Innamorarsi e... innamorarsi!

di 1rebeccam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Malinconie... ***
Capitolo 2: *** Ricordi ***



Capitolo 1
*** Malinconie... ***


 


 


INNAMORARSI E... INNAMORARSI!

MALINCONIE




-Perdonami…-                                                                                                     
Non riuscì a dire altro e chiuse gli occhi per concentrarsi a prendere respiro. Aveva esaurito tutte le energie costringendosi a strisciare vicino a lui che le tendeva la mano. Gliel’aveva stretta e solo allora si era sentita al sicuro.
Poteva sembrare un paradosso visto che aveva un proiettile in corpo, eppure stretta a lui si sentiva al sicuro.
Si riscosse quando suo marito le strinse la mano ancora più forte per richiamare la sua attenzione, ritrovandosi dentro i suoi occhi. Scuoteva la testa leggermente, muovendo le labbra senza però riuscire ad emettere nessun suono.
Le stringeva la mano e scuoteva la testa in risposta a quel perdonami che per lui non aveva senso; le aveva promesso un sempre  insieme, nel bene e nel male, non c’era niente da perdonare, ma lei lo sentiva più pungente del proiettile che le stava togliendo il respiro. Voleva chiedergli perdono per non aver capito, per non essersi resa conto che era finito tutto troppo in fretta e bene, per quella sensazione di sollievo, quando si era aggrappata a lui davanti all’inceneritore che doveva ridurre in fumo le loro vite, di essere di nuovo a casa tra le sue braccia. Era l’unica cosa che desiderava. Tornare a casa con lui, mano nella mano.
Era finita. Erano salvi. Erano insieme.
Scosse la testa sentendo un groppo in gola che le impediva ancora più di parlare.
Insieme… sanguinanti e in fin vita…
Voleva chiedergli perdono per averlo messo in pericolo nonostante avesse fatto di tutto per proteggerlo, anche allontanarsi da lui. Mentendogli.
Chiuse di nuovo gli occhi, stringendoli per non piangere.
Si sentiva morire, non per la ferita, ma per il dolore che stava provando lui. Nemmeno il suo derivava soltanto dalla pallottola. La guardava con gli occhi lucidi, voleva parlarle, dirle qualcosa d’importante, ma non riusciva ad articolare una sillaba.
Doveva assolutamente aiutarlo. Doveva premere la mano sul suo petto, fermare quel sangue che correva via veloce per cercare di dargli più tempo, ma non riusciva a muoversi, era come anestetizzata dalla rabbia e dalla disperazione di non poter far altro che guardarlo morire e… lasciarsi morire.
La camicia di Rick era ormai zuppa di sangue, respirava a fatica e lo splendore dei suoi occhi si affievoliva pian piano.
Si perse ancora una volta nel suo sguardo lucido. Le sorrideva…
Meriti di essere felice, Kate…
Strinse le labbra, Caleb Brown si prendeva ancora gioco di lei nonostante il suo sguardo vuoto e privo di vita.
Castle aveva chiuso gli occhi, continuava a stringerle la mano, ma l’altra l’aveva abbandonata in terra.
…e lei era felice soltanto vicino a lui...
Digrignò la mascella, guardando ancora una volta il loro carnefice, risvegliandosi da quello strano torpore di impotenza che le si era appoggiato addosso.
Si costrinse a muoversi portando il braccio sotto il busto per raggiungere la tasca posteriore dei jeans e prendere il cellulare, era stato un movimento da nulla, ma il suo corpo si ribellò irradiandole dolore e bruciore ovunque. Inspirò ed espirò lentamente, non poteva svenire adesso, il petto di Castle si muoveva lento, tanto era flebile il suo respiro, non c’era tempo da perdere.
Le sue dita si mossero sul tasto di chiamata rapida, la voce di Esposito le arrivò alle orecchie e lei sentì le lacrime scendere sulle tempie. Chiuse gli occhi e prese fiato.
-Aiuto…-
Era stato solo un sussurro, sentiva le forze venirle meno e non riusciva a dire altro. Riprese fiato per ripetere quel grido d’aiuto quasi silenzioso. Chiuse gli occhi tenendosi salda alla mano di suo marito, come se quella stretta potesse tenerlo ancorato a lei per sempre. E in quel sempre si lasciò andare al niente…
 
