Cento piume

di Strega_Mogana
(/viewuser.php?uid=4297)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa (giusto per capirci...) ***
Capitolo 2: *** # 001 Inizio ***
Capitolo 3: *** # 018 Nero ***
Capitolo 4: *** # 033 Troppo ***
Capitolo 5: *** # 048 Quadri ***
Capitolo 6: *** # 092 Natale ***
Capitolo 7: *** # 003 Fine ***
Capitolo 8: *** # 095 Capodanno ***
Capitolo 9: *** # 091 Compleanno ***
Capitolo 10: *** # 017 Marrone ***
Capitolo 11: *** # 080 Perché? ***
Capitolo 12: *** # 047 Cuori ***
Capitolo 13: *** # 071 Rotto ***
Capitolo 14: *** # 084 Lui ***
Capitolo 15: *** # 085 Lei ***
Capitolo 16: *** # 066 Pioggia ***
Capitolo 17: *** # 096 Scelta libera – ovvero Lago ***
Capitolo 18: *** # 021 Amici ***
Capitolo 19: *** # 020 Senza Colori ***
Capitolo 20: *** # 014 Verde ***
Capitolo 21: *** # 086 Scelte ***
Capitolo 22: *** # 023 Amanti ***
Capitolo 23: *** # 077 Cosa? ***
Capitolo 24: *** # 022 Nemici ***
Capitolo 25: *** # 043 Diamante ***
Capitolo 26: *** # 006 Rosso ***
Capitolo 27: *** # 093 Ringraziamento ***
Capitolo 28: *** # 019 Bianco ***
Capitolo 29: *** # 089 Lavoro ***
Capitolo 30: *** # 027 Genitori ***
Capitolo 31: *** # 028 Figli
***

Capitolo 32: *** # 090 Casa ***
Capitolo 33: *** # 024 Famiglia ***
Capitolo 34: *** # 097 Scelta libera - ovvero Ridere e Piangere ***
Capitolo 35: *** # 087 Vita ***
Capitolo 36: *** # 098 Scelte Libera ovvero Testimone
***

Capitolo 37: *** # 002 Intermezzo ***
Capitolo 38: *** # 088 Scuola ***
Capitolo 39: *** # 029 Nascita ***



Capitolo 1
*** Premessa (giusto per capirci...) ***


Photobucket

Premessa:

La storia é assolutamente AU.
Si svolge dopo la fine della guerra.
Hermione, Harry e Ron stanno frequentando l’ultimo anno di scuola; rispetto ai loro compagni hanno due anni in più (quindi 19/20 anni). I fatti della guerra sono praticamente gli stessi del settimo libro solo che:
- Ron e Hermione non stanno insieme;
- Piton non é morto;
- La McGranitt é la Preside della scuola;
- Piton insegna Difesa Contro le Arti Oscure mentre Lumacorno insegna Pozioni.

Storia nella storia:

Durante la guerra Hermione svolge ricerche sull’assassino di Silente. Inizia così a scoprire molto sulla vita di Severus Piton, i suoi errori e il suo passato tormentato nonché il legame con Lily Evans.
Nel frattempo inizia a sospettare qualcosa sulla sua presunta fedeltà all’Oscuro.
Capisce la messa in scena del vecchio Preside e la sua volontà di non macchiare l’anima del giovane Malfoy con il suo sangue.
Tenta così, in tutti i modi, di far ragionare Harry e Ron con scarso risultato e, contemporaneamente, trova il modo di contattare Piton per aiutarlo. Così facendo Severus, all’inizio riluttante, inizia a passare informazioni utili ad Hermione che così può aiutare Potter nella sua ricerca.
La maschera di Severus cade durante lo scontro finale nel castello, molto prima che Voldemort lo chiamasse alla Stamberga, fronteggia i Mangiamorte assieme all’Ordine e aiuta Ron e Hermione a distruggere la coppa di Tassorosso.
Sconfitto Lord Voldemort il mondo magico deve ricostruire quello che é stato distrutto. Il trio riprende la scuola l’anno successivo la caduta dell’Oscuro Signore.
Nell’anno passato Hermione e Severus hanno continuato a tenersi in contatto; tra i due era nato un saldo legame. La donna presto capisce che il suo attaccamento verso il mago andava ben oltre la stima e il rispetto ma tiene all’oscuro l’uomo dei suoi sentimenti per non rovinare l’amicizia nata tra di loro.
Decide di rivelargli il suo amore quando non sarà più una sua studentessa.
Harry e Ron, invece, sono a conoscenza dei suoi sentimenti.

Le brevi storie che sto per narrare partono proprio da questo punto.
I punti di vista possono cambiare ma riguarderanno sempre la coppia Hermione / Severus.




001.Inizio. 002.Intermezzo. 003.Fine. 004.Interiorità. 005.Esteriorità.
006.Ore. 007.Giorni. 008.Settimane. 009.Mesi. 010.Anni.
011.Rosso. 012.Arancione. 013.Giallo. 014.Verde. 015.Blu.
016.Porpora. 017.Marrone. 018.Nero. 019.Bianco. 020.Senza colori.
021.Amici. 022.Nemici. 023.Amanti. 024.Famiglia. 025.Estranei.
026.Compagni di squadra. 027.Genitori. 028.Figli. 029.Nascita. 030.Morte.
031.Alba. 032.Tramonto. 033.Troppo. 034.Troppo poco. 035.Sesto Senso.
036.Olfatto. 037.Udito. 038.Tatto. 039.Gusto. 040.Vista.
041.Forme. 042.Triangolo. 043.Diamante. 044.Cerchio. 045.Luna.
046.Stelle. 047.Cuori. 048.Quadri. 049.Fiori. 050.Picche.
051.Acqua. 052.Fuoco. 053.Terra. 054.Aria. 055.Spirito.
056.Colazione. 057.Pranzo. 058.Cena. 059.Cibo. 060.Bibite.
061.Inverno. 062.Primavera. 063.Estate. 064.Autunno. 065.Mezze stagioni.
066.Pioggia. 067.Neve. 068.Lampo. 069.Tuono. 070.Tempesta.
071.Rotto. 072.Riparato. 073.Luce. 074.Oscurità. 075.Ombra.
076.Chi? 077.Cosa? 078.Dove? 079.Quando? 080.Perché?
081.Come? 082.Se. 083.E. 084.Lui. 085.Lei.
086.Scelte. 087.Vita. 088.Scuola. 089.Lavoro. 090.Casa.
091.Compleanno. 092.Natale. 093.Ringraziamento. 094.Indipendenza. 095.Capodanno.
096.Scelta libera.Ovvero Lago 097.Scelta libera. Ovvero ridere e Piangere. 098.Scelta libera. Ovvero Testimone 099.Scelta libera. 100.Scelta libera.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** # 001 Inizio ***


Big Damn Table
# 001 Inizio

Hermione mordicchiò la punta della penna pensierosa. Il libro era aperto sulla stessa pagina da almeno mezz’ora.
Precisamente da quando lui era entrato in biblioteca.
Sospirò osservando il mantello nero che cadeva morbido sulle spalle. Invidiandolo. Desiderando di poterlo abbracciare come quell'indumento.
Chiuse gli occhi obbligandosi a concentrarsi sul nuovo incantesimo di Trasfigurazione che stavano studiando quella settimana.
Doveva trovare una soluzione al problema.
Un obbiettivo che la tenesse impegnata per i prossimi mesi.
Pensare solo ai M.A.G.O. non era sufficiente.
Con un gesto, apparentemente innocuo e casuale, il mago spostò a lato il mantello permettendole di intravedere parte del corpo celato dalle consuete vesti nere.
Hermione di morse un labbro e chiuse gli occhi.
Lo sognava ogni notte, immaginava quel corpo scoprirsi sotto le sue mani tremanti per l’emozione e l’eccitazione.
Stava impazzendo.
Se qualcuno pronunciava il suo nome si guardava attorno nella speranza di incontrarlo, di incrociare i loro sguardi.
Amava perdersi in quei pozzi neri senza fondo, navigare in quel mare d’ossidiana sperando di perdersi, di affogarci senza mai fare più ritorno.
Ormai anche stare nella stessa stanza le procurava fitte allo stomaco e il cuore, quel cuore che gli aveva donato anche se lui ancora non lo sapeva, batteva furioso come un tamburo nel petto.
Aprì gli occhi.
Lo vide far scorrere il dito lungo le coste dei libri cercando quello giusto. Non si perdeva ogni movimento, immaginando, sperando, che un giorno quelle stesse mani accarezzassero anche il suo viso. La mano afferrò il tomo impolverato, non riuscì a leggere il titolo tanto era sbiadito ma immaginava che si trattasse di un volume sulle pozioni o qualcosa di simile.
Riuscì ad abbassare lo sguardo appena prima che lui la individuasse, seduta a quel tavolo, nascosta tra i libri di Incantesimi avanzati e Trasfigurazione. Celata nell’angolo più remoto della biblioteca, sperando che nessuno al vedesse. Che lui non la notasse.
Ma lui vedeva tutto.
Avvertì i suoi passi nel silenzio della biblioteca. Con la coda dell’occhio lo vide avvicinarsi a lei, camminando attorno al tavolo dove stava fingendo di studiare e fermandosi proprio alle sue spalle.
Avvertiva il suo profumo.
Ancora poco non avrebbe più resistito.
Non le disse nulla, restò fermo qualche istante, giusto il tempo di capire cosa stesse leggendo e si allontanò lasciandola ai suoi studi, ai suoi pensieri.
La strega si voltò, il mantello ondeggiava armoniosamente seguendo i suoi passi.
Sospirò di nuovo e tornò a concentrare i suoi pensieri sulla Trasfigurazione di più oggetti contemporaneamente.
Rilesse la prima riga del paragrafo e sbuffò decidendo si riprendere il capitolo dall’inizio.
Appoggiò la fronte sulle pagine ingiallite sconsolata.
Giugno era ancora lontano.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** # 018 Nero ***


Big Damn Table
# 018 Nero


Severus Piton portò alle labbra la seconda tazza di caffè.
Quella mattina si presentava impegnativa fin delle prime ore della giornata, dove doveva fare entrare qualche nuova nozione in quelle teste di legno del settimo anno di Grifondoro e Tassorosso.
Adolescenti in preda alle crisi ormonali.
Aveva bisogno di una dose maggiore di caffè.
Bevve un lungo sorgo incurante del calore della bevanda e gustandone il sapore amaro.
Non c’era niente di meglio di un buon caffè nero per cominciare la giornata.
Nero e amaro.
Proprio come lui.
L’angolo destro della bocca si spiegò verso l’alto mentre immaginava le espressioni impaurite dei suoi alunni quando avrebbe messo piede in classe.
Nonostante fossero abituati al suo carattere erano sempre intimoriti dalle sue entrate.
E il caffè nero lo aiutava ad essere sempre più detestabile.
Osservò il caffè nella tazza. Vide il suo riflesso sulla lucida superficie increspata nera.
- Niente di meglio…- mormorò prima di berne ancora.
Una risata cristallina arrivò alle sue orecchie.
Sollevò lo sguardo dalla tazzina giusto in tempo per vedere Hermione entrare nella Sala Grande con alcune compagne.
La osservò mentre si dirigeva al tavolo leggermente piegata a sinistra per il peso della borsa dei libri. La vide sedersi al tavolo e prendere tre fette di pane tostato e del miele.
Si domandò se sapeva di essere così dannatamente seducente quando spostava i capelli solo con un cenno del capo. O quando piegava le labbra in quel modo infantile che avrebbe fatto girare la testa ad ogni uomo.
La donna rise ancora, il suono della sua risata sovrastò il rumore delle posate e delle chicchere inutili di altri mille studenti.
Abbassò lo sguardo sulla tazzina.
Il caffé nero era bevuto solo a metà.
Forse non era la sola cosa che lo aiutava ad iniziare bene una giornata.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** # 033 Troppo ***



Big Damn Table
# 033 Troppo


Il professore osservò divertito la scena.
Hermione Jane Granger si era presentata nella sua stanza come un Pixie impazzito; rossa in volto e con il fiato corto.
Senza dare spiegazioni e senza scusarsi per l’ora tarda, che l’aveva costretto a lasciare a metà un delizioso libro che aveva preso in prestito dalla Sezione Proibita, aveva iniziato ad urlare frasi che per lui non avevano un senso logico.
Rendendosi conto che la questione non si sarebbe risolta tanto in fretta si era seduto sulla sedia dello scrittoio. Aveva incrociato le braccia al petto e aveva iniziato ad osservarla mentre camminava nervosamente su e giù per la sua stanza gesticolando e biasciando stralci di frasi sullo studio e sul poco tempo che aveva a disposizione.
- Non ci riesco! – urlò inviperita i capelli deliziosamente in disordine – Io studio ogni minuto libero, dormo poco la notte, poi ricomincio a studiare e quando smetto riprendo tutto da capo perché ho paura di aver dimenticato qualcosa. Ci sono gli incantesimi, le pozioni, le erbe e i calcoli da fare e non riesco più a tenere il ritmo. Senza contare tutti gli altri pensieri che mi passano per la testa. Non sopporto più Ron e Harry. Inizio ad odiare anche la Sala Comune. Tutto quel rosso ed oro mi fanno venire mal di testa. Quale mente bacata può scegliere come colori della propria Casa il rosso e l’oro? Siamo solo a Novembre io… - si voltò a guardarlo e si bloccò di scatto come se si fosse resa conto troppo tardi del luogo dove si trovava – non posso farcela fino a Giugno. – finì improvvisamente triste.
Severus sorrise o fece quello che più si avvicinava ad un sorriso e si alzò dalla sedia.
Hemione indietreggiò di un passo come se fosse spaventata da quella inaspettata reazione.
Lui non ci badò valutando quel gesto innocente come la conseguenza dell’imbarazzo che stava provando al momento e si avvicinò.
- Non dovrei essere qui…- mormorò forse più a se stessa che all’altro osservandosi attorno come se cercasse una via di fuga– sei un mio professore io…
- Sono un tuo amico. – la corresse – E sei qui perché non sapevi con chi sfogarti.
La strega sospirò passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
- Sono un disastro.
Severus ebbe, per qualche istante, la sensazione che non si riferisse allo studio.
- Stai solo studiando troppo, Hermione. – cercò di calmarla posando le mani sulle sue spalle, era sempre stupito di vedere come il suo corpo sembrasse così piccolo paragonato a lui, a volte aveva il terrore di romperla – Devi solo gestire meglio il tempo che hai a disposizione.
Hermione lo fissava, la luce del fuoco si rifletteva sulle iridi nocciola.
La strega abbassò improvvisamente gli occhi, le gote leggermente arrossate.
Non capì se per l’imbarazzo dovuto alla sfuriata o per il calore proveniente dal camino.
- Tu… - iniziò esitante fissando il tappeto blu che copriva parte del pavimento – come hai fatto?
- Ho suddiviso le ore di lavoro e le materie. Ho dato la precedenza a quelle dov’ero più preparato così mi portavano via meno tempo e poi mi sono concentrato su quelle in cui avevo più difficoltà.
Hermione sorrise e alzò lo sguardo.
- C’erano materie in cui avevi difficoltà?
Il mago si avvicinò al suo orecchio come se stesse per confidarle un segreto di vitale importanza.
- Ho sempre trovato Trasfigurazione noiosa. Ma non dirlo alla McGranitt.
La ragazza sgranò gli occhi stupita poi scoppiò a ridere; il suono della risata riempì la stanza.
Severus la fissava, le mani sempre ferme sulle sue spalle, il cuore che, inspiegabilmente, batteva più forte nel petto.
Una ciocca ribelle le scivolò dalla coda approssimativa che aveva fatto e le sfiorò le labbra dischiuse.
Avrebbe voluto sistemargliela dietro l’orecchio ma decise di non fare nulla, rimanendo solo a guardarla.
La strega si asciugò gli occhi dove alcune lacrime avevano iniziato a fare capolino.
- Scusami se sono piombata qui. – gli disse più serena – Non volevo disturbarti.
- Se dirai a qualcuno che ti ho fatto ridere dovrò ucciderti e farlo passare per un incidente. – rispose Severus facendo scivolare le mani dalle sue spalle – Ora torna in camera, dormi e non pensare allo studio per qualche ora. Svagati, passa un pomeriggio con i tuoi amici ma non studiare.
La ragazza annuì avvicinandosi alla porta.
- Grazie, Severus.
- Va via Granger.
Hermione tornò a sorridere e uscì dalla stanza.
Severus Piton riprese in mano il suo libro e si guardò attorno, gli sembrava che la stanza fosse più luminosa.



E come sempre vi invito qui: www.ellyson.forumcommunity.net.
Possiamo parlare di tutto, un'oasi felice dove rilassarsi!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** # 048 Quadri ***


