Blood of Ice

di _Nimphadora_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Eredi ***
Capitolo 3: *** Il prezzo del sangue ***
Capitolo 4: *** Mostri ***
Capitolo 5: *** Palle di neve ***
Capitolo 6: *** L'Inverno sta arrivando ***
Capitolo 7: *** Mantello nero ***
Capitolo 8: *** Fiducia ***
Capitolo 9: *** La lupa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 
 
 
 
Iryn continuava a farsi strada nella neve, arrancando.
Le lacrime le rigavano il viso mentre l'aria faceva fatica a entrargli nei polmoni.
Non avrebbe mai potuto dimenticare quella scena, mai.
Il corpo di sua madre immerso in una pozza di sangue, disteso sul pavimento lercio.
Quello di Robb, che dopo la prima coltellata si girò verso di lei, sua sorella. Gli sussurrò “Scappa” prima di accasciarsi accanto alla madre.
Lei non aveva potuto fare niente, niente.
La sua bacchetta era rimasta negli accampamenti e comunque era stata troppo sconvolta per poter recitare alcun incantesimo in tempo.
Fu afferrata per le spalle da uno dei traditori e sentì qualcosa di freddo e appuntito penetrare nella carne del suo fianco sinistro, si credette pronta alla morte, ma Robb si divincolò urlando tanto da distrarre l'uomo alle spalle della giovane lupa.
Ti prego, ti prego non morire. Robb non morire.
Corse senza voltarsi, perché sapeva che se l'avesse fatto non avrebbe avuto la forza di lasciarlo lì, a morire da solo.
Raggiunse uno dei passaggi segreti di Grande Inverno e lo percorse quasi volando, tanto le sue gambe si muovevano velocemente.
Solo quando fu abbastanza lontana realizzò davvero ciò che aveva fatto.
Li aveva abbandonati, aveva abbandonato la sua famiglia per salvarsi.
Codarda.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Hey! Avrete ormai capito che questa che avete appena letto è un crossover (Harry Potter/Game of Thrones) e voglio rassicurarvi al riguardo. Non sarà necessario aver seguito GOT per leggerla, perché ho intenzione di modificare la sua trama base e lo farò spiegando tutto nei particolari. Certo, se conoscete già questa serie tv tanto meglio!
Ad ogni modo la trama sarà comprensibile a chiunque.
Ci troviamo in un periodo a metà strada fra il medioevo e il rinascimento. La magia all'interno della storia sarà principalmente quella di tipo potteriano. Grazie per aver letto fino a qui. Baci, -Nimph

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Capitolo 2
*** Eredi ***


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Ormai il sole era calato e l'unica fonte di luce rimasta era la pallida luna.
La neve e il ghiaccio le ricoprivano le ginocchia sbucciate, facendole perdere sensibilità agli arti inferiori.
Anche il sangue che proveniva dall'ampio taglio sul fianco sembrava essersi ghiacciato, restava la grossa macchia scarlatta sulle vesti azzurre a ricordare a Iryn di essere stata colpita.
Non riuscendo più a compiere un solo passo la principessa si afflosciò contro il tronco di un vecchio albero dalla corteccia nodosa.
Non era pronta a morire, ma gli Dei non se ne sarebbero curati.
Si accarezzò il ventre piatto, per sentirsi meno sola.
Non sarebbe mai stata madre, né moglie.
Non sarebbe mai stata donna, o vecchia.
L'unico pensiero che riuscì a darle conforto prima di chiudere le palpebre e lasciarsi cadere contro la neve fu quello che presto avrebbe raggiunto i suoi cari e avrebbe riposato fra le braccia di sua madre.
Riuscì persino a vedere l'azzurro degli occhi di Robb, sorrise.
Poi, il buio.
 
Jonathan Sterling era un ragazzo come tanti, un figlio di contadini con tanti fratelli.
Per lui il futuro era stato già scritto, avrebbe faticato per far fruttare la terra che aveva ottenuto da suo padre.
Avrebbe preso una donna senza pretese e avrebbe voluto da lei dei figli sani e dalle ossa forti.
Jonathan aveva una vita tranquilla, arricchita da qualche rissa alla taverna locale e dalle attenzioni delle prostitute meno care.
Non si aspettava sorprese.
Aveva smesso di fantasticare riguardo ad armature scintillanti e spade dell'acciaio più resistente.
La gloria, per uno Sterling, era un sogno ridicolo che si reggeva in piedi su gambe storte.
Quel giorno il maggiore dei figli di Emmett Starling si era svegliato all'alba per andare a caccia di volpi delle nevi e lepri selvatiche e ancora assonnato si andava trascinando svogliatamente fra la neve e il fango.
Poi finalmente sentì qualcosa, il rumore ovattato di piccole zampe, Jonathan si mosse furtivo armandosi di due lunghi pugnali ben affilati.
Cercò di fare meno rumore possibile mente si avvicinava alla bestiola, una volpe dal manto candido.
Eppure a un certo punto fu costretto ad arrestare il suo passo, c'era qualcosa che gli impediva il passaggio.
Quando il giovane abbassò lo sguardo non poté credere a ciò che trovò sotto i suoi occhi.
Una ragazza, distesa sulla neve resa rossa dal sangue che perdeva dal fianco, i capelli neri e annodati si confondevano per colore al sangue scuro e ormai solidificato.
La bocca aperta in una smorfia innaturale, gli occhi serrati.
Jonathan si chinò e porse l'orecchio verso le labbra ormai blu della giovane donna e in seguito ne coprì il corpo in tutta fretta con la pelliccia di tasso che portava sulle spalle.
«SOPHIA! Corri! C'è una donna ferita sulla neve, è ancora viva»
La sorellina di Jonathan non tardò ad arrivare, avendolo accompagnato nella caccia, e nel vedere la scena si inginocchiò al fianco del maggiore, sconvolta.
«Jace ma... ma questa è Iryn Stark!»
 
Christopher Flangan si muoveva a passo svelto, nonostante l'armatura gli pesasse sulle spalle.
Osservava ogni dettaglio intorno a se', sapeva che prima o poi avrebbe notato qualcosa, un dettaglio che avrebbe potuto aiutarlo.
Sapeva anche che lady Stark non poteva essere tanto lontana, non con le ferite che si ritrovava.
L'aveva vista fuggire dal banchetto, tenendosi il fianco sanguinante.
Doveva essere una ferita profonda, senza cure sarebbe finita per morire dissanguata.
Già troppi Stark avevano perso la vita quella notte, Iryn non doveva finire fra loro.
Il cavaliere aveva ancora nella mente l'immagine orrenda del piccolo Rickon, gettato sulla tavolata col corpo senza testa, il volto privo di vita di Catelyn Stark, il giovane Bran che gridava per le gambe mozzate.
Oltraggio. Tradimento.
Non solo i Baratheon erano riusciti nel loro intento di devastare Grande Inverno, ma ci erano riusciti perché i compagni più fidati di Re Eddard avevano tradito.
Flangan al solo pensiero sentì lo stomaco rivoltarsi.
Poi però un leggero fruscio catturò la sua attenzione.
Il cavaliere poggiò la mano sull'elsa della  sua spada, per poi continuare a camminare fino a che non sentì un ramo spezzarsi alle sue spalle.
Si voltò di scatto, la spada liberata dal suo fodero ora era posizionata contro la gola dell'intruso.
Flangan non nascose lo stupore quando vide di chi si trattasse. 
Quegli occhi... rossi come il sangue. Li riconoscerebbe fra milioni.
«Tu, mi segui da ore. Perché?»
«Non riesci a immaginarlo da solo, Christopher?»
Pronunciò la donna con tono suadente, per poi scoprire la fila di denti bianchi per un sorriso furbo.
«Non mi servi, Nafeesa»
Proferì l'uomo con tono brusco.
«Non sono qui per aiutarti, sono qui per trovare la mia padrona»
«Mi rallenteresti soltanto»
L'ancella scosse la testa, infastidita, facendo un passo avanti per scostarsi la spada di dosso.
«Ti seguo da ore, no? Non mi sono fermata e di certo non mi sono lamentata. Io sono la sua ancella più fidata, sono cresciuta accanto a lei. Devo sapere se è ancora viva o se è mio dovere doverla piangere»
La mezza vampira non avrebbe cambiato idea, era certo.
Era bella, persò il cavaliere, come sempre.
Coperta da una delle pellicce di lady Stark era possibile ammirarne solo il volto. La pelle olivastra, i capelli neri come la terra bruciata e gli occhi penetranti. Era bella di una bellezza mortale, doveva esserlo per attrarre le sue vittime. Era questo l'obiettivo della sua natura eppure gli Stark l'avevano accolta sin da bambina, facendole consumare sia cibo che sangue di cavallo.
Vedevano qualcosa in lei, del potenziale, che Flangan non aveva mai capito.
«Quindi dovrei fidarmi di te?»
Chiese ironico il cavaliere, facendo un passo indietro per poi posare la spada nel fodero.
Nafeesa sorrise ancora, lo stesso sorriso furbo di poco prima.
«Puoi sempre tenermi d'occhio»
Poco più il la, se solo fossero arrivati qualche ora prima, avrebbero trovato Iryn Stark ancora immersa nel suo stesso sangue.
 
«Grande Inverno ormai è sotto il loro controllo! Da quando Robert Baratheon ha fatto giustiziare Re Eddard due anni fa, già tramavano di prendere il Nord. Banda di Porci! Ecco cosa sono tutti i Baratheon!»
«Si sa qualcosa di Re Robb? Se è morto, Grande Inverno è davvero perduto e con lui tutto il regno del Nord»
Iryn fu svegliata dal suono di voci concitate intorno a lei, assetata e ancora infreddolita com'era non riusciva nemmeno a muovere le dita.
«A-Acqua»
Riuscì soltanto a pronunciare.
Ma dove si trovava?
Tutti i presenti nella stanza si voltarono verso di lei.
«Lady Stark, finalmente vi siete svegliata... Sophia corri, va a prendere dell'acqua per la signora»
Fu una donna di mezza età a parlare, per poi sorriderle dolcemente. Dagli abiti che indossava era facile capire che fosse di umili origini. Iryn era sempre più confusa.
«Vi hanno trovato due dei miei figli, mia signora, poco lontano da Grande Inverno. Ma non vi sforzate, siete ancora ferita»
Rispose quello che doveva essere il marito della donna, quasi a comprendere dal suo sguardo incerto la sua confusione.
«Il mio nome è Emmett Sterling, questa è mia moglie Emalysa. Coltiviamo un piccolo appezzamento di terra appena fuori i vostri territori»
Ma Iryn non ebbe il tempo di annuire per far intendere di aver compreso che una ragazzina le accostò alle labbra una tazza di metallo ammaccata.
Bere fu più difficile del previsto, ogni minimo movimento le costava uno sforzo e un dolore immane.
«Avete m-medicato le mie f-ferite?»
Domandò con voce tremula infine la lady, voltandosi verso la ragazzina che annuì.
«L'ho fatto io, come ho potuto. Purtroppo non sembrate migliorare come previsto, presto io e mio fratello vi condurremo dalla guaritrice che dimora nel bosco. Lo faremo all'alba»
Solo allora Iryn sembrò notare il ragazzo biondo poggiato con la schiena al muro che la osservava in dispare, senza parlare.
«È mio fratello, Jace. Vi ha visto lui svenuta sulla neve»
Spiegò Sophia.
Era bello, pensò Iryn, prima di sprofondare ancora in un sonno profondo.
Sognò occhi azzurri come il cielo e ricci del colore della terra immersi nel sangue.
 
«Pensi che riuscirà a sopravvivere, Emmett?»
«Io me lo auguro, non si sa niente riguardo agli alti suoi fratelli. Per quanto ne sappiamo potrebbero essere tutti morti, in questo caso Iryn Stark sarebbe l'unica erede al trono legittima. Non possiamo permettere che lei muoia»
La donna sbiancò, per poi voltarsi verso il maggiore dei suoi figli.
«Jace, il tuo è un compito molto importante. Non fare nulla di avventato come tuo solito domani»
Il ragazzo annuì, serio.
«Vado da lei, avrà bisogno di incantesimi di protezione»
Disse Sophia, con aria preoccupata.
Temeva con tutta se stessa di trovarsi appesantita dalla morte di una reale sulla coscienza.
Quello che però la famiglia Sterling non sapeva ancora era che quella notte lady Iryn Stark non era l'unica possibile erede al trono sotto il loro tetto.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: ecco il primo capitolo! È breve, dovreste vederlo come un'introduzione alla storia, i prossimi capitoli saranno più lunghi e meno "spezzettati" se così si può dire.
Comunque ecco la lista dei personaggi scelti, non sono ancora comparsi tutti ma siamo ancora al primo capitolo, no?
 
Ruolo A: Jonathan Sterling, 23 anni.
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Ruolo B: Sophia Sterling, 16 anni.
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Ruolo C: Christopher Flangan, 28 anni.
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Ruolo D: Riona Griève, 22 anni.
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Ruolo E: Declan Kennet, 20 anni.
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Ruolo F: Nafeesa Hermann, 25 anni.
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Ruolo G: Ryanne Lendworen, 23 anni.
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Ruolo H: Damien Dawson, 26 anni.
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E questa è Iryn Stark, 19 anni.
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Capitolo 3
*** Il prezzo del sangue ***


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Quando il sole si mostrò oltre le montagne bianche il secondogenito degli Sterling, Griffin, svegliò il fratello.
Era giunto il momento di andare, non si poteva attendere oltre.
«È l'alba»
Sussurrò, scuotendolo, curandosi però di non disturbare anche i fratelli più piccoli.
Dormivano ammassati l'uno sopra l'altro su un letto fatto di paglia e lenzuola grezze.
I maschi separati dalle femmine.
«Va a svegliare Sophia»
Borbottò lui in risposta, aveva dormito poco e male.
«Non ha dormito, per niente»
Jace scosse la testa, contrariato, ma non indugiò oltre.
Nel frattempo la sorella stava già provvedendo a svegliare la giovane lady, sperava solamente che fosse abbastanza in forze per intraprendere il tragitto che andava da lì fino al centro del bosco.
«Ho f-freddo... tanto»
Pronunciò Iryn con la voce sottile come un soffio di vento, quando la ragazza le scostò le coperte di dosso per metterla in piedi.
Poi la principessa barcollò, ad occhi chiusi.
«Vi copriremo a dovere, mia signora. Forza, siete pallida come la neve, non possiamo rimandare ancora»
Iryn annuì dopo una manciata di secondi, per Sophia fu come attendere per ore, la vide sfiorarsi il ventre, poi gemere di dolore.
«In fretta, in fretta»
La Sterling si stupì di notare quanto la Stark riuscisse ad essere dignitosa nonostante il dolore.
Non poteva sapere che impararlo le era costato lacrime di bambina e lamenti di ragazza. Non sapeva che quella stucchevole resistenza le era stata imposta senza pietà.
Una lady non piange, una lady soffre in silenzio.
«Ma certo, forza...»
Emalysa accorse in fretta in loro aiuto.
Vestirono Iryn Stark con gli abiti più pregiati che possedevano, e con le pellicce più folte.
Lei si sentì immensamente grata a quella famiglia che non le doveva niente e che però l'aveva accolta senza remore, promise a se stessa che se sarebbe riuscita a sopravvivere li avrebbe ricompensati in oro e vino finché avrebbe respirato, poi ricordò di non avere più né l'uno né l'altro.
Non aveva più niente, e nessuno.
Sentì il petto stretto da una morsa.
«Dobbiamo andare Sophia, lady Stark è pronta per il viaggio?»
Jace si concesse di guardarla, a lungo, e non seppe spiegare il perché ma si sentì legato a quella fragile vita che adesso dipendeva da lui.
La flebile speranza del Nord, nessuno disponeva di qualcosa di più prezioso.
«Andiamo»
Rispose Sophia, reggendo la principessa per i fianchi.
Jace sgranò gli occhi, avvicinandosi.
«Tu non verrai, è troppo pericoloso. In questi boschi vive gente di ogni tipo e con la lady ferita non potrei proteggerti»
«Ma Jace! Madre, ditelo anche voi, sono l'unica qui ad avere poteri magici e sono l'unica che può davvero proteggerla!»
La donna scosse il capo, con fare solenne, mentre Sophia diventava rossa di rabbia.
«Sei ancora una bambina... non costringermi a svegliare tuo padre»
«Sapete che non lo sono!»
Iryn emise un lamento leggero.
«Vi prego, non fatemi attendere oltre...»
Sussurrò poi, portando Emalysa a scusarsi e a prendere velocità.
Jace la sollevò in braccio e la portò all'esterno, dove soffiava un vento gelido ma lieve.
Sophia li seguì, ma non proferì più parola.
Lo vide issare la principessa a cavallo e poi seguirla poco dopo, facendo in modo che lei posasse il capo contro il suo petto.
Jace voleva riscaldarla, tenerla al sicuro. La strinse a se' più del dovuto, per il gusto di fare qualcosa di proibito.
«Fa attenzione»
Proferì la madre.
Il figlio annuì, per poi sparire fra la coltre di alberi bianchi.
 