Castle le sorrideva. Stranamente non parlava, sorrideva soltanto, con quell’espressione adorabile di cui si era innamorata immediatamente, anche se si era sempre guardata bene dal dirglielo. Era sempre stata innamorata di lui, anche quando ancora lo trovava irritante ed insopportabile. La faceva ridere ed era il suo dispensatore ufficiale di caffeina, cosa vitale per lei in quel periodo di buio. Come poteva non innamorarsi di lui!
Si sentiva leggera.
Sospirando, sorrise di rimando e gli sussurrò all’orecchio che lo amava alla follia e che lo aveva amato da sempre. Lo aveva detto anche a Meson, aveva capito che lui era il terribile Locksat proprio quando l’aveva sfidata nel suo intimo più fragile. Ma lei non era fragile. Non più. Richard Castle era l’amore della sua vita, la sua forza, la metà che divideva con lei la felicità dei momenti si, ed il peso delle giornate no.
Mason…
La confusione la colse all’improvviso e, per un attimo, in mezzo alla leggerezza provata fino a quel momento, si insinuò una punta di ansia. Chiuse la mano per stringere quella di Castle, ma la sentì vuota. L’ansia diventò paura.
Mason… Locksat… Caleb…
Aprì gli occhi spaventata, guardandosi intorno e soffermandosi sulla sua mano vuota.
-Castle!-
Lo ripeté più volte. Con gli occhi sbarrati si guardò intorno senza riuscire a vedere niente, era tutto sfocato. Qualcuno la teneva per le spalle e pronunciava parole indistinte mentre lei cercava di alzarsi.
Il cuore le batteva veloce e chiuse gli occhi respirando a fatica, all’improvviso il dolore si era impadronito di lei impedendole di muoversi. Non capiva.
Era insieme a Castle, lui le avrebbe preparato la cena e poi…
Riaprì gli occhi di colpo, la realtà le piombò addosso dal nulla proiettando nella sua mente la pozza di sangue in mezzo ai loro corpi vicini.
-Tesoro, va tutto bene…-
La voce le arrivò chiara, Lanie le teneva la mano e le parlava con calma, a voce bassa, come fosse una bambina spaventata.
Strinse le labbra e si fece coraggio.
-Castle? E’… è vivo!?-
La guardava davvero come una bambina spaventata, era terrorizzata dalla sua risposta. Un piccolo, terribile monosillabo avrebbe potuto distruggere la sua vita per sempre.
Lei era viva… ma lui?
-E’ vivo!-
Il cuore continuò a correre, l’espressione di Lanie non rispecchiava quello che aveva appena detto, qualcosa non quadrava.
-Dimmi… la verità… ti prego!-
Parlava a fatica, deglutendo e continuando freneticamente a guardarsi intorno notando, dall’altra parte del letto, un uomo con il camice bianco che però non fiatava; evidentemente pensava che una  brutta notizia data da un’amica fosse più sopportabile. Solo allora Lanie le prese il viso tra le mani e la costrinse a guardarla.
-E’ la verità Kate, non potrei mai mentirti, è vivo…-
Lei la fissò senza respirare, con gli occhi sbarrati ormai pieni di lacrime.
-Ma… ma c’è qualcosa che… che non va…-
Avrebbe voluto urlare, ma riuscì solo a sussurrare, la paura le stringeva la gola e un dolore intenso la bloccava dalla cintola in giù.
-E’ vivo, ma non è ancora fuori pericolo.-
Chiuse gli occhi, lasciando andare la testa sul cuscino, aiutandosi con dei respiri lenti e prolungati.
Non è ancora fuori pericolo…
Sentì la mano di Lanie accarezzarle il viso e si perse nei suoi occhi scuri e preoccupati.
-Il proiettile non ha colpito organi vitali, ma ha intaccato il pericardio. La lesione, anche se piccola, ha provocato una forte emorragia interna che comprimeva il ventricolo e l’operazione è stata lunga.-
-Devo andare da lui…-
Provò a sollevarsi ancora, ma il dolore acuto fu veloce quanto Lanie, che la bloccò ancora per le spalle.
-Tu non vai da nessuna parte.-
Si ritrovò a balbettare singhiozzando, come se avesse dato fondo a tutta la sua volontà di essere forte, non riusciva a smettere.
-Devo… vederlo. Lui deve… deve sapere che sto bene… devo andare da lui.-
Lanie scosse la testa asciugandole le lacrime.
-E’ in terapia intensiva e non ha ancora ripreso conoscenza, non fanno entrare nessuno e tu devi assolutamente restare immobile.-
Sospirò contrariata, non riusciva a capire perché la trattasse davvero come una bambina stupida, questa cosa le stava facendo perdere la pazienza.
-Io sto bene. Sono viva. Non dirmi di stare immobile, non morirò per questo, ne ho passate di peggiori e lo sai bene!-
La rabbia prese il posto delle lacrime, Lanie sapeva benissimo quanto fosse importante per lei e Castle stare vicini. Se era ancora in pericolo di vita, averla accanto gli avrebbe dato forza.
-Se non si calma sarò costretto a sedarla di nuovo, capitano Beckett!-
Si girò di scatto verso il medico che la fissava serio, sembrava di marmo. Era convinta che fossero passate soltanto poche ore dal loro ferimento. Tornò a guardare Lanie corrucciando la fronte.
-Che vuol dire? Da quanto siamo qui? Quanto tempo ho dormito?-
Lo chiese sibilando tra i denti, non sentiva più nemmeno dolore, tanta era la rabbia.
-Quattro giorni…-
Lanie sospirò sedendosi sul letto e stringendole le mani, sperando che si calmasse.
-Due ore dopo l’operazione hai cominciato a svegliarti, eri agitata, dicevi cose senza senso, volevi alzarti ed era essenziale che restassi immobile.-
Lei digrignò la mascella, evitando di guardarla.
-Castle non ha ancora ripreso conoscenza dopo quattro giorni e voi mi avete fatto dormire?-
Alzò lo sguardo cercando di reprimere la rabbia, mentre Lanie continuò a mostrare una calma che non sentiva, trattandola ancora come una stupida.
-Castle era ancora sotto i ferri, tu avevi bisogno di riposo, dovevi dormire.-
-E se nel frattempo fosse morto avresti continuato a tenermi all’oscuro di tutto?-
-Se fosse stato necessario, si!-
Quella risposta lapidaria le fece perdere del tutto la pazienza.
-Necessario!? Poco fa hai detto che non potresti mai mentirmi, però hai permesso ai medici di sedarmi? Perchè?-
Si sollevò di scatto e Lanie la prese per le braccia fissandola negli occhi.
-Perché non era in pericolo solo la tua vita, ma anche quella del tuo bambino…-
Era pronta a ribattere a qualunque stupidaggine stesse per dirle ancora, ma la voce le morì in gola. Sgranò gli occhi, mentre quelli di Lanie si riempirono di lacrime. Scese il silenzio d’improvviso e si sentì gelare.
-Di… di che… cosa stai parlando?-
Lanie si asciugò le lacrime e addolcì la voce.
-Sei incinta Kate!-
Quel sussurro risultò tanto potente, quanto lo sparo che l’aveva colpita qualche giorno prima. Cominciò a scuotere la testa guardando prima il medico, che continuava a tacere e poi Lanie, che le stringeva le mani come se temesse che sparisse d’improvviso.
-Non… non può essere… io… io non…-
Non riuscì a mettere insieme una frase di senso compiuto, dimenticò il dolore alla ferita e sentì la testa girare vorticosamente. L’appoggiò di peso al cuscino respirando profondamente. Doveva riprendere possesso delle sue capacità mentali e soprattutto doveva calmarsi perché era certa che il cuore le sarebbe scoppiato. Lanie le bagnò il viso con un panno umido che la riscosse.
-Non può essere…-
Ripeté con più enfasi e convinzione, ma Lanie si chinò su di lei annuendo.
-Ti hanno fatto un  prelievo prima di operarti, ed è risultato che sei incinta.-
Kate continuò a scuotere la testa, le sue mani tremavano dentro quelle di Lanie che gliele strinse forte.
-Come… come ho… potuto non… accorgermene?-
-Non avresti potuto tesoro, sei appena alla quinta settimana ed è probabile che con tutto lo stress che hai accumulato a causa della tua indagine segreta, non hai fatto caso a qualche giorno di ritardo.-
Le accarezzò il viso dolcemente, intuendo quello che stava pensando, capì dal suo sguardo che si sentiva in colpa per il pericolo corso.
-Capisci perché dovevi stare immobile? Hai rischiato di perderlo Kate, se la pallottola fosse penetrata venti centimetri più al centro lo avresti perso. La ferita non è grave, ma hai perso tanto sangue anche tu e dopo l’operazione hai avuto delle perdite. Era già un miracolo che non avessi abortito, avrei fatto di tutto per proteggervi…-
Kate si lasciò andare sul suo petto con gli occhi chiusi, mentre il cuore correva in fretta perché non riusciva ancora a crederci.
-Mi dispiace tesoro, c’ero solo io con te in quel momento, Martha ed Alexis aspettavano notizie di Rick, tuo padre non era ancora arrivato. Io… io mi sono presa la responsabilità di acconsentire alle cure necessarie. Dovevi stare tranquilla e immobile, era di vitale importanza per la tua creatura.-
Kate la guardò scuotendo la testa, si asciugò le lacrime e si perse nel sorriso dolcissimo della sua amica.
-E… adesso? E’ tutto a posto? Sta bene?-
Lanie guardò il collega di fronte a lei, annuendo.
-Il dottor Drew dice che va meglio.-
Finalmente il medico silenzioso si avvicinò con fare tranquillo.
-Le analisi sono buone, ma vorrei farle un’ecografia. Anche se è ancora presto e sarà problematico per via della ferita, potrò avere comunque un quadro migliore della situazione.-
Lei annuì senza rendersi conto realmente di quello che l’aveva travolta all’improvviso e sospirò.
-Tutto quello che ritiene necessario, solo… io devo assolutamente vedere mio marito, anche solo un minuto dottore, per favore!-
Il dottor Drew sorrise, annuendo.
-Se l’ecografia ci dirà che va tutto bene le presterò una sedia a rotelle per un paio di minuti, ma non deve stare in piedi per nessun motivo, almeno per un altro paio di giorni.-
Per la prima volta da quando si era svegliata, accennò un sorriso e, quando il dottor Drew uscì, si lasciò andare ancora sul petto del suo angelo custode.
-Se solo lo avessi immaginato, non avrei mai affrontato Locksat…-
Quel sussurro diede ragione ai pensieri di Lanie, che sapeva benissimo che si sarebbe sentita persa per questa notizia.
-Lo so bene Kate, non ho pensato nemmeno per un momento che potessi averlo messo in pericolo coscientemente. Ma ho avuto tanta paura.-
La sentì singhiozzare silenziosamente e le si strinse il cuore.
-Mi spiace di avertelo detto così, speravo di riuscire a farlo con più calma, quando saremmo state sole, ma tu sei tremenda, non volevi stare tranquilla!-
Finalmente riuscì a farla ridere tra i singhiozzi, le asciugò le lacrime e la strinse ancora di più.
-Perché Castle non ha ancora ripreso conoscenza? Ti prego Lanie, dimmi tutto.-
Continuò a restare attaccata a lei, si beava del suo calore e aveva solo voglia piangere. Era troppo. Aveva la sensazione che non sarebbe riuscita a sopportare altro.
-Ti ho già detto tutto. Il chirurgo che lo segue mi ha detto che ha superato bene l’operazione, essendo molto debole per via dell’emorragia lo hanno sedato inducendolo in uno stato comatoso per dare modo all’organismo di riprendersi. Hanno già sospeso i farmaci, non è ancora vigile, ma respira autonomamente ed è stabile e questo è positivo.-
Positivo! Che significa che è positivo? Deve aprire gli occhi… questo è positivo…
Kate annuì e poi sollevò la testa per guardarla.
-Chi altro sa del… del bambino?-
Non riusciva nemmeno a dirlo, era tutto così incredibile ed insensato.
-Tesoro mio, non spetta a me dare la buona novella. Lo farete tu e la tua dolce metà... Castle sarà felicissimo, me lo immagino gongolare, insopportabile e tronfio della sua nuova paternità!-
Al solo pensiero, Kate mostrò un sorriso radioso che allargò il cuore di Lanie.
-E’ pieno di difetti il tuo scrittore, ma di sicuro è un buon padre… e ti ama!-
Rimasero a guardarsi con gli occhi lucidi e Kate si strinse ancora a lei restando in silenzio per un paio di minuti. Lanie non la disturbò, continuò semplicemente a tenerla stretta, la conosceva bene e sapeva che le serviva tempo per rimuginare e metabolizzare l’uragano che le era piovuto addosso in pochi minuti.
-Lanie…-
Si scostò da lei per guardarla e sorrise.
-Sono incinta!-
La sua esclamazione la fece ridere di cuore.
-Che notizia! Te lo sto dicendo da un’ora!-
Anche Kate rise di cuore, ringraziando il cielo che le fosse vicina.
-La vera notizia è che io diventerò zia!-
-Si…-
Abbassò lo sguardo sospirando con la tristezza ancora dipinta sul volto.
-Resti con me? Per l’ecografia!-
-Che domande. Ho appena detto che divento zia, non potrei mai perdermi il primo show in video del mio nipotino, anche se probabilmente non si vedrà nulla, è troppo presto!-
Kate scosse la testa e si strinse di nuovo a lei, sorridendo.
-Se non ci fossi, qualcuno dovrebbe prendersi la briga di inventarti.-
Sussurrò senza alzare lo sguardo su Lanie, che sorrise.
-Ti voglio bene anch’io tesoro…-
 
