremare.
''Christian Santini.'' Rispose la madre. E fu in quel momento che tutte le certezze di Marika vennero spiazzate. Quel bambino, quell'esserino con i capelli ricci e gli occhi magnetici era suo figlio. Era il figlio di Victor.

 

 


Victor e Marika sono ritornati! Lo so, come inizio non è promettente ma con il passare dei capitoli capirete tante cose. Questo è un piccolo prologo, pronto da settimane che non vedevo l'ora di pubblicare. Il sequel parte circa 6 anni dopo la fine di ''Anatomia del Cuore''. Spero che vi piaccia, anche se vi aspettavate altro, sicuramente. Intanto vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo, che arriverà presto. Baci a tutti! Ringrazio per lo splendido banner horjzon, che mi ha aiutato, essendo un'imbranata in queste cose.

M.

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Capitolo 2
*** Passato ***


Rimase silenziosa tutta la giornata, limitandosi a parlare con le mamme e i papà dei bambini che visitava, dicendo loro lo stretto necessario, cioè informandoli sulla salute dei propri figli e sulle eventuali cure.Quella visita mattutina l'aveva sconvolta, facendola piombare in uno stato di angoscia immotivata. Non era più fidanzata con Victor da cinque, lunghissimi, anni e credeva di aver superato la cosa.
Non rispose nemmeno alle ventuno chiamate di Erika e alle sette chiamate di Veronica, troppo impegnata a rimuginare.

Uscendo dal pronto soccorso, alle sei del pomeriggio, prese una gran boccata d'aria, come se avesse trattenuto il fiato per tutte quelle ore.
Si avvicinò alla sua macchina, gettando la valigetta sui sedili posteriori e rimanendo ferma vicino alla sua vettura, giusto il tempo di accendersi una sigaretta. Era seduta sul cofano della sua auto, intenta a prendere boccate dalla sigaretta e a pensare, come faceva dalle otto di quel mattino. Ad un tratto una voce le gelò il sangue.


''Allora sei riuscita a diventare medico.'' Una voce dolce, identica a quella sentita la mattina stessa nel suo studio.
''Allora è vero che il figliol prodigo è tornato da Milano.'' Rispose, non con la stessa dolcezza, rimanendo di spalle a quella voce.
''Perchè hai fatto finta di non conoscermi?'' La voce si velò di una leggera tristezza, o almeno cosi le sembrò.

''Perchè io non ti conosco.Piuttosto, perchè dopo nove ore sei ancora qui?'' Divenne triste anche lei, accendendosi un'altra sigaretta.
''Mi sono informato sull'orario d'uscita della dottoressa Lentini, dovevo parlarti, dovevo vederti.'' Insistette, con la stessa dolcezza.
''Benissimo, mi hai visto, mi hai parlato, adesso puoi sparire di nuovo.'' Scese dal cofano, sistemandosi la gonna e la camicetta. Si avvicinò al posto di guida e aprì la portiera. Fece per entrare quando una mano le bloccò il braccio, dolcemente ma con fermezza.
''Non te ne andare, sono cinque anni che non ci parliamo, abbiamo tante cose da dirci.'' La guardò speranzoso, con gli occhi che brillavano.
''Io non ho proprio niente da dirti, e se non ci parliamo è solo colpa tua, ricordi?'' Lo guardò con il fuoco negli occhi e lui la lasciò andare di botto.
'' Dovremmo parlare anche di quella sera.'' Disse, serio e coinciso.
''Non ci penso minimamente, e adesso se vuoi scusarmi devo tornare a casa. Stammi bene, Victor.'' Disse, chiudendo la portiera dell'auto e mettendo velocemente in moto, lasciando il ragazzo nel parcheggio riservato ai medici.


Correva, con la sua auto, come mai aveva fatto. In genere aveva una guida regolare, sempre calma. Eppure quella sera correva, voleva arrivare subito a casa e chiudere quella giornata disastrosa fuori dalla sua vita. Non poteva essere ritornato nel profondo sud dove abitavano tutti. Non poteva aver lasciato Milano, centro culturale ed economico, per una cittadina del sud, rimasta vent'anni indietro su ogni campo. Non poteva essere ritornato prepotentemente nella sua vita. Non poteva permettergli di spezzarle il cuore, ancora.


Arrivò in fretta a casa, parcheggiò nel box auto e, per la prima volta da quando abitava li, fece le scale dal garage fino al suo pianerottolo completamente di corsa, arrivando davanti alla sua porta con il fiatone e con le gambe che tremavano per lo sforzo improvviso, abituate a non fare più palestra dalla fine del liceo.
Aprì la porta con le mani che tremavano e si rinchiuse dentro, sigillando la porta, quasi a volersi rintanare li dentro per sempre.
Chiudendosi la porta alle spalle, chiuse anche la giornata passata fuori dalla sua vita, tenendo con sé i ricordi, che le riaffioravano in mente. Si gettò stancamente a terra, iniziando a piangere come una bimbetta, con le ginocchia strette al petto, ricordando ciò che era successo cinque anni prima.

 

''Ma davvero sei sul treno per Milano?'' Una Erika super eccitata le urlò al telefono. Lei era già sull'Intercity che l'avrebbe portata dal suo fidanzato, che stava studiando e collaborando con una casa discografica a Milano.
''Si Erika, sono partita da poco. Dovrei arrivare a Milano domani mattina presto. Voglio fare una sorpresa a Victor!'' Disse, ancora più eccitata della sua amica.
Non vedeva il suo ragazzo da sei mesi, potevano sentirsi solo per telefono o skype, con buona pace della bolletta del telefono e della luce. Lui poi non aveva avuto il permesso per ritornare a casa per festeggiare le vacanze di Pasqua e quindi, all'inizio dell'estate, Marika aveva riempito una valigia prendendo la decisione di andare a trovare il suo fidanzato. Lui ne sarebbe rimasto estasiato, ne era certa.


Dopo un lungo viaggio, arrivò a Milano poco dopo l'alba. All'uscita trovò fortunatamente un taxi vuoto, che aveva appena iniziato il servizio.
''Dove la porto signorina?'' Chiese l'autista, un uomo sulla cinquantina, .
''Ehm.. all'Accademia Musicale della Scala, ehm.. mi pare si chiami...'' Cercò nella borsa, dove sicuramente avrebbe trovato il bigliettino dove aveva appuntato il nome dell'Accademia.
''Accademia Giacomo Puccini?'' Chiese l'autista, evidentemente già la conosceva.
''Si esatto! Proprio quella, per favore.'' L'autista si incamminò e lei si rilassò dopo una nottata in bianco. Non dormiva mai in autobus né in treno, non aveva paura ma non riusciva proprio ad addormentarsi.

Dopo un quarto d'ora circa arrivò sotto l'Accademia. Tutto taceva, anche perchè erano poco più delle sette del mattino.
Si avvicinò alla segreteria dell'Accademia, dove trovò un assonnato funzionario.
''S-salve, vorrei un'informazione.'' Aveva l'aspetto di una disperata, e sicuramente quel signore l'aiuto soprattutto per quel particolare.
''Posso esserti utile bimba?'' Alzò un sopracciglio, squadrandola dalla testa ai piedi.
''Si ecco, sto cercando Victor Santini, dove posso trovarlo? E' una matricola, uno studente di chitarra.''
''Non è orario di visite, bimba. E' mattina presto, starà sicuramente dormendo.'' Disse, bevendo una goccia di caffè.
''Lo so, ma sono la sua fidanzata. La prego, vengo dal sud e mi sono fatta dodici ore di treno per fargli una sorpresa. La prego, mi dica il numero della camera.'' Unì le mani a mo' di preghiera, enfatizzando il suo sguardo triste e cercando di farsi scappare qualche lacrimuccia, giusto per impietosirlo. Evidentemente non le servirono lacrime, perchè il funzionario l'accontentò quasi subito.
''Eh va bene. Ma ti avverto, se ti scopre qualcuno io non voglio responsabilità.'' Disse severo, mentre cercava su una grossa agenda il nome di Victor.
'
'Si certo, non mi farò scoprire. Grazie.'' Disse, sorridendogli grata.
''Dormitorio 7, stanza 45. Vai e non farti scoprire. Veloce!'' Ringraziò di nuovo quel tipo e corse verso il dormitorio sette, poco distante dalla segreteria. Arrivò di corsa alla stanza 45. Fortunatamente nessuno l'aveva notata. Bussò forte, tremando dall'emozione.

 

''Posso aiutarti bambola?'' Le aprì la porta un ragazzone alto, ben piazzato, con lunghi rasta che li ricadevano sul viso. Occhi arrossati e alito che sapeva di alcool.
''Ehm..c-cerco Victor, Victor Santini. Mi hanno detto che questa è la sua camera.'' Sperava vivamente che il funzionario si fosse sbagliato, dato l'uomo che le si poneva davanti.
''Tutte cercano quel bimbetto, chissà come mai. Tu chi sei?'' Chiese, avvicinandosi fin troppo.
''La sua fidanzata. Dove posso trovarlo?'' Chiese, passando sotto il suo braccio, per divincolarsi da quell'omone.
''La stanza accanto al bagno, l'ultima del corridoio. Dovrebbe dormire a quest'ora.'' Non diede peso a quelle parole, prese la sua valigia e si incamminò lungo quel piccolissimo corridoio. Ebbe giusto il tempo di notare l'appartamento, se cosi poteva chiamarsi. Una zona giorno, con cucina, un tavolo da sei, un divano e una tv, con una console per videogiochi e uno scaffale pieno di cd e dvd.
Passò davanti al bagno e poi si fermò sulla porta della stanza accanto.

Aprì piano la porta, notando subito il letto sfatto e una persona che dormiva sotto un lenzuolo. Le si vedeva appena la testa. Era sicuramente il suo Victor. Decise quindi di lasciare il suo bagaglio e di togliersi il vestito ma non fece nemmeno in tempo a togliersi la tracolla che la porta del bagno in camera si aprì, facendo uscire un Victor abbastanza assonnato.
Marika restò di sasso, Victor sbiancò completamente.

Era in mutande, con i capelli scompigliati. Sul comodino due birre e un pacchetto di sigarette.
''A-amore! Che ci fai qui?'' Chiese un Victor raggelato, mentre tentava di abbracciarla.
La ragazza si divincolò subito, aveva capito qualcosa.
Quel qualcosa confermato dal lenzuolo che si alzava. E proprio da quel lenzuolo spuntò lei, la sua acerrima nemica, l'ultima persona al mondo che voleva vedere con il suo fidanzato: Alex, la sua ex.

 

 

I ricordi le si affollavano in testa. Aveva bisogno di aiuto. Prese il cellulare e compose il primo numero che le venne in mente.
''Brutta stronza, per quale cazzo di motivo non mi hai risposto? Ti rendi conto che mi hai fatto preoccupare? Per quanto ne so potevi anche essere morta!'' Le imprecazioni di Erika non tardarono ad arrivare, bloccandosi solo con un singhiozzo della sua amica.
''Marika stai bene?''Chiese, allarmata.
''N-no. V-vieni a casa, t-ti prego.'' Disse, fra i singhiozzi.
''Cazzo, ho un deja-vù. Chiamo Sara e Veronica e ci precipitiamo da te. Aspettaci.'' Chiuse il telefono e continuò a piangere, sdraiata sul pavimento, con le ginocchia al petto e con il cuore che le faceva male, ancora, dopo sei anni. Victor non era ancora uscito dal suo cuore, dalla sua mente, dalla sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo di incontri e spiegazioni. Per quanto riguarda in banner arriverà presto, anche se il capitolo volevo postarvelo subito, non riuscivo più ad attendere. Spero vi piaccia. E' un capitolo cruciale perchè fa capire il perchè di sei anni di lontananza. Non uccidetemi, vi prego. Aspettate il prossimo capitolo, magari ci sarà qualche novità. Nel frattempo vi mando un bacio. Alla prossima!

M.

 

*Il nome dell'Accademia è COMPLETAMENTE inventato, ho tirato su il primo nome di compositore che mi è venuto in mente!

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Capitolo 3
*** Deja Vù ***


Aveva visto la macchina di Veronica frenare rumorosamente sotto il suo palazzo e aveva visto le amiche scendere in fretta, e precipitarsi al citofono. Senza neanche rispondere aprì loro cancello e portone del palazzo, lasciando anche aperta la porta di casa e andando a rifugiarsi sul divano, ancora vestita come quella mattina. Abbracciò un cuscino del divano, continuando a singhiozzare silenziosamente. Non sentì nemmeno i passi delle sue amiche che entravano in casa, ritrovandole accanto a lei in pochi secondi.

''Che cazzo è successo?'' La guardò dura Erika, pronta a disintegrare chiunque avesse ridotto la sua amica in quello stato.
''Ho un terribile deja-vù, ragazze, questa scena io l'ho già vista.'' E l'aveva vista si, Sara, quella scena, ben sei anni addietro.
''Vi state zitte e la fate sfogare? Grazie!'' Le fulminò Veronica, mettendosi a sedere accanto ai suoi piedi.
''Su racconta.'' Le fece segno con la mano, mentre Erika si accomodava sulla poltroncina di fronte e Sara si sedeva sul tappeto, come faceva sempre.
Marika raccontò alle sue amiche la sua giornata, tra i singhiozzi e le soffiate al naso non proprio da principessa.Raccontò del bambino, della ragazza, di Victor, del parcheggio.Fino a quando non finì il racconto e le quattro amiche si ritrovarono in silenzio, non sapendo da dove iniziare.

''Quel figlio di puttana non si arrende!'' Iniziò Erika, come da abitudine, con una serie di epiteti non propriamente affettuosi rivolti al ragazzo.
''Quel coglione non ha ancora capito che gli pianto un tacco dodici nelle palle. Se l'è risparmiato sei anni fa, ma adesso lo castro a vita, quel pezzo di merda.'' Erika si alterò, accendendosi una sigaretta e passando l'accendino a Marika e Veronica, che iniziarono dopo di lei. Sara, l'unica a non fumare, preferì una birra fresca direttamente dal frigo di Marika.
''Erika, calmati. Si sapeva che prima o poi sarebbe tornato, e si sapeva che l'avrebbe trovata prima o poi. Viviamo in un paese piccolo e l'ospedale è uno solo, quindi.'' Sara cercò di calmare l'amica già fin troppo agitata.
''Già, non è servito a molto cambiare numero di telefono, residenza... Ti ha trovato ugualmente.'' Sospirò Veronica, buttando fuori una nuvola di fumo.
''Un momento! Sa dove lavora, mica dove abita. Qui è al sicuro, per il momento. Piuttosto, Vero, avvisa l'uomo con cui scopi di non dire dove abita Marika, se anche lui ci tiene alla sua testa.'' Erika socchiuse gli occhi, fissando Veronica eloquentemente.
''Michele non è l'uomo con cui scopo, è il mio fidanzato, e soprattutto non gli passerebbe mai per la testa di dire dove abita Marika. Altrimenti sa che lo ammazzo.'' La fulminò di rimando la ragazza, sentendosi presa in causa.
''Ok basta! Smettetela di fare le cretine e fatemi parlare. Marika, il motivo delle tue lacrime è..?'' Si mise in attesa Sara, la più saggia.
''Ma è logico che vedere Victor, con un'altra donna e un figlio l'abbia traumatizzata. Non smetterò mai di dire che Victor è ancora nel suo cuore!'' Ipotizzò Veronica, parlando al posto suo.
''Balle, sta piangendo perchè è arrabbiata e vorrebbe sbattergli in faccia che lui è un pezzo di merda, invece è scappata come ha fatto sei anni fa, ed è ancora più incazzata per questo.'' Sbraitò Erika, spegnendo la sigaretta e fregando la birra a Sara.
Già, scappata. Forse Erika aveva ragione. Era scappata come una ladra, anziché parlargli e mandarlo definitamente a quel paese, come era giusto che lei facesse. Rannicchiata sul divano ripensò alla sua prima, vera, fuga da Victor, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime silenziose, il tutto mentre le sue tre amiche discutevano di chi avesse ragione.

 

''S-salve, v-vorrei sapere qual è il prossimo treno in partenza.'' Una Marika distrutta, piangente e scossa parlò direttamente al bigliettaio, alla stazione di Milano Centrale.
''Il prossimo treno è il diretto per Roma, ma non ci sono più...biglietti. Parte fra dieci minuti.'' Disse quello, rimanendo di sasso appena aveva incrociato il viso piangente e disperato della ragazza.
''La-la prego, controlli m-meglio.'' Si stava quasi per rimettere a piangere, cercando stoicamente di trattenersi.
''Ti senti bene, piccola?'' Si impietosì il bigliettaio, offrendole un bicchiere d'acqua che aveva con sé.
'No, non sto bene. Devo andare via subito da Milano, la prego, mi trovi un biglietto per Roma. Lo pagò il doppio se è necessario.''
Il bigliettaio la guardò per qualche istante, tirando dal cassetto della scrivania un biglietto.
''Tieni, ma non dirlo a nessuno, non posso dare biglietti cinque minuti prima dell partenza. Viene sessanta euro ma per te sono trenta.'' Le sorrise gentile, dandole il biglietto.
''Co-cosa? Perchè questo sconto?'' Rimase decisamente confusa, con il portafoglio in mano.
''Si vede che sei disperata e che stai soffrendo per qualcosa. L'unica cosa che posso fare per te è un piccolo sconto su un biglietto che altrimenti resterebbe invenduto.'' Le sorrise, facendola sorridere di rimando.
''Non so davvero come ringraziarla, lei è davvero gentile, grazie.'' Le sorrise, con le lacrime a lambirle gli occhi. Prese il suo biglietto e si precipitò al binario indicato, salendo sul treno in tutta fretta. Si sedette al posto ansimando per la corsa, tremando, ancora scossa per le lacrime.
Sarebbe scappata da tutti, non sarebbe ritornata nel suo paesino di provincia. Sarebbe andata a Roma per un po', da sua cugina. La capitale le avrebbe fatto bene, in fondo era la Città Eterna, male non le avrebbe fatto.


''E per fortuna che poi hai deciso di tornare da noi, vero Mari?'' L'abbracciò Erika, riempiendola di baci sulla testa, cosa che infastidiva l'amica.
''Erika lasciami perdere! Comunque si, mi sono innervosita per tutto ciò che mi ha fatto e che non ho fatto in tempo a rinfacciargli. Stop. Non mi importa se ha una moglie o un figlio, non mi importa di lui.'' Smise di piangere, aprendosi una birra e bevendola in pochi sorsi.
La guardarono tutt'e tre attentamente, perfettamente consce che la loro amica ci stava ricascando con tutte le scarpe.

''Che ne dite se stasera andiamo a ballare? Solo noi quattro! Ce ne sbattiamo di tutti e tutto.'' Propose Veronica, già euforica. Da quando si era fidanzata era cambiata dal giorno alla notte.
''Ma il tuo uomo non è geloso?'' Chise Sara, già sentendo la scenata di Michele, il super geloso.
''Lui ha detto che esce con.. i suoi amici. E io esco con le mie. Non può azzardarsi a dire niente. Allora Marika, che dici?'' Le chiese, con gli occhi speranzosi.
''E discoteca sia!'' Annuì la ragazza, accendendosi l'ennesima sigaretta, sorridendo appena. Le sue amiche la portavano sempre su un altro mondo, facendola ridere per qualsiasi cosa. Per fortuna era tornata a casa, dopo un mese nella Capitale. Non sapeva come avrebbe fatto senza di loro.


''Che si fa stasera?'' Chiese un Michele piuttosto apatico, sdraiato sul suo letto.
''Non esci con la tua donna?'' Chiese di rimando Franco, accendendosi una sigaretta.

''No, Veronica esce...con le sue amiche.'' Si tenne sul vago, notando già il rinvigorimento del suo amico chitarrista.
''Ah si? E dove vanno?'' Infatti, l'unico a parlare fu Victor.
''A ballare credo, ma non so dove.''
''Merda, è da secoli che non andiamo a ballare tutti insieme. Ci andiamo?'' Chiese un Franco speranzoso di rimorchiare.
''Veronica mi ammazza se andiamo nel loro stesso locale. Potete benissimo capire il perchè.'' Il batterista lanciò un'occhiataccia a Victor, che si rabbuiò.
''E in che locale vanno?'' Chiese Angelo, confuso. In città c'erano tre locali famosi, potevano andare ovunque.
''Ehm..non lo so, sinceramente.'' Michele si era dimenticato di chiedere il locale e chiederlo davanti ai suoi amici era davvero un gesto pessimo.
''Benissimo. Io proporrei di andare al ''Perla Nera''. Ci andavamo sempre.'' Propose Angelo, già pronto per uscire.
''Perchè no, era il nostro luogo di rimorchio, ai bei tempi.'' Rise Michele, andando in bagno a prepararsi.
''E Perla Nera sia!'' Decretò Victor, alzandosi dal divano, pronto per tornare a casa a prepararsi.

