Once Upon a Saturday

di saffyj
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia non è mia, ma la traduzione di una Fanfiction che ho adorato!
E' il sequel della FF "Fridays at Noon" una storia d'amore che mi ha fatto sognare, piangere, ridere...
regalandomi notti insonni!
Ed il sequel:"Once Upon a Saturday"
 non è da meno!
Spero che ve ne innamoriate quanto me ne sono innamorata io!!!
La vera autrice è la grande "troublefollows" 
ed il link per leggerlo in originale è: https://twifanfictionrecs.com/2012/02/20/fridays-at-noon-by-troublefollows1017/
 
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CAPITOLO 1

“Papi? Papi, svegliati.”
Percepivo la sua voce. Un sospiro lieve e melodioso che per qualche ragione mi risvegliò da quel sonno profondo. Sentivo il suo respiro sul viso mentre mi dava qualche colpetto sulla spalla con la sua piccola manina. Ciò nonostante, aprire gli occhi a quell’ora della notte non era proponibile.
“Cosa c’è, Pennylove?” le sussurrai. 
“Posso dormire con te? Ho fatto un brutto sogno.”
 Aprii gli occhi stanchi quel tanto che bastava a intravedere il suo piccolo corpicino, afferrarla e sollevarla fino al posto vuoto accanto al mio.
“Non c’è bisogno di svegliare, papà. Sali su e basta.” le ricordai, ma mi svegliava ogni volta. Non importava quante volte le dicessi di salire e basta. Una cosa che ho imparato su mia figlia fin da subito: è che non obbediva sempre. Proprio come sua madre.
La mia dolce bambina mi si rannicchiò addosso. La testa poggiava sul mio cuscino, nonostante potesse averne uno tutto per sé accanto a me. I suoi piedini mi premevano sulle gambe. Era una coccolona, come suo padre. Ogni volta che dormiva qui, doveva toccarmi con almeno una parte del corpo, solitamente diverse parti. Quante volte sono stato svegliato da una sua mano sulla faccia o con un ginocchio sulla schiena... Troppe volte per contarle.
“Odio i brutti sogni,” disse con un sospiro.
“Me lo vuoi raccontare?” Chiesi, allungando un braccio su di lei e accarezzandola con il pollice sulla schiena avanti e indietro.
“C’era un ladro, è entrato in casa e ha rubato Cupcake.”
“E poi cos’è successo?”
“E’ tutto! Ha rubato Cupcake, piangevo e poi mi sono svegliata.”
“Oh, non è così brutto.” Per quel che mi riguardava, chiunque sarebbe potuto entrare e rapire Cupcake. Il suo nome era totalmente fuorviante. Cerbera sarebbe stata una scelta più appropriata. Era il mio castigo divino per aver viziato troppo mia figlia.
“Era terribile! Cupcake sarebbe così spaventata senza di me.” La sua empatia e bontà mi colpivano ogni volta. Non piangeva per se stessa, ma perché il cane sarebbe stato triste e solo. Era esattamente come sua madre. Metteva sempre gli altri prima di se stessa.  
Le baciai la fronte.
“Parlerò con Tyler domattina. Farà in modo che la sicurezza sia ferrea. Non vorremmo che accadesse qualcosa a Cupcake.”
 “E’ bello avere Tyler con noi” disse sbadigliando. Ondeggiava e si accoccolava più vicina.
 “E’ bello,” replicai, stringendola forte a me.
La mia piccola credeva che Tyler potesse fare qualunque cosa. Lo ascoltava più di quanto ascoltasse me. Si fidava di lui e credeva che potesse proteggerla da tutti e da tutto. Ancora un'altra somiglianza con sua madre.
Non riuscivo a riaddormentarmi. I pensieri mi trasportarono nel passato, in un tempo in cui proteggere Isabella non significava proteggere la mia adorata bambina profondamente addormentata accanto a me. I ricordi volsero verso un incubo a occhi aperti. Uno che avevo vissuto. Uno che mi aveva fatto sentire il peggior padre del mondo.
Ricordavo la notte in cui chiamai Tyler nella speranza che mi aiutasse a proteggere Isabella da se stessa.
 
***
 
Signore, va tutto bene?”
Ho bisogno che tu venga qua, subito.”
Posso chiedere se la signora Masen sta bene?”
No, non sta bene, c'è bisogno che tu venga qua e che la faccia ragionare, cazzo! "
“Con chi stai parlando?” Isabella entrò nel mio ufficio. Era arrabbiata, ma lei non conosceva la rabbia. Io conoscevo la rabbia. Ero arrabbiato con il mondo, ancora una volta.
Se non dai retta a me, forse darai retta a Tyler.”
“E’ appena rientrato dalla sua luna di miele. Digli che ti dispiace per averlo disturbato e metti giù il telefono e” ordinò, venendomi addosso con una ferocità che quasi mi fece fare ciò che chiedeva.
Penso dovrebbe sapere che hai in programma di suicidarti! Penso dovrebbe sapere che non ascolti ragioni! Penso che dovrebbe parlare con te perché a lui dai ascolto.” ... Non a me. Mai a me.
 Che problema c’è con Bella?” La preoccupazione di Tyler arrivò alle stelle dopo aver ascoltato le mie farneticazioni.
Isabella stava scuotendo la testa mentre le lacrime le sgorgavano giù dal suo viso bellissimo.
Il bambino la ucciderà se tenterà di andare avanti fino al termine. Dille che deve terminare la gravidanza ora, Tyler. Diglielo!”
Allungai il telefono verso mia moglie, il mio petto gonfio di singhiozzi che minacciavano di esplodere.
Invece di prendere il telefono, mi afferrò il viso e mi fissò negli occhi pieni di lacrime. Mi baciò sulle labbra e promise “Non morirò, Edward.”

***
 
Baciai mia figlia sul capo e tentai di allontanare il ricordo dalla mente. Se avessi un nichelino per ogni promessa che qualcuno mi aveva fatto…

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
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Capitolo 2

 
 Gettai un po’ di cibo per cani nella ciotolina rosa di ceramica. Aveva il nome Cupcake scritto orgogliosamente sopra in uno stampatello eccellente per una bambina di quattro anni. Mia zia l’aveva portata in una di questi negozi di ceramiche fai­da­te e le aveva fatto trascorrere un’intera giornata a dipingere oggetti per tutta la famiglia, Cupcake inclusa. Da quel giorno passato con nonna Esme, un’adorabile e sfavillante statua della libertà viola, verde e blu svettava sulla mia scrivania in ufficio.
Il funghetto bianco e tondo ai miei piedi stava scuotendo la coda in attesa di mangiare. “Cerca di non fare casino, bastardina” borbottai, allontanandomi e lasciandola alla sua colazione.
Charlotte scuoteva la testa mentre rientravo in cucina. “Avere un cucciolo le insegnerà ad essere responsabile. Dovrà dargli da mangiare ogni mattina e pomeriggio. Dovrà portarla a passeggio e giocarci. Senza dimenticare di pulirla subito dopo. Te lo prometto, Char, non dovrai pulire ciò che ha sporcato.” Mi faceva il verso, usando contro di me le mie stesse parole.
La sparai grossa quando comprai il cane. A livello razionale credevo potesse essere un'esperienza educativa importante per Pennylove. Ovviamente tutto ciò durò un paio di giorni. Poi per lei risultò un compito troppo arduo. Mi pregava di farlo al posto suo e io cedevo su tutta la linea ogni volta. Ancora mi rompono le palle per ‘sta storia.”
Mi grattai la base del collo trascinandomi al tavolo. “Potresti non cominciare stamattina? Ho avuto un visitatore nel bel mezzo della notte, che mi ha tenuto sveglio con il suo russare rumoroso.”
La piccola meraviglia dai capelli color rame aggiustò la bambola che era appoggiata sul suo grembo mentre cercava di fare colazione. Alzò lo sguardo verso di me con quei grandi occhi marroni da cerbiatta e arricciò le labbra a forma di cuore.
“Io non russo, Papi.” Il suo tono indignato mi fece pensare immediatamente alla madre a cui tanto intimamente somigliava. “Lala, digli che non russo.”
Penny, quando stava iniziando a parlare, aveva avuto grosse difficoltà a pronunciare il nome di Charlotte. Riusciva a dirlo ora, ma continuava a chiamarla Lala. A volte, mi trattenevo dal chiamarla Lala anch’io.
“Un angelo come Faith non potrebbe russare assolutamente” disse Charlotte in sua difesa, poggiando una pila di pancake di fronte a me.
Faith Elizabeth Masen. Io e Isabella avevamo scelto il suo nome prima che nascesse perché sapevamo che il bambino sarebbe stata una femmina. Avevamo visto le radiografie. C’erano state così tante ecografie, specialmente verso la fine. Così tante visite mediche prima che nascesse. Penny era il soprannome che le avevo dato per via dei capelli ma anche per l’ovvio simbolismo. Infilai un boccone di pancake in bocca, sperando che potesse aiutarmi a scacciare il nodo in gola.
“Vedi, io non russo. Lo dice Lala, perciò è vero!”
Si rimise a mangiare i pancake che stavano annegando in troppo sciroppo. Il suo pigiama sarebbe finito in lavanderia immediatamente dopo aver finito di mangiare. La mia Penny si era guadagnata anche un bel bagno stamattina.
“Lala ha sempre ragione, huh?”
“Sempre,” rispose Penny con un cenno del capo.
Charlotte mi fece l’occhiolino e mi sorrise mentre iniziava a lavare i piatti. Charlotte aveva ragione riguardo a molte cose, aveva un istinto eccezionale. Ricordavo chiaramente un’altra mattina trascorsa nella cucina con Lala­so­tutto­io.
 
***
 
“Credo sia incinta.”
“Cosa? No,” La sbeffeggiai.
“Ha vomitato tutte le mattine questa settimana. Ho seri dubbi che si tratti d’influenza.”
Scossi la testa, incapace di dare un senso a ciò che diceva a quell’ora del mattino. Avevo dato per scontato che mia moglie avesse l’influenza negli ultimi cinque giorni e mi ero spostato nella stanza in fondo al corridoio perché non mi sarei fatto contagiare anche questa volta.
Dormire da solo non mi faceva riposare bene… odiavo dormire da solo. Isabella aveva smesso di prendere la pillola da poco meno di un mese e mezzo e avevamo fatto parecchio sesso, per cui era possibile. Sapevo che sarei stato bravo in questa campagna dedicata al facciamo­un­bambino!
"Credi?”
Charlotte annuì entusiasta. “Lo credo. Lo credo davvero.”
Isabella entrò in cucina, con i capelli in una coda disordinata. Le avevo detto di non andare a lavoro perché doveva andare dal dottore per un controllo.
“Forse non avrei dovuto mangiare le uova. Magari solo qualche toast” disse a Charlotte mentre si sedeva dall’altro capo del tavolo rispetto a me. La osservai più attentamente. Sembrava stanca. Il colorito della pelle era buono però. Non era così pallida. Sembrava… raggiante. “Che c’è?”
I miei occhi incontrarono i suoi. Occhi che mi facevano venire voglia di dimenticarmi di andare a lavoro. “Forse dovresti farti fare un test di gravidanza dal dottore.”
“Cosa?” Gli occhi le si allargarono per la sorpresa al mio suggerimento.
“Char pensa che tu possa essere incinta. Potresti essere incinta?”
Isabella posò i gomiti sul tavolo e poggiò la testa sulla mano. “Io non… non potrei essere… l’ultimo ciclo è stato… oh mio Dio… Pensi che?” Guardò verso Charlotte, che stava annuendo appassionatamente.
“Questo spiegherebbe le nausee mattutine. In più ti sei sentita molto stanca” disse Charlotte.
Isabella sedeva di fronte a me, ripensando a tutto. Riuscivo a vedere le rotelle che le giravano nella testa. Può darsi stesse contando i giorni dall’ultimo ciclo. Mi fissò a sua volta.
“A cosa stai pensando?” mi chiese mordendosi il labbro.
“Penso che dovresti farti fare un test dal dottore.”
“Siamo pronti per questo? Non pensavo potesse accadere così in fretta. Pensavo ci sarebbe voluto qualche mese per provare. Non sono sicura di essere pronta. E se non fossi pronta?”
Sorrisi alla sua apprensione. Sarebbe stata la mamma migliore mai esistita. “Siamo pronti. Sei pronta. Se vuoi quattro o cinque di questi cosi, dobbiamo pur cominciare.”
Mi alzai e mi spostai fin dov’era. Se non era l’influenza ma era incinta, significava che potevo tornare in camera. Significava che potevo ricominciare a baciarla, odiavo non poterla baciare. La feci alzare dalla sedia, la abbracciai e la baciai sul capo.
“Andrà tutto per il meglio. Non preoccupiamoci finché non ci sarà bisogno di preoccuparsi.” Le dissi.
Charlotte grugnì una risata. La mia testa scattò verso di lei. Si mise una mano sopra la bocca in gesto di scuse mentre Isabella stava ridacchiando tra le mie braccia.
“E’ pauroso quando diventi più razionale di me” disse aggrappandosi fermamente a me.
Non accadeva spesso, ma accadeva. Potevo essere razionale quando volevo esserlo.
“Lo vedi che effetto mi fa amarti? Mi rende ragionevole e accomodante.” Sollevò il viso su di me. C’era un briciolo di paura ingiustificata. Non c’era niente di cui preoccuparsi, sapevo che saremmo stati i migliori genitori mai visti. Insieme avremmo creato la più grande, la più adorabile famiglia che il mondo avesse mai conosciuto.
“Sei eccitato per l’intera faccenda, non è vero?”
“Magari un pochino.” Sorrisi sghembo. Le liscia le linee di preoccupazione che la segnavano tra gli occhi.
Volevo dei bambini con Isabella. Li volevo già da prima che ci sposassimo. Volevo provare a me stesso che potevo essere diverso da mio padre. Volevo fare dei bambini con lei così che il nostro amore potesse sopravvivere oltre noi nella forma di una persona viva e vegeta. Qualcuno che potesse andare avanti e generare nipoti e pronipoti e via discorrendo. Il nostro amore meritava di estendersi verso l’infinito.
“Ti amo.”
“Io ti amo infinitamente di più.” Era la mia nuova risposta. La mandavo ai matti perché non c’era davvero niente che potesse superarla. L’amore di Edward Masen non poteva essere superato.
 
“Potrebbe essere una terribile malattia dello stomaco.”
Ridacchiai con il naso. “Non lascerò che ti accada niente, Isabella. Ho l’abilità di assumere i migliori dottori del mondo se dovesse essere una malattia mortale. E’ un bambino però, lo so. L’ha detto Charlotte, per cui dev’essere vero.”
Mi baciò delicatamente e mi sorrise. “Non sarà rischioso per la vita, ma certamente ce la cambierà.”
 
***
 
“Qualcuno farà uscire Cupcake prima che combini di nuovo un disastro in casa?” chiese Charlotte.
“Per favooooore, Papi?” La mia Penny mi guardava con quel viso d’angelo.
“Lo farò, questa volta, ma la porterai fuori tu la prossima. D’accordo?”
“D’accordo,” accettò, sapendo che avrebbe dovuto solamente sbattere le ciglia e pregarmi con quella vocina dolce e avrei portato fuori Cupcake finché quella dannata cosa fosse morta… o finché non fosse andata a vivere in “fattoria”.
“E’ un vero padroncino responsabile, signor Masen,” mi derideva Charlotte.
La guardai con un sogghigno mentre tiravo su la peste canina per portarla fuori.
 
La posai giù nel patio e le feci segno di correre via verso l’erba e fare i suoi bisogni.
Annusò in giro e pisciò su una delle sedie del patio.
“Cupcake! Dannato cane, vai sull’erba!” Invece di andare sull’erba, iniziò ad abbaiarmi. Era una cosina che guaiva. “Piscia Sull’Erba!” La inseguii per il giardino. Era davvero stupida. Era fortunata che Penny la amasse così tanto. Io l’avrei portata al canile in un batter d’occhio.
Mi strofinai gli occhi. Avevo un giorno pieno davanti a me. Penny aveva lezione di danza, Emmett stava per arrivare, e dovevo far fruttare un’ora buona per del lavoro da finire. I sabati erano sempre impegnati. Questo non faceva eccezione.
Fischiai al cane. “Cupcake, vieni! Andiamo, stupida cucciola!” Come se sapesse che avevo delle cazzo di cose da fare, il cane fece qualunque cosa tranne che venire da me. Non avrei rincorso quella dannata peste canina. Ero scalzo e in pigiama. Sarei andato all’inferno piuttosto che correre dietro a quella bestia batuffolosa nel cortile sul retro. Mi sedetti nel tratto di muro di pietra che circondava il patio alla fine ero il capo e potevo permettermi di aspettarla un paio di minuti in più.
Chiusi gli occhi e alzai la testa verso il cielo mattutino. Era da un po’ che non mi ritagliavo del tempo per meditare. Feci un respiro profondo e lasciai vagare la mente al tempo in cui i sabati venivano trascorsi a letto con mia moglie.
 
***
 
"Nicholas Charles Masen" dissi, baciandole la pancia ancora piatta e liscia. Era alla dodicesima settimana, era ancora presto per notarlo, ma non potevamo aspettare oltre per dirlo alla famiglia.  
Charlotte lo sapeva. Tyler lo sapeva. In qualche modo avevamo mantenuto il segreto a tutti gli altri. Erano state sei settimane strazianti. Isabella l’aveva quasi detto a Jasper diverse volte ed io mi domandavo se Esme avesse intuito qualcosa.
“Penso sia un femmina.”
“Maschio. Sarà un maschio.”
“Immagino che tra otto settimane, lo sapremo per certo. Sempre che tu voglia scoprirlo quando mi faranno l’ecografia.” Le dita di Isabella mi artigliavano i capelli mentre io le disegnavo cerchi invisibili intorno all’ombelico.
“Io voglio saperlo. Tu vuoi saperlo?”
Mi sorrise. “Credo. Non penso di poter aspettare altre ventotto settimane. Sembrano così lontane. Mi piacerebbe anche decorare la cameretta prima che sia nata.”
“Sono certo che lui la adorerà se decorerai tutta la stanza in blu e magari con degli aeroplani. I maschi adorano gli aeroplani.”
Isabella scosse la testa e lasciò che la baciassi su per il corpo finché non arrivai al suo seno. La sua pancia non era affatto più grande, ma le sue tette… le tette erano fantastiche.
“A quanto pare ai maschi piacciono anche le tette.”
“Esatto. Certamente ci piacciono anche le tette.” Mi strofinai tra loro e lasciai che la lingua giocasse con uno dei suoi capezzoli. Si lasciò sfuggire un lieve e ansimante gemito di approvazione.
“Dovrai condividerle quando sarà nato il bambino, lo sai, vero?”
Non volevo pensarci, per ora. Solo il pensiero di non avere il suo corpo tutto per me mi distraeva da ciò che volevo ottenere in quel letto in quel momento. Sapevo che avrei dovuto condividerla in molti modi ed ero d’accordo con tutto questo. Non sarei stato mio padre e già sapevo di essere diverso. Io amavo questo bambino, lo amavo ancor prima che fossi certo esistesse.
Mi arrampicai sopra di lei e la esortai ad allargare le gambe. Scivolai in lei, abbandonandomi alla sensazione del suo corpo adattarsi al mio dentro di lei.
“Ti amo,” mi sussurrò, trascinando un dito sulla mia guancia mentre le stavo sopra.
“Io vi amo… entrambi.”
Un sorriso più grande le attraversò il viso. “Beh, noi ti amiamo infinitamente di più.”
 
Piegai la testa e risi nella curva del collo. “Non rubarmi le battute.” Le baciai il collo e iniziai a muovere i fianchi. Isabella mi graffiava giù per la schiena. Le sue mani si posarono sul mio sedere, spingendomi più a fondo. Nessuno amava qualcuno più di quanto amassi Isabella. Era impossibile.
 
***
 
"Arr, arr, arr!" Cupcake stava abbaiando ai miei piedi. Non avevo ancora realizzato che era tornata. Non avevo realizzato neanche che aveva trovato una pozzanghera. Era disgustosamente sporca. Le sue zampe, la pancia e la faccia erano sudice.
“Mi stai prendendo per il culo, cane?”
Non volevo toccarla. Non volevo occuparmi di lei, ma Charlotte avrebbe mollato se le avessi chiesto di occuparsi di questa dannata cosa.
“Buongiorno, signore,” una voce arrivava dal prato tagliato.
Tyler. Lui non avrebbe mai mollato. Lui e Terry ora vivevano nella casa degli ospiti. Isabella l’aveva obbligato ad accettarlo come regalo di nozze, spiegando che un uomo sposato doveva avere una casa propria anche se era a capo della sicurezza di uno degli uomini più ricchi d’America.
Tyler mi raggiunse sul patio. Guardò giù verso la bastarda fangosa ma non disse niente.
“Buongiorno,” dissi con fin troppo ilarità. Tentai di nascondere il mio ghigno malvagio. “Devo fare un bagno a Faith prima di portarla a danza. Pulisci il cane o trova qualcun’altro che lo faccia mentre mi occupo di Penny.” Gli diedi una pacca sulla spalla mentre gli passai accanto per rientrare in casa. Giuro di averlo sentito imprecarmi addosso con un filo di voce.
 
 
 ***

“Chiudi gli occhi, cucciola.” Versai un po’ d’acqua sopra i suoi capelli ramati, per togliere lo shampoo. Dovevo farlo almeno un paio di volte prima che venisse completamente via e quando finii le allungai un asciugamano per asciugarsi gli occhi.
Non appena riuscì a vedere di nuovo, tornò a giocare con il piccolo animale oceanico di plastica che doveva sempre avere nella vasca insieme a lei.
“Qual è più lontana, l’Africa o la luna?”
“La luna è più distante dell’Africa.”
“Cosa c’è più lontano della luna?”
“Beh, vediamo. Il sole è più distante da noi della luna. Così come lo sono gli altri pianeti.”
Fece nuotare la piccola balena di plastica da un lato all’altro con un piccolo squalo di fronte al lei.
“Qual è la cosa più più lontana di tutte?”
“La più distante” la corressi.
“Si, la più distante. Qual’ è la più distante?”
Mi lasciai scappare un sospiro, era una domanda impossibile. Non avevamo idea di cosa ci fosse nelle altre galassie, lo spazio poteva essere infinito e le bambine di quattro anni non capivano l’infinito.
 “Non lo so, cucciola.”
 “E’ il paradiso il più distante?”
Mi chiesi per un momento dove voleva arrivare con quella domanda. Le strofinai gentilmente la schiena con una spugna insaponata. “Il paradiso probabilmente è molto distante.”
“Più distante del sole?”
Annuii. “Più distante del sole.”
“Allora ti voglio bene fino al paradiso e ritorno e di nuovo in paradiso e ritorno e poi al sole e poi alla luna e poi in Africa e poi ancora in paradiso e poi a casa della nonna in Florida e poi in Cina e indietro. Due volte.”
Le avevo letto ‘Immagina Quanto Ti Amo’ troppo volte. Solitamente avevamo queste competizioni d’amore prima di andare a letto.
"E’ davvero molto."
“E’ il massimo” rispose soddisfatta per aver pensato ad una distanza imbattibile. Strabuzzai gli occhi, feci il broncio e annuii. Poi con un scrollata di spalle, aggiunsi:
“Ovviamente, il mio amore si allunga per tutto il tuo, moltiplicato quattro volte, per cui immagino sia io ad amarti di più. Mi spiace.”
“Volevo dire dieci volte” argomentò.
“Non volevi.”
“Volevo.”
“Mi vuoi bene per tutta quella strada moltiplicato dieci volte?” Annuì afferrando la stella marina e facendole baciare lo squalo.
“E’ davvero tanto” riconobbi mentre il cuore mi si gonfiava nel petto. Mi voleva bene, mi adorava e il suo amore non conosceva confine. Era proprio come Isabella. Mi amava anche quando ero orribile. Era il suo amore che mi rendeva un uomo migliore, qualcuno degno di amore. “Beh, io volevo dire che il mio amore continuerà per sempre, senza fine, oltre l’infinito.”
Ridacchiò e mi guardò con gli occhi di sua madre. “Parli come Buzz.”
“Buzz?”
"Oltre l’infinito e oltre!"
“Oh, Buzz Lightyear.” Avevamo visto tutti e tre i film di Toy Story più volte di quante potessi contarne. “Si, ti voglio bene oltre l’infinito e oltre."
La mia Penny ci pensò su per un minuto. Allineò le sue creature marine lungo il bordo della vasca e poi le fece cadere nell’acqua uno alla volta.
“Beh, io ti voglio bene oltre l’infinito e oltre infinite volte. Ho vinto.”
La sua abilità di amare era per lo più degli Swan. La competitività? Tutta dei Masen. Mi veniva da ridere. Le toccai il nasino perfetto con il dito. “Questa volta hai vinto, Pennylove. Questa volta.”
 
La lasciai giocare qualche altro minuto e mi sedetti sulle fredde mattonelle del pavimento. Poggiai la testa sulla mano e il gomito sul bordo della vasca. Sorrisi a mia figlia quando lei mi sorrise. Feci finta di arrabbiarmi quando mi schizzò con l’acqua, il che la convinse a farlo nuovamente. Dissi allo squalo di plastica di essere gentile quando provò a mangiare il pesce angelo. E mentre giocavo con lei, provai ancora una volta a perdonarmi per le cose che avevo detto e fatto prima che nascesse.
 