Anni prima le avevano sparato al cuore e, qualche ora dopo, si era svegliata in una stanza piena di fiori con soltanto un paio di flebo attaccate al braccio. Nonostante avesse rischiato di morire e il chirurgo avesse tenuto letteralmente la sua vita nelle proprie mani, si era svegliata subito, aveva parlato, aveva ricevuto visite.
Castle invece era ancora in pericolo e chi voleva stargli vicino poteva farlo solo a distanza, da dietro un vetro nel corridoio.   Lanie le aveva detto della terapia intensiva, ma questo non l’aveva preparata comunque.
Strinse i pugni fino a farsi male, cercando di reprimere la rabbia e le lacrime.
Il monitor a cui era attaccato con degli elettrodi, le diceva che i battiti erano regolari, ma tutti quei fili, i tubicini di diverse flebo ad entrambe le braccia, quel colorito simile al colore delle pareti che lo circondavano.
Non era pronta.
Poteva superare qualunque cosa, affrontare di tutto, ma non suo marito immobile in fin di vita.
Anche all’ecografia non era pronta. Lanie era con lei, ma non era Castle.
Come le aveva già detto la sua amica, il dottor Drew le aveva spiegato che era presto e che poteva non vedersi o sentire nulla, ma inaspettatamente si era diffuso intorno a loro il rumore ritmico e veloce di un battito. Era come se quell’essere minuscolo di cui non era a conoscenza, volesse di prepotenza diventare reale, sconvolgendole piacevolmente la vita e, improvvisamente,  si era sentita fragile. Voleva piangere. Possibile che da quando si era svegliata non volesse fare altro? Erano già gli ormoni che circolavano liberi dentro di lei, scombussolando il suo vero modo di essere?
Quel battito decretava per lei una notizia buona ed una cattiva.
Il loro bambino stava bene e suo marito poteva non saperlo mai.
Chiuse gli occhi e sospirò, toccandosi la ferita che tirava e bruciava. Il dottor Drew la guardò male, ma prima che potesse ordinarle di tornare a letto, scosse la testa.
-Sto bene…-
Rispose perentoria come se parlasse ad un  suo subordinato.
Qualche minuto prima aveva conosciuto il dottor Foster, il chirurgo che aveva operato Castle. Un uomo di poche parole che le aveva dato le stesse notizie ricevute da Lanie, a mò di tiritera, senza nessuna particolare intonazione della voce. Le aveva dato il permesso di entrare per due minuti e aveva sottolineato due minuti soltanto, come se stare accanto a lui potesse essere pericoloso per la sua vita. Erano ossigeno uno per l’altra, ma il poveruomo non poteva saperlo, né gli interessava.
Lanie l’accompagnò fino al letto e, dopo averle stretto le spalle per darle forza, la lasciò  sola con lui.
Rimase immobile a guardarlo per qualche secondo, senza un minimo movimento osservò dettagliatamente lui e i macchinari intorno. Deglutì come se ingoiasse veleno e mise la mano sulla sua. Cercò di chinarsi per appoggiarci su il viso, ma fu costretta a desistere. Il dottor Drew aveva ragione. Non stava bene, doveva stendersi ed è quello che avrebbe fatto.
Sorrise sfiorandogli il viso con i dorso delle dita.
-Non lo metterò mai più in pericolo, te lo prometto. Se gli succedesse qualcosa non me lo perdoneresti mai e avresti tutte le ragioni del mondo.-
Gli accarezzò i capelli lasciandogli un bacio con le dita, per non doversi abbassare fino al suo viso, si girò a guardare Lanie che l’aspettava al di là del vetro e sospirando, si arrese all’idea di doverlo lasciare di nuovo.
 
