La Saga del Cristallo-Potere Assoluto

di saitou catcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Soli alla Cava ***
Capitolo 2: *** In trappola ***
Capitolo 3: *** La stanza degli orrori ***
Capitolo 4: *** Confidenze ***
Capitolo 5: *** Il Secondo Alderman ***
Capitolo 6: *** Un amaro ritorno ***
Capitolo 7: *** Nella tana del lupo ***
Capitolo 8: *** Resa senza condizioni ***



Capitolo 1
*** Soli alla Cava ***


-Credo che si debba passare di qui.

La luce di una torcia penetrò il buio delle miniere, e il cono luminoso si addentrò nell'oscurità del tunnel, rivelando le sporgenze della roccia. Il cunicolo procedeva per un altro paio di metri, per poi perdersi nel nero.

Il fascio di luce si spostò, e scivolò per un istante sulla figura di un ragazzo muscoloso e ben allenato,costretto nello spazio ridotto del tunnel. Persino piegato, le punte dei corti capelli neri sfioravano il soffitto della caverna, e c'era un certo impaccio nei suoi movimenti, mentre avanzava per portarsi all'entrata della galleria. Le spalle larghe sfiorarono le pareti di roccia, e per un attimo sembrò quasi che non riuscisse a passare.

-Sì, si avanza di qui- decretò infine. Si voltò, e rivolse un cenno alla figura sottile che gli sostava alle spalle.

Questa avanzò, e la luce della torcia illuminò una ragazza di media statura, scarna, ma con una muscolatura allenata che si delineava appena sotto il tessuto dell'uniforme nera. I corti capelli biondi le scendevano attorno al viso scavato, contratto in un'espressione dura e rigida, quasi illuminati dagli occhi grigi, attraversati da una luce metallica. Si mosse in fretta, superando il suo compagno per addentrarsi nel tunnel.

-Muoviamoci, Daywine- lo chiamò da sopra la spalla- Non abbiamo molto tempo.

Daywine annuì e si mosse dietro di lei, facendo ondeggiare il fascio della torcia lungo le pareti di pietra. Avanzarono per circa un altro paio di metri, poi si fermarono. Davanti ai loro piedi si apriva un pozzo scavato nella roccia, un cunicolo che procedeva per una distanza indefinita verso il basso, perdendosi nel buio.

Daywine si accovacciò sul bordo del pozzo e con la torcia illuminò la sagoma di una scaletta che scendeva nell'oscurità.

-Non siamo fortunati, Deine- commentò- Ci toccherà scendere.

Deine gli rivolse un brusco cenno d'assenso, si inginocchiò sul bordo del pozzo e cominciò a scendere nel buio, stringendo saldamente i pioli della scala. Daywine la seguì con lo sguardo durante tutta la discesa, illuminandola mano a mano che il tunnel s'inoltrava. Dopo pochi metri, Deine lasciò la scaletta e saltò, atterrando con un lieve tonfo. -Non è lungo- gridò verso l'alto- però continua in orizzontale.

Con una smorfia, Daywine spense se la torcia e se la assicurò alla cintura, quindi percorse rapidamente la piccola scala arrugginita, toccando terra a pochi passi da Deine. La torcia fu nuovamente accesa, e un fascio di luce giallastra si allungò a toccare l'oscurità di tunnel basso e asfittico.

-È in momenti come questi che servirebbe Ariadne- borbottò Daywine- Qui praticamente dovrò andare carponi.

Come aveva previsto, percorsero piegati buona parte del condotto, prima di sfoggiare in una piccola grotta, una sala dalla forma circolare scavata nella roccia. Il raggio della torcia lo frugò in lungo e in largo, rovistando con dita luminose in ogni anfratto della roccia, ma senza rilevare la presenza di alcunché di straordinario.

-Niente- con uno sbuffo, Daywine si passò una mano tra i fitti capelli neri, irritato nel sentirli così corti. -Nessuna traccia di Cristallo modificato, qui. Torniamo al Laboratorio.

Deine annuì, e insieme i due ragazzi percorsero a ritroso il cammino fatto poco prima, fino a giungere al montacarichi che li avrebbe condotti in superficie, lì, dove il sole tramontava per sottolineare la fine di un altro giorno sprecato.

 

L'idea era stata di Redhent.

-Hostel non aspetterà a lungo, prima di riattaccare- aveva detto al suo compagno, Ethan Vale, il giorno seguente la battaglia che gli aveva permesso di conquistare la Cava- Gli abbiamo inferto un colpo pesante, d'accordo, ed abbiamo anche ucciso una delle sue Guardie, ma di certo non l'abbiamo danneggiato al punto da non poter passare ad un rapido contrattacco.

Vale annuì. Lo sapeva, naturalmente.

-Resta il fatto- aveva continuato Redhent, alzando una mano- che dobbiamo assolutamente scoprire se in tutta la Cava è rimasta qualche traccia del Cristallo modificato. Tu che cosa faresti, in questa situazione?

Vale strinse le palpebre. -Dal momento che mi sembra che tu abbia già un'idea, è inutile che mi affanni a esporre la mia.

Redhent ridacchiò, ma fu una risata che si spense quasi subito, mentre il suo sguardo ardeva di concentrazione. -La mia idea è questa: la quasi totalità degli agenti ritornerà alla-relativa- sicurezza della Base, prima che Hostel possa intuirne l'ubicazione, mentre un piccolo gruppo resterà qui, in cerca di eventuali tracce di Cristallo. Se abbiamo stilato una corretta valutazione dei danni riportati dal nemico avranno tempo una settimana, forse meno, se dovessimo sbagliare.

-Mi sembra un'idea ragionevole.

Redhent annuì. -Siamo d'accordo, allora. Io farò ritorno alla Base con il resto degli agenti, mentre tu...

-Mentre io cosa?- lo interruppe Vale. -Perché mai io dovrei rimanere?

Lo sguardo del suo compagno si fece afflitto. -È necessario che uno dei due capi rimanga. E se dovessero attaccare la Cava prima del previsto, io sarei inutile.

Vale rimase in silenzio, il suo sguardo che si faceva sempre più ombroso.

-Puoi anche dirlo che ti mancherò- lo stuzzicò Redhent- non mi offendo.

-Dimmi chi rimarrà con me- replicò secco l'altro.

Redhent esitò per qualche secondo, sulle labbra un mezzo sorriso di scusa. -Innanzitutto, Derrick: nei computer della Batteria potrebbero essere nascoste delle informazioni importanti, e lui è l'unico in grado di trovarle. Con voi resterà anche Ariadne: il suo Potenziale le permetterà di captare di eventuali Cristalli modificati.

-Perché non dici la verità, ossia che Ariadne ha preteso di restare, e dopo il discorso che ti ha fatto tu non sei stato in grado di rifiutare?

Il compagno arrossì leggermente. -In ogni caso, se rimarrà Ariadne rimarrà anche Deine. E questo significa...

-Non dirmelo- sbottò Vale, socchiudendo gli occhi.

-... che resterà anche Daywine.

-Lo sapevo- sibilò l'uomo.

Per alcuni istanti rimasero in silenzio, prima che Redhent si affrettasse ad aggiungere:- Avete tempo sette giorni. Cercate di scoprire se nella Cava è rimasto del Cristallo e, in caso contrario, se vi sono degli indizi sulla sua posizione.

-In pratica, mi stai chiedendo di rimanere qui sette giorni a fare da balia- borbottò Vale a denti stretti.

-Coraggio- Redhent gli posò una mano sulla guancia- Hai affrontato cose peggiori.

-Al momento non mi vengono in mente- borbottò l'altro.

Redhent sospirò e gli prese il viso tra le mani affondando lo sguardo in quello blu del compagno. -Cerca di essere paziente. Si tratta solo di una settimana. Scaduto il termine della missione, tornerete alla Base, Cristallo o no.

Vale non era stato l'unico non entusiasta del programma previsto. Daywine, naturalmente, non gradiva affatto l'idea di rimanere per sette giorni bloccato alla Cava sotto la supervisione del solo Vale, e lo aveva lasciato intendere chiaramente. A quanto sembrava, l'essersi reciprocamente salvati la vita nello scontro con Charya non aveva minimante influito sul loro rapporto.

Ariadne, dal canto suo, era esaltata all'idea di poter essere finalmente utile alla causa della ribellione. Derrick, invece, aveva sin da subito storto il naso.

-Fidatevi- aveva detto subito a Deine e agli altri- tempo due giorni e qui finirà la pacchia.

-Perché?- aveva chiesto Deine.

-Perché il capo e Redhent diventano odiosi quando devono restare separati. Redhent comincia ad aggirarsi per tutta la Base cone un'anima in pena, e il capo azzanna qualsiasi cosa gli capiti vicino.

Non ci era volutomolto per scoprire che Derrick aveva ragione. Dopo cinque giorni, nessuno, neppure Ariadne, era più entusiasta della missione che era stata loro affidata.

 

Quando Daywine e Deine fecero il loro ingresso nella sala computer della Batteria, quasi nulla era cambiata rispetto al momento in cui l'avevano lasciata: Derrick era chino sul computer, le dita che picchiettavano freneticamente sui tasti, un'espressione concentrata sul volto color cioccolato. In piedi alle sue spalle, Ethan Vale seguiva con aria concentrata il frenetico susseguirsi di cifre sullo schermo. Il suo volto solitamente impassibile era segnato da occhiaie pesanti e dalle vene costantemente in evidenza, segno evidente del nervosismo che il bicchiere di caffé che stringeva tra le mani non contribuiva a migliorare. Come profetizzato da Derrick, con il passare del tempo il suo umore era andato via via peggiorando, e da una generale indifferenza nei confronti dei suoi compagni era passato ad un atteggiamento cupo e scostante. Del resto, nessuno di loro era di umore particolarmente allegro. Giorno dopo giorno, le loro ricerche si erano rivelate infruttuose, tanto nelle miniere quanto nei files del computer, e la forzata convivenza a cui erano sottoposti non aveva tardato a generare battibecchi piò o meno costanti. Persino in quel momento in cui ognuno di loro era immerso nel proprio lavoro, la tensione era nell'aria era palpabile.

Ariadne sedeva in silenzio alla destra di Derrick, i capelli rossi ancora più spettinati del solito, e i lineamenti pallidi, identici a quelli di Daywine, distorti in un'espressione concentrata. Era intenta a preparare la cena, il che significava liberare dai loro involucri di plastica i pasti preconfezionati che costituivano l'unica fonte di nutrimento alla Cava. Nel momento in cui udì la porta della Batteria aprirsi, alzò lo sguardo, e un sorriso distratto si disegnò sul suo volto, prima che i suoi occhi tornassero rapidamente ad abbassarsi sul lavoro che stava sbrigando. Dal suo atteggiamento non era difficile intuire che era delusa da come gli eventi si stessero svolgendo, e che avrebbe preferito qualcosa di più avventuroso come sua prima missione.

Dal suo angolo, Ethan Vale alzò di scatto la testa e si volse verso i due nuovi arrivati, la bocca che si apriva per formulare una domanda. Daywine lo anticipò prima ancora che potesse parlare, alzando le mani:- Non abbiamo trovato nulla, nemmeno stavolta. Comincio a credere che qui dentro non ci sia nulla, Vale.

Gli occhi di Vale si ridussero a due fessure, ma l'uomo non commentò. In quei giorni, passava la maggior parte del suo tempo in silenzio, probabilmente per evitare litigi.

-Bentornati, campioni!- Derrick ruotò sulla sedia e sorrise ai due ragazzi, alzando una mano per scambiarsi un cinque con Daywine- Cominciavo a credere che le Miniere vi avessero inghiottito. E a proposito di inghiottire, dov'è la cena?

-Eccola-con una spinta, Ariadne fece scivolare verso di lui uno dei contenitori del cibo.

Derrick lo prese e storse le la labbra. -Non pensavo che lo avrei mai detto, ma persino il porridge della Base è meglio di questa schifezza preconfezionata.

-Questo c'è- Ariadne gli rispose in tono velenoso, mentre attraversava a grandi passi la stanza e sbatteva con malagrazia un'altra confezione tra le mani di Vale, che le rivolse un'occhiata perplessa.

Mangiarono in silenzio, Deine e Daywine appoggiati alla parete, e Ariadne che percorreva la stanza a passi nervosi, ficcandosi rabbiosamente i bocconi in gola prima quasi di averli ingoiati.

-Qualcuno di voi ha per caso un coltello?- intervenne improvvisamente Derrick.

Ariadne si volse a guardarlo. -Cosa te ne fai di un coltello?

-Pensavo di usarlo per tagliare la tensione che aleggia qui intorno e spalmarmela sul pane- rispose l'uomo in tono noncurante.

Suo malgrado, Ariadne scoppiò a ridere.

Dal suo angolo, Vale alzò la testa. -Domani mattina, Deine e Daywine ritorneranno a esplorare le miniere.

-Oh, cielo- Daywine alzò gli occhi, mentre si lasciava teatralmente scivolare lungo il muro. -Sono cinque giorni che non facciamo altro che esplorare quelle maledette miniere, cinque! E non abbiamo ancora trovato nulla. Questo a cosa ti fa pensare?

-Che non abbiate ancora completato le ricerche.

-Non sono un topo!- sbottò Daywine- Un giorno o l'altro ci rimarrò incastrato in uno di quei maledetti tunnel! Non sarà che è questo il tuo obbiettivo?

Gli occhi di Vale si ridussero a due fessure. -Da quando ti lamenti del tuo lavoro come un bambino che non vuole fare i compiti?

-Da quando hai smesso persino di fingere di essere imparziale. Datti una calmata, va bene?

-E tu vedi di moderare i termini. Uno dei motivi per cui non sei un buon elemento è che tendi a fare i capricci come un bambino viziato, e a scansare i compiti che non ti piacciono. Non sei un Ribelle solo quando c'è da menare le mani. Finché non saremo sicuri che in questa Cava non c'è una sola traccia di Cristallo modificato continueremo a cercare, mi sono spiegato?

-Ariadne non ha sentito la presenza del Cristallo, io e Deine abbiamo percorso quelle miniere da cima a fondo, e non abbiamo trovato nulla! Non è che se scendiamo in quei tunnel per la sedicesima volta il Cristallo ricompare! Potresti anche smetterla di tartassarci, per una volta!

-E tu potresti smetterla di...

-Okay, okay- Derrick si frappose fra i due contendenti, le mani alzate- Fine dello show. Che ne direste di tornare reciprocamente a ignorarvi? Almeno in questo modo riuscireste a risparmiarci il solito siparietto, di cui, perarltro, potrei recitare le battute a memoria.

Gli occhi di Vale si posarono su di lui, gelidi, la mascella pericolosamente contratta. -Tu, piuttosto: sei riuscito a trovare una qualsiasi informazione utile?

-No- ammise Derrick- Ad essere sinceri, non sono nemmeno riuscito ad oltrepassare il sistema di sicurezza.

-Non eri tu quello che affermava che non esisteva computer che lui non fosse in grado di violare?

-Ed è così, capo, ma questo catorcio ha la pretesa di fare l'originale!-sbottò Derrick, indicando, esasperato, il computer della Batteria.

-Non cambiamo argomento- sibilò Daywine. -Stammi a sentire: capisco che tu sia stressato, lo siamo tutti, qui dentro, ma questo non è un buon motivo per farci correre da una parte all'altra come topi in gabbia. Non c'è Cristallo qui dentro: ormai dobbiamo farcene una ragione.

-Può darsi- Vale non sembrava intenzionato a cedere- ma finché abbiamo tempo dobbiamo tentare. E Derrick non è ancora riuscito a violare quel computer.

Daywine strinse i denti, sempre più frustato. -E quindi?

-E quindi aspettiamo. E vediamo di riuscire a capirci qualcosa.

Prima che chiunque potesse ribattere, Vale si voltò e lasciò la Batteria, avviandosi verso il Laboratorio, diretto al dormitorio, dove avevano occupato gli alloggi dei sorveglianti.

Nel momento in cui la porta si fu chiusa dietro di lui, Daywine sbuffò e si lasciò cadere a terra, affondando le dita nei corti capelli. -Io non ce la faccio- ringhiò- Non lo sopporto più! Uno di questi giorni lo faccio fuori, giuro!

-Io invece non sopporto te, che devi sempre creare problemi- sibilò Ariadne- Perché non puoi evitare di provocarlo, una volta tanto?

-Io lo provoco? Ma se è lui che...

-Oh, adesso basta- Derrick si voltò e si diresse verso il suo computer, dandogli le spalle- Mi rifiuto di farmi contagiare da questa isteria collettiva.

In piedi in un angolo, con la schiena appoggiata al muro, Deine osservava. Non aveva pronunciato una parola nel corso di tutta la giornata, limitandosi ad osservare i suoi compagni di missione che si saltavano alla gola alla vicenda. Era stanca. Mortalmente stanca. La tensione e la frustrazione di quei giorni cominciavano a rodere anche lei, ma non era questo il motivo del silenzio in cui si era volontariamente rinchiusa da due giorni a quella parte. A spingerla ad un comportamente così insolito era una terribile confusione.

Deine aveva solo diciassette anni, e non era una grande esperta in fatto di rapporti umani, ma ne sapeva abbastanza da ritenere che se tu baci un ragazzo, e lui bacia te, questo dovrebbe segnare una svolta nei termini del vostro rapporto. Invece non c'era stato nulla che indicasse qualcosa di simile tra lei e Daywine. Dopo quell'unico bacio che si erano scambiati il giorno della battaglia alla Cava, Daywine aveva seguitato a comportarsi esattamente come nel periodo della loro amicizia, come se non fosse successo nulla. Deine, confusa e irritata, lo aveva tenuta a distanza, era diventata addirittura fredda nei suoi confronti. Si chiedeva perché lui non ne parlasse, cosa quel bacio avesse significato per lui, se realmente avesse avuto un qualche significato per lui. Temeva che Daywine non provasse nei suoi confronti gli stessi sentimenti che nutriva lei, e temeva di essersi compromessa ai suoi occhi con quel gesto impulsivo e avventato. Per questo si teneva a distanza, tormentata e rosa dal dubbio.

Il giorno dopo sarebbero di nuovo scesi ad esplorare le miniere, fianco a fianco, come ormai facevano da cinque giorni. Il giorno dopo forse lei sarebbe riuscita ad affrontare Daywine, a chiedergli ragione del suo comportamento,a dare un nome, una volta per tutte, al legame che li univa sin da quando si erano incontrati proprio tra le mura di quella Cava. Forse il giorno dopo avrebbe finalmente trovato il coraggio di pronunciare le parole che le bruciavano in gola.

Il giorno dopo.

Forse.

 

I corridoi del Laboratorio erano bui e silenziosi, ma sopratutto, erano freddi. E saturi dell'odore metallico del sangue, del fetore delle mille torture che si lì si erano consumate, tra quattro mura troppo robuste per lasciar passare le grida degli sventurati, tra lo scintillio degli strumenti di tortura disposti in file ordinate lungo i tavoli degli esperimenti. Sotto il chiarore di un raggio di luna che tagliava l'oscurità, le innumerevoli lame scintillavano di un sinistro bagliore, soffocato qui e là dagli aloni rossi e cupi del sangue.

Ethan Vale si aggirava tra i segni di questo orrore come un fantasma, gli stivali che scivolavano silenziosamente sul pavimento macchiato di sangue, le dita che di tanto in tanto incappavano nelle robuste cinghie di cuoio pendenti dai fianchi dei lettini. Con gli occhi vagava lungo il locale, assorbendo ogni singolo particolare di quello che vedeva, quasi ignaro del penetrante odore di morte che pervadeva il Laboratorio. Era un sentore, quello, a cui era ormai abituato.

Era la prima volta dal giorno in cui aveva messo piede alla Cava che faceva il suo ingresso nel Laboratorio. Per un inconscio senso di protezione aveva sempre evitato quel luogo. Evocava ricordi, ricordi a cui avrebbe preferito non ripensare.

Eppure, quella sera, qualcosa era scattato nel suo cervello, quasi una sorta di lampadina che gli aveva suggerito che ciò che cercava poteva trovarsi proprio nel luogo che ora stava ispezionando. Era una supposizione logica, in fondo. Se era il risultato di un esperimento che doveva essere nascosto, perché non nel Laboratorio? Perché sarebbe stata una soluzione troppo evidente, si era detto all'inizio. Ma spesso l'ipotesi più banale si rivelava l'unica giusta.

Non in questo caso, però. O almeno, così sembrava. Aveva frugato il Laboratorio da cima a fondo, e non aveva trovato traccia del Cristallo modificato, ne' di indizi sulla sua ubicazione. Cominciava a pensare di essere incappato nell'ennesimo buco nell'acqua.

Era sul punto di girare i tacchi e andarsene, quando la sua attenzione venne attirata da un particolare all'apparenza insignificante. Nella parete di fronte a lui si apriva una fessura... un'apertura di pochi centimetri, quasi impossibile da scorgere nel buio che lo circondava.

Vale vi si diresse, infilò per quanto poteva le dita nella minuscola fessura, e, come aveva supposto, una sezione della parete scivolò di lato, svelando alla sua vista un passaggio segreto che proseguiva nel buio.

Strano che lo abbiano lasciato aperto. Quel pensiero eccheggiò per un attimo nella mente dell'uomo, mentre, con la mano serrata attorno all'elsa della spada attraversava silenziosamente il minuscolo corridoio. Non era lungo: dopo appena pochi minuti ,Vale fece il suo ingresso in una stanzetta asfittica, dalla forma circolare, con una scrivania come unica forma di arredamento. L'ambiente era completamente spoglio, e il livello di polvere che ricopriva il legno del mobile la diceva lunga su quanto spesso venisse frequentato.

I cassetti della scrivania erano vuoti, ma Ethan Vale non si sarebbe aspettato niente di diverso; le sue mani andarono immediatamente a tastare il fondo del piccolo scomparto. Fino a trovare conferma di ciò di cui sospettava: l'esistenza di un doppiofondo.

Tombola!Un piccolo sorriso di soddisfazione stirò le labbra di Vale, mentre con estrema cautela portava alla luce della luna un fascio di carte. Con gli occhi stretti per la scarsità di luce, l'uomo li scorse da cima a fondo: più procedeva nella lettura, più le sopracciglia si avvicinavsno in un'espressione di perplessità.

Non riusciva a comprendere il senso di ciò che leggeva: uno dei documenti, almeno all'apparenza, sembrava una piantina... ma non ricordava nessun edificio o città che avesse mai visto. Gli altri fogli, invece, erano ricoperti da schizzi e appunti che ruotavano attorno al disegno appena abbozzato di un congeno di cui lui non era in grado di capire la funzione. Gli appunti, ammassati lungo il bordo del foglio, erano stati redatti in una calligrafia lunga e stretta, quasi illeggibile: Vale non riuscì a ricavarne nulla di utile.

Ripiegò i fogli e percorse a ritroso il tragitto che aveva compiuto, avendo cura di richiudere il passaggio una volta che ne fu uscito. Sotto la luce della luna, si diresse a passo svelto verso il Dormitorio, la mente che ancora s'interrogava sul senso di quanto aveva appena visto.

Una parte di lui non riusciva a soffocare il pensiero che fosse stato tutto troppo facile; e mentre varcava con cautela la porta del Dormitorio, per non svegliare i suoi compagni addormentati, Ethan Vale capì, con una fitta d'inquietudine, che quanto aveva scoperto faceva solo parte di un disegno molto più grande.

 

Ed eccomi di nuovo qua, cari amici e vicini!

Avrei voluto poter aggiornare prima, ma ho avuto dei contrattempi, e, dall'1 all'11 Agosto mi sono trovata a trascorrere il campo scout tra i boschi (assai fangosi) della Normandia, ragion per cui non potuto ritornare alla carica nei tempi previsti con il seguito della mia storia.

In questo primo capitolo non succede un granché, ma serve a porre le basi di alcuni eventi che avranno uno sviluppo importante nella trama; spero che siate contenti di rivedere i nostri cari, amati personaggi, tutti più in forma che mai! (sopratutto Daywine e Vale).

Insomma, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto.

Mi raccomando, recensite numerosi!

Un bacio a tutti,

Saitou

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Capitolo 2
*** In trappola ***


Il giorno seguente, il sole splendeva alto nel cielo. Chino sul computer, Derrick continuava l'attività del giorno prima, il lato destro del volto segnato dall'impronta della tastiera, lì dove si era addormentato sul lavoro. Di tanto in tanto, alzava gli occhi al cielo e si abbandonava sullo schienale della sedia, prendendo un lungo sorso dalla tazza di caffé che gli stava accanto.

In quel momento, la porta della Sala Computer si aprì, e Ariadne fece il suo ingresso, il folto caschetto rosso spettinato, e il volto deformato da un enorme sbadiglio. -'Giorno, Derrick- biascicò, lasciandosi cadere su una sedia. -La colazione?

-La vuoi davvero sapere?- ribatté l'altro. -Porridge.

Ariadne scoppiò a ridere. -Persino qui?

-È una persecuzione- ribatté l'altro cupo.

-Che cosa?- intervenne Daywine, entrato in quel momento. Aveva i capelli ancora più spettinati di quelli della sorella, e si esibì in uno sbadiglio ancora più spettacolare. -Comunque, buongiorno.

-Buongiorno- rispose la voce di Deine dietro di lui. Daywine si voltò verso la ragazza, ma Deine lo superò senza uno sguardo, andando a mettersi accanto ad Ariadne.

Daywine la osservò, mentre la giovane si rifiutava ostinatamente di incontrare il suo sguardo. Sapeva a cosa fosse dovuta l'improvvisa ostilità di Deine nei suoi confronti, ma allo stesso tempo non aveva idea di come rimediarvi.

Subito dopo averla baciata, Daywine si era reso conto di essere estremamente confuso in merito alla natura dei suoi sentimenti per Deine. Gli piaceva- era ragionevolmente sicuro che gli piacesse- ma c'era in lei qualcosa che lo respingeva.

