The punishment. di kirarachan (/viewuser.php?uid=16662)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo I. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II. ***
Capitolo 4: *** Capitolo III. ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV. Epilogo. ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
The
punishment.
Prologo.
Buio.
Era ormai un mese che vedeva solo
le tenebre, i paesaggi erano
totalmente differenti se visti nella notte; tristezza, angoscia e
solitudine
gli si mischiavano dentro scuotendo il suo l’animo.
Sentì una mano sulla
spalla.
Lui.
«Che vuoi ancora? Non ti
basta ciò che mi hai fatto?»
«E’
così per tutti i primi tempi poi ti abitui».
Lo guardò furente.
«IO non avrei mai voluto che accadesse!
Io non ho desiderato di dovermi abituare a questa
situazione!» Sospirò
pesantemente e pose la testa contro la parete di pietra della stanza.
«Vattene!»
Sentì i passi dietro di
lui allontanarsi in direzione
della porta che venne chiusa lentamente.
Il ragazzo solo nella stanza continuava a contemplare il suo
nuovo
mondo. «Perché a me?»
Il bosco al di là del
vetro si estendeva immenso, gli
alberi avevano le fronde rischiarate dalla luna che sembrava
accarezzarle con
la sua luce. Gli tornò in mente una discussione che aveva
avuto con i suoi
amici durante l’inverno ormai passato.
«Tra
un po’ sarà
primavera, finalmente le ragazze inizieranno a togliersi quei maledetti
giacconi pesanti».
Il ragazzo che aveva
parlato era alto,
gli occhi neri erano molto maliziosi e i capelli scuri e corti lo
facevano
sembrare più grande di quello che non fosse.
«Ma
smettila
Dimitri! Ahah sei sempre il solito!»
«Vladimir,
se mi
contraddici inizio a pensare che tu sia dell’altra sponda sul
serio!» Gli diede
una spinta facendolo inciampare.
«Ma
sta zitto!
Grazie al mio aspetto ho una fila di ragazza che sarebbero disposte a
tutto per
me!».
Gli altri lo guardarono, usava tenere i capelli castani lunghi fin
sotto le
spalle che accostati alla pelle chiara lo facevano sembrare ancora
più pallido,
e gli occhi color ghiaccio erano
capaci
di incantare con un solo sguardo. «Hai un aspetto troppo
lugubre lasciatelo
dire! Faresti bene la comparsa in un film di vampiri» Altre
risa.
Vladimir
si portò le
mani dietro alla testa. «E poi a me non piace la primavera,
tutti quei
cinguettii festosi, le brezze che scompigliano i capelli e poi il
sole... No
non fa per me».
Quattro paia di occhi sgranati gli si piantarono addosso. «Ma
sei certo di non
essere il discendente di Dracula? Certi discorsi li fai solo
tu!».
«Ma smettetela! Ahah magari esistessero i vampiri!».
Gli altri
lo
guardarono scettici e poi il ragazzo che rispondeva al nome di Dimitri
sbottò. «Ma
ti immagini che rottura uno come te immortale?» Tutti risero
lui compreso. «Si
certo! Pensa alle mie innumerevoli fan che potrebbero vedermi giovane e
bello
per sempre».
Sbatté la testa contro
il muro «Sono un idiota!» Guardò il
cellulare e su un lato era segnata in rosso la data. 19
marzo. Lo lanciò contro la parete della stanza.
Si pentiva di ogni singola sillaba
che aveva pronunciato
quel giorno, era stato stupido a dire tutte quelle cose!
Guardò nuovamente la
finestra i vetri erano vecchi e graffiati ma poteva benissimo vedere il
profilo
della foresta appena illuminato dall’alba.
Dette un pugno al vetro ferendosi, piccole stille carminie presero a
scorrergli
sulla mano e il dolce odore gli arrivò alle narici e
iniziò a leccare il sangue.
Sentì bussare alla porta e una voce intimarlo di coricarsi
per il giorno.
«Tranquillo».
