Loki's trilogy - 1° Parte: Son

di agatha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1° ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2° ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3° ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4° ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5° ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6° ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7° ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8° ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9° ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10° ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11° ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12° ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13° ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14° ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1° ***


Questa è stata la prima ff che ho scritto su Loki e ho cercato di restare fedele al personaggio creato dai film Marvel. So che l'inizio appare un po' scontato e già visto, ma era importante questo contesto per la vita di Loki.
Ringrazio chi spenderà qualche minuto per leggerla e magari lasciarmi un commento. Buona lettura.


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Il sole era tramontato ormai da un’ora e il cielo era una coltre scura quando era stato squarciato d’improvviso da un fulmine, un'unica saetta che aveva illuminato tutto per pochi secondi.*
Elisabeth stava rientrando a casa a Lafayette, nel New Jersey e nel vederlo sbuffò, immaginandosi il resto del viaggio sotto la pioggia battente, su quella strada poco illuminata. Spostò lo sguardo sull’autoradio, per cambiare stazione e quello fu l’inizio di tutto. Subito dopo l’auto sobbalzò, producendo un rumore che era inequivocabilmente quello di quando si colpisce qualcosa.
O qualcuno.
Con il cuore che le batteva forte nel petto, minacciando di uscire dalla gabbia toracica, spinse con forza il piede sul freno inchiodando, mentre le gomme stridevano sull’asfalto. Rimase immobile, con le mani che stringevano il volante.
“Ti prego fa che abbia colpito un…” non concluse nemmeno quella preghiera, perché anche aver investito un animale sembrava un’ipotesi terribile, ma rispetto ad una persona pareva più accettabile e questo la faceva sentire in colpa.
Scese dalla macchina guardandosi intorno e lo vide quasi subito. Non sapeva se fosse un uomo o una donna, perché il corpo stava riverso in terra e lei riusciva solo a vedere la schiena, coperta da qualcosa di nero.  Si avvicinò, buttandosi a terra con le ginocchia e voltò il busto. Vide che era un uomo e, dal pallore mortale del viso, cominciava a dubitare che fosse ancora vivo. Gli appoggiò le dita tremanti su un lato del collo e, con sollievo, sentì chiaramente il battito del cuore. Corse di nuovo alla macchina per recuperare il cellulare e chiamare il 911.
 
 
Loki era rimasto privo di coscienza fino all’arrivo in ospedale. Le luci forti nella sala visita e tutti i rumori intorno a lui lo stavano irritando parecchio, ma servivano a farlo tornare cosciente. L’ultimo ricordo che aveva era la faccina di Odino, che lo fissava severamente mentre mormorava la frase “prego di non dovermi pentire per aver dato retta a mia moglie” e poi la luce del Bifrost era scesa su di lui, portandolo via da Asgard. Non aveva fatto in tempo ad appoggiare i piedi sul terreno che era successo qualcosa e aveva perso conoscenza.
Aprì gli occhi e capì che era sdraiato su qualcosa di semi-rigido, mentre delle persone stavano sopra di lui e lo toccavano. Cercò di rialzarsi e mosse le braccia per scacciare gli inutili midgardiani.
“Lasciatemi stare” ordinò perentorio.
“E’ stato vittima di un incidente. Ora è in ospedale, stia calmo” cercò di rassicurarlo il medico incaricato di visitarlo, mentre gli posava una mano sulla spalla, perché non si muovesse. Ma il dio dell’inganno, molto più forte dei terrestri, si mise a sedere con un colpo di reni, fissando tutti con odio e allontanando, con un gesto brusco, il dottore.
“Voi non sapete con chi avete a che fare! Sono il principe Loki di Asgard” dichiarò in tono altisonante e di sfida, rialzando il mento con orgoglio.
Quasi si aspettava che i midgardiani intorno a lui, una volta capita la sua importanza, si mettessero in ginocchio, attestando la propria fiducia in lui, rendendogli onore. Invece non accadde niente di tutto ciò. Quelle persone vestite di bianco lo fissarono, con espressioni incredule e dubbiose.
“Chi?” chiese un mortale molto più basso di lui, facendo una smorfia e poi gli appoggiò le mani sulle spalle, costringendolo a sdraiarsi su quello strano lettino bianco, sfruttando quell’attimo in cui lui rimase spaesato dalla loro reazione.
“Sono un asgardiano, dovete portarmi rispetto”
“Ehi amico stai tranquillo. Io sono di Brooklyn se ti può consolare”
Dopodichè gli venne preso un braccio e, prima che potesse reagire, qualcosa gli pizzicò la pelle, facendolo scivolare nuovamente nell’incoscienza.
 
La seconda volta che tornò cosciente, Loki fece più fatica a riacquistare la lucidità. Il suo cervello cominciò a registrare delle voci che parlavano ma, a differenza di prima, era tutto più attutito. Anche la superficie dov’era sdraiato era diversa, molto più morbida e comoda. Forse si erano finalmente resi conto di chi era e si erano prodigati per una degna accoglienza. Quando riuscì ad aprire gli occhi, la prima cosa che vide furono due iridi castane e si ritrovò a pensare che erano un colore bellissimo. Su Asgard quasi tutti avevano gli occhi chiari e, benché li avesse pure lui, lo avevano sempre fatto sentire estraneo, un po’ come la sfumatura chiara dei capelli.
“Chi sei?” mormorò con un soffio di voce, prima che il torpore gli rendesse difficile tenere aperti gli occhi. Li richiuse non riuscendo a contrastare quel senso di confusione e gli parve di sentire un tocco delicato sulla guancia, ma era quasi sicuramente un’allucinazione, nessuno lo accarezzava più da quando non era più un bambino.
Restò cosciente, per quanto ad occhi serrati e quando ritrovò la forza di alzare le palpebre, quella misteriosa donna era scomparsa. Con rammarico pensò che era stata solo un’illusione della sua mente, un inganno rivolto verso se stesso. Sopra di lui ora c’era il viso del dottore che l’aveva curato.
“L’effetto dell’anestesia sta passando, anche se si sentirà confuso ancora per una mezz’oretta. Le abbiamo fatto delle radiografie e non ha niente di rotto, per quanto sia impossibile crederlo visto che il colpo che ha preso quando è stato investito. Ha riportato solo qualche livido che guarirà nel giro di una settimana. Per precauzione le consigliamo di tenere fasciata la spalla, che stando alle circostanze in cui è stato trovato, avrebbe dovuto essere rotta e invece sembra a posto”
L’espressione sul viso di Loki era rimasta neutrale durante tutto il discorso del medico. Per quanto fosse in una forma mortale, era pur sempre un dio ed era difficile che un incidente midgardiano potesse fargli davvero male.
“Posso andarmene allora?” fu il suo commento, ignorando tutto il resto. Quello che voleva di più era uscire da quel posto strano, tutto bianco e con un odore fastidioso.
Il dottore corrugò la fronte, sorpreso da quell’atteggiamento ma non disse nulla.
“Ho solo bisogno dei suoi dati per compilare la cartella clinica, li può dettare all’infermiera” gli disse, facendo un cenno ad una ragazza che si avvicinò con penna e foglio.
“Gliel’ho già detto chi sono: il principe Loki di Jotunheim”
L’infermiera guardò il dottore, con la penna a mezz’aria. Quest’ultimo sospirò e cercò la pila a stilo in una tasca.
“Signor… Loki. E’ sicuro di chiamarsi così? E’ tutto ciò che ricorda?”
“Questo è il mio nome, conosciuto in tutti i Nove Regni”
Il medico gli avvicinò lo stilo agli occhi, scrutando le pupille del paziente.
“Ma cosa… la smetta!” reagì il dio, tirando indietro.
“Torniamo subito” fu la risposta, mentre il dottore si allontanava con l’infermiera.
Loki cominciava a spazientirsi. Voleva andarsene ed era già stato fin troppo accondiscendente verso quei terrestri che, ancora una volta, non perdevano l’occasione di mostrarsi stupidi e fastidiosi.
 
Note varie:
* Piccola licenza poetica che mi sono concessa: quando il Bifrost si apre sulla Terra viene “mascherato” e agli occhi terresti appare come un fulmine e, per rendere realistico tutto ciò, spesso è accompagnato come effetto collaterale dalla pioggia, che può durare poco o tanto a seconda del tempo atmosferico in quel momento su Midgard.
 
E’ voluto che, durante l’interrogatorio del medico, Loki affermi di essere un asgardiano e citi Asgard perchè parla in modo istintivo e si sente così. Mentre  la seconda volta, lucidamente, dichiara di essere di Jotunheim. Prima parla con il cuore e poi con la mente.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2° ***


Gli stupidi medici dell’ospedale continuavano ad insistere che non stava bene. Gli avevano fatto un sacco di domande a proposito di dove abitava, dell’indirizzo di casa e dei posti che frequentava abitualmente ma, ovviamente, le risposte che aveva dato tutte inerenti Asgard non li avevano soddisfatti. Dopo aver spintonato due infermieri e aver tentato di soffocarne un terzo, con un braccio intorno al collo del malcapitato, gli avevano portato tutti i moduli da firmare per l’uscita volontaria, sollevando l’ospedale da ogni responsabilità.
A quel punto si era fatta avanti lei, la sua visione con gli occhi scuri che, a quanto pareva, non era solo frutto della sua follia.
“Sei viva” mormorò, per rafforzare il pensiero appena avuto.
“Credo di dover essere io a rivolgerle queste parole” fu la risposta della ragazza.
Loki notò lo sguardo sfuggente, gli occhi che non incrociavano mai i suoi, ma guardavano all’altezza delle sue spalle, del pavimento o intorno a loro: chiaro segno che era imbarazzata e stava nascondendo qualcosa.
“C’è qualcosa che non so, mortale?” domandò, questa volta con una voce più decisa e guardinga.
Beth sbarrò gli occhi sentendo quello strano appellativo. Non riusciva a credere a quello che le aveva riferito il dottore sulla presunta amnesia dell’uomo che aveva quasi investito, ma ora cominciava ad avere dei dubbi pure lei.
“Non ci conosciamo. Sono Elizabeth Wakefield e… - si domandò se esistesse un modo delicato per quello che doveva comunicargli – sono quella che l’ha investita” sbottò tutto d’un fiato, come se servisse a cambiare quanto successo.
Loki sollevò un sopracciglio e la squadrò per bene.
“Sei stata tu?”
“Non l’ho fatto apposta. Stavo guidando e ad un certo punto un fulmine mi ha accecato. La strada era libera giuro e, dopo un secondo, ho sentito il botto. Non riesco a spiegarmi come sia potuto succedere. E’ la prima volta che mi capita”
“Lasciati a voi stessi, combinate solo guai…” fu il commento sottovoce di Loki, che andava a confermare come i midgardiani dovesse essere comandati, perché lasciati liberi di agire finivano per generare solo caos.
“Non ho capito cos’hai detto” disse Beth, cercando di essere gentile, considerando il senso di colpa che le pesava nel petto.
 
Ma il dio dell’inganno non la stava più ascoltando. Doveva capire cosa fare ora, sbattuto su quell’insulso pianeta e senza poteri. Non aveva la più pallida idea di cosa fare per sopravvivere. Se solo non ci fosse stata di mezzo Frigga… Ma era stata la sua intercessione a farlo finire su Midgard e finché lei era in vita non poteva mancarle di rispetto. Non era una questione madre e figlio, dato che il loro rapporto era stata tutto una menzogna, ma gli aveva fatto risparmiare la morte e qualcosa, dentro di lui, gli diceva di non rovinare tutto. Almeno per ora.
La mortale davanti a lui, con quegli occhi piacevoli da guardare, poteva rivelarsi utile. Bastava manipolarla a dovere e lui, modestamente, era un esperto in quel campo. Era palese il senso di colpa che provava nei suoi confronti e questo avrebbe giocato a suo favore. Se ne sarebbe approfittato con soddisfazione. Questi pensieri gli fecero brillare, per un secondo, gli occhi ma lui, abituato a nascondere i suoi veri sentimenti, distolse lo sguardo per non farsi scoprire. Adottò invece un’espressione smarrita sul viso, abbassando il capo e curvando le spalle per accentuare tutto.
“Cosa farò ora? Chissà dove stavo andando… avevo una casa a cui tornare – si prese la testa fra le mani recitando davvero la parte di qualcuno senza memoria – non lo so”
“Mi dispiace”
Loki si voltò, dandole le spalle.
“Lasciami solo, ti prego”
Beth si avvicinò a lui, allungò una mano, ma la fermò a pochi centimetri dalla spalla di lui, incerta se avesse il diritto di toccarlo o no.
“Dove andrai?”
“Non ne ho la più pallida idea ma so che non posso restare in ospedale”
Beth ricordò le parole del medico che diceva, in caso di amnesia, di non contraddire il paziente.
“Lo capisco e vorrei aiutarti. E’ colpa mia tutto quello che è successo”
Loki rialzò lo sguardo, puntando le iridi verdi in quelle di lei, come se volesse leggerle nell’animo.
“Ho bisogno di un posto dove dormire”
Quella richiesta giunse inaspettata. Beth si era offerta di aiutarlo ma ospitarlo a casa propria non rientrava nelle opzioni possibili.
“Vorresti venire a casa mia? Ma non ci conosciamo e non me la sento di…”
“Quindi vuoi lasciarmi da solo? Al buio e al freddo, sotto lo sguardo dei passanti che non esiteranno a pensar male di me? Questo è il tuo modo di volermi aiutare?”
 
Come faceva a rigirare tutto in quel modo? La stava facendo sentire una persona pessima e perfida.
“Come posso fidarmi di te? Sapere che non mi farai del male?”
A quel punto Loki trattenne un sorriso di trionfo, ormai la mortale era caduta nella sua trappola, preda di quei sentimenti così altruistici che l’avrebbero portata ad aprirgli la porta di casa. Che atteggiamento stupido.
“Fino a prova contraria, sei stata tu a farne a me, o sbaglio?”
Beth si morse il labbro inferiore, evitando a stento una parolaccia. Odiava dargli ragione, ma le sue parole erano state semplicemente la verità. L’aveva investito ed era stata una fortuna che non l’avesse ucciso o lasciato paralizzato. Aiutarlo era il minimo che poteva fare.
“Non l’ho fatto volontariamente e…”
Loki la osservò intensamente e la sua occhiata eloquente bastò a far morire il resto della frase nella gola della ragazza.
“E va bene, è colpa mia è vero. Puoi restare da me qualche giorno ma ad una condizione” capitolò, mentre un brivido le solleticava la pelle della nuca dopo aver detto ad alta voce quelle parole, mentre un’idea prendeva piede nella sua mente.
“Sarebbe?”
“Devi restare almeno fino a sabato, quindi per tre giorni”
Se l’umana si aspettava un accenno di curiosità da lui, sarebbe rimasta delusa. Non gli importavano le motivazioni di quel patto, tanto era lui a tenere le fila e sarebbe rimasto finché gli faceva comodo.
“Perfetto” acconsentì, come se le stesse facendo un favore.
 
Non erano passati neanche cinque minuti che già Beth aveva voglia di tirarlo sotto nuovamente con la macchina. Dopo averlo fatto accomodare sul sedile del passeggero, lui non aveva lesinato di commentare ogni suo gesto: come accelerava, come frenava e, soprattutto, aveva fatto una pessima battuta chiedendole se stava valutando di investire due vecchietti che volevano attraversare con l’arancione. A quel punto aveva serrato le mani sul volante.
“Faresti meglio a riposarti, dopo tutto quello che hai passato stasera. Chiudi gli occhi” gli suggerì in un tono fintamente dolce, che suonava più come un ordine.
“Lo farò dopo, nel tuo letto”
“Nel MIO letto?”
“Hai intenzione di farmi dormire sul pavimento?”
“Certo che no. Ho una camera per gli ospiti”
“Il letto di quella stanza non è di tua proprietà?”
“Sì ma…
“Quindi è il tuo letto. La mia affermazione era corretta”
Beth evitò di commentare o rispondere. Discutere verbalmente con lui era estenuante e, dopo la giornata passata fuori e poi in ospedale, era troppo stanca per far valere le proprie ragioni. Si chiuse in un diplomatico mutismo, cercando di ignorarlo.
 
Prima di rientrare erano passati in un negozio per acquistare qualche cambio di vestiti per lui. Arrivati nell’appartamento di Beth, quest’ultima gli mostro la disposizione delle stanze e gli fece vedere quella dove avrebbe dormito lui. Lasciò Loki seduto sul letto e andò a prendere degli asciugamani.
“Se vuoi farti una doccia, il bagno è di là”
“Una… cosa?”
Beth sbattè gli occhi e, di nuovo, quel mortale senso di colpa, le fece contrarre lo stomaco. Gli aveva completamente azzerato la memoria se non ricordava neanche una cosa così semplice.
Prese un profondo respiro, per farsi coraggio, e lo tirò per un braccio, portandolo in bagno. Accese la luce e aprì l’anta di vetro del box.
“Ecco questa è la doccia. Ti lascio delle salviette e un cambio di vestiti, fai pure con calma”
Loki osservò quello strano cubicolo, non capendo a cosa servisse, né perché l’umana lo aveva portato lì. Fece per entrare in quello spazio ristretto quando un grido smorzato alle sue spalle lo fece bloccare.
“Che c’è?” chiese bruscamente, irritato dall’ipotesi che avesse fatto qualcosa di sbagliato.
Beth si morse un labbro imbarazzata e Loki, senza rendersene conto, pensò che era un gesto che gli piaceva. Nessuno su Asgard l’aveva mai fatto.
“Non puoi entrare vestito lì dentro – si sporse in avanti e dato che lui non si spostava dall’entrata, i loro corpi stavano quasi per toccarsi – apri questa leva ed esce l’acqua”
Loki sgranò gli occhi di fronte a quella strana magia. La osservò per una manciata di secondi, stupito che l’acqua uscisse dall’alto.
“Interessante”
“Bene ti lascio, così puoi spogliarti e…” la voce le morì in gola, spiegare a quell’uomo che doveva togliersi i vestiti era imbarazzante.
“Devo entrare lì dentro nudo?” chiese Loki, inclinando leggermente il capo in un modo che a Beth parve adorabile, come un bambino che scopre un giocattolo nuovo e lo studia. Anche se la ragazza non poteva sapere che il dio si stava dilettando a prenderla in giro, giocando con la sua abilità con le parole.
“Sì”
Soddisfatto di quella risposta, Loki cominciò a slacciarsi gli indumenti che indossava. Vedendo che Beth non si era mossa, suppose che volesse rendersi utile come un’ancella.
“Mi vuoi aiutare a spogliarmi?”
“Certo che no!” sbottò lei, arrossendo e subito si voltò, scappando letteralmente dal bagno.
Il dio rimase a fissare la porta chiusa e fece un sorriso sghembo di fronte all’imbarazzo che aveva visto sul volto della ragazza. Allora c’era qualcosa di identico tra Asgard e Midgard, le femmine si comportavano allo stesso modo.
 
Terminato di lavarsi, Loki fissò la propria immagine nello specchio del bagno. Gli era così familiare ma anche così straniera. Odiava essere relegato a Midgard e aver perso i propri poteri. Era solo un modo per rimarcare com’era caduto in basso, come aveva perso tutto. Era tutto così dolorosamente familiare: Thor l’eroe e lui l’esiliato.
Il buono e il cattivo.
Il primo e l’eterno secondo.
Sbatté i pugni sul lavandino per sfogare la frustrazione.
“Tutto bene?” sentì chiedere fuori dalla porta.
Si costrinse a rispondere di sì, per non farsi infastidire. Non tutto era perduto. Non sapeva ancora bene cos’avrebbe fatto ma doveva poter credere che c’era ancora uno scopo nella sua vita.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3° ***


Il mattino seguente Loki aprì gli occhi e, per un istante, rimase spaesato non capendo dove si trovava. Poi, di colpo, tutto gli tornò in mente: era un esiliato. Scalciò le coperte, che si erano aggrovigliate intorno alle caviglie e si mise seduto sul letto, appoggiando i piedi a terra. Con una smorfia mosse la spalla sinistra, quella che aveva subito il colpo forte durante la caduta. Per fortuna il suo corpo sarebbe guarito velocemente invece i midgardiani erano così fragili.
Toccò la fasciatura con le dita, ricordando la sera precedente, quando la mortale gliel’aveva fatta. Era rimasto seduto, fermo e rigido perché non gli piaceva dover essere curato e doversi affidare a qualcun altro.
Però poi era scattato qualcosa.
Mentre fissava la parete di fronte a sé e un quadro raffigurante una cascata, era subentrata una sensazione strana ma anche familiare, che non aveva più provato da quand’era piccolo. Gli era tornato in mente un episodio dell’infanzia.
 