Deine non voleva il suo aiuto. Non aveva mai avuto bisogno di lui. Fin dal loro primo incontro si era dimostrata decisa a voler fare tutto da sola, a non voler accettare da lui nessun tipo di protezione, irrimediabilmente trincerata dietro la sua maschera di guerriera dura e indipendente, che non ha bisogno di nessuno. Di certo non aveva mai fatto mostra di avere bisogno di lui, e Daywine si chiedeva cosa quel bacio avesse significato per lei, cosa lei davvero provasse nei suoi confronti. Aveva la fastidiosa sensazione di non esserle necessario. Di essere qualcosa di gradevole, ma di cui si poteva tranquillamente fare a meno.

-Non è che lei non ti voglia bene, Daywine- era stata la risposta di Derrick quando il ragazzo gliene aveva parlato- Ma nei momenti normali Deine ha la simpatia di una martellata sulle gengive, ed in generale nutre la bizzarra idea che dover essere aiutati sia un segno di debolezza. Se vuoi che questa situazione si sblocchi, devo parlarle di quello che senti. Anche perché sono disposto a mettere una mano sul fuoco sul fatto che in questo preciso momento Ariadne e Deine stanno avendo la stessa identica conversazione, e che Deine avrà decisamente rifiutato l'idea, quindi, a meno che tu non ti dia una svegliata, non uscirete più da questa situazione.

Ma Daywine non l'aveva fatto, quel primo passo. Forse per orgoglio, forse per paura, nemmeno lui avrebbe saputo dirlo. Era perfettamente consapevole del fatto che il suo fosse un comportamento estremamente infantile, ma non era in grado di cambiare, almeno per il momento.

Così, anche quel giorno, quando Deine si tenne a distanza, Daywine fece finta di nulla, andando a sedersi accanto a Derrick.

-Beh. Adesso che ci siamo tutti, che ne dite di fare colazione?- domandò.

-Dobbiamo aspettare il capo- rispose Derrick.

Daywine sbuffò teatralmente. -Il giorno in cui smetterà di indire riunioni di primo mattino saremo tutti più contenti-borbottò.

-Io per primo- ribatté una voce dalla soglia.

I quattro ragazzi sussultarono, e si voltarono di scatto verso la soglia. Vale fece il suo ingresso, impertubabile e gelido come sempre, nonostante le profonde occhiaie che gli segnavano il viso.

-Ehi, che faccia, capo- lo salutò Derrick- Dormito male?

-Io dormo sempre male- fu la risposta. Vale si sedette al tavolo con loro, massagiandosi stancamente la radice del naso. Mentre nella sala scendeva il silenzio, Ariadne si alzò e si diede da fare, distribuendo la colazione ai suoi compagni.

-Oh- commentò Deine, rallegrata- Porridge.

-Si chiama pappetta, Deine. Pappetta- fu la cupa risposta di Derrick.

-Basta con le chiacchere- intervenne improvvisamente Vale. Pose sul tavolo i documenti trovati la sera prima, spingendoli al centro del tavolo -Ieri sera, frugando nel laboratorio, ho trovato questi.

Gli occhi di tutti si volsero verso di lui, e con poche, coincise parole spiegò loro come li aveva trovati.

-Perché un passaggio segreto dovrebbe essere lasciato aperto?- mormorò Deine, le sopracciglia aggrottate.

-Che importa?- ribatté Daywine. -Abbiamo trovato quello che cercavamo, no?

-Primo, di questo non sarei tanto sicuro- rispose Vale. -In secondo luogo, Deine ha fatto un'osservazione intelligente. Da quel poco che mi avete raccontato di lui, Basser non mi sembrava il tipo da distrazioni simili.

-Potrebbe essere entrato per nascondere dei progetti quando abbiamo attaccato, e poi essersi scordato di chiudere- disse Daywine con un'alzata di spalle. -In ogni caso, di cosa stiamo parlando?

-Derrick, qualche idea?- domandò Vale,mentre i documenti passavano in mano a quest'ultimo.

Il giovane scosse la testa. -Non riconosco quest'edificio- disse, puntando un dito sulla piantina.

Deine si sporse e gliela prese fra le mani, osservando il disegno con espressione concentrata. -È strano- disse- perché a me sembra di riconoscere la struttura del Laboratorio.

Gli occhi di tutti si puntarono su di lei. -A me non è sembrato- ribatté Vale.

-Non è proprio uguale- disse Deine. -Però ci somiglia moltissimo. La stanza grande, al piano terra, da cui partono tutti quei corridoi, potrebbe essere benissimo l'ingresso del Laboratorio, anche se lì c'era un cartello che indicava il corridoio giusto. E... Daywine, ti ricordi che quando Basser e gli Aldermen uscirono dalla stanza degli esperimenti noi ci nascondemmo sotto una scala?

-Sì, ma che c'entra?- rispose il ragazzo, che sembrava sorpreso che lei gli avesse rivolto la parola.

-Cosa c'è al piano superiore del Laboratorio?- chiese Deine a Vale.

-Lo studio del Direttore, e delle stanze chiuse a chiave.

-Beh, corrisponde- Deine fece scorrere un dito sulla piantina, lungo un corridoio segnato da diverse porte.

-E questo che significa?- replicò Vale. -Che quello che cerchiamo si troverebbe qui, proprio sotto il nostro naso?

-No, perché questo non è il nostro Laboratorio- ribatté Daywine. - L'edificio di questa cartina ha tre piani.

-Tre piani?- Deine corrugò la fronte, perplessa. -E tu dove li vedi tre piani, scusa?

-Qui- Daywine si sporse a poggiare il dito su un punto preciso della cartina, lì dove vi era segnata una stanza di forma circolare, dalla quale partiva un unico corridoio che la collegava a quello che Deine aveva chiamato “piano terra”.

La ragazza aggrottò le sopracciglia. -Ma questo non è il piano terra, vedi? Lo dicono anche le scritte: questo è un livello sotterraneo....- si bloccò improvvisamente, come folgorata. -Livello sotterraneo...- si alzò in piedi di scatto, gli occhi spalancati. -Per l'amor del cielo, Daywine, ce lo abbiamo avuto davanti!

-Ma di che stai parlando?- ribatté il ragazzo, del tutto spaesato.

Deine si rivolse a Vale, e gli raccontò in breve della sala circolare che lei e Daywine avevano visitato il giorno prima.

Nei minuti che seguirono, nessuno parlò. Vale sedeva immobile, gli occhi persi dietro qualcosa che solo lui poteva vedere, quasi non avesse ascoltato tutto quello che era appena avvenuto intorno a lui.

Poi, i suoi occhi tornarono sui suoi compagni gelidi e concentrati. -Supponiamo che la tua idea sia giusta- disse a Deine. -Come dovremmo fare per arrivare a questo fantomatico edificio?

-A questo proposito, forse ho la risposta- intervenne Derrick.

Tutti lo osservarono, sorpresi, mentre l'uomo tirava fuori dalla tasca un piccolo telecomando con un unico pulsante rosso.

-E quello sarebbe?- domandò Vale.

-Qualche giorno fa, io e Ariadne ci siamo messi a frugare nella stanza del Direttore- rispose Derrick. -Mister Occhietto Bello, pace all'anima sua, non teneva granché in considerazione le sue cose, quindi è stato facile mettere le mani su questo- lo lanciò e lo riacchiappò al volo. -”Secondo te a cosa serve?” mi ha chiesto Ariadne. “E io che ne so?” le ho risposto. Beh, forse adesso lo sappiamo.

Vale lo fissava, e una vena aveva preso aveva preso a pulsare sulla tempia. -E questo quando avevi intenzioni di dirmelo?- domandò col suo tono più calmo e più gelido.

Il sorriso di Derrick vacillò appena. -Potrei essermene scordato?- disse in tono di scusa.

Vale sembrava sul punto di uccidere qualcuno, ma chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.

-Beh- disse infine- a questo punto, credo che dovremo verificare.

 

Deine e Daywine si ritrovavano di nuovo nella stessa grotta della sera prima.

-Come dovrebbe funzionare questo coso, esattamente?- stava chiedendo Daywine a Derrick via radio.

-Se spingi il pulsante nella direzione giusta, dovrebbe attivarsi il meccanismo di apertura della porta- rispose Derrick.

-Dovrebbe?

-Beh, chi sono io per dire che funzionerà?

Daywine prese un profondo respiro, quindi puntò il telecomando contro la parete di fronte a lui e premette il pulsante. Non accadde nulla. Daywine si voltò e fece il giro su se stesso, cercando di individuare il punto preciso in cui il meccanismo si sarebbe attivato. Poi, finalmente accadde: il pavimento sotto di loro fu attraversato da una vibrazione, e un sordio brontolio riecheggiò nelle profondità della caverna... mentre un'intera parete scivolava di lato, rivelando un cunicolo lungo e umido che si perdeva nel buio.

-Tombola!- la voce di Daywine era esultante. -Avevamo ragione, Derrick! Funziona!- si volse a Deine. -Forza, Deine, andiamo.

-Fermi- li gelò la voce di Vale negli auricolari.

Daywine si bloccò con un piede a mezz'aria, la mascella serrata. -Che cosa c'è ancora?- sbottò.

-È una trappola- rispose semplicemente Vale.

Per alcuni istanti regnò il silenzio. -Cosa te lo fa pensare?- disse infine Daywine.

-Troppe coincidenze fortunate, tutte insieme- disse Vale. -Non è possibile che alla Cava siano stati così sbadati. Se proprio volete saperlo, tutti questi improvvisi colpi di fortuna mi danno tanto l'idea di essere stati messi qui apposta, come delle esche. E noi stiamo abboccando.

-Non ti sembra di essere un po' paranoico?- ribatté Daywine. -Tutti commettono degli errori. Perché non potrebbe semplicemente essere che, per una volta, ci è andato tutto liscio dall'inizio alla fine?

-Perché non succede mai. Ed ora ascoltatemi. Non azzardetevi ad entrare in quel tunnel prima che vi abbia raggiunti io.

-Cosa?!- esplose Daywine- Stai scherzando, vero?

-Ho la voce di uno che scherza?

-Senti, non abbiamo bisogno di una balia! Sia io che Deine siamo perfettamente in grado di...

-È un ordine, Daywine.

Fu la frase più sbagliata che avrebbe potuto dire, ed entrambi se ne accorsero subito. Il volto di Daywine s'infiammò per la rabbia, e, con un gesto brusco, il ragazzo si tolse l'auricolare.

-Cosa stai facendo?- gli domandò Deine.

-Aspettarlo, certo- sibilò il ragazzo mentre toglieva la torcia dalla cintura e l'accendeva. -Così lui può prendersi tutto il merito. Certo, come no- mentre parlava, si avviò verso il tunnel oltrepassandone la soglia.

-Daywine, cosa fai?- sgomenta, Deine gli tenne dietro. -Aspettami!

Lo seguì nel buio e nell'umidità del tunnel, cercando di distinguere la figura di lui, leggermente circonfusa dal bagliore della torcia.

-Daywine!- gli gridò dietro la ragazza- Potrebbe essere davvero una trappola!

Il ragazzo si voltò a guardarla. -E da quando in qua, se si sa che è una trappola, non ci si getta dentro?- rispose, prima di sparire nell'oscurità.

 

-Daywine?- Vale armeggiò con l'auricolare- Daywine!

Silenzio. La comunicazione si era interrotta. Vale strinse la mascella, cercando di contenere il torrente di furia che montava dentro di lui. Avrebbe dovuto sapere che non gli avrebbe dato retta. Lo conosceva ormai abbastanza bene da sapere che il ragazzo non obbediva mai algi ordini, sopratutto se provenivano da lui.

-Cos'è successo?- dietro di lui, Ariadne appariva preoccupata.

-È andato da solo.

-Cosa?!- Ariadne spalancò la bocca. -Perché diavolo l'ha fatto?

-Perché mettersi nei guai è scritto nei suoi geni- fu la risposta di Vale. -Vado a prenderli.

Ariadne annuì. -Vengo con te.

Vale si voltò a guardarla. -Assolutamente no.

Gli occhi della ragazza si ridussero a due fessure. -Devo scatenare un altro paio di esplosioni, prima che voi vi decidiate a capire che sono stufa di essere lasciata da parte?- sibilò.

Vale la fissò per un lungo attimo, quasi valutando tutte le opzioni, quindi le si mise davanti. Era molto, molto più alto di Ariadne, che istintivamente si alzò sulle punte dei piedi.

-A tre condizioni- disse infine.

-Tutto quello che vuoi- ribatté pronta l'altra.

-Numero uno: si fa tutto quello che dico io, senza discutere. Se io ti dico di saltare, tu salti. Se ti dico di correre, corri. Se ti dico di nasconderti...

-... io mi nascondo- completò la ragazza- Numero due?

-Niente colpi di testa. Prima di prendere qualsiasi iniziativa, pensaci dieci volte. E poi chiedimi il permesso.

-Numero tre?

-Non ti staccherai da me nemmeno un istante. Se ti perdo di vista, anche per un solo secondo, non appena torneremo convincerò Redhent ad incatenarti al letto. Ci siamo intesi?

-Perfettamente- rispose Ariadne, che non aveva nessuna intenzione di obbedire.

Gli occhi di Vale si ridussero a due fessure. -Bene. Andiamo, allora- si avviò verso la porta.- Derrick, tu rimani qui.

-Cosa?- sbottò l'altro. -Non voglio restare a parlarmi addosso!

-Magari in questo modo ti accorgerai di quanto irritante sia la tua parlantina.-Vale si assicurò meglio la spada alla cintura ed oltrepassò la soglia, seguito a ruota da Ariadne, i cui occhi brillavano per l'eccitazione.

 

L'oscurità del tunnel era un po' meno fitta, adesso, e Deine riusciva a distinguere la figura di Daywine davanti a lei. A pochi metri da loro, il tunnel si apriva sul mondo esterno, spargendo un debole chiarore nelle profondità del cunicolo.

-Ci siamo, Deine- Daywine indicò l'uscita.

I due ragazzi superarono l'apertura, e per un istante rimasero immobili, abbagliati dalla luce del sole. Attorno a loro, gli alberi si levavano alti, verdi contro lo sfondo di un azzurro intenso.

-Eccolo- questa volta fu Deine a indicare. Al di là degli alberi, la luce del sole lambiva un edificio di cemento basso e rettangolare, completamente circondato dalla boscaglia.

-Avevi ragione tu- commentò Daywine-Somiglia al Laboratorio.

I due ragazzi superarono la distanza che li separava dal complesso con cautela, trasalendo ogni volta che i loro piedi urtavano troppo violentemente il terreno. In breve si ritrovarono a ridosso di una parete, nascosti dall'ombra protettiva del muro.

-Secondo te, è sorvegliato?- domandò Deine.

-Penso di sì- rispose Daywine. -Ma non vedo guardie- disse, dopo essersi cautamente sporto.

Deine sentì lo stomaco attorcigliarsi. Adesso era sicura che fosse una trappola.

-Beh, entriamo?- chiese Daywine.

Deine annuì, e i due strisciarono lungo il muro finché non trovarono una finestra. Rapidamente, Daywine ne scassinò la serratura, e s'isso finò a poter scivolare all'interno, seguito a ruota da Deine.

L'interno era buio, asfittico, e gelido. C'era qualcosa di inquietante nell'atmosfera, un senso di oppressione che superava persino quello trasmesso dalla Cava. La luce delle lampade al neon appese al soffitto bastava appena a penetrare l'oscurità che gli avvolgeva da ogni dove. Quando si mossero, i loro passi risuonarono innaturalmente forti nel silenzio gelido che li circondava.

Attraversarono il corridoio per sbucare in una stanza ampia, dalla forma rettangolare. Anche da quella, come nel Laboratorio originale, partivano diversi corridoi.

-E adesso dove dovremmo andare?- si chiese Deine.

-Da nessuna parte, bellezza- le rispose una voce dietro di lei.

La ragazza si voltò di scatto, e si ritrovò la canna di un fucile a pochi centimetri dal viso. Dietro di lei, sentì Daywine irrigidirsi, mentre un gruppo di uomini armati li circondava.

-Però- commentò uno di loro. -Non credevo che la Ribellione avrebbe mandato dei poppanti.

Deine strinse la mascella. -Poppanti?- ringhiò. -Non credo proprio...

Si mosse, più veloce di quanto avrebbero potuto pensare, e con uno scatto metallico tre artigli di acciaio affilatissimo fuoriuscirono dalle sue nocche, squarciando la gola dell'uomo che la teneva sotto tiro. Con un calcio, Deine allontanò un suo compagno e lo mandò a sbattere contro un alto soldato.

Dietro di lei, Daywine si era mosso altrettanto rapidamente, estraendo la pistola con un unico movimento fluido e freddando i due soldati davanti a lui. Uno degll uomini si scagliò contro di lui e Daywine lo afferrò per un braccio, mentre col taglio dell'altra mano gli assestava un colpo al lato del collo.

Attorno a loro, i sorveglianti del luogo avevano preso a sparare. Deine si abbassò per sferrare una decisa gomitata nello stomaco di un avversario. Si alzò, compì una mezza torsione col busto, e gli artigli disegnarono uno squarcio rosso sul petto di un sorvegliante.

Un proiettile la colpì di striscio, e Deine sussultò nel sentire la pelle bruciare. Approffittando della sua distrazione, un soldato le si scagliò adddosso, mandandola sul pavimento. Deine lo colpì con una testata, un fiotto di sangue che le schizzava in faccia. L'uomo allentò la presa, e Deine lo pugnalò dritto al centro del petto.

Il cadavere le si accasciò sopra, senza vita, ma prima che lei potesse muoversi, qualcuno lo tolse da sopra di lei, e Deine si trovò davanti il volto stravolto di Daywine.

-Corri!- le gridò, tirandola su con uno strattone. Senza lasciarle il braccio, scattò tra il sibilo degli spari, e i due s'infilarono nel corridoio che avevano imboccato poco prima.

Si appoggiarono al muro, ansimanti, mentre i passi dei nemici si facevano più vicini.

-Sai, credo che Vale avesse ragione- esalò Daywine- Era davvero una trappola.

Deine si limitò a lanciargli una sola occhiata rovente, prima di partire in corsa nel buio del corridoio.

 

Salve a tutti!

Innanzitutto, vorrei scusarmi per il vergognoso ritardo nell'aggiornamento; la scuola mi ha inghiottita nel suo turbine. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e se vi sembra che la conclusione del capitolo sia un po' a cavolo, sappiate che è perché il grosso degli eventi deve svolgersi nel prossimo capitolo (eh, sì, questa volta s'inizia col botto!).

E poi vorrei chiedervi un'altra cosa: compatite Daywine. Dopotutto, ha diciassette anni, è nella cosidetta “età cretina” (disse dall'alto dei suoi... quasi diciassette anni? Comunque XD). Anche perché quelle di questo capitolo non saranno le uniche cavolate che farà.

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** La stanza degli orrori ***


Deine e Daywine correvano, i nemici distanti pochi metri da loro che guadagnavano regolarmente terreno. I due ragazzi si fiondarono su una scala che conduceva al piano superiore, e il silenzio del corridoio si riempì del rumore degli spari, mentre i proiettili tagliavano l'aria intorno a loro.

Deine abbassò di scatto la testa, sentendo una pallottola sfiorarle i capelli, si fermò di scatto a metà della scala e si voltò, tranciando con gli artigli la gola di un sorvegliante che appena giunto sotto di lei. L'uomo barcollò, e la ragazza gli sferrò un calcio in pieno petto, mandandolo a rotolare addosso ai suoi compagni.

Si affrettò a seguire Daywine, che nel frattempo si era infilato in un altro corridoio, che terminava, parecchi metri più avanti, con una massiccia porta chiusa da una catena.

-Vicolo cieco- sussurrò Daywine.

-Fantastico- replicò Deine, gettandosi un rapido sguardo alle spalle. -Quelli ci sono addosso.

Aveva appena finito di parlare che i nemici fecero il loro ingresso, riempendo lo stretto spazio del corridoio. -Ma sono più numerosi, adesso.

-Quando cazzo sono arrivati i rinforzi?- ringhiò Daywine, voltandosi a fronteggiarli.

-Vuoi chiederglielo?

I nemici gli puntarono contro i loro fucili, ma una voce li bloccò improvvisamente:- Fermi! Così rischieremmo di colpire qualcuno di noi!

-Ma non mi dire- sibilò Daywine, arretrando con la pistola puntata. -Anche le sentinelle hanno un cervello, adesso?

-Usate i fucili al Cristallo- replicò la stessa voce neutra.

Un soldato nella prima fila, alzò il fucile, e Daywine sparò, centrandolo fra gli occhi. I due ragazzi scattarono, e un raggio di energia azzurrina passò stridendo in mezzo a loro, creando un buco fumante nel pavimento.

Deine saltò e con le gambe unite allungò a mezz'aria un calcio in pieno petto a uno dei soldati; sfruttandolo come appoggio fece una giravolta in aria, atterrò sulle mani, e con un balzo felino fu di nuovo in piedi, tagliando la gola ad un altro uomo.

Uno di loro le fu addosso, e la sbatté con violenza contro il muro, schiacciandola con il suo peso. Un coltello lampeggiò tra di loro, a pochi centimetri dalla sua gola, e Deine si dibatté selvaggiamente, fino a riuscire ad alzare una mano e ad affondare le unghie nel polso del suo aggressore. Un ringhio sfuggì dalle labbra dell'uomo, mentre i suoi sforzi per tagliarle la gola aumentavano.

Rapida, Deine gli allontanò bruscamente il braccio, e gli sferrò una testata dritto sul naso. Il soldato allentò la presa con un ululato di dolore, e la ragazza fu rapida a sferrargli una ginocchiata tra le gambe, piegandolo quasi ad angolo retto. Gli artigli di Deine gli si conficcarono in gola, e quello crollò a terra, il sangue che gli eruttava dalla bocca con un gorgoglio.

Deine scattò al fianco di Daywine, ed insieme arretrarono verso la porta, mentre i soldati si facevano più vicini. In quattro gli si lanciarono contro: con un gesto quasi invisibile per la sua velocità, Daywine ne colpì uno alla fronte con un proiettile, mentre con l'altra mano estraeva un coltello dalla cintura. Al suo fianco, Deine fronteggiava gli altri due assalitori, saltando da un lato all'altro con aglità ed eleganza, mentre con gli artigli parava i colpi dei loro pugnali.

Qualcosa si mosse al limite del suo campo visivo, e Daywine si voltò, appena in tempo per vedere uno dei soldati spianargli contro il fucile.

-Deine, giù!- urlò, mentre si gettava a terra; non fece in tempo ad assicurarsi che lei avesse seguito il suo consiglio, perché un raggio di luce azzurrino solcò l'aria stridendo a pochi centimetri dalla sua testa, andando invece a colpire la catena che chiudeva la porta alle loro spalle.

Nell'aria risuonò uno scoppio e frammenti di legno e metallo volarono da tutte le parti. Ma adesso la porta era aperta. Daywine si alzò e si scagliò contro uno dei soldati. Lo gettò a terra, lo colpì alla testa con un pugno, e gli strappò una granata accecante dalla cintura.

-Deine?- chiamò, alzandosi in piedi. Lei gli fu subito accanto, il respiro affannoso e gli artigli sporchi di sangue.

-Preparati a correre- sussurrò lui.

Si voltò, e prima che chiunque potesse accennare un movimento, strappò la spoletta della granata e la mandò a rotolare sul pavimento; quindi, afferrata Deine per un braccio, si lanciò con lei verso la porta aperta.

Un bagliore accecante esplose al centro del corridoio, seguito da grida sorpresa e da imprecazione varie, ma i due ragazzi si erano già rifugiati all'interno della stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

-Chiudamola, presto!- sibilò Daywine, trascinando davanti a sé qualcosa che sembrava uno scatolone.

Gli occhi di Deine, nella penombra che la circondava, piano piano distinsero le linee di vari scatoloni ammassati l'uno sull'altro a colmare il perimetro di una stanza molto grande. Appese alle pareti c'erano varie armi, che però la ragazza non riusciva a distinguere.

Immediatamente, si mise ad ammassare scatole davanti alla porta in modo da bloccarla, mentre, nel corridoio, udiva le imprecazione soffocate dei soldati.

-Dovremmo essere a posto- Daywine abbassò la sbarra che chiudeva la porta dall'interno.

-Tu credi?- ribatté Deine, acida. - Secondo quale logica chiudersi dentro una stanza dovrebbe essere il modo migliore per difendersi da un gruppo di nemici che ti assediano in uno spazio ristretto?

Incredibilmente, Daywine sorrise. -Tu dimentichi che siamo in un arsenale- replicò. -Sicuramente riusciranno a tirarci fuori di qui, ma prima di sicuro li faremo ballare, quei bastardi- si voltò a prendere una delle pistole appese alla parete. -Allora, sei con me?

Deine lo fissò per un istante quindi sospirò. -Spero proprio che questa non si riveli la tua ennesima trovata idiota- ribatté, mentre gli si metteva a fianco.

 

Nel momento stesso in cui finalmente raggiunsero il laboratorio, Vale e Ariadne capirono che qualcosa non andava.

-Non vedo guardie- mormorò Vale. -Non ha senso.

-Secondo te cosa significa?- gli domandò Ariadne.

-Che se prima sospettavo che fosse una trappola, adesso ne ho la matematica certezza.

Come avevano fatto Deine e Daywine prima di loro, si avvicinarono senza fare al rumore al complesso. Non ebbero difficoltà ad inviduare la finestra da cui erano entrati i due ragazzi poco prima.

S'introdussero all'interno del Laboratorio. Tutto intorno a loro, era buio e silenzioso.

O almeno così, gli parve in un primo momento.

-Aspetta- Ariadne strinse il braccio di Vale. -Sta succedendo qualcosa, di sopra.

Vale si concentrò, e improvvisamente il silenzio che poco prima li aveva circondati si riempì del suono di voci irate, di passi pesanti, dei tonfi e dei colpi caratteristici di una battaglia.

-Sono lì sopra- rilevò Vale. Si voltò verso la sua compagna. -Ariadne, il tuo Potenziale ti permette di percepire la presenza del Cristallo, vero?

La ragazza annuì.