Sospirò mentre tirava le tende e oscurò
anche quella piccola sorgente di luce che lo teneva legato al passato e
andò
verso la parete spingendo una pietra. Una piccola cappella gli si
offrì alla
vista, alle pareti delle torce mantenevano la stanza illuminata e al
centro un
sarcofago di pietra finemente lavorato lo attendeva. Con una lieve
spinta ne
spostò il coperchio e vi si infilò dentro,
l’aveva foderato personalmente con
cuscini di raso, se doveva dormirci per l’eternità
voleva che fosse comodo.
Vi si infilò e richiuse
il coperchio su di lui. La tenebra
lo avvolse nuovamente.
I capitoli sono piuttosto corti, ma prometto di postarli spesso, la storia si concluderà nel giro di 5 capitoli ^^
spero sia di vostro gradimento ^^ |
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Capitolo 2 *** Capitolo I. ***
capitolo II
Capitolo I.
Il suono di un violino accompagnato
a quello della suoneria
del suo cellulare lo ridestò, si stropicciò gli
occhi e illuminando il display
del cellulare guardò l’ora. 20:32.
Spostò il coperchio del letto e
uscì dalla cappella.
La nenia del violino si spandeva nelle stanze del castello facendolo
sentire
ancora più triste.
“Possibile che con tutte le canzoni che conosce,
deve suonare una litania
funebre?!” A passi pesanti uscì dalla
stanza e si diresse nello studio del
suo coinquilino. Bussò.
Dall’altra parte il
violino cessò la sua litania e un
profondo «Avanti» lo invitò ad entrare.
«Vladimir che piacevole sorpresa!» Lui lo
guardò furente. «Sentimi bene, se non
la finisci con quella canzone giuro che ti tiro giù il
castello!».
Lo vide ridere. «E sentiamo quali richieste avete?»
«Nessuna richiesta, odio il
violino» Dettò ciò estrasse un
pacchetto di
sigarette dal chiodo di pelle che indossava e con un cenno della mano a
mo’ di
saluto uscì dalla stanza, aveva sete.
Prese la moto che era riuscito a
procurargli il suo creatore
e partì alla volta della città, c’era
un unico locale dove servissero la
bevanda a lui tanto gradita ed era anche il locale
che lui frequentava
quand’era umano. Non immaginava di certo
che quel posto fosse popolato
dai peggiori incubi di ogni uomo.
Appena arrivato davanti al “Bleeding
Soul” parcheggiò
la moto e d’istinto fece per guardarsi
nello specchietto rise amaramente. “Scemo
fatti passare questa
abitudine.”
Sospirando
varcò
la soglia del locale, era certo che quello fosse il modo meno indolore
per tutti
che gli consentisse di vivere e poi non era nemmeno l’unico vampiro
che
vi si recava. Dietro a delle maschere d’ipocrisia si celavano
i più antichi
esseri che popolavano da secoli il mondo, ora ridotti a strisciare
nell’ombra.
«Hey
Vlad! Che
sorpresa! E’ un’eternità che
al liceo non ti si vede più! Che fine hai
fatto?» Appena si
sentì chiamare
sentì il sangue gelarsi nelle vene, “…almeno
ne avessi.”
«Dimitri! Qual buon
vento! Che ci fai qui?»
«Questo dovrei chiederlo a te! Perché non vieni
più?» Si grattò il capo, la
gola gli bruciava un po’ e davanti aveva una riserva di
sangue in perfetta forma.
Si leccò le labbra. «Problemi, e poi mi sono
stufato... Senti che ne dici se
prendiamo da bere? Offro io!»
L’amico lo guardò allibito. «Sicuro di
stare bene? Il Vladimir che conosco io
non avrebbe mai offerto».
Senza badare all’uscita dell’amico si diresse al
bancone con uno scatto che
molti definirebbero felino.
Lanciò un’occhiata al barista che appena lo vide
gli prese il solito e
glielo pose sul bancone. Fece un cenno di ringraziamento e
iniziò a bere la sua
bevanda.
Il suo amico lo raggiunse.
«Ha un colore tremendamente
angoscioso quella roba che stai bevendo. Barista
è sicuro che si tratti
di un cocktail?» disse indicando il bicchiere.
