The punishment.

di kirarachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo I. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II. ***
Capitolo 4: *** Capitolo III. ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV. Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


The punishment.

 

 

Prologo.

 

Buio.

Era ormai un mese che vedeva solo le tenebre, i paesaggi erano totalmente differenti se visti nella notte; tristezza, angoscia e solitudine gli si mischiavano dentro scuotendo il suo l’animo. Sentì una mano sulla spalla.
Lui.

«Che vuoi ancora? Non ti basta ciò che mi hai fatto?»

«E’ così per tutti i primi tempi poi ti abitui».

Lo guardò furente. «IO non avrei mai voluto che accadesse! Io non ho desiderato di dovermi abituare a questa situazione!» Sospirò pesantemente e pose la testa contro la parete di pietra della stanza. «Vattene!»

Sentì i passi dietro di lui allontanarsi in direzione della porta che venne chiusa lentamente.
Il ragazzo solo nella stanza continuava a contemplare il suo nuovo mondo. «Perché a me?»

Il bosco al di là del vetro si estendeva immenso, gli alberi avevano le fronde rischiarate dalla luna che sembrava accarezzarle con la sua luce. Gli tornò in mente una discussione che aveva avuto con i suoi amici durante l’inverno ormai passato.

 

«Tra un po’ sarà primavera, finalmente le ragazze inizieranno a togliersi quei maledetti giacconi pesanti».
 Il ragazzo che aveva parlato era alto, gli occhi neri erano molto maliziosi e i capelli scuri e corti lo facevano sembrare più grande di quello che non fosse.

«Ma smettila Dimitri! Ahah sei sempre il solito!»

«Vladimir, se mi contraddici inizio a pensare che tu sia dell’altra sponda sul serio!» Gli diede una spinta facendolo inciampare.

«Ma sta zitto! Grazie al mio aspetto ho una fila di ragazza che sarebbero disposte a tutto per me!».
Gli altri lo guardarono, usava tenere i capelli castani lunghi fin sotto le spalle che accostati alla pelle chiara lo facevano sembrare ancora più pallido, e gli occhi color ghiaccio  erano capaci di incantare con un solo sguardo. «Hai un aspetto troppo lugubre lasciatelo dire! Faresti bene la comparsa in un film di vampiri» Altre risa.

Vladimir si portò le mani dietro alla testa. «E poi a me non piace la primavera, tutti quei cinguettii festosi, le brezze che scompigliano i capelli e poi il sole... No non fa per me».
Quattro paia di occhi sgranati gli si piantarono addosso. «Ma sei certo di non essere il discendente di Dracula? Certi discorsi li fai solo tu!».
«Ma smettetela! Ahah magari esistessero i vampiri!».

Gli altri lo guardarono scettici e poi il ragazzo che rispondeva al nome di Dimitri sbottò. «Ma ti immagini che rottura uno come te immortale?» Tutti risero lui compreso. «Si certo! Pensa alle mie innumerevoli fan che potrebbero vedermi giovane e bello per sempre».

 

Sbatté la testa contro il muro «Sono un idiota!» Guardò il cellulare e su un lato era segnata in rosso la data. 19 marzo. Lo lanciò contro la parete della stanza.

Si pentiva di ogni singola sillaba che aveva pronunciato quel giorno, era stato stupido a dire tutte quelle cose! Guardò nuovamente la finestra i vetri erano vecchi e graffiati ma poteva benissimo vedere il profilo della foresta appena illuminato dall’alba.
Dette un pugno al vetro ferendosi, piccole stille carminie presero a scorrergli sulla mano e il dolce odore gli arrivò alle narici e iniziò a leccare il sangue. Sentì bussare alla porta e una voce intimarlo di coricarsi per il giorno.

«Tranquillo». Sospirò mentre tirava le tende e oscurò anche quella piccola sorgente di luce che lo teneva legato al passato e andò verso la parete spingendo una pietra. Una piccola cappella gli si offrì alla vista, alle pareti delle torce mantenevano la stanza illuminata e al centro un sarcofago di pietra finemente lavorato lo attendeva. Con una lieve spinta ne spostò il coperchio e vi si infilò dentro, l’aveva foderato personalmente con cuscini di raso, se doveva dormirci per l’eternità voleva che fosse comodo.

Vi si infilò e richiuse il coperchio su di lui. La tenebra lo avvolse nuovamente.




I capitoli sono piuttosto corti, ma prometto di postarli spesso, la storia si concluderà nel giro di 5 capitoli ^^
spero sia di vostro gradimento ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo I. ***


capitolo II

Capitolo I.

