Rose Bianche

di garakame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rose Bianche 1 ***
Capitolo 2: *** Rose Bianche 2 ***
Capitolo 3: *** Rose Bianche 3 ***
Capitolo 4: *** Rose Bianche 4 ***
Capitolo 5: *** Rose Bianche 5 ***
Capitolo 6: *** Rose Bianche 6 ***
Capitolo 7: *** Rose Bianche 7 ***
Capitolo 8: *** Rose Bianche 8 ***



Capitolo 1
*** Rose Bianche 1 ***


le rose bianche 1 Come sempre è doveroso fare una premessa, ricordando che i personaggi di Versailles no Bara non mi appartengono, sono di Riyoko Ikeda. L’ambientazione della storia dopo il ritorno di Fersen e subito dopo la comparsa del Cavaliere Nero. Oscar è convinta di quello che fa per un motivo ben preciso, leggete e lo scoprirete.  Vi prego di leggere anche E non è finita qui, per capire meglio come ho fatto a creare la storia. Come sempre voglio ricordarvi che i pomodori o le uova marce me le tirerete solo quando avrete letto tutto quanto.


Rose Bianche


Aveva aperto gli occhi stava guardando il soffitto, ma non lo vedeva, la mente annebbiata dal sogno.
Cercava di ricordare il sogno che aveva fatto, cercava di non  dimenticarlo,  ma era tutto inutile, lo sapeva bene.
La cosa che le era rimasta impressa erano le rose e il loro profumo dolce. Tante rose bianche.
Si mise a  sedere  sul letto si toccò la fronte sudata.
Un altro sogno così strano.
Di solito non ricordava mai i sogni che faceva, ma da un po’ di tempo aveva sempre la stessa visione.
Si ricordava solo il particolare del profumo e che si trovava in un giardino fiorito. “Che  cavolo  di sogno vado a fare”, pensò.
Era vero che la primavera era ancora lontana ed era presto per la fioritura delle rose; e poi quel giardino non l'aveva mai  visto, non erano i giardini di Versailles e non era il giardino di palazzo. 
Si alzò dal letto, avvicinandosi alla brocca d'acqua fredda.
Era ora di prepararsi il sole stava sorgendo.
Mentre finiva di vestirsi, guardò la divisa rossa sul manichino, sospirò.
Si era svegliata male quella mattina, a causa di quello che non riusciva a ricordare, a causa di una sensazione di insoddisfazione verso la sua vita.
Era da un po’ di tempo che si sentiva inquieta, erano tante le ragioni: la vita monotona, l’ambiente corrotto di Versailles, Fersen e tutto quello che era successo tra loro.
Si chiedeva se l’avesse ancora visto quale sarebbe stata la sua reazione dopo quel maledetto ballo.
Il suo viso e il suo sorriso caldo non le lasciavano tregua.
Negli ultimi tempi però un altro fatto le aveva fatto scordare il conte; La presenza di un ladro che rubava nelle case dei nobili, non si sapeva nulla di lui, a parte il fatto che fosse vestito completamente di nero, che portasse una maschera che si facesse chiamare Cavaliere Nero.
Tutta Versailles ne parlava, i nobili impauriti e spaventati da questa figura misteriosa non sapevano più come fare per difendersi dai suoi attacchi.
Oscar era inquieta a causa di  Andrè.
Non capiva il suo comportamento, ultimamente le sembrava strano, distante.
Uscì dalla stanza e si diresse verso la stalla.
Si aspettava di trovarselo davanti, come le capitava spesso negli anni precedenti.
Se lo trovava sdraiato sul fieno addormentato e lei si divertiva a svegliarlo in malo modo e a prenderlo in giro:
“Non sei un cavallo, Andrè. Ti pare questo il posto per dormire? Hai un letto e una stanza.”
A volte il tono che usava era severo, ma poi finivano sempre per scherzare.
Sperava di trovarlo lì ma sapeva che non l'avrebbe incontrato.
Nella stalla non c’era nessuno, solo i cavalli.
Cesar quando la sentì arrivare le si avvicinò, lei accarezzò il muso del cavallo e gli sorrise.
Gli parlò in modo dolce, sottovoce per non spaventarlo.
Poi decise che era arrivato il momento di partire, si sellò il cavallo e corse verso Versailles.
Era davvero preoccupata per il suo amico, ma da persona discreta quale era, non se la sentiva di fargli un terzo grado.
Partì da sola verso la reggia, mentre il sole dall’orizzonte si affacciava su una nuova splendida giornata di primavera.
Due ore dopo.
"Nonna, è già uscita Oscar?" La governante guardò il nipote con il mestolo in mano, stava cucinando e si trattenne dal tirarglielo in testa.
"È partita presto questa mattina e tu?"
Si avvicinò all'uomo minacciosa.
Andrè si toccò la testa con una mano, scusa nonna ieri sono tornato tardi.
Vide la donna avvicinarsi minacciosa, indietreggiò fino a raggiungere la porta e con un
"Ciao Nonna ci vediamo sta sera, corro a Versailles" se la svignò prima di ricevere una vera mestolata.
"Chissà che cosa mi sta combinando quel benedetto ragazzo", pensava Marie mentre preparava il pranzo.
Quando arrivò nel cortile della caserma, Andrè vide Oscar gridare contro un soldato che non aveva eseguito bene un passo di marcia.
Era furiosa, il motivo era futile.
Erano anni che allenava i soldati della guardia reale, era raro che perdesse la pazienza.
Andrè la conosceva bene, Oscar sapeva insegnare e dare ordini in modo impeccabile, sapeva come prendere i soldati e farsi ascoltare.
Capitava di rado che si arrabbiasse o che perdesse la pazienza.  Si capiva benissimo che c'era qualche cosa che non andava, per lo meno lo capiva molto bene lui; gli venne in mente che poteva essere preoccupata per il conte di Fersen, visto che dopo quella sera al ballo le cose non erano andate come lei sperava.
Il pensiero lo rese triste, ormai non riusciva a provare che tristezza per la sua condizione. All'inizio rabbia e gelosia, nel vederla innamorata di un'altro, poi solo malinconia.
Si sentiva impotente, non poteva certo obbligarla ad amarlo, non si può amare a comando una persona, lui sapeva di essere solo il suo migliore amico.
Non il suo grande amore; ma gli andava bene così, tutto pur di starti vicino, Oscar, era il suo pensiero ricorrente.
Finita la sfuriata, dopo gli allenamenti, Oscar vide la spalla di Andrè dietro una colonna.
"Ben svegliato, bell'addormentato nel bosco." in tono sarcastico.
"È l'ora di presentarsi?"
lui si voltò verso di lei scusandosi.
"Ho fatto tardi ieri sera, sono andato..."
Oscar lo zittì alzando la mano destra; "Non mi interessa quello che fai, dove vai, con chi stai. Ma la mattina ti voglio pronto e ben sveglio. Che non capiti più."
Se ne andò, passandogli accanto
Andrè aveva notato che non lo aveva guardato negli occhi come faceva sempre, quando gli doveva parlare.
Le sembrava un po’ triste.
Si, di sicuro era colpa del conte di Fersen.
Maledetto il giorno in cui l’aveva incontrato, pensò arrabbiato.

Nel primo pomeriggio Oscar si era recata dalla Regina senza Andrè, poiché la donna aveva espressamente voluto un’udienza privata.
Mentre passava per i corridoi di Versailles sentì due dame chiacchierare fitto.
Non riuscì a capire bene il loro dialogo ma sapeva già di cosa stessero parlando.
Il cavaliere nero era diventato un problema di pubblico dominio, per tutti i nobili.
Molti sospettavano che dietro le gesta di questo fantomatico ladro, si nascondesse un servo, un valletto; Oscar fece un sospiro profondo.
Ripensò al comportamento di Andrè; la settimana prima le aveva dato una collana di perle, dicendo che l’ aveva trovate sulla strada, mentre tornava a casa; lei l’ aveva presa e gli aveva garantito che l’ avrebbe portata a Versailles per fare un controllo e informarsi se per caso c’erano stati dei furti.
Dopo che se n’era andato, Oscar si sedette su una sedia, non riusciva a stare in piedi, le tremavano le gambe.
Non poteva e non voleva credere che fosse lui il ladro.
Conosceva da una vita André, era il suo migliore amico.
Un uomo onesto e tranquillo.
Ma lo conosceva poi così bene? Il dubbio le era nato proprio in quel periodo.
Sapeva che usciva tutte le sere e rientrava a notte fonda.
Si era alzata di scatto dalla sedia e si era detta che non erano fatti suoi, se si comportava in quel modo.
Se se ne andava in giro a puttane o a ubriacarsi nelle bettole, non era affar suo.
Ma a ripensarci bene, si sentiva strana, quando pensava a lui con una donna.
Era veramente preoccupata per lui, anche se come sempre nascondeva molto bene i suoi sentimenti.
Arrivata davanti agli appartamenti della regina, bussò e attese risposta.
“Madamigella Oscar, finalmente. Scusate se vi ho fatto venire d’urgenza, so che siete molto impegnata con i vostri compiti, ma ultimamente c’è un problema che sta diventando sempre più grave.”
Oscar, una volta fatto l’inchino, guardò la splendida donna che le stava di fronte.
Il vestito di fine broccato color avorio metteva in risalto la carnagione di porcellana e i capelli biondi.
La collana di perle le illuminava il viso e gli occhi azzurri, grandi e leggermente miopi.
“Ma certo, Maestà ditemi pure.”
La regina si sedette su una poltrona in stile Luigi XIV° imbottita di velluto rosso.
Oscar era in piedi di fronte a lei e ascoltava attenta.
“Come ben saprete, in questi ultimi mesi molte case di nobili sono state attaccate da un ladro. Il Cavaliere Nero. È stato sua Maestà a chiedermi di intervenire, ma vi starete chiedendo come mai non vi abbia ricevuto in un’udienza pubblica.”
Oscar assentì, in effetti era strano che sua Maestà il Re non avesse già ufficialmente redatto un ordine di cattura per quel ladro.
La regina continuò:
“Vedete, in giro si vocifera che sia un semplice ladro, un giustiziere che ruba ai ricchi per donare ai poveri. Il re invece pensa che ci sia qualche cosa di più grave sotto. Ha dei sospetti su suo cugino, pensa che il Duca D’ Orleans si stia circondando di gente contraria alla monarchia.
È un uomo dalle idee molto libere, un rivoluzionario sovversivo.
Farebbe di tutto pur di rubare il trono a Luigi e per creare una rivolta servono molti soldi e armi.”
La donna si passò una mano sugli occhi, si vedeva che era preoccupata.
“Vi chiedo di indagare con discrezione su questa storia. Non abbiamo prove sul Duca e sui suoi complotti.
Io sono molto preoccupata, per il re e per i miei figli.”
Chinò il capo.
Oscar la guardò e le sorrise.
“Non temete Maestà, farò del mio meglio per scoprire chi è il Cavaliere Nero e che cosa vuole.”
La regina le sorrise a sua volta.
“Sapevo che potevo contare su di voi.”
Oscar si congedò ed uscì dalla stanza.
Ripercorse i corridoi ricchi d’oro e di sfarzo, i suoi passi sul pavimento di legno lustro come uno specchio rimbombavano con cadenza precisa.
Stava tornando verso la caserma e nel frattempo ripensava alle parole della regina.
Come posso scoprire chi è quell’uomo, devo trovare il modo di andare a tutti i balli che si tengono presso le famiglie nobili.
Siii, sai che palla.
Ho sempre odiato quelle stupide feste.
Oltretutto ci devo andare da sola, anche perché se…
Sospirò anche nei suoi pensieri non voleva ammettere che Andrè fosse il Cavaliere Nero.
Lui non dovrà sapere nulla, e si, ma se vado come Oscar De Jarjayes lo saprà comunque.
Pensò un momento a cosa fare, gli occhi le brillarono, si fermò di colpo, cambiò direzione.
Invece di ritornare negli uffici si diresse verso le scuderie, anche se era pomeriggio presto doveva tornare a casa, doveva convincere la governante ad aiutarla, ma ci voleva molta discrezione.

Che cosa ha in mente Oscar? Lo scoprirete nel prossimo capitolo le Rose bianche 2.

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Capitolo 2
*** Rose Bianche 2 ***


Grazie infinite a Medusa, arte e Kaoru per le recensioni. Grazie davvero anche a tutti quelli cha hanno letto. Spero che la continuazione vi piaccia. Oscar ha deciso di catturare il cavaliere nero. Ci riuscira?