 

''Ragazze ho cambiato idea, me ne torno a casa. Poi vestita così sembro una liceale che cerca di rimorchiare. Sono ridicola.'' Una Marika molto più che nervosa cercava di abbassare inutilmente il cortissimo vestito di pizzo nero, fattole indossare con la forza da Erika e incespicando nei tacchi neri, questi erano i suoi ma non aveva mai imparato a camminarci.
''Sei una bomba! Stasera rimorchierai alla grande e tutti gli occhi della discoteca saranno su di te. Vero ragazze?!'' Confermò Erika, chiamando all'attenzione Sara e Veronica, anche loro impegnate a sistemarsi dopo essere scese dalla macchina.
''Sicuro! Stasera saremo le più fighe del locale e tu sarai la più gnocca!'' Tentò di rialzarle il morale Sara, la donna meno positiva dell'Universo.
''Vero dove vanno Michele e gli altri?'' Chiese Marika, ignorando totalmente le altre due che cercavano di farla sorridere.
''Sinceramente non lo so, Michele ha detto che uscivano tutti insieme.''
''E tu gli hai detto che venivamo qui?'' Chiese la dottoressa, già divenuta un fascio di nervi.
''Ovviamente no, per chi mi hai preso! Ho detto loro che andavamo a ballare, mica ho detto il nome del locale.'' Rispose fingendosi indignata, mettendosi in coda per entrare nel locale che frequentavano spesso.
Calò il silenzio, intervallato da commenti poco consoni di Erika su i vari uomini che entravano in discoteca.

Pochi minuti dopo i buttafuori fecero entrare le ragazze, ormai conosciute da quei due energumeni e quindi salve da ogni controllo.
Il locale era come sempre affollatissimo. Una pista centrale piena di gente che ballava forsennata, un rialzo da dove il dj mixava le varie canzoni del momento e tutt'intorno tavolini e divanetti comodi pieni di gente che beveva e scherzava. Dall'altro lato della pista un grandissimo bancone a forma di elle dove venivano serviti i vari drink.
Veronica si precipitò su i divanetti, già stanca di quei tacchi scomodi, trascinandosi dietro le amiche. Era il loro tavolo di sempre, quello dove si riunivano tutti, nei bei tempi felici.Il cameriere passò quasi subito, prendendo le ordinazioni delle ragazze.

Marika era intenta a bere il suo Mojito, concentrandosi su un punto non ben definito del tavolino, accerchiata da Erika e Sara che non facevano altro che commentare i vari ragazzi in giro per il locale, quando una voce fece congelare tutt'e quattro le ragazze.
''A-amore! Che ci fai qui?'' Era Michele, accompagnato da tutta la squadra. A giudicare dall'espressione di Veronica quella sera il batterista se la sarebbe vista brutta.

L'imbarazzo era palpabile. Dopo poco meno di un'ora Michele discuteva ancora con Veronica, che lo guardava con odio. Sara parlottava allegramente con Angelo mentre Erika e Franco erano già ubriachi, appoggiati l'uno all'altra mentre continuavano a ridere per ogni sciocchezza. Victor era impegnato a vedere chissà cosa sul cellulare mentre Marika voleva sotterrarsi, sparire da quel tavolo.
Giacchè fumare nei locali era vietato, la ragazza pensò bene di alzarsi, prendere il cappotto e sussurrare a Sara qualcosa sul fumo e che, in caso di bisogno, l'avrebbero trovata fuori, seduta sulle panchine del parcheggio.

Sara annuì, guardandola tristemente e capendo il motivo della sua uscita dal locale.
Voleva evitare la fonte dei suoi guai, colui che la faceva stare ancora male, dopo sei anni.
Ma il destino, evidentemente, ce l'aveva con lei.

''Adesso che siamo soli possiamo parlare? Ho da spiegarti un po' di cose.'' Rivolse lo sguardo infuocato verso quella voce che conosceva bene e lo vide: mani in tasca, sguardo afflitto, in piedi accanto alla panchina, che aspettava il suo permesso per sedersi.
Non voleva concedergli altro tempo ma, per una sorta di strana magia, si emozionava ancora a sentirlo parlare, e soprattutto a sentirlo parlare con lei. E quindi, il permesso, arrivò.

 

 

 

 

 

Capitolo di passaggio, il vero e proprio discorso ci sarà nel prossimo capitolo, dove si chiariranno un bel po' di cose.
Non voglio anticipare altro, vi ringrazio per le visite che state dedicando al mio terzo lavoro. Non so davvero come ringraziarvi. Nel frattempo che arrivi il prossimo capitolo mi piacerebbe sapere la vostra opinione sulla mia storia, per sapere se sto sbagliando qualcosa o se tutto va per il verso giusto. Adoro confrontarmi! Alla prossima!

M.

 

 

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Capitolo 4
*** Chiarimenti? ***


''Cosa ti serve? Hai due minuti di tempo per esporre la tua tesi, dopo di chè vado via.'' La ragazza si sistemò sulla panchina, come se stesse seduta su un gigantesco cactus, e si accese una sigaretta. L'ennesima.
''Voglio solo parlare con te. Mi sei mancata.'' Victor fece per sedersi accanto a Marika, la quale arretrò fino alla fine della
panchina.

''Andiamo Victor, non cominciamo con le sceneggiate. E non avvicinarti.''
''Non è una sceneggiata. Mi manchi davvero. Sono sei anni che mi manchi.'' Il bel chitarrista si accese una sigaretta, buttando fuori fumo e continuando a dondolare nervosamente le gambe, gesto che ripeteva quando era in difficoltà. Lo faceva anche con i suoi alunni, o meglio alunne, quando si avvicinavano troppo, attratte dal bel chitarrista divenuto professore di musica.
''Dovevi pensarci prima. Prima di...'' Non riusciva a pronunciare quel misfatto, le mancava l'aria ogni volta.
''E' di questo che voglio parlarti. Non voglio giustificarmi ma voglio solo dirti che non ti ho tradita.'' La guardava con cosi tanta enfasi che ben presto Marika dovette cedere e distogliere lo sguardo, per evitare di arrossire.
''Certo, Alex nuda nel tuo letto è stato solo un mio miraggio, una visione, un'allucinazione, vero?! L'averti visto in mutande, nel bagno, è stato solo un mio delirio vero?! Le bottiglie di birra e le canne sul tuo comodino erano frutto della mia fantasia, no?!'' Sarcastica e pungente, come mai lo era stata in tutti quegli anni. Si fece prendere così dalla foga che non si accorse di avergli puntato il dito contro, continuando a spingerlo fino a farlo arretrare disteso sulla panchina.
''Calmati Marika. Sono qui per spiegarti tutto. Sei saltata a conclusioni affrettate. Troppo affrettate. Cosi tanto affrettate che volevo chiarire con te ma tu mi hai eliminato dalla tua vita in due minuti. Ho provato a chiamarti per un mese, sono venuto sotto il tuo palazzo ogni sera e puntualmente c'erano i tuoi cugini sul balcone che mi squadravano. Una volta tua cugina Niki mi aspettava sulla porta di casa, dicendo di sparire prima che tuo padre se ne fosse accorto. Poi ho provato anche a chiamarti ma non squillava nemmeno. Nel settembre successivo sono anche venuto alla tua... alla nostra università per vederti ma Cristina, la tua compagna, ha detto che te ne eri andata.'' Sospirò affranto e a quel sospiro Marika per poco non abbandonò i suoi propositi, buttandosi tra le sue braccia.
''Ho perso il cellulare e ho cambiato scheda.'' Fu l'unica cosa che riuscì a pronunciare, ispirando fumo e creando nuvolette dense e bianche. Fu un'emerita bugia, ovviamente, poiché Marika aveva cambiato scheda telefonica, università, per un periodo cambiò persino città, pur di non rivedere Victor e dimenticarlo definitivamente.
''Sono diventato professore. Adesso insegno storia della musica al liceo musicale in centro. E insegno anche chitarra classica ed elettrica all'Accademia.'' Cambiò discorso, sentendo l'aria farsi più pesante.
''Io...io ho finito medicina e ho preso la specializzazione in pediatria da sei mesi.''
''Mi riempie il cuore di gioia vedere che hai realizzato i tuoi progetti.'' Le accarezzò il dorso della mano, quella che stringeva compulsivamente l'accendino. Gesto che scatenò in Marika una serie di brividi, misti al senso di nausea che ormai le veniva ogni volta che un essere umano di sesso maschile le si avvicinava.
''Per favore Victor. Non ti avvicinare. Non ho dimenticato quello che mi hai fatto.'' A queste parole, il ragazzo sbuffò sonoramente, portandosi le mani nei capelli, come gesto di disperazione.
''Porca puttana Marika, ti ho detto che non ti ho tradita. Mi ricordo che incontrai Ale nel bar vicino l'università. Ero uscito con il mio compagno di stanza per una birra e me la sono ritrovata con sua cugina li, in quel bar. Abbiamo parlato, le ho raccontato di te, di noi... Dopo di chè siamo andati tutt'e quattro a casa, abbiamo bevuto due birre e fumato un po'. Il mio compagno si è appartato con la cugina di Ale. Io e Ale siamo rimasti sul divano, poi siamo andati in camera da letto, per non disturbare la stanza di fianco con le nostre chiacchiere. Abbiamo parlato un po', abbiamo fumato e bevuto qualche altra birra. E poi ci siamo addormentati. Ma non abbiamo fatto sesso. Ne sono sicuro.'' Finì il suo monologo, sotto lo sguardo allibito di Marika.
''E vuoi farmi credere che non ci sei andato a letto? Mi prendi per una cogliona?'' Lo guardò con rabbia, incrociando le braccia e alzandosi dalla panchina.
''No, ma una trombata me la ricorderei no? Invece mi sono svegliato per terra, in mutande, con una ragazza in reggiseno e mutande nel letto. Dopo aver fatto sesso una non ha modo di rimettersi la biancheria o almeno non io, ricordi?'' Si alzò in piedi anche lui, ponendosi di fronte a lei, che ormai lo fissava sempre più shoccata.
''Bene, ci siamo detti tutto. Ora, se permetti, tornerei dentro a divertirmi.'' Cercò di cacciare indietro le lacrime che ormai si erano annidate ai lati degli occhi, rientrando nel locale, lasciando di nuovo Victor in un parcheggio, da solo.

 


Il giorno dopo, in pausa pranzo, Marika si ritrovò a mangiare da sola, nella mensa dell'ospedale, costruita per infermieri e medici.
Si ritrovò a ripensare alla sera prima, all'assurda discussione con Victor, a ripercorrere mentalmente la scena vista sei anni prima in quell'appartamento, quando una voce risuonò nel suo cervello.
''Buongiorno dottoressa Lentini.'' Il suo collega Carlo le si sedette davanti, con il suo pranzo, iniziando a fissarla voracemente.
''Ciao Carlo.'' Non proferì altro, ancora scossa dai pensieri.
''Sono qui per invitarti ad una festa.'' Notò subito il viso della sua collega prendere un'altra espressione, passando dal pensieroso al circospetto, infatti continuò.
''Tranquilla piccola, non devi considerarlo come un appuntamento. Il primario di ginecologia va in pensione e abbiamo organizzato una festa d'addio. Ovviamente tutti noi ginecologi stiamo portando chi ci pare, chi porta la moglie, chi la fidanzata. Abbiamo invitato anche i suoi parenti, cugini, sorelle, fratelli, nipoti. Io vorrei portare te.'' Carlo era davvero bello, affascinante, sensuale e molto schietto. Non aveva peli sulla lingua e da due mesi non mollava la corda. Magari un'uscita diversa le avrebbe fatto dimenticare un po' i suoi pensieri. Anche perchè il primario lo conosceva anche lei, e non sarebbe stata una presenza inopportuna, data l'affluenza di medici. Per questo, per la prima volta in due mesi, accettò.
''Va bene.'' Le sorrise grata e vide Carlo accendersi.
''Wow piccola, ci voleva un ginecologo in pensione per farti dire si.''
''Ma non farti strane idee, io vengo con te, però, in qualità di amica, nient'altro''. Si riportò sulla difensiva, sorridendo lievemente
''Oh, in genere le donne vengono sempre con me.'' La guardò malizioso. Era la prima volta che pronunciava una battuta come questa, infatti Marika arrossì a livelli epici.
''B-bene, mi fa piacere. Comunque, quando dovrebbe essere questa festa?'' Cercò di piantarsi in faccia un'espressione impassibile, ma probabilmente non ci riuscì, visto come ridacchiava il suo collega.
''Domani sera alle 21:00. I suoi parenti lo porteranno con una scusa nella sala di fronte lo stadio. Noi dovremmo essere li un po' prima, quindi per le 20:30 passo da te. Devo andare piccola, ho una chiamata sul cerca-persone.'' Si alzò per tornare al suo posto di lavoro, non prima di essersi avvicinato a Marika e avere stampato un bacio sulla guancia, con tanto di schiocco.
Questa volta fu lei a essere lasciata sola, con un'espressione strana dipinta sul volto. Un misto tra imbarazzo e ilarità.

 

Veronica non smetteva di ridere al racconto del giorno precedente, il tutto mentre Marika era concentrata su cosa mettersi quella sera.
''Non ridere, cogliona. Io non so ancora cosa mettermi e Carlo arriverà tra dieci minuti.''
''Non mettere biancheria intima, tanto con i propositi del tuo collega, resterai senza mutande in due minuti.'' Continuò a ridere sguaiatamente, punzecchiandola.
''Ma per chi mi hai preso? Lo sai che non faccio sesso da anni...Non ricomincio con il primo che passa.'' Non se la prese, conoscendo l'ironia dell'amica, mai cattiva.
''E dovresti ricominciare invece. Hai ventisei anni e il mio cane ha una vita sessuale più attiva della tua. Non sei più vergine, Mari, ma andavo avanti di questo passo la tua libido commetterà un suicidio. O un omicidio, ammazzandoti.''
''Vero non è facile... Che ne dici del vestito verde?'' Tentò di sviare, riuscendoci.
''No, fa leggermente schifo e sembri mia nonna. Non so ancora come mai ce l'hai ancora. Metti il tubino rosso, con quello sei una strafiga.'' Prese a cercarlo e se lo infilò in fretta, sentendo lo sproloquio dell'amica sull'epicità di quel vestito.
''Mio dio.. Veronica Silvestri, questo vestito è troppo corto e mi stringe il seno. Sembro una battona.'' Rimase shoccata, vedendo il riflesso della sua immagine.
''Non rompere i coglioni, quel vestito ha una lunghezza adatta per chi ha le gambe lunghe e affusolate come le tue e ti fa un seno da paura. Non andrai a letto con il ginecologo ma almeno fatti guardare in tutto il tuo splendore. Te lo meriti, sei una bellissima donna.'' Non fece in tempo a rispondere a quei complimenti che sentì suonare il citofono, segno dell'arrivo del suo collega.
''Merda, devo andare. E non ho neanche il tempo di togliermi questo vestito. Ti odio. Addio.'' Alla fine, a furia di parlare, aveva perso tempo e sarebbe dovuta uscire con quel micro vestito che le fasciava ogni curva come un guanto. La reazione di Carlo non si fece attendere.
''Porca puttana sei uno splendore. Questo vestito ti sta da Dio.'' Lo notò appena uscì di casa, mentre Marika corse per mettersi il soprabito.
''Grazie.'' Si sentì lusingata dal complimento ma anche in imbarazzo per quel look che non metteva da anni.


Il viaggio in macchina fu veloce, vuoi per la poca distanza, vuoi per le chiacchiere allegre tra i due colleghi, chiacchere intervallate da lunghi sguardi che Carlo riservava alla scollatura e alle gambe semi-scoperte della sua collega.
Arrivarono al salone dopo poco. Il luogo della festa era già gremito di parenti, amici e colleghi del primario, tutti in attesa che arrivasse il festeggiato.
Tutto procedeva per il meglio. Le chiacchiere con i colleghi procedevano allegre e gioiose, aiutate d qualche bicchierino di champagne.
In quel frangente Marika era impegnata a parlottare con il chirurgo plastico dell'ospedale dove prestava servizio, sentendosi ad un tratto osservata.
Non fece in tempo a girare la testa che notò subito da chi proveniva quello sguardo che Marika sentiva addosso. E non era Carlo, impegnato a versarsi da bere. Ma era di una persona che mai si sarebbe aspettata di vedere li.
Si perchè quello sguardo, cosi bruciante, caldo, passionale proveniva da Victor.

 

 

 

Sono ritornata, leggermente in ritardo ma con un capitolo corposo. Sono in arrivo colpi di scena, e la figura di Carlo prenderà sempre più importanza.
Intanto voglio ringraziare chi ha messo la mia nuova follia nei preferiti, chi l'ha seguita, chi l'ha recensita o chi semplicemente ci ha dato uno sguardo. Grazie a tutti, come sempre. Al prossimo capitolo!

M.

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Capitolo 5
*** Festa! ***


''E quindi approvo pienamente l'uso del nuovo antidolorifico uscito in commercio, anche se molti colleghi ne discutono gli effetti collaterali. Lei cosa ne pensa dottoressa Lentini?'' Il chirurgo plastico continuava il suo sproloquio su i vari medicinali usciti in commercio, ma ormai Marika era su un altro pianeta, incantata dallo sguardo di Victor che la osservava dall'altra parte della sala.
''Dottoressa Lentini, il dottor Giusti commentava l'uso del nuovo farmaco introdotto dal servizio sanitario nazionale, lei cosa ne pensa?'' Il cardiologo si intromise nel discorso, vista la risposta muta della donna. Un piccolo sbuffo sul braccio da parte di Carlo la riportò sulla terra.
''Ehm, scusatemi, pensavo ad un paziente, comunque sono d'accordo con il dottor Giusti, è un farmaco ottimo. Adesso perdonatemi ma andrei a prendere da bere.'' Si allontanò dal gruppo, camminando lentamente nella folla. Victor era sparito dalla sua vista, anche se continuava a sentire il suo sguardo addosso, non sapendo bene da quale angolo della stanza provenisse.
Si avvicinò al lungo tavolo delle bevande, dove si versò un bicchiere di champagne, che calmò la sua agitazione.
Si sentì strattonare un braccio e girandosi trovò davanti a sé Victor.
''E tu cosa ci fai qui? Hai deciso di torturarmi per qualcosa che non ho fatto?'' Le urlò quelle parole quasi con disperazione e sentì raggelarsi il sangue. Dopo un attimo di smarrimento non si perse d'animo.
''Victor lasciami, piuttosto dovrei fartela io questa domanda. Che cazzo ci fai qui?''
''Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda, non lo sai?'' La guardò sorridendo, mentre si versava da bere.
''Il festeggiato era il primario di ginecologia e un mio amico ginecologo mi ha invitata, dato che lo conoscevo anche io. Tu, invece?'' Continuò a bere, guardandolo con il disprezzo di sempre.
''Il festeggiato è il fratello di mia nonna. Hanno invitato me e tutta la mia famiglia.''
''Davvero? Non sapevo fosse tuo parente.'' Non lo sapeva davvero, e si rattristò al pensiero di non sapere molte cose del suo fidanzato. O meglio, ex fidanzato.
''Beh, non abbiamo avuto molto tempo per conoscere le rispettive famiglie.''
''Beh, non per colpa mia, sicuramente. Piuttosto, come sta tuo figlio?'' Cercò di colpire sul vivo, ma dallo sguardo di lui sembrava aver toppato alla grande.
''Quale figlio,scusa?'' La guardò confuso, non capendo a cosa alludesse.
''Oh smettila Victor, il bambino che hai portato l'altro giorno in ospedale. Lei chi è? Tua moglie? La tua fidanzata? Non ti nascondere, siamo grandi per questi giochetti.'' Dopo le sue parole, Victor prese a ridere come un matto, tenendosi la pancia per le troppe risate.
''Dio mio, quanti viaggi mentali che ti fai. Quella signorina con il bambino, tesoro mio, era mia sorella con suo figlio. Il bastardo che l'ha messa incinta se ne è scappato quando lei era al settimo mese di gravidanza e il bambino lo stiamo crescendo io e lei, con l'aiuto di mamma e papà.'' Le parole di Victor furono come luce nel buio, illuminando il cammino e i suoi pensieri.
''Ah...Scu-scusami, io pensavo che fosse la tua ragazza, o moglie, non so cosa pensavo in realtà, il fatto è che il bimbo somiglia a te in un modo incredibile e io...'' Ma Victor la zittì subito.
''Sssh, non scusarti. E' normale aver pensato ciò che hai pensato tu. Fortunatamente il bambino ha preso da me e da mio padre, e non ha preso niente da quel figlio di puttana. Ecco perchè molti scambiano me e mia sorella per due fidanzati o sposini.'' Mentre parlava, Marika non pensava ad altro che non fosse la sua stupidità, e al suo sentirsi di merda per aver completamente giudicato male Victor.

