le rose bianche 1
Come
sempre è doveroso fare una premessa, ricordando che i personaggi di
Versailles no Bara non mi appartengono, sono di Riyoko Ikeda.
L’ambientazione della storia dopo il ritorno di Fersen e subito dopo la
comparsa del Cavaliere Nero. Oscar è convinta di quello che fa per un
motivo ben preciso, leggete e lo scoprirete. Vi prego di
leggere anche E non è finita qui, per capire meglio come ho fatto a
creare la storia. Come sempre voglio ricordarvi che i pomodori o le
uova marce me le tirerete solo quando avrete letto tutto quanto.
Rose
Bianche
Aveva aperto gli
occhi stava guardando il soffitto, ma non lo vedeva, la mente
annebbiata dal
sogno. Cercava di ricordare il sogno che aveva fatto, cercava
di non dimenticarlo, ma era tutto inutile, lo
sapeva bene. La cosa che le era rimasta impressa erano le
rose e il
loro profumo dolce. Tante rose bianche. Si mise a
sedere sul letto si toccò la fronte sudata. Un
altro sogno
così strano. Di solito non ricordava mai i sogni che faceva,
ma da un
po’ di tempo aveva sempre la stessa visione. Si ricordava
solo il
particolare del profumo e che si trovava in un giardino fiorito.
“Che cavolo di sogno vado a fare”, pensò. Era
vero
che la primavera era ancora lontana ed era presto per la fioritura
delle rose; e poi quel giardino non l'aveva mai visto, non
erano i giardini di Versailles e non era il giardino di
palazzo. Si alzò dal letto, avvicinandosi alla
brocca d'acqua
fredda. Era ora di prepararsi il sole stava sorgendo. Mentre
finiva di vestirsi, guardò la divisa rossa sul manichino, sospirò.
Si
era svegliata male quella mattina, a causa di quello che non riusciva a
ricordare, a causa di una sensazione di insoddisfazione verso la sua
vita. Era da un po’ di tempo che si sentiva inquieta, erano
tante le
ragioni: la vita monotona, l’ambiente corrotto di Versailles, Fersen e
tutto quello che era successo tra loro. Si chiedeva se
l’avesse ancora
visto quale sarebbe stata la sua reazione dopo quel maledetto ballo.
Il
suo viso e il suo sorriso caldo non le lasciavano tregua.
Negli ultimi
tempi però un altro fatto le aveva fatto scordare il conte; La presenza
di un ladro che rubava nelle case dei nobili, non si sapeva nulla di
lui, a parte il fatto che fosse vestito completamente di nero, che
portasse una maschera che si facesse chiamare Cavaliere Nero.
Tutta
Versailles ne parlava, i nobili impauriti e spaventati da questa figura
misteriosa non sapevano più come fare per difendersi dai suoi attacchi.
Oscar era inquieta a causa di Andrè. Non capiva il
suo
comportamento, ultimamente le sembrava strano, distante. Uscì
dalla
stanza e si diresse verso la stalla. Si aspettava di
trovarselo
davanti, come le capitava spesso negli anni precedenti. Se lo
trovava
sdraiato sul fieno addormentato e lei si divertiva a svegliarlo in malo
modo e a prenderlo in giro: “Non sei un cavallo, Andrè. Ti
pare questo
il posto per dormire? Hai un letto e una stanza.” A volte il
tono che
usava era severo, ma poi finivano sempre per scherzare.
Sperava di
trovarlo lì ma sapeva che non l'avrebbe incontrato. Nella
stalla non
c’era nessuno, solo i cavalli. Cesar quando la sentì arrivare
le si
avvicinò, lei accarezzò il muso del cavallo e gli sorrise.
Gli parlò in
modo dolce, sottovoce per non spaventarlo. Poi decise che
era arrivato
il momento di partire, si sellò il cavallo e corse verso Versailles.
