L'amore non esiste

di MisticQueen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova arrivata ***
Capitolo 2: *** Nuove amicizie e vecchi rancori ***
Capitolo 3: *** Quando sembra che tutto vada bene... non andare in biblioteca ***



Capitolo 1
*** Una nuova arrivata ***


~~Capitolo 1: una nuova  arrivata.

-Lea! Forza, Lea!- sento queste incitazioni, poi parto di corsa. Non è una comune gara sportiva, no, è l’International High School Sport Contest, abbreviata IHSSC. La squadra-o meglio, l’atleta- che vince avrà il privilegio di essere ammessa al liceo Dolce Amoris, uno pieno di snob.
Ma scuoto la testa.
Devo andarmene da questo posto.

-Pronta per la tua nuova casa?
-No.
-Beh…- mio padre sembra a disagio –Comunque buona fortuna. Allora ci vediamo tra una settimana?- mi chiede. Annuisco e scendo dalla macchina senza salutarlo. Può sembrare scortese, ma non lo è. Di chi è la colpa del mio trasferimento? Sua. Certo, in quella scuola non avevo molte possibilità, ma in questa… sono spacciata.
Entro nella casa di mia zia e salgo le scale. Cerco la mia camera: è rosa. Troppo rosa.
Mi getto sul letto e chiudo gli occhi, facendo riaffiorare i ricordi del primo giorno di liceo.

Lea sta camminando per i corridoi della scuola. Appena reduce da una faticosa corsa in palestra e dopo una dolorosa storta alla caviglia, sta andando in infermeria.
-No, è senza speranze.- sente ridacchiare l’infermiera di nome Ashley.
-Sì, è una tale puttana!- afferma Lexy.
-Ma, sai, si prende tutti i ragazzi.
Lea non ha un ragazzo.
Lea è sola.
Lea si è appena rovinata, mettendo il vestito corto…

-Tesoro! Svegliati, amore della zia!
Ma io sono già sveglia. Sono già molto sveglia. Perché penso al giorno della mia rovina? Perché, se al contrario dovrei scordarmelo?
-Sono pronta!- urlo prendendo la piastra. Un sussulto mi prende non appena comincio a passarla sulla prima ciocca.
Prima ero così, non adesso. La stacco e pettino i miei capelli mossi alla bell’e meglio.
I vestiti! Cerca la cosa più accollata che trovo, cioè dei jeans, una t-shirt rosa e una felpa.
Scendo le scale. La casa è bella, ovvio. Ma, penso mentre esco di casa afferrando il mio zaino, io la trovo orrenda.

E così, eccomi a scuola. È un edificio imponente, niente a che vedere con quello prima. Sono le otto meno venti, è ancora presto.
-Ciao, Lea.- mi saluta imbarazzata una ragazza.
-Rosalya!- esclamo.
-Sei…. Diversa.
-Sono me stessa.
La conversazione finisce qui. I ragazzi mi fissano. Ovvio, dice la mia coscienza, sei un’ex…
La voce viene interrotta dalla preside.
-Mhm, Lea, mi aspettavo un abbigliamento più consono ma lasciamo stare… allora, dimmi un po’, hai i moduli di iscrizione? No, certo che no! Preferisci prima andare a fare un giro o andare da Nathaniel?
Opto per la prima opzione. Esco in cortile. È arioso. Mi appoggio contro un albero e chiudo gli occhi. La mancanza di sonno di stanotte mi fa cadere in uno stato di incoscienza.