Lui e Thor avevano giocato alla guerra e lui era caduto dal muretto su cui stavano duellando, finendo in un cespuglio di rovi. Le spine avevano trapassato il tessuto della sua tunica e graffiato la pelle in più punto della spalla e della schiena. Ovviamente suo fratello si era messo a ridere, sottolineando che aveva vinto lui e non smettendo di ripetere che lui aveva perso.
Aveva ricacciato indietro le lacrime, attingendo a tutta la propria forza di volontà e di orgoglio per non far vedere il dolore che stava provando e si era diretto verso la Stanza della Guarigione. Poco dopo era arrivata Frigga, che era stata informata di quanto successo. Lo aveva guardato, accarezzandogli i capelli e scendendo, con il palmo, a sfiorare la guancia.
“Loki, come stai?”
“Bene Madre. Non è successo nulla di grave” aveva mentito, cercando di mantenere un’espressione neutrale mentre la guaritrice gli medicava le punture sulla schiena.
Frigga però sapeva leggere al di là dei muri difensivi che innalzava perché le persone non vedessero nel suo animo e non capissero cosa stava provando. Gli rivolse un sorriso dolce prima di spostarsi dietro di lui.
“Faccio io” aveva detto alla guaritrice, congedandola con un cenno del capo.
Poco dopo erano rimasti solo loro due nella stanza.
“Puoi smettere di fingere” aveva mormorato Frigga, mentre gli tamponava i segni rossi, disinfettandoli.
Lui si era morso il labbro perché non voleva cedere e mostrarsi debole, ma poco dopo aveva sentito qualcosa solleticargli le guance e aveva capito che dovevano essere lacrime. Aveva cercato di restare calmo, di non far capire alla madre che stava piangendo, però quel piccolo sfogo gli era di consolazione, il dolore ora sembrava più sopportabile.
“Soffrire non è segno di debolezza. Affrontare un dolore e poi superarlo è sinonimo di forza e tu hai quella forza Loki, io lo so”
Lui aveva chiuso gli occhi, grato per quelle parole, per la fiducia che sua madre riponeva in lui e sapeva sempre ricordargli al momento giusto. Non lo avrebbe mai ammesso ma aveva bisogno di ascoltare quelle dichiarazioni, dell’amore che gli dimostrava a differenza di suo padre, di come fosse attenta a capire cosa provava davvero, andando oltre la maschera che indossava per proteggersi.
 
Ad essere onesti c’era stata un’altra occasione, da adulto, in cui Frigga si era occupata di lui ed era anche l’ultima volta che l’aveva vista, l’ultimo ricordo dal vivo che serbava di lei, senza contare la discussione avuta con il suo ologramma e l’ultimo “regalo” che gli aveva fatto per aiutarlo.
 
Thor l’aveva riportato su Asgard, incatenato e imbavagliato con quella maschera che gli impediva di parlare. Erano arrivate delle guardie reali a scortarlo, a cui suo fratello aveva dato l’estremità delle catene attaccate al suo collo e altre che lo tenevano d’occhio. Se avesse potuto avrebbe sorriso, commentando che lo ritenevano davvero pericoloso per schierare addirittura un piccolo esercito. Tutto sommato era un motivo di orgoglio. Forse avrebbe avuto la fortuna di esternare quel pensiero al grande Odino e avere il piacere di contrariarlo un’ultima volta, prima di essere giustiziato. Non si creava nessuna falsa speranza, i crimini che aveva compiuto, per quanto lui non li definisse tali, non potevano essere tollerati dal Padre degli Dei. Restava solo da scoprire in quale modo la sua vita sarebbe arrivata al termine, ma non era nemmeno quello un problema suo. Prima di presentarsi al cospetto di Odino, nella grande sala delle udienze, da dietro una colonna del lungo corridoio, era comparsa Frigga, ordinando a tutti di fermarsi. Thor si era fatto avanti e l’aveva abbracciata, baciandole la fronte. Lui non aveva potuto restare indifferente e aveva distolto lo sguardo, osservando il pavimento fingendo una stanchezza che non provava perché gli faceva male vedere il loro legame, vedere una madre e un figlio riuniti. Era talmente concentrato a convincersi che non gli interessava nulla che non si era accorto che Frigga si era avvicinata a lui.
“Loki” lo aveva chiamato, pronunciando il suo nome con un tono materno che gli arrivò dritto al cuore.
Lui la fissò negli occhi non potendo fare altro, vista la costrizione che portava sul viso.
“Toglietegli la maschera” ordinò alle guardie, che si girarono verso Thor in attesa di ordini.
Quest’ultimo fece un cenno con il capo, avallando l’ordine della Regina.
“Felice di vedermi, madre? Oppure vi rammaricate che sia di nuovo qui?” esordì Loki, appena fu in grado di parlare.
In realtà avrebbe voluto dirle che era felice di vederla, che gli era mancato il suo sorriso e il modo in cui lo guardava, come se fosse una persona normale, non un ibrido o un mostro da cui stare lontani.
 
L’espressione di Frigga si era fatta desolata, dopo aver sentito l’ennesima provocazione nei suoi confronti. Gli posò un mano sulla guancia, accarezzandolo come faceva per consolarlo da bambino.
“Sono felice di vederti, non devi dubitarne mai”
Aprì la bocca per replicare con qualche ironico commento ma, per una volta, non gli venne in mente nulla o forse non voleva avvelenare quell’istante e tenerselo come un ricordo felice a cui pensare prima di morire. Si limitò a guardarla, cercando di imprimersi bene i suoi tratti, per averla sempre vivida nella mente e nel cuore: gli occhi grandi e luminosi, capaci sempre di vedere e capire tutto di chi aveva di fronte, la pelle chiara molto più simile alla sua rispetto a quella di Thor o di Odino, il sorriso confortante che dispensava infondendo coraggio a chiunque e l’elaborata acconciatura, degna di una regina, che lui ammirava e una volta aveva scompigliato per farle uno scherzo.
L’amava tanto, un sentimento sincero come non aveva mai provato per nessuno perché solo lei gli aveva dato vero amore, gli aveva voluto bene a parole, ma soprattutto nei gesti: nel confortarlo quando era triste, nell’incoraggiarlo quando stava imparando la magia e nell’esprimere l’orgoglio per l’uomo che era diventato, prima che la sua follia degenerasse ovviamente.
Avrebbe voluto esprimere tutto questo, dirle quanto era importante per lui ma sapeva che non lo avrebbe mai fatto. Non gli riusciva facile esternare i propri sentimenti che lo rendevano fragile e potevano diventare un’arma per colpirlo proprio nel suo punto più debole. L’ombra dell’essere stato adottato, della bugia di cui era stato vittima, era un altro fattore che lo frenava, perché se avesse espresso l’amore che provava rischiava di vederselo rigettare indietro perché era stato un inganno. Quindi meglio tenersi tutto dentro, al sicuro, senza che nessuno potesse ferirlo più, poiché non voleva provare ancora quel dolore come il giorno in cui aveva scoperto la verità, una sofferenza letale come se gli avessero letteralmente strappato il cuore dal petto e lo stessero stritolando piano.
 
Thor pose fine a quel momento avvicinandosi. Loki avrebbe dovuto provare un minimo di riconoscenza per non essersi intromesso e avergli lasciato quei pochi minuti, invece provava solo rabbia perché, come sempre, riusciva ad immischiarsi nella sua vita, influenzandola e togliendogli le cose belle. Indossò la sua solita maschera di indifferenza sul volto, nascondendo qualsiasi emozione.
“Dobbiamo andare. Odino ci aspetta”
Quando una guardia fece il gesto di rimettergli la maschera sulla parte inferiore del viso, il dio del tuono fece segno di no con il capo.
“Non ce n’è più bisogno” disse, senza addurre nessuna giustificazione.
Loki lo odiò ancora di più perché quel gesto di compassione lo sminuiva persino come nemico, come se non fosse più pericoloso.
“Rimettiamoci in cammino. Sono impaziente di incontrare il Padre degli Dei. Conosco la strada, se volete seguirmi” commentò ironico alle guardie e ricominciò a camminare lentamente, mentre gli anelli delle catene ai suoi piedi sbattevano l’uno contro l’altro, producendo un suono metallico, amplificato dal silenzio del grande corridoio.
Rivolse un ultimo sguardo a Frigga che, per lui, equivaleva a dire “anch’io sono sempre lieto di vedervi Madre”.
La vide annuire, come se avesse compreso quel silenzioso messaggio, anche se era impossibile. Ricordava che Frigga aveva poteri di preveggenza e, forse, la sua magia riusciva anche a leggere nell’animo delle persone, chissà. Non si fermò a domandarsi se preferiva che lei avesse capito o meno. Andò incontro, a testa alta, verso il suo destino.
 
Ritornò al presente, domandandosi se fosse ancora viva e stringendo i pugni, fino a far sbiancare del tutto le nocche, per sfogare la rabbia di essere relegato su Midgard e non avere sue notizie.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4° ***


Beth aprì gli occhi e si stiracchiò. Le sembrava di essersi addormentata solo qualche ora prima e non aveva riposato bene. Si stava domandando perché, quando si ricordò di non essere sola in casa.
Loki. O come diavolo si chiamava.
Osservò la porta della sua camera, che aveva chiuso a chiave per precauzione. Era vero che era stata lei ad investirlo e quasi ucciderlo ma chi le assicurava che lui non decidesse di vendicarsi mentre dormiva? Nel dubbio si era barricata in camera e, a quanto pareva, almeno era ancora viva. Si alzò, allacciandosi una felpa sopra il pigiama e posò la mano sulla maniglia, bloccandosi prima di girare la chiave ed uscire. Se lui le avesse svaligiato l’appartamento? Aveva letto degli articoli su quell’argomento e pure in una puntata di Glee un aitante Babbo Natale aveva svuotato una casa. Sospirò e poi trovò il coraggio per uscire. Sembrava tutto in ordine per fortuna. Camminò lentamente per non svegliare il suo ospite, che ora considerava di nuovo una brava persona ed arrivò fino al soggiorno dove, con sorpresa, vide Loki che guardava fuori dall’ampia vetrata, osservando il panorama inondato dalla luce del sole. Le voltava le spalle, tenendo le mani intrecciate dietro sulla schiena.
“Ben svegliata, midgardiana”
Sobbalzò leggermente perché credeva di aver fatto così piano da non essersi fatta sentire ma, a quanto pareva, si sbagliava.
“Elizabeth. O Beth”
Lui si voltò e la guardò interrogativamente.
“Il mio nome è Elizabeth, non midgardiana, qualunque cosa voglia dire” gli spiegò piccata, stufa di sentirsi chiamare con quello strano appellativo, augurandosi non fosse offensivo.
Il dio dell’inganno la guardò come se non avesse nemmeno fiatato, senza preoccuparsi di rispondere a quell’affermazione. A Beth non restò che sbuffare sonoramente e platealmente, perché almeno Loki si rendesse conto di quanto fosse fastidioso il suo atteggiamento.
“Vuoi qualcosa da mangiare? Caffè? O ti sei scordato pure quello?” chiese acida.
 
Dopo aver divorato due croissants alla marmellata e bevuto del caffè, Loki si alzò da tavola, con in mano la tazza riempita di nuovo. Osservò il tavolino appoggiato alla parete, su cui regnava il caos: un portatile aperto e delle cartellette, assieme ad una pila di fogli.
“Che disordine… Cos’è?”
Anche Beth si alzò, mentre finiva di masticare e si leccava le dita sporche di marmellata. Agguantò un tovagliolo e si pulì le mani.
“E’ la mia ricerca. Ti ricordi dell’attacco terroristico di New York di qualche mese fa?”
Inaspettatamente Loki questa volta si bloccò, come se fosse stato punto da qualcosa e fissò un punto indefinito.
“Lo rammento abbastanza bene” fu la sua risposta cauta.
La ragazza annuì e gli fece vedere alcune foto scattate dopo il dramma, con i palazzi semi distrutti e le macchine schiacciate.
“Non si è mai scoperto chi sia stato il colpevole né è mai stato rivendicato l’attentato. Ci sono un sacco di informazioni frammentarie che non coincidono fra di loro, troppo vaghe. Guarda queste auto, sembra che qualcuno le abbia schiacciate con un piede, qualcuno alto almeno 3 metri ovviamente. Non posso essere state solo delle bombe a causare tutto questo disastro”
“Tu cosa pensi sia successo?”
Beth si passò una mano nei capelli, come sempre quell’argomento la agitava.
“Non lo so, ma riuscirò a scoprirlo, riuscirò a capire cos’è che stanno nascondendo. Sono una giornalista free lance” gli spiegò.
Loki si appoggiò alla scrivania, osservando tutti i fogli sparsi e poi guardò lei.
“Perché è così importante? Ne parli come se fosse un affronto personale a te”
La ragazza si allontanò, spostandosi verso la finestra e guardando il cielo. Poi si voltò e sollevò la felpa, mostrando una cicatrice sul fianco destro, che partiva vicino all’ombelico e saliva in diagonale.
“Ero lì quand’è successo. Ero su un pullman e andava tutto bene quando c’è stato un fortissimo botto. Non ricordo altro, se non che mi sono risvegliata qualche ora dopo ed ero intrappolata con altre persone, perché il bus era finito, di traverso, contro un palazzo e ci erano cadute addosso le macerie dopo l’urto”
Loki fissò la cicatrice impassibile, senza muovere un muscolo.
“Sei sopravvissuta alla fine”
“Già. Ma voglio sapere perché, chi è stato a fare quel disastro, chi devo ringraziare per essere finita in ospedale e non mi arrenderò finché non avrò saputo tutto”
Loki prese in mano alcune fotografie. In una era immortalata la Stark Tower e il suo pensiero ritornò a quel giorno, allo scontro con Thor, al momento in cui si era reso conto di quello che aveva scatenato. Storse le labbra in una smorfia e lanciò la fotografia sul tavolo.
“Se ti dicessi che sono stato io a dare il via all’attacco a New York?” dichiarò, curioso di vedere la reazione della mortale.
Beth sollevò le sopracciglia incredula.
“Tu? Non può essere stata una persona sola a fare tutto. Oltre ad essere un dio di un altro pianeta vuoi essere anche un super terrorista? Lascia perdere, avresti una vita troppo complicata”
“Non era necessario fare tutto da solo, bastava aprire un portale per far venire qui un esercito da un altro pianeta, i Chitauri per esempio, e il gioco era fatto”
“Un portale… ma certo, come ho fatto a non pensarci prima?“ commentò ironica.
 
Loki si strinse nelle spalle, per una volta nessuno poteva accusarlo di aver mentito o manipolato la verità, per quanto sapeva bene che non le avrebbe mai creduto, non dopo quello che aveva fatto Odino, attingendo a tutto il potere suo e dell’intera Asgard. Dopo che la squadra degli Avengers aveva salvato New York e tutta la Terra, c’era stato un momento di euforia generale. Il popolo americano aveva acclamato a gran voce i loro eroi osannandoli. Ma dopo i festeggiamenti, il clima era cambiato. Il governo si era interrogato riguardo i supereroi in grado di tenere in scacco qualsiasi esercito, cominciando a considerarli una minaccia invece che una preziosa risorsa. Contemporaneamente, la scoperta di altri mondi dove c’era vita, aveva portato alla costituzione di un reparto speciale incaricato di creare un esercito per distruggere i nemici degli altri pianeti. Ben presto era scoppiato il caos tra chi sosteneva la convivenza pacifica con Asgard e gli altri mondi e chi, invece, inneggiava alla rivolta, ad un attacco diretto prima di subirne un altro.
La situazione era degenerata a tal punto che Odino si era deciso ad intervenire. I mortali non erano ancora pronti alla rivelazione di non essere gli unici esseri viventi, perciò il padre degli dei attinse a tutto il suo potere unito a quello della sua consorte, Frigga, per manipolare le menti midgardiane. Cancellò e modificò i ricordi di quanto successo, trasformando il disastro compiuto da Loki in un attacco terroristico. Le persone avrebbero dimenticato l’esistenza di altri pianeti, dei mostri, degli eroi che li avevano salvati, conservando però la loro certezza di essere gli unici al mondo per poter continuare una vita normale. Tutto ciò aveva richiesto uno sforzo enorme e aveva fatto capire a tutti i Nove Mondi quanto fosse ancora potente il padre degli Dei, che molti davano per vecchio e debole. *
 
Purtroppo tutto questo poter non era servito a difendersi dall’attacco a sorpresa degli elfi oscuri. Chissà cos’avrebbe detto la mortale se le avesse raccontato la verità. Continuò a curiosare tra i fogli e gli appunti. Trovò un ritaglio di giornale in cui un cittadino affermava di aver visto degli alieni scendere dal cielo e distruggere New York. Distese pigramente le labbra in un sorriso: a quanto pareva il potere di Odino aveva fallito in alcuni casi e qualcuno ricordava piccoli frammenti di verità anche se, poveri stolti, quegli individui erano destinati ad essere tacciati di follia per le loro dichiarazioni assurde.
E i poveri Avengers?
Tutta quella fatica fatta e nemmeno un ringraziamento, erano tornati nel completo anonimato. Sogghignò, era la giusta punizione per averlo contrastato.
Perso in quelle riflessioni non si era accorto che la mortale si era avvicinata a lui e, ora, si ritrovò quegli occhi nocciola che lo fissavano a distanza ravvicinata.
“Pensavo fossi caduto in uno stato catatonico” spiegò lei.
“Sembrava quasi che mi stessi venerando” la stuzzicò lui, avvicinandosi di più e sovrastandola con la sua altezza, per intimidirla
“Perché dovrei farlo?” gli rispose lei, cercando di simulare una sicurezza che in realtà non stava provando. Loki aveva uno sguardo inquietante, che riusciva a mettere soggezione in chiunque.
“Perché sono un dio, un essere superiore in grado di mettere ordine nel caos di voi mortali” dichiarò tranquillamente l’asgardiano.
“Mi basterebbe che mi aiutassi a rimettere a posto tutte queste carte” dichiarò Beth, ignorando di proposito i suoi proclami di superiorità e allontanandosi da quegli occhi verdi ipnotizzanti.
 
*
“Vedo che ti è piaciuta particolarmente la biblioteca” disse Beth, mentre entravano dentro l’ascensore, dopo essere stati fuori nel pomeriggio. L’aveva portato un po’ in giro, per vedere se qualche luogo gli era familiare.
“Il sapere è la più grande forza, benché ci siano degli sciocchi che credono conti solo quella fisica e i pugni” mormorò, stringendo tra le mani i libri che aveva preso da leggere.
“Mi sbaglio o hai il dente avvelenato con qualcuno in particolare?”
Beth sperava che, facendolo parlare, venisse fuori qualche informazione su chi fosse realmente.
“Quello stolto di mio fratello è convinto che per ottenere qualsiasi cosa ci voglia una dimostrazione di forza bruta”
“Come si chiama tuo fratello?”
“Thor” rispose Loki, pronunciando il nome di malavoglia.
La ragazza rimase delusa perché il tentativo non aveva funzionato ma il dottore si era raccomandato di farlo parlare, nella speranza che qualcosa gli facesse tornare la memoria.
“Ti assomiglia?”
Loki sbottò in una risata amara.
“Non potremmo essere più diversi. Lui è solo un ammasso biondo di muscoli e niente cervello”
Da quella descrizione Beth si immagino un culturista abbronzato e l’immagine non sembrava così male, ma evitò di farglielo notare.
“Avrà pur fatto qualcosa di buono, dai”
“Lui non pensa mai, agisce d’istinto e….”
 
Loki si bloccò ricordando quando Thor l’aveva salvato mentre stava per essere risucchiato dalla bomba dell’esercito di Malekith. Era stato vicinissimo alla morte ed era stato solo l’intervento di suo fratello che l’aveva impedito. Beth intuì che lui aveva trovato una buona ragione e lo assecondò. Forse, nella sua mente, Loki mischiava ricordi veri attribuendoli ad altre persone, come il dio del tuono.
“Qualcosa di buono lo ha fatto, allora” commentò cauta.
“Non compensa di certo tutti gli atti incoscienti che ha compiuto” fu la risposta piccata di lui, che comunque ammetteva implicitamente che suo fratello avesse fatto qualcosa di valido.
Non si era più soffermato su quell’episodio perché gli avvenimenti si erano susseguiti con incredibile rapidità. Forse suo fratello si era precipitato così fulmineamente per salvare la sua mortale, anche se era già fuori pericolo perché lui stesso, benché non sapesse spiegarne il motivo, l’aveva spinta via, salvandola. No, Thor era piombato dritto su di lui, era accorso per salvare lui. Dopo tutte le minacce gli aveva rivolto, promettendo di ucciderlo se l’avesse tradito, proclamando di non credere più in lui, l’aveva salvato.
Stolto.
Suo fratello era un patetico stolto che non sapeva nemmeno tener fede alle proprie parole. Questo si stava ripetendo pur di non ascoltare l’altra voce nella sua testa, quella che gli sussurrava che  Thor gli voleva bene, che l’aveva salvato perché era importante per lui, perché c’era un legame che andava oltre quello di sangue. Ma era una voce pericolosa, che preferiva mettere a tacere e ignorare.
 
“Aspettate!”
La voce trafelata di un mortale lo riscosse. Osservò la persona che aveva parlato e si stava avvicinando di corsa: un midgardiano alto quasi come lui, ma con i capelli corti e chiari, che indossava un paio di occhiali. Infilò un mano tra le pareti mobili dell’ascensore, impedendone la chiusura. Appena queste si riaprirono, entrò nella cabina e sbuffò sonoramente.
“Andrew, ciao. Quando sei tornato?”
“Stamattina presto. Mio padre è stato dimesso dall’ospedale, per cui sono rientrato per continuare la mia tesi”
“Bene”
Beth vide che il suo amico guardava insistentemente l’uomo accanto a lei. Avrebbe voluto evitare di dover dare spiegazioni ma era decisamente impossibile.
“Andy, ti presento un… amico. Starà da me per qualche giorno”
“Sono Loki, vengo da…”
“Asgard!”  fu la risposta del biondo, che concluse la frase precedendo lo stesso dio dell’inganno che, stupito, lo fissò.
“Conosci il mio pianeta, mortale?”
Andrew si aggiustò gli occhiali, spingendoli con l’indice, sul naso.
“La mia tesi di laurea è basata sulla mitologia norrena e, in particolare, sulla famiglia reale di Odino e sul rapporto tra Thor e Loki. E’ interessante che tu usi proprio quel soprannome, ti paragoni a lui?”
“Pronunci dei nomi sacri con troppa leggerezza”
Il ragazzo scoppiò a ridere e battè una mano sulla spalla del dio dell’inganno.
“Sei fantastico amico, parli proprio come lui. Hai un futuro come attore”
“Mostra il dovuto rispetto se non vuoi morire”
Quell’ordine perentorio, pronunciato in tono gelido in quello spazio ristretto, con lo sguardo assassino che solo Loki sapeva fare, provocò il silenzio totale. Andrew fissava l’amico di Beth e, inconsciamente, era indietreggiato di qualche centimetro, non sapendo bene cosa aspettarsi da quello strano tizio.
 
