L'amore fa male. di Ilarya Kiki (/viewuser.php?uid=164698)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caro diario, oggi sono caduta in un buco e uno scheletro sexy ha cercato di uccidermi. ***
Capitolo 2: *** Caro diario, giuro che gli scheletri proprio non sanno baciare. ***
Capitolo 3: *** Caro diario, se qualcun'altro mi dice che una ragazza nuda è come un cane spelacchiato giuro che uccido. ***
Capitolo 4: *** Caro diario, il rettangolo no, non l'avevo considerato. ***
Capitolo 5: *** Caro diario, la vendetta è un piatto che va servito al microonde. ***
Capitolo 6: *** Caro diario, tutta questa suspense mi sta uccidendo. ***
Capitolo 1 *** Caro diario, oggi sono caduta in un buco e uno scheletro sexy ha cercato di uccidermi. ***
Caro
diario,
mi
chiamo Sousy, sono una ragazza di
diciassette anni e ho gli occhi grigio chiaro e i capelli rossi, non
sono molto
alta e infatti tutti pensano sempre che io sia più piccola e
questo spesso mi
fa arrabbiare uff. Non so perché ma ho sentito il bisogno
incontenibile di
descrivere me stessa nella prima pagina di questo diario, anche se
ovviamente
io so benissimo come sono fatta e probabilmente lo sapranno anche i
guardoni
che potrebbero leggerlo per farmi i dispetti hihihi.
Dato che ci sono
continuo nella descrizione: sono una ragazza normale ma mi piace
vestirmi con
colori allegri, infatti indosso dei jeans strappati sulle ginocchia,
una
maglietta viola e una felpa bianca di Di-e-ggì. Porto i miei
cappelli sempre
raccolti in una coda sulla testa perché se no mi entrano
negli occhi.
Sono una ragazza
piuttosto socievole e infatti ero salita a farmi una passeggiata in
montagna
insieme a quelli del centro anziani per andare in cerca di funghi,
prima di cadere
nel buco.
Sì insomma, i
vecchietti mi adorano e comunque tutti gli altri miei amici mi avevano
dato buca
pure loro (hehehe che simpa).
Insomma, avevo visto un
bellissimo boletus edulis nascosto in una grotta, e dato che mi pareva
che i
miei amici novantenni mi avessero ormai distanziato da un buon quarto
d’ora –
non è colpa mia se non trovavo i funghi e loro si sono
offesi, dovevo
aggiornare Istagram! – ho deciso di prendere almeno quel
funghetto per
riconquistarmi la loro fiducia. Solo che sono inciampata e sono finita
nel
buco.
Ed è così che è
cominciata la mia storia.
Ora vorrei continuare
ma ho troppo sonno e mi si è stancata la mano ciao.
Questo fu quello che lesse
Toriel nei
fogli sparsi che trovò
sul pavimento della camera da letto dove aveva condotto quella strana
ragazzina
che aveva detto di chiamarsi Sousy, che aveva trovato
all’ingresso delle rovine
a vagare senza una meta. Si rendeva conto che non era stato proprio
educato
sbirciare, ma non aveva potuto resistere alla tentazione, una volta
entrata per
portarle una bella fetta della torta alle lumache che aveva appena
sfornato.
La dolce capra scosse lentamente la testa, leggendo: quella
ragazzina aveva decisamente bisogno di un paio delle sue lezioni, e
soprattutto
quello che aveva trovato scritto non corrispondeva assolutamente a
ciò che le
aveva raccontato Sousy. La ragazzina, infatti, aveva affermato di
essere giunta
al monte Ebbot da sola perché voleva vincere il record
regionale di bird watching,
ed era inciampata all’ingresso della caverna mentre osservava
intenta un
beccaccino alpino col suo binocolo.
Toriel rimise a posto i fogli e la lasciò da sola a dormire,
decisa a mettere dei lucchetti al frigo per evitare che, al risveglio,
Sousy
continuasse a depredarlo senza chiedere il permesso.
Certo che gli umani non ne sfornavano più di bambini a modo
come una volta.
Dieci minuti dopo, al piano di
sotto, una
porta stava
venendo aperta di soppiatto, grattando contro il terreno innevato che
stava
dall’altra parte. Toriel si era appisolata ignara di fronte
al camino, e Sousy –
che aveva solo finto di dormire – era riuscita a sgattaiolare
nel corridoio
sotto la casa senza svegliarla, dato che la sua mamma caprina sembrava
volerle
nascondere qualcosa là sotto.
Con un calcio riuscì finalmente a spalancare abbastanza i
battenti da passarci attraverso, si infilò nella fessura e
si lanciò in corsa
al di fuori, ansimando per la fatica.
Finalmente era libera.
L’AMORE
FA MALE.
*tuuuuummmmmm*
Sousy era terrorizzata.
Correva nella neve seguendo quello che sembrava un sentiero
tra alti alberi neri, in una grotta da qualche parte sotto la montagna
in cui
filtrava una luce lugubre e moribonda; gli unici suoni che sentiva
erano i suoi
passi che affogavano nella neve scrocchiante e i suoi ansimi di fatica,
che lasciavano
strisce di vapore nell’aria fredda.
L’unica cosa che desiderava era uscire da quel cesso di
posto. Correva e correva fino a consumarsi i polmoni e poi,
all’improvviso,
cadde.
Non capì nemmeno come, semplicemente il suo corpo
finì
inesorabilmente schiacciato a terra da una forza inspiegabile, non era
nemmeno
inciampata – cosa che in effetti le accadeva spesso.
Non riuscì a rialzarsi.
Un’ombra la sovrastò, coprendo la luce
già fioca, con quello
che sembrava un inquietante occhio azzurro elettrico spalancato
incastrato
nella testa.
“Ehi, umano.”
L’ombra parlò, con una profonda voce che pareva
essere
uscita direttamente dagli antri dell’oltretomba.
“…ti intrufoli nel nostro regno senza nemmeno
presentarti?
Non le conosci le buone maniere? Sai, di solito un uccellino mi dice di
fare il
bravo con i ragazzini come te che oltrepassano quella porta, ma oggi
non è
passato… sai cosa vuol dire, vero?”
Fece un passo in avanti, e Sousy riuscì a vederlo bene in
faccia.
Contrariamente a ciò che ogni essere umano dotato di buon
senso avrebbe fatto in una situazione del genere, e trovarsi davanti
uno
scheletro con un ghigno inquietante stampato in faccia che ti sta
intrappolando
con la sua magia assassina di solito genera un tipo ben specifico di
reazioni,
Sousy arrossì.
“Wow.” Mormorò, a mezza voce.
“…wow?”
“Cioè, figata.”
“…sto per ucciderti, umana. Capish?”
“Sì sì, lo so…”
Sousy tentò di rotolare dalla sua posizione a tappeto nella
neve, ma la magia dello scheletro continuava a tenerla immobile e
schiacciata
al suolo, e non ci riuscì.
“…scusami, è che questa situazione
è dannatamente… emh…
senti ho bisogno di sfogarmi, okay? Ero convinta che sarei morta nel
momento
stesso in cui sono caduta in quella buca schifosa, ma invece incontro
questa
specie di…caprona gigante che mi riempie di torta alle
lumache e mi minaccia di
tenermi lì con lei in quel postaccio per sempre, e io penso
OH MIO DIO MORIRÓ
DI NOIA MEGLIO FILARSELA PRIMA CHE QUESTA MI CUOCIA IN UNA TORTA e
così bam!
Sono scappata qui. E poi niente arrivi tu e mi immobilizzi a terra
così come se
niente fosse e poi mi minacci in quel modo sexy e quindi niente,
uccidimi pure
se vuoi. Tanto se devo proprio morire, preferisco essere uccisa in modo
fico.”
Lo scheletro era rimasto a fissarla a bocca aperta per tutto
il discorso.
“Emh…” iniziò, ma decise di
lasciar perdere.
“Tanto la mia vita fa schifo comunque. I biglietti per il
concerto di Rihanna sono finiti ieri e non ci sarei potuta andare in
ogni
caso.”
Lo scheletro sembrò riprendersi. Strinse la presa sul cuore
dell’umana e la spiaccicò al suolo con ancora
più forza. Lei gemette.
“Bene allora. Ti dirò una cosina che ti
farà sentire ancora
meglio: quando ti avrò trasformato in un mucchietto di
ceneri fumanti, la tua
anima sarà usata per liberare il nostro popolo dal
sottosuolo, e avvererai i
sogni di centinaia di mostri. Carino eh?”
Alle spalle dello scheletro apparvero quelli che sembravano
tre enormi teschi di cane, con le fauci brucianti di un poco
rassicurante
bagliore blu, che strillavano omicidio violento da ogni ossuto
centimetro.
“Ehi…ehi aspetta… non vorrai ammazzarmi
sul serio,
eh…? Cioè io
pensavo… uno scheletro così carino in felpa non
vorrà davver…”
Sousy si sentì spingere la faccia nella neve, e per un
attimo percepì solo cuore che le batteva
all’impazzata nelle orecchie e il
tepore dei vicini laser che stavano per cuocerla come un tacchino
ripieno.
Per un attimo, infatti.
Due secondi dopo, la voce di qualcuno che urlava a
squarciagola, giungendo di lontano, le perforò i timpani
già ovattati dal
nevischio.
“SAAAAAAANS! – urlò la voce –
MA CHE STAI FACENDO!? PERCHÉ
NON TI TROVO MAI ALLA TUA STAZIONE!?”
Il tepore dei laser svanì all’istante e con esso
anche la
presa sull’anima di Sousy, che finalmente
ricominciò a respirare ma non ebbe il
coraggio di sollevare la faccia dalla neve.
“DIMMI COME MAI STAI SEMPRE A
BIGHELLONAREEEEEEEEEEOOOOOOOOOOOOH MIO DIO MA QUELLO È UN
UMANOOOOO!?!?!?”
Sousy si sentì rinascere, realizzando di essere ancora viva,
e finalmente si risollevò: era apparso un secondo scheletro,
più alto e più
rumoroso del primo. Il suo attentatore, adesso, aveva perso tutta la
sua aura
di pericolosità e se ne stava con le mani in tasca e un
sorriso scemo a fissare
l’altro, che sembrava felicissimo di averla incontrata.
“UMANO! – urlò il secondo scheletro,
abbigliato come una
sorta di supereroe con una sciarpa rossa stracciata a fargli da
mantello –
LASCIA CHE TI PRESENTI COLUI CHE TI CATTURERÁ, LA FUTURA
GUARDIA REALE, L’IMPAREGGIABILE
ARCHITETTO DI PUZZLE, L’INIMITABILE CHEF, IL GRANDE
PAPYRUS!”
Ma Sousy, lei non aveva occhi che per colui che meno di due
minuti prima aveva tentato di friggerla coi suoi
cannoni-scheletro-laser.
“Mi…mi hai risparmiato la vita.”
Mormorò, con voce
tremolante.
“Eh? Non ho idea di cosa tu stia parlando.” Rispose
lui,
sollevando le spalle.
“EHI UMANO, CHE FAI, MI IGNORI???”
Protestò il grande
Papyrus, piccato.
“Io comunque mi chiamo Sousy, Mary Sousy.”
“PIACERE SOUSY, IO COME TI HO GIÁ ACCENNATO SONO
IL GRANDE
PAPYRUS, E QUESTO QUI È MIO FRATELLO, SANS!”
“Piacere Sans.” Sussurrò Sousy, sempre
in preda a tremori.
Sans sollevò gli occhi al cielo, divertito.
“BASTA CON LE CHIACCHIERE, SOTTO CON I PUZZLES!”
***
“…e
comunque guarda
che se ho flirtato con te, è stato solo
perché ne avevo piene le scatole di tutti quei puzzles del
menga!”
Sousy e Papyrus erano nella camera da letto dello scheletro,
in quello che doveva essere un appuntamento romantico ma che poi si era
rivelato di fatto essere una specie di scontro finale, un pettine che
raccoglieva tutti i problematici nodi di una testa più
spettinata di quella
dell’umana dopo aver attraversato tutta Snowdin, considerato
come era andato a
finire.
Papyrus incrociò le braccia, offeso e dispiaciuto.
“…oh insomma, sei la seconda persona che
minacciava di farmi
del male oggi, che avrei dovuto fare me lo spieghi? Ho ricorso
all’unica arma
che avevo a disposizione per salvarmi, la seduzione femminile! Che poi,
voialtri, non fate altro che attaccarmi senza sosta. Che dovrei pensare
io, ti
sembra una cosa carina!? Come pensavi che io volessi sul
serio provarci con te! Guarda come ti vesti poi! Siamo
seri!”
Lo scheletro sollevò un’arcata sopraccigliare.
Sousy ebbe
quasi paura che si sarebbe messo a piangere, da tanto gli stava
riversando
addosso tutto il suo nervoso – a volte la gente lo faceva
quando a lei giravano
le scatole – e allora avrebbe deciso che proprio non ne
poteva più di lui e lo
avrebbe piantato lì, dato che non poteva sopportare i
piagnistei altrui.
E invece no. Papyrus si piantò le mani sui fianchi e le
lanciò un’occhiata innervosita.
“Senti tesorino. – iniziò lo scheletro
– Sarò schietto, dato
che ci tieni così tanto. Ho accettato di concederti questo
appuntamento solo
per cortesia, dato che ti sei messa a flirtare con me in modo
così plateale,
perché pensavo che ci fosse un valido motivo sotto. Forse
davvero le piaccio,
ho pensato, forse dovrei darle una possibilità. E invece
vieni qui e mi prendi
in giro per le mie action figures e il mio letto su quattro ruote, e
purtroppo
l’idea che avevo su di te si è confermata: sei una
maleducata. Hai mangiato i
miei spaghetti e li hai sputati apposta, e io che pensavo che
quell’espressione
fosse per una intensa emozione!”
“Facevano schifo!” protestò Sousy.
“L’unica cosa che posso pensare di te è
che tu non capisca
come sono fatto, e ci può stare. Posso darti una mano a
raggiungere la fine di
questa galleria se tanto ci tieni, e posso anche darti qualche lezione
di bon
ton, lo faccio con piacere. Ma se vuoi piantarmi qui, non te lo
permetto. Sono
io che ti scarico. E non chiedermi di darti il mio numero, di solito mi
piace
aiutare la gente ma non so quanta voglia ho di sentire la tua voce
dietro un
ricevitore.”
Sousy rimase interdetta con la bocca spalancata, e Papyrus
si diresse con decisione verso la porta. Prima di uscire,
però, si voltò un’ultima
volta e disse:
“…e comunque, non è stato carino
chiedermi un appuntamento
dopo che hai continuato a fare gli occhi dolci per tutto il tempo a mio
fratello. Guarda un po’ cosa mi hai fatto fare solo
perché volevo farti un
piacere!”
Uscì, e sbatté la porta.
