Amore, odio... e un paio di Converse

di Miss One Direction
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 (I Parte) ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 (II Parte) ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 (I Parte) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 (II Parte) ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 (I Parte) ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


                                                         
          

 



 
 

Cosa si farebbe per amicizia? Tutto.
Ecco, in quel momento stavo odiando me stessa per aver capito quanto quella frase fosse fottutamente vera.
- Non ho mai detto questa frase - esitai, abbassando la testa, sapendo fin troppo bene che, invece, l'avevo pronunciata fin troppe volte.
- Non dire bugie, ce lo hai promesso! - urlarono le ragazze, in contemporanea, come delle bambine.



 
- Cosa si fa per amicizia? Tutto; e va bene, leccaculo che non siete altro, ve lo prometto - sospirai, non facendocela più di tutte quelle preghiere.
- Ti vogliamo bene! - urlarono le ragazze, abbracciandomi.
- Anch'io, ed è solo per questo che lo farò! - .



 
Ricordavo fin troppo quella promessa,  ma non avevo nessuna intenzione di mantenerla, non più.
- Non devi fare niente! Devi solo dirgli: "Ciao, piacere, io sono Manuela"! - alzò la voce Margaret, posizionando le mani sui fianchi.
- Ma non voglio! Perché devo conoscerlo? - chiesi nervosa, tanto quanto loro.
Un po' di tempo prima, avevo promesso alle mie ragazze che avrei conosciuto un amico dei loro fidanzati, e sì: le mie amiche erano felicemente fidanzate mentre io, modestamente, ero ancora l'unica anima libera.
Quei quattro avevano ottenuto la mia approvazione praticamente da subito: erano  molto carini e simpatici, passavano le giornate a casa nostra con le loro rispettive ragazze, ma era ormai da un sacco di tempo che stavano cercando di convincermi, in tutti i modi, a conoscere il loro migliore amico, facendo affidamento sul fatto che quest'ultimo si fosse da poco lasciato con la fidanzata.
Daniela stava con Niall: biondo (anche se tinto), occhi azzurri, irlandese dalla risata facile e mangione come pochi,  ma molto simile al classico principe che ogni ragazza sogna da bambina.
Margaret era impegnata con Liam: capelli castani, occhi marroni tenerissimi e una faccia da cucciolo indifeso nonostante un carattere forte e deciso.
La piccola Giulia, piccola per modo di dire, manteneva una storia salda e inusuale con Louis, il mio migliore amico: occhi acqua marina, capelli castani sempre scompigliati, e un animo da bambino, nonostante i suoi quasi ventidue anni.
Infine, Mara era legata a Zayn: occhi nocciola, pelle olivastra e leggermente più riservato degli altri, anche se, una volta presa confidenza, diventava un bambino.
Tutti, e sottolineo tutti, non facevano altro che ripetermi quanto fosse carino e simpatico quel benedetto ragazzo a me sconosciuto, anche se, invece che invogliarmi ad incontrarlo per davvero, stavano ottenendo la reazione contraria.
- Ragazze, mi spiegate il motivo, per cortesia? -
- Non puoi restare single per il resto della tua vita, okay? Sei una ragazza bellissima che può avere un sacco di ragazzi ai suoi piedi, eppure preferisci stare da sola a guardare i Puffi mentre noi usciamo a divertirci! - sbottò Mara, alzando le braccia in aria.
- Preferisco, di gran lunga, sentire le perle di saggezza di Grande Puffo, piuttosto che procreare con qualche essere umano di sesso maschile -
- Manuela, cazzo, sono passati sei mesi da quando Nick ti ha tradita. Fattene una fottuta ragione! - aggiunse Daniela, sbuffando allo stesso modo delle altre.
Fu in quell'istante che la situazione iniziò ad appesantirsi ancora di più. Quella con Nick, secondo il mio punto di vista, si era dimostrata una storia d'amore cruciale durata più di un anno. Era vero, erano passati circa sei mesi dal suo tradimento, ma la ferita non era ancora riuscita a ricucirsi del tutto. La verità? Le relazioni importanti non servivano praticamente a niente, facevano solo illudere.
Sogni, sei felice, cadi, soffri. E poi tutto da capo.
Stavo per scoppiare a piangere, perfettamente consapevole del fatto che fosse stata colpa mia se Nick mi aveva tradita così spudoratamente, ma ricordarmelo di certo non avrebbe migliorato le cose.
- Sistah, aspetta, non intendeva- - cercò di correggersi Daniela, avvicinandosi di un passo.
Non la lasciai finire che corsi in camera mia, cercando di non farmi vedere in quello stato confusionale, e chiusi la porta con violenza non appena entrai: non era mio solito avere reazioni simili, ero stata abituata a trattenermi in ogni occasione. Eppure, in quella situazione, mi resi conto di aver immagazzinato troppe lacrime: lacrime che, in quel momento, stavano cercando in tutti i modi di farsi vedere.
Mi buttai a peso morto sul letto e, abbracciando un cuscino, scoppiai in un pianto liberatorio: ero stanca di illudermi.



 
 
 
HARRY'S POV.
 

- Dai, bro, fallo per noi! - mi pregò Louis, per la ventesima volta, in soli dieci minuti.
Avevamo deciso di sederci sul divano per goderci un pomeriggio rilassante, chiacchierando del più e del meno, ma all'improvviso, e senza un effettivo motivo, ci eravamo ritrovati a parlare delle fidanzate dei ragazzi: erano simpatiche e carine, non avrei mai potuto negarlo, ma, dopo la mia ultima storia con Taylor, non volevo nemmeno sentir parlare dell'altro sesso.
- Lou, sono almeno venti volte che lo ripeto: NO. -
Stavo iniziando ad alterarmi, sentendo tutte quelle chiacchiere inutili sulle ragazze: le rispettavo, quello sì, ma non riuscivo a capire a cosa servisse avere una relazione seria, tanto finivi sempre per rimanerci fregato.
A rendermi ancora più nervoso, ci stavano pensando proprio i miei amici, determinati a voler farmi conoscere una loro amica che io, personalmente, non avevo mai visto nemmeno in foto.
- Ma è così carina! - cercò di convincermi Niall, tirandomi una mini gomitata.
- Oh, davvero? Perché non ti ci metti tu? - risposi sarcastico, girandomi con un sorriso beffardo verso di lui.
- Io sto con Daniela, e la amo più di me stesso, quindi mi ritiro - si giustificò con superiorità, alzando le mani in segno di resa.
Gli altri annuirono alle parole del biondo e io scossi la testa disperato. Sapevo già che sarebbe stato tutto inutile: ormai erano cotti e fottuti. Problemi loro.
- Voi siete proprio andati -
- No, siamo innamorati - risposero tutti e quattro in coro, in una sorta di occhi a cuoricino, impegnati a guardare un punto indefinito sul soffitto.
Stavo avendo serie difficoltà nel capire se stessero scherzando, o se fossero seri.
Mi avvicinai di soppiatto a Liam e, seguendo il loro stesso sguardo, mi preparai a prenderli in giro. - Sì, avete ragione a guardare il soffitto: si sta formando una macchia d'umidità -.
Scoppiai a ridere per la mia stessa battuta, mentre i ragazzi si risvegliarono e mi regalarono un'occhiata puramente omicida.
- Qui l'unico fuori di testa sei tu, caro Harold. - ribatté Liam, continuando a guardarmi in modo strano.
Risi ancora di più e continuai a battere le mani a ripetizione. Vederli così accigliati, in quelle espressioni così dure, non aveva davvero prezzo.
- Harry, basta! Noi siamo seri; la conoscerai, fine della storia - conclusero tutti e quattro in coro, come se si fossero preparati la risposta già da tempo.
Posizionai una gamba sull'altra e allargai le braccia sullo schienale del divano, prima di ribattere: - Non ci penso nemmeno, io non mi muovo da qui -.
- Infatti non ti dovrai scomodare più di tanto: le abbiamo invitate qui stasera - rispose, sorridendo, Louis, alzando le spalle come un bambino innocente.
Bastò quella singola risposta a farmi rizzare subito le orecchie: avevano organizzato un appuntamento al buio, senza nemmeno avvertirmi?
- Non guardarci così, hai capito benissimo - mi prese in giro Niall, pizzicandomi la guancia.
- No, no e no! Non la voglio né conoscere, né uscirci! È fuori discussione! - esclamai a gran voce, alzandomi dal divano all'improvviso, non riuscendo ancora a crederci.
- Ormai non si può fare niente; anzi, vai a prepararti che solo già le sei e le ragazze saranno qui alle otto - mi informò Liam, avviandosi verso la cucina.
- Ci metto due ore per vestirmi? - chiesi secco, ancora più irritato di prima.
Quando ero arrabbiato, infastidito, deluso o altro, le mie risposte provenienti dalla mia bocca riuscivano sempre a mantenere quella nota di acidità che, in realtà, non mi apparteneva.
- Devi anche mettere l'acqua di colonia, sistemarti i capelli e prepararti per bene. Non ci far fare brutta figura - mi raccomandò Zayn, passandosi una mano tra il ciuffo.
Mi avviai a passo svelto al piano di sopra, non prima di rivolgere un bel dito medio a tutti i presenti, e soffocai un urlo strozzato: non ce la facevo più a dover prendere ordini, per colpa di quei pochi anni di differenza che mi portavo con gli altri.
Mi ero da poco lasciato con Taylor e non volevo assolutamente conoscere un'altra ragazza perché non ne trovavo il motivo.
Conoscendo i ragazzi, avrebbero potuto elogiare la loro amica solo per farmela conoscere: ma se, in realtà, mi fossi trovato davanti ad una oca? Avevo smesso con il genere femminile, non ne volevo più sapere. Non era una cosa carina da dire, ma mi stavo convincendo sempre di più del fatto che le relazioni impegnative non facessero altro che far soffrire noi uomini: la mia rottura con Taylor ne era la prova lampante. Un'intera storia di sei mesi, appassionata, pura, sgretolata da un messaggio che mi ero ritrovato una mattina sul cellulare:

"Non funziona più niente tra noi, meglio chiuderla qui. Consiglio da donna: evita di trasformarti in una lumaca ogni qual volta qualcuno ti bacia.
È stato bello finché è durato.
Xoxo Taylor"

Sei mesi, di norma, non rappresentano un tempo duraturo per una storia, ma non nel mio caso: avevo passato i giorni più belli della mia vita accanto a quella dolce ragazza bionda, anche con gesti del tutto semplici. Eppure, nonostante avessi voluto addirittura presentarla alla mia famiglia, tutto mi era scivolato tra mani in pochi secondi, come un castello di carte.
Era quello il motivo per cui non volevo avere altri problemi: sapevo già che, se avessi conosciuto qualcun'altra e mi fosse piaciuta, sarei sprofondato nel baratro, persino di più.
Una volta entrato in camera mia, sbattei la porta e mi sedetti sul letto, poggiando i gomiti sulle ginocchia. Sapevo che i ragazzi stavano cercando di aiutarmi, ma non volevo soffrire di nuovo: ormai mi si era costruito un guscio attorno, dove erano racchiuse tutte le mie emozioni e non dovevano uscire.
Molti pensano che, alla fine di una relazione, solo le ragazze soffrano. In teoria è così; io ero l'eccezione che confermava la regola.
Fui risvegliato dai miei pensieri solo grazie al rumore della porta, che aveva cigolato leggermente, facendomi intuire già di chi si trattasse.
- Louis, che vuoi? - gli chiesi, massaggiandomi le tempie lentamente.
- Aiutarti, bro: quello che vogliono fare anche gli altri, del resto - mi spiegò, alzando le spalle e avvicinandosi a me.
Apprezzavo davvero tanto il gesto, ma non me la sentivo proprio, non ci riuscivo.
- Grazie, ma non mi serve -.
- Senti, Harry - continuò, sedendosi accanto a me e mettendomi una mano sulla spalla. - Noi siamo qui per aiutarti. Sappiamo quanto è stato dolorosa per te la rottura con Taylor,  ma non puoi abbatterti così per una troia. La vita va avanti! Guarda me: fino a pochi mesi fa io e Eleanor ci eravamo lasciati, poi è arrivata Manuela a consolarmi e, grazie a lei, ora sono felice come non mai perché sto con l'amore della mia vita -.
Era vero: al mio migliore amico era capitata la stessa sventura del sottoscritto. La differenza era che lui era riuscito a risollevarsi, io continuavo a non riuscirci.
- Sì, tu e Giulia state benissimo insieme, ma chi è questa Manuela? - gli chiesi confuso, ragionando sull'ultima parte della frase che aveva pronunciato.
Un nome tutto tranne che inglese aggiunsi col pensiero.
- La ragazza che devi conoscere stasera, genio - afferrò divertito, tirandomi una mini sberla in testa.
Riflettendoci non era un nome poi così brutto, era semplicemente diverso, non usuale a Londra.
- Ah, si chiama Manuela? Non lo sapevo. È... carino come nome, ma se poi alla fine è una ragazza con i brufoli, gli occhiali, asociale e che legge libri scientifici dalla mattina alla sera? - chiesi terrorizzato, girandomi verso di lui con occhi sbarrati.
- Non siamo così stronzi. Non è brutta! Anzi - confessò, ridendo e fissando un punto indefinito del pavimento, mantenendo comunque un sorrisetto strano.
Non osai nemmeno immaginare quali pensieri orribili stessero passando per la mente di quel cretino, ma dovetti ammettere di essere un po' infastidito. In realtà, mi dava fastidio chiunque giocasse con il cuore di qualcuno: se avevano bisogno di giocare, avrebbero potuto comprarsi una bambola, non utilizzare e poi rompere il cuore di una ragazza o di un ragazzo.
- Lou, tu hai Giulia! - lo sgridai, spingendolo.
- Hey, Harry, scherzo! È la mia migliore amica, dai. Comunque, lo vedi? Sei geloso anche da prima di conoscerla! È destino - affermò di nuovo, alzando le spalle, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Mi presi la testa fra le mani e iniziai a riflettere. Louis aveva ragione: non serviva soffrire così tanto per una troia e poi magari, facendo nuove conoscenze, mi sarei potuto anche divertire.
Perché non buttarsi nel precipizio?
Tanto non avevo niente da perdere: se ci fossi andato d'accordo, avrei trovato una nuova amica, in caso contrario non sarebbe cambiato niente. Sbuffai rumorosamente e, dopo un profondo sospiro, mi alzai e guardai in faccia il mio migliore amico, esclamando un: - Va bene, Louis, ma lo faccio solo per voi -. Non appena mise a fuoco le mie ultime parole, balzò in piedi, abbracciandomi, e urlando una serie di "Sì!", uno più acuto dell'altro.
Dopo che se ne fu andato per avvertire i ragazzi, io mi misi l'anima in pace ed iniziai a prepararmi per davvero per la serata. C'era un'unica cosa che ancora non mi andava giù: il fatto che i miei amici mi avessero oppresso così tanto senza rispettare la mia decisione. Non seppi perché, ma quell'atmosfera leggermente allegra che si era appena creata fu spezzata in un secondo dal mio malumore. E fu lì che sperai con tutto me stesso di non darlo a vedere a nessuno. 


 

 
 
MANUELA'S POV.

 
Ero ancora chiusa in camera con gli occhi lucidi, il cuscino ormai fradicio tra le braccia e non avevo nessuna intenzione di volermi alzare. Nick era diventato un argomento tabù: nessuno doveva permettersi di nominarlo nemmeno per scherzo, a meno che il colpevole non avesse voluto ricevere una padella in faccia dalla sottoscritta.
- Sistah - sentii dietro di me, con un tono di voce molto basso e pieno di senso di colpa.
- Vai via - pronunciai singhiozzando, stringendo il cuscino ancora più forte.
Odiavo piangere davanti a qualcuno, forse per il mio orribile aspetto durante quei momenti, e avrei preferito sotterrarmi piuttosto che far vedere i miei occhi: ero convinta che ci avrebbero trovato il vuoto, e non volevo la pietà di nessuno, nemmeno delle mie più care amiche o di Louis.
- No, noi non ce ne andiamo - risposero decise tutte e tre, entrando a tutti gli effetti nella stanza.
Non mi girai a guardarle, non ne avevo la forza. - Che volete? Sbattermi di nuovo in faccia che Nick mi ha tradita perché ero troppo strana per lui e ha preferito la strada più semplice? Avete perso tempo allora, perché già lo so -.
I ricordi della nostra storia decisero di lacerarmi di nuovo: dal nostro primo incontro in biblioteca alla sera in cui lo avevo trovato sopra a una nostra ex compagna di liceo. Ogni singolo istante mi passò davanti agli occhi senza sosta e provai un irrefrenabile senso di vuoto allo stomaco: se fossi stata da sola, mi sarei circondata la pancia con le braccia fino a far scomparire quel dolore lancinante allo stomaco, ma in quel momento non potevo. Era tutta questione di orgoglio.
- Manu, ti prego, noi non volevamo dire questo - si scusò Mara, sedendosi sul letto accanto alle mie gambe.
Quando sentii altre due pressioni sul letto capii che anche Daniela e Margaret si fossero sedute, ma non mi girai ugualmente. - E allora che volete? -
- Vogliamo solo farti capire che non vale la pena soffrire così: Nick è uno stronzo, lo sanno tutti! Non sei tu che non meriti lui, ma è lui che non merita te! - mi spiegò pazientemente Margaret, iniziando ad accarezzarmi il polpaccio.
Non era la prima volta che qualcuno mi diceva quelle parole: mia mamma aveva esclamato lo stesso, quando le avevo spiegato il motivo per cui io e Nick ci eravamo lasciati. L'unica cosa che mancava a quella spiegazione quasi del tutto vera era, appunto, il mio pensiero: non facevo altro che darmi la colpa tutto il tempo, ignorando qualsiasi tipo di conforto.
Trovai la forza per sussurrare un lieve: - È dura - a cui però le ragazze si affrettarono a rispondere. 
- Lo sappiamo, anche noi ci siamo passate. Eppure guardaci adesso: siamo felici, e tutto questo perché abbiamo ricominciato a vivere. È quello che devi iniziare a fare anche tu e noi siamo qui per aiutarti- mi incoraggiò Daniela, con un tono di voce leggermente più allegro.
Non seppi dove i miei muscoli trovarono la forza necessaria, ma alla sua risposta riuscii a sedermi a gambe incrociate per guardarle, finalmente, negli occhi: sembravano davvero dispiaciute e, vederle in quello stato solo per colpa mia, mi fece sentire solo peggio.
- Ma se anche questa volta dovesse andare male? - sussurrai singhiozzando, cercando di recuperare un po' di voce.
- Devi finirla con questo pessimismo! Per una sola volta nella tua vita, sii ottimista! - mi sgridò, Mara guardandomi severa.
Non era di certo colpa mia: crescere in un'intera famiglia di pessimisti non mi aveva di certo aiutato a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno nelle varie situazioni.
- E se è un ragazzo con i brufoli, gli occhiali, asociale e che legge libri scientifici dalla mattina alla sera? - chiesi terrorizzata, non riuscendo a trovare nessun altro appiglio.
Sinceramente: avendo gusti un po' differenti da quelli delle mie amiche, la possibilità che mi avessero "trovato" un orribile pretendente mi si stava materializzando davanti agli occhi sempre di più.
- Sistah, ti assicuro che non andrà male. Harry è perfetto per te: fedele, dolce, romantico, stupendo - mi rispose Daniela con un sorrisetto strano e un occhiolino alla fine.
- Chi? -
- Sto cazzo! - urlarono in coro, per poi scoppiarmi a ridere in faccia.
- Siete delle stronze, non si copiano le battute. - risposi, per poi attaccare a ridere anch'io.
Il fatto che le ragazze cercassero sempre di farmi ridere era una delle cose che amavo di loro: avrebbero fatto di tutto pur di vedermi felice; era scontato che io avrei lottato contro chiunque pur di restituire il favore.
- Fidati di noi: andrà tutto bene. Ma ora se non alzi quel culo da qui e non ti prepari, ti abbasso di altri dieci centimetri! - alzò la voce Mara, spingendomi in piedi.
Era una sua caratteristica genetica sfottermi per la mia altezza alquanto ridotta: nel gruppo Margaret e Mara erano i grattacieli, mentre io e Daniela eravamo dei miseri condomini.
Anche le altre seguirono Mara fuori dalla stanza e io fui costretta ad alzarmi e preparami davvero per il mio "incontro" con quel Harry; mi stavo rendendo conto di non avere niente da perdere, in fondo: se fossimo andati d'accordo avrei avuto l'opportunità di ricominciare, in caso contrario avrei potuto confermare il mio slogan "Smetti di soffrire, i maschi sono tutti stronzi".
Andai in bagno, per potermi fare una doccia veloce, ma trovai le ragazze intente a giocare a pari e dispari per aggiudicarsela. Sorrisi per la loro tenerezza, quatta quatta mi avvicinai e mi chiusi in bagno più veloce di un fulmine.
- Non vale! - mi urlarono fuori dalla porta, con un tono da finte arrabbiate.
- Tra le tre litiganti, la quarta gode! - urlai di rimando, per poi scoppiare a ridere.
La nostra amicizia era unica, ma era anche il motivo per cui era magnifica. Non lasciai loro nemmeno il tempo per rispondere che mi fiondai nella doccia e ci stetti per un buon quarto d'ora: l'acqua calda riusciva a rilassarmi; avrei potuto restarci anche mezz'ora, solo per distendere i nervi.
Una volta finito, uscii con calma dal bagno con un asciugamano legato in vita e un turbante in testa, ma, una volta aperta la porta, trovai Mara a pochi centimetri di distanza dal mio viso.
- Guarda che il proverbio dice: tra i due litiganti, il terzo gode. - mi rinfacciò, con il tono di chi la sa lunga.
La mia amica ci provava sempre gusto a dire la sua: in quel caso, ci stava provando gusto a fronteggiarmi.
- Sì, ma modestamente io posso - risposi a tono, per poi tornare tutta convinta in camera mia.
Mi chiusi dentro e aprii subito l'armadio più grande, in cerca di qualcosa di carino da indossare: avevo tantissimi vestiti (la maggior parte comprendeva felpe, leggins, sneackers e anfibi), ma non riuscivo mai a trovare cosa abbinare, così, alla fine, finivo per mettere le prime cose che mi capitavano davanti.
Non avevo ricevuto nessun tipo di istruzione riguardo alla serata, motivo per cui decisi di usare un metodo veloce ed efficace: urlare.
- Coglione, che mi devo mettere? -
Dopo circa tre secondi scarsi, la porta venne spalancata da Daniela e Margaret, prima che mi si parassero davanti con le mani sui fianchi. Missione compiuta, funzionava sempre.
- Se urli un'altra volta così tanto, ti chiudo nell'armadio e ti ci faccio restare fin quando non esce la muffa - mi minacciò Margaret, avvicinandosi pericolosamente.
- Tesoro, calmati! Lo so che questa cena ti rende nervosa, ma, se ti scaldi così, poi ti escono le rughe! - esclamai a gran voce, scoppiando a riderle in faccia, per poi portandomi Daniela dietro.
Dopo non molto, anche Margaret si unì a noi e tornò quella di sempre.
- Dio, tesoro, hai ragione! Ma stiamo scherzando? - esclamò, imitando una delle tante galline che erano venute a scuola con noi.
Potevamo sembrare stronze, ma ci divertivamo troppo ad imitare quelle oche che avevamo dovuto sopportare al liceo: classiche parenti strette di volatili estremamente irritanti, senza cervello, convinte di sapere tutto, ma che poi scoppiavano a piangere  quando non ricevevano quello che volevano. 
Io e le altre eravamo ragazze semplici: caratteri diversi, questo sì, ma comunque semplici, ognuno nel proprio stile.
- Ragazze, forza! Sono le sei e mezza e alle otto dobbiamo stare dai ragazzi! - ci informò Daniela, ritornando seria, indicando lo schermo del cellulare con fare nervoso.
- Io non so cosa mettermi! - urlai irritata, aggiungendomi alla mini situazione di panico che si stava creando.
Personalmente, nonostante fossi una ritardataria cronica, nel prepararmi o vestirmi ero sempre riuscita a cavarmela in cinque minuti scarsi - grazie ai miei comodi leggins, felpa e Converse -, ma quella serata si respirava un'aria diversa: persino la sottoscritta si stava facendo sotto dall'ansia.
Attribuii il motivo al fatto che le ragazze mi avessero "contagiata" e guardai confusa l'armadio, in cerca di una mano dal cielo che mi aiutasse a decidere cosa indossare.
- Devi essere te stessa, ricordati questo. Marghy, muoviti, dobbiamo prepararci - mi rassicurò Daniela per poi uscire dalla stanza, seguita da Margaret.
"Sii te stessa" continuai a ripetermi, e fu nel preciso istante in cui il mio sguardo cadde su un beanie nero che mi si accese una lampadina in testa. 





 
                                                                                                                             ******



 
 
Erano arrivate le otto meno un quarto e noi eravamo ancora a casa. Ero d'accordo sul fatto che ogni essere umano di sesso femminile dovesse farsi attendere, ma, per quello che mi riguardava, quella sera non vedevo letteralmente l'ora di andare: controllavo il cellulare ogni cinque minuti, camminando avanti indietro davanti la porta d'ingresso, pregando che le mie amiche si dessero una mossa. Ogni minuto che passava, cercavo seriamente di non pensare a quanto fosse assurda quella situazione: erano mesi che l'intero gruppo aveva cercato di convincermi e rimettermi in gioco, ricevendo sempre dei 'No' categorici, e in quel momento ero lì, perfettamente sistemata e impaziente di guidare verso la dimora dei ragazzi.
- Donzelle, non per qualcosa, ma siamo in 'leggero' ritardo! Non vorrete mica far aspettare i vostri principi? - urlai da sotto le scale, controllando l'orario per l'ennesima volta.
- Non spingere, che cado! - urlò Mara, aggrappandosi al corrimano per non cadere.
Una volta scese, tutte pronte ed emozionate nei loro vestiti perfettamente indossati, mi vennero gli occhi a cuoricino. Daniela indossava un vestito con la scollatura a cuore, il corpetto era nero e la gonna, invece, spiccava con il suo verde acqua; quel colore le donava moltissimo e metteva anche in risalto i suoi occhioni verdognoli.
Margaret, invece, aveva optato per un vestito un po' più elaborato, di un rosa cipria molto carino, pieno di brillantini sul corpetto e una piccola cintura in vita. Quel look le faceva risaltare i capelli biondo scuro, racchiusi per la serata in uno chignon senza nemmeno un capello fuori posto.
Mara, infine, indossava un vestito mono-spalla color corallo, i capelli lasciati mossi sulle spalle e un filo di trucco che la rendeva ancora più bella di quanto già non fosse.
Io, giusto per non smentirmi, ero andata sul comodo: degli short blu scuro, calza a rete, una maglietta con la scritta "I love cats", Converse bianche e beanie nero. In confronto alle mie amiche, potevo essere perfettamente scambiata per una barbona, ma potevo andare fiera di essermi impegnata leggermente di più rispetto al mio solito.
- Ragazze, siete... - inizia a dire, sentendo sempre di più gli occhi lucidi.
Mi stavo sentendo come una madre alla prima recita delle sue figlie.
- Bruttissime, vero? Ragazze, andiamo a cambiarci, forza! - esclamò Daniela, iniziando già ad avviarsi verso il piano superiore.
Con una velocità impressionante, riuscii a bloccarle per il polso per un pelo. L'espressione sul mio viso doveva essere così categoricamente negativa che, non appena tutte e tre la notarono, capirono al volo il mio messaggio silenzioso. Motivo per cui, dopo un lungo sospiro ciascuno, uscimmo tutte di casa, per poi avviarci verso il vialetto.
- Certo che anche tu hai un certo stile, Manu, eh? - commentò Margaret, squadrandomi da capo a piedi.
- Modestamente - ammisi sarcastica, spostandomi una lunga ciocca di capelli dietro la spalla.
Non lo ero mica per il motivo che pensavano loro: avevo capito dall'inizio che, se mi fossi presentata con leggins e felpa, le ragazze mi avrebbero rinnegata dal gruppo. - Seriamente, so già che vomiterò per le troppe smancerie - esclamai disgustata, cercando di tenere nascosto il pizzico di invidia che minacciò il mio stomaco.
Il romanticismo era stata una delle cose che mi era sempre mancata, riguardo all'essere fidanzati: Nick non era mai stato il perfetto principe romantico quale sembrava, ma mi era sempre andato bene così. I ragazzi, invece, non avrebbero potuto avere rivali in termini di romanticherie.
- Non ti preoccupare che tra non molto le farai anche tu - mi disse Daniela, cercando di deviare il discorso.
Sapeva perfettamente che non le avrei fatte vincere, questione di orgoglio, ed ero convinta che fosse quello il vero motivo per cui aveva deciso di battere in ritirata.
- Preferisco andare al patibolo - riferii secca, prima di saltare in macchina senza neanche aprire la portiera e aspettare che "le principesse" salissero lentamente.
Sentii un formicolio nel preciso istante in ci girai la chiave, facendo rombare il motore, e cercai di non illudermi del fatto che dipendesse dall'incontro che si sarebbe svolto da lì a poco. Dovevo semplicemente rimanere calma. 



 

 
HARRY'S POV.
 

- Ragazzi, avete fatto? - urlai, per l'ennesima volta, con Louis al mio fianco sul divano.
- Un secondo e arriviamo! - risposero subito, ancora indaffarati a girare per casa.
I ragazzi avevano impegnato ogni singolo istante, dopo la nostra chiacchierata "amichevole", a prepararsi, improfumarsi, sistemarsi i capelli e ogni singolo altro dettaglio paragonabile ad una ragazza in piena crisi isterica. Io e il mio migliore amico eravamo in attesa già da un po', ormai, e stavano iniziando ad averne davvero abbastanza.
- Dimmi che io rimango l'unico fidanzato ancora normale in questa casa - affermò Louis, guardandomi disperato.
Alzai le mani, giusto per celare la verità e non mettermelo contro, prima di chiedergli di Giulia. Lui, in risposta, iniziò a giocare con un braccialetto al polso, prima di rispondermi: - È tornata in Italia per la scuola -.
Feci un cenno verso il filo verde ancorato al suo polso e: - Cosa c'entra quello? - chiesi di nuovo, giusto per fare conversazione.
Ero perfettamente a conoscenza delle difficoltà che Louis e Giulia erano costretti ad affrontare per via di quasi mezza Europa a dividerli, ma non avrei potuto essere più fiero di lui: al contrario di quello che avrebbe potuto fare chiunque altro, il mio migliore amico era rimasto fedele alla sua ragazza ogni singolo giorno, a contrasto con i numerosi pianti notturni per non poterla stringere quando ne aveva più bisogno e le altrettante numerose sfuriate contro sé stesso per non poter fare niente al riguardo.
-È il bracciale che ho indossato quando l'ho conosciuta e a lei non piace proprio - rispose ridacchiando, immaginandosi, probabilmente, una delle tante lamentele giornaliere di Giulia. - Ma questa è l'unica cosa che non le voglio dar vinta: quando guardo questo bracciale, mi sembra di vederla davanti a me e non ci rinuncerei per nulla al mondo -.
Sorrisi non appena ebbe finito di parlare, cercando di trattenermi dall'emettere qualche verso intenerito, decisamente poco virile, e approfittai della situazione per stuzzicarlo leggermente: - Non so se sciogliermi per la tua infinita dolcezza o vomitare arcobaleni -.
Mi lanciò un cuscino dritto in faccia, facendomi scoppiare a ridere, prima di rispondere tranquillamente alla mia provocazione: - Tanto le dirai anche tu queste cose e, fidati, poi sarò io a vomitare arcobaleni -.
- Preferisco andare al patibolo -.
La nostra conversazione fu interrotta dall'entrata in scena dei ragazzi, tutti perfetti in completi eleganti: sembrava dovessero andare a un matrimonio, per quanto si erano tirati a lucido. Fu in quel preciso istante che ringraziai la mia precedente intuizione di aver cucinato qualcosa di decente.
Io e Louis eravamo gli unici normalmente vestiti e dovetti ammettere di sentirmi leggermente in imbarazzo: in tutto quel contesto, io e il ragazzo accanto a me eravamo davvero fuori luogo.
Decisi di smorzare la situazione nel preciso istante in cui notai i miei amici respirare profondamente per calmare i nervi e: - Sembrate pinguini - affermai, con la speranza di farli ridere.
A quanto pare, però, non feci che peggiorare la situazione.
- Tu invece sembri un barbone, guarda un po' - rispose Niall, guardandomi male.
Sollevai entrambe le sopracciglia, profondamente sorpreso di cotanto nervosismo, ma ricevetti subito le scuse del mio amico: - Scusa, okay?È che non ce la faccio più: voglio vederla! -.
Iniziò a passarsi ripetutamente una mano tra i capelli, prima che Zayn iniziasse ad urlargli contro:- Niall, i capelli! Ci ho messo un quarto d'ora a sistemarteli! -.
Nemmeno al ritiro del diploma li avevo visti talmente terrorizzati.
- Okay - risposi, guardandoli male, prolungando la "o" per far capire il mio senso di disagio.
Il campanello fu una sorta di "Scatenate l'inferno", dato il panico totale che si materializzò in salotto pochi istanti dopo: i miei amici iniziarono a correre verso ogni possibile superficie specchiata, cercando di sistemarsi ancora meglio, mentre io e Louis scuotemmo la testa in contemporanea.
Il mio migliore amico andò ad aprire, lasciandomi con la mani in tasca vicino al divano, impaziente: l'unica cosa intelligente da fare era rimanere calmo.

 


 

 












Spazio Autrice: Zalve. 
Ecco a voi la versione aggiornata, ufficiale (e scritta in vero itliano) del primo capitolo di 'Amore, odio un paio di Converse'!
Prima era leggermente sgrammaticata... poco poco.
La prima domanda la lascio comunque: le mie storie, questa soprattutto, fanno davvero ridere come molti babbani intorno a me dicono? 
Direi di aver finito e nulla, ce se rivede al prossimo capitolo!
Peace and Love
Xx Manuela



 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***





 





MANUELA'S POV.

Fui costretta a suonare io il campanello, visto che quelle 3 deficienti non si riuscivano a decidere su chi dovesse suonare. Robe da matti! Dopo pochi secondi ci aprì un Louis tutto sorridente e in tiro: capelli in un ciuffo alla Elvis, maglioncino marrone e pantaloni beige. Le Vans ormai erano diventate la sua firma.

- Coglioncello! - urlai per poi saltargli addosso fino a farlo cadere all'indietro

- Coglioncella! - rispose una volta finiti sul pavimento

Scoppiammo tutti e due a ridere e, con la mano di Zayn, riuscii ad alzarmi e a far alzare anche lui.

- Ciao ragazzi - li salutai uno per uno con un bacio sulla guancia

- Manu! Da quanto tempo! - ricambiarono con entusiasmo, stringendomi in un abbraccio

Li salutai fino a quando non arrivai davanti a un ragazzo che non avevo mai visto: riccio, occhi verdi, alto più o meno 20 cm in più a me.

Chi cazzo è sto tizio?!

Me lo stavo chiedendo anch'io, criceto.

Mentre gli altri, compreso quel ragazzo perfetto, salutarono le ragazze con baci e abbracci, io ero letteralmente incantata.

- Bhe: Manu ti presento Harry, Harry lei è Manuela - ci presentò Louis con un sorriso a 32 denti

- Ciao - dissi timidamente e diventando rossa, maledetta timidezza

- Ehi - rispose molto semplicemente, quasi come se mi stesse facendo un favore

Ti fa tanto male sorridere? Dio, quanto odiavo i tipi così: Mr Sono Superiore a Te. Mi limitai a fare una smorfia di delusione, incrociando le braccia al petto e dandogli le spalle. Con me non funziona, ciccio. E io dovevo fare amicizia con quel musone? Preferisco impiccarmi.

- Allora... Vogliamo accomodarci a tavola? - chiese Niall prendendo Daniela sotto braccio, sicuramente per mettere fine a quel momento imbarazzante

- Ottima idea - rispose la mia sistah sorridendo

- Aww, che teneri... Mi fate venire da vomitare - esclamai divertita, scatenando così le risate di tutti i presenti

Tutti, eccetto quello spilungone riccio che doveva essere proprio seccato da tutta la situazione: ho capito che non mi volevi conoscere, ma puoi almeno comportarti da essere umano, per favore?!

Una volta tutti a tavola iniziammo, o meglio iniziarono, a parlare del più e del meno: io preferivo stare zitta per evitare di sparare. idiozie senza fine. Non riuscivo ancora a capire l'atteggiamento di Harry, gli avevo detto solo 'ciao', accidenti! Iniziai a guardarlo di sfuggita, occhiate furtive senza un secondo fine ma che puntualmente venivano interrotte quando lui alzava lo sguardo, come sentendosi osservato. Era lì che, per evitare qualche figuraccia, iniziavo a fissare il piatto. Esteticamente non era niente male, in fondo: gli occhi verdi li avevo sempre amati in generale e i suoi erano di un verde molto intenso, quei ricci castani, anche se imbottiti di gel, erano davvero molto carini e gli donavano molto.

Possibile che mi avesse già preso in antipatia dopo nemmeno 10 minuti?

- Allora, Manu? - mi chiese Mara girando lo sguardo verso la sottoscritta

- Eh? - risposi confusa, non avevo nemmeno sentito la domanda

- Buonasera - scherzò Margaret scatenando una risata di gruppo

- Buonasera, come va? - risposi sarcastica stando allo scherzo

- Dai Manu, sveglia! Ti abbiamo chiesto che ne pensi -

- Se mi dite di cosa forse capisco anch'io - ribattei alzando le sopracciglia

- Che ne dici se questo fine settimana andiamo a fare una scampagnata tutti insieme? - propose allegramente Margaret

- Si certo, così troviamo il mondo nascosto dei Puffi! - risposi sarcastica facendo così scoppiare di risate Louis, possibile che appena aprissi bocca tutti scoppiassero a ridere? Sapevo di essere ridicola, ma non fino a quel punto!

- Tanto non importa se ti va o no: tu ci vieni e basta - disse decisa Mara per poi bere dal suo bicchiere un sorso d'acqua

- Allora, se conoscete già la risposta, non svegliatemi dai miei filmini mentali - risposi indifferente e alzandomi da tavola

Andai in salotto e mi sdraiai comodamente sul divano come se fosse casa mia, non mi ero mai fatta tanti problemi con i ragazzi. Ero maleducata? Sinceramente, era il mio ultimo pensiero in quel momento.


 

HARRY'S POV.

Prima pensiero su quella ragazza:"Woooow!". Ne avevo conosciute di ragazze, davvero... ma che ci crediate o no, non avevo mai visto una ragazza così squilibrata come quella entrata in casa nostra pochi minuti prima. Questo è uno dei due motivi per cui le avevo risposto con un tono così indifferente, il secondo? Non mi andava a genio il fatto che i ragazzi mi avessero costretto a fare una cosa che proprio non mi andava di fare, avevo accettato solo per farli contenti ma quando mi si era presentata davanti Manuela avevo cambiato idea di nuovo. Era una pazzia, in piena regola.

Durante la cena io e lei fummo gli unici a rimanere in silenzio, neanche una parola. Al tempo stesso, però, avevo provato per tutto il tempo una sensazione strana: mi sentivo quasi osservato, come se qualcuno mi stesse scrutando. Non avevo mai amato l'essere osservato per tanto tempo e per questo motivo avevo alzato lo sguardo su Manuela più volte, convinto che fosse lei. Quando la guardavo io però, lei stava guardando il suo piatto con un'espressione pensierosa, spiegazione per cui non poteva essere lei a fissarmi. Quando sentii la sua voce mi risvegliai anch'io e rimasi molto sorpreso alle sue risposte, completamente sarcastiche, e alla sua battuta sul regno dei Puffi... ammesso che fosse una battuta, sinceramente non lo avevo ancora capito. Se n'era andata come se niente fosse e, nel suo percorso tra la cucina e il salotto, mi ritrovai a fissarle in fondoschiena. Non chiedetemi perché... però, niente male la ragazza. La verità? Avevo capito dall'inizio, nonostante il fisico non proprio scolpito, che fosse una ragazza molto carina... forse pure troppo. Aveva degli occhi marroni scurissimi quasi neri, dei capelli anch'essi marroni liscissimi... lo ammetto: nel complesso era proprio una bella ragazza, Louis mi aveva detto la verità.

- Harry, tu invece? - mi chiese Zayn al mio fianco

- Eh? - risposi scendendo dalle nuvole, esattamente come aveva fatto Manuela pochi minuti prima

- Anche tu?! Oddio, io l'ho sempre detto che quei due sono nati per stare insieme - esclamò Daniela alzando le spalle e bevendo un sorso di Coca Cola

- Chi? Dove? Come? Quando? Perché? - chiesi guardandomi intorno non capendo a cosa si stesse riferendo

La situazione iniziava a non piacermi per niente, che si stessero facendo filmini mentali su me e quella squilibrata in salotto?!

- Ragazzi, la tv è andata leggermente a farsi fottere: chi è così gentile da aiutarmi?! - urlò Manuela, interrompendo il nostro discorso

- Uh, come sono stanco! - esclamò Louis fingendo di sbadigliare e stiracchiandosi

- Amore sei sporca qui, aspetta che ti pulisco - aggiunse Liam per poi prendere il tovagliolo e "pulire" il viso di Margaret che tutto sembrava tranne che sporco

- Vabbé dai, vado io - disse Niall alzandosi

- No! Tu rimani qui! - disse ad alta voce Daniela e afferrandogli il polso

- Ma amore, Manu ha bisogno di aiuto -

- Tu. Rimani. Qui - lo minacciò con lo sguardo

Ma pensavano davvero che non avessi ancora capito? Oh andiamo, non sono mica così stupido! Mi alzai con uno sguardo accigliato, le braccia incrociate al petto e guardai male tutti quanti. Non sarei andato da quella pazzoide nemmeno se mi avessero pagato, sia chiaro.

- E sentiamo: perché non può andare lui? - chiesi alzando un sopracciglio

- Perché... Ho freddo! Sisi, sto morendo di freddo! Niall abbracciami - ordinò al suo ragazzo, tirandolo verso di sè per farsi abbracciare

Quanto erano carini... Harry, cazzo, non ti far distrarre! Alzai gli occhi al cielo e, con la stessa espressione che avevo usato con Daniela, guardai di traverso Zayn. Per farcimi andare avrebbero dovuto passare sul mio corpo, ve lo assicuro, ed ero anche il più alto del gruppo. Motivo in più per fargli incutere timore.

- E tu Zayn, perché non puoi? -

- Va bene, va bene. - disse sbuffando e alzando le braccia in segno di resa.

All'improvviso si sentì una specie di piccolo botto da sotto il tavolo e in un secondo Zayn si piegò su sé stesso, come se qualcosa lo avesse colpito e cominciò a lamentarsi dal dolore.

- Ahia! Porca tr... Che dolore! - disse strizzando gli occhi e risiedendosi sulla sedia

- Che ti è successo? -

- Ho solo... un crampo - disse incenerendo Mara con lo sguardo mentre quest'ultima sorrise come un angioletto

- Ragazzi! Guardate che ho chiesto a uno di voi di venire! Se dovevo chiamare l'elettricista, ce la facevo tranquillamente da sola! - urlò di nuovo Manuela dal salotto, più spazientita di prima

- Harry forza, non vedi che ti chiama? - disse Louis guardandomi come se avessi già dovuto farlo da secoli.

L'avrebbero pagata, era una promessa. Mi avviai verso il salotto, con una rabbia incredibile in corpo, e promisi a me stesso che quella sarebbe stata in assoluto la prima e ultima volta che in cui mi facevo costringere dai ragazzi a fare qualcosa. Avevo sempre detto che sarebbe andata male, qualcuno mi ascolta mai? Risposta: a quanto pare, no.


 

MANUELA'S POV.

Erano 10 minuti, da quando avevo urlato a quegli idioti di venire, ma non si presentava ancora nessuno. Avrei fatto prima a chiamare l'elettricista! Sentii finalmente dei passi e, non girandomi nemmeno, mi alzai e andai verso la persona dai passi misteriosi.

- Per fortuna che qualcuno si è degnato di aiutarmi! Mi stavano venendo le rughe a furia di asp... - dissi rimanendo bloccata alla vista di Harry a pochi passi da me

- Le rughe? Mia nonna usa la Nivea per farle sparire. Magari ti aiuta - rispose sarcastico superandomi per prendere il telecomando

Figura di cacca, seconda in una sola sera. Stavo migliorando parecchio. Diventai rossa all'istante, mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ma non avevo idea di come rispondergli. io ero sempre una dalla battuta pronta, possibile che in quell'occasione non riuscissi a trovare le parole giuste?

- Ah e, comunque, per accendere la tv bisogna premere il tasto rosso, non quello del Menù - continuò dopo aver acceso la tv e passandomi accanto

La sua risposta fu la certezza a tutti i miei sospetti precendenti: se io gli ero stata antipatica dal primo momento, lui non era di certo da meno. Aveva usato un tono così odioso, ma così odioso... che neanche le zanzare d'estate erano a quel livello. E diciamo che con questo paragone ho detto tutto. Odiavo i tipi altezzosi, convinti che il mondo fosse ai loro piedi e tutti fossero inferiori: avevo imparato per esperienza che in realtà quelli inferiori erano proprio loro.

Mi sedetti a braccia incrociate sul divano ma, a quel punto, non me ne importava più di cosa stessero trasmettendo in tv, il mio criceto stava solo elaborando parolacce nei confronti di quello spilungone riccioluto. Parolacce che gli avrei urlato contro, di certo, se si fosse azzardato a rivolgermi la parola anche solo una mezza volta.


 

HARRY'S POV.

La verità? Sapevo di aver esagerato, rispondendo in quel modo a Manuela, ma non mi stava proprio a genio. Una ragazza ritornata magicamente bambina, con atteggiamenti decisamente troppo infantili per me. Se i ragazzi erano convinti che io e lei saremmo andati d'accordo, bhe: avevano completamente sbagliato.

Ritornai in cucina ancora incazzato e, nemmeno il tempo di sedermi, che tutti allungarono il viso nella mia direzione: mi sentivo come un criminale durante un interrogatorio.

- Allora? Che ti ha detto? - chiese curiosa Margaret, dando voce alla curiosità di tutti

- Che, se non la finite, vi faccio finire la testa nel cesso. A tutti quanti! - urlai in preda a una crisi di nervi, alzandomi di colpo e indicando ogni singolo presente in quella stanza

- Harry! - mi sgridarono a gran voce i ragazzi

- Ragazzi! - urlai di rimando

- Harry! -

- Zayn! -

- Mara! -

- Niall! -

- Daniela! -

- Liam!

- Margaret! -

- Louis! -

- Harry! -

- Manuela! - si intromise l'unica persona mancante, entrando trionfante con le braccia in aria - Avete finito l'appello o manca qualcuno? - chiese ridendo

La sua battutina idiota mi fece davvero scoppiare, facendomi andare in pappa il sistema nervoso. Cacciai un urlo strozzato e, dopo essermi quasi strappato i capelli, corsi al piano di sopra tirando una spallata a Manuela. Gliela tirai così forte da farla cadere a terra ma non importava, avevo solo bisogno di calmarmi. Da solo.


 

MANUELA'S POV.

... Ed ecco la lista di parolacce verso quell'essere che, per quanto volessi urlare, mi rimasero in gola. Si era presentato come per farmi un favore, mi aveva risposto male quando mi aveva aiutata ma no, non doveva essere ancora soddisfatto. Doveva essere per forza quella la ragione... altrimenti un ragazzo con un po' di cervello non mi avrebbe fatta cadere di culo per terra così, senza motivo! Lì fu davvero ufficiale, era guerra aperta e, come dice il proverbio, "tutto è lecito in guerra e in amore".

- Manu, ti sei fatta male?! - mi chiesero tutti in coro

- Non vi preoccupate, sto bene! L'airbag incorporato che ho al posto del di dietro ha parato il colpo - risposi prima di alzarmi da sola, senza l'aiuto delle 7 mani che avevo davanti

- Tutto bene, sicura?! - mi richiese Louis guardandomi preoccupato

Era sempre stato il fratello maggiore che, purtroppo, non avevo mai avuto. Poteva sembrare un'imbecille ma sapevo che, nonostantre fosse innamorato di Giulia, mi avrebbe sempre aiutato in ogni cosa. Me lo aveva promesso.

- Si, sto bene! Voglio solo andare a casa. Grazie della serata, ragazzi. Ci vediamo - risposi velocemente prima di andare a passo svelto verso la porta d'ingresso e sbatterla dietro di me

- Sistah aspetta! - alzò la voce Daniela seguita dalle altre altre, intente a "correre" verso di me, per quanto quei tacchi lo permettessero.

Una volta arrivata alla macchina saltai su, senza nemmeno aprire lo sportello, e misi in moto. Le ragazze, intanto, erano arrivate in giardino ma non avrei mai permesso che la loro serata speciale andasse in fumo. Non era di certo colpa loro se era andata in quel modo. Oddio... un po' di colpa ce l'avevano... ma non avrei permesso comunque che rinunciassero a passare del tempo con i loro fidanzati.

- Manu aspettaci, veniamo anche noi - urlarono le ragazze cercando di raggiungermi

- No ragazze, restate qui; non voglio rovinarvi la serata. Ringraziate i ragazzi da parte mia, mi ha fatto piacere rivederli. Ci vediamo a casa - conclusi prima di mettere la retromarcia e uscire dal vialetto a bordo della mia Fiat 500 cabrio azzurra
 

I miei amici però non erano gli unici a sentirsi di umore grigio, io non ero da meno: avevo sempre saputo che quella serata sarebbe stata un disastro ma nessuno si era deciso ad ascoltarmi. Com'è andata a finire? Urla per tutto il tempo e un un sedere dolorante. Di una sola cosa ero convinta: se Harry si fosse azzardato, anche solo una mezza volta, a rivolgermi la parola, non mi sarei limitata solo alle parolacce. Mi fremerono le mani sul volante al solo pensiero di prenderlo a schiaffi. 


 

HARRY'S POV.

Ero chiuso in camera mia, sdraiato sul letto e con un mal di testa allucinante. Potevo andare certo che quella fosse stata la serata più brutta della mia vita, mai vissuto niente di simile. Ma, ehy: non era di certo stata colpa mia. I ragazzi e le ragazze avevano programmato tutto, io ero stato solo costretto. Ma... con Manuela non ero stato costretto a fare quello che avevo fatto, avevo agito di testa mia. Ok, lo ammetto: un po' di colpa ce l'avevo anch'io ma non volevo di certo rovinare la serata a tutti, stiamo pur sempre parlando dei miei migliori amici. Quale essere spregevole sarei stato se lo avessi fatto di proposito?

C'era da dire una cosa però: Manuela non riuscivo proprio a sopportarla. Aveva 19 anni, cazzo: perché diavolo si comportava come una bambina di 10?!

Decisi di smettere di pensare solo quando un'enorme fitta di dolore mi trapassò la testa, facendomi gemere. Avevo un assoluto bisogno di un'aspirina. Mi alzai dal letto lentamente e, sempre con movimenti molto lenti, mi avviai al piano di sotto. Mi fermai solo quando sentii i ragazzi parlare, sapevo che stessero parlando anche di me; per questo motivo mi appostai dietro il muro per poter origliare.

- Non si è mai comportato così! Non so cosa gli sia preso! - disse Louis esasperato e alzando la voce inconsapevolmente

- Sinceramente mi ha lasciato senza parole. Non l'avevo mai visto così - confessò Niall, abbracciato molto probabilmente a Daniela

- Mi dispiace da morire per Manu - esclamò Mara con voce triste

- Anche a me - dissero in coro gli altri

Il senso di colpa si impossessò in un attimo del mio stomaco ed è per questo che mi decisi ad uscire allo scoperto, camminando a testa bassa verso il cassetto dei medicinali, senza guardare in faccia nessuno. Mi sentivo gli occhi di tutti addosso ma dovevo sbrigarmi, il mal di testa stava diventando sempre più forte.

- Finalmente ti sei deciso a scendere - dissi sarcastico Zayn, incrociando le braccia al petto

- Mi serve un'aspirina. - risposi secco, continuando a cercare quel maledetto medicinale

è scientificamente provato che più ti serve qualcosa e più non lo troverai nell'arco di un secolo.

- Ti sei comportato male. Lo sai questo, vero? - mi chiese Liam appoggiandosi al lavello accanto a me

- Si... - sussurrai continuando a cercare

- E non hai niente da dire?! - sbottò Louis alzando le braccia

Dopo uno sbuffo guardai in faccia le ragazze che, al contrario di quello che mi aspettavo, erano sedute davanti al tavolo con ognuna una tazza fumante in mano. Mi guardavano dispiaciute e forse anche loro si stavano sentendo in colpa, per aver tirato troppo la colpa e per averci costretti a farlo.

Mi avvicinai a loro e non ebbi nemmeno il coraggio di guardarle in faccia, per questo guardai i miei scarponcini pur di non guardarle negli occhi.

- Ragazze.. scusate per quello che ho detto. Ho parlato senza pensare e come sempre ho esagerato; non volevo aggredirvi, davvero - confessai cercando di tenere a freno le parole, per non sembrare patetico

Tutte e 3, vedendomi in quello stato, si lanciarono uno sguardo d'intesa e, dopo aver poggiato le loro tazze sul tavolo, si alzarono e si avvicinarono per poi abbracciarmi tutte insieme. Erano diventate come sorelle ormai e ricevere un abbraccio così mi fece tornare un magro sorriso.

- Non è a noi che devi chiedere scusa - mi spiegò Daniela, una volta sciolto l'abbraccio

- Non ne voglio parlare, grazie - risposi, leggermente infastidito da quell'argomento - comunque ragazzi, io mi ritiro. Ci vediamo domani. Notte a tutti -

- Notte -

Prima di uscire dalla cucina, Louis mi lanciò un'occhiata a metà tra il disprezzo e la rabbia, poi ritornò dagli altri; ci mancava solo lui con la sua ramanzina.

Salii di sopra, dimenticandomi del tutto dell'aspirina che dovevo prendermi, e, senza nemmeno cambiarmi, mi infilai nel letto coprendomi con la coperta fino alla testa. Dopo svariati tentativi però, non riuscii ancora a prendere sonno; avevo un pensiero fisso, anche se non era esattamente uno dei miei preferiti: Manuela...


 

MANUELA'S POV.

Ero arrivata da poco a casa e, visto che non avevo mangiato praticamente quasi niente a cena, stavo morendo di fame. Andai in cucina e aprii il congelatore in cerca di un mio caro amico: il gelato alla nocciola. Una volta presa la vaschetta e il cucchiaino andai in camera e mi sedetti sul letto continuando a mangiare.

Non riuscivo a non pensare agli atteggiamenti di Harry: in fondo, io non gli avevo fatto niente! Possibile che mi trovasse semplicemente antipatica, nonostante mi conoscesse da così poco? Io avevo una motivazione per trovarlo antipatico: mi aveva risposto male, mi aveva fatta cadere e non mi aveva nemmeno chiesto scusa, e che cavolo. Anche i suoi modi di fare non mi andavano giù: ma chi si credeva di essere?!

Continuai a mangiare il mio amato gelato e, sempre con la testa piena di pensieri, mi decisi a mettere la mia cassetta preferita: l'unica dove c'era mia nonna. Quella donna che, nonostante fossero passati più di 10 anni dalla sua morte, mi mancava sempre da morire. Presi il vecchio oggetto da un cassetto e lo inserii nel video-registratore; ogni volta che avevo bisogno di sentirla vicino o, semplicemente per navigare nei ricordi, mi bastava premere 'play'. Fanculo Harry e tutto il resto, in quel momento eravamo solo io, mia nonna e quei ricordi. Quando mi si presentarono davanti le immagini di quanto avevo 5 anni, 2 anni prima della sua morte, mi scappò un risolino divertito: possibile che dopo tutto quel tempo non fossi cambiata di una virgola?

Mi sistemai a gambe incrociate sul letto e mi gustai ogni singolo istante di quella cassetta, il gelato alla nocciola inoltre era un'ottima compagnia.

- "Io sono Puffetta perché voglio bene agli altri Puffi e voglio picchiare Gargamella!" - dissi a bassa voce per evitare di sovrastare la mia stessa voce del filmato

- "E sentiamo Puffetta cosa vorresti da grande? - mi chiese mia nonna prendendomi in braccio

- "Mmm... voglio solo che la gente mi vuole bene e trovare un Grande Puffo che mi vuole bene" - risposi sempre a bassa voce ricordandomi esattamente quei momenti

- "Grande Puffo?! Non vuoi un principe?" -

- "No! I principi sono noiosi! Voglio un ragazzo che mi vuole bene come Grande Puffo vuole bene a Puffetta. Non mi importa se sarà brutto o antipatico, basta che mi vuole bene" - ripetei quasi con le lacrime agli occhi

Non avevo mai smesso di pensarla così e, forse, era proprio per quello che ero leggermente andata. O forse era colpa del criceto nella mia testa che era andato a bersi un caffè? I grandi misteri della vita.

- Ti voglio bene nonna. Mi manchi.. - sussurrai alla fine per poi spegnere la tv, evitando così di scoppiare a piangere

Posai la vaschetta di gelato ormai vuota sul comodino e, senza nemmeno mettermi il pigiama, mi misi a letto coprendomi con la coperta fino alla testa. Dopo svariati tentativi però, non riuscii ancora ad addormentarmi; avevo un pensiero fisso, anche se non era esattamente uno dei miei preferiti: Harry...


                      
                          

                                                              I can't stand you




Spazio Autrice: Holaaaaa! Rieccomi con il capitolo numero dos! Spero vi abbia fatto crepare di risate perché io stavo ridendo da sola davanti al pc non so se mi spiego u.u XD comunque questo diciamo che è un capitolo abbastanza carino... non dico bello perché non lo è ma.. carino u.u domanda del giorno: qual è la vostra battuta preferita? Rispondete in una recensione di più di 10 parole u.u mi farebbe davvero piacere saperlo ;) e da oggi in poi più recensioni riceverà questa storia più in fretta aggionerò :D quindi fatevi avanti gente che adoro scrivere questa storia yo u.u XD ringrazio le lettrici e le mie migliori amiche nonché protagoniste ;) vi amoo <3 Peace and Love
Xx Manuela

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 (I Parte) ***



   

 
 
 
 
 

  

*2 giorni dopo*

Stavo preparando la roba per la famosa gita in montagna e il mio tasso di felicità si stava abbassando con ogni cosa che infilavo nel borsone: non avevo nessuna intenzione di restare, molto probabilmente, da sola con Harry. Erano passati 2 giorni da quella cena e non lo avevo né sentito, né ci avevo parlato e, sinceramente, parlarci era l'ultima cosa che mi andava di fare. Avevo già intuito com'era fatto e: 

1) non era il mio tipo; 

2) anche se era DAVVERO molto carino, il carattere rovinava tutto;

3) per come mi aveva trattata, era meglio per lui se si allontanava da me di almeno un paio di metri.

Se mi avesse rivolto di nuovo la parola non sarei stata cosciente delle mie azioni, ve lo posso assicurare. Ero così presa da quei brutti ricordi che non mi accorsi nemmeno di star forzando troppo la cerniera del borsone per farlo chiudere, me ne accorsi solo quando la figra di Daniela fece capolino nella stanza. 

- Sistah hai fatto? Manchi solo tu - mi avvertii guardandosi intorno

- Si, ho fatto. - risposi prendendo in spalla la mia unica "valigia" e dirigendomi verso di lei

Non volevo rovinare quella scampagnata alle ragazze, non ne sarei mai stata capace, ma in quel momento mi risultò più difficile del previsto fare un sorriso sincero. Solo il pensiero di Harry mi faceva ribollire il sangue nelle vene un'altra volta. 

- Solo quello ti porti? - 

- Si, le cose essenziali per 2 giorni - risposi sistemandomi meglio la bretella.

Non ero il tipo di ragazza che era solita portarsi in giro decine e decine di valige per viaggiare: se le cose essenziali entravano in un semplice borsone, anche fuori moda, a me andava più che bene. Vedendo il suo faccino da cucciola, mi sforzai di sorridere sinceramente ma mi uscì una semplice smorfia che tutto assomigliava tranne che a un sorriso. Almeno ci avevo provato. 

- Oh, questa è la mia sistah! - affermò avvicinandosi per tirarmi leggermente le guance - quanto sei tenera quando mostri la fossetta! -

Non l'avevo specificato? Il mio elemento caratteristico, che tutti mi avevano sempre invidiato, era una fossetta sulla guancia sinistra. Chiunque incontravo, alla prima impressione, mi considerava una ragazza buona e tenera solo per quel particolare... peccato che quando aprissi bocca tutti si ricredevano magicamente.

Non appena Daniela uscì dalla stanza, mi lasciai andare a un profondo sospiro e mi misi l'anima in pace; "lo faccio per i miei amici, solo per loro" continuavo a ripetermi in testa mentre scendevo le scale fino al salotto. Una volta arrivata al piano di sotto tutti quei pensieri positivi lasciarono subito spazio a pensieri più contorti e concreti: di chi erano quelle valigione all'ingresso? Giuro di non averle mai viste in vita mia. 

 - Di chi sono?! - chiesi indicando quegli oggetti colorati, con un'espressione un po' perplessa.

- Nostre – risposero in coro con le mani sui fianchi.

Pensandoci, avrei dovuto immaginarlo: la verde di Daniela, la viola di Mara e l'arancione di Margaret... in effetti ha senso, sì. Restava comunque il fatto che, almeno per quanto riguardasse me, fossero davvero eccessive. Non dovevamo mica partire per un mese, accidenti. 

- E che dovete farci? -

- Sono le nostre cose – rispose alzando le spalle Mara

- Ragazze andiamo via 2 giorni, non un mese! - feci notare a tutte ancora più confusa

La domanda sorge spontanea: ero io a portarmi troppa poca roba o erano loro ad aver esagerato? Iniziavo ad avere seri dubbi sul numero necessario di mutande...

- E allora? - chiese Margaret guardandomi curiosa – che fa se le portiamo? Non si sa mai che può succedere -

- E certo, avete ragione. Giustamente dovete flirtare con gli orsi e i cervi, non ci avevo pensato! - risposi sarcastica tirandomi uno schiaffo in fronte

Sapevo che a volte le mie battute sarcastiche fossero un po' troppo azzardate ma, ehy: quando me le servivano su un piatto d'argento io non riuscivo a trattenermi. Sono stronza, lo so.

- Oh, senti: ognuno si porta quello che vuole. Comunque i ragazzi ci aspettano alla stazione, muoviamoci – esclamò Mara prima di afferrare la valigia, corrispondente al suo colore preferito, e trascinarla fuori

Le altre la seguirono ed io, essendo l'ultima a uscire, chiusi il portone a doppia mandata. Decidemmo di usufrire di un taxi, chiamato in precendenza, per arrivare a destinazione: era comodo, non eravamo costrette a guidare noi e, cosa più importante, il tassista ci avrebbe aiutato a caricare tutti i bagagli. Le donne sono migliori degli uomini (è una cosa risaputa) ma in fatto di sollevamento pesi, a meno che non fossimo tutte le donne più potenti del mondo, eravamo delle vere e proprie schiappe. Arrivammo alla stazione, più o meno, 10 minuti dopo e aspettammo con calma l'arrivo dei ragazzi. Da come ci aveva spiegato Mara, quel weekend lo avremmo passato in montagna, circondati dal bosco ma a pochi passi da un villaggio montanaro non molto conosciuto. La villetta apparteneva allo zio della mia amica, motivo per cui, era stato più che felice di cedercela per qualche giorno. Io amavo la natura, essendo praticamente cresciuta dai miei nonni in Italia, ed ero più che sicura che avrei potuto anche divertirtmi... peccato che ci fosse un piccolo particolare che proprio non mi andava giù: avrei dovuto convinvere con quell'essere riccioluto. E solo l'idea mi stava facendo fremere i piedi per scappare da tutto prima che fosse troppo tardi. 




 

HARRY'S POV.

Io e i ragazzi avevamo preparato le valige già il giorno prima, per agevolarci il lavoro, e per questo motivo ci mettemmo pochissimo tempo a caricare tutto in macchina di Josh: ci avrebbe accompagnato lui alla stazione; con tutta la roba che avevamo deciso di portarci dietro avremmo rischiato di arrivare solo tardi, prendendo un taxi. 

L'unica cosa per cui provavo rimorso? Il semplice fatto che il solo pensiero di vivere sotto lo stesso tetto di Manuela mi aveva tenuto sveglio tutta la notte precedente: non volevo, non ne avevo voglia. Sapevo già, anche solo dopo aver passato poche ore con lei, che non me l'avrebbe lasciata passare liscia: già me la immaginavo, intenta a strapparmi i capelli in un attacco di isteria improvvisa. Il solo pensiero mi faceva accapponare la pelle. 

Una volta aver salutato il nostro amico, e dopo esserci finalmente sistemati nel suo Rang Rover, poggiai un braccio al finestrino e iniziai a guardare il paesaggio fuori in cerca di una via di fuga: dite che se apro la portiera e mi butto per strada, scamperò all'enorme punizione che dovrò sopportare questo weekend? Sì perché, ormai, mi ero autoconvinto che quella sarebbe stata di sicuro una sorte di viaggio verso il patibolo. Peggio che salire sulla ghigliottina. Posso sembrare esagerato, me ne rendo conto: ma provate voi a stare con quella specie di pazza psicopatica e poi ne riparliamo. 

- Quindi hai conosciuto Manuela? Simpatica, vero? - mi chiese Josh, distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada

Non appena sentii quel nome mi girai scioccato verso il mio amico: la conosceva anche lui?! E riecco un'altra predica, me lo sento.

- Possibile che tutti l'adorino e io sia l'unico che la odi?! - chiesi alzando un tantino la voce a lasciando cadere, con aria sconsolata, le braccia sulle ginocchia.

- La odi?! Ma come fai?! Io con le sue battute rido per almeno 2 ore! - rispose con un sorriso, sotto un annuire continuo dei ragazzi seduti dietro di noi, tutti ammassati. 

- A me invece fanno venire lo sconforto! - ammisi tornando a guardare fuori dal finestrino, prima di sbuffare di nuovo.

- Tu sei tutto strano – dissero tutti e 5 in coro, guardandomi male.

La conversazione finì lì, per fortuna, e continuai il tragitto verso la stazione in un silenzio quasi religioso.  Non avevo voglia di difendermi o  di sostenere le mie opinioni riguardo a Manuela: tanto sapevo già che non mi avrebbero mai dato ragione. 




 

MANUELA'S POV.
 

Il tempo di attesa mi sembrò quasi che fosse volato, grazie alla lettura di "Noi siamo infinito": me lo aveva prestato Giulia prima di tornare in Italia ed era la terza, forse quarta, volta che lo rileggevo. Mi ci immedesimavo sempre proprio perché mi rendevo conto, ogni singola volta, di assomigliare in modo impressionante a Charlie. Chissà, magari ero legata a quel libro proprio per quel motivo.

Fatto sta che misi subito a posto il libro nel borsone, non appena iniziammo a vedere ben 6 figure verso di noi. I ragazzi non ci avevano detto che Josh li avrebbe accompagnati, motivo per cui lo salutammo tutte e 4 con un caloroso abbraccio. Personalmente adoravo quel ragazzo: era simpatico, divertente e quella tigre tatuata sul braccio lo rendeva figo ancora di più. Tutto il contrario di Harry, praticamente. Sì ma perché ora sto parlando di lui? Stavo pensando a Josh, eh. 

Dopo averlo salutato, ormai sul punto di salire sul treno, consegnammo i biglietti al controllore e decidemmo dove sederci: il viaggio sarebbe durato 2 ore più o meno quindi era meglio trovarsi il compagnio di posto ideale. Facendo due calcoli veloci mi resi conto che uno di noi avrebbe dovuto sedersi da solo, essendo 9 e quindi dispari: inutile dire che stavo pregando in tutte le lingue che quel qualcuno fosse proprio il riccio che mi dava tanto sui nervi, 

- Visto che i posti sono da due direi che le coppie sono già formate, no? - chiese allegro Niall mettendo un braccio intorno alle spalle di Daniela

- No! Uno rimane da solo, siamo dispari! - esclamammo in coro io e Harry, ovviamente senza volerlo.

Chissà perché, ma avevo l'impressione che neanche lui fosse molto entusiasta di una possibile vicinanza a me: meglio, un peso in meno.

- Bene: vedo che voi due volete sedervi vicino quindi Louis, mi dispiace, ma dovrai stare da solo – si intromise, alzando le spalle con fare innocente, Mara

- A me non dispiace per niente,  anzi! - rispose tutto sorridente quel deficiente del mio migliore amico

La domanda era: facevo un omicidio di massa o li uccidevo uno per uno? L'idea di tortuarli non mi dispiacque per niente. 

Sapevo anche però che lo facessero solo per permettere a me e a Harry di chiarire, motivo per cui decisi di non pensarci e di sedermi al mio posto senza spiccicare parola. Poco dopo lo spilungone riccioluto si sedette accanto a me ma, come da copione, rimanemmo zitti entrambi come statue. Il silenzio non mi era mai stato di molta simpatia ma, se l'alternativa consisteva nel parlare con Harry, avrei preferito di gran lunga diventare anche muta.



 

HARRY'S POV.
 

Ma io dico: potevo tranquillamente sedermi vicino a Louis, visto che stava da solo, e invece ero costretto a mettermi vicino a quella?! Non che avesse la lebbra, credo, ma avrei preferito di gran lunga sedermi vicino al mio migliore amico: avremmo almeno parlato di qualcosa. 


 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          ******



 

Dopo 2 ore interminabili, finalmente arrivammo e ringraziai mentalmente il capotreno per non averci messo di più: non sarei riuscito a sopportare un solo attimo di più vicino a quella specie di pazzoide con le tette. Nessuno dei due aveva spiccicato mezza parola ma, in tutta sincerità, ne ero rimasto molto felice. 

Appena il treno si fermò, Manuela si alzò all'improvviso e mi fece prendere una sottospecie di infarto, non me lo aspettavo di certo: se ti prendi una camomilla non è che ti fa male! 

Cercò subito di prendere il suo borsone da sopra i sedili ma, essendo troppo nana, non riusciva proprio ad arrivarci. L'avrei aiutata se me lo avesse lasciato fare, peccato che mi avesse lanciato un'occhiata di fuoco prima di divincolarsi in tutti i modi possibili e imbarazzanti pur di riuscirci da sola. 

Sorrisi divertito alla scena perché, nonostante le numerose figuracce che stesse facendo davanti a tutti gli altri passeggeri, voleva a tutti i costi riuscirci lei. Vedendola per più di un quarto d'ora così, però, decisi di intervenire o saremmo rimasti su quel treno fino a Natale. 

- Aiutino? - le chiesi sarcastico incrociando le braccia.

- No, posso farcela benissimo da sola! - esclamò con superiorità per poi allungarsi di nuovo sulle punte.

- Vedo - risposi prendendola un po' in giro prima di allungare, senza un minimo di fatica, il braccio e di prenderle il borsone - comunque se ti mettessi i tacchi, una volta ogni tanto, non è che ti farebbe male – 

- E tu se ti facessi i cazzi tuoi, camperesti 100 anni sai? - ribatté sarcastica, sorridendo di soddisfazione e afferrando il borsone dalla mia mano con un'irruenza abbastanza strana per una ragazza.

Guardandola bene, la prima cosa che notai fu una fossetta molto carina sulla sua guancia sinistra. Possibile che un elemento così carino potesse appartenere a una persona così? Povera fossetta, vorrei darle le mie condoglianze. Nonostante il mio eterno spirito da stronzo sarcastico, un leggero sorriso mi comparve sul volto; motivo? Anche io avevo delle fossette = caratterista quasi uguale. 

- Coraggio: non ci sono ragazze nude qui quindi è inutile sorridere in quel modo – continuò con quel sorriso impertinente per poi tirarmi una leggere spallata e scendere tutta convinta. 

Aggressiva, sarcastica... Mh.



 

MANUELA'S POV.
 

Non ero riuscita ancora a capire il motivo di quel sorriso così imbambolato da parte sua ma, in tutta sincerità, il particolare in comune delle fossette non mi era passato inosservato... Oh, andiamo: non dovevo di certo pensare a certe cose. In più non era una vera e propria caratteristica in comune, io ne avevo solo una mentre lui entrambe: beccati questo, coglione! 

Scuotendo leggermente la testa, scesi in tutta fretta dal treno e iniziai a guardarmi intorno per riconoscere i miei amici: nell'imprevisto del borsone avevo perso di vista tutti. Dopo pochi minuti, per fortuna, riuscii a riconoscere le valige colorate delle mie amiche e mi avvicinai a loro tutta contenta. L'aria, nonostante fossimo ancora in stazione, era frizzante e mi aveva appena messa di buon umore; in più, ero intenzionata a fare una cosa precisa: godermi al meglio quel weekend senza che nessuno (Harry compreso) potesse rovinarlo. Ero decisa a quel piccolo progetto e non gli avrei mai permesso di rovinarmi i piani, mai. Prima di raggiungere completamente il gruppo, forse per la troppa eccitazione, saltai sul posto per far scontrare i talloni in aria e strappai una risata a tutti. 

- Ehi, finalmente sei venuta! Pensavamo di averti persa per strada - scherzò Margaret sorridendo, forse ancora per il mio salto di felicità.

Avrei risposto sicuramente se un certo soggetto di nome Harry non mi avesse preceduta, facendomi scomparire del tutto il sorriso. 

- Purtroppo no – si mise in mezzo rispondendo al posto mio.

"Pensa ai ragazzi, pensa ai ragazzi..." continuai a ripetermi in testa solo per evitare di saltargli addosso e strappargli tutti i capelli. Mi sarebbe riuscito anche facile: con quella chioma, degna della pubblicità della Pantene, ci sarebbe uscita una tiratina non da niente. 

Ritrovando improvvisamente il mio spirito hippie (amavo quello stile, yep) però, decisi di lasciar perdere quei pensieri negativi e mi avviai verso l'uscita della stazione insieme ai ragazzi. 


 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                          *******


 

Era ormai pomeriggio inoltrato e stavamo tranquillamente (per modo di dire) camminando nel bosco in cerca della nostra casetta sperduta da ben 3 ore. Al capo del gruppo c'era Louis, impegnato a "decifrare" una cartina fisica del bosco, ed era lui che ci indicava la strada; peccato che dopo 3 ore non fossimo ancora arrivati e a me stavano iniziando a fare male i piedi. A giudicare dai gemiti di dolore di tutti gli altri, dedussi che non fossi l'unica con quel piccolo problema. 9 ragazzi, con borsoni e valige da trasportare, sperduti in un bosco di provincia. Bene. 

- Louis, quanto manca? - chiese esausta Daniela, trascinando la sua valigia con molta fatica lungo la salita sempre più ripida. 

- Ehm... - rispose il mio migliore amico, rigirando la cartina tra le mani e guardandola come se fosse scritta in aramaico – poco -

Anche un bambino delle elementari avrebbe capito che non riuscisse a capirci una mazza, motivo per cui non avevamo idea di dove andare. Una cosa però era risaputa: stavamo diventando sempre più esausti, un altro po' e saremmo crollati al suolo stecchiti. 

- Lou, anche 3 ore fa mancava poco! - gli fece notare Zayn, aiutando Mara con la sua valigia

- Questa volta sono sicuro! - esclamò Louis continuando a guardare in modo strano la cartina 

Un altra parola da parte sua e quella cartina gliel'avrei fatta ingoiare, poco ma sicuro. 

- Io devo andare in bagno - esclamò Harry a un certo punto, fermandosi di colpo

No ma annuncialo pure, era il sogno della mia vita sapere che la tua vescica sta per esplodere! Non so se si è notato ma staavo iniziando a innervosirmi di brutto in generale, se ci si metteva anche lui poi rischiavo davvero di prendere a schiaffi qualcosa. 

- Sapessi quanto ce ne frega! – risposi sbuffando e continuando a camminare per evitare di seguire il fremito delle mie mani e strappargli i capelli

- Bhe: a me si, quindi per favore fermiamoci un secondo e aspettatemi – disse per poi scomparire tra i cespugli

I ragazzi, approfittando di quella piccola pausa, poggiarono tutti i bagagli per terra e si sedettero per terra. Una piccola pausa era proprio quello che di cui avevamo bisogno, eravamo davvero stremati. 

- Dai, vieni amore – sussurrò Liam per poi far sedere Margaret sulle sue gambe

La stessa cosa fecero anche gli altri e tutti quanti, a quel punto, si sedettero per riprendere fiato. Solo io e Louis stavamo in piedi: io perché non vedevo l'ora di andarmene da lì e il mio migliore amico perché stava ancora cercando di decifrare quella maledetta cartina. Volete sapere un piccolo particolare? Non volevo sedermi anche perché io, a differenza delle mie amiche, non avevo più un ragazzo che facesse un simile gesto per me. Devo ammettere che non mi sarebbe dispiaciuto sedermi sulle gambe di un potenziale fidanzato ma, per evitare di ricadere nella depressione, decisi di non pensarci nemmeno. Ero già abbastanza nervosa. 

- Manu siediti, si vede che sei stanca anche tu – mi consigliò Mara guardandomi comprensiva e picchiettando un posto tra lei e Margaret.

- No no, sto bene. Spero solo che se quel coglione faccia subito o me ne vado – ammisi alzando le braccia al cielo, cercando di nascondere il dolore dovuto ai muscoli indolenziti dalla troppa fatica.

Ero conosciuta come la pigra della casa, la sfaticata che passa le giornate sul divano: per questo motivo i miei muscoli stavano chiedendo aiuto. Le mie amiche, invece, erano abituate a fare sport di continuo: Mara e Margaret avevano giocato a pallavolo per tutto il liceo mentre Daniela amava ballare più di sé stessa. Io? Cantare, leggere, dormire. Ecco il riassunto della mia vita. 

- Su, un po' di pazienza – mi rimproverò Daniela con lo sguardo.

“La mia pazienza con quello è andata a farsi un viaggio tutto compreso ai Caraibi da quando l'ho conosciuto!” pensai, cercando in tutti i modi di trattenermi dal dirlo ad alta voce.

Cercai di sembrare comprensiva e paziente per i 5-10 minuti successivi, peccato che dopo quelli iniziai a mordermi le unghie per il nervosismo, arrivai al punto di riprendere il borsone e avviarmi da sola. 

- Ragazzi, io me ne vado – affermai chiudendo la zip della felpa e stringendomi la cosa di cavallo 

- Dai, aspetta un secondo. Vallo a cercare – mi suggerì Niall accarezzando, nel frattempo, i capelli a Daniela

Fu l'idea più idiota che gli potesse mai saltare in mente ma, non avendo alternativa, decisi di avventurarmi anch'io e andare a cercarlo. Posai di nuovo il borsone a terra e, dopo un sonoro sbuffo, mi diressi nella direzione dove si era avviato Harry poco tempo prima. Avevo un senso dell'orientamento pari a quello di una "Dora, l'Esploratrice" e fu per questo motivo che presi la saggia decisione di non allontanarmi. 

Dopo aver controllato un po' in giro però, i miei nervi decisero di cedere: alzai la braccia al cielo dalla disperazione e tornai decisa sui miei passi. Peccato che un ospite indisiderato (anche se in quel caso l'ospite ero io) mi si farò davanti: un serpente non molto grande ma comunque orribile mi bloccò la strada e incominciò a venirmi incontro. Sin da piccola avevo sempre avuto la fobia dei serpenti, colpa di un programma chiamato "Wild Oltre Natura", e per questo motivo andai completamente nel panico: non sapevo se correre via, urlare, stare ferma o altro... volevo solo che quell'essere ripugnante sparisse al più presto. 

Dopo qualche secondo trovai la mia unica via di salvezza: un albero non molto alto ma comunque facilmente arrampicabile. Corsi verso di esso in un secondo e rimasi completamente bloccata là sopra per un tempo che mi parve infinito; il colmo? Soffrivo anche di vertigini. Tutte le fortune doveva averle questa ragazza, mi sembra più che ovvio. 




 

HARRY'S POV.
 

Dopo aver finito di fare pipì tornai deciso in direzione del gruppo, con un po' più di positività. Morale? Speravo vivamente che in tutto quel tempo loro avessero trovato la strada giusta per dirigerci alla casetta, iniziavo anch'io a sentire la stanchezza. 

Mi ci volle un secondo per girarmi e mi ci volle comunque un secondo per rimanere perplesso: una ragazza bloccata su un albero? In un bosco? Devo smetterla di sentire le cretinate dei ragazzi, mi stanno facendo delirare. 

 Solo dopo un piccolo urletto mi resi conto di non star immaginando la scena: c'era davvero qualcuno che stava cercando aiuto. Mi diressi subito verso quella ragazza ma, non appena la riconobbi, quasi soffocai per le troppe risate trattenute. Mi state davvero dicendo che Miss "Manuela So Tutto Io" era bloccata su un albero, spaventata da chissà cosa? Nemmeno se mi avessero pagato ci avrei creduto. Allo stesso tempo però, la curiosità mi stava mangiando lo stomaco: motivo per cui decisi di avvicinarmi. 

- Dai, vai via! Guarda che ti tiro una scarpa in testa se non te ne vai! - urlò a un certo verso il basso, continuando a mantenersi su un ramo.

Sembrava parlasse da sola, cosa che non mi avrebbe stupito più di tanto conoscendo il soggetto, ma decisi comunque di scoprire cosa stesse succedendo.

- Problemi? - chiesi, continuando a trattenermi dal riderle in faccia.

- Io? No no, tutto benissimo! Non si vede? Stavo solo ammirando il panorama - si difese facendo finta di guardare di fronte a lei, per non fare una figuraccia probabilmente.

- Si, vedo – confermai con un ghigno – comunque i ragazzi ci stanno aspettando quindi muoviti: il panorama lo guarderai quando saremo arrivati – continuai per poi darle le spalle.

3, 2, 1...

- Aspetta! - mi richiamò quasi disperata

- Si? - chiesi innocentemente girandomi di nuovo verso di lei con un sorrisetto soddisfatto in volto

- Ho... ho bisogno di aiuto – confessò ormai esasperata 

L'avrei aiutata, ma l'idea di farla innervosire mi stava facendo divertire troppo: per questo decisi di lasciarla un po' sulle spine. 

- E perché dovrei aiutarti di nuovo? - 

- Non farlo! Non so nemmeno perché ho chiesto a te di aiutarmi! - risponde di nuovo nervosa, sollevando un braccio al cielo

La voglia di mandarla a fanculo era tanta, ma TANTA, quasi impossibile da trattenere... ma sapevo anche che non sarebbe stato giusto lasciarla lì. Non per quello che pensate mai ma per il semplice fatto che poi i ragazzi se la sarebbero presa con me. Mica ero fesso, io. Dopo qualche minuto mi decisi ad avvicinarmi ulteriolmente e mi scappò di nuovo da ridere quando vidi una piccola vipera proprio sotto l'albero, la cosa divertente? Quel povero animale era più spaventato di lei.

- Che hai da ridere, idiota?! - esclamò innervosendosi ancora di più 

Stava diventando sempre più rossa, una tonalità così accesa che avrei fatto fatica a dimenticare, ne ero più che sicuro.  

- Ah, non lo so... forse perché sei terrorizzata da una vipera che è più spaventata di te? - risposi scoppiando finalmente a ridere.

- Senti: io ho paura, ok?! Quindi se vuoi farmi scendere, mandala via! - 

Presi un bastoncino lì accanto e, stando attento a non far male alla piccola vipera, la presi e la liberai dalla parte opposta a noi. Tante storie per un così piccolo animaletto, cose da pazzi.

- Ok, ora sei salva. Muoviti a scendere - dissi girandomi di nuovo per tornare dal gruppo.

- Non... posso – ammise grattandosi la nuca un po' imbarazzata.

- Che altro c'è? - chiesi sbuffando, non vedendo l'ora di mettermi a letto.

- Soffro.. di vertigini – confessò per poi tingersi ancora di più di rosso.

In quel momento la tonalità era davvero indescrivibile, non sapevo se fosse una cosa abbastanza normale per lei ma rimasi comunque molto incuriosito da questa caratteristica così insolita. Scacciai quei pensieri solo quando quando schiacciai per sbaglio una foglia, scatenando così uno scricchiolio non proprio silenzioso. Mi stavo concentrando troppo su di lei, decisamente troppo.

Non volendo far aspettare ancora di più i ragazzi, mi avvicinai all'albero e tesi le braccia verso di lei. Cosa non si fa per amicizia, uff.

- Perché sembra che stai chiedendo l'aiuto divino? - chiese all'improvviso, scoppiando a ridere 

- Sto cercando di aiutarti a scendere quindi non mi rendere le cose più difficili e reggiti a me - risposi guardandola male

Si vedeva dall'espressione che avrebbe preferito uccidersi piuttosto che reggersi a me, in fondo era lo stesso per me, ma ormai:

1) si stava per fare buio;

2) i ragazzi di sicuro si stavano chiedendo dove fossimo;

3) io stavo sempre più avendo bisogno di un letto. 

Oltre all'espressione contrariata si riusciva anche a capire quanto fosse stanca anche lei: si capiva dalle occhiaie sotto gli occhi e i piccoli gemiti di dolori che ogni tanto si lasciava scappare senza volerlo. Dopo qualche minuto di riflessione finalmente si decise e, dopo aver poggiato le braccia sulle mie spalle, si lasciò andare a peso morto. Una cosa era certa: quando le avevo proposto di saltare non avevo pensato all'ipotesi che potesse finirmi in braccio... coglione. 

Mi finì dritta tra le braccia, in una presa stile principessa, e si accucciò al mio petto forse per la paura di cadere per terra. Mi sembra inutile dire che stavo provando un imbarazzo fino alla punta dei capelli. 

Sembrava così indifesa mentre si stringeva alla mia maglietta... Avrei potuto continuare a guardarla e a stringerla ma, dato che potevamo essere considerati gli ultimi a poterlo fare, finsi un colpo di tosse per farla staccare.

- Principessa, se vuole può scendere. È al sicuro ora -

Dopo essersi accertata di non essere finita di sedere per terra, e trovandosi a pochi centimetri da me, strabuzzò gli occhi dall'imparazzo e la lasciai andare per permetterle di reggersi sulle sue gambe. L'imbarazzo era ancora nell'aria ma decidemmo di tornare dai ragazzi come se niente fosse, decisione migliore. A un certo punto però, ricordandomi delle sue guance rosse mi venne spontaneo fare il paragone tra lei e Heidi... per quello stupido motivo scoppiai a ridere all'improvviso durante il ritorno. 

- Che ti ridi? - mi chiese stranita dalla mia improvvisa ridarella. 

- Assomigli a Heidi! - esclamai ancora tra le risate.

- Vaffanculo, preferisco Puffetta. - grugnì per poi continuare a camminare.

Mamma mia, neanche una battuta le andava bene?! Uff, che stress.

Dopo non molto ci ritrovammo al punto di ritrovo ma, a contrario di prima, trovammo solo i nostri rispettivi borsoni. I ragazzi e i loro bagagli erano magicamente spariti, di conseguenza io e Manuela cercammo almeno un biglietto per capire dove fossero andati: biglietto che trovammo attaccato alla bretella del borsone della ragazza accanto a me.

- Che dice? - chiesi avvicinandomi a lei, a una certa distanza di sicurezza.

- “Scusate ragazzi ma ci eravamo stancati di aspettarvi quindi abbiamo continuato a camminare. Non vi preoccupate, se continuate dritto arriverete subito ;) alla fine abbiamo scoperto che Louis aveva la cartina al contrario, per questo non arrivavamo più -.- comunque continuate dritto. Ci vediamo a casa.

Xx i ragazzi” - lesse ad alta voce, per poi sbuffare alla fine.

Se ne erano andati senza di noi, all'imbrunire... Che qualcuno dia una botta in testa a quegl'individui, vi prego. Ci scommisi la testa che l'avessero fatto apposta, solo per farci rimanere da soli: ormai ci avevano preso la mano, no? 

- Non posso crederci, ci hanno abbandonati! - esclamai stringendomi i ricci, ormai preso dal panico.

- Se tu non ci avessi messo anni a fare pipì saremmo con loro a casa a quest'ora! - urlò Manuela accusandomi e puntandomi il dito contro.

- E se tu non fossi rimasta bloccata sull'albero non ci avremmo messo anni a tornare! - l'accusai a mia volta alzando la voce –  ... dai, non serve a niente litigare; continuiamo a camminare e vediamo che succede. Si sta facendo buio -

Afferrando furiosi i nostri borsoni proseguimmo dritto, secondo le istruzioni del biglietto ma nessuno dei due spiccicò nemmeno una parola. Spiegatemi il senso di farci rimanere da soli se poi non ci parlavamo: io non l'avevo ancora capito, sinceramente. 

Dopo un tempo che mi sembrò quasi infinito, finalmente, arrivammo davanti a una villetta a due piani fatta tutta di legno, con un grande giardino davanti e un garage verso la parte posteriore: era davvero graziosa.

- Credi sia questa? - chiesi a Manuela, nella speranza che fosse davvero quella

- No guarda, è la casa di Grande Puffo. Ovvio che è questa! Vedi altre case qua in giro? - chiese guardandomi ovvia e agitando le braccia per indicare lo spazio intorno a noi.

Che qualcuno mi blocchi a prenderla per i capelli, vi prego. 

 

 
 
 






                 

                   

                                                             
  Hateful! Beatiful! Hateful!







Spazio Autrice: Buonsalve! Sono le 3 di mattina e io sono qui a modificare questo capitolo u.u perché io può u.u ho aggiunto molte più parti  narranti rispetto a prime e vi ricordo che anche questo capitolo è presente su Wattpad! Passate anche lì, se volete <3 sono comunque contenta che questa storia sia risquetendo un successo grandissimo e per questo devo ringraziare voi! *-* aggiungetemi ai vari social network u.u  domanda (la stessa di prima):
preferite Manuela versione stronza o versione dolce?
Rispondete numerose <3 Peace and Love
Xx Manuela




Ecco la casetta immersa nella foresta:


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 (II Parte) ***


                                                                           



MANUELA'S POV.

 

Le domande che mi rivolgeva quel ragazzo andavano contro ogni logica, ero più che convinta che se avessi guardato all'interno di quel cranio ci avrei trovato la segatura al posto del cervello. Anzi, era un'offesa verso la segatura e quindi verso gli alberi. Io sono una specie uscita male di hippie, che vi credete? 
Torniamo seri, o meglio cerchiamo di esserlo. Quel ragazzo faceva affaticare il mio povero criceto con ogni frase, riusciva a confondermi anche con una battuta. In realtà non avevo mai sentito una sua barzelletta... questo fa intendere quanto mi desse sui nervi. 
Dopo la mia risposta acida, ma in qualche modo giustificata, ci dirigemmo entrambi verso il vialetto di quella casetta: l'eccitazione, nonostante non vedessi l'ora di rifugiarmi nel letto, non mi aveva ancora abbandonata. Anzi, raddoppiò quando riuscii a distinguere dei bellissimi quod verdi parcheggiati in direzione del capanno sul retro. Sembrava dicessero:"Facci fare un giro. Facci fare un giro." con una sorta di voce stile ipnosi e vi assicuro che li avrei accontentati... peccato che il mio povero corpo non ne avesse la forza. 
Una volta dentro casa mi guardai subito intorno e non ci fu niente di diverso rispetto a quanto mi ero aspettata fino a lì: aveva un arredamento rustico con mobili di legno e un parquet scuro che trasmetteva calore, un design senza pretese; la classica casa in montagna, insomma. Proprio come piaceva a me.
Nonostante il mio spirito pacifista, per modo di dire, cercasse inutilmente di dimenticare "l'abbandono" dei ragazzi, un po' di rabbia repressa mi fece ancora venir voglia di prendere tutti miei amici per i capelli. Dico sul serio. Per questo motivo posai il borsone all'entrata e mi diressi subito verso la cucina; ero convinta fossero lì, era quasi ora di cena in fondo.

- Bene: vedo che vi siete dimenticati di noi, eh? - chiesi sarcastica una volta nella stanza mentre Daniela e Margaret stavano preparando un non so che di fritto.

- Sistah, finalmente! Ce ne avete messo di tempo, eh? - ricambiò la domanda Daniela, guardandomi con un sorrisetto strano.

Se pensavano di cavarsela... oh, si sbagliavano di grosso.

- Preferisco lasciare che la pace interiore mi avvolga, facendo svanire così l'istinto omicida verso di voi. Mi ritiro nella mia dimora, pace e amore. - risposi sbattendo più volte le palpebre per cercare di non dire parolacce e lasciando la stanza tra le loro risatine divertite. Potevo essere strana, me ne rendo conto, ma ehy: quei cretini erano forse normali?

Recuperai il borsone all'ingresso e corsi al piano di sopra: ero più che convinta che le ragazze avessero già organizzato le loro camere, per questo motivo ero decisa a beccare la mia e dormire fino a tempo indeterminato. Il mio stupore non tardò ad arrivare quando notai solo 4 porte: ci saremmo dovuti dividere a coppie, a rigor di logica, ma alla fine non ci feci caso più di tanto.

Harry dormirà sul divano, che problema c'è?

Mi hai rubato le parole di bocca, criceto. Dopo aver controllato quale fosse quella libera, mi ci chiusi dentro e lascii il borsone sul letto per iniziare a sistemarmi: odiavo dover tenere tutto da una parte quando viaggiavo, io dovevo stare comoda. Questa fu anche la motivazione per cui tirai fuori il mio pigiamone arancione e bianco e iniziai a togliermi la maglia: cosa c'è di più comodo di un bel pigiamone ad autunno? Sarebbe andato tutto per il meglio, e io sarei stata avvolta da quella bellissima sensaione di calore, se la porta non si fosse spalancata allìimprovviso facendo comparire Harry davanti a me.

- AAAAAAHHHH! - urlammo entrambi presi da uno spavento.

Se voleva vedermi in reggiseno perché non faceva come tutti gli adolescenti "normali" e mi spiava mentre ero sotto la doccia? No, lui doveva fare il trasgry.

- Tu?! - esclamammo di nuovo in sincronia mentre entrambi i nostri visi diventarono paonazzi.

- Che cazzo ci fai qui?! - chiesi istintivamente, coprendomi il petto con la maglietta che avevo avuto indosso fino a quel momento.

Non volevo vedesse le mie amiche, non ne aveva il diritto.

- Io?! Che cazzo ci fai tu qui! - rispose alzando la voce di nuovo mentre i suoi occhi, purtroppo per me, vagavano senza sosta sulla mia intera figura.

Sbaglio o si era soffermato a guardarmi il reggiseno?

Sai quanto gliene frega del tuo reggiseno? Un accidente! Ti sta fissando le tette, cogliona!

- Sai com'è: questa sarebbe la mia camera! - risposi dopo qualche minuto di imbarazzo, salvandomi col sarcasmo.

- Oh, guarda che caso: è anche la mia. I ragazzi mi hanno detto di venire qui, sei pregata di sloggiare. - esclamò altezzoso posando il suo borsone accanto al mio.

Mi sta prendendo in giro, vero?

- Qui l'unico che deve sloggiare sei tu! -

Non credo che i ragazzi si fossero rincoglioniti tutto di colpo, non così in fretta: non riuscivo ancora a capire come potesse essere accaduto quell'equivoco. Poi improvvisamente mi si accesa la lampadina, dedussi che anche Harry ci fosse arrivato solo in quel momento visto che si girò verso di me con la mia stessa espressione in volto. Vendetta, unica parola presente nella mia testa. 
Dopo aver sbattuto la maglietta sul letto in un momento di pura rabbia, sia io che lo spilungone corremmo al piano di sotto a grandi falcate. Grandi... diciamo che solo le sue lo erano, le mie erano falcatine, per così dire. Ero solo un metro e sessanta, accontentatevi. Una volta raggiunto il salotto mi uscii spontaneo un - Ragazziiiii! - molto acuto. Inutile dire che tutti e 7 mi si presentarono davanti come se fosse appena scoppiato un incendio e vi assicuro che sarebbe scoppiato se non ci avessero dato una spiegazione quanto meno plausibile.

- Che è successo?! - chiese Zayn voltando lo sguardo da me a Harry, fortunatamente non concetrandosi troppo sul fatto che fossi senza maglia.

Una cosa bella del nostro gruppo? Ognuno poteva essere sé stesso con gli altri e anche se avessi visto, per fare un esempio, qualcuno in boxer le ragazze non avrebbero avuto niente in contrario. Eravamo un gruppo unito, tutto qui. Ovviamente questi episodi avvenivano di rado e, ci mancherebbe altro, comunque in circostanze non esagerate.

- Chi è morto?! - aggiunse Mara assumendo la stessa espressione del suo ragazzo.

- Nessuno ma presto sul giornale leggerete un articolo su un omicidio di massa! - sbraitai respirando affannosamente mentre le mie guance stavano raggiungendo un rossore pari a quello di un pomodoro maturo, letteralmente.

- Dio, che spavento. - esclamarono tutti e 7 con una mano sul cuore, sembravano gli attori di una soup-opera.

Peccato che io e lo spilungone accanto a me non avessimo nessuna voglia di scherzare, anzi.

- Sistah, che ci fai in reggiseno?! - mi chiese leggermente accigliata Daniela, dopo un'occhiata perplessa.

- La domanda è: Perché. Io. E. Questa. Abbiamo. Una. Camera. Insieme?! - sbraitò Harry diventando rosso peggio di me, scandendo con precisione ogni singola parola.

Mai avrei pensato che i ragazzi avessero tirato così tanto la corda, ma cosa più importante: era la prima volta che io e quell'egocentrico eravamo d'accordo su qualcosa. Segnatevi questa data, vi conviene.

- Non c'erano più camere e dovete arrangiarvi - rispose tranquilla Margaret alzando le spalle come se fosse la cosa più naturale del mondo.

- State scherzando, vero?! - alzammo la voce io e Harry in sincrionia, di certo non apposta.

- No no, siamo serissimi e dovrete dormire insieme. Mi dispiace: c'est la vie - rispose alzando le spalle Liam con un sorriso.

Peccato che quel suo sorrisino mi fece ribollire di rabbia, anche più di prima.

- Liam, sai dove te lo infilo il francese? - chiesi sarcastica puntandogli un dito contro.

Tutti conoscevano il mio lato manesco: con le ragazze non muovevo un dito, con i ragazzi non mi facevo molti problemi a farlo, anzi. Per questo motivo si scambiarono tutti un'occhiata d'intesa mentre io ero intenta a togliermi una scarpa: vendetta, dolce vendetta.

- Via! - esclamarono tutti correndo in varie direzioni della casa.

Louis aveva commesso il fatidico errore di scappare vicino a me, fesso era e fesso sarebbe rimasto, e io ne approfittai per inseguire lui: con una Converse in mano come arma, in reggiseno, impegnata a lanciargli una seria infinita di parolacce. Come direbbe mia madre:"E quando ce vò, ce vò.".

- è inutile che scappi, Tomlinson! So che dietro a tutto questo ci sei tu! - urlai a un certo punto cercando di colpirlo con la scarpa ma mancandolo per pochissimo.

- Harry, aiutami! - supplicò il mio migliore amico dirigendosi al piano di sopra.

Non essendo riuscita a vedere in quale camera si fosse nascosto iniziai a chiamarlo per il corridoio come quando si parla con i bambini: - Louis? Dove sei, bello di mamma? - 
Percorsi tutto il corridoio con passo felpato prima che una forte presa mi afferrasse per il braccio e mi spingesse all'interno della mia stanza.

Ma che cazz...?

Non appena misi a fuoco la situazione mi resi conto di trovarmi davanti a Harry, mentre reggevo ancora la scarpa in mano e lui sembrava terrorizzato solo al guardarmi. Provavo un certo gusto nel farlo spaventare, era un'arma per non averlo tra i piedi.

- Questa cosa non ti riguarda, fammi uscire! - esclamai cercando di dirigermi di nuovo verso la porta e ci sarei anche riuscita se non mi avesse spinta via con violenza.





 

HARRY'S POV.
 

Quella ragazza mi stava terrorizzando sempre di più: quale essere umano sano di mente farebbe cose del genere? La scarpa, la corsa, il fatto che volesse picchiare il suo migliore amico... manco in un film succedono queste cose. Non so con quale coraggio riuscii a chiuderla nella stanza, e a salvare così il culo a Louis, ma sta di fatto che in quei pochi minuti me ne pentii amaramente: ero chiuso in una stanza con una pazza in reggiseno che non si sarebbe fatta tanti problemi a lanciarmi la scarpa se ce ne fosse stato bisogno. Mossa astuta, Harry. Da vero coglione. 
Più il tempo passava e più mi rendevo conto che la mia fine fosse vicina: la cosa che mi rodeva? Il fatto che avessi paura di una ragazza in reggiseno, lo ammetto. Ogni uomo, ragazzo o bambino che sia deve mantenere una certa dignità personale... io la stavo perdendo a causa di una ragazza con le Converse. Non riuscivo davvero a capire se il fatto di voler picchiare Louis fosse uno scherzo oppure no, fatto sta che mi stavano comunque tremando le gambe dalla paura. Cosa si fa per amicizia? 
Nonostante stessi riflettendo sulla mia imminente fine... ehy, quella ragazza che ancora in reggiseno. Mi costava ammetterlo, altro pezzo di dignità andato in frantumi, ma cazzo se era sexy: trasmetteva una sorta di aggressività che, se fossimo stati in un film erotico, avrebbe di certo fatto eccitare chiunque. Anche il sottoscritto, lo ammetto. Harry, basta pensieri perversi. Stai parlando di Manuela, datti una regolata. 
Nei minuti successivi alla spinta mi preparai psicologicamente a un colpo nelle parti basse o in testa ma alla fine, quando mi decisi ad aprire gli occhi, mi trovai davanti tutt'altro scenario: si stava rimettendo la maglietta, un'epressione leggermente più calma si stava facendo spazio sul suo viso... ma non era arrabbiata? Ho il vago sospetto che sia leggermente bipolare.

- Che stai facendo? - chiesi riprendendo finalmente a respirare, non mi ero nemmeno reso conto di aver trattenuto il respiro.

- Non si vede? Vado a dormire sul divano - rispose chiudendosi la cerniera della felpa e rimettendo quello che aveva cacciato nel borsone.

- Senti - esclamai deciso prendendole il braccio senza farle male, solo per farla girare verso di me - so che non andiamo d'accordo ma non voglio litigare con i ragazzi per questa cavolata. Si tratta di 2 notti, 2 notti e basta! Non possiamo fare un piccolo sforzo? -

Non so nemmeno io da dove mi uscii una domanda del genere, non lo volevo nemmeno sapere: mi interessava solo la serenità dei ragazzi, a costo di dormire per terra pur di farli contenti. Che volete che vi dica: volevo troppo bene ai miei amici. Solo dopo aver cercato una spiegazione alla domanda precedente mi resi conto di stare a pochi centimetri di distanza dal suo viso: non lo avevo mai notato ma il luccichio dei suoi occhi era davvero... wow. Rimanemmo così un po' più del dovuto ma, in tutta sincerità, non mi dava fastidio quella vicinanza.

- Ehm, io... - balbettò prima di sbattere più volte le palpebre e rompere quel contatto visivo.

Avrei voluto dirle:"E no. Riguardami!" ma quel briciolo di parte ragionevole del mio cervello decise di cestinare subito questo pensiero assurdo, scusate il gioco di parole ma... che assurdità.

- Harry, il braccio è mio se permetti. - mi fece notare guardando la mia mano ancorata ancora al suo braccio.

- Eh? Ah. S-sì, scusa - balbettai lasciandola andare una volta per tutte.

Io non balbettavo mai, mai. Perché all'improvviso mi si era impicciata la lingua da sola?

- Senti: prometto che non faccio male a nessuno ma mi faresti uscire, per favore? Devo farmi una doccia - mi chiese guardandomi di traverso.

Non ero molto sicuro che avrebbe fatto come detto ma, sembrandomi sempre di più una pagliacciata, annuii e le aprii la porta per farla uscire. Mentre mi passò davanti con tutto il necessario per la doccia mi ritrovai a fissarle, per la seconda volta, il fondo schiena: avevo visto una sola volta un culo così sodo, quello di Louis. Sembra paradossale ma vi assicuro che non sono mai stato così sincero.
Che serata senza senso...






 

MANUELA'S POV.

 

Quei. Fottutissimi. Occhi. Serve specificare che mi ci ero letteralmente inchiodata? Due occhi così meravigliosi erano sprecati per un carattere di bip come il suo, decisamente. Quando me l'ero ritrovato davanti avevo trattenuto il respiro senza nemmeno accorgermene, ero rimasta paralizzata nel vero senso della parola. Che cosa strana... Per fortuna che mi ero ripresa con la scusa della doccia, se fossi rimasta lì a fissargli gli occhi sarebbe davvero finita male, molto male. 
Non ero il tipo di ragazza da 3 docce al giorno, non significa che non mi lavassi, ma anche per me era un modo per rilassarmi: scacciavo tutti i pensieri mentre quelle goccioline d'acqua mi scorrevano su tutto il corpo e quell'aria calda riempiva l'intero bagno. Era una sorta di anti-stress. 
Dopo 10 minuti buoni mi decisi a uscire a una folata di vapore mi avvolse come in una danza: mi sembrava di stare in uno di quegli spot pubblicitari dei detersivi solo che al posto dei fiori ero circondata da vapore. è un paragone stupido, me ne rendo conto. Dopo aver slegato i capelli dalla coda che avevo tenuto tutto il giorno e che avevo usato per non bagnarli, e dopo essermi infilata il mio tanto amato pigiamone decisi di scendere dagli altri per avvertirli che non avrei cenato, non ne avevo voglia. Scesi le scale con una certa fretta e, esattamente come quando ero arrivata, trovai tutti intorno al tavolo già addossati ai loro piatti: bene, avevano già iniziato. Approfittai del fatto che non mi avessero notata per dirigermi verso il frigorifero ed estrarne il cartone blu del succo all'arancia, successivamente mi attaccai direttamente e iniziai a bere indisturbata.

- Manu, l'educazione dove l'hai lasciata? - mi sgridò Mara con un pizzico di divertimento.

Una volta finito di bere le feci segno di aspettare un secondo e dopo qualche istante mi uscii uno dei rutti più rumorosi della mia vita.

- In culo a Grande Puffo - risposi per poi rimettere il succo in frigo.

- Fai schifo, lasciatelo dire - esclamò Margaret tra lo schifato e il divertito.

- Modestamente io può - risposi facendo il segno delle pace con le dita e avviandomi di nuovo al piano di sopra.

- Manu, la cena! - mi richiamò Louis, volendo di sicuro vedermi ingozzare.

Gli dedicai un bel dito medio da dietro e questo bastò a far scoppiare tutti a ridere: che bella sensazione quando ridevano per merito mio... mi sentivo orgogliosa ogni volta che strappavo un sorriso a qualcuno, sin da piccola. Una volta di nuovo in camera mia mi sistemai sul letto, non sapendo nemmeno io che fare: guardare la tv? Giocare col cellulare? Leggere? Dormire? Quante belle attività... peccato che alla fine scelsi la più bella di tutte: godermi quei momenti con mia nonna tramite la cassetta che mi portavo sempre dietro, guai a chi osava anche solo sfiorarla. Guai.





 

HARRY'S POV.

 

Ci credete se vi dico che non avevo mai visto una femmina fare quelle cose? Maschi ne avevo visti eccome ma femmine mai. Ero rimasto scandalizzato da ciò che avevo appena visto ma mi scappò un sorriso divertito quando sentii quel potente rutto: è imbarazzante da dire ma... io non ero mai riuscito a farne uno così rumoroso. E io sono un maschio.

- Harry, a che pensi? - mi chiese Zayn guardandomi dall'altra parte del tavolo.

- Eh? No, niente - risposi tornando alla realtà e finendo il piatto preparato dalle ragazze.

- Uuuuh... Harry ha quel sorrisino solo quando gli piace una ragazza. Voglio sapere, anzi, pretendo di sapere chi è! - urlò eccitato Louis portandosi dietro tutti gli altri.

A quell'affermazione tornai a tutti gli effetti con i piedi per terra e li guardai confuso: si era bevuti il cervello, forse? Che razza di pensieri assurdi stavano tirando fuori?

- Non guardarci così, lo sappiamo che c'è qualcuna che ha fatto breccia nel tuo cuore - mi prese in giro Niall rivolgendomi un occhiolino strano.

Mi venne da ridere per quel tentativo di occhiolino ma scossi la testa come prima, non volevo pensassero cose completamente inventate.

- Ragazzi, non ho idea di cosa state parlando e devo dire che mi state mettendo paura - confessai ingoiando l'ultimo pezzo di carne.

Il discorso, per fortuna, finì lì e qualche minuto dopo augurai la buonanotte a tutti: erano solo le 9 e mezza ma avevo comunque una voglia pazzesca di un materasso, i miei muscoli stavano chiedendo pietà nel vero senso della supplica. Mi sorse un dubbio solo quando mi trovai davanti alla porta della mia camera: sapendo che ci fosse Manuela all'interno, avrei dovuto forse bussare? Puff, che domanda inutile.
Spalancai la porta abbandonando quella domanda cretina ma rimasi sconvolto quando mi trovai davanti la scena più strana che avessi mai visto: una come quella pazza sclerata non me la sarei mai immaginata triste, tanto meno che piangesse. Eppure era lì, seduta a gambe incrociate sul letto, il cuscino stretto tra le braccia stile peluche, la tv accesa e gli occhi pieni di lacrime. Non so bene spiegare cosa stessi provando davanti a quella vista ma all'improvviso tutta l'antipatia nei suoi confronti passò in secondo piano: volevo solo sapere cosa le fosse preso.

- Ehi, che succede? - chiesi raggiungendola e sedendomi sul letto accanto a lei.

Sinceramente non avrei mai immaginato che mi sarei trovato lì a consolarla ma in fondo anch'io avevo un cuore; in più, per quanto mi costasse ammettere, era davvero orribile veder piangere una ragazza come lei. 
Non si sarebbe nemmeno resa conto della mia presenza se non le avessi fatto quella domanda, lo capii dal fatto che non appena finii di parlare mi guardò terrorizzata per poi dirigersi subito verso il video registratore ed estrarne una cassetta, il tutto con la maglia del pigiama usata stile fazzoletto per asciugarsi gli occhi e le guance.

- Che cazzo vuoi? - mi chiese girandosi verso di me e continuando ad asciugarsi.

- Perché piangi? - le chiesi ignorando la sua domanda.

- Non sono cazzi tuoi. - rispose a tono rimettendo la cassetta nel borsone.

- Non è normale vedere una ragazza piangere all'improvviso: deve essere successo qualcosa o a quest'ora staresti ancora ridendo - le feci notare con le sopracciglia alzate.

Quando si girò completamente verso di me potei notare i suoi occhi, le guance e persino il naso completamente rossi. Una vista che mai nessuno dovrebbe vedere, non lo auguro a nessuno.

- Te l'ho già detto: devi farti i cazzi tuoi. E se ti azzardi a dire alle ragazze o a Louis che stavo piangendo te la farò pagare cara. - mi minacciò puntandomi un dito contro e avvicinandosi.

Amavo falla innervosire, era diventato il mio hobby personale.

- Perché non dovrei dirglielo? - chiesi incrociando le braccia al petto.

- Ti conviene se vuoi rivedere il tuo amichetto domani mattina. - rispose assumendo la mia stessa posizione.

Eravamo nella stessa posizione di un'ora prima: tutti e due in piedi, uno di fronte l'altra, a guardarci negli occhi. Se al posto suo ci fosse stata un'altra ragazza ero più che sicuro che quella serata si sarebbe conclusa con un bacio. La cosa che mi preoccupò di più fu il fatto che la mia mente stesse elaborando un'immagine di me e Manuela impegnati in un bacio e la cosa non mi stesse dando nessun fastidio o schifo. 
Avete presente nei cartoni animati quando i personaggi hanno un angelo e un diavolo sulle spalle che li condiziona? Ecco, io mi stavo sentendo proprio così. L'angelo mi stava dicendo: "Harry, prova a darle una possibilità. Guarda com'è indifesa! L'hai vista anche piangere e si vede lontano un miglio che si sente molto sola! Magari, conoscendola, andrete addirittura d'accordo. Ognuno merita una possibilità." Il diavoletto invece stava riattaccando: "Harry, non ascoltarlo. Guardala: anche se è una ragazza stupenda e ti attrae, non è affatto per te! Ha un carattere schifoso e tu la odi. Non darle una possibilità o ne approfitterà e soffrirai esattamente come hai fatto per Taylor. Vuoi questo, Harry? Vuoi sentirti solo, stupido, tradito e tutte le altre cose che hai provato per Taylor? So che non vuoi e per questo ti dico: lasciala perdere.".
... Posso chiedere l'aiuto del pubblico?







 

MANUELA'S POV.



Mi aveva appena vista piangere e lì mi resi conto di essere davvero nella merda: se avesse detto qualcosa a Louis o alle ragazze avrei potuto prendere tutto e scappare in Wyoming ad allevare cavalli. Perché? Perché le ragazze non sapevano dell'esistenza di quella cassetta e non dovevano saperlo o, pur di non vedermi piangere, me l'avrebbero come minimo bruciata. So cosa state pensando: "Che stupidaggine! Potevi tranquillamente nasconderla!". Ecco, vi rispondo che non fosse così per il semplice ma efficace motivo che le ragazze, quando volevano qualcosa e dovevano cercarla, si trasformavano magicamente in cani da caccia.: frugavano ogni angolo della casa e anche se l'avessi nascosta sul tetto l'avrebbero trovata, di sicuro. 
Harry era davanti a me (o forse sopra di me, visto che era 20 cm più alto e per guardarlo dovevo alzare la testa) e continuava a non rispondere, occhi inchiodati a quelli dell'altro/a. In circostanze diverse avrei potuto anche baciare senza pensarci qualsiasi altro ragazzo al posto suo ma, la cosa più irritante e assurda, era che, per quanto mi costasse ammetterlo, il fatto che la mia mente stesse elaborando un'immagine di me e Harry impegnati in un bacio e la cosa non mi stesse dando nessun fastidio o schifo. Diamine. 
Avete presente nei cartoni animati quando i personaggi hanno un angelo e un diavolo sulle spalle che li condiziona? Ecco, io mi stavo sentendo proprio così. L'angelo mi stava dicendo: "Manuela cara, tu non odi Harry: pensi di odiarlo ma non lo odi. Questo perché lo paragoni a quello stupido di Nick ma non devi, non tutti i ragazzi sono stupidi. Dagli una possibilità, magari andrete anche d'accordo.". Allo stesso tempo il diavoletto stava contrattaccando: "Manuela, non è così! Tu odi Harry. Hai visto che stronzo che è? Ti ha risposto male senza nemmeno conoscerti, ti ha spinta e non ti ha nemmeno aiutata o chiesto scusa, si comporta come se fosse un ragazzo meraviglioso in tutti i sensi e tu odi i tipi così, è un puttaniere, si vede lontano un miglio, ed entrambi sappiamo che vuole solo portarti a letto. Quindi sai cosa fare". Il diavoletto però su una cosa aveva torto: il mio cervello era più indeciso di Niall in un supermercato. 
Erano passati 10 minuti, credo, visto che nessuno dei 2 spiccicava parola e, finalmente, dopo quella "pacifica" chiacchierata con il mio criceto al posto del cervello tornai alla realtà.

- Ciccio friz, sta per iniziare la maratona dei Puffi. Non ho intenzione di permerdermela quindi, a meno che tu non voglia più avere bisogno del barbiere, ti consiglio di parlare. - esclamai a voce alta per farlo risvegliare.

- Non riesco a capire perché non dovrei dirlo agli altri, ti ho già aiutata 2 volte - mi rispose alzando le spalle, con quel fare altezzoso che proprio non riuscivo a sopportare.

- Sai contare fino a 2? Che soddisfazione immensa, tua madre sarà molto fiera di te! - lo presi in giro con un mini applauso.

Lo stavo trattando come un bambino e... no, è un insulto verso quelle povere creature e io amo i bambini.

- E va bene, ti aiuterò ma non perché lo voglia: lo faccio solo perché prima o poi questi favori dovrai ricambiarli - rispose assumendo la mia stessa posizione.

- Certo, vai convinto che arrivi lontano. - conclusi alzando i pollici per poi buttarmi sul letto.

Riaccesi la tv ma, proprio durante la sigla, Harry prese il telecomando e spense l'apparecchio di nuovo. Dovetti sbattere le palpebre più volte per mettere a fuoco ciò che avesse fatto.

- Brutto stronzo, ridammi il telecomando! Voglio sapere come scappano i Puffi da Gargamella! - mi lamentai mettendomi in ginocchio sul letto.

- No no, bambina cattiva. è tardi ed è ora di andare a dormire. - mi richiamò scherzosamente come una padre fa con la propria figlia.

- Non mi rompere i coglioni e dammi il telecomando, stronzo! - risposi perdendo tutta la calma che avevo acquistato fino a quel momento.

La situazione, un po' irritante, mi sembrò allo stesso tempo abbastanza divertente: sembravamo bambini dell'asilo. In più non avrei mai pensato che Harry potesse scherzare: mi era sempre sembrato uno stronzo che non sapesse nemmeno ridere, figuriamoci scherzare.

- Manuela! Da dove vengono queste brutte parole? - mi rimproverò sollevando il braccio in aria.

Già uno di fronte all'altra mi sovrastava tantissimo, se alzava anche il braccio avrei solo potuto prendere la scala per recuperare il telecomando. 
A meno che... 
Iniziai a fargli il solletico sotto l'ascella e, esattamente come avevo previsto, si piegò velocemente su sé stesso mentre la stanza veniva inondata dalle risate di entrambi: era una sensazione piacevole in fondo, quel sorriso poi era a dir poco meraviglioso. Continuai a fargli il solletico senza nemmeno accorgermene e finimmo entrambi sul letto continuando a ridere, possibile che sotto sotto fosse pure simpatico? Fino ad allora mi era sempre sembrato una specie di miraggio.







 

HARRY'S POV.