-Eleganti, eh Lea? E anche tanto vestite!- la sbeffeggia una sua amica.
È vero: Lea indossa solo un vestito corto fino a inizio coscia e delle ballerine. Amelia giura di aver visto una biancheria in pizzo, ma non lo dice a nessuno per paura che la sua fidanzata si offenda.
-Già.- un ragazzo la afferra per la vita –E ora tornate in classe!
-Grazie, Andy, ma ora cosa devo fare per te?- chiede quando le altre se ne vanno inviperite.
-Beh, qualcosa ci sarebbe…- sogghigna lui.
-Lea… Lea… Lea!
Aspetta, non è successo questo nel…

Apro gli occhi. Un bel ragazzo con i capelli biondi e gli occhi azzurri mi fissa. È vicino. Troppo vicino. Si accorge del mio sgomento e si allontana dal mio viso imbarazzato.
-Io… io sono Nathaniel.- balbetta.
-Io Lea, come avrai capito.- gli porgo la mano. È gentile, più di quanto mi aspettassi.
Mi sorride e, noto con piacere, con un sorriso molto più bello  di ciò a cui sono abituata – commenti di scherno, sorrisini maliziosi, prese in giro.
-Allora, il modulo di iscrizione?- chiedo. Mi stringe finalmente la mano. La sua stretta è salda.
-Ehm, è nella sala delegati, se non mi sbaglio. Vuoi che ti ci accompagni?
Annuisco. Sono ancora troppo assonnata per muovermi con piena lucidità, e finisco addosso a Nathaniel.
-Oh, scusami, Nath… posso chiamarti Nath, vero?
-Ma certo. Comunque anche io ho sonno. Non sei la sola ad aver passato una brutta nottata.- mi prende la mano –Ecco, così ci sosteniamo a vicenda.
Questo atteggiamento mi disarma. È così bello avere un amico! Ci dirigiamo verso la sala delegati. Nathaniel apre la porta e prende dei fogli da un armadietto. Mi invita ad entrare.
-Firma qua.- mi dice porgendomi una penna. Firmo –Okay… visto la tua piccola pennichella dovrai entrare alla quarta ora, dopo la ricreazione. Non è un granché come inizio…- mi fa l’occhiolino e mi invita a sedermi vicino a lui –Dirò alla preside che ti sei persa, tranquilla. Non voglio che tu finisca in punizione, Lea.
È la prima volta che lo sento pronunciare il mio nome né per chiamarmi né per presentarsi.
Ha un suono dolce. Ho ancora sonno e non so perché. Appoggio la testa sulla sua spalla.
-Ehi, Lea…!- avvicina il viso al mio e solleva una mano. Per un momento penso che  mi voglia spostare, ma alla fine comincia ad accarezzarmi i capelli…

-Ehi, Lea! Che ne dici, stasera io e te da soli?- le grida un ragazzo.
-Stasera è mia!
-No, mia!- la voce di Cameron svetta sulle altre –Vieni, tesoro.
Le afferra un polso e la bacia. Le stringe ancora il polso.
Lai si divincola e lancia degli urletti, ma ormai tutti ci sono abituati. Vorrebbe gridare ancora di più, ma si farebbe rimproverare. Cameron la lascia.
Ha un segno sul polso. Lui se ne va in classe, e Lea, come ogni mattina, in infermeria.
-Ah, povera, di nuovo?- le chiede Lexy. Ha i capelli neri e corti, un taglio irregolare, mossi.
-Già, dovresti sistemarti.- Ashley ha i capelli biondo e lunghi, è bella. Le controlla il polso. –Niente pallavolo per una settimana. Di nuovo. Oh, Lea, non permettere ai ragazzi di trattarti così!
Ma come potrebbero sapere che sono loro la causa di quello? Che loro, proprio loro, parlando, si fossero fatte sentire da Lea, e, sparlando di quella ragazza, Susy, le avevano dato l’idea?
La scena cambia. È sera, e Lea è a casa di Cameron. Ha solo quattordici anni ma è lei che si è scelta quel destino.
-Sei bella oggi. Gli altri giorni no. Che sia merito mio?- Cameron le tira i capelli per fargli baciare il viso –Su, forza, e ora… fai il tuo dovere.
-No!
-FAI IL TUO DOVERE!
Cameron comincia a tirarle ancora di più i capelli. Le fa male, urla…