 
***
 
 
“Possiamo adottare, Isabella. Ci sono milioni di bambini là fuori senza una famiglia. Non c’è assolutamente alcuna ragione di portare avanti questa gravidanza!”
Isabella sedeva sul divano, Tyler da un lato, Rosalie nell’altro. Erano entrambi le sue fottute guardie del corpo. La stavano proteggendo da me. Da me! Tyler non era stato d’aiuto. Aveva preso immediatamente le parti di Isabella. Emmett stava almeno cercando di rimanere neutrale. Rosalie con quell’atteggiamento da le­donne­hanno­i­propri­diritti era fortunata ad essere ancora in casa, anche se non capivo perché avesse una parte in questa discussione.
 “Io la amo, Edward! La amo. Non è una ragione sufficiente?” Si asciugò le lacrime che non smettevano di scivolarle dagli occhi da quando avevamo ricevuto la notizia. “Per te non è lo stesso? Non le vuoi già bene?”
Mi tirai i capelli con entrambe le mani. Davvero non capiva? Crollai sulle ginocchia di fronte a lei. “Amo te di più.”
Quella era la pura e semplice verità. Erano trascorse sedici settimane dall’inizio della gravidanza, ma se il bambino avesse ucciso Isabella, non volevo averci niente a che fare. Volevo che sparisse. Non volevo che esistesse. Era una minaccia. Aveva il potenziale per diventare un assassino. Non avrei lasciato che accadesse.
Isabella non voleva cedere. Si sporse in avanti e mi raccolse il viso tra le mani. “So che mi ami. Non mi succederà niente. E’ rischioso, ma le probabilità sono a mio favore.”
Scossi la testa e mi rialzai. Non volevo affidarmi alle probabilità. Il dolore nel petto mi stava sopraffacendo. Strusciai il punto con il palmo della mano. Forse c’era qualcosa che non andava anche in me.
“Non sappiamo cosa accadrà. Non possiamo esserne certi. A me piace il certo. Io voglio il certo.”
“E’ il suo corpo, una sua scelta. Tu non hai alcun diritto su questo, Edward” Mi ricordò Rosalie per la cinquecentesima volta.
Mi avrebbe fatto licenziare Emmett. Stavo considerando veramente di licenziarlo per impedirle di mettersi in mezzo alla discussione. Questa doveva essere una questione tra me e mia moglie. Avevo chiamato Tyler perché pensavo che l’avrebbe fatta ragionare. Emmett non aveva lasciato il mio fianco da quando eravamo tornati dall’ospedale. Ma Tyler e Emmett erano i nostri confidenti più stretti. Rosalie non lo era e mi stava facendo perdere la pazienza.
“Rose, tesoro, per favore.” intervenne finalmente Emmett.
“Cosa? Stai dicendo che lo giustifichi dal forzarla ad avere un aborto?”
“Nessun dottore praticherebbe un aborto se obbietto. Non può forzarmi” si intromise Bella.
“Scommetto di poter trovare qualcuno disposto a fare ciò per cui lo pagherei” sbottai. Trovare un dottore non era il problema. Avrei pagato qualunque cifra per tenere mia moglie al sicuro.
La faccia di Isabella perse ogni colore. Avvolse le braccia intorno al grembo con fare protettivo. Mi fissava con lo sguardo terrorizzato.
“Signore” disse Tyler con un po’ troppo vigore. Era seduto sul bordo della sedia mentre si stava preparando a placcarmi se avessi provato a portare Isabella da un dottore disposto ad esaudire la mia richiesta. “Penso abbia bisogno di schiarirsi le idee. Forse dovrebbe andare con Emmett; è chiaro che voi due non troverete un accordo stanotte. Forse potremo parlare nuovamente domattina, dopo che avrà avuto un po’ di tempo per pensarci.”
 
Non era un suggerimento, anche se lo aveva posto come tale, dal suo sguardo intuivo che se non fossi andato via con Emmett, Tyler mi avrebbe fatto andare via lui stesso. Non importava che fossi il suo capo. Questa era una di quelle volte in cui si sarebbe sacrificato per lei. Era disposto a dare la sua vita, ma non era disposto a impedirle di suicidarsi. Per me non aveva alcun senso. Come poteva qualcuno giurare di difenderla ma lasciarle fare qualcosa che poteva farle smettere di battere il cuore?
“E’ una buona idea, E. Perché non stiamo da me stanotte?”
“E’ ciò che vuoi Isabella? Vuoi che lasci la mia stessa casa?” Riuscivo a sentire il cuore sbattermi sul petto così violentemente da farmi male.
Il suo viso bellissimo era nascosto nelle mani. Scosse la testa ma rimase nascosta. A Tyler non importava ciò che Isabella aveva da dire a riguardo. “Se non se ne va, porterò la signora Masen via con me. Ha bisogno di riposare. Questo stress non può essere una cosa buona per lei o per il suo cuore.”
Il suo cuore.
Il suo cuore era guasto. Letteralmente guasto. Difettoso. Forse quello era il motivo per cui le aveva permesso di innamorarsi di me.
“D’accordo me ne andrò, ma non cambierò idea. Odierò questo bambino, Isabella.” Infuriato le puntai il dito contro. “Se dovesse accaderti qualcosa, lo odierò più di quanto mio padre odiasse me.” Mi precipitai verso la porta. “Infinitamente di più!” Le urlai oltre le spalle.
 
***
 
“Oggi posso mettere il mio vestito viola da ballo, papi?”
Premetti le dita sugli occhi, cercando di allontanare quegli orribili ricordi. Come desideravo che Isabella fosse qui a dirmi che andava tutto bene. Desideravo potesse allontanare il rimorso e la vergogna che oggi sembravano consumarmi.
“Puoi indossare ciò che vuoi.” Il senso di colpa era una cosa divertente. Ti faceva comprare un cane che non volevi e cinque American Girl Dolls con cui una bambina non poteva oggettivamente giocare da sola. Ti faceva viziare e riversare affetto su qualcuno. Mi rendeva impossibile dire di no ad ogni capriccio e desiderio. Avrei provato per sempre di riscattarmi da qualcosa di cui, si spera, mia figlia non sarebbe mai venuta a conoscenza.
“Tutto ciò che vuoi, Pennylove.”
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
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CAPITOLO 3

 
 
“Wow, sembri davvero la ballerina più bella del mondo!” Alice prese in braccio Penny e la fece girare intorno.
“Lo sai che non dovresti sollevarla nella tua… condizione.”
“Sono incinta, non disabile” disse, sollevando gli occhi al cielo.
“Che ci fai qui?”
“Non hai tante cose di cui occuparti oggi? Porterò Faith alla lezione di danza al posto tuo.” Mi guardava come se fossi tonto.
Scossi la testa. “Non devi farlo per forza, Al­“
“Questo è ciò che fanno le famiglie, Edward. Ci aiutiamo l’uno con l’altro. Non devi fare tutto da solo.” Era la stessa cosa che Esme mi aveva detto ieri sera quando lei e Carlisle erano passati per portare Penny a prendere del gelato.
“Dai forza, mi piacciono moltissimo le lezioni di danza” mentii. “I weekend sono i miei unici veri momenti con lei, lo sai.” Quella era la verità. “E poi tu non hai un figlio tuo di cui occuparti?”
“Jackson sta trascorrendo la giornata con i suoi nonni. Portare Faith a danza mi aiuterà a prepararmi per questa piccolina.” Si diede un colpetto sul pancione. Alice finiva il tempo tra un paio di mesi. Sapevano che sarebbe stata una femmina.
Penny si aggrappò alla gamba di Alice. “Voglio che Zia Alice mi veda ballare.”
“Ho delle cose di lavoro di cui occuparmi che avrei incastrato mentre faceva il suo pisolino.”
“Beh, ora puoi fargli posto mentre è a danza” mi disse Alice prima di dare un buffetto sulla testa di mia figlia. “Saluta Papà, Faith.”
“Ciao!” Lasciò andare Alice e corse da me con le braccia sollevate così che potessi prenderla in braccio. “Ti voglio bene, Papà.”
La abbracciai stretta e le baciai la guancia prima di rimetterla giù. “Io ti voglio più bene. Fai la brava con Zia Alice.”
Fece scivolare la manina in quella della zia e si diressero alla porta. Penny si girò per guardarmi da lontano e mi salutò con un cenno. Io agitai le dita per lei. Stava diventando così grande… Non era più una bimba. Non ero pronto per quello. Ovviamente, quando si trattava di Faith, non ero mai pronto per nulla. Crescere un bambino certamente non era qualcosa che t’insegnavano al MIT.
Tornai nel mio ufficio strofinandomi gli occhi stanchi.
“Ha bisogno che rimanga nei dintorni?” mi chiese Tyler in piedi fuori dalla porta.
“Non c’è bisogno che ti fermi a meno che tu non voglia” risposi passandogli accanto per entrare in ufficio.
“Emmett sarà qui tra poco, giusto?”
Mentre mi sedevo gli occhi non poterono fare a meno di cadermi sulla foto di Isabella racchiusa in una cornice sulla mia scrivania. Era una sua foto il giorno del nostro matrimonio. La donna che aveva celebrato il nostro matrimonio aveva scattato alcune foto e questa era la mia preferita. Isabella stringeva premuto sul petto un piccolo bouquet di fiori tra le mani. Mostrava quel sorriso che diceva, ‘Non posso credere che mi hai fatto sposare senza indossare le mutande.’ Le era piaciuto, chi voleva prendere in giro?
“Em dovrebbe essere qui per pranzo. Vai. Puoi tornare stasera.”
“Non vorrei intromettermi.”
Piegai la testa e gli rivolsi uno sguardo che trapelava il mio fastidio.
Mi sorrise e mi rivolse un cenno di assenso. “Allora tornerò stasera, signore.”
“Bene.”
C’era ancora della formalità tra noi. Lui non aveva mai superato quel limite con me. Era un amico di Isabella e un mio dipendente. Anche dopo tutto ciò che era accaduto, mantenevamo ancora un rapporto emotivo cauto. Era più facile in quel modo.
Scossi la testa e mi misi al lavoro. La Masen Corporation era stata ingaggiata dal Governo statunitense per creare un cavallo di Troia (*virus informatico) che gli permettesse di infiltrarsi nei computer di gruppi terroristici conosciuti. Al momento era il progetto aziendale più grande e stimolante mai avuto. Ero coinvolto personalmente a tutti i livelli. Occupava una parte enorme del mio tempo, di conseguenza mi ritrovavo a trascorrere in ufficio molte più ore di quanto volessi. Però credevo di poter creare un programma che sarebbe stato totalmente irrintracciabile. Ero vicino. Molto vicino.
 
Inviai un paio di mail e parlai a Peter di alcune delle idee che avevo avuto riguardo il nostro ultimo tentativo. I miei occhi tornarono alla foto di Isabella. Mi mancava. Mi mancava in un modo che sembrava inimmaginabile. Feci correre il dito lungo il suo viso coperto dal vetro. Volevo toccarla di nuovo, più di quanto volessi qualunque altra cosa.
“Non riesco a credere che tu oggi stia lavorando su questo” disse Peter dal microfono del telefono.
“Mia sorella ha portato Faith a danza. Mi ha dato più o meno un’ora per finire le cose.”
“Pensavo solo che oggi ti stessi barcamenando con troppe cose.”
“Peter, gestisco una compagnia multi­miliardaria. Le mie abilità di gestione sono forti.”
“Non stavo mettendo in dubbio le tue abilità di dirigere le cose.” Rise. “Solo pensavo che lavorare sarebbe stata l’ultima cosa che avevi in mente.”
“Posso sempre trovare tempo per incastrare un po’ di lavoro. Per questo la Masen
Corporation è ciò che è.”
Ridacchiò di nuovo. “Lo vedremo.”
“Datti da dare con quel codice. Ti chiamerò lunedì” dissi premendo il bottone per disconnettere la chiamata prima che potesse dire qualcos’altro. Non sapeva di cosa parlava.
Isabella s’infastidiva molto per la mia abilità di incastrare il lavoro quando ero a casa. Guardai di nuovo la sua foto.
 
 
***
 
“Avevi detto che stasera eri tutto mio. Questo non vuol dire essere tutto mio” mi sussurrò mentre tentavo di finire la mia telefonata.
Sollevai un dito cercando di comunicarle che avevo bisogno solo di uno o due minuti in più. “Ho sentito quello che hai detto, Tanya. Capisco che le cose sono più complicate di come vorrei. Questo non vuol dire che non possono essere fatte.”
“Edward, stai chiedendo qualcosa che non può essere fatto nel lasso di tempo che pretendi” rispose Tanya risentita.
“Penso che se ognuno farà il proprio lavoro può essere facilmente ottenuta nei tempi stabiliti.”
Isabella si sporse in avanti e si appoggiò sulla scrivania. “Penso che se non stacchi il telefono, la sola cosa che otterrai sarà che andrò a letto. Da sola.”
La guardai storto e premetti il tasto muto sul telefono mentre Tanya produceva una manciata di scuse per le quali il suo gruppo non sarebbe stato in grado di soddisfare le mie scadenze.
“Isabella, ho bisogno di due minuti. Puoi smetterla di fare la melodrammatica?”
“La melodrammatica? Vuoi vedere cosa fa una melodrammatica?” Si alzò e si diresse verso la porta.
“Fermati!” Urlai. Sorprendentemente, mi ascoltò ma non si girò. “Siediti e dammi due dannati minuti. Mi dispiace. Se non mi occupo di questa cosa, il progetto non sarà finito in tempo. Due minuti.”
Mia moglie si girò lentamente, gli occhi piantati nei miei. “Due minuti, Edward. E’ tutto.” Si sedette nuovamente, gambe e braccia incrociate in modo rabbioso. Era bellissima anche quando era arrabbiata. A volte mi piaceva farla arrabbiare per vederla così.
Schiacciai il bottone del tasto muto così che Tanya potesse ascoltarmi. Parlammo delle sue preoccupazioni e provai a cercare delle soluzioni. Passarono due minuti ed ero ancora al telefono.
 
Isabella iniziò a scimmiottarmi a bassa voce dall’altro lato della scrivania. “Oh Isabella. Voglio un bambino. Voglio un bambino più di ogni altra cosa. Per favore, per favore non fare le iniezioni. Proveremo per un paio di mesi e vedremo come andrà.”
Mi aveva accontentato e non aveva fatto le iniezioni contraccettive. Ora, secondo i libri e il calendario, i prossimi giorni erano i momenti migliori per rimanere incinta durante la sua ovulazione. Le avevo promesso la mia piena e totale attenzione. Sfortunatamente io non stavo soddisfando la mia parte dell’accordo. Mi stava incenerendo con gli occhi. Provai a mimare un ‘mi dispiace’ e che avevo bisogno di un altro minuto. Se non mi fossi sbrigato, sarebbe andata a letto e si sarebbe addormentata prontamente per ripicca.
“Posso mettere qualcun’altro a lavorarci se è ciò di cui hai bisogno, Tanya, ma pensavo che lo volessi fare tu.”
“E’ così. Lo voglio!” professò Tanya. “Sto facendo di tutto per provare a farlo funzionare, ho bisogno solo di un po’ più di tempo.”
“Non ho più tempo da concederti” replicai guardando mia moglie alzarsi di nuovo. “Siediti.” Indicai di nuovo la sedia che Isabella aveva lasciato libera.
“Scusami?” disse Tanya pensando che parlassi con lei.
Pensavo che Isabella stesse progettando di andarsene invece allungò le mani sotto la gonna e iniziò a tirarsi giù le mutandine dalle gambe. Questo davvero non me lo aspettavo.
“Non tu” dissi al telefono, incapace di staccare gli occhi di dosso dallo spettacolo che si prospettava di fronte a me.
Isabella si liberò delle sue mutandine di seta bianca e le lanciò sulla scrivania. Atterrarono sulla sua foto. Spinse indietro la sedia, lontana dalla scrivania e si sedette nuovamente. Da qui avevo una visuale perfetta di tutto il suo corpo. Accavallò le gambe e mi stuzzicò sollevando un sopracciglio. Sapevo cosa stava facendo, cosa stava per fare. Lentamente allargò le gambe come Sharon Stone in Basic Insinct. I miei occhi si allargarono mentre mi offrì una vista perfetta della più perfetta fica che avessi mai visto. Iniziò a sbottonarsi la camicetta ma si fermò proprio quando potevo vedere a malapena il coordinato di seta del suo reggiseno. Avevo la bocca spalancata, gli occhi spalancati e pregavo che continuasse.
“Edward? Edward?” La voce di Tanya invase il mio cervello molto occupato.
“Ti devo lasciare.”
Isabella sorrise e le sue dita iniziarono a slacciare il resto dei bottoni.
Chiusi il telefono in faccia ad una Tanya estremamente confusa. “Sei malefica. Lo sai vero?”
“Sei tu ad avermi fatto delle promesse. Se avessi un nichelino…” mi stuzzicò, aprendo la camicetta fino alla fine così che potessi vedere quei seni graziosi in quel reggiseno all’apparenza innocente. Mia moglie era tutt’altro che innocente. L’avevo trasformata chiaramente in una donna arrapante e sexy.
Mi alzai dalla poltrona e girai intorno alla scrivania, sedendomi sull’altro lato. Godevo nel guardarla. “Se la Masen Corporation andrà in bancarotta, non avremo modo di sostenere questo bambino che stiamo programmando di fare. Come conviverai con te stessa?”
Fece un sorrisetto e si tolse completamente la camicetta. “Qualcosa mi dice che la Masen Corp resterà in forma.”
Incrociai le braccia sul petto. Volevo toccarla, ma questo era un gioco e volevo giocare. Si allungò all’indietro e sganciò il reggiseno. Le bretelle iniziarono a caderle dalle spalle ma lo teneva contro il petto per non farmi vedere ciò che volevo vedere. Decisi di unirmi a lei e mi slacciai la cintura. La tirai via dai passanti e piegai la cinta di pelle nera a metà, colpendola con lentezza contro il palmo.
“Probabilmente dovrei sculacciarti se dovessi causare qualche danno alla mia compagnia, signora Masen.”
Alzò gli occhi al cielo e si alzò. Non era per niente spaventata da me.
“Avvicinati a me in qualunque modo con quella cintura e la tua preziosa piccola azienda sarà la sola cosa che ti scalderà la notte, signor Masen.”
Non potevamo permettercelo. Posai la cintura sulla scrivania e finii di togliermi i pantaloni. Si avvicinò a me come un predatore pronto all’attacco. Amavo la confidenza che trasudava nei miei confronti. Amavo che sapesse di avermi in pugno. Amavo che non dubitasse mai che avrei fatto qualunque cosa volesse. La amavo. La amavo completamente.
Si fermò di fronte a me mentre allentavo la cravatta. Fece cadere le braccia ai lati, che portarono il reggiseno giù con loro. Dovevo toccarla. Non ci fu alcuna resistenza. Toccai con il palmo della mano tutte e due i seni e mi piegai per baciarle le labbra. Nemmeno lei fece resistenza. Si mise al lavoro con la cravatta e la camicia, mentre io la toccavo senza vergogna.
“Provare a fare dei bambini sarà il mio passatempo preferito. Lo so” Dissi tra un bacio e l’altro. Mi liberò della camicia e la lasciò cadere sul pavimento. Smisi di palpeggiarla quel tanto che bastava per spostare alcune cose dalla scrivania, così che potessi poggiarla su di essa. Stare dentro di lei era il mio solo obiettivo. La spinsi ad allargare le gambe e mi misi al lavoro per creare il mio erede.
“Sto sperando che ci voglia qualche mese.” Mi sorrise mentre mi guardavo entrare e uscire da lei.
Feci correre una mano sulla sua pancia, immaginandola un giorno grande e tonda. Isabella era destinata a essere una madre magnifica. Lei mi avrebbe insegnato come essere un buon genitore. Avremmo imparato insieme. Avremmo superato i momenti difficili, festeggiato i piaceri e avremmo risolto tutto quello che sarebbe arrivato nel mezzo insieme, perché insieme potevamo fare qualunque cosa.
“Sono sempre stato una persona ambiziosa, Isabella. E’ molto probabile che tu sia incinta di due gemelli prima della fine della giornata.”
Ridacchiò e la sua risata mi rese felice. Fece anche contrarre le mie viscere, rendendo difficoltoso il tentativo numero uno di durare più di due minuti.
“Ti amo” mi confessò con gli occhi legati ai miei.
“Ti amo anch’io. Dannatamente tanto.” Era l’assoluta verità. Provavo così tanto amore per lei, era quasi un’entità separata. Era come una cosa vera e tangibile che potevo toccare, assaggiare e vedere. Venni dentro di lei e già sapevo. Sapevo che avevamo creato un bambino perché qualcosa doveva essere stato creato dal tipo di amore che Isabella ed io condividevamo.
Era troppo potente, troppo grande per essere negato.
 
 
***
 
 
“Chi ha lasciato la porta del bagno aperta?” urlò Charlotte da qualche punto della casa. Sospirai, sapendo che c’era una sola ragione per la quale stava facendo quella domanda: Cupcake aveva colpito ancora. Mi alzai e mi diressi alla porta scontrandomi con la peste canina in persona. La carta igienica penzolava dalla sua bocca e mi stava guardando come se stesse valutando quanta carta poteva ancora portare in giro per casa prima che fosse catturata e chiusa a chiave nella sua dannata gabbia. Mi maledii per non aver pensato a chiuderla là dentro mentre Penny era fuori.
“Cupcake…” la chiamai cautamente. Era una cagnolina che correva velocemente. Lo sapevo e lei sapeva che lo sapevo. “Ferma. Ferma, cucciola.” Rimase ferma, gli occhi puntati nei miei mentre mi avvicinavo. “Brava cucciola.” Ero vicino. Molto vicino. Decollò, portandosi dietro la carta igienica. Quando mi girai verso l’altro corridoio, vidi che aveva praticamente srotolato l’intero rotolo.
La Charmin* sventolava ovunque. *(carta igienica famosa come la nostra scottex.)
Charlotte mi avrebbe ucciso, anche se non era colpa mia. Non avevo lasciato la porta del bagno aperta. Sapevo che dovevamo chiudere la porta o la bastardina malvagia sarebbe entrata lì dentro e avrebbe fatto esattamente questo. Probabilmente era stata Penny, Char dovrebbe essere arrabbiata con Penny invece sapevo che avrebbe incolpato me. Nessuno in questa casa si arrabbiava mai con quella bambina.
Strappai la carta a terra così che lo stupido cane corresse intorno con qualunque cosa ci fosse nella sua bocca senza creare una scia di carta più lunga e iniziai a ripulire il casino.
“Quello era un rotolo appena preso” si lamentò Charlotte. “L’ha portato in giro per tutto il salone e su e giù per l’ingresso. Un vero spreco.”
“Lo pulirò io.” Mi offrii. Avevo già una bracciata di carta. “Sono sicuro sia stata Faith a lasciare la porta aperta.”
“Uno di questi giorni, dirò ‘o me o il cane’.”
“Per favore, fallo” la pregai. “Dillo. Sai che sceglierà te. Sarebbe persa senza la sua Lala.” Avrei dato qualunque cosa per essere in grado di liberare la casa da quel cane.
“Giusto.” Si accigliò. “Come se mi piacesse fare la parte della cattiva. Tu hai comprato il cane. Tu sei quello che dovrebbe addestrarla o liberarsene.”
“Quando dovrei addestrarla? Non ho tempo. Presto ne avrò ancora meno. Forse posso assumere un dog whisperer che venga qui e la addestri.”
Charlotte mi guardava come se fossi pazzo. “Puoi assumere tutti i dog whisperer che vuoi, ma addestrare un cane significa anche addestrare se stesso oltre che il cane. Deve imparare a obbedire a te non a un dog whisperer che non vive qui.”
“Forse potrei trovare qualcuno che voglia vivere qui. Un addestratore di cani residente.” Sembravo disperato perché lo ero veramente.
Charlotte scosse la testa e tornò in cucina. Pensava che fossi perso. Forse lo ero. Non ero bravo a fare tutto questo per conto mio. Ero bravo a delegare. Ero bravo a dirigere e ordinare. Ero eccellente nel fare in modo che tutti gli altri facessero quello che gli chiedevo di fare. Non ero così bravo a fare tutto da solo.
“Ciao!” La voce di Emmett rimbombò mentre entrava in casa. Avevo raccolto tutta la carta igienica quando mi trovò. “Qualcuno ha lasciato la porta aperta in bagno di nuovo, huh?”
Gelai con lo sguardo lui e il suo sorprendente spirito di osservazione. “Butta via questo nel garage.” Spinsi l’enorme pila di carta igienica nel suo petto. M’impressionava quanto casino che poteva creare un piccolo rotolo. Emmett emise un sospiro frustrato ma fece come gli dissi.
Lo aspettai in cucina, poiché era qui per pranzo. Charlotte aveva già del cibo pronto sistemato per noi. Non voleva parlare con me. Si muoveva nella stanza come se io non fossi presente.
“Grazie per aver preparato il pranzo.” Speravo che mostrarmi educato potesse aiutarla a perdonarmi più velocemente. Espresse la sua disapprovazione e mi passò una limonata appena fatta con una fetta di limone caramellato sul bordo. Mi voleva bene. Almeno era quello che credevo finché non ne passò uno anche a Emmett quando si unì a me. Forse ci amava entrambi.
 
“Allora, papone, che succede? Dov’è Faith?” Emmett si guardò intorno come se mia figlia potesse nascondersi da qualche parte nella stanza.
“E’ a danza. L’ha portata mia sorella.” Guardai l’orologio. Dovrebbero essere a casa a quest’ora.
Avevo lasciato il telefono in ufficio. Non c’era ragione di essere ansiosi ma ero iperprotettivo anche se cercavo di contenermi.
“Oggi pensavi di farti una doccia e vestirti o cosa?”
Guardai me stesso. Indossavo ancora la T­Shirt e i pantaloni del pigiama. Tra il prendermi cura di mia figlia e lavorare un po’ non avevo avuto un momento per prendermi cura di me stesso.
“Ne farò una dopo pranzo. Tu e Faith potete fare un gioco mentre mi lavo.”
Emmett trovava divertente che fossi così trasandato. “Amico, tu sei abituato a essere un tipo che appare come un miliardario mattina, pomeriggio e sera. Una bimba di quattro anni le vince tutte con te.” Posò il dito sulla macchia di sciroppo sulla mia T­shirt.
Scacciai via la sua mano. “Un giorno scoprirai che vuol dire. Aspetta e vedrai.”
Il sorriso di Emmett si spense in fretta. Non era mia intenzione incupirgli l’umore. Emmett e Rosalie avevano rotto quasi un anno fa. Non era uscito seriamente con nessun’altra da allora. Desiderava sposare Rosalie ma lei aveva altre idee. Idee che l’avevano portata dall’altro lato del paese per condurre un ristorante a New York. Io ed Em avevamo trascorso molto tempo a parlare della scelta tra carriera e amore. Gli aveva spezzato il cuore. Em aveva pensato di chiederle se poteva andare con lei, ma in qualche modo anche lui aveva preferito la carriera a lei. Anche se a me piaceva pensare che fosse rimasto perché la nostra amicizia e il suo amore per la mia famiglia erano più importanti del suo lavoro come guardia del corpo. Emmett adorava Penny. Si era totalmente innamorato dal momento in cui aveva posato gli occhi su di lei. Non aveva trovato la forza di andare via, immaginando di riuscire a gestire la loro relazione a distanza per un po’. Rosalie non gli aveva mai chiesto di seguirla. Dopo circa sei mesi dalla sua partenza l’aveva chiamato e gli aveva detto che aveva incontrato un altro. Pensavo di vederlo distrutto, ma avevo torto. Quest’ultimo anno è stato pieno di diversi alti e bassi ed ultimamente sembrava più felice.
 