 

Non avrei mai pensato che quella ragazza si potesse dimostrare così: l'avevo sempre inquadrata in modo diverso, una specie di pazzoide cresciuta troppo lentamente. In quell'occasione, invece, si era dimostrata addirittura simpatica. Solo i ragazzi erano riusciti a farmi ridere così tanto, nessun altro ci era riuscito dalla mia rottura con Taylor... In più mi stavo sentendo, in un certo senso, fiero di me stesso: in fondo l'avevo fatta ridere a mia volta. Non mi piaceva vedere la gente piangere, non faceva parte del mio carattere: se vedevo qualcuno piangere dovevo aiutarlo/a, ero fatto così. Inoltre scommetto che i ragazzi sarebbe stati entusiasti: avevano cercato per tutto quel tempo di farci conoscere (e farci andare d'accordo) quindi se avessero assistito a quella scena ne sarebbe rimasti contenti, poco ma sicuro.
Dopo averle bloccato i polsi, non facendocela più di tutto quel solletico, ribaltai la situazione e iniziai a farla ridere: aveva un sorriso bellissimo... Continuando a pizzicarle sia i fianchi che la pancia, alla fine iniziai a ridere con lei fin quando non la sentii implorare:"Ti prego, basta! Non respiro!". Fu lì che decisi di darle tregua, rimandendo comunque sopra di lei per riprendere fiato dalle troppe risate; possibile che fossimo passati dal quasi prenderci per i capelli al ridere come fossimo amici di vecchia data? Quella ragazza era davvero piena di sorprese, fottutamente bella, con un sorriso fottutamente perfetto... già, e io stavo sparando cazzate dopo cazzate in un modo fottutamente ridicolo. 
Ero così preso da tutti quei pensieri stupidi che mi dimenticai persino della posizione in cui stavamo: non è molto decente stare sopra una ragazza (che tra l'altro non è neanche mia amica), sul letto... l'ho imparato per esperienza che non è una buona idea. Sembrò capirlo anche lei, viste le sue guance completamente rosse e la sua espressione imbarazzata e ci misi qualche minuto prima che un "Ehm..." da parte di entrambi mi facesse alzare completamente. 
Decisi di rifugiarmi in bagno, per evitare altre figuracce, e lì iniziai un po' a riflettere: e se l'angioletto avesse ragione? Se Manuela meritava davvero una possibilità? In fondo l'avevo giudicata senza nemmeno conoscerla bene, mi ero comportato un po' da idiota. Avevamo tutta la sera davanti, avremmo potuto conoscerci meglio e, per quanto il mio orgoglio non volesse ammetterlo, non mi sarebbe dispiaciuto conoscerla un po' di più: mi sembrava una ragazza piena di sorprese, pronta a fare cose incredibilmente inaspettate da un momento all'altro e questo mi incuriosiva. Sarebbe andato tutto secondo i miei piani se, al ritorno in camera, non l'avessi trovata addormentata. 
Stringeva forte un cuscino, come a voler abbracciare qualcuno, mentre il suo pigiamone arancione con i cagnolini bianchi, fin troppo grande per lei, la avvolgeva appena. Mi resi conto di aver sonno anch'io quando iniziai a sbadigliare senza sosta, motivo per cui decisi di sistemarmi accanto a lei per dormire un po'. Non so bene come mi spinse a farlo, ma all'improvviso pensai che potesse stare scomoda se avesse continuato ad abbracciare quel cuscino... Sapevo quanto era stanca, riuscendo a capirla benissimo, e per questo motivo le sfilai dolcemente l'oggetto tra le braccia prima che lo sostituisse a me. Scommetto che la mia espressione in quel momento fu di stupore assoluto, ma con il passare dei minuti mi accorsi di non provare nessun tipo di fastidio per quella stretta così ingenua. Con quel pensiero tranquillo crollai in un sonno profondo anch'io, abbracciato a quella che sarebbe dovuta essere la mia più acerrima nemica.




        
                     


                                                                       
 She's so fucking perfect... 




 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***











MANUELA'S POV.

Per una ragazza che soffre di insonnia, è sempre un'impresa riuscire a prendere sonno. Io ero una di quelle: abituata a svolgere i compiti, al tempo della scuola, alle 2 di notte, il mio sonno si era sempre più affievolito nel tempo. Spiegazione anche del fatto per il quale, specialmente la domenica, non riuscissi ad alzarmi prima delle 11-11 e mezza. Se aggiungiamo anche l'enorme quantità di incubi sempre presenti durante le mie nottate, posso tranquillamente confermare il mio spirito vampiresco.
Fu per tutti questi motivi che mi stupii moltissimo quando, la mattina successiva al nostro arrivo, mi svegliai perfettamente riposata: come quegli esseri mitologici nelle pubblicità dei cornetti e compagnia bella.
Accanto a me le lenzuola erano stropicciate, segno che Harry fosse già sveglio, mentre la stanza regnava in un silenzio quasi tombale. Non mi piaceva stare da sola, mi dava un senso di... solitudine.
La mattina, e sono sicura di non essere l'unica a pensarla così, era il mio momento più tragico: l'idea di dover essere svegliata dal mio sonno sacro mi rendeva estremamente acida, molto più del solito. Per questo motivo mi alzai con un grugnito prima di uscire dalla stanza. Non avevo la minima idea sul mio aspetto, potevo solo immaginare i miei capelli all'aria, ma non mi importava: i ragazzi mi avevano già vista in quello stato, più di una volta, e se Harry fosse rimasto scandalizzato alla mia vista, non avrei provato altro che un immenso piacere.
Scesi le scale con una delicatezza degna di un elefante e sarei anche riuscita ad arrivare alla cucina... prima che un Harry tutto indaffarato a reggere un vassoio pieno di roba, mi si parasse davanti. Stava portando la colazione a qualcuno, mh. In un'altra occasione lo avrei riempito di domande pur di scoprire a chi fosse indirizzato tutto quel ben di Dio ma, quella mattina, non ero proprio dell'umore adatto per "La piccola Investigatrice".

- Che cazzo stai facendo? - gli chiesi a braccia incrociate, prima che si accorgesse della mia presenza.

Gli feci prendere un bel colpo, considerando il mini infarto come reazione. Quanto godevo nel vederlo in difficoltà, mi dava una soddisfazione immensa.

- N-non stavi dormendo? - mi domandò sorpreso, non aspettandosi di trovarmi lì.

Chissà perché tutto quel panico... Mah.

- Ti sembra che io stia dormendo? No. Quindi, per il bene della mia pace interiore, levati di mezzo. - conclusi prima di dirigermi in cucina una volta per tutte.

Ve l'ho detto: io la mattina ero offline per tutti.





 
HARRY'S POV.

Non c'è sensazione peggiore che voler fare qualcosa di carino per una persona e poi essere criticato proprio da quest'ultima. Io, personalmente, non riuscivo a sopportarlo. Un solo gesto carino, uno solo: possibile che fosse finito tutto a rotoli in pochi secondi?
Quella mattina mi ero alzato abbastanza presto, godendomi a pieno i colori che i raggi del sole riflettevano dalla finestra: trasmettevano un senso di calore, nonostante fosse autunno inoltrato. Dalla piccola finestrella della nostra camera si poteva vedere tutto il paesaggio intorno alla villetta: alberi, alberi, alberi, paesino, alberi e cielo. Era tutto quello che ci circondava. Quel giorno il cattivo tempo aveva deciso di lasciarci un po' di tregua, facendosi sostituire da un sole non troppo caldo ma comunque piacevole: sarebbe stata la giornata perfetta per una scampagnata o cose del genere.
Appena sveglio, oltre a ciò che mi circondava, avevo subito notato anche Manuela accanto a me: rannicchiata stile riccio, stringendo le lenzuola come se avesse freddo nonostante le guance rosse. Era una visione troppo dolce, fin troppo per una ragazza come lei.
Non so bene cosa mi avesse spinto a fare le azioni successive, ma avevo iniziato a guardarla per circa 10 minuti senza un apparente motivo: mi andava semplicemente di farlo. Era così bella... Okay, basta. Sto seriamente esagerando.
Dopo essermi alzato una volta per tutte, cercando in tutti i modi di non disturbare il suo sonno, mi ero diretto in cucina per preparare la colazione. All'inizio ero intenzionato a prepararla per tutti, cosa che feci comunque, ma alla fine mi ero ritrovato a pensare di fare qualcosa di speciale per Manuela: in fondo, dovevo ancora farmi perdonare per la spallata che l'aveva fatta finire a terra. Ripeto, non so cosa mi avesse spinto a tutto ciò.
Fatto sta che mi ritrovai con un vassoio pieno di roba sopra, destinato a essere poggiato sul suo comodino. Sarebbe andato tutto per il meglio... se Manuela non mi fosse arrivata davanti, con un aspetto a dir poco spaventoso ma, allo stesso tempo, maledettamente tenero: aveva i capelli arruffati, soggetti più di una volta a una "grattatina" e gli occhi quasi completamente infossati dalle occhiaie. Agli occhi di un estraneo sarebbe sembrata una zitella impazzita, a me ispirava solo una grande tenerezza: come se avesse scritto in fronte "Ho bisogno di coccole".
Dopo essere stato scoperto, ormai afflitto dal piano non riuscito, lasciai il vassoio sul tavolino in salotto: sapevo che Niall lo avrebbe divorato prima o poi.
Salii al piano di sopra per cambiarmi, immaginando che Manuela fosse andata in bagno, e mi vestii con dei jeans stretti, una maglietta bianca e una camicia a quadri rossa sopra; gli stivaletti erano diventati un must. Per tutto il tempo non feci altro che pensare a quanto fossi stato stupido: come avevo potuto, anche per un solo attimo, pensare che le sarebbe piaciuto?
Stupido, stupido, stupido. 




 
MANUELA'S POV.

Dopo essere stata in bagno per "aggiustarmi" mi incamminai per il corridoio verso la mia camera e ci sarei anche riuscita... se non avessi incrociato Harry durante il percorso. Aveva un look molto semplice ma, allo stesso tempo, risultava perfetto anche con quella semplice camicia. Purtroppo però mi resi conto solo allora di un "minuscolo" dettaglio: con tutto quel ben di Dio che era, sarebbe stato bene anche con un sacco dell'immondizia addosso.
... E poi c'ero che io che assomigliavo a una patata.
Quando incrociò il mio sguardo dovetti combattere contro me stessa per non arrossire e alla fine, dopo tutti gli sforzi, mi sembrò di esserci riuscita: non volevo fargli venire in mente strane idee, io e lui non eravamo niente.
Non mi degnò di un solo secondo in più e, dopo avermi semplicemente notata, si chiuse in bagno come se non mi avesse mai vista. Meglio così, la situazione era rimasta indifferente.
Nessuno mi aveva ancora detto cosa avremmo fatto quel giorno: non avevo nessun tipo di informazione al riguardo. Per questo motivo, dopo 10 minuti buoni, decisi di mettermi delle cose abbastanza comode: Dr. Martens, short con calze nere velate, felpa, giacca pesante e beanie. Ero un po' più "accessoriata" del solito ma almeno ero andata sul comodo.
Decisi di tornare al piano di sotto, alla ricerca dei ragazzi, quando li ritrovai tutti insieme vicino alla porta. Voglio sottolineare il fatto che fossero tutti belli e pronti per uscire...

- E voi da dove uscite? - chiesi cautamente, scendendo gli scalini lentamente.

Si accorsero tutti della mia presenza e, dopo qualche minuto, Mara mi rispose sarcasticamente: - Secondo te? -. La risposta sarcastica me l'aveva appena servita su un piatto d'argento.

- Sono indecisa se dire: dall'uovo di Pasqua o dal culo di Grande Puffo ma, visto che non voglio offendere nessuno, scelgo dall'uovo di Pasqua - risposi con un sorrisino furbo in volto.

Mi divertivo quando i ragazzi cercavano di tenermi testa, ci provavo più soddisfazione quando alla fine non sapevano che rispondere.

- Sicura? L'accendiamo? - si intromise Zayn provocandomi.
- Sì, sono sicura. - esclamai alzando le braccia in senso di vittoria.

Sembravamo bambini dell'asilo, eppure era uno dei motivi per cui amavo i miei amici: conoscevano ormai fin troppo bene il mio animo infantile, motivo per cui mi aiutavano a essere sempre con la testa tra le nuvole.

- Brava, risposta esatta! Hai vinto £ 1,000,000! - esultò Louis correndo ad abbracciarmi.

L'ennesima cosa che adoravo dei ragazzi? La loro infinita voglia di coccole: volevi un abbraccio? Stai certa che ti avrebbero stretta a loro anche in piena notte. Louis poi... Lo consideravo un po' il fratello che non avevo mai avuto: avevamo una serie infinita di ricordi, esperienze incredibili ed era forse l'unico ad essermi stato davvero d'aiuto nel periodo più buio della mia vita, dove avevo rischiato di toccare il fondo molte volte. Per tutti questi motivi ricambiai la stretta con piacere, lasciandomi quasi cullare da quel bambinone così simile a me.

- Comunque, dove state andando? - chiesi rimanendo sotto il braccio del mio migliore amico.
Se avessero anche solo provato a lasciare me e Harry da soli, li avrei fucilati uno per uno.

- Stiamo andando a valle in un paese qui vicino, per vedere un po' che c'è. - rispose allegra Margaret sistemandosi gli scarponcini.

Il fatto che non mi avessero invitata un po' mi dava fastidio, ma in fondo eravamo lì per divertirci: meglio non pensarci.

- Vengo anch'io. - risposi decisa alzando le spalle.

Una passeggiata non mi avrebbe fatto male, soprattutto alle mie cosce, quindi perché non opprofittarne?

- Va bene, vai a chiamare anche Harry. - mi ordinò Niall infilandosi la giacca.

Salii di sopra con uno sbuffo, cercando di non fare rumore e sbirciai nel corridoio: nessun pericolo, potevo procedere. Mi sentivo molto James Bond...
Prestando molta attenzione allo scorrere dell'acqua in bagno, intuii che Harry si stesse ancora lavando. Approfittando della situazione, sempre cercando di non fare rumore, mi avviai in camera per prendere il cellulare: non so se si sia capito, ma le parole di Niall mi erano entrate da un orecchio e uscite dall'altro. Una volta di nuovo davanti ai ragazzi, tutti mi guardarono attendendo una risposta ma io preferii non dire niente.

- Allora, l'hai chiamato? - mi chiese Daniela, aprendo finalmente la porta.
- Sì, ma ha detto che non ha voglia di farsi un giro, pazienza. - inventai alzando le spalle come se niente fosse.

La vedetta ha un sapore così dolce...
Una volta fuori, chiudemmo la porta dietro di noi e ci avviammo verso il sentiero poco distante da noi. Un unico problema: era una discesa maledettamente ripida... Un passo sbagliato e potevamo rischiare di arrivare a valle rotolando.

- Scusate ma... come andiamo a valle? - mi lesse nel pensiero Liam, continuando a guardare il sentiero con una certa preoccupazione.
- Volando. - mi uscii spontaneo, cercando di rallegrare un po' l'atmosfera.
- Ha ha ha, dobbiamo ridere? - commentarono tutti insieme guardandomi con un sopracciglio alzato.

Mamma mia, che depressione...

- Quanto siete noiosi, possiamo usare i quod. - risposi infilando le mani nelle tasche della mia larga giacca verde muschio.

Quelle meraviglie erano state il mio pensiero fisso per quasi tutta la mattina, non vedevo l'ora di poterne guidare uno: non ci avevo mai provato, ma non sarebbe stato poi così difficile, no?
Le ultime parole famose...
Oh, buongiorno criceto.

- Quali quod? - mi chiesero incuriositi di nuovo tutti insieme.

Fino ad allora ero stata convinta che li avessero visti... che strano. Gli feci segno di seguirmi e mi diressi tutta contenta verso il garage sul retro. Una volta arrivati mi fermai davanti a quei gioiellini e li ammirai come una bambina di fronte a un negozio di caramelle: la vernice verde fluo brillava sotto il sole timido di quel giorno fino a farti chiudere gli occhi, sembravano chiamarci per fargli fare un giro. Oh yeah, baby.
I miei amici rimasero incantati quasi quanto a me a quella vista e non persero un secondo per accaparrarsene uno, il problema era il numero.

- I quod sono 5 quindi dobbiamo metterci a coppie. - osservò Liam, guardandosi intorno.

Il fatto delle coppie non mi preoccupava più di tanto: Harry non c'era = non c'era l'eventualità che fosse messo in coppia con me.

- Allora, facciamo così: io con Manu, Margaret con Mara, Liam con Niall e Louis con Zayn. - propose Daniela, sistemandosi dietro di me.

Tutti annuirono, compresa la sottoscritta, e ci dedicammo tutti all'allacciatura del casco: io mi ero scelta quello nero col teschio perché, con quel look, mi stavo sentendo tanto Avril Lavigne.

- Manu, vai tu per prima: il paesino è proprio in fondo alla valle, non possiamo sbagliare. - mi ordinò Mara, tenendosi alla schiena di Margaret.

Le feci un "Okay" con la mano e subitò partì un rombo di motori incredibile: ero trepidante all'idea di guidare quel quod, mi stavano fremendo le mani dall'emozione. Dopo essermi assicurata che Daniela si fosse aggrappata bene a me, uscii una volta per tutte dal quel garage e, dopo pochi secondi, ci fu impossibile trattenere delle grida di emozione: mi sembrava di avere le ali.
In fondo, chi non desiderebbe provare il senso della libertà?




 
HARRY'S POV.

Avevo appena finito di lavarmi quando iniziai a sentire uno strano silenzio: i miei amici, compreso Manuela, non erano mai stati dei tipi molto silenziosi... Fu questo uno dei motivi per cui decisi di cercarli un po' in giro. Potevano essere anche degli irresponsabili ma se ne sarebbero mai andati senza prima avvertire, ne ero più che certo.
Scesi le scale velocemente e, dopo aver controllato anche in cucina e in salotto, decisi di uscire fuori. Mi stava salendo un cattivo presentimento... In un lampo, l'immagine dei quod visti il giorno prima si fece spazio nella mia mente: per scendere avrebbero dovuto usare per forza quelli.
Corsi verso il garage sul retro ma, come avevo immaginato, ne trovai solo uno. Perché ero così convinto che dietro a tutto ci fosse una certa nanetta isterica?




 
                                                                                                                ******
 



 
MANUELA'S POV.


Il paesino ai piedi della montagna poteva essere ritenuto un classico: case abbastanza antiche, trattorie dall'aspetto molto rustico, una chiesetta di mattoni davvero molto graziosa anche all'interno... un posto semplicissimo abbinato perfettamente a tutto il contesto.
Avevamo passato la giornata camminando, correndo, ridendo a squarcia gola per le stradine, anche le più nascoste, del paese: ero più che sicura che i passanti ci considerassero bambini un po' cresciuti ma non ci importava. Verso l'ora di pranzo Mara, avendo esperienza, ci aveva trascinati in una trattoria davvero fantastica: un semplice piatto di pasta fatta in casa, risate e il tempo aveva letteralmente spiccato il volo.
Avvicinandoci all'inverno, le giornate avevano iniziato ad accorciarsi e le stelle stavano iniziando a fare capolino nel cielo: una cosa che a Londra, purtroppo, non era possibile ammirare... Stavamo camminando per lo stradone principale del paese, ammirando ogni bancarella che ci passasse davanti. Ce n'erano di tutti i tipi: dalla bigiotteria alla gastronomia, dagli accessori agli utensili per la casa.

- Allora, vi piace questo posto? - ci chiese Mara al mio fianco, con la mano perfettamente incrociata a quella di Zayn.

Non avrei mai ringraziato abbastanza la mia amica per aver organizzato tutto: per quanto amassi Londra, quel fine settimana all'aria aperta mi avrebbe rigenerata, ne ero più che sicura.

- Piacere? Io lo amo! - esclamai alzando lo sguardo verso il cielo.

Alla mia esclamazione si girarono parecchi passanti nella nostra direzione ma non mi importava: perché nascondere tutta quella sensazione di libertà? I ragazzi sorrisero divertiti a quella scena ma non dissero nulla, preferirono continuare a camminare in compagnia di quella leggera brezza serale alzatasi poco prima.
Tra le varie bancarelle, nonostante fossero tantissime, non ci fu niente che attirò completamente la mia attezione... finché non mi girai e mi trovai davanti a un intero tavolo pieno di braccialetti intrecciati. Nonostante Avril Lavigne fosse la mia idola, e avessi anche una sorta di spirito rockettaro, lo stile hippie riusciva a farmi impazzire: rappresenta quella libertà che a me non era mai stata concessa. I braccialetti, gli scaccia-sogni, le bandane, il segno della pace... tutti simboli assolutamente meravigliosi davanti ai quali la sottoscritta impazziva.
Per questo motivo decisi di correre a dare un'occhiata, allontanandomi dal gruppo. Sul piano, coperto da una sorta di coperta verde, braccialetti di tutti i tipi attiravano subito l'attenzione: da quelli più tendenti al giamaicano a quelli dell'amicizia, da quelli con qualche particolare in metallo a quelli fatti con una sorta di scooby-doo; ce n'erano davvero di tutti i tipi.

- Vuole comprare, signorina? - attirò la mia attenzione un uomo di colore, dall'altra parte del tavolo.
- Eh? Bhe.. sì, mi piace questo. - risposi, afferrando un bracciale azzurro con de rondini al centro.

Se le rondini non rappresentano la libertà, allora cosa poteva farlo?

- £ 10. - esclamò preparando già il sacchetto, non lasciandomi nemmeno il tempo per riflettere.

£ 10? Stava scherzando, vero?

- Cosa? Per un bracciale, £ 10? - chiesi sconvolta per la cifra decisamente troppo alta per un accessorio del genere.

Va bene la crisi, ma così mi sembra un po' esagerato.

- è argento puro. - cercò di convincermi, raggiungendomi.
- Sì, certo. E io sono il fantasma di Marilyn Monroe. - commentai sarcastica, rimettendo il bracciale dove lo avevo trovato.

Era bellissimo, non posso negarlo, ma non valeva la pena spendere £ 10 per una cosa del genere: non che fossi tirchia, ma avevo comunque imparato il valore del denaro. Stavo per tornare sui miei passi quando all'improvviso una mano mi afferrò i polsi con violenza; mi girai all'istante, rendendomi conto di avere quell'uomo di colore davanti, e il respiro iniziò a mancarmi.

- Senti. - pronunciò con durezza, guardandomi storto e continuando a stringermi sempre più forte i polsi. - Io bisogno di soldi quindi sgancia. -
- Metti giù le mani, idiota. Lasciami, mi stai facendo male! - esclamai più arrabbiata che impaurita.

Avevo subito un'esperienza del genere da piccola, fortunatamente all'epoca c'era stata mia madre affianco a me, e avrei saputo tranquillamente difendermi: l'unico problema erano i polsi, ormai doloranti, che non riuscivano a uscire da quella specie di morsa.

- Tu davvero carina... - affermò all'improvviso, iniziando a squadrarmi da capo a piedi più e più volte.

Ecco, in quel momento iniziai ad avere seriamente paura: si stava facendo sempre più vicino, sempre più pericolosamente alla mia faccia, mentre il mio viso diventava sempre più bianco dalla paura. Non avevo idea di cosa fare: avrei potuto urlare, esattamente come avrei potuto peggiorare la situazione. I ragazzi, purtroppo, ormai non riuscivo nemmeno più a vederli per quanto si erano allontanati. Mi sembrava di essere da sola con quel tizio, nonostante le poche persone lungo lo stradone: mi sentivo in trappola e, anche se stavo cercando con tutta me stessa di non farlo, una parte del mio cervello stava già iniziando ad elaborare le immagini di quello che sarebbe potuto succedere da lì a poco. E vi assicuro che non avrei mai potuto immaginare di peggio.

- Senti: se proprio tu non vuoi pagare, io dare a te bracciale gratis ma solo se tu fai brava. - continuò, avvicinandosi sempre di più mentre sul suo viso iniziò a comparire una sorta di ghigno a dir poco agghiacciante.
- Porca puttana, mi stai facendo male! - alzai la voce cercando in tutti i modi di scollarmelo di dosso.

Sentivo il suo respiro sempre più vicino e a ogni movimento in più da parte sua, una parte di me diventava paralizzata all'improvviso.

- Hai sentito che ha detto? Lasciala, testa di cazzo. - aggiunse una voce molto profonda, alle mie spalle.

Nonostante la paura che stavo provando in quel momento, riuscii a riconoscere quella voce chiaramente.

- Cosa vuoi tu? Non sono fatti tuoi, non stare facendo niente noi. - si giustificò l'uomo davanti a me, all'improvviso spaventato.

- Forse non ci stiamo capiti. - lo minacciò Harry, puntandogli un dito contro. - ti ho detto: lascia. In. Pace. La. Ragazza. -

Il tono con cui scandì quelle parole mi lasciò a dir poco senza fiato: non avrei mai pensato che sarebbe venuto proprio lui a salvarmi. Devo ammettere però che, per quando da un lato fosse strano, in un certo senso mi stavo sentendo importante: Harry, per quanto non andassimo d'accordo, rimaneva comunque uno splendido ragazzo e chi, tra noi donne, non vorrebbe essere salvata da uno così?

- Non vuole pagare. - continuò a giustificarsi il tizio di fronte a me, mollando leggermente la presa.

Se ne avessi avuto la possibilità gli avrei volentieri tirato uno schiaffo, come minimo, ma stavo iniziando a sentire le braccia sempre più deboli, piegate dal dolore causato dalla stretta.

- Cosa devi comprare? - mi chiese Harry, riacquistando per un attimo una certa tranquillità.

Se un secondo prima si era dimostrato addirittura pericoloso, il tono che stava usando nei miei confronti era quasi fraterno: come se non volesse spaventarmi ulteriormente. Meglio così: se mi avesse iniziato a urlare contro, gli avrei fato fare coccia a coccia con quel mezzo stupratore.

- Un braccialetto con gli uccelli di acciaio. - risposi alla domanda, cercando in tutti i modi di calmarmi.

In quello stesso momento, l'uomo davanti a me mi liberò finalmente i polsi e rabbrividii alla vista di un grande segno violaceo su uno di essi: non mi era mai successa una cosa così, mai.
Mi massaggiai lentamente il polso dolorante, senza farmi notare da Harry, per poi passargli il braccialetto incriminato: dopo tutto quello che era appena successo mi stava iniziando a non piacere più.

- Quanto vuoi? - si rivolse di nuovo al venditore, con un tono anche più brusco di prima.

Era incredibile quanto sapesse cambiare atteggiamento in così poco tempo: non era una cosa da tutti i giorni avere questo pregio. In più, non riuscivo ancora a capire il motivo per cui mi stesse difendendo con così tanta insistenza: in fondo, io e lui non eravamo nemmeno veri e propri amici.

- Ho chiesto £ 10 ma non vuole pagarmi. -
- Te ne do 5, vedi di fartele bastare. E ti avverto. - continuò a minacciarlo, afferrandogli il colletto del maglione. - Se ti azzardi a sfiorarla anche solo un'altra mezza volta, al posto dei bracciali ci sarà qualcos'altro, chiaro? -

Lì non potei fare a meno di guardarlo completamente scioccata: non riuscivo davvero a credere a cosa stesse succedendo. Continuai a guardare Harry con insistenza, aspettandomi forse che le risposte alle mie domande gli comparissero sul volto, fino a quando non lasciò le £ 5 nella mano del tizio, mollò la presa e mi strinse per un fianco aggiungendo un duro: - Andiamocene. -
Annuii ancora leggermente scossa e, una volta esserci allontanati, iniziai ad armeggiare con il bracciale per temporeggiare: si stava creando un silenzio fin troppo imbarazzante e, di guardarlo negli occhi, non ne avevo proprio l'intenzione. Sapevo però che, per quanto in quel momento non volessi, avrei dovuto ringraziarlo prima o poi: in fondo, mi aveva appena salvato da un possibile (quasi certo) stupro e questo gesto era molto più importante di qualsiasi tipo di rivalità presente tra noi, poco ma sicuro.
Camminammo uno accanto all'altro, in silenzio religioso, lungo lo stesso tragitto percorso dai ragazzi poco tempo prima.

- Che ti ha fatto? - chiese all'improvviso fermandosi davanti a me.
- Niente... - risposi con un po' insicurezza, coprendomi entrambi i polsi con la manica lunga della giacca.

Non volevo né la sua pena né altre preoccupazioni: mi aveva salvata, doveva bastargli.

- So che ti fa male, fammi vedere. - aggiunse con un tono di voce più tenero, forse per tranquillizzarmi di nuovo, prima di afferrarmi il braccio.

La prima cosa che notai fu la delicatezza con cui fece il tutto: nessun tipo di pressione, solo una stretta delicata e dolce, peggio del tocco di un bambino. Socchiusi le labbra non appena mi accorsi della sua sincera preoccupazione per l'accaduto e non potei fare a meno di fissarlo in ogni suo movimento: aveva azzeccato il polso dolorante alla prima botta... come diavolo aveva fatto?
Le guance mi si colorarono di un rosso acceso, senza nemmeno rendermene conto, mentre col pollice continuava a massaggiarmi il segno violaceo: sembra strano da dire... ma, nonostante lo stesse toccando, non stavo provando nessun tipo di dolore o fastidio. Mi aveva fatto male fino a poco prima, quel dolore non poteva essere passato in così pochi istanti... per questo motivo non riuscii bene a capire l'intera situazione, era tutto troppo strano: a partire dall'incredibile preoccupazione di Harry nei miei confronti fino a quella "guarigione" così instantanea dopo il suo tocco.

- Figlio di puttana. - sussurrò, continuando a passare le dita sulla mia pelle. - Vieni. -

Mi condusse davanti a una fontanella, prima di prendere un fazzoletto dalla tasca: sembrava tanto un fratello maggiore nei confronti della sorellina più piccola... Non avevo mai pensato al suo possibile "altro lato della medaglia", per questo ero rimasta, ed ero ancora, di stucco: era una sopresa bella però, un senso di segreto svelato stranamente piacevole...
Faceva così strano vederlo preoccupato per una come me.

- Con questo dovrebbe passare più in fretta il livido. - esclamò dopo aver tamponato leggermente il fazzoletto bagnato sulla macchia violacea. - Ti ha toccato da qualche altra parte? -
- N-no. - sussurrai ancora scossa dall'intera situazione.

Lo ammetto: ero molto più scossa per la preoccupazione di Harry, che della faccenda di per sé.

- Sicura? -
- Si, tutto okay. -

No, non è tutto okay: non se mi guardi con quell'espressione preoccupata, non se inchiodi quei fottuti occhi nei miei. Non è affatto "tutto okay".

- Uff... meno male. - rispose sorridendomi, visibilmente più tranquillo.

Non sorridere, coglione: Non. Sorridere.

- I ragazzi ci stanno aspettando. - affermai, incrociando le braccia in un momento di puro nervosismo.

Non avevo idea su come reagire alle sue possibili risposte o ai suoi possibili gesti: avevo la mente completamente annebbiata.

- Staranno aspettando te. Loro non sanno nemmeno che sono qui, colpa di una certa nanetta isterica che non ha voluto avvertirmi. - esclamò con le mani in tasca, iniziando a camminare.

Gli corsi dietro, cercando di mantenere il suo passo, mentre le mie guance stavano assumendo una tonalità di rosso pazzesco: non avevo idea di come fosse riuscito a capire tutto, facevo ancora fatica a crederci, ma non importò. In tutto il contesto stavo solo cercando di trovare il coraggio necessario per rivolgergli la domanda che mi avrebbe aiutata a togliermi ogni dubbio.

- Perché mi hai aiutata? - chiesi all'improvviso, senza riuscire a frenare la lingua.

Alla faccia che stavi cercando di trovare il coraggio!

Criceto, non è mica colpa mia.
Quella domanda lo lasciò un atttimo spiazzato: lo capii dalle sue sopracciglia sollevate. In effetti ero passata da un argomento all'altro in meno di un secondo, ma quella domanda non aveva fatto altro che torturarmi il cervello da quando era comparso: perché diavolo l'aveva fatto? Perché con così tanta insistenza?

- Sai com'è: non sarebbe stato bello assistere a uno stupro per strada. - la buttò lì, alzando le spalle, ma non degnandomi nemmeno di uno sguardo.

Oh, avrei dovuto aspettarmelo... avrebbe reagito così con chiunque: ero stata una stupida a pensare altro. Scossi la testa più volte, cercando di scacciare tutte quelle mini illusioni: perché, per quanto avessi cercato in tutti i modi di non farlo, qualche piccola illusione mi era venuta. Illusioni del tutto inutili.
Camminammo l'uno affianco all'altro in silenzio, senza nemmeno guardarci in faccia, fino a quando non raggiungemmo il parcheggio dei quod e, di conseguenza, i ragazzi.

- Finalmente sei arrivata, eh? - esclamò Daniela, venendomi incontro seguita da tutti gli altri. - Ci siamo preoccupati da morire, il cellulare è diventato un optional, vero? -

Farfugliai uno "Scusate" abbastanza credibile fino a quando l'attenzione non fu catturata da Harry, prima che Margaret chiedesse: - Harry, che ci fai tu qui? -. Non avevo ancora pensato a una possibile scusa, tanto meno parlato con Harry, e fu in quel momento che fui del tutto impreparata, ero convinta solo di una cosa: i ragazzi non dovevano sapere niente dell'accaduto, nemmeno una parola. Sinceramente, avevo bisogno di tutto tranne che di ulteriori pressioni.

- Mi sono fatto un giro per conto mio e sono andato a finire contro Manuela, prima di ricevere parole decisamente poco carine. - rispose ridacchiando, entrando perfettamente nella parte.

Schiusi le labbra, più sbalordita di prima davanti a quella sceneggiata, non riuscivo a crederci: mi aveva aiutata ben 2 volte di seguito, senza nemmeno pensarci. Quel ragazzo mi stava facendo fulminare il cervello, con ogni cosa che faceva.
Fu in quel momento che si girò nella mia direzione per guardarmi, come a volermi dire:"Tienimi il gioco." Avrei potuto aggiungere una frase al discorso, per confermare la sua tesi, ma non lo feci: rimasi impassibile.

- Direi che possiamo andare, ci siamo tutti ora. - affermò Zayn afferrando un casco rosso poggiato su un quod.

In pochi minuti tutti iniziarono a sistemarsi sui vari veicoli mentre io, sfortunatamente, ricomincai a sentire un leggero dolore al polso sinistro: non sarei riuscita a guidare, non in quelle condizioni. Però, allo stesso tempo, non potevo nemmeno dire la verità né a Daniela né agli altri: tutti gli sforzi di Harry per coprirmi sarebbero andati in fumo.

- Ti fa male, vero? - sentii una voce alle mie spalle, in un sussurro da far salire i brividi lungo la schiena.

Cercai, con tutti i miei sforzi, di mantenere i nervi saldi: per questo motivo non riuscii a spiegarmi subito il mio successivo: - Un po'... -. Non mi lamentavo mai per dolori fisici o morali: mi facevo sempre i fatti miei. Per quale assurdo motivo mi erano appena uscite quelle parole di bocca?
Cercai in tutti i modi di rimediare all'errore appena commesso, aggiungendo un: - Però credo di poter guidare. - ancora un po' incerto. La situazione mi stava sfuggendo di mano, non riuscivo più a controllare nessuna parte del mio corpo e la cosa mi stava spaventando parecchio.

- Non ci pensare nemmeno. - concluse il ragazzo accanto a me, raggiungendo la mia "passeggera". - Dada, ti va di guidare? -

Sperai con tutta me stessa che non iniziasse a fare troppe domande ma, al suo: - Sì, va bene. - in risposta, mi rincuorai. Raggiunsi il quod a piccoli passi, cercando di non incontrare lo sguardo di nessuno dei presenti, e successivamente mi sistemai alle spalle di Daniela, pronta a partire.
I rombi degli altri quod mi riempirono le orecchie, subito dopo Margaret e Mara aprirono la strada agli altri.
Rivolsi uno sguardo a Harry di sfuggita, grande cazzata.
Me ne pentii solo quando mi guardò intensamente di rimando: i suoi occhi non sembravano celare nessun messaggio... eppure avevano un qualcosa di estremamente attraente, peggio di una calamita. Non avevo mai visto occhi così, in 19 anni della mia vita.

- Sistah, mettiti il casco. - mi raccomandò Daniela, girandosi leggermente nella mia direzione.

Scossi la testa un paio di volte, ancora leggermente frastornata, e fui costretta a sbattere anche le palpebre più velocemente: nel mio capo visivo ormai c'era solo quel verde.
Non va bene, non va assolutamente bene...
Nei minuti successivi mi ritrovai aggrappata alla vita della mia amica lungo quella salita così ripida, con il pensiero di Harry ancora inciso nel cervello e quel verde ancora davanti agli occhi.
Il risentimento per non averlo nemmeno ringraziato aveva preso il sopravvento, tanto da farmi girarmi per un nano secondo non appena partite: se ne stava lì, a fissarmi intensamente, in un espressione ben studiata a non lasciar trasparire nessun tipo di emozione. Furono proprio quei lineamenti così duramente studiati a farmi girare di nuovo verso la schiena di Daniela: non sapevo cosa fare, nel vero senso della frase. 




 
HARRY'S POV.

In quell'intero pomeriggio riuscii a rendermi conto della probabile esistenza del destino: la colazione non era andata bene e, anche se all'inizio non ci avevo fatto caso, successivamente mi resi conto che forse doveva andare proprio così.
Se Manuela non mi avesse escluso dall'uscita, forse non sarei mai riuscito a evitare l'inevitabile.
Chiunque al mio posto avrebbe cercato di aiutarla da quella mezza specie di maniaco, chiunque sarebbe intervenuto: eppure perché questa mi sembra così tanto, sempre di più, una fottutissima scusa?
Non appena l'avevo notata in mezzo a quelle poche persone, bloccata dalla presa di quel tizio di colore, non ci avevo davvero visto più: mi ero sentito come se mi fosse appena esplosa una bomba nel cervello, in modo da farmi saltare ogni nervo presente nel mio intero corpo. Il resto era venuto da sé: le minacce, il dito puntato, gli sguardi omicidi più duri che avessi mai lanciato a qualcuno....
Ripensando a tutte quelle cose, mi venne quasi da ridere: sarebbero state azioni giustificate se Manuela fosse stata la mia ragazza, ma non in quel caso. Non ero ancora perfettamente a conoscenza del rapporto tra me e quella nanetta isterica: era troppo difficile da spiegare a parole.
Fatto sta che mi ritrovai a pensare, per forse troppo tempo, all'intero accaduto: al fastidio provato non appena avevo visto altre mani posarsi sul suo corpo, alla preoccupazione dovuta ai suoi occhi così spaesati e confusi.... Tutti atteggiamenti che non riuscivo ancora a spiegarmi, sembravano non avere una possibile soluzione.
Per quale motivo non ero intenzionato a girarmi durante la nostra camminata verso il parcheggio? Semplice: guardandola negli occhi, avrei rischiato di sicuro di rimanerci fregato. Non volevo di certo ripetere l'accaduto del giorno prima, mica ero scemo.
Avevo subito intuito che le proccupazioni dei ragazzi sarebbero state solo di'intralcio, considerando la sua espressione ancora leggermente sconvolta, e per questo motivo avevo deciso di fare un passo avanti. Non confidavo molto nella possibilità di ringraziamenti da parte sua, motivo per cui mi irrigidii quando la vedi girarsi verso di me con un'espressione quasi colpevole.
Avevo imparato a nascondere tutto dentro di me, a coprire tutto con una sorte di espressione dura usata semplicemente per trattenere tutto: per non far fuori uscire emozioni ancora troppo deboli per poter combattere con il mondo esterno e con altre persone. 



 
                                                                                                                  ******
 



 
- Harry... -

Per poco non mi cadde un bicchiere di mano. Quella fottuta voce...

- Infortunata! Come va? - la buttai sul sarcastico, cercando in tutti i modi di nascondere un sorriso da ebete.

Sarà stato per quel tono così stranamente dolce, o per circostanze a me sconosciute, ma non potei fare a meno di trattenere un sorriso sincero.

- Ecco, io... - iniziò titubante, staccandosi dallo stipite della porta. - Volevo... ringraziarti. -

Avevo capito da subito quanto fosse orgogliosa, lo si poteva capire dalla prima occhiata. Per questo motivo per poco non sgranai gli occhi quando sentii quelle parole: stava davvero dicendo quelle cose a me? A me? Sul serio?

- E.... Di cosa? - risposi sistemando il bicchiere nella mensola.

Mi stavano tremando le mani dalla curiosità: veder cadere quella maschera di orgoglio, anche se solo per un secondo, sarebbe rimasta una conquista impagabile.

- Per tutto quello che hai fatto oggi: per avermi salvata da quel tizio, per avermi messo il tuo fazzoletto sul polso, per avermi coperta con i ragazzi... - continuò, lasciandosi impossessare dall'imbarazzo.

Ci stavo provando un gusto enorme, mi sentivo Dio sceso in Terra.

- Tranquilla, avrei risparmiato a comunque un tale stupro per strada: troppo disgustoso. - ironizzai piegando la tovaglia, cercando in tutti i modi di sembrare credibile.

La verità? Quelle parole erano sembrate, perfino per il sottoscritto, un'enorme cazzata: non potevo essere tranquillo, tanto meno credibile. Non davanti a lei, non davanti a quelle sfere nere che le erano state donate al posto degli occhi.

- Manu, io... - pronunciai, prima di girarmi e ritrovarmi completamente solo nella stanza.

Mi diressi a passi lenti verso il salotto, sbuffando leggermente per tutte quelle emozioni strane, finché non mi trovai davanti a una scena dolce e comica allo stesso tempo: Niall e Daniela erano sotto un plaid e dormivano abbracciati, Mara e Zayn erano seduti ai piedi del divano e Mara dormiva con la testa sulla spalla di Zayn, Margaret e Liam erano completamente sdraiati sull'altro divano e si tenevano per mano e poi c'era Louis, che rovinava tutto dormendo a testa giù e con la bocca aperta.
Augurai a tutti un "Buonanotte" sussurrato prima di spegnere la luce e salire al piano superiore: non avevo idea di cosa avrei potuto dire a Manuela, non ero più sicuro di niente. il mio corpo e la mente si erano coalizzati per farmi diventare completamente impotente.
Una volta entrato nella stanza decisi di non accendere la luce: la cosiddetta "nanetta" era girata verso la finestra, impegnata forse a dormire. Decisi di non volerla disturbare e, dopo essermi messo il pigiama, mi sistemai al suo fianco.
Cercai in tutti i modi di prendere sonno... ma se la tua mente è troppo piena di pensieri contrastanti, come potrà mai venirti un briciolo di sonno?



            
          

                                                                 Are you ok?! 



Spazio Autrice: HI belle bimbe! Allora iniziamo subito: prima di tutto volevo scusarmi con voi per averci messo anni a scrivere questo capitolo. Mi giustifico dicendo che non avevo ispirazione e ho buttato ben 3 fogli con idee che prima mi sembravano carine ma poi si sono rivelate un po'... schifose. Come potete notare c'è un banner! Alleluia, eh? Questa meraviglia è stata creata da una ragazza simpaticissima e bravissima a disegnare di nome Sara, che mi è stata molto utile sia per questo banner sia per quello de "Il coraggio di sognare".
Domande del giorno: (a parte cosa ne pensate del capitolo) qual è il momento più bello secondo voi? Quale completo ve gusta di più? :) a me questo capitolo piace molto *-* e mi piacerebbe sapere che ne pensate tramite una recensione più lunga di 10 parole <3 grazie dell'ascolto. Mamma mia mi sento come una giornalista del Tg5... alla prossima ;)
Peace and Love <3
Xx Manuela





Il completo di Manuela:






Il completo di Daniela:






Il completo di Margaret:






Il completo di Mara:



 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***



                             



 
 
MANUELA'S POV.

 
- Manu! Il treno non aspetta noi! - 
- Se me lo ripetete di nuovo, giuro che vi ci faccio salire a calci in culo! - 

Il weekend di pace era finito, ci trovavamo a lunedì... e tutti magicamente si erano risvegliati col ciclo. 
Sia i ragazzi che le ragazze quella mattina si erano svegliati tutti arizilli, fin troppo, e perché? "Perché se perdiamo il treno siamo fottuti!". Erano come minimo dieci volte che mi stavano chiamando, dieci volte in cui puntualmente rispondevo con almeno una parolaccia in ogni frase. Ero nervosa anch'io, parecchio, ma non per la loro stessa ragione loro: ero nervosa per le mancate ore di sonno. 
La sera prima, dopo aver ringraziato Harry, non ero riuscita a dormire nemmeno per cinque minuti... tutta colpa sua. Sua e della sua presenza nel letto, accanto a me. Non ero abituata a dormire con qualcuno ma, per quanto il mio criceto cercasse di giustificarsi in questo modo, sapevo perfettamente che non fosse quella la ragione. 
La pura e semplice verità: dopo una notte passata tra le sue braccia, il solo pensiero di dover dormire culo contro culo mi aveva tormentato la testa fino a quella mattina. 
Se si aggiungevano anche le urla dei ragazzi, bhe: tra non molto avrei potuto tranquillamente camminare per strada rivolgendo entrambi i medi alzati a chiunque avessi incontrato, bambini e cani compresi.  
Chiusi l'ultima cerniera del borsone sbadigliando ma, una volta lungo le scale, non feci in tempo nemmeno a mettere a fuoco la situazione: Liam mi aveva appena afferrato il polso, facendomi quasi volare per quei pochi scalini che stavo per scendere. 
Iniziavo a sentire le guance rosse e calde e, statene certi, l'imbarazzo o il caldo non c'entravano niente. 

- Dobbiamo sbrigarci, il treno non aspetta noi! - strillò Louis come una femminuccia, per la centesima volta.

Lui già aveva la voce acuta, se si impegnava in questi acuti avrebbe potuto tranquillamente spaccare i vetri. 

- Allora: mettiamo in chiaro una cosa, okay? Se qualcun altro, chiunque sia, si azzarda a urlare ancora... Vi do così tanti calci in culo da farvi diventare il didietro quadrato, a tutti quanti! - sbottai furiosa, sbattendo un piede a terra. 

Non avevo la minima intenzione di immaginare la scena da un altro punto di vista: mi sarebbe uscito il fumo dalle orecchie per la rabbia. Non appena misi le cose in chiaro, tutti mi guardarono con un sopracciglio alzato: sembrava avessero a che fare con un alieno. 

Ma che minchia avete da guardare?

- Sistah, calmati o ti si alza la pressione. – mi consigliò dolcemente Daniela, avvicinandosi per accarezzarmi il braccio.

Mi stavano palesemente prendendo in giro, non stava succedendo davvero... non potevo avere amici così idioti, diamine. 

- ... Alla fine sono io la nervosa? - chiesi chiudendo gli occhi, cercando di non saltare addosso a nessuno.

Non sapevo esattamente come mi stesse trattenendo in quel momento, sapevo solo che, se mi avessero detto anche solo un'altra parola, li avrei presi a schiaffi uno per uno. 

- Mi state dicendo che, dopo tutte le vostre urla, quella nervosa sono io? - continuai, sospirando rumorosamente per calmarmi ulteriormente. - Sapete che vi dico? Se avete il ciclo, cazzo, non prendetevela con me! -

Mi avviai a grandi passi fuori dalla casetta ma, prima di uscire, un Harry tutto sorridente, e con il borsone in spalla, mi si parò davanti esclamando un allegro: - Buongiorno, Puffa. -.

- Non mi rompere i coglioni. - risposi brusca, superandolo con una mini spallata per poi dirigermi in mezzo agli alberi, dalla parte opposta alla discesa. 

Mi ero appena dimostrata maleducata, soprattutto agli occhi dello spilungone, ma non mi importava: mi ero svegliata di mal umore e i ragazzi, forse senza volerlo, avevano peggiorato solo la situazione. 
 
 
 
 





HARRY'S POV.


Ci stavo provando. Giuro, ci stavo davvero provando ad andare d'accordo con lei, per far contenti tutti, ma come si fa ad essere amorevoli davanti a una così? Perfino un santo perderebbe la pazienza, prima o poi.
Avrei potuto capire se si fosse svegliata di cattivo umore, quella mattina era successo anche a me, ma il fatto che lei si comportasse in quel modo praticamente 24 ore su 24... bhe, mi stava facendo preoccupare e innervosire allo stesso tempo. 
Mi girai verso i ragazzi con un'espressione stralunata prima di chiedere esasperato: - Si può sapere che si beve, insieme al latte, la mattina? - 
Sia i ragazzi che le ragazze alzarono le spalle, forse già abituati a queste scenate, e fu Louis a rispondermi: - E chi lo sa, certe cose l'uomo non le capirà mai: lei è una di queste. - 
Non potei fare a meno di dare ragione al mio migliore amico e, dopo aver chiuso la porta di casa a chiave, ci riunimmo in cerchio per cercare una strada alternativa a quella discesa così ripida che ci si presentava davanti: mi sentivo molto Dora l'Esploratrice
Come se mi avessero tutti letto nel pensiero, l'intero gruppo decise di mettere Liam al comando e alla fine optammo per una stradina alternativa che poi avrebbe dovuto ricollegare al sentiero verso valle. Sarebbe andato tutto bene... se Mara non si fosse azzardata a domandare: - Okay, ma Manu? -. C'era uno strano silenzio in giro, stranamente, ma non avevo intenzione di andarla a ripescare in mezzo al bosco: mi aveva già fatto innervosire abbastanza quel giorno. 

- Oddio, che palle. È mai possibile che per colpa sua arriviamo sempre tardi? - sbraitò Margaret, sbuffando rumorosamente. 

La sola idea di arrivare tardi o, peggio ancora, perdere il treno mi stava facendo ribollire il sangue nella vene: sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. 

- Qualcuno deve andarla a cercare. - esclamò Louis, sotto un leggero annuire generale. 

Mi abbassai un attimo per scrollare un po' di fango secco dagli stivaletti ma, quando mi rialzai, mi trovai gli sguardi di tutti puntati addosso: iniziavano a farmi sentire a disagio... 

- Che avete da guardare...? - chiesi con un po' di incertezza, guardando tutti con un sopracciglio alzato. 
- Una mezza hippie ha sentito il richiamo della natura, chi meglio di te può andarla a ripescare? - rispose sarcastico Zayn, avvolgendo un braccio intorno alle spalle di Mara.

Oh, no: era fuori discussione. Non avevo la benché minima voglia di infangarmi ancora di più solo per quella nana squilibrata; che trovasse anche da sola la strada o, meglio ancora, che perdesse direttamente il treno. 

- Non ci pensate nemmeno, che tornasse da sola. - ribattei secco, sistemandomi meglio il borsone in spalla.

Avrei voluto continuare a fare la parte dell'orgoglioso ma, per quanto quel briciolo di dignità rimasta continuasse a ripetermi di non mollare, alla fine dovetti cedere sotto gli sguardi di tutti: litigare con loro era l'ultima cosa che volevo, soprattutto quel giorno. Prima di avviarsi verso la stradina alternativa, Daniela mi informò della partenza: avevo solo tre quarti d'ora per trovare Manuela, tornare in stazione e salire sul treno. Sarebbe stata un'impresa ardua, ma ci avrei come minimo provato solo per i miei amici. 
Con questa convinzione ancora in testa mi avviai nella direzione opposta alla loro, in cerca di qualcuno che avrebbe potuto essere considerato un tesoro... ma che invece, per me, rappresentava solo un'enorme presa per il culo. 
 
 


 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                    *******


 
 


 
Buona parte del tempo a disposizione la "sfruttai" spostando rami, camminando per cespugli di ortiche, evitando pozzanghere di fango e il tutto per quale motivo? Per cercare una hippie mezza matta che, di sicuro, ci provava gusto a farmi esplodere ogni singolo nervo presente nel corpo. Persi il conto di tutte le volte in cui mi punsi con foglie d'ortica ma, stranamente, una minima parte di me non stava vedendo la situazione come "fastidiosa": mi sembrava di star partecipando a una sorta di caccia al tesoro. L'unica differenza era che non stavo cercando un tesoro, bensì Manuela. 
I miei piedi, al contrario, non si stavano affatto divertendo. Un altro, al posto mio, se ne sarebbe già andato da un pezzo ma io no: volevo riportare Manuela su quel fottuto treno, a qualunque costo. Dovetti lottare contro me stesso per non ammettere che, purtroppo, stavo iniziando anche a preoccuparmi di dove fosse finita: avevo avuto un assaggio della sua reazione alla vista di un serpente e iniziai a provare ansia al solo pensiero che sarebbe potuto succederle qualcosa di brutto. Non conoscevo il motivo di tutta quella preoccupazione, sapevo solo che la stavo provando, ma non lo avrei mai ammesso ad alta voce. 
Mi fermai per un attimo, già esausto, e dovetti fare i conti con la realtà: mi stavo altamente rompendo i coglioni. Sarei di certo tornato indietro se non avessi sentito un improvviso: - Scoiattolo di merda, io ti voglio accarezzare e tu mi mordi. Ma vaffanculo. - alle mie spalle. Quella voce, esattamente come quella finezza, poteva appartenere a una sola persona e no: Tarzan non abitava lì. 
Sospirai sollevato all'istante e, senza perdere nessun altro minuto, mi diressi a passo spedito in direzione di quella voce. La scena che mi si presentò davanti mi fece calmare leggermente: Manuela, seduta su un ramo abbastanza basso di un albero, intenta a stringersi un indice con l'altra mano. Per quanto stronza possa risultare questa frase, una cosa c'era da dire: quello scoiattolo, da quel momento in poi, avrebbe avuto tutta la mia più totale, profonda e sincera stima. 

- Allora sei viva!  - esclamai avvicinandomi, attirando in un attimo la sua attenzione.

Non appena di girò verso di me, i suoi lunghi capelli castani sembravarono volteggiare nel vento: somigliava molto a una modella per la pubblicità dello shampoo. 

- Non eri tu quello che voleva che mi perdessi per strada, quando siamo arrivati? - mi domandò in risposta, rivolgendo di nuovo l'attenzione verso il suo dito leggermente sanguinante. 

Stava facendo riferimento alla mia frase sarcastica alla stazione, nel momento in cui avevamo messo piede qui, ma la cosa che mi soprese di più fu il fatto che se lo ricordasse: a quanto pare non era poi così svampita come voleva far credere. 

- Sì, ho la memoria lunga. - continuò, non guardandomi ancora negli occhi. 

Quella ragazza stava diventando inquietante, sul serio. Allo stesso tempo, però, non vedevo l'ora di sedermi su quel maledetto sedile per tornare a casa. Lasciando cadere le braccia lungo i fianchi le domandai un sarcastico: - Preferisci aspettare che escano i personaggi di Teen Wolf, e quindi far preoccupare ancora di più i ragazzi, o tornare a Londra? -, per poi appoggiarmi con una spalla al tronco dell'albero dove era seduta. 
Non appena sentì le mie parole, si girò a tutti gli effetti verso di me e lasciò ciondolare le gambe; dopo qualche minuto rispose alla mia provocazione con un sopracciglio alzato, in un'espressione di pura sfida: - Tralasciando il fatto che Scott, Derek e compagnia bella sono in America e non qui, davvero guardi Teen Wolf? Io, al tuo posto, inizierei a farmi qualche domanda sul mio vero orientamento sessuale. - 
In quel momento non riuscii davvero a crederci: nemmeno i ragazzi erano mai riusciti a tenermi testa così, come poteva riuscirci una... femmina? Mi stavo giocando quel briciolo di dignità rimasta, ammettendolo... ma cazzo, mi aveva appena chiuso. Ridacchiai di gusto, non sapendo in che modo riattacare, ma mi uscii spontaneo un: - Ehm... - molto incerto. Sapevo che, qualunque cosa avessi detto, lei mi avrebbe sempre messo a tacere, sempre. 

- A parole tue, tranquillo. – scherzò, lasciando spazio ad un piccolo sorriso.

Rimasi a fissare la sua fossetta per qualche minuto di troppo e, senza nemmeno rendermene conto, le rivolsi un sorriso sincero: quando voleva lei, sapeva anche essere simpatica. Questo non faceva di noi due amici, ma, se avessimo continuato così, saremmo anche potuti diventarlo. 
Quando ricambiò di nuovo il sorriso, mi resi conto di trovarmi in un momento davvero imbarazzante: avrei dovuto dire altro? Quella fossetta mi sembrava abbastanza, non serviva complicare di nuovo le cose. In un gesto istintivo, afferrai il cellulare per controllare l'ora e sgranai del tutto gli occhi quando un enorme 12,45 mi si parò davanti. Okay, mi ero dimenticato del treno e dei ragazzi per una stupida fossetta: grandioso. 

- Che c'è? Il tuo orologio da un milione di sterline si è fermato? - continuò a scherzare Manuela, come se niente fosse.

Dopo aver rimesso il cellulare nella tasca, la presi subito per i fianchi per poi farla scendere: i ragazzi ci avrebbero ucciso, ne ero sempre più convinto. 

- E tutta questa confidenza? - domandò con le braccia incrociate sotto il seno prima che, in un'azione di mezzo secondo,
non le afferrai una mano per iniziare a correre. 

I nostri borsoni non facevano che sbattere in continuazione sulle nostre gambe ma, in quel momento, risultò il mio ultimo pensiero: volevo solo arrivare a quella maledetta stazione. Manuela sembrò capire abbastanza in fretta l'intera situazione, grazie al cielo, e mi stupii tantissimo quando notai la sua incredibile velocità: per essere una ragazza di appena un metro e sessanta, correva davvero veloce. 
Non appena tornammo sul sentiero principale, mi sentii leggermente più sollevato: da lì si poteva vedere il paesino a valle e, di conseguenza, la stazione. Eravamo ancora molto in alto rispetto alla zona urbana ma non mi persi d'animo: per questo motivo strinsi ancora di più la piccola mano di Manuela e riniziai a correre insieme a lei con tutta l'energia che avevo in corpo. 
 
 
 
 




MANUELA'S POV.


In tutta sincerità? Il fatto di dover correre, mano nella mano, con Harry per raggiungere una stazione... non mi sarebbe mai saltato nemmeno per l'anticamera del cervello. Eppure ero lì, con i muscoli a fuoco, e le guance di un rosso fin troppo acceso: un po' per lo sforzo, un po' per la forte stretta del ragazzo accanto a me. Era stato carino a cercarmi, nonostante tutto, e in più avevo trovato un ottimo motivo per essergli amica: guardava Teen Wolf, gente. 

Derek è mio, sia chiaro. 

Va bene, criceto: io mi prendo Scott, se proprio insisti. 
Non appena varcammo l'entrata della stazione, avrei voluto tirare un sospiro di sollievo ma una potente voce metallica me lo impedì quando disse: - Il treno diretto a Londra è in partenza sul binario 2. –.
Sia io che Harry stavamo andando nella più completa confusione: non facevamo altro che guardarci intorno, come se se aspettassimo che quel maledetto aggeggio ci apparisse davanti. Una parte di me non faceva altro che scalpitare, volendo urlargli contro un "è tutta colpa tua!" ma non potevo: ero stata io la causa di tutto, sarei stata patetica se avessi incolpato qualcun'altro. Continuammo a far vagare lo sguardo nel vuoto, finché una dolce vocina non esclamò: - Scusate, quello è il vostro treno? -. Mi girai di scatto verso uno dei tanti binari, ringraziando subito dopo la dolce bambina dalle lunghe trecce bionde che ci aveva appena avvertiti, e afferrai la manica della camicia di Harry senza pensarci: eravamo davvero vicini, non avrei sopportato di perdere. 
Il treno stava iniziando a muoversi, mentre noi non facevamo altro che correre in quella direzione. Era stata colpa mia, toccava a me rimediare.

E ora si fa alla maniera di Manuela. 

- Ehi, ferma! Lo abbiamo perso, ormai! - iniziò ad alzare la voce Harry, cercando di fermarsi.

Continuai a strattonarlo, costringendolo a correre, e non mi fermai neanche quando sentii un: - Sistah! - da uno dei finestrini. Rivolsi una sorta di occhiolino a Daniela, superando il suo vagone più fretta che potessi, prima di ritrovarci davanti al limite del tratto percorribile: ci rimaneva una sola da fare e non stavo provando nessun tipo di paura, solo adrenalina pura. Iniziai a guardare il treno passarci accanto, sempre più veloce, fin quando non afferrai saldamente la mano di Harry: era una bella sensazione, ma non avevo tempo per pensare ai miei sentimenti. 
Non appena anche l'ultimo vagone ci superò, saltai direttamente sul binario, facendo saltare qualche sassolino intorno alle mie Converse: inutile dire che tutte le altre persone, compreso il ragazzo accanto a me, mi guardassero con la bocca a dir poco spalancata. 

- No... Oh, no: è una totale pazzia! - mi urlò contro, in un'espressione a dir poco rabbiosa. 
- Senti, gambe lunghe. - risposi minacciosa, perdendo del tutto la calma. - Non ho corso con te, mano nella mano, per niente. Okay? Quindi, ora, o stai zitto o ti faccio finire al posto delle ruote del treno che stiamo per rincorrere. Chiaro? -. 

Continuò a guardarmi sconvolto per qualche altro minuto, non sapendo nemmeno lui cosa dire o fare: voleva tornare a casa come me, ma stava comunque ragionando sulla pazzia che stavamo per compiere. Da un lato, lo capivo: chi mai oserebbe rincorrere un treno in corsa? 
Fatto sta che, forse per tranquillizzarlo, mi scappò un mezzo sorriso: mi stavo rendendo conto della minaccia che gli avevo appena urlato contro, e stavo iniziando  ad accorgermi di dover essere risultata un specie di maniaca ai suoi occhi. Avrei voluto spronfondare. 
Iniziai ad arrendermi, non notando nessun segno di risposta da Harry, ma mi salì un brivido lungo la schiena quando mi strinse con più forza la mano per poi sorridermi a sua volta: quelle fossette ai lati della bocca avrebbero dovuto essere illegali. 
Rimasi senza parole quando iniziò a correre, con me al suo fianco, cercando di rincorrere quel treno che stava prendendo sempre più velocità: sarebbe stato rischioso e a dir poco assurdo, ma, stranamente, mi resi conto di non voler vivere quell'esperienza con nessun altro sul pianeta Terra se non con lui. 
 
 
 
 





HARRY'S POV.


Nemmeno nei miei sogni più selvaggi avrei mai immaginato una tale pazzia: stavo correndo sui binari, dietro un treno in corsa, mano nella mano con una nanetta isterica. La cosa ancora più incredibile e strana? Se all'inizio avevo osato negare davanti a una così grande avventura, in quei momenti non feci altro che sentire adrenalina pura scorrermi all'interno delle vene: sarei sempre stato l'ultimo a fare una cosa del genere, eppure ero lì. Non appena Manuela mi aveva letteralmente trascinato su quel tratto sassoso, le gambe avevano iniziato a tremarmi: un po' per la fatica e un po' per il terrore di dover essere coinvolto. 
Ma era bastato solo un attimo a farmi cambiare idea: quell'attimo dove intravidi quella fossetta così tenera sulla guancia. In un certo senso, stava cercando di darmi un po' di fiducia: lei, che ci metteva anni a donare un solo briciolo di fiducia. 
Mi ero sentito uno dei ragazzi più fortunati della Terra, al solo pensiero che quel sorriso fosse rivolto a me. 
Fu questa la principale ragione per cui le strinsi la mano e le sorrisi di rimando: avrei avuto altri momenti e altre circostanze per fare il noioso, ma non lì.  
Continuammo a correre senza sosta per un tempo che mi sembrò non finire mai, sentendo i muscoli a fuoco e il respiro sempre più affaticato, finché il mezzo davanti a noi non sembrò fermarsi. Non avevo idea delle conseguenze che ci sarebbero state ma non mi importava: dovevamo prendere quel treno, a qualunque costo. Non appena notammo il capotreno venire verso di noi, sia io che la ragazza accanto a me poggiammo le mani sulle ginocchia per riprendere fiato mentre un sacco di gente cercava di affacciarsi ai finestrini per vedere cosa stesse succedendo.

- Si può sapere qual è il vostro problema?! - ci urlò contro l'uomo in divisa davanti a noi. - Vi sembra divertente rincorrere un treno?! Potevate ammazzarvi! - 

Avrei voluto rispondergli a tono, per cercare di farlo calmare, ma mi uscii solo un lieve: - La prego, dobbiamo salire su questo treno... - dovuto al troppo sforzo. 
Avrebbe continuato a urlarci contro se Manuela non lo avesse afferrato per il colletto della camicia, con fare molto minaccioso, e non gli avesse spudoratamente detto: - Senti, ciccio: abbiamo corso peggio di Flash dalla cima della montagna, ci siamo tenuti per mano, stavo per mandare a fanculo una bambina e non mi sento più le gambe. Tu ora ci fai salire, okay?! -.
I passeggeri stavano guardando la scena divertiti, facendoci anche delle foto, mentre il capotreno non faceva altro che guardare spaventato la ragazza che lo teneva ancora stretto: non avrei saputo dire se la scena fosse comica o meno. 

- Avete i biglietti? - ci chiese infine, scatenando un applauso da tutti, e facendo fuoriuscire un sospiro di sollievo sia da me che da Manuela.

Dieci minuti dopo, grazie al cielo, eravamo seduti ai nostri posti e non facevamo altro che sorridere e respirare con affanno: era stata l'esperienza più incredibile della mia vita. Non riuscivo ancora a spiegarmi come avessi fatto a cambiare atteggiamento così velocemente: non ero il tipo di ragazzo da bravate simili, non più. Perché Manuela era riuscita a farmi tornare, anche se per pochi attimi, quel ragazzo spensierato che ero stato una volta? 
Mi girai per qualche secondo verso di lei e la vidi impegnata a guardare fuori, una sorta di mezzo sorriso era ancora presente sul suo volto: forse l'avevo giudicata male all'inizio, non sembrava poi così patetica, in fondo. 

- Comunque sì. - 
- Mmh? - mugugnò di rimando, girandosi di nuovo verso di me. 
- Ho guardato le prime 2 stagioni di Teen Wolf con mia sorella. - esclamai sorridendo, fin quando non la vidi ridacchiare di gusto. 
 



 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                           *******





 
Avete presente quello stato di dormiveglia, dove puoi sentire tutto ma ti sembra di dormire? Ecco, ero proprio in quella fase. Ricordavo solo di essermi buttato a peso morto sul divano, non appena avevamo vercato la porta di casa e poi boom: buio totale. Non avevo precisamente idea di quanto tempo fossi rimasto lì, fatto sta che iniziai ad avere un contatto col mondo esterno solo quando sentii delle voci. 

- Sono la tenerezza, punto. - sussurrò qualcuno, che mi parve di riconoscere come Mara. 

Il chiacchiericcio continuò fin quando un forte flash non mi fece stringere di più le palpebre: non avevo idea di cosa stessero facendo e la cosa mi stava leggermente intimorendo. Dopo uno sbadiglio non proprio dei migliori, aprii finalmente gli occhi e mi si presentarono davanti tutti i miei amici, con dei sorrisi a dir poco inquietanti.
Mi stavano facendo paura, davvero.

- Ehi... – mugugnai, dopo una grattatina ai capelli, per poi sistemarmi meglio sul divano. 

Non appena notai la presenza di qualcuno accanto - quasi addosso - a me, mi voltai nella sua direzione e notai una Manuela addormentata, con la testa poggiata sulla mia spalla e le labbra leggermente socchiuse. Le spostai una ciocca di capelli dal viso e la presi in braccio stile principessa, per non svegliarla: sapevo quanto fosse stanca, dopo la mini maratona compiuta, e mi sarei sentito in colpa a vita se l'avessi disturbata. 

- Che stai facendo? - mi chiese Niall, tornando finalmente normale.
- Non voglio svegliarla, la porto a letto. – risposi con voce ancora impastata dal sonno, iniziando a salire le scale. 

Aprii la porta di camera mia con il piede e non accesi la luce - facendo regnare la stanza nel buio -  ma lasciai la porta aperta, solo per essere certo di dove poter mettere i piedi. Manuela, nel frattempo, aveva appoggiato la guancia contro il mio petto e il respiro era ancora regolare: riuscivo a sentire le sue labbra socchiuse, anche se non a diretto contatto con la mia pelle, e mi salirono più volte dei brividi lungo la schiena. La poggiai delicatamente sul letto, dopo averle sfilato le Converse, e le avevo anche rimboccato la coperta per non farle avere freddo; successivamente le accarezzai la testa, sorridendo, e mi avviai verso il corridoio. 
Sarei tornato dai ragazzi, lasciandola così riposare in pace, se non avessi sentito un: - Harry... - mugugnato alle mie spalle. 
Mi girai di nuovo verso Manuela, reggendomi alla porta, e la guardai con fare interrogativo: mi stava sognando, per caso? La vidi rigirarsi nel letto, come in cerca di qualcosa, e mi riavvicinai subito: sembrava stesse avendo un incubo, piuttosto che un sogno.

- Sono qui... - le sussurrai, prendendole d'impulso la mano.

Riavere quel minimo contatto con quella mano così piccola in confronto alla mia, mi fece sorridere all'improvviso: che effetto strano che mi faceva quella ragazza...

- Non te ne andare... - sussurrò ancora più agitata, rigirando la testa sul cuscino più e più volte. 

Quando sentii quelle parole, rimasi un po' perplesso: non avrei voluto andarmene ma, allo stesso tempo, sarebbe stato strano se proprio io fossi rimasto con lei. In fondo non eravamo nemmeno amici, come potevo esserle d'aiuto? Passai i minuti successivi a torturarmi il cervello con continui "sì" o "no"  e alla fine presi una decisione: se fossi rimasto qualche minuto, solo per farla tranquillizzare, non sarebbe di certo morto qualcuno, no? 
Mi stesi al suo fianco e, dopo averla avvolta con un braccio, iniziai ad accarezzarle i capelli: era così tenera mentre dormiva... La ragazza accanto a me, in quel momento, non era la solita pazzoide infantile dalle felpe enormi: sembrava così fragile e delicata, quasi come un fiore appena sbocciato. Iniziai a guardarla per minuti e minuti dei quali non mi accorsi nemmeno, mi stavo sentendo benissimo; sfiorai leggermente quei capelli così lisci e morbidi, per poi passare a quelle guanciotte liscissime e leggermente arrossate, fin quando non arrivai alle labbra. E cavolo, che labbra: da una forma perfetta, di un rosa caldo, pieno, senza nemmeno un difetto. 
Fissai quelle lebbre leggermente schiuse, forse per troppo tempo, tanto che mi ci avvicinai senza nemmeno rendermene conto: stavo agendo d'impulso, il cervello mi si era completamente annebbiato. 
Una scossa d'adrenalina pura, anche più forte di quella durante la corsa, mi iniziò a scorrere nelle vene non appena poggiai la bocca sulla sua.
Non avrei mai nemmeno lontanamente pensato a una cosa simile fino ad allora eppure, non appena iniziai a godermi a pieno quella morbidezza, mi dimenticai di ogni cosa: era una sensazione a dire poco meravigliosa, un'emozione che non mi sarei mai aspettato di provare nei suoi confronti. Il cuore rischiava di uscirmi dal petto, per quanto forte stesse battendo velocemente: avrei potuto avere un infarto da lì a poco. 
Quel bacio era perfetto, le nostre bocche unite lo erano ancora di più. Pura e semplice perfezione.
Ma bastò un suo semplice movimento del corpo a farmi tornare lucido: ma che diavolo stavo facendo? No, no, no: non avrei dovuto nemmeno essere lì. Mi staccai bruscamente, respirando con la bocca, e mi passai una mano tra i capelli: non potevo averlo fatto davvero... 
Mi alzai delicatamente dal letto, guardandola un'ultima volta prima di uscire dalla stanza, e strusciai contro la superfice della porta fino a sedermi a terra. Il cuore non la smetteva di martellare, riuscivo ancora a sentire quel contatto sulle mie stesse labbra e mi sembrò una cosa fin troppo irreale: come diavolo mi era saltato in mente? Io, uscito da poco da una relazione fin troppo importante e che non volevo più avere niente a che fare con il genere femminile, avevo appena baciato quella che doveva essere la mia peggior rivale. 
Il vero problema? Quel bacio, anche se di pochi secondi, mi aveva fatto provare cose fino ad allora ignote e la cosa, bhe, mi spaventava parecchio. 






             
            

 
                                                                 It was crazy! Crazy but... funny!





Spazio Autrice: Domande del giorno:
1) il bacio come ve lo aspettavate?
2) qual è la battuta che vi fa più ridere o la parte?  
3) cosa vorreste che succedesse nel capitolo n 7? 
Peace and Love
Xx Manuela

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 (I Parte) ***



  




 
 
 
 
MANUELA'S POV.


Mi svegliai di soprassalto, al solo sentir delle note molto alte, e maledissi mentalmente la suoneria dei mio cellulare, decisamente troppo forte: svegliarsi con Automatic di Nicki Minaj, non è esattamente il risveglio dei sogni. Strizzai forte gli occhi, per cercare di mettere a fuoco tutti quei numeri sullo schermo, ma smise di suonare qualche secondo dopo; grugnii infastidita quando notai che il numero non faceva parte della mia rubrica: avrebbe richiamato, se fosse stato importante. Ormai sveglia, e incapace di addormentarmi di nuovo, mi misi seduta sul letto e sbadigliai apertamente: quella non era la mia camera, che diavolo ci facevo lì? In più, perché indossavo ancora i jeans del giorno prima? Iniziai a fare mente locale, tra una grattatina ai capelli e uno sbadiglio, finché non mi ricordai ogni cosa: dal mio cattivo risveglio alla corsa, dalle minacce al capotreno fino all'arrivo a casa. Capii di trovarmi nella stanza di Harry solo quando notai una foto sul comodino accanto a me: ritraeva un bambino di circa 3-4 anni, con un sorrisone sul volto, impegnato in una sorta di posa alla Braccio di Ferro e con un enorme reggiseno poggiato sul petto. Ridacchiai non appena lo osservai meglio ma, nonostante i miei pensieri diabolici, rimisi la foto al posto suo: avrei potuto sfotterlo a vita, eppure decisi di lasciarlo perdere.
Quella mattina mi ero svegliata di buon umore, dopo un sogno meraviglioso. 
Rimisi il cellulare nella tasca del jeans e mi diressi in cucina per mangiare qualcosa, non avevo idea di che ore fossero ma non mi importava: il mio stomaco stava chiedendo risorse. 

- Buongiorno, plebei – annunciai, una volta varcata la soglia della stanza da me interessata. 

Trovai Liam impegnato a bere caffé, Zayn intento a mangiare un muffin e Harry poggiato al bancone, con una tazza di thé in mano e lo sguardo perso: gli era forse successo qualcosa?

- Buongiorno a te, Puffa - ricambiarono sia Liam che Zayn.

Lo spilungone se ne stava con lo sguardo fisso sul pavimento, non lo aveva alzato nemmeno quando ero entrata: certo che era davvero strano... 

- Depresso, che ti prende? - scherzai, passandogli accanto per prendere un biscotto. 

Nemmeno lì mi rispose, mi rivolse solo un'occhiata indecifrabile e impassibile: avevo fatto qualcosa di sbagliato? Forse lo avevo offeso... Pensandoci, però, non mi sembrava di avergli fatto qualche torto. 

- Ragazzi, si può sapere che gli è preso? - chiesi a Zayn e Liam, puntando l'indice nella sua direzione. 

Alzarono entrambi le spalle, non sapendo nemmeno loro il motivo di quello strano comportamento, finché non entrò un Louis tutto sorridente che esclamò: - E chi lo sa, è da ieri sera che è così –. Dopo avermi risposto, mi baciò dolcemente la guancia e si versò un po' di caffé, dando il buongiorno anche agli altri tre ragazzi nella stanza. Continuai a mangiucchiare il biscotto, lanciando di tanto in tanto occhiate a Harry, e rivolsi un: - Buongiorno, coglioncello - al mio migliore amico. 

- Coglioncella, dormito bene? - richiese, sistemandosi accanto a Liam.
- Più che bene, soprattutto a un certo punto – risposi con la bocca piena e un sorrisetto sul volto. 

Al solo pensiero di quel magnifico sogno, mi si illuminarono gli occhi: era stato tutto troppo reale. In più, circondata dal buonissimo profumo di Harry, la mia mente si era finalmente rilassata per una volta. 

- Perché? - si intromise Harry, dando finalmente un segno di vita. 

Avrei voluto commentare la sua "resurrezione" con una battuta sarcastica, ma Zayn mi precedette affermando un: - Allora sei vivo! - che mi portò subito a battergli il pugno. Avevo atteggiamenti del tutto maschili ma non mi importava: la parola "femminiltà" non faceva proprio parte del mio vocabolario, era abolita.

- Perché a un certo punto? - richiese di nuovo Harry, dimostrandosi all'improvviso interessato. 

Avevo intuito dei suoi modi di fare un po' lunatici ma non avrei mai pensato che fossero così repentini. 

- Perché è come se... avessi baciato qualcuno. So che sembra folle ma... era così magico – affermai sorridendo all'improvviso, non facendolo nemmeno apposta. - Ma è durato solo mezzo secondo -.

Non riuscivo ancora a spiegarmi l'accaduto: mi era sembrato estremamente reale, nonostante stessi dormendo. Mi ero sentita come se delle labbra avessero toccato veramente le mie, cosa del tutto improbabile. Detto in questo modo, dimostrava ancora meno senso ma non potevo farci nulla: io quel bacio lo avevo sentito, sogno o non sogno. 
Alla mia risposta così apparentemente assurda, Harry si irrigidì sul posto, facendo quasi fuoriuscire del thé dalla sua tazza: non riuscivo ancora a capire cosa gli fosse preso quella mattina. Louis fece finta di non averlo visto ed esclamò:

- Coglioncella, senza offesa ma mi sembra un po' strano. Secondo me te lo sei solo sognata –. 

Avevo smesso di credere alle favole già da parecchio, per non dire che non ci avevo mai creduto, ma mentirei se dicessi che non provai nulla a quelle parole: dopo Nick, non mi sarebbe del tutto dispiaciuto piacere a qualcun'altro. 
Allo stesso tempo, mi rendevo conto io stessa di quanto fosse difficile stare con una come me: il genere maschile non è adatto per stare con una lunatica, scaricatrice di porto, maleducata e così via; loro vogliono la cosiddetta perfezione. Perché negare l'evidenza?

- Sì... sì, lo credo anch'io - risposi sempre più decisa, prima di prendere la tazza di Louis, bevendo un sorso di quel liquido nero all'interno. – Mmh... non male -
- Hanno inventato le altre tazze – mi rimproverò, alzando un sopracciglio, prima di riprendersi l'oggetto in questione. 
- Touché, ma tu che ci stai a fare, sennò? - chiesi di rimando, alzando le spalle come se nulla fosse.

I miei amici, soprattutto Louis, ormai non osavano neppure fare più domande: ero un caso perso, a loro parere. 
Mi accorsi di essere a piedi nudi solo qualche minuto dopo e mi diressi di nuovo verso il piano superiore per riprendermi le calze e le Converse: avrei voluto indossare qualcosa di più comodo, al posto dei jeans, ma mi trovavo a casa dei ragazzi e non avevo nemmeno un indumento lì. 
Annusai per un secondo la mia maglietta, sperando con tutta me stessa che non puzzasse, ma le mie narici furono inondate da una leggera puzza di sudore: mi si doveva essere asciugato addosso, considerando la corsa del giorno precedente. 
Sbuffai all'istante, infastidita del fatto di non poter cambiarmi, e recuperai in un lampo sia i calzini che le scarpe. Avevo sempre odiato andare a letto con le calze ai piedi, non sarei mai riuscita a dormire con quelli addosso; motivo per cui le trovai sotto il lenzuolo spiegazzato. 
Dopo aver indossato sia le scarpe che i calzini, girai lo sguardo per un secondo e notai l'armadio di Harry leggermente appannato: e se avessi preso una sua maglia? Gliel'avrei restituita il prima possibile, lavata e stirata, e avrei potuto indossare un qualcosa che non odorasse di fogna. 
Sapevo quanto fosse brutto andare a curiosare tra le cose altrui ma ero davvero disperata: non l'avrei fatto se avessi avuto un'alternativa. 
Camminai verso il mobile e iniziai ad analizzare le sue cose, cercando qualcosa di decente e che non mi stesse troppo largo o lungo: ci portavamo circa 20 cm di differenza, se non di più, quindi risultò un'impresa epica scegliere qualcosa che non mi arrivasse alle ginocchia.
Avevo intuito dall'inizio quanto Harry fosse strano ma, analizzando i suoi capi d'abbigliamento, non potei fare a meno di rimanere sconcertata: giacche leopardate, stivaletti orribili, camicie improponibili e una serie di molte altre cose che mi fecero accigliare più di una volta. Possibile che io, la ragazza felpa, potessi sentirmi più alla moda di lui in quel momento? 
Continuai a "scavare" in quella moltitudine di vestiti ancora per un po' finché, data la terribile puzza di piedi, non decisi di cambiare tattica: la cassettiera. Sperai di trovare qualcosa di decente almeno lì e, mettendomi in ginocchio davanti ai cassetti, iniziai di nuovo a cercare. Per mia fortuna, almeno lì, regnava un profumo leggermente diverso da quello di piedi e non mi ci volle molto a trovare una maglietta bordeaux scuro, con un grosso simbolo dei Rolling Stones nel mezzo. Non appena la vidi, non feci nemmeno caso al fatto che mi potesse stare troppo larga: più la guardavo e più mi piaceva. 
Decisi di sollevarla ulteriormente, così da poter constatare realmente la differenza di larghezza, ma cadde una foto sul pavimento dall'interno della maglia. Sembrava una sorta di polaroid e, per quanto la mia parte ragionevole cercasse di dirmi di non muovermi, purtroppo agii d'istinto: per questo motivo la presi in mano e la osservai. Ritraeva due ragazzi, uno dei quali era Harry, e una ragazza bionda: sembravano una coppia da copertina, impegnati in una conversazione all'apparenza intima e avevano entrambi dei timidi sorrisi sulle labbra. Indossavano entrambi abiti pesanti e mi sembravano, sempre di più, una di quelle coppiette che si vedono sulle copertine delle riviste di gossip. 
Serve a qualcosa sottolineare che, per quanto non volessi, la mia autostima si stava azzerando sempre di più? 
Diamine, quella ragazza doveva essere una modella. 
E il modo in cui Harry le stava sorridendo... Non riuscii a capirne il motivo, ma tutta la felicità che avevo provato al mio risveglio si stava trasformando in una vera e propria espressione affranta. In fondo, mi ero sentita Dio sceso in terra quando lo spilungone aveva sorriso per causa mia: forse era per quello che, continuando ad osservare la foto, l'umore mi si stava accartocciando su sé stesso sempre di più...
La mia autostima faceva già schifo, per non dire che era inesistente, e guardare quel pezzo di carta non faceva altro che peggiorare la situazione: per questo motivo decisi di rigirarla. 
Grosso errore. 

Sarai sempre una parte di me. Anche quando pioverà, mi comparirà un sorriso solo pensando a te. Sarai sempre nei miei pensieri ma, soprattutto, nel cuore. Ti amo, amore mio <3
Tuo, Harry.

Dovetti rileggere la dedica più volte, prima di capirne davvero il significato. Perché non mi capitava un ragazzo così? Perché dovevo, per forza, uscire con i più stronzi? Ma, soprattutto, perché stavo facendo fatica a respirare? 
No, non potevo avere un'attacco di panico proprio in quel momento. Sarebbe potuto entrare chiunque da un momento all'altro e io, per mia sfortuna, stavo lottando contro me stessa pur di far entrare aria nei polmoni.
Respirai più volte profondamente, cercando in tutti i modi di calmarmi, e mi parve di riuscirci... finché una voce alle mie spalle non mi fece perdere 10 anni di vita: - Che diavolo stai facendo? -. 
 
 
 







HARRY'S POV.


Lo ammetto: il "bacio", che le avevo dato mentre stava dormendo, mi aveva completamente scombussolato il cervello: perché non riuscivo a togliermi quelle maledette labbra dalla testa? Perché mi sentivo ancora quel calore sulla bocca, così caldo e delicato? Ma, soprattutto, che diavolo ci faceva la fonte dei miei pensieri, in ginocchio, davanti alla cassettiera?
Dal tono che usai, la feci spaventare parecchio ma, per quanto cercassi di riuscirci, non riuscii ancora a capire il motivo di tutto quel mistero: perché aveva ficcato il naso tra la mia roba? Ma, soprattutto, per quale fottuto motivo aveva quella foto in mano? 

- Ehm... - mugnugnò, rimettendo tutto a posto in un baleno (compresa la foto). - Non ho vestiti puliti qui e avevo pensato che... ecco, avrei potuto usare una tua maglia -. 

Schiusi le labbra per qualche minuto, rimanendo leggermente sorpreso: perché proprio mia? Non avrebbe potuto chiederla a Louis? 

- Se me l'avessi chiesta, ti avrei di sicuro dato il permesso - risposi, alzando un sopracciglio. - Non c'era bisogno di curiosare. - 
- Bhe, scusa. Sai, non volevo disturbare la tua contemplazione della tazza - esclamò sarcastica, rimettendosi in piedi e accigliandosi. 

Sorrisi divertito davanti a quel cambio così repentino di atteggiamento e mi resi conto, per l'ennesima volta, di quanto fosse particolare il suo carattere: aveva la capacità di cambiare completamente da un momento all'altro, cosa non da tutti. E l'intero pensiero mi bastò per "giustificare" il bacio che le avevo dato la sera precedente.
Per quanto i nostri rapporti non fossero del tutto amorevoli, non persi un attimo ad avvicinarmi alla cassettiera per poi estrarne la maglietta dei Rolling Stones che lei stessa aveva trovato poco prima. La foto, per quello che mi riguardava, poteva anche andare bruciata: risaliva al mio primo mesiversario con Taylor, scattata da un turista che poi ci aveva giudicati come "meravigliosi", e non mentirei se dicessi che me ne ero completamente dimenticato.  
Mi rivolse uno sguardo confuso, inarcando le sopracciglia, che si accentuò ancora di più non appena le passai la maglia. 

- Non posso prenderla. - rispose decisa, come a voler mettere un punto alla situazione. 

Continuai a porgerle l'indumento tra le mie mani, non accettando repliche, ma continuò: - Non so precisamente cosa sia successo, non so praticamente niente, ma se quella foto era in mezzo alla maglia... Significa che è importante per te e io, personalmente, non voglio prendermi una tale responsabilità -.
Abbassai lo sguardo, serrando le labbra, e sentii il sangue ribollirmi nelle vene: mi capitava ogni volta che ripensavo alla storia con Taylor. La sua risposta, così secca e fredda, mi era arrivata come un getto d'acqua gelata. Non gliene feci una colpa, non potendo comprendere a pieno la situazione, ma avrei preferito di gran lunga se, almeno in quell'occasione, avesse potuto evitare sia il sarcasmo che la freddezza. 
Dopo qualche minuto, notando il mio umore, anche lei cambiò radicalmente per la seconda volta: i tratti del viso si addolcirono e mi sussurrò un colpevole "Scusa". Avrei voluto sorridere in quel momento, contento del fatto che si fosse leggermente piegata, ma non riuscii a sollevare gli angoli della bocca. 
C'erano tante cose che ancora mi tartassavano il cervello, e una delle cause era proprio lei. 
Restò un silenzio imbarazzante nella stanza, fin troppo pesante, che venne spezzato dalla sua uscita di scena mentre correva al piano di sotto e io rimanevo lì come uno stupido. 
Respirai a pieni polmoni la leggera scia di profumo che lasciò alle sue spalle e, infine, sospirai. 
 
 







MANUELA'S POV.


Non ero ancora riuscita a realizzare cosa volesse fare Harry: a quella maglia dovevano essere legati decine di ricordi e lui? Aveva cercato di darmela solo perché pensavo fosse carina. Non riuscivo a capire se fosse lui lo stupido o io. 
Scesi le scale due a due, cercando di non ammazzarmi da sola, mi portai il borsone in spalla e cercai in fretta e furia di allacciarmi la felpa: mi stavo sentendo fuori posto, ogni minuto un po' di più. 

- Buongiorno! - esclamarono Mara e Margeret, ognuna stretta al proprio ragazzo. 

Rivolsi loro solo un lieve cenno col mento e continuai nella mia impresa: ovviamente - per via dell'incredibile fortuna che non faceva altro che vegliare su di me - la cerniera della felpa aveva deciso di bloccarsi proprio in quel momento. 
Si scambiarono tutti uno sguardo confuso, non riuscendo a capire il motivo di tutta quella fretta, ma non dissero niente. Dovevano aver intuito da soli che qualcosa non quadrava. 
Una volta alzata quella maledetta cerniera, esclamai un secco: - Ci vediamo - e uscii di casa sbattendo la porta. La maglietta puzzolente, la mia brusca uscita di scena e tutto il resto abbandonarono del tutto la mia mente: non facevo altro che avere davanti agli occhi quella fotografia. I ragazzi dovevano essere diventati pazzi: come avevano potuto pensare, per un solo secondo, che sarei potuta essere all'altezza di quella ragazza bionda e dagli occhi azzurri? Quale minuscola chance avrei mai potuto avere in confronto a lei? 
I miei piedi non facevano altro che proseguire lungo il marciapiede, con passi lunghi e decisi. Volevo solo chiudermi in camera mia. 
Avevo sbagliato a frugare nella sua roba ma, cosa ancora più sbagliata, non stavo facendo altro che intristirmi sempre di più: il solo pensiero di Harry tra le braccia di quella specie di bambolina mi fece grugnire esasperata. 
Posizionai bruscamente le mani all'interno delle tasche della felpa e, forse per la prima volta in vita mia, non pensai neanche lontanamente di prendere le cuffiette: con la riproduzione casuale sarebbe potuta uscire una canzone malinconica e io, in quel momento, non potevo di certo correre il rischio di piangere in mezzo alla strada. 
 
 
 
 
 





HARRY'S POV.


Non potevo permettere che se ne andasse, non lo avrei sopportato. Non riuscivo a capirne il motivo ma, ormai, non mi importò nemmeno: da quando era entrata nella mia vita, ogni cosa aveva smesso di avere un senso o una spiegazione. In quel momento volli solo raggiungerla, dirle che andava tutto bene e spiegarle ogni cosa - tralasciando il fatto che non avesse nemmeno il diritto di ricevere informazioni, visto che non eravamo nemmeno amici -. 
Sorpassai i ragazzi, non dando loro nemmeno una spiegazione, e mi precipitai verso la macchina in garage: era tornata a casa a piedi, non ci avrei messo molto a raggiungerla. 
Non appena mi ritrovai tra le strade, stranamente poco trafficate, di Londra iniziai a riflettere di nuovo: perché mi sentivo così in dovere di darle spiegazioni? Che differenza avrebbe fatto?
La situazione si stava aggrovigliando sempre di più nella mia testa, facendomi confondere ulteriormente, ma decisi di farlo  e basta: non sarei riuscito a dormire quella notte, se non le avessi almeno assicurato che tra Taylor e me non c'era più niente. 
Girai lo sguardo un paio di volte verso i marciapiedi, sperando che non fosse già arrivata, ma rinunciai all'ipotesi quando arrivai praticamente sotto casa sua: Louis, un po' di tempo prima, mi aveva riferito l'indirizzo e mi convinsi di aver azzeccato solo quando intravidi un Puffo molto carino posizionato accanto alla porta principale. Chi mai avrebbe potuto metterlo lì se non Manuela? Solo dopo esser sceso dalla macchina mi resi conto di un "particolare": non avevo chiesto alle ragazze le chiavi, quindi come avrei fatto ad entrare? 
Guardai l'abitazione con un po' di incertezza, percorrendo il vialetto, e premetti il campanello per un paio di minuti. Nell'attesa, non feci altro che dondolarmi sui talloni e pensare a qualcosa da poterle dire - avrei fatto la figura dell'idiota se le avessi detto all'improvviso:"Tranquilla, tra me e Taylor non c'è più niente" -. 
Aspettai ancora un po' davanti la porta, non ricevendo nessuna risposta, finché non mi stancai e iniziai a fare il giro per il perimetro della casa: non c'erano entrate secondarie, punto a mio sfavore, ma non mi ci volle molto a notare un balcone molto vicino ad un albero. Mi sarei trasformato in una sorta di Tarzan per una volta ma, considerando la situazione del tutto senza senso, non me ne preoccupai nemmeno. 
Maledissi più volte i miei jeans, decisamente troppo stretti, ma "l'arrampicata" risultò molto più facile di come avevo previsto.
Con un piccolo salto riuscii a scavalcare la ringhiera e mi ritrovai, ancora tutto intero, sul balcone. La grande finestra davanti a me era, stranamente, appannata e non persi un attimo ad entrare: ormai stavo agendo di completo istinto. La stanza in cui mi ritrovai era verde, con un sacco di pupazzi di Diddle sparsi sia sui mobili che sul letto da una piazza e mezza, un sacco di foto erano appese per un'intera parete e, al di sopra del letto, erano presenti delle lucine (in quel momento spente). Ricordava molto una di quelle camere americane che si possono trovare su Tumblr o We Heart It.
Avevo già una mezza idea sulla proprietaria ma, per esserne certo, osservai le foto appese alla parete: come avevo intuito qualche minuto prima, la maggior parte di esse ritraevano Daniela e Niall. 
Mi avviai verso il corridoio, in cerca della camera di Manuela, ma mi venne in mente un pensiero non proprio utile: e se avessi dato per scontato che era tornata a casa ma, in realtà, fosse andata da qualche altra parte? A quel punto, l'idea di infiltrarmi a casa delle ragazze mi sembrò del tutto patetica e scorretta: avevo violato la loro privacy, in un certo senso. Sarei tornato indietro, se una voce dolcissima non mi avesse fermato in quel preciso istante.

If I show you
Get to know you
If I hold you just for today
I'm not gonna wanna let go
I'm not gonna wanna go home
Tell me you feel the same

Cercai di seguire la melodia, totalmente rapito da quelle note, finché non arrivai davanti a una porta leggermente socchiusa. Se qualcuno mi avesse visto in quel momento, sarei risultato di sicuro una specie di scassinatore ma non mi importò: non mi ero fatto tutta quella strada per niente.
Sbirciai all'interno della stanza, stando attendo a non aprire troppo la porta, e rimasi piacevolmente sorpreso: quella voce così dolce e intonata proveniva proprio da quella nanetta isterica che stavo cercando. 

'Cause I'm for real
Are you for real?
I can't help myself
It's the way I feel
When you look me in the eyes like you did last night
I can't stand to hear you say goodbye
But it feels so right
'Cause it feels so right just to have you standing by my side
So don't let me go
Cause you have my soul
And I just wanted you to know

Avrei potuto immaginare ogni cosa, ma non che sapesse cantare così bene. 
Restai lì ad ascoltarla senza farmi vedere - ero più che sicuro che mi avrebbe preso a calci se mi avesse visto - e mi ritrovai a sorridere: era una scena strana ma, in un certo senso... quasi piacevole. Vedere quelle labbra così perfette piegarsi per poi far fuoriuscire quelle parole, così apparentemente legate a me, bastò per farmi salire un brivido lungo la schiena che mi provocò la pelle d'oca. 
All'improvviso, smettendo di cantare ma non interrompendo la canzone, afferrò una foto incorniciata e la osservò con attenzione. Dalla mia posizione non riuscivo a vedere chi rappresentasse, e mi porsi una domanda abbastanza prevedibile: che aveva di così speciale quel pezzo di carta incorniciato? 
La curiosità si stava impossessando di tutto il mio corpo sempre di più e, non facendolo nemmeno apposta, aprii un po' di più la porta fino a farla cigolare: inutile dire che Manuela sbiancò non appena mi vide. Infilò in un attimo la cornice in un cassetto, stoppò la musica dal suo cellulare e infine si rivolse verso di me con le braccia incrociate sotto il seno: - Che ci fai qui? Ma, soprattutto, come diavolo hai fatto ad entrare? - 
Schiusi le labbra leggermente, pentendomi immediatamente della figuraccia appena fatta, ma cercai in tutti i modi di non risultare un idiota (cosa che, forse, già ero): - La camera di Daniela è molto carina -. 
Non appena ebbi finito di parlare, mi resi conto dell'enorme cavolata che avevo appena detto: "La camera di Daniela è molto carina"? Davvero? 

- Hai trovato la finestra del balcone aperta, vero? - chiese con un'espressione seccata. 

Annuii timidamente, grattandomi la nuca dal troppo imbarazzo, ma fui molto sollevato del fatto che non mi avesse risposto in modo sarcastico: se lo avesse fatto, avrei solo potuto scavarmi la fossa da solo. 

- Come lo sapevo: se un giorno di questi entrano i ladri e rompono tutto, sarà solo colpa sua - rispose, lasciandosi scappare un sospiro. - E poi mi sentirà -. 

Ridacchiai leggermente per l'osservazione esatta e la ringraziai mentalmente per aver spezzato quel terribile imbarazzo: se avessi continuato a balbettare, non ne sarei più uscito vivo. Dal momento che il ghiaccio si era sciolto, non mi porsi più nessun problema a provocarla (il mio hobby preferito): - E se io fossi stato un ladro? -. 
Alzò le spalle come se niente fosse e, dopo essersi guardata per un attimo le unghie laccate di nero, alzò un sopracciglio per poi rispondere a tono: - Un calcio nei coglioni e via -, 
Mi morsi il labbro, cercando in tutti i modi di non riderle in faccia, ma lasciai che continuasse: - Comunque, caro Lupin delle mie Converse, qui non c'è niente di così prezioso -.

- Lo pensi davvero? - 

Mi guadò aggrottando le sopracciglia e, dopo che un perfetto ghignò si presentò sulle mie labbra, la presi in braccio stile sacco di patate. Emise un urletto sorpreso prima di essere presa ma, una volta sulle mie spalle, attaccò a ridere come una bambina: - Harry, lasciami! -.

- No, ora ti ho rapita. E nessuno potrà mai più ritrovarti! - risposi urlando anch'io, attaccando a ridere come lei.
- Aiuto! Che qualcuno mi aiuti! Questo coglione mi vuoi rapire! -

Iniziai a girovagare per i corridoi, continuando a tenerla sulla spalla, e per tutta la casa non si sentirono altro che le nostre risate e i leggeri pugni che si ostinava a tirarmi per farla scendere. Avevo perso il conto di tutte le cose che non riuscivo a spiegarmi da quando l'avevo conosciuta, e quell'episodio fu una di queste: non avevo mai fatto una cosa del genere nemmeno con Gemma, come mi era saltato in mente di farlo con Manuela?
Arrivai al piano di sotto e, per le troppe risate, fui costretto a lasciarla finalmente andare: nessuno dei due aveva più fiato ma, cavolo, ne era valsa la pena. 
Una volta aver poggiato i piedi per terra, Manuela mi guardò con gli occhi spalancati e un sorriso divertito in volto: - Tu sei pazzo! -. 

- Senti da che pulpito viene la predica! - esclamai sorridendo, scompigliandole i capelli. 

Mi guardò dal basso con un'espressione omicida ma, invece di sistemarsi la lunga chioma castana davanti la sua faccia, soffiò su una ciocca facendola lievitare in aria, per poi riscendere lentamente. Risi di nuovo insieme a lei ma, dopo aver finito,  il silenzio di poco prima si rifece vivo. 
Il nostro rapporto sembrava essersi come trasformato, e in soli pochi giorni: prima, l'avrei presa volentieri per i capelli mentre, in quel momento, ero lì a ridere con lei per le cavolate più assurde. L'accaduto della maglia, della foto e tutto il resto sembrava essersi accantonato e, per quanto mi sembrasse assurdo doverlo ammettere, mi stava bene così. 

- Hai mai giocato a Just Dance 2014? - mi chiese all'improvviso, forse per non sprofondare di nuovo nel silenzio.
- Sì, una volta sola quando siamo andati a casa di Josh. Perché? -

Saltellò verso la TV, premendo un paio di pulsanti corrispondenti alla Wii, e poi si girò di nuovo verso di me, nascondendo qualcosa dietro la schiena: possibile che una ragazza così infantile potesse risultare, allo stesso tempo, così sexy? Un sorrisino di sfida non faceva altro che adornarle il viso e, quando si avvicinò lentamente a me, fui costretto a leccarmi velocemente le labbra per non fare cose di cui poi mi sarei potuto pentire. 
Inchiodai gli occhi nei suoi - stando attento a non rimanerci incantato - e, dopo che fummo a pochi centimetri di distanza, non riuscii a frenare un sorpreso: - Non sapevo amassi queste cose... -. 

- Ci sono troppe cose che non sai di me. - rispose decisa, poggiandomi uno dei due joystick sul petto, per poi rigirarsi verso la TV. - Dai, giochiamo: ti straccerò così tanto che vorrai sprofondare 50 metri sotto terra per il resto della tua miserabile vita -.

Ridacchiai insieme a lei e, nonostante la mia mente stesse elaborando pensieri non proprio castissimi, mi preparai a stracciarla.
 
 
 
 





MANUELA'S POV.


La bellezza di quel ragazzo era qualcosa di assolutamente inspiegabile: dalla sua voce ai suoi capelli, dal suo corpo ai suoi occhi. Ogni singolo particolare di lui era in grado di mandare fuori di testa ogni singolo essere umano con le ovaie. E, per quanto il mio orgoglio non volesse ammetterlo, anche per la sottoscritta la storia non faceva eccezione.
Decisi di ballare C'mon - ballo meraviglioso per una cantante meravigliosa, Ke$ha - e trafissi Harry di nuovo con uno sguardo:- Io sono la ragazza e tu il panda, okay? -

- Va bene, tanto ti straccerò comunque – rispose provocatorio, alzando le spalle.
- Dovrai passare sul mio cadavere - affermai dura, premendo 'Play'. 

Per quasi tutta la durata della canzone non facemmo altro che: ballare come cretini, scontrarci, ridere e scontrarci di nuovo. Era un ballerino terribile ma, nonostante la netta differenza di punteggio, mi stava regalando risate a non finire. Quando arrivò il momento cruciale del ballo, ovvero quello dove la ragazza salta sulla schiena del panda, diventai rossa tutto di colpo: avrei davvero dovuto saltargli sulla schiena? 
Il solo pensiero di farlo mi portò a tossire leggermente per l'imbarazzo: io e Harry non avevamo ancora tutta quella confidenza, come avrei potuto fare una cosa del genere? Certo, poco prima mi aveva addirittura presa di peso sulla spalla... ma mi stavo comunque vergognando. 
Se non mi fossi data una mossa, avremmo di sicuro perso la mossa cruciale dell'intero ballo - facendogli perdere, di conseguenza, l'unica possibilità di ricevere almeno la seconda stella - e, forse, fu per questo motivo che mi spronò a saltargli addosso: non lo disse esplicitamente ma i suoi occhi stavano parlando chiaro. 
Alla fine mi decisi, finalmente, e saltai sulla sua schiena ridendo, facendo non solo prendere quella stella a Harry, ma anche facendolo scoppiare a ridere insieme a me. 
Avremmo potuto continuare a ballare tranquillamente, se la porta di casa non si fosse aperta all'improvviso, rivelando l'ultima persona che mi sarei aspettata di trovare.
Mi mancò il fiato non appena lo vidi lì, davanti a noi e mi ci vollero dei minuti interi solo per poter pronunciare un flebile: - Nick..? -.











                                                         

                                                                I'm mad of you!





Spazio Autrice: in diretta dal divano di casa sua, con Happily nelle orecchie, ecco qua la vostra Manuela! Ci rivediamo dopo una settimana, più o meno, c e mi scuso molto per questo ma, come potete vedere, è un capitolo molto lungo e per questo è uno dei miei capitoli preferiti :D allora, iniziamo subito con le domande del giorno:
- Quale coppia (esclusi Manuela e Harry che tecnicamente non sono una coppia) è la vostra preferita?
- Che ne pensate di Nick e Taylor a prima vista?
- Cosa pensate succederà nel prossimo capitolo?
Avete un bel po' da rispondere quindi spero di ricevere recensioni molto lunghe, visto che le amo *-*
Un saluto speciale alle mie amiche e un  bacione enorme a tutte voi che diventate sempre più numerose *-* vi amo <3
Peace and Love
Xx Manuela








Daniela + Niall

   




Margaret + Liam

    




Mara + Zayn

   




La foto che trova Manuela nella maglia:

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 (II Parte) ***










 
Non appena lo vidi lì - in piedi, davanti alla porta e con lo sguardo corrucciato verso di noi - pensai seriamente di star iniziando ad avere seri problemi di vista: non poteva essere davvero lui, dovevo averlo scambiato per qualcun altro. Come diavolo aveva fatto ad entrare? Ma, soprattutto, cosa avrebbe mai potuto volere di nuovo da me? Non lo vedevo da quando gli avevo sbattuto la porta in faccia, dopo averlo trovato sotto una nostra ex compagna di scuola, e mi ero sempre ripromessa di dover più vederlo: un po' per bene suo, un po' per bene di quel minuscolo cuore che ancora mi rimaneva.
E invece era proprio lì, e non sembrava affatto a suo agio. Harry, sotto di me, non aveva ancora mosso nessun muscolo - troppo imbarazzato dalla nostra posizione per poter fare domande o la sua conoscenza - mentre io, ancora con il braccio in aria, cercavo di mettere a fuoco la situazione.
All'improvviso, mi sentii profondamente giudicata dallo sguardo indagatore del mio ex ragazzo e affermai un sarcastico, quanto irritato: - Che c'è? Non hai mai visto due ragazzi giocare a Just Dance 2014? Pff, plebeo - prima di girare la faccia verso tutt'altra parte: io e Harry non stavamo facendo niente di male, non riuscivo a capire il motivo per il quale quello stronzo avrebbe dovuto commentare in qualche modo. Non ne aveva il benché minimo diritto.
In verità, stavo solo cercando di smorzare quella situazione così imbarazzante quanto scomoda.

- Se disturbo, passo dopo... - iniziò Nick, allungando una mano verso il pomello della porta.

Non volevo al 100% che se ne andasse, considerando il fatto che non conoscevo ancora il motivo della sua "visita", e, per questo motivo, esclamai: - No! Scusa, è che... Harry? Potresti farmi scendere, per favore? -.
Il riccio sotto di me, riprendendosi improvvisamente, mi lasciò andare un secondo dopo, profondamente imbarazzato.

- Allora... vi lascio soli - sussurrò prima di spegnere la Wii e precipitarsi al piano di sopra.

Lo ringraziai mentalmente per non aver fatto domande come "Lo conosci?", "E tu chi sei?": avrebbe solo peggiorato la situazione. Riuscivo a capire il suo imbarazzo per l'intera situazione, e non mi sarei sentita a mio agio nemmeno io se fossi stata costretta a doverli far presentare per bene.
Dopo un profondo sospiro, iniziai a raggiungere Nick sulla porta e, nel farlo, lo guardai a tutti gli effetti, constatando, sorprendentemente, il suo profondo cambiamento in quei mesi: si era tagliato i capelli, trasformando il suo cespuglio di ricci in una testa quasi rasata, era diventato grosso quanto un armadio e aveva sostituito le braccia graciline che mi ricordavo con un ammasso di muscoli. Possibile che in 6 mesi, fosse cambiato così tanto? Io avevo, a mala pena, perso qualche etto...

Che gran pezzo di freg...

- C-che ci fai qui? - chiesi in trance, cercando di non lasciarmi abbindolare dal parere non appropriato del mio criceto. - Ma, soprattutto, come hai fatto ad entrare? -.

Dovevo rimanere nella mia posizione, mostrarmi decisa... anche se la sua figura non stava facendo altro che intimorirmi e farmi sentire piccola.

- Dimentichi che siamo stati insieme un anno e, quando avete comprato la casa, mi hai fatto una copia della chiave - rispose convinto, facendo sventolare un mazzo di chiavi dalle dita. - Sai, per i nostri incontri... intimi -.

Diventai bordeaux nell'esatto momento in cui mi fece ricordare le uniche due occasioni in cui lo avevo convinto a venire a casa, nonostante le ragazze fossero state al piano di sotto, e mi diedi della stupida per essermi dimenticata di quella chiave: ma, andiamo, come potevo sapere che l'aveva conservata?

- Che vuoi? - chiesi alla fine, cercando di recuperare un po' di dignità.

Stava sorridendo soddisfatto, quello stronzo, ma si ricompose quasi subito e sussurrò un: - Chiarire e dirti una cosa - che iniziò a farmi respirare in modo irregolare.
Non riuscivo a capire il significato di quelle parole e un terribile presentimento non stava facendo altro che impossessarsi del mio cervello: e se avesse voluto tornare con me? No, non aveva il diritto di farlo.
Mi guardò dritto negli occhi, aspettando una mia risposta, mentre io, inconsciamente, iniziavo a paragonare il marrone scuro al verde: non poteva esserci nessun tipo di competizione e, anche se in quel momento non c'entrava nulla, iniziai a rendermi conto di quanto mi piacessero davvero gli occhi di Harry.

- Abbiamo già chiarito sei mesi fa quando ti ho trovato nel nostro, anzi: nel MIO letto mentre ti scopavi quella gallina in calore di Sandy - sbottai, abbandonando del tutto la finezza e la calma.

Ero sempre stata una tipa diretta (caratteristica considerata, da molti, come una qualità) e sperai, con tutta me stessa, che quello sfogo lo avesse fatto sentire in colpa: il dolore maggiore era passato, grazie al cielo, ma riuscivo ancora a sentire l'amaro in bocca.
Essere lasciati per un carattere troppo complicato, per aver scelto la strada più facile, non è semplice da accettare: soprattutto quando si ha già un livello d'autostima pari allo 0%.

- Manu, ascoltami. Ti prego - continuò Nick, cercando in tutti i modi di sviare l'argomento.

Sotto quell'aspetto, non era cambiato per niente: quando qualcosa non gli andava a genio, o cercava in tutti i modi di dimenticare o passava subito ad un altro argomento.

- Nick, mi stai facendo venire l'emicrania. Si può sapere cosa cazzo vuoi? - sbottai, chiudendo gli occhi per enfatizzare, ancora di più, la mia esasperazione.

Non avevo nessuna voglia di dover rivivere vecchi ricordi o guardare in faccia il passato: non contava più nulla per me, perché avrei dovuto complicare le cose?

- Allora: prima di tutto voglio scusarmi per come ti ho trattata sei mesi fa. Non avrei dovuto farlo e avrei dovuto dirti prima che ormai non ti amavo più, invece di fingere. Poi... sono successe un po' di cose in tutto questo tempo - mi disse, sorridendo, per poi condurmi verso il divano.

Se era convinto di potermi abbindolare con qualche sguardo dolce o qualche carezza, aveva proprio sbagliato soggetto. Incrociai le braccia sotto il seno e, dopo essermi seduta, solo per farlo contento, misi subito le cose in chiaro: - Nick, giusto per fartelo sapere: ho strappato tutte le nostre foto, buttato letteralmente tutti i tuoi regali dalla finestra, colpendo una vecchina con un portagioie e mandandola al pronto soccorso, cancellato le dediche, il tuo numero di cellulare, il tuo contatto Facebook e tante altre cose. Non so se hai capito l'antifona ma, nel caso non lo avessi fatto, mi sembra abbastanza ovvio che io non voglia più nemmeno vederti -.
Avevo davvero fatto tutte quelle cose e, per quanto mi fossi pentita di aver fatto male a quella povera donna, non avevo mai rimpianto nulla: ero sempre stata consapevole del fatto che, se avessi risparmiato anche un solo oggetto di Nick, avrei lottato contro me stessa e sarei tornata da lui, prima o poi.

- Ah, ecco perché stamattina non mi hai risposto al cellulare - rispose, alzando un sopracciglio, facendo finta di non aver sentito una sola parola di tutto quello che aveva detto un minuto prima.

Mi tornò alla mente la chiamata a cui non ero riuscita a rispondere ma, in quel preciso istante, cercai di controllarmi con ogni briciolo di energia: il suo atteggiamento così strafottente mi stava facendo saltare ogni singolo nervo nel corpo.

- Te lo chiederò un'ultima volta - gli concessi, sospirando profondamente. - Cosa. Vuoi. Da. Me? -.

Scandii così bene quelle quattro parole che, anche se per un solo secondo, mi sembrò quasi di averlo intimidito: da un occhio esterno, vedere un tale gigante intimorito da una nana di appena un metro e sessanta sarebbe risultato a dir poco epico.

- Scusarmi e... Chiederti una cosa -ripeté di nuovo, guardandosi le mani.
- Non so se lo sai, ma non ho ancora ricevuto il potere di poter leggere nel pensiero - aggiunsi sarcastica, mostrandomi ancora più stronza.

Quella maledetta attesa stava diventando a dir poco sfiancante e non vedevo l'ora di poterlo sbattere fuori di casa. Stavo contando, letteralmente, i minuti.
Dopo un breve silenzio imbarazzante, e i miei nervi completamente saltati, decisi di porre fine a quella maledetta messa in scena: - Senti: se vuoi chiedermi di tornare insieme, la mia risposta è subito un NO secco. L'ultima cosa di cui ho bisogno è uno stronzo che l'anno prossimo mi metterà le corna con la prima che passa. Di nuovo -.
Alzò anche lui un sopracciglio e, dopo essere scoppiato in una fragorosa risata, mi guardò stranito per poi affermare: - Tu davvero... Cioè, pensavi davvero che ti avrei chiesto di tornare insieme? -.
La situazione stava diventando sempre più strana e scomoda, motivo per cui gli tirai una sberla sulla nuca.
Dalla reazione che aveva appena avuto, avevo appena fatto una figuraccia terribile, ma non riuscivo ancora a capire cosa volesse: se non voleva tornare con me, per quale assurdo motivo si era spinto fino alla mia porta?

- Sei consapevole di avermi fatto un male terribile, vero? - esclamò scocciato, bloccando le risate all'improvviso. -
Diamine, almeno togliti quegli anelli quando prendi a sberle qualcuno... -.

Preparai la mano per un ceffone ancora più forte ma, a pochi centimetri dalla sua nuca, esclamò un forte e chiaro - Mi sposo! - che mi fece raggelare il sangue nelle vene.
Sperai, con tutta me stessa, di aver sentito male ma, non appena mi guardò negli occhi, capii la sua intera sincerità. Guardai un punto indefinito del pavimento, non riuscendo a capire a pieno il mio stato d'animo, fino a quando non attaccò lui: - Sai... Ho incontrato una ragazza non molto tempo fa. Hai presente gli angeli? Lei li rappresenta alla perfezione: è dolce, bellissima, divertente e sembriamo nati per completarci. Stiamo insieme solo da pochi mesi ma, nonostante le opinioni contrarie da parte di tutti... Non posso rinunciare a lei. Sono sicuro che un futuro senza il nostro 'noi' sarebbe orribile e, godendomi ogni singolo momento possibile insieme, non voglio nemmeno pensare a cose brutte. Mi sento pronto, ecco tutto -.
Non mi stava solo comunicando il suo imminente giorno ma, anche se indirettamente, stava anche cercando appoggio in qualcuno: lo si poteva capire dal tremolio della sua voce.
Ero abituata a sorbirmi i problemi di tutti, essendo famosa per il mio incredibile spirito di comprensione, ma non mi sarei mai aspettata che sarebbe stato proprio Nick ad aprirsi con me: ci avevo rinunciato già da un bel po', ormai.

- Il diverso che spaventa gli altri - sussurrai, sospirando, facendo riferimento a un nostro elemento comune nell'intera storia.

Loro rappresentavano la coppia troppo frettolosa, io l'elemento differente in un mosaico pieno di pezzi tutti uguali.
Tornò con lo sguardo verso di me non appena udì le mie parole e, cambiando espressione, cercò di rimediare alla sua stessa confessione: - Mi dispiace, non volevo turbarti... -.
Scossi la testa per fargli capire che fosse tutto okay (cosa che, al momento, non riuscivo a capire nemmeno io) e abbozzai un sorriso sarcastico: chi lo avrebbe mai detto che si sarebbe sposato a 21 anni.
E non con me.

- Sei felice? - chiesi curiosa, girando lo sguardo verso di lui.

Non ero perfettamente a conoscenza dei miei sentimenti, ma non gli avrei mai fatto pesare nient'altro: voleva sposarsi? Io non potevo di certo impedirglielo. In più, per quanto mi avesse fatto del male, un briciolo del mio cuore gli avrebbe sempre voluto bene. Non quanto prima, ma una piccola percentuale sarebbe sempre stata presente.

- Sì, mai stato così felice in vita mia - rispose sicuro, ricambiando il mezzo sorriso.

Durante la nostra relazione, non aveva mai parlato di me con così tanta emozione: non conoscevo ancora la sua futura moglie ma riuscivo a capire, dal luccichio negli occhi di Nick, quanto l'amasse. Se avessi impedito la loro felicità, non sarei mai riuscita a perdonarmelo.

- Chi sono io per impedire il vero amore? - affermai, sorridendo. - Siamo stati insieme, non è finita bene: significa che doveva andare così. Non eravamo destinati -.

E ne ero convinta davvero: Nick sarebbe sempre rimasto il mio primo amore ma il destino aveva deciso di far separare le nostre strade. Doveva andarmi bene per forza, per il bene di entrambi.
Restammo in silenzio per alcuni minuti ma, per tranquillizzarlo, spalancai le braccia: ero un'attrice nata, avrebbe di sicuro creduto al mio sorriso un po' sbilenco.
Ci ritrovammo tra le braccia dell'altro dopo quasi sette mesi e, come da mia abitudine, non potei fare altro che notare il suo immancabile One Milion, nonostante le mie continue lamentele al riguardo.

- Sei una ragazza speciale, Manu. Davvero - affermò con un sorriso, subito dopo essersi sciolto dall'abbraccio. - Vedrai che troverai anche tu il vero amore -.
- Nick, finiscila con questi discorsi da filosofi! - esclamai, ridacchiando insieme a lui.

Speravo che le sue parole fossero vere ma, in un momento come quello, volevo solo concentrarmi sulla sua di felicità: in fondo, era lui quello in procinto di sposarsi.
Dopo qualche minuto passato a scuotere la testa divertito, batté le mani sulle ginocchia e chiese un intraprendente - Ti va di venire al matrimonio? - che mi lasciò perplessa: l'ex dello sposo al suo matrimonio? Come minimo, la promessa sposa mi avrebbe presa per i capelli e sbattuta fuori dalla chiesa durante la cerimonia.
Passai qualche istante a riflettere sulla sua proposta e, dopo aver notato il mio scetticismo, cercò di usare un'altra tattica per convincermi: - Ovviamente anche Daniela, Mara e Margaret sono invitate: non ti lascerei mai venire da sola -.
Continuai a riflettere al riguardo ma, pensando a una possibile via d'uscita grazie alle mie amiche, alla fine accettai, aggiungendo anche un sarcastico: - Non mi perderei mai il mio ex coperto di sudore e in preda all'ansia, stretto in uno smoking - che lo fece ridere di nuovo.
Un po' di perplessità mi era ancora rimasta ma, ormai, non avrei più potuto tirarmi indietro.

- Manu, si è fatto tardi ed è meglio che vada. Se vuoi ti lascio il mio numero di nuovo così poi ti informo di tutto:
purtroppo gli inviti non sono ancora pronti e non ho potuto portarli - mi spiegò, alzandosi dal divano.
- Non ti preoccupare, non c'è problema - risposi, salvandomi il suo numero sul cellulare e alzandomi subito dopo di lui.

Lo accompagnai alla porta, ricevendo un abbraccio e un: - Sono felice di averti rivista: non te l'ho detto prima ma, diamine, ti vedo proprio bene - che mi fece ridacchiare.

Avevo solo i capelli più lunghi ma apprezzai comunque il suo tentativo di pace.

- Auguri per tutto, Nick. Davvero - affermai, sorridendogli.

Mi lasciò un bacio sulla fronte, abitudine che non aveva perso nel tempo, e chiusi la porta alle sue spalle. Sospirai, una volta rimasta da sola, e non riuscii ancora a crederci: il mio ex, non solo era tornato nella mia vita e stava per sposarsi, ma mi aveva anche invitata al suo matrimonio.
Mia madre, se fosse stata presente, avrebbe affermato un "Fessa, cornuta e mazziata" in dialetto molisano che mi avrebbe fatta ridere ma, al solo pensiero, mi scappò comunque un sorriso: Nick era acqua passata, l'unica cosa che potevo fare era essere felice per lui e, nonostante l'amaro in bocca, ci stavo provando con tutta e stessa. Davvero.






 
HARRY'S POV.