 ROSE BIANCHE 2





Marie ascoltava con gli occhi sgranati le parole della sua bambina, non riusciva a credere alle sue orecchie, per fortuna che in quel momento era seduta su una comoda poltrona, perché se no sarebbe stramazzata a terra.
Guardava Oscar in piedi davanti alla vetrata della sua camera, le mani tenute dietro la schiena, in una perfetta posa militare.
In realtà, sapeva che Oscar non  era rilassata, lo dimostrava la posizione a gambe divaricate, schiena dritta  e rigida.
Ascoltava con attenzione le parole precise di Oscar, ciò che voleva, cosa doveva fare, l’assoluto riserbo, perché era una missione importante e neanche André doveva sapere qualche cosa e intanto nella sua mente, mentre ascoltava le parole precise di Oscar, pensava al da farsi per mutare la giovane donna che aveva davanti in uno splendore.
Oscar si girò a guardare la vecchietta, si sedette nella poltrona davanti a lei e disse a voce bassa, come per non far udire a nessuno quelle parole:
“Marie, ho bisogno del tuo aiuto, mi devi trasformare in una perfetta e compita dama in meno di tre giorni.
Il prossimo ballo si terrà Palazzo Lamballe, ci devo andare assolutamente, ma non mi può o deve riconoscere nessuno.”
Marie assentiva, capiva dalla serietà e dalla sua voce che era una cosa molto importante.
“Si ma perché Andrè non può venire con voi? Non sarebbe meglio, non è pericoloso?”
Oscar si alzò dalla sedia, pensò un momento alla spiegazione da dare alla governante, non poteva certo dire che il suo caro nipote era un ladro e lei doveva tentare di catturarlo.
“È meglio che Andrè non venga con me, perché nessuno deve sapere chi sono.”
Abbassò lo sguardo a terra e disse arrossendo:
“E poi non voglio che Andrè mi riveda vestita con abiti femminili mi imbarazzerebbe troppo.”
Marie sorrise contenta, in fondo in fondo il generale non era riuscito a trasformare la sua bambina in un perfetto soldato, c’era ancora una speranza.
L’anziana donna, sospirò e disse:
“Bene, c’è molto lavoro da fare, non sarà facile, trasformare il perfetto maschiaccio che è in voi in una graziosa damina e il tempo è poco. Perché non basta una sola notte per farvi diventare una perfetta dama, anche se avete già provato cosa significhi indossare un bustino.”
Oscar fece una smorfia, il solo ricordo la fece iniziare a sudare freddo.
“Ma avete una volontà di ferro e riuscite sempre ad ottenere quello che volete.”
Le accarezzò il viso, i capelli, lunghi e folti.
“Sarà difficile e dovrete fare tutto quello che vi chiederò, ce la farete.”
Marie si era diretta verso la porta.
“Cominciamo subito non c’è tempo da perdere.”
Corse da una stanza all’altra per portare tutto l’occorrente, abiti, bustini, scarpe, mantelli.
Oscar guardava attenta e intimorita le cose che faceva la donna, sembrava una trottola intenta a girare su se stessa all’infinito, pensava che da un momento all’altro le sarebbe venuto un infarto. 
Dopo poco più di un ora la governante aveva chiuso a chiave  la porta di Oscar e aveva detto alla sua protetta di spogliarsi completamente, la giovane obbedì ma le fu molto difficile fare tutto quello che le diceva la governante.
“No, non è possibile. Io sto male, non respiro, toglimi subito questa cosa.”
Respirava affannosamente:
“Mi dici come faccio a correre dietro a un ladro con questo coso addosso?”
Oscar si toccava la vita cercando di respirare e di parlare nello stesso tempo.
Guardava la propria immagine riflessa e un po’ se ne vergognava, come era successo anche l’altra volta, lo stesso rito, la stessa ansia, mentre si trasformava in quello che non era mai stata per amore.
Era diventata una splendida dama per Fersen.
Il busto valorizzava la vita già molto sottile e metteva in risalto il seno alzandolo.
“E poi è scandaloso, mi sembra di avere due mele al posto del seno.
No, non ho il coraggio di andare in giro conciata in questo modo.”
Marie si avvicinò a lei, la fece sedere e le iniziò a pettinare i capelli.
“Calmatevi e statemi a sentire un attimo.”
Oscar la guardava nello specchio arrabbiata.
“Il busto serve a valorizzare il corpo di una donna; le dame normalmente non corrono dietro ai ladri, quindi non lo trovano per niente una cosa scomoda.
Se volete un consiglio, vi conviene tenerlo un po’ di tempo ogni sera e toglierlo solo quando andrete a dormire così vi ci abituerete piano piano.
E lo stesso per le scarpe;
vi farò vedere come dovrete camminare e la postura da tenere.” 
Mentre parlava, Marie continuava a pettinare i capelli di Oscar dividendoli in ciocche.
La donna sospirò e solo dopo un po’ si chiese cosa stava facendo Marie ai suoi capelli.
Marie sorrise, perché lei si divertiva a torturare la poverina, provandole diverse pettinature.
Dopo circa due ore che erano chiuse in camera, Oscar sbottò con un:
“Basta, non ce la faccio più, mi arrendo.
Mi sembra d’essere una papera che cammina sulle uova; ho un’armatura di ferro attaccata alle costole e un centinaio di forcine in testa. Se questo significa essere una donna, è meglio essere uomo mille volte.”
Marie, la guardò con uno sguardo severo:
“Non vi siete arresa quando vostro padre vi picchiava perché non riuscivate a tenere in mano una spada e avevate solo tre anni.”
Oscar guardava la governante; l’anziana aveva un’aria seria e stanca,  eppure era convinta in quello che stava  facendo.
Le prese una mano per accompagnarla accanto allo specchio e la fece risedere sullo sgabello.
“Essere un uomo o una donna non significa portare al fianco una spada o tenere in mano un ventaglio.
Tutto deve dipendere da voi. È vero che avete ricevuto un’educazione maschile, ma saper comportarvi da uomo non significa bestemmiare o sputare a terra.”
Oscar le sorrise, lei la guardò attraverso lo specchio:
“O vi comportate come uno scaricatore di porto?”
Oscar rise a voce alta, scotendo il capo in senso di diniego, dei riccioli ribelli le caddero sulle spalle nude.
“Ecco, quando dovete ridere in pubblico, fatelo sempre in maniera discreta, nascondendo il viso con il ventaglio. Una dama non ride in modo così sguaiato.”
Oscar la guardò sollevando le sopracciglia, ma l’anziana si affrettò a dire:
” Ho detto in pubblico, qui siamo solo noi.”
Oscar le sorrise.
Marie continuò il suo discorso, potendo finalmente dire quello che sentiva e aveva sempre nascosto in tutti quegli anni:
“Vi accorgerete, a tempo debito, che essere donna non è poi così male.
Vostro padre vi ha voluto allevare come un uomo, io sono stata fin dall’inizio contraria, ma non potevo farci niente.
Ho sperato che cambiasse idea, ma conoscendo il generale nemmeno sotto tortura avrebbe cambiato la sua opinione. Mi fa piacere vedere però che non potrà mai cancellare quello che madre natura vi ha donato.”
Disfando la ricca pettinatura che aveva creato sui capelli di Oscar continuò:
“Ma sono anche contenta, sapete? Se foste stata allevata come le vostre sorelle, vi avrei persa già da molto tempo.
Sareste andata in sposa ad un nobile e non vi avrei più rivista, mentre invece così siete ancora qui con me e vi posso torturare ancora un po’.”
Oscar abbassò lo sguardo verso le sue mani.
In fondo aveva ragione, la sua condizione era eccezionale da ogni punto di vista.
Non era né uomo né donna, ma si sentiva più fortunata perché aveva la stessa intelligenza e capacità di tutte le altre donne, solo che poteva dimostrarle al resto del mondo proprio come era permesso a un uomo;
poiché era stata abituata fin da piccola ad affrontare i propri timori, non era così sciocca e paurosa come una svenevole nobile damigella.
“Bene, ora il vestito.”
Marie ne fece provare una dozzina ad Oscar, ma ogni volta non era soddisfatta.
La giovane, paziente, si faceva mettere e togliere ogni volta un abito, tanto lei di colori e moda non ci capiva nulla, era completamente in balia di Marie che si stava per mettere le mani nella cuffia perché da perfezionista qual’era voleva che la sua Oscar fosse perfetta.
I vestiti erano molto belli, ma Marie non era mai soddisfatta. O erano troppo sfarzosi o semplici, troppo scuri o abbondanti di ricami.
Oscar si guardò attenta allo specchio, indossando un vestito bianco con ricami in oro e gemme preziose sul corpetto disse a voce alta:
“Ecco questo andrebbe bene per attirare il Cavaliere Nero, mi vede, mi impacchetta e mi porta direttamente nel suo covo. O mi spoglia e mi lascia in braghe di tela.”
Risero entrambe alla battuta.
Gli e lo fece togliere e ne provò uno rosso rifinito ai bordi con pizzo di S. Gallo bianco, Davanti la scollatura era squadrata, leggermente ripresa in centro, le metteva in risalto il bel decolté, ma dietro la scollatura era profonda, a vi le lasciava completamente libera la schiena 
Con il rosso stava proprio bene, le faceva risaltare la carnagione e gli occhi azzurri.
Oscar fece per toglierlo, pensando che finalmente la tortura fosse finita, quando Marie la fermò:
“Non vorrete mica indossare solo un vestito. Mi avete detto che dovrete partecipare a tutti i balli che si terranno nelle case dei nobili dobbiamo sceglierne degli altri.”
Oscar sospirò sconsolata, la giornata non era ancora finita.
“Bene e con questi altri tre abbiamo terminato la scelta dei vestiti.”
Disse Marie, aiutando a togliere l’abito color grigio perla, scollato a V sul davanti, con rose bianche puntate sul petto, sulle maniche e dietro sul fiocco.
Oscar era veramente sfinita, ma doveva  ammettere che piano piano si stava abituando al corsetto, anche se non aveva ancora provato a  camminare e a correre con le scarpe con il tacco e immaginò di fare una pessima figura o peggio di ruzzolare giù per le scale, come le era già capitato l’altra volta, aveva rischiato di cadere in malo modo mentre scendeva gli scalini della carrozza, ma grazie alla prontezza di riflessi tutto si era aggiustato.
Marie guardò i vestiti e gli accessori scelti, era davvero soddisfatta del suo lavoro, cucire per tutti quegli anni quei vestiti e vederli utilizzati da madamigella Oscar, anche se in incognito la rendeva felice, stanca ma soddisfatta.
Sentirono bussare alla porta.
“Oscar, sono io. Stai poco bene? Ti ho cercato a Versailles e mi hanno detto che sei rientrata presto a casa.”
Le due donne si guardarono spiazzate, non si aspettavano che Andrè ritornasse così presto.
Proprio presto non era, visto che fuori era già buio da un pezzo, ma il tempo per loro era passato velocemente, poiché erano tante le cose che dovevano fare.
“No, Andrè va tutto bene.”
Mentre cercava una scusa per temporeggiare, Marie prendeva tutti gli abiti scartati e li nascondeva sotto il letto; Oscar si metteva in fretta una camicia bianca, dei pantaloni e delle scarpe basse, si sciolse definitivamente la pettinatura finendo di togliere le altre forcine, si spettinò meglio che potè i capelli.
Andrè ignaro di tutto il trambusto che aveva creato, nel momento in cui provò a toccare la maniglia per cercare di aprire la porta, sentì scattare la serratura e si vide davanti una Oscar stravolta, spettinata e bellissima.
Lei gli sorrise, un sorriso forzato e stanco.
“Va tutto bene, avevo delle cose da sbrigare. Scusa se non ti ho avvertito. Per farmi perdonare dopo cena ci concederemo un buon bicchiere di vino davanti al fuoco.”
Uscì dalla stanza in fretta richiudendosi la porta alle spalle.
“Ora vado a fare una passeggiata nel parco.”
Lui rimase un momento a fissarla, imbambolato.
Lei dopo aver percorso una decina di passi, si voltò a guardarlo e gli disse:
“E tu? Non hai del lavoro da sbrigare? Ci vediamo dopo.”
Si congedò in questo modo.
Andrè rimase a fissare il corridoio vuoto davanti a se.
Poi si decise a muoversi per andare in cantina a scegliere una bottiglia di buon vino.
Mentre scendeva le scale non si ricordò che la porta della cantina era divisa in due parti, aprì la parte inferiore e andò a sbattere contro l’anta superiore.
Si toccò la fronte imprecando.
Come aveva fatto il seno di Oscar a crescere in maniera così vistosa in meno di una notte.
Eppure indossava sempre la camicia e il suo petto gli sembrava “normale”, cioè non si vedeva più di tanto.
Anche quando indossava la divisa, si vedeva un po’ ma non così.
Impiegò parecchio a scegliere la bottiglia di vino rosso, perché oltre al male alla fronte aveva sempre davanti agli occhi l’immagine fissa del suo seno, tondo e turgido.