In quel momento di tensione, Marika si accorse di non aver mai dimenticato i momenti passati con lui e tutto, nel suo cuore, nel suo corpo e nella sua mente stava cambiando, facendo uscire la ragazzina ancora insicura, che si nascondeva dietro una maschera di durezza e forza. Una ragazzina ancora innamorata della sua prima cotta adolescenziale. Una ragazzina, però, orgogliosa fino al midollo.
''Victor, è meglio che vada dai miei colleghi.'' E si allontanò in fretta forse per non cedere, di nuovo, all'amore della sua vita.
La festa proseguiva nel migliore dei modi, con il festeggiato sballottato da una parte all'altra della sala, tra i suoi colleghi e i suoi parenti. Lo sguardo di Victor bruciava sulle spalle di Marika, che ostentava sicurezza e parlava amabilmente con tutti e cercava in tutti i modi di evitare il suo sguardo, che Victor riservava solo per lei, ormai.

 

La serata finì allegramente,Carlo si era comportato da gentiluomo e a Marika stava bene cosi. La faceva ballare, la faceva ridere, l'aveva fatta anche bere, facendole perdere quel po' di lucidità che l'aveva sempre caratterizzata. Una sola nota stonata in quella serata, oltre allo sguardo bruciante di Victor che la perseguitava in ogni angolo della stanza. La sua faccia scombussolata che destò preoccupazione nel suo collega,che le chiese più volte a cosa stesse pensando o cosa fosse successo, ricevendo per risposta un'alzata di spalle o un mugugno non ben definito. La riaccompagnò fin sotto casa, baciandole la mano e garantendole che si sarebbero visti a lavoro, e che avrebbero parlato. Per tutta risposta, Marika gli sorrise a malapena e scivolò via dalla macchina.
Era ancora barcollante ma l'effetto dell'alcool stava svanendo e stava tornando la lucidità. Lucidità che le permise di notare una figura e la sua sigaretta accesa proprio accanto al portone d'entrata. Dopo uno spavento iniziale, i suoi sensi si riattivarono e le permisero di riconoscere l'uomo.

 

''Victor, cosa ci fai qui?'' Chiese, iniziando già a innervosirsi. Era ovvio che l'avesse seguita, lui non sapeva dove abitasse.
''Cos'è, il bravo dottore non ha le palle di accompagnarti fino a casa e di spogliarti?'' Ostentò rabbia e odio, ma la voce tremava.
''A differenza di quanto tu possa credere, gli uomini non sono tutti animali alla ricerca di sesso, come te. Mi dispiace deluderti ma esistono anche i gentiluomini.''
''Stronzate. Quello vuole entrarti nelle mutande da un sacco di tempo, si vede da come ti guarda. Da quanto gliela fai annusare senza dargliela?''. La cattiveria con cui Victor pronunciò queste parole colpì in pieno volto Marika, quasi come un pugile viene colpito e mandato a K.O.
''Non osare insinuare questo. Non ho mai fatto annusare niente. E anche se fosse, non devo certo dare conto a te di ciò che faccio. E adesso vattene, ho sopportato fin troppo la tua presenza.''
''Non me ne vado.'' Si appoggiò al muro e incrociò le braccia, a mo' di sfida.

''Ti ho detto vattene, altrimenti chiamo i carabinieri.'' Si fece forza, ma in realtà stava quasi per crollare in lacrime, come le capitava spesso da sei anni.
''Come posso andarmene se la donna che amo è qui?'' Queste parole colpirono nuovamente Marika. Ma questa volta non fu un K.O. Fu direttamente un omicidio, per il suo povero cuore.
''Mi dispiace Victor. E' troppo tardi. Io non ti amo più. Adesso ritorna a casa, è tardi.'' Anche se in realtà avrebbe voluto che rimanesse, raccolse tutta la dignità e l'orgoglio di cui era capace e infilò la chiave nella serratura, pronta ad entrare in casa.
Non fece in tempo a girare la chiave che due mani la presero dalle spalle e la fecero girare su se stessa, portandola con le spalle al muro.
''Ma cosa cazzo f...'' Non finì la frase, perchè le labbra di Victor le si poggiarono contro, forzando con la lingua per farsi spazio nella sua bocca. Fu un groviglio di saliva e lingue che danzavano. Per pochi istanti a Marika sembrò di essere tornata indietro nel tempo, nei momenti felici e il suo cuore cedette. Le mani fuggirono sulla nuca di Victor, andando a giocare con i piccoli riccioli di capelli. La bocca di Victor compiva magie, mordendo, succhiando e giocando. Marika ancora ricordava i baci da Dio che le serviva il suo fidanzato, e le guance le si colorarono inevitabilmente di rosso.

Riprese lucidità solo quando la bocca di Victor scese sul collo, provocandole mille brividi e portandola in una spirale di eccitazione.

''No Victor. Ho detto che devi andartene.'' Risoluta, lo allontanò da lei e, cercando di darsi un po' di contegno, tornò a dargli le spalle.
''Ho capito. Ho solo voluto lasciarti un ricordo di me, che sia dignitoso e gradito. Addio.'' E, lasciandole un bacio fra i capelli, andò via.
Oh, questo si che era un ricordo gradito. Marika se ne sarebbe ricordata in eterno. Entrando in casa, sentiva il cuore batterle nelle orecchie e le gambe diventare gelatina. Era un addio con i fiocchi, seppur sofferto. Aveva gradito quel bacio da Dio, rimanendone quasi estasiata. Era il modo giusto per salutarsi, per lasciarsi finalmente il passato alle spalle e ricominciare una nuova vita.

 

D'altra parte Victor non aveva mai gradito gli addii. Più che altro non ci aveva mai creduto. Aveva sentito il trasporto con cui Marika si era lasciata andare tra le sue braccia, e sapeva che la ragazza provava ancora qualcosa per lui. L'unico problema era che non voleva più credergli. Ma Victor sapeva come far vincere ciò che c'era dentro di lui. Doveva solo aspettare. Non era un addio. Era un arrivederci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Perdonatemi il ritardo, lo so, sono una pessima scrittrice. L'università e gli esami mi danno un sacco di problemi e son riuscita a buttare giù questo capitolo in fretta e furia, tra una pausa e l'altra. Il prossimo capitolo spero che arrivi un po' prima, intanto vorrei ringraziarvi per aver continuato a seguire la mia storia, anche dopo settimane di mortorio. Vi ringrazio tutte, una ad una! Alla prossima!
M.

 

 

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Capitolo 6
*** Merda! ***


''E cosi il coglione non si rassegna e ti ha infilato la lingua in bocca?'' Un'incredula Veronica osservava Marika dopo il suo lunghissimo racconto. Erika si era imbarcata su una nave e Sara insegnava all'Università fino alle sette di sera e c'era quando poteva. Le erano rimaste solo Veronica, impegnata nel giornale locale come addetto alla politica comunale e provinciale e Cristina, sua compagna a medicina che si era specializzata in ortopedia e che ora erano di fronte a lei ad ascoltarla.
''Non ci posso credere. Ma allora è un coglione davvero.'' Veronica non poteva credere alle sue orecchie, d'altra parte Cristina sembrava piuttosto tranquilla.
''Scommetto la mia laurea che questi due finiranno a letto in poche settimane.'' Pronunciò Cristina, addentando una patatina dalla coppa posta al centro del piccolo tavolino in soggiorno.
''Non essere sciocca. Ho una dignità anche io.'' Spunto Marika, quasi sulla difensiva.
''Certo che hai una dignità ma il tuo cuore e le tue ovaie parlano chiaro. Lo rivuoi, e aggiungerei pazzamente.'' Cristina elargì la sua tesi, facendo scoppiare a ridere la povera Veronica, che rischiava di affogarsi con un sorso di birra.
''Cristina, hai molta fiducia in me vero?'' La punzecchiò sarcastica, Marika.
''Ho fiducia in te ma so anche che non l'hai mai dimenticato. Ciò è dimostrato dal fatto che in sei anni non hai ancora battuto chiodo. Se capisci cosa intendo.'' Le fece l'occhiolino, vedendola diventare rossa come un peperone.
''La mia castità è una scelta personale. Non sono ancora andata a letto con nessuno semplicemente perchè...'' Non le fece finire la frase che Veronica la interruppe.
''Carlo è un bel pezzo di uomo. Gentile, sofisticato, bello, muscoloso e con un culo che parla! Lui è il candidato ideale, se non fosse che sei ancora innamorata di lui.''
''Infatti, tutto in lei ormai è proprietà di Victor. Altrimenti non starebbe qui a parlare di lui da tre ore.'' Cristina annuì, più a se stessa che alle altre.
''Oh insomma, adesso basta! Io vi ho chiamato per aiutarmi, non per parlare della mia castità o di Carlo o di Victor.'' Sbottò Marika, colpita nel vivo e per questo arrabbiata. Sapeva che le amiche avevano ragione. Eccome.
''Insomma, la sostanza era che tu volevi solo raccontarci dell'episodio?'' E quindi? Cos'hai intenzione di fare?'' Veronica era sempre pragmatica, dritta al punto.
''Non lo so. Durante quel bacio ho provato emozioni uniche, che provavo solo con lui. Ma poi ho ricordato quel giorno, e tutto ciò che è venuto dopo. Mi è ricaduto il mondo sotto i piedi. Mi sono sentita anche una merda per averlo giudicato male, credendo avesse già un figlio e una moglie e... Insomma, non so più cosa pensare.'' Si portò le mani tra i capelli, massaggiandosi la testa come faceva spesso per rilassarsi.
''Per me dovresti cambiare aria. Cioè non partire di nuovo ma vedendo altri uomini. Tipo Carlo!'' Cristina non aveva mai digerito ciò che aveva fatto Victor e l'aveva sempre spinta verso altri uomini.
''Per me dovresti ritornare da chi ami davvero. Dimenticare i fantasmi del passato. In fondo, gli errori li commettiamo tutti e ognuno deve avere la seconda possibilità.'' Veronica, d'altra parte, l'aveva sempre appoggiata e capita, cosi come capiva il profondo amore della sua amica verso il ragazzo.
Per Marika avevano ragione entrambe, ma come già detto, Marika era una ragazza orgogliosa fino al midollo e non intendeva cedere, di nuovo.

 

''Come si fa a riconquistare una ragazza che crede di essere stata tradita?'' Michele alzò la testa dai compiti di matematica della classe quinta e guardò confuso il suo amico, che preparava i compiti per l'indomani. Victor e Michele erano sempre rimasti amici, anche a distanza e si sentivano quotidianamente. Dopo essersi laureato in Storia della Musica moderna e contemporanea, Victor aveva insegnato tre anni a Milano e successivamente aveva ottenuto il trasferimento nel Liceo Musicale della sua città natìa. Liceo in cui Michele insegnava Matematica e Fisica, le sue grandi passioni. Franco era rimasto fedele alla musica anche lui, aprendo uno studio di registrazione per giovani band emergenti. Angelo,invece, era professore di Sassofono al Conservatorio. Si erano tutti realizzati,con molti sacrifici,erano arrivati abbastanza in alto.Sacrifici che hanno coinvolto famiglie intere, amicizie, fidanzate.
''Come scusa?'' Chiese Michele, con una faccia stralunata.
''Dicevo, come si fa a conquistare una ragazza che crede di essere stata tradita?'' Michele si illuminò. O meglio, capì cosa intendeva dire il suo amico e li lanciò un'occhiataccia che parlava da sé.
''Ma sei scemo? Lascia perdere. Già hai rischiato il linciaggio da parte di Angelo sei anni fa, non peggioriamo le cose.'' Victor abbassò la testa e sospirò. Da quel presunto tradimento, Angelo lo aveva picchiato e successivamente non gli aveva più rivolto la parola. Erano sei anni che non parlava con il suo migliore amico. Uscivano tutti insieme ma Angelo non lo considerava minimamente, era come se non esistesse più.
''Io la amo.'' Disse, più a se stesso che a Michele ma al batterista non sfuggì questa frase. Posò la penna sul foglio e si tolse delicatamente gli occhiali da lettura, stropicciandosi leggermente gli occhi.
''Il vecchio Michele ti direbbe di farla ingelosire, magari facendosi una ragazza davanti a lei oppure seducendola senza mezzi termini. Il nuovo Michele, quello che ha visto Marika come un fantasma per sei anni, ti direbbe di lasciare perdere, perchè anche lui è stanco di vedere una ragazzina che si sta rovinando la vita da sola, chiudendosi in casa per non frequentare nessun'altro. Il Michele migliore amico ti direbbe di provarci, perchè io so che non l'hai tradita, anche se cosi può non sembrare. Ti direbbe di riconquistarla piano piano, a piccoli passi, facendoti vedere per il bravo ragazzo che sei, e che lei sicuramente ricorda. Il Michele professore di matematica ti direbbe di non rompere più i coglioni perchè deve finire di mettere questi due e tre ai compiti in classe di queste bestie.'' Scherzò affettuosamente, concludendo il suo monologo e rimettendosi gli occhiali.
''Ti voglio bene.'' Victor gli sorrise, sincero, capendo cosa voleva dire il suo amico. Marika si era rinchiusa per sei anni, non era stata con nessuno da quanto aveva capito e aveva sofferto molto. In cuor suo, sapeva esattamente che Marika lo amava ancora, come lui amava lei, come aveva sempre amato. Era riconoscente a Michele, che era l'unico che lo credeva insieme a Franco e l'unico che non lo giudicava. Comprendeva anche Angelo, affezionato talmente tanto al sangue del suo sangue che aveva finito per odiare il suo migliore amico.
Una cosa però la sapeva più di tutte. Voleva la sua Marika, e non si sarebbe fermato a quel bacio leggero datole davanti al suo palazzo. Voleva di più e lo avrebbe ottenuto. Sapeva esattamente come procedere. Forse.

 

 

Erano giorni frenetici in ospedale. Con lo scoppio della bella stagione molti giovani e bambini si erano recati subito al mare. Scelta azzardata, dato il numero di ustionati che il Pronto Soccorso accoglieva in quei giorni.
Marika non aveva avuto un momento libero. Tutti i suoi colleghi avevano più giorni di riposo per i vari scatti di anzianità; lei, invece, da giovane medico quale era doveva lavorare di più, per sfatare la nomina di ''novellina'' che si portava dal giorno in cui era entrata a far parte dell'equipe medica dell'ospedale.
La sera era l'unico momento in cui poteva rilassarsi, tralasciando i turni di notte. Un venerdì pomeriggio stava per andarsene a casa, pronta per mettersi davanti alla tivù a poltrire, quando sentì una voce maschile chiamarla.
''Ehi piccola!'' Era Carlo, come sempre. Dovette fermarsi a fare conversazione, anche se la stanchezza la stava divorando.
''Ciao Carlo! Allora, come ti va la vita?'' La particolarità di Marika era che anche se fosse stata allo stremo delle forze, le riusciva naturale chiaccherare e scherzare con tutti, poi parlare con Carlo era sempre un piacere.
''Bene grazie. Non prendere impegni per dopo. Ho prenotato in bel posto. Dobbiamo ancora fare quella famosa chiaccherata della settimana scorsa.'' Per poco non le cadde la mascella per terra dallo stupore.
''No Carlo, davvero, sono distrutta...'' Non finì la frase, che Carlo continuò.
''Non voglio sentire storie. Sono le quattro del pomeriggio, il posto è prenotato per le nove. Hai tutto il tempo di riposare e prepararti. Per le otto e mezza sono da te.'' La lasciò con un bacio sulla guancia e si volatilizzò, lasciando Marika di sasso.

 

Ne dovette parlare al telefono con Cristina, l'unica reperebile, che le rispose con un gran fischio di gradimento.
''Dai, che stasera si scopa, finalmente!'' Scherzò, ridendosela di gran gusto da sola.
''Adesso ti chiudo il telefono in faccia.'' Si stizzì Marika, diventando rossa.
''Dai non dirmi che non ci hai mai pensato! Porca puttana, avessi io un uomo del genere che mi corteggia. Sei un'ingrata. Il destino ti pone un pezzo di manzo assurdo davanti e tu lo rifiuti per uno stronzo.'' In realtà Marika non l'aveva rifiutato. Ci aveva pensato varie volte al concedersi a lui. Era pur sempre un bellissimo uomo, affascinate, colto, raffinato, intelligente e muscoloso. Tutti requisiti che Marika aveva sempre cercato in un uomo. Ma ogni volta che provava ad avvicinarsi, la sua vocina interiore le diceva che stava commettendo un tradimento, cosi come le era stato fatto a lei.
''Ci ho pensato delle volte. Ma non ci riesco.'' Sentì sbuffare Cristina e allontanò in un secondo il telefono dall'orecchio, sentendo in arrivo una sfuriata della sua amica.
''Non posso dirti altro o costringerti a fare niente. La vita è tua, sei una donna matura e intelligente, saprai cosa fare.'' Cristina parlò piano e successivamente riattaccò per impegni improvvisi. A Marika non restava che prepararsi per uscire.

 

''Sei uno schianto!'' Esordì cosi Carlo, appena la vide con un semplice vestito nero, accollato, quasi casto. Non si stupì per questo, era abituata alle avances del medico.
''Grazie Carlo, anche se non ho indossato niente di speciale e ho un aspetto terrificante.'' Le occhiaie cominciavano a farsi vedere e la stanchezza fisica iniziava a prendere il sopravvento.
''Ma che aspetto terrificante! Sei sempre bellissima. Hai solo bisogno di svagarti e di fare due risate. Magari anche di bere un po'.'' Era il programma che aveva desiderato. Aveva bisogno di fare due chiacchere e di bere qualcosa. Perchè, se c'era qualcosa a cui Marika non sapeva dire di no erano i vizi.

Dopo una cena informale in un pub, erano pur sempre due ragazzi abbastanza giovani, la serata si trasferì in un locale rinomato della zona, dove presero qualche drink e dove continuarono a parlare e ridere. Al terzo mojito, la situazione era già preoccupante.
''E quindi stavo quasi per spogliarmi q-quando vedo lui uscire nudo dal bagno e la zoccola alzarsi dal letto, in intimo.'' Scoppiò a ridere a quel racconto, seguito dalle risate di Carlo. Marika si era lasciata andare, aveva raccontato tutto e riso di tutto. La sua vista era quasi annebbiata ed era paurosamente accaldata.
''Che figlio di p-puttana!'' Biascicò Carlo, reggendosi al boccale di birra per le risate.
''Puoi ben dirlo. S-sai, non dovremmo ubriacarci cosi. S-siamo medici!'' Continuò a ridere lei, ormai ubriaca.
''Ogni tanto ci sta.'' Le confermò Carlo, con una carezza languida sulla gamba.

Rischiando la vita, e la patente, Carlo guidò fino a casa di Marika che era poco distante dal locale. Arrivati sotto il portone, Marika non ebbe modo di salutarlo come si deve, che lui si fiondò sulle sua labbra. Un bacio forte, aggressivo, che sapeva di alcool e pizza. Un vorticoso gioco di lingue e mani che si cercavano e che non sapevano dove andare, volendo essere dappertutto. Non ci furono parole, si sentì solo la serratura della porta di casa di Marika aprirsi e i loro corpi che incespicavano per entrare frettolosamente.
La porta si chiuse alle loro spalle. Dopo ciò, ci fu il silenzio.

 

Un raggio di sole le colpì il viso, facendola imprecare. Si tastò la faccia, per capire se fosse viva o meno. La sua bocca era impastata e sentiva i capelli crespi sotto le sue mani. Sentiva la fresca brezza della mattina addosso, segno che forse si era dimenticata di mettere una canotta , anche solo un pantaloncino, immancabili anche d'estate.
Sollevò il lenzuolo e vide che era completamente svestita, se non fosse per il reggiseno e per il perizoma, indossato contro la sua volontà dato che aveva dimenticato di fare la lavatrice. Aguzzò la vista e vide un altro paio di gambe accanto alle sue. Forse vedeva doppio, aveva le allucinazioni. Le bastò salire con lo sguardo, vedendo oltre alle gambe anche un bel paio di boxer che contenevano una signora erezione e un fisico scolpito, muscoloso. Abbassò il lenzuolo e vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere. Il viso di Carlo, addormentato nell'altra metà del letto e completamente nudo, se non fosse stato per i boxer. In quel momento, le uscì dalla bocca impastata una sola parola, che descriveva la situazione.
''Merda.'' Si, era nella merda, in tutti i sensi.

