Di Sorrisi Inaspettati

di ScoSt1124
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di Sorrisi Inaspettati e Gelati ***
Capitolo 2: *** Di sorrisi inaspettati e fili colorati ***
Capitolo 3: *** Di sorrisi inaspettati e biciclette ***
Capitolo 4: *** Di sorrisi inaspettati e alberi di Natale ***
Capitolo 5: *** Di sorrisi inaspettati e nascite ***
Capitolo 6: *** Di sorrisi inaspettati e varicella ***
Capitolo 7: *** Di sorrisi inaspettati e rassicurazioni ***



Capitolo 1
*** Di Sorrisi Inaspettati e Gelati ***



Di Sorrisi Inaspettati e Gelati

 


 
Un sussulto. Derek aveva avuto un piccolo sussulto, quel giorno, quando era rientrato in casa. Non perché si fosse spaventato, lui non era una persona che si spaventava facilmente, anzi. 
Non era un sussulto di paura, perché ben presto era diventato un sorriso.
 
Lo aveva avuto per la scena che si era ritrovato davanti agli occhi. Una scena che lo aveva lasciato senza parole. Non perché fosse brutta; ma per il significato della scena in sé.
Qualcosa che gli aveva completato la giornata, qualcosa che gliel’aveva migliorata.
 
Era uscito per andare a prendere il gelato per Daniel, il piccolo di casa, che da tre anni a questa parte riempiva le sue giornate e quelle di Stiles.  
Quel piccolino che da due giorni mangiava solo quello per via della sua gola arrossata. E ovviamente quando lui stava male si smobilitava tutta la famiglia e tutte le persone che gli stavano attorno.

Quel pomeriggio - quando era uscito - li aveva lasciati sul divano che guardavano un cartone, perché il piccolino non aveva abbastanza forze per giocare, dato che la febbre era passata da poco più di tre ore.  

Bene, perché era esattamente dove li aveva ritrovati. 
 
Lo schermo del televisore era tutto grigio, segno che la cassetta doveva essere finita da un po'.
Ma non era per quello che aveva sussultato. Non era per lo schermo grigio che ripeteva sempre gli stessi puntini.
 
Quello che lo aveva fatto sorridere nel momento in cui aveva varcato la soglia di casa, era come li aveva trovati.
Stiles era sdraiato supino sul divano. E Daniel era rannicchiato sopra il suo petto come un piccolo koala che non si voleva staccare dall'albero. 
 
“Shh” aveva sibilato Stiles vedendo entrare il marito; il quale - per tutta risposta - aveva alzato le mani e aveva cercato di fare il minor rumore possibile. 
“Si è addormentato a metà cassetta, non volevo svegliarlo” continuò indicando il televisore. 
“Tranquillo, faccio io” e Derek stava già cercando il telecomando per spegnere tutto. Se non fosse che la probabilità di trovare quell'affare era più bassa di quella di riuscire a trovare un ago in un pagliaio. 
“Grazie” sussurrò, guardando il marito dirigersi verso la cucina.
 
Derek aveva solamente messo il gelato in freezer, per evitare che tutti i suoi sforzi per comprarlo andassero sprecati. No, non aveva pensato a quello. La verità era che altrimenti il piccolo non aveva nulla da mangiare.
Dopo aver richiuso attentamente il freezer, era tornato di nuovo in sala vicino al divano.
 
“Fammi spazio” disse imbronciato mentre si sdraiava vicino alle due persone che ora rappresentavano la sua famiglia. 
“Ricordami di comprare un divano più grande quando lo cambiamo!” chiarì il più piccolo dei due coniugi. 
“Stai dicendo che sono ingombrante?”
“Non mi permetterei mai”
“Ecco”
“Sicuramente lo sei più di me” disse con un sorriso.
“Stiles”
“Che c'è? È la verità”
“Avevi detto che non volevi svegliarlo. Se continui a parlare con questo tono si sveglia.”
Stiles aveva fatto una leggera smorfia mimando con le labbra qualcosa che somigliava a “Scusa”
 
Così, quando prese a stare zitto, si sporse per ricevere un bacio da suo marito che con una mano si sorreggeva la testa e che con l'altra accarezzava la schiena del piccoletto. 
Era in quei momenti che Stiles amava il silenzio quasi quanto lo amava Derek. In quei momenti - anche se rari - lui rimaneva zitto.
 
“Siete la cosa più bella che ho”
“Mh”
“Derek Hale dire "anche per me" o qualcosa del genere non ti fa male. Giuro, non muori”
 
Derek aveva sorriso di nuovo, la seconda volta in quel giorno.
Non che di solito non sorridesse, certo era raro - non come quando si erano conosciuti, in cui i sorrisi erano veramente inesistenti e ci avevano lavorato sopra - ma quei sorrisi avevano un qualcosa di diverso.
La prima volta che Stiles ne aveva visto uno era stato il giorno del loro matrimonio, un sorriso diverso da quei pochi di sempre. La seconda volta era stato il giorno della nascita di Daniel.
Stiles faceva fatica a capire cosa avessero di diverso quei sorrisi. E ora lo aveva capito. Era per via degli occhi; era come se quel sorriso contagiasse anche i suoi sguardi.  
Eppure, il marito, se ne stava comunque andando e Stiles credeva di aver detto qualcosa di sbagliato.
 