    Aveva sognato ancora quella notte. Ancora rose bianche, ma questa volta si era svegliata di soprassalto, madida di sudore.
Il sogno era iniziato come sempre nello stesso giardino, il profumo delle rose intenso le piaceva molto, intorno a lei c’erano rose fiorite e piccoli teneri boccioli bianchi.
A un certo punto si era alzato il vento le rose bianche profumate appena fiorite in bocciolo chinavano il capo e sfiorivano in pochi minuti, raggrinzendo, divorate dal vento secco.
Oscar guardava sconsolata i fiori appassire sotto i suoi occhi.
Si ricordava di aver preso un bocciolo tra le mani e questo appena toccato si era dissolto in fine sabbia.
Non sapeva cosa fare, era impotente di fronte a questo.
Si toccò il petto, il senso di soffocamento provato nel sogno stava passando, non era più avvolta dalla morsa del corsetto.
Marie dopo che Andrè se n’era andato aveva messo tutto a posto nella stanza  e l’aveva aiutata a togliere l’aggeggio infernale.
Non riusciva a capire i sogni che faceva, ma i sogni non hanno logica, vengono dalla parte più nascosta di noi ci vogliono dire qualche cosa.
La sera prima Andrè era rimasto tutta la notte in casa con lei a chiacchierare.
Avevano parlato anche del Cavaliere Nero e lui non aveva fatto una piega, non un sussulto, niente di niente tranquillo come sempre.
Anzi era rimasta spiazzata dalle sue parole.
“Lo so, Oscar, tu sei un militare e per te un ladro è solo un ladro da catturare e arrestare. Ma non  pensi che aiuta veramente la povera gente?
Per le strade di Parigi si muore di fame. Per questa gente è un eroe, non per voi nobili certo, ma per la povera gente si.”
Lei lo guardava, senza sapere cosa rispondergli, in fondo sapeva che aveva ragione; ma in quel momento c’era la differenza di classe a dividerli e tante altre cose.
Era lei che si sentiva nervosa, sulle spine, perché era convinta che lui avesse qualche cosa da nasconderle, s’era creata una frattura tra loro, se lo sentiva e non era per il discorso che le aveva fatto in quel momento.
Non le parlava più come quando erano ragazzi, non si confidava più; forse perché erano diventati adulti, un uomo e una donna.
Il tempo passava; come nel sogno, le rose nascevano per sfiorire subito dopo e vivere un giorno soltanto.
A volte le sembrava di essere una rosa appassita, il tempo le sfuggiva di mano, aveva quasi 30 anni e una vita passata nell’esercito e niente altro.
Sapeva che in fondo desiderava di più, ma non era sicura nemmeno lei di quello che voleva.
Avrebbe continuato a fare il soldato per sempre, la sua vita era stata decisa da suo padre prima ancora che nascesse.
Era inutile cercare di addormentarsi, sapeva che quando faceva quei sogni continuava a pensare perciò decise che era arrivato il momento di alzarsi, si preparò per scendere in cucina e fare colazione.
Vi trovò André intento ad assaggiare  una fetta di torta alle mele, preparata da Marie.
“Tua nonna non ti ha ancora preso a mestolate in testa, per aver preso la fetta senza il suo permesso?”
Lui le sorrise la guardò fissandola e lei sentendosi  leggermente in imbarazzo si fissò il punto verso cui gli occhi di lui erano puntati.
Si guardò il petto, poi gli chiese se c’era qualche cosa che non andava in lei o se la divisa era macchiata.
Lui addentò un altro pezzo di torta e le disse:
“No, la divisa è a posto e non penso che la nonna mi sgriderà se vedrà che anche tu la stai mangiando. È contenta quando vede che fai colazione.”
Oscar si sedette al tavolo e vide Andrè alzarsi prendere un piatto e tagliarle una bella fetta di torta.
L’uomo era rimasto senza parole, mentre tagliava la torta continuava a pensare al seno di lei, ora era ritornato normale.
Fece spallucce e si convinse di aver avuto un’allucinazione, si doveva essere per forza così, pensò.
La giornata sembrava essere iniziata nel modo migliore per continuare a Versailles con la solita routine di sempre.
Allenamenti e parate con i soldati, firme di dispacci e permessi ai soldati, udienze con la regina e nel pomeriggio come il giorno precedente di corsa a casa.
La cosa più difficile era stata allontanare André; questa volta lo aveva avvertito che sarebbe dovuta andare a casa presto.
André nel frattempo era stato braccato dalla nonna che era riuscita a trovare il modo di allontanarlo per delle commissioni per conto di Madame Jarjayes da Madame Rose Bertin, la famosa modista della regina.
Nel pomeriggio Oscar iniziò il suo allenamento sotto l’attenta guida della governante.
“State dritta e non camminate con passi così lunghi. Le dame hanno un’andatura più tranquilla e aggraziata.”
Oscar la guardò aggrottando la fronte,
“Non posso davvero credere che le donne facciano tutto questo per intrattenere piacevolmente gli uomini. Sono davvero stupide.”
Marie la guardò passarle accanto, arrivare fino alla finestra, girarsi e ripassarle davanti, indossava il vestito con le rose bianche.
“Lo dite solo perché non vi siete mai innamorata veramente.”
Marie abbassò lo sguardo, sapeva che l’unica volta che Oscar si era voluta vestire da donna era stato per amore, ma era convinta che per la sua bambina il conte non potesse essere l’uomo adatto a lei.
A quelle parole Oscar si fermò, le diede un’occhiataccia, ma decise di rimanere zitta e concentrata su quello che doveva fare.
La serata del ballo si stava avvicinando e lei doveva assolutamente cercare di sembrare una dama, visto che non lo era.
Voleva mettere le mani su quel ladro, voleva strappargli la maschera dal viso e vedere chi era, è interrogarlo, aveva mille domande da porgli perché rubava, se il mandante era  il duca D’Orleans, ma soprattutto voleva scoprire se André era veramente il Cavaliere Nero.
Seduta davanti allo specchio si guardava mentre Marie cercava di trovare una pettinatura adeguata.
La giovane donna scosse il capo in segno di diniego:
“No, non funzionerà mai, sono sempre io, mi riconosceranno; non porto maschere, non vado a un ballo in maschera.
Anche un ceco se ne accorgerebbe. 
Marie pensò un momento al da farsi, in effetti aveva ragione.
Anche se indossava abiti femminili ed era truccata come una nobildonna, avrebbero potuto riconoscerla, non poteva certo correre un rischio del genere.
Oscar vide che a Marie brillarono gli occhi, le era di sicuro venuta un’idea.
Gli altri due giorni passarono monotoni, Oscar era sempre più stanca, perché oltre alla vita di sempre doveva tornare a casa e rivoluzionare completamente le sue abitudini.
Oltretutto André continuava a fissarla in modo strano, come se si fosse accorto di qualche cosa e stranamente erano diversi giorni che lui stava sempre a casa la sera, sembrava che non la volesse lasciare.
Il giorno del ballo in casa Lamballe, Oscar era stanca e tesa.
Tornò nel primo pomeriggio, trovò ad aspettarla, come sempre Marie e un bel bagno caldo.
Mentre si rilassava nell’acqua calda e profumata pensava a quello che avrebbe dovuto fare al ballo.
Sarebbe andata sotto falso nome e nessuno avrebbe scoperto chi era.
Non vedo l’ora di catturare quel ladro, pensò mentre usciva dalla vasca e la governante le passava un asciugamano.


E ora, cosa farà Oscar al ballo? Riuscirà a catturare il Cavaliere nero o i suoi sforzi saranno del tutto vani? Nel prossimo episodio de le Rose bianche 3 troverete le risposte che cercate.

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Capitolo 3
*** Rose Bianche 3 ***


Grazie come sempre ai lettori che lasciano commenti. Mi fa davvero piacere.

Oscar si reca al ballo vestita da donna. Cosa succederà

Rose bianche 3





Era tornata a casa stanca, i piedi doloranti, la schiena a pezzi, come se avesse cavalcato per ore.
Sapeva che non si sarebbe divertita, ma non immaginava di passare una serata così noiosa.
Ballare, volteggiare, fare inchini ricordarsi i passi di danza imparati in poche ore dalla governante, visto che le avevano sempre insegnato i passi maschili e non quelli femminili.
Arrivò a palazzo Lamballe a festa già iniziata.
Il grande salone di marmo bianco, i lampadari di cristallo finemente lavorati, i pavimenti di marmo lucidi nei quali ci si poteva specchiare tranquillamente.
I nobili.
Il suo più grande cruccio erano proprio loro.
Decine di persone vestite nei loro begli abiti, variopinti e stravaganti, come voleva la moda del tempo.
Le donne, si sforzavano di stare dritte con le loro pettinature gigantesche e singolari.
Oscar rimase a fissare una matrona sulla mezza età che in testa portava un “veliero”.
Si chiedeva come riuscisse a pensare con tutto quel peso sul capo, o a fare i movimenti più semplici, come ad esempio salire o scendere dalla carrozza; di sicuro doveva essere passata di sbieco dalla porta principale, in qualche modo era riuscita ad entrare.
Altre dame avevano in testa piume di struzzo, come negli anni passati aveva fatto la regina Antonietta.  Fiori di tutti i tipi, frutta di stagione.
Gli uomini non erano da meno, fasciati nei loro abiti di pizzo e seta, con i loro polsini e orologi d’oro facevano sfoggio di tutto quello che possedevano. Ad Oscar sembrò di essere arrivata alla fiera della vanità.
Chi si metteva in mostra di più aveva più successo.
Lo aveva notato a Versailles, ma evidentemente era un brutto vizio di tutti i nobili.
Lo sfarzo dei nobili, la loro falsità e piccolezza le facevano venire il volta stomaco.
Anche lei era nobile, ma era molto diversa, non le piaceva ostentare ricchezza; a lei bastava davvero poco per vivere.
Di abiti e gioielli non sapeva che farsene, pensava che  i vestiti dovevano servirle per coprirsi, i gioielli erano inutili e con la vita attiva che faceva c’era il rischio che li potesse perdere.
Le veniva servito un pasto caldo tre volte al giorno e questo le bastava e avanzava.
Il suo abbigliamento usuale non era un bel vestito elegante impreziosito con gioielli e pietre preziose; la sua uniforme le serviva per lavorare, per cavalcare, correre, buttarsi a terra, combattere.
Comoda e robusta era come una seconda pelle per lei, il suo scudo che la proteggeva dalle occhiate curiose degli uomini e delle donne.
Una parte integrante della sua vita a cui ormai non poteva più rinunciare.
Aveva ballato tutta la notte con degli stupidi damerini imparruccati, presuntuosi e noiosi.
“Come siete bella, Madamigella. Qual è il vostro nome, siete straniera?”
e un altro che sembrava una specie di cubo basso e tozzo e pesava sui 150 kg le aveva chiesto se voleva sposarla lì e subito.
Avrebbe voluto scappare da quella pazzia.
Aveva sentito le loro belle parole, aveva visto i loro occhi spogliarla dell'abito che indossava.
Tutti si chiedevano chi fosse la bellissima dama mora, che si era presentata a Palazzo Lamballe quella sera.
Lei non aveva voluto farsi annunciare, essendo rimasta nell'anonimato, aveva attirato tutti gli sguardi dei presenti.
Per non parlare delle dame; le donne la guardavano con disprezzo e invidia, perché aveva attirato tutta l’attenzione maschile su di sé, ma anche con stima perché era una bellissima giovane dama elegante.
Anche la padrona di casa, Madame Lamballe, non conosceva l’identità della bella dama vestita d’argento che ballava nel suo salone. 
Sapeva che doveva arrivare il comandante Oscar De Jarjayes, perché era stata la Regina a dirglielo ma non si chiese il perché “il giovane comandante”, come era solita chiamarla, non fosse ancora arrivato.
Un mistero per tutti, un incubo per Oscar.
Dopo svariate ore di attesa, di musiche di violini, di minuetti, quando la festa finì, dovette tornare a casa sconfitta.
Il ladro non si era presentato.
Era uscita di corsa, rischiando di cadere e di farsi male a una gamba, corse via verso una carrozza anonima, niente stemmi o casate, via verso Palazzo Jarjayes.
Nella carrozza si era cambiata l'abito color grigio perla, si era tolta la parrucca di capelli neri e aveva indossato i suoi soliti vestiti.
Camicia larga e comoda, pantaloni e stivali neri.
Non era ancora riuscita a togliersi il bustino, aveva dei problemi a slacciarsi tutti i lacci da sola, ci avrebbe pensato una volta arrivata a palazzo.
Tra poche ore avrebbe dovuto presentarsi a Versailles e ricominciare la sua vita di sempre.
Era arrabbiata perchè il cavaliere nero non si era presentato come sperava, “questa messa in scena è stata inutile, mi sono conciata come un pagliaccio per niente” pensò furiosa.
La carrozza nel frattempo era arrivata davanti al cancello di Palazzo Jarjayes.
Oscar era entrata di corsa in casa, infreddolita e stanca.
    Era tutto buio, i suoi passi rimbombavano nei corridoi, corse veloce sugli scalini.
La cosa che voleva di più al mondo era togliersi il bustino e infilarsi sotto le coperte.
Nel buio si accorse di una presenza proprio davanti alla sua porta.
"Che cosa ci fai qui, non dovresti essere a letto?"
Disse sottovoce.
Andrè la guardava, le spalle appoggiate alla porta della camera, le braccia incrociate sul petto.
"Dovrei chiedere la stessa cosa a te."
Oscar si sentì in trappola, gli dava molto fastidio il comportamento di André, non aveva voglia di dare spiegazioni su quello che faceva, tanto meno a lui.
Inoltre sapeva che rispondere a una domanda con un'altra domanda, lo faceva andare in bestia.
"Che cosa fai Andrè, mi controlli?" Oscar gli si avvicinò veramente arrabbiata continuando la sua sfuriata:
"Non ti permettere di dirmi quello che devo o non devo fare.”
Lui controbatté con voce nervosa:
“Ah no? Io sono il tuo valletto. Devo sapere dove vai e cosa fai.”
Oscar sempre più adirata:
“Io non mi impiccio dei fatti tuoi, tu fai altrettanto.
Non ti ho mai chiesto che cosa fai, perché esci tutte le sere e torni a notte fonda, a volte all’alba.
Quindi non mi venire a fare il terzo grado.”
Prese respiro e tempo per concentrarsi su quello che doveva dirgli:
“In queste settimane dovrò uscire di notte e tu non verrai con me, non provare a seguirmi perché è un ordine che ti do, non ti sto chiedendo un favore."
Puntandogli un dito sul petto continuò:
“Bada Andrè, se non vuoi che la nostra amicizia finisca, non mi seguire.”
Si aspettò una reazione di rabbia da parte sua, ma non fece nulla.
L'uomo si scostò sul lato per farla entrare in camera e in un sussurro:
"Ero solo preoccupato per te, tutto qui. Farò come vuoi tu, Oscar. Pensavo che non ci fossero segreti tra noi.
Pensavo che il nostro rapporto non fosse cambiato da quando eravamo bambini. Mi sbagliavo.
Se dovessi mai avere bisogno di me, comunque sono qui.”
Fece spallucce, sospirò e continuò il suo discorso:
“Non ti ho mai detto dove vado di notte durante la settimana, perché non me lo hai mai chiesto. Penso che non ti interessi.”
Fece un passo verso le scale,
“Buona Notte. Anzi no, ormai è già giorno."
Guardò in fondo al corridoio e vide che il sole stava spuntando.
Non si voltò indietro per vedere il viso di Oscar, se lo avesse fatto avrebbe visto chiaramente che era truccata, che la sua pelle era più bianca del solito, le guance leggermente rosate, la bocca rossa.
E forse avrebbe capito il suo strano comportamento.
Se ne andò in camera sua, la testa china, il passo lento e stanco.
Oscar entrò nella sua camera, buttò a terra la sacca con il vestito contenente la parrucca e le scarpette.
Si sdraiò sul letto, prona, si passò una mano sugli occhi per impedire alle lacrime di uscire, prima si sarebbe dovuta lavare la faccia e togliere quello schifo che le aveva messo Marie.
“Perdonami, André. Devo scoprire chi è il cavaliere nero.
Dio non voglia che sia tu, ma non posso farti venire con me, devo scoprirlo da sola, senza il tuo aiuto.”
Stravolta dalla tensione che aveva provato per il ballo e per la furiosa litigata con André si addormentò completamente vestita, incurante dell’abbraccio soffocante del corsetto, del viso sporco di trucco che sciogliendosi macchiava la federa bianca del cuscino.