Beth si passò una mano nei capelli, scompigliandoli. Perché tutto doveva essere sempre così complicato?
Avrebbe voluto evitare di raccontare a chiunque il casino che aveva combinato ma, a quanto pareva, il destino aveva deciso di accanirsi contro di lei.
“Andy, c’è una cosa che non ti ho detto su di lui. E’ stato vittima di un incidente stradale, ha perso temporaneamente la memoria e non sta recitando, crede di essere Loki”
“Io sono Loki!”
Beth lanciò uno sguardo implorante al suo vicino, sperando capisse che doveva assecondare e non contraddire il nuovo arrivato.
“Uh, mi dispiace. Brutto affare essere investiti. E’ stato preso il pirata della strada o è scappato il bastardo?”
Quella domanda riuscì a far calare ancora di più il silenzio, rendendolo palpabile. Elizabeth avvertì lo stomaco contrarsi e non ebbe il coraggio di dire nulla e sentiva, per istinto, che invece l’uomo accanto a lei sapeva perfettamente cosa rispondere e, cosa peggiore di tutte, l’avrebbe fatto con immensa gioia.
“Ha avuto il coraggio di confessare e sta scontando la sua pena”
“In prigione?”
“No, ospitandomi a casa sua” rispose mellifluo Loki, con estrema soddisfazione, inclinando appena il capo e fissando il mortale, pregustandosi la sua reazione quando avrebbe messo insieme tutte quelle informazioni.
 
Andrew rimase interdetto, mentre rifletteva sulle parole dette da Loki. Lo guardò e poi guardò la sua amica che aveva il capo chinato verso terra, fissando con molto interesse le proprie scarpe. Gli sembrava altamente improbabile la conclusione a cui era giunto, ma era l’unica possibile.
“Beth – esordì in tono cauto – sei stata tu ad investirlo?”
In quel momento l’ascensore si fermò al loro piano ma nessuno si mosse per uscire e la ragazza uscì per prima, volendo mettere distanza fra sé e quei due rappresentanti del genere maschile che, in quel momento, sembravano coalizzati a farla sentire un disastro.
“Purtroppo sì, ma come vedi non ha subìto molti danni. Il dono della parola non gli manca, anzi ne ha fin troppo” sottolineò, aprendo la borsa per cercare le chiavi.
“La parola è un’arte ed è anche un’arma assai efficace, soprattutto con le menti inferiori”
Andrew lo guardò esterrefatto e lo oltrepassò, avvicinandosi alla sua amica.
“Com’è che si crede addirittura un dio nordico, come Loki?”
“Non ne ho idea”
“Però mi sarebbe utile per la mia tesi e…”
“Andy! Vorresti sfruttare il fatto che è andato fuori di testa credendosi un essere mitologico?”
Loki si infilò in mezzo ai due e li squadrò guardandoli con sufficienza.
“Io sono un dio. Se avete finito di perdere tempo dicendo cose senza senso, ottusi midgardiani, vorrei entrare in casa perché ho sete”
I due ragazzi spalancarono gli occhi, fissandolo.
“Sbaglio o ci ha appena dato degli stupidi? Forse hai ragione tu Beth, continuerò la mia tesi da solo. Buona serata” ironizzò, indietreggiando.
“Vigliacco” mormorò lei a denti stretti, con uno sguardo tagliente, prima di rivolgere il medesimo sguardo anche a Loki, mentre infilava la chiava nella serratura.
“Dobbiamo chiarire un paio di cose, caro asgardiano dei miei stivali…”
 
Note varie:
* per quanto riguardo il primo attacco avvenuto nel primo film di Thor, lo SHIELD è riuscito ad insabbiare l’incidente, tanto più che le persone erano state allontanate dalla cittadina prima che arrivasse il Distruttore. Per gli avvenimenti di Thor 2 The Dark World, verrà spiegato più avanti cos’è successo.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5° ***


Andrew sospirò per l’ennesima volta, allungando la mano per suonare il campanello e poi ritraendola, senza avere il coraggio di portare a termine l’azione. Dopo aver consumato tre fogli cercando di descrivere il modo di governare di Odino per la sua tesi, senza riuscire a produrre qualcosa di soddisfacente, aveva accartocciato tutti i fogli tirandoli contro il muro ed era a quel punto che gli era venuta quella folle idea: sfruttare l’amico pazzo di Beth.
Più ci pensava e più l’idea gli sembrava sensata. Probabilmente quel tizio ne sapeva davvero molto di mitologia norrena, era innegabile dalle parole che aveva usato e lui se lo sentiva che era così. Quindi perché non approfittarne?
 
Forte di quel ragionamento era uscito per raggiungere la porta dell’appartamento di Beth. La sua amica non sarebbe stata d’accordo con quella decisione ma, per fortuna, sapeva che era uscita per delle ricerche e non sarebbe tornata prima di cena, per cui aveva tutto il tempo di attuare il suo piano. Purtroppo, arrivato lì, gli erano venuti degli scrupoli. Gli si era visualizzata davanti agli occhi l’espressione folle di Loki, quello sguardo gelido che prometteva una morte dolorosa. Forse stava lavorando di fantasia, ma ripensarci gli metteva ancora i brividi addosso.
Per questo non aveva ancora trovato il coraggio di suonare.
E se fosse stato un serial killer? Forse restare solo con lui non era un’idea saggia, avrebbe potuto ucciderlo con un coltello da cucina. Erano questi i dubbi che lo facevano esitare. Ma fare al meglio la sua tesi valeva qualsiasi rischio, pure mortale. Con decisione pigiò il tasto del campanello, anche con troppo vigore. Passarono una decina di secondi e poi la porta venne aperta. Loki lo guardò senza battere ciglio, come se non fosse affatto sorpreso, o se lo era lo mascherava molto bene.
 
“Ciao, non so se ti ricordi di me”
Andrew si morse il labbro dandosi mentalmente dello stupido: dire una frase del genere a chi ha perso la memoria era un po’ come prenderlo in giro.
“Pessimo inizio” pensò.
“Mi chiedevo se alla fine avresti avuto il coraggio di suonare oppure no” fu il commento di Loki.
“Come?”
Il ragazzo era stato preso alla sprovvista da quella dichiarazione.
“Sbuffavi e parlottavi a bassa voce, era impossibile non sentirti”
Andy avrebbe voluto ribattere che, se l’aveva sentito, avrebbe potuto anche uscire a chiedergli cosa c’era ma, come il suo alter ego asgardiano, anche questo Loki non era particolarmente amichevole.
“Allora saprai anche perché sono qui” si ritrovò a dire, cercando di metterlo in difficoltà e smorzare quella sua aura di superiorità.
Loki si concesse un sorrisetto di soddisfazione prima di annuire impercettibilmente. Quel mortale era quasi divertente nella sua ingenuità.
“Vuoi parlare di Asgard”
L’espressione stupita di quel terrestre era stata comica, lo fissava a bocca aperta e con lo sguardo adorante. Se solo gli avesse chiesto di mettersi in ginocchio probabilmente l’avrebbe fatto. Quasi mugolò di piacere al pensiero di essere venerato nel modo che meritava e a cui aveva pieno diritto dalla nascita.
“Sì, in effetti sono qui per quel motivo. Tu sembri saperne tantissimo sull’argomento e io ho bisogno di chiarirmi le idee, di confrontarmi con qualcuno che ne capisca.”
 
“Ma io non ho nessun obbligo nei tuoi confronti. Perché dovrei perdere tempo con te, mortale?”
Loki si stava divertendo a trattarlo come un essere inferiore. Chissà se alla fine se ne sarebbe andato rinunciando al suo proposito, dimostrando di non valere nulla, oppure se avrebbe avuto abbastanza fegato da cercare di convincerlo? L’unica certezza è che sarebbe stato un piacevole passatempo per lui, per i prossimi minuti.
Andrew rimase spiazzato da quell’aperta ammissione di ostilità. Era davvero ben strano l’amico di Beth, incarnava alla perfezione il dio dell’inganno, di cui stava utilizzando il nome e, per quanto sembrasse folle, lui lo trovava affascinante, perché era come vedere prender vita i miti su cui studiava da una vita.
“Perché ti annoi qui da solo e credo che ti farebbe piacere parlare di Asgard con qualcuno come me, che sa apprezzare il valore del tuo pianeta, a differenza della maggior parte dei midgardiani”
Loki inclinò il capo, interessato al discorso appena sentito. Il mortale, a quanto pare, si stava rivelando un giocattolo interessante, che aveva raccolto la sua sfida.
“Troppo poco. Non ho interesse a parlare di un pianeta che già conosco perfettamente” dichiarò con tono neutro.
Andrew spinse in alto, sul naso, i suoi occhiali, prima di continuare, deciso a non farsi scoraggiare così su due piedi.
“Nella mia tesi approfondisco il rapporto tra Thor e Loki. Potresti aiutarmi a dare una diversa interpretazione dei fatti, che di solito danno ragione al dio del tuono. Avresti la possibilità di riabilitare il tuo nome e, anzi, valorizzarlo” concluse con un tono seducente, carico di promesse.
L’asgardiano strinse gli occhi in due fessure, mentre valutava quella proposta. Doveva riconoscere che l’umano era pieno di risorse e sapeva toccare gli argomenti giusti. Ma lui non era ancora stufo di giocare, per cui scosse il capo.
“Niente da fare. So già di essere superiore a mio fratello, che sa solo usare la forza e la violenza senza metterci un briciolo di intelligenza e chi non lo capisce vuol dire che è ottuso come lui” concluse incrociando le braccia al petto.
 
Andy si passò una mano nei capelli, in un gesto nervoso. Stava quasi per alzare bandiera bianca e ritornarsene nel suo appartamento ma era abbastanza cocciuto da non volersi arrendere. Non poteva dargliela vinta a questo tizio che si credeva un dio, anche lui era intelligente, bastava capire e dare a Loki quello che voleva, quello per cui lo stava tenendo così sulla corda fin dal principio.
“Ok, amico. Dimmi cosa vuoi per aiutarmi” gli disse francamente, fissandolo negli occhi con espressione decisa.
Al dio dell’inganno piacque quell’atteggiamento, soprattutto perché aveva smesso di contrattare con lui, arrendendosi al suo volere. Si concesse un sorriso mefistofelico.
“Ce l’hai del cioccolato?”
Andrew sollevò le sopracciglia, spiazzato da quella richiesta. Si aspettava quasi che volesse farsi pagare, invece il suo scopo, fin dall’inizio, era ottenere del cibo. Sorrise più rilassato, era un argomento su cui aveva margine di trattativa.
“Tavolette di cioccolato fondente purissimo. Arrivano da un negozietto che non ha niente da invidiare alla Svizzera”
Loki, con gesto regale, annuì ed uscì dall’appartamento.
“Proviamo questo cioccolato, se sarà all’altezza di quello che prometti, sarò disposto a concederti del tempo per parlare”
“Ne rimarrai deliziato” promise il ragazzo.
Il dio lo seguì, ricordando com’era cominciata quella sua passione.
 
*
 “Questa cosa sarebbe?”aveva chiesto guardino, con uno sguardo di diffidenza.
“Scusa? Non puoi aver scordato il cioccolato!” l’aveva rimbeccato la mortale.
“Il cioccolato non esiste su Asgard”
Ed era la verità. Quella cosa marrone non aveva l’aria invitante e quindi era più che lecito che lui dubitasse sul sapore che poteva avere. Per di più non gli piaceva essere obbligato a fare qualcosa.
Notò che la ragazza aveva l’aria assente mentre lo fissava. Le sventolò una mano davanti al viso per attirare la sua attenzione.
“A cosa stavi pensando?” domandò indagatore.
 “Niente di particolare” gli aveva risposto.
Si era sporto verso di lei, appoggiando i palmi sul ripiano di legno del tavolo, guardandola negli occhi e Beth si era tirata indietro per mantenere distanza fra loro.
“Che c’è?” l’aveva aggredito, mettendosi sulla difensiva e arrossendo appena.
Lui si era preso ancora qualche secondo per fissarla, prima di accennare un sorrisetto ironico e tornare al suo posto. Si era accorto che la mortale, quando non diceva la verità, si mordicchiava il labbro inferiore e l’aveva fatto dopo aver risposto a lui. Si stava divertendo a metterla in imbarazzo e non le avrebbe di certo confessato quel vezzo che aveva, perché era un modo per capirla e studiarla.
 
“Assaggialo e vedrai che ti ricorderai quanto ti piaceva” aveva insistito, cambiando argomento.
“Come lo sai?” l’aveva sfidata nuovamente.
Stufa di quella strana ritrosia di fronte ad una cosa da mangiare, Beth aveva scartato un cioccolatino e glielo aveva avvicinato alle labbra.
“Apri la bocca e mangia, asgardiano” ordinò come se avesse a che fare con un bambino capriccioso.
Si erano fissati per qualche secondo, in uno scontro di forza di volontà, poi lui aveva aperto la bocca piano, come se le stesse facendo una concessione e lei l’aveva imboccato con il cioccolatino, sfiorandogli il labbro inferiore con i polpastrelli delle dita. Fu questione di attimi ma entrambi sembrarono consapevoli di quel tocco.
La mortale aveva ragione, quella cosa, il “cioccolato” aveva un sapore squisito e, non meno importante, il modo in cui lo aveva invitato a mangiarlo aveva reso tutto più sensuale. Non gli sarebbe dispiaciuto passare la giornata sdraiato comodamente, facendosi imboccare da lei.
*
 
Entrati in casa, Andrew si diresse subito in cucina, per prendere ciò che aveva promesso a Loki, la sua chiave per ottenere informazione su Asgard. Mentre era in ginocchio per aprire lo sportello, gli venne in mente una cosa
“Uh, mi sono dimenticato di avvertirti che ho un gatto piuttosto scontroso. Non ti preoccupare se soffia. Lo fa con tutti. E’ poco socievole, ma basta solo che lo ignori e non ti farà nulla”
Quando ritornò nel soggiorno quasi gli sfuggì la tavoletta di mano. Loki era in piedi e osservava il gatto nero che si stava strofinando voluttuosamente intorno alle sue gambe. Il felino era chiaramente deliziato dal nuovo ospite.
Andrew si tolse gli occhiali e se li rimise, convinto che fossero appannati.
“Non ci credo. Bifrost odia tutti gli sconosciuti. Beth è stata graffiata più volte”.
“Bifrost?” chiese Loki, mostrando finalmente un po’ di curiosità.
Il ragazzo annuì. Fece segno a Loki di accomodarsi sul divano e lui seguì lo stesso esempio. Il gatto aspettò che i due umani si sistemassero e poi, a sorpresa, fece un balzo, accoccolandosi in grembo al dio dell’inganno.
“Gli piaci proprio” commentò Andy, ancora stupito da quell’atteggiamento, mentre fissava quello strano spettacolo a cui non si sarebbe mai aspettato di assistere.
“Mi stavi dicendo del suo nome – gli ricordò l’asgardiano, incerto su come reagire di fronte a quel felino – perché l’hai chiamato proprio in quel modo”
 
Andrew annuì e scarto la tavoletta di cioccolato, allungandola verso Loki perché lo assaggiasse. Quest’ultimo staccò praticamente metà tavoletta e diede subito un morso.
“C’era un violento temporale quella sera, avevo parcheggiato la macchina lontano e mi sono fatto una corsa fino al portoncino del palazzo. Lì davanti, al riparo, mi sono fermato a cercare le chiavi quando un fulmine ha illuminato tutto e, poco dopo, durante il tuono, ho visto schizzare qualcosa verso di me. Poco dopo mi sono accorto che era un gatto spaventato dal temporale. Era tutto bagnato e tremava dal freddo o dalla paura, o forse da tutt’e due. L’ho portato dentro e l’ho asciugato. Ho anche stampato dei volantini per capire se qualcuno l’aveva perso e, siccome nessuno si è fatto vivo, l’ho adottato e ora sta qui. Però non ha un carattere socievole tranne che con me. Di solito soffia a chiunque entri in casa, Beth ha cercato più volte di fare amicizia ma si è ritrovata le mani graffiate finché non ha rinunciato. E’ stranissimo come si sta comportando con te”
Loki fece una smorfia strana quando sentì la parola “adozione” ma non commentò nulla, invece la sua curiosità era sul perché del nome particolare. Era una cosa stupida e senza senso, eppure aveva stuzzicato la sua curiosità e voleva soddisfarla.
“E da dove ti è uscita l’idea del nome?”
Il ragazzo prese il gatto, togliendolo dal grembo del dio, che voleva quasi dirgli di non farlo. Si era abituato al lieve peso dell’animale e al tiepido calore che sapeva trasmettergli.
“Guarda qui sotto – fece stendere il gatto su un fianco e lo accarezzò, rivelando la pancia del felino. Il pelo nero era attraversato, proprio su tutta la lunghezza dello stomaco, da una striscia bianca – l’associazione mi è venuta naturale, sembra quasi il ponte che collega il Bifrost ad Asgard. Se ci aggiungi che c’era un temporale e i tuoni… Non potevo non chiamarlo in quel modo” confessò divertito.
 
Suo malgrado, Loki si ritrovò ad annuire, in segno di comprensione sul ragionamento esposto dal ragazzo. Aveva giudicato Andrew come un inutile mortale, invece la passione che aveva per Asgard, il modo in cui ne parlava come se ci vivesse, anche se lui lo credeva un semplice mito, era genuina e gli piaceva. Per certi versi avevano in comune quel sentimento. Non sarebbe stato troppo noioso parlare con lui.
“Abbiamo un accordo allora?” disse Andrew, fissando Loki in attesa di una risposta.
Si era accorto che aveva finito tutto il cioccolato, per cui la risposta era abbastanza scontata, ma con il dio dell’inganno non bisognava farlo mai.
Loki si prese alcuni secondi prima di rispondere e, in quel momento, Bifrost si rialzò, accoccolandosi di nuovo in grembo a lui. L’asgardiano questa volta lo accarezzò con la mano, lasciandola poi appoggiata sopra il gatto.
“Hai superato la prova, per cui sì, finché mi offrirai quanto chiedo avrai il mio aiuto”
“E’ fantastico! Ora ti spiego la mia teoria sul modo in cui Odino ha strutturato la società su Asgard” fu la risposta entusiasta di Andy, che si alzò di scatto andando a recuperare alcuni blocchi e libri, posandoli sul divano, prima cominciare a parlare come un fiume in piena.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6° ***


Gli incontri clandestini tra Loki ed Andrew erano diventati una costante. Elizabeth aveva accettato di scrivere un articolo collegato alla ricostruzione di New York, di una scuola e quindi usciva la mattina per rientrare solo a fine giornata. Questo aveva facilitato Andrew nello sfruttare Loki senza doversi giustificare o sentirsi in colpa. Anzi, doveva ammettere che cominciava a divertirsi, ammise tra sé mentre suonava il campanello dell’altro appartamento. Per essere senza memoria, Loki ricordava un mucchio di cose, soprattutto sulla mitologia norrena, l’argomento che interessava a lui. Quel primo giorno si era sentito un po’ spaesato perché l’amico di Beth lo osservava in un modo strano, come se fosse una cavia da laboratorio ma quella sensazione era sparita mentre approfondivano gli argomenti connessi ad Asgard, si era sentito finalmente a proprio agio nell’esternare quella passione, trovando qualcun altro che ne parlava come se fosse tutto reale e questo gli aveva fatto perdere la timidezza. Persino Loki aveva modificato il suo atteggiamento, non lo contrastava più accampando scuse per non aiutarlo, ma si limitava a mostrarsi superiore, come se gli facesse un favore ad incontrarlo.
Il dio dell’inganno aprì la porta in quel momento e lo fissò con il solito sguardo truce e inquietante.
“Cos’hai?” gli domandò.
“Muffin. Con gocce di cioccolato” rispose Andrew sorridendo, con fare cospiratorio, come se fosse uno spacciatore che offre la merce ad un possibile cliente.
Lo sguardo di Loki si accese, stuzzicato da quello che gli offriva il mortale. Annuì, soddisfatto.
“Andiamo”
 
Il dio dell’inganno trovava soddisfacente quel compromesso che aveva raggiunto con il mortale. Poter assaggiare tutti quei dolci fatti di cioccolato senza fare niente, se non parlare e dare la propria opinione su ogni cosa, libero di potersi esprimere senza essere contraddetto sempre, come facevano spesso suo fratello e i tre guerrieri.
“Quindi la tua arma preferita è il pugnale?” continuò Andrew, dopo aver scribacchiato degli appunti su un foglio.
Loki annuì.
“Non è troppo poco? Voglio dire… come puoi essere in grado di difenderti con un’arma così piccola se ti trovi davanti uno grande il doppio di te o che brandisce una spada?” continuò il mortale, dubbioso.
“Osi mettere in dubbio la mia parola? Non è la forza fisica a fare la differenza in un combattimento, contano anche l’agilità e saper maneggiare le armi, qualsiasi arma può essere letale”
“Uhm… - commentò Andrew, mordicchiando la penna che teneva in mano – non voglio darti del bugiardo, è semplicemente che mi sembra impossibile”
Loki si alzò in piedi, risentito da quei dubbi, dal fatto che quel semplice essere inferiore pensasse che lui non era in grado di difendersi e vincere un duello.
“Dammi un coltello”
“Cosa?”
Il dio dell’inganno allungò il braccio, con la mano aperta.
“Forniscimi un semplice coltello e ti mostro quanto possa essere mortale anche uno strumento così piccolo”
Andrew lo fissò cercando di capire quanto fosse seria quella richiesta. Loki lo guardava fisso negli occhi, con quell’espressione mefistofelica e un po’ inquietante.
“Hai paura, mortale? Vuoi o no sapere come lotta un asgardiano?”
Quella motivazione fece scattare in piedi Andrew. Lui voleva sapere tutto di quel mondo. Fornì a Loki un coltello da cucina, di quelli che si usano come posate a tavola, augurandosi di non finire morto ammazzato.
 