Voleva essere forte, diceva di stare bene, ma non era vero niente. Quando l’aveva riaccompagnata in camera,  Lanie l’aveva rimproverata, imponendole di restare a letto. Doveva avere una faccia stravolta e lo stesso colorito di Castle dentro quella stanza completamente asettica. Sentiva la ferita tirarle e dolore alle gambe.
Erano state ore intense, le sue e mozioni saltellavano ancora sulle  montagne russe e non sembrava volessero scendere.
Doveva calmarsi e mettere a posto le idee.
Si era lasciata medicare, aveva preso le medicine e alla fine, era rimasta in silenzio dentro i suoi pensieri, imponendosi di rispettare le direttive mediche. Da quel momento la priorità assoluta era suo figlio.
Il loro bambino…
Aveva chiuso gli occhi sull’immagine sfocata di un batuffolo avvolto in una copertina color lavanda, che dormiva tranquillo sul petto di suo marito. Le labbra si erano schiuse in un sorriso dolcissimo, pensando che aveva già scelto un colore possibile per il suo corredino e la cameretta, cosa assolutamente non da lei e doveva essersi addormentata senza rendersene conto. Si era svegliata con una sensazione di leggerezza che stonava con il posto in cui si trovava.
Si era guardata intorno confusa, aveva dimenticato le ore precedenti e per qualche secondo aveva fatto fatica a capire dove fosse.
Aveva sospirato quando era tornata alla realtà sulla figura rannicchiata nella poltroncina accanto al letto.
Dormiva in una posizione scomoda e la fronte corrucciata, come se, anche nell’incoscienza del sonno, la preoccupazione si fosse arrogata il diritto di non abbandonarla, gli occhi cerchiati, il viso affilato dalla stanchezza e l’espressione dolcissima di una bambina.
Era rimasta ad osservarla, a cercare tutti quegli atteggiamenti e quelle somiglianza che la rendevano simile a suo padre. Non aveva avuto mai l’occasione di guardarla dormire. Somigliava tanto a Rick, era una donna e i suoi lineamenti erano più dolci, ma quelle labbra imbronciate erano simili alle sue quando dormiva.
Sentì le lacrime riaffiorare senza un motivo ben preciso.
Aveva allungato la mano riuscendo a toccarle una gamba ed Alexis si era svegliata subito all’erta. Temeva il suo risveglio, temeva il suo giudizio, il suo rimprovero, ma i suoi occhi azzurri l’avevano guardata prima in apprensione e poi con un sorriso.
Lei aveva provato a scusarsi, ma Alexis l’aveva zittita e aveva spostato il discorso su suo padre. Le aveva raccontato che nei pochi minuti che le permettevano di stare con lui continuava a ripetergli che la sua Kate stava bene, era salva e che doveva sbrigarsi a riprendersi anche lui, perché sennò lo avrebbe fulminato. Avevano riso insieme, con le lacrime che facevano capolino. Non ne aveva voluto sapere di tornare a casa a riposare, approfittando di Jim che aveva accompagnato Martha, ed era rimasta a farle compagnia, raccontandole cosa era successo nelle ore in cui lei era stata incosciente, poi l’aveva aiutata a mangiare qualche cucchiaio di minestra. Aveva sentito l’istinto di dirle del bambino, desiderava che lei lo sapesse prima degli altri, glielo doveva. Aveva anche socchiuso le labbra, ma poi se le era morse. Non era giusto. Non poteva togliere a Rick l’emozione di darle la notizia. Dovevano farlo insieme. Doveva aspettare, perché Castle si sarebbe svegliato presto.
Doveva svegliarsi…
Non ricordava altro, si era arresa al sonno di  nuovo senza volerlo e quando si era svegliata era da sola.
Distolse lo sguardo dal pezzetto di cielo imbrunito che vedeva dalla finestra e sospirò.
Abbassò gli occhi su di sé, scostò la coperta e sollevò la maglia per guardare la medicazione che copriva quella che sarebbe diventata l’ennesima cicatrice. Poggiò la mano delicatamente sulla ferita e, quasi con paura, la spostò più al centro, proprio sullo stomaco. Sorrise. Era la prima volta che restava sola con il suo bambino da quando aveva scoperto della sua esistenza. Sentì la tempia umida e si asciugò una lacrima scuotendo la testa; odiava questo miscuglio di gioia e tristezza che la invadeva  di colpo. Aveva immaginato questo momento in maniera diversa, lei si sarebbe permessa di essere atterrita da questa cosa troppo grande, certa che Castle, con la sua felicità e la sua leggerezza, avrebbe cancellato tutti i dubbi e le avrebbe dato sicurezza ricordandole quanto è forte. 
Sorrise di nuovo. Si accarezzò la pancia delicatamente e si ritrovò a parlare a quel puntino che il dottor Drew, durante l’ecografia, aveva indicato con un dito assicurandole che era il suo bambino, ma che lei, con tutta la buona volontà, non era riuscita a vedere. Non lo aveva visto, ma lo aveva sentito. Il suo cuoricino batteva veloce, aveva resistito ai suoi ritmi e ad un proiettile.
-Sei proprio un bimbo forte…-
Sussurrò con dolcezza, continuando ad accarezzarsi.
-Anche il tuo papà è forte, gli piace solo essere al centro dell’attenzione e così facendo, tutti si occupano di lui e di nessun altro. Aspetta che scopra di te e avremo perso la pace entrambi.-
Continuò a parlare con il suo bambino, raccontandogli una storia lunga otto anni, della loro amicizia, del loro amore, del loro capirsi con lo sguardo, dei loro silenzi. Raccontò a sé stessa, ad alta voce, tutti gli eventi che l’avevano portata fin lì, in quel letto, a provare gioia e dolore nello stesso momento e con la stessa intensità.
Spostò lo sguardo fuori dalla finestra e si trovò faccia a faccia con uno spicchio di luna. Gli occhi le si riempirono di lacrime che cercò di reprimere ingoiando velocemente, ma non ci riuscì. Finalmente sola in quella stanza ormai al buio, la tristezza vinse sulla gioia, le lacrime silenziose diventarono singhiozzi e la stanchezza la vinse di nuovo con gli occhi alla luna e la mano a proteggere suo figlio.
 