“Ehi! Dove vai?”
“A prendere una coperta, Dani sta tremando”
“Mh... Sbrigati”
 
E così era stato. Era tornato dopo nemmeno due minuti con la copertina del figlio e si era rimesso dove poco prima si era alzato.  
Erano rimasti così fino a che Daniel non si era svegliato:
Daniel sdraiato su Stiles, Derek girato di fianco con una mano sulla schiena del più piccolo e Stiles che aveva un braccio intorno al piccolo e che con la mano toccava quella di Derek.
 
“Mh...” mugugnò Daniel alzando la testolina
“Ha proprio preso da te” disse Stiles verso Derek
“Ehi piccolino! Siamo qui” riprese stavolta verso il figlio.
“Papi geato” 
“Si, papà è andato a prenderlo”
“Gazie papà” disse questa volta rivolto verso Derek, sorridendo e mostrando alcune finestrelle date dal fatto che, ancora, non tutti i denti erano usciti.
 
Se in quel momento gli avessero chiesto cosa fosse la felicità, lui avrebbe risposto con la descrizione di quella scena. Non era mai stato uno che esternava i suoi sentimenti, eppure in quelle circostanze lo avrebbe fatto.
In quelle circostanze avrebbe spiegato che la causa dei suoi sorrisi erano le due persone sedute di fianco a lui e lo avrebbe detto senza nemmeno pensarci.
In quelle circostanze avrebbe mangiato gelato a vita, pur di fare contento quello scricciolo.
In quelle circostanze, Derek, avrebbe sorriso sempre.
In quelle circostanze era un uomo felice, insieme a Stiles e a Daniel.

















Note: Buonasera!
Eccomi con la cavolata delle nove di sera, nata da una notte insonne di qualche sera fa. Cavolata no, un po' mi sono affezionata, anche se è corta. All'inizio era una Flashfic di poco più di 300 parole; poi non so come sono diventate 950. E niente, buona serata e grazie per aver letto questo racconto di poche parole. :)
 

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Capitolo 2
*** Di sorrisi inaspettati e fili colorati ***


Note: Non faccio mai note all'inizio, ma questa cosa me lo richiede. Questa storia era nata come una semplice OS, poi questa cosa degli Sterek con un figlio mi ha preso un po' la mano e ne ho scritte altre. Se sono qui a pubblicarle, è per le due diciannovenni per cui le scrivevo. Per loro le sto pubblicando, per dargli due minuti a leggere questa cosa e smettere per un attimo di pensare.
Non ci sarà angst o cose tristi. Saranno un pieno di fluff e di scene di vita quotidiana che non andranno nemmeno in ordine cronologico. Nella mia testa non c'è casino, no. Grazie se vi fermerete a leggere.  


 

Di sorrisi inaspettati e fili colorati



Stiles vedeva tutti quei fili davanti a sé e non capiva nemmeno da che parte incominciare.  
Davvero, erano tutti aggrovigliati insieme e vicino ad essi, aveva la sacchetta dell'asilo di Daniel. Ci aveva messo si e no dieci minuti per sciogliere la matassa e già era stufo di provarci. Non capiva come tutte le nonne facessero quella cosa con tanta facilità, era una cosa che proprio non riusciva a comprendere. 
Voleva gettare la spugna, solamente che poi si ricordava per quale motivo lo stesse facendo e a quel punto, cercava di non perdere le speranze.  
Tutte le riviste che aveva comprato davano quel lavoro come una cosa banale.  
Lui, di banale, non ci trovava nulla.  
Spiegavano tutto passo per passo, peccato che si era già bucato le dita una decina di volte. Era sempre la stessa storia infilava l'ago, si bucava un dito e cercava di trattenere un urlo. Si arrabbiava, lanciava tutto sul tavolo per arrendersi, ma puntualmente ci riprovava, proprio come in quel momento. Aveva preso un respiro e aveva ripreso a provarci.  

Era sera tardi, quindi sapeva che Daniel stava già dormendo e che Derek doveva sicuramente essere fuori dalla camera del piccolo per assicurarsi che dormisse tranquillo. Sperava di non essere sentito, invece si era spaventato quando il marito aveva preso a parlare. 

"Che stai combinando?" chiese Derek che lo aveva raggiunto in salotto.  

"Io? Nulla di troppo complicato per questo giornale, ma per me si". Aveva risposto quasi sbuffando. 

"Se stai cercando di strozzarti, sono troppo sottili quei fili." Aveva riso Derek. 

"In realtà sono solo riuscito a bucarmi le mani, ma volevo ricamare la sacchetta di Dani." 


E Derek l'aveva trovata una cosa bellissima, ma non poteva ammetterlo. 


"A quest'ora?" 

"Si, beh sai, non ha ancora su il nome ed è passato più di un mese. Di solito è una cosa che fanno le mamme oppure le nonne. Ma noi siamo due papà e sia mia madre che la tua non ci sono più e mi sembra una cosa triste mandarlo all'asilo senza il nome sulla sacchetta." 