Big Damn Table
# 048 Quadri


Si sentiva stupida.
Aveva sempre pensato che le idee folli e i viaggi clandestini notturni, nascosti sotto il Mantello dell’Invisibilità, fossero gesti impulsivi più adatti ad Harry ed Ron. Lei partecipava solo per assicurarsi che non facessero più danni del solito.
Solitamente si accontentava di aspettarli in Sala Comune per rimproverarli, al loro rientro, con il solito tono pedante, per poi tornare nella sua stanza e tenergli il muso fino all’ora di pranzo del giorno successivo.
Era una mossa che funzionava; Harry e Ron si scusavano e restavano buoni per almeno un paio di settimane prima di compiere l’ennesima follia che avrebbe fatto perdere punti alla Casa.
Ma quella sera qualcosa era scattato in lei.
L’istinto e l’impulsività tipica dei Grifondoro aveva preso il sopravvento e, munitasi di Mantello dell’Invisibilità prestato dall’amico occhialuto promettendogli di copiare gli appunti di Difesa e Incantesimi di tutta la settimana, aveva iniziato a camminare per i corridoi dopo il coprifuoco.
Il motivo era semplice: voglia di evadere.
La Sala Comune iniziava ad andarle stretta. Non trovava la concentrazione adatta, non riusciva a trovare la pace che le serviva per riordinare i suoi pensieri.
Iniziava ad odiare il rosso e l’oro.
O, almeno, così le piaceva pensare.
La realtà era molto più complicata. Aveva iniziato, più per noia che per curiosità, a giocare con la Mappa del Malandrino. Aveva sempre trovato scorretto spiare gli spostamenti delle persone nel castello ma, ultimamente, aveva trovato quel gesto distensivo e l’aiutava a non pensare a nulla se non ai puntini che si muovevano sulla pergamena.
Durante una delle sere, in cui stava seduta a gambe incrociate sulla poltrona accanto alla finestra con Grattastinchi che le faceva le fusa sul grembo, aveva scorto il puntino di Severus Piton camminare per il corridoio dell’ala est.
La prima volta si era detta che stava solo facendo la regolare ronda notturna.
La seconda che aveva dimenticato qualcosa nell’aula di Difesa che si trovava proprio in quell’ala del castello.
Alla terza aveva finito le scuse plausibili.
All’inizio non vi aveva fatto molto caso, se Severus Piton voleva passare parte delle sue serate in un’aula in disuso erano affari suoi. Ma più le sere aumentavano, più la curiosità la faceva diventare matta.
Le insinuazioni di Ron su un possibile incontro romantico l’avevano fatta capitolare.
Certo non si vedeva nessun altro puntino all’infuori del suo ma, per una donna innamorata e sull’orlo di un attacco di gelosia, era un dettaglio pressoché irrilevante.
Quella sera, accorgendosi che Severus non si era presentato nella vecchia aula ma era rimasto nello studio fino a tarda serata per poi chiudersi nelle sue stanze, voleva saperne di più sui suoi incontri notturni.
Camminava piegata in avanti facendo ben attenzione che il mantello, ormai piccolo, nascondesse bene la sua figura. Ogni tanto puntava la punta della bacchetta illuminata sulla pergamena sperando di non incrociare nessuno su sul suo cammino.
Arrivata in prossimità della porta si rese conto di aver quasi corso come se qualcuno potesse scappare da quella piccola aula da un momento all’altro.
Rimase ferma davanti alla porta per parecchi minuti indecisa sul da farsi.
Poteva benissimo lasciar perdere e restare con la curiosità o poteva entrare e far tacere quella vocina nella sua testa, così simile a quella di Ron, che le sussurrava continuamente che Severus aveva una relazione clandestina con qualcuno nella scuola.
Pervasa da un momento di coraggio afferrò la maniglia e aprì la porta. Entrò velocemente nell’aula e richiuse l’uscio alle spalle.
Aveva chiuso gli occhi. L’idea di trovare qualche prova che collegasse Severus ad un’altra donna era insopportabile.
Il rumore che avvertì, però, le sembrò stranamente famigliare. Era simile al ronzio che c’era nell’ufficio del Preside quando i personaggi dei quadri dormivano nelle rispettive cornici.
Hermione aprì gli occhi e, per poco, non aprì anche la bocca dallo stupore.
L’aula in disuso era tappezzata di quadri. Nessuno appeso alle pareti, erano disposti a terra, uno sull’altro. In modo scomposto e privo di logica. In un angolo c’erano vecchie lenzuola grigie dalla polvere, come se qualcuno avesse scoperto le tele di recente.
C’erano cornici vuote, altre che rappresentavano solo un paesaggio immobile, altri, invece, così vecchi che l’incantesimo di restauro non aveva più effetto rendendo i personaggi sbiaditi, spesso irriconoscibili.
Fece scivolare il mantello a terra e avanzò. L’eco dei suoi passi destò alcuni dei protagonisti.
- Chi é là?- urlò quello che le sembrava un cavaliere, gli occhi erano quasi scomparsi dalla tela rendendolo cieco – E’ lei professore?
- No, - rispose una donna, metà del quadro era nascosto da un’altra tela – é una studentessa. Una studentessa molto grande.
- Non volevo disturbare il vostro riposo. – si scusò la strega intimorita – Voi... voi chi siete?
- Nessuno. – fece una dama dal vestito ormai spento e scrostato – Siamo i personaggi secondari di una storia che nessuno vuole ricordare. Il nostro destino é stare qui a sbiadire fino a quando nessuno parlerà più con noi.
- Mi dispiace.
- Non dispiacerti. – disse il cavaliere cieco – Non ci piace la compassione. Ci piace restare qui ad ascoltare tutti quelli che entrano in questa stanza.
- Ci viene molta gente qui?
- No, solo un professore di tanto in tanto.
- Ultimamente, però, si è visto più spesso. – valutò la dama dal vestito sbiadito.
- E cosa fa? – domandò incuriosita la donna – Si vede con qualcuno?
- No. – rispose la metà del quadro – A volte non dice nulla. Altre, invece, parla un po’. Noi siamo troppo vecchi e malridotti per poter girovagare nel castello liberamente, lui ci racconta gli ultimi pettegolezzi.
Hermione sorrise. Quel luogo non era un’alcova d’amore, era solo un luogo dove Severus si rifugiava per allontanarsi anche dai suoi pensieri.
- Non vuoi sapere cosa ci dice? – la stuzzicò il cavaliere senz’occhi.
- No. - rispose Hermione riprendendo il mantello a terra – Non è più importante.
Prima di uscire si rese invisibile.
Arrivò lentamente alla Sala Comune. Non c’era più nessuno.
Si sedette sul divano e prese la mappa.
Il puntino indicava che Severus era sempre nella sua stanza.
Lo fissò qualche minuto in silenzio, chiedendosi cosa raccontasse a quei quadri ma senza volerlo scoprire veramente.
Era il suo posto speciale e lei non voleva rovinarglielo.
Sfiorò la mappa con un dito e sorrise:
- Il tuo segreto é al sicuro. Buona notte Severus.





http://ellyson.forumcommunity.net

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** # 092 Natale ***


Big Damn Table
# 092 Natale


Harry guardò soddisfatto il rametto di vischio che aveva appeso alla porta del salotto in Grimmauld Place.
La vecchia casa di Sirius era ancora di sua proprietà. Dopo la morte di Bellatrix non correva più il rischio che qualcuno potesse venire per reclamarla in eredità. Aveva deciso di sistemarsi lì fino alla fine del suo apprendistato per diventare Auror. Poi avrebbe comprato una casa a Godric’s Hollow e avrebbe chiesto a Ginny di trasferirsi con lui. Avrebbero iniziato una vita insieme e, presto, sperava di avere una famiglia tutta sua.
Ma, fino a quel momento, la sua famiglia erano gli amici che l’avevano accompagnato nella sua avventura.
L’anno prima avevano trascorso le feste alla Tana. Non erano state le giornate felici che aveva sperato, il peso della morte di molti membri dell’Ordine era ancora presente sulle loro coscienze; in modo particolare sulla sua. Alla fine avevano passato una giornata a ricordare i momenti più felici trascorsi con le persone care.
Decisamente non era il modo migliore per passare il Natale.
Quell’anno aveva deciso di organizzare la festa nella residenza odiata dal suo padrino. Kreaker aveva pulito la casa da cima a fondo, aveva fatto sparire le ragnatele, l’odore di muffa mista all’odore di stantio e aveva aiutato la signora Wealsey a cucinare.
Ginny e Hermione si erano preoccupare di mettere in ogni stanza occupata dagli ospiti biancheria pulita.
Lui aveva deciso di appendere le decorazioni assieme a Ron.
- Non credi di aver messo troppo vischio, Harry? – gli domandò l’amico osservando il rametto verde seduto sul divano dalla logora e spenta stoffa verde – Ce n’é un po’ su ogni porta. La gente continuerà a baciarsi.
- E’ quello che spero.
Riuscì a trattenere un sorriso mente le orecchie di Ron diventavano rosse per l’imbarazzo.
- Non voglio vederti baciare mia sorella in ogni angolo della casa.
- Non corri questo percolo, Ron. – lo tranquillizzò – Il vischio non è per me.
- E per chi sarebbe?
In quel momento Ginny e Hermione attraversarono il corridoio parlottando e facendo volteggiare sopra le teste una pila di asciugamani puliti.
Harry e Ron si lanciarono un’occhiata complice.
- Ne sei proprio sicuro? – domandò l’amico osservando la porta del soggiorno come se qualcuno potesse entrare da un momento all’altro.
- Ho sempre pensato che aspettare fino a Giugno fosse una pessima idea. – rispose facendo spallucce – Voglio solo accelerare un po’ i tempi.
- Sai…- iniziò riflessivo Ron – potrebbe farti fare una brutta fine.
- Ti riferisci a Piton?
- No, ad Hermione.
Gli ospiti arrivarono in piccoli gruppi ad orari prestabiliti per non attirare l’attenzione dei Babbani. I primi ad arrivare furono Bill e Fleur, lei mostrava radiosa il pancione di sette mesi, lui un po’ meno le occhiaie dovute alle notti insonni passate a cercare strani alimenti per le voglie improvvise della moglie. Poi toccarono a Luna e Neville. Charlie e la nuova fidanzata Holga, conosciuta in Normandia dove stava studiando un branco di draghi, arrivarono poco dopo. Gli ultimi ad arrivare furono Teddy e la nonna Andromeda.
Harry prese in braccio il figliocco di pochi anni e salutò con un radioso sorriso la madre di Tonks.
Mentre accoglieva i suoi ospiti notò Hermione guardare fuori dalla finestra ogni minuto. Sembrava nervosa. Trattenne un sorriso e si occupò del piccolo Teddy che gli mostrava in quante tonalità di viola poteva cambiare il colore dei capelli.
Quando la porta si aprì per l’ultima volta aveva anche ripreso a nevicare.
Tutti gli ospiti erano già riuniti in soggiorno come se, l’ultimo mago inviato alla festa, abbia aspettato appositamente quel momento per entrare.
Kreaker si era affrettato a pretendere il mantello del nuovo ospite poi era sparito in cucina dove stava preparando le ultime cose per la cena.
Severus Piton entrò nel salotto e fissò i presenti con il solito sguardo arcigno. Harry lo osservava nascosto dal piccolo Lupin. Il professore sollevò un sopracciglio sarcastico quando vide il grande albero di Natale, che aveva addobbato nella più comune tradizione Babbana, in un angolo della sala.
In un angolo della sua mente sentì il ringhio sommesso di un grosso cane nero.
Non arrabbiarti, Sirius. Lo faccio solo per il loro bene.
Osservò la sua amica avvicinarsi sorridendo e notò con soddisfazione la differenza di espressione, seppur minima, che aveva assunto l’odioso professore quando lei gli venne incontro.
Gli occhi verdi saettarono proprio sul rametto di vischio sopra le loro teste.
Anche Hermione doveva essersene accorta perché era arrossita e Piton aveva alzato lo sguardo notando anche lui il rametto incriminato.
Socchiuse gli occhi quando vide Severus avvicinarsi alla ragazza e chinarsi leggermente verso di lei. Ma, invece di baciarla come lui sperava, il mago allungò una mano verso i suoi capelli e le tolse un filo bianco rimasto impigliato dal pomeriggio.
Harry sospirò e tornò a guardare Teddy che batteva le mani ogni volta che riusciva a cambiare la forma del naso.
- Non pensare mai troppo. – gli disse con un sussurro – O non bacerai mai una donna!





www.ellyson.forumcommunity.net

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** # 003 Fine ***


Big Damn Table
# 003 Fine


Hermione esultò scartando il regalo.
Severus osservò soddisfatto il suo sguardo sognante mentre leggeva il titolo.
Era un libro.
Era un regalo un po’ banale per una ragazza come Hermione Granger ma lui sapeva che, oltre tutti i libri di magia che riusciva a trovare, lei amava leggere i romanzi.
- E’ firmato dall’autrice! – urlò aprendolo alla prima pagina.
- Sono felice che ti piaccia. – fece lui con un lieve sorriso.
Si trovavano a Grimmauld Place. Sotto le suppliche di Hermione aveva acconsentito a prendere parte alla stupida festa di Potter.
Erano seduti sulla sponda del letto della sua camera e si stavano scambiando i regali.
Almeno le aveva impedito di farlo davanti agli altri.
Fino a quando non aveva consegnato il pacchetto ad Hermione non si era reso conto di quanto fosse nervoso. Mente stava strappando la carta, ridendo come una bambina, aveva trattenuto il fiato terrorizzato dall’idea che non le piacesse. O che trovasse il regalo stupido, oppure fuori luogo o troppo scontato.
Troppi dubbi.
E lui non amava i dubbi.
Severus osservò il suo dono appoggiato sulla coperta.
Una sciarpa.
Hermione gli aveva confezionato una sciarpa a maglia.
Aveva trovato il gesto molto… dolce. Era il termine che aveva pensato quando aveva insistito perché la indossasse. Ricordava con una leggera fitta allo stomaco il calore che aveva avvertito quando lei si era avvicinata per aiutarlo ad avvolgerla attorno al collo.
E ricordava bene il forte desiderio di annullare la piccola distanza che lo separava dalle sue labbra.
Sfiorò la calda stoffa; era morbida e non pungeva sulla pelle come quella che usava in quel periodo. Vecchia e dal colore stinto.
E, incredibilmente, si rese conto che lui era proprio come quella sciarpa. Vecchio. Un vecchio mago vestito di nero.
Lasciò perdere quei pensieri e si voltò verso la donna.
- Cosa diavolo stai facendo? – domandò osservandola sfogliare avidamente il libro.
- Leggo la fine.
Severus Piton sgranò impercettibilmente gli occhi.
- Perché?
La strega sollevò lo sguardo, le gote si imporporarono appena.
- Se un libro mi appassiona troppo non smetto di leggerlo fino a quando non arrivo alla fine. Se so già come finisce riesco a leggere più lentamente e godermi appieno la storia.
Il pozionista la guardò incredulo; da anni aveva rinunciato all’idea di capire meglio le donne. La loro mente era complessa in special modo quella di Hermione.
Resistette all’impulso di accarezzarle la nuca mente lei era china sul libro e sorrise quando la vide socchiudere gli occhi persa in chissà quale fantasia romantica, chiudere il volume e stringerlo al petto; proprio all’altezza del cuore.
- Grazie, Severus. – gli disse voltandosi verso di lui – E’ un regalo bellissimo.
Il professore si rese conto che non gli interessava capire la mente di Hermione.
Gli bastava solo quello sguardo dolce.
Il resto non aveva importanza.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** # 095 Capodanno ***


Big Damn Table
# 095 Capodanno



Harry aveva fallito con il vischio.
Ma lui aveva un piano migliore.
Severus e Hermione non si erano baciati e avevano anche evitato di restare sotto quella stupida pianta insieme.
Così aveva elaborato un piano tutto suo.
Le tradizioni Babbane non gli erano mai interessate ma quella poteva essergli utile.
Durante la cena aveva convinto tutti ad uscire per strada a festeggiare con i Babbani che ridevano per le vie con in mano strani bastoncini che lanciavano scintille.
Ovviamente suo padre aveva risposto con entusiasmo.
Gli altri un po’ meno ma avevano acconsentito.
L’unico che aveva risposto con una frase acida e sarcastica era stato Piton ma, alla fine e solo dopo aver parlato con Hermione, era uscito assieme agli altri.
Stando, ovviamente, a debita distanza.
L’aria era fredda e umida. Aveva nevicato nei giorni precedenti rendendo il marciapiede scivoloso.
Le case erano illuminate all’interno dalla luce dei lampadari mentre l’esterno le lucine natalizie brillavano ad intermittenza.
Ron si domandò come i fili potessero stare sugli stipiti delle porte senza l’aiuto dei gnomi da giardino o di un incantesimo attacca tutto.
I bambini Babbani ridevano e si lanciavano palle di neve.
Gli adulti cantavano canzoni reggendo bottiglie di vino.
L’atmosfera era piacevole e, presto, iniziarono a fare conversazione con alcuni di loro. Forse, per l’ultimo giorno dell’anno, nessuno faceva domande se la gente vestiva con lunghe tuniche e mantelli.
O, forse, erano tutti troppo ubriachi per accorgersene.
Mentre rifletteva, perso in mille congetture che, già lo sapeva, non avrebbero portato a nulla, i Babbani nelle case e quelli in strada iniziarono ad urlare.
- Dieci… nove… otto… sette… sei….
Ron guardò felice gli amici e famigliari contare insieme agli altri.
- Cinque… quattro… tre… due… uno…
In lontananza una campana iniziò a suonare mentre i fuochi d’artificio illuminavano il cielo nero con lampi e bagliori colorati. I palazzi brillavano sotto la luce vivace dei fuochi.
I maghi e i Babbani si baciavano in mezzo alla strada esultando, sorridendo, ridendo e augurandosi un felice anno nuovo.
Dopo aver baciato sulla guancia Fleur Ron spostò subito lo sguardo sul professore e Hermione
I due si stavano guardando. Lei sorrideva. Gli occhi luminosi.
La vide avvicinarsi al mago per dargli un lieve bacio sulla guancia.
Solo questo.
Uno stupido bacio sulla guancia.
Lui non rispose, si limitò solo a ghignare in quel suo modo ambiguo.
Sentì i peli del collo rizzarsi.
Ma Hermione sembrava ancora più felice.
Allora, forse, quel ghigno era il suo modo di sorridere.
Li osservò ancora qualche minuto sperando in una reazione del professore.
Invece i due rimasero fermi a fissare i fuochi d’artificio in cielo mentre attorno a loro la gente festeggiava.
Era come se fossero su un altro pianeta.
Ron sbuffò.
Ogni sforzo era inutile.
Quei due dovevano cavarsela da soli.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** # 091 Compleanno ***


Big Damn Table
# 091 Compleanno


La ronda notturna stava diventando noiosa.
Scovare gli studenti per i corridoi dopo l’orario consentito, da anni, non era più divertente.
Ormai lo faceva solo per abitudine e perché dormiva poco.
Quella notte non faceva differenza. La mezzanotte era suonata già da qualche minuto. I protagonisti dei quadri dormivano pesantemente, solo qualcuno si era lamentato della luce che fuoriusciva dalla punta della bacchetta.
Lentamente si diresse verso le cucine. Voleva un infuso di belladonna e camomilla per poter dormire qualche ora in più.
Poteva benissimo utilizzare una delle sue pozioni ma, per quella sera, desiderava sentire il profumo della camomilla e il sapore lievemente amarognolo della belladonna.
E poi riusciva a pesare meglio quando il castello era silenzioso.
Arrivò al quadro e solleticò la frutta nel punto esatto.
Entrò nella grande cucina e si meravigliò di trovare gli elfi correre frenetici da una parte all’altra. Nell’aria c’era un profumo dolciastro.
Uno di loro si avvicinò chiedendogli cosa desiderasse.
Lo liquidò velocemente e si avviò verso i tavoli che si trovavano proprio sotto quelli delle Case nella Sala Grande.
Di tutti gli studenti indisciplinati e trasgressori delle regole quello era l’ultimo nome sulla sua lista.
Hermione stava lavorando ad un tavolo sommersa da scodelle, gusci d’uovo, mestoli sporchi e bicchieri di latte.
Stava cucinando senza l’uso della magia.
Il maglioncino della divisa, il mantello e la borsa con i libri erano abbandonati su una poltroncina accanto ad un tavolino rotondo dove il mago notò i resti di un panino mangiato velocemente.
La strega stava lavorando ad un impasto con le mani. I capelli, parte della gonna e il viso erano sporchi di farina. Un grosso libro era aperto davanti a lei.
Trattenne un sorriso.
- Questa volta deve venire perfetta! – mormorò mettendoci più energia – Le altre non sono uscite come la foto della ricetta.
- Perché non usi la magia?
La donna sussultò colta alla sprovvista.
Alzò un fine sopracciglio incrociando le braccia al petto.
- Posso sapere cosa stai facendo?
Hermione si guardò attorno spaesata.
- Io… io…
- Non ricordo che nel tuo orario ci fossero anche lezioni notturne di cucina.
- No… io stavo solo… - la donna sgranò gli occhi – notturne?
- E’ passata la mezzanotte da un pezzo.
- Oh no!- quasi gridò l’altra – Ho perso la cognizione del tempo.
- Da quanto sei qui?
- Da quando sono fine le lezioni.
Severus contò velocemente: più di sei ore.
Si avvicinò e osservò l’impasto sul tavolo e sulle mani della ragazza.
- Cosa stai facendo?
Hermione si mordicchiò un labbro e osservò il suo lavoro.
- Beh… è solo… una torta.
- I dolci che cucinano gli elfi non sono più di tuo gusto?
L’altra scosse il capo.
- Dovrebbe essere un regalo. - il mago rimase in silenzio sperando che lei continuasse - Un regalo di compleanno… ma non esce come vorrei. Questa è la quinta che preparo.
- Questo non è un buon motivo per restare fuori dalla Sala Comune dopo il coprifuoco.
Hermione annuì.
- Sono costretto a toglierti dieci punti.
Un altro cenno d’assenso.
- Devi tornare nel dormitorio, Hermione.
La ragazza sospirò avvicinandosi al lavandino e fece scorrere l’acqua. Mente si puliva le mani Severus si avvicinò al tavolo, quattro torte erano disposte sul ripiano.
Tutte ricoperte con glassa verde.
La strega prese le sue cose e si diresse alla porta, prima di uscire si voltò verso il mago.
- Visto che la mezzanotte è passata posso dirtelo.
- Dirmi cosa? – se si fosse voltata avrebbe notato il suo stupore.
- Buon compleanno, Severus. – mormorò la strega prima di uscire senza aspettarsi una risposta.
Piton si appoggiò al tavolo; tendeva a dimenticare il suo compleanno. Gli anni che passavano inesorabili. Un altro anno di solitudine.
Lanciò un’occhiata alle torte, si guardò attorno accertandosi che nessuno lo notasse e prese un po’ di glassa con un dito.
Se lo portò alle labbra e la leccò via.
Sorrise e chiese un piattino e delle posate all’elfo che stava iniziando a pulire il tavolo.
Prima di addentare la fetta guardò la porta chiusa.
- Grazie, Hermione.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** # 017 Marrone ***