 

 

 

 

 

*Non guidate sotto effetto di alcool o di altre sostanze stupefacenti, è una storia inventata, nella realtà si muore!


Sono tornata! Questo è il mio regalino per Natale, dato che ora mi prenderò una pausa universitaria e dalla scrittura, e tornerò per la metà di gennaio.
Spero che la mia storia vi continui a piacere e che questo capitolo sia stato un regalo gradito. Vi auguro un felice e sereno Natale a voi, alla vostra famiglia e ai vostri amici. Un Buon inizio d'Anno, che il 2015 vi porti tanta fortuna! Alla prossima!

M.

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Capitolo 7
*** Carlo o Victor? ***


Era nella merda. Più guardava quel corpo perfetto e nudo accanto a sé e più si sentiva scivolare lentamente nella merda.Volò via da quel letto e iniziò a maledirsi in tutti i modi possibili, non prima di essersi accorta di essere in intimo e cercando in tutti i modi di proteggersi. Mentre cercava un pantalone nell'armadio, una voce profonda la fece pietrificare da capo a piede.
''Wow,che spettacolo! Che splendido risveglio!'' E lo era, per Carlo. L'averla trovata di spalle al letto, con il sedere in bella vista, coperto solo da un perizoma, lo aveva eccitato a dismisura ed era stato sicuramente un risveglio fantastico,come lo sognava da mesi.
Marika sussultò e per poco non cadde nell'armadio. Cercò di coprirsi con la prima cosa capitata a tiro, una camicia da notte nera, e sbiancò. Carlo la capì al volo e fece finta di coprirsi gli occhi, scherzandoci su.
''Va bene, non vedo. Puoi vestirti. Devo dirti però che il pizzo ti dona tantissimo.'' Sputò fuori sornione, mentre aveva le mani sugli occhi e cercava di sbirciare. Marika arrossì violentemente e sussurrò un grazie mentre si infilava la camicia che aveva in mano. Solo successivamente notò che anche la camicia da notte era di pizzo, ma almeno non era trasparente. Stupidissimi regali di Veronica. Si sentiva a disagio, non sapeva cosa dire, per questo si accese solo una sigaretta e cercò di balbettare qualcosa.
''Co-cosa è successo stanotte? Io non ricordo granchè.'' Carlo si era ormai alzato e si stava rivestendo, sorridendole come solo lui faceva da sei mesi a quella parte.
''Cosa vuoi dire? Mi stai chiedendo se abbiamo fatto sesso?'' Le chiese, guardando le guance di Marika diventare color porpora.
''Ehm, io non so.. Cioè, non so cosa dire...'' Non si sentiva più le gambe, per questo decise di sedersi sul letto, continuando a guardarsi i piedi, piuttosto che guardare Carlo.
''Secondo te avrei abusato di una ragazza ubriaca pur di soddisfare i miei istinti sessuali? Mi reputi un uomo di cosi basso livello?'' Carlo la guardò arrabbiato. Sapeva benissimo i suoi sentimenti ma sapeva anche quale tipo di uomo lui fosse e se ne risentì.
''Ecco, il fatto è che ci ho trovato in mutande e io ho pensato che..'' Non la fece finire di parlare.
''Ti ho spogliato per farti dormire comoda, a meno che tu non avresti preferito dormire con un mini vestito e un paio di collant, per il resto ho aspettato che ti addormentassi ma non ero in condizioni di guidare, per questo mi sono sdraiato accanto a te. I pantaloni e la camicia li ho tolti verso le sei del mattino, stavo sudando. Sai com'è, è sempre maggio e ci sono già trenta gradi.'' Marika si sentì mortificata e cercò di rimediare.
''Scusa se ho pensato male... Non ho più tanta fiducia negli uomini, e tu sei il primo uomo con cui ho un rapporto più confidenziale da circa...'' Di nuovo, la interruppe.
''Sei anni, da quando quel coglione... Me ne hai parlato ieri sera fino allo sfinimento.'' Finì subito il discorso con un sorriso, notando la faccia contrariata della ragazza. Carlo le si sedette vicino, di nuovo completamente vestito e le tolse una ciocca che le ricadeva sul viso.
'' Ma io non sono lui e non mi approfitterei mai di te e soprattutto non ti tradirei mai. Io la penso cosi, chi non ti vuole non ti merita. Anche perchè in pochi possono meritare uno splendore come te. Sei bella, intelligente, affascinante, seria, disponibile al dialogo e ironica; sono qualità introvabili,ormai.''
Marika si beò di quei complimenti e arrossì di nuovo, sotto la carezza delicata di Carlo.
''E' inutile che ti dica cosa io provi per te, penso che tu l'abbia capito. Ma se è lui quello che vuoi, io mi tiro indietro, anche se non so dove la troverò un'altra come te. Me ne farò una ragione.'' Carlo fece per rialzarsi ma fu fermato da Marika e dalla sua mano aggrappata all'orlo della camicia.
Sapeva di amare Victor ma la sua fu una scelta di istinto. Ed ' per questo che si avventò a baciarlo.
Un bacio lungo, delicato, intervallato da carezze di Carlo sul suo fianco e dalle dita di Marika che vagavano nei capelli di lui.
Fu Carlo a staccarsi per prima, leccandosi le labbra e sorridendo.
''Ti bacerei per ore ma ieri sera ho bevuto troppo e sono sicuro di avere un fiato paragonabile ad una fogna. '' Questa battuta sdrammatizzò la situazione che si era venuta a creare, facendo scoppiare a ridere Marika e facendo tranquillizzare lui, che ormai stava per spingersi oltre. Marika capì subito cosa stesse succedendo al dottore, notando il rigonfiamento nei suoi pantaloni. Per questo motivo, rise ancora di più, suscitando imbarazzo nel povero medico che ormai non sapeva più che pesci prendere.
''Accidenti... scu-scusami, era dal liceo che non mi capitava una cosa simile. Ehm... meglio che mi alzi dal letto e vada a preparare la colazione, tra poche ora abbiamo il turno, non dimenticarlo.'' Ma ormai Marika se la rideva a più non posso e finalmente, dopo sei anni, si sentiva serena.
''Si alziamoci, non sia mai che arriviamo tardi al lavoro.'' Adocchiò la sveglia e notò che erano solamente le dieci del mattino. Il suo turno cominciava alle due del pomeriggio. C'era tutto il tempo.

 

''Victor, non so più che fare, il medico di Christian non risponde e il bambino sta male.'' Roberta, la sorella di Victor, era disperata. Il suo bimbo aveva la febbre da giorni e il pediatra non rispondeva al cellulare. Nonostante la cura antibiotica, il bambino non reagiva.
''Robi stai calma, non ti agitare. Adesso troviamo una soluzione.'' Victor si sedette accanto al bambino, toccandogli la fronte e sentendola bollente.
Era agitato anche lui, insieme alla sorella e ai suoi genitori, ormai stanchi di vedere il nipotino soffrire cosi da giorni. Dopo un momento di angoscia, un'idea lo illuminò.
''Portiamolo in ospedale, Marika potrà fare qualcosa. Lei è una pediatra.''
''Victor, non lascio mio figlio ad una novellina che si è laureata da poco.'' Roberta lo fulminò con lo sguardo, lasciandolo pietrificato.
''Non fare la cretina, Marika è pur sempre un medico e sa come fare il suo lavoro. Settimane fa scoprì la sesta malattia in un attimo, ricordi?'' Roberta non rispose, ma vestì il suo bambino e lo diede a Victor.
''Portiamolo in ospedale. Mettilo in macchina, io intanto prendo le sue cose.'' Victor volò per strada, aprendo la macchina come una furia e mettendo il bambino al caldo. Aspettò paziente sua sorella, divorandosi due sigarette intere per il nervoso.
''Non fumare vicino al piccolo, cretino. E corri, andiamo in ospedale.''
''Non stavo fumando vicino a lui, ero fuori dalla macchina, mentre lui era dentro.'' Borbottò Victor, che odiava essere ripreso.

 

 

Arrivarono in fretta all'ospedale e corsero letteralmente dentro il Pronto Soccorso.
''Salve, mio nipote sta male, ho bisogno di un pediatra, subito.'' Intimò Victor all'infermiera caposala, la quale controllò i dottori presenti.
''E' presente solo il dottor Salvemini, che smonta dal turno tra un quarto d'ora.'' In quel momento, le porte del Pronto Soccorso si aprirono, lasciando entrare una Marika e un Carlo sorridenti, mentre si scambiavano due chiacchiere. Lo sguardo di Marika fu attratto come una calamita da Victor e dal bambino in braccio a lui.
''Victor, ma cosa è successo? '' Toccò la fronte al bambino, sentendola scottare e sussultò.
''Ha la febbre alta, il vomito e non mangia niente da ieri, il suo pediatra non risponde. Sono venuto in ospedale affinchè tu potessi aiutarmi. Ti prego, visitalo tu.'' Un Victor disperato stava quasi per scoppiare a piangere, dopo giorni di preoccupazione e ansia.
''Tranquillo, seguitemi.'' Entrarono nella sala delle visite e Marika lo visitò in un attimo.

''Cosa sta prendendo in questi giorni?'' Una Marika attenta visitava il bambino, toccando il torace e osservandolo con attenzione. Carlo era sparito, lui era un ginecologo e non poteva fare niente. Roberta e Victor erano nello studio, pietrificati dalla paura.
''Amoxicillina in supposte. Una dopo pranzo e una dopo cena.'' Sospirò Roberta, ormai distrutta da quei giorni frenetici.
''E i sintomi non sono passati?'' Marika continuava a girarsi il bambino tra le mani, sempre più pensierosa.
''Macchè, anzi. Ha iniziato a vomitare tre giorni fa a intervalli regolari di due ore. E non ha più smesso.'' Borbottò Victor, rispondendo al posto della sorella.
Marika chiamò immediatamente la sala chirurgica e successivamente il reparto di terapia intensiva, chiedendo un letto per il bambino.'' Due infermieri entrarono di corsa e portarono via il bambino, sotto gli occhi sconvolti dei due fratelli.
''Marika, che cazzo sta succedendo?'' Victor la guardò sconvolto, rendendo per un braccio Roberta che rischiava lo svenimento.
''Temo che sia un attacco di meningite. Dovremmo fargli una puntura lombare per prelevare il liquido spinale e subito dopo dovremmo fare una Tac.'' All'Università, le avevano insegnato a tenere duro durante i casi peggiori e ad essere fredda, a non lasciarsi travolgere dalle emozioni. Perciò, quando Roberta scoppiò in lacrime, non si fece travolgere. Certo, le tremava lo stomaco e le mani erano fredde, ma doveva tenere duro.
''Roberta, non preoccuparti, farò di tutto per rimettere in forze Christian. Non uscirà di qui fino a quando non sarà guarito completamente, te lo giuro.'' Le fece una carezza e , indossato il camice, entrò in sala operatoria.

 

Le ore d'attesa furono insopportabili. La famiglia si era riunita in ospedale: Il padre e la madre di Victor cercavano di dare forza alla figlia, ridotta ormai come un fantasma; Victor non sapeva più cosa fare o pensare. Le ore d'attesa aumentavano e la preoccupazione riempiva l'aria, rendendola pesante. Gli amici di Victor arrivarono in ospedale, dopo un breve messaggio del chitarrista. C'erano tutti, persino Angelo con cui non parlava da anni. Appena lo vide, le lacrime lo scossero, e l'abbraccio che seguì tra i due amici suscitò commozione negli occhi di Michele e Franco, che assistettero alla scena.
''Cos'ha detto Marika del bambino?'' Chiese piano Michele, notando la sorella di Victor stringere le mani del fratello compulsivamente.
''Marika è dentro da circa tre ore, ancora non è uscito nessuno.'' Sussurrò lieve, sentendo la mano della sorella fredda e tremante.
''Sono sicuro che tutto andrà bene, Roberta, stai tranquilla. Christian è un bambino forte.'' Sussurrò Franco, che aveva cresciuto Roberta proprio come una sorellina minore. La risposta della ragazza fu un lieve cenno con la bocca, dopo il quale calò un silenzio glaciale.


Pochi minuti dopo, fu proprio Marika ad uscire dalla sala operatoria, togliendosi la mascherina e gettando i guanti. Tutto il gruppo di persone le volò addosso, interrogandola sulla salute del piccolo.
''Mi dispiace ragazzi, ma devo parlare solo con la madre, me lo impone la legge sulla privacy.'' Cerco di allontanare i ragazzi della band, ormai preoccupatissimi anche loro.
''Andiamo Marika, ci conosciamo da anni, abbiamo cresciuto Christian, non abbiamo bisogno di queste inutili formalità.'' Fu Michele a parlare, raccogliendo consensi negli altri ragazzi del gruppo.
''Non fa niente Marika, possono sentire. Sono di famiglia per noi.'' Fu Roberta stessa a dare il permesso che tutti potessero sentire.
''Bene. Il bambino non ha la meningite. Abbiamo fatto tutti gli esami di rito e abbiamo scongiurato questa ipotesi.'' Un sospiro di sollievo arrivò da tutti gli ascoltatori, che attendevano il però.
''Però avrà pur qualcosa mio nipote, vero?'' Fu il padre di Roberta, Claudio, a parlare.
''Ha avuto un forte attacco di gastroenterite che ha indebolito il suo sistema immunitario. Ecco spiegato il vomito da giorni. A livello infantile, può portare anche convulsioni e febbre elevata. Il problema non passava semplicemente perchè non si cura con l'amoxicillina, l'antibiotico in pratica. Bastava un antiemetico, per fermare il vomito e soprattutto evitare di dargli alimenti che il vomito lo aumentano, come il latte o alimenti che contengono farine e zuccheri. E' stata una diagnosi errata del medico a peggiorare le cose, diciamo.'' Ascoltavano tutti in silenzio, facendo parlare solo la madre del piccolo.
''E quindi, adesso, cosa possiamo fare?'' Roberta aveva tirato un sospiro di sollievo ma era ancora molto preoccupata, come giusto che fosse.
''Il bambino è leggermente disidratato, dopo giorni di vomito. Ho intenzione di ricoverarlo per un paio di giorni, per inserirgli un sondino nasogastrico affinchè possa riacquistare i sali minerali e i liquidi andati persi e per somministrargli della tachipirina via flebo, che è più forte e può fargli passare la febbre in poche ore. Vorrei avere il tuo permesso scritto per ricoverarlo.'' Roberta annuì e la abbracciò, scoppiando a piangere.
''Ti prometto che in tre giorni tuo figlio sarà sano come un pesce.'' La rincuorò Marika, abbracciandola forte.
''Bene, andiamo a firmare i consensi, in modo che possa già dare la stanza al piccolo.'' Continuò la dottoressa, facendole strada verso il suo studio.

Era tornata la tranquillità. Il bambino era già in una piccola stanza, colorata di blu, al reparto pediatrico dell'ospedale. La cura era già cominciata e il bambino aveva smesso di vomitare da due ore. Gli amici di Victor erano andati via, dopo essersi tranquillizzati. I genitori di Victor erano andati a prendere i vestiti per il ricovero del piccolo e Roberta leggeva un libro, seduta accanto al figlio. Victor era molto più sereno. Guardava suo nipote dormire sereno e ripensò all'ottimo lavoro che aveva fatto Marika e decise quindi che doveva ringraziarla. Prese due caffè dal bar e bussò allo studio.
''Avanti!'' Sentì Marika urlare e, entrando, la trovò che scriveva frenetica su vari fogli.
''Un caffè per la dottoressa più brava d'Italia.'' Sentendo la voce di Victor, si tolse gli occhiali da lettura e sorrise, grata.
''Oh ma non dovevi, entra pure.'' Lo fece accomodare, mentre riponeva la penna e si stirava i muscoli per la stanchezza.
''Te lo sei meritato. Ti piace ancora il caffè macchiato, vero?'' Ricordava il suo caffè preferito. Marika lo notò e arrossì.
''Si, prendo sempre e solo quello.'' Lo ringraziò con lo sguardo, mentre lui le passava due bustine di zucchero, la quantità che metteva sempre lei. La dottoressa notò anche questo.
''Ti ricordi un bel po' di cose di me, no?!'' Si pentì subito di quella domanda, arrossendo come un peperone maturo.
''Ricordo tutto di te. Ogni singolo particolare.'' Marika arrossì ancora di più, se fosse possibile, e sentì la forza delle gambe venir meno. Attribuì tutto ciò alla stanchezza.
''Anche io ricordo tutto di te.'' Confessò, abbassando lo sguardo su i fogli di carta che aveva davanti a sé. Victor si beò di questa frase, ma decise di cambiare argomento.
''Cosa sono questi fogli? Se posso chiedertelo...'' Si finse interessato al suo lavoro, piuttosto che a lei, anche se era esattamente il contrario.
''Oh niente, dimissioni di vari pazienti, due carte del Pronto Soccorso su due bimbi che si erano rotti il polso giocando a calcio e due analisi di due bambini che sono ricoverati nel reparto pediatrico.'' Si rimise gli occhiali da lettura, scrutando i fogli che aveva davanti a sé.
''E sono buone queste analisi?'' Chiese, volendo sapere davvero la situazione dei due bambini.
''Oh si, solo uno ha il ferro un po' basso. Vorrà dire che dovrà mangiare un po' di bistecche in più.'' Sorrise, incontrando lo sguardo di Victor che la scrutava. Si affrettò a bere il suo caffè e si alzò, pulendosi i vestiti dalle briciole di zucchero.
''Devo andare a fare il giro di controllo nel reparto. Prima di sera lo faccio sempre.'' Tentò di concludere la situazione, che le stava costando già fatica.
''Oh si, io ero venuto solo a portarti un caffè, dopo la fatica di oggi. Immagino non sia stato facile.'' Si alzò anche lui, ritrovandosi ora faccia a faccia.
''Confesso che io in primis ero preoccupata per Christian. Ho creduto davvero che fosse stata la meningite a procurargli quei sintomi. Ma per fortuna le analisi mi hanno smentito. E' un lavoro duro, vedere i bambini che soffrono, ma quando sai di poter fare qualcosa per farli stare bene, è il lavoro più bello di tutti.'' Sorrise a Victor, rimettendosi il camice.
''In realtà sono venuto a ringraziarti. Hai salvato la vita a mio nipote. Te ne sarò grato a vita.'' Marika sorrise, appoggiandogli la mano sulla spalla.
''Non devi ringraziarmi, è semplicemente il mio lavoro di me...'' Non finì la frase che Victor la baciò.
Un bacio dolce, che non vide la resistenza di Marika che lo aspettava da anni. Victor la spinse contro la porta del suo studio, prendendosela in braccio con le sue gambe di lei avvolte sul suo sedere. In risposta Marika gli torturava i capelli, come aveva sempre fatto. Un turbinio di lingue che correvano e si cercavano, di morsi sulle labbra, di sorrisi soffocati, di sospiri. Fu quando Victor scese a baciarle il collo che Marika perse completamente la ragione, abbracciandolo forte e gemendo.

''Mi sei mancato tanto.'' Sospirò una Marika sconvolta dalle sensazioni, in preda alla passione.
''Anche tu, non sai quanto. Giuro che non ti ho tradita, io ho amato sempre e solo te e continuo ad amarti. '' Le sospirò un Victor eccitato all'orecchio, prima di essere interrotto da un bussare alla porta, che li fece sussultare entrambi.
''Chi è?'' Sussurrò Marika, mentre scendeva dalle gambe di Victor e si sistemava velocemente.
''Sono Carlo, piccola.'' Entrò con la testa, sorridendo. Sorriso spezzato dalla visuale di una Marika sconvolta e con i capelli spettinati e di un Victor rosso in viso e con un erezione visibile da lontano.
''E lui che cazzo ci fa qui?!'' Sbottò un irritato Carlo,entrando come un fulmine e ponendosi davanti a Victor, in segno di sfida.
''No, tu che cazzo ci fai qui! Non dovresti lavorare?!'' Lo sfidò Victor, con sguardo minaccioso.
''Sono venuto a trovare la mia donna.'' Calò il silenzio, occupato dallo sguardo di Victor confuso e arrabbiato rivolto a Marika e dallo sguardo di sfida di Carlo rivolto a Victor.
E fu allora che prese forma nella mente di Marika il pensiero di quella mattina, quando si era trovata nel letto con Carlo: era nella merda.