*
 
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, Beth fece un sospiro, contenta di essere rientrata prima. Ormai aveva finito la sua ricerca ed era pronta alla stesura definitiva dell’articolo. Stava pensando alla cena, quando un urlò attirò la sua attenzione. Proveniva dall’appartamento di Andrew e sembrava proprio lui ad aver gridato. Si bloccò tendendo l’orecchio.
“Attento, quel coltello è affilato!”
Beth spalancò gli occhi e si precipitò alla porta dell’amico, abbassando la maniglia, convinta di trovarla chiusa, invece questa si aprì subito e lei si trovò catapultata all’interno dell’appartamento per lo slancio che aveva preso. La scena davanti ai suoi occhi la fece ammutolire: Andrew era riverso per terra, con Loki sopra di lui, che gli teneva un coltello puntato su un lato del collo.
“Non ucciderlo!” urlò spaventata, incapace di muoversi.
I due ragazzi la guardarono sorpresi.
“Beth cosa ci fai qui?” le chiese Andrew, stando attento a non muoversi troppo vista la vicinanza della lama al suo collo.
“Cosa state facendo voi piuttosto!”
Loki non si era mosso dalla posizione in cui teneva inchiodato il suo avversario, perché non bisognava mai abbassare la guardia. Era una cosa che aveva imparato fin da bambino a caro prezzo, le volte in cui si era distratto suo fratello Thor era riuscito a fargli male e umiliarlo. Però si concesse di alzare lo sguardo verso la mortale e, quando la vide impaurita, gli venne spontaneo divertirsi un po’ e la fissò cercando di apparire folle ed inquietante. Lei ricambiò, guardandolo fissandolo intensamente, come se in quel modo riuscisse a controllarlo e impedirgli di uccidere il suo amico.
 
Dopo essersi divertito a spaventare entrambi i midgardiani, si rialzò in piedi, facendo roteare il coltello in aria e riprendendolo per il manico.
“Sei convinto ora?” domandò al mortale, che non si era ancora mosso.
Andrew si sollevò da terra, puntellandosi su un gomito, per poi lasciarsi ricadere sul pavimento, con un sorriso stampato in volto.
“Assolutamente sì. E’ stato fantastico”
Loki aggrottò le sopracciglia, sorpreso. Era convinto di averlo spaventato e invece quel ragazzo non si lasciava intimorire da nulla. Quasi senza rendersene conto, allungò un mano per aiutarlo a rialzarsi. Se lo meritava per il coraggio dimostrato, o per la vena di follia che gli impediva di provare paura.
“Voi siete matti – dichiarò Beth, scuotendo il capo e avvicinandosi – che stavate facendo?”
“Loki mi ha mostrato come si combatte armati solo di un pugnale, cosa che non credevo possibile”
Il dio dell’inganno si strinse nelle spalle.
“Non avevi nessuna possibilità di vincere, anche se io fossi stato disarmato” decretò con superiorità.
“Non sei un po’ troppo arrogante? Facile esultare di aver vinto così. Perché non te la prendi con qualcuno alla pari con te?” scattò Elizabeth, irritata da quel tono così superbo.
“Sono un dio e mi hanno insegnato a combattere e difendermi fin da quand’ero bambino. Non c’è nessuno che possa essere mio pari, né avvicinarsi al mio livello”
 
La ragazza si lasciò sfuggire un sorriso. Loki era talmente convinto di quello che stava dicendo, nel modo in cui proclamava la sua superiorità sul mondo intero, da risultare quasi simpatico. Di certo era ammirevole la sua autostima. Per non parlare di quel sorrisetto di trionfo che aveva dipinto in volto. Non un vero sorriso, più una specie di ghigno, quell’angolo sinistro della bocca che rialzava con altezzosità e che riusciva a farti sentire inferiore.
“Aspetta a dirlo” dichiarò, attirando l’attenzione di entrambi i ragazzi.
A quel punto, platealmente, abbassò la lampo della felpa che indossava e se la tolse, lanciandola verso il divano. Poi puntò un braccio in direzione di Loki e flettè le dita, facendogli segno di avvicinarsi.
“Ho fatto un corso di auto-difesa, vediamo se sei davvero così bravo oppure no”
Un’espressione stupita si disegno sul volto del dio.
“Tu mi stai sfidando ad un combattimento? Una donna?”
Andrew scosse il capo.
“Pessima mossa amico, denigrare il genere femminile” mormorò.
“E’ la vostra natura essere inferiori e…”
Loki non poté terminare la frase perché Beth si era avvicinata, colpendolo allo stomaco.
“Saremo anche inferiori ma non ci perdiamo in chiacchiere inutili, presuntuoso asgardiano
 
Beth sapeva bene che non avrebbe mai potuto vincere un combattimento contro di lui. Conosceva qualche mossa di difesa e basta, ma la soddisfazione di bluffare e far credere il contrario a Loki, almeno per qualche minuto, era una soddisfazione impagabile.
A quel punto l’effetto sorpresa era svanito e il dio sfoderò tutte le mosse che conosceva. Elizabeth riuscì a parare qualche colpo ma stava indietreggiando ad ogni mossa di Loki ed era chiaro che avrebbe perso. Poco dopo lui, con una finta, era riuscito a spingerla contro il muro, puntandole di traverso il braccio contro la gola.
“Come ho detto prima, sono superiore a chiunque, anche a una fastidiosa midgardiana
Beth era stupita. Loki si comportava come se lottare fosse una cosa che faceva tutti i giorni. Chissà, forse era stato nell’esercito. Il punto era che, in quell’istante, la teneva prigioniera e sembrava non volerla lasciare andare, non prima di una sua resa verbale. Rimase in silenzio, riflettendo su come uscire da quella situazione.
“Non parli più adesso? Niente più proclami e dichiarazioni di parità tra i sessi?” le domandò ironico, facendo aderire ancora di più i loro corpi, mentre le sussurrava quelle parole vicino all’orecchio.
 
Loki la stava stuzzicando apposta. Dopo che l’aveva sfidato, mettendo in dubbio la sua superiorità rispetto ai mortali, era diventata una questione d’onore sconfiggerla e umiliarla. Adesso che era alla sua mercé stava realizzando che, oltre ad aver dimostrato la sua inferiorità, poteva volgere ulteriormente a proprio favore quella situazione. Fronteggiare una donna aveva innegabilmente dei risvolti positivi, mentre la teneva schiacciata contro di sé per non farla muovere: il corpo morbido della mortale si modellava adattandosi al suo, intorno ai suoi muscoli tesi, in un modo molto piacevole. Anche Beth si era accorta di quel contatto fra loro. Cercò di ignorare le sensazioni che le arrivavano alla mente, collegate alla consapevolezza di quel corpo maschile contro di lei, del fisico tonico, dei muscoli forti che la tenevano inchiodata al muro. Riuscì a spostarsi leggermente, in modo da sollevare un ginocchio e puntarlo all’inguine di Loki.
 “Se non vuoi che rovini i tuoi gioielli asgardiani ti conviene lasciarmi andare”
Il dio dell’inganno rimase impassibile, come se quella mossa l’avesse lasciato indifferente. Continuava a tenere bloccata l’umana, godendo di quel prolungato contatto in cui era lui a dettare le condizioni del gioco.
“In un vero duello ti troveresti il mio pugnale puntato alla gola. Potresti anche farmi male con una ginocchiata ma io ti taglierei la giugulare condannandoti a morte” spiegò in modo tranquillo, esponendo la realtà dei fatti, secondo la sua logica.
“Pur di farti male ne varrebbe la pena” dichiarò Beth, sorridendo, ormai divertita da quel battibecco fra di loro e non disposta a cedere.
Questa volta Loki sollevò le sopracciglia, colpito da quell’ostinazione, seppure solo in forma scherzosa. Non era abituato alle femmine che lottavano così strenuamente, di solito erano manipolatrici, sapevano sfruttare le arti femminili per i loro scopi ma non sfidavano apertamente un uomo in modo così diretto, tranne Lady Sif ma lei era una guerriera e non faceva testo.
“Mi piace il tuo atteggiamento” mormorò lasciandola libera.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7° ***


La serata era proseguita in un clima più disteso. Beth, lasciata libera da Loki, aveva fatto vagare lo sguardo intorno alla stanza, notando il vassoio di muffin pieno solo per metà da una parte e due libri aperti, insieme a vari block-notes pieni di scarabocchi e simboli strani.
“Avete organizzato un party senza invitarmi?”
Nessuno dei due ragazzi rispose. Andrew perché non era preparato a quella domanda e non aveva una scusa plausibile mentre il dio dell’inganno perché, semplicemente, non lo riteneva un suo compito né pensava di dover giustificare niente di quello che faceva.
“In realtà… ho invitato qui Loki perché era solo e mi sembrava giusto fargli un po’ di compagnia” la buttò lì il ragazzo, sperando bastasse.
Beth gli scoccò un’occhiataccia, dato che ovviamente non gli aveva creduto.
“E il tuo concetto di fare compagnia include, guarda caso, parlare di duelli con un pugnale con relativa rievocazione storica?”
“Loki si stava divertendo” commentò il ragazzo, stringendosi nelle spalle.
“Di tutte le scuse questa è…”
La ragazza ammutolì, restando a bocca spalancata, senza finire la frase. La sua attenzione era stata attirata da una scena che non si sarebbe mai aspettata di vedere: Bifrost era saltato sul divano, acciambellandosi in grembo a Loki.
“Hai scambiato il tuo gatto con un altro identico?” sbottò, cambiando discorso.
“No, è sempre lui” le rispose Andrew sorridendo.
“Non è possibile. Quello lì non può essere il tuo gatto malefico che odia tutti gli essere umani”
“E’ Bifrost invece” confermò l’amico, divertendosi nel vedere lo stupore di Beth.
“Non ci credo”
“Ha adorato Loki fin dal primo giorno che ha messo piede qui dentro” sottolineò Andrew, perfidamente.
Il dio dell’inganno sorrise altezzosamente, per confermare di aver fatto breccia dove lei aveva fallito. Beth sollevò le sopracciglia incredula e poi tornò a rivolgersi all’amico.
“Cosa intendi dire con fin dal primo giorno da quanto è che vi vedete voi due?”
Loki, che non aveva preso parte alla discussione, guardava alternativamente i due mortali, divertendosi nell’assistere a quello stupido battibecco. Intanto si stava dilettando ad accarezzare il pelo morbido di Bifrost, che ricambiava facendogli le fusa.
“Perché devo renderti conto di chi invito a casa mia?”
“Perché ti avevo detto di lasciar stare Loki e non incasinargli di più la mente con le tue assurde teorie su Asgard” risposte prontamente Beth.
“Ha delle idee valide e realistiche il mortale, attenta a quello che dici” si intromise il dio dell’inganno, indispettito dal tono superficiale usato dalla ragazza.
Il suo intervento servì a far ammutolire Beth, che alzò le braccia in segno di resa.
“Ok, ci rinuncio, avete vinto. Credo di essere in una realtà parallela, dove Bifrost adora gli umani e voi due siete diventati amici del cuore”
Dopo quella dichiarazione si avvicinò al tavolino per prendere un muffin e mangiarlo con gusto.
 
Il tempo trascorse velocemente ed era ormai ora di andare a dormire. Loki si concesse un sorriso mentre si lasciava andare contro la spalliera del divano, sgranchendo le spalle indolenzite. Guardò i due mortali che gli stavano facendo compagnia e realizzò che, per quanto non fosse stata una serata degna di un asgardiano del suo livello, non era stata così inutile come pensava. In passato ne aveva trascorse alcune insieme a Thor e alla sua squadra di fanatici e si erano concluse sempre nello stesso modo: lui veniva preso in giro per qualcosa che non sapeva fare o non lo faceva bene come il suo perfetto fratello. Quanto li aveva odiati per quegli atteggiamenti derisori nei suoi confronti. Erano solo degli stupidi che lo sbeffeggiavano perché erano in maggioranza rispetto a lui, per quel motivo non aveva mai reagito, perché sapeva che avrebbero finito per farsi beffe di lui ancora di più.
Anche i due mortali aveva riso ma con lui, non di lui e questa differenza era abissale.
Gli avevano proposto una specie di gioco, chiamato “non ho mai”: dove a turno uno faceva una dichiarazione su cosa non aveva mai fatto e gli altri dovevano bere del vino se invece avevano compiuto quell’azione. L’aveva giudicato abbastanza stupido e infantile però, man mano che andavano avanti, le dichiarazioni erano state interessanti per capire i caratteri dei due mortali. In più, particolare non indifferente, si era divertito quando alcune sue affermazioni, tipo non aver mai copiato a scuola o non aver mai preso un brutto voto, avevano portato Beth a bere mentre Andrew si era stampato in volto un’espressione orgogliosa da primo della classe, in cui lui si era riconosciuto. Il momento più bello però, era stato quando il mortale aveva detto di non aver mai fatto una cosa a tre e lui aveva bevuto, sotto lo sguardo sorpreso degli altri due ragazzi. Erano state impagabili le loro espressioni. Aveva evitato di raccontare i particolari di quella serata, quando suo fratello e la sua compiacente ragazza occasionale lo avevano coinvolto per divertirsi insieme, dopo aver bevuto troppo vino, per festeggiare una battaglia vinta. Ricordava ancora chiaramente quello che era successo.
“Hai un sorriso mefistofelico”
“Come?”
Le parole della mortale l’avevano strappato alle sue riflessioni.
“Stavi sorridendo e il tuo sorriso non prometteva niente di buono”
“Mi piace incutere paura”
Beth lo guardò.
“Adesso capisco perché tu e quel gattaccio andate così d’accordo”
Questa volta Loki scoppiò a ridere, una risata di gusto, forse appena accentuata dal vino bevuto che, su di lui, aveva un effetto blando ma che gli aveva scaldato il corpo e prese l’ultimo muffin rimasto sul tavolo. Beth lo osservò e le tornò in mente quando gli aveva ricordato di come fosse buono il cioccolato. Chi l’avrebbe detto che ne sarebbe diventato così dipendente?
 
 “Questa cosa sarebbe?”aveva chiesto Loki, con uno sguardo di diffidenza.
“Scusa? Non puoi aver scordato il cioccolato!” l’aveva rimbeccato lei.
“Il cioccolato non esiste su Asgard”
Sbuffò cercando di capire se Loki la stava prendendo in giro o se era serio. A volte le sembrava un vero mistero quell’uomo. L’istinto le diceva che era sincero quando faceva certe affermazioni, oppure quando scorgeva quell’espressione stupita di fronte al funzionamento del forno a microonde o trovandosi davanti una pizza fumante. Però, a volte, le sembrava di cogliere una sfumatura ironica in quello che diceva o nello sguardo furbo che saettava per un momento sul suo viso.
Era un enigma. Per giunta era un enigma molto carino.
La mano di lui, che si trovò sventolata a pochi centimetri dal naso, la riscosse da quelle riflessioni.
“A cosa stavi pensando? Eri molto assorta” domandò indagatore.
Possibile che avesse capito che stava pensando a lui?
“Niente di particolare” gli rispose, scrollando le spalle per enfatizzare le proprie parole.
Loki si sporse verso di lei, appoggiando i palmi sul ripiano di legno del tavolo, guardandola negli occhi e Beth si tirò indietro per tenere distanza fra loro.
“Che c’è?” lo aggredì, sperando di non arrossire.
Lui continuò a guardarla, come se stesse cercando di leggere nella sua mente, ovviamente perché cercava di metterla in imbarazzo.
“Assaggialo e vedrai che ti ricorderai quanto ti piaceva” aveva insistito, cambiando argomento.
“Come lo sai?” l’aveva sfidata nuovamente.
Stufa di quella strana ritrosia di fronte ad una cosa da mangiare, Beth aveva scartato un cioccolatino e glielo aveva avvicinato alle labbra.
“Apri la bocca e mangia, asgardiano” ordinò bruscamente.
Si erano fissati per qualche secondo, in uno scontro di forza di volontà, poi lui aveva aperto la bocca piano, come se le stesse facendo una concessione e lei l’aveva imboccato con il cioccolatino, sfiorandogli il labbro inferiore con i polpastrelli delle dita. Fu questione di attimi ma entrambi sembrarono consapevoli di quel tocco. Beth si domandò se Loki avesse fatto apposta a sfiorarle le dita oppure no. Ma accantonò quel pensiero osservando l’espressione di lui che sembrava estasiata.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8° ***


Beth sospirò guardando l’orologio: fra poco sua madre sarebbe arrivata. Non aveva un bel rapporto con i suoi genitori, non dopo quello che le avevano fatto, arrivando quasi a convincerla a sposare un uomo solo perché ne avrebbero ricavato molteplici vantaggi. Da allora aveva tagliato i ponti con loro, limitandosi a sentirli per farsi gli auguri ai compleanni e alle festività. Il lavoro era la sua salvezza perché spesso viaggiava per raccogliere informazioni per i suoi articoli e, se era fortunata, riusciva ad evitare di tornare a casa per le feste. Sua madre le aveva telefonato avvisandola che c’erano alcuni documenti su cui era necessaria la sua firma, chiedendole di tornare a casa, ma si era dimostrata irremovibile, dicendole di passare lei se erano così importanti. Si era comportata in modo odioso, per il gusto di irritarla ma questo non la faceva sentire in colpa. Mancavano 10 minuti e sua madre era famosa per la puntualità. Preparò due caffè e nel porgere la tazzina a Loki inciampò e finì per versargli tutto addosso.
“Ma che fai!”
“Oddio scusa, ero sovrappensiero e non me ne sono accorta”
“Se fossi stata una serva ti saresti guadagnata una frustata”
“Ringrazio il cielo di non esserlo allora, visto che ti sto gentilmente ospitando” concluse calcando le ultime due parole perché essere paragonata ad una cameriera non l’aveva indispettita, anche se Loki sembrò ignorarle.
“Davvero non ti sei scottato?” chiese la ragazza, sentendosi un po’ in colpa perché non aveva pensato al fatto che fosse bollente.
Prese un tovagliolo e glielo porse per tamponarsi la maglia ma lui, un po’ scocciato, lo rifiutò con un gesto brusco della mano.
La sua temperatura corporea era più fredda del normale ed era per quello che non si era ustionato ma solo infastidito per quell’incidente ai suoi danni.
“Ti conviene farti una doccia o ti resterò addosso l’odore di caffè”
Loki si scostò la maglia appiccicato dal torace, storcendo il naso.
“Non credo di avere alternative per colpa tua”
Beth si strinse nelle spalle con un’espressione innocente stampata in viso.
“Scusa” mormorò un’ultima volta, complimentandosi mentalmente per la propria interpretazione. Le era uscito un tono implorante molto realistico.
 
Aspettò di sentire lo scroscio dell’acqua e si preparò alla seconda parte del piano.
Bussò alla porta del bagno.
“Posso entrare un attimo a prendere la spazzola?”
“Fai pure”
In realtà prese qualcos’altro che poi lasciò sul letto in camera di Loki. Infine, per ultimo, si mise davanti allo specchio dell’ingresso e si arruffò un po’ i capelli, spettinandoli.
Dopo qualche minuto suonò il citofono.
Si va in scena” pensò.
Aveva offerto del caffè e del tè a sua madre, che si era limitata a chiedere un bicchiere d’acqua e lo stava bevendo quando, poco dopo, era spuntato Loki dal bagno, coperto solo da un asciugamano stretto ai fianchi, con i capelli nerissimi tirati indietro e ancora umidi.
“Dove sono i miei vestiti?” chiese con espressione impassibile, senza mostrare curiosità sul perché non fossero più dove li aveva appoggiati in bagno, ignorando la donna che non conosceva.
Beth gli sorrise dolcemente.
“Sono in camera sul letto, tesoro” cinguettò, continuando a fissarlo e mangiandoselo con gli occhi.
Per fortuna l’imperturbabilità di Loki era così forte da non fargli battere ciglio nemmeno di fronte a quello strano comportamento. Si limitò ad un cenno del capo e raggiunse la camera per vestirsi.
 