-Lea…- mi sussurra Nathaniel all’orecchio –E ’-era- solo un sogno…
Apro gli occhi. Questi maledetti sogni… li odio!
-Piccola…- sento la mano di Nathaniel che si stringe intorno alla mia –Era un sogno brutto?
Annuisco e mi rifugio tra le sue braccia. Non è cosa degna della mia nuova me, ma pazienza…
-Nath…- sussurro. –Oh, Nath…
-Ehi, ehi, ehi.- mi solleva il mento e mi lascia un timido bacio sulla tempia –Non fare così…
-Okay. Che ore sono?- chiedo staccandomi da lui.
-Le nove. Sta per arrivare la preside a chiarire il malinteso.
Ed ecco, come predetto, la porta si apre: entra la preside.
-Leandra, per fortuna sei qui! Mi dispiace che tu ti sia persa il primo giorno. Per fortuna Nathaniel è tanto gentile. Allora, in via speciale posso farti entrare ora solo per oggi. E tu, Nathaniel, fila in classe!
Nathaniel se ne va, ma prima che chiuda la porta mi lancia un bacio. Gli sorrido.
-Ora che se ne è andata parliamo di cose serie. Ho sentito delle cose riprovevoli su di voi, cose che non avrei mai voluto sentire! Ma so che l’ha fatto per suo padre e sono disposta a perdonarla.
Per mio padre? Ma se lui neanche sa di questa cosa!
-Già, mi vergogno di me stessa.
-Non ne dubito, signorina Carlyle.

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Capitolo 2
*** Nuove amicizie e vecchi rancori ***


~~CAPITOLO 2 Nuove amicizie e vecchi rancori.
È già mattina? Di già?
Non ho sognato la mia vecchia vita. Ho sognato Nathaniel. Solo lui… sospiro, so che oggi non potrò vederlo se non di sfuggita.
Mi vesto con un completo che ho comprato ieri, un giubbotto di jeans, dei leggins neri e una maglietta giallo limone. Le scarpe non le ho trovate della mia misura al negozio. Zia Agata mi  saluta – è molto più eccentrica di chiunque altro in questo paese, con i capelli fucsia e quegli abiti. In realtà non sono veramente imparentata con lei: è la mia madrina, ma per il resto non abbiamo sangue in comune (se non un quadrisavolo di cui non so neanche il nome). Mio padre insiste a farla chiamare “Zia” da me e mia sorella Caroline, ma io sono ancora un po’ restia a chiamarla così, dopotutto la conosco solo da un paio di giorni!
Mentre addento un cornetto appena sfornato mi vibra il telefono: un messaggio, anzi due, per la precisione, arrivati in contemporanea. Uno è di Nath – ieri ci siamo scambiati il numero – e l’altro è di… Cameron.
CAMERON: Ehilà! Come sta la mia puttana preferita? Vuoi ancora che ti dia quei soldi? Certo, solo se me la dai…
Gli risposi con un meritato affanculo.
-Leandra! Cosa ci fai ancora col telefono, devi andare a scuola!- la voce di mia zia mi impedisce di insultarlo ancora.
Ha ragione. Prendo le mie cose e corro fuori.
Sbuffo non appena arrivo a scuola. Oh no, dov’è Nathaniel?
Sento dei ticchettii sulla mia spalla. Appena mi volto vedo una ragazza bionda, con la pelle chiara e gli occhi azzurri. Non si può certo dire che sia brutta, anzi: per un mio parere è quella più bella del Dolce Amoris e, considerato come si comporta, anche la più ricca.
-Ciao Lea, io sono Ambra, sorella di Nathaniel- ha calcato su queste ultime tre parole in modo a dir poco impressionante –E vorrei, gentilmente, che tu lo lasciassi stare. Sai, non mi va che Cameron gli debba raccontare tutto…- ridacchia, seguita dalle due oche che ha accanto, una ragazza asiatica e una, come la potrei definire?... ah, sì, abbastanza normale per girare con quelle due.
Le sue parole mi rimbombano in mente. Conosce Cameron? Oh, no. Non di nuovo. Non mi ridurrò così.
Incurante del suono della campanella corro in cortile, l’unico luogo che conosco della scuola e anche l’unico in cui ci sia un po’ di pace.
Mi sbagliavo. Nel cortile, oltre me, c’è un ragazzo coi cappelli rossi, vestito da punk.
Non posso dire che sia brutto, ma neanche che sia il massimo.
-Oh, la nuova? Quella che se la fa con Nath-Nath? Piacere, Castiel. - mi sbeffeggia –Certo, essendo le ragazza del delegato non sarai mai in punizione!
-Io… cosa?! Chi te lo ha detto?
-Ti hanno visto tutti, mentre uscivi dalla sala delegati, Leandra!
Sto in silenzio come ho imparato a fare in questi due anni e lui continua a parlare.
-Cameron non vuole che le sue scopamiche frequentino qualcuno, tantomeno il fratello della sua ragazza ufficiale!
 Resto in silenzio ancora in silenzio. Vorrei che ci fosse Nathaniel, ma non posso più frequentarlo (e con questo intendo non essere più sua amica) o mi ridurrò come prima, un’ essere che non merita di esistere. Mi siedo per terra con le gambe incrociate ed estraggo il telefono. Leggo il messaggio di Nath.
NATHANIEL: Ehi, so che è un po’ presto (sia di orario che per il tempo in cui ci siamo conosciuti), ma volevo chiederti… per caso, vorresti venire al cinema con me domani sera?
Rispondo con un sì e comincio ad avviarmi in classe. Gli parlerò domani del problema, forse lui capirà. Forse.
-Dove vai?- sogghigna Castiel afferrandomi il polso –Sono le otto passate, non puoi entrare in classe. Dove vai allora?
-Cerco la preside e le spiego il malinteso.
Lo guardo negli occhi. Non è così male, ma mi ricorda…