La mia Penny arrivò saltellando in cucina, sollevando immediatamente il mio spirito e quello di Emmett.
“Papi, abbiamo fatto dei salti sopra i Beanie Babies* oggi! (peluche tipo trudi.)
Sono stata così brava che Zia Alice mi ha comprato il gelato.” Mostrò le sue abilità nel salto buttandosi direttamente tra le mie braccia.
Mia sorella entrò con uno sguardo di scuse sul viso.
“Beh, spero che tu abbia ancora spazio per il pranzo” dissi, fulminando Alice. E tutti dicono che vizio la bambina.
“Ce l’ha sicuramente.” Alice salutò Emmett con un bacio sulla guancia e un ‘felice di vederti’. “Abbiamo diviso un sundae. Sono una donna incinta, per cui sai che ne ho divorato la maggior parte.”
“Questo non è giusto. Ti volevo portare fuori io a prendere il gelato dopo pranzo” disse Emmett, facendo il solletico sulla pancia di mia figlia coperta dal body.
“I suoi nonni l’hanno portata fuori ieri sera. Niente più gelato per questa qui. Si trasformerà in un gelato se non state attenti, gente” dissi.
“Non posso dire di no al gelato, Papi! Giusto, Lala?”
“Giusto, le bambine non possono rifiutare il gelato” replicò Charlotte.
“L’ha detto Lala, perciò è vero.”
“Lala non ha sempre ragione, non è vero?”
“Sempre.” annui Penny.
Charlotte mi stava guardando male. Avevo dimenticato che dovevo ancora fare ammenda.
“Ovviamente Lala ha sempre ragione. Non penso di ricordare una volta in cui si è sbagliata. E’ molto saggia. Ci siamo già passati stamattina su questo fatto, non è vero?”
Charlotte annuì e sorrise. La stavo riconquistando.
“Ti unisci a noi per pranzo?” Chiesi a mia sorella mentre Charlotte iniziava a riempire un piatto per Penny.
Guardò il suo orologio. “Dovrei andare a casa. Posso tornare, però, giusto?” Sapevo che l’avrebbe chiesto.
“Pensavo che fossimo d’accordo che saresti venuta domani. Non vuoi stare con Jasper stasera?”
“Per favore” mi supplicò. Allargò gli occhi come quel dannato gatto in quei film sull’orco che avevo visto con Pennylove.
“Poi Esme vorrà venire…” argomentai.
“Non glielo dirò. Per favore?”
“Se lei può tornare, io rimango” disse Emmett con la bocca piena di sandwich. Guardai storto Alice.
“Visto cos’hai generato?”
“Sono tua sorella. Ti voglio bene. Per favore.”
Penny sospirò sul mio grembo. “Lasciala tornare, Papi. Le sorelle sono molto importanti.”
Abbassai la testa e baciai la sua dolce guanciotta. “La dovrei far tornare, huh?” Le solleticai i fianchi, facendola dimenare.
“Basta! Papi, basta!”
“Va bene.” Smisi di fare il solletico a mia figlia e guardai Alice che stava sorridendo e gli occhi stavano iniziando a lacrimarle. Devono essere gli ormoni della gravidanza. “Le sorelle sono importanti e tu, mia cara sorella, puoi tornare stasera per un po’.”
Si strofinò gli occhi, “Mi accompagni fuori?” Fece cenno con la testa verso la porta.
Mi alzai e feci sedere Penny sulla mia sedia. “Non lasciare che Zio Emmett si mangi tutto il cibo prima che torni.”
Ridacchiò verso Emmett che gonfiò le guance mentre masticava. Io accompagnai Alice alla porta principale.
“Sei così bravo con lei” disse, avvolgendomi in un abbraccio. “Non hai idea di come mi renda felice vederti così con lei, vedere quanto la ami.”
“E’ mia figlia. Certo che la amo.”
“Beh, sappiamo entrambi che essere il figlio di qualcuno non ti garantisce automaticamente il loro amore o il loro affetto.”
Lo sapevamo fin troppo bene. Era finita, però. I miei sentimenti per mio padre e la sua mancanza d’amore per me erano stati messi a riposo. Ero degno d’amore e anche molto capace di darne. Alice, insieme con Isabella, è stata quella che si preoccupava di più riguardo a come avrei fatto con un bambino mio, specialmente date le circostanze. A volte mi sembrava che fosse sorpresa di quanto amassi Penny. Cercavo di non sentirmi ferito dal fatto di averle instillato dei dubbi. Avevo compreso che tutti avevano avuto dei dubbi sul mio comportamento sia prima che subito dopo la sua nascita.
 
***
 
“Per quanto tempo pensi di punirla esattamente?” Alice non si preoccupò di dire ciao mentre piombava nel mio appartamento.
“Non la sto punendo.”
“Ora ha bisogno di te e tu sei qui, a fare i capricci come un bambino.”
Non ero tornato a casa da due giorni. Non avevo neanche dormito per due giorni. Probabilmente era complice il fatto che ero incapace di avere una conversazione razionale con mia moglie. Avevamo tentato invano di parlarci un paio di volte per telefono. Entrambe le telefonate erano finite con me che urlavo e lei che piangeva.
Rientrai nel salone e tornai al mobile componibile, vicino a una bottiglia quasi vuota di scotch. “Sta scegliendo il bambino a me.”
Alice si sedette vicino a me, si sforzava di contenere la sua furia. “Cosa? Ma ti ascolti? Non farlo. Non essere come lui.”
“Potrebbe morire, Alice! Nessuno di voi lo capisce?” La mia voce riempiva la stanza mentre agitavo le braccia. Nessuno era qui eccetto me e mia sorella. Tutti erano con Isabella. Tutti erano dalla sua parte. Perfino Emmett. “Nessuno ha mai pensato che sia stupido fare nascere un bambino in questo mondo senza una madre? Che cosa dirai a mio figlio quando chiederà perché la sua mamma non è qui? Sei disposta a essere quella che gli dirà che ha ucciso sua madre?”
Alice chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, liberandolo lentamente dal naso.
I suoi occhi si aprirono e finalmente vidi un po’ di cazzo di comprensione per il mio ginepraio. “Nessuno dirà questo al tuo bambino perché Isabella non morirà. Bella è forte. Hai dei suggerimenti in anticipo, i migliori dottori, le migliori strutture. Carlisle farà tutto ciò di cui avrai bisogno. Non le accadrà nulla. Lei e il bambino ne usciranno più che bene. Devi crederci, Edward.”
“La gente muore! La gente a cui tengo muore per causa mia!” Abbassai la testa tra le mani. “Volevo questo bambino più di lei. Sono stato io a farle questo. Devo liberarmene, così che non accada nulla. Devo fermare questo prima…” Non riuscivo a finire la frase.
Sentii le braccia di Alice avvolgermi al meglio che poteva mentre singhiozzavo. Quando mi calmai, mi strinse forte a sè. “Liberarsi della vita che hai creato, non è il modo di salvarla. Lei ama il bambino. Ama te. Il bambino è parte di entrambi.”
“Ormai non sento più niente per questo bambino” confessai. “Niente.”
“Non ti credo. Penso che tu abbia paura, ma tu non sei Papà. Non lo sei.”
Quella crisi mi aveva ributtato di nuovo nel buco nero da cui avevo combattuto con le unghie e con i denti per uscirne da quando avevo incontrato Isabella. Non volevo essere mio padre, ma per la prima volta nella mia vita riuscivo quasi a capirlo. Ero fedele al mio credo per il quale se fosse successo qualcosa a Isabella, avrei odiato il bambino che l’aveva uccisa. Non c’era nient’altro che riuscivo a sentire.
 
***
 
A volte ero impossibilmente testardo ed era un miracolo che qualcuno volesse avere a che fare con me.
“So che giorno è oggi comunque. Qualcuno me l’ha detto.”
“Davvero?” sapevo chi glielo aveva detto. Non mi stupiva che fosse così preoccupata per me.
Alice mi mise la mano sul braccio. “Ho sentito anche che vai in visita ogni anno in questa giornata.”
“E’ vero. Ho intenzione di andare prima che­“
“Potrei venire con te” m’interruppe, abbassando il capo. Mi fece sorridere. A volte era come se fosse lei la sorella più grande nel rapporto. Faceva sempre attenzione a me, sempre a preoccuparsi che qualcuno si prendesse cura di me se non c’era lei. Era qui per me anche quando non c’era nessun altro.
“No. Puoi venire qui e aiutare Charlotte con Penny” proposi “ed Emmett dal momento che sei tu la ragione per cui sarà qui.” Risi quando s’imbronciò per un momento.
“Ci vediamo dopo allora” disse, dandomi una pacca sulle spalle.
“A dopo.” Le baciai la guancia e le aprii la porta.
Riuscivo a sentire Penny ridere a crepapelle in cucina. Emmett la stava certamente intrattenendo. La mia bimba era circondata costantemente d’amore. Avrei fatto in modo che fosse così sempre.

 

OK! DI STASERA HO DATO... ADESSO VADO A NANNA E SE TUTTO VA COME DEVE ANDARE DOMANI SERA CONTINUO CON QUESTA MAGNIFICA STORIA!!!

SE PER CASO AVETE INIZIATO A LEGGERLA SENZA CONOSCERE IL PREQUEL... 
QUESTO E' IL LINK

Friday at Noon
E VI CONSIGLIO VIVAMENTE DI LEGGERLO PRIMA DI CONTINARE CON QUESTA STORIA, PERCHE' CI SONO TANTISSIMI RIFERIMENTI A "FRIDAYS AT NOON"!!!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Lo so! E' tardissimo e sicuramente qualcuna di voi ha pensato che non avrei mantenuto la promessa fatta, ma io cerco sempre di mantenere le promesse, ed anche se sono distrutta... sono qui a postare il nuovo capitolo!!!
E' vero, avevo promesso che ne avrei postati di più, ma capitemi, è stata una giornata infernale
e fatico a tenere gli occhi aperti!!!
Quindi per il momento riesco a pubblicare solo questo capitolo! Sperando che domani sia un giorno migliore e più profiquo per questa FF e le mie FF... Vi auguro BUONA LETTURA!!!!

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CAPITOLO 4

  
“Ricordi quando abbiamo volato sull’aereo per andare in Africa?” mi chiese Penny, provando a fare del suo meglio per rimandare il riposino.
“Certo.”
“C’è voluto tanto tempo.” Sospirò drammaticamente e abbracciò al petto il coniglio di peluche.
“E’ vero.”
“Ricordi quando tu ed io siamo tornati dall’Africa?”
“Io e te. Si, mi ricordo.”
“Ci abbiamo messo tanto tempo.”
“Tanto, tanto tempo” concordai.
“Ti ricordi quando tu ed io abbiamo dormito sull’aereo?”
“Io e te abbiamo dormito sull’aereo” la corressi. “Si, mi ricordo anche quello.”
Si comportava come se tutto questo fosse accaduto molto tempo fa. Forse per una bambina di quattro anni qualche settimana era tanto tempo.
“Posso dormire sull’aereo quando andremo a trovare nonna Renèe e Nonno Phil in Florida?”
“Se sei stanca sì” replicai, desiderando che si rendesse conto di quanto stanca fosse ora e si addormentasse.
“Possiamo portare Cupcake?” Mi chiese con quegli adorabili occhi marroni, ma riuscii a resistere al loro fascino.
“Non credo proprio, tesoro. Nonno Phil non è un fan dei cani, ricordi?”
“Si” rispose tristemente. “Anche Lala si sentirà sola. Lala e Cupcake si possono prendere cura l’una dell’altra quando andiamo in Florida.”
Si rivelò più facile di quel che credevo. “Buona idea, Pennycara. Ora è il momento di fare un pisolino.”
“Non sono stanca” protestò con uno sbadiglio ed io sorrisi. Se fossi riuscito a farla tacere per due minuti sarebbe crollata in un attimo.
“Credo tu sia un po’ stanca. Stenditi giù con me per un paio di minuti, okay?” La strinsi a me mentre ci accoccolammo sul suo letto, tutto rosa, a due piazze.
“La prossima volta che andiamo in Africa zia Alice può venire con la sua bambina?”
“Non lo so. Probabilmente zia Alice non potrà andare da nessuna parte per un po’ dopo che avrà avuto la bambina.”
Penny aggrottò le sopracciglia. “Ma i bambini possono andare sull’aereo, giusto?”
Ridacchiai sommessamente. “Si, tesoro, i bambini possono andare sugli aerei.”
“Bene.”
“Stiamo in silenzio, okay?”
“Okay, Papi.”
Chiusi gli occhi sapendo che se avessi finto di dormire mi avrebbe seguito per davvero. Riuscivo a sentire il ritmo dei suoi respiri che diventavano più lenti. Proprio quando pensavo di poter aprire gli occhi, parlò nuovamente.
“Papi?”
“Che c’è, amore?”
“Ti ricordi quando ero nella pancia della mamma?”
Mi si seccò la bocca e desiderai avere qualcosa con cui inghiottire il nodo in gola. “Certamente, mi ricordo.”
“Mamma era felice quando ero nella sua pancia?”
Il dolore nel petto era troppo da sopportare e con grande difficoltà riuscii a parlare. “Era più che felice. Ti ha amato dal secondo in cui ha saputo che eri lì dentro.”
“Mi dispiace che mamma non possa avere altri bambini nella sua pancia.”
Non sapevo cosa rispondere. Avrei dovuto chiedere a mia sorella di che diavolo avevano parlato oggi mentre erano insieme, perché Penny non avrebbe potuto uscirsene con questa cosa per conto suo.
“Cerchiamo di dormire un po’ ” dissi abbracciandola più stretta perché le parole che desideravo poter dire non uscivano.
“Papi?”
“Cosa tesoro?”
“Ti voglio bene oltre l’infinito e oltre.”
Premetti le labbra sui suoi capelli. Mi voleva far piangere. “Anch’io ti voglio bene, oltre l’infinito e oltre.”
“Infinite volte.”
Feci del mio meglio per mantenere il mio tono fermo. “Anch’io.”
“E fino in Africa.”
Rimasi in silenzio. Sarebbe potuta andare avanti per sempre se le avessi risposto. Rimase in silenzio per un minuto intero.
“E poi fino in Cina e ritorno” aggiunse.
“E’ ora di dormire, Faith Elizabeth.”
“Okay, Papi.”
Ero stanco e se non si fosse addormentata velocemente, lo avrei fatto io.
Emmett ne sarebbe stato tremendamente felice, ma non ci vollero più di due minuti che cadde in un sonno tranquillo permettendomi di sgattaiolare via.
Mi fermai a guardarla dalla porta. I lunghi capelli ondulati erano aperti a ventaglio sul cuscino. Strinse il suo coniglietto al petto e le sue piccole labbra si dischiusero leggermente. Il mio bellissimo angelo. Non sapevo davvero cosa avrei fatto senza di lei. Isabella aveva avuto pienamente ragione.
 
***
 
Ritornai a casa dal mio esilio auto­imposto una sera molto tardi.
Charlotte mi informò che mia moglie era già a letto e non mancò di dirmi che l’avevo davvero delusa. Non per la mia incapacità di tornare accanto a Isabella in questo ultimo paio di giorni, ma per la mancanza di fede che stavo dimostrando in generale.
“Senza fede non hai niente. La fede è ciò che vi aiuterà a superare tutto questo e ciò che aiuterà Bella a farsi forza” disse Charlotte abbracciandomi. “Bella ce la farà.”
Non avevo fede ma decisi di tenerlo per me. Mi domandai se potevo dividere il letto con Isabella prima di fare effettivamente pace o se si sarebbe arrabbiata. Entrai silenziosamente in camera. Era raggomitolata nel letto dando la schiena alla porta. Non si mosse. Mi liberai della giacca del completo e la lanciai su una delle sedie contro la parete. Allentai la cravatta e guardia il mio angelo dormire… Mi era mancata così tanto durante questi ultimi giorni. Sembravano molto più di tre giorni. Mi avvicinai a lei e il pavimento scricchiolò sotto i miei passi facendola svegliare.
"Edward?"
“Non volevo svegliarti.” Sussurrai.
Scivolò fuori dal letto e, senza riserve, mi venne incontro e mi avvolse le braccia intorno. Mi abbracciò e pianse tra le mie braccia, spaccandomi interamente in due.
“Shh, non piangere. Per favore non piangere, amore.”
“Ho bisogno di te. Non posso superare tutto questo da sola.” Isabella non aveva idea di quanto mi ferisse con le sue parole. Non capiva che mi sentivo nello stesso modo riguardo alla vita in generale? Non potevo vivere in un mondo nel quale lei non esisteva. Non potevo sopravvivere da solo. Avevo bisogno di lei. Avevo bisogno di lei da adesso fino al giorno in cui sarei morto. Non poteva morire prima… Semplicemente non poteva morire prima.
“Ho paura,” ammisi ad alta voce.
Si aggrappò a me più saldamente. “Non vado da nessuna parte. Non sono mai io quella che se ne va, ricordi?”
“E se sei tu questa volta?”
Mi lasciò andare e mi afferrò le mani posizionandole sulla piccola collina della pancia che stava iniziando a vedersi, mi tenne il viso e mi guardò negli occhi. “Abbiamo creato questa bambina. E’ nostra da amare e da proteggere. Verrà un giorno quando guarderai nostra figlia e realizzerai di non poter immaginare di non averla nella tua vita. E’ una parte viva di te. Non puoi distruggere un pezzo di te, Edward. Non puoi.” Chiusi gli occhi. Non m’importava che la bambina fosse parte di me, ma più ci pensavo e più acquistava importanza che fosse una parte di Isabella. Non potevo fare del male alla bambina più di quanto potevo sopportare di ferire la donna in piedi davanti a me.
“Non lasciarmi” la pregai.
“Mai” mi promise.
 
***
 
Trovai Emmett nella sala giochi impegnato con un video games. Mi lasciai cadere sul divano vicino a lui. Immediatamente sentii qualcosa affondarmi nel culo. Mi sollevai e tirai via uno dei peluche di Penny. I suoi occhi di plastica erano stati masticati completamente.
“Cane delle palle” dissi senza nascondere in alcun modo la mia frustrazione. Cupcake aveva questo vizio demoniaco di rosicchiare via i bulbi oculari dei peluche e delle bambole che Penny lasciava sul pavimento nascondendoli poi in giro per casa. A mio parere li rendeva terrificanti. Animali dall’aspetto raccapricciante senza occhi. Facevamo tutti del nostro meglio, buttandoli via prima che la mia dolce bambina s’imbattesse in loro. Il cane l’avrebbe segnata a vita.
“Perché cazzo hai comprato a quella bambina un cane vero? Sei proprio un coglione.” Emmett reputava il tutto molto divertente.
“Pensavo che se ne sarebbe presa cura.”
Mise il gioco in pausa e si girò a guardarmi. “Ha quattro anni.”
“Le bambine di quattro anni possono essere responsabili.” Mi difesi.
“Responsabili per cosa?” chiese tornando al suo gioco. “Bimbe dell’età di Faith sono totalmente dipendenti dai loro genitori. Ha quattro anni, E.”
Aveva ragione, ma non glielo avrei detto di certo. Lo guardai giocare per qualche minuto. Non giocavo da così tanto ad un video gioco che mi sembrava passata una vita. Iniziai ad assimilare le sue parole ed iniziai a preoccuparmi.
“Pensi che stia sbagliando con lei?”
“Chi? Faith?” ridacchiò Emmett.
“Da una parte la vizio e dall’altra la tratto come se dovesse sapere più di quel che dovrebbe.”
Emmett fermò di nuovo il gioco. “Penso che tu faccia fatica a ricordarti cosa vuol dire avere quattro anni, ma non penso che tu la faccia sentire sbagliata.”
“Dovrei dirle di no più spesso. Creerò un mostro che non sa cosa significa stare al mondo.”
Scosse la testa. “E’ una brava bambina, E. Lo è sempre stata. In più, il resto di noi sa come dire no.” Mi osservò sospettoso. “Da dove arrivano ‘ste paranoie? Non credo che i tuoi dubbi siano nati perché ti stavo rompendo le palle riguardo al cane.”
Mi grattai la testa con entrambe le mani. “Non voglio deluderla.”
"Faith?"
Aggrottai la fronte. “Faith…” Emisi un lungo sospiro. “Isabella… Non lo so.”
“Non stai deludendo nessuno. Faith ti adora. Sei un bravo papà. La vizi, ma è una bambina forte. E’ molto più simile a sua madre che a suo padre.”
“Oggi mi ha chiesto come fosse quando era nella pancia di sua madre. Ha chiesto se Isabella era felice quando lei era lì dentro. Perché me lo avrebbe chiesto?”
“Perché oggi è stata con la zia molto incinta!” replicò senza esitazione.
“Ero preoccupato che mi chiedesse se ero felice quando era nella pancia di sua madre. Non avrei saputo cosa risponderle.”
Emmett posò una mano sulla mia spalla. “Le avresti detto che eri molto felice. C’è stato un periodo durante la gravidanza in cui eri l’uomo più felice del mondo.”
Aveva ragione… Di nuovo.
 
***
 
“Sua moglie sta salendo” disse Maggie attraverso l’interfono. Premetti il bottone così che potesse sentirmi. “Grazie, Maggie.”
Velocemente finii di scrivere l’email di cui mi stavo occupando e premetti invio. Afferrai il telefono e scrissi un messaggio a Isabella, la quale senza dubbio stava salendo con l’ascensore.
‘Buone notizie, spero!’
Non rispose, ma bussò alla porta prima di quanto mi aspettassi.
“Entra pure!”
Aprì la porta con il telefono in mano. Non riuscivo a decifrarle il viso. Pensavo fosse venuta a dirmi la buona notizia faccia a faccia invece che per telefono, ma in quel momento pensai che fosse venuta per dirmi che non era incinta e che aveva bisogno di una spalla su cui piangere. Sembrava che fosse sul punto di piangere.
“Hey” dissi, avvicinandomi con tre lunghe falcate... “Questo vuole dire solamente che avremo un altro mese di prove. Fare più sesso non è mai una brutta cosa, tesoro.” Le avvolsi le braccia intorno e la tenni stretta a me. Non potevo sopportare di vederla piangere. Mi distruggeva sempre.
“E se ti dicessi che ero triste perché non abbiamo più bisogno di provare di nuovo?” Borbottò sul mio petto.
La liberai e le afferrai entrambe le braccia così da poterla allontanare per guardarla meglio.
“Non abbiamo più bisogno di provare?”
Si morse il labbro e provò a nascondere un sorriso.
“Sei incinta?” Provai a trattenermi dal saltare su e giù. Questo era esattamente ciò che avevo sperato.
“Tu e i tuoi spermatozoi eccellenti siete riusciti a ingravidarmi. E’ vero.”
La presi nuovamente tra le braccia e la sollevai dal pavimento. Stavamo per avere un bambino. Insieme avevamo creato una vita. Non c’era niente che confermasse il senso della vita più a fondo di quel pensiero. “Ce l’abbiamo fatta!” Volevo farla girare, ma m’implorò di metterla giù.
“Non possiamo ancora dirlo a nessuno. Non voglio spargere la voce finché non saremo un po’ più in là con il tempo.”
“Cento dollari che non sono la prima persona a cui l’hai detto” dissi conoscendola fin troppo bene.
Storse le labbra e lasciò andare uno sbuffetto. “Tyler mi è venuto incontro all’ascensore proprio ora. Non ho confermato nulla, ma sono sicura che lo sa. Mi ha chiesto com’era andato il mio appuntamento, del quale poteva sapere solamente grazie a te, signor Pettegolo” disse guardandomi storto. “Ho detto ‘Bene’ ma sono certa che sapeva cosa significasse.”
Non potei fare a meno di ridere. Rivivevamo la stessa situazione del nostro matrimonio segreto.
“Solo Charlotte e Tyler sanno che sei andata per un test. Nessun altro, lo giuro.”
“Cerchiamo di mantenerla così,” replicò in tutta serietà. Si spinse sulle punte e mi baciò sull’angolo della bocca. Grosso errore. Non sarei stato in grado di fermarmi. La tirai contro di me e la baciai con più forza. Avevamo fatto un bambino. Isabella portava in grembo il mio bambino. L’emozione era indescrivibile. Isabella si tirò indietro e mi sorrise. “Ti amo.” Le sue mani mi reggevano il viso. I suoi pollici mi accarezzavano le guance. Il suo cuore mi scaldava l’anima.
“Abbiamo fatto un bambino.” Avevo bisogno di dirlo a voce alta per apprezzarlo veramente.
Ridacchiò dolcemente, facendomi sorridere di più. Mi avvolse le braccia intorno al collo.
“L’abbiamo fatto.”
“Dal momento che non è influenza, tornerò in camera stanotte. Penso che dovremo festeggiare il gran colpo facendo del sesso selvaggio tutta la notte.”
Fece un sorrisetto e sollevò un sopracciglio. “Credo che quel piano abbia del serio potenziale.”
“Lo credi?” Ridacchiai sotto i baffi.
Mi diede un veloce bacio a stampo sulle labbra. “Lo credo davvero, affascinante papà.”
La sollevai nuovamente da terra, baciandola come un folle. Papà. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo per abituarsi a quello.
 
***
 
Emmett mi strizzò una spalla. “Se Faith ti chiederà mai come ti sei sentito, dille del modo in cui ti sei sentito nel momento in cui l’hai saputo. Questo è il mio consiglio. Non ha bisogno di sapere il resto.”
Il resto non era altrettanto bello. Il resto era molto lontano dalla gioia che ho provato il giorno in cui Isabella mi aveva detto di essere incinta. Rivissi nella mia mente una serie di momenti dal giorno in cui prendemmo coscienza riguardo al cuore di Isabella.
 