 

E ora, Cosa succederà? Oscar ha voluto allontanare da se Andrè, il loro rapporto d’amicizia si è concluso per sempre o rimane qualche speranza? non perdete Le rose bianche 4

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Capitolo 4
*** Rose Bianche 4 ***



I pensieri di Andrè e di Oscar su ciò che stanno vivendo....Grazie alle splendide ragazze che hanno lasciato i commenti
Medusa, arte, audreyney, tempera, baby elisa, ninfea 306
questo capitolo è per voi... spero vi piaccia



Rose bianche 4




“Avete sentito del Cavaliere Nero?"
"Si, speriamo che lo catturino presto. Mia cugina mi ha detto che lo ha visto a palazzo Bouillet due sere fa. È svenuta dalla paura, poveretta.”
Andrè mentre si recava verso l’ ufficio di Oscar, aveva sentito le due nobili donne parlare del ladro.
Una era piccola e grassa, l’altra alta e magra.
Parlavano sottovoce, per non farsi sentire, nascondendosi con il ventaglio la bocca, ma era difficile non ascoltare quello che dicevano visto che alla mattina i corridoi erano semi vuoti e si sentiva squittire anche un topo lontano kilometri.
Ad Andrè sembrava di stare in una tana di ratti.
Versailles non gli era mai piaciuta, ci andava solo perché doveva accompagnare Oscar.
I nobili gli mostravano tutto quello che non aveva.
Ricchezza, potere, fama.
Da un lato era contento di non essere nobile,  per vivere a Versailles certa gente si rovinava indebitandosi  per  avere i vestiti, i gioielli, le carrozze, più belle, raffinate, costose.
I nobili e le loro bassezze, i loro intrighi per avere gloria e denaro, per apparire agli occhi del Re e della Regina.
Ecco, aveva trovato il termine giusto. Apparire.
L’unica cosa che importava ai nobili era circondarsi di cose belle, poco importava cosa succedeva intorno, se la maggior parte della popolazione moriva di stenti.
Dall’altro lato si malediceva perché non era niente, senza un titolo nobiliare non era niente, non possedeva niente.
Era solo André Grandier.
Da quando andava agli incontri si sentiva un uomo diverso.
Si rendeva conto della sua condizione di servo.
Sapeva che il popolo, una marea di persone da troppo tempo soggiogate alla tirannia di sovrani avidi, non avrebbe continuato ad abbassare la testa ubbidiente.
Nella piccola Chiesetta con Padre Alphonse si parlava di tante cose, di Dio, della condizione della Francia, del suo popolo.
André andava spesso a confessarsi da lui, ma con il tempo non era più soltanto il suo confessore, quel prete era anche diventato il suo consigliere, un buon amico.
Gli parlava spesso di Oscar e di quello che sentiva per lei, già solo il fatto di poterne parlare con qualcuno lo aiutava a non impazzire, a non distruggersi.
Il Padre lo ascoltava e gli dava buoni consigli.
“Lei non mi vuole più vedere, Padre, io non posso vivere senza di lei. Io l’amo. Ho bisogno di lei, di vederla, di starle vicino, di proteggerla.”
Padre Alphonse lo faceva calmare consigliandogli di aspettare.
“Calmati, figliolo. Forse la tua Oscar è sotto pressione, forse non vuole essere controllata, anche il cane più fedele quando tiri troppo la corda si ribella e ti attacca.
Cerca di avere un po’ di pazienza, sarà lei a cercarti quando avrà ancora bisogno di te.
Forse non vuole farlo vedere, ma se come mi hai detto è da una vita che le stai vicino, questo periodo servirà per farle capire quanto sei importante per lei”.
Andrè era rincuorato dalle sue parole.
Padre Alphonse era un buon oratore, ogni Lunedì, Mercoledì e Venerdì la Chiesetta si riempiva di gente.
C’erano tante persone ai ritrovi, contadini, commercianti, avvocati, dottori, gente del popolo.
Padre Alphonse dopo la messa teneva i suoi discorsi incentrati sulle difficoltà economiche che stava attraversando il paese.
André non pensava di essere un sovversivo, voleva capire chi era, voleva capire meglio la società in cui viveva, perché se no non si poteva considerare un uomo, ma solo uno di quegli affaristi che volevano apparire e basta.
Il modo migliore di apprendere era andare in mezzo alla gente e vedere con i propri occhi le difficoltà in cui vivevano, cosa pensavano.
Anche un cieco si sarebbe accorto che il popolo non era contento di come veniva governato.
Se un tempo avevano manifestato apertamente il proprio amore verso il nuovo sovrano, ora c’era solo rancore e odio verso il tiranno che gli affamava.
L’odio maggiore era verso la Regina, la Cagna Austriaca, com’era definita dal popolino.
Come spiegare che la regina, per quei pochi che la conoscevano veramente, come Oscar, era una donna buona, generosa, gentile.
Era cambiata tanto da quando aveva avuto i figli.
Niente più balli, spese folli, giochi d’azzardo.
Oscar gli e lo diceva sempre:
“Andrè. La regina è cambiata in meglio, è più saggia, parsimoniosa nello spendere il denaro.”
Andrè le credeva, Oscar era la persona più vicina a Maria Antonietta.
Ma come convincere un popolo che muore di fame perché l’inverno è stato rigido e non ha piovuto abbastanza.
Niente da stupirsi se per il popolo Il Cavaliere Nero era l’unica speranza per riscattarsi.
Aveva pensato spesso a questo individuo mascherato che intimoriva così tanto i nobili.
Come aveva già detto ad Oscar, lui era dalla parte di quel ladro, perché aiutava la povera gente.
Se potessi, lo farei anche io pensava spesso, ma poi se si fosse venuto a sapere che a Palazzo Jarjayes l’attendente del comandante Oscar era un volgare ladro, cosa sarebbe successo? E sua nonna? sarebbe morta di crepacuore.
Oscar sentì bussare, due colpi secchi.
“Avanti.”
Se lo trovò davanti, gli occhi bassi, il viso serio.
“La regina chiede di te, vuole vederti dopo la messa di mezzo giorno.”
Oscar sospirò, rimase a fissarlo per un attimo, poi si decise a rispondergli:
“Va bene, dille che andrò da lei. Tu puoi andare André, sei libero per tutto il giorno.”
Andrè la guardò, quel sei libero per tutto il giorno voleva dire che anche quella notte lei sarebbe uscita e lui non avrebbe potuto seguirla.
Senza risponderle, abbassò gli occhi e se ne andò via.
Oscar sospirò appoggiando la schiena alla sedia.
Era sfinita, erano diverse settimane che andava quasi tutte le sere ai balli nelle case nobili.
Ci andava come Oscar De Jarjayes e in incognito, ma quel ladro le sfuggiva continuamente, sembrava che lo facesse apposta a saccheggiare le case dove lei decideva di non andare.
Si sentiva stanca, la sua vita stava diventando sempre più frenetica, dormiva poche ore di notte a causa delle feste da ballo che duravano fino all’alba. 
Per ricominciare la giornata con gli impegni di sempre.
Le capitava sempre più spesso di addormentarsi truccata, con il bustino addosso, sfinita dalla stanchezza.
La rabbia le montava quando sentiva che il cavaliere nero aveva colpito un’altra casa, come se fosse stato avvisato da qualcuno.
Sapeva che era impossibile, perché sia da uomo che da donna compariva alle feste senza dare alcun preavviso.
Doveva ammettere che la vita senza Andrè era davvero pesante.
La sua compagnia l’ aiutava a rendere meno faticosa e più spensierata la giornata, con lui poteva confidarsi, da lui sapeva un sacco di cose sui nobili e su Versailles.
Non c’era niente da fare il suo migliore amico le mancava, la vita stava diventando insopportabile senza di lui, perché anche se c’era fisicamente non era la stessa persona.
Era stata lei ad allontanarlo ed ora le uniche parole che otteneva da lui erano dei si, no, non so.
Tutto questo era triste, molto triste, se ne rendeva conto pienamente.
Andava con lei tutti i giorni a Versailles ma era come se non esistesse, una muta presenza al suo fianco.
Capitava spesso che ci fossero dei silenzi tra loro, ma ad Oscar non era mai pesato così tanto, perché lo sentiva carico di malinconia, di angoscia.
Le mancava l’amico allegro e chiacchierone che le raccontava quello che le succedeva intorno. Le mancava il
suo modo di fare premuroso e gentile.
Ma non poteva fare niente per il momento perché era stata lei a volerlo e sarebbe stato difficile ricucire il rapporto che aveva distrutto. Sapeva che solo dopo aver catturato il Cavaliere Nero lei gli avrebbe potuto raccontare tutto chiedergli perdono per come lo aveva trattato.
Per fare di nuovo la pace, per ritornare amici come prima, come quando erano bambini.
Finì di firmare i dispacci, guardò l’orologio accanto alla porta erano passate le 12 da 15 minuti.
Si alzò dalla scrivania e si decise ad andare nelle camere di Maria Antonietta.
Maria Antonietta era nelle sue stanze con lei c’erano i suoi figli più grandi. Marie Terese e Luise Joseph.
I bimbi erano seduti accanto a lei e l’ascoltavano mentre leggeva loro una storia.
Quando sentirono bussare e videro che era Oscar il piccolo principe le corse incontro buttandole le braccia al collo, lei lo prese in braccio stringendolo in un caldo abbraccio.
Oscar si era legata molto ai due bambini, per prima aveva cullato tra le braccia la principessa e poi il principe ereditario.
Dei due bimbi era quello più affezionato a lei. Oscar si avvicinò
alla regina, fece scendere Joseph e si inchinò davanti alla regina.
“Bene, siete venuta. Vi prego bambini, continueremo dopo, ora devo parlare di una cosa seria con Madamigella Oscar.”
La principessina guardava la madre sbarrando i grandi occhi azzurri:
“Devvero continuerete a leggerci la fiaba dopo?” Maria Antonietta assentì.
Il principe guardò Oscar dal basso e le chiese:
“Domani mi porterete al parco sul vostro cavallo bianco a vedere i cervi?”. Oscar gli sorrise
e rivolta a sua Maestà:
“Se avrò il permesso da vostra madre si.”
La regina assentì.
Subito Maria Teresa si mise in mezzo dicendo:
“Voglio venire anche io.”
Joseph attaccò la sorella:
“No, tu no. Madamigella Oscar porterà solo me.”
La piccola principessa per nulla intimorita dal fratello, si alzò dalla sedia e con molta grazia ponendosi davanti ad Oscar fece una riverenza e disse:
“Vi prego Madamigella Oscar, portate anche me.”
Oscar si mise a ridere, guardò la regina e poi rivolgendosi ai due bambini promise che avrebbe portato tutti e due, ma che in cambio non avrebbero dovuto litigare.
I due fratelli si guardarono e rassicurati dalla promessa lasciarono la regina e Oscar da sole.
Maria Antonietta li vide uscire dalla stanza, mano nella mano.
I suoi due figli si volevano molto bene anche se era normale vederli litigare ogni tanto.
Rivolse lo sguardo verso la donna bionda in piedi davanti a se:
“Allora Madamigella come vanno avanti le vostre ricerche sul ladro?”
La regina le indicò con la mano la sedia, Oscar si sedette accanto alla donna.
“Fino ad ora abbiamo scoperto ben poco.
Abbiamo intensificato le ronde lungo le vie di Versailles e a Parigi.
Secondo me la sua base si trova a Parigi.
Non è da solo, deve avere dei complici che lo aiutano a sparire in poco tempo.
Anche se fino a questo momento ha colpito le case dei nobili a Parigi, immagino che prima o poi arriverà alla reggia.
Ci stiamo preparando per affrontarlo.”
Maria Antonietta la guardò preoccupata.
“Non temete, Maestà i soldati sono preparati a difendere voi e i vostri figli a costo della vita, e anche io.”
La regina più rassicurata pose altre domande sul Cavaliere Nero.
Oscar continuò:
“Sappiamo che il suo mezzo di trasporto è un cavallo e non una carrozza, troppo ingombrante e facilmente riconoscibile.
Conosce molto bene le vie di Parigi perchè sa come scomparire in breve tempo. È stato avvistato nei pressi del palazzo reale, la residenza del Duca D’Orleans.
Ma ancora non abbiamo abbastanza prove solo supposizioni che ci sia una relazione tra quel ladro e il Duca.”
Oscar mentre parlava con la regina, ripensò a due sere prima.
Quando vestita con i soliti abiti maschili aveva visto il cavaliere nero ed era riuscita ad inseguirlo per le vie di Parigi.
Lo aveva inseguito sul suo cavallo bianco per vie strette e buie, ma poi come uno spirito era scomparso nel nulla.
Rallentando la corsa dell’animale e facendo più volte la stessa strada si era accorta che era nella zona del palazzo reale.
Aveva spronato il cavallo ed era corsa a casa per controllare su una cartina di Parigi le vie che aveva percorso.
La sua memoria visiva l’aveva aiutata, aveva ragione i suoi sospetti erano stati confermati dal tracciato segnato sulla cartina; il Cavaliere Nero aveva saccheggiato le case intorno alla residenza del Duca D’Orleans.
Quello che stava raccontando alla regina era la verità.
Maria Antonietta stava ad ascoltare la voce chiara di Oscar, si fidava di lei, sapeva che avrebbe rischiato la vita per proteggere la corona.
Quando Oscar finì la sua relazione, la regina la ringraziò e la congedò chiedendole appena avesse scoperto qualche cosa, di comunicarglielo.