 

 

 

 

 

 

 

 

Purtroppo sono imperdonabile. Vi avevo promesso un capitolo dopo le vacanze di Natale, ma purtroppo gli esami e l'Università mi hanno tolto tempo senza che me ne accorgessi. Un capitolo leggermente forte, me a lieto fine, per Roberta e il figlio, ma per Marika? Lo scopriremo più in là, non vogliatemene! Scriverò al più presto e recupererò il tempo perso, promesso! Vi ringrazio come sempre per attenzione che date al mio lavoro. Grazie a tutte!
M.

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Capitolo 8
*** Un nuovo inizio o la fine di tutto? ***


''Come scusa?!'' Victor credeva di aver capito male, sentendo quelle parole.
''Si, sono venuto a trovare la mia donna.'' Continuò imperterrito Carlo, avvicinandosi sempre più con fare minaccioso a Victor.
''Veramente sapevo fosse sola. Non mi aveva detto di avere un uomo.'' Si difese Victor, con fare altrettanto sfottente.
''Infatti non ho un uomo.'' Si intromise Marika, sentendo le gambe cedere e la voce farsi sempre più flebile.
''Infatti stamattina mi sono svegliato nel suo letto.'' Carlo sfidò Victor, lanciando questa perla che lasciò sbigottito il chitarrista e sconvolta Marika, per l'ammissione ricca di doppi sensi.
''Ah si, è cosi Marika?'' La fissò, incavolatissimo, Victor che proseguì con il suo monologo. ''Ti sei svegliata con lui? E il bacio di prima, perchè me l'hai dato?'' La fissò, deluso e arrabbiato.
''Per pietà, probabilmente.'' Si intromise Carlo, con un ghigno in faccia.
''Tu fatti i cazzi tuoi.'' Victor lo fulminò, continuando a guardare Marika.
''Sono cazzi miei, coglione. Dopo che hai fatto il puttaniere per sei anni, ti conviene continuare per la tua strada, senza intralciare quella altrui.'' Fu a quelle parole che Victor si rivolse completamente al medico, indicandolo.
''Tu non sai niente della mia vita, stronzo che non sei altro. Fai bene a restarne fuori, prima che io ti cambi i connotati.'' Ormai erano faccia a faccia, Victor e Carlo. Ormai erano sul piede di guerra.
''Avanti, alzami le mani coglione, e poi uscirai dal carcere quando avrai i capelli bianchi.'' Lo sfidò Carlo, dando una leggere spinta a Victor.
''Adesso basta!'' Urlò Marika, fuori di sé, facendo voltare i due battaglieri.''Fuori entrambi dalla mia stanza! Vi voglio fuori da qui entro dieci secondi!'' I due uomini restarono entrambi interdetti ma uscirono, con la coda tra le gambe. Victor, da uomo pacifico quale era prese una strada diversa dal suo nemico che, seguendolo con lo sguardo, aveva già in mente una vendetta per liberarsi di lui una volta per tutte.

 

Compose in fretta un numero di telefono sul suo cellulare, pregustando già cosa stava per fare.
''Pronto?'' Rispose in fretta Federico, un suo amico di vecchia data che adesso lavorava per l'Intelligence Italiana, i servizi segreti, insomma.
''Ricordi quando ti ho salvato la vita estraendoti un proiettile a crudo dalla schiena?'' Non fece neanche il suo nome, che il suo amico capì.
''Come posso dimenticare? Avevo promesso che ti avrei ricambiato il favore.''
''Mi serve una ricerca su una persona. Sta ronzando troppo vicino ad una mia preda e voglio allontanarlo al più presto.'' Sorrise, accendendosi un sigaro per rilassarsi.
''Carlo, sai benissimo che non posso farlo. Si, sono nei servizi segreti ma non posso fare ricerche su sconosciuti. Perderei il lavoro.'' Sembrava essere riluttante, ma il suo amico lo convinse con poco.
''Ti pago. Ti do il doppio del tuo stipendio. Sai benissimo a quanto ammonta la cifra. Devi farmi solo una ricerca brevissima, so che puoi farlo, e io provvederò a farti arrivare la cifra.'' E fu a questa proposta che il suo amico crollò.
''Eh va bene. Ma che non esca che l'ho fatta io. Qui sono capaci di farmi sparire in fondo al mare, con un masso attaccato ai piedi.'' Si misero d'accordo su dove trovarsi per lo scambio e il giovane medico ritornò al suo lavoro, come se niente fosse successo.

 

 

''Sei una cogliona.'' Furono le parole di Erika, pronunciate il pomeriggio seguente, a interrompere il racconto di Marika che aveva del paranormale.
''Concordo.'' Confermò Sara, addentando una patatina dal piattino degli aperitivi. ''E' ora che ti prendi le tue responsabilità e parli con i due fustacchioni. Il tuo cuore sa chi scegliere, ma devi farlo una volta per tutte prima di trovare la notizia sul giornale della morte di entrambi.
''Parlando di responsabilità, dove cazzo è Veronica? La stiamo aspettando da mezz'ora.'' La interruppe Erika, notando l'ora avanzare sul suo cellulare.
''Non chiederlo a me. Ci ha detto che doveva parlarci e di incontrarci al bar per le cinque.'' Sara aguzzò la vista sull'orologio del bar, che segnava le cinque e mezza. Fu in quel momento che Veronica entrò nel bar in tutta fretta, gettandosi sul divanetto dove erano sedute le sue amiche.
''Ti sei ricordata di noi?'' Fu Erika a parlare, indicandole l'orologio in chiaro segno di volerla riprendere per il ritardo.
''Scusate ma mi è successa una cosa pazzesca e... Non so come dirvelo.'' Veronica era un misto di tremolii e sorrisi.
''Sei incinta?'' Ipotizzò Marika, già vogliosa di prendersi cura del piccolo o della piccola.
''No.'' Sorrise Veronica, quasi commossa.
''Ti hanno promossa direttrice del giornale dove lavori.'' Teorizzò Erika, teoria seguita dalla negazione dell'amica.
''Ci sono! Hai perso cinque kili!'' Rise Sara, notando la faccia di disapprovazione di Veronica.
''Eh allora cosa aspetti? Diccelo, no?!'' Chiese Marika, bevendo il suo drink.
''Michele mi ha chiesto di sposarlo.'' Sputò la ragazza,euforica. La reazione delle amiche la lasciò abbastanza interdetta. Marika sputò il suo drink, Erika si affogò con il fumo della sigaretta e Sara quasi soffocò con un'ennesima patatina.
''E tu cosa hai risposto?'' Chiese Erika, mentre batteva con una mano la spalla della povera Sara, che rischiava davvero di soffocare.
''Ho risposto si. E voglio che tutte voi siate mie damigelle.'' Dopo questo momento di stupore, le ragazze si buttarono addosso a Veronica, sapendo che questo matrimonio l'avrebbe resa felice.

 

''Che cosa hai detto?'' Victor credeva di aver capito male, mentre correggeva i compiti del quarto su Antonio Vivaldi.
''Mi sposo.'' Michele saltellava dall'emozione, sotto lo sguardo attonito di Franco e di Angelo, riunitisi a casa di Victor per un caffè.
''Ma Veronica è incinta?'' Chiese Angelo, ancora sconvolto.
''No. Le ho chiesto di sposarla perchè voglio stare con lei tutta la vita.'' Michele sorrise, con gli occhi pieni di lacrime.
''Tu sei pazzo.'' Franco era a bocca aperta e con le mani unite sul mento, segno di una persona sconvolta che sta pensando. Il che era strano, per Franco.
''Sei sicuro della tua scelta? Hai ventisei anni, sei ancora giovane e piacente. Le tue alunne ti sbavano dietro, potresti divertirti ogni sera.'' Piero, il fratello maggiore di Michele era il classico bello e dannato. Molto più di quanto potesse essere Michele.
''Non fare il cretino, sto con Veronica da sei anni, non la tradirei mai per le mie alunne e voglio stare con lei per tutta la vita.'' Michele era cambiato. Fino a sei anni prima anche lui non avrebbe voluto sposarsi, neanche con una pistola puntata alla schiena. Saltava da ragazza a ragazza, proprio come un ape saltava di fiore in fiore, fino a quando non aveva incontrato Veronica nella stanza di Victor, in ospedale. Proprio in quel luogo di dolore erano crollate tutte le sue certezze e lui era cambiato, come cambia il giorno con la notte.
''Io sono dell'idea che dovresti divertirti a quest'età, e con i culetti delle tue alunne il divertimento è assicurato.'' Piero insisteva, seguito dalle risatine di Angelo e Franco.
''Come dargli torto... Ma se la ami, noi ti seguiremo.'' Franco lo abbracciò forte, facendogli già gli auguri.
''E va bene. Vorrà dire che ti organizzerò il più pazzesco degli addii al celibato. L'ultima notte da uomo libero la devi passare come si deve.'' Piero mollò la presa, abbracciandolo e sorridendo già al pensiero di quello che avrebbe combinato.
''Mio fratello sarà il mio testimone. E voi mi seguirete con le damigelle di Vero.'' Michele si asciugò le lacrime e già detto le sue condizioni, come faceva sempre.
''Immagino che le damigelle di Veronica siano Marika, Erika e Sara, vero?'' Victor ne era ovviamente sicuro, ma lo chiese ugualmente.
''Certo, e chi altrimenti? Voi le accompagnerete, come nei film americani che Veronica adora.'' Tutti annuirono, continuando a congratularsi con il novello sposo.

 

 

''Ecco qui. Ho fatto prima che ho potuto.'' Federico indossava un cappello scuro e un paio di occhiali da sole. Nel suo lavoro la discrezione era la cosa principale. Carlo gli era seduto davanti. Erano passati diversi giorni da quando gli aveva fatto quella richiesta. In quei giorni Marika non gli aveva rivolto la parola e lui sentiva scivolarsela via dalle dita, come acqua fresca.
''Hai trovato qualcosa di interessante?'' Si strofinò le mani, interessato.
''Qualche multa per divieto di sosta e per l'alta velocità, professore di musica al liceo in Piazza Garibaldi, diplomato in Chitarra con il massimo dei voti al conservatorio Giacomo Puccini di Milano, master alla Scala di Milano, rifiutato per trasferimento qui, al sud.'' Federico lesse piano le carte, sfogliandole lentamente.
''Arrivo al dunque. Circa tre anni fa fece richiesta per ottenere la pillola RU486, che serve per...'' Non gli fece finire la frase, che rispose per lui.
''L'aborto. Voleva far abortire qualcuno, quel bastardo.'' Sorrise, immaginando la faccia di Marika alla lettura di questo documento; perchè se c'era una persona totalmente contraria all'aborto, beh, quella era proprio Marika. E odiava chiunque lo praticasse.
''Già, ma non dice per chi fosse diretta. Poi c'è un'altra cosa.'' Disse Federico, uscendo un piccolo foglio.
''Dimmi tutto.'' Si avvicinò Carlo, curioso di sapere cosa c'era scritto su quel pezzo di carta.
''Ha insegnato un anno al conservatorio di Milano, come assistente del docente di Musica.'' Federico deglutì piano, preparando la bomba ad orologeria.
''E quindi?'' Lo incitò l'amico, che ormai sudava freddo.
''E' stato accusato di molestie sessuali da una ragazza di 17 anni che studiava chitarra nel periodo in cui lui era assistente.'' E fu allora che Carlo sobbalzò, sbattendo una mano sul tavolo.
''Lo sapevo, quel gran figlio di puttana doveva avere un segreto per essere ritornato qui all'improvviso. Uno non parte da una città ricca come Milano per tornare nel profondo sud, se non vuole scappare da qualcosa.'' Carlo strappò dalla mano di Federico quei fogli, allungandogli una busta contenente il denaro richiesto.
''Attenzione però. Non è stato condannato perchè la famiglia della ragazza ha ritirato le accuse, inspiegabilmente.'' Continuò Federico, credendo di aver già fatto un danno incalcolabile.
''Non me ne frega un cazzo se quel coglione è stato condannato o meno. L'accusa c'è ed è questo che mi basta. Ti ringrazio, amico mio, sei sempre fenomenale.'' Lo abbracciò per ringraziarlo e mentre prendeva le sue cose, seppe già cosa fare.
''Mi raccomando, non farti sfuggire che sono stato io a farti questa ricerca.'' Carlo annuì e si volatilizzò.
''Ma che cazzo ho combinato.'' Sospirò Federico, portandosi le mani sugli occhi, in segno di pentimento.

 

 

Il giorno dopo Marika, al suo arrivo nel suo ufficio, non notò subito la cartellina sulla scrivania e continuò il suo lavoro fino all'ora di pranzo, sommersa da bambini e analisi del sangue. Fu verso l'ora di pranzo che trovò un po' di pace e il suo sguardo fu attirato da una cartellina gialla su cui c'era inciso un nome: ''Victor Santini''.
Prese in mano la cartellina e la aprì, leggendo piano il suo contenuto. C'era di tutto: diplomi, attestati, multe pagate ma fu l'ultimo foglio ad attirare la sua attenzione. Lesse attentamente e fu quando arrivò a quelle parole che il suo corpo cedette, trascinandola a vomitare in bagno.
''Accusa per molestie sessuali'' furono le parole che riecheggiavano nella sua mente, mentre vomitava anche l'anima. Due lacrime le solcarono il viso, portando con sé il trucco e tutto ciò che aveva dentro. Non poteva credere che il suo Victor avesse fatto due delle cose che odiava di più: aver fatto abortire una donna e aver compiuto un atto osceno come quello. Non poteva crederci, non voleva crederci. Ma la realtà le si palesava davanti agli occhi, sotto forma di una cartellina gialla che non sapeva come fosse arrivata nel suo ufficio. Ma poco le importava, perchè le sue certezze erano crollate in quel momento ed era crollata anche lui, fisicamente e psicologicamente.

 

 

 

 

 

 

Sono ritornata per augurarvi Buona Pasqua. Mi scuso per gli argomenti trattati in questo capitolo, argomenti forti come l'aborto e la violenza sessuale ma a tutto ci sarà un perchè, ve lo giuro. Nel frattempo, vi auguro buone vacanze, sempre con il mio solito affetto e la mia solita riconoscenza nei vostri confronti. Alla prossima!

M.

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Capitolo 9
*** Spiegazioni ***


''Marika, ci sei? Ho portato patatine fritte e maionese a volontà.'' Veronica entrò nello studio medico senza preavviso, come faceva spesso durante la pausa pranzo. Aveva portato due panini dal fast food e aveva intenzione di fare la sua pausa pranzo con la sua amica, come facevano spesso, data la vicinanza dello studio televisivo dove lavorava all'ospedale. Ma trovò il medico in condizioni pietose, che rimetteva ancora la colazione nel water. Lasciò subito il vassoio con quelle meraviglie caloriche e si precipitò nel piccolo bagno, per mantenere la fronte della sua amica.
''Accidenti Mari, ma cosa hai combinato? Ti sei ingozzata ancora di biscotti al cioccolato? Lo vuoi capire che il cioccolato ti fa male?'' Era vero, data l'intolleranza di Marika al cioccolato, scoperta da poco, ma non era quello a far rimettere la dottoressa.
Finì di buttare fuori anche gli ultimi succhi gastrici e si accasciò per terra, pulendosi la bocca con un po' di carta igienica.
''Mi spieghi cosa è successo? Ti ha fatto male qualcosa?'' Marika non riusciva nemmeno a rispondere e fece semplicemente segno di no con la testa.
''Sei incinta?'' Sogghignò Veronica, sapendo la prolungata astinenza della sua amica, che prontamente la fulminò con lo sguardo.
''E allora? Cosa cavolo è successo?'' La aiutò a rialzarsi e la fece accomodare alla sua poltrona, sedendosi sulla sedia proprio di fronte a lei.
Marika non parlò. Le diede solo una cartellina gialla, quella cartellina, e le fece segno di leggere. Veronica non capì, ma la aprì ugualmente, leggendovi il nome di Victor. Guardò confusa l'amica, che mandava giù una pillola per la nausea e che le fece segno di continuare.
''Ma.. Sono i diplomi di Victor. Il liceo Artistico, il Master a Milano, L'Attestato del Conservatorio...'' Veronica continuava a non capire, ma continuò. ''Multe per eccesso di velocità, divieto di sosta...'' Continuò a sfogliare e arrivò a quel punto. ''Richiesta per la pillola dell'aborto?'' Veronica guardò Marika che annuì, con lo sguardo perso nel vuoto. Sfogliò l'ultimo foglio e rimase pietrificata. E capì.
''Porca puttana.'' Furono le uniche parole di Veronica, alla vista di quell'accusa infamante di molestie sessuali. La giornalista poggiò tutto sulla scrivania e prese un goccio di coca cola, che aveva portato con se dal fast food. Guardò l'amica, che fissava un punto preciso del muro, dove regnava la foto della sua laurea.
''Capisco perchè stavi rimettendo anche le budella.'' Veronica sospirò e provò a ragionare. ''C'è comunque il fatto che la denuncia è stata ritirata.'' Provò a ragionare, in favore del loro amico.
''L'unico ragazzo di cui io mi sia mai innamorata è un molestatore di minorenni.'' Una lacrima solcò la guancia di Marika, che parlava più a sé stessa che all'amica.
''Ma, un dubbio solo. Come hai trovato questi dati? Sono privatissimi e solo magistrati e giudici possono avere accesso.'' Veronica si insospettì, nel suo solito fare giornalistico.
Marika la guardò per un attimo, confusa. '' Li ho trovati sulla mia scrivania poco fa. Non so chi ce li abbia messi, ma stamattina erano già qui.'' Veronica si insospettì ancora di più, ma non parlò.
'
'Dovresti parlare con Victor.'' Pronunciò piano le parole, specie il nome del ragazzo, non potendo prevedere la reazione dell'amica.
Indurì la mascella e uscì il pacco di sigarette, lanciandone una alla sua amica e uscendo sul balconcino, in chiaro segno di voler cambiare il discorso.