***
 
Maggie non si preoccupò nemmeno di bussare. Spalancò la mia porta. Ero pronto a rimproverarla dal momento che avevo detto chiaramente che non volevo essere disturbato, tuttavia lo sguardo del suo viso mi fece fermare.
“Linea uno, signore. E’ qualcuno dalla scuola della signora Masen.”
Agguantai la cornetta e premetti il bottone lampeggiante. “Edward Masen.”
“Signor Masen, sono Deborah, l’infermiera scolastica qui alla Woodinville High.”
“Mia moglie, c’è qualcosa che non va con mia moglie?” Sentii il petto comprimersi, rendendomi difficile respirare. Mia moglie e il bambino. Per favore, fa che non succeda niente al bambino.
“Bella è stata portata qui perché lamentava qualche dolore al petto e difficoltà a respirare. Ha avuto qualche giramento di testa e abbiamo dovuto farla stendere per un po’. Quando le ho controllato il polso ho notato che aveva sicuramente un battito irregolare. Le ho suggerito di vedere qualcuno immediatamente, ma non penso sia saggio per lei guidare. Mi sta dando un po’ di filo da torcere a riguardo. Lei è tra i suoi contatti per le emergenze e … beh, penso che questa sia un’emergenza, anche se Bella non lo pensa. Potrebbe venire a prenderla?”
Le mie parole vennero fuori precipitose. “Sto arrivando, le dica di non muoversi finché non arrivo lì!”
Ero in macchina prima ancora che Emmett potesse chiedermi cosa stesse succedendo.
…...
Il ginocchio di Bella rimbalzava ansiosamente mentre attaccava l’unghia del pollice con i denti. “Mi dispiace che tu abbia dovuto lasciare il lavoro per questo. Potevo guidare per conto mio. Ora dovremo tornare a scuola prendere la mia m­”
“Potresti smetterla!” La mia pazienza era al limite. Eravamo seduti nella sala d’attesa del suo ginecologo e non aveva smesso di agitarsi per il fatto che ero rimasto con lei da quando l’avevo prelevata da scuola. Abbassai la voce così che potesse ascoltarmi solo lei. “Manderò Emmett o Liam o qualcun altro a prendere la macchina. Potresti smetterla di preoccuparti del resto a parte di te e del bambino, per favore?”
Annuì e iniziò a torcersi le mani sul grembo. Gentilmente ne presi una e la tenni tra le mie. Andrà tutto bene. Lei starà bene. Non è niente.
…...
“Hmm.” Fu tutto ciò che il dottore aveva detto da quando aveva iniziato la visita. Premette lo stetoscopio contro il suo petto e ascoltò ancora una volta. Tirò via gli auricolari e li lasciò appesi sul collo. Dopo aver appuntato qualcosa sulla cartella di Isabella, finalmente disse qualcosa di eloquente, “La pressione del sangue è alta. Sta soffrendo di palpitazioni cardiache da un po’, il che mi preoccupa. Penso che la difficoltà a respirare sia a causa di un po’ di fluidi nei polmoni.”
 
Scoprii che alcuni dei suoi sintomi si erano presentati da circa una settimana. Una settimana e lei non mi aveva detto niente a riguardo. Ero furioso.
“La manderò ad Harborview. Devono fare un paio di esami. Giusto per escludere alcune cose.”
“Che tipo di esami?” Gli chiesi prima che Isabella potesse aprire la bocca per parlare.
“Prima dovremmo controllarle il cuore e poi vedremo.”
Vedremo. Non era chiaro cosa volesse dire con quello, ma non mi piaceva. Non mi piaceva niente di tutto ciò.
…...
“Lui è il miglior cardiologo dell’intero stato” m’informò Carlisle per telefono.
“Ci sta facendo aspettare.” Eravamo nell’ufficio di un altro dottore, in attesa. Ero stanco di aspettare. Mia moglie aveva qualche sorta di aritmia e affanno nel respirare, qualcosa non andava. Mi stava facendo incazzare che nessuno ci dicesse quale fosse il problema.
“Un po’ di pazienza, figliolo. Andrà tutto bene. Verrò giù più presto che posso.” cercò di tranquillizzarmi Carlisle.
Isabella mi afferrò la mano e la strizzò. Il senso di colpa mi opprimeva come un’ancora nello stomaco. Dovevo essere io a confortare lei, non il contrario. Invece ero andato fuori di testa. Avevo i nervi a pezzi ed ero sudato.
“Carlisle dice che andrà tutto bene. Scenderà presto” dissi con tutta la calma che potevo chiamare a raccolta.
Sorrise e posò la testa sulla mia spalla. “Te l’ho detto che ti stai preoccupando per niente.”
Niente. Questo era niente. La gravidanza causava tutta una serie di cambiamenti nel corpo di una donna. Lei sarebbe stata bene. Mi strofinai il retro del collo e tentai di ignorare il modo in cui i miei polmoni stavano iniziando a bruciare con ogni singolo inspiro ed espiro.
…...
“Stenosi mitralica.” Il cardiologo ci guardò come se sapessimo cosa significasse. Alla fine, ci spiegò cosa fosse, cosa probabilmente l’aveva generata, del perché non avesse avuto sintomi fino alla gravidanza. Spiegò che l’avrebbero sottoposta a un regime farmacologico.
“Quali sono i rischi? La gravidanza ha causato il manifestarsi dei sintomi. Quali sono i rischi nel continuare la gravidanza?”
“Edward” la mano di Isabella afferrò il mio avambraccio. C’erano lacrime nei suoi occhi. Per se stessa? Per me? Per il bambino? Probabilmente per tutti e tre.
Il dottore capiva le mie preoccupazioni. “Tutte le donne con la stenosi mitralica sono a rischio di problemi cardiaci durante la gravidanza. C’è una forte probabilità di complicazioni durante la gravidanza che può rendere grave la gestione. Quello della signora Masen non è il peggiore che ho visto, ma non è il migliore. Arresto cardiaco, infarto, problemi di aritmia sono tutte possibili complicazioni. Non è una grossa possibilità ma potrebbe incontrare alcune di queste problematiche.”
Arresto cardiaco? Morte. Potrebbe morire. La mia vista iniziò ad annebbiarsi e il sudore mi stava imperlando la fronte.
“Ci sono alcuni farmaci che le prescriv­”
“Poteva andare in arresto cardiaco e morire a causa di questa malattia e della gravidanza?” Lo interruppi. Potevo sentire il mio stesso cuore martellarmi nel petto.
“C’è un aumento di rischio che accada, si, ma­”
“E’ alla sedicesima settimana, è ancora possibile interrompere la gravidanza?”
“Edward!” Isabella impallidì e la sua presa sul mio braccio diventò una morsa.
“Signor Masen, capisco la sua preoccupazione, ma molte pazienti con questa malattia hanno delle gravidanze e dei parti molto tranquilli. Sia la madre sia il bambino ne escono più che bene.”
Stava diventando impossibile respirare. Le pareti mi si stavano soffocando.
“Ma qualcuno muore. Giusto?”
“Il suo rischio è leggermente più alto in confronto ad altri casi” convenne. “Però, veramente, io direi che le probabilità sono a vostro favore.”
“Devo trovare Carlisle.” Esclamai alzandomi e dirigendomi verso il corridoio. Evitai di guardare Isabella, non potevo guardarla sapendo che le avevo fatto questo. Il bambino che le avevo impiantato dentro poteva far smettere il suo cuore di battere.
Me ne andai con Emmett. Era passato molto tempo da quando avevo sofferto di un pieno attacco di panico. Avevo quasi dimenticato come fosse averne uno e questo mi stava fottendo il cervello. Ero un claustrofobico sudato e incapace di respirare. Grazie a Dio c’era Emmett. Lui sapeva cosa mi stava succedendo e fece del suo meglio per farmelo passare. Probabilmente mi aiutò a non farmi venire un attacco cardiaco.
…...
“Controlleremo il bambino, verificheremo che tutto vada bene lì dentro e poi voi due andrete a casa a riposarvi.” Carlisle stava cercando disperatamente di rassicurarmi del fatto che tutto stava andando bene da quando mi aveva trovato nel corridoio con Emmett, nel bel mezzo dell’attacco di panico. Mi riportò indietro per parlare con Isabella e il cardiologo.
Isabella gli chiese di poter fare un’ecografia 3D e Carlisle riuscì ad accontentarla.
Isabella non riusciva a trattenere le lacrime e capii che le lacrime erano per il bambino, non per se stessa. Carlisle le teneva la mano mentre il tecnico la preparava per l’ecografia. Non ero più preda di un attacco di panico paralizzante, ma ero ancora contrario all’idea di avere il bambino.
“Quelle sono le gambe e i piedi” disse il tecnico indicando lo schermo. “Il bambino sta bene. Guardate il viso. E’ davvero un ottimo profilo per la visuale.”
“Bellissimo” disse Carlisle a Isabella. “Non avevano questo tipo di tecnologia quando ero uno specializzando… Questo è fantastico. Vedi, puoi vedere l’intero viso. Wow. Il bambino sembra avere il tuo mento, Edward.”
Sapevo cosa stava facendo. Stava tentando di farmi guardare. Stava cercando di renderlo interessante, ma a me non m’importava dell’ecografia, m’importava di mia moglie e del suo cuore. Quel macchinario poteva metterle a posto il cuore? Qualunque macchina poteva sistemarle il cuore? I farmaci che il dottore le avrebbe prescritto avrebbero effettivamente sortito l’effetto?
“Vuole sapere se è un maschio o una femmina? Il bambino qui ci sta dando un’ottima visuale.” Il tecnico guardò prima Isabella e poi me.
“Edward?” Isabella guardò verso di me mentre camminavo avanti e indietro nella piccola sala degli esami poco distante da loro.
Mi stava spezzando il cuore. Non le importava? Se non le importava del suo cuore, poteva per lo meno importarle del mio?
“Non ha importanza, giusto?” Dissi sprezzante.
Lacrime grandi e gonfie le caddero dal viso, bagnandole le guance e le ciglia e facendole lacrimare il naso. “Importa a me.”
“Bene allora, scopriamolo, no?” dissi burbero, guadagnandomi un’occhiataccia da parte di mio zio.
La tensione nella stanza stava soffocando non solo me. Il tecnico scambiò nervosamente uno sguardo con Carlisle, che annuì affinché procedesse. Alla fine ci disse che sembrava essere una femmina e sembrava che fosse anche sana. Non m’importava. Non trovavo alcuna gioia alla notizia che stavo per avere una figlia in salute. Volevo solo mia moglie in salute.
Emmett era in piedi nell’angolo e rimase in silenzio, sapeva che avevo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse e mi dicesse che tutto sarebbe andato bene anche se non sapevamo davvero se tutto sarebbe andato bene.
“Una femmina. Sapevo che era una bambina” sussurrò Isabella.
Una bambina che molto probabilmente poteva causare la morte di mia moglie.
 

***

 
“Non dovrà mai saperlo.”
“Non lo dirò.” disse Emmett serenamente. “Nessuno dirà mai niente a quella bambina. E non importa, E. Quello che conta è oggi. Oggi la ami più di quanto potessi immaginare. Su, forza.” Mi afferrò la spalla. “Ci siamo già passati. Non puoi cambiare il passato, non controlli il futuro. Vivi per il presente.”
La mia testa ricadde sul divano. “Lo so. A volte lo dimentico. Il passato ama trascinarmi indietro. Oggi è uno di quei giorni che mi fa focalizzare su alcuni dei giorni più oscuri.”
Emmett si accigliò. “Lo so. E’ per questo che rimango.” Sapeva il significato di questo particolare giorno. “Posso portati io. Se vuoi.”
Scossi la testa. “Nah. Voglio andare per conto mio. E poi tu odi i cimiteri.”
“E’ vero, ma ci verrei se mi volessi li.”
Sorrisi alla sua gentilezza. Non avrei mai capito perché fossi così fortunato ad essere circondato da tanta gentilezza. “So che lo faresti, ma mi va bene farlo per conto mio.”
“Lo capisco.” Lui capiva sempre. Emmett mi capiva. Non aveva idea di quanto fosse importante per me.


 
Lo so, sono veramente crudele a lasciarvi così... ma sto dormendo in piedi!!!
Buona notte ci si legge domani!!!! BACIIII !!!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***




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CAPITOLO 5

 "Se il cane si fa male, dovrai portarlo a casa tua” dissi ad Emmett mentre lo osservavo sparare un altro marshmallow nel cortile.
"Non si farà male" affermò con un sorriso. "Sai, se la facessi correre di più, non farebbe danni in casa. I cani hanno bisogno di sfogare la loro energia in eccesso." Puntò il suo tiratore di marshmallow un po’ più lontano dal punto in cui Cupcake stava cercando un altro "proiettile".
Eravamo in piedi sulla terrazza del tetto guardando la tenuta. I cavalli erano fuori, avrei dovuto portare Penny alle stalle per dar loro da mangiare delle mele dopo il suo pisolino. Il piccolo diavolo bianco, anche detto cane, stava correndo verso il suo prossimo spuntino.
Alcuni giardinieri lavoravano intorno alla casa di Tyler e Terry. Il giardino fiorito di Isabella stava crescendo molto colorato per quel periodo dell'anno ed i giardinieri stavano facendo un ottimo lavoro.
"Questa cosa spara meglio dell’ultima che abbiamo avuto" osservò Emmett mentre sparava di nuovo. A volte sembrava più un bambino che un uomo adulto.
Isabella una volta mi disse che sarebbe stato uno dei motivi per cui sarei stato sicuramente un buon padre… se riuscivo a capire come giocare con Emmett, i miei figli non sarebbero stati un problema.
Penso di aver fatto un buon lavoro con Penny. Non ero così bravo quando voleva giocare con le sue bambole, ma ero un eccellente ospite alle feste del tè. Sono stato anche molto bravo a nascondino - sia nell'occultamento che nella ricerca. Proprio l'altro giorno, ho battuto Lala e Penny a Old Maid. Ho preso il voto del papà più giocoso. 9+++
Emmett stava ricaricando il suo tiratore ed era comico guardarlo mentre con le sue enormi dita cercava di mettere mini marshmallow nel tubetto.
Mia madre giocava sempre con me ed Alice quando eravamo giovani, anche se non ci permetteva mai di avere altri giocattoli oltre quelli che avevamo nelle nostre camere perché mio padre non tollerava il disordine in qualsiasi altra parte della casa. Non avevo mai capito quanto mio padre si fosse perso, negandoci i momenti di gioco con lui, fin quando non è arrivata Penny. Non avrei mai fatto l’errore di mio padre, avrei condiviso tutto con lei, non mi sarei mai perso nulla della sua vita e sarei sempre stato presente.
"Mio padre non ha mai fatto nulla con me. Non mi ha fatto vedere come si gioca a palla o come annodare la cravatta. Non è mai venuto a un recital di pianoforte o a una misera partita di campionato. Era davvero un cazzo” dissi girandomi e appoggiandomi contro il ferro battuto e i mattoni.
Gli occhi di Em incontrarono i miei rapidamente, mentre continuava a lavorare al suo tiratore. "Total cazzo sulla base di quello che mi hai detto. Meno male che hai scelto di goderti tua figlia".
Mi spostai verso una delle sedie del patio e mi sedetti facendo cadere all’indietro la testa per guardare il cielo. Estrassi il telefono dalla tasca per controllare l’ora. Due e mezza. Il tempo sembra essersi fermato. Probabilmente perché volevo che scorresse più velocemente. Ancora due ore. Dovevo attendere ancora due ore.
"Mi chiedo cosa abbia visto mia madre in mio padre. Non ho mai trovato una sola cosa veramente positiva in lui.”
"Alcune donne hanno la capacità di vedere bene nei luoghi più oscuri."
Lo sapevo perfettamente. Ho sposato una donna del genere. Isabella. Isabella. Isabella. Chiudo gli occhi e mi perdo in lei per un attimo. Pensare a lei è preferibile rispetto a pensare a mio padre.
Il suo sorriso. Completamente disarmante, incantevole. Un suo sorriso e la mia giornata migliorava in modo esponenziale.
La sua risata. Più bella di un suo sorriso. Sexy, anche se lei non sarebbe d'accordo. Adorabile, quando lo nascondeva coprendo la bocca con la mano.
Baciarla. L'unica cosa che mi manca più di ogni altra cosa. Avrei potuto baciarla tutto il giorno se mi fosse stato permesso. Le sue labbra, le guance, il collo, la parte interna del gomito, il suo interno coscia.
Il suo interno coscia. Dio, il suo interno coscia era così dannatamente morbido. Era sicuramente la mia parte preferita del suo corpo.
Aprii gli occhi e controllai che Emmett non mi avesse notato. Per fortuna era troppo occupato a fare le stupide munizioni di marshmallow per il cane. Sposto, senza farmi notare, i pantaloni intorno ai bottoni dei miei jeans. Mi stavo per eccitare in modi imbarazzante se non facevo attenzione.
Chiusi gli occhi ed appoggiai di nuovo la testa. Avevo davvero bisogno di ricominciare a meditare. Avevo bisogno di una mente tranquilla, un po’ di sollievo dallo stress. E chi non vorrebbe trovare un po’ di pace interiore? Cazzo, soprattutto in quel momento, avevo realmente bisogno di un po’ di pace interiore. Ridacchiai alle mie riflessioni.
Ricordai le volte che mi ero seduto su quella stessa terrazza, meditando. Momenti di relax, di centraggio di me stesso. Avevo tentato di meditare con Isabella solamente una volta. Ci eravamo seduti sulle stuoie di yoga, uno di fronte all'altro. Lei teneva le mani appoggiate alle ginocchia con la punta delle dita unite e gli occhi chiusi. Eravamo riusciti a rimanere in quel modo per circa cinque minuti prima di iniziare a ridacchiare.
 
***
 
"L’obbiettivo è quello di rimanere tranquilli e liberare la mente."
"Lo so, ma non hai idea di quanto sei carino quando esegui questa operazione. Il tuo viso è così rilassato e gli angoli della bocca sono impercettibilmente rialzati donandoti un’espressione felice. Fissando le tue labbra mi fa pensare quanto mi piacciono. A quanto mi piace sentirle, mi fa venire in mente pensieri sconci. Quei pensieri sconci mi fanno ridere. Non posso farne a meno. "
Aprii gli occhi. Aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo e la canotta che indossava le fasciava il corpo. Le cime dei suoi bei seni mi incitavano a toccarle. Pensieri sconci altroché… ma cercai di concentrarmi guardandola negli occhi.
"Dovresti chiudere gli occhi, non mi guardare."
"Mi piace guardarti."
“Mi stai rendendo difficile trovare la mia pace interiore."
"Tu sei la mia pace interiore."
L’ amavo così fottutamente tanto. "Chiudi gli occhi, Isabella, e taci."
Chiusi gli occhi dopo che lei chiuse i suoi. Pochi secondi e sentii le sue labbra sulle mie. Aprii un occhio e la vidi sforzarsi di non ridere.
"Scusa" cercò di dire seriamente. "Amo le tue labbra. Anche quando ho gli occhi chiusi."
"Penso che lei ami essere una distrazione, signorina Swan" dissi alzandomi sulle ginocchia e spingendola giù sulla schiena. La baciai sulle labbra e poi sul collo. Continuai a baciarla fino ai morbidi seni mentre lei gemeva apprezzando.
"La meditazione… il sesso all'aperto… raggiungerai la tua pace interiore. Te lo prometto." le sue mani scivolarono sotto la mia camicia e si mossero sensualmente sul mio petto.
La baciai avidamente. "La pace interiore o il tuo punto?" Le chiesi con voce roca, facendola ridere eccitata. La sua presenza era rilassante e incredibilmente eccitante allo stesso tempo.
La spogliai velocemente. L'aria del mattino era fredda, ma i nostri corpi aggrovigliati erano tutto il calore di cui avevamo bisogno. Non c'era niente di più bello che Isabella nuda alla luce del sole. La sua pelle praticamente brillava come fosse una specie di entità celeste. Il mio angelo.
 
Spalancai gli occhi. Mi strofinai la faccia e controllai per vedere dove era andato Emmett. Si era spostato verso l'angolo più lontano del patio. Stava ricaricando di nuovo il tiratore di marshmallow.
Mi mancava così dannatamente tanto. Tirai fuori il mio telefono. Erano passati solo dieci minuti. Mi rassicurai pensando che la giornata non poteva andare avanti per sempre.
"Cupcake è perfetto per tenere lontano gli scoiattoli" mi informò Emmett avvicinandosi.
“Tu e quel cane siete perfetti insieme. Perché non chiedi a Faith di poter portare il cane a casa con te? Lei te lo lascerebbe se le fai intendere che ti senti solo”
"Io non sono così solo."
"Ah sì? C'è qualcosa che dovrei sapere? O qualcuno che dovrei conoscere?"
Emmett mi puntò il tiratore carico di marshmallow “Non ho detto che c’è qualcuno, ho detto che non sono così solo da dover prendere un cane”
"Fossi in te non punterei quel coso su di me."
"Oh, davvero? Hai paura di piccoli marshmallow, E?"
Sollevai un sopracciglio in segno di avvertimento. "Se anche un marshmallow mi colpisce, sarai licenziato."
Emmett scoppiò in una risata che gli scosse tutto il corpo. “Quante volte ho sentito questa frase? Non sei così spaventoso." disse battendomi sulla spalla la canna del tiratore.
Coglione.
Mi alzai di scatto e mi diressi in solarium, passando dalla biblioteca. Venni accolto da Charlotte e una sonnolenta piccola che mi cercava.
"L’ora del pisolino di qualcuno è finita. Voleva il suo papà" mi informò Charlotte mentre Pennylove correva verso di me.
La presi in braccio e lei avvolse le braccia e le gambe intorno a me come una scimmia. Le baciai il lato della testa, stringendola forte. "Pensavo che avresti dormito più a lungo, dopo tutto quello che hai saltato e ballato oggi".
"Perché hai marshies tra i capelli, papà?" Sollevò la testa dalla mia spalla e prese un marshmallow dai miei capelli.
"Lo zio Emmett vuole iniziare una guerra. Da che parte stai?" Le chiesi, facendole il solletico al pancino. Lei ridacchiò e si agitò tra le mie braccia. Non c'era suono più dolce.
"Dalla tua parte. Prendiamolo!"
Masen… a volte era tutta una Masen.
"Faith! Come hai potuto schierarti con uno grande e cattivo come papà invece che con me?" protestò Emmett.
"Voleva colpire Cupcake con il marshmallow!"
"Bugiardo!" risi. Non potevo credere che potesse cadere così in basso da mentire.
"Papà ama Cupcake!" gridò Penny in mia difesa. Almeno credeva che fosse vero quello che diceva.
"Prendi i cuscini di lettura!" le dissi portandola nel suo punto di lettura in biblioteca dove c'erano decine di cuscini per rilassarsi.
Ci armammo di cuscini ed inseguimmo Emmett per tutta la stanza. Non aveva più marshmallow e non aveva la possibilità di ricaricare senza essere preso a cuscinate da noi. Correre era la sua unica opzione.
"Va da quella parte, baby. Lo intrappoliamo" dissi, indicandole di girare intorno al pianoforte.
"Faith, per favore! Abbi pietà!" supplicò Emmett. Mia figlia era gentile ma non misericordiosa quando si trattava di guerra di cuscini. Lei lo colpì con il suo cuscino unicorno e lo fece cadere.
Anch'io non ebbi pietà. Una volta che fu a terra, mi sentii abbastanza giustificato per colpirlo con il cuscino extra large che avevo scelto dal mucchio.
"Dì Masen vincitori" ordinò Penny, colpendolo ripetutamente sulla testa che teneva coperta con le braccia.
" Masen vincitori! Masen vincitori! Mi arrendo!" Emmett era più intelligente di quanto sembrava. La mia Penny smise il suo assalto, mentre colpivo ancora una volta Emmett per sentirmi meglio.
"Stai bene?" gli chiese accarezzandolo delicatamente sul braccio che aveva usato per coprirsi il capo.
"Sto bene, principessa." Si mise a sedere e mi lanciò uno sguardo assassino, per farmi sapere che era scontento per la mia ... rappresaglia troppo zelante. Alzai le spalle… Aveva cominciato lui.
Penny gli si arrampicò in grembo e lo abbracciò. Era davvero una via di mezzo tra me e Isabella all’interno di una piccola persona. "Ti vogliamo bene, zio Emmy, giusto papà?"
"Tu lo ami. Io lo tollero. Non dimentichiamo chi ha iniziato questa guerra, Pennylove". Presi i cuscini e tornai nell’angolo di lettura di Faith. Era una piccola e confortevole zona con i libri di Faith sugli scaffali più bassi. Passavamo un sacco di tempo in quell’angolo a leggere, suonare il pianoforte e a giocare con giochi da tavolo; era anche il luogo dove amava tenere le feste da tè.
“Mi conoscevi quando ero nella pancia della mamma?" chiese ad Emmett facendomi congelare sul posto.
 
"Sicuro. Conoscevo tua mamma e tuo papà quando eri nella pancia di tua mamma. Tuo padre è il mio migliore amico, ricordi?"
"Zia Alice sta andando in ospedale per avere il suo bambino. Quello in cui lavora il nonno."
"Che figata" rispose Emmett tranquillamente.
Tremai per il timore di dove fosse diretta quella conversazione.
"Sono nata anch’io all'ospedale del nonno?"
La mia schiena si irrigidì. Potevo sentire la tensione nel collo e nelle spalle. Non volevo pensare alla nascita di Faith. Certamente non volevo avere questa conversazione con lei e Emmett.
"Sicuro che sei nata lì. Eri super-speciale. Si sono presi molta cura di te perché eri la nipote del dottor Cullen." rispose Emmett mentre le solleticava la pancia.
“Come fai a saperlo? Mi hai visto in ospedale?"
"Certo che l'ho fatto", rispose Emmett con entusiasmo. "Non vedevo l'ora di vederti. Eravamo tutti assolutamente entusiasti del tuo arrivo."
Eccitato. Ansioso. Completamente terrorizzato. Erano la stessa cosa, giusto?
"Ho pianto subito? Zia Alice dice che i bambini piangono quando nascono."
Questa domanda bloccò Emmett. Mi guardò, sapendo che ero l'unico che poteva rispondere a quella domanda. "Ha pianto. Vero, Big Daddy?"
La nascita di Faith era poco più che una macchia nella mia memoria. Troppe emozioni mi avevano sopraffatto, rendendo alcuni dettagli sfocati. Annuii, ma non ero certo di aver detto la verità. Probabilmente aveva pianto. Non ero concentrato sul bambino nella stanza. Ero completamente concentrato sulla partoriente. La donna la cui frequenza cardiaca era salita alle stelle, seguita da un rapido calo della pressione sanguigna.
 