A poca distanza, il cavaliere d'acciaio aveva ripreso la sua ricerca seguito da un'ancella straniera.
Il sole era pallido e riscaldava a malapena.
«Non credevo che si potesse dormire fra la neve e poter sopravvivere»
Pronunciò piccata Nafeesa, dopo la notte infernale appena passata.
Flangan borbottò qualcosa che lei non riuscì a comprendere poi si degnò di risponderle.
«Non hai dormito in mezzo alla neve, ma in un albero cavo, accanto al fuoco. Di cosa ti lamenti? Sapevo che mi avresti rallentato...»
«Ci siamo fermati solo poche ore, perché dicevi di aver trovato delle tracce!»
Il cavaliere arrestò il suo passo per voltarsi verso la donna, esasperato.
«C'erano delle tracce, ne sono certo!»
L'espressione della mezza vampira si indurì rapidamente.
«E allora lei dov'è?! Eh? Sei inutile cavaliere d'acciaio. È così che ti chiamavano, no? Infatti sei freddo e ottuso come un pezzo d'acciaio, ecco cosa sei!»
A quel punto Flanagan stava sinceramente per urlarle contro  quando...
«Zitta! Sta zitta e guarda là!»
Disse soddisfatto, con un mezzo sorriso ad abitargli il volto.
Nafeesa sbuffò.
«Cosa? Una tenuta malandata?»
Il cavaliere alzò gli occhi al cielo.
Avrebbe davvero dovuto sopportarla per tutto il tragitto? Perché, per tutti gli Dei, l'aveva lasciata venire?!
«No, quella è la casa di una famiglia di contadini, gli Sterling. Sono fedeli agli Stark, il padre di Emmett Sterling, che è l'attuale proprietario, salvò la vita al Re Eddard da un agguato di bruti nei boschi e fu ringraziato con la tenuta e un grosso appezzamento di terra.
Magari Iryn si è rifugiata da loro, o l'hanno trovata ferita nei boschi»
L'ancella non poté fare a meno di sorridere, scoprendo i denti bianchissimi.
Non aspettò un secondo di più.
Si mosse velocemente, facendo ondeggiare la pelliccia al vento,
sembrava leggera come una piuma.
Aveva una grazia nei movimenti, un modo di muoversi... il cavaliere d'acciaio non poté non domandarsi se quello fosse parte della sua natura di vampira o del suo carattere.
«Aspetta! Nafeesa, non così!»
Sibilò, inseguendola.
Non doveva permetterle di farsi distrarre, proprio non doveva.
Per quando il cavaliere la raggiunse, Nafeesa era già sull'uscio, di fronte alla padrona di casa.
«È stata qui!- la sentì urlare -Iryn è stata qui, Christopher!»
 
Faceva meno freddo, Iryn aveva smesso di tremare, ma non apriva gli occhi da un po'.
Jace era convinto si fosse addormentata.
Era dolce, mentre gli stringeva il busto, abbracciandolo come un cuscino.
Ed era pallida, senza forze, spenta.
La sentiva vicina eppure distante, l'immagine composta della morte.
Magari esagerava, magari erano solo fantasie ma sentiva qualcosa... qualcosa di sinistro che l'avvolgeva.
Era come un'avvertimento.
Stammi alla larga, non porto nulla di buono.
Ad ogni modo, non stava funzionando.
«R-Robb...non...mhm...»
Le sentì pronunciare, ancora una volta.
Chissà cosa doveva aver visto, per continuare a pronunciare il nome del fratello.
Doveva essere stato orrendo vederlo morire davanti ai suoi occhi senza poter fare niente.
«Sophia!»
Chiamò a un certo punto Jace, mancava poco all'arrivo dalla guaritrice e sapeva che sua sorella era stata lì con lui, dall'inizio.
Sophia Sterling non si arrendeva davanti a nulla. Era piccola, giovane, di poche parole e sembrava vivere nel suo mondo a volte ma dentro era forte come pochi.
Jace lo capì in fretta, vedendola crescere.
Dopo pochi istanti, un cavallo scuro e dalla lunga criniera si fece largo al fianco del primo, più chiaro e pezzato.
Sophia aveva un'espressione seria, ma per chi la conosceva da tempo si poteva notare anche un filo di soddisfazione.
Jace non riuscì a reprimere un piccolo sorriso.
«Come sta?»
Chiese lei, posando lo sguardo su Iryn.
«Dorme, ormai manca poco»
E infatti, pochi minuti dopo, fu facile vedere una piccola casa fatta di legno e pietra scura.
 
Un uomo molto vecchio, dai capelli e barba bianca si avvicinò al primo cavallo, quello che portava Jace e lady Stark.
Il passo era lento e incerto.
«Chi siete? Cosa cercate nel mezzo del bosco?»
Chiese l'uomo con fare guardingo. Sembrava non fidarsi più di nessuno dopo gli accaduti a Grande Invero.
«Mia sorella, è stata ferita da un bruto durante la notte. Siamo venuti per la guaritrice»
Disse teso Jace, cercando di essere convincente.
Il vecchio posò lo sguardo su Iryn per diversi istanti, poi annuì.
«Scendete da cavallo, entrate»
Non se lo fecero ripetere.
Iryn si svegliò in fretta, ma non riuscendo a camminare lasciò che fosse Jace a portarla.
La casa era sporca e mal tenuta, all'interno c'era un uomo sulla trentina d'anni e una bambina che ne avrà avuti al massimo dieci.
Il primo osservò gli estranei con malcelato disprezzo, la seconda sembrò quasi non accorgersi di loro, presa com'era dalle sue bambole di stoffa.
«Seguitemi, mia figlia vi aiuterà di certo!»
Esclamò con orgoglio il vecchio, conducendo il trio nell'ultima stanza della costruzione.
Una volta al suo interno si resero conto che fosse la più grande, e la più pulita.
Al centro vi era un letto fatto di paglia e coperte simile a quelli di casa Starling, attaccati ai muri laterali alla porta vi erano due librerie piene di vecchi tomi polverosi mentre infondo alla camera c'era un grande tavolo di legno di quercia su cui troneggiavano unguenti e pozioni di ogni tipo, erbe medicinali, secchi d'acqua e una bacchetta di legno pallido simile a quella che Sophia portava sempre con se'.
Poi defilata in un angolo, con un libro di modeste dimensioni fra le mani, c'era una donna minuta dai capelli ricci e scomposti, di un colore simile al legno di quercia.
I suoi tratti infantili erano resi più solenni dalla concentrazione.
Indossava una veste modesta, da lavoro, sporca di terra e di quello che sembrava sangue secco.
«Riona, ci sono dei giovani che ti richiedono, la loro sorella è stata attaccata da dei selvaggi nel bosco»
La giovane donna alzò lo sguardo su di loro, posò via il libro e si avvicinò a Iryn.
La guardò in un modo insolito, ma nessuno dei presenti riuscì a interpretarne il motivo.
«Fatela stendere»
Ordinò perentoria e da subito
 iniziò a slacciarle le vesti in cerca di ferite ma, nello sfiorarle il ventre sgranò gli occhi, si fermò.
Iryn gemette ma non si lamentò, conosceva le voci riguardo questa guaritrice e sapeva avesse grandi poteri e capacità.
Jace sentì il petto contrarsi.
«Vi prego, lasciateci sole. Ho bisogno di concentrazione...»
Sussurrò e il padre sbatté, senza troppi complimenti, i due fratelli fuori dalla stanza.
«Sarete stanchi, dopo il viaggio. Venite, vi offrirò qualcosa per rifocillarvi»
Riona sentì dire da suo padre, poi solo passi farsi lontani.
La guaritrice afferrò in fretta la sua bacchetta e sottovoce lanciò un incantesimo contro il dolore per permettere a Iryn di parlare, poi tornò a svestirla per scoprire la profonda ferita sul fianco.
«Quindi siete riuscita a sopravvivere, milady. Da quel che si dice sembrata l'unica»
Iryn Stark sgranò gli occhi, ma scosse la testa.
«Non capisco, a cosa ti riferisci? Non sono certo una lady...»
Riona sorrise appena mentre le esaminava la ferita in cerca di infezioni, sembravano essere assenti.
Iryn era stata fortunata.
«Io so chi siete, Iryn Stark, ho assistito insieme a mia madre all'ultimo parto di Catelyn Stark. Credo si tratti di Rickon. Sono stata a Grande Inverno, vi ho vista -disse, scegliendo uno degli unguenti dall'ampio tavolo -e credetemi, difficilmente dimentico un volto come il vostro.
Iryn si irrigidì di colpo, non sapendo più cosa dire.
«Comunque voglio darvi una bella notizia, il prezioso carico che portate con voi è rimasto illeso. Però devo peccare di curiosità, i due giovani che vi hanno accompagnato sanno che..?»
Lady Stark scosse la testa con decisione, cercando di non apparire né troppo spaventata né troppo sollevata.
«Sta bene?»
Chiese solo a mezza voce, ne voleva la conferma.
Era l'unico motivo per cui si era tenuta in vita, l'unica cosa che le fosse rimasta.
«Stanno benissimo, lady Stark. Se credessi negli Dei affermerei di trovarci di fronte a un miracolo»
Disse Riona, riempiendo le piaghe della lady di unguento.
Iryn si sporse verso di lei, confusa.
«Stanno
La guaritrice annuì, poggiandole il palmo unto sul ventre.
«Aspettate due gemelli, milady, ne ho sentito la forza vitale al primo tocco»
Iryn granò ancora gli occhi, ma con le labbra piegate da un sorriso stanco.
Gli occhi le si riempirono di lacrime.
«Sani, ma è presto per definirli forti. Quel che posso dire è che cresceranno, nasceranno fra poco meno di sei mesi e che hanno il sangue puro, forse troppo»
Il sorriso sulle labbra di Iryn morì all'istante, ed esitò prima di parlare.
«Nessuno dovrà saperlo, nessuno dovrà sapere di loro. Hai capito, Riona?»
Pronunciò come una minaccia Iryn, a denti stretti.
Riona la fissò negli occhi e poi scoppiò a ridere, per niente intimidita.
«Non potrete nasconderlo a lungo, lo sapete, fra un paio di mesi avrete il ventre più gonfio di un pallone»
Ma Iryn non resse l'irritazione, le afferrò a fatica il polso e avvicinò il viso al suo per poterla guardare negli occhi.
I suoi nocciola negli acquamarina di lei e chissà perché le sembrò familiare.
«Tu non lo dirai ad anima viva»
Pronunciò.
«Avete la mia parola, lady Stark, ma ricordate: tutto ha un prezzo»
Fu la risposta gelida della guaritrice.
Ricucì infine la ferita, con un colpo di bacchetta.
«Riposate, mia signora. Tornerò a disinfettare le vostre ferite a breve, avvertitemi se tornate a sentire fitte di dolore»
Iryn annuì, sentendosi esausta ma più leggera.
Adesso aveva qualcosa per cui combattere... e avrebbe combattuto, fino alla morte.
«Verrai ripagata, Riona, hai la mia parola di Stark»
La guaritrice si voltò verso di lei un'ultima volta prima di lasciare la stanza.
«Oh, statene certa lady Stark, non ne ho dubbi»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Hey! Lo so, penserete “Ma che ci fa questo capitolo qui... Così presto...” E avreste pure ragione, perché io non ho pazienza purtroppo. Il capitolo era pronto da ieri e io ero tipo in agonia perché volevo postarlo... ma poi volevo aspettare... e poi eccolo qua.
In questo capitolo fa la sua comparsa Riona, un personaggio perno della storia che personalmente mi piace parecchio. Spero di averla resa bene, anche se per i primi capitoli saremo in clima abbastanza introduttivo. Che ne pensate? Fatemelo sapere!
Baci,
-Nimph

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Capitolo 4
*** Mostri ***


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La stanza intorno a lei era scura, non riusciva a vedere bene ma era certa che ci fosse un qualcosa di familiare.
Tutto era circondato da un sottile strato di nebbia, come se si trovasse su una nuvola.
Esplorò le stanze, i corridoi, li trovò tutti chiusi. 
Non c'era anima viva.
Ma poi le sembrò di sentire delle voci, delle voci lontane la stavano chiamando. Lei le inseguì, corse, corse, fino a che non si accorse che il pavimento era ricoperto di sangue.
Urlò, o almeno ci provò, perché non aveva voce.
«Figlia, figlia mia, cosa hai fatto?»
La voce di Catelyn Stark riecheggiò per le mura di Grande Inverno. Era lì che si trovavano, realizzò Iryn, e quella era la sua camera da letto.
Le lenzuola, i cuscini, avevano anch'essi il colore del sangue.
Sua madre era seduta su una poltrona bianca come la neve al centro della stanza, l'espressione era serena.
«Come hai potuto, bambina mia?»
Iryn avrebbe voluto muoversi ma era immobilizzata, i suoi piedi erano attaccati al pavimento e il sangue faceva da collante.
«Madre, mi dispiace di essere fuggita io...»
«No!»
La interruppe Catelyne.
Le indicò il ventre.
«Mostri, mostri»
Ripeté e d'improvviso Iryn sentì un forte dolore irradiarsi dalla pancia fino alla punta delle dita.
Ancora provò a urlare, ancora la voce gli venne a mancare.
«È il prezzo del sangue, lo dovrai pagare. Tu e il tuo sciagurato, traditori delle leggi degli uomini. Partorirai i tuoi bambini. Non Snow, non figli delle nevi, seppur non coperti dal matrimonio. Gli unici eredi, porteranno avanti il nome, ma a quale prezzo...»
Iryn pianse lacrime di sangue e sale.
«Non capisco, Madre vi prego basta»
«Il prezzo del sangue, ti dico, è mio dovere. Solo due, poi il tuo ventre diventerà sterile come quello di una vecchia puttana, ti sporcherai le mani di sangue innocente e il falso amante troverà la morte»
Catelyn scomparve ma fu rimpiazzata dai corpi evanescenti di Rickon, Bran e Arya, fu quest'ultima a parlare.
«Torna a casa Iry, torna a Grande Inverno»
Poi Iryn si sentì lontana, come se qualcuno o qualcosa la stesse trascinando via.
«La bacchetta!»
Fece in tempo a sentire, prima di aprire gli occhi...
 