Big Damn Table
# 017 Marrone

Hermione camminava a testa china lungo il corridoio che dai sotterranei portava alla Sala Grande.
La lezione di Pozioni era stata un disastro.
Marrone.
La sua pozione era uscita marrone.
Quella dei suoi compagni, invece, aveva raggiunto la tonalità arancione pallido descritta dal libro.
Sospirò ripensando allo stupido errore che aveva commesso. Un errore che solo uno studente maldestro del primo anno avrebbe fatto.
Lumacorno, tuttavia, si era dimostrato comprensivo; le aveva spiegato l’errore e non aveva tolto punti alla Casa.
Severus, o meglio il Professor Piton, l’avrebbe messa in punizione o le avrebbe dato un tema lungo tre rotoli sull’importanza di controllare la fiamma del fuoco prima di aggiungere un ingrediente importante come la polvere di zanne di serpente.
Era stata una stupida.
Aveva letto il passaggio sulla lavagna, aveva pesato tre volte la polvere per essere sicura di non sbagliare neppure di un grammo ma aveva tralasciato quel particolare.
Stupida e incapace.
Entrò nella Sala Grande insieme agli altri studenti e si sedette al tavolo.
Il profumo del cibo inebriava l’aria ma il suo stomaco era chiuso per la frustrazione e la rabbia.
Anche se il professore le aveva assicurato che una giornata storta non avrebbe influenzato la sua carriera scolastica lei non si sentiva sollevata.
Mentre sbocconcellava un panino dolce, nella speranza di solleticare il suo stomaco e convincerlo ad accettare anche un po’ di pasticcio di carne, una risata acuta sovrastò il chiasso di mille voci e rumore di piatti.
Hermione fissò un punto ben preciso del tavolo dei Serpeverde.
Matilda O’Callej rideva accanto alla compagna di classe.
Settimo anno. Bella e crudele.
Ron aveva una cotta per lei.
Tutti avevano una cotta per lei.
La rabbia tornò a farsi sentire.
Mentre aspettavano Lumacorno Hermione l’aveva sentita parlare di Piton con un’altra ragazza. Con arroganza aveva le aveva detto di essere la prediletta del professore di Difesa.
Si era ingelosita.
Aveva cercato di concentrasi sulla pozione ma la voce stridula di quella stupida oca continuava a distrarla e, alla fine, aveva commesso l’errore.
Matilda aveva riso, con la sua bella pozione arancione pallido nel paiolo.
E la sua era diventata marrone.
Appoggiò il resto del panino sul tavolo: lo stomaco di era definitivamente chiuso.
Un fruscio alle sue spalle la fece voltare.
Severus l’aveva appena superata diretto al tavolo dei professori.
Lo vide lanciare un’occhiata veloce al tavolo della sua Casa; l’odiosa vipera sorrideva sfacciatamente verso il mago.
Hermione scattò in piedi, presa la sua borsa e si avviò verso la biblioteca.
Uscì prima di cedere al desiderio di rovesciare la pozione marrone in testa a quella odiosa ragazza.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** # 080 Perché? ***



Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo e chi riesce anche ad inviarmi qualche commento!
Sono sempre felice di leggere le vostre opinioni e gli apprezzamenti sono sempre ben graditi.
I capitoli sono brevi di proposito, questa é una raccolta di momenti attimi della vita di Severus e Hermione, non voglio raccontarvi la loro storia (lo faccio già nelle altre fan fiction), ma voglio mostrarvi solo qualche attimo, qualche fugace momento. A volte lungo a volte, come in questo caso, breve.
Gli aggiornamenti sono veloci perché i "capitoli" sono brevi e riesco a gestirli anche in pochi attimi del mio tempo sempre scarsissimo.
Quindi aspettatevi un altro aggiornamento entro la fine della settimana, forse anche domani. Altrimenti, sicuramente, Lunedì ci sarà un nuovo "capitolo".
Vi ringrazio ancora tantissimo, era da molto tempo che una mia FF su Harry Potter non riceveva così tanti commenti!
Bacioni,
Elena (www.ellyson.forumcommunity.net)

Big Damn Table
# 080 Perché?


Severus Piton tracciava a grandi passi il perimetro della sua camera.
Era roso dai dubbi. Dall’incertezza.
Doveva capire cosa gli stava accadendo.
Cos’era quella sensazione che gli faceva contorcere lo stomaco.
Perché sentiva calore nel petto, all’altezza di quel cuore che era rimasto freddo per lunghissimi anni.
Perché la pelle formicolava se lei, inavvertitamente, lo sfiorava.
Perché voleva starle vicino. Sentirla felice. Vederla ridere.
Perché desiderava baciare quelle labbra e stringere quel piccolo corpo che sembrava fatto appositamente per accoglierlo.
Perché non faceva altro che sognarla.
Si bloccò, improvvisamente conscio dell’unica risposta plausibile a tutte le sue perplessità.
- Non posso...- mormorò alla stanza vuota, le braccia lasciate lungo i fianchi; inerme di fronte alla realtà – non é possibile... io... non posso… amarla.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** # 047 Cuori ***


Grazie ancora per il vostro sostegno!
Carmen credi sul serio che possa dimenticarmi di te? Ho visto che hai postato una nuova FF, non ho ancora avuto tempo di leggerela ma sappi che non ho mai perso di vista la sezione Sailor Moon anche se aggiorno pochissimo.
In più ho inserito nella prima pagina una specie di copertina di questa raccolta. Ho utilizzato gli ultimi poster usciti del settimo libro! Ditemi cosa ve ne pare!
Baci,
Elena

Big Damn Table
# 047 Cuori


Le stelle brillavano in quella notte senza luna. Il cielo era limpido permettendole di osservare ogni costellazione e perdersi in quel mare luminoso; paragonava ogni astro agli occhi profondi e scuri che amava più di qualsiasi altra cosa. Nessuna stella poteva eguagliare la luce che vedeva oltre il manto nero del suo sguardo.
Sedeva sugli spalti del campo di Quidditch, faceva freddo ma non voleva tornare al castello.
Un sospiro profondo uscì dalle labbra.
Era il giorno di San Valentino più deprimente di tutta la sua vita.
Le mani strinsero il pacchetto a forma di cuore che aveva comprato a Zonko il week and precedente.
Aveva acquistato quella scatola di cioccolatini decisa a regalarli a Severus.
Durante la settimana aveva cercato ogni scusa plausibile per rinviare la consegna del regalo, dicendo a se stessa che non era mai il momento opportuno.
Ora la giornata di San Valentino giungeva al termine e lei non aveva avuto il coraggio di darglielo.
Decisamente le mosse impulsive non erano il suo forte.
Invidiava le sue compagne. Così sicure e coraggiose mentre regalavano cioccolati e caramelle ai loro innamorati.
Lei non aveva tutta questa sicurezza. Aveva paura della sua reazione.
Aveva paura di soffrire.
Strinse di più la confezione.
- Stupida... – mormorò a se stessa – sei solo una stupida fifona, Hermione Granger.
Alzò lo sguardo verso le silenziose stelle. Loro non avevano una risposta ai suoi quesiti d’amore.
Stava male. Profondamente male. Il suo amore era contaminato dal dolore del suo cuore spezzato. Quel sentimento puro che doveva solo portarle felicità si stava rilevando la tortura più dolosa che avesse mai sopportato.
Neppure le cruciatus di Bellatrix le avevano fatto così male.
Aprì la confezione di cioccolatini. Erano a forma di cuore, ripieni di crema alla nocciola e al pistacchio.
Ne afferrò uno e lo mise in bocca.
Il cioccolato si sciolse e la inebriò con il suo dolce sapore.
Chiuse gli occhi assaporandone il gusto. Immaginò che Severus le fosse accanto mentre la stringeva dandole calore e affetto.
Il sapore iniziò a dissolversi e con lui il sogno che stava vivendo.
Mangiò un altro cioccolatino.
Severus le baciava dolcemente il viso, sussurrandole frasi d’amore.
Sorrise e mangiò un altro cioccolatino.
Per quella sera il suo amore avrebbe avuto un sapore dolce.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** # 071 Rotto ***


Big Damn Table
# 071 Rotto


Il professore di Difesa Contro le Arti Oscure sedeva dietro la cattedra di Pozioni.
Lumacorno si era assentato per qualche giorno per assistere al matrimonio di un’ex studentessa di cui tesseva le lodi da settimane. Il lavoro in più non lo spaventata e tornare al suo vecchio ruolo gli era sembrato un modo piacevole con cui festeggiare l’allontanamento provvisorio di quel mago che aveva sempre mal sopportato.
A volte si chiedeva cosa avesse spinto la McGranitt a confermare il suo ruolo di insegnante.
Mentre correggeva i compiti del quinto anno di Corvonero, le classi del settimo anno di Grifondoro e Serpeverde entrarono in ordine prendendo posto dietro i banchi.
Quando anche l’ultimo studente ritardatario prese posto iniziò a parlare lentamente.
- Secondo il programma del professor Lumacorno. – disse senza alzare gli occhi dalla pergamena che stava correggendo – Oggi dovrete affrontare un compito.
Ci furono alcuni mormorii di disappunto, ma furono fatti immediatamente tacere con un’occhiata pungente.
- Il compito sarà suddiviso in due fasi. – continuò - Durante la prima ora dovrete preparare la pozione della resistenza, troverete tutti gli ingredienti nella dispensa per gli studenti. Mentre la seconda sarà dedicata alla stesura di un tema dove dovrete descrivere minuziosamente gli effetti della pozione preparata, gli utilizzi più comuni e le eventuali controindicazioni. – alzò di nuovo lo sguardo fulminando uno per uno gli studenti presenti – Il tutto nel più totale silenzio.
Per la prima mezz’ora gli unici rumori udibili furono i coltelli che tagliavano le radici e il lento bollore delle pozioni nei calderoni. Severus teneva gli occhi fissi sul compito che stava correggendo, la penna scorreva veloce sul foglio segnando ogni errore. Assegnò una D con particolare soddisfazione, arrotolò la pergamena e la posizionò alla sua destra assieme ai compiti già coretti. Prima di prendere il compito successivo fece vagare lo sguardo per la classe per assicurarsi che ognuno fosse concentrato solo sul proprio lavoro.
Nel primo banco Hermione stava tagliando gli occhi di tritone. Aveva legato i capelli con un nastro rosso e tolto il mantello che le impediva i movimenti. Era estremamente concentrata, aveva gli occhi socchiusi e le si mordicchiava le labbra.
Era bella.
Le dita di Severus strinsero con più forza la piuma d’oca. Con uno sforzo tornò a concentrarsi sul suo lavoro e prese il compito seguente.
Lesse le prime due frasi, poi tornò ad alzare lo sguardo.
Hermione stava mescolando attentamente il liquido nel calderone, il fuoco le faceva brillare gli occhi nocciola, le gote erano arrossate per il calore. Con un braccio si asciugò il sudore dalla fronte, due ciocche le ricaddero sul volto accaldato.
Era molto bella.
Strinse di più la penna e costrinse i suoi occhi ad abbassarsi.
Dieci minuti. Poi alzò lo sguardo di nuovo.
La strega stava finendo di pulire il banco di lavoro. Un foglio le cadde a terra, si piegò a raccoglierlo e, per un breve istante, la scollatura del maglione grigio e della camicia rivelarono più del necessario.
Era dannatamente bella.
Le dita aumentarono la presa, i denti addentarono l’interno della guancia mentre si obbligava a guardare solo ed esclusivamente il compito.
Una fialetta si infranse sul pavimento.
Severus alzò lo sguardo e fulminò un ragazzo in fondo alla classe.
Cercò di tornare a fissare la cattedra ma i suoi occhi si fermarono su Hermione; era china sulla pergamena, concentrata sul tema.
Aveva sciolto i capelli che le cadevano morbidi sulle spalle. Con una mano si reggeva la testa mentre l’altra scorreva veloce sulla pergamena.
La punta della penna d’oca le sfiorava la pelle diafana della guancia.
Il mago sentì un leggero sapore di sangue in bocca: si era tagliato con i denti.
La mano di Hermione si fermò, le labbra si dischiusero appena mentre rileggeva il tema, la punta della lingua accarezzò il labbro inferiore.
Era troppo bella.
Un rumore secco squarciò l’aria nella classe.
Alcuni studenti sobbalzarono spaventati.
Altri alzarono solo lo sguardo.
Nessuno, però, sembrò prestare molta attenzione all’accaduto.
Il suono della campanella liberò la tensione in aula.
- Lasciate il tema e la fiala della pozione sul banco. Provvederò io a ritirarli.
Gli studenti uscirono dalla classe confrontandosi sulle risposte date nel compito o sulla preparazione della pozione.
Quando anche l’ultimo studente lasciò l’aula, Severus si rilassò sulla sedia.
Osservò con un misto di delusione e fastidio la piuma d’oca spezzata sulla scrivania.
La situazione era più complicata di quanto avesse immaginato.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** # 084 Lui ***


Big Damn Table
# 084 Lui


Il liquore bruciava lo stomaco.
Il mago fece una smorfia e riempì nuovamente il bicchiere.
Ubriacarsi non era la soluzione al problema ma, al momento, gli sembrava l’unica cosa da fare.
Strinse la mano attorno alla coppa e trangugiò in un sorso solo il whisky.
Il vento ululava attorno al castello, gli spifferi rendevano gelata la stanza, le lingue di fuoco tremolavano nel camino allungando le ombre sui muri di pietra.
Si versò un altro bicchiere.
- Non sei mai stato un gran bevitore, Severus. – echeggiò una voce nella stanza vuota.
Il professore chiuse gli occhi e bevve il liquore.
- Hai intenzione di ignorarmi?
Restò in silenzio versandosi ancora da bere.
- Una volta mi parlavi.
Una smorfia si dipinse sulle sue labbra sottili mentre beveva.
- Una volta eri vivo.
Sarcastico. Acido. Pungente. Detestabile.
Lui era questo.
Il bicchiere fu di nuovo riempito e svuotato in fretta.
- Posso ancora ascoltarti, anche se sono solo un quadro.
Severus chiuse gli occhi facendo tacere i fantasmi nella sua mente. Ma Silente era una presenza difficile da ignorare; impossibile da dimenticare. La cornice che aveva fatto apporre nella stanza era vuota per la maggior parte del tempo; ma, anche da morto, Albus riusciva comunque a capire quando aveva bisogno di parlare.
Quando si sentiva solo.
Vecchio impiccione anche dall’aldilà.
- Sai che ti puoi fidare.
La mano strinse di più il calice, gli sembrava che lui fosse di nuovo in quella stanza, in piedi alle sue spalle. Per qualche istante aveva anche sentito il suo tocco sulla spalla.
Non lo avrebbe mai ammesso ma gli mancava.
Lo odiava e lo amava come un padre nello stesso momento.
Piton osservò il liquore rimasto nella bottiglia.
- La situazione mi è scappata di mano. – mormorò, lo sguardo velato dal dolore e dall’alcool – Quando mi sono accorto di quello che provavo era troppo tardi. E’ entrata in me. Non riesco a farne a meno. L’amo. Immensamente.
- L’amore è sempre qualcosa di positivo. – lo incoraggiò Silente alle spalle.
Severus si versò un altro bicchiere.
- Non per me, Albus. – bevve avidamente, alcune gocce caddero sulla scrivania – Merita di meglio.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** # 085 Lei ***


Big Damn Table
# 085 Lei


- Allora vuoi dirmi chi è?
- No.
- Sono la tua migliore amica!
- Senza offesa Ginny ma non sei proprio capace di mantenere un segreto.
La ragazza sbuffò mettendo il broncio.
- E’ inutile. – sentenziò Hermione afferrando la bottiglia di Burrobirra appena portata da Madama Rosmeta – Quell’espressione funziona solo con i tuoi fratelli e con Harry. Io non ci casco.
Ginny si era diplomata l’anno precedente, quando gli impegni di lavoro glielo permettevano andava a Hogsmeade a passare qualche ora con la sua migliore amica; parlavano e si divertivano come facevano un tempo.
Aveva capito subito che qualcosa turbava la mente diligente e riflessiva di Hermione ma non ci aveva dato troppo peso. Aveva creduto che fosse troppo preoccupata per gli esami finali. Solo quando Ron si era lasciato sfuggire che potevano essere altre le sue preoccupazioni aveva intuito che c’era di mezzo un uomo.
- E’ uno della tua Casa?
- Io sono più grande di loro di almeno due anni!
- E allora? – domandò l’altra scollando le spalle.
- Lascia perdere, Ginny. Ti prego.
- Tu stai soffrendo.
La strega bevve un lungo sorso, lo sguardo vagò oltre la grande vetrata dei Tre Manici. L’aria si stava scaldando, le giornate erano più lunghe e i cumuli di neve si scioglievano velocemente ai margini delle strade. Molti studenti avevano abbandonato sciarpa e guanti vedendo le belle giornate.
- Non c’è bisogno che tu me lo faccia notare. – ripose tristemente.
Ginny afferrò la mano dell’amica.
- Sfogati, Hermione. Tenerti tutto dentro non ti farà bene.
Lo sguardo vagò altre i tetti delle case, il profilo di Hogwarts si scagliava nel cielo ceruleo.
- Non è importante, Ginny. Presto starò meglio.