 
Non appena avevo notato quel ragazzo sull'uscio di casa, mi ero sentito imbarazzato come mai in vita mia: io e Manuela non stavamo facendo niente di male, in fondo, ma l'espressione confusa di quel moretto mi aveva fatto cambiare idea all'istante. Non avevo di chi fosse e mi sarebbe anche piaciuto scoprirlo ma, notando la tonalità fin troppo rossa della ragazza sulle mia schiena, avevo preferito non complicare le cose ed ero corso nella camera azzurra cielo della diretta interessata.
Ero sempre stato un ragazzo curioso ma, nonostante i miei piedi fremessero negli stivaletti per andare a spiarli, riuscii a trattenermi solo per dieci minuti: come faceva, quel ragazzo, ad avere le chiavi di casa? Era un amico stretto? Un parente? O, ancora peggio, un possibile ex?
L'ultima opzione mi fece corrugare le sopracciglia e, nonostante non lo stessi facendo apposta, iniziai a battere il piede a terra ripetutamente.
Sbuffai più volte, cercando di convincere me stesso a rimanere seduto sul letto ma, arrivato a un certo punto, mi sentii quasi trascinato per le scale: avrei solo capito il motivo di tutta quell'attesa, nient'altro. Non ero geloso, non potevo essere geloso: in fondo, che diritto avrei mai potuto averne?
Non ero geloso. Ero solo... curioso. Tremendamente curioso.
Mi appostai dietro al muro che mi separava dall'ultima rampa di scale e attesi, ipotizzando sull'identità del ragazzo, finché non vidi entrambi sull'uscio.
Mi nascosi maggiormente dietro al muro ma non potei fare a meno di notare le labbra di lui poggiate sulla fronte di Manuela: un attimo, erano stati insieme? Era un bacio amichevole? Era forse un cugino?
Corrugai le sopracciglia, non riuscendo proprio a capire ma, non appena il pensiero di un possibile ritorno di fiamma si fece spazio tra le mie ipotesi, serrai anche la mascella: nel frattempo, un sorriso tenero era sulle labbra della ragazza a pochi metri da me e il mio stomaco era martoriato da una sensazione di oppressione.
Decisi di tornare in camera, non riuscendo a guardare quei due per un altro solo attimo, e mi sedetti di nuovo sul letto: avevo bisogno di risposte e, diamine, le avrei avute a tutti i costi.
Forse avevano ricominciato a frequentarsi, forse era venuto per concludere ciò che aveva iniziato... o forse ero solo io a farmi filmini mentali inutili. Non lo sapevo: volevo solo spiegazioni.

- Mamma mia... solo io posso fare certe cose - esclamò Manuela ridacchiando, entrando in camera sua.

Mi spaventai leggermente non appena la vidi lì, non avendola sentita arrivare, e contai su tutta la mia buona volontà per cercare di ricambiare il sorriso. Il massimo che mi uscì fu un "Illuminami" che le fece scuotere la testa.

- Lascia perdere - rispose, sedendosi sul piccolo spazio di letto che le avevo appena fatto.

No, non potevo lasciar perdere.
La mia espressione si trasformò, con una velocità impressionante, in fredda e domandai un duro, forse fin troppo duro: - Ti sei rimessa con quel tizio? -.
Non sapevo nemmeno se fosse un effettivo ex ma, ormai, mi ero gettato la zappa sui piedi da solo.
Mi guardò con un sopracciglio alzato, smettendo di ridere, ma non mi fece intendere cosa stesse effettivamente pensando: si limitò solo ad alzare le spalle e rispondere alla mia domanda: - Scherzi? È venuto per dirmi che si sposa -.
Schiusi le labbra, convinto di aver capito male, e la guardai in modo strano. Quel moro era davvero il suo ex ragazzo ma, invece di chiederle di tornare insieme, le aveva appena annunciato il suo imminente matrimonio: Manuela non avrebbe dovuto essere, almeno un pochino, triste o rammaricata?
Sembrò capire al volo il mio stato di confusione, infatti alzò di nuovo le spalle e continuò: - In fondo me l'aspettavo che non sarebbe tornato da me e sentirmelo dire mi ha fatto aprire gli occhi. La cosa che mi ha fatto più male fino ad ora è stata la consapevolezza di non essere stata abbastanza per la persona che amavo -.
Mai come in quel momento, mi trovai in totale accordo con lei: io avevo vissuto una situazione analoga con Taylor e chi, meglio di me, avrebbe potuto capire cosa si provasse a non essere abbastanza per qualcuno di talmente importante per noi stessi?
Mi dispiacque comunque per lei, vedendola così in lotta con sé stessa: stava cercando di capire le sue emozioni e, anche se non avevo avuto ancora modo di conoscerla bene, sapevo che poi avrebbe represso tutto.
Fu per questa sorta di "compassione" che la strinsi a me per la prima volta, escludendo quando avevo dormito abbracciati in montagna. Chiusi gli occhi non appena respirai il suo profumo e non mi importò di essere sembrato avventato o altro: sapevo come si sentiva e volevo solo farla rimanere tranquilla.
Non avevo nessunissima voglia di battute sarcastiche, urla o parolacce.
Mi ero aspettato dall'inizio il suo rifiuto ferreo per quel nostro maggior contatto fisico ma, quando non arrivò nulla, tirai un sospiro di sollievo e continuai a stringerla: al contrario di quello che mi sarei aspettato, poggiò addirittura la guancia contro la mia spalla.
Era come se comunicassimo telepaticamente: non erano necessarie parole o altro e, anche se non esplicitamente, ero convinto che mi stesse ringraziando.
Dopo essermi leggermente staccato, le spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorrisi non appena la vidi leggermente più tranquilla con sé stessa: ero appena riuscito nel mio intento e, nonostante la nostra rivalità, mi sentii fiero di me quando notai quella fossetta fare capolino.
A rovinare il momento, fu la suoneria del suo cellulare che arrivò come un vero e proprio fulmine a ciel sereno.

- Pronto? - rispose subito, ricomponendosi. - Sistah, dimmi: sì, sono a casa con Harry. No, non ci siamo ancora ammazzati -.

Concluse la frase sorridendo, portandosi dietro anche me, e continuò a parlare per alcuni dei minuti successivi.

- Chi era? - chiesi innocentemente, non appena rimise a posto il cellulare.
- Daniela -
- E cosa voleva? -
- Mi ha detto che oggi passano la giornata dai ragazzi e che ci vediamo stasera - mi spiegò, alzando di nuovo le spalle.

Si stava avvicinando l'ora di pranzo e, a meno che non decidessi di tornarmene a casa mia (non l'avrei lasciata da sola in così mal modo), saremmo rimasti da soli per il resto della giornata. La domanda mi sorse spontanea: cosa avremmo potuto fare?

- Visto che siamo da soli... Ti va di mangiare qualcosa? - abbozzai io, non sapendo cos'altro dire.

Non avevo nessuna intenzione di restare in silenzio per tutto il tempo, a costo di subirmi le sue cavolate ininterrotte per tutto il tempo.
Annuì all'istante, con occhi vogliosi di cibo, e si avviò subito verso il piano di sotto. La seguii un istante dopo e, cercando di stare al suo passo, le chiesi un veloce: - Sai cucinare? - che misi a fuoco solo dopo.
Chissà perché ma, pensando a lei, non riuscivo proprio ad immaginarmela davanti a un fornello o intenta a cucinare qualcosa.

- Diciamo che... È già tanto se so fare i pancakes... - rispose, guardandomi con un'espressione infantile.

Mi ricordava molto una di quelle bambine che combinano sempre guai ma, all'apparenza, sembrano veri e propri angioletti.
Ridacchiai, dandomi del genio da solo per la mia giusta previsione, e iniziai a cercare qualcosa di commestibile, e possibilmente delizioso, nella dispensa: peccato che l'unica cosa che trovai fu un barattolo abbastanza grande di mais dolce. A me sarebbe anche andato bene ma, non conoscendo i gusti della proprietaria di casa, esclamai un - Allarme rosso - che la fece subito girare verso di me.
Le mostrai il barattolo, continuando: - Non vedo altro qui - e aspettai il suo responso.

- Fa niente: amo il mais - rispose, alzando le spalle, e prendendo una scodella abbastanza alta.

Il fatto che fosse così spontanea, e non estremamente precisina (come quelle che mangiano sempre con forchetta, tovagliolo e coltello) mi fece sorridere e non potei fare a meno di notare le nostre numerose caratteristiche in comune: dopo averla osservata ridere in più di un'occasione, avevo notato la nostra risata abbastanza simile, a entrambi piaceva il mais dolce ed entrambi eravamo usciti da relazioni un po' troppo complicate.
La domanda che le rivolsi in quel momento, fu il risultato di un interessante lista di punti in comune: - Ti piace il rosa? -.
Mi aspettai subito una risposta affermativa, dato il fatto che fosse una femmina ma, non appena mi rivolse un'espressione disgustata, dovetti ricredermi.

- Ti sembro una tipa da rosa? Amo l'azzurro e il nero. Anche se mi vergogno di ammettere che, verso gli otto anni, ne sono stata ossessionata e ho persino costretto i miei genitori a farmi l'intera cameretta rosa: mi sono accorta del mio profondo errore solo da adolescente, purtroppo - spiegò, afferrando agilmente una forchetta e un cucchiaio. - Perché? -

Scrollai le spalle con finto disinteresse e tirai un leggero sospiro di sollievo nel sapere della sua disapprovazione verso il mio colore preferito. Mi sentivo a disagio al solo pensiero che potessimo andare d'accordo su qualcosa: ci eravamo conosciuti e iniziati ad odiare praticamente nello stesso momento, era comprensibile il fatto che mi sentissi strano in un'intera conversazione con lei.
Vedendola armeggiare con la forchetta, corrugai le sopracciglia e aggiunsi un sarcastico: - Sai: al mio paese, per mangiare il mais, si usa il cucchiaio - prima di passarle l'intero barattolo.
Mi guardò con uno strano ghigno in volto, assumendo (inconsapevolmente) un'espressione un po' troppo provocante, e affermò decisa: - Io sono italiana e ho sempre mangiato il mais con la forchetta quindi, se hai fame, mangia e zitto - prima di passarmi il mio rispettivo cucchiaio.
Assunsi la sua stessa espressione e, dopo aver aspettato che versasse l'intero contenuto del barattolo nella scodella, presi subito un cucchiaio pieno di quei deliziosi chicchi gialli.

- D'accordo, 'Miss So Tutto Io' - continuai a provocarla.

Avevo sempre provato gusto ad attaccare briga, soprattutto con le persone più sarcastiche: Manuela rappresentava il sarcasmo nel vero senso del termine, quindi perché non gustarmi le sue risposte sempre così decise e acide?

- Senti, ciccio friz - rispose decisa, avvicinandosi pericolosamente. - Punto primo: uno dei miei tanti soprannomi è 'Miss Convinzione', non 'Miss So Tutto Io'. Punto secondo: non ti conviene provocarmi. Potresti pentirtene amaramente -.

Spostai lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra in un centesimo di secondo ma non smisi, nemmeno per un istante, di provocarla: - Uh, che paura -.

Non riusciva a rendersene conto, e io non lo avrei mai ammesso ad alta voce, ma, diamine, il suo carattere così determinato e sicuro mi stava letteralmente mandando fuori di testa.

- Non ho paura di una ragazzina come te - continuai, aspettando la sua risposta.

Sollevò entrambe le sopracciglia, alzando leggermente il mento, e si avvicinò ancora di più, per quanto le sue punte dei piedi lo permettessero.
Continuai a spostare lo sguardo sul suo viso per tutto il tempo e, agendo d'istinto, mi leccai velocemente le labbra: mancavano pochi centimetri e avrei potuto baciarla. Di nuovo.
Il solo pensiero di toccare di nuovo quella bocca così morbida, mi fece mordere il labbro dal desiderio prima che sussurrasse un: - Ragazzina ci chiami a tua sorella, chiaro? - che mi fece salire i brividi lungo tutta la spina dorsale.
Si allontanò non appena ebbe finito di parlare e, dopo aver preso una forchettata piena di mais, tornò in camera sua con la scodella in braccio.
Mi godei la piena vista di quel sedere così apparentemente sodo andare via e, non appena rimasi di nuovo da solo, ridacchiai di gusto: dovevo decisamente darmi una calmata.
E lei doveva smetterla di farmi impazzire.
Non appena entrai di nuovo in camera sua, la trovai stesa sul letto e non persi tempo a sistemarmi accanto a lei: l'unica differenza stava nel fatto che io avessi la schiena poggiata contro la testiera del letto e non sul materasso.

- Raccontami qualcosa di te - esclamai all'improvviso, continuando a mangiare insieme a lei.

Girò la testa verso di me e, dopo aver corrugato le sopracciglia, mi rivolse uno stranito: - Scusa? - prevedibile.

- Dimmi qualcosa di te: ci conosciamo da una settimana, se non di più, ma so a mala pena come ti chiami - continuai, sperando che fosse d'accordo.

Ed era tutto vero: Louis e gli altri non si erano mai azzardati a darmi qualche altra informazione riguardo a Manuela e volli approfittare di quella situazione per sapere qualcosa in più proprio dalla diretta interessata.
Sarebbe stato più... d'effetto.

- Siamo ad un'agenzia matrimoniale? - scherzò, ridacchiando.
- No, ma... - risposi a disagio, non sapendo come rispondere.

Mi sentivo un idiota ogni volta che ricevevo risposte del genere: cosa avrei dovuto rispondere esattamente? "Sono curioso di sapere di te perché mi incuriosisci in una maniera incredibile?".
Scoppiò a ridere non appena mi vide in difficoltà ma, forse per pena, accettò la proposta: - D'accordo, facciamo un gioco - prima di sistemarsi a gambe incrociate.
Incuriosito, e continuando a prendere del mais dalla scodella accanto a noi, le chiesi con gli occhi che cosa avesse in mente e me lo spiegò subito:

- Si chiama "Dimmi chi sei". L'ho inventato io: in pratica, ognuno di noi pone un certo numero di domande all'altro ed entrambi dobbiamo rispondere sinceramente -.

Avrei voluto farle notare che quello non fosse un vero e proprio gioco, in quanto consistesse nel porre delle semplici domande senza un vero e proprio scopo, ma sembrò leggermi nel pensiero e mi incenerì con lo sguardo prima che potessi davvero proferire qualche parola.

- Okay - ricominciai, facendo finta di nulla. - Qual è la tua canzone preferita? -.

Sapevo che mi avrebbe risposto con qualche titolo di Avril Lavigne, notando i numeri poster della cantante attaccati alla parete, ma aspettai comunque una sua risposta.

- Mmh... scelta difficile: sono una Little Black Star e, se devo proprio scegliere, direi... Sippin' On Sunshine, 17 e Smile - rispose, mostrandomi il suo intero ragionamento per quella scelta. - Ora tocca a me: componenti della famiglia? -.
- Ho una sorella più grande di nome Gemma, mia madre si chiama Anne e mio padre Des. Purtroppo i miei hanno divorziato quando ero piccolo e... - affermai, guardando un punto indefinito del letto. - Diciamo che non l'ho presa proprio bene... -.

Non mi piaceva dover esporre la mia vita familiare a qualcun'altro, soprattutto alle persone con cui non avevo molta confidenza, e non riuscii io stesso a capire il motivo di quella risposta così lunga: mi era uscito spontaneo, come se fosse stata una domanda del tutto normale, e non riuscivo a comprenderne il motivo.
Un ennesimo "Mi dispiace" non mi avrebbe fatto né caldo né freddo a quel punto, ma, quando non arrivò nemmeno quello, alzai lo sguardo su Manuela: anche lei era pensierosa, forse un po' troppo, ma volli tranquillizzarla lo stesso: - Hey: non ti devi preoccupare, ormai il dolore peggiore è passato -.
Sembrò riprendersi quasi subito e, regalandomi un sorriso leggermente tirato, mi incoraggiò a porle un'altra domanda.

- Conosco le ragazze da un po', ma quando avete comprato, effettivamente, questa casa? - chiesi tranquillamente, guardandomi in giro.

Avevo conosciuto le altre quando i miei amici avevano deciso di presentarmele come loro effettive fidanzate (più o meno, nove mesi prima) ma non avevo mai chiesto a nessuno la data effettiva del loro trasferimento collettivo.

- Non da molto: saranno otto mesi, più o meno - affermò, contando sulle dita.

Mi congratulai per la bellezza dell'intero ambiente, non solo della sua camera, e dopo avermi ringraziato, continuò: - Ognuna ha arredato la propria camera a suo piacimento mentre il salotto, la cucina e tutto il resto li hanno arredati i nostri genitori, di comune accordo -.
Le sorrisi dolcemente, interessato a qualsiasi cosa dicesse, e continuammo a "giocare" per tutto il resto del pomeriggio: il tempo era passato così velocemente che, quando voltai lo sguardo verso la finestra e vidi un intero manto scuro sul cielo, rimasi basito.
Avevamo raggiunto circa le cinquanta domande ciascuno, se non di più, ma imparai un sacco di cose nuove su di lei: eravamo nati con un solo mese di differenza (io ero di febbraio, lei di marzo), si era trasferita a Londra con le sue amiche per ricominciare (anche se non si era voluta spingere oltre con le spiegazioni), era un'hippie sfrenata ma anche ossessionata dal nero e dal grunge/punk, amava gli animali, sarebbe voluta diventare una Wedding Planner (specificando i suoi idoli del settore: Randy Fenoli ed Enzo Miccio, un organizzatore di matrimoni italiano) e tante altre cose che, agli occhi di un altro sarebbero risultate piccolezze, ma che per me rappresentavano un vero e proprio patrimonio.
Stranamente, mi resi conto di essere d'accordo con lei su molti argomenti e mi pentii, in più di un'occasione, di non aver voluto conoscerla prima: avremmo potuto essere amici da più tempo, piuttosto che farci la guerra a vicenda. In fondo, esattamente come mi aveva assicurato Louis, Manuela poteva dimostrarsi anche divertente e simpatica, oltre che stronza e determinata.
In quel momento, eravamo entrambi stesi sul letto, con la scodella ormai vuota ai piedi del letto. L'unica differenza stava nelle posizioni: la stavo sovrastando, in un certo senso, grazie ad un braccio piegato, mentre lei era completamente distesa accanto a me. Mi ritrovai a giocare con delle ciocche dei suoi capelli in più di un'occasione e potei constatare, finalmente, la loro completa effettiva morbidezza: possibile che fosse tutto così meravigliosamente tranquillo e speciale?






MANUELA'S POV.

 
Non avrei mai pensato che, grazie al mio giochino stupido, sarei riuscita concludere la giornata così in bellezza. Mi ero divertita molto, riso a qualche sua orribile battuta (giusto per farlo contento) e, come se non fosse già abbastanza, avevo anche imparato un sacco di cose nuove sul suo conto: era cresciuto a Holmes Chapel nello Cheshire, i suoi colori preferiti erano il rosa e l'arancione, si era fatto tantissimi tatuaggi in diverse parti del corpo (mi aveva addirittura fatto vedere tutti quelli che aveva sul braccio sinistro), amava cantare, era un patito dei Coldplay e tantissime altre cose interessanti.
Era, per quanto mi costasse ammetterlo, estremamente rilassante poterlo guardare dal basso e il massaggio che mi stava dedicando ai capelli era una vera e propria goduria: possibile che fosse tutto così meravigliosamente tranquillo tra noi due?

- Direi che il gioco può anche finire qui - affermai, rimettendomi seduta.

Mi riservò un'occhiata da cucciolo bastonato che, nonostante sciolse una misera parte di me, non mi fece cedere: - Harry, sono le dieci e non abbiamo nemmeno cenato. In più, le ragazze staranno per tornare quindi è meglio che vai se non vuoi essere sommerso da battutine sporche -.
Mi stavo già facendo una mezza idea sui pensieri di tutti i nostri amici riguardo a quel pomeriggio di tregua tra noi due e, il solo immaginarmi le migliaia di battutine perverse che ci avrebbero riservato il giorno dopo, mi fece grugnire esasperata: nonostante ciò, io e Harry non avevamo fatto nulla di male quindi, almeno dal mio punto di vista, potevo godermi la mia coscienza pulita.

- Mi sono divertito tantissimo - esclamò all'improvviso, mentre lo accompagnavo alla porta.

Non potevo fargli capire il mio completo entusiasmo per quelle attenzioni che mi aveva dedicato e, cercando di mantenere un certo tasso di autocontrollo, annuii leggermente con un sorriso.

- Visto? Alla fine non sono così terribile - continuò, sollevando le sopracciglia.
- Ti sei forse dimenticato che sei stato tu quello a farmi cadere di culo per terra e di avermi presa in antipatia... praticamente, dal primo istante in cui mi hai guardata? - gli ricordai, incrociando le braccia sotto al seno.

Non volevo litigare, né tanto meno accusarlo dei passati rancori, ma era tutto vero: se lui non mi fosse stato così ostile dall'inizio, io non avrei progredito con il mio disinteresse nei suoi confronti. Andiamo, non ero mica così stronza.

- Le emozioni cambiano - ribatté all'istante, guardandomi intensamente.

Rimasi interdetta davanti a quella frase così seria e azzardata ma, nonostante fossi della sua stessa opinione, non riuscii a capire cosa c'entrasse in quella situazione: stava cercando di dirmi qualcosa? Era davvero cambiato qualcosa? O, cosa ancora più probabile, stava forse cercando di farmi scervellare inutilmente?

- Visto che non ti sei annoiata, pretendo una ricompensa - esclamò di nuovo, facendo ricomparire un sorriso.

Stavo iniziando a pensare di non essere l'unica strana della situazione.
Cercai comunque di non incasinarmi troppo il cervello e, dopo essermi poggiata di schiena al muro, cercai di capire, di nuovo, cosa volesse: - E cosa sarebbe? -.

- Ci siamo già abbracciati, quindi niente abbracci - ragionò ad alta voce, posizionando un dito sul mento. - Direi che un bacio sulla guancia sarebbe un grande passo avanti -.
- Preferisco abbracciare un porcospino - ribattei secca, non completamente seria.

Un bacio sulla guancia non sarebbe stato poi così male ma, per semplice divertimento, volli sentire la sua risposta alla mia provocazione: in fondo, lui aveva cercato di farmi arrabbiare per tutto il giorno.
Passò un minuto scarso prima che, lasciandomi completamente senza parole, si parasse a pochi centimetri dalla mia faccia, dopo aver posizionato una mano sul mio fianco.
Trattenni il fiato per tutto il tempo successivo ma, stranamente, non trovai le forza di farlo staccare: sentii le guance andare a fuoco ma, dopo avergli rivolto un'occhiata interrogativa, rimasi letteralmente incatenata in quegli smeraldi che gli erano stati donati al posto degli occhi. La sua espressione era seria, con lo sguardo puntato sulle mie labbra e, non appena sentii il suo caldo respiro contro la pelle, pregai che le gambe mi reggessero per un altro po'.
Un solo movimento millimetrico e saremmo potuti finire sulle labbra dell'altro.
Non avevo idea da dove fosse uscita quella vicinanza così repentina ma, nonostante non avessi ancora una completa inquadratura del rapporto tra me e Harry, l'idea di dover porre fine a quel contatto non mi passò nemmeno per l'anticamera del cervello.
Stavo cercando di riconoscere le varie sfumature di verde nei suoi occhi quando sentii una delicata pressione sulla bocca: ci stavamo baciando e, diamine, non mi sarei tirata indietro nemmeno se mi avessero pagato.
Ricambiai il bacio praticamente subito, non riuscendo a connettere nessun nervo con qualche altro muscolo del corpo, e mi godei quelle labbra perfette ancora e ancora: la mia mente era completamente annebbiata ma, cavolo, come avrei potuto concentrarmi con delle labbra così perfette sulle mie?
Non fu un vero e proprio scambio si salive o altro: fu dolce, quasi completamente innocente.
Si staccò lentamente proprio quando iniziai a pensare di andare ancora più a fondo e, alzando le palpebre contemporaneamente con le sue, cercai di recuperare fiato: la mia lingua, nel frattempo, stava cercando qualche minima traccia di Harry sulla parte più esterna delle labbra.
Passarono alcuni istanti in cui nessuno dei due proferì parola ma, continuando a restare in silenzio, il contatto si affievolì sempre di più fino a quando, un po' a malincuore, non lo vidi uscire di casa.
Scivolai di schiena sul muro, fino a sedermi per terra, e continuai a guardare un punto indefinito del salotto, ancora nella più completa confusione: ci eravamo appena baciati e, diamine, mi era piaciuto da morire.
Un sorriso da perfetta ebete si piazzò sul mio viso di colpo e, dopo essermi coperta l'intera bocca con le mani, non riuscii ancora a crederci.






 
HARRY'S POV.

 
Dopo essere uscito da quella villetta, mi ci vollero una manciata di minuti per mettere davvero a fuoco l'intera situazione: l'avevo baciata, aveva ricambiato e, diamine, mi era piaciuto da morire.
Non avevo programmato niente: quella battuta sarcastica mi era giunta al cervello come una vera e propria scintilla che aveva fatto scattare l'intera bomba, non facendomi più ragionare.
Strusciai sulla porta fino a sedermi sulle mattonelle beige e, toccandomi le labbra con le mani, mi salirono i brividi lungo la schiena: baciarla da sveglia, con una sua completa reazione, si era dimostrato mille volte meglio della sera precedente, a dir poco.
Mi passai entrambe le mani tra i capelli, adornando il mio viso da un sorriso enorme e, torturando ancora il labbro inferiore con lingua e denti, mi sentii a di poco sollevato: non mi ero reso conto di niente all'inizio ma, cavolo, stavo davvero iniziando a provare simpatia verso l'impulsività.










                                                                                                     
 I kissed her!





Spazio Autrice: *rullo di tamburi* finalmenteeeee! Si sono baciati! * salta come ai mondiali del 2006* Si! Si! Si! *prende una storta e cade di culo per terra* okay, sto bene. Calmiamoci.  
Prima di tutto: ciao a tutte!
Secondo: si sono baciati! Vi rendete conto? Okay, dopo questo "piccolissimo" momento di sclero parliamo di cose serie: che ne pensate?
Allora, è il capitolo più lungo che abbia mai scritto, e sono consapevole del fatto che non si capisce niente di quello che succeda, ma sinceramente non so come mi sia venuto in mente di scrivere l'ultima parte. Sono un paio di giorni che ci lavoro e mi è uscita così: spero sia all'altezza delle aspettative :) purtroppo avete sbagliat: Nick non vuole tornare con Manuela ma è andato da lei per dirle che si sposa! Scommetto che nessuno aveva indovinato u.u modestamente il mio criceto funziona al contrario u.u
Allora, passiamo alle domande:
1) vi è piaciuto questo capitolo?
2) come potete vedere ci sono molte parti tenere tra Manuela e Harry quindi: qual è il vostro momento preferito? 
3) il bacio vi ha fatte emozionare?
Personalmente mi sono venuti i brividi quando l'ho scritta perché mi sono immaginata la scena *-* mi piacerebbe anche ricevere un commento dolce oltre alle domande così da rendere le recensioni più lunghe <3 credete si possa fare? Mi piacerebbe tantissimo *-* va bene, per oggi è tutto direttamente dal divano di casa mia con Hush Hush nelle orecchie.
A voi la linea.
Okay, è ufficiale: diventerò una giornalista del Tg5.
Grazie ancora <3
Peace and Love
Xx Manuela





Nick:

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***













Quando si è una diciannovenne asociale, fissata con serie tv americane, band e libri, la pigrizia mi sembra una conseguenza abbastanza ovvia: ecco il motivo per cui, in un noiosissimo e piovoso pomeriggio autunnale, ero impegnata a guardare una versione decisamente dozzinale di Romeo & Giulietta. Il plaid dei Puffi e una confezione gigante di popcorn rappresentavano le mie uniche consolazioni, mentre quei due in tv mi facevano grugnire infastidita: anche io ero una tipa romantica (assurdo ma vero) ma avevo dei limiti e, purtroppo per me, Romeo e Giulietta li stavano superando di parecchio. Per questo motivo, alla celebre battuta "Oh Romeo, Romeo: perché sei tu, Romeo?" risposi: - Baldracca, se sua madre l'ha voluto chiamare così, che può farci lui? - con la bocca piena di delizioso popcorn caramellato.
Non avevo mai creduto alla teoria ottimistica dello stereotipo dei single: essere single non significa essere liberi e spensierati. Nel mio caso, essere single significava ingozzarsi di schifezze, piangere davanti ai romanzi di Nicholas Sparks, Titanic Io & Marley, lanciare imprecazioni e occhiatacce verso tutte le coppiette sdolcinatamente disgustose e sentirsi una forever alone ogni qualvolta fossi stata costretta ad uscire di casa.
Lanciai un cuscino verso la televisione, durante un bacio appassionato tra i due attori, e affermai un disgustato: - Mi stanno risalendo i popcorn - prima di spostare il recipiente ai piedi del letto.
Avrei continuato a fare commenti, se la testa di Daniela non avesse fatto capolino dalla porta all'improvviso: - Parli da sola? -.

- No, sto parlando con questi due coglioni di Romeo e Giulietta - risposi imbronciata, coprendomi la faccia con un cuscino. - Comunque una scienziata ha dimostrato che parlare da soli è da intelligenti: tiene la mente allenata -.

Non ero esattamente poi così convinta del ragionamento appena fatto ma, dopo essermi sentita dire milioni di volte di essere fin troppo intelligente (dimostrando che l'apparenza inganna), un po' di attenzioni potevo permettermele anch'io, no?
Sin da piccola avevo sempre ricevuto la pulce nell'orecchio di essere un leggero passo avanti agli altri, in fatto di immaginazione e realismo (nonostante fossero poli opposti tra loro), e me ne ero resa conto anch'io solo da adolescente, nelle situazioni più difficili brutte che mi erano capitate fino ad allora. La mia non era vanità, tanto meno arroganza: era pura e semplice verità.

- E chi sarebbe questa scienziata? - mi chiese, incrociando le braccia sotto al seno, per poi sedersi al mio fianco sul letto.

Abbassai il volume della tv, guardandola con un sorriso furbo ma complice, prima di esclamare un forte "Io!" e indicarmi con le braccia alzate al cielo.
Era incredibilmente imbarazzante la consapevolezza di essere così fuori di testa ma, ormai, ero riuscita a farmene una ragione già da un po'. Stessa cosa che avevano imparato a fare anche tutti i miei amici.

- Solo perché da piccola giocavi con "Il Piccolo Chimico", non significa che tu sia una scienziata - esclamò Daniela, alzando gli occhi al cielo.

Mi posai una mano sul petto, sulla zona del cuore, e mi concentrai in un'espressione profondamente delusa e sconcertata prima di ribattere: - Io non ho mai giocato al "Piccolo Chimico"! -, facendola ridere.
Mi sentii fiera di me stessa nel preciso istante in cui si asciugò una lacrima per le troppe risate e, cercando di non gongolare troppo, mi sistemai a gambe incrociate davanti a lei: mi sembrava fossero passati secoli da una nostra chiacchierata di quel genere. Da quando aveva conosciuto Niall, esattamente come le altre con i ragazzi, il tempo per noi cinque, purtroppo, aveva iniziato a diminuire sempre di più: motivo per cui avevo imparato ad apprezzare ogni singolo momento possibile con loro.

- Resta il fatto che sei riuscita a far esplodere un esperimento semplicissimo nell'ora di chimica, al liceo - esclamò, dopo essersi ripresa.

Ridacchiai al solo ricordo dell'accaduto, con le scene di quel disastro ancora nella mente, e alzai le spalle come se niente fosse. Era capitato verso la fine della scuola, durante il quarto anno, quando, la mattina successiva a una notte insonne passata a leggere, io e Daniela eravamo state scelte per una dimostrazione di un esperimento davanti alla classe. A causa della stanchezza, avevo unito un elemento per un altro, causando, non solo un esplosione, ma anche la chiusura dell'intera aula per un'intera settimana a causa del terribile tanfo all'interno. Il bello di tutto? Non avevo ricevuto nessun tipo di sospensione o punizione: la professoressa, lasciando sbalorditi ogni studente dell'intero istituto, mi aveva difesa contro la preside, affermando che l'esperimento, in effetti, non era alla nostra portata e prendendosi l'intera responsabilità. Inutile dire che quel giorno sarebbe rimasto uno dei più fortunati, nella mia intera esistenza.

- Ho evitato chimica all'intera scuola per una settimana: hai persino il coraggio di lamentarti? - le chiesi indignata, sbattendo velocemente le palpebre.

Nonostante l'accaduto fosse rimasto sulla bocca di tutti, genitori compresi, per tutto il mese successivo, la mia popolarità era comunque rimasta abbastanza mediocre: non che me ne fosse importato qualcosa, le mie amiche avevano comunque rappresentato la mia principale preoccupazione, ma ero rimasta comunque un po' scioccata quando, al sentire il mio nome, la gente rispondeva con un noncurante "Mai sentita".

- Sì, e io mi sono dovuta lavare i capelli ben tre volte per togliere quell'orribile tanfo - mi ricordò, facendomi incassare la testa nelle spalle. - Comunque Romeo e Giulietta rappresenteranno sempre e comunque una delle coppie più belle nell'intero universo -.
- Sì, come una bustina di maionese scaduta - risposi schifata, riempiendomi la bocca con un pugno di popcorn.

Assunse un'espressione a dir poco disgustata in pochi secondi e, continuando a guardarmi, esclamò un rumoroso: - Sei impossibile! Riesci a rendere disgustoso qualsiasi cosa in meno di cinque minuti! - che non mi fece né caldo, né freddo.
Sbattei le palpebre velocemente, facendole capire il mio disinteresse, e smisi di prestare attenzione alla tv quasi subito, stanca di tutto quel romanticismo: se avessi continuato a guadare quei due, avrei riscontrato il diabete da lì a poco.

- Comunque... - riprese a parlare la mia amica, ignorando subito l'intero accaduto. - Cosa avete fatto di preciso tu e Harry ieri pomeriggio? Avete avuto l'intera casa completamente libera per delle ore -.

Si intuiva dal suo tono di voce, il secondo significato di quella domanda e dovetti lottare contro me stessa pur di non diventare rossa, al solo ricordo di quel bacio così inaspettato: nella mente di Daniela, esattamente come in quelle di tutti i miei amici, dovevano già esserci pensieri abbastanza sconci su me e lo spilungone. L'ultima cosa che volevo fare era alimentare quelle fantasie così insensate.

- Guarda, non puoi capire la quantità di cose che abbiamo fatto - rigirai la frittata, salvandomi con una grossa dose di sarcasmo. - Abbiamo procreato tutto il pomeriggio, dovevi vedere che maratona, e poi abbiamo deciso di aprire un piccolo zoo in casa, comprando circa una decina di cani, gatti e criceti: indovina come ho chiamato il mio cucciolo preferito? -.
- Come sei spiritosa! Te lo ha mai detto nessuno? - mi chiese retoricamente, prima che un "Grande Puffo" ammiccante non le fece battere una mano contro la fronte per l'esasperazione.

Mi ero salvata in calcio d'angolo, grazie al cielo, ma ero convinta che la faccenda non sarebbe finita lì: i miei amici erano piuttosto cocciuti, quando si mettevano in testa una cosa. Ma, d'altronde, io ero persino più cocciuta di loro quindi, a rigor di logica, sarei stata l'ultima persona col diritto di lamentarmi per il loro comportamento. Tanto valeva continuare a cercare di ignorare l'argomento.

- Comunque, intuendo la quantità infinita di filmini mentali che ti sei fatta su me e Harry, devo proprio dedurre che ti faccia male vedere Niall nudo - continuai, sollevando le sopracciglia, prima di lanciarle il cuscino di Pikachu in faccia e scendere dal letto.

Il punto debole della mia amica? Il suo ragazzo. Essendo due dei più timidi nel gruppo, ogni tipo di affermazione a sfondo sessuale avrebbe , di sicuro, lasciato qualche segno: dal rossore al balbettio, dall'imbarazzo più totale a una fuga improvvisata pur di non rispondere. Erano fatti così e, nonostante trovassi quelle reazioni estremamente tenere, fui più che felice di giocarmi quella carta pur di sviare l'argomento.
Daniela sembrò pietrificarsi all'improvviso, strabuzzando gli occhi e diventando tutta rossa in un attimo, prima di esclamare: - Io non ho mai visto Niall nudo! - con la tonalità di voce più alta che avesse mai osato raggiungere.
A quella risposta fui io quella ad aggrottare le sopracciglia, leggermente perplessa, prima che un: - E come procreate, tanto per sapere? - mi scivolasse dalla bocca istintivamente.
Nel preciso istante in cui ricominciò a sbattere le palpebre, presi la saggia decisione di uscire di scena: non ero perfettamente a conoscenza di cosa mi avrebbe fatto dopo tutta quella situazione imbarazzante ma, per intelligente decisione del mio criceto, decisi di non volerlo nemmeno sapere. Ero ormai a metà rampa di scale quando la sentii urlare da camera mia: - Tu sai troppe cose, signorina! -, facendomi ghignare: sapeva perfettamente che nemmeno io ero una santa ma, da quando le avevo raccontato della mia prima volta con Nick, non aveva comunque mai smesso di fare l'amicona protettiva. Era la più grande del gruppo di noi ragazze, nata solo due settimane prima di me, e aveva sempre cercato di proteggere tutte: a volte sembrava davvero la mamma dell'intera combriccola.

- E poi, il come lo faccio con Niall non mi sembra affar tuo! - concluse la sfuriata, raggiungendomi al piano di sotto.

Pronunciò l'ultima parola nel momento stesso in cui varcò l'entrata della cucina, trovandosi davanti ben cinque ragazzi di nostra conoscenza, pronti a scoppiare a ridere da un momento all'altro.
Le lanciai uno sguardo alla "Ops!" e successivamente arrivò uno dei segnali più soavi che avessi mai sentito: la tanto trattenuta risatina isterica di Louis. Sfruttai quella liberazione come un vero e proprio permesso per scoppiare anch'io e, nemmeno due minuti dopo, mi ritrovai a battere la mani in preda alla risata convulsiva, e da perfetto cavallo, che mi apparteneva. La mia amica, nel frattempo, sembrava paralizzata per la seconda volta in nemmeno un quarto d'ora.
Niall era l'unico, tra tutti i presenti, ad essere rosso come un pomodoro maturo, indeciso se unirsi alle risate o dire qualcosa di confortante verso la sua ragazza.
Mi ci volle un po' per riprendermi ma, dopo essermi persino asciugata una lacrima, riuscii finalmente a tornare normale: mi dispiaceva un po', per aver fatto crollare Daniela nell'imbarazzo, ma, diamine, era stato troppo divertente. Girai lo sguardo per un secondo verso Harry, dietro il bancone della cucina, prima che mi "regalasse", per così dire, un occhiolino e un sorriso: avevo sperato, fino a quell'istante, che non riprendesse subito l'argomento "bacio". Non perché mi fossi pentita: semplicemente, non mi sentivo pronta a dare la mia versione, visto che non avrei davvero saputo come rispondere. Dovetti lottare contro me stessa pur di restare impassibile, nonostante il calore sulle guance sempre più evidente, e feci finta di nulla: passare dal "ti prendo a padellate in faccia" a "regaliamoci sorrisi ammiccanti a vicenda" sarebbe stato una vera e propria mossa suicida per entrambi. I nostri amici già avevano in mente chissà quali strani filmini mentali su noi due: cosa avrebbero osato fare, o pensare, se avessero scoperto il bacio della sera prima?
Pregai che l'attenzione si spostasse su qualche altro argomento, troppo imbarazzata per spiccicare parola, e benedissi mentalmente il mio migliore amico, non appena esclamò un divertito: - Invece di tartassare questi poveri cuccioli, perché non ti vai a vestire sul serio? Sono le quattro di pomeriggio e tu sembri ancora in pigiama - prima di tirarmi una scherzosa pacca sul fondo schiena.
Il rapporto tra me e Louis, sin da quando eravamo diventati migliori amici, era sempre stato costituito da manifestazioni d'affetto di quel genere: ci capivamo alla perfezione, avendo caratteri abbastanza simili, formati da sarcasmo, acidità ma anche da bene incondizionato verso le persone a noi più care. Si divertiva a stuzzicarmi per farmi arrabbiare, esattamente come io facevo con lui, e non passava giorno in cui non mi "regalasse" qualche pacca sul didietro, prese in giro o perfino insulti scherzosi: erano, semplicemente, le nostre solite manifestazioni d'affetto reciproco. Giulia era perfettamente a conoscenza di quell'amicizia tra me e il suo ragazzo ma, nonostante all'inizio della loro relazione le avesse dato leggermente fastidio, aveva iniziato a farci l'abitudine in fretta: in fondo, sapeva anche lei che non ci sarebbe stato mai nulla al di sopra di "migliore amico" e "migliore amica". Era uno di quei rapporti a cui non si può rinunciare, così importante da tenerlo lontano da qualsiasi tipo di minaccia, compresa una possibile relazione. In più, Louis era fin troppo innamorato della sua ragazza, per pensare anche solo minimamente a me in modo diverso.

- Louis! - esclamò all'improvviso Harry, facendo girare tutti verso di lui.

Il mio migliore amico, in risposta, corrugò le sopracciglia per chiedergli cosa volesse: possibile che quello spilungone fosse così dannatamente lunatico? Io, in confronto, potevo ritenermi una ragazza fin troppo tranquilla.

- Ti pare normale tirare una pacca sul sedere a Manuela? - domandò, sempre più confuso, prima di aggiungere: - Insomma... Diamine, sei fidanzato! -.

Non riuscivo a capire tutta quella foga per riprenderci: in fondo, era un gesto piuttosto usuale per noi. 

- Vero, ma lei è la mia coglioncella - si giustificò Louis, mettendomi un braccio intorno alle spalle, per poi schioccarmi un sonoro bacio sulla guancia.

Sorrisi all'affermazione di Louis, cingendogli la schiena con un braccio, prima che Harry ci guardasse con le labbra leggermente socchiuse: ancora più sorpreso di prima. Scossi un paio di volte la testa, come a chiedergli che cosa volesse davvero, ma lui sembrò a mala pena vedermi, troppo impegnato a sussurrare: - Robe da matti - e uscire dalla stanza verso il piano di sopra.
Tutti noi rimanemmo un po' sorpresi alla sua reazione ma, dopo uno scrollare di spalle generale da parte degli altri, la conversazione si concentrò su di un altro argomento: sembravo l'unica davvero interessata a quel comportamento così strano di Harry e fu per quel motivo che, sbuffando leggermente, mi ritrovai a salire le scale poco dopo. 









HARRY'S POV.


Non avevo mai visto due migliori amici compiere azioni di quel genere: la cosa ancora più strana? Per loro sembrava tutto fottutamente normale. Le opzioni erano due: o ero io quello antico e rigido, o erano loro ad avere una relazione troppo spinta. Louis era anche fidanzato, diamine.
Il fatto che Manuela sembrasse aver completamene dimenticato il bacio che ci eravamo dati la sera prima, mi fece andare fuori di testa: era stato solo un bacio e noi non eravamo nulla, vero, ma non mi sarei nemmeno aspettato così tanta indifferenza. Avrei mentito a me stesso, se alla domanda "Ci sei rimasto male?" avessi risposto: "No, per niente".
Avevo rinunciato a quello spettacolino, decisamente non gradito dal sottoscritto, rifugiandomi al piano di sopra e sperai davvero che nessuno mi seguisse: non avevo alcuna voglia di dover spiegare i motivi per cui avevo dato vita a quella scenata, non essendone a conoscenza nemmeno io.
Ero così preso dai miei pensieri contorti che non feci nemmeno attenzione alla stanza in cui entrai: per questo, quanto incontrai tutto quell'azzurro, grugnii esasperato. Qualcuno si stava prendendo gioco di me, a quel punto ne ero certo.
Dopo un'occhiata generale all'ambiente, composto da un letto mezzo sfatto con una ciotola di popcorn sopra, la televisione accesa e centinaia di libri nella libreria, mi concentrai per qualche minuto sul film che stavano trasmettendo: Romeo & Giulietta. Sorrisi, ripensando a quanto avessi amato quella storia al liceo, e, senza nemmeno rendermene conto, mi ritrovai a pensare proprio a quel tipo di amore: esisteva davvero? Due persone potevano amarsi così tanto da uccidersi pur di stare insieme? Avevo solo diciannove anni ma, diamine, sarebbe piaciuto anche a me amare così tanto qualcuno: lo stomaco invaso da quelle dolci "farfalle" di cui tutti parlano, il pensiero fisso della persona che si ama, il sorriso che compare sul viso ogni volta che si sente anche solo pronunciare il suo nome... Tutte cose meravigliose che, nonostante la mia giovane età, avrei voluto davvero provare.
Avevo sempre creduto di non poter amare maggiormente Taylor, eppure, dopo tutta quella serie di eventi, in quel momento stavo iniziando ad avere veri e propri dubbi al riguardo.
Tutta quella massa indefinita di pensieri venne interrotta bruscamente, non appena sentii una vocina leggermente acuta alle mie spalle: - Si può? -.

- Sbaglio, o questa è la tua camera? - domandai sarcastico, continuando a tenere lo sguardo sul televisore davanti a me. -
Da quando in qua si bussa per entrare nella propria camera? -.

Rimase interdetta per qualche minuto, interdetta, mentre un sorriso soddisfatto faceva capolino sulle mie labbra: le stavo ancora dando le spalle, ma riuscivo comunque ad immaginarmi il suo viso corrugato, in cerca delle parole giuste per contrattaccare.

- Be', non sono di certo io quella che è scappata senza motivo - rispose secca, avvicinandosi.
- Pensi davvero che io sia così stupido da andarmene senza una ragione? - le chiesi in risposta, girandomi finalmente verso di lei. - Non siamo mica tutti infantili come te -.

Aveva deciso di sedersi sulla scrivania, lasciando ciondolare le gambe, mentre si guardava un'unghia laccata di nero, con apparente disinteressamento. - Quando la finirai di comportarti come un bambino viziato e la smetterai di giudicarmi o insultarmi, allora diventerai più interessante del mio smalto -.
Serrai le labbra in una linea, assottigliando gli occhi, e fu in quel preciso istante che nel mio cervello si illuminò la parola "Basta!" a caratteri cubitali: ecco il principale motivo per il quale scattai in mezzo alle sue gambe, a pochi centimetri dal suo viso.
Spalancò gli occhi all'istante, cercando di mettere ancora a fuoco la situazione mentre il mio respiro si faceva sempre più irregolare, prima di esclamare: - Harry, ma che caz- -.

- Vuoi sapere perché sono scappato, eh? - le chiesi retoricamente, posizionando le mani accanto alle sue cosce per bloccarla. - Te lo dico subito: mi ha dato fastidio. Oh, non hai idea di quanto mi abbia dato fastidio vedere la mano di Louis sul tuo culo e la passività con cui avete affrontato la cosa: per voi potrà anche essere normale ma, mia cara, mi dispiace avvertirti che per me non c'è assolutamente niente di normale in tutto ciò -.

Continuò a guardarmi con gli occhi mezzi spalancati, il respiro leggermente più irregolare e le guance completamente a fuoco: nonostante possedesse tutti gli attributi per sembrare una dolce ragazza tenera e indifesa, avevo imparato fin troppo bene che, in realtà, stava solo cercando di non sbilanciarsi. - Guarda che, se è per Giulia, lei ne è perfettamente cons- -.

- No, non hai capito un cazzo - risposi, incatenando gli occhi nei suoi. - Non c'entra niente Giulia. Ho sentito letteralmente il sangue ribollirmi nelle vene, mentre cercavo di contenermi dall'avvicinarmi e staccarvi. Il 99% delle volte mi fai saltare ogni singolo nervo presente nel corpo con i tuoi fottuti modi di fare ma, non appena ti vedo intorno a Louis, ho questa maledetta reazione. Ho cercato di attribuire la colpa al fatto che il nostro migliore amico sia fidanzato ma sai cosa ho scoperto, pochi istanti fa? Non c'entra assolutamente un cazzo. È una reazione che mi viene da dentro, indipendente da qualsiasi altra cosa e, diamine, sono perfettamente consapevole del fatto che sembra assurdo, visto che non siamo nemmeno veri e propri amici, ma ormai non ho la forza neanche per negarlo di nuovo a me stesso -.

Tutte quelle spiegazioni, tutto quel peso che avevo avuto sullo stomaco fino a quell'istante, uscirono dalla mia bocca con una velocità incontrollabile, rendendomi impossibile persino rendermi conto di ogni singola parola pronunciata: in un secondo momento mi sarei sicuramente pentito di ogni singola cosa ma, a quel punto, non avrei nemmeno potuto rimangiarmi tutto.
Ebbi il fiatone per alcuni secondi, continuando a guardare quegli occhi così confusi e apparentemente spaventati, prima che le mie guance venissero a contatto con delle superfici morbide, con piccoli spazi duri e freddi: le sue mani. Mi accarezzò la pelle per un po', trasformando l'espressione corrugata di poco prima in una leggermente più rilassata, dandomi come una sorta di okay ad avvicinarmi maggiormente. Ormai c'erano solo pochissimi centimetri a separarci e, mentre cercavo di farmi un'idea su quello che sarebbe potuto succedere qualche istante dopo, il tocco sempre più delicato di Manuela continuò a vagare sulle mie guance: avrei pagato qualsiasi cifra pur di entrare nella sua testa e sapere quali pensieri la stessero tormentando.
Il momento in cui cambiò tutto, fu quello in cui le sue mani passarono dalla guance ai capelli, sfiorando l'orecchio con i diversi anelli alle sue dita, attirandomi a lei: le nostre labbra si unirono subito, desiderose le une delle altre, mentre le mie mani passavano dai lati delle cosce alla sua schiena, cercando di avvinarla maggiormente. Il cervello sembrò annebbiarsi all'improvviso, facendo sprofondare il mio corpo nell'istintività più completa, mentre sentivo dei brividi percorrermi l'intera spina dorsale, come su qualcuno avesse tracciato la mia intera colonna vertebrale con un dito.
Non mi sarei aspettato che sarebbe stata lei stessa a prendere l'iniziativa ma, dal momento che da lì a poco avrei di sicuro compiuto io quel passo, non me ne preoccupai nemmeno: ero decisamente troppo occupato a godermi quel bacio così meraviglioso e passionale che ci stavamo ancora dando. Le chiesi praticamente subito l'accesso per approfondire maggiormente il bacio, permesso che non venne minimamente ignorato: fu quando la mia lingua venne a contatto con la sua, godendomi quel delizioso retrogusto di popcorn, che le gambe rischiarono seriamente di cedermi.
Non ero sicuro del tipo di rapporto tra me e Manuela, non ancora almeno, né di cosa mi fosse preso così all'improvviso ma, per una sola volta, non avrei preso nemmeno in considerazione il mio cervello: avrei potuto fare una cazzata epica, seguendo il mio cuore, ma mi auto-convinsi che sarebbe andato tutto per il meglio. In fondo, non è proprio il costante pensare a bruciare un cervello?
Continuai a sentire i capelli intrecciati a quelle piccole mani, mentre cercavo di attirarla sempre più vicino, come se, in quel modo, potessi farla entrare all'interno del mio stesso corpo. Mi allontanai lentamente dalla superficie della scrivania, continuando a baciarla, mentre, non volendo staccarsi nemmeno lei, allacciò e gambe intorno al mio bacino, facendosi prendere in braccio: Dio solo poteva sapere quanto la desiderassi in quel preciso istante.
Ma non feci in tempo nemmeno a pensarlo, che sentii un profondo senso di vuoto istantaneo, dovuto alla mancanza improvvisa di quelle labbra così morbide sulle mie. La guardai confuso, non riuscendo a capire il motivo di quella separazione, mentre sentivo il suo fiato caldo sulla mascella. Provai a baciarla più volte, sperando con tutto me stesso che ricambiasse come poco prima ma, non appena sentii i suoi polpastrelli a contatto con le labbra, il vuoto allo stomaco non fece altro che inghiottirmi letteralmente.
Mi guardò negli occhi un'ultima volta, prima di sussurrare: - Che diavolo stiamo facendo? - e tornare con i piedi per terra. Avrei voluto urlarle: "Per la prima volta da quando mi sono lasciato con Taylor, sto pensando a me stesso e non a quello che è giusto!" ma mi uscii solo un flebile: - Tu cosa pensi? -.
Abbassò la testa, iniziando a guardare il pavimento, prima di mormorare un "Un errore" che per poco non mi fece perdere conoscenza. Non mi concesse nemmeno il tempo di rispondere: corse al piano di sotto in un batter d'occhio, con le lacrime agli occhi, lasciandomi lì da solo come un perfetto imbecille. Sbattei le palpebre più volte, afferrandomi i capelli tra le mani, mentre il respiro sembrava ritornare lentamente alla normalità.
Da perfetto ragazzo riflessivo quale ero, le avrei di sicuro dato ragione, se avessi potuto ricominciare a pensare lucidamente. Ma come potevano essere chiamate errori tutte quelle emozioni meravigliose?
Mi avvicinai alla finestra, notando Manuela correre verso il giardino, sotto le prime gocce di un temporale, mentre il vuoto allo stomaco continuava a mangiarmi vivo; avevo migliaia di domande in testa, interrogativi ai quali non riuscivo ancora a dare una risposta completa.
Se pensava davvero che tutto quello fosse stato un errore, perché diavolo aveva ricambiato? Perché non si era staccata subito? Avrebbe fatto leggermente meno male, di quello ne ero sicuro. E perché proprio lei, la ragazza più complicata che avessi mai conosciuto? Perché non una qualsiasi altra brava ragazza in circolazione?
"Il classico annoia, genio" pensai subito, non potendo non dar ragione al mio subconscio ma, diamine, dopo Taylor mi ero ripromesso decine di volte di non far ricapitare più cose del genere: era anche il motivo per cui escludevo categoricamente una possibile relazione con Manuela. Eppure quel bacio mi era piaciuto, più di qualsiasi altro avessi mai dato in vita mia: possibile che i miei ragionamenti fossero una contraddizione continua?
Riuscii a tornare con i piedi solo nell'istante in cui sentii la porta aprirsi leggermente, seguita dall'usuale tono allegro di Niall: - Oh, Harry, sei qui. Mamma mia, non avrei mai creduto che Dani parlasse con le ragazze anche delle volte in cui noi facciamo l'amore -.
Mi rigirai verso di lui, chiudendo gli occhi per non dare a vedere lo strato di lacrime su di essi, ma sembrò tutto inutile perché: - Hey, tutto okay? - mi domandò subito dopo, dandomi una leggera pacca sulla spalla.
Non so dove trovai la forza di scuotere la testa leggermente, per poi abbracciarlo più forte che potessi. Mi lasciai andare ad un pianto liberatorio, causato da tutta quella montagne russe di emozioni in nemmeno un'ora e gli raccontai ogni cosa, non tralasciando niente: avevo bisogno di supporto morale, in quel momento come non mai. 








MANUELA'S POV.


Alzai lo sguardo verso il cielo, con gli occhi lucidi, mentre tante piccole goccioline venivano a contatto con il mio viso ancora arrossato: sembrava quasi che il cielo volesse farmi compagnia, piangendo con me.
Avevo sbagliato ogni cosa: da quando ero salita in camera mia per assicurarmi dello stato emotivo di Harry, a quel bacio maledetto che ci eravamo scambiati e che era partito proprio dalla sottoscritta, fino ad arrivare alla definizione di "errore". Perché, diamine, per quanto fosse stato strano baciarsi con un tizio che non era nemmeno un vero e proprio amico, tutte le emozioni che avevo provato in quel frangente non avevano assolutamente nulla di sbagliato. Avrei mentito a me stessa, se avessi cercato di convincermi del contrario: eppure, per semplice stupidità, avevo cercato di convincere lui.
Nick era rientrato nella mia vita il giorno prima, annunciandomi del suo matrimonio e dando così un punto definitivo alla nostra precedente relazione, ma non volevo innamorarmi di nuovo: non ne avrei avuto la forza. Ero una contraddizione continua, riuscivo a rendermene conto perfettamente, ma era quello che stavo effettivamente provando: emozioni completamente contrastanti tra di loro, capaci di ridurmi il cervello ad una massa indefinita di pensieri, domande e supposizioni completamente incongruenti tra di loro.
Avrei voluto urlare al cielo, chiedergli il motivo di quella seconda opportunità non gradita, ma le parole continuavano a rimanere intrappolate in gola, lasciando che le gocce di pioggia mi sfiorassero la pelle come se nulla stesse accadendo.
Fu una voce estremamente familiare ad attirare le mia attenzione, quando esclamò un divertito: - Sistah, non vedi che piove? Se non rientri dentro, ti prenderai uno di quei raffreddori che ti ricorderai a vita - sempre più vicino. Mi girai lentamente verso Daniela, con gli occhi completamente persi, prima che lei, vedendomi, non cambiasse espressione.

- Oddio, cosa è successo? - mi chiese subito, abbracciandomi, e smettendo improvvisamente di preoccuparsi della pioggia.

Non risposi, affondai semplicemente il viso sulla sua felpa, scoppiando definitivamente a piangere: non avevo idea su cosa fare e, diamine, quel non sapere mi stava uccidendo sempre più lentamente.













                                                                                 I don't know what to do...







Spazio Autrice: Heilà, dolci cupcakes!
Avete anche voi la lacrimuccia come la sottoscritta?
Passiamo alle domande del giorno che sono MOLTO carica:
1) descrivete questa Fan Fiction in una sola frase; 
2) il capitolo è stato di vostro gradimento?
Purtroppo stasera non posso trattenermi oltre ma spero comunque  di ricevere recensioni per questo capitolo :) Grazie ancora delle recensioni precedenti e nulla, ci si rivede alla prossima!
Marry on the way.
Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***












Dieci giorni, secondo alcuni dei pensieri ottimistici che più conoscevo, per molti possono rappresentare un asso di tempo a dir poco insignificante. «Sai quante cose possono succedere da un momento all'altro?» non avevo fatto altro che sentirmi ripetere fino alla nausea, e fino ad allora ero riuscita quasi a convincermene anch'io: in realtà, tutto sembrava improvvisamente sgretolarsi, se paragonato a quegli infiniti giorni che mi ero appena lasciata alle spalle. Decisamente, i più lunghi della mia vita.
Ero rimasta rinchiusa in camera mia ogni singolo istante, escluse le scappatelle al gabinetto per estremi bisogni fisici e le rare volte in cui mi ero avventurata al piano di sotto per rifilare qualche schifezza da mettere sotto i denti, a deprimermi con Io & MarleyUpHachikoLa Volpe e la Bambina e così tante serie TV da non riuscire nemmeno a nominarle tutte senza dimenticarne qualcuna. Avevo la testa così piena di nomi, trame e intrighi che ricordavo a mala pena la mia data di nascita.
Ma, in fondo, era stato proprio quello il mio scopo. L'unico mezzo a mia disposizione, tralasciando la musica al massimo volume proveniente dal mio telefono, per dimenticare qualcosa di estremamente sconvolgente o improvviso nel corso dei miei giorni: il bacio di Harry mi era sembrato un avvenimento fin troppo sconvolgente per non aggiungerlo alla lista.
Eppure, dopo essere sopravvissuta a tanto, in quel momento ero lì: intenta ad infilarmi una Converse maledettamente determinata a non voler accogliere il mio piede, la mattina del matrimonio del mio ex ragazzo. Nick si sarebbe dovuto sposare poche ore dopo e io, giusto per non smentirmi mai, ero rimasta ormai l'unica a finire di prepararmi.
Me ne convinsi, una volta per tutte, solo quando le ragazze fecero irruzione nella stanza come delle furie, esclamando in contemporanea: - Sei ancora in pigiama! -. Poggiai di nuovo il piede a terra, dopo aver perso dieci anni di vita per la loro entrata in scena così improvvisa, prima di alzare un sopracciglio nella loro direzione.
Da quando in là, un leggins con Converse e maglione poteva considerarsi un pigiama? Io, per dormire, avevo indossato sempre e solo pigiamoni di due taglie maggiori alla mia, con figure di cartoni animati stampati sopra.

- Per quale assurdo motivo mi state accusando di indossare il pigiama ad un matrimonio? - chiesi, profondamente offesa, prima di sentire un leggero ticchettio sul pavimento dovuto ai loro tacchi.

Non avevo nemmeno molta voglia di andarci, per via della mia depressione post-illusione, ma sapevo anche che, se non mi fossi presentata affatto, avrei tenuto quel giorno sulla coscienza per il resto della mia vita: motivi conclusivi della mia scelta, un po' troppo poco impegnativa, dal mio armadio. In più, un ulteriore matrimonio non avrebbe potuto far altro che giovare alla mia futura carriera di Wedding Planner.
Le mie amiche, forse, erano seriamente convinte che mi sarei resa conto da sola della mia completa sciatteria, con le loro espressioni accigliate e le braccia incrociate sotto al seno: peccato che, dalla mia parte, non ottennero altro che un cipiglio ancora più determinato del loro.
Prima di mandarmi al diavolo anche verbalmente, oltre che col pensiero, l'unico briciolo di pena ancora presente nei loro corpi le portò a mostrarmi un vestito a dir poco improponibile alla sottoscritta: la scollatura a trapezio, priva di spalline, era rifinita da una piccola fascia nera, mentre il resto del corpetto rosa cipria e la gonna del medesimo colore avrebbero dovuto ricadere morbidi sul corpo della ragazza che sarebbe dovuta entrare in quella massa di femminilità e sensualità. Ovvero, me.
L'unico punto a sfavore di quel vestito era il colore: avevo convissuto con il rosa fin dalla nascita, portandomi ad odiarlo sempre di più nel corso degli anni, e non ero esattamente entusiasta di dover sembrare una bambolina per un evento a cui non volevo nemmeno partecipare. Per il resto, osservandolo meglio, non sembrava poi così orribile.
Il vero problema? Io non potevo indossare vestiti. Da piccola, fino all'età di cinque anni circa, mia madre non aveva fatto altro che conciarmi come desiderava lei: vestitini, scarpine abbinate, completini orribili che, a solo rivederne le foto, non riuscivo a spiegarmi come non avessi osato ribellarmi già da allora. Verso i sei/sette anni, il mio culetto così delicato e apprezzato da tutti aveva iniziato a sporgere leggermente all'indietro fino a raggiungere la cosiddetta forma "a mandolino", un po' come quello di Louis. Era un buon alleato per ricevere complimenti o occhiate da parte del pubblico maschile, ma non mi aveva mai reso vita facile con i vestiti e o le gonne. "Con il sedere sporgente che ti ritrovi, quando cammini, l'orlo di dietro del vestito (o della gonna) si alza e ti si vede tutto!": testuali parole della donna che mi aveva messa al mondo diciannove anni prima. Continue tiratine verticali da parte di mia madre, durante la mia infanzia, costituivano la causa di quel mio vero e proprio terrore verso tutto ciò che mi arrivasse a metà coscia.

- Dai, sappiamo che ti piace! - esclamò Mara allegra, prima di scappare in camera sua per prendere una delle sue numerose, ed enormi, trousse.

Mi risvegliai all'istante, cercando di scacciare da davanti agli occhi i fin troppi episodi dove la mano di mia madre mi abbassava da dietro l'orlo di una gonna in pubblico, e scossi la testa centinaia di volte in un minuto. - Non indosserò mai quella... cosa. Mi spiegate perché non posso indossare dei semplici pantaloni eleganti come Dani e Margaret? -.
Io e Mara saremmo state le uniche ad indossare un vestito (il mio cipria, il suo nero): le altre due, per loro estrema fortuna, avevano optato per dei pantaloni rispettivamente beige e blu, molto eleganti, con dei tacchi vertiginosi sotto e delle camicette abbastanza semplici sopra.

- Perché tu non indossi mai vestiti e, chissà, magari farai colpo su qualche amico di Nick - continuò Mara, rivolgendomi un occhiolino complice.

Abbassai gli angoli della bocca, trasformando la mia espressione determinata in una completamente disperata, prima di affidarmi alle mani esperte delle mie migliori amiche.
Sentivo la paura impossessarsi delle mie ossa, ogni secondo di più. 






                                                                                                           *****





- Ma la sposa quando arriva? -.

La palpebra destra iniziò a vibrarmi per il nervoso, non appena risentii quel sussurro per la centesima volta alle mie spalle, e cercai seriamente di trattenermi dal dire a quella signora di fare silenzio. Eravamo arrivate in chiesa mezz'ora prima e, dal momento preciso in cui ci eravamo accomodate su uno dei tanti banchi addobbati di tulipani tutti colorati, una donna sulla sessantina, tutta agghindata con un cappellino di piume giallo canarino in testa, non aveva fatto che "sussurrare" di continuo all'orecchio di una ragazza proprio accanto a lei. Il vero problema? Non stava sussurrando affatto.
"Ma quando arriva la sposa?", "Come sarà il vestito, secondo te?", "Guarda quant'è nervoso Nick!", "Ma quando andiamo a mangiare?", "Chi ha organizzato tutto?", "La sposa ci sta mettendo parecchio... E se non dovesse arrivare?", "E se si è dimenticata che oggi si sposa? Mamma mia, pensa che imbarazzo per il povero Nick!", "Ma quando arriva?".
Più la sentivo blaterare e più mi saliva una voglia irrefrenabile di farle mangiare i tulipani.
Per chiudere in bellezza, il mio abbigliamento mi rendeva estremamente insicura e nervosa: a casa, dopo l'intera trasformazione con trucco quasi naturale e capelli raccolti all'indietro, mi ero quasi autoconvinta di stare abbastanza bene. Mio malgrado, avevo abbandonato l'idea non appena ci eravamo ritrovate davanti la chiesa, sotto gli occhi indiscreti di ogni singolo essere umano di sesso maschile. Le mie guance avevano raggiunto una tonalità così accesa di rosso che, per la vergogna, mi ero coperta il viso con la pochette ed ero letteralmente scappata all'interno.
Sentivo le occhiate incuriosite addosso da parte di tutti i parenti del mio ex ragazzo, di sicuro straniti dalla mia presenza al suo matrimonio, ma cercai di concentrarmi sui vari addobbi sparsi in giro, sforzandomi di non farci caso. Andare a quella maledetta celebrazione si stava rivelando, ogni secondo di più, un'idea a dir poco ridicola.

- Ma quando arriva? - sentii di nuovo alle mie spalle, perdendo ogni briciolo di calma trattenuta fino ad allora.

La mia reazione fu a dir poco istintiva, girandomi verso la copia uscita male di Tweety, prima di rivolgerle il sorriso più falso che mi fosse mai uscito. - Senta, mia cara signora: siamo nella casa del Signore quindi, se riuscisse a chiudere il becco per soli cinque minuti, non ha idea dei miracoli che potrebbero capitarle da questo istante in poi -.
Rimase a dir poco sconcertata da quella minaccia indiretta e, dopo essersi lisciata la stola in pelliccia (cosa che iniziò a farmela odiare maggiormente), mi osservò ancora più indignata, prima di chiedermi scusa. Ma non feci in tempo nemmeno a rigirarmi che la sentii borbottare di nuovo, con tono indignato: - Questi giovani d'oggi -.
Fu il quel preciso istante che non ci vidi più, motivo per cui mi alzai dal posto e le rivolsi tutta la mia attenzione, prima di alzare la voce: - Lei non fa altro che parlottare in un luogo sacro e io sarei la maleducata?! Ma si vada a comprare un cappello decente, piuttosto che uccidere altri poveri uccelli innocenti e rompere a me! -.
Sentii l'orlo della gonna tirato verso il basso, segno che Mara stesse cercando di farmi tornare a sedere e, a confermarmelo, furono anche tutte le occhiate accusatorie di ogni singolo presente in chiesa. Recuperai una piccola quantità di calma solo quando ritoccai di nuovo il legno con il sedere, ignorando completamente la predica sussurrata delle ragazze accanto a me: ero riuscita già da sola a fare la parte della bambina maleducata.
Tirai un sospiro di sollievo vero e proprio nel preciso istante in cui le note dell'organo si iniziarono a propagare ovunque e tutti si alzarono in piedi, girandosi verso l'entrata per ammirare la sposa appena arrivata: quando Nick mi aveva invitata al matrimonio, forse per distrazione, non mi aveva neanche rivelato il nome della ragazza che, in quel momento, stava percorrendo la navata verso il mio ex. Era un'altissima bionda, con un profilo a dir poco scolpito, due occhi azzurri molto espressivi e il fisico perfettamente paragonabile a quello di una modella. In quattro parole: il mio completo opposto.
Il vestito era tendente al bianco antico, coperto di pizzo in ogni angolo, con delle maniche a tre quarti e una scollatura a barca; le scarpe bianche, leggermente a punta, uscivano alla luce solo di tanto in tanto.
Mentre la sposa avanzava a passo lento verso Nick, mi girai proprio verso quest'ultimo, per vedere la sua reazione: si stava mordendo il labbro sorridendo, sull'orlo di commuoversi e, non appena socchiusi leggermente gli occhi per guardarlo meglio - brutta miopia del cavolo -, giurai di aver notato una lacrimuccia scendergli lungo la guancia. A quella vista, non riuscii a trattenere un sorriso spontaneo, e provai un vero e proprio senso di felicità in ogni singolo centimetro di pelle: quell'armadio vivente era stata la mia prima storia, vero, ma non avrei mai potuto sostituire la causa di quel luccichio nei suoi occhi. Non ne avrei avuto neppure il coraggio.
Non appena la regina del giorno arrivò al suo promesso sposo, con un sorriso da orecchio a orecchio persino più grande di quello di Nick, a ogni singolo invitato fu ordinato di sedersi per iniziare la cerimonia vera e propria. Come al solito, non mi ci volle molto prima che la mente iniziasse a viaggiare per conto suo, facendomi comparire davanti gli occhi tutte le immagini e le aspettative del mio, di matrimonio. Decorazioni azzurre ovunque, l'organo, lo sposo commosso ad aspettarmi, le ragazze vestite di azzurro prima del mio ingresso lungo la navata, i ragazzi vestiti di tutto punto accanto al mio futuro marito come testimoni e ogni altro singolo dettaglio del mio matrimonio da sogno iniziarono ad affollarmi completamente la testa. L'unica incognita? L'identità dell'uomo impaziente ma entusiasta. Per quanto mi sforzassi, il volto di Nick non riusciva più ad appropriarsi dello sconosciuto in questione. Al contrario, scossi la testa per davvero nell'esatto momento in cui non notai Harry tra la schiera immaginaria di testimoni: perché non faceva parte dei miei filmini mentali? Perché lo avevo tagliato involontariamente fuori dalla lista degli invitati?
Mi resi conto di non aver dovuto nemmeno nominare lo spilungone nel preciso istante in cui il mio matrimonio da sogno venne accantonato e sostituito dal bacio maledetto di dieci giorni prima. Mi sembrò quasi di sentire ancora le sue labbra morbide sulle mie. Mi salì un brivido lungo la schiena al solo ripensare all'intera scena ma fui risvegliata poco dopo, dagli applausi scroscianti di ogni singolo presente nella chiesa. Mi guardai intorno confusa, iniziando a battere le mani d'istinto, prima di riportare l'attenzione sugli sposi, intenti a scambiarsi un tenero e casto bacio.

- È già finita? - chiesi a Mara, continuando ad applaudire insieme agli altri.

La mia amica di girò verso di me con un'espressione scioccata, prima di sussurrarmi: - Lo sai che è durata quasi un'ora e mezza? -. Alzai un sopracciglio, credendo che stesse scherzando, ma, non appena notai la sua espressione, capii di aver fantasticato fin troppo: dovevo seriamente imparare a non farmi trasportare così tanto dai miei filmini mentali.
Successivamente, gli sposi iniziarono il servizio fotografico all'interno della chiesa mentre tutti noi altri ci prestavamo ad uscire dalla chiesa per poter lanciare loro dei coni pieni di riso, un fatto che mi lasciò un po' perplessa: non mi sarei di certo mai immaginata una cerimonia talmente cattolica, soprattutto da parte del mio ex.
Non appena intravedemmo i novelli sposini venire verso di noi, si sollevò nell'aria un'enorme nuvola di riso e coriandoli gialli che finì dritta in testa a Nick e sua moglie, facendoli ridere. A quel punto, ogni singolo famigliare e amico iniziò a spingere per poter salutare la nuova coppia ufficiale mentre noi ragazze fummo, forse, le uniche a metterci in un angolino: non avevo alcuna voglia di fare la conoscenza della novella sposa del mio ex, per principio. Le ragazze, invece, mi avevano assicurato dall'inizio di essere venute al matrimonio solo per pura noia e cibo gratis : da quando mi era spuntato un paio di piccole corna in testa, per colpa dell'armadio vivente, le mie amiche non avevano voluto sentirlo neppure più nominare.
Pigiai il tasto centrale del mio cellulare per controllare l'ora, mentre Margaret si accese una sigaretta e Mara e Daniela iniziarono a commentare l'abito della sposa, prima che una voce fin troppo conosciuta si avvicinasse sempre di più: - Manu! Ragazze! -.
Rimisi il telefono in borsa, sussurrando un "Carine e coccolose, per favore" alle altre, e mi impegnai nel sorriso più finto della mia vita. - Nick! -.
Le ragazze si sistemarono dietro di me pochi istanti dopo, concentrate nel far sembrare reali i loro sorrisi, nonostante fossero più falsi di quelli delle Barbie, e continuammo a fare gli auguri a Nick fino a quando un'altra voce non si aggiunse: - Amore, non mi presenti le tue amiche? -.
Lo sposo si girò subito, sorridendo subito alla vista della nuova signora Jonas a pochi passi di distanza, e non perse tempo a cingerle il fianco con un braccio. - Ma certo! Loro sono Daniela, Mara, Margaret e M- -.

- Manuela, immagino – concluse la bionda, rivolgendo un sorriso a tutte, prima di squadrarmi per bene.

Alzai un sopracciglio, sorpresa del fatto che fosse anche solo a conoscenza del mio nome, prima di continuare a sorriderle e chiederle: - Ci conosciamo? -.

- Personalmente no, ma Nick mi ha raccontato di te - rispose sorridendo, guardando per un attimo il suo sposo. - E, sai, ero molto curiosa di conoscerti: che tu ci creda o meno, sono sempre più sicura del fatto che abbiamo gusti molto simili, in fatto di uomini -.

A quel punto, non riuscendo a capire fino in fondo cosa stesse insinuando, alzai entrambe le sopracciglia: stessi gusti in fatto di uomini? Ma chi ti ha mai vista.
Fu in quel preciso istante che mi si accese una sorta di lampadina nel cervello e iniziai a guardarla meglio; in effetti, per quanto fossi convinta di non averci mai avuto a che fare prima di allora, ebbi la strana sensazione di averla già vista da qualche parte.

- Comunque, Taylor - continuò, porgendomi una mano, che subito strinsi.

Continuammo a chiacchierare del più e del meno per i pochi istanti successivi, prima che il fotografo chiamasse tutti a raccolta per una foto di gruppo: non riuscii a capire come quest'ultimo pretendesse di far entrare ben centocinquanta persone in una semplice foto, ma obbedimmo e ci sistemammo stretti stretti, per cercare di far entrare tutti, fino al momento del flash. Al termine, gli sposi entrarono nella loro elegantissima macchina d'epoca color panna, adornata da qualche fiore giallo sugli specchietti, diretti verso il secondo servizio fotografico mentre noi altri (tanto per specificare la quasi evidente differenza di "rango") iniziammo ad avviarci verso il ristorante. Il problema? Io e le mie amiche non avevamo la più pallida idea di dove si trovasse.

- Ragazze, forza, seguiamo i parenti – esclamò Mara, iniziando a camminare verso la massa indefinita di persone dirette verso le proprie macchine.
- E la macchina? - chiesi innocentemente, infilandomi una giacca di pelle che mi ero portata per una possibile emergenza-freddo improvviso di novembre.

La mattinata, fino ad allora, era stata dominata da un sole abbastanza pallido, ma novembre non era di certo il mio mese preferito.

- A casa e lì rimane - si intromise Margaret, raggiungendo Mara.

Eravamo arrivate fino alla chiesa con un taxi ma, con l'ora di punta alle porte, sarebbe stato un vero e proprio miracolo trovarne uno libero, in mezzo al traffico impraticabile di Londra. In più, sarebbe stato un suicidio tornare a casa, fare il doppio del tragitto e, per di più, imbottigliate tra le altre macchine in coda. Eppure, per quanto entrambe le opzioni non mi entusiasmassero più di tanto, mi rifiutai comunque categoricamente di dover camminare per chissà quanto tempo con tacchi alti ben tredici centimetri che sì, mi rendevano magicamente più alta e slanciata, ma stavano iniziando a litigare seriamente con i miei piedi. - Io non ho intenzione di avventurarmi per la città, senza istruzioni precise e, per di più, vestita così -.

- Togliti le scarpe, non appena senti dolore - mi suggerì Mara, girandosi verso di me. - Ma se preferisci restare qui, al freddo, da sola, con pedofili e maniaci ovunque, prego -.

Il solo pensiero di essere agganciata da un possibile maniaco, un po' com'era successo in montagna, mi fece saettare verso le mie amiche e, a braccetto con Daniela, mi misi finalmente l'anima in pace anche a causa di un'altra forza maggiore: il mio stomaco stava letteralmente gridando di dolore, al solo immaginarsi le delizie che ci avrebbero aspettate al ristorante. *






                                                                                            ******





- Sistah, quanto manca? -.
- Quattro passi in meno rispetto a un minuto fa, Sistah – risposi, cercando di non urlare per il dolore terribile ai piedi.

Io e Daniela non ne potevamo seriamente più, a causa delle maledette scarpe che eravamo state costrette ad indossare. Avrei dato qualsiasi cosa, pur di sostituire quelle specie di trappole mortali con un bel, e soprattutto comodo, paio di Converse. Invece Mara, forse l'unica del gruppo abituata a quella tortura, continuava nella sua camminata da perfetta modella di Victoria's Secret lungo il marciapiede, senza proferire nulla, se non incoraggiamenti e richiami verso di noi. Non riuscivo davvero a capire come diamine ci riuscisse.
Stavamo cercando di seguire le auto che ci sembravano familiari (ovvero, quelle con un fiocco giallo sul tettuccio), non trovando però il coraggio di chiedere un effettivo passaggio a qualche invitato. Ogni volta che avevamo sorpassato un cantiere o qualche parcheggio, erano scattate, puntuali come un orologio svizzero, occhiate indecenti e fischiatine da parte di ogni singolo essere umano di sesso maschile: inutile dire che, giusto per non darla vinta a nessuno, il dito medio da parte della sottoscritta era sempre scattato come una molla.
In quel momento, dopo quella che mi sembrava la nostra trentesima pausa in un'ora e mezza, Mara stava cercando un punto dove la rete telefonica prendesse perfettamente, per far funzionare bene Google Maps e quindi scoprire quanto mancasse effettivamente, mentre io e Daniela cercavamo di trattenere le lacrime dal dolore e Margaret era poggiata ad un lampione, rilassata anche lei. Comode le ballerine, eh?

Ragazze? - richiamò la nostra attenzione Daniela. - Non potrebbe essere quello? -.

Tutte e tre ci voltammo verso la direzione da lei indicata e, non appena riconobbi la macchina degli sposi in lontananza, dovetti trattenermi dall'urlare di felicità. Ormai esausta, e con vesciche enormi sui piedi, mi tolsi finalmente le scarpe e iniziai, letteralmente, a correre verso quella specie di paradiso terrestre: l'intero palazzo, poco distante da una zona ancora in costruzione, rifletteva ogni singola lucina posta sul tronco delle palme del giardino, accanto a una piscina leggermente più in basso al punto dove ci trovavamo noi, piena di candele ancora spente che galleggiavano sull'acqua. Mi rinfilai i tacchi ai piedi solo quando mancò davvero poco all'entrata e, giusto per non dover entrare da sola, aspettai anche le mie amiche.
L'ennesima fregatura? La scalinata, degna del palazzo di Cenerentola, che avremmo dovuto affrontare per arrivare alla sala principale dove, giusto per farmi salire maggiore ansia, erano accomodati quasi tutti gli invitati. Mai, come in quel momento, desiderai correre a casa a gambe levate.
Le altre, nel frattempo, erano giunte già a metà scalinata, lasciandomi in cima come una perfetta idiota, mentre il mio sguardo era alla disperata ricerca di un corrimano salvavita: avevo dato per scontato dal principio che, se mi fossi avventurata davvero lungo la sala da sola, sarei finita per terra anche prima di poter solo imprecare in qualche modo.
Erano ostinate a volermi "regalare" il mio momento di gloria ed ero convinta fosse un pensiero molto dolce, tralasciando il fatto che la sottoscritta non avesse chiesto nulla a nessuno. Ingoiai un po' di saliva, cercando di fermare il tremolio alle gambe, prima di poggiare un piede sul primo scalino e via dicendo, avvicinandomi sempre di più a destinazione: non avevo idea di come stessi affrontando l'intera situazione, né della mia espressione o della mia postura, ma in quel momento desideravo solo sedermi su una benedetta sedia e togliermi le scarpe sotto il tavolo, nascosta sotto la tovaglia chilometrica color avorio.
Una volta toccato il pavimento, mi guardai intorno incredula, non riuscendo a credere di essere riuscita nell'impresa, e mi avviai verso il tavolo dove le ragazze si erano accomodate. I centrotavola erano imponenti, con dei piccoli diamanti in mezzo ai tulipani, mentre i segnaposto consistevano in semplici cartoncini bianchi con su scritto il nome di ogni partecipante. A intrattenere l'intera sala, una band era posizionata su uno spazio leggermente rialzato, intenta nell'esecuzione di Don't Worry, Be Happy di Bobby McFerrin; per quello che mi riguardava, avrei scelto un DJ, giusto per movimentare un po' di più le cose.
Il pranzo durò, all'incirca, quattro ore che trascorsi, a piedi nudi dietro la tovaglia, chiacchierando e scherzando serenamente con le mie amiche e qualche parente di Nick, seduti al nostro stesso tavolo: alcuni di loro avevo avuto già il piacere di conoscerli, ma non persi un attimo a fare "amicizia" anche con gli altri perché, in fondo, quella del mio ex era sempre stata una famiglia gentile ed educata, nessuno escluso. L'unica nota stonata dell'intera giornata si dimostrò il cibo, visto che gli sposi avevano optato per un menù completamente a basa di pesce: sushi, zuppa di pesce, salmone norvegese e tante altre "prelibatezze" che mi rifiutai anche solo di guardare. Quella del "vietato pesce" era stata una mia caratteristica sin da piccola: non ero mai riuscita a capire se dipendesse dal fatto che fossi nata sotto il segno dei Pesci ma, ogni volta che le mie narici avvertivano anche solo una punta di odore di un qualsiasi pesce, anche da lontano, il mio stomaco iniziava, puntualmente, ad emettere versi decisamente strani e poco invitanti. Così, mentre osservavo tutti con la pancia piena e decisamente soddisfatti, pregavo che i crampi famelici nel mio stomaco mi dessero una tregua, anche solo per pochi minuti.
Ma il vero campanello salvavita arrivò quando un cameriere annunciò, con voce suadente: - Gentili invitati, sono qui per annunciarvi che il buffet dei dolci è stato appena allestito -.
La velocità con cui mi infilai di nuovo le scarpe, lasciandole leggermente lente sul cinturino, e mi precipitai a quella tavolata di puro paradiso, mi sembrò inspiegabile; fui la prima invitata a fiondarsi sul buffet ma, dopo pochi istanti, riuscii a distinguere perfettamente il rumore di innumerevoli tacchi a spillo sul pavimento, segno che molte signore, comprese le mie amiche, mi avessero presa come esempio. Afferrai un piattino in un soffio, spizzicando un po' di tutto: partii dai cupcakes, optando per quelli al cioccolato, e proseguii con fragole coperte di cioccolato, nonostante non fosse nemmeno stagione, confetti, caramelle e tante altre squisitezze che, da un momento all'altro, avrebbero trovato rifugio nel mio stomaco. Il poco spazio a disposizione sulla mia mano si riempì così tanto che, durante il percorso di ritorno al nostro tavolo, dovetti stare attenta a non macchiare il vestito.
Una volta seduta, non persi tempo ad affondare i denti in ogni cosa avessi davanti, non prestando attenzione a niente e nessuno intorno a me, finché la pancia non alzò una bandiera bianco latte: diamine, avevo decisamente esagerato.
Margaret, dopo aver messo il suo cellulare in stand-by, fu la prima ad accorgersene, infatti: - Santo cielo, Manu, tutto okay? - esclamò, attirando l'attenzione di tutti i presenti al nostro tavolo.
Mi mantenni lo stomaco, gonfiando per un attimo le guance, prima di rispondere: - Credo di aver mangiato troppi dolci, troppo velocemente -. Il tremendo gonfiore che provai in quegli istanti, mi fece arrivare a due possibili conclusioni: mi sarebbe potuto scappare un rutto ultra-mega galattico, capace di spegnere le candele di quasi tutti i tavoli, o avrei rimesso tutto ai piedi di qualche cameriere. Mi salii un brivido lungo la spina dorsale al solo pensiero di entrambe.
Mi alzai di nuovo, chiedendo scusa a tutti, e, dopo essermi infilata la giacca, uscii per prendere una boccata d'aria; attraverso la porta-finestra nella sala principale, mi ritrovai davanti alla piscina interamente illuminata. Mi avvicinai al bordo, concentrandomi sul profumo inebriante delle candele accese sull'acqua, e, nonostante il cielo fosse già di un blu molto scuro e l'aria si fosse raffreddata leggermente, mi ritrovai comunque a chiudere gli occhi, rilassata. Il gonfiore allo stomaco iniziò ad affievolirsi sempre di più, fino a scomparire quasi del tutto.
All'improvviso, con gli occhi ancora chiusi, iniziai a sentire la guancia appena sfiorata da qualcosa, come se qualcuno mi stesse sfiorando, ma fu solo quando sentii sussurrare: - Guarda, guarda chi si rivede - che sollevai le palpebre di scatto. Mi girai il secondo dopo, facendo entrare in collisione il nero con il verde, e le labbra mi si schiusero quasi d'istinto.

- C-Cosa ci fai qui? - mormorai, iniziando a sentire il respiro pesante a causa della vicinanza, prima che due fossette profonde catturassero il mio sguardo. - Sono stato invitato anch'io al matrimonio -.
- Ma va? Pensavo fossi il prete – risposi d'istinto, facendolo sorridere ancora di più.

Mi attirò a lui in un istante, dove persi letteralmente la cognizione del tempo, prima che: - 1) Ho semplicemente risposto a una domanda che tu stessa mi hai posto - rispondesse. - 2) Non è poi così scontato, visto che la sposa è la mia ex -.
Ritrovarsi tra le braccia di Harry, dopo l'enorme casino che avevamo combinato più di una settimana prima, fu un'emozione talmente grande che non seppi descrivere. Non avevo mai amato le rimpatriate improvvise dopo un litigio: la sola idea che alcune persone potessero risolvere una situazione, semplicemente ignorando l'intero accaduto e comportandosi come se nulla fosse accaduto, mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Eppure, stretta tra le braccia dello spilungone, il mio cervello sembrò scollegare ogni cosa: gli unici organi ancora funzionanti furono i polmoni, occupati a farmi respirare a pieno quel Blue De Chanel che riusciva tanto a mandarmi fuori di testa, e il cuore, impegnato a battere talmente forte da farmi quasi temere che riuscisse a spezzarmi le costole. 






HARRY'S POV.


L'invito al matrimonio di Taylor era arrivato circa una settimana prima, come un terremoto durante un uragano: il solo pensiero di dover partecipare alla cerimonia della mia ex, dover conoscere il suo nuovo marito ma, soprattutto, dover affrontare il tutto senza il supporto morale di una certa nanetta di appena un metro e e sessanta, mi aveva reso un fascio di nervi fino alla mattina incriminata. I ragazzi avevano cercato di consolarmi, ripetendomi che, forse, doveva andare in quel modo e altre frasi talmente stereotipate che, al solo ripensarci, mi sarebbe venuta voglia di correre in bagno e vomitare l'anima. Ma avevo apprezzato il gesto, davvero.
Il vero momento clou dell'intera giornata era avvenuto all'entrata della chiesa, quando ogni singolo presente si era girato verso un gruppo di quattro ragazze appena arrivate: al veder apparire Manuela a pochi metri da me, con un vestito corto, truccata e perfettamente curata, mi era quasi sembrato di sentire il cemento a contatto con la mandibola. Ero rimasto talmente paralizzato, con gli occhi fissi sulla sua piccola figura leggermente slanciata, che i miei amici si erano trovati costretti a schiaffeggiarmi, per avvertirmi dell'arrivo imminente della mia ex. La prima cosa che avevo fatto, una volta aver messo piede all'interno della chiesa, era stato cercare un piccolo confetto in mezzo a ben centocinquanta invitati: ero riuscito a scorgerlo solo dopo l'ingresso di Taylor, quando si era girato verso la sposa per guardarla come tutti gli altri. Per tutta la cerimonia, nonostante il mio subconscio mi avesse ripetuto milioni di volte di prestare attenzione, mi ero ritrovato decine e decine di volte a guardare nella sua direzione, sperando di far entrare di nuovo in collisione il nero con il verde, ma gli applausi improvvisi di tutti mi avevano riportato alla realtà così bruscamente da avermi fatto sentire smarrito per qualche minuto. Dopo di che, non appena gli invitati avevano iniziato a sparpagliarsi un po' ovunque, avevo iniziato a sentirmi un pulcino separato dalla madre: non solo avevo perso di vista Manuela e le ragazze nell'arco di due minuti, ma avevo trovato difficoltà anche a rimanere dietro i miei amici, nell'impresa di uscire dalla chiesa.
Nel parcheggio, al momento di dover andare al ristorante, non avevo avvistato da nessuna parte una Fiat '500 di un azzurro acceso, motivo per cui avevo iniziato seriamente a domandarmi come le ragazze avrebbero fatto a raggiungerci a destinazione. Ma tutta l'ansia e l'agitazione, per quando l'avrei rivista, aveva iniziato a dissolversi nel preciso istante in cui avevo visto Mara, Daniela e Margaret al ristorante, davanti alle scale, a pochi metri dal tavolo mio e dei ragazzi. Era stata solo questione di istanti prima che anche la mia protagonista avesse fatto il suo ingresso trionfale, con passo incerto e un po' a papera, causa della mia gola incredibilmente secca. Le palpebre erano rimaste paralizzate per tutto il tempo, mentre il cuore aveva minacciato seriamente di uscirmi dalla bocca e correre da lei. Ma, per l'ennesima volta, nel giro di attimo di distrazione da parte mia, si era volatilizzata magicamente. Stiamo giocando a 'La caccia al tesoro', vero? avevo pensavo, cercandola di nuovo con lo sguardo. Nulla.
Avevo passato il resto della giornata scambiando quattro chiacchiere con qualche parente di Taylor conosciuto al momento, sgridando Louis sul fatto di non alzare troppo la voce e mangiando giusto il minimo indispensabile. Il mio pensiero si era incentrato tutto il tempo su Manuela: il motivo della sua presenza al matrimonio, un metodo per cercare di rimediare all'intero casino che era successo dieci giorni prima e la scusa, sicuramente insensata, per la quale, fino ad allora, avesse sempre nascosto il suo corpo dietro felpe pari al suo triplo. Tutti interrogativi a cui non ero riuscito a trovare risposta e che mi avevano mandato in confusione sempre di più.
Al momento del buffet dolce avevo deciso di rimanere seduto, con l'intenzione di spizzicare qualcosa dai piatti dei miei amici, e, dopo averlo fatto davvero, avevo ricominciato a dare un'occhiata alla sala, quasi senza speranze: poteva essersene andata da un pezzo, senza che me ne fossi nemmeno accorto, esattamente come avrei potuto continuare a non trovarla per il resto della serata.
Eppure, nell'esatto momento in cui avevo intravisto una testolina castana dirigersi verso la porta-finestra, la reazione mi era sembrata quasi istintiva: mi ero alzato di colpo, scusandomi con tutti gli invitati al mio tavolo, per poi dirigermi a passo spedito verso l'esterno. E l'avevo finalmente trovata lì, a meno di tre metri da me, intenta a guardare prima la piscina illuminata e poi il cielo, completamente senza stelle. Mi ero avvicinato così lentamente che, per un istante, avevo persino iniziato a temere che fosse potuta andarsene o scomparire all'improvviso da sotto i miei occhi. Non appena le avevo sfiorato la guancia con i capelli, ritrovandoci subito dopo l'uno di fronte all'altra, il respiro mi si era mozzato: il trucco, per quanto leggero, le ingrandiva leggermente gli occhi, rendendoli ancora più pericolosi per i miei, e mi resi conto di quanto mi fosse mancata solo quando sentii il suo respiro caldo sulle labbra.
Stringerla a me fu come abbracciare un orsacchiotto morbidissimo durante una fredda notte d'inverno. Non avevo mai visto di buon occhio le rimpatriate improvvise ma, ormai, con quella nanetta la ragione aveva deciso di arrendersi a priori. Avremmo avuto tempo per sistemare, a costo di continuare a rincorrerla come avevo fatto per l'intera giornata, ma non in quel momento: i nostri corpi stretti l'uno all'altro erano abbastanza per entrambi.

- Credo che gli sposi si stiano cimentando nel loro primo ballo - esclamò ad un certo punto, dopo aver notato qualche nota lenta provenire dalla sala alle nostre spalle.
- Già - risposi, alzando il braccio leggermente per farla piroettare. - Ma a noi non interessa, vero? -.

Una volta stretta di nuovo a me, la sentii scuotere la testa leggermente; la poca e soffusa luce delle candele e le note di un'improvvisa Fix You all'interno della sala furono le circostanze perfette per spingermi a fare una cosa che, nemmeno due settimane prima, non mi sarebbe nemmeno passata per l'anticamera del cervello. - Sarebbe così gentile da concedermi questo ballo, milady? -.
Manuela abbassò lo sguardo per qualche istante, con le guance sempre più rosse, prima di sorridermi e concentrarsi sul mio papillon. Fu in quel momento che altre mille domande mi attraversarono il cervello: le piaceva o preferiva la cravatta? Ero ancora presentabile o, durante la giornata, mi ero trasformato in un parente stretto del Grinch senza nemmeno essermene accorto? Mi sentii un adolescente in piena crisi ormonale ma non mi importò, non sotto il suo sguardo così profondo e misterioso.

- Ti dico di sì solo perché i papillon mi fanno impazzire - rispose dopo un po', sollevando un angolo della bocca, prima di intrecciare le dita di una mano con le mie a mezz'aria e posizionare l'altra sulla mia spalla.

Sorrisi di gusto, sempre più felice del fatto che la ragazza davanti a me sarebbe stata sempre un passo avanti rispetto al sottoscritto e tutti gli altri, e, al solo sentir gli spazi tra le dita riempiti dalle sue, giurai di aver sentito distintamente un brivido lungo la spina dorsale.
Non essendo un ballerino provetto, giusto per non dire di essere un completo disastro, non mi esibii in una performance da capogiro: le cullai semplicemente tra le mie braccia, spostando il peso da un piede sull'altro, sperando che potesse apprezzare. Sentii il collo sfiorato da qualcosa di morbido e, non appena mi resi conto delle sue labbra aperte in un sorriso contro la mia pelle, socchiusi gli occhi quasi d'istinto.
Respirai a pieni polmoni il suo fresco profumo, convincendomi di non aver sentito mai nulla di così buono in tutta la mia vita, prima che l'intera magia venisse spezzata da numerosi applausi provenienti dalla sala: le note della canzone cessarono, gli invitati continuarono a fischiare e applaudire per minuti interi e noi, nonostante le mie mani fossero rimaste ancorate rispettivamente alla sua vita e alle sue dita fino alla fine, fummo costretti a separarci. La sensazione che provai nell'istante in cui non sentii più il corpo vicino al suo fu di smarrimento totale: la leggera brezza autunnale quella sera non era poi così fastidiosa ma, per quello che mi riguardava, riuscii comunque a percepire un vento gelido nel preciso istante in cui l'intera magia venne spezzata.
Gli invitati, lentamente, iniziarono a raggiungerci all'esterno, concentrandosi principalmente sull'enorme torna super decorata dall'altra parte della piscina, e le mani iniziarono a fremermi leggermente: volevo di nuovo quella sensazione di pienezza di poco prima, con le sue dita incrociate alle mie e, ad impedirlo, c'erano solo pochi centimetri.

- Attenzione! I testimoni hanno organizzato una piccola sorpresa per i novelli sposi - annunciò un cameriere, attraverso un microfono. - Vi pregherei di girarvi tutti verso il panorama -.

Centocinquanta persone si girarono contemporaneamente verso la vista mozzafiato su cui il resort si affacciava e, all'improvviso, il cielo si illuminò completamente di fuochi d'artificio di ogni possibile colore e forma. Mi arrivarono alle orecchie i sospiri meravigliati di tutti e, nel vedere le reazioni di Taylor e Nick, mi ritrovai a sorridere per davvero: era stata una sorpresa anche per loro e, così stretti l'uno all'altra, ero convinto che avrebbero potuto sbaragliare chiunque su una qualsiasi rivista di moda. Erano felici e, nonostante l'amaro in bocca per la precedente relazione con l'ormai novella sposa, non potei fare altro che augurare il meglio ad entrambi col pensiero.
Nel bel mezzo dei fuochi pirotecnici, osservai la ragazza accanto a me con la coda nell'occhio, notando il suo sguardo puntato verso il cielo e l'azione successiva mi uscii quasi spontanea: le sfiorai le dita leggermente, per poi incrociare perfettamente le nostre mani. Fu questione di istanti prima che sorridesse, con gli occhi ancora puntati verso i fuochi, e io mi sentii magnificamente frastornato.
La strascinai letteralmente via, subendomi persino un: - Dove mi stai portando? - con una risata nascosta, ma non mi importò. Continuammo a "correre", per quanto Manuela riuscisse a starmi dietro con quei tacchi, fino all'entrata dell'intero resort. La zona era completamente isolata, nessun invitato o cameriere sembrava essere in vista.

- Cosa ci facciamo qui? - mi chiese, guardandosi intorno, con la mano ancora serrata nella mia.

Alzai l'angolo della bocca, facendo poggiare delicatamente quella bambolina di porcellana al muro, accanto all'insegna di marmo illuminata, prima di baciarla improvvisamente: in una situazione del genere, parlare sarebbe stato letteralmente inutile. Volevo solo le sue labbra sulle mie, accarezzare quelle guance così morbide e non pensare più a nient'altro: niente Taylor, niente matrimonio, niente fuochi, niente litigi. Solo noi.
Ricambiò all'istante, chiudendo gli occhi subito dopo di me, lasciandomi solo immaginare la sua gote diventata, sicuramente, di una tonalità di rosso fin troppo simile a quella di un pomodoro maturo. Sorrisi più volte sulla sua bocca, causando vari morsi da parte sua, ma non potei fare a meno di trarre una conclusione: - Per quanto può sembrare smielato da dire... - iniziai, sollevando di poco le palpebre. - sto iniziando seriamente a pensare che le mie labbra siano state create apposta per combaciare con le tue -.






MANUELA'S POV.


La teoria delle mille cose che possono succedere in appena dieci minuti? Se ne avessi avuto l'occasione (anche se avrebbe significato staccarmi dalle labbra di Harry, quindi no), avrei donato all'inventore di quella tesi un applauso lungo e pieno di stima. Allo spilungone erano bastati dieci minuti quasi contati per avermi fatta sciogliere: mi aveva colta di sorpresa con la sua presenza al matrimonio, seguita in piscina, ballato con me, fatto incrociare le nostre mani insieme e, come se fino a quel momento non fosse bastato, mi aveva anche "rapita". Dopo non molto ci sarebbe stato il taglio della torta, per non parlare delle foto, dei balli, della consegna delle bomboniere e il lancio del bouquet, ma a Harry non importava, e tanto meno a me.
Continuammo a baciarci per un tempo indefinito, con le labbra a fuoco e i battiti così veloci da farci quasi entrare entrambi in tachicardia, le mani intrecciate e i respiri affannati: giurai in quello stesso istante di non aver mai provato così tante emozioni fino ad allora. I fuochi d'artificio sembravano aver smesso di illuminare il cielo: al posto delle classiche e scontate farfalle, ero più che convinta che si fossero tutti trasferiti all'interno del mio stomaco.
Sentivo la pelle bruciare, al di sotto del suo tocco così delicato e leggero, ma non capii bene il motivo per cui non volesse trattenere le mani su un solo punto: passava dalla schiena alle guance, ai fianchi per poi di nuovo al mio viso. Riuscivo a sentirlo dappertutto, in ogni singolo lembo di epidermide, e mi sembrò di non aver mai trovato nient'altro di più giusto.
Purtroppo, fu la mia suoneria fin troppo assordante ad interrompere tutto, facendomi sbuffare leggermente a pochi millimetri dalla sua bocca; sentii le nostre labbra sfiorarsi, non appena sussurrò: - Non rispondere - e mi scappò un ennesimo sorriso. Piegai la testa di lato, permettendogli di baciarmi meglio la guancia e il collo, prima di sfilare il cellulare dalla tasca della giacca e sbloccare lo schermo, dove una foto di Daniela mi osservava impaziente: per quanto amassi Nicki Minaj, in quel momento dovetti ammettere che, nel contesto generale, non c'entrasse assolutamente nulla. - Pronto? -.

- Ti lamentavi tanto del fatto che tua madre, al supermercato, avesse la capacità di sparire in appena due minuti - cominciò la mia amica, facendomi alzare gli occhi al cielo. - Ma non credo tu sia poi così diversa, cara! -.
- Che ci vuoi fare? Sono capacità di famiglia - risposi ridacchiando, portandomi dietro anche lo spilungone. Continuai ad accarezzargli i capelli, sentendo la mandibola sempre più umida a causa dei suoi baci insistenti, e dovetti letteralmente combattere contro me stessa per non esplodere.
- Il verbo "avvertire" non ha significato per te?! - si aggiunse Mara, facendomi intuire la presenza del viva-voce dall'altra parte. - Stiamo per tagliare la torta e tu ti sei volatilizzata nell'aria! -.

Sbuffai leggermente, facendole continuare a predicare, prima di lasciare un morbido e silenzioso bacio sulle labbra perfette di Harry: quella sottospecie di "scappatella segreta" rendeva il tutto ancora più eccitante e divertente. Ma, ad un certo punto, decisi di porre fine a quel monologo infinito delle mie amiche con una scusa quasi convincente: - Sono su un taxi verso casa, i piedi mi stavano letteralmente sanguinando dal dolore e stavo per rimettere tutti i dolci in piscina -. Una bugia detta a fin di bene, se per bene si intendeva altri baci con lo spilungone.

- Avresti potuto avvisarci, saremmo venute con te - rispose Margaret, sospirando. - Appena arrivi, chiuditi dentro -.

Sospirai anch'io, consapevole della reale preoccupazione delle ragazze, ma desiderai comunque che la conversazione non si tirasse per le lunghe: tra i baci bollenti di Harry, le sue mani quasi sul fondo schiena e il suo respiro caldo ero letteralmente sul punto di impazzire.

- Comunque noi abbiamo trovato  i ragazzi, pazzesco - continuò Daniela, sviando l'argomento. - Ma manca Harry: mica è lì con te o lo hai visto? -.

Guardai il diretto interessato negli occhi, non sbattendo nemmeno le palpebre, prima di rispondere senza un briciolo di coscienza: - Da quando in qua lo spilungone è il centro della mia vita? -. Ero perfettamente consapevole del fatto di non aver detto una cosa molto carina, soprattutto davanti a lui, ma il suo sorriso mi rassicurò all'istante: forse, piano piano, anche Harry stava imparando a conoscermi.

- Hai ragione, domanda inutile - continuò Daniela, soffocando una risata. - Senti, noi stasera restiamo a dormire dai ragazzi: ti veniamo a prendere così andiamo tutti insieme? -.
- E cercare di prendere sonno mentre venite tutti e sei quasi contemporaneamente? Ehm... no - risposi, scoppiando a ridere. - Per stanotte passo -.

Harry, davanti a me, cercò in tutti i modi di restare composto e trattenersi ma, a giudicare dalle labbra attirate dai denti, sapevo che sarebbe scoppiato a ridere da un momento all'altro. Dal telefono, nel frattempo, provenne solo un "Manuela!" talmente sconvolto che mi fece subito capire ogni cosa: non appena mi ricordai del viva-voce da parte delle ragazze, immaginando ben quasi centocinquanta teste girate nella loro direzione, spalancai gli occhi, iniziai a battere le mani ripetutamente e fui perfino costretta a piegarmi sulle ginocchia per le troppe risate. Lo spilungone, nel frattempo, si lasciò finalmente andare in una risata silenziosa a pieni polmoni, strizzando gli occhi, prima di collassare con la schiena contro il muro d'entrata: il tutto continuò per alcuni minuti, finché non mi rialzai e riportai il cellulare all'orecchio.

- Hai finito? No perché, sai, ora dobbiamo rimediare alla madornale figuraccia che ci hai fatto fare! - sbottò Margaret. - Credo sia meglio per te, se domani non ti fai proprio trovare! -.

Terminai la chiamata, solo per cercare di smettere di ridere ma, dopo aver guardato in faccia Harry, scoppiammo finalmente entrambi anche peggio di prima. Mi sembrò di non aver mai sentito la risata così piena del ragazzo davanti a me e, non appena mi beai di quel suono così divertente ma meraviglioso, un sorriso mi rimase incollato sul volto fino a farmi provare dolore agli zigomi. Lui, non appena se ne accorse, ricambiò immediatamente e mi raggiunse, per poi intrecciare le mani dietro la mia schiena, e io rimasi di nuovo incantata da quegli smeraldi che gli erano stati donati, prima che un dolore incredibile non mi attraversasse di nuovo la spina dorsale, mozzandomi il fiato.

- Merda - sussurrai, chiudendo gli occhi.

Harry mi guardò stranito, controllandosi l'alito, prima di rivolgere di nuovo l'attenzione su di me: - Ho ancora l'alito di pesce? Diamine, ho persino mangiato delle fragole col cioccolato sopra! -.
Mi scappò un mezzo sorriso, nel vederlo così imbarazzato e in ansia, ma non persi tempo a tranquillizzarlo: - Non c'entra il tuo alito, è colpa di queste cose maledette! - e così dicendo, mandando al diavolo qualsiasi principio di femminilità e cose varie, mi sfilai le scarpe una volta per tutte, strizzando gli occhi non appena poggiai i piedi doloranti sulla ghiaia.
Harry continuò a guardarmi con un angolo della bocca alzato, prima di afferrarmi e farmi rimanere letteralmente senza parole: mi aveva appena presa in braccio stile principessa e le guance mi si incenerirono quasi completamente, al solo sentire i palmi delle sue mani a contatto con la schiena e le cosce. Ma, durante il tragitto verso la macchina, la mia attenzione fu attirata solo dalle sue fossette, ancora non completamente sparite, e le labbra mi si schiusero quasi istintivamente, mentre una parte del viso entrò in contatto con il tessuto morbido della sua giacca. Mi lasciai cullare per tutto il tempo, con le palpebre abbassate, ma mi sembrò un vero e proprio sogno solo quando lo sentii aprire la portiera e poggiarmi delicatamente sul sedile accanto a quello di guida.

Gentiluomo fino al midollo, eh, Styles?

Aspettai che raggiungesse il posto accanto al mio e, durante l'intero tragitto verso casa, nessuno dei due osò pronunciare qualcosa: la radio rimase spenta per tutto il tempo, facendo aleggiare un completo silenzio che però, stranamente, non mi sembrò così imbarazzato come mi ero aspettata. Cercai il suo sguardo con la coda dell'occhio e, soffermandomi per un po' sulle sue mani, rimasi quasi senza parole, non appena notai l'incredibile grazia naturale con la quale svolgeva ogni singola cosa: persino sterzare o cambiare marcia, se compiute da lui, sembravano azioni del tutto inappropriate per qualsiasi altro essere umano.
Soprattutto per me, prendendo il considerazione il fatto che, alla guida, sembrassi più una vichinga che una principessa dalle manine delicate.
Io e Harry avremmo dovuto parlare di tante cose, forse anche troppe, ma il pensiero di doverlo fare quella sera non mi sfiorò nemmeno l'anticamera del cervello: mi rifiutai categoricamente di dover rovinare quei momenti o quelli che sarebbero arrivati successivamente, semplicemente parlando. Ma quello che mi preoccupò davvero fu il pensiero su cosa fare, nell'esatto momento in cui intravidi casa mia dal finestrino: avrei dovuto baciarlo o far finta di niente? Farlo entrare o scendere dalla macchina alla velocità della luce, così da impedire una qualsiasi  figuraccia?
Sussurrai un: - Eccoci qua - non appena fermò la macchina proprio davanti il mio vialetto e mi sembrò quasi di sentire un: - Già -, strafogato di imbarazzo, da parte sua. Mi irrigidii sul sedile, non sapendo proprio cos'altro dire e lasciando la patata bollente a Harry ma, a giudicare dal rumorino delle sue dita picchiettate contro il volante, intuii che nemmeno lui avesse molto da aggiungere.

- Ti va di, uhm... - cercai di aggiungere, continuando a guardare davanti a me. - Entrare? -.

La serata si sarebbe potuta concludere come in un perfetto americano, dove il ragazzo accetta la proposta e i protagonisti si ritrovano a darci dentro sul tavolo della cucina, ma il solo pensiero mi fece sentire le orecchie bollenti anche più delle guance. Harry sembrò della stessa opinione, a giudicare dalla sua figura irrigidita quasi quanto la mia, ma cercò comunque di rispondermi: - Non vorrei, uhm... disturbare, ecco -.

- Non sei tu che disturbi - risposi istintivamente, dopo essermi dimenticata di connettere la bocca col cervello prima di parlare. - Solo che i piedi mi fanno un male atroce e penso che stiano sanguinando per davvero -.

Conclusi la frase ridendo, portandomi dietro anche lui, prima di rigirarmi le scarpe tra le mani e ripiombando di nuovo nel silenzio più totale. La decisione finale arrivò da parte mia, quando mi auto-convinsi che dileguarsi sarebbe stata la scelta migliore, e afferrai la maniglia per poter finalmente uscire da quella situazione così imbarazzante. La voglia di baciare di nuovo quelle labbra così perfette ed essere stretta tra le sue braccia mi fece quasi annebbiare la vista: avvenimento che successe per davvero, non appena la sua presa delicata mi fece tornare perfettamente seduta, con le nostre bocche perfettamente combaciate tra loro. Ricambiai il bacio all'istante, sentendomi al settimo cielo per tutto il tempo, e le mani sembrarono prendere vita propria, intrecciate meccanicamente tra i suoi capelli ormai completamente scompigliati; esattamente come al resort, sentii l'intero volto a contatto con i suoi polpastrelli e giurai, sul mio pupazzo preferito di Pikachu, che sarei potuta rimanere così fino alla fine dei tempi, senza pronunciare un solo lamento.
Fummo costretti a staccarci solo quando ci ritrovammo entrambi senza fiato, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli dell'altro/a, prima che sussurrassi un "Notte" talmente impercettibile da farmi persino chiedere se lo avesse sentito. Ma ottenni la risposta non appena sorrise di nuovo, ricambiando il saluto, prima di accarezzarmi dolcemente la guancia con l'indice.
Una volta uscita a tutti gli effetti dalla macchina, con i piedi a contatto con le mattonelle umide del mio vialetto, feci davvero fatica a rimanere in posizione eretta e concentrata a non barcollare troppo fino alla porta: il tutto, con un sorriso da tremenda ebete incollato in faccia. 






 
                                                                       My lips've been created especially to be merged with yours







*episodio tratto da una (quasi) storia vera.



Spazio Autrice: Hola, belle pimpe!
Prima cosa da dire: scusate il ritardo;
Seconda cosa da dire: è il capitolo più lungo che abbia mai scritto fino ad ora - quasi una ventina di pagine di Word -.
Amo letteralmente ricevere le vostre recensioni e la storia sta diventando sempre più popolare = questa ragazza più felice! Domande del giorno:
1) cosa ne pensate?
2) se aveste la possibilità di dare un consiglio a Harry su come comportarsi con Manuela, cosa gli direste?
3) qual è il momento che vi ha fatto più emozionare?
Chiedo scusa per eventuali errori e nulla, alla prossima! (Si spera il più presso possibile).
Peace and Love
Xx Manuela


 

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***







 
Canzone consigliata: Best Of Me - Sum41



– Piccola –.

Mugugnai, ancora mentalmente impreparata, prima di stringere il cuscino tra le mie braccia. Socchiusi le labbra subito dopo, cercando di far tornare intorno a me l'immagine della foresta in cui mi ero persa fino a poco tempo prima insieme a Pikachu, ma sembrava tutto scomparso: l'unica cosa che riuscivo a vedere era il buio, mentre le orecchie iniziarono a captare vari suoni esterni, come i diversi 'Piccola', 'Puffa' e 'Manu' che continuarono la successione del primo, e il corpo iniziò a percepire la presenza di qualcun altro accanto a me.
Sentii la spalla leggermente sfiorata, motivo per cui alzai finalmente le palpebre: di fronte a me era parato un Harry sorridente, leggermente curvato verso la mia figura, con una strana bandana in testa verde ginepro. Fui costretta ad aprire e chiudere gli occhi più volte, per assicurarmi di non essere ancora addormentata, prima di scattare all'insù come una molla e domandare: - Che ci fai qui? -.

– Buongiorno, dormigliona – rispose, continuando a sorridere. - Vi abbiamo portato la colazione, circa tre ore fa: sono stato con gli altri fino ad ora, ma tu non ti decidevi a rinunciare a Pikachu, quindi sono venuto a svegliarti -.

Sbattei le palpebre più volte, cercando di assimilare tutto, prima di annuire leggermente e sbadigliargli in faccia: riuscivo a percepire io stessa il profondo tanfo proveniente dalla mia bocca, motivo per il quale Harry chiuse gli occhi ridendo, ma non mi importò. - Lo sai che, se qualcuno osa avventurarsi fino alla mia porta, svegliandomi, riceve un bel dito medio dritto sul naso? -.

- So che non sembra - rispose subito, volgendo lo sguardo verso un punto indefinito della stanza per alcuni secondi. - Ma sono un ragazzo abbastanza affascinato dal rischio -.

Affondai la faccia tra le lunghe maniche del mio pigiamone, nascondendo il rossore sulle mie guance e il sorriso che mi era comparso, prima che Harry mi afferrasse dolcemente per i fianchi, stringendomi, e si spalmasse completamente sopra di me, scoppiando a ridere. Lo seguii a ruota subito dopo il leggero verso sorpreso che mi uscii involontariamente dalla bocca, lasciandomi inghiottire tra le sue braccia possenti.
Dovrei abituarmi a certi risvegli pensai, lasciando combaciare perfettamente le nostre labbra per un tempo che mi sembrò di sicuro troppo breve. Ritrovarsi davanti a lui, a quegli occhi così profondi ed espressivi e a quella bocca scolpita da Madre Natura, mi portò istintivamente a chiedermi il motivo per il quale la fortuna avesse deciso così all'improvviso di scontrarsi contro di me: ero stata talmente trascinata in tutto quel vortice di emozioni, al punto di non riuscire nemmeno più a distinguerle.
Constatai mentalmente quanto Harry stesse bene con quella bandana tra i ricci, ma non osai dirlo ad alta voce. Il suo sguardo, nel frattempo, sembrava così concentrato su di me che, d'istinto, gli chiesi: - A cosa pensi? -.

- Ai Puffi - rispose subito, scoppiando a ridere nell'esatto momento in cui incontrò la mia espressione arrabbiata.

Incrociai le braccia al petto, guardandolo male, cercando, inoltre, di resistere alle decine di baci che mi lasciò sull'intero viso per farmi cedere. Sentii le sue labbra un po' ovunque su tutta la faccia, motivo per cui, alla fine, scoppiai di nuovo a ridere, portandomi dietro anche lui: come avrei potuto restare arrabbiata o mantenere il muso davanti a cotanta perfezione? Avrei voluto avvolgere entrambi con la coperta calda ai nostri piedi, ma fui costretta a bloccarmi, non appena lo sentii sussurrare: - In realtà stavo pensando a quanto una certa Puffa possa essere così bella -.
Le guance si infuocarono così tanto da farmi quasi temere di sentirle sanguinare, ma cercai comunque di mantenere il controllo ed evitare di saltargli addosso come, poco prima, lui aveva fatto con me. Ero ormai sicura di una sola cosa: il tempo non sarebbe servito molto a farmi abituare a tutto quel suo charm. C'era qualcosa, in qualsiasi azione compiesse, in qualsiasi cosa dicesse o facesse, di assolutamente inspiegabile.
La nostra contemplazione reciproca venne interrotta bruscamene da dei forti colpi alla porta, segno che qualcuno stesse bussando. Ci spaventammo entrambi, osservando terrorizzati l'uscita della mia camera: i ragazzi non erano ancora venuti a conoscenza della relazione, se così si poteva definire, tra noi due; tanto meno del fatto che Harry fosse in camera mia in quell'istante. L'intera situazione mi sfuggì talmente tanto di mano che, istintivamente, spinsi giù dal letto lo spilungone e lo feci cadere sul pavimento con un forte tonfo. Mi resi conto di ciò che avevo fatto solo nei pochi istanti successivi e, dopo essermi coperta la bocca con entrambe le mani ed essermi sporta verso la figura rannicchiata di Harry, feci appena in tempo a vederlo con gli occhi chiusi e sentirlo sussurrare: - Il mio pen- - prima che la voce di Louis, all'esterno della stanza, non lo sovrastasse: - Manu, che è successo?! -.

- Uhm - balbettai in risposta, cercando di nascondere il ragazzo ai miei piedi, sotto il letto. - Mi sto vestendo, ora arrivo! -.

Mi sfilai il pigiama, buttandolo in un angolo remoto del letto, per poi afferrare degli indumenti a caso dal mucchio di vestiti sullo schienale della sedia; dopo di ché, infilai il cellulare all'interno della grande tasca centrale della felpa, zampettai subito verso la porta e la aprii altrettanto velocemente, prima che la mano chiusa a pugno di Louis non si scontrasse più volte contro la mia fronte.

Ma sei coglione o cosa?! - alzai la voce, chiudendo gli occhi d'istinto e bloccandolo.

Si rese conto di aver appena 'bussato' contro la mia fronte solo quando gli strinsi il pugno in una mano e scoppiò a ridere, rilassando le dita fino ad incrociarle con le mie. Riuscì a strappare un sorriso anche a me e, dopo aver ricevuto il mio consueto abbraccio del buongiorno, Louis mi chiese: - Non hai idea di che ore siano, vero? -.
Scossi la testa, stringendo le labbra in una linea ma con gli angoli della bocca alzati, provocandogli un altro sorriso divertito. - Manca poco all'una -. Alzai le spalle, sinceramente disinteressata della sua ultima frase, ma andai letteralmente nel panico non appena un'altra domanda mi arrivò alle orecchie: - Cos'è stato quel tonfo di pochi minuti fa? -.
La ruota del criceto nella mia testa iniziò a girare così velocemente che mi sembrò quasi di sentirne il rumore di sottofondo e, nella lenta e sospirata ricerca di qualcosa da dire, cercai in tutti i modi di non arrossire o lasciare che qualsiasi altra parte del corpo mi cedesse: Louis mi conosceva troppo bene, motivo per cui si sarebbe accorto anche del minimo segno di imbarazzo o d'incertezza e avrebbe cominciato ad indagare.

- Oh, nulla: sono inciampata su un paio di mutande sul pavimento -. La spiegazione appena data sembrò insulsa persino a me, ma, pensandoci, il mio migliore amico avrebbe potuto crederci per davvero: in fondo, era fin troppo consapevole del mio profondo disordine.

Sia emotivo che generale.

- Okay - rispose semplicemente, prolungando la 'o' iniziale, giusto per farmi capire il suo leggero scetticismo. Sfoderai un sorriso forzatissimo, pregando che la smettesse di farmi domande per cui non avevo ancora inventato una risposta, prima di essere sollevata in aria.