 
Il giorno dopo stava decisamente meglio, piangere le aveva fatto bene, era stanca, ma non sentiva quel senso di oppressione che l’aveva accompagnata nel sonno durante la notte. Le condizioni di Castle non erano cambiate, non aveva accennato nessun movimento o reazione che facesse pensare ad un suo risveglio imminente.
Si era svegliata pronta ad affrontare un’altra giornata difficile, con l’unico pensiero di stare un po’ vicino a lui e parlargli per fargli sentire la sua vicinanza. Doveva decidere se dirgli o no del bambino. Voleva dirglielo, magari l’avrebbe sentita e dall’emozione si sarebbe svegliato.
Rise tra sé pensando che avrebbero di certo intavolato una discussione assurda su questo, perché lui avrebbe asserito che era una cosa possibilissima,  mentre lei avrebbe obbiettato che queste sdolcinatezze succedono solo nei film di terz’ordine.
La tentazione di dirglielo era forte, ma ancora più forte era la voglia di perdersi nei suoi occhi mentre glielo diceva, captare i suoi pensieri, capire le sue emozioni ed emozionarsi con lui. In una situazione normale avrebbe gongolato ed esultato girando come una trottola, gesticolando e parlando a raffica senza dire esattamente niente di razionale.
Ma la loro non era una situazione normale, dopo avere rischiato di morire le emozioni sarebbero state diverse, più intense ed amplificate.
Avrebbe aspettato. Forse.
Verso le tre del pomeriggio, dopo medicazioni e analisi varie, finalmente un’infermiera si degnò di accompagnarla alla terapia intensiva, senza dire una parola l’aveva lasciata dietro il vetro da cui si vedeva l’interno della stanza di Castle e, dopo averle raccomandato di non entrare per nessun motivo, ordini del dottor Foster, era tornata alle sue mansioni.
Era frustrante stare al di là del vetro a fissarlo, con la voglia incontenibile di sentire la sua pelle, di toccargli le labbra, di vederle muovere in un  sorriso.
Sospirò risvegliandosi dai suoi pensieri, quando la stessa infermiera entrò a controllarlo. Misurò la temperatura, controllò i battiti, cambiò una delle flebo che era finita e gli inumidì le labbra con una garza.
Osservò ogni suo movimento, era attenta e veloce.
Quando uscì la guardò con apprensione senza chiederle nulla, ma lei, intuendo la sua domanda, rispose che era stabile.
Cominciava ad odiare quella parola e chiunque la pronunciasse.
-Sarò impegnata per una buona mezz’ora in una medicazione lunga. In reparto non c’è nessuno, quindi…-
Si fermò a guardare dentro la stanza e poi tornò su di lei, che corrucciò la fronte.
-…quindi, spero non si stanchi troppo a stare qui… se avesse bisogno dovrà aspettare che torni…-
Lasciò la frase in sospeso ammiccando stranamente e Kate annuì pronta a rispondere che se ne sarebbe stata buona fino al suo ritorno. Sembrava che il suo cervello fosse disconnesso al momento, perché l’infermiera ammiccò ancora guardando all’interno della stanza.
-Mezz’ora…-
Disse ancora, prima di eclissarsi.
Solo in quel momento il suo cervello captò la linea e tornò in connessione.
Infermiera fuori dai piedi per mezz’ora.
Reparto deserto.
Libera di fare come voleva.
Aveva una complice romantica. Sorrise guardandosi intorno in maniera circospetta.
Spinse la carrozzina vicino alla porta, mise la mano sulla maniglia e guardò di nuovo a destra e a sinistra. Alla fine si chiuse nelle spalle pronta ad infrangere le regole.
-Che possono farmi se mi scoprono? Spararmi?-
Si morse le labbra ed entrò, fu faticoso far muovere la sedia a rotelle, non doveva sforzarsi, ma pian piano riuscì a raggiungere il letto.
Gli accarezzò subito il viso. Sentiva la necessità di un contatto ed era certa che anche lui ne avesse bisogno. Disegnò i suoi contorni e si soffermò a sistemargli i capelli sorridendo. Prese la garza lasciata andare nell’acqua fredda e gli umettò le labbra, con delicatezza.
Restò a fissarlo un paio di secondi, fino a che non sentì le lacrime salirle dalla gola agli occhi, allora fece un  respiro profondo e cacciò via la tristezza di forza.
-Mi sembra che tu abbia dormito abbastanza, adesso esageri Castle. Si può sapere che intenzioni hai?-
Sospirò contrariata, abbastanza forte e platealmente per farsi sentire, nel caso la sentisse davvero. I rimproveri funzionavano sempre con lui.
-Ci sono delle novità e non le saprai fino a che non sarai sveglio, quindi se non vuoi rodere dalla curiosità, farai bene a smettere di fare il bello addormentato.-
Posò una mano sulla sua e la strinse leggermente, mentre con l’altra si accarezzò la pancia, restando in silenzio a guardarlo, come se fissarlo avrebbe potuto farlo svegliare con la forza della mente. Anche per questo avrebbero intavolato infinite discussioni.
Sorrise guardandosi la pancia e quando Castle mosse la mano, chiudendola per tenere la sua, lei la strinse d’istinto, senza rendersene conto. Si stava beando di quel contatto e dei suoi pensieri sulla creatura che cresceva dentro di lei e solo quando la stretta si fece più forte, sgranò gli occhi sollevando lo sguardo sulle loro mani intrecciate.
Altro che film di terz’ordine… stava succedendo davvero!
Le mancò il respiro per un attimo, si avvicinò a lui stringendogli la mano ancora più forte.
-Castle… Castle svegliati. Sono qui, svegliati.-
La stretta alla sua mano si allentò e lei scosse la testa, prendendogli il viso tra le mani.
-Castle apri gli occhi. Non puoi dormire ancora, devi svegliarti…-
Castle si era rilassato di nuovo e lei si fece prendere dalla disperazione. Suonò il campanello d’allarme per chiamare il medico, continuando a scuotere Rick sperando di svegliarlo.
-Che diavolo ci fa lei qui?-
Kate sospirò per mantenere la calma, non era quello il momento di insultare qualcuno.
-Mi ha stretto la mano…-
-Non doveva entrare!-
-Vuole fare un simposio su questo argomento adesso, dottor Foster?-
Alzò la voce zittendolo di colpo, il dottor Foster strinse la mascella e Kate sospirò per calmarsi.
-Dottor Foster la prego, mi ha stretto la mano…-
Per tutta risposta il dottor Foster annuì, accompagnandola verso il corridoio.
-Lei deve stare fuori.-
-No, la prego… mi lasci con lui… la prego…-
-Lei deve restare qui mia cara signora!-
Mia cara signora?! L’aveva chiamata davvero mia cara signora?!
Fece un respiro profondo, lo avrebbe inchiodato ad una croce in un altro momento, adesso doveva svegliare suo marito.
Passarono un paio di minuti buoni mentre il dottor Foster visitava Castle e lei lì, a guardare senza poter far niente.
Odiava le regole.
D’accordo che una società senza regole sarebbe una vera e propria babilonia, lei era un poliziotto e viveva di regole, ma le odiava lo stesso. Odiava quelle regole inutili che non avevano niente a che vedere con il cuore. Quelle regole che le impedivano di stare con lui, di tenergli la mano, fargli sentire la sua presenza. Che ne sanno le regole della loro vita, del loro amore, di quello che hanno passato e di quello che serve loro per tornare a vivere?
Era chiusa fuori lontano da lui ancora una volta, mentre il medico si affaccendava controllando monitor e cartella clinica, senza accorgersi minimamente che Castle aveva aperto gli occhi, al contrario di lei che trattenne il respiro quando lo vide chiuderli e riaprirli un paio di volte, restando poi a fissare il soffitto.
Finalmente anche il medico si accorse che aveva gli occhi aperti, si chinò su di lui, che cercò di metterlo a fuoco. Corrugò la fronte, probabilmente si stava chiedendo chi fosse quell’uomo e dove si trovasse. Aveva ragione lei. Doveva restargli vicino, doveva vedere lei al suo risveglio, non uno sconosciuto che lo avrebbe confuso maggiormente.
Il medico continuò a parlargli, ma lui smise definitivamente di dargli attenzione, muoveva la testa lentamente, ma gli occhi erano vigili, squadravano la stanza e andavano a destra e a sinistra, come se cercasse qualcosa in particolare.
Cercava lei…
Si sporse in avanti sulla sedia a rotelle e appoggiò la mano sul vetro, sperando che riuscisse a vederla. Ad un tratto i suoi occhi si fermarono su di lei. Il medico continuò a parlare e controllare i suoi riflessi, senza rendersi conto che il suo paziente guardava davanti a sé in un punto fisso e sorrideva impercettibilmente.
Kate si morse il labbro lasciando andare le lacrime, non voleva piangere, ma non riusciva a fermarle.
Castle la guardava e sorrideva.
Sorrise anche lei, accarezzando il vetro come se gli accarezzasse il viso e lui sollevò a stento un paio di dita in segno di saluto. Il dottor Foster continuò ad infastidirlo con le sue domande per capire se era tornato realmente in sé e Kate si ritrovò a ridere nel vederlo sollevare gli occhi al cielo sospirando. Quel luminare proprio non capiva. Se voleva sapere come stava, bastava guardarlo. Era sveglio e le sorrideva e sbuffava scocciato.
Rimasero ad accarezzarsi con lo sguardo per un tempo infinito, lo stesso tempo che ci mise lo sconosciuto con il camice bianco, che parlava poco con lei, ma che infastidiva tanto lui.
Per qualche secondo distolse lo sguardo rivolgendolo verso il medico che aveva attirato la sua attenzione e poco dopo la guardò ancora e fece cenno con la testa verso di lei. Il dottore la guardò e annuì.
-Gli serve un po’ di vitamina…-
Le disse dopo aver aperto la porta, poi sorrise. Era la prima volta che lo vedeva sorridere da quando lo aveva conosciuto.
-L’accompagno da lui.-
Kate gli rivolse un sorriso radioso mentre l’aiutava con la sedia a rotelle, appuntandosi mentalmente che non doveva inchiodarlo a nessuna croce.
-Non gli permetta di parlare, sarebbe troppo faticoso.-
E con questa raccomandazione li lasciò finalmente soli.
Rick aprì la mano, Kate ci appoggiò sopra la sua, intrecciarono le dita e si guardarono per un paio di secondi completamente in silenzio.
-Se il dottore noioso ci conoscesse, saprebbe che non abbiamo bisogno di parlare noi due.-
Gli accarezzò il viso quando lui sorrise a quella frase, poi abbassò lo sguardo sulla sedia a rotelle adombrandosi, ma Kate gli sollevò il viso sorridendo.
-Sto bene… ho soltanto un’altra cicatrice…-                                                                    
Continuò ad accarezzarlo, avvicinandosi per quanto la ferita glielo permetteva.
-Dici che fa sexy comunque?-
-Wow!-
Non doveva parlare, ma anche un monosillabo andava bene per ridarle il sorriso, che sparì di nuovo quando spostò lo sguardo sulla benda che gli copriva per metà il torace.
-Tu però cominci a farmi troppa concorrenza…-
Le si strinse la gola e dovette deglutire per cacciare le lacrime.
Castle era sveglio, non doveva più piangere.
-Fa sexy… anche… su di me.-
La sua voce era solo un sussurro, faceva davvero fatica a farla uscire. Kate annuì sorridendo, lo baciò sulle labbra e si soffermò  a guardarlo.
Pallido, le occhiaie marcate e il viso scavato.
-Mi dispiace Rick…-
-Shhh!-
Non le diede il tempo di parlare, sollevò la mano per accarezzarla, lei chiuse gli occhi appoggiando la fronte alla sua e sospirarono insieme.
Erano tornati ad essere una sola pelle, un solo respiro, l’unico modo di essere e vivere possibile…