«Ben svegliata, mia signora»
Sentì la voce divertita di Riona accanto a se' ma ci volle del tempo prima che riuscisse a mettere a fuoco la sua figura.
«Cosa c'è da ridere, guaritrice? Ti diverte la mia sofferenza?»
Riona le sfiorò la fronte per controllare se fosse accaldata e poi si alzò alla ricerca di una delle pozioni che aveva preparato poco prima.
«Mhm... l'atteggiamento da nobile spocchiosa sta venendo a galla, direi che sia un buon segno»
Iryn si alzò a sedere e sentì una leggera fitta al fianco sinistro ma nulla di più, si sentiva meglio e più in forze.
Probabilmente non sarebbe riuscita a camminare ma era già un grande passo avanti.
La guaritrice aveva davvero fatto miracoli.
«Non sono una... nobile spocchiosa, ho solo avuto un incubo, mi dispiace»
Riona le porse la pozione con aria curiosa.
«Bevetela, è un ricostituente, e mi è anche riuscito proprio bene. Comunque, cosa avete sognato? Se posso chiedere...»
Iryn sembrò assente, lo sguardo lontano concentrato su un punto indefinito del muro chiaro davanti a lei... Riona avrebbe voluto entrargli nella testa e leggerne i segreti.
Prese la pozione in mano senza neanche guardarla e la mandò giù in pochi sorsi.
«No, non puoi ma... a cosa ti riferivi quando hai detto che tutto ha un prezzo? L'hai detto dopo avermi sfiorato il ventre»
Riona sospirò, abbassando lo sguardo.
«È questo che ha procurato i vostri incubi? Non vi fa bene preoccuparvi così adesso, e poi si tratta di sciocchezze»
Ma la Stark non intendeva arrendersi, la guardò negli occhi e con un'intensità tale da far sentire la guaritrice a disagio.
«Hai parlato di sangue, e di un prezzo da pagare. Cosa intendevi, Riona?»
«Non lo so bene neanche io, il fatto è che quando vi ho toccato ho visto qualcosa, voi senza vestiti con del sangue che vi sgorgava sulle cosce pallide e poi li ho sentiti, i bambini, con il loro sangue puro e non mescolato con altre razze. Non credo però che la mia visione riguardi loro...»
Ma le parole della giovane donna furono interrotte dal suono sordo di una mano che batteva contro la porta usurata.
«Riona, posso entrare? Lady Iryn si è svegliata?»
La voce di Jonathan Sterling suonò familiare a Iryn, che subito gli concesse di entrare seppur ne odiò il tempismo.
«Vieni pure, Sterling»
Il giovane non se lo fece ripetere.
Entrò nella stanza a passo svelto, posizionandosi di fronte al lato del letto su cui la lady riposava.
«Io vado, devo raccogliere alcune erbe»
Si congedò Riona, intuendo la situazione che si andava creando.
Iryn la guardò andare via velocemente.
«Come vi sentite, lady Iryn? Avete dormito a lungo, quasi due giorni»
«Quasi due giorni?»
Chiese lei sconcertata, il giovane annuì con fare preoccupato e sembrò volersi avvicinare ma lei glielo impedì con un gesto di mano.
Come stava?
Fisicamente stava meglio, il dolore che provava era niente, niente in confronto a quello della sua anima.
Aveva perso Robb, aveva perso Sansa, Jon e aveva perso Grande Inverno, ma non aveva il tempo di espiare il suo lutto e nemmeno di piangere.
Si sarebbe limitata a urlare dentro, ogni volta che aprendo gli occhi si sarebbe ricordata di essere viva.
Decise in quello stesso istante che avrebbe votato la sua vita ai suoi figli, dandogli tutto quello che gli spettava, e al sangue dei suoi nemici.
Li avrebbe visti morire uno dopo l'altro, o sarebbe stata lei a morire.
«Mia signora, tutto bene?»
Chiese infine Jace, dopo il lungo silenzio, facendo risvegliare Iryn dai suoi pensieri.
«Certo, tutto bene. Adesso sì, perché mi cercavi, hai notizie da darmi?»
Jace sembrò d'improvviso imbarazzato, scosse la testa.
«Nessuna, lady Stark, io e mia sorella eravamo semplicemente preoccupati per voi. Spero di non avervi disturbata»
Iryn sorrise amaramente, senza davvero guardarlo.
«Tua sorella? Eppure vedo solo te. Sicuro di non avere niente da dirmi?»
Jace temette di poter arrossire come una ragazzina ingenua, e per impedirlo si morse le labbra fino a farle sanguinare. 
«Era stanca, per questo Sophia non è venuta qui con me, ha avuto incubi tutta la notte»
A quelle parole Iryn scattò su come una molla.
«Incubi?»
Il giovane Sterling annuì, serio.
«Mi ha raccontato di avervi sognata... ecco, forse non dovrei raccontarvi queste sciocchezze»
Ma Iryn gli afferrò la mano, quasi a pregarlo di continuare.
«Vi prego, parlate»
Jace a quel gesto abbassò ogni difesa dettata dal decoro.
«Dice di avervi sognata nuda, ricoperta di sangue dalla vita in giù»
Iryn lo lasciò all'istante, per stringersi il ventre fra le braccia.
La stessa visione di Riona.
 
La mattinata era trascorsa abbastanza velocemente, Emmett Sterling aveva accolto sia Flangan che Nafeesa. Certo, all'inizio era stato diffidente, non voleva nemmeno permettere che i due entrassero nella tenuta ma in questo Nafeesa giocò un ruolo fondamentale. Riuscì a conquistarli con i suoi modi dolci e afflitti. Era bella e sapeva mentire, piangere a comando.
E poi aveva nascosto il rosso
dei suoi occhi dietro un più rassicurante color ebano, nessuno sospettava l'origine della sua vera natura.
Era la mia signora, mi ha accolta quando non possedevo che i miei abiti. Non le farei mai del male.
Era stata convincente, forse un po' troppo teatrale ma il cavaliere capì in fretta che quello facesse parte di lei.
Nonostante l'ancella fosse riuscita a convincerli, i due coniugi continuavano ad essere molto sospettosi nei confronti del cavaliere d'acciaio. Dopotutto ormai la notizia del tradimento si era diffusa e si sapeva bene che la guardia reale era stata in prima fila nell'agguato a Re Robb e lui ne faceva parte.
Era difficile credere che Flangan non ne sapesse niente, anche se era la verità.
Tutti i cavalieri erano a conoscenza della sua fedeltà incrollabile agli Stark, avvisarlo sarebbe stato un suicidio.
«Dovremmo raggiungere lady Stark nel bosco, il fatto che non sia ancora tornata non ci fa ben sperare. Io e Nafeesa Hermann vorremmo andare dalla guaritrice»
Pronunciò con fare amichevole Flangan.
Era ancora seduto a tavola. Emalysa gli aveva servito un pranzo semplice ma ristoratore solo una mezz'ora prima.
I bambini erano seduti accanto a lui, giocavano con le posate fingendo fossero spade.
Il cavaliere era quasi convinto si chiamassero Iann e Arwen.
Il vecchio Emmett lo guardò con la solita aria diffidente, ma annuì.
«Capisco»
«Certo, e be', ci servirebbero dei cavalli, almeno uno da condividere in due»
L'uomo assottigliò gli occhi, per poi volgere lo sguardo alla moglie, seduta accanto a lui.
Finse di non capire.
«Pensate di procurarvene uno giù al villaggio?»
Flangan si sforzò di sorridere, ma avrebbe volentieri infilzato il petto dello Sterling con la sua spada se solo avesse potuto.
«Veramente volevo chiedervi, ecco, di prestarmene due dei vostri. Sarebbe più rapido, con tutta questa neve, inoltre avete la mia parola di cavaliere del Nord che li riavrete prima della della prossima alba»
L'uomo rise, divertito, scuotendo la testa.
«La parola dei cavalieri del Nord non è più molto affidabile, non credete?»
Emalysa sembrò voler rimproverare il marito, sfoggiando uno sguardo indignato, ma non disse niente.
In compenso mandò via i bambini, temendo una cattiva reazione di Flangan.
Ma il cavaliere sapeva bene che fare passi falsi in quel momento sarebbe stato svantaggioso.
Doveva trovare Iryn Stark, assicurarsi che sopravvivesse e poi portarla il più lontano possibile da Grande Inverno per fare in modo che la notizia della sua fuga non arrivasse ai Bolton, sarebbe tornata solo dopo essere riuscita a radunare abbastanza famiglie del Nord da rovesciare il complotto.
Era suo dovere, il resto non contava.
«Pensateci bene, c'è una donna che viaggia con me e non reggerà un'altro viaggio con i piedi sommersi dalla neve. Se non volete farlo per me, fatelo per lei»
Emmett Sterling arricciò le labbra e sembrò rifletterci sinceramente.
«Effettivamente... quella povera ragazza sembra aver sofferto già troppo, e poi non sarebbe giusto rovinare tanta bellezza, mhm...»
La moglie alzò gli occhi al cielo, e scosse la testa.
Flangan giurò a se stesso che se fosse riuscito ad ottenere i cavalli grazie a Nafeesa non glielo avrebbe detto neanche sotto tortura. Dei, chissà come sarebbe riuscita a sopportarla, altrimenti.
"Senza di me non sapremmo nemmeno se Iryn fosse ancora viva a no. Potresti anche sorridermi ogni tanto, non mordo mica"
"Perché continui a lamentarti, Christopher? Abbiamo un letto caldo e un tetto sopra la testa. Non ci ho messo poi molto a convincere il pastore, no?"
«Quindi abbiamo un patto, Sterling?»
L'uomo fece una smorfia poco convinta, ma poi annuì.
«Due giorni al massimo, poi rivoglio il mio cavallo qui, dove dovrebbe stare»
«Ma certo, e grazie... per il garbo...»
L'uomo si alzò e senza voltarsi per accertarsi che Flangan lo seguisse uscì dalla tenuta e si recò presso una vecchia stalla malmessa.
«Ne sono rimasti un paio dopo che i miei figli sono partiti. Un ronzino da soma e un giovane cavallo di razza. Potete prendere il ronzino- ovviamente, il cavaliere era sul punto di scoppiare in una risata nervosa -l'altro mi serve»
Emmett Sterling cacciò dalla tasca una grossa chiave arrugginita e aprì il lucchetto.
Quando il portone ammuffito iniziò ad aprirsi si sprigionò un odore metallico abbastanza familiare per Flangan che si sporse, fu una frazione di secondi, e poi chiuse la stalla con uno scatto fulmineo facendo balzare il contadino indietro.
«Mi dite che diamine vi è preso?!»
Chiese l'uomo, irritato.
Il cavaliere stiracchiò un sorriso poco convincente, all'improvviso era sbiancato.
«Emh, niente Sterling, ho cambiato idea. Partiremo all'alba, da riposati»
Flangan difficilmente avrebbe dimenticato l'immagine di Nafeesa aggrappata al collo del ronzino, con i denti affilati conficcati nella sua carne.
Meraviglioso, ci toccherà rubare l'altro e andare di notte. Davvero meraviglioso.
 
«Credi che si riprenderà in fretta? Sembra già stare meglio»
Il cielo era un trionfo di rosa, giallo e arancio mentre il sole iniziava a sparire oltre le montagne innevate.
Jonathan e Sophia erano seduti sull'uscio della casa della guaritrice, intenti a guardare quello splendido tramonto.
Sophia sbuffò, per poi abbassare lo sguardo.
«Devi smetterla di pensare a lei, Jace, non ti porterà da nessuna parte. È stupido»
Lui serrò la mascella, irritato.
«Sempre il solito zuccherino, vero? E poi era solo per parlare di qualcosa»
«Io mi preoccupo per te»
Jace sorrise amaro, si strinse le gambe al petto.
«Non serve»
Sophia a quel punto si voltò verso di lui e gli poggiò il palmo sul ginocchio con fare fraterno.
«Non voglio vederti soffrire, solo questo. Ti conosco, ti butti nelle cose nuove con tutto te stesso, senza riserve e so che lei come prospettiva è attraente, insomma, è bella ed è una principessa ma non otterrai niente da lei, mai, o comunque nulla di buono»
Il fratello scostò la gamba, facendo cadere la mano della sorella come un corpo morto, verso il basso.
Si sentiva offeso, e sottovalutato.
Era più grande di lei e non era stupido, sapeva che non avrebbe mai avuto nulla da lady Iryn ma era inevitabile che si preoccupasse per lei.
È stato lui a trovarla, lui a vederla distesa fra la neve rossa del suo stesso sangue.
C'era un legame, qualcosa di inspiegabile che aveva a che fare con la vita e la morte.
Sophia non avrebbe mai potuto capire.
«Parli così a causa dei tuoi sogni! Adesso credi di sapere tutto solo per le stupidaggini che hai sognato e perché hai quell'aggeggio di legno per fare trucchetti da quattro soldi.
La verità è che non sai niente, niente!»
Esclamò irato, prima di alzarsi ed entrare in casa, lasciandola sola.
Sophia tornò a guardare il cielo, fingendo di non sentirsi ferita.
«E tu non sai quello che ho visto...»
 
La cella era umida e fredda, lui se ne stava rannicchiato in un angolo con le bende umide che iniziavano a marcire sopra le ferite.
Non parlava, non si lamentava.
Attendeva la morte, senza aspettative.
Non aveva più nulla in cui sperare.
Udì poi dei passi farsi vicini, il rumore metallico di chiavi nella toppa della serratura.
Si appiattì contro il muro di pietra, fu un gesto involontario.
Due uomini in armatura lo sollevarono a forza dal pavimento umido.
Riconobbe il volto di Roose Bolton e quello del suo bastardo, Ramsey. Se ne avesse avuto la forza avrebbe cercato di strozzarli con le sue stesse mani.
«Bene, diamogli una ripulita. Dovrà partire per Approdo Del Re questa notte stessa»
La voce di Lord Bolton riecheggiò per le segrete.
Ramsey sorrise, in modo sinistro.
«Ti aspetta un'esecuzione in grande stile, dovresti sentirti onorato»
E poi la sua risata sadica, forte, meschina.
Nella mente del condannato si fece spazio un solo pensiero.
Se non ce l'hai fatta sto arrivando, amore mio. Sono pronto a tornare da te.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: ehm.
Mannaggia a me.
Mannaggia a me che posto capitoli un giorno sì e l'altro pure. Vi conviene non abituarvi che poi è un disastro.
Ah, sono delusa dalla mia impazienza ma non posso farci niente.
Fatemi sapere che ne pensate, così mi sento meglio xD
Baci,
-Nimph

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Capitolo 5
*** Palle di neve ***


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Tirava un forte vento gelido e Flangan non riusciva quasi a vedere oltre il suo naso, era Nafeesa a guidarlo.
Lei, con la sua straordinaria capacità di vedere sia alla luce che al buio.
Gli sarebbe stato addirittura grato, se non sapesse che la colpa del dover fuggire in quel modo era proprio la sua.
Certo, creare problemi a Emmett Sterling non era certo un dispiacere ma il suo appoggio poteva essere utile una volta trovata Iryn.
Un luogo sicuro dove poter passare la notte nella loro situazione era qualcosa di fondamentale.
«Oh, cavaliere, quando smetterai di tenermi il muso? Perché non ammetti che in questo modo è più divertente?»
Sussurrò Nafeesa con il suo solito tono suadente e sfacciato.
Poi l'aria si riempì della sua risata cristallina, armoniosa come una musica antica e allegra.
«Sta zitta, vampira. Vuoi che il vecchio Sterling si svegli proprio adesso?!»
Lei sbuffò e Flangan poté notare come il riflesso rosso dei suoi occhi si alzasse verso l'alto a formare uno sguardo irritato.
Spalancò il portone della stalla, spaccando in due il lucchetto senza il minimo sforzo.
Flangan finse di non essere stupito e si avvicinò al cavallo di razza, era rossiccio e dalla criniera color mogano.
«Vorrei poter dire che mi dispiace privare il vecchio Sterling del suo ultimo cavallo, ma la verità è che fosse per me ora sguazzerebbe nel letame. Magari è stato davvero meglio in questo modo...»
Disse il cavaliere accompagnando le parole a una risata secca, per poi montare la sella.
Il cavallo nitrì, infastidito, ma parve calmarsi dopo che Nafeesa cominciò ad accarezzarlo dolcemente.
«Mhm... sarebbero delle scuse, cavaliere d'acciaio?»
«No di certo»
Rispose immediatamente, ma poi le porse la mano per aiutarla a salire in sella, lei l'accettò.
La raggiunse poco dopo.
«Cerco di provare a collaborare»
La vampira schiacciò la schiena contro l'armatura lucida di Flangan, senza nascondere un sorriso soddisfatto.
«Accetto le tue scuse, Christopher»
Questa volta toccò al cavaliere alzare gli occhi al cielo.
Il cavallo lasciò lentamente la stalla, per evitare di fare baccano, e si avviò verso il bosco.
C'era meno neve rispetto ai confini di Grande Inverno ma l'aria continuava ad essere gelida, tanto da costringere anche la mezza vampira a stringersi nella pelliccia ormai sciupata.
«Ti diverte essere così irritabile?»
Sussurrò lui a un certo punto, magari fare conversazione l'avrebbero aiutato a non concentrarsi troppo sul freddo inoltre, anche se non l'avrebbe mai ammesso, ma lo divertiva punzecchiarla.
«Mi diverte metterti in difficoltà, prode cavaliere»
Lo apostrofò divertita, poi d'un tratto la sua espressione si fece seria.
Ci volle del tempo prima che riprendesse la parola.
«Io ho sempre odiato gli uomini come te. Vi credete tanti forti, con le vostre spade, le vostre armature. Vedete le donne come oggetti, di piacere o utili per continuare il vostro nome. Non le credete forti, non le reputare alla vostra altezza, o almeno vi comportate in modo da farlo credere. Io penso che voi ci temiate, dovreste. Una donna può sopportare i dolori del parto, può faticare nel campi per giornate intere, può essere un'ottima osservatrice e colpire al momento opportuno. Noi, al contrario di voi, non ci lasciamo accecare dall'odio ma lasciamo che esso covi dentro di noi, e attendiamo. Attendiamo fino a che quello stesso odio sia abbastanza freddo da permettere la più nobile e arguta delle vendette»
Flangan rimase inspiegabilmente colpito da quel breve discorso ma non riuscì a non sentirsi chiamato in causa.
«Io non corrispondo a questa descrizione, ancella, ho sempre rispettato le donne che ho incontrato sul mio cammino. Sempre»
Nafeesa rise di scherno, allontanando la schiena dal petto reso duro dall'armatura del cavaliere.
«Se io ti sfidassi adesso tu combatteresti contro di me, cavaliere?»
Flangan abbassò lo sguardo.
«...questo non vuol dire niente»
«E invece sta tutto lì, il nocciolo del mio discorso. Non mi onoreresti con uno scontro leale perché per te non sarebbe onorevole farlo. Così io avrei tutto il tempo di tagliarti la gola quando mi avrai voltato le spalle, ma di certo non ne trarrei soddisfazione»
Il cavaliere fece prendere velocità al cavallo, che iniziò a compiere lunghe falcate sul terreno fangoso.
«Preferiresti che ti uccidessi in battaglia?»
«E qui sbagli ancora, ti stupirà ma una donna può imparare a usare la spada proprio come un cavaliere. Siamo versatili, tanto da poter essere sia madri che assassine nello stesso momento»
 
«Lady Stark ammiro la vostra tenacia, davvero, ma se continuerete di questo passo vanificherete tutto il mio lavoro!»
Esclamò Riona, avvicinandosi alla casa di legno e pietra. 
Veniva dal bosco, come ogni giorno era stata alla ricerca delle erbe necessarie a Iryn per i suoi ricostituenti e tornava quando la mattinata aveva già iniziato a intiepidirsi.
La lady si era rifiutata di rimanere a letto una volta sveglia e aveva iniziato a camminare, non senza fatica.
Sentiva delle fitte atroci ad ogni movimento ma si costringeva a dissimulare.
Non avrebbe vissuto come un'inferma, doveva iniziare a muoversi.
«Tu continua a fare bene il tuo lavoro e vedrai che starò perfettamente»
Fu infatti la sua rapida risposta, data con tono più lieve ma con la solita fiera testardaggine. 
Stanca, iniziò a reggersi contro lo steccato di legno scuro che circondava la vecchia costruzione.
Jace la osservava con attenzione ma a debita distanza. Aveva provato a parlarle spesso ma negli ultimi due giorni la Stark si era chiusa in un religioso silenzio.
Il padre di Riona, Ivor, diceva che era il suo modo per elaborare il lutto.
La guaritrice serrò la mascella, contrariata, ma non le disse altro.
Piuttosto si concentrò sulla ragazzina dietro l'abitazione, era possibile intravedere i suoi movimenti rapidi e il luccichio provocato dalla sua bacchetta se si prestava una particolare attenzione.
Sophia, era certa fosse quello il suo nome.
Si avvicinò a lei, incuriosita.
Stava cercando di far nascere dei fiori in mezzo alla neve, ma riusciva a malapena a far spuntare dei germogli verdi.
Sembrava molto concentrata, non si lasciava abbattere dal fallimento.
Riona ne rimase affascinata.
«La formula è sbagliata»
Pronunciò poi, dopo alcuni minuti passati ad osservarla senza che lei lo notasse.
Sophia sussultò ma poi le rivolse un sorriso di cortesia.
«No, sono sicura sia giusta»
La guaritrice alzò le spalle, poi cacciò la bacchetta di salice che portava nascosta nell'ampio borsone che teneva in spalla.
«Flos ex frigore»
Pronunciò con voce piena e sicura, impugnando la bacchetta verso un mucchietto di neve.
In pochi secondi venne alla luce una splendida rosa bianca e senza spine.
Riona si girò verso la ragazzina.
«E non flos in frigore»
Ripeté.
Sophia arrossì ma annuì.
«Mi è riuscita bene non trovi? A volte la mia bacchetta fa i capricci, nonostante le crine di unicorno. La tua come è fatta?»
Chiese prendendola rapidamente dalle sue mani, la ragazza storse il naso ma rispose.
«Cedro, nucleo di corde di cuore di drago»
«Mhm... lo sento, ha carattere»
Rispose, poi la restituì.
«Forza, ora riprova»
Sophia impugnò saldamente la sua bacchetta, poi pronunciò la formula fissando la distesa bianca.
«Flos ex frigore!»
E in poco tempo comparve uno splendido cespuglio di rose selvatiche di un rosso intenso e senza spine.
Riona rimase strabiliata, ma l'orgoglio le impedì di darlo a vedere.
«Chi ti ha insegnato?»
Chiese inquisitoria. Sophia a quella domanda sorrise, un sorriso impregnato però di una nostalgia che Riona non avrebbe potuto comprendere.
«La mia famiglia non poteva pagare per un vero maestro, fu un uomo del villaggio a insegnarmi le basi, il vecchio Lorcan. Non mi ha mai chiesto denaro. Ho studiato con lui dall'età di dieci anni fino ai quindici, è morto un anno fa»
Riona annuì, ma non aveva mai sentito quel nome.
«Ha fatto un bel lavoro»
Lei sembrò ridacchiare per via di un ricordo lontano.
«Era piuttosto maldestro in realtà, ma diceva che io avevo un dono. Ho sempre imparato in fretta»
«Allora dovremmo cercare di mettere a frutto il tuo dono»
Sophia sgranò gli occhi, incredula.
«Volete darmi delle lezioni? Lo fareste davvero?»
«Sarebbe un peccato lasciarti a marcire nella mediocrità quando potresti fare molto di meglio, non credi?»
Nel frattempo Iryn non poteva fare altro che osservare i bambini giocare a rincorrersi o lanciarsi palle di neve. 
Conan e Nari erano rimasti seduti accanto allo steccato per diverso tempo finché un'altro ragazzino non aveva iniziato a lanciare alla bambina delle palle di neve, facendola ridere.
Si rincorsero a lungo, fino a crollare l'uno sopra l'altro sulla distesa soffice.
 
«Non nevicava così tanto da quando sei nata tu, Iry»
Jon si teneva attaccato alla sorellastra, stava morendo di freddo e gli piaceva tenerla stretta. La pelliccia di Iryn era più morbida della sua ed era come un enorme cuscino.
La bimba aveva i capelli neri resi umidi dalla neve e le guance rosse dal gelo. 
Lei aveva appena sette anni mentre lui undici eppure sembrava lei la più grande fra i due.
Non si lamentava per il freddo, non si scomponeva per le scarpette bagnate, aveva una resistenza unica e Jon l'ammirava molto per questo.
Stava proprio per chiederle se voleva tornare dentro al calduccio, magari per mangiare qualche biscotto alla melassa, quando la vide balzare in avanti all'improvviso.
Era stata colpita da una grossa palla di neve.
Un ragazzino alto e con la testa piena di ricci rossicci e ribelli si era avvicinato a loro, riprendendo a lanciare neve contro Iryn.
«Robb! Smettila, dai!»
Si lamentò la bimba ridendo, gli corse incontro per poi schiantarsi contro il petto del ragazzino. Caddero entrambi sulla neve gelida.
«Iryn? Iryn stai bene?»
Chiese con voce piccola Jon, ma lei non lo sentì nemmeno presa com'era dal ridere a crepapelle fra le braccia del fratello.
«Stupido, stupido Robb!»
Gli sussurrò divertita all'orecchio. Il piccolo Stark la strinse forte, strofinando le mani inguantate sulle sue braccia, per riscaldarla.
«Hai freddo Iry?»
Lei sembrò rifletterci su per qualche secondo, poi appoggiò la testa sul suo petto.
«No, adesso non più»
Jon sgattaiolò via, si era offeso. Odiava quando Iryn lo ignorava, lo facevano già tutti e lei era l'unica che gli era rimasta. Per lui era l'unica sorellina.
Già progettava di riempirle il letto di fango, per punizione.
«Devi smetterla di ricoprirmi di neve, torno a casa tutta zuppa e poi la mamma mi sgrida sempre»
Borbottò dopo un po' la piccola, Robb sorrise appena giocando con i suoi capelli.
«Te lo meriti»
«Non è vero»
«Non mi cerchi mai, ora giochi con lui...»
Iryn ridacchiò.
«Jon non mi fa mai gli scherzi, e divide tutto con me»
Robb sbuffò per poi spingere via la bimba, facendole cadere il faccino candido nella neve.
Iryn ricacciò dentro le lacrime di fastidio, non gli avrebbe dato la soddisfazione di averla fatta piangere.
«Sei cattivo!»
Gli urlò con la vocetta acuta, cercando di scappare via, ma il fratello la afferrò per il polso per poi costringerla a tornare fra le sue braccia.
«Scusa, scusa, scusa. Mi perdoni?»
La bimba cercò di spingerlo via ma lui era troppo più forte, troppo più grande.
Iryn sarebbe potuta scomparire fra le sue braccia.
«Mi perdoni? Dividiamo anche i miei giocattoli, se vuoi li puoi prendere anche tutti. Dai, dai!»
Ripeté Robb ancora una volta, Iryn alzò lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi azzurri come il cielo in estate.
Gli venne da ridere e rise forte, non sapeva nemmeno bene il perché.
«Non li voglio i tuoi giocattoli, non mi piacciono»
Cantilenò, ma in compenso gli diete un veloce bacio sulla guancia, poi scappò via dalle sue braccia.
Si rincorsero per ore.
 
«Basta! Basta, siete insopportabili!»
Urlò all'improvviso la lady contro i bambini.
«Smettetela, smettetela di urlare! Sembrate dei piccoli mostri. Sei avessi la mia bacchetta con me vi avrei già zittiti a dovete e ah!»
Smise di urlare a causa di una forte fitta al fianco che la costrinse ad accasciarsi sulla neve.
Jace le corse incontro immediatamente.
«Lady Stark, permettete che io vi aiuti!»
Le disse svelto, allungando le mani verso di lei, ma Iryn lo rifiutò in malo modo.
Voleva nascondere le lacrime che d'improvviso le avevano riempito gli occhi.
«Lasciami, l-lasciami sola»
Jace ritirò le braccia in modo repentino. Sembrò accartocciarsi su se stesso, ferito da qualche parte fra l'orgoglio e l'affezione.
Il baccano aveva fatto accorrere anche Riona che, dopo aver dedicato alla lady uno sguardo confuso, prese i due bambini in braccio e li portò velocemente in casa dove era Ivor Griève a lamentarsi.
«Questa casa sta diventando peggio di un bordello, per fortuna non continuerà così ancora per molto»
Lo sentì dire distintamente la guaritrice, che in quello stesso istante avvertì il sangue raggelarsi nelle vene.
Posò i bambini a terra e fece appena in tempo a pronunciare un “andate via” prima di sentire le gambe iniziare a tremare.
«Questo cosa vuol dire, padre?»
Chiese cercando di dare un tono fiero alla sua voce, ma anche quella finì per iniziare a tremare.
«Lo sai benissimo, Riona. Devi sposarti, avresti dovuto farlo già molto tempo fa. Da quando è morta tua madre sono solo a sostentare quattro figli, non posso continuare a farlo ancora»
Riona sentì il petto gonfiarsi di rabbia.
«Sono io a sostentare la famiglia con il mio lavoro, tutti i giorni!»
Esclamò irata, stringendo i pugni tanto forte da lacerarsi i palmi.
L'uomo rise amaro.
«Ah sì? Credi che lady Stark ti pagherà, vero? Non ha niente con se', niente! Per non parlare di quei due contadini che l'hanno accompagnata. Tanta fatica per nulla! Alla fine del mese Idris MacPhearson porterà qui suo figlio a conoscerti e combineremo il matrimonio. E pensare che dovrò persino pagargli una dote...»
La guaritrice rimase senza parole. Tutto era già stato scelto, il suo futuro era stato già inciso nella roccia ma lei non ne era stata avvisata.
Si sentiva perduta, derubata della sua libertà.
Si sentiva senza alcuna speranza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Heilà.
Ecco il nuovo capitolo, vi è piaciuto?
Ho una notizia da darvi, ho creato una pagina facebook dedicata al mio profilo efp e a questa storia: https://m.facebook.com/Nimphadora-autrice-efp-577807555720377/
Qui troverete anticipazioni e aggiornamenti quotidiani riguardo “Blood of Ice”, magari piccoli spoiler, o approfondimenti sui vari personaggi. Inoltre verrete avvisati sulla pagina ogni qual volta io stia per postare un nuovo capitolo. Mi farebbe molto piacere iniziaste a seguirla!
Grazie per aver letto fin qui.
Baci,
-Nimph


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Capitolo 6
*** L'Inverno sta arrivando ***


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Mentre fuori dalla casa di pietra e legno si abbatteva un forte temporale, Iryn preparava le poche cose che aveva con se' in una vecchia sacca rattoppata.
Aveva preso delle bende nel caso le ferite tornassero ad aprirsi, un paio degli abiti dismessi della guaritrice, calzoni e giubbe maschili per cavalcare, erbe curative e del cibo.
Era pronta, sarebbe partita appena il temporale si fosse placato, poi avrebbe passato la notte dagli Sterling e in seguito avrebbe usato uno dei loro cavalli per raggiungere Delta delle Acque.
Da sola e senza bacchetta sarebbe stato quasi un suicidio ma non aveva alternative.
I Tully l'avrebbero accolta e l'avrebbero aiutata a creare una resistenza ai Bolton, la famiglia traditrice che si era impadronita del Nord in combutta con i Baratheon di Approdo del Re*.
Era la sua unica speranza.
«È troppo presto, lo sai anche tu. È una follia»
Riona la osservava contrariata.
Sentiva un forte senso di impotenza misto a invidia.
Un' invidia ingiustificata visto la situazione disastrosa di lady Iryn Stark, ma almeno lei poteva lasciare quel posto.
Non aveva nulla a trattenerla, non aveva più radici.
«Ti sembra il modo di rivolgerti a una lady?»
Rispose Iryn con aria assente, senza nemmeno smettere di ripiegare i vecchi abiti.
Non ne era abituata, non gli riusciva bene ma non aveva la minima intenzione di chiedere aiuto, non per un compito così banale.
«Mi sembra il modo di rivolgermi a una mia pari. Ora come ora, non siete che la lady del niente»
Fu la sua risposta, acida come il vino scadente e troppo vecchio.
Solo a quel punto Iryn si concesse di voltarsi verso la donna, per poi avvicinarsi a passi piccoli e lenti.
«Io sono e rimarrò sempre lady Iryn Stark, principessa del Nord e di Grande Inverno, adesso unica erede legittima al suo trono. Mi hai capito, guaritrice?»
Scandì la Stark. Nel tono controllato non era difficile trovare della rabbia repressa.
Non aveva intenzione di esplodere, non ancora.
«E come credi di fare con loro?- pronunciò la guaritrice indicando il ventre piatto di Iryn -Intendi affrontare un parto gemellare da sola, nel centro del bosco, con l'aiuto di due contadinelli analfabeti o ti farai preparare il tè della Luna* da una delle fattucchiere del villaggio?!»
Quasi le urlò e la risposta fu naturale per Iryn, animalesca. La schiaffeggiò un pieno volto, con una forza che in quello stato non credeva di possedere.
La mano le doleva..
«Non riferirti mai più ai miei figli in questo modo perché se sono qui adesso, pronta a combattere, è solo per loro»
Sputò piena di astio, poi la superò, lasciandola sola nel suo ambulatorio.
A passo svelto ma scoordinato per via delle fitte di dolore raggiunse la camera che Sophia e Jace avevano condiviso in quelle notti.
Sophia dormiva su uno dei due letti di paglia, esausta, mentre il fratello sistemava la sua bisaccia.
Fu stupito di vedere la lady lì, non li aveva mai cercati in modo così diretto.
«Manca poco alla nostra partenza, la pioggia sta iniziando ad acquietarsi»
Pronunciò lei solenne, Jace annuì, andandole incontro.
«Siete sicura di essere nello stato giusto per poter intraprendere il viaggio? Voi siete ancora debole e il viaggio è duro...»
Inizialmente aveva odiato le attenzioni del giovane Sterling, non si era mai concessa di usarle per confortarsi, eppure in quello stesso istante realizzò che sì, il debole che lui aveva nei suoi confronti poteva esserle utile.
Le venne un idea, sbagliata, abietta, ma che indubbiamente avrebbe protetto lei e i suoi bambini.
«Non ho alternative, non posso restare qui ancora e permettere ai Bolton di usurpare il trono e tutto quello che appartiene di diritto alla mia famiglia»
Pronunciò in tono mellifluo Iryn, sfoggiando un sorriso dolcemente malinconico.
Jace sembrò spiazzato all'inizio, ma accettò di buon grado il cambiamento della lady.
«Inoltre sono qui per ringraziarti Jace, davvero. Non sarei qui se tu non mi avessi aiutata come hai fatto. Mi hai salvato la vita, non intendo dimenticarlo»
Gli occhi di Iryn sembrarono addirittura riempirsi di lacrime.
Jace le prese le mani in un gesto involontario, per darle conforto, e stava per scusarsi per quel comportamento affrettato quando Iryn le strinse forte, accarezzandone i palmi.
«Non dovete scusarvi, io devo, per come mi sono comportata in questi giorni»
«No, nemmeno voi dovete. Non immagino nemmeno come sia trovarsi nella vostra situazione»
«Lady? Cosa ci fate qui?»
Furono le parole pronunciate con tono assonnato di Sophia a interromperli.
Iryn lasciò in fretta le mani di Jace fingendo una pudicizia che davvero non le apparteneva.
«Ben svegliata Sophia, spero che tu sia pronta per partire. Manca poco»
Le sussurrò cortese, per poi lasciare la stanza.
La ragazzina guardò la lady lasciarli per poi concentrarsi sull'espressione soddisfatta del fratello.
Fu come sentire odore di bruciato.
«Non mi piace, non ti fidare Jace»
Disse sicura. Non aveva potuto assistere alla conversazione ma non poteva negare di aver sentito quella sensazione da quando erano arrivati nella dimora della guaritrice.
Non si fidava di Iryn.
 
La pioggia cessò solamente una volta che fu giunta la sera e la luce del sole li avesse definitivamente abbandonati.
Nonostante questo Iryn lo accettò come buon segno, con il favore delle tenebre sarebbe stato più difficile farsi notare.
Fu Riona a preparare i cavalli, seppur con aria afflitta.
«Cosa intendi fare con il ragazzo?»
Chiese poi, mentre sistemava la sella al cavallo più chiaro.
Iryn alzò le spalle, non era stupita del fatto che la guaritrice avesse ascoltato la loro conversazione.
Si era accorta che aveva iniziato a studiarla da diverso tempo.
«Penso che tu lo sappia»
Pronunciò in risposta, reggendosi sullo steccato.
Riona sembrò rifletterci attentamente prima di formulare una risposta.
«È un arma a doppio taglio, fare come intendete. Secondo me dovreste pensarci più a lungo»
Iryn sorrise amara, forse leggermente infastidita.
«Parlate tutti come se avessi un tempo infinito per risolvere i miei problemi. Non capire che dovrò fare tutto in fretta, velocemente, se voglio sopravvivere»
Riona annuì, sembrò darle ragione.
«Eppure sono convinta che avrete bisogno di un reale aiuto, non quello degli Sterling. Io posso darvelo»
«Be', non capisco che aiuto possa darmi restare qui»
Rispose lei con tono ironico.
Contro ogni aspettativa questa volta anche Riona sorrise, anche se in modo piuttosto sinistro.
«E se fossi io a venire con voi, milady? Pensateci bene, sono l'unica a conoscenza della vostra gravidanza, posso aiutarvi. Inoltre la vostra ferita rischia ancora di infettarsi, io lo impedirei. Lo sapete, io vi sono necessaria»
Riona cercò di essere il più convincente possibile. Le si avvicinò nel parlarle, senza mai smettere di guardarla negli occhi. 
Non poteva rischiare di fallire.
Non poteva rischiare di essere costretta a rimanere.
Iryn si mostrò comunque reticente.
«Non mi occorre un'altra bocca da sfamare»
«Ma non si tratta di questo! Come pretendete di sopravvivere da sola? Senza la possibilità di usare la magia, ferita, e incinta per di più! Io vi ho salvato la vita, dovete fidarvi di me...»
«E cosa ci guadagneresti tu, una semplice guaritrice, a rischiare la morte al mio fianco?»
La giovane donna sospiro, sperando che lei potesse comprenderla.
Non aveva secondi fini.
Per la prima volta nella vita non intendeva imbrogliare o truffare nessuno.
Voleva soltanto essere creduta.
«La libertà»
Pronunciò solamente, a un soffio dal volto pallido della lady, che la scrutò attentamente.
Era a conoscenza del matrimonio combinato, Ivor ne aveva parlato spesso.
Qualcosa sembrò scattare nel profondo del cuore di Iryn.
Anche lei era stata promessa, fin dalla nascita. Si sarebbe dovuta sposare da lì a un mese se Grande Inverno non fosse stato conquistato.
La sola prospettiva le dava ancora la nausea.
Annuì appena, fu persino quasi impossibile notarlo.
«E sia»
Sussurrò poi, interrotta dal suono di passi che affondavano nel fango.
«Siamo pronti a partire, lady Stark»
Disse Jace per annunciare la sua presenza.
Iryn si voltò immediatamente verso di lui, sforzò un sorriso.
«Presto, prima che Ivor Griève si accorga della nostra partenza!»
Esclamò in fretta, sporgendosi verso il contadino che l'aiutò a montare sul cavallo bruno.
Sophia esitò prima di montare sul suo cavallo, sembrava incerta.
Cercò lo sguardo del fratello che però quasi non si accorse di lei, preso com'era dalla lady.
Riona montò di conseguenza per prima sull'altro, e aiutò poi la ragazzina dopo di lei.
Uno dei due cavalli nitrì, infastidito dalla fanghiglia che gli ricopriva gli zoccoli.
Il rumore del loro galoppare fu un suono sordo, soffocato e umido.
Riona sentiva il sangue fluirle più velocemente nelle vene e il cuore pronto ad esplodere insieme a un dolore che non si aspettava di provare.
Si sentì in colpa, e sperò che un giorno i suoi fratellini riuscissero a perdonarla, ma non si pentì.
Tutto quello che voleva in quel momento era sopravvivere.
 
Flangan era stremato, negarlo ormai era diventato difficile.
L'acqua era riuscita a penetrare l'armatura e in più ormai cavalcava da quasi due giorni senza riposo, era sul punto di crollare.
Nafeesa invece reggeva meglio la stanchezza, ma il cavaliere sospettava fosse grazie alla sua natura di vampira e in parte anche al banchetto di sangue di cavallo.
«Ci siamo persi, Flangan. Dovremmo essere già arrivati da ore...»
Sussurrò l'ancella con voce piatta.
L'aveva pregato spesso di fermarsi, per farlo riposare o per far cessare l'indolenzimento alle cosce, ma lui non aveva mai accettato.
Non poteva arrendersi proprio adesso che erano tanto vicini a trovarla.
«No, no manca poco»
Sibilò, esasperato.
Non avrebbe fallito, non ancora una volta e non gli interessava se l'ancella aveva perso la fede così in fretta, per lui non era così.
No, lui non poteva, sentiva ancora le mani sporche del sangue di Catelyn Stark. Era stata uccisa davanti ai suoi occhi e lui era rimasto a guardare. 
«Ti sentirai male! Non puoi resistere ancora in questo stato!»
Urlò Nafeesa con le forze che le erano rimaste.
Il cavallo si fermò di colpo facendo cadere la vampira nel fango.
«Sei forse impazzito, Christopher?! Ti sembra il modo di fermarti?!»
«Zitta!»
Urlò con voce rauca il cavaliere, aveva sentito qualcosa, ne era certo.
Scese da cavallo e liberò Ultimo Respiro, la sua fedele spada in acciaio di Valyria, dal fodero umido.
Se c'erano bruti nelle vicinanze erano spacciati.
Flangan non sarebbe resistito un attimo, non nello stato in cui si trovava.
Sollevò Nafeesa dal fango e le afferrò il braccio, saldamente.
Non voleva perderla di vista.
«Stammi accanto, non fare rumore»
Le sussurrò e lei annuì, tesa quanto lui.
Poi il rumore di zoccoli nel fango si fece sentire distintamente, Flangan si sentiva già vicino alla morte.
Sentiva il suo alito fetido sulle proprie labbra.
Si sbagliava.
Due cavalli sbucarono dagli alberi e dai cespugli umidi, il cavaliere quasi non riuscì a credere ai suoi occhi.
«IRYN STARK!»
Urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni.
E poi ancora.
«IrynStark! Iryn Stark! Iryn Stark!»
Finché i cavalli non si fermarono, d'improvviso, facendolo ricoprire di fango.
La lady quando scese quasi sprofondò nella melma e gemette di dolore per via dei movimenti affrettati.
«La bacchetta!»
La sentì urlare, con gli occhi sgranati e bui.
«La bacchetta, forza!»
Dovette ripetere prima che Riona le consegnasse la sua con riluttanza.
Iryn la impugnò con sicurezza per poi correre contro il cavaliere e puntargliela contro il viso.
«Attenta lady Stark!»
Sentì dire Flangan da un ragazzo biondo, ancora in groppa al cavallo scuro.
Dalla foga non ebbe nemmeno bisogno di pronunciare la formula, Iryn fece scagliare dalla bacchetta un lampo di luce argenteo.
«Suppongo che tu non conosca la maledizione mendacius, cavaliere d'acciaio»
Pronunciò con una rabbia tale da farle perdere ogni controllo.
«Be', si tratta di una maledizione che ti impedisce di mentire, se solo ci provi sentirai un dolore inimmaginabile mentre le tue viscere si gonfieranno fino a scoppiare»
Flangan annuì, stordito.
«Non ho intenzione di mentirvi, mia signora»
Iryn attese di udire urla strazianti di dolore ma nulla accadde.
Si stupì, sentì le membra iniziare a rilassarsi.
«Perché sei qui? Per portarmi ai Bolton in modo da farmi diventare carne da macello?! Come hanno fatto con mia madre e tutti i miei fratelli?!»
«No! No, lady Stark! Vi cercavo, io e la vostra ancella, con il solo scopo di aiutarvi. Non ero a conoscenza del complotto dei Bolton, non sono un traditore!»
Solo allora Iryn si rese conto della presenza di Nafeesa, prima di quel momento non l'aveva neppure notata.
Quando la vide non poté trattenersi, le corse incontro e la strinse fra le sue braccia, ignorando il fango e la freddezza della sua pelle.
Non l'abbracciava in quel modo da quando erano bambine.
Nafeesa stentava ancora a crederci, nonostante sentisse il profumo di menta e violette tanto familiare della sua padrona irradiarle le narici.
«Finalmente, finalmente vi abbiamo trovata. Fidatavi del cavaliere, vi ha cercato fino allo stremo. Non ha cattive intenzioni, ve lo assicuro»
«Ma come...»
«Ascoltatelo, vi prego»
Iryn annuì piano, anche se  dubbiosa, per poi allontanarsi da lei.
«Raggiungeremo Delta delle Acque insieme» 
«Lady Stark, se posso, avrei delle cose importanti da dirvi»
E mentre il cavaliere si inchinava di fronte alla sua lady Riona e Sophia scesero da cavallo, incuriosite e confuse allo stesso tempo.
Jace le seguì poco dopo.
«Parlate, Ser Flangan, vi ascolto»
Flangan fece cenno con il capo e si rialzò.
«Devo correggervi, non tutti gli eredi di Eddard Stark hanno perso la vita durante il banchetto di sangue»
Iryn sentì l'aria mancarle dai polmoni e le gambe iniziare a tremarle.
«C-Cosa? N-Non... Io non capisco...»
Nafeesa le prese la mano, la strinse forte.
«Vostra sorella Sansa è sopravvissuta, sono stato io stesso ad aiutarla. In questo momento è in viaggio verso la dimora dei Tully. Anche Jon Snow è vivo, seppur tenuto in catene nelle segrete e, be', so che può sembrare assurdo ma quando ho lasciato Grande Inverno anche Re Robb era ancora in vita...»
«NO!»
Urlò Iryn, con le lacrime che le inondavano il volto mentre si lasciava cadere nel fango lercio.
Le gambe avevano ceduto.
«Basta! Smettete di mentire! Non voglio ascoltarvi! Ho visto io stessa Lord Bolton accoltellare mio fratello!»
Disse fra i singhiozzi, li teneva dentro già da troppo tempo.
Non aveva ancora pianto per la morte di Robb.
Jace tentò di avvicinarsi a lei ma gli fu impedito da Nafeesa, che lo spinse via con forza.
Il cavaliere le si inginocchiò davanti, ancora una volta.
«Sono sotto incantesimo, ricordate? Non posso mentire e non lo sto facendo, l'ho visto con i miei occhi milady»
Iryn annuì ad occhi chiusi, ancora incredula.
Tremava in modo violento, soffocata da una felicità che pensava non sarebbe mai potuta tornare.
«È stato colpito, ma non in modo mortale. A quanto ho sentito è stato Re Robert Baratheon in persona a volerlo ancora vivo, anche se gli uomini di Bolton diffondono la voce che tutti gli Stark sono stati uccisi. Vi accusano di tradimento e tirannia, ma forse sarà meglio riprendere questo discorso in un altro momento»
Iryn fece un leggero cenno di capo, ad indicare il suo assenso.
A stento riusciva a parlare.
«Robb... Robb è vivo...»
Ripeté, cercando di farlo suonare più vero. Gli risultava ancora difficile.
Sorrise, fra le lacrime.
Flangan e Nafeesa l'aiutarono ad alzarsi in piedi.
Aveva perso la sensibilità agli arti inferiori eppure non riusciva a smettere né di piangere né di sorridere.
«E anche Jon, lui... lui sta bene?»
Flangan annuì.
«Un bastardo non fa parte della famiglia, non possono ucciderlo fingendo sia per motivi legati al tradimento della corona. Lo faranno sparire in tempi meno sospetti»
Iryn tentò di reggersi in piedi da sola, con scarsi risultati.
«Bene, andremo a Grande Inverno. Li libereremo entrambi»
«Ma Iryn è troppo pericoloso adesso che...»
Provò a contraddirla Nafeesa ma lei la zittì con un gesto di mano.
Non voleva sentire, non voleva sentire più niente.
Doveva farlo, o morire provandoci.
Era totalmente irragionevole ma non le interessava, aveva smesso di essere ragionevole nel momento stesso in cui i suoi occhi color nocciola avevano incontrato lo sguardo pieno ed esausto del cavaliere d'acciaio.
«L'inverno sta arrivando, Roose Bolton, e sarà l'ultima cosa che vedrai»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: ecco il sesto capitolo e finalmente ecco anche l'incontro fra dei due gruppi! Cosa ne pensate? Sono molto nervosa riguardo questo capitolo, perché si tratta di un capirlo di svolta. È il più importante fino ad adesso. Spero davvero che vi piaccia.
Adesso ecco a voi alcune note per rispondere a delle domande che mi sono state poste riguardo agli ultimi capitoli più alcune note:
Tè della Luna: un particolare infuso usato nei sette regni per prevenire o interrompere una gravidanza.
È sia un anticoncezionale che uno strumento per provocare l'aborto.
 
I Tully: sono la famiglia della madre di Iryn e un'importante famiglia del Nord. Vivono a Delta delle acque nelle Terre dei Fiumi, un luogo ricco di corsi d'acqua e molto fertile.
 
Jon Snow (presente nel flashback dello scorso capirlo): è il fratellastro di Iryn. Il padre di Iryn l'ha avuto da una relazione extraconiugale in un periodo di lontananza da Grande Inverno. Eddard Stark non ha mai rivelato al figlio l'identità della madre.
Età: 23 anni.
 
Approdo del Re: capitale del Regno del Sud controllato dai Baratheon.
 
Fratelli e Sorelle legittimi di Iryn:
Robb Stark, 24 anni.
Sansa Stark, 17 anni.
Arya Stark, 15 anni
Brandon "Bran" Stark, 13 anni.
Rickon Stark, 9 anni.
(Le età non corrispondono né a quelle dei libri né a quelle della serie tv ma sono adattate per esigenze della storia)
 
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui,
-Nimph

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Capitolo 7
*** Mantello nero ***


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L'erba era ricoperta da un sottile strato di neve candida che però non riusciva ad offuscare il verde acceso delle foglie dell'albero Diga del Parco degli Dei di Grande Inverno.
C'era una pace quasi irreale in quel luogo.
Il silenzio riempiva ogni cosa, ripulendo l'ambiente.
Iryn vi si era recata in cerca di pace per i suoi pensieri tormentati. Non era mai stata realmente fiduciosa né nei vecchi né nei nuovi dei ma in momenti come quelli sentiva il bisogno di chiedere aiuto a qualcosa o a qualcuno di superiore, di onnisciente.
Qualcuno che non fosse Jon, o Nafeesa.
Mancava poco più di un mese, poi sarebbe stata costretta a lasciare tutto quello che aveva amato più al mondo per raggiungere Approdo del Re e il suo futuro sposo, Joffrey Baratheon.
Era stata cresciuta e educata in prospettiva del momento in cui quel matrimonio si fosse compiuto, eppure la sola idea non faceva che ripugnarla.
Non voleva lasciare il Nord, non voleva lasciare i suoi fratelli, non voleva lasciare lui.
Non c'era stato nulla da fare,
ovviamente.
Dopo la misteriosa morte di Re Eddard Stark durante una visita diplomatica nella capitale del Sud i rapporti fra le due famiglie si erano appesantiti dal sospetto e l'annullamento del matrimonio fra i due principi equivaleva a una dichiarazione di guerra, cosa che il Nord non poteva permettersi.
Eppure non si era arresa facilmente, aveva negato la parola e il saluto alla madre Catelyn, aveva urlato fino a perdere la voce contro Re Robb, suo fratello, colui che la definiva “la luce dei suoi occhi”e aveva esaminato i contratti prematrimoniali giorno e notte con i migliori avvocati e legislatori del Nord in cerca del minimo cavillo burocratico capace di buttare tutto all'aria.
Lavoro inutile.
Era difficile arrendersi, per una donna con il carattere come il suo.
«Ci lasci andare così?! Come puoi? È anche tuo figlio questo!»
Si era stretta il ventre coperto dal corpetto e poi dalla veste scura come la notte.
Si era coperta in fretta, come sempre, dovevano fare sempre tutto in fretta.
Robb aveva scosso la testa, inginocchiato a terra, gli occhi rossi dalla rabbia.
Il petto era ancora nudo, la fronte ancora imperlata di sudore.
«Ti sto chiedendo di restare, con me, da donna libera»
«Mi stai chiedendo di rinunciare ai miei titoli, al mio nome, al mio futuro!»
Robb aveva provato a riavvicinarsi a lei, a stringerla, ma Iryn lo aveva spinto via di scatto.
«Non c'è altro modo. Lo sai, Dei, lo sai che ucciderei per te. L'ho fatto. Come si può mantenere un segreto tanto grande per tanto tempo senza farlo? Guardami, guardami Iryn. Non posso scatenare una guerra adesso, verremmo sterminati»
La sorella si ritrasse sul letto ampio, stringendosi le gambe sottili al petto.
Avrebbe tanto voluto piangere adesso, come faceva da bambina quando Sansa le pizzicava le braccia bianche.
«Il mio bambino non sarà uno Snow, un bastardo come Jon, non posso accettarlo»
Aggiunse poi, la voce più sottile.
La rabbia si era tramutata in dolore cieco.
“Vieni qui” avrebbe voluto dirgli “Non mi lasciare sola, che ho paura, che non so come fare, che non ho mai vissuto lontano da te e ho il terrore di perdermi. Non mi lasciare, cosa faccio da sola? Non sono capace di stare lontano da questo, lo sai, lo sai”
Ma non aveva detto niente, si era stretta fino a farsi minuscola.
Robb l'aveva coperta con le lenzuola candide del letto che avevano condiviso, l'aveva guardata deluso e pieno d'amore in egual misura e poi l'aveva lasciata sola.
Aveva avuto incubi tutta la notte. Sogni terribili di morte, di ferite aperte, di coppe di vino capovolte e vessilli di guerra ricoperti di neve rossa.
Se lo meritava, Iryn lo sapeva.
Era stata egoista, non poteva avere tutto eppure lo bramava.
Voleva il suo titolo e le sue ricchezze, voleva Robb e Grande Inverno, voleva che il bambino che aveva appena scoperto di portare in grembo portasse il nome degli Stark.
Sapeva che avrebbe dovuto fingere di essere rimasta incinta durante la prima notte di notte, ma si rifiutava di accettarlo.
Era come una bambina capricciosa, lo sapeva, ma lui l'aveva abituata troppo bene. La colpa era in parte anche sua che da quando erano bambini si era tolto tutto per darlo a lei che prendeva senza chiedere o parlare.
Si era sempre presa tutto di Robb, senza esitazione.
I giochi più belli, le pellicce più calde, le gelosie, i primi veri gemiti da uomo, le notti insonni e le bugie più grandi.
Si era presa anche la possibilità di amare una donna alla luce del sole, non si sarebbe mai scusata per quello, dopotutto anche lei non ne avrebbe mai avuto la possibilità.
Non più.
I pensieri di Iryn furono interrotti dall'ululare di Astra, la sua fedele metalupa.
Aveva avvertito qualcosa in lontananza.
Ed infatti un un cavallo nero come pece si fece largo fra l'alta vegetazione, Iryn l'avrebbe riconosciuto fra mille.
«Jon!»
Esclamò a voce piena. Il fratellastro le sorrise e smontò da cavallo, Astra gli corse subito incontro reclamando le sue attenzioni.
Lui ridacchiò, strofinando la mano sul suo manto di un colore a metà strada fra l'avorio e il grigio chiaro.
«Ti ho cercata ovunque»
Pronunciò dopo alcuni istanti, con lo sguardo fisso su Iryn che se ne stava seduta sulle vecchie radici dell'albero sacro.
«Be' ora mi hai trovata»
Rispose, sforzandosi di essere dolce almeno con lui.
Poi gli tese la mano, facendogli cenno di raggiungerla.
Jon sbuffò, ma la raggiunse in fretta, sedendosi accanto a lei.
«Catelyn ha chiesto di te centinaia di volte, è infuriata, manchi da tutta la mattinata»
Iryn sorrise appena, poi alzò gli occhi al cielo.
«Non volevo vedere nessuno, è così difficile da comprendere? Non credo che Grande Inverno verrà inghiottita da un drago perché non mi sono fatta vedere per qualche ora»
«Ma oggi c'è il banchetto dell'incoronazione di Robb, presto mezza nobiltà del Nord sarà qui e spettava a te e tua madre organizzare il tutto. Non l'ho mai vista tanto furiosa. Sono molto deluso»
Jon voleva sgridarla, tentò in tutti i modi di parlarle in modo duro e distaccato ma alla fine non poté fare a meno di scoppiare a ridere, tenendosi la pancia.
Iryn comprese al volo i motivi.
«Quanto hai goduto nel vedere mia madre in questo stato, mh?»
Ma Jon scosse energicamente il capo, tentando di negare.
«Ma cosa dici? Non è vero... Non sono certo malvagio come te, cara sorella»
Iryn borbottò qualcosa, fingendosi offesa.
«Ma guarda cosa mi tocca sentire...»
Disse incrociando le braccia per simulare disappunto, poi però d'improvviso il suo sguardo si incupì.
«Mi mancherà tutto questo. Le liti con mia madre, cavalcare nella foresta, i bambini...»
Jon scosse la testa, ancora non aveva accettato l'idea di vedere la sorella partire. Perdere lei era come perdere gran parte di ciò che lo faceva sentire a casa, di ciò che per lui significava famiglia. 
Jon era il bastardo, l'errore.
Odiato profondamente da Catelyn Stark, ignorato da gran parte della famiglia.
Iryn era stata la prima ad accettarlo, ad asciugargli le lacrime per via dei dispetti dei fratellastri o lo sdegno della lady ed era stata lei a costringere Robb a giocare con lui, finché fra i due fratelli fu nato un legame sincero.
«Robb non ti lascerà mai andare, troverà un modo»
Iryn però scosse la testa, serrando la mascella.
«Non c'è modo accettabile, non per me»
Né Iryn né Robb avevano mai parlato apertamente a Jon della loro relazione ma essendo vicino a entrambi lui aveva capito in fretta, ci era stato costretto. Erano bravi a recitare indifferenza, davvero bravi, ma per lui lo sguardo che Robb riservava a Iryn valeva più di mille parole.
Jon aveva l'impressione che fra loro fosse sempre stato così, fin da bambini.
Si erano sempre appartenuti.
«Quindi diventerai regina»
Tentò infine di rincuorarla, con scarsi risultati visto l'evidente disprezzo nella risposta della sorellastra.
«Sì, del Sud»
«Dicono che lui sia molto bello»
«Dicono anche che sia mentalmente instabile»
Jon sorrise appena, forse divertito.
«Almeno lì farà meno freddo»
«A me il freddo è sempre piaciuto»
In altre circostanze, forse, avrebbero anche potuto riderne.
Ci fu un breve silenzio. Iryn fissò a lungo la neve prima di riprendere la parola.
«Jon ho sognato qualcosa questa notte. Non era un sogno come gli altri, era pieno di sangue»
A quelle parole il ragazzo sussultò. Conosceva il dono della sorella, sapeva che se Iryn aveva visioni del genere non li avrebbe attesi nulla di buono.
«Pensi che dovremmo preoccuparci?»
Iryn scosse la testa, sembrava incerta.
«Non ne ho idea»
Chiusero in fretta il discorso, metteva a disagio entrambi, e montarono insieme il cavallo di Jon, tentando di non tardare oltre.
Grande Inverno era in subbuglio.
Il cortile pullulava di domestici fra cui ogni tanto si notava qualche piccolo Stark.
Bran e Rickon si rincorrevano impugnando le loro spade di legno mentre Arya li osservava ridendo.
Non c'era traccia di Sansa, che di sicuro ora stava misurando il suo nuovo meraviglioso abito per l'occasione ma in compenso Iryn notò Robb in lontananza discutere con uno stalliere stalliere.
Fu come se l'avesse chiamato, perché si voltò verso di lei nello stesso momento in cui lo fece lei.
Non si sorrisero, entrambi troppo orgogliosi.
Le liti fra loro erano frequenti e impetuose seppur quasi sempre brevi, perché lui tornava sempre e lei non riusciva a non perdonare.
Non si salutarono ma Iryn poté notare anche da quella distanza lo sguardo del fratello, uno sguardo che conosceva bene e che le piaceva istigare.
Uno sguardo colmato dalla gelosia.
Iryn sorrise vittoriosa, stringendosi a Jon più forte.
Lo fece con intenzione.
Devi soffrire, almeno quanto sto soffrendo io. Te lo meriti.
«Iryn Stark!»
Si sentì un urlo irato alle spalle del cavallo, Iryn ne riconobbe subito la voce.
Catelyn Stark.
«Madre sono venuta per aiutarvi...»
Ma la donna la afferrò per il polso, facendola scendere a forza e in modo piuttosto buffo.
«Muovi quelle gambette e va a prepararti! I Bolton sono già alle porte!»
Jon alzò gli occhi al cielo, ma non si fece notare.
A Iryn venne voglia di urlare e di ridere allo stesso tempo.
 
Nafeesa le aveva fatto indossare uno degli abiti più belli che possedeva.
Del colore del ghiaccio e dalla gonna morbida e leggera come una piuma, e poi le era stata accanto tutto il tempo.
Riusciva a farla ridere anche adesso, che non poteva fare a meno di avere l'umore nero.
Il banchetto era iniziato da diverse ore, ogni dama danzava tranne lei.
Persino quel maschiaccio di Arya aveva concesso un ballo al figlio di uno degli alfieri degli Stark, un certo Reed, e aveva finito per pestargli i piedi per più di una volta.
Di certo non era una delle sue attività preferite.
«Dovreste provare a divertirvi Iryn, e togliere quell'adorabile broncio. Sappiamo entrambe che non siete in collera con vostro fratello, né con vostra madre»
Le aveva sussurrato a un certo punto la sua ancella prediletta, con fare furbo.
Era sempre stata molto sveglia e era capace di interpretarla bene, spesso meglio di chiunque altro.
«Ma certo che sono in collera con lui, come sempre»
Aveva risposto Iryn, con la voce dura e sdegnata.
Nafeesa rise in risposta.
La sua padrona stava guardando il Re del Nord come se volesse incenerirlo e stringerlo a se' allo stesso tempo mentre lui ignaro beveva vino da calici dorati con aria cupa.
«È così che volete dire addio a tutto questo?»
Ma la donna non finì nemmeno di parlare che il giovane Brandon Stark si parò di fronte alla sorella, sfoggiando un tenero sorriso.
«Mi concedete questo ballo, lady Iryn?»
Chiese con fare elegante il ragazzino e Iryn non poté fare a meno di trattenere una risata.
La lady e l'ancella si lanciarono uno sguardo d'intesa.
«Ma certo, mio cavaliere»
Accettò.
Dopotutto Nafeesa aveva ragione, come sempre.
A che serviva restare lì impalata a piangersi addosso?
Eppure non appena toccò le mani del fratellino avvertì un freddo gelido e per un istante dai suoi occhi riuscì a vedere solamente rosso.
«Iry? Iryn stai bene?»
Chiese Bran, nel vederla sgranare gli occhi d'improvviso.
La lady scosse la testa, era stato un unico momento, poi era tornata in se'.
«Certo, Bran. Scusa, solo un capogiro»
Il fratello annuì contento, iniziando a farla volteggiare.
Magari era stato semplicemente un momento isolato, non le accadeva di rado di vedere delle cose... cose oscure, ma non sempre erano cose che la riguardavano.
Spesso si trattava di morte di animali, o di membri della servitù.
Non voleva pensarci, ne allontanò il pensiero.
Notò poi che la guardia reale era insolitamente schierata all'entrata della Grande Sala, gli uni accanto agli altri.
Perché erano lì? 
Iryn non poté non notare come strano l'accaduto.
«Bran ma... Dov'è Sansa?»
«Oh, era qui un attimo fa»
Aveva iniziato a girarsi intorno, non vedeva la sorella da un po', chissà dove si era cacciata...
Poi un uomo sembrò attirare la sua attenzione perché non riuscì a vederlo in volto. Portava un lungo mantello e il suo cappuccio ne copriva le fattezze eppure nonostante questo i suoi movimenti gli sembrarono familiari.
Non seppe bene il perché ma sentì il bisogno di cercare i componenti della sua famiglia con lo sguardo.
Sua madre sedeva acconto a Robb, conversava con lui.
Il piccolo Rickon si era appisolato sull'ampio tavolo.
Arya era seduta, isolata dal resto degli altri, sembrava annoiarsi terribilmente.
L'uomo dal mantello scuro si avvicinò a Roose Bolton, sembrò sussurrargli qualcosa.
Il Lord annuì appena.
Ma chi era? Iryn ne era certa, conosceva quel modo di muoversi.
Poi però fu distratta da Robb, che di colpo si voltò verso di lei. Sembrava volesse dirle qualcosa da lontano ma fu interrotto da Lord Bolton, che gli si avvicinò velocemente.
Tutto quello che seguì dopo furono grida e sangue.
Iryn fu certa di una sola cosa, fu l'uomo dal volto coperto a dare l'inizio alla strage...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Hey!
Nel caso non si fosse capito, questo capitolo tratta della giornata in cui i Bolton hanno preso il controllo di Grande Inverno. (Okay, si era capito ma è sempre meglio specificare!)
Ora voi vi chiederete perché ho pubblicato un capitolo-flashback come questo?
Be', perché continente diverse informazioni molto importanti per il corso della storia!
Ad ogni modo spero vi sia piaciuto e non vi abbia deluso.
Ammetto non mi convinca al 100% voi che ne pensate?
Baci,
-Nimph

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Capitolo 8
*** Fiducia ***


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Era l'alba quando Iryn decise che era arrivato il momento di fermarsi.
Era stremata e doveva cambiare le bende alla ferita o avrebbero finito per infettarsi.
«Ditemi dove posso preparare la tenda, così avremo un posto in cui riposare»
Pronunciò Riona alle sue spalle, Iryn si voltò stupita verso di lei.
«Tenda?»
La guaritrice annuì e le mostrò la bisaccia logora che portava alle spalle con un sorriso stanco.
«Incantesimo estensibile irriconoscibile. Credevate davvero che non mi sarei preparata?»
«Oh, ingnegnoso. Mettila pure dove vuoi, mi basta sia pronta in fretta»
Sia Flangan che Nafeesa guardavano la guaritrice e i fratelli Sterling con evidente diffidenza, Iryn però non li aveva dissuasi dal farlo.
Non si fidava più di nessuno.
«Allora le nostre strade si dividono»
Aveva però pronunciato, rivolgendosi verso Jace Sterling, appena sceso da cavallo.
«Noi vi accompagneremo a Grande Inverno, lady Stark. Intendiamo venire con voi»
A quelle parole Sophia sgranò gli occhi, stupita e contrariata allo stesso tempo.
«Jace dobbiamo tornare a casa, lo sai, non possiamo...»
«Non potete rischiare la morte in questo modo.- concluse Iryn per lei, fingendo afflizione -Le mie intenzioni sono folli, non ho nemmeno idea di come farò ad entrare e uscire dal palazzo senza che i Bolton se ne rendano conto. Non è vostro compito aiutarmi in questo percorso...»
La lady prese la mano del ragazzo e gli sorrise malinconica.
«Tornate a casa»
Ma lui scosse la testa con convinzione.
«Tornerò, ma dopo avervi aiutata a liberare Re Robb. Non ho mai voluto una vita lunga, sono sempre stato pronto a morire per ciò in cui credo e credo negli Stark»
Era tutto quello che aveva sempre voluto, un impresa da intraprendere. Un regno da salvare e una splendida lady al suo fianco.
Sembrava una delle sue fantasie dei periodi in cui era solo un ragazzino.
Non era stupido, sapeva di star rischiando la vita per una missione assurda ma non avrebbe sopportato la vita di campagna, l'aveva sempre odiata.
Lui non era un contadino, era stanco di vivere quella vita.
Aveva smesso di aspettarsi di meglio da tempo ma poi era arrivata lady Iryn e tutto era cambiato.
«Permettetemi di farlo»
Continuò ancora lo Sterling.
Era chiaro, Sophia avrebbe voluto incenerirlo con gli occhi.
Nafeesa e Riona si scambiarono un lungo sguardo. Avevano già inteso che la lady non intendeva lasciare andare il ragazzo, che voleva venisse con loro.
Nafeesa non poteva conoscerne il motivo, Riona invece già lo sospettava.
Poi il contadino dai capelli del colore del grano si voltò verso la sorellina che si era rifiutata di smontare da cavallo.
«Dì a nostro padre e nostra madre che non li deluderò, mi vedranno tornare vincitore»
Ma la ragazzina rise, mostrando un'espressione di scherno.
«Credi davvero che ti lascerei andare da solo? Non dureresti nemmeno un giorno senza di me»
Disse quindi acida.
Jace stava per inveirle contro quando la lady si frappose fra i due.
«Calma, non intendo essere causa di liti fra due fratelli. Sophia, il tuo aiuto sarà di certo prezioso»
Lei annuì, poco convinta.
Il fratello scosse la testa, per poi sputare ai piedi del cavallo.
«...bambina capricciosa»
Gli sentì sussurrare prima che si fosse allontanato.
A quel punto anche Sophia scese da cavallo e seguì la guaritrice.
Era l'unica di cui si fidava veramente in quel momento.
Flangan legò le redini dei tre animali a un albero massiccio di quercia mentre Riona estraeva la sua bacchetta per montare la tenda magica.
Dall'esterno sembrava piccola e vecchia, piena di rattoppi, ma all'interno era anche più grande della sua casa di pietra e legno.
Doveva essere una tenda incantata, come la bisaccia.
Iryn non ne aveva mai vista una.
«Entrate tutti, forza. Ci sono stanze per ognuno di voi»
Aveva poi pronunciato la guaritrice, mostrando orgogliosa la bacchetta di salice.
«Mi è costata una fortuna ma sapevo che prima o poi mi sarebbe servita»
Sussurrò fra se' e se' prima di entrare, seguita prima da Iryn e poi dagli altri.
Dentro era disordinato ma pulito. Al centro c'era una stanza principale con un ampio tavolo di legno d'ebano circondato da sei sedie scorticate e ai quattro lati delle mura di stoffa c'erano delle aperture che davano accesso a delle camere da letto blandamente arredate.
C'erano una brandina, una lampada a olio, una poltrona imbottita e una vasca da bagno in rame per stanza, in più nella camera che Riona aveva consigliato a Iryn c'era anche un piccolo armadio.
«Volete che stia a guardia della vostra stanza?»
Flangan parlò a Iryn eppure il suo sguardo non poté fare a meno di posarsi sulla sua ancella.
Era come se... si sentisse protettivo nei confronti di Nafeesa.
Doveva abituarsi al fatto che non fossero più soltanto loro due, eppure solo poche ore prima non avrebbe mai pensato di poter sentire quella sensazione, non nei confronti di una donna tanto irritante.
Probabilmente era stato solo per troppo tempo.
«Non oggi, Ser Flangan, ad ogni modo ripartiremo fra poche ore»
Il cavaliere annuì, per poi rivolgere la sua attenzione ai due fratelli.
«Voi resterete qui dentro, non uscirete mai, non finché sarò io o lady Iryn Stark a imporvelo»
Disse rigido, senza ammettere repliche.
Jace annuì, ma non sembrava realmente intimorito dal cavaliere, lui non aveva niente da nascondere.
Sophia invece fu più restia a mostrarsi compiacente.
Poi Ser Flangan uscì dalla tenda, probabilmente per poterne stare a guardia.
«Qualsiasi cosa succeda da ora in poi sappi che per me sarà solo colpa tua»
Pronunciò Sophia al fratello.
Gli occhi castani pieni di disappunto.
La voce fredda.
Jace non l'aveva mai vista comportarsi in quel modo, così distante.
Una parte dentro di se' si pentì di averla lasciata coinvolgersi in tutto quello, ma non la parte importante.
Non era riuscito a controllarsi quando aveva sentito la sorella parlargli in quel modo ma aveva ragione, questo l'aveva irritato più di tutto il resto.
Senza Sophia probabilmente non sarebbe riuscito in niente.
 
«Aguamenti!»
Pronunciò con sicurezza Riona e dalla punta della sua bacchetta si liberò un getto d'acqua limpida che riempì la vasca di rame.
«Adesso puoi andare, guaritrice. Mi occuperò io di lei»
Disse Nafeesa senza curarsi di guardarla in volto, mentre aiutava la lady esausta a rialzarsi in piedi dalla branda di legno.
Riona le aveva appena medicato la ferita e l'aveva protetta con un incantesimo che rendeva gli unguenti resistenti all'intrusione di acqua e liquidi.
Ad ogni modo il suo stato stava migliorando velocemente.
La guaritrice alzò gli occhi al cielo, chiaramente stanca di quel comportamento.
«Se avessi voluto ucciderla l'avrei già fatto da tempo, non credi? Mi aspetterei almeno un po' di gratitudine dopo tutto quello che ho fatto e continuo a fare»
L'ancella era sul punto di rispondere, ma Iryn la zittì con un gesto di mano.
«Vi prego Riona, ho bisogno di tempo da passare con la mia ancella e sono talmente stanca che a stento riesco a parlare quindi di certo non voglio discutere con voi»
Pronunciò con voce roca e gli occhi aperti a mala pena.
Solo a quel punto Riona le concesse la solitudine.
Dopotutto non aveva voglia di combattere con nessuno, ed era ugualmente stanca.
«Se avete bisogno di me o della mia bacchetta- pronunciò in tono ironico- sapete dove trovarmi»
Una volta rimaste sole Nafeesa aiutò Iryn a togliersi il cappotto di pelliccia, la veste ocra e il bustino.
Rimase sconvolta dalla quantità di lividi e tagli che aveva accumulato sul suo corpo, insieme al suo pallore e alla sua magrezza.
Quei pochi giorni erano riusciti a devastarla.
A stento riusciva a tenersi in piedi, dovette persino tenerla per le spalle per permetterle di entrare nella tinozza.
«Cosa vi hanno fatto... lady Iryn ancora non riesco a crederci. Ditemi, il vostro bambino è..?»
Provò a chiedere l'ancella, sperando di non arrecarle un ennesimo dolore.
Un erede Stark era qualcosa di preziosissimo nella situazione in cui si trovavano.
Iryn poggiò la testa sul bordo di rame e sorrise appena, ad occhi chiusi.
«Sono ancora vivi, gemelli. Puoi crederci, Nafeesa? E per fortuna, aggiungerei. Due eredi è più di ciò che potrei desiderare adesso. Saranno bellissimi, avranno i suoi occhi... sono sicura che gli somiglieranno. Devono essere forti quanto lui lo è, devono se vogliono sopravvivere in questo mondo»
Non volle parlarle dei suoi sogni, né delle visioni della guaritrice o della ragazzina.
Preferì fingere di non esserne mai venuta a conoscenza, preferì fingere di essere sicura di poterli proteggere.
Nafeesa sorrise, iniziando a scioglierle i capelli come faceva ogni sera.
Le fece quasi male ricordare Grande Inverno, ma non osò dirlo a Iryn, non in quel momento.
«Dovrebbe avere la vostra forza in realtà. Guardatevi, siete ancora qui nonostante tutto e pronta a combattere, a riprendervi ciò che è vostro di diritto»
Iryn cercò la mano di Nafeesa ancora ad occhi chiusi, e la strinse forte.
«Mi sei mancata. Pensavo che ormai anche tu fossi perduta, come tutto il resto»
L'ancella rise, per nascondere l'emozione.
Le tornò in mente il momento in cui vide la lady per la prima volta.
Era una bambina, come lei. Ed era diffidente, come lo era anche lei.
Sua madre l'aveva lasciata alla Città dell'Inverno* prima di ripartire. Non voleva un mostro come lei come figlia, non voleva un ibrido, una creatura che si nutriva di sangue.
Dopotutto Nafeesa non era nata dall'amore, ma da una violenza.
Aveva odiato a lungo sua madre, ora non più.
Era stata Catelyn Stark a prenderla a cuore e a introdurla a palazzo con la sua protezione.
Per la prima volta qualcuno le aveva donato fiducia.
Prima era stata una delle dame da compagnia della giovane lady.
Lei, lei una dama.
Poi crescendo anche lady Iryn aveva iniziato a fidarsi di lei, a legarsi, fino a farla diventare la sua ancella personale.
Gli Stark erano diventati la sua famiglia, non avrebbe mai potuto tradirli.
Ci sarebbe sempre stata per la sua lady.
«Dimmi Nafeesa, tu sei stata lì più a lungo di me. Raccontami, raccontami tutto quello che hai visto...»
La vampira a quel punto esitò, lasciando andare le mani dai capelli corvini di Iryn.
«Mia Signora io...»
«Non chiamarmi Signora, ormai non sono più la lady di niente, niente»
Pronunciò poi d'un tratto, con tono duro.
Nafeesa non intendeva chiedere scusa, non condivideva l'improvvisa arrendevolezza di Iryn.
«Voi restate la principessa del Nord»
«Già, è quello che continuo a ripetere alla guaritrice e a me stessa ma noi abbiamo visto quello che è successo, noi lo sappiamo. Non posso fingere anche con te»
Nafeesa abbassò lo sguardo, non replicò.
«Cosa volete sapere? Non sono rimasta molto più di voi. Ho visto Ser Flangan cercare di far fuggire Bran Stark e fallire. L'ho visto accerchiato dalla guardia reale e riuscire a fuggire. L'ho seguito, sapevo che di lui potevo fidarmi. Ha una storia simile alla mia dopotutto, non avrebbe mai tradito»
Iryn annuì appena, gli occhi adesso sgranati, lucidi.
«Cosa è successo a Bran?»
Nafeesa scosse la testa. Non voleva parlarne. Non voleva ricordare.
«DIMMELO»
Urlò lei.
Doveva sapere perché non poteva fare a meno di sentirsi responsabile.
Iryn l'aveva sentita, aveva sentito la morte circondare il bambino con il suo gelo.
Aveva sentito la sua presenza, attaccata a lui come il puzzo del letame sugli animali da allevamento delle stalle di Grande Inverno.
C'era, e lei l'aveva ignorata.
«Le gambe. Gli uomini di Bolton gli hanno tagliato via le gambe, prima una e poi l'altra. Il piccolo urlava e si dimenava, quando me ne sono andata era ancora vivo ma dubito che...»
Una lacrima solitaria solcò il volto di Iryn ma non la nascose.
Voleva sapere di più.
«Arya?»
La vampira strinse i pugni, immaginare la scena le diede la nausea.
«Era una donna, una ragazzina di quindici anni, un fiore che sta per sbocciare. Credi davvero di non poter immaginare cosa le hanno fatto?»
Sua sorella, la sua amata sorellina a cui nei giorni più caldi dell'inverno aveva insegnato a tirare con l'arco.
L'avevano profanata con la forza come animali.
Come porci.
Era così brava, così precisa, quasi più di Iryn stessa.
Le sarebbe bastato poco per migliorare, semplicemente crescere, diventare più alta.
Aveva il mondo pronto per lei.
Era sempre stata speciale Arya, aveva sempre avuto qualcosa...
«R-Rickon?»
«La testa, loro...»
Ma Iryn la fermò prima che Nafeesa potesse continuare, non riusciva più a sentire nemmeno una parola.
«Deve morire, Lord Bolton deve morire nel modo più lento e doloroso possibile e deve essere per mano mia»
Iryn si alzò in piedi e uscì dalla vasca gocciolante, l'ancella la coprì in fretta con la coperta rattoppata il corpo della lady.
«Non dite sciocchezze! Vi conosco da anni ormai, so quanto possano essere folli le vostre idee. Al momento non potete fare niente, lo sapete anche voi. Probabilmente non riusciremo nemmeno a liberare Re Robb. Diamine Iryn sei incinta!»
Ma Iryn era lontana, distante.
Si rifiutava di ascoltare.
«Mi basta la mia bacchetta e la mia rabbia»
«La vostra bacchetta è perduta!»
La lady scosse la testa, stringendosi infreddolita nella coperta.
«È protetta da un incantesimo, nelle mie stanze. Nessuno può averla spostata»
«La magia non vi ha salvata in passato e non può farlo adesso! Ragionate, per una volta ascoltatemi!»
Solo allora Nafeesa si accorse che la sua padrona era scoppiata in lacrime, nonostante tentasse in tutti i modi di nasconderlo.
Ne fu colpita, inizialmente non seppe cosa fare.
L'aveva vista piangere così poche volte... e ogni volta era finita per farsi cacciare fuori.
Iryn non ha mai amato mostrarsi debole.
«E allora cosa dovrai fare?! Starmene con le mani in mano a fare niente?! Penso a Robb tutti i giorni, tutto il tempo. E poi penso a Jon, e prego che non gli abbiano fatto del male perché ho bisogno di lui accanto, ne ho bisogno davvero. E poi c'è Bran, era ancora così giovane, Arya invece era così coraggiosa...»
Nafeesa si inginocchiò davanti a lei e le prese le mani, le strinse forte.
«So che state soffrendo, so che è difficile per voi, ma credete che farvi uccidere aiuterà la vostra causa?»
Iryn lasciò in fretta le mani della sua ancella e si asciugò le lacrime prima di voltarsi e nasconderle il volto.
«Tu non puoi capire...»
«Io capisco benissimo! Siete voi ad essere accecata dal dolore. Proveremo a liberare Re Robb e sia in caso di riuscita sia in caso di fallimento fuggiremo nelle terre dei fiumi. Con i Tully voi progetterete un controattacco»
«Robb sarà già morto per allora!»
L'ancella gli prese il viso con le mani e con la forza la costrinse a farsi guardare negli occhi.
«Ma voi sarete viva»
Poi poggiò la mano sul suo ventre.
Lo sentì diverso, lo sentì pieno.
«E lo saranno anche loro. Bambini dagli occhi azzurri come quelli di Re Robb e dai capelli neri come i vostri, magari. Stark»
Iryn non rispose ma si gettò fra le sue braccia, lasciandosi cullare dalla sua ancella.
Nafeesa non parlò oltre, sperò che avesse compreso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Città dell'Inverno: villaggio situato appena fuori le porte di Grande Inverno.
 
Angolo Autrice: oh oh oh.
Sembro babbo natale ma vabbè...
Che ne dite di questo capitolo? Vediamo Jace e Sophia in conflitto, Flangan che si sente stranamente protettivi nei confronti di Nafeesa e una Iryn sempre più accecata dalla rabbia e dal dolore.
Inoltre volevo chiedervi una cosa: ho notato che il capitolo precedente a questo ha ricevuto meno della metà delle recensioni che ricevo in media per ogni capitolo e siccome non mi ha mai convinto del tutto ero curiosa di sapere se vi ha fatto schifo o semplicemente gli scarsi commenti sono stati un caso xD
Ad ogni modo grazie per chi ha letto fin qui.
Baci,
-Nimph 


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Capitolo 9
*** La lupa ***


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Quando Ser Flangan si svegliò sentì il corpo intorpidito per via del freddo e le ossa dolergli.
Sembrava non avesse dormito affatto, in verità.
Profonde occhiaie gli solcavano gli occhi e il colorito era pallido e smunto.
Quando lasciò la tenda poté vedere le luci di un freddo ma splendido tramonto illuminare la neve e gli alberi bianchi ma in poco vide una macchia nera cozzare con la visione rosa e arancio intorno a se'.
Gli ci volle poco per riconoscerla, lady Iryn.
Era distante, seduta su una roccia scura e avvolta da un cappa di lana grezza, da contadina, color bianco sporco.
Chissà da quanto era già sveglia.
Si chiese se fosse più appropriato lasciarla sola o raggiungerla.
Non era sicuro che lei si muovesse senza alcuna scorta ma era comprensibile che cercasse un po' di pace, di solitudine. Probabilmente anche lui al suo posto ne avrebbe bisogno.
Ad ogni modo fu proprio la lady a toglierlo dall'impaccio.
Aveva udito il suono ovattato dei suoi stivali affondare nella neve e si era voltata verso di lui.
Gli sembrò incredibilmente stanca, provata, eppure allo stesso tempo gli diede un'idea di resistenza, di forza.
Continuava a strisciare nella neve ma andava avanti, senza fermarsi, proprio come una giovane lupa.
Gli fece cenno di avvicinarsi e lui, da fedele cavaliere, obbedì.
Rimase stupito dal vedere che la Signora indossava una giubba maschile sotto la cappa e calzoni neri, ai piedi stivali di cuoio simili ai suoi ma più lunghi visto che le arrivavano fin sotto le ginocchia e stretti da grossi lacci marroni.
Era abbigliata da uomo, o forse da guerriera.
«Vi sentite meglio, milady?»
Chiese poi, osservandola da una giusta distanza.
Iryn tenne lo sguardo fisso nel suo, sforzò un sorriso stanco.
«Mi sentirò meglio quando vedrò i miei fratelli al mio fianco, ma sì, le ferite stanno migliorando»
Flangan annuì appena.
«La guaritrice sembra molto sicura di se' al riguardo»
A quel punto, si fosse trovata in altre situazioni, avrebbe ridacchiato.
Adesso invece persino gli angoli della bocca le dolevano.
«Ha talento, di questo sono certa»
Poi il silenzio, attutito dalla morbidezza della neve.
Solo in quel momento Flangan si ricordò di non aver indossato l'armatura, d'improvviso si sentì nudo.
«Posso chiedevi una cosa, Flangan?»
«Ma certo, mia Signora»
«Chiamami anche solo Iryn, se preferisci. In questo momento sono la Signora del niente. Potrai chiamarmi lady una volta che avrò riconquistato tutto questo...»
Flangan si sporse appena verso di lei, avrebbe voluto confortarla ma poi capì che non era tanto commiserazione la sua quanto determinazione.
La ammirò per questo, eppure sentì che qualcosa di lei gli sfuggiva.
Era come altrove, presente solo in parte.
«Continuerò a riferirmi a voi come Principessa del Nord perché è questo che siete, un gruppo di usurpatori non può cambiarlo. Ad ogni modo, cosa volevate chiedermi?»
Iryn alzò lo sguardo verso verso il cielo aranciato.
«Perché siete venuto a cercarmi? Potevate passare dalla parte del vincitore, per voi sarebbe stato di certo più facile»
Christopher Flangan sospirò, per poi soffermarsi anche lui su quello spettacolo fatto di giochi di luce.
«Devo a vostro padre la vita, ora che è morto la devo a voi. Credo nell'onore lady Stark, più che in qualsiasi altra cosa. Non tradirei mai»
«Perché dite che dovete la vita a mio padre? Sapete, non ho mai conosciuto la storia per intera. Sono a conoscenza della vostra... reale natura e che nonostante tutto mio padre vi abbia accettato nella guardia reale ma questo è tutto»
Flangan fu colto di sorpresa, non si aspettava una domanda tanto diretta ma comprendeva la curiosità della lady. Dopotutto quasi nessuno conosceva la sua storia.
«Quando ero solo un ragazzo, forse poco più che un bambino, lavoravo nelle cucine di Grande Inverno, potete crederci? Ero piuttosto mingherlino all'epoca, mio padre era uno dei cuochi. La mia famiglia in quegli anni preferiva nascondere la mia licantropia, potrete ben intuire il perché. Ero piccolo e riuscivano a gestirla abbastanza bene. Conobbi vostro padre quando già era un giovane uomo, ma mi prese a cuore. Ricordo che un giorno gli chiesi addirittura di permettermi di allenarmi alla spada con lui, lui rise ma accettò. Si stupì quando si accorse che ero bravo, che avevo un talento naturale. Devi mettere su peso mi diceva, e poi sembrerai proprio un cavaliere»
Iryn lo guardava avida di informazioni, parlare di suo padre, ricordarlo, immaginarlo allenarsi con la sua fedele spada... le scaldava il cuore.
Al cavaliere quasi sembrò una bambina.
I suoi occhi, che contenevano sia il verde che la terra della foresta, erano però privi di innocenza.
Non era una bambina, non era nemmeno ingenua, però sapeva sembrarlo.
«E poi?»
«E poi le gambe mi si sono allungate, e le spalle mi sono diventate più grosse e tenermi buono nelle notti di luna piena diventò più difficile. Alla Città dell'Inverno si diffuse la voce che un grosso lupo una notte al mese si recasse al villaggio per uccidere giovani vergini. Sciocchezze, ovviamente. Non avevo mai ucciso nessuno, non finché...»
E la voce gli si bloccò in gola, quasi come se non riuscisse più ad emettere alcun suono.
Non si aspettava che quella ferita potesse fargli ancora male.
Ad Iryn si mozzò il fiato.
Non fu pena, ma pura curiosità.
«Non ne ho memoria, devo essere sincero. Non ricordo nemmeno la sua età, o il colore dei suoi capelli, so solo che la sua vita si è fermata e a causa mia. La ragazzina fu trovata morta sul ciglio di una stradina sterrata. La testa era attaccata al collo per miracolo e il braccio era stato staccato dal corpo.
Le voci non erano più solo voci. Tentai di continuare a vivere una vita tranquilla, come continuai ad allenarmi con vostro padre ma non potevo proseguire in quel modo in eterno. In poco tutta la città sospettò di me, due ragazzini mi videro trasformarmi. Volevano uccidermi, tutti. Probabilmente ci sarebbero riusciti, se Eddard Stark non lo avesse impedito»
«E come? Nemmeno il Re del Nord può impedire la furia del suo popolo contro...»
«Un mostro come me? Be', lui non mi ha mai visto in questo modo e mi ha sempre dissuaso dal pensarlo di me stesso»
Flangan sorrise appena, amaro.
Erano passati più di dodici anni ma ricordava tutto alla perfezione, come impresso nella sua mente.
«Cyreen Griève, è anche grazie a lei se sono qui, dopotutto. La madre della guaritrice, Riona, anche allora viveva nei boschi. Era una strega molto potente, Il Re vostro padre dovette pagare molto per poter ottenere i suoi servigi. Attese la notte di luna piena del mese seguente e radunò tutto il villaggio nella piazza del mercato. La vecchia mi aveva fatto bere una strana pozione la notte prima, di un sapore terribile. Ero terrorizzato, non sapevo cosa aspettarmi quando il Re ordinò di farmi legare a uno dei pali della piazza in mezzo alla folla, ma quando la luce della luna mi illuminò la pelle nuda non accadde niente. Quella notte non mi trasformai, fu incredibile»
La lady sgranò gli occhi, immaginando la scena.
«Cosa conteneva la pozione?»
Il cavaliere scosse la testa.
«Non ne ho idea, la strega non ha mai voluto rivelarlo. L'intruglio funzionò solo per quella notte ma bastò a far perdere interesse al volgo nei mei confronti. Iniziai a recarmi nella foresta ogni qualvolta la mia natura lo richiedeva, per non farmi notare. Ha funzionato. Poi quando fui abbastanza grande Re Eddard mi nominò cavaliere del Nord, ma questo penso che lo ricordiate. Ha sempre pensato che io avessi del talento»
Iryn si alzò dalla roccia e gli poggiò una mano sulla spalla, per Flangan fu difficile interpretare quel suo gesto.
«Be', aveva ragione. Aveva di certo ragione»
Flangan annuì appena, incerto.
«Lo spero»
La lady lo guardò negli occhi, intensamente, come se volesse suggerirgli qualcosa.
«Forse però è meglio tenere questa storia per noi due soli. Non voglio alimentare altre ansie e gli altri non devono per forza sapere...»
«Sapere cosa?»
La voce di Sophia alle loro spalle li fece sobbalzare entrambi. 
Non si aspettavano di vedere nessuno eppure con un po' di più intenzione in lontananza si poteva notare la guaritrice intenta ad accendere un fuoco e il giovane Sterling osservarla a debita distanza.
Erano stati i primi a svegliarsi ma non erano più i soli.
«Sapere quanto sarà difficile entrare a Grande Inverno. Non volevamo scoraggiarvi prima del tempo»
Sophia alzò le sopracciglia in un gesto diffidente, ma poi annuì leggermente.
«Be', di certo nessuno era convinto del contrario»
Iryn rise, ostentando una sicurezza che non aveva.
«Sei una ragazzina sveglia, Sophia Sterling»
 
Era calato il sole quando Riona richiamò gli altri accanto al fuoco, aveva preparato buona parte delle provviste che aveva portato con se'.
Il giorno dopo avrebbero attuato il loro piano, minuziosamente preparato per tutto il pomeriggio, ed era necessario fossero abbastanza in forze per l'impresa.
Ser Flangan aveva suggerito di agire con il favore delle tenebre e loro si erano fidati.
Iryn, il cavaliere, Riona e Jace sarebbero entrati attraverso la porta del cacciatore, un'entrata meno in vista rispetto a quella principale e più vicina alla foresta, poi una volta entrati avrebbero usato dei vecchi passaggi segreti che dall'armeria conducevano alla cripta degli Stark, da lì avrebbero raggiunto velocemente le segrete.
Ovviamente si aspettavano di trovare guardie e cavalieri a guardia sia della porta che dell'armeria ma riguardo a questo si affidavano completamente a Riona, il suo compito era schiantarne il più possibile.
Niente combattimenti e niente spada, sarebbe stato troppo rumoroso.
Ad ogni modo la zona che avevano scelto per riuscire a intrufolarsi a palazzo non doveva essere molto sorvegliata  poiché veniva usata solamente  nella stagione di caccia.
Sophia e Nafeesa invece sarebbero rimaste fuori e la giovane strega aveva il compito di scagliare scintille rosse nel cielo dalla punta della sua bacchetta per avvisare il resto del gruppo nel caso Iryn fosse seguita o attaccata, oppure nel caso la guardia reale si accorgesse degli intrusi.
Non era di certo un obiettivo facile da raggiungere il loro ma non avevano intenzione di arrendersi.
Ci erano ormai troppo vicini.
«Siete nervosa?»
Sussurrò Nafeesa alla giovane lady, che si strinse nelle spalle.
Aveva dato via la sua ciotola di zuppa, sentiva lo stomaco chiudersi ogni volta che rivolgeva il pensiero alle segrete di Grande Inverno.
«Sono ansiosa di rivedere i miei fratelli»
Mentì.
Aveva paura, una paura matta che a stento riusciva a controllare.
Ma Iryn era una lady, doveva essere stoica nel suo dolore.
Una fanciulla fatta di porcellana e ghiaccio.
Si era già esposta più del dovuto.
Nafeesa intuì il malumore della sua Signora ma non indagò oltre.
La conosceva, sapeva che non era mai cosa buona forzarla ad aprirsi.
«Vi comprendo milady, ma dovete mangiare. Vi siete appena ripresa dalle ferite, non vi conviene sfidare la sorte»
Questa volta fu Jace a parlare, ma con meno trasporto del solito.
Iryn per il suo carattere difficile iniziava a perdere fascino per il ragazzo.
Aveva tentato di parlarle per tutta la giornata ma lei non aveva fatto che ignorarlo.
Jace aveva un animo buono ma a tutto c'è un limite.
La lady però sembrò accorgersene e corse ai ripari.
«Ho già detto a tutti voi di chiamarmi semplicemente Iryn, perché adesso non sono né più né meno di voi. Comunque ti ringrazio, ma non devi preoccuparti per me. Sei così buono Jace... perdona le mie maniere. Questo non è un bel momento per me»
Il tono di Iryn era dolce come il
miele e la voce appena sussurrata all'orecchio dello Sterling che le stava al fianco.
Lo scoppiettio del fuoco copriva bene le sue parole ma Nafeesa era alla destra della sua signora.
Udì tutto.
Si chiese ancora una volta a quale scopo Iryn stesse cercando di sedurlo, poi l'ancella notò lo sguardo furbo di Riona e si sentì terribilmente invidiosa.
Sapeva di certo qualcosa che lei non sapeva, o comunque l'aveva intuito.
In disparte Sophia invece era tesa come una corda di violino.
Si sentiva come nel centro di una tana di vipere.
Per la prima volta Jace fu restio nei confronti della lady.
«Essere cortese con la principessa del Nord è un mio dovere. Sarei un bruto se non lo fossi»
Iryn celò il suo fastidio con modi affettati e sorrisi melliflui.
Se l'indomani avrebbe rivisto Robb non aveva quasi più tempo per attuare il suo piano.
Jace... le serviva, la sua infatuazione le serviva.
«Mi accompagnereste a fare una passeggiata? Sapete, mi aiuta a calmarmi ma ho paura per la mia incolumità a muovermi da sola per questi boschi. Con voi mi sentirei al sicuro»
Aveva fatto centro, Jace non poté che sentirsi lusingato.
A quelle parole Ser Flangan stava per aggiungere la sua volontà di seguirli, per sicurezza, ma Nafeesa lo zittì con un colpo secco al braccio.
«Ma cosa ti prende, ancella?!»
Disse lamentoso il cavaliere. Nafeesa scosse la testa, incredula.
«Hai l'intuito di un ratto, Christopher»
 
La neve nelle ore più buie si era solidificata, rendendo il terreno meno fangoso è più facile da percorrere.
Iryn e Jace camminavano fianco a fianco, senza sfiorarsi ma scambiandosi sguardi furtivi.
«Vi state pentendo di avermi seguita, Jace? Non ne sembrate più tanto convinto»
Il ragazzo scosse la testa, i suoi capelli color grano alla fioca luce della luna sembravamo fili d'argento.
Non era bello come Robb o Jon, aveva una bellezza diversa, particolare.
Magari non sarebbe nemmeno stato così difficile...
«Non mi pento, statene certa, ma devo ammettere che il mio umore è turbato»
Iryn si voltò verso di lui, impedendogli di camminare oltre.
Sorrise furba, gli occhi nocciola le scintillavano nella notte.
Jace non poté non pensare fosse bellissima, ma la sua era una bellezza sinistra e priva di promesse.
La sua era la bellezza della luna, dolce e amara allo stesso tempo.
«E cos'è che lo turba?»
Il tono suadente, lei fece un passo avanti.
Sapeva come provocare un uomo.
Con gli anni, con lui, ha dovuto imparare.
E poi esitò, una stretta al cuore.
Lui, non doveva pensarci o non sarebbe riuscita più a fare niente.
«Voi, lady Iryn»
Sussurrò Jace sulle sue labbra rosse, prendendo coraggio.
La lady poteva sentire il battito affannato del suo cuore.
Stava per perdere il controllo.
«Io? Allora permettetemi di fare ammenda, Jace Sterling»
Disse e poi si impadronì delle labbra del giovane.
Lo strinse a se', sentì il suo calore.
Non fu come se lo era immaginato, non la ripugnò.
Non aveva mai baciato qualcuno che non fosse Robb, si era sempre costretta a essergli fedele eppure per la prima volta si sentì libera.
Non doveva nascondersi, Jace non le era proibito.
Non la faceva tremare, o fremere, ma nemmeno le appesantì il cuore.
Poi il ragazzo le afferrò i fianchi e se la issò addosso, facendo aderire la schiena della lady a uno degli alberi dalla corteccia ruvida che li circondava.
Iryn gli allacciò le gambe in vita e sentì la sua eccitazione premergli contro la coscia.
Sorrise consapevole.
Jace era caduto nella sua trappola.
Di colpo si accorse di esserne sia dispiaciuta che soddisfatta.
Quel ragazzo non meritava inganni ma la sua famiglia... la sua famiglia veniva prima di qualsiasi cosa.
«P-Posso?»
Gemette lo Sterling contro il collo niveo di Iryn e lei nascose la mano fra le loro gambe fino a trovare l'intimità del ragazzo.
Jace sgranò gli occhi e preso dalla foga le morse il collo, per poi succhiarlo avidamente.
Le sbottonò le braghe dopo aver fatto lo stesso con le sue e la penetrò in fretta, facendola gemere.
La lady aveva la testa piegata all'indietro e gli occhi annebbiati dal piacere.
Non durò molto, Iryn era stata la sua prima donna.
Jace glielo confessò fra i gemiti.
«Un uomo vergine? Esistono ancora in queste terre?»
Rispose lei amara, dopo che il tutto fu finito.
Jace provò ad abbracciarla, a stringerla a se' ma lei non si mosse.
Aveva gli occhi aperti, stanchi ma pieni di una malinconia profonda.
Non erano più annebbiati dal piacere.
Jace temette di non essere riuscito a soddisfarla ma non ebbe l'ardore di chiedere.
 
Presto il ventre di Iryn sarebbe cresciuto, non era un bene che si venisse a sapere che era incinta di due eredi Stark.
La gente non doveva crederlo, non ancora.
Nel vederla l'avrebbero derisa e additata ma era il prezzo da pagare per tenere i suoi bambini al sicuro.
Jace le sarebbe stato accanto credendo i gemelli figli suoi, come lo avrebbero creduto i loro nemici.
I figli di un contadino, dei bastardi nati fuori dal matrimonio, non incutevano terrore.
Iryn aveva dovuto sedurre Jace per i suoi scopi e adesso si sentiva impura, sporca.
Non si era aspettata neppure questo.
«Perdonami»
Sussurrò, e non seppe se quelle scuse appena pronunciate fossero dedicare al padre dei suoi figli o all'uomo che la stringeva per coprirla dal freddo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: ECCOMI! Vi ho fatto aspettare, lo so! Mi dispiace ma sono sommersa dalle interrogazioni e non ho potuto fare altrimenti! Purtroppo anche per il prossimo capitolo dovrete aspettare più del dovuto ma abbiate pazienza. Dopo la prima settimana di giugno tornerò a postare con la solita velocità.
Comunque, cosa avete pensato di questo capitolo? La storia di Flangan vi ha convinto? E quello che è successo fra Jace e Iryn ve lo aspettavate?
Baci,
-Nimph


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