-Taylor, vieni dentro!- esordisce Lea –Non vorrei che tu te ne restassi impalato là mentre io mi diverto, no?
-Oh, beh, ma Austin mi sta aspettando…
-Lo sai, Aust è impossibile a volte! A proposito, l’hai convinto a non farsi più quella tinta viola? Lo rende ridicolo!- dice Lea. Taylor la abbraccia. È  un gesto da amici, dopotutto, no?
Nì. Nì, proprio, la parola inventata dalla sorella minore Caroline quando non vuole –o non può- rispondere.
Ha trasmesso la sua mania ai pochi amici che ha (Austin, Taylor, Megan) e infatti Taylor le risponde:
-Nì… mi dispiace, sergente, non ci sono riuscito!
Subito dopo le bacia la guancia. Ecco, in lontananza, Austin che si avvicina: fa sempre il duro, ma in realtà è una delle persone più tenere che Lea conosca.

-Allora? La “santarellina” non ha più la lingua? Certo, dando così tanto baci a quel Cameron e ai suoi amici non posso darti torto.
Con uno strattone mi libero dalla sua presa. I capelli di Castiel –un rosso sangue- brillano al sole… e vedo una ciocca tendente al nero.
-Uhm… sicuro di essere rosso naturale?- gli chiedo ridendo.
-Cosa? Certo!- sembra a disagio.
-Avrei scommesso il contrario…- ridacchio –Ci si vede in giro, ragazzo che si fa la tinta!
Cammino verso l’entrata della scuola. Non ci sono ancora abituata: è davvero troppo grande per me! La campanella è suonata cinque minuti fa: posso ancora farcela. Corro nella mia aula e, per fortuna, non è ancora arrivato il professore.
-Allora, dove eri, Carlyle?- mi sussurra Ambra –Oh, da Cameron?
-Zitta! Tu non sai niente di me!- dico con fare autoritario. –E poi chi ti credi di essere? La regina di questa scuola?
La vedo fumare dalle orecchie.
-Come… come osi! Non devi mai più parlarmi così!
-Oppure?- chiedo in tono di sfida.
Mi si avvicina.
-Non oseresti…
-E neanche tu, Ambra.- non sono io a rispondere, è una ragazza che non vedo perché è alle mie spalle –Lasciate in pace la nuova arrivata.
Le tre se ne vanno, non prima di un’esclamazione di Ambra.
-Iris, me la pagherai!
Mi volto. Questa Iris mi sorride dolcemente e mi porge la mano.
Si presenta come Iris, cosa che avevo già notato.
Ha i capelli rossicci raccolti in una treccia scompigliata (ne deduco che 1Non sa fare una treccia o 2 Ha i capelli ricci) e indossa una maglietta viola, dei pantaloncini di jeans e delle calze a righe viola e nere. Viva la felicità! Nonostante questo mi sembra simpatica, ha un sorriso radioso.
-Allora, dove mi potrei sedere?- rifletto tra me e me. Ieri tutti i posti erano occupati e, in mancanza di un banco, mi sono dovuta accontentare di uno sgabello.
-Se vuoi  siediti accanto a me!- esclama Iris –Ieri pomeriggio hanno portato un altro banco e l’hanno messo accanto al mio.
Accetto volentieri e mi accomodo.
Aspettando il professore riordino le penne sul banco per colore e utilità, poi apro una pagina del quaderno e stappo quella rossa, pronta a scrivere il titolo.
-Buongiorno, professoressa Alexandra.- dice in coro la classe. Si alzano e io li seguo.
