Different Humans

di Verde Pistacchio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DIFFERENT HUMAN
 
Prologo

 
Una mano ruvida le stava accarezzando l’incavo del collo e quella pelle che una volta era rosea e delicata adesso era circondata da graffi, cicatrici. La mano continuò il suo percorso fermandosi alla spalla, sollevando parte del tessuto che la sua vittima indossava, per quello che ne era rimasto, così il pollice ruvido della mano destra descriveva piccoli cerchi che man mano si ingrandivano sulla spalla e lui sorrise fiero e contento di come era iniziata questa storia. Per il meglio, proprio per il meglio. «Allora piccola Fragola, pensi di collaborare o sei ancora convinta che resistere stoicamente sia la migliore strategia?». I suoi occhi si ingrandirono e il cuore accelerò i battiti mentre cercava di allontanare quella mano che l’aveva già toccata, violata, tante volte o forse troppe. Sentiva il freddo sul suo corpo indolenzito e dolorante, ricoperto da escoriazioni che le arrossavano ogni centimetro di pelle. Mosse velocemente le gambe per quello che la corda poteva permetterle e scosse la testa a destra e sinistra. No, no, no e poi no. La risposta era sempre la stessa, più passavo i giorni, più si diversificavano i suoi giochetti su di lei e meno riusciva a convincerla. «Dannazione perché ti ostini a resistere, lo sai che non durerai molto!» lo sapeva, glielo ripeteva ogni giorno da quando tutto questo inferno era iniziato. Lo sapeva perché ne era cosciente, non riusciva più a sopportare le docce di gas o i bagni violenti a cui era sottoposta giornalmente. Sapeva che per quanto diverso potesse essere il suo corpo restava quello di un umano, un insulso, debole essere umano. Voleva gridare, gridargli in faccia tutto il suo odio, gridargli di finirla, gridargli che non sapeva niente di quello che gli chiedeva e che se anche sapesse non gli avrebbe detto niente.

«Preferirei morire piuttosto che parlare» queste furono le uniche risposte nei primi tre giorni poi lui decise di tapparle la bocca con uno spesso strato di nastro adesivo, persino respirare le riusciva difficile eppure nonostante tutto non riusciva a capire come la situazione fosse degenerata in pochi mesi. Aggrottò le sopracciglia, c’è chi disse che gli occhi siano lo specchio dell’anima che provasse a leggerle nel pensiero se era tanto ansiosi di una risposta. Una risposta che non sarebbe cambiata nel tempo. Con questo sperava di allontanarlo, così com’era successo tante altre volte. Ma così non fu.
Un forte sospirò uscì dalle narici dell’uomo, si stava arrabbiando e una vena pulsante e gonfia sbucò dal suo collo, le labbra si tirarono lasciando spazio alla dentatura bianca. La prese per le spalle e la sbatté violentemente al muro provocando un gemito soffocato e la pelle attorno alle scapole le bruciò come se fosse stata a contatto con le fiamme. Il gemito si spense in un delicato e debole lamento «Stolta che non sei altro.» avvicinò le sue labbra al suo orecchio e i capelli si mossero cullati dal suo fiato che riscaldava la carne vicino l’orecchio e le sussurrò piano, dolcemente «Potrei prenderti in questo momento, in questa posizione, farti urlare da loro fino a quando l’ultimo respiro non ti abbandonerà. Potrei farti provare le pene peggiori di questo mondo fino a quando sarai tu ad implorarmi di ucciderti ed io… lo farò con molto piacere» si allontanò da quel piccolo sporco corpo con la stessa velocità di una persona che sta per precipitare da un burrone, gettandola di nuovo a terra come se non fosse niente, come se non fosse un essere umano. «Ricordati solo queste parole. Puoi cambiare il tuo destino, sappilo. Dipende solo da te.» con queste parole e l’oscurità della stanza che lo accompagnava perennemente se ne andò.
Non lo aveva mai visto in viso, solo la sua corporatura e era stato concesso di vedere in quella stanza vuota. Nemmeno una finestra per alimentare le sue vane illusioni. Nemmeno una finestra per liberare il suo respiro. Nemmeno una finestra per scaldarsi al sole. Provò a muovere le mani per non risentire quell’odioso formicolio quando si addormentavano, ma le corde le tenevano ben strette nella loro morsa, le facevano male. Non poteva nemmeno asciugarsi gli occhi bagnati di lacrime salate come il mare ad ogni sua visita, ormai si erano asciugate.

Come se non bastasse a migliorare la sua situazione si ricordò di essere sporca. Questo pensiero la riempì di vergogna, come un bambino colto in flagrante mentre rubava qualcosa. Le sue mutande e i suoi pantaloni ne portavano il segno, l’urina bagnava le mutande e i suoi pantaloni erano sicuramente in compagnia di qualcosa di morbido o forse molliccio che puzzava e le causava prurito. Cercava da tempo di non pensarci ma era difficile poiché quelle cose rimaneva lì, non se ne andavano. L’unica magra consolazione era che in quello stato lui non avrebbe potuto attuare la sua minaccia, non un’altra volta. Ecco a cos’era ridotta, sperare di salvarsi da una morte dolorosa umiliandosi. Stranamente, senza riuscire a trovare una spiegazione un pensiero o più precisamente un ricordo venne a galla nella sua mente:
Ti porterò via con me
 