Vladimir si pulì un rivolo di sangue che
gli colava dal lato della
bocca. «Finiscila Dimitri, è solo il classico
Bloody Mary solo un po’ allungato...
»..
Non voleva sentire stupide chiacchiere, quella era l’unica
bevanda che il suo
corpo tollerava e non poteva farne a meno.
«Allora non hai ancora
risposto alla mia domanda, che fine
hai fatto? Non ti si becca più a scuola.»
Sorseggiò un po’ di liquido dal suo bicchiere con
noncuranza.
«Ho deciso di mollare, tanto per cause di forza
maggiore sarei comunque
costretto a lasciare la scuola. Non chiedermi altro.» Mentre
parlava non
guardava negli occhi l’amico ma faceva scorrere lo sguardo
sulle ragazze
presenti. Nemmeno una di loro.
Sospirò.
«Sei strano forte
sai?»
«Non sei il primo che me lo dice e non sarai
l’ultimo, senti, come sono le
giornate ora?» Con questa domanda si guadagnò
un’occhiata misto fra lo scettico
e lo scioccato. «Eh?!»
«Hai capito bene, le giornate, il sole... come
sono?» L’amico non poté fare
altro che assecondare la follia
dell’amico.
«Il sole sta’ riscaldando molto l’aria e
sebbene la primavera inizi solo
fra un paio di giorni, si può benissimo credere di esserci
dentro!».
Vladimir aveva chiuso gli occhi. «E dimmi, i colori,
com’è il paesaggio?» Dimitri
era sempre più scioccato, ma resse il gioco sperando che
finisse in fretta. «Verde,
verdi di ogni sfumatura ovunque tu posi lo sguardo, fiori colorati
spuntano
dappertutto».
Una lacrima gli rigò il
viso pallido. «Capisco.» Finì il
bicchiere e lasciò una moneta sul bancone per il barista che
lo salutò. «Io vado,
alla prossima Dimitri.»
Appena vide la schiena
dell’amico scomparire oltre la
soglia del locale chiese una birra al barista. « Beviamo per
dimenticare»
Eccomi qua con il secondo capitolo,
averla li
già finita e non pubblicarla mi sembra sciocco
perciò nel
giro di quattro giorni penso che la posterò tutta...
hotaru:
esatto, io avevo il numero 3, primavera in nero. ^^
Hikaru_Zani:
grazie per essere passato! XD sono felice che sia piaciuta...
|
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Capitolo 3 *** Capitolo II. ***
capitolo III
Capitolo II.
Sentiva la brezza notturna sulla
pelle, ma non gli
venivano più i brividi ora, semplicemente gli scompigliava i
capelli neri. «Non
ne posso più!»
Lui.
Ricordava esattamente ciò che gli disse il giorno in cui lo
vide.
Era sera e
stava
camminando per le strade della sua città con l’mp3
che gli sparava note tristi
nelle orecchie, sotto un lampione dall’altro lato della
strada stava un tipo
con un elegante abito stile vittoriano, quegli abiti che tanto facevano
impazzire le giovani gotiche della
sua età.
Lo stava guardando e appena notò che lo fissava di rimando
si tolse il cappello
nero e accennò un inchino. Lui si strinse di più
nel lungo giaccone nero e
proseguì la sua marcia.
“Fatta gente che
si vede in giro.” Mentre
stava per svoltare l’angolo sentì
una mano sulla spalla.
«Perdonate la mia isolenza giovane, lasciatemi presentare,
sono Leopold. »
«Cosa
volete da me Leopold?»
Non sapeva che fosse ancora
in uso un nome tanto vecchio.
«Rendere realtà il tuo desiderio.» Si
voltò di scatto. «Cosa intendete dire?
Lasciatemi stare!»
Svoltò
l’angolo e
corse a casa. “Cosa diamine
voleva
quell’uomo?! E poi come fa a sapere ciò che
voglio?”
Entrò e la scena che gli si presentò alla vista
fu quella di sempre, sua madre
china sul tavolo con accanto una bottiglia di non sapeva nemmeno lui
quale
alcolico. Sulle braccia dei lividi evidenti.