Oscar si rende veramente conto che Andrè è il suo amico, il suo consigliere, la sua guardia del corpo. Riuscirà a dirgli tutto questo?

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Capitolo 5
*** Rose Bianche 5 ***


Oscar si rende veramente conto che Andrè è il suo amico, il suo consigliere, la sua guardia del corpo. Riuscirà a dirgli tutto questo? Come sempre un grazie enorme a tutte le persone che leggono e che recensiscono. Come sempre anche questo capitolo è per voi! grazie infinite davvero



Rose bianche 5






Oscar e Andrè mentre passavano vicino alla sala del re, ascoltavano i discorsi dei nobili.
Da diverso tempo gli argomenti preferiti erano il ladro vestito di nero e la misteriosa dama che partecipava a tutti i balli della quale non si sapeva nulla, né il nome né da dove provenisse a parte il fatto che era alta, mora e aveva un corpo da favola.
“Avete visto ieri sera a Palazzo Chandonne che meravigliosa dama c’era? Il suo portamento, fiero e altero e il vestito rosso risaltavano la carnagione di porcellana e i capelli d’ebano."
"Si, l’ho vista anche io, che corpo e che occhi di ghiaccio, davvero uno splendido bocconcino, avrei voluto passare con lei ore interminabili di piacere.”
I due gentiluomini parlavano ad alta voce, incuranti della presenza del comandante della guardia Reale.
Vorrei conoscerla, pensò André da come ne parlano sembra la copia perfetta di Oscar, però ha i capelli neri.
Sorrise tra sè, gli venne in mente la sua Oscar in abiti femminili, anche se aveva sempre visto il suo splendido corpo fasciato dai calzoni, celato dalla divisa militare.
Il ricordo prepotente di Oscar su quelle scale in abito color ghiaccio gli era entrato nella mente.
Non poteva dimenticare la vita sottile il seno sodo, l’acconciatura dei capelli a incorniciarle il volto rendendolo più dolce.
Anche ora che vedeva solo i suoi meravigliosi capelli d’oro ondeggiare davanti a sé non poteva  scordare l’immagine di quella notte. 
Lei come sempre gli era davanti un passo, quindi non poteva vederne il volto, cercava di camminare a testa alta, ma non poteva non arrossire di imbarazzo ogni volta che quei nobili pensavano a lei e al suo corpo.
Le dava fastidio mettere quegli abiti, mettere a nudo la sua anima.
Le costava parecchio indossare quegli abiti così scollati che le lasciavano le spalle nude che la facevano così donna e indifesa.
Ma doveva farlo per scoprire la verità, per la sua regina ma soprattutto per se stessa.
Anche se tutto questo le costava parecchio.
Quello che era successo la sera prima l’aveva fatta riflettere. 
Aveva capito che Andrè non era soltanto il suo amico e il suo compagno di giochi, aveva capito che lei dipendeva da lui, perché lui era la sua certezza, la sua protezione.
Si era recata al ballo a Palazzo Chandonne, nei pressi del Palazzo Reale.
Indossava il vestito rosso bordato di pizzo, era giunta al ballo piuttosto tardi, attirando l’attenzione dei presenti.
Nel grande salone dai lampadari di cristallo e i pavimenti di legno pregiato, la musica risuonava da ore, le dame i cavalieri ballavano  minuetti con passi leggeri ed eleganti, si corteggiavano in un continuo gioco di perversione e seduzione.
Oscar fu avvicinata da un nobile riccamente vestito con pizzi, giacca ricamata d’oro e d’argento.
La cosa che dava più fastidio ad Oscar era la lunga parrucca di boccoli bianchi e il viso butterato dal vaiolo.
“Vi prego Madamigella, siete magnifica, concedetemi l’onore di un minuetto.”
Oscar non aveva tempo da perdere con un tipo come quello, si avvicinò il ventaglio al viso e iniziò a farsi aria.
“Da quando siete entrata in questa casa, mi sembra che sia arrivata la Dea Venere in persona, mi sono innamorato di voi dal primo momento che vi ho vista.”
Oscar si allontanò da lui sempre più scocciata.
Il nobile imparruccato non la lasciava un momento, continuando il suo sproloquio di parole dolci e stucchevoli.
La sopportazione di Oscar era ai limiti e mentre pensava di farlo a fette se solo avesse provato a mettere piede a Versailles, sentì un urlo provenire dalla sua sinistra.
Vide chiaramente una dama che sveniva e un uomo mascherato vestito di nero che scappava verso l’esterno.
In pochi secondi si creò il panico.
I nobili correvano in tutte le direzioni, le donne gridavano isteriche:
“Aiuto il Cavaliere Nero” gli svenimenti non si contavano.
L’unica donna a rimanere ben attenta a quello che succedeva era Oscar, ma  a causa della calca di gente nel salone non riuscì a rincorrere il ladro che fuggì del tutto indisturbato.
Neppure il tentativo di fare a gomitate con i nobili che andavano nella direzione opposta alla sua era servito a qualche cosa.
Il vestito largo le impediva i movimenti, le persone che spingevano nella direzione contraria la facevano arretrare di tre passi, quando riusciva ad andare avanti di uno era una buona cosa.
Solo dopo parecchi minuti ritornò la calma ed Oscar nella confusione riuscì a scappare da un’uscita laterale.
Per fortuna il nobile butterato si era magicamente dileguato quando aveva sentito nominare il Cavaliere Nero.
Cercò la sua carrozza e disse al cocchiere di tornare a Palazzo. 
Mentre si cambiava nella carrozza con le tendine tirate e cercava di infilare uno stivale la rabbia e la frustrazione le impedivano di coordinare i movimenti.
Sbuffò e cercò di calmarsi.
Se solo fosse andata a quel ballo come il Comandante De Jarjayes sarebbe riuscita a correre dietro quel ladro e forse sarebbe riuscita a scoprire dove andava a rintanarsi o forse addirittura a catturarlo.
E poi quell’imbecille imparruccato, si era sentita frustrata, perché per la prima volta non c’era stato nessuno al suo fianco.
Indubbiamente se avesse avuto un accompagnatore, pensò subito ad André, nessuno si sarebbe mai permesso di importunarla.
Si sentiva stanca ed entro poche ore avrebbe dovuto prendere servizio a Versailles.
Cullata dal dondolio della carrozza si accorse scostando la tenda che stavano per arrivare a Palazzo, era quasi l’alba e la notte lasciava il posto al giorno.
Finì di buttare nel sacco la parrucca nera, si rimise addosso il lungo mantello rosso di lana con il cappuccio e se lo calò bene sul viso.
Entrò in casa cercando di non fare rumore, vide che in sala il fuoco era ancora acceso.
Vide Andrè seduto accanto al fuoco.
La sua pelle aveva gradazioni bronzee e dorate, i capelli avevano sfumature di un rosso acceso per la parte illuminata dal fuco ed ebano per l’altra.
Gli occhi tristi fissavano il fuoco, ma in realtà non lo vedevano.
Era rimasto tutta la notte sveglio ad aspettarla ne era certa, lo vedeva dalla bottiglia di vino vuota sul tavolo, immaginava i suoi occhi cerchiati da occhiaie scure, dal viso stanco.
Il suo comportamento fece vacillare le sue certezze sulla sua colpevolezza, ma per quanto poteva saperne lei, se lui fosse stato davvero il ladro, avrebbe avuto tutto il tempo per scappare da Parigi, tornare a Palazzo, cambiarsi e rimanere lì seduto ad aspettarla.
Andrè sentì un rumore dietro di sé.
Si alzò dalla poltrona e si voltò, la vide con addosso il mantello lungo, rosso.
“Ben tornata.”
Oscar abbassò lo sguardo, non sapeva cosa dire, cosa fare.
Quel maledetto dubbio le corrodeva l’anima.
Lo salutò anche lei con un
“Buon giorno”,
detto senza convinzione.
Visto che era quasi l’alba, il chiaro entrava dalla grande finestra che si affacciava sul giardino, dalla quale si intravedeva la fontana.
Avrebbe voluto dirgli tante cose, confidarsi con lui; dirgli che le mancava, che la sua presenza era importante, ma sentiva che non poteva fidarsi di lui, non ancora; finchè il Cavaliere Nero era in circolazione non avrebbe potuto aprirsi con lui, dirgli tutto quello che pensava e perché usciva tutte le notti senza avere lui accanto.
Prese la sacca di tela, se la caricò sulla spalla destra, fuggì su per le scale, si chiuse nella sua camera.
Andrè rimase a fissare il fuoco, una lacrima scese sulla guancia non rasata, la stava perdendo e non capiva il perché del suo comportamento, anche se avvertiva una strana sensazione che non riusciva a spiegarsi, in qualche modo lei non si fidava più di lui come un tempo, il suo istinto gli e lo diceva e non sapeva cosa fare, perché non averla più vicino era come morire.


Finalmente Oscar è riuscita a incontrare il Cavaliere Nero ad un ballo ma non è riuscita a catturarlo. Un sogno strano, ancora le rose, un ballo a Versailles, riuscirà Oscar a strappare la maschera al Cavaliere Nero?

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Capitolo 6
*** Rose Bianche 6 ***


E' arrivato il momento di Aggiornare.
Il sogno era chiaro nella sua mente ed era per questo che era così sconvolta.
Vi prego continuate a leggere e a recensire.
Il mio grazie va a:
arte, audreyny, kaoru, medusa, hermy 101, marzia c.