***
 
 
Continuava in modo imperterrito a digitare parole e password sul computer, gli occhi gli bruciavano già dopo le prime cinque ore di lavoro. Erano giorni che lavorava con questo ritmo e cominciava a sentire il corpo e la mente venir meno. Pausa, ci voleva una pausa di pochi minuti. Solo questo si concesse. Mollò miracolosamente la tastiera e si rilassò sullo schienale della poltrona.
«Ma dove sei finita?» continuava a sussurrare questa domanda da giorni ormai e ancora non riusciva a darsi una risposta ma si voltò verso la porta non appena notò una presenza. Keiichiro. «Credo sia meglio che tu spenga il computer Ryou, non concluderai niente andando avanti così.» Sei stanco, Hai bisogno di riposo. Quelle parole galleggiavano sulla sua testa come pesanti bollicine nell’aria. Era vero però, aveva bisogno di riposo, non sarebbe riuscito ad andare avanti ancora per molto. Keiichiro posò sul tavolo coperto da mappe della città, calcoli e fogli con vari scarabocchi una tazza bianca. Ryou la portò alle labbra senza domandarsi nulla. Camomilla. Gli venne da sorridere, ormai lui lo conosceva bene.
Domande, domande troppi quesiti nella sua testa e lo spazio era ridotto! Le borse sotto gli occhi e le occhiaie aveva rubato qualche anno al giovane viso del biondo americano. «Non erano così che dovevano andar le cose.» Keiichiro forse non aveva più vogli di dialogare d un paio di giorni, non sorrideva più. Il suo volto era segnato da varie rughe anche se non aveva perso il suo fascino e il suo carattere mite. Sospirò pesantemente. La situzione era chiara nella sua pericolosità: qualcuno, non si sa ancora chi, aveva rapito Ichigo ed eliminato ogni traccia che potesse condurli da lei. All’inizio pensarono che potesse essere opera di quei tre, Kisshu, Pie e Taruto, ma dopo l’ultimo scontro non si fecero più vedere. Era spariti dalla circolazione, si erano circondati della quiete prima della tempesta e, questa tempesta, sarebbe stata molto pericolosa.
«Le ragazze dove sono?» terminò di bere la camomilla e posò la tazza sul piattino. Fissò la scrivania che disordine! Pensò. «Sono nelle loro stanze. Stanno dormendo.» tranquillamente avrebbe aggiunto, ma entrambi sapevano che non così non era. Nella stanca aleggiò un triste silenzio carico di domande, pensieri, dubbi e preoccupazione.

Sotto il Caffè mew mew, oltre al laboratorio vi erano cinque stanze, tre occupate dalle ragazze, divise due per ogni stanza. In una di queste qualcuno non riusciva a dormire.
Purin si girava e rigirava fra le coperte, beandosi per pochi secondi della soave sensazione che il cotone le provocava sulla pelle. Gli occhi le si chiudevano ma non riusciva a dormire, una domanda voleva porre alle compagne la cui risposta però la spaventava. Ma lei era una delle cinque eroine della Terra, avevano affrontato situazioni pericolose ed insieme ne erano uscite vincitrici. Non doveva temere. «Retasu sei sveglia?» sussurrò piano per non spaventava, ma pregava che si vegliasse ugualmente. La ragazza si girò lentamente destandosi dal suo sonno leggero e senza sogni, chi sognava più ormai? «Non riesci a dormire Purin?» la più piccola fece no con la testa «Devo farti una domanda. È importante!» Retasu sbattè gli occhi e si fece più attenta «Dov’è Ichigo? Non viene più al caffè e Ryou si comporta in modo strano. Tutte voi vi comportate in modo strano.» il tono della sua voce le strinse il cuore, basso per non svegliare le altre ragazze nelle stanze accanto ma anche permeato di preoccupazione e dubbi. Purin era la più piccola tra tutte loro, era ancora una bambina Retasu ne era consapevole sebbene si occupasse da sola di tutti i suoi fratelli minori. Voleva addolcirle la verità ma non sapeva come. Per la prima volta si ritrovò senza parole, non sapeva che dire o come consolare la sua amica. Se le avesse detto la verità si sarebbe spaventata e non era il momento adatto, se invece avesse provato ad eludere la domanda si sarebbe insospettita. «Dormi Purin, è tardi ne riparleremo domani.» concluse così il breve dialogo fra loro due, con il tono stanco di una madre che abbia discusso troppe volte con il figlio. Purin si voltò dalla parte opposta e chiuse gli occhi, non sapeva che pensare. Nessuno fra le ragazze poteva immaginare che il giorno dopo una novità l’attendeva.










 

Note dell'autore

Era da parecchio tempo che non scrivevo. Ho rivisto un paio di puntate dell'anime e mi era venuta voglia di scrivere una long o un progetto da portare a termine (noterete che molte ff su tmm sono state cancellate). Faccio alcune precisazioni questa ff è ambientata in un momento impreciso dell'anime (prima della fine sicuramente) e ho portato alcune modifiche che leggerete più avanti. Non voglio spendere molte parole, anche perchè è quasi mezzanotte. Non aggiornerò con frequenza (come sempre) anche a causa degli esami che ci saranno a febbraio. In conclusione vi auguro buona lettura, buon anno nuovo e se volete potete dare un'occhiat al mio sito (in costruzione) Mondo 2.0  