 

Il suono di un violino accompagnato a quello della suoneria del suo cellulare lo ridestò, si stropicciò gli occhi e illuminando il display del cellulare guardò l’ora. 20:32.
Spostò il coperchio del letto e uscì dalla cappella.
La nenia del violino si spandeva nelle stanze del castello facendolo sentire ancora più triste.
“Possibile che con tutte le canzoni che conosce, deve suonare una litania funebre?!” A passi pesanti uscì dalla stanza e si diresse nello studio del suo coinquilino. Bussò.

Dall’altra parte il violino cessò la sua litania e un profondo «Avanti» lo invitò ad entrare.
«Vladimir che piacevole sorpresa!» Lui lo guardò furente. «Sentimi bene, se non la finisci con quella canzone giuro che ti tiro giù il castello!».
Lo vide ridere. «E sentiamo quali richieste avete?»
«Nessuna richiesta, odio il violino» Dettò ciò estrasse un pacchetto di sigarette dal chiodo di pelle che indossava e con un cenno della mano a mo’ di saluto uscì dalla stanza, aveva sete.

Prese la moto che era riuscito a procurargli il suo creatore e partì alla volta della città, c’era un unico locale dove servissero la bevanda a lui tanto gradita ed era anche il locale che lui frequentava quand’era umano. Non immaginava di certo che quel posto fosse popolato dai peggiori incubi di ogni uomo.

Appena arrivato davanti al “Bleeding Soul” parcheggiò la moto e d’istinto fece per guardarsi nello specchietto rise amaramente. “Scemo fatti passare questa abitudine.

Sospirando varcò la soglia del locale, era certo che quello fosse il modo meno indolore per tutti che gli consentisse di vivere e poi non era nemmeno l’unico vampiro che vi si recava. Dietro a delle maschere d’ipocrisia si celavano i più antichi esseri che popolavano da secoli il mondo, ora ridotti a strisciare nell’ombra.

«Hey Vlad! Che sorpresa! E’ un’eternità che al liceo non ti si vede più! Che fine hai fatto?» Appena si sentì chiamare sentì il sangue gelarsi nelle vene, “…almeno ne avessi.”

«Dimitri! Qual buon vento! Che ci fai qui?»
«Questo dovrei chiederlo a te! Perché non vieni più?» Si grattò il capo, la gola gli bruciava un po’ e davanti aveva una riserva di sangue in perfetta forma.
Si leccò le labbra. «Problemi, e poi mi sono stufato... Senti che ne dici se prendiamo da bere? Offro io!»
L’amico lo guardò allibito. «Sicuro di stare bene? Il Vladimir che conosco io non avrebbe mai offerto».
Senza badare all’uscita dell’amico si diresse al bancone con uno scatto che molti definirebbero felino.
Lanciò un’occhiata al barista che appena lo vide gli prese il solito e glielo pose sul bancone. Fece un cenno di ringraziamento e iniziò a bere la sua bevanda.

Il suo amico lo raggiunse. «Ha un colore tremendamente angoscioso quella roba che stai bevendo. Barista è sicuro che si tratti di un cocktail?» disse indicando il bicchiere.
Vladimir si pulì un rivolo di sangue che gli colava dal lato della bocca. «Finiscila Dimitri, è solo il classico Bloody Mary solo un po’ allungato... »..
Non voleva sentire stupide chiacchiere, quella era l’unica bevanda che il suo corpo tollerava e non poteva farne a meno.

«Allora non hai ancora risposto alla mia domanda, che fine hai fatto? Non ti si becca più a scuola.»
Sorseggiò un po’ di liquido dal suo bicchiere con noncuranza.
«Ho deciso di mollare, tanto per cause di forza maggiore sarei comunque costretto a lasciare la scuola. Non chiedermi altro.» Mentre parlava non guardava negli occhi l’amico ma faceva scorrere lo sguardo sulle ragazze presenti. Nemmeno una di loro. Sospirò.

«Sei strano forte sai?»
«Non sei il primo che me lo dice e non sarai l’ultimo, senti, come sono le giornate ora?» Con questa domanda si guadagnò un’occhiata misto fra lo scettico e lo scioccato. «Eh?!»
«Hai capito bene, le giornate, il sole... come sono?» L’amico non poté fare altro che assecondare la follia dell’amico.
«Il sole sta’ riscaldando molto l’aria e sebbene la primavera inizi solo fra un paio di giorni, si può benissimo credere di esserci dentro!».
Vladimir aveva chiuso gli occhi. «E dimmi, i colori, com’è il paesaggio?» Dimitri era sempre più scioccato, ma resse il gioco sperando che finisse in fretta. «Verde, verdi di ogni sfumatura ovunque tu posi lo sguardo, fiori colorati spuntano dappertutto».