-I soldati hanno i fucili caricati con il Cristallo?

Ariadne si concentrò, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata. -Sì- rispose.

Vale annuì seccamente, quindi afferrò la ragazza per un braccio, spingendola alle sue spalle, ed estrasse la spada. La lama di termoiridio lanciò lampi azzurri nel buio del corridoio.

Apparentemente senza fretta, Vale iniziò a salire le scale che portavano al piano superiore. Ariadne gli tenne dietro, il fiato sospeso e il cuore che le batteva all'impazzata nelle orecchie.

Davanti alla porta del magazzino, i sorveglianti del Laboratorio si erano schierati, i fucili puntati contro la massiccia lastra di legno.

-Pronti a far fuoco- ordinò il comandante.

-Ariadne?- sussurrò Vale, quasi senza parlare.

-Sì?

L'uomo si tolse da di fronte a lei. -Fuoco.

E Ariadne obbedì.

La luce avvampò, bianca e sfolgorante, e li investì in pieno, spazzandoli via come le foglie in autunno. I fucili reagirono, esplodendo fra le mani dei soldati, e l'aria stessa vibrò per la potenza del colpo, mentre larghe crepe si aprivano nelle pareti.

L'energia lentamente si affievolì, e nella nube di fumo che aveva invaso il corridoio, uno dei soldati si rialzò barcollante, il volto ridotto a una maschera di sangue.

-Ma... ledetta- riuscì a sibilare. Alzò il fucile con braccia tremanti. Premette il grilletto.

La spada di Vale si mosse più veloce di quanto fosse possibile, intercettando il colpo a metà strada. Il fascio di luce si avvolse alla lama, seguendone il profilo, quindi Vale tracciò un arco nell'aria, mentre premeva il pulsante sull'elsa. Un arco di pura energia attraversò saettando il corridoio, per poi esplodere con un boato sordo.

Quando, di nuovo, il fumo causato dall'esplosione si diradò, non era rimasto in piedi nessun nemico.

Vale rinfoderò la spada e superò i corpi ammassati a terra, fino ad arrivare alla porta.

-Siamo noi- disse.

Dopo alcuni minuti, la porta si aprì, e Daywine fece capolino, assolutamente basito. -Che diavolo ci fate voi qui?- domandò, gli occhi che andavano da Vale ad Ariadne.

-Siamo venuti a salvarvi, razza di idiota!- esplose Ariadne. -Come di diavolo ti è venuto in mente di...

-Le liti tra fratelli a dopo- l'interruppe Vale, alzando una mano. -Adesso pensiamo ad uscire di qui.

-Ma potrebbero esserci degli indizi importanti su quello che stiamo cercando- ribatté Daywine.

-Potrebbero. Ma ho il sospetto che tutto quello che abbiamo scoperto fosse stato appositamente creato per tirarci in una trappola. Dubito che trovreremo qualcosa d'interessante.

-E se ci fosse sul serio qualcosa d'importante?

Vale lo fissò, stringendo gli occhi. -Controlleremo. Ma al momento il mio obbiettivo principale è portarvi fuori di qui. Vivi.

Scesero le scale, e attraversarono il corridoio nel quale erano sbucati. Pochi metri più avanti, curvava a destra.

-State attenti- sussurrò Vale. -Sicuramente ci sono degli altri soldati nei dintorni, e non escludo che abbiano approntato qualche trappola.

Seguirono la svolta del corridoio, e si trovarono in quello che evidentemente costituiva l'ingresso del Laboratorio: una grande stanza di forma quadrata. Anche da questa si diramavano numerosi corridoi, ma a differenza del suo corrispettivo alla Cava, una porta simile a quella del magazzino si parava di fronte a loro.

-Per l'amor del cielo- sbottò Daywine- Questo posto è tutto uguale!

-Secondo voi, cosa c'è dietro quella porta?- mormorò Deine.

-Probabilmente un stanza degli esperimenti simile a quella della Cava- rispose Ariadne.

Il gruppetto si avvicino cautamente fino alla porta. Tutto intorno a loro rimaneva silenzioso.

Daywine s'inginocchiò, cominciando a trafficare con la serratura. -Hai visto, Deine?- commentò con un sorriso spavaldo- Il cucchiaio-grimaldello della Cava ancora funziona.

-Potresti spostarti?- domandò educatamente Vale.

Daywine, gli lanciò uno sguardo sorpreso, mentre si alzava e si faceva da parte. Vale si avvicinò, e sferrò un calcio deciso alla porta, distruggendone completamente la serratura.

Lentamente si voltò a fissare Daywine con un'espressione indecifrabile.

Il ragazzo sostenne il suo sguardo, finché le guance non gli avvamparono. -Esibizionista- sibilò infine.

Un muscolo della guancia di Vale si contrasse, come se stesse per sorridere, quindi varcò cautamente la soglia.

E lì si fermò.

I tre ragazzi lo osservarono, sorpresi, mentre rimaneva immobile, le spalle di colpo stranamente rigide, e i pugni serrati.

-Vale?- Daywine accennò un passo avanti. -Cosa diavolo c'è lì dentro...?

-Non. Entrate.-Un ordine perentorio, pronunciato con una voce metallica che non aveva quasi nulla di umano, e che gelò Daywine sul posto.

-Ma cosa...?-Daywine non riuscì a concludere la frase.

-Fidati- disse Vale mentre entrava- è meglio non saperlo.

 

Cautamente, Vale si richiuse la porta alle spalle e vi appoggiò la schiena. Non voleva guardare, ma quasi involontariamente gli occhi scivolavano sull'immondo spettacolo che gli si offriva, quasi che ne fossero attratti.

Ariadne pensava che oltre quella porta ci fosse una stanza degli esperimenti simile a quelle della Cava.

Si sbagliava.

Era molto peggio.

Davanti a lui, per una distanza che sembrava infinita, si allungavano file e file di lettini, ognuno di essi avvolto in un intrico di fili e tubi che quasi lo nascondevano, andando a collegarsi a pannelli posti sulle pareti, occupati da diagrammi e cifre che per lui non avevano alcun significato. La maggior parte degli schermi era spenta.

E la maggior parte dei lettini aveva un occupante.

Attraverso il bozzolo di fili che li avvolgeva era quasi impossibile scorgerli, ma non c'era modo di non intuirne la presenza: l'odore di sangue aleggiava sulla stanza come un sudario, un odore forte, ferroso e penetrante, emanato da quelle sagome immobili simili a mummie. E quel poco che si scorgeva dei corpi era orrendamente straziato: gli squarci che si aprivano nella carne ormai livida lasciavano scorgere le viscere in putrefazione, e di tanto in tanto attraverso di esse biancheggiavano le ossa, quelle stesse ossa che sembravano quasi voler squarciare la pelle di quei corpi morti di una magrezza impossibile. E lì dove la carne era stata lasciata intatta, i tubi affondavano con crudeltà, serpeggiando attorno alle membra in decomposizione, avvolgendosi intorno alle braccia che penzolavani inerti dal bordo dei lettini.

E poi c'era il sangue. Sangue ovunque, che si allargava in larghe macchie del colore della ruggine sul pavimento, sui giacigli, sui corpi straziati, lì dove s'incrostava sui bordi delle ferite. E il sangue, malato e marcio, riempiva i tubi, lunghi vermi rossi che si allungavano sul suolo come dita malefiche.

Vale rimase immobile a contemplare quell'abominio, sentendo il suo sangue gelarsi nelle vene. Quello che vedeva era atroce. Neppure i campi di battaglia più distrutti che aveva mai calcato presentavano un simile scempio.

Eppure non era la prima volta che assisteva a qualcosa di simile.

Vale chiuse gli occhi, e per un istante fu catturato in un altro luogo, in un altro tempo, in un altro orrore.

 

Un'altra stanza, molto simile a questa. Strumenti di morte scintillano ovunque, e lui cerca di fissarvi lo sguardo, perché non è in grado di guardare il resto, non è in grado di sopportare il resto. Ma anche se non vede, non può non sentire.

Qualcuno grida. E grida, e grida, e grida di nuovo...

 

Aveva voglia di vomitare.

Lentamente, aprì gli occhi e si costrinse a staccare la schiena dal muro, si costrinse ad avanzare fra i cadaveri immobili, cercando di non incrociare lo sguardo dei loro occhi vuoti. Il silenzio che lo avvolgeva da ogni parte era rotto solo dal rumore dei suoi passi, insufficienti a coprire il suono di tutti i pensieri che gli affollavano la mente, carichi di orrore. I suoi occhi vagarono lungo la stanza, fissando i cadaveri senza guardarli, e lentamente risalirono una scala che portava ad una balconata che percorreva tutto il perimetro della sala, fermandosi su una piccola porta che si apriva in quella parete.

Vale si diresse versso quella scala, la mano sull'elsa della spada e tutti i sensi all'erta, quando un rumore improvviso attrasse la sua attenzione. Si voltò, ma tutto era immobile intorno a lui.

E poi, quel rumore si ripeté. Un gemito. Tutti i suoi muscoli si tesero, pronti a scattare, e Vale diresse lo sguardo verso la fonte del rumore. Che si fece udire di nuovo, soffocato, eppure assordante nel silenzio che riempiva la sala.

I pochi passi che lo separavano dall'origine del rumore gli sembrarono interminabili. Poi, Vale si ritrovò in mezzo a due tavoli. Ed il gemito risuonò nel suo orecchio, questa volta più forte, costringendolo ad abbassare lo sguardo.

E a desiderare di non averlo mai fatto.

Il corpo che gli si presentava alla vista era orrendamente straziato: un lungo squarcio gli attraversava il torace, aprendolo quasi completamente, lasciando intavedere gli organi interni, ancora agitati da uno spasmo convulso. Il sangue si era raggrumato sui bordi delle ferite, e sui tubi che avvolgevano quasi completamente tutta la sua persona, andando ad infilarsi sotto la pelle, nel naso, nella bocca, ovunque. Non c'era parte del torace che non fosse gonfia, sanguinante, purulenta, e qualche ferita sanguinava ancora, in uno stillicidio di minuscole gocce che disegnavano piccole monete rosse sul pavimento.

Il corpo che stava osservando era quello di un morto. Ma gli occhi che ricambiarono il suo sguardo, enormi, spalancati nel viso tumefatto, erano vivi. Ed erano gli occhi di un ragazzino.

Vale sentì qualcosa dentro di lui rimescolarsi, e d'un tratto provò il violento desiderio di fuggire, di lasciarsi alle spalle tutto quel sangue, e il dolore, e la morte. Ma gli occhi del bambino lo inchiodavano lì dove si trovava, carichi di una disperazione che andava oltre l'immaginabile.

Affannosamente, l'uomo frugò con lo sguardo il piccolo corpo, cercando, attraverso i tubi che lo avvolgevano come un bozzolo,qualche modo per aiutarlo, ma tutto quello che vedeva era straziato. Riportò lo sguardo sul volto del bambino, e questi lo fissò, attraverso un velo di lacrime.

La bocca si aprì, ma tutto quello che ne uscì fu un sibilo stentato, mentre il petto si contraeva spasmodicamente. La mano si levò dal bordo del lettino, e le piccole dita strinsero la manica di Vale con una presa quasi inesistente.

Ci dev'essere un modo per aiutarlo... Ma Vale sapeva che non ce n'erano. Il bambino che aveva davanti ormai era condannato. E soffriva. Lo capiva dal suo sguardo disperato, dalle contrazione affannose dal petto, da come gli occhi azzurri continuavano a fissarlo, grandi e luccicanti di lacrime.

Non poteva salvarlo.

E nel momento in cui lo capì, Vale vacillò.

No, pensò. Non questo. Non fatemelo fare, non posso.

Chiuse gli occhi per sfuggire alla realtà. Ma nel silenzio irreale del laboratorio il respiro del bambino risuonava come una condanna, ogni suo singhiozzo parlava della sua sofferenza, e Vale sentiva le minuscole dita che gli stringevano la manica serrare la presa.

Lentamente, le sue dita si serrarono attorno all'elsa della spada, la estrassero, e il rumore della lama che strideva contro il fodero risuonò orribile ai suoi orecchi. La alzò sopra la testa, si costrinse ad aprire gli occhi e ad affrontare lo sguardo del bambino.

Mi dipiace, cercò di dirgli.

Poi colpì.

Il corpo si contrasse solo una volta, poi si accasciò, immobile. Vale abbassò la spada. La lama era rossa. Altro sangue innocente che andava a sporcargli le mani, un'altra vittima che avrebbe popolato le sue notti insonni.

Rinfoderò la spada e si costrinse a percorrere i pochi metri che lo separavano dalla scala, a salirne i gradini fino a trovarsi sulla balconata. Avanzò fino a trovarsi di fronte alla porta. Era chiusa a chiave, ma anche questa volta un calcio deciso bastò ad abbatterla. L'interno ricordava molto quello della stanza che aveva trovato alla Cava: l'unica forma di arredamento era costituita da una piccola scrivania, ingombra di fogli.

Vale si avvicinò, aprì i cassetti, mentre con gli occhi esaminava le carte sparse sulla scrivania. Uno degli scomparti conteneva in quadernetto rilegato in pelle, dalle pagine fitte di appunti, l'ultima delle quali occupata dallo stesso progetto che aveva trovato alla Cava. Lo prese ed uscì.

Ed in quel momento, fu sicuro che qualcosa non andava.

 

-Ma da quanto tempo è lì dentro?- Daywine accennò un passo verso la porta. -Forse dovremmo controllare...

Deine si frappose fra lui e la porta. -Vale ci ha detto di aspettarlo qui.

-D'accordo, ma se gli fosse successo qualcosa? Penso che...

-Quello che pensi tu ci ha già causato abbastanza guai, grazie tante.

-Cosa intenderesti dire?

-Semplicemente che...

-Potete stare zitti un secondo?- Ariadne alzò una mano, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata. -Percepisco qualcosa di strano.

Gli sguardi degli altri due ragazzi si rivolsero a lei. -Che succede, Ariadne?- le domandò il fratello.

Gli occhi della ragazza si spalancarono. -Soldati- sussurrò. -Con dei fucili al Cristallo.

-Dove?- Daywine aveva già portato la mano alla pistola, mentre Deine faceva scattare gli artigli.

-Non lo so. Non riesco a capirlo. Stanno arrivando da fuori, credo. Ma...- il viso della ragazza perse ogni colore. -Ce ne sono altri.

-Dove? Ariadne, dove?

-Nella stanza- mormorò lei. -Insieme a Vale.

 

Vale fece appena in tempo a scostarsi, e il proiettile sibilò a pochi centimetri dal suo volto, conficcandosi nella parete alle sue spalle. Si avvicinò alla ringhiera e vide soldati irrompere nella stanza, uscendo da una porta sotto di lui che non aveva notato.

Uno di loro alzò lo sguardo, gli puntò contro il fucile. -Eccolo! È lassù!

Un altro proiettile gli sibilò accanto, mentre con un balzo Vale superava la ringhiera e atterrava su uno dei tavoli sotto di lui, ignorando lo scricchiolo del cadavere sotto i suoi stivali. Prima che i soldati potessero muoversi, la spada era già scivolata fuori dal fodero, e il busto di Vale compì un mezzo giro, andando a tagliare la gola a quello che aveva appena sparato.

I nemici lo accerchiarono, e Vale con un calciò strappò il fucile dalle mani di un altro soldato, quindi saltò a terra. La sua lama scintillò di nuovo, rapida e letale, e uno dei soldati lasciò cadere di scatto la sua arma e arretrò, il moncherino che sprizzava sangue, mentre quello accanto a lui si portava una mano alla gola squarciata.

L'aria stridette, la spada di Vale si sollevò ed intercettò a mezz'aria un raggio di energia. Il colpo ritornò dai soldati ed esplose in mezzo alle loro file, scagliandoli parecchi metri più indietro. L'uomo approffittò della confusione e scattò verso la porta. Dei soldati si frapposero fra lui e la soglia, i fucili puntati, e i raggi del Cristallo si diressero tutti verso di lui. Vale li parò tutti, e la sua lama vibrò, avvolta da un fascio di luce sempre più intensa.

Senza smettere di correre, l'uomo saltò, sfruttò il bordo di un tavolo come trampolino e superò con un balzo la fila dei soldati, atterando a pochi passi dalla soglia. I nemici fecero appena in tempo a voltarsi: con un unico fendente, Vale liberò tutta l'energia accumulata.

L'esplosione lo scagliò all'indietro con un boato assordante, mandadolo a cozzare contro un muro. Si rialzò, battendo le palpebre per liberarsi dal velo di polvere che si era sollevato: attraverso il velo di fumo che lo attorniava, intravide le figure dei suoi nemici, annientate dall'ultimo colpo.

Qualcosa si mosse alle sue spalle e Vale si voltò di scatto, puntando la spada in direzione dell'aggressore. Gli rispose un grido spaventato.

-Vale, siamo noi!- Nella nube di fumo che lentamente si andava diradando, Ariadne avanzò verso di lui, il volto sporco e i capelli spettinati. Alle sue spalle, il colpo di Vale aveva creato un varco nella parete del Laboratorio, divelgendo completamente la porta.

-Cosa diavolo era quello?- Daywine spuntò alle spalle della sorella, a sua volta sporco e scarmigliato.

-Non c'è tempo di spiegare- Vale superò quello che restava della soglia e afferrò Ariadne per un braccio, trascinandola via in modo che non potesse vedere l'interno della stanza. -Dobbiamo andarcene. E in fretta, anche.

Sotto la sua presa, Ariadne s'irriggidì. -Sono arrivati- disse.

Vale la guardò. -Chi?

-Soldati. Con i fucili al Cristallo- Ariadne lo guardò, mortalmente pallida. -Stanno per entrare, Vale, dobbiamo andarcene immediatamente!

Si liberò dalla presa dell'altro e scattò verso uno dei corridoi. Il braccio di Vale le circondò la vita e fece appena in tempo a tirarla indietro, prima che una serie di punte affilatissime fuoriuscisse con uno scatto dal pavimento, lì dove poco prima c'era Ariadne.

La ragazza le osservò, pallidissima, quindi riportò gli occhi su Vale. L'uomo ricambiò lo sguardo, gelido.

-Fallo di nuovo, e potrai scordarti di partecipare a qualunque missione- le ringhiò lui.

-Non ce ne sarà bisogno!- gridò una voce sguaiata.

La porta principale si aprì, e d'improvviso la stanza si riempì di soldati che li circondarono da ogni parte. Quello che doveva essere il loro comandante avanzò al centro della sala, sul volto un sorriso beffardo.

-Bene, bene- sogghignò- e così abbiamo tra le mani niente di meno che Ethan Vale. Al Primo Alderman farà piacere vedersi consegnare il tuo cadavere.

Vale strinse la presa sulla spada , gli occhi attraversati da un lampo metallico. -Vieni a prendertelo, allora.

Accanto a lui, Deine, Daywine e Ariadne si misero in posizione.

 

Buondì a tutti! Dopo ere geologiche sono finalmente riuscita ad aggiornare! Spero che il capitolo vi sia piaciuto: la conclusione potrebbe risultare un po' brusca, ma a mio parere aumenta la suspense. In realtà, è dovuta al fatto che il capitolo originale è stato diviso in due, perché sennò sarebbe risultato una pappardella infinita.

A proposito, prima che me ne dimentichi: ho finalmente trovato un attrice per Deine! Gioite con me!

Vi lascio il link, così vi fate un'idea (sperando che si veda).

Emily Blunt: cnet3.cbsistatic.com/hub/i/r/2014/06/02/46f24d65-4a94-4785-be9f-90f8c1908439/resize/770x578/15a753a9e234cefe1dc7901e2a0e9f9d/edge2-emily-blunt-5.jpg

Un bacio a tutti,

Saitou

 

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Capitolo 4
*** Confidenze ***


-Puntate- fu un ordine secco, quello del comandante. Ma i soldati nemmeno ebbero il tempo di eseguirlo.

Il potere esplose dalle mani di Ariadne con un boato sordo, e l'ufficiale fu il primo ad essere colpito dalla pioggia di raggi che la ragazza scatenò in quel momento.

Vale scattò quasi all'unisono con l'attacco di lei, e la sua spada intercettò uno degli attacchi lanciati da Ariadne. Un singolo tondo, e una parte dei soldati venne completamente travolta, gli uomini che venivano scagliati contro le pareti come foglie secche.

Il comandante, ancora vivo, nonostante la ferita fumante che gli si era aperta sul petto, barcollò in avanti, mentre la sua mano scivolava verso una tasca dei pantaloni. Ne estrasse un piccolo telecomando, e, nel momento in cui premette un pulsante, una serie di lame affilate, identiche a quelle di pochi minuti prima, sbucò dal pavimento lungo tutto il perimetro della stanza, rinchiudendo in quattro ribelli in un anello d'acciaio.

I soldati iniziarono a sparare, e proiettili e raggi di energia azzurrina saettarono da tutte le parti, in un'assurda cacofonia. Deine e Daywine, attenti a non avvicinarsi alle lame di acciaio, scattarono contro i nemici che li chiudevano ai lati, mentre Ariadne e Vale cercavano di farsi strada per raggiungere l'ingresso. Ben presto fu chiaro che i soldati non avevano idea di contro chi combattevano: i loro volti diventavano sempre più pallidi, e la loro coordinazione scemava, mano a mano che la spada di Vale assorbiva i loro colpi, rendendoli inutili.

D'un tratto, uno dei colpi scagliati da Ariadne raggiunse il pannello delle luci elettriche: le lampade al neon si spensero, lasciando la sala immersa nel sole della mattina, ma mentre il pannello esplodeva con una serie di schiocchi e crepitii, alcune delle lame infisse nel pavimento sparirono, e ne rimasero solo alcune sparse lungo la sala.

-Che cos'è successo?- domandò Daywine, mentre sferrava un calcio micidiale alla mascella di un soldato.

-Evidentemente quel pannello conteneva anche il meccanismo che controllava le lame: Ariadne deve averlo fatto saltare- Vale estrasse la spada dal petto di un sorvegliante e indietreggiò di qualche passo, andando a mettersi accanto a Daywine. -Un ostacolo in meno per uscire di qui.

Correte verso la porta. Adesso!

Ripeté l'ordine, gridando, e tutti e quattro scattarono verso la porta, facendosi strada tra i nemici

senza pietà. Ariadne aveva quasi raggiunto l'ingresso, quando un gridò attirò la sua attenzione. Si voltò, e vide Daywine cadere in ginocchio, uno squarcio sulla spalla sinistra che continuava a sputare sangue, mentre il pugnale di uno dei soldati calava inesorabilmente su di lui.

-No!- Ariadne corse verso di lui, sentì Deine seguirla, e si preparò a sferrare il colpo, ma l'altra ragazza fu più veloce: si gettò con tutto il suo peso contro il sorvegliante, mandandolo a sbattere contro la parete, e lo finì con un colpo alla gola.

Ariadne si gettò in ginocchio accanto a Daywine, lo afferrò per un braccio, e sentì le viscere stringersi per l'orrore, mentre gli occhi del fratello ricambiavano il suo sguardo, fissi e vitrei nel viso immobile. Lo chiamò, gridando, ma Daywine non sembrò sentirla, non reagì nemmeno mentre lei lo scuoteva sempre più forte.

-Smettila!- Deine la spinse via con violenza, si chinò cercando di tirare su il ragazzo. -Aiutami. È troppo pesante, non ce la faccio- ansimò.

Ma Ariadne non l'ascoltava. Era in piedi di fronte alle file dei nemici, e il suo petto si alzava e si abbassava sempre più violentemente, mentre una rabbia cieca e sorda cresceva dentro di lei. Avevano colpito suo fratello. Forse lo avevano ucciso. Non gli avrebbe mai più permesso di fare una cosa del genere.

-Ariadne!- gridò Deine, disperata, barcollando sotto il peso del corpo di Daywine.

Prima che avesse finito di gridare, Vale apparve accanto a lei, e l'aiutò a sollevarlo, passandosi un braccio del giovane attorno alle spalle. Daywine gli si accasciò addosso, semisvenuto.

-Io lo porto fuori. Voi due copriteci le spalle- le disse, prima di muoversi verso la porta.

Deine annuì, e si voltò per dare man forte ad Ariadne.

Non era preparata a quello che successe subito dopo.

 

Di solito, prima di sferrare un colpo, Ariadne aveva bisogno di fermarsi, di raccogliere l'energia del Cristallo che conteneva il suo corpo e di metterla in sintonia con quella del frammento che portava al collo. In quel momento poteva quasi vedere il flusso di potere che scorreva dentro di lei, in modo da calibrarne l'intensità.

Questa volta non ci fu nessun bisogno di fermarsi. Ne' di trattenersi. Il potere fuoriuscì con tutta la sua violenza dal suo corpo, e le esplose intorno, alimentato dalla sua rabbia.

Sentì l'aria vibrare e una cappa di calore la avvolse, mentre l'energia fluiva dalle sue mani con l'impetuosità di uno tsunami e le scorreva lungo le membra con un'irruenza quasi dolorosa, che la bruciava fin dentro la carne. Ariadne barcollò, mentre il potere che non poteva più controllare la investiva completamente, ardeva in ogni singola cellula del suo corpo, e tutto intorno a lei vibrò e tremò. Udì distintamente il fragore delle pareti che collassavano, le grida disperate dei suoi nemici, il boato sordo dell'energia che si scatenava.

D'un tratto, una nota di panico si fece strada nella sua esaltazione: il flusso di magia adesso era sempre più intenso, e la inondava completamente: Ariadne lo sentiva bruciare, pervadere ogni singolo centimetro del suo corpo, farsi strada fin dentro le sue osse con una forza che avrebbe potuto distruggerla. L'energia era troppo, e stava uscendo troppo in fretta; tutto il suo corpo sembrava avvolto da un bozzolo di fiamme, e Ariadne comprese che se non l'avesse fermato in tempo, il suo stesso potere l'avrebbe divorata.