Nel caso non vi tornassero i conti:
nel settimo libro Ginny frequentava il 6 anno.
Siccome la zia Rowling non ha mai detto cos'é successo agli studenti che si trovano a Hogwarts al momento dell'ultima battaglia ho dedotto che tutti siano passati all'anno successivo senza problemi.
Quindi Ginny si é diplomata l'anno in cui Harry, Ron e Hermione stavano aiutando il Ministero con la ricostruzione del nuovo mondo magico. (Se notate nell'introduzione ho scritto che il trio ha ripreso gli studi 2 anni dopo la battaglia al castello)
Ecco perché, essendo più piccola, si é diplomata prima.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** # 066 Pioggia ***




Mi dispiace che il mini-capitolo di prima non abbia attirato molta gente.
Devo iniziare a pensare che vi state stufando?
Sto Scherzando! ^^
Questo capitolo é uno dei miei preferiti.
Non picchiatemi! (poi capirete il perché)
Guardate che mi aspetto dei commenti!
Elena

Big Damn Table
# 066 Pioggia


La primavera aveva svegliato la natura dormiente del parco.
Severus tornava dalla capanna di Hagrid dove aveva consegnato un infuso per gli Ippogrifi colpiti da un fastidioso parassita.
Nonostante la sua posizione nella scuola fosse cambiata non aveva mai smesso di distillare le pozioni per le lezioni di Cura delle Creature Magiche e per Madama Chips.
Con una punta di soddisfazione personale il guardacaccia e l’infermiera non si fidavano delle pozioni di Lumacorno.
Il mago osservò le nuvole grigie che velocemente si avvicinavano da ovest.
Presto avrebbe iniziato a piovere.
Mentre si dirigeva all’entrata della scuola una figura appoggiata ad un albero attirò la sua attenzione.
Hermione fissava il cielo; indossava una lunga gonna nera e una camicetta rossa. Quando indossava la semplice divisa della scuola era più facile ricordarsi che era una studentessa. Ma quando indossava dei semplici vestiti riemergeva la donna che l’aveva fatto innamorare.
Si avvicinò lentamente, cercando di non spaventarla.
Un rametto si spezzò sotto i suoi piedi; la strega si voltò e gli sorrise.
Era come se lo aspettasse.
Lo stomaco si contrasse in una morsa.
- Non volevo disturbarti.
- Non mi hai disturbata,- rispose dolcemente, gli occhi erano luminosi, le sue labbra invitanti, troppo invitanti – stavo aspettando.
- Cosa?
- La pioggia.
Sentì un sopracciglio inclinarsi verso l’alto.
- Prederai un raffreddore.
Hermione alzò le spalle e tornò a fissare le nubi che si avvicinavano.
- La pioggia è meravigliosa. Prima che arrivi, nell’aria, c’è sempre un profumo inebriante e tutto sembra più bello sotto la sua luce.
Severus si ritrovò a pensare che lei era bella sotto qualsiasi tipo di luce.
Un tuono risuonò in lontananza.
Restarono in silenzio in attesa che la pioggia arrivasse.
Quando la prima goccia bagnò la terra, Hermione sorrise e chiuse gli occhi.
Severus era troppo intento a guardare lei per poter ammirare le gradazioni di rosa e grigio che si alternavano nel cielo.
Una goccia le cadde sul viso, scese lungo il profilo dell’occhio, segnò lo zigomo con una scia umida e si fermò sulle labbra. La strega l’assaporò lentamente.
Invidiò quella goccia fortunata.
Alla prima ne seguì un’altra, un’altra ancora sempre con maggiore intensità.
Ben presto la pioggia divenne intensa. I vestiti iniziarono a bagnarsi.
- E’ meglio rientrare, Hermione.
La donna rise e iniziò a volteggiare con le braccia aperte.
- Lasciati andare, Severus!- urlò sovrastando lo scroscio dell’acqua.
Il mago la fissò intensamente, i vestiti ormai zuppi, la camicetta era aderente alle giovani curve, i capelli bagnati si erano appiccicati al viso, sorrideva mentre ballava sulle note della pioggia che solo lei poteva udire.
Le sembrava una ninfa dell’acqua. Leggiadra e bellissima come una sirena.
Hermione gli si avvicinò e lo prese per mano.
- Balla con me.
Il suo ballo l’aveva incantato. La sua bellezza l’aveva stregato.
La strinse a se. Non importava dei vestiti bagnati o del freddo che iniziava a sentire. Avvertiva solo il suo respiro sulla casacca e il calore del suo corpo attraverso i vestiti bagnati.
Sentiva i loro cuori battere lo stesso ritmo incessante.
Le alzò il viso. Era bella.
Era perfetta.
Era sua.
- Baciami, Severus. – lo pregò stringendogli la casacca – Ti prego…baciami…
Si avvicinò al viso, le gocce di pioggia erano calde sulla pelle. Sentì il tocco di Hermione titubante sul suo volto, le labbra erano morbide e dolci. Il suo sapore si mischiava con quello della pioggia.
Un tuono rimbombò proprio sulle loro teste.
Severus scattò a sedere sul letto.
Si guardò attorno spaesato.
La camera era buia.
Sentiva la pioggia scrosciante al di là delle mura.
Tornò a sdraiarsi e si coprì gli occhi con un braccio.
Un altro tuono echeggiò nel cielo, si inumidì le labbra e, per un attimo, gli sembrò che avessero ancora il suo sapore.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** # 096 Scelta libera – ovvero Lago ***


Big Damn Table
# 096 Scelta libera – ovvero Lago


Amava passeggiare per il parco.
Era rilassante. L’aiutava a pensare o anche solo a riordinare le idee.
In passato lo faceva con Albus.
Passeggiavano nel pomeriggio, l’uno accanto all’altra. A volte parlavano. A volte restavano in silenzio.
Sospirò superando la capanna del guardiacaccia ed inoltrandosi nel boschetto che costeggiava il lago.
Le piaceva la sua vita. Non rimpiangeva nessuna scelta che aveva fatto. Ma a volte, come in quel preciso momento, avrebbe voluto anche una famiglia. Un marito. Un figlio. Qualcuno che alleviasse la solitudine che ultimamente la colpiva.
Era sola. Vecchia. Stanca.
Scosse il capo scacciando i pensieri malinconici. Crogiolarsi nella tristezza non avrebbe portato a nulla.
Vivere nel passato non può che darci dolore nel futuro.
Le avrebbe detto Albus.
Osservò il sole riflettersi sulla superficie leggermente increspata del lago.
Sorrise. Quel paesaggio le aveva sempre trasmesso serenità e felicità.
I pensieri infelici sparivano. La malinconia veniva scacciata con la frizzante brezza primaverile. I problemi non sembravano poi così grandi.
Un leggero brusio la fece sobbalzare. Sistemò gli occhiali rettangolari sul naso e si guardò attorno.
Non sembrava esserci nessuno nei paraggi.
Fece qualche passo incuriosita. Non era sua abitudine spiare gli studenti ma quel luogo era troppo appartato solo per due chicchere tra ragazzi; se erano lì stavano facendo sicuramente qualcosa di sbagliato.
E lei era intenzionata a mantenere alta la reputazione della scuola.
Non molto lontano dal luogo dove si era fermata c’era una piccola radura affacciata al lago dove gli alberi creavano una zona in ombra.
Furtivamente si avvicinò.
Due persone erano sedute sulle rocce proprio davanti a lei.
Un uomo e una donna che ridacchiavano.
Impossibile non riconoscere la schiena di Severus Piton e di Hermione Granger.
Restò ferma, cercando di non fare rumore. Nessuno dei due si era accorto della sua presenza.
Era in imbarazzo. Non era sua intenzione origliare.
I due stavano parlando sotto voce, le mani appoggiate sulla roccia si sfioravano appena. Era come se avessero paura a toccarsi.
Fece un passo indietro; voleva andarsene. Con un piede spezzò un rametto secco. Il rumore fu assordante in quel luogo isolato. Alcuni corvi spiccarono il volo gracchiando.
Il professore si voltò di scatto. L’espressione improvvisamente dura, gli occhi scintillanti di rabbia per quell’interruzione imprevista.
- C’é qualcosa che non va, Severus?- domandò Hermione guardandosi attorno non vedendo nessuno.
- No. – rispose il mago osservando la vegetazione che li circondava – Solo un gatto.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** # 021 Amici ***


Big Damn Table
# 021 Amici


- Mi dici perché ci hai trascinato qui?
- Te l’ho spiegato, - rispose infastidita Hermione dal camerino di un negozio di Hogsmeade – ho bisogno del vostro parere.
- Ma Ginny non é più indicata per darti consigli sui vestiti?
- Ginny non sa nulla di Severus. E non ho intenzione di dirglielo, mi farebbe troppe domande.
La donna uscì dal camerino indossando un corto vestito da sera turchese.
- Allora?
Harry alzò lo sguardo dalla rivista di Quidditch che stava leggendo per la seconda volta, Ron, invece, coprì con la mano uno sbadiglio annoiato.
- Carino.
- Bello.
Hermione sbuffò.
- Avete detto la stessa cosa degli ultimi quattro vestiti che ho indossato.
- Ti stavano bene tutti. – ribatté Ron.
- Io non voglio stare bene. – spiegò l’altra scocciata – Io voglio essere bellissima. Voglio lasciare Severus senza fiato. E’ il ballo del diploma non una festa di compleanno. - tornò nel camerino e chiuse la tenda color porpora – Ora ne provo uno rosso.
I due uomini si scambiarono un’occhiata.
- Ho idea che staremo qui tutto il pomeriggio. – fece Potter porgendogli la rivista.
- Miseriaccia. – borbottò l’altro strappandogliela di mano e aprendola ad una pagina a caso.
Hermione uscì dal camerino, il vestito la fasciava fino ai piedi, aveva una generosa scollatura e lasciava la schiena scoperta.
- Bellissimo.
- Ti sta bene.
La strega tornò dentro borbottando qualcosa sull’incapacità degli uomini di fare un complimento decente ad una donna.
Harry lanciò un’occhiata torva a Ron.
- Ti sta bene?
- Mi sono sbagliato!
Il camerino era ingombro di vestiti di ogni colore, stoffa e misura. Fortunatamente gli spogliatoi dei negozi magici erano fatti in modo che, nonostante dal di fuori sembrassero piccoli e scomodi, dentro c’era un vero e proprio salottino. Le stampelle con i vestiti erano sparse ovunque, su un tavolino in vimini la commessa aveva appoggiato una teiera e una tazza di fine porcellana bianca con delle rose blu dipinte, su un piattino coordinato c’erano dei biscotti al burro che non aveva assaggiato. La commessa portava cinque o sei vestiti dalla volta e rimetteva al loro posto quelli che aveva scartato.
Voleva essere perfetta per quella sera.
Era decisa a confessare i suoi sentimenti a Severus.
Si spogliò e indossò velocemente l’ultimo abito che le avevano portato.
Sistemò le fini spalline e ravvivò i capelli cercando di non sembrare una ragazzina spaurita.
Aprì la tenda del camerino; i suoi amici stavano leggendo l’ennesimo articolo di quello stupido giornale sul Quidditch.
Erano così presi che non l’avevano notata.
Tossì leggermente per attirare la loro attenzione.
Alzarono lo sguardo e la loro espressione mutò immediatamente.
La rivista cadde di mano a Harry mentre la sua bocca si apriva e chiudeva alla ricerca delle parole giuste con cui esprimersi. Ron, invece, era completamente muto ma il colorito sul volto parlava per lui.
La donna sorrise soddisfatta.
- Perfetto. – disse rientrando in camerino – Prendo questo.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** # 020 Senza Colori ***


Big Damn Table
# 020 Senza Colori


Sistemò il colletto della casacca guardandosi allo specchio.
Si sentiva nervoso.
Neppure il giorno del suo diploma era così agitato. Ma, a quell’epoca, i suoi pensieri andavano bel oltre la soddisfazione di aver finito con successo la scuola. Ricordava ancora come, la stessa sera, durante una cerimonia ben diversa, fosse stato marchiato dal Signore Oscuro.
Etichettato per sempre come Mangiamorte.
Portatore di dolore.
L’avambraccio sinistro gli diede un leggero prurito ma lui sapeva che non era il Marchio a prudere ma la sua coscienza sporca.
Quella stessa coscienza che si era macchiata del sangue di Silente.
Rosso. L’unico colore nella sua vita.
Rosso come il sangue che aveva visto versare durante la guerra. O come il dolore che non era stato capace di evitare.
Con un gesto stizzito sistemò i polsini della camicia e guardò il risultato.
Sembrava uno di quei mocciosi incapaci che aspettano il momento migliore per invitare al ballo la ragazza più bella scuola.
E, forse, era veramente così.
Quella sarebbe stata l’ultima serata in compagnia di Hermione. Sapeva che le loro strade si sarebbero inevitabilmente divise.
Lui prigioniero di quel castello.
Lei libera per il mondo.
Già immaginava la sua vita monotona ripetersi giorno dopo giorno; grigia e piatta senza via di fuga.
Era un pensiero desolante.
Non voleva tornare alla solita routine, dove l’avvenimento più eccitante nel corso dell’anno era un’epidemia d’influenza.
Lei aveva portato colore in una vita inesorabilmente grigia macchiata di rosso.
Gli aveva mostrato i colori del mondo. Quei colori che aveva dimenticato dopo quella fatidica notte di vent’anni prima.
Si era preparato un discorso.
Voleva dirle quanto fosse orgoglioso di lei.
Voleva dirle quanto l’ammirasse.
Voleva dirle quanto la loro amicizia fosse importante.
Voleva solo stringerla e baciarla.
Ma sapeva bene che il suo amore sarebbe rimasto solo un segreto custodito nel profondo cuore arido che batteva in petto. Non voleva macchiare la sua ultima serata con lei con l’amaro sapore del rifiuto.
- Non rovinare tutto, Severus. – disse guardando il proprio riflesso allo specchio – Non rovinare l’unica cosa bella della tua squallida vita.
L’orologio della torre nord batté tre colpi.
Tra poco sarebbe iniziata la cerimonia di consegna dei diplomi.
Gli ultimi momenti con lei.
Rizzò la schiena, assunse il solito sguardo arcigno e uscì dalla stanza.
Se la sua vita doveva tornare monotona e grigia voleva vivere fino all’ultimo istante ogni colore che Hermione sapeva donargli.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** # 014 Verde ***


Big Damn Table
# 014 Verde


Il verde gli aveva sempre riportato alla mente lo sguardo di Lily.
Era inevitabile.
Ogni sfumatura di quel colore gli ricordava un’espressione della donna che aveva silenziosamente amato per anni.
E, con il ricordo, arrivava anche il dolore.
Non aveva mai dimenticato quello sguardo. E l’arrivo di Potter non aveva fatto altro che incrementare le sofferenze della sua anima.
Ma ora, mentre Hermione scendeva per la scalinata principale indossando un vestito color smeraldo, il ricordo di Lily gli sembrava lontano, quasi sbiadito in un passato che non sembrava più appartenergli.
Del dolore, che per anni l’aveva tormentato, seguito come un’ombra nella sua tormentata vita, sembrava non esserci più nessuna traccia.
La serata stava per giungere al termine.
Il pomeriggio era stato piacevole ma troppo veloce per i suoi gusti.
Hermione spiccava tra tutte le compagne. Ormai donna. La divisa così insignificante sul suo corpo adulto. I capelli erano stati lisciati e lasciati liberi sulle spalle. Si era truccata in modo leggero mettendo in risalto i suoi meravigliosi occhi nocciola.
Non aveva smesso di fissarla per un secondo.
Lei osservava attentamente la Preside. Ascoltava ogni parola. Le ultime che avrebbe udito come studentessa.
Durante la cerimonia i loro sguardi si erano incrociati un paio di volte. Lei aveva disteso le labbra in un rapido sorriso; lui aveva risposto con un frettoloso cenno del capo.
Sperava di poter passare con lei qualche minuto della giornata ma i genitori degli alunni della sua Casa si erano decisi a porgli ogni genere di domande assurde sul futuro dei propri figli. Così si era rassegnato ad osservarla da lontano mentre rideva con gli amici e i parenti.
Quando il sole aveva iniziato a sparire dietro le colline inglesi, si era rinchiusa nella Torre di Grifondoro per cambiarsi.
Aveva deciso di attenderla alla fine della scalinata e, quando l’aveva vista, era rimasto folgorato dalla sua bellezza.
La gonna, composta da più veli leggeri di varie tonalità di verde, ondeggiava mostrando appena le lunghe gambe, il bustino attillato ricamato con fili d’argento metteva in risalto le giovani curve. Tra i capelli splendevano gemme più brillanti delle stelle nel cielo della Sala Grande.
La studentessa si era dissolta lasciando spazio alla donna che era divenuta.
Lo stomaco di Severus fece una capriola quando i suoi occhi si posarono su di lui e le labbra, quelle sensuali labbra messe in risalto dal rossetto, si spiegarono in un radioso sorriso.
Solo per lui.
La strega si avvicinò al professore.
- L’ho sempre pensato che in te ci fosse un’anima Serpeverde.
Hermione fece una leggera smorfia.
Semplicemente adorabile.
- Non puoi almeno fingere di farmi un complimento, Severus?
Il mago le prese una mano e ne sfiorò il dorso con le labbra sottili.
- Sei bellissima Hermione.
Arrossì e abbassò lo sguardo.
- Grazie.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** # 086 Scelte ***


Big Damn Table
# 086 Scelte

Era una codarda.
Il nobile, fiero coraggio di Grifondoro era sparito. Volatilizzato come il dolce alla meta e cioccolato lasciato a metà nel piatto.
La serata stava giungendo al termine.
La Sala Grande si stava lentamente svuotando. Gli studenti, ormai maghi e streghe diplomati, avevano festeggiato fino allo stremo per poi sparire nei camini diretti a casa. I suoi genitori, dopo aver voluto visitare alcune zone del castello, erano stati accompagnati nel mondo Babbano dai signori Weasley con una passaporta.
Ginny ed Harry avevano lasciato la scuola da qualche ora, diretti a Grimmauld Place. Ron aveva seguito i suoi genitori dopo aver salutato compagni ed insegnanti.
Lei aveva deciso di restare ancora qualche ora, cercando, invano, il momento giusto per parlare con Severus.
Alla fine, arrabbiata con se stessa, era uscita nel parco alla ricerca di un po’ di pace.
Verso metà cena la sua brillante idea le era sembrata stupida e il discorso che si era preparata in quel lungo anno scolastico sembrò improvvisamente privo di significato. Solo semplici parole impresse nella sua mente.
Era terrorizzata dalla sua reazione. Aveva il timore di perdere anche l’amicizia nata tra loro.
Si appoggiò ad una delle grandi colonne di pietra che costeggiavano il cortile sud. Era silenzioso, tranquillo. L’unico rumore udibile era la musica dell’orchestra che suonava nella Sala Grande.
Il luogo ideale per capire quello che doveva fare. Per fare la scelta giusta.
Rischiare di rovinare una bella amicizia o soffrire nella speranza di dimenticarlo fuori da quelle mura.
Il cielo era illuminato da migliaia di stelle, la luna, piena e alta in cielo, aveva una delicata sfumatura rossastra. Il frinio delle cicale nascoste sotto i cespugli di roselline selvatiche riusciva a quietare il suo animo.
Per un solo breve istante maledì la sua inettitudine nella divinazione, così avrebbe potuto avere dal firmamento le risposte alle sue domande.
- Devi proprio essere disperata Hermione se pensi che quella stupida materia ti possa essere d’aiuto. – pensò meditativa appoggiando la nuca alla pietra cesellata della colonna.
- Ti senti bene?
La sua voce calda e profonda le arrivò alle spalle, sorrise appena senza smettere di fissare il cielo.
- Là dentro di soffocava. – mentì – Avevo bisogno di un po’ d’aria.
Lo sentì avvicinarsi, il mantello nero sfiorò la gonna verde del vestito.
- I tuoi amici sono già andati a casa.
- Lo so.
- Perché tu sei rimasta?
Il cuore sussultò a quella domanda, abbassò il capo e si voltò a fissarlo.
La luce della luna lo rendeva ancora più pallido, ma gli occhi, quegl’occhi neri che aveva scoperto di amare più di qualsiasi altra cosa, la fissavano riflettendo la luce rossastra dell’astro. Due braci ardenti che la scrutavano nel profondo.
Un brivido le attraversò la spina dorsale.
Poteva dirglielo. Spiegargli che non poteva andarsene senza prima confessargli quello che provava.
Invece deglutì scacciando il groppo in gola.
- Il mondo là fuori fa paura...
Severus si avvicinò di un passo, con un dito le accarezzò una guancia.
Sentiva le lacrime spingere agli angoli degli occhi.
- Sono molto fiero di te, Hermione.
Il volto le andò in fiamme e il groppo in gola tornò a farsi sentire con più violenza.
- Grazie, Severus. – riuscì a sussurrare.
Gli occhi del mago sembravano mandare scintille, il dito percorse la linea della mandibola, le accarezzò la pelle sensibile del collo; poi ritrasse la mano.
Si morse un labbro e sospirò.
- Non devi avere paura. Sono certo che, da domani, ti arriveranno centinaia di proposte di lavoro.
Le sembrò che volesse cambiare discorso.
- A dire il vero, - rispose – mi hanno già offerto un lavoro.
- Davvero? – la sua voce aveva assunto una sfumatura rammaricata.
- Conosci Ernest Gideon Murray?
- Il ricercatore?
- Mi ha offerto un posto come assistente. Dovrei aiutarlo sugli studi sulle antiche magie perdute.
- Mi sembra un’ottima opportunità. Viaggerai molto.
Ancora quel tono di rammarico.
Le si strinse il cuore.
- In questo caso, - continuò lui senza guardarla – spero che il mio regalo ti sia ancora più utile.
Non fece tempo a fargli nessuna domanda: un pacchetto le apparve davanti al viso. Lo afferrò e strappò con delicatezza la carta dorata che lo avvolgeva.
Era un cofanetto di legno scuro. Sul coperchio erano incise delle decorazioni floreali.
All’interno c’erano dei fogli di pergamena arricchiti da fili d’oro che si attorcigliavano formando le stesse decorazioni del coperchio; accanto ai fogli c’era una bellissima penna d’aquila scura, il pennino era d’oro.
- Severus...
- Così quando sarai lontana, se ne avrai voglia, potrai scrivermi.
Fu come se avesse capito solo in quel preciso istante che quella sarebbe stata la loro ultima notte. Le loro strade erano destinate a dividersi e, per quanto si riprometteva che non sarebbe mai accaduto, sapeva che si sarebbero allontanati fino a non rivedersi più.
Era l’ultimo momento che avrebbe passato con lui.
I loro ultimi ricordi.
Il groppo che aveva in gola divenne troppo doloroso, gli occhi le bruciarono e la vista si offuscò per le lacrime che non era in grado di trattenere.
Singhiozzò stringendo il cofanetto e il suo prezioso contenuto al petto.
Severus sussultò colto alla sprovvista da quella reazione.
- Hermione...
Gemette più forte, premendo ancora di più il regalo al seno.
Il mago si guardò attorno confuso, sperando che nessuno li notasse.
- E’ solo della carta da lettere...- cercò di tranquillizzarla appoggiando le sue mani sulle spalle nude – se non ti piace...
Lei scosse la testa e appoggiò la testa al suo torace. Sentiva i bottoncini della casacca premerle sulla cute.
- Ti amo. – mormorò tra i singhiozzi, le lacrime salate bagnarono il vestito nero – Ti amo così tanto che il solo pensiero di starti lontano mi spezza il cuore. E’ per questo che non me ne sono ancora andata da Hogwarts. Non voglio lasciarti.
Non voleva dirlo in quel modo. Non era così che l’aveva programmato. Ma le parole le uscirono da sole dalle labbra.
Non c’era bisogno di alzarsi in punta di piedi, le scarpe col tacco le facilitarono il compito: alzò solo la nuca e appoggiò le labbra alle sue.
Lo sentì irrigidirsi; stava quasi per allontanarsi e correre al più vicino camino per sparire dalla scuola quando avvertì le sue mani afferrarla in vita.
Il cofanetto le scivolò di mano, cadde a terra rovesciando il contenuto sull’erba.
Gli cinse il collo. Lo sentì stringerla con maggiore intensità mentre le loro labbra si assaggiavano lentamente, unendo i loro sapori con quello delle lacrime di lei.
La punta della sua lingua le accarezzò il labbro inferiore, lo lasciò fare qualche istante poi socchiuse leggermente le labbra permettendogli di esplorare la sua bocca.
Il bacio delicato di poco prima si trasformò in un’esplosione di passione da farle girare il capo.
Il cuore le scoppiò in petto. Le gambe tremarono ma la presa ferrea di Severus le impediva di cadere.
Le loro labbra si assaporarono piano. Prima con delicatezza poi con passione. Fino a quando non si separarono.
Entrambi sorridevano.
Appoggiò la guancia sulla sua spalla e sospirò felice, neppure nelle sue fantasie più romantiche avrebbe mai immaginato una scena così perfetta. Le sue guance erano ancora bagnate dalle lacrime, ma ora sapeva che aveva fatto la scelta giusta.
Le lunghe dita di lui erano risalite lungo la schiena ed ora le accarezzavano i capelli.
- Avresti dovuto dirmelo prima. – gli disse.
- Anche tu avresti dovuto dirmelo prima. – fu la sua risposta.
Si strinse di più al suo corpo. Le braccia di Severus la avvolsero in un protettivo abbraccio. Iniziarono ad ondeggiare accompagnati dalle note provenienti dalla Sala Grande.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** # 023 Amanti ***