Sousy sentì le lacrime bruciarle contro le palpebre,
moleste.
Mentre la ragazza scendeva
rabbiosamente
le scale di corsa
per andarsene da quella casetta opprimente, tentando di trattenere i
singhiozzi, una frase tranquilla raggiunse le sue orecchie
all’improvviso,
paralizzandola.
“Wow. Giuro che non ho mai visto mio fratello così
tanto
arrabbiato in vita mia.”
Era Sans. Era apparso dal nulla alla fine della scala,
appoggiato col gomito al parapetto nel suo solito atteggiamento
menefreghista,
e la guardava di sottecchi dal basso.
Sousy si sentì invasa nella sua intimità, si era
fatta
beccare in un momento di fragilità, in lacrime: la cosa le
mandò in fiamme le
guance. Affondò la faccia tra le mani e si
asciugò gli occhi con le maniche
della felpa bianca, cercando di ricomporsi almeno un pochino.
“…è tuo fratello che è
impossibile. Mi ha scaricata
urlandomi contro.”
“Ah.” Commentò Sans, aspettando che
Sousy scendesse al piano
terra dove stava lui.
“…in realtà io nemmeno volevo uscirci,
cercavo solo di
salvarmi la pelle.”
“…certo che mio fratello è un
po’ strano, lo ammetto. Ma di
solito non si comporta così, chissà che gli
è preso, eh?”
“…già.”
La ragazza rallentò significativamente il passo mentre
passava di fianco allo scheletro, immaginando – e sperando
– che lui non fosse
apparso lì solo per prenderla in giro sull’esito
del suo ultimo appuntamento.
In effetti, non si sbagliava.
“Senti… - iniziò Sans, guardando da
un’altra parte - …per
caso hai da fare, adesso?”
Sousy si paralizzò.
“No. Perché…?”
“Ti andrebbe di pranzare con me? Devo parlarti.”
Per un breve attimo gli ormoni di Sousy impazzirono, poi si
calmarono e poi impazzirono di nuovo. Sì, insomma, non che
Sans le piacesse o
cosa… cioè, lui non aveva dimostrato verso di
lei il benché minimo interesse
fino a quel momento, se non forse qualcosina sottoforma di un paio di
consigli
per puzzle e qualche allusione a quanto fosse figo suo
fratello… e di certo a
lei aveva sempre fatto piacere vederlo. Sperava che volesse dirle
qualcosa, ma
di certo non si aspettava un invito così esplicito. Non
così in fretta, almeno.
O forse no, ci stava sperando… okay il suo cervello era
diventato una frittura
mista di neuroni e aveva perso qualsivoglia capacità di
ragionare lucidamente.
“S-SÍ! Khem… cioè
sì! Sì volentieri!” rispose, faticando
a
orchestrare il lavoro di lingua e denti per articolare le parole.
“Bene. Seguimi allora, conosco una scorciatoia.”
In meno di un battito di ciglia Sousy si ritrovò
nell’ingresso di Grillby’s, il pub di Snowdin.
Si sedettero in un tavolino appartato, e ordinarono una
porzione di patatine e un’insalata – lei era a
dieta.
“Cosa… cosa volevi dirmi, Sans?” chiese
la ragazza, presa
talmente in contropiede dalla velocità che avevano preso gli
eventi negli
ultimi due minuti da non riuscire bene a realizzare che era davvero seduta ad un tavolo, da sola, con colui che le aveva dato una
bella batosta (di che tipo, poi, lo decideranno solo i posteri).
Lui sollevò le spalle.
“Riguardo a quando sei entrata dalle rovine, e io ti
ho… khem riservato una
certa accoglienza.
Vorrei chiederti di non accennare nulla a Papyrus riguardo a quella
faccenda. Sai,
lui sarà anche un tipo un po’ bizzarro, ma
è molto buono e ingenuo, forse
troppo. Non sa che gli umani che cadono nel Sottosuolo devono essere
uccisi per
ordine del re, e non voglio che stia male sapendo la
verità.”
“Ah, okay. Se vuoi, va bene.” rispose la ragazza,
un po’
delusa dal fatto che Sans sembrava avere in testa solo quel cretino di
suo
fratello minore.
“Grazie.”
Sans prese la bottiglia del ketchup e se ne bevve metà in un
sorso solo, quasi come se fosse stata acqua oligominerale. Sousy lo
osservava
ipnotizzata.
“Ah un’altra cosa. Per caso…hai per caso
mai sentito di un
fiore parlante?”
“Oh sì.”
Lo scheletro spalancò gli occhi.
“…quando sono caduta da quello schifo di buco, ho
fatto un
macello terribile coi fiori che crescevano là sotto. Erano
tutti spiaccicati.
Uno tra loro, in effetti, si stava lamentando, con una vocina flebile
flebile:
io mi sono avvicinata e l’ho sentito farfugliare una cosa
tipo uccidere o essere uccisi, uccidere o
essere
uccisi… stavolta mi è andata maleeeeeeeeeeeeeeee
e poi è morto.”
Il fatto sembrò rendere Sans particolarmente felice.
“Oh – commentò, sorridendo soddisfatto
– questa sì che è una
buona notizia.”
“Dici? La caprona sembrava arrabbiatissima per quello che
avevo combinato con la sua aiuola. Avevo paura che volesse incornarmi
senza
pietà e fare tramezzini di Sousy con olive e
lumache.”
Sans ridacchiò.
“…non credo che dovresti pensare così
male di lei, una signora
a modo che cura i suoi fiori con amore e si preoccupa dei
ragazzini
che precipitano in questa fogna di posto, preparando loro gustose torte
e
offrendo alloggio, non può essere una cattiva persona,
no?”
“…io però avevo paura lo stesso,
oh.”
Sousy arrossì, imbronciata, e incrociò le braccia
in un
gesto che voleva essere a metà tra il tenero e lo stizzoso.
Sans scosse la
testa, infilandosi tre patatine in bocca.
“Senti.” Proseguì lo scheletro, con tono
un po’ più serio.
La ragazzina si riscosse subito con gli occhi pieni di stelline
luccicanti.
“Ti ho spiegato perché è successo
quello che è successo, no?
Non hai otto anni, sei grande abbastanza per capire. Per ordine del re
ogni
umano che cade qui deve essere ucciso. Io stavo per…
raccogliere la tua anima,
prima che arrivasse mio fratello. Ormai lui ti conosce, e ti hanno
vista tutti
i cittadini di Snowdin, per cui non preoccuparti, non
proverò più a farti del
male. Però… presto arriverai alla capitale, se
non ti ci condurrà prima Undyne,
e ci sono solo due modi in cui questa storia potrebbe andare a finire
se vuoi
uscire da qui: o il re prenderà la tua anima personalmente,
o tu prenderai la
sua, uccidendolo, e potrai attraversare la barriera per tornare da
qualunque
posto tu sia venuta. Questione animosa,
lo so.”
Sans sollevò lo sguardo per capire come Sousy stava
prendendo tutta quanta la questione, e vide che lo stava ancora
fissando a
occhi spalancati, senza il minimo cambio di espressione.
“…non starò a giudicare la scelta che
farai, sappilo. Chi
non vorrebbe avere la possibilità di scappare?
Però…mi sento in dovere di dirti
anche un’altra cosa. Non…devi per forza andare
via. Tu non vuoi morire, ma
nessuno vuole che tu uccida il nostro re. Se non vuoi trovarti in uno
scontro
all’ultimo sangue, potresti anche lasciar perdere, e restare
qui con noi. Potremmo
anche trovare un’altra soluzione per rompere la barriera che
ci intrappola qui
sotto. Capisci ciò che intendo dire?”
Sousy sbatté le palpebre. Oh, certo, aveva capito benissimo
ciò che intendeva dire, e le sembrò di sentire
dei corni angelici risuonarle
nelle orecchie.
“Mi stai chiedendo di
rimanere qui con te per sempre perché non vuoi che io resti
uccisa???”
“Emh…”
“No perché se è così va
bene! D’accordo! E chi ve lo tocca
il vostro re! Pfff, è ovvio che non voglio morire, mi hai
persino risparmiato
la vita!”
Sans scoppiò a ridere, vedendo tanto entusiasmo:
“Eheheheheh
sì okay okay, diciamo così. Bene allora,
fantastico!”
Lo scheletro fece per alzarsi e porre fine al pranzo ma
Sousy gli afferrò una manica della felpa. Lo stava guardando
fisso, ancora, più
rossa della bottiglia del ketchup.
“Era un appuntamento, questo?” chiese, trepidante.
“Come scusa?”
“Dai non fare lo scemo… hai capito, no? Era un
appuntamento-appuntamento?”
Sans si guardò attorno. Doggo e il Cane piccino, a un paio
di tavoli di distanza, si erano infilati le zampe in bocca nel
tentativo di non
scoppiare a ridere, e Grillby sembrava badare ai fatti suoi, ma pareva
parecchio divertito pure lui. Qualcosa si smosse nella testolina del
piccolo
scheletro, e si voltò di nuovo verso la sua ammiratrice
diciassettenne,
sorridendo in modo furbetto.
“Umh… sì, perché
no.”
“Oh!”
Sousy all’improvviso avvampò peggio del gestore
del locale,
mollò la manica di Sans, si guardò attorno in
preda al panico e poi corse
fuori, eccitata e imbarazzata come non mai. Da oltre i muri e la porta
chiusa
del locale la si sentì strillare un acuto spacca finestre,
che sembrò recitare qualcosa
tipo sei uno scemooooooooooooooooooo.
Sans ridacchiò.
“Qui finirà molto male.”
Pensò Grillby tra sé e sé, finendo
di ripulire il suo bancone.
*Angolo autrice*
*Scusate.
*Dovevo troppo farlo.
*In realtà, questa doveva essere solo una shot, ma sta
diventando parecchio lunghina e quindi, di conseguenza, sarà
una piccola long. Magari di due, o tre capitoli.
*Naturalmente, questa fiction non intende prendere in giro nessuna
storia o autore in particolare, ma solo un genere parecchio usato, che
però non sempre ha molto senso (sanso, ehehehe).
*Spero vi sia piaciuta.
*Bye
Kiki
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Caro diario, giuro che gli scheletri proprio non sanno baciare. ***
Caro
diario,
non riesco a capire cosa mi stia
succedendo. Da ieri che sono caduta in
un buco la mia vita è cambiata completamente, e non solo ho
rischiato di morire
diciassette volte, ma sembra proprio che abbia trovato una nuova casa.
Non mi
importa in realtà, tanto mi ero rotta le scatole
già da un paio d’anni di
andare a scuola, e mia mamma può vivere anche senza che io
apparecchi la tavola
ogni sera. Ora vivo in un posto bellissimo. Con delle persone
bellissime. No,
insomma, la persona bellissima è una sola, ma lasciamo
perdere. Insomma vivo in
capanno degli attrezzi, quello della casa di Sans. Cioè,
praticamente siamo
coinquilini!!!!! Ci sono un paio di spifferi alle finestre e la cuccia
che uso
come letto è un po’ scomoda, ma non importa, mi va
bene così.
…mi ha detto che oggi
pomeriggio possiamo avere il nostro secondo appuntamentoooooooo!!!!!
No okay sto bene, no
non è vero sto male. Cioè. Uffa sono
scemaaaaaaaaa!!!!!
Comunque mi sembra di
stare dentro a una di quelle storie romantiche bellissime, dove si
parte a
botte e insulti e si finisce a… no vabbeh mi fermo che
è meglio, e poi sai che
vergogna se qualcuno per sbaglio legge!
Hihihihi!
Ora ciao che devo
spazzare la paglia da per terra. Tvb.
Papyrus abbassò il
foglio che stava leggendo e restò qualche
secondo a guardare il vuoto con espressione corrucciata.
Sousy non
c’era e non aveva tirato su nemmeno un grammo
della sporcizia che c’era per terra, sul pavimento del garage
dei due
scheletri.
“Non sono
convinto che sia una buona idea, Sans. Sembra
davvero innamorata di te.”
“Oh, andiamo.
Nemmeno leggere il suo diario segreto è una
cosa carina. Eppure lo stai facendo.”
“Sì
ma, aveva lasciato il foglio all’insù appoggiato
sul suo
cuscino, sembrava quasi un bigliettino!”
“Anche questo
è vero.”
I fratelli erano
entrati là dentro perché l’umana era
sparita, e temevano che potesse cacciarsi in qualche guaio, ma
evidentemente non
si trovava nella residenza che le avevano affibbiato. Probabilmente
dopo
avrebbero continuato a cercarla – voglia permettendo. Papyrus
era ancora di
pessimo umore per quello che gli era capitato il giorno precedente, e
gli dava
ancora più fastidio il fatto che suo fratello Sans avesse
deciso di dar retta
alle avances di quella ragazzina così tanto a fondo nella
classifica dei suoi standard.
“Sans,
davvero. Ho paura che le cose possano prendere una
piega che non mi piace.”
“Non dire
sciocchezze fratellino, quella lì si merita una
lezione.”
Sans dette una pacca
sul fianco a Papyrus – alla spalla non
ci arrivava – e gli fece l’occhiolino, con uno
scintillio di complicità nel
sorriso.
“…guarda
come ti ha trattato, non posso certo perdonarglielo.
E non oso pensare a come potrebbe essersi comportata con la signora che
si
prende cura delle rovine…è una piccola peste, ci
penso io a rimetterla in
riga.”
“Sì
ma fratello… – protestò Papyrus, ancora
meno convinto –
…anche se fosse, tu te la dovrai sorbire per tutto il tempo.
Dai, non ne vale
la pena, dai retta al grande Papyrus. Non voglio che faccia star male
anche te
come lo sono stato io.”
“Non
preoccuparti Paps. – Sans gli prese dalle mani il
foglio scritto da Sousy, per rimetterlo dove lo avevano trovato, nella
cuccia
per cani che usava come letto – A me non importa del tempo
che spreco, tanto...
E poi sarà divertente. Eheheh.”
Gli
erano caduti gli occhi sul numero esorbitante di punti
esclamativi che la ragazzina aveva elencato di fianco al suo nome e
alla parola
coinquilini, e non aveva
potuto
trattenere un sospiro divertito.
“Papyrus,
– chiese – ma secondo
te perché gli esseri umani sono così attratti da
noi?”
Suo
fratello ci pensò un po’ su,
confuso.
“Non
so Sans, forse perché siamo
come loro… ma più nudi.”
“Diamine
Paps, sei un accidenti
di genio.”
* *
*
La neve cadeva lungo il
sentiero dolcemente, e ogni fiocco
sembrava una farfallina danzante nell’aria fresca e profumata
di resina.
Sousy arrivò presso la stazione di guardia saltellando
leggermente coi piedi, tenendosi le mani nelle mani, e si
piazzò di fronte al
bancone.