Era davvero preoccupata per il suo amico, ma da persona discreta quale
era, non se la sentiva di fargli un terzo grado. Partì da
sola verso la
reggia, mentre il sole dall’orizzonte si affacciava su una nuova
splendida giornata di primavera. Due ore dopo. "Nonna,
è già
uscita Oscar?" La governante guardò il nipote con il mestolo in mano,
stava cucinando e si trattenne dal tirarglielo in testa. "È
partita
presto questa mattina e tu?" Si avvicinò all'uomo
minacciosa. Andrè si
toccò la testa con una mano, scusa nonna ieri sono tornato tardi.
Vide
la donna avvicinarsi minacciosa, indietreggiò fino a raggiungere la
porta e con un "Ciao Nonna ci vediamo sta sera, corro a
Versailles" se
la svignò prima di ricevere una vera mestolata. "Chissà che
cosa mi sta combinando quel benedetto ragazzo", pensava Marie mentre
preparava il pranzo. Quando arrivò nel cortile della
caserma, Andrè
vide Oscar gridare contro un soldato che non aveva eseguito bene un
passo di marcia. Era furiosa, il motivo era futile. Erano
anni che
allenava i soldati della guardia reale, era raro che perdesse la
pazienza. Andrè la conosceva bene, Oscar sapeva insegnare e
dare ordini
in modo impeccabile, sapeva come prendere i soldati e farsi ascoltare.
Capitava di rado che si arrabbiasse o che perdesse la
pazienza. Si capiva benissimo che c'era qualche cosa che non
andava, per lo meno lo capiva molto bene lui; gli venne in mente che
poteva essere preoccupata per il conte di Fersen, visto che dopo quella
sera al ballo le cose non erano andate come lei sperava. Il
pensiero lo
rese triste, ormai non riusciva a provare che tristezza per la sua
condizione. All'inizio rabbia e gelosia, nel vederla innamorata di
un'altro, poi solo malinconia. Si sentiva impotente, non
poteva certo
obbligarla ad amarlo, non si può amare a comando una persona, lui
sapeva di essere solo il suo migliore amico. Non il suo
grande amore;
ma gli andava bene così, tutto pur di starti vicino, Oscar, era il suo
pensiero ricorrente. Finita la sfuriata, dopo gli
allenamenti, Oscar vide la spalla di Andrè dietro una colonna. "Ben
svegliato, bell'addormentato nel bosco." in tono sarcastico.
"È l'ora
di presentarsi?" lui si voltò verso di lei scusandosi. "Ho
fatto tardi ieri sera, sono andato..." Oscar lo zittì
alzando la mano
destra; "Non mi interessa quello che fai, dove vai, con chi stai. Ma la
mattina ti voglio pronto e ben sveglio. Che non capiti più."
Se ne
andò, passandogli accanto Andrè aveva notato che non lo aveva
guardato negli occhi come faceva sempre, quando gli doveva parlare.
Le
sembrava un po’ triste. Si, di sicuro era colpa del conte di
Fersen.
Maledetto il giorno in cui l’aveva incontrato, pensò arrabbiato.
Nel
primo pomeriggio Oscar si era recata dalla Regina senza Andrè, poiché
la donna aveva espressamente voluto un’udienza privata. Mentre
passava
per i corridoi di Versailles sentì due dame chiacchierare fitto. Non
riuscì a capire bene il loro dialogo ma sapeva già di cosa stessero
parlando. Il cavaliere nero era diventato un problema di
pubblico
dominio, per tutti i nobili. Molti sospettavano che dietro le
gesta di
questo fantomatico ladro, si nascondesse un servo, un valletto; Oscar
fece un sospiro profondo. Ripensò al comportamento di Andrè;
la
settimana prima le aveva dato una collana di perle, dicendo che l’
aveva trovate sulla strada, mentre tornava a casa; lei l’ aveva presa e
gli aveva garantito che l’ avrebbe portata a Versailles per fare un
controllo e informarsi se per caso c’erano stati dei furti.
Dopo che se
n’era andato, Oscar si sedette su una sedia, non riusciva a stare in
piedi, le tremavano le gambe. Non poteva e non voleva credere
che fosse
lui il ladro. Conosceva da una vita André, era il suo
migliore amico.
Un uomo onesto e tranquillo. Ma lo conosceva poi così bene?