“Chi è quello?” domandò sua madre, in chiaro tono di disapprovazione, corredato da un’occhiata dubbiosa nei confronti di Loki.
“E’ il mio ragazzo. Ci siamo conosciuti poco tempo fa per via di un incidente ed è stato amore a prima vista, anzi è stato un colpo di fulmine – su quella frase sorrise perché in un certo senso non stava dicendo una bugia – e adesso vive da me”
“Ti sei portata in casa un uomo che non conosci?”
“In realtà abbiamo avuto tutto il tempo di conoscerci per bene in questi giorni e queste notti”
“Elizabeth! Perché fai così? Ti rendi conto che sei ridicola? Portarsi in casa un uomo per…”
La ragazza spalancò gli occhi, continuando la sua recita.
 “Ma no mamma, è anche intelligente, sai? Ogni tanto scambiamo qualche parola”
La madre trattenne il fiato e strinse le labbra, truccate di un delicato rosso corallo e le indicò le ultime firme da fare. Poi si alzò in piedi, raccolse i fogli mettendoli nella cartellina e prese la borsa.
Beth la fissò: era sempre perfetta, non un capello fuori posto, le scarpe sempre coordinate ai vestiti e il trucco che la faceva sembrare senza età. Un tempo l’aveva ammirata, desiderando essere come lei ma poi aveva capito che a tutta quella bellezza corrispondeva un cuore di pietra, più interessato all’apparenza che ai sentimenti altrui, soprattutto a quelli di sua figlia.
“Non ti vergogni neanche un po’?”
Beth abbassò il tono di voce, prendendo la donna a braccetto e spostandosi verso la porta d’ingresso.
“Non preoccuparti. Non l’abbiamo mica fatto in pubblico. Ci limitiamo a del fantastico sesso a letto”
La madre prese un profondo sospiro e trattenne il fiato, per rendere palese come si sentisse offesa da quelle parole e dal comportamento così superficiale della sua unica figlia. Si portò una mano ingioiellata sul viso, all’altezza della bocca, ma senza sfiorare le labbra perfettamente truccate.
“Non ti riconosco più”
Beth fece un sorrisetto.
“Perchè? Ti ho già detto che non diamo spettacolo. Nessuno dei tuoi amici potrà mai guardarti storto perché non hai una figlia perfetta, puoi continuare a far finta che non esista”
“Non dire queste cose. Lo sai che io e tuo padre ci preoccupiamo unicamente per te e tenersi in casa un toy boy per divertimento mi sembra pericoloso”
“Sono stupita che tu conosca quella parola, mamma!”
Scuotendo il capo e sospirando, la madre rinunciò a disapprovare le scelte sbagliate di Elizabeth. Si sporse per darle un bacio, che in realtà fu più uno sfioramento superficiale fra le loro guance e poi se ne andò, mentre i tacchi risuonavano sul pianerottolo.
 
Beth chiuse la porta, felice che finalmente se ne fosse andata via.
“Ti avevo sottovalutato” dichiarò Loki, appoggiato allo stipite della porta, con le braccia conserte e appoggiate al petto.
La ragazza sobbalzò, perché si era dimenticata di non essere sola in casa.
“In che senso?”
Il dio dell’inganno fece alcuni passi, avvicinandosi a lei e camminandole intorno, in cerchio, mentre si metteva a spiegare, parlando con lentezza e malizia.
“Mi hai manipolato e usato per i tuoi scopi e sei stata abbastanza furba da farlo passare come un incidente casuale”
“Sei pazzo”
Loki accennò un sorriso sghembo.
“Mio fratello ha ribadito più volte che sono un po’ squilibrato, quindi potresti avere ragione ma, questo non cambia la realtà dei fatti. Mi hai sfruttato e in questo momento mi sento un oggetto. Mi fa male il cuore dopo aver scoperto il tuo inganno” concluse accentuando un’ironica drammaticità, portandosi anche una mano al petto.
La ragazza socchiuse gli occhi, guardandolo con odio mentre si faceva beffe di lei.
“Mi correggo, non sei solo pazzo, sei anche un idiota”
“Ho ucciso per molto meno, sappilo” l’avvertì Loki, con un tono di voce tagliente e deciso.
Beth non prese sul serio quella minaccia, che riteneva un modo di dire, senza sapere quanto in realtà fosse vera.
 
“Ammesso e non concesso che abbia fatto quello di cui mi accusi, qual è il problema?”
“Sono il dio degli inganni, se ti riconosco questo piccolo merito devi ritenerti onorata”
“Sei cosa? No, lascia stare. Beh… grazie Vostra maestà. E’ finito il discorso, posso andare a cambiarmi?”
Beth si mosse per raggiungere la propria camera ma il braccio di lui, infilato nel proprio, la bloccò. Loki si avvicinò, sussurrandole all’orecchio.
“Per tua informazione, almeno su una cosa non hai mentito a tua madre: faccio del fantastico sesso, è vero”
La ragazza avvertì il rossore salirle prepotentemente alle guance nel sentire quelle parole, segno che aveva ascoltato tutto il discorso malizioso che aveva recitato a sua madre. Con uno strattone si liberò e corse a rifugiarsi nella propria camera, chiudendo la porta e appoggiandosi contro con la schiena.
Che vergogna.
“Potrei anche farlo in pubblico, se ti piace esibire certe cose” aggiunse lui, alzando il tono di voce per farsi sentire.
Udì poi la risata di Loki, al di là del muro, che accentuò l’imbarazzo che stava provando e si tappò le orecchie con le mani.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9° ***


Dato che è la vigilia, ne approfitto per fare a tutti gli auguri di Buon Natale e Buon Anno Nuovo!
Grazie come sempre a chi ha voglia di leggere questa ff e a chi la commenta, è un piacere scambiare due chiacchiere con chi ha le mie stesse passioni.

** Auguri **


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Loki si era seduto comodamente sul divano, stendendo le lunghe gambe e apprezzandone la comodità. Era molto più rilassante della chaise longue di cui si era sempre servito nella sua camera o in prigione. Le comodità forse non fortificavano il carattere ma di certo rendevano più piacevole la lettura e il rilassamento. Voltò il capo, guardando in direzione della porta chiusa della mortale. Era entrata lì dentro quasi un’ora prima e non ne era ancora uscita. Si domandò quanto tempo avrebbe resistito prima di trovare il coraggio di uscire e affrontarlo, soprattutto dopo quello che aveva sentito. Doveva ammettere che quel colpo basso non se l’era aspettato da una faccia d’angelo come la sua. Sapeva riconoscere l’odio verso qualcuno, voler fare a tutti i costi una cattiva impressione per sconvolgere la persona che si aveva di fronte. D’altronde era un esperto in quel campo, dopo aver cercato di distruggere Jotunheim e aver cercato di assoggettare Midgard sotto il suo potere, provocando l’ira di Odino. Ma essere sfruttato come oggetto sessuale era una vera novità. Si lasciò sfuggire un sorriso, se ignorava il fastidio di essere stato manipolato, la faccenda poteva considerarsi divertente. La mortale non aveva risparmiato nessun colpo, usando sapientemente la malizia. L’ironia con cui aveva accennato al fatto che qualche volta parlavano, lasciando intendere che per la maggior parte del tempo si limitavano a fare sesso, era stato un colpo di genio. Per un momento si era aspettato che l’altra donna svenisse per terra, sconvolta da quelle parole, invece avevano rovinato lo spettacolo andandosene via poco dopo mettendo fine al divertimento.
Stava leggendo un libro sulla monarchia francese e sulla decapitazione dei sovrani, argomento che lo stava appassionando, quando finalmente aveva sentito la porta aprirsi ma non aveva nemmeno voltato la testa, restando concentrato sulla lettura. Poteva immaginarsela, appoggiata alla stipite, incerta su cosa fare. Poco dopo si avvicinò a lui, con la coda dell’occhio intravide le sue gambe ferme lì accanto. Posò con eleganza il libro in grembo, voltandosi a guardarla, come se le stesse concedendo udienza e aspettò che fosse la mortale a rompere il ghiaccio.
 
“Credo di doverti una spiegazione… Pizza?” domandò, accennando un sorriso sghembo.
Avrebbe voluto domandare a cosa corrispondeva quel termine mai sentito, ma finora il cibo midgardiano si era rivelato ottimo, per cui non trovava niente di male nell’assaggiare anche questa cosa sconosciuta.
“Va bene”
Beth rimase ad aspettare che lui le dicesse il tipo di pizza, ma Loki non aggiunse altro.
“Come la vuoi?”
Il dio la fissò senza rispondere perché, onestamente, non si aspettava quella domanda.
“Fai tu”
La ragazza sbatté gli occhi, fissandolo per una decina di secondi.
“Stai bluffando asgardiano… Non posso credere che tu non ricordi la pizza” affermò con troppa leggerezza.
Loki si alzò in piedi, sovrastandola e fissandola con uno sguardo gelido poiché non amava essere preso in giro, soprattutto da una mortale.
“Devo ricordarti di chi è la colpa?” replicò piccato.
A Beth morì il sorriso sulle labbra, nel ricordare che l’aveva quasi ucciso investendolo ed ora il suo cervello era in tilt.
“Va bene, ritiro quello che ho detto. Che ne dici di assaggiare il salame piccante?” gli domandò, anche se il tono era quello di una sfida.
“Piccante?” chiese Loki, abbassando le spalle e avvicinando il viso a quello di lei.
“Da sentirsi il fuoco in bocca” fu la risposta di Beth, che diminuì ulteriormente la distanza fra di loro.
Loki sorrise. Adorava le cose estreme.
“Mi piace” disse scandendo lentamente le parole, con voce roca.
 
Un’ora più tardi erano seduti a tavola con due ottime pizze fumanti. Con soddisfazione di Beth, a Loki era piaciuta quella pizza, le era sembrato buffo quando all’inizio aveva fatto delle smorfie e bevuto tutto d’un fiato l’acqua nel bicchiere, ma poi aveva assunto quell’espressione da bambino birichino e si era gustato il resto della pizza. Alla fine aveva alzato il bicchiere, in un silenzioso brindisi verso di lei.
“E’ l’ora della confessione mortale, ti ascolto”
Beth sospirò, sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento. Doveva ringraziare di essersi potuta gustare la cena tranquillamente.
“E’ vero, ti ho usato. Volevo ferire… No, difficilmente mia madre si lascia ferire, volevo scioccarla e scuotere un po’ il suo mondo perfetto e mi sono servita di te per farlo. Contento?”  disse tutto d’un fiato, senza addolcire la pillola o cercare scusanti.
“Non proprio. Non mi piace essere sfruttato e di solito non succede infatti. Sono curioso riguardo le tue motivazioni. Perché?” le chiese, inclinando il capo, come se volesse leggerle nella mente.
“Perché odio la mia famiglia” disse tranquillamente Beth, con una calma che colpì Loki perché la sentì molto familiare.
“Addirittura? Non ti hanno comprato la bambolina che volevi?” la prese in giro.
 
Beth non lo guardò, strinse le dita intorno al bicchiere con forza e sembrò persa a ricordare qualcosa. Poi si decise a parlare.
“I miei genitori hanno sempre dato più importanza al loro status sociale che ai miei sentimenti. Sono arrivati a farmi conoscere un ragazzo e convincermi che era quello adatto per me, spingendomi a sposarlo anche se non ero convinta, solo perché avrebbe portato molto prestigio a tutta la famiglia”
“E l’hai sposato?”
“Quasi. Sono rinsavita qualche giorno prima e ho mollato tutto scappando via. I miei non me l’hanno mai perdonato, dicendo che sono stata egoista e non ho pensato a loro”
“Che carini” ironizzò Loki, sempre più interessato.
“Vero? Sono diventata la pecora nera, la figlia ingrata che ha dato scandalo. Quello che mi fa più male è che mai una volta mi hanno chiesto scusa o sia venuto loro il dubbio di aver sbagliato – Beth prese la forchetta e tracciò delle linee sulla tovaglia – ovviamente bisogna mantenere le apparenze, per cui mi tollerano e mi invitano a casa per Natale. Agli occhi della società loro sono i buoni, che hanno perdonato la figlia disgraziata”
“Una storia con il lieto fine” commentò Loki, sempre ironico.
Beth fece una smorfia.
“Per questo, ogni volta che mi capita l’occasione, mi vendico cercando di scandalizzare mia madre” concluse, stringendosi nelle spalle.
 
Loki prese la bottiglia di vino e, con gesti fluidi, si riempì il bicchiere e se lo portò alle labbra. I suoi occhi parevano brillare di una luce oscura.
“Avevi programmato tutto fin da quando mi hai investito?”
“No! Ammetto di essere un tipo che si fa pochi scrupoli ma non fino a quel punto!”
“Allora quando? Dimmi quando hai deciso di inserirmi nel tuo piano diabolico” insisté Loki, perché dopo essere stato manipolato voleva almeno sapere tutto.
Beth prese il suo bicchiere e lo alzò verso Loki, in una muta richiesta di riempirlo, cosa che lui fece. Imitando l’asgardiano, anche la ragazza bevve un sorso prima di parlare.
“Sei stato tu a darmi l’idea. Quando ti sei autoinvitato a casa mia. Ho pensato che, se dovevo sdebitarmi, tanto valeva che ne ricavassi un vantaggio, no?” spiegò, pratica.
Loki era colpito, favorevolmente colpito. Quella mortale era piena di sorprese e, a differenza del suo aspetto, non era per niente dolce, non cercava di nascondersi dietro degli ideali cercando di apparire buona a tutti i costi. Era scaltra e non si faceva troppi scrupoli per raggiungere i propri obiettivi.
Un po’ come lui.
 
“Starai pensando che sono una persona ingrata e senza sentimenti”
“In realtà, no” rispose tranquillamente Loki, ed era la verità.
Beth fece una smorfia, guardandolo con espressione dubbiosa, non credendo alle sue parole.
“No? Dopo tutto quello che ti ho detto?”
Il dio dell’inganno si lasciò andare all’indietro, appoggiandosi alla spalliera della sedia e congiungendo i polpastrelli delle dita di entrambe le mani.
“Anch’io odio la mia famiglia. Ho sempre cercato di contrastare Odino e ogni occasione era buona per sbattergli in faccia la mia rabbia e provocare la sua ira. Provo un piacere perverso nel farlo”
“Non faccio fatica a crederlo”
Loki strinse le labbra in una linea sottile, seguendo il corso dei propri pensieri, prima di continuare a parlare.
“La soddisfazione non è nella mia natura, per cui credo che non smetterò mai di contrariare Odino e ricordargli che lo odio”
“Però non devi fare lo sbaglio di considerare la vendetta l’unico scopo della tua vita”
“Perché no?”
“Perché la vita è una sola e sarebbe un peccato sprecarla in quel modo. Continua a vendicarti dei tuoi, non sarò certo io a dirti il contrario, ma cerca di fare qualcosa per te, di essere felice. Costruire qualcosa di cui si va orgogliosi, dove la tua famiglia è esclusa, è una vendetta altrettanto efficace, fidati”
Loki parve colpito da quel discorso. Per lui era sempre esistita solo la vendetta, anche perché la sua aspettativa di vita era quasi eterna in confronto a quella dei mortali. Però il discorso di trovare una propria strada, realizzare qualcosa da cui Odino fosse totalmente escluso e non contasse nulla, era interessante e, si ritrovò a riconoscere, sensato.
“Non sei totalmente ottusa, fastidiosa midgardiana” commentò, sporgendosi verso il tavolo e alzando il bicchiere verso Beth.
Lei capì l’invito e fece altrettanto, facendo toccare i loro bicchieri in un silenzioso brindisi.
“E’ un onore ricevere un complimento così sincero da un presuntuoso asgardiano” gli rispose con ironico divertimento.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10° ***


A Loki piaceva la pioggia. Da quando si era svegliato aveva notato il cielo coperto da grossi nuvoloni di colore grigio scuro che promettevano acqua a volontà e così era stato. Dopo aver letto un po’ si era fatto una cioccolata e, con la tazza fumante tra le mani, era rimasto in piedi vicino alla finestra aperta, osservando l’orizzonte incurante dell’aria fredda che entrava. L’odore della pioggia era carico di malinconia e lui la inspirava a pieni polmoni. I suoi occhi guardavano le costruzioni midgardiane e cercavano di immaginarsi gli imponenti palazzi di Asgard. I rumori delle automobili erano fastidiosi e tutto gli parevano estraneo. Solo l’odore della pioggia era identico e gli era di consolazione.
Bevve un sorso di cioccolata e il liquido caldo scese giù per la gola, infondendogli un piacevole tepore nello stomaco. Capì allora quello di cui aveva bisogno, pur non volendo ammetterlo ad alta voce: aveva disperatamente voglia di un abbraccio, di sentirsi stringere e assaporare quel calore che sapeva portargli un senso di pace e di conforto nello smarrimento eterno che provava da sempre.
L’unica che aveva quel potere e l’aveva sempre avuto era Frigga.
Gli faceva male al cuore pensare a lei e soprattutto non poter avere sue notizie. Odino era stato contrariato di doverlo mandare in esilio su Midgard perché lo riteneva un grosso favore nei suoi confronti, ma se avesse saputo quanto lo faceva soffrire questa situazione, forse ne sarebbe stato compiaciuto.
 
Una figura che correva sul marciapiede, senza ombrello, attirò la sua attenzione e riconobbe la sua mortale che, evidentemente, stava dando sfoggio di quanto fosse sprovveduta visto che si stava facendo una doccia a cielo aperto. Rimase fermo di fronte alla finestra, senza che fosse rimasto turbato dallo spettacolo a cui aveva appena assistito e si volse solo quando sentì aprirsi la porta di ingresso.
“Che acquazzone, mamma mia” fu il commento di Beth mentre, ferma sul pianerottolo, si stava liberando degli indumenti fradici, comprese le scarpe, prima di entrare in casa.
“L’ombrello è stato inventato apposta per essere utilizzato in queste occasioni, o non lo sapevi?”
Beth storse le labbra in una smorfia di fronte a quella battuta scontata.
“Lo so benissimo, grazie – mormorò a denti stretti – purtroppo l’unico parcheggio che ho trovato era lontano da qui e l’ultima volta che l’ho usato ho scordato di rimetterlo in macchina. O restavo in auto ad aspettare il sereno, ma le previsioni danno pioggia per tutta la settimana, o correvo fino a qui. Ho scelto il minore dei mali”
Loki continuò a sorseggiare la sua cioccolata senza perdere di vista la mortale e approfittandone per osservare da sopra la tazza quell’inaspettato, seppur castigato, spogliarello. Beth si accorse, d’un tratto, di essere fissata e, per quanto fosse ancora vestita, si sentì vulnerabile di fronte a lui. Stava per fargli una battuta quando cominciò a starnutire a ripetizione e decise per una ritirata strategica e poco dignitosa fino alla propria camera.
 
Ci fu una cena molto tranquilla. Loki era ancora preda di quella sensazione di malinconia e solitudine e si era chiuso in un mutismo di cui Beth era stata grata dato che non avrebbe avuto la forza di contrastare il suo cinismo. Si sentiva spossata e probabilmente le stava venendo la febbre, dato che già non stava bene e aver preso tutta la pioggia le aveva dato il colpo di grazia. 
 
*
 
“Cos’hai?”
Beth trasalì, lasciando cadere a terra la compressa di aspirina, perché non si aspettava che lui fosse sveglio alle tre del mattino e sperava di farla franca e non farsi vedere in quello stato pietoso.
“Un infarto fra poco, se continui ad arrivare così all’improvviso e farmi spaventare”
Loki distese le labbra in un pigro sorrisetto di soddisfazione. Adorava cogliere in fallo le persone e, per fortuna, essere sulla terra non aveva sminuito questa sua capacità. Vide l’umana chinarsi, raccogliere qualcosa di bianco e ingoiarlo, bevendo subito dopo un lungo sorso d’acqua, dal bicchiere che teneva in mano. C’era qualcosa di strano nella ragazza, anche se non riusciva a capire cosa fosse.
“Che c’è?” lo aggredì Beth, sentendosi scrutata.
Gli occhi verdi di Loki erano quasi ipnotizzanti e avevano il potere di farla sentire sotto osservazione, come se lui volesse leggerle nei pensieri e nell’anima.
“Sei strana” commentò, inclinando appena il capo, come se avesse davanti un esperimento da studiare.
“Ho un po’ di febbre, non è niente. Torno a letto” rispose bruscamente, alzando il braccio per spostare Loki e passare. Quel movimento però le fece quasi perdere l’equilibrio, dato che le girava la testa e finì addosso a lui, che la sostenne prontamente senza il minimo sforzo.
“Non mi pare che questo si possa definire quasi niente” sottolineò calmo.
Beth puntellò i palmi delle mani contro il petto di Loki, cercando di scostarsi da lui. Quel suo tono così calmo era estremamente irritante.
“Ho la febbre, ho vomitato e mi gira la testa. Vuoi sapere altri particolari disgustosi?” sbottò esasperata e stufa da quell’interrogatorio.
“Morirai?”
Quella era l’ultima cosa che Beth si sarebbe aspettata di sentirsi dire da lui e riuscì ad ottenere l’effetto miracoloso di farla ridere per l’assurdità di quella domanda, fatta con lo stesso tono con cui avrebbe potuto chiederle se voleva un fazzoletto. Iniziò a ridere stupidamente e le mani, che prima si puntellavano per staccarsi da lui, erano appoggiate e, con tutto il busto, lei si era sporta, appoggiandosi a quel corpo solido.
 
Loki corrugò la fronte assistendo a quello strano spettacolo. Prima l’umana stava male e ora sembrava essere così felice da non smettere di ridere. Era tutto assurdo. In mezzo a questi pensieri però, non poteva fare a meno di notare il contatto fra di loro, come lei si appoggiasse tranquillamente  in un atteggiamento di fiducia. Concentrato in queste riflessioni, non si era accorto che Beth aveva gradatamente smesso di ridere e gli aveva appoggiato la fronte tra il collo e la spalla, a contatto con la pelle non coperta dalla maglietta.
“Sei freddo” aveva mormorato.
Quelle due semplici parole lo fecero irrigidire. Era la sua natura avere una temperatura corporea più bassa del normale, era il suo retaggio dell’essere un Gigante di Ghiaccio e non gli piaceva che venisse sottolineato in maniera palese, soprattutto da un’umana.
“Sei meravigliosamente freddo” continuò Beth, all’oscuro dei pensieri che agitavano l’animo di Loki.
“Davvero?” aveva domandato, senza accorgersene, con una punta di stupore.
“Sarà perché ho la febbre. Sei un fantastico sollievo, anche meglio della borsa del ghiaccio”
“Se volevi farmi un complimenti sei stata pessima, sappilo”
“Scusa” mormorò lei, continuando a tenere la fronte premuta contro di lui.
 