“Ehilà!” la salutò Sans,
agitando una mano, seduto comodo
sulla sua panca di legno. Lei arrossì come un pomodoro, e si
corrucciò un
pochino.
“E-eccomi qui.”
Aveva qualcosa di molto strano in testa, che spuntava fuori
tra le ciocche castano scure dei suoi capelli.
“…ma dov’eri finita? Ho passato tutta la
mattina a
cercarti.”
Lei arrossì ancora di più. Davvero le aveva
appena detto di
aver passato tutta la mattina impegnato a preoccuparsi della sua
posizione e
probabilmente salvezza? Oddio, era così
romantico.
“Ero andata a farmi un giro, non è che sei il mio
babysitter
e mi devi seguire dappertutto, eh!”
“Sì sì…tranquilla. Quindi
per pura curiosità, dove ti eri
cacciata?”
“Ho conosciuto Alphys. Siamo diventate amiche.”
Sousy si indicò le sporgenze che le spuntavano dalla testa:
due triangolini di tessuto peloso rosa fluo, con un ciuffo
più chiaro
sbarazzino sulla punta.
“Abbiamo avuto un’idea geniale per evitare che
mascalzoni
come te mi attaccassero a vista: mi ha prestato le sue orecchie da
gatto e ora
vado in giro dicendo di essere un mostro anche io, una donna-gatto.
Funziona!
Il comandante delle Guardie Reali ci è cascato come un
fesso, pensa che mi ha
persino chiesto un autografo! Pensava che fossi una principessa magica
o
qualcosa di simile.”
“Oh. – Sans scoppiò a ridere –
Certo che te la cavi bene qui
nel sottosuolo, eh?”
Sousy fece spallucce.
“È stato facile, ho solo raccontato ad Alphys
tutta la trama
di Piccoli Problemi di Cuore e di Rossana. Sembrava contenta, ma ho
fatto un
po’ di fatica a farmi prestare le orecchie: ho dovuto
minacciarla di
spoilerarle il finale di Madoka Magica, dato che evidentemente le
mancano gli
ultimi tre episodi, perché non voleva separarsene.”
Sans le lanciò un’occhiata strana, e lei
pensò che
probabilmente non avesse idea di quello di cui stesse parlando.
“Senti… – continuò
l’umana, glissando sull’evidente
ignoranza da parte di Sans sull’argomento anime
– …dove pensi di portarmi? Cioè, se ho
capito bene, questo è…”
“Oooh in realtà pensavo che potremmo
tranquillamente starcene
qui. Abbiamo tutto quello che ci serve e camminare è
faticoso. Vieni!”
Sans con un gesto del braccio la invitò a raggiungerlo
dentro il casotto della stazione di guardia, e lei timidamente
passò sul retro
e si sedette sulla panca di fianco a lui, cercando di non rovesciare
nessuna
delle bottiglie di salsa che stavano immagazzinate bene in fila dentro
mensoline costruite su misura.
“…ma tu non eri capace di
teletrasportarti?” Chiese Sousy
storcendo un po’ il naso.
“Sai, anche teletrasportarsi è faticoso, e poi sto
lavorando, piccola.” Sans le fece l’occhiolino, e
lei per un paio di secondi si
sentì svenire. Ma si riprese in un attimo.
“…s-se t-ti disturbo p-potevi anche e-evitare di
invitarmi…”
“Massì, ci tenevi così tanto.”
Ci furono una ventina di secondi di silenzio imbarazzante.
Almeno, imbarazzante per Sousy, dato che Sans pareva perfettamente a
suo agio
con un’adolescente in piena tempesta ormonale con indosso
delle orecchie da
gatto rosa pelose seduta al suo fianco.
“…seeenti… –
iniziò Sousy, per rompere il ghiaccio in quella
landa congelata – …tu sei mai uscito con altre
ragazze?”
“Oh sì. – rispose lo scheletro
– Anche se non erano esseri
umani.”
Sousy diventò viola, e Sans continuò, fissandola
con quel
sorrisetto provocatorio che le faceva scuotere le ossa come se fossero
state
percorse da corrente elettrica.
“…probabilmente non hai capito molto bene nemmeno
quanti
anni ho, eh? Anzi, dato che siamo in argomento,
c’è una cosa che mi tormenta e
che volevo chiederti.”
Sousy mosse la testa su e giù, aspettando la domanda
fatidica.
“…posso sapere cosa ci trovi in me?
Dico… potrei capire se
fossi uno di quei ragazzi bellissimi da fiction di cui le protagoniste
si
innamorano sempre, ma…insomma. Sono uno scheletro, tesoro. E
sono pure basso. E
boh… fossi atletico come mio fratello, magari… ma
non è che io sia poi così
tanto in forma. E vado in giro praticamente in pigiama. E, per di
più, ho anche
provato ad ucciderti. Quindi…?”
Non è vero sei
bellissim… erano le parole che si stavano
formando nella mente di Sousy, ma
il pensiero si bloccò a metà. In effetti Sans non
aveva tutti i torti. Oltre ad
essere un tappo stratosferico, era anche sciatto e malandato: le sue
occhiaie erano
quelle di chi non chiudeva occhio da settimane, e il fatto che bevesse
salse da
barbecue direttamente dalla bottiglia era decisamente disgustoso. Ma il
cuore
di Sousy decise di fregarsene, l’amore doveva vincere su
quelle piccolezze.
“…se ti stai riferendo al fatto che tu sei un
mostro e io
un’umana – iniziò Sousy, parlando come
una macchinetta da tanta era la
convinzione che la animava – …non me ne frega
niente. Le storie d’amore più
belle sono quelle impossibili, e poi certe ragazze sono state capaci di
mettersi insieme a cose molto più pericolose di te. Hai mai
visto Twilight? Ecco.”
Sousy era molto soddisfatta della risposta che aveva dato,
in effetti era esattamente quello che pensava anche lei. Sicuramente
doveva
aver convinto anche lui della forza dei suoi sentimenti.
Oh, sì, lui sembrava convinto.
Davvero convinto.
Lo scheletro improvvisamente si era proteso in avanti e le
aveva allacciato i fianchi con un braccio, avvicinandola a
sé con un gesto
deciso e portando il suo viso a un paio di centimetri da quello di
Sousy,
guardandola intensamente negli occhi. La ragazza percepì il
suo fiato gelido
sulle labbra.
“Bene direi – sussurrò Sans, con la sua
voce profonda –
questo è decisamente il momento in cui io dovrei baciarti.
Che ne dici?”
Sousy si sentì morire dentro. Chiuse gli occhi, con il cuore
che le scoppiava nelle orecchie. Lui si protese verso di lei,
annullando quel
soffio di distanza che c’era tra le loro due bocche.
Durò una decina di secondi.
…
“Beh?”
Chiese Sans, lasciandola andare:
“Non è forse stato il momento più
romantico della tua vita?”
“Emh…”
Sousy dovette prendersi un paio di secondi per riordinare le
idee, da tanto era sconvolta.
“…no. È stato stranissimo. Non hai le
labbra, e nemmeno la
lingua. Sei gelido. Mi hai praticamente morso coi denti. E il mio naso
si è
infilato nel buco dove dovrebbe esserci il tuo.”
“…e non è stato bellissimo?”
chiese Sans esaltandosi più che
mai.
Sousy era troppo confusa per riuscire a distinguere per bene
la situazione. Quindi decise di arrabbiarsi.
“Sei… sei… sei un cretino!
Come ti permetti di baciarmi così a tradimento, eh? Non sono mica una bambola io, cosa ti
fa pensare che io fossi d’accordo?
Eh? Non cercarmi mai più,
pervertito!”
Sousy gli tirò quello che doveva essere uno schiaffo su una
guancia, ma finì per farsi male ad una mano
perché la sua faccia in effetti era
fatta di ossa, così si alzò in piedi e
scappò via.
Sans la osservò allontanarsi correndo furibonda, e quando
sparì dalla vista scoppiò a ridere a crepapelle.
Erano anni che non si divertiva così.
*
* *
KissyCutie89 - Ehy Sans.
PunMaster - Ehya Alph.
KissyCutie89 -
Potresti farmi un favore? Ho finito il cibo per gli inquilini di sotto,
più
tardi se puoi me ne porteresti un altro paio di sacchi?
PunMaster - Sicuro
Alph.
KissyCutie89 - Grazie.
Non sono proprio il massimo quando hanno fame.
PunMaster -
Eh lo so, fanno un gran pappano.
Eh.
KissyCutie89 -
Ah, senti, emh.
KissyCutie89 - *digitando*
KissyCutie89 - Ho
saputo che stai uscendo con l’umana. Cioè non per
farmi gli affari tuoi
KissyCutie89 - *digitando*
PunMaster - Ah
già. Te lo avrà detto lei immagino.
KissyCutie89 - Ti
conosco da una vita Sans. Erano secoli che non uscivi con una ragazza.
Ma…sei
sicuro che questa qui ne valga la pena? Intendo… meriti di
meglio. Non mi è
sembrata la migliore delle persone, ed è pure minorenne.
PunMaster - Lo so.
Sousy ha trattato Papyrus a pesci in faccia prima di uscire con me.
L’ha fatto
piangere. Mi ha detto che è stata antipatica anche con te.
KissyCutie89 -
Aspetta, non ti seguo. Allora perché ci
esci?
PunMaster - Alph,
Alph. Ricorda. Che tipo di mostro sono, io?
KissyCutie89 -
…uno schelepigro? O.o
PunMaster - No. Un
troll, bellezza.
KissyCutie89 - Oh.
KissyCutie89 - Oh…
KissyCutie89
-
Oooooh…
KissyCutie89 - Vendica
tutti noi eroe. Riduci in poltiglia quel residuo di cane marcescente.
PunMaster - Ora
comunque abbiamo litigato. Credo.
KissyCutie89 - Oh,
e perché?
PunMaster - …ma
sai, in realtà si è arrabbiata per
cliché. Sai quando in una storia romantica
generica l’innamorato provoca, l’innamorata se la
prende con lui ma poi torna
perché in realtà perché i cafoni le
piacciono…solita roba da fan fiction
adolescenziale.
KissyCutie89 - Oh,
capisco benissimo. Praticamente state attraversando una fase.
PunMaster - Uh,
già.
KissyCutie89 -
Sono espertissima in queste cose. Adesso, il prossimo passo
è di riavvicinarti
a lei con un bell’equivoco imbarazzante, e la cosa che si usa
di più di solito
è…
*
* *
Sousy si infilò
di soppiatto nel bagno, e chiuse la porta a
chiave.
Il suo capanno degli attrezzi non aveva un bagno, purtroppo,
e quindi era stata costretta ad andare a fare i suoi bisogni
fisiologici di
umana dove andavano a farli anche i cani, fra gli alberi dietro la casa
dei due
scheletri. Una bella doccia, però, nessuno
gliel’avrebbe tolta.
Aveva trattenuto la pipì fino a quel momento, speranzosa di
trovare un wc come si deve in quella bella casetta di legno con quel
bel
tinello tutto a piastrelle, ma con suo grande disappunto si accorse
che, in
realtà, non c’era nessuna traccia di un water
nemmeno lì. C’erano solo una
vasca con doccino (stretta), un lavandino con specchio e spazzolini da
denti,
una vecchia lavatrice che qualcuno si era dimenticato di attivare e
biancheria
sporca sparsa un po’ ovunque. Sousy storse il naso: ma in che
diavolo di posto
era finita? Poi pensò che in effetti gli scheletri non hanno
un apparato
digerente, quindi poteva starci che non avessero un water. Subito le
tornò in
mente Sans, e la sua sfacciataggine terribilmente sexy.
Cacciò l’immagine dalla
testa con rabbia, anche se si rese conto che in effetti non era un
compito
facile. Ma no, no. Era arrabbiata con lui e gli avrebbe tenuto il muso
da quel
momento fino alla fine dell’eternità,
perché era questo che si meritava, oh!
Si protese verso la vasca e girò la manovella
dell’acqua,
per iniziare a farla uscire calda. Si sarebbe lavata via i pensieri con
una
bella doccia bollente.
Si sfilò dai capelli le orecchie da gatto pelose rosa, sovra
pensiero, e poi iniziò a sfilarsi i vestiti.
…nella prossima
puntata…
*rullo di tamburi*
SOUSY NUDA
SOTTO LA DOCCIA!!!
...stay tuned.
*Angolo
Autrice*
*Nulla,
ci tenevo a sottilineare che minacciare qualcuno di spoilerargli il
finale di Madoka Magica è davvero da infami.
*E mi spiace, ma ci sono tre righe blu e non riesco a
toglierle. Lasciamole così che il blu fluo è il
colore dell'anno.
*Ah, un ringraziamento speciale a
Emmevic, che mi ha suggerito la battuta su Twilight. Grafffie! :*
*Alla
prossima!
*Kiki
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Caro diario, se qualcun'altro mi dice che una ragazza nuda è come un cane spelacchiato giuro che uccido. ***
Sousy finì di
levarsi la
biancheria e la lanciò sopra la
lavatrice, in cima alla pila di calze sporche. Si stiracchiò
facendo
scrocchiare la spina dorsale, e godendosi la sensazione del vapore
bollente,
che iniziava a sollevarsi dalla vasca, sulla pelle nuda. In un breve
momento di
panico si girò di scatto verso la porta: sì,
l’aveva già chiusa a chiave. Sarebbe
stato molto imbarazzante se uno dei due padroni di casa avesse deciso
di farsi
una passeggiata in quella stanza mentre lei era lì dentro a
rilassarsi come sua
mamma l’aveva fatta. Giustamente.
Senza aspettare oltre si infilò sotto la doccia, lasciandosi
scorrere addosso l’acqua.
Era una sensazione meravigliosa. Saranno stati otto giorni
che non si lavava, e stava iniziando a puzzare mica male, soprattutto
dopo
essere caduta nel buco ed essersi sporcata tutti i vestiti.
Certo che, accidenti, ne erano successe di cose.
E Sans era davvero carino. Lo odiava, ma era carino.
Era troppo irruento. Però doveva ammettere che al momento
non le era dispiaciuto farsi prendere di prepotenza… aveva
provato gli stessi
brividi piccanti di quando aveva provato a farla fuori. Rrrrr.
Forse, ma proprio forse, avrebbe potuto anche prendere in
considerazione l’idea di perdonarlo.
Stava proprio iniziando a fantasticare scene in cui Sans la sbatteva
con violenza su e giù dalle pareti della sua rimessa quando
qualcosa interruppe
il flusso dei suoi pensieri bollenti di vapore.
Ci fu un rumore improvviso.
“Ooooops scusa, pensavo fosse libero.”
Sousy si sentì pietrificare.
Era lui.
La ragazza fece l’unica cosa che sarebbe risultata
accettabile in quell’occasione: si mise a strillare come una
sirena
anti-incendio.