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 
 
Il rumore preponderante era quello dei piattini, cucchiaini che tintinnavano contro le pareti dei bicchieri e le risate delle persone.
«Hai saputo che il regista Phill B. ha avuto un’accesa discussione con il protagonista del suo ultimo film.»
«Si, ho letto stamattina la notizia questa mattina sul blog ufficiale. Be’ che vuoi farci sono cip, possono permettersi certi capricci.» le due donne continuavano a spettegolare mentre bevevano il thè.
«Non vedo l’ora che inizino le vacanze, già non ne posso più del nostro nuovo professore di fisica!» si lamentò una ragazza con la sua amica, che ridacchiava divertita dal quel comportamento.
Il locale era pieno, non c’erano più posti liberi, le ragazze scorrazzavo con i piatti colmi di dolci e bevande a destra e a manca. Erano tutte molto stanche. Retasu stava versando del caffè sula tazza di una cliente ma per pochi secondi si estraniò dal mondo che la circondava, pensava ad Ichigo e alla sua scomparsa. Il caffè fuoriuscì dal bordo della tazza allargandosi su quasi tutta la superficie del tavolino «Signorina ma stia un po’ attenta! Guardi cos’ha combinato!» la signora di mezza età le rovesciò addosso quel tono come se fosse il saluto del buongiorno, la ragazza dai capelli smeraldo divenne rossa in viso, si aggiustò con mani tremanti gli occhiali «Mi … mi scusi signora, sono davvero mortificata. Non succederà più.» la signora stava per dire qualcosa ma fu interrotta dall’arrivo di Keiichiro che con un sorriso cordiale le disse: «Ci scusi, purtroppo siamo parecchio affaccendati. Le offriamo una fetta di torta per scusarci» concluse con quel suo sorriso che addolcì la donna in pochi secondi «Oh ma… non si preoccupi, son cose che possono succedere!» Retasu lo ringraziò con uno sguardo riconoscente «Andiamo, rimani pure in cucina a riposarti. Qui ci penserò io.» sussurrandole piano all’orecchio la verde seguì il suo consiglio.
 
 ***
 
Zakuro sistemava dei piatti in una pila, quando vide avvicinarsi Ryou gli chiese: «Ci sono novità?» non c’era bisogno di specificare altro, ormai l’argomento di quei giorni era il medesimo: la scomparsa di Ichigo. Erano già quarantotto ore che non avevano sue notizie. «No niente di niente al momento. Ho cercato tutto, ho fatto tutto il possibile, ma sembra si sia volatilizzata così all’improvviso, come per magia» era frustante non poter fare niente, si passo una mano fra i capelli biondi. Zakuro fissava la sala piena di clienti, non importava cosa succedeva intorno agli esseri umani, loro continuavano la loro vita. Era egoista da parte loro ma sapeva che in fondo era giusto così. Per quanto ne sapevano la rossa poteva essere morta e tutti gli altri avrebbero continuato la loro vita, avrebbero continuato a lamentarsi per qualcosa, a ridere per qualcos’altro. Loro erano fermi in un limbo rappresentato dall’attesa, dall’ignoto, mentre gli altri erano già fuori o non vi erano mai entrati. Anche loro dovevano pur uscire da quel luogo, ma forse adesso era troppo presto. Il suo pensiero corse ai genitori di Ichigo, non avevano parlato con loro dalla sera scorsa, quando decisero di chiamare la polizia denunciare la sparizione di una ragazza. «Ad ogni modo, sarà meglio inserire il cartello chiuso appena la sala si svuoterà. Dovete scendere tutte nel laboratorio. Chiuderemo prima oggi.» annuì con la testa.
 