 

 

''E quindi possiamo sicuramente affermare che Giacomo Puccini è stato uno dei fautori dell'opera moderna, quella che ancora oggi ascoltiamo in teatro, per intenderci. Ricordate le opere più importanti: La Tosca, La Madama Butterfly e la Turandot, rimasta incompiuta per la sua morte.'' Victor continuava la spiegazione per i suoi studenti di quinta, rapiti dalla sua padronanza linguistica e dalla sua passione con la quale spiegava i più grandi compositori della storia.
''Professore, anche l'Aida è di Puccini, vero?'' Federico, il suo studente più burlone ne aveva sparata un'altra delle sue.
''Se mi dici cosi all'Esame di Stato, ti sputtano davanti a tutta la commissione. L'Aida è di Giuseppe Verdi, capra.'' Scherzò bonariamente, lanciandogli un pezzetto di gesso, facendo scoppiare a ridere tutta la classe.
''Se qualcuno di voi osa farmi fare brutta figura con i commissari esterni agli Esami di Stato, giuro che gli rovino la vita.'' Li fulminò scherzosamente, minacciandogli con un altro pezzo di gesso. La campanella segnò la fine della lezione e della giornata, non prima di essersi raccomandati di studiare per l'indomani.
Stava sistemando le sue carte, mentre sentì due colpi alla porta.
''Avanti!'' Victor stava per girarsi una sigaretta, dopo una giornata pesante, quando vide entrare Marika in tutta furia.
''Tu qui? Che è successo?'' Marika gli gettò sul tavolo quella famosa cartellina gialla, incuriosendolo.
''Me la sono ritrovata ieri sulla scrivania, non so chi ce l'abbia messa ma voglio delle spiegazioni.'' Marika incrociò le mani, in attesa.
Victor lesse piano tutti i fogli, sbiancando sempre di più.Arrivò all'ultimo foglio e chiuse gli occhi un attimo, chiudendo il plico.
''Chi ti ha dato questo materiale?'' Alzò lo sguardo verso la sua amata Marika, che lo guardava con odio e ribrezzo.
''Ti ho detto che non lo so. L'ho trovata ieri sulla mia scrivania e le cose che ci sono dentro mi hanno fatto letteralmente vomitare l'anima.'' Tremava, ma non lo diede a vedere.
''Posso spiegarti ogni cosa.'' Victor si alzò e cercò di girare attorno al tavolo. Marika indietreggiò istintivamente.
''Hai paura di me, adesso?'' La guardò deluso, con le lacrime agli occhi.
''Non dovrei?'' Indurì la mascella, per non piangere anche lei.
''Mi conosci. Non dovresti.'' Victor si sedette su un banco, a pochi passi da lei. ''Da dove vuoi che cominci?'' Intrecciò le mani e la guardò in attesa.
''Da quella che fa meno schifo, la richiesta per l'RU486.'' Marika si poggiò sull'altro tavolo, in attesa.
''Quando quello stronzo lasciò mia sorella incinta, lei mi chiese di richiederle la pillola per l'aborto. Non se la sentiva di crescere un figlio sola. Sai com'è, il paese è piccolo e la gente mormora. Siamo pur sempre al sud e la gente è curiosa. Feci la richiesta, ma poco prima di prenderla Roberta la buttò nel gabinetto, piangendo a dirotto. Si è accorta appena in tempo della stronzata che stava per fare, e fortunatamente non l'ha fatta.'' Marika rimase senza parole. Aveva subito pensato al peggio, che lui avesse fatto abortire una ragazza e invece no.
''E quell'altra faccenda?'' La più dolorosa, quella che le faceva più male.
''Subito dopo il diploma in chitarra, il professore mi prese come suo assistente. Beh, mi venne la felicissima idea di bocciare una ragazza. Non sapeva niente, neanche una nota. Non sapeva neanche che fosse una Fender Stratocaster. Lo dissi al professore e lui la bocciò. Pochi giorni dopo iniziò a circolare nei corridoi la voce che io ero andato a letto con diverse ragazzine e che ne avevo molestata una promettendole un buon voto.'' Victor scoppiò a piangere, sotto lo sguardo allucinato di Marika. ''Non ho mai fatto niente di ciò. Una settimana dopo mi arrivò la denuncia di molestie sessuali, proprio da parte della ragazzina che avevo bocciato. Ci fu un putiferio. Molte alunne testimoniarono in mia difesa ai carabinieri, e anche lo stesso professore disse che ero innocente. La famiglia della ragazzina ha ritirato l'accusa e io ho sporto denuncia per diffamazione. Sono ancora in causa. Nel frattempo, il professore mi consigliò di tornarmene a casa e mi firmò una lettera di raccomandazione. E' stato facile trovare questo posto, un anno fa. Il precedente professore di musica ha avuto un infarto ed è dovuto andare in pensione anticipata.'' Victor continuò a piangere, cercando di nascondersi. ''Ho cercato di non far trapelare niente. Mi vergogno come un ladro ma ti giuro che sono innocente. Lo giuro sulla vita di mio nipote. Mi fa schifo quell'accusa, non dormo più da un anno e la mia vita è diventata un inferno. Per fortuna sono stato scagionato, ma la mia fedina penale è macchiata per tutta la vita.'' Si asciugò gli occhi, cercando lo sguardo di Marika.
''Mi credi?'' Cercò di prenderle le mani, mani che prontamente lei tolse e infilò in tasca.
''Non so più a cosa credere.'' Di fronte alla sua espressione, Victor riprese a piangere e tirare calci al banco.
''Questa cosa mi sta rovinando la vita, 'fanculo. Non mi va mai bene niente.''
''E io cosa dovrei dire? L'unico ragazzo che ho mai amato e che amo ancora viene accusato di molestie sessuali, cosa dovrei fare io, eh?'' Parlò nella rabbia, non accorgendosi di ciò che diceva.
''Come hai detto, scusa?'' Victor la fissò, con gli occhi ancora colmi di lacrime.
''Che non so cosa dire.'' Marika si accorse in ritardo di ciò che le era sfuggito e tentò di fare la finta tonta.
''Hai detto che mi ami ancora.'' Victor sorrise appena, con la voce che gli tremava.
''Io non..'' Cercò di riparare la situazione, ma non seppe più cosa dire.
''Sapevo che mi amavi ancora.'' Victor le si avvicinò, accarezzandole una guancia. Lei si allontanò di riflesso, ancora sconvolta.
''Per favore, non toccarmi. D-devo andare.'' Raccattò la sua borsa e si avvicinò alla porta.
''Ti amo.'' Le parole di Victor le diedero l'ultima coltellata. Non ce la fece a pronunciare altro e semplicemente uscì. Questa botta non l'avrebbe digerita presto. Probabilmente sarebbe uscita dalla vita di Victor, definitivamente.

 

''Come si possono avere certi documenti?'' Veronica parlava con Dario, il direttore del giornale locale dove lavorava, cercando aiuto.
''E' molto difficile, specie certi atti giuridici, ancora in corso. Devi essere un pezzo forte per poterle avere, o conoscere pezzi importanti. Magari qualcuno nell'Intelligence, o qualche capo di qualche forza armata.''
Veronica riflettè. Non conoscevano nessuno di cosi alto livello, se toglievano la cugina di Marika maresciallo dei Carabinieri, ma non era comunque un pezzo grosso.
''Prova a fare qualche ricerca, magari ne viene fuori anche un bel servizio da pubblicare e mandare in onda. Sai tu cosa fare.'' Dario le fece l'occhiolino, come faceva a tutti i suoi dipendenti e la congedò.
Tornò alla sua scrivania, e si mise a lavorare.
''Scoprirò chi ha fatto questa bastardata, fosse l'ultima cosa che faccio.'' Parlò al suo computer, mentre cercava qualcosa da cui iniziare.

 

 

 

Capitolo al volo, giusto per riordinare le idee e per dare qualche spiegazione! Cosa sarà successo? Sarà la verità? Veronica scoprirà qualcosa? Lo scopriremo presto, per ora vi saluto e vi ringrazio per la vostra solita attenzione che date alla mia storia. Grazie!

M.

 

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Capitolo 10
*** Libido. ***


Girati un po' Eri... Fammi vedere.'' Veronica dettava legge dal suo divano nell'atelier per abiti da sposa. Sara, Erika e Marika facevano le statuine su tre piedistallo, con un pietoso abito di tulle color oro, uno dei colori che amava Veronica.
''Veronica, non per contraddirti, ma questa tonalità di dorato fa veramente cagare. Almeno su di noi.'' Erika non aveva peli sulla lingua e le amiche lo sapevano. In quel momento se ne accorse anche la commessa del negozio.
''Si, non mi convince. Non ha qualcosa sul viola?'' Veronica era l'eterna indecisa. Anni addietro ci aveva messo tre settimane per decidere dove fare un semplice buco per le orecchie, figuriamoci per l'abito delle sue damigelle.
''Certo, vado a prendere subito dei modelli in viola e glieli faccio vedere.'' La commessa sparì, lasciando le tre ragazze a rimirarsi ancora nello specchio, con Veronica che frugava nella borsa.
''Allora, non immagini chi possa aver fatto quei documenti?'' La giornalista indagava ancora, anche nei giorni precedenti il suo matrimonio.
''Vero, ti ho detto che non ne ho la più pallida idea.'' Marika era confusa, ma non sapeva davvero che pesci prendere.
''Scusate la mia ignoranza, chi è la persona che odia di più Victor in questo momento? Pensateci bene.'' Sara si era seduta sul divano accanto a Veronica, togliendosi i tacchi, che odiava e che le avevano già fatto gonfiare i piedi.
''Beh, credo sia Carlo... E' l'unico che potrebbe provare rancore per lui..'' Erika scese dal piedistallo, sedendosi sopra.
''No...Carlo non farebbe mai una cosa del genere...''
''Ma certo! Perchè non ci ho pensato io! Sono mesi che ci prova con te e adesso vede Victor come una minaccia. Fornendoti quei documenti voleva allontanarlo da te, farti schifare talmente tanto del suo passato e portarti a volere solo lui, abbandonando per sempre l'idea Victor.'' Veronica ebbe un illuminazione, appuntando tutto sul suo quaderno.
''Bene signorine, questi sono i vostri abiti da provare, prego.'' L'arrivo della commessa distrasse tutte, ma non Marika, che tornò nel camerino più pensierosa di prima.

''Io voglio il papillon.'' Franco mise il muso, dopo che il commesso fu costretto da Michele ad uscire cinquanta cravatte, che il bel batterista amava.
''Veronica odia i papillon e poi queste cravatte sono meravigliose.'' Continuò Michele, toccando una cravatta viola come se fosse un diamante prezioso.
''Si, forse per quelli alti un metro e novanta come te o Angelo. Ma per me che sono alto un metro e sessanta le cravatte non sono ideali. Sono piccolo di busto, la cravatta con la sua lunghezza mi farebbe sembrare ridicolo.''
''Beh, le cravatte larghe si.. Ma io credo che quelle sottili potrebbero stare bene anche a lei che è un po' più basso rispetto ai suoi amici.'' Il commesso si intromise, uscendo prontamente una decina di cravatte dalla linea sottile ed elegante. Provandola, Franco constatò effettivamente che gli stava davvero bene.
''Bene, me ne dia tre viola, sa gli abiti delle damigelle sono viola e i miei amici devono essere abbinati. Ordine della mia futura moglie.'' Sorrise appena Michele, con lo sguardo perso.
''Vado a prenderle in magazzino, voi sedetevi pure.'' Il commesso si allontanò attraverso un corridoio, lasciando Angelo, Victor, Michele e Franco seduti sulle poltroncine del negozio.
''Ancora non riusciamo a scoprire chi ha fatto quel gesto.'' Sospirò Angelo, facendo annuire Victor e Franco.
''Non mi convince quel medico, sai? E' un figlio di puttana, lo conosco. Accompagnai mia madre quando fece il pap test, la trattò come se fosse una preda.. Dovetti entrare io nello studio affinchè si accorgesse che era una mamma di famiglia. E' vero che mia madre è ancora giovane e piacente, ma è pur sempre mia madre. E' un viscido. Forse ne ha viste talmente tante che sembra sia ossessionato.'' Rise Michele, provocando un'espressione di dissenso in Victor.
''Quel coglione nemmeno mi conosce, perchè dovrebbe attaccarmi cosi?'' Chiese Victor, riflettendoci su.
''Forse perchè sei tornato e sa che Marika prova ancora qualcosa per te, nonostante tutto. Potrebbe farti terra bruciata.'' Propose Franco. Angelo non parlava. Il tasto Marika-Victor ancora gli bruciava, soprattutto perchè non sapeva se fosse successo qualcosa oppure no.
''Veronica non si da pace, pensa che possa uscire uno scandalo da un momento all'altro ed è pronta a creare un servizio bomba. Non la capisco più nemmeno io.'' Michele scosse la testa anche se il discorso fu interrotto dal commesso che ritornava con le cravatte pronte.

In un caldo pomeriggio, Carlo era in pantaloncini, con il petto nudo e si allenava nella piccola palestra montata sul suo terrazzo. Erano gli inizi di giugno ma faceva già un caldo torrido. Ad un tratto suonarono al citofono. Grondante di sudore, rispose.
''Chi è?'' Tenne il citofono lontano dalla faccia, per evitare di impregnarlo di sudore ma comprese distintamente chi fosse.
''Sono Marika, posso salire? Devo parlarti.''
''Certo piccola, sali pure. Ultimo piano.'' Le aprì il portone e si preparò davanti allo specchio.
Pochi istanti dopo aprì la porta e vide Marika uscire dall'ascensore e restare pietrificata davanti alla visione del suo collega, vestito solo con un misero pantaloncino e imperlato di sudore. Marika venne attratta subito dal fisico possente, dai suoi addominali scolpiti e da quella V che scompariva nel pantaloncino, cosa che lei adorava.
''Allora? Vuoi entrare?'' Carlo sorrise appena, essendosi accorto dello sguardo delle bella dottoressa.
''Ehm si.. Si, sono venuta a parlarti di una cosa.'' Disse, entrando nel grande loft di Carlo. Si perse un attimo a guardarsi intorno. Un grande divano a L, una TV gigantesca, uno scaffale pieno di DVD e CD, una cucina per arredata e un tavolo da sei. Alle pareti foto che ritraevano Carlo con degli amici e qualche copia di dipinti famosi, opere di Monet e Renoir, o almeno così ricordava dalle lezioni del liceo. Più in là una grande porta finestra che dava su un terrazzo pieno di piante e di attrezzi ginnici, con un tavolino tondo e due panche di legno.
''Bella casa, complimenti.''
''Grazie, vuoi sederti? Qualcosa da bere?''
''Un bicchiere d'acqua per favore.'' Si sedette al tavolo, mentre si preparava mentalmente il discorso.
''Allora, bellezza, come mai qui? Cosa posso fare per te?'' La guardò allusivo e per poco Marika non soffocò con l'acqua.
''Qualche giorno fa ho trovato questo dossier su Victor sulla mia scrivania. Tu ne sai qualcosa?'' Cominciò, uscendo dalla borsa quella famosa cartellina gialla. Carlo finse sicurezza, scoppiando in una fragorosa risata.
''E perchè mai dovrei prendermi la briga di creare un dossier sul tuo ex?''
''Non so, sono venuto a chiedertelo apposta.''
''Quindi sei sicura che sia stato io.''
''No, ma... L'ho trovato sul mio tavolo e non so cosa pensare...''
''Ed hai pensato subito a me, vero? Senti, tu mi interessi, moltissimo, ma mai mi sognerei di fare una ricerca sul tuo fidanzato. Per cosa poi? Penso che siano cose che sapevi già, quindi perchè perdere tempo inutilmente? Io, il mio tempo, lo impiego in maniera costruttiva, facendo cose più interessanti.'' Si avvicinò a Marika,facendole l'occhiolino e  spostandole una ciocca di capelli sfuggita alla sua coda di cavallo. Marika venne nuovamente rapita dal suo fisico palestrato. Erano anni che non toccava un uomo e adesso i suoi ormoni avevano deciso di fare le bizze.
''Non ti farei mai una cosa del genere. Sei troppo importante per me. Te ne sarai accorta, dopo tutti questi mesi di corteggiamento.'' Marika arrossì. Se ne era accorta e come, e si sentiva quasi male ad aver dubitato di Carlo, che era stato sempre gentile con lei.
''Scu..Scusami se ho pensato una cosa simile. Sei troppo una brava persona per aver fatto una cosa cosi meschina e...'' Non le fece finire di parlare che si avventò sulla sua bocca. Per un attimo si trovò spaesata, non sapendo se ricambiare o meno ma dopo pochissimo la sua libido prese il sopravvento. Gli si spalmò addosso, sedendosi sulle sue gambe. Cominciò a toccargli i capelli biondi e lui per risposta arpionò i suoi fianchi. Finalmente ci stava riuscendo. Marika stava per essere sua, se lo sentiva. Si staccarono un attimo per riprendere fiato e Marika riprese lucidità.
''Oddio, scusami. Non so cosa mi sia accaduto, in genere non sono cosi.'' Tentò di scusarsi ma i suoi ormoni si eravano risvegliati e, dopo uno sguardo famelico da parte di Carlo, le venne naturale rimpren derlo a baciarlo con foga. Il bel medico la prese semplicemente in braccio e la portò sul suo letto. Marika non se ne rese conto e in pochi istanti si trovò su un comodo letto, con Carlo che la sovrastava. I baci si fecero sempre più bollenti, le mani vagavano ovunque; le mani di Carlo sulle cosce di lei e le mani di Marika sulle sue spalle. Fu un attimo e Carlo afferrò un seno della sua collega, strappandole un gemito. Scese a baciarle il collo e i suoi gemiti divennero sempre più forti. Marika si arpionò al pantaloncino, cercando di abbassarlo. Presto detto; Carlo si alzò un attimo da lei e si tolse l'indumento che li ostacolava, rimanendo con gli slip. Ritornando su di lei Marika sentì il contatto con le parti intime del medico ancora più intenso e lo baciò nuovamente, con ancora più passione. Fu un attimo. Un lampo che le fece vedere Victor al posto di Carlo. Scosse la testa e tornò a dedicarsi all'uomo sopra di lei, che tentava di toglierle la gonna. Se la tolse lei stessa, rimanendo in slip. Mentre cambiavano le posizioni, continuando a baciarsi, Marika rivide la figura di Victor che la baciava. Vide distintamente i suoi occhi chiusi(si perchè Victor baciava ad occhi chiusi) e senti il suo profumo nell'aria. Quando Carlo, con ben poca eleganza, piazzò le sue mani sulle natiche, a Marika parve di sentire Victor che la toccava e che le sussurrava cose che si sussurrano solo in certi momenti. Si staccò all'istante, lasciando il medico confuso ed eccitato.
''Ma cosa fai.?'' Le chiese, vedendola scendere da lui.
''Io... Io non posso. Scusami, davvero. Non posso farlo.'' Si guardò in giro confusa, cercando la sua gonna.
''Ancora pensi a lui, vero? A quel coglione? Lo vuoi capire che lui per sei anni avrà scopato con chiunque, mentre tu sei rimasta ad aspettarlo?'' Fu inutilmente cattivo e maligno, e Marika sentì come una coltellata in pieno stomaco.
''Non è per Victor...Non sono ancora pronta io. Mi dispiace.'' Mentì, prese le sue cose e scappò da quella casa. Aveva fatto una bella figura di merda. Pensava di essere pronta e invece, proprio sul più bello, le era tornato in mente Victor, mentre faceva le stesse cose che provava a fare Carlo. Si aggrappò al volante, tentando di non piangere. Anche quando non c'era fisicamente, Victor era sempre presente dentro di lei, dentro al suo cuore, non permettendole di avere nemmeno uno straccio di rapporto decente. Era veramente una stupida.

Victor e Michele stavano correggendo insieme dei compiti, a casa di Michele, mentre Veronica lavorava nel suo studio. Il telefono fisso era rimasto in cucina e ad un tratto prese a squillare. Michele era intento a fare il caffè, e rispose per primo.
''Pronto? Ciao Marika! Si te la passo, è nel suo studio. Marika, tutto bene? Va bene dai, ti passo la tua amica. Ciao!'' Portò a Veronica il cordless, tornando allegramente in cucina.
''Era Marika?'' Victor lo fulminò. Piazzandosi davanti a lui.
''Si, voleva parlare con Veronica. Ma non l'ho sentita serena. Mah.'' Michele ritornò alla postazione del caffè.
''Vado un attimo in bagno, Mic.'' Enorme bugia. Si avvicinò alla porta di Veronica, appena in tempo per sentire l'urlo della ragazza.
''Sei andata a casa sua e ti sei buttata sul letto insieme a lui?'' Victor rimase pietrificato accanto alla porta, con le lacrime che risalirono e che gli annebbiarono la vista. Non poteva credere alle sue orecchie. La sua Marika era andata a casa di quel porco, e ci era andata anche a letto. La guerra era ufficialmente aperta.



Lo so! Sono imperdonabile! Gli esami universitari mi stanno facendo perdere anche quei momenti di tranquillità che usavo per le storie. Ma mi farò perdonare, con un altro capitolo, molto presto. Intanto vi ringrazio per le vostre recensioni e per le vostre visualizzazioni. Vi adoro! Un abbraccio a tutte!

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Capitolo 11
*** Sei anni ***


Si guardò allo specchio e non si riconobbe. Non era più lei. Era ingrassata, lo notava dal mento e dalle guanciotte piene; aveva due profonde occhiaie che uscivano anche dagli occhiali da lettura che era costretta ad usare. I capelli spenti, senza vita. Non li tagliava da secoli. Da quel pomeriggio erano passati tre giorni,tre giorni di vuoto. Si era data malata al lavoro, ed era vero. Era malata per davvero. Una malattia ben più grave di un raffreddore, di una bronchite o di altro. Una malattia che veniva dal profondo dell'anima, dal profondo del suo cuore. Cosa le stava succedendo? Perchè una ragazza di venticinque anni era costretta a soffrire cosi? Perchè doveva essere indecisa per ogni cosa, mentre le sue amiche prendevano in mano la loro vita e la stravolgevano? Perchè si ostinava a cercare altrove, conscia di essere innamorata ancora del suo primo ed unico ragazzo mai dimenticato? Erano queste le domande che si poneva, mentre vegetava sul divano. Ormai la sua giornata si divideva in pochi ambienti: divano con tv, cucina, doccia e camera da letto.