Una lacrima gli rigò il viso pallido. «Capisco.» Finì il bicchiere e lasciò una moneta sul bancone per il barista che lo salutò. «Io vado, alla prossima Dimitri.»

Appena vide la schiena dell’amico scomparire oltre la soglia del locale chiese una birra al barista. « Beviamo per dimenticare»





Eccomi qua con il secondo capitolo, averla li già finita e non pubblicarla mi sembra sciocco perciò nel giro di quattro giorni penso che la posterò tutta...

hotaru: esatto, io avevo il numero 3, primavera in nero. ^^

Hikaru_Zani: grazie per essere passato! XD sono felice che sia piaciuta...

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Capitolo 3
*** Capitolo II. ***


capitolo III

Capitolo II.

 

Sentiva la brezza notturna sulla pelle, ma non gli venivano più i brividi ora, semplicemente gli scompigliava i capelli neri. «Non ne posso più!»
Lui.
Ricordava esattamente ciò che gli disse il giorno in cui lo vide.

 

Era sera e stava camminando per le strade della sua città con l’mp3 che gli sparava note tristi nelle orecchie, sotto un lampione dall’altro lato della strada stava un tipo con un elegante abito stile vittoriano, quegli abiti che tanto facevano impazzire le giovani gotiche della sua età.
Lo stava guardando e appena notò che lo fissava di rimando si tolse il cappello nero e accennò un inchino. Lui si strinse di più nel lungo giaccone nero e proseguì la sua marcia.

“Fatta gente che si vede in giro.” Mentre stava per svoltare l’angolo sentì una mano sulla spalla.
«Perdonate la mia isolenza giovane, lasciatemi presentare, sono Leopold. »

«Cosa volete da me Leopold?» Non sapeva che fosse ancora in uso un nome tanto vecchio.
«Rendere realtà il tuo desiderio.» Si voltò di scatto. «Cosa intendete dire? Lasciatemi stare!»

Svoltò l’angolo e corse a casa. “Cosa diamine voleva quell’uomo?! E poi come fa a sapere ciò che voglio?”
Entrò e la scena che gli si presentò alla vista fu quella di sempre, sua madre china sul tavolo con accanto una bottiglia di non sapeva nemmeno lui quale alcolico. Sulle braccia dei lividi evidenti.

Dalla sala proveniva il suono della tv accesa e le imprecazioni di un uomo. “Sono a casa... ” Senza indugiare oltre salì silenzioso le scale e si chiuse in camera, accese lo stereo e prese un libro da leggere, era il suo unico modo per scampare alla realtà.

 

Salì sulla moto, rimuginare il passato non era di certo una consolazione. Partì come una furia alla volta del castello, non voleva stare là fuori un momento di più.
Ma il fato volle che la strada per il castello passasse proprio di fronte alla sua vecchia casa senza indugiare passò oltre, lui per loro era morto e loro per lui non erano mai stati nulla.

Al castello si diresse nella sua stanza e li riprese a passare il tempo come se non fosse accaduto nulla, come se fosse ancora umano. Libri e musica lo confortavano durante l’ennesima notte.
Nonostante tutti i suoi sforzi continuava a sognare e a immaginare l’arrivo della primavera.

Era certo che non avrebbe trovato il coraggio di attendere il giorno, era contro natura che uno come lui desiderasse rivedere il sole. «Sono un idiota! Non ho saputo appezzare nulla e ora devo rimpiangere tutto».
Gli tornò alla mente il suo ultimo giorno. Il più bello che avesse mai vissuto in tutta la sua vita.

 

«Io esco torno stasera.» Dettò ciò senza attendere risposta uscì di casa. Il lungo giaccone in pelle, gli anfibi e i capelli lunghi lo facevano apparire molto simile Eric Draven, e lui lo sapeva bene.
Come ogni giorno si incontrò con i suoi amici davanti al liceo. «Hey Vladimir quando ti vestirai decentemente?».
Rise. «Ma finiscila Julius, e poi guarda... » Con un gesto della mano indicò varie ragazze che lo guardavano di sottecchi « ...riscuoto un certo successo, n’est pas?» Una delle ragazze più vicine al sentire quel piccolo accenno di francese arrossì.
«Per me te la tiri un po’ troppo, caro il mio Vlad».
Si spinse i capelli indietro. «Piccoli piaceri della vita.» Tutta quella era una recita per lui, se non si fosse comportato così era certo che sarebbe crollato emotivamente.