 ***
 
Parcheggiò la macchina in giardino, spense il motore, alzò il freno a mano, scese dall’auto. Ormai ogni azione era diventata meccanica, la sua testa aveva un solo ed unico pensiero, un chiodo fisso: sua figlia. Dov’era? Era sparita senza dire niente a nessuno, così all’improvviso. Era ancora viva? Quest’ultima domanda era la più dolorosa… i suoi vestiti erano perfettamente stirati, Sakura sua moglie continuava le sue faccende domestiche, nonostante il dolore. Vero lei soffriva pure, ma a differenza sua non si era lasciata andare alla deriva, continuava a sperare… e lui? Non lo sapeva. Voleva sperare, ma una parte di se stesso gli diceva che non c’era più niente in cui sperare, forse Ichigo non sarebbe più tornata, forse non l’avrebbe rivista mai più. Certe volte pensava che se avesse visto il suo corpo forse poteva andare avanti. Il pensiero di un corpo senza vita, di quel corpo, che lui aveva visto crescere per sedici anni, riverso a terra e chissà magari anche insanguinato gli metteva i brividi. No sapeva se avrebbe retto al dolore e alla pura di una visione simile, però forse il suo spirito aveva bisogno di questo per andare avanti e trovare pace. Aveva accumulato parecchie nottate in bianco ed anche se era stanco andava lo stesso al lavoro, ma con la testa ed il cuore non c’era proprio.
Entrò in casa poggiando il giaccone sull’appendiabiti all’entrata, si tolse le scarpe e si avviò verso la cucina, da cui provenivano alcuni rumori di stoviglie e l’acqua che scorreva. Non appena Sakura, sua moglie lo vide alla porta lasciò tutto quello che stava preparando ed abbracciò forte Shintaro. «Sei tornato finalmente.» la sua voce era attutita dai suoi abiti e la testa poggiava stanca sul petto del marito. Il giorno prima aveva versato tante lacrime, adesso era solo stanca. Erano entrambi così affaticati da non avere l’energia per piangere ancora. Sakura sospettava che suo marito avesse già esaurito tutte le lacrime, lo sentiva tremare e singhiozzare la notte. Desiderava unirsi a lui, fargli sentire la sua vicinanza ma non poteva, avrebbe rotto anche i suoi di argini e così non andava bene. L’unica cosa che poteva fare era accoglierlo come faceva tutti i giorni, con l’unica differenza che ora il suo stato d’animo non era più calmo ma colmo di apprensione, paura e tanta tristezza.
Suo marito ricambiò, con la stessa energia, l’abbraccio. I momenti di rabbia avevano lasciato il posto a quelli di disperazione. Al solo pensiero che la sua bambina non c’era più il suo cuore si spezzava in due. Non era giusto, non aveva fatto niente di male. L’unica pretesa di Ichigo era stata quella di vivere una normale vita da adolescente, era un desiderio così ignobile? Sakura sembrava tenere duro, ma il suo volto in meno di ventiquattro ore era invecchiato.
Il piatto che aveva sotto il naso sembrava prenderlo in giro, la cosa più giusta da fare sarebbe inondare quel katsuobushi* con le sue lacrime, in un quantità tale che se fosse ritornato in vita poteva sguazzarci dentro. Il mercoledì Sakura era solita prepararlo, era anche uno dei piatti preferiti di Ichigo…
«Qualche novità?» il pranzo, ormai messo da parte dopo il vano tentativo ingerire qualcosa, era caratterizzato da queste domande trite e ritrite. Shintaro avrebbe potuto rispondere a sua moglie gridando semplicemente che se ci fossero state notizie gliele avrebbe riferite immediatamente, perché si parlava della loro figlia, non starebbe con le mani in mano. Non l’avrebbe mai fatto, mai. Amava sua moglie e non poteva scaricare la sua frustrazione su di lei.
«No tesoro niente di niente per ora. Non voglio neanche accendere la televisione.» da una giornata intera tempestava la centrale di polizia per avere informazioni, ma non erano riusciti a cavare un ragno dal buco. Sicuramente qualcuno aveva spifferato la notizia a qualche rete locale e, magari, in quel momento mandavano in onda un servizio sulla scomparsa di una giovane ragazza. Strinse forte i pugni, non aveva bisogno delle loro voci fredde per sapere che molto probabilmente non l’avrebbero più trovata. Non aveva bisogno della loro pietà, aveva bisogno solo di rimanere in compagnia di sua moglie e sperare, forse vanamente, in un miracolo.
«Immagino che sarai stanca. Andiamo a letto a riposare» baciò teneramente la fronte di Sakura e si addormentò abbracciato a lei, i suoi pensieri navigavano su acque agitate.
***

Il tavolo era ricoperto da distillatori, agitatori magnetici, filtri, centrifughe, becher, imbuti e provette. Ogni centimetro di superficie era occupato da qualche attrezzo. Trasportava il liquido con la pipetta da un contenitore ad un altro, mentre una seconda sostanza cambiava colore all’aumentare della temperatura, tramite il fornetto sotto la base del contenitore graduato. Stava per terminare il suo lavoro, che aveva richiesto praticamente ben otto ore di fatica, quando qualcuno lo riportò alla realtà: «Hai finito di giocare al piccolo chimico? Abbiamo ancora molto da fare» la voce sprezzante di quella donna lo mandava in bestia. Si girò infastidito da quella interruzione «Se non fosse per il piccolo chimico che hai di fronte, a quest’ora stavamo freschi» le ribatté con tono duro. La donna per tutta risposta arricciò le labbra in una smorfia come ad indicare pura indifferenza.
«Piuttosto, parlando di cose serie. Hai contattato il giornalista?»
«Ovviamente, per chi mi hai preso? Non sono stupida, lo conosco il piano!» sbottò la donna, ma su questo punto l’uomo aveva qualche dubbio… «Gli ho riferito tutte le informazioni, come mi avevi detto tu» il ragazzo sgranò gli occhi a quella risposta «TUTTO?! Sei diventata scema tutto d’un tratto per caso!» le urlò così forte che per un attimo la donna temette il peggio per le sue orecchie «Non urlare così idiota! Tutto non in quel senso… solo le informazioni strettamente necessarie.»
Uomini, pensò, sempre così stupidi. «La ragazza ti ha rivelato qualcosa?»
«No per ora delira soltanto, ma con questa bellezza qua» toccò con due dita la siringa in cui aveva inserito il liquido appena sintetizzato «Vedrai che inizieranno le danze» e quel suo sorriso diceva tutto, ma proprio tutto. Spostò il ciuffo biondo dietro le orecchie e sbuffò, sperava che dicesse la verità perché, pur non avendo una data di scadenza, non aveva nessuna voglia di un richiamo da parte del loro presunto capo. Uscì dal laboratorio e lasciando il suo compagno in compagnia della sua nuova sicurezza. Avevano ancora molta strada da fare, poco tempo e troppe cose ancora in sospeso. Soprattutto lei. C’era da divertirsi questo era sicuro, però quanto avrebbe aspettato?
 