Un rumore sordo la riscosse dalla contemplazione della tv sintonizzata su un canale di televendite di prodotti cosmetici. Era il campanello.
Si sistemò la canotta e gli shorts che indossava e andò ad aprire. Guardò chi fosse dallo spioncino. Era Victor.
''Ciao Victor, cosa succe..?'' Neanche il tempo di finire la frase che Victor entrò come un tornado nella casa, con l'espressione torva e il viso arrossato. Marika sapeva cosa significava quell'espressione; era imbufalito.
''Dimmi che non è vero!'' Incrociò le braccia al petto, attendendo spiegazioni.
Si trascinò lentamente sul divano, seguita dal chitarrista. Sistemò il cuscino dietro la schiena e lo fissò.
''Cosa non dovrebbe essere vero?'' Non capì sul serio, forse grazie alla sua stanchezza psicologica.
''Dimmi che non sei andata a letto con quel miserabile.'' A queste parole di Victor, Marika spalancò gli occhi, come beccata con le dita nella marmellata.
''E tu che ne sai?'' Domanda lecita.
''Lo so e basta. Ti prego, dimmi che non ci sei andata. Non dopo che mi hai detto che mi ami ancora.''
''Io non devo darti spiegazioni..'' Tentò, con il viso arrossato.
''Dimmi che non ci sei stata, dimmelo!'' Insistette lui.
''Sono stata da lui, ma non ti riguarda..'' Tentò di fare la dura, ponendosi di fronte a lui, in piedi, con le braccia poggiate su i fianchi.
''Non puoi dirmi ti amo e andare con un altro, cazzo!'' Urlò, esasperato.
''NON CI SONO ANDATA A LETTO, OK? QUESTO PERCHE' MENTRE LO BACIAVO CONTINUAVI A VENIRMI IN MENTE TU!'' Urlò più di lui, ammutolendolo. Victor restò di sasso.
''E' frustrante voler stare con un uomo ed essere ripetutamente vittima di visioni che vedono te al posto suo! Sono sei anni che non riesco a farmi toccare ed è solo colpa tua!'' Gli puntò il dito sul petto, punzecchiandolo ad ogni singola parola.
''Lo baciavo e immaginavo te, lo toccavo e immaginavo di toccare te, sentivo il tuo profumo nell'aria e alla fine non ce l'ho fatta. Io ti odio Victor, ti odio perchè mi inibisci da sei, lunghissimi anni.'' Si mise le mani in faccia, quasi a volersi nascondere per la vergogna di non si sa bene cosa.
''Non è vero. Non mi odi. Mi ami. Come ti amo io.'' Victor le si avvicinò piano, quasi a chiederle il permesso di potersi avvicinare a lei. Le allontanò le mani dal viso, lo prese delicatamente tra le sue, di mani, e la baciò. Un bacio casto e semplice, uno sfioramento di labbra impercettibile.
''Vuoi fare l'amore con me?'' La domanda di Victor la lasciò interdetta, quasi imbarazzata. Cosa fare adesso? Ascoltare il cuore o il cervello? Il cuore le diceva di lasciarsi andare, tanto era quello che desiderava da sei anni. Il cervello diceva di aspettare, per far dimostrare a Victor che lui era davvero cambiato, che non aveva sbagliato. Dopo un momento di riflessione la risposta le venne facile, quasi come una liberazione.
''Si.'' E stavolta, Marika, decise di ascoltare il cuore.

 

Spogliarsi con una lentezza disarmante. Marika era già su di giri, Victor d'altro canto calmo e pacato come sempre.
''Non c'è fretta. Non ci viene nessuno dietro, no?'' Victor si tolse piano la t-shirt, rimanendo a petto nudo. Non era esattamente il fisico perfetto di Carlo ma per Marika era quella la perfezione. Rimase a contemplarlo, mentre lui si slacciava i jeans e li faceva raggiungere il pavimento. Rimase in slip, slip neri e aderenti, sempre il solito di sei anni prima. Spalle larghe e busto magrissimo, bicipiti sviluppati, dovuti agli anni di chitarra, mani larghe e piene di calli, che Marika stava già aspettando di sentire sul suo corpo, sedere pienotto e gambe magre. Per Marika era perfetto. Cosi come lei era perfetta per lui.Le tolse prima gli shorts che usava come pigiama estivo, baciando piano ogni centimetro delle lunghissime gambe di Marika; madre natura le aveva dato un'altezza considerevole per essere una donna e Victor ne assaggiò ogni millimetro. Fu la volta della canotta, che la fece rimanere definitivamente in intimo.
''La tua fissazione di portare il reggiseno anche in casa non la capirò mai.'' Disse, mentre le baciava una clavicola e facendola ridere. Mentre tutte, appena arrivate in casa si toglievano ogni indumento possibile, Marika restava con l'intimo fino al momento della doccia prima di andare a letto, non sopportava di avere tutto al vento. Non che Madre Natura le avesse donato molto seno, purtroppo. Una ragazza alta quasi un metro e ottanta con una seconda scarsa, la sua più grande croce.
''Victor...io..'' Voleva dirgli di fare piano, ma lui l'anticipò.
''Tranquilla, dopo tutto questo tempo voglio goderti a pieno, con calma. Non ti farò male.'' E tolti anche i pochi indumenti rimasti, rimasero completamente nudi.
''Ti amo.'' Furono le parole di Marika,con gli occhi lucidi, appena sentì completamente Victor su di lei.
''Ti amo anche io.'' E si unirono, finalmente dopo sei interminabili anni.

 

 

''Oh, sveglia! Tra tre giorni è il tuo compleanno, cosa facciamo?'' Erika le agitò una mano davanti alla faccia, facendo riscuotere Marika dal sogno ad occhi aperti, dove rivedeva le immagini dell'altro pomeriggio.
''Ehm, si.. Potete venire anche a casa mia.. Non avevo intenzione di festeggiare, siamo grandicelle ormai.'' Tutti gli anni la stessa storia. Alla fine avrebbero festeggiato comunque, come avevano sempre fatto dal primo anno di liceo.
''Allora ragazze, gli abiti per voi arrivano dopodomani, poi venite con me in negozio e li proviamo, se c'è qualche modifica da fare abbiamo ancora un mese.'' Veronica parlò più a se stessa che alle altre, che non la stavano praticamente ascoltando.
''Ragazze, qualcuna tra di noi ha fatto sesso e non l'ha detto.'' Pronunciò Erika, accendendosi una sigaretta.
''Io..non faccio sesso da un mesetto, più o meno.'' Rispose Sara, abbassando lo sguardo.
''Non parlavo di te.'' Erika sventolò una mano in aria, come a voler cancellare le parole di Sara.
''Ehm, io vivo con Michele da un anno, cioè lo facciamo ogni sera...'' Provò Veronica, ma Erika non le diede ascolto, troppo impegnata a fissare Marika, che si guardava attorno con aria circospetta.
''Tu, signorina. Hai qualcosa da confessare?'' Erika la mise sotto torchio. Marika, dal canto suo, non aveva mai saputo tenersi niente, era un libro aperto; ed infatti cantò come un uccellino.
''Ho fatto l'amore con Victor.'' Sputò fuori, chiudendosi subito la bocca con delle arachidi. A Sara cadde il telefonino dalle mani, Veronica si portò una mano alla bocca, meravigliata. Erika non fece altro che mettersi comoda sulla poltroncina, sorridendo.
''Lo sapevo che sarebbe successo.''

 

''Oh alza il culo dalla poltrona! Vieni ad aiutarmi!'' Un Michele pieno di abiti maschili parlava ad un Victor che sognava sul divano di casa sua, ad occhi aperti.
''Che vuoi? Fatti aiutare da Angelo!'' Angelo era in piedi accanto al tavolo, e stava sistemando le targhette sulle cravatte di ognuno di loro, per non confondersi.
''Arrivo io, tranquillo. Il nostro chitarrista è in stato vegetativo.'' Dalla cucina spuntò Franco che in pochi secondi prese due vestiti e li poggiò con delicatezza sul letto di Michele. Se li sarebbero presi una volta andati via da quella casa.
''Si può sapere che ti succede? Sembri una signorina che sta aspettando l'arrivo del principe azzurro.'' Michele non sapeva fare paragoni, era certo.
''E' innamorato, non si vede?''
''Smettila, Franco, non fare l'idiota.'' Victor lo fulminò, alzandosi e andando a prendere una birra dal frigorifero.
''Perchè non è vero? Dì la verità, tu e Marika avete copulato?'' Gli sfottò del suo amico cantante continuavano, sotto lo sguardo divertito di Michele e quello torvo di Angelo. Davanti allo sguardo imbarazzato di Victor, capirono tutti.''Oh, era ora! Finalmente!'' Michele se la rise di gusto, dopo il commento di Franco. L'unico in silenzio fu Angelo, che non si rivolse a Victor fino a quando non fu l'ora di andare ognuno a casa propria.
''Se la fai soffrire di nuovo, sarà la volta buona che ti ammazzo.'' Furono le uniche parole di Angelo, che pietrificarono il bel chitarrista.

 

Il giorno seguente, un caldo lunedi di inizio estate, Marika era come sempre al lavoro. Aveva appena visitato due bambini colpiti da gastroenterite, quando una voce femminile la riscosse dalla contemplazione del paesaggio fuori dalla sua finestra.
''Dottoressa Lentini, posso parlarle?'' Girò piano la poltrona e accolse la donna con un sorriso, sorriso che si spense appena vide chi fosse.
''Alessandra?'' Per poco non le cadde il mento ai piedi.
''Marika... Posso parlarti?'' Era la ex di Victor, che chiedeva di parlarle. E per un assurdo colpo di testa, Marika le diede ascolto.

 

 

Dopo tre mesi di assenza sono tornata! Il mio model del Wi-Fi aveva deciso di lasciarmi e ci ho messo tre mesi per averne uno nuovo! Capitolo di novità, vero? Come procederà tra Victor e Marika? Vi prometto di dirvelo presto(esami universitari permettendo). Nel frattempo vi mandi un bacione, come sempre!
M.

P.s: se ho sforato con il rating ditemelo pure, provvederò a correggere!

 

 

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Capitolo 12
*** Guns N' Love ***


 

In sei anni Alessandra, detta Alex, non si era degnata di andare da Marika, quanto meno a chiederle scusa, a cercare un chiarimento.Dal canto suo, Marika non aveva mai cercato o preteso il confronto. Più che altro aveva cercato di ignorare Alex e tutto ciò che era successo, credendo di essere più forte del ricordo.
Ma quando se la trovò davanti, sei anni dopo, più matura ma sempre uguale nell'aspetto, il muro di Marika vacillò e per poco non sentì la terra tremare sotto i suoi piedi.

''Cosa ci fai tu, qui?'' Marika si rimpicciolì nella sua poltrona, cercando di sparire, ma Ale che avanzava verso la scrivania non le permetteva di sparire completamente.
''Sono venuta a parlarti.''
''Non abbiamo granchè da dirci.'' Scosse il capo Marika, quasi a voler cancellare il ricordo che aveva di Ale.
''Invece si. Sono venuta a parlarti di Victor.''
''Mi basta sapere che mentre era lontano da me, c'eri tu a consolarlo.'' Ammise con il veleno in gola, cercando di ingoiare quel fiotto di saliva che le risultava come un masso.
''Stai sbagliando. La mia relazione con Victor è finita ben prima che si fidanzasse con te. E non è più continuata, purtroppo, perchè lui aveva nella testa solo te.''
''Ed è per questo che ti sei infilata nel suo letto, no? Per fargli cambiare idea?'' Aveva le mani e la voce che tremavano, come tutto il suo corpo.
''No. Ci siamo solo addormentati. Fino a poche ore prima lui mi parlava continuamente di te, dei tuoi successi universitari, del fatto che gli mancavi terribilmente. Lui stava pensando anche di lasciare il Conservatorio e tornare qui, da te.'' Marika abbassò lo sguardo, con le lacrime agli occhi.''L'ho visto pochi giorni fa, era abbattuto e triste. Lui ti ama ancora, lo sai. Ti ama più che mai ed è tornato solo per te. In realtà ha amato solo te. Vorrei solo che avesse amato me la metà di quanto ama te. Sei una donna fortunata, oltre che bellissima e bravissima.'' Ale parlava con il cuore in mano, al contrario di Marika, chiusa nel suo mutismo.''Sono venuta solo a dirti questo. E ad assicurarti che non mi ha sfiorata quella notte, neanche con il pensiero. Mi ha lasciato il suo letto e si è addormentato per terra, guardando una foto al cellulare che ritraeva te e lui, al mare. Non ho provato nemmeno a sedurlo, sarebbe stato inutile.'' Ammise sincera, sotto lo sguardo cupo di Marika.''Adesso vado via, devo ritornare in Accademia. Stammi bene, Marika, buona fortuna per tutto.'' La lasciò totalmente interdetta, sconvolta.

 

 

Dieci giugno. Il compleanno di Marika. Mancava poco più di un mese al matrimonio di Veronica e Michele. Marika era come al solito al lavoro, anche il giorno del suo compleanno. D'un tratto, sentì aprire la porta e chiudersi subito dopo.
''Perchè sei scappata?'' Era Carlo. E adesso come glielo spiegava?
''Carlo ciao! Come va?''
''Non cambiare discorso. Perchè sei scappata? Non ti piaceva quello che stavo facendo?'' La voce di lei e Victor si era estesa nell'ospedale, ed evidentemente era arrivata alle orecchie di Carlo, che adesso era furibondo.
''No, anzi, ma non ce l'ho fatta, mi dispiace.. Lo sai la mia situazione..'' Tentò di riparare ma non lo convinse.
''Non spreco il mio tempo con ragazzine frigide che piangono sulle mie spalle e poi neanche me la danno.'' A quelle parole Marika arrossì, e non riuscì a proferire parola. ''Perciò tu e Carlos Santana state bene attenti, perchè lui ha preso una cosa che era mia di diritto.'' Affermò vigliacco, spingendola al muro e mettendole un braccio sotto al collo. ''E io, le cose che voglio, prima o poi me le prendo.'' La lasciò andare e andò via sbattendo la porta. Dopo quell'aggressione Marika crollò al suolo, spaventata e tremante, e li vi rimase per il resto della giornata.

 

La sera aveva portato le amiche e gli amici al solito locale, per offrire loro una birra. Lei e Victor si scambiavano occhiate, o meglio era Victor che le teneva lo sguardo addosso. Lei sembrava in trance.
''Noi andiamo ad incipriarci il naso. Voi ordinate le birre.'' Erika aveva capito benissimo che c'era qualcosa che non andava, ed urgeva parlarne. Perciò trascinò le sue amiche nel micro-bagno del locale, per parlare.
''Si può sapere che succede? Victor ti sbava addosso e tu lo stai ignorando.'' Erika incrociò le braccia, aspettando una sua risposta.
''Se non lo vuoi più puoi dirglielo, basta che non lo fai soffrire cosi.'' Ipotizzò Sara.
''Non è che hai il ciclo?'' Veronica tirò fuori la più strana delle ipotesi, giusto per strappare un sorriso all'amica.Marika guardò le sue amiche in attesa e scoppiò in lacrime, raccontando tutto. Quello che non sapeva era che Victor era in ascolto, dietro la porta. E quello che ascolto non gli piacque per niente.

 

Il giorno dopo, a passo di un carro armato, Victor si presentò in ospedale da Marika. La ragazza, a vederlo sulla sua porta trasalì, ma ne fu felice. ''Ciao.'' Sorrise dolcemente, notando subito dopo una pistola nascosta sotto la giacca di pelle.''Victor, cosa vuoi fare? Dove hai preso quella pistola?'' Domanda stupida, Victor aveva un regolare porto d'armi preso in seguito ad una sua domanda per l'Esercito.
''Dov'è quel bastardo? Dov'è? Lo ammazzo, giuro.'' Marika capì. Victor aveva sentito sicuramente la conversazione nel bagno.
''Victor calmo, non è succesos niente...Dammi la pistola.'' Tentò di tranquillizzarlo, invano, perchè il chitarrista individuò la stanza dove prestava servizio il ginecologo e vi si fiondò. Aprì l'ufficio e punto la pistola verso la scrivania.

''Le cose che vuoi te le prendi eh? Adesso ti prendi una bella pallottola in fronte, pezzo di merda. Mi stavi rovinando la vita con il mio curriculum, mi hai fatto spiare da un tuo adepto, ma non ti concedo di aggredire la mia fidanzata. Questo è troppo, brutto bastardo. Adesso per te è finita.'' Parlò a raffica, dando il tempo al ginecologo di alzarsi in piedi, con le mani in alto.
''Sparami, e sarà l'ultima cosa in vita tua che farai. Perchè dopo sarai morto.'' Lo sfidò il ginecologo, sotto lo sguardo spaventato di Marika, che non sapeva che pesci prendere.

 

 

 

 

Capitolo cortissimo, ma impegni universitari non mi concedono molto tempo. Vi ringrazio come sempre per l'attenzione, e vi aspetto per il prossimo capitolo che, come avrete capito, sarà pieno di colpi di scena ( volendo chiamarli così). P.s.: Il titolo del capitolo è un chiaro riferimento al gruppo Guns N' Roses, uno dei miei preferiti.

Per adesso vi saluto. Un bacione!

M.

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Capitolo 13
*** Aria di matrimonio ***


''Victor, calmati per favore. Vuoi finire in galera?'' Una paonazza Marika cercava di fermare quel pazzo con quella pistola in mano, puntata dritta verso il ginecologo.
''Avanti, sparami. Sei un senza palle, non lo farai mai.'' Lo sfidò Carlo, per nulla impaurito dalla pistola.
''Hai tentato di...di rovinarmi la vita. E non so nemmeno perchè.'' Victor mostrava segni di cedimento, tremava, la pistola veniva abbassata ogni minuto di un centimetro.
''Ma cosa stai dicendo?'' Marika non capiva, e guardò attonita entrambi. Fu il momento in cui Victor abbassò la pistola e prese un cd dalla tasca del jeans.
''Ascoltalo, e vedi che tipo è il tuo caro amico ginecologo.'' Victor diede il cd a Marika, che se lo rigirò tra le mani, notando una scrittura familiare sulla bustina che conteneva il cd, scritta che diceva semplicemente ''registrazione''.
Si avvicinò cauta al computer del ginecologo, che la fissava impassibile, sistemò il cd nell'apposita apertura e rimasero in ascolto.
Sentì subito la voce di Veronica, la sua amica, che chiedeva consiglio per una pillola anticoncezionale. Fissò confusa Victor, che le disse di andare avanti. Carlo, in piedi accanto alla finestra ascoltava, inerme.
D'un tratto, nella registrazione, Carlo compone un numero.
''Ehy Federico. Volevo avvisarti che il tuo lavoro è andato a buon fine, il coglione è crollato come un castello di carta e la frigida è incazzata da morire. Le ho sistemato il plico che mi hai dato sulla scrivania. Pochi giorni ancora e tutto sarà sistemato. A presto.'' Fine della chiamata e della registrazione.
Sembrava un film, e invece era vero. Veronica, la sua cara amica Veronica, aveva sistemato una cimice nello studio del dottore e aveva collezionato la prova che serviva. Uscì il cd dal computer. Victor si avvicinò cauto alla scrivania e toccò il ripiano sottostante, estraendo un piccolissimo microfono nero. Lo gettò sulla scrivania, davanti allo sguardo allibito di Marika e incredulo di Carlo.
''Dovresti prestare più attenzione al tuo studio, caro mio ginecologo. Vieni via Marika, non voglio che tu stia ancora davanti a questo essere schifoso.'' Le porse la mano, facendole fare il giro del tavolo e si avviarono alla porta.
''Non dovevi tornare, dovevi restartene a Milano, schifoso molestatore.'' Furono le parole di Carlo, piene di odio.
Con uno scatto repentino, Victor tornò indietro e sferrò un pugno al medico, che cadde per terra.
''Te lo meritavi già tempo fa, ma adesso è finita.'' E prendendo la mano di Marika uscì dal suo studio.

''Tu sei pazzo, se partiva un colpo tu saresti finito in carcere.'' Disse Marika, arrivati nel suo studio, toccando una guancia al suo amato.
''Per te mi sarei fatto anche dieci anni di carcere.'' Prese la mano dalla sua guancia e baciò ogni singolo dito.
''Victor, io devo chiederti scusa... Adesso so che ha sbagliato. Non mi interessa del tuo passato e so che sei innocente.'' Lo fissò con le lacrime agli occhi, tremando.
''Non piangere amore mio. Lo so che mi credi e lo so che non hai mai smesso di amarmi. Come io non ho mai smesso di amare te.'' Poggiò la sua fronte sulla fronte di Marika, asciugandole con un pollice una lacrima che colò sulla guancia.
''Dovremmo ringraziare Veronica, è lei che mi ha aperto gli occhi.'' Scherzò Marika, ridendo.
''Già, ha dovuto sopportare una visita con quel mostro, pur di provare che è un mascalzone. Dovremmo proprio farle un bel regalo.''

 

La sera seguente, a casa di Veronica, si festeggiava l'imminente matrimonio suo e di Michele e la riconciliazione definitiva di Victor e Marika.
''Non so come ringraziarti, hai dovuto sopportare di essere visitata da quello li, per me.'' Una Marika commossa strinse la mano alla sua amica, che sorrise.
''Sta tranquilla, la visita ufficiale l'avevo già fatta con un altro. Sono andata da lui solo per farmi prescrivere la pillola e mentre scriveva la ricetta, ho infilato una piccola cimice sotto il tavolo. E' un'idea che mi è venuta il giorno prima, per smascherarlo.'' Sorrise Veronica, stringendo la mano di Marika. La cena proseguiva con gli sproloqui di Erika e Franco, le battute di Angelo e Michele a Sara e gli sguardi infuocati di Victor a Marika. La serata era tranquilla e giocosa, fino a quando Erika interruppe gli schiamazzi.
''Ehy, zitti tutti! C'e il ginecologo in tv.'' Disse, alzando il volume della televisione appena comparse la foto di Carlo.