Rose bianche 6





Si era svegliata presto anche quella mattina, più presto del solito.
Questa volta il sogno l’aveva lasciata spiazzata, senza fiato.
Se negli altri sogni si svegliava sempre con una certa ansia perché  sognava sempre le rose bianche, questa volta era diverso.
Si era svegliata completamente bagnata, di sudore e turbata da uno strano languore al basso ventre.
Il sogno era chiaro nella sua mente ed era per questo che era così sconvolta.
Eppure, pensava, io non lo amo, non lo amo come si ama un uomo ma un fratello.
Il suo sogno era iniziato come sempre nel giardino con le rose bianche.
Anche questa volta il vento da brezza lieve si era alzato sollevando i lunghi capelli di Oscar e scompigliandoli.
Più il vento aumentava, più le rose diventavano rosse.
All’inizio Oscar non se ne era resa conto perché il passaggio era stato graduale.
Da bianche erano diventate rosa pallido, poi rosa più intenso, fino a diventare rosso carico, rosso sangue.
Aveva sentito dietro di sé una presenza, si era voltata di scatto e aveva visto un uomo con un lungo mantello nero con cappuccio che gli nascondeva il volto.
L’uomo era girato di spalle, lei lo interrogò per sapere se era il cavaliere nero, solo quando si girò vide che aveva in mano una rosa bianca  Lei  si avvicinò all’uomo per vederne il volto, ma quando tentò di togliergli il cappuccio, lui le porse la rosa; lei la prese e si punse con le spine.
Il sangue uscito dalla mano ferita tinse la rosa di rosso intenso.
Oscar si passò una mano sulla fronte sudata; nel sogno l’uomo si toglieva il cappuccio e lei scopriva che era Andrè;
lui le prendeva la mano ferita  le succhiava il sangue e le baciava il palmo, si faceva più vicino la prendeva per la vita, abbracciandola, le baciava il viso gli occhi il collo.
Lei non reagiva, non riusciva a fare niente, se ne stava immobile tra le sue braccia come una bambola di pezza senza anima, incapace di muoversi, rapita dalle nuove sensazioni. Sentiva brividi di piacere ogni volta che lui la baciava 
era stato in quel punto che lei si era svegliata, stravolta.
Si era ricordata tutto nei minimi particolari, non riusciva a convincersi che l’uomo nel sogno fosse Andrè.
Lei era innamorata di Fersen, doveva essere il conte l’uomo nel sogno, non André, non il suo migliore amico.
Si era sentita a disagio al solo pensiero di essere baciata da lui, ma nello stesso tempo essere avvolta dalle suo corpo caldo le aveva dato un senso di pace e di piacere.
Oscar scuoteva la testa in senso di diniego, non è possibile, lui non mi ama, pensava.
Non mi ama come una donna, io sono la sua compagna di giochi, di avventure.
È solo un sogno, non è possibile che lui sia innamorato di me.
Si ripeteva questo per convincersi.
Oscar era ormai completamente sveglia, con la camicia da notte bianca, sbottonata sul davanti, i capelli spettinati, le guance arrossate, era rimasta a lungo seduta sul letto immobile a fissare un punto inesistente sulla parete bianca.
Le uniche cose che continuava  a ripetersi erano che era soltanto un sogno e la realtà era molto diversa.
    Durante la giornata aveva evitato di incontrare André, di proposito;
“Ora un motivo valido ce l’ho veramente”, pensava, ricordando il sogno della mattina.
Come sempre era partita da sola verso Versailles e quando se l’era visto davanti aveva scacciato con forza l’immagine di lui che la stringeva tra le braccia, gli aveva detto in tono freddo che per poteva prendersi un giorno di vacanza.
Lui aveva chinato la testa e se n’era andato abbattuto.
  Quella sera l’aspettava un ballo proprio a Corte.
Aveva deciso di parteciparvi come donna, quindi aveva cercato di concludere tutte le faccende che il comandante Oscar De Jarjejayes doveva fare ed era tornata presto a casa per prepararsi, poichè la preparazione per diventare una compita dama richiedeva tempo.
Anche questa volta non aveva visto André, grazie alla complicità della governante lui non c’era mai in casa quando lei usciva con la carrozza.
Il cocchiere era il vecchio giardiniere di Palazzo Jarjayes e mai e poi mai neppure sotto tortura avrebbe detto a qualcuno che accompagnava al ballo Madamigella Oscar vestita da donna.
Era rimasto stupito della strana richiesta fatta dalla sua padrona, ma aveva promesso anche a Marie che avrebbe mantenuto il segreto.
Era andata a quel ballo senza convinzioni.
Avrebbe voluto indossare la sua divisa così comoda, mentre invece indossava il vestito rosa cipria che le aveva scelto Marie.
I riccioli della parrucca le ricadevano sulla fronte e sulle spalle.
Questo vestito era semplice, ricamato di rosso nei bordi della gonna, del decolté, delle maniche a sbuffo, ma era diverso rispetto agli altri perché non era molto largo; le lasciava scoperte le spalle, mettendo in evidenza il bel seno e la pelle diafana.
Questa volta era convinta che il Cavaliere Nero non si sarebbe fatto attendere, poiché il ballo si teneva a Versailles.
Si guardava nello specchio, il viso teso truccato perfettamente, tradiva la tensione che provava.
Era preoccupata di riuscire a strappare la maschera a quel ladro e rispecchiarsi negli occhi di smeraldo del suo amico d'infanzia.
Non voleva dover arrestare Andrè, in fondo era convinta che fosse innocente, ma il tarlo del dubbio la rodeva, si insinuava nella sua mente nei momenti in cui non pensava al lavoro.
Proprio quando cercava di rilassarsi, la sua mente galoppava con la fantasia:
Cosa faresti se fosse lui il ladro e come finirebbe? Si chiedeva.
La risposta le affiorava prepotente, se fosse lui il ladro finirebbe sulla forca o gli taglierebbero la testa.
Scuoteva la testa, non poteva essere così.
E poi c’era il sogno, aveva continuato a ripensarci per tutta la giornata.
L’aveva sconvolta talmente tanto che aveva deciso di non vederlo, almeno per quel giorno.
Non voleva sentirsi addosso quegli occhi verdi dolci, gentili, sembrava le dicessero che lui l’amava proprio come nel sogno.
Sapeva che se mai lui le avesse detto una cosa del genere l’avrebbe perso per sempre.
Perché lei era Oscar, lei era stata creata per comandare, per combattere, non per fare la moglie e la madre.
Eppure quei baci erano così veri e caldi, nel sogno si era sentita amata e desiderata, 
la cosa che l’aveva sconcertata di più era che tutto questo le piaceva, le piaceva tanto, la faceva impazzire di desiderio.
Ma erano sensazioni che non poteva permettersi di conoscere, l’amore non era fatto per lei.
Lei doveva conoscere il dovere e la guerra.
Aveva conosciuto un tipo d’amore che l’aveva fatta soffrire troppo, sapeva in fondo che Fersen non l’avrebbe mai corrisposta.
Con il suo gesto aveva provato ad attirare l’attenzione del bel conte su di se, ma lei che era nata per comandare non conosceva l’arte della seduzione femminile e lui si era accorto di avere il suo migliore amico tra le braccia quando ormai era troppo tardi.
Era scappata via da lui e aveva fatto di tutto per non incontrarlo lì a Versailles.
    Era giunta la notte, era tempo di uscire di casa.
Oscar si preparò aiutata dalla fedele Marie, il mantello nero lungo con il cappuccio le nascondeva il viso e il vestito.
Quando usciva vestita da donna la nonna la faceva andar fuori dalla porta posteriore, in modo tale che nessuno la vedesse.
A Versailles la festa era iniziata da ore.
I nobili si stavano divertendo, ballando e spettegolando sul conte più ricco o sulla dama meglio vestita.
A questo ballo presenziava anche la regina.
Oscar lo sapeva, sperava che nessuno la riconoscesse tanto meno lei.
La regina si guardava in giro un po’ annoiata, indossava un bellissimo vestito azzurro che ne faceva risaltare gli occhi, adornato di perle e zaffiri.
Aveva ballato un minuetto con il Duca D’Artois e aveva deciso di ritornare a sedersi accanto al re, visto che quella sera l’aveva degnata della sua presenza.
Anche se il loro era stato un matrimonio di stato, non d’amore, Maria Antonietta amava quell’uomo grande e placido che le stava accanto, il padre dei suoi figli, un padre e un marito premuroso, buono.
Anche se l’amore era altro, 
era un uomo venuto dal nord, passionale e dolce allo stesso tempo.
Mentre il suo viso si faceva triste e si guardava intorno per vedere i presenti nella sala, notò una dama vestita con un abito color rosa cipria, differente da tutti gli altri.
Quello che attrasse la sua attenzione era il portamento altero ma timido, quasi impacciato dei movimenti.
Le venne subito in mente madamigella Oscar, chissà come sarebbe stata vestita da donna?
Si portò il ventaglio ricamato al viso, nascondendo un sorriso.
Non riusciva proprio ad immaginarsi la sua migliore amica in abiti femminili.
Era troppo mascolina, troppo abituata a vederla nella divisa rossa, con gli stivali neri lucidati a specchio, sempre impeccabile.
Distolse lo sguardo dalla giovane dama, non poteva essere lei, questa dama aveva una chioma di riccioli neri.
Oscar si sentiva osservata, si fece spazio tra gli altri nobili, cercando di non destare troppo nell’occhio perché non aveva nessuna voglia di essere riconosciuta dalla regina, l’imbarazzo per lei sarebbe stato troppo grande, come spiegarle che s’era conciata in quel modo per prendere il cavaliere nero?
E poi si sentiva nuda con quel vestito scollato che le lasciava le spalle nude.
Un nobile alto di bell’aspetto, con i capelli biondi raccolti in un codino e gli occhi verdi le si avvicinò per invitarla a ballare; era rimasto rapito dalla bellezza di quella dama dagli occhi gelidi.
“Non vi ho mai visto a Versailles, Madamigella, vorrei avere il piacere d’invitarvi a ballare il prossimo minuetto.”
Oscar guardava la mano tesa del giovane verso di lei, stava pensando una risposta non troppo brusca per rifiutare l’invito, quando notò una figura scura in fondo al salone.
La donna fece un aggraziato inchino al cavaliere, si congedò con un freddo:
“Vogliate scusarmi ma per questa sera il mio carnet è già pieno”.
Si girò e facendosi spazio tra la calca di nobili, continuando a ripete scuse, se ne andò via dalla sala calda e soffocante.
Quando raggiunse le scale sentì il freddo della notte avvolgerla, trasse un lungo respiro e corse giù dalle scale, il più in fretta possibile, tirando su l’orlo della gonna per evitare di inciamparvi e cercando di non cadere giù per le scale con i tacchi così alti.
Vide una guardia al lato destro della scalinata, il soldato stava ricevendo ordini da una voce che le era fin troppo famigliare.
“No, mio padre e ora?” pensò agitata, il cuore nel petto accelerò i battiti, rallentò la corsa per evitare di fare troppo rumore con i tacchi.
A mente più fredda si ordinò di calmarsi visto che non l’avrebbe certo riconosciuta conciata a quel modo.
Arrivò all’ultima rampa di scale, prima del generale, quasi camminando.
Sentì che suo padre dava l’ordine di tenere gli occhi bene aperti, perché era stato visto un uomo con un  mantello nero aggirarsi per i saloni.
Prese un lungo respiro, riprese a correre veloce, passando accanto ai due che videro la dama correre via dal palazzo illuminato, ma non fecero niente per fermarla.
Oscar si trovava all’esterno della reggia, seduta su una fontana con all’interno delle tartarughe di marmo, cercava di riprendere il respiro e fare ordine nei suoi pensieri.
Non immaginava che suo padre fosse ritornato dalla Normandia così presto, sapeva che aveva degli affari da sbrigare e non sarebbe ritornato prima di due settimane.
Forse era dovuto ritornare proprio a causa del cavaliere nero.
Guardò il parco buio davanti a se, la invitava ad avvicinarsi, a scoprire i suoi segreti.
Ad Oscar era sempre piaciuto il parco di Versailles, di mattina presto con la nebbia che saliva dal terreno umido, di giorno  con il bel tempo o in una grigia giornata d’inverno; di notte si potevano scorgere le stelle luminose nel cielo.
Quella notte erano offuscate dalla luminosità di una grande luna piena.
Oscar rimase assorta a guardare lo spettacolo che la natura le offriva.
I suoi sensi si allertarono sentendo dei passi dietro di lei.
Si voltò di scatto, vide un ombra scura muoversi lungo la fiancata della reggia proprio di fronte al punto in cui si trovava. Subito trovò riparo dietro a una statua di Venere, seminuda, il seno sferico e perfetto, il viso tondo, lo sguardo vuoto e freddo. 
Vide chiaramente la figura in nero, oltrepassare il giardino e andare verso i giardini di Versailles.
Era il Cavaliere Nero, ne era sicura.
Iniziò a correre, seguendolo nella boscaglia.
Nonostante il chiarore doveva stare attenta alle scarpe con il tacco e al terreno sconnesso, se fosse inciampata e caduta in malo modo sarebbe stato un problema serio riuscire a catturarlo.
Mentre correva sentiva che la parrucca si era allentata, le stava ricadendo sugli occhi, la prese con la mano destra e la buttò in un cespuglio, una cosa in meno che le dava fastidio.
Continuava a correre a perdifiato, nonostante il bustino le stringesse la vita in modo insopportabile.
Spesso si era chiesta, mentre correva, come mai non fosse ancora svenuta per la mancanza di ossigeno nei polmoni.  La figura in nero si era accorta di essere seguita, a causa del rumore dei tacchi sul terreno e aveva aumentato l’andatura.
Oscar cercava di non perderlo di vista, all’interno del bosco la vegetazione era più fitta e nonostante il chiarore della luna era difficile vedere bene.
Cercò di correre più veloce, ma le scarpette le stavano facendo sanguinare i piedi, dovette rallentare per forza, ma per niente al mondo si sarebbe fermata, ora che finalmente aveva davanti a sè quel ladro, perché ormai era convinta che fosse lui, mancava così poco alla sua cattura, finalmente stava per prenderlo, quando si sentì prendere per la vita da due braccia muscolose.
Tentò di liberarsi dalla presa, ma sentì la voce famigliare nell’orecchio destro:
“No, Oscar, no ti prego non lo seguire. È troppo pericoloso.” Lei era furiosa, faceva fatica a respirare, il sudore le imperlava la fronte, vedeva il Cavaliere Nero allontanarsi agile e veloce, e lei era bloccata dalle braccia di Andrè, incapace di muoversi.