Il dubbio
le era nato proprio in quel periodo. Sapeva che usciva tutte
le sere e
rientrava a notte fonda. Si era alzata di scatto dalla sedia
e si era
detta che non erano fatti suoi, se si comportava in quel modo. Se
se ne
andava in giro a puttane o a ubriacarsi nelle bettole, non era affar
suo. Ma a ripensarci bene, si sentiva strana, quando pensava
a lui con
una donna. Era veramente preoccupata per lui, anche se come
sempre
nascondeva molto bene i suoi sentimenti. Arrivata davanti agli
appartamenti della regina, bussò e attese risposta. “Madamigella
Oscar,
finalmente. Scusate se vi ho fatto venire d’urgenza, so che siete molto
impegnata con i vostri compiti, ma ultimamente c’è un problema che sta
diventando sempre più grave.” Oscar, una volta fatto
l’inchino, guardò
la splendida donna che le stava di fronte. Il vestito di fine
broccato
color avorio metteva in risalto la carnagione di porcellana e i capelli
biondi. La collana di perle le illuminava il viso e gli
occhi azzurri,
grandi e leggermente miopi. “Ma certo, Maestà ditemi pure.” La
regina
si sedette su una poltrona in stile Luigi XIV° imbottita di velluto
rosso. Oscar era in piedi di fronte a lei e ascoltava
attenta. “Come
ben saprete, in questi ultimi mesi molte case di nobili sono state
attaccate da un ladro. Il Cavaliere Nero. È stato sua Maestà a
chiedermi di intervenire, ma vi starete chiedendo come mai non vi abbia
ricevuto in un’udienza pubblica.” Oscar assentì, in effetti
era strano
che sua Maestà il Re non avesse già ufficialmente redatto un ordine di
cattura per quel ladro. La regina continuò: “Vedete,
in giro si
vocifera che sia un semplice ladro, un giustiziere che ruba ai ricchi
per donare ai poveri. Il re invece pensa che ci sia qualche cosa di più
grave sotto. Ha dei sospetti su suo cugino, pensa che il Duca D’
Orleans si stia circondando di gente contraria alla monarchia.
È un
uomo dalle idee molto libere, un rivoluzionario sovversivo. Farebbe
di
tutto pur di rubare il trono a Luigi e per creare una rivolta servono
molti soldi e armi.” La donna si passò una mano sugli occhi,
si vedeva
che era preoccupata. “Vi chiedo di indagare con discrezione
su questa
storia. Non abbiamo prove sul Duca e sui suoi complotti. Io
sono molto
preoccupata, per il re e per i miei figli.” Chinò il capo. Oscar
la
guardò e le sorrise. “Non temete Maestà, farò del mio meglio
per
scoprire chi è il Cavaliere Nero e che cosa vuole.” La regina
le
sorrise a sua volta. “Sapevo che potevo contare su di voi.” Oscar
si
congedò ed uscì dalla stanza. Ripercorse i corridoi ricchi
d’oro e di
sfarzo, i suoi passi sul pavimento di legno lustro come uno specchio
rimbombavano con cadenza precisa. Stava tornando verso la
caserma e nel
frattempo ripensava alle parole della regina. Come posso
scoprire chi è
quell’uomo, devo trovare il modo di andare a tutti i balli che si
tengono presso le famiglie nobili. Siii, sai che palla.
Ho sempre
odiato quelle stupide feste. Oltretutto ci devo andare da
sola, anche
perché se… Sospirò anche nei suoi pensieri non voleva
ammettere che
Andrè fosse il Cavaliere Nero. Lui non dovrà sapere nulla, e
si, ma se
vado come Oscar De Jarjayes lo saprà comunque. Pensò un
momento a cosa
fare, gli occhi le brillarono, si fermò di colpo, cambiò direzione.
Invece di ritornare negli uffici si diresse verso le scuderie, anche se
era pomeriggio presto doveva tornare a casa, doveva convincere la
governante ad aiutarla, ma ci voleva molta discrezione.
Che
cosa ha in mente Oscar? Lo scoprirete nel prossimo capitolo le Rose
bianche 2.
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