 

''Nell'ambito dell'inchiesta su abusi d'ufficio, stamattina sono scattate le manette per il noto ginecologo Carlo Bianchi, vice-primario di ginecologia dell'ospedale Santa Chiara, colpevole di abuso d'ufficio, minacce aggravate e presunti abusi sessuali su due sue pazienti, che hanno sporto denuncia contro di lui poco tempo fa. Il Bianchi, incensurato, non ha opposto resistenza all'arresto e si è mostrato favorevole nel collaborare con la giustizia. Per lui, comunque, si aprono le porte del carcere cittadino.''

 

La notizia, uscita al telegiornale locale, aveva ammutolito tutti i commensali.
''Giuro che io non ho fatto niente.'' Parlò Veronica, alzando le mani in segno di innocenza.
''Figlio di puttana.'' Concluse Victor, stringendo un bicchiere di vino in mano. La cena continuò discutendo del dottore, e per il disgusto Marika non toccò più cibo.

''Tutto bene?'' Chiese Victor, in macchina, vedendo la faccia cadaverica di Marika.
''Si, tutto bene, ho solo un po' di nausea. Il solo pensiero di essere stata a contatto con una persona cosi, mi destabilizza.'' Victor la baciò amorevolmente, carezzandole un braccio.
''E' tutto finito. Adesso non devi più preoccuparti. Ci sono io, e ti proteggerò per sempre.'' E quel per sempre, voleva dire tante cose.


Il mese passò in fretta e il giorno del matrimonio di Veronica arrivò ancora più in fretta.
''Ma cazzo! Vaffanculo!'' Imprecò Erika, smagliando una calza.
''Visto? Sei rimasta a poltrire a letto un'ora e adesso ti tocca fare tutto di fretta.'' Sara, già pronta, la bacchettava, seduta tranquilla a bere un aperitivo mentre Erika correva da una parte all'altra per prepararsi.
''Ma siete pronte si o no?'' Una sorridente Marika entrò in camera con due bicchieri di champagne.
''Si.'' Sogghignò Sara.
''No, cazzo!'' brontolò Erika, con il pennello del fard in mano mentre trangugiava il bicchiere portatole da Marika.
''Dai Erika, muoviti, dobbiamo ancora fare le foto. Il fotografo è pronto da mezz'ora.'' La incitò Marika, sorridendo felice.
''Bella lei, felice, che scopa da un mese ininterrottamente. Io ho smagliato due calze e non tocco un uomo da secoli. Che vita di merda.'' Erika si fermò un attimo, appena uscita dalla doccia e già sudata.
''Oh dai Erika, falla sorridere quanto vuole. E' stata una palla per sei anni, eh!'' Sara si alzò dalla sedia, sistemandosi il vestito e la scollatura.
Come un lampo entrò Franco, in preda al panico.
''Chi mi fa il nodo alla cravatta? Porca miseria, non ci riesco!'' Fu Sara ad alzarsi, rossa in viso, e con mano tremante gli annodò la cravatta. Franco le sorrise, con un sorriso che a Marika ed Erika non passò inosservato. Si guardarono entrambe sogghignando, mentre Sara raccattava la sua borsetta.
''Allora, belle statuine, cosa avete deciso? Volete muovervi o le foto devo farle da sola, con Veronica?'' Sara,da brava professoressa, bacchettò le amiche e in quattro e quattro otto anche Erika era pronta.

Arrivati davanti la chiesa, ognuno prese sottobraccio la propria dama. Erika e Angelo, Sara e Franco e infine Victor e Marika. Veronica tremava, attaccata al braccio del padre. La sorella Federica, dietro di lei, le reggeva il velo in qualità di testimone. Il fratello, Giovanni, era accanto ad un tremante Michele, pronto al collasso mentre si reggeva al fratello Piero.
''Sto per svenire.'' Michele, pallido, si rivolgeva al fratello, che se la rise di gusto con il fratello di Veronica.
Intanto, Erika e Marika non scollavano gli occhi da Sara e Franco, che erano posizionati davanti a loro.
''Secondo te scopano?'' Si avvicinò Erika all'orecchio di Marika, facendola arrossire.
''Sssh Erika, siamo fuori dalla chiesa e che cavolo!''
''Appunto, siamo ancora fuori, mica dentro.'' Si risentì l'amica, sistemandosi accanto ad Angelo.
''Tutto bene?'' Sorrise Victor, a Marika, e la sua amata annuì, non avendo voglia di raccontargli stupidi pettegolezzi, sapendo quanto era pettegolo il suo fidanzato.

La messa procedette senza intoppi e al ''si, lo voglio'' di entrambi, la chiesa scoppiò in un applauso fragoroso e rumoroso, pieno di lacrime da parte di Sara, Erika, Marika, Federica e dalla mamma di Veronica.
''Veronica mi sta facendo colare il trucco. La ammazzerò.'' Disse Erika, asciugando le lacrime con un fazzolettino offertole da Angelo.
''A me si stanno staccando le ciglia finte.'' Brontolò Sara, con le lacrime che le solcavano il viso.
''Siamo le damigelle più frignone della terra.'' Sorrise Marika alle amiche, prendendo per mano Victor e iniziando ad uscire dalla chiesa.

 

La festa procedeva allegra e scherzosa: scorrevano fiumi di alcool, miliardi di discorsi, di brindisi, di balli di gruppo e di risate.
Fino a quando, ad un certo punto della festa, tra un ballo e un piatto di pasta elaborato, Victor prese per mano Marika, portandola nel bellissimo giardino del ristorante.
''Mari, ascoltami.''
''Dimmi Victor, cosa è successo? Perchè tutta questa fretta per uscire? Tra un po' iniziano i balli da discoteca.'' Un'energica Marika, tutta sudata per i balli e la temperatura afosa di luglio non vedeva l'ora di tornare a ballare.
''Aspetta, voglio dirti una cosa. In questo mese ho riprovato sensazioni che non provavo da anni. Tu mi rendi completo, mi rendi felice. Sono tornato ad essere il Victor spensierato di anni fa, prima che ci allontanassimo. Ora, ho preso una decisione.''
''Oh, amore, grazie. Anche tu mi rendi felice.'' Marika gli toccò la guancia, come faceva sempre, e si pietrificò quando lo vide inginocchiarsi, davanti a lei, uscendo una scatolina di velluto blu.
''Vi..Victor...Cosa..Stai facendo?'' Marika tremava.
''Marika Lentini, mi faresti l'onore di diventare mia moglie?'' Aprendo la scatolina, Marika scoppiò a piangere. Un anello, con un diamantino splendente, regnava sulla scatolina. Marika si portò la mano sinistra sulla faccia, a coprire il labbro tremante, e il tempo sembrava essersi fermato.

 

 

 

Perdonatemi il ritardo! L'università mi impegna ogni momento libero e ho approfittato di queste poche ore di pace per pubblicare un altro capitolo. Spero vi piaccia. Eh si, siamo quasi alla fine! Mancano davvero pochi capitoli alla fine e ci stiamo avvicinando sempre più al meritato epilogo. (Forse?)
Nel frattempo, vi lascio questo capitolo, con la speranza che vi sia piaciuto. Vi ringrazio come sempre per le vostre recensioni, i vostri mi piace, i vostri seguiti e anche solo per chi da un'occhiata veloce. Vi bacio tutte, vi voglio bene!

M.

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Capitolo 14
*** Due anni dopo - Epilogo ***


''La gravidanza mi ha lasciato un sacco di smagliature.'' Una Veronica inorridita commentava la sua pancia davanti allo specchio.
''Sei sempre bellissima e Cristian è un amore.'' Sorrideva Sara, mentre coccolava quel bambino splendido, identico a Michele.
''Se solo Franco volesse un figlio...'' Sospirò Sara,improvvisamente diventata trite. Aveva già ventotto anni, e la mancanza di una famiglia stabile iniziava a farsi sentire.
''Ma smettila, Franco è un uomo splendido e ti venera. I bambini prima o poi arriveranno.'' Erika aveva appena visto naufragare la storia più lunga che aveva vissuto, e tentò di rassicurare l'amica.
''A proposito di bambini, Marika tutto bene?'' Pronunciò Veronica,bussando alla porta. Pochi attimi dopo, Marika uscì dal bagno, dove aveva appena finito di rimettere il cenone di Natale di dieci anni prima.
''Sto una merda. Non ho più cibo da rimettere.'' Si gettò sul divano, in trance. La gravidanza le stava facendo brutti scherzi.
''Rassegnati, durerà ancora per molto.'' Molto confortante Veronica, come sempre.
''Grazie per avermelo ricordato.''
''A proposito, ma il tuo fidanzato dov'è?'' Erika girò lo sguardo per il salone, non vedendo nessuno.
''Fuori, non tornerà fino a domani sera.'' Tentava di dissetarsi con una brocca piena d'acqua. La gravidanza le portava una sete esagerata, proprio a lei, abituata a bere una bottiglietta d'acqua al giorno, anche d'estate.
''Povero bambino, lo innaffierai.'' Tentò di scherzare Veronica, vedendo la sua migliore amica che beveva per la seconda volta dalla brocca, svuotandola in pochi secondi.
''Spero sia davvero una femmina, anche se è ancora presto per dirlo. Io però lo sento, nel mio cuore sento di aspettare una femminuccia.''
''Magari, così lo facciamo fidanzare con Cristian!'' Rise Sara, vedendo lo sguardo geloso della madre.
''Il mio bambino resterà con me fino a 40 anni minimo, e non toccherà mai una donna. Sarà il fidanzato della mamma, vero piccolo della mamma?'' Veronica toccò i capelli del figlio, ricevendo in risposta una lamentela, perchè il bambino era impegnato a giocare con un peluche datogli da Marika.
''Mi sembra davvero impossibile che siamo tutte accasate.'' Sospirò Veronica, guardando il vuoto.
''Fino a due anni fa non avrei mai immaginato di arrivare a questo punto.'' Sorrise Marika, sfiorando quel lieve accenno di pancia.
''Parla per te, io sono ancora senza un uomo. Spero almeno di incontrarne uno al tuo matrimonio. Anzi, prega che il tuo sposo abbia colleghi non dico belli, ma decenti mi vanno benissimo.'' Brontolò l'unica single delle 4, Erika per l'appunto.
''C'è sempre il fratello di Michele che intende toccarti il culo dal giorno del mio matrimonio eh...'' Sogghignò Veronica, facendo ridere le altre due.
''Tuo cognato è uno a cui piacciono le donne facili. Con me casca male. E' per questo che due anni fa gli mollai quel ceffone. Credeva che fossi una da una botta e via.''
''Davvero? Cosa ti ha detto?'' Marika ancora rideva, con le lacrime agli occhi.
''Se ne è venuto vicino mentre ballavamo i balli di gruppo e mi fa: ''sai che hai proprio un bel sedere? Se vuoi dopo la festa possiamo prendere una camera sopra il ristorante e ce la spassiamo.'' Ecco cosa mi ha detto il tuo caro cognatino, quel grandissimo porco.''
''Dai Erika, magari era un po' ubriaco, è comprensibile.'' Veronica ancora rideva, tenendosi la pancia.
''Se al tuo matrimonio prova ad avvicinarsi anche solo di un millimetro, lo faccio diventare sterile.'' Sbuffò Erika. Non voleva ammetterlo ma il caro fratellino di Michele le piaceva, eccome.
''Tranquillo, lo faccio tenere d'occhio!'' Le assicurò Marika, facendo l'occhiolino alle sue amiche.

Dopo quel momento, iniziarono a parlare dei preparativi per il matrimonio, che si sarebbe tenuto di lì ad una settimana. C'erano ancora molte cose da organizzare.

 

UNA SETTIMANA DOPO...


''Allora, sei pronta? Tra poco avrai le catene ai piedi.''
''Erika, mi sposo, mica vado in carcere.''
''Il matrimonio è un carcere. Scappiamo, finchè siamo in tempo. Fidati di me.''
''Erika, zitta, non farle venire l'ansia che adesso ricomincia a piangere e va a finire che le si scioglie il trucco.'' Veronica le stava sistemando i capelli, aiutata dalla cugina di lei.
''Buongiorno gente! Pronti a festeggiare la nostra amica che si sposa?'' entrò Sara in camera, stile rullo compressore.
''Non continuate a ripetermelo!''
''Beh è una tua scelta, sei proprio convinta? Altrimenti ce ne scappiamo in America!'' Niki, sua cugina, le parlò amorevole e scherzosa, con un pancione all'ottavo mese di gravidanza.
''Non essere stupida, sei sposata e tra poche settimane partorirai.''
''Beh, anche qui dentro se non sbaglio c'è un grazioso frugoletto, o frugoletta.'' Erika le toccò la pancia con delicatezza, facendo sorridere tutte.
''Non mi sembra vero, ancora non ci credo. Sapete, ieri notte ho sognato quella giornata a Milano, ricordate?!''
Certo che ricordavano. Le sue amiche si pietrificarono, sua cugina fece finta di nulla e lei iniziò a ricordare, il dolore che provò quel giorno, le settimane, i mesi passati a piangere, in uno stato di depressione assoluta. Improvvisamente lo sguardo si fece più cupo, con le lacrime pronte a scendere.
''Adesso basta, sei cambiata! Sei un'ottima pediatra nonostante tu sia ancora giovanissima, ti stai per sposare, tra 6 mesi partorirai. Non stiamo qui a piangere sul latte versato. Il passato ci rende forti e a te ha reso fortissima!'' Niki la tirava sempre su di morale, da un bel po' di tempo a questa parte.
''Giusto, dai che dobbiamo scatenarci fino a notte fonda, ci ubriacheremo come se non ci fosse un domani!'' Santa donna Erika, con lei si rideva sempre.
''E se mi sbaglierò nuovamente? Se soffrirò ancora?''
''Se vivessimo con i se a quest'ora non saremmo qui.'' Veronica, dall'alto dei suoi due anni di matrimonio, dispensava consigli.
''Adesso basta, stiamo facendo tardi in chiesa, non vuoi mica che quel poverino ti muoia sull'altare dallo spavento, vero? Veronica, muoviti con quella piastra, veloce!''
''Si Sara, ho finito, devo ripassarmi il ciuffo e sono pronta.''

Uscirono dalla stanza, dove c'erano i genitori di lei ad aspettarla, il padre visibilmente commosso e agitato, la madre ormai aveva il trucco sciolto dalle lacrime, neanche a dirlo.
''Sei bellissima amore mio. Sei la più bella di tutte.''
''Grazie papà, davvero mi trovi bella?''
''Meravigliosa, fantastica.''
''Andiamo papi, cosi mi fai commuovere. Forza, devo sposarmi.''
E si incamminarono tutti verso la chiesa, mantenendo un lieve ritardo di circa mezz'ora.

Durante il tragitto Marika ripensò a ciò che nella sua vita era andato male e ciò che invece era andato bene.
Si era laureata con il massimo dei voti in medicina, specializzata in pediatria, la sua passione da sempre. Aveva una bella macchina e una casa tutta sua già da un bel po'. Era diventata un medico di fama in ospedale, stava per sposarsi e stava per avere un figlio, o una figlia. Queste erano sicuramente le cose positive.

C'era però il lato negativo. Il cuore spezzato, ancora dolorante, l'essersi ritrovata sola quando più aveva bisogno di compagnia. L'essersi rialzata da sola, rimettendo in sesto la sua vita e tornando la ragazza di un tempo. La vita l'ha messa davanti a terribili ostacoli.
Adesso doveva superare un ultimo ostacolo. Gli scalini della chiesa.
Veronica, Sara ed Erika le si sistemarono dietro, da brave damigelle. Niki era andata già a piazzarsi dal lato dei testimoni di nozze.
''Sei pronta, piccola mia?'' Il padre le prese il braccio. Stava sudando freddo, aveva paura di cadere, di ricevere un no davanti all'altare. Ma, ormai, era sicura.
''Si papà. Andiamo, il mio futuro marito mi sta aspettando.'' Tirò un sospiro e si alzo l'abito per salire le scale.

 

''Vuoi tu, Marika Lentini, prendere come sposo il qui presente Victor Santini?'' Don Antonio, il parroco della città, pronunciava quelle parole, puntando il microfono davanti alla bocca di una tremante Marika.
''Si..si, lo voglio.''
''E tu, Victor Santini, vuoi prendere come tua sposa la qui presente Marika Lentini?'' Stessa cosa, rivolto verso un sorridente Victor.
''Lo voglio.'' Si voltò verso la sua Marika, sorridendole e facendole un occhiolino, come segno d'intesa.
''Per il potere conferitomi dalle Chiesa, io vi dichiaro marito e moglie. Victor, puoi baciare la tua sposa.''
Al bacio di Marika e Victor, la chiesa scoppiò in un applauso fragoroso e commosso.
''E l'uomo non osi separare ciò che Dio ha unito.'' Il prete finì cosi la messa, iniziando a far firmare i fogli ai testimoni, Niki e Michele.
''Mi si è sciolto tutto il mascara, che schifo.'' Sara cercava di sistemare gli occhi a panda, mentre aspettavano fuori dalla chiesa per il rituale del lancio del riso.
''Sei sexy comunque.'' Franco le avvolse la vita, baciandola sul collo.
''Allora, oggi balliamo insieme?'' Piero si avvicinò ad Erika, fumandole in faccia.
''Scordatelo, sparisci piuttosto.'' Erika provava a contenersi, pur avendo voglia di baciarlo. Piero era persino più bello del fratello, un vero colpo al cuore per ogni ragazza.
''Tanto lo so che muori dalla voglia di portarmi a letto.'' E se ne andò, lasciando Erika, per la prima volta, senza parole.
''La classe è una dote di famiglia.'' Un'imbarazzata Veronica tentò di difendere il cognato, davanti ai parenti di Marika che evidentemente avevano sentito.
''Ecco gli sposiiiii!'' Urlò Angelo, pronto a lanciare quintali di riso, che arrivarono puntualmente, come vuole la tradizione.

 

''Un brindisi agli sposiiii!'' Un Michele molto più che ubriaco si alzava dal tavolo riservato agli amici, pronto al quinto brindisi. Ed erano solo al primo.
''Michele, smettila, sono solo le due del pomeriggio. Fino a stasera andrai in coma etilico.'' Veronica lo fulminò, ottenendo lo sguardo scocciato di Michele, che la ignorò comunque.
''Si sposa il mio migliore amico, non rompere.'' Si alzò dal tavolo, andando a prendere Franco e Angelo per intonare un pietoso brano al karaoke, insieme a Victor, tutti completamente ubriachi.


Partirono i primi lenti, e tutti gli amici e i parenti cominciarono a ballare.
''Amore, posso chiederti un ballo?'' Un accaldato Franco, accaldato per il vino si intende, chiese di ballare a Sara che accettò, diventando tutta rossa.
Michele e Veronica non parlarono proprio, alzandosi e andando direttamente a ballare. Angelo si dedicò ad una professoressa di latino, amica di Victor e Michele.
''E tu, bambolina, non vorresti ballare?'' Piero si sedette accanto ad Erika, che osservava le amiche ballare.
''Con te?'' Lo guardò scettica, alzando un sopracciglio.
''E con chi altrimenti? Vedi qualcun'altro? Prometto che non allungo le mani.'' Lo sguardo sornione era identico a quello del fratello, con la differenza che Piero era molto più sfrontato.
''Se allunghi le mani ti picchio.'' E gli concesse un ballo.

''Sono tutti felici eh?'' Mormorò Victor, nell'orecchio della sua sposa.
''Si, abbiamo proprio dei bei amici e delle belle famiglie.
''
Avresti mai immaginato che saremmo finiti cosi?'' Gli sorrise Victor, con gli occhi liquidi dall'emozione.
''Sinceramente no, anche se ci speravo. Però tutto è bene quel che finisce bene, no?''
''Certo amore, meglio di cosi non poteva finire. Sarai sempre mia, e io sarò sempre tuo.''

E la baciò; un bacio lungo, delicato, un bacio colmo di vero amore. Un amore destinato a non finire.

 

 

THE END

 

 

 

Ed è finita anche questa avventura! Non so come ringraziarvi per il vostro interesse e per aver anche solo letto la mia seconda pazzia.

Vorrei ringraziare tutte colore che hanno seguito, recensito, messo tra i preferiti o anche solo letto la mia storia.

Vi voglio davvero bene, e spero che il mio lavoro vi sia piaciuto.

 

Alla prossima!

 

Sempre vostra

M.

 

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