 ***
 
Si sentiva come uno di quei palloncini che le madri comprano ai bambini durante le feste. Un palloncino ormai sgonfio però. Purin era una delle più pimpanti ed energiche fra il gruppo, adesso aveva molto sonno. La sorella minore Heicha le si avvicinò vedendola riposarsi da tanto tempo sul tavolo del soggiorno.
«Daijobu onee-chan?**»
«Sono un po’ triste. Non trovo più la mia amica Ichigo» difficile spiegare l’intera storia a sua sorella, ancora troppo piccola.
«Si è persa?» l’ingenuità della piccola le ricordava la sua e certe volte non aveva torto a pensare in modo semplice certe cose. Tendere a semplificare un fenomeno poteva aiutare la ricerca della soluzione.
«Sai una volta è successo la stessa cosa a scuola. Un micio che la maestra e noi avevamo accudito era scappato, poi però il giorno dopo è ritornato. Aveva fame, infatti mangiò molto. Lui sapeva che noi. Lui sapeva che noi lo abbiamo amato, per questo è tornato da noi, vero onee-chan?» Purin rifletteva su quelle parole. Ma certo, pensò contenta, il gatto era ritornato da loro perché sapeva che lo avrebbero sfamato. Era tornato in un luogo, per lui, sicuro. Sì, si disse, Ichigo sarebbe ritornata dalla sua famiglia e dalle sue amiche, perché loro le volevano bene. Non sapeva il motivo della sua scomparsa, ma sperava in un suo ritorno perché lei aveva fiducia in Ichigo. Erano amiche, ma soprattutto erano una famiglia e la famiglia non si abbandona.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note
Bene salve! Eccomi qui, come promesso ho aggiornato appena finito di sviluppare alcune idee. Non ho ricontrollato il capitolo e quindi mi scuso per gli errori! Però ho modificato il primo capitolo aggiungendo le virgolette del discorso diretto (prima non sapevo come farle xD) ed anche le caratteristiche della storia, coì come cambieranno i pairing, ci saranno nuove coppie e come avrete potuto notare ci sono nuovi personaggi ** spero vi piacciono per quel poco che avete letto, come ho già detto gli aggiornamenti non saranno veloci (mi spiace a tra blog da aggiornare con nuovi racconti ed ff da scrivere, più impegni universitari credo che avrò poco tempo). Ad ogni modo ringrazio chi sta seguendo la storia e chi l’ha recensita :D
 
A presto
Verde Pistacchio
 
 
*È uno dei piatti preferiti da Ichigo, insieme a: pesce, pizza e cialde con sciroppo d’acero o fragola. Il piatto in questione è un tonno essiccato che viene utilizzato in Giappone come base per il brodo di pesce. [Fonte: Mew Sisters l’unico sito unico]
** Come stai sorellona?



 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II

Dedicato a Danya, Mewleemy e Glaucopide, senza le quali questo capitolo non ci sarebbe

 

 

La scrivania era tappezzata di fogli, appunti sparsi un po' ovunque, schizzi e disegni approssimativi. La lampada, relegata in un angolo del tavolo, era già spenta per lasciare spazio alla più potente luce del lampadario appeso al soffitto. l'aria chiusa della stanza cominciava ad essere opprimente e fastidiosa. Il sole era tramontato e l'unica luce naturale era quella della luna, se non fosse per i lampioni e le luci artificiali della città di Tokyo che si animava la notte lasciando campo libero alle stravaganti e ribelle creature notturne, così libere nei loro divertimenti da scordare che la paura e la morte li aspettavano dietro l'angolo.

Quella notte di gennaio era identica a molte altre che si susseguirono prima di questa ed anche a quelle future. Eppure c'era qualcosa di diverso: mancava una persona fra i sette miliardi di persone dell'intero pianeta Terra.
«Continua a sfuggirmi qualcosa, ma non capisco cosa sia.» il biondo si stirò sulla poltrona, aveva i muscoli intorpiditi. Keichiiro sospirò in risposta e Zakuro asserì con la testa.
«Non hai l'impressione che dietro a tutto questo ci sia qualcosa di… "oscuro"?»
«Allora non sono l'unico ad aver avuto questa sensazione.»
Zakuro ascoltava i due uomini mentre sorseggiava con calma una tazza di caffè, la quale si sarebbe aggiunta alle tante che già occupavano il piano cottura del cucinino. Il suo atteggiamento fermo e imperturbabile denotava, paradossalmente, una tensione nascente nel suo animo e di certo ciò non era dovuto a tutta la caffeina in circolo nel suo sangue.
«Piuttosto sarebbe meglio pensare agli alieni.» li interruppe.
«In fondo loro sono i nostri nemici e chi ci dice che non siano coinvolti nella scomparsa di Ichigo? Dubito che ci siano loro dietro, ma è un'ipotesi da tenere in considerazione.» Ryou la guardò, aveva perfettamente ragione come sempre. In fondo il loro compito era quello. Erano state scelte proprio per quel motivo. Le parole della ragazza erano per lui come scogli per un naufrago, a cui aggrapparsi con disperazione per salvare la propria vita. Aveva bisogno di mantenere la mente lucida perché stava per impazzire e chissà come ma Zakuro sapeva sempre cosa dire, perché in fondo “Io do solo voce ai tuoi pensieri” come gli disse una volta. Ecco perché il progetto aveva bisogno di ogni singolo membro, Zakuro diceva chiaro e tondo quello che era fondamentale e che magari qualcuno avrebbe taciuto. Quegli occhi dal colore blu, quasi indaco, sembravano penetrargli l'anima. Aveva notato l'affinità che c'era fra loro e in momenti come questo la sua presenza lo manteneva saldo alla ragione e non cadere vittima della pazzia. Perché in periodi simili lui rischiava di ammattire completamente. Keichiiro raccogliendo le tazze di caffè e i piatti li lasciò soli, con il rumore delle stoviglie come sottofondo.
«Credo tu abbia bisogno di una pausa.» gli suggerì la modella ma il biondo negò categoricamente con uno sguardo.
«Non posso proprio.»
«Si invece. Sei l’ideatore del µ-project, sei una delle nostre guide insieme a Kei. Hai il questo importante compito e non puoi svolgerlo se non mantieni intatta la tua mente.»
«In questo momento è tutto molto confuso. Siamo deboli senza Ichigo e bisogna rivedere le nostre priorità…»
Zakuro prese la giacca e la borsa, «Ci vediamo domani al bar di fronte la stazione Ryou. Se non ti farai vedere ti verrò a cercare.» quel tono duro non ammetteva replica.
Che carattere, pensò Ryou mentre sul suo volto nasceva un sorriso spontaneo.
 