Dalla sala proveniva il
suono della tv accesa e le
imprecazioni di un uomo. “Sono a casa... ” Senza
indugiare oltre salì
silenzioso le scale e si chiuse in camera, accese lo stereo e prese un
libro da
leggere, era il suo unico modo per scampare alla realtà.
Salì sulla moto,
rimuginare il passato non era di certo
una consolazione. Partì come una furia alla volta del
castello, non voleva
stare là fuori un momento di più.
Ma il fato volle che la strada per il castello passasse proprio di
fronte alla
sua vecchia casa senza indugiare passò
oltre, lui per loro era morto e
loro per lui non erano mai stati nulla.
Al
castello si diresse nella
sua stanza e li riprese a passare il tempo come se non fosse accaduto
nulla,
come se fosse ancora umano. Libri e musica
lo confortavano
durante l’ennesima notte.
Nonostante tutti i suoi sforzi continuava a sognare e a immaginare
l’arrivo
della primavera.
Era certo che non avrebbe trovato
il coraggio di attendere
il giorno, era contro natura che uno come lui desiderasse rivedere il
sole. «Sono
un idiota! Non ho saputo appezzare nulla e ora devo rimpiangere
tutto».
Gli tornò alla mente il suo ultimo
giorno. Il più bello che avesse mai
vissuto in tutta la sua vita.
«Io
esco torno
stasera.» Dettò ciò senza attendere
risposta uscì di casa. Il lungo giaccone in
pelle, gli anfibi e i capelli lunghi lo facevano apparire molto simile
Eric
Draven, e lui lo sapeva bene.
Come ogni giorno si incontrò con i suoi amici davanti al
liceo. «Hey Vladimir
quando ti vestirai decentemente?».
Rise. «Ma finiscila Julius, e poi guarda... » Con
un gesto della mano indicò
varie ragazze che lo guardavano di sottecchi « ...riscuoto un
certo successo,
n’est pas?» Una delle ragazze più vicine
al sentire quel piccolo accenno di
francese arrossì.
«Per me te la tiri un po’ troppo, caro il mio
Vlad».
Si spinse i capelli indietro. «Piccoli piaceri della
vita.» Tutta quella era
una recita per lui, se non si fosse comportato così era
certo che sarebbe
crollato emotivamente.
Quella
sera però
alla vista dell’ennesima lite in casa non resse
più. Prese la pistola che il
padre custodiva segretamente nel cassetto della camera da letto e
uscì di casa.
La notte lo avvolgeva, era andato al cimitero della città
intrufolandosi dentro
scavalcando il cancello, i suoi unici testimoni sarebbero stati i
morti.
Si
portò la pistola
alla tempia e premette il grilletto un colpo. Silenzio.
Il corpo si accasciò al suolo e con un tonfo cadde.
«F... Finalment... e»
Dei passi
gli
giunsero alle orecchie.
Non aveva più forze. «Vladimir non dovevi, guarda
ti sei pure colpito male!».
Si accasciò a terra,
nemmeno per la sua vita aveva avuto
rispetto e l’aveva buttata nel cesso come
un giocattolo vecchio, anche
se la vita che viveva ora non
gli piaceva più di tanto ci si
doveva abituare.
Con la mano si sfiorò la testa laddove una piccola cicatrice
segnava il suo peccato.
Il bussare alla porta lo ridestò dai suoi pensieri.
«Entra».
Leopold entrò abbigliato
alla sua solita -inusuale-
maniera. «Vladimir mio prediletto, pensi di vivere per
l’eternità continuando a
cibarti a quella maniera?»
«Non vedo dei problemi»
L’uomo sospirò: «Prova una sola volta a
seguire i tuoi istinti e allora
capirai!».
«Io non voglio capire nulla! L’unica cosa che
voglio rivedere è il giorno! Sono
stufo, voglio vedere la natura rinascere sotto i miei occhi, il sole
scaldarmi
la pelle».