Quella sera però alla vista dell’ennesima lite in casa non resse più. Prese la pistola che il padre custodiva segretamente nel cassetto della camera da letto e uscì di casa.
La notte lo avvolgeva, era andato al cimitero della città intrufolandosi dentro scavalcando il cancello, i suoi unici testimoni sarebbero stati i morti.

Si portò la pistola alla tempia e premette il grilletto un colpo. Silenzio.
Il corpo si accasciò al suolo e con un tonfo cadde. «F... Finalment... e»

Dei passi gli giunsero alle orecchie.
Non aveva più forze. «Vladimir non dovevi, guarda ti sei pure colpito male!».

 

Si accasciò a terra, nemmeno per la sua vita aveva avuto rispetto e l’aveva buttata nel cesso come un giocattolo vecchio, anche se la vita che viveva ora non gli piaceva più di tanto ci si doveva abituare.
Con la mano si sfiorò la testa laddove una piccola cicatrice segnava il suo peccato. Il bussare alla porta lo ridestò dai suoi pensieri. «Entra».

Leopold entrò abbigliato alla sua solita -inusuale- maniera. «Vladimir mio prediletto, pensi di vivere per l’eternità continuando a cibarti a quella maniera?»
«Non vedo dei problemi»
L’uomo sospirò: «Prova una sola volta a seguire i tuoi istinti e allora capirai!».
«Io non voglio capire nulla! L’unica cosa che voglio rivedere è il giorno! Sono stufo, voglio vedere la natura rinascere sotto i miei occhi, il sole scaldarmi la pelle».

«Pensi che se ti avessi lasciato morire li avresti rivisti comunque? Smettila e vivi la tua nuova vita!».
«Non posso, tu ridandomi la vita mi hai posto alla peggior punizione per un suicida».
Leopold uscì dalla stanza e quando si richiuse la porta alle spalle lo sentì sospirare.
«Vladimir la mia è stata una seconda possibilità non dimenticarlo».

«Non riesco a trovare un motivo per ringraziarti».

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Capitolo 4
*** Capitolo III. ***


capitolo III

Capitolo III.

 

Era arrivato il giorno, era il 21 marzo. La sua prima primavera da vampiro e lui non avrebbe assistito alla rinascita.

Quella notte uscì, destinazione casa.

Appena di fronte alla vecchia palazzina entrò, aveva ancora le chiavi. Dentro casa nulla era cambiato tutto uguale a prima, lei al tavolo della cucina e lui alla tv a imprecare, non si erano accorti di lui e forse non si erano accorti nemmeno della sua assenza.

Silenziosamente guardò in giro per casa, tutto esattamente come prima e lui era come se non fosse mai scomparso. Si diresse in camera sua e sulla porta trovò un biglietto.

“Se torni e non c’è nessuno in casa la cena è nel congelatore.” Furente di rabbia lo strappò, ora avrebbe seguito il consiglio del suo creatore, avrebbe seguito i suoi istinti.
Tornò in cucina facendo del rumore con le scarpe e lei non si scompose più di tanto, alzò la testa e lo guardò. «Vlad sei tornato, adesso appena ti vedrà tuo padre saranno guai era meglio se non tornavi». La voce era interrotta dai singhiozzi dovuti all’alcool e la testa le barcollava.

Le si avvicinò. «Tu, mi hai portato in questo mondo e mi hai abbandonato nella solitudine. Ti odio». Lei rimase stupita da quelle parole soprattutto quando il figlio le pose un bacio sul collo.

Sentì la carne che gli si lacerava sotto ai denti, il sangue gli riempì la bocca, però il sapore era alterato dal troppo alcool e si staccò schifato. «Non sei buona proprio da niente!».
Le spaccò il collo con una rotazione secca del capo. «Addio».

 

Dopo fu la volta dell’uomo. «Papà, quanto tempo!».
Senza schiodarsi dalla poltrona lo guardò con i sottili occhi scuri. «TU! Era meglio se ti davi per morto!».
Rise in maniera talmente profonda che le pareti parvero tremare. «Oh ma papà non c’è bisogno che ti alteri tanto... » Gli si avvicinò all’orecchio e in sussurro gli disse. «Io sono già morto».