***

 

Le sue dita si muovevano velocemente sulla tastiera. Inseriva dati, informazioni circa i chimeri usati di recente, statistiche e video informativi. Quelle cinque ragazze li avevano sconfitti per l’ennesima volta e questo proprio non gli andava giù. Deep Blue li aveva chiamati per sostituire Kisshu e porre fine ai suoi tentativi fallimentari, ma guardando il loro operato non sembrava che l’esito fosse diverso, non avevano fatto nessun passo avanti. Immaginava che il loro capo avrebbe preso dei provvedimenti al riguardo e l’idea non gli piaceva.

«Ehi Pai mi ascolti?» la voce insistente di Taruto lo attirò.
«Cosa c’è?» rispose in maniera più burbera del solito e il piccolo capì che era di pessimo umore. Non sapeva cosa dirgli. Forse si sbagliava e tutto ciò era solo frutta della sua fantasia. Erano solo impressioni. Ma il silenzio di Kisshu e le sempre più frequenti apparizioni di Deep Blue gli piantavano dei dubbi in testa. Come se non bastasse anche lui cominciava a sentire su di sé la frustrazione delle tante sconfitte accumulate fino ad ora.
Adesso riesco a capire come si sentiva Kisshu, rifletté con un pizzico di amarezza. Anche lui aveva provato la stessa sensazione di impotenza? Per quanto i chimeri fossero potenti, per quanto cercassero di dividere e indebolire il gruppo delle mew mew c’era sempre qualcosa che andava storto. Qualcosa che capovolgeva l’esito del piano a vantaggio delle nemiche. A volte si avvicinavano tanto così alla vittoria che Taruto si lasciava dominare dall’entusiasmo prima ancora della fine e cosa accadeva? La vittoria fuggiva via, come spaventata dalla loro presenza lasciandoli con un pugno di mosche.

Taruto poteva percepire la medesima frustrazione nei gesti del fratello, le sue dita si muovevano frenetiche.
«Forse dovremmo approfittare della sua assenza.» gli suggerì con voce esitante. Pai lo guardò, «A cosa ti riferisci?» anche se dava l’impressione di essere completamente indifferente alla sua presenza, il minore sapeva che lo avrebbe ascoltato.
«Mi riferisco all’assenza della vecchiaccia.»
«Si ho notato la sua recente assenza. Questo spiega il comportamento strano delle mew mew.»
Hanno vinto quelle battaglie solo per pura fortuna, rifletté Pai, ma presto cambieranno molte cose.
«Piuttosto ho l’impressione Deep Blue si farà sentire presto. Non mi sembra molto soddisfatto di noi…»
«Vacci piano con le lamentele, ti ricordo che stai parlando di Deep Blue. Noi siamo al suo servizio, è il nostro capo.»
E riporterà a casa il nostro popolo, avrebbe voluto continuare ma rinunciò.
«Ad ogni modo hai ragione. Dobbiamo elaborare alla svelta un piano efficace e sfruttare questo svantaggio. Noi non sappiamo cosa sia successo ad Ichigo, però possiamo farlo credere a quelle umane… » Taruto a quelle parole lo guardò incuriosito, «Cosa vorresti dire? Haid etto tu stesso che non sappiamo cosa le sia successo!»
Pai sospirò, a volte Taruto era proprio ingenuo e spesso anche tardo…
«Vero, questo però non significa che non possiamo bluffare. Le manipoleremo a nostro piacimento… e immagino tu sappia con chi dobbiamo parlare al riguardo.»
«Già, Kisshu sicuramente sa qualcosa. Hai idea di dove sia finito?»
«Si credo di sì.» e con queste parole riprese il suo lavoro voltando le spalle al fratello.
Come vorrei lasciar fuori da questa storia Kisshu…

 

***
 

 

«Allora tu cosa prendi?»

Il bar in questione era affollato. Forse scegliere quello vicino alla stazione non era stata un scelta saggia. Però, paradossalmente, erano più liberi di parlare in un ambiente caotico come quello che in un altro ben più silenzioso.
«Un caffè.» a quelle parole Zakuro lo guardò con un sopraciglio alzato, come per dire Sicuro di voler bere un caffè? Il rumore delle chiacchiere dei clienti, quello dei piattini, dei cucchiaini e delle tazze che venivano servite e pulite era quasi assordante. In un certo senso però aiutava la loro concentrazione.

«D’accordo. Prendo un cappuccino.» era l’unico compromesso a cui poteva arrivare tra la sua voglia di caffeina, che cominciava a scarseggiare nelle sue vene, ed ammansire un’eventuale Fujiwara di mal umore. Il cameriere finalmente si allontanò con le loro ordinazioni e Ryou disse: «Immagino tu ti stia chiedendo come ho intenzione di agire adesso…». La sua interlocutrice lo guardò dritto negli occhi senza un’espressione ben definita. Dio era un enigma quella ragazza, eppure sentiva una sorta di affinità tra di loro.
«Presumo che le priorità siano due: ritrovare Ichigo e sconfiggere la minaccia aliena.»
«Esattamente. In pratica lavorare su due fronti.» e che Dio ce la mando buona, avrebbe volto dire.
«È il caso di spiegare tutto alle ragazze.»
«Anche perché credo sia il momento di chiamare gli specialisti.»
C’era una cosa però che le tormentava la mente, un tarlo che non voleva abbandonarla. E se Ichigo fosse già morta? Pensò, non avendo però il coraggio di farlo presente a Ryou.

 

***

 

Si rigirava il ciuffo d’erba tra le dita. Non voleva guardare, non voleva più guardarli.
Da quando era giunta lì non aveva fatto altro che osservarli. Adesso era stufa. Stanca e delusa, ecco come si sentiva.
«Secondo me sbagli. Dovresti proprio dare un’occhiata. Non tutto è marcio come credi tu. Ogni tanto capita di assistere a qualche spettacolino divertente. Ah ah ah ah.»
Ah quella risata! Com’era fastidiosa. Sapeva benissimo che lui la stava solo prendendo in giro in modo innocente.
«So perfettamente cosa mi so perdendo. Ti ricordo che io sono qui da molto più tempo di te!» gli sorrise con quell’aria da prima donna. Da parte sua egli si difese con qualche smorfia e uno Tsè appena udibile. Le dava le spalle e non poteva vederlo. Meglio così. In momenti come questi non voleva dare inizio ad un litigio, anche se dall’aria scherzosa. Lei era una sua amica e sapeva che i momenti per divertirsi erano già trascorsi. Tornò serio «Davvero, dovresti guardare…» lasciò la frase in sospeso, ma per tutta risposta la ragazza sbuffò.
«Non ne ho bisogno. So già come vanno gli eventi laggiù.»
Ormai ci sono abituata, pensò con una punta di rammarico nella voce. «E ti prego non iniziare con una delle tue speculazioni pseudofilosofiche sul bene e male del mondo.»
«Mi riferisco a qualcosa di diverso.» questo sembrava avesse attirato finalmente l’attenzione della sua interlocutrice. Come se quelle parole nascondessero un messaggio chiaro solo a lei. Si avvicinò a lui e guardò cosa accadeva attraverso la finestra sul mondo. Essa si apriva e si chiudeva a loro piacimento, con un semplice atto di volontà, senza nessuna formula. In fondo quel nuovo mondo in cui si trovavano, dove non scorreva il tempo, era manipolabile secondo i loro desideri. Il problema di quel canale di visione è che non era possibile controllare lo scorrere del tempo. Ciò che terminava nel mondo dei mortali e sfuggiva alla loro visione non era più recuperabile. Come uno spettatore che arriva al cinema a metà visione di un film. Era proprio questo che gli occhi della ragazza osservavano e non riusciva a capire.
«Che significa tutto ciò?»
«Una ragazza giapponese è sparita un paio di mesi fa.»
E con questo? Non è il primo caso. Ormai sapeva che gli uomini compivano tutti i tipi di reati possibili e inimmaginabili . rubavano, tradivano, torturavano e soprattutto uccidevano. Che cosa c’era di diverso adesso?
Lui aveva trascorso le giornate precedenti davanti alla finestra, ma la sua amica no.
«Si tratta di una di quelle cinque ragazze, che si fanno chiamare Mew Mew.»
«Aspetta, stai dicendo che qualcuno ha rapito una di quelle ragazze?»
«Non qualcuno, ma Lui.»
La notizia la scioccò non poco. Quindi il progetto stava riprendendo vita!
Non è possibile… non di nuovo.
«Che facciamo ora?» si percepiva una leggera vena di preoccupazione nelle sue parole.
«Calmati, sicuramente troveremo una soluzione.» ma lui stesso ci credeva ben poco. Cosa avrebbero potuto mai fare loro due che non riuscirono a vincere la loro battaglia in vita?

 

***

Kiyo Itsuki* stava passeggiando per le vie deserte, era sopraggiunta la notte e lui si annoiava. Ormai tutto lo annoiava. Abbandonati i locali notturni, dopo due bottiglie di sakè, dopo tre partite a carte e dopo aver notato il vuoto cosmico del suo portafogli si era diretto a fare una passeggiata notturna. Un po’ perché con l’aria fresca della notte sperava di ritornare un po’ lucido e smaltire quella leggera sbronza. Di solito reggeva bene l’alcol, a differenza di suo padre. Ma la giornata appena trascorsa era stata pigra e insoddisfacente. Ecco insoddisfacente era il termine che avrebbe usato per descrivere la sua vita.