«Pensi che se ti avessi
lasciato morire li avresti rivisti
comunque? Smettila e vivi la tua nuova vita!».
«Non posso, tu ridandomi la vita mi hai posto alla peggior
punizione per un
suicida».
Leopold uscì dalla stanza e quando si richiuse la porta alle
spalle lo sentì
sospirare.
«Vladimir la mia è stata una seconda
possibilità non dimenticarlo».
«Non riesco a trovare un
motivo per ringraziarti».
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Capitolo 4 *** Capitolo III. ***
capitolo III
Capitolo III.
Era arrivato il giorno, era il 21
marzo. La sua prima
primavera da vampiro e lui non avrebbe assistito
alla rinascita.
Quella notte uscì,
destinazione casa.
Appena di fronte alla vecchia
palazzina entrò, aveva
ancora le chiavi. Dentro casa nulla era cambiato
tutto uguale a prima,
lei al tavolo della cucina e lui alla tv a imprecare, non si erano
accorti di
lui e forse non si erano accorti nemmeno della sua assenza.
Silenziosamente guardò
in giro per casa, tutto esattamente
come prima e lui era come se non fosse mai scomparso. Si diresse in
camera sua
e sulla porta trovò un biglietto.
“Se torni e non
c’è nessuno in casa la cena è nel
congelatore.” Furente di rabbia lo
strappò, ora avrebbe seguito il
consiglio del suo creatore, avrebbe seguito i suoi istinti.
Tornò in cucina facendo del rumore con le scarpe e lei non
si scompose più di
tanto, alzò la testa e lo guardò. «Vlad
sei tornato, adesso appena ti vedrà tuo
padre saranno guai era meglio se non tornavi». La voce era
interrotta dai
singhiozzi dovuti all’alcool e la testa le barcollava.
Le si avvicinò.
«Tu, mi hai portato in questo mondo e mi
hai abbandonato nella solitudine. Ti odio». Lei rimase
stupita da quelle parole
soprattutto quando il figlio le pose un bacio sul collo.
Sentì la carne che gli
si lacerava sotto ai denti, il
sangue gli riempì la bocca, però il sapore era
alterato dal troppo alcool e si
staccò schifato. «Non sei buona proprio da
niente!».
Le spaccò il collo con una rotazione secca del capo.
«Addio».
Dopo fu la volta
dell’uomo. «Papà, quanto
tempo!».
Senza schiodarsi dalla poltrona lo guardò con i sottili
occhi scuri. «TU! Era
meglio se ti davi per morto!».
Rise in maniera talmente profonda che le pareti parvero tremare.
«Oh ma papà
non c’è bisogno che ti alteri tanto... »
Gli si avvicinò all’orecchio e in
sussurro gli disse. «Io sono già
morto».
«Smettila con questi
discorsi e va in camera tua!».
Il ragazzo lo guardò con odio. «No».
L’uomo allora si alzò e fece per colpirlo,
ma lui grazie all’agilità consentitagli dalla sua
nuova forma saltò
all’indietro. «Eh no, non si tratta così
il proprio figlio». Anche se non lo
dava a vedere quello che stava facendo lo distruggeva nel profondo
però non
poteva lasciarli impuniti! Era colpa loro se ora lui era
così!
«Ti farò un po’ male... ». In
un balzo gli fu nuovamente accanto e con un ghigno
affondò i canini nella gola del padre.
«C... Cos... »
Iniziò a bere avidamente il suo sangue
era migliore di quello
della donna, dolciastro al punto giusto. Più lui beveva
più l’uomo
impallidiva e sentiva la sua vita che si prosciugava ed entrava in lui.
Alla
fine quando ne fu sazio mollò il corpo a terra.
«Aveva proprio ragione
Leopold, è una sensazione unica».
L’uomo ai suoi piedi aveva il respiro affaticato e il cuore
aveva rallentato
molto i battiti. «Addio». Lo alzò da
terra e come aveva fatto con l’altra
gli rivoltò il collo.
L’uomo varcò
la soglia e il caratteristico odore della
morte lo avvolse. «Vladimir, direi che questo nome ti
sta’ a pennello! Solo che
magari potevi fare con più discrezione non ti
pare?».