Il dio dell’inganno sapeva che la cosa migliore da fare era scostarla da lui, accompagnarla fino al suo letto e lasciare che si arrangiasse da sola. Lui non era un guaritore e non ne sapeva nulla di malattie umane. Su Asgard non esistevano per fortuna, ulteriore segno di come fossero più evoluti ed elevati di grado. Eppure non riusciva a decidersi a mettere in atto quel piano. Qualcosa, dentro di sé, gli diceva di non lasciarla andare, di non spezzare quella strana sensazione che stava provando. Dopo qualche secondo, in cui aveva trattenuto il fiato senza accorgersene, sbuffò stancamente mentre la battaglia nel suo animo, su cosa fare, volgeva al termine. Aveva ancora le mani che le tenevano gli avambracci, serrò la presa e la condusse verso il divano.
“Vieni” le ordinò come se si stesse rivolgendo ad un bambino.
Loki si sedette sul divano e aiutò Beth a fare altrettanto e poi afferrò le gambe della ragazza, adagiandosele in grembo, in modo che lei fosse voltata e appoggiata contro di lui.
Elizabeth si adattò docilmente a quella posizione. Era veramente stanca e sentirsi accudita, provare la sensazione di qualcuno che si stava occupando di lei era così bella che non volevo fare nulla per rovinare quel momento. Si appoggiò a Loki, chiudendo gli occhi, e ascoltando il battito regolare del suo cuore.
“Sei sempre viva?” domandò lui, questa volta per prenderla in giro.
“Non ho intenzione di morire nella prossima ora e perdermi tutto questo”
Beth si accorse, con ritardo, che la febbre la stava rendendo troppo chiacchierona, non avrebbe mai dovuto confidargli che stava bene in quel momento, quasi abbracciata a lui. Loki aveva una considerazione di sé fin troppo elevata, senza che lei contribuisse a renderla ancora più sconfinata.
“Intendevo dire che mi dai sollievo dalla febbre” cercò di giustificarsi, anche se sembrava un ulteriore complimento.
Loki restò in silenzio, una mano era appoggiata sul polpaccio di Beth e l’altra passava intorno alla schiena di lei, ma toccava il bracciolo del divano.
“Sono più freddo perché sono un Gigante di Ghiaccio” le confessò a bassa voce, come se stesse raccontando una fiaba. Nemmeno lui sapeva bene perché avesse detto quelle parole, perché stesse raccontando qualcosa di sé ad un’umana che non poteva comprendere. Forse era la stanchezza, quella strana intimità nella calma della notte o la voglia di non tenersi tutto dentro, dopo aver trovato qualcuno che non l’aveva guardato con ribrezzo per la sua naturale “freddezza”.
“Davvero?”
Beth non stava realmente ascoltando o, più semplicemente, non pensava che lui le stesse raccontando la verità. Fu questa consapevolezza a farlo continuare.
“I Giganti di Ghiaccio risiedono sul pianeta di Jotunheim, una landa desolata e fredda. Mi avevano condannato a morte perché non ero forte come loro, non ero degno di essere uno di loro ma poi Odino mi ha salv… - Loki si interruppe, facendo una smorfia dato che quella parola non era esattamente corretta – mi ha portato via, facendomi crescere ad Asgard”
“Non era bella questa Asgard?”
“Come?”
Loki si era perso a ricordare il passato, quasi dimenticandosi di avere un’ascoltatrice che, a quanto pare, riusciva a fargli le domande che più odiava sentirsi rivolgere. Si prese tutto il tempo prima di rispondere.
“Asgard è la perfezione. E’ il centro di tutti i Nove Mondi, elegante e superba nelle costruzioni. Il pianeta degno di un sovrano”
“E Jotun… l’altro?”
“E’ una terra desolata, spazzata da venti gelidi, composta solo di rocce e ghiaccio”
Beth si passò la lingua sulle labbra asciutte mentre cercava di seguire il racconto di Loki.
“Quindi sei stato fortunato ad essere stato portato via”
Loki guardava davanti a sé, ricordando il giorno in cui aveva scoperto che la verità sulla sua nascita, con la rivelazione che era stato condannato a morire neonato perché ripudiato dalla sua stessa famiglia, ritenuto indegno.
Sarebbe stata preferibile la morte?
No, perché lui voleva vivere. Ma non voleva affrontare quell’argomento, non voleva provare a capire le motivazioni di Odino, né provare un briciolo di gratitudine perché l’aveva salvato. Preferiva ignorare certe riflessioni.
“Non dovresti essere alto almeno 3 metri per essere un gigante?”
La sua mortale cominciava a essere fastidiosa. Quando uno era ferito di solito stava in silenzio, non continuava a fare domande inopportune come lei. Loki non si accorse di averla definita “sua”.
“Non ho nemmeno la pelle blu e gli occhi rossi se è per questo, tranne in casi particolari”
Beth si puntellò con una mano sul petto del dio, per guardarlo negli occhi, come se volesse controllare che non fosse effettivamente diventato di quei colori. Lui si sentì scrutato ma non distolse lo sguardo, controllando a sua volta se l’espressione di lei fosse inorridita o schifata da quanto le aveva raccontato.
“Gli occhi rossi stonano terribilmente. Ci vorrebbe un bianco ghiaccio, sarebbe molto più in sintonia” dichiarò seria.
“Questo è tutto quello che mi sai dire? Di tutte le cose importanti che ti ho raccontato, l’unica degna di nota è il colore che stride?” le rispose in tono un po’ aggressivo, come se si sentisse offeso.
“Era una battuta. Giudichi una persona dal colore della pelle? Io no, o almeno ci provo. C’è tanta gente che pur essendo normale, o bella, sa essere molto crudele, come mia madre. Non è l’uguaglianza esteriore a fare la differenza. Anche se, sono contenta che tu non sia blu” confessò alla fine.
La stanchezza l’aveva resa meno diffidente e incline ad esternare dei pensieri che, da lucida, si sarebbe tenuta per sé, ma l’atmosfera silenziosa e intima sembrava invogliare certi discorsi.
“Come mai? Mi avresti preferito di un altro colore che stesse bene con il bianco ghiaccio?” le domandò con un tono pieno di ironia.
“No, semplicemente mi piace il pallore della tua pelle – mentre lo diceva, alzò una mano e con l’indice percorse il contorno del viso di Loki, dalla fronte fino alla guancia – e il contrasto che fa con i capelli scuri”
L’asgardiano si bloccò, sorpreso da quel contatto inaspettato. Di solito preferiva tenere le distanze da chiunque ma quel tocco delicato gli piaceva ed era curioso di vedere cos’avrebbe combinato la mortale.
“Tutto qui?” la sfidò per spingerla a continuare.
Inaspettatamente la situazione aveva preso una piega imprevista, ma interessante. I complimenti solleticavano il suo ego e negli ultimi tempi non ne aveva quasi ricevuti, i suoi nemici preferivano combattere o cercare di ucciderlo purtroppo.
 
“I tuoi occhi sono…”
“Verdi? – sussurrò lui – oppure stonano terribilmente?” le fece il verso, ricordando il suo commento di poco prima.
Beth sospirò piano, sempre guardandolo e scosse il capo.
“Sono magnetici e ipnotizzanti”
Loki si concesse un sorrisetto soddisfatto, completamente d’accordo con quelle descrizioni. Era nella sua natura ammaliare e ingannare le persone, manipolandole a proprio piacimento e se anche una mortale riconosceva quel potere nel suo sguardo non poteva che esserne compiaciuto.
Si stava ancora crogiolando in quelle riflessioni quando, inaspettatamente, Beth si sporse verso di lui e, dopo avergli appoggiato le dita sulla guancia destra, lo fece gentilmente voltare verso di lei e gli sfiorò le labbra per un fuggevole bacio. Durò solo qualche secondo e poi la ragazza si staccò, rimanendo però a pochi centimetri dal viso del dio.
“Sai di buono” sussurrò con voce roca, prima di rimettersi accoccolata contro il suo petto e chiudere gli occhi.
 
Loki inarcò le sopracciglia mentre realizzava che la mortale gli aveva rubato un piccolo bacio. Si passò la lingua sulle labbra, ricordando il complimento di avere un buon sapore. Forse lo aveva anche lei ma era stato tutto così fuggevole che gli era mancato il tempo di accorgersene. Il respiro regolare e profondo dell’umana sottolineava come si fosse ormai addormentata. Non gli restava che spostarla per poter tornare a dormire ma il suo corpo non si decideva a muoversi e il motivo gli era ben chiaro. La mortale si era abbandonata contro di lui e, senza che se ne fosse accorto, aveva spostato le braccia in modo da tenerlo stretto a sé. Era ironico che proprio poche ore prima stava riflettendo sul fatto che gli mancavano gli abbracci di sua madre e ora c’era una donna che lo stava stringendo. Non erano minimamente paragonabili i due gesti né l’emozione che gli suscitavano eppure stava provando lo stesso una sensazione di conforto, di calore che gli scaldava la pelle e lo stava facendo rilassare. Si mosse piano per trovare una posizione più comoda e sollevò le braccia, non sapendo come metterle. La soluzione più naturale era appoggiarle intorno alla mortale e così fece dopo un momento di esitazione. Si ritrovò a chiudere gli occhi e addormentarsi quasi senza accorgersene, appoggiando la guancia sulla testa della mortale.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11° ***


La mattina arrivò fin troppo presto. Almeno questo è quello che aveva pensato Loki quando si era svegliato, alle prime luci dell’alba. Senza muoversi notò che la mortale era ancora nella stessa posizione, stretta a lui e respirava per fortuna. Con delicatezza cercò di staccarla da sé perché l’ultima cosa che voleva era che scoprisse che avevano passato la notte così, come se questo gesto equivalesse a farlo apparire debole. Piano piano riuscì nel proprio intento e si alzò in piedi, stiracchiando i muscoli indolenziti dalla posizione in cui erano stati costretti sul divano.
Guardò la mortale, che dormiva con espressione rilassata. Sembrava così fragile, così debole ai suoi occhi, però non riusciva a distogliere lo sguardo da lei. Stava cercando di capire come aveva fatto quella notte a convincerlo a parlare, a raccontare così tanto di sé, come non faceva da anni, da quando si confidava con sua madre.
Frigga.
Di nuovo quel dolore dentro al petto si fece sentire più forte che mai. Aveva così tante domande da rivolgerle, soprattutto voleva sapere perché aveva convinto Odino a mandarlo sulla Terra. Perché sua madre pensava fosse la soluzione migliore? Cos’aveva visto nel suo futuro? La consorte di Odino oltre a saper usare la magia, dote che gli aveva insegnato con amore quand’era piccolo, aveva anche quello della preveggenza. Era una buona custode di tale dono perché non ne abusava mai, cercava di indirizzare le persone per aiutarle solo quando lo riteneva importante. Si rammaricò della correttezza di sua madre, forse avrebbe potuto far qualcosa contro Malekith ed evitare di essere ferita gravemente, come invece era successo e, se lei fosse stata bene, il suo piano non sarebbe andato a monte. Strinse le mani a pugno, con la voglia di spaccare qualcosa ma, senza poteri, l’unico sfogo che aveva era di conficcarsi le unghie nei palmi delle mani e nutrirsi di quel dolore che assorbiva la sua rabbia. Aveva studiato così bene quel piano…
 

Thor, il suo perfetto fratello sempre in grado di risolvere tutto senza aver mai bisogno di qualcuno, così da prendersi tutto il merito, aveva chiesto il suo aiuto. Anzi, senza di lui, non poteva fare nulla. In quel momento aveva provato una profonda soddisfazione come se, finalmente, gli venisse riconosciuto il merito che aspettava da una vita. Ma era stata solo una sensazione durata lo spazio di qualche secondo perché la rabbia per quanto successo a sua madre aveva spazzato via persino il suo momento di trionfo. L’idea gli era nata dopo aver attraversato il passaggio segreto che da Asgard portava su Svartalfaheimr mentre discutevano sul modo in cui convincere Malekith ad estrarre l’Aether dal corpo di Jane. Sapeva che, se tutto fosse andato come previsto, lui avrebbe dovuto tornare ad Asgard e passare il resto della vita in prigione, Odino non avrebbe tenuto conto della sconfitta degli Elfi Oscuri, si sarebbe adirato perché i suoi ordini non erano stati rispettati ed evitando così di essere in debito con qualcuno o di dover addirittura dire un “grazie”. Questa era la sua unica chance di evitare quel destino misero e crudele.
 
Era andato tutto bene. Erano riusciti a sconfiggere Malekith impedendogli di andare via ed attuare il suo crudele piano. Si erano battuti insieme, fianco a fianco come non era mai successo in passato, questa volta erano davvero sullo stesso piano e si spalleggiavano. Infine lui aveva manipolato la realtà creando quel finto Elfo Oscuro che, a tradimento, l’aveva trafitto a morte. Thor aveva pianto mentre lo teneva tra le braccia, cercando di consolarlo e poi aveva urlato quando era rimasto inerme e freddo tra le sue braccia. Non pensava che suo fratello sarebbe stato così male e aveva solleticato il suo amor proprio vedere la disperazione in quegli occhi azzurri e sentire le lacrime che gli erano cadute addosso, sul viso. Dopodiché aveva fatto credere che il suo corpo si fosse cristallizzato e poi sbriciolato in mille frammenti, così che non avessero un cadavere da dover riportare ad Asgard per dargli una degna sepoltura. Quando l’avevano lasciato solo si era rimesso in piedi, con le sembianze modificate così da sembrare una semplice guardia.
 
Il suo piano era semplice ma estremamente efficace perché nessuno l’avrebbe mai più cercato, ritenendolo morto, doveva solo trovare un posto dove vivere, lontano da Asgard. Con le sue capacità sarebbe stato facile diventare presto popolare e importante, un punto di riferimento per gli abitanti nei dintorni. Avrebbe dovuto sacrificare il suo aspetto ma era un prezzo irrilevante per la libertà assoluta. Però non poteva cominciare una nuova vita senza sincerarsi delle condizioni di Frigga, o semplicemente aveva bisogno di vederla un ultima volta prima di dirle addio, forse rivelarle persino che era vivo perché non soffrisse in eterno per la sua morte. Non sapeva bene quali sentimenti l’avessero spinto ad entrare nel palazzo di nascosto né cosa avrebbe detto a sua madre. E non l’avrebbe mai saputo dato che era stato scoperto da una guaritrice che, insospettita dal fatto che si era seduto al capezzale della regina, aveva dato l’allarme, facendolo arrestare. Quella era stata la sua unica debolezza che aveva rovinato un piano praticamente perfetto.
 
Odino non si era lasciato ingannare, intuendo subito chi aveva davanti. Il Padre degli Dei l’aveva guardato a lungo, impassibile e Loki poteva leggergli in visto la delusione, la stessa con cui l’aveva giudicato in passato, quand’era bambino. Certe cose purtroppo non cambiavano mai anche se, a differenza del passato, quando lui timidamente chinava il viso sentendosi in colpa per non essere all’altezza della aspettative di suo padre, adesso teneva il mento rialzato in chiaro segno di sfida. Dopo quel momento di scontro silenzio Odino aveva ordinato subito alle guardie di rinchiuderlo in prigione e lui non aveva reagito. In quel momento erano in troppi e cercare di lottare lo avrebbe portato solo ad un’ulteriore umiliazione. Era stato condotto nei sotterranei e chiuso in una di quelle che venivano chiamate “prigioni reali” per chi commetteva reato ma non era un comune nemico.
Fece una camminata intorno alla stanza, osservando il letto, il tavolino e poi fermandosi davanti alla griglia dorata, all’apparenza semplice ma in realtà dotata quasi della stessa potenza di un fulmine, capace di stordire o anche uccidere chiunque tentasse di attraversarla.
 
Era passata solo una mezz’ora quando aveva sentito sbattere una porta e il rumore veloce di alcuni passi era risuonato nel lungo corridoio. Thor, appena rientrato dopo aver riportato Jane sulla Terra sana e salva, aveva appreso la notizia dell’arresto di suo fratello, che lui credeva morto e perso per sempre. Non riusciva a credere a quanto gli era stato detto ed era corso subito giù, nelle prigioni, perché aveva bisogno di vedere con i propri occhi che Loki era vivo. Nel cuore e nella mente aveva ancora il ricordo doloroso di suo fratello che moriva tra le sue braccia, di quegli occhi verdi che si erano spenti fino ad essere vacui e fissi. Si fermò davanti alla cella e lui era lì. Gli voltava le spalle, fissando il muro e aveva le mani intrecciate dietro la schiena.
“Mi chiedevo quando saresti venuto” commentò Loki, senza muoversi.
“Credevo di dover piangere la morte di mio fratello e invece era tutto un inganno, ancora una volta” fu la risposta in tono amaro di Thor.
“Ora puoi essere sollevato quindi”
Thor aveva stretto i pugni, avvicinandosi alla griglia della prigione, reprimendo l’istinto di romperla ed entrare a scuotere suo fratello.
“Perché?” chiese con rabbia.
Il dio degli inganni non gli rispose.
 
“Perché l’hai fatto? Ho pianto la tua morte! Ho diritto di sapere perché mi hai ingannato così!”
Ancora silenzio.
“Voltati Loki, guardami in faccia e rispondi alla mia domanda! Non ti è bastato tutto quello che hai combinato, non avevi già soddisfatto la tua fame di potere? La tua vena di follia non si è ancora esaurita?”
Nessuna reazione.
“Cosa volevi ancora?”
Quell’ennesima domanda spezzò l’imperturbabilità di Loki, che si voltò di scattò, avvicinandosi con due passi veloci, fino a sfiorare la griglia dorata, fissando con odio suo fratello.
“Cosa volevo? Ti prego, dimmi che non mi stai davvero facendo quella domanda”
“Invece sì, Loki. E’ impossibile capirti…”
Il dio dell’inganno strinse le labbra, formando una linea sottile sul suo viso.
“Tu non ci hai mai provato fratello, non hai mai cercato di capirmi o metterti nei miei panni. Ti è mai passato per il cervello di domandarti quale sarebbe stato il mio futuro una volta ucciso Malekith? Mi avrebbero imprigionato di nuovo e lasciato qui a marcire per il resto dei miei giorni, senza mai vedere la luce, privandomi di tutto. Avrei dovuto accettare questo senza reagire? Tu cos’avresti fatto?”
Thor rimase in silenzio, mentre rifletteva sul discorso di Loki. Doveva dargli ragione su una cosa, non aveva pensato al fatto che sarebbe tornato in prigione. Sconfiggere Malekith, lottare fianco a fianco con lui gli aveva ricordato i bei tempi da ragazzi, quando erano ancora degli incoscienti spensierati. Si era illuso che le cose si sarebbero sistemate ma aveva commesso un errore.
Nel vedere suo fratello ammutolito, Loki si sentì d’un tratto esausto. Si spostò, andando a sedersi sulla poltrona dentro alla prigione.
“Adesso che ti sei sfogato puoi anche andartene, raccogliere la gloria per aver salvato Asgard e tutti i Nove Mondi, compresa la tua mortale”
“Loki…” mormorò Thor, con espressione triste.
“No, non dire nulla. Vattene e basta. Almeno questo me lo devi” lo minacciò il dio degli inganni, sollevando una mano aperta per dare enfasi a quelle parole.
 
Thor strinse le mani a pugno ma non disse nulla. Inspirò profondamente e si voltò per andarsene, eseguendo la richiesta di suo fratello. Era arrivato al primo scalino quando, assecondando la propria impulsività, si voltò e tornò indietro, davanti alla prigione.
“Nonostante tutto, sono felice che tu sia vivo fratello. La vita sarebbe stata troppo noiosa senza di te” confessò.
Loki rialzò lo sguardo da terra e lo fissò guardingo, cercando di capire se lo stesse prendendo in giro ma l’espressione di Thor era seria e sincera. Non si aspettava di sentire quelle parole e non sapeva come rispondere. Confessare di essere rimasto spiazzato era fuori discussione, per cui si limitò ad accennare un sorriso, sollevando un angolo della bocca. Thor gli rispose nello stesso modo e in quel momento entrambi ritrovarono parte della sintonia che avevano avuto da bambini, prima ancora dei litigi e delle sfide, quando semplicemente erano “fratelli”.
 
Quel momento, durato una manciata di secondi, aveva cancellato per un attimo tutto il veleno e il male che c’era stato in quegli anni ma, poco dopo, una guardia era scena rompendo l’incanto, facendogli ripiombare alla dura realtà.
“Sua maestà ha richiesto la presenza del prigioniero, il principe Loki” spiegò al dio del tuono mentre altri soldati si riunivano per scortare Loki.
“Dove lo portate?”
“Abbiamo l’ordine di condurlo da Heimdall” spiegò quest’ultimo, mentre gli altri si occupavano di incatenare Loki perché fosse inoffensivo.
Thor aggottò la fronte, stupito dagli ordini di suo padre. Non riusciva a trovare una spiegazione a quella convocazione e temeva non fosse niente di buono per suo fratello.
“Vengo anch’io” si limitò a dire, ben sapendo che nessuna delle guardie si sarebbe mai azzardata a contestare la sua dichiarazione.
 