Con il didietro ai quattro venti, il bacino sulla spalla di Louis e gli occhi rivolti verso il basso cercai in tutti i modi di non focalizzarmi sul culetto perfettamente scolpito del mio migliore amico e: – Tomlinson, mettimi giù! - urlai, facendolo scoppiare a ridere. Continuò a tenermi in braccio in quel modo fino alla cucina, facendomi perdere anni preziosi di vita per il solo timore di finire di faccia lungo le scale. Una volta in piedi di nuovo, gli rivolsi un'occhiata a dir poco sconcertata che però, per sfortuna della sottoscritta, venne repressa subito da un semplice abbraccio. Il ragazzo dagli occhi azzurri sapeva fin troppo bene che, ormai tra le sue braccia, non mi sarei tirata indietro nemmeno se qualcuno mi avesse offerto del denaro: motivo principale per cui aveva deciso di "domarmi" senza perdere tempo.
Mi beai del suo buonissimo profumo - un mix perfetto di fumo di sigarette e bagnoschiuma -, inspirando a pieni polmoni contro il suo petto, e ignorai qualsiasi cosa all'esterno della nostra stretta: contavamo solo noi due, stretti l'uno all'altra, con il battuto regolare del suo cuore sotto il mio orecchio.
Avrei potuto passare ore in quella posizione, esattamente come sapevo che avrebbe fatto anche Louis, se un colpo di tosse alle nostre spalle non ci avesse quasi fatto sussultare per lo spavento. Ci girammo in contemporanea, notando un Harry appostato alla porta con le braccia incrociate: aveva il viso impassibile, con le labbra strette in una linea dritta e un sopracciglio leggermente alzato.
Con ancora un braccio di Louis sulle spalle, sollevai anch'io un sopracciglio - impegnata nella mia, ormai celebre, espressione sarcastica - e lo guardai incuriosita: si era forse offeso? Oppure, opzione capace di farmi ribollire il sangue nelle vene dalla soddisfazione, era forse geloso? Il gioco di sguardi continuò per diverso tempo, fin quando non giurai a me stessa di aver notato la sua impassibilità traballare di un minimo, decisa a non voler lasciare il posto a quel pizzico di disagio con cui stava combattendo, dovuto all'incapacità di tenermi testa.
Harry cercò di rimediare con un altro colpo di tosse improvvisato, prima di affermare: - Oh, scusate! Non volevo certo disturbare: prego, continuate pure - e passare giusto in mezzo a noi due, costringendoci a separarci. Un ghigno di soddisfazione mi sfiorò il volto, ormai certa della sua gelosia nei miei confronti, e mi diressi verso il tavolo per poter finalmente iniziare a mangiare tutti insieme.
Louis colse di sorpresa un po' tutti, nell'esatto momento in cui chiese al riccioluto: - Non è che sei geloso? -. Rimasi interdetta persino io, non avendo proprio tenuto in considerazione l'opinione dei ragazzi al riguardo, ma cercai comunque di restare impassibile: non mi sarei persa la reazione di Harry per niente al mondo. Quest'ultimo, però, chiuse l'argomento in maniera del tutto semplice: alzò un sopracciglio (come a volergli chiedere:"Cosa ti sei fumato?") e, dopo una scrollata di spalle quasi del tutto rilassata, pose il termine 'Fine' alla conversazione.
L'atmosfera sembrò trasformarsi solo quando Niall fece la sua entrata in cucina, urlando: - Guardate un po' che ho portato! - con tante buste in braccio. Ognuno corse al proprio posto, ma realizzai la mia posizione forzata troppo tardi: i miei amici erano già tutti seduti, pronti per mangiare, e l'unica sedia vuota si trovava in un angolino, accanto ad Harry. All'inizio pensai che gli altri lo avessero fatto di proposito, ma, dopo aver osservato le loro espressioni concentrate sul cibo, cercai di auto-convincermi che fosse stato solo un puro scherzo del destino.

– Manu, non mangi? - mi richiamò Margaret, riportandomi con i piedi per terra. Annuii un paio di volte, cercando di non dare a vedere il mio leggero stato di confusione, e, dopo essermi sistemata accanto allo spilungone, iniziai finalmente a mangiare insieme a tutti gli altri. Sistemai nel piatto un po' di tutto, alternando momenti di conversazione con i miei amici a morsi qua e là.

Nel momento in cui notai l'assenza di salse per le patatine fritte, mi affrettai subito a chiedere: - Louis, puoi passarmi il ketchup, per favore? -. La voce profonda di Harry si unì alla mia perfettamente, pronunciando la stessa richiesta nel medesimo istante, e un silenzio fin troppo imbarazzante piombò nell'intera stanza subito dopo. Pregai in tutte le lingue di non diventare rossa, inghiottendo le mani nelle lunghe maniche nere della felpa, e notai con la coda dell'occhio il riccio cercare di fare lo stesso, bevendo un po' d'acqua per smorzare la situazione. Ma, dopo qualche minuto di sguardi incuriositi e nessun commento, ci ritrovammo di nuovo in sincronia, quando chiedemmo: - Che avete da guardare? -.
Seguirono un paio di occhiate a metà tra l'inteso e il divertito che mi portarono a girarmi verso Harry e: - Lo stai facendo di proposito? Informazione di servizio: non sei simpatico - gli chiesi, ricevendo le sopracciglia corrugate da parte sua.

- Mi scusi, Miss Schizzata - rispose, cercando di farmi saltare i nervi. - Chiedo perdono per la mia mancanza di conoscenza su quando lei avrà intenzione di dire o fare qualcosa.

Avrei voluto zittirlo, magari con uno schiaffo o con un bacio (la linea tra le due cose stava diventando fin troppo sottile, per i miei gusti), ma dovetti limitarmi ad incrociare le braccia al petto e lasciar perdere. Girai lo sguardo nella direzione opposta, torturandomi il labbro inferiore tra il pollice e l'indice, e il ketchup che avevo prima tanto bramato sembrò perdere del tutto importanza.
Avevo intravisto una sorta di divertimento nello sguardo di Harry durante il nostro battibecco, motivo per il quale mi chiesi: non è più infastidito da me e Louis? Ha forse lasciato perdere?
Continuai a pormi domande per qualche minuto, mangiucchiando le patatine nel piatto senza preoccuparmi della mancanza della mia salsa preferita sopra, fin quando non sentii il cellulare vibrarmi un paio di volte all'interno della tasca della felpa. Lo presi in mano, sbloccando lo schermo, prima di vedere il mittente: Lui.
Louis ti ha mai detto che quando ti arrabbi, oltre a far tremare le ossa dalla paura, diventi dieci volte più bella? lessi, cercando di ignorare il profondo calore proveniente dalle mie guance. Le dita iniziarono a fremere leggermente sullo schermo, in perfetta sincronia con l'enorme scarabocchio che avevo in testa, ancora incapaci di digitare le lettere giuste.
Voltai lo sguardo verso Harry, beccandolo ad osservarmi con la coda dell'occhio, e notai una delle due fossette fare capolino vicino alla bocca: ci stava prendendo gusto, quello stronzo.
Riportai l'attenzione sul cellulare tra le mie mani, iniziando a scrivere qualcosa di senso compiuto e lo rilessi parecchie volte, prima di inviare: E tu pensi davvero che una frase così maledettamente sdolcinata possa funzionare con me?
Sorseggiai l'ultimo goccio di Coca nel bicchiere, per poi versarmi dell'acqua, in attesa che il ragazzo accanto a me leggesse la risposta, ricominciando subito dopo a mangiare le poche cose che erano rimaste nel mio piatto. Cercai di soffocare il sorriso che mi era comparso alla cosiddetta "frase sdolcinata" che mi era stata dedicata: in fondo, per quanto sapessi che non lo avrei mai ammesso ad alta voce, un po' di romanticismo non dispiaceva nemmeno alla sottoscritta.
Non appena risentii la vibrazione del mio telefono, spostai subito lo sguardo sullo schermo, emozionata. Lo sbloccai, cliccai sulla casella dei messaggi, e: A giudicare dal rossore delle tue guance... sono leggermente tendente verso il sì lessi, mordendomi il labbro ancora di più rispetto a prima. Sentii lo stomaco contorcersi, leggermente infastidita del fatto che Harry avesse ormai imparato a conoscermi e, di conseguenza, ad aver individuato un buon metodo per attaccare facilmente, senza il rischio di dover ricorrere subito alla difesa.
Cercai di auto-convincermi che quella strana sensazione derivasse solo dal fastidio di trovarmi davanti ad un ragazzo che stava iniziando a capire un po' troppo, ma non riuscii comunque ad ignorare completamente un altro pensiero, anch'esso veritiero: il fatto che un'altra persona, oltre a Louis, fosse incuriosita a tal punto da me mi stava facendo sentire, in un certo senso, quasi desiderata. Mi limitai ad alzare un angolo della bocca (quello destro, in modo che Harry non mi potesse vedere), al solo immaginare una cosa del genere. Da quando tra me e Nick era finita, sembrava essere nata una nuova Manuela: una più dura, più sarcastica, più realista, più introversa, più "a cazzi suoi" e, allo stesso tempo, molto meno desiderabile di prima. L'unico individuo ad aver lottato fino alla fine per entrare, e restare, nella mia vita era stato Louis.
Fui riportata bruscamente alla realtà solo quando Niall chiese, sia a me che a Harry: - Si può sapere con chi state chattando? -. Ingoiai un po' di saliva, cercando di farmi venire in mente qualcosa, mentre il ragazzo accanto a me alzò le spalle con indifferenza e: - Clarissa - rispose.
Mi girai verso di lui con un sopracciglio alzato, incuriosita: Clarissa?
I ragazzi, invece, cambiarono espressione radicalmente: sembrava quasi si fossero messi d'accordo, con le loro bocche spalancate e gli occhi sgranati.

- Che c'è? - chiese Harry, stranito. - È simpatica -.

Louis alzò un angolo della bocca, cercando di reprimere una risata, e: - Molto, come quella volta in cui entrò nello spogliatoio maschile in palestra pur di vederti nudo - commentò sarcastico. - E per poco non ci riuscì -.
Sentii una goccia fuoriuscirmi dalla bocca, motivo per il quale cercai di non sputare l'acqua ovunque; ingoiai, ormai tranquillizzata dal fatto che non mi sarei più potuta trasformare in un idrante, e lasciai che la conversazione proseguisse. Il tutto, cercando di ignorare il liquido, appena ingerito, in ebollizione nel mio stomaco.
Vidi Harry alzare gli occhi al cielo, prima di sentirlo rispondere acidamente: - È successo quando eravamo al liceo; siamo entrambi cresciuti e, se permettete, posso anche dirvi che ora è quasi irriconoscibile per quanto si è fatta carina -.

- E tu come fai a saperlo? - gli chiese subito Liam. - Ci sei uscito? -.

Alla confusione generale a cui si stava arrivando, Daniela rappresentò noi ragazze con la sola domanda: - Si può sapere chi è questa Clarissa, per favore? -.
Niall prese in mano la situazione, iniziando a spiegare le cose dal principio: - Clarissa era una nostra compagna di scuola, all'inizio anche abbastanza simpatica, con cui parlavamo di tanto in tanto. Tutto cambiò quando questo cupcake di Harry la aiutò con dei libri che le erano appena caduti davanti all'armadietto: da quel giorno in poi, Clarissa diventò letteralmente ossessionata da lui -.

- Lo seguiva ovunque, aveva creato loro foto insieme al computer e le aveva appese ovunque, si vociferava avesse la camera tappezzata di poster di Harry, era convinta che stessero insieme e non perdeva mai occasione per urlarlo ai quattro venti - aggiunse Louis, fasciandosi scappare una risatina.
- Ci tengo a specificare una cosa: tutti erano a conoscenza di questa relazione, tranne lo stesso Harry - commentò anche Zayn. - O meglio: lo sapeva, ma solo perché la squadra di football non faceva altro che prenderlo in giro per questo -.

Quasi tutto il gruppo scoppiò a ridere nello stesso momento, provocando ulteriormente il fastidio del ragazzo accanto a me, mentre la sottoscritta si impegnò con tutti i suoi sforzi a fingere una risata credibile.
E così Harry aveva avuto una stalker al liceo, una stalker di cui non ero mai stata a conoscenza fino a quel momento.

- Sentite, è inutile che continuate a ricordarmi quell'episodio - sbottò lo spilungone, con i pungi serrati. - Vi assicuro che ora è tutta un'altra cosa -.

Non riuscii bene a capire il significato di quell'ultima frase: con un'altra cosa intendeva forse dire che era ormai un storia passata? O si riferiva all'aspetto di Clarissa? Avrei voluto porgli tante di quelle domande, ma sapevo di essere nell'ultima posizione per farle: nessuno sapeva della nostra "scappatella" al matrimonio di Nick e Taylor, nemmeno Niall e Daniela, motivo per cui non potevo far saltare la copertura. Inoltre, non ero ancora perfettamente a conoscenza dello status tra me e Harry: eravamo amici? Più che amici? Magari scopamici? Una cosa era sicura: la nostra non era ancora una vera e propria relazione; non avevo nessun diritto per fare la "ragazza psicopatica".

- E andiamo, Edward! - esclamò Liam, chiamandolo per il suo secondo nome e battendogli il cinque dall'altra parte del tavolo. - Magari questa è la volta buona -.

Sarei potuta passare sopra anche all'affermazione del mio amico, ma non al sorriso complice che gli riservò Harry in risposta. Iniziò a bollirmi il sangue nelle vene, tanto da farmi alzare, bere il resto dell'acqua nel mio bicchiere tutto d'un fiato, e salire al piano di sopra. Sentii in lontananza la voce di Louis chiamarmi, ma non mi girai comunque: proseguii spedita verso camera mia, chiudendomi la porta alle spalle, e buttandomi di peso sul letto, facendomi quasi temere di averlo rotto.
Avevo appena finito di pensare di non essere nella posizione adatta per comportami come una fidanzatina fuori di testa e, senza nemmeno accorgermene, lo stavo diventando per davvero. Tuttavia, allo stesso tempo, ero convinta di avere un briciolo di ragione per il mio comportamento: tra me e Harry era successo qualcosa, qualcosa a cui non ero rimasta indifferente - almeno io -, e che non avrei mai potuto considerare come una cosa da niente. Non ero semplicemente così, non era nella mia indole passare sopra a certi avvenimenti con così tanta facilità.
Ma, se tutto quello che aveva detto lo spilungone prima lo pensava realmente, allora tra i due erano davvero l'unica a vederla così.
Presi posto sul letto, giocherellando con i miei anelli, prima di sentire la porta cigolare leggermente; mi allungai, rivolgendo la schiena a chiunque si fosse avventurato fino alla mia camera, e strinsi il cuscino in attesa di tornare da sola. Non avevo voglia di parlare con nessuno.

- Si può? - sentii Harry mormorare, avvertendolo sempre più vicino.

Mi accucciai a riccio, intimandogli di andare via, ma non sembrò captare la mia esortazione silenziosa: infatti, continuò ad avvicinarsi sempre di più al letto. Chiusi gli occhi, sperando che se ne andasse il più velocemente possibile, ma fui costretta a girarmi per fargli capire l'antifona. - Via! - alzai la voce, lanciandogli il cuscino con tutta la forza che avevo, prima di vederlo destreggiarsi pur di schivarlo, ma non farlo cadere.

- Piccola, andiamo - esclamò, ributtando il cuscino sul letto. - Ci hai creduto davvero? -.

Non risposi, cercando di lanciargli qualcos'altro, ma i miei polsi furono bloccati dalla sue stesse mani: ormai i nostri visi erano a poca distanza l'uno dall'altro e, a meno che non avessi chinato completamente la testa, mi sarei ritrovata i suoi occhi davanti in ogni caso.

- Ho detto: va' via. - lo esortai nuovamente, cercando di liberarmi.

Scosse la testa, mantenendo la presa, prima di sedersi davanti a me.

– Sei forse di di coccio?! - continuai, aumentando inconsciamente il tono di voce. - Ho detto: vai! Voce del verbo andare, prima coniugazione, modo imperativo, seconda pers-.

Mi liberò i polsi all'instante, posizionando le sue grandi mani sulle mie guance, quando mi tappò la bocca con le sue labbra. - Parli troppo, te lo ha mai detto nessuno? -.
Sentii una parte di me sciogliersi completamente, felice del fatto che avesse deciso di farmi tacere nel modo più dolce possibile, e per un attimo le mie dita iniziarono a fremere, ansiose di intrecciarsi tra i suoi capelli. L'attimo successivo mi ricordai di essere ancora arrabbiata con lui.
Mi staccai, lasciandolo con le labbra gonfie e il fiato corto, prima di alzarmi e dirigermi verso lo specchio. - E Clarissa? Anche lei parla tanto? -.
Mi sistemai i capelli in una coda alta, sentendolo ghignare alle mie spalle, prima di sentire la sua presa salda intorno alla mia vita. Non appena sentii le sue labbra sfiorarmi la pelle sotto l'orecchio, chiusi gli occhi istintivamente, completamente paralizzata.

– Se entra qualcuno e ci scopre... - mugugnai, riacquistando sempre di più determinazione. - Ti giuro che te la farò pagare -.

Scatenai una risatina che si scontrò all'istante con la mia pelle, facendomi salire i brividi lungo la schiena, prima che le mani andassero istintivamente a infilarsi all'interno di quella massa indefinita di ricci. Sentire le sue labbra a poca distanza dal collo mi stava letteralmente mandando fuori di testa

- Non verrà nessuno - rispose, continuando quella tortura. - Mara e Zayn stanno riposando, Niall e Daniela stanno lavando i piatti e Louis, Liam e Margaret giocano a Twister in salotto -.

La mia maschera di semi-indifferenza persistette, ma sentivo lo stomaco contorcersi per l'emozione: sotto sotto ero contenta di poter stare un po' da sola con Harry, senza il costante timore di essere scoperti dagli altri. Eppure, non riuscivo ancora a togliermi quel velo di disagio che continuava ad aleggiarmi sulle spalle. Lasciai che i suoi baci si avvicinassero sempre di più al mio collo, ma quando nel cervello iniziò ad insinuarsi il nome Clarissa, ritornai un pezzo di ghiaccio.

- Smettila - lo scacciai, cercando di ritornare sul letto, ma la sua presa me lo impedì. - Lasciami -.
- Si può sapere che hai? - sbottò, facendomi girare verso di lui. - Ti ho appena detto che non verrà nessuno, puoi stare tranquilla -.

Chiusi gli occhi, cercando di reprimere le innumerevoli esclamazioni che volevo dirgli: Harry non sembrava affatto uno a cui piacesse prendere in giro le persone, o un amante del doppio gioco in una relazione, ma non riuscivo comunque ad abbassare la guardia. L'idea che avesse davvero rivisto quella Clarissa e la possibilità che avessero ricominciato a risentirsi mi stavano facendo salire sempre più dubbi e domande.

- Non so a che gioco stai giocando, ma sappi che io non voglio entrarci - esclamai, serrando la mascella.

La sua espressione mutò di nuovo, facendolo sembrare ancora più confuso, e: - Gioco? Ma di che stai parl- - iniziò, prima di lasciare la frase a metà e sollevare le sopracciglia. Sperai con tutta me stessa che avesse capito al volo, e non fossi stata costretta a spiegarglielo parola per parola.

- È per quella storia di Clarissa, vero? - chiese, cercando di afferrare le mie mani. - È per quello? -. 

Continuai a non guardarlo in faccia, forse per timore della reazione che avrebbe avuto da lì a poco, finché non mi afferrò il viso con decisione: non avrei potuto guardare da nessun'altra parte, se non dritto nei suoi occhi. Cercai di scacciarlo, ma la presa salda me lo impedì, facendomi innervosire ancora di più: - Io come posso sapere che non l'hai rincontrata sul serio? Non l'ho mai vista, non ho idea di come sia fatta, non l'ho mai nemmeno mai sentita nominare fino a poco fa! -.
Sentii una leggera pressione sulla fronte, segno che ci stesse lasciando un bacio leggermente umido, ma continuai a non scompormi e rimanere tutta d'un pezzo. La mia sicurezza di avere ragione vacillò solo nel momento in cui commentò, dicendo: - E secondo te per quale motivo non l'hai mai sentita nominare? -.
Schiusi le labbra, non sapendo cosa rispondere, più stupita del fatto di non avere una risposta pronta che della situazione in generale. I suoi occhi continuarono a scrutarmi, leggermente sorpresi anch'essi di avermi finalmente zittita, prima che sentissi la sua bocca farsi sempre più vicino alla mia; in un attimo le guance mi si colorarono di un rosso persino più acceso.
Lo lasciai fare, facendomi trasportare dal momento, affondando le mani tra la sua massa indefinita di ricci: li districai tra le dita, incrociando la lingua con la sua quasi possessivamente, mentre diversi brividi mi attraversavano la spina dorsale.
Continuammo a tenerci stretti e baciarci per diversi minuti, fino a quando non sentii le sue mani arrivare fino alle cosce, sollevandole; contribuii saltando leggermente, per poi allacciare la gambe dietro la sua schiena e riconnettere le nostre labbra. In quella posizione riuscivo ad attirarlo persino più vicino, visto che non ero più costretta a mantenermi sulle punte per riuscire a raggiungerlo. Sentivo i nostri corpi andare a fuoco, quasi fusi in uno solo.
Lo sentii camminare verso il letto, fino a stendersi di schiena sul materasso, continuando a stringermi sopra di lui. Una parte di me volle sfiorarlo ovunque, marchiare ogni centimetro di quella pelle così candita e perfetta, fino a sentirlo in ogni cellula del corpo; il tutto, però, fu sovrastato dalla mia parte razionale non appena sentii le sua dita sfiorarmi la schiena, facendosi strada sotto la felpa.

- Harry, no... - sussurrai, bloccandogli le mani.

Prese a guardarmi nell'istante in cui finii di parlare, con un'espressione colpevole e dispiaciuta al tempo stesso, prima di riabbassarmi la felpa. - S-Scusa, non so cosa mi sia preso... -.
Lo strinsi a me, cercando di tranquillizzarlo, prima di rispondergli: - Non è colpa tua. Solo che... insomma, non stiamo nemmeno propriamente insieme e mi sembra davvero tutto troppo affrettato... -.

- Hai assolutamente ragione - concordò annuendo, ricambiando la stretta. - Ti chiedo scusa, davvero: di solito non sono così, non volevo -.

Scossi la testa, cercando di fargli capire che fosse tutto apposto, e mi allungai al suo fianco ancora accucciata tra le sue braccia; la sua figura riusciva ad avvolgermi completamente, facendomi sentire protetta e al sicuro. Prese ad accarezzarmi i capelli, con un sorrisetto stampato sulle labbra, mentre le palpebre mi si chiudevano per quanto mi stesse facendo rilassare.

- Manu, posso chiederti una cosa? - chiese all'improvviso, portandomi a guardarlo.
- Tecnicamente lo hai già fatto - risposi ridacchiando. - Ma sì, puoi -.

Prese un bel respiro, fatto che mi incuriosì ancora di più, prima che separasse le labbra e chiedesse: - Tu... Sei vergine? -.

Sentii le guance andare a fuoco di colpo, e fui sempre più convinta di avere l'intera faccia completamente paonazza: che diamine di domanda era? Tossicchiai per qualche secondo, convinta che da lì a poco avrebbe cercato di cambiare argomento; tuttavia, era ancora tutto trepidante, in attesa che gli rispondessi.

- Ehm... - esitai, prima di rendermi conto che, in effetti, non avevo nessuna ragione per vergognarmene. - No, non lo sono -.

La sua espressione mutò all'istante, in un modo che non riuscii proprio a capire: era sollevato? O deluso? Felice, o arrabbiato? Mah.

- Oh... - rispose solamente, lasciando l'argomento a mezz'aria.

Scrollai le braccia, come per esclamare "Tutto qui? Sai dirmi solo 'Oh..'?", e questo sembrò finalmente scuoterlo da tutto quell'imbarazzo troppo pesante che stava aleggiando nella stanza. - Pensavo lo fossi, tutto qui -.

- La mia passata vita sessuale ha così importanza? - domandai, spazientita del fatto che non fossi ancora riuscita a capire se fosse infastidito oppure no.

Ero dell'idea che alle volte capitasse avere gli ormoni impazziti, ma quella conversazione stava rendendo tutto tremendamente imbarazzante: avrei dovuto forse mentirgli, pur di avere qualche reazione comprensibile?

- No, assolutamente no - rispose deciso, abbassando la testa.

Alzai un sopracciglio, non riuscendo ancora a capire perché la mia risposta stesse sembrando sempre più sbagliata: - Harry, sto avendo serie difficoltà a capire che vuoi dire -. Finalmente si decise a guardarmi negli occhi, alzando di poco gli angoli della bocca, prima di stringermi di nuovo tra le sue braccia. - Niente di importante, tranquilla -.
Decisi di lasciar perdere solo per non aggiungere ulteriore imbarazzo alla cosa, e lasciai che la sua stretta combaciasse con il mio corpo: non avrei dimenticato quella conversazione, ma avrei comunque aspettato una sua iniziativa nel riprendere il discorso.
Continuammo a farci le coccole ancora per un po', con solo i nostri respiri regolari come suoni di sottofondo, finché non lo vidi chiudere gli occhi; ero ormai quasi sicura che si fosse addormentato, quando all'improvviso parlò: - Stavo solo pensando che mi sarebbe piaciuto essere il primo -.
Alzai il viso per guardarlo, incontrando quelle gemme verdi che gli erano state donate al posto degli occhi: in fondo al mio cuore sapevo a cosa si stesse riferendo con "il primo", e la trovai una delle cose più dolci che avessi mai sentito fino ad allora.
Diventai rossa all'istante, mentre le sue forti e protettive braccia sembravano non avere nessuna intenzione di lasciarmi andare o mollare la presa, e mi abbandonai completamente a quel profumo da cui ero avvolta con un sorriso sornione sul volto. 

 









Spazio Autrice: Hello, it's me. 
La seconda stesura del capitolo n°11 è qui e nulla, ne sono abbastanza soddisfatta: certo, mi ci è voluto quasi un anno, ma ora eccola qui!
Le domande del giorno sono sempre le stesse:
1) cosa vi aspettavate sarebbere successo?
2) siete stati felici nel leggere che quelle due cupackes di Manuela e Harry si stanno finalmente avvicinando?
3) descrivete con una parola tutte le coppie.
Spero di continuare a ricevere recensioni molto lunghe, e ricordatevi del mio cuore che batte per voi! 
Okay, questa potevo risparmiarmela. 
 Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***










 
 
*Canzone consigliata: Living Not Dreaming - Jai Waetford
 
 
 
 
– Potrei, gentilmente, scoprire dove mi stai portando? -.
– Te lo giuro - rispose Harry, guardandomi esasperato. - Mio cugino di sei anni è meno logorroico di te -.
Alzai gli occhi al cielo, stufa di sentirmelo ripetere in continuazione da tutti. Il ragazzo accanto a me mi guardò di nuovo, notando il mio strano ed improvviso silenzio. - E non mettere il muso -.
- Non sto mettendo il muso! - risposi di scatto, accigliandomi. - Voglio sapere dove stiamo andando; non mi sembra di avertelo chiesto così tante volte -.
Tornai a guardare fuori dal finestrino, cercando di ignorarlo, prima che avvertissi il suo "Venticinque volte" sussurrato. Mi morsi un pugno, cercando di calmare il fastidio che mi stava provocando, mentre le note di 'Get Lucky' si diffondevano intorno a noi.
Avevo letto decine di libri su fughe romantiche improvvisate, con l'aria dal finestrino che sfiorava la guance della protagonista mentre il suo ragazzo le baciava la mano; io, invece, stavo ricevendo solo raffiche di vento in faccia, con capelli indomabili come risultato, e il "mio ragazzo" esasperato sul sedile accanto. C'era decisamente qualcosa che non quadrava.
Socchiusi gli occhi, non riuscendo a tenere lo sguardo legato a un qualcosa in particolare al di fuori del finestrino, prima di lasciar viaggiare la mente attraverso la possibile destinazione in cui Harry mi stava portando. Mi sembrava di aver già visto quella strada, ma non riuscivo proprio a capire in quale occasione: forse voleva portarmi a pranzo fuori, o forse aveva intenzione di portarmi in qualche posto imboscato per potermi saltare addosso liberamente e stuprarmi. La seconda ipotesi mi sembrò subito esagerata, ma era una semplice conseguenza della mia curiosità ormai senza freni.
Il monologo interiore in corso nel mio cervello venne bruscamente interrotto dalla presenza della grande e morbida mano di Harry sulla mia coscia, dettaglio senza un'apparente motivazione logica. - Cosa stai facendo? -.
 Spostò lo sguardo dalla strada solo per pochi istanti, il tempo necessario per permettermi di notare la sua espressione leggermente confusa. - Niente, perché? -.
- Stai invadendo i miei spazi - risposi prontamente, tenendo lo sguardo fisso su quella mano ancora ben posizionata sulla mia gamba.
Scoppiò a ridere, trovando la mia considerazione alquanto esilarante, smettendo pochi istanti dopo a causa dell'assente coinvolgimento da parte mia in quella situazione a dir poco spassosa: il rossore sulle guance e le decine di filmini mentali che in quel momento mi stavano attraversando la mente mi stavano letteralmente trattenendo da qualsiasi azione.
- Questo è 'invadere gli spazi'? Seriamente? - chiese, stupito, con un sorrisetto appena accennato sulla bocca.
- Sto solo dicendo che a qualcuno potrebbe dare fastidio - risposi prontamente, cercando di non concentrarmi troppo (e di conseguenza iniziare a farfugliare) sul così piacevole calore sprigionato dalla sua mano a contatto con la mia coscia.
Volsi lo sguardo verso di lui, non sapendo bene quale reazione aspettarmi, prima di notare un ghigno alquanto divertito sulle sue labbra.
Non dovrebbe arrabbiarsi, o prendersela perché mi sto comportando da suora? Perché sembra che se la stia godendo?
- Sappiamo entrambi che tu non fai parte di quel 'qualcuno' - ribatté prontamente, stringendo dolcemente la presa.
Chiusi gli occhi, poggiando il capo contro il poggiatesta, quasi paralizzata. Harry aveva il potere di mandarmi completamente fuori controllo senza nemmeno provarci, motivo per cui la mano in quel determinato punto rappresentava un allarme rosso: se si fosse avventurata leggermente più su, non sarei stata più cosciente delle mie azioni, di questo ne ero più che certa.
Iniziai a respirare, senza darlo troppo a vedere, con la bocca, mentre lui cominciò a torturarsi il labbro inferiore con i denti.
Ecco, appunto.
- Harry, puoi accostare? - chiesi improvvisamente.
Si girò di me per un mezzo secondo, pensando che quella richiesta avesse un'altra motivazione dietro, e, nel momento in cui notò quanto fossi rigida sul sedile, si mise subito a cercare una piazzola di sosta. Una volta fermi, mi tolsi la cintura di dosso il più velocemente possibile, e mi posizionai a cavalcioni su di lui; Harry, in risposta, non perse un secondo a posizionare le mani sul mio fondo schiena e stringerlo leggermente. Gli sfiorai le guance e  la mascella con le unghie, prima di lasciare una serie di baci umidi su tutto il viso: la tensione sessuale presente in quell'auto era tale da poterla quasi tagliare con un coltello. Sentii il respiro accelerato di Harry sulla pelle, che mi fece salire diversi brividi lungo la spina dorsale, prima che iniziassi a guardarlo intensamente ovunque senza un apparente motivo. Avrei potuto osservare ogni suo dettaglio per ore, senza stancarmi mai; ai miei occhi sembrava talmente perfetto, senza nemmeno provare ad esserlo, da poter oscurare ogni cosa al di fuori di sé stesso. Avrei voluto tenerlo accanto per sempre, poter godere del semplice privilegio di poterlo ammirare quando più avessi voluto.
Socchiusi le palpebre, sfiorandogli le labbra socchiuse con le mie, prima di mordergli dolcemente il labbro e lasciare che altri brividi mi scorressero per l'intero corpo.
- Dio... - sussurrò, attirandomi ancora più vicino. Sorrisi, contagiandolo subito dopo, e gli accarezzai la nuca leggermente.
Il momento di ipnosi non mi allontanò dal desiderio di voler scoprire dove avesse deciso di portarmi; motivo per cui, nell'istante in cui si allungò repentinamente per far scontrare le nostre labbra, lo bloccai con dei riflessi che non sapevo nemmeno di avere. Non appena si rese conto di avere il viso in trappola nella mia mano, con le guance schiacciate dalle mie dita e le labbra tese all'infuori, cambiò espressione: sbatté le palpebre più volte, quasi indignato di esser stato rifiutato, e aggrottò le sopracciglia. Gli scoppiai a ridere in faccia e: - Niente baci finché non mi confessi dove stiamo andando - spiegai, facendogli assumere un'ulteriore espressione, molto simile a quella di un cucciolo.
- Ricattatrice - mugugnò, facendomi ridere ancora di più.
Mi risistemai sul sedile del passeggero, per poi riallacciarmi la cintura, prima che Harry sporgesse il labbro all'infuori e rimettesse in moto. - Confessa, e questa gran punizione finirà ancor prima di cominciare - lo spronai, continuando a fargli sporgere le labbra all'infuori facendogli pressione sulle guance.
Fu questione di un istante: allungò il collo nella mia direzione e, in un battito di ciglia, mi rubò un bacio talmente lieve da non farmene quasi rendere conto. Spalancai la bocca, indignata, prima di sentire la sua risata cristallina rimbombare in tutta l'auto. - Sei un imbroglione! -.
- Un imbroglione e una ricattatrice - commentò, continuando a sghignazzare. - Che duo improbabile che siamo, eh? -.
Ripartimmo all'istante, ma, dopo qualche minuto passato a cercare di mantenergli il muso, ci bastò un semplice sguardo d'intesa per scoppiare a ridere ancora più forte di prima. Mi coprii il viso con le mani, non riuscendo a smettere, con la risata compulsiva di Harry come sottofondo. Il dolore alla pancia successivo mi sembrò uno dei più piacevoli che avessi mai provato fino ad allora.
Continuammo a cantare a squarcia gola per tutto il resto del viaggio, non preoccupandoci minimamente di poter sembrare ridicoli ai veicoli che ci avrebbero sorpassato. Le risate successive ad ogni canzone mi fecero capire quanto io e Harry stessimo iniziando a sentirci a nostro agio l'uno con l'altra, e al solo pensiero sentii il cuore battere ad una velocità impressionante.
Non riuscii a rendermi effettivamente conto di quanto tempo passò, ma, nella frazione di secondo in cui notai con la coda dell'occhio un luogo fin troppo conosciuto, non riuscii a trattenere un piccolo grido. - Brighton?! -.
Sentii Harry ridere accanto a me, ma la sua risata mi arrivò alle orecchie come ovattata, mentre non riuscivo a distaccare gli occhi da qualsiasi cosa ci circondasse. Da quando io e le ragazze ci eravamo trasferite in Inghilterra, Brighton era diventata una vera e propria destinazione irrinunciabile non appena la temperatura sembrava volerci dare una tregua da maglioni e cappotti, per quanto il clima inglese permettesse davvero di farlo. Mi sembrò quasi di avere davanti agli occhi tutte quelle corse per la spiaggia ridendo, le ferite ai piedi per quella ghiaia a cui non ci saremmo mai abituate e i continui, ma mai abbastanza, giri sulla Brighton Wheel. 
Voltai lo sguardo ovunque, cercando di portare alla memoria ogni cosa, prima di rendermi conto di essere ormai fermi in un parcheggio. Mi girai verso il riccio accanto a me, chiedendogli negli occhi cosa diamine ci facessimo lì a Novembre.
- Ogni volta che ho bisogno di staccare un attimo dalla routine Brighton si rivela sempre il posto perfetto - rispose sorridendo, per poi mordersi il labbro in attesa di una mia reazione.
A stento lo lasciai finire di parlare che mi fiondai su di lui alla velocità della luce, stampandogli un bacio che non avrebbe mai avuto bisogno di altre spiegazioni, prima di scendere di corsa dall'auto e togliermi le scarpe. Corsi più velocemente possibile, a piedi nudi contro un terreno freddo fino all'inverosimile, ma non mi importò: il vento contro la pelle e quell'odore salmastro nelle narici bastarono a farmi provare una libertà interiore tale da potermi far quasi spiccare il volo. Riuscivo a percepire le scarpe battere contro le cosce durante la corsa, Harry cercare di starmi dietro nonostante il passo leggermente più lento, e un improvviso dolore sotto i piedi non appena la superficie passò da cemento a ghiaia, ma tutto sembrò fermarsi nell'esatto istante in cui una piccola rimanenza di onda dalla temperatura quasi congelata entrò in collisione con le mie caviglie. Chiusi gli occhi d'istinto, lasciando che un brivido mi percorresse l'intera spina dorsale, prima di respirare a pieni polmoni più volte. I capelli iniziarono a danzare col vento, come se avessero vita propria, e allargai le braccia come a formare una "T" per godere a pieno quella sensazione di libertà più naturale e profonda a cui avrei mai potuto pensare in quel momento. 
Le mani di Harry sui miei fianchi avrebbero potuto riportarmi alla realtà in un'altra occasione, eppure non successe: quella stretta così delicata, ma allo stesso tempo decisa, non fece altro che aggiungere ulteriore magia al momento. Mi morsi il labbro sorridendo, ancora con gli occhi chiusi, prima di urlare a pieni polmoni la frase più banale, ma allo stesso tempo più adatta, che avrebbe mai potuto attraversami il cervello in quel momento: - Jack, sto volando! -.
Sentii la risata cristallina di Harry farsi strada nel vento, trasportando anche la mia, e passammo non so precisamente quanto tempo in quella posizione così apparentemente strana agli occhi degli altri, eppure così maledettamente naturale ai nostri: un Jack e una Rose dei poveri nel loro momento più iconico, ma senza nave abbandonata al suo destino, probabili passeggeri dall'occhio curioso o possibili vertigini pronte a rovinare tutto. 
La presa passò nell'arco di un istante dai miei fianchi al di sotto delle ascelle, e mi sentii sollevare in aria talmente velocemente da non riuscire nemmeno a rendermene conto inizialmente; nel momento in cui mi uscì un piccolo urlo sorpreso, tutto iniziò a ruotare e mi ritrovai a girare come una trottola con ancora le braccia spalancate e una risata fin troppo rumorosa. Mi lasciai andare dopo i primi due giri, ignorando la massa informe che i miei capelli stavano diventando, e continuai a bearmi con un sorriso da bambina soddisfatta in volto quella sensazione insaziabile di libertà che il mio "Jack" non stava facendo altro che far aumentare: nonostante stesse seriamente lavorando di muscoli per "farmi volare", sentirlo ridere, e di conseguenza divertirsi, insieme a me fece scacciare qualsiasi possibile paranoia o pensiero negativo che avrebbe potuto impossessarsi prepotentemente del mio cervello.
Una volta tornata con i piedi per terra continuai ad avere una sensazione di capogiro ancora per un po', ma non mi importò: io ed Harry continuammo a tenerci per mano per non lasciarci cadere su quella ghiaia così fredda, ma terribilmente superflua in quel momento, e ridere fino a sentire lo stomaco supplicare pietà. E quando fui in grado di reggermi in piedi autonomamente lo baciai di slancio, allacciandogli le braccia intorno al collo. Sentii le dita dei piedi andarmi a fuoco per lo sforzo che stavo facendo pur di mantenermi sulle punte, ma nulla poteva mai essere paragonabile a quello che stava succedendo all'interno del mio intero organismo: il dolore allo stomaco per le troppe risate venne completamente sostituito da una sensazione ancora più bella, che mi fece salire un'adrenalina al pari di quella che si prova durante un giro sulle montagne russe. Passò dallo stringermi i fianchi ad accarezzarmi il viso con entrambe le mani e ricambiò il bacio con una dolcezza, ma al tempo stesso con una passione che non fui in grado di descrivere nemmeno nella mia mente.
Avremmo potuto spiccare il volo da un secondo dall'altro, ma a noi non importava.
Tutto intorno a noi sembrò sparire, così tanto da impedirci addirittura di accorgerci delle numerose goccioline d'acqua che stavano scendendo sempre più numerose e velocemente dal cielo. Sollevammo il capo insieme, trovandoci davanti a dei nuvoloni grigio scuro carichi di pioggia, ma continuammo a tenerci stretti e sorridere nella forma più pura esistente. Improvvisamente quella leggera pioggerella venne completamente sostituita da un vero e proprio acquazzone. Trovandoci completamente zuppi così alla sprovvista, non perdemmo un attimo ad afferrarci per mano e correre il più velocemente possibile alla macchina, ridendo come se non ci fosse stato un domani. Sentivo ogni singolo indumento appiccicato alla pelle e rischiai di scivolare moltissime volte, ma la presa salda di Harry riuscì a mantenermi in piedi fino alla macchina.
Una volta entrati continuammo ad avere il fiatone per alcuni minuti e, dopo aver volto lo sguardo l'uno verso l'altra, scoppiammo a ridere per l'ennesima volta. 
– Quando si dice "essere pisciati da Dio" - esclamò, scuotendo i capelli come un cane, ridacchiando. Non provai nemmeno a scostarmi dagli schizzi, dato il completo panno bagnato che ero diventata, ma non persi comunque l'occasione per scompigliargli quella massa di ricci ancora di più. - Ma è stato divertente, spilungone, ammettilo -.
- E chi ha mai detto il contrario? - ammiccò, rubandomi un bacio in una frazione di secondo tale da non farmene nemmeno rendere conto. Sorrisi, sentendo un calore fin troppo familiare alle guance, e abbassai lo sguardo con la speranza che non se ne accorgesse: se avesse provato a fare qualche riguardo al mio rossore, sarei potuta rimanere di quella tonalità per tutto il resto della giornata.
Spostai per una frazione il viso verso di lui quando si sfilò la felpa ormai zuppa di dosso e mi ritrovai inevitabilmente davanti ad uno spettacolo che mi mozzò il fiato in gola per qualche secondo: all'alzare le braccia per spogliarsi dell'indumento fradicio, anche la maglietta bianca a maniche corte sottostante si sollevò di qualche centimetro, facendo venire alla luce quegli addominali non perfettamente scolpiti in un blocco di marmo, ma comunque fin troppo definiti e perfetti. Non riuscii a sbattere le palpebre, continuando a mantenere lo sguardo fisso in quella direzione, finché la maglietta non tornò a coprirli e io iniziai a percepire sulla pelle persino più calore di prima.
– Hai freddo? - mi chiese all'improvviso, totalmente ignaro dei pensieri decisamente poco casti che mi stavano percorrendo il cervello in quell'istante.
Risposi con un istintivo "Eh?" che lo fece sorridere, e ripeté la domanda di nuovo pizzicandomi una guancia. - Per ora no, l'aria calda della macchina mi sta già asciugando per fortuna -.
Non feci in tempo a pronunciare le ultime lettere che la pioggia aumentò ulteriormente d'intensità, facendoci sobbalzare sui sedili.
– Non possiamo tornare a casa con questo tempo, sarebbe un suicidio – affermai, improvvisamente nostalgica del mio letto caldo.
Mi diede ragione annuendo e, dopo aver leggermente asciugato lo schermo del suo cellulare, lo impugnò a dovere e compose il numero di Louis.
– Diamine, non prende - mugugnò, provando a richiamare più volte, nello stesso frangente in cui provai anch'io. - Nemmeno a me, ma forse dietro prende -.
– Ho paura di chiederti come hai intenzione di arrivare ai sedili posteriori, visto come sta piovendo - chiese, alzando un sopracciglio.
- Sai, esiste un metodo molto utile, talmente tanto utile da essere uno dei più utilizzati al mondo. Vuoi sapere quale? - risposi sorniona, mettendomi già il posizione. Continuò a guardarmi incuriosito, e, dopo la mia risposta, ancora più divertito di prima: - Come gli antichi -.
Allungai la gamba verso il sedile posteriore mentre Harry scoppiò a ridere battendo le mani, portandosi anche me dietro, e cercai in tutti i modi di compiere l'operazione in modo rapido: ero perfettamente consapevole di star mostrando ogni singolo dettaglio del mio lato B a quello spilungone ancora ridente, e nonostante i pensieri poco casti di poco prima, mi sentii comunque in profondo imbarazzo. Nell'esatto momento in cui portai anche l'altra gamba dall'altra parte, un potente schiocco ed un improvviso pizzicore alle chiappe mi fecero battere la testa contro il tettuccio dalla sorpresa. Dopo qualche istante di confusione per l'intera situazione, girai lentamente il viso verso Harry, intento nuovamente a ridere per il colpo appena dato: mi aveva appena sculacciata, fatto prendere una botta in testa ed aveva persino il coraggio di ridere.
- Come hai osato?! - esclamai alzando la voce, prima di lanciargli una delle due Converse zuppe che avevo in mano. Scoppiai a ridere quando cercò di prenderla senza farla cadere e mi rispose con una linguaccia compiaciuta, da perfetto bambino che ha appena commesso una marachella.
Mi raggiunse sui sedili posteriori subito dopo, ma, a differenza dei miei movimenti  puliti e precisi, posizionò male un piede, che scivolò all'indietro, facendomelo finire addosso in una frazione di pochi secondi. Con una mano quasi perfettamente posizionata su una mia tetta.
Me lo ritrovai sopra, improvvisamente arrossato quasi quanto me, prima di stamparsi di nuovo un sorriso sornione in faccia, accompagnato da un: - Mh, ci piace -, e una strizzata quasi impercettibile. Spalancai la bocca, divertita, di nuovo prima di lanciargli giocosamente l'altra scarpa; il tutto con lo scopo di non prestare attenzione ai pensieri poco casti che ormai stavano rendendo l'aria decisamente calda e "pesante".
Ci accoccolammo l'uno all'altra per stare più comodi e, una volta ciascuno, chiamammo i nostri rispettivi gruppi per avvertirli che non saremmo tornati a breve, date le condizioni meteo decisamente pericolose. Harry era riuscito a sfuggire a domande e dubbi raccontando di un presunto appuntamento con Clarissa organizzato da qualche giorno e della "sosta a casa sua" per via della pioggia, storia alla quale ero riuscita a percepire dei cori di incoraggiamento dei ragazzi dall'altra parte del telefono. Io, invece, avevo accennato ad un pranzo dai miei nella cittadina portuale di Whitstable, dove avevano deciso di sistemarsi per un po'. Sapevo che le ragazze non avrebbero indagato più di tanto, data la frequenza con la quale ero solita andare a trovare i miei genitori, e, una volta aver aspettato Harry in un parcheggio leggermente isolato, avevo lasciato la macchina lì e mi ero fatta "rapire" dal mio pseudo ragazzo.
Rimanemmo accucciati col rumore della pioggia di sotto fondo, in un silenzio che sembrava non appartenerci, ma insolitamente rilassante e accogliente. Gli presi la mano tra le dita e iniziai ad accarezzarla delicatamente come se fosse fatta di porcellana: ogni dettaglio mi sembrava così perfetto ai miei occhi, da non farla sembrare quasi reale.
- Ancora non ci credo che hai approfittato di ben due situazioni in meno di dieci minuti per toccarmi sia il culo che le tette - esclamai all'improvviso, interrompendo quell'aria così rilassante e nella quale sembravamo caduti in trance.
Percepii un sorriso sulla fronte e la sua stretta sempre più forte, facendomi rannicchiare ancora di più contro il suo corpo. Il calore iniziale all'interno dell'auto sembrava essere svanito nel nulla, per via dei vestiti praticamente asciugati addosso, e sentii dei brividi lungo la schiena più volte.
- Cosa posso dire? - rispose Harry, attirandomi più vicino a lui per scaldarmi. - Sono un buon intenditore io -.
Fu uno schiocco - e il bruciore - sulle chiappe successivo, provocato dalle sue mani, che portò entrambi a scoppiare a ridere per l'ennesima volta all'interno della sua macchina sotto la furia incessante della pioggia di Novembre. E in quel momento non riuscii a ricollegare nessun altro episodio o ricordo passato in cui avessi provato un senso di pace, felicità e appartenenza così intenso.
 





    
                                                                                              
                                                                    Thank you... for making me smile




Spazio Autrice: ed ecco a voi la vostra scrittrice preferita! SVolevo fare un'entrata trionfale ed eccomi qua con il capitolo n^ 12 a parer mio, il più divertente che abbia mai scritto. Lo so che è corto e non succede praticamente niente, ma è di passaggio e nel prossimo scoprirete perché Manuela e Harry stanno insieme di nascosto.
Prima delle domande volevo ringraziarvi di tutto. Di aver messo la storia tra le preferite/seguite/ ricordate, per avermi inserita tra i vostri autori preferiti, di scrivere recensioni così belle da farmi commuovere ogni volta che le leggo e di farmi capire che qualcosa almeno la so fare. Siete davvero speciali per me e mi avete dato un pizzico di sicurezza che pensavo di aver perso chissà quanto tempo fa.
Domande:
1) quale battuta vi piace di più?
2) se poteste cambiare qualcosa, cosa cambiereste? (riguardo tutto quello che volete)
Grazie ancora!
Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 (I Parte) ***


 


– Manu - mi chiamò Mara con tono preoccupato, attirando la mia attenzione. - Sei sicura di sentirti bene? -.
La guardai confusa, non riuscendo a capire a cosa si stesse riferendo, prima di rispondere alquanto perplessa: - Ehm... sì, perché? -.
Continuò ad analizzarmi attentamente, seguita a ruota da Margaret accanto a lei, motivo per cui scrollai le spalle per farle parlare. Mi stavo semplicemente allacciando una scarpa da ginnastica, non riuscivo a ricollegare nessun possibile motivo per il quale mi avessero potuto guardare così. 
- Vi giuro che non ho rotto nulla questa volta - continuai, scuotendo la testa velocemente per sottolineare il concetto. - Se avete trovato cocci di qualcosa, è stato Louis -.
Riuscii a strappare un sorriso ad entrambe, ma fu questione di secondi prima che ricominciassero ad osservarmi preoccupate. Alzai gli occhi al cielo, continuando ad allacciarmi la scarpa nell'attesa che si decidessero a parlare, prima di alzarmi e sistemarmi la maglietta sopra i leggins. 
- Tu... - esordì Mara, non riuscendo a finire la frase e lasciando proseguire Margaret. - Stai andando a correre? -.
- Sì, cosa c'è di tanto strano? - domandai, chiudendo la cerniera della felpa. - Dovrebbe essere una cosa positiva, mi sembra -.
Sarei stata in grado di percepire il loro stupore - mischiato ad un pizzico d'infarto - da metri di distanza, ma non mi importò ugualmente: non potevo permettermi di sentirmi una patata bassa e tarchiata accanto a quella specie di dio greco che avevo deciso di avere al mio fianco; era arrivata ora di mettersi in forma e raggiungere il suo livello. Ero perfettamente consapevole che il nome "Manuela" accanto a "esercizio fisico" avrebbe fatto risvegliare persino i miei antenati nelle tombe, ma da grande procrastinatrice qual ero sempre stata, un minimo di applauso da parte dell'intera umanità me lo sarei aspettato.
Attaccai le cuffie al telefono, infilandomele successivamente nelle orecchie, prima di salutare le mie amiche e uscire di casa. Il profumo di pioggia da poco caduta mi arrivò prepotentemente al naso, facendomi respirare a pieni polmoni. Pigiai la riproduzione casuale nella libreria musicale del cellulare e iniziai a correre non troppo velocemente verso una destinazione a me ancora ignota. 
Erano passati ormai tre giorni dal "rapimento" di Harry verso Brighton, ed erano ormai quasi 72 ore che la mia mente non aveva fatto altro che vagare verso domande che, teoricamente, avrebbero già dovuto avere una risposta. Avevamo deciso di non dire agli altri della nostra storia per motivi al momento ragionevoli, ma che avevano iniziato ad insinuare profondi dubbi e ulteriori perplessità dall'istante in cui avevo rimesso piede in casa. - Vorrei che resti una cosa solo tra me e te, senza ulteriori persone che dicano la loro ogni secondo o si mettano in mezzo se mai dovesse esserci qualche problema - aveva detto, continuando ad accarezzarmi. - La mia storia con Taylor è da sempre stata sulla bocca di tutto il gruppo e non ha idea di quanto fosse irritante il dover sempre stare a sentire opinioni non richieste o addirittura vedere i ragazzi mettersi in mezzo al minimo screzio tra noi due -.
Avevo una vaga idea di cosa significasse essere costantemente circondati da opinioni di troppo e, soprattutto, non richieste: da mia mamma alle mie amiche, forse l'unica certezza della mia vita sarebbe sempre rimasta la presenza quasi opprimente di giudizi e considerazioni da parte di tutte le persone a me più care, che fossero richiesti o meno. Per questo motivo non avevo osato contraddire il parere del mio ragazzo al riguardo, ma, col passare dei giorni, la mia mente autodistruttiva aveva iniziato a tessere altre possibili teorie e paranoie che mi avevano reso difficile addormentarmi la notte.

E se si vergognasse di me? Magari non vuole che si sappia per non fare figuracce con altre persone, o perché non la ritiene una relazione poi così importante o destinata a durare.

Scossi la testa, cercando di far uscire quelle vocine opprimenti dal mio cervello, e continuai a concentrarmi sulla canzone e sui miei passi, respirando regolarmente. 

A cosa serve pensare così negativo? Perché devo sempre ridurmi a perdere il sonno per paranoie e pensieri che, effettivamente, non esistono? 

Sentii qualche goccia di sudore percorrermi la fronte, mentre la canzone lasciò il posto ad una leggermente più soft, e fu proprio in quel momento che mi arrivò alle orecchie una voce ovattata. Mi guardai intorno, ma, non notando nessuno, continuai imperterrita a correre. Quando però la voce insistette, sentendomi inspiegabilmente chiamare, voltai lo sguardo alle mie spalle e sentii il fiato mozzarsi all'improvviso. Mi sfilai le cuffie lentamente, strizzando gli occhi - maledetta miopia - per assicurarmi di aver visto giusto: non poteva essere, doveva essere qualcun altro. La persona in questione dietro di me alzò il braccio per farsi notare ulteriormente, e solo quando si avvicinò di qualche passo, riuscii finalmente a rendermi conto di non essermi immaginata nulla.
- Giulia?! - esclamai a gran voce, correndole subito incontro, ancora incredula. 
La mia amica spalancò e braccia, cercando di raggiungermi più in fretta nonostante il borsone sulla spalla, e sfoderò un sorriso a trentadue denti. 

Cosa diamine ci fa vicino casa nostra? Quando è arrivata? Le altre ne sono al corrente o ha deciso di fare una sorpresa a tutte? Louis ne è a conoscenza? E la scuola? Da quanto aveva previsto questa visita? Per quanto rimarrà?

Sentii la mente andare in ebollizione con tutte le domande che mi stavano sorgendo spontanee, ma tutto sembrava perdere pian piano importanza con ogni passo che facevo. Mi sembrò di riuscire già a percepire il calore della sua stretta, ma l'improvviso contatto del mio fondo schiena con il marciapiede duro e freddo mi riportò drasticamente alla realtà. Un intenso bruciore mi arrivò rapidamente al cervello, portandomi ad assumere un'espressione dolorante, e mi guardai intorno per un istante, cercando di capire cosa fosse appena successo: la superficie bagnata del marciapiede era funta da rampa di lancio e in un attimo mi ero ritrovata con il sedere per terra senza manco accorgermene. 
Giulia cercò di trattenere una fragorosa risata con ogni cellula del suo corpo, ma, venendo la sua espressione così divertita, non riuscii a contenermi nemmeno io. Mi porse una mano per tirarmi su, continuando a ridere, prima che le saltassi quasi addosso, stringendola in un abbraccio fortissimo. Erano passati mesi dall'ultima volta che ci era venuta a trovare e solo il cielo poteva sapere quanto ci fosse mancata. La famiglia di Mara e Giulia era stata l'unica a non potersi trasferire in Inghilterra nemmeno per poco tempo: la più piccola del gruppo doveva ancora finire la scuola, lo aveva promesso ai genitori prima di potersi effettivamente trasferire con noi a Londra. 
- Manu, mi sei mancata tanto anche tu - esclamò, ancora sommersa dalla mia morsa. - Ma se mi stringi un po' più forte potrei rimanerci secca -.
La lasciai l'istante dopo, osservando ogni singolo dettaglio come una vecchia parente pronta a farle una radiografia visiva: i capelli scuri si erano allungati di un bel po', e mi sembrò anche leggermente più alta di quanto la ricordassi; il sorriso luminoso e quegli occhi scuri sempre vispi, tuttavia, non erano cambiati di una virgola. 
- Si può sapere che ci fai qui? - domandai, ancora scossa da quanto successo. Caduta compresa. 
- Sorpresa! - alzò la voce, sollevando le braccia. - Sono riuscita a finire tutti gli esami di metà anno in anticipo e, naturalmente, mi sono precipitata qui! -.
Sentii le guance farmi male dalla felicità e, sulla via di casa, le porsi tutte quelle domande che, appena vista, mi avevano inondato il cervello. Confermai a tutti gli effetti che nessuno dei due gruppi era a conoscenza della sua visita, che nemmeno io avrei dovuto scoprirlo in anticipo (dettaglio durante il quale alzai le spalle per scagionarmi) e che sarebbe rimasta per tutto il periodo natalizio, condizioni meteo permettendo.
Per tutto il tragitto verso la porta continuai a tenerle un braccio intorno alle spalle, aiutandola con il resto delle valige con l'altro, e non riuscii a smettere di sorridere nemmeno per un secondo: ero davvero troppo felice che Giulia ci avesse raggiunte, e non osai immaginare la possibile reazione degli altri nel vederla, soprattutto di Louis e di Mara. 
Estraendo le chiavi di casa dalla tasca, le feci segno di non fare rumore e, una volta entrata, alzai la voce per farmi sentire: - Ragazze, sono tornata e ho portato un regalo! -.
Sentii dei passi indistinti al piano di sopra e, scambiandomi sguardi con Giulia, cercai in tutti i modi di non scoppiare a ridere. Ma, non appena arrivò la risposta pronta di Mara, rischiai seriamente di cedere: - Se hai fatto entrare di nuovo un testimone di Geova, ti giuro che stavolta le prendi sul serio -. 
Successivamente i passi iniziarono a diventare distinti, segno che tutte e tre stessero scendendo a raccolta, e, nel momento in cui si ritrovarono di fronte a Giulia diventarono bianche come un lenzuolo in contemporanea. 
- Cos'hai contro i testimoni di Geova, sorellona? - esclamò la ragazza in questione, spostando le mani sui fianchi con un sorriso. 
Il secondo dopo l'ingresso divenne un vero e proprio campo di battaglia, con ben tre ragazze alla riscossa verso la povera e minuta vittima accanto a me. Riuscii a spostarmi appena in tempo, evitando quella sorta di abbraccio multiplo nel quale Giulia era stata appena risucchiata, e sorrisi intenerita guardando la scena: i singhiozzi di Mara si sarebbero potuti sentire persino dalla strada, mentre non aveva intenzione di lasciar respirare quel povero corpicino e lo stringeva con tutto l'amore che solo una sorella avrebbe potuto darle. Abbassai lo sguardo al pensiero, rendendomi conto  (per la milionesima volta nella mia vita) che non avrei mai potuto vivere o capire fino in fondo quella sensazione, ma il desiderio di non voler rovinare quell'atmosfera mi portò a sorridere di nuovo.
Nel momento in cui si staccarono Giulia si ritrovò con tutti i capelli spettinati, ma non ci fece neanche caso e continuò a ridere e scherzare con tutte, me compresa. La aiutammo a sistemare le valige in camera, facendoci raccontare ogni novità o gossip della nostra cittadina natia, e non mi sorpresi più di tanto quando terminò in pochissimo tempo tutti i racconti, data la scarsa ed effettiva presenza di news vere e proprie. Non riuscivo ad immaginarmi qualcosa di eclatante lì, tralasciando qualche visita "importante", forse di qualche politico a cui non avevo mai prestato la dovuta attenzione. 
Una volta finito di sistemare la roba della nostra amica, ognuna si mise comoda - chi sul letto di Giulia accanto a lei, chi sul tappeto - e continuammo a parlare di tutte le cose che avremmo potuto fare in quei giorni. L'atmosfera era diventata così familiare e piacevole che, non appena l'ultima arrivata mi pose la fatidica domanda, mi sembrò di precipitare di nuovo con i piedi per terra. 
- Manu, allora come va con Harry? -.

Domanda da un milione di sterline, Giulia.

Ingoiai un po' di saliva, lottando con ogni singolo muscolo del corpo per non arrossire, prima di fingere un colpo di tosse e scrollare le spalle. Dovevo recitare la parte, eravamo rimasti d'accordo così. - E tu come fai a sapere che hanno quasi provato a farci sposare? -. 
Temporeggiare o manipolare un discorso a mio piacimento era sempre stata la mia specialità, e quella domanda sarcastica fece proprio questo. Le risate divertite delle mie amiche mi arrivarono ovattate, mentre sentivo cervello cercare di cancellare l'immagine di Harry e, con essa, tutte le paranoie di poche ore prima. 
- Semplice - affermò Giulia, intrecciando le dita sotto al mento per assumere un'espressione tenera e, allo stesso tempo, fiera. - Sono stata io ad aver avuto l'idea -.
Alzai le sopracciglia in segno di sorpresa, non aspettandomi che la più piccola del gruppo avesse potuto far scattare la miccia. Avrei dovuto dire qualcosa, ma, nell'istante in cui mi accorsi di essere a corto di idee, cominciai a sudare freddo e pensare insistentemente: cosa posso dirle? Che quel riccioluto si sta insinuando dentro di me senza che nemmeno io riesca ad accorgermene? Se mi scappa qualcosa, Harry si arrabbierà di sicuro, ed è l'ultima cosa di cui ho voglia stasera.
L'affermazione successiva di Margaret, tuttavia, mi sembrò l'unica ancora di salvezza in quella situazione così scomoda e imbarazzante (almeno da parte mia): - Ormai ci abbiamo rinunciato: abbiamo visto che non c'è molto di farli avvicinare oltre e abbiamo lasciato perdere -.
- E forse è anche meglio così - commentò Mara, guardandosi un'unghia. - Almeno i vicini non si lamenteranno di urla e piatti che volano -.
 Le risate delle altre mi arrivarono nuovamente ovattate, mentre sentivo il cervello andare in escandescenza e un sorriso abbastanza forzato mi incorniciava il viso. 
E se avessero avuto ragione? Se io ed Harry, a tutti gli effetti, non fossimo fatti per stare insieme? Quali sarebbero state le ripercussioni sui due gruppi? 
Domande senza risposta iniziarono ad affollarmi prepotentemente la mente, facendomi, di conseguenza, rendere conto del vero "problema": mi stavo legando, troppo velocemente, nonostante Harry mi avesse avvertita di non voler correre. Maledii me stessa per la mia immancabile capacità di affezionarmi in un tempo ridicolo e chiusi gli occhi, cercando in tutti i modi di trattenere la mia frustrazione al riguardo. 
– A che pensi, Manu? - mi chiese Daniela, notando il mio improvviso silenzio.
Mi ridestai, scrollando le spalle, prima di stamparmi un bel sorriso e reprimere tutto. - A quanto Louis sarà felice di rivedere Giulietta - esclamai, con una allegria tale da farmi quasi spaventare di me stessa per la credibilità. - E, a questo proposito, propongo di rimanere a dormire da loro -.
Si sollevò un coro di approvazione, accompagnato da altre proposte su cosa avremmo potuto fare insieme ai ragazzi, prima che ognuna di noi filasse nella sua rispettiva camera per prepararsi. Dopo essermi legata i capelli in una coda lunga ed essermi sfilata i leggings ancora umidi per la caduta, decisi di indossare dei semplici jeans neri aderenti. Fissai il comodino dove avevo posizionato tutti i miei trucchi per alcuni secondi, meditando se valesse la pena truccarmi, per poi decidere di lasciar perdere.  
Dopo non molto iniziai a sentire movimento per il corridoio e le scale, segno che le ragazze fossero praticamente pronte, e, una volta allacciate le Converse, presi il cellulare e altre piccole cose necessarie. La delusione che mi pervase il corpo dopo aver notato la bacheca dei messaggi completamente vuota mi fece ringraziare il cielo di essere in camera da sola. 








HARRY.


Rimanere seduti costantemente, godendosi attimi di pure ozio, non aveva mai fatto parte della mia persona; eppure era proprio quello che stavo facendo da  tre giorni consecutivi. Non riuscivo  togliermi dalla testa l'espressione leggermente delusa e confusa di Manuela non appena le avevo proposto di tenere la nostra relazione appena nata all'oscuro di tutti. Ci eravamo sentiti pochissimo e, nonostante entrambi avessimo cercato di non darlo a vedere, l'imbarazzo riusciva a essere percepito persino tramite lo schermo del cellulare. Tutte le paranoie e gli scenari possibili si erano già ripetuti nel mio cervello almeno tre volte, eppure non riuscivo a mettermi tranquillo o a riposare decentemente, nel costante timore che quella proposta potesse già aver mandato all'aria tutto. 
Mi strofinai gli occhi, piegando la testa all'indietro contro lo schienale del divano, e sospirai. Afferrai il cellulare per la ventesima volta in dieci minuti e continuai a fissare la nostra chat, come in attesa di un qualcosa che ero certo non sarebbe arrivato. 
Fu Niall a ridestarmi da quella sorta di trance, tirandomi una fragorosa pacca sulla coscia. Sobbalzai leggermente, non avendolo nemmeno sentito entrare nella stanza, prima di ridacchiare insieme a lui. - Mi hai fatto prendere un colpo -.
- Ho notato - rispose, sorridendo, prima di accomodarsi accanto a me. - In questi giorni hai rischiato di prenderne tanti -.
Voltai lo sguardo verso di lui, cercando di decifrare sia la sua espressione che le sue parole, e mi ritrovai subito di fronte al suo solito sorriso. - Credi davvero di non esserti fatto notare nel tuo stato da mezzo depresso? -.
- Più che credere, ammetto di averci un minimo sperato - risposi di rimando, cercando di trattenere una risatina nervosa.
Ero perfettamente consapevole che i ragazzi si fossero accorti che qualcosa non andasse, dato che vivevamo insieme e, soprattutto, mi avevano già visto e sopportato in una situazione analoga. Eppure, nonostante avessero captato qualcosa, il fatto che non avessero osato fare domande o commentare in nessun modo non passò inosservato ai miei occhi.  
- Grazie - affermai improvvisamente, sicuro che Niall avrebbe afferrato al volo a cosa mi stessi riferendo. Mi passò una mano tra i capelli, scompigliandomeli ancora di più, prima di sorridere nuovamente e andare in cucina.
Riportai l'attenzione sul cellulare tra le mie mani, fissando il mio stesso riflesso sullo schermo ancora scuro. Mi passai la lingua sulle labbra, continuando a riflettere su cosa fare per poter sbloccare con la situazione con Manuela, prima di essere ridestato nuovamente dai miei pensieri per via di un lieve rumore alla porta principale. Corrugai le sopracciglia, incerto se lo avessi immaginato o meno, ma un secondo colpo leggero mi diede la conferma dell'effettiva presenza di qualcuno fuori casa. 
Mi alzai, avviandomi verso l'ingresso. 

Chi può essere a quest'ora? Non stiamo aspettando nessuno.

Aprii la porta, ritrovandomi davanti alle ragazze, tutte con l'indice poggiato contro le labbra per indicarmi di non fiatare. Le osservai confuso, non riuscendo a capire cosa stessero facendo, ma, non appena voltai leggermente lo sguardo, per poco non mi uscii un urlo sorpreso.
- Giu- - iniziai, ritrovandomi subito dopo con la bocca completamente coperta dalla piccola mano di Manuela. Avvampai, spalancando gli occhi per la nostra vicinanza, prima di sentirla sussurrare minacciosa: - Sorpresa per Louis, chiudi quel forno -.
Annuii, con i miei occhi incatenati ai suoi, e, se non fosse stato per le ragazze dietro di lei, saremmo potuti rimanere cosi per delle ore intere. Ci ridestammo, profondamente imbarazzati, prima di stamparci contemporaneamente un sorriso di circostanza in faccia. Solo il cielo poteva sapere quanto avrei voluto avvolgerla tra le mie braccia. 
La guardai raggiungere le altre, sistemandosi in modo tale da riuscire a nascondere Giulia dietro di loro. Chiamai a gran voce i ragazzi, sottolineando l'urgenza di presentarsi all'istante, prima di vederli accorrere come delle furie. Louis, per purissimo caso, si sistemò proprio al centro degli  altri.
– Ragazze? - chiesero all'unisono, evidentemente confusi. 
Le dirette interessate non lasciarono loro nemmeno il tempo di farsi salutare, che si spostarono contemporaneamente, facendo restare Giulia in mezzo al corridoio con un enorme sorriso stampato in faccia. - Sorpresa! -.
Avrei voluto scattare una foto per immortalare le espressioni profondamente sconcertate dei miei amici alla sua vista, ma non riuscii nemmeno ad elaborare il pensiero che si sentì un profondo tonfo. Ci girammo tutti nello stesso istante, ritrovandoci davanti all'apparente - per modo di dire - salma di Louis a terra, completamente priva di sensi.


 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Attenzione! Sentite tutto il capitolo con The Other Side di Jason Derulo a ripetizione! Vi farà gasare come non mai XD Party Hard! Peace and Love
Xx Manuela







MANUELA'S POV.


- Louis?! Cazzo riprenditi! Louis! - continuavano a urlare tutti intorno a Louis nel tentativo di svegliarlo mentre io osservavo divertita la scena da lontano

Poveri illusi... non potevano sapere che facendo così non si sarebbe svegliato nemmeno per Ferragosto. Rimasi in disparte a braccia incrociate fino a quando, stanca di tutte quelle smancerie, andai in cucina per bere. Tanto ero più che sicura che Louis si sarebbe ripreso da un momento all'altro: chissà quante volte “accidentalmente” gli avevo tirato qualcosa in testa ed era svenuto. Aveva subito traumi peggiori: il pallone da basket che gli avevo “passato” l'estate prima, il dizionario enorme di latino che era caduto dalla mensola, la mia raccolta di figurine dei Puffi... Gli era andata molto peggio di così! Diciamo che... la maggior parte delle cose che non aveva ancora preso in mano l'aveva presa in testa.
Tornai in salotto con una bottiglietta d'acqua e vidi che i ragazzi avevano spostato il cadavere del mio migliore amico sul divano e Giulia aveva iniziato a fargli aria con un giornale. Che esagerati!


- Manu tu non fai niente?! - mi sgridò Liam guardandomi scioccato
- E che dovrei fare? - chiesi staccandomi un attimo dalla bottiglia
- Vieni a fare aria a Louis! Oppure... urla, chiama qualcuno! Insomma preoccupati cazzo! - mi sgridò Margaret aiutando Giulia e gli altri a sventolare Louis
- Mamma mia che esagerati che siete! -

Poggiai per un secondo la bottiglietta ai piedi del divano e mi sistemai accanto alle ragazze: una più preoccupata dell'altra. Mi sedetti e iniziai a tirare schiaffetti delicati sulla guancia, stranamente liscia, di Louis. Meno male che si era fatto la barba o Giulia l'avrebbe strangolato!

- Coglioncello...- iniziai a chiamarlo tra uno schiaffetto e l'altro ma senza risultato
- Louis William Tomlinson porca puttana svegliati! - urlai all'improvviso iniziando a tirargli schiaffi più forti

Se non ci fosse stato Zayn a tenermi per le spalle lo avrei fatto schiattare di nuovo... questa volta sul serio.

- Ma sei impazzita?! - mi urlò Giulia perdendo anche quel briciolo di calma che le era rimasta
- Oh senti quando è basta è basta! - urlai ormai stanca di quella scena drammatica

Mi allungai per prendere la bottiglietta, che avevo lasciato poco prima per terra, e bevvi un ultimo sorso prima di versare tutto il resto dell'acqua sulla faccia di quel cretino. Come avevo previsto Louis iniziò a dare subito segni di vita strizzando velocemente gli occhi.

- Chi mi ha pisciato addosso?! - disse stranito e ancora mezzo assonnato
- Louis! -

Gli saltarono tutti addosso, in un abbraccio forse fin troppo caloroso, e io rimasi al mio posto senza scompormi minimamente. Per la seconda volta in un giorno mi stavo sentendo una perfetta forever alone... Cazzo guardatemi! Sono io che gli ho salvato la vita eh!

- Non... respiro... - cercò di dire Louis non riuscendo quasi a respirare

Una volta essersi staccati tutti, l'unica che gli rimase appiccicata come un adesivo ovviamente fu Giulia. Una volta essersi reso conto di chi lo stesse stringendo così forte, Louis ricominciò a strabuzzare gli occhi un po' come aveva fatto prima di svenire.

- Ehi ciccio friz prova a svenire un'altra volta e questa – lo minacciai togliendomi una scarpa e puntandogliela contro – te la faccio finire in un posto che ti rimarrà impresso nella memoria a vita! -

Strabuzzò di nuovo gli occhi (non so se dalla paura o ancora dalla sorpresa) e finalmente dopo secoli sorrise raggiante nel vedere Giulia dopo tanto tempo.

- Mio... Amore miooooooo! - urlò come un pazzo abbracciandola fortissimo
- Awwwwww! - dicemmo tutti in coro inteneriti dalla scena

Mentre ero impegnata a vedere quella scena fin troppo dolce, sentii all'improvviso una mano calda e morbida incrociata perfettamente alla mia. Non avevo bisogno di girarmi per capire chi fosse. Istintivamente strinsi ancora di più quella mano e mi lasciai scappare un sorriso. Anche se era una semplice stretta di mano... in quel momento mi resi conto di quanto avessi avuto bisogno di quel misero contatto.

- Ora che ci siamo davvero tutti... che vi va di fare? - propose allegramente Zayn mettendo un braccio intorno alla spalla di Mara
- Sapete... è tanto che non andiamo a cenare fuori tutti insieme – ci fece notare Harry continuando a tenermi la mano senza farsi vedere
- In effetti ho fame – rispondemmo noi ragazze all'unisono
- Va bene andiamo -

Uscimmo tutti quanti in strada e, una volta chiusa la porta di casa, iniziammo ad incamminarci per le strade abbastanza fredde di Londra. Eravamo a novembre e in una città come Londra l'umidità era padrona: non si riusciva mai ad andare da nessuna parte senza portarsi almeno una felpa o un cappotto per non morire di freddo.
Tirai su la cerniera della felpa e camminai accanto a Liam e Niall, impegnati a incrociare le mani con quelle di Margaret e Daniela. Avrei voluto anche io camminare mano nella mano con Harry ma sempre per quello stupidissimo mistero non mi era permesso. Girai per un secondo lo sguardo verso di lui, leggermente avanti a me, e notai che teneva le mani in tasca, forse per non congelarsele. Feci finta di niente e tra una chiacchiera e l'altra continuammo a camminare.


- Anche se fa un po' freddo è una bellissima serata – ci fece notare Louis alzando lo sguardo

Aveva ragione: in cielo non c'era una misera nuvola e le stelle brillavano nel buio della sera. Senza accorgercene ci fermammo tutti per vedere quello spettacolo stupendo ma rimanendo quasi accecata dal bagliore di una stella abbassai leggermente lo sguardo. Mi stavo ritrovando a guardare di nuovo Harry e in quel momento iniziai a soffermarmi sui suoi occhi, puntati verso l'alto a guardare il cielo. Così verdi e profondi, con così tanta sicurezza e calma da riuscire a calmare persino me... Ero sempre più convinta che le stelle non fossero niente in confronto ai suoi occhi, niente sarebbe stato paragonabile a quegli smeraldi. Per non parlare delle fossette, del sorriso, dei riccioli...

- Manu andiamo dai – mi risvegliò Liam passandomi accanto

Mettendomi una ciocca dietro i capelli continuai a camminare insieme agli altri e, per cercare di pensare ad altro, iniziai a sparare una miriade di mie cavolate. Non conoscevo altro modo per far depistare gli altri su cosa provavo. Bastava una mia scemenza per illudere tutti.

- Ragazzi dove andiamo a mangiare? - chiesi mettendomi una mano sullo stomaco per far intendere che stavo morendo di fame
- Niente Nando's! - rispose pronta Giulia precedendo il povero Niall che già aveva cominciato a prendere fiato per dire il nome del suo ristorante preferito
- Ok allora... Mc Donald's! - propose Daniela facendo tornare tutti felici

In poco tempo riuscimmo finalmente a trovare un benedetto Mc Donald's ma la vera impresa doveva ancora iniziare. C'era il doppio di gente rispetto al solito e da fuori i tavoli sembravano tutti pieni.

- Mamma mia quanta gente! - disse sorpreso Liam guardandosi intorno
- Questa settimana fanno dei cheeseburger dedicati all'America quindi penso sia per quello – spiegò Niall con una saggezza molto strana

Ci girammo tutti contemporaneamente verso di lui, abbastanza sorpresi del fatto che avesse fatto un ragionamento intelligente.

- Ehi! Non sono così stupido! E poi questo è il mio campo quindi… bitch please arriva Nello il fotomodello! - rispose fiero di sé prima di iniziare a camminare in modo molto seschi
- Quanto sei seschi! - urlai camminando nello stesso suo modo trascinando con me anche Giulia e le altre

Si erano girati tutti a guardarci ma chi se ne fotte! Siamo giovani plebei! Godiamoci la vita! Ops una bambina è rimasta scioccata... Cercando di tornare normali entrammo e subito un'enorme nuvola di vapore mi colse in pieno viso. Ma eravamo appena entrati al Mc Donald's o in una sauna?! Entrando lì dentro tutto il freddo che avevamo provato fino a quel momento si trasformò improvvisamente in caldo fino a sudare. C'era fin troppa gente tutta ammucchiata per fare la fila e, odorando l'aria, non si poteva che rimanere disgustati dalla troppa puzza d'uomo.

- Ragazzi mi sta passando la voglia di mangiare – annunciai tappandomi il naso dal disgusto
- Si ma dobbiamo accontentarci, ormai non possiamo nemmeno più uscire – rispose Margaret girandosi per farci notare che ormai c'era un'altra dozzina di persone che ci ostruivano il passaggio

Sbuffando continuammo a fare la fila e per la troppa impazienza iniziai a picchiettare il piede per terra. Quando avevo fame ero “leggermente” irritabile e se qualcuno avesse osato anche solo parlarmi gli avrei tirato una padella in faccia come minimo. Avanzammo letteralmente a passo di formica e per la milionesima volta imprecai silenziosamente per aver scelto proprio il Mc Donald's.

- Ragazzi restiamo uniti che qui è facile perdersi – ci consigliò Liam tenendo ancora più stretta la mano di Margaret
- Si hai rag... un tavolo! - urlai indicando un tavolo che si era appena liberato

Tutta la fila si girò verso la direzione del mio dito e, guardando Louis per un secondo, gli feci segno con un sorriso di correre. Era il più veloce tra di noi e sarebbe di certo riuscito ad arrivare prima di tutti gli altri. Sorridendo al mio segnale iniziò a correre e nello stesso momento partì anche un bambino poco distante da noi.

- Louis vai che ce la fai! - iniziammo ad incitare Louis per farlo correre ancora più veloce

Erano testa a testa ed entrambi poche volte alzavano lo sguardo verso l'altro per cercare di superarlo. La situazione era piuttosto strana ma se Louis non avesse occupato quel benedetto tavolo gliele avrei fatta pagare di santa ragione! Vedendo che i nostri incitamenti non servivano a molto iniziai a pensare qualche secondo. Cazzo criceto dai! Un momento... ma certo!

- Louis fallo per Giulia corri! - urlai ancora più forte

Mancavano poco più di due metri e, rendendosi conto di quello che avevo appena detto, decise di scivolare con le scarpe sul pavimento fino alla gamba del tavolo. Sembrava un'idea stupida ma appena lo vidi arrivare per primo, finendo sotto il tavolo, iniziai a saltare dalla felicità insieme a tutti gli altri.

- Anche se ho vinto complimenti – si congratulò Louis con il bambino rialzandosi

Si strinsero la mano in segno di pace e il bambino con un fiatone pazzesco tornò in fila dalla famiglia. Louis invece sollevò le braccia al cielo dalla felicità e poggiò su un divanetto la giacca per far capire che quel posto era occupato e tornò da noi. Finalmente avremmo potuto sederci! Continuammo a esultare come fossimo allo stadio e istintivamente presi il viso di Harry e ci baciammo come se non lo avessimo fatto per anni. In un certo senso mi sentivo proprio come se non lo avessi visto da secoli... mi era mancato da morire e in quel momento mi resi conto per davvero che non avrei potuto sopportare un altro giorno senza di lui, i suoi baci, le sue parole dolci sussurrate...
Dopo aver finito di esultare gli altri si girarono verso di noi e uno dopo l'altro aprirono le bocche tipo effetto domino. Non era una cosa normale e, solo vedendo le loro espressioni mi resi conto di quello che stavamo facendo. Ci staccammo lentamente sotto gli sguardi scioccati di tutti e non ci accorgemmo nemmeno che la fila si stava leggermente muovendo.


- Ehm... - dicemmo entrambi imbarazzati come non mai
- Scusate ma la fila si sta muovendo – ci disse cordialmente un signore dietro di noi

Approfittando di quella situazione mi girai verso la fila. Grosso errore: non mi accorsi dell'omone davanti a me e non aspettandomelo andai a sbattere proprio contro di lui.

- Ehi! - si lamentò con un vocione da far paura
- Mi scusi – mi scusai cercando di non farlo innervosire

Imprecando mentalmente di sicuro si rigirò ma a un certo punto fece una cosa che mi fece quasi morire. Alzò la braccia, forse per stiracchiarsi, lasciando “respirare” le ascelle. Tutto il maglione aveva una macchia enorme di sudore e l'odore che “inebriavano” per poco non mi fece svenire. Tappandomi il naso dal disgusto decisi di tornare dai ragazzi, anche se significava uccidermi da sola. Che avrei detto per giustificare il mio comportamento? Forse era arrivato il momento per dire la verità?
Il silenzio di quegli attimi fu più rumoroso di non so cosa e in quel momento avrei voluto, nel vero senso della frase, sprofondare al centro della Terra. Io e Harry ci guardammo in faccia un misero secondo. Un misero secondo bastò a farmi sentire in colpa per tutte quelle bugie. Abbassai la testa iniziando a guardarmi le scarpe e Harry girò lo sguardo verso un punto indefinito del pavimento.


- Dovete ordinare? - ci chiese una vocina dolce

Ci girammo tutti verso la cameriera e notammo che finalmente era arrivato il nostro turno. Dopo aver preso tutte le ordinazioni aspettammo che fosse tutto pronto per poi raggiungere il nostro tavolo. Iniziammo a mangiare in silenzio e mi uccisi letteralmente a quasi tutti i bocconi per il troppo imbarazzo.

- Mamma mia basta con questo silenzio! Non siamo mica a un funerale! - sbottai battendo un pugno sul tavolo, facendo così spaventare tutti
- Se hai qualcosa da dirci dillo – mi incitò Louis piuttosto arrabbiato

Louis poteva sembrare uno stupido ma ero più che consapevole che fosse tutto tranne che quello... Mi, anzi ci, avrebbe aspettato una ramanzina di almeno mezz'ora. Rimasi in silenzio per il resto del tempo e una volta aver finito mi venne lo strano impulso di piangere: mi era venuto all'improvviso ed ero sicura che alzare gli occhi al cielo non sarebbe servito a niente in quel momento. Istintivamente mi alzai di botto e corsi verso il bagno senza dire niente a nessuno.

- Manu – mi richiamò Harry alzandosi per raggiungermi
- Ci pensiamo noi – gli consigliò Mara bloccandolo con una mano e correndo insieme alle altre verso di me

Io intanto mi ero appena chiusa in bagno ed ero scoppiata in un pianto liberatorio nel vero senso della parola. Non sapevo a tutti gli effetti il motivo ma non riuscivo a smettere di far scendere le lacrime. Mi sentivo in colpa su tutto: di aver tenuto nascosto una cosa così, di essermi lasciata condizionare dal fascino di Harry, di essermi innamorata di nuovo... Tante piccole cose che ormai erano diventate troppo pesanti tutte insieme. Troppe emozioni represse uccidono l'anima e quello era proprio il mio caso. Sentii bussare più volte ma non risposi nemmeno; non volevo farmi vedere in quello stato e ancora peggio... non volevo guardare in faccia gli altri. Non avrei sopportato gli sguardi carichi di delusione da parte di tutti. Non un'altra volta.



HARRY'S POV.


- Harry non ci stiamo capendo niente, ci spieghi per favore?! - sbottò Zayn battendo una mano sul tavolo

Mi presi la testa tra le mani e iniziai a stringermi i capelli cercando di non scoppiare. Troppe emozioni represse.

- Succede che stiamo insieme ok?! Da poco ma comunque provo cose per lei che non ho mai provato per nessuna! Nemmeno con Taylor! Non abbiamo detto niente a nessuno per paura di essere giudicati! Ma... la colpa è tutta mia, lei non centra niente e... - scoppiai alzandomi di nuovo mentre cercavo in tutti i modi di non piangere
- Cosa... - sentii dall'altra parte del tavolo

Mi girai e vidi Manuela con gli occhi rossi e gonfi sotto un braccio di Daniela e le altre accanto a lei, sorprese esattamente come i ragazzi. Mi vennero i brividi non appena la vidi...vederla ridotta così, con i suoi bellissimi occhi neri improvvisamente più neri della pece e lucidi, era stato come ricevere un pugno in piena faccia, se non pure peggio. Ormai quasi tutte le persone lì dentro erano impegnate a guardare noi, mangiando come se fossero al cinema. In sottofondo si sentiva solo Demonds degli Imagine Dragons riprodotta dall'altoparlante poco distante da noi. Un attimo. Passò esattamente un attimo prima che Manuela corse fuori lasciandosi tutti alle spalle.

- Harry... - mi richiamò Louis visibilmente scioccato e confuso

A mala pena lo sentii: corsi più velocemente che potei fuori e cercai in tutti i modi di raggiungere Manuela. Nonostante avesse le gambe corte era veloce oh!



MANUELA'S POV.

Non volevo finisse così: volevo confessarlo da tempo ai ragazzi è vero ma non volevo che lo venissero a sapere in quel modo. Mi ero sentita umiliata e nonostante le parole dolci di Harry ancora non riuscivo a scacciare dalla mia vista le espressioni deluse di tutti. Per questo corsi fuori senza prestare attenzione a nessuno: per nascondermi, per chiudermi di nuovo in me stessa e stare da sola per lasciare che il senso di colpa mi divorasse non solo lo stomaco ma anche l'anima. Mi stavo vergognando di tutto: di me stessa, dei miei attteggiamenti e della mia voglia di essere felice finalmente, facendo così soffrire o deludere altre persone.
All'improvviso mi sentii il polso tirare e girandomi mi ritrovai davanti a quegli occhi che erano stati la mia rovina.


- Piccola... - mi sussurrò accarezzandomi una guancia con l'altra mano
- Che c'è?! - sbottai scoppiando di nuovo a piangere
- Io non... -
- Tu cosa eh?! Non volevi mettermi in imbarazzo davanti a tutti facendomi fare la parte della stronza quando in realtà avrei voluto dirglielo dall'inizio?! Troppo tardi Harry! - urlai con tutta la rabbia che possedevo in quel momento

Non ero arrabbiata con Harry perché in fondo eravamo stati entrambi a fare quello che avevamo fatto. Ero arrabbiata per non aver cambiato le cose dall'inizio, per aver reagito in maniera sbagliata davanti alle porte del suo cuore che mi aveva praticamente spalancato per accogliermi come nessuno aveva mai fatto, di essere risultata così piccola e indifesa ai suoi occhi.

- Non volevo questo! Non così! - continuai a dire con la voce rotta dal pianto e iniziando a tirate pugni leggeri sul petto di Harry
- Shhh – mi sussurrò abbracciandomi

Afferrai la sua maglietta con forza e continuai a respirare affannosamente fino a quando non sentii tanti passi da dietro di noi. Ci girammo entrambi verso le figure dei ragazzi e quasi non volli nascondermi dietro Harry.

- Ora che vi siete sfogati... Possiamo parlare civilmente per favore? - ci chiese Liam con un leggero fiatone

Annuimmo flebilmente e tutti insieme ci avviammo verso casa. Nessuno osava né guardarmi in faccia né parlare. Un silenzio irritante e quasi assordante che mi fece rendere conto per l'ennesima volta dell'enorme cazzata che avevo fatto nell'innamorarmi di quel tatuato irritante e presuntuoso. Però l'altra parte di me stessa sapeva perfettamente che se avessi dovuto rifare tutto lo avrei rifatto altre 1000 volte. Perché ormai Harry era diventato il proprietario di quel piccolo cuore che mi era stato donato; così piccolo da poter contenere a mala pena l'amicizia e l'amore per la mia famiglia.
Una volta arrivati ci accomodammo in salotto pronti per passare il resto della serata a raccontarci un bel po' di cose: io, Giulia e Margaret ci sedemmo per terra mentre gli altri si sistemarono chi sulla poltrona e chi sui divani. Insieme a Harry, tirai un sospiro e da lì iniziò la spiegazione di tutto sin dal principio...
Finimmo in totale verso l'una e alla fine entrambi ci guardammo intorno per capire cosa stessero provando gli altri: espressioni molto sorprese di sicuro, alcuni avevano le bocche aperte, altri gli occhi quasi fuori dalle orbite... Anche Daniela e Niall erano scioccati, visto che molte cose non le sapevano nemmeno loro. Facevano ridere in un certo senso. Fu grazie a quelle espressioni che finalmente dopo ore mi scappò un flebile sorriso.


- Wow – dissero tutti in contemporanea
- Vi abbiamo raccontato L'Iliade e questo è il massimo che riuscite a dire? - chiesi con un faccino da cucciola che però stava per scoppiare a ridere
- Accidenti – si corressero

Li guardai accigliata e poi mi diressi verso Harry sull'altro divano. Solo raccontando tutta la storia mi ero resa conto di quanto in realtà l'opinione degli altri fosse insignificante. Se stavamo bene io e Harry perché gli altri avrebbero dovuto obbiettare? Eravamo stati degli emeriti imbecilli. Gli allungai la mano e incrociando le dita alle sue lo feci alzare.

- Noi siamo felici così e non sappiamo come chiedervi scusa per non avervelo detto – spiegai facendo così annuire Harry dispiaciuto forse anche più di me

I ragazzi non risposero nemmeno, si alzarono e ci abbracciarono fortissimo finendo in un abbraccio di gruppo. Non ci eravamo mai abbracciati TUTTI quanti insieme.

- Che significa? - chiesi una volta staccati
- Non potevate darci notizia più bella – risposero in coro iniziando a festeggiare

Io e Harry eravamo ancora felicemente scossi per le loro reazioni: un attimo prima erano delusi e quello dopo erano felici... stavo seriamente iniziando a pensare che avessero tutti il ciclo... Però alla fine ci unimmo ai festeggiamenti e la serata proseguì così: tra un bicchiere di spumante e l'altro per festeggiare, risate a non finire, snack di tutti i tipi, urla, musica a palla fino a rimbombare in testa. Quella serata era servita a liberarmi e (anche se a mia madre sarebbe venuto un colpo nel vedermi ubriaca fradicia, in reggiseno insieme a Giulia sul divano a ridere) per una notte mi ero lasciata andare completamente. Non mi sarei mai potuta divertire di più, questo è certo. A mala pena riuscii a sentire il campanello suonare e con l'ennesima bottiglia di spumante in mano andai ad aprire.

- La mia vicina si è scopata Gargamella e ne è venuto fuori un unicorno! - urlai per poi iniziare a ridere
- Signorina i vicini si stanno lamentando per la musica e le urla. Per favore finitela: sono le 4! E... oh per favore vada a vestirsi! - mi urlò in faccia un poliziotto che però riuscivo a vedere a mala pena

Mi guardai e non notai niente di diverso dal reggiseno nero, i leggins e i calzini. Potevo sembrare una pazza peggio della mia ex professoressa di latino ma non mi importava. Alzai le spalle non curante e continuando a ridere bevvi per l'ennesima volta e in quel momento esatto partì The Other Side di Jason Derulo facendomi gasare ancora di più.

- Che bella questa canzone – commentò il poliziotto muovendo la gamba a ritmo
- Vieni nonno! - lo incoraggiai trascinandolo per una manica e fregandomene delle sue proteste non molto convincenti

Entrò in casa e subito finì in un bagno di alcool da parte dei ragazzi che lo accolsero come se fosse un amico di vecchia data. Bastarono a mala pena 10 minuti per farlo ubriacare come noi e, una volta esserci lasciati andare tutti quanti, continuammo fino alle 6 del mattino prima di crollare addormentati in varie stanze della casa. Eravamo dei pazzi... però si è giovani una volta sola no? 






                                                                                               
Partyyy Hard!



Spazio Autrice: So toniiiiight take me to the Other Side! Oh ma siete già qui! Macciaoooo :D allora preannuncio che questo capitolo speravo fosse migliore però questo è tutto quello che sono in grado di fare mi dispiace u.u mi sono pisciata sotto dalle risate giuro XD c'è tutto: divertimento e tristezza. Spero solo di averlo scritto bene ma questo me lo direte voi :D che bello la storia sta diventando sempre più famosa e non posso che esserne fiera :D per farla crescere ancora di più rendiamo la cosa più interessante vi va? u.u pubblicherò un nuovo capitolo non appena questo arriverà a 20 recensioni che ne dite? Non vedo l'ora di sapere che ne pensate *-* sono leggermente gasata e sono sicura che dal capitolo si capisce fin troppo bene XD ah prima che mi dimentico: una ragazza dolcissima di nome totta_tomlinson99 (tesoro scusa se ho sbagliato a scriverlo XD) e una sua amica mi hanno aiutata tantissimo quindi vi pregherei di passare anche per le loro storie! Allora passiamo alle domande:
- cosa vi ha fatto ridere di più?
- cosa ne pensate in generale?
- i ragazzi finalmente sanno tutto: siete felici di questo? Avreste cambiato qualcosa?
Va bene con questo vi lascio <3 spero vi abbia fatto divertire <3 Alla prossima *-* grazie a tutte per il sostegno :') Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


ATTENZIONE! Leggete molto attentamente lo spazio Autrice! è di vitale importanza per chi segue questa storia!







Sbattei le palpebre velocemente fino a quando non iniziai a mettere a fuoco il luogo dove mi trovavo. Mi guardai intorno grattandomi i capelli e dopo una ventina di sbadigli realizzai che mi trovavo sul tavolo della cucina. Figo. Certo, tutto intorno a me era uno schifo degno di camera mia, ma trovavo il tutto abbastanza figo. Sentendo un leggero brivido, notai dopo qualche minuto di indossare solo il reggiseno e i leggins. Due sono le cose: o qualcuno mi aveva stuprata o erano entrati i ladri e avevamo fatto uno spogliarello tutti insieme appassionatamente. Non mi accorsi subito nemmeno di una presenza accanto a me: ricci, due rondini sul petto, braccio sinistro quasi nero... Il mio cucciolo! Sorrisi non appena iniziai a vederlo meglio e istintivamente mi abbassai per dargli un bacino in fronte. Era così dannatamente tenero quando dormiva! Piano piano iniziai a ricordarmi qualcosa: il Mc Donald's affollato, la “gara” di Louis, il bacio, le espressioni da pesci lessi dei ragazzi, le ascelle profumate dell'omone e alla fine la festa. Chissà perché avevo l'impressione che avevamo fatto casino di brutto.
Dopo essermi stiracchiata controllai meglio la situazione e, scendendo dal tavolo, iniziai a girovagare per casa. Non avevo mai visto così tanto casino nei miei 19 anni di vita: cibo ovunque, bicchieri di carta perfino sul lampadario, più piume sul pavimento che in un pollaio... un secondo. Quella attaccata al soffitto con una cosa viscida era carta igienica?! Oh Santo Grande Puffo! Mi stavo scioccando un po' di più a ogni passo che facevo ma stranamente non mi sorpresi più di tanto nel vedere Zayn appollaiato sulle scale senza maglia. Hai capito a Malik... Manuela sei fidanzata! Stava ancora dormendo, con la bocca aperta e la testa poggiata sul muro... Mamma mia come eravamo ridotti.


- Zayn – sussurrai scuotendolo un po' per farlo svegliare, cercando di non fare caso al fatto che fosse a petto nudo
- Mmm... - mugugnò chiudendo la bocca
- Manu? - mi chiese una voce assonnata dietro di me
- Oh buongiorno Mara – la salutai girandomi con un sorriso
- Che è successo ieri sera? Non mi ricordo nie... Zayn! - urlò notando il suo ragazzo conciato così
- Ci siamo dati alla pazza gioia a quanto pare – scherzai per smorzare la situazione
- Vieni amore che ti vesto – disse con un sorriso a Zayn mentre iniziò a salire le scale con lui addosso

Scuotei la testa divertita e continuai il mio giro. Avevo la sensazione che avrei trovato qualcuno nello sgabuzzino... Non chiedetemi il motivo perché non lo sapevo nemmeno io! Accesi la luce appena entrata e mi trovai davanti altri 2 pezzi: Margaret e Liam sdraiati per terra a russare beatamente. Nonostante la puzza di alcool sotto sotto erano teneri.

- Liam ti stai perdendo Toy Story 3! - urlai per farlo alzare

In meno di 10 secondi si alzò di scatto facendo morire di risate me e di paura Margaret. Sembravano gli unici normali in quella casa e lasciando che si svegliassero completamente proseguii saltellando come Heidi. Mi sentivo stranamente felice e sollevata anche se non sapevo al 100 % il motivo. Diciamo che ero felice perché ero uscita viva dalla mia prima vera festa... e forse sollevata del fatto che tutti sapessero la verità su me e Harry. Era una bella sensazione e mi piaceva. Girai un po' per le camere ma trovai solo Giulia in bagno: sembrava una caccia al tesoro! Oh andiamo sarebbero scesi tutti prima o poi! Alzando le spalle andai spedita in camera di Harry ma non feci altro che trovare un uomo che non avevo mai visto sul letto...in perizoma!

- AAAAAAAAAHHHH! - urlai presa dal panico fino a cadere all'indietro

Atterrai col mio bel sederino ma non mi importava! Che scena orribile mamma mia! Avrei avuto gli incubi a vita di sicuro! Ancora per terra richiusi subito la porta e mi poggiai di schiena al muro, ancora con gli occhi chiusi.

- Manu! - urlarono Liam, Zayn, Margaret, Mara, Giulia e Harry raggiungendomi preoccupati
- Che orrore! Che incubo! Che orribile vista! Aiuto mi bruciano gli occhi! - continuai a lamentarmi facendo spaventare ancora di più gli altri

Ok forse stavo esagerando... però che cazzo non è normale trovare un lottatore di sumo in perizoma nella camera del tuo ragazzo e dai!

- Che è successo?! - mi chiese preoccupato Harry accasciandosi verso di me
- Lottatore di sumo, perizoma... AAAAAH! - continuai a lamentarmi

Mi guardarono tutti straniti ma, per dimostrare che non ero pazza, gli indicai la porta facendogli segno di entrare. Poverelli...

- Io non entro – iniziò Zayn alzando le braccia per non subire quella tortura
- Nemmeno io. Chissà che ci sta là dentro – concordò Liam allontanandosi accanto a Zayn
- Siete dei codardi! Anzi delle femmine! - li sgridò Harry
- Ehi! - urlammo noi dirette interessate
- Si certo perché tu sei il vero uomo vero? - lo provocò Mara incrociando le braccia
- Ovvio -
- Bene allora dimostralo – continuò Zayn assumendo la stessa posizione della sua ragazza
- Fai bella figura con la tua dama dai – proseguì Giulia

Dopo avermi guardata un secondo con un po' di incertezza, decise di alzarsi e ingoiando un bel po' di saliva aprì e chiuse la porta di colpo. Il mio uomo! Scommetto che in quel momento avevo gli occhi a cuoricino...

- Si Manu hai gli occhi a cuoricino – risposero ridendo Zayn e Liam

Figura di merdaaaaa....



HARRY'S POV.

Mettiamo in chiaro una cosa: avevo accettato la sfida solo ed esclusivamente per la mia ragazza. Posso sembrare uno stupido ma volevo dimostrarle di essere coraggioso, una sorta di prova per farle capire che l'avrei protetta da qualsiasi cosa. In fondo era così quindi perché non dimostrarlo? Che mai sarebbe potuto esserci poi!


- Oh mio...! - esclamai non appena vidi quella specie di cadavere in perizoma sul mio e sottolineo mio letto!

Avrei dato di tutto pur di uscire e far venire qualcun altro ma così sarei sembrato un codardo ai suoi occhi. Andiamo Harry dimostra di avere le palle! Tirando un lungo sospiro avanzai lentamente verso il letto e, una volta essermi messo al lato di quell'uomo, iniziai a chiamarlo per farlo svegliare.

- Mi scusi... signore si sente bene? - chiesi cordialmente scuotendolo un po'

Non si svegliò completamente ma almeno gli avevo fatto riprendere conoscenza.

- Dove... dove sono? - mugugnò strofinandosi gli occhi
- Se non lo sa lei scusi – risposi sorridendo per smorzare la situazione
- Mi fa male la testa... - continuò ignorando completamente la mia risposta
- Si alzi coraggio, le do un'aspirina, qualcosa da mangiare e... qualche vestito – risposi imbarazzato

Lo aiutai a mettersi seduto e solo dopo qualche minuto si rese conto di cosa stesse indossando. Si coprì velocemente con la coperta e lì finalmente potei tirare un sospiro di sollievo. Un secondo... Manuela lo aveva visto così?! Non ci avevo pensato prima! Iniziai a stringere i pugni fino a far diventare le nocche bianche e per calmarmi iniziai a respirare affannosamente. Anche se non lo avrei ammesso davanti a nessuno mi stava divorando la gelosia e per il semplice motivo che Manuela ormai era di proprietà del sottoscritto! E questo significa:
1) nessuno doveva guardarla o fare pensieri perversi!
2) lei non poteva guardare nessuno!

- Scusa ma... dove mi trovo? Che ci faccio qui? Perché sono in perizoma? Perché sei senza maglia? Ma soprattutto chi sei? - chiese velocemente squadrandomi
- Io sono Harry, ieri sera abbiamo dato una festa per... vabbé il motivo non le interessa! E sinceramente non ho la più pallida idea del perché io sia senza maglia... molto probabilmente avrò fatto ses... - risposi senza pensare prima di sgranare gli occhi dall'imbarazzo

Oook avevo appena fatto una figura di merda anche se... il pensiero di farlo con Manuela mi rendeva... eccitato e felice. Ci era già capitato di essere sul punto di farlo ma avevamo affrettato troppe le cose e l'ultima cosa che volevo era farla sentire a disagio. Lo avremmo fatto quando sarebbe stata pronta.

- Comunque... mi scusi ma mi sono svegliato anche io da poco e non ricordo niente neanch'io -
- Ricordo solo... una festa, tanto alcool, musica da spaccare i timpani e... ragazze che fischiavano davanti a dei ragazzi... - iniziò a ricordare
- Quante erano?! - chiesi preoccupato del fatto che fosse successo qualcosa
- 4 e mi sembrava che stessero davanti uno spogliarello ma erano ubriache esattamente come tutti -
- O santo... - iniziai a rispondere prima di dovermi reggere al comodino per non svenire

Avevamo fatto lo spogliarello?! Oddio! Ricordandomi di dover far vestire quel poveruomo mi ripresi dopo qualche minuto e mi avviai verso l'armadio.

- No non ti preoccupare ho la divisa – mi disse allungandosi per prendere i pantaloni poco lontani
- Scusi la domanda ma lei chi è? -
- Scott. Agente David Scott – mi rispose per poi farmi vedere il distintivo

Oh merda...

- Quindi lei è un... poliziotto?! - chiesi preoccupato che ci facesse come minimo una multa
- Quel che ne resta... - rispose di sicuro pentito per essersi unito a una festa da ragazzi
- La faccenda sta diventando sempre più strana... comunque prego faccia con calma e... - lasciai in sospeso la frase prima di uscire di corsa dalla camera e richiudere velocemente la porta dietro di me



MANUELA'S POV.

Harry era entrato in quella camera da parecchio tempo ormai e gli altri avevano preferito andare a darsi una sistemata ma io no. Insomma c'era il mio ragazzo là dentro e chissà cosa sarebbe potuto succedergli! Quel lottatore di sumo avrebbe potuto risucchiarlo nella ciccia, ci si sarebbe potuto sedere sopra, lo avrebbe stritolato fino a non farlo respirare... Oddio Harry ti prego esci! Proprio nell'istante in cui stavo per sfondare la porta (presa dal panico si intende), da dentro ne uscì il mio ragazzo permettendomi così di stritolarlo tra le mie, e sottolineo mie, braccia.


- Amore mio avevo paura che quell'omone ti avesse risucchiato! - quasi urlai con una voce da cucciola e aggrappandomi a lui stile koala
- No ma per poco non mi veniva un infarto – rispose stringendomi ancora più forte
- Ma chi è? -
- Lo saprete dopo tutti insieme. Ora lasciamolo vestire – rispose camminando per casa ancora con me aggrappata

Toccare i suoi ricci dal collo era rilassante e, se non fosse stato per il semplice fatto che fossimo io in reggiseno e lui senza maglia, la scena sarebbe potuta sembrare addirittura tenera. Mentre scendemmo le scale mi soffermai per l'ennesima volte in quelle specie di gemme che gli erano state donate al posto degli occhi. Dovevano avere una calamita, perché non è assolutamente possibile che mi ci perdessi ogni santissima volta!

- Perché mi guardi così? - mi chiese con un sorriso notando il mio strano silenzio
- Devi essere un angelo perché sei troppo perfetto per essere reale... - risposi senza pensare per poi diventare rossa, rendendomi conto della stupidaggine che avevo appena detto

Preferì non rispondere e con un sorriso da orecchio a orecchio si tinse leggermente di rosso. Era la prima volta che lo vedevo arrossire e... era così teneroooooo! Avrei dato qualsiasi cosa per poterlo mangiare di baci! Ok basta figure di merda.
Arrivammo fino al divano e, una volta aver buttato per terra tutte le schifezze presenti su di esso, ci baciammo fino a stenderci completamente. Aveva voglia di lui e, anche se fossero arrivati i ragazzi, non me ne sarebbe fregato niente: volevo lui, le sue labbra, il suo tocco leggero sulla pelle, i suoi capelli scompigliati che mi accarezzavano la fronte e le guance... esistevamo solo io e lui in quegli attimi.


- Buongior... oddio! - sentimmo urlare da dietro il divano

Ovviamente, non aspettandocelo, dovevamo fare per forza un'uscita d'effetto no? Harry si spaventò così tanto da sbilanciarsi e cadere dal divano portandosi me appresso. Per fortuna che ero finita sul suo petto perché, se fossi finita con le mie amichette sul pavimento, avrei preso a padellate in faccia qualcuno di sicuro!

- Sono atterrato su qualcosa di viscido – disse disgustato Harry, con la paura di guardare sotto di lui

Spostandolo leggermente per dare un'occhiata lo vidi “leggermente” appiccicato a delle patatine fritte con una cosa molliccia, a giudicare dall'odore sarebbe dovuta essere maionese. Mamma mia che schifo!

- Non oso immaginare cos'è – mi lesse nel pensiero cercando di alzarsi
- Meglio se ti vai a dare una lavata eh – gli consigliai una volta in piedi

Ricordandoci il motivo per cui eravamo finiti per terra ci girammo e trovammo vicino all'ingresso Daniela e Niall, con delle espressioni miste di stupore e imbarazzo.

- E voi da dove saltate fuori? - chiesi abbastanza sorpresa del fatto di averli visti entrare da fuori
- Ci siamo ritrovati in macchina con tanti palloncini. Sono ancora abbastanza scossa per quello che abbiamo interrotto... - rispose ancora confusa Daniela
- Dovete farci l'abitudine mi dispiace – disse Harry alzando le spalle e abbracciandomi da dietro
- Io vado a farmi una doccia o rischio di vomitare – annunciò Niall prima di sparire di sopra
- Sistah forza che non la farà mai senza di te – le consigliai con un occhiolino

Con un sorrisino imbarazzato, e dopo essersi messa una ciocca di capelli dietro l'orecchio, raggiunse il suo ragazzo di sopra e lì iniziai a fare i conti:
1) Io e Harry sul tavolo della cucina
2) Mara sul divano e Zayn sulle scale
3) Margaret e Liam nello sgabuzzino
4) Giulia non si sa da dove
5) Daniela e Niall in macchina
6) Il lottatore di sumo sul letto
Qui manca qualcuno... dov'era finito Lous?!

- Harry dov'è Louis? - gli chiesi sperando che lo sapesse
- Non lo so starà qui in giro. Riguardo alla doccia... - rispose mordendomi leggermente l'orecchio e sorridendo
- Sei abbastanza grande per farla da solo – dissi sorridendo mordendomi la lingua divertita
- Uffa -

Gli lasciai un bacino sulla guancia e, una volta rimasta di nuovo da sola, iniziai a chiedermi dove fosse finito il mio migliore amico. Avevo girato praticamente tutta la casa e il fatto che non lo avessi ancora trovato mi stava iniziando a far preoccupare. “Coglioncello dove cazzo sei finito” continuavo a chiedermi iniziando a torturarmi le mani. All'improvviso, stanca di non fare niente, mi alzai di colpo dal divano e, coprendomi con una felpa trovata sull'appendiabiti all'entrata, uscii in giardino guardandomi intorno.

- Louis! - iniziai a chiamarlo continuando a sbirciare tra i cespugli e sul marciapiede

“Oh quanto sono scema! Non è questo il modo di chiamarlo!” pensai dandomi un ceffone in testa. In quel momento passò un ciclista e guardandomi emise uno di quei fischi che si fanno quando i ragazzi vedono una ragazza facile.

- Che cazzo ti fischi?! - gli urlai dietro per poi rendermi conto che avevo lasciato intravedere il reggiseno

Figure di merda a gogo proprio!

- Louiiis! Qui pss pss qui bello quii – iniziai a chiamarlo come si fa per un cane

Iniziai a comportarmi come una perfetta demente e, facendo finta di tenere qualcosa in mano, continuai a chiamare quel cretino per tutto il giardino. Dopo aver girato in tondo 3 volte, mi stufai di sembrare così cogliona e aprii la porta per tornare dentro.

- Manuela?! Coglioncella aiuto! - sentii urlare da dietro di me

Mi girai di scatto spaventata ma non vidi nessuno.

- Bambini scemi –
- Manu! Qui! - sentii urlare da una voce conosciuta
- Louis? - chiesi al vuoto guardandomi intorno
- No tuo nonno! -
- Dove sei? -
- In culo alla luna e in braccio alle stelle! - rispose di nuovo con sarcasmo
- Allora vaffanculo – dissi alzando le spalle
- Nonononononono ti prego aiutami! Sono quassù! -

Alzai lo sguardo verso i vari alberi presenti in giardino e all'improvviso iniziai a vedere delle braccia muoversi. Mi avvicinai cercando di vedere meglio e all'improvviso mi resi conto che quello fosse proprio Louis!

- Che ci fai là sopra?! - urlai per farmi sentire
- Se lo sapessi non credo che starei ancora qui non pensi? - mi chiese sarcastico – mi sono svegliato quassù e non so come scendere
- Buttati che è morbido – scherzai imitando la pubblicità
- Si così quando ti prendo ti ammazzo -
- E dai prendila a ridere! Guarda il lato positivo: gli uccelli troveranno un nuovo nido sulla tua testa – continuai a scherzare allacciando le braccia sotto il seno
- Ha ha ha -

Non riuscendo a trattenermi scoppiai a ridere fino a far uscire la lacrime e, dopo qualche minuto, ricominciai a guardare Louis ridendo sotto i baffi.

- Hai finito? - mi chiese stufo di tutte le mie prese in giro
- Si scusa – risposi quasi soffocando dalle risate che stavo cercando di trattenere

Dopo un paio di minuti uscirono anche i ragazzi e raggiungendomi iniziarono anche loro a guardare Louis.

- Oh guarda è lì – mi disse Harry per poi scoppiare a ridere, seguito a ruota da tutti gli altri
- Ragazzi cazzo! Io sono bloccato su un albero e voi ve la ridete?! - urlò Louis alzando le braccia al cielo

Non lo ascoltammo e continuammo a ridere anche di più della sera prima. Una volta finito, fui l'unica a notare un paio di piccioni andare verso Louis: avrei giurato che non gli avrebbero fatto niente, ma quando lo vidi bracciarsi per cercare di scollarseli di dosso mi iniziai a preoccupare sul serio. Si stava muovendo troppo su un ramo stroppo sottile e ovviamente si può andare a logica su cosa sarebbe successo.

- Louis! - urlai correndo sotto l'albero non appena lo vidi cadere all'indietro
- Piccola no! - urlò Harry cercando di fermarmi, una volta essersi reso conto di quello che stava succedendo


Successe tutto come in un rallenty: avevo agito impulsivamente ma non me ne sarei mai pentita. Vedere Louis sfracellato al suolo sarebbe stato il peso più grande della mia vita, ancora più pesante nel sapere che lo avevo preso in giro invece di aiutarlo. Lui mi aveva salvato la vita e se non avessi ricambiato il favore non sarei stata nemmeno la metà di quello che lui rappresentava per me. Avevo già perso mia nonna, non volevo perdere anche il mio migliroe amico. Mi buttai a terra appena in tempo finché non sentii come un camion sulla pancia. Poi bum buio totale.



 
                                                                    
                                                                    
You're too perfect to be a normal human
                  





Spazio Autrice: *apre Google Traduttore* ok ora sono pronta a subire utte le vostre offese in tutte le lingue... Come si può vedere sono ancora viva e non so davvero come scusarmi per averci messo così tanto... Vi prego capitemi :'( questo capitolo fa abbastanza ridere e c'è un finale a sorpresa proprio come piace a me u.u spero vi sia piaciuto *-* mamma mia sto ascoltando da mezz'ora She Looks So Perfect dei 5 Seconds Of Summer e mi sto gasando ogni secondo di più XD comunque ho un avviso non molto piacevole ma necessario: la storia sta diventando MOLTO popolare quindi mi dispiace ma (per mancanza di tempo materiale) non potrò più avvertire con i messaggi privati :'( lo so che è brutto ma ci metto un botto di tempo ad avvertirvi, tempo che purtroppo non ho :'( vi prego cercate di capirmi :( il capitolo precedente è arrivato a 20 recensioni e dire che stavo piangendo è poco :'D se questo ci arriva giuro che mi spoglio come nel video di She Looks So Perfect u.u no ok sarebbe a dir poco orripilante e potrei bloccarvi la crescita per la mia bruttezza XD allora oggi le domande sono le seguenti: 
1) Ora vi metto una foto della sottoscritta per farvi vedere la mia grande faccia da cazzo u.u quindi ditemi quanto sono bella da 0 a 10. Fatevi sotto con le critiche! XD
2) cosa ne pensate del capitolo? 
3) quanto vi ha fatto ridere da 1 a 10? 
Spero di ricevere tante tante recensioni *-* ci si vede alla prossima u.u Peace and Love
Xx Manuela


Ecco qui la vostra autrice cessa u.u:


 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***



ATTENZIONE! Non sono laureata in medicina e non vado nemmeno al liceo scientifico quindi riguardo a una cosa che leggerete non siate troppo precisine per cortesia XD vi spiegherò meglio sotto promesso u.u Peace and Love
Xx Manuela





- Dottore la prego ci aiuti! - sentii urlare vicino a me

Un secondo. A meno che uno dei ragazzi non si fosse laureato senza che io lo sapessi, io non conoscevo nessun dottore! In più i dottori si trovano in ospedale o sbaglio? < No guarda li trovi in una fattoria a ballare con i polli! > pensai dandomi mentalmente della cogliona. In effetti sarebbe divertente... vi immaginate un dottore mentre balla la quadriglia a braccetto con Antonio Banderas e Rosita? Esilarante!
Da quello che i miei sensi potevano percepire, presumetti che fossi in braccio (stile principessa) a qualcuno con la testa, le gambe e tutto il resto addormentato. Criceto avanti pensa a chi potrebbe prendermi in braccio così... Liam? No perché dopo Margaret mi avrebbe ammazzata. Louis? No perché con le mani di ricotta che si ritrovava mi avrebbe già fatta cadere chissà quante volte. Zayn? Si certo così Mara mi avrebbe fatta diventare ancora più nana di quanto già non fossi. Daniela? La mia Sistah era forzuta e pur di aiutarmi lo avrebbe fatto ad occhi chiusi, peccato che pesassi quanto un ippopotamo, le avrei spezzato le braccia e poi Niall mi avrebbe spaccato il mio bel visino. Che poi è tutto tranne che bello ma vabbé dettagli. Allooora... Harry! Awww che bello! Il mio principe muscoloso che mi prende in braccio! Si ma che centra il dottore?! Non è che avevamo fatto sesso senza accorgercene e in quel momento aspettavo un bambino?! Oddio no vi prego fate qualcosa! Mi sentite?! Che qualcuno mi aiuti!


- Che è successo? - chiese una voce profonda che non avevo mai sentito
- Diciamo che... le è caduto un grande peso sulla pancia ed è svenuta... - spiegò qualcuno che poteva essere Zayn

Più che grande peso, Louis pesava come un rinoceronte ma vabbé dettagli... Avevo una voglia tremenda di urlarlo ma per quanto mi sforzassi non riuscivo né ad aprire gli occhi né a parlare. Sentivo solo un gran mal di pancia, un dolore talmente forte da permettermi a mala pena di respirare. Dai Manuela apri gli occhi! Daiiiii! Ops una puzzetta... speriamo non l'abbiano sentita...

- Va bene ora vediamo – rispose di nuovo quello sconosciuto

Ragazzi anche se non posso parlare, guardate che se mi lasciate con questo tizio da sola vi faccio fare coccia a coccia tra di voi eh! E non sto scherzando!
Per la seconda volta sentii le braccia e le gambe dondolare e da questo intuii che la persona che mi stava portando in braccio si stesse muovendo. Andiamo a Narnia? Voglio conoscere quel gran figaccio di Caspian se permettete!


- Prego entrate -

Ahia! Che cazzo di botta!

- Oddio – sentii Harry sussurrare dopo avermi fatta sbattere involontariamente di testa contro lo stipite dalla porta
- Harry sta più attento! - lo sgridò Daniela
- Meno male che non è cosciente – rispose Harry facendomi stendere

Aspetta solo che mi sveglio e poi vedi come non sono cosciente! No scherzo non avrei mai potuto fare del male a quell'angelo sceso in Terra. Oddio... il pensiero di prenderlo a ceffoni qualche volta mi era venuto ma niente più di questo. E pensare che all'inizio lo avrei mandato al rogo come facevano nel Medioevo...

- Perché non si sveglia ancora?! - chiese agitata Margaret, abbracciata molto probabilmente a Liam
- Ora la visito e vediamo cosa c'è che non va – rispose fermo il dottore prima di toccarmi un po' il petto e il ventre

Ehi ciccio friz tocca qualche parte intima e ti tiro un calcio in mezzo ai denti chiaro?! Mi stava aprendo la bocca?! Non è che quei deficienti erano andati da un dentista invece che da un dottore? Conoscendoli ne sarebbero stati capaci.

- Ragazzi per caso ha bevuto... -
- Manuela – finì la frase Louis
- Per caso ha bevuto? -
- Si... ieri sera abbiamo dato una festa e abbiamo bevuto molto tutti quanti – spiegò Liam con voce triste
- è la prima volta che Manuela beve? -

I cazzi tuoi no?!