Affannosamente, vagò dentro il suo corpo, alla ricerca di quei canali che potevano aprire e chiudere il flusso di energia. Cercò di spingere le radiazioni del Cristallo di nuovo all'interno di essi, ma dopo essere stata liberata in modo così totale l'energia sembrava quasi rifiutarsi di sottostare di nuovo al suo controllo. Continuava ad uscire, a fluire dal suo corpo in ondate sempre più impetuose, ed Ariadne percepì il panico serrarle le gola.

Si fece forza, e con ogni singola parte del suo essere agì sul suo essere, cercando di riportare all'interno del suo corpo la forza che aveva scatenato, ma era come cercare di arginare un fiume in piena: continuava a sfuggirle tra le mani.

Ariadne spinse, spinse con tutte le sue forze, e un dolore terribile la incendiò: gridò, mentre il potere rifluiva di nuovo tutto all'interno del suo corpo, mentre una colata di energia bollente come lava la investiva in pieno, inondando ogni singolo centimetro del suo corpo. Con una specie di risucchio, l'energia si esaurì, ed Ariadne cadde in ginocchio, piegata in due, entrambi le mani premute sullo stomaco, scossa da un tremito fortissimo.

Rimase in quella posizioni per quelle che parvero ore, cercando di inghiottire le lacrime: non aveva mai provato un terrore così devastante, non le era mai capitato di non riuscire a gestire l'immensità del suo potere.

Si rimise in piedi, a fatica, le ginocchia che sembravano diventate di gelatina, e si guardò intorno, sentendo il respiro che le si mozzava in gola.

La parete di fronte a lei era completamente crollata; il suolo stesso era crivellato di bichi, e lunghi fili di fumo si levavano, serpeggiando, dalle crepe che si aprivano lungo tutto il perimetro del locale. E ovunque c'erano i corpi: i corpi di quelli che fino a pochi secondi prim erano stati i suoi nemici adesso giacevano ai suoi piedi, ridotti a semplici ammassi di carne bruciata, i volti distorti ormai irriconoscibili.

Ariadne li fissò, li fissò a lungo, finché quelle immagini non si impressero sui suoi occhi col potenza di marchi infuocati, e in quel momento la nausea la travolse: cadde in ginocchio e vomitò finché non ebbe più fiato, finché le forze non l'abbandonarono di nuovo, e allora giacque lì, raggomitolata come un cucciolo ferito, l'odore del sangue e della carne bruciata che le intasava la gola.

Che cosa ho fatto... pensò, schiantata.

 

Daywine aprì gli occhi, batté le palpebre più volte, cercando di rimettere a fuoco il mondo circostante. La spalla sinistra gli faceva un male cane, e aveva la vaga percezione di un braccio che lo sosteneva, dei suoi piedi che strusciavano contro il terreno. Qualcuno lo stava trascinando, intuì. Ma che diavolo era successo?

Il mondo attorno a lui smise di ruotare, e Daywine si rese conto di trovarsi al di fuori dal laboratorio. Alle sue spalle sentiva ancora i rumori della battaglia, e il terreno sotto i suoi piedi vibrava, mentre Vale continuava a trascinarlo lontano dallo scontro.

-Dove sono Deine e Ariadne?- riuscì a biascicare.

-Ci coprono la ritirata- Vale rispose sbrigativamente. E in quel momento, il Laboratorio esplose.

L'onda d'urto li raggiunse alle spalle e li gettò a terra. Daywine cadde, la spalla che protestava violentemente all'impatto con il terreno, e un boato tremendo gli scoppiò nelle orecchie, mentre tutt'intorno a lui l'aria si faceva ardente.

Si girò su un fianco e alzò appena la testa, cercando di distinguere qualcosa attraverso il velo di fumo che gli si allargava davanti agli occhi. Riusciva vagamente ad intravedere la forma del laboratorio distrutto.

-Daywine- la mano di Vale che gli stringeva il braccio lo riportò alla realtà. Daywine si puntellò con le mani sul terreno, alzandosi a fatica.

-Che cosa è stato?- mormorò.

-Ariadne- rispose Vale- Non avevo idea che ne fosse capace. Forse non è riuscita a controllarsi.

Il fumo si diradò, ed entrambi sussultarono: un intera sezione del laboratorio era ridotta ad una rovina fumante, tanto che potevano intravdere la sala in cui avevano combattuto.

-Sono ancora lì dentro... forse sono in pericolo!- Daywine si mosse verso il laboratorio.

Vale gli strinse la spalla ferita, strappandogli un gemito. -Vado io. Tu sei ferito.

-Non se ne parla nemmeno!

-Smettila di dire sciocchezze. Sei ferito, e non sei in grado di...

-Stammi a sentire- sbottò Daywine, voltandosi di scatto verso di lui- non me frega un accidente di tutte le tue infinite regole su come si gestiscono le missioni. Lì dentro c'è mia sorella, e se tu pensi che io la lascerò lì dentro da sola, allora hai decisamente sbagliato persona!

Vale lo guardò, e in quel momento Daywine si sentì scrutato come non era mai stato finora. Sostenne lo sguardo, furioso, e per la prima volta la superficie immobile degli occhi dell'altro sembrò tremare, mentre lo sguardo di Vale si faceva sempre più intenso, come se l'uomo stesse cercando di raggiungergli l'anima. E poi, quasi troppo velocemente perché il ragazzo potesse esserne sicuro, negli occhi dell'altro passò un lampo di dolore, e, cosa più incredibile, di comprensione.

Poi la mano di Vale gli scivolò dalla spalla. -Vai- disse semplicemente.

Daywine lo fissò, incredulo. -Sul serio?

-Muoviti, prima che cambi idea- ribatté l'uomo, ritornato gelido come sempre, mentre estraeva la spada.

Daywine gli lanciò solo un'ultima occhiata, prima di seguirlo verso il laboratorio.

Lì dove c'era la porta adesso c'era solo una voragine fumante, e nel momento in cui la oltrepassarono, l'odore di carne bruciata gli riempì la gola. Il fumo riempiva il locale, ma anche senza vederle non era difficile intuire le large crepe che si allargavano sui muri, ne' gli ammassi fumanti di corpi bruciati.

-Maledizione- tossì Daywine, scavalcando un corpo- Come diavolo ha fatto...?

-Daywine?- qualcosa si mosse davanti a lui, ed Ariadne emerse dal fumo, i capelli scompigliati e il viso sporco di sangue e lacrime. Nel momento in cui lo vide, la ragazza lanciò un gridò e gli si gettò al collo, stringendolo convulsamente.

-Credevo fossi morto! Credevo... credevo...- i singhiozzi la travolsero.

-Va tutto bene, adesso- Daywine la allontanò, e vide Ariadne barcollare, il viso pallidissimo. -Che diavolo hai combinato, Ariadne?

-Io... non lo so- la ragazza continuava a tremare.

Una morsa di ghiaccio serrò le viscere di Daywine. -Dov'è Deine?- quasi gridò, guardandosi intorno.

-Sono qui- attraverso la cortina di fumo che si andava diradando, il ragazzo distinse la figura dell'amica: era seduta immobile, con la schiena contro la parete, le gambe piegate all'altezza del petto.

-Muoviamoci- li redarguì Vale, intento a controllare che nessun nemico fosse ancora vivo- Prima ci allontaniamo di qui, meglio è.

Daywine annuì, muovendosi intanto verso Deine.- Forza, andiamocene.

-Datemi... un attimo- la voce della ragazza era bassa e roca.

Lentamente, puntellandosi sulle gambe, Deine si tirò su, sempre tenendo la schiena appoggiata al muro, quindi si voltò verso di loro: teneva entrambe le mani premute sullo stomaco, e solo in quel momento Daywine e Ariadne si accorsero della chiazza di sangue che le si allargava sotto la dita.

Daywine la fissò, sconvolto. -Com'è successo?

-Quando Ariadne ha lanciato sull'attacco, sono stata scagliata sul pavimento- lo sguardo di Deine si faceva sempre più vitreo- e sono caduta su una delle lame.

Le ginocchia le cedettero, ma Daywine la afferrò in tempo. La ragazza gli si abbandonò contro, gli occhi chiusi e il viso bianchissimo e Daywine la prese in braccio, stringendosela contro il petto come se volesse cullarla.

-Andiamo, forza- disse, sistemandola in modo da reggerla meglio.

-Forse è meglio se la porto io- intervenne Vale- Tu hai una ferita alla spalla.

-Sto bene- rispose Daywine, a denti stretti. Non era vero, e si vedeva, ma Vale si limitò ad annuire, superando poi quella che poco prima era la soglia del laboratorio.

Uscirono dall'edificio in fila indiana, dirigendosi a passo spedito verso il bosco poco distante. Ariadne chiudeva la fila, ma se un nemico li avesse attaccati in quel preciso momento, lei non sarebbe stata in grado di difendersi. L'orrore per quello che aveva appena fatto era ancora troppo vivo, troppo cristalizzato nella sua mente. Non era stata in grado di contenere il suo potere, e aveva lanciato un attacco che aveva causato una vera e propria strage... una strage in cui avevano rischiato la vita anche i suoi amici. Deine si era ferita, per colpa sua, e il pensiero di ciò che quel fatto avrebbe potuto comportare le gelò il sangue. Forse la sua migliore amica sarebbe morta per colpa sua.

Forse, pensò, Ariadne, schiantata, il motivo per cui per tanto tempo i ribelli avevano insistito per tenerla chiusa all'interno della Base non era la sua sicurezza. Forse, in quel modo, i Ribelli cercavano di proteggere gli altri da lei.

 

Il silenzio all'interno della Batteria si stava facendo decisamente pesante, ma Derrick non aveva nessuna intenzione di romperlo per primo, iniziando a parlare da solo. Era fermamente deciso a vendicarsi sul capo, che l'aveva lasciato lì come ruota di scorta, rovesciandogli addosso, non appena l'avesse rivisto, tutto il torrente di parole che in quel momento stava trattenendo.

Certo, in quel momento un paio di imprecazioni ci sarebbero state decisamente bene, considerata l'estrema ed irritante cocciutaggine del catorcio che aveva di fronte.

Derrick non aveva mai incontrato un computer che lui non fosse in grado di violare, ma quello della Batteria sembrava deciso ad ottenere il primato. Per ogni difesa che l'uomo superava, immediatamente dopo se ne presentava un'altra, in un complesso gioco di rimandi da cui Derrick non aveva idea di come uscire. Continuava a lavorare, la fronte aggrottata e le dita che si muovevano freneticamente sulla tastiera, ma le lettere fluorescenti sullo schermo, che gli annunciavano che l'accesso gli era negato, non accennavano a cambiare.

Eppure ci dev'essere un elemento comune, qualcosa che mi permetta di passare attraverso tutte queste barriere, rimuginava, sempre più irritato.

Le ore trascorsero, sempre più lente e silenziose, e fu quasi per caso che Derrick azzeccò il codice giusto: il computer trillò, e l'uomo, quasi sfinito, vide le cifre sullo schermo muoversi e cambiare, per formare la frase a cui anelava da ormai sei lunghissimi giorni:

PASSWORD INSERITA. ACCESSO AUTORIZZATO.

-Sìì!- Derrick schizzò, in piedi, le braccia levate al cielo- Ti ho fregato, maledetto bastardo!

Si gettò sulla sedia e cominciò a premere freneticamente sulla tastiera, mentre davanti a lui scorrevano tutti i dati e i progetti della Cava: velocemente, Derrick iniziò ad inviarli al computer della Base.

Poi, nuove lettere apparvero sulla superficie dello schermo:

PROCESSO DI AUTODISTRUZIONE ATTIVATO. INIZIO DEL CONTO ALLA ROVESCIA.

Derrick alzò la testa, distrattamente, l'abbassò per continuare a scrivere... e poi la rialzò di scatto, mentre il suo cuore mancava un colpo.

Si alzò di scatto, corse verso la porta. Dietro di lui, una voce metallica risuonò nell'assordante silenzio della Batteria.

-Inizio del conto alla rovescia. Meno dieci secondi...

Freneticamente, impacciato dalla corsa, accese la ricetrasmittente, si portò l'auricolare all'orecchio.

-Derrick?

-Capo!- urlò, spalancando la porta- Non tornate alla Cava! Mi ricevete? Non tornate alla Cava!

-Derrick, che diavolo...

Poi, dietro di lui, la Cava esplose.

 

Un boato assordante risuonò nel suo orecchio, e Vale mosse la testa di scatto, portandosi una mano all'auricolare. Tutto quello che sentiva ero uno strano fruscio.

-Derrick?- chiamò- Derrick! Rispondimi!

-Cosa succede?- Ariadne apparve al suo fianco, il viso stravolto dal terrore- Cosa succede? Cos'ha Derrick?- quasi gridò, mentre gi stringeva disperatamente il braccio.

-Zitta! Non riesco a sentire- sibilò Vale, allontanandosi da lei. -Derrick?

Per qualche istante, tutto quello che udì fu un assordante silenzio. Poi, nell'orecchio di Vale esplose un solenne:- Vaffanculo!

-È vivo- commentò Vale con un sospiro di sollievo. Ma subito ritornò serio:-Cos'è successo?

In poche, concise parole intervallate da una notevole gamma di imprecazioni, Derrick gli raccontò gli ultimi avvenimenti, compreso il fatto che dei dati contenuti nel computer non era riuscito ad inviare che una minima parte. Quando ebbe finito di raccontare, Vale gli ordinò di raggiungerli immediatamente, spiegandogli come accedere al cunicolo della miniera e come ritrovarli. Quindi chiuse la comunicazione e si voltò verso Daywine e Ariadne.

-Che cosa è successo?- gli chiese subito Daywine.

-La Cava è stata distrutta- rispose l'altro.

-Cosa?- Ariadne si portò una mano alla bocca, pallidissima. -Derrick...?

-È vivo. Ci raggiungerà tra poco. Ma questo significa che non possiamo più usare l'aeronave che era alla Cava per il ritorno. Dovremo farcelo a piedi.

-Io e Deine siamo feriti- ribatté Daywine. -Di sicuro gli Aldermen non si aspettano che noi ritorniamo alla Cava. L'aeronave potrebbe essersi salvata. Vale almeno la pena di tentare.

Vale rimase in silenzio per un po', poi disse:-Vedremo. Intanto, cerchiamo un luogo dove nasconderci e che Derrick possa raggiungere.

Derrick li raggiunse circa mezz'ora dopo, facendo improvvisamente capolino da una fitta macchia di alberi. Era sporco, sudato, con l'uniforme lacera e le treccine in disordine, il volto reso ancora più scuro da uno strato di fuliggine. Ariadne gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo, ma l'uomo ricambiò a stento l'abbraccio, le gambe che quasi non lo reggevano.

Vale gli si avvicinò immediatamente. -Spiegami che cos'è successo.

Derrick scrollò le spalle. -Niente di più di quello che ti ho già detto, capo. Evidentemente, Hostel aveva previsto le nostre mosse. Era tutto una trappola, proprio come avevi previsto

sempre stata una trappola- replicò Vale, scuro in volto. Si voltò ad osservare il cielo. -Sbrighiamoci a cercare un nascondiglio prima che cali il sole. Sicuramente, i soldati del Laboratorio ci staranno ancora cercando.

 

Il fuoco ardeva in silenzio, proiettando un ampio cerchio di luce che si allargava ad illuminare la piccola radura in cui i ribelli si erano rifugiati. Di tanto in tanto, uno sciame di scintille si distaccava dal bozzolo pulsante di fiamme e si levava in alto, verso il cielo stellato, a malapena visibile tra le chiome degli alberi.

Il silenzio era così profondo che il respiro pesante di Deine, addormentata da diversi minuti, era chiaramente udibile. Accanto a lei, Derrick dormiva altrettanto profondamente, dopo essersi buttato a terra dichiarando che erano tutti molto gentili a non assegnargli il primo turno di guardia, visto che erano almeno cinque giorni che passava le notti in bianco.

Seduti in cerchio attorno al fuoco, Daywine, Vale e Ariadne non parlavano. Tutti e tre fissavano le fiamme, gli sguardi distanti e concentrati, completamente assorti nei loro pensieri. Di tanto in tanto, un rumore infrangeva il silenzio immobile della foresta, e allora sussultavano, alzando gli occhi per sondare le profondità del bosco, ma tutto intorno a loro era tranquillo.

Ad un certo punto, Ariadne sbadigliò. -Sono stanchissima- biascicò. Si accostò al fratello. -Daywine, fammi posto.

Daywine distese le gambe, ed Ariadne vi ci sdraiò in mezzo, appoggiando la testa sulla coscia sinistra del fratello. Fece una smorfia. -Daywine, le tue gambe sono scomode!- piagnucolò.

-Oh, ma taci- il ragazzo le mollò un buffetto sul capo, costringendola a distendersi di nuovo. -Se non ti piacciono, perché ti ci metti?

Ariadne aprì la bocca per ribattere, ma il fratellò le diede un altro scappellotto. La ragazza sorrise, poi chiuse gli occhi, e, in pochi minuti, il suo respiro si fece più profondo e regolare.

Passarono altri minuti, prima che improvvisamente Vale rompesse il silenzio.

-Sai- disse- questa è sempre stata una delle poche cose che ammiro di te.

Daywine alzò lo sguardo, sorpreso. Vale sedeva di fronte a lui, le ginocchia piegate all'altezza del petto, e le braccia incrociate appoggiate su di esse, ma non lo guardava. Fissava il fuoco, gli occhi blu incredibilmente persi e lontani.

-Ti ringrazio per il complimento- rispose- ma, nello specifico, a cosa ti riferisci?

Col mento, Vale indicò Ariadne. -Al modo in cui tratti tua sorella. A come tu sia sempre, costantemente impegnato a proteggerla. È una cosa che ti fa onore.

Daywine lo fissò, basito, e nella sua mente rivide quell'istante alle porte del Laboratorio, quando Vale lo aveva fissato, e in quel momento il ragazzo aveva provato la sensazione, inattesa e fortissima, che l'altro uomo sapesse cosa lui intendeva dire, che in qualche modo capisse ciò che lui provava.

-È un argomento che ti tocca, vero?- disse alla fine- Fratelli e sorelle, intendo.

Vale alzò la testa. -Perché mi fai questa domanda?

Daywine scrollò le spalle. -Perché, per quanto io ti detesti, non nego che a volte mi piacerebbe saperne di più su di te. Non si riesce mai a capire cosa pensi, che cosa provi. A volte, mi chiedo cosa sei stato, in passato.

Vale lo fissò, e sembrò passare molto tempo prima che rispondesse. -Sai, Daywine, per certi versi tu mi ricordi com'ero quando avevo più o meno la tua età.

Daywine inarcò un sopracciglio. -Faccio molta fatica a crederlo.

-Naturalmente non mi riferivo ne' all'arroganza, ne' tanto meno all'impulsività- rispose l'altro, mentre si piegava per aggiungere legna al fuoco. -Quanto piuttosto al fatto di avere una missione, e di crederci. Di essere sempre sicuri che quella da cui si sta combattendo sia la parte giusta. È una cosa che io ho perso molto tempo fa. Forse non l'ho mai avuta.

-Credevo che fosse una cosa naturale- ribatté Daywine, stupito da quell'inatteso momento di confidenza, ma deciso ad approffittarne- Come fai a combattere bene, se dubiti di essere dalla parte giusta?

Vale distolse lo sguardo- -Distinguere il nero dal bianco è molto difficile, Daywine. Non sempre ci si riesce. È per questo che esistono delle regole- tornò a fissare il fuoco- Regole che non dipendono dal luogo in cui sei nato, o da ciò che conosci, ma regole fissate sin dall'inizio dell'esistenza, e che fanno di noi esseri umani qualcosa di diverso da bestie che obbediscono ai propri istinti. Noi dobbiamo obbedire a queste regole. Il compito di un uomo, nel corso della sua esistenza, non è fare ciò che vuole, ne' ciò che ritiene sia la cosa migliore, ma fare ciò che è giusto. E in questo, a volte, i sentimenti sono un intralcio.

-Però tu stai con mio padre- replicò Daywine, inarcando un sopracciglio- I sentimenti non c'entrano, in questo?

Gli occhi di Vale sembrarono sprofondare nel fuoco, l'iride blu resa ancora più distante dal bagliore delle fiamme. -Tuo padre ha... un modo diverso di vedere le cose. A volte mi piacerebbe condiverlo. Ma, per quanto mi sforzi, semplicemente non riesco a credere che per ogni errore ci sia il perdono, e che a ognuno sia concessa una seconda possibilità. Ci sono cose che semplicemente non si possono perdonare.

-Forse è vero- ribatté Daywine- Ma che il mondo sia governato da un insieme di regole universali... non lo so, non riesco a crederlo. In questo modo, sembra che non ci sia nessuna libertà.

-Chiunque ha la libertà di deviare dal proprio cammino, Daywine. Fare ciò che si deve è una forma di libertà migliore di tante altre.

-Chi decide cosa è giusto?- sbottò il ragazzo. -Insomma, non nego che ci siano delle azioni che sono sbagliate a prescindere dal motivo per cui uno le compie, ma nessuno nella vita può fare solo ciò che deve. A volte bisogna deciderlo da soli, cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Le labbra di Vale si strinsero, ma lui non commentò.

-E comunque, tu non hai risposto alla mia domanda- riprese Daywine- Tu stai con mio padre: i sentimenti non c'entrano, in questo?

Vale alzò la testa, e lo osservò, e di nuovo il ragazzo si sentì sondato da quegli occhi impassibili. -Perchè mi fai questa domanda?

Daywine scrollò le spalle, quasi imbarazzato. -Voi due siete... diversi, ecco. E sinceramente, non riesco a capire cosa lui ci trovi in te. Non avete praticamente nulla in comune.

Passarono degli altri istanti di silenzio.

-Tu credi davvero che io e tuo padre non abbiamo mai affrontato questo argomento?- domandò infine Vale.

-Non lo so. Immagino di sì.

-Esattamente. E puoi dedurre dallo stato presente delle cose quali conclusioni ne abbiamo tratto. E il resto non è cosa che ti riguardi.

Prima che potesse rispondere,Vale si alzò in piedi. -Vai pure a dormire. Mi occupo io del primo turno di guardia.

Daywine annuì, e con delicatezza si tolse Ariadne dalle ginocchia, per adargiarla sul terreno. -Ne devo dedurre che il momento di confidenza è finito, quindi?

-Sì. E non ce ne saranno altri- Vale estrasse la spada e si portò al limite del cerchio di luce proiettato dal fuoco, dritto ed immobile, rivolto all'oscurità che si stendeva fitta davanti a loro.

-Immaginavo- Daywine si stese su un fianco, accennando una smorfia di fastidio per l'asprezza del terreno. -Buonanotte, Vale- disse, alzando la testa.

Trascorsero alcuni istanti di silenzio.

-In genere sarebbe carino rispondere- esclamò il ragazzo.

-Dormi, Daywine- gli rispose la voce di Vale.

Daywine chiuse gli occhi, e Vale rimase immobile nell'oscurità, gli occhi che si perdevano fra le ombre, a fare la guardia. E a ricordare.

 

Ed eccomi di nuovo qui, a pubblicare un nuovo capitolo dopo... ehm, tutto sommato questo particolare non c'interessa, vero? :)

Scherzi a parte, mi scuso mille volte per l'ignominioso ritardo, e spero tanto che il frutto delle mie fatiche valga l'attesa. In questo capitolo si susseguono molti avvenimenti, il primo dei quali è il dialogo tra Daywine e Vale: l'ho voluto inserire per tratteggiare meglio le psicologie dei due personaggi, e sopratutto per porre le basi di alcune rivelazioni che saranno molto importanti in futuro (SPOILER ALERT!).

Giuro che il prossimo capitolo sarà postato più rapidamente (ma qualcuno di voi ancora ci crede quando dico queste cose?). Intanto godetevi questo e non risparmiatevi con le recensioni!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Il Secondo Alderman ***


Sotto i raggi del sole che tramontava, gli edifici della Capitale sembravano quasi prendere fuoco, mentre le slanciate strutture delle torri venivano avvolte dai bagliori sanguigni dell'astro morente. Di tanto in tanto, la sagoma slanciata di un'aeronave sfrecciava con eleganza nel cielo rossastro e violaceo, già incupito dai primi bagliori della notte.

In piedi di fronte alla vetrata che occupava un intera parete del suo appartamento, il Secondo Aldermen, rispondente al nome di Charles Gabriel, osservava quello spettacolo, e lasciava che riempisse i suoi pensieri. Di tanto in tanto, un raggio purpureo si allungava oltre la vetrata e illuminava la sua figura imponente e severa, fasciata dalla lunga tunica ricamata che denunciava la sua carica.

Charles Gabriel era ormai più vicino ai quarant'anni che ai trenta, e il volto squadrato recava i segni del tempo trascorso; tra i corti capelli biondi cominciavano ad intravedersi i primi fili grigi, e minuscole rughe di espressione gli solcavano il viso. Dava l'idea più di un guerriero che di un politico: nel suo modo di muoversi e di parlare si potevano ancora intravedere gli ultimi barlumi del suo passato militare, ancora più evidenti nello sguardo intenso e concentrato dei profondi occhi verdi. E di certo i suoi modi mancavano completamente della sottigliezza e dell'ambiguità necessari ad un vero governante: Gabriel era un uomo abituato a dire quello che pensava, senza ricorrere a giri di parole o all'impiego di mezze verità.

Charles Gabriel non aveva sempre ricoperto la prestigiosa carica di Secondo Aldermen: ai tempi della Guerra Civile era poco più di un bambino, e col passare degli anni si era fatto strada nell'esercito, distinguendosi per il coraggio, la fedeltà alle istituzioni, e, sopratutto, per l'enorme quantità del suo Potenziale. Era stato in virtù di quest'ultima caratteristica che, circa una decina di anni prima, era stato ammesso nella cerchia degli Aldermen, diventando così anche il governatore di Altha, la città più importante di Aretha subito dopo la Capitale. Gabriel aveva accettato la carica senza volerla veramente. In qualche modo, sentiva di essere fuori posto in quel gruppo di dittatori impegnati ad imporre il loro dominio con la forza, e percepiva sempre più chiaramente il disprezzo che questi provavano nei suoi confronti, la diffidenza che cominciava ad albergare nelle loro menti: non l'avrebbero mai visto come uno di loro, lui che non faceva parte del gruppo degli Aldermen “originali”, lui che ad ogni consiglio manifestava un parere contrario a quello che predominava.