Derek aveva sorriso dolcemente a quella affermazione.  


"E quindi tenti di ucciderti con quei fili." 

"Ah ah ah. Spiritoso. Si dà il caso che quello bravo nelle cose manuali, sono io. Tu ringhi e basta." 

"Si, si. Ci pensiamo domani, vieni a letto." 


Stiles aveva accettato la proposta senza discutere, perché tanto sapeva che, almeno per quella sera, non ne sarebbe venuto a capo. Derek aveva persino preso dei cerotti per medicargli le dita. 

 

Il pomeriggio seguente, Stiles, si era rimesso a lavoro. Le dita tutte medicate e ci aveva riprovato. 
Derek era entrato in casa poco dopo, poggiando un sacchetto sul tavolo e tirando fuori un ago e degli altri fili.  


"Cos'è?" Aveva chiesto curioso iniziando a prendere in mano l'ago e scrutarlo. 

"Sono andato in merceria. Hanno detto che l'ago da ricamo è questo. Per quello ti sei bucato le mani. Questo ha la punta arrotondata." Disse prendendo l'ago e premendolo sulla mano per fargli vedere che non bucava. 

"Mi sento tanto un bambino alle scuole elementari che bisogna spiegargli tutto." 

 

Dopo un'ora e mezza Stiles era riuscito a ricamare tre lettere; disfando il lavoro solo quattro volte.
Era piuttosto soddisfatto del risultato, se non fosse che era stufo di stare lì, su quel pezzo di stoffa. In più gli faceva terribilmente male la schiena.  
Aveva provato a stiracchiarsi e a quel punto, Derek, si era seduto accanto a lui, cercando di capire come si facesse quella cosa tanto strana.  


"Ok, dammi. Ci provo io, fammi vedere come si fa." Stiles era molto scettico dopo aver sentito quella frase. Derek, per quelle cose, era negato. 

"Tieni lupastro. Ma stai attento, devi contare i quadretti e andare dritto." 

"Peggio di te non posso fare. Hai intrecciato tutti i fili, guarda che casino." Gli aveva fatto notare guardando il pezzo di stoffa. 

"Intanto tre lettere le ho fatte. Poi visto che sei tanto bravo tu, prego, fai tu." Disse facendogli quasi il verso e accennando una linguaccia. 

Derek l'aveva fulminato con lo sguardo. Era sicuro che poteva farcela.  
Poteva farcela, ma nessuno gli aveva detto quanto fosse complicato.Non era stato semplice e con gran fatica era arrivato alla L. Aveva quasi tirato un sospiro di sollievo quando aveva fatto l'ultimo quadretto.  


"Non dobbiamo ricamare più nulla, vero?" Aveva chiesto Derek tirando un sospiro di sollievo per aver finito. 

"No, diciamo che con questo abbiamo dato il peggio di noi stessi." 

"Mh. È tutto storto." 

"Ma almeno anche lui avrà la sua sacchetta. Andiamo a dirglielo." 


Non avevano nemmeno fatto in tempo ad alzarsi che Daniel li stava già guardando dalla porta.  


"Ehi, piccolo. Abbiamo una cosa da darti." incominciò Stiles 

"Ecco qui" Derek aveva allungato la mano con la sacchetta verso il piccolo.  

A Daniel si erano illuminati gli occhi. 


"Ma è bellittima" 

"Ti piace?" Chiese Stiles 

"Ti, ora anche io ce l'ho." Daniel aveva sorriso prima di saltargli in braccio e loro avevano capito di aver fatto la cosa giusta. 

 

Si erano guardati negli occhi perché erano riusciti a far felice il loro bambino. Non importavano le dita bucate o i grovigli di fili, quel sorriso aveva cancellato tutto. 
Daniel aveva portato all'asilo quella sacchetta come se fosse la cosa più bella del mondo. A lui non interessava se tutte le croci fossero al posto giusto o se fossero dritte. A lui interessava che i suoi papà avevano fatto qualcosa per lui con le loro mani. E lui in quel momento era il bambino più felice del mondo.

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Capitolo 3
*** Di sorrisi inaspettati e biciclette ***


 

Di sorrisi inaspettati e biciclette



Quindi era arrivato davvero quel momento?  
Stiles continuava a fissare il piccolo Daniel correre intorno a quella bicicletta e aveva capito che stava davvero crescendo a vista d'occhio.  
Si era girato verso il marito, il quale continuava a guardarlo con fare apprensivo e aveva preso a parlare.  


"Der, penso che dovremmo insegnargli ad andare in bici." Aveva osservato, incrociando le mani sul petto e girandosi verso il marito.  

"Si, potresti farlo." Aveva risposto dopo aver alzato le sopracciglia.  

"Potremmo." 

"No, so che ci ti tieni. Quindi insegnaglielo tu." Disse Derek cercando di non dare troppo nell'occhio.  

"Non mi dire che..." rispose Stiles, ma Derek non lo fece nemmeno finire.  

"No" 

"Tu, Derek Hale, grande e grosso, non sai andare in bici?" disse quasi ridendo.  