Oscar tira fuori il bazooka che tiene nascosto sotto la gonna e fa un buco in pancia ad Andrè. (Scherzo!)  Oscar è alle strette ormai deve chiarirsi con  Andrè, quale sarà la sua reazione?

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Capitolo 7
*** Rose Bianche 7 ***



Anteprima: Non riusciva ad essere arrabbiato, non pensava nemmeno che si fosse messa un abito da donna per trovare marito, sapeva che la sua ossessione da un po' di tempo a quella parte era catturare il Cavaliere Nero.

Grazie per chi mi ha messo nei Preferiti e sono 6, 8 recensioni, 178 contatti per l’ultimo capitolo.. evviva. Sono proprio contenta e stupita.

Continuate a leggere vi prego.




Rose bianche 7




“NOOOO, sta scappando.”
L’urlo di rabbia di Oscar non fece mollare la presa ad André.
Più la donna tentava di liberarsi, più le sue braccia la stringevano per non farla scappare.
Oscar si rese conto che non poteva far nulla contro di lui, le braccia di Andrè erano troppo forti.
"No, non ti lascio. È troppo pericoloso."
La voce di Andrè era dura, decisa.
Lei ansimava nello sforzo di liberarsi, non voleva lasciare scappare quel ladro e Andrè avrebbe avuto una bella lezione quando sarebbe riuscita a liberarsi dalla sua stretta.
"Che cavolo ci fai qui, Andrè"
Provò una grande gioia, perchè si rendeva perfettamente conto che lui non era il ladro, i suoi sospetti erano stati vani.
Ma anche rabbia perché lui l’aveva fermata nel momento meno opportuno.
Andrè aveva smesso di stringerla, se l'era portata contro il corpo, abbracciandola, aveva respirato il profumo dei suoi capelli scarmigliati.
Quella sera era andato anche lui a Versailles perché non doveva andare a un ritrovo, non aveva voglia di aspettare tutta la notte alzato che Oscar tornasse a casa, non voleva andarsi ad ubriacare da solo in una bettola di infima categoria.
Era incuriosito dall'identità della dama misteriosa che era sulla bocca di tutti.
Voleva vederla, e poi gli erano sempre piaciuti i balli,
gli piaceva vedere le dame, nei vestiti scollati e variopinti, molte erano giovani e carine, guardare ma non toccare era il suo motto,
gli piaceva la musica e poteva rimediare dell'ottimo champagne senza pagare nulla.
Era al ballo da più di due ore, nascosto dietro a una colonna di marmo, beveva un flut di Champagne di ottima annata, fresco e frizzante.
Si accorse subito dai commenti dei nobili che era arrivata la dama che cercava.
La osservò da dietro la colonna, aveva imparato con Oscar ad essere una presenza discreta, se non voleva farsi vedere riusciva a scomparire ma a rimanere in circolazione per qualsiasi evenienza.
La dama era davvero molto bella, ma guardando meglio il viso ben truccato e quegli occhi azzurri così noti, un sorriso gli affiorò sulle labbra.
Oscar era stata davvero brava a tenerlo lontano, con la complicità di sua nonna ne era sicuro.
Non riusciva ad essere arrabbiato, non pensava nemmeno che si fosse messa un abito da donna per trovare marito, sapeva che la sua ossessione da un po' di tempo a quella parte era catturare il Cavaliere Nero.
Così ti sei trasformata in un splendida dama per partecipare indisturbata alle feste per catturarlo.
Ma perchè non mi hai detto nulla? Capiva che se si fosse fatta vedere con lui a un ballo tutti avrebbero saputo che l'attendente di Madamigella Oscar non poteva non presentarsi che con Madamigella Oscar, ma avrebbero potuto trovare un pretesto qualsiasi, dire che accompagnava una sua lontana parente.
L'aveva vista muoversi tra i nobili, era rimasto rapito dalla sua bellezza, dai suoi movimenti aggraziati.
La realtà superava la sua immaginazione, era ancora più bella e attraente dell’altra volta.
Quello che gli si presentava davanti era uno spettacolo.
Poteva ingannare il resto del mondo ma non lui, anche con i capelli neri stava benissimo, anzi i suoi occhi azzurri risaltavano ancora di più e anche la pelle di porcellana creava un notevole contrasto, i lineamenti erano meno dolci, quasi induriti dal nuovo colore di capelli.
Una persona diversa, ma sempre Oscar.
Lei che gli era entrata nell’anima poteva travestirsi in altri cento modi diversi, lui l’avrebbe riconosciuta lo stesso.
Ora riusciva a capire come mai quella sera il suo seno si vedeva prorompente nonostante la camicia larga.
Il bustino metteva in risalto la vita sottile e il bel seno, il vestito a ogni movimento le accarezzava i fianchi resi più tondi dalla forma dell'abito.
Era una donna in tutti i sensi.
Fremette quando gli si avvicinò il nobile alto ed elegante, così simile al conte di Fersen e dire che lui aveva avuto la fortuna di tenerla tra le braccia, per poche ore soltanto.
Si tranquillizzò quando vide che Oscar sembrava nervosa e per niente interessata al giovane.
Era irrequieta e ne capì il motivo quando sentì l'urlo di una dama.
Si era accorto anche lui della presenza del cavaliere nero e aveva deciso di controllare le mosse di Oscar e di seguirla se fosse stato necessario.
Ora si trovava nel parco con lei.
Voleva fermarla perché non sopportava che corresse dei pericoli inutili; perché teneva alla vita di lei più che alla sua.
Proteggerla era l'unica forma d'amore che poteva manifestarle.
Oscar sentì il respiro caldo di Andrè vicino all'orecchio destro, un brivido le percorse il corpo.
Aveva allentato la presa ora non la stringeva più così tanto da soffocarla, l'abbracciava e non faceva niente ma sembrava non volerla lasciare; l'abbracciava proprio come nel sogno.
Gli occhi di Oscar erano spalancati le guance arrossate per la corsa ma ancora di più dalle strane sensazione che il corpo di Andrè le dava.
”Lasciami André, lo devo prendere.”
Disse Oscar decisa.
“No, è troppo pericoloso.”
Lui continuava ad abbracciarla, la teneva stretta ma senza farle male, se lei avesse voluto avrebbe potuto andarsene via e lasciarlo lì, ma rimase immobile.
Sentì il suo calore avvolgerla, rimase sconvolta dal suo tocco perché come nel sogno sapeva  bene che l’amicizia che provava Andrè per lei si era trasformata in amore da tanto tempo; riuscì a capirlo da come la teneva tra le braccia.
Come una cosa preziosa, delicata da proteggere.
“Io non posso vivere sapendoti in pericolo, ti sono stato messo vicino per proteggerti e lo farò finché avrò un alito di vita in corpo.”
Le parole di Andrè erano state un sussurro, ma lei le aveva comprese fin troppo bene.
“Non ti voglio perdere, Oscar sei troppo importante per me.”
Lei chinò la testa sconfitta, si appoggiò al corpo di André e a voce bassa disse:
“Torniamo a casa, non ho più niente da fare qui, così potrò togliermi questo abito che non mi appartiene e queste scarpe così scomode.
Andrè si arrese, la lasciò libera dalla sua stretta.
Lei si voltò verso di lui che la guardò estasiato per pochi minuti e si spostò per farla passare.
Oscar faceva fatica a camminare.
Le scarpe le avevano ferito i piedi fino a farli sanguinare, ma finché doveva correre dietro a quel ladro non se ne era accorta perché era troppa la voglia di prenderlo, ora zoppicava vistosamente.
Andrè le si avvicinò, le toccò la spalla sinistra nuda, le sue mani fredde la fecero trasalire.
“Ti porto io, almeno finché non arriveremo alla carrozza, poi camminerai tu.”
Lei non riuscì a protestare, si ritrovò tra le sue braccia, il viso era così vicino a quello di André, arrossì imbarazzata; lui si accorse che il suo corpo era teso, cercò di sdrammatizzare con un:
“Sei ingrassata Oscar, così non va bene.
Devo dire alla nonna di non farti più le sue cioccolate calde.”
Oscar si mise a ridere:
“È il vestito, ti giuro che tra bustino e metri di stoffa peso 20 Kg in più.”
Lui continuando a camminare scuoteva la testa.
“Non me la racconti giusta, dovrò fare la prova anche con i calzoni per vedere se mi dici la verità.”
Oscar si mise a ridere, non si sentiva più a disagio, ora era ritornato ad essere l’amico di sempre.
Si avviarono verso le scuderie, lì li aspettava paziente il vecchio giardiniere di famiglia, lo videro seduto su un gradino accanto alla carrozza, fumava una pipa, il fumo bianco usciva dalla sua bocca, poi il vecchio riprendeva una boccata per ricominciare tutto da capo.
Alzò lo sguardo e si vide stupito i due giovani:
“Avete fatto presto questa sera.”
Andrè mise giù Oscar che salì sulla vettura, tirò le tendine e lasciò i due uomini fuori ad aspettare.
Rimase fuori dalla carrozza paziente, il vecchio Armand era già seduto in cassetta, raccontava ad Andrè tutte le volte che le sue vecchie ossa avevano dovuto prendere il freddo della notte per accompagnare Madamigella Oscar a casa.
Oscar aprì lo sportello e ne uscì con gli stivali i suoi amati pantaloni e una camicia bianca:
“Possiamo andare, Armand. Questa sera ti faccio tornare a casa prima.”
Andrè salì con lei in carrozza mentre la guardava seduta davanti a se, una domanda lo perseguitava nella mente.
Si decise a porgliela:
“Perché non hai portato anche me? Non volevi che ti vedessi vestita da donna o pensavi che gli altri ti avrebbero riconosciuta se fossi venuto anche io alle feste?"
Silenzio, guardò fuori dal finestrino, non riusciva a trovare le parole. Lui continuò voleva capire il perché del suo strano comportamento, pretendeva delle spiegazioni:
“E perché non mi hai detto che volevi catturare quel ladro?”
Lei lo guardò, non rispose subito perché la verità gli avrebbe fatto male, ma non aveva più voglia di prendere in giro se stessa ne tanto meno lui.
Abbassò lo sguardo, ma con voce chiara gli disse:
“Sospettavo di te. Pensavo che tu fossi il Cavaliere Nero. Per questo non potevo chiederti di venire con me. Se tu fossi stato il ladro mi avresti evitato di proposito.”
Andrè sorrise mesto, la carrozza era arrivata davanti a Palazzo.
Scesero ed entrarono in casa senza dirsi una parola.



Che cosa succederà ora, Andrè come reagirà dopo la confessione di Oscar? La sua reazione nell’ottava parte de Le rose bianche… abbiate pazienza e pietà la fine nel prossimo capitolo.

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Capitolo 8
*** Rose Bianche 8 ***


Anteprima:“Non ti fidi di me, questo mi fa molto male. Oscar, lo sai che ti avrei detto tutto se me lo avessi permesso.”



Siamo giunti al termine della storia.
Grazie per avere letto e recensito. 953 visite mi rendono contenta. Ma sopratutto, gli 8 preferiti e le 4 seguite, per non parlare delle recensioni.
Grazie Grazie Grazie ancora.