Big Damn Table
# 023 Amanti


Il lenzuolo copriva i corpi nudi, ancora intrecciati dopo aver fatto l’amore.
Le dita della donna giocavano con la rada peluria nera del petto dell’uomo. Le labbra di lei avevano baciato la pelle candida del mago più volte.
Le parole non servivano. Solo gli sguardi e le carezze bastavano per esprimere tutto il loro amore.
Le candele, quasi del tutto consumate, volteggiavano a mezz’aria illuminando debolmente la camera da letto di Severus.
Alcuni piani più in alto si poteva ancora sentire la musica dell’orchestra in Sala Grande.
La strega sorrise ripensando a tutti i dubbi che l’avevano tormentata solo qualche ora prima. Le paure spazzate via solo con un bacio. Il terrore di un rifiuto eliminato con una carezza.
- Avrei voluto corteggiarti. – mormorò il mago.
- Mi hai corteggiato. – rispose Hermione debolmente – Anche se non te ne sei accorto.
Severus si voltò di lato per poterla osservare meglio.
- In molti avranno qualcosa da ridire su di noi. - alzò il braccio sinistro e le accarezzò il volto.
- Non mi interessa.
Le sfiorò le labbra.
La donna sorrise osservando il viso dell’uomo che amava.
Il cuore le scoppiava di felicità, sentiva che stava per piangere di nuovo ma si trattenne. Nulla, nemmeno le lacrime di gioia, potevano rovinare quel momento.
Finalmente insieme.
Finalmente felici.
Stava per dirgli quando lo amasse quando il suo sguardo fu catturato dall’avambraccio.
Severus seguì lo sguardo e trattenne il fiato.
Il Marchio era ancora ben visibile, impresso nella sua carne.
Il segno più concreto della sua colpa. Del suo passato. Di tutto quello che cercava invano di dimenticare.
- Ti fa ancora male? – gli domandò senza smettere di fissare quel lembo di pelle.
- Solo quando ricordo cosa significa. - spiegò lentamente – Col tempo sbiadirà, sembrerà solo una strana voglia. Ma non se ne andrà mai definitivamente. E nessuno dimenticherà il suo significato.
La osservò attentamente mentre fissava il lugubre marchio. La sua espressione era indecifrabile.
La pelle fremette e gli occhi si socchiusero quando un polpastrello iniziò a seguire le spire nere del serpente.
- Ci saranno persone Hermione che non...
- Non mi importa. – lo interruppe incatenando il suo sguardo – Per me sei perfetto così.
Severus sorrise e si chinò per baciarla di nuovo.


Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** # 077 Cosa? ***


Big Damn Table
# 077 Cosa?

- Che cosa? – Ginny scattò in piedi pestando le mani sul tavolo.
Leo, appollaiato in cima alla credenza della cucina, arruffò le piume indispettito dal rumore improvviso che l’aveva destato dal suo sonno.
- Vedi? – rispose tranquillamente Hermione bevendo un sorso di the freddo – E’ per questo motivo che non te l’ho detto subito.
- Ma... ma... lui é Piton! Non ricordi come ti trattava al primo anno? Quando non ti faceva rispondere alle sue domande. O al secondo anno quando ti ha dato della stupida ragazzina infantile perché usavi l’autografo di Allock come segnalibro. O nel terzo che ti chiamava Insopportabile Sotutto. O nel quarto quando...
- Non c’é bisogno che mi ricordi tutte le volte che Severus é stato un bastardo.
- Allora spiegami cosa ci trovi in lui.
La strega poggiò il bicchiere sul tavolo e sospirò.
- Tu non vedi quello che vedo io. E non ho intenzione di spiegare i miei sentimenti a nessuno. Lo amo, mi rende felice.
La ragazza fece una lieve smorfia e tornò a sedersi.
- Continuo a non capire.
La strega alzò le spalle e prese la rivista che l’amica stava leggendo.
- Non é un problema mio. – le disse freddamente sfogliando le pagine a caso.
Ginny osservò l’amica. Hermione era sempre stata più matura rispetto alla sua età ma solo ora si rendeva conto della differenza tra lei, Harry e Ron.
Harry e Ron sembravano ancora dei ragazzi immaturi. Li trovava ancora a ridere su delle stupidaggini. Hermione, invece, non rideva più da mesi.
Quando le avevano detto che c’entrava un uomo aveva creduto che fosse uno degli impiegati del Ministero, dove aveva lavorato per qualche mese dopo la sconfitta del Signore Oscuro. Il suo silenzio l’aveva fatta soffrire ma aveva deciso di rispettare la sua decisione.
Lei sapeva bene che c’erano battaglie che andavano combattute in solitudine.
Ora, nonostante tutto, non riusciva comunque a capire cosa ci trovasse in Severus Piton.
Ai suoi occhi Piton restava un bastardo untuoso che le aveva fatto passare interi pomeriggi a sviscerare rospi.
Non riusciva a vederci un lato umano e non aveva mai preso in considerazione che avesse anche un lato vagamente romantico.
Certo la loro amicizia l’aveva colta di sorpresa ma si era abituata a vederli parlare durante i pomeriggi grigi delle vacanze natalizie. Non la trovava più così anormale.
Ma vederli come coppia era un altro discorso.
Harry avrebbe dovuto dirglielo o, quanto meno, prepararla al duro colpo.
Lei, comunque, non avrebbe dovuto giudicare le sue decisioni. Hermione le era sempre rimasta vicina. Era stata lei a consigliarle di uscire con altri ragazzi quando Harry non aveva occhi che per Cho e in lei non vedeva che la sorella del suo migliore amico. Ed era sempre stata lei a consolarla quando Harry l’aveva lasciata per paura di ripercussioni da parte di Voldemort.
Harmione le aveva sempre dato ottimi consigli sull’amore ma, ora che ci pensava, non l’aveva mai vista innamorata seriamente di qualcuno.
Krum era stata una cotta passeggera finita dopo la sua partenza. Perfino l’infatuazione per Ron si era dimostrata una semplice cotta adolescenziale culminata con un bacio impacciato e, a sentir lei, orribile.
Ora, però, sembrava una cosa seria. Hermione parlava di lui con il sorriso sulle labbra. Gli occhi brillavano e sembrava veramente felice.
Aveva ripreso a ridere.
Anche se il merito andava ad un untuoso pipistrello bastardo.
- E va bene, - disse con tono teatrale spostando i capelli all’indietro con una mano – vorrà dire che dovrò imparare a conoscere meglio il pipistrello untuoso.
Hermione alzò gli occhi dalla rivista e trattenne un sorriso.
- Mi ama…- le disse con un filo di voce – e io amo lui…
Ginny sorrise e annuì.
- Sorvolo sul tuo pessimo gusto in fatto di uomini, ma sono felice per te, Hermione.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** # 022 Nemici ***


Big Damn Table
# 022 Nemici


Un sopracciglio si inclinò pericolosamente verso l’alto mentre osservava con curiosità il visitatore di quell’afoso pomeriggio di metà Luglio.
Spinner’s End era invasa dai raggi del sole, l’aria statica e l’afa facevano tremolare la linea dell’orizzonte. Per le stradine polverose non c’era in giro nessuno. Neppure il solito cane randagio, magro e puzzolente, che lui aveva battezzato simpaticamente con il nome Sirius.
Severus Piton si scostò di lato facendo entrare l’ospite inaspettato.
- Come conosci il mio indirizzo, Potter?
- Lavoro al Ministero ora. – spiegò il ragazzo sopravvissuto togliendosi il mantello, dentro la casa l’aria era più fresca e decisamente meno afosa; un altro motivo per amare la magia – Mi è bastato chiedere in giro.
- Gli standard degli Auror sono calati in modo vergognoso se hanno accettato un pessimo pozionista come te all’addestramento. – sibilò acido l’uomo andando verso la cucina – qualcosa da bere?
Harry Potter seguì l’ex-professore fino alla piccola cucina e lo osservò mentre, con un tocco di bacchetta, ghiacciava una brocca con all’interno del liquido ambrato. Scosse la testa quando il mago gli porse un bicchiere e incrociò le braccia al petto.
- Sono qui per una questione importante.
- Se vuoi chiedermi di darti ripetizioni, - disse subito beffardo l’altro bevendo un sorso della bevanda – la mia risposta è: arrangiati.
Potter fece un leggero sorriso.
- No, non si tratta del mio addestramento.
- Non ho tutto il giorno, - si spazientì Piton – ho altro da fare. E sto aspettando qualcuno.
- Sono qui per Hermione, Piton.
Severus non sapeva se essere più sorpreso del tono di voce usato dal ragazzo o dell’argomento proposto.
- Visto che ho parlato con lei attraverso il camino solo qualche minuto fa so che sta bene. – valutò il pozionista portandosi il bicchiere alle labbra – Quindi cosa vuoi sapere?
- Hermione è la mia migliore amica….
- Mio malgrado…- borbottò Severus prima di bere.
- … ed è molto innamorata di te. - continuò Potter sorvolando sul suo sarcasmo – Anche se non capisco come faccia a sopportarti.
- Ci sono molte cose che non riuscirai mai a capire, Potter. – rispose Piton appoggiando il bicchiere sul piano di lavoro – Ormai mi sono rassegnato alla tua naturale incapacità. Detto questo, posso sapere cosa vuoi da me?
L’apprendista Auror trasse un profondo respiro:
- Voglio che mi prometti che non la farai soffrire.
Severus restò in silenzio valutando l’espressione di quello che, forse, era lo studente che più aveva odiato nella sua carriera di insegnante.
Arrogante. Presuntuoso. Altezzoso e con manie di protagonismo.
Assomigliava maledettamente a suo padre.
Ma, per quanto lo odiasse, in quel momento ammirava il suo coraggio. E la sua preoccupazione verso la migliore amica.
Questo, tuttavia, non lo rendeva meno insopportabile.
- Non ho intenzione di farti nessuna promessa, Potter. E, soprattutto, questo genere di discorsi non devo farlo con te. – gli rispose lentamente.
Harry Potter restò in silenzio qualche secondo, stava studiando lo sguardo del mago. Nero, penetrante ma, diversamente da quello che ricordava, non sembrava più freddo e distaccato. Vedeva una luce nuova. Calda.
Doveva farsi bastare quella specie di risposta. In fondo lui sapeva che Severus era in grado di amare. Voleva solo fissarlo negl’occhi mentre parlava di Hermione.
Sorrise e prese il mantello che aveva appoggiato ad una sedia.
- Bene. – disse appuntandolo alle spalle – Non c’è bisogno che mi indichi l’uscita, la trovo da solo.
- Potter…- lo fermò Piton prima che uscisse dalla cucina – la mia relazione con Hermione non cambia le cose tra di noi. Non sarò mai tuo...- la bocca si contorse in un ghigno come se non volesse pronunciare quella parola - ...amico.
Il sorriso sul volto del giovane mago si allargò.
Detestabile.
- Nella vita servono anche i nemici.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** # 043 Diamante ***


Big Damn Table
# 043 Diamante


Hermione lo fissava incantata.
Aveva sognato quei magici momenti per settimane, mesi ed ora che erano arrivati, ancora, non riusciva a crederci.
Era sdraiata nel letto con Severus. La luna brillava ancora alta nel cielo puntinato di stelle.
Lo fissava mentre dormiva.
Lo faceva quasi ogni volta che passavano la notte insieme. Voleva imprimersi nella memoria ogni sua espressione.
Era ridicolo fissarlo per ore durante la notte, sforzando la vista oltre il buio della stanza. Ma non riusciva ad evitarlo.
Severus era da sempre un uomo misterioso e dalle mille sfaccettature.
Dolce e romantico un minuto prima.
Sarcastico e pungente l’attimo dopo.
Lo amava anche per questo.
Ogni giorno era una nuova scoperta.
Un nuovo volto da ammirare.
Un nuovo Severus da amare.
Era come un diamante. Mille sfaccettature che riflettevano la luce della sua anima complessa e dannatamente seducente.
Sapeva che ci sarebbero stati tempi duri. Per quanto lui si fingeva tranquillo in sua presenza, sapeva che gli incubi lo tormentavano di notte. Che il sangue versato in passato non poteva essere dimenticato. I fantasmi delle sue colpe avrebbero minato la loro tranquillità.
Lo sapeva.
Ed ora pronta a combattere.
Per lui. Per il suo amore.
Per il suo bellissimo diamante nero.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** # 006 Rosso ***



Buongiorno a tutti!
Prima di inserire il nuovo capitolo é giusto fare una precisazione.
Nel capitolo precedente (Diamante) mi é stato detto che potrei essere accusata di plagio verso la trilogia di Ida59 Cristallo Nero .
Fortunatamente Ida é una mia amica, quidi ho provveduto immediamente a contattarla e ad inviarle il pezzo "incriminato" così che valutasse di persona se il plagio ci sia stato o meno.
Questa é la sua risposta (inserita anche qui nei commenti):
Nessun problema di plagio con il mio "Cristallo Nero".
Conosco molto bene Ellyson, che è mia amica, e mi ha chiesto di leggere la storia: non rilevo il minimo elemento di plagio e ho trovato la fic molto piacevole e, come sempre, solo Ellyson riesce a farmi accettare, e perfino apprezzare, un pairing che a priori mi pare impossibile... ma come lo scrive lei!
Ida
Credo che sia tutto risolto! (^_-)
Bene detto questo:
Buona lettura!
Elena


Big Damn Table
# 006 Rosso


Strofinava. Forte. Intensamente.
L’acqua scorreva dal rubinetto gelata.
Le mani erano rosse, fredde. Gli facevano male.
Ma non smetteva di strofinarle.
Le vedeva.
Lucenti. Scarlatte.
Le macchie del suo peccato.
Macchie rosse che sporcavano le sue mani.
Sangue che colava lungo le dita.
Strofinò più forte.
La pelle bruciava ma non si fermava.
Sporco.
Impuro.
Colpevole.

Sfregava più forte.
Si ferì le mani. Il sangue vero si mischiò a quello immaginario.
Ancora quel sogno.
Ancora quel tormento.
Lui che uccideva. Che torturava. Che rideva. Che si sporcava di sangue innocente.
Ovunque era rosso. Rosso sangue.
E, questa volta, il sangue che lo macchiava era di Hermione.
Il denso liquido rosso non smetteva di sporcargli le mani. Più strofinava, più le macchie si ingrandivano. Nel naso avvertiva il pungente odore metallico.
Gemette.
- Severus?
Una voce flebile, ancora assonnata, lo chiamava dall’altra parte della porta del bagno.
Il sangue non andava via.
- Severus? – questa volta sembrava più ansiosa.
Non rispose e graffiò con più forza la pelle. Il sapone bruciava sulle ferite.
Udì appena la maniglia che veniva abbassata e la porta che si apriva.
Neppure l’imprecazione colorita che uscì dalle labbra di Hermione lo fermò.
Continuava a strofinarle nella speranza che il sangue sparisse dalla sua vista.
Dalla sua vita.
- Non va via...- mormorò con un filo di voce, lo sguardo perso sulla pelle graffiata e arrossata, nella mente ancora le immagini dell’incubo che l’aveva svegliato di soprassalto - non andrà mai via.
Hermione si avvicinò, mise le sue mani sulle sue.
Avvertiva il calore della sua pelle.
- Basta così, Severus.
Gli tolse con delicatezza la spugna e il sapone lasciandogli le mani sotto lo scroscio gelato dell’acqua.
La lasciò fare. Non aveva le forze per opporsi.
La vide chiudere il rubinetto e prendere uno degli asciugamani dell’armadietto. Gli tamponò le mani con delicatezza senza dire una sola parola. Quando la pelle fu asciutta alzò lo sguardo incatenando i loro sguardi.
- Non avresti mai dovuto vedermi così.- mormorò come se si fosse accorto solo in quel momento della sua presenza.
- Va bene. – rispose lei con calma prendendogli le mani e portandosele alle labbra – Andrà tutto bene.
Iniziò a lambire la pelle con le labbra. Ogni graffio veniva baciato più e più volte.
Si sentì fragile. Vulnerabile. Ma, per la prima volta dopo anni, quelle sensazioni non gli diedero fastidio.
Si sentì abbracciare.
La lasciò fare di nuovo.
Aveva bisogno di lei e del suo amore incondizionato.
Mentre la stringeva si guardò le mani.
Erano rosse. Graffiate.
Ma il sangue dei suoi incubi era sparito.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** # 093 Ringraziamento ***