Esattamente come aveva fatto quel giorno, in occasione del Consiglio degli Aldermen che si teneva una volta al mese. Gabriel aveva dovuto lasciare la città e recarsi nella Capitale, per ascoltare i discorsi intrisi di paranoia di Hostel. Da quando i Ribelli avevano conquistato la Cava, quell'uomo era diventato sempre più intrattabile. Durante la riunione di quella mattina, per un attimo Gabriel lo aveva trovato spaventoso, mentre negli occhi gli scintillava un bagliore di fredda collera.

-Papà, che cosa guardi lì fuori?

La voce di sua figlia lo distrasse dai suoi pensieri. Gabriel si voltò e le sorrise, accarezzando i capelli biondi della piccola, così simili ai suoi. Non aveva voluto lasciarla ad Altha per timore che in sua assenza le accadesse qualcosa, e anche perché la bambina aveva sempre manifestato il desiderio di visitare la Capitale.

-Il tramonto, tesoro- le rispose. -Ti è piaciuta la Capitale?

Gli occhi di Persia si illuminarono:- Oh, sì, davvero tanto! Mi è piaciuto tantissimo il...

-Il Primo Aldermen chiede di voi, signore.

Gabriel si voltò, e una guardia gli rivolse il saluto militare dalla soglia del suo appartamento.

Il Secondo Alderme annuì seccamente, quindi si chinò sulla figlia. -Io devo andare, piccola. Tu fai la brava, d'accordo?- si rivolse alla guardia:- Tienila d'occhio.

Attraversò in silenzio il corridoio che conduceva allo studio privato del Primo Aldermen, chiedendosi che cosa mai potesse volere Hostel da lui. Non aveva ancora trovato una risposta quando giunse di fronte alla soglia.

Bussò.

-Avanti- gli rispose secca la voce di Hostel.

Gabriel entrò, e il Primo Aldermen gli rivolse un'occhiata gelida. Sedeva immobile alla sua scrivania, dietro ad un alta pila di documenti. Le rughe che gli solcavano il volto sembravano essersi accentuate, e le labbra si erano ridotte ad una linea sottile.

-Oh, eccoti- disse-Siediti, Gabriel.

Gabriel prese posto di fronte a lui e si appoggiò allo schienale della sedia. -È successo qualcosa?

-Sì e no- rispose il Primo Aldermen, mettendo da parte un documento.

Gabriel inarcò un sopracciglio:- Temo di non capire.

-Immagino che, con “è successo qualcosa?”, tu intendessi sapere se era successo qualcosa di nuovo. In un certo senso è così, e in un altro non lo è, dato che quanto è appena accaduto era assolutamente prevedibile.

Se c'era una cosa che Gabriel davvero non sopportava di Hostel, era il modo estremamente intricato che aveva di dire le cose. -E quanto è appena successo nello specifico sarebbe...?

-Tu sai che, circa una settimana fa, i Ribelli sono riusciti ad impadronirsi della Cava, e che nell'attacco una delle mie Guardie, Charya, ha perso la vita. Quello che non sai è che, dopo l'attacco, un manipolo di Ribelli è rimasto alla Cava, per entrare in possesso di tutte le informazioni che riuscivano a raccogliere.

Tacque. Gabriel attese in silenzio che continuasse.

-Naturalmente, avevo previsto questa mossa- riprese Hostel- Ed ho preso i miei provvedimenti: circa un'ora fa ho ricevuto la notizia che la Cava è saltata in aria.

Gabriel si mise improvvisamente dritto, sopreso. -Perché mai i Ribelli avrebbero fatto una cosa del genere?

-Non ho mai detto che siano stati i Ribelli, Gabriel. Sapendo che cosa quei ridicoli vermi avrebbero tentato sono ricorso a dei provvedimenti... diciamo drastici.

Trascorsero di nuovo alcuni istanti di silenzio, durante i quali i due uomini si fissarono, immobili ai rispettivi capi della scrivania.

-Non capisco- fu Gabriel il primo a riprendere la parola- perchè parli proprio con me di tutte queste cose?

Hostel si appoggiò allo schienale della sedia e congiunse le punte delle lunghe dita. - Dopo quasi dieci anni passati a nascondersi, i Ribelli sono finalmente usciti allo scoperto. La loro è stata una dichiarazione di guerra aperta, a cui ho risposto subito con altrettanta violenza. Ormai è finito il tempo dei sotterfugi. D'ora in poi si combatterà alla luce del sole.

-Mi sembra evidente- rispose Gabriel, che non riusciva a capire dove tutto quel discorso andasse a parare.

Hostel si sporse verso di lui. -E perciò, in un momento come questo, qualsiasi accenno di tradimento sarebbe quantomai sgradito.

Gabriel sentì improvvisamente la temperatura della stanza calare, mentre una mano ghiacciata gli serrava le viscere. -Continuo a non capire- ribatté, cercando di mantenersi calmo- perché questo discorso venga rivolto a me in particolare.

In quel momento, sul viso di Hostel parve verificarsi una strana metamorfosi: gli occhi grigio-azzurri, fino ad allora assolutamente impassibili, si accesero di uno strano lampo metallico, mentre tutto il suo volto si induriva in una smorfia di minaccia. -Perché- sibilò- tutti sappiamo bene chi era il tuo predecessore, l'uomo che ti ha allevato e addestrato per passarti il suo incarico: quell'uomo non è più tra noi Aldermen da molto tempo, ormai, ma a volte la sua influenza si manifesta in modo fastidioso nei tuoi atteggiamenti. Non vorrei che ti avesse passato alcune delle sue idee più sovversive, perché, se ciò dovesse accadere, le conseguenze potrebbero rivelarsi oltremodo... spiacevoli. Mi comprendi?

Oh, Gabriel lo comprendeva, lo comprendeva molto bene, tuttavia mantenne del tutto neutro il suo tono di voce mentre rispondeva:- Il mio predecessore ha lasciato il suo incarico da molto tempo, e così anche ciò che mi ha insegnato ha fatto il suo corso. La mia fedeltà alla causa degli Aldermen non merita assolutamente di essere messa in discussione.

Gli occhi di Hostel si ridussero a due fessure. -È quello che spero.

Si alzò, e Gabriel fece lo stesso, sentendo la tensione farsi sempre più insopportabile. Hostel fece il giro della scrivania per accostarglisi, e quando gli strinse la spalla, fu come se degli artigli gli avessero perforato la carne. -Vedi di non darmi motivi di dubitare della tua lealtà, Gabriel. Mi dispiacerebbe dover prendere dei provvedimenti.

Gabriel chinò appena la testa.

Lasciò lo studio ed attraversò il corridoio in fretta, sentendo uno strano senso di disagio pervaderlo in tutto il corpo. Tutto d'un tratto si sentiva come se fosse appena scampato ad un pericolo mortale. Doveva stare attento, molto attento. Dopo gli ultimi avvenimenti, la diffidenza degli altri Aldermen nei suoi confronti si era decisamente acuita, e quanto era appena accaduto ne era una prova.

La sua mente ritornò ai ricordi dell'uomo che era stato il suo mentore, l'uomo che gli aveva insegnato tutto quello che sapeva all'epoca in cui ricopriva la carica che lui adesso deteneva. A volte avrebbe voluto potergli parlare, chiedergli consiglio, ma sapeva che ciò non era possibile. Non aveva nemmeno idea di quanti anni fossero trascorsi dall'ultima volta in cui aveva potuto parlargli faccia a faccia.

Rientrò nel suo appartamento, si voltò per chiudere la porta, ed appoggiò la fronte al legno, cercando di riordinare i pensieri.

-Qualcosa ti preoccupa, Gabriel?

La voce che gli si infranse contro la schiena era dolce, modulata e trillante, ma nell'udirla l'uomo sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale. Si voltò, e quello che vide gli fece gelare il sangue: inginocchiata accanto a sua figlia, intenta a giocare pacificamente con le costruzioni, c'era Vara, le grandi ali spalancate sulla bambina come a volerla coprire. Nel momento in cui lo udì voltarsi, la donna alzò la testa e gli rivolse uno sguardo beffardo, le iridi verde brillante accese da una scintilla maligna.

C'era qualcosa, nelle Guardie del Primo Aldermen, ma sopratutto in Vara, che faceva sì che ogni volta che le incrociava Gabriel sentisse rivoltarglisi lo stomaco. Gli esperimenti di Hostel sembravano aver soppresso quasi completamente quanto di umano c'era in loro: non erano dei soldati, ma dei mostri, privi di qualunque senso morale, caratterizzati da una mente incoerente e infantile, e da una bellezza aliena che sembrava cancellarne le età: Gabriel non voleva nemmeno sapere quanti anni Vara avesse in realtà, ma a sentire le voci era in circolazione da molto più tempo di quanto il suo aspetto affascinante lasciasse supporre.

-Vara- non riuscì a trattenere una nota di disprezzo- posso sapere come hai fatto ad entrare?

-Una Guardia del Primo Aldermen va dove vuole- Vara raccolse un blocco delle costruzioni e lo passò distrattamente a Persia- Avevo delle cose da dirti... e in più volevo assolutamente vedere la tua adorabile figlioletta.

-Guarda, papà!- nel sentirsi nominare, Persia alzò improvvisamento lo sguardo, gli occhi accesi dal divertimento- C'è la signora con le ali!

Si volse a guardare Vara, ridendo, e la donna inclinò il viso per ricambiarla: il suo sarebbe quasi potuto sembrare un sorriso dolce, se non fosse stato per l'indelebile piega maligna. Con un movimento fluido, si mise in piedi e sollevò Persia dal pavimento, portandosi poi di fronte a Gabriel. -Ho delle comunicazioni da parte del Primo Aldermen.

-Di quello che devi, e fa in fretta- ribatté Gabriel, cercando di non lasciar trapelare quanto lo innervosisse vedere sua figlia tra le braccia di quella donna.

-Domani tu partirai per ritornare alla tua città- disse Vara- Il Primo Aldermen desidera che io ti accompagni a destinazione, per poi da lì dirigermi in un altro luogo per una missione che mi ha affidato. Fino ad allora, sarò la tua scorta.

-Devo considerarmi sorvegliato, quindi?- replicò Gabriel a denti stretti.

Vara lo gratificò di uno dei suoi sorrisi più inquietanti. -E perché mai? Il Primo Aldermen semplicemente desidera che non accada nulla a te... o alla tua adorabile bambina- nel dire queste parole, si voltò e sfiorò con un dito la guancia di Persia, che ridacchiò.

Vara ritornò a guardare Gabriel beffarda. -Allora ci vediamo domani, Gabriel. Sono sicura che il viaggio risulterà piacevole- pose la bimba a terra, quindi uscì.

-Ciao, signora con le ali!- la salutò Persia.

Vara si voltò, e questa volta persino la bimba sembrò sottrarsi al suo sguardo. -Ciao, tesoro- rispose Vara con un sorriso beffardo, quindi svoltò l'angolo e scomparve.

Gabriel rimase a lungo a fissare il corridoio, mentre un principio di paura saliva ad opprimergli il cuore. D'un tratto comprendeva chiaramente che la facilità con cui Vara si era introdotta nella sua stanza, nonché il suo ordine di accompagnarlo, non erano altro che un'aggiunta alla sottile minaccia di Hostel.

 

Dubito che qualcuno di voi se lo ricordi, ma Gabriel era già comparso: più precisamente faceva la sua apparizione (per pronunciare una sola battuta) nel sesto capitolo de “L'Inizio della Rivolta”, quello intitolato “Gli Aldermen”. Qui avrà un ruolo meno marginale, e sarà importante per gli sviluppi futuri.

E,dai, ammettetelo, era troppo tempo che la vostra psicopatica alata preferita non rompeva le scatole? XD Sono sicura che abbiate fatto i salti di gioia nel rivedere Vara.

Il capitolo è più corto dei precedenti, ma spero che non risulti ne' confuso ne' noioso: anche questo serve, ve lo assicuro XD

Sotto con le recensioni!

Un bacio a tutti,

Saitou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Un amaro ritorno ***


-Odio i boschi- borbottò Derrick- Non voglio mai più rimetterci piede.

A rispondergli fu solo il secco schiocco della lama di Vale che tagliava un ramo. L'uomo apriva la fila e subito dopo veniva Daywine. Nonostante le proteste dei compagni e la ferita alla spalla, il ragazzo aveva insistito per portare Deine, e Vale si era limitato ad annuire seccamente, dopo aver stabilito però che entro una certa quantità di tempo Derrick gli desse il cambio.

Quest'ultimo al momento chiudeva la fila, pochi passi dietro Ariadne. Derrick non riusciva a comprendere cosa potesse esserle successo. Sin dal mattino, la ragazza non aveva pronunciato una sola parola, e anche in quel momento si limitava a camminare in silenzio, a testa bassa, senza quasi badare ai rami che le sfioravano il volto.

Quando il silenzio si fece intollerabile- quindi dopo circa mezz'ora- Derrick affiancò rapidamente l'amica e l'afferrò per un braccio, voltandola verso di lui. -Ehi, nana.

Ariadne si voltò verso di lui. Il volto era pallido, gli occhi inespressivi. -Cosa c'è?- la sua voce era bassa e svogliata.

-È esattamente quello che io volevo chiedere a te- Derrick la scrutò a fondo, abbassando la testa per guardarla negli occhi. -C'è qualcosa che non va?

Ariadne lo fissò per un lungo, lunghissimo istante, e la sua bocca si dischiuse. Lacrime affiorarono nei suoi occhi, e per un attimo Derrick si convinse che avrebbe ricevuto risposta. Poi, rapido com'era apparso, il pianto scomparve dal suo sguardo, e Ariadne abbassò la testa, sottraendosi alla sua presa.

-Niente- disse, riprendendo a camminare- Non è successo niente.

-Ah, davvero?- Derrick la raggiunse rapidamente- Beh, a me non sembra proprio. È da stamattina che hai il muso, e quando ieri vi ho raggiunto avevi appena pianto, non provare a negarlo. Quindi, a meno che tu non ti sia votata al Culto del Grugno, del quale il capo e Deine sono fedeli e sinceri adepti, è chiaramente successo qualcosa.- Si fermò per scostare un ramo dalla sua via, e quando la ragazza gli passò accanto, abbassò il viso per parlarle all'orecchio:- Non vuoi proprio dirmi che cosa è successo?

-No- la risposta di Ariadne fu quasi un ringhio- Al momento, voglio solo essere lasciata in pace.- Dicendo questo, scattò in avanti e superò rapidamente Daywine, andandosi a mettere al fianco di Vale.

Derrick, che ancora teneva il ramo in mano, rimase a fissare per un lungo momento il punto del bosco dove la sua amica era appena svanita, quindi scosse la testa e s'incamminò, producendo sonori sbuffi. -Non c'è che dire- borbottò- quando comincia il casino, rimango sempre l'unico con un po' di cervello.

 

Giunsero in vista del lago quando ormai era già iniziato il pomeriggio. Il fatto che da allora non avessero incontrato neppure un uomo degli Aldermen rendeva Vale inquieto, ma nei dintorni della piccola cascata che fungeva da ingresso, tutto sembrava tranquillo. Fu il primo a calarsi nel lago, seguito da Derrick e Ariadne, e infine da Daywine, il quale sorreggeva Deine. La ragazza non poté fare a meno di arrossire, ricordandosi la prima volta che aveva visto quel luogo.

Oltrepassarono la cascata, e per un istante, il silenzio che regnava nella galleria di pietra strinse i loro cuori in una morsa d'ansia, ma poi una sagoma si fece avanti nel buio, e una voce riecheggiò:- Chi va là?

Vale si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, prima di fornire la parola d'ordine, e in quel momento i volti delle due sentinelle s'illuminarono dalla contentezza. Senza indugio, furono scortati fino alla grande porta in metallo, e quando questa si aprì, finalmente furono di nuovo alla Base.

E al centro della stanza, immobile nella folla di Ribelli che assisteva al loro ritorno, Redhent li osservava, gli occhi lucidi e un enorme sorriso sul volto.

Il groppo nella gola di Ariadne sembrò d'un tratto diventare troppo grande da sopportare, e a quel punto, qualcosa nella ragazza cedette: prima quasi di rendersene conto, si trovò tra le braccia del padre, le braccia convulsamente strette al suo collo, e le lacrime trovarono la strada per i suoi occhi e le scesero sul viso, bollenti e veloci.

Redhent barcollò all'indietro, sbilanciato dall'impeto della figlia, e impallidì quando si accorse dei singhiozzi che la scuotevano. Per qualche istante la strinse, accarezzandole i capelli, ma quando le lacrime non si placarono l'afferrò per le spalle e la fece indietreggiare per poterla guardare in viso. -Ariadne- sussurrò- Tesoro, che cosa è successo?

Come quella mattina con Derrick, Ariadne aprì bocca, ma non ne uscì parola. Si limitò a scuotere la testa, stringendo nei pugni il colletto del padre.

Questi la fissò intensamente per qualche altro minuto, quindi, resosi conto che la ragazza non avrebbe parlato, la strinse di nuovo al suo petto e lasciò che si sfogasse, affondando il viso nei suoi capelli. Aspettò finché il tremito che la scuoteva non fu cessato, e a quel punto fu Ariadne stessa a scivolare via dalla sua presa, per andare a salutare svogliatamente gli altri presenti.

Redhent impallidì quando, abbracciando Daywine, si accorse della ferita alla spalla, ma il figlio scosse la testa, facendogli segno di non preoccuparsi. Mentre ancora il padre lo teneva per il braccio sano, chinò la testa verso di lui e sussurrò:-Se il tuo obbiettivo era imprimere una svolta al rapporto tra me e Vale, direi che ci sei decisamente riuscito.

Redhent alzò le sopracciglia. -Non mi dirai che avete seppellito l'ascia di guerra.

-Non proprio- ribatté il figlio allegramente- Diciamo che abbiamo esplorato le ragioni dell'ostilità tra noi, e abbiamo concluso che sono, e restano, più che valide.

Suo padre sospirò. -Immagino che fosse il massimo a cui potevo aspirare.

Superò il figlio, e Deine, in piedi poco distante nonostante il dolore della ferita, gli rivolse un cenno di saluto che Redhent quasi non ricambiò, mentre si dirigeva a passo lento ma costante verso Vale.

Quando furono l'uno di fronte all'altro, non si abbracciarono ne' si salutarono come tutte le coppie presenti. Semplicemente, rimasero immobili a fissarsi con un'intensità così intima che Deine distolse lo sguardo, sentendo le guance bruciare.

Poi, il volto di Redhent si sciolse in un lento, ricco sorriso. -Bentornato- disse, e la sua voce diceva tutto quello che le parole non esprimevano.

-Grazie- rispose semplicemente Vale.

Il sorriso di Redhent si allargò, e l'uomo gli posò una mano sulla spalla, voltandosi poi verso il resto del gruppo:- Deine e Daywine, recatevi immediatamente in infermeria. Derrick e Ariadne, voi due venite con noi- il suo sguardo si addolcì, e allungò una mano verso la guancia della figlia. -Farete rapporto e poi andrete subito a riposarvi.

 

Alla fine, l'unica assente della riunione fu Deine, visto che la ferita aveva rivelato delle complicazioni, e che Daywine aveva insistito per rimanere, nonostante il dolore alla spalla. Riuniti attorno al tavolo della Sala Comando,i tre Ribelli raccontarono le loro peripezie con poche frasi secche e precise, i volti segnati dalla stanchezza e dalle privazioni. Vale riferì del Laboratorio con una voce gelida e neutra che indusse lo sguardo di Redhent a concentrarsi su di lui per gran parte della riunione. Ariadne, se possibile, fu anche più laconica, e la sua parte di rapporto risultò confusa e piena di contraddizioni.

Quando tutti ebbero finito di parlare, Redhent sospirò e si alzò dalla sua sedia, avviandosi verso la soglia. -Siete stati bravi, ragazzi- disse- Le vostre informazioni potrebbero rivelarsi preziose. Ma siete stanchi, e vi abbiamo trattenuti fin troppo. Andate pure a riposarvi. Io e Ethan abbiamo alcune cose di cui discutere in privato.

A quelle parole, Derrick spalancò gli occhi e si alzò di scatto, aprendo le braccia. -Forza, stormo- disse, avviandosi verso la porta e agitando le mani all'indirizzo di Daywine e Ariadne- seguite Papà Papero, e tendete gli affamati becchi per ricevere l'ambito porridge!

Redhent li seguì con lo sguardo mentre uscivano, quindi chiuse la porta. -Mi piacerebbe poter passare a quelle attività a cui i ragazzi credono che ci stiamo dedicando- commentò, voltandosi con un sorriso- ma purtroppo, abbiamo davvero degli argomenti seri di cui discutere.

Attraversò la stanza e si sedette sul bordo del tavolo, mentre Vale continuava ostinatamente a non incontrare il suo sguardo. Per qualche minuto, nessuno parlò.

-Non vuoi proprio dirmi cosa c'era in quel laboratorio?- disse infine Redhent con voce grave.

Vale scosse la testa, con un movimento appena accennato. Per quanto fosse consapevole del fatto che parlare di quello che gli era accaduto gli sarebbe servito a rivedere l'episodio nella giusta prospettiva, qualcosa gli bloccava le parole in gola. Parlare con Redhent di ciò che quel ragazzo aveva subito, e di quello che lui era stato costretto a fare, gli avrebbe in qualche modo conferito l'assoluzione, e Vale sentiva di non meritarla. Non ancora.

Redhent sospirò pesantemente, quindi allungò una mano verso il viso dell'altro e lo sollevò, costringendolo ad affrontare il suo sguardo. Di nuovo fu silenzio, mentre i loro occhi rimanevano intrecciati.

-Va tutto bene- mormorò Vale- Davvero.

Redhent non rispose, ma scese dal bordo del tavolo, accarezzandogli distrattamente la guancia. -Oh, beh, avremo tempo di approfondire l'argomento in seguito, suppongo. Adesso va' a riposarti. Ci sarà tempo per parlare di quello che hai trovato nel Laboratorio.

Lasciarono insieme la Sala Comando e presero in silenzio il corridoio che conduceva ai loro alloggi.

-Ah, Ethan?- disse Redhent dopo qualche minuto.

-Sì?

-Ovviamente, non ti credo.

 

-Deine?

Deine aprì gli occhi e voltò appena la testa, trasalendo alla sorda fitta di dolore che le fulminò le tempie. Sotto le bende, la ferita al fianco bruciava e prudeva, mentre invece il cervello era sommerso in una sorta di nebbia pastosa creata dagli antidolorifici che le rendeva difficile pensare. Fu con difficoltà che distinse la figura in piedi accanto al suo letto.

-Ariadne?

La ragazza rimase in silenzio, a testa bassa, le mani che si contorcevano nervosamente. Deine la fissò con più attenzione, notando sul suo viso i segni recenti del pianto.

-Ehi- sussurrò. Batté una mano sul bordo del letto, invitandola ad accomodarsi, ma Ariadne scosse appena la testa e rimase al suo posto. -È successo qualcosa?

-Io... volevo...- Ariadne alzò il capo e si passò rapidamente una mano sugli occhi, lasciando sulla guancia una scia umida. -Sono venuta per chiederti scusa.

-Scusa di cosa?- ribatté Deine, allibita.

-Ti prego, non fingere di non capire. Sei quasi morta a causa mia.

-E pensi di dovermi chiedere scusa per una cosa del genere? È stato un incidente, non...

-Non doveva accadere- la voce di Ariadne, adesso, era bassa e rabbiosa, i suoi occhi scintillavano di collera. Ma rapida com'era arrivata, la furia svanì, lasciando il posto allo scintillio delle lacrime. -È stato terribile, Deine- sussurrò, le parole che inciampavano l'una sull'altra. -Tutti quei soldati... quei... morti...

-Siamo in guerra, Ariadne- non c'era nessuno sconto nelle parole di Deine- credevi che non avresti mai ucciso nessuno?

-Io non...

-E ai soldati della Batteria cos'hai fatto, hai lasciato solo qualche livido?

-Non è la stessa cosa!

-No, infatti. Ma queste cose succedono. Dopotutto, hai iniziato a combattere sul serio solo da poco. Gli errori capitano, Ariadne, è normale. Non c'è bisogno di autoflagellarsi per questo...

-Per favore, Deine- la interruppe Ariadne con voce stanca- sono stanca del fatto che tutti cerchiate di proteggermi. Quando non riuscite a tenermi fuori dai guai, trovate sempre il modo di giustificarmi. Quello che è successo è stata colpa mia. E nulla di quello che dirai o farai potrà cambiare questo fatto.

Senza darle il tempo di rispondere, si alzò e uscì dalla stanza, lasciandola in un silenzio più pesante di mille parole.

 

La porta dell'alloggio si aprì con un cigolio, e Redhent voltò appena la testa, mentre le sue mani sfogliavano distrattamente le pagine del quaderno di appunti trovato al Laboratorio. Vale fece il suo ingresso con indosso degli abiti puliti, i capelli inumiditi dalla doccia.

-Trovato niente d'interessante?- domandò, strofinandosi un asciugamano sul volto.

-Sì e no- rispose l'altro, girando una pagina. -Questo diario contiene molte informazioni importanti... ma ci sono cose che non riesco a capire.

Vale ripiegò l'asciugamo e gli si avvicinò, appoggiandosi alle sue spalle per osservare gli appunti. -Del tipo?

-Vedi questo?- Redhen voltò un'altra pagina, e il suo dito si fermò sul complicato disegno di un macchinario che occupava quasi metà del foglio. -Questo è lo stesso progetto che tu hai trovato nell Laboratorio.

-Lo vedo. E allora?

-E allora non ho conoscenze sufficienti a intuirne lo scopo. Da quel poco che mi sembra di capire, questa macchina servirebbe a manipolare l'energia del Cristallo.

-Non potrebbe essere la macchina con cui Hostel crea Cristalli autorigeneranti?

-No, non serve a quello. Ci ho riflettuto. Ci sono altri modi per modificare il Cristallo nel modo che dici tu. Vedi, partendo dal concetto che l'energia contenuta all'interno del Cristallo è per sua natura mutevole, si potrebbe...

-Alt- Vale indietreggiò con le mani alzate, dirigendosi rapidamente verso il letto- non ho mai avuto il Potenziale, quindi non ho la più pallida idea di come funzionino queste faccende. Inoltre, quando parli di Cristalli ed affini, tendi ad assumere un tono estremamente didattico.

-Didattico?- ribatté Redhent, offeso.

Vale ridacchiò, lasciandosi cadere seduto sul bordo del letto. -Già.

-C'è un'altra cosa- continuò Redhent, voltandosi sulla sedia per guardarlo-In tutti i progetti c'è un nome che ricorre: Meeth Connor.

-Meeth Connor?- Vale aggrottò la fronte. -Perché mi ricorda qualcosa?

-Ho pensato esattamente la stessa cosa, anch'io sono sicuro di averlo già sentito, ma non riesco a ricordare dove. Ad ogni modo, a giudicare da quanto c'è scritto qui, sembra che sia lui la mente principale dietro agli esperimenti e alla costruzione di quel macchinario. Forse, se riuscissimo a rintracciarlo, avremmo finalmente delle risposte.

-Forse- improvvisamente, il volto di Vale si oscurò. -Ma continuo a non capire come queste manipolazioni del Cristallo possano comprendere degli esperimenti su esseri umani- le sue mani si serrarono a pugno con tanta forza da far scricchiolare le nocche.

Redhent lo osservò per qualche istante, quindi si alzò e andò a sedersi sul letto accanto a lui. Delicatamente, gli girò il viso in modo da poterlo fissare negli occhi.

-Non pensarci adesso- gli sussurrò- Abbiamo del tempo da recuperare.

E lo baciò prima di avere risposta.

 

Non ho nessuna intenzione di controllare a quando risale l'ultimo aggiornamento, perché so che se lo facessi poi andrei a seppellirmi sotto tre palate di terra per la vergogna. Indi per cui, niente rimbrotti.

Comunque.

Questa volta avrò un'alzata d'ingegno e pubblicherò due capitoli insieme, dal momento che questo è un semplice capitolo di transizione, e quindi non valeva i mesi d'attesa. Spero comunque che vi sia piaciuto, anche perché i momenti dolciosi tra Redhent e Vale ci stavano tutti ;)

Un bacio a tutti,

Saitou

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Capitolo 7
*** Nella tana del lupo ***


AVVISO IMPORTANTE: Questa volta ho pubblicato ben due capitoli (non fateci l'abitudine), quindi, per amore della vostra comprensione e della vostra sanità mentale (che a causa di questa storia sarà già andata bellamente al secchio) siete pregati di leggere il capitolo precedente. Se l'avete già fatto, bravi *.*

 

Quando furono passate circa due settimane dal ritorno di Vale e dei suoi dalla Cava, Redhent ricevette un messaggio.

Dopo averlo ascoltato con attenzione, la prima cosa che fece fu recarsi da Vale.

-Ho il nostro uomo- annunciò, entrando nella Sala Comando.

Dal tavolo a cui sedeva, Vale alzò lo sguardo da un fascio di rapporti. -Chi?

-Meeth Connor- Redhent si sedette di fronte a lui, lo sguardo concentrato. -Il nome continuava a suonarmi familiare, quindi ho contattato il nostro mercante preferito e gli ho chiesto se riusciva a reperire qualche informazione utile . Ha avuto fortuna: si da' il caso che si tratti di un personaggio abbastanza famoso.

-Ma davvero.

-Famoso in ambito scientifico- specificò Redhent. -Sembra che da circa tre anni sia alla guida di un gruppo di ricercatori al soldo di Hostel. E prima ancora faceva parte del laboratorio che si occupò...

-Degli esperimenti sulle Guardie degli Aldermen- il pugno di Vale si serrò. -Adesso mi ricordo dove l'ho già sentito.

-Esatto. A quanto sembra, era lui a gestire e controllare tutto il traffico di Cristallo che si svolgeva tra Hostel e la Cava. E a giudicare da quanto dice il suo diario, si è occupato sia delle manipolazioni sull'energia del Cristallo sia degli esperimenti su cavie umane.

-È da quanto abbiamo distrutto la Cava che continuano questi ritrovamenti fortuiti- commentò Vale, cupo- Perché mai Connor avrebbe dovuto lasciare il suo diario in un Laboratorio abbandonato?

-Questa volta Hostel potrebbe non averci messo lo zampino, Ethan. Connor è stato costretto ad abbandonare il Laboratorio in cui vi siete imbattuti in fretta e furia dopo la battaglia alla Cava. Forse il diario se lo è scordato davvero. Evidentemente Hostel gli ha ingiunto di mettere al sicuro i progetti più importanti.

-Ad ogni modo, continuo ad avere un brutto presentimento- Vale si alzò lentamente- Il nostro amico non ha scoperto nient'altro?

-Oh, l'ha scoperto eccome- rispose Redhent- Ed è la parte più importante. A quanto sembra, dopo aver lasciato il Laboratorio, Connor si sarebbe recato a Tenia.Una fonte fidata sostiene che avrebbe in seguito cercato rifugio dall'Aldermen di quella città e che questi lo nasconda da allora. Sembra che Connor alloggi nei livelli inferiori del palazzo.

-Possiamo fidarci di queste informazioni?

-La fonte è un soldato che milita tra le guardie personali dell'Alderman. Direi che possiamo stare sicuri.

Vale annuì e si sedette di nuovo, cominciando ad arrotolare un rapporto. -Giusto per curiosità, come sei riuscito ad ottenere che il mercante mettesse a rischio i suoi preziosissimi baffetti?

-Oh, lo conosci- ribatté Redhent con un sorriso maligno- È semplicemente bastato che un nostro amico comune ritirasse in ballo certe sue minacce.

-Sei perfido.

-Lo so. Fa parte del mio fascino.

Vale si alzò e si portò dall'altra parte della stanza, dove rimase per qualche istante in silenziosa riflessione. Quindi si voltò verso il compagno. -Immagino che tu adesso voglia andare a prendere Meeth Connor.

-È la nostra unica possibilità- ribatté l'altro. -Se c'è qualcuno che può fornirci le risposte che cerchiamo, è lui.

-Sono d'accordo- Vale si avvicinò- Hai già un piano?

Il sorriso di Redhen ricordava in modo inquietante il ghigno di uno squalo. -Ma naturalmente.

 

Gli agenti furono riuniti nella sala principale della Base, schierati in file ordinate davanti a Vale e Redhent, che li osservavano con occhi concentrati. Fu il secondo a prendere la parola, mentre scorreva con lo sguardo gli uomini riuniti di fronte a lui.

-In seguito al ritorno di alcuni nostri agenti dalla Cava, abbiamo fatto scoperte importanti- esordì- Come molti di voi già sanno, da molto tempo Hostel compie esperimenti sull'energia del Cristallo, esperimenti che coinvolgono anche esseri umani- alzò la voce per sovrastare il brusio di orrore che era seguito alle sue parole- Abbiamo ragione di ritenere che la chiave per comprendere questi esperimenti sia uno scienziato di nome Meeth Connor. Quest'uomo attualmente risiede a Tenia, la città del cosidetto “quarto Alderman”, che lo nasconde nei livelli inferiori del suo palazzo.

-La soluzione migliore sarebbe quella di inviare un piccolo gruppo che riesca introdursi nel palazzo e a rapire Connor- intervenne Vale- ma nei Palazzi degli Aldermen il livello di sorveglianza è altissimo, e per un gruppo ridotto una missione del genere rappresenterebbe un suicidio. Ciò significa che per entrare nell'edificio indisturbati dobbiamo attirare su qualcos'altro la loro attenzione.

-Come?- domandò Soale.

Redhent sorrise. -Attaccando l'Armeria.

Nella sala calò il silenzio.

Redhent si mise le mani dietro la schiena e prese a camminare avanti e indietro, lo sguardo fisso e concentrato. -Tenia è il principale fornitore di armamenti per l'esercito degli Alderman, il che significa che agli occhi di quella città l'Armeria è un elemento fondamentale. Nel momento in cui dovesse essere sottoposta a un attacco massiccio, il grosso delle milizie della città accorrerrebe in sua difesa... il che lascerebbe sguarnito il Palzzo dell'Alderman.

Si fermò. -Questa volta non c'è spazio per gli errori- dichiarò- Il piano prevede che gli agenti della Base si dividano in tre gruppi, coordinati rispettivamente da Soale, Ethan e Mathisse. Il primo, che farà capo a Soale, si occuperà dell'attacco all'Armeria: il vostro obbiettivo è quello di creare più confusione possibile, in modo da costringere tutti i soldati a concentrarsi su un solo punto. Il secondo, guidato da Ethan, dovrà introdursi nel Palazzo dell'Alderman: dovrà essere un gruppo piccolo e pronto a tutto. Il terzo infine, gestito da Mathisse, si occuperà del soccorso dei feriti e dell'invio di eventuali rinforzi. Ci sono domande?

-Io dove vado?- replicò Daywine.

-Tu andrai con Soale- gli rispose il padre- ad assaltare l'Armeria.

-In pratica, dovrai fare più rumore possibile e attirare tutte le guardie che riesci ad incontrare- intervenne Vale- Non dovrebbe riuscirti troppo difficile.

Daywine gli lanciò un'occhiataccia, ma prima che potesse rispondere, Redhent intervenne. -Derrick, tu vai con Ethan- disse- Il Palazzo sarà sicuramente dotato di un sistema di sicurezza all'avanguardia, e tu sei l'unico che abbia una qualche possibilità di sbloccarlo.

-Voglio anche Ariadne con me- disse Vale- Se davvero Connor si trova lì, allora sarà circondato da armi al Cristallo e altre diavolerie. Il suo Potenziale potrebbe tornarci utile.

Redhent lanciò uno sguardo alla figlia, e Ariadne annuì svogliatamente. Negli ultimi tempi, la ragazza mostrava una passività che lo preoccupava, ma non era quello il momento di pensarci.

Uno dopo l'altro, tutti gli agenti della Resistenza vennero assegnati ai rispettivi gruppi. Deine, in piedi accanto ad Ariadne, attese fino a quando non fu passato anche l'ultimo uomo, ma non udì mai pronunciare il suo nome.

Irritata e confusa, marciò verso Redhent e Vale e gli si fermò davanti, con le sopracciglia aggrottate. -Io dove vado?- chiese.

Vale le rivolse a malapena uno sguardo. -Tu resti qui- rispose- La tua ferita non è ancora guarita completamente, e in queste condizioni ci saresti solo d'intralcio.

Deine spalancò gli occhi, scioccata. -No!- ringhiò- Non potete farlo!

Questa volta fu Redhent a risponderle, con uno sguardo più gentile. -È per il tuo bene, Deine. Non ti sei ancora ristabilita. Non è consigliabile che tu venga con noi.

-Io sto bene!- protestò la ragazza-Anche Daywine è ferito, ma lui... tutti i miei amici andranno, non potete lasciarmi qui!

-Deine- nella voce di Vale si era insinuata una nota d'impazienza- non è il momento di fare i capricci.

-Non sto facendo i capricci!- Deine serrò il pugno, resistendo disperatamente all'impulso di battere i piedi per terra. -Ma non ho nessuna intenzione di restare qui mentre voi...

-Basta così- la voce di Vale ebbe su di lei l'effetto di una frustata gelida, e Deine non ebbe altra scelta che rimanere lì dov'era, mentre lentamente tutti gli altri agenti della Base si avviavano per prepararsi a quella missione a cui lei non avrebbe partecipato.

 

Pochi minuti dopo, l'hangar della Base ferveva di preparativi, il silenzio rotto dal chiacchiericcio dei vari agenti e dagli ordini gridati da un angolo all'altro. Deine, in piedi sulla soglia della stanza, abbracciò Ariadne con aria cupa.

-Stai attenta- le sussurrò, stringendola per le spalle.

-Mi dispiace che tu non venga- rispose invece Ariadne, evitando il suo sguardo.

Deine roteò gli occhi, irritata dal cambio di argomento. -Anche a me. Sta attenta, comunque, va bene? E non farti prendere dal panico.

Ariadne annuì sbrigativamente e si sottrasse alla sua stretta prima ancora che avesse finito la frase, salendo velocemente sull'aeronave. Oltre che da lei, Vale e Derrick, il gruppo incaricato di infiltrarsi nel Palazzo e trovare Connor sarebbe stato composto da Lisbeth, una veterana bionda dallo sguardo duro, e da Gary, un giovane che militava tra i Ribelli sin dall'infanzia, particolarmente esperto nell'uso delle armi da fuoco.

Deine li fissò salire, quindi si voltò e fece per andarsene, quando sentì una mano sfiorarle la spalla. Si voltò,e Daywine le sorrise timidamente. -Non mi saluti?

La ragazza s'irriggidì. -Buona fortuna- disse secca, facendo per andarsene.

Daywine le afferrò il polso, e lei si voltò di scatto, fissandolo con sguardo stizzito. -Che c'è?

Il ragazzo aprì la bocca, quindi sospirò e lasciò cadere la mano. -Io e te dovremo parlare quando tornerò- disse.

-Strano- ribatté Deine -Non mi era sembrato che in questi giorni volessi parlarmi.

-Non è questo, è solo che tu...- Daywine sospirò e fece un passo indietro, passandosi le mani tra i capelli. -È... complicato, Deine.

-Se lo dici tu, Daywine- la voce di lei era fredda- Ora, se vuoi scusarmi, credo che tu debba partire per quella missione a cui io non sono invitata.

Daywine le lanciò uno sguardo frustrato, ma Deine lo ignorò e gli diede le spalle, dirigendosi a grandi passi verso l'uscita. Dietro di lei, il giovane sbuffò e sferrò un calcio rabbioso al pavimento, quindi si voltò e si diresse a grandi passi verso la propria aeronave.

Sulla porta, Deine si guardò intorno, per essere sicura che nessuno la guardasse, quindi, si diresse rapidamente verso una delle aeronavi che ancora non erano state prese in consegna. Rapida vi scivolò accanto e, controllando che nessuno la stesse guardando, entrò nella nave e andò ad acquattarsi all'interno, nascondendosi nell'angolo più buio della poppa.

Gli agenti che entrarono poco dopo non si accorsero di lei. Quando il portellone si chiuse, e il veicolo s'innalzò lentamente nell'aria, Deine sorrise.

 

C'era qualcosa di strano nell'andare in missione senza Deine, rifletté Daywine, mentre, in piedi di fronte al portellone dell'aeronave, osservava i contorni dell'Armeria farsi sempre più chiari. L'edificio si trovava poco oltre le mura della città, situato ai piedi di una catena di montagne che si andava allungando verso est, lì dove iniziava la distesa del bosco. Dalla sua posizione, Daywine scorgeva chiaramente le sentinelle poste a guardia sul tetto piatto dell'edificio, due per ogni angolo, armate fino ai denti e intente a osservare tutto ciò che le circondava.

-Ci hanno visti- disse, rivolto a Soale.

La donna annuì. -Lo so. Prima che riescano a identificarci, saremo già calati su di loro.

Dal tetto, le sentinelle osservavano con circospezione le tre piccole aeronavai che calavano, apparentemente recanti le insegne del Governo. Quando non furono che pochi metri su di loro, uno dei soldati fece loro cenno di fermarsi, mentre attendeva di ricevere conferma della loro venuta dal comando dell'Armeria.

-Adesso- disse Soale.

Il portellone si aprì con un sibilo, e Daywine spiccò il balzo, atterrando con eleganza a pocchi centimetri da uno dei soldati. Questi si voltò, sorpreso, e il pugno lo colse in piena faccia, scagliandolo all'indietro. Prima che toccasse terra, Daywine lo afferrò per il collo e lo voltò con uno schiocco secco.

Dietro di lui, udì Soale sbarazzarsi di due soldati. Un sibilo risuonò alle sue spalle, e il ragazzo si voltò, appena in tempo per abbassarsi e schivare un coltello volante. Rapido, si gettò in avanti, colpì il suo avversario con un calcio allo stomaco e quando questi si piegò gli abbattè sulla nuca il taglio della mano. Con un gemito, la sentinella cadde in ginocchio, e di nuovo le mani di Daywine gli serrarono il collo.

Sotto di lui, l'aria risuonava di grida, spari, del fragore di piccole esplosioni. Il grosso del gruppo doveva essere arrivato, dedusse Daywine, mentre Soale si dirigeva a passo svelto verso di lui.

-Li stanno bloccando alla porta. Se scendiamo, forse riusciamo ad aprirla all'interno.

Daywine annuì e insieme si calarono da una botola nel pavimento, scendendo rapidamente le scale che conducevano all'interno. I gradini terminavano su una grande balconata che percorreva tutto il perimetro della sala, permettendo di scorgere da una posizione sopraelevata l'insieme di macchinari e operai. La stanza appariva e spariva sotto il lampeggiare della luce d'allarme, e l'aria risuonava dei passi affrettati dei soldati che si radunavano a difendere l'Armeria.

Gettando uno sguardo verso il basso, Daywine si sentì impallidire. Da una porta sotto di loro continuavano a fuoriuscire soldati che si radunavano di fronte all'ingresso principale.

Erano... beh, almeno una cinquantina. E continuavano ad arrivarne.

Scambiò uno sguardo con Soale.

-Non sarà facile- mormorò la donna.

Daywine preferì non commentare.

-Beh, tanto il nostro compito era quello di trattenerli, no?- Soale strinse la presa sulla pistola. -Allora dovremo inventarci qualcosa di spettacolare.

In quel momento, qualcosa sotto di loro si mosse, attirando l'attenzione di Daywine. Il ragazzo si sporse oltre la banconata, e poi si ritrasse di scatto, un largo sogghigno dipinto sul volto.

-Forse ho proprio quello che fa al caso nostro- mormorò.

Soale gli lanciò uno sguardo interrogativo. -Cosa hai intenzione di...

La frase le morì in gola quando, sporgendosi oltre la balconata, vide ciò che aveva fatto il suo ingresso in quel momento.

-No- sussurrò, pallidissima- Non puoi pensare davvero di...

-Coprimi le spalle, ok?- senza perdere tempo Daywine sfilò una granata dall cintura, tolse la sicura e poi la lasciò cadere.

L'esplosione causò il panico nella sala sottostante, distraendo i soldati intenti a difendere la porta che iniziava a cedere sotto gli attacchi dei Ribelli. Nessuno si accorse del ragazzo che sopra di loro superava la balconata con un balzo e atterrava con eleganza proprio sul suo obbiettivo: un carrello carico di armi, portato lì dagli ultimi difensori.

I soldati riuniti attorno ad esso si voltarono, sorpresi, ma non ebbero il tempo di contrattaccare: un proiettile centrò alla testa il primo del gruppo senza che potesse reagire. Storditi, gli altri soldati cercarono di farsi avanti, ma prima che potessero accennare qualche mossa, Daywine colpì con un calcio la parete dietro di lui e il carrello sfrecciò in avanti, travolgendoli nella sua corsa.

Non avrebbe funzionato ancora a lungo, pensò Daywine, mentre vedeva i soldati voltarsi verso di lui sempre più sconcertati. Oltre la porta, la battaglia continuava, e forse i suoi alleati stavano soccombendo. Doveva fare in fretta.

Le sue mani si chiuse su quello che doveva essere un nuovo prototipo di fucile al Cristallo dalle dimensioni notevoli e lo sollevarono, non senza fatica, all'altezza del viso. Davanti al mirino i difensori si affollavano per tenere la porta, ma non sarebbe stato un problema ancora per molto.

Daywine premette il grilletto.

Il boato che scosse l'edificio fu cento volte più intenso di quello causato dalla granata. Sotto gli occhi stupefatti dei presenti, un fascio di luce azzurrina esplose dalla canna del fucile e attraversò l'aria ad incredibile velocità, illuminando, per un istante, i volti attoniti degli operai e dei difensori.

Poi, la porta non ci fu più.

Tutto il complesso tremò sotto la forza dell'esplosione, mentre frammenti di metallo e legno volavano ovunque, assieme ai soldati, o a quel che ne restava di loro. La soglia parve esplodere in un bozzolo di fiamme che riverberò il suo calore per tutta la stanza, mentre lingue di fuoco si allungavano ovunque.

Il rinculo scagliò Daywine all'indietro con la violenza di una martellata, spedendolo dall'altra parte della stanza. Il suo corpo impattò contro la parete e ogni parte di lui si accese di dolore, mentre da qualche parte dentro di lui risuonava l'inquietante scricchiolio delle ossa rotte. Il ragazzo si accasciò a terra e il mondo gli vorticò intorno, per poi essere inghiottito da una coltre nera.

 

Quando i primi rumori delll'attacco all'Armeria risuonarono nel silenzio, il piccolo gruppo guidato da Vale si mise in moto.

Attraversarono i boschi a passo svelto e in silenzio, fino a quando non giunsero in vista delle mura della città. Da una porta seminascosta continuavano a fuorisucire soldati evidentemente diretti all'Armeria, che uno dopo l'altro venivano caricati su dei camion.

Dopo pochi minuti il flusso s'interruppe e tutti i veicoli partirono, ad eccezione di uno che rimase immobile di fronte alla porta. Dietro la protezione degli alberi, Vale si portò due dita alle labbra e lanciò un fischio sottile ed acuto. Dopo qualche minuto di silenzio, una figura alta e massiccia scese agilmente dal camion e si portò a passo svelto verso di loro. La vicinanza rivelò, dopo poco metri, l'aspetto di un soldato alto e vigoroso, benché segnato dal trascorrere degli anni.

-Siete arrivati, finalmente- fu tutto quello che disse, lanciando al gruppo un'occhiata burbera.

-Castor- Vale strinse brevemente la mano di quella che era stata la loro fonte principale per l'organizzazione. -È tutto pronto?

-Non per molto, ancora. Dovete sbrigarvi, stanno chiudendo le porte.

Senza aggiungere altro, salirono a nascondersi sul retro del camion. Non udirono la scusa che Castor riportò frettolosamente ai soldati alla porta, ma udirono distintamente il suono della porta che veniva aperta, e poi il caos della città penetrò nell'oscurità ovattata del veicolo. Dappertutto si udivano grida, invocazioni, gli ordini frettolosi impartiti alle squadre che partivano. Poi, gradualmente, il frastuono si affievolì, per scivolare in un ordinato brusio di istruzioni impartite seccamente e a bassa voce. Una volta, il camion venne fermato, e per qualche istante, ai cinque passeggeri al suo interno si fermò il cuore; ma dopo appena cinque minuti, il veicolo ripartì.

Dopo un tempo che parve infinito, ebbero un nuovo arresto; le porte del camion si aprirono e Castor si stagliò contro la luce del giorno, gesticolando animatamente. -Scendete, svelti!

Il Palazzo dell'Alderman si stagliò su di loro in tutta la sua impressionante altezza, l'acciaio e il Cristallo scintillanti alla luce del sole. Per qualche istante tutti i membri del gruppo rimasero a fissarlo, abbagliati, prima che Castor li conducesse sbrigativamente all'ombra dell'edificio, nei pressi di una piccola porta che si apriva sulla parete.

-Questo ingresso porta alle cucine- disse- Da lì, conosco la strada per accedere al livello sotterraneo, dove tengono il vostro scienziato. Restatemi vicini e non perdetevi di vista. Non dovrebbero esserci guardie lungo il percorso, ma nel caso state pronti a reagire, okay?

Al secco cenno d'assenso degli altri, si voltò e scivolò oltre la soglia, in un freddo, lungo e buio corridoio. L'oscurità sembrò avvolgerli in un'oscurità sempre più soffocante mano a mano che avanzavano, fino a quando una nube di vapore li colpì in piena faccia, segnalando che erano giunti alla zona delle cucine.

-Oh, santo cielo...- Derrick si portò una mano al volto, trattenendo una smorfia-A giudicare dall'odore che c'è qui dentro, c'è da meravigliarsi che il quarto Alderman non sia già morto.

-Fate silenzio- sbottò Castor- Di qua, presto.

Attraversarono le cucine per superare un'altra porta che sboccava in un ampio corridoio che evidentemente conduceva ai piani superiori, ma di cui la loro guida prese una svolta quasi nascosta. Percorsero per una decina di minuti un intricato insieme di svolti e di bivi che sembrava fatto apposta per confondere un visitatore, fino a quando non giunsero ad un'altra sala che aveva tutta l'aria di essere un ingresso.

-Qui è dove si trova l'ascensore...- continuando a parlare, Castor li precedette dentro la sala, e poi si fermò di botto.

-... e davanti all'ascensore c'è una dozzina di guardie- completò Derrick per lui.

Alle sentinelle appostate non occorse nemmeno un secondo per reagire: spianarono le armi e aprirono il fuoco.

-Tutti giù!- urlò Castor, mentre dietro di lui Vale sguainava la spada e parava il primo colpo delle armi al Cristallo.

Rapida e decisa, Lisbeth imbracciò il fucile e iniziò a sparare a sua volta, falciando i primi due soldati che tentarono di mettersi sulla sua strada. Alle sue spalle, Gary estrasse due pistole e freddò altre due guardie, dirigendosi intanto verso le porte dell'ascensore. Uno dei soldati si distaccò dal gruppo, armeggiando freneticamente con la radio per trovare il telecomando, ma un ben assestato pugno di Derrick pose fine ai suoi tentativi.

In pochi minuti, il piccolo drappello era stato annientato, e questo senza che Ariadne avesse mosso un solo dito. In piedi sul fondo della stanza, la ragazza aveva contemplato lo scontro con una sorta di strano distacco, com se quanto stava accadendo di fronte a lei non la riguardasse.

Fu con quella sorta di bizzarra estranazione che seguì il piccolo gruppo all'interno dell'ascensore. Una volta dentro, Castor premette in sequenza una serie di pulsanti,e, con una piccola scossa, l'ascensore iniziò a scendere.