«Smettila con questi discorsi e va in camera tua!».
Il ragazzo lo guardò con odio. «No». L’uomo allora si alzò e fece per colpirlo, ma lui grazie all’agilità consentitagli dalla sua nuova forma saltò all’indietro. «Eh no, non si tratta così il proprio figlio». Anche se non lo dava a vedere quello che stava facendo lo distruggeva nel profondo però non poteva lasciarli impuniti! Era colpa loro se ora lui era così!
«Ti farò un po’ male... ». In un balzo gli fu nuovamente accanto e con un ghigno affondò i canini nella gola del padre. «C... Cos... »
Iniziò a bere avidamente il suo sangue era migliore di quello della donna, dolciastro al punto giusto. Più lui beveva più l’uomo impallidiva e sentiva la sua vita che si prosciugava ed entrava in lui. Alla fine quando ne fu sazio mollò il corpo a terra.

«Aveva proprio ragione Leopold, è una sensazione unica».
L’uomo ai suoi piedi aveva il respiro affaticato e il cuore aveva rallentato molto i battiti. «Addio». Lo alzò da terra e come aveva fatto con l’altra gli rivoltò il collo.

 

L’uomo varcò la soglia e il caratteristico odore della morte lo avvolse. «Vladimir, direi che questo nome ti sta’ a pennello! Solo che magari potevi fare con più discrezione non ti pare?».
«Si forse hai ragione Leopold... », disse grattandosi con imbarazzo la testa, «Mi sono lasciato prendere un po’ troppo la mano... », concluse con uno strano sorriso sulle labbra.
Il vampiro rise sconsolato. «Va pure qui ci penso io». Il giovane senza farselo ripetere uscì dalla casa.

 

«Ma guarda te che putiferio che ha combinato». Sospirando si diresse nella cucina dove accese un pezzo di carta e iniziò a bruciare tutto, era l’unico modo per nascondere le prove della loro esistenza.

Uscì da lì e iniziò a guardare il rogo che divampava.

 

La notte seguente poté vedere i titoli dei giornali che il gestore del “Bleeding Soul” teneva sempre per i suoi clienti più speciali.

Primavera inaugurata con due vittime.
La coppia è stata trovata carbonizzata nelle rovine della casa bruciata.
La polizia indaga nel buio.”

Buttò il giornale sul tavolo e tornò al bancone dove il barista gli aveva già preparato il bicchiere.

«Tutto a posto Vlad?». Lui lo guardò di sbieco. «No per niente... Vorrei essere come te!».
Il barista ghignò.
«Fidati non lo vorresti».  
«Non ne posso più del buio, rivoglio la luce».
L’uomo lo guardò male.
«La luce non è per i peccatori».
«Io non VOGLIO essere considerato un peccatore! Io volevo solo la pace eterna!»
Il barista pose il boccale che stava pulendo sul bancone.
«Tu non avresti mai ottenuto la pace eterna! Eri, sei e resterai per sempre un’anima dannata!».

 

Vladimir si alzò dallo sgabello su cui stava seduto malamente e si diresse all’uscita. «Tu non puoi capire!». A sentire queste parole l’uomo alzò un braccio sul quale stava crescendo a vista d’occhio del pelo animale, volse il collo nella sua direzione, dove un profondo squarcio era cicatrizzato malamente. «Ognuno ha i suoi segreti, chi frutto del peccato chi no. Io di certo non desideravo tutto ciò!».

Uscì dal locale sbattendosi la porta alle spalle. Gli rimaneva una cosa sola da fare per essere in pace con se stesso.
Guardò il profilo della città che celava malamente l’arrivo dell’alba. Avrebbe atteso.







Il prossimo capitolo sarà l'ultimo, mi farebbe piacere sapere che ve ne sembra fino ad ora.. ^^

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Capitolo 5
*** Capitolo IV. Epilogo. ***


capitolo IV

Capitolo IV. Epilogo.

 

Il sole si stava alzando all’orizzonte e lui lo guardava da in cima ai torrioni del castello presso il quale viveva.

Gli alberi si coloravano del loro verde brillante, il cielo passava dall’azzurro pastello del mattino al rosso dell’alba, le nuvole più basse si coloravano con esso, come se stille di sangue le macchiassero con la loro tonalità carminia.

Si sentiva gli occhi lucidi, quella era la penitenza che doveva subire per il suo peccato. Era giunto il suo momento.

Il cielo si schiariva velocemente e lui attendeva che fosse alto nel cielo per compiere la sua opera.