"No e allora?" disse quasi offeso. 

"Ma è una cosa tenerissima. Insegnerò a tutti e due." disse dandogli un bacio e avvicinandosi al piccolo.  


Stiles era così euforico di aver fatto quella scoperta, che non stava nella pelle. Avrebbe insegnato ad andare in bici ad entrambi. 


"Ehi, piccolo, domani proviamo ad andarci, ok?" 

"Mi insegni?" Chiese il piccolo emozionato.  

"A te e a papà" disse voltandosi verso Derek e facendogli l'occhiolino. Derek aveva roteato gli occhi. Per quanto il marito fosse entusiasta, lui non lo era affatto. Anzi, aveva quasi paura. Si, lui ne aveva paura. Si sa, da piccoli si ha una percezione diversa del pericolo e lui, in quel momento, stava già pensando a quante volte sarebbe caduto. Poi, diciamocela tutta, lui da giovane, prima di avere una famiglia, aveva una Camaro. Cosa se ne faceva di andare in bici?  


"Ma papà non è grande?"  

"No, che siano sei o trentaquattro anni, non si è mai troppo grandi" disse sorridendo.  

"Sii!" disse abbracciando Stiles, che si era chinato in ginocchio, vicino al piccolo.  


Dopo averlo abbracciato, si era avvicinato a Derek - il quale si era abbassato anche lui - e gli aveva sussurrato all'orecchio "Tranquillo papà, imparerai lo stesso." 
E Derek aveva sorriso, aveva sorriso perché suo figlio, di sei anni, stava cercando di rassicurarlo e trovava che quella cosa fosse bellissima.  


“Sappi che lo faccio per Dani” aveva detto verso Stiles, quando Daniel era tornato a giocare. 

Shhh, vedrai che ti piacerà.” Aveva risposto baciandolo.  


Derek era ancora piuttosto scettico sul fatto che gli sarebbe piaciuto, ma il bacio lo aveva accettato comunque.  

 

Il giorno dopo, padre e figlio, erano pronti ad imparare tutto. O meglio, il figlio incoraggiava il padre e cercava di trasmettere il suo entusiasmo.  
Stiles era arrivato con tutte le protezioni possibili e immaginabili, sia per uno che per l'altro.  


"Io non metterò quelle cose, puoi scordartelo." disse Derek come vide tutto quello che aveva in mano Stiles 

"No mio caro, le metterete entrambi." 

Derek teneva per mano Daniel, il quale aveva iniziato a strattonargliela.  

"Dai papà, guarda che le metto anche io." 

"Visto? Nostro figlio è un bravo bambino." disse Stiles "E poi non voglio che vi facciate male. Tu stai anche diventando vecchio" aveva detto ridendo.  

"Ok, va bene.” Aveva detto rivolto verso Daniel ormai rassegnato. “me la pagherai per l’ultima frase, sappilo.”   la risposta verso Stiles era arrivata con occhiate annesse. 

 

Ci volle tutto il giorno perché Derek riuscisse anche solo a stare in piedi. Daniel, invece, era riuscito molto più facilmente.  
Derek aveva fatto qualche caduta in più di Daniel e quest'ultimo, ogni volta, andava dal padre per dirgli di non preoccuparsi, che sarebbe andata meglio. Così era stato. Certo non si poteva dire che Derek e le biciclette fossero diventati una cosa unica, perché per quello ancora ce ne voleva e lui era più che sicuro che non l'avrebbe mai amata. Però, durante quella giornata, aveva visto suo figlio felice e lui non poteva far altro che amare quei momenti; nonostante fosse tornato a casa con un polso sbucciato. 


"Dai, fammi vedere. Ho portato il disinfettante." Gli aveva detto il marito mostrandogli la boccetta. 

"Fai piano." Derek si stava maledicendo per aver incominciato in estate. Forse era meglio iniziare in inverno, così che fosse ricoperto da strati e strati di vestiti e non avrebbe visto nemmeno un graffio. "Aah, brucia, bruciaStiles avevo detto piano."  

"Dai che non è nulla." Gli aveva risposto mentre gli soffiava sulla ferita per alleviare il bruciore. 

"Papi, faccio io" aveva detto Daniel. "Se ti abbraccio, ti passa la bua?" 

"No, ma magari migliora"  


Stiles non poteva far altro che sorridere e mimare un "ruffiano" al marito. Derek aveva semplicemente sorriso di rimando. 

"Però io e papà siamo stati bravi, vero?" Aveva chiesto il piccolo verso Stiles. 

"Si, domenica prossima andiamo tutti in gita in bici."  

Stiles, a fine giornata, era fiero dei suoi allievi. Derek non era molto convinto della bici, ma per la sua famiglia, ci avrebbe provato comunque. 

 

 







Note: Altra vagonata di famiglia felice. Mi piace troppo vederli felici. Anche se non mi aspettavo che Derek non sapesse andare in bici. Ok, sono definitivamente messa male se metto in contrasto i miei pensieri con quello che ho scritto.
In più dovevo ricomporre Blu, ma credo di averla fatta sciogliere ancora di più. Scusa, ora ti riempo di fluff.
Grazie mille per aver letto anche questa. 