***
 
"Il battito cardiaco è in aumento" disse qualcuno. C'erano così tanti medici e infermieri in sala. Li avevo voluti tutti qui, ma mi infastidivano mentre cercavo di concentrarmi su Isabella.
"Andiamo, Bella. Ancora una spinta e questo bambino sarà fuori" disse la sua ostetrica.
Non volevo altro che tutto finisse. Volevo che il bambino uscisse, così avremmo potuto risolvere il cuore della mia amata e stare tutti meglio.
Le ultime due settimane non erano state buone, fisicamente e emotivamente. Sapevamo che dalla 32° alla 34° settimana sarebbe stato il periodo più difficile per il suo cuore. Avevo letto riviste mediche sufficienti e parlato con il cardiologo così tanto che mi sentivo un esperto di gravidanza e di malattie cardiache. Avevo spinto per farle mettere la valvola sostituita durante la gravidanza. Era una chirurgia che veniva utilizzata comunemente quando gli altri trattamenti non risolvevano il problema, però i sintomi di Isabella erano inconsistenti e lei aveva scelto di non fare l'intervento chirurgico.
Pregai per tutto il tempo di non dover rimpiangere quella decisione, perché l’unica cosa che volessi era che lei vivesse!
Aveva rotto le acque in tarda mattinata e le contrazioni erano diventate più forti. Era di 36 settimane. La bambina era piccola. Prematura e piccola perché la madre era malata di cuore. Aveva bisogno di un trattamento speciale ed ero preoccupatissimo per Isabella. Ringraziando aveva voluto la squadra neonatale in sala. Finalmente aveva imparato ad essere una Masen esigente.
Isabella strinse la mia mano così forte, che pensavo me l’avesse rotta. Spinse ed emise un grugnito selvaggio allo stesso tempo. Il suo respiro era affannoso, più affannato di quello che avrebbe dovuto essere. Non avevo bisogno di essere un esperto per capire che c’era un problema.
"Ottimo!" l'ostetrica la incoraggiò.
Mia moglie cominciò a tossire. Cominciò a tossire sangue. Le macchine iniziarono a suonare. Il monitoraggio medico dei suoi organi vitali prese il sopravvento. Un'infermiera, cercava di attirare la mia attenzione lontano da Isabella e verso la bambina. Non volevo affrontare la bambina. Qualcosa non andava. C’era qualcosa di sbagliato, molto sbagliato.
 
***
 
"La mamma copriva le orecchie così?" chiese Penny mentre copriva le orecchie con le mani e chiudeva gli occhi.
Emmett rise. "Scommetto che tua mamma amava sentirti piangere."
Faith lasciò cadere le mani e guardò Em come se fosse pazzo. "Odio il suono dei bambini che piangono. E' così forte."
Avrei voluto parlare e dirle di non usare la parola odio, ma ero soffocato dai brutti ricordi.
“Parli come tuo padre. Non gli piace che nessuno sia più forte di lui" mi stuzzicò mentre conversava con Penny. "Io scommetto che ha coperto le orecchie. "
"Scommetto che la mamma ha lanciato un’occhiataccia a papà ... come questa." La vidi arricciare il naso e stringere gli occhi.
Non volevo parlare di quel giorno. Non potevo neanche ascoltare.
Emmett annuì e rise della stupidità di mia figlia. Lui mi guardò e vide che tutto il sangue si era prosciugato dalla mia faccia, mi sentivo male a causa del loro argomento di conversazione.
 
"Ehi, tuo padre mi ha detto che ti sta insegnando una nuova canzone al pianoforte. Me la vuoi far ascoltare?"
La mia Penny saltò in piedi e corse al pianoforte. "E' così sciocca! Ti piacerà."
Scambiai un altro sguardo con Emmett, ringraziandolo per la distrazione. Mi diede una pacca sulla spalla accompagnandomi al pianoforte.
“Mi conosci troppo bene, Faith. Sciocco zio Emmy, sono io."
Avevo bisogno di riprendermi. Solo pensare al giorno in cui è nata mi rendeva irrequieto. Ho lavorato duramente ogni anno per il suo compleanno, concentrandomi sul celebrare l'anno che era passato e non l'anniversario della sua nascita. Rendeva tutto più facile.
Scrollai di dosso l'oscurità e mi unii a loro vicino al nero pianoforte Steinway a coda che stazionava nel centro della stanza.
Penny si arrampicò sulla panca, i suoi piedi pendevano perché era troppo piccola per poter raggiungere i pedali. Incrociò le gambe all'altezza delle caviglie e sistemò lo spartito dove poteva vederlo comodamente. Le avevo insegnato una semplice canzone che imparò abbastanza velocemente. Avevo dovuto optare per canzoni semplici, perché le sue mani erano ancora piccole. La sua gamma di note era limitato. Però le piaceva suonare. Ed amava ancora di più ascoltarmi suonare.
Iniziò a suonare ed insieme cantammo "In un posto che ..." pigiò il tasto sbagliato e ricominciò.
"In un posto che conosco un mago è uno spettacolo. In un cestino siede profondo un cobra addormentato."
Emmett inarcò le sopracciglia verso di me mentre Penny suonava e cantava. Quando ebbe finito, entrambi applaudimmo e lei sorrise con orgoglio.
"Le hai insegnato a suonare a 'c'è un posto in Francia'?"
"Papà, suona anche tu. Per favore!" Penny si spostò facendomi spazio sulla panca vicino a lei.
Mi sedetti e la scoltai, perché non c'era davvero modo di dirle di no. Suonai la canzone ripescando le note dalla memoria. Le mie dita si muovevano lungo i tasti suonando una versione più complicata della stessa canzone. La mia piccola amava quando sembrava che le mie mani avessero una mente propria. Applaudì appena finii il brano e mi pregò di suonarne un altro.
"Fai quello con tutte le canzoni dei cartoni animati e la ninna nanna della mamma mescolati tra loro. Per favore?" chiese facendo gli occhioni dolci.
Ogni tanto, mettevo insieme un po’ di mash up nelle canzone per la mia Pennylove. Di solito era un mix di canzoni per bambini e alcuni di musica classica. Quello che lei chiedeva comprendeva la canzone che avevo scritto per Isabella quando era incinta.
 
***
 
"Il bambino ama la sua canzone" disse Isabella dal suo posto vicino al camino.
Smisi di suonare per un secondo, guardando oltre la mia spalla verso mia moglie incinta. "L'ho scritto per te." Non per il bambino. Non volevo scrivere nulla per quel bambino.
"Oh, per favore. L’hai chiamato Isabella Lullaby. E' per me e tua figlia e tu lo sai."
Lei voleva che amassi il bambino, ma non l'ho fatto. Non potevo. Isabella doveva prendere tutte quelle pillole ogni giorno ed il suo cuore ne pativa. Aveva perso peso durante l'ultima visita di controllo, il che aveva preoccupato molto sia me che il dottore. Il bambino le stava letteralmente succhiando la vita.
Isabella si alzò e si avvicinò al pianoforte. Si sedette accanto a me. Posò la sua mano delicatamente sulla mia coscia ed io ricominciai a suonare la canzone.
"Ho letto da qualche parte che la musica è un bene per lo sviluppo del cervello del bambino. Scommetto che questa bambina sarà intelligente come il suo papà" disse accarezzandosi la pancia con amore.
Questo è quello che faceva per me. Mi ricordava costantemente come il bambino sarebbe stato come me. Non volevo che fosse come me. Non avevo nemmeno voglia di pensarci.
Isabella capì il mio conflitto interiore. "Perché lo fai?" mi chiese.
Smisi di suonare. "Fare cosa?"
"Fai quella faccia ogni volta che parlo di nostra figlia." Allungò una mano sulla mia guancia e mi accarezzò con il dorso delle dita.
Scossi la testa e le presi la mano. La baciai sul polso nel punto in cui si sentiva il battito del cuore. Ogni battito del suo cuore era prezioso per me. "Non so di cosa stai parlando."
"Non è colpa del bambino, Edward."
Mi rifiutai di guardarla e fissai i tasti del pianoforte. Bianco e nero. Così semplice. Così semplice a differenza del resto della mia vita.
"Ti amo più di ogni altra cosa in questo mondo. Non riesci a capirlo?" dissi sfiorando i tasti con le dita. Isabella batté la mano sul pianoforte, facendo un suono forte e discordante. "Sei così frustrante!"
"Sono frustrante?" La fissai, lasciando che la mia rabbia la penetrasse lentamente. "Perché ti amo così tanto? Perché non posso sopportare l'idea di non averti nella mia vita? Perché tu sei l'unica cosa che voglio?"
Scosse la testa risentita. "Non pensi che ti amo?"
"Non ho mai dubitato che mi ami."
"Non pensi che ti amo tanto quanto mi ami?"
"Nessuno può amare qualcosa tanto quanto ti amo" risposi mettendole la mano sulla guancia.
Mi coprì la mano con la sua. "Ti sbagli." Fece scivolare le nostre mani verso il basso e le mise sul suo ventre tondo. "Lei ti amerà in un modo che non si può nemmeno immaginare."
Deglutii e fissai le nostre mani. Non avrebbe avuto importanza se Isabella non fosse sopravvissuta. Il bambino non avrebbe mai saputo di me. Così avevo deciso.
"Ti amo" ha continuato Isabella. "Ti amo tanto quanto mi ami e mi fa incazzare che pensi che non è possibile. Sono stata all'inferno e ritorno per te. Ho rischiato la mia vita e affrontato un folle psicopatico per te. Non hai idea di come mi sento! "
"Per favore non ti arrabbiare” la supplicai, avvicinandomi maggiormente a lei. "Lo sai che non devi agitarti.”
Mise nuovamente le mie mani sulla sua pancia. Le fissò mentre i suoi occhi cominciavano a lacrimare.
"Amo anche questa bambina. Io la amo più di quanto abbia mai pensato possibile. Non posso esprimere a parole cosa si prova ad avere una vita che cresce dentro di me. Non c'è nulla di simile. Non ci sono parole per descrivere quello che lei significa per me. Che cosa significa il nostro bambino per me.  Potrei uccidere per lei. Potrei correre in un edificio in fiamme per salvarla. Pensi di riuscire a capire? Non hai il monopolio del folle e travolgente amore lo sai? "
La mia bella Isabella mi guardò, sperando che avessi capito. Mi chinai e le baciai la fronte. Non volevo turbarla. Non dubitavo di lei o del suo amore per me. Lottavo contro la sua volontà di morire per questo bambino. Lottavo contro il fatto che lei amava qualcuno che non aveva nemmeno ancora incontrato, anche se sapevo che amava anche me. Purtroppo era chiaro, ero ancora il figlio di mio padre.
"Vi amo entrambi da morire, Edward" disse guardandomi con occhi tristi.
"Non hai idea di quanto io ci voglia credere" La baciai dolcemente in un primo momento, poi mi persi nella sensazione delle labbra di mia moglie sulle mie.
Appena la mia lingua scivolò nella sua bocca, il bambino iniziò a calciare nel punto in cui la mia mano era appoggiata sulla pancia della madre. Scalciò così forte che Isabella grugnì in risposta. Non avevo mai sentito il bambino muoversi prima. Mi ero rifiutato di toccarlo quando me lo avevano chiesto. Avevo osservato il sorriso di tutti gli altri e udito le loro risate quando lo sentivano. Tyler, Charlotte, Esme, Alice. Anche Jasper, Charlie e Emmett.
Isabella ridacchiò. «Credo voglia che smetti di baciarmi e che finisci di suonare il brano."
Risi. Risi veramente. Qualcosa che non facevo da molto tempo. Il bambino calciò di nuovo e mi fu difficile allontanare la mano. Forse stava cercando di dirmi qualcosa. Forse voleva solo sentirmi suonare. Il bambino non aveva colpe anche se io stesso lo avevo incolpato. Il nostro bambino, al massimo, era la vittima di tutta quella situazione. Se Isabella fosse morta, sarei stato un padre terribile senza mia moglie. Ne ero certo.
 
***
 
"Tuo padre è bravo. Credo che la mia parte preferita sia quella dei Flinstones!" esclama Emmett appena terminai di suonare.
"La Ninna nanna della mamma è la mia preferita."
Baciai la testa di Penny. "Perché non corri al piano di sotto e dice Charlotte che siamo pronti per uno spuntino? Scommetto che hai fame."
La mia bambina scivolò dalla panchina. "La mia pancia è veramente affamata!"
Saltellò fuori dalla stanza allegramente per fare quello che le avevo chiesto.
 
"Lascia il passato nel passato a cui appartiene, E." mi consigliò Emmett facendomi l’occhiolino.
Spinsi la panca lontano dal piano e mi alzai. «Lo so. Mi fa sentire così dannatamente colpevole, però. Ho solo un bambino sangue del mio sangue. Uno. E non ho avuto la possibilità di godere l'esperienza, capisci? Non ho avuto la possibilità di essere eccitato. Cazzo, so quello che ho fatto. Sai che ho quasi ... "
"Amico, ferma. Non si può cambiare. Non si può tornare indietro. Sì, fa schifo. Sì, era una merda e hai fatto alcune decisioni merdose mentre stavi attraversando il momento più difficile nel quale un uomo può passare. Ma ora hai Faith, e tu sei un buon padre, che la ama. Questo è quello che sa e quello che ogni giorno impara. In più, come hai appena detto, è quasi successo. Sappiamo entrambi che non saresti andato fino in fondo. So che non lo avresti fatto."
Mi stropicciai gli occhi con le mani. Aveva ragione. Ancora. Stava diventando fastidioso.
"Lei meritava di meglio, questo è tutto." Sì, la mia Pennylove meritava molto meglio di come mi ero comportato.
"Alla fine, ha avuto il meglio. Ricordatelo."
Beh, di certo mi ero comportato nel peggiore dei modi. Isabella, poche settimane prima che Faith nascesse aveva ben chiarito che non c’era nulla di peggio del mostro che ero.
 
***
 
Tornai a casa tardi dal lavoro. Mi nascondevo, usando il lavoro come scusa per non tornare a casa per cena. Cena, un pasto che consisteva in cibi senza sale o grassi, perché Isabella non poteva mangiare tutto ciò che facevano male al suo cuore. Cena, il momento in cui mi raccontava del bambino, cose che non volevo sapere. Cena, il momento in cui volutamente tralasciava dettagli su come si sentiva perché non voleva che mi preoccupassi. Lei mi proteggeva ed io ero impotente a fare lo stesso per lei.
Stavo parlando con Kate sul mio cellulare quando aprii la porta del mio ufficio a casa. Isabella era seduta alla mia scrivania. Aveva gli occhi rossi e gonfi come se avesse pianto troppo a lungo.
"Parlerò con voi di questo domani." Riattaccai e misi il telefono in tasca. “Qual è il problema? Perché hai pianto?"
La rabbia del suo tono non era ciò che mi aspettavo. "Quando Terry è venuto l'altra sera e voi siete venuti qui per parlare, di cosa stavate parlando?"
Sentii il mio cuore fermarsi. Non poteva saperlo. Terry doveva rispettare la privacy avvocato cliente. Terry non lo avrebbe detto a Isabella o a Tyler. Nessuno ne era a conoscenza.
Isabella parlò prima che riuscissi a trovare una buona risposta. "Giuro su Dio, che se stai cercando di dirmi una bugia o un modo per evitare di rispondere, io ti farò del male. Io ... ti lancerò qualcosa"
Afferrò il fermacarte di vetro a forma di globo che era appoggiato sulla mia scrivania. Quella situazione era così strana per il suo carattere che quasi scoppiai a ridere. Non risi, però, perché mi avrebbe sicuramente lanciato il globo sulla testa, non c'era dubbio.
"Mi ha portato alcuni documenti che gli avevo chiesto di elaborare” risposi onestamente.
Non mi mossi. Avrei voluto, ma non riuscivo a sollevare i piedi.
Vidi il suo mento cominciare a tremare. Volevo distogliere lo sguardo. Il suo dolore mi lacerava. Non riuscivo a sopportarlo, avevo già troppo dolore mio da sopportare. Chiunque diceva che lei sarebbe morta. Chiunque l’avrebbe uccisa, sarebbe morto per me. Io l’avrei cancellato dalla mia vita in un attimo.
"Che tipo di carte?"
"Perché vuoi saperlo?"
"Alice ha chiamato stasera, per chiedermi circa il Summer Bash. Aveva bisogno di sapere se avevi firmato il contratto con la società che farà lo spettacolo di luci. Ha detto che lo aveva messo sulla scrivania quando era qui lo scorso fine settimana." Tirò fuori una grande busta gialla dal cassetto accanto a lei.
I miei occhi si chiusero per il dolore al petto. Nessuno aveva detto niente. Aveva scoperto tutto da sola a causa della mia disattenzione. Avrei dovuto tenere le carte da qualche parte alla Masen Corp. invece di nasconderle nella mia scrivania di casa.
"Sono venuta qui per cercare i documenti per tua sorella. Ho pensato che non ti dispiacesse. Non abbiamo mai avuto segreti tra di noi." Il senso di tradimento che provava era chiaro. Lei detestava i segreti e quello era il più grande.
"Isabel-"
Batté il globo sulla scrivania così forte da farmi tacere. “Come puoi fare questo? Come puoi anche solo pensare di fare una cosa del genere?"
"Non posso farlo senza di te! Non posso! Lo so!"
Con mano tremante, si pulì la guancia bagnata. Quando mi guardò, sentii tutto il suo profondo dolore dentro il mio petto. "Tu vuoi che sia come se non fosse mai esistita?"
Sì ... no ... forse un po’ di entrambi. Volevo Isabella viva. Questo era tutto quello che volevo. Se non potevo averla, non volevo null’altro. Niente di niente.
Cercai di tranquillizzarla con il ragionamento che avevo usato su me stesso. "Vorrei che vivesse con la migliore famiglia possibile."
Il fuoco nei suoi occhi per la rabbia per quello che sarebbe successo mi fece trattenere il fiato. Si grattò la testa e tirò i capelli. "La famiglia migliore possibile? Lei ha già la migliore famiglia possibile!"
“No, se sei morta!" Ruggii, avvicinandomi come una furia alla scrivania che ci separava. Sbattei i pugni sul legno. Respiravo a fatica mentre il mio cuore tuonava nel petto. "Se muori, muoio! Non sarò di alcuna utilità per il bambino!"
"Sei così egoista! Tu sei così gretto e fottutamente egoista! La nostra famiglia ama questo bambino. Tutta la nostra famiglia vuole questo bambino. Se lo darai via, non ti potranno mai perdonare! Non ti potrò mai perdonare!"
"Tu sarai morta! I morti non distribuiscono perdono! I morti non fanno altro che marcire sotto terra!" Diedi di nuovo un pugno sulla scrivania, facendola saltare. "I morti non possono dire un cazzo sul modo in cui chi vive porta avanti la propria vita!" La zittii.
Mi fissava con la bocca aperta dallo stupore. Cercava nei miei occhi un qualche segno di rimorso o scuse per la durezza delle mie parole. Non ce n’era nessuno, tranne per il fatto che lo aveva scoperto. Lei non avrebbe mai dovuto scoprirlo. I documenti sarebbero importati solo se fosse morta. Se fosse morta, avrei dato il bambino in adozione subito. Non avrei potuto far parte della vita del bambino.
Si alzò in piedi e portò il polso alla bocca come per trattenere la sua emozione. La mano cadde al suo fianco e le sue parole furono dipinte di malinconia. "Non posso più farlo. Ho provato duramente, ma hai perso la tua mente. Non so come aiutarti, e ho troppo da fare per capirlo. Mi dispiace, avevo giurato che non ti avrei mai lasciato”. Sembrava addolorata per quello che stava per dire. Le lacrime cominciarono a cadere senza tregua. "Ma credo che, Edward Masen, io chiederò il divorzio e lotterò per l'affidamento esclusivo della nostra bambina prima che nasca. Non ti darò mai la possibilità di attuare il tuo orribile piano."
Si diresse verso la porta. Lasciandomi.
"Ho chiamato Jasper per venirmi a prendere. Ho bisogno di uscire da qui. Hai bisogno di stare da solo, in modo da poter capire quale sia la cosa giusta.”
Quella notte fu peggiore del giorno in cui l'avevo lasciata a Forks. Quella notte, Isabella tracciò una linea nella sabbia che non osai attraversare.
Sapevo cosa voleva dire ogni parola. La sua minaccia era reale e mi aveva strappato il cuore. Quella sera capii che la morte non era l'unica cosa che avrebbe potuto annullare le sue promesse.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***




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CAPITOLO 6

Settantadue secondi.
Tutto può accadere in settantadue secondi. Posso dire ti amo centocinquanta nove volte. Posso andare su e giù per tutte le scale nella mia casa per tre volte. Posso fare novantuno jumping jacks. Posso recitare l'alfabeto quattordici volte. Posso digitare the quick brown fox saltò sul cane pigro dieci volte. Settantadue secondi potrebbero non sembrare molto lunghi. Ma per me, settantadue secondi era una vita.
 
***
 
“Come mai non posso venire?" mi chiese Penny appena presi la mia giacca di pelle dal gancio.
"Papà ha bisogno di andare a vedere qualcuno, ma mi aspetto che aiuterai Lala a fare da babysitter a zio Emmett e zia Alice mentre non ci sono."
Storse la sua piccola bocca, poi sorrise. "Non posso fare la babysitter. Sono troppo grandi."
"Va bene, beh, allora forse puoi solo giocare con loro, in modo da tenerli lontano dai guai. Sai zio Emmett, diventa pazzo quando papà non è qui per assicurarsi che si comporti bene".
Penny ridacchiò. "Lui no!"
"Lo fa" dissi alzando le sopracciglia "Mangia tutti i miei snack di frutta quando non sono qui."
"Papà ..." la sua mano schiaffeggiò la mia spalla "... gli spuntini di frutta sono miei."
"I tuoi?” chiesi fingendomi sorpreso “No, naturalmente sei confusa, Pennylove. Gli spuntini di frutta sono miei."
"Sono miei."
"Sono abbastanza sicuro che Lala li compra per me."
"No!" Lei ridacchiò, il suo piccolo viso si illuminò di gioia pura. "Lala li compra per me."
"Per te?"
Lei annuì felice e mi si sporse in avanti per baciarla dolcemente sulla guancia.
"Bene. Sì, possono essere tuoi, ma devi condividerli con me. Ci vediamo tra un po’. Ti voglio bene."
"Ti voglio bene anch'io, papà." Mi abbracciò forte prima di iniziare a cercare uno dei tanti adulti in giro per casa.
Presi le chiavi dell’auto quando Alice appare dal nulla, facendomi trasalire. "Posso ancora venire con te."
Scossi la testa. "Resta qui. Io non ho un autobus, lo sai."
“Bene” rispose sconfitta con il sorriso traballante. "Uhm, io non voglio che ti arrabbi, così ho intenzione di dirti che-"
“Dov'è la mia piccola Faith?" disse cantilenante Esme con la dolcezza della sua voce mentre apriva la porta di casa seguita da Carlisle. Noto lo sguardo dispiaciuto di mia sorella.
Alice era un po’ in imbarazzo. "Ho detto a Esme che stavo venendo qui".
"Alice" gemetti. Sapevo che lo avrebbe fatto.
"Hey tu! Stai già uscendo?" Esme si avvicinò a me e mi avvolse in un grande abbraccio.
"Nonna!" Penny arrivò di corsa dal fondo del corridoio, seguita da un Cupcake scodinzolante.
"C'è la mia bella ragazza!" Esme mi lasciò andare e prese mia figlia.
Feci il giro intorno a loro per arrivare al cane, che era praticamente attaccato al mio povero zio. "Cupcake, smettila!" La colpii per convincerla a smettere di saltare sulla gamba di Carlisle.
Carlisle si chinò e diede al cane una pacca sulla testa, compiacendo a non finire lo stupido cane.
"Alice ha detto che andava bene se fossimo venuti. Va bene, non è vero?" Sapeva, per buone ragioni, di dover sospettare di mia sorella.
L’abbracciai salutandolo. Non c'era motivo di farne una tragedia "Va bene."
Notai le tantissime borse piene di regali in mano a mio zio. "Quelli meglio non siano per chi vive qui."
Si strinse nelle spalle. "E' il vantaggio di essere un nonno. Non riesce a trattenersi." Disse indicando la moglie.
“Oh, Edward! Andiamo. Tu, di tutte le persone, non puoi trovarmi da ridire".
Aveva pienamente ragione. L'animale fastidioso ai miei piedi era la prova della mia incapacità di controllare il mio bisogno di compiacere coloro che amavo. Sospirai.
"Sto uscendo. Torno in un'ora o giù di lì."
"Saremo pronti ed in attesa” replicò Esme. "Giusto, Faith?"
"Sì!"
Diedi un bacio sulla fronte della mia Pennylove e uscii di casa.
Cercai di rilassarmi gustandomi la quiete fuori dal manicomio che era casa mia, anche se andare al cimitero non era l'alternativa più piacevole.
 