Continua...
 
 
 
Angolo di Rebecca:
 
Ciao a tutti :D
Manco da un pochino, dopo avervi tediato con la storia infinita, pensavo voleste disintossicarvi :p
Anche questa shot è infinita, però tranquille, è diventata una minilong, due capitoletti soltanto  :)
 
Sappiate che sono ancora in “lutto telefilmico” non riesco a farmene una ragione, devo ancora elaborare.
Il mio neurone ogni tanto si sveglia, voleva cominciare a riempire il primo anno di quei 7 che non ci hanno mostrato…
Secondo voi lo hanno fatto apposta per farli scrivere a noi???
 
Ci sente mercoledì per il finale ;)
 
Grazie come sempre, alle mie due editor, sempre pronte e sempre coinvolgenti, vi voglio bene!
Grazie a Vale per le “terapie mediche” :p

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Capitolo 2
*** Ricordi ***




 
 
INNAMORARSI E... INNAMORARSI


RICORDI


Si era separata da lui qualche minuto dopo, per lasciare spazio al dottor Foster e alla sua equipe.
Dopo una visita accurata, l’aveva dichiarato fuori pericolo dicendole che avrebbe alternato il sonno e la veglia di continuo nelle prossime ore, un po’ come era successo a lei dopo essersi ripresa. Il suo organismo doveva recuperare ed aveva assoluto bisogno di riposo, ma le aveva permesso comunque di restare con lui. Naturalmente non si era tirata indietro e gli era stata vicino quasi tutto il giorno, anche quando piombava nel dormiveglia. Non avevano parlato molto, lui aveva difficoltà e lei non voleva affaticarlo e poi non avevano bisogno di dirsi nulla. Avevano solo assaporato il loro essere insieme e vivi.
Si era decisa a farsi riaccompagnare in camera sua che era ormai sera, sentiva la stanchezza anche se non voleva ammetterlo e il fastidio alla ferita cominciava davvero ad essere insopportabile.
Nonostante tutto non era riuscita ad addormentarsi. Lo spicchio di luna che vedeva dalla finestra era un po’ più grande della sera precedente e non riusciva a distogliere lo sguardo, era luminoso ed intenso, contornato dal nero del cielo notturno, completamente privo di stelle. Ventiquattro ore prima, rivolta ad essa, aveva pianto su un futuro incerto, adesso invece si sentiva leggera e sorrideva a quello splendore nel cielo con infinita gratitudine.
Quando Castle si era svegliato, aveva pensato agli avvenimenti degli ultimi giorni come ad un miracolo. Loro due in terra, feriti, in fin di vita, entrambi salvi e con una nuova vita in viaggio. Poteva essere solo un miracolo.
Aveva sorriso sempre rivolta alla luna, lei razionale, lei che si precludeva di credere all’esistenza della magia, lei non esattamente innamorata dei bambini, adesso si accarezzava la pancia per far sentire il suo amore a quella creatura che non conosceva ancora il suo papà  e, cosa più assurda, si affidava anche ai miracoli.
Il giorno dopo, se tutto fosse andato bene, Castle sarebbe stato trasferito in corsia, in una camera, tra virgolette, normale, sicuramente più confortevole.
Sospirò, si lasciò cullare dal pensiero che il giorno dopo sarebbe iniziato un nuovo capitolo della loro vita insieme e, pian piano, si arrese a Morfeo.
 