Big Damn Table
# 093 Ringraziamento


L’estate stava lasciando il posto all’autunno. Le giornate si facevano più corte e il sole non scaldava più come le settimane precedenti. Le foglie iniziavano ad ingiallire e a cadere per strada, dove spazzini svogliati pulivano i marciapiedi.
Un vento carico dell’odore pungente della pioggia soffiava da nord, costringendo la gente ad indossare i soprabiti e i vestiti più pesanti.
Camminava spedito tra la folla sul marciapiede; le automobili Babbane, sporche e rumorose, sfrecciavano sulla strada. Il mantello nero era rimasto abbandonato sul letto. Per coprire gli abiti scuri aveva indossato un lungo soprabito grigio appartenuto al padre. Una tasca era bucata e dall’orlo della manica destra penzolavano dei fili bianchi. Gli ultimi due bottoni in basso erano andati persi anni prima.
Lo indossava solo se non poteva evitare di camminare tra i Babbani. Quel cappotto vecchio e logoro era l’unico oggetto ereditato dal padre e non aveva intenzione di modificarlo con la magia. Non lo teneva per mantenere vivo il suo ricordo, non c’era bisogno di un pezzo di stoffa per rivivere tutte le volte che aveva picchiato sua madre; lo conservava solo per non dimenticare le sue origini.
Percorreva le stradine secondarie di Angell Town; una zona periferica di Londra abbastanza insignificante e troppo poco interessante per i turisti.
Si guardava appena intorno, poche cose erano cambiate dall’ultima volta che vi aveva messo piede.
Quando giunse a destinazione il vento soffiava con maggiore intensità e le nubi grigie si intravedevano in lontananza.
Il cancello era arrugginito, l’edera secca ricopriva le sbarre. I resti di due gargoyle di pietra ormai in frantumi sorvegliavano l’entrata apparentemente abbandonata.
Un catenaccio era stato installato da poco, ma qualcuno, probabilmente un branco di ragazzini che volevano solo dimostrare il loro coraggio, aveva tagliato due anelli metallici permettendogli di entrare senza estrarre la bacchetta.
Il cigolio sinistro dei cardini non accompagnò la sua entrata come ricordava. Il vecchio guardiano doveva essere morto lasciando il posto ad un giovane lavoratore che manteneva in funzione la vecchia entrata del cimitero.
Le lapidi erano risposte in file perfette, distanziate l’una dall’altra come tanti bravi soldatini di pietra.
L’erba verde cresceva incolta tra le tombe.
I suoi passi erano attutiti dal terreno molliccio e dal muschio cresciuto sull’unico piccolo sentiero che attraversava il campo santo.
Il cimitero era piccolo, isolato, mal tenuto. Come il resto del quartiere.
L’uomo si diresse con passo deciso verso le file più lontane dall’entrata.
Non c’erano grandi monumenti funerari. Nessun angelo di pietra. Niente frasi significative o fiori sgargianti e dal profumo pungente.
Solo grigie lastre di pietra con i nomi dei defunti in lettere di bronzo ormai ossidate dal tempo.
Si avvicinò alla terza tomba della seconda fila.
La lastra era coperta da foglie grigie e petali secchi di fiori provenenti dalle altre tombe adiacenti.
Il mago si abbassò e con la mano tolse la sporcizia, per nulla preoccupato di non farla cadere sulla lastra di pietra adiacente.
Quando la lapide fu pulita del tutto l’uomo restò in ginocchio facendo scorre lo sguardo sul nome.
- Scusa se non sono venuto per anni. – mormorò alla pietra – Ho avuto un periodo difficile.
Il vento soffiava forte, sibilando tra le cripte presenti nel cimitero.
- Sai bene che non ho mai creduto al paradiso - lanciò velocemente un’occhiata alla lapide accanto, dove un altro nome dorato faceva capolino tra le foglie morte – o all’inferno. Vorrei tanto sapere se sei in pace. Lontano dal dolore. – un’altra occhiata alla tomba vicino – O da lui. – si alzò e si spazzolò i pantaloni dal terriccio - Ho fatto molte azioni ignobili nella mia vita. Ma ora credo di essere un uomo migliore. Sono certo che tu saresti fiera di me, se solo tu potessi vedermi. – le mani si strinsero a pugno – Credo di poter essere felice adesso. Sento che posso vivere questo amore in modo sereno e senza preoccupazioni.
In lontananza un vaso si rovesciò sotto la potenza del vento, il suono rimbombò in tutto il cimitero deserto.
- Mi piace pensare che sei stata tu a mandarmi Hermione. – un lieve sorriso fece incurvare le labbra del mago – Grazie, mamma.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** # 019 Bianco ***


Big Damn Table
# 019 Bianco


Hermione sistemò le pieghe della vaporosa gonna bianca.
Nelle orecchie solo il suono incessante del battito del suo cuore. Gli occhi erano lucidi per via delle lacrime che non riusciva a trattenere.
- Sono così emozionata. – mormorò Ginny, anche lei con gli occhi luminosi e le mani tremanti – Io non posso ancora crederci.
La strega sorrise stringendo i lacci del bustino bianco del vestito da sposa.
- Credo che piangerò di nuovo…
- Non ci provare! – l’ammonì dolcemente Hermione – Altrimenti mi metterò a piangere anch’io e ci si scioglierà tutto il trucco. A nessuno piace una sposa con il trucco colato sulla faccia.
- Hai ragione, - rispose l’altra sventolandosi una mano davanti al viso per impedire alle lacrime di scendere – devo restare calma.
Luna aprì la porta della stanza. Indossava il vestito delle damigelle color grigio perla, i capelli, di un biondo brillante, erano stati intrecciati con nastri neri. In più Luna aveva aggiunto un suo tocco personale indossando una collana fatta di tappi di sughero e biglie di vetro rosso.
- Qui tutti si stanno chiedendo se la sposa sia scappata con uno gnomo da giardino. – fece osservandole spazientita - Siete pronte? O devo sospettare che i Restelli vi hanno confuso la mente.
- I che cosa? – domandò Ginny dimenticandosi, per un secondo, il significato di quella giornata.
- I Restelli. – ripeté Luna leggermente spazientita – Sono grossi come degli scarafaggi e hanno il potere di confondere la gente. Il tuo giardino ne è pieno, sai? Spesso si nascondono nelle fondamenta delle vecchie case. Questo, - continuò toccandosi la collana – è un amuleto per evitare il loro potere. Mio padre mi ha raccontato storie tremende di persone che hanno vagato per giorni nelle foreste prima di ricordarsi il loro nome.
- Luna, - fece Hermione interrompendo quell’improvvisa lezione di Cura delle Creature Magiche immaginarie – di a tutti che siamo quasi pronte.
- Perfetto. – sorrise la ragazza dimenticando le creature e chiudendosi la porta alle spalle.
Ginny scosse il capo ridacchiando.
- Credi che Luna sarà sempre così?
- Lo spero.
Hermione diede l’ultimo tocco ai capelli.
- Bene. – disse prendendo il bouquet di rose rosse e bianche – Siamo pronte.
Ginny annuì.
- Sono nervosa. – ammise – Mi sento i Folletti della Cornovaglia nello stomaco.
- E’ normale, – la confortò l’amica passandole il bouquet – ogni sposa si sente così.
Le due streghe si avvicinarono alla porta che dava sul giardino della Tana e fecero un profondo respiro.
- Ci siamo.
- Ci siamo.
Con una spinta decisa Hermione aprì l’uscio.
La luce del sole accecò le due streghe per qualche minuto. Quando gli occhi si abituarono alla luce videro gli inviati seduti nel giardino della Tana.
Tutti si voltarono a fissarle.
Hermione sorrise e iniziò a camminare a testa alta.
Mentre prendeva il suo posto di damigella d’onore fece vagare lo sguardo tra gli ospiti.
Tra vestiti sgargianti e capelli rossi intravide Severus vestito di scuro e con l’espressione arcigna.
Accompagnarla al matrimonio di Ginny e Harry era l’ennesima prova del suo amore. Incrociò il suo sguardo e sorrise pensando che un giorno anche lei avrebbe voluto indossare un abito bianco.



www.ellyson.forumcommunity.net

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** # 089 Lavoro ***


Big Damn Table
# 089 Lavoro


Era sciocco.
Illogico.
Eppure non riusciva a calmarsi.
Le dita tamburellavano nervose sul piano del tavolo della cucina mentre Hermione descriveva entusiasta il suo nuovo lavoro.
Parlava di sorprendenti scoperte e antiche magie.
Era così concentrata sulla descrizione minuziosa di ogni particolare che non si era accorta del suo pessimo umore.
- Dovresti vedere il laboratorio, Severus. E’ bellissimo e posso provare ogni tipo di magia, sto studiando su un vecchio tomo che potrebbe essere appartenuto a Merlino. E poi é un ambiente così stimolante. Il professor Murray ha così tanta esperienza e Ludwich...
Al suono di quel nome non riuscì a trattenere uno sbuffo infastidito.
Hermione si bloccò fissandolo incuriosita.
- C’é qualcosa che non va?
- No, sto bene.
- Sei arrabbiato?
- No.
- Stai male?
- No.
- E’ successo qualcosa?
- No.
- Allora perché...
- Da quando lo chiami Ludwich?- sbottò infastidito senza calare la repulsione che provava pronunciando quel nome.
Hermione parve disorientata per qualche istante, poi sorrise comprensiva.
Odiava quel sorriso benevolo e compassionevole.
- Sei geloso. – affermò con sicurezza la donna.
Sbuffò, afferrò la Gazzetta del Profeta dal tavolo e vi nascose dietro il viso.
- Assolutamente no.
- Sì, invece, sei geloso del figlio del professor Murray.
- Sciocchezze.
Hermione gli abbassò il giornale spiegazzandolo tutto.
- E’ solo un collega di lavoro.
- Da quello che ho sentito avete molto il comune. – rispose a tono il mago socchiudendo gli occhi in due sottili fessure – Potrebbe diventare molto più che un semplice collega.
- Anche tu hai delle colleghe a scuola. – ribatté prontamente lei – O mi sbaglio?
Severus sgranò gli occhi.
- Certo potrei tradirti con Minerva o Pomona... o forse preferisci la dolce e sensuale Sibilla? Ho sempre voluto scoprire cosa cela sotto tutti quegli scialli.
Hermione trattenne una risata cercato di restare il più possibile seria.
- Ludwich é solo un collega. – tornò a ripetere con più enfasi, poggiando i pugni sui fianchi in una curiosa e sorprendentemente realistica imitazione di Molly Weasley – E ti sarei grata di comportarti in modo più maturo.
Severus fece una smorfia, raddrizzò il giornale e tornò a leggere l’articolo sulle coltivazione illegali di Tranello del Diavolo scoperte nella cantina di un mago a Londra di cui non gliene fregava assolutamente nulla.
- Comunque, - continuò con finta disinvoltura l’altra – hai ragione quando dici che abbiamo molto in comune.
Lo sguardo era fisso sulla prima riga dell’articolo, le orecchie ben tese a captare ogni minimo cambiamento nel tono di voce della compagna.
- Davvero? – buttò lì come se fosse una domanda innocente.
- Entrambi amiamo le magie antiche, traduciamo con disinvoltura le rune, abbiamo una collezione enorme di antichi libri e, per ultimo, entrambi abbiamo già un compagno.
Severus abbassò lentamente il giornale, Hermione aveva ancora i pugni sui fianchi e sorrideva vittoriosa.
- Compagno?
- Sì, compagno.
Non volendo darle la soddisfazione di sentirsi un idiota, Severus tornò a leggere il giornale.
- Bene. – disse solamente come se la questione fosse risolta.
Hermione ridacchiò, gli sfilò il giornale dalle mani, lo appoggiò sul tavolo e si sedette sulle sue gambe come una bambina piccola.
- Dovrei essere gelosa anch’io delle tue belle studentesse dell’ultimo anno?- mormorò dolcemente intramezzando la frase con teneri baci sul suo volto.
- Non so se sono belle. – rispose il mago accarezzandole la schiena avvertendo il calore della pelle attraverso la stoffa leggera - Io non guardo le mie studentesse.
Hermione sollevò il viso e lo fissò negl’occhi, Severus si rivide riflesso nel suo sguardo. Un sopracciglio si incurvò leggermente verso l’alto.
- Non hai mai guardato le tue allieve?
Il mago distese le labbra in un vago sorriso.
- Tu sei l’eccezione.
La strega sorrise compiaciuta avvicinando le labbra alle sue:
- Così va meglio. – sussurrò prima di baciarlo.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** # 027 Genitori ***


Big Damn Table
# 027 Genitori

Severus si guardò allo specchio.
Orribile.
Semplicemente orribile.
Disfò il nodo della cravatta e riprese l’operazione dall’inizio.
- Severus sei pronto? – urlò Hermione dal salottino della casa di Spinner’s End – Siamo in ritardo di cinque minuti.
Il mago borbottò qualcosa sulla smaterializzazione e disfò, nuovamente, il nodo della cravatta.
Assomigliava in modo inquietante a suo padre in quel preciso momento.
Voleva trovarsi ovunque tranne che in quella stupida casa, con quella stupida cravatta, a fare e disfare quello stupido nodo come uno stupido Babbano qualsiasi.
Sbuffò frustrato.
Sentì i leggeri passi di lei sulle scale, grugnì qualcosa di incomprensibile perfino per lui e tornò a sistemarsi l’indumento.
Voleva essere perfetto per quella serata e lui sapeva bene che l’aggettivo perfetto mal si accostava alla sua persona.
O a qualsiasi cosa lo riguardasse da vicino.
Hermione entrò nella stanza. Indossava un corto abito da sera nero, stringeva tra le mani una minuscola borsetta di paillettes .
Lei era perfetta.
- Non sei costretto a portare la cravatta. – gli disse comprensiva.
- Siamo a cena in un ristorante Babbano, giusto? – ripose sistemandosi il colletto della camicia bianca – Non voglio sembrare sciatto.
Hermione si avvicinò di un passo.
- E’ solo una cena. – fece con un leggero sorriso – Non mi dirai che sei nervoso?
Severus disfò nuovamente il nodo.
La donna sollevò le sopracciglia stupita.
- Hai combattuto contro i Managiamorte!
- In questo momento preferirei combattere contro l’Oscuro Signore in persona.
Hermione ridacchiò.
- Dobbiamo solo cenare con i miei genitori. Li hai già incontrati una volta.
- Avevo appena sbloccato la loro memoria. – rifletté il mago muovendo i lembi della cravatta nella speranza di fare un nodo migliore – Erano confusi e spaventati. E ricordo moto bene che mi hai presentato come Professor Piton.
- Eri ancora il mio professore!
- Penseranno che sono troppo vecchio. – mormorò armeggiando con la cravatta ormai tutta spiegazzata - Dannazione a questa stupida cosa! – sbottò irritato lanciando l’indumento contro lo specchio dove rimase impigliata nella elaborata cornice d’argento appartenuta in passato alla madre.
- Hanno molta stima di te. – cercò di tranquillizzarlo poggiandogli una mano sulla spalla – Non devi aver paura.
- Io non ho paura. – rispose indignato l’altro – Ma devi tenere conto, Hermione, che potrei benissimo essere tuo padre. Io...
- Sei l’uomo che mi rende felice. – lo interruppe la strega sorridendo – E questo quello che conta. Vedrai che anche loro la penseranno così. – gli diede un leggero bacio sulle labbra, il rossetto magico non lasciò traccia – Andrà tutto bene.
Hermione uscì dalla stanza lasciandosi alle spalle una leggera scia di profumo fruttato.
Severus riprese la cravatta e la sistemò attorno al collo. Il perfetto nodo, non molto diverso da quelli precedenti, fu pronto in pochi secondi. Il mago si guardò allo specchio e sospirò.
- Va bene...- mormorò all’immagine riflessa – andiamo a conoscere mamma e papà.

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** # 028 Figli
***


Big Damn Table
# 028 Figli


I coniugi Granger si scambiarono un’occhiata preoccupata quando la loro unica figliasi presentò al ristorante accompagnata da quello che loro ricordavano come un semplice professore.
Quando Hermione aveva anticipato che alla cena voleva presentar loro una persona importante avevano subito intuito che si dovesse trattare di un possibile fidanzato. Avevano immaginato quel Ronald Weasley con cui parlava sempre alla stazione di King’s Cross. Oppure qualche altro compagno di scuola.
Invece, accanto alla loro unica figlia, c’era un uomo.
Un uomo molto più grande.
Un suo ex professore.
Dopo le prime presentazioni calò un silenzio imbarazzante, interrotto solo dall’arrivo del cameriere, accolto con troppo entusiasmo dai presenti, per prendere le ordinazioni.
Verso la metà della prima portata Hermione iniziò a parlare del suo nuovo lavoro. Cercò di utilizzare più dettagli possibili così da protrarre la discussione fino alla seconda pietanza.
A Elisabeth Granger bastarono poche e ben studiate occhiate da madre per capire che quell’uomo era perfetto per sua figlia. Sembrava attento alle esigenze di Hermione; le lasciava vivere appieno la sua vita e, da come lei lo aveva descritto in più di un’occasione, – e da lì avrebbe già dovuto intuire qualcosa – era anche un uomo molto intelligente e stimato nel mondo magico.
George Granger non era dello stesso parere.
Aveva parlato molto poco durante il lungo discorso della sua bambina sul nuovo lavoro. Aveva solo osservato l’uomo masticando un boccone di carne con troppa veemenza immaginando di sbranare quello stesso uomo che aveva anche solo osato mettere le mani – le sue mani da uomo adulto – sulla sua piccola ed indifesa bambina.
Fissava quel Severus – che nome idiota – Piton con non poca celata antipatia.
Era grande.
Troppo grande.
Decisamente non andava bene per la sua piccola Hermione.
Severus si sentiva un ragazzino impacciato.
Era come esser tornato indietro negli anni. Nell’estate tra il terzo e il quarto anno a Hogwarts, Lily l’aveva invitato a casa sua per un pomeriggio di studio. L’imbarazzo che aveva provato di fronte ai genitori della ragazza era stato allora esattamente lo stesso di quel momento.
Si sentiva inadeguato.
Ma, nonostante l’inquietudine che provava, cercava di apparire il più calmo possibile, pregando mentalmente che quella tortura finisse presto.
Era pur sempre un ex Mangiamorte, santo Merlino!
Mentre allungava una mano verso il cestino del pane lo sguardo fu catturato dal padre di Hermione.
Decisamente lo stava guardando in un modo torvo. Si chiese se, mentre masticava quel pezzo di carne, non stesse immaginando di masticare lui.
- ... vero, Severus?
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dalla domanda improvvisa di Hermione, cogliendolo di sorpresa. Si voltò a fissarla per qualche istante.
- Ho detto...- vene subito in suo soccorso la strega con un sorriso comprensivo – che il Ministero sta prendendo in considerazione di darti l’Ordine di Merlino, Prima Classe.
- Sì, - rispose osservando i due Babbani e ricevendo, come risposta, uno sguardo diffidente dall’uomo – avrò la risposta nel giro di qualche giorno.
- E’ un riconoscimento importante? – domandò Elisabeth curiosa.
- E’ uno dei più importanti, mamma. – rispose Hermione con orgoglio sfiorando la mano di Severus sul tavolo.
A quel gesto George Granger si alzò di scatto.
Non poteva tollerare ancora per molto quella situazione.
Alcuni presenti in sala si voltarono a guardarlo.
- Papà?- fece Hermione preoccupata – Stai bene?
Il Babbano guardò velocemente la moglie che gli lanciò una delle sue occhiate penetranti che potevano significare solo una cosa: Stai zitto o stasera dormi nella cuccia del cane!
- Sì...- rispose titubante spostando lo sguardo sulla figlia – ho bevuto un bicchiere di vino di troppo. Vado in bagno.
Si mosse più velocemente del dovuto.
Sparì dietro l’angolo ed entrò in bagno rischiando di finire addosso ad un cameriere appena uscito dalla porta della cucina lì accanto.
Entrò nel primo cubicolo libero e chiuse la porta a chiave.
I suoi sforzi erano inutili. Non avrebbe mai accettato che quell’uomo prendesse parte della vita di sua figlia.
- Signor Granger?
La voce profonda del professor – molestatore di ragazzine indifese – Piton lo colpì all’improvviso come una secchiata di acqua gelata.
Si guardò attorno leggermente a disagio.
- Sono... occupato... - mormorò passandosi una mano tra i capelli castani.
- Aspetterò qui.
Quelle due semplici parole suonarono come una minaccia.
Greorge rifletté velocemente guardando con intensità la porta del bagno, come se potesse vederci attraverso.
Quel Piton poteva anche essere un mago molto potente ma lui aveva dalla sua parte una potere ancora più forte: l’amore di un padre verso la sua unica figlia.
Decise che avrebbe affrontato la questione come un vero genitore.
Aprì la porta e uscì dal piccolo cubicolo.
Il professore aveva la schiena appoggiata ad uno dei lavandini. Le braccia incrociate sul petto.
Non volendo dare l’aria di uno che si era rinchiuso in bagno solo per cercare una via di fuga si diresse al lavandino accanto e iniziò a lavarsi le mani.
- Avrei preferito, - continuò il mago senza fissarlo – intraprendere questo genere di discussione in un luogo più adatto. Ma, da quello che ho potuto notare, bisogna affrontare subito la situazione. – voltò il capo per osservare le sue mosse, lui aveva ripreso a sfregarsi le mani con il sapone liquido – So cosa sta pensando.
- Ah si?- non avrebbe voluto essere scortese ma non era stato capace di frenare il tono sarcastico che era uscito dalla sua bocca – Lei sa quello che sto pensando ora, professor Piton? – ci mise troppa enfasi nel calcare quel professore, ma l’altro non disse nulla.
- So benissimo che la differenza d’età può essere un problema.
- Solo un problema? – il Babbano stava quasi urlando, per una frazione di secondo il suo cervello si domandò perché nessuno fosse entrato di corsa per vedere cosa stesse succedendo ma poi si ricordò che l’uomo che aveva davanti era un mago, si voltò di scatto verso l’asciugatore elettrico, schiacciò il pulsante con il braccio e mise le mani sotto il soffio d’aria calda – Hermione é giovane, molto più giovane di lei. – riprese alzando il tono della voce per sovrastare il rumore della macchina - Ed ora deve concentrarsi sulla carriera, sul suo lavoro. Quando arriverà il momento di avere una famiglia lei...
- Sarò troppo vecchio? – finì la frase per lui l’altro.
Stranamente non sembrava adirato.
E la sua voce si udiva perfettamente nonostante il rumore.
- Non ci sarà bisogno di dirle, signor Granger, che... - si voltò verso la porta chiusa del bagno come se volesse assicurarsi che nessuno fosse in ascolto – le persone dotate come me e Hermione hanno una vita molto più lunga rispetto agli altri.
- Questo non cambia la situazione... – dichiarò seccamente l’altro – lei ha vent’anni in più di mia figlia. E’ normale che io sia preoccupato.
- Non avevo mai preso in considerazione l’idea di innamorarmi di nuovo. Ma é successo e senza Hermione probabilmente sarei morto molto tempo fa.
George lo guardò stupito, era un’affermazione troppo personale per essere falsa.
L’asciugatore si spense; tra i due calò un profondo silenzio.
Severus fece un leggero ghigno.
- Non deva preoccuparsi, Signor Granger, non sarò un ostacolo per la vita di Hermione; ma non ho neppure intenzione di rinunciare a lei solo perché suo padre non vuole ammettere che la sua bambina, ormai, é una donna adulta.
Il Babbano sussultò ma non rispose all’insinuazione dell’altro.
Severus si staccò dal lavandino e uscì dal bagno.
George Granger fissò ancora per qualche secondo la porta.
Sperò solo che quel Severus Piton non iniziasse a chiamarlo papà.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** # 090 Casa ***


Big Damn Table
# 090 Casa

La pioggia non aveva dato tregua nell’ultima settimana. Le strade erano chiazzate da grosse pozzanghere per la gioia dei bambini, il cielo era grigio e prometteva solo altra pioggia battente.
Hermione osservò le stradine di Spinner’s End dalla finestra sopra il lavello della cucina.
Sospirò prima di abbassare lo sguardo per controllare il livello dell’acqua nella teiera. Appoggiò il bricco sul fornello Babbano e accese il fuoco con un colpo di bacchetta.
Sospirò di nuovo e tornò a concentrarsi sul piccolo panorama che offriva la finestra che si affacciava direttamente sulla strada.
Le poche persone che camminavano per le stradine erano avvolte da pesanti cappotti impermeabili e stringevano l’ombrello lottando contro la forza del vento. Alcuni spavaldi bambini stavano giocando ai bordi del fiume, probabilmente impegnati a trovare le ultime rane o qualche grosso verme da mostrare vittoriosi a schifate bambine.
Restò ferma a fissare persone sconosciute fino a quando il fischio acuto della teiera non la destò dai suoi intricati pensieri.
Sospirò nuovamente e immerse la bustina di the nell’acqua bollente.
Poteva benissimo fare tutte operazioni con la magia ma quella lunga preparazione le dava il tempo per pensare e riflettere su quello che stava per domandare al suo compagno.
Versò il liquido bollente in due tazze, sospirò l’ultima volta, e andò in salotto dove Severus stava stilando il nuovo programma scolastico.
Appoggiò le tazze al tavolino e si sedette sul divano.
- Quattro. – disse il mago senza alzare gli occhi dal foglio di pergamena.
Si guardò attorno spaesata.
- Cosa?
- Hai sospirato quattro volte da quando hai lasciato il salotto per preparare il the che, tra l’altro, avevi già preparato un’ora fa. – i suoi occhi videro immediatamente la tazza vicino al suo braccio e si sentì arrossire - Cosa ti turba, Hermione?
- Niente!
La fretta con cui aveva risposto e il tono di voce un po’ più alto del solito mettevano in luce il suo reale stato d’animo.
Stava mentendo. Anche i libri risposti con cura nella libreria se ne sarebbero accorti.
L’unica reazione del mago fu quella alzare un sopracciglio fine mentre il pennino della piuma scivolava veloce sulla pergamena.
Restò in silenzio fissando il the nella tazza e ripensando a tutto il discorso che aveva preparato prima di presentarsi a Spinner’s End.
Ora le sembravano solo parole sciocche.
Sospirò di nuovo.
Questa volta Severus alzò gli occhi dal foglio e abbassò la piuma.
Hermione si sentì come un topo in gabbia, non servivano parole per descrivere lo sguardo del mago. La stava spingendo a parlare anche contro la propria volontà.
- Stavo pensando…- iniziò titubante, osservando improvvisamente interessata il bordo del tavolino – le mie cose sono quasi tutte qui… resto a casa mia solo poco tempo. – deglutì e mai un’azione così semplice le sembrò più difficile, avrebbe preferito tornare a casa di Bathilda Bath - Avevo pensato ad un trasferimento definitivo.
Ecco. L’aveva detto.
E si sentì immediatamente stupida, aveva preparato un discorso sull’amore e sull’importanza di dividere una vita insieme. Aveva organizzato tutto, perfino le pause ad effetto per valutare ogni singola sfumatura di espressione di Severus. Invece aveva parlato come una ragazzina impacciata e la sua richiesta le era sembrata una preghiera.
Severus la guardò per qualche istante, poi abbassò il capo sulla pergamena.
- E’ presto. – con quelle due semplici parole aveva distrutto ogni suo sogno, ogni fantasticheria che aveva creato durante i suoi rari momenti liberi.
- Ma… Severus… - la voce le era uscita debole e troppo supplichevole per i suoi gusti.
- Non è ancora il momento. Hai appena iniziato un nuovo lavoro e l’anno scolastico sta per cominciare. Non riusciremmo a stare insieme come vorremmo.
- Non importa… posso aspettarti qui a casa…
- No.
La sua improvvisa freddezza l’aveva ferita. La risolutezza con cui aveva pronunciato quella singola sillaba era stata più dolorosa di mille pugnalate dritte al cuore.
- Va bene. – in tanti anni aveva imparato a captare ogni singola variazione della voce di quello che un tempo era stato il suo professore; in quel momento aveva capito che lui non voleva affrontare il discorso.
- No, non va bene. – sembrava adirato.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
- Ho capito. – continuò alzandosi dal divano di scatto e andando verso la porta d’ingresso – Non vuoi che abiti qui.
- Non è questo. – la sua voce sembrava arrivare da lontano.
Si avvicinò alla porta, mise la mano sulla maniglia ma si fermò, aveva lo sguardo appannato per le lacrime che presto, troppo presto, avrebbero iniziato a scendere.
Era sempre stata una piagnucolona.
Lo sentì alzarsi dalla poltrona e percorrere la piccola, anche se ai suoi occhi sembrava enorme, distanza che li divideva. Mise una mano sulla porta impedendole si aprirla; con due dita le prese il mento.
- Hermione… - mormorò con un sussurro, la sua voce era vellutata, calda – guardami…
Fece un po’ di resistenza, non voleva mostrargli gli occhi gonfi di lacrime.
- Guardami.
Si voltò verso di lui e si perse nei suoi occhi neri capaci di annebbiarle la mente. A tratti il volto di Severus veniva attraversato da un’ombra scura; un’ombra del suo passato che non era stato in grado di sconfiggere.
Quando succedeva si rifugiava in un mondo a lei precluso, un mondo fatto di dolore e sangue. Un mondo che lei avrebbe solo voluto distruggere.
Voleva stargli vicino sempre, voleva dimostrargli che anche in un luogo di morte può esserci vita e speranza.
Voleva solo amarlo.
- Ti amo…- mormorò mentre due grosse lacrime brillavano agli angoli dei suoi occhi – perché non…
Le mise un dito sulle labbra interrompendo la sua domanda.
- Ci sarà un luogo solo nostro da chiamare casa. – mormorò asciugandole le lacrime con il pollice – Ma non è questo. Tra queste quattro mura c’è solo odio e follia. E’ qui che ho visto un padre violento che mi ha tolto l’affetto di una madre ed é qui che ho giurato di porre fine alla vita di… - lo vide chiudere gli occhi qualche istante, come se stesse cercando di scacciare di quel ricordo - No, Hermione, questa non potrà essere casa nostra. La nostra felicità non potrà mai cancellare il male che impregna questo luogo.
Lo strinse forte perché quello che aveva visto sul suo volto, in quell’attimo in cui aveva abbassato le palpebre, non era la solita ombra di disgusto ma era un’ombra di puro dolore.
Lo strinse e pianse per entrambi perché sapeva che lui non avrebbe mai pianto per esorcizzare i suoi demoni.
Perché il suo demone lo vedeva riflesso nello specchio ogni mattina.

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** # 024 Famiglia ***


Big Damn Table
# 024 Famiglia

Molly asciugò le mani nel grembiule che aveva legato in vita.
I piatti si stavano lavando dentro il lavello mentre il gatto finiva di mangiare gli avanzi del tacchino di Natale; dal salotto arrivava il chiacchiericcio della sua famiglia. Quella allargata, grande, rumorosa famiglia che amava più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Si affacciò al salotto e sorrise nel vedere i suoi figli, ormai adulti e alcuni quasi genitori, che si scambiavano i regali seduti sul grande tappeto rosso ai piedi dell’albero di Natale addobbato con gli gnomi travestiti da angelo e le decorazioni che avevano creato i suoi bambini quando erano piccoli. Quando ancora non sapevano quanto potesse essere crudele il mondo al di là del giardino della Tana.
Se chiudeva gli occhi poteva sentire Fred lì con loro a passare quella giornata di festa.
Spostò lo sguardo materno sui due ragazzi che, ormai, considerava suoi figli. Harry stava seduto accanto a Ginny e si aggiustava in testa il cappello di lana che gli aveva confezionato in quelle settimane; dall’altra parte del tappeto c’era Hermione. La sua bellezza sembrava non avere fine, ogni anno diventava più bella, più splendente.
Non si stupiva che Ron se ne fosse innamorato.
Ci aveva sperato in quel rapporto, credeva che l’equilibro di lei potesse aiutare il suo Ronald a dare il massimo, a renderlo un ragazzo più maturo.
Quando le avevano detto che la loro era solo una profonda amicizia fraterna, c’era rimasta male.
Era così certa del loro amore che aveva comprato un piccolo quaderno azzurro e vi aveva segnato ogni idea che le venisse in mente per il loro matrimonio. Per giorni l’aveva riempito con appunti e disegni abbozzati, idee sulle stoffe delle tovaglie o sulle decorazioni, perfino sul possibile menù per il pranzo.
Si era sentita sciocca.
Ma anche dopo quella rottura non aveva mai smesso di sperarci e il quadernetto con gli appunti era rimasto al suo posto, anzi a volte ci aggiungeva qualche particolare. Tutti sapevano della sua esistenza. Tutti sapevano che era riposto nel primo cassetto, accanto alle ricette della nonna.
George e Charlie, a volte, prendevano in giro Ron per ore.
Sorrise mentre Bill mostrava orgoglioso la sua sciarpa fatta da Fleur. Era lunga almeno il doppio del necessario ma lei ci aveva messo amore e questo bastava per renderla bellissima agli occhi di suo figlio.
Una figura nera seduta accanto al camino si mosse appena catturando la sua attenzione.
Severus Piton, il mago che lei non credeva potesse provare un sentimento diverso dal rancore, sedeva su una poltrona accanto ad Arthur; in mano stringeva un bicchiere di idromele. Il suo arrivo l’aveva colta di sorpresa, l’aveva invitato per cortesia verso Hermione, verso la sua seconda figlia, più che per desiderio di averlo in casa il giorno di Natale. Eppure, stupendo tutti, si era presentato alla cena di Natale, aveva mangiato insieme a tutti, aveva scambiato qualche parola perfino con Harry.
Certo, frasi pungenti e frecciatine acide, ma era pur sempre qualcosa. Senza contare che Harry sorrideva ogni volta che Severus gli rispondeva a tono.
Aveva perfino accettato di sedersi in salotto per lo scambio dei doni.
Ne era rimasta colpita.
E l’aveva ancora più colpita gli sguardi che si scambiavano quando pensavano che nessuno potesse vederli.
- Hermione, cara. – disse slacciandosi il grembiule e appoggiandolo su una sedia traballante della cucina - Ti spiace venire con me un attimo in cucina? Avrei bisogno di una mano per servire il dolce.
I piattini da dessert stavano già volando fuori dalla porta quando Hermione varcò la soglia. Osservò il dolce già diviso in portate e i piatti che velocemente si sollevano e volteggiavano fuori dalla finestra.
- Molly… - mormorò la strega confusa – perché mi hai chiamato se… - si interruppe quando la donna l’afferrò per le spalle, aveva uno sguardo deciso.
Hermione ricordò di averle visto quello sguardo una sola volta in vita sua: quando Fred e George avevano lasciato la scuola per aprire il loro negozio di scherzi.
- Dimmi cara, - iniziò a dire la donna – sei felice?
Hermione sgranò gli occhi ancora più confusa:
- Cosa?
- Ti ho chiesto se sei felice. Severus ti rende felice?
La strega sorrise e annuì solamente.
Molly la studiò attentamente qualche secondo, poi ricambiò il sorriso e la lasciò dalla sua stretta.
- In questo caso, - disse prendendo la bacchetta e muovendola appena – ho un altro regalo per te.
Il primo cassetto della cucina ai aprì e il piccolo quadernetto azzurro volteggiò tra le mani di Hermione che trattenne il respiro.
- Molly…
- Aprilo.
- Ma… Molly…
- Aprilo, cara.
Hermione sfiorò la copertina semirigida del quaderno, fece un leggero sospiro e lo sfogliò velocemente.
- Molly…- mormorò corrugando la fronte – ma qui non c’è scritto nulla.
- Ho cancellato tutti i miei progetti, ogni disegno, ogni idea. Era inutile continuare a scriverci sopra e organizzare un matrimonio che non ci sarebbe mai stato.
- Allora perché…
- Voglio regalarlo a te perché tu possa iniziare a riempirlo con tutte le idee che ti verranno in mente per organizzare al meglio il giorno più felice della tua vita con Severus.
Hermione annuì vigorosamente e strinse il quaderno al cuore.
Quello era il regalo più bello che avesse mai potuto desiderare.
Con quel gesto Molly aveva appena accettato Severus nella sua famiglia.

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** # 097 Scelta libera - ovvero Ridere e Piangere ***


Big Damn Table
# 097 Scelta libera ovvero Ridere e piangere



Rideva e piangeva.
La giornata era stata perfetta. Avevano parlato, avevano riso, si erano scambiati fugaci baci sulle labbra come due adolescenti. Erano stati solo loro stessi. Felici, innamorati, sereni.
Perfino le sue rughe, quelle che gli ricordavano quando la vita era stata ingiusta e dolorosa, sembravano meno profonde.
Lui aveva sorriso. Le aveva detto quanto l’amava.
Piangeva.
Avevano passeggiato per le stradine di Londra vestiti da Babbani. Avevano visitato un museo parlando di scultura e pittura. Avevano mangiato in un piccolo bar accanto Piccadilly Circus con il rumore del traffico e il chiacchiericcio dei turisti di sottofondo, ed era stato tutto semplice e perfetto.
Rideva.
Poi l’aveva portata a Diagon Alley: avevano parlato di libri e di musica. Si erano scambiati leggere carezze.
Avevano passeggiato mano nella mano mentre il sole calava e il cielo si tingeva di rosa e arancione. Senza paura dei pensieri della gente. Senza paura di amarsi.
Piangeva.
- Voglio farti vedere una cosa, Hermione.
Il Lago Nero rifletteva i colori pastello del cielo. La superficie leggermente increspata brillava sotto i raggi del sole morente. Era un incanto, bello come un dipinto.
Non aveva mai visto quell’albero di magnolia nel parco di Hogwarts. Ma il giardino era molto vasto e sette anni erano pochi per esplorarlo tutto.
Si alzò il vento. Leggero, caldo e carico dei profumi dell’estate che stava arrivando.
Alcuni petali bianchi dal cuore rosato caddero dal cielo, in una candida, morbida pioggia.
Rideva.
E poi c’era stato solo lui. Solo le sue labbra, il suo sguardo penetrante, le sue mani, le sue dolci parole d’amore.
E il suo cuore.
Non perfetto. Non immacolato.
Ma colmo d’amore. Un amore rivolto solo a lei.
Piangeva.
Lo vide sorridere. Le sistemò un boccolo dietro l’orecchio.
- A questo punto dovresti darmi una risposta, Hermione.
Rideva e piangeva.
E si buttò tra le sue braccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** # 087 Vita ***


Big Damn Table
# 087 Vita


Probabilmente glielo aveva detto nel modo sbagliato.
Anzi ne era certo.
Ma il suo era stato un gesto dettato più dall’istinto che dalla ragione.
Non era stato in grado di trattenersi, le parole gli erano sfuggite da sole, erano scivolate fuori dalle labbra con una facilità che aveva sorpreso perfino se stesso. Era stato facile chiederglielo; più facile di quanto avesse mai immaginato.
Non che perdesse tempo ad immaginare determinate cose.
Ed ora lei piangeva.
Idiota.
Eppure aveva sempre sostenuto che la ragione era nettamente superiore dell’istinto. Che agire senza valutare le conseguenze era da stolti.
Forse frequentare tutti quei Grifondoro aveva minato la sua intelligenza e il suo spirito analitico.
Ma quello che aveva provato, mentre la osservava sulle sponde del Lago Nero, al tramonto con il sole che spariva dietro le colline lasciando nastri color oro nel cielo lilla, l’aveva colto totalmente alla sprovvista. Non era riuscito a trattenersi.
In quell’attimo aveva capito di voler stare con lei per tutto il resto della vita. Voleva addormentarsi accanto al suo corpo, avvertire il suo calore tra le lenzuola e svegliarla con delicate carezze e baci roventi sulla pelle. Voleva avere il suo corpo tra le braccia ogni istante, voleva sentire il suo nome sussurrato da quelle labbra provocanti. Voleva godere dei suoi silenzi e della sua innata capacità di cogliere al volo i suoi pensieri con uno sguardo.
Voleva invecchiare con lei. Assistere al mutamento del suo corpo negli anni e ricordarle sempre quanto fosse bella e quanto la desiderasse.
Voleva essere padre.
Un desiderio che non aveva mai provato prima d’allora.
Non voleva più attendere, gli era sembrato sciocco.
Lei era la sua donna; la sua perfetta metà.
La sua vita.
Non aveva dubbi e quei pochi che potevano sorgere per via della loro evidente differenza d’età o per il suo passato erano stati spazzati via da quell’immagine.
Lei immersa in quell’oro che fissava i petali cadere dall’albero.
Aveva capito.
E glielo aveva detto.
Forse in modo troppo brusco.
Perché lei si era immobilizzata, l’aveva fissato come se fosse impazzito ed era scoppiata a piangere.
Il tatto non rientrava tra le sue qualità.
Sorrise impacciato, così diverso dal Severus che tutti conoscevano, e le sistemò un boccolo ribelle dietro l’orecchio.
Non voleva perderla, non voleva che fosse di altri.
Insieme per tutta la vita.
- A questo punto dovresti darmi una risposta, Hermione.
C’era attesa nel suo tono di voce, speranza, infinito amore.
Hermione scoppiò a ridere tra le lacrime e si buttò tra le sue braccia.
La strinse e chiuse gli occhi sospirando.
Insieme per tutta la vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** # 098 Scelte Libera ovvero Testimone
***


Big Damn Table # 098 Scelte Libera ovvero Testimone

Hermione sbuffò rompendo per qualche istante il fastidioso silenzio che era sceso nella cucina di Grimmauld Place.
Stava in piedi accanto alla porta osservando i due uomini più cocciuti che avesse mai conosciuto sulla faccia della terra.
All’inizio aveva trovato la situazione divertente. Poi era passato al ridicolo.
Per continuare con un assurdo, infantile e finendo con seccante.
Severus e Harry erano seduti agli opposti lati del lungo tavolo.
Un leggero sorriso incurvava le labbra del salvatore del mondo magico mentre si ostinava a fissare la Gazzetta del Profeta – vecchia di almeno due giorni – che Severus aveva aperto davanti al volto non appena si era seduto su quella sedia.
Ogni tanto allungava lo sguardo nella sua direzione, allargava il sorriso, lo indicava con un cenno del capo e tornava a fissarlo come se fosse la situazione più divertente del mondo.
Snervante.
Hermione fissò la chioma corvina del compagno e alzò gli occhi al cielo.
Decise di parlare perché sapeva che né Harry né Severus avrebbero iniziato a parlare per primi.
- Devi scusarci, - iniziò a dire cercando di captare anche il minimo movimento di Severus – ti avevo promesso una breve visita ma…
- Non devi preoccuparti. – le sorrise amichevolmente Harry – Oggi non avevano bisogno di me al Ministero, posso stare qui tutto il tempo necessario.
Era palese che Harry si stava divertendo un mondo.
Severus, invece, faceva di tutto per non emettere neppure il più debole dei suoni.
- Sai, Harry. – continuò la strega – Ne abbiamo parlato a lungo, - era una bugia e lo sapevano tutti e tre; solo lei ne aveva parlato mentre Severus si era limitato a borbottare qualcosa, probabilmente nulla di amichevole – in fin dei conti sei la persona più vicina ad un amico che Severus abbia.
Finalmente il mago, colpito da quell’unica singola parola - amico - abbassò il giornale, lo piegò con cura e lo posò sul tavolo prima di trafiggere Potter con lo sguardo.
- La pagliacciata è durata anche troppo, Potter. – iniziò con fare tagliente - Sai quello che Hermio…- si bloccò qualche istante sentendo lo sguardo poco amichevole della donna addosso – che io… - deglutì silenziosamente come se avesse ingoiato veleno - devo chiederti?
Harry iniziò a dondolarsi sulla sedia.
- Sì, Hermione mi ha accennato qualcosa.
Severus si limitò ad alzare un sopracciglio fine. Era il massimo che entrambi potevano pretendere da lui. Non avrebbe fatto la domanda, non avrebbe chiesto altro, anzi tra poco si sarebbe alzato e avrebbe finito quello che l’Oscuro aveva lasciato in sospeso.
Il sorriso di Harry si intensificò.
- Ve bene, Severus. Accetto volentieri.
- Bene. Direi che siamo… tutti … soddisfatti. - c’era qualcosa che non quadrava nel modo in cui aveva detto quel tutti.
Senza che Hermione potesse replicare, Severus si alzò dalla sedia e uscì dalla cucina, lasciando il vecchio quotidiano sul tavolo.
- So che devi parlare con Ginny, - le disse prima di imboccare il corridoio che portava alla porta d’ingresso – ti aspetto a Spinner’s End.
Il rumore secco della porta che si chiudeva fece sussultare Silente che dormicchiava tranquillamente nel quadro posto all’ingresso.
Hermione fissò il corridoio senza ben capire quello che era successo.
- Non me l’avrebbe mai chiesto, Hermione. – fece Harry alle sue spalle – Lo sapevi anche tu.
La strega si passò una mano tra i ricci castani e sospirò.
- Sto per sposare l’uomo più testardo di questo pianeta.
- Vedi il lato positivo. - ridacchiò l’altro andandole accanto e mettendole la mano sulla spalla.
- C’è un lato positivo?
- Almeno hai trovato un testimone.

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** # 002 Intermezzo ***


Big Damn Table
# 002 Intermezzo


C’era qualcosa di drammaticamente poetico in una tomba bianca illuminata dai raggi caldi del sole durante quell’afoso pomeriggio di metà Luglio. La luce accecante si rifletteva sul marmo candito facendolo quasi scintillare come se fosse di diamante.
Severus stava in piedi davanti alla tomba di Silente.
Ci andava di rado e solo quando non riusciva a farne a meno. Quel posto era capace, anche dopo diverso tempo, di riaprire le vecchie ferite del suo animo.
Nonostante la supplica del mago, la promessa di una rapida morte indolore e la consapevolezza di aver evitato che un ragazzo si macchiasse le mani di sangue, lui sapeva che l’anatema era stato pronunciato dalle sue labbra.
Si era maledetto più volte per non aver trovato una soluzione alternativa. Si era spesso domandato se avesse cercato davvero accuratamente in tutti i libri oscuri che era riuscito a reperire. Se non gli fosse sfuggito qualcosa di basilare per salvare la vita di Albus.
Alla fine furono inutili tutti i suoi sforzi e i suoi elaborati ragionamenti; Silente era stato condannato a morte per mano sua.
Non era uno dei suoi ricordi preferiti, così andava alla tomba solo quando il senso di colpa diventava insostenibile e il fantasma del vecchio Preside andava a trovarlo nei sogni.
Quel giorno, però, era diverso. Era un pomeriggio speciale, il giorno più importante della sua misera vita. Non gli era sembrato giusto escluderlo.
L’aveva immaginato accanto a lui, probabilmente con addosso quell’orribile vestito color malva, mentre sorrideva con gli occhi che scintillavano dietro le lenti a mezzaluna.
Lasciò vagare lo sguardo sulle vene candide del marmo, osservò con particolare devozione le lettere in oro che formavano il nome dell’unico amico che avesse mai avuto.
Gli mancava. Terribilmente.
Ma non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura.
Si era allontano dalla turbinosa atmosfera colma d’amore nella Sala Grande. Troppa gente che voleva congratularsi, che voleva stringergli la mano e che voleva fare ridicole battute sulla vita coniugale.
Le sue frasi acide, il suo cinismo e la sua freddezza sembravano non dissuadere la gente che arrivava sempre più numerosa, sempre più colma d’amore stomachevole da riversare su di lui. Quando Molly l’aveva abbracciato con le lacrime agli occhi aveva capito che non avrebbe sopportato ancora per molto quella situazione. Così si era concesso una breve pausa in un luogo più affine con la sua anima non più totalmente nera ma solo di un grigio cupo.
- Scommetto che ti stai sbellicando dalle risate, vero Silente?
Il silenzio di quel luogo e la malinconia che quella tomba portava con sé erano quasi rincuoranti per l’animo del mago. Non credeva di meritare tutta quella felicità né tutto quell’amore.
Silente, invece, era sempre stato del parere contrario.
- Alla fine vecchio mio…- disse mentre una leggera brezza si alzava dal Lago Nero, portando con sé l’odore dell’acqua e dell’erba – avevi ragione tu.
Sentì qualcuno prendergli la mano.
Non c’era bisogno che si voltasse per vedere chi fosse.
Riconosceva quel tocco delicato, il calore della pelle e il suo profumo.
Hermione era capace di leggerlo dentro, vedere quello che lo turbava da chilometri di distanza. Solo Albus era stato capace di leggergli l’animo così a fondo.
- Sono certa che sarebbe fiero di te, Severus. – gli disse Hermione accanto a lui – Come lo è sempre stato. – aumentò di poco la stretta attorno alla sua mano – Come lo sono io.
Si voltò verso di lei.
La sua donna.
Sua moglie solo da qualche ora.
Gli piaceva il suono che avevano quelle parole nella sua testa… sua moglie.
Anche lei scintillava avvolta dal semplice abito bianco. Bella da fargli credere di essere morto e finito in paradiso. Caduto tra le braccia di un angelo.
Hermione sorrise e allungò una mano accarezzandogli il volto.
- Portami via, Severus.
Il mago le prese la mano baciandone delicatamente la punta delle dita.
- Come desidera la mia sposa. – le sussurrò seguendo con le labbra una delle line del palmo.
Si voltò verso la tomba, in un muto saluto.
Il marmo scintillò come degl’occhi dietro due lenti a forma di mezzaluna.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** # 088 Scuola ***


Big Damn Table
# 088 Scuola



Aveva sempre ritenuto il suo lavoro noioso, privo di emozioni o imprevisti di grande rilevanza. Ma dopo che passi una vita tra emozioni troppo forti e troppi imprevisti, la maggior parte delle volte sgradevoli, la squallida esistenza di un professore gli andava più che bene.
Solo che quella sera il suo lavoro di correzione dei compiti gli sembrava ancora più noioso, inutile ed interminabile. Se ripensava al ghigno con cui aveva assegnato quei temi dalla lunghezza imbarazzante - e solo perché si era svegliato di pessimo umore con Grattastichi che gli stava leccando un piede - quella lunga lista di T non gli dava la solita soddisfazione.
Sollevò il pennino dal foglio che stava correggendo: i segni d’inchiostro verde superavano di molto le parole scritte con l’inchiostro nero.
Desolante.
Calcò con forza la D sull’angolo della pergamena tanto che, per una frazione di secondo, temette di aver bucato il foglio, arrotolò quel disastro che non poteva definirsi tema e lo posizionò tra le altre pergamene corrette.
Per qualche istante valutò la possibilità di abbandonare quella sconsolate lettura e riprenderla il giorno seguente, ma l’orario delle lezioni gli ricordò che avrebbe avuto una mattinata stancante con la prima classe di Tassorosso e Grifondoro; i quali avevano non poche difficoltà anche con i semplici ed elementari incantesimi. Mentre nel pomeriggio avrebbe avuto una snervante lezione con il quarto anno di Corvonero e Serpeverde. Se la sua Casa era tranquilla o, per lo meno, non osavano disturbare durante le sue ore, gli studenti con il corvo cucito sul taschino l’avrebbero torturato con una serie infinita di domande inutili.
La serata non sarebbe stata delle migliori per correggere quei compiti.
Una leggera risatina interruppe i suoi insulti mentali verso gli studenti inetti che ogni anno affollavano i corridoi di Hogwarts; alzò lo sguardo dalla scrivania ed intravide l’espressione divertita di Hermione sdraiata sul divano davanti alle fiamme morenti del fuoco.
Stava leggendo un libro che aveva comprato in una libreria Babbana qualche tempo prima.
Avrebbero voluto comprare una casa ad Hogsmeade o Londra ma il lavoro di entrambi non li permetteva di scegliere con la dovuta calma. Così avevano deciso che, per quel primo anno, Hogwarts era una sistemazione più che adeguata.
Hermione era tornata dopo una lunga giornata stressate; mentre si era mentalmente preparato a correggere i compiti, lei si era preparata un bagno caldo e si era immersa per un tempo che lui riteneva inutilmente lungo, ma non aveva protestato.
Sentiva il suo profumo attraverso le mura di pietra avvertendo il suo calore nell’aria.
Era rincuorante.
E una dolcissima tentazione.
Lasciò vagare lo sguardo sul suo corpo coperto solo da una sua camicia bianca. Il candore della stoffa risaltava sulla pelle leggermente abbronzata – risultato di un viaggio in Egitto che aveva fatto da poco per studiare antichi geroglifici che si credeva appartenuti ad un’antica stirpe di maghi – i seni ammiccavano provocanti dai primi bottoni lasciati aperti. Le gambe lunghe si erano accavallate sui cuscini del divanetto, facendogli intravedere l’elastico degli slip neri. I capelli umidi, con i riflessi dorati resi ancora più chiari dal sole africano, erano sparsi sul cuscino verde; negl’occhi vedeva un luccichio malizioso.
Sapeva che ogni gesto di Hermione non era volutamente provocante ma ogni suo movimento, seppur accennato, risvegliava in lui il desiderio.
Tornò a concentrare la sua attenzione sui compiti.
- Non hai freddo? – mormorò pianissimo aprendo l’ennesimo rotolo.
La sentì muoversi appena, come se stesse cercando una postura più naturale e che, ne era sicuro, l’avrebbe fatto ancora più impazzire.
- Al momento no. – risposte lei voltando la pagina.
Gli occhi scuri del mago lessero velocemente la pergamena, la piuma iniziò ad evidenziare i primi errori.
La sentì muoversi di nuovo, finì di scrivere il solito commento acido a fine tema e sollevò lo sguardo.
Harmione si era completamente sdraiata sulla schiena coprendo il volto con il libro aperto.
Le gambe erano incrociate lasciando sufficiente spazio per far vagare la sua fantasia.
Appoggiò la penna sulla scrivania e si alzò.
Hermione si vide letteralmente strappare il libro dalle mani:
- Severus io stavo leg… - fu sollevata dal divano e azzittita con un bacio.
Sorrise sulle sue labbra sottili mettendogli le braccia attorno al collo.
- Effettivamente… - disse adattandosi meglio al corpo che la reggeva – inizio ad avere un po’ di freddo.
- Non preoccuparti, - le rispose andando verso la loro camera- adesso rimediamo.
La risata della strega si perse quando la porta fu chiusa alle loro spalle.
Il libro era rimasto aperto sul tappeto e sull’angolo del tema c’era una T tracciata solo a metà.

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** # 029 Nascita ***


Big Damn Table
# 029 Nascita


L’ospedale era silenzioso quella notte. I pazienti dormivano tutti nelle loro stanze e le infermiere si muovevano lentamente e silenziose come fantasmi per i candidi corridoi.
Il mago si mosse sulla scomoda sedia di plastica e metallo cercando una posizione più confortevole. Era seduto su quella poltroncina dall’imbottitura sfondata da ore a fissare una porta rossa che non si decideva ad aprirsi.
Un movimento nervoso accanto a lui gli fece spostare lo sguardo.
Il mago che gli sedeva vicino sbuffò sonoramente, si alzò e iniziò a camminare in cerchio.
Andava avanti da interminabili ore.
Rispolverò con la mente tutti gli incantesimi oscuri che conosceva cercando quello adatto alla situazione. O quello che gli avrebbe garantito meno anni ad Azkaban.
Stava seriamente iniziando a prendere in considerazione l’idea di chiamare l’infermiera che, solo un paio d’ore prima, l’aveva minacciato con la bacchetta intimandogli di fare il meno rumore possibile.
Almeno avrebbe dormito un po’.
- Se non ti rimetti subito seduto, – sibilò il mago stringendo appena i braccioli con l’imbottitura che usciva dagli angoli dove il tessuto liso si era strappato – ti pietrifico. Vorrei riposare.
Il suo interlocutore lo fissò con rabbia, con lo stesso sguardo che, negl’anni, aveva riservato solo in occasioni speciali come li definiva lui.
Il suo arrivo ad Hogwarts rientrava tra quei momenti.
- Per te è facile. – rispose bloccandosi in mezzo al corridoio, fece una smorfia come se si fosse reso conto solo in quel momento della sua presenza – E poi io non ho chiamato te.
- Eppure mi sembrava che quella strilettera stesse urlando proprio nella mia camera da letto.
- Non era per te. – ripeté piccato l’altro.
- Non conosco le tue abitudini matrimoniali, Potter. – rispose Severus calmo sapendo che l’avrebbe fatto agitare ancora – Ma io ho l’abitudine di dormire nella stessa stanza con mia moglie.
Harry sbuffò frustrato tornando a sedersi sulla sedia.
- E, comunque, - continuò Piton – ancora mi è estraneo il motivo per cui hai chiamato Hermione quando hai una suocera ben più esperta in questo settore.
Il mago iniziò a pulirsi le lenti tonde degli occhiali con l’angolo dell’orribile maglione rosso che indossava, sicuramente un regalo confezionato da Molly.
Aveva fatto molti cambiamenti nella sua vita, ma non aveva ancora trovato il tempo di cambiare quella terribile montatura né di evitare di indossare gli orridi maglioni prodotti da mamma Weasley.
Il cervello di Severus calcolò che quella era la tredicesima volta che puliva la stessa lente, nello stesso identico punto. La mano destra tremò qualche istante verso la bacchetta.
- E’ stata Ginny. – spiegò Harry rimettendo gli occhiali – Voleva qualcuno di calmo con lei e con Molly avrebbe rischiato di litigare per tutto il tempo. Si era messa d’accordo con Hermione settimane fa.
Potter si voltò verso di lui incontrando uno sguardo lievemente incuriosito e un sopracciglio sollevato verso l’alto in una muta domanda che aveva compreso immediatamente.
Sorrise imbarazzato sostenendo, comunque, il suo sguardo.
- Dice che io sono troppo nervoso.
In quel momento un’infermiera al bancone dell’accettazione tossì il più delicatamente possibile, Potter scattò in piedi volgendo lo sguardo verso la sigillata porta rossa.
- Sai Potter…- ghignò il professore – le donne incinte tendono a… esagerare.
Harry aprì la bocca per ribattere quando la porta si aprì lentamente.
Hermione uscì dalla stanza, aveva gli occhi pesti e l’espressione esausta ma sorrideva felice. Abbracciò Harry con le lacrime agli occhi e lo spinse verso la porta invitandolo ad entrare.
Il ragazzo che un tempo aveva sconfitto l’Oscuro Signore senza timore entrò quasi tremando.
La strega si sedette accanto al marito poggiando la testa sulla sua spalla.
- Mi devi un favore. – dichiarò il mago vestito di nero prendendole la mano e accarezzandole il palmo con un dito – Un enorme favore.
Hermione rise strofinando la guancia contro il tessuto liscio del mantello nero.
- Ron l’avrebbe fatto agitare ancora di più. Senza contare che, da quando Ginny è rimasta incinta, non osa più guardarlo in faccia senza diventare rosso. Credo che speri ancora che lei torni la sua piccola, innocente sorellina.
Severus fece una smorfia disgustata.
- Dimmi che non ha i capelli rossi.
- Non ha i capelli rossi ma da come piangeva deduco che abbia ereditato i polmoni di sua madre.
Harry uscì dalla stanza visibilmente commosso; tra le braccia stringeva il suo primogenito avvolto con un asciugamano azzurro.
- E’ un maschietto, Severus!
- Il tuo spirito di osservazione è migliorato con gli anni, Potter. – rispose il mago avvicinandosi al bambino – L’addestramento Auror deve aver dato i suoi frutti.
- Il tuo sarcasmo non ha effetto su di me oggi. – rispose l’altro osservando il piccolo con gli occhi serrati e i piccoli pugni all’altezza del viso – Saluta lo zio Severus, James Sirius Potter.
Severus Piton si voltò a fissare sua moglie. Hermione tratteneva a stento un sorriso divertito.
- Forse erano meglio i capelli rossi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=344924