Lake View Cemetery era ad ovest del Lago di Washington. Un enorme cimitero, molto più grande di quello nel quale i miei genitori sono stati sepolti a Chicago. Tenuto abbastanza bene, gli alberi e le piante sempre potati e tagliati ed un sacco di spazio aperto e statue interessanti da vedere mentre si camminava tra le lapidi. Ci sono alcune tombe molto vecchie dato che il cimitero risale al 1872. Vi è sepolto Bruce Lee, così come anche suo figlio.
Parcheggiai la macchina e saltai fuori. Non mi piaceva visitare il cimitero, ma non potevo farne a meno perché, dopo ogni visita, mi sentivo un po’ meglio. Andare a trovarlo al cimitero era come fargli sapere che non lo avevo mai dimenticato. Scossi la testa. Come potevo dimenticarlo. Non avrei mai potuto dimenticare. Alcuni eventi nella vostra vita sono indimenticabili, come anche alcune persone.
Camminai lungo il percorso che portava alla tomba che ero venuto a visitare. Mi sentii male quando vidi dei fiori su una lapide. Non avevo mai portato dei fiori. Sapevo che sarebbero appassiti in uno o due giorni e che qualche povero giardiniere avrebbe dovuto buttarli via. Sapevo anche che non ero l’unico a venire a fargli visita. Avevo trovato, in altre occasioni, dei fiori sulla sua tomba. Fiori che aveva lasciato qualcuno che era venuto a rendergli omaggio. Sapevo che una persona in particolare era venuta molto più spesso di me. Io venivo in visita solo due volte l'anno. Una volta per ogni data sulla lapide.
Raramente andavo a visitare le tombe dei miei genitori a Chicago. Soprattutto perché era lontano e non avevo molte occasioni di andare a Chicago. L'ultima volta che ci ero stato fu nella primavera del 2012. Avevo portato Isabella per "incontrare" mia madre. Lei mi insegnò quel giorno a parlare con i morti. Era così nervosa.
 
***
"E' così ventoso qui. Non c'è da stupirsi che chiamano questo posto The Windy City".
"Non è poi così male, Isabella."
"I miei capelli sono un disastro totale" disse mentre cercava di lisciare i capelli e posizionarli dietro le orecchie per la centesima volta.
Afferrai la sua mano. "Baby, nessuno sta guardando i tuoi capelli. Non c'è nessuno qui, solo io e te."
Scosse la testa per la sua stupidaggine. "Hai ragione. Non so perché sono nervosa… tua mamma non può disapprovarmi, vero?”
"Se mia madre non avesse voluto che stessimo insieme, avrebbe inviato una gigantesca onda sulle isole Figi. Penso che la nostra unione le piaccia" Riuscii a farla ridere ed io risi con lei.
Camminammo fino al punto sotto l'albero di mela selvatica in fioritura. I miei genitori erano sepolti fianco a fianco. Condividevano una lapide. Cercai di non guardare la parte di mio padre.
La parte di mia madre era stata incisa con “Amata moglie, madre, sorella”. Nella parte di mio padre vi era semplicemente scritto il nome, la data di nascita e di morte. Era quasi pietoso, se avessi potuto provare pietà per l'uomo che aveva cercato di uccidermi.
Isabella non mi lasciò mai la mano mentre stavamo di fronte al lato dove era sepolta mia madre.
"Non so mai cosa fare quando vengo qui” ammisi.
"Non parli con lei?"
"Non so cosa dire.” Era vero. Che cosa si poteva dire alla madre morta che lei già non sapeva? Se c'è un paradiso o qualsiasi altra cosa, non stava già guardando giù verso di me?
"Basta parlare con lei. Senti se ti piace." Isabella lasciò andare la mia mano e si accucciò. "Ciao, Mrs. Masen. Il mio nome è Bella e sono innamorata di tuo figlio. E' un bel ragazzo, meraviglioso. E' un uomo buono. Ci tengo che tu lo sappia. Sono sicura che non si è mai vantato di se stesso in questo modo. Gli piace parlare del suo denaro e della sua intelligenza, ma è il cuore che conta davvero. E lui ha un bel cuore. "
Lei era il mio cuore. Se era bello, era perché apparteneva completamente a Isabella.
Mi chinai su un ginocchio e presi di nuovo la sua mano nella mia.
"Ciao mamma." Mi sentivo così stupido a parlare con l’erba. "Quindi, lei è Isabella. Mia moglie. Mi sono sposato. Anche Alice si è sposata. Ci stiamo comportando molto bene ... credo." Era così strano parlare con una persona morta. Guardai Isabella. Era sorridente e mi strinse la mano.
"E 'stato un bel matrimonio" ha aggiunto. "Entrambi lo sono stati. Beh, tutti e tre in realtà. Edward ed io abbiamo dovuto sposarci due volte perché il primo che abbiamo fatto eravamo da soli e sono sicura che tu sappia come Alice l’abbia presa".
Non potei fare a meno di ridere. Sì, avevamo celebrato due matrimoni. Uno per noi e uno per tutti gli altri. Il primo è il mio preferito, però. Nulla potrebbe superare quel giorno nella mia mente.
"Ho sposato una donna incredibile, mamma. Lei ti piacerebbe, perché ti assomiglia tantissimo" La mia gola si chiuse. Mia madre avrebbe amato Isabella. Esme si era affezionata subito a lei e mia madre ed Esme andavano d'accordo su molte cose. Vidi le guance di mia moglie arrossire. Non riusciva ancora a non arrossire ai complimenti.
Rimanemmo in silenzio per un po’ con il vento che soffiava nei capelli. Faceva abbastanza caldo per essere un giorno di primavera a Chicago. La brezza rendeva il clima tollerabile. Mi concentrai sulla sensazione delle dita di Isabella intrecciate alle mie e ascoltai gli uccelli sugli alberi.
"Volevo anche che sapessi che Edward mi rende felice e ti prometto che mi prenderò cura di lui."
Mia mamma sarebbe stata felice di saperlo. Aveva sempre voluto che diventassi una persona in grado di rendere felici gli altri. Sarebbe stata felice di sapere che stavo con qualcuno buono come la donna che ha promesso di passare la sua vita con me. Isabella era meglio di quanto meritassi. Volevo credere che mia madre fosse fiera di me. Alice e io eravamo la sua eredità.
"Mi manchi" sussurrai, sorpreso dall'emozione cucita in quelle parole.
Mi alzai e tirai a me Isabella. Mi incamminai, ma lei non si mosse.
“E lui?” Guardò la parte di mio padre e poi me, in attesa.
“E lui?”
"Non vuoi dire qualcosa a lui?"
Scossi la testa. Non c'era niente da dire. Non che non riuscissi a pensare a nulla, semplicemente non avevo nulla da condividere con lui. Lui non se lo meritava.
"Voglio solo dire un paio di cose. Non devi rimanere se non vuoi" disse, lasciando andare la mia mano e muovendosi verso l'altro lato. Non smetteva mai di sorprendermi. Io certamente non avevo intenzione di allontanarmi senza ascoltare quello che aveva da dire all'uomo che mi odiava.
"Ti aspetto qui."
Isabella annuì e poi si inchinò come aveva fatto quando parlò con mia madre.
"Ciao, sono Bella. Volevo solo dirle due cose. In primo luogo, mi dispiace. Qualcosa di veramente terribile deve esserle accaduto per farvi diventare così orribile. Si è perso la possibilità di amare due delle persone più incredibili che io abbia mai incontrato. I vostri figli sono persone che vale la pena conoscere e vale la pena di amare. Voglio anche dirvi grazie. Grazie per aver dato a tua moglie il dono dei figli anche se non li volevi. Godo il beneficio di tale decisione tutti i giorni. Beh… grazie. " Fece per alzarsi, ma poi si accucciò di nuovo “Uhm, e spero che tu sia all'inferno, anche se non penso serva a qualcosa, e pensando che mi hai dato Edward, spero anche che tu non sia all’inferno. Ok, questo è tutto."
Rimasi in stato di shock mentre si alzava e prendeva il suo posto accanto a me. La sua mano afferrò la mia. La fissai meravigliato.
"Sei davvero stramba, lo sai?"
"Sei davvero stramba. Lo sai che?" ribatté lei.
"Ti dispiace e grazie? Questo è quello che volevi dirgli?"
"E andare all'inferno…". Le sue sopracciglia si stropicciarono nel modo più adorabile.
Feci una risata e sospirai. "Sei troppo gentile, soprattutto con coloro che non lo meritano, tesoro." Le baciai la testa e la tirai verso la macchina. Non lo dissi, ma c'era una piccola parte di me che sperava che lui non fosse all’inferno. Certo, c'era una parte molto grande che sperava invece che lo fosse, siamo onesti, non sono gentile come la mia bella moglie.
 
Feci la strada, appena passato il grande salice, verso la tomba che stavo cercando. Sentivo l'odore di pioggia nell'aria. Speravo si tenesse a bada fin quando non avessi finito la visita. Non avevo preso un ombrello, anche se sembrava che dovesse piovere ogni volta che facevo quella visita. In piedi accanto alla grande lapide di granito presi un profondo respiro. Allontanai alcune foglie marroni e avvizzite dalla base. Avevo comprato un costoso monumento verticale. Non aveva nessun angelo raccapricciante o sculture eccessivamente ornate, ma era un memoriale adatto.
"Sono io" annunciai. Mi sentivo ancora così dannatamente stupido a parlare con una tomba.
"Buon compleanno. So che non ti è mai piaciuto veramente festeggiare il tuo compleanno. Non ti piaceva essere al centro dell'attenzione. Quindi, non c'è molto da dire, credo.” Aprii completamente la giacca e misi le mani fredde nelle tasche frontali. "Rimarresti stupito di quanto sia diventata grande Faith. Lei è così alta. E’ difficile credere che fosse una piccola piccola bambina, lo sai?" Iniziavo sempre parlando di Faith. Non so il perché. Probabilmente perché era più facile parlare.
"Lei è così intelligente ed in realtà a volte mi spaventa. Ama guardare Discovery Channel e mi pone domande su come le persone fanno a costruire i computer e le matite. E 'curiosa di tutto. Sto aspettando il giorno in cui mi farà imbarazzare perché so per certo che arriverà. Prima o poi mi chiederà qualcosa al quale non saprò rispondere e l'immagine che ho costruito di ragazzo più intelligente che conosce verrà distrutto." Mi misi a ridere, sapendo che era la verità.
"Essere un padre è così strano. Non credo che si possa mai immaginare quanto sia meraviglioso e difficile allo stesso tempo. Sarebbe stato bello se tu o qualcuno mi fosse stato vicino. Tutti mi dicono che sto facendo un buon lavoro, ed è bello sentirselo dire. Credo, però, che Faith sia una persona spettacolare di suo e non per la mia influenza."
Alzai gli occhi al cielo, assicurandomi che le nuvole di pioggia non volessero scatenarsi su di me. Il cielo si stava facendo sempre più scuro di minuto in minuto. Sapevo che non avevo più molto tempo.
"Sto divagando. Mi dispiace. Dovrei arrivare al punto, giusto? Beh, mi manchi. Non hai idea di quante persone hanno cercato di convincermi a riempire il posto che hai lasciato nella mia vita, ma sei semplicemente insostituibile. Ho pensato. Lo ammetto, ho anche pensato ad alcune persone. Alla fine, non credo che esista qualcuno che possa sostituirti. Eri così tanto per me, molto più che il mio braccio destro. Tu eri il mio amico. Il mio confidente. Persone come te non si trovano facilmente. "
Toccai il granito fresco, le mie dita sfiorarono la parte superiore della lapide. No, nessuno avrebbe potuto sostituire quello che avevo perso. Alcune persone erano troppo importanti. Troppo speciali da sostituire.
"Stavo pensando a mio padre oggi. Ho pensato a come non mi ha mai veramente insegnato qualcosa. Forse ho preso alcune cattive abitudini da lui, ma non è mai stato il mio mentore. Non mi ha mai offerto una guida o cercato di farmi mettere in discussione le cose in modo da non agire d'impulso. Lo hai fatto tu, Alec. Sì, eri più di un padre per me. Mio padre non lo è mai stato. Sono stato così fortunato ad averti avuto nella mia vita. Gli uomini come te e Carlisle mi fanno capire che la condivisione del DNA con qualcuno non fa di te un padre. Una figura paterna guadagna il suo titolo attraverso il suo amore e le sue azioni. Non avete idea di quanto tu sia stato importante per me".
 
In verità, non potrei mai ringraziare abbastanza Alec per essere stato l'uomo che era e per avermi fatto far parte della sua famiglia. Lui era sempre lì per me anche quando ero un dolore enorme nel suo culo. Non era facile lavorare con me, in particolar modo prima di incontrare Isabella. Alec mi rispettava e si curava di me quando non ero rispettabile. Ho fatto uno sforzo per capire che la vita non è una cosa scontata e imparare a viverla. Avrei dovuto essere io in quella macchina quella notte. Lo dovevo a lui di vivere la mia vita. Mi sentivo come ho fatto la maggior parte del tempo.
"Oggi è un grande giorno" iniziai mentre un fulmine attraversava il cielo. Merda. Stava per cominciare a piovere. Il vento cominciò a salire. Mi maledissi per non aver portato un ombrello. "Sono sicuro che lo sai. Penso che tu e mia mamma mi guardate. Spero che vegli su di lui, anche." La pioggia cominciò a cadere, e sapevo che dovevo tornare alla macchina in fretta prima di inzupparmi.
Corsi attraverso il cimitero e saltai in macchina prima che le nuvole scaricassero la pioggia. Accesi i fari ed i tergicristalli. Tuoni e fulmini crescevano e lampeggiavano insieme. Era un gran giorno. La mia vita stava per cambiare… di nuovo. Appoggiai la testa contro il poggiatesta. Alec e Carlisle mi avevano preparato per questo giorno più di quanto avessero mai pensato. Non c’era il buio ad avvolgere questo giorno. Non era come il giorno in cui nacque la mia Pennylove.
 
***
 
"Signor Masen, perché non seguite vostra figlia?" Un infermiere alto e snello stava cercando di prendere il mio posto accanto a Isabella.
"Non lascio mia moglie! Che cosa sta succedendo?"
Medici e infermieri erano in movimento e parlavano. Erano agitati e gridavano cose su pressione sanguigna ed edema polmonare. Isabella smise di tossire, ma aveva ancora tutto il sangue sulle labbra. Mi girava la testa. Stava morendo. Dovevano salvarla. Doveva salvarsi.
Le avevo promesso che non avrei ceduto i miei diritti su nostra figlia. Avevo promesso a mia sorella, mia zia, mio zio che avrebbero fatto parte della vita del bambino indipendentemente da ciò che fosse accaduto. Avevo giurato a tutti loro. Avevo fatto l'accordo, ma lei aveva anche fatto delle promesse. Isabella aveva promesso di non morire. Aveva promesso.
"Spingere il Nitropress», disse qualcuno. Le iniettarono il farmaco. Le macchine continuavano a far rumore. I medici parlavano ad alta voce, non litigavano ma sicuramente cercavano di decidere chi potesse essere il responsabile della situazione.
"Isabella" gridai, spingendo via l'infermiere che si trovava tra noi. Doveva guardarmi. “Non mi lasci, cazzo. Mi hai sentito? Isabella!"
"Signor Masen si sposti, per favore." Sentii uno dei medici. Io non volevo andarmene. Non potevano farmi allontanare da lei. Due persone, un uomo e una donna, in piedi su entrambi i miei lati mi misero una mano sulla spalla.
"Isabella!"
Lei però non mi guardava. I suoi occhi stavano ruotando all'indietro. La macchina per il monitoraggio del suo cuore iniziò a far rumore. Fu un segnale acustico prolungato. Guardai verso il monitor e vidi la linea piatta.
"Asistolia!"
"Iniziate con le compressioni e prendete il defibrillatore!"
Il battito cominciò a muoversi al rallentatore, anche il mio cuore aveva smesso di battere. I miei occhi si muovevano avanti e indietro tra la donna sul letto e la linea piatta sullo schermo. Era morta. La mia più grande paura si era realizzata. Morta. In qualche modo un milione di pensieri attraversarono la mia testa come un tornado infuria attraverso un campo aperto, un vortice di confusione e dolore.
 
Io ti amo.
Non posso fare questo.
Io non posso sopravvivere. Hai promesso. Ti odio.
Hai detto che hai amato anche me tanto da morire. Uccidimi.
Io ti amo.
Non posso perderti. Portami con te. Non andare.
Te l'avevo detto che sarebbe successo. Non ti dimenticherò mai.
Io ti amo.
Come hai potuto?
Questo non doveva succedere.
Ti Vorrò sempre.
Nemmeno per sempre basterebbe. Ciò che abbiamo avuto non è sufficiente.
Io ti amo. Io ti amo. Io ti amo.
 
Molto può accadere in settantadue secondi. In settantadue secondi, mi veniva in mente un milione di pensieri. Potrei morire mille morti. Potrei perdere l'amore della mia vita. Settantadue due secondi poteva sentire come una vita.
Isabella era morta. Il suo cuore aveva smesso di battere. Aveva smesso di respirare. Aveva rotto la sua promessa.
Guardai quando misero le piastre sul petto e scioccarono il suo cuore malato, facendole sollevare dal letto dell'ospedale la parte superiore del corpo. Guardai con orrore come gli allarmi continuavano a squillare. Le infermiere cercarono di togliermi dalla stanza, di allontanarmi dalla mia unica ragione di vita.
"Andiamo a vedere sua figlia, signor Masen. Sua figlia ha bisogno di lei adesso."
Mia figlia? Mia figlia aveva bisogno di me? Aveva ucciso Isabella. L'abbiamo uccisa. Io e la bambina. Abbiamo ucciso la cosa migliore che mi sia mai capitata.
Diedero ancora una scossa al cuore. Il suono mi fece rabbrividire tutto il corpo.
"Ritmo sinusale normale” disse qualcuno, e vidi che sulla linea piatta cominciavano a formarsi piccoli picchi. La macchina iniziò di nuovo a emettere il segnale acustico Bip per ogni battito del suo cuore.
"Portiamola in sala operatoria” ordinò il cardiologo.
 
Settantadue pochi secondi. Mia moglie era morta per settantadue secondi. Poi è tornata a vivere.
 
L'orologio in macchina mi disse che erano già passate le quattro. Dovevo percorrere meno di dieci miglia per arrivare alla mia prossima destinazione. Mi ci volle un po’ più di quindici minuti. Ero giusto in tempo. Anzi arrivai in anticipo.
Tirai fuori il telefono e digitai un messaggio di testo.
Mi sei mancata più di quello che avrei immaginato.
Sorrisi, conoscendo la reazione che avrebbe ottenuto. Digitai un ulteriore messaggio.
Ed entrambi sappiamo come possa essere fuori controllo la mia immaginazione di solito ...
Con così tante distrazioni, non ero sicuro che avrebbe acceso il suo telefono cellulare prima di arrivare. Nel caso in cui lei lo facesse, doveva saperlo. Mi sentivo perso senza di lei. Anche se era solo per poche settimane.
Inferno. Settantadue due secondi erano troppo lunghi per me.


 
Ho letto tutte le vostre recensioni e sono contenta di avervi reso felici!
Ma un grazie va anche a DenisM che mi ha convinto a condividere con voi questa traduzione!!!!
GRAZIE a tutte... ancora due capitoli e le domande che ci hanno assillato per anni avranno le risposte!!!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Devo avvisarvi, la traduzione di questo capitolo è stata tutto tranne che facile! Alcune parti ho dovuto adattarle... quindi spero che vi piaccia comunque e so che ci sono alcuni errori e parti che non sono in italiano corretto, ma il senso si capisce... almeno spero!!!
BUONA LETTURA!!!
 
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CAPITOLO 7

"Scommetto che non vorrà nemmeno parlare con me. Scommetto che ho appena sprecato cinque ore della mia vita."
"Non essere così melodrammatica" disse Jasper lanciando il tovagliolino di carta accartocciato alla sorella.
"Sai cosa?" scattò indietro. "E’ più facile dimenticare quando pensi di averlo perso."
Jasper si alzò e si sedette accanto alla sorella. Posò la sua mano su quella della sorella che aveva appoggiata sul grembo. "Nessuno sa quello che succederà. Almeno si può dire che si è tentato, giusto? Vuoi davvero passare il resto della tua vita a chiederti come sarebbe stato se avessi fatto una scelta diversa?"
Rosalie si morse il labbro inferiore. "Avrei dovuto chiedergli di venire a New York con me, ma avevo troppa paura che mi dicesse di no."
“Chiediglielo e so che ti darà la possibilità" dissi, intromettendomi nel momento fratello / sorella.
Rose mi guardò meravigliata. "Tu pensi?"
"Come ti ho detto ieri sera: gli manchi. Stava per impazzire quando hai mentito dicendo di aver trovato qualcun altro, e sarà sollevato dal sapere che non sei davvero andata avanti. Ha trascorso un lungo periodo a rimuginare sulle stesse cose sul quale hai rimuginato anche tu. Sarà un bene per tutti e due vedervi ed essere onesti l'un l'altro."
"Sembra che arriveremo con alcuni minuti di ritardo, Mrs Masen. Ci sono delle forti tempeste oltre Seattle" Griffin annunciò attraverso l'altoparlante.
Ognuno emise un sospiro frustrato. La mia testa cadde contro il sedile. Qualche minuto sembrava un'eternità. Era stato molto più difficile di quanto immaginassi stare lontana da mio marito e mia figlia per quasi tre settimane. Skype era di aiuto ma non mi permetteva di abbracciarli e baciarli. Tutto ciò che volevo era stare con tutta la mia famiglia sotto lo stesso tetto; insieme, completa, intera.
"Non ti preoccupare, tesoro», disse mio padre, capendo la mia frustrazione. "Sono sicuro che tuo marito userà la sua influenza per spazzare via in un attimo quelle nuvole."
Lo colpii sul braccio. Pensava di essere molto divertente. Tutti, compreso Edward stesso, pensava di avere più potere di quello che aveva veramente.
"Il che mi ricorda un articolo scandalistico che insinuava che abbiamo ricevuto un trattamento speciale perché siamo i Masen, ed ho intenzione di far male a qualcuno." Non c'era alcun trattamento speciale in Nigeria; infatti, mi sono sentita come se ci fosse stata più burocrazia per ottenere il permesso perché l'illustre Edward Masen era coinvolto.
"Ricordi lo scandalo di Madonna di qualche anno fa? Come allora, ci si concentrerà soprattutto su Edward e non su di te ", disse Rosalie in un maldestro tentativo di farmi sentire meglio. "Sai, visto che è famoso e tu non lo sei."
Cercai di ricordare il motivo per cui ho pensato che fosse una buona idea riportarla a Seattle con noi. Forse Emmett non cambierà idea e Rosalie dovrà tornare dall'altra parte del paese.
Avevamo incontrato Rosalie alla cena della sera prima. Jasper e io credevamo di trascorrere l'intera serata ascoltando quanto amava New York e la sua vita glamour. Una bottiglia di vino è stata sufficiente e la donna era in lacrime a dirci quanto era pentita della scelta di un anno e mezzo prima ed di quanto fosse ancora perdutamente innamorata di Emmett. Aveva mentito sulla presenza di qualcun altro, pensando che avrebbe reso le cose più facili a Emmett aiutandolo ad andare avanti senza di lei. Jasper la incoraggiò a chiamare Emmett e io stupidamente le offrii di riportarla a Seattle con noi.
Per quanto fastidiosa potesse essere Rosalie, sapevo che in fondo Emmett era ancora perdutamente innamorato di lei. Era passato quasi un anno da quando avevano rotto, ma sapevo che non aveva cercato nessun altra per un motivo. Probabilmente ho capito. Rose era l’Edward di Emmett. Alcune persone non pensavano che mio marito fosse una bella persona e non riuscivano a vedere come sarei riuscita a creare qualcosa con lui e le sue... fobie. L'amore è cieco. Non tiene conto dei torti secondo la Bibbia. Ovviamente, secondo me, Emmett era in lizza per la santità. Era innamorato di Rose e il miglior amico di Edward. O era un santo o era folle.
"Liam, puoi inviare un’e-mail a Edward per informarlo che arriveremo in ritardo?" Avevo le mie mani piene mentre lui stava già giocando sul iPad.
"Certo" rispose con un sorriso comprensivo. Un sorriso da Liam era ancora raro, ma con il tempo ero riuscita ad ottenerne alcuni ogni tanto.
Ero contenta di aver trascorso con lui le ultime settimane. Tyler e Emmett erano stati in servizio la prima parte del viaggio, quando Edward e Faith erano con me. Ma non riuscii a chiedere loro di rimanere un altro mese. Tyler aveva bisogno di tornare a casa da sua moglie, proprio come Edward bisogno di tornare a casa a causa del lavoro. Doveva lavorare su qualche grande progetto per la CIA o dell'FBI o un’agenzia all'interno del governo. Non ero davvero arrabbiata. La verità era che anche Faith aveva bisogno di tornare a casa. Voleva andare a scuola materna e rivedere i suoi amici. Voleva rivedere Charlotte e il resto della famiglia. E naturalmente dove va Edward, Emmett lo segue.
Edward era Edward e mi aveva lasciata insieme a Liam, mio padre, e Jasper. Il Lagos ed i suoi sette milioni di abitanti uniti agli avvertimenti da parte del governo degli U.S.A. sui rapimenti e gli attacchi in Nigeria lo avevano oltremodo preoccupato. Mi aveva lasciato un seguito che rimaneva con me in ogni momento. Sempre iperprotettivo. Sempre che prendeva tutte le dovute sicurezze fino all’estremo. Edward non sarebbe mai cambiato, ed andava bene per me perché lo amavo esattamente così.
 