«Una vita del cazzo.» come diceva sempre lui, soprattutto in serate come questa. 
Abbandonati i vicoli deserti del centro abitati adesso la strana era completamente spianata, con qualche edificio non bene identificabile, semplicemente perché, come diceva sempre lui, «I lampioni non illuminavano un cazzo». Desiderava urlare quella parola alla luna, al cane che, non si sa dove, continuava ad abbaiare, agli edifici bui e disabitati. Prese dalla tasca posteriore dei jeans un pacchetto di sigarette, ne accese una e la fumò con calma. Come se bastasse questo a calmare il suo stato d’animo. Continuava a pensare alla chiacchierata avuta con il caporedattore.
«Non mi importa se devi scavalcare le regole di quei pinguini imbalsami. Voglio un articolo su questo caso, nella mia scrivania entro una settimana!» gli stava urlando dalla cornetta del telefono.
«Non credo che questo sia possibile. Per quanto possa essere interessante la sparizione di un’adolescente, questa notizia è già stata sfruttata da altre testate e da gran parte dei telegiornali locali. Non sarebbe meglio concentrarci su altro?». Tutt’al più che la polizia brancolava nel buio e aveva deciso di non concedere alcuna intervista con la stampa. In poche parole aveva le mani bloccate. Il silenzio dall’altra parte del telefono sembrava minaccioso.«Signor Kiyo se non mi presenta un resoconto o almeno la bozza dell’articolo entro sette giorni può anche sgomberare la sua scrivania.» e con queste parole il suo capo aveva terminato la telefonata.
Messaggio recepito. Adesso Itsuki si trovava a un passo dalla disoccupazione, con un’emicrania da togliergli il fiato. Aveva trentacinque anni, ma addosso se ne sentiva almeno una decina in più. Viveva in un bilocale, era sotto pagato, non aveva un lavoro fisso ed era già un miracolo se riusciva a limonare due volte l’anno.

«Una vita del cazzo.» ripeté per la seconda volta. Gettò la sigaretta non ancora del tutto consumata e la spense col piede, con un movimento deciso, come se schiacciasse tutti i suoi problemi con la scarpa.
Magari fosse così semplice. Il freddo cominciava a dargli fastidio e la giacca consunta di jeans non sembrava giovargli. Pensò di tornare a casa quando, ad un certo punto, con la coda dell’occhio notò qualcosa di giallo. Distava circa sette metri ma comprese che era l’entrata di un vecchio deposito, ormai circondato dall’erba alta.

Ma certo! Questo è il luogo dov’è sparita la ragazzina! Strano che non se ne sia accorto prima. Si girò a guardare intorno ma non c’era nessuno. Scavalcò i nastri che delimitavano l’area e diete un’occhiata in giro. Utilizzò la luce del cellulare come torcia. Dovrei proprio andarmene, non sono mica un’investigatore… al diavolo ho bisogno di sapere di più!

Camminò per quel prato, l’erba alta e secca gli si attaccava ai pantaloni. Notò i cartellini numerati sparsi per l’area vicino a lui. La notte non lo aiutò a osservare meglio, tranne un oggetto. Era piccolo, se non fosse stato per il fascio di luce del suo cellulare che lo aveva illuminato per un secondo, non lo avrebbe mai visto nascosto com’era tra i rami secchi e l’erba. Si avvicinò, chinandosi per vederlo meglio: era un campanellino legato ad un nastro colorato ormai sporco di terra e, immaginò, di qualcos’ altro..

«Non posso crederci… una prova!»

 

 Note

Bene eccomi qui! Non sono morta, per (s)fortuna sono viva e vegeta. Alla fine mi son decisa ad aggiornare, non che questa data mi piaccia molto (non è bello sentirsi un anno più vecchi ç_ç), bando alle ciance però parliamo di cose più importanti! Intanto mi preme dire che questo capitolo è dedicato a tre persone (come avete letto sopra). Dico fin da subito che il capitolo non è stato riletto/corretto, quindi mi scuso in anticipo per gli eventuali errori/orrori, ma ho avuto un’avventura ben poco bella con Office… Vorrei comunque ringraziare Danya, Mewleemy e Glaucopide perché mi hanno fatto capire che a quanto pare la storia ha del potenziale, senza di loro non ci sarebbe questo aggiornamento. Sottolineo che avevo voglia di aggiornare ma vedendo il poco successo riscosso da questa ff ho abbandonato l’idea.
Che dire spero che i capitolo vi piaccia e non vi abbia deluso (non come me =_=), al più presto arriveranno altri personaggi (non troppi però XD), spero di riuscire a dare spazio soprattutto ai nostri cari personaggi di TMM ^^ mi spiace che gli aggiornamenti non siano costanti, però se mi fate vedere il vostro feedback (di cui ho un estremo bisogno!), mi darò da fare!

Quindi grazie a tutti quelli che sono arrivati sin qui, grazie a tutti quelli che seguono e commentano (GRAZIE! Perché senza di voi non potrei andare avanti!), ma soprattutto grazie a te lettore silenzioso che stai gioendo a queste parole!
Ci vediamo al prossimo capitolo!

 Verde Pistacchio

 

 

Ps vi lascio il link del mio sito dove pubblico brevi strie originali, se vi va dateci un’occhiata (a volte ne pubblico qualcuna anche qui) Mondo 2.0.


* Itsuki () è un nome maschile che in giapponese significa "Albero", mentre Kiyo dignifica "Puro". Ho deciso che, esclusi i nomi dei personaggi di TMM, i restanti verranno riportati come da tradizione (prima il cognome e poi il nome), più avanti vi spiegherò (anzi sarà lui stesso a dirlo) il motivo di questo nome ^^

 

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