- Ha bevuto qualcosa in passato ma mai così tanto -
- Vi pregherei di uscire ora – li invitò il dottore mandandoli via
- Dottore che cazzo ha la mia ragazza?! - chiese ormai al limite della sopportazione Harry
- Vi prego uscite -
- No! Io non me ne vado finché non si sveglia ok?! Niall lasciami! Manuela! - sentii urlare Harry prima di un rumore di una porta che si chiude

In quel momento iniziai a preoccuparmi anch'io... di solito dopo aver bevuto molto si vomita no? In effetti io non avevo vomitato nemmeno un po'... Ma nemmeno i ragazzi mi pare... Cazzo e se avessi esagerato?!



HARRY'S POV.

Vedere l'espressione perplessa del dottore era stata la cosa peggiore. In quel momento l'unica cosa che volevo era sentire la sua voce, sentirla urlare, sprofondare in quelle stelle nere che aveva al posto degli occhi... e invece ero costretto ad aspettare fuori senza poterla nemmeno sfiorare. Iniziai a respirare profondamente, camminando avanti e indietro in attesa che quella porta di spalancasse e uscisse Manuela urlando che stava bene. Perché lei doveva stare bene. Se non fosse stato così non sarei stato cosciente delle mie azioni.


- Harry dai stai tranquillo – cercò di calmarmi Niall ma senza risultato
- Tranquillo? Tranquillo?! Come faccio a stare tranquillo sapendo che è lì dentro e chissà che ha?! - urlai tirandomi i capelli dalla disperazione

Non riuscendo a trattenersi Louis tirò un pugno così forte al muro che si sentì perfino l'eco lungo il corridoio e mi fermai per un attimo anch'io, soprattutto sorpreso di quel suo gesto improvviso.

- è tutta colpa mia... - sussurrò guardando il pavimento, respirando affannosamente
- Ragazzi finitela! - urlò ormai stanca Daniela alzandosi – non è colpa di nessuno ok?! Più che comportarvi come bambini viziati pensate che Manu ora è lì dentro! Non serve a niente prendere a pugni il muro, strapparsi i capelli ecc! Non l'aiutiamo così!

Per quanto potesse avere ragione io però non riuscivo a stare tranquillo e paziente: la ragazza che amavo più di me stesso era in quella stanza, con chissà quale malanno, svenuta. Lì iniziai a rendermi conto che la colpa fosse solo mia... se avessi detto prima ai ragazzi del nostro amore, in quel momento Manuela sarebbe stata con me, a spostarsi i capelli da una parte all'altra in continuazione, a ridurre gli occhi come fessure mentre rideva, a dire cavolate pur di avere ragione, ad alzare gli occhi al cielo pur di non piangere... ed era tutta colpa mia.
A quel punto tanto valeva cercare di restare calmo o avrei solo peggiorato le cose come sempre; mi sedetti su una sedia accanto a Louis e, poggiando i gomiti sulle ginocchia, attesi l'arrivo del dottore sperando (o meglio pregando) in una bella notizia. Non so precisamente quanto tempo rimasi così: forse minuti, forse ore... So solo che non appena sentii il minimo movimento della porta balzai in piedi come una molla insieme a tutti gli altri.


- Allora? - chiese Mara, supplicando con lo sguardo il dottore
- Sta bene e non c'è pericolo... - iniziò la frase lasciandola però in sospeso

Tutti tirarono un sospiro di sollievo ma io non ero ancora tranquillo. Sapevo che quelle parole avevano un secondo finale.

- Ma? - lo incitai a continuare
- Ma, per colpa dell'alcool di ieri sera e della botta di stamattina, dobbiamo farle una lavanda gastrica – concluse togliendosi gli occhiali

Ci bloccammo tutti all'istante come statue e non riuscii quasi a respirare. Il cervello si era trasformato in una poltiglia dove quelle ultime parole non facevano che ripetersi.

- Quando? - chiese Zayn dopo quegli attimi di silenzio
- Prima la operiamo e prima si riprenderà completamente. Non vi preoccupate: tornerà anche più vitale di prima – ci rassicurò sorridendo sicuro

Tutti annuirono riconoscenti ma io non ce la facevo più senza vederla.

- Posso vederla? - chiesi tutto d'un fiato, sapendo già che con o senza il suo permesso lo avrei fatto lo stesso

Il dottore mi sorrise teneramente e facendomi spazio mi fece entrare. Vederla lì, sul quel letto, ancora svenuta... Fu la peggior cosa che mi fosse mai successa. Sapevo benissimo che non c'era pericolo e che una lavanda gastrica fosse un'operazione semplice, ma sapere che quell'angelo fosse sotto i ferri era peggio che vivere in un incubo. Per la persona a cui importava solo ed esclusivamente la sua felicità, per quella che avrebbe dato la vita pur di farla continuare a sorridere. Tutte queste cose possono sembrare esagerate e senza valore, visto la nostra relazione, ma sono cose che non si possono spiegare a parole. Cose che solo una persona innamorata può dire o capire.
Mi avvicinai lentamente cercando di non piangere e, sedendomi accanto al letto, le strinsi la mano per cercare di darle forza.


- So che non puoi sentirmi... Ma ricordati che sei la mia principessa e devi guarire! Devi! Senza di te niente ha più senso ok? Non sono sicuro che avrei il coraggio di dirti queste cose se tu fossi sveglia... ma è così. Io... io ti amo piccola e non potrò mai amare una persona quanto amo te – confessai baciandole la mano

Attesi qualche minuto ma, dopo essermi asciugato una lacrima ribelle, le lasciai un casto bacio sulle labbra e a malincuore uscii per lasciare la sorte di Manuela nelle mani dei dottori. Una volta fuori annuii, come per dare al dottore il permesso e tornai dai ragazzi, anche loro con gli occhi lucidi.

- Andrà tutto bene – sussurrai per farli stare tranquilli

Era una cosa scontata. Tutti sono in grado di dire: “Andrà tutto bene. Non preoccuparti” ma solo alcuni riescono davvero a darti conforto, a farti capire che sarà davvero così. Ed io in un modo nell'altro ci ero riuscito, avevo ottenuto un sorriso sincero da parte di tutti e in quel momento come non mai mi resi conto di quanto conforto avessi bisogno io.




Erano passate 3 ore, 3 fottutissime ore da quando Manuela era entrata in sala operatoria. Fuori ormai era buio ma non mi importava: sarei rimasto lì ad aspettarla anche tutta la vita se necessario. I ragazzi erano rimasti tutti, con l'unica differenza che Giulia e Margaret si erano addormentate sulle gambe di Louis e Liam. Beate loro che erano riuscite a riposare... Mi trovavo in piedi davanti al termosifone per cercare di scaldarmi le mani, ormai congelate per il freddo pungente di quel periodo, quando Niall tornò con un bicchiere fumante di cioccolata calda.


- Bevi – mi consigliò passandomelo
- Non ho sete – risposi secco cercando di non far vedere che in realtà avrei dato qualsiasi cosa per mettere qualcosa nello stomaco
- Bevi. - ripeté testardo

Sapevo che non avrebbe ceduto e che pur di farmi bere mi avrebbe imboccato lui stesso, ed è proprio per questo che gli sorrisi riconoscente e iniziai a bere lentamente la cioccolata, per riscaldarmi anche dentro. Tirandomi una pacca sulla spalla, andò a sedersi accanto a Daniela e gli mise la giacca sulle spalle per non farla morire di freddo. Ammiravo i ragazzi. In qualunque gesto facessero per le loro fidanzate: ero sicuro che avrebbero fatto di tutto per proteggerle. Anch'io volevo essere così... anch'io volevo rendere felice la ragazza che amavo, renderla fiera di aver scelto me, dimostrarle quanto ci tenevo. Però ero più consapevole che non ne ero capace; forse prima si ma non in quel momento. Con Taylor ero stato molto romantico, voglio dire: le avevo fatto trovare i fiori davanti casa, l'avevo riempita di messaggi la notte solo per dirle che l'amavo, avevo organizzato non so quante cene per farla sentire speciale e tante altre cose che piacciono alle ragazze. Da quando mi aveva lasciato però era come se mi fossi chiuso in me stesso, mi ero convinto che bisognava crescere e lasciare perdere quelle sciocchezze da ragazzetti. Ecco il motivo del mio nuovo modo di vestire e dei miei atteggiamenti. Forse Manuela poteva essere la ragazza giusta, quella per cui sarei potuto tornare quello di un tempo. Lo dimostrava il fatto che riuscisse a farmi provare emozioni uniche anche solo guardandomi di striscio.
Solo sentendo dei passi mi risvegliai e mi accorsi di star fissando il bicchiere ormai vuoto. Mi girai di scatto insieme agli altri e, senza pensarci, ci dirigemmo a passo svelto verso il dottore.


- è andato tutto bene – annunciò dopo qualche attimo di silenzio irritante

Ricominciando finalmente a respirare regolarmente mi piegai sulle ginocchia e mi strinsi la testa tra le braccia: Manuela stava bene... Per poco non scoppiai a piangere mentre gli altri iniziarono a esultare come allo stadio; anche Giulia e Margaret, dopo essersi svegliate, iniziarono a festeggiare insieme a tutti gli altri. Sentendo una mano sulla spalla decisi di alzarmi e abbracciai fortissimo Louis, ero più che sicuro che stesse in pena quasi quanto me. Senza dire niente abbracciai anche gli altri e dopo alcuni minuti mi girai verso il dottore; con un sorriso da orecchio a orecchio abbracciai anche lui senza pensarci ma non provai nessuna vergogna, in fondo era stato grazie a lui se Manuela stava bene. Alzando leggermente lo sguardo dalla spalla del dottore, notai le porte della sala operatoria aprirsi e subito mi staccai per raggiungere la barella. Ci sarei anche riuscito se una mano non mi avesse afferrato il braccio.

- Calmati ragazzo: la barella sta arrivando, non c'è bisogno di correre – scherzò il dottore per poi portarsi dietro le risate di tutti

Sorrisi imbarazzato e cercai di calmarmi anche se non riuscivo a smettere di sorridere, era più forte di me ed era come se la mascella mi si fosse bloccata. Se avessi continuato così avrei avuto una paralisi facciale ma non era la cosa più importante in quel momento. Quando la barella finalmente arrivò nella stanza di Manuela vidi, dal vetro che ci separava, il mio angioletto addormentato per l'anestesia ma sembrava serena. Mi bastò quell'occhiata per tirare un sospiro di sollievo mentre tutti facevano a gara per vederla.

- Ragazzo - mi richiamò il dottore facendomi allontanare dal gruppo
- Si? -
- Dopo avverti tutti: deve stare a riposo chiaro? Può uscire anche domani e fortunatamente può mangiare tutto anche se non in enormi quantità. Però deve riposare – mi spiegò raccomandandomi con lo sguardo
- Va bene. Seguiremo tutto alla lettera – gli promisi non vedendo l'ora di poterla toccare di nuovo
- Lo so che non vedi l'ora che si svegli ma è ancora sotto anestesia. L'orario delle visite è quasi finito e non potete restare tutti qui -
- Lo so ma io voglio stare qui la prego – lo supplicai

Dopo essersi intenerito per la seconda volta acconsentì e, tornando dai ragazzi, spiegai tutto nei minimi dettagli.

- Ok ma non puoi rimanere da solo qui stanotte – disse Giulia un po' scettica
- Si che posso. Domani la riporto io a casa e sarà tutto come prima – risposi sorridendo di nuovo

Dopo un po' di incertezza da parte di tutti finalmente acconsentirono e, guardando un'ultima volta Manuela, se ne tornarono a casa. Anche se volevo rimanere lì non avevo la più pallida idea su dove poter sistemarmi quindi decisi di stendermi su delle sedie: erano scomodissime e fredde ma se era l'unico modo per restare allora avrei sopportato con un sorriso il mal di schiena tremendo che mi sarebbe di certo venuto.

- Scusa – mi richiamò un'infermiera scuotendomi leggermente
- Si? - chiesi leggermente assonnato
- Guarda che puoi sistemarti sulla poltrona nella stanza della tua ragazza eh – disse con un mezzo sorriso

“Dirlo prima no eh?” pensai per poi sorridere all'infermiera ed entrare silenziosamente nella stanza. Ero molto indeciso: dormire sulla poltrona o sistemarmi accanto a lei? Ero molto tentato dalla seconda opzione però avevo comunque paura che si sarebbe potuta far male... Io però avevo bisogno di lei, di sentirla vicina... Forse stavo facendo la cosa sbagliata ma, non preoccupandomi molto delle conseguenze, alla fine spostai lentamente il lenzuolo e, cercando di fare meno rumore possibile, mi sistemai accanto a lei. Con quanta più delicatezza possibile l'abbracciai senza stringerla troppo e mi addormentai così: accucciato alla ragazza che amavo e della quale ormai ero completamente dipendente.



MANUELA 'S POV.

Mi svegliai lentamente per colpa di alcuni capelli che mi stavano solleticando il collo e, una volta aperti gli occhi , mi resi conto di cosa stesse succedendo. Harry era accanto a me, accucciato come un bambino, mentre cercava di non lasciarmi. Guardandomi intorno mi ricordai di essere in ospedale ma mi venne un dubbio quando non vidi nessuno a parte Harry, forse gli altri erano tornati a casa o stavano aspettando fuori. Alzando le spalle mi girai verso quel piccolo principe addormentato e gli stampai un delicato bacio all'angolo della bocca, l'ho già detto che era la tenerezza fatta persona quando dormiva? Non riuscivo a smettere di sorridere, era più forte di me ed era come se la mascella mi si fosse bloccata. Se avessi continuato così avrei avuto una paralisi facciale ma il fatto che Harry fosse rimasto con me tutto il tempo mi emozionava tantissimo. Avevo sempre saputo che fosse un ragazzo diverso degli altri ma non avrei immaginato che sarebbe diventato praticamente la ragione del mio sorriso.
Iniziai anche ad accarezzargli i capelli e respirando sulla sua pelle potei riconoscere quel Bleu de Chanel che mi mandava in paradiso ogni volta che lo sentivo. Nonostante lo amassi più di quanto amassi me stessa non glielo avevo mai detto e non ero nemmeno sicura che avrei trovato il coraggio di dire quelle tre paroline semplici ma pesanti allo stesso tempo...


- Piccola... - mugugnò stringendomi di più
- Istrice buongiorno – scherzai continuando ad accarezzargli i capelli

Sentendo la mia voce si svegliò subito e quasi non poté credere ai suoi occhi. Faceva ridere e tenerezza allo stesso tempo!

- Che c'è? Ho per caso qualcosa in faccia?! - iniziai a preoccuparmi

Era la prima volta che mi preoccupavo del mio aspetto e forse dipendeva proprio dal fatto che fossi di fronte a lui.

- Sei... - disse iniziando a sorridere come un bambino nel giorno di Natale
- Viva? - scherzai

Non mi rispose nemmeno, mi baciò direttamente e lì sorrisi di nuovo sulle sue labbra. Era impossibile dire quanto lo amassi. Continuammo a baciarci ancora per qualche minuto fino a quando non sentii una piccola gocciolina sfiorarmi. Mi staccai subito e rimasi quasi scioccata quando vidi sulla sua guancia una piccola lacrima.

- Cosa... - iniziai a chiedergli confusa e preoccupata che fosse successo qualcosa di brutto
- Non puoi capire che bello stringerti di nuovo – mi rispose sorridendo mentre quella lacrimuccia gli lasciava una piccola scia
- Shhh – sussurrai asciugandogliela e abbracciandolo come se fossi stata incollata a lui

Era bellissimo sprofondare tra le sue braccia di nuovo...





                                                           
Now she's the girl of which I'm dependent



Spazio Autrice: Hello people! Se siete arrivate fino a qui allora significa che avete letto tutte le cazzate scritte nel capitolo qui sopra u.u che bella cosa *-* allora iniziamo subito con le cose serie u.u riguardo al capitolo ho alcune cose da specificare: riguardo alla lavanda gastrica soprattutto XD. Ecco com'è andata: volevo far subire alla povera Manuela un'operazione che centrasse con il troppo alcool e con il peso di Louis così mi sono detta:"La lavanda gastrica può andare bene?" ovviamente non mi sono preoccupata di andare a cercare su Google -.- sono stupida lo so -.- comunque ora ho scoperto che per la lavanda gastrica non si deve andare per forza in sala operatoria, si fa quando qualcuno si droga e altre cose così ma suvvia siamo in una FF e niente è reale XD vi prego non fate le difficili e capitemi .-. mi sono fatta perdonare però con le parti dolci u.u quanto è cucciolo Harry mamma mia *-* riguardo alle recensioni ho visto che siamo arrivate a 22 lo scorso capitolo *-* che ne dite di arrivare a 25? Mado sarebbe un sogno *o* comunque anche se ci fermiamo a 20 sono felice comunque *-* avete visto il banner stupendo? Ecco quello di prima non mi piaceva più XD tutto merito di totta_tomlinson99 e della sua mia "socia" lilsmoldyswag quindi passate da loro u.u domande del giorno: 
1) cosa ne pensate del capitolo?
2) qui si parla molto dei sentimenti di Manuela e Harry quindi cosa ne pensate di loro?
3) datemi un'idea su cosa potrebbe succedere nel prossimo capitolo <3
Diciamo che mi sono prolungata fin troppo XD dire che vi amo troppo è poco *-* mi fare emozionare *-* grazie a tutte <3 Peace and Love

Xx Manuela

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***








- Dì “aaaaaaahhhh” -
- Ancora?! Harry no! Non la prendo la medicina! -
- Ma perché no?! È per il tuo bene! -
- Insisti?! Fa cagare già dall'odore e non voglio vomitare se permetti! -

Erano 20 minuti che Harry stava cercando di farmi prendere la medicina e io continuavo a incrociare le braccia e dire di no. Sembravo una bambina cattiva ma non me ne poteva fregare di meno: io. Quella. Cacca. Non. L'avrei. Presa! Quant'è vero che mi chiamo Manuela! Più i tentativi di imboccarmi andavano avanti, più mi convincevo che Harry mi avrebbe mandata al diavolo da un momento all'altro ma tanto non avrei aperto la bocca in nessun caso.

- Piccola ti prego! Lo sai che non se non la prendi non possiamo tornare a casa? - mi chiese continuando a sventolare il cucchiaio come se dovesse imboccare l'aria
- N.O. - scandii bene quelle due lettere sperando che se le facesse entrare in testa una volta per tutte
- Mi arrendo -

Sbuffò dopo essersi finalmente deciso e dopo qualche minuto di alzò dal letto con il broncio. E poi chi è il bambino alla fine?! Continuai a guardare ogni sua mossa fino a quando non si iniziò a spogliare. Stiamo scherzando?! Lo guardai come ogni volta che vedevo per caso Peppa Pig e dopo qualche minuto rimase a petto nudo, con i suoi addominali perfetti e i suoi tatuaggi in bella vista. Certo che ne aveva davvero tanti... ok torniamo serie: troppa perfezione! Troppa perfezione! Troppa magnificenza davanti a me! Se sentite un puff non vi preoccupate: sono le mie ovaie che questa volta, invece di essere volate ai tropici, sono direttamente scoppiate.
Spalancai la bocca, come non avevo mai fatto, mentre lui ne approfittò e mi imboccò una volta per tutte con quel veleno. Maledetto impostore! Una volta essermi resa conto della situazione mandai giù quel liquido viscido e iniziai a fare le stesse facce che fa un neonato se mangia un limone: bocca storta, occhi chiusi fino a farmi male, lingua in continuo movimento per cercare di far scomparire quel sapore così amaro da entrarmi nelle vene. Posso sembrare esagerata ma avevo sempre odiato qualsiasi tipo di pillola, antibiotico, pasticca o roba varia; qualunque cosa che centrasse con la medicina e la matematica era mio acerrimo nemico. Non a caso avevo rischiato di essere rimandata in quella fottutissima materia in cui Pitagora e compagnia bella avevano scritto cazzate su cazzate che non mi sarebbero mai servite nella vita: andiamo, a cosa possono servire i teoremi e le equazioni a una nulla facente che si sarebbe sposata con Grande Puffo? Avrebbe fatto tutto lui. Pff plebei quelli che non lo avevano capito. E pensare che mia zia lavorava in un'azienda di medicinali e mia madre era un'impiegata... Ero la pecora nera in tutto ma avevo imparato a fregarmene altamente, meglio strani e diversi che tutti uguali e noiosi no? Ero l'opposto in tutto: loro fuoco? Io acqua. Loro Winx? Io Puffi. Loro bianco? Io nero. Loro perfettini? Io scaricatrice di porto insieme alle mie amiche, bella pe noi yo!
Continuai a tenere gli occhi chiusi anche quando iniziai a sventolarmi la lingua con le mani, era insostenibile quel fottuto sapore! Era un incrocio tra pesce andato a male e limone... Uno di quelli che ti rimangono in bocca anche se mangi cipolla e aglio messi insieme insomma.


- Come sei esagerata! - disse tutto soddisfatto Harry mettendo finalmente a posto quel fottuto cucchiaio

Mi stava venendo un'idea subdola in mente... e se portassi quel bel cucchiaio a Liam? Si sarebbe cagato in mano! No dai... poi chi se la sente a Margaret!

- Prova tu a ingoiare il veleno e poi vediamo chi è lo schizzinoso! - risposi di rimando minacciandolo con un dito

Una linguetta carina, che era stata assaporata più volte dalla sottoscritta, si fece spazio tra quella bocca perfetta mostrando quelle dolci fossette in una faccia da cucciolo irresistibile che mi stava mandando in tilt nel vero senso della parola... Non potevo mostrarmi debole! Forza Cupcake fai vedere di avere le ovaie! Ma non mi erano scoppiate? Oh bhe dettagli.
Per risposta gli lanciai un cuscino in faccia e, quando notai di averlo colpito in pieno, iniziai a ridere. Bitch please, la mia risata a prova di cavalla in calore non poteva mancare!
In quel momento entrò anche quel famoso uomo misterioso che mi aveva toccato il pancino e che, se fosse sceso un po' più giù, avrebbe ricevuto un bel calcio in mezzo ai denti dalla sottoscritta... Era un uomo scuro di pelle, con gli occhiali, alto come un armadio; possibile che in questo mondo crudele siano tutti il doppio di me che arrivo a mala pena a 1,65?! Inizio seriamente a pensare di somigliare a un Puffo...
Noi puffi siam così,noi siamo puffi blu, puffiamo su per giù due mele poco più!


- Vedo che... hai preso la medicina... - iniziò a dire con un'espressione accigliata, dovuta alla vista di Harry senza maglia

Lo so che il mio ragazzo è un figaccio terribile ma se continui a guardarlo così me lo sciupi coglione! All'improvviso avvampò pensando chissà quali cose sporche...

- Non si preoccupi non abbiamo fatto niente di vietato ai minori – misi le cose in chiaro facendo avvampare ancora di più i due uomini presenti in quella stanza con me

Avevo davvero detto qualcosa di così scandaloso? Il silenzio imbarazzante durò ancora per qualche minuto prima che, finalmente, quel deficiente di Harry si decise a rivestirsi.

- Allora Manuela... puoi tornare a casa – mi annunciò con un sorriso dopo che il colorito rosso era diminuito leggermente
- Meno male! Non avrei sopportato più quella medicina! - risposi alzando le braccia al cielo
- Ricorda però che devi stare a riposo ma soprattutto non puoi abbuffarti. Mangia regolarmente e sarai come nuova – mi raccomandò con lo sguardo
- Niente pizza fino a vomitare?! Uff... va bene – cedetti facendolo sorridere di nuovo
- Voi due siete perfetti insieme – disse prima di uscire dalla stanza e lasciarci lì come due stupidi

In quel momento però avevo iniziato io ad avvampare... ci aveva appena detto che eravamo carini. Ok Manuela analizza la situazione: il dottore dice che siamo perfetti insieme, i ragazzi dicono che siamo destinati a stare insieme... e se fossimo davvero una bella coppia? Fino a quel momento avevo sempre pensato che l'unica cosa bella nella nostra relazione fosse lui: andiamo chi mai si prenderebbe una ragazza con un naso enorme, la voce schifosa, gli occhi che scompaiono nelle guance quando ride, che quando diventa rossa fa pandant con la maglia che indossa ecc ecc ecc? In effetti il ragazzo più speciale del mondo mi aveva presa... smerdata da sola, che vergogna.
Continuai a essere rossa e a non guardare Harry fino a quando non lo sentii accanto a me, mi avvolse la guancia con una mano e mi fece incontrare i suoi occhi. Harry io ti uccido se lo rifai un'altra volta... Stavo letteralmente boccheggiando per quel verde così intenso ed ero sempre più sicura che, se non avesse smesso immediatamente di guardarmi così, avrei avuto un mancamento. Le bocche si sfiorarono, gli occhi iniziarono a chiudersi, i cuori cominciarono a battere forte, i respiri diventarono un tutt'uno...


- Vorrei proprio sentire cosa si prova a mangiare veleno... - sussurrò per poi leccarmi leggermente il labbro inferiore

“Ti prego baciami” pensai supplicandolo con lo sguardo....

Take off all of your skin
And brave when you are free
Shake off all of your sins
And give them to me
Close up, lemme back ye
I wanna be yours, wanna be your hero
And my heart beats


No. Maledetto cellulare di merda che suona sempre nei momenti meno opportuni! Chiusi gli occhi dal nervoso e allungai il braccio verso il cuscino, dove era posizionato il mio cellulare che suonava sulla note di Empire di Shakira. Eh già: avevo cambiato la mia storica suoneria! Unico motivo: quella donna era una specie di dea da adorare per me.
Me lo misi vicino all'orecchio senza nemmeno accettare la chiamata e così facendo scatenai la risata di Harry. La scena: io ancora innervosita per il cellulare rompipalle e me lo metto vicino all'orecchio ancora mentre suona, lui che si stacca leggermente e ride divertito per la mia stupidità. Quanto siamo carini eh.
Una volta aver accettato la chiamata continuai a ripetermi in testa: “Carina e coccolosa Manu, carina e coccolosa”.


- Pronto? - risposi con un sorriso più forzato di una bambola
- Manu! Che bello risentirti come stai? - sentii rispondere dall'altra parte, dalla voce sembra Zayn... no ok era Zayn
- Zayn buongiorno! Io bene, tra poco torniamo a casa. Voi? -
- Noi stiamo... si Louis lo so che non devo dirglielo! Ops... ehm... - rispose con un po' di incertezza, come se dovesse nascondere qualcosa
- Zayn? Che sta succedendo? - chiesi incuriosita ma soprattutto preoccupata

Con i miei amici non si sarebbe mai potuto dare niente per scontato: se avessi dovuto trovare la cucina in fiamme o le camere allagate sinceramente non mi sarei sorpresa più di tanto. Lo ammetto: io non facevo eccezione esattamente come Harry.

- Eh? Nono tutto bene anzi benissimo! Senti Manu... ma tu stai bene si? -
- Io sto benissimo Zayn ma voglio sapere che state facendo – risposi secca cercando di farlo confessare

Zayn, esattamente come Niall, era un mollaccione e bastava lavorarseli un po' per farli confessare. Harry nel frattempo continuava a guardarmi incuriosito quasi quanto me e continuava a chiedermi a gesti cosa stessero facendo.

- Niente! Stiamo... facendo pipì? Nono scherzo stiamo... -
- Senti dì a Louis di smetterla con i mimi. Ha sempre fatto cagare a farli quindi si risparmiasse lo spettacolino – risposi alzando gli occhi al cielo

Conoscevo fin troppo bene Louis e, per quanto il mio criceto fosse stupito, non c'avevo messo molto a capire che fosse tutta una sceneggiata. E più questa farsa andava avanti e più iniziavo ad innervosirmi.

- Louis fai pena – disse Zayn staccando leggermente il telefono dal viso
- Zayn! - urlai ormai stanca di tutte quelle prese in giro
- Si? -
- Dimmi. Cosa. State. Facendo! - scandii bene ogni parola
- Manu ora devo andare. Sai com'è, Mara mi reclama! Basta che stai bene ti vogliamo bene ciao! -
- Zayn aspetta! -

Continuai a urlare il suo nome quando a un tratto però quel fastidioso “tu tu tu” si fece spazio nelle mie orecchie. Sbuffai chiudendo anche io la chiamata e iniziai subito a prepararmi per poter andare via.

- Che hanno detto? Scusa ma non ho capito niente – mi chiese ridendo
- Se avessi capito qualcosa te lo avrei detto – risposi indifferente, allacciandomi un Dr Martens
- Piccola che è successo? - mi richiese, questa volta più serio
- Non lo so Harry e ho paura -
- Dai ora andiamo a casa e vediamo. Ehi – cercò di calmarmi afferrandomi per le spalle – andrà tutto bene ok?

Annuii cercando di tranquillizzarmi e, dopo aver ricevuto un bacino in testa, lo abbracciai. A volte era proprio quello che mi serviva per liberare la mente, non c'era niente di meglio che sprofondare nelle sue braccia: una sorta di protezione dal mondo esterno e dalle preoccupazioni.
Recuperammo le ultime cose e, dopo aver riempito tutti i moduli e compagnia bella, finalmente potei uscire da quella specie di centro psichiatrico. Quella fu la prima volta che andai all'ospedale e sinceramente ne avevo già le scatole piene! Per fortuna la macchina non era nemmeno distante, i miei piedi non avrebbero sopportato tanta strada, che scherziamo?
Arrivammo mano nella mano al parcheggio e, quando dovetti salire su quella bellissima Audi, Harry si preoccupò per me come non aveva mai fatto... era così dannatamente tenero ma come si fa!


- Piccola fai piano! Aspetta che ti allaccio la cintura... E se poi ti fa male la pancia? Nono meglio di no – iniziò a parlare da solo senza fermarsi

Scoppiai a ridere per la sua troppa dolcezza e per farlo fermare gli diedi un bacino proprio sulla fossetta.

- Harry sto benissimo – lo tranquillizzai non potendo fare a meno di continuare a ridere
- Sicura? -
- Si -

Dopo essersi convinto, si mise al posto del guidatore e potemmo tornare a casa. Io però continuavo comunque a farmi domande su domande: e se fosse successo qualcosa? Con le domande, ovviamente, iniziarono subito a nascere anche i sensi di colpa... Le colpevolezze e le preoccupazioni avrebbero fatto parte di me fino alla morte di sicuro. Ero una di quelle ragazze che quando litiga con qualcuno si dà sempre la colpa per cercare di rimediare. Molti erano convinti che questa non fosse una cosa positiva, in primis mia madre, però ehi: ero fatta così, mi ero ripromessa che non sarei cambiata per nessuno e così doveva continuare a essere.
Per evitare di continuare a pensare accesi la radio e subito partirono le note di Dare (La La La) di Shakira. Canzone truzza... Figo. Iniziai a cantare e a gasarmi mentre Harry mi lanciava occhiate veloci e scuoteva la testa come in imbarazzo. In fondo sapevo che lui in realtà non era così: avevo intuito che quella fosse una maschera per evitare di fidarsi di nuovo. Anch'io ci ero passata: passare elementari e medie come un'emarginata asociale non era stato proprio il massimo dell'adolescenza. Ero conosciuta come la santarellina che non diceva mai parolacce e a cui veniva dedicata una statua ogni volta che magari non studiava o veniva rimproverata. So che state pensando: questa mi sta prendono in giro e vi rispondo che non sono mai stata così sincera. Solo al liceo avevo iniziato ad aprirmi un po' di più ma soprattutto a dimostrare a tutti che non ero per niente come pensavano loro. Avendo quest'ennesima cosa in comunque, decisi in quel preciso istante quale sarebbe stato il mio obbiettivo: far ritornare il vero Harry, quel 19enne che si godeva la vita e che non era né borioso né antipatico. Finita la canzone mi girai verso di lui e iniziai a guardarlo con occhi diversi: se prima pensavo fosse un antipatico stronzo sbruffone, avevo imparato che in realtà dietro a quel guscio c'era un ragazzo dolce e sensibile... ed era proprio quella la parte che volevo far ritornare alla luce.
Dopo non molto arrivammo finalmente davanti a casa dei ragazzi ma già da fuori c'era qualcosa che non mi convinceva per niente: di norma il giardino avrebbe dovuto essere in condizioni pietose ma al contrario! Sembrava uno di quei giardini da villa hollywoodiana! Ma quella fontanella non era circondata da erbacce? Oddio!
Sia io che Harry avanzammo piano piano lungo il vialetto e ci stupimmo un po' di più con ogni cosa che vedevamo. Tutto splendente e profumato... Secondo me sono venute quelle di Case da incubo sisi. Ancora un po' sorpresi decidemmo di entrare ed entrambi avemmo quasi un mancamento quando vedemmo il salotto e il corridoio splendenti e puliti. Avrei giurato che ci fosse della carta igienica sul soffitto proprio lì! Anche Harry rimase scioccato ed ero più che sicura che, se non avesse visto il tutto con i suoi occhi, non ci avrebbe mai creduto. Era tutto in perfetto ordine: dal divano perfettamente pulito al parquet lucidato, dalle finestre splendenti ai mobili senza nemmeno un briciolo di polvere... Sinceramente avevo paura di vedere la camera di Harry (che era di sicuro la peggiore di tutta la casa). E la terribile puzza di piedi? No aspettate questo è muschio! Mentre eravamo ancora incantati da così tanto luccichio sentimmo venire qualcuno... Allora non erano tutti morti! In un secondo entrò Liam tutto saltellante con uno spolverino in mano, una bandana stile zitella e un grembiule con disegnato sopra il fisico di uno tutto pompato.


- Basta un poco di zucchero e la pillola va giùùù. Tutto brillerà di piùùù – iniziò a canticchiare passando lo spolverino come una perfetta governante

Ero più che sicura che la mia bocca stesse toccando il pavimento per quanto fosse aperta: se il lottatore di sumo trovato in camera di Harry mi aveva bloccato la crescita quello che stavo vedendo era decisamente peggio.

- Liam? - lo chiamò Harry leggermente inorridito

Quest'ultimo di girò di scatto e, rendendosi conto della madornale figura di merda, diventò subito rosso e scappò di sopra come un bambino che viene scoperto con le mani nel barattolo della Nutella. Mi girai lentamente verso Harry come per chiedergli cosa stesse succedendo e lui fece lo stesso... Gli alieni avevano schiavizzato i nostri amici! Senza dire una parola corremmo di sopra e ci dirigemmo subito in camera di Harry, se i ragazzi fossero stati vittime degli alieni mi sarei battuta per loro! Spalancammo la porta e in un attimo vedemmo tutti e 8 impegnati a pulire.

- Sistah?! Liam cazzo dovevi fare la guardia! - urlò Daniela non appena ci vide
- Ho fatto una figura di merda quindi direi che per oggi può bastare! - rispose prontamente per poi far scoppiare tutti a ridere

Ancora confusa afferrai il braccio di Harry e lo misi davanti a me come scudo. Non si sa mai!

- Prendete lui! Sono troppo giovane per morire vi prego! - iniziai a lamentarmi come se volessero davvero rapirmi
- Tu non stai bene... - rispose in coro tutti quanti
- Lei?! Liam canta la canzone di Malati di pulito e lei sta male?! - mi difese Harry ancora scioccato
- Dovevamo farvi trovare la casa linda e pulita come sorpresa ma a quanto pare siamo stai troppo lenti... - disse Giulia guardando male Louis
- Ehi non è colpa mia se il mio pancino ha avuto un'urgenza! - rispose prontamente Louis con il broncio
- Ooook io sono ancora frastornata... - dissi guardandomi intorno
- Visto che la casa era inabitabile abbiamo deciso di pulirla per farti una sorpresa e per ringraziarti di aver salvato la vita a Louis – rispose Margaret mettendomi un braccio introno alle spalle
- Forza Manuela! Popopopo. Forza Manuela! - iniziarono a cantare in prima che Louis mi prendesse sulle spalle

Mi sentivo in un certo senso la regina del mondo... bitch please baciatemi i piedi plebei! Per fare un dispetto a Louis iniziai a scompigliargli i capelli, visto che la sua testa era tra le mie gambe, e iniziai a gasarmi anch'io.

- Ehi! - si lamentò cercando di farmi smettere
- Ti voglio bene coglioncello! - urlai baciandogli la fronte
- Anche io coglioncella! - urlò anche lui prima di fare una specie di trenino con tutti gli altri

Eravamo andati di testa ma sinceramente non avrei potuto scegliere amici migliori. Avevano pulito la casa... per me? Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere... Ennesima prova che i miei amici erano i migliori del pianeta! Afferrando al volo il telecomando dello stereo feci partire subito I'm A Freak di Enrique Iglesias e Pitbull (eh già io amo Mr. Worldwide bitches!) e iniziammo a cantare tutti quanti continuando a fare il trenino per tutta la casa. Grazie ragazzi... 




                                                                
                                                      
I always wanted to know how it feels to eat poison




Spazio Autrice: hola everybody!!!! I just wanna feel this moment!!! Ops XD scusate l'eccitazione del momento u.u allora....so già che la metà di voi mi starà offendendo in tutti i modi possibili per questo stra madornale ritardo ma non potete capire quante cose ho dovuto fare con la scuola e il resto .-. vi prego capitemi .-. ho visto che la storia sta un po' diminuendo e mi si sta spezzando il cuore :'( spero che continuerete a seguirla perché sono molto insicura e ho bisogno di spinte :c spero che questo capitolo vi sia piaciuto *-* mi sono sentita in colpa l'altra volta per avervi mandato un messaggio privato ma veramente non sapevo che pensare :c non vorrei rifarlo quindi spero che recensiate da sole :c ci sono delle precisazioni da fare:
- è la prima volta che scrivo un capitolo basato quasi tutto sui sentimenti e sono abbastanza soddisfatta del risultato :) 
- spero di arrivare almeno a 20 recensioni perché non vorrei far diminuire la media :(
Passiamo al capitolo vi va? Allora: Manuela è la classica rompipalle chiassosa e volgare ma stranamente tenera e ci tengo a precisare che tutto quello che dice sulla sua infanzia è vero. Harry continua a essere il ragazzo innamorato e continua a tnersi tutto dentro. Non vi preoccupate che non sarà per sempre così ;) I/le ragazzi/e partecipano un po' tutti e ne sono felice perché mi dispiacerebbe eliminare qualcuno :c in più in questo capitolo si da largo spazio all'amicizia e all'amore quindi... niente spero vi piaccia *-* vorrei inoltre continuare con la domande del giorno:
1) visto che si parla di amicizia... chi degli amici di Manu e Harry vi piace di più? (avete carta bianca)
2) qual è la vostra battuta preferita?
3) quanti capitolo pensate dovrebbe durare questa FF?
Ho finito per oggi e spero di riuscire ad aggiornare durante le vacanze di Pasqua per farmi perdonare ;) vi amo tanto tanto *.* Peace and Love
Xx Manuela


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- passate anche per le mie altre storie:
 Il coraggio di sognare e Word Up!
- passate anche per queste meraviglie <3 Ranyadel totta tomlinson99 Sara_F


 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***








Mi trovo in Italia e... un attimo. Cosa ci faccio qui?! Io abito a Londra! Mi guardo intorno e non posso fare a meno di riconoscere la fontana della piazza più conosciuta della mia città. Anche se non so come ci sono arrivata sono proprio qui, a casa mia... la mia vera casa. Non è cambiato niente: stessa gente, stessi cespugli, stessi bar, negozi e pizzerie, stessa fontana, stesso municipio. Riconosco l'Ovs e le ragazze che guardano la vetrina sono le mie ex compagne di scuola, riconosco quel cane randagio ma affettuoso che si faceva sempre accarezzare, riconosco quei ragazzi che fanno skate per farsi notare... è come se non me ne fossi mai andata e subito inizio a sentire quella sensazione di oppressione che provavo quando abitavo qui. Continuo a guardarmi intorno sempre più confusa finché non faccio caso a una testa riccioluta un po' più distante da me. Sorrido automaticamente, felice di vedere Harry, e corro in quella direzione ma non appena si gira mi blocco di colpo. Nick...


- Nick?! - chiedo scioccata
- Manu! - mi risponde sorridente mentre mi dà un bacio a stampo lasciandomi ancora più stordita
- Che vuoi da me?! - urlo allontanandomi subito
- Aaah è vero... Tu cerchi lui – si corregge cambiando espressione e indicandomi un ragazzo poco distante da noi

Appena si gira vedo subito quelle fossette bellissime ma non appena mi nota mi guarda come se fossi un'estranea... Ma cosa...?! Mi avvicino al gruppo e cerco di non dare a vedere il mio immenso stupore nell'accorgermi che quelle persone con cui sta parlando sono quelli che io avevo considerato un tempo miei amici. Pezzi di merda... Prendendo Harry per una manica lo trascino lontano e lo faccio subito girare verso di me.

- Ma che...?! E tu che vuoi?! - mi chiede brusco come se gli avessi fatto chissà cosa, liberandosi subito dalla presa

- Harry sono io – cerco di fargli capire sorridendo e accarezzandogli una guancia
- Ma levati cogliona! - mi risponde schifato scansandosi subito
- Ma cosa... -
- Senti Manuela te lo dico già da ora: non voglio perdere tempo con te o farei brutta figura con i miei amici. Vedi di scomparire ok? - mi liquida con una spallata

Harry mi ha... trattengo l'istinto di scoppiare a piangere tirando sospiri profondi, ma non riesco a trattenere una lacrima quando lo vedo ridere con i suoi “amici” e prendermi in giro da lontano. Ti prego non di nuovo...

- Visto? Lui non ti ama e non ti amerà mai esattamente come tutti! - mi sussurra Nick all'orecchio facendomi stringere gli occhi mentre inizio a piangere e singhiozzare senza accorgermene

No... No ti prego.


                                            “Lui non ti ama” “Lui non ti ama” “Lui non ti ama!”


- Harry! - urlai alzandomi di colpo, non avendo nemmeno il fiato per respirare

Mi guardai intorno terrorizzata e sudata iniziando a toccare il piumone e le lenzuola per convincermi ancora di più che fosse solo uno stupido incubo. Un lampo e un tuono improvvisi mi fecero sgranare ancora di più gli occhi e, guardandomi le mani tremanti ancora col fiatone, sentii subito le guance bagnate. “Ennesimo, stupido incubo” pensai cercando di regolarizzare il respiro mentre quelle parole continuavano a fischiarmi nelle orecchie. Avevo da poco smesso con i brutti sogni su mia nonna e ora iniziavano quelli con Harry? Vi prego pietà. Come si può capire soffrivo spesso di incubi che riguardavano principalmente le mie paure più nascoste, le mie insicurezze e i miei timori. Fino a quella notte erano stati sempre legati alla morte di mia nonna o ai miei genitori e per questo motivo mi sorpresi moltissimo nel rendermi conto che quel ragazzo senza cuore fosse proprio Harry. Il mio Harry... Nessuno sapeva di questi incubi e, ogni volta che ne avevo uno, pregavo tutti i santi che le ragazze non mi sentissero o avrebbero iniziato a preoccuparsi e in quei momenti avevo bisogno di tutto tranne che di domande a cui non ero mai riuscita a rispondere. Non riuscivo a trovare una risposta alle domande che mi facevo da sola, figuratevi a quelle degli altri: perché sogni queste cose? Perché la maggior parte delle volte sono cose brutte? Che vi devo dire? Avevo paura di essere presa in giro l'ennesima volta ecco la ragione. Il temporale non aiutava: avevo sempre avuto paura dei lampi, mi sembrava quasi di avere il fulmine accanto a me, pronto a colpirmi.
Inutili, stupide paure...



HARRY'S POV.

Sono in una stanza bianca, senza nessuno ma soprattutto senza niente di reale, di concreto. Per farvi capire: sono nel bel mezzo del nulla più totale. (Uh ho fatto la rima!)

- Ragazzi! Ragazze! Piccola! - urlo sperando di non essere da solo

Odio la solitudine completa, mi fa sentire così... solo. Inizio a leccarmi le labbra fin quando non mi accorgo di essere praticamente circondato da delle ombre. Ombre grigio-scure che continuano a girarmi, o meglio ballarmi, intorno con delle risate inquietanti.

- Che volete?! - dico spaventato continuando a girare lo sguardo

Continuano a ridere, visibilmente divertite dalla mia paura, mentre io inizio a toccarmi nervosamente i capelli sperando che se ne vadano.

- Harry... -

Mi giro subito e in nemmeno un secondo mi appare davanti, come un ologramma, Manuela tutta sorridente mentre mi porge una mano. Sorrido non appena la vedo e non posso fare a meno di notare per l'ennesima volta quanto è bella nella sua estrema semplicità: i capelli in una sola spalla, i polsi pieni di braccialetti, in una delle felpe e le classiche Converse nere consumate. Quanto cazzo ti posso amare...
Istintivamente corro da lei e la stringo tra le mie braccia non volendomi più staccare. È l'unica cosa che può rendere belli perfino il buio e la solitudine.

- Amore mio... - le sussurro facendola volteggiare in aria

- Lo sai che ti amo? - risponde sul mio petto non appena ritocca terra
- Anch'io... non puoi capire quanto – le dico sorridendo come un bambino
- Non scordarlo mai Harry – risponde preoccupata prima di lasciarmi un tenero bacio a stampo e scomparire all'improvviso

Ti prego no...

- Piccola! - urlo sperando che ricompaia di nuovo

- Ti ha lasciato solo. Non ritornerà più – continuano a ripetere quelle stesse ombre che ora sono come riapparse per magia
- Basta! - urlo inginocchiandomi cercando di farle smettere


                                                         “Non ritornerà più” “Non ritornerà più!”


- Manuela! - urlai alzandomi di colpo, non avendo nemmeno il fiato per respirare

Un tuono mi riportò alla realtà e mi ci volle un attimo per rendermi conto che quello fosse solo un orribile incubo. Tirai un sospiro di sollievo e, cercando di calmarmi, sbloccai lo schermo dell'I-Phone per vedere l'ora: le 03.26... Quello fu di certo l'incubo peggiore della mia vita, in più non riuscivo nemmeno a capirne il significato: stava per succedere qualcosa di brutto? O forse era già successo? Quelle voci... continuavano a fischiarmi nelle orecchie nonostante mi fossi svegliato e non riuscivo a scacciarle via. Continuavano a rimbombarmi nel cervello ed ero più che sicuro che, se non avessero smesso subito, la mia testa sarebbe scoppiata da un momento all'altro. Strinsi gli occhi durante l'ennesimo tuono e scuotendo la testa energicamente mi auto-convinsi che quello fosse stato solo un brutto sogno. “Calmati Harry. È stato solo un incubo. Un orribile incubo ma comunque un semplice incubo.” continuavo a pensare ripetendo tante volte quella parola come per convincermi che lo fosse stato sul serio. Durante un lampo però mi venne una specie di intuizione: e se fosse stato solo la prova reale della mia effettiva paura? Quelle ombre potevano rappresentare i miei timori e la sparizione improvvisa di Manuela poteva essere la rappresentazione della mia ossessione di perderla... Si, doveva essere per forza così. Per fortuna i ragazzi non mi avevano sentito urlare, forse il temporale aveva nascosto la mia voce o forse stavano dormendo così profondamente da non sentire niente. L'importante era non dire a nessuno dell'incubo o avrebbero iniziato a darmi del pazzo e a farmi domande a cui non avrei mai voluto rispondere. Era l'ennesima insicurezza che doveva restare dentro di me fin quando non si sarebbe sgretolata da sola fino a scomparire, e non come le altre che invece di sparire si erano solidificate in uno scudo che non lasciava passare nemmeno un po' del mio vero essere. Possibile che una semplice rottura potesse avere così tante conseguenze?


Don’t, don’t, don’t you ever say a word, word
Of what you ever thought you heard, heard
Don’t you ever tell a soul
But you know

I tried to hide but I still believe
We, that we were always meant to be, be
But I can never have to go, no





                                                                                          ******
 

MANUELA'S POV.

- Manu fammi uscire! -

- Non ci penso nemmeno patata! Finisci di scoreggiare in bagno! -
- Ma dai! È stata una puzzetta innocente! -
- Innocente?! Tra poco rischiavamo di svenire! È casa mia e decido io quindi quando avrai finito di sganciare bombe atomiche dal di dietro ne riparleremo! -

Giorno dopo dell'uscita dall'ospedale (e quindi pomeriggio dopo quella notte da incubo), sul divano di casa nostra come sempre quando ad un tratto... Bum! Suono secco e tutti a tapparsi il naso con la maglia per non morire intossicati. Le puzzette di Niall erano grandiose dal punto di vista del suono ma quel pomeriggio ci aveva proprio dato dentro! Non ricordo di aver mai sentito un fetore così... Era irrespirabile! Io, Mara e Giulia lo avevamo subito chiuso in bagno mentre Daniela, Margaret e compagnia bella avevano aperto tutte le finestre della casa. Per un attimo temetti sul serio che quella puzza potesse far morire anche le piante sul balcone... erano piante delicate!

- Manu stai esagerando! - continuò ad urlare cercando di uscire

- Non è lei che esagera ma tu che sganci in giro! Io stavo dormendo e quella cazzo di puzza mi ha letteralmente fatta saltare dal divano! Dovresti andare in prigione per atti osceni in luogo pubblico! - rispose prontamente Giulia continuando a spingere per farlo rimanere dentro
- Ma non era così grande dai! Scommetto che non si sente più niente! -
- Si secondo te! - rispondemmo in coro cambiano posizione per resistere

In effetti l'aria che si sentiva in quel momento era pulita, anche se fredda dovuta alla temperatura di metà novembre, però mi stavo iniziando a divertire! Niall continuava a tirare la maniglia e a spingere mentre noi facevamo lo stesso... Quanto mi diverto!

- Adesso baaaa... Merda! - lo sentimmo urlare con un tonfo pazzesco

Cazzo è schiattato l'irlandese...

- Niall? - lo chiamò Mara lasciando la presa

Nessuna risposta... merda e se fosse schiattato sul serio?

- Patata? - provai anch'io iniziando ad andare nel panico

Ero una ragazza abbastanza paranoica e quella situazione mi stava leggermente spaventando... E se avesse sbattuto la testa contro qualcosa e avesse perso i sensi?! E se si fosse sbilanciato all'indietro per poi cadere dalla finestra?! E se lo avesse risucchiato lo scarico del cesso?! No aspetta... cosa?! Ok le paranoie mi stavano mandando in pappa il criceto. Dopo un'occhiata tra me e le ragazze iniziammo tutte e 3 a tirare pugni e schiaffi alla porta per richiamare Niall. Può sembrare un'idea stupida ma se fosse svenuto il nostro chiasso lo avrebbe svegliato; chi è la stupida eh?!

- Ragazze non risponde! -

- Chi non risponde? - sentimmo una voce dietro di noi per poi constatare che si trattasse di Daniela, Liam, Margaret e Zayn
- Ehm... Il cesso! Manu ha chiamato il cesso ma non risponde! - rispose Giulia per poi beccarsi occhiate di traverso da me e Mara

Il cesso? Io sono così cogliona che parlo con la mia cacca?

- Che c'è? Potrebbe succedere... - rispose abbassando la voce per difendersi

Se Louis fosse stato lì l'avrebbe riempita di pizzicotti per la sua tenerezza... Peccato che non fosse così e io mi stavo letteralmente cagando sotto dalla paura! Cosa avrei detto a Daniela?! Come si sarebbero potuti sposare?! Come avrebbero potuto formare una famiglia?! Ma soprattutto... come avrei fatto senza il cesso?! L'avrei fatta in giardino come i cani?! No ok sto scherzando: la felicità dei miei amici prima di tutto bitches! Quelle due piccole patatine dolshi dolshi si erano conosciuti indovinate dove? Al supermercato! Che ci crediate o no, il loro sì che era stato amore a prima vista! Un sacchetto di patatine troppo in alto aveva fatto scoccare l'amore in 20 secondi, incredibile! Quando Daniela era arrivata a casa non potete immaginare la scena: aveva gli occhi a cuoricino come nei cartoni animati o, per farvi capire meglio, come quella faccina di Whatsapp: uguale! E da quello che mi avevano raccontato i ragazzi un po' di tempo dopo anche Niall era tornato a casa così, di certo non avevo fatto fatica a immaginarlo: quella patata aveva gli occhi a cuoricino ogni volta che la vedeva... per questo continuavo a ripetere sempre la stessa cosa: se loro non potevano stare insieme, io non volevo sapere cosa fosse l'amore. Perché quei due erano destinati a stare insieme, così uguali ma allo stesso tempo così diversi da incrociarsi perfettamente e formare il significato di quella parola da 3 sillabe e 5 lettere. Anche le altre avevano avuto incontri simili più o meno: Mara e Zayn si erano conosciuti in un negozio di dischi mentre la mia amica stava cercando Journals di Justin Bieber e Zayn l'ultimo CD dei Green Day. Una sola occhiata per far scattare la scintilla anche lì. Margaret e Liam si erano conosciuti da Starburcks: lei stava rifiutando per l'ennesima volta il galletto della scuola e, forse vedendola in difficoltà, il suo principe era corso ad aiutarla. Giulia e Louis... e che ve lo dico a fare. Neanche il tempo di presentarsi che già stavano scherzando come se si conoscessero da secoli, la cosa tenera era che nonostante i 5 anni di differenza si amassero incondizionatamente. E poi chi c'è? La pecora nera che stava cercando di far uscire un coglione dal bagno per non finire nei guai, ovviamente.

- Ragazze dov'è Niall? - ci chiese Margaret ancora stranita per la risposta di Giulia

- è... è rimasto chiuso in bagno... - confessai per poi beccarmi uno schiaffo sul braccio da Mara
- Che ho detto?! - urlai massaggiandomi il punto dove mi aveva colpita
- Dov'è?! - richiese Daniela alzando la voce visibilmente nervosa

Stavamo quasi per rispondere se la voce di un irlandese impertinente chiuso nel bagno non ci avesse precedute.

- Ragazzi?! Vi prego fatemi uscire! - iniziò a urlare tirando pugni alla porta

- Niall sei vivo! - urlammo io, Mara e Giulia riprendendo finalmente a respirare
- Chi è vivo? - sentimmo Louis con la sua classica voce da checca e Harry
- Ma siamo a una riunione di condominio?! - sbottai mettendo le braccia incrociate per poi subire le varie espressioni di tutti

Mi sentivo una psicologa nel dover decifrarle tutte: Daniela era spaventata e sembrava sul punto di schiattare pure lei, Margaret le stringeva una mano come se la sua fine fosse imminente, Zayn e Liam erano ancora in attesa di spiegazioni mentre Harry e Louis mantenevano le candele... Modo di dire si intende. Avete presente l'unica/o fessa/o che partecipa ad un appuntamento di due piccioncini? Ecco loro sembravano così.

- Succede che queste cretine qui fuori mi hanno chiuso dentro! - ci accusò Niall arrabbiato e spaventato allo stesso tempo

- Senti “cretina” ci chiami tua sorella! - rispondemmo tutte e 3 in coro
- Ragazzi aiuto! - continuava Niall a lamentarsi come se fosse finita la pizza – la maniglia si è rotta e non posso uscire! -
- Non dirmi che hai chiuso a chiave?! - gli chiese Zayn avvicinandosi alla porta
- Ehm... -

Scuotemmo tutti insieme la testa per le sua stupidità senza limiti ma da una parte avrei dovuto aspettarmelo: quello ha i folletti in testa!

- Sentite dovevo fare pipì e ne ho approfittato! -

- Perché ho un ragazzo così coglione?! - sospirò Daniela tirandosi uno schiaffo in testa
- Sentite niente panico ok? Ora chiamiamo qualcuno e vediamo che si può fare -

La voce sempre saggia di Liam si era fatta finalmente sentire! Lui si che era intelligente! Oddio... dopo la figuraccia del giorno prima sembrava andato anche lui, però dai qualche neurone in più a noi restava comunque. Non era una mia abitudine pensare però in quell'occasione anche il mio criceto sarebbe servito... i vicini però erano fuori, i nostri genitori troppo lontani e non avevamo nemmeno una cassetta per gli attrezzi. Oh sentite eravamo imbranate tutte e 3 con i lavori manuali! Il problema però continuava a esserci: e se fosse saltato dalla finestra? Si così si sarebbe sfracellato al suolo. Lo scarico del cesso? Buco stroppo stretto... Oddio solo a me l'ultima frase è risultata perversa? Harry mi sta facendo diventare pervertita non va bene! A proposito di Harry... solo in quel momento notai che da quando era venuto con i ragazzi ci eravamo calcolati pochissimo: ci eravamo salutati con un semplice “Ciao” e un semplice bacio a stampo e basta. Quando ho detto sul divano di casa nostra come sempre intendevo dire che gli altri erano sul divano come se niente fosse ma io e lui avevamo passato il pomeriggio su due divani separati, a fissarci di continuo ma a non muovere un muscolo. Avevo deciso che non avrei raccontato a nessuno il mio incubo, tanto meno a lui che era “la causa”, mi sentivo come in imbarazzo e non riuscivo nemmeno a spiegarmi il motivo: in effetti Harry non mi aveva fatto niente, dovevano essere solo immaginazioni e tutto frutto della mia fantasia. Qualcosa però mi bloccava, una specie di timore. La domanda però era sorta spontanea: io lo avevo evitato per via del sogno... ma lui perché non mi aveva rivolto la parola tutto il tempo? In fondo non avevo fatto niente... E se avesse voluto già lasciarmi? Oddio criceto ti prego ci mancano solo le tue paranoie! Meglio non pensarci va...

- Chiamiamo... i pompieri! - urlò all'improvviso Giulia per poi beccarsi di nuovo le occhiate stranite di tutti

Perché la guardavano così? In fondo non era un'idea così brutta. Era capitato anche a mia madre: rimanere 2 ore sul balcone senza nessuno in casa era stato abbastanza traumatizzante, soprattutto se mio padre non si era portato le chiavi ed erano rimasti entrambi fuori. Erano serviti i pompieri per entrare nell'appartamento e far rientrare mia madre dentro casa. In quel momento, secondo me, era l'unica cosa logica e utile che avremmo potuto fare. Iniziai a comporre il numero sotto lo sguardo curioso di tutti: mai vista una ragazza che chiama i pompieri per colpa di un coglione irlandese? Plebei.

- Con chi stai parlando? -

- Non è il momento di telefonare Manuela! -
- A chi stai chiamando? -
- Se non vi state zitti per un secondo chiudo anche voi nel bagno insieme a quella testa di cazzo! - urlai esasperata mentre quell'aggeggino della Preistoria suonava
- Ti ho sentito eh – si intromise Niall con voce ovvia per fare bella figura
- Speravo mi sentissi soprattutto tu – conclusi prima che una voce profonda mi rispondesse cordialmente

Sbaglio o Harry aveva appena fatto intravedere un sorrisino? Si si si si! È inutile che fai finta di niente tanto ti ho visto! Chi è questa voce che dice “Pronto?”? Ops il pompiere...

- Se è uno scherzo telefonico potevate risparmiarvelo -

- Nononono la prego non metta giù! Buongiorno lei è un pompiere? - chiesi per sicurezza

Ero sempre stata un po' stupida e non mi sarei sorpresa più di tanto se avessi sbagliato numero e avessi chiamato, per pure esempio, uno sbazzino.

- No guardi ha chiamato uno sbazzino! - commentò sarcastico con la risata dei suoi colleghi come sottofondo

Non mi piace questo qui... troppo intelligente. In più mi aveva appena letto nel pensiero e smerdata davanti a tutta la caserma... Sotto sotto è simpatico dai! Gli raccontai tutto l'accaduto in pochi minuti ma stranamente alla fine non disse nulla di sarcastico, sembrava avesse a che fare spesso con casi del genere. Buona notizia: non siamo gli unici coglioni su questa Terra! Ricordo di non essermi mai sentita così importante come quel giorno: i pompieri ovviamente avevano attirato l'attenzione del quartiere e stare al centro dell'attenzione mi aveva fatta sentire come se fossi stata la protagonista di un film... Grazie grazie troppo buoni! Scommetto che tutto il vicinato si aspettasse un incendio di dimensioni stratosferiche o la casa allagata... per questo quando mi chiesero spiegazioni mi comportai come una giapponese appena arrivata in Italia ovvero: sorridi e annuisci anche se non capisci un cazzo di quello che dicono. Mi avevano presa come una ritardata di sicuro ma a me, esattamente come agli altri, importava solo la salute di Niall. Ci misero a mala pena 10 minuti per farlo uscire e non appena fu di nuovo con noi, anche se non ero una ragazza da sceneggiate da film strappalacrime, lo abbracciai forte perché sapevo che fosse soprattutto colpa mia se era successo tutto quel casino. Alla fine scoprimmo anche che il pompiere simpatico era fidanzato con una sua collega che aveva contribuito a “salvare” Niall, erano una bellissima coppia e approfittando della situazione si scambiarono tutti un bacio per festeggiare. Ma dico io: avete 365 giorni l'anno per baciarvi e lo dovete fare proprio ora?! Io e Harry ci guardammo in faccia per qualche secondo e dopo un po', non so nemmeno io con quale coraggio, mi avvicinai lentamente a lui. Stavo cercando in tutti i modi di non scoppiare a ridere e da quelle fossette appena accennate capii che anche lui si stava trattenendo a più non posso, a un certo punto però alzando le spalle con noncuranza gli saltai in braccio letteralmente e lo baciai ignorando tutto il resto e scatenando quella risatina imbarazzata che adoravo di lui. Mi bastava quel momento, solo io e lui e il nostro amore mai detto. Se ci amavamo così che me ne poteva fregare di quel sogno o del futuro?







                                                           
It's been only a nightmare... only a nightmare





Spazio Autrice: vi prego non ditemi che sono l'unica ancora viva dopo mesi e mesi di scuola .-. sono sicura di no ^.^ però siete delle cattive pimpe u.u lasciare l'ultimo capitolo a 15 recensioni :( no sto scherzando XD sono molto contenta invece perché da quello che leggo vedo che la storia vi piace davvero :') e non c'è soddisfazione maggiore *.* spero che anche questo vi piaccia ^.^ allora analizziamo la situazione vi va? Questo capitolo era pronto da ieri sera ma ho deciso di postarlo oggi perché ho lavorato al nuovo capitolo di Il coraggio di sognare (a proposito: domani posterò anche quello ;) ) comunque... Manuela: la solita insicura e cogliona che non si smentisce mai (modestamente sono io u.u) che all'inizio la vediamo in un suo incubo e ci sono molte sue riflessioni riguardo questo fatto e i suoi ricordi. 
Harry: non so se si è capito, ma ha avuto l'incubo nello stesso momento della sua amata e questa cosa mi sembra molto tenera *-* comunque nel resto del capitolo parla poco. I/le ragazzi/e anche in questo capitolo movimentano le cose e ne sono felice perché davvero non avevo idea su cosa scrivere dopo gli incubi XD riguardo alla canzone: è una delle mie preferite del nuovo album di Avril e spero che vi abbia fatto emozionare *-* passiamo alle domande del giorno:
1) cosa avete provato quando avete letto gli incubi?
2) secondo avrei dovuto cambiare qualcosa?
3) cosa vi piace di più della coppia Marry/Harruela? (per es: la dolcezza perché... o: la perversione perché...) 
Ho deciso di farvi parlare u.u ricordatevi che vi voglio bene *-* ci sentiremo: con quelle che seguono anche l'altra storia domani e con le altre non so precisamente quando XD Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***









Ero nel mio bel lettuccio caldo con When I Look at You nelle orecchie a cantare in santa pace e finalmente, dopo non so nemmeno io quanto tempo, ebbi un po' di tempo solo per me stessa. Di solito le mie giornate erano piene di risate, prese in giro, urla e compagnia bella mentre in quei 4 minuti mi sentii esclusa dal mondo, come se la mia camera fosse lontana anni luce da tutto... ecco l'effetto delle cuffiette nei miei confronti. Fuori tirava un vento fortissimo e, da quello che potevo capire solo guardando fuori dalla finestra, intuii che facesse anche molto freddo: un motivo in più per non osare nemmeno lontanamente muovermi da sotto il piumone. Con Harry diciamo che era tutto sistemato: era passata una settimana, io non avevo detto parola sull'incubo, lui non sospettava nulla e tutto si stava svolgendo come sempre... Se non fosse per il minuscolo particolare che io ero costretta a tenermi tutto dentro e morivo dalla paura di perderlo. Lo amavo più di me stessa e non glielo avevo ancora detto, lo avevo chiamato “amore” solo una volta ma per sbaglio, gli avevo detto si e no 2 frasi da piccioncini da quando stavamo insieme... diciamo che nonostante il mio animo da eterna romantica non ero stata esattamente la fidanzatina dolce e comprensiva che invece ero sicura che sarei diventata. Ero semplicemente... me stessa. In più, essendo molto insicura, spesso mi sfogavo inondando di messaggi tutte le persone a cui tenevo di più; con Nick lo avevo fatto e com'era andata a finire? Non volevo che Harry pensasse che fossi una bambina ossessiva quindi meglio lasciare che lui mi cercasse. Sì, dovevo comportarmi così. Basta messaggi dalla mattina alla sera... ma allora perché le mie dita non volevano saperne di stare ferme? Cazzo manco non ci fossimo visti da un mese! Erano passate solo... 22 ore... 31 minuti... e 54 secondi dal nostro ultimo bacio, non che mantenessi il conto eh! Ok forse lo stavo mantenendo ma ho una giustificazione: quel bacio era stato bellissimo! Un semplice scambio di labbra davanti alla porta con un sorriso stampato in faccia da parte sua... mi ero sentita sulle nuvole e dovevo di certo ricordarmelo. Per tutta la notte successiva mi sembrò quasi di tornare una ragazzina alla prima cotta con una faccia da perfetta ebete persino quando ero andata in bagno per fare pipì, ero proprio uscita di testa e avevo così tante conferme da poterle raccogliere tutte in un libro grosso quanto un vocabolario.
Proprio mentre continuavo a pensare a quelle labbra morbidissime sulle mie, dalle dolci note di When I Look at You partirono all'improvviso quelle assordanti di Endless Summer facendomi letteralmente prendere un colpo. Però, nonostante avessi perso 10 anni di vita per quella maledetta canzone, mi ero appena resa conto che ormai non potevo passare il resto del pomeriggio come una depressa, nel buio della mia camera, aspettando che un angelo di nome Harold Edward Styles venisse a salvarmi dalla noia; andiamo avevo 19 anni e mezzo!
Come prima cosa scostai lentamente il piumone per poter uscire “all'aria aperta” e subito iniziai a cantare prima non molto forte ma dopo a voce decisamente più alta, iniziai anche a saltare come nel video. Quella canzone riusciva sempre a mettermi di buon umore, forse per i ricordi dell'estate 2012 passata sul divano a urlare ogni volta che l'Italia segnava agli Europei. Per me e Daniela, forse le tifose più accanite del calcio italiano, ogni rete corrispondeva a una vincita alla lotteria. Inutile dire quanto ci eravamo imbestialite davanti alla televisore quando scoprimmo che la Spagna ci aveva battuti senza fatica. Una rabbia! Ricordo di non aver mai detto così tante parolacce davanti alla tv... A peggiorare la situazione poi ci aveva pensato Niall che invece tifava proprio per la squadra avversaria, brutto irlandese impostore!
Continuai a saltare e a muovere il culo a ritmo di musica come se fossi su un palco davanti a milioni di persone; mi capitava spesso di immaginarmi davanti a una folla enorme e cantare come se non ci fosse un domani, era il mio unico sfogo. Continuai a “ballare”, urlare e gasarmi fino alla fine della canzone. Avevo addirittura il fiatone, pazzesco! Dopo aver stoppato la musica mi girai un attimo ma mi bastò quello per accorgermi della figura di Margaret a bocca aperta mentre mi fissava come quando avevamo sentito al telegiornale che ci sarebbe stato il film di Peppa Pig al cinema... Avvampai all'istante rendendomi conto dell'ennesima figura di merda appena fatta ma cercai subito di mettere in chiaro le cose.


- Stavo... - iniziai a dire cercando una spiegazione per quello che stavo facendo

Spiegazione che però non c'era. Cominciai a provare caldo e di certo non per la mia performance.

- Tranquilla non dirò niente comunque scendi che sono venuti i ragazzi – mi rispose tornando normale, come se non fosse successo niente

Annuii abbassando lo sguardo e dissi a me stessa che per quel giorno doveva essere già abbastanza. Mi lasciò al centro della stanza appannando leggermente la porta e io ne approfittai per infilarmi le calze, era un mio vizio: non sopportavo tenere le calze in casa, a costo di congelarmi i piedi non le avrei mai indossate per tanto tempo. Non mi guardai nemmeno allo specchio, che differenza faceva? Tanto una guardata in più non avrebbe cambiato il mostro interno ed esterno che ero, ormai però ci avevo fatto l'abitudine e non potevo cambiare anche se mi sarebbe piaciuto. Mi limitai a poggiare sul comodino le cuffie e il cellulare mentre mi spostavo i capelli su una sola spalla e ripensavo alle parole della canzone di Miley Cyrus... una delle mie preferite non c'è dubbio. Mi diedi un'ultima scrollata alla felpa e dopo qualche minuto cadde sul pavimento, con un piccolo ticchettio, una monetina che rotolò fin sotto il letto.

- Uff proprio ora eh? - sussurrai chinandomi per prenderla

A quanto pare però si era spinta un po' più lontano da me così fui costretta a infilarmi sotto il mobile per riuscire a prenderla.

- Che mi tocca fare! - borbottai schifata da tutta quella polvere

Mi guardai bene intorno prima di riuscire a vederla un po' più distante da me.

- Fatto! - esultai afferrandola

Sarei uscita subito da quel “nascondiglio” se 2 voci fin troppo conosciute non fossero entrate nella mia stanza. Per evitare un'altra figuraccia preferii restare lì e, anche se sapevo che spiare non era una bella cosa, ascoltai tutta la conversazione.

- Louis è una follia! - riconobbi subito Harry
- Ma perché?! Harry è la mia vita se permetti! - rispose deciso Louis chiudendo la porta
- Mi spieghi perché proprio ora?! -
- Perché ho aspettato tantissimo e non ce la faccio più! Ho bisogno di fare questa cosa! - continuò il mio migliore amico abbassando leggermente la voce

Il fatto che Harry fosse così contrariato mi stava facendo venire un dubbio: quale cazzata aveva fatto quel mongoloide? Qui c'è qualcosa che puzza e per una volta Niall non centra.

- Senti, ne ho parlato anche con i genitori di Giulia. Sapevo che ci sarebbero rimasti un po' sorpresi ma alla fine mi hanno appoggiato perché loro hanno capito che è la mia vita! Ti prego Harry! Sei il mio migliore amico! - insistette Louis

Sentii subito uno sbuffo ma non riuscivo a capire a cosa si riferissero.

- Ti ricordi l'ultima volta com'è andata a finire?! -
- Si ma con Eleanor era diverso! -
- Senti ok. Ma come la mettiamo con Manu eh?! -

Fermi tutti, hanno osato pronunciare il mio nome. La situazione si fa interessante... continuai ad ascoltare nel mio silenzio tombale, nonostante la polvere si stesse impossessando dei miei poveri capelli, ma sapevo che un minimo passo falso avrebbe potuto rovinare tutto quindi decisi di patire senza una parola.

- Glielo devo ancora dire ma... ho paura di come possa reagire... -
- Louis, ha bisogno di te. -

Sentire una frase così dura da parte di Harry mi fece salire i brividi lungo la schiena. Non sembrava arrabbiato o cose del genere ma piuttosto... protettivo. Era vero: avevo bisogno di Louis ma era la stessa necessità che provavo anche per gli altri. Non so perché ma quella conversazione mi fece un po' preoccupare... Cosa centrava Giulia? Cosa centravo io? Perché Harry era così contrariato?

- Lo so e anche io di lei. Ma sento di dover fare questa cosa, Harry ti prego! Non ce la faccio più! Ho aspettato così tanto tempo! - lo pregò in ginocchio Louis

Quando sentii le sue ginocchia sul pavimento, vicino al letto mi si gelò il sangue. E se mi avesse vista?! Che figuraccia ci avrei fatto?! Mi allontanai un po' di più e mi chiusi praticamente a riccio per sembrare più piccola. Se avevo sempre odiato il mio fondo schiena a mandolino, in quel momento lo avrei letteralmente fatto scoppiare. Wow come sono violenta...

- E va bene dai alzati – cedette Harry aiutandolo a farlo tornare di nuovo in piedi
- Mi appoggerai? -
- Ho altra scelta? -
- No, grazie Harry! Grazie grazie grazie grazie! - esultò Louis iniziando a saltellare

Sentii una piccola risatina da Harry e non so nemmeno io cosa avrei dato per vedere il suo visino dolce; si così mi avrebbero vista e sarei diventata l'obbiettivo principale di Swiffer Duster nella pubblicità.
Non sentendo più le urla di Louis dedussi che se ne fosse andato e proprio mentre Harry si stava avviando fuori mi venne da starnutire, ma santo Grande Puffo proprio ora devo scatenare un terremoto con un mio starnuto?! Tappandomi il naso per poco non soffocai ma almeno avevo evitato la figura dell'idiota. Sarebbe andato tutto perfettamente se la monetina non mi fosse scivolata dalla mano e avesse rotolato fino ad “atterrare” vicino a un suo stivaletto, ok è ufficiale: oggi non è la mia giornata!


- Uh una monetina! - esultò Harry afferrandola e mettendosela in tasca tutto sorridente

Brutto ladro! Io ero diventata la ragazza fatta di polvere per quel penny e lui se lo prendeva come ne nulla fosse?! Pff maledetto cuore che non riusciva a essere arrabbiato con lui nemmeno per un secondo.
Attesi ancora per qualche minuto che Harry uscisse e, una volta rimasta di nuovo da sola, potei finalmente uscire da quella sotto specie di habitat naturale degli acari. Scommetto che i capelli fossero grigi come quelli di una 80enne ma sinceramente me ne importava poco: dovevo scoprire cosa volesse fare Louis e, detto con tutta la sincerità di questo mondo, ero tutto tranne che tranquilla. E se avesse voluto lasciare Giulia?! In fondo aveva parlato con i suoi genitori... forse voleva chiedere scusa a tutti... Come avrebbe reagito quel piccolo raggio di sole?! Le avrebbe spezzato il cuore! Dovevo intervenire. Prima regola per andare d'accordo con me: non toccate le mie amiche. Pensavo che Louis lo sapesse ma a quanto pare gli sarebbe servito un bel ceffone per ricordarselo!



HARRY'S POV.

Ero appena uscito dalla camera di Manuela, con un penny in tasca e dopo aver subito le preghiere di Louis. Cosa volesse da me, ancora non lo avevo capito: perché serviva la mia approvazione per portare Giulia in vacanza?! Non ero mica suo padre! In più aveva già preparato tutto: i biglietti, il permesso dei genitori di Giulia... l'unica cosa che mancava (nonché la più importante) era la proposta proprio alla sua ragazza e l'avviso a tutti. Quella che mi preoccupava di più era Manuela: sapevo quanto era legata a Louis e il fatto che partissero per 20 giorni mi faceva stare tutto tranne che tranquillo, e se avesse avuto bisogno di lui proprio in quel periodo? Non ero d'accordo con quel viaggio, non solo perché conoscendo Giulia non sapevo cosa avrebbe risposto, ma anche perché secondo me era troppo presto: dopo 8 mesi insieme già un viaggio insieme, solo loro due... Forse ero io quello all'antica ma per me era comunque tutto troppo affrettato. Andiamo Giulia aveva solo 17 anni! In fondo però sapevo che Louis l'amava sul serio e sapevo anche che avrebbe fatto di tutto per proteggerla... per questo alla fine acconsentii. Cosa c'è di meglio che vedere i propri amici felici?
Camminando per il corridoio per tornare al piano di sotto però mi sorse una domanda: che fine aveva fatto Manuela? Ero andato in camera sua per restituirle l'Mp3 che mi aveva prestato il giorno prima ma non l'avevo trovata. Inoltre volevo vedere il suo visino dolce mentre ascoltava When I Look at You... sapevo che amava quella canzone e per questo le avevo fatto una sorpresa. Un pensiero semplice che però veniva dal cuore, una di quelle piccole cose che però fanno emozionare. Senza nemmeno accorgermene stavo sorridendo come un idiota al solo ricordo di lei, per tutta la notte precedente mi era sembrato quasi di tornare un ragazzino alla prima cotta con una faccia da perfetto ebete persino quando ero andato in bagno per fare pipì... Era indescrivibile l'effetto che quella ragazza aveva su di me.
Sorrisi per un'ultima volta e, con ancora in mente l'immagine di quel bacio meraviglioso, scesi al piano di sotto dagli altri. Louis mi aveva detto all'inizio che avrebbe fatto la grande proposta proprio quel pomeriggio piovoso di inizio dicembre, davanti a tutti. “Per rendere l'atmosfera ancora più magica” aveva aggiunto con orgoglio. Lo riuscivo a capire perché io avevo un simile “sogno” da far realizzare: avrei capito di trovarmi davanti all'amore della mia vita quando ci saremo baciati sotto la pioggia. Non so perché ma... era come una dimostrazione d'amore per me: un gesto improvviso, non programmato ma proprio per questo ancora più speciale.
Raggiunsi il divano, dove erano sedute Daniela e Margaret, e lanciai uno sguardo d'intesa a Louis: era arrivato il momento. Da cosa l'avevo capito? Bhe facile: il sudore sulla sua fronte faceva vedere un certo nervosismo ed ero più che sicuro che se non si fosse dato una mossa sarebbe svenuto come quando aveva rivisto Giulia. Louis era leggermente... come dire... ah ecco: sensibile in certe situazioni e l'emozione gli giocava brutti scherzi a volte.


- Ehm... ragazzi devo fare... un annuncio... - balbettò visibilmente imbarazzato

Tutti si girarono verso di lui scioccati e sapete il perché? Perché Louis non aveva mai, mai e sottolineo mai balbettato: ennesima conferma di quanto Giulia gli avesse ridotto il cervello in poltiglia.

- Manca Manu – ci fece notare Margaret girandosi per cercarla
- Fa niente glielo dirò dopo... - rispose Louis continuando a sudare

In quel momento non sapevo se stesse sudando di più per la futura risposta di Giulia o per il dover affrontare Manuela dopo. Io avrei avuto più paura della seconda ipotesi.

- Amore puoi venire un attimo? - chiese gentilmente a Giulia prendendola per mano

Ero più che sicuro che lei non sospettasse niente e ne ebbi la conferma quando accettò senza nemmeno un po' di nervosismo; anche lei era una che molte volte si faceva prendere dall'entusiasmo ma soprattutto dall'emozione e lì sembrò non averne nemmeno un po'. Si sistemarono vicino all'ingresso, un po' più lontano da noi, e all'improvviso Louis si inginocchiò come se dovesse chiederle di sposarlo. Stavo lottando contro me stesso per non scoppiare a ridere perché era stato veloce come un fulmine e si stava rendendo un po' ridicolo, ma sapevo che se avessi riso il mio migliore amico avrebbe perso tutto il coraggio che aveva acquistato fino ad allora. L'espressione di Giulia e Mara era da film: occhi spalancati e scioccate come non le avevo mai viste, motivo in più per scoppiare a ridere.

- Amore mio... -
- Dimmi – rispose incerta Giulia non sapendo nemmeno lei cosa aspettarsi
- Siamo insieme da 8 mesi ormai e, anche se abbiamo dovuto affrontare la grande distanza, ti posso assicurare che è stato il periodo più bello della mia vita... -

Assomigliava molto a una proposta di matrimonio e non mi stupii più di tanto quando riguardai Mara e la vidi con la bocca così aperta da toccare quasi terra.

- FERMI TUTTI! - sentimmo urlare dalle scale

Girammo tutti quanti lo sguardo e, in meno di un secondo, una Manuela praticamente grigia da capo a piedi volò letteralmente verso Louis per poi iniziarlo a schiaffeggiare sul pavimento. Ero rimasto scioccato: 1) perché era grigia? 2) perché stava schiaffeggiando Louis? Ma soprattutto perché stavo pensando cose stupide invece di aiutarlo?! Accorsi insieme a Liam e Zayn verso di lei e, cercando di tirarla per le braccia cercammo di farla staccare da quel povero cadavere. Si dimenava come un cavallo selvaggio e devo dire che, anche se eravamo in tre, trovammo comunque difficoltà nel cercare di staccarla.

- Pezzo di merda che non sei altro! Voler scappare dicendolo solo a Harry e lasciare quella piccola creatura senza spiegazione! Vergognati! - sbraitò cercando di riavvicinarsi a Louis
- Ma che cazzo stai dicendo?! - urlò lui in risposta scioccato quasi quanto tutti gli altri

Ma che...?!

- Ti ho sentito mentre dicevi a Harry di appoggiarti! -
- è vero Louis? - sussurrò Giulia guardandolo sul punto di piangere
- No! Questa idiozia non mi è mai passata nemmeno per l'anticamera del cervello! - la rassicurò rialzandosi per abbracciarla

Nel frattempo Manuela sembrava essersi calmata finalmente ma, esattamente come gli altri, non ci stava capendo più niente. Perché tutto a un tratto mi sentivo in un certo senso colpevole?

- Ci spiegate che sta succedendo per favore? - ci chiese gentilmente Daniela

Sia io che Louis sbuffammo nello stesso momento e lo guardai come per dirgli di muoversi a spiegare. Diciamo che quel briciolo di atmosfera si era velocemente spezzata quindi tanto valeva vuotare il sacco subito.

- Volevo... Ho organizzato un viaggio solo per me e Giulia a New York durante tutto il periodo natalizio e Capodanno. Ho aspettato tanto per poterlo fare e ho anche chiesto ai suoi genitori il permesso: sono rimasti un po'... scioccati, perché ovviamente non se l'aspettavano, ma alla fine hanno detto di si. Volevo fare una sorpresa a tutti, soprattutto a te amore mio... - spiegò col capo chino rivolgendosi alla sua ragazza - Mi... mi dispiace di non essere stato in grado di dirlo al momento giusto e... di non avervelo detto ragazzi. Davvero mi dispiace ma non sapevo come avreste reagito -

Ci guardammo tutti tra di noi prima di correre ad abbracciare Louis per poterlo confortare, aveva dimostrato più coraggio in quelle scuse che in tutto il discorso precedente. L'unica che ne rimase fuori fu Manuela, seduta sul pavimento e poggiata al divano. Mi girai verso di lei e le feci segno con la testa di unirsi a noi, ma non ricevetti esattamente la risposta che avevo sperato: mi guardò per un attimo prima di nascondersi la testa tra le ginocchia divorata dal senso di colpa per aver capito male.

- Manu... - sussurrò Louis una volta finito l'abbraccio

Non bastò nemmeno questo per riuscire a farla alzare.

- Dai vieni Manu, è tutto ok – la rassicurò Liam facendo annuire tutti

Per quel poco che alzò lo sguardo potemmo notare i suoi occhi lucidi ma, una volta essersi convinta, si alzò e corse verso di noi per poi essere sommersa dalle braccia del gruppo. Aveva perso pezzi di polvere per strada e ci stava riempiendo di acari ma non era questo l'importante: bastava stare tutti insieme.

- Un attimo! - annunciò Mara staccandosi improvvisamente – Giulia ancora non ha risposto! -

Guardammo tutti la diretta interessata che con un sorriso da orecchio a orecchio annuii convinta prima di baciare Louis con tutto l'amore possibile e immaginabile.

- Meno male che era questo! Se le chiedevi si sposarti ti prendevo a sprangate in testa fino a farti dover mettere i punti signorino impertinente! - scherzò Mara
- Tempo al tempo Mara! Non essere così precoce! - risposero ridendo entrambi per poi beccarsi un'occhiataccia

Iniziammo a ridere tutti quanti, e fregandomene della polvere, misi un braccio intorno alle spalle di Manuela. Ricevetti, con molto piacere, un bacino sulla fossetta e io invece le baciai la fronte beccandomi però così un enorme acaro in bocca.

- Che schifo! - esclamai cercando di sputarlo mentre tutti gli altri si piegarono in due dalle risate

Non riuscivo a capire il motivo di quell'aspetto da parte sua ma alla fine però scoppiai a ridere anch'io. Lo avrei scoperto dopo ma comunque non avrei smesso di farle le coccole per quel “piccolo” particolare. Se ci pensavo il viaggio di Louis poteva anche essere una prova. Lui era sempre stato il fratello che Manuela non avevo mai avuto ed era indispensabile per la sua vita... bene: in quel lasso di tempo sarei diventato io il suo nuovo punto di riferimento, l'uomo su cui contare e su cui appoggiarsi anche per le piccolezze. L'unica domanda che però mi sorgeva era: sarei stato in grado di proteggerla, di non farla soffrire, di farla sorridere davvero ma soprattutto di farla sentire speciale? 







                                                                           I've smiled for her again...   



Spazio Autrice: Eccomi qua! Ultimo giorno di vacanza e io devo ripetere ancora scienze per il compito di domani .-. non potevo lasciarvi senza capitolo però u.u veramente era già pronto da un po' ma non ho potuto postarlo sorry. (cause di forza maggiore .-.) allora: in questo capitolo non succede molto me ne rendo conto ma finlamente Louis ha trovato il coraggio di invitare Giulia in una bella vacanzina natalizia a New York *-* non vi dico io e Mara quanto ne abbiamo discusso -.- io volevo farli andare in Brasile ma poi, come mi ha fatto notare la mia compagna di banco u.u, quei due potrebbero combinare casini lì quindi meglio un territorio neutro u.u che ne dite in generale del capitolo? A me piace molto la parte iniziale dove Manuela riflette su tutto quello che le è successo, mi piace perché non ho mai descritto i sentimenti così accuratamente :) spero sia piaciuto anche a voi u.u altra cosa: la storia sta raggiungendo risultati incredibili che mai mi sarei aspettata in vita mia davvero o.o stiamo arrivando alle 90 persone per le preferite e le seguite e ci stiamo avvicinando alle 30 per le ricordate o.o non ci sono parole per spiegarvi quanto sono felice di questi risultati e ogni vostra recensione mi fa piangere di gioia :') mi rendete sempre più orgogliosa di questa storia :') ok passiamo alle domande del giorno vi va? <3:
1) come pensate che starà Manuela senza il suo migliore amico?
2) secondo voi ci riuscirà Harry a proteggere la sua amata?
3) secondo voi cosa possono fare gli altri durante le vacanza natalizie? (per esempio: Niall e Daniela...)
La terza domanda è per trovare qualche idea perché veramente non so che inventarmi :/ so solo cosa faranno Harry e Manuela e fidatevi: vi lascerà spiazzate u.u ops u.u ci risentiamo presto promesso ;) grazie ancora di tutto <3 Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***








- Ed eccoci di nuovo qui... Senti io devo confessarti una cosa molto importante. È da un po' di tempo che avevo intenzione di dirtelo ma non ne ho mai avuto il coraggio... io ti amo. Ecco, l'ho detto! Ti amo più della mia vita e non posso vivere senza di te! Allora, che ne dici? Non mi guardare così ti prego... Cosa? Mi ami anche tu? Oddio! Awwww vieni qui! -
- Se hai finito la tua dichiarazione d'amore al Mordicchio, Manu possiamo andare -

Chi osava interrompermi nel mio momento di intimità con il Mordicchio?! Mi girai con ancora quella bontà in bocca e notai Giulia all'ingresso con l'ultima valigia mancante ai suoi piedi. Era già ora di andare? Uffa e io che volevo godermi il mio snack in pace! Perché diciamocelo: quello si che era paradiso! Con quelle arachidi tostate, quel caramello, tutto quell'insieme di bontà e dolcezza che mi facevano sentire viva... e tutto in una sola barretta. Possibile che riuscissi a dichiarare il mio amore al Mordicchio e non a Harry? Mi sto seriamente spaventando di me stessa... Purtroppo il giorno della partenza di Giulia e Louis era arrivato (troppo in fretta secondo me) e a quanto pare le ragazze stavano aspettando la sottoscritta.
Le feci segno di aspettare un secondo e mi ingozzai letteralmente con quel pezzetto di paradiso, nonostante l'avessi strafogato in 5 secondi me lo gustai a pieno in ogni singola arachide... un motivo in più per amarlo.


- è proprio vero che l'amore ha sempre una fine... - sussurrai facendo finta di piangere e guardando sofferente la carta ormai vuota e un po' appiccicosa
- Ma finiscila! - mi sgridò ridendo Giulia spingendomi di sopra per mettermi le scarpe

Accompagnai la sua risata con la mia e mi precipitai al piano di sopra. In fondo, anche se mi piangeva il cuore al solo pensiero di non averli più in giro per casa, ero contenta per loro: un po' di privacy non guastava a nessuno, in più non si erano visti per tanto quindi se lo meritavano anche. In più esistevano Skype e Facebook per sentirci, sarebbe stato come averli accanto a me... con l'unica differenza che avrei potuto parlarci tramite un pc. In fondo erano solo una ventina di giorni, non sarebbe stato così terribile... ma chi sto cercando di prendere in giro? Ovvio che sarebbe stato orribile senza quei due per casa! Il nostro gruppo doveva rimanere unito, se anche solo uno di noi andava via non era più lo stesso mi sembra ovvio. Non potevo mostrarmi troppo dispiaciuta però: a Louis e Giulia già dispiaceva andarsene, figuriamoci se avessi iniziato a fare una sceneggiata. Dovevo solo sorridere ed essere felice per loro. Ci sarebbe stati gli altri con me, soprattutto Harry, non dimentichiamocelo. Proseguii convinta verso la mia camera fino ad entrarci per allacciarmi le Converse; mia madre aveva sempre odiato quelle scarpe, soprattutto con il tempo umido. “Ma dove vuoi andare con quelle scarpe di pezza sotto la pioggia (o la neve)?! Ti si inzupperanno tutte!” continuava a ripetermi per cercare di convincermi, povera illusa: non poteva sapere che in realtà le indossavo comunque a sua insaputa. Guardando fuori dalla finestra però non potei fare a meno di notare delle nuvole grige non molto invitanti, e se fosse scoppiato un temporale all'improvviso? In fondo eravamo a dicembre e non sarebbe stata di certo una novità. Mi decisi a indossare i miei Dr Martens (scorso regalo di compleanno) e con una sciarpa e un cappottino scesi di nuovo al piano di sotto, meglio prevenire il freddo.

- Ce l'hai fatta finalmente! - si congratulò Giulia riprendendo la sua valigia
- Scusa, non sapevo se mettermi le Converse o gli stivali -
- Hai fatto bene a coprirti. Fuori fa un freddo terribile -
- E tu come lo sai? - le chiesi aiutandola
- Bhe sai com'è: mentre tu e il Mordicchio limonavate io e le ragazze abbiamo messo le cose in macchina – mi rispose sarcastica

Se non avesse accompagnato la frase con un sorriso avrei giurato che fosse un rimprovero.

- Meglio tardi che mai no? -

La accompagnai fuori ma, dopo aver chiuso la porta, una folata di vento gelido mi colse in piena faccia congelandomi in un attimo tutti i muscoli facciali. Provai addirittura dolore per quella potenza, giuro che se qualcuno ci ha fatto una foto e poi ci tagga su Facebook gliela faccio pagare! Anche Giulia rimase pietrificata dal quel freddo così pungente ma per fortuna dopo qualche minuto riuscimmo a combatterlo e raggiungere la macchina davanti al marciapiede. Dire che risultò un'impresa titanica è implicito. Per una volta lasciai che a guidare fosse Mara e, una volta sistemata in mezzo a Giulia e Margaret, rimasi in silenzio per tutto il tempo. Non ero disperata o depressa, semplicemente non mi veniva niente di interessante da dire; per fortuna la calotta della macchina era chiusa, almeno non rischiavamo di diventare pezzi di ghiaccio. Dallo stereo partirono subito le note di Dark Horse e all'improvviso mi venne il forte impulso di iniziare a cantare, per evitare di rendere sorde le mie amiche però rimasi ancora in silenzio mentre le altre facevano commenti non proprio positivi sul tempo. Era divertente stare a sentire senza dire nulla, non mi capitava molto spesso e in quel momento capii quanto fosse giusto e rilassante tenere la bocca chiusa... ok non ero per niente me stessa, mi sembra abbastanza ovvio. Avevo l'umore a pezzi e nonostante facessi finta di niente mi venivano le lacrime agli occhi, maledetta debolezza... ripensai istintivamente all'incubo su Harry e mi si riaprì un buco allo stomaco. Avevo paura: di perderlo, di fare qualcosa di sbagliato, di farlo soffrire ma soprattutto di non essere all'altezza per lui. Non mi fidavo nemmeno io di me stessa, figuriamoci come avrebbe potuto farlo lui. L'amore aveva sempre fatto schifo per me, sempre e non erano state rare le volte in cui mi ero addirittura pentita di essermi innamorata... allo stesso tempo però avevo anche ringraziato mia nonna lì sopra per avermi fatto incontrare quell'angelo dagli stivaletti orripilanti. L'amore fa schifo, ma è anche la cosa migliore che possa mai capitare a qualcuno.

- Manu tutto ok? - mi chiese dolcemente Mara guardandomi tramite lo specchietto retrovisore
- Eh? Sisi tutto ok – risposi sforzandomi a sorridere
- Dai su con la vita! Non parto mica per sempre! - scherzò Giulia tirandomi leggermente le guance per farmi sorridere di nuovo

Feci come voleva e mi limitai a partecipare un po' più attivamente alle risate e alla conversazione, le ragazze però non erano di certo stupide e preferirono non fare domande. Tanto non avrei saputo rispondere lo stesso quindi tanto valeva non farlo proprio.
Arrivammo all'aereoporto dopo non molto per fortuna e una volta scese dalla macchina tutte ci stringemmo nei nostri cappotti, quel freddo era davvero insopportabile. Aiutammo Giulia a scendere i bagagli ed entrammo nella struttura per stare al calduccio, inutile dire che si ci aprì davanti il classico scenario londinese: una marea di gente intenta a parlare, correre, aspettare il proprio volo mentre varie voci dagli altoparlanti annunciavano le partenze.
Ci sistemammo su delle sedie non molto lontane dall'ingresso e aspettammo l'arrivo dei ragazzi, l'aereo sarebbe partito tra non molto quindi avrebbero fatto meglio a muoversi.



HARRY'S POV.


- Louis ci sei?! - urlai per la terza volta sperando che il mio migliore amico si desse una mossa
- Si! Ci sono! - rispose di rimando correndo per le scale con un borsone mezzo aperto
- Se vuoi essere derubato fa pure – scherzò Zayn chiudendolo del tutto
- Mi sembra di aver preso tutto... - pensò ad alta voce Louis guardandosi intorno
- A parte i mobili e i nostri vestiti sì, hai preso tutto – rispose Liam spingendolo fuori

Stavamo facendo tardi e per fortuna che lo avevamo avvertito di preparare tutto la sera prima! Louis ascolta mai? Datevi la risposta da soli. Corremmo letteralmente alla macchina e, senza nemmeno preoccuparmi che fossero tutti seduti, accelerai subito verso l'aereoporto.

- Incosciente! - mi sgridò Niall

Mi misi a ridere e lanciai un'occhiata dallo specchietto retrovisore, a quanto pare non si erano nemmeno seduti bene alla mia partenza spericolata: Louis era finito addosso a Zayn, Liam era sbattuto di schiena contro il sedile e Niall aveva appena dato una testata al finestrino. Ora però la domanda sorge spontanea: perché si erano sistemati tutti e 4 dietro se accanto a me c'era un posto libero? Ripensandoci io non gli avevo dato nemmeno il tempo di mettere a fuoco la situazione... ops, colpa mia. Poggiai un braccio al finestrino e, continuando a tenere lo sguardo sulla strada, iniziai a pensare a cosa sarebbe successo dopo la partenza di Louis e Giulia. Sarebbe potuto andare tutto bene esattamente come sarebbe potuto andare tutto a rotoli, qualsiasi cosa sarebbe dipesa da come l'avrei affrontata. Dovevo solo avere fiducia in me stesso e sperare che Manuela si fidasse ciecamente di me. Facile come bere un bicchiere d'acqua... e se l'acqua mi fosse andata di traverso? Io e la mia solita visione catastrofica!
Continuai a guidare, questa volta con più prudenza, e sperai di non arrivare troppo tardi: non sarebbe stato molto piacevole dover ricomprare i biglietti per un altro volo. Tra una risata e un'altra fortunatamente riuscii a trovare un parcheggio libero e riniziai a respirare quando notai di essere in perfetto orario.


- Coraggio Tommo, la Grande Mela ti aspetta – affermai scendendo dalla macchina insieme agli altri

Gli comparve subito un sorriso in volto che aumentò nel vedere la sua ragazza, seduta su una sedia accanto alle altre. Erano l'amore quei due e lo sarebbero sempre stati. Mentre tutti gli altri salutarono le loro rispettive fidanzate con coccole e baci, io e Manuela ci guardammo negli occhi con un sorrisino timido. La vedevo... strana. Anche se sorrideva c'era qualcosa nei suoi occhi che non mi convinceva per niente, erano... tristi. Con un po' di coraggio mi avvicinai a lei e l'abbracciai per respirare il suo dolcissimo profumo di Borotalco, era così buono. Socchiusi gli occhi fino a quando non sentii un bacino vicino all'orecchio e lì sorrisi ancora di più, amavo quando mi baciava e lei lo sapeva perfettamente.

- Buongiorno angioletto – sussurrai con voce roca sperando in qualche sua reazione

Per fortuna ebbi esattamente quello che volevo: la sentii irrigidirsi sotto il mio tocco e mi sentii molto soddisfatto di me stesso. A quanto pare non ero l'unico ad impazzire con cose del genere, soprattutto poi se a farle era lei.

- Ma come siamo dolci stamattina eh Styles? - domandò divertita per poi scollarsi subito dalla mia presa
Che ti posso dire: mi sei mancata stanotte e ora ne approfitto – risposi fiero riavvicinandomi
- Si ma preferiremmo non vedervi scopare qui in aereoporto, per favore – rispose Mara visibilmente divertita

Diventai subito rosso come un peperone mentre la mia ragazza sembrava trovare la situazione divertente, era davvero stronza a volte... ma non avrei mai rinunciato nemmeno a quel suo lato. Ci avviammo tutti insieme verso il check-in ma fu proprio lì davanti che Giulia ci fermò con una mano.

- Ragazzi ci dobbiamo salutare. L'aereo partirà tra poco ed è inutile aspettare qui... - disse con gli occhi lucidi prima di iniziare ad abbracciare le ragazze
- Vi prego, appena arrivate chiamateci – le disse Daniela cercando di far tornare indietro le lacrime
- Ovvio. Sarà la prima cosa che faremo promesso – rispose deciso Louis prima di tirare pacche sulle spalle anche ai ragazzi

Quando arrivò il mio turno per salutarlo lo abbracciai normalmente, fregandomi del fatto che qualcuno potesse darmi del gay, e faticai moltissimo per non scoppiare a piangere: per quanto volessi tenerlo nascosto sarebbero mancati moltissimo anche al sottoscritto.

- Ti prego state attenti – gli sussurrai stringendolo ancora più forte
- Harry dai sono solo 20 giorni – scherzò scompigliandomi i capelli
- Si ma state attenti comunque – risposi deciso staccandomi dall'abbraccio

Una volta finiti tutti i saluti, e qualche lacrima dalle ragazze, Giulia e Louis si allontanarono per fare il check-in e li salutammo un'ultima volta prima di iniziare ad avviarci verso le macchine. Istintivamente incrociai la mano con quella di Manu e riuscii perfino a strapparle un misero sorriso, bene: posso riuscirci. Una volta arrivati al parcheggio le ragazze subito entrarono nella Fiat 500' della mia ragazza e decidemmo tutti insieme che sarebbe stato meglio ritrovarci tutti a casa nostra. La mancanza di quei due si sarebbe sentita però almeno noi stavamo insieme e dovevamo continuare a farlo. Il tragitto di ritorno fu un po' silenzioso e per questo decisi di accendere la radio, almeno qualcosa avrebbe fatto un po' di rumore: partirono subito sulle note di Rather Be e inconsapevolmente iniziai a canticchiare. Era una di quelle canzoni che se ti entrano in testa ti ci rimane per giorni se non pure settimane, era abbastanza orecchiabile quindi perché non canticchiarci su? Con un po' di stupore successivo al silenzio sentii che anche Niall e gli altri mi seguirono e tutti insieme ci ritrovammo a sgolarci sulle noti “N-n-n-no, no, no, no place I rather be”. Questi si che eravamo noi.
Arrivammo a casa dopo più o meno 10 minuti e, fortunatamente, prima delle ragazze: la casa era un vero e proprio porcile e qualche messa a punto non sarebbe stata sgradita. Misi a posto la mia roba sparsa per il salotto e i ragazzi fecero lo stesso, forse dovevamo a essere un po' più ordinati...


- Ragazzi avete visto i mie boxer bian... - urlai prima di trovare, sotto a una felpa, una foto

La osservai attentamente e mi riconobbi subito, addormentato sul divano e con la testa di Manuela sulla mia spalla. Doveva essere quella foto che ci avevano scattato di nascosto alla fine della nostra scampagnata in montagna, pensare che me l'ero pure dimenticata. Non avevo mai scattato una foto insieme a lei ed ero più che sicuro che quella sarebbe stata la prima di una lunga serie... o almeno ci speravo. Avevo sempre pensato che nella nostra relazione la parte più bella fosse lei ma a quanto pare, osservando ancora quel pezzo di carta, sembravamo davvero nati per stare insieme. Ci mancavano solo le nostre mani incrociate e sarebbe stato un quadretto a dir poco perfetto. Mi tornarono alla mente tanti momenti legati a quella gita insieme: dalle liti per la camera a quando l'avevo vista in reggiseno, dall'inseguimento del treno al primo bacio che le avevo lasciato mentre dormiva... era incredibile la quantità di ricordi che mi legavano a lei e in così poco tempo poi!

- Harry che hai detto che ti serve? - mi chiese Niall raggiungendomi
- Eh? Ah si: mica hai visto i miei boxer bianchi? - gli richiesi infilandomi la foto nella tasca dei jeans
- Se tu non li lasciassi in giro magari li troveresti più in fretta – rispose una voce femminile dall'entrata

Manuela all'ingresso con i miei boxer in mano. Bene. Mi ero dimenticato del fatto che avessero le chiavi e mi diedi dello stupido quando mi accorsi di non averle sentite entrare. Harry, sei un coglione ammettilo.
Diventai rosso come un pomodoro maturo, sotto le risate di Niall e i risolini imbarazzati delle altre, fin quando la mia ragazza non me li lanciò in faccia. Li buttai subito dall'altra parte della stanza e con un sorrisino innocente feci finta di niente.


- Ragazzi io ho voglia di uscire! - si lamentò Margaret raggiungendoci in salotto

Avevano fatto finta che il disordine non ci fosse o non lo avevano visto davvero? Meglio stare zitti o rischio di fare un'altra figuraccia.

- In effetti anch'io – concordò Daniela lasciando un bacio a stampo a Niall
- E allora donzelle: cosa ne dite del cinema? - propose Zayn scendendo le scale e facendo fare un mini casquè a Mara
- Sì... sì ho voglia di un bel film e di quei nachos buonissimi! - rispose Manuela con gli occhi a cuoricino

Che pensasse sempre a mangiare lo avevo intuito però lì concordai, visto che amavo alla follia anche io i nachos. Certo: andare al cinema a mezzogiorno per mangiare schifezze non è proprio normale... oh ma chi se ne frega! Noi non essere normali plebei! 




                                                                                                           
                                                                             We're perfect togheter.


Spazio Autrice: *si copre la faccia con il cuscino* ehilà! Mi vergogno da morire... perché? Perché è un'eternità che non aggiorno, perchè questo capitolo fa schifo e perché... perché sì. Ho potuto aggiornare solo oggi per via delle interrogazioni e compagnia bella, ieri sono andata in gita e mi sono addormentata alle 11 e mezza (quando mai io mi addormento così presto?!). In più questo capitolo mi fa salire il vomito perché è un vero e proprio bisognino di Kevin. Analizziamo la situazione: Louis Giulia ormai sono partiti, Manuela si sente soffocare dall'incubo, Harry cerca di essere positivo. Una situazione strana, me ne redo conto. Non si capisce niente, non succede niente e... niente. Che vi devo dire: sono entusiasta del fatto che la storia piaccia, voi mi fate sempre sorridere e davvero non so come ringraziarvi :') non mi stupirei però se questo capitolo non piacesse a nessuno :/ fa vomitare me, non oso immaginare voi. Nell'ultima scena Harry trova la famosa foto del 6° (o 7°?) capitolo... piccolo segreto: me ne ero dimenticata di quella foto XD poi rileggendo l'ho inserita u.u domande del giorno:
1) inutile chiedere: cosa ne pensate del capitolo?
2) cosa date per scontato che succederà?
3) cosa ne pensate del nuovo banner? (opera momentanea fatta da moi?)
Diciamo che per oggi ho concluso e scusate il mio umore leggermente scazzato (causa: un capitolo di cacca). Ci sentiremo presto, spero, e mi farebbe piacerebe se passaste anche per la mia One Shot "A Thousand Years". Grazie a tutti dell'ascolto e della pazienza <3 Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***









- Vi prego no! - sentimmo urlare dal bagno dove pochi minuti prima era entrata Mara
- Che succede? - gridai in risposta mettendo Mtv Music
- Coca Cola nel cesso! -

Sia io che Daniela che Margaret corremmo al piano di sopra, lasciando i ragazzi in salotto ancora confusi, e subito ci precipitammo a bussare. Quando una di noi annunciava un “Coca Cola nel cesso!” allora era proprio ora di correre, riguardavano sempre emergenze e ovviamente era anche una sorta di richiamo in codice: per questo i ragazzi non avevano capito la gravità della situazione. Per un attimo mi preoccupai anche del fatto che pensassero che ci fosse davvero della Coca Cola nel cesso... oh andiamo, non potevano essere così stupidi!... Vero? Ok ricominciamo: Mara aveva bisogno d'aiuto.
Dopo aver ricevuto il permesso, entrammo tutte e 3 e vedemmo Mara mentre si stava abbottonando i pantaloni. Sembrava tutto normale...


- Che è successo?! - chiese preoccupata Daniela guardandosi intorno

In risposta la ragazza dai jeans quasi abbottonati sventolò la confezione dei Lines ormai vuota e lì capimmo tutto: assorbenti finiti... merda.

- L'ultimo l'ho usato io quindi dobbiamo andarli a ricomprare – disse molto semplicemente scaricando

Vivere in 4 (5 con Giulia) senza assorbenti è come per un maschio vivere senza boxer, sono indispensabili: soprattutto se capita di avere il ciclo nello stesso periodo. Di solito facevamo a turno: una doveva fare la lavatrice, una doveva spolverare, un'altra doveva portare fuori la spazzatura e l'ultima doveva andare a fare la spesa (quando c'era anche Giulia ne approfittavamo per dare una sistemata anche al giardino). Lo confesso: nell'ultimo periodo il lavoro maggiore lo avevano fatto le ragazze... perché? Perché la sottoscritta era stata impegnata a oziare beatamente sul divano. Per quanto fossi stronza, non andavo di certo fiera del fatto che avessero fatto tutto le altre... però anche in quell'occasione sperai di poter rimanere a casa senza fare niente. Decisi di “nascondermi” dietro le figure di Daniela e Margaret ma, sfortunatamente per me, non mi resi invisibile... maledizione.

- Manu? - mi chiamarono tutte e 3 dopo essersi messe le mani sui fianchi
- Siiii? - risposi con la mia vocina tenera
- Lo sai che ti tocca -
- Va bene... - sussurrai a bassa voce e con la testa china

Chissà se così si inteneriscono... continuai con la mia faccina da cucciola finché non raggiunsi il corridoio, lì mi rigirai e le guardai per cercare di convincerle. Mi indicarono decise il piano di sotto con il dito e a quel punto lasciai perdere, e alla fine venivo considerata io “la testarda di casa”! Va bene: io ero una testa di marmo, questo è vero... però non è colpa mia se da piccola avevo sbattuto la testa contro un armadio e lo avevo addirittura ammaccato... ero solo una bambina! Mi sono sempre chiesta se fosse proprio per questo che fossi così di coccio, Mara mi chiamava “Miss Convinzione” e sinceramente mi faceva morire dal ridere ogni volta che lo faceva... Passa Miss Convinzione bitches!
Sentendo le note di Blurred Lines come sottofondo dal salone, iniziai a scendere le scale come una di quelle ragazze nel video e come sempre non mi importò nemmeno per un secondo di sembrare ridicola. Diciamo che quella camminata era una sorta di presa in giro verso quel video assolutamente maschilista... naaah io non dico mai queste cose! La verità? Dovevo farla ancora pagare al mio ragazzo per avermi fatta ingoiare a forza quel veleno all'ospedale, certe cose io non le dimentico.
Continuai a canticchiare e muovermi come una gatta morta fin quando non attirai completamente l'attenzione di Harry. Bene: piano perfettamente riuscito.


- Porca put... - iniziò a dire fissando, con uno sguardo del tutto poco casto, i miei movimenti sinuosi
- Meglio lei o quelle del video Harry? - chiese ridendo Liam
- Eh? - chiese confuso il ragazzo affianco a lui, non staccandomi gli occhi di dosso

Scoppiarono tutti a ridere, compresa la sottoscritta, e aumentammo ancora di più quando Harry si accorse della sua madornale figura di merda. No, non riuscivo a restare arrabbiata con lui. Gli lasciai un bacino sulla fossetta e iniziai subito a prendere le chiavi di casa e il cellulare per poter uscire.

- Dove te ne vai? - mi chiese Niall sistemandosi sul divano
- Vado un attimo al supermercato. Abbiamo bisogno di viveri – risposi controllando di avere anche i soldi

Immaginate che figuraccia se fossi andata lì e poi non avessi potuto pagare niente? No grazie, già fatto. Feci un attimo un resoconto ma, proprio mentre stavo per salutare tutti, Harry mi raggiunse e si infilò un cappellino di lana che lasciava liberi solo due ricciolini accanto all'orecchio.

- Anche tu esci? - gli chiesi alzandomi la cerniera del piumino
- Si. Ti accompagno a fare la spesa, tanto devo comprare anche io qualcosa sennò a casa nostra per vivere mangeremo i mobili – scherzò aprendomi la porta come un gentiluomo

Salutammo tutti e ci avviammo, mano nella mano naturalmente, verso il marciapiede. Il supermercato più vicino non distava molto e una bella camminata non ci avrebbe di certo fatto male, soprattutto a me... ma che sto dicendo?! Hanno inventato la macchina apposta! In più, con tutte le buste che avremmo dovuto portare, sarebbe stata anche più comoda.
Il cielo londinese quel giorno era grigio (e quando mai) ma per fortuna non aveva attaccato a piovere o altro, io personalmente non vedevo l'ora che Londra si tingesse di bianco. Avevo sempre amato la neve, forse legata ai tanti ricordi che avevo con essa in Italia... abitando in una città non molto lontana dalla montagna, non era mai stato raro che verso dicembre già iniziassero a scendere i primi fiocchi che poi si sarebbero trasformati in bufere vere e proprie. Mi era sempre piaciuto starmene seduta sul bordo della finestra di camera mia e osservare il movimento delicato e dolce della neve, il tutto accompagnato da un buonissimo Ciobar caldo e un plaid... se poi avevo un buon libro sotto mano o le cuffiette, ogni momento diventava magico nel verso senso della parola. Quel Natale avrei dovuto passarlo con la mia famiglia in Scozia dove un vecchio amico di mio padre ci aveva invitati, in realtà non mi era mai importato di andare in Scozia ma non vedevo l'ora di passare di nuovo del tempo con i miei genitori: ormai riuscivo a vederli pochissimo e le vacanze natalizie erano un occasione per stare un po' con loro. Le ragazze, da quello che sapevo, avrebbero passato tutto il tempo con i loro rispettivi fidanzati e non potevano darmi notizia più bella: mi emozionavo io per loro quando ogni coppia aveva la propria intimità, figuriamoci se passavano del tempo insieme. L'unico a cui non avevo chiesto niente era proprio Harry, non so perché ma non avevamo mai affrontato il tema “periodo natalizio”... mi sarebbe piaciuto tantissimo poter stare con lui ma non avevo preso nemmeno in considerazione l'idea: a meno che non fosse venuto con me, non c'erano possibilità di stare insieme.
Arrivammo alla sua macchina e, tra una battuta scema e l'altra, arrivammo davanti a quel piccolo edificio dove però andavano tutti quelli del quartiere, deduco che fosse così per la gentilezza del personale. Una volta scesi dall'auto prendemmo un carrello ciascuno ma all'improvviso mi venne una voglia pazzesca di entrarci dentro e proseguire; quando ero piccola lo facevo sempre quindi perché non rivivere vecchie memorie?
Perché hai 19 anni e non ci entrerebbe nemmeno il tuo culo forse?!
In effetti il mio criceto non aveva tutti i torti... però, come diceva sempre Louis: “Se non si fanno cazzate a quest'età, quando le dovremmo fare?” o forse era Mara che lo diceva sempre? Vabbé il senso è quello.
Rimisi subito a posto il carrello che avevo preso e senza dire niente a nessuno mi “arrampicai” su quello di Harry fino a cascarci dentro di culo. Inutile dire che rimase scioccato come se avesse appena visto chissà quale cosa scandalosa.


- Che c'è? - chiesi innocentemente sistemandomi meglio
- Hai intenzione di restare lì dentro per tutto il tempo? - mi chiese confuso e un po'... a disagio
- Problemi? Non è affar mio bitch! - risposi convinta alzando una gamba

Fanculo anche al mio criceto che aveva dubitato del mio culo a mongolfiera.

- Piccola ti prego scendi, ci stanno guardando tutti – sussurrò ormai rosso come un pomodoro maturo, lanciando occhiate ai passanti che mi guardavano teneramente

Alzai le spalle con noncuranza e cercai di mandare in avanti quell'aggeggio con il bacino: speriamo che la gente non pensi male...

- Verso l'infinito e oltre! - urlai con un braccio teso mentre Harry scuoteva la testa disperato
- Quando mi hai proposto di essere la tua ragazza eri consapevole delle conseguenze – lo accusai alzando le spalle

Devo ammetterlo: mi sarebbe piaciuto se Harry avesse fatto il cretino con me... ma in fondo sapevo che era ancora troppo presto per farlo uscire dal guscio, un passo alla volta. Visto che si stava facendo tardi alla fine si decise a spingere il carrello con me dentro ed entrammo come se niente fosse nel supermercato: inutile dire che tutti quelli che passavano ci guardavano e ridevano.

- Allora: direi di dividere il carrello in due parti così faremo due conti separati – proposi dividendo quell'aggeggio in due parti con le gambe
- Chiudi quelle gambe che chissà che pensa la gente! - mi sgridò divertito Harry, facendo girare di conseguenza un bambino e sua madre

Feci come ordinato e me ne fregai anche dell'ordine: meglio mettere tutto insieme, si risparmia fatica e possibili calcoli matematici no?

- Di cosa avete bisogno tu e le ragazze? - mi chiese guardandosi intorno

Glielo dovevo proprio dire? È un po' imbarazzante dover dire a un maschio: “lo sai che mi devo comprare gli assorbenti?”, oh bhe: tanto lo avrebbe scoperto comunque.

- Vai al reparto intimo please – risposi indifferente sfogliando un catalogo delle offerte, preso all'entrata

Fece come gli avevo ordinato e, individuati quelli giusti, mi allungai per prendere quanti più pacchetti possibili: meglio fare la scorta. Harry rimase muto per tutto il tempo ma, una volta aver riempito metà carrello solo con gli assorbenti, iniziò a ridere.

- Che c'è? 4 ragazze non possono avere il ciclo? - chiesi in ginocchio come se fosse la cosa più normale del mondo

Riniziò a spingere il carrello come se niente fosse e lì potei intravedere, da sotto il giubbino, il suo bicipite fare capolino. Cazzo se era grande... Manuela frena gli ormoni, non è il momento di pensare cose perverse.

- Piccola? - mi chiese divertito vedendo che non avevo intenzione di sedermi
- Eh? -
- Se continui a stare in ginocchio non ce la faccio a spingere – rispose con un sorriso divertito

Ci misi qualche minuto per elaborare la frase e alla fine mi decisi a girarmi e mettermi composta, composta mo... diciamo: normalmente. Da quello che avevo capito dalla lista di Harry, a casa loro mancava praticamente tutto: latte, uova, pasta, patatine, acqua... ecco perché erano sempre schiaffati a casa nostra! No scherzo: l'amore non conosce confini, nemmeno il vialetto di casa. Continuammo a fare la spesa per un'altra oretta buona e alla fine mi ritrovai praticamente circondata da cibo, bevande e cose varie. Mi si stava creando una montagna sia sulle gambe che sulle braccia ma mi stavo divertendo un mondo, Harry un po' di meno... trascinare quasi 100 chili non è proprio piacevole, soprattutto se la tua ragazza continua a incoraggiarti e metterti in imbarazzo. In fondo però sapevo che anche lui si stava divertendo: da cosa l'avevo capito? Dal sorrisino che aveva ogni volta che lo sfottevo. E allo stesso tempo sorridevo anch'io perché a ogni presa in giro corrispondeva un bacio e io li accettavo molto volentieri.

- Direi che abbiamo preso tutto... - sentenziò dopo aver visto tutta la roba nel carrello
- Tu dici? - risposi con sarcasmo, cercando di non far cadere la montagna di pasta che avevo appena creato
- Ehi -

Mi girai a testa in giù verso di lui e in un attimo mi ritrovai praticamente a baciarlo al contrario. Ok: rischio seriamente di morire. Fu un semplice bacio a stampo purtroppo, visto le circostanze, ma secondo me scoppiava d'amore da tutte le parti. Non era giusto. Non era giusto il fatto che le parole “Ti amo” mi morissero in gola ogni volta che cercavo di dirle, non era giusto il fatto che diventassi rossa per qualsiasi cosa mi dicesse ma soprattutto non era giusto che mi sciogliessi davanti a ogni suo bacio o coccola. Non ero mai stata così debole e scoperta, non avevo mai mostrato la mia parte fragile... eppure quando stavo con lui tutti i miei piani andavano a puttane. Ogni singola, fottutissima volta.
Una volta arrivati alla cassa la cassiera, Katy, mi sorrise divertita mentre io alzavo le spalle per farle recepire il messaggio ovvero “Sono grande ma allo stesso tempo piccola... e ne vado fiera!”. Harry iniziò a mettere tutto sul nastro e, una volta finito, mi uscirono gli occhi dalle orbite alla vista del prezzo complessivo. E mi innervosii ancora di più quando vidi il mio ragazzo pagare con la carta di credito.


- Nonononono non ci penso proprio. Io pago metà del conto – annunciai cacciando i soldi dalla cover del cellulare

Può sembrare un nascondiglio scemo ma vi assicuro che: 1) è molto comodo 2) non sei costretta a portarti il portafoglio e 3) così è sicuro che non li perdi o che te li freghino. Semplice no?

- Ma non ci pensare nemmeno! - rispose risoluto Harry spostando il carrello in avanti, e di conseguenza anche me

Maledette braccia troppo corte! Mi allungai il più possibile per cercare di raggiungere Katy ma, dopo aver sentito uno sbilanciamento del carrello, decisi di restare al posto mio: ci mancava solo che rovesciassi tutto. Tanto i soldi glieli avrei ridati prima o poi. Incrociai le braccia sotto il seno e, con un broncio da perfetta cucciola arrabbiata, stetti muta per tutto il resto del tempo.

- Piccola non parli più? - scherzò il mio ragazzo una volta fuori del supermercato e con tutta la nostra spesa nei sacchetti accanto a me

Continuai a stare zitta finché, arrivati davanti alla macchina, dovetti scendere per forza... peccato che era l'ultima cosa che volevo fare. A un certo punto il carrello si fermò di colpo e un Harry abbastanza perplesso mi si parò davanti. Sapevo già che non avrei resistito ai suoi occhi e per questo voltai la testa dall'altra parte, se avevo sempre pensato che fosse un mollaccione in quell'occasione mi dovetti ricredere: mi prese il viso con una mano e mi girò di nuovo verso di lui. No cazzo. Cazzo no! Santo Grande Puffo ora muoio...
Oddio! Urlo, soffoco, muoio, svengo, decedo, crepo!
Criceto ci mancavi solo tu guarda!


- Ho... ho fatto qualcosa di male? - sussurrò preoccupandosi di colpo e facendomi venir voglia di mangiarmelo per quanto fosse dolce
- No... - risposi a bassa voce e iniziando a sorridere senza rendermene nemmeno conto
- Allora perché non mi parli più? - continuò facendo all'improvviso il labbruccio

Ma io te lo mordo quel fottutissimo labbro! Ehm... si dicevamo?

- Perché hai voluto pagare tutta la spesa – risposi fingendomi di nuovo arrabbiata

Scoppiò a ridere di gusto fino a dover chiudere gli occhi e, quando alla fine si diede una calmata, pensò a sistemare le buste. Possibile che da un momento all'altro mi evitasse del tutto? Mi sta prendendo per culo di sicuro. Incrociai di nuovo le braccia e con un viso molto tirato, causato dalla mia irritazione, rimasi zitta fin quando non riuscii più a trattenermi.

- Ma mi stai prendendo per culo?! Prima stai per baciarmi e poi mi rifiuti?! Ma che hai in quella testa vuota?! -
- Vuoi stare un attimo zitta? - mi chiese chiudendo il portabagagli e raggiungendomi

Mi stava iniziando a fare paura...

- So io come farti ridere – mi sussurrò all'orecchio per poi sistemarsi dietro di me
- AAAAAAHHHH! - iniziai a urlare presa dal panico e dal divertimento
- Woooooo – urlò anche Harry in mezzo alle risate spingendo il carrello sempre più veloce

Aveva iniziato a spingere il mio “veicolo” molto velocemente, fin troppo secondo me ma mi stavo divertendo come una pazza: io nel carrello con le gambe all'aria, lui dietro senza poggiare i piedi. Mi fece fare il giro di tutto il parcheggio e, nonostante la gente ci guardasse anche abbastanza scioccata, noi non smettevamo di ridere e urlare. Ci stavo riuscendo... stavo facendo riemergere il vero Harry, quello che non si preoccupava delle conseguenze, quello che rideva sempre ma soprattutto: quello che riusciva a godersi quel poco di adolescenza che gli restava. Me l'ero ripromesso e proprio lì, in quel parcheggio, davanti a un supermercato avevo fatto un passo avanti significativo. A un certo punto iniziò a girarmi la testa ma avrei dato e sopportato di tutto pur di vederlo felice e spensierato, con quell'animo da bambino che doveva (e voleva) a tutti i costi venir fuori. All'improvviso partì addirittura Teenage Dream di Katy Perry dall'altoparlante e mi convinsi ancora di più che quel pomeriggio fosse stato programmato dal mio tanto amato destino, più prove di così. Dopo un tempo non perfettamente definito, ma comunque troppo breve secondo me, Harry si decise a fermarsi però continuò a ridere come se avessimo continuato a fare gli scemi. Con una grazia da perfetto ippopotamo incinta scesi dal carrello ma, una volta aver poggiato i piedi a terra, venni sollevata un'altra volta: in un attimo mi ritrovai tra le braccia di quella specie di angelo, stile principessa. Iniziò a girare su se stesso alla velocità della luce e attaccai di ridere insieme a lui, mai provata sensazione più bella questo è sicuro.

- Harry aiutoooo! - continuavo a strillare come una gallina mentre quel bambinone non accennava a smettere

Ma non gli sarebbe venuto neanche un po' di mal di testa?! Mai possibile?! Alla fine mi mise a terra una volta per tutte e per poco non caddi per il giramento di testa, per fortuna però che una presa forte mi salvò appena in tempo.

- Grazie... - mi sussurrò a pochi centimetri di distanza
- Per cosa? - chiesi in risposta con ancora un sorriso in volto
- Per farmi rivivere. - rispose deciso prima di buttarsi sulle mie labbra lasciandomi completamente spiazzata

Ero riuscita a farlo ridere, questo si... mai, mai e sottolineo mai avrei pensato a una simile frase detta da lui. Forse perché nemmeno Nick si era spinto così avanti o forse semplicemente perché non credevo che Harry fosse così romantico: ero sempre stata convinta che fosse un tipo alla mano e non da smancerie... chissà perché ma preferivo di gran lunga il suo lato romantico rispetto a quello acido. Ero un'eterna romantica plebei! Approfondii il bacio fino a trovarmi praticamente la sua lingua in bocca ma non mi importava che la gente ci fissasse in modo strano, tutto di lui aveva un sapore buonissimo (vitale oserei dire) e volevo gustarmelo fino alla fine. Speriamo solo che le mie ovaie non scopp... ops troppo tardi. Dovevo staccarmi, per evitare di avere la nostra prima volta insieme in quel parcheggio, ma non ci riuscivo. Tutto di lui era una droga: dalle sue labbra morbidissime ai suoi occhioni verdi, da quei ricci mezzi sfatti a quella lingua, dai suoi baci al suo respiro... signore signori: Harold Edward Styles era diventata la mia droga. 







                                                                                                     Thank you...



Spazio Autrice: hello people! Che dolce questo capitolo eh? U.U mi ci sono messa d'impegno proprio per questo u.u io oggi ho fatto l'esame per il Pet (una certificazione d'esame in inglese) e sono stravolta .-. però come vedete sono riuscita a postare quindi pretendo una ricompensa u.u una recensione andrebbe più che bene u.u ok la smetto XD allora *si scrocchia le mani come quando deve picchiare qualcuno* il capitolo. A mio parere il più stupido ma romantico che abbia mai scritto. Una contraddizione? No amori miei: un dato di fatto u.u Manuela continua nella sua "missione" di far riemergere il vero Harry e ha fatto un passo in avanti, Harry è sempre più innamorato (come la sottoscritta dei miei idoli *-*) di Manu e l'ultima parte è la mia preferita in assoluto *-* ok ora mi sciolgo quindi calma u.u non so se spicca ma ho voluto aggiungere anche il mio cricetino nella mia tesolina u.u quelle frasi che dice me le sono immaginate con la voce del cricetino di Pintus *-* amo troppo quella vocina *-*  bien passiamo alle domande del giorno vi va?
1) qual è stata la vostra parte preferita?
2) una frase che possa rappresentare cosa significa questa FF per voi
3) tirate a indovinare su cosa faranno quei due a Natale 
Bueno u.u io qui ho finito e spero davvero che vi sia piaciuto anche questo capitolo <3 ci tengo a salutare e a dare il benvenuto a tutte le nuove "seguaci" della storia *-* che bello conoscere nuova gente *-* Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***










Che divertimento... - esclamai annoiata a morte
- Yuppy. - rispose, col mio stesso umore, Harry accanto a me

Era il 23 dicembre e noi eravamo a casa mia, da soli. Che amarezza. I ragazzi e le ragazze erano partiti da nemmeno 3 ore e io già sentivo un profondo senso di solitudine, nonostante il mio ragazzo fosse lì... peccato che fosse a terra anche peggio di me e non mi aiutava di certo a tornare di buon umore. Noi a morire di noia, e gli altri a divertirsi in diverse località nel mondo... ripeto: che amarezza.
Niall e Daniela erano andati sul semplice, come sempre del resto: Mullingar, Irlanda. Eh si: il nostro irlandese scemo aveva deciso di tornare in patria e la mia amica era stata più che entusiasta di accompagnarlo. Già che me li immaginavo a ballare i balli tradizionali del luogo con Greg, Denise e gli altri... Bhe, meglio stare sul divano piuttosto che rischiare la vita con quei cosi da folletto. Quel cupcake dolcissimo di Theo poi! Ok basta o mi sale ancora di più la depressione.
Liam e Margaret avevano invece deciso di restare nel nostro amato paese: si erano rifugiati a Liverpool. Ma beati loro!
Zayn e Mara avevano deciso la mia patria ovvero l'Italia, motivo? La mia amica non vedeva l'ora di passare un po' di tempo con la sua famiglia ma allo stesso tempo voleva anche il suo ragazzo affianco. Sinceramente erano gli unici che non invidiavo per niente...
Louis e Giulia, come già di sa, erano a New York e ci sarebbero rimasti fino al 5 gennaio. Il mio coglioncello, per fortuna sua, ci chiamava ormai tutti i giorni e risultava sempre più entusiasta. La domanda è: era felice di non avere rompipalle tra i piedi o di stare con Giulia? Andiamo, non sarebbe mai stato così spregevole quindi mi sembrava molto più plausibile la seconda ipotesi. Mi sentivo la sfigata della situazione: tutti a divertirsi in bellissime località... e io a passare Natale e Capodanno in Scozia, con coglioni con il kilt e le cornamuse che ti rimangono in testa per giorni. Già mi immaginavo mio padre con il kilt... oh mio Dio che visione assolutamente orribile! Mia madre non vedeva l'ora che arrivassi e mi aveva già chiamata 3 volte per ricordarmi il luogo dove avrei dovuto impostare il navigatore in macchina, eh le mamme. Sarei dovuta partire quel pomeriggio per poi tornare a Londra il 6 gennaio, era stato programmato tutto nei minimi dettagli ma solo l'idea di alzarmi dal divano e guidare per 6 ore di fila mi faceva venire il rigurgito. E se avessi portato il divano con me?
Cogliona, hai una Fiat 500', non un pik-up!
Si criceto hai ragione...
Visto che ci sei perché non approfitti del fatto di stare da sola con quel figaccio del tuo ragazzo e lo stupri pure da parte mia?
Criceto frena gli ormoni o finisce che ti do retta.
Sembra incredibile... ma io non avevo ancora chiesto a Harry dove sarebbe andato in vacanza. Perché? La pure e semplice verità: mi ero completamente dimenticata. In quel momento però non mi andava nemmeno di chiederglielo, avrei dovuto attirare la sua attenzione e sinceramente non avevo la forza, né fisica né mentale, per farlo. Sono pigra? Lo so ma vado fiera di esserlo. Anche perché nemmeno lui si era scomodato a preoccuparsi dell'argomento, un motivo in più per dare per scontato che sarebbe tornato dalla sua famiglia a Holmes Chapel.


- Piccola? -
- Mh? - mugugnai con una voce da mezza addormentata, cosa che però non ero affatto
- Quando avrò l'onore di conoscere i tuoi genitori? - mi chiese all'improvviso, girandosi a tutti gli effetti verso di me

E quella domanda da dove saltava fuori?! Non sono domande da fare, non quando sono stravaccata sul divano, non in questa vita.

- Al matrimonio, se ci arriviamo – risposi seria ma mostrando comunque un po' di ironia

Non avevo nemmeno preso in considerazione l'idea di presentare Harry ai miei... ma proprio per niente! La ragione è stupida, lo so e me ne rendo conto ma è davvero significativa... i miei genitori odiavano i tatuaggi.
Harry pieno di tatuaggi + i miei genitori schifati dai tatuaggi = un calcio in culo sia a me che a lui.
In pratica entrambi avevano sempre avuto il brutto vizio di giudicare qualcuno alla prima occhiata: vedevano un ragazzo con un piercing o un tatuaggio? “Quello è proprio un cattivo ragazzo!” e via dicendo. Non volevo che Harry non si sentisse accettato dalla mia famiglia, non volevo che si sentisse in colpa per essersi tatuato così tanto... lui era perfetto così com'era, anche con la pelle nera. Doveva rimanere così o non sarebbe stato più l'Harry di cui mi ero innamorata. No, è fuori discussione.


- Perché scusa? - mi chiese stranito
- Perché... Perché no Harry, non mi va di parlarne -

Sinceramente? Quell'argomento mi rendeva nervosa, avrei dovuto mantenere questo... “segreto” ma con lui non riuscivo a nascondere qualcosa. In più era una cosa che riguardava a pieno entrambi, un motivo in più per renderla ancora più difficile da affrontare.


- Ti vergogni di me... - sussurrò guardandomi con occhi tristi ma allo stesso tempo arrabbiati

Possibile che quando si arrabbiasse quel verde smeraldo diventasse improvvisamente più scuro? Sembrava petrolio... Aveva capito male, non potevo permettere che pensasse cose non vere. Soprattutto se riguardavano a pieno il nostro rapporto.

- Cosa?! Veramente dovrebbe essere il contrario... - risposi indignata e mettendomi seduta
- Si certo, tu ti vergogni di me! Ecco perché non mi vuoi far conoscere i tuoi genitori ed ecco perché non vuoi farlo con me! - iniziò ad urlare alzandosi in piedi

Aveva voglia di litigare? Bene, perché messa sul quel piano anch'io avevo un bel po' di cose da dire.

- Io?! Io, caro, sono sull'orlo di una crisi di pianto ogni volta che mi guardo allo specchio! Figurati come mi dovrei sentire nuda, sotto di te! Il mio è un problema di autostima, non di vergogna verso di te! Pensi che io sia così stronza?! Si vede come mi conosci! Piuttosto sei tu quello che ogni volta che usciamo diventa tutto rosso di vergogna per avere me come fidanzata! Neanche tu mi hai fatto conoscere i tuoi e sinceramente non oso nemmeno immaginare il perché! - sbraitai spingendolo via, intimandogli così di uscire
- Io non te li ho fatti conoscere perché tu hai fatto lo stesso! Io non ho fretta di farlo con te, solo che mi sei sembrata sempre troppo restìa! Il fatto che non mi vuoi presentare alla tua famiglia è segno che non ti senti sicura di me e ti vergogni! - rispose a tono alzando le braccia al cielo
- Pensi davvero che io sia così stronza?! Ma bravo! - risposi iniziando ad applaudire in modo sarcastico – se la pensi realmente così allora puoi anche andartene! -
- Bene! -
- Bene! - urlai per avere l'ultima parola, cosa che ormai ero abituata a fare.

In tutte le litigate che affrontavo volevo sempre avere l'ultima parola perché sapevo che, se non avessi concluso io, mi sarei sentita ancora più in colpa e l'incubo mi avrebbe accompagnata più a lungo.
In meno di un momento prese sia il cappotto che il cappello e uscì di casa sbattendo la porta. Il tonfo provocato dalla chiusura potente mi fece chiudere gli occhi, una piccola lacrima intanto stava già percorrendo la mia guancia fino a infrangersi sulla bocca. Era la nostra prima, vera litigata... e mai avrei pensato che avrebbe fatto così male. Mi morsi il labbro inferiore fino a sentire del sangue in bocca pur di non scoppiare in un pianto isterico, anche se stavo a casa da sola non volevo. Piangere avrebbe significato essere deboli e io non ero debole! Imprecai più di una volta prima di esplodere: buttai a terra la prima cosa che mi capitò a tiro, ovvero l'appendiabiti all'entrata. Si ruppe un pezzo di legno da esso ma non me ne fregava niente, non avrei dovuto urlargli contro né aggredirlo così. In un attimo mi tolsi le Converse e le scaraventai, con tutta la forza e la rabbia repressa che avevo, verso il muro: quelle scarpe erano diventate una parte di me ma avevo vissuto troppi ricordi con esse indosso, di cui la maggior parte erano legati a Harry. Mi coprii il viso con le mani e solo quando lo sentii umido sotto il mio tocco mi accorsi di star piangendo... Ero scoppiata. Caddero subito al suolo con un tonfo secco e io con loro, perché diventavo sempre più debole davanti a una litigata? Aspettai alcuni minuti prima di rimettermi in piedi e ingoiare l'istinto di piangere. Faceva male, faceva davvero male dover ingoiare tutto pur di non esplodere ma dovevo continuare così. Come sempre sentii un forte dolore nel petto ma, con un sorriso fintissimo, mi scrollai la felpa e i leggins e salii al piano di sopra per prendere le valigie; per fortuna che le avevo già preparate. L'ultima cosa che volevo era rovinare il Natale ai miei genitori e ai loro amici, non si erano mai accorti di niente quindi perché quella volta sarebbe dovuta essere diversa? Una volta in camera mia mi infilai subito i Dr. Martens e mi guardai in giro per controllare che avessi preso tutto, subito dopo andai in bagno: solo l'idea di dover fare pipì già solo dopo un'ora di macchina mi dava sui nervi.
Dopo una decina di minuti riuscii a mettere tutto in macchina, nonostante le valigie stracolme e la neve che stava cadendo, e chiusi a chiave la porta di casa. Glasgow aspettami...




HARRY'S POV.

La nostra prima, vera litigata... e io ero completamente a pezzi. Il fatto che si vergognasse di me non mi andava giù ma allo stesso tempo ero più che consapevole di aver esagerato parecchio. Andiamo: una ragazza come Manuela, che stava sempre sulla difensiva e tirava fuori gli artigli ogni qual volta che qualcuno osava avvicinarsi di più, avrebbe reagito per certo in quel modo. E la cosa peggiore era che io dovevo essere quello che avrebbe potuto prendere il posto di Louis... Tks, come se fosse stato possibile. Dopo aver sbattuto la porta non me ne ero andato subito a casa, una parte di me (se non tutta) reclamava ancora quella benedetta ragazza e avrei avuto addirittura il coraggio di tornare dentro e baciarla senza preavviso.
La cosa che mi mangiava ancora di più lo stomaco era il fatto che io fossi perfettamente a conoscenza delle sue insicurezze, motivo per cui non avrei dovuto nemmeno pensare cazzate come quelle che le avevo appena urlato in faccia. Rimasi nascosto dietro un piccolo albero finché non vidi quella piccola figura di appena un metro e sessanta mettere delle valigie in macchina; avrei voluto aiutarla, se non pure partire con lei ma non potevo pretendere che mi perdonasse così su due piedi.
Solo quando la vidi chiudere la porta di casa mi accorsi che non le avevo nemmeno chiesto dove sarebbe andata in quel periodo natalizio, sapevo solo che i suoi genitori abitavano non molto lontano da Londra e avevo sempre dato per scontato che sarebbe andata da loro. In fondo però nemmeno lei non mi aveva chiesto dove sarei andato... forse non le interessavo davvero?
Non sarei riuscito a vederla andarsene, per questo mi allontanai a piedi verso casa mentre la neve era la mia unica compagna. Quello avrebbe dovuto essere il periodo più bello dell'anno, quello dove avrei dovuto godermi ogni singolo istante con la mia ragazza: sapevo quanto amasse la neve e il solo pensiero di farla ridere con essa mi faceva fremere la mani... A quanto pare però il destino aveva cambiato le sue carte.
Diedi un'occhiata al cellulare per vedere l'ora, e regolarmi per il viaggio di 6 ore che avrei dovuto affrontare, ma un selfie stupido di Manuela mi apparve come blocca schermo. Amavo quella foto: con il suo visino dolce impegnato in un faccino da scimmietta dispettosa e quell'aria spensierata che era caratteristica di lei. Lo ammetto: quella foto me l'ero fatta inviare segretamente da Mara pur di averla sul cellulare, sapevo quanto Manuela odiasse far vedere le proprie foto... Possibile che mi sentissi ogni minuto più in colpa?
Scrollai leggermente la testa e rimisi il cellulare in tasca, ci tengo a precisare: mi ero completamente dimenticato di vedere l'ora. Sapevo però che non mi sarei trattenuto di nuovo davanti a quella foto, non mi importava sapere che ore fossero... tanto un quarto d'ora in più non avrebbe fatto la differenza.
Più camminavo, più la neve cadeva e più le parole di Manuela mi rimbombavano in testa:
Pensi che io sia così stronza?! Si vede come mi conosci! Piuttosto sei tu quello che ogni volta che usciamo diventa tutto rosso di vergogna per avere me come fidanzata!”
Perché pensava certe fesserie? È vero, non riuscivo a fidarmi velocemente delle persone ma questo non significa che il suo caso fosse uguale. Lei era la mia ragazza, quella 19enne che amava comportarsi da bambina e che quando sorrideva mostrava quella fossetta tenera sulla guancia sinistra... Non avrebbe mai potuto essere una stronza, nemmeno se ci si fosse impegnata con tutta sé stessa. Il fatto che mi vergognassi ogni volta che uscivamo era vero, ma di certo non mi dispiaceva: ero solo chiuso nel mio guscio e avevo bisogno di uscirne. Lei sarebbe potuta essere l'unica a rompere quella barriera che mi ero costruito intorno e farmi tornare quel 19enne spensierato che ero un tempo... Oppure avrebbe potuto mandarmi a quel paese e scegliere un altro con cui sarebbe stato più semplice stare insieme.
Preferii non pensarci e continuai a camminare con le mani in tasca, il 23 dicembre a camminare come un'anima solitaria... che amarezza.




MANUELA'S POV.

Dire che avevo rischiato di fare un'incidente, più di una volta, è una cosa abbastanza scontata se si pensa a me. Il viaggio era iniziato a procedere senza problemi solo dopo le prime 2 ore, perché?
1) Ero rimasta senza benzina e avevo seriamente rischiato di fermare il traffico, per fortuna che la mia macchinina adorata era riuscita a resistere fino a un distributore;
2) Una canzone d'amore alla radio mi aveva riempito la testa con la figura di Harry e più di una volta avevo sbandato senza volerlo, rischiando non solo di finire fuori strada ma anche di tamponare qualcuno.
Le 6 ore più lunghe della mia vita, questo è certo. Grazie all'auricolare ero riuscita a chiacchierare per un'oretta buona con mia madre, ricevendo succulenti informazioni sul menù che aveva preparato per la vigilia. Ero contenta che quell'anno saremmo stati solo io, lei, mio padre e due amici di famiglia: di solito il nostro Natale era sempre accompagnato da nonni, zii, nipoti e cugini... il classico Natale all'italiana insomma. Quell'anno invece avrei passato quel periodo magico solo con i miei genitori e ne ero più che entusiasta. Il pensiero di Harry però non voleva proprio saperne di uscire dalla mia mente e qualsiasi cosa che diceva mia madre lo collegavo al mio ragazzo... Ovviamente i miei non sapevano nemmeno dell'esistenza del mio ragazzo, mica ero così scema! La verità? Io avrei tanto voluto presentarlo ai miei cari ma la paura di deluderli mi aveva inghiottita... già non mi reputavo la figlia perfetta, figuriamoci se avessi portato a casa un ragazzo che tutto avrebbe potuto tranne che piacergli.




                                                                                        ******



Le successive ore potevano essere paragonate all'eternità, sembravano non passare mai.
Quando vidi finalmente, per quanto la neve potesse permetterlo, il cartello con la scritta “ Glasgow” tirai un sospiro di sollievo: mi si era fatto il didietro quadrato, la voce del navigatore mi stava rimbombando nel cervello e non mi sentivo più i piedi... Piccola precisazione: avevo mandato a fanculo il navigatore più volte e invano avevo cercato una voce alternativa, peccato che alla fine si era bloccato alla voce sensuale che dice tipo “Tesoro gira a destra ora”. Agli occhi degli estranei sarei potuta sembrare una lesbica ma non è di certo colpa mia se quell'aggeggio viveva di vita propria!
Ok, fino a Glasgow c'ero arrivata... ma da lì dove dovevo andare? Quell'intelligentona di mia madre mica mi aveva dato l'indirizzo. Eh no. Perché lei doveva fare la tragry, mi sembra ovvio!
Composi svogliatamente il numero di quella donna e, nell'attesa di una risposta, mi scaldai le mani col fiato. Ero sempre stata a conoscenza delle temperature polari di quel posto ma mai avrei immaginato che sarei potuta morire di freddo.


- Mammuccia! - sentii urlare dall'altra parte

E fu così che Manuela ritorna a 10 anni, olè!

- Mamma sono arrivata a Glasgow. Ora dove devo andare? - chiesi spazientita e infreddolita come un pupazzo di neve
- La casetta non è in città, è un po' più in isolata... Aspetta che mando papà a prenderti. Ci vediamo dopo, ciao ciao ciao ciao ciao -
- Mam... - non feci in tempo a rispondere che quel fastidioso tu tu tu già si fece sentire

Non stupitevi: un'italiana come mia madre non poteva non finire una telefonata senza mille “ciao”. In America per chiudere una chiamata non si saluta nemmeno, in Italia si conclude con: “Ciao ciao ciao ciao ciao”. See the difference.
Che poi, in che senso mi veniva a prendere mio padre? Avrei lasciato la macchina lì, accanto al cartello, sotto la neve? Mah. Ora capite da chi ho preso la mia “normalità”. Non avevo per niente voglia di litigare con nessuno quindi rimasi lì, a riscaldarmi da sola pur di non morire di freddo. Maledetto il giorno in cui avevo detto di sì alla Scozia...
Per non annoiarmi presi il cellulare, decisa a voler giocare a 2048 Puzzle, ma mi bloccai in partenza alla vista del mio blocca schermo: un selfie di Harry mentre faceva la linguaccia alla fotocamera. Se l'era fatto col suo I-Phone la sera della festa e me l'ero inviata di nascosto, amavo quella foto... Anche se era ubriaco, quel faccino stupido rappresentava a pieno il ragazzo dolce e spensierato che sarebbe dovuto essere ed ero determinata a far tornare. Dopo quello che era successo però, solo guardandola mi si stringeva il cuore... Possibile che mi mancasse così tanto? I rimpianti non avrebbero dovuto nemmeno esserci nel mio stato d'animo ma io ero fatta così: sempre la prima a scusarsi, a farsi i complessi e, puntualmente, a rimanerci fregata.
Quell'attimo di depressione venne interrotto, per fortuna, da una macchina a me fin troppo conosciuta che accostò poco lontano da me: gli abbaglianti iniziarono a spegnersi e accendersi velocemente, per farmi capire che quello alla guida fosse mio padre, e sorrisi non appena lo vidi. Scesi dall'auto, nel suo stesso momento, e non persi nemmeno un attimo a corrergli incontro fino a finire dritta dritta tra le sue braccia. Quel omone uguale a me e che non vedevo da mesi... era finalmente con me. Se stavo provando quell'emozione con mio padre, con mia madre sarei potuta scoppiare a piangere. La neve intorno a me ormai non mi faceva né caldo né freddo, mi bastava solo restare lì.


- Maramella! - esultò stringendomi un po' più forte

Lui e i suoi nomignoli sempre più strani. Negli anni era passato da “Caramella” a “Maramellix” così, senza un motivo preciso. Che poi questi nomignoli non centravano un fico secco con “Manuela” ma vabbé dettagli.

- Papà – sussurrai ancora entusiasta

Trovarsi in un abbraccio così familiare mi fece dimenticare per un attimo Harry ed ero sempre più convinta che quella vacanza mi sarebbe stata di grande aiuto, nonostante la location odiosa. Ero stata troppo a lungo scoperta e in quel momento avevo bisogno di ricostruire la corazza.
Mio padre mi spiegò come avremmo dovuto fare per arrivare alla casetta e tornai subito in macchina per seguirlo: mi avrebbe fatto strada lui, così nessuna macchina sarebbe rimasta “abbandonata”. Mia madre aveva ragione: l'abitazione era un po' più isolata da Glasgow ma non distava comunque molto dalla città. Non appena ci arrivai davanti rimasi piacevolmente sorpresa: era una villetta in pietra, a due piani e molto essenziale all'esterno. Non andavo particolarmente matta per le villone da ricconi, semplice motivo: una mia amichetta delle elementari mi aveva invitata a casa sua (un villone enorme di 4 piani) e mi ci ero persa. Brutta esperienza da non far risuccedere.
Parcheggiai la macchina proprio accanto a quella di mio padre e notai con piacere la presenza di mia madre sull'uscio. Sembrava trepidante all'idea di abbracciarmi e anche io non vedevo l'ora, mi era mancata da morire. Non feci in tempo nemmeno a chiudere la portiera che mi fiondai letteralmente tra le braccia di quella donna, poteva essere strana e tutto quello che volete voi ma sarebbe sempre rimasta la donna più importante della mia vita. Sentire il suo profumo fu come ritrovarsi in Italia, con l'unica differenza di stare in Scozia. Per notti intere avevo abbracciato il cuscino in attesa di quell'abbraccio e averla lì, di fronte a me, a stringermi fortissimo fu come sognare ad occhi aperti.


- Amore mio – sussurrò baciandomi in testa
- Ciao mamma – risposi sempre in un sussurro

Mio padre e il proprietario della casetta intanto si stavano dando da fare per scaricare le mie valige. Ero troppo felice e, purtroppo per loro, mi dimenticai completamente dei bagagli che, secondo logica, avrei dovuto portare io dentro casa.

- Amore ma che ci facciamo ancora qui? Dai su entriamo che si muore di freddo -

Mia madre si staccò dall'abbraccio e, cingendomi il fianco con un braccio, mi invitò a entrare.

- Permesso – sussurrai con un sorriso e guardandomi in giro

Era un ambiente molto rustico che trasmetteva davvero l'idea di essere in una grande famiglia: le pareti erano tutte color panna, in salotto era ben visibile un bel caminetto in pietra, i divani erano arancioni e il tutto era davvero molto accogliente.
Mio padre aveva sempre avuto amici da tutte le parti, anche in Italia era così e per questo non ero rimasta per niente stupita del fatto che un suo amico ci ospitasse. La cosa che però non sapevo era chi fosse quel suo amico, non conoscevo nemmeno la famiglia di quest'ultimo e per questo motivo necessitavo di presentazioni all'istante.
Dopo un'ultima occhiata in giro sia mio padre che il proprietario della casetta fecero il loro ingresso in salotto, pulendosi bene la neve dagli scarponi.


- Amore, questo è Robin. Il signore che ci ha gentilmente concesso questa casetta per trascorrere il Natale qui – iniziò mia madre indicando l'uomo abbastanza robusto, e con gli occhiali, alla porta
- Molto piacere Robin, io sono Manuela – mi presentai con un sorriso
- Il piacere è mio, Manuela. Conosco tuo padre da secoli e sono stato più che entusiasta di invitarvi tutti qui. Certo che ti sei fatta proprio grande! - esclamò sorridente e squadrandomi da capo a piedi

Ma chi ti ha mai visto?!
Bravo criceto, questa è un'ottima domanda. Nonostante diedi ragione al mio cricetino, continuai a sorridere per non offenderlo. Ci aveva offerto casa sua e io lo dovevo pure insultare? Nah, in fondo quell'uomo mi trasmetteva simpatia.
All'improvviso entrò in salotto, da non si sa dove, una bellissima donna: aveva i capelli neri e lunghi, un sorriso perfetto e degli occhi di un verde intenso, quasi accecante. Non appena notai quel colore così familiare mi salì un brivido lungo la schiena: Dio, era identica a Harry... No, dovevano essere solo mie fantasie, ero arrivata al punto di vedere il mio ragazzo in qualsiasi volto quindi era più che normale che fosse solo la mia immaginazione.


- Manu, questa è mia moglie Anne – ci presentò Robin con il suo solito sorriso
- Molto piacere – mi presentai, cercando di non dare a vedere la mia perplessità

Cazzo non riuscivo nemmeno a guardarla negli occhi, la somiglianza con Harry era davvero troppa...
Manuela finiscila!


- è un piacere averti qui davvero. Oh, ma prego tesoro togliti la giacca. Fai come se fossi a casa tua – mi intimò sfilandomi dolcemente il cappotto da dietro

Gli amici di mio padre erano quasi tutti simpatici ma Robin e Anne erano in assoluto i migliori, lì capii il motivo per cui mia madre fosse così contenta di passare il Natale con loro.

- A breve dovrebbe arrivare anche mio figlio. Vieni, ti faccio vedere la tua stanza – continuò Anne facendomi segno di seguirla

Feci come ordinato e mi indicò una porta al piano di sopra, non appena entrai rimasi a bocca aperta: era praticamente la mia camera. Le pareti azzurre, il piumone azzurro, gli armadi bianchi e il parquet scuro. L'unica differenza stava su una parete: a Londra le mura erano tutte azzurre mentre lì erano disegnate della nuvolette bianco latte, come a voler rappresentare il cielo. In tutta onestà sembrava molto una camera da bambini ma più la guardavo e più mi piaceva. Ne rimasi subito incantata e il sorriso di Anne aumentò ancora di più, era davvero una donna d'oro.
La ringraziai con sincerità e le assicurai che sarei scesa a momenti, volevo solo stare un attimo per conto mio a godermi l'ambiente. Non appena rimasi di nuovo da sola mi buttai a peso morto se quel letto apparentemente comodissimo, mi mancava il mio Harry... Più cercavo di non pensarci e più mi tornava in mente. Guardai il cellulare sperando almeno in un suo messaggio ma non lo trovai, fu lì che mi rassegnai e con uno sbuffo poggiai il telefono sul comodino. Ci avrei parlato quando sarei tornata a Londra, ormai il concetto mi sembrava fin troppo chiaro.
Indossando un sorriso fintissimo, ma comunque convincente, scesi di nuovo al piano di sotto e in quello stesso istante trovai di nuovo il portone aperto: l'unica differenza era che in quel momento non c'era mia madre fuori al freddo, bensì Anne e Robin. Non mi andava molto di conoscere nuova gente ma comunque ero costretta a farlo, non potevo di certo stare chiusa in camera a non far niente. Le mie valige erano ancora acconto al divano e, guardandole, mi distrassi un momento: solo l'idea di dover smistare tutto mi faceva già salire il mal di testa.


- Amore! Finalmente sei arrivato! Com'è andato il viaggio? Tutto bene? - chiese premurosamente Anne rientrando lentamente in casa abbracciata a un ragazzo

Mia mamma mi aveva spiegato che il figlio di Anne abitava a Londra e aveva anche la mia stessa età, non lo aveva mai visto nemmeno lei però dalle foto le era sembrato molto carino. La verità?
Non me ne frega niente! Io voglio la mia cupcake tatuata!
Se ve lo dice il criceto, state certi che era così.
Incrociai le braccia al petto e, con un impercettibile sbuffo, mi sistemai accanto a mia madre in attesa di altre presentazioni. L'ultimo arrivato, dopo aver abbracciato sia Robin che Anne, si tolse il cappello e si girò nella nostra direzione. Mi si gelò il sangue nelle vene a dir poco non appena lo vidi in faccia.
Porca putt...
Criceto non ti ci mettere anche tu!


- Lui è Harry, mio figlio. - esclamò orgogliosa Anne stringendo ancora di più il mio ragazzo

Sia i miei genitori che Robin lo guardarono come fosse un dio mentre, sia io che lui, deglutimmo nello stesso momento. Porca vacca...







              ​                                                                                Oh shit...                 




Spazio Autrice: Hello people! Rieccomi dopo aver esplorato mezza Narnia (?) XD seriamente: mi sento davvero in colpa per aver postato così tardi e mi stavo per mettere a piangere quando ho visto che le persone che hanno messo la storia tra le preferite sono diminuite. Mi è crollato il mondo addosso davvero. Ho una "mezza" giustificazione: ho scontanto le pene (mi viene da ridere con questa parola scusate X"D) dell'inferno pur di scrivere questo capitolo sul serio. è il capitolo più riflessivo che abbia mai scritto ma ne vado ogni minuto più fiera *-* ve l'aspettavate tutto questo casino? No? Eeeeh lo sapevo u.u so anche che mi ucciderete per aver fatto litigare Harry e Manuela ma doveva andare così u.u come ho già detto: è il capitolo più lungo mai scritto ma anche il più bello e mi aspetto qualche recensione in più per questo *-* allora: Manuela va in Scozia dai genitori e litiga con Harry, Harry litiga con Manuela e va... in Scozia! Sono cattiva a non avervelo detto lo so u.u muahahaha u.u passiamo alle domande vi va?
1) cosa vi aspettavate che sarebbe successo? 
2) come vi siete sentite quando avete letto della litigata pesante tra Manu e Harry?
3) quale pensiero di entrambi i personaggi vi ha "colpito" di più?
Mi scuso ancora per il ritardo e spero di essere stata perdonata *-* scusate ora ma Peter, Aslan e Caspian mi aspettano u.u sono fusa lo so u.u Peace and Love
Xx Manuela

Spazio pubblicità:
Michaelssmile per Fan Faction sui 5 Seconds of Summer;
Ranyadel per Fan Fiction su One Direction, 5 Seconds of Summer e Avril Lavigne;
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 Sara_F per Fan Fiction su One Direction;
Louis_William_Tomlinson per Fan Fiction sui 5 Seconds of Summer.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


 
 
HARRY'S POV.
 
Due sono le cose: o qualcuno ci stava prendendo per il culo o... o basta. Il destino, a quanto pare, si divertiva a farci perdere 10 anni di vita. Fatemi capire: io avrei dovuto passare Natale e Capodanno con Manuela, nella stessa casa, con entrambe le nostre famiglie? Vi prego, ditemi che era uno scherzo.
Quando l'avevo vista davanti il divano, accanto a quella che sarebbe dovuta essere sua madre, mi si erano bloccati i muscoli facciali nel vero senso della frase. All'inizio avevo addirittura creduto che fosse solo la mia immaginazione e che quella non fosse davvero lei... Mi aveva riportato alla realtà solo la voce di mia madre con la frase “Questa invece è Manuela, la figlia degli amici di Robin”. Lì avevo capito che in realtà non stessi avendo nessun tipo di allucinazione.
Mentre tutti in quella stanza si scambiavano sorrisi, io e lei eravamo rimasti bloccati per una decina di minuti se non pure di più; non eravamo completamente morti: stavamo solo cercando di capire cosa stesse provando l'altro/a. I suoi occhi li avrebbe saputi leggere anche un bambino di 2 anni: si erano mossi in continuazione da me ai suoi genitori, carichi di stupore ma allo stesso tempo di paura. Dopo che i suoi mi ebbero stretto la mano, e sarebbe dovuto toccare a lei, era scappata al piano di sopra tutta rossa in viso e non so cosa avrei dato per seguirla. Sia Frank che Lucy si erano scusati dicendo che fosse solo un po' timida ma io avevo sempre saputo che la timidezza non c'entrasse niente in quel caso, non mi sarei mai aspettato nemmeno io di doverla incontrare così. 
Con la scusa della stanchezza, mi ero rintanato anch'io in camera mia ma solo l'idea di avere Manuela in casa mi faceva incasinare la testa di nuovo: potevamo fare pace, esattamente come potevamo finire per lasciarci. Un lato positivo però c'era: avevo conosciuto i suoi genitori, anche se non come avrei voluto. 
Rivedere mia madre e Robin era stato magnifico, mi erano mancati da morire entrambi e non vedevo l'ora di passare del tempo con loro. Gemma quell'anno aveva deciso di passare le vacanze con qualche sua amica a Barcellona ma, fortunatamente, io e lei riuscivamo a vederci molto più spesso rispetto a mia madre.
Senza rendermene conto mi ero addormentato con il cellulare in mano, senza aver nemmeno cenato, ma il sonno si era impossessato di me nel verso senso della frase. 
 
 
 
 
                                                          ******
 
 
- Harry... -
- Mmh – mugugnai abbracciando di più il cuscino
- Harry svegliati - 
 
Iniziai ad aprire gli occhi, dopo i numerosi sussurri di qualcuno, e mi venne letteralmente un colpo quando mi trovai Manuela a pochi centimetri di distanza.
 
- Oddio! - esclamai spalancando gli occhi di colpo, non aspettandomi di trovarla lì
 
Mi tirò un ceffone in testa e quello bastò per farmi svegliare del tutto, fine fino alla fine eh? Fine fino alla fine... mi sembra uno scioglilingua scemo che mi diceva Gemma da piccolo. 
 
- Vuoi abbassare la voce, coglione?! - mi sgridò in un sussurro
- Ahia! Mi hai fatto male! - risposi offeso risistemandomi i capelli – che ci fai qui? -
- Mio padre ancora russa, il che significa che sta dormendo. Sono qui per dirti di non farti scappare nemmeno una parola. Io e te non ci siamo mai visti chiaro? Bene. Buonanotte. – mi spiegò sbrigativa prima di uscire dalla mia stanza per tornare nella sua
 
Solo guardandola andare via notai che si stava portando appresso il piumone, come se si vergognasse. Ovvio: perché una persona normale, per coprirsi, cammina per casa col piumone! Oh, stavo dimenticando: lei era fuori di testa.
Sbattei le palpebre più volte per mettere a fuoco gli ordini e, una volta aver capito, mi scappò un sorriso: era la ragazza più stramba ma adorabile che avessi mai conosciuto.
Mi strinsi un cuscino sulla testa e iniziai a pensare nell'attesa di addormentarmi di nuovo: mi sembrava quasi di tornare ai primi tempi di quando ci eravamo conosciuti, identici oh. Non ero molto entusiasta di dover fingere di odiarla ma, facendo il contrario, non avrei fatto altro che peggiorare la situazione...
Ero sul punto di cadere addormentato di nuovo, quando all'improvviso entrò mia madre con la sua solita allegria. Un essere umano non può risposare in pace?!
Mi lasciai scappare un urlo strozzato e questo bastò per attirare l'attenzione di quella donna.
 
- Oh, ma sei sveglio! Dai su! Muovi quel bel culetto che è tardi – mi disse spalancando le finestre, facendo così entrare una folata di vento gelido
- Che ore sono? - chiesi stordito “riemergendo” dal cuscino
- Le 10 - 
- Mamma... ti rendi conto che io, di solito, mi sveglio a mezzogiorno? - sbuffai lasciandomi cadere di nuovo sul letto
- Infatti tu non sei a Londra. Sei qui con me e ti dico di alzare le tue belle chiappette! - rispose ridendo e allungandosi per tirarmi un buffetto sul didietro
 
Che qualcuno mi aiuti... Quanto era passato dalla “visita” di Manuela? 10 minuti? 2? Perché tutte a me?! 
Una volta rimasto di nuovo solo, mi misi l'anima in pace e mi alzai una volta per tutte per andare in bagno; non mi ero nemmeno cambiato la sera prima... Per fortuna che quel periodo sarebbe dovuto essere rilassante. 
Mi avviai verso il corridoio, deciso ad entrare in bagno, ma trovai la porta chiusa a chiave; bussai più volte, grattandomi i capelli nel frattempo, ma dopo alcuni minuti non ricevetti ancora nessuna risposta. Solo sentendo un “Mina saiko, arigato, k-k-kawaii!” capii che sotto la doccia ci fosse la mia ragazza. Una perfetta imitazione di Hello Kitty oserei aggiungere. Mi scappò istintivamente un sorriso e aspettai con calma che finisse, solo con la sua voce riuscivo a cambiare umore... Devo ammetterlo: quando l'aveva vista lì, di fronte a me, in tutta la sua tenerezza... oltre a stupore, avevo provavo anche un'eccitazione e una felicità indescrivibili. Avevo sempre saputo che non avrei potuto sopportare il fatto di stare lontano da lei così tanto e il fatto di averla lì mi aveva riempito di speranza, speranza di riuscire a farmi perdonare e di riaverla di nuovo con me. Solo stando lì, davanti alla porta del bagno, in attesa che uscisse dalla doccia ritrovai quel sorriso sincero che avevo perso durante il viaggio. Ed era tutto merito suo. 
L'idea di ritrovarmela davanti, solo con l'asciugamano in vita, avvolta dal vapore, con il suo bellissimo visino dolce coperto da goccioline d'acqua... lo ammetto: era l'ultima cosa che mi era passata per la testa. Avrei, di certo, dovuto aspettarmelo: motivo per cui, quando successe, diventai bordeaux nel vero senso della parola. 
Non l'avevo mai avuta così vicina ma allo stesso tempo così lontana... Può sembrare una contraddizione, me ne rendo conto, eppure era proprio così: vicina perché eravamo effettivamente a pochi centimetri di distanza ma lontana perché sapevo perfettamente che la tensione della litigata era ancora tra noi. 
Rimanemmo per una manciata di minuti l'uno di fronte all'altra, minuti nei quali l'istinto di toccarla mi fece fremere le mani: era lì, davanti a me... eppure era come se ci fosse un muro invisibile che trattenesse le nostre emozioni per non farle scontrare. 
I suoi occhi ormai erano diventati un libro aperto: riuscivo a leggerci dentro ogni singola emozione ed era quella la mia arma per capire di mentisse o meno. In quel momento riuscivo a distinguere stupore, imbarazzo ma anche un pizzico di eccitazione; chissà, forse era felice di vedermi. Al solo ricordo di quello che era successo solo un quarto d'ora prima, mi scoppiò un risolino divertito: bambina l'avevo conosciuta e bambina era rimasta. 
Non potevo di certo pretendere che mi perdonasse così su due piedi ma fui molto sollevato quando la vidi un po' più rilassata, tutta quella tensione mi stava dando sui nervi. Anche se stava cercando di non darlo a vedere, fui molto fiero di me stesso quando intrvidi un angolo della sua bocca sollevarsi: Harry non toccarla, Harry non toccarla o ti ritrovi una padella spiaccicata in testa, dai che puoi farcela. 
Cercando di sembrare superiore alla situazione, Manuela ritornò in camera sua con una sorta di camminata "di classe", avete presente la classica camminata delle donne d'affari sfondate di soldi? Ecco, proprio quella. Peccato però che lei fosse tutto tranne che una ragazza per bene. 
Senza nemmeno un po' di pudore, il mio sguardo cadde subito sul suo bel fondoschiena a mandolino coperto solo dall'asciugamano bianco; sono pur sempre un maschio no? 
Sollevai un angolo della bocca, con particolare apprezzamento, e continuai ad "ammirare" quel bel figurino di appena un metro e sessanta: anche se a modo suo, in più di un'occasione aveva dimostrato di essere maledettamente sexy... oltre che assolutamente fuori di testa, questo mi sembra scontato. 
Come se si fosse accorta del mio sguardo interessato, inciampò all'improvviso e la sua camminata "speciale" finì di colpo con un "merda" appena sussurrato. Poteva provare quanto voleva ma non sarebbe cambiato nulla: sarebbe sempre rimasta la solita bambina infantile ma estremamente tenera di cui mi ero follemente innamorato. 
Cercai di trattenermi dallo scoppiare a ridere, giusto per eduzione, ma continuai a guardarla andare via ugualmente: ci avrei scommesso i capelli che avrebbe fatto finta di niente e avrebbe continuato per la sua strada, infatti mi diedi del genio da solo quando successe. Scossi la testa con un sorriso e mi rintanai in bagno per darmi una sistemata, dovevo anche ricordarmi di chiamare Louis per fargli gli auguri. A proposito di Louis... Manuela si era ricordata che quel giorno il nostro migliore amico compieva 22 anni? Pensandoci: quella testolina non aveva una memoria poi così lunga, motivo per cui ero quasi convinto che se ne fosse dimenticata. 
Dopo una lavata con acqua gelata, per rinfrescarmi le idee, decisi di tornare in camera... o meglio: ci sarei andato se non avessi sentito una canzone a me sconosciuta, provenire dalla camera della mia ragazza. Sapevo che mia madre mi stava aspettando al piano di sotto e che i genitori di Manuela sarebbero potuti salire da un momento all'altro ma la curiosità stava superando del tutto la forza della ragione. 
Più mi avvicinavo e più riuscivo a distinguere la voce della cantante, sembrava Avril Lavigne ma non ero molto sicuro... l'unica cosa di cui ero certo era che Manuela stesse cantando, in un timbro di voce dolce e somigliante in maniera impressionante a quello della sua idola. 
Mi sporsi leggermente all'interno della stanza e rimasi letteralemente senza fiato quando vidi quella specie di pazzoide solo con l'intimo addosso, il telefono in mano stile microfono, in preda a una sorta di... video musicale?
Chiunque al mio posto avrebbe subito preso il cellulare per filmare la scena e postarla su YouTube, io invece preferii godermi quello spettacolo pregando di non scoppiare a ridere da un momento all'altro. 
Stava cantando con un'intensità incredibile, lo si capiva dalle goccioline d'acuqa e sudoresulle sua fronte, le guance di un rosso abbastanza acceso e la potenza in ogni singola nota cantata da quella specie di angelo in reggiseno e mutande. A proposito delle mutande... azzurre con un sorriso sia davanti che dietro? Chissà perché ma sembravano fatte apposta per lei, sempre meglio di una con le mucche ballerine che avevo trovato, per caso, a casa delle ragazze: mi avevano leggermente scioccato...
Pensandoci, quella era la prima volta in cui riuscivo a vedere Manuela senza felpone enormi a nasconderla: con quella pancetta morbida al tatto, quelle gambe non proprio magrissime e quell'accenno di cellulite che però nell'insieme non stonavano per niente. Non era una una modella, anzi: si poteva quasi dire che fosse l'opposto ma ai miei occhi non poteva che risultare perfetta nella sua imperfezione. Avevo imparato la lezione dopo Taylor: aveva un fisico da modella e com'era andata a finire? Meglio una ragazza in carne e vera che una statuaria e falsa. 
Più la canzone proseguiva e più Manuela sembrava felice e spensierata.
Non so quanto tempo rimasi a guardarla di nascosto ma non mi importava: sembravo attratto da una calamita e, per quanto sapessi di dover scendere al piano di sotto, le mie gambe non avevano nessussima intenzione di muoversi da dietro quella porta. 
Solo quando la vidi saltare giù dal letto per poi dirigersi verso lo specchio sentii un brivido salirmi lungo tutta la schiena: in un attimo mi tornarono a mente i ricordi di tutte quelle volte che avevo fatto la stessa cosa, con le canzoni dei Coldplay a tutto volume dallo stereo e un sacco di sogni racchiusi nello specchio. Quanto tempo era che avevo smesso? Non me lo ricordavo nemmeno. Dove diavolo era finito quel 19enne pieno di aspirazione e che riusciva a divertirsi con minuscole cose? Come avevo fatto a ridurmi così? 
Non mi accorsi nemmeno di star fissando il pavimento dopo le mie riflessioni, me ne resi conto solo quando la canzone allegra venne sostituita da una più melodiosa e dolce. Incuriosito da quel cambio così improvviso, sbirciai di nuovo nella stanza ma mi si presentò davanti agli occhi tutt'altro scenario rispetto a quello precendente: Manuela, con sguardo fisso sul cellulare, gli occhi coperti da un sottile strano di lacrime e la voce diventata improvvisamente più tremante. 
 
- I'm falling fast, I hope that it's last, I'm falling hard for you... - canticchiò stringendo improvvisamente il cellulare a sè 
 
Non avevo idea di cosa ci fosse sul quell'oggetto tra le sue braccia, se ci fosse una foto, un messaggio, uno screen o altro; avevo solo voglia di andare lì ed abbracciarla. Avrei voluto cantare quella canzone d'amore con lei, anche se non conoscevo le parole; avrei voluto stringerla per farle capire quanto la amassi e che sarei stato sempre accanto a lei. Avrei voluto fare tutte quelle cose... ma la voce di mia madre ruppe tutta l'atmosfera, come un tonfo secco.
 
- Harry! Dai, che sennò la colazione si raffredda! - urlò dal piano di sotto, facendomi "svegliare" completamente
 
Andai ancora di più nel panico quando vidi che anche la mia ragazza era saltata dallo spavento, e se mi avesse visto? Che razza di figura ci avrei fatto? Iniziò a vestirsi con dei jeans e un maglione più velocemente che potette e io corsi al piano di sotto per non essere scoperto. Mi sentivo, in un certo senso, James Bond. 
Arrivai in cucina all'improvviso, facendo prendere un colpo sia a mia madre che a Lucy. Chi la fa l'aspetti, donna.
 
- Se sapevo che venivi così in fretta, ti avrei chiamato già mezz'ora fa - esclamò mettendosi una mano sul cuore e provocando la risata di della sua amica
- Scusa mamma, ero in bagno - risposi dandole un bacio sulla guancia - buongiorno signora - 
- Harry caro, ti prego non darmi del "lei"! Mi fai sentire vecchia - rispose ridendo e dandomi un bacio sulla guancia
 
Lì capii da chi avesse preso l'entusiasmo Manuela, lei e la madre avevano quasi lo stesso carattere. 
Rimasi un po' sorpreso da quella improvvisa confidenza ma mi fece comunque piacere, di certo sapeva come mettere a proprio agio le persone. 
 
- Buongiorno ragazzuole! - urlò tutta contenta la mia ragazza, comparendo in cucina 
- Buongiorno anche a te - ricambiarono le due donne al mio fianco
- Ciao... - la salutai debolmente ammirandola da capo a piedi
 
Aveva uno stile diverso dal suo: indossava dei jeans chiari, abbinati a un maglione color panna, degli Ugg beige ai piedi e i capelli raccolti in uno chignon senza nemmeno un capello fuori posto. Se non fosse stato per i suoi occhi avrei fatto addirittura fatica a riconoscerla, sembrava così diversa... Forse l'aveva fatto per volere dei genitori ma, per quanto stesse bene anche vestita così, la vocina dentro di me urlava di voler indietro la ragazza che amavo. Quella non era la ragazza di cui mi ero innamorato, bensì quella che tutti volevano che fosse. Ecco la grande differenza, resa possibile grazie a dei semplici vestiti. 
In risposta mi fece un cenno con la testa, comunemente maschile, e lì sorrisi raggiante: ecco quello che intendevo. 
Capendo al volo a cosa mi riferissi, sorrise leggermente, arrossì di colpo e fece finta di chiedermi con lo sguardo cosa volessi. Il nostro era un linguaggio degli occhi, una sorta di codice che solo poi potevamo capire. 
 
- Ragazzi venite, o la colazione diventa direttamente ghiacchiata - esclamò mia madre invitandoci a sedere - tu cosa preferisci Manu? -
- Anche una tazza di latte freddo va benissimo, grazie - rispose dolcemente Manuela, seduta proprio davanti a me
- Freddo?! Tesoro, fuori nevica e tu vuoi il latte freddo? - chiese sbalordita mia madre
- Mia figlia è tutta strana Anne, ti ci abituerai - scherzò Lucy abbracciando da dietro la figlia 
 
In quell'attimo vidi Manuela irrigidirsi come non l'avevo mai vista, non sembrava molto contenta della battuta e la rabbia nei suoi occhi mi trafisse come una folata di vento gelido. Come mai le  davano così fastidio quei commenti scherzosi dei genitori? 
Continuai a bere il cappuccino, che avevo preso qualche minuto prima, ma il mio sguardo rimase comunque inchiodato a quello della mia ragazza, non sopportavo vederla così. 
Qualche istante dopo anche Robin e Frank entrarono in cucina e ci augurarono il buongiorno, a quanto pareva dai loro scarponi colmi di neve dovevano essere appena rientrati.
 
- Certo che questa notte ha nevicato proprio tanto - esclamò Robin salutando mia madre con un bacio
- Si, tutte le macchine sono diventate bianche improvvisamente - scherzò Frank lasciando un bacio alla figlia, che si era ripresa (fin troppo velocemente) dall'episodio successo poco prima
- Motivo per cui siamo segredati in casa - 
- Per fortuna che ieri ho fatto la spesa, almeno abbiamo tutti gli ingredienti per il cenone di stasera - rispose allegra mia madre 
 
Finita la mia colazione mi alzai, salii in camera e mi decisi a chiamare Louis per fargli gli auguri di compleanno. Ero più che sicuro che, se avessi rimandato ancora, mi sarei dimenticato quindi tanto valeva togliersi il pensiero. 
Riscesi in salotto, composi il numero del mio migliore amico e, dopo qualche minuto di attesa, finalmente sentii la sua voce in un - Pronto? - molto assonnato. 
 
- Grande Tommo, buon compleanno! - urlai allegro, ignorando del tutto la sua voce stanca
- Grazie bro, lo apprezzo tanto... ma ti rendi conto che qui sono le 7 di mattina, porca troia?! - rispose scocciato
 
Non mi ero nemmeno preoccupato di che ore fossero lì... ops.
 
- Avresti preferito svegliarti senza gli auguri del tuo migliore amico? - ribaltai la sistuazione per farmi passare dalla parte della ragione
- Uff... e va bene, grazie. Allora, visto che ora ho perso di tutto il sonno, come va? -
 
Dai rumori di sottofondo, dedussi che stesse cambiando stanza per non svegliare anche Giulia. 
 
- Tutto bene. Lì? Com'è New York? - 
- Meravigliosa, c'è un'atmosfera totalmente diversa rispetto a Londra. Non posso negare però che mi mancate, c'è troppo silenzio qui - scherzò con una leggera risata che contagiò anche me - Manu? -
- Situazione complicata, saprete tutto quando torneremo - tagliai corto per non farmi sentire dai miei - comunque gli altri ti hanno fatto gli auguri, vero? -
 
Lo ammetto: mi interessava soprattutto sapere se la mia ragazza gliele avesse fatti, mi incuriosiva saperlo.
 
- Mi mancano da sentire Mara e Zayn, gli altri me li hanno fatti 10 minuti prima di te - rispose muovendosi per la stanza - solo Manu me li ha fatti allo scoccare della mezzanotte, che lì corrisponde alle 4 se non mi sbaglio -
- Ah... Wow - esclamai sorpreso, non aspettandomelo proprio
- Eh già: quando si tratta di compleanni che le stanno a cuore, Manuela vuole sempre essere la prima a fare gli auguri. è fatta così -
 
Manuela, miss nonmisveglioprimadell'una era solita fare gli auguri a mezzanotte? Tutto avrei detto tranne che quello. 
Continuai a parlare per un bel po' con Louis, durante il quale mi raccontò tutto quello che avevano fatto lui e Giulia in quei giorni: avevano girato Manhattan per ore, fatto tante selfie con l'Empire State Building dove Giulia sembrava toccarne la punta, girato sempre e solo con i classici taxi gialli della città in puro stile newyorkese, visto e rivisto mille volte la Statua della Libertà, passato giornate stupende a Central Park a pattinare, visitato Times Square e Chinatown per intero. Davvero tante cose per quei giorni, ma tutte meravigliose e che sarebbe piaciuto vivere anche a me. Ero davvero felice per loro, si meritavano un po' di privacy e, dal tono allegro ed emozionato di Louis, il loro rapporto doveva esser diventato ancora più saldo di quanto già non fosse. 
 
- Sono entusiasta per te bro, davvero - dissi sorridendo e giocando con le frange di un cuscino sul divano
- Grazie Hazza... scusa la domanda ma mi sto iniziando a preoccupare, le cose con Manu come vanno? - chiese un po' accigliato con un pizzico di preoccupazione nella sua voce
- Ecco... aspetta un attimo, te lo ha raccontato lei vero? - 
- Non proprio tutto, ha detto solo che è successo un casino con te e i suoi genitori. Non voglio impicciarmi però ti voglio avvertire -
- Di cosa? - risposi un po' perplesso
- Manuela è il tipo di ragazza che accumula tutto dentro senza dire niente e poi ci sta puntualmente male, ci sono molti atteggiamenti dei suoi genitori che non può mandare giù. Ti chiedo solo di starle vicino non appena magari la vedi irrigidirsi, non voglio che dopo scarichi tutto per conto suo. Può essere pericolosa in un momento di rabbia - mi spiegò con calma, forse per non farmi andare nel panico
 
Come poteva la mia piccola essere pericolosa? Con quel faccino paffuto che si ritrovava non avrebbe potuto fare male nemmeno a una mosca. All'inizio non credetti subito alla parole di Louis, pensando fossero solo sue preoccupazioni dovute alla distanza... All'improvviso però mi tornò in mente l'episodio di poco prima, quando avevo visto Manuela irrigidirsi e digerire fin troppo velocemente la frase detta dalla madre; forse era vero... Non avrei mai permesso che la mia ragazza potesse sentirsi esclusa o imbarazzata nè davanti a me nè davanti a nessun altro. Non ne aveva motivo e avrei fatto di tutto pur di farle passere un bellissimo periodo natalizio. 
Ringraziai di cuore Louis per i consigli e, non so nemmeno io come, mi salì una sorta di scarica di adrenalina che mi diede la carica per la "missione". 
Salii dritto in camera mia, per prepararle qualcosa di speciale, ma rimasi un po' perplesso alla vista della mia finestra: il freddo aveva formato della condensa sul vetro, fin lì tutto normale. La cosa che mi lasciò perplesso furono delle lettere scritte proprio sulla condensa. 
Non ricordavo di averci scritto sopra, motivo per cui mi avvicinai per vedere meglio; la scrittura era sicuramente femminile e per un attimo mi rallegrai, immaginando Manuela a scrivere con le dita quelle parole. Mi sentii il ragazzo più felice della terra quando mi resi conto di avere ragione:
Puoi dire quello che vuoi ma mai nessuna ti guarderà come ti guardo io. 
Non sapevo se quella fosse una dichiarazione d'amore ma non mi importava, l'unica cosa che mi importava era che avessi ancora una possibilità di renderla felice. E non c'era sensazione migliore.
 
 
 
 

 
 
 
Spazio Autrice: *si nasconde dietro il pc* ehilà! *sventola la bandiera bianca* sono una persona spregevole, me ne rendo conto. Posso uscire? Bene. 
Allora: ci ho messo secoli per scrivere questo capitolo, il mio pc è morto, Open Office pure, la gif e il banner non posso metterli e io sto andando di matto in questo preciso momento. Ok, calma.
Come si può notare, questo capitolo è di passaggio ma c'è qualcosa che comunque risulta importante: la chiamata di Louis. Manuela e Harry a quanto pare ancora non fanno pace ma tranquille, non saranno arrabbiati per sempre ;) parla solo Harry perché diciamo ho voluto far vedere la situazione anche dal suo punto di vista, nel prossimo parlerà di più Manu. Ho aggiunto anche particolari newyorkesi dopo aver letto di persone che amano Loulia, quindi eccovi accontentate u.u non so come farmi perdonare per l'inconveniente del ritardo ma spero riusciate a perdonarmi :( lo scorso capitolo ha 20 recensioni? Ci credete che stavo urlando quando l'ho visto? :') ok, calmiamoci u.u, nella mia pagina dell'account ho messo anche i miei account Facebook, Twitter, Polyvore, We Heart It e il canale YouTube e mi farebbe davvero piacere se mi contattaste *-* allora, passiamo alle domande:
1) quale parte vi è piaciuta di più?
2) cosa ne pensate delle rispettive famiglie?
3) dopo la scritta sulla finestra di Manu, cosa pensate farà Harry?
Ci tengo a precisare: la scritta sulla finestra mi è venuta mentre ero in macchina e, in un momento di noia, ho iniziato a scrivere dei nomi e dei cuori sulla condensa XD non sto bene lo so u.u
Io direi che per oggi è tutto e vi prometto che sarò un po' più puntuale <3 Peace and Love
Xx Manuela
 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***




 
MANUELA'S POV.

Prova di traverso, dai.
Sicuro?
Massì! Male che va ti tagli un dito, sai quanto me ne frega a me.
Ma che bel supporto criceto, sono commossa!
Già conosciuto il mio cricetino? Bene. Se la vita in casa con Harry, i miei genitori e i suoi poteva definirsi una tortuna, beh... quelle cipolle maledette mi avevano decisamente fatto cambiare idea.
"Perché non tagli le cipolle per il cenone? Sono sicura che ti divertirai un sacco!" aveva detto mia madre con una voce fin troppo allegra. Si certo, perché tagliare le cipolle alla Vigilia di Natale era il sogno della mia vita. Da un lato però non potevo di certo lamentarmi, a Robin e mio padre era toccato il lavoro pesante ovvero apparecchiare il tavolo sotto i duri commenti di Anne. Quella donna poteva sembrare un angelo, ma per quanto riguardava la precisione non la batteva nessuno. Poco ma sicuro. 
... Oddio no, ti prego di nuovo no! 
Che è successo?! Dov'è Harry?!
Lasciai cadere il coltello e la cipolla mezza affettata sul tagliere per dedicarmi, purtroppo, ad un'attività tutt'altro che spassosa: grattarmi. Sisi, ho detto proprio così. 
E grattati!
Criceto, mo ti picchio. Seriamente, avevo un estremo bisogno di grattarmi la schiena, tutta colpa di quel maglione bianco pieno di peli che ero costretta ad indossare per far contenta mia madre. Ma chi mai me lo avesse fatto fare!
- Oddio no, non ancora - mugugnai infastidita, cercando di grattarmi bene per far smettere quel pizzicorio assolutamente irritante
Per quanto mi cortoncessi (scena assolutamente imbarazzante, oserei aggiungere) non riuscii a trovare il punto esatto, maledetti peli e braccia troppo corte. Proprio quando fui sul punto di togliermelo, una mano sconosciuta centrò in pieno la fonte del pizzicorio. Aaaaaaaah, ora sì che si ragiona. Sorrisi istintivamente, troppo incantata da quella sensazione di benessere e non mi preocupai nemmeno di chi si trattasse.
- Ora va meglio? - mi chiese la voce dietro di me, facendomi risvegliare all'improvviso da quella specie di trans
Mi girai più velocemente possibile e mi ritrovai, in un attimo, davanti al mio ragazzo, a pochi centimetri di distanza. Porca vacca. 
Manuela! Un po' di finezza, e che cazzo!
Mi sorrise divertito dalla scena mentre, dal canto mio, tutto intorno a noi era scomparso all'improvviso: la cipolla mezza affettata, il tagliere, il criceto, il maglione... tutto sparito, puff. Colpa sua, stronzo. In quel momento mi ricordai delle parole nella condensa che avevo, brillantemente, deciso di scrivere sulla finestra di camera sua e diventai paonazza all'istante. Non avevo pensato alle conseguenze, come sempre, e in quel momento mi ritrovavo in una situazione a dire poco imbarazzante. Cogliona. 
Non potevo far capire la mia felicità nel vederlo, non potevo saltargli addosso, non potevo baciarlo. Non potevo. Ripetei quelle due parole in testa finché non fu lui a rompere il ghiaccio, per fortuna.
- Vedo che stai aiutando in cucina, brava - disse indicando col mento il tagliere dietro di me 
- Eh già. Mia madre sa che se aiutassi con le decorazioni rischierei di portarmi tutto appresso, così mi ha dato il lavoro più semplice - risposi recuperando un minimo di tranquillità
Iniziò a ridacchiare divertito scuotendo leggermente la testa e in quel preciso istante le mie guance si dipinsero di un rosso acceso. Ero in un profondo imbarazzo e non avevo idea su come uscirne.
Usa il sarcasmo, chi non lo capisce è stupido. 
Oh, finalmente una frase di senso compiuto senza insu...
Tu sei una di quelle persone che non lo capiscono.
Ecco, mi pareva strano. 
- Tu invece? - chiesi di rimando ignorando del tutto il sarcasmo
- Ho appena aiutato Robin ad appendere del vischio, mia madre ha voluto appenderlo dappertutto - rispose divertito dall'ultima frase - chissà perché -
- Significa che la casa gronderà d'amore - esclamai senza nemmeno pensarci
Diventammo entrambi, magicamente, muti e a interrompere quel filo teso che ci legava ci pensò un piccolo colpo di tosse da parte mia. Avete presente quando andate in chiesa e all'improvviso sentite qualcuno tossire? Ecco, stessa situazione.
- Senti Manu, mi disp... - iniziò cercando di toccarmi il braccio prima che mia madre facesse il suo ingresso all'improvviso, facendoci tornare muti
- Allora amore, hai finito con le cipolle? - chiese allungandosi per vedere il mio lavoro
- Eh? Ehm... No, si, può darsi, non lo so. Scusa che hai detto? - richiesi confusa, girando lo sguardo dagli occhi di Harry a lei
- Lascia perdere - rispose divertita strappando un sorriso anche a Harry - finisco io qui, tu vai a sistemare le ultime cose in sala da pranzo -
Non ci pensai nemmeno un secondo a fare come richiesto, mi volatilizzai come un fulmine in sala da pranzo e ricominciai a respirare solo una volta arrivata. Già ero nervosa per i miei genitori, poi la presenza di Harry non rendeva di certo le cose più semplici. Anzi. La voglia di infilarmi nel letto accanto a lui, solo per dormire con qualcuno, mi era passata per la mente molte volte; esattamente come avevo iniziato a pensare un modo per sistemare le cose. Ovviamente tutte le idee erano state stroncate dal fatto che, con i nostri genitori in casa, non avrei potuto fare niente di speciale. Già era tanto se riuscivamo a scambiare due frasi di senso compiuto. 
Per non dare nell'occhio iniziai a guardare velocemente tutti gli oggetti sul tavolo, perfettamente addobbato e mi scappò un sorriso: non avevo mai visto così tanta precisione. Il centrotavola, fatto di stelle di Natale e piccole statuette di Babbo Natale, dominava al centro portandosi dietro i piatti rossi e le posate scintillanti, tutte perfettamente posizionate al loro posto. Anne aveva fatto proprio un bel lavoro. 
Sfiorai la tovaglia rossa per togliere una piccola piega e lo sguardo mi scappò sull'albero di Natale; se in Italia io e la famiglia eravamo abituati a farlo argento e blu lì era tutta un'altra storia: rosso e oro con luci e lucine da tutte le parti.
Quello stesso elemento, unito a tutta la stanza e le decorazioni della casa, emavana un calore e un senso di famiglia che mi investii in pieno. Mi sentivo come se fossi tra le braccia di qualcuno, come se fossi tra le sue braccia. 
Chiusi gli occhi e per un attimo e respirai a fondo, come se fossi circondata dal suo profumo, come se lui stesse lì accanto a me. 
Mi risvegliai solo quando sentii Anne entrare nella stanza, mi ricomposi e continuai a controllare la tavola giusto per illuderla. Anche se nella mia mente tutto vagava tranne che quello. 
- Manu, tutto bene? - mi chiese dolcemente poggiandomi una mano sulla spalla
Fui attraversata da mille brividi a quel contatto ma, con un sorriso sfoderato a momento, annuii cercando di sembrare convinta.
Non potevo permettermi di distrarmi così, non con i miei genitori in casa.


 
                                        
                                                       ******



 
- Ci siamo tutti vero? - chiese Robin guardandosi intorno
Eravamo ormai tutti a tavola, con delle candele illuminate intorno a noi e tanti profumi di leccornie appena sfronate ad inebriarci il naso. Robin era a capo tavola; alla sinistra c'era mia madre con me accanto; al lato destro invece c'erano mio padre e Harry e infine Anne "regnava" all'altro capo tavola. Avevo il mio ragazzo di fronte ma non osavo nemmeno alzare lo sguardo verso di lui, ci mancava solo che diventassi rossa. 
- Bene, vorrei dire una cosa: sono molto felice che il mio amico Frank e la sua bellissima famiglia siano qui. In più, è un vero piacere avere Harry qui con noi. Non potrò mai sostituire Des, lo so. Ma ormai sei diventato come un figlio per me, Harry. Mille di questi giorni - annunciò il padrone di casa alzando i bicchieri 
Facemmo una specie di brindisi con degli aperitivi alcolici ma io, odiando le bibite alcoliche, per poco non sputai il contenuto nel bicchiere. A fermarmi fu un'occhiataccia di mia madre che, anche se a forza, mi fece ingoiare il sorso. Iniziamo bene... Tutti iniziarono a mangiare gli antipasti predisposti in modo precisissimo sui vassoi mentre io rimasi ferma a guardare, ero molto schizzinosa sul cibo e avrei aspettato il primo.
- Manu, e tu? - mi chiese Anne afferrando un grissimo con del prosciutto crudo avvolto su di esso
3...
Mio padre e Robin smisero un attimo di mangiare, iniziandomi a guardare in modo insistente e confuso.
2...
Abbassai la testa per non far vedere il mio rossore e mi sistemai un capello, uscito dallo chignon, dietro l'orecchio.
1...
Anche Harry posò subito i suoi occhi verdi su di me e fu lì che avrei voluto scomparire dalla faccia della Terra, solo per non far succedere l'inevitabile.
0...
- Oh tranquilla Anne, mia figlia è tutta particolare sul mangiare - smorzò la situazione mia madre, facendo comparire un sorriso a tutti
Tutti, tranne Harry. Era l'unico con gli occhi ancora inchiodati su di me e non aveva nessuna intenzione di smettere. Inghiottii della saliva e allo stesso tempo mi restò un peso incredibile all'altezza del petto; e rieccoci alla stessa, identica, fottuta storia. Di una cosa ero certa: se Harry avesse continuato a guardarmi così sarei scoppiata da un momento all'altro. 
Trovai un briciolo di coraggio e ricambiai lo sguardo, con gli occhi duri come una tigre, in un'espressione che avrebbe fatto gelare chiunque. Lo vidi irrigidirsi all'improvviso e lì capii perché: gli occhi mi erano diventati neri dalla rabbia, ne ero sicura. Succedeva sempre così: ero abituata a dire a tutti di avere gli occhi neri quando in realtà li avevo marroni scuri. Diventavano come la pece solo quando piangevo o provavo della rabbia repressa, cosa molto frequente. 
Decisi di passarci su, sorridendo alle battute di mio padre e partecipando il minimo indispensabile alla conversazione. Stare con amici e parenti a quei tipi di cenoni mi piaceva un sacco... Peccato che fossero anche la causa della mia acidità. 
Annuii sempre sorridente, giusto per far vedere che non fosse successo niente, mentre il mio criceto contava i minuti che passavano facendo accrescere la speranza che mia madre non dicesse quella maledetta frase. Quelle erano le uniche parole che mi avrebbero fatta scoppiare come una bomba, le uniche. 
Tranquilla, sono già passati 10 minuti.
Vai avanti criceto, che ce la facciamo. Harry dopo la sua insistenza aveva alzato lo sguardo solo un paio di volte e lo ringraziai mentalmente per il supporto inconsapevole; per quanto mi dispiacesse ammetterlo, la sua presenza rischiava di rovinare ancora di più le cose. 
- Amore - mi richiamò mia madre facendomi girare
Mossi la testa in segno di domanda e lei mi posò una mano sulla coscia. Oh no, no... 
- Lo sai che ti sei asciugata tantissimo? - mi chiese con un sorriso guardandomi le gambe
Trattenni il respiro, non aspettandomi di certo una frase simile, e per un attimo sorrisi sinceramente. Quelle parole mi avevano fatta sentire per un attimo, un solo attimo... bella. Non sorprendetevi delle parole usate da mia madre: lei non usava termini come "dimagrire" ma bensì "asciugare". Mai una volta in cui mi avesse detto "sei dimagrita" invece di "ti sei asciugata". Mai. Harry ricomnciò a guardarmi subito e fu grazie (o per colpa) a lui che mi ricordai una cosa importante: la lavanda gastrica fatta circa un mese prima. In un attimo il mio umore precipitò di nuovo, mia madre non sapeva dell'incidente e non poteva di certo sapere il motivo per cui fossi dimagrita... possibile che l'umore di una persona potesse cambiare così velocemente per un semplice pensiero o un semplice sguardo? 
- Anche se dobbiamo togliere ancora qualche chilo - concluse tirandomi un buffoso schiaffetto sulla coscia
Ed ecco, la bomba sganciata incosapevolmente. Quelle maledette parole che mi facevano venir voglia di rompere tutto. Quella frase che aveva segnato la mia adolescenza e l'aveva lentamente rovinata. Quella sua convinzione che mi faceva sempre venir voglia di urlare:"Bhe, scusa se non sono nata con il fisico da modella come te! Quanto devo perdere ancora per farti contenta? Magari se diventassi anoressica saresti soddisfatta!" ma che dovevo tenere dentro. Mia madre non era una donna cattiva, avrebbe dato la sua vita per me, mi aveva sempre riempita di attenzioni e dato tutto quello che volevo. Aveva sempre fatto di tutto per vedermi felice, per aiutarmi... eppure non riusciva proprio ad arrivarci a cosa mi facesse ricadere di nuovo. 
Le cose materiali non fanno la felicità, mai. 
A parere di un estraneo la mia era stata un'infanzia perfetta. E a me puntualmente fremevano le mani per far stare zitto/a chi avevo davanti. 
Chiusi gli occhi e annuii mordendomi il labbro così forte da provare un dolore tremendo ma non mi importava, volevo solo scomparire. Scomparire da quel cenone, da quella casa, da quella città, da quel paese. Il mio pensiero si rivolse subito a mia nonna e recitò sempre la stessa frase:"Perché mi hai lasciata qui? Tu: l'unica che ha sempre creduto in me, quella che mi ripeteva notte e giorno quanto fossi bella e quella che mi faceva sentire la bambina più spensierata del mondo... Perché?".
Respirai profondamente per cercare di non piangere e bevvi un sorso d'acqua, l'unica cosa che potevo fare era fingere. Quella notte, nel mio letto, senza nessuno intorno avrei pianto. Ma non lì. 
Harry era davanti a me, con gli occhi spenti e un'espressione colpevole in volto. Non doveva guardarmi così, non avevo bisogno della pena di nessuno. 
- Allora... Harry. Come va la vita a Londra? - gli chiese mio padre dopo aver ricevuto il primo, un bel piatto di lasagne filanti appena sfornate
- Tutto bene, grazie. Abito con i miei migliori amici e non potrei essere più felice di così - rispose cercando di essere convincente e lasciandomi un'occhiata impercettibile
- Non dirmi che non hai una fidanzata perché non ci credo - si intromise Anne guardandolo con un sorrisino
- Mamma... - sussurrò il mio ragazzo diventando rosso improvvisamente 
- E dai! Cosa c'è di male? Sei un così bel ragazzo - 
Mi scappò improvvisamente da ridere e ringraziai mentalmente quella donna per aver smorzato quella tensione pressante nella mia testa. Decisi di non dare a vedere il mio divertimento continuando a bere acqua ma non staccai nemmeno per un attimo gli occhi da Harry, provavo un tale piacere nel vederlo imbarazzato! 
- Bhe... c'è una ragazza, si - cedette sistemandosi lo scollo del maglione, lasciando intravedere una delle due rondini tatuate sul petto
Quanto amavo quel disegno, non glielo avevo mai detto eppure erano le figure che mi piacevano di più. Sembravano urlare "Libertà!" da tutti i pori e non mi sarebbe dispiaciuto per niente poterle avere anche io, magari dietro al collo o sulle caviglie...
- Ma quello... è un tatuaggio? - gli chiese mia madre con un tono di voce a metà tra lo schifato e il perplesso
- Già - rispose, senza nessuna preoccupazione, il mio ragazzo - e ne ho tantissimi sul braccio sinistro e per il resto del torace -
- Oh Gesù... - sussurrarono i miei facendomi sentire vittoriosa
Capito perché era fuori discussione la faccenda? 
- Non vi piacciono? - chiese ingenuamente la mia dolce cupcake tatuata
- A me fanno schifo - rispose senza ritegno mia madre - ci manca solo che Manu si presenti a casa con un tatuaggio -
- Pensa se il suo fidanzato li avrà! - scherzò mio padre facendomi gelare il sangue
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, sbiancai di colpo e Harry mi guardò all'improvviso con un'espressione a metà tra il senso di colpa e metà... no, solo senso di colpa.
Ecco, questo è quello che meriti! Muori, coglione!
Criceto, stai parlando con il mio ragazzo. 
Inventai la scusa del bagno e, dopo essermi accertata che ci avessero creduto, mi rintanai in camera mia per stare un po' da sola. 
La serata poteva essersi ritenuta... un fallimento totale: prima la mia sfuriata interiore, poi i tatuaggi e infine il senso di colpa di Harry. Fosse andato qualcosa per il verso giusto, oh. 
Mi buttai a peso morto sul letto, fregandomene del fatto che sotto stessero ancora mangiando, e mi coprii gli occhi con le mani; mi sentivo una cacca, sotto tutti i punti di vista. Mi mancava Harry, mi stavo pentendo sempre di più di aver accettato quella vacanza e volevo solo stare a casa mia. Presi il cellulare dal comodino e fissai, per l'ennesima volta in quella giornata, il mio sfondo: quanto ero stata cogliona... Avrei potuto tranquillamente dire a Harry il vero motivo per cui non volevo presentarlo ai miei e forse tutto quel casino non si sarebbe mai avverato... Chi è la cogliona più cogliona di tutte?
Questa ragazza!
Fissai istintivamente quelle labbra perfette, piegate nel sorriso della faccia buffa, e ripensai a tutte le volte che le avevo avute sulle mie. In quei baci dolcissimi e pieni di calore che solo lui sapeva dare e da un sapore così buono da essere diventate la mia personale droga... Che dire poi delle gemme verdi che aveva al posto degli occhi, quei ricci ormai diventati lunghissimi e quella voce incredibilmente roca ma confortante allo stesso tempo? Troppo, davvero troppo. 
Ero così concentrata ad ammirare ogni singolo centimetro di quella specie di angelo che non mi accorsi nemmeno di chi fosse appena entrato. Mi girai lentamente verso quella figura e mi sentii mancare il respiro quando lo vidi lì, con gli occhi lucidi, i capelli scompigliati (dalle troppe mosse per sistemarli, ne ero convinta) e un faccino da cucciolo bastonato. 
- ... Now I see the silver lining, from what we're fighting for. And if we just keep on trying, we could be much more. 'Cause trying not to love you ... Only makes me love you more - canticchiò con la voce rotta e guardandomi negli occhi
Come diavolo faceva a sapere che amavo alla follia Trying Not to Love You
- Ero convinto che amassi quella canzone, sei diventata il mio libro aperto. Una come te non poteva non amare i Nickelback e non poteva non amare quelle parole - mi spiegò vedendo il mio sguardo sorpreso
Mi coprii la bocca con le mani e, con gli occhi pieni di lacrime, mi sfiondai tra le sue braccia fino a non respirare.
- Perdonami... Ti prego - sussurrò sulla mia spalla e iniziando anche lui a piangere
Intrecciai le mani nei suoi capelli e respirai a pieni polmoni quel profumo così buono. Era lì, per me. Per non continuare a stare sulle punte mi lasciai andare completamente, circondandogli il busto con le gambe e facendomi prendere in braccio. Mi era mancato come il respiro e il solo pensiero di averlo lì... 
Non sono un tipo da romanticherie ma... siete l'amore.
Per quella volta diedi ragione al mio criceto e non mi importò più niente di nessuno. Solo io e lui, stretti in quella presa piena di noi. 
Potevo sembrare esagerata, patetica, infantile o altro ma mi stavo convincendo sempre di più che il futuro senza di lui riservasse solo brutte sorprese, avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere ma non tra le sue braccia. Con lui era tutto più bello e, se fosse dipeso da me, avrei continuato a stare così per il resto della mia vita. 
Non meritavo un angelo come Harry, lui era troppo perfetto per il mondo. Troppo. Eppure, per quanto non lo meritassi, era l'unico a farmi sentire così amata. Ed ero più che convinta che mai nessuno ci sarebbe più riuscitò allo stesso modo. 
 




 
 
 
 
 
 
 
Spazio Autrice: *prende un fazzoletto* scusate ma non sono riuscita a trattenermi... Ah! Ci avete creduto? Eh eh u.u Io non piango per certe cose, eh. 
Ok, ricominciamo... Ci rivediamo dopo ben 2 (forse 3) settimane e non ne vado di certo fiera, in più questo capitolo è: corto, senza senso, di passaggio e... è una cacchetta di Kevin. Me ne rendo conto.
Comunque... ho notato una cosa che mi ha fatta rimanere un po' triste: il capitolo 22 ha 20 recensione e si, ho ballato la Macarena quando l'ho visto, ma il capitolo 23? Solo 8? Sapevo che facesse schifo ma non pensavo di certo così tanto... Apprezzo comunque le persone che lo hanno recensito e spero davvero di non aver scritto vomito.
Analizziamo il capitolo: parla solo Manuela, come avevo già detto, e ho cambiato un sacco di cose mentre lo scrivevo. Non riuscivo a trovare le parole giuste e c'ho messo una settimana abbondante per terminarlo. Harry alla fine capisce il vero motivo per cui la sua amata non volevo presentarlo ai suoi e... facciamo un grandioso applauso per quel Raperonzolo! No, sul serio: ma avete visto i suoi capelli negli ultimi giorni? Io li ho avuti più corti di lui! Ma ci rendiamo conto?! 
Passiamo alle domandine:
1) cosa avete provato mentre leggevate la scena del cenone?
2) che ne pensate del cricetino di Manuela?
3) cosa avete provato quando avete letto l'ultima scena?
4) nello scorso capitolo vi ho detto che i miei bottoni dei social sono nella pagina dell'acount quindi: a quale dei social network (ve li ricordo: Facebook, Twitter, Polyvore, We Heart It e YouTube) mi avete aggiunta? 
Avete parecchio da scrivere e spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto *-* noi ci risentiamo presto u.u (spero). Non fate caso al fatto che non ci siano né banner né gif ma potrò metterli sono tra un paio di settimane (motivi tecnici). 
Bene, direi che per oggi è tutto u.u vi saluto dal mondo dei Puffi e alla prossima! *saluta con entrambe le braccia* Peace and Love
Xx Manuela
 
 
 

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***






 
 
HARRY'S POV.
 
- Dai che ti batto, è questione di pochi minuti - affermai sottovoce facendo schivare al mio personaggio un pugno
- Si credici, sono quasi 5 anni che ci gioco. Sono diventata un asso - si vantò mettendo a segno una Spiar che mi fece riversare a terra
- Oh no - 
- E 1, e 2... e 3! - esclamò alzando le braccia in aria dalla felicità 
 
Stavamo giocando con la PlayStation 2 a Wrestling: SmackDown vs. Raw 2006 da quasi un'ora eppure non ero risucito a vincere mezza volta; era riuscita a schienarmi come minimo 15 volte e tutte le volte il suo personaggio non aveva ricevuto nemmeno un graffio da parte mia, mentre il mio se ne usciva col sangue dalla testa e tutto il corpo rosso. Possibile che una ragazza mi avesse battuto così facilmente? Ero sempre più che convinto che Manuela fosse la reincarnazione di un ragazzo, o forse era nata maschio in una vita passata. Andiamo, non è possibile essere battuto 15 volte di seguito in un gioco così irruento come il wrestling! 
Lasciai cadere il joystick a terra con aria esasperata e così facendo la feci sorridere ancora di più in un'espressione compiaciuta: ci provava gusto a battermi, quella piccola stronzetta. Vederla felice però mi riempì in cuore di gioia, le avevo fatto dimenticare quello stupido cenone, andato di male in peggio ad ogni portata, ed ero più che sicuro che Louis sarebbe stato fiero di me per essere riuscito nella missione. 
Spensi la PlayStation in silenzio, per non svegliare i nostri genitori, e subito dopo mi sistemai accanto a lei sul letto: non l'ho specificato? Erano le 3 di mattina. Perché? Perché ormai avevamo capito entrambi che, per quanto volessimo, non potessimo stare insieme durante il giorno, così ci accontentavamo della notte; a me sinceramente non importava, mi bastava stare con lei. 
Meritava comunque una punizione per avermi battuto così tante volte, mai mettersi contro questo ragazzo. Una volta essermi sdraiato proprio accanto a lei, l'afferrai per i fianchi per averla più vicina e iniziai a baciarle la fronte, il naso, le guance e infine la bocca in successione, tanti piccoli bacini su tutte le parti del viso. Più che punizione poteva essere ritenuto un premio, ma fui comunque felice della reazione che ebbe: iniziò a ridacchiare sotto voce e, la seconda volta che ripetei l'operazione, mi bloccò il viso con le mani facendomi soffermare di più sulla sua bocca. Incredibile quanto mi fosse mancata in soli due giorni. Sorrisi istintivamente e mi godei in tutti i sensi quel bacio così speciale, il sapore delle sue labbra mi stava travolgendo, un sapore così buono lo poteva avere solo lei. Dopo esserci staccati le morsi leggermente il labbro inferiore e subito dopo mi sistemai proprio di fronte a quella specie di angelo senza ali; era così fottutamente bella... Fanculo a tutti quelli che le dicevano di essere in carne e altre stupidaggini simili, lei era perfetta ed era MIA. Pensandoci, era passato un bel po' dall'ultima volta in cui le avevo detto una frase dolce; sapevo quanto fosse romantica e per questo motivo feci un tentativo.
 
- Sai... più ti guardo e più mi convinco di aver fatto la scelta migliore della mia vita - sussurrai sorridendo alla mia stessa frase 

Dai che è fatta, dai che è fatta...

- Sono diventata un Pokemon? - chiese stranita per poi scoppiare a ridere

La mia espressione cambiò in un decimo di secondo: se all'inizio ero speranzoso e felice in quel momento mi stavo sentendo preso in giro. Sapevo che fosse una battuta... ma io non quella frase mi ci ero impegnato tanto! Il faccino da cucciolo mi uscì quasi spontaneo e, dandole la schiena, riflettei sulla battuta: solo quando ci arrivai cercai di trattenermi dallo scoppiare a ridere, aveva davvero detto quella cavolata? Risi sotto i baffi e, cercando con tutte le mie forze di non scoppiare, feci ancora la parte dell'offeso: volevo vedere cosa avrebbe fatto, mica sono scemo. 

- Harry... - mi richiamò scuotendomi leggermente - Harry, stavo scherzando -

Si protese nella mia direzione per vedere se fossi realmente arrabbiato e io, per fargliela pagare, l'afferrai per un braccio e la tirai fino a farla cadere dal letto. Ecco, così si impara.
Non appena si rialzò, con tutti i capelli scompigliati e davanti alla faccia, mi "dedicò" un bel dito medio e mi sussurrò un
- Fanculizzati - quasi impercettibile. Lì fui costretto a tapparmi la bocca con le mani pur di non scoppiare in una sonora risata, era qualcosa di troppo comico. 
L'aiutai a risistemarsi sul letto e, per farmi perdonare, iniziai a farle le coccole; all'improvviso però mi venne una domanda in mente... Avevo paura a chiederglielo, paura che potesse reagire male o addirittura piangere, ma sapevo anche che non avrei potuto esserle molto d'aiuto senza sapere la verità...

- Piccola? - le sussurrai lasciandole un bacino sulla spalla
- Dimmi? - rispose aprendo gli occhi e guardandomi con un sorrisino

Così di certo non era d'aiuto... 

- Cosa... Cosa è successo esattamente tra te e i tuoi genitori? - le chiesi cauto, accarezzandole il braccio 

Il sorriso di pochi istanti prima svanì al'improvviso e gli occhi le si velarono di uno strato di lacrime così sottile da essere quasi invisibile... Mi pentii immediamente di avergli posto quella maledetta domanda ma fu lei a precedermi.

- Non capiresti. - rispose secca dandomi le spalle - esattamente come tutti gli altri - 
- Io, a differenza degli altri, voglio cercare di capire - sussurrai deciso della mia risposta.

Non mi intimoriva per niente quell'argomento: io ero lì per lei, per ascoltarla, per starle vicino, per cercare di capire.

- Tu non sai che vuol dire... - continuò con la voce leggermente più rotta
- Bhe, cercherò di... -
- Tu non sai che significa, Harry. Non sai che vuol dire stare sempre da soli. Da adolescente ormai non ci facevo quasi più caso, ma sai cosa significa per una bambina stare sempre da sola, dai nonni perché i suoi genitori lavoravano e i suoi cugini abitavano in diverse parti d'Italia? No, non lo sai. E io muta, lì a chiedermi perché non avessi un fratellino o una sorellina. Tu non sai cosa significa avere un attacco di rabbia ogni volta che magari qualche tua amica dice:"Uffa, vorrei proprio essere figlia unica". Voi, con fratelli e sorelle, non avete idea di quanto cazzo siete fortunati. Stare sempre da soli non è bello, sentirsi esclusa ogni volta che la maestra diceva di descrivere tua sorella o tuo fratello non è bello, fa schifo. Da piccola non sapevo il vero motivo per cui fossi figlia unica e, con la mente di una bambina, avevo iniziato a dare la colpa ai miei genitori per non avermi dato una/un compagna/compagno di giochi. Poi ho scoperto la verità e, oltre al senso di colpa per aver capito male, ci si è messo anche l'amaro in bocca. Ero così abituata a stare da sola che tutt'ora mi isolo, solo per stare con me stessa come per tornare ai vecchi tempi. Tu non sai tutte queste cose, Harry - rispose rigirandosi verso di me e lasciando cadere le lacrime lungo quelle guance che amavo tanto baciare

Mi stavo sentendo ogni minuto più in colpa, uno schifo per averle chiesto una cosa così importante e dolorosa allo stesso tempo. Io avevo Gemma, in effetti non potevo capire cosa significasse per lei... ma non avrei permesso che ci stesse ancora male. 

- Ti prego, basta... - dissi accarezzandole la guancia completamente fradicia
- Molte persone potrebbero capirmi, vivendo la mia stessa situazione, ma ognuno la prende in modo diverso: io l'ho presa così ma nessuno ci ha mai fatto caso, pensando fosse solo un capriccio temporaneo. - continuò ignorandomi del tutto

Sembrava quasi che si fosse dimenticata della mia presenza, stava pronunciando quelle parole per sé stessa: per liberarsi di un peso troppo grande da tenersi dentro per ben 19 anni. Voleva sfogarsi? Io ero lì per quello. La lasciai continuare, ascoltando ogni singola sillaba proveniente dalla sua bocca: tutto avrei detto, tutto... tranne che provasse tutto quelle cose. Era incredibile la bravura con la quale riuscisse a nascondere tutto dentro di lei. 

- Mi hanno sempre dato tutto, non avendo nessun altro a cui darlo... eppure io mi sono sempre sentita come se non avessi mai avuto niente. Fa male sentirsi dire di dover dimagrire ancora di più quando le tue cugine riescono, senza problemi, a perdere 5-6 kili in due mesi. Fa male vedere mia madre scherzare sull'argomento mentre io sorrido fuori ma urlo dentro. E ogni volta che le  confesso cosa provo, lei si limita a dire che sono solo mie fantasie. Fa male sentirsi dire di essere "strana" solo perché mi piacciono cose differenti, fingere di essere la ragazza perfetta solo per fare bella figura con gli altri. Fa male. Eppure nessuno, a parte poche persone, sanno che significa. - riprese con la voce ridotto all'osso.

Le lacrime sembravano non finire mai e, nonostante se le asciugasse di tanto in tanto con la maglia del pigiama, subito altre si facevano largo sulle quelle guance. Solo il pensiero di non poterle dire qualcosa di confortante, per paura di dire proprio la cosa sbagliata, mi iniziò a divorare lo stomaco come un grissino; vederla in quello stato fu peggio che ricevere centinaia di pugni... 

- Non ho mai fatto le classiche cose che fanno gli adolescenti: mai una sigaretta, mai una canna, mai i capelli tinti o un tatuaggio nonostante li voglia con tutta me stessa, mai un piercing o altro. Ho dato il mio primo bacio a 18 anni come volevano i miei nonni, ho perso la verginità da maggiorenne inoltrata come volevano i miei genitori, la mia prima sbronza è stata con voi - confessò singhiozzando in silenzio, come se ad un tratto di fosse messa in modalità "Silenzioso".

Rimasi scioccato da quella sua ultima confessione ma mi ripromisi una cosa: l'avrei portata a fare un tatuaggio con me, fanculo a chi le aveva sempre detto di no. 

- Per tutti questi motivi voglio che tu ti goda il tuo ultimo mese di adolescenza, meriti di farlo: meriti di sorridere anche solo guardando in faccia la gente, meriti di scappare dopo una cazzata che non andava fatta, meriti di fare tutte quelle cose che rendono un ragazzo, un uomo. - finì il discorso poggiando la sua fronte contro la mia

Restai letteralmente senza fiato... in un suo sfogo così personale voleva la mia felicità? Se questo non è la dimostrazione di un cuore enorme ditemi voi cos'è. La guardai intensamente negli occhi senza spiccicare una parola: mi aveva aperto il suo cuore perché si fidava di me... Quella ragazza era troppo, troppo per me, per gli altri, per quel fottuto mondo che avrebbe potuto inghiottirla tranquillamente nonostante la sua forza degna di una leonessa. 
Non eravamo in silenzio, le nostre bocche non proferivano nessun suono... ma i nostri occhi si: stavano parlando, quasi urlando. Le lasciai un bacio sulla fronte e, dopo averle asciugato le lacrime su entrambe le guance, la strinsi a me come non avevo mai fatto: tra le mie braccia sarebbe stata al sicuro ma soprattutto felice, era una promessa. Mi accorsi di star piangendo anch'io solo quando vidi una gocciolina poggiarsi dal mio mento nei suoi capelli, parve accorgersene subito e forse per questo alzò di nuovo lo sguardo e mi lasciò una serie di baci lungo tutta la scia che aveva lasciato la lacrima. Quello era uno di quei piccoli gesti che solo lei riusciva a rendere speciali, una di quelle piccole cose che ti fanno sentire parte del mondo in cui vivi e amato dalle persone che ami. 

- Ecco fatto, ora è come se non ci sia mai stata - sussurrò con un sorriso alla fine dei baci
- Tu non puoi far finta che non sia successo niente come hai sempre fatto: se devi piangere piangi, se devi urlare urla.
Non tenerti tutto dentro o rischierà di marcire dentro di te... - le consigliai accarezzandole la guancia

Al mio tocco chiuse gli occhi, come se si stesse godendo quei momenti, e poggiò la sua piccola manina sulla mia: iniziò a muovere la mia mano sul suo viso come per voler essere sicura che fossi lì, vicino a lei. Sorrisi non appena la vidi più tranquilla e lasciai che continuasse, in fondo quella sensazione la stavo provando anch'io.

- Perché io? - le chiesi intrecciando le nostre mani
- Non lo hai ancora capito? - mi chiese divertita poggiando le nostre mani l'una sull'altra, facendo risaltare la differenza di grandezza ancora di più - perché ti amo. -

Mi sentii il respiro mancare non appena pronunciò quelle due piccole parole ma, allo stesso tempo, mi sentii il ragazzo più fortunato e felice dell'intero universo: la ragazza che amavo mi aveva appena detto di provare lo stesso... Se non fossero state le 3 di mattina avrei potuto tranquillamente scoppiare in un grido di gioia ma, non appena mi avvicinai al suo orecchio per poterle sussurrare la stessa cosa, mi accorsi che si fosse già addormentata. Aveva la testa a metà tra la mia spalla e il mio petto e, per non farla morire di freddo, coprii entrambi con il piumone. Non avrei mai potuto svegliarla, mi sarei sentito in colpa tutta la vita; per questo motivo le lasciai un ultimo bacio quasi impercettibile.

- Anch'io, piccola. Non puoi neanche immaginare quanto - sussurrai al suo orecchio prima di poggiare la testa sulla sua

Con ancora quelle due paroline in mente mi lasciai andare anch'io tra le braccia di Morfeo e, potete andarne certi, quella notte feci i sogni migliori della mia vita. 
 
 
 
 
 
MANUELA'S POV.

Mi svegliai grazie a un buonissimo profumo di caffé appena fatto, un aroma così deciso e inebriante che sembrava esser stato fatto proprio in quella stanza. Sbadigliai più volte prima di aprire gli occhi e guardarmi intorno: ero in camera mia, con il piumone tirato fin sotto il seno e le lenzuola accanto a me completamente sfatte. Mi misi seduta con la gambe incrociate e, dopo una grattatina ai capelli e un'altro sbadiglio, mi resi conto di provare un gran prurito agli occhi: avevo pianto nel sonno? Strano, non mi ricordavo di aver avuto incubi la notte precedente...
Mongoloide, non ti ricordi niente? 
Buongiorno anche a te, criceto. Fammi pensare... ah si: avevo passato tutta la notte con Harry. Piano piano iniziò a tornarmi in mente tutto quello che era successo e mi salì un brivido lungo la schiena quando mi ricordai di essermi sfogata: e se avessi esagerato? In fondo non stavo con Harry da molto tempo... Oh al diavolo tutto, era pur sempre il mio ragazzo. 
Mi infilai le pantofole e, con l'aria da mezza sonnambula, feci il giro del letto per andare in bagno.
E gli hai anche detto che lo ami, ricordi?

- Cosa?! - urlai in risposta al mio criceto

Per lo shock troppo forte, nonostante fosse dipeso da me stessa, i piedi mi si intrecciarono con i fili della PlayStation e caddi in avanti, salvandomi per pochissimo la faccia. Ahia... 
Hahahahaha, sfigata!
Fanculizzati, criceto di merda. 
Cercai di rialzarmi poggiando il peso sulle braccia ma, dopo aver riflettuto su tutto quello che avevo fatto la notte prima, rimasi sdraiata sul pavimento come un cadavere: avevo davvero detto a Harry di amarlo? Forse mi era scappato in un momento di sfogo o perché ero mezza addormentata e non connettevo... o forse (anzi, di sicuro) lo avevo detto semplicemente perché non ce la facevo più a tenermelo dentro. Avrei solo voluto vedere la sua faccia, la sua reazione: conoscendolo avrebbe potuto tranquillamente rispondermi con un "Ah..." o alzare le spalle con noncuranza. Per questo motivo avevo una paura fottuta di confessarglielo, un "ti amo" rende tutto molto più serio: una relazione diventa importante e, se un giorno dovesse finire tutto, il dolore sarebbe di sicuro maggiore. Ci ero già capitata e, fidatevi, non era finita bene. Bhe, ormai il danno era fatto, non potevo di certo rimangiarmelo... Dovevo solo stare a vedere come avrebbe reagito Harry quando l'avrei rivisto. 
Mettendomi l'anima in pace mi alzai, scrollandomi un po' il pigiama, ma lo sguardo mi cadde subito sulla scrivania: cosa ci faceva un vassoio pieno di leccornie deliziose in camera mia? All'improvviso una vampata di felicità mi travolse e mi diressi verso quel piccolo pezzetto di paradiso saltellando come Heidi: aaaah, quanto possono rendere felice una donna, un cornetto caldo e un cappuccino?
Ecco perché c'era quel buon profumo... Stupida a non averci pensato prima. Dal cappuccino usciva ancora del fumo, segno che fosse stato preparato da poco, mentre il cornetto era stato coperto con dello zucchero a velo alla perfezione: chiunque mi avesse preparato tutto, sarebbe stato benedetto dalla sottoscritta a vita. 
Mi sedetti sulla sedia girevole e, dopo un giretto su me stessa, presi la tazza per iniziare a riscaldarmi: fuori la neve stava ancora scendendo con intensità e, nonostante in casa non si stesse poi così male, un po' di freddo veniva comunque.
Girando per un millisecondo la testa però, mi accorsi di un biglietto rosso molto carino, incastonato in mezzo ai fazzolettini; che qualcuno mi avesse lasciato anche una lettera? Poggiai di nuovo la tazza sul vassoio e, con la curiosità irrefrenabile classica della sottoscritta, girai subito il pezzo di carta: la scrittura era di certo maschile, si vedeva a occhio e scartai in partenza l'ipotesi che fosse stato mio padre: quell'uomo aveva una scrittura degna dei geroglifici, altro che quella!  
 
Un buongiorno e un Buon Natale alla ragazza più speciale dell'intero universo. Il panda nel cappuccino sarebbe stato più adatto a Daniela hahaha, ma ho pensato che ti avrebbe fatto comunque piacere <3 i regali non sono di certo finiti qui, più tardi ne scoprirai altri u.u ;) Buon Natale amore mio <3
Ti amo.
Xx Harry
 
Quando finii di leggere dovetti sbattere più volte le palpebre per mettere a fuoco la situazione: mi... mi... 
Ti ha detto che ti ama, si!
Iniziai a saltellare sulla sedia con ancora il biglietto in mano, troppo euforica per fare altro, e rilessi quella parole come minimo 10 volte consecutive. Può una sola persona renderti talmente felice? In quel momento sapevo perfettamente la risposta... un attimo: aveva scritto davvero "panda nel cappuccino"? Riguardai dall'alto la tazza, dove qualche minuto prima stavo per bere, e i miei occhi diventarono magicamente a cuoricino: sulla schiuma era disegnato, con il cacao, un piccolo panda tenerissimo e un piccolo "I love you" sotto di esso. Corsi, senza nemmeno pensarci, di sotto e per poco non mi scontrai con mio padre all'entrata della cucina.

- Buongiorno, papi! - esultai lasciandogli un enorme bacio sulla guancia
- Buongiorno... - ricambiò con un'espressione scioccata
- Ti sei svegliata di buon umore? - mi chiese perplessa mia madre con una tazza di latte in mano
- Si - risposi con la testa tra le nuvole, saltellando e lasciando un bacio a tutti i presenti

Anne, mia madre e mio padre mi guardarono come se fossi pazza ma non me ne poteva fregar di meno: che bella sensazione l'essere innamorati... 

- Buongiorno! - esclamò Harry entrando in cucina, anche lui felice come una Pasqua

Zampezzò verso Anne e salutò tutti con un enorme sorriso in volto, la sua presenza non faceva che rendermi ancora più euforica. Era ufficiale, eravamo andati di testa entrambi. 

- Hey angel in the snow, I'm under the mistletoe. You are the one, You're my very own christmas love. Tell Santa i'm cool this year, My present is standing right here. Thank God above for my very own christmas love, yeah - canticchiai sopra la voce di Justin Bieber alla radio

Feci poggiare la tazza a mia madre e le presi le mani per poi iniziare a ballare: non mi importava di sembrare una pazza, ero semplicemente felice. Iniziammo a muoverci in una sorta di valzer improvvisato sotto le risate di tutti e in quel momento provai quel senso di famiglia che mi era tanto mancato in quegli anni. Incitai Harry a fare lo stesso e anche lui, esattamente come noi, iniziò a cantare e a ballare insieme a Anne; mio padre e Robin se ne stavano in disparte a ridere e fare un filmino che dopo di sicuro mi sarei fatta inviare. Io e il mio ragazzo ci scambiammo le dame e mi ritrovai a ballare con Anne: durante una giravolta mi strinse in un abbraccio molto materno e lì capii il significato dell'"essere amata". Harry e mia madre intanto ballavano allegramente come folletti e vederli così felici mi fece venire in mente una domanda: a mia madre avrebbe fatto piacere se le avessi detto la verità, nonostante i tatuaggi? Sinceramente non avevo idea... ma era meglio non pensarci, non in un momento così allegro.
Finita la canzone mi ricordai la cosa più importante: regali! Corsi in salotto come una bambina e mi inginocchiai davanti all'enorme albero per scartare tutti i miei pacchetti: sin da piccola ero una curiosa cronica, una di quelle che devono sapere tutto o non dormono la notte. 
Tutti vennero vicino a me, chi sul divano e chi in piedi, e i miei genitori mi consegnarono un pacchetto azzurro molto carino. Li ringraziai con un abbraccio e, senza aspettare nessuno, scartai la carta fino a ridurla in tanti piccoli pezzettini: mi vennero le lacrime agli occhi quando vidi davanti a me la Nikon professionale che avevo desiderato tanto, era davvero troppo...

- Ma... Mamma, l'avrai pagata un botto - sussurrai girando lo sguardo da lei alla scatola
- Non pensare ai soldi, l'importante è che ti piaccia - rispose mia madre stringendomi a lei

Se avessi potuto abbracciare i miei amici e dare un bacio a Harry, sarebbe stato davvero il Natale più bello della mia vita.
 
 
 

 
HARRY'S POV.

Ero entusiasta che la sopresa le fosse piaciuta, sprizzava energia da tutti i pori ed era proprio quello l'effetto che volevo ottenere con quel piccolo gesto pieno d'amore, vederla sorridere di nuovo mi ripagò di ogni fatica. Durante Christmas Love mi ero immaginato il nostro futuro insieme: con ogni Natale pieno di felicità, il nostro amore nell'aria e magari anche i nostri amici a festeggiare con noi. Era quello che volevo, tutto che volevo stava ballando con mia madre un valzer imbarazzante...
La giornata si era conclusa nel migliore dei modi: Manuela era felice, io ero felice, tutti erano felici e per tutto il giorno nell'aria si era sentita un'aria di famiglia non molto comune. Avevamo passato il pomeriggio a giocare a tombola, i telefoni non avevano smesso di squillare un minuto per i vari auguri e i miei genitori erano anche andati a prendere una pizza per cena nonostante fuori ci fosse una bufera. Stare sul divano avvolto da un plaid molto caldo, mentre la mia ragazza ballava con sua madre a Just Dance era stato davvero molto piacevole e mi era scappata più di una volta qualche risata. Mi sentivo felice come non mai, mi sembrava quasi di essere tornato a prima della mia storia con Taylor quando sorridevo per ogni minima cosa e non avevo sempre mille pensieri per la testa... Tutto merito di quella pazza squilibrata.
In quel momento erano le 23 spaccate, il giorno di Natale sarebbe finito tra un'ora ma io non avevo ancora avuto l'opportunità di dare il mio regalo alla ragazza che amavo. La osservai mentre parlava al telefono sorridendo di tanto in tanto, mentre camminava avanti e indietro all'entrata della cucina; si vedeva dagli occhi quanto fosse serena e sorrisi anch'io vedendola, la sua felicità era la cosa più importante per me e sarebbe rimasto sempre così. In più, con quella felpa con una renna, i legins e gli Ugg era così maledettamente tenera... solo a vederla sarebbe venuta voglia a chiunque di abbracciarla come un peluche.
Una volta aver messo giù si diresse verso di me sulla poltrona ma fui io il primo ad alzarmi.

- Aspetta - sussurrai afferrando da dietro l'albero un pacchetto
- E quello? - mi chiese ridendo, con un pizzico di curiosità visibile da chilometri
- Un piccolo pensierino da parte di questo cretino - risposi porgendoglielo e aspettando con ansia di vedere la sua reazione

Non appena vide la cornice con la nostra foto dentro sorrise commossa e si morse il labbro per non piangere dalla felicità, era una cosa da niente in fondo: un pensiero piccolissimo per avermi sempre con lei. 

- Ti piace? -

Annuì con i lacrimoni agli occhi e si coprì la bocca con le mani ancora presa dalle emozioni, non poteva fare così o mi sarei commosso anch'io! 

- Anche io ho una cosa per te, però - disse con un sorriso biricchino che mi fece inarcare un sopracciglio

Si avviò verso l'altro lato dell'albero e ne estrasse una busta arancione, dire che ero trepidante all'idea di aprilo mi sembra implicito. Non appena me la porse l'aprii subito e ci trovai dentro un maglione blu, identico al suo, con la renna davanti. Osservai prima l'indumento addosso a lei, poi quello in mano a me e ridacchiai per non commuovermi: aveva comprato due maglioni coordinati...

- Così tutti sapranno che sei unito a me - sussurrò avvolgendo le braccia intorno al mio collo
- Avevi dubbi? - le chiesi sarcastico afferrandola per i fianchi

Mi strinse in un abbraccio strettissimo e io affondai il viso in quei capelli così lisci e morbidi: se è un sogno non svegliatemi, vi ammazzo se vi azzardate. Il suo profumo di Borotalco mi riempì le narici, la sua belle morbidissima si sfregò contro il mio viso e per un attimo mi sembrò di star stringere un neonato: come avevo fatto a non sopportarla all'inizio?
All'improvviso si staccò e, sempre con quel sorriso impertinente, indicò un punto sul soffitto: neanche a farla apposta ci trovavamo proprio sotto del vischio, benedissi mentalmente mia madre per averne messo così tanto sparso per casa. Sorrisi e, dopo averle afferrato il viso con una mano, la baciai con tutto l'amore possibile e immaginabile. Credete che l'amore vero non esista? Sbagliate, l'amore eravamo noi e sarebbe stato sempre così.






                                                                                                       
Ti amo.





Spazio Autrice: Io Miss One Direction, voi conoscere me? Ok, seriamente. *tossisce come in un discorso* sono qui dopo *inizia a contare sulle dita* ... un certo numero di settimane e, che ci crediate o no, non ho avuto Internet sul pc per ben 3 giorni. Pazzesco vero? Sarà perché sono drogata di questo sito o per altri motivi a me sconosciuti ma... sono qui.
Con il capitolo qui sopra avevo un obbiettivo: farvi piangere. Per quale motivo? No, non per cattiveria bensì per un test: vi spiegerò non appena la storia sarà finita e spero vi faccia piacere.
Dunque... che ne pensate del capitolo? Vi do un annuncio: ho un nuovo pc! Questo significa che potrò mettere sia il banner che le gif e non ringrazierò mai abbastanza mio padre per aver impallato quell'altro catorcio. Il capitolo, ok: Manuela è l'elemento centrale che collega tutte le romanticheria scritte qua sopra e... inovinate un po'? Si sono detti quel fatidico "Ti amo"! Non ve l'aspettavate, eh? All'inizio avevo una visione più... dolce per la loro prima dichiarazione d'amore ma poi mi sono detta:"Fanculo, io non sono dolce" u.u ad ogni modo non ho mai scritto così tante cose romantiche in un solo capitolo e mi stupisco di me stessa nell'aver fatto sentire colpevoli 2 mie amiche autrici... L'intento era quello XD no, seriamente: volevo che il discorso di Manuela alle 3 di notte facesse riflettere e spero davvero che abbia avuto l'effetto desirato anche su di voi. Finito questo monologo direi di passare alle domande del giorno:
1) qual è stato il gesto romantico che vi è rimasto più impresso e perché;
2) ci sono due o tre parti comiche  quindi: quale momento avete ritenuto carino (niente romanticherie)?
3) cosa ne pensate dei doni che si sono scambiati Harry e Manu? *-* 
Bene, io ora qui ho finito e ricordatevi di aggiungermi nei vari social network che trovate nella mia pagina dell'account! Arrivederci! Peace and Love
Xx Manuela

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***







 
 
MANUELA'S POV.

- Non ho mai detto una cosa simile! - ribattei per la centesima volta cercando di non far vedere le mie guance completamente rosse
- Oh si, hai detto:"Harry, ti amo. Sei la mia vita!" - rispose cercando di imitare la mia voce, non riuscendoci 

Non credo che tu abbia quella voce... 
Ma nemmeno io, criceto. Fa pena a imitare le persone, devo ammetterlo.
Tu non parli come una gallina, assomigli di più a un tacchino.
Su questo non posso darti torto. 
Eravamo a casa da soli, in cucina e da più di un'ora Harry non stava facendo altro che scassarmi le palline che non avevo rinfacciandomi il fatto che gli avessi detto di amarlo. Io non potevo dargliela vinta, non ero fatta così: se non volevo dire una cosa non avrei ceduto davanti a niente; figuriamoci poi se lo dicevo davanti a lui, pff. 
Era la sera del 31 dicembre, i nostri genitori erano a una festa di Capodanno e noi avevamo deciso di rimanere a casa: tutto normale, vero? No. I nostri genitori, soprattutto i miei, non avrebbero mai permesso di lasciarci da soli sotto lo stesso tetto; quando i miei mi avrebbero lasciata da sola con un ragazzo, i maya avrebbero azzeccato la data della fine del mondo. Per rimanere a casa avevamo inscenato varie scuse, una più stupida dell'altra, che però avevano dato il risultato voluto. 
Dal canto mio, mi ero scaldata la fronte con un phon e avevo recitato la parte di una sottospecie di "malata terminale" che aveva convinto mia madre a lasciarmi a letto per non peggiorare il mio stato di salute. Come sono perfida, eh eh. 
Harry invece aveva scelto la scusa più facile:"Non mi va di venire a quella festa: non conoscerò nessuno e di sicuro mi annoierò. Preferirei uscire con Max e gli altri stasera: un brindisi a mezzanotte, una passeggiata e così via". Anne in risposta alla fine aveva ceduto, permettendogli di uscire con i suoi amici di lì... peccato che, successivamente, il mio ragazzo mi avesse confessato che i suoi amici fossero in America per le vacanze. Mente criminale anche lui, non c'è che dire. In sostanza i nostri genitori erano assolutamente convinti che noi due fossimo in due luoghi completamente diversi: invece eravamo a casa, ad aspettare la mezzanotte insieme. 
Dal giorno di Natale entrambi avevamo fatto di tutto per mantenere nascosta la nostra relazione, anche se un bacino qua e là quando non ci guardavano ci era sempre scappato. Il mio ricordo preferito? Il 26 dicembre eravamo andati tutti quanti ad Edimburgo, un'ora di treno interminabile per colpa dei binari mezzi ghiacciati, e i nostri genitori non avevano sospettato niente di niente. Io però avevo avuto le farfalle nello stomaco per tutto il tempo...

Eravamo quasi arrivati a destinazione e mi stavo convincendo sempre di più che appena fossi scesa dal treno mi sarei nascosta nel primo carrello di valigie che mi sarebbe passato vicino. Il motivo? Un ragazzo, anche abbastanza carino ma insopportabile, che mi aveva scartavetrato le ovaie per tutto il tempo e non accennava a smettere.
- Sai, magari potremmo conoscerci meglio: sapere da dove vieni, cosa ti piace... il tuo numero di cellulare -  propose a un certo punto, con un sorrisetto alla fine carico di perversione.
- Si certo, e magari io potrei tirarti un calcio: in fronte, in bocca... in mezzo alle gambe - risposi in modo sarcastico e acido, giusto per levarmelo di torno, e molto tentata di farlo sul serio.

Il bello di tutto? Harry si era seduto proprio dietro di noi e, ogni volta che quel ragazzo ci provava, sentivo un respiro profondo dietro le spalle. Inutile dire che a ogni "Harry, ti senti bene?" di Anne, rischiavo di soffocare a causa delle risate trattenute.
Vederlo geloso mi aveva fatto tornare il buon umore, anche perché significava che in quella relazione non ero l'unica gelosa. Se non fosse stato per il "piccolo" particolare della relazione nascosta, ero più che sicura che quello sarebbe potuto essere uno dei natali più belli della mia vita. La cosa più importante però... mi stavo rendendo conto che anche Harry mi amasse, non era solo illusione: si capiva da come mi guardava. 

- 1) io non ho quella vocina da bimbaminchia che hai appena fatto - puntualizzai guardandolo con un sopracciglio alzato

O meglio: non ero sicura di avere quella voce... Ho letto su Facebook che la voce che noi stessi sentiamo in realtà non è quella che la persona davanti a noi sente. Anzi, alcune volte è completamente differente. E se avessi davvero quella vocina senza nemmeno saperlo?
Fidati: non è così. Io sono costretto a sentirti blaterare 24 ore su 24 e non hai la voce che ha appena imitato lui.
Cosa farei senza di te, criceto... 
Mi guardò con un sorrisino strano ma, stranamente, mi lasciò proseguire. Aveva qualcosa in mente...

- E 2) - continuai un po' più perplessa - ... io non ho mai detto che sei la mia vita! - 

Avevo alzato un po' troppo la voce... Ops. A quel punto si avvicinò in un secondo e mi si parò davanti per non farmi più scappare; lo aveva pianificato dall'inizio, quel cretino: non voleva permettermi di scappare solo perché, così facendo, sarei diventata bordeaux e avrei confessato. Ripeto: che razza di mente criminale. 

- Ah! Ci sei cascata: non hai detto che sono la tua vita, ma non hai negato di aver ammesso di amarmi - affermò fiero di sè stesso guardandomi dall'alto

Un attimo: per quanto il mio criceto stesse rielaborando la frase appena detta... dovevo ammetterlo: mi aveva fregata. Maledetto. 
Assunsi un'espressione accigliata ma, avendo ormai perso, mi arresi all'evidenza e ricambiai lo sguardo. 

- Non capisco mai questi giochetti - risposi cercando di non scoppiare a ridere per la sua faccia convinta.
- E secondo te perché l'ho appena fatto? - chiese lasciandomi un bacio quasi impercettibile e fuggendo di corsa in salotto

Iniziai a inseguirlo scoppiando finalmente a ridere e lì mi lasciai andare: in fondo stava solo scherzando. Era solo una mia impressione... o Harry si era iniziato ad aprire un po' di più? Non lo so... lo vedevo molto più rilassato rispetto ai mesi precendenti: rideva sempre, gli piaceva stuzzicarmi per farmi arrabbiare, non si preoccupava di nessuna conseguenza. 
Vuoi vedere che il tuo piano sta funzionando?
Avevi dubbi? Quel pensiero positivo mi rese ancora più allegra e mi permise di partecipare ancora più attivamente a quella sorta di acchiapparello casalingo. In un momento qualcosa nella mia mente scattò all'improvviso, non lasciandomi nemmeno il tempo di pensare alle conseguenze. (che novità, pff.)
Smisi di correre e, dopo essermi assicurata che mi stesse guardando gli feci segno di salire al piano di sopra con me. Avevo un pensiero contorto in mente, una cosa da fare di cui di sicuro non avrei più parlato da lì per tutta la vita, ma ero più che sicura che fosse quella la parte più bella di me: orgogliosa nell'anima ma allo stesso così impulsiva da poter fare le cose più assurde all'improvviso, pensandoci in quel momento stesso. 
Con un sopracciglio alzato mi raggiunse e, dopo aver incrociato la sua mano con la mia, proseguimmo verso le camere da letto fino ad arrivare alla sua. Gli chiesi con lo sguardo se potessi entrarci e, dopo un suo sorriso rassicurante, varcammo entrambi la soglia di quella camera arancione piena di poster dei Coldplay. 
Wow...
Puoi dirlo forte, criceto... 
Non sapevo che amasse quella band, io ne avevo sentito sì e no 5 o 6 canzoni. A dirla tutta non avevo mai visto Harry con un paio di cuffie nelle orecchie, avevo sempre pensato che per lui la musica fosse solo un'arte qualsiasi, a contrario di me che la considerato pura e semplice ragione di vita. Se in fututo avessi avuto bisogno di una sola ragione per vivere avrei scelto di certo la musica; vale la pena vivere per qualcuno/qualcosa che ci fa stare bene, no? Ecco, io vivevo grazie alle note e a quelle parole che insieme formavano un brano.
Perché mi ero spinta fino alla camera di Harry? Avevo fatto un resoconto della casa nei giorni precendenti e, da fuori, avevo notato una piccola terrazza corrispondente proprio alla sua stanza. 
Lo condussi sempre più vicino alla finestra e, dopo esserci stretti nei nostri maglioni, uscimmo all'aria aperta. 
Dopo il giorno di Natale il tempo ci aveva dato un po' di tregua: aveva smesso di nevigare per 3 giorni mantenendo però la stessa aria gelida caratteristica di quel periodo. Quella sera invece stava iniziando a scendere qualche piccolo fiocco qua e là, il cielo invece era nero come la pece: un'atmosfera leggermente dark ma estremamente tranquilla e purificante. Glasgow non distava molto, si poteva vedere benissimo quella città assolutamente meravigliosa diventata magicamente bianca: era un paesaggio così suggestivo da sembrare quasi una cartolina o una di quelle foto che puoi trovare solo su Tumblr. 

- Perché mi hai portato qui? - mi chiese Harry accanto a me, mentre una nuvoletta bianca gli usciva dalla bocca.
- Sono sempre stata una testa calda, un'orgogliosa nell'anima, un mulo con la testa più dura di un muro... - iniziai a predicare cercando di ricordare tutte le frasi che mi avevano attribuito in quegli anni.
- E il punto dov'è? - mi interruppe con un sorriso - sai com'è: fa leggermente freddo qui fuori - 
- è vero: ho ammesso di amarti. Ma non ti ho detto quanto. Oddio, so che me ne pentirò già da domani mattina... - continuai staccandomi da lui e allargando le braccia come se stessi in volo. 

Non riuscivo a vedere l'espressione di Harry, dal momento che gli stavo dando le spalle, ma potevo comunque immaginarla: una faccia della serie "Questa sta fuori di testa.". Sapevo di esserlo; andiamo, una persona normale non avrebbe mai fatto  una cosa del genere. Eppure io ero lì, davanti a Glasgow, con fiocchi di neve infilati nei capelli e sul viso ma non mi importava.

- Io amo Harold Edward Styles più di me stessa! - urlai con tutta la voce che avevo in corpo in direzione della città.

Dopo qualche secondo partì un leggero eco e quelle stesse parole che avevo appena pronunciato mi riempirono le orecchie fino a scomparire nel vuoto. Era quello il senso della libertà?
Vedi che tu non hai quella voce bimbominchiosa che ha imitato Harry? 
Zitto criceto, non rovinare questo momento. Lo avevo fatto davvero, avevo davvero urlato quelle cose... Wow. 
Riconosco di aver provar provato un certo timore prima di girarmi per vedere quale reazione avesse avuto il mio ragazzo, poteva rappresentare tante cose: confusione per la sorpresa, rabbia per averlo sbandierato ai quattro venti, felicità per il gesto romantico o, la peggiore di tutte, indifferenza. Inutile dire che, quando mi girai completamente verso di lui, mi si tolse un macigno dallo stomaco. Era diventato magicamente tutto rosso, con le labbra piegate in un enorme sorriso e gli occhi lucidi come non li avevo mai visti: lo avevo reso felice, gli avevo aperto le porte del mio cuore. Ora sta a lui entrarci.
Iniziai a respirare un po' più profondamente a causa dell'urlo ed ero più che sicura che la nuvoletta bianca proviniente dalla mia bocca rendesse tutto più vero. Harry non accennava a muoversi, sembrava che il freddo gli avesse congelato ogni muscolo fino a farlo diventare un pezzo di ghiaccio. 
Più lui non osava fare altro che fissarmi e più io non facevo altro che domandarmi se avevo fatto la cosa giusta, se non fossi risultata troppo infantile ai suoi occhi o se quel gesto fosse stato sufficiente. Non ero sicura di niente, avevo paura di tutto eppure la bassa temperatura accanto a me non mi stava sfiorando in un centimetro: mi sentivo come se fossi chiusa in una bolla insieme a lui, dove l'unica fonte di calore erano i nostri corpi avvampati dall'imbarazzo. 
Non riuscendo ad aspettare un altro secondo di più senza far niente, mi riavvicinai nuovamente a lui e gli sventolai una mano davanti agli occhi. 
Hai rovinato tutta l'atmosfera romantica, idiota.
Ma se questo non si muove, che vuoi da me?! 
Dopo aver sbattuto un paio di volte entrambe le palpebre, finalmente ritornò "normale": si coprì la bocca con le mani e mi guardò come se fossi la cosa più preziosa del mondo. Era così fottutamente bello... 

- Tu sei pazza... - sussurrò continuando a sorridere per poi scuotere leggermente la testa
- Ho battuto la testa da piccola contro un armadio -  risposi ridendo, trascinandomi dietro anche lui 

Lasciandomi completamente spiazzata, mi strinse a sé fortissimo e per un solo attimo mi sorse una domanda spontanea: sarei sopravvissuta dopo uno stritolamento così? 
Possibile che sprechi il mio potenziale per pensare certe fesserie in un momento così?! No Maria, io esco.
E ciao.
Nonostante il pensiero stupido, mi ricomposi praticamente subito e lo strinsi anch'io mettendomi sulle punte: si può mai rovinare un momento così? Accarezzai i suoi, ormai lunghi, capelli con il naso e inspirai a pieni polmoni quel profumo assolutamente meraviglioso... Se è un sogno non svegliatemi, vi picchio se vi azzardate. Una volta tornati al nostro posto, decidemmo di tornare dentro: non avevo ancora ricevuto le risposte che volevo ma potevo comunque ritenermi abbastanza soddisfatta. Una volta nella stanza, chiuse la finestra per non raffredare l'intera stanza e si girò di nuovo verso di me: chissà a che pensava... Avrei dato qualsiasi cosa pur di entrare nella sua testa anche solo per un secondo, chissà: magari ci avrei trovato un criceto, esattamente come nella mia.
Abbandonando quasi subito quest'ipotesi, scossi la testa con un sorriso e fu lì che successe l'impensabile: Harry mi si parò di nuovo davanti, afferrandomi il viso con una velocità impressionante e baciandomi con una passione tale da farmi ricordare uno dei nostri primi baci, prima che io corressi via in lacrime. Non so bene cosa lo spinse a un tale gesto, forse ne aveva bisogno, forse ne aveva voglia o forse era semplicemente eccitato. Non lo so nemmeno io. Sta di fatto che non mi ritirai affatto: per quanto mi costasse ammetterlo, lo volevo parecchio anch'io. Con un salto allacciai le gambe intorno al suo bacino e mi abbandonai completamente ai suoi movimenti; sapevo cosa sarebbe successo, lo avevo capito dall'inizio ma non ero né spaventata né perplessa. So che sembra ridicolo per una che aveva già perso la verginità un anno prima, ma fino ad allora non mi ero ancora decisa a combattere le mie maledette insicurezze. Non avevo bisogno di qualcuno che le facesse sparire al posto mio, può sembrare paradossale ma avevo semplicemente bisogno di qualcuno che me le parasse davanti così da poterle affrontare da sola. E Harry, forse incosapevolemente, ci era riuscito: mi aveva fatta sentire amata, speciale... ma soprattutto, e forse per la prima volta, bella
Continuammo a baciarci con trasporto fin quando non finimmo entrambi sul letto prima di scoppiare a ridere: eravamo un caso perso. Fu in quell'istante che mi resi conto di stare sopra di lui e divenni rossa in un attimo: anche durante la mia prima volta avevo preferito non avere il controllo, mi metteva troppo in imbarazzo. Vedendomi in quello stato, il mio ragazzo fece leva sulle braccia e riprese a baciarmi per farmi dimenticare di tutto. Piano riuscito Styles, te lo concedo. Con una mossa quasi fulminea riuscì a improgionarmi sotto il suo corpo e mi sentii finalmente protetta, una bambina che si sente al sicuro in una stretta così amorevole.
Mi ero lasciata prendere dalla situazione, dalle emozioni dovute all'eccitazione; sensazione che aumentò quando sentii i suoi polpastrelli freddi sotto il maglione, a contatto con la mia pelle che fino ad allora stava quasi bruciando. Non stavo provando nessun tipo di timore o paura, ero solo desiderosa di lui.  A quanto pare anche lui lo era di me. Gli permisi di accarezzarmi la schiena godendomi a pieno quel mix di emozioni che mi stava travolgendo: non avevo mai amato così tanto una persona, nemmeno Nick. In confronto al mio ex, Harry era completamente diverso: aveva un tocco più delicato, una delicatezza degna di un bimbo, ma mi faceva sognare anche solo con un semplice bacio... Non perdo nemmeno tempo a elencare tutte le altre differenze, mi sembra scontato dire che il mio ragazzo sarebbe risultato 1000 volte meglio in ogni ambito. 
Quando mi sfilò il maglione, lasciandomi in reggiseno, ebbi una paura terribile di cosa stesse pensando: portavo una terza abbondante (fin troppo, secondo me) ma non avevo di certo degli addominali scolpiti, anzi. In un gesto quasi spontaneo mi staccai dalle sue labbra e mi coprii l'intero busto con le braccia, fottuta timidezza... 

- Non ti azzardare, ehy - disse sfiorandomi il mento con un dito per poi guardarmi negli occhi - sei perfetta, non ti devi vergognare di niente. Niente. - 

Riflettei su quelle parole qualche minuto ma poi, cercando di credergli, mi scoprii di nuovo per lasciare che mi guardasse: mi sentivo estremamente piccola e indifesa... 

- Come puoi, anche solo pensare, di non essere perfetta? - sussurrò per poi lasciarmi una serie di baci umidi lungo tutto il collo

Ecco il mio tasto dolente: i baci sul collo. Posso sembrare una pervertita, ma non appena ricevevo dei baci proprio in quella zona andavo completamente in trans, avrei potuto stuprare chiunque me li lasciasse. Harry, ovviamente, non poteva saperlo ma forse era meglio così: sarei risultata patetica. Quando arrivò a una delle bretelline del reggiseno lo fermai per poter togliergli il maglione: non era giusto, io in reggiseno e lui vestito, tks. Trovandomi davanti a quella miriade di tatuaggi quasi mi venne da ridere: non pensavo si fosse tatuato anche un'enorme farfalla proprio sugli addominali. 

- Una farfalla? - gli chiesi ridacchiando
- Cosa c'è di strano? - rispose giocando con l'elastico dei miei leggins
- Niente - dissi assumendo la sua stessa espressione accigliata per poi riprendere a baciarlo

A parte il fatto che quel coso è enorme?
Ah, sei tornato?
E certo, mica mi potevo perdere la vostra prima scopata. Che, scherzi? 
Sorvoliamo. 
Iniziai ad accarezzargli l'intero petto e lui, nel frattempo, si decise a sfilarmi anche i leggins. Ecco, lì le mie guance stavano assumendo tutti i colori dell'arcobaleno. Mi accovacciai non appena mi resi conto della situazione e per un singolo momento sperai che i nostri genitori tornassero, non riuscivo a mostrarmi per quello che ero. Non ci riuscivo proprio. Un altro fattore imbarazzante? Dicembre = Inverno = ... niente ceretta. Avete capito bene, io d'inverno non mi facevo mai la ceretta... 

- Amore... - sussurrò accarezzandomi una guancia
- Mmh? - mugugnai con una faccino triste 
- Non ti devi preoccupare di niente, io non sono come gli altri. Io ti amo, più di qualunque altra cosa e non ti farei mai niente del male. E sappi che l'ultima cosa che farò sarà giudicare il tuo fisico. Non sei una modella, questo è vero, ma cazzo: ai miei occhi sei assolutamente meravigliosa: semplicemente, fottutamente, incredibilmente... meravigliosa. - continuò lasciandomi baci continui in fronte, sulle due guance, sul naso e in fine sulla bocca

Annuii leggermente con un sorriso e, cercando di sconfiggere le mie stesse insicurezze, mi lasciai completamente andare a lui.  Non avevo mai dato importanza a una frase, ad essere sinceri: non importa il giudizio degli altri, puoi dire di avere tutto solo quando la persona che ami ti reputa bellissima. Fino ad allora non ci avevo mai creduto: ero sempre stata ossessionata dal giudizio degli altri, nonostante mi costasse ammetterlo, e avevo sempre pensato che fosse una sorta di battuta il fatto di poter accontentarmi solo del giudizio della persona che avrei amato. In quel momento invece, sotto Harry, solo con la nostra intimità... iniziai a crederci anch'io. Anche la sottoscritta aveva capito cosa significava "sentirsi bene con sé stessa". Dopo circa 10 minuti eravamo già rimasti completamente senza vestiti, solo i nostri corpi a contatto l'uno con l'altro. Fu lì che mi chiese: - Sei sicura? - 
Inutile dire che annuii decisa, più emozionata che mai. Posso sembrare esagerata, patetica o infantile: io vi rispondo che ero semplicemente innamorata. Averlo dentro di me significava dare maggior importanza al nostro rapporto, diventare a tutti gli effetti una persona sola, diventare effettivamente sua. Quando gli passai il preservativo però, cambiò di nuovo posizione e di conseguenza mi ritrovai di nuovo sopra di lui. Lo potevo guardare dall'alto, poter distinguere ogni disegno o scritta nera presente sul suo corpo e potevo andare certa che quello sarebbe rimasto il momento più imbarazzante della mia vita. Diventai ancora più rossa di quanto lo ero già, guardandolo con aria spaesata e non sapendo nemmeno io cosa fare. Avrei dovuto farlo eccitare di più, coprirmi, scappare...? Il mio cervello, e di conseguenza il mio criceto, erano andati in blackout totale. Ero completamente nuda, non nel senso figurato della frase, io ero nuda per davvero: non indossavo vestiti che coprissero il mio fisico, avevo tolto la maschera di grande ragazza infantile e felice per lasciare spazio alla vera me... Per un momento pensai quasi di essere vuota anche dentro, una sorta di corpo in cui se qualcuno avesse bussato si sarebbe sentito l'eco per la mancanza di qualcosa all'interno. Non sapevo spiegare se quella sensazione fosse brutta o bella, sapevo solo che non l'avevo mai provata prima davanti a un'altra persona. 
Mentre le mie guance non si decidevano a scolorirsi e il mio corpo non si decideva a rispondere a qualche comando, Harry se ne stava lì: a guardarmi intensamente dal basso, con gli occhi socchiusi e le labbra piegate in un sorriso innocente. 

- H-Harry che cosa... - balbettai coprendomi istintivamente il seno con le braccia
- Tu dici di odiarti, di essere grassa, di non stare bene né con i vestiti né con altro che non siano felpe o leggins. Dici di odiare il tuo corpo solo per un paio di chili in più, sei convinta di essere insopportabile e di essere giudicata da tutti... - rispose convinto continuando ad analizzarmi attentamente
- Cosa... - 
- Sei convinta di questo e di molto altro... Ma non sai come la penso io: non sai che dal primo momento che ti ho vista, nonostante non sopportassi molto i tuoi modi di fare, ho subito pensato che fossi una delle ragazze più belle che avessi mai visto. Non sai che piano piano, imparando a conoscerti giorno per giorno, ho scoperto dei lati di te che mai avrei trovato in altre persone. L'unica cosa che sai, e che conta, è che mi sono innamorato di te. Sì Manuela, sono innamorato di te. Non reciterò Augustus in The Fauth Is In Our Stars solo perché risulteri troppo banale. - confessò con una risata all'ultima frase che mi strappò una risatina anche a me - Ma non ti ho fatta scoprire in questo modo, mettendoti sopra di me, solo per scopi fisici. L'ho fatto per farti capire che io non mi stancherò mai di guardarti, anche con questi piccoli rotolini o le cosce che si toccano tra loro. Mai. -

Non appena finì di parlare, ebbi davvero la certezza che qualcosa stesse cambiando dentro di me. Harry, in un modo o nell'altro, era stato nel mio cuore dall'inizio... in quel momento capii che il mio cuore ormai appartenesse a lui. Mi venivano i brividi al solo pensiero che mi lasciasse o che tutta quella favola finisse, mi si annebbiava la vista solo all'immaginarmi da sola in una stanza, senza quel Raperonzolo che mi stuzzicasse... Pensieri troppo brutti per un momento come quello, decisamente troppo.
Mi scappò un sorriso spontaneo, una sorta di scudo per non dare a vedere la mia commozione, e da lì in poi la notte fu solo nostra: io ero diventata sua, lui era diventato mio. Allo scoccare della mezzanotte ci eravamo baciati l'ennesima volta per inaugurare il nuovo anno... la verità? Era stata tutta una scusa del cazzo per poterci baciare di nuovo. Restammo così, nudi, accucciati l'uno all'altra e con le gambe tra quelle dell'altro, per quasi tutta la notte; mi ero completamente dimenticata dei chili in più, dei peli sulle gambe ecc... Avevo solo lui in mente, un pensiero bellissimo che non avrei mai sciupato con pensieri superflui derivati da una frivolezza come l'aspetto fisico. 
La mattina seguente fui costretta a tornare in camera mia, cercando in tutti i modi di non svegliare i nostri genitori, ma prima di andare mi concessi altri 5 minuti giusto per ammirarlo: anche di prima mattina, con i capelli davanti alla faccia e la bocca socchiusa, riusciva a trasmettere una delicatezza che avrebbe potuto far invidia a chiunque... Per evitare di lasciarlo senza nemmeno un pensierino, gli lasciai un biglietto sul cuscino (ho fatto la rima, eh eh) che speravo gli avrebbe fatto piacere.

Non cito Hazel di "The Faulth Is In Our Star" solo per non risultare banale, ma una cosa posso dirla anch'io: ti amo... e guai a te se guardi anche solo di striscio un'altra ragazza. Ormai sei mio, ciccio friz :P I love u. 
Peace and Love.
Xx Manuela <3








                                                                                                                  You are mine. 








Spazio Autrice: *prende il dizionario* sono qui, pronta a tradurre ogni singolo insulto che scaglierete contro di me per colpa del mio imperdonabile ritardo. Anyway... Sono viva! Alcuni di voi lo sapevano già, ammettetelo u.u ho postato pochi giorni fa una One Shot fresca fresca su Zayn e oggi sono qui. Non sembra vero neanche a me u.u
Volete sentire la "giustificazione" odierna? Bene: è il primo capitolo, in tutta la mia "carriera", che scrivo con una scena un po' più spinta. Per dirla in altre parole? è il primo capitolo dove racconto, quasi completamente, un atto sessuale! Non ho potuto spingermi nei dettagli: a) perché la storia è gialla; b) perché mi sembrava anche troppo; c) perché ci ho messo secoli a scrivere questo pezzettino e d) perché non so cosa pensare delle mie doti di scrittura in questo campo, assolutamente estraneo a me... Per come sto parlando assomiglio al mio professore di storia ma ok.
Tornando serie: in questo capitolo non succede un beato bip ma, visto che su 350 recensioni nella metà non c'è scritto altro che chiedermi di far trombare sti poveri tizi, ho deciso di accontentarvi u.u Perché ho aggiunto il particolare della ceretta? Sono sicura che voi lettrici sarete d'accordo con me sull'argomento: possibile che non esista UNA SOLA Fan Fiction dove la protagonista si faccia la ceretta? Sono nate tutte senza peli! Non è giusto, la mia storia non è normale quindi ho voluto specificare u.u inoltre io d'inverno la ceretta non la faccio sul serio, quindi. Dopo essermi sputtanata abbastanza, direi che posso andare avanti. 
Domande del giorno, le volete sentire? E io ve le dico lo stesso u.u:
1) cosa ne pensate della mia prima opera "pervy"? (che poi tanto pervy non è ma questi sono solo futili dettagli);
2) quale frase vi ha colpito di più nell'intero capitolo? (ne ho scritte molte filosofiche quindi mi aspetto che le calcoliate u.u);
3) secondo voi come finirà questa vacanza?;
4) pensate dovrei creare una versione cartacea di questa storia? Chissà, magari in futuro il mio criceto mi costringerà a farlo u.u
Volevo ricordarvi inoltre di iscrivermi (o seguirmi, o aggiungermi o altro) sui vari social network che trovate nella mia pagina account, inoltre volevo anche avvertirvi che questa storia è presente anche su Wattpad (con capitoli senza orrori ortografici e scritti MOLTO meglio).
Detto questo direi che il telegiornale può concludersi qui: per oggi è tutto, in diretta dalla mia cameretta in collaborazione con il mio pupazzo dei Puffi. Arriverderci e buona notte!
Peace and Love
Xx Manuela

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***



 







 
HARRY'S POV.

 
 
Il 5 gennaio era finalmente arrivato, il che significava... di nuovo a Londra, baby. Il ritorno a casa rappresentava anche il giorno della "rimpatriata" con i ragazzi e, sinceramente, non vedevo l'ora di rivedere e riabbracciare tutti. Ero anche molto curioso di sapere come avessero passato le vacanze; in fondo, a parte Louis, avevo sentito gli altri solo a Natale e Capodanno. La cosa bella della nostra amicizia? Sarebbero potuti passare anche mesi senza sentirci o vederci ma state pur certi che saremmo rimasti sempre uniti. Ne ero più che convinto. 
Dal canto mio potevo andare fiero del fatto che quella fosse stata la vacanza più bella della mia vita fino ad allora, come si fa a pensare il contrario? La mattina dopo la nostra prima volta avevo sperato con tutto me stesso che restasse, che si svegliasse accanto a me per augurarmi un "buongiorno" con la sua classica voce impastata dal sonno e, che ci crediate o meno, mi avrebbe fatto piacere anche un dito medio alzato dovuto alla sua acidità mattutina... peccato che mi fossi ritrovato da solo, invaso dal suo profumo di Borotalco, con un semplice bigliettino come "souvenir". Mi ero anche reso conto però che, per quanto volessi urlarlo, i nostri genitori ancora erano all'oscuro di tutto. Che situazione, uff. Per ritrovare il sorriso mi ci era voluto solo un pensiero: lei, la certezza che da quella notte fosse a tutti gli effetti mia. Serve a qualcosa specificare cosa fosse successo? Penso che anche un bambino lo capirebbe, in fondo. 
Manca solo un commento comunemente maschile... quella ragazza era molto dotata, per non usare termini meno consoni e che rovinino l'atmosfera.
Ero trepidante all'idea di poter baciarla di nuovo senza dovermi preoccupare di chi ci fosse in casa o semplicemente di dirle di nuovo "Ti Amo" e godermi quelle guance rosse che avrebbe mostrato con tanto imbarazzo. Non riuscivo a pensare ad altro. 
Per questo motivo mi ritrovai le dita di mia madre davanti agli occhi impegnate in un schiocco continuo, figura di cacca.
Stavamo aspettando davanti alla mia auto che anche Manuela e i suoi genitori arrivassero, Robin aveva insistito per salutarci tutti insieme. Sia i miei che Frank e Lucy sarebbero ripartiti pochi giorni dopo di noi, giusto il tempo di passare un po' di tempo tra soli adulti: io non riuscivo a capirne il bisogno ma, contenti loro, contenti tutti. Non appena vidi la mia ragazza intenta a trascinare di peso una delle sue 2 valige, mi leccai le labbra godendomi la scena: sembrava una specie di Super Mario al femminile, non sto scherzando. 
 
- Amore, hai preso tutto? - le chiese, forse non per la prima volta, Lucy. 
- Sì, mamma. - rispose sbuffando la mia ragazza sollevando una valigia per superare i gradini.
- Mangia, capito? - continuò la madre senza nemmeno preoccuparsi di sembrare troppo protettiva o altro.

C'è da dire però che, tralasciando l'espressione abbastanza scocciata di Manuela, quella donna rappresentava davvero la tenerezza. è così dura vedere i propri figli crescere... che pensiero profondo, mi stupisco di me stesso.

- Sì, mamma. - rispose di nuovo la cosidetta "figlia" di Super Mario.
- Stai attenta, non parlare con gli sconosciuti, vai a letto presto, comportati bene, non far arrabbiare le ragazze, non dire troppe parolacce e non cacciarti in qualche guaio come sai fare tu. - 

Guai? Se si riferiva a figure di cacca allora era meglio se si metteva l'anima in pace: Manuela, alcune volte, mi sembrava quasi una calamita attira-figuracce. Non che io non ne facessi ma ehy: chi mai avrebbe potuto battere quella ragazza? 

- SI, MAMMA. HO CAPITO. - alzò tremendamente la voce quest'ultima, facendomi prendere un colpo.

Appena arrivati a casa le avrei dato un bel calmante, sì sì. 
Avrei giurato che Lucy ci fosse rimasta male, invece un secondo dopo stava stringendo la figlia in una stretta fortissima; potevano anche stuzzicarsi a vicenda, fare le pazze o altro ma quelle due sarebbero sempre state uguali, ne ero più che convinto. Tutto quell'affetto materno mi fece così intenerire che decisi anch'io di aggiungermi a modo mio: misi un braccio intorno alle spalle di mia madre e le lasciai un bacio sulla tempia prima che le sue braccia mi avvolgessero. Mi sarebbe mancata tantissimo però chissà: magari avrei potuto anche andarla a trovare da lì a poco. 
Dopo tutti quei gesti d'affetto salutai anche io Lucy e Frank con baci e abbracci e nello stesso lasso di tempo Manuela fece lo stesso con mia madre e Robin, in fondo eravamo stati bene entrambi (cenone escluso). Il momento imbarazzante arrivò quando, dopo aver sistemato i bagagli in macchina, fummo costretti a "salutarci" noi due... cavolo, non mi era nemmeno passato per la testa: avremmo dovuto far finta di salutarci davanti ai nostri genitori senza farci scoprire. Peccato che io volessi solo stringerla forte e non farla più scappare. Chiunque altro al mio posto si sarebbe arrabbiato dopo aver fatto l'amore con la propria ragazza per poi non trovarla la mattina dopo, io invece ero stato felice comunque: una sorta di vocina nella testa continuava a ripetermi che, se ne avesse avuto la possibilità, sarebbe rimasta e quel pensiero pieno di speranza non ammetteva cose brutte di nessun genere. 
Rimanemmo entrambi paralizzati, simili a dei pezzi di ghiaccio, fin quando la mano di mia madre non spinse la figura di Manuela dritta dritta sul mio petto. Ops... Avete presente quella voglia di sparire dopo una figuraccia? Ecco, io stavo provando proprio quella sensazione. Dopo un - Ehm... - balbettato da entrambi commettemmo il grande sbaglio di incrociare i nostri sguardi: un altro secondo e l'avrei baciata lì davanti tutti, poco ma sicuro. Fu solo grazie alla risatina di mia madre che reagii: la strinsi leggermente, giusto per fare un po' di scena, e subito dopo corremmo ognuno alla propria macchina. Prossima vacanza tutti e 6? Alle nozze, se ci arriviamo. 
 




 
MANUELA'S POV.


Se lo scivolone che avevo scampato per un pelo all'inizio mi era sembrato una figuraccia... bhe, "l'abbraccio" di Harry risultò molto peggio. Le mie guance non avevano smesso di accaldarsi per un solo secondo, le gambe mi erano diventate molli per tutto il tempo e le spalle avevano iniziato a pizzicarmi sotto lo sguardo attento dei miei genitori. Che situazione imbarazzante, mamma mia. 
Non vedevo l'ora di tornare a Londra, mi mancava la mia città... ok, lo ammetto: ero ansiosa di scapparmene dalla presenza costante dei miei genitori. Ero contenta di averli rivisti ma dopo un po' basta: in fondo, ero voluta diventare indipendente proprio per cavarmela da sola (e per smetterla di sentirmi oppressa dalle loro continue attenzioni). 
Rivolsi un sorriso a quella massa di adulti imbarazzanti e mi allacciai la cintura: se le guance non mi sono ancora scolorite, mi prendo a pugni da sola, giuro. 
 
Se vuoi ti aiuto io, non mi dispiacerebbe per niente colpire quella faccia da schiaffi che ti ritrovi. 

Criceto, non è il momento ora. Sparisci.
Misi in moto la macchina, accesi le luci e attivai un paio di volte i tergicristalli per togliere quei pochi fiocchi di neve caduti quella stessa mattina: ero pronta. 
Rivolsi uno sguardo a Harry, per controllare a che punto fosse  nella sua Audi, e mi accorsi di aver fatto le sue stesse identiche cose nello stesso arco di tempo: sembrava ci fossimo messi d'accordo. Da un lato era così: i nostri genitori erano a conoscenza della città "in comune" quindi il fatto che facessimo la stessa strada non poteva risultare significativo o sospetto agli occhi di nessuno. Va bene il segreto ma dovevamo pur tornare a casa, no? Dopo aver fatto retromarcia entrambi, lasciai che Harry partisse per primo: non avevo per niente voglia di riattivare quel cosetto indemoniato, quella voce sarebbe potuta uscire e violentarmi. 

Una voce? Una voce potrebbe violentarti? Sei seria?

Ho detto che devi sparire, sciò! 
Avrei tranquillamente potuto raggiungere il mio ragazzo, se la presenza di Anne non mi si fosse parata affianco, dall'altra parte del finestrino. A parte il futile particolare che mi avesse fatto perdere 10 anni di vita come minimo, il panico si impossessò in un attimo del mio corpo: cosa voleva? Che avevo fatto di male? 
Abbassai lentamente quel sottile strato di vetro che ci divideva e sul mio volto si fece spazio un sorriso quasi inquietante: voglio tornare a casa, lasciatemi libera, vi prego...

- Manu, prima che tu vada volevo dirti una cosa - dichiarò sorridente.
- Sì? - risposi con voce più acuta, ingoiando un bel po' di saliva. 

Stavo iniziando anche a sudare, bene. Si avvicinò al mio orecchio prima che un - La prossima volta non lasciate un preservativo usato sul pavimento, per favore. - non mi fece diventare un peperone peggio di prima. Porca vacca.

Figura di merdaaaaaaaa.
 
La guardai con la bocca socchiusa, non riuscendo a emettere nessun suono, fin quando non scoppiò a ridere.

- Comunque siete stati bravi, sapete fingere benissimo - continuò allontanandosi il giusto per farmi riprendere a respirare. 

M-ma allora... no, si sta prendendo gioco di me... vero? Spalancai ancora di più gli occhi, impossessata dal panico e l'imbarazzo, prima che tanti piccoli avvenimenti mi tornassero alla mente: la sicurezza di Anne durante il cenone sul fatto che il figlio avesse una fidanzata, il fatto che i miei genitori non si fossero arrabbiati con me quando ero scappata alla vista di Harry il 23 dicembre... 
In fondo però non era niente di che: i nostri genitori avevano sempre saputo della nostra relazione, nonostante noi ci avessimo messo l'anima per mantenerla al sicuro. Non era niente di così scandaloso... se non fosse per il fatto che:
1) Anne aveva trovato il preservativo che, già di per sé, è una cosa a dir poco imbarazzante;
2) chissà quante volte dovevano averci trovati a dormire insieme per poi mantenere la bocca chiusa il giorno dopo;
3) chissà quante prese per il culo ci avevano "dedicato" in tutto quel tempo.
Ripeto: niente di che, no no. 

- Allora voi... - sussurrai terrorizzata guardando dietro di lei.
- Siamo i vostri genitori, lo abbiamo capito dal primo momento - rispose alzando le spalle come se fosse la cosa più normale del mondo. 

Annuii ancora con gli occhi fuori dalle orbite e finalmente mi decisi a scappare da quella villa, non prima però che Anne mi facesse un occhiolino accompagnato da un - prenditi cura di lui, ti prego. -. 
Quella frase mi lasciò perplessa per tutto il resto del ritorno a casa: cosa significava? Harry ormai era grande e vaccinato: non aveva di certo bisogno di una baby-sitter... eppure, riflettendoci, quelle parole mi sembravano così profonde... come se avessero un significato da comprendere, da interpretare. 
Mentre seguivo la sua Audi, lungo le strade innevate dell'Inghilterra per tornare a casa, non prestai nemmeno attenzione alle note di Somebody To You dei The Vamps e Demi Lovato provenienti dalla radio accesa: volevo solo capire cosa significassero quelle parole pronunciate da Anne prima che me ne andassi. Più che al significato, stavo cercando di capire perché le avesse dette proprio a me: ero la sua ragazza, questo è vero, ma non mi sentivo tagliata per prendermi cura di qualcosa o addirittura di qualcuno. Non riuscivo a prendermi cura nemmeno di me stessa, figuriamoci della persona più importante della mia vita. Mi sentivo una sorta di responsabilità addosso, responsabilità che non mi sentivo in grado né di meritare né di saper reggere. 
Fu il cellulare a risvegliarmi in più di un'occasione: le prima due volte grazie alle telefonate di Daniela e Margaret per sapere verso che ora saremmo arrivati, la terza grazie a un messaggio di Harry,  nonostante fossimo distanti pochi metri.

Sono già 3 volte che ti guardo dallo specchietto retrovisore e in tutte e 3 ho notato una certa preoccupazione... Tutto bene, amore? Xx H.-       

Chissà se anche lui sapesse che il nostro piano per mantere segreto tutto era andato al diavolo, per non dire un'altra cosa... nah, non poteva saperlo o me lo sarebbe già venuto a dire. 
Rivolsi di nuovo lo sguardo verso la strada (concentrandomi sulla sua macchina) e incrociai il suo sguardo per un secondo, un secondo nel quale gli rivolsi un sorriso per fargli capire che fosse tutto okay: stavo sperando solo che ci credesse perché non ero molto in vena di dare spiegazioni, soprattutto per le 3 ore di viaggio successive. 
Sbuffai istintivamente ma, alzando il volume della radio, decisi di pensare ad altro: ci avrei ragionato in un altro momento. 
 


 
                                                                                                  *******


 
 
- E così Liam si è ritrovato a dormire sul divano. - concluse Margaret incrociando le braccia al petto mentre nel salotto tutti scoppiavano a ridere.
- Amore, dai! Lo sai che è stato uno scherzo di Niall: io non ti avrei mai regalato un tanga per Natale. - rispose Liam cercando di farla cedere con bacetti qua e là.
- Intanto adesso nell'armadio ho un tanga rosso e nero! - esclamò la mia amica alzando le braccia al cielo.

Un tanga rosso e nero? Oh, cielo. Io, esattamente come Margaret, non mi sarei mai sognata nemmeno lontanamente di indossare un coso simile: far eccitare chi ti sta di fronte è un conto, diventare magicamente una spogliarellista, un'altro. 

- Che ne sai: magari in una notte più focosa... - la provocò Mara sollevando le sopracciglia. 
- Vorrei vedere te con un coso striminzito nel culo - rispose acidamente la diretta interessata scatenando un fischio di divertimento (e forse di apprezzamento al solo pensiero) da Zayn.

Per l'ennesima volta in quella sera, scoppiammo di nuovo tutti a ridere fino alle lacrime: Dio solo sa quanto mi fossero mancati i miei amici per tutto quel tempo. 
Eravamo seduti comodamente in cerchio sul tappeto e, secondo un ordine casuale deciso da una bottiglia al centro, ognuno di noi doveva raccontare la propria esperienza natalizia. All'appello mancavano solo Giulia e Louis, che sarebbero arrivati il giorno dopo verso l'ora di pranzo: mi sembra scontato dire che fremevo all'idea di riabbracciare anche loro. Fino a quel momento avevamo parlato io, Zayn e Margaret lasciando il dolce alla fine: Niall e Daniela, nonostante alcune volte non volessero ammetterlo, erano di sicuro i più dolci del gruppo, la coppia perfetta che nessuno potrebbe separare. Meglio lasciare lo spettacolo alla fine, no?
Mara e Zayn erano tornati in Italia, avevano passato le feste con i genitori della mia amica e, dai loro racconti, dovevano essersi annoiati parecchio. Chiariamoci: io, all'intero gruppo, non ero stata di certo l'unica a volermene scappare da quel paese. Anzi, le altre erano state anche più propense di me. 
Erano rimasti chiusi in casa, per la troppa neve caduta, e non avevano fatto altro che giocare a tombola e mangiare panettone: ecco, li avevo invidiati solo per quest'ultimo motivo. Anche se non l'avevano specificato però, ero più che convinta che si fossero fatti più di una risata: vi immaginate Zayn in Italia, a parlare "italiano"? Io pagherei per vederlo, sinceramente. 
Margaret e Liam, alla faccia di tutti noi altri, si erano divertiti come non mai: avevano passato romantiche serate vicino all'Another Place e camminato per ore lungo la fascia di spiaggia adiacente alla statua, per non parlare delle pattinate sul ghiaccio e il classico "Bacio di Mezzanotte" la notte di Capodanno. In fondo avrei dovuto aspettarmelo: con il cuore enorme di Liam, era scontato che avrebbe scelto il meglio per la sua principessa. Un'avvenimento particolare era avvenuto la mattina di Natale nella loro casetta in affitto: la mia amica, come ci aveva raccontato pochi minuti prima, aveva scartato tutta eccitata un pacchetto decorato alla perfezione... per poi ritrovarsi davanti a un tanga praticamente inesistente. Solo l'idea della faccia di Margaret a quella vista mi faceva venire i crampi allo stomaco dalle troppe risate, altra cosa che avrei pagato pur di vedere.
Io, per non tirarla troppo per le lunghe, avevo raccontato in grandi linee le cose più importanti: l'incontro casuale, la relazione segreta e la mia "dimostrazione d'amore" dal balcone. Non avevo intenzione di cadere in argomenti depressivi con il cenone, non quella sera. E forse nemmeno in futuro... 
Harry mi aveva guardata con un sorriso tenero per tutto il tempo, senza smettere per un solo attimo: all'inizio mi aveva fatta sentire un po' a disagio ma successivamente avevo iniziato ad abituarmici, in fondo non era tanto male sentirsi ammirati da qualcuno (soprattutto se questo qualcuno è la persona che ami), ti fa sentire speciale. 
Niall e Daniela erano stati tutto il tempo ad ascoltare i nostri racconti, con occhi a cuoricino e lasciandosi scappare più volte qualche "Awww" unisono, chissà perché ma avevo il presentimento che sperassero di svignarsela prima di parlare di loro: sì perché dovete sapere che, nonostante i loro animi così giocherelloni, quando si parlava del loro amore diventavano magicamente timidi. Ennesimo motivo per cui mi scioglievo appena mi capitava di assistere ad un loro semplicissimo gesto d'amore. 
Ma, in fondo, avrei comunque scoperto successivamente cosa avrebbero fatto anche quei due. Parola di Manuela.

E di cricetino!

Si è svegliato dal pisolino anche lui, a quanto pare.  
Avrei posto la mia domanda cruciale se delle urla fa fuori non ci avessero fatto rizzare le orecchie: chi mai urlerebbe alle 10 di sera, il 5 gennaio? 
Ci alzammo tutti in un secondo, troppo curiosi per far finta di niente, e ci arrampicammo l'uno sull'altra per dare una sbirciatina fuori dalla finestra: viva la curiosità! 
La neve aveva iniziato a scendere fitta, impedendo la visuale anche a due metri di distanza, ma potemmo comunque riconoscere tre figure farsi sempre più vicine a casa nostra: oddio, i ladri...

E certo: perché i ladri sono così imbecilli che si annunciano prima di fare irruzione in casa. Mi sembra più che logico. 

Tu pensa a dormire, piuttosto. 

- Ragazzi, chi pensate che siano? - chiese, con un po' di perplessità, Niall.
- Ladri - 
- Assassini -
- Drogati - 
- La Befana! - esclamai istintivamente, senza pensarci nemmeno un attimo.

Ero perfettamente a conoscenza che la Befana esistesse solo in Italia, ma ehy: da piccola mi aveva sempre portato dolci, perché quell'anno non avrebbe dovuto? Sia i ragazzi che le ragazze si girarono lentamente verso di me per poi guardarmi come se avessi appena detto l'idiozia più grande della mia vita: l'ho davvero sparata tanto grossa? 
Continuarono a guardarmi così per qualche minuto prima che, sempre con una sincronia spaventosa, non tornassero a guardare fuori; mi sento presa in giro, parecchio. 
Mi allungai sulle punte, essendo dietro le figure di tutti, e, per quanto potessi vedere, vidi di nuovo quelle figure farsi sempre più vicine.
 
- Ehm... ragazze, la casa è vostra: fate voi. - ci congedò Zayn seguito da Liam, Niall e Harry.

Cioè, fatemi capire: 4 ragazzi, uno più grosso dell'altro, stavano avendo paura? Mi state prendendo in giro? Alla faccia degli uomini duri, eh. 
Li guardammo scioccate tutte nello stesso momento mentre quei polli si nascondevano su per le scale, cose da matti.  

- Ed è in momenti come questi in cui mi rendo conto di che grandi uomini duri abbiamo al nostro fianco. - commentò sarcastica Mara, strappandomi praticamente le parole di bocca. 

Scossi un paio di volte la testa, esasperata, per poi dirigermi verso la cucina con la braccia alzate stile "io preferisco non commentare!". Mi avvicinai al ripostiglio delle pentole e, dopo averne prese 4 a caso, tornai dalle ragazze in salotto: meglio essere prudenti. Mi sarei aspettata anche solo un misero "grazie"... quello che ricevetti, invece, furono occhiate perplesse peggio di quelle di prima: possibile che qualsiasi cosa facessi risultasse così insulsa? Chiesi con lo sguardo cosa volessero ma loro, esattamente come nella situazione precedente, preferirono passare avanti: che qualcuno mi faccia sentire accettata, ve lo chiedo per favore. 
Alla fine, per fortuna, ognuna prese una padella e le impugnammo come mazze da baseball in direzione della porta d'ingresso: per fortuna che almeno noi avevamo le palle in quella casa. Cioè... non proprio, ma andiamo: il senso è quello. 
Ci scambiammo tutte uno sguardo d'intesa e, non appena sentimmo dei passi da fuori, prendemmo un bel respiro.

Una botta  e via, Manuela. Non ci vuole molto... oddio, sembra una frase perversa...

Spero che quei tizi mi catturino, così mi controlleranno in testa e ti faranno al forno una volta per tutte.

E il tuo animo hippie dov'è andato a finire?

Sta prevalendo quello punk, ora.

... Ti voglio bene anch'io, cogliona. 

Ci avvicinammo quatte quatte alla porta e, dopo un leggero annuire generale, Daniela allungò la mano verso la maniglia.

- Ragazze... - sentimmo dalle scale.

Okay, avrei ammazzato chiunque fosse stato solo per il semplice fatto di avermi fatto perdere 10 anni di vita: quella mattina ci aveva pensato Anne, poi ci si dovevano mettere anche i ragazzi? Gente, calma: non sono ancora così vecchia. 

- Vi amiamo, ricordatevelo - 
- E voi ricordatevi di scappare appena finito qui, perché queste padelle saranno ancora in mano nostra. - risposi gelandoli con lo sguardo. 

Presero la saggia decisione di tornare nell'ombra e, per la seconda volta, ci mettemmo in posizione di attacco: una cosa veloce, istantanea. 

- Pronte? - chiese Margaret facendoci annuire.

3... 

I passi si fecero sempre più vicini alla porta.

2...

Presi un bel respiro per frenare l'istinto di scappare dai ragazzi.

1...

Successe tutto in un millesimo di secondo: Daniela aprì la porta di scatto e tutte 4 ci fiondammo su una di quelle persone, cercando di colpirla nello stesso momento. Essendosi creata una confusione totale nel colpire, solo la mia padella riuscì a prendere in pieno la testa della vittima all'assedio.
L'uomo in questione cadde di faccia in avanti, svenuto, perdendo il cappello durante la caduta. Per i primi momenti mi sentii fiera di me stessa... ma quando riconobbi Giulia e Louis fuori dalla porta, fortunatamente scampati all'attentato, rimasi perplessa. 
Ma non dovevano essere a New York?
Stavano guardando la scena con occhi spalancati, tappandosi la bocca con le mani mentre: io tenevo ancora la padella in mano, le ragazze erano rimaste confuse quanto la sottoscritta e il resto del gruppo era sceso di corsa per le scale, attirato dal forte rumore. 
Voltai lo sguardo in tutte le direzioni prima di guardare meglio quella specie di cadavere davanti ai miei piedi: era un uomo molto materiale (con una bella pancia rotonda, per chi non lo avesse capito), coperto da un giubbino invernale nero, cappello nero accanto a lui, pantaloni e scarpe nere. Un possibile ladro, no? 

- Ma che cazzo avete fatto?! - urlò Giulia presa da un panico improvviso.

Tutti e 6 (esclusi gli ultimi arrivati) puntarono il dito contro di me e in quel momento iniziai a guardare torva ogni presente in quella stanza: sempre colpa mia, eh? 

- Ho atterrato un ladro, ecco che ho fatto - risposi con le mani sui fianchi.
- Ladro? Ma di che diavolo stai parlando?! - rispose isterico Louis entrando in casa. 

Guardai per l'ennesima volta quel corpo ma non notai niente di strano... finché una scritta bianca sul cappello non mi fece gelare il sangue. Mi coprii la bocca con le mani prima di afferrare l'oggetto e farlo vedere a tutti gli altri: inutile dire che ebbero la mia stessa reazione. 
Cazzo, ho quasi ucciso un poliziotto...







Spazio Autrice: *cerca di tenere gli occhi aperti* eh? Sì, ci sono. 
SALVE! :D
Da quanto tempo, eh? Non ne vado fiera, tranquille. 

Ora, vi starete di certo chiedendo con quale decenza io sia ora qui, a postare questa cacchetta di Kevin, dopo un mese... e io potrei rispondervi:"Ho avuto troppo da fare tra la scuola e il cazzeggiare" e blah, blah, blah. 
Da una parte è così (considerando il fatto che ho avuto 3 compiti in classe in una settimana, ho postato 2 video su YouTube, aggiornato su Wattpad, disegnato, avuto la cervicale e la febbre) ma la vera ragione è: un libro. 
Sì, un libro. Un tesoro che ho comprato 3 settimane fa e, quando l'ho finito, sono caduta in depressione. Sul serio. Il protagonista maschile si chiama Michael, in arte Mike: come quell'unicorno colorato dei 5 Seconds of Summer che mi porterò all'altare, compatitemi. 
Comunque: il capitolo è una bip, lo so. Non ha senso, non succede niente (o quasi), non c'è niente di niente. Il vero motivo per cui l'ho postato? Leggendo di persone che mi considerano "ritardataria" mi sono sentita una merda, davvero. Vi assicuro che non lo faccio apposta a postare così tardi, e lo sapete, quindi vi chiedo scusa se il capitolo non è perfetto o degno delle vostre aspettative. è stato un periodo un po' così, anch'io ho i miei problemi... ma in fondo, chi non ce li ha?
Domande del giorno:

1) ci sono un paio di parti "divertenti": quale parte vi ha fatto sorridere, o addirittura ridere?
2) qual è stata la prima cosa che avete pensato quando Anne ha svelato la verità a Manuela?
3) cosa avete pensato quando i ragazzi hanno sentito delle voci esterne avvicinarsi?
4) secondo voi cosa accadrà? (non accetto risposte come: non ne ho idea. u.u)

Vi ho lasciato con la suspance proprio per spronarvi a recensire ma, come sempre, non siete assolutamente costrette: siamo in un paese libero, no? E riecco il mio spirito hippie *-* io vado a studiare u.u (sono una vampira, lo so). Adios!
Peace and Love
Xx Manuela


P.S: a quanto pare la gif che ho scelto per il capitolo sta antipatica al mio pc, chiedo scusa per l'inconveniente. 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


 









Rimasi letteralmente paralizzata per i 10 minuti successivi, non riuscendo a muovere nemmeno un muscolo mentre gli altri cercavano di trovare una soluzione per non farmi arrestare. Perché avrebbe potuto arrestarmi, vero? Una cogliona che colpisce un poliziotto in fronte con una padella, facendolo svenire, merita una punizione, vero?
Guardai per l'ennesima volta l'arnese nella mia mano e, a un certo punto, lo lasciai cadere a terra provocando un enorme tonfo: ero sconvolta, capitemi.
Girai il viso verso i ragazzi e, dopo aver incontrato lo sguardo di Harry, iniziai a sparare parolacce a non finire: avevo appena promesso a mia madre di non combinare casini ma no, dovevo per forza fare la trasgry (anche se involontariamente).

- Sei un'assassina! - mi gridò contro Giulia, cercando di rianimare l'uomo ai miei piedi.
- Ora non esageriamo! - rispondemmo indignati sia io che Harry.

In fondo, era solo svenuto: chissà quante volte era svenuto Louis per colpa mia e si era sempre ripreso.
Riprendendo un po' di lucidità, decisi di girare il poliziotto a pancia in su: gli avrei sollevato le gambe e, successivamente, si sarebbe ripreso. Semplice, no? Non appena lo guardai in faccia, nonostante avesse ancora gli occhi chiusi, ebbi la sensazione di averlo già visto da qualche parte...

Oddio, è il lottatore di sumo in perizoma!

Lo scrutai ancora qualche secondo prima di dare completa ragione al mio criceto, era proprio lui. Da un lato la situazione poteva essere ritenuta quasi comica: quell'uomo non riusciva proprio a liberarsi di noi, a quanto pare. Anche se c'era una cosa che ancora non mi quadrava...

- Primo: si può sapere che ci fate qui? Secondo: perché c'era anche lui - chiesi per poi indicare il poliziotto. - con voi? -
- Risponderemo alle tue domande non appena troverò un modo per non farci finire in prigione. - rispose duramente
Louis, togliendosi il cappotto.

Mi sentivo delusa: non l'avevo di certo fatta apposta, accidenti.
Sbuffai rumorosamente prima di mettermi in ginocchio per terra, così come nella stessa posizione di altri: e se gli avessi buttato un po' d'acqua in faccia? In fondo, con Louis aveva funzionato.
Decisi di rinunciare all'idea quando vidi i miei amici indaffarati in varie postazioni: Daniela cercava di risvegliarlo chiamandolo per nome, Mara girava lo sguardo per tutta la stanza (troppo impanicata per poter fare qualcos'altro), Margaret, Harry e Zayn cercavano di mantenere la calma mentre Louis e Giulia non facevano altro che urlare.
Gli unici abbastanza "tranquilli" erano Liam e Niall, indecisi se chiamare o meno qualcuno: "Io chiamo l'ambulanza!" esclamava Liam, "No! Devi chiamare la guardia civile!" ribatteva Niall, "Certo che no! Bisogna chiamare i pompieri!" diceva di nuovo Liam ecc, ecc, ecc fino a nominare tutto il corpo dello Stato.
Mi sembrava di essere tornata a scuola, durante le lezioni di latino, non scherzo.
All'improvviso mi venne un'idea, forse un po' stupida, ma comunque un'idea.
Frugai nella tasca del giubbotto invernale del poliziotto fino a trovare il suo telefono, uno di quei Nokia che spaccano il pavimento se cadono, e cercare nella rubrica qualcuno di familiare.

- Che stai facendo? Non è il momento di bighellonare, Manuela! - mi sgridò Mara, concentrando tutta l'attenzione su di me.
- Sto cercando qualcuno che possa venire a prenderlo, non credo che dopo la botta sarà poi così lucido. - risposi continuando a cercare in rubrica.

Non aveva molti numeri memorizzati, grazie a Dio, ma mi ci volle più di qualche minuto per capire se Pussy sarebbe potuto essere utile: poteva essere il numero della moglie... o dell'amante... quanti cazzi di problemi. Che poi, dico io, ma chi cazzo andrebbe mai a memorizzare un numero sul cellulare con Pussy? Mha.
Dopo qualche istante premetti il tasto verde e feci segno ai miei amici di stare zitti, volevo proprio vedere chi si nascondeva dietro a quel nome così volgare e inappropriato.

Parli proprio tu?!

Nessuno ti ha interpellato, sparisci.
Dopo una serie infinita di "tu" prolungati, avrei messo volentieri giù se una voce femminile non avesse finalmente risposto con un: - Cock? Cock, sei tu? -
Inutile dire che rimasi sconvolta... quel poliziotto stava iniziando a spaventarmi con la sua vita privata: prima il perizoma, poi il nome sul cellulare "figa", questa che lo chiama "cazzo"... ma dove siamo andati a finire?!
Presa dal panico decisi di mettere giù, senza lasciar trapelare nessun suono, e lanciai il cellulare lontano da me provocando le espressioni perplesse dei ragazzi attorno a me.

- Ho... b-bisogno d'acqua. - balbettai sconvolta, correndo in cucina.

Mi diressi subito verso il frigorifero e, con una furia incredibile, afferrai il cartone del succo d'arancia per poi scolarne un gran sorso: era troppo in una sola giornata, decisamente troppo.
Una volta finito scossi la testa freneticamente, come a voler far uscire i pensieri dalla mia stesa testa, fino a rimettere a fuoco la situazione.

- Manu! Manu, corri! Si è svegliato! - urlò qualcuno dal salotto.

Bene, e io come spiegavo a quel pover'uomo di aver frugato nel suo cellulare? Ma soprattutto, come diavolo potevo giustificare l'intero accaduto?
Un'altra al posto mio sarebbe, come minimo, scappata dalla finestra pur di non farsi scoprire, io non potevo. A parte il fatto che, con la sfiga che mi ritrovavo, sarei finita come minimo di faccia per terra, non sarei mai riuscita a sfuggire dalle mie responsabilità: successivamente, se lo avessi fatto, mi sarebbe salito un senso di colpa tale da convincermi a costituirmi alla polizia. Non scherzo.
Uff, maledetta coscienza.
Lasciandomi scappare un urlo strozzato, mi diressi di nuovo verso il salotto, ma diventai bordeaux quando vidi il poliziotto seduto sul divano, completamente cosciente: aiuto, questo mi arresta.
Continuai il percorso a piccoli passi, cercando in tutti i modi di temporeggiare, mentre i ragazzi si occupavano di quel povero sventurato pervertito: se mi avessero detto di stare da sola con lui mi sarei rifiutata categoricamente, mi stava iniziando a fare paura.

- Dove... dove mi trovo? - sussurrò il poliziotto, ancora stralunato, guardandosi intorno.
- Va tutto bene, non si preoccupi. - continuavano a ripetergli i ragazzi, come se facesse differenza.

A parer mio, non facevano altro che confonderlo ulteriormente. Perché non dirgli:"Sei a casa nostra e quella è Manuela: è lei che ti ha colpito in testa con una padella, facendoti svenire."? Sarebbe stato tutto più semplice.
Mi nascosi dietro la figura di Liam, cercando di non farmi vedere, mentre Harry mi cercava con lo sguardo: avrei voluto dirgli di essere nascosta dietro Payno ma poi sarei stata scoperta = possibilità di essere arrestata.
A mia madre sarebbe venuto un colpo sentendo un possibile:"Salve, signora. Volevamo solo avvertirla che sua figlia è stata arrestata per aggressione a pubblico ufficiale, niente di cui allarmarsi.". Niente di strano, assolutamente.

Cose da tutti i giorni, proprio.

- Oh, che mal di testa... - mugugnò il poliziotto iniziando a massaggiarsi il punto dolorante.

La curiosità di vedere la sua faccia in quel momento prese il sopravvento, tanto da farmi allungare il collo nella sua direzione.
L'avessi mai fatto.
Il punto dove la padella lo aveva colpito poteva essere avvistato da chilometri, rosso com'era: un grande bozzo proprio sopra la fronte, in mezzo a quei quattro capelli neri che si ritrovava. Avevo più peli io sulle gambe che lui sulla testa e ho detto tutto.
Stavo letteralmente cercando di non scoppiare a ridere, sul serio.
Avete presente quelle persone che, a un certo punto, continuano a ridere silenziosamente, senza nessun suono? Ecco, io in quel momento ero proprio così.
Non è di certo carino ridere per le disgrazie altrui, causate soprattutto dalla sottoscritta, ma cavolo: davanti a quella scena sarebbero scoppiati a ridere tutti. Non avevo idea di come potessero trattenersi i ragazzi, io non ero riuscita a trattenermi nemmeno un secondo.

- Mi spiegate cosa ci faccio di nuovo qui, per favore? - chiese gentilmente il poliziotto guardandosi intorno.
- Bhe... Ci ha accompagnati a casa e... - iniziò Giulia, andando sempre più nel panico.

Era il momento di uscire allo scoperto, non sarebbe stato giusto mettere in imbarazzo i ragazzi per un qualcosa commesso da me: mi sarei sentita in colpa a vita.

- E... si è sentito male all'improvviso! Sì, è svenuto non appena è entrato e fino ad ora abbiamo cercato di aiutarla. - completò Daniela, decisa sulla risposta, in modo da non dare a vedere nessun segno di insicurezza.

La mia piccola crisi di coscienza, per quanto all'inizio fosse sembrata insostenibile, alla fine si rivelò molto più debole: tutto grazie ai miei amici.
Ero sicura di una cosa, però: mi avevano aiutata solo perché dopo si sarebbero ritrovati a pagarmi la cauzione per uscire di prigione.
Mi scappò un sorriso al pensiero così frivolo e insulso fino a mostrarmi completamente: a quel punto tanto valeva farsi vedere, avrei risparmiato un infarto a Liam.

- Mmh... mi dispiace, non volevo crearvi disturbo. - si scusò l'agente mettendosi seduto.
- Non si preoccupi, un capogiro può capitare a tutti. - sdrammatizzò Zayn, tirando un sospiro di sollievo esattamente come gli altri.

Da un occhio esterno, quell'uomo sarebbe potuto sembrare una persona normalissima... ma se gli altri avessero scoperto ciò che avevo scoperto io, state pur certi che la targhetta "uomo per bene" gli sarebbe scivolata addosso immediatamente.
Girando lo sguardo per un attimo, Harry si accorse della mia presenza e non perse tempo a stringermi sotto il suo braccio prima di baciarmi la testa: in quel momento iniziai a chiedermi cosa avrebbe fatto se fossi finita davvero in prigione...

Sarebbe stato dall'altra parte delle sbarre a prenderti per culo. O almeno: questo è quello che avrei fatto io al suo posto.

È così bello sentirsi dire certe cose, eh?
Dopo aver aiutato l'agente Scott, prendendoci cura di lui come avremmo fatto con un bambino, ci sedemmo tutti e 10 stremati chi sul divano e chi per terra: sembravamo appena usciti da un film dell'orrore ma, pensandoci, la situazione non era stata molto differente.

- Vi prego... ditemi che la finiremo a "giocare" con la polizia. - ci supplicò Niall, guardandoci supplicante.
- Secondo te, a noi ha fatto piacere? "Venga, agente. Le ho solo tirato una padella in testa, tranquillo. Vedrà che con una bella tazza di thé si sistemerà tutto." - ironizzai per poi tirargli un leggero schiaffo in testa.

Nonostante puri momenti di terrore, alla fine la situazione stava iniziando a trasformarsi, almeno nella mia testa, in comica: avete mai sentito parlare di situazioni del genere? Eravamo i discendenti della famiglia Adams, iniziavo ad andarne certa.

Uh, che bello. Io amo la famiglia Adams! Mi ritrovo tanto in Mano, in un certo senso.

Almeno eviteresti di parlare.

Mercoledì, stai zitta.

Non riuscendo più a trattenere la domanda, fui io a chiedere a Louis e Giulia il motivo del ritorno anticipato, gli altri sembravano essersene dimenticati. Il mio migliore amico ci spiegò del cambio di programma, dovuto ad un'anticipazione del volo a causa bufera, mentre Giulia ci spiegò il motivo della urla. Non fece altro che ripetere:"Lo vedi, Louis? È colpa tua. Se tu non mi avessi perso la valigia, ora quel pover'uomo non avrebbe un bernoccolo più grande di lui in fronte e Manu non avrebbe rischiato la galera. Fai l'uomo, ammetti le tue colpe." mentre il diretto interessato fu il più scocciato della situazione. Con un sospiro afflitto, la mia amica ci spiegò l'importanza di quella valigia, contenente non solo i soldi ma anche tutti i piccoli pensierini per noi che aveva acquistato in giro per New York. Ecco, in quel momento guardammo tutti male Louis. Si difese esclamando:"Non è colpa mia se mi sono dimenticato di scrivere sul bigliettino le informazioni necessarie in caso di perdita! Mi è semplicemente uscito di mente e ora è bella che andata, quindi è inutile piangersi addosso." Un po' mi faceva tenerezza: tutti contro di lui, con quel faccino che si ritrovava...

Pensa ai regali che ha perso e non credo che lo avrai ancora così di buon occhio.

Sto cercando di far fuoriuscire il mio lato hippie, criceto, quindi non rovinare tutto e lascia che la pace interiore mi avvolga.
Il racconto proseguì con tutta la descrizione accurata della vacanza (luoghi visitati, momenti divertenti e cose così) per poi sfociare nel vero motivo per cui l'agente Scott fosse giunto fino a casa nostra... Un semplice, banalissimo passaggio.
Eh, già.
I nostri amici erano arrivati ad Heathrow quella stessa sera ma, avendo perso la valigia, si erano ritrovati senza soldi e non avevano potuto  permettersi nemmeno un misero taxi. Non volendoci disturbare, data la "tarda" ora, avevano aspettato circa un quarto d'ora a vuoto prima di incontrare per caso l'agente a noi conosciuto. Quest'ultimo, ricordandosi sicuramente l'episodio successo mesi prima, si era offerto gentilmente di accompagnarli a casa... il seguito lo sappiamo tutti.
Durante ogni passaggio del racconto nascosi un po' di più la testa tra le ginocchia, troppo imbarazzata per poter fare altro, e mi sentii sempre più in colpa: povero, non meritava un così brutto benvenuto. Con riferimenti puramente casuali... iniziai a pensare che non si sarebbe più avventurato fino alla nostra porta, avevo questo presentimento ed ero più che sicura di non essere l'unica a pensarla così.
La serata proseguì tra chiacchiere, snack, prese in giro e altre piccolezze: una classica serata tra di noi, in pratica. Non eravamo i classici ragazzi festaioli... ma cazzo, tra di noi non ci si annoiava nemmeno mentre dormivamo e, per citare Noi Siamo Infinito, in quei momenti noi eravamo puro e semplice infinito, almeno per me.
Giulia, purtroppo, sarebbe dovuta partire 2 giorni dopo: i suoi genitori l'avevano chiamata quello stesso giorno e le avevano detto di aver prenotato il suo biglietto di ritorno per il 7 gennaio. Ci sarebbe mancata moltissimo, soprattutto a Mara e a Louis, ma doveva continuare ad andare a scuola, lo aveva promesso.
Quando ce lo riferì, forse per riparare al faccino da cucciolo del suo ragazzo, aggiunse fiera:"Tanto, quando finirò il liceo, mi sistemerò qui. Non ho intenzione di lasciarvi ancora per molto.". Mi sembra inutile dire che, dopo quelle parole, ci alzammo tutti per poi abbracciarla stile orso.
Verso mezzanotte inoltrata, dopo vari segni di stanchezza da parte di tutti, ogni coppia si rintanò nella propria stanza e l'avrei fatto anch'io... se Harry non avesse iniziato a stuzzicarmi.

- Dai, amore: voglio solo farti vedere una cosa... - sussurrò al mio ennesimo rifiuto, aggiungendo un bacio sul collo.

Chiusi gli occhi non appena sentii le sue labbra umide sulla pelle ma, essendo troppo stanca, rifiutai per l'ennesima volta la "proposta". Non sapevo dove volesse andare a parare ma non mi importava: desideravo solo il mio letto in quel momento.
Ci dirigemmo anche noi verso la mia camera ma, prima di lasciarmi cambiare, mi condusse verso la finestra: mmh, bene...

- Si può sapere che vuoi? - gli chiesi ridendo, divertita dalla sua cocciutaggine.

Forse senza rendersene conto, in quell'occasione mi dimostrò di avere un'altra caratteristica in comune con me: quando voleva qualcosa non mollava facilmente, tutt'altro.

- Farti vedere una cosa, e continuerò a darti il tormento finché non la vedrai, oh. - rispose chiudendo gli occhi, in un'espressione tenera che però non accettava repliche.

Con un piccolo sbuffo mi avvicinai ancora di più alla finestra e, forse istintivamente, iniziai a guardare il cielo fuori: una grande distesa nera, senza nemmeno un punto luce.
Una delle poche cose brutte di Londra? La mancanza di stelle. Essendo una metropoli, l'illuminazione artificiale copriva ogni singola stella nel cielo rendendola invisibile. Per quanto questo fenomeno fosse da un lato affascinante, dall'altro rimpiangevo leggermente la vista dalla mia camera in Italia: lì, le stelle rimanevano al loro posto sopra la mia testa, facendo compagnia ai miei pensieri profondi durante la notte... personalmente, mi avevano sempre fatta sentire un po' più vicina a mia nonna.
Mi resi conto di essere rimasta incantata quando Harry, accanto a me, mi avvolse un braccio intorno alla vita per poi avvicinarmi a lui: aveva qualcosa in mente, ne ero convinta.
Nello stesso istante in cui aprii la bocca per chiedergli spiegazioni, prese all'improvviso il cellulare dalla tasca per poi iniziare a toccare lo schermo: mi stava facendo salire i nervi.

- Harry, si può sapere che cazzo... - iniziai prima di essere interrotta da alcune note provenienti dal suo telefono.

La riconobbi praticamente subito: A Sky Full Of Stars. Avrei dovuto immaginarlo, conoscendo la sua passione verso i Coldplay.
Prima che potessi fare altro, aprì la finestra davanti a noi per poi indicarmi il cielo con l'indice, spronandomi a guardare insieme a lui.

- Harry, non si vedono le stelle... - gli dissi continuando a guardare in alto.
- E se le stelle fossero i tuoi occhi? - sussurrò, girandosi verso di me con un lieve sorriso.

Mi salirono i brividi lungo la schiena non appena misi a fuoco quella frase, mentre intorno a noi le note iniziali di quella  magnifica canzone rimanevano sospese nell'aria.
Mi sembrava tutto un sogno: un magnifico, incantevole sogno. Un sogno dal quale non avrei mai voluto risvegliarmi, nemmeno sotto tortura.

- 'Cause you're a sky, cause you're a sky full of stars... I'm gonna give you my heart - iniziò a cantare tenendomi stretta a sé.

Aveva una voce così soave, non lo avevo mai sentito cantare e quella fu una delle tante sorprese che scoprii stando con lui.
In un gesto quasi istintivo, poggiai la testa sul suo petto e mi lasciai cullare in quei movimenti lenti e delicati che solo lui poteva fare: la canzone intanto proseguiva e il mio ragazzo continuava a cantare, essendosi di sicuro accorto del mio stato di trance.
Non ci importava se la canzone avrebbe potuto  svegliare gli altri, non ci importava se qualcuno sarebbe potuto entrare da un momento all'altro: eravamo solo io e lui, il mondo esterno era scomparso.
Per tutto il tempo non feci altro che respirare il suo profumo fino a sentirlo sulla mia stessa pelle: Borotalco e Blue The Chanel... non sapevo se stessero bene insieme ma in quel momento risultò il mio ultimo pensiero.
Avrei voluto avere quel profumo sempre con me, esattamente come quelle braccia intorno alla vita, quegli occhi incatenati costantemente ai miei, quei capelli che mi solleticavano la fronte per la loro lunghezza, quella voce che mi accoglieva sempre con parole dolcissime sussurrate appena... volevo lui accanto a me, per ogni istante della mia vita.
Mia madre mi aveva sempre detto che gli amori adolescenziali non sono altro che storielle da poco, semplici relazioni che con il tempo potremmo anche dimenticare; all'inizio le avevo creduto, anche se le storie delle mie amiche avevano iniziato a farmi cambiare idea.
Ecco, in quel momento tutta quella certezza si era andata a far benedire, per non dire un'altra cosa: io e Harry rappresentavamo l'amore, ci amavamo e, anche se un giorno magari mi fossi svegliata da quel sogno, la nostra relazione sarebbe durata nei secoli.
Perché ero sempre più convinta che mi sarei sempre ricordata di ogni singolo istante passato con lui. Uno come Harry non si poteva dimenticare, io non lo avrei mai fatto.
Sollevai il capo per guardarlo solo nel momento del ritornello, volevo unire le nostre voci senza preoccuparmi di risultare stonata o altro: volevo che appartenesse a me con un altro legame, grazie all'elemento più importante della mia vita.

- 'Cause in a sky, cause in a sky full of stars... I think I saw you - sussurrammo entrambi senza staccare nemmeno per un attimo gli occhi da quelli dell'altro.

Avete presente il paradiso? Ecco, io in quel momento avevo un biglietto di sola andata per entrarci. 








                                                                                       
 'Cause you're a sky full of stars 







Spazio Autrice: Buonsalve! Esiste questo saluto? Iniziamo bene... Sono tornataaaa! Oggi sono in vena di dire cazzate (pff, che novità) e ho deciso di "regalarvi" questo capitolo. Ho fatto aspettare tanto? Hahahahahaha sì, e vi chiedo scusa. Sinceramente? Non farò nomi ma l'idea che qualcuno, di cui mi fidavo, mi abbia criticato per ragioni assurde non mi va proprio giù. Non so se tu abbia capito chi sei, ma sappi che il fatto che non ci sentiamo da molto dipende proprio da te, cara. Ritorniamo hippie u.u 
Che ne pensate del capitolo?
A me, sinceramente, non dispiace: non succede molto, lo so, ma credo di aver descritto bene le emozioni sopratutto nella parte finale. Questa è una delle poche volte in cui penso che i miei capitoli non facciano proprio cagare, quindi non lo so, commentate voi.
Sono un po' fusa ultimamente, forse per i compiti in classe e per il fatto che tra poco è Nataleeeee. Io mi eccito quando è Natale *-* e no, non in senso perverso u.u

Ho le mani sudaticcie, ew. 
Comunque, tralasciando questa mini lezione di anatomia, dire di passare alle domande del giorno:
1) quale scena vi è sembrata più "simpatica"?
2) quando avete scoperto che il poliziotto ha portato a casa Louis e Giulia, cosa avete pensato all'inizio?
3) leggete questa storia anche su Wattpad?
4) cosa avete provato (o pensato) leggendo la parte romantica dell'intero capitolo?
Dopo quello che sto per dire molte di voi mi fucileranno... ma sì, la storia sta per finire. Cerco di sembrare strafottente ma non lo sono, ve lo assicuro. 
Non credo di riuscire ad arrivare ai 40 capitoli, forse mi fermerò a una trentina o poco più. 
Che brutta cosa .-. 
Sono triste anche per le 3 ore di distanza tra me e i ragazzi, sono a Roma. Cazzo, mi stanno per salire le bestemmie. 
Preferirei non avere il vostro commento su quest'ultima questione (please) e ringrazio di cuore tutte voi per le bellissime parole che mi scrivete in ogni recensione, non so come ringraziarvi <3 
Se a qualcuno possa interessare, la mia canzone preferita di FOUR è Stockholm Syndrome :) e sì, sono morta quando ho visto il video di Night Changes *@*
Detto questo direi che ho finito e ci rivediamo al prossimo capitolo! Rimanete connesse e preparatevi perché succederà un casino che voi non potrete nemmeno immaginare u.u
Arrivederci!
Peace and Love
Xx Manuela 





Oh! Baby look what you've done to me
Oh! Baby look what you've done nooow
Baby, I'll never leave you if you keep holding me this waaaaay
Wo, wo, wo
Oh! Baby look what you've done to me
Baby you got me tied doooown
Baby I'll never leave if you keep holding me this waaaaaay


 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***











HARRY'S POV.

 
Sfiorai delicatamente il dorso di tutti quei libri sullo scaffale e all'improvviso mi sembrò quasi di essere tornato bambino: intento a contare con estrema innocenza tutti gli ostacoli che si presentavano davanti alle mie dita. Mi divertivo a perdere il conto per poi ricominciare, ci provavo gusto.
Alle mie spalle, invece, Manuela era impegnata a disegnare un qualcosa che non avevo ancora capito: dal disegno originale sembrava un manga ma lei si ostinava a negare, sostenendo che i disegni Tumblr non fossero tutti manga. In risposta avevo alzato le spalle e avevo iniziato a girare per la sua stanza come un bambino curioso.
Sapevo della sua mancanza di oggetti segreti o cose simili, ma mi stavo comunque divertendo un mondo a girovagare per quelle 4 mura.
La libreria era in assoluto la più pazzesca che avessi mai visto: ogni singolo libro era perfettamente posizionato al suo posto, in una precisione quasi inimmaginabile se si pensa alla padrona.
L'intero mobile sembrava come diviso in tre: nella parte superiore erano presenti vecchi libri di scuola, a giudicare dalle copertine rovinate lungo il dorso. Nella parte centrale, corrispondente alla mia faccia, erano presenti romanzi su romanzi: gli stessi che mi divertivo a contare. Infine, ai miei piedi, erano sistemati vecchi vocabolari rovinati, sempre relativi ai tempi della scuola. I tre "reparti" erano separati da tre mensole più piccole con sopra peluche di diverse forme e soggetti, un po' troppi a parer mio...
Avevo già una mezza teoria al riguardo ma non volli dirla ad alta voce: non volevo far sprofondare la mia ragazza di nuovo nel passato, non avrei avuto le palle di affrontare le sue lacrime, non così all'improvviso.
Continuai a contare i libri l'ennesima volta fin quando, arrivato al fatidico numero di 32, non afferrai un romanzo di Nicholas Sparks intitolato Il meglio di me. Lo rigirai tra le mani fino a quando non rivolsi uno sguardo anche a Manuela: era concentratissima, non staccava gli occhi dal foglio... ci mancava poco che non sbattesse nemmeno le palpebre.
In tutta sincerità non mi sarei mai aspettato che la mia ragazza avesse tutte quelle qualità: cantare, ballare, disegnare... Una mini tuttofare, insomma.

- Amore... - la richiamai rimettendo il libro al suo posto.
- Mmh? - mugugnò non staccando nemmeno per un secondo gli occhi dal foglio.

Ve lo avevo detto: ci stava mettendo l'anima in quel disegno.
Da un lato era anche giustificata, a giudicare dal soggetto che aveva deciso di ricopiare: una coppia di ragazzi abbracciati, il viso di lui intento a baciare la fronte di lei, quest'ultima stretta al petto dell'innamorato come se avesse paura.

- Hai davvero letto tutti questi libri? - chiesi ingenuamente, rendendomi conto solo dopo di quanto quella domanda fosse risultata patetica.

Era ovvio che li avesse letti, cosa ci sarebbero stati a fare altrimenti?
Diedi per scontato una sua risposta sarcastica, gliel'avevo appena servita su un piatto d'argento, ma ricevetti un semplice: - Già, e conta che li ho finiti tutti in meno di un anno. -. Schiusi le labbra, sempre più sorpreso, fin quando non la strinsi da dietro.

- La mia piccola intellettuale... - le sussurrai all'orecchio per poi lasciare un tenero bacio sul suo collo.

Mi sorrise leggermente e, dopo essersi girata finalmente verso di me, mi regalò un soffice bacio a stampo.
Amavo quando mi baciava così delicatamente, mi si gonfiava il cuore ogni volta.
Continuai ad abbracciarla ancora per qualche minuto e da lì potei comparare meglio i due disegni davanti a lei: il risultato che stava ottenendo era praticamente identico al soggetto originale della foto. Rimasi senza parole al solo vederlo e fu lì che trovai l'ennesimo motivo che rendeva quella ragazza di appena un metro e sessanta, speciale. Ripensando ai primi tempi in cui l'avevo conosciuta, mi resi conto di quanto fossi cambiato in quei pochi mesi: prima non avrei mai pensato a un complimento simile nei suoi confronti, in quel momento invece me ne stavano venendo in mente a migliaia.
In più stavo provando una sorta di spensieratezza che, in un certo senso, mi rendeva sempre di buon umore: mi svegliavo sempre col sorriso sulle labbra, sorriso che si ampliava ancora di più quando mi immaginavo tra le braccia di Manuela.
Le baciai la spalla, sperando in qualche sua possibile reazione, ma mi accontentai quando la vidi piegare leggermente verso l'alto l'angolo delle labbra; inspirai profondamente e un'ondata di profumo al Borotalco mi entrò dritto nei polmoni... Stavo iniziando a pensare che quello fosse il dolce profumo della felicità e della libertà: sì, quella ragazza era la mia via d'uscita dal mondo circostante, l'angolo di conforto che ognuno di noi dovrebbe avere.
Girando per un attimo lo sguardo, notai subito la nostro foto incorniciata poggiata accanto a noi: sulla cornice, all'inizio semplicemente nera, erano stati applicati vari adesivi con il segno della pace, il simbolo dei Rolling Stones, qualche Puffo e altre forme dei cartoni animati. A quella vista sorrisi divertito: riusciva a rendere suo ogni oggetto anche solo toccandolo.

- Per oggi direi che basta. - annunciò sistemando la matita e la gomma nell'astuccio.

Non ricevendo risposta dal sottoscritto, prese a guardarmi e, notando che la mia attenzione era catturata dalla foto, poggiò la testa contro la mia: entrambi stavamo ammirando una piccola dimostrazione del nostro amore, racchiusa solo da un pezzo di vetro e una cornice proveniente da una sotto specie di "Paese delle Meraviglie".
In quel momento iniziai ad immaginare la nostra possibile vita futura: in una casa tutta nostra, magari con una famiglia...
Erano pensieri del tutto infantili e precipitosi ma allo stesso tempo, almeno per il sottoscritto, possedevano una sorta di bellezza irresistibile: i classici piani che programmi per la tua vita, quei progetti che saresti disposto a far realizzare a tutti i costi. 
Mi strinse un braccio dolcemente, poggiando il mento su di esso, e iniziò ad osservare il mio profilo: sembrava incantata... Avrei pagato qualsiasi cifra per poter entrare anche solo per un momento nella sua testa, per conoscere quali pensieri le stessero passando per la mente, ma mi accontentai del dubbio, troppo felice per il luccichio che le stava facendo brillare gli occhi. 
Arrossii leggermente sotto il suo sguardo e, dopo qualche minuto, le lasciai un morbido bacio all'angolo della bocca.
Sorrise di nuovo e, non facendolo nemmeno apposta, rimasi fin troppo intenerito dalla sua fossetta: avrei voluto mordere e baciare quella guancia per il resto della mia vita.

- Lo sai che la fossetta ti rende ancora più tenera? -
- Poi apro la bocca e rovino tutto. - rispose ridendo.

Mi avvicinai di nuovo a lei e, posando il mento sulla scrivania a pochi centimetri dal suo viso, le scostai una ciocca di capelli.

- Tutti amano le fossette. - esclamai fiero, contento di possederle anch'io.
- Io amo le tue fossette. - rispose all'improvviso, lasciandomi completamente spiazzato.

Avete presente quando le farfalle nello stomaco rischiano seriamente di uscire fuori? Io non avevo le farfalle, bensì degli elefanti.
Ecco una delle tante cose che amavo di lei: riusciva sempre a sorprendere, in ogni situazione. E io amavo le sorprese.

- Ho una proposta. - annunciai sorridendo, cercando di nascondere il rossore delle mie guance, e diventando entusiasta nel vedere quel pizzico di curiosità che le stava facendo alzare un sopracciglio. - Che ne dici di una bella cenetta a lume di candela, solo io e te? -

In quel momento alzò entrambe le sopracciglia ma continuò a guardarmi con una sorta di espressione divertita. Iniziai a mordermi il labbro, in attesa della sua risposta, fin quando non chiese: - E gli altri? Li facciamo scomparire magicamente? -.
Ridacchiai leggermente per la battuta e, dopo aver alzato le spalle, le baciai dolcemente una mano rispondendo: - Scema, intendo in un ristorante. -.
Un secondo dopo era impegnata a ridere di gusto: cosa avevo detto di così buffo?
Aspettai qualche secondo che si calmasse, senza capire il motivo di quel "divertimento", fino a quando non si indicò il viso con l'indice.

- Ti sembro una che va nei ristoranti? - chiese sarcastica, continuando ad indicarsi.

Bhe: a giudicare dalla coda mezza sfatta, senza trucco, con la mia maglia troppo grande, i leggins e le calze di lana... in quel momento no, non sembrava affatto una tipa da ristoranti di classe.
Eppure, al solo ricordo di lei in quel vestito rosa, con i tacchi e perfettamente truccata al matrimonio di Nick e Taylor... mi iniziarono a brillare gli occhi: la mia ragazza aveva tutte le potenzialità per diventare più femminile, doveva solo impegnarsi di più.
E glielo avrei dimostrato proprio quella sera: l'avrei fatta sentire bella con un abito addosso, magari anche con dei tacchi e un po' di trucco in più.
Sapevo già la sua opinione al riguardo:"Non posso mettermi i vestitini perché, con il culo a mandolino che ho, mi si alzano dietro e ho le chiappe ai quattro venti!" e ridacchiai al solo pensiero; quando l'aveva vista scendere le scale, al matrimonio della mia ex, mi era sembrata una dea greca e non riuscivo ancora a crederci che lei non se ne fosse nemmeno resa conto.
Ogni pensiero riguardante questo argomento non faceva altro che rendermi più determinato: stava diventando una specie di missione.

- No, ma non mi dispiacerebbe per niente guardarti le gambe per una volta. - risposi malizioso, mordendole il labbro per poi ricevere uno schiaffo leggero sulla testa.

Non avevo capito se quello schiaffo era stato per la frase maliziosa o perché le avevo appena morso il labbro, ma non mi importò: in quel momento desideravo solo un "Accetto" o un "Sì" da parte sua. 
Mollò la presa intorno al mio braccio e, dopo una linguaccia, continuò a guardarmi con le braccia incrociate sulla scrivania e la testa posizionata su di esse, nella mia stessa posizione: non riuscivo a capire come potesse risultare tenera e stronza allo stesso tempo, era un mistero.
Aspettai con ansia una sua risposta fino a quando non sbuffò leggermente e annuì per poi affermare un: - Va bene. - leggermente divertito.
Avrei voluto urlare dalla gioia ma, per mantenere una certa dignità, mi limitai semplicemente a sorridere ancora di più: la mia missione iniziava i quel preciso istante.

- Ci vediamo alle 8, mi aspetto di vederti con le gambe scoperte. - le sussurrai all'orecchio prima di baciarle la guancia e alzarmi per andare a prepararmi a casa mia.

La sua risata riecheggiò per tutta la stanza e aggiunsi un: - Ti amo. - prima di aprire la porta, un minuto prima di uscire mi lanciò un peluche a caso ed esclamò un divertito: - Io no. -.
Dopo aver salutato le ragazze e dopo essere entrato nella mia auto, mi ritrovai, finalmente, ad urlare come una femminuccia: stavo per avere il mio primo, vero, appuntamento con la ragazza dei miei sogni; come potevo non essere felice?
 







 
 
MANUELA'S POV.
 

Ero rimasta spiazzata dall'invito di Harry, davvero.
Non ero una tipa da ristoranti, cosa abbastanza ovvia se si pensa alla sottoscritta, ma ero comunque rimasta sorpresa: avremmo passato una serata diversa dal solito...
Okay, ero completamente terrorizzata al solo pensiero di rovinare tutto, in fondo succedeva sempre così: entravo in un ristorante e, che mi andassi a scontrare con un cameriere o facessi cadere l'acqua sul tavolo, il tutto si trasformava sempre in un semplice disastro-attira figure di merda. Ero semplicemente troppo imbranata per posti simili, in più non mi ero mai sentita a mio agio.
Per tutte queste ragioni non riuscivo ancora a spiegarmi il motivo della mia risposta affermativa e stavo iniziando ad avere paura: paura di spaventare Harry o, peggio, di farlo vergognare di avere una ragazza patetica come me.
Rimasi ancora un po' a pensarci ma, alla fine, sospirai afflitta: ormai avevo già detto di sì, gli avrei spezzato il cuore se all'improvviso mi fossi rifiutata.

Potrai anche vestirti come una donna, ma le Converse non te le tocca nessuno.

Pensandoci, avrei potuto tranquillamente indossare le mie amate Converse sotto qualcosa di più sofisticato: almeno mi sarei sentita un pochino di più a mio agio, nonostante un possibile completo elegante.
Dopo essermi torturata abbastanza il cervello, decisi di scendere al piano di sotto per avvertire le ragazze: sarebbero esplose dalla gioia e, vedendole così felici, sarei diventata allegra anch'io.
La scena che mi si presentò, una volta sceso l'ultimo scalino, fu abbastanza usuale: Daniela era al telefono, intuii che stesse parlando con Niall dal sorriso presente sul suo volto, Mara stava sistemando un po' di cose in cucina mentre Margaret era intenta a passare l'aspirapolvere.
Sentendo dei continui "Attacca tu. No, tu. No, tu." da parte di Daniela, mi venne un piano "diabolico" in mente... per questo motivo mi avvicinai silenziosamente al lato della mia amica.

- Attacca Manuela, ciao Nello. - esclamai, afferrandole il cellulare dalla mano e ponendo fine alla chiamata.

Ero stata una stronza, me ne rendo conto, ma la faccia di Daniela dopo fu qualcosa di impagabile: aveva le labbra socchiuse, in una sorta di espressione disperata che mi fece salire le lacrime agli occhi per le troppe risate. Nonostante amassi quei due insieme, quella robe smielate non riuscivo proprio a sopportarle: troppo zucchero, decisamente.
Se Harry si fosse anche solo azzardato a dirmi cose del genere, stile "No, patatina, attacca prima tu.", non mi sarei fatta nessuno scrupolo a mettere giù sul serio.

- Ma... Sistah! - mi sgridò Daniela, dopo aver messo a fuoco la situazione.

Mi limitai a continuare a ridere, seguita a ruota da Mara e Margaret, e mi diressi verso il frigorifero per prendere da bere: non volevo interrompere un momento intimo ma, allo stesso tempo, se avessero continuato con quelle moine avrei potuto riscontrare il diabete da lì a poco.
Dopo aver bevuto una lunga sorsata di succo all'arancia direttamente dal cartone, rimisi a posto l'oggetto tra le mie mani e dichiarai un veloce: - Ragazze, stasera io e Harry andiamo a cena fuori. -
Conoscendole, mi sarei aspettata dei semplici urletti per la felicità.
E invece no.
Mara mi guardò ad occhi aperti dopo aver posato il panno umido sul tavolino, a Margaret per poco non cadde l'aspirapolvere, e Daniela si dimenticò all'istante del suo ragazzo per concentrarsi su di me.
Non avevo detto una cosa così strabiliante... vero?
Avrei chiesto il perché di tutte quelle occhiate, se le ragazze non mi avessero preceduta iniziando a farmi domande su domande del tipo: - Come?! A che ora? Dove? Quando avevi intenzione di dircelo? Hai già pensato a cosa indosserai? Di che colore sarà il completo di Harry? -.
Sarei diventata una Wedding Planner, ma la situazione mi sembrava un po' esagerata in quel momento.

- Ragazze, è una semplice cena. - risposi con le sopracciglia alzate, non capendo io motivo di tutta quella frenesia.

Lo ammetto: ero leggermente emozionata anch'io, ma il fatto che le ragazze stessero dando di matto, solo per cosa avrei dovuto indossare, mi sembrava davvero assurdo.

- Una semplice cena?! Manu, questo è il genere di appuntamento per cui il genere femminile passa una giornata intera a prepararsi! - esclamò Margaret, con un'enfasi che riconobbi anche in Mara e Daniela.

Quella era una delle cose che non sarei mai riuscita a comprendere: passare ore ed ore a prepararsi? Scherziamo?
Imbranata e ritardataria com'ero, sarei arrivata mezz'ora dopo l'orario stabilito solo per aver pisciato e respirato.
Nah, le cose da femminuccia non facevano proprio per  me.

- Mi metterò un pantalone più avvitato con una camicetta sopra, non vedo tutta questa grande organizzazione. - risposi, incrociando le braccia al petto.

Alla mia risposta tutte e 3 scoppiarono a ridere di gusto, cercando anche di imitarmi: mi stavo sentendo un fenomeno da baraccone, non scherzo.
Cosa c'era di male a vestirsi così? Okay, era un look un po' troppo semplice, ma, agli occhi della sottoscritta, quell'outfit sembrava abbastanza anche per incontrare la Regina.
Non mi sarei sentita a mio agio con indosso un vestito, di nessun genere: mi si alzavano tremendamente dietro e, come successo in passato, mi si sarebbe potuta alzare la gonna e le mie mutande sarebbero state in bella mostra a chiunque. Sia mia madre che le ragazze non facevano altro che ripetermi di quanto fosse idiota quell'idea ma, alla fine, cedevano sempre: in fondo, ero io quella che doveva sentirsi a proprio agio, mica loro. 
La "scenetta comica" proseguì per qualche minuto fino a quando, dopo aver visto la mia espressione, non tornarono serie all'istante.

- Tu ci stai davvero dicendo che andrai in pantaloni... ad un appuntamento così romantico? - mi chiese leggermente accigliata Margaret, in una domanda del tutto retorica.

Annuii con decisione e, forse per la mia volta, i loro sguardi non mi scalfirono minimamente: ero decisa, non avrei ceduto neanche davanti a loro.

 



 
                                                                                               ******
 
 



La determinazione è una dote, a parer mio, meravigliosa. C'è chi ce l'ha e chi non ce l'ha, io ero fatta interamente di quella.
Per questo motivo mi chiesi, per l'ennesima volta: chi diavolo me lo aveva detto a me di stare in bagno, con le gambe nella vasca, intenta a farmi fare la ceretta da Mara?
Un'altra cosa: stavo andando sempre più sicura del fatto che esistesse un girone all'inferno anche per i peli, di qualsiasi zona del corpo. Stronzi.
Gli uomini devono possedere i peli, sempre in quantità non esagerate, ma non le donne: le donne non meritano di subire un dolore pari a quello di una striscia, su della cera calda, che strappa in un attimo ogni singolo pelo presente. Il ciclo non è già abbastanza?
Contro ogni rigor di logica, le ragazze mi stavano praticamente costringendo a rendermi "femminile".
L'aggettivo, continuamente ripetuto da quelle tre matte, stava a significare: capelli decenti, pelle morbida (cosa che, per fortuna, avevo sempre avuto), nemmeno un singolo pelo sulle gambe, tacchi (alti, a dir poco), trucco, vestito e classico cappottino inglese, direttamente dall'armadio di Mara, per completare il tutto.
In poche, semplici, parole? L'esatto opposto di me.
In un momento di puro dolore, fui costretta a mordermi la lingua da sola per non urlare, era una questione di orgoglio: nessuno doveva sentirmi strillare dal dolore come una gallina, nemmeno mia madre.
Non appena notai le mie gambe perfettamente lisce mi sentii sollevata: sì, solo per essere sopravvissuta a quella specie di esecuzione.
Dopo aver buttato l'ennesima striscia appiccicosa, Mara si lavò le mani e mi annunciò un compiaciuto: - Avrei dovuto fare l'estetista. -.
Preferii lanciarle un occhiata da "No comment" invece che dirle cosa stavo pensando, sarei potuta risultare estremamente volgare.
Mi alzai con non poca fatica dal bordo della vasca e mi diressi, stile soldatino, verso camera mia: all'interno, Daniela era già pronta con l'arricciacapelli caldo in mano.
Un'altra cosa negativa in me? I capelli estremamente troppo lisci.
Se provavo a farmi riccia, o addirittura solo mossa, dopo 10 minuti scarsi mi ritrovavo più liscia di prima e la situazione mi dava sui nervi: ero stanca di dover essere sempre costretta ad avere i capelli lisci.
Per questo motivo rivolsi un'occhiata afflitta a Daniela per poi aggiungere: - Sistah, apprezzo davvero il gesto ma sappiamo entrambe come andrà a finire. -.

- Lo so, ma provare non costa nulla. - rispose decisa, indicando la sedia davanti a lei.

Con un leggero sospiro mi avvicinai a lei e mi sedetti sulla sedia, pronta ad assistere ad un potenziale miracolo.
Non mi resi davvero conto di quanto tempo passò, so solo che, a risultato finale, Daniela esclamò un emozionato: - Sono una maga! -.
Quando mi guardai allo specchio, le diedi subito ragione: i miei capelli, fin troppo lisci dalla nascita, in quel momento erano perfettamente mossi e al loro posto; non sembravano nemmeno i miei.
Mi ero fatta una certa idea su quanti prodotti avesse usato per farli mantenere, ma preferii non pensarci: il risultato mi sembrava troppo ben riuscito, ero felice.
Mancava poco più di mezz'ora all'arrivo di Harry e io dovevo ancora vestirmi e truccarmi: mi sembra scontato specificare che, in entrambi i casi, io non avevo avuto il permesso nemmeno di dire la mia.
Intelligentemente, prima di andare da Margaret per il trucco, decisi di infilarmi le calze velate e sì: la sottoscritta era in guerra anche con quegli affari.
Le tirai come minimo una decina di volte, stando attenta a non rimanerci impigliata con le unghie, e mi ritrovai a fare piegamenti sulle gambe per farle aderire bene: mi stavo sentendo una balenottera, in procinto di scoppiare.
Mi avviai in camera di Margaret, vergognandomi terribilmente delle mie cosce, e mi sedetti sulla sedia senza dire una parola.
La mia amica mi spiegò, in grandi linee, quali trucchi avrebbe usato: personalmente, iniziai a perdere il filo del discorso già alla prima frase.
Anche in fatto di trucco ero del tutto inesperta: mi bastavano una matita nera e un mascara, solo per ingrandire i miei occhi troppo piccoli e a mandorla, per essere contenta.
Quando iniziai a sentire diversi pennelli sul mio viso, iniziai ad avere paura: non volevo sembrare tutt'altra persona, poi Harry si sarebbe spaventato nel vedermi senza trucco di nuovo, cosa MOLTO probabile.
Cercai di spiegarlo a Margaret ma lei, a ogni mio minimo movimento delle labbra, mi urlò contro un: - Chiudi quel forno! - che, di conseguenza, mi faceva rimanere zitta.

Le tue amiche mi spaventano...

Tocca le mie amiche e ti castro, criceto.
Quando non sentii più niente sulla mia pelle, decisi di guardarmi allo specchio: inutile dire che mi sembrò di essere davanti ad un'altra persona.
Non potevo essere io, doveva essere uno scherzo: il mio colorito era leggermente più scuro, merito del fondotinta, mentre i miei occhi erano allungati da una precisissima linea di eye-liner e adornati da un ombretto grigio-azzurro, le labbra brillavano sotto un sottile strato di lucido.
Non era un trucco esagerato, anzi, ma non riuscii comunque a crederci: stavo passando da "ragazza di strada" a una vera e propria donna.
Mi era sempre sembrato impossibile eppure, davanti a quello specchio, quella vecchia convinzione stava lentamente scomparendo: mi ero persino dimenticata di quelle calze velate, per quanto ero rimasta shockata.

 - Voi avete qualche potere magico... - sussurrai, avvinandomi alla mia immagine riflessa.
- No, abbiamo semplicemente valorizzato una ragazza già bellissima di suo. - si intromise Mara, entrando nella stanza
con un sorrisetto compiaciuto.

Sorrisi all'istante, troppo grata alle mie amiche per tutto quel lavoro, ma quell'atmosfera finì subito dopo aver dato un'occhiata all'orologio: le 19,45. Merda.
Tutte e 4 andammo letteralmente nel panico, iniziando a correre a destra e sinistra e rimasi non poco sorpresa quando mi fecero infilare, alla velocità della luce, un vestito.
Riuscii a guardarlo bene solo quando tornai di nuovo dritta, davanti allo specchio grande appeso alla parete: era di un azzurro acqua-marina, con uno scollo a cuore adornato da tanti piccoli brillantini che seguivano la forma delle coppe, la gonna era leggermente più morbida per accarezzare meglio le mie forme.
Anche solo il pensiero che avessero tenuto conto del mio colore preferito, mi fece sorridere: mi resi conto solo allora dell'incredibile aiuto che erano così determinate a darmi.
Avrei voluto abbracciarle fortissimo ma me lo impedirono, esclamando un chiaro e forte: - I capelli! Che nessuno tocchi quei capelli, per l'amor del cielo! -.
Tutta quell'euforia, però, venne spezzata via non appena notai le scarpe: delle decolté azzurre, dal tacco 15, mi stavano come fissando da un punto non lontano da me.

Non ci avrete mai!

Non appena notai l'espressione compiaciuta sul volto delle mie amiche, feci di tutto per scappare da quella stanza e ci riuscii per un pelo: va bene il trucco, il vestito e i capelli... ma le scarpe no, era troppo.
Una volta chiusa in camera mia, cercai dovunque le mie Converse nere e le infilai alla velocità della luce: sarei risultata ridicola, con un vestito così elegante e delle scarpe così trasandate, ma almeno avrei mantenuto un briciolo di me stessa.
Tirai un vero e proprio sospiro di sollievo, solo quando sentii il campanello: era giunta l'ora, non avevo più tempo per ripensamenti o cambi.
Sentii le ragazze correre al piano di sotto e io iniziai, senza nemmeno rendermene conto, a fare avanti e indietro per la stanza: non avevo idea di come sarebbe potuto andare l'appuntamento e l'ansia mi stava divorando l'intero stomaco.

Non dimenticarti il pancreas, il fegato, l'intestino eccetera.

Avrei voluto mordermi il labbro dal nervosismo ma quel lucidalabbra me lo impedì: ci mancava solo che mi finisse sui denti.
Non ero stata così tesa nemmeno alla consegna del diploma, diamine.
Persi un battito quando tra i muri riecheggiò la risata di Harry, forse dovuta a qualche battuta delle mie amiche, e mi si chiuse ancora di più lo stomaco: rovinare quella serata così importante, era l'ultimo dei miei desideri.
Allo stesso tempo, però, ero più convinta che avrei combinato un casino se mi avesse portata in un ristorante troppo raffinato: non era proprio il mio genere.
In più, pensandoci, avrei potuto approfittare della situazione per continuare con il mio piano di "Welcome back, dear teenager".
Sì, avevo dato un nome alla mia missione.
All'improvviso mi venne un'idea geniale, un po' strana, ma comunque geniale.

Non oso immaginare come finirà la serata...

Mi risvegliai da tutti quei pensieri solo quando una testa fece capolino dalla porta e sussurrò un emozionato: - Miss Convinzione è pronta? -.
Annuii alle parole di Mara, rilasciando poi un profondo sospiro, e la seguii al piano di sotto: stavo scendendo le scale, non sarei più tornata indietro.
Davanti alla porta di casa, accanto a Margaret e Daniela, Harry mi sembrò un vero e proprio principe: era ancora più perfetto in quel completo nero, con un perfetto papillon al collo, i capelli leggermente tirati all'indietro con un po' di gel... Non era un look del tutto elegante, escludendo il papillon, ma risultò comunque uno spettacolo da mozzare il fiato.
All'improvviso mi sentii inadeguata, quando si accorse della mia presenza e schiuse leggermente quelle labbra che avrei voluto baciare per il resto della mia vita: e se non gli fossi piaciuta? Se risultassi ridicola ai suoi occhi, conciata in maniera così eccessiva per i miei soliti standard?
No, non ero mai stata quel genere di ragazza che si preoccupa di quello che indossa e quell'occasione non doveva essere diversa: avevo un piano in mente, e il giudizio di Harry lo avrei voluto scoprire solo alla fine della serata.
 












                                                                                                   I love your dimples...







Spazio Autrice: C'era una volta una ragazza di nome Manuela, Directioner, Little Black Star e appartenente alla 5Sos Fam. Sparì per circa 2 mesi e venne odiata da tutto il popolo di EFP. Fine.
Che descrizione di merda... 
Ricominciamo: ehy bella gente! Questa mezza hippie psicopatica è tornata! Con un capitolo di cacca, ma è tornata!
Non starò qui a inventare scuse: la merdina scritta qua sopra è stata un vero e proprio parto. 
Sono sempre  più convinta che il periodo da Natale ad Aprile, per quanto riguarda me, sia il più brutto di tutti gli anni: l'anno scorso per un motivo, quest'anno per un altro. Morale? L'unica forever alone che ci rimane sempre di cazzo, è la sottoscritta. 
Oggi sono qui, sia per voi, che per quella piccola Cupcake che domani compie 21 anni: mi sembra ieri che ho conosciuto tutti e 5 e ora... basta, non mi esprimo. 
Tornando al capitolo: Harry è un tenerello pazzesco nella prima parte, aw, e alla fine invita la sua ragazza ad un vero e proprio appuntamento. 
Dite la verità: ce la vedete Manuela in un ristorante elegante? Bene, nemmeno io. 
La storia sta per giungere al termine, mancano una decina di capitoli più o meno, e io sto già lavorando ad un'altra storia su Zayn che posterò esclusivamente su Wattpad: yeeee. 
Domande del giorno:
1) Questo capitolo è molto romantico: quale momento vi ha fatto più intenerire?
2) Come pensate finirà la serata?
3) Come vi aspettate il finale dell'intera storia? (Non sono ammessi i 'non lo so' o i 'non ne ho idea', mi irritano)
La quarta domanda oggi non mi viene quindi vi lascio solo con queste 3 u.u
Sono consapevole di stare sul cazzo a molte di voi, ma ricordatevi che questa mezza hippie vi ama! 
Peace and Love
Xx Manuela


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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


 










HARRY'S POV.


Avete presente gli angeli? Quelli di cui si sente parlare ogni giorno - per un motivo o per un altro - e ai quali non crede quasi nessuno? Lo ammetto: non ci avevo mai creduto nemmeno io, fino al momento in cui avevo iniziato a guardare Manuela con occhi diversi.
E in quel preciso istante, mentre scese le scale davanti a me, sentii le ginocchia completamente molli: sembrava si fossero trasformate improvvisamente in gelatina. Le labbra mi si schiusero involontariamente, in un gesto del tutto non programmato, e il mondo intorno a me sembrò scomparire.
Un altro, al posto mio, sarebbe scoppiato a ridere alla vista delle sue inseparabili Converse sotto quel vestito così elegante ma, dal mio punto di vista, erano proprio quelle scarpe a completare il tutto: rappresentavano quell'elemento che non l'avrebbe mai, nemmeno lontanamente, potuta paragonare a qualche altra ragazza. La rendevano unica.
Avanzava a piccoli passi, con lo sguardo leggermente basso e quei meravigliosi capelli mossi leggermente svolazzanti: cavolo, non l'avevo mai vista con i capelli mossi... E direi un'enorme cavolata se dicessi che non li adorai all'istante. Un sorriso enorme - da perfetto ebete - mi comparì sul volto non appena si fermò a poca distanza da me e non smisi, neppure per un istante, di guardarla: avevo sempre saputo che sarebbe stava meravigliosa ma non avrei mai immaginato che si sarebbe impegnata così tanto pur di farmi contento.
Mi rivolse un timido sorriso imbarazzato, forse per via delle espressioni commosse delle ragazze accanto a noi, e mi ci volle un po' prima di poter fare o dire qualcosa di sensato: - Io... Cioè...Wow -.
Lo ammetto: nella mia testa quel "Wow" era risultato molto più eclatante e, alla vista della sua risatina, volli sprofondare sotto terra. Ero un completo e patetico idiota.

- Harry - mi richiamò Mara, facendomi girare verso di lei - Avete entrambi 19 anni,  siete un po' cresciuti per il coprifuoco... -
- Ma cercate di non farci diventare zie, non siamo ancora pronte per pannolini e omogeneizzati - aggiunse Daniela, facendo scoppiare a ridere sia sé stessa che le due ragazze accanto lei.

Se la figuraccia di poco prima era riuscita a farmi quasi sotterrare, a quella presa in giro volli direttamente sparire. Stavo iniziando a capire il motivo per cui fossero fidanzate con i miei migliori amici: erano fatti le une per gli altri. 
Rivolsi loro un finto sorriso, cercando comunque di controllare l'emozione, e notai Manuela intenta a infilarsi un perfetto cappottino all'inglese nero: non avrei potuto prestarle la giacca - come in un perfetto film romantico - ma non avrei comunque rinunciato a qualche smanceria.
Rivolse un'occhiata non proprio amorevole alle sue amiche e, dopo essersi stretta nel cappotto, mi strascinò letteralmente all'esterno: riuscivo a capire quanto quella situazione stesse imbarazzando anche lei, motivo per cui fui più che felice di essercene andati.
Dopo aver chiuso la porta alle nostre spalle - e dopo un generale "Divertitevi!" da parte delle ragazze -, potei finalmente tornare a respirare regolarmente.
Mi girai verso Manuela, ammirandola per l'ennesima volta in quel magnifico vestitino azzurro, e mi avvicinai lentamente per poi sussurrarle: - Vedo che mi hai preso in parola quando ti ho chiesto di scoprire la gambe -. Le accarezzai una guancia, non riuscendo a smettere di sorridere come un idiota, ma, nello stesso istante in cui volli far combaciare le nostre labbra, mi interruppe: - Scommetto quello che vuoi che, ora, quelle tre pazze sono attaccate alla finestra per spiarci e prenderci per culo. Continua a camminare, ne parliamo dopo -.
Rimasi un po' confuso alla sua affermazione ma, dopo essermi girato per un secondo, dovetti darle ragione: Mara, Margaret e Daniela erano letteralmente appiccicate al vetro della finestra e continuavano a indicare una scatola di... preservativi? Oh mio Dio.
Preferii continuare a camminare verso la macchina, cercando di non pensare a nient'altro di imbarazzante o stupido, e non persi un attimo nell'aprire la portiera alla mia dama: se dovevo fare una cosa, dovevo farla in modo impeccabile.
Mi sorrise leggermente prima di entrare e io, con il suo stesso sorriso, mi precipitai verso il lato del guidatore.
Una volta all'interno della mia auto, ricevetti il mio saluto (persino meglio di come lo avevo immaginato in precedenza): mi tirò, letteralmente, il colletto della camicia e le caddi quasi addosso, facendo scontrare le nostre labbra in modo molto brusco. Nonostante l'azione fosse durata solo pochi attimi, non potei fare a meno di sorridere per la sua spontaneità: non era una brava ragazza, ma nemmeno così ribelle come voleva far sembrare. Manuela era l'esatta via di mezzo in ogni cosa e, nonostante in passato avrei scelto di sicuro un estremo invece che l'altro, in quegli istanti capii perfettamente quanto amassi quella via di mezzo.

- Aggressiva... - sussurrai a pochi centimetri dalle sue labbra, adornando le mie con un perfetto ghigno. - Mmh... mi piace -.

Scoppiò a ridere non appena finii di parlare e, alzando un sopracciglio come gesto finale, si sistemò per bene sul sedile per poi chiedermi: - Abbiamo un appuntamento, Mr. Styles, lo ha forse dimenticato? -.
- Ma certo che no, milady - risposi, alzando le sopracciglia, per poi mettere finalmente in moto la macchina.

Avevo preparato le cose in grande per quella sera: avevo prenotato un tavolo in uno dei ristoranti francesi più alla moda di Londra, raccomandato a un violinista professionista di suonare qualcosa per noi e di far sistemare delle candele, fatto selezionare il tavolo più appartato dell'intero ristorante, ordinato una dozzina di rose rosse, preparato camera mia nel migliore dei modi e minacciato i ragazzi di trovarsi qualcosa da fare, ovviamente, fuori casa nostra.
Mi formicolarono le mani sul volante al solo pensiero della sua possibile reazione mentre, nella mia testa, ogni ipotesi si faceva avanti per farmi andare ancora di più nel panico: le sarebbe piaciuto? Mi avrebbe preso a parolacce? Mi avrebbe concesso un secondo appuntamento del genere? Ne sarebbe rimasta disgustata o, la peggiore di tutte... mi avrebbe potuto lasciare se qualcosa fosse andato storto?
Non appena quest'ultima domanda si intrufolò tra i miei pensieri, iniziai addirittura a sudare. Dovevo rimanere calmo o sarei potuto andare in escandescenza da un momento all'altro.
Una volta in mezzo alle strade trafficate di Londra, mi girai un attimo verso di lei per controllare che andasse tutto bene: come diavolo riusciva a rimanere così calma? Non stava provando nessun tipo di emozione o altro?
Metà parte del mio cervello continuò ad andare nel panico, cercando di convincermi del fatto che non le importava davvero di quel primo appuntamento romantico; l'altra parte, invece, stava cercando di "riavvolgere il nastro". Manuela, in fondo, si era sempre dimostrata una ragazza abbastanza introversa, capace di nascondere tutto dietro un sorriso o un po' di euforia in più: e se stesse cercando di trattenersi, esattamente come me? E se, in realtà, si stesse solo nascondendo dietro una maschera di tranquillità per non dare di matto all'improvviso?
Ad un tratto, tutta quella preoccupazione che mi aveva martoriato il cervello fino ad allora, si allontanò leggermente fino a farmi scrollare le spalle: sarebbe andato tutto perfettamente, dovevo solo avere fiducia in me stesso.
Sentendosi osservata, si girò verso di lei e aggrottò le sopracciglia con un sorriso. - Perché mi guardi? -.
Scrollai di nuovo le spalle, arrossendo, cercando in tutti i modi di non fare la figura dell'idiota: - Così... -. Dovetti combattere contro me stesso per non spiegarle in mille modi quanto fosse bella e quanto l'amassi.
Ridacchiò divertita alla mia risposta e, forse per la stanchezza di quel silenzio così imbarazzante, accese la radio in tutta tranquillità; partì una canzone già, purtroppo, iniziata che mi parve di riconoscere. Ma non ebbi nemmeno il tempo di chiedere alla mia ragazza se la conoscesse, visto che fui interrotto in partenza dalla sua voce leggermente acuta: - Let’s chase the sun into it's grave: our phoenix hearts are rising in flames. Let’s race the stars across the sky and burn our names into the night. Let’s light up the night - per poi proseguire con dei "Woah" prolungati che mi fecero alzare le sopracciglia per lo stupore. Quando voleva, riusciva a raggiungere tonalità di voce assolutamente incredibili.

- Ascolti i We The Kings? - le chiesi curioso, girando a destra.
- Scherzi? Sono dei geni! La loro musica è pura poesia! - esclamò sorridendo, continuando a cantare come se niente fosse.

Ridacchiai di gusto, godendomi a pieno quei momenti, e, cercando anche di seguire le parole per cantare con lei, la ringraziai col pensiero: grazie a quell'animo da eterna bambina, tutti i timori che mi avevano tormentato fino ad allora si stavano trasformando in puro e semplice divertimento, come giusto che fosse. Ma non trovai il coraggio per dirglielo ad alta voce.
Continuammo a sbraitare come due idioti per il resto della canzone, facendomi battere le dita sul volante a ritmo per tutto il tempo, e Manuela fece persino finta di tenere un microfono in mano (sostituito dal cellulare), un'azione che mi fece scoppiare a ridere apertamente in più di un'occasione: avevo la ragazza più stramba dell'intero universo, l'unica che potesse comportarsi in quel modo durante un appuntamento, ma ne andai più che fiero.
Non appena Phoenix Hearts finì, scoppiammo entrambi a ridere nello stesso momento ma, quando sentii una leggera pressione sulla spalla, iniziai ad avere il fiato corto: aveva appoggiato la testa su di me, continuando a ridere fino alle lacrime, e fui inondato da una folata del suo profumo che mi finì direttamente nei polmoni. Chiusi gli occhi per un attimo, cercando di contenermi, ma non potei fare a meno di sorridere: era così buono...

- Allora... - riprese a parlare, sistemandosi di nuovo sul sedile. - Dove mi stai portando di bello? -.
- Sorpresa - risposi, dedicandole una piccola linguaccia.

Incrociò le braccia sotto il seno, sottolineando le sue sopracciglia accigliate, fino a farmi notare: - L'ultima volta che non mi hai detto dove mi stavi portando, siamo finiti al mare all'inizio dell'inverno e ci siamo inzuppati sotto la pioggia. Per non parlare della palpatina che ti sei lasciato scappare in macchina... situazione leggermente imbarazzate -.
Diventai bordeaux nell'esatto momento in cui mi ricordò l'accaduto ma, cercando in tutti i modi di concentrarmi sulla strada, risposi quasi subito: - Vero... Ma, se ti dicessi dove stiamo andando, non ci sarebbe più gusto -.

- Touché - si arrese, sorridendomi di nuovo.

La conversazione finì lì e il tragitto verso il ristorante si dimostrò, stranamente, tranquillo: l'adrenalina iniziò a scorrermi nelle vene, di nuovo,  non appena parcheggiai.
“Andrà tutto bene, Harry. Calmati”.
 









 
MANUELA'S POV.


Ero sudata, stavo lottando contro me stessa per non arrossire di colpo, ero in preda all'agitazione e, come ciliegina, la parte superiore di quelle maledette calze velate mi stava schiacciando.
Se non fosse stato per i We The Kings e la nostra “performance”, la serata sarebbe iniziata con un perfetto disastro.
In tutta onestà, avevo iniziato a cantare senza rendermene nemmeno conto: amavo così tanto quella canzone che ero andata nella più completa euforia e mi ero lasciata andare. Se da un lato ero soddisfatta per aver rotto il ghiaccio, un'altra parte di me non faceva che tartassarmi, ripetendomi quanto fossi potuta sembrare patetica ai suoi occhi. Mi importava della sua opinione, non solo perché era il mio ragazzo: in qualunque luogo mi avrebbe portata, il perenne pensiero di risultare perfetta ai suoi occhi stava dominando su ogni cosa.
Non mi era mai importato dell'opinione degli altri, eppure... da quando stavo con Harry, non facevo altro che sentire il bisogno di essere (o, quanto meno, risultare) perfetta: per lui, per renderlo finalmente felice.
Scossi leggermente la testa per non pensarci ma, non appena mi aprì la portiera per poi avviarci verso l'entrata di un ristorante, il sangue mi si gelò nelle vene: un ristorante francese?

Non vedo l'ora di gustarmi l'espressione di Harry non appena gli dirai che odi qualsiasi cosa che riconduca alla Francia.

Tra tutti i posti possibili e immaginabili in città, possibile che mi avesse portata nell'unico luogo che proprio non riuscivo a sopportare? Avevo sempre detestato la Francia, i francesi e qualsiasi cosa che si ricollegasse con il paese dalla r moscia: tra italiani e francesi c'era sempre stato astio e io, nonostante fossi scappata dal mio paese di origine, avrei sempre avuto un pezzo di cuore verde, bianco e rosso. Per non parlare della loro credenza di “superiorità” in ogni cosa, roba da far frantumare le ovaie.
Sapevo che, una volta entrati, avrei avuto gli occhi addosso da parte di tutti e maledissi me stessa per non aver perso un minuto a spiegare ogni cosa al mio ragazzo: se avessi specificato da subito il mio bisogno di semplicità, in quel momento non mi sarei trovata lì, pronta ad entrare, e costretta a passare ore in un ristorante dove non c'entravo assolutamente nulla. Nemmeno con l'arredamento.
Non appena varcammo la soglia, ci trovammo davanti a una sorta di reception tutta bianca, con dietro un uomo in smocking e l'aria vagamente francese.

Iniziamo bene...

Approfittai del fatto che Harry stesse parlando della prenotazione di un tavolo, per poter dare un'occhiata in giro: il colore dominante era il blu, con qualche spruzzata d'argento qua e là, e, poco lontano dalla reception, una grande porta a vetri conduceva verso la sala principale. Riuscivo a sentire note leggermente classiche dall'altra stanza e sperai, con tutta me stessa, di non finire in mezzo a tutta quella gente: avrei fatto la figura dell'idiota davanti a ogni singolo presente in quel fottuto ristorante.
Dopo aver rivolto un cordiale sorriso a Harry (e una furtiva occhiata a me), il signore tutto in ghingheri affermò un formale: - Oh, ecco qua: tavolo appartato per due a nome di Mr. Styles. Prego, da questa parte - prima di farci strada verso la porta di vetro. Dall'occhiata che quel tizio mi aveva lanciato, capii all'istante di non stargli molto a genio: bene, visto che nemmeno lui si era meritato il titolo di “Best Friend” alla prima botta, dal mio punto di vista.
Camminare in mezzo a una sala quasi interamente lussuosa, con persone in abiti fin troppo eleganti (puzza sotto al naso a non finire), e sguardi puntati addosso... si rivelò imbarazzante come il momento dei “Tanti auguri a te” mentre si devono spegnere le candeline ma non si sa dove guardare.
Il fatto che una ragazza di quasi 20 anni avanzasse in quel ristorante con un paio di sneackers ai piedi, doveva essere risultato come una specie di affronto nei confronti di tutti: doveva essere quello il motivo per il quale tutti mi stavano fissando.
Una piccola a parte del mio cervello cercò di convincermi del fatto che, in realtà, ci stessero guardando solo per il nostro diverso (e fin troppo evidente) “rango”; la parte ragionevole, stava cercando di convincermi del contrario.
L'uomo in ghingheri ci fece accomodare ad un tavolo più appartato rispetto agli altri, ma comunque visibile all'intera sala, e non riuscii a sentirmi a mio agio nemmeno quando mi sedetti: non c'entravo un accidente lì, me ne stavo rendendo conto ogni secondo di più.
Harry sembrava leggermente più rilassato, rispetto a quando eravamo in macchina, e cercai di focalizzarmi solo su di lui: in fondo, eravamo lì per stare un po' da soli, no?

- Ti piace? - mi chiese dolcemente, guardandosi intorno per qualche minuto.

No, fa cagare. Voglio un Mc Chicken, non lumache.

- Sì, è molto... - risposi decisa, cercando un aggettivo per sembrare convincente. - ... intimo -.

Non avrei rovinato i piani a Harry, non così bruscamente.

- Speravo ti piacesse. È il nostro primo appuntamento e... volevo fosse speciale - affermò, sorridendomi, fino a far accentuare una delle due fossette.

Lo aveva fatto per noi, non avrebbe potuto sapere del mio astio verso i francesi: aveva voluto rendere felici entrambi. Bastò quella certezza a farmi arrossire, facendomi sentire fin troppo fortunata nell'averlo accanto a me.

- Sei assolutamente perfetta... - sussurrò all'improvviso, schiudendo le labbra.

Le mie guance avvamparono ancora di più, continuando a farmi sudare, mentre cercavo di mettere insieme qualche parola di senso compiuto: - La perfezione non esiste, Harry -. Non sapevo se crederci o no, soprattutto in quel momento: non davanti a quell'angelo che mi stava ancora guardando fin troppo intensamente.

- Allora... si vede che, chiunque abbia inventato questa frase, non ha mai visto te - esclamò, sollevando le sopracciglia, per poi stringermi la mano attraverso il tavolo.

A quelle parole, e a quel tocco, sentii la pelle d'oca lungo tutto il corpo: perché era così perfetto? Perché riusciva a farmi morire così facilmente?
Avrei voluto baciarlo, più di qualunque altra cosa, ma fummo interrotti: niente di meno che da Mr. Pregiudizio.

- Avete dato un'occhiata ai Menù, signori? - ci chiese, con tanto di guanti bianchi.

E riecco il senso di disagio che, per quei pochi attimi, mi aveva dato una leggera tregua. Harry annuì quasi subito, anche se in realtà non era vero, e ordinò subito due  patè di foie gras e una bottiglia di vino. Avendo studiato ben 4 lingue al liceo, non appena sentii l'ordine, rimasi di sasso: patè di fegato d'oca? Inghiottii non poca saliva non appena il cameriere se ne fu andato e iniziai a torturarmi il vestito con le mani subito dopo: non potevo dirgli come la pensavo realmente, ci sarebbe rimasto troppo male.
Non ebbi nemmeno il tempo di poter aprire un argomento, che subito un altro cameriere perfettamente lucidato mi porse un intero mazzo di rose rosse fuoco: oddio, anche le rose...
Avevo sempre amato la natura (non a caso, ero una mezza hippie) e apprezzai di più, di gran lunga, le rose che l'intero ristorante e tutto il resto: aveva voluto fare il romantico e, non appena inspirai l'inebriante profumo proveniente da quei fiori meravigliosi, Harry sorrise come un bambino.

- Ti sei dato da fare, vedo... - affermai, poggiando il mazzetto sul tavolo.
- Bhe... volevo fare qualcosa di speciale - rispose arrossendo, continuando ad accarezzarmi la mano con il pollice. - E credo di esserci riuscito, considerando il fatto che ti ho chiesto di uscire solo poche ore fa e ho avuto pochissimo tempo
per organizzarmi -.

Ridacchiai divertita alla sua affermazione leggermente sarcastica e un buon quarto d'ora passò così: tra le nostre risate, i nostri baci delicati che ci scappavano di tanto in tanto e tutto il nostro amore.
Dopo aver riso alla sua ennesima battuta (imparata, di sicuro, da Louis), rialzai lo sguardo verso di lui e, non appena incontrai quegli smeraldi che gli erano stati donati al posto degli occhi, ogni cosa perse importanza: mi sentii invasa da un calore a dir poco meraviglioso e sentii le farfalle nello stomaco per quelli che mi parvero istanti a dir poco infiniti. Non proferimmo più parola, facendo l'amore con gli occhi e avrei dato qualsiasi cosa pur di poterlo stringere più forte possibile a me per poi godermi ogni singolo istante con lui.
Tutto quello che provavo per Harry, tutto quello che mi faceva provare, tutto quello che mi trasmetteva, tutto quello che mi provocava... era semplicemente troppo da poter spiegare a parole o anche solo cercare di poter esprimere. Era un amore nato dall'odio, come un fiore che riprende vita da un inverno molto rigido, e sarebbe rimasto nostro per sempre. Proferire un ‘per sempre’ quando si ama qualcuno, è un'azione a dir poco pericolosa: illudersi in qualcosa di eterno non fa altro che lasciare punti tremendamente scoperti quando tutto potrebbe anche solo sgretolarsi in un solo istante. Eppure, per la prima volta, quel futuro così misterioso e imprevedibile risultò, davanti ai miei occhi, un'opera d'arte creata dalle mani di Madre Natura.

- Ora sono io a sentirmi a disagio sotto il tuo sguardo - annunciò ridacchiando, abbassando la testa.

Mi risvegliai di soprassalto, sbattendo le palpebre più volte, prima di rispondere: - Scusa, stavo solo pensando -. Non volevo farlo sentire né a disagio né sotto pressione ma, cavolo, come si faceva a non rimanere incantati davanti a lui?
Dopo nemmeno 5 minuti, passati troppo velocemente, il cameriere si ripresentò con due piatti contenenti quello che sarebbe dovuto essere il famoso patè.
Non appena mi ritrovai davanti a quel povero fegato d'oca (versione scatoletta per cani), sentii una strana sensazione nello stomaco: se avessi rimesso proprio in quel momento, mi sarei trasferita in Siberia dalla vergogna. C'era anche da specificare, però, quanto mi stessi sentendo in colpa per quel povero volatile che avevo nel piatto: non lo avrei assaggiato nemmeno sotto tortura, poco ma sicuro.

- Ehm... vado un attimo in bagno - esclamai, più nervosa che mai, alzandomi di colpo dalla sedia.

Ricevetti un turbato “Oh... Okay” ma non me ne importai: stavo cercando di trattenermi, ma sarei potuta scoppiare da un momento all'altro. Le ragazze mi avevano ripetuto per circa 10 volte dell'importanza di non andare al bagno in situazioni simili, per mancanza di finezza e femminilità, ma era un'emergenza: magari, svuotandomi la vescica, sarei riuscita a calmarmi.
Mi girai così velocemente da  non accorgermi nemmeno di Mr. Pregiudizio dietro di me e, in un istante, ci scontrammo letteralmente: inutile dire che, per poco, non gli volò la bottiglia di vino dalla mano, evitando una signora per un pelo.
Mi coprii la bocca con entrambe le mani, mortificata come non mai, e cercai di scusarmi in ogni modo possibile: l'intera sala si era girata verso di noi e, potendo solo immaginare l'espressione di Harry, sperai di poter diventare trasparente all'improvviso.
Il cameriere mi stava lanciando sguardi da un ‘Vaffanculo’ ciascuno e sembrarono inutili tutti i miei ‘Oddio, mi scusi’, ‘Non volevo, è stato un incidente!’ ma non osai girarmi verso il mio ragazzo: sapevo che, purtroppo, avevo appena dato inizio a una reazione a catena infinita.
Cercai di scusarmi nuovamente, ricevendo solo un cenno dal cameriere, prima di rimettermi seduta al posto mio: il bagno poteva aspettare, eccome.
Poggiando entrambi i gomiti sul tavolo, girai subito lo sguardo verso il pavimento, sentendomi ancora gli occhi di tutti addosso: come avrei potuto guardare in faccia Harry, dopo la mia incredibile figuraccia?

- Amore... - mi richiamò, ridendo sotto i baffi. - Tutto bene? -

Ho solo rischiato di beccarmi circa £ 10,000 di lavanderia verso la signora dalla pelliccia bianca, tutto normale.

Annuii convulsivamente, massaggiandomi la fronte con entrambe le mani, e cercai, in tutti i modi, di non strozzarmi con l'acqua che mi ero appena versata e che stavo cercando di bere. Guardai, di nuovo, quel povero fegato d'oca nel mio piatto e, quando riappoggiai il bicchiere sul tavolo, feci rovesciare l'intera caraffa direttamente su quella tovaglia così costosa: un ‘Merda!’, fin troppo rumoroso, mi uscì praticamente spontaneo. 
Avrei voluto morire, nel vero senso della frase.
La serata stava andando in fumo, stavo combinando un pasticcio dopo l'altro e, di sicuro, Harry non mi avrebbe mai più invitata a cena fuori. Cos'altro sarebbe potuto succedere?
La prima cosa di cui mi preoccupai fu subito il mio ragazzo, andando nel panico solo al pensiero di averlo bagnato, ma tirai un mezzo sospiro di sollievo quando lo vidi ridacchiare divertito: davvero non si stava vergognando di me?
Cercai in tutti i modi di asciugare quel lago d'acqua con il mio tovagliolo ma non feci altro che farlo inzuppare, peggiorando solo la situazione: per la seconda volta, in nemmeno 10 minuti, tutti i clienti del ristorante erano rivolti verso il nostro tavolo.
Mi alzai in piedi, di nuovo, pensando a una soluzione finché non sentii una voce profonda alle mie spalle: - Mademoiselle, non si preoccupi. Vi facciamo accomodare ad un altro tavolo -.
Sentii il sangue scorrermi fin troppo velocemente nelle vene, rendendomi completamente rossa, e sentii sempre meno aria nei polmoni: se avessi avuto un attacco di panico proprio in quel momento, non sarei più uscita di casa dalla vergogna.
Che bella cosa soffrire di attacchi di panico.
Afferrai la giacca dallo schienale della sedia più velocemente della luce, posizionandomi una mano sul petto, per poi superare i tavoli a passo veloce: mi stavo rendendo un fenomeno da baraccone e ne stavo avendo davvero abbastanza.
Il fatto di aver fatto dispiacere Harry, facendolo addirittura vergognare di me, passò in secondo piano: volevo solo uscire da quel fottuto ristorante, prendere aria e rimettermi il mio pigiamone comodo. Mi infilai la giacca strada facendo, non girandomi nemmeno per un minuto, finché non raggiunsi l'uscita, precipitandomi fuori come una furia; per poco non feci finire la porta contro il naso di un nuovo cliente ma non persi nemmeno tempo a chiedere scusa, ero fin troppo stanca.
Fui investita dal vento gelido di Londra che mi ero lasciata alle spalle nemmeno mezz'ora prima e, battendo i denti, mi vergognai come non mai di me stessa: avevo rovinato una serata a dir poco perfetta, con il mio ragazzo perfetto, e per quale assurdo motivo? La mia goffaggine infinita e la mia infantilità.
Non mi sarei stupita più di tanto se Harry avesse deciso di rimanere comunque: in fondo, ero stata io la causa di tutto, non lui. Aspettai qualche minuto al freddo, continuando a illudermi che sarebbe corso da me, ma, non appena iniziai a rendermi conto del contrario, alzai lo sguardo verso il cielo per trattenere le lacrime: un estraneo avrebbe potuto tranquillamente andare certo del fatto che io lo facessi apposta a far scappare ogni ragazzo. E, per quanto quella frase fosse vera, sentii comunque un peso enorme all'altezza del petto: il respiro si era regolarizzato, evitando la crisi, ma il cuore mi stava facendo sempre più male.
Sentii la ghiaia scricchiolare sotto le mie Converse e, dopo aver tirato un potente calcio a un sassolino davanti al mio piede, decisi di incamminarmi verso casa (per quanto potessi riconoscere la zona).

- Manuela! -

Mi fermai all'improvviso non appena sentii la sua voce chiamarmi ma non ebbi il coraggio di guardarlo: sarei scoppiata in lacrime davanti a lui e sarebbe stata una scena a dir poco patetica. Forse voleva concludere la serata con una sana litigata, facendomi odiare ancora di più, o forse aveva direttamente intenzione di mollarmi. Gli avrei dato ragione in entrambi i casi.

- Ho rovinato tutto... - sussurrai, più a me stessa che a lui, stringendo i pugni e gli occhi.
- Hey - mi richiamò, afferrandomi un braccio per farmi girare.

Continuai a tenere gli occhi sigillati, così come i miei pugni, anche quando mi prese il viso tra le mani.

- Non hai rovinato niente, sono stato io l'idiota. Avrei dovuto capirlo: non c'entri assolutamente niente in quell'ambiente... - riprese a parlare, accarezzandomi una guancia con il pollice.

Avevo già una mezza idea su quello che avrebbe detto dopo ma, anche se non sapevo da dove provenisse quella forza, alzai lentamente le palpebre per leggergli gli occhi: ormai quello era diventato il nostro unico metodo di comunicazione, senza correre il rischio di mentire. Erano completamente verdi, pieni, quasi lucidi, impegnati in un'espressione desolata e colpevole al tempo stesso. Ero certa del fatto che i miei fossero completamente neri, a causa del sottile strato di lacrime che ero determinata a non far cadere, e sperai con tutta me stessa che riuscisse a decifrare il messaggio in codice che possedevano: non andartene, non tu.
Appoggiò la fronte contro la mia, socchiudendo le labbra, e il suo caldo respiro iniziò a infrangersi contro il mio viso mentre io, con i pugni tremanti lungo i fianchi, aspettavo la conclusione di ciò che mi aveva appena detto.

- ... ma, se prima avrei reagito male in una situazione del genere, ora... ora non posso fare altro che amarti ancora di più -

A quelle parole, la mia espressione divenne all'improvviso esterrefatta: non era arrabbiato con me? Corrugai le sopracciglia, non riuscendo proprio a capire, fin quando non sorrise teneramente e continuò: - Ho sempre creduto alla teoria del ‘Ognuno di noi è diverso da qualcun altro’ ma, diamine, tu ne sei la prova vivente: mi ritengo il ragazzo più fortunato della Terra e sai perché? Perché da quando ci siamo baciati la prima volta, dopo quel primo pomeriggio passato a non litigare, ho continuato a sentirmi come se la mia vita si fosse completata all'improvviso: ho te e, cazzo, non puoi capire quanto mi basti. Continuo ad andare sempre più convinto del fatto che non troverò mai nessun'altra come te ma, soprattutto, non riuscirei mai ad amare qualcuno come amo te: con tutte le tue stranezze, i modi di fare, i pregi e i difetti, il tuo essere te. Ogni singola cosa, ogni singolo particolare -.
Chiudemmo gli occhi nello stesso istante, con i fiati corti, i cuori che rischiavano di uscire dalle nostre gabbie toraciche in ogni momento: la cosa che desiderai di più, in quel momento, fu di possedere il potere di poter fermare il tempo. Volevo solo rimanere lì, con il suo respiro sulla pelle, i suoi occhi, lui, per tutto il resto della mia vita.
Mi aveva appena sussurrato le cose che avrei sempre voluto sentirmi dire ma che nessuno mi aveva mai detto. Mi amava, io amavo lui ma, cosa ancora più importante: era pronto ad accettarmi così com'ero, scegliendomi tra miliardi di altre possibilità.
Quando rialzai le palpebre, e rincontrai i suoi occhi, non potei fare a meno di sorridere come una bambina.

- Non ci stiamo sposando, Harry: o almeno, non mi sembra - affermai ridacchiando, facendo ridere anche lui a ruota.

Avevo portato il discorso sul sarcasmo solo per il semplice, ma efficace, motivo che non avrei saputo come rispondere: nella mia testa stava nascendo un poema più lungo del suo riguardo ai miei sentimenti ma, se avessi dovuto spiegarlo a parole, mi sarebbero solo usciti spezzoni confusi e senza senso come ‘cioè’, ‘ecco’, ‘insomma’, ‘però’, ‘credo’, ‘in teoria’.

- Ecco un esempio di quello che intendevo - rispose ridendo, intrecciando le dita con le mie.

In un gesto quasi istintivo, mi allontanai dal suo viso ma appoggiai la guancia direttamente contro il suo petto, lasciandomi cullare come una neonata: il freddo di gennaio, non mi stava nemmeno sfiorando. Non quando avevo le dita incrociate alle sue, non quando le mie narici continuavano ad essere inondate dal suo buonissimo profumo, non quando quell'angelo aveva poggiato la sua testa sulla mia.

- Sono patetica - esclamai all'improvviso, restando in quella posizione. - Hai organizzato una serata perfetta e io... Ho rovinato tutto -.

Il senso di colpa continuava a tartassarmi nonostante quel momento magico ma, per fortuna, Harry sembrò deciso a chiudere quell'argomento una volta per tutte: - Non devi sentirti in colpa di niente. Ho pagato quel povero paté che avevo ordinato per entrambi, la scelta peggiore che abbia mai potuto prendere, e mi sono scusato con il cameriere e la signora dalla pelliccia bianca. È tutto finito e ti giuro: non andremo mai più in un ristorante francese o da nessun'altra parte che c'entri con la Francia -.
Ridacchiai insieme a lui per l'affermazione finale e, dopo avergli sussurrato un leggerissimo ‘Grazie’, iniziammo a camminare, sempre mano nella mano, verso la sua macchina: in fondo, la serata non era ancora finita e il mio stomaco stava pretendendo, sempre di più, qualcosa da mangiare.
Non appena mi aprì la portiera, facendomi arrossire di nuovo, notai le rose che mi aveva regalato: in effetti, mi sarei sentita ancora più in colpa se le avesse lasciate al ristorante.
Non avevamo una meta precisa, per non dire che non avevamo idea di dove andare, ma non ci importò: il silenzio tra di noi non era di quelli imbarazzanti, era piacevole.
Prima di uscire di casa, mi ero auto-convinta di poter continuare nella mia missione e, dopo tutti quegli avvenimenti disastrosi, avevo completamente abbandonato l'idea... ma, dopo aver notato un posticino a me familiare, non potei fare a meno di ordinare a Harry di fermarsi.
La luce gialla al neon proveniente dal logo illuminava l'intero parcheggio e non smisi di sorridere nemmeno per un attimo: ripensandoci, l'essere corsi via da quel ristorante non era stata poi un'idea così cattiva.

- Che ci facciamo al Mc Donald's? - mi chiese corrucciato Harry, scendendo dalla macchina insieme a me.
- Si da il caso che io non mangi da oggi, sto praticamente morendo di fame, e ti assicuro: un sano Mc Chicken è molto più sostanzioso che un povero fegato d'oca trasformato in cibo per cani -.

Raggiungemmo entrambi l'entrata del fast-food e una vampata di calore improvviso ci accolse non appena varcammo la soglia. Riuscivo a riconoscere l'odore di olio fritto, mischiato a quello del detersivo per i pavimenti, e non potei fare a meno che inspirare a pieno: mi stavo sentendo decisamente molto più a mio agio.
Il locale non era pieno, erano rimaste solo un paio di famiglie sulle poltroncine, e non mi importò minimamente del nostro abbigliamento: indossavamo abiti eleganti, non adatti a un fast-food, ma non ci feci nemmeno caso. Ero lì per passare del tempo con Harry, continuare la mia missione e saziare il mio appetito: non avevo tempo per pensare a come fossi vestita.
Il mio ragazzo, al contrario, si irrigidì sul posto non appena si guardò intorno: era a conoscenza del fatto che qualcuno ci avrebbe guardato in modo strano e sembrava quasi nel panico. Gli strinsi la mano maggiormente, facendolo girare verso di me, e cercai di tranquillizzarlo con un enorme sorriso: volevo che si fidasse, volevo farlo sentire spensierato.
Ingoiò un po' di saliva prima di dirigerci verso il bancone e, dopo aver ricevuto i nostri ordini (corrispondenti a due My Menu con Mc Chicken e Crispy Mc Bacon) ci dirigemmo verso un tavolo un po' più lontano rispetto alle sistemazioni delle poche famigliole.

- Poca fame, eh? - chiesi sarcastica, indicando col mento l'enorme panino che aveva ordinato.
- Non sei l'unica ad avere uno stomaco, piccola - rispose ghignando, rubandomi un bacio prima di affondarsi sul panino.

Passammo la serata così: abbuffandoci, rubando pezzi di panino e patatine dall'altro, ridendo come matti, ignorando tutte le occhiate stranite dei vari clienti e del personale e godendoci a pieno il nostro amore.
Sin da piccola, avevo sempre sognato il mio primo appuntamento in un fast-food, una cosa semplice: niente francesi, niente serietà, niente spiegazioni a qualcuno, niente eleganza o raffinatezza. E in quel momento ero lì: con la pancia piena, un sorriso soddisfatto sul volto, davanti al mio ragazzo, anche lui sazio ma comunque perfetto.
Sembrava aver superato la paura dell'attenzione e mi sentii soddisfatta di me stessa: da un po' di tempo a quella parte, far rinascere il vero Harry stava diventando sempre più semplice. Non sapevo se dipendesse da qualche suo passo verso di me o dalla mia ‘bravura’ in materia. Sapevo solo che più vedevo il mio ragazzo spensierato, più il cuore mi si gonfiava.

- Non mangiavo così tanto da... secoli - affermò all'improvviso, grattandosi la pancia. - Ma continuo a credere che scappare da quel ristorante non sia stata un'idea poi così cattiva -.

Sorrisi non appena notai il nostro pensiero in comune e quella volta fui io a rubargli un bacio, lasciandolo sorpreso ma soddisfatto al tempo stesso.

- Che ne dici se torniamo a casa? Si è fatto parecchio tardi - esclamai, riprendendomi la giacca.

Mi seguì a ruota, aiutandomi con l'indumento, e continuò con la galanteria fino alla fine: solito, romantico, ruffiano Styles.
Avevo intuito dall'inizio che i ragazzi ci avrebbero lasciato casa loro libera e iniziai a chiedermi più volte se la serata sarebbe davvero finita lì: non per qualcosa ma, se ci fosse stato anche un dopo, non mi sarebbe di certo dispiaciuto.
In macchina, ricominciammo a cantare come matti su tutte le canzoni che la stazione radio proponeva e le risate non mancarono di certo: soprattutto quando, a pochi minuti di distacco l'uno dall'altra, ci lasciammo andare a dei rutti a dir poco epici.

- Una cosa che non riuscirò mai a perdonarmi è il fatto che i tuoi rutti siano più rumorosi dei miei - affermò tra le risate, girando lo sguardo verso di me. - È imbarazzante il fatto che una ragazza riesca a battermi su una cosa del genere! -.
- Anni di esperienza - risposi semplicemente, alzando le spalle.

Ed era vero: riuscivo a ricordare centinaia di volte dove mio padre ruttava apertamente a tavola, per poi lamentarsi con me se me ne scappava anche uno minuscolo. “È orribile vedere una ragazza fare queste cose, non essere maleducata!” non facevano altro che ripetermi entrambi i miei genitori, anche a 19 anni suonati, ed era stato proprio grazie a quella frase che mi ero resa conto di una cosa: il mio essere maschiaccio era nato spontaneo, come ribellione alla mia stessa famiglia, come prova che le buone maniere le sapevo usare ma solo quando lo ritenevo necessario. E non potevo essere più orgogliosa del fatto che quella dolce ragazzina ubbidiente avesse frantumato in mille pezzi quella campana di vetro che si era portata intorno sin dalla nascita.
Arrivammo davanti casa dei ragazzi dopo non molto tempo e Harry, esattamente come avevo intuito, continuò a comportarsi come un perfetto gentiluomo: mi aprì la portiera, mi porse una mano per scendere, mi aprì la porta di casa, mi sfilò la giacca, mi offrì delle mentine per l'alito (cosa che accettai praticamente subito) e si preoccupò perfino di mettere le rose in un vaso con dell'acqua.
Mi comparì un ghigno spontaneo non appena vidi Harry riavvicinarsi a me per poi baciarmi in modo molto più spinto, mordendomi e leccandomi il labbro inferiore per più di una volta.
In quel momento ne ebbi la conferma: la serata non era decisamente ancora finita ma, in tutta sincerità, non mi stava affatto dispiacendo.
Avrei voluto, con tutta me stessa, tornare indietro nel tempo per evitare quel fottuto lucidalabbra: per quanto poco ne fosse rimasto, desideravo con tutta me stessa gustarmi le sue labbra a pieno, senza nessun tipo di barriera.
All'improvviso però, mentre il mio ragazzo aveva iniziato ad esplorare apertamente il mio collo, un gran fastidio si impossessò del mio stomaco: quelle calze mi stavano letteralmente uccidendo, prendendo anche in considerazione il fatto che mi ero da poco abbuffata.
Mi allontanai all'improvviso da lui, facendogli sgranare gli occhi dalla sorpresa, ma non persi nemmeno un attimo nel togliermi le Converse e liberarmi da quegli oggetti infernali: mi sentii a dir poco libera quando toccai il pavimento con i piedi e ripresi a baciarlo anche più ardentemente di prima, facendo cadere sia le scarpe che le calze in qualche punto indefinito del pavimento.

- Ti ho risparmiato tempo e lavoro, ciccio. Dovresti ringraziarmi - esclamai sarcastica sulla sua labbra, dopo aver sentito un risolino divertito da parte sua.

Allacciai le gambe dietro la sua vita, lasciando che mi accarezzasse interamente le cosce prima che mi conducesse direttamente in camera sua per poi concludere la serata in bellezza: nel complesso, mi stavo convincendo sempre di più del fatto che quel primo appuntamento non fosse andato poi così male.

 











 


                                                                                                   You give me enough...








Spazio Autrice: Sono viva! Chi lo avrebbe mai detto, eh? Non ho parole per giustificare il mio ritardo e mi sento una cacchetta di Kevin per avervi fatte attendere così tanto. Mi sento in colpa, davvero. 
Dopo ben 21 pagine di Word e 6490 parole, siamo arrivate al capitolo n° 30! Oddio, non mi sembra ancora vero...

In tutta sincerità non mi sarei mai aspettata un traguardo simile e non so davvero come ringraziarvi <3
Riguardo a tutta la questione di Zayn... Sono stata male per ben due settimane e sento ancora un tremendo vuoto dentro di me (essendo anche una Zayn's Girl) ma non smetterò mai di sostenere Louis, Niall, Harry e Liam: mi sono sentita amata da Tommo quando ci ha difese contro quel mezzo parcheggiatore abusivo (senza offesa per i parcheggiatori abusivi, per carità) e sono molto delusa del fatto che Zayn non abbia reagito. Sono ancora senza parole, sinceramente. Ma non smetterò di seguirlo, nemmeno se mi pagassero. 
Tornando al capitolo: nella mia testa l'intera serata era sembrata perfetta, scritta divinamente... poi mi sono ritrovata davanti alla pagina immacolata di Word e ho iniziato a scrivere quello che mi passava per la testa, senza un vero senso logico. Non ho riletto il capitolo (sono esausta, sorry) e chiedo scusa in anticipo per gli evenutali errori.
Avrei voluto scriverlo meglio, sinceramente, ma credo vada abbastanza bene così. 
Domande del giorno?
1) Quale momento avete preferito dell'intera serata?
2) Cosa avete provato o pensato quando avete letto del ristorante e l'intero casino?
3) Cosa pensate avrebbe dovuto fare Manuela?
4) Quale situazione vi sarebbe piaciuta di più (per voi stesse con Harry)?
Se amate i 5 Seconds Of Summer, non dimenticate di andare a vedere l'ultimo video che ho tradotto sul mio canale YouTube! 
Potete cliccare qui → Face To Face
Ora volo a finire di studiare (mia madremi ha già minacciata di buttarmi il pc dalla finestra .-.) quindi vi saluto e spero davvero che questo capitolo assolutamente chilometrico sia stato di vostro gusto! *-*
Peace and Love
Xx Manuela


 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


 










Mi svegliai molto tranquillamente (fin troppo, rispetto a come ero abituata) e dovetti sbattere le palpebre più volte per far staccare le ciglia tra di loro e  mettere a fuoco sia il luogo dove mi trovavo, sia le circostanze: ero completamente nuda, sotto delle lenzuola che sapevano di Harry, con dei rimasugli di trucco e i capelli completamente lisci ma arruffati. Il pensiero che qualcuno avrebbe potuto vedermi in quelle condizioni mi fece spalancare gli occhi ma, dopo aver incontrato lo sguardo divertito del mio ragazzo, mi tranquillizzai in un secondo: da quanto tempo era sveglio?

- Buongiorno - sussurrò con voce roca, a pochi centimetri di distanza da me.

Non avrei saputo (o potuto) spiegare a parole quanto amassi la sua voce, soprattutto di prima mattina, e, non appena ricambiai il sorriso, gli augurai anch'io il buongiorno.
 





- Piccola... - mugugnò a pochi centimetri dalle mie labbra, continuando ad accarezzarmi le cosce.
Mi focalizzai sul suo collo, in attesa che continuasse e, non appena ricominciò a parlare, mi salirono i brividi lungo la schiena: - Domani mattina non te ne andrai come l'altra volta... vero? -.
Lo guardai negli occhi per pochi secondi e, dopo  aver abituato gli occhi al buio, mi si presentò davanti un faccino da cucciolo bastonato che mi fece sorridere all'istante: potevo essere la ragazza più acida della Terra ma, diamine, ero umana anch'io.
- No. Non me ne andrò più, promesso - sussurrai, per poi ricominciare a baciarlo.
Ed ero sincera: niente avrebbe potuto impedirmi di restare al suo fianco, non di nuovo.
 






Non appena i ricordi della notte precedente mi tornarono alla mente, mi resi conto di quanto fosse meraviglioso potersi svegliare tra le sua braccia, con il suo respiro sulla pelle, con i nostri corpi perfettamente intrecciati tra di loro e mi diedi della stupida da sola: avrei potuto godermi altri momenti come quelli eppure, per semplice vigliaccheria, ci avevo rinunciato.
Il suo profumo era dappertutto: sulle lenzuola, sul cuscino ma, soprattutto, era sulla mia stessa pelle.
Portai istintivamente una mano in mezzo ai suoi, ormai lunghi, capelli e lo attirai verso di me per poi far scontrare le nostre labbra: non ero fermamente convinta del fatto che il mio alito fosse dei migliori ma, in un momento come quello, non ci feci nemmeno caso. Sorrise nel bacio, staccandosi poco dopo per poi lasciarmi vari baci a stampo: non avevo mai visto, fino ad allora, una creatura così fottutamente adorabile.
Si sistemò al mio fianco, poggiando la testa su un braccio e iniziò ad accarezzarmi dall'alto. Le fossette erano ancora ai lati della bocca, rendendolo ancora più perfetto. Sorrisi anch'io non appena sentii i suoi polpastrelli sulla guancia e iniziai a stiracchiarmi per davvero, allungando sia le braccia che le gambe, mentre la mia bocca si spalancava per via di uno sbadiglio. Non avevo idea di che ore fossero ma non mi importava: ogni volta che mi trovavo con Harry, il tempo sembrava fermarsi all'improvviso. Mi baciò una mano con delicatezza, chiudendo gli occhi, per qualche minuto: io, intanto, mi godevo quella bellissima vista al mio fianco.

- Visto? Sono ancora qui - esclamai sarcastica, non riuscendo a smettere di sorridere.

Ridacchiò leggermente prima di iniziare ad accarezzarmi i fianchi, in direzione della pancia, e rispose: - E io non potrei esserne più felice -.
Senza rendermene conto, ci stavamo comportando come tutte quelle coppiette che, da single, mi avevano sempre fatto ribrezzo eppure, sotto le grandi mani di Harry, non mi dispiacque nemmeno un po': non ero la ragazza più dolce del mondo, vero, ma qualche smanceria potevo concedermela anch'io, no?
Il suo respiro caldo mi fece salire i brividi più di una volta, insieme a una pelle d'oca di cui, sperai, non si accorgesse: ero troppo orgogliosa per ammettere quanto stessi bene tra le sue braccia, non era nel mio stile. Non stavo provando nessun tipo di imbarazzo, considerando il fatto delle nostre complete intimità a contatto, e mi sentii in pace con me stessa per tutto il tempo: era come se, con lui, ogni tassello della mia vita fosse tornato al posto giusto, rendendomi la testa più leggera e il battito cardiaco più regolare. Anche se, diamine, avere Harry accanto a me corrispondeva a miliardi di palpitazioni al secondo.
Iniziò a tracciare dei cerchi attorto al mio ombelico e, dopo aver leggermente sfiorato il piccolo neo all'interno di esso, ricominciò con i suoi percorsi irregolari sul resto del mio ventre: avevo sempre amato quella piccola macchiolina scura all'interno del mio ombelico e, quando l'aveva notata anche lui per la prima volta, gli era comparso un leggero sorriso. Era convinto fosse un particolare caratteristico della mia persona e che riuscisse a distinguermi dall'enorme massa di pecore tutte uguali che eravamo ormai abituati a vedere per le strade. Sorrisi a quell'affermazione così esatta di quella società e lasciai che le sue dita esplorassero il mio corpo ancora per un po': avrei rischiato di riaddormentarmi, di quel passo, ma non mi importava.
Diedi veri e propri segni di vita solo qualche tempo dopo, affermando un divertito: - Chissà quando hanno ricominciato a tornare lisci i miei capelli: mi piacerebbe sapere se hanno battuto il record di un'ora - che fece sorridere anche Harry.

- Beh, ti chiedo umilmente scusa per non averci prestato la dovuta attenzione - rispose il mio ragazzo, iniziando a sovrastarmi con la sua figura. - Ma, sai, ero impegnato a godermi i tuoi gemiti, mentre mi pregavi di continuare a farti stare bene -.

Scoppiai a ridere di gusto insieme a lui, pronta a colpirlo leggermente per quell'affermazione così perversa, ma me lo impedì lui stesso non appena si spalmò completamente su di me, baciandomi il collo e accarezzando ogni centimetro della mia pelle nella parte superiore del corpo.

Non fai prima a dire che ti stava letteralmente palpando?

Sentii le sue labbra piegarsi in un sorriso contro il mio epidermide ma lo lasciai continuare, sentendomi fin troppo fortunata per averlo accanto: cosa avrei mai potuto desiderare di più? Mi morsi il labbro inferiore, chiudendo gli occhi e continuando ad avere la pelle d'oca, e lasciai che proseguisse: Dio solo sapeva quanto amassi i baci sul collo, soprattutto quelli da parte del mio ragazzo.
Avremmo potuto continuare a vivere nella nostra magica intimità in tutta tranquillità, se la porta non si fosse spalancata all'improvviso, mostrando i ragazzi e tutto il loro disgusto alla nostra vista. Sia io che Harry cacciammo un urlo degno di un'opera lirica e, dopo essersi reso effettivamente conto del mio quasi completo petto scoperto, il mio ragazzo si appoggiò ancora di più per coprirmi: possibile che non si riuscisse ad avere un minimo di pace in quella casa?

- Woah, ragazzi: siamo sicuri che ci avete dato dentro già stanotte; non avrete mica intenzione di continuare? - esclamò
Louis, grugnendo disgustato.

Lo guardai con occhi infuocati, scatenando la sua risata, e sospirai afflitta non appena notai le espressioni complici dei restanti tre ragazzi: volevo un bene inimmaginabile ad ognuno di loro, ma in quel momento li avrei uccisi molto volentieri uno per uno.
Avrei dovuto ricordarmi di fargliela pagare, magari con la stessa moneta.
Sia io che Harry sbuffammo contemporaneamente e, dopo aver atteso qualche istante, non riuscimmo ancora a capire cosa ci facessero lì impalati: nessuno dei due andava più a scuola o aveva altro da fare quindi, per il mio profondo amore per gli unicorni, qual era il vero motivo che li aveva condotti fino a quella dannata porta?

- Non per rovinarvi l'infanzia... Ma nessuno dei due possiede ancora il dono della lettura del pensiero - esclamai sarcastica, facendo sorridere il ragazzo sopra di me.

Io e il mio solito sarcasmo mattutino.
Zayn, Liam e Niall cercarono di trattenersi, forse per non offendere Louis, mentre quest'ultimo non aveva idea di come rispondere: avevo appena zittito Louis Tomlinson, signore e signori.
Quest'ultimo si grattò la nuca per qualche minuto, cercando una sorta di risposta abbastanza provocatoria per superarmi ma, non appena si rese conto di aver perso, arrivò finalmente al punto dell'intera situazione: - Le ragazze sono al piano di sotto quindi, mi dispiace, ma dovrete rinunciare al vostro secondo round -.
Avrei voluto, come minimo, schiaffeggiarlo scherzosamente ma, non appena Harry si rese conto di non essere molto distante dal preservativo che avevamo usato la notte precedente, si allungò leggermente e lo afferrò con la punta delle dita, prima di esclamare: - E chi ha mai parlato di “secondo” round? - e lanciare l'oggetto verso quei quattro impiccioni, facendoli scappare per il disgusto.
Noi, nel frattempo, non riuscivamo a smettere di ridere.
Dovetti asciugarmi una lacrima per le troppe risate e, dopo aver ricevuto un ennesimo bacio sul collo da Harry, fummo costretti ad alzarci per davvero: avrei indossato una maglia del mio ragazzo come vestaglia, non prendendo nemmeno in considerazione il vestito usato durante la nostra prima, vera uscita. Avrei dato qualsiasi cosa per poter rimanere a letto per tutto il resto della giornata ma, con tutta quella gente, potevo andare certa in partenza che non sarebbe stato minimamente possibile: esisteva un girone dell'Inferno anche per tutte quelle persone così attive, ne ero sempre più convinta.
Mi salì un senso di sconforto non appena pensai ai migliaia di commenti e di battute che avremmo dovuto sopportare, non appena saremmo andati al piano di sotto, ed emisi un verso da cucciola arrabbiata che fece sorridere il mio ragazzo: lui, invece, sembrava felice come un bambino il giorno di Natale. Anche io ero tremendamente felice, con un sorriso da ebete soffocato dalle guance e dalla fossetta, ma non lo avrei mostrato a mezzo mondo: mi sarei resa solo più vulnerabile a commenti scomodi e imbarazzanti. Dovevo essere superiore alla situazione e, nonostante le guance mi si stessero già colorando di rosso, cercai di trattenermi in tutti i modi.
Osservai Harry vestirsi, con i suoi soliti capi d'abbigliamento strambi, e scoppiai a ridere nell'esatto momento in cui fece finta di essere su una passerella, iniziando a sculettare vistosamente, capendo di essere osservato dalla sottoscritta. Amavo il modo in cui cercasse di non mettermi in imbarazzo, in certe situazioni, e lo ringraziai mentalmente per la risata che mi aveva provocato: non avrei saputo descrivere a parole la felicità e l'adrenalina che mi stava scorrendo nelle vene dal giorno precedente. E tutto per merito di quel capellone che stava ancora sculettando.
Indossai un suo maglione grigio, che mi arrivava al ginocchio, e presi un paio di calzini dal suo cassettone, per poi infilarmi le Converse che Liam mi aveva gentilmente riportato dal piano di sotto. “Legai” i capelli in una delle code più mal-formi che avessi mai realizzato con un elastico di Harry e lasciai che le chilometriche maniche del maglione mi inghiottissero le braccia: mi sentivo avvolta dal quel profumo per cui andavo matta e non avrei potuto sentirmi più coccolata. Non avevo pantaloni o altro ma, avendo il sedere e le cosce coperte, feci finta di nulla: non avrei potuto sedermi a gambe incrociate o larghe ma, in fondo, non sarebbe stato poi così male. Lasciai un bacio a stampo a Harry (che poi lui volle approfondire leggermente, ma dettagli) e gli dissi di iniziare a scendere, mentre io mi rifugiavo in bagno per togliere ogni singolo residuo di trucco della sera precedente. In un certo senso, avevo un leggero timore nel guardarmi allo specchio, non conoscendo le mie effettive condizioni, e diventai pallida non appena mi trovai davanti alla mia immagine riflessa: il fondotinta, stranamente, era ancora leggermente presente ma il mascara, esattamente come l'ombretto, mi aveva reso gli occhi come quelli di un effettivo panda. Non riuscii a capire il motivo per il quale Harry, o i ragazzi, non fossero scappati alla mia vista ma decisi di pensarci successivamente, troppo impegnata a bagnarmi il viso con dell'acqua gelida: non avrei potuto usare uno struccante, essendo in una casa abitata da maschi, ma provai comunque a struccarmi grazie solo ad acqua e forza di volontà. Mi ci volle un quarto d'ora buono, e uno strofinamento a dir poco agonizzante, prima di poter finalmente alzare il viso e trovarmi come mia madre mi aveva fatta: inutile dire che mi pentii immediatamente di essermi struccata. Se prima mi ero paragonata a un panda, in quel momento assomigliavo ad un Heidi un po' troppo cresciuta, con le guance praticamente viola per il troppo strofinare e gli occhi minuscoli. Mi resi conto di non poter tornare indietro solo successivamente e, dopo essermi stretta la coda e aver fatto pipì, mi decisi a scendere al piano di sotto dagli altri: erano abituati al mio aspetto così sciatto, non ci avrebbero nemmeno fatto caso.
Non appena scesi le scale, venni assalita da fischi, urli, esulti, abbracci e versi di incoraggiamento di ogni singolo tipo: diventai ancora più rossa non appena Louis affermò un forte “E andiamo, ragazzi!” che mi fece ricordare l'intera notte precedente. Harry, nel frattempo, venne trascinato vicino a me per poter dare una rappresentazione d'affetto: ero convinta che, con il carattere serio che si ritrovava, si sarebbe limitato ad un banale bacio sulla guancia o un abbraccio.
E invece no.
Mi afferrò per il fianchi, mi fece prendere un colpo quando mi tenne stretta durante un casqué, e mi regalò uno di quei baci memorabili che si possono vedere solo nei film d'amore. Mi sembrò un gesto fin troppo azzardato ma, non notando nessun tipo di imbarazzo o freno da parte del mio ragazzo, ricambiai ogni cosa: mi ressi a lui, infilando le mani tra i suoi capelli, e schiusi le labbra non appena sentii la sua lingua insistente.
I nostri amici continuarono ad esultare per tutto il tempo e, non appena ritornammo in posizione eretta, guardai Harry con occhi spalancati, un sorriso meravigliato ed un incredibile calore alle guance: cosa diavolo gli era preso così all'improvviso? Dall'altra parte, il diretto interessato mi stava guardando come se fosse tutto normale e un sorriso genuino non ne voleva sapere di scomparire da quella bocca leggermente gonfia, a causa del bacio di qualche istante prima.
Vederlo così felice, dopo tutti i casini che avevo combinato la sera precedente, mi fece entusiasmare fino alle ossa e mi sentii fiera di me stessa. Ne avevo la prova davanti agli occhi: qualcosa in lui era ormai cambiato e, per quanto non volessi vantarmi, era soprattutto merito mio. Stava rompendo lo scudo che si era costruito attorno fino ad allora e stava ricominciando a godersi quel mese scarso che gli sarebbe rimasto di adolescenza, come giusto che fosse. E il fatto che io potessi stargli accanto, godendomi ogni istante di quel cambiamento, mi rendeva ancora più entusiasta e orgogliosa.
E fu allora che mi resi conto del fatto che non avrei mai potuto provare più di quella felicità in qualche altro momento o in qualche altra circostanza. 
Harry era la ragione del mio reale sorriso, del mio profondo orgoglio, della mia maggiore determinazione: era, semplicemente, la salvezza che avevo sempre immaginato nella mia testa ma che, fino ad allora, aveva sempre e solo combaciato con i personaggi di qualche romanzo o di qualche serie tv.
La situazione tornò alla normalità solo quando Daniela ci richiamò tutti a mangiare, aggiungendo che quel profumo delizioso proveniente dalla cucina era stato creato dalle sue manine e da quelle di Niall: non che cucinasse male gli altri giorni ma, vedendola così entusiasta per un semplice pranzo tutti insieme, iniziai a diventare leggermente più sospettosa. Avevo un certo istinto per le bugie e le prese in giro, qualità in comune con la mia amata Emma Swan in Once Upon A Time, e l'energia un po' troppo eccessiva dell'irlandese rappresentò la prova di qualcosa di losco. Non avrei rovinato quell'entusiasmo con tesi senza prove, ma corrugai comunque le sopracciglia e cercai di tenermi a mente di tenere occhi e orecchie ben aperti.
Mi sedetti accanto a Harry e, durante tutte le portate, non feci altro che rimanere sempre più perplessa: un pranzo del genere non lo avevo consumato nemmeno al più grande dei matrimoni a cui avevo partecipato fino ad allora (e, volendo diventare una Wedding Planner, potevo andare fiera di aver partecipato a un numero decisamente chilometrico di cerimonie).
Non appena Daniela ci mise davanti agli occhi anche un budino al cioccolato, per concludere in bellezza, non seppi più trattenermi. Mi alzai di scatto dalla sedia, riuscendo ad attirare l'attenzione di tutti, e incrociai le braccia al petto prima di domandare un seccato: - Okay, ora basta. Che diavolo sta succedendo qui? -. Odiavo dover smorzare un'atmosfera ma, allo stesso tempo, non sopportavo nemmeno dover far finta che fosse tutto normale: quei due avevano combinato qualcosa ed ero decisa a scoprire cosa. La mia amica capì immediatamente di essere stata scoperta e iniziò a tingersi di bianco, ogni minuto un po' di più: sapeva che non mi sarei lasciata prendere così facilmente in giro e, dallo sguardo che le stavo dedicando, mi sembrò quasi di vedere un brivido attraversarle l'intera spina dorsale. Al contrario di quello che mi aspettavo, anche il resto del gruppo si unì alla mia espressione seccata ma incuriosita e l'intera attenzione si concentrò sui due ragazzi in piedi, a capo-tavola. Questi ultimi, sentendosi all'angolo, sgranarono gli occhi nello stesso momento e Niall iniziò persino a passarsi ripetutamente la mano tra i capelli: un segno che, col tempo, avevo imparato a distinguere come nervosismo più profondo.

- Amore, dobbiamo dirglielo - esclamò l'irlandese alla sua ragazza, dimenticandosi per un attimo di tutti noi.

Daniela lo guardò di rimando, mordendosi le labbra, e scosse un paio di volte la testa: dal colorito che aveva, avrei potuto andare certa del fatto che sembrasse ‘leggermente’ terrorizzata.

- Amore, tanto lo verranno a sapere comunque, prima o dopo - continuò Niall, nell'impresa titanica di tranquillizzarla.
- Scusate l'interruzione - mi intromisi, stanca di quei tentativi inutili di temporeggiare. - Ma mi sto leggermente innervosendo e lo sapete meglio di me che non è esattamente una cosa positiva -.

Il mio intervento fece appesantire ancora di più la situazione e, non appena richiusi la bocca, la mano di Harry si posizionò subito sul mio fondoschiena e mi attirò più vicino a lui: lo aveva fatto per farmi calmare, senza nessuna aggiunta perversa, ma nemmeno il suo tocco riuscì a distrarmi. Lo guardai per un secondo dall'alto, incontrando un suo sorrisino forzato, ma ormai l'ansia e la curiosità mi stavano lentamente rosicchiando ogni centimetro dello stomaco.
Daniela, dopo un lungo sospiro, sembrò finalmente convinta e, stringendo la mano del suo ragazzo, iniziò: - Ragazzi, quello che stiamo per dirvi potrebbe scioccarvi perché, almeno all'inizio, ha scioccato anche noi... Ma voglio che sappiate che non cambierà niente e che rappresentate la famiglia che ogni adolescente desidererebbe. Ne abbiamo passate di tutti i colori ma siamo ancora qui e sono sicura che resteremo insieme fino a quando ognuno di noi sarà un'ottantenne rincoglionito e dovrà raccogliersi la dentiera ad ogni risata. Vi vogliamo un bene inimmaginabile e non potrei mai trovare le giuste parole per ringrar- -.

- Io e Dani aspettiamo un bambino - la interruppe Niall, dando fine a quel monologo infinito.

Il respiro di ogni presente nella stanza si mozzò nello stesso frangente, processo successivo a un complessivo sgranamento degli occhi generale, e il tempo sembrò fermarsi all'improvviso: nessuno ebbe la forza di parlare e io, dal canto mio, fui costretta ad aggrapparmi alla mano di Harry pur di non lasciarmi andare ad un mancamento che mi avrebbe condotta direttamente verso il suolo. Quelle sei parole continuarono a girarmi nel cervello per ogni momento successivo alla notizia e non riuscii nemmeno a bagnarmi le labbra, diventate improvvisamente secche come il deserto, o sbattere le palpebre: non ero rimasta così basita nemmeno alla notizia del matrimonio di Nick. I ragazzi non sembravano, di certo, messi meglio di me: a Louis tremavano le labbra, Mara aveva lasciato cadere il cucchiaino con un tonfo secco, Margaret aveva la mascella a terra e tutti gli altri erano un mix perfetto di tutte le nostre espressioni. Niall e Daniela sembravano ancora più spaventati, non riuscendo a distinguere i nostri completi stati d'animo, e, continuando a non dire nulla, iniziai a pensare alle conseguenze di quella gravidanza così inaspettata: ci sarebbe stato un bambino, due dei miei migliori amici sarebbero diventati genitori, avrebbero passato meno tempo con noi, non avremmo più potuto vivere tutti sotto lo stesso tetto, non avremmo più potuto fare le prime cose che ci passassero per la testa... Il mio intero cervello era come diviso in due parti ben separate: una parte scalpitava dalla gioia più assoluta mentre l'altra era confusa, preoccupata e anche un po' triste. Niall e Daniela avevano poco più di vent'anni, diamine: avevano ancora un'intera vita davanti, eppure avrebbero dovuto avere ristrettezze continue a causa di quella creatura nella pancia della mia amica. Nonostante fossi d'accordo sul fatto che un bambino fosse un dono dal cielo in ogni circostanza, iniziai anche a chiedermi se quei due fossero davvero pronti per prendersi cura di un figlio: la più responsabile dei due era Daniela, questa era l'unica certezza, ma, riflettendo anche su quell'irlandese innamorato, alla fine capii che anche lui avrebbe amato con tutto sé stesso quella creatura. In fondo, era il frutto del loro amore.
Avrei voluto iniziare ad esultare insieme agli altri ma, non appena non sentii più il calore della mano di Harry, mi girai verso di lui e rimasi senza fiato nello stesso istante in cui lo vidi accasciarsi al suolo, dopo aver alzato gli occhi al cielo. L'intera attenzione, soprattutto la mia, si concentrò sul ragazzo a terra e, subito dopo, persi ogni briciolo di calma e auto-controllo in mio possesso, andando nel panico più totale: avevo già assistito a degli svenimenti (quello di Louis alla vista di Giulia era stato uno dei tanti) e avevo sempre mantenuto un sangue freddo paragonabile a quello di un rettile. Eppure, in quella situazione, l'unica cosa che riuscii a mantenere furono le gambe molli in piedi.
Si levò un coro di ‘Harry!’ in pochi secondi e, nonostante volessi esclamare anche io qualcosa, la saliva sembrò scomparire completamente, lasciandomi la gola più secca del Sahara. Il respiro iniziò a mancarmi sempre di più e fu allora che sperai davvero di non svenire: perché gli attacchi di panico dovevano venirmi sempre nei momenti peggiori? Avrei voluto piegarmi anche io sulle ginocchia, come avevano appena fatto Liam e Zayn per cercare di rianimare il mio ragazzo, ma, per colpa di quel maledetto attacco, dovetti concentrarmi maggiormente sulla mia mancanza di ossigeno: afferrai lo schienale della sedia con entrambe le mani e mi piegai leggermente in avanti, cercando di respirare in modo più regolare e profondo, anche se inutilmente. Fu solo questione di attimi prima che Louis mi si avvicinasse preoccupato, anche più di prima: - Manu? Manu, tutto bene? -.
Lo guardai di traverso, alzando un sopracciglio, e cercai di parlare nonostante il respiro debole: - Secondo te? -. Uscii più come un sussurro che una vera e propria esclamazione, ma bastò comunque a farlo andare nel panico: - Porca puttana, prima Harry e ora tu! Stai calma, ti prego... Fai dei bei respiri profondi: ecco, così. Merda, cosa cazzo ho fatto di male? -.
Il fatto che si preoccupasse così tanto per me mi avrebbe fatta sentire amata, in un'altra situazione... Di certo non proprio mentre stavo lottando contro me stessa per incamerare un po' d'aria.
Lo avrei mandato a quel paese molto volentieri, se avessi potuto respirare normalmente, ma non rinunciai comunque a una delle occhiate più cattive che avessi mai lanciato a qualcuno. Il mio migliore amico, dal canto suo, non faceva altro che passarsi le mani tra i capelli, imprecando ogni cinque minuti, mentre l'intera cucina andava nel più completo panico: Louis non sapeva se assistere me o il ragazzo a terra, Mara cercava di richiamare tutti all'ordine, anche se la sua più completa disperazione era visibile da chilometri, e gli altri stavano cercando di far rinvenire Harry. Mi sentivo il cuore a mille, a causa dell'incapacità di respirare regolarmente, e la situazione non fece altro che peggiorare con il passare dei minuti: se fossi rimasta lì un altro po', avrei fatto compagnia a Harry per terra. Riuscivo a ricordare solo due episodi dove degli attacchi di panico erano riusciti a spaventarmi sul serio (uno, il primo di una serie ancora presente, durante una pesante litigata con i miei, l'altro subito dopo la rottura con Nick) ma mi convinsi ad aggiungere un terzo punto alla lista solo quando continuai a non respirare bene dopo quasi mezz'ora. Svuotavo e riempivo i polmoni troppo velocemente, non riuscendo ad incamerare abbastanza aria, ed ebbi il terrore improvviso di dover correre all'ospedale pur di non collassare: i ragazzi avrebbero pensato a me e non a Harry e non doveva assolutamente essere così. Era lui quello a stare peggio, lui aveva bisogno d'aiuto. 
Mia madre, durante il primo attacco, era riuscita a farmi tranquillizzare solo parlandomi ma in quel momento, nonostante i continui ed insistenti incoraggiamenti di Louis, sembrò tutto inutile: le sue parole mi arrivavano ovattate, coperte dal battito troppo accelerato del mio cuore che mi stava solo facendo innervosire maggiormente. Il pensiero che Harry non riuscisse a riprendersi per poco non mi fece cedere le ginocchia ma, all'improvviso, ogni cosa sembrò scomparire: mi bastò un ‘Manu’ sussurrato. Mi girai verso il gruppo e, incrociando gli occhi del mio ragazzo, fui invasa da una felicità imparagonabile: sorrisi leggermente, per quanto l'immagine di me stessa con difficoltà respiratorie lo permettesse, e ogni presente nella stanza sembrò tirare un sospiro di sollievo nello stesso momento. Avrei voluto godermi il momento ma, purtroppo, a differenza di uno svenimento, un attacco di panico non è una passeggiata da cui ci si può riprendere subito: i polmoni incamerano troppa poca aria in un tempo troppo ridotto e, finché l'intero organismo non si rilassa, non c'è nessuna possibilità di fermarlo. Ricordai la spiegazione di mia madre, durante uno dei attacchi più difficili che avevo dovuto superare, e avrei voluto sospirare, dandole ragione per l'ennesima volta: “È tutto nella tua testa. Se non fossi preoccupata, impaurita o repressa, non starebbe accadendo nulla. Devi solo cercare di calmarti: nessuno può fare nulla se la causa di tutto si trova nel tuo cervello”. Avrei continuato a navigare nei consigli della mamma, con le orecchie inondate da un tum tum sempre più veloce, se due braccia non mi avessero avvolto i fianchi da dietro, in una stretta leggermente debole ma dolcissima: le mie narici si inondarono di una vampata di Blue The Chanel e, non appena sentii anche un respiro regolare sulla nuca, chiusi istintivamente gli occhi.

- Piccola, sono qui - sussurrò piano, sfiorandomi l'orecchio con ogni delicato movimento delle labbra.

Schiusi le labbra quasi subito e, dopo solo pochi istanti, tutti i nodi e le preoccupazioni nel mio cervello sembrarono attenuarsi, fino a scomparire quasi del tutto: il respiro divenne sempre più regolare, il battito del cuore si allontanò lentamente e, dopo aver poggiato due dita sul collo, mi tranquillizzai maggiormente non appena sentii i battiti di nuovo regolari.
Mi girai quasi subito, lanciandomi tra le braccia di Harry ancora con gli occhi chiusi, e ringraziai mia nonna istintivamente per averlo fatto riprendere. Mi strinse forte, continuando a sussurrarmi frasi stereotipate per farmi calmare, ma, in quell'occasione, non ci feci nemmeno caso e continuai ad affondare la faccia in quella massa di capelli lunghissimi: non mi importava il fatto che stesse utilizzando frasi da completi cliché, ripetute da mezzo mondo fino alla nausea perché, in fondo, l'importante era che si fosse ripreso e che stesse bene. 
Dopo quella mezza Apocalisse per via di una notizia del tutto inaspettata, Louis sembrò riprendersi come noi e iniziò ad urlare peggio di prima: - Voi mi volete morto! Vi rendete conto dello spavento mi avete fatto prendere, razza di coglioni, teste di minchia?! Mi saranno venuti i capelli bianchi in anticipo, per colpa vostra! - prima di buttarsi su di noi e stringerci.
Nella stanza iniziarono a volare piccole risa un po' da tutti, anche dalla sottoscritta, ma non persi l'occasione per contraccambiare: - Non era Zayn quello con l'ossessione per i capelli? -. Bastò quel commento a far tranquillizzare ogni persona riguardo al mio stato di salute in quel momento e, dopo un bacio sulla fronte da Harry, non persi tempo a chiedergli come stesse lui, prima di aggiungere: - Non volevo far spaventare anche te, è solo che ti ho visto lì a terra e... Ho iniziato ad andare nel panico -.

- Io avrei reagito peggio di te, se mi fossi trovato al tuo posto - rispose ridacchiando, prima di lasciarmi un dolce bacio proprio sulla fossetta.

Quando ci girammo di nuovo verso Daniela e Niall però, sentii una vera e propria morsa nel petto: la mia amica aveva il viso nascosto nel petto dell'irlandese e i suoi singhiozzi sarebbero potuti essere uditi sin dalla strada. Potei solo immaginare lo spavento che le avevamo fatto prendere e mi sentii in colpa da morire nello stesso istante in cui la vidi: dovevo imparare a trattenermi, diamine. Il suo ragazzo le accarezzava la schiena, dicendole di non preoccuparsi, visto che ci eravamo appena ripresi entrambi, ma sembrò inutile: Daniela non voleva staccare il viso dalla felpa di Niall e continuò a piangere per un tempo che non riuscii proprio a calcolare ma che mi sembrò comunque troppo lungo.

- Dada, è tutto okay - aggiunse Mara, avviandosi verso di loro.

Tutti noi la imitammo, sentendoci in colpa allo stesso modo, ma non avrei mai permesso che una così bella notizia si tramutasse in una catastrofe. Non avevamo impiegato 
nemmeno un momento per chiedere ai due futuri genitori cosa avessero in mente di fare o come si sentissero, dando per scontato che non volessero effettivamente quel bambino, e bastò quel pensiero a farmi sentire ancora più in colpa: avevamo dato tutto per scontato ma forse, dal loro punto di vista, quella notizia era arrivata come un regalo meraviglioso, come giusto che fosse, invece che come una tragedia.
Mi si accese una lampadina quasi subito e, sperando che l'idea potesse funzionare, corsi come un fulmine in camera mia. Non ero proprio la candidata migliore nel confortare le persone, un difetto che mi era sempre pesato, ma conoscevo fin troppo bene l'amore della mia amica verso le cose semplici: per questo motivo afferrai velocemente il peluche prescelto sul mio letto e ricorsi di nuovo al piano di sotto. Era il coniglietto che mi aveva regalato mia nonna alla nascita e lo avevo tenuto sempre con me, con la mia visione immaginaria del momento in cui lo aveva consegnato a mia madre, e sperai con tutta me stessa che riuscisse a far risollevare l'umore: in caso contrario, sarei potuta andare fiera del fatto di averci, quantomeno, provato.
Lo scenario che mi si presentò davanti non appena misi di nuovo piedi in cucina fu lo stesso di quando lo avevo lasciato ma, prima che qualcuno potesse effettivamente vedermi, presi un bel respiro profondo e posizionai il coniglietto davanti alla faccia, in modo che potesse essere inteso con il effettivo viso: era un sciocchezza infantile ma, allo stesso tempo, sperai davvero che funzionasse a strappare qualche sorriso. Non riuscii a vedere le espressioni di tutti gli altri, anche se riuscii ad intuirle, a causa delle leggere risatine che si lasciarono scappare, e proseguii verso la mia amica e Niall: una volta arrivata, le toccai la spalla un paio di volte e aspettai che si girasse a tutti gli effetti verso di me. Tutti erano a conoscenza dell'importanza emotiva dell'oggetto tra le mie mani e fu per quel motivo che, dopo essersi resa conto dell'intero piano per farla sorridere, Daniela si staccò dal suo ragazzo e mi abbracciò fortissimo: pregai che non ricominciasse a piangere o non sarei riuscita a sopportarlo.

- Allora: chi di noi avrà l'onore di battezzare il pupo? - esclamai sicura di me, accarezzandole la schiena.

Sentii il suo petto muoversi velocemente contro il mio, segno che stesse ridendo, e, alzando lo sguardo, riuscii a notare anche un occhiolino da parte di Harry che mi fece sorridere insieme a tutti i presenti nella stanza. L'atmosfera si alleggerì notevolmente, grazie a un peluche datato a quasi vent'anni prima, e gli altri non persero nemmeno un istante ad aggiungersi all'abbraccio: pochi secondi dopo, eravamo tutti impegnati a cercare di respirare, troppo vicini in una stretta di ben nove persone. Quel bambino non sarebbe risultato nessun tipo di errore o impedimento: sarebbe stato amato da una mandria di pazzi e, di quello ne ero convinta, non sarebbe mai rimasto solo.
Passammo il resto del pomeriggio a ridere e fare previsioni sul bambino, come il sesso o i potenziali nomi, e mi sentii incredibilmente serena per tutto il tempo, con la testa sul petto di Harry, accompagnata dal battito costante del suo cuore e dalle risate dei nostri amici. Avrei potuto vivere di quella melodia per il resto dei miei giorni. Utilizzando una frase che Niall aveva usato con Daniela una volta, durante una serata-cinema: “Il battito del cuore della persona che amiamo più di noi stessi, potrebbe tranquillamente diventare la melodia di una canzone meravigliosa”.
Non mancarono i ‘litigi’ per via della scelta della madrina e del padrino, o per il fatidico sesso della creatura, ma non potei fare altro che dire la mia e scoppiare successivamente a ridere insieme a tutti gli altri. Feci notare l'umorismo dell'intera situazione, facendo riferimento alla presa in giro da parte di Daniela per il primo appuntamento mio e di Harry la sera prima, e feci ancora fatica a crederci: colei che aveva avuto il coraggio di sfottermi riguardo alle precauzioni, in quel momento aveva un bambino all'interno del suo grembo. Se quello non poteva essere considerato come uno scherzo del destino, non riuscivo davvero a capire cos'altro potesse rappresentarlo.
La giornata avrebbe potuto concludersi magnificamente, se una chiamata improvvisa non avesse fatto illuminare il cellulare del mio ragazzo: sullo schermo comparve solo un cuore come nome del contatto, fatto che mi fece accigliare. Ero io la sua ragazza eppure mi aveva memorizzato come ‘Lei <3’: chi diavolo si celava dietro a quel cuore, allora?
Alla vista di quella persona, lo spilungone si congedò praticamente all'istante, facendomi sbattere la testa contro il tessuto del divano dalla fretta e fu allora che grugnii infastidita: stavo diventando sempre più curiosa e, perché no, anche gelosa ma, quant'era vero che ero alta come un Puffo, non lo avrei mai ammesso ad alta voce. A costo di dover andare in giro con una di quelle camicie improponibili di Harry.
Seguii quest'ultimo in cucina due minuti dopo, lasciando perdere i divertiti ‘Manu, placati’, ‘Ci sarà da divertirsi’ eccetera dei ragazzi, e mi appostai proprio dietro la porta per spiare la conversazione: sinceramente? Il mio ultimo pensiero al momento, fu il fatto che spiare non fosse una buona azione.
Harry era rivolto verso il ripiano, in piedi, e stava sorridendo come un ebete mentre teneva il telefono sull'orecchio con una mano e con l'altra si scompigliava i capelli: aveva uno di quei sorrisi che ci si stampa in faccia non appena si vince alla lotteria. Personalmente, non avevo mai vinto alla lotteria ma mi sembrò comunque un sorriso di quel genere.
Socchiusi gli occhi dalla rabbia, stritolando il legno della porta tra le mani dove aver riconosciuto una voce femminile dall'altra parte dell'apparecchio, ma mi sentii letteralmente il sangue ribollire nelle vene non appena sentii da parte di Harry un entusiasta, e fin troppo intenerito: “Mi manchi da morire anche tu. Non vedo l'ora di rivederti, davvero”.
Serrai le palpebre per tutto il resto della conversazione, composta da risate e altre effusioni varie e, non appena ebbe finito, tornai sul divano con il fumo alle orecchie: dovevo essere completamente rossa in viso ma, sinceramente, non poteva importarmene di meno.
Non avrei rinunciato a Harry per nessuna ragione, non volevo commettere lo stesso errore anche con lui, e ripromisi una cosa a me stessa nello stesso istante in cui il colpevole ritornò da noi: a costo di dovermi prendere per i capelli con la tizia dietro al cuore maledetto, avrei usato ogni singolo mezzo in mio possesso pur di non perdere quello spilungone dai capelli chilometrici.
Doveva iniziare una gara? Bene. Anche perché avevo iniziato a dimenticare la sensazione di un bel gancio sulla guancia di qualcuno.
E, nonostante il mio criceto cercasse di farmi ragionare, dovetti ammettere di avere le mani abbastanza frementi.
 









 

                                                                                                       I'm not jealous... No. 








Spazio Autrice: Hello, everyone! 
Non mi faccio sentire da qualche mese, me ne rendo conto, ma, come tutte voi, la scuola ha inciso molto: ho avuto le ultime due settimane con ben 11 compiti in classe e mi sto riprendendo lentamente. 
Questo capitolo è stato un parto perché l'idea c'era ma, diamine, non avevo idea di come esprimermi: direi che è un problema che mi affligge spesso. L'idea che ho in testa è meravigliosa ma, una volta scritta, sembra sempre più mediocre. 
In generale, cosa ne pensate davvero? Manuela ha fatto a pugni con qualcuno in passato, LOL.
Avevo bisogno di scomberare il territorio e, in tutta sincerità, non ho idea del dove mi sia saltato in mente il bambino: sapevo solo che qualcuno avrebbe dovuto allontanarsi leggermente e, tirando a sorte (troviamo una via di fuga così), ho optato per Niall Daniela.
La storia si sta avvicinando sempre di più alla fine e, grazie a un'idea che mi è venuta all'improvviso, ho deciso che, oltre all'ultimo capitolo, aggiungerò anche una sorta di extra: penso sia una cosa simpatica e scoprirete di cosa si tratta solo a battenti chiusi u.u
Che ne dite di passare alle domande?
1) quale coppia pensavate sarebbe stata la prima ad impegnarsi (non solo con un bambino, ma anche col matrimonio)?
2) qual è stata la vostra reazione a questa sorta di Apocalisse?
3) chi credete che sia la cosiddetta baldracca dietro il cuoricino?
4) secondo voi, l'intera faccenda come si risolverà?

5) solo io penso che la gif sia meravigliosa? HAHAHAHA
Voglio approfittare di questo momento per ringraziare una persona: senza la mia cara perfezione, meglio conosciuta come
 
 Ranyadell'intera idea dell'Apocalisse non mi sarebbe mai venuta e ci avrei messo MOLTO più tempo ad aggiornare. Spero che la One Shot su Luke Hemmings (dedicata alla mia migliore amica, citata prima), nonché futura serie, vi piaccia e, al riguardo, non dimenticate di passare e di farmi sapere cosa ne pensate: è la storia più significativa che io abbia mai scritto e mi farebbe un piacere enorme <3
Direi che posso concluderla qui e, che dire: cercherò di essere più puntuale.

Peace and Love
Xx Manuela



 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


 



ADVICE: ascoltate l'intero capitolo con 'Flame To Glory' di Ivan Torrent. Rappresenta la mia vita, ve lo assicuro. 











Una settimana.
Una fottutissima settimana dove l'unica cosa più grigia del mio umore, era stato il cielo al di fuori della mia finestra. Londra era stata sovrastata da una coperta di nuvoloni scuri per sette interi giorni, regalandoci anche varie ondate di una sorta di acqua-neve davvero fastidiosa, e il mio umore non si era smosso nemmeno per un secondo. Avevo dormito a mala pena dieci ore complessive in tutto quel tempo e una delle tanti motivazioni era abbastanza semplice: un terribile presentimento allo stomaco che non riuscivo a scollarmi di dosso. All'inizio lo avevo interpretato come una sorta di segnale verso qualcosa di brutto che sarebbe successo da lì a poco ma, non avendo nessuna voglia di attendere un qualche segno dal cielo, alla fine avevo dato la colpa a dei nuggets difficili da digerire.
In quella settimana erano successe un po' di cose, brutte e belle: avevamo festeggiato il ventunesimo compleanno di Zayn, ridistribuito le due abitazioni ed Harry era stato praticamente attaccato a quel dannato cellulare tutto il santo tempo. In sette giorni, per colpa sua, ero riuscita ad imparare ogni singolo tono delle notifiche di un I-Phone ma, visto che non avevo ancora in programma di comprarmene uno, non ne ero esattamente entusiasta.
Avevamo deciso, grazie anche al consiglio dei genitori di Daniela, di dover cambiare un po' di cose nel nostro stile di vita, in vista del bambino in arrivo: la casa dei ragazzi, essendo più grande e leggermente più centrale, sarebbe stata occupata interamente dalla nuova famigliola mentre noi altri, senza più nessuna distinzione tra sesso e altre cavolate varie, saremmo stati costretti a vivere sotto lo stesso tetto, nella viletta originaria del mio gruppo. Non che ci fossero poi così tante differenze, visto che ormai non facevamo altro che stare insieme ai nostri fidanzati ogni singolo giorno. Il “trasloco” dei ragazzi in casa nostra, tuttavia, non si era concluso, così come doveva ancora stabilizzarsi il mio senso d'ambientamento, per via di tutti quei particolari maschili in giro per le varie stanze: abitare tutti insieme sarebbe stato decisamente più comodo e semplice ma, come mi ripeteva spesso mio padre, certe abitudini sono dure a morire e io dovevo ancora realizzare il fatto che avrei avuto non più tre ma ben sette coinquilini con cui avere a che fare. Se da un lato si dimostrava ancora tutto un po' strano, d'altra parte una sorta di eccitazione si aggiungeva all'intera atmosfera della situazione: eravamo un gruppo molto unito perciò, a rigor di logica, sarebbe andato tutto per il meglio. Tuttavia, non era stata esattamente una decisione semplice da prendere: Niall e Daniela erano i più dispiaciuti, per non poter più vederci poi così tanto spesso, ma anche loro, esattamente come noi, sapevano che era giusto così. L'ultima cosa che ci mancava era che la mia amica o il bambino rischiassero qualcosa a causa del troppo caos di ben nove (talvolta dieci) persone in casa.
Se, oltre a quella prima lista, aggiungevo anche l'eccessiva, ed improvvisa, dose di caffeina che avevo iniziato ad ingerire, l'insonnia dell'intera settimana risultava, all'improvviso, anche fin troppo giustificata.
In quel momento ero seduta sul bordo leggermente largo della mia finestra, sorseggiando una cioccolata calda con marshmellow e caramello, nell'invano tentativo di non ustionarmi le papille gustative, mentre la neve sembrava essersi finalmente decisa ad andarsene. Era ancora davvero troppo presto per gridare alla primavera, ma trovavo estremamente rilassante guardare la neve sciogliersi secondo i suoi tempi, senza nessuna fretta, prima di essere sostituita da un altro lieve strato. Il calore del mio fiato, a contatto con la superficie di vetro della finestra, dava vita ad una leggera condensa e, in alcune occasioni, mi ero persino ritrovata a scrivere piccole parole a caso su di essa, come una bambina. Il tutto con Flame To Glory in sottofondo. Le note decise di quella magnifica orchestra, provenienti dal mio stereo, mi fecero salire i brividi più di una volta, mentre sentivo quella canzone sempre più mia. Era uno di quei rari istanti in cui l'intero universo sembrava essere in equilibrio con tutti gli altri e, con loro, anche i miei nervi. A causa di un improvviso calo della temperatura della notte precedente, indossavo ancora delle calze nere di lana fino alle ginocchia ma, nonostante i pochi centimetri di pelle scoperta sulle cosce tra il maglione e l'orlo delle calze, mi sentii comunque abbastanza calda: la cioccolata, nonostante la stessi bevendo a piccoli sorsi, stava davvero facendo il suo effetto. Girai lentamente la testa verso la mia stanza, riconoscendo un beanie e dei calzini di Harry sul pavimento, accanto al borsone, e, per un istante, ebbi quasi voglia di alzarmi e rimetterli dentro il grande bagaglio nero nell'angolo della camera. Il momento successivo, constatai che il mio povero culo non avesse la forza necessaria per scomodarsi davvero. Il mio ragazzo non si era ancora deciso a disfare il borsone e la valigia, troppo impegnato con il suo telefono per poter anche solo pensare a mettere le sue cose al loro posto, ma non avevo la benché minima intenzione di fare il lavoro sporco per lui: i bagagli erano i suoi e, se non avesse trovato il tempo per sistemarsi da solo, io avrei comunque continuato a farmi gli affari miei.
Ricominciai a prestare attenzione alla neve al di fuori di casa, continuando a scaldarmi le mani sulla superficie della tazza contenente la cioccolata, mentre un lieve sospiro rilassato mi usciva dalla bocca: avrei dovuto concedermi quei momenti più spesso.
Quella pace così perfetta e rilassante, venne interrotta bruscamente, come se un fulmine si fosse appena scagliato nell'intera stanza, per colpa di un ennesimo e poco distante ‘Tin,’ segnale dell'arrivo di un nuovo messaggio su un I-Phone. Chiusi gli occhi subito dopo, contando su ogni briciolo di calma interiore che avevo acquistato in quei momenti di puro relax, fin quando un Harry tutto sorridente non si materializzò davvero nella stanza.

- Manu, scusa, posso abbassare? - mi chiese, dopo aver notato anche la mia presenza. - Il volume è troppo alto -.

Era da oramai tutta la settimana che la mia identità si era tramutata magicamente in ‘Manu’, al posto dei soliti ‘Piccola’, ‘Amore’ o ‘Puffa’ ma quel nomignolo, nonostante lo avessi sentito fino alla nausea da tutta la vita, risultò comunque estremamente irritante pronunciato da lui. Inoltre, tenendo anche conto del fatto che mi avesse appena chiesto l'unica cosa in grado di farmi uscire di testa con chiunque e che avesse interrotto quei rari momenti di pace, riuscii a giustificare perfettamente i miei lunghi sospiri e la profonda voglia di far finire quel maledetto aggeggio elettronico sotto uno schiacciasassi. Mi sentivo ormai ai limiti dell'esasperazione.
Avrei voluto urlargli in faccia un “Sì, mi dispiace, okay? Perché sei a casa mia, in camera mia e la mia musica non ha mai dato fastidio a nessuno. Non ho mai abbassato nemmeno per mia madre, figurati se lo faccio per te.” ma il pensiero del quieto vivere ebbe la meglio, facendomi abbassare di poco il volume. Nemmeno una settimana prima non mi sarei fatta nessun tipo di problema ad esternargli i miei pensieri, per quanto noiosi e infastiditi, ma in quel momento non ci riuscii: stavo diventando una mollacciona, maledizione.
Sperai con tutta me stessa che Harry se ne andasse in fretta, lasciandomi di nuovo avvolta da quella pace così rara e paradisiaca che mi aveva tolto lui stesso, ma rischiai di avere una vera e propria crisi di nervi non appena osò chiedermi: - Dove hai preso quella? - per poi indicare la mia cioccolata.

- Esistono i pentolini, il latte, la cioccolata in polvere e i cucchiai: sai, è passato un po' da quando si accendeva il fuoco con i bastoni e le pietre - risposi sarcastica, non riuscendo a trattenermi, prima che mi regalasse un sorriso apparentemente divertito.

Nell'istante in cui alzò un sopracciglio, iniziai a sentire un lieve sfrigolio nello stomaco: forse tutti quei pensieri per la quantità di tempo che impiegava davanti al cellulare erano, in fondo, inutili.

- Sono nato nel 1994, non nel Paleolitico - esclamò, stranamente sarcastico. - Intendevo: perché non l'hai preparata anche a me? -.

Avrei voluto scherzare sul fatto che, con quei capelli così lunghi  che si ritrovava e con quegli stracci con cui se ne andava in giro, avrebbe potuto davvero somigliare ad un uomo preistorico ma il faccino da cucciolo, con tanto di labbro inferiore sporgente nascosto dietro quella richiesta, mi fece quasi scogliere: forse tutti quei miei filmini mentali fino a quel momento erano stati davvero inutili ma non avrei, di certo, riabbassato la guardia.

- Ci sono i mashmellow e tu sei allergico - risposi secca, leccandomi un po' di caramello rimasto nell'angolo della bocca. - Vorrei evitare di tornare in ospedale, nel caso ti sentissi male, grazie -.

Ingoiai un altro sorso di cioccolata calda, quando lo intravidi alzare le spalle, in un apparente gesto di non curanza: ecco la prova del fatto che i miei filmini mentali fossero davvero giustificati.
Rigirai lo sguardo verso la finestra, creando un'altro po' di condensa per via del mio fiato, e cercai di ovattare l'ennesimo suono proveniente dal telefono di Harry, notifica che fece riportare l'attenzione del mio ragazzo proprio su di esso: una scenata avrebbe fatto male ad entrambi, soprattutto alla sottoscritta, quindi sarebbe stato decisamente meglio per lui, se mi avesse lasciata di nuovo da sola con Ivan Torrent e la sua meravigliosa orchestra.
I minuti successivi, grazie al cielo, passarono in silenzio totale, segno che se ne fosse andato: finalmente.
Feci ripartire Flame To Glory, alzando di nuovo il volume (alla faccia di quello spilungone) e sospirai grata più di una volta: riuscivo a sentirmi sotto la pelle un solo nervo ancora intatto e avevo una dannata paura di far saltare anche quello. A differenza di tutti gli altri esseri umani, io non ero ancora perfettamente a conoscenza dei miei limiti e per quel motivo ero sempre impossessata dal timore di poterne scavalcare qualcuno, rendendomene conto troppo tardi: non avevo idea delle conseguenze che ci sarebbero potute essere e, diamine, quel non sapere continuo stava iniziando davvero a pesarmi.
Domandai di nuovo a me stessa l'assurdo motivo per il quale non fossi nata come un qualsiasi altro essere umano, capace di non dare poi così tanto peso alle cose e senza stare sempre a rimuginare troppo su ogni mia azione, mentre una risata di sottofondo mi arrivava ovattata, coperta dalle note della canzone allo stereo: perché dovevo essere così maledettamente logorroica? Mi tornò alla mente l'episodio dove Mara mi aveva attribuito, per la primissima volta, quell'aggettivo e sentii un enorme peso all'altezza del petto: ingoiai un po' di saliva, nella speranza che anche quell'orribile sensazione venisse trasportata via lungo il mio esofago, ma non feci altro che peggiorare la situazione. Ecco cosa succede quando si cerca di reprimere tutto dentro la propria anima.
Scossi la testa, sospirando rumorosamente, mentre sentivo il sangue ribollirmi nelle vene: in quel momento ero un' imperfetta combinazione di rabbia, nervosismo, risentimento, dolore, determinazione e orgoglio. Un mix a dir poco letale, se presente nel corpo di qualche debole. Ma io non lo ero: diamine, non dopo tutto quello che avevo dovuto affrontare. Continuai a respirare profondamente, tenendo le labbra serrate tra loro, mentre sentivo le guance andarmi in ebollizione: un altro minuscolo dettaglio e sarei potuta scoppiare davvero.
Ecco le tanto attese conseguenze.
Toccai il pavimento di scatto con i piedi, lasciando la tazza sulla finestra, mentre spegnevo lo stereo in fretta e furia e mi precipitavo al piano di sotto: per quanto all'inizio fosse stato bello poter passare dei momenti in completa solitudine, quel silenzio, pieno zeppo di tutti i miei demoni interiori, aveva iniziato a risucchiarmi, mangiandomi viva.
Mi ritrovai in salotto più velocemente di quanto avessi immaginato, guardandomi intorno leggermente spaesata: i miei amici sembravano tutti maledettamente sereni e tranquilli mentre, per quanto riguardava la sottoscritta, mi sembrava quasi di sentire il ticchettio di una bomba nella testa.

- Manu, tutto okay? - mi chiese dolcemente Louis, spuntando alle mie spalle.

Mi girai di scatto verso di lui, facendogli aggrottare le sopracciglia per la velocità eccessiva dell'azione, fino a quando non continuò: - Sei pallida ma con le guance praticamente viola: che succede? -. Schiusi le labbra, in cerca di qualcosa da dire, mentre un profondo senso di spaccare qualcosa mi faceva fremere le mani. Al mio migliore amico bastò vedere le mie dita tremare, per stringermi a lui in una fortissima stretta: fu l'ennesima occasione in cui lo ringraziai mentalmente per non aver insistito. Chiusi gli occhi, la guancia a contatto con il suo maglione rosso morbidissimo, e mi beai di quegli attimi di ritrovata pace: mi sembrò a dir poco surreale il fatto che, per domare tutto quell'uragano che avevo dentro, fosse bastato un semplice abbraccio.

- Non ho ancora capito cosa sia successo, ma rilassati, okay? - mi sussurrò all'orecchio, esattamente come aveva fatto quando ero corsa da lui per il tradimento di Nick. - Andrà tutto bene -.

Louis era forse l'unico, a parte Harry, in grado di farmi calmare con una frase del tutto stereotipata: di solito, se dette da qualcun altro, mi sarebbe venuto solo l'istinto di sputare negli occhi alla persona davanti a me.
Annuii contro la lana del suo maglione, facendogli allentare leggermente la presa, prima che mi afferrasse il viso tra le mani e mi sorridesse: non sarei mai riuscita a smettere di ringraziarlo abbastanza, per tutto. Quell'incoraggiamento da parte sua mi portò ad alzare gli angoli della bocca insieme a lui, mentre sentivo una leggera pressione sulla fronte, durante il dolcissimo bacino che mi aveva appena regalato.
Fu lo squillo del mio cellulare a risvegliarmi del tutto, riportandomi bruscamente sulla terra ferma; sbattei le palpebre velocemente, cercando di capire da dove provenisse Can't Be Tamed, prima di rendermi conto della sua effettiva posizione: abbandonato a sé stesso sulla finestra dove ero stata seduta fino a poco prima.
Mi staccai lentamente dal mio migliore amico, correndo a rispondere ma, non appena mi scontrai con Harry per le scale, fui costretta a sopportare anche il suo sorrisino innocente: non feci nessunissima piega, ignorandolo completamente, per poi continuare per la mia strada. In fondo, era colpa sua se in quel momento mi trovavo in quello stato da morta vivente. Raggiunsi camera mia quasi subito, riuscendo per un pelo ad afferrare il telefono e rispondere.

- Manu! Amore di mamma, come stai? - risuonò la voce di mia madre, perforandomi per poco un timpano.

Le chiamate di mia madre, da quando avevo deciso di andare a vivere con le mie amiche, non erano mai state rare ma in quell'occasione inarcai un sopracciglio: aveva sempre avuto l'abitudine di chiamarmi la sera, quindi per quale motivo aveva decido di comporre il mio numero in pieno pomeriggio?

- Ehm... bene - risposi subito, cercando di sembrare credibile. - Come mai a quest'ora? -.

Ci fu un attimo di esitazione dall'altro capo del telefono, avvenimento che mi fece aggrottare le sopracciglia ancora di più.

- Mamma? -
- Eh? Oh, dai: non posso nemmeno chiamare la mia unica figlia quando mi pare e piace ora? - rispose più allegra del solito, prima che un grugnito maschile in sottofondo non mi facesse stranire ancora di più.
- Va bene che abbiamo trent'anni suonati di differenza ma sai anche tu che sono più intelligente di te - affermai con un sopracciglio alzato, ricordandomi delle sue stesse parole.

Non ero io la presuntuosa, era un dannato dato di fatto, confermato, tra l'altro, proprio da quella donna che mi stava nascondendo qualcosa. I sussurri indefiniti di mio padre in sottofondo ne erano la prova.

- E non pensare che non riesca a sentire papà - continuai, prendendo il suo silenzio come un'ennesima prova. - Tra lui e Harry non so proprio chi abbia la voce più profonda -.

Sembravo avere un radar per gli uomini dalla voce estremamente grave: il mio ragazzo, mio padre, i miei cugini, tutti i miei ex professori, persino il commesso della mia ex pizzeria preferita in Italia. Solo Nick, per qualche assurdo motivo, riusciva a salvarsi.

- Be', qualcosa in effetti c'è... - mi concesse, lasciando in sospeso la confessione.

Sbuffai subito dopo, chiedendomi il motivo per cui non fosse diretta come la sottoscritta, e controllai la tazza di poco prima per pura noia: la cioccolata era praticamente finita ma, senza che me ne fossi nemmeno accorta, un piccolo marshmellow era stato abbandonato sul fondo marrone dell'oggetto tra le mie mani. Cercai di raggiungerlo inutilmente con la lingua, aspettando una risposta dall'altro lato del cellulare, ma, non appena mi accorsi di non poterci arrivare, piegai la testa all'indietro, aspettando che il dolcetto mi scivolasse in bocca per via della forza di gravità. Stavo ormai masticando quella minuscola nuvoletta morbidissima, quando dal telefono provenne un'esclamazione: - Manu, noi abbiamo deciso di tornare in Italia -.
Sentì il marshmellow andarmi di traverso, non appena elaborai la notizia, e, anche se solo per un solo istanti, ebbi seriamente paura di rimanerci secca.

- Manu? Amore, calmati! - continuò mia madre, intuendo la situazione.

Non appena mandai giù il dolciume, il cervello sembrò andare in completo blackout: perché volevano tornare in Italia? L'Inghilterra non era ‘abbastanza’? Ricordavo fin troppo bene la nostra piccola città d'origine: piccola, essenziale, fredda, di poco più di sessanta mila abitanti. Riuscivo a ricordare ogni singolo luogo, ogni singolo avvenimento. Eppure, nonostante alcuni di essi fossero stati anche piacevoli, mi salì comunque un pressante peso allo stomaco.

- Che ha l'Inghilterra che non va? - domandai secca, non aspettandomi una notizia del genere.

Non abitavo più con i miei genitori e riuscivo a vederli pochissimo, anche quello era vero, ma si trattava comunque di chilometri perfettamente percorribili in macchina o in treno: se fossero davvero tornati in Italia, ci sarebbe stata ben quasi mezza Europa a dividerci. Cercai di ignorare il sospiro dall'altro capo del telefono, sperando con tutta me stessa che si trattasse solo di una lontana ipotesi e non una decisione già presa, ma, in fondo, stavo solo cercando di arrampicarmi sugli specchi: non me lo avrebbero nemmeno detto, se si fosse trattato solo di un'eventualità futura.
Poi, all'improvviso, un'idea assolutamente terrificante mi balenò nel cervello in un solo istante: sarei dovuta anch'io tornare in Italia con loro? Avrei dovuto rinunciare alla mia nuova vita, rinunciare a Harry, per un'altra che mi aveva portato lentamente verso l'auto-distruzione? Non era un fatto poi così irrealizzabile, conoscendo fin troppo bene le persone con cui avevo a che fare: se quella era la loro era intenzione, i miei genitori avrebbero iniziato, di sicuro, a mettermi la pulce nell'orecchio, cercando di convincermi con una persuasione qualsiasi. E avevo paura, una paura insopportabile addosso, perché, in fondo, sapevo benissimo che, se avessero davvero preso la decisione di riportarmi in Italia con loro, non avrei avuto nessuna via d'uscita. Già riuscivo ad immaginarmi mia madre, intenta a spiegarmi quanto quel ‘periodo di prova’ mi avesse aiutata ma fosse giunto al termine, quando, in realtà, le avevo spiegato sin dal primo giorno che quello non sarebbe stato uno di quei suoi maledettissimi periodi, ma un vero e proprio nuovo capitolo della mia vita, dopo essermi lasciata alle spalle, in fiamme, intere pagine ingiallite con cui avevo avuto a che fare fino ad allora.
Tutta quella ragnatela intricata di pensieri venne interrotta nel preciso istante in cui sentii di nuovo quella voce dall'altro capo del telefono: - Non ha niente che non va. È solo... Manu, andiamo: lo sai anche tu che questa non è la nostra vera casa -.
Non appena quel ‘nostra’ mi arrivò al cervello, giurai silenziosamente di aver sentito un intero brivido percorrermi l'intera spina dorsale. Mi stavo seriamente rifiutando di pensare che quel senso di possessione potesse appartenere anche alla sottoscritta.
Ingoiai un po' di saliva, sentendomi un velo d'ansia addosso, non sapendo nemmeno io cosa rispondere: avrei dovuto giocare d'attacco, magari mettendo in chiaro dall'inizio le mie intenzioni? O avrei dovuto puntare sulla difesa e aspettare qualche altra informazione? Mi balenò alla mente un episodio nitido, dove mia madre mi rinfacciava, per l'ennesima volta, il mio carattere così orgoglioso e provocatorio e il nodo alla gola rischiò seriamente di soffocarmi all'improvviso.

- Amore? Ci sei? - sentii dall'altra parte del telefono, mentre io annuivo, nonostante la consapevolezza di non essere vista.

Sussurrai un flebile “Sì”, sempre più spaventata dalle frasi successive che sarebbero provenute dall'apparecchio poggiato al mio orecchio, finché non sganciai finalmente la bomba: - Cosa... Cosa c'entra tutto questo con me? -.
Sentii il labbro tremarmi, sperando (quasi pregando) che mia madre non iniziasse a discutere, di nuovo, la mia maledetta abitudine di attaccare: non sarei riuscita a sopportare anche le sue dure parole, col quel tono deluso e distaccato che avevo sentito e risentito milioni di volte. Gli istanti in cui attesi una risposta, furono i più lunghi della mia intera esistenza: non riuscivo a ricordare nessun'altra occasione anche solo vagamente analoga.

- Non sei costretta a venire con noi. Hai praticamente vent'anni, figlia bella: è quasi ora di sistemarti per conto tuo - riprese il discorso mia madre, facendomi perdere un battito. - La tua vita ormai è qui e poi, diciamocelo: se fossimo rimasti in Italia, invece che trasferirci qui, a quest'ora ti avrei già sbattuta fuori di casa per farti responsabilizzare -.

Finì il responso con una risata dovuta alla sua stessa battuta, mentre un brivido mi percorse l'intera spina dorsale. Non mi sembrò quasi vero che non avessero nemmeno provato a convincermi. Restai in silenzio per alcuni minuti successivi, cercando di prestare un briciolo di attenzione al monologo di mia madre su quanto le mancassero i nonni e il resto della famiglia, ma feci parecchia fatica a far rimanere connesso il cervello: ero ancora leggermente sconvolta per il fatto che avessi, finalmente, ricevuto il permesso di pensare a me stessa.

- Amore, ci sei ancora? Mi sembra di star parlando al telefono da sola - ridacchiò mia madre, riportandomi alla realtà.

Farfugliai un “Sì, ci sono” un po' assente, mentre un sorriso mi nasceva inconsciamente sul viso: mi sembrò quasi di aver trovato quella dannata ragione per sorridere, in un giorno così carico di emozioni dannatamente devastanti.
Nel preciso istante in cui iniziai a giocare con i miei anelli, con gli angoli della bocca ancora più sollevati, intravidi Louis fare capolino dalla porta; gli feci segno di aspettare un secondo, concludendo in fretta e furia la chiamata con mia madre, prima di corrergli incontro e sprofondare tra le sue braccia.

- Qualcuno è tornato di buon umore, a quanto vedo - affermò divertito, stringendomi forte.

Annuii contro la sua spalla, ancora entusiasta del fatto che avrei potuto continuare la mia vita sia con lui che con tutti gli altri: non riuscii a ricordare nessun altro episodio con quella sensazione addosso. Mi sentivo come se, finalmente, mi fosse stato appena concesso un nuovo capitolo della mia vita: un capitolo che avevo atteso e desiderato a lungo, con tutta me stessa. Allo stesso tempo, sentivo il cuore esplodermi, per via di quel senso di maturità e fiducia che i miei genitori mi avevano concesso.
Sentii i piedi staccarsi da terra, segno che Louis mi avesse appena sollevata leggermente per la foga dell'abbraccio, prima di piegare leggermente le gambe all'indietro, ridendo.
Solo qualche tempo dopo, il pensiero di poco prima rifece capolino nella mia testa: sarei potuta rimanere a Londra con i miei amici, ma ci sarebbe stata quasi mezza Europa a separarmi dalla mia famiglia. Bastò quella minuscola scintilla a farmi tornare di nuovo titubante, costringendomi a pensare a quanto fosse dannatamente ingiusto: fino a quella telefonata, non mi ero mai resa effettivamente conto di quanto fossi stata fortunata per la poca distanza tra me e i miei genitori. Quel pensiero mi era balenato in testa, portandomi a rimpiangere quelle poche occasioni in cui avevo rifiutato di incontrarli per passare maggior tempo con i miei amici, solo nel momento in cui avevo ricevuto la notizia della loro partenza. Troppo tardi, per tenere rinchiusi dei sensi di colpa.
Non appena l'abbraccio con Louis si sciolse, il mio migliore amico sembrò non poter fare a meno di notare il mio repentino cambio di atteggiamento, motivo per cui: - È successo qualcosa di grosso, eh? - mi domandò.
Non avevo alcuna voglia di spifferare l'intero accaduto agli altri, volendo proteggerli da un'altra, inutile, preoccupazione: sarei rimasta. In fondo, era quello l'importante. Ma ero comunque perfettamente consapevole del fatto che al ragazzo davanti a me non sfuggisse mai nulla, del fatto che odiasse vedermi reprimere ogni mio sentimento, con la speranza che svenissero tutti col tempo. Mi conosceva troppo bene.
Ebbi attimi di titubanza in cui non seppi nemmeno io cosa fare, se raccontargli ogni cosa o meno, ma alla fine fu lui stesso a darmi una risposta: furono i suoi occhi, quelle iridi azzurre così intenerite, a convincermi.
I miei punti deboli, mio malgrado, erano proprio lui e Harry.
Gli feci segno di sedersi sul letto, posizionandomi davanti a lui, prima di guardarmi le mani ed iniziare a eliminare una minuscola striscia di smalto nero al di fuori dell'unghia. Non mi capitava spesso di liberare i miei sentimenti repressi ad alta voce, motivo per cui non riuscivo a trovare un vero e proprio punto da dove iniziare il discorso. Poi, dopo una leggera meditazione, decisi di utilizzare il mio classico metodo: giocare d'attacco.

- Giurami - proferii parola, continuando a rifiutare il contatto visivo. - Giurami sulla persona a cui tieni di più, che non dirai mai a nessuno quello che ti sto per dire -.

Mi decisi a guardarlo solo nel momento in cui finii la frase, notando la sua espressione profondamente preoccupata, prima di scandire, di nuovo, la parola ‘Giuramelo’. Annuì all'istante, avvolgendomi le mani con le sue, prima che mi lasciassi finalmente condurre lungo una strada senza ritorno.
 
 
 
 
 


 

                                                     
    I don't know my limits and I'm scared as fuck about that. 










Spazio Autrice: Ave, popolo! 
Vi ricordate di me? Sono quell'autrice un po' fuori di testa che non si è fatta sentire da... tempo immemore. 
Serve specificare che, più procedo con la fine di questa storia, e più mi risulta difficile? Sta diventando complicata, my God. Come ve la spassate? Io sono stata a Messina due settimane, mi sta per arrivare il telefono nuovo e sono ancora in alto mare per i compiti delle vacanze ma per il resto tutto palesemente normale *alza i pollici*. 
Tra poco rinizia la scuola, frequenterò il terzo, e io non sono ancora psicologicamente preparata, holy crap. 
Ma non mi sono affatto dimenticata di voi e, in questa mite serata di agosto, vi ho appena pubblicato un capitolo a dir poco... inspiegabile. 
Manuela non potrebbe rappresentarmi meglio di così per quanto è lunatica. Il passaggio da calma, a furiosa, a  bomba, a felice, a logorroica di nuovo, rappresenta una mia giornata tipo: sarebbe decisamente strano se mantenessi un solo stato d'animo per troppo tempo. 
Harry
È solo una povera pedina. (Spoiler af: nei prossimi capitoli, l'identità misteriosa verrà svelata)
Qual è la vostra opinione? Io, personalmente, non riesco a farmi un'idea vera e propria al riguardo: c'è troppa psicologia in ballo. Decisamente troppa. 
Che ne dite di passare alle domande? 
1) Siete più Marry af o Louela af? Il motivo? 
2) Come avreste affrontato la situazione con Harry, se fosse state al posto della protagonista? 
3) Pensate che la storia si concluderà con un lieto fine o un 'morirono tutti felici e contenti'?
4) Avete letto l'intero capitolo con 'Flame To Glory' di sottofondo? Eh eh, io voglio la verità u.u

Momento SHUT OUT: 
 Raeleen Ranyadel perché awawawawawawaw *-*
Un grazie meritato anche a tutte voi che recensite e mi fate sorprese bellissime sui social :3
Ce se vede! 
Peace and Love
Xx Manuela




TEEN WOLF FOR LIFE
DRAG ME DOWN
, SHE'S KINDA HOT E FLY AWAY SONO VITA: ADDIO. 
 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


 









- Qui nella nostra classe abbiamo un gruppo di ragazzi - iniziai a canticchiare, cercando di ricordarmi le parole esatte. - che trattan gli insegnanti come fossero pupazzi -.
- Ragazze, state buone, altrimenti la pagate - si aggiunse Louis, ormai esperto. - perché a noi piace far così, perciò non v’impicciate -.

Cercai di non scoppiare a ridere con tutte le mie forze, mordendomi il labbro inferiore, e proseguii quasi subito: - No, noi non stiamo zitte e prendiamo la parola... per dire a tutti quanti che non vi vogliamo a scuola -.
Anche il mio migliore amico stava cercando seriamente di trattenersi ma, prima di poterlo fare realmente, pronunciò la sua ultima battuta: - Potete dirlo e poi ridirlo ma noi continuiamo... sì, continuiamo a fare in classe quello che vogliamo -. Mi poggiò un braccio intorno alle spalle, con uno sguardo complice, mentre io sorrisi anche più di prima: mancava ormai poco. Osservai le immagini alla TV, in attesa del nostro momento e, non appena arrivò, quasi saltammo sul letto.

- Rossana, dai, pensaci un po’ tu! Perché così non se ne può più! - urlammo entrambi come matti, alzando i pugni in aria. - Sappiamo che non ti arrendi mai e provi e riprovi finché ce la fai! -.

Non riuscimmo ad arrivare alla fine del ritornello che crollammo entrambi sul letto, l'una sopra l'altro, in preda a risate isteriche e decisamente imbarazzanti. Eppure, nonostante tutto, mi sentii completamente viva: riuscivo a sentire i polmoni in cerca d'aria, gli addominali in trazione per le risate, le mani battere più volte tra loro, gli zigomi tirare per l'enorme sorriso che mi stava adornando il viso, il sedere a contatto con la gamba di Louis e tutto il resto. Ero tornata un essere umano, a differenza dello zombie in cui mi ero trasformata in soli sette giorni.
E tutto grazie a quel bambinone sotto di me.
Tornammo seduti solo alla fine della sigla del cartone trasmesso dalla mia TV e non perdemmo un solo istante ad infilarci sotto le tre coperte caldissime che avevo tanto voluto e preteso: se d'estate ero capace di sudare anche solo respirando, d'inverno sviluppavo l'incredibile capacità di diventare un ghiacciolo nell'arco di pochi minuti. Era sempre stato così: motivo per cui, già da Ottobre, prenotavo in anticipo ben tre coperte, senza dover correre il rischio che le ragazze potessero acciuffarsele prima di me.
Io e il mio migliore amico ci accoccolammo d'istinto, trasmettendoci calore a vicenda, prima che mi chiedesse: - Stai comoda? Calda? -. Gli sorrisi subito, annuendo, prima di affondare tra le sue braccia e volgere di nuovo lo sguardo verso la televisione insieme a lui. Il nostro primo ‘pomeriggio riparatore’ risaliva, più o meno, ai tempi di un difficile periodo nella storia con Nick: Louis era rimasto lì, sul mio letto, a sorbirsi tutta la mia frustrazione per ben tre ore di fila, prima di agire sul serio e ripescare dalla cantina tutte le puntate registrate su vecchie cassette di Rossana in inglese, con sottotitoli in italiano. Quell'anime aveva rappresentato la mia infanzia (insieme ai Teletubbies, Heidi, i Pokemon, Dragon Ball, i Puffi, i Power Rangers e la buon vecchia Disney) e le parole della sigla iniziale mi erano rimaste marchiate nel cervello; per Louis era stato un po' più difficile: in fondo, era un cartone quasi interamente femminile e impararsi una canzoncina per bambini all'età di vent'anni suonati gli era risultato leggermente più arduo. Ma, dopo una numerosa serie di pomeriggi passati in quel modo, lo avevo sorpreso a canticchiare quasi tutte le parole e, mai come in quel momento fino ad allora, mi ero sentita fiera del mio bambino. I particolari che tra i due io fossi la più piccola e fosse quasi impossibile scegliere il più infantile erano, appunto, solo particolari insignificanti.
Mi infilai un paio di popcorn in bocca, masticando con gli occhi incollati al televisore, prima di infilarne una manciata anche nella bocca di Louis. Continuammo la maratona di episodi per tutto il pomeriggio, con qualche pausa intermediaria per spiegargli tutte le mie preoccupazioni e perplessità riguardo alla partenza dei miei e il distacco da Harry: lui, dall'altra parte, mi fissò interessato tutto il tempo, lasciandomi sfogare. Alla fine, nel bel mezzo di un bacio tra Rossana e Eric, Louis mi strinse ancora più forte a lui e: - Coglioncella, non voglio usare frasi fatte e rifatte perché sai anche tu quanto entrambi le odiamo, ma... sappi che Harry ti ama, più di quanto immagini. Le cose andranno per il meglio, ne sono certo - affermò. Sorrisi come una bambina, guardandolo, prima di lasciarmi tranquillizzare maggiormente da un dolce bacino sulla fronte.
Una cosa era certa: non avrei davvero saputo come fare senza Louis al mio fianco.

- I don't want this moment to ever end - risposi, intonando le parole di una delle mie canzoni preferite in assoluto. - Where everything's nothing without you -.
- I'd wait here forever just to, to see you smile - continuò Louis, sorridendo, prima che lo interrompessi. - 'Cause it's true, I am nothing without you -.

Con lui potevo lasciarmi andare, confessare tutto, essere me stessa e, soprattutto, concedermi sdolcinatezze senza il timore di venir giudicata, o peggio, incompresa: Louis era il mio punto di riferimento, la mia roccia. Se fossi caduta, lui sarebbe caduto con me, per poi aiutarmi a rialzarmi. In passato avevo persino creduto di essermi innamorata di lui e di essere ricambiata, ma il tempo mi aveva rimesso in ordine le idee: lui amava Giulia con un'intensità quasi indescrivibile, a me era stata concessa una seconda possibilità, con Harry. Non eravamo destinati a stare insieme ma ciò non significava che potessimo stare separati: le cose si sarebbero sistemate, tutto sarebbe tornato alla normalità e l'equilibrio generale si sarebbe ripristinato.

Deve andare così per forza.

In quel momento, però, mi resi conto di una cosa di vitale importanza: con Louis dalla mia parte, il futuro o le conseguenze delle mie azioni non mi avrebbero provocato nessun tipo di paura o timore. Non più. E una sensazione del genere avevo avuto il privilegio di provarla solo con Harry, fino ad allora.
 
 
 


 
 *****
 


 
 
La partenza dei miei genitori sembrava essere arrivata decisamente troppo presto; oppure ero stata io che, fino a poco prima, non ero ancora riuscita ad entrare nell'ottica dell'idea. Sapevo solo che, una volta aver parcheggiato vicino all'aeroporto ed essermi avviata verso l'entrata, una strana sensazione si stava impossessando del mio stomaco in una maniera fin troppo veloce ed egoistica. Mi superarono di corsa parecchie persone, alcune senza nemmeno chiedermi scusa per avermi urtata di poco, lungo il mio percorso all'interno dell'edificio così gremito di gente e valige.
Girai lo sguardo un po' ovunque, cercando i miei, prima di intravedere un braccio alzato e una mano sventolante nella mia direzione. Sentii gli angoli della bocca alzarsi, quasi come se si fosse appena innescato un comando del tutto istintivo e genuino, e le gambe iniziarono a muoversi quasi da sole: se mi madre non mi avesse fatto segno di rallentare, le sarei di sicuro saltata addosso di slancio. Ci abbracciammo fortissimo non appena fummo l'una davanti all'altra e il profumo che mi invase le narici in quel momento mi sembrò il più buono e confortevole che avessi mai avuto il piacere di sentire. Le strette della mia mamma erano assolutamente insuperabili, e non ne ero convinta solo per il fatto che fossi sua figlia: la potenza e la dolcezza che riusciva a trasmettere in quegli istanti non riuscivo ad attribuirle a nessun'altra persona di mia conoscenza. Non avrei mai voluto staccarmi, forse per la consapevolezza che non avrei potuto più farlo per parecchio tempo, ma fui costretta: in fondo, c'era anche mio padre da salutare. Strinsi anche lui, leggermente meno rispetto a quanto strinsi mia madre, prima di domandare: - Sono in ritardo? Cazzo, avrei dovuto immaginarlo - nel più completo panico.
La donna accanto a me ridacchiò, accarezzandomi dolcemente una guancia, prima di rispondere: - Non sei affatto in ritardo: abbiamo ancora tre quarti d'ora buoni per parlare un po', salutarci per bene e poi sbrigare tutto per partire - con una calma che non mi sembrò nemmeno sua. Annuii semplicemente, con un sorriso persino maggiore di quello precedente, prima di invitare i miei genitori a sedersi con me da qualche parte.
Parlammo di un bel po' di cose davanti alle cioccolate calde che avevamo deciso di consumare nell'attesa: mia madre mi raccontò di quello che avevano fatto insieme ad Anne e Robin dopo la partenza mia e di Harry, racconto nel quale mio padre aggiunse la madornale figuraccia di Anne in città, caduta di sedere per terra per colpa del ghiaccio sul marciapiede. Tra tutti i loro aneddoti e la mia determinazione a godermi ogni singolo istante con i miei genitori, riuscii a ridere per davvero: in qualche occasione dovetti persino cercare di trattenermi, per non disturbare altre persone con la mia risata fin troppo rumorosa. Continuammo a ridere e scherzare per un bel po' di tempo, finché mia madre non prese la decisione di sganciare la bomba: - Va bene, ora basta: che è successo? -.
La guardai interrogativa, sperando con tutta me stessa di non dover aprire la parentesi 'Harry' per delle continue domande, e nascosi la bocca dietro la tazza di cioccolata che stavo portando alle labbra. Se da un lato avevo sempre ammirato il sesto senso che avevo ereditato proprio da lei, in quel momento lo stavo maledicendo: non avrebbe potuto, solo per una volta, semplicemente ignorami come tutti gli esseri umani di cui ero circondata?

- Manu, sei mia figlia, fino a prova contraria; e no, ho le prove fotografiche che non sei stata adottata - aggiunse, precedendo la mia abituale battuta al riguardo, e lasciandomi con un dito alzato e le labbra socchiuse.

La mia espressione si trasformò in una sorta di broncio, che sostituii subito dopo con un sorriso, ma ero fin troppo consapevole che l'argomento non si sarebbe concluso lì. Incassai la testa nelle spalle, cercando di farmi leggermente più piccola, prima di risponderle per davvero: - Sinceramente? Non lo so -. Ero convinta che sarebbe stato abbastanza, almeno per quel poco di tempo che ci rimaneva da trascorrere insieme prima della chiamata del volo, ma l'espressione di mia madre sembrava dire tutt'altro.

- Io e Harry ci siamo, come dire... leggermente allontanati in questo periodo - cedetti, pulendomi gli angoli della bocca con un tovagliolino. - Sì, insomma... sembra già tanto che dormiamo nello stesso letto -.

O, almeno, questo è quello che sembra alla sottoscritta.

- Fammi indovinare - rispose mia madre, sospirando leggermente. - Dormite culo contro culo, vero? -.
- No, ed è proprio questo il punto! Lui mi tiene stretta ogni singola notte, prima di addormentarsi pacificamente e ronfare come la Bella Addormentata - spiegai, alquanto afflitta. - Questa cosa mi ha sempre fatto sentire protetta e felice, ma ora... sento come se fosse tutto sbagliato o forzato. Sarebbe molto meglio se, invece, dormissimo culo contro culo: almeno anche lui si accorgerebbe che qualcosa non va, potremmo affrontare il problema e risolverlo. Invece, continuando così... sento che rimarremo sempre allo stesso punto, girando in tondo inutilmente -.

Seguì un silenzio leggermente pesante per i minuti successivi, prima che mi decidessi a guardare in viso i miei genitori. Sembravano leggermente dispiaciuti per me, cosa che mi fece quasi ridere: loro, che erano sempre stati l'opposto della classica coppia sposata e follemente innamorata, in quel momento si erano intristiti per la storia d'amore smielata della figlia.
Non volevo provassero compassione per me, né pena o tenerezza: non ero più quel tipo di ragazza commossa dalle attenzioni sinistre degli altri. Non ero solita chiedere nulla a nessuno, tanto meno parlare con qualcuno dei miei sentimenti o dei miei problemi: motivo per cui, non appena mi ritrovavo davanti a quelle espressioni così compassionevoli, sentivo il sangue ribollirmi nelle vene ogni volta.
Poggiai la tazza sul tavolino un po' troppo forte di proposito, in modo da far sobbalzare leggermente i miei genitori: li guardai con un sopracciglio alzato, forzando un sorriso, prima di incitarli a sbrigarsi a finire le loro cioccolate calde. Mia madre, intuendo al volo, cercò di riprendere tutta la sua vitalità, affermando: - Com'è tardi! Dobbiamo davvero sbrigarci, o ci ritroveremo a rincorrere l'aereo! -.
Ci alzammo tutti e tre insieme, camminando vicini fino all'enorme schermo con tutte le informazioni sulle partenze.

- Da Roma prenderete il pullman o il treno? - chiesi, cercando di calcolare quanto tempo ci avrebbero messo in tutto con entrambe le alternative.
- Credo il pullman: non so se il nostro orario di arrivo coincida con quello della partenza del treno - rispose mio padre. - Da Roma fino a Campobasso ci metteremo poco più di tre ore -.

Annuii, guardandolo allungare le braccia verso di me, e capii fin troppo rapidamente: era arrivata l'ora di salutarci per davvero. Lo strinsi a me fortissimo, lasciandogli un bacio su una guancia stranamente priva di barbetta brizzolata, e gli permisi di tenermi stretta fino a quando non mi lasciò spazio per farmi salutare anche mia madre. Cercai in tutti i modi di reprimere delle lacrime che stavano facendo capolino all'angolo dei miei occhi ma, non appena notai lo stesso sforzo da parte della donna davanti a me, mi scappò un risolino spontaneo e sincero. Respirai il suo profumo per tutto il tempo, cercando di stamparlo a marchio nel cervello, prima di sentire una leggere pressione sulla fronte per via delle sue labbra; chiusi gli occhi, respirando profondamente, prima di guardarla in viso e sorriderle.

- Stai attenta, amore mio - sussurrò, sorridendo, commossa. - Per qualsiasi cosa, qualsiasi, noi non ci metteremo nulla a tornare da te-.

Annuii più volte, cancellando la scia di una lacrima ribelle lungo una guancia, prima di vederla cercare qualcosa all'interno della sua borsa. Restai a guardarla, convinta che stesse per prendere dei fazzoletti, ma sentii il cuore perdere un battito quando, invece, mi porse una busta beige leggermente rigonfia. Capii al volo di cosa si trattasse e scossi subito la testa, ma la percepii comunque tra le dita, avvolte in quelle di mia madre.

- Li abbiamo tenuti da parte per te - mi spiegò, continuando a reggere la busta tra le mie mani. - Ci fidiamo della nostra bambina, ed è per questo che te li lasciamo -.

Sussurrai un ‘Grazie’ appena udibile, ma che sembrò arrivare comunque alle orecchie dei miei, e strinsi di nuovo mia madre, lasciandomi sfuggire un singhiozzo. Avrei voluto stringerla ancora e ancora, fino ad addormentarmi tra le sue braccia come quando ero piccola, ma fu la sua voce a farmi tornare alla realtà: - Ricorda sempre che sei una forza della natura: nessuno vale così tanto da poterti mettere i piedi in testa -.
Annuii di nuovo, staccandomi, prima di salutarli un'ultima volta e guardarli dirigersi verso la fitta folla di persone davanti a noi.
Restai all'interno dell'aeroporto a lungo, seduta su una sedia, senza un motivo particolare: forse perché, da quando mi ero divisa dai miei genitori, non ero più riuscita a capire cosa stesse succedendo all'interno del cuore e del cervello. O forse perché non ero pronta a tornare a casa ed affrontare, di nuovo, Harry alle prese con il suo telefono. Osservai per diverso tempo tanta gente, tutta impegnata in attività diverse: c'era chi parlava al cellulare, chi cercava di tenere a bada i figli piccoli e scalmanati, chi cercava di trasportare valige nel procinto di scoppiare e chi faceva tutto insieme. Provai a concentrarmi sulla dinamicità davanti ai miei occhi, sperando che il mio umore migliorasse e il senso di vuoto sparisse. Ma sembrò tutto inutile.
Una volta fuori, sbloccai il telefono per un messaggio appena arrivato.


Coglioncello:
Coglioncella, tutto bene?
 

Abbozzai un sorriso, intenerita del fatto che il mio migliore amico si fosse preoccupato per me, e gli inviai un semplice ‘Sì, tutto okay’ a cui però, dopo pochi minuti, non ricevetti risposta. Ero consapevole del fatto che non ci avrebbe creduto nemmeno sotto corruzione, ma, in quel momento, non mi importò.
Osservai il cielo, notando un aereo in volo da poco, e non potei fare a meno di mormorare: - Buon viaggio, mamma... -. Non ero sicura fosse proprio quello dei miei genitori, ma una piccola parte di me lo sperò con tutta sé stessa.
 
 
 
 

 
  *****
 
 


- Sono a casa! - urlai, poggiando le chiavi nel davanzale, prima di togliermi il cappotto e lanciarlo sul divano.

In tutta onestà non ero esattamente certa di chi, tra i miei amici, fosse stato a conoscenza della mia assenza fino ad allora, ma, forse per la prima volta nella mia vita, mi lasciai scivolare addosso anche quel particolare. Mi sentivo stanca: non una stanchezza di tipo fisico, ma una di quelle che ti si attacca comunque addosso e ti fa pesare qualunque cosa tu faccia. Se in quel momento fossi stata parte di un cartone animato, ero convinta che attorno a me ci sarebbe stata un'aura grigia, o una nuvola sopra la testa.
Avevo voglia solo di una cioccolata calda piena di marshmellow, panna e caramello, e sarei anche riuscita a prepararmela, se la voce di Harry non mi avesse preceduta: - Amore! Finalmente! -.
Mi stupii del fatto che, proprio lui, fosse venuto incontro al mio rientro, ma non riuscii comunque ad essere sopraffatta: non volevo nessuno attorno, tanto meno lo spilungone e il suo dannato cellulare.
Entrò in cucina tutto sorridente, raggiungendomi con le braccia spalancate, e lo avvisai un momento prima che potesse avvolgermi completamente con la sua figura: - Harry, evita -. Non si fermò comunque, infastidendomi ancora di più: era forse più di una settimana che non mi stringeva e in quel momento, dal nulla, ero stretta al suo petto caldo senza una particolare ragione; non sapeva nemmeno della partenza dei miei genitori. Mi staccai quasi subito, avendone abbastanza, prima di prestare attenzione alla cioccolata che avevo intenzione di consumare; lui, accanto a me, sembrò finalmente cogliere qualche segnale. - Hey... che succede? -.
Mi sembrò quasi inusuale sentire la pienezza della sua voce, senza qualche suono di notifica che la sovrastasse, e decisi di rispondergli solo per educazione: - I miei sono tornati in Italia -.
Non percepii movimenti provenienti dalla sua direzione, ragione che mi portò a immaginare il suo stupore. Non avevo intenzione di sganciare la bomba 'Mi hai deliberatamente ignorata e non te ne sei nemmeno accorto', sapevo di non avere la forza necessaria per affrontare quell'argomento.

- Cosa? Perché? - domandò Harry, con un velo di stupore.
- Famiglia in Italia, vera casa in Italia - risposi indifferente. - È stata una decisione presa da un po' -.

La cioccolata iniziò a bollire, motivo per cui spensi il gas e la versai in una tazza; dopodiché, la guarnii con tutti gli ingredienti che avevo bramato fino ad allora.

- Presa da un po'? - continuò Harry, sempre più vicino. - Perché non me lo hai detto? Avrei potuto accompagnarti e salutarli -.

Mi girai verso di lui, con gli occhi fiammeggianti di rabbia, e alzai un sopracciglio, prima di rispondergli: - Dirtelo? E quando? Mentre scrivevi battute insulse al cuoricino? -. 
La sua espressione mutò nell'arco di un attimo, accompagnata da un leggero pallore, ma la situazione non si evolse come avevo immaginato io, magari con una scenata a livelli da Oscar, o una scazzottata rigenerante. Si limitò a scrollarsi i capelli, prestandomi attenzione subito dopo: - Manu, per favore, non ora -.
Alla sua risposta fu la mia, di espressione, a cambiare: alzai entrambe le sopracciglia, alquanto scioccata dalla sua richiesta di stare zitta, prima di posare tutto ciò che avevo in mano per fronteggiarlo per bene.
Avevo già la risposta pronta, riuscivo persino a sentire la vena sul collo pulsare all'impazzata, se una voce femminile sconosciuta non mi avesse preceduta: - Hazza, tutto okay? -.
Mi si parò davanti una ragazza bionda, leggermente più alta di me, con uno sguardo incuriosito. Sentii le gambe cedermi, mentre il cervello iniziava già ad annebbiarsi, fino a farmi perdere la sensibilità di tutto.
Chi diavolo era quella?
 











                                                                                         'You ignored me all week, and you don't even know it!'








Spazio Autrice: Popolo di EFP!
No, non sono morta!
No, non ho intenzione di cancellare la storia!
Sì, mi merito tutti gli insulti di questo mondo!
Hello, it's me.

Non aggiorno da dicembre, credo, e sto facendo finta che non sia successo niente, ma okay! Seriamente, people, mi reputo una cacchina da sola: non aggiorno da mesi e mesi, sono sparita letteralmente. Tu, lettrice convinta che non avresti più letto il seguito di questa storia... sappi che io avrei pensato la stessa cosa.
Ho avuto una perdita familiare ad aprile devastante, da cui sono ancora reduce, ma non ho intenzione di utilizzare questo fatto per giustificarmi in qualche modo: ho voluto farvelo sapere solo per rispondere alla domanda 'Hey, stronza, che fine hai fatto?'. (Nessuno mi ha mai scritto un messaggio del genere, era solo per far capire la situazione). 
Anyway, questa è la bomba ad orologeria che è rimasta a marcire nel mio computer da tempo immemore, e spero seriamente che sia di vostro gradimento. Diciamo che, nello scrivere questo malloppo di undici pagine di Word, ho descritto quasi a pieno il mio umore attuale. 
Manuela è frustrata, Harry non fa che frustrarla ancora di più, ed è comparsa questa cugina di campagna da non si sa dove. L'unica palla di sole che fa sempre scoppiare il cuore a tutti - specialmente il mio - è Louis.
Domande del giorno:
1) Marry o Louela, e perché?
2) Litigata o scazzottata epica tra Manu e Harry?
3) Come reagirà Manu alla nuova arrivata?

Mi fermo alle tre domande perché ora ho fame e devo andare a nutrirmi. 
Fatemi sapere tutto quello che pensate con una recensione, se vi va, e non dimenticate di seguirmi su tutti i miei social che trovate nel mio profilo, sempre e solo se vi va. 
Peace and Love
Xx Manuela.



P.S: Mi sono tagliata i capelli - un frutto coltivato per tre interi anni - e ora non voglio più uscire di casa, per quanto mi faccio schifo: sembro un fungo, e non di quelli carini. 
So che non ve ne può fregar di meno, ma, dal momento che anche Harry si è tagliato i capelli: WHO CUTS HAIR TOGHETER, STAY TOGHETER. 

 

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