La professoressa non risponde neanche al buongiorno.
Comincia a fare l’appello.
Quando arriva al mio nome punta lo sguardo su di me.
-Leandra Carlyle.- dice.
Riconosco quegli occhi. Eccome se li riconosco.
Questa professoressa è la stessa del liceo precedente.

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Capitolo 3
*** Quando sembra che tutto vada bene... non andare in biblioteca ***


~~Capitolo tre: Quando sembra che tutto vada bene… non andare in biblioteca.

-Jeremy Devinne?
-Presente!
La professoressa continua a fare l’appello come se niente fosse. Certo! Toh, una mia vecchia alunna… Jeremy Devinne è presente? Roba da matti…
-Signorina Carlyle!- mi richiama la professoressa –Stia attenta!
Annuisco, ma a cosa dovrei stare attenta? All’appello? Questa scuola è una scuola davvero matta.
Conclude l’appello coi nomi degli assenti. Un ragazzo che pare sia in vacanza.
-Allora, oggi verifica scritta!- dice con tono maligno –Descrivete il vostro primo giorno di liceo sul quaderno e poi consegnatemelo.
Oh no.
Panico. Panico totale.
Tutto il mio precedente liceo (nonni degli alunni compresi) sa cosa è successo il mio primo giorno di liceo. Era… era solo un piccolo incontro con Cameron a ricreazione, niente di che, e invece… ha segnato la mia rovina. L’unica soluzione è inventare.
Il mio primo giorno di liceo lo passai inizialmente in infermeria, scrivo, alla  prima ora ci capitò educazione fisica e, correndo, caddi. In effetti ho passato molto tempo in infermeria in questi anni, di più degli altri: un giorno un taglio con qualcosa, l’altro una caduta, l’altro ancora un mal di testa… le solite cose, insomma. Dopo essere uscita dall’infermeria mi recai in classe per seguire la lezione che era, ahimè, già iniziata. E questo è tutto. Non è granché, ma non tutti possiamo avere delle vite che somigliano a  fiabe con principesse perfette o piene di assennatezza e coraggio: purtroppo io mi sono dovuta accontentare di questa misera vita, una comunissima vita senza colpi di scena.
Tiro un sospiro di sollievo, mi alzo dal banco e consegno il quaderno alla professoressa. Lei mi squadra dall’alto in basso.
-Ti sei sprecata.- mi dice osservando le poche righe che ho scritto –L’importante è che tu abbia scritto bene e in piena sincerità.
Quando finalmente mi siedo do un occhiata al foglio di Iris. L’ha riempito dalla prima all’ultima riga, e ora sta girando l’altra pagina. Prima che lo faccia colgo alcuni stralci di tema e il mio, in confronto, sembra svolto da un bambino di prima elementare.
Abbassando lo sguardo tiro fuori il cellulare dalla tasca. Nessun nuovo messaggio. Nessuna chiamata. Meglio così. Lo rimetto nella tasca giusto un istante prima che la professoressa raggiunga me e Iris.
-Iris, ora basta.- esclama prendendole il quaderno dalle mani. Torna alla cattedra e io mi avvicino a Iris. Apro la bocca per parlare, ma la mia amica mi dice:
-Tranquilla, avevo già finito.
-Sei sicura?
-Sì. Dopotutto sono io l’autrice!