Rick aveva lasciato la terapia intensiva e lei aveva lasciato la sedia a rotelle. Il dottor Drew le aveva detto che poteva alzarsi e fare quattro passi, con calma e senza esagerare quindi, dopo il giro di visite, non ci pensò due volte ad andare da lui. Aveva visto da lontano il dottor Foster ed un infermiere entrare nella camera di Rick, così aspettò a distanza di sicurezza. Non voleva essere fermata e soprattutto, rimandata indietro.
Il dottor Foster uscì quasi subito mostrando all’infermiere delle prescrizioni e, quando furono abbastanza lontani, si avvicinò alla porta socchiusa.
Niente monitor, niente macchinari di rianimazione, niente ossigeno, solo una flebo inserita nella mano per lasciargli più libertà di movimento. Appoggiò la testa alla porta e si perse a guardarlo. Aveva il viso rivolto verso la finestra e una strana tristezza nello sguardo. Le salì un groppo in gola. L’ultima volta che aveva visto quell’espressione era stato quando aveva scoperto la sua menzogna riguardo Locksat. Abbassò lo sguardo e deglutì appoggiandosi la mano sulla pancia.
-Ehi!-
Si era persa ancora una volta nei suoi pensieri, da non accorgersi che Castle la guardava da qualche secondo. Sorrise ed entrò nella stanza.
-Ehi!-
Si chinò a dargli un bacio, ma lo sentì esitare sulle sue labbra.
-Sembravi triste prima, c’è qualcosa di brutto che dovrei sapere?-
Lei scosse la testa stringendogli la mano. Aveva bisogno di toccarlo, di sentire un contatto per essere sicura che tutto fosse davvero finito.
-No, niente cose brutte. Io sto bene, tu starai bene…-
Fece una smorfia con le labbra e si guardò intorno.
-…e adesso che hai una camera comoda e tutta per te, non ti libererai più di me!-
Rick sbuffò contrariato.
-Avevo chiesto una matrimoniale, ma non mi hanno accontentato!-
Kate baciò quel muso fintamente imbronciato e si morse le labbra.
-L’assenza della matrimoniale non ci fermerà…-
-Dove vai?-
Le chiese allarmato quando gli lasciò la mano per andare verso la porta, ma lei gli fece segno con il dito di fare silenzio. Guardò fuori nel corridoio, poi chiuse la porta per bene e tornò da lui, che la guardò stranito quando vide che sollevava la coperta per sedersi con cautela sul letto.
-Ma che fai?-
-Mi metto comoda!-
Si distese sul pezzettino di letto libero accanto a lui con un sorrisetto che era tutto un programma, ridacchiando della sua espressione stupita.
-Non posso ancora stare troppo tempo in piedi, seguo solo le direttive mediche.-
-Oh… segui le direttive mediche!-
Rick sollevò un sopracciglio e lei continuò seria.
-Il dottor Drew ha detto che devo stare a letto… non ha specificato quale…-
Si sistemò supina attaccata a lui, per non rischiare di cadere e rimase con gli occhi rivolti al soffitto.
-Il dottor Foster non sarebbe d’accordo.-
Sentenziò lui prendendole la mano, lei la strinse fingendosi contrariata.
-Beh, che può fare? Cacciarmi? Sono una paziente, ho un ricovero in atto, deve tenermi comunque qui… sarò la sua spina nel fianco ancora per un po’.-
-Mhh… anticonformista! Mi piace…-
Si voltarono contemporaneamente cercando di mantenere un contegno rispettabile fallendo miseramente scoppiando a ridere, ma Castle fece una smorfia di dolore portandosi la mano al petto. Le risate sparirono di colpo e si ritrovarono occhi negli occhi a pochi centimetri di distanza.
Trattennero il fiato percependo il pensiero dell’altro.
Insieme, a terra, in  una pozza di sangue.
Kate strinse la mascella e Rick si perse a disegnare il contorno del suo viso con un dito. Lo seguì meticolosamente e lei chiuse gli occhi.
-Hai avuto paura?-
Tornò a guardarlo e quel sussurro e i suoi occhi lucidi le arrivarono fin dentro l’anima.
Non di morire, ma di sopravvivere senza di te…
-Di perderti! E tu… hai avuto paura?-
Rick chiuse gli occhi un istante e sospirò.
Di sopravvivere senza di te…
-Di aprire gli occhi e non trovarti accanto a me!-
Kate gli posò la mano sulla guancia e lo baciò, restando poi con  lo sguardo dentro il suo.
-Prima, quando guardavi fuori dalla finestra, anche tu avevi lo sguardo triste. A cosa pensavi?-
Lui fece un  sospiro pesante, senza distogliere lo sguardo.
-Come possiamo definirci  Kate? Una specie di miracolo vivente!?-
Le sfiorò ancora le labbra con le sue parole.
La loro salvezza era un miracolo?
Lo aveva pensato anche lei mentre parlava silenziosamente alla luna. Chissà. Forse erano solo due persone molto fortunate, forse il loro destino non era ancora compiuto e le pagine del libro della loro vita non erano ancora tutte scritte.
Non voleva più chiederselo. Non voleva saperlo. Erano vivi entrambi, il resto non era importante.
Deglutì senza rispondere, chinò solo la testa per appoggiarla sulla sua spalla e si strinse a lui, crogiolandosi in quel calore   senza dire altro.
-Ho un regalo per te!-
Sussurrò dopo qualche minuto di silenzio e Rick sorrise girando la testa verso di lei.
-Mi piacciono i regali!-
-Lo so!-
Esclamò lei guardandolo a sua volta. Gli diede il suo telefono e Rick sollevò un sopracciglio.
-Il tuo cellulare?! Il mio è defunto con onore nel conflitto a fuoco?-
Kate alzò gli occhi al cielo riprendendosi il telefono di scatto.
-Il regalo è dentro al telefono. E’ un regalo sonoro.-
-Ahhhh… hai registrato qualcosa di sconcio!-
Si morse le labbra e Kate sbuffò.
-Non ti picchio solo perché sei ancora sofferente, ma ti pare che ci mettevo dentro qualcosa di sconcio?-
-Beh, non ci sar…-
-Zitto!-
Sigillò le labbra quando lei lo fulminò con lo sguardo prima di premere il tasto play e mettere il telefono tra loro, vicino alle orecchie.
-Indovina cos’è.-
-Sono emozionato, un regalo sonoro a quiz!-
S’imbronciò quando lei strinse gli occhi a due fessure e gl’intimò per l’ennesima volta di stare zitto, proprio mentre il sonoro prese vita con uno strano rumore simile ad un tamburo, sempre uguale, ritmico.
-Santo cielo! E’ il cuore di un poveruomo che sta per schiattare, se non gli calmano la tachicardia gli verrà un infarto.-
Lei scosse la testa contrariata e lui annuì convinto.
-Spero lo abbiano salvato, perché con questa velocità non avrà avuto via di scampo. Ma che razza di regalo è?-
Kate rise sulla sua espressione sconcertata e gli mise un dito sulle labbra per zittirlo ancora.
-Non è un cuore tachicardico. Chiudi gli occhi, ascolta e riprova, quando ti applichi sai essere intelligente.-
Le mostrò ancora il suo muso imbronciato e offeso, ma fece come voleva lei. Chiuse gli occhi e ascoltò attento quel tum tum tum potente e veloce. Dopo qualche secondo sorrise.
-Sai cosa mi ricorda?-
Kate si morse le labbra senza rispondere, con gli occhi fissi su di lui.
-Il cuoricino di Alexis prima che nascesse, durante l’ecogr…-
Aprì di colpo gli occhi lasciando la frase in sospeso e Kate sollevò le sopracciglia trattenendo il respiro quando lui girò il viso verso di lei.
-Co… cos’è?-
-Non vuoi provare ad indovinare?-
Rick rispose di no con un movimento della testa, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime. Aveva capito, ma voleva conferma e lei sorrise dolcemente.
-E’ il battito del cuore di nostro figlio!-
Lo vide chiudere gli occhi e stringere le labbra e le lacrime dapprima traballanti, scesero calde sulle tempie. Kate rimase in silenzio, godendosi l’emozione che l’ha travolto in un istante, sorrise mordendosi le labbra quando lui riaprì gli occhi e la guardò.
-Se… sei incinta!?-
Balbettò mentre il battito continuava a fare da sottofondo e lei mostrò il suo sorriso radioso annuendo.
-Così dicono tutti…-
Castle deglutì, il suo sguardo era un misto di stupore e dolcezza che le tolse il fiato.
-C… come!?-
Lei si finse contrariata alzando gli occhi al cielo.
-Se devo spiegarti come, ci vorrà un po’ di tempo, dovrò cominciare dal rapporto che hanno le api con i fiori!-
-No… cioè, io…-
Sospirò per prendere aria, mentre lei se la rideva, ma si perse subito nei suoi occhi e tornò seria, sentendo il cuore battere veloce, come quella registrazione che andava avanti di continuo.-
-Volevo dire… quando?-