Arrivati al Bifros  trovarono ad attenderli Heimdall, perfettamente immobile e Odino che camminava inquieto avanti e indietro, impugnando lo scettro mistico* con la mano destra. Si bloccò quando li vide avvicinarsi. Rialzò il mento fissando, con espressione neutrale, i suoi figli, prima Thor e poi Loki. Ripensò a sua moglie e a come tutto era stato più facile in passato, quando erano alle prese con due bambini ingenui e innocenti e, per un attimo, il suo cuore cedette desiderando di poter tornare indietro nel tempo. Ma non era pensieri in cui poteva indulgere un sovrano e, serrando le labbra, spazzò via quelle emozioni, concentrandosi sullo scopo per cui erano lì.
“Tua madre” esordì Odino e Loki, ebbe l’impulso di contraddirlo ma, ricordandosi che era in coma, non disse nulla per non mancarle di rispetto “aveva il dono della preveggenza. Poco dopo il tuo attacco su Midgard, quando sei stato imprigionato, Frigga mi ha fatto promettere che, se fossi scappato di nuovo e poi fossi stato catturato, avrei dovuto esaudire una sua richiesta”
Il Padre degli Dei fece una pausa, lasciando che quella rivelazione facesse effetto. Sia Loki che Thor lo guardavano concentrati senza muovere nemmeno un muscolo.
“Dunque cosa mi aspetta?” domandò alla fine Loki, cercando di mascherare qualsiasi emozione o curiosità.
“Non mi ha rivelato cos’avesse visto nel tuo futuro ma voleva che fossi mandato in esilio, su Midgard. Io sono contrario a questa decisione, la tua follia non conoscerà mai pace e tutti i Nove Mondi sarebbero più tranquilli se restassi imprigionato per sempre, ma lei mi ha fatto promettere, mi ha fatto giurare che avrei esaudito il suo desiderio e ora non posso sottrarmi”
“Padre, non vorrete davvero…” disse Thor, facendosi avanti e guardando alternativamente Odino e Loki.
Quest’ultimo stava ancora assimilando quell’ultima dichiarazione, quella condanna che non si aspettava di dover scontare.
 
Odino ignorò il dio del tuono e ordinò alle guardie di togliere le catene dal prigioniero e portarlo vicino al Bifrost. Quest’ultimo non aveva ancora detto nulla, incredulo che stesse succedendo davvero.
“Andrai su Midgard e sarai privato di ogni potere”
“Non potete farmi questo!” sbottò il dio degli inganni, tornando finalmente in sé.
Il padre degli dei aveva un potere superiore a qualunque essere vivente in tutti i Nove Mondi e lo utilizzava con saggezza solo quando era necessario. Rialzò lo scettro, puntandolo al petto di Loki, all’altezza del cuore e mormorò delle parole in una lingua antica. Per una frazione di secondo brillò un simbolo luminoso sulla pelle del dio dell’inganno, visibile anche attraverso la stoffa della tunica. Odino lo aveva marchiato con una runa che serviva ad inibire qualsiasi potere magico.
“Prego di non dovermi pentire per aver dato retta a mia moglie” mormorò mentre, con un cenno della mano, invitava Heimdall ad aprire il Bifrost.
La runa bruciava sulla sua pelle ma il pensiero dell’esilio e di essere senza poteri sembravano un’umiliazione e un dolore ancora più grande per Loki, che ebbe solo il tempo di guardare un’ultima volta suo fratello prima che la luce bianca lo avvolgesse, portandolo via.
 
 
*  crediti a Virtual Arena Wikia per la descrizione dello scettro di Odino e del suo potere a cui mi sono ispirata, ovvero questa parte nello specifico: “Lo Scettro mistico è un artefatto magico che permette a Odino di incanalare la sua magia per una varietà ancora più ampia di effetti”.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12° ***


Nei giorni seguenti né Loki né Beth accennarono al bacio che si erano scambiati. Il dio dell’inganno si era comportato come se non fosse successo nulla perché non voleva dare nessuna importanza a quel gesto e parlarne sarebbe equivalso ad ammettere che ci stava pensando, lei invece evitò qualsiasi accenno perché non era nemmeno sicura che fosse realmente accaduto e non ci avrebbe fatto una bella figura a domandarlo a Loki.
Scusa, non ricordo se l’altra notte ti ho baciato.
Nel caso non fosse successo, gli avrebbe dato un’arma per prenderla in giro e ironizzare sull’attrazione nascosta per lui mentre se davvero si erano baciati e lui non aveva detto nulla significava che non aveva nessun interesse per lei ed essere rifiutata sarebbe stato un duro colpo per la sua autostima di donna.
Entrambi avevano limitato i discorsi fra di loro al minimo finché non era arrivato Andrew con la proposta di un’uscita a quattro, pregandoli di accompagnarlo perché aveva invitato una ragazza che gli interessava molto. Era stato impossibile dirgli di no.
 
Così Loki si era ritrovato in un posto chiamato bowling. Si guardava intorno con espressione schifata, provando pena per i mortali intorno a lui. Non avrebbe mai capito i mortali né i loro gusti. Come ci si poteva divertire in un posto affollato e rumoroso, lanciando una palla per buttare giù degli oggetti? Suo fratello avrebbe apprezzato tutto ciò, ne era sicuro, ma lui non riusciva a capire dove fosse il divertimento.
“Qualcosa non va?” gli aveva domandato Beth, appoggiandogli una mano sul braccio per attirare la sua attenzione.
“Cosa siamo venuti a fare qui?”
“Aspetta e vedrai” era stata la risposta sibillina della ragazza, che si era voltata seguendo Andrew e una mortale sconosciuta.
 
Stava camminando per seguire i mortali quando qualcuno gli finì addosso, sbilanciandolo per un momento.
“Mi scusi io… LOKI!”
Jane Foster si sarebbe aspettata di vedere chiunque, tranne il fratello di Thor. Squadrò l’uomo che aveva davanti a sé, che strideva con l’immagine che ricordava di lui. Vestito con un paio di jeans scuri e una camicia azzurra fuori dai pantaloni, pareva un normalissimo umano e non un dio squilibrato che bramava la conquista della Terra, incurante di uccidere chi lo voleva intralciare.
“Guarda chi c’è. La fidanzata del mio caro fratello” commentò Loki seraficamente, inclinando il capo e guardandola.
“Thor mi aveva detto che ti avevano mandato sulla Terra ma non sapevo in che parte del mondo fossi”
“Quando si dice il mondo è piccolo
Jane non sapeva bene come comportarsi. La prima volta che lo aveva visto gli aveva tirato un sonoro schiaffo, arrabbiata per tutto quello che aveva combinato a New York e per aver soggiogato la mente di Erik. La seconda era stato quando aveva assistito alla sua falsa morte. Il suo buonsenso le suggeriva di provare ad essere cortese.
“Come ti trovi qui?”
“Vuoi dire su un pianeta inferiore come Midgard, privato di qualsiasi potere e costretto a sopravvivere in qualche modo?”
Sperare che Loki ricambiasse la sua stessa cortesia era troppo, se ne rendeva conto.
“Però sei vivo” gli fece notare la scienziata.
“Vivo… - commentò lui con amarezza – come se questa si possa considerare vita” concluse, alzando il braccio per descrivere l’ambiente intorno a loro.
Jane stava pensando a qualcosa da dire per uscire da quella situazione imbarazzante quando sentirono una voce.
“Loki. Avevamo paura ti fossi perso” disse un ragazzo, avvicinandosi.
L’ultimo arrivato squadrò Jane, trovandola molto carina e poi si rivolse di nuovo al dio degli Inganni.
“La conosci? Ti è forse tornata la memoria?”
Loki lanciò un’occhiata altezzosa alla scienziata e si voltò, dandole le spalle.
“No, mi ha chiesto un’informazione”
 
Jane rimase a bocca aperta per il modo in cui era stata liquidata. Loki non finiva mai di stupirla. Non si era nemmeno degnato di salutarla, non che questo avesse importanza ma pensava che, essendo sulla Terra da un po’, avesse appreso un po’ di educazione, essenziale per sopravvivere.
“Cosa fai qui imbambolata da sola?”
Darcy era arrivata e la stava guardando con curiosità. Jane fece un sospiro e allungò il collo per cercare di individuare il fratellastro di Thor.
“Vedi quel ragazzo alto, con i capelli neri e la camicia azzurra?”
“Quello con il fisico asciutto e sexy?”
“E’ Loki”
Darcy inarcò le sopracciglia e fissò alternativamente la sua amica e lo sconosciuto.
“Quel Loki? Il fratellastro del tuo fidanzato spaziale? Quello squilibrato che ci ha quasi ucciso a New Mexico mandando l’omino di latta che sputava fuoco? Quello psicopatico che ha quasi distrutto New York perché voleva comandarci tutti? Quello…”
La scienziata le mise un braccio sulla spalla per calmarla.
“Ok, calmati. Proprio lui, hai capito bene”
Darcy arricciò le labbra, fissando con insistenza il punto in cui stava l’oggetto dei loro discorsi.
“Uhm… Sono tutti estremamente affascinanti in quella famiglia. Non è che c’è un altro fratello, sexy ma non fuori di testa, da conoscere?”
Jane rise, non resistendo all’ironia spontanea che la sua stagista, nonché amica, sprizzava da tutti i pori.
“Forza andiamo” le disse, prendendola a braccetto.
Prima di voltarsi però, lanciò anche lei un’ultima occhiata al gruppetto in cui stava Loki. Era insieme a due ragazze e al tipo che era venuto a chiamarlo. Il ragazzo biondo gli stava parlando in tono amichevole, gesticolando con le mani come se gli stesse spiegando qualcosa. Quello che era strano era la reazione di Loki, stava lì ad ascoltarlo tranquillamente anche se l’espressione un po’ scettica e superba era sempre quella che ricordava lei ma sembrava interessato e, in ultimo, aveva notato come la ragazza con i capelli castani gli aveva appoggiato la mano sul braccio in modo amichevole. Niente lasciava intendere che fosse il dio dell’inganno scontroso e che odiava i terrestri, anzi tutto il contrario. La scena le provocò la stessa sensazione di quando i suoi strumenti segnalavano qualcosa di anomalo: curiosità e confusione per non saper dare un significato preciso a ciò che le stava davanti.
 
Loki era molto scettico. Guardava la pista e i birilli posizionati in fondo e no, non riusciva a capire cosa ci fosse di stimolante in quell’attività. Poi Andrew gli aveva spiegato che era un gioco di abilità, non contava la semplice forza fisica di lanciare una palla, perché la pista era irregolare, i birilli andavano colpiti da una precisa angolatura perché cadessero tutti o almeno il più possibile. Questo iniziò ad interessare Loki perché studiare una strategia, pure se per vincere ad uno stupido gioco, gli piaceva.
“Che espressione decisa” commentò Beth, guardandolo in viso.
“Se devo prestarmi a questo insulso passatempo voglio almeno vincere” le spiegò Loki, poi afferrò una di quelle palle e le chiese come si dovesse impugnare.
Ci mise poco a capire come funzionava il meccanismo e dopo pochi tiri, fatti per testare l’inclinazione della pista, i tiri di Loki diventarono sempre più precisi, arrivando a fare due strike di seguito.
Beth era quasi indispettita dalla facilità con cui Loki aveva imparato a padroneggiare la tecnica in quel gioco. Anche se era in squadra con lui, era difficile esultare e vedere il suo sorrisetto ironico stampato in viso, che diceva chiaramente “sono il migliore in tutto”.
Dopo qualche partita e qualche giro di birre, le due coppie si separarono. Andrew accompagnò Bree a casa salutando gli amici.
 
“Questa sera non tornerà a casa” dichiarò Loki mentre passava davanti alla porta di casa del ragazzo.
Beth intanto cercava nella borsa le chiavi.
“Chi? Andy? Lo spero per lui” disse aprendo la porta.
“Sarà così”
Quanta sicurezza… da quando sei un esperto di coppie e appuntamenti?”
“Non lo sono. Ma sono un attento osservatore dei comportamenti delle persone ed era chiaro, dagli atteggiamenti di quell’umana, che era interessata a lui”
“Addirittura? Sei così bravo ad interpretare i sentimenti altrui solo da piccoli gesti? Non stai azzardando e basta?”
Entrati in casa, Loki continuò a parlare mentre si toglieva il giubbotto.
“So quello che dico. Vuoi un altro esempio? Prendiamo te. E’ chiaro che sei attratta da me”
“Scusa?”
Beth restò immobile a fissarlo, ancora con un braccio infilato nella giacca.
“Hai capito benissimo cos’ho detto”
Lei finì di togliersi l’indumento, appoggiandolo allo schienale del divano.
“Ti piacerebbe fosse così, ecco perché lo dici”
I due cominciarono a fissarsi, muovendosi ogni tanto in cerchio, come se fossero due avversari che si stanno studiando per un duello.
“Osi contestare quello che dice un dio?”
“Se fa lo sbruffone, sì”
“Mi sfidi e mi contesti per difesa, perché ti senti punta sul vivo sapendo che ho ragione”
Beth non replicò.
“Ogni tanto ti capita di fissarmi quando pensi che io non ti veda. Mi osservi quasi imbambolata e, per concludere, mi hai baciato la notte che stavi male. Se vuoi contestare le mie affermazioni sono pronto ad ascoltarti” concluse mellifluo, incrociando le braccia al petto.
“L’hai detto tu che sei il dio dell’inganno e manipoli le situazioni con la tua lingua velenosa. Hai fatto tutto questo bel discorso perché vuoi che ti dica che sono attratta da te, per soddisfare il tuo mostruoso ego e, dopo avermi fatto capitolare, mi rifiuteresti perché sono una semplice terrestre. No, presuntuoso asgardiano, non farò il tuo gioco”
“In realtà ti considero una fastidiosa midgardiana, se vogliamo essere precisi. Hai ragione sul fatto che voglio sentirtelo dire ma hai torto su un particolare: non ho intenzione di rifiutarti, tutto il contrario”
 
Beth era rimasta senza parola dopo la sua affermazione. Era convinta che lui non fosse interessato a lei perché aveva ignorato il bacio di quella notte, non ne aveva mai fatto parola né detto nulla in proposito e nemmeno l’aveva ricambiato. Avrebbe voluto fargli presente tutte queste cose ma Loki l’aveva afferrata e tirata a sé, per catturarle le labbra in un bacio. L’altra mano l’aveva infilata tra i suoi capelli, facendola scorrere fino alla nuca e lì si era fermata, tenendola premuta contro di sé, perché potesse continuare a baciarla. Quel bacio le stava facendo sciogliere il corpo. Era uno di quei baci che ti fanno dimenticare tutto, persino il tuo nome.
Loki aveva bramato quel momento anche se, se n’era reso conto solo dopo essere rientrati a casa. Gli piaceva che la sua mortale fosse così combattiva, che cercasse sempre di ribattere alle sue affermazioni, di contrastarlo, anche se poi alla fine era lui a vincere, come adesso. Lui aveva deciso di giocare a carte scoperte e sedurla e, a quanto pareva, stava ottenendo proprio quello che voleva. Sentì le mani di lei che scorrevano lungo la sua schiena, scendendo ad infilarsi sotto la camicia che indossava, per toccargli la pelle e lasciargli dei lievi graffi lungo tutto la spina dorsale, che riuscirono a provocargli un brivido di piacere. Inarcò il corpo all’indietro, per riflesso e poi afferrò la maglietta di Beth, tirandola verso l’altro e staccandosi da lei per sfilargliela dalla testa e la lanciò lontano, senza guardare dove andava a finire. Fece lo stesso con la propria camicia, quasi strappando i bottoni perché voleva sentire il contatto della pelle fra di loro. La mortale inclinò la testa e gli baciò la spalla, risalendo lungo il collo fino all’orecchio.
“Avevo ragione – bisbigliò roca – sai di buono”
“Anche tu” mormorò Loki, prima di afferrarla per i fianchi e sollevarla.
Beth capì e gli avvinghiò le gambe intorno alla vita, aggrappandosi contemporaneamente al suo collo. L’asgardiano riusciva a sostenerla senza fatica, mentre indietreggiava rapidamente per raggiungere la camera da letto di lei, quella più vicina e la depositò con delicatezza sul letto e si stese sopra di lei, tenendosi puntellato con i gomiti per non schiacciarla. Adesso che l’aveva baciata, che l’aveva sentita arrendevole tra le sue braccia, il dio dell’inganno sentiva di non averne mai abbastanza. La voleva. Voleva che fosse sua, come se fare l’amore con lei equivalesse a marchiarla come una sua proprietà. E lo fece con una scia di baci che lasciò su tutto il suo corpo, senza esserne mai sazio. Continuò finché non la sentì implorare di darle di più. Tornò a sfiorarle le labbra e le sfiorò il lobo dell’orecchio.
 “Dì’ il mio nome. Voglio sentirtelo dire”
“Loki” mormorò Beth.
“E poi?”
“Ti prego… Loki”
Il dio dell’inganno mugolò piano, estasiato nel sentirla così arrendevole ma voleva di più.
“Cosa vuoi?” la torturò implacabile, sussurrandole con voce roca.
Beth lo guardò negli occhi, era diabolico quello che stava facendo, tenendola sospesa in quel modo senza darle tregua, eppure questo atteggiamento contribuiva ad eccitarla.
“Voglio fare l’amore con te, asgardiano” gli sussurrò, lentamente, nello stesso modo, vicino all’orecchio.
Loki sorrise. Adorava il modo in cui lo apostrofava, riusciva ad essere terribilmente sensuale e gli sembrava che la sua voce gli accarezzasse la pelle.
“Ai tuoi ordini midgardiana
Dopodiché non ci fu più spazio per le parole ma solo per le loro mani che si toccavano, le labbra che si cercavano e i respiri che diventavano sempre corti e affannati.
 
*
Dopo aver scostato Beth da sé, con delicatezza, Loki si alzò dal letto. Si passò una mano tra i capelli arruffati e prese un profondo respiro. Era stata una nottata… Non trovava l’aggettivo giusto e ci pensò su un momento.
Intensa.
Era attratto dalla mortale ed era palese che anche lei provava la stessa cosa e il sesso fra di loro era stato molto soddisfacente ma c’era qualcosa che lo turbava e gli aveva impedito di riprendere sonno poco prima. Cercò di analizzare quello che stava provando, sperando che, capendolo, sarebbe passata quella strana sensazione che lo disturbava, lasciandolo libero di tornare a letto e svegliare Beth per divertirsi ancora un po’.
Chiuse gli occhi cercando di ricordare i particolari di quella notte. Non era una timida donna da trattare con delicatezza, per paura di romperla. Aveva un bel caratterino la sua mortale e non si era lasciata intimidire dal suo atteggiamento ma gli aveva risposto a tono, come se fossero in sintonia.

Ecco quello che lo stava disturbando. Dopo aver passato tutta la vita a sentirsi inadeguato ed escluso, quella notte aveva sentito una strana intesa con lei, qualcosa che gli era completamente estraneo ma allo stesso tempo sembrava familiare, o meglio naturale. Si sentì molto stupido per aver pensato quelle cose. Era stato solo dell’ottimo sesso e niente più e lui doveva smettere di dar retta a questi strani pensieri. I mortali non erano uguali a lui e lei non faceva eccezione. Ma tutti quei pensieri ormai gli avevano rovinato l’umore e quindi andò a vestirsi e cercare qualcosa per colazione.
 
Beth si svegliò da sola nel letto e ci rimase piuttosto male. Non sapeva bene cosa aspettarsi da lui dopo la notte passata insieme ma, di certo, non trovarlo l’aveva indispettita, come se Loki l’avesse usata e poi, ottenuto quello che voleva, si era allontanato per non dover fingere di fare quattro chiacchiere. Si domandò se forse non aveva sbagliato a cedere e andare a letto con lui ma, alla fin fine, non aveva fatto niente di male. La notte passata insieme era stata eccezionale e non era pentita. Non avevano nessun vincolo fra loro o nessuna amicizia di lunga data che potesse rovinarsi. Niente impegni ma solo libertà. Dopo il suo forzato fidanzamento si era sempre tenuta alla larga dagli uomini che sembravano volersi impegnare seriamente e la sola idea la faceva sentire come se stesse soffocando. Doveva essere grata a Loki, si disse, per non farle pressioni di nessun tipo. Rassicurata da quelle convinzioni scalciò le coperte con le gambe e si alzò dal letto, annusando il profumo di caffè che si stava spandendo per la casa.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13° ***


Beth aveva fatto in modo di restare fuori tutto il giorno. Non sapeva bene cosa aspettarsi da Loki, il suo atteggiamento così imperturbabile era difficile da interpretare e lei non voleva fare la figura della ragazzina appiccicosa che si aspettava qualcosa da lui. Poteva confessare, almeno a se stessa, che nelle sue fantasie le sarebbe piaciuto che lui ci provasse di nuovo, che volesse replicare quanto successo la notte precedente. Poteva essere spavalda e cinica ma l’unica cosa che non le riusciva era fare il primo passo con un uomo, nemmeno se era per qualcosa senza impegno. Quindi, per timore di vedere l’indifferenza di Loki, aveva calcolato di rientrare più tardi del solito, nell’orario in cui di solito si vedeva con Andy.
Quando passò davanti all’appartamento dell’amico, tese l’orecchio per sentire le voci dei due ma non sentì nulla. Aprì la porta di casa e accese la luce, lasciandosi sfuggire un gridolino quando vide Loki, in piedi, con le mani dietro la schiena, che fissava fuori dalla finestra, come la prima mattina dopo averlo ospitato.
“Sei impazzito?” sbottò, con una mano sul cuore.
“Per aver fatto cosa, se è lecito chiederlo?”
“Stare lì così, al buio”
“C’è forse una legge che lo vieta?”
Beth si morse il labbro. Quando Loki assumeva quell’atteggiamento così puntiglioso era meglio evitare di parlargli perché non si riusciva a scalfire in nessun modo la sua calma. Appoggiò la borsa e si tolse la giacca, mettendo il cellulare sotto carica. Fece tutti i gesti normali ignorandolo e poi si diresse verso la propria camera per andare a dormire.
“Dove vai?”
La voce incisiva di Loki la bloccò prima di completare la fuga. Non si voltò a guardarlo mentre rispondeva.
“A dormire. Sono stanca. Buonanotte” gli rispose, concentrata sul tono con cui stava parlando, perché fosse il più neutrale possibile, ma presa com’era aveva dimenticato i riflessi fulminei del suo ospite.
“Mi stai forse evitando?” le domandò in un sussurro, dopo esserle arrivato alle spalle, con il petto che le sfiorava appena la schiena. Nel frattempo aveva spento la luce.
Il suo corpo reagì facendole provare un brivido per quella vicinanza e le si mozzò il fiato.
“Perché dovrei?” fu la sua risposta, senza muovere un muscolo.
Lui le fece scorrere una mano sui capelli, avvolgendone una ciocca intorno all’indice.
“Magari sei confusa e ti stai chiedendo se voglio sedurti di nuovo oppure no”
Beth chiuse gli occhi. Il tono di voce roco che stava utilizzando era una tortura e la stava già seducendo solo con quello.
“Hai intenzione di farlo?”
“Lo vorresti?”
Loki distese le labbra in un sorriso pigro. Era già eccitato da tutta quella situazione. Essere lì in penombra, con la sola luce che filtrava dall’illuminazione fuori e la sua mortale che non voleva cedere nemmeno verbalmente a lui, anche se era impossibile batterlo su quel campo. Era curioso di scoprire come avrebbe risposto. Il silenzio fra di loro era palpabile e lui non si mosse, ascoltando il respiro irregolare di lei.
“Sì” rispose lei in un soffio, non sapendo più come ribattere e arrendendosi a quello che stava provando.
Il dio dell’inganno allungò le braccia, mettendogliene intorno alla vita e attirandola contro di sé.
“Ai tuoi ordini” sussurrò lui, come aveva già fatto la notte precedente.
 