Un’ora,  venti minuti e tredici secondi dopo sono fuori da quella classe. Maledetta questa professoressa e le sue due ore  di letteratura il martedì!
-Hai fame?- mi chiede Iris. Annuisco.
-Bene! Non hai ancora visto la mensa!- esulta.
Mi lascio trascinare da lei nella calca degli studenti. Con gli occhi cerco Nathaniel, ma non lo trovo. È strano, col suo carattere mi sarei aspettata che venisse tutti i giorni a scuola. Non resisto: voglio sapere cosa gli è successo.
-Sai per caso dove è Nathaniel?- chiedo alla mia amica.
-Beh… No… C-Cosa v-volevi da Nath-Nathaniel?- balbetta diventando tutta rossa. Ha lo sguardo fisso a terra. –In ogn-ogni ca-caso d-dopo prova nella s-sala delegati.
-Iris, ti senti bene?- le chiedo mentre acchiappo un vassoio per me e uno per lei e mi servo. Vedo in lontananza Nathaniel.
Prendo posto e dico a Iris:
-Guarda, è là!- un sorriso si dipinge sul mio volto. Provo a chiamarlo, ma niente: maledetta questa calca!
Quando, dopo l’ennesima volta che lo chiamo, si volta, gli faccio cenno di avvicinarsi. Iris sembra sbiancare in volto, così come Nathaniel non appena la vede.
-Iris. Non sapevo fossi amica di Lea.
-E io non sapevo che tu mi consideri ancora un’asociale.- stesso tono monocorde, nessuna esitazione.
-Okay… allora, Nathaniel, per domani è tutto deciso?- chiedo cercando di dissimulare l’imbarazzo generale.
Annuisce.
-Ciao, Lea.- mi bacia una guancia –Iris.- le fa un cenno con la testa.
Appena lo vedo scomparire mi volto verso Iris. Lei fa un sospiro di sollievo e comincia a mangiare quella roba informe e incolore che chiamano pasta.
-Allora?
-Allora cosa, Lea?- indica un pezzo di “pasta” –Che schifo! Hanno sapore di… pane ammuffito!
-Non provare a cambiare discorso, furbetta. Cos’era quel comportamento tra te e Nathaniel?
Prende una boccata d’aria.
-Lea, non so come dirtelo… io e Nathaniel stavamo insieme.
No. Non di nuovo.

-Lea! Leandra!- la chiama Alexander. Sono migliori amici già da molto tempo, da quando sono nati . Un’unica scelta li ha divisi: la scelta del liceo. Sanno che non potranno più passare tanto tempo insieme come alle elementari e alle medie e cercano di godersi più che possono quei brevi tre mesi di vacanza.
Lea alza la testa dal libro che sta leggendo per la scuola, Jane Eyre, e sorride. Da qualche tempo ha capito di provare qualcosa per lui,  che sembra ricambiare.
-Alex, vieni a sederti qui e raccontami del tuo appuntamento!- esclama. Pronunciare quelle ultime parole le fa male. Alex corre da lei, le si siede accanto e la saluta.
-Bah, un fiasco.- fa silenzio per un paio di minuti, come se prendesse coraggio –Senti, Lea… ti andrebbe di venire con me a mangiare una pizza domani?
-Sì!- lei cerca di trattenere la gioia, ma non ce la fa. Lo abbraccia. -Devo dirlo subito a Janine! 
Alexander sbianca in volto.
-E’ già qui, Lea.
Lea si gira verso l’amica. La conosce da un paio di mesi, ma già sono diventate migliori amiche. Si sono conosciute per caso un pomeriggio, mentre Lea e Alex  facevano i compiti insieme. A lui squilla il telefono, ma è in bagno. Lei risponde (lo fa sempre, dopotutto) e una voce squillante la saluta. Il resto è storia.
-Janine!- Lea si alza e le corre incontro. –Scusa, Alex, noi ci assentiamo un attimo.
Trascina l’amica in un luogo appartato e le racconta tutto.
-Lea… io non te l’ho mai detto, ma… io e Alexander ci conosciamo perché siamo stati fidanzati.