-Sono di cinque settimane e ti giuro che non ne avevo idea, non avrei affrontato Locksat, davvero io…-
Incominciò a gesticolare seria, ma lui le mise un dito sulle labbra per zittirla e appoggiò la fronte alla sua.
-Non è il momento di dire sciocchezze…-
Lo baciò, lasciandosi accarezzare.
-E… e sta bene?!-
-Lo senti il suo cuoricino? Lanie dice che è un bimbo forte…-
La registrazione arrivò alla fine e il battito veloce sparì, Castle sorrise.
-Sarà una bambina cocciuta!-
-Oppure un bambino cocciuto!-
Le accarezzò la guancia, scuotendo la testa.
-E’ sopravvissuta ad un proiettile… fidati, può essere solo una femminuccia, cocciuta… come te.-
Seguì le sue labbra con un dito sorridendo e lei chiuse gli occhi.
-Ma se fosse un maschio non saresti contento?-
-Felicissimo! Ho sempre desiderato un erede al trono! Ma ormai è fatta, lei è una bambina e non possiamo cambiarle il sesso.-
Kate corrucciò la fronte. Non stava facendo supposizioni, stava farneticando su qualche suo pensiero contorto a cui lei non riusciva ad arrivare e prima che chiedesse spiegazioni, si rese conto che stava ancora parlando.
-E’ arrivata d’improvviso, noi non ci abbiamo fatto caso, non ci siamo impegnati, perciò ci ha fregato.-
-Stai cercando di dirmi che se ci fossimo impegnati, consapevoli di concepire, sarebbe stato un maschio, invece ci ha fregato ed una femmina!-
Rick annuì deciso e serio e lei strinse le labbra per non scoppiargli a ridere in faccia.
Come avrebbe potuto sopravvivere senza di lui, senza le sue farneticazioni che le facevano dimenticare la paura e i problemi! Lo amava e non desiderava nient’altro. Nient’altro, oltre un bambino, o una bambina, che gli somigliasse…
-Dimmi Castle, questa è una teoria comprovata?-
-Naturalmente!-
Rispose sicuro e angelico e lei continuò seria.
-E da chi?-
-Dal mio meraviglioso cervello… ed è una certezza, la prossima volta ci impegneremo per bene, lo penseremo ardentemente e vedrai se arriverà il nostro maschietto.-
-La prossima volta? Spero che faremo passare un  po’ di tempo prima.-
Si ritrovarono a ridere e dimenticare perfino il dolore alle ferite.
Rick le prese la mano, era l’unico movimento che riusciva a fare, oltre a girarsi a guardarla e lei si strinse ancora al suo braccio.
-D’accordo, non voglio rovinare le tue convinzioni, ma io mi riservo la teoria del cinquanta per cento di probabilità, fino a quando non si mostrerà in tutta la sua bellezza.-
-Come vuoi, ma poi non restarci male quando ti dirò te l’avevo detto.-
Lei rise ancora scuotendo la testa.
-Non hai nient’altro da dire? Sei contento, eccitato, spaventato… scioccato come me…-
-Sono innamorato!-
Lei si bloccò sollevando le sopracciglia.
-Mi sono innamorato di te… di nuovo… adesso…-
Le mise la mano sul viso e sorrise dolcemente, con gli occhi lucidi, mentre lei trattenne il respiro.
-Ci si può innamorare ogni giorno della stessa persona?-
Kate chiuse gli occhi e lasciò andare una lacrima sulla spalla di Rick, assaporò la sua carezza e si strinse di più a lui. Restarono ancora in silenzio, vicini, mentre lui le sfiorava i capelli con il mento.
-Me lo fai ascoltare ancora?-
Kate sorrise e riavviò il sonoro.
-E’  ipnotico non è vero? Ieri l’ho ascoltato di continuo quando ero sola nella mia stanza. Non  riuscivo a smettere.-
-Perché non me lo hai detto appena mi sono svegliato?-
-In quella stanza orribile, con te che sembravi una marionetta con tutti quei fili attaccati addosso e gente sconosciuta intorno? No… non sarebbe stato né intimo, né romantico.-
-Chi altro lo sa?-
Le chiese dopo qualche secondo.
-Solo Lanie… volevo aspettare te.-
Sollevò la testa per guardarlo, senza lasciargli la mano.
-Ad Alexis però lo diremo subito, in privato, solo noi e lei. E’ parte delle  nostre vite e sarà importante per il nostro bambino, quindi lei deve saperlo per prima e subito.-
Lui le sorrise dolcemente, annuendo.
-Grazie, ne sarà felice…-
La baciò a fior di labbra, tenendo il contatto un paio di secondi.
-…e dopo? Che succederà, voglio dire, avremo un po’ di cose da superare.-
Kate si chiuse nelle spalle accoccolandosi ancora sulla spalla.
-Torneremo a casa e vivremo questo nuovo capitolo della nostra vita, cercando di dimenticare.-
-Sicura? Non è che vuoi cambiare casa?-
Lei si sollevò di scatto scuotendo la testa.
-No, io… no, a meno che tu non voglia…-
-No, io  non voglio, se tu non vuoi.-
-No. E’ casa nostra. Non permetterò a nessun Caleb Brown di farci abbandonare la nostra casa. E’ vero che all’inizio potrebbe essere difficile e che avremo sempre un ricordo terribile, ma ne abbiamo altri mille meravigliosi.-
Rick sorrise, baciandola sul naso.
-Come ci organizziamo allora? Dovremo rivedere un paio di cose, non solo a casa, ma anche con il tuo lavoro.-
Lei annuì seria e rimase a guardare in un punto indefinito sul soffitto.
-Io diventerò un capitano di distretto molto noioso, non  mi muoverò dalla scrivania e userò i miei sbalzi ormonali per tiranneggiare i miei uomini e sbottare con i capi durante quelle riunioni interminabili e senza senso. Sai quante volte mi sentirò male dentro quelle sale riunioni?-
-Sempre più anticonformista!-
Ridacchiò Rick accoccolandosi ancora di più.
-Sicura? Non ci sarebbe niente di male ad uscire dal distretto ogni tanto.-
Lei si toccò la pancia, scuotendo la testa.
-Ho rischiato dei perderlo senza nemmeno saperlo, non lo metterò mai più in pericolo. Sono un poliziotto Castle, ed è quello che sarò per sempre, solo che ci meritiamo un po’ di tranquillità. Lavorerò per tenere pulito e sicuro il piccolo mondo in cui vivrà nostro figlio, per un po’a proteggere il resto del mondo ci penseranno i servizi segreti, la CIA, tuo padre…-
Lui sorrise annuendo.
-…e poi ci sono i supereroi, che vogliamo fare Beckett, lasciarli senza lavoro?-
-Non sia mai! Dopo la sua nascita si vedrà. Voglio prendermela comoda.-
Risero insieme accoccolandosi sempre di più e Rick si schiarì la voce.
-E dovremo anche pensare al corredino e alla camera della piccola, culla, armadio, decidere il colore delle pareti, potremmo farle…-
Lei sollevò un dito seria.
-Non ti azzardare a dire rosa perché potrei picchiarti a sangue davvero.-
-Ma…-
-Ma niente. Niente rosa alle pareti, anche se fosse femmina e niente vestitini di tulle, merletti e sbuffi vari. Non vestirò mai mia figlia stile bomboniera. E con questo il discorso è chiuso!-
-E cosa dovremmo usare, uno squallido avorio unisex?-
Finse di trovare molto interessante il soffitto quando lei lo fulminò con lo sguardo.
-Pensavo più ad un color lavanda. Una parete leggermente più scura e le altre più chiare e poi…-
Si sollevò con cura guardandolo raggiante.
-…potremmo metterci degli stancil, ce ne sono di bellissimi. Mi sono innamorata di un albero enorme con le scimmiette e altri animaletti che penzolano dai rami, è tripudio di gioia.-
L’interesse per il soffitto svanì d’improvviso e Rick tornò a guardarla corrucciando la fronte.
-Che ne sai tu di stancil enormi a forma di albero? Per bambini per giunta?-
Lei sollevò le spalle e si distese ancora attaccata a lui.
-Non riuscivo a dormire la notte scorsa, mi annoiavo e così ho visitato un po’ di siti… non c’è nulla di male.-
-No certo… non c’è nulla di male…-
Si era innamorato di nuovo di lei, in quel preciso istante, di tutte quelle Kate che esistevano in una e che lo sorprendevano ancora dopo otto anni.
-Lo so che te la stai ridendo sotto i baffi Castle, ma non importa.-
Chinò la testa e la baciò, sorridendole sulle labbra.
-Non sto ridendo sotto i baffi, sono piacevolmente stupito e… follemente innamorato. Di nuovo.-
Kate lo guardò seria. Colorito ancora pallido, barba lunga e quella luce negli occhi che lo distingueva da chiunque altro. Lo baciò a sua volta, accarezzandogli il viso.
-Ti amo!-
Sussurrò sulle sue labbra, occhi negli occhi. Quegli occhi che la guardavano lucidi. Si accorse che stringeva la mascella per trattenere l’emozione, si distese comoda di nuovo e tornò a stringersi a lui, che si schiarì la voce sospirando. Troppe emