Hikaarme e l'inverno di Esmir

di pandasauro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Uno ***
Capitolo 3: *** Due ***
Capitolo 4: *** Tre ***
Capitolo 5: *** Quattro ***
Capitolo 6: *** Cinque ***
Capitolo 7: *** Sei ***
Capitolo 8: *** Sette ***
Capitolo 9: *** Otto ***
Capitolo 10: *** Nove ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


๑ prologo ๑


La neve era fredda, nonostante il calore dell'incendio che l'avvolgeva. Il suo corpo, pieno di segni violacei lasciati dal freddo, giaceva a terra, inerme. I suoi occhi erano persi nel vuoto e le sue gambe erano incastrate tra grandi travi di legno. Un rigolo di sangue le usciva dalla bocca.
"Dannazione" fu l'unica cosa che riuscì a pensare Sofie.
Tutto quello che aveva fatto era stato inutile. Con le sue ricerche non aveva che peggiorato la situazione di Esmir e dei suoi abitanti. Pensava di fare del bene, invece ci ha rimesso la vita, condannando suo marito e suo figlio a vivere soli.
La donna tossì per colpa del fumo che la stava soffocando. Una voce maschile gridava il suo nome in lontananza. Girò di poco la testa provando un gran dolore e si fermò. Le travi infiammate della casa che le erano crollate sopra, presto si sarebbero schiantate su di lei. Aveva poco tempo. Cercò di chiamare il nome di suo marito senza successo: il rumore era troppo forte. Aveva un grande mal di testa. Voleva solo chiudere gli occhi, tenerli aperti le costava molta fatica.
Poi, improvvisamente, nella sua testa rimbombò una piccola canzoncina, molto cara a lei, poiché l'aveva cantata più volte a suo figlio appena nato:

« Nelle notti fredde e ghiacciate
quando perfino il lupo non c'è più
in lontananza si sente il mostro d'estate
che viene dalle terre più giù.

Porta il fuoco dentro di sé
grandi scaglie di piume attorno al petto.
E' cattivo? Non è detto.
Una coda grande e infiammata,
questo drago è una fenice alata. »

La sua voce era dolce ma al contempo triste e spezzata.
"Scusami Finn, spero tu possa scoprire la verità un giorno, così come l'ho scoperta io".
La sua testa si fece più pesante e il battito diminuì. Sentiva molto caldo, tanto caldo.
"Finn, fidati di te stesso" fu l'unica cosa in grado di pensare prima di chiudere gli occhi. Sofie esalò il suo ultimo respiro e con quello pronunciò un'ultima frase:
« Usokon sinnua, Shara!»
Un grido nel silenzio.
L'inverno non era mai stato così freddo.

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Capitolo 2
*** Uno ***


๑ capitolo uno ๑


« Dovete prepararvi molto attentamente per le prossime settimane, in modo da poter decidere in maniera più opportuna il ruolo che vorrete svolgere in questa società. Attenti, mi raccomando: i ruoli, come ben sapete, sono attentamente divisi e raramente è possibile cambiarlo, dopo averlo scelto. Pochissimi sono stati i casi in cui studenti hanno ritirato la loro scelta per scambiarla. Molti hanno deciso un ruolo solo per stare con l'amico o il compagno, voi no, voi dovete stare molto attenti! Qui si parla della vostra vita, mica di quella del vostro amico o compagno di banco! Vi ho mai raccontato quella volta... »
Finn stava ascoltando distrattamente il professor N, intento a spiegare alla classe quanto fosse importante scegliere la professione giusta. Come se non lo sapesse. Quante volte aveva sentito le stesse frasi? Non che avesse torto, ma ripetere le cose un milione di volte non era certo il metodo giusto. E poi Finn era talmente avvolto nei suoi pensieri che era difficilissimo condurlo alla realtà. Era intento a capire come mai i vetri della classe fossero appannati se in realtà lì dentro non c'era poi così tanto caldo. Erano tutti vestiti in modo pesantissimo. Ad Esmir non c'erano mai più di cinque gradi (quando andava bene). Finn distolse lo sguardo dalla finestra e cominciò a scarabocchiare qualcosa sul foglio che aveva davanti, pensando a quanto sarebbe stato ancora lungo il discorso del professore.
Dopo la sua lunga chiacchierata espansiva - e per niente noiosa - chiese a tutti gli alunni presenti quale fosse la loro volontà riguardo alla specializzazione. Molti di loro erano sicurissimi: rune antiche, ricercatori, amministratori, professori, medici. Altri, invece, erano indecisi, tra cui proprio Finn. Non sapeva che strada intraprendere. Era affascinato dalla ricerca, ma allo stesso tempo dalle rune antiche. Queste ultime sono qualcosa di molto affascinante se studiato seriamente; qualcosa che ha a che fare con la magia, come per esempio piccole invocazioni magiche, i poteri che sono racchiusi nelle pietre, nella natura, negli animali... Inoltre, il loro compito principale era quello di proteggere la città da pericoli, da quelli più semplici, come bestie selvatiche, a quelli più complicati, come creature enormi che attaccavano Esmir.
I ricercatori, invece, avevano il compito di esplorare ogni giorno di più il terreno circondante Esmir, ricercare nuovi cibi e nuove modalità di sopravvivenza. Come tutti sapevano Esmir era un villaggio molto freddo e nei giorni di gelo si arrivava a -15°C / -20°C. Ultimamente però stava peggiorando. Proprio per questo i ricercatori stavano cercando un modo per riuscire a riscaldarsi. Per ora vivevano grazie a grandi serre con delle Pietre Solari che riscaldavano l'ambiente e facevano maturare il frumento, la frutta e la verdura. All'interno delle abitazioni, ospedali, scuole e supermercati, c'era un cristallo più grande degli altri, aveva più potere e la sua durata era più lunga rispetto alle altre pietre. Purtroppo però i cristalli non durano in eternità; perdono la loro potenza dopo un certo periodo di tempo. I tre saggi di Esmir quindi, hanno organizzato delle squadre di ricerca, destinate a studiare ogni effetto delle pietre, mentre delle squadre di raccolta, destinate raccogliere e trovare più pietre specifiche.
"Fantastico" pensò Finn. Aveva anche cominciato a piovere.
*

Quando la campanella suonò, la pioggia per fortuna aveva smesso lasciando però un'aria ancor più gelida e pungente. Nonostante il ragazzo fosse coperto da capo a piedi, aveva i brividi che gli percorrevano tutto il corpo. I suoi capelli biondo scuro erano mossi dal vento in continuazione, avanti e indietro. Camminò per qualche metro, quando si sentì chiamare. Reidar gli corse incontro infilandosi i guanti e mettendosi il cappuccio.
« Hey Finn!». Il ragazzo accennò un saluto come risposta. « Non sei proprio di ottimo umore oggi, eh?» rispose Reidar.
« In che senso?»
« Non so... prima, in classe... eri distratto. Di solito sei più vivace.» Finn evitò lo sguardo perforante dell'amico continuando a camminare. Infine rispose che era preoccupato ed indeciso.
« Indeciso? Dici per la specializzazione? Finn non ti devi preoccupare, hai ancora un po' di tempo per scegliere.»
« Si, ma il punto è che non so cosa scegliere. Sono interessato a rune antiche, ma ho paura che non sia la strada giusta...»
« Hey, amico. Il fatto di avere paura ce l'hanno tutti. Anche io che sono propenso per diventare ricercatore ho paura. Non saprei, paura di... beh, rimanerci secco. Esistono tante specie di animali di cui non conosciamo ancora bene il comportamento, i poteri... un bel casino. Ma è affascinante e mi piace, per questo lo vorrei scegliere.»
Finn pensò che Reidar avesse ragione. Le rune antiche era qualcosa che a lui piaceva, qualcosa che aveva sempre sognato di fare, nonostante fosse un po' impaurito. La paura doveva fermare le sue scelte? E se un mostro l'avesse ucciso mangiandolo vivo? E comunque sarebbe stato allenato a dovere, quindi...
« Dai Finn, magari riesci a trovare o ad imparare qualche runa per scacciare l'Hikaarme» disse l'amico ridendo, mentre si aggiustava gli occhiali da vista sopra il naso appuntito.
« Non parlarmi di quella cosa, per favore», ribadì Finn. Non trovava affatto divertente il discorso. « Tu non sei spaventato? Insomma, tutti ne parlano, ma nessuno sa veramente quando e se arriverà. Magari morirò proprio mangiato da lei...»
« Oh insomma Finn! Pensa positivo! Se arriverà l'Hikaarme tu sferrerai un colpo e poi un'altro e infine lo ucciderai con la tua magia, proteggendoci tuuuuutti quanti!», lo scimmiottò Reidar facendo dei gesti strani. Finn si chinò a terra per prendere una palla di neve, ma quando fece per lanciargliela, gliene arrivò una dritta sulla spalla. « Sei troppo lento!»
Dopo aver giocato si accorsero che era ormai tardi, quindi si diressero verso casa. Reidar accompagnò Finn, dato che la propria casa era più lontana ma sempre sulla stessa strada.
« Pensa che bello», disse Reidar « tra poco dovremmo diventare anche raccoglitori». Una nota di tristezza si sentiva nella sua voce.
« Si, ci stavo pensando anche io... andare in giro a trovare dei Sali Protettivi, Quarzo di Rocca o delle Pietre Solari per le montagne oltre Esmir non è che sia una grande aspettativa... come se non avessimo altro a cui pensare.»
« Va beh, tanto ci tocca! Come è toccato a i nostri gentiori a sedici anni.» Finn cercò le chiavi nelle tasche del giubbino, aprì il cancellino di casa e se lo chiuse alle spalle.
« La settimana prossima, giusto?» chiese Reidar insicuro.
« Si, alle 9 in punto, in piazza.»
L'amico alzò la mano e la sventolò, salutando Finn. « Allora ci vediamo domani!» disse. Finn rispose con un cenno, sorridendo.
« E vedi di essere un po' più felice!»
« Promesso!» rispose lui, sorridendo.
Poco prima di arrivare all'entrata di casa Finn si girò.
« Reidar, sai che ho sentito dire che l'Hikaarme ha anche un nome?»
L'amico lo guardò perplesso.
« Davvero? E che nome potrebbe avere un mostro?»

*

A cena, Finn pensò molto a quello che il suo amico gli aveva detto: doveva stare tranquillo e scegliere cosa più gli piaceva, anche perché sarebbe stato il proprio futuro. Suo padre, che stava cenando con lui, lo guardò attentamente prima di parlare.
« Non hai mangiato molto stasera», osservò Espen. « C'è qualcosa che ti preoccupa?»
Per i primi dieci secondi sembrò che Finn non avesse sentito niente di ciò che il padre gli aveva appena detto, poi parlò.
« Ad essere sincero, sì papà. Oggi ci hanno chiesto per la millesima volta che cosa vogliamo fare come specializzazione, dato che ho due settimane di tempo per scegliere». Finn prese una forchettata di riso e la mangiò. «Sono solo un po' agitato e indeciso, tutto qua.»
Il padre sorrise al discorso del figlio. « Finn, anche tua madre al tempo era indecisa.»
« Davvero?»
« Sì, ma scelse di fare la ricercatrice, ovvero dove la portava il cuore», disse il padre fissando negli occhi il figlio. « E tu devi fare esattamente così, Finn. Segui quello che ti dice il cuore. Non essere spaventato, la paura non fa che bloccarti. Sono sicuro che se ci fosse qui la mamma ti direbbe la stessa cosa.»
Finn andò a dormire con tantissimi pensieri in testa. L'Hikaarme, la specializzazione, sua mamma e la raccolta. Cercò di scacciarli cantando una canzone o leggendo un libro, ma alla fine ritornavano sempre. Così si addormentò pensando ad una promessa, quella di essere un po' più felice.

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Capitolo 3
*** Due ***


๑ capitolo due ๑


La professoressa Effe era panciuta tanto che i maglioni facevano fatica a chiudersi. Possedeva molti nei e un filo di peluria scura al posto dei baffi. Non era un segno di grande cura dell'aspetto fisico, infatti si era sempre chiesto chi diavolo volesse mai sposarla. Finn era intento ad osservare il piccolo paio di occhiali che portava, chiedendosi come facesse a vedere, quando lo interpellò. « Finn?» Il ragazzo rimase immobile nel suo banco, con gli occhi di tutti puntati su di lui. Silenzio.
« Finn, mi stavi ascoltando? Che cosa stavo dicendo?»
Finn nell'imbarazzo provò a pensare, poi gli vennero in mente frammenti di parole ascoltate prima. « Della sopravvivenza e della raccolta?»
« Cosa in particolare?»
« Credo... delle pietre di Quarzo?»
« Credi?» chiese la professoressa scocciata, rendendo la propria voce stridula. « Sei a scuola per imparare. Non imparerai proprio un bel niente se continui a pensare ai fatti tuoi! Mi hai capito?»
« Mi scusi professoressa» ammise Finn, dispiaciuto. La donna si ricompose più in fretta possibile, riposizionando gli occhialini che si erano leggermente inclinati dopo la sua arrabbiatura. « Come stavo dicendo... dovrete fare molta attenzione quando uscirete dalle mura. Potrete trovare animali selvaggi e privi di ogni intelligenza, quindi pronti subito ad attaccarvi. Fortunatamente viaggerete sempre con un branco di lupi, che i nostri antenati sono riusciti ad ammaestrare con il tempo.» La professoressa aveva aperto l'armadietto che conteneva i libri da poter consultare sulle pietre, consegnandoli uno ad uno agli studenti. « Ricordatevi bene le informazioni che vi da il libro: il colore, l'ambiente circostante, segni particolari...»
Poi si fermò e gettò un'occhiataccia a Finn. « Tranne che per te Finn.» Passò oltre i suo banco e non gli diede nessun libro.
« Ma...», il ragazzo non riuscì nemmeno a ribattere che lei aveva già inziato a parlare. « Credo che i ragazzi distratti dovrebbero solo evitare di andare a raccogliere. Esmir potrebbe essere rovinata se gente così continua ad andare avanti! Se fossi io a governare...»

*

Quando Finn oltrepassò la porta dell'aula le lezioni erano già terminate da un po'. Si era soffermato a pensare. Quanto era stata ingiusta la professoressa? Vietare a lui di poter consultare un libro per la ricerca! Certo, avevano studiato qualcosa anche in classe, ma non in maniera approfondita. Non poteva nemmeno chiedere ai suoi amici, gli era stato vietato di fornirgli materiale. Si sarebbe sempre potuto "attaccare" ad un gruppo e seguire quello che facevano, ma alla fine, quando si dividevano, ognuno raccoglieva qualcosa, e di certo lui non voleva essere un peso per la comunità. Camminò verso la finestra e si affacciò, osservando la distesa innevata che aveva davanti. A Finn piaceva pensare. Pensava sempre, anche nei momenti meno opportuni, per questo era stato ammonito parecchie volte. Non che ciò modificasse i voti delle esercitazioni in classe o delle interrogazioni, tutt'altro: prendeva sempre ottimi voti. Solo che al ragazzo piaceva viaggiare con la mente, andare oltre le semplici cose, anche se a volte gli costava caro.
Era diretto verso il portone principale che portava all'uscita della scuola quando sentì chiamare. Si voltò di scatto poiché riconobbe immediatamente quella voce. Era un professore alto e snello, sulla trentina, con il pizzetto bruno e un paio di guanti bianchi. A Finn venne in mente che sicuramente si curava molto di più della professoressa Effe.
« Salve prof Thomas»
« Finn, come mai ancora qua? La campanella è suonata da un po'.»
« Credo di aver perso la cognizione del tempo», ammise.
« Sei sicuro sia solo questo?» chiese l'insegnante. Il ragazzo rimase zitto, senza proferire parola. Poi, con fare sincero, Thomas gli mise una mano sulla spalla e osservandolo negli occhi disse: « Finn, mi hanno riferito che ultimamente sei molto assente a scuola. E con la parola "assente" intendo dire distratto. C'è qualcosa che ti preoccupa?»
« No» mentì il ragazzo. « Sono solo un po' agitato per la raccolta. E' tra tre giorni e non mi sento molto...» non sapeva che parole usare. « Come dire... preparato.»
« Beh, per essere preparato forse avresti dovuto stare attento in classe, non credi?» Finn lo fissò esterrefatto, non sapendo se fosse una provocazione, se lo stesse dicendo scherzando o per rimproverarlo. Evidentemente le voci si erano diffuse in fretta... « Tuttavia...» continuò lui, « sono convinto al cento per cento che sei un ragazzo in gamba. Hai sempre preso ottimi voti e credo che tu non abbia problemi a proseguire il tuo percorso scolastico nel migliore dei modi. E non solo a scuola, ma anche nella vita. Ti ho sempre trovato un sognatore. E poi sono fermamente convinto che la professoressa Effe abbia il cervello un po' troppo squadrato, non so se mi capisci». Finn annuì, nonostante non capisse dove volesse arrivare. « Sta cercando di dirmi qualcosa?»
« Voglio che tu stia tranquillo, solo questo» ammise lui. « Non mi sembra molto produttivo che un ragazzino esca dalle mura di Esmir impanicato e ansioso. E non lo dico solo per noi, ma soprattutto per te.» Aprì la valigetta in pelle di bufalo invernale e tirò fuori un libro. « "Cristalli, dove trovarli". Un ottimo libro da studiarsi un po' prima di uscire, eh?» Era un libro con la copertina rovinata, come se fosse stato usato molto, magari passato di famiglia in famiglia o preso in prestito da molti alunni. Tutto sommato sembrava differente dai libri che erano stati consegnati ai compagni. Probabilmente quelli appartenevano a versioni più recenti. « La ringrazio, prof, davvero, ma... non è contro il regolamento? Voglio dire se la professoressa...»
« Finn, lascia stare» lo interruppe lui. « Qualche sgarro ogni tanto fa sempre bene.»
Finn era felicissimo e si sentiva in debito con quell'insegnante che credeva così tanto in lui. Sinceramente non sapeva quale fosse il motivo... Forse come aveva detto lui, non era un bene per Esmir avere una persona in meno a raccogliere...
« Ah, Finn, immagino non te l'abbia detto» disse Thomas.
« Detto cosa?»
« Solitamente ai giovani viene affidata la raccolta del Quarzo o del Cristallo Solare. Quelli Acquatici e Medicinali vengono affidati a quelli più esperti, anche perchè è più facile sbagliarsi», disse sorridendo. « Ti consiglio di studiarti bene quelle pagine. Non dirlo a nessuno eh? E' un piccolo segreto.»

*

Quando Finn varcò la soglia di casa mangiò di gran gusto, raccontando al padre quello che era accaduto, stando attento ad omettere la parte in cui Thomas gli aveva riferito delle pagine da consultare. Il padre tutto sommato era felice che un professore credesse così tanto nel proprio figlio. Tuttavia non trovava giusto che si fosse distratto durante le lezioni, così lo ammonì, dicendogli che doveva fare più attenzione e che non ci sarebbe sempre stato qualcuno pronto a salvarlo.
Mentre tutta Esmir dormiva tranquilla e faceva sogni beati, Finn era intento a leggere lunghi discorsi scientifici e geografici sulle due pietre. E perfino nei suoi sogni il Quarzo di Rocca era il protagonista.

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Capitolo 4
*** Tre ***


๑ capitolo tre ๑


Un poco più a nord di Esmir, dentro una grande sala illuminata solamente dalla luce del camino, i tre capi del villaggio discutevano animatamente. Intorno al tavolo erano seduti rispettivamente: Nobeye, ricercatore con occhi di ghiaccio, Patrono del mese di novembre; Diseye, esperto delle rune con grande acume, Patrono del mese di dicembre; infine Enero, medico e amministratore con grande abilità manuale, Patrono del mese di gennaio. Tutti erano abili maghi e maestri delle rune, forse i più antichi che Esmir ricordasse.
Le pareti della stanza erano avvolte dalle ombre che il fuoco proiettava: i loro corpi sembravano danzare un ballo infinito al ritmo del legno scoppiettante.
Quando Thomas entrò i tre saggi non si voltarono ma tacquero immediatamente.
« Thomas» disse a bassa voce Enero.
« Buongiorno saggi delle Terre d'Inverno», salutò il professore inchinandosi. « Molto probabilmente le cose andranno come le avevo programmate. Il nostro piano funzionerà.»
« Indubbiamente funzionerà» disse il patrono del mese di Novembre. « Come desidera» concluse l'insegnate un po' dubbioso. I suoi occhi scrutavano tutti e tre con malizia, ma non disse nulla.
Quando si girò per andarsene , tutti e tre sollevarono lo sguardo per osservarlo. Poi, prima di uscire, parlò:
« Spero solo che questo strazio possa finire... Arriverà il giorno in cui potrò scontrarmi faccia a faccia con quell'essere!» urlò lui. Chiuse gli occhi e strinse i pugni serrando i denti. « Shara non merita di vivere.»
La porta si chiuse e i tre rimasero soli a guardarsi negli occhi.



๑ angolo autrice ๑

Ciao a tutti! Spero che la storia vi stia piacendo!
Lasciate qualche recensione, ne sarei più che felice! o(*>ω<*)o

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Capitolo 5
*** Quattro ***


๑ capitolo quattro ๑


Finalmente era arrivato il fantomatico giorno della raccolta. Finn non era proprio felicissimo, ma quasi. Se non altro era riuscito a leggere qualcosa sulle pietre Solari e di Quarzo. Poteva rendersi utile anche lui e non fare la figura di quello che rimaneva lì senza fare niente. 
    La raccolta delle pietre consisteva nell'oltrepassare le mura della città di Esmir per andare a cercare questi cristalli che avevano molteplici funzioni (in base al tipo di pietra) per la sopravvivenza della città. Il Quarzo di Rocca o Ghiaccio Chiaro veniva raccolto poichè riusciva a tenere lontane le creature della foresta, almeno così dicevano. Era già capitato che qualche strano animale addentasse un abitante di Esmir. Quindi Finn era sia curioso, sia spaventato da tutta questa faccenda. Lui, che adorava viaggiare con la mente, spesso si chiedeva se in realtà non nascondesse qualcos'altro. Forse mostri più pericolosi di quello che si aspettava?
Poco prima che raggiungesse il punto di ritrovo insieme a Reidar, Tiril gli corse incontro per salutarli. Dopo alcuni convenevoli cominciarono a parlare della raccolta.
« Agitati?» domandò l'amica con il viso pieno di lentiggini e i capelli rossi.
« Io no, ma lui sì» disse Reidar indicando Finn.
« Sei riuscito comunque a leggere qualcosa sulle pietre?» chiese Tiril a bassa voce per non farsi sentire.
« Sì» rispose lui.
« Davvero? E come?» Reidar era colpito. Fin rispose con « Telepatia», facendo scoppiare a ridere Reidar, mentre Tiril lo guardò scocciata. In realtà era sua intenzione rimanere sul vago, e per sua fortuna nessuno dei due fece più domande.

*

    Quando giunsero alla piazza centrale di Esmir i tre amici salutarono alcuni conoscenti, compagni e professori. Non era affatto difficile conoscere quasi tutti gli abitanti del paese, dato che ne contava solo cinquemila. 
Alla cerimonia dell'Iniziazione della Raccolta, nella quale entravano a far parte giovani reclute, c'erano i tre Saggi Nobeye, Diseye ed Enero, che ci tenevano personalmente ad augurare buona fortuna e a ricordare alcune semplici regole.
« Buon giorno ragazzi! Un abbraccio caloroso ai veterani e un buona fortuna a tutte le reclute nuove!» disse Nobye salutando tutti. « Come forse vi avranno già detto, verrete smistati in vari gruppi di ricercha differenti, in modo da coprire più territorio possibile.»
    Finn aveva notato solo ora quante persone ci fossero. Perfino suo padre era arrivato con alcuni colleghi per unirsi nella raccolta; i genitori dei suoi amici non mancavano. Purtroppo era in queste circostanze che sentiva la mancanza della madre. Nonostante fosse morta quando aveva solo pochi mesi, sentiva che mancava una parte fondamentale di sé . Forse era per questo che era così insicuro?
Dopo il discorso del Saggio, vennero tutti smistati: Tiril finì nella raccolta del Cristallo Solare mentre Finn e Reidar in quella del Quarzo. Proprio come aveva detto il professor Thomas, ma Finn cercò di non pensarci. Sia lui che Reidar erano felici, anche perchè potevano contare uno sull'altro.
« Quarzi di Rocca, Cristalli Solari, Pietre Acquatiche, Sali Protettivi e Diamanti di Cenere. Mi raccomando, siate prudenti. Se dovesse succedere qualcosa di spiacevole o vi trovaste in difficoltà mentre siete da soli suonate il phlatus. Buona fortuna.»

    Proseguirono tutti e tre insieme fino alle mura che circondavano la città; lì giunse il momento di separarsi.
« Ciao ragazzi, ci vediamo dopo!» salutò Tiril.
Finn e Reidar procedettero insieme al resto della squadra composta da 30 persone: alcuni compagni di classe, ricercatori e maestri delle rune. Questo elettrizzò Finn ancora di più e lo spinse a dare il meglio di sé. Tutta la squadra s'incamminò verso le Alture Ghiacciate insieme ad una decina di lupi addomesticati in caso di attacco da parte di qualche animale selvatico.
Quando giunsero abbastanza lontano dalla città perché essa sembrasse piccola come muschio sugli alberi, anche la squadra cominciò a dividersi. Reidar e Finn si allontanarono insieme, procedendo uno affianco all'altro ancora per un centinaio di metri. In quel momento, a Finn venne in mente tutto ciò che aveva letto nel libro.
« Va bene Reidar, io vado da questa parte» disse.
« Sei sicuro che sia per di là?» chiese l'amico dubbioso. La direzione verso la quale stava andando era parecchio sinistra e inquietante e piena di Alberi Sempreverdi. Non c'era nulla che ricordasse i disegni che Reidar aveva visto dal libro che gli era stato dato in classe. 
« Sì Reidar, sono sicuro! Il libro che ho letto, se non ricordo male, diceva che si può trovare del Quarzo dove ci sono i Sempreverdi.»
Tuttavia, anche se l'amico non era molto sicuro, si limitò a rispondere con un va bene, salutando Finn. « Se sei in pericolo suona il phlatus, d'accordo?»
    Quando anche le strade dei due amici si separarono, Finn si trovò da solo. Completamente solo, in mezzo a tutta quella neve e quel freddo. Non gli era mai piaciuta la consapevolezza di essere solo, nonostante passasse gran parte del pomeriggio chiuso in stanza. Comunque, non era la stessa cosa. Adesso era veramente solo. E in un momento di solitudine tutte le sensazioni vengono ampliate.
"Dunque" rifletté, "Il libro diceva che... il Quarzo di Rocca o Ghiaccio Chiaro si può trovare nei pressi delle Alture Ghiacciate". Cercò di sforzarsi per ricordare attentamente le parole. "Seguendo il percorso dei Sempreverdi affianco alle rocce del terreno, è possibile entrare in possesso del Ghiaccio Chiaro... Sotto la neve dei grandi Alberi o alla base delle rocce, quasi nascosti nella terra: è lì che si possono trovare."
Essendo abbastanza sicuro di essersi ricordato attentamente le parole del libro, Finn proseguì per quella strada cosparsa di rocce e alberi. In lontananza sentì delle voci familiari, quindi capì di non essere nel posto sbagliato. Proseguì ancora per circa trecento metri, trovando un Quarzo di Rocca. Esso era chiaro, puro, cristallino. Tendeva leggermente al rosa, proiettando delle luminescenze sul volto del ragazzo. Finn si tolse un guanto per sentire com'era fatto. Quello era il suo primo Cristallo, non era una cosa da poco. Al tatto la pietra era liscia ma con tante sfaccettature che, per la mano, erano come una miriade di piccoli coltellini affilati. Decise di rimettersi il guanto e appoggiò il Quarzo dentro un contenitore di pelle attaccato alla cintura del giaccone. Non essendo abbastanza soddisfatto, decise di continuare la sua esplorazione e la sua raccolta.
    Continuando a vagare alla ricerca delle pietre, Finn non si accorse di ciò che gli stava succedendo attorno. Era accovacciato sul terreno innevato quando sentì un forte vento e un'aria gelida colpirgli il volto. Quel freddo pungente gli penetrò fin dentro le ossa. Nonostante fosse coperto in modo più che sufficiente, sentiva freddo. Lo riconobbe immediatamente: un ciclone di neve. Ormai era entrato e per uscirne doveva solo camminare in avanti, per trovare una via di fuga. I Cicloni di Neve sono molto silenziosi e questo può ingannare molta gente distratta. 
Finn non vedeva nulla: era costretto a tenere le palpebre saldamente chiude per evitare che la neve gli finisse negli occhi."Dannazione" pensò. Proseguendo alla cieca, il ragazzo inciampò in un sasso, cadendo a terra. Si rialzò toccandosi le tasche per controllare che non avesse perso qualcosa. Ma, purtroppo per lui, la pietra di Quarzo non c'era più. Gli era scivolata via. « Cavolo, no!», urlò il ragazzo a gran voce. Ma non poteva tornare indietro. L'unica scelta sicura era quella di uscire dal Ciclone di Neve per poi tornare a casa a scaldarsi, anche se in realtà era più propenso a riprendere la raccolta.
Non sapeva per quanto avesse camminato. Si sentiva spaesato. Era come giocare a mosca cieca con i propri amici: non poter vedere, era qualcosa che odiava profondamente. Come la sensazione di cadere nel vuoto, quando ti svegli di soprassalto tutto sudato, ringraziando il cielo di essere nel tuo letto invece che inghiottito da un burrone.
Questi brutti pensieri stavano attraversando la testa di Finn come un vortice, quando finalmente uscì dal Ciclone. La tempesta si era calmata, ma il vento era ancora pungente e forte. Si trovò l'apertura di una grotta davanti ai suoi occhi e, senza pensarci due volte, decise di entrarci. 
    Quando fu dentro alla grotta si sentì al riparo e, in un certo senso, meno isolato. Si appoggiò alle pareti rocciose e scure e avvertì immediatamente un senso di calore. Stupito, Finn si tolse il guanto destro e appoggiò delicatamente una mano sopra la roccia: era calda. Non ci poteva credere. Forse quella era una delle scoperte più entusiasmanti che si fosse mai sentita nella città di Esmir! Finn decise di rimanere seduto per qualche minuto per riprendersi. Era molto contento ma allo stesso tempo sorpreso. Non era poi così lontano da Esmir, possibile che nessuno avesse mai scoperto quella grotta? Curioso e deciso a proseguire il proprio cammino, si inoltrò nella caverna. Man mano che proseguiva il cammino notò che dalla profondità della grotta proveniva una luminescenza rossa e gialla, come la luce del fuoco. Avanzò con cautela, scrutando ogni dettaglio di quel posto. Si avvicinò sempre di più a quel barlume, finendo in una stanza enorme che non si sarebbe mai aspettato di trovarsi davanti. Era una stanza molto grande, con pezzi di roccia incandescente gettati di qua e di là. 
    Il colore predominante era il rosso; grandi vasche - sembrava acqua rossa - erano posizionate all'estremità di quel posto. Quell'enorme covo sembrava prendere tutta la montagna, e la cosa più bella era che, lì dentro, l'aria era tiepida. Finn non aveva mai sentito così tanto caldo in vita sua. Nemmeno quando era davanti al camino o sotto l'acqua bollente aveva mai sentito quel calore avvolgente e penetrante. Si poteva stare bene anche in maniche corte, addio giacche e maglioni.
    Finn, però, non si era accorto di qualcuno. Due occhi grandi e gialli lo fissavano, attendendo che lui la notasse. Quando Finn si accorse di lei, era troppo tardi. Nascosta contro la parete, rossa come il fuoco, ricoperta di piume, lo stava fissando. I suoi occhi entrarono in contatto con quelli del ragazzo che, immobilizzato dal terrore, rimase pietrificato.
    Fu un attimo. Finn ricordò solo quelle pupille penetranti mentre usciva dalla grotta correndo, con le mani che coprivano gli occhi. Correva, correva e correva, sempre più veloce, per tornare a casa. Inciampò e rotolò nella neve, colpendo vari alberi. Rotolò per qualche metro prima di atterrare su un terreno piano. Non riuscì nemmeno a suonare il phlatus, rotolando e addentrandosi nel buio e nell'oscurità. Sentì parecchie voci, soprattutto quella di Reidar.
« Tranquillo amico, ce la farai!» gli disse. Finn sentì la voce di suo padre e quella di altri medici, sconnesse, in lontananza. 
    Quando aprì gli occhi era come se non lo avesse fatto. Li stropicciò un paio di volte, ma non cambiò nulla. Provò a voltare la testa, ma niente. 
Un calore innaturale gli montò in corpo, seguito dall'ansia e dalla disperazione.
Un urlo. Finn era diventato cieco.

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Capitolo 6
*** Cinque ***


๑ capitolo cinque ๑


Finn, dopo aver scoperto di non vederci più, era svenuto di nuovo in preda alle convulsioni. Suo padre continuava a chiedere al medico che si era occupato di lui come potesse fare: nonostante fosse un dottore anche lui era stato allontanato perchè considerato "troppo coinvolto". Il ragazzo passò qualche ora in sala operatoria. Dopo averlo visitato accuratamente il medico uscì dalla stanza e si diresse verso suo padre, spiegandogli che non era nulla di grave.
« A quanto pare la cecità è dovuta al fatto che Finn ha sbattuto ripetutamente la testa contro alberi e rocce, mentre scivolava giù. Deve essere finito in un Ciclone di Neve.»
Il padre fu preso da un impeto di rabbia, ma cercò di resistergli deglutendo amaramente e serrando forte i pugni. Perchè Finn non aveva suonato il phlatus quando ne aveva l'occasione? Forse era troppo orgoglioso?
« Ma abbiamo anche ottime notizie», continuò il medico. « Finn non sarà cieco per sempre, anzi. La ciecità è stata causata dai colpi subiti, ma stando a letto e riposandosi accuratamente dovrebbe riprendersi nel giro di due settimane. »
    Reidar e Tiril, che erano seduti accanto al padre con due tazze di thè alle erbe aromatiche, tirarono un sospiro di sollievo. Il padre si accasciò sulla sedia sentendosi più sollevato e chiedendo se potesse vedere finalmente suo figlio. Il medico di guardia gli diede il via libera.
Quando entrarono nella stanza Finn era coricato su un lettino, avvolto dalle coperte di lana bianche. Il padre gli accarezzò la testa e Finn aprì gli occhi. Essi si appoggiavano su tutto, perchè in realtà lui vedeva solo grandi chiazze di colore sfumato, niente di nitido.
« Stai tranquillo Finn», sussurrò il padre cercando di trattenere le lacrime, « guarirai nel giro di due settimane.»
« Che giorno è?» chiese il ragazzo.
« Hai dormito un po', circa due giorni» disse Tiril. « È passato anche Thomas prima, ha detto che voleva parlarti, ma stavi ancora dormendo.»
Finn non diede peso a quelle parole, tanto che stava male. Aveva perso una delle cose più importanti della sua vita, di sè stesso. Ricordava quando, quelli che a lui sembravano pochi momenti prima, pensava a che cosa avrebbe fatto se avesse perduto la vista. Ora era esattamente in quella situazione.
« È colpa mia», disse Finn pronunciando a fatica quelle parole. Si accasciò sul letto e cominciò a pensare. « Le pietre...»
« E chissene frega delle pietre!» urlò Reidar. 
« Finn, come puoi pensare alle pietre?» chiese Tiril cercando di calmare l'amico infuriato. « Sei stato in pericolo di morte! Non importa se hai dovuto interrompere la raccolta...»
« Si ma ho deluso tutti.»
« Oddio, ci risiamo. No Finn, non hai deluso proprio nessuno» disse Reidar.
« Dovevi suonare il phlatus, così avremmo saputo che eri in difficoltà» lo ammonì il padre, non riuscendo ad essere troppo cattivo.
Fuori stava piovendo. Era una di quelle giornate fredde, gelide. Erano le cinque del pomeriggio e fuori c'era già buio; il sole era tramontato da un pezzo. Presto si sarebbe messo a nevicare.
    In realtà Finn si sentiva davvero male. Non ci vedeva. Era come se tutto ad un tratto, avessero spento il sole. O la luna, dato che il sole non lo vedevano quasi mai. Provava più volte ad aprire e chiudere gli occhi, nella speranza di un qualche miracolo. Sapeva che doveva aspettare solo due settimane, ma erano comunque tante. Che cosa avrebbe fatto? Un'angoscia profonda gli avvolgeva il petto e si distendeva su tutto il resto del corpo, facendolo tremare. Non aveva certo dimenticato quello che aveva visto, ma non riusciva a dire nulla. Forse se avesse parlato l'avrebbero deriso, preso per scemo, dicendo che si era inventato tutto. Avrebbero sicuramente trovato una spiegazione a quella sua strana ed inspiegabile visione. Si immaginava già il dottore dirgli "Finn, probabilmente la caduta ti ha fatto molto male. Questo può averti procurato delle allucinazioni, dei sogni particolarmente strani, fatti nel dormiveglia. Per questo pensi che siano reali". Pensava a suo padre e ai suoi due veri amici, che erano lì con lui. Forse a tempo debito, glielo avrebbe raccontato. O forse se ne sarebbe solo dimenticato. La fenice drago, l'Hikaarme. Shara. "Oh, ecco come si chiama" pensò Finn. Ma nonostante provasse a ricordare come facesse a sapere quel nome, non riusciva a trovare una risposta. Lo sapeva e basta. 
    Gli ululati del vento freddo che sbatteva contro le tegole della stanza d'ospedale lo portarono alla realtà, facendolo sussultare.
« Finn, mi spieghi perchè stavi andando da quella direzione? Anche Tiril dice che è alquanto improbabile che vicino a dei sempreverdi ci sia del Quarzo», domandò l'amico. Tiril annuì in senso di approvazione, anche lei curiosa della risposta.
    Finn allora raccontò del professor Thomas e del favore che gli aveva fatto, nonostante gli aveva promesso di non parlarne con nessuno e di mantenere il segreto. Raccontò della sua felicità nel sapere che qualcuno credeva in lui, del fatto di quanto si era sentito importante quando sapeva di poter aiutare anche lui nella raccolta, nonostante fosse stato distratto a scuola.
« Il professor Thomas ti ha dato quel libro?» chiese il padre. « Dove l'hai lasciato?»
« Dovrebbe essere in camera mia, sul tavolo» rispose Finn. « Perchè?»

    Quando Espen arrivò a casa trovò il libro esattamente dove Finn lo aveva lasciato. Lo prese in mano e cominciò a guardarlo. Proprio in quel momento il libro cominciò a disfarsi. La copertina marrone e antiquata si sciolse come cera, che gli scivolò dalle mani. Le pagine si staccarono una ad una e caddero tutte a terra come dei fogli svolazzanti. Espen ebbe un sussulto ed arretrò. Quando si chinò per raccogliere ciò che era rimasto delle pagine, si accorse che erano completamente bianche. Tutti i disegni, le scritte, gli appunti erano spariti nel nulla.
Improvvisamente, cominciò a venirgli un gran mal di testa, le tempie gli pulsavano e gli occhi gli facevano male. « Maledetto Thomas» disse, uscendo di casa.

*

« Molto bene» disse Thomas appoggiando le mani sul tavolo della sala riunioni. « A quanto pare il ragazzo ha abboccato. Speriamo non riveli nulla di ciò che ha visto» disse giocando con un pezzettino di carta che teneva in mano. Diseye si alzò, prese una piccola pietra da un cassetto di un mobiletto piccolino e la mise nel fuoco. Esso cominciò a riscoppiettare, provocando scintille e fiamme giganti.
« Thomas, siamo sicuri che stiamo facendo la cosa giusta?» domandò lui, insicuro. « Voglio dire, abbiamo accecato un ragazzo che non c'entra niente in tutto questo.»
« Sbagliato. Finn c'entra eccome, ed è l'unico in grado di poterlo fare. Lui è diverso dagli altri ragazzi, lo so. Lui è la nostra pedina» sussurrò il professore con gli occhi chiusi, come se stesse pensando. « Diseye, non ti starai rammollendo, vero? Per non parlare del fatto che lui è il figlio di Sofie. Anche a lei era successo, ricordate?»
Tutti si guardarono; Diseye abbassò gli occhi, Enero e Nobeye scossero la testa in segno di disapprovazione nei confronti del loro simile. « Stai attento Thomas, quello a cui vai incontro può essere molto più grande di te. L'Hikaarme ha una forza maggiore rispetto alla tua.» 
« Forza maggiore? Puah!» rispose il professore. « Me ne infischio di quello che dite. Voglio quell'essere MORTOdefinitivamente» disse Thomas alzandosi dalla sedia sulla quale era seduto, come per riuscire ad esprimersi meglio. « E poi non sono debole, anzi, molto più forte di quanto possiate credere. Non ricordate Celine? Più tempo è in me, più tempo divento forte.» Poi fece una pausa e riflettè, poi parlò. « Sapete, non vorrei che i vostri poteri si stiano affievolendo a forza di non agire...»
In quell'istante si udì il rumore di una porta cigolante aprirsi e sbattere contro il muro. « Che cosa diavolo hai fatto a mio figlio?!» urlò Espen avvicinandosi velocemente a Thomas. Ora era solo ad un passo da lui. « Come ti viene in mente di creare un libro magico per mio figlio? Cosa volevi fare, ucciderlo?!» gridò a pieni polmoni, colmo di rabbia.
« Espen non sono faccende che ti riguardano, quello che sceglie il consiglio dei saggi non sono affari tuoi» rispose l'insegnante.
« Affari miei?! E' mio figlio! Lui è l'unica cosa che mi rimane!» Poi, improvvisamente quel mal di testa fortissimo tornò. Espen si portò una mano sulla fronte stringendo i denti. Poi come era venuto se ne andò.
« Sofie... » sussurrò il padre. « Sofie... Ora ricordo... voi volete utilizzare Finn come esca?! Maledetti!» urlò e cominciò a sferrare pugni, ma Thomas si indietreggiò velocemente e aprì la mano sinistra puntandola contro di lui. Espen fu costretto a stare immobile, non riusciva a muovere un muscolo: la magia lo aveva intrappolato.
« Gli sta tornando la memoria...» disse Nobeye stupito.
« Non per molto» concluse Thomas. Si avvicino al padre tenendo sempre la mano sinistra puntata su di lui. Con i denti si tolse il guanto che aveva sulla destra. Un grande sigillo rotondo, con una moltitudine di rune riempiva il suo palmo. Con due dita gli toccò la fronte. Espen sentì molto dolore, ma non ebbe la forza nemeno di urlare. Prima di sprofondare nell'oblio più scuro e dimenticarsi tutto per colpa della magia, riuscì a sentire le ultime parole di Thomas. 
« Riportatelo a casa. Finn non deve sapere nulla, ci serve ancora per un po'.»
I tre saggi guardarono con tristezza il corpo di Espen prima di indicare alle guardie nella stanza accanto di portarlo a casa.




๑ angolo autrice ๑

Eccomi di nuovo qua! Spero che la storia vi stia piacendo!
A quanto pare mi piace finire i capitoli con suspance....
Fatemi sapere che cosa ne pensate! o(*>ω<*)o ♥

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Capitolo 7
*** Sei ***


๑ capitolo sei ๑


Una donna dai lunghi capelli castani legati in una pesante treccia cammina per la stanza parlando con qualcuno, ma Finn non riesce a capire nè cosa nè con chi. Il viso della donna è annebbiato, si vedono solo pochi lineamenti, troppo confusi per capire chi sia. Un flash. La donna ora sta abbracciando tre ragazze vestite di bianco ma con i capelli rosso fuoco. Ora la sua voce è chiara, calda, rassicurante. Dice che andrà tutto bene, che non si sarebbero dovute preoccupare. Un altro flash. Un incendio nella città di Esmir, delle grida nel buio della notte, delle rune antiche sul pavimento in pietra. La donna giace per terra sotto delle macerie, un uomo grida la sua voce. Ora il volto della donna è chiaro, Finn la riconosce: è sua madre.

 

     Quando aprì gli occhi si ritrovò coperto di sudore. Si mise a sedere cercando con le mani le coperte nel buio della stanza. Mugugnò qualche parola cercando di tenersi a mente i nuovi dettagli del sogno: le rune sul pavimento di pietra grigio, sicuramente sempre ad Esmir. Ma la domanda più assillante rimbombava nelle sue orecchie: che cosa ci faceva sua madre lì? Non era morta in un incidente...?
« Di nuovo quell'incubo?» gli domandò una voce familiare. Poi Finn si ricordò di non essere in una stanza buia, ma erano i suoi occhi che gli impedirono di vedere. 
    Erano passati cinque giorni da quando si era risvegliato cieco. Lì sul momento avrebbe voluto morire perchè non vedeva, ma ora che il tempo era passato e la vista pian piano migliorata, gli sembrava un miracolo. Era sdraiato sul proprio letto, infatti era ritornato a casa il giorno dopo l'intervento. Accanto a lui seduta su una piccola poltroncina c'era Tiril che leggeva un libro; sia lei che Reidar erano rimasti per la maggior parte dei giorni seduti accanto al suo letto, cercando di tirargli su il morale e farlo svagare.
« Tiril», la chiamò. Lei lo fissò sorridendo. « C'è qualcosa che non va? »
« Ho bisogno di parlare sia a te che a Reidar. Credo siate le uniche persone in grado di potermi aiutare. »
« Di che cosa stai parlando?»
« Ti spiegherò tutto dopo. Porta qui Reidar, per favore» disse chiudendo gli occhi e accasciandosi dolcemente sul letto. Era giunto il momento di fidarsi.



*



Quando Tiril rincasò con Reidar, Finn sentì un dolce odore di pane appena sfornato e pregò perchè Reidar ne avesse portato un po' anche a lui.
« Finn, ti ho fatto una sorpresa! Eccoti qua un po' di pane direttamente dal forno dei miei zii» disse allungando il pane e porgendolo nelle mani di Finn, che fu molto sollevato da quel piccolo regalo.
Il ragazzo aspettò che Finn avesse mangiato di gusto il pane con del thè caldo ai frutti di bosco, poi cominciò a parlare.

« Allora... Tiril mi ha detto che ci volevi parlare... a proposito di?»
Finn accartocciò la carta nella quale era avvolto il pane e ne fece una piccola pallina.

« E' da quando mio padre è andato a parlare con Thomas che evita le mie domande. Dice che non si ricorda, che gli fa male la testa, che è pieno di lavoro... Ho preferito non parlargliene, non vorrei appensantirlo e peggiorare la sua situazione.»
Tiril e Reidar lo ascoltarono, acconsentendo ogni tanto ad alta voce.

« Non vi ho detto tutta la verità», disse, « Durante la raccolta in realtà ho visto l'Hikaarme. E' stata lei ad accecarmi.»

« Cosa?!» chiesero stupiti i due amici all'unisono. « Ma non è possibile! Finn sei sicuro...?»
« Si e vi prego... non prendetemi per pazzo.»  

« Ma l'Hikaarme...», Tiril diede un piccolo colpo a Reidar, facendolo smettere di parlare.

«Ho deciso di discuterne con voi perchè sapevo che sareste stati gli unici a credermi.» Chiuse gli occhi e li riaprì. Vedeva davanti a sè due sagome sfocate, ma riconosceva perfettamente i capelli lunghi e mossi di Tiril e il giaccone verde smeraldo di Reidar.
« Tranquillo Finn» disse la ragazza. « Hai fatto bene a parlarcene.»

« E l'Hikaarme com'è? E' veramente come la descrivono i libri?» domandò l'amico curioso.

« Si, è esattamente così: rossa, con delle scaglie piumate... è maestosa... Ma il vero problema è che dal giorno dell'incidente, ogni notte sogno, mi agito... Ma io non credo che siano sogni quelli che faccio» disse. « Sono delle specie di... visioni.»

« Visioni?» domandò Reidar.
« Perchè pensi che siano visioni?»
« E' possibile fare lo stesso sogno per cinque notti consecutive?»
« In effetti... Ma cosa vedi precisamente in queste visioni?» domandò l'altro.
« Vedo... mia madre, che accudisce tre ragazze... vedo un incendio... la vedo morire» chiuse gli occhi sentendo nella sua testa ancora le grida. « Ogni notte sogno qualcosa in più, un dettaglio... come se stessi ricostruendo una storia nella mia testa.»
« Dunque... un incendio ad Esmir? Non credo ci sia mai stato... o almeno nessuno ne ha mai parlato» disse la ragazza. 
« Forse perchè non volevano farlo sapere» disse sospettoso Reidar. « L'unica cosa capace di provocare un incendio ad Esmir è l'Hikaarme.»
« Esattamente» proseguì Finn. « Quando sono stato accecato nella sua grotta, c'erano fiumi di lava, laghi di magma incandescente!»
« Infatti, è tutto molto strano...»
« Okay» disse Finn cercando di ricongiungere il filo del discorso. « L'Hikaarme sarebbe venuto qua quindici anni fa e avrebbe incendiato tutto e ucciso mia madre? C'è qualcosa che manca, un pezzo di storia.»
« Ma come avrebbe fatto l'Hikaarme ad entrare nella città? Perchè nessuno ce ne ha mai parlato?» domandò Reidar poco convinto della faccenda, ma allo stesso tempo entusiasta di aver scoperto qualcosa di nuovo. « Perchè nessuno ci ha mai detto che l'Hikaarme in realtà non è un "semplice" mostro, ma vive realmente a pochi metri da noi?»
« Nemmeno i nostri genitori ci hanno mai raccontato nulla... perchè avrebbero dovuto tenerci nascosto un episodio così importante?»
Mentre Finn ascoltava i suoi amici la sua mente vagava, cercando una possibile soluzione a quel difficile enigma.
« Forse l'incendio e il fatto che ho incontrato l'Hikaarme sono collegati.»
I tre si guardarono e continuarono a riflettere. 
« Potremmo seguire la pista di mia madre, ma non credo ci sia rimasto molto, dato che a quanto pare non rimane nulla di lei e dei suoi appunti. Nonostante fosse una ricercatrice non sembrava aver scritto molto...»
« La biblioteca!» urlò Tiril. 
« E cosa c'entra questo con tutto il discorso?» chiese Reidar.
« Dobbiamo andare in biblioteca per studiare l'Hikaarme. E' una specie di mostro mitologico, no? Finn, ti ricordi vagamente com'è fatto? Nei libri storici ci sarà pur scritto qualcosa! »
« Va bene Tiril, andate a scoprire qualcosa sull'Hikaarme. Dopo andremo a parlare con i colleghi di mia mamma.»
« Esatto Finn! Magari loro ci sapranno rivelare qualcosa su cos'è veramente successo quella fatidica notte di quindici anni fa» concluse Reidar. « Anche se non ne sono pienamente convinto...»
Il mistero si stava infittendo, ma ai tre amici non dispiaceva affatto, anzi. Erano veramente molto curiosi; Finn, nonostante la tristezza per la morte della madre, sentiva di dover dare giustizia ad un segreto tenuto nascosto ormai per troppo tempo.

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Capitolo 8
*** Sette ***


๑ capitolo sette ๑


Quando i due amici tornarono a casa di Finn erano passate circa quattro ore e lo trovarono seduto al tavolo della cucina intento a mangiare un brodo di alce fumante. Furono sorpresi di vederlo alzato dal letto, segno di rapida ripresa della propria vista; d'altra parte, anche Finn fu sorpreso di vederli ricoperti di polvere e ragnatele. Reidar tossì qualche volta. Avevano il fiatone, le guance erano rosso vivido e il naso era ghiacciato.
« Diamine, ma dove siete stati? Le catacombe sono più pulite di voi!» (n.d.a. le catacombe sono un luogo della fantasia e mitologia di Esmir. La leggenda narra di come le catacombe siano il fulcro di fantasmi, mostri e belve feroci. Sono anche storie che vengono narrate ai più piccoli, un po' come l'uomo nero.)
« E' un bene che tu riesca a vedere come siamo ridotti» disse Tiril appoggiando il suo piccolo quadernino sul tavolo mettendosi a sedere.
« Beh più che vedere... vi sento. Puzzate di marcio.»
« Complimenti a parte» proseguì Reidar lanciando un'occhiataccia a Finn, non sicuro però che l'amico l'avesse colta, « abbiamo trovato quello che cercavamo. Tiril, leggi pure, così lo aggiorniamo.»
« Certo» disse la ragazza prendendo il libricino e schiarendosi la voce. 
« Anno 1400 dopo la guerra buia. I primi avvistamenti dell'Hikaarme sono stati da parte di contadini, mercanti, falegnami delle terre del nord. Questo essere viene visto come una bestia feroce - se viene provocata: essa sputa fuoco e il suo habitat naturale sono le montagne ghiacciate che lui stesso trasforma in grandi grotte calde. Solitamente l'Hikaarme vive perennemente in queste grotte e raramente esce poichè si nutre delle pietre magmaree o di magma solidificato sul fondo delle grotte. Nel caso dovesse uscire dalla sua tana, invece, c'è da preoccuparsi: potrà uscire solo se vale la pena uscire. Il libro diceva che sarebbe uscito per "proteggersi, vendicarsi, uccidere". E' debole alle pietre lunari - le quali però non si trovano da queste parti - e al Ghiaccio Chiaro o comunemente chiamato Quarzo di Rocca.»
« Sentito? Vendicare, uccidere... è chiaro che è successo qualcosa che nessuno ha mai raccontato. Perchè l'Hikaarme si sarebbe infuriato con Esmir? Non ha alcun senso... e poi il Quarzo di Rocca! Ora è chiaro... altroché mostri della foresta» concluse Reidar tuffandosi su una poltrona.
« Forse qualcuno del nostro villaggio gli ha fatto un dispetto, come... rubargli qualcosa?»
« E che cosa avrebbero potuto rubargli? Della lava?»
« Ragazzi!» esclamò Tiril. « Non ho ancora finito di leggere. Adesso arriva la parte interessante.» Loro la fissarono in ascolto.
« L'Hikaarme si riproduce da sé, non ha bisogno di un altro esemplare. Questi esseri partoriscono un uovo ogni cento anni, che però - fai molta attenzione Finn - rimane incustodito. Ebbene si, proprio così. L'Hikaarme si riduce in cenere al parto dell'uovo - che non ha bisogno di essere covato grazie al calore della grotta - , per poi tornare e rinascere dalle proprie ceneri quando esso si sarà già schiuso.»
« E quanto tempo ci impiega a rinascere dalle ceneri?» domandò Finn preoccupato, come se conoscesse già la risposta.
« Due anni.»

*

Quando lasciarono la casa i due amici non erano proprio sicuri che sarebbe stata una buona idea quella di lasciar uscire Finn. Vedeva tutto molto sfocato, quantomeno sapeva riconoscere le persone, il che era un buon segno. Attraversarono parecchi vicoli, una farmacia e un negozio di giocattoli per bambini, che fece sorridere Tiril per via dei ricordi suscitati.
« Ah, che bei tempi quando eravamo bambini. Non ci dovevamo preoccupare di niente» disse camminando a passo svelto.

« Cosa darei per tornare ad una serata di quelle.»
Finn pensò immediatamente alla propria di infanzia: suo padre aveva sempre cercato di dare il meglio di sé, trasmettendogli tanta gioia. Ma in cuor suo sapeva che mancava qualcosa. La casa era sempre in disordine, mangiavano spesso le stesse cose... si insomma, c'era un vuoto, e questo lo vedeva nel padre. Mancava l'affetto della madre. Quando vedeva tutti i bambini che rincasavano insieme alle famiglie per le vacanze invernali (o meglio, quando faceva ancora più freddo di tutto l'anno), si sentiva vuoto e provava una grande invidia. Fino all'età di cinque anni passava i giorni di festa con i nonni paterni, ma dopo poco, l'inverno portò via anche loro. Si sentiva escluso dalla cerchia di amici, e allo stesso tempo si sentiva colpevole di provare quei sentimenti. Poi però, arrivarono delle persone nella sua vita, parlo di veri amici. Si chiamavano Reidar e Tiril.
« Muoviti Finn, o arriveremo tardi!» La voce di Reidar lo fece ritornare alla realtà e con un sorriso sulle labbra accelerò il passo raggiungendoli.

*

« Se l'indirizzo che ho trovato è esatto, dovrebbero abitare qua», annunciò Tiril. Erano arrivati davanti ad una grande casa in legno, con intorno piccoli alberelli sempreverdi. Il fumo usciva dall'alto del camino, simbolo che almeno qualcuno c'era in casa. « Insieme a tua mamma lavoravano una coppia di coniugi, Irma e Rudi, anche loro ricercatori, ora però si limitano a lavorare in un piccolo negozio.»
« Tiril mi spieghi come diavolo fai a sapere tutte queste cose?»
« E' un segreto» disse mettendosi un dito davanti alla bocca.
« Vuoi scherzare?!»
« Va bene, va bene! Ho cercato in biblioteca nell'albo dei ricercatori e sono andata per anno. Esattamente quindici anni fa c'erano tre ricercatori che lavoravano insieme: Sofie, affiancata da Irma e Rudi.»
« Tre?» domandò stupito il ragazzo una volta sentito il nome di sua mamma.
« Esatto Finn. Solamente tre. E indovinate un po': prima di quell'anno i ricercatori erano solamente in tre, da sempre. Ma, da quella data in poi, i ricercatori sono diventati sette.»
« Oddio» sussurrò Reidar. « Che diavolo è successo?»

*

    Irma, che gli aveva aperto la porta, si era dimostrata molto gentile e cordiale. Aveva i capelli lunghi e neri, raccolti in un basso chignon, occhi scuri come il carbone, il viso scolpito da piccole e lievi rughe. Il maglione fatto di lana di montone bianco le arrivava alle ginocchia. Si accomodarono al tavolo della cucina e solamente Reidar accettò volentieri una tazza di thè caldo.
« Mi dovete scusare, non aspettavo nessuno. Ma fa sempre piacere che qualcuno venga a farci visita» disse abbozzando un sorriso. Le guance erano rosse, in contrasto con la sua pelle molto chiara. « Avete detto che siete qui per...?»
« Una ricerca scolastica» disse Tiril, cercando di sembrare più veritiera possibile. « Ci hanno chiesto di fare una ricerca sui ricercatori della nostra città e noi abbiamo scelto lei e suo marito. Speravamo che riusciste a rispondere a qualche nostra domanda, se non vi è di disturbo.»
« Oh, certo nessun problema. Ma sarò io a rispondervi; mio marito è giù al negozio e non tornerà prima di cena.»
Il trio, felice che la donna abbia accettato, tirò un sospiro di sollievo e ringraziò.
    All'inizio le domande vagarono sul più e sul meno, sul lavoro da ricercatrice, sul come lei avesse deciso di intraprendere quella strada. Finn era molto interessato nonostante tutto, e alcune sue risposte gli fecero pensare alla sua vita normale di tutti i giorni, prima che succedesse quel casino infernale.
« Quindi mi saprebbe dire come mai dall'ultimo anno che avete lavorato le squadre di ricercatori hanno raggiunto le sette persone?»
La donna esitò un attimo. 
« A dire la verità non ricordo... forse perchè pensavano che fosse più sicuro?»
In quel momento entrò un ragazzo di circa vent'anni, molto magro nonostante il maglione e la sciarpa che lo avvolgevano: aveva anche lui i capelli mori ma gli occhi erano chiari.
« Lui è mio figlio, Ethan.» Si scambiarono il saluto, il ragazzo prese una tazza dall'armadio vicino alla cucina, una fetta di pane imburrata e ritornò dov'era prima, richiudendosi la porta alle spalle.
« La prego» disse Finn, che fino a quel momento era stato zitto, « la prego, non ricorda nulla?» domandò implorandola, tradendosi. « E'... molto importante.»
La donna lo osservò attentamente prima di capire chi fosse. 
« Tu... sei il figlio di Sofie» disse quasi sottovoce. Rimase a fissarlo intensamente, con il viso che mostrava segni di preoccupazione. Poi un ghigno emerse dal suo volto, affiancato da un forte mal di testa. Si mise la mano sulla fronte e strinse i denti, sussurrando parole incomprensibili. « Fuori! Andate fuori! Tu... non devi... stai alla larga... Sofie... non è colpa... l'incendio... ahh»
Quando Ethan entrò di corsa in cucina dopo aver sentito le urla di sua mamma, i ragazzi non c'erano più. Trovò sua madre in uno stato confusionale, accasciata a terra, con un grande mal di testa.
« Tutto a posto mamma?»
« Si, tesoro, grazie, non è nulla. Mi passerà»
Ethan la osservò, spostando il suo sguardo da lei, alla porta dalla quale erano usciti i ragazzi. Corse verso camera sua e osservò dalla finestra i tre ragazzi scappare, respirando affannosamente, calciando la neve per terra, imprecando. In quel momento Ethan, si chiese se fossero veramente pronti per scoprire la verità. 
Decise di fare un tentativo.

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Capitolo 9
*** Otto ***


๑ capitolo otto ๑


La delusione era troppo forte perchè Finn potesse nascondere qualche lacrima. Reidar, anche lui rassegnato, si mordeva nervosamente le labbra, mentre Tiril cercava inutilmente di calmarli.
« Era la nostra unica possibilità!» urlò Finn in preda alla rabbia. L'unica persona che poteva rivelargli qualcosa sulla verità di sua madre aveva negato tutto, come se in realtà sapesse qualcosa. Come se stesse proibendo ai propri ricordi di salire a galla. E poi... le erano venute forti emicranie. « Lei mi conosceva! Lei SA QUALCOSA!»
« Se andassimo dal marito?» propose Tiril, la quale proposta fu rifiutata da Reidar, « Non avrebbe senso, ci direbbe le stesse cose...»
« Ragazzi, stavo pensando... non trovate strano che anche a lei fosse venuto un forte male alla testa? Voglio dire certo, i mal di testa sono comuni, ma proprio così forti da farti smettere di pensare e proprio riguardo a certe domande?» domandò Finn, cercando di calmarsi e di trovare un motivo a tutto ciò.
« Intendi dire che non è che non vogliano dire la verità... non possono?»
« Più che la verità sembra che impedisca loro di ricordare» concluse Finn.
I tre continuarono a camminare, cambiando involontariamente strada, guidati solo dalle supposizioni e della voglia di trovare risposte.
« Ricordi quando tuo padre ha cominciato ad avere questi dolori lancinanti alla testa?» chiese l'amico.
« Beh a dire la verità solo ultimamente... forse sono peggiorati quando...» e improvvisamente gli venne in mente che suo padre era andato a parlare con Thomas, ma non gli aveva più raccontato nulla, come se non ci fosse mai andato o come se... non ricordasse nulla. Certo, anche Finn aveva cercato di evitare di porre domande per non aggravare la situazione... « Sono peggiorati quando ha parlato con Thomas e...» il ragazzo non fece in tempo a finire la frase che inciampò in un sasso dissestato del pavimento della piazza. I due amici accorsero immediatamente, continuando a chiedergli se stava bene e domandandosi se avessero fatto bene a portarlo fuori dato che non ci vedeva ancora abbastanza bene.
« Non è che non ci vedo bene! Quella maledetta pietra!» disse alzandosi e andando per calciarla ma poi, con il piede sospeso a mezz'aria si fermò. Tutto quello che stava osservando, anche se leggermente sfocato, gli ricordava qualcosa. Un'aria nonsochè di familiare. Quelle pietre, quella piazza, quell'atmosfera... Una vampata di calore gli pervase tutto il corpo. Si chinò velocemente scostando le pietre dissestate dal terreno e vide che altre pietre, ricoperte di neve bianchissima, erano incise. Forme piuttosto regolari andavano a solcare le pietre e passavano da una all'altra. 
« Ragazzi... ho trovato le rune delle mie visioni. E' questo il posto» concluse il ragazzo alzandosi in piedi.

 
*

    Li stava osservando. Erano lì, chinati tutti e tre per terra, cercando di non farsi vedere. Ma lui sapeva cosa c'era in quelle rune e che cosa tenevano nascoste. L'aveva capito che quei tre ragazzi stavano combinando qualcosa. Doveva tenerli d'occhio prima che Thomas potesse far loro del male. Ma aveva paura. Era codardo e infondo lo sapeva. Quando aveva avuto una idea si era sempre tirato indietro. Era così che si comportava uno come lui? Avrebbe dovuto essere un valoroso guerriero e aiutare le persone che chiedevano aiuto. Per quanto ancora sarebbe stato così vigliacco? Pensando a questi sentimenti, si ritirò.
 
*

    « E' impossibile!» urlò Reidar togliendosi il giaccone e gettandolo su una poltrona. Il calore della casa di Finn li avvolse teneramente, come un abbraccio.
« Shh!» sussurrò Tiril, che in quel momento aveva le gote rossissime. « Abbassa la voce! Non sappiamo se il padre di Finn è in casa!»
« Non preoccupatevi» disse « prima o poi dovrò dire la verità anche a mio padre, o meglio... lui dovrà dirla a me.»
« E a proposito delle rune... che cosa pensi che nascondano?» chiese l'amico, questa volta non urlando.
« Le rune di solito contengono magia pura», disse Tiril, « vengono incise sulla pietra, sul legno, sui muri, sul terreno... perfino anche sulla pelle umana. Servono a richiamare tanta energia.»
« Quindi in quel preciso punto deve essere successo qualcosa. Probabilmente qualcosa a che fare con l'incendio...»
In quel preciso istante qualcuno bussò alla porta. Ai tre ragazzi gelò il sangue. Chi poteva essere? Forse semplicemente suo padre... oppure un amico o qualcuno che chiedeva qualcosa? O forse... Thomas? Bussò di nuovo, questa volta con più forza. Reidar e Tiril si nascosero dietro alle tende, pronti a saltar fuori in qualsiasi momento, mentre Finn andò ad aprire la porta.


« Ciao Finn» disse Ethan, il figlio della collega di Sofie. « Ho bisogno di parlarti. E' urgente.» 
    Quando ormai tutti i convenevoli erano stati fatti e le cose erano chiarite, dopo che Tiril e Reidar erano spuntati fuori appoggiando al tavolo -cercando di non farsi vedere- una padella e una scopa, cominciarono a parlare.
« Quando vi ho visti prima, a casa mia, non avevo capito chi foste. Ma sapevo che avevate dei problemi. Poi ho chiesto a mia madre, e tutto mi è stato chiaro. Probabilmente anche i vostri genitori hanno delle forti emicrania quando gli chiedete di quella notte.»
« No, i miei genitori non...» fece per dire Tiril, quando lui la bloccò. « Ragazza, non negare ciò che non sai. Non lo puoi sapere se non gliel'hai mai chiesto. Con questo non dico che tutti i nostri genitori siano corrotti, certo che no. Ma è successo qualcosa, una notte di inverno di quindici anni fa.»
« Perchè ci stai dicendo queste cose?» chiese Finn che non si fidava del tutto. In quelle settimane aveva imparato a diffidare un po' di più delle persone.
« Perchè voglio che mia madre stia meglio. Sono stufo che abbia continuamente vuoti di memoria... è come se non ci fosse, così anche per mio padre. Sono stato zitto troppo a lungo. Ho deciso che d'ora in poi voglio aiutarvi, voglio far ritornare Esmir come la città di quindici anni fa. C'è qualcosa che vi devo raccontare.»
I tre amici si avvicinarono, curiosi di quello che il ragazzo aveva da dirgli.
    « A quell'epoca avevo solamente sei anni e non ricordo tutto perfettamente. So solo che mia mamma e mio papà lavoravano con una donna giovane e piena di grinta, ci veniva a trovare spesso. Si chiamava Sofie. Lei lavorava tanto, spesso più di loro. Ricordo tante discussioni che a me sembravano inutili sul fatto di aver rubato qualcosa, che probabilmente si sarebbe rivoltato contro di tutti.
« Poi quella fatidica notte. A quell'epoca non esisteva la raccolta, o meglio... non come la conosciamo noi oggi. Nessun mostro ci dava la caccia e non c'era nulla che potesse rovinare la quiete degli abitanti di Esmir. Ma ben presto arrivò. Io ero nascosto in casa, poichè avevano dato l'allarme per qualcosa che era accaduto. Ricordo le sirene che suonavano, luci rosse che riflettevano sulla neve, e per me che ero un bambino di cinque anni, sembrava sangue. Ma non volevo stare nascosto. Ero curioso, volevo sapere. Mentre mia nonna era intenta a tenere i miei cugini, io camminai in cucina e guardai fuori tra le ante degli scuretti. Quello che vidi fu incredibile.
« Un'enorme bestia di fuoco, era lì, imponente. Ai suoi piedi tre ragazze dai capelli rossi, con la pelle chiarissima, non umana. Anche se non vedevo bene dall'angolazione in cui ero, ricordo tantissimo fuoco e tua mamma, Finn, che gridava di lasciarle andare. Lo diceva a proposito di una delle tre ragazze. Era come se quell'essere fosse venuto a prenderle. Come se fossero... parte di lui. Intanto i tre saggi erano davanti all'essere, pronti ad un combattimento. C'era anche una quarta persona, ma non capii chi fosse. Credo sia morta. Poi... quando vidi una delle tre ragazze finire uccisa scappai velocemente da mia nonna e non feci più parola con nessuno. Lo giurai a me stesso. Non feci domande a nessuno, come se non avessi visto niente. Ben presto capii di avere fatto la cosa giusta. Passarono di porta in porta facendo una sorta di quella che a me sembrò... magia. O qualcosa per la memoria. Nessuno ne parlava, nessuno più ricordava. E io finì per sprofondare nell'oblio dei miei ricordi. Ma dato che a quel tempo ero un bambino con una fervida immaginazione, ho sempre pensato di avere esagerato, di essermi immaginato troppe cose. Fino a quando, una settimana fa, non ho sentito di te Finn. Ho letto sul giornale di un ragazzo -non c'era la tua foto- che aveva perso la vista per colpa di un incidente, rotolando giù per una discesa durante la raccolta. Un pò strano, non trovate? E sai Finn perchè ho pensato a te? Al figlio di Sofie? Perchè c'è una discussione dei miei genitori che non mi toglierò mai dalla testa. Una discussione in cui mio padre e mia madre dicevano che Sofie era stata accecata.»

*

    Quando Ethan chiuse la porta d'ingresso alle proprie spalle, lasciò dietro di se un vuoto inimmaginabile. Le sue parole continuavano a rimbombare nella testa di Finn. Era lì, in piedi, fermo e impassibile, cercando di non mostrarsi più distrutto di quanto non fosse. In tutta la sua vita non aveva mai realizzato la perdita di sua madre, quanto facesse male tutta quella situazione. Era stata uccisa, non era un semplice incidente come suo padre voleva fargli credere. Troppe domande gli vorticavano in testa: chi erano quelle tre ragazze? Cosa gli hanno rubato che lui desidera così ardentemente? Chi ha ucciso sua madre?
    Finn si girò di scatto verso i due amici che erano in piedi e lo fissavano tristemente. Non dissero nulla per paura di fargli del male, per paura di aumentare le proprie ferite. Finn non nascose neanche per un istante le grandi lacrime che gli scorrevano lungo il viso. « Scopriremo mai la verità?»

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Capitolo 10
*** Nove ***


๑ capitolo nove ๑


Tiril e Reidar se n'erano già andati da un pezzo quando Finn sentì la porta aprirsi e vide rincasare il padre. Durante quelle ore fuori si era già fatto buio e ancora più freddo. Aveva pensato a quanto i suoi amici lo supportassero, nonostante tutto. Non doveva essere facile nemmeno per loro. Lo sguardo di Finn fissava un punto sul pavimento, ma la sua mente era via, era altrove, probabilmente nei suoi pensieri, quelli che sono solo nostri e che nessuno potrà mai toccare.
    Dal sacchetto che il padre teneva in mano, Finn sentì un odore caldo, avvolgente, appena sfornato. Probabilmente era andato a comprarlo appena uscito dal lavoro per fargli una sorpresa. Il fuoco scoppiettava nel camino attaccato alla parete e di tanto in tanto, mentre il padre apparecchiava, Finn si divertiva malinconicamente a gettarci sopra della legna.
    Quando Finn si lavò le mani per sedersi a tavola, il padre si inginocchio ai suoi piedi, come se stesse cadendo. Gli prese le mani; notò che stava tremando.
« Finn... io non posso» disse balbettando. « Loro... lo sanno... se dico qualcosa...» Finn, davanti a quella scena, non riuscì a dire nulla. Sentì solamente il cuore spezzarsi in due. Non poteva dava la colpa al padre, anzi. Avrebbe dovuto capirlo sin dall'inizio quanto fosse pesante anche per lui questa storia. Se l'era mai domandato? Aveva mai pensato a suo padre? 

   « Non ti preoccupare papà» disse il ragazzo stringendolo in un abbraccio. Sentì delle gocce bagnate sulla propria spalla e il padre singhiozzare. Finn allora, strinse più forte per farsi sentire, per mostrare che era lì in quel momento. « Perdonami» sussurrò il padre tra i sussulti del pianto. Finn avrebbe fatto di tutto per distruggere l'essere umano mostruoso che aveva causato tutto quel dolore. Avrebbe addirittura ucciso. Finn si sentì in colpa per quei pensieri, poichè sapeva che la vendetta non era un gesto affatto nobile. Ma non resisteva all'impulso, alla rabbia che gli saliva nel corpo facendolo tremare. Per un istante chiuse gli occhi e immaginò che anche sua madre fosse lì, tutti e tre stretti in un dolce e malinconico abbraccio.

*

    Dopo aver mangiato e aver riso un po' parlando del più e del meno, forse per dimenticare, forse per abitudine, decisero di terminare la lunghissima e stancante giornata andando a letto presto. Erano circa le nove e mezzo di sera quando Finn si infilò sotto le coperte di lana. Sentire la morbidezza del cuscino gli fece pensare a quanto a volte il mondo esterno possa essere lacerante e difficile da sopportare. Era meglio rifugiarsi nel proprio intimo, nella propria casa, era meglio pensare, viaggiare con la mente proprio come faceva lui. Ma senza un confronto con l'esterno che cosa era? Poteva definirsi Finn senza entrare in contatto con qualcuno? Un po' turbato da queste riflessioni chiuse gli occhi, cercando di scacciarle via, chiedendosi invece se avrebbe sognato di nuovo. Si girò sul fianco e cadde in un sonno profondo.
    Questa volta le visioni gli facero meno paura. Nonostante fosse profondamente addormentato riuscì a mantenere un certo senso di calma, tranquillità, come se avesse scoperto di più su quell'enorme faccenda. Era molto doloroso per Finn rivedere ogni singola volta la madre avvolta dalle fiamme e delle grida, ma sentiva che si stava avvicinando alla verità e questo gli bastò per andare avanti. Anche quella notte però, si aggiunse un frammento di visione del tutto inaspettato dal ragazzo.
    C'erano le rune e dei grandi spruzzi di luce uscivano dal terreno. Finn vide i tre saggi dire qualcosa all'Hikaarme, lui non voleva sentire. Tre ragazze erano in piedi davanti a lui; erano bellissime, di una bellezza pura e inebriante. Una grande magia, fiotti di luce e scintille piovevano dall'Hikaarme, una tempesta di neve e grandine, causata da Enero, cercava di contrastarlo per spegnere il fuoco. Gran parte delle case di Esmir erano bruciate. 
    Improvvisamente Finn sentì caldo tutto attorno al petto e si trovò catapultato nella tana dell'Hikaarme. Lui era lì, accovacciato che scrutava Finn. Sentiva tante voci tutte insieme, dei sussurri indistinguibili, poi una voce chiara e profonda allo stesso tempo, inquietante e rassicurante. « Finn vieni da me. E' giunto il momento di mostrarti.»
    Quando Finn si risvegliò la sua vista era guarita completamente. "Questa è sicuramente l'ultima visione che Shara mi concede" pensò Finn. Poi si chiese come facesse a sapere che si chiamasse Shara, ma non riuscì a darsi una risposta. 
    Si vestì e si lavò di gran fretta, mangiò qualche biscotto e una piccola focaccia, si mise la sciarpa e indossò gli stivali antineve e partì. Sapeva dove doveva andare. Se un indovino, qualche settimana prima gli avesse detto che probabilmente un giorno futuro sarebbe andato nella tana dell'essere più spaventoso e più temuto dalla sua cittadina per chiedergli la verità, si sarebbe messo a ridere. Ma ora no, adesso era tutto diverso. Finn sapeva che era un rischio, ma Shara l'aveva chiamato e doveva cogliere quel dono e provarci, non avrebbe perso nulla e se fosse stata una trappola... almeno sarebbe morto cercando di scoprire la verità.
    Camminava in modo furtivo, cercando di non dare nell'occhio, uscendo dalle mura il prima possibile. Passò alcune case dei suoi compagni di classe e vide un fornaio che apriva il forno: doveva essere molto presto. Non c'era ancora chiaro in cielo, solo in lontananza s'intravedeva una piccola macchia azzurro chiaro.
    Una volta fuori dalle mura si tirò via la sciarpa che aveva avvolta intorno alla testa per non farsi riconoscere e il suo passo si fece più svelto. Ripercorse esattamente tutto il percorso che aveva fatto la prima volta e gli sembrava strano che fosse solo una settimana prima. Trovò gli stessi sempreverdi, gli stessi sassi, gli stessi rumori di quando c'era stato e si accorse che lì non era cambiato proprio nulla, come se il tempo si fosse fermato. Decise di proseguire facendo fatica a a muoversi per via della neve molto alta. Questa volta non finì in un ciclone di neve e arrivò sano e salvo nella tana dell'Hikaarme.
     Quando entrò si sentì nuovamente avvolto dal calore della grotta il quale, ammise, gli era mancato. Fece alcuni passi attraverso i corridoi rossastri, per poi finire nell'immensa caverna. Quando alzò lo sguardo la vide. 
    Vide Shara in tutta la sua grandezza. La prima volta non l'aveva osservata bene, perchè troppo spaventato. Anche adesso lo era, ma decise di rimanere calmo poichè sapeva che quello era ciò che doveva fare. L'Hikaarme aveva un enorme bocca seghettata nera come il carbone, il corpo era ricoperto di piume marroni e rosse squamate, così come le sue enormi ali. La coda era in fiamme e continuava a bruciare: probabilmente il fuoco era inestinguibile. Le zampe erano come quelle di un leone o di un grande lupo, alla fine delle quali spuntavano enormi artigli. I suoi occhi erano penetranti, attraenti, Finn faceva fatica a distogliere lo sguardo. Questa volta, però non lo accecò.
    Dopo essere stato sotto pressione e non aver detto nulla per alcuni minuti, Finn fece un inchino, pensando che l'essere potesse gradire. Prima che potesse dire qualsiasi cosa di sensato, Shara parlò.
« Finn, stai tremando.» Ed era vero. Si accorse che l'agitazione e la paura per quell'incontro l'avevano scosso, facendolo tremare tutto e forse, pensò il ragazzo, anche far innervosire l'Hikaarme.
« Mi scusi altezza» rispose Finn, cercando di essere gentile.
« Quanta formalità, ragazzo mio» disse ridendo. La sua risata era qualcosa di inquietante ma allo stesso tempo rassicurante. Era un suono mai sentito prima, una sorta di grido acuto. « Finn, prima di parlare con te voglio che tu sappia la verità.» 
« La verità?» chiese il ragazzo.
« Si» rispose Shara che alzò lo sguardo e fissò Finn dritto negli occhi. « Inoltre, mi fa piacere che tu abbia degli amici sinceri, che ti seguirebbero in capo al mondo.»
Finn non sapeva di che cosa stesse parlando, quando improvvisamente Tiril e Reidar sbucarono fuori dal tunnel.
« Ma che diavolo ci fate qua?» domandò Finn.
« Ti abbiamo seguito! Pensavamo che dovessimo venire con te!» disse Tiril.
« Esatto, non potevi andare da solo! Lo so Finn che questa è una faccenda personale per te, ma noi siamo tuoi amici, di noi ti puoi fidare. Noi possiamo aiutarti», concluse Reidar con il viso triste. Finn non si capacitava di quello che avevano fatto. Avrebbero sacrificato la loro vita per aiutarlo? Si sentiva estremamente in colpa ma al contempo felice di avere degli amici del genere. Lui li guardò e sorrise.
« Ebbene, così sia» disse Shara. « Sai Finn, quando tua madre morì mi lasciò qualcosa.»
« Che cosa?» domandò incuriosito.
« I suoi ricordi. Quindi ora non sarò io a parlare, ma lei. Vivrete tutte le sue memorie, così come tutto cominciò.»
« Come posso fidarmi di te?» chiese Finn preoccupato.
« Non puoi» rispose. « Puoi solamente osservare il passato e cercare di capire come sono andate in realtà le cose.»
Gli amici di Finn lo andarono ad abbracciare, facendo sentire la loro presenza, dicendogli che insieme ce la potevano fare. Anche se erano spaventati difronte a quell'enorme essere, erano insieme e sarebbero riusciti a fare qualsiasi cosa.
« Siamo pronti.»

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