-Fin qui è stato facile- sussurrò Castor- Ma vi avverto: lì dove stiamo andando, la sorveglianza è più stretta. Tenetevi pronti a fare fuoco in qualunque momento.

Una piccola scossa li informò che erano arrivati. Per qualche istante, nulla si mosse, poi nell'aria risuonò un sibilo, e lentamente le porte si aprirono.

Davanti a loro si stendeva un corridoio, buio e stretto persino più del precedente, ma più ampio. Il silenzio regnava incotrastato, rotto a malapena dal rumore dei loro respiri, come se nell'oscurità che li avvolgeva non si trovasse anima viva.

Vale e Castor avanzarono per primi, le armi sguainate, i loro passi che risuonavano insolitamente forti nell'aria polverosa. I quattro che seguivano si mossero con la stessa cautela, gli occhi che setacciavano ogni più minuscolo anfratto, ma l'immobilità sembrava avvoolgerli e quasi vibrare attorno a loro di quella caratteristica tensione che precede l'istante della battaglia.

-Ariadne- sussurrò Vale- Senti niente?

In coda al gruppo, Ariadne chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di individuare quella sottile vibrazioni che per lei significava la presenza del Cristallo. Non udì niente. Nemmeno il costante, rassicurante ronzio del frammento che portava al collo.

-Niente- disse, aprendo gli occhi.

In quel momento, le luci si accesero.

Per pochi istanti, furono tutti ciechi, barcollanti nell'improvvisa, fredda luce delle lampade al neon. Poi i loro occhi si aprirono, e il sangue gli si gelò nelle vene.

-Vale...- sussurrò Castor- questi non sono una dozzina.

-Lo vedo- fu la secca risposta.

Senza una sola parola, trenta soldati schierati imbracciarono le loro armi.

I due gruppi rimasero a fronteggiarsi nel silenzio più totale per quella che parve una manciata di secondi, poi Derrick sospirò e disse:- Okay, ragazzi, sputate il rospo: chi di voi ha invitato i simpaticoni?

-Tieni la lingua fra i denti, imbecille- sibilò Castor. -Questo non è uno scherzo. E questi non sono soldati normali.

Gli occhi di tutti si concentrarono sui nemici ordinatamente disposti di fronte a loro, ognuno di loro munito di una maschera per la respirazione che impediva di scorgerne il volto, e conferiva loro un'apparenza inquietantemente aliena. Fino a quel momento, non avevano ancora pronunciato parola. Restavano immobili al centro del corridoio, dritti e saldi e con le armi puntate.

-Vale...- sussurrò Lisbeth- Cosa facciamo?

Vale serrò la presa sulla spada. -Aspettiamo che attacchino per primi.

E in quel momento, uno dei soldati pronunciò una sola, secca parola:- Fuoco.

Esplose l'inferno.

Vale e i suoi si lanciarono in avanti nel momento stesso in cui l'aria attorno a loro prese fuoco, incendiata dalle scariche di energia che si abbattevano sulle pareti. Le file ordinate dei sorveglianti vacillarono sotto la carica, e presto il combattimento si trasformò in una furiosa mischia, divisa in piccoli gruppi che si affrontavano ferocemente. Ma divenne ben presto chiaro che la superiorità numerica prima o poi avrebbe finito per sopraffare i Ribelli.

-Ariadne!- Vale sfilò la spada dal petto di un soldato e ruotò su se stesso, calciandone un latro contro il muro. -Ariadne! Ci serve il tuo Potenziale!

Si voltò, e vide la ragazza immobile contro la parete, gli occhi sbarrati e vitrei fissi sullo scontro, il corpo scosso da tremiti sempre più convulsi. Uno dei soldati la vide, alzò l'arma, la puntò contro di lei. Vale scattò in avanti e la spada affondò nella schiena dell'uomo fino alla punta, fuoriuscendo a pochi centimetri dal viso di Ariadne.

Con uno scatto secco, Vale liberò la lama, scavalcò il cadavere in preda ai sussulti, e afferrò Ariadne per un braccio, strattonandola perché lo guardasse. -Ariadne, che cosa stai facendo, maledizione?!

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, e per la prima volta Vale vide il panico più totale riflesso nei suoi occhi. -Non ci riesco- riuscì a dire con voce carica di orrore, tremando sotto la sua mano come in preda alle convulsioni. -Vale... non ci riesco!

-Che cosa vuol dire che non ci riesci?- l'uomo la tirò ancora più vicina. -Anche alla Cava avevi avuto un blocco, ma l'hai superato. Supera anche questo!

-NON È LA STESSA COSA!- Ariadne quelle parole gliele ruggì sul volto, lo sguardo acceso da una luce quasi folle, le lacrime che le ruscellavano sulle guance senza che lei le riuscisse a fermare.-Quella volta avevo paura, ma il mio potere c'era, lo sentivo dentro di me! Ma adesso è come se non ci fosse niente! Niente. Non sento nulla- smise di piangere improvvisamente come aveva iniziato e lo fissò come se lo vedesse per la prima volta. -Non c'è niente dentro di me, Vale. Non ho più il Potenziale.

Vale la fissò... inorridito, esterrefatto, ma non ebbe il tempo di replicare. La voce del comandante si elevò in quel momento sul clamore dello scontro pronunciando un ordine che gelò a tutti il sangue nelle vene.

-Aprite le prese d'aria!

Vale si voltò di scatto, fissando l'ufficiale, come se in quel modo potesse comprendere meglio l'ordine assurdo che aveva appena emanato. Nella sua stretta, il tremito che scuoteva il corpo di Ariadne si fece più violento, e la ragazza serrò improvvisamente gli occhi, lasciandosi sfuggire un gemito.

-Fa male...- sussurrò, ma nessuno la udì. L'udito di tutti era improvvisamente su un rumore sottile, strisciante, che aveva riempito l'aria: un sibilo, simile a quello dell'aria che sfugge da una fessura.

Poi Gary sbiancò, gli occhi fissi sul pavimento. -Sta uscendo del gas...

Nessuno si mosse, nessuno parlò, mentre lentamente una nube simile alla nebbia si propagava per il corridoio, avvolgendo le figure dei combattenti in un biancore ovattante. Il fumo scivolò tra di loro, candido, leggero, eppure pervaso da strani scintilli, come piccole riproduzioni di fulmini all'interno di una tempesta.

Fu Castor il primo a riscuotersi e a urlare:- Trattenete il respiro!-senza accertarsi che gli altri avessero obbedito, si gettò in avanti e si abbatté sul comandante con tutto il suo peso, serrandogli la gola in una stretta mortale.

Vale lasciò il braccio di Ariadne e scattò in avanti, impalando sulla sua spada un soldato che aveva cercato di colpirlo. Gli altri si muovevano con fluidità intorno a lui, apparentemente incuranti della nube venefica che li avvolgeva.

-Prendetegli le maschere!- Castor si alzò dal corpo del comandante, assicurandosi al volto la propria- Prendetegli...

Non ebbe il tempo di finire la frase.

La luce esplose con un boato assordante dal cristallo di Ariadne, avvolgendo la sua figura in una aura scintillante,e di nuovo l'aria vibrò e bruciò per la potenza dell'energia, e di nuovo tutti colori che erano presenti vennero scagliati via come fogli di carta. Vale ebbe solo il tempo di registrare una luce accecante, prima che il suo corpo attraversasse in volo la stanza e impattasse contro la parete, con una violenza che gli riecheggiò lungo tutte le ossa.

Doveva avere perso conoscenza per qualche minuto, perché quando riaprì gli occhi, luci colorate che gli danzavano in fondo alla palpebre, il corridoio era disseminato di corpi, alcuni esanimi, altri inceneriti come delle foglie secche. Il fumo volteggiava ancora nell'aria, i lampi al suo interno che si erano fatti più accesi e convulsi.

In mezzo alla devastazione, Ariadne si ergeva al centro di quella che sembrava a tutti gli effeti una tempesta di luce, con scoppi improvvisi di colore che si accendevano e spegnevano a tratti attorno alla sua figura. Al centro del suo petto, il frammento di Cristallo si era trasformato in un piccolo globo di energia pulsante.

-Ariadne...?- Vale si mise lentamente a sedere, cercando di inspirare il meno possibile il fumo che gli gravitava attorno. -Ariadne?

Come se la sua voce l'avesse strappa improvvisamente a chissà quale contemplazione, Ariadne sussultò e rivolse lo sguardo verso di lui, gli occhi enormi nel viso pallidissimo. Il Cristallo al suo petto continuava a pulsare, ma il bagliore si era fatto più fioco.

-Vale?- sussurrò, con una vocina sottile sottile, quasi quella di una bambina. -Cosa ho fatto?

-Cos'è successo, vorrai dire- Vale si mise in piede e si appoggiò alla parete, cercando d'ignorare il dolore che sentiva in ogni fibra del corpo. -C'era qualcosa, in quel gas. Che io sia dannato, se so di cosa...

-Gli altri?

-Lo scopriremo presto. -Vale si guardò intorno, cercando di individuare le sagome dei suoi compagni in mezzo alla massa di corpi che ingombrava il pavimento. -Derrick? Castor? Lisbeth?

-Sono qui- rispose una voce dura, e poi la donna emerse dalla nebbia, i capelli scompigliati e una striscia di sangue.

-Gli altri? Castor?

-È morto- senza un'altra parola, la donna indicò il cadavere dell'ufficiale, riverso a pochi metri da loro, il volto per metà sfigurato dalle ustioni.

Alle sue spalle, Vale sentì Ariadne trattenere bruscamente il respiro, ma accantonò il pensiero. Non poteva occuparsi di questo, al momento.

-Gary...

-È qui- Lisbeth rispose senza emozioni, a pochi centimetri dal cadavere quasi carbonizzato del giovane.

Vale prese un respiro profondo, cercando di ignorare il gelido serpente di terrore che gli strisciava su per la gola. -Derrick?

-Sono qui, capo.

La voce risuonò da un punto imprecisato alle sue spalle, e quando si voltò, Vale vide la figura dell'uomo emergere gradualmente dalla nebbia, caracollando con passo stranamente incerto. Lentamente, l'uomo avanzò al centro del corridoio, e lì si fermò, come se non concepisse di poter andare oltre.

Fu in quel momento che Vale si rese conto di cosa c'era che non andava, e il suo cuore saltò un battito. Accanto a lui, Lisbeth soffocò un'imprecazione.

-Derrick...- mormorò l'uomo.

Gli occhi bianchi e fissi di Derrick cercarono i suoi, poi l'uomo sbatté le palpebre, e il terrore si sparse sul suo volto color cioccolato. -Non ci vedo- sussurrò, e Vale non aveva mai sentito la sua voce così stridula per il terrore-Capo, non ci vedo! Sono diventato cieco! Sono diventato cieco! Sono...

Vale lo raggiunse e lo schiaffeggiò in pieno volto.

Derrick sussultò e rimase fermo, il volto completamente inespressivo. Quindi sbatté le palpebre e disse: -Grazie, capo.

-Muoviamoci in fretta- Vale si diresse verso Ariadne e le prese una spalla, esitante a causa degli improvvisi scoppi di luce, ma nel momento stesso in cui la toccò, il Cristallo al collo di Ariadne cessò all'istante di brillare.

-Ariadne- la chiamò, a voce bassa.

La ragazza volse lentamente lo sguardo verso di lui, il corpo che non cessava un istante di tremare. Vale avrebbe voluto parlarle, cercare di capire cosa le passava per la testa, ma non c'era il tempo per questo, adesso.

-Dobbiamo muoverci, e in fretta- aggiunse, tirandosi dietro Ariadne- Alcuni dei soldati potrebbero essere scampati come noi. In mancanza di Castor, dovremo arrangiarci da soli per trovare l'alloggio di Connor. Lisbeth, guida Derrick. Prima di andare, prendete le maschere dei soldati: non sappiamo cos'altro ci aspetta.- strinse con forza i pugni attorno all'elsa della spada, mentre per la rabbia il suo viso sbiancava. -Lo sapevano- sussurrò- E si sono preparati di conseguenza. Ancora una volta, ci siamo infilati nella tana del lupo.

-Hai proprio ragione, capo- rispose Derrick- Ma questa volta mi sa che il lupo lo dovremo stanare noi.

 

Non ho scuse per queste ritardo, quindi non ne farò. Semplicemente, sono stata colta da un blocco dello scrittore grande come una casa, e ancora adesso non mi sembra vero aver pubblicato questi capitoli. Spero siano valsi l'attesa, anche se io non sono soddisfatta del finale.

Non lesinate sulle recensioni!

Un bacio,

Saitou

 

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Capitolo 8
*** Resa senza condizioni ***


Quando una delle aeronavi che trasportavano i Ribelli era calata sul tetto dell'Armeria, e questi ne erano usciti per riversarsi all'interno dell'edificio, nella confusione generale, nessuno aveva notato la presenza di Deine tra loro. Così la ragazza si era unita immediatamente alla battaglia, falciando soldati su soldati nel tentativo di raggiungere la porta, quando questa esplose.

La violenza dello scoppiò scagliò alleati e nemici a una cinquantina di metri di distanza, sfoderando una potenza tale da far vibrare il terreno. Il corpo di Deine impattò con violenza contro il suolo, e per qualche istante la ragazza perse conoscenza. Quando riaprì gli occhi, la ferita al fianco che pulsava da impazzire, lo scontro si era riacceso in tutta la sua violenza di fronte alla soglia. Deine si tirò in piedi con una smorfia, cercando di ignorare le fitte persistenti sotto il bendaggio, e si scagliò nella mischia, menando colpi alla cieca mentre frugava la massa con lo sguardo.

Poi lo vide: Daywine era in piedi sul carrello che aveva usato per raggiungere l'ingresso, intento a lottare contro tre soldati insieme. Il fucile era caduto a pochi metri da lui, e il ragazzo era in ginocchio, lottando per liberarsi dalle mani che gli serravano la gola. Un colpo lo raggiunse alla testa, e lui cadde.

-Daywine!

Deine si liberò da un altro soldato e sfrecciò nella sua direzione. Rapida come una biscia, afferrò il soldato che stava per accoltellarlo alla caviglia e con uno strattone lo attirò giù dal carrello... dritto contro i suoi artigli. Senza perdere tempo, Deine si liberò del cadavere e tirò Daywine via dal veicolo, annaspando per portarlo fuori dalla mischia.

Fuori, era il caos più totale: urla, spari, corpi intrecciati nella frenesia della lotta. Stringendo i denti per via del dolore al fianco, Deine trasportò il ragazzo in punto isolato e lo appoggiò con la schiena alla parete, scuotendolo con violenza.

-Daywine, svegliati!

Il ragazzo sussultò e aprì gli occhi, battendo convulsamente le palpebre. Per qualche istante non sembrò rendersi conto di dove si trovasse, poi i suoi occhi misero a fuoco Deine, e in essi brillò un lampo di sconcerto.

-Deine! Che diavolo ci fai qui?- con una smorfia, si tirò in piedi, massaggiandosi la spalla- Avrei dovuto immaginarlo, è impossibile tenerti lontana da una battaglia...

-Così com'è impossibile tenere te lontano dai guai, sembrerebbe- ribatté Deine. Lo afferrò per un braccio, lanciandosi un rapido sguardo alle spalle. -Forza, dobbiamo sbrigarci.

-Sbrigarci a fare cosa?- ribatté il ragazzo.

-I soldati continuano ad arrivare, qui non resisteremo ancora per molto. Se vogliamo arrivare alla fine di questa battaglia, dobbiamo colpirli direttamente alla fonte.

Daywine ci mise qualche istante a comprendere appieno quelle parole, e nel momento in cui lo fece, ogni traccia di colore abbandonò il suo viso. -Non starai pensando seriamente...

-Eccone una!- gridò la ragazza in quel momento.

L'altro seguì il suo sguardo, e vide una jeep che proprio in quel momento irrompeva tra le fila dei Ribelli, carica di soldati che in quello stesso istante iniziarono a fare fuoco. Deine scattò in avanti e si gettò nella mischia, il suo obbiettivo un fucile al Cristallo che era stato abbandonato lì poco prima. Quando le sue mani si furono chiuse su di esso, la giovane si voltò e lo scaricò nelle mani di Daywine, che l'aveva seguita a ruota.

-Tu hai una mira migliore della mia- gli disse sbrigativamente- Ferma quella macchina.

Daywine le lanciò uno sguardo dubbioso. -Sei assolutamente sicura di sapere quello che stai facendo?

-Muoviti!- sbottò Deine- Non abbiamo molto tempo! Ferma quel veicolo, ma cerca di non danneggiarlo, ci serve.

Daywine annuì, quindi prese la mira. Un fascio di energia azzurrina attraversò l'aria ed esplose a pochi centimetri dalle ruote della maccchina. La jeep sbandò pericolosamente, ma non si femò. Daywine sparò di nuovo, e questa volta il conducente sembrò perdere il controllo: il veicolo barcollò a destra e a sinistra, avvolto in una nube di fumo, quindi si arrestò.

Deine e Daywine scattarono nello stesso istante. I soldati a bordo dell'auto li videro sbucare dalla coltre di fumo, e non ebbero il tempo di reagire. Un colpo di pistola centrò il conducente alla fronte, mentre gli artigli di Deine falciavano la gola del'altro. In pochi istanti, il piccolo drappello venne annientato.

Rapido, Daywine si accomodò al posto di guida e passò il fucile al Cristallo nelle mani di Deine. -Lo sai che quello che stiamo per fare è da pazzi, vero?- urlò, mentre metteva in moto.

Deine annuì, gli occhi scintillanti e decisi. -Dirigiti verso la città, e non guardarti indietro. Tu pensa solo a guidare, dei nemici mi occupo io.

Il ragazzo strinse i denti. -Facile a dirsi- borbottò, quindi, con una decisa torsione del volante, indietreggiò, ruotò su se stesso, e poi mise in moto, percorrendo la strada sterrata a tutta velocità.

Un'immensa nube di polvere si sollevò intorno a loro, e presto i rumori della battaglia sembrarono attenuarsi. Oltre la coltre sabbiosa che li avvolgeva, i due ragazzi riuscirono per un istantea distinguere l'immensa sagoma di Tenia, ad appena pochi chilometri dalla loro posizione.

Poi, la nube si diradò, e una decina di veicoli armati si parò di fronte a loro.

-Deine- chiamò Daywine, gli occhi ardenti di concentrazioni.

Deine annuì, e si sporse oltre il bordo della portiera. Il primo colpo mancò di poco uno dei veicoli, ma il secondo lo centrò in pieno, mandandolo a rotolare sul bordo della strada in un bozzolo di fuoco e lamiere contorte. Un ordine venne gridato da qualche parte dello schieramento, e i soldati iniziarono a rispondere al fuoco, in un inferno di polvere e proiettili che bucavano l'aria.

Nella cappa di sabbia che li avvolgeva da ogni parte e che feriva gli occhi, Daywine non vide arrivare il colpo. Il terreno attorno a lui esplose, e improvvisamente il veicolo si stava ribaltando in avanti, le ruote che stridevano e grattavano sul terreno sassoso. Per un istante di puro panico, pensò che si sarebbero capovolti, ma poi l'impatto col terreno gli vibrò fin nelle ossa con un sinistro scricchiolio.

-Passagli in mezzo, Daywine- ordinò Deine. Un altro colpo, e uno dei mezzi nemici sparì di nuovo in una nube di fuoco.

-Passargli in mezzo?- il ragazzo le lanciò uno sguardo stupefatto. -La fai facile, tu!

-Fallo e basta, Daywine!

E Daywine lo fece.

Premette il piede sull'acceleratore, e la macchina schizzò in avanti con tanto impeto da tenerli schiacciati contro il sedile. Nessuno dei due, in seguito, avrebbe saputo spiegare come ne fossero usciti. In quei lunghi, terribili istanti, tutto quello di cui furono coscienti fu solo il sapore acre della polvere che li avvolgeva, il calore bruciante delle esplosioni, il sibilo dei proiettili, e l'angoscia che sembrava cristallizzare quei secondi in una sola, eterna istantanea. E poi, improvvisamente com'erano entrati, ne furono fuori.

Deine lasciò andare un lungo respiro, stupefatta, e si voltò a guardare indietro, lì tra le carcasse fumanti degli inseguitori. -Ce l'abbiamo fatta, Daywine!- esalò, stupefatta.

-Per ora- Daywine non aveva distolto gli occhi dalla strada.

La città adesso si parava dritta davanti ai loro occhi, uno scintillante agglomerato di torri slanciate. Dalle porte intervallate lungo le mura continuavano a fuoriscire militari nemici e mezzi di trasporto, ognuno dotato di massiccie armi di fuoco.

-Se continuano così, all'Armeria non avranno scampo- Deine strinse i denti- Dobbiamo sbrigarci.

Si sporse oltre la portiera e gettò un rapido sguardo alla città poco distante, valutando con occhi concentrati il rapido accumularsi dei nemici, quindi si rimise a sedere e si scostò una ciocca di capelli dal volto, le labbra serrate in una linea sottile. -Vale e gli altri sono entrati grazie all'unico ingresso non sorvegliato. Dovremo passare da lì.

-È dall'altra parte delle mura- ribatté Daywine- Se anche avessi ragione, non sarà affatto facile arrivarci.- strinse la mascella, e improvvisamente la sua mano si abbassò sulla leva del cambio. -Reggiti forte.

Prima che Deine avesse modo di chiedere precisazione, la macchina schizzò in avanti.

La potenza dell'accelerazione la gettò all'indietro con la violenza di un pugno, schiacciandole la schiena contro il sedile, e poi la ragazza poté solo reggersi al meglio delle sue possibilità, mentre il veicolo sfrecciava a una velocità quasi impossibile a pochi metri dalle colonne nemiche, riempendole le orecchie del minaccioso cigolio del motore, mentre ad ogni scossa e a ogni imperfezione del terreno sassoso il suo stomaco si contorceva pericolosamente.

-Daywine, rallenta!- urlò, una mano disperatamente serrata attorno alla spalla del ragazzo, l'altra intenta con tutte le sue forze a non perdere la presa sul fucile.

-Non ci penso proprio!- gridò lui- Tu, piuttosto, levami quegli altri di torno!

Deine voltò appena la testa e si accorse in quel momento di tre veicoli che erano riusciti a distaccarsi dall'assemblamento nemico e stavano rapidamente guadagnando terreno, distanti ormai pochi metri da loro.

Cercando con tutte le sue forze di ignorare l'impulso di vomitare, Deine si voltò e si mise in ginocchio sul sedile, in modo da avere i nemici esattamente nel suo raggio d'azione. Sotto di lei, la macchina sbandò e sussultò all'improvviso, e la ragazza quasi si ritrovò catapultata fuori dalla macchina, mentre Daywine costringeva il mezzo ad accellereare fino allo spasimo sul suolo accidentato, e solo la sua prontezza nell'aggrapparsi al sedile la salvarono dalla caduta.

-Vuoi stare attento a quello che fai??- ruggì, voltandosi inferocita verso Daywine.

-Non ho il tempo di starti a sentire!- urlò lui per tutta risposta- Toglici quei tre dalle calcagna, forza!

Deine annuì, quindi voltò la testa e imbracciò il fucile. Il primo colpo centrò in pieno il veicolo più vicino, e l'esplosione avvolse anche il mezzo che lo seguiva, mandandolo a schiantarsi in un bozzolo di lamiere fumanti sul ciglio della strada. Il terzo, approfittando della distruzione dei suoi compagni, riuscì a portarsi a pochi metri di distanza da loro, e in quel momento i soldati a bordo aprirono il fuoco.

Deine si abbassò rapida, avvertendo un proiettile sfiorarle i capelli, quindi si raddrizzò di scatto, il tempo di sparare un altro colpo e poi di gettarsi di nuovo dietro il sedile. Il fragore dello scoppio risuonò pochi secondi dopo, e l'aria calda dell'esplosione li colpì in pieno, insieme al puzzo del metallo fuso e della carne bruciata.

-Fatto- dichiarò, riaccomodandosi sul sedile.

-Perfetto- fu la risposta- Ecco la porta.

Come avevano previsto, la porta era aperta, e nessun soldato era intento a sorvegliarla. Deine e Daywine stavano già per tirare un sospiro di sollievo, quando il terreno a pochi metri da loro esplose, e altri veicoli spuntarono improvvisamente dalla nube di fumo, ovviamente carichi di soldati.

-Daywine- Deine impallidì- Ne stanno arrivando altri!

-Lo vedo!- ruggì l'altro- Ma da dove cazzo spuntano, si può sapere?!

Questa volta, i nemici non aspettarono nemmeno di essersi avvicinati prima di aprire il fuoco. Rapida, Deine si drizzò di nuovo sul sedile, ma nello stesso momento Daywine premette nuovamente l'accelleratore e scattò verso la porta. Senza smettere di sparare, i nemici scattarono subito all'inseguimento, preparandosi a quella che evidentemente sarebbe diventata una manovra di accerchiamento.

Non ebbbero il tempo tuttavia di attuarla, perché in quel momento il veicolo dei due Ribelli schizzò oltre l'ingresso, ed entrò nella città.

La luce del sole li colpì con la violenza di una pugnalata, mentre intorno a loro l'aria si riempiva improvvisamente dei rumori della città, del suono secco di ordini gridati da una strada all'altra. Per un istante, Deine e Daywine rimasero immobili, storditi, i volti atteggiati a espressioni di stolida incredulità come quelle degli abitanti di Tenia, tutti fermi a contemplare il caos circostante, poi il rombare minaccioso dei veicoli nemici li riportò alla realtà.

L'inseguimento riprese, ma questa volta tra vicoli stretti e tortuosi che rendevano difficile ai militari approfittare del vantaggio numerico. Ma comunque, dovunque i due ragazzi si dirigessero, la sagoma del Palazzo dell'Alderman si stagliava imponente sull'insieme degli edici, minacciosa e scintillante nella luce del sole, e loro vi si diressero con ostinazione, fino a quando, improvvisamente, la stradina che stavano percorrendo non sboccò in una piazza, e l'edificio si stagliò di fronte a loro.