Rose bianche 8





Era notte fonda ma nessuno dei due aveva voglia di dormire, prima era importante chiarire la situazione che si era creata in quelle settimane.
Erano seduti davanti al fuoco, sul tavolo due bicchieri di Brandy non erano ancora stati toccati.
Un silenzio pesante era calato tra loro, dopo le parole pronunciate da Oscar sulla carrozza.
Andrè guardava Oscar con cipiglio, non voleva davvero credere a quello che aveva sentito: 
“Ero convinta che fossi tu il ladro, non potevo certo chiederti di venire con me ai balli per catturarlo.”
Lui era arrabbiato e si sentiva ferito, non pensava che lei lo considerasse un vile ladro.
Provava un dolore sordo al petto, lei non si fidava più di lui, lei che per lui era così importante.
Oscar si era alzata dalla sedia, aveva appoggiato la mano sulla mensola del camino, lui la guardava di spalle.
“Non mi dicevi dove andavi e cosa facevi, ma ogni sera tornavi tardi.”
Tentò di giustificarsi, si girò verso di lui:
“Guarda, Andrè. Tu puoi fare tutto quello che ti pare, ma devi capire che ero proprio convinta che il ladro fossi tu.
La descrizione era molto simile, un giovane vestito di nero dai capelli scuri.”
Andrè la guardò e disse:
“Non puoi basarti sulla somiglianza fisica, o sulle dicerie della gente, lui deruba di notte e al buio non si può riconosce bene una persona.”
Andrè sorrise mesto, continuando:
“Non ti fidi di me, questo mi fa molto male. Oscar, lo sai che ti avrei detto tutto se me lo avessi permesso.”
Tra loro calò un silenzio pesante, carico di rancore e sospetti.
Lei cercò di controbattere:
“E poi ti avevo visto quella notte, con quella collana di perle, pensavo che l’avessi rubata.”
Lui la guardò arrabbiato, alzando la voce:
“Ti dissi che l’avevo trovata per strada e che probabilmente il Cavaliere Nero era passato di lì e l’aveva persa.”
Andrè scosse la testa in senso di diniego, afflitto, quasi sotto voce disse:
“Me ne vado a letto”.
Si alzò, fece per andarsene, ma lei lo fermò toccandogli il braccio, lui si voltò per guardarla, lei gli sussurrò un:
“Perdonami, temevo di averti perso”.
Lui sospirò le prese la mano e la strinse nella sua grande e calda.
Poi si staccò e fece per andarsene;
Oscar si sedette sulla poltrona, sorseggiando il Brandy  imbarazzata.
Lui prima si fermò si girò verso di lei,  le si mosse incontro, si inginocchiò davanti a lei in modo che i loro occhi fossero vicini e lui potesse guardarla direttamente il viso e le disse:
“Voglio far parte della tua vita non mi escludere più. Ti prego, Oscar.
Sei l’unica persona che conosco a parte mia nonna che mi ha regalato un sorriso quando ero disperato per la morte dei miei genitori.”
Lei lo guardò, si concentrò sugli occhi verdi che conosceva da una vita, occhi tristi e dolci, innamorati, gli sorrise, abbassò lo sguardo verso il bicchiere:
“Va bene, Andrè. Niente più dubbi o inganni. Te lo prometto.”
Sollevò in alto il calice per brindare con lui. Anche Andrè prese il calice sul tavolo e brindarono alla nuova promessa che si erano scambiati.
In quella notte erano riusciti a chiarirsi e a parlare come da tanto non facevano più da tanto.
    Il giorno dopo mentre Andrè passava per il corridoio accanto alla stanza di Oscar si accorse che la porta era socchiusa, sbirciò dentro e la vide davanti allo specchio.
Era completamente vestita di nero, stivali, calzoni, casacca nera con ricami blu scuro e mantello nero.
La cosa che più lo divertì era la parrucca di capelli neri.
Oscar si stava provando la maschera di velluto nero, sentì bussare alla porta e si girò vide Andrè sorriderle.
“È un ottima idea Oscar, quella di travestirsi per catturare il Cavaliere Nero. Prendere il suo posto per un po’ e vedere come reagisce.”
Le si avvicinò la guardò dallo specchio, accanto a lei era più alto di almeno venti cm.
Da quando era cresciuto così tanto? Forse perché ce l’aveva sempre vicino non si era accorta di avere accanto un uomo, non più un ragazzino.
Aveva notato che oltre ad essere più alto era più forte e robusto, non era riuscita a sfuggire alla sua presa la notte prima.
Con un gesto rapido le tolse la parrucca, lei si portò istintivamente le mani ai capelli.
Lui la tirò in aria e la riprese più volte.
“Ma vedi Oscar, non puoi indossare questo vestito. La tua figura minuta ed esile non ti fa sembrare un uomo e questa”, indicò la parrucca
“potrebbe metterti in seria difficoltà se ti finisse sugli occhi proprio mentre lo stai per acciuffare.”
Le sorrise malizioso, prese un pugnale che portava sempre con se e senza pensarci due volte si tagliò con un colpo netto la folta chioma di capelli scuri.
Oscar si girò a guardarlo con la bocca aperta;
Ora si ricordava perfettamente, l’Andrè che aveva visto nel sogno, aveva i capelli corti, proprio come lui in quel momento e un ciuffo di capelli gli ricadeva sull’occhio destro.
Era come se il tempo si fosse fermato, lui l’aveva presa per le braccia e la stava scuotendo, ma lei non si era accorta di niente come se vivesse in un altro mondo, c’erano solo lei, lui, il sogno delle rose e ancora lui che l’abbracciava e la baciava appassionatamente.
Dopo pochi secondi si riprese.
“Oscar, cos’hai? Sei così pallida.”
Guardò il viso di Andrè così preoccupato, lei prese un respiro profondo.
“No Andrè, non è nulla, va tutto bene.”
Lui la strinse un po’ le braccia, “Sei sicura che non devo chiamare la nonna?” Lei lo guardò e gli sorrise per rassicurarlo, assentì.
Lui la lasciò continuando a parlare:
“Bene, allora procurami un vestito da Cavaliere Nero.”
Un Ora dopo le parti si erano invertite, era Oscar che aspettava fuori dalla camera che Andrè si vestisse da ladro.
Un  pensiero funesto, le passò per la mente, ma lo scacciò subito.
Sentì la voce di Andrè chiamarla dalla stanza.
Quando entrò vide una persona completamente diversa, non il suo migliore amico.
Il taglio di capelli faceva risaltare il suo viso dai lineamenti regolari e mascolini; la cosa che la colpì maggiormente furono gli occhi, non sapeva neppure lei perché le sembravano ancora più verdi del solito contornate da ciglia nere e folte.
Il costume nero metteva in risalto le spalle quadrate e ampie, la vita sottile e le gambe muscolose e magre. 
“E allora, come ti sembra? Tu l’hai visto seppur da lontano.”
Disse con voce allegra, sembrava un bambino che si divertiva a travestirsi per fare uno scherzo a qualcuno.
  Andrè si guardò allo specchio fece un mezzo giro su se stesso e poi si voltò verso di lei prendendo il mantello nella mano destra portandoselo al petto e facendo un inchino rivolto ad Oscar.
Lei lo guardava, gli rispose in tono serio che gli somigliava abbastanza.
“Allora, domani sera proveremo ad andare nella casa di un nobile e a rubare, vedremo se il vero ladro uscirà allo scoperto.”
Oscar assentì; la spensieratezza di André stonava con la serietà di Oscar.
Mentre si toglieva la maschera e il mantello si accorse che in lei qualche cosa non andava.
Le si avvicinò, “Oscar, c’è qualche cosa che ti preoccupa?”
Le disse in tono preoccupato.
Lei sospirò, pensò che forse era tutto uno sbaglio che quello che stavano facendo era troppo pericoloso.
Andrè la precedette con i pensieri
“Se pensi che sia troppo pericoloso, non ti riconosco.
Non è da te comportarti in questo modo, tu non hai paura di niente.
E poi non eri tu che volevi catturarlo a tutti i costi?
Beh, questo mi sembra un ottimo modo per farlo uscire allo scoperto.”
Oscar accennò a un sorriso, ma abbassò lo sguardo:
“Oscar, non fare quella faccia, non vedo l’ora di cominciare e poi ci sarai tu al mio fianco, se dovesse succedere qualche cosa mi proteggerai vero?”
Finalmente lei gli sorrise:
“Si Andrè, potrai contare su di me.”
Andrè si stiracchiò come un grosso gattone e aggiunse:
“Bene, allora domani notte inizieremo. Vado a togliermi questa roba e a riposarmi un po’ se dovrò rimanere sveglio di notte mi converrà riposare un po’ di più di giorno.”
Oscar lo vide andare via, non sapeva spiegarsi il senso di angoscia che provava, sapeva solo che Andrè faceva tutto quello solo per lei.
Le ritornarono in mente le parole della sera prima,
“Non voglio che ti accada nulla di male, io devo proteggerti.”
Chiuse gli occhi e pensò intensamente Andrè ti prego, non innamorarti di me, non ne vale la pena, ti farei troppo male, non potrei mai amarti se non come un fratello.
Si concentrò su altri pensieri più consoni alla sua vita di militare; finalmente avrebbe catturato il Cavaliere Nero.
Guardò la rosa bianca nel vaso accanto al tavolo, posto vicino al piano.
Si avvicinò, toccò i petali di velluto delicatamente senza staccarli, ne aspirò l’odore, dolce.
Le ritornò in mente il sogno, la dolcezza il calore delle labbra di Andrè.
Scacciò quei pensieri dalla mente.
La realtà era ben diversa, lei era un soldato e aveva altro a cui pensare, il suo lavoro era la cosa più importante.
In futuro forse, ma scosse la testa scacciando quel pensiero che le si insinuava da un po’ di tempo, lei e Andrè insieme come una coppia di amanti, no non sarebbe mai stato possibile una cosa del genere.
Si concentrò sulla cattura di quel ladro, c’erano tante cose da preparare per l’indomani e tutto doveva essere perfetto.
Uscì dalla stanza, si richiuse la porta alle spalle.
Una folata di vento fece muovere le tende accanto alla finestra, la rosa bianca perse un petalo che trasportato dal vento finì sulla spalla di Andrè, mentre passava proprio sotto la stanza di Oscar.


FINE






EHMMM E NON È FINITA QUI:
Siamo finalmente giunti alla fine di questa storia.
È doveroso spiegare il perché del titolo e del Cavaliere Nero.
Ho pensato al titolo le rose bianche perché nel cartone animato hanno un’importante significato.
La rosa è simbolo di femminilità e di nobiltà La rosa ha una vita intensa ma breve, proprio come la protagonista e se vogliamo le protagoniste del nostro cartone animato preferito.
La rosa anche se è un fiore in apparenza delicato, in realtà non lo è; in inverno resiste al freddo intenso e da quando comincia il caldo fino a settembre inoltrato continua a dare i suoi bellissimi fiori.
Perché Rose bianche e rosse? Ho pensato al simbolo dell’amicizia e dell’amore.
Nel sogno Oscar vede le rose bianche trasformarsi in rosse.
È il simbolo dell’amicizia che lei prova per Andrè e che piano piano si trasforma in amore per lui, anche se lei ancora non lo sa o è troppo codarda per ammetterlo o non è ancora pronta per l’amore del suo migliore amico.
Come spiegato anche all’inizio,  nello stesso tempo avevo per la testa il significato dei fiori, ancora rosa bianca/amicizia, rosa rossa/amore - passione.
Ho dovuto cercare di creare una storia in cui andrè non si fosse ancora dichiarato, prima dell’incidente dell’occhio subito dopo il ritorno di Fersen.
L’idea dei diversi vestiti mi è venuta in mente ricordando il vestito  alla Odalisca nel cartone.
L’idea mi è venuta con i miei molti e se facessi questo e se facessi quest’altro? Ho azzardato molto, me ne rendo conto.
Nella storia originale non penso proprio che ad Oscar fosse passata per l’anticamera del cervello di mettersi un vestito da donna per catturare il ladro.
Però consentitemi questo azzardo, non è poi così strana la mia idea.
Sono partita dal presupposto che lei volesse catturare a tutti i costi il cavaliere mascherato, e cosa ancora più importante non si fidasse di André.
Nel cartone è chiaro che lei non si fida di lui e nello stesso tempo è molto preoccupata delle sue continue assenze.
Gli e lo dice con voce rotta e angosciata la sera  che viene ferita alla testa da uno degli scagnozzi del ladro:
“Ma dove vai? Cosa fai? Non ti sto accusando…”
Se togliamo ad Oscar la sua spalla e lei rimane sola, deve contare solo sulle proprie forze e allora ecco che si traveste in modo che veramente nessuno potesse riconoscerla con una parrucca nera.
È vero che la sindrome da cecità acuta alla Fersen nel mio racconto ce l’hanno tutti i nobili, ma una donna con una pettinatura diversa e con i capelli di un altro colore può essere scambiata per un'altra persona. Si, lo so, ho azzardato parecchio anche qui.
E poi volevo togliermi il gusto di far divertire la nonna di André, quella povera donna ha cucito per 20 anni vestititi da donna e Oscar le ha dato la soddisfazione di indossarli solo una volta, è un’ingiustizia, non vi pare? ^_^
Grazie a tutti voi per aver letto questa storia

Alla prossima avventura e come sempre spero di avervi divertito. 


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