“FUORIIIIIIIIIIII! COSACIFAIQUIESCIIIIIIIII! SONO TUTTA
NUDAAAAAAAAA!”
La voce di Sans, poco oltre il telo di separé mezzo
trasparente decorato con piacevolissime stampe di ortaggi, rispose con
una
certa noncuranza.
“Oh, buono a sapersi. Ti stai dando una lavata?”
Sousy si imbestialì.
“MA CHE CAVOLO NON LO SAI CHE LE RAGAZZE HANNO BISOGNO DI
PRIVACY!? FUORIII!”
“…ma non posso, devo fare una macchinata di calze
in
lavatrice. Papyrus mi ha dato un ultimatum.”
“E CHE ME NE FREGA! NON VOGLIO CHE TU MI
VEDAAAAA!!!”
Oltre il telo, la sagoma blu di Sans stava tranquillamente
avvicinandosi alla lavatrice, sepolta sotto una collina di roba sporca,
e
sembrava davvero fregarsene completamente della nudità di
Sousy.
“…perché non vuoi che ti veda? Guarda
che vedo gente nuda
tutto il giorno io.”
“…eh?”
“Oh, andiamo. Non sarai molto diversa da un cane,
no?”
Okay, ora Sousy era davvero imbestialita.
“COME TI PERMETTI DI PARAGONARMI A UN CANE!? UNA RAGAZZA
NUDA È COMPLETAMENTE DIVERSA DA UN CANE! NOI RAGAZZE SIAMO
MOLTO PIÚ…”
“…spelacchiate?”
Con somma sorpresa, Sousy intercettò nel suo campo visivo
una frazione della faccia dello scheletro, visibile dalla fessura tra
il telo
separatorio e il muro: era di spalle ma aveva girato la testa
all’indietro, con
un occhio brillante e spudorato puntato contro di lei. La stava spiando!
Si lanciò sul fondo della vasca, accucciandosi su
sé stessa
e coprendosi come poteva, ingoiando per la vergogna un altro strillo.
Lui
scoppiò a ridere e lei si sentì scoppiare per un
paio di altri motivi che non
staremo ad approfondire.
“Ehehehehehehehe dai, su, non fare così. Mica mi
imbarazzo.”
“IO SÍ DEFICIENTE!!!!”
“Vedila così ragazzina. Tu, rispetto a me, sei uno
scheletro
completamente vestito. Certo, se fossi tu
a vedere me svestito…
eh, sarebbe
tutta un’altra cosa. Mica ho la pelle per coprirmi,
io.”
Sousy non trovò nulla da ribattere, in effetti.
Rimase accucciata sul fondo della vasca a prendersi l’acqua
in faccia, mentre lui con tranquillità faceva le sue cose
con la lavatrice.
Okay, okay, okay. Ora se ne sarebbe rimasta lì fino a che
quello scheletro
terribile non se ne fosse andato. Ma cazzo, l’aveva vista
nuda. Nuda. Perché non
andava a farsi fottere?
Già che era arrabbiata con lui… questo non
facilitava le cose. Perché non
andava a suicidarsi? Perché non si annegava?
Perché non si levava tutti i
vestiti di dosso e andava ad annegarsi lì in doccia con
lei…?
“…ah senti, vedo che qua c’è
anche la tua roba sporca. Se
vuoi te la lavo.”
“Ma… aspetta… sono gli unici vestiti
che ho!”
“…troppo tardi. Sono già sporchi di
detersivo.”
“…VUOI CHE ME NE RESTI NUDA FINO A CHE NON SI
ASCIUGANO???”
“Nah, ti presterò qualcosa.”
Sousy rimase un paio di secondi ad assorbire la nuova
informazione, prima che Sans si mettesse di nuovo a parlare.
“Ah… senti, Sousy… è inutile
chiudere una porta quando sai
benissimo che chi vorresti tener fuori sa usare il teletrasporto. A
dopo.”
E svanì nel nulla.
Sousy restò a fumare, sotto il getto bollente della doccia,
ormai con la pelle tutta cotta dall’acqua e dal vapore.
“…E COMUNQUE – gridò, fuori
di sé – …IN QUESTA SCENA SARESTI
DOVUTO USCIRE SUBITO TUTTO IMBARAZZATO, RAZZA DI IDIOTA!”
In teoria dovrebbe essere
una cosa
romantica fregarsi le
felpe del ragazzo per cui si ha una cotta, no? Poi, ovviamente, se per
caso fosse
lui stesso ad offrirle con grande galanteria, sarebbe anche meglio.
Soprattutto
quando sono già state usate da uno o due giorni, e
l’odore ed il calore della
sua pelle sono rimasti intrappolati dentro alla stoffa, rendendo la
cosa
decisamente adorabile.
Questi erano i pensieri di Sousy, seduta al tavolo della
cucina per fare colazione. Doveva assolutamente concentrarsi sulla
carineria di
quella situazione, o gli schemi che controllavano la sua vita di
adolescente
sarebbero inevitabilmente crollati.
Sì, Sans le aveva prestato i suoi vestiti.
Sì, per qualche motivo era stato capace di rendere strano
anche quell’atto così infallibilmente incantevole.
Le maniche della felpa blu che aveva addosso le arrivavano
appena a metà avambraccio, le cuciture sulle spalle troppo
strette le davano
fastidio ed era costretta a starsene a pancia scoperta. Inoltre,
dall’interno
giungeva una puzza indistinta di carbonella e cane bagnato. Sotto aveva
una
t-shirt e un paio di pantaloni da felpa grigi (cavolo se Sans fosse
stato di
dimensioni normale sarebbe stato così
eccezionale), che praticamente si erano trasformati in un top stretto
sulle
tette e un paio di pantaloni a pinocchietto molto fuori luogo. Inoltre,
sulla
maglietta c’era scritto The Great
Fart-Master e aveva una macchia di ketchup proprio sul
davanti, dove non
avrebbe potuto nasconderla neanche se la felpa fosse stata abbastanza
grande da
potersi chiudere con la cerniera.
La povera Sousy sospirò, attendendo che qualcuno le
preparasse qualcosa da mangiare, e scosse la testa. Era così
difficile essere
una ragazza innamorata.
“Ehilà Sousy, sei carina!”
Sans era apparso sulla porta e Sousy mise il broncio, dato
che non aveva ancora finito di essere arrabbiata con lui (anche se le
aveva
appena detto che era carina mmmmmmmmmhhm).
“…e tu sei troppo basso. Ho freddo.”
“Beh devi ringraziare che almeno le mie cose ti entrino,
perché se no o eri uno scheletro magro come mio fratello o
te ne restavi sul
serio in accappatoio per tutto il tempo.”
“…scommetto che non ti sarebbe dispiaciuto
considerato che
sei entrato a spiarmi.”
“Hai ragione non mi avrebbe fatto schifo. Anche se
probabilmente ti saresti ammalata per il freddo e saresti
morta.”
Sans ridacchiò tra sé e sé e Sousy non
capì benissimo
l’allusione, ma lasciò perdere perché
lo scheletro stava mettendo dell’acqua
nel bollitore per fare il the e lei aveva fame. Inoltre, il fatto che
aveva
affermato che non gli avrebbe fatto
schifo avercela attorno nuda aveva decisamente diminuito la
sua volontà di
tenergli il muso troppo a lungo. Tra l’altro lui sembrava in
vena di
chiacchierare.
“Dimmi un po’, Sousy… come ci sei caduta
quaggiù? Insomma,
di solito ci troviamo tra i piedi solo bimbi sotto i 10 anni e non
hanno mai
voglia di raccontare l’esperienza, quando uno glielo
chiede.”
Sousy ci pensò un po’ su.
“Stavo scappando da un branco di bulli che mi inseguivano.
Mi hanno trascinata con l’inganno sul monte Ebott per
tagliarmi i capelli con
un paio di forbici arrugginite, ma io ho tirato un calcio in faccia a
quello
che mi stava trattenendo e sono corsa in mezzo ai boschi per seminarli.
Sono
inciampata e sono caduta nel buco, e poi ho incontrato la caprona.
È un trauma,
capisci? La mia vita precedente è segnata da prevaricazioni
e abusi. Sono una
povera anima sofferente in cerca di affetto sincero.”
Sans versò il the e fece spallucce, lanciandole
un’occhiata
intensa.
“Oh, che disgrazia. E io che avevo la sensazione che stessi
facendo bird-watching con un gruppo di novantenni.”
Sousy spalancò gli occhi e sentì il cuore
fermarsi.
“Come fai a… no! Non è vero! Se mai ho
raccontato quelle
cose a qualcuno, erano solo bugie! Per nascondere la mia sofferenza
interiore!”
Sans scosse lentamente la testa, sorridendo. Poi le passò
una tazza piena di liquido bollente e corroborante insieme a qualche
biscotto.
“Scommetto che anche la tua famiglia faceva schifo.”
“Sì. Padre alcolizzato e violento, e madre fuggita
in Nepal
con uno spacciatore di anfetamine.”
“Lutti non ne abbiamo?”
“Sì. Mio zio che era l’unica persona al
mondo ad amarmi, è
morto sotto una macchina. Era uno schiacciasassi. Di fronte a me.
Quando avevo
sette anni.”
“Oh, povera la mia piccola Sousy.”
Sans allungò la mano e le grattò la nuca con le
sue dita
ossute e piccine, e lei si mise a fare le fusa, soddisfatta –
cosa alquanto
conveniente dato che ancora impersonava il suo alterego di donna-gatto,
avendo
indosso le orecchiette rosa pelose di Alphys per non farsi uccidere
dalle Guardie
Reali.
“Ma dimmi, come mai dei bulli inseguivano una povera
fanciulla carina come te?”
“È per via dei miei capelli rossi. Sono troppo
particolari e
allora i miei coetanei mi bullizzano.”
Sans continuò a fare i grattini sulla testa della ragazza,
affondando la mano in ciocche di capelli… decisamente color
castagna.
“In effetti il rosso
dei tuoi capelli è molto questionabile ragazzina…
ora capisco il tuo dolore e
perché probabilmente volevano tagliarteli via. Mai visto un rosso così in vita mia,
giuro.”
“…ma quindi ti piacciono i miei capelli?”
“Uh…beh direi di sì. Nella mia famiglia
non è che siamo così
in tanti ad averne, e poi scaldano la testa.”
“Aw, sono ancora arrabbiata con te, ma sei così
dolce e
gentile…”
Sousy in un impeto di sentimento allargò le mani per
stringere lo scheletro in un abbraccio, ma si ritrovò ad
afferrare il nulla
sotto la sua felpa perché aveva preso la mira un
po’ troppo in basso, e aveva
mancato la cassa toracica finendo in quella zona di vuoto tra la stessa
e il
bacino. Fu una scena piuttosto stupida, anche perché lui le
prese le braccia
con decisione e se le spostò più in alto, dove
lei poté finalmente avere
qualcosa a cui aggrapparsi. Compiuta questa operazione, Sousy
abbandonò la
testa sopra uno spigolo della sua clavicola.
Lui continuò a grattarle i capelli come se fosse stata sul
serio un felino domestico.
“…ow, davvero sei ancora arrabbiata con
me?”
“…solo un pochino.”
“…nemmeno se ti do un altro bacino?”
Sousy rabbrividì, ricordando la disagiante esperienza del
loro primo bacio.
“Magari…emh…la prossima volta,
eh?”
Sans ridacchiò, compiaciuto.
Caro
diario,
le cose tra me e Sans
stanno decisamente migliorando. Per esempio, si è dimostrato
molto comprensivo
riguardo al mio doloroso passato, e mi ha riempito di grattini per
consolarmi,
senza provare a saltarmi addosso come l’ultima volta. Mi ha
fatto anche una
torta salata per pranzo, e credo che ad un ragazzo che sa pure cucinare
non si
possa proprio resistere (!!!). Sì, magari sapeva un
po’ di croccantini per
cani, ma l’ha fatta col cuore ed è questo che
conta, anche se poi io ne ho
preso solo un morsino perché sono a dieta. No, non sono
più arrabbiata con lui,
è così dolce che mi fa sciogliere!
*inserire dodici righe
di cuoricini*
Va beh, ammetto che
forse ho un po’ esagerato nello descrivere la mia famiglia:
dopotutto, tra
“padre alcolizzato e violento” e
“odontoiatra” non passa molta differenza, no?
Oh, chi se ne frega, tanto non li rivedrò mai
più. Mi sembra di vivere in un
sogno: niente più scuola, niente più sgridate,
niente più riordinare la camera…
hihihihihihi.
Sans poi mi ha
invitato ad un secondo appuntamento, e questa volta mi ha detto che mi
porta in
un posto carino. Dice che posso anche tenermi i suoi vestiti per un
po’, dato
che lì farà piuttosto caldo, e che mi
farà una sorpresa.
Non vedo
l’oraaaaaaaaaa!
Credo che sia vicino a
dove abita quella sfigata di Alphys, ma non credo che le
dispiacerà vedermi:
dopotutto, conoscere una ragazza popolare come me non può
fare altro che
aumentare di livello la sua vita sociale, no?
Ora smetto di scrivere
perché tra cinque minuti andiamo.
Ciao tvttttttb.
In effetti, il posto in
cui andarono
Sousy e Sans quella
sera era decisamente più elegante e pettinato rispetto al
buco fumoso e unto
che era il pub di Grillby o la guardiola di Sans sul sentiero, esposta
alle
intemperie dei venti sotterranei: erano appena entrati in quello che
sembrava
un moderno complesso residenziale, fornito di ristorante e palco per le
esibizioni. L’atmosfera era soffusa e i camerieri parlavano
tutti a voce bassa
– tranne che quando incontravano Sans, perché
evidentemente non esisteva un
singolo mostro nell’Underground che non lo conoscesse, e
tutti si mettevano
sempre a sbracciarsi e a urlare come muratori all’ora di
pranzo quando lo
vedevano: Sousy apprezzava la cosa, considerato che lo scheletro se la
trascinava dietro tenendola per mano e si sentiva come la ragazza di un
vip,
dato che tutti la guardavano incuriositi.
Certo il posto sarebbe stato ancora più carino se il getto
della fontana all’ingresso avesse centrato la vasca della
stessa e non il
pavimento sottostante (tra l’altro, una muffosa moquette), e
la cosa sarebbe
stata ancora migliore se sotto il suddetto getto d’acqua non
ci fosse stata una
ondina mezza nuda a farsi la doccia.
Sousy storse il naso, anche perché la tizia, vedendoli,
sollevò il braccio per salutare Sans e NESSUNA ninfa mezza
nuda poteva
permettersi di salutare il ragazzo con cui stava uscendo in quel
momento. Anche
perché aveva dei capelli rossi odiosamente meravigliosi.
“Ehya capo!” salutò lo scheletro,
rispondendo al saluto.
La donna-pesce fece un cenno anche a Sousy, che stiracchiò
le guance in un sorriso falsissimo.