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Capitolo 4
*** Di sorrisi inaspettati e alberi di Natale ***


 

 Di Sorrisi Inaspettati e Alberi di Natale




 

Non stava un attimo fermo.  
Ora capiva suo padre, quando diceva che stare dietro a lui era più difficile di una giornata di lavoro. a sua volta, era così anche per lui. Daniel continuava  a correre da una parte all'altra senza mai fermarsi. Stiles voleva solo lanciarsi sul divano e non alzarsi più da lì. Non sapeva se era l'aria natalizia a fare quello strano effetto al figlio, o cosa. Non che gli altri giorni fosse tranquillo, era sempre stato un bimbo vivace, però da quando aveva iniziato l'asilo, le cose erano migliorate. 

"Dani, perché non ti fermi un attimo e facciamo un gioco?" 

"Che gioco?" Aveva chiesto il bambino, fermandosi. 

"Quello che vuoi." 

"Naccondino?" E no, Stiles in quel momento, credeva che anche nascondino fosse troppo movimentato. Solo che poi aveva visto gli occhioni del piccolo che aspettavano con impazienza la risposta e Stiles non ce l'aveva fatta a dire di no.  

"Va bene, conti tu e io mi nascondo?" 

"Sii"

Ripensandoci era meglio il contrario dato che Daniel ancora non sapeva contare in ordine.  

"Quattro, Due, Sette, Cinque, Mille. Arrivo!" Aveva contato attaccato alla porta. 

Daniel si era girato per iniziare a cercarlo ma non aveva fatto in tempo nemmeno ad iniziare, che la porta di ingresso si era aperta.

"Sono a casa!" aveva urlato Derek con in mano l'albero di natale.  

Daniel gli era saltato in braccio non appena lo aveva visto. Stiles era uscito dal nascondiglio per salutare il marito, ma il figlio era già pronto per tornare a giocare.  

"Tana pe Papà" aveva detto sorridendo mentre guardava i genitori salutarsi.  

"Mannaggia, hai vinto tu." gli aveva detto Stiles mentre era ancora abbracciato ad un fianco del marito.  

Derek aveva già poggiato l'albero all'angolo della sala. Avevano già tutte le decorazioni fuori, pronte per essere appese. Era una cosa che amava, tornare a casa dalla sua famiglia e vederli felici. Chi lo conosceva da giovane non credeva che quel Derek Hale, quello che sorrideva ogni volta che ritornava a casa, fosse lo stesso di anni prima. Ma si sa, il tempo ci porta a cambiare e lui, non era mai stato più felice di questo cambiamento. 
Derek aveva visto la faccia stanca del marito, così aveva guardato Daniel e gli era venuta un'idea. 

"Perché non decoriamo l'albero ora? Tutti insieme?" 

"Siii!" aveva urlato Daniel  

E Stiles aveva avuto un attimo di pace. Si era seduto ai piedi dell'albero con in braccio lo scatolone delle decorazioni. Passava le palline a Daniel che, puntualmente, ne metteva una sull'albero e l'altra la passava a Derek.  
Era stato in quel momento che Stiles aveva sorriso. Se c'era una cosa che amava era guardarli mentre facevano qualcosa insieme.  Era più forte di lui, non riusciva a non sorridere e a non sentire il cuore riempirsi di gioia ogni volta che li guardava. 

"Papi, papi!" Stiles aveva visto Daniel sventolargli la manina davanti "Che fai? La pallina" e Derek allo stesso tempo aveva iniziato a sorridere. Ultimamente Stiles si perdeva un po' troppo spesso in questi pensieri, non che gli dispiacesse.

Dopo mezz'ora avevano finito di decorare tutto, mancava solo la stella. Daniel era corso in camera e aveva preso il trenino da mettere sotto l'albero, in modo tale che facesse il giro intorno ad esso.  

"Dani, vieni qui, manca la punta." lo aveva chiamato Stiles.  

"Ma io non arrivo" aveva detto triste il piccolo.  

"Se sali sulle mie spalle, si." gli aveva detto Derek iniziando a prenderlo in braccio.  

E Stiles si era ritrovato a sorridere di nuovo di fronte a quella scena.  
La giornata alla fine si era rivelata molto migliore di quello che era all'inizio. Ora si ritrovano tutti e tre sul divano a guardare l'albero, con Daniel in mezzo a loro due.  

"Non trovate sia venuto bene? È perfetto." aveva detto Stiles.  

"No, è bellissimissimo." questa era stata la risposta di Daniel che subito dopo aveva iniziato a ridere.  

Stiles e Derek, in quel momento, erano ancora più felici della famiglia che si erano creati. Gli era bastato guardarsi negli occhi, per capire cosa stavano pensando. E Derek aveva, puntualmente, scompigliato i capelli al marito, come ogni volta che si capivano.










Note: Mi scuso con la vostra glicemia. Rispetto alle altre è leggermente più corta, ma è per augurarvi BUON NATALE!