A quel punto, Daywine avrebbe voluto a chiedere a Deine come sarebbe proseguito il piano, ma non ne ebbe il tempo; perché i quattro veicoli nemici erano già diretti verso di loro, e questa volta non sarebbero stati ostacolati dall'ampiezza delle stradine.

Rapida, Deine si raddrizzò sul sedile e di nuovo prese la mira; ma quando premette il grilletto, a risponderle fu solo un debole clic. La ragazza ebbe solo un momento per osservarlo, allibita, poi un proiettile vagante le sfiorò il braccio. Ricadde a sedere, stringendosi l'arto ferito, e gettò il fucile accanto a lei, quindi, improvvisamente, i suoi occhi assunsero uno scintillio metallico.

-Io vado- dichiarò, sfilandosi una pistola dalla cintura- Tu tienili occupati, ok?

-Io...cosa?- Daywine la fissò stupefatto- Dove diavolo stai andando?

-Dentro- Deine si assicurò meglio il guanto artigliato alla mano, quindi si sporse all'indietro e sparò a un soldato nemico.

-Dentro? Stai scherzando?! Non puoi assolutamente andare là dentro da sola, Deine...!

Ma la ragazza era già saltata dalla macchina ed era scattata verso il Palazzo.

-DEINE!- Daywine si sporse nella sua direzione- Come diavolo faccio a trattenerli?

-Inventati qualcosa!- urlò lei, senza fermarsi.

Poi sparì. Daywine restò a fissare ancora per alcuni istanti il punto in cui era scomparsa, quindi si voltò verso i suoi nemici, che non si erano fermati, e ben presto lo avrebbero accerchiato.

Inventati qualcosa, gli aveva detto Deine. E Daywine, considerate le circostanze, inventò l'unica cosa che gli era possibile.

Entrò nel Palazzo.

 

Percorsero il corridoio per quello che gli sembrò un tempo infinito, avanzando in silenzio tra i cadaveri carbonizzati e le sottili volute di gas. Sotto la stretta di Vale, il corpo di Ariadne era scosso da tremiti convulsi, e di tanto in tanto la ragazza si lasciava sfuggire un gemito, ma il frammento di Cristallo sul suo petto rimase freddo ed inerte, mentre all'interno della nube anche gli scoppi di luce sembravano diminuire.

-Sei sicuro che la direzione sia quella giusta, Vale?- la voce di Lisbeth risuonò da qualche parte dietro di loro. La donna avanzava a passi lenti, una mano stretta attorno al fucile e l'altra serrata sulla spalla di Derrick. -Qui dentro non si vede un accidente.

-Meno male, non sono l'unico idiota- commentò l'uomo color cioccolato- Ti dispiacerebbe rallentare, bellezza? Mi stai staccando il braccio.

-Fate silenzio- sbottò Vale- Già non ho idea di dove sto andando, non ho bisogno di voi due che fate chiasso.

Avanzò cautamente, allungando un braccio verso la parete alla sua destra, e continuò a camminare rasente al muro, cercando di cogliere qualsiasi rumore sospetto. Strano ma vero, sembrava che con i soldati che avevano appena eliminato, la presenza nemica nel complesso si fosse esaurita.

-Se non mi sbaglio, Castor ha detto che gli alloggi di Connor dovrebbero trovarsi su questo piano- disse- Questo significa che potremo trovarci davanti dei nemici, o un passaggio, in ogni momento. Tenete gli occhi aperti.

-Sarà un piacere, capo- risuonò la voce di Derrick.

Vale sbuffò, quindi riprese ad avanzare, trascinandosi dietro Ariadne. Percorsero il corridoio per quelli che gli parvero un'altra decina di metri, quindi si trovarono improvvisamente di fronte a una porta in acciaio, occupata da quello che aveva tutta l'aria di essere un pannello di controllo.

Con cautela, Vale si avvicinò alla porta e rimase in attesa, ma nessun nemico spuntò dalle tenebre. L'uomo allungò quindi una mano e sfiorò il pannello, ma proprio in quel momento una voce metallica risuonò all'interno del corridoio:- Tentativo di accesso non valido. Siete pregati di procedere all'identificazione.

-Derrick-chiamò Vale- credo che questo sia il sistema di sicurezza.

-Sai capo, questo l'avevo arguito- il tecnico si portò verso di loro, sempre tenendosi rasente al muro, quindi si appoggiò alla spalla di Vale, allungando l'altra mano alla cieca verso il computer. -Descrivimi quello che vedi, il più dettagliatamente possibile.

L'uomo gettò uno sguardo al computer di fronte a lui, stringendo per individuare meglio le forme nel buio. -Ha tutta l'aria di essere un sistema d'identificazione dei più classici, con retina, riconoscimento vocale e tutto. A giudicare dal quadro comandi che vedo qui, probabilmente c'è anche un codice d'accesso.

-Uhm- Derrick accennò un passo in avanti, la fronte corrugata per la concentrazione, e allungò cautamente una mano verso il quadro comandi, sfiorando i tasti come avrebbe fatto se avesse potuto leggerli. -Posso provare a decriptare la password, ma per bypassare i sistemi d'identificazione avrò bisogno delle mani di qualcuno che ci vede. Pensi di potercela fare, capo, se segui le mie istruzioni?

-Non abbiamo molte altre alternative- ribatté cupo Vale. Spinse Ariadne al fianco di Lisbeth. -Voi due guardateci le spalle. Se qualsiasi cosa si avvicina mentre stiamo tentando di aprire la porta, uccidetela.

-Ricevuto- Lisbeth lanciò un'occhiata dubbiosa ad Ariadne, immobile al suo fianco con gli occhi sbarrati, ma lo stesso si portò al centro del corridoio ed imbracciò il fucile.

Le mani di Derrick scivolarono esitanti sulla tastiera, per poi procedere con sempre maggiore disinvoltura mano a mano che il tecnico acquistava confidenza. Dopo alcuni minuti di totale silenzio, un pigolio risuonò dallo schermo, e la voce metallica si sparse per il corridoio- Password corretta. Procedere all'identificazione.

-Ok, è il tuo turno, capo- disse Derrick- Esegui alla lettera quello che ti dirò. Per prima cosa, cerca di smontare il pannello del quadro comandi.

Vale riuscì nell'operazione dopo un paio di tentativi solo per trovarsi davanti un intreccio di circuiti e di cavi che gli facevano venire il male di testa solo a guardarli. Con poche, secche e precise parole descrisse all'altro uomo quello che vedeva.

Derrick restò in silenzio per qualche istante, evidentemente intento a riflettere. -C'è un cavo rosso, hai detto?

Vale annuì, prima di ricordarsi che l'altro non poteva vederlo. -Sì.

-Bene. Staccalo. Delicatamente, mi raccomando. E non toccare gli altri cavi.

Nel momento in cui accennò a farlo, scintille scoppiarono alla base del cavo, facendogli ritirare di scatto la mano. -Derrick, non sono sicuro che la soluzione sia questa...

-Prego, capo, non sapevo che anche tu fossi un tecnico informatico- fu l'acida risposta- Forse, se non ti approcciassi ad un computer di ultima generazione con la tua tipica grazia di un elefante in carica, riusciremmo ad entrare.

-Scusate?- la voce di Lisbeth, insolitamente soave, troncò sul nascere la replica di Vale- Posso suggerire una soluzione?

Entrambi gli uomini le rivolsero uno sguardo perplesso-o almeno ci provarono- poi Vale annuì appena e si scostò di lato, lasciando libero il pannello. Senza una parola, Lisbeth vi spianoò contro il fucile e poi fece fuoco.

Il pannello esplose in una nuvola di scintille. Nel silenzio attonito che seguì, i circuiti bruciatai continuarono a bruciare per ancora qualche minuti, lanciando secchio schiocchi e strepiti.

Poi, con un inquietante sibilo, la porta si aprì.

Con un sorriso soddisfatto, Lisbeth si sistemò il fucile sulla schiena ed avanzò a grandi passi, per poi fermarsi sulla soglia. -Voi non venite?- domandò.

Derrick era rimasto immobile con la bocca completamente spalancata, ma al suono della sua voce si riscosse:- La prossima volta che cerchi di ucciderci, abbi almeno la buona grazia di avvertire! Poteva esserci un sistema di sicurezza! Se ci fosse stato, a quest'ora noi saremmo a fare da arabeschi ai muri! Come ti è saltato in mente di...

-Ha funzionato, giusto?- lo interruppe Lisbeth. Si volse a Vale con un sopracciglio inarcato. -Entriamo?

L'uomo annuì e rinserrò la presa sulla spada, gli occhi improvvisamente freddi e concentrati. Senza altre parole superò la soglia e subito i suoi compagni gli furono dietro, Derrick di nuovo guidato da Lisbeth.

Entrarono, e l'oscurità li avvolse in una cappa pastosa in cui per alcuni istanti rimasero immobili, incapaci di distinguere quello che li circondava. La mano convulsamente stretta attorno all'elsa della spada, Vale avanzò nel silenzio più assoluto, i sensi tesi allo spasimo nel tentativo di cogliere qualsiasi rumore. Col trascorrere del tempo, i suoi occhi iniziarono ad abituarsi all'assenza di luce, e in breve fu in grado di discernere l'ambiente in cui si trovavano: si trattava di una specie di anticamera in cui ricevere gli ospiti, con un apio di poltrone accostate alle pareti e una gigantesca scrivania di mogano posta a occupare il centro della stanza. Una porta si apriva alla loro destra, lasciando intravedere l'ingresso ad un locale probabilmente più grande.

Vale si voltò verso i suoi e si pose un dito sulle labbra, quindi prese ad avanzare cautamente verso la porta. Arrivatovi, rimase completamente immobile per quelli che gli parvero secoli, la mano improvvisamente sudata stretta sulla maniglia, quindi prese un profondo respiro, e poi scattò dentro la stanza.

Si trovarono all'interno dell'ennesimo Laboratorio: nella penombra, i loro occhi riuscirono a distinguere le sagome dei lunghi tavoli ricoperte di provette e alambicchi e di quelli che avevano tutta l'aria di essere strumenti di tortura.

Vale si guardò intorno, e il suo cuore mancò un colpo nel momento in cui realizzò cosa c'era di sbagliato in quella scena.

-Non c'è- ringhiò- Connor non è qui.

-Non è possibile- sbiancò Lisbeth. -Era qui. Castor ci aveva detto che era qui...

-Castor si è sbagliato. Oppure ha mentito- Vale avanzò verso il tavolo. Prese in mano uno dei coltelli, lo sollevò. La polvere gli aderì subito alle dita. -Quello che è certo è che qui non ci abita nessuno. E da parecchio tempo, ormai.

La sua mano si strinse sulla lama, e poi, il suo bracciò scattò e spazzò via il contenuto del tavolo, rovesciando a terra boccette e alambicchi . -Siamo stati fregati un'altra volta!- ringhiò, sferrando un calcio al pavimento. Gettò il bisturi a terra e poi rimase immobile, il respiro reso affannoso dalla rabbia, mentre la frustrazione montava in lui come un'ondata rovente.

Quel ritrovamento al Laboratorio... non è stato casuale. Lo sapevano. Sapevano che saremmo andati a cercare Connor. Sapevano che avremmo attaccato all'Armeria. Hostel ci ha manipolato per tutto il tempo.

Strinse la mascella e sferrò un pugno alla parete, prima che la voce di Lisbeth lo riportasse alla realtà. Non poteva permettersi di perdere il controllo in quel frangente, i suoi uomini contavano su di lui, e da quel momento in poi il suo compito diventava riuscire a riportarli vivi fuori da quel palazzo infernale. Ci sarebbe stato tempo dopo per la frustrazione.

-Siamo stati ingannati- disse, voltandosi verso di loro. -La missione era una trappola. Adesso tutto quello che possiamo fare è avvertire i nostri compagni e uscire di qui. Non so cosa Hostel avesse in mente di ottenere con questo teatrino, ma faremo in modo di essere fuori di qui prima che possa attuarlo. Intesi?

Tutti e tre annuirono. Vale si allontanò verso il fondo della stanza e azionò la radio, sintonizzandola sulla frequenza di Redhent.

-Ethan?- la voce del compagno, carica di sollievo, rieccheggiò nelle sue orecchie attraverso il rumore secco degli spari. -State tutti bene? Ce l'avete fatta? Connor è con voi?

-Connor non è mai stato qui, Redhent- fu la risposta- Era una trappola. Hostel ci ha manipolato fin dall'inzio. Sapeva che saremmo arrivati.

Seguì un attimo di stupefatto silenzio. -Che cosa...? Che diavolo stai dicendo? Come avrebbe fatto Hostel a sapere...?

-Redhent, non c'è tempo!- sibilò Vale- Da' ordine a quelli dell'Armeria di ritirarsi, subito, prima di essere annientati!

-D'accordo. Voi, invece, state bene? Siete tutti vivi?

-Gary è morto- ribatté cupo Vale- E anche Castor. Derrick invece è rimasto cieco, e Ariadne senza Potenziale.

-Che cosa diavolo...

-Non c'è tempo per le spiegazioni. Fa sgombrare l'Armeria, noi intanto usciamo di qui.

-Veniamo a prendervi noi- ribatté subito Redhent- Fatevi trovare sul luogo dell'incontro tra mezz'ora, intesi?

Vale annuì. -Intesi. A dopo.

Chiuse la comunicazione e si voltò a fronteggiare i suoi compagni, gli freddi, duri e decisi.

-Dobbiamo ripercorrere la strada a ritroso- disse- Occhi aperti e pronti a qualunque evenienza. Se per caso ci dovessimo separare...

In quel momento, un boato scosse l'edificio fin nelle fondamenta.

Il suolo sotto i suoi piedi sussultò, e Vale perse l'equilibrio. Le sue mani scattarono ad aggrapparsi al bordo del tavolo, e poi un altro scossone lo gettò in ginocchio.

Stupefatto, alzò la testa, avvertendo ancora le vibrazione del suolo sotto di lui. Immediatamente gettò lo sguardo verso il resto del gruppo. Ariadne era in ginocchio a pochi metri da lui, le braccia avvolte attorno alle spalle di Derrick, che era rovinosamente crollato a terra.

-Che cosa è stato?- sussurrò la ragazza, il viso pallidissimo.

-Non ne ho idea- Vale si rialzò- Ma, qualsiasi cosa fosse, dobbiamo muoverci.

Percorsero la strada a ritroso come in un incubo, metà correndo e metà camminado, slittando tra i cadaveri carbonizzati in un silenzio carico di terrore. Quando le porte dell'ascensore si richiusero dietro di loro, Vale e Lisbeth ebbero immediatamente le armi in mano, sicuri che una volta giunti al piano superiore avrebbero dovuto aprirsi la strada col fuoco. Ma quando un piccolo scossone li informò di essere arrivati a destinazione, e i pannelli della soglia si separarono, alla loro vista si presentò un corridoio vuoto.

Perplessi, Vale e Lisbeth avanzarono per primi, pronti a scattare in qualsiasi momento. Derrick e Ariadne li seguirono a ruota, tenendosi per mano, ma nessun nemico accennò ad assaltarli.

Poi, Vale lo sentì.

Un rombo sottile, una vibrazione sotto i suoi piedi, all'inizio appena captabile, e poi sempre più forte, come il ruggito di un motore.

E si stava avvicinando.

-C'è qualcosa- sussurrò.

Il suono si fece ancora più forte, fino ad assumere un carattere riconoscibile.

-Capo- intervenne Derrick- sto avendo anche le allucinazioni, adesso, oppure questo è il rumore di una...

-Macchina!- urlò Lisbeth, sbiancando in viso.

E poi, un veicolo irruppe in quel momento nel corridoio , sbandando da una parte all'altra, subito seguita da un coro di spari.

-Ma che diavolo...-imprecò Vale.

-Daywine!- gridò Ariadne, riconoscendo l'identità del guidatore.

-Levatevi di mezzo!- ruggì il ragazzo, armeggiando con il volante.

Vale non se lo fece ripetere due volte: afferrò Derrick e Ariadne e si gettò contro una parete, mentre dall'altra parte Lisbeth faceva lo stesso. Con uno stridore di gomme, Daywine si fermò e poi ruotò su se stesso, in modo da fronteggiare di nuovo i nemici. Questi immediatamente si fermarono e imbracciarono le armi.

A quel punto, Vale scattò.

Corse verso la macchina e spiccò un balzo nel momento stesso in cui i fucili lasciavano partire i fasci di energia. Il suo piede si posò sul cofano, e poi la sua spada scintillò al suo fianco, intercettando un colpo, e poi un altro, e un altro ancora, fino a trasformarsi in una lama di luce pulsante. A quel punto, sferrò un fendente.

Un falce di pura energia attraversò rombando lo spazio del corridoio, e poi esplose.

Tutto l'edificio vibrò fin dentro le fondamente, e poi si fermò. Un silenzio assordante calò sui Ribelli. Lentamente, le nubi di fumo si diradarono, rivelando la strage.

La spada ancora vibrante di energia in mano, Vale si voltò e lanciò un lungo sguardo penetrante a Daywine.

-Questa ora me la devi spiegare- fu tutto quello che disse.

-A mia discolpa- ribatté subito il ragazzo- questa volta l'idea è stata di Deine.

Vale lo fissò, poi scosse la testa. -Non perderò nemmeno tempo a chiederti perché sia qui- disse, scendendo dal cofano. -Piuttosto, dov'è adesso?

-Credo sia andata ai piani superiori- fu la risposta- A cercare il quarto Alderman.

Lo sguardo di Vale si fece subito più serio. -Allora vado da lei. Tu porta tua sorella e gli altri fuori di qui. Vostro padre arriverà a prendervi, Lisbeth ti dirà dove.. Non ingaggiare battaglia se non è assolutamente necessario, intesi?

-Ricevuto- Daywine roteò gli occhi al cielo- Riportamela indietro tutta intera, o te la dovrai vedere con me, spero sia chiaro.

Vale trattenne un sorriso. -Muovetevi.

Non controllò che eseguissero gli ordini. La mano stretta sulla spada, si voltò e corse verso la scalinata, diretto verso gli alloggi del quarto Alderman.

 

Deine saliva a passo spedito la scalinata, il braccio ferito che non smetteva di sanguinare e la ferita al fianco che protestava ad ogni passo. Intorno a lei, tutto era immobile e silenzioso. Da che era entrata, era riuscita miracolosamente ad evitare i soldati, ma non sapeva per quanto ancora la sua fortuna sarebbe durata. Avrebbe dovuto affrettarsi, se voleva che il suo piano avesse successo.

Subito dopo essere entrata, percorsi alcuni metri di corridoi, si era imbattuta in una pattuglia diretta verso l'ascensore. Rapida come una biscia Deine si era sporta oltre il muro e aveva abbrancato l'ultimo della fila, trascinandolo nell'ombra con sé.

-Come si arriva agli alloggi dell'Alderman- aveva ringhiato, puntandogli gli artigli alla gola- Parla!

Quel soldato non era un granché: al primo accenno di minaccia aveva immediatamente spifferato tutto, e adesso Deine cercava disperatamente di radunare le sue informazioni. Sali la scalinata, poi gira a destra... o era a sinistra? No, no, era a destra... e poi prosegui dritta...

Ed eccola, finalmente: la porta dell'alloggio dell'Alderman, sorvegliata da due guardie dall'aria quantomai determinata.

Accovacciata all'angolo del muro, Deine prese un profondo respiro, quindi estrasse la pistola dalla cintura, si sporse, e freddò il primo. Quello si afflosciò a terra, e l'altro non ebbe il temp di reagire: rapida come una biscia, Deine gli schizzò adddosso e gli piantò gli artigli in gola, spegnendogne la voce in un gorgoglio.

Anche quello si accasciò ai suoi piedi. Deine prese un profondo respiro, cercando di rallentare i battiti impazziti del cuore. Le striscie di sangue che le ricoprivano il volto sembravano stranamente gelate a contatto con le sue guance roventi.

Non è il momento di sbagliare ora, si disse.

Spinse la porta, entrò. Alla luce del sole mattutino, i suoi occhi accolsero la vista di un ambiente, ordinato, raffinato nella sua opulenza. C'era una scrivania in fondo alla stanza, posta di fronte a una vetrata che permetteva una vista dell'intera città- e in piedi di fronte alla vetrata, le spalle rivolte verso di lei, c'era un uomo alto, avvolto in un'ampia tunica ricamata.

Deine prese un profondo respiro e avanzò, cercando di non fare rumore. Ci riuscì, almeno fino a quando non fu a pochi centimetri dall'Alderman.

-C'è qualche problema, Mathias?- disse, senza voltarsi.

Quando sentì degli artigli toccargli la base della schiena, s'irriggidì.

-Non ti consiglierei di fare mosse strane- ringhiò Deine- Posso ucciderti in qualsiasi momento.

-Chi sei?- domandò l'Alderman, un tremito sottile nella voce.

-Non ha importanza. Quello che ha importanza è chi sei tu- gli artigli affondarono leggermente nella schiena- e quello che potresti fare per me.

 

A metà della scalinata, Vale si fermò e si appoggiò alla parete, cercando di riprendere fiato. Stava decisamente cominciando a diventare troppo vecchio per queste cose.

Redhent morirebbe dal ridere, se mi vedesse, riuscì a pensare, prima di raddrizzarsi e accennare a proseguire.

Aveva appena fatto un gradino quando una voce si diffuse nell'aria, bloccandolo sul posto, una voce autorevole, solenne, resa metallica dagli altoparlanti che la stavano diffondendo per le strade di Tenia.

-A tutte le unità, attenzione. Qui è il quarto Alderman che vi parla. Sospendete le operazionie, ripeto: sospendete le operazioni. Ritiratevi immediatamente.

La voce s'interruppe, e Vale aveva a malapena avuto il tempo di metabolizzare quelle parole, prima che la sua radio si accendesse.

-Ethan?- la voce assolutamente allibita di Redhent lo raggiunse dall'altro capo del filo. -Hai sentito anche tu quello che ho sentito io?

-È stata Deine- rispose l'altro- in qualche modo, ha raggiunto l'ufficio dell'Alderman, e l'ha costretto a cessare il fuoco.

-Deine? Ma non le avevamo detto di...

-Non fare domande di cui non vuoi sapere la risposta- ribatté cupo Vale- Ad ogni modo, io adesso vado dal nostro Alderman. Forse può darci qualche informazione utile. Gli altri sono al sicuro?

-Li ho recuperati adesso. Ti raggiungo nell'ufficio dell'Alderman. Anch'io ho un po' di domande da porgli, anche se credo che alcune risposte non ci piaceranno.

 

Le milizie governativa stavano rientrando tra lo stupore degli abitanti di Tenia, immobili per le strade, quando la navicella di Redhent atterrò sulla piattaforma di atterraggio del Palazzo. L'uomo scese dalla navicella a passi rapidi, e Vale gli venne subito incontro

-Stai bene?- fu la prima cosa che Redhent disse.

-Sono a posto, non preoccuparti- rispose il compagno- Gli altri?

-In questo momento stanno portando Derrick dai medici per controllargli gli occhi. Ariadne è sotto shock. Dovrai spiegarmi dettagliatamente cosa le è successo, quando avremo tempo. Ma per il resto, il bilancio è pessimo- Redhent scosse la testa, avviandosi al fianco di Vale- Se l'Alderman non ci darà le risposte che cerchiamo, allora questa missione sarà stato un totale fallimento.

-Non preoccuparti- ribatté Vale, una luce cupa negli occhi- Farò in modo che ce le dia.

Scesero all'interno del Palazzo, attraversarono un corridoio, e poi si trovarono di fronte all'alloggio dell'Alderman.

Quando entrarono, lo trovarono seduto dietro la sua scrivania, il viso una maschera d'impassibilità. Deine era in piedi dietro di lui, gli artigli saldamente puntati alla base della sua schiena.

Quando Vale e Redhent fecero il loro ingresso, il quarto Alderman si voltò, e uno strano lampo brillò nei suoi occhi. Un sorriso beffardo sembrò spaccargli il volto, mentre si alzava lentamente.

-Ma quale onore- declamò, la voce solenne strascicata da una nota ironica- non mi sarei mai aspettato che, dopo anni di separazione, potessi mai ritornare a farmi visita, Jaywine Redhent. O forse dovrei dire- nel pronunciare queste parole, accennò un inchino- Secondo Alderman?

 

 

SORPRESA!!!

Non ve lo aspettavate, vero?

Ok, prima che mi uccidiate: so che alcune di voi ritenevano che Vale fosse stato un Alderman, ma rifletteteci: se avesse avuto il Potenziale, non avrebbe avuto bisogno della mitica spada, mentre invece di Redhent si è sempre detto che aveva un sacco di Potenziale prima dell'incidente...

Un momento, perché mi sto giustificando? Sono l'autrice, e posso mettere i colpi di scena che mi pare, o sbaglio?

Del resto, non preoccupatevi: anche Vale ha i suoi scheletri nell'armadio, e vi assicuro che sono belli scabrosi.

Comunque.

Vorrei scusarmi per (l'ennesimo) geologico ritardo. Purtroppo in questo caso non è dipeso da me, ho avuto veramente un anno incasinato, in cui sono anche successe delle cose poco simpatiche... come per esempio il fatto che, un mese fa, Zampa di Lupo (santa donna) mi abbia scritto, comunicandomi che un'ignota autrice stava pubblicando i capitoli della Saga del Cristallo su WatPad, spacciandoli per suoi con una faccia tosta degna di miglior causa. Fortunatamente, grazie al tempestivo intervento di mia sorella e della mia migliore amica (io ero fuori nei boschi, altrimenti a quest'ora dovreste portarmi le arance in galera) la situazione è rientrata nei binari. Per quanto riguarda l'ignota plagiatrice, sfortunatamente non ho avuto occasione di parlarci, ma mi auguro che in questo momento stia leggendo e rosicando come mai nella sua vita. Niente di personale, naturalmente: spero che le venga il colera, ma comunque.

Per il resto, il capitolo vi è piaciuto? Mi raccomando, sotto con le recensioni!

Un bacio,

Saitou

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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