“È il tuo capo quella?” chiese la
ragazzina fra i denti, e
lo scheletro scoppiò in una risatina divertita.
“Ma certo che sono il suo capo – disse lei in
risposta,
irritata per non essere stata interrogata personalmente –
…e tu sei Sousy, la donna-gatto,
no? Ci siamo già presentate
mi pare.”
“Oh, Undyne, la capa delle Guardie Reali?”
“Sì.”
Sousy attivò i neuroni, e ripensò alla prima
volta che si
erano incontrate: le era apparsa mentre stava attraversando la zona
delle
Cascate, cercando di non bagnarsi le scarpe griffate
nell’acquitrino, e al
momento le era sembrata altissima, imponente e soprattutto ricoperta in
ogni
suo centimetro da una pesante armatura da battaglia. E, soprattutto,
era
convinta che si trattasse di un uomo con una voce da checca.
Decisamente,
l’impatto era molto diverso ora che la vedeva solo con un
paio di shorts neri
da palestra e un reggiseno rosso fuoco, alta, atleticissima e tutta
bagnata.
“…ma tu esattamente, Undy, che ci fai qui a
lavarti
all’Hotel?” chiese Sans.
“Oh… nulla. Mi è andata a fuoco la
casa. Di nuovo. Ne
approfitto finché non mi cacciano.”
“Ah certo, capisco.”
A Sousy tutta quella voglia di conversare unita a tutta
quella nudità non piaceva. Per niente.
“…ma state uscendo insieme? Eeeeeeeeeeehy Sans,
Alphy mi
aveva accennato qualcosa, ma non pensavo che ti fossi andato a beccare
la neko-waifu dei sogni…
eheheh furbastro.”
Sans a quell’uscita della ninfa sembrò
sinceramente confuso.
“Cos…?”
Sousy capì che Undyne era ancora fermamente convinta che lei
fosse un mostro, annusò il pericolo imminente e lo prese per
la felpa,
trascinandoselo dentro al ristorante.
“Eheheheheh sì sì tutto molto carino e
divertente, farsi la
doccia nudi in un luogo pubblico e le mie bellissime orecchie rosa
assolutamente non sintetiche eheheheheh… ora ce ne dobbiamo
andare, scusa, ma
abbiamo prenotato… saluti dai tuoi amici scheletro e
assolutamente-non-un-umana-con-un-paio-di-orecchie-finte...
byeeeeeeee! Kiss Kiss!”
Undyne li osservò allontanarsi con gli occhi gialli
spalancati e con la bocca mezza aperta in un sorriso, e poi dovette
preoccuparsi di un enorme mostro gelatinoso che la invitò
cortesemente a levarsi
dalle palle, perché se voleva farsi una doccia quantomeno
avrebbe dovuto pagare
l’affitto per l’acqua che stava sprecando.
Sousy e Sans, finalmente,
si erano
seduti al loro tavolo per
due, e nessun mostro molesto sembrava voler disturbare la loro privacy.
Lo
scheletro sembrava ancora perplesso per il discorso che aveva appena
fatto.
“Scusa Sousy… – stava dicendo, cercando
di nascondere
l’imbarazzo per essersi fatto coinvolgere in qualcosa di cui
non capiva un tubo
– …ma tu hai capito che intendeva dire Undyne? Non
sono molto dentro a quel
genere di cose.”
“Ha detto che sono un mostro, che sono bellissima, che sei
fortunato ad uscire con me e che dovresti pensare solo a me.”
In realtà, nemmeno Sousy era dentro a quel genere di cose e
non ci aveva capito nulla nemmeno lei – sì, aveva
visto un paio di cartoni
giapponesi ma tutti doppiati nella sua lingua, e basta. Odiava i weeabo.
Sans parve per un breve momento un po’ a disagio, ma si
riprese in
un secondo. Ridacchiò.
“Ah beh… meglio così.”
“…non avevi detto che avevi preparato una
sorpresa?”
“Ooooh, certo, più tardi vedrai.”
Lo scheletro le fece l’occhiolino, e lei si sentì
svenire. Non
sarebbe stato male prima o poi svenire sul serio, lui almeno avrebbe
avuto
un’ottima scusa per prenderla in braccio e orchestrare una
bella scena di amore
drammatico.
Le
luci della sala si abbassarono un poco, e sul palco del
locale apparve una strana creatura piena di tentacoli e di birilli da
giocoleria. Gli occhi di tutti i presenti si voltarono verso lo show
che stava
per iniziare.
Nel frattempo, in fondo al salone, un mostro molto
particolare entrò senza farsi notare, e si
mimetizzò nella penombra stando
radente al muro, osservando lentamente la situazione come per
accertarsi che
tutto stesse andando per il verso giusto, senza intoppi.
Ad un certo
punto, la sua visuale intercettò la figuretta
seduta e orecchiuta di Sousy, al tavolo insieme al piccolo scheletro
cabarettista. Il mostro sussultò, ma poi fu invaso da
brividi di soddisfazione
e aspettativa.
“Ooooooh,
yeeeeeees…”
Nel prossimo
episodio!
DRAMA!
ROMANCE!!
BLOODSHED!!!(?)
Starring la
vostra
STAR preferita di tutto il Sottosuolo!
Chi sarà mai!?!
*Jerry forse…? Ah no,
aspetta…*
ALLA
PROSSIMA,
DARLINGS!
*Angolo Autrice*
*Voglio
che sappiate che io per prima sono una fangirl di Sans, e scrivere
questa storia mi fa del male*
*Però è troppo divertente*
*Ah, ho conosciuto diverse ragazze more che si sentivano speciali
perché erano straconvinte di essere rosse. Aprite gli occhi
sulla realtà donne. Poi sembrate delle tonte come Sousy.*
*Alla
prossima!*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Caro diario, il rettangolo no, non l'avevo considerato. ***
Era appena finita
l’ennesima canzoncina del gruppetto sul
palco del ristorante, quando finalmente la band iniziò a
dare segni di
sbaraccare: il sipario si chiuse e si sentirono rumori metallici di
ottoni e tamburi
spostati nelle loro custodie oltre la penombra del palcoscenico.
Sousy tirò un sospiro di sollievo: non ne poteva davvero
più
di quella musica lagnosa! Il concertino aveva continuato per quella che
era
parsa un’eternità, e nonostante la presenza di
Sans e quella strana bistecca
che le avevano servito (a forma di… rettangolo?), che si era
rivelata decisamente
più gustosa degli spaghetti riscaldati di Papyrus e dei
panini unti di Grillby,
si stava annoiando a morte.
Sbocconcellò un pezzettino di carne mentre le luci si
riaccendevano e gli altri ospiti ricominciavano a chiacchierare tra
loro,
rumorosi.
“Dio Sans che palle. Non finiva più. Ma in che
razza di
posto mi hai portato?”
Lo scheletro fece spallucce, sempre immancabilmente
sorridente.
“Questo che tu ci creda o no è il posto
più elegante
quaggiù. Mi spiace che non ti piaccia.”
“Sarà… noi nel mondo di sopra abbiamo
cose molto più fighe.
Tipo le discoteche: locali piccolissimi pieni di gente sudata, senza
posti a
sedere e con una musica così alta che se non balli devi per
forza ubriacarti
per non perdere l’atmosfera. Quello sì che
è bello. E la musica lì sì che
spacca.”
“Wow, sembra imperdibile.”
“Oh, puoi giurarci. Poi abbiamo dei centri commerciali
immensi e…”
“… tu ti fidi di me, no? Guarda che se ti ho
portata qui non
è solo per farti assistere ad un concertino da prima serata.
Quindi fammi un
favore, tappati la boccuccia che se parli di superficie la gente
potrebbe
insospettirsi e guarda un po’ che succede adesso.”
Al tappati la
boccuccia Sans si era alzato in piedi e le aveva
effettivamente premuto la
mano sulle labbra, incurante del fatto che lei avesse la bocca ancora
piena, e
poi le aveva fatto un occhiolino tale che accidenti si sarebbe messa a
sbavare –
ma si trattenne perché, in effetti, sarebbe stato piuttosto
orribile da vedere
una sbavata con la bocca piena, e per di più sulla sua
bellissima (gelida,
minuscola) mano scheletrica.
“Ehi, dove vai?”
Sans non era tornato a sedersi, ma sembrava proprio sul
punto di piantarla lì al tavolo da sola, dato che si era
girato e aveva già
fatto due passi. Si voltò girando su un piede e
agitò le mani in aria:
“Sorpresa!”
Dopodiché a passo svelto puntò il palco, dove
già il sipario
si stava rialzando e un annunciatore con la testa da medusa iniziava a
presentare la successiva esibizione.
Sousy si sentì morire
dentro quando vide Sans che
effettivamente stava entrando in una porticina di fianco al palco, e
che con
ogni terribile probabilità portava nei dietro le quinte
– sì, Sousy aveva visto
la band di prima uscire da lì ma stava facendo di tutto per
dimenticarselo.
“…e ora, signore e signori, come ogni
giovedì sera,
direttamente da Snowdin, il nostro mucchio di ossa
alla riscossa, Sans!”
Il piccolo scheletro entrò sul palco con le mani in tasca, e
tutti i mostri seduti ai tavoli lanciarono un’esclamazione
quando lui fece un
gesto di saluto verso il pubblico con il suo sorrisetto beffardo
stampato sul
volto. Lanciò uno sguardo penetrante verso Sousy, che lo
fissava mezza nascosta
sotto al tavolo, e lei desiderò con tutta la sua
adolescenziale persona di
sprofondare ancora più a fondo nel sottosuolo, lontano da
quella situazione
imbarazzante.
“Sapete… - iniziò subito lo scheletro
con fare brillante,
staccando il microfono dalla sua asta in mezzo al palco – Di
solito sono una
persona piuttosto cattiva. Inizio sempre a prendermela con qualcuno di
voi…
soprattutto con Snowflake, ma non ci posso fare niente, per me
é una fonte
eterna di freddure.”
Il pubblico esplose in una risata collettiva e uno strano
uccello fatto di neve mugugnò qualcosa con fare risentito.
“…poi come sapete, c’è chi
non se la prende mai. Predente
Vulkin. Lei se ne lava sempre le
mani.”
Nuove risate e applausi, e una piccola cosettina a forma di
vulcano attivo ribollì dalla testa ai piedi per essere stata
nominata. Anche
Sousy si ritrovò a ridacchiare e dovette ammettere che Sans
era davvero divertente,
tanto che iniziò a tirare un sospiro di sollievo.
“…ma no, stasera qui con noi
c’è un’ospite speciale. Le ho
promesso che le avrei fatto una sorpresa di quelle indimenticabili, e
quindi
vorrei che la salutaste tutti insieme. Un bell’applauso per
Sousy, la mia nuova
ragazza!”
Naturalmente lo scheletro non si era fatto problemi ad
indicarla a dito, e mentre tutto il ristorante si girava verso di lei
con fin
troppo entusiasmo lei desiderò con tutta se stessa di essere
morta.
In una tomba buia.
Tre metri sottoterra (cit.).
“Oh su, non fare la timida! Sapete, di solito lei non
è
così, mogia come un animale in gattività.
– Risate – Quando ci vediamo non fa altro che
strillare, è una gran gatta da
pelare! – Risate – E io le
dico, senti, sei un felino troppo
permalosa, ma possiamo essere comunque amici!”
Risate roboanti, e occhi puntati addosso.
Sousy ormai aveva deciso, non c’era via di scampo a
quell’inferno sceso in (sotto)terra: si sarebbe sentita male.
Sarebbe svenuta
lì davanti a tutti e Sans si sarebbe sentito in colpa per
averla messa in
condizioni di imbarazzo tale da non poter essere affrontate da una
sensibilità irritabile
e femminile come la sua. Lo avrebbe fatto sentire una merda, come
quello che
era, un cavolo di infame. Oh.
E quindi la ragazza mise il suo piano in atto: mentre la
gente rideva spalancò teatralmente gli occhi e
girò le pupille all’indietro,
emise un verso sconclusionato ma grazioso con la gola e si
lasciò cadere
all’indietro dalla sedia, sperando di non farsi troppo male
cadendo sul
pavimento.
Accadde però qualcosa che non si sarebbe mai aspettata, e
invece di cadere discinta sulle piastrelle fredde del ristorante Sousy
cadde
discinta tra un paio di braccia fredde appartenenti a qualcuno giunto
prontamente alle sue spalle, che lei non aveva sentito arrivare.
“Via tesoro. – Stava dicendo la voce profonda,
sensuale e
robotica della persona che la teneva in braccio – Nel mio
ristorante la gente dovrebbe
divertirsi, non perdere i sensi dall’imbarazzo. Dacci un
taglio, scheletro.”
Sousy sentì parecchi mostri mormorare di eccitazione dopo
quella frase.
“Oh mamma, non vedevo una cosa simile da quando era venuta a
mangiare qui lo Scienziato Reale, e lei sì che aveva preso
le battute in modo scagliato.”
Commentò Sans, sempre nel
divertimento generale. Non sembrava particolarmente preoccupato per
Sousy, e
lei fece una fatica incredibile a non stringere la faccia in un broncio
arrabbiato per manifestare quanto la facesse incazzare quel diavolo di
uno
scheletro, ma doveva fare uno sforzo o si sarebbero accorti tutti che
aveva solo
fatto finta.
“Voi continuate pure lo show, alla ragazzina ci penso io.
Non vorrei mai perdere un cliente per una sciocchezzuola del
genere.”
I mostri inneggiarono e Sousy, tenendo sempre gli occhi
fermamente chiusi, si sentì trasportare da qualche parte
lontano dalla folla,
da quell’individuo misterioso dalla voce sexy che aveva
deciso di prendere così
nobilmente le sue difese.
“Sei umana,
non è
così? Puoi anche evitare di negarlo, io sono più
intelligente di quel branco di
cretini in sala, ti ho notata subito.”
Sousy si prese un attimo per decidere cosa la traumatizzava
di più. La frase che aveva appena ascoltato? Certo. Quel
mostro sapeva che lei
era umana e probabilmente stava già progettando una decina
di modi per farla
fuori. Ma c’era anche un’altra cosa: era un rettangolo.
Un rettangolo con braccia e mani inguantate, e un’unica
rotella al posto delle
gambe. Era appena stata salvata da un tostapane.
“Uh, sì, lo ammetto, sono umana. Questo
è solo un abile
travestimento.”
“Ho notato, si vede che sei una maestra degli inganni. Ma
non puoi ingannare me: riconoscerei un umano anche in mezzo a una pila
di
mostri ammucchiati.”
Sousy si levò dai capelli il cerchietto con le orecchie rosa
finte, e il quadrilatero parve illuminarsi di fronte alla visione
– sì insomma,
gli si accesero tutte insieme le lucette sullo schermo che aveva al
posto della
faccia.