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Capitolo 5
*** Di sorrisi inaspettati e nascite ***


 

 Di sorrisi inaspettati e nascite

 

 

Uno.
Due.
Tre squilli.
Possibile che Stiles non rispondesse mai? Nemmeno in quel momento? Avrebbe continuato a chiamarlo fino all'infinito. Insomma, non poteva mica perdersi la nascita di loro figlio.  

Uno.
Due.
Tre squilli.
Finalmente aveva risposto.  

 

"Stiles, si può sapere perché non rispondevi?" Chiese agitato Derek. 

"Scusa, stai calmo, stavo facendo la spesa. Sai serv-" 

"Stiles, smettila di parlare. Sta per nascere Daniel." 

"Co- cosa? Sul serio? Tu... dove sei?" Stiles aveva sentito il suo cuore fermarsi, per poi riprendere a battere forte, troppo forte. 

"Sto già andando verso l'ospedale. Sbrigati se vuoi vederlo nascere." 

"Sì, io sì. Santo cielo, arrivo subito." disse quasi urlando per la gioia.  


La cassiera, che stava passando i prodotti, era saltata per lo spavento. Stiles non credeva di aver urlato così tanto. Certo, non riusciva a trattenere la felicità, ma di sicuro non si aspettava di sentirsi così. Aspettava quel momento da nove mesi, eppure – ora – non gli sembrava vero. 


"Sono cinquan-" 

"Mi scusi, non posso. Se li tenga." 

"Ma signore li ho già passati." 

"Tornerò. Devo andare. Oddio, sto per diventare papà" disse con gli occhi lucidi mentre iniziava a correre.  

Quando trovò la macchina, provò in tutti i modi ad inserire la chiave nella portiera, ma questa non ne voleva sapere di entrare. Era come se fosse la chiave sbagliata e in effetti lo era, ma Stiles non si era accorto nemmeno di quello. Continuava a pensare al piccolo di casa che tra poco sarebbe entrato nelle loro vite. 
Quando finalmente riuscì ad aprirla e mettersi alla guida, ringraziò che la jeep non avesse fatto capricci, almeno in quel momento.  

Arrivò all'ospedale nel minor tempo possibile. Era giusto arrivato in tempo per vedere il piccolo Daniel nascere e svenire.  
Esatto, proprio svenire. L’unica cosa che si ricordava era la faccia del piccolo e poi il buio lo aveva colpito. 
Derek, se non fosse stato impegnato a trattenere le lacrime per l'emozione, avrebbe iniziato a ridere. Stiles si era anche perso il marito con gli occhi lucidi; di sicuro non gli sarebbe capitato un’altra volta.  Quando si era ripreso aveva trovato il marito con in braccio loro figlio e Cora nel letto di fianco.  
 

"Sono svenuto, vero?" 

"Sì, lo racconterò per sempre a nostro figlio." disse il marito.  

"Io mi impegnerò a ricordarglielo. E ha dirgli che” Cora fece una pausa per poi iniziare a sussurrare verso Stiles. “Derek aveva gli occhi lucidi.” 

"Non posso essermi perso una cosa così. Maledetto me.” Disse guardando addolcito il marito. 

"Stiles..." 

"Che c'è? Sei tu che ti stai sciogliendo" e Derek non poteva che essere più d'accordo. Raramente si era sentito come in quel momento. “Vieni dall'altro tuo papà. Che questi due ti hanno già visto abbastanza, io invece sono una frana e sono svenuto." Riprese, Stiles, allungando le mani verso Daniel per prenderlo in braccio. 

Il piccolo aveva sorriso, per la prima volta, ai suoi genitori. 








Note: Questa volta non ho nulla da dire. Strano. 
Solo distrazione. 
Perdonate se è più corta. Grazie per aver letto.

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Capitolo 6
*** Di sorrisi inaspettati e varicella ***


Avviso: In questa storia Derek è un licantropo, a differenza di alcune presenti in questa raccolta di OS. Purtroppo me ne sono accorta solo dopo averla scritta, scusate.




Di Sorrisi Inaspettati e Varicella





Stiles non credeva - davvero - che mandare il piccolo Daniel all'asilo fosse così pericoloso. No, se lo avesse saputo prima non l'avrebbe fatto e al diavolo ciò che pensava Derek. Insomma era lui l'umano tra i due e – ovviamente – quello che si faceva tutte le malattie con Daniel. Poteva anche andargli bene se le prendevano assieme, quando erano nello stesso letto e si facevano coccolare dal lupo di casa, ma questo no.
Perché la varicella doveva avere periodi di incubazione così lunghi?
Ma la vera domanda era: perché aveva tutto quel prurito?

Nemmeno con i pidocchi del mese scorso si grattava così tanto e, almeno con quelli, poteva grattarsi. 
 
Ora capiva perché Daniel non riusciva a non grattarsi e si stava maledicendo per tutte le volte che gli aveva detto di non farlo. Perché cosa stava facendo lui? Si stava grattando. Ottimo esempio da dare al piccolo.  
Il fatto era che poteva farlo ancora per un po', senza che nessuno gli dicesse niente, perché Derek stava dormendo ancora – stranamente – e quando si sarebbe svegliato, la pacchia sarebbe finita.

Non era durata molto. 
  

"Idiota, piantala di grattarti. Ti rimarranno le cicatrici." Derek aveva preso a parlare senza nemmeno aprire gli occhi. Aveva semplicemente preso le mani di Stiles cercando di farlo smettere. 

"Dai Derek, non fare lo stronzo, lasciami le mani. Prude." Stiles aveva provato a divincolarsi, ma non ci era riuscito. Così, ora, si ritrovava a grattare le mani del marito cercando di sentire sollievo. Cosa che, ovviamente, non aveva sentito. 

"Resisti. E comunque, buongiorno." Aveva detto lasciandogli un bacio sulle labbra. 

"La fai facile tu. Voi lupi mica prendete la varicella. Buongiorno anche a te." E Stiles, per una volta, voleva essere davvero un lupo. No, non per tutte le cose che possono fare, ma per non ammalarsi.  

"Vorrei anche vedere." Derek aveva sgranato gli occhi prima di fare un piccolo sbuffo divertito. Derek che sgranava gli occhi al posto di lanciare occhiate era parecchio strano. Magari erano allucinazioni da varicella. 

"Uff. Solo Daniel mi capisce. Ti odio." 

"No, mi ami." Cosa? Quello era davvero Derek? Stiles si stava chiedendo, anche, se la varicella facesse venire una qualche specie di allucinazione uditiva. 

"No, ti odio. Daniel prende i pidocchi all'asilo, li prendo anche io. Prende la varicella e la prendo anche io. Non è giusto." Ecco, non era possibile che lui si prendesse tutto e quello era il momento adatto per dirglielo. 

"Non ti sei impegnato abbastanza a farla da piccolo." Aveva ribattuto il maggiore. Che poi, a dirla tutta, era vero. Doveva semplicemente farla da piccolo. 

"Ti odio, Hale. Con tutto il cuore." 

"Sì, sì" aveva detta annuendo e avvicinandosi, un po' di più, al marito.   

"Ti prego, lasciami le mani. Una grattatina piccola, piccola." Stiles, invece, continuava a provarci in qualsiasi modo, senza aver successo. 

"No." 

"Voglio vedere te con le zecche..." Non potevano rimanere tutto il giorno in quella posizione. Assolutamente no. 

"Ehi!" Derek non ci aveva nemmeno pensato. Gli aveva lasciato le mani per tirargli uno scappellotto, per poi riprendere a parlare. "Le zecche sono fastidiose." 

"Anche la varicella." Bingo! Stiles aveva ripreso a parlare tirando un sospiro di sollievo. Finalmente si stava grattando! Avrebbe voluto continuare in eterno perché era davvero una sensazione bellissima, se non fosse che proprio in quel momento era arrivato Daniel. 

"Papi, non grattarti." Il più piccolo di casa aveva detto la sua ancora prima di entrare in camera. 

"Mi hai messo contro anche Daniel?" Si era girato, ridendo, verso il marito. 

"No, sei tu che me lo dicevi sempre quando ce l'avevo io. Ora tocca a te." Il piccolo aveva risposto mettendo un finto broncio e avvicinandosi al letto. Derek non aveva perso un attimo, sapeva che poteva fidarsi del suo ometto. 

"Visto? Dani non farlo grattare che vado a preparare la colazione." 

"Non ti farai perdonare così facilmente." Stiles l'aveva detto mentre Derek era già fuori dalla camera. Poi si era girato verso Daniel per dirgli un leggero "Buongiorno piccolo mio" mentre lo aiutava a salire sul letto. 

"Ciao Papi. Ho portato la crema per la bua." Il piccolo si era seduto in braccio a Stiles cercando di aprire il tubetto con la pomata. "Ora ti passa subito". In pochi minuti si era ritrovato a guardare Daniel con le mani piene di crema che cercava di mettergliela. 

Era così che, Derek, li aveva ritrovati quando era tornato con la colazione tra le mani. Stiles sdraiato, con Daniel seduto sulla sua pancia, mentre provava a mettergli la crema. Derek non aveva potuto fare a meno di sorridere per quanto fosse bello vederli assieme.  









Grazie per aver letto.

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Capitolo 7
*** Di sorrisi inaspettati e rassicurazioni ***


Di sorrisi inaspettati e rassicurazioni



Stiles non era convinto, proprio per niente. 
Derek invece sì o, forse, non lo dava a vedere. 

Daniel aveva compiuto i quattro anni da poco, quindi poteva entrare all'asilo. In realtà poteva andarci anche l'anno prima, ma aveva avuto dei problemi di salute e Stiles e Derek, sotto consiglio del medico, avevano deciso di tenerlo a casa. Si sa, gli asili sono delle vere e proprie incubatrici di germi e dato che il piccolo era già debilitato, sarebbe stato solo un rischio in più di farlo stare male. 

Il fatto era che Stiles era diventato iperprotettivo. Fosse stato per lui, non l'avrebbe mandato nemmeno ora. Derek aveva insistito parecchio. "Stiles, che c'è?" 

"Non è la scelta giusta." Stiles non voleva che saperne. "Insomma, anche se l'asilo non lo fa e va direttamente alle elementari, non succede nulla." 