*
 
“No!”
Loki aveva urlato con quanto fiato aveva in corpo e, con uno scatto di reni, si era ritrovato seduto, con gli occhi spalancati e il cuore che gli martellava furiosamente nel petto. Anche Beth si era svegliata, spaventata da quel grido. Aveva acceso la luce e ora stava fissando un Loki completamente sconvolto. Gli si avvicinò, appoggiandogli una mano sulla spalla per cercare di rassicurarlo ma lui la scansò spostandosi. Beth non si lasciò scoraggiare e si avvicinò, mettendosi su letto davanti a lui. Lo afferrò per le braccia cercando di attirare la sua attenzione.
“Loki guardami. Sono io Beth”
Lui la fissò, cominciando a realizzare dove si trovava.
“Va tutto bene, sei qui con me”
Il dio dell’inganno rimase immobile ancora per un minuto, mentre il suo respiro andava regolarizzandosi e la sua mente tornava lucida. Realizzò che non era ad Asgard ma sul pianeta dei mortali.
“Puoi lasciarmi ora” le ordinò, alzando le braccia perché si allontanasse da lui.
“Hai avuto un incubo?”
Loki scosse il capo, cercando di negare ma era evidente, dal suo sguardo, che era ancora sconvolto.
“Guarda che non c’è niente di cui vergognarsi” continuò Beth in tono dolce.
“Sto benissimo” continuò ad insistere lui, che non voleva approfondire quanto successo.
“Non è vero – dichiarò lei spavalda – hai le mani strette a pugno, sei sconvolto da qualcosa che hai sognato. Forse, se ne parli…”
 
Prima che lui potesse negare di nuovo, Beth prese i cuscini e li alzò, per permettere ad entrambi di restare seduti e appoggiati. Poi, con la mano, batté sul cuscino.
“Mettiti qui. Gli incubi perdono forza se li racconti e non hanno più il potere di influenzarti. E’ successo anche a me dopo l’incidente sul bus, funziona davvero” cercò di rassicurarlo.
Loki soppesò quella proposta e infine decise che poteva fare un tentativo. Forse era la stanchezza o il tono rassicurante della mortale, ma si ritrovò ad accettare di parlarne con lei. Si appoggiò con la schiena al cuscino, piegando una gamba e restando con il ginocchio alzato.
“Ho sognato Frigga. Lei… Lei è mia madre. Non la mia vera madre”
Era difficile riuscire a seguire il discorso sconclusionato di Loki. Ma Beth aveva paura che, se lo avesse interrotto, non si sarebbe più confidato. Si era messa seduta, con le gambe rannicchiate contro il petto e le braccia strette intorno.
“Mi diceva che non aveva nessun obbligo verso di me, che non ero suo figlio e che non voleva avere niente a che fare con me, che ero un… mostro – Loki fece una pausa, aver detto ad alta voce quell’ultima parola era stata una stilettata nel cuore ma, per fortuna, la mortale non commentò in nessun modo – mi guardava come se fossi l’essere più ripugnante al mondo e quando mi sono avvicinato per prenderle una mano lei si è accasciata al suolo, morta” concluse, passandosi nervosamente una mano nei capelli, stringendoli poi nel pugno, con rabbia.
 
“Era solo un incubo, non era reale” cercò di rassicurarlo Beth.
Il dio dell’inganno scosse il capo.
“Purtroppo non è così, è tutto vero. Lei ha fatto finta che le importasse qualcosa di me, mi ha cresciuto nella menzogna e mi ha guardato negli occhi, ogni volta, senza mai dirmi la verità, cioè che non ero niente per lei”
Beth deglutì, non sapendo bene cosa dire. Non era facile intuire cos’era successo e lei non se la sentiva di fare troppe domande perché rischiava che Loki si chiudesse in se stesso, escludendola.
“Ti ha trattato male quand’eri piccolo?”
“No, anzi. Lei riusciva a capirmi solo con uno sguardo, mi ha insegnato l’amore per i libri e come la conoscenza fosse una grande forza, ha sempre preso le mie parti con Odino”
“Perché dici che non è tua madre?”
Loki si girò a guardare la mortale, con uno sguardo ferito e gli occhi tristi.
“Non lo è mai stata. Mi ha sempre mentito e… è stata tutta una finzione. In tutti gli anni in cui sono stato con lei, è sempre stato tutto falso”
“Ripeto la domanda, perché proprio non capisco”
“Non sono suo figlio! Ha continuato a chiamarmi in quel modo anche se sapeva che era una menzogna, mi guardava negli occhi e non ha mai avuto il coraggio di essere sincera” sbottò lui con rabbia mentre, con la mano, aveva artigliato il lenzuolo e lo teneva stretto fra le dita.
Beth lo guardò, cercando di trovare le parole giuste per far breccia nell’animo tormentato di Loki, avere l’esempio negativo della propria famiglia le era, ironicamente, di aiuto. Gli appoggiò la mano sopra la sua, che ancora stringeva la stoffa.
“Una madre non è la persona che ti partorisce. Una madre è colei che ti vuole bene, che ti aiuta a crescere, ti insegna quello che sa e ti sta accanto, nel bene e nel male. Mi pare, da quello che mi hai detto, che Frigga ha fatto tutto questo. Quindi lei è tua madre, a tutti gli effetti. Non puoi rinnegarla solo perché non lo è biologicamente. Ha fatto anche di più, accettando un bambino che non aveva vincoli di sangue con lei, che non era tenuta ad amare o a crescere. Invece ti ha voluto bene e l’ha fatto spontaneamente, perché se lo sentiva. Non avrebbe potuto dimostrarti di più il suo amore” concluse sinceramente.
 
A quel punto Loki aprì la bocca, per ribadire di nuovo il suo pensiero, ma nessun suono gli uscì. D’improvviso tutte le sue convinzioni sembravano svanite, non sapeva come ribattere a quel discorso. Nella sua mente passarono tutti i momenti vissuti con Frigga, il modo in cui gli carezzava la testa da piccolo, i libri che gli forniva da leggere, le spiegazioni per imparare l’arte della magia e come lo avesse sempre incoraggiato e gratificato per i progressi fatti. Li aveva classificati tutti come inganni, come menzogne nei suoi confronti, come infinite coltellate nel cuore ma ora si sta facendo strada, in lui, un punto di vista differente da cui considerare tutto. Per la prima volta, si permise di credere che Frigga gli volesse bene. Aveva sempre negato quel sentimento, forse perché era quello di cui aveva disperatamente bisogno e, per paura di soffrire nel sapere che sua madre non lo amava, aveva negato lui per primo quel sentimento, giocando d’anticipo nella speranza che fosse meno doloroso. Ma forse non era così. Era molto cauto nel valutare questo nuovo punto di vista. Per lui era come camminare sul ciglio di un burrone, era pericoloso lasciar entrare la speranza nella sua testa. Ma era una cosa così allettante che ne era attratto, voleva correre il rischio di pensarci, anche solo per un attimo.
 
Beth era rimasta a fissarlo in silenzio, interrompendo il contatto fisico fra di loro togliendo la propria mano. Era palese che le sue parole sincere avevano aperto una breccia nei pensieri di Loki, che finalmente stava riconsiderando le proprie idee. Anche se non si faceva illusioni sul risultato. Fra qualche ora avrebbe eretto di nuovo i muri che difendevano i suoi sentimenti, rinnegando tutto. La sua speranza era che, anche se non voleva mostrarlo agli altri, qualcosa era cambiato nella sua testa.
“Vorrei dormire, sono stanco” fu l’unica cosa che disse e lei capì che aveva innalzato di nuovo le sue barriere difensive.
Rimise giù il proprio cuscino e si limitò ad annuire, spegnendo la luce e sdraiandosi. Aveva chiuso gli occhi quando si sentì sfiorare la guancia per un attimo e capì che era stato Loki. Sorrise nel buio, rincuorata da quel gesto e da quello che sperava significasse: che aveva apprezzato il suo discorso.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14° ***


Erano trascorse alcune settimane e Loki non dava segno di ricordare niente di significativo del suo passato, anzi sembrava infastidito tutte le volte che Beth cercava di affrontare quell’argomento. Stava bene così e non voleva fare nessun tipo di ricerca. In realtà quella situazione andava benissimo anche a lei, ormai Loki era entrato a far parte della sua vita e non riusciva ad immaginarsi di stare senza di lui. Aveva insistito solo per placare il suo senso di colpa ma dopo averlo fatto arrabbiare aveva deciso di lasciar perdere. Avevano una specie di relazione e non voleva far nulla per incrinare quel rapporto che si stava rafforzando fra di loro, o almeno lei sperava fosse così. Queste erano le riflessioni che stava facendo mentre si infilava il giubbotto per uscire di casa e raggiungerlo in biblioteca, il secondo luogo in cui si trovava bene.
Beth aprì la porta per uscire e sussultò nel trovarsi davanti Andrew.
“Ciao!”
“Andy! E’ da qualche giorno che mi domandavo che fine avessi fatto”
L’amica uscì di casa e cercò le chiavi nella borsa mentre lo ascoltava.
“Ho lavorato alla mia tesi rinchiuso in casa. Dopo tutti i discorsi fatti con Loki avevo molto materiale su cui lavorare. E’ stato fantastico! Mi ha aiutato a capire molte cose e sono riuscito ad approfondire particolari di cui non avevo afferrato l’importanza”
“Sono molto contenta, ti vedo veramente convinto e soddisfatto”
“Lo sono ed è soprattutto merito di Loki”
“Penso che ce l’avresti fatta anche senza di lui”
“Tu non capisci, parlare con lui è stato come fare un salto temporale, andare davvero ad Asgard e respirare la loro aria, il loro modo di vivere – si fermò per tossire – questo mi porta al motivo per cui voglio parlarti in privato”
“Ti serve ancora Loki? Perché è in biblioteca”
“No. Sono giunto ad una conclusione pazzesca ma…”
“Andy, così mi spaventi” scherzò la ragazza.
L’amico si guardò intorno, con fare circospetto, come se temesse di essere spiato. Prese Beth per un braccio e aprì la porta dell’appartamento, tirandola all’interno.
“Non posso parlarne qui, rientriamo”
Lei lo guardò un po’ stupita ma ormai, in quanto a stranezze, non si scomponeva più di tanto dopo aver conosciuto Loki, probabilmente era contagioso.
 
Una volta chiuso a chiave, Andrew si appoggiò con la schiena al battente, quasi avesse paura che qualcuno cercasse di entrare sfondandola.
“Credo che Loki sia davvero chi dice di essere”
“In che senso?”
“Lo so che non è logico e, fidati, mi sono già dato del folle da solo, ma non trovo altra spiegazione. Ci sono troppi particolari, gli atteggiamenti… è tutto l’insieme”
Beth alzò un braccio per interromperlo.
“Non ho capito nulla di quello che mi hai detto. Ricomincia da capo e dillo con parole semplici”
L’amico prese un profondo respiro.
“Credo che Loki sia realmente un dio” dichiarò.
Lei rimase impassibile prima di sospirare profondamente.
“Ok, lavorare alla tesi deve averti esaurito oppure sei stato troppo tempo con lui e ti ha fatto il lavaggio del cervello”
Andrew scosse il capo di fronte all’atteggiamento di Beth, che un po’ si era aspettato.
“No, no. E’ pazzesco, eppure più tempo passo con lui, più mi convinco che arrivi davvero da Asgard e che sia un essere superiore, dotato di poteri sovrannaturali”
“Non mi pare che abbia fatto nessuna magia da quando è qui, né muovendo il naso e neanche dicendo bibidi bobidi bu” fu la risposta di lei, con la fronte aggrottata a sottolineare quanto fosse stupita da quel discorso.
“Tu non mi credi”
Beth allargò le braccia con fare teatrale.
“Andy, come faccio a crederti? Se mi avessi detto che proveniva dalla famiglia reale inglese avrei potuto accettarlo ma così… Non esiste la vita su altri pianeti, come non è possibile viaggiare tra i mondi. Loki ha confuso realtà e fantasia e si è identificato in quel ruolo ma è solo uno scherzo della sua mente e non ha bisogno che tu alimenti il suo problema”
“Scusa, non avrei dovuto parlartene. Forse sono davvero sotto stress per via della tesi. Loki è diventato un amico e non voglio certo incasinargli di più la testa con questi discorsi, dimentica quello che ti ho detto”
“Non preoccuparti. Anch’io sto cercando la verità sull’attacco terroristico a New York ma non credo alla tesi degli alieni piombati dal cielo. C’è sempre una spiegazione logica a tutto, bisogna solo trovarla”
Andrew avrebbe voluto ribattere che era perfettamente logica la sua conclusione ma Beth era troppo razionale e non gli avrebbe mai concesso il beneficio del dubbio. Comunque lui restava della sua idea, anche se non ne avrebbe più fatto parola con nessuno.
 
*
 
Quando Loki si era svegliato l’apprensione per l’incubo fatto la notte prima non era svanita del tutto. Sentiva che non era stato solo frutto dei suoi pensieri ma che fosse un segno premonitore che stava per succedere qualcosa di brutto. Cercava in tutti i modi di convincersi del contrario ma nel suo animo era combattuto. Per distrarsi decise di andare in biblioteca, leggere i libri aveva sempre avuto il potere di calmarlo e concentrare la mente su uno scritto poteva essergli di aiuto per scacciare quella strana sensazione. Quando Beth si presentò da lui, all’ora di chiusura, l’accompagnò in un posto chiamato “Starbuck’s” dove prese un cappuccino al cioccolato aromatizzato ad una cosa chiamata vaniglia che gli piacque molto.
 “Che spavento! Quel fulmine era proprio a poca distanza da noi. E’ il caso che ci diamo una mossa per rientrare a casa, non mi piacerebbe essere colpita da uno di quelli”
“Non era un fulmine” commentò lui.
“E tu come la chiami una scarica elettrica che fa una luce del genere e finisce a terra?” *
“L’effetto del Bifrost agli occhi di voi mortali”
“Ah sì, il vostro “ascensore personale” tra i pianeti. Adesso mi dirai che è venuto a trovarti tuo padre?”
Loki guardò un punto lontano, alle spalle di Beth e riconobbe subito la figura che si stava avvicinando.
“No, è arrivato mio fratello”
“Thor, il dio del tuono giusto? In effetti è più in tema lui con il temporale che sta arrivando e…”
 
Beth non finì la frase ironica perché, gesticolando, si era voltata e aveva notato il ragazzo biondo, alto e muscoloso che si stava avvicinando e che indossava una strana armatura di metallo con tanto di mantello rosso e martello d’ordinanza.
Quando si fermò, accanto a loro, Beth si rese conto che non era frutto della sua fantasia ma era vero. Se Loki era più alto e la sovrastava, suo fratello era anche peggio, adesso capiva come doveva sentirsi una formica. Il dio del tuono la osservò per un attimo prima di tornare a rivolgere l’attenzione a suo fratello.
“Loki…”
“Non sei certo venuto per una visita di cortesia”
Thor scosse il capo mantenendo un’espressione seria in viso.
“Nostra madre...” cominciò prima di essere interrotto da suo fratello.
“Cosa le è successo?”
Non aveva il coraggio di pronunciare ad alta voce la sua paura più grande, ovvero che fosse morta.
“Lei è viva, ma devi tornare a casa, subito”  gli disse, appoggiandogli una mano sulla spalla.
Loki annuì.
“Andiamo” rispose asciutto, cominciando a camminare e seguire suo fratello, ignorando totalmente Beth, come se non fosse nemmeno lì.
Lei era troppo sconvolta per notarlo. Era una semplice spettatrice della scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi, come se non potesse nemmeno interagire con quello che stava succedendo. Li vide fermarsi dove, poco prima, era caduto quello che lei credeva un fulmine. Per terra c’erano degli strani segni, come di terra bruciata. Entrati in quella specie di cerchio, i due si fermarono mentre Thor alzava gli occhi al cielo.
“Apri il Bifrost, Heimdall” ordinò autoritario.
Poco prima che dall’alto arrivasse la stessa luce accecante già vista, Beth incrociò lo sguardo di Loki. Realizzò solo in quel momento che se ne stava andando via senza averle detto nulla. Aprì la bocca per dire qualcosa ma un lampo di luce scese su di loro e, quando scomparve, risucchiato verso l’alto, i due asgardiani non c’erano più.
Erano come svaniti nel nulla.
Era successo tutto in una manciata di minuti, troppo pochi per rendersi conto di quanto era accaduto. Quello che più di tutto era rimasto impresso a Beth era lo sguardo di Loki, quegli occhi verdi così magnetici, che l’avevano fissata tante volte, in modo inquietante, a volte ironico e altre malinconico, le erano sembrati assenti. Lui l’aveva guardata come se fosse trasparente. Non sembrava nemmeno dispiaciuto di dover andar via e lasciarla lì, come se non contasse nulla.
E forse era proprio così.
 
Era rimasta lì in piedi, fissando il punto in cui Loki era scomparso, per un tempo indefinito. Quando era cominciato davvero a piovere si era riscossa da quel torpore per rientrare a casa. Aveva avuto la forza di entrare in portineria perché almeno sarebbe stata all’asciutto, ma poi si era lasciata cadere stancamente sui grandini, appoggiando la testa alla ringhiera delle scale ed era rimasta lì, ancora incredula da quello che aveva scoperto. La sua mente razionale stava cercando di trovare un spiegazione logica ma era impossibile trovare un senso a quello a cui aveva assistito. Ancora in quello stato, era riuscita a camminare fino a raggiungere il suo palazzo. Appena entrata dal portone si era seduta sui gradini e si era portata le mani sul viso, chiudendo gli occhi.
Andrew l’aveva trovata, tempo dopo, ancora in quella posizione.
“Beth che fai seduta qui a terra?”
Lei non rispose. Rialzò il viso, aprendo di nuovo gli occhi ma non guardò il suo amico, fissò un punto indefinito di fronte a sé.
“Beth? Cos’è successo? Stai male?” chiese di nuovo lui, accucciandosi e mettendole le mani sulle spalle, per attirare la sua attenzione.
“Avevi ragione tu” mormorò.
“Beh grazie… ma su cosa?”
“Me l’avevi detto e io non ci ho creduto. Sono stata proprio una stupida” continuò Beth, esternando i pensieri che le vorticavano in testa.
“Qualsiasi cosa sia successa la sistemeremo. Ora andiamo di sopra. Dov’è Loki?”
“Non c’è, è tornato a casa”
Fu il turno di Andrew di essere stupito.
“Come? Ha recuperato la memoria? Qualcuno l’ha riconosciuto?”
“E’ venuto a prenderlo suo fratello” rispose meccanicamente lei.
“E se n’è andato così, senza un saluto, senza lasciare un recapito dove rintracciarlo?”
Beth si limitò a scuotere negativamente il capo.
“Si può sapere cos’è accaduto? Sembri sconvolta!”
L’amica aprì la bocca per rispondere ma le mancò la voce mentre le si formava un nodo in gola. Sapeva, per istinto, che dirlo ad alta voce avrebbe fatto ancora più male, avrebbe reso tutto reale.
“Suo fratello è piombato giù dal cielo e l’ha semplicemente portato via in un lampo”
“Non capisco”
“Thor in persona è spuntato con quel coso, il Bifrost, ha detto a Loki qualcosa sulla madre e puff, se ne sono andati risucchiati dalla luce” disse in tono neutro, tornando a fissare una minuscola crepa sul muro, come se concentrandosi riuscisse a dimenticarsi del resto.
“Ti rendi conto di cosa stai dicendo? Hai bevuto qualcosa?” le disse lui, rialzandosi in piedi, preoccupato. Doveva riuscire a portarla in casa.
 
Proprio in quel momento Elizabeth si alzò di scatto e afferrò il colletto della camicia di Andy.
“Sono lucida. L’ho visto con i miei occhi! Avevi ragione tu su Loki e io torto. Era davvero chi diceva di essere e ora non è più qui, è tornato ad Asgard e temo che non lo vedremo mai più” concluse con un filo di voce, mettendosi a piangere per la sofferenza, mentre l’avvolgeva in un abbraccio. Per quanto lui fosse già arrivato a quella conclusione, si sentiva spaesato di fronte a quanto era successo e si domandò, nella sua mente, dove fosse Loki in quel momento e cosa stesse facendo.
 
Note varie:
* Come ho già detto nel capitolo 1, quando il Bifrost si apre sulla terra viene “mascherato” e agli occhi terresti appare come un fulmine e, per rendere realistico tutto ciò, spesso è accompagnato come effetto collaterale dalla pioggia, che può durare poco o tanto a seconda del tempo atmosferico in quel momento su Midgard.

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