“Oh, meravigliosa.” Commentò.
“Senti. – sbuffò Sousy seccata
– So come funziona qui
attorno con gli umani. So che ora cercherai di uccidermi in qualche
modo,
credimi, e di portare la mia anima al re. Quindi fammi un favore,
tagliamo
corto e andiamo ai fatti, così potrò farmi venire
a salvare dal mio… (sigh) da
quell’idiota del mio ragazzo. Allora sei pronto? Dai mi metto
in posizione,
pronta a strillare.”
Sousy si sdraiò supina sul piano di cottura –
perché il
robot l’aveva trasportata alle cucine del ristorante
– e si preparò ad essere
assaltata, ma il suo aggressore non mosse un dito, anzi: parve quasi
offeso.
“Mia cara, – disse – ma io non farei mai
una cosa del
genere! Evidentemente non mi conosci: io adoro
gli umani e il loro mondo ed esibirmi di fronte ad uno di essi
è uno dei miei
sogni più grandi. Come potrei farti del male?”
“…come scusa?”
“Ma certo! Io sono una star dalle potenzialità
internazionali, e sono costretto ad esibirmi sempre per i soliti
quattro gatti
chiusi quaggiù! Cosa credi, che mi faccia piacere? No no, io
mi ispiro alle
celebrità umane della superficie, e per me è una
fortuna incredibile averti
incontrata… e anche tu dovresti essere onorata di essere in
presenza del
favoloso Mettaton!”
“…aspetta. – Sousy si bloccò.
Di nuovo il suo cervello
faticò a discernere quale informazione l’avesse
sorpresa di più: il fatto che
lui aveva appena dichiarato di non avere nessuna intenzione di
ucciderla,
oppure… - …tu sei un VIP?”
“Ma certo. Sono l’unica, favolosa
star televisiva di tutto il Sottosuolo!”
Mettaton sembrava risentito che Sousy non avesse mai sentito
parlare di lui.
“…sono caduta quaggiù da poco, e non ho
avuto tempo di
guardare la TV. Scusa.”
“Capisco, capisco. Beh, è ovvio che sei stata
molto
fortunata ad incontrarmi di persona, come premiere!”
Le porse una mano robotica, e Sousy si rialzò in piedi con
suo aiuto. Doveva ammettere che, pur essendo praticamente un forno a
microonde,
aveva dei modi molto affascinanti.
“…volevo dirti, tesoro, che se sei
d’accordo ti proporrei
un’esibizione privata, diciamo… domani sera?
Lascia perdere quel poveraccio con
cui sei venuta stasera, fidati, puoi avere il top dei top tu.”
Il robot ammiccò con una lucetta sullo schermo.
Sousy arretrò istantaneamente a tanta sfrontatezza: certo
che, anche se non aveva una faccia, quel robot aveva sicuramente molto
fegato!
Istintivamente le venne in mente di strillargli un forte
“no!” e schiaffeggiarlo,
ma si morse le labbra.
Pensò a Sans.
Cazzo, era carino, ma era stato anche molto stronzo. Troppo.
Doveva pagare.
All’improvviso, Sousy ebbe una brillante idea per mettere in
chiaro le cose con quello stupido scheletro sexy.
Allungò la mano verso Mettaton ma, invece di afferrare
quella del robot, gli prese direttamente il braccio.
“Sì, caro, mi piacerebbe molto. Accompagnami fuori
ora per
favore, qualcuno sarà
preoccupato nel
non vedermi arrivare.”
* *
*
“50
sfumature di blu.”
*
Sousy fece
un ingresso
trionfale nel ristorante sottobraccio al robot, e tutti si voltarono a
guardarli perché erano davvero troppo una coppia di gente
ricca e famosa. Cioè,
è una legge della fisica che la ragazza più bella
di tutto il sottosuolo si
metta insieme al vip più figo, no?
Erano tutti e due
assolutamente perfetti: lei aveva i capelli rosso fuoco che
ondeggiavano sulla
schiena, e lui aveva gli addominali quadrati che si vedevano sotto la
camicia.
Certo quello era un
vero e proprio scoop e scoppiò un applauso, ma non tutti gli
spettatori erano
felici: una persona in particolare si arrabbiò tantissimo, e
diventò verde per
lo smacco e la gelosia.
Era Sans, che come
tutti sapevano era follemente innamorato di Sousy, solo che era troppo
testardo
per ammetterlo.
Era anche uno scemo.
Solo che era anche
bellissimo e anche Sousy in realtà lo amava, ma era talmente
scemo che Sousy
era troppo arrabbiata per confessare i suoi sentimenti. Ma poi adesso
c’era
Mettaton e lui era sicuramente meglio di uno scheletro tappo e povero.
Quando uscirono dal
ristorante Sans gli si piazzò davanti, con una faccia
minacciosa.
“Giù le mani dalla mia
donna, ammasso di ferraglia!”
Mettaton strinse Sousy
sul braccio, intimorito dalla provocazione, e Sousy gridò:
“Sans! Mettaton! Vi
prego non litigate per me! Sono indecisa perché siete tutti
e due fighi ma non
voglio che scorra del sangue!”
Mettaton sembrava
voler evitare lo scontro e cercò di cacciare lo scheletro a
parole, ma Sans si
era già tolto la felpa e lo aveva scagliato con un colpo
dieci metri
all’indietro (e può farlo perché lo so,
l’ha fatto anche con me la prima volta
che ci siamo visti).
Sousy strillò e
Mettaton si rialzò e gli tirò un pugno in faccia,
ma lui rispose con un calcio
negli stinchi e si prese una testata in mezzo agli occhi.
Mentre e due ragazzi
mostruosi si picchiavano per terra uno sopra all’altro Sousy
era rimasta
paralizzata in lacrime, perché lei era buona e odiava la
violenza. Ma doveva
ammettere che vedere quanto il suo amore spingesse quei due alle botte
le faceva
battere il cuore.
Soprattutto Sans. Che
era così stronzo ma anche così sexy.
Apparve un teschio
enorme di cane, volteggiando a mezz’aria, e sparò
un raggio laser contro
Mettaton lasciandolo KO.
Sans prese Sousy per
un braccio, pulendosi la bocca dal sangue con un pugno chiuso:
“E adesso vieni a
casa. Non permetterò che nessun viscido vip presuntuoso e
approfittatore ti
tocchi. Non lo sapevi che ti stava solo usando per mettersi in
mostra?”
La portò nella rimessa
di casa sua, dove c’era buio, un pavimento di legno e anche
un materasso di
paglia per terra.
“Ma lui a me piaceva!”
protestò Sousy “Almeno non è stronzo
come te!”
“Ma io ti amo Sousy, e
ti voglio. Non permetterò che nessun’altro ti
abbia per sé.”
“Oh Sans…”
Lo scheletro si
avvicinò e la baciò, spingendola contro la parete
di legno.
Lei rispose con
passione perché anche lei lo amava, e tutto quel sangue e
quella passione che
gli aveva visto negli occhi le aveva acceso il fuoco dentro.
Era uno stronzo e per
questo le piaceva, le piaceva un sacco.
La felpa volò sul
pavimento e lei si tolse la maglietta.
Lui le afferrò i
fianchi con le unghie e poi scese con le mani.
Si infilò sotto i suoi
pantaloni… e poi sotto le sue mutandin…
“OH CORBEZZOLI!”
Papyrus fece una pausa dalla lettura e finì il suo succo di
frutta facendo gorgogliare la cannuccia contro il fondo del cartoncino.
Sans, assonnato, spuntò con la testa in camera sua per
controllare che diavolo stava facendo, accigliato e con una tazza di
caffè in
mano.
“Ehi fra, si può sapere che hai da
gridare?”
“Eh!?”
Papyrus arrossì violentemente e strinse il foglio che aveva
in mano, agitandosi sul suo letto-automobile sul quale stava
comodamente seduto
a gambe incrociate.
“N-niente… è che ho trovato questo e mi
sono messo a
leggere. È molto appassionante.”
Sans entrò nella camera di suo fratello strascicando le
pantofole sul pavimento e diede un’occhiata al foglio che gli
veniva porto.
“È ancora il diario di Sousy?”
“Sì ma è diverso. Questa è
proprio una storia. Ma, Sans…”
Il maggiore scosse la testa: “Paps ti ho già detto
di non
andare a frugare nella roba delle ragazze, non è
carino.”
“… ma Sans, l’ho trovato attaccato al
frigorifero con un
magnete! Ma…”
Papyrus arrossì di nuovo come un pomodoro, a disagio di
fronte alla presenza tranquilla e leggermente rimbambita del suo
fratellone.
“…ma ieri sera è
davvero andata
così?”
Sans lanciò a Papyrus un’occhiata confusa, poi
lesse un paio
di righe.
Diventò blu.
“Ma che
cazz…”
…come è
finita la serata?
Ci sarà stata davvero la rissa?
E quante sfumature di blu avrà visto
Sousy?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
*Madre, perdoname por
mi vida
loca.
*Angolo Autrice*
*Eccoci qui.
*Sì mi sono presa una pausa estiva, ma la ROMANCE non
è finita.
*Alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Caro diario, la vendetta è un piatto che va servito al microonde. ***
Sousy si ficcò in bocca il
rimasuglio dell’ennesima
ciambella, masticando con rabbia e vergogna, riempiendosi le guance
come un
criceto. Che schifo, stava di nuovo mangiando come un’obesa
per colpa della sua
stupida vita di merda. Singhiozzò e si soffiò il
naso nel tovagliolino
dell’ormai scomparso dolcino.
“Sono patetica,
vero Papyrus?”
“Ooooh ma no ma no, sei solo affamata.”
“Appunto, sono disgustosa.”
“Ecco… se ti ripulissi la faccia da tutta quella
crema e
gettassi via quel fazzoletto pieno di moccio andrebbe molto meglio.
Tutto qui.”
Sousy scoppiò di nuovo in lacrime, con Papyrus che accennava
un sorriso consolatorio ma che in realtà era convinto di
aver solo peggiorato
la situazione. Per tentare di rimediare alla sua ultima uscita
– e magari
evitare che Sousy spargesse sul divano altro cibo semi masticato,
piangendo a
bocca aperta – le porse una nuova ciambella alla cannella.
Sousy la agguantò
subito.
Quella mattina era partita malissimo: Sousy aveva bussato
alla porta di casa dei fratelli scheletri con un’espressione
di furia omicida
che avrebbe fatto invidia alla faccia di Undyne quando qualcuno diceva
che gli
anime erano per bambini, e aveva preteso di accamparsi sul loro divano
“perché
sì”.
Papyrus non capiva le ragioni del suo malumore, ma aveva
fatto di tutto per aiutarla a farsi passare quella brutta dose di bile
che lei
gli aveva portato in soggiorno. Inoltre, non aveva visto Sans da
nessuna parte…
probabilmente aveva deciso di girare al largo da lei e prendersi una
vacanza
dal suo giochino del fidanzato.
Le aveva persino portato una scatola di ciambelle prese
dalla signora coniglio all’ingresso di Snowdin, e lei le
stava facendo sparire
tutte in meno di mezzora.
“…almeno ti piacciono?” chiese lo
scheletro, conciliante.
“No. Fanno cagare, sono troppo dolci. E fanno
ingrassare.”
Sousy dette un altro morso vorace al dolce che aveva in
mano. Papyrus si mise una mano nei capelli che non aveva.
“Mi dispiace vederti così… cosa posso
fare per te?”
“Portami una coperta, che ho mal di pancia.”
“…ma tutte le coperte che avevamo in casa le hai
già
addosso.”
“Ah! Non fare niente allora cretino!”
“Ma come mai sei così triste? Vuoi confidarti un
po’? Magari
poi stai meglio.”
Sousy alzò gli occhi al cielo, tra lacrime e zucchero a velo
appiccicato alle guance. Sembrò seccata. Ma poi
cacciò un profondo sospiro e
scosse la testa.
“Davvero non ci arrivi? Sono in
quei giorni.
Non si chiede mai a una ragazza
qual è il problema in quei
giorni. Sono emotiva, sensibile, e
soprattutto la pancia mi fa un male cane.”
“Oooooooooh ma certo. Sì. Ho capito
tutto.”
Papyrus spalancò gli occhi per essere più
convincente. Certo
che Sousy era davvero bizzarra.
Naturalmente non aveva capito una cippa frusta del suo
problema, ma la faccia allucinata e arrabbiata della ragazza gli aveva
suggerito che forse era meglio non indagare oltre. Cercò di
fare delle
congetture: forse la terza settimana di settembre le stava
particolarmente
antipatica, e guardando il calendario si era arrabbiata. Forse qualcuno
le
aveva fatto un malocchio, e per due giorni all’anno un gruppo
di formiche
invisibili le punzecchiavano le dita dei piedi. O forse era un lupo
mannaro,
solo che al posto di ricoprirsi di pelo si trasformava in una strega
malvagia
mangia-ciambelle. Doveva stare molto attento a come si comportava con
lei.
Magari era contagiosa.
“Che palleeeeeee!” strillò di nuovo la
ragazza, agitandosi
sul divano e portando Papyrus molto vicino ad una crisi di panico. Che ha adesso? pensò, siccome
aveva
capito che fare domande a voce alta era una pessima idea e peggiorava
solo la
situazione: la guardò con attenzione e notò che
aveva già finito la ciambella.
Si girò per prenderne subito un’altra –
quelle ciambelle sembravano l’unica
cosa in grado di contenere la sua furia – ma si accorse con
spavento che erano
finite tutte. In preda al panico, si alzò e fece per
lanciarsi fuori dalla
porta, ma Sousy lo fermò con un grido.
“PENSAVO CHE MI AVRESTI FATTO COMPAGNIA!”
“Sto solo andando a prendere altre ciambelle! Il grande
Papyrus vuole solo il tuo benessere piccola umana sofferente!”
Sousy scoppiò in lacrime di nuovo.
“Allora resta qui! Ho bisogno di affetto. Tu mi vuoi un
po’
di bene, Papyrus…?”
“Ehm… quella volta che siamo usciti insieme mi hai
dato
dello sfigato, però in fondo dai, io non voglio male a
nessuno in realtà…”
“Ahhhhh nessuno mi
ama in questo mondo! E sono un cesso!
Mi spieghi come ci esco stasera, con Mettaton, conciata
così!?”
La sera prima alla fine le cose non
erano andate proprio
come avrebbe voluto Sousy.
Sans, vedendola arrivare sottobraccio a Mettaton al
ristorante, aveva fatto spallucce e aveva pure chiesto al robot se
voleva
accompagnarla a casa lui con la sua limousine, siccome evidentemente lo
scheletro
era stato troppo sfiancato dalla sua esibizione per darsi la pena di
tale
incombenza. Sousy si era arrabbiata tantissimo, ma Mettaton poi le
aveva detto
che il giorno seguente le avrebbe mostrato i suoi studi televisivi, e
lei non
aveva saputo dire di no. Le aveva persino promesso di farla comparire
in tv e,
sinceramente, era decisamente un passo più in là
dal farsi salutare da tutti
perché sottobraccio al cabarettista di turno. Poi Sans non
avrebbe potuto
ignorare il fatto che lei aveva deciso di dare un
bacio al fornetto quadrangolare in diretta, sugli schermi di
tutto il sottosuolo. Oh, sì, questo sì che
l’avrebbe fatto friggere di gelosia,
ciclo o non ciclo. Sousy, maestra delle vendette servite al microonde.
Papyrus fece di tutto per rendere presentabile Sousy per
quella serata speciale, e dopotutto si rivelò un vero
maestro: buttarono nella
biancheria sporca i vestiti di Sans che la ragazza stava ancora
indossando,
stritolata dalle cuciture troppo strette, e tirarono fuori uno
splendido abito
rosso, a cui Papyrus aggiunse un paio di protesi a forma di palle da
basket e
un discreto numero di occhiali da sole da appoggiare sulle stesse. In
realtà il
vestito era una tunica di stregone per un costume di carnevale
(larghissima per
lo scheletro, giusta al pelo per la ragazza) e Sousy pensava che
facesse
davvero schifo, ma in quella situazione di crisi doveva pur
accontentarsi;
inoltre, si infilò le palle da basket nelle tette,
nonostante Papyrus
insistesse che fossero per i bicipiti. Bene
così pensò la ragazza, guardandosi
allo specchio e pensando che in fondo
non era così tanto sciatta.
Sans non si era fatto vedere per tutto il giorno, ma era
meglio così: Sousy non era sicura di poter prevedere che
piega avrebbero preso
le sue emozioni in tal caso, e non poteva rischiare di vedere la sua
determinazione infranta da un paio di complimenti da parte del suo
fidanzato
stronzo.
Finalmente Mettaton arrivò
a prenderla con la sua limo
scintillante, lei uscì di casa tutta abbigliata e si fece
fare il baciamano,
come una vera star.
Fu una serata davvero speciale: il robottino la accompagnò
sottobraccio a visitare gli studi del telegiornale (un una sedia, un
tavolo a
rotelle e un paio di cartoni di scenografia, il massimo della
qualità
considerato che dovevano poter essere montati in qualsiasi momento e
luogo
avvenisse uno scoop per spremere il meglio della diretta), le cucine
per il suo
programma “Cooking with Killer Robot” e addirittura
il set del film che stava
girando in quel momento, “Mettaton the Movie XXIX”,
che era una stanza
semi-vuota ricoperta di petali di rosa e piena di telecamere, che era
stata la
location anche di tutti i suoi film precedenti. Mettaton si
dimostrò essere un
vero gentlemen, e non perdeva occasione di ricoprirla di complimenti:
Sousy si
dimostrò lusingata, anche se dopo un po’ tutte
quelle sviolinate iniziarono a
farla sentire pericolosamente vicina a ricordare certe poesie
stilnovistiche
altrettanto sdolcinate che aveva letto a scuola (roba di tipo tremila
anni
prima, con un sacco di lauree, aure e fiorellini), e qualsiasi cosa
fosse
scolastica le dava il vomito ormai che ne era così lontana.
Il motivo per cui
fremeva d’impazienza per la fine della serata,
però, era ben più preciso:
Mettaton le aveva promesso di farla apparire in diretta. Lei aveva una
vendetta
da compiere, e non vedeva l’ora di apparire sugli schermi di
tutto il
sottosuolo per dimostrare che nessuno poteva permettersi di metterle in
piedi -
impantofolati - in testa.
Quando finalmente montarono il set per il telegiornale delle
19.45, Sousy non stava più nella pelle.
“OH Mettaton, sono
così emozionata!” cinguettò,
appendendosi al suo braccio tubolare, mentre lui
si ingegnava a montare il cartonato dello studio davanti alla
telecamera col
suo peso morto appollaiato addosso.
“Ne sono felice, CARISSIMA!”
Finalmente, prese il telecomandino per accendere la
videocamera in remoto, che aveva precedentemente posizionato di fronte
alla sua
postazione, e premette il pulsante di accensione.
“BUONASERA MY BEAUTIES AND GENTLEBEAUTIES! QUI È IL VOSTRO METTATON CON IL
REPORTAGE
SERALE!!! MI TROVO QUI CON LA CARISSIMA SOUSY IN QUESTO ISOLATISSIMO
COMPARTIMENTO STAGNO DEL CORE, SALUTA IL PUBBLICO SOUSY!!!”
*Sousy agita con entusiasmo la mano*
“LO
SCOOP DI STASERA È
ECCEZIONALMENTE INTERESSANTE, PERCHE’ INDOVINATE UN
PO’… PER L’ENNESIMA VOLTA
NON È SUCCESSO NULLA DI INTERESSANTE!!! E CON QUESTO IL
NOSTRO SERVIZIO SI
CHIUDE, BUONANOTTE CARI TELESPETTATORI, AL PROSSIMO APPUNTAMENTO CON TV
METTATON!!!”
Mettaton spense la telecamera e
lanciò da una parte il
telecomandino, stremato.
“Uh! – si lamentò, asciugandosi un paio
di gocce di condensa
che gli si erano formate sullo schermo per la stanchezza –
Che diretta, eh? Ti
prosciuga le energie, ma ne vale la pena ogni singola volta.”
Sousy era rimasta letteralmente a bocca aperta. Certo, se
avesse avuto quei 15 secondi in più durante la trasmissione,
forse sarebbe
riuscita a posizionare le labbra a cuore per poterlo baciare a
tradimento e
quindi ritrovarsi in quel momento con un’espressione
più carina, ma nemmeno
questo era riuscita a fare. Però lei era
un’adolescente piena di risorse.
“Certo che questo è un posto molto inusuale per
una
trasmissione, Mettaton.”
Considerò
con fare svagato, indicando a dito le quattro mura strettissime
all’interno
delle quali si trovavano, e poi il fiume di lava che attraversava il
pavimento
presso uno dei muri, unica fonte di luce disponibile dello stanzino.
“Ma certo che sì mia
splendida piccioncina, bisogna sempre stupire l’audience! Mai cedere alla pigrizia e
riutilizzare antichi set
tradizionali, noiosi e barbosi spazi
aperti e bene illuminati... Io sono d’avanguardia!”
Mentre lo show-robot monologava, Sousy acchiappò il
telecomandino e riaccese di soppiatto la cinepresa.
In tutto il Sottosuolo gli schermi
dei televisori
ricominciarono a trasmettere, e centinaia di mostri incollarono di
nuovo gli
occhi su di essi. Mai avevano assistito a un evento del genere!
“Mettaton, caro,
mi sono stancata di questi discorsi professionali.”
Sussurrò Sousy, sbattendo
seduttivamente le palpebre.
“Mi dispiace moltissimo tesoro…
ma hai ragione. È ora di passare ad altro.”
Mettaton si girò verso di lei e accese
delle lucine intense e sensuali sul suo schermo. Sousy
esultò internamente,
tutto andava secondo i piani. Tutto il Sottosuolo stava osservando
quella scena
in direttissima. Anche Sans. Soprattutto
Sans.
Sans e Papyrus stavano seduti sul
loro divano gibboso
tenendosi aggrappati ai braccioli, con le orbite puntate alla
televisione.
“Non ci posso credere che lo sta facendo davvero.”
Mormorò
Sans, stringendo forte i denti per trattenere la risata che gli avrebbe
rovinato gli sviluppi degli eventi sul teleschermo.
“Non ho idea di cosa stia succedendo… ma OMMIODDIO
SONO
EMOZIONATO!!! – esultò Papyrus, da autentico fan
numero uno della vera e unica
star del Sottosuolo – Sono tipo dei BLOOPERS? Un FUORIONDA?
Non lo so ma
AAAAAAAAAAH non l’aveva mai fatto prima! Andrei a fare dei
popcorn ma non posso
staccarmi da quiiiiiii!!!!”
Sans si infilò una mano in
tasca.
“Se vuoi ho delle noccioline Paps.”
“Saranno sicuramente sporche di ketchup!”
“Più di così ora non posso fare,
fratello.”
“Bene così! Insaporiranno ancora di più
questa trasmissione
GUSTOSAAAAUUUHHH!!!”
Sousy nel teleschermo stava pesantemente flirtando con
l’inconsapevole Mettaton, facendosi spudoratamente imprimere
negli occhi di
quanti più mostri possibili, dopo essere uscita con Sans di
fronte a tutti i
suoi conoscenti. Lo scheletro non poteva credere fino a che spunto la
stesse
spingendo il suo giochino. Ormai, era arrivata a mettersi in ridicolo
da sola.
“… che ne dici,
ora di parlare un po’ di me e te?”
continuò Sousy, stringendo con
le braccia le palle da basket che si era infilata nel reggiseno.
“Direi che è un’ottima idea, darling, a tal proposito avrei
decisamente qualcosa da dire.”
Rispose il robot avvicinandosi a lei, porgendole la mano.
“Mamma mia quanto
è figa.” Borbottò Undyne risucchiando
il
suo gelato caldo rosa dalla cannuccia, e facendo un sacco di rumore nel
processo.
“D-davvero lo pensi? Meglio di me?”
Protestò Alphys, a metà
tra gelosia e crollo di autostima.
“Pfff, nessuna è meglio di te Alph. –
Alphys arrossì – Però
devi ammettere che Sousy è fantastica, guarda che
tette!”
“Sai che sono protesi, vero?”
“E che vuol dire? Anche Papyrus le usa, ma non per questo
è
meno figo!”
Le due stavano spaparanzate sul lettone di Alphys con gli
occhi puntati al mega-schermo, in pigiama, colte di sorpresa proprio
quando
stavano per cominciare la quinta maratona della prima stagione di Mew
Mew Kissy
Cutie.
“…e poi guarda quelle orecchie da gatto, sembra
proprio Mew
Mew!” proseguì la ninfa, tenace nella sua
ammirazione.
“Sì… sarebbe carina se non fosse che
abbia un quoziente di
simpatia paragonabile a quello di Jerry.”
“Ooooooh sei una gelosona!”
Undyne le premette la mano sulla testa e iniziò a
grattargliela
spingendola contro il materasso, facendola scoppiare a ridere, ma smise
subito
dopo perché in TV le cose si facevano serie.
Sousy avvicinò il volto a
quello schermico del suo partner.
“…e sentiamo, cosa mi vorresti dire?”
“Per esempio, tesorino, che sono stato fortunatissimo ad
averti trovata, perché erano anni che sognavo di incontrare
qualcuno come te.”
“Oh.” Sousy iniziò a pensare che aveva
sempre più voglia di
concludere tutti quei discorsi col suo bacio a sorpresa, ma dopotutto,
aveva
dei telespettatori da accontentare e voleva far bella figura…
“Ma certo cara. Sai? Permettimi di mostrarti la mia
visione…
il mio viso, su una facciata di grattacelo ricoperta di
schermi… - mentre
parlava, Mettaton muoveva la mano nell’aria come per
disegnarseli davanti - … e
sotto decine di milioni di spettatori a seguire il mio show. Non
è
meraviglioso? E tutto questo, cara, sarà grazie a
te!”
“Grazie a me?” mormorò Sousy estasiata.
“Ma certo! E ora dovrai fare solo una piccola, semplice
cosina per me…”
“…cosa?” Sousy atteggiò le
labbra a forma di bacio, pronta
per il gran momento.
“MORIRE!”
Tutti i mostri davanti alla tv fecero
un salto.
Mettaton afferrò Sousy per
il collo e la issò in alto,
facendola sporgere sul fiume di lava.
“… perché grazie alla TUA ANIMA UMANA
potrò finalmente ATTRAVERSARE
LA BARRIERA, E OTTENERE IL PUBBLICO CHE HO SEMPRE SOGNATO DI AVERE,
FUORI DA
QUI!!!”
“Okay, qui si esagera
però.” Sibilò Sans, piantando le dita
nel divano.
FINE DELLA STORIA!!!
AHAHAHANOSCHERZO
CI VEDIAMO ALLA PROSSIMA
EMOZIONANTISSIMA DIRETTAAAAAAAAAUUUUUUHH!!!!
QuestadirettaèstatasponsorizzatadaMTTBrandBurgerEmporiumveniteagustarviunburger
insiemeallestelleGNAM!
*Angolo
Autrice*
*Scusate il ritardo,
sarei in tempo se non fosse Sans a editarmi le storie. *
*Non mi pento di nulla.*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Caro diario, tutta questa suspense mi sta uccidendo. ***
Caro diario,
visto che nello scorso
capitolo mi sono dimenticata di scrivere recupererò adesso
eehehehehehehehehe
anche perché non so se avrò molto tempo per farlo
dopo anzi forse non avrò
tempo per niente lolololol!!!!
L’appuntamento col robo-star
è andato davvero una merda. Non solo mi ha appesa sopra il
pozzo di lava, ma
non sono nemmeno riuscita a baciarlo in diretta, e Sans non si
ingelosirà
mai!!! Giuro, peggiore idea della mia vita. E poi, sono pure in primo
giorno di
ciclo, che merdaaaaaaa!!!!
Se potessi esprimere
un ultimo desiderio sarebbe, ummmmm… vorrei tanto che
girassero un film sulla
mia vita e diventassi una star tipo… tipo Padre Pio, ecco!
Così almeno sarei
famosa e tutti…
“Cosa diavolo hai da blaterare
sull’orlo della morte,
sciocca
umana!? Guarda che la diretta è finita!”
“NON MI ROMPERE I COGLIONI MENTRE STO AGGIORNANDO IL MIO
DIARIO SEGRETO, PINGUINO DE LONGHI DI STOCAZZO! ORA TE LA SEI GIOCATA,
SE AVEVI
ANCORA UNA VAGA POSSIBILITA’ CHE IO TE LA DESSI,
L’HAI PERSA DEL TUTTO!!!”
Sousy scalciò dalla rabbia mentre il robot la teneva appesa
per il colletto sopra la lava nello stanzino del Core, indignata per
quella
gravissima intrusione nella sua intimità. Nessuno poteva
interromperla mentre
aggiornava il suo diario, e anche se si era vista costretta a declamare
a voce
alta invece che scrivere (dato che non poteva usare le mani per usare
articoli
di cancelleria), questo non cambiava nulla, anzi! Quello stupido
quadrilatero
di latta non si era minimamente accorto che la diretta stava
continuando, e lui
non aveva fatto altro che interrompere i suoi ultimi momenti di
vita di
fama televisiva!
“Sta ferma!” si lagnò il robot mentre il
suo monitor veniva
bombardato di piedate.
“Se c’è una cosa che non hai capito
– ringhiò Sousy – è che
in questo buco di caverna c’è solo una
persona che ha il permesso di
tentare
di uccidermi!!!”