"Il pediatra ha detto che non ci sono problemi. Gli farà bene andare all'asilo e stare con i suoi coetanei." 

"Magari possiamo aspettare un altro mese." 

"È pronto." 

Derek insisteva... si poteva sapere come faceva lui ad essere così tranquillo? Insomma, inserimento o meno, Daniel sarebbe rimasto fuori casa otto ore. Erano troppe, no? A quanto pare lo credeva solo lui, perché a Derek sembrava non fare né caldo né freddo. 

"Si può sapere perché tu non sei agitato?" 

"Perché andrà tutto bene. Se mi metto a far vedere quanto sono agitato, è la volta buona che non lo porti nemmeno al parco." 

"Non sopporto la tua calma apparente, Hale." 

Derek lo sapeva. Per quello gli aveva sorriso e se l'era tirato tra le braccia stringendolo in un abbraccio. Se c'era una cosa che Stiles non sopportava era il fatto che Derek sembrasse sempre tranquillo, anche quando non lo era. Lui non ci riusciva. Puntualmente diventava logorroico e finiva per perdere anche l'ultimo briciolo di tranquillità che aveva.  
Derek l'aveva baciato, come se fosse un bacio di rassicurazione, come per chiedergli di fidarsi di lui. "Andrà tutto bene." E Stiles si era perso in quelle labbra, in quelle parole, in quelle braccia e si era fidato. 

La mattina successiva era arrivata troppo in fretta per i gusti di Stiles. Aveva controllato mille volte per vedere se tutto era apposto. La sacchetta c'era, ancora non era ricamata con il suo nome, avrebbe dovuto trovare qualcuno che sapesse farlo o che almeno gli insegnasse. L'asciugamano e il bavaglino anche, mancava solo il peluche per dormire. "Cucciolo, che peluche vuoi portarti per la nanna?" Non sapeva nemmeno se Daniel l'avesse ascoltato, non si era ancora fermato da quando si era alzato. Continuava a correre da una parte all'altra, quando aveva risposto "L'orsetto Tom." E Stiles si stava davvero chiedendo per quale motivo quegli orsetti fossero tutti uguali, ma poi si era ricordato quale fosse Tom. Era anche semplice da ricordare, ma nell'agitazione non capiva più nulla. 

Daniel era stato il primo a mettersi davanti alla porta, pronto per uscire, mentre Stiles era ancora disperso tra i peluche e Derek a lavare le tazze della colazione. 

"Papà! Andiamo!" 

"Sì, piccolo, ora andiamo. Der, sei pronto?" C'era qualcosa di molto strano. Derek continuava a lavare tazze. E Derek, le tazze, non le lavava mai.  
Era un compito di Stiles, se li erano divisi quando erano andati a convivere. Perché lo stava facendo? "Der, lascia stare le tazze. Ci penso quando torno, andiamo." Non aveva chiesto, perché sapeva che non sarebbe arrivato da nessuna parte. 

Erano usciti dopo pochi secondi, Daniel aveva una mano stretta in quella di Stiles e l'altra in quella di Derek. "Cosa si fa all'asilo? Ci saranno tanti bambini?" 

"Si fanno cose belle, si colora, si gioca, si fanno tanti lavori belli con la maestra e sì, ci sono tanti bambini." Aveva risposto Stiles con una tranquillità che quasi aveva meravigliato Derek. 

"Tanti bambini come al parco?" 

"Sì, anche di più forse." Aveva risposto di nuovo Stiles e Derek era rimasto ad ascoltare. 

"Quindi farò tanti amichetti?" 

"Sicuramente." Questa volta era stato Derek a rispondere. Aveva incrociato lo sguardo di Stiles e aveva sorriso per rassicurarlo. Erano arrivati all'asilo poco dopo, era vicino a casa e arrivarci a piedi era facile. Tecnicamente doveva essere Daniel quello che non voleva entrare, invece era Stiles quello che si era fermato. Non sapeva nemmeno di cosa avesse paura, ma aveva quell'agitazione che di solito non annunciava nulla di buono. Aveva smesso di pensare alle mille catastrofi che potevano succedere quando Daniel gli aveva tirato un braccio e "Dai, papà, entriamo." 

Stiles non aveva parlato mentre Derek cambiava le scarpe, li sentiva parlare ma era come se non sentisse cosa dicessero davvero, troppo impegnato a trattenere le lacrime. Non sapeva nemmeno perché fosse arrivato a quel punto. Sapeva solo che Daniel si era accorto dei suoi occhi lucidi quando Stiles si era abbassato ad abbracciarlo, prima che entrasse in classe. Daniel aveva guardato entrambi e gli aveva detto " Papà, non vi preoccupate, andrà tutto bene, ci vediamo più tardi." Li aveva abbracciati di nuovo ed era entrato in classe. E a Stiles era riuscita a sfuggire una piccola lacrima, insieme al sorriso che gli aveva lasciato. Derek aveva messo un braccio intorno al collo di Stiles per poi tirarselo accanto. "Andrà alla grande" aveva detto, lasciandogli un bacio sulla fronte e Stiles, in quel momento, era un po' più tranquillo. 

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