La pelle iniziava a dargli molto prurito e avrebbe voluto cavarsela tant’era divenuto insopportabile, gli occhi non riuscivano più a reggere la luce e dovette tenere una mano a fargli ombra, voleva vedere la primavera, la sua ultima primavera...

Il bosco aveva tonalità che andavano dal verde smeraldo al verde scuro, i prati al di là della foresta erano costellati da puntini bianchi e l’aria odorava di terra appena arata e polline. Ora che ci guardava meglio sugli arbusti vi erano numerosi puntini colorati. «Fiori».

Il suo fine udito sentiva un ronzio continuo e quasi fastidioso, dovevano essere le api.
A tutto quel coro iniziarono ad accompagnarsi anche dei cinguettii e i versi degli animali che abitavano le campagne tutt’intorno.

Si sentiva terribilmente stupido ad aver commesso quel gesto che solo in quel momento gli faceva capire la reale gravità. Lui di certo non immaginava di essere caduto nel mirino di un vampiro e di certo non si immaginava di avere rimpianti simili però tutto gli era cascato addosso e ora ne pagava le conseguenze.

Le parole del barista lo colpivano come numerose pugnalate, era vero, era lui l’unico peccatore che si era arreso di fronte alla vita e aveva voluto farla finita, era stato uno stupido e ora ne pagava le conseguenze.
Si portò il braccio all’altezza del viso e vi vide espandersi una grossa chiazza scura che bruciava come fuoco vivo. Strinse il pugno e si morse un labbro per soffocare il dolore crescente.

Alzò gli occhi al cielo, riusciva a tenerli spalancati sebbene la luce fosse accecante per lui.

«DAI FORZA! FAI DEL TUO MEGLIO!! FAMMI ARDERE COME FAI ARDERE LE ANIME DEI PECCATORI! FAMMI PATIRE I DOLORI INFERNALI! MA IO VIVRO’ QUESTE ORE DA UMANO QUALE ERO!».
L’urlo selvaggio si propagò nell’aria mattutina, una folata di vento gli fece scompigliare i capelli corvini. Rise con un tono forte e potente.

Anche l’altro braccio si stava annerendo e il dolore si intensificava attimo dopo attimo strappandogli gemiti di dolore.

Il ragazzo si inginocchiò a terra, la faccenda si presentava più atroce di quello che aveva pensato.
Sentiva le forze venirgli meno e la pelle bruciargli sempre di più, non riusciva nemmeno a reggersi in piedi ormai.
Steso sul freddo tetto di pietra di quel castello attese che la nera signora venisse a trovarlo una volta per tutte.

...

...

...

Non sapeva quanto fosse passato, ma ora sentiva tutti i muscoli rilassati.

Si sentiva in pace finalmente, una lieve frescura lo pervadeva, tutto intorno a lui era buio tranne una lieve luce proveniente da una fonte a lui sconosciuta. Una dolce nenia gli rapiva i sensi, era la musica di un violoncello, la musica era dolce e profonda. Provò ad alzarsi e ci riuscì.

Appena vide ciò che lo circondava il panico lo travolse.

«NO!» Si sporse alla cornice di pietra davanti a lui. «NO! Non può essere!»

Si toccò il viso, si guardò le braccia, guardò il cielo notturno.
Una voce lo fece voltare.
«Vladimir questo tuo gesto è certamente il più sconsiderato».
Il giovane sentiva il tono dell’uomo che era un misto fra il rattristato e il furioso.
«Non capisco cosa ti diverta a compiere atti così autolesionistici! Non ho mai sentito di un vampiro che ha tentato il suicidio sai?».

Vladimir ghignò. «La mia non è sconsideratezza, ma semplicemente umanità una cosa che a te è sconosciuta ormai, nevvero?»
Sentì una guancia bruciargli, Leopold doveva aver perso le staffe.
«Tu isolente! Non sarai mai più umano! Nel tuo essere l’umanità non è più considerata!».
Gli occhi dell’anziano brillarono iracondi.
«Vlad, in quanto vampiro tu non morirai mai più! Il giorno ci è fatale solo in determinate circostanze... Per il resto riusciamo a sopravvivere anche se allo stremo delle forze. Rassegnati anima suicida, dovrai vivere per l’eternità la tua vita nell’oscurità».

Queste parole colpirono il giovane che mai avrebbe desiderato udirle. Il vampiro gli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio. «La peggior punizione per un suicida è l’immortalità!».

 

Fine






ed ecco qua l'epilogo ^^ spero vi sia piaciuta.
kirarachan

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