“Questo si vedrà, sacchetto
di carne!”
E partì la rissa.
Sans apparve con uno lieve schiocco
di fronte alle porte del
Core, con la felpa ancora piena di briciole di noccioline e gli occhi
pesti per
prolungata esposizione al programma televisivo, pronto a scattare.
Quella
stupida struttura era stata progettata per essere riorganizzata a
piacimento
per rendere più difficili le intrusioni, e Mettaton ne aveva
approfittato sicuramente:
lui e la mocciosa potevano nascondersi ovunque lì dentro.
Razza di idiota,
stupida, stupida Sousy. E stupido, stupido Sans. Quella situazione di
merda era
tutta colpa sua: se non avesse tirato così tanto la corda
con la ragazzina,
adesso lei non starebbe correndo pericolo di vita con quello
psicopatico di un
arrivista robotico…
Certo, se lei fosse morta l’anima poteva sempre essere usata
per rompere la Barriera – che era stato il suo piano
d’azione per i primi 30
secondi di frequentazione che aveva avuto con Sousy – ma,
adesso, l’anima se la
sarebbe assorbita Mettaton per inseguire i suoi sogni di gloria nel
mondo in
superficie. E comunque Papyrus si era affezionato a lei, nonostante
fosse
piacevole come un mattoncino Lego nelle pantofole, e Sans non poteva
permettersi di lasciarla morire così. Dopotutto, anche lui
si stava divertendo
con lei, e il suo cuore non era ancora diventato così tanto
arido dal rimanere
insensibile di fronte alla morte di una bambina con la quale aveva
passato
tanti momenti di qualità, spezzando la monotonia dei
riavvolgimenti temporali.
Il piccolo scheletro scattò nel corridoio principale della
centrale termica deciso a setacciarne ogni anfratto nel minor tempo
possibile, evitando
il teletrasporto per non correre il rischio di ritrovarsi dentro a un
pozzo di
lava per sbaglio: l’ansia gli divorava tutti i pensieri.
“Merdamerdamerdamerdamerda dove vi siete
cacciati…?”
Svoltò a un angolo correndo a velocità folle e
qualcosa di
molto duro, che si muoveva alla sua stessa rapidità ma in
direzione opposta,
gli si schiantò addosso, sbattendogli sul cranio e
spingendolo indietro a gambe
all’aria. Fece appena in tempo ad aprire gli occhi e
recuperare un minimo di
lucidità che si trovò di fronte una ninfa blu
muscolosa e urlante. In pigiama.
“SANS PENSAVO CHE FOSSI METTATON NON CORRERE IN GIRO
COSI’
SENZA AVVISARE CHE È UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA!”
Undyne gridava fuori di sé dimenando le braccia,
arrabbiatissima. Sans si rialzò in piedi a fatica, sentendo
la spina dorsale
indolenzita protestare dolorosamente. Ma non avevano tempo da perdere.
“Ehy – disse lo scheletro – carino l’outfit.”
Undyne indossava una cannottierina beije e un paio di
pantaloni di plaid rosa, decorati con teneri coniglietti.
“STA ZITTO! – rispose lei arrossendo rabbiosamente
– SONO
DOVUTA USCIRE COSI’ COM’ERO! HAI VISTO IN
TV!?”
“Certo che sì, dobbiamo sbrigarci, prima che Sousy
finisca
ammazzata.”
“STAI SCHERZANDO!?!?”
Sans si voltò allibito verso il comandante della Guardia
Reale, e la vide ancora più paonazza e incazzata, con le
zanne scoperte come un
piranha che ha appena avvistato la preda – decisamente
terrificante.
“È UMANA! È UNA UMANA!!! CI HA PRESO
TUTTI PER IL CULO! LA
AMMAZZO IO QUELLA STRONZA!!!!”
Sans deglutì, temendo di finire arrostito da quello sguardo
di fuoco.
“Veramente…”
“NON POSSO PERMETTERE CHE METTATON PRENDA L’ANIMA
CHE SPETTA
DI DIRITTO AL RE!!! MUOVIAMOCI!!!”
Sans decise di rimandare il problema su come impedire a
Undyne di fare a fette Sousy a dopo che l’avessero trovata,
anche perché poi
avrebbe fatto a fette anche lui una volta che avesse scoperto che
l’aveva
aiutata a nascondersi per tutto quel tempo.
Ovunque la si girava, la situazione faceva schifo in ogni
sua possibile riuscita, come una sardina in padella.
Aprirono tutte le porte che incrociarono nel corridoio, si
infilarono in ogni svincolo, sbagliarono strada tutte le volte e ogni
volta la
tensione saliva sempre di più, e l’irreparabile
sembrava più vicino.
Sans ormai era quasi entrato in uno stato di trance, quasi
come se quella ricerca fosse ormai come una sorta di punizione
purgatoriale
infinita per tutte le cazzate che aveva combinato negli ultimi giorni,
quando
spalancò l’ennesima porta e si trovò di
fronte ad uno spettacolo orribile:
Mettaton a terra, con lo schermo rotto e sprizzante scintille, e Sousy
riversa
vicino a lui zuppa di sangue.
Undyne lo raggiunse subito dopo e si raggelò:
“Oh maledizione – mormorò –
qui è successo un casino.”
Sans era completamente immobilizzato. La consapevolezza di
essere arrivato troppo tardi arrivò solo un attimo prima che
Sousy muovesse un
piede, riaccendendo qualche speranza di aver schivato
l’irreparabile.
Lo scheletro corse da lei per vedere quanto gravi fossero le
sue ferite e la trovò a occhi chiusi, con espressione
sofferente.
“…Sans…” mormorò
la ragazza, strizzando gli occhi nel
tentativo di aprirli almeno un po’.
“Sousy, ma cosa mi combini?”
sdrammatizzò lui, spaventato
dal suo colorito pallido.
“…alla fine sei arrivato… -
continuò lei, e lui fece
spallucce - …sapevo che saresti venuto per
me…”
“Non è il caso che ti sforzi di parlare, ora
corriamo a
chiamare un medico…”
“No! Per me è
troppo tardi ormai…” Sousy tossì, e
Sans le prese le spalle e se la spostò
sulle ginocchia, mentre Undyne sorvegliava tutto ad occhi spalancati.
“…e dire che ho organizzato tutta questa messa in
scena solo
per farti tornare da me, eppure guarda come sono
finita…”
“Come al solito, sei una esagerata
Sousy…”
“Farei qualsiasi cosa per te! *coff
coff* Ma ormai è tardi… ma dimmi
almeno, se ne è valsa la
pena… mi ami almeno un po’…?”
Sans si girò verso Undyne, costernato e un po’
imbarazzato,
e la trovò con gli occhi tutti luccicanti di lacrimoni.
Tormentandosi le labbra
coi denti, il capo della Guardia Reale accennò con la testa
di assecondare
quella poverina, che tanto ormai era alle sue ultime parole.
“Massì Sousy – rispose quindi Sans,
rivolgendosi alla
giacente – massì che ti amo.”
Sousy sorrise: “…e se non stessi per morire, un
giorno
magari mi avresti portata all’altare?”
“Eh!?”
La faccina sofferente di Sousy sembrava non poter patire una
risposta negativa.
“…magari, un giorno, chi lo
sa…”
“No!” Con
estremo
sforzo Sousy si sollevò, delirante, e Sans dovette tenerla
ferma a forza
temendo che potesse uccidersi da sola per sbaglio con un movimento
sbagliato.
Undyne, ormai lasciatasi trascinare dall’emotività
della scena, cercava di
nascondere i singhiozzi.
“Non esiste magari,
rispondimi sì o no, Sans!”
Lo scheletro sollevò gli occhi al cielo, costernato.
C’erano
due cose ora che poteva fare: essere stronzo fino in fondo, e con un
bel NO!
informare Sousy che la stava prendendo in giro fin
dall’inizio, oppure tentare
di avere pietà, e lasciarla andarsene almeno con i suoi
sogni intatti. Come
comunicato prima, Sans non era ancora diventato quel tipo di persona
che gode
(eccessivamente) nel veder soffrire gli altri.
“Sì, va bene?
Ti
sposerei Sousy.”
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHH!!!”
La ragazza si sollevò all’improvviso raggiante,
indicando lo
scheletro col dito, con una energia tale che se tutti i morenti fossero
stati
così, probabilmente l’aldilà sarebbe
deserto. Sans impietrì.
“L’hai detto l’hai
detto!”
Undyne lanciò un urlo.
“Non solo hai detto che mi sposerai, ma l’hai
fatto…”
“EHY! – tuonò Sans, terrorizzato
– IO NON HO…”
“L’hai detto in diretta
tv! Ahahahahaahhahahah!”
Sforzandosi di muovere la testa, il piccolo scheletro si
voltò verso la telecamerina sul treppiede, con la lucina
rossa accesa a
mostrare che aveva, inesorabilmente, ripreso tutto. Sans
materializzò un osso:
“La trasmissione è finita!”
esclamò, e scagliò il suddetto contro la
telecamera, infrangendola in mille pezzi.
I teleschermi dei mostri di tutto il
Sottosuolo (tutti, perché
grazie al passaparola
ormai ognuno sapeva di quella stranissima diretta, e anche il
più
antitecnologico dei mostri si era precipitato a casa del vicino per
seguirne
gli sviluppi) si illuminarono di statica ronzante. La diretta era
finita.
“Per la coda di Godzilla.” Mormorò
Alphys con gli occhi
ancora puntati alla tv, ficcandosi in bocca l’ultima manata
di popcorn.
“Migliore diretta
della vitaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!” esclamò
Papyrus scagliando i cuscini del
divano fino al soffitto.
“Ero a tanto
così dal licenziarti per
sempre Sans, lo
giuro.”
“…e si può sapere perché non
l’hai fatto?”
“Perché quella mocciosa ha ingannato anche me. Dannata umana!”
Sans e Undyne si trovavano sul divano della casa degli
scheletri, con una tazza di the in mano. Era molto tardi ormai, e
Papyrus aveva
insistito moltissimo nel far restare Undyne a dormire lì da
loro non appena era
arrivata accompagnando a casa Sousy e suo fratello maggiore. Un cuscino
gibboso
e una coperta erano già stati posizionati a lato del divano,
e il the era stato
prontamente offerto dal volenteroso padrone di casa come premio di
consolazione
dopo quelle ore di tribolazione. Poi se ne era andato a dormire
– come già
accennato, era molto tardi e Papyrus si trovava già molto
oltre l’ora della
nanna.
Sans fece spallucce. Il suo sguardo perso nelle profondità
oscure e bollenti della tazza di the sembrava quasi apatico nella
sconfitta.
Undyne continuò a lamentarsi:
“Che ne sapevo io che le umane sanguinano?
Così, dal niente!? È disgustoso!”
“Eh… me ne sarei dovuto ricordare anche
io.”
“Sì! Avresti dovuto! Eri tu quello informato in
umanologia
visto che la stavi coprendo! E adesso… - Undyne si
ricordò della situazione
nella quale si era cacciato Sans, e addolcì i toni -
…beh, poteva andare
peggio. E puoi sempre fare in tempo a mandarla a farsi
friggere.”
“…potrei, ma non voglio rimangiarmi una promessa
del
genere.”
Lo scheletro sorseggiò un sorso di liquido bollente.
“…che genere di persona sarei? La
verità è che lei è stata
più brava di me. E poi… se si è spinta
fino a certi limiti significa che ci
tiene davvero moltissimo.”
“…mi stai dicendo che hai seriamente intenzione di
sposarla!!!???”
Undyne aveva gli occhi fuori dalle orbite, e Sans fece di
nuovo spallucce.
“Massì. Tanto…”
“Ma come tanto!?”
Undyne si sollevò sulle ginocchia e scosse la tazza
così
forte da far piovere buona parte del contenuto sul teschio del suo
amico:
“Va bene fare il figo col nichilismo, ma questa è la tua
vita! Non sprecarla, guarda che
è una sola!”
Sans scoppiò a ridere e Undyne si infervorò
ancora di più.
Ci volle un urlo di intimazione proveniente dalla porta chiusa di
Papyrus – che
giustamente tentava di dormire – per zittire la donna pesce.
“Eh… - Sans si asciugò una lacrimuccia
scesa per il gran
ridere – anche se fosse solo una
sola… chissene frega.
– Spalancò gli
occhi, fissando sempre il fondo buio della sua tazza -
…credo che ormai questa linea
temporale mi sia sfuggita di
mano…”
“Cosa…?”
“Cosa?”
“Saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaans…”
Undyne e lo scheletro si voltarono subito verso la porta
accanto a quella di Papyrus, dalla quale facevano capolino il viso e un
piede
della diabolica umana, Sousy.
Aveva occupato la stanza del suo nuovo fidanzatino con la
scusa che la serata, nonostante non l’avesse ammazzata del
tutto, era comunque
stata parecchio traumatica per lei, e dormire nella cuccia non sembrava
la
soluzione più appropriata – né la
più igienica.
“…guarda che io mi sono stufata di aspettarti,
vado a
dormire! Buonanotteeeeeee…”
La porta si chiuse, e Undyne sentì un brivido scorrerle
lungo la schiena. Sans finì di bere il suo the e lo
appoggiò per terra.
“BENE. Credo proprio che andrò a passare la notte
da
Grillbyz.”
Undyne sollevò il sopracciglio: “In quanto a vita
matrimoniale, parti malissimo.”
“Mi godo i miei ultimi momenti da scapolo.”
Sans si allacciò la felpa fino al collo e prese le chiavi di
casa – per quale motivo poi non si sa visto che tanto la
porta era sempre aperta.
“Ma è aperto anche di notte quel
postaccio?”
“Oh non per me… dopotutto io sono irresistibile!”
Lo scheletro fece un occhiolino e sparì dietro la porta,
scomparendo nella notte.
FINALE
MISTERIOSO PER UN CAPITOLO MOLTO POCO MISTERIOSO!
QUESTO MATRIMONIO S'HA VERAMENTE DA FARE??? RIUSCIRA' PAPYRUS A
DORMIRE???
MA SOPRATTUTTO:
QUANTO
TEMPO CI METTERA' GRILLBY A CACCIARE FUORI SANS DAL SUO LOCALE OLTRE
L'ORARIO DI CHIUSURA!!??
TUTTO
QUESTO E MOLTO ALTRO NELLA PROSSIMA PUNTATA DI BEAUTIF... BOH QUEL CHE
E'.
*Spazio Autrice*
*Sexy Sans is sexy*
*mi sono stancata di giustificarmi per i miei ritardi, quindi mi
limiterò a dire HA! SON QUI!*
*Il fatto che siano rari nel tempo rende i miei capitoli piacevoli come
una vincita alla lotteria!*
*Se, ci credo proprio tantissimo*
*Alla prossima morte di papa ciau!*
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3455985
|