«Si forse hai ragione Leopold... », disse
grattandosi con imbarazzo la testa, «Mi
sono lasciato prendere un po’ troppo la mano... »,
concluse con uno strano
sorriso sulle labbra.
Il vampiro rise sconsolato. «Va pure qui ci penso
io». Il giovane senza farselo
ripetere uscì dalla casa.
«Ma guarda te che
putiferio che ha combinato». Sospirando
si diresse nella cucina dove accese un pezzo di carta e
iniziò a bruciare
tutto, era l’unico modo per nascondere le prove della loro
esistenza.
Uscì da lì e
iniziò a guardare il rogo che divampava.
La notte seguente poté
vedere i titoli dei giornali che il
gestore del “Bleeding Soul”
teneva sempre per i suoi clienti più speciali.
“Primavera
inaugurata con due vittime.
La coppia è stata trovata carbonizzata nelle rovine della
casa bruciata.
La polizia indaga nel buio.”
Buttò
il giornale
sul tavolo e tornò al bancone dove il barista gli aveva
già preparato il
bicchiere.
«Tutto
a posto
Vlad?». Lui lo
guardò di
sbieco. «No per
niente...
Vorrei essere come te!».
Il barista ghignò. «Fidati
non
lo vorresti».
«Non ne posso
più del buio,
rivoglio la luce».
L’uomo lo guardò male. «La luce
non è per i peccatori».
«Io non VOGLIO
essere
considerato un peccatore! Io volevo solo la pace eterna!»
Il barista pose il boccale che stava pulendo sul bancone. «Tu non avresti mai ottenuto la pace eterna!
Eri, sei e resterai per sempre un’anima dannata!».
Vladimir
si alzò
dallo sgabello su cui stava seduto malamente e si diresse
all’uscita. «Tu
non puoi capire!». A
sentire queste parole l’uomo alzò un
braccio sul quale stava crescendo a vista d’occhio del pelo
animale, volse il
collo nella sua direzione, dove un profondo squarcio era cicatrizzato
malamente. «Ognuno
ha i suoi
segreti, chi frutto del peccato chi no. Io di certo non desideravo
tutto ciò!».
Uscì
dal locale
sbattendosi la porta alle spalle. Gli rimaneva una cosa sola da fare
per essere
in pace con se stesso.
Guardò il profilo della città che celava
malamente l’arrivo dell’alba. Avrebbe
atteso.
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, mi farebbe piacere sapere che ve ne sembra fino ad ora.. ^^ |
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Capitolo 5 *** Capitolo IV. Epilogo. ***
capitolo IV
Capitolo IV. Epilogo.
Il sole si stava alzando
all’orizzonte e lui lo guardava da
in cima ai torrioni del castello presso il quale viveva.
Gli
alberi si
coloravano del loro verde brillante, il cielo passava
dall’azzurro pastello del
mattino al rosso dell’alba, le nuvole più basse si
coloravano con esso, come se
stille di sangue le macchiassero con la loro tonalità
carminia.
Si
sentiva gli
occhi lucidi, quella era la penitenza che doveva subire per il suo
peccato. Era
giunto il suo momento.
Il
cielo si
schiariva velocemente e lui attendeva che fosse alto nel cielo per
compiere la
sua opera.
La
pelle iniziava
a dargli molto prurito e avrebbe voluto cavarsela tant’era
divenuto
insopportabile, gli occhi non riuscivano più a reggere la
luce e dovette tenere
una mano a fargli ombra, voleva vedere la primavera, la sua ultima
primavera...
Il
bosco aveva
tonalità che andavano dal verde smeraldo al verde scuro, i
prati al di là della
foresta erano costellati da puntini bianchi e l’aria odorava
di terra appena
arata e polline. Ora che ci guardava meglio sugli arbusti vi erano
numerosi
puntini colorati. «Fiori».
Il suo
fine udito
sentiva un ronzio continuo e quasi fastidioso, dovevano essere le api.
A tutto quel coro iniziarono ad accompagnarsi anche dei cinguettii e i
versi
degli animali che abitavano le campagne tutt’intorno.
Si
sentiva
terribilmente stupido ad aver commesso quel gesto che solo in quel
momento gli
faceva capire la reale gravità. Lui di certo non immaginava
di essere caduto
nel mirino di un vampiro e di certo non si immaginava di avere
rimpianti simili
però tutto gli era cascato addosso e ora ne pagava le
conseguenze.
Le
parole del
barista lo colpivano come numerose pugnalate, era vero, era lui
l’unico
peccatore che si era arreso di fronte alla vita e aveva voluto farla
finita,
era stato uno stupido e ora ne pagava le conseguenze.
Si portò il braccio all’altezza del viso e vi vide
espandersi una grossa
chiazza scura che bruciava come fuoco vivo. Strinse il pugno e si morse
un
labbro per soffocare il dolore crescente.
Alzò
gli occhi al
cielo, riusciva a tenerli spalancati sebbene la luce fosse accecante
per lui.
«DAI
FORZA! FAI
DEL TUO MEGLIO!! FAMMI ARDERE COME FAI ARDERE LE ANIME DEI PECCATORI!
FAMMI
PATIRE I DOLORI INFERNALI! MA IO VIVRO’ QUESTE ORE DA UMANO
QUALE ERO!».
L’urlo selvaggio si propagò nell’aria
mattutina, una folata di vento gli fece
scompigliare i capelli corvini. Rise con un tono forte e potente.
Anche
l’altro
braccio si stava annerendo e il dolore si intensificava attimo dopo
attimo
strappandogli gemiti di dolore.
Il
ragazzo si
inginocchiò a terra, la faccenda si presentava
più atroce di quello che aveva
pensato.
Sentiva le forze venirgli meno e la pelle bruciargli sempre di
più, non
riusciva nemmeno a reggersi in piedi ormai.
Steso sul freddo tetto di pietra di quel castello attese che la nera
signora
venisse a trovarlo una volta per tutte.
...
...
...
Non
sapeva quanto
fosse passato, ma ora sentiva tutti i muscoli rilassati.
Si
sentiva in
pace finalmente, una lieve frescura lo pervadeva, tutto intorno a lui
era buio
tranne una lieve luce proveniente da una fonte a lui sconosciuta. Una
dolce
nenia gli rapiva i sensi, era la musica di un violoncello, la musica
era dolce
e profonda. Provò ad alzarsi e ci riuscì.
Appena
vide ciò
che lo circondava il panico lo travolse.
«NO!» Si
sporse alla cornice di pietra davanti a lui. «NO! Non può essere!»
Si
toccò il viso,
si guardò le braccia, guardò il cielo notturno.
Una voce lo fece voltare. «Vladimir
questo tuo gesto è certamente il più sconsiderato».
Il giovane sentiva il tono dell’uomo che era un misto fra il
rattristato e il furioso.
«Non capisco cosa ti
diverta a
compiere atti così autolesionistici! Non ho mai sentito di
un vampiro che ha
tentato il suicidio sai?».
Vladimir
ghignò. «La
mia non è sconsideratezza, ma
semplicemente umanità una cosa che a te
è sconosciuta ormai, nevvero?»
Sentì una guancia bruciargli, Leopold doveva aver perso le
staffe. «Tu
isolente! Non sarai mai più umano! Nel
tuo essere l’umanità non è
più considerata!».
Gli occhi dell’anziano brillarono iracondi. «Vlad, in quanto vampiro tu non morirai mai
più! Il giorno ci è fatale
solo in determinate circostanze... Per il resto riusciamo a
sopravvivere anche
se allo stremo delle forze. Rassegnati anima suicida, dovrai vivere per
l’eternità la tua vita
nell’oscurità».
Queste
parole
colpirono il giovane che mai avrebbe desiderato udirle. Il vampiro gli
si
avvicinò e gli sussurrò all’orecchio. «La
peggior punizione per un
suicida è l’immortalità!».
Fine
ed ecco qua l'epilogo ^^ spero vi sia piaciuta.
kirarachan
|
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