Avevamo comprato una casa a Victoria Island lo scorso anno, rendendo più facile il nostro soggiorno quando abbiamo portato la Faith con noi. L'Ambasciata degli Stati Uniti e il Consolato si trovavano entrambi lì e per qualche ragione, questo aveva fatto sentire Edward come se fossimo più sicuri che sulla terraferma.
Era sicuramente una zona benestante e il principale centro commerciale e finanziario di Lagos. Non ho mai sentito nulla di cui preoccuparsi.
La Nigeria era diventata importante per me quando ho scoperto che la maggior parte dei bambini non era mai andato a scuola. Oltre otto milioni di bambini in Nigeria non hanno mai frequentato la scuola. Dovetti ammettere, che essere sposata con un multi-miliardario aveva i suoi vantaggi. Quello che mi ha permesso di fare in modo che quel numero diminuisse. La Fondazione di Elizabeth Masen aveva costruito scuole, finanziato altre, aiutato altre organizzazioni che erano già occupate a fare lo stesso.
Ho creduto di essere stata mandata in Nigeria per un motivo. Ho pensato che fosse per contribuire a portare l'istruzione a coloro che non hanno avuto le opportunità che spesso diamo per scontato negli Stati Uniti, ma la vera ragione si intrufolò in me.
Oltre due anni prima, feci amicizia con una donna che cambiò la mia vita. Una donna che ha combattuto una battaglia non dissimile da quella che ho combattuto nei nove mesi in cui ero incinta di Faith. Io, per fortuna, ho vinto la mia battaglia. Ho dato alla luce mia figlia e sono sopravvissuta. Kikelomo Okoro non è stata così fortunata. Ha vissuto abbastanza a lungo per partorire, ma morì meno di due settimane più tardi.
Quando ho incontrato Kikelomo, era una diciottenne dagli occhi brillanti, che ha condiviso la sua storia con me a una funzione EM Foundation. Era quello che avevo considerato una storia di successo. I suoi genitori erano entrambi defunti e lei non aveva fratelli. Lei era stata cresciuta dalla nonna anziana e aveva rinunciato alla sua educazione per poter lavorare e sostenere entrambe. Per fortuna, aveva attirato l'attenzione di un insegnante americano inviato dalla nostra fondazione, che la convinse a non mollare. Quando ci siamo incontrate, lei stava studiando per diventare insegnante, grazie alle borse di studio che la Fondazione EM aveva fornito. C'era qualcosa in lei che mi parlò, e diventò il volto della nostra iniziativa in Nigeria. Abbiamo parlato spesso e lei mi inviava via email regolarmente.
Due giorni dopo aver compiuto vent'anni Kikelomo scoprì di essere incinta. Era senza una famiglia che potesse aiutarla ed il padre di suo figlio era sconosciuto, mi sono così trovata a voler aiutare. Lei non avrebbe accettato alcun sostegno finanziario da parte mia o di Edward. Era troppo orgogliosa. Ho continuato a leggere le sue lettere mentre vivevo a Seattle. Quasi un anno fa, ricevetti una e-mail che mi lasciò in lacrime. Kikelomo lamentava di essere molto stanca. Disse che il suo medico pensava fosse anemica. Le fecero d’urgenza un CBC e scoprirono che il male era troppo esteso… Fase III di cancro cervicale.......
Lei era di quattordici settimane di gravidanza.
La sua decisione di continuare con la gravidanza è stata molto simile alla mia. Non c'era alcun dubbio nella sua mente che avrebbe visto la gravidanza. Il cancro si era spietatamente portato avanti come la gravidanza. Cominciò a diffondersi e la lasciò con poco da fare se non pregare che potesse partorire prima di morire. Era incinta di quasi otto mesi, quando finalmente mi chiese qualcosa. Kikelomo non chiese soldi o medici di fantasia, anche se glieli avevo offerti e avevo consultato il meglio del meglio appena tornata negli Stati Uniti. Lei non chiese nulla per se stessa. Chiese che Edward ed io ci prendessimo cura del suo bambino.
Kikelomo conosceva la nostra storia. Dopo la nascita di Faith e la mia morte sfiorata, era quasi impossibile convincere Edward a farmi avere un altro bambino. Aggiungendo ad essa il rischio di coaguli di sangue associati alle valvole cardiache meccaniche, io ero destinata ad essere la madre di un solo figlio nato naturalmente. Avevamo parlato di surrogati, ma abbiamo deciso che non era la strada che dovevamo prendere. L'adozione era una parola che stavamo appena cominciando a pensare quando Kikelomo ci ha chiesto di prendere il suo bambino nel caso fosse morta. Essendo un’eterna ottimista, ho creduto che poteva battere questa orribile malattia dopo che il bambino fosse nato, ma ho accettato di prendermi cura del bambino come fosse mio se lei non poteva.
Quasi tre mesi fa, durante un cesareo programmato, il bambino è nato. Un bambino che io ed Edward prendemmo subito in custodia dato che sua madre era troppo malata per prendersi cura di lui. Il tumore era progredito così tanto che Kikelomo non ha mai lasciato l'ospedale. Ero ancora in lutto per la perdita di un’amica e di un spirito bello.
Dal momento che Edward e io eravamo stati nominati tutori legali nella volontà, le cose avrebbero dovuto essere più facili di un adozione normale, ma ero sposata con Edward Masen - niente era semplice nel suo mondo. Forse la cosa migliore che fece Kikelomo fu rifiutare il denaro che io ed Edward le avevamo proposto. Edward ha pagato per il suo funerale e la sepoltura, ma questo è tutto. Abbiamo dovuto fare un colloquio con Diane Sawyer mese scorso per riuscire a zittire tutta la stampa negativa che insinuava che avevamo comprato un bambino da una donna morente. Ho permesso l'intervista solo per fare conoscere al mondo la donna straordinaria che era Kikelomo e per evidenziare il lavoro della Fondazione EM. Non mi interessava davvero quello che il mondo pensava di me. Almeno, io sapevo che non doveva importare.
 
"Stiamo attendendo l’autorizzazione all'atterraggio. Si prega di assicurarsi di avere la cintura di sicurezza allacciata." Marcie, l'assistente di volo, arrivò attraverso il corridoio per controllarci tutti per l'ultima volta.
Guardai fuori dalla finestra appena il mondo sottostante fu visibile. Arrivammo attraverso le nuvole e le luci di Seattle brillavano vivacemente. Era così vicino che riuscii a sentire la presenza di Edward. Sentivo la discesa del carrello di atterraggio e strinsi la mano di mio padre, appena toccammo terra. Eravamo a casa. Finalmente a casa.
La cosa migliore del mio entourage era che non ho mai dovuto alzare un dito. Papà e Jasper trasportavano le valigie. Liam il seggiolino d’auto e la borsa dei pannolini. Rosalie si era offerta di tenermi il mio cappotto.
Avevo le braccia solo per una cosa… il mio dolce bambino.
Vidi la Mercedes non appena scesi dall'aereo. Piovigginava, così coprii la testa del bambino con la coperta che lo avvolgeva. Edward saltò fuori del SUV e il mio cuore perse un battito. Giacca di pelle marrone, capelli scompigliati splendidamente ed i jeans che lo avvolgevano perfettamente. Non ho potuto scendere le scale abbastanza velocemente.
Ignorando tutti gli altri, corse diretto da me e il bambino avvolto tra le mie braccia.
"Bentornata a casa, amore mio ".
"Mi sei mancato" risposi, afferrandolo saldamente con la mano libera.
"Mi sei mancata di più. Fidati di me." Mi baciò dolcemente prima di dare un bacio sulla testolina al bambino. "Ehi, big boy anche tu mi sei mancato."
Ci dirigemmo verso la macchina, un passo più vicino ad essere di nuovo una famiglia completa. Liam e Jasper misero alcuni bagagli all’interno della macchina. Non ci sarebbe stato abbastanza spazio per tutto.
"Rosalie, piacere di vederti di nuovo” disse Edward, aprendo la portiera della macchina per lei.
"Grazie" disse esitante. Le cose non sono mai stati molto amichevole tra Edward e Rosalie dopo quello che è successo quando abbiamo scoperto sulla condizioni del mio cuore. Aggiungete ancora la rottura del cuore del suo migliore amico… rimasi anch’io sorpresa nel vederlo così gentile. "E bello rivederti. Congratulazioni, tra l'altro."
Lui sorrise e fece un rapido cenno mentre Rose saliva in macchina al riparo dalla pioggia.
 
"Hai portato a casa una sorpresa" mi sussurrò Edward all'orecchio prima che arrivassi in macchina.
"Se sono destinati ad essere, saranno."
Scosse la testa con un sorriso. " Lo manderai in tilt."
Alzai le sopracciglia "Lo so."
Liam era seduto davanti con Edward, mentre il resto di noi era ammassata nella parte posteriore. Grazie a Dio avevamo comprato il GL550. Sapevamo che avremmo avuto bisogno di molto spazio.
Edward continuava a guardarmi attraverso lo specchietto retrovisore mentre tutti chiacchieravano di volo e Rosalie si lamentava sulla reazione di Emmett per la sua visita.
Edward ci avvertì che casa era piena di persone in attesa di darci il benvenuto. Sapevo che la famiglia stava scherzando di aspettare fino a domani, ma io non parlai molto durante il ritorno a casa… Mi stavo godendo mio marito mentre partecipava alla conversazione. Non si era rasato quella mattina.
Sapevo che con lo stare con Faith e il doverla portare al corso di danza, non avrebbe avuto il tempo per farla. Aveva i capelli lunghi. Il lavoro lo teneva troppo occupato. Mi chiesi quante volte era tornato a casa, quante volte aveva trascorso del tempo con Faith, o l’aveva messa solo a letto per poi tornare al lavoro. Troppe volte, ero sicura.
 
Arrivammo a casa e la voglia di rivedere mia figlia mi stava uccidendo. Saltai fuori e corsi intorno alla macchina per prendere il seggiolino auto. Edward me lo prese e mi baciò sulla guancia prima di prendere la mia mano. Gettò a Liam le chiavi e gli chiese di tornare di corsa all'aeroporto e prendere il resto del bagaglio. Poi mi tirò verso la casa. Casa. Ero così felice di essere a casa.
"Dovevano stare mezz’oretta. Tops" disse spingendo la porta d'ingresso aperta.
 "Giusto. Sogna, signor Masen." Ridacchiai. "Ciao! C'è qualcuno in casa?" gridai appena entrammo.
"Mamma!" fu il più bel suono che avessi sentito in tutto il giorno, seguito dalla scalpiccio dei suoi piedi mentre correva lungo il corridoio per darci il benvenuto. "Mamma mamma!" Faith saltò tra le mie braccia prolungate in attesa.
"Ehi, baby," dissi, tenendola stretta. «Oh, mi sei mancata così tanto. Penso che potrei abbracciarti per tutta la notte. Pensi che vada bene?"
Fede ridacchiò. "Anche Lala vorrà abbracciarti"
"E’ vero. Suppongo che dovrò smettere di abbracciarti per abbracciare Lala e forse anche i nonni."
"E lo zio Emmy e Tyler e la zia Alice e Jackson e Cupcake".
"Cupcake?" Solo allora notai l'animale bianco ai miei piedi che abbaiava ad alta voce.
"Uhm, sorpresa. Abbiamo preso un cane." Edward sembrava imbarazzato.
"Abbiamo preso un cane?"
"Ho preso un cane a Penny perché ho pensato che sarebbe bene per lei avere qualcosa di cui prendersi cura. Sembrava davvero un buon piano ... sai ... quando ci ho pensato."
"Abbiamo preso un cane?" ripetei a bocca aperta. Avevo un bambino di tre mesi e un cane? Stava scherzando?
"Guarda come è carina, mamma. Lei è il miglior cane in tutto il mondo. Sa quasi come sedersi e lei sporca in casa solo quando papà si dimentica di farla uscire. E non mettere il bambino a terra perché le piace mordere gli occhi dei miei bambini '. Papà li ha buttarli via. Non voglio buttare via mio fratello. "
Guardai mia figlia innocente e poi fissai il padre. "Ho intenzione di assumere un addestratore di cani. Domani. Questa sera, se vuoi " si offrì.
Scossi la testa. "Ne parleremo più tardi." Sì, più tardi, perché in così poco tempo mia figlia non può sentirmi mentre gli dico che non terremo il cane.
Alice e la sua pancia erano nell’atrio con il piccolo Jackson. Lasciar andare Jasper per quasi un mese mi sembrava di averli obbligati ad un enorme. Certo, mai una volta si lamentò che lui se ne fosse andato. Guardai il loro ritrovarsi, era toccante. Jasper abbracciò e baciò Alice e Jackson, poi si mise in ginocchio e baciò lo stomaco di Alice, sussurrando “ciao” alla sua bambina.
Amo la mia famiglia.
 
Quando tornammo dalla camera, Esme, Carlisle, Charlotte, Tyler, Terry, e Emmett erano tutti lì ad aspettare. Ci siamo scambiati tantissimi abbracci raccontandoci le ultime settimane.
Con l'enorme quantità di persone nella stanza e tutta l'attenzione sul bambino, ci sono voluti un paio di minuti ad Emmett per notare chi c'era. Vidi i loro occhi allacciarsi. Rosalie parlava con Jackson e rivolse ad Emmett un timido sorriso.
"Be ', guarda chi sta giocando a cupido ancora una volta" Tyler mi sussurrò all'orecchio mentre mi avvolse un grande braccio intorno alle spalle. Mi chinai verso di lui, stanca dai due giorni di viaggio.
"Io davvero non ho avuto molto a che fare con esso. Le ho solo offerto un passaggio a casa."
"Uh huh," rispose poco convinto.
Gli battei il petto. "Mi sei mancato."
"Anche tu mi sei mancata. Sono contento che tutta la famiglia sia di nuovo in un posto."
"Sono arrabbiata con te, però. Gli hai lasciato comprare un cane."
"Non lo lascio fare nulla."
"Permettimi di riformulare. Sapevi che ha comprato un cane e non me lo hai detto?"
"Mi piace il mio lavoro, Bella." rise. "Mi piace troppo il mio lavoro per spettegolare."
"Come se avesse mai preso fuoco" dissi scuotendo la testa mentre guardavo mio marito che mostrava suo figlio alla famiglia.
Charlotte stava sorridendo al bambino mentre scalciava con le sue piccole gambe.
Mi voltai verso Tyler. "Inoltre, lo sai che ti avrei riassunto."
“Volevo chiamarti. Ma Faith ama il dannato.”
"Oh, sono sicura che lei lo amo." Risposi strofinando il collo per alleviare il dolore. Sapevo che avremo tenuto il maledetto cane. Lo sapevo.
Guardai come Emmett si avvicinò a Rosalie stringendola in un abbraccio prudente mormorandole un ciao.
Quando sentì che era infelice senza di lui, la abbracciò più forte senza pensarci due volte.
Faith mi tirò la mano. "Allora, cosa mi hai portato?" mi accigliai.
“Che cosa ti ho portato?"
"Non mi hai portato un regalo?" chiese, guardandomi triste. "Papà mi porta sempre dei regali quando va in gita."
"Non ero in un viaggio, baby. Mi stavano aspettando delle persone per dirmi che potevo portare il tuo fratellino a casa."
"Non è giusto” rispose facendo il broncio. E capii perché avevamo un nuovo cucciolo. Edward non sapeva gestire questo tipo di senso di colpa.
Mi chinai e guardai la mia bambina negli occhi. "Mi sei mancata tanto. Spero di esserti mancata, anche se non ho portato dei regali."
Le sue labbra serrate di lato mentre pensava a quello che stavo dicendo. Mi gettò le braccia al collo. "Mi sei mancato, mamma."
Sorrisi, abbracciandole la schiena. Non è viziata anche se a soli quattro anni ha sempre avuto ciò che desiderava. Mia figlia non sapeva che tutti avevano quello che lei aveva, e abbiamo sempre fatto in modo di includerla nel nostro lavoro di carità. Sapevo che quando sarebbe stata abbastanza grande, avrebbe capito.
Corse fuori seguendo il cane, che entrò nella stanza con la scarpa di qualcuno in bocca. Edward fece una smorfia. Qualcosa mi disse che avrebbe chiamato un addestratore di cani entro sera.
"Allora quante volte pensi che la gente crederà Tyler papà quando vedranno voi due e i bambini in giro?" Chiese Terry a braccetto con il marito.
Pizzicai la guancia di Tyler. "Povero Tyler. Tutti penseranno che sei il padre di mio figlio!"
Lui rise e spinse via con la sua zampa gigante la mia mano. "Desideri ricevere una di queste?"
"Questo è solo ... sbagliato. Ho fatto finta di essere tua figlia prima" dissi dandogli una gomitata nelle costole. Ridacchiò mentre tenevo l'altro braccio. "Davvero, con tutta l'attenzione questo è sempre sulla stampa, sono sicuro che solo le persone che vivono sotto una roccia non conoscono la vera storia."
"E non è stato troppo male" Tyler mi assicurò. “Immagino che una volta che sanno che sei tornata, le notizie saranno pesanti per un po'. La sicurezza sarà aumentata fino a quando la storia verrà dimenticata e diventerà una notizia vecchia."
"Non vedo l'ora" dissi con un sospiro.
 
Dopo circa un'ora Alice telefonò alla pizzeria, sembrava che tutti si sarebbero fermati a cena qui. Mio marito mi seguì in cucina. Stavo facendo il biberon al bambino. Lui stava dietro di me massaggiandomi le spalle appena tirai fuori la pappa ed il biberon dalla borsa dei pannolini.
"Andranno a casa subito dopo cena, lo prometto."
"Va bene. Non mi dispiace." Gli sorrisi dietro le mie spalle. Mi baciò sulla nuca.
Finito di preparare il biberon mi appoggiai a lui "Allora ... il cane?"
Le sue braccia caddero dalle mie spalle e si avvolsero intorno alla mia vita. Posò il mento sulla mia testa. "Avrei dovuto parlartene, ma lei era così arrabbiata per non essere con te. Ho iniziato a preoccuparmi di come si sarebbe potuta sentire ad avere il bambino qui in quella che considera casa 'sua'. Ho pensato che il cane sarebbe riuscito a tenerla occupata mentre tu ti occupi del bambino. Ho pensato che avrebbe aiutato ad evitare la con rivalità tra fratelli. "
Non riuscii a trattenermi dal ridere. "La rivalità fraterna tra tre mesi e quattro anni?"
“Non lo so” gemette, tenendomi stretta.
"Il cane è un problema. Non è vero?"
Edward mi baciò il collo. “Sì” disse vicino al mio orecchio. "E’ il diavolo vestito di pelliccia bianca, con il naso carino e una coda scodinzolante."
Chiusi gli occhi e cercai di dire a me stessa che le sue intenzioni erano buone. Edward ha avuto un momento difficile nel dire di no a nostra figlia. Avrebbe trovato un modo per darle la luna e le stelle, se glielo avesse chiesto.
"Troveremo una soluzione" dissi, girando tra le sue braccia così da poterlo vedere. Sembrava stanco quanto me. Gli sfiorai la guancia con la punta delle dita. La sua guancia era trasandato e volevo sentirla contro la mia pelle più tardi, quando eravamo soli nella nostra stanza. "Mi sei mancato troppo per litigare in questo momento."
Edward mi baciò le labbra, scendendo con le mani sotto la cintura. Il calore del suo corpo lavò via tutta la tensione che sentivo. "Sapevo che l'avresti detto. Meno male che non ho perso la mia influenza senza di te."
Arricciai le labbra e una risatina mi sfuggì. "Buona cosa." Lo baciai e gli porsi la bottiglia. "Va a nutrire nostro figlio. Ha fame."
 
Presto tutti furono sazi. I bambini iniziavano a dare i primi segni di stanchezza. Jasper sembrava pronto a tornare a casa. Emmett e Rosalie bisbigliavano in cucina, mentre aiutavano a ripulire. Papà aveva portato la sua borsa fino alla sua camera per gli ospiti. Mi sedetti sulla sedia a dondolo che Esme mi aveva comprato quando Fede è nata e dolcemente cullai mio figlio facendolo addormentare. Casa. Ero proprio dove volevo essere.
Tyler e Terry furono i primi ad andare. Alice e Jasper erano vicini. Esme si offrì di mettere Faith a letto, ma mio padre mi chiese se poteva farlo lui. Carlisle ed Edward si strinsero la mano prima che Esme abbracciasse mio marito a morte. Emmett annunciò che doveva dare a Rosalie un passaggio al suo albergo. Albergo. Sì, giusto.
“Vuoi che lo metta giù per te?" Chiese Charlotte, sorridendomi con una gentilezza che me la fece amare ancora di più di quanto già la amavo.
Rifiutai scuotendo la testa. "Arrivo tra un minuto. Ho bisogno di dare a Faith qualche attenzione in più prima che lei si addormenta."
"Tutto ok." Si avvicinò e si fermò accanto a noi. "E' un bambino adorabile”
Guardai il bambino addormentato tra le mie braccia. Aveva il naso di sua madre e le labbra più piccole. Avevo pensato che Faith fosse piccola, ma questo bambino era ancora così piccolo.
"E 'perfetto. Vorrei che Kikelomo avesse potuto avere più tempo con lui." Il mio cuore doleva ancora per la giovane donna la cui vita è finita troppo presto.
"Lui saprà tutto di lei, questo è il meglio che possiamo fare" mi ricordò Edward.
"Sembri così stanca, Bella" disse Charlotte apprensiva "Se avete bisogno di un paio di mani al mattino, lascia che ti aiuti. Mi hai sentito?”
"Sì, te lo prometto."
"Mi è mancato averti in giro." Charlotte mi baciò la testa e fece scorrere un dito delicato sulla fronte del bambino e lungo la guancia. "Tutto è meglio quando sei qui." Ci lasciò per assicurarsi che Emmett e Rosalie avessero effettivamente ripulito la cucina.
Rimasi seduta per qualche minuto perché non riuscivo a trovare l'energia per alzarmi dal quella maledetta sedia, per essere onesti. Edward vide che avevo bisogno di aiuto. Si alzò e mi prese il bambino.
"Andiamo" disse, porgendomi una mano aiutandomi a stare in piedi. "Ho bisogno di te al piano di sopra prima di addormentarsi nudo su di me."
"Bene. Sempre che pensi di ottenere qualche cosa, non è vero?"
 
Premette le labbra contro la mia tempia. "Penso a te tutto il tempo. Volendo fare l'amore con te è la naturale evoluzione di quei pensieri. Che cosa posso dire?"
Ci dirigemmo al piano superiore proprio mentre papà stava lasciando la stanza di Faith.
“Mi ha detto che vuole i baci di mamma e papà."
"Vado prima io" disse Edward, porgendomi il bambino dopo avergli dato un bacio. "Mettilo nella culla, ti aspetto da Faith"
La stanza era completamente rifatta e non sembrava a come era quando apparteneva a Faith. Edward aveva fatto venire qualcuno per fare il lavoro mentre eravamo in Africa. Non sapevamo il sesso del bambino fino a quando è nato, così ci ha aiutato Esme programmando tutto per telefono. Le pareti erano blu. In blu navy e le parole di alcune delle nostre filastrocche preferite e di libri per bambini erano scritti in diversi punti su tre delle pareti.
 
Twinkle, Twinkle piccola stella ...
 
Hickory dock Dickory, il mouse ha l'orologio
 
Stelle Buonanotte, buonanotte aria, rumori buonanotte ovunque
 
... e il piatto è scappato con il cucchiaio!
 
Ti amo fino alla luna e ritorno.
L'ultimo è stato tutto di Edward.
 
Sopra il lettino a caratteri cubitali vi erano le iniziali AAM per Alec Arinze Masen. Kikelomo ha voluto che scegliessimo il suo nome, ma ha chiesto che fosse un nome centrale nigeriano. Abbiamo scelto Arinze, perché era il nome di suo padre. Alec è stata la mia prima scelta, ed a Edward è piaciuto così tanto che gli ho visto le lacrime agli occhi la prima volta l’ho suggerito. Le cose erano molto più facili quando abbiamo concordato.
Misi Alec giù nella culla e accesi il baby monitor. Baciai due dita e poi li posai sul suo capo.
Era stato completamente sconquassato dal nostro viaggio per il mondo. Io non sapevo nemmeno che ora i nostri corpi pensavano fosse. Il Jetlag è stato il peggiore.
Sulla la porta vi era appesa una foto di me e Kikelomo. Le sue due madri. Toccai il telaio con le stesse dita che avevo usato per dargli il bacio della buonanotte. Avrebbe sempre saputo. Avrebbe sempre saputo quanto lo amava. Glielo avrei detto ogni giorno.
Arrivai alla stanza di Faith. Potevo sentire che parlava Edward con voci tranquille. Mi fermai sulla porta a guardare gli amori della mia vita dirsi buonanotte.
"Ti amo tutta la strada verso l'Africa e tornare a casa in montagna a casa dello zio Seth al cielo e la luna e ritorno infinito."
"Questo è davvero lontano. Penso che mi hai battuto di nuovo. Questa è la seconda volta di oggi."
"Tre volte" lo corresse.
Edward era in ginocchio accanto al suo letto, la testa appoggiata sulle braccia piegate sul bordo del materasso. "Hmm, sono troppe perdite per papà. Dovrò vincere domani. Vedrai. Il mio amore arriverò in tutti i luoghi in modo infinito più uno."
Sentii la risatina di Faith. Vidi la sua piccola mano toccare la testa di suo padre, e perdersi nei suoi capelli disordinati. "Pancia mamma di Alec è nei cieli."
Il mio cuore si strinse.
“Sì, Pennylove. Kikelomo è in cielo, ma io e la mamma ci prenderemo cura di Alec e anche tu"
"Sono contenta che la mamma non è in cielo. Sarei triste. Pensi che Alec è triste?"
La mia bambina aveva un cuore enorme, ma sapevo che quel argomento era difficile per Edward. Potevo solo immaginare che cosa stesse frullando nella sua la testa. Entrai nella stanza.
"Ehi, dolce ragazza. Puoi dare i baci e abbracci della buonanotte a mamma anche tu?"
La testa di Faith spuntò su Edward con un grande sorriso sul suo volto. "Un milione di baci e abbracci!"
"Un milione?" guardai mio marito sogghignando. "Qualcuno è proprio come suo padre." Salii sul letto e mi chinai a baciarle il naso, le guance, la fronte, il mento, e, infine, il collo.
Si dimenava e ridacchiò. "Basta basta!"
Mi sdraiai accanto a lei. Il mio braccio coperto sopra la vita. "Non vedo l'ora di giocare con voi domani. Vuoi giocare con me?" chiesi.
Lei giocherellava con il mio anello di nozze, spingendo da un lato all’altro il diamante al dito. "Sì, siamo in grado di giocare tutto il giorno e possiamo giocare con Alec e papà?"
"Buona idea, baby. Dormire un po’ allora. Ti voglio bene."
"’Notte, mamma. Ti voglio bene anch'io", rispose lei, ribaltandosi per darmi un altro abbraccio.
Edward e io la lasciammo per farla addormentare. Camminammo mano nella mano verso la nostra camera da letto. Edward andò dritto sul letto, mi tirò giù e si avvolse intorno a me. Premendo la mia schiena strettamente al suo petto.
"Non sono morta e non ho intenzione di morire per un tempo molto lungo."
"Bugiarda" disse nei miei capelli. "Tu sei morta. E sei morta abbastanza a lungo per il mio cuore."
Mia figlia ha imparato a far nascere i sensi di colpa dal maestro stesso. Non potevo negare ciò che aveva detto, così decisi di cambiare discorso. "Sei andato al cimitero, oggi?"
"Sì."
"Ti sei rimproverato tutto il giorno?"
Lui non rispose subito. Invece le sue mani iniziarono ad esplorare lentamente il mio corpo. "Sì, ma non si tratta di Alec."
Vidi il suo senso di colpa per tutta la notte. Potevo praticamente sentire il peso di esso seduto sulle sue spalle. “Per cosa di sei rimproverato?"
"Tu sai cosa mi ha tormento. Tu sai che se quella bambina in fondo al corridoio avesse perso la madre come ha perso la sua il bambino ragazzino della porta accanto, il suo mondo sarebbe un posto molto diverso."
"Ma lei non ha perso sua madre” sostenni.
Si girò sulla schiena con un sospiro stanco. Mi misi a sedere e mi aggrappai al ginocchio piegato premendo la guancia contro di esso. Guardai giù verso il mio povero marito torturato.
"Non cambia le stronzate che vi fatto passare. Non è giusto che io volessi negarla a tutte le persone che la amano e che ti avrebbe portato nella sua vita attraverso i loro ricordi."
“Tu non l’avresti mai abbandonata. Hai pensato che non saresti sopravvissuto, ma io so che ci saresti riuscito. Per lei, ci saresti riuscito." La sua mano scivolò sotto la camicia, il suo calore si estese sulla mia pelle.
“Credo che ti sbagli" sussurrò.
"Io so che non mi sbaglio."
"La amo così tanto."
“E lei lo sa." Mi uccise sapere che aveva bisogno di questo tipo di rassicurazione. Il suo amore per la figlia era innegabile. Tutti quelli che li hanno visti insieme hanno potuto vederlo, sentirlo.
La sua mano si mosse e si riposò sul mio cuore. "Tu sei tutto per me, però. Senza di te ..."
Questo è stato il motivo per cui ho amato quest'uomo così ferocemente. Questo è stato il motivo per cui non avrei mai rinunciato a lui. Il suo amore per me è così forte, così reale. Mi ha tenuto in vita. E 'stato quello che mi ha portato indietro che mi ha impedito di camminare verso la luce proverbiale.
Mi sdraiai accanto a lui, appoggiato sul gomito. Le mie dita gli sfiorarono le labbra. "Senza di me è qualcosa che non sarai mai, Edward. Mai."
"Prometti?"
Lo baciai dolcemente, lasciando che le mie labbra gli mostrassero ciò che volevo dire.
"Prometto."
I nostri baci si riscaldarono. Con mani urgenti mi teneva stretta. Le nostre gambe si aggrovigliarono insieme. Era il mio tutto, troppo. Sopravvivere l'un senza l'altro era possibile, perché non sarebbe mai veramente vivere. Sapevo che era quello che temeva quando ero incinta di Faith. Lo avevo aiutato a vivere e conoscere l'amore. Senza di me, aveva immaginato di tornare a chi era stato prima di me. Non voleva vivere mai più con un cuore murato.
Edward abbassò la testa e mi baciò sul collo. "Penso che questo sia il punto che mi è mancato di più. Questo punto, proprio qui ..." e mise le sue calde labbra al lato del mio collo "... è quello che mi è mancato di più di ogni altra cosa. Hai un odore così buono, ed un gusto ancora migliore."
Chiusi gli occhi, lasciando cadere la testa all'indietro, dandogli un migliore accesso alla sua parte preferita di me. Lui mi solleticò con i capelli morbidi, ma pungenti, sul viso. I nostri vestiti caddero. I nostri corpi furono premuti insieme. Nulla ci separava. Una forte mano accarezzava la coscia, mentre il braccio mi cingeva la vita. Labbra bisognose e una lingua allettante giocavano con la mia bocca e sotto l'orecchio e sul petto. Si posizionò su di me e si stabilì tra le mie gambe. Donandomi infinito amore e devozione eterna. Mentre spingeva dentro di me, una parola senza fiato uscì dalle mie labbra.
"Casa." 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


E siamo giunti alla fine di questo racconto! Bellissimo e degno sequel di "Fridays at Noon"
Come si suol dire: Tutto è bene ciò che finisce bene!!!
Ci ha fatto penare, facendoci pensare il peggio... ed invece tutto si è risolto!!!
Vi ringrazio ancora tutte e sono felicissima di aver conosciuto tantissime persone che hanno amato come me questi Edward e Bella!!!
Un bacio ed alla prossima avventura!!!



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CAPITOLO 8

 Abbassai lo sguardo e sorrisi a mio figlio mentre beveva dal suo biberon. Si fermò dal succhiare facendo uscire un po’ di latte. Era così dannatamente carino. Anche nel cuore della notte, quando avrei voluto essere abbracciato a mia moglie nel nostro letto. Isabella si era addormentata subito dopo che abbiamo fatto l’amore. Quando ho sentito Alec piangere non riuscii a svegliarla. Povero bambino, non aveva idea di dove fosse, e molto probabilmente il suo corpo aveva pensato che fosse mattina. Ci è voluta ben più di una settimana a Penny per riprendere il ritmo quando siamo tornati lo scorso mese.
 
Quando eravamo tutti a Lagos, di solito davo io le poppate notturne perché stavo lavorando. Praticamente vivevo in Pacific Standard Time, mentre fisicamente ero residente in UTC. Era l'unico modo che avevo per poter rimanere lì per tutto il tempo che ho trascorso, ma era come se fossi un vampiro. Rimanevo sveglio tutta la notte, e dormivo tutto il giorno.
Alec smise di mangiare, e capii che doveva fare il rutto. Goffamente, gettai la straccio sopra la mia spalla e vi appoggiai Alec. Era decisamente più grande rispetto all'ultima volta che l'avevo tenuto. Mi stupì quanto velocemente i bambini crescessero. Crescevano sicuramente troppo in fretta. Sembrava ieri quando tenevo Penny tra le mie braccia. Piccola, fragile, innocente. Avrei potuto resistere al legame con lei in un primo momento, ma una volta che l'ho presa in braccio, ero diventato suo per sempre.
 
***
 
"Vieni a vedere la bambina. Per favore. Ha bisogno di essere tenuta in braccio e non lasciata nella nursery", implorò Alice.
Stavo camminando avanti e indietro nella sala d'attesa, aspettando che qualcuno mi dicesse quando mia moglie fosse uscita dall’intervento chirurgico. Non volevo fare altro. «Andate tu e Esme, voglio aspettare qui le notizie su Isabella."
Mia sorella mise le mani sui fianchi, mentre mi guadava con un cipiglio sul viso. "Prima di sapere qualcosa su Bella passeranno ore, mentre tua figlia è dall’altra parte pronta a vederti adesso” Feci un passo intorno a lei, ma lei mi afferrò per il braccio. "Nessun altro è ammesso nella nursery, Edward. La bambina ha bisogno di te."
"Bisogno? Non mi parlare di bisogni adesso. Ho bisogno di mia moglie! Ho bisogno di sapere che è viva e sta bene. Questo è quello che mi serve!" Era l'unico bisogno che contava.
"Tua figlia ha bisogno di te. Non importa se Bella sta bene o meno bene. Ben viva o no. Lei vorrebbe che tu stessi con la bambina. Tu sei il padre e devi prenderti cura di lei. "
Volevo prendermi cura di lei. Da solo. Almeno per un po’. Ma tutto quello che riuscivo a pensare era Isabella. Alice aveva ragione, mia moglie avrebbe insistito per farmi vedere la bambina. Quando si sveglierà (perché lei stava per svegliarsi), avrebbe voluto sapere della bambina.
"Bene," mi lamentai, liberandomi dalla sua presa. "Voglio che qualcuno venga a chiamarmi appena si avranno notizie di Isabella."
"Assolutamente." Alice rispose sorridendo e dandomi una pacca sulla spalla.
Andai alla nursery dell’ospedale. C’erano una mezza dozzina di bambini. Alcuni addormentati, qualcuno che piangeva... Dopo aver controllato il mio braccialetto, l'infermiera si voltò verso una culla di plastica con un bambino dentro. Lei era avvolta in una coperta bianca e aveva un berretto a righe rosa e bianco sulla testa. Aveva gli occhi chiusi e le sue piccole labbra serrate. Non sembrava come me o Isabella. Sembrava così ... adorabile.
"Perché non proviamo a convincerla a svegliarsi e mangiare qualcosa?" l'infermiera suggerì sollevando la bambina. Mi fece cenno verso una sedia e sorrise vedendo che non mi stavo sedendo "Sarà molto più comodo se sta seduto."
Tirai i capelli e mi sedetti. Prima ancora che capissi cosa stava succedendo, mi mise la bambina in braccio. Non avevo mai tenuto qualcosa di così leggero prima. Non avevo mai tenuto un bambino oltre a quello di Angela e Ben, che era ben nove chili quando è nato. Questa bambina era leggera come una piuma.
"Proviamo a svegliarla così mangia." L'infermiera iniziò a svestire la bambina rivelando due braccia Itty Bitty insieme a due piccole gambe magre. Dieci dita dei piedi, dieci dita. Stava annegando in un pannolino che sembrava molto più piccolo di quelli che avevo visto mettere da Isabella a Ben Jr. Non indossava altro che un semplice body bianco. Era così dannatamente piccola.
"Quanto pesa?" chiesi con quel pezzo vivente di Isabella e mio tra le braccia.
"Uhm ..." guardò la cartella sul culla "... cinque libbre, due once".
 
"E 'piccolo, vero?"
"E’ minuscola." L'infermiera sorrise di nuovo e mi fece l'occhiolino. "Dobbiamo disturbarla così si sveglierà. Strofinale i piedi, muovendoti in tondo"
Non le chiesi altro, feci solo quello che mi disse, troppo sopraffatto da quel giorno pieno di emozioni. Le stropiccio il piede, stupito che qualcosa che aveva preso a calci mia moglie adesso lo sentivo con le mie mani. L'infermiera e io lavorammo insieme fino a che la bambina cominciò ad agitarsi e muoversi. Con un piccolo sforzo in più riuscimmo a svegliarla e lei cominciò a piangere infastidita.
"Buon lavoro, signor Masen. Vediamo se riesce a prendere un paio di once." L'infermiera mi consegnò un biberon come se sapessi cosa diavolo stavo facendo. Per fortuna, ero un genio e capii subito.
Misi il ciuccio del biberon vicino alla bocca e, dopo un paio di tentativi, la bimba ha iniziato a succhiare. Era una specie di ... incredibile. Aveva gli occhi chiusi. La sua pelle era rosa e delicata. Sembrava non sapere cosa fare appallottolando i piccoli pugni. Il suo naso era così piccolo che non riuscivo a credere che potesse nemmeno respirare attraverso a esso. Tutto di lei era incredibile.
Mia figlia. Figlia di Isabella. Nostra figlia.
Le diedi da mangiare e, con un sacco di assistenza, riuscii a farle fare il ruttino. Osservai l'infermiera cambiarle il pannolino, e poi la cullai fino a quando cadde profondamente addormentata .. Io non so quanto tempo sono rimasto seduto lì, fissando il primo e unico figlio di Isabella che avremmo fatto insieme. Tutti quei mesi trascorsi ad odiarla, desiderando che non esistesse sembravano in quel momento una perdita di tempo. Come si può odiare qualcosa di così perfetto, così prezioso, così innocente? La realtà delle cose mostruose che avevo pensato. Non importava quello che sarebbe successo a Isabella, avrei passato il resto della mia vita facendo sentire questo bambino amato e curato. Feci una promessa silenziosa mentre premevo le labbra sulla sua testolina coperta.
Carlisle entrò informandomi che l’intervento di era terminato con successo ed era in fase di recupero. Il mio sollievo fu non solo emotivo, ma fisico. Le lacrime caddero dai miei occhi e le mie spalle tremarono tenendo mia figlia più stretta a me lasciando che i sentimenti che provavo la invadessero.
"Avete deciso quale nome darle?" chiese mio zio dopo mi fui calmato. Isabella lo sapeva fin dall'inizio e aveva scelto il nome perfetto. "Faith. Faith Elizabeth Masen."
 
 
"Papà, non riesco a dormire." Parli del diavolo. "Non sono riuscita a dormire nemmeno un minuto. Sono stata sveglia per tutto questo tempo", disse Penny dalla porta della nursery, strofinando l’occhi con un pugno e tenendo il suo coniglio nell'altro.
Sapevo che non era la verità. L’avevo controllata dopo che Isabella si era addormenta.
"Beh, certamente non è facile addormentarsi in piedi. E' necessario tornare a letto, Pennylove".
"Non posso! Ho provato e non riesco a dormire!" Le lacrime stavano spingendo per uscire dai suoi occhi.
"Shh, non svegliare la mamma o il nonno Charlie." Picchiettai il mio ginocchio. "Vieni qui e sedersi con me e tuo fratello."
Penny non perse un secondo; salì sulle mie ginocchia e si appoggiò con la schiena su di me. Alec sollevò la testa, cercando di vedere cosa succedesse. Penny delicatamente gli strofinò la schiena. Isabella avrebbe pianto lacrime di gioia alla vista di noi tre in quel momento, ne ero sicuro.
"Tutti amano Alec più di me", disse Penny con un sospiro. Fu una dichiarazione inaspettata.
«Non è vero. Tutti ti amano come amano Alec senza distinzione."
Lei scosse la testa. "No. Nonna e il nonno ha portato un milione di regali per lui stasera e nessuno per me."
Tre. Hanno portato tre regali per il bambino e due dei tre erano vestiti. Mia figlia era piuttosto esagerata. Nessun indizio da chi abbia preso…
"Tesoro, quando sei nata, nonna e il nonno ti hanno portato un sacco di regali. In effetti, nonna Esme probabilmente ti ha dato più di quanto ha dato Alec. Non è mai venuta in ospedale senza portarti un regalo"
Con il broncio, piagnucolò "Mamma, non mi ha neanche portato nulla."
"Questo non è semplicemente vero. Lei ti ha portato il dono più importante di tutti."
“No, lei ha detto che non era un viaggio, quindi niente regali. Le importava solo di avere Alec qui in modo che tutti lo potevano amare di più." Stile Masen in pieno effetto. Mi sembrava quasi di sentire mia madre che rideva in cielo mentre guardava la nostra chiacchierata. Poteva sentirla come un tic nel mio cuore.
"Oh, mio ​​Pennylove. Devo raccontarti una storia."
"Quale?" chiese, ribaltando indietro la testa in modo che potesse vedere la mia faccia.
Ancora una volta, fui costretto ad armeggiare intorno con Alec. Lo girai in modo che potesse guardare la sua sorella maggiore. La saggezza di mia madre era veramente un dono.
 
"Quando avevo la vostra età, la mia mamma ha portato a casa la zia Alice e sai una cosa?"
"Che cosa?"
"Non mi piaceva molto che tutti trovavano il bambino più interessante di me."
"Zia Alice è così bella e piacevole."
Provai, ma non riuscii a non alzare gli occhi al cielo. “Vedi? Questo è esattamente quello che dicevano a tutti. Nessuno diceva che ero bella o simpatica."
Lei ridacchiò. "Non potevano! Sei un ragazzo."
Inclinai il lato destro della bocca. “Chi lo dice? Lala? Perché se non lo dice Lala, io non ci credo."
"Tutti lo dicono" rispose con un altro tintinnio di risate.
"Ad ogni modo, il punto è: quando è arrivata a casa, ho pensato che tutti amassero Alice e non me. Soprattutto mia madre."
"La tua mamma non ti ha portato dei regali?" Alzò lo sguardo verso di me così innocentemente.
Cercai di non ridere. "Mia madre portò a casa lo stesso regalo che tua mamma ha portato a te questa sera."
“Che cos'era? La mamma ha detto che non c’erano regali per me."
"Mamma ha portato a casa Alec, proprio come la mia mamma ha portato a casa la zia Alice. Tuo fratello è il regalo più speciale che esista. Non sarai mai troppo grande per lui come i vestiti che nonna gli ha regalato. Non diventerà mai noioso, ma diventerà ogni giorno più divertente per giocare. Ma la cosa più importante è che sarà tuo per sempre. E' tuo fratello. Nessun altro sarà per te ciò che è lui per te…"
Penny arricciò il piccolo volto mentre pensava.
"Ti amerà quanto tu ami me, ti osserverà per assomigliarti, e si fiderà ciecamente di te ed ha avrà bisogno di te. Vuoi essere la persona migliore che conosca?"
"Migliore di te?"
La guardai e strinsi le labbra. "Probabilmente. Ma solo un po' " mi corressi.
Penny si voltò verso il fratellino, toccandolo con il pollice. Parlava con la stessa voce che usava con Cupcake. "Hai sentito Alec? Tu mi ami così tanto. Sono tua sorella e tu sei mio fratello e si deve fare tutto quello che dico, perché le sorelle sono importanti."
Andava bene, ma non era esattamente quello che avevo detto. Isabella le aveva spiegato quanto fossero importanti le sorelle ed i fratelli quando abbiamo deciso di adottare il piccolo e Penny tendeva a ricordare ciò che le faceva più comodo nelle conversazioni. Non ho idea da chi abbia preso…
"Non mi ricordo di aver detto nulla sul fatto che deve fare tutto quello che dici."
"Si, tu fai tutto quello che dice zia Alice" ribatté.
"Ridicolo". Non ho sempre fatto tutto quello che ha detto.
"Ricordi quando volevi comprare alla mamma un nuovo piano per Natale e la zia Alice aveva detto che era meglio o non mamma ti faceva vivere in aereo? Aveva anche detto che si doveva dare una biblioteca a quella scuola e metterle il nome di mamma? E mamma ha gridato piangendo di gioia quando lo hai fatto?"
Ok, di tanto in tanto ho fatto ciò che mia sorella mi ha detto di fare.
"E ricordi quando la zia Alice ti ha detto che le mamme di quel posto avevano bisogno di un ospedale migliore per i loro bambini e tu lo hai fatto?"
Ok, spesso. Facevo spesso le cose che mia sorella mi diceva di fare.
"E ricordi quando la zia Alice voleva fare una grande festa qui per il compleanno della nonna e tu le hai detto di no, ma poi lei ha detto tutto il tuo nome, anche quello di mezzo, e abbiamo avuto la più grande festa di sempre?"
Ugh. Sempre. Ho sempre fatto quello che mia sorella voleva.
"Oh, solo perché non è facile essere il fratello maggiore. Aspetta che il tuo fratellino ti implorerà con quei grandi occhi marroni per farti fare qualcosa per lui o peggio... Per aiutare a salvare i bambini muoiono di fame in tutto il mondo o quelli senza un ospedale o una scuola o una casa con acqua corrente! "
Penny mi guardò, sicuramente confusa dalla mia divagazione. Chiusi gli occhi e scossi la testa. "Non importa."
Cullai tutti e tre per un paio di minuti, mentre i miei due bambini sorridevano avanti e indietro. Alec sembrava riservare i suoi più grandi sorrisi per la sorella. Iniziava ad adorarla. Proprio come il resto di noi.
Lei è stata condannata ad avere il mio ego.
"Mi ami?" Penny chiese al fratello con la sua dolce voce. "Mi ami?"
Alec le regalò un sorriso grande e si dimenò sul mio braccio. Si potrebbe dire che voleva gridarle di sì.
“Tu mi ami! Mi ami fino alla luna e poi al cielo e poi in Cina e poi in Africa e poi in giro per i tempi di infinito nel mondo?" Era raggiante e poi un forte suono uscì dalla bocca del bimbo, sorprendendoci - Alec incluso. Abbassai lo sguardo verso Penny ed entrambi iniziammo a ridere. Alec cercò di fare di nuovo il suono.
"Fallo ancora!" lo incoraggiò Penny.
 
Notai un movimento vicino alla porta e quando alzai gli occhi, mia moglie era lì, che si asciugava il viso. Le feci cenno lei unirsi a noi. "Guarda che succede."
"Mamma! Alec si è messo a ridere!"
Isabella entrò nella stanza e cadde in ginocchio di fronte a noi. "Ma voi sapete quanto vi amo?"
"Fino la luna e ritorno e poi in Africa an-"
"Sì, Faith Elizabeth." La strinsi a me per farla fermare. "Il suo amore va avanti per sempre, senza fine. Infinitamente".
Isabella mise una mano sul mio ginocchio e l'altro sulla guancia della nostra Pennylove.
"Non potrei amare tre persone di più." I suoi occhi si muovevano da nostra figlia a me. Lo sentivo. Irradiava amore. E' la fonte di amore in questa famiglia. La fornitura dove tutti potremmo attingere.
"Portiamo questi bambini a letto. Andiamo?" dissi, appoggiando la guancia contro la parte superiore della testa di Penny.
"Buona idea" disse Isabella con un sorriso d'intesa.
"Andiamo, Faith. Mamma rimarrà con te fino a quando non ti addormenterai."
Le mie due ragazze uscirono dalla stanza mano nella mano. Abbassai lo sguardo sul bambino molto sveglio e contenuti. "Siamo seriamente i due ragazzi più fortunati del mondo. Sono rare le persone come la tua mamma. Lei potrebbe amare chiunque, ma lei ci ha scelto. Non potremo mai darlo per scontato, va bene?"
Alec mi guardò con un'espressione di pura felicità. Eravamo i ragazzi più fortunati del mondo. Lo misi di nuovo nella culla e accesi uno dei giocattoli musicali agganciati al lato. Diede un calcio con le gambe e allungò la mano verso le luci lampeggianti. Spensi la lampada dal rocker e andai incontro alla mia Isabella nella hall. Lei mi saltò praticamente in braccio avvolgendomi le braccia intorno al collo e mi baciò con fervore.
"Wow, non avrei dovuto lasciare che ti addormenti senza lavarti i denti. Tre ore di sonno e il gusto della pizza non sono una buona combinazione," dissi scherzando.
Mi diede un pugno nello stomaco, non era potente ma mi piegò in due per effetto, e si allontanò.
“Scherzavo. Beh, non proprio, ma se stai andando a lavarti i denti, farò in modo che ne valga la pena."
Lei mi guardò con rimprovero imitando perfettamente Penny. La guardai negli occhi e misi un broncio perfetto.
Lei sorrise e tornò in camera da letto, girandosi per assicurarsi che la seguissi.
Si lavò i denti e, ad essere onesti, anche io. Scivolammo nel letto, e lei appoggiò la testa sul mio petto.
"Sei un padre meraviglioso."
“Mi hai insegnato tutto quello che so," sussurrai, pettinandole con le mie dita i capelli sulla schiena.
"Sei passato dall’essere l'uomo che non amava all'uomo che ama all’infinito e oltre."
Entrambi ridacchiammo.
"Così, volevi farmi vedere che valeva la pena lavarsi i denti ...", disse Isabella mentre spostava lentamente la verso il basso sotto la cintura dei pantaloni del pigiama. La sua mano era fresca contro il mio corpo caldo.
Diventai da morbido a duro istantaneamente. Sorrisi tra i suoi capelli. "Mmm, sì. Mi farebbe sicuramente piacerebbe far valere la pena."
Lei inclinò la testa in modo che potessi baciarla assaggiando il gusto di menta che aveva in bocca. Succhiai la sua lingua e lei avvolse la sua mano intorno a me. Prendemmo il nostro tempo e goderci l'un dell'altro. Gettammo gli abiti a terra mentre le mani vagavano sui nostri corpi. Con labbra bagnate baciai il suo collo lungo e aggraziato, scendo attraverso il petto fino al suo stomaco. Lei ridacchiò quando strusciai con la barba incolta del mento contro la sua pelle. Mi spostai dal suo corpo e la afferrai per la nuca, tirandola più vicino in modo da poterla divorare.
"Sedia", disse con un gemito, appena sfiorai la sua mascella con le labbra. Mi calmai e guardai mentre la sua mano mi accarezzò. "Sedia?"
La sua testa si voltò e io seguii i suoi occhi. Ah sì, la sedia. La sedia era stata trascurata negli ultimi tempi. Quella sera sembrava perfetta per tornare indietro nel gioco. Mi sedetti e lei salì sopra di me. Si muoveva mentre la baciavo, succhiavo, leccavo e pizzicavo. La tirai più vicino e la tenni stretta per i fianchi, le mie dita lasciarono sicuramente dei segni sulla sua pelle perfetta. Il mio cuore batteva forte. Si gonfiò e sembrava che potesse scoppiarmi.
Lei ha reso impossibile non sentire. Ho sempre sentito tutto da quando sono con lei. Ricercato, necessario, compiuto, amato, voluto.
Vivo.
Isabella mi ha portato alla vita. Da una vita in bianco e nero di un mondo pieno di colori e di luce. Blu e verdi, rossi e gialli. Ha anche portato ametista e albicocca. Chartreuse e fucsia. Non ero più l'uomo che ero quel venerdì a mezzogiorno, quando mi sono seduto nella sala da pranzo privata dell’Eclipse lamentandomi di tutte le scuse che avevo ricevuto quel giorno. Ora, ero un marito, un amante, un amico, un padre. Ero più di quanto avessi potuto immaginare di poter diventare.
 
Non sapevo che un nichelino (mille centoquaranta monetine per l'esattezza) avrebbero cambiato la mia vita per sempre. Ma lo hanno fatto.
 
Fine

Beh! Se adesso che avete finito di leggere questa FF, non sapete cosa leggere...
potrei consigliarvi gli altri miei racconti... ahahaha


from twilight to sunrise edward - POV Edward in NEW MOON (Completa)
Padre senza saperlo - un'isola, una regola... e le sue conseguenze! (Completa)
La donna più felice del mondo - un ragazzo, una ragazza e qualcuno di troppo! (Completa)
Devi essere indipendente - facile innamorarsi di un uomo sexy pieno di soldi, e se fosse solo un sexy imbianchino? (In Corso)
Il mio incubo personale - a volte cambiare città non basta per dimenticare (In Corso)
E PER ULTIMO MA NON PER QUESTO MENO IMPORTANTE, LA MIA ULTIMA FOLLIA: 
Una cotta pericolosa
 

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