-Lea, sei tornata a casa! Come mai così presto?- mi chiede zia Agata. Dopo la conversazione con Iris non me la sono sentita di rimanere a scuola e, con una scusa, sono tornata a casa.
Sorrido alla zia, che sta preparando una torta di mele.
-Mi sento poco bene. Vado in camera mia.- le dico. Salgo le scale in modo fiacco.
Tutto quello che voglio è svegliarmi da questo incubo.

-Corri, stupida! Corri!
Anche le professoresse ce l’hanno con lei. Non possono sopportarla, in particolar modo quella di educazione fisica, una biondina pimpante di appena ventidue anni. Prima che Lea divenisse ciò che è era la ragazza più gettonata della scuola. Appunto, era.
-Ti ho detto di correre più veloce, Carlyle!- la professoressa la raggiunge correndo. Lea ha già acquistato molta velocità, ma Andrea la raggiunge ugualmente.
Le si para davanti e la blocca.
-Tu ora vai in presidenza.

I miei sogni sono ritornati. Per una notte avevo sperato che gli incubi fossero passati, ma continuo a rivivere questi momenti.
-Sveglia!- mi urla la zia.
Senza tanta voglia mi alzo, mi vesto e scendo a fare colazione.
-Stamattina è passato un ragazzo qui.- mi dice mia zia –Ti ha lasciato un biglietto.
Mi porge un pezzo di carta su cui sono scribacchiate poche frasi.
Carissima Lea, mi dispiace di aver trattato così male Iris. Come lei probabilmente ti ha detto eravamo fidanzati, ma ora tra di noi non c’è più niente.
P.S: Pronta per stasera?
Nathaniel.

-Mi perdoni?- mi chiede Iris con occhi supplicanti prima di entrare in classe.
-Per cosa? Per essere stata fidanzata con Nath? È storia passata- le dico cercando di tranquillizzarla.
Mi fa un sorriso allegro e ci accomodiamo.
-Lea, io non posso venire a pranzo con te oggi. Che ne dici se ci vediamo dopo scuola in biblioteca?
-Sì.- le rispondo. Non capisco perché debba assentarsi, ma non voglio fare domande.
Il professore entra e ci saluta. Oggi abbiamo tre ore di biologia.
Che bello.

Finalmente le sette ore sono passate e posso incontrarmi con Iris.
Mi dirigo verso la biblioteca (okay, ho sbagliato la strada un paio di volte, ma chissenefrega?). E’ uno dei miei luoghi preferiti della scuola, così tranquillo e isolato.
Apro la porta e cerco di fare meno rumore possibile, certa di trovare la bibliotecaria pronta ad aggredire chiunque respiri, ma, per mia fortuna, non c’è.
Cerco Iris con lo sguardo, ma non la vedo. Decido di avventurarmi di più in biblioteca. Sento delle voci, una femminile e una maschile.
-Mi sei mancata, Iris.- sento dire a quella maschile.
Iris è con un ragazzo! E, per giunta, deve essere il suo fidanzato! Mi avvicino verso la fonte di quelle voci.
-Anche tu, amore mio.
Da dietro uno scaffale riesco a scorgere soltanto la testa di Iris. È in atteggiamenti troppo intimi con il suo lui, di cui riesco a scorgere solamente i capelli biondi.
Capelli biondi? Conosco solo un ragazzo coi capelli biondi. Cerco di convincermi che non sia lui.
-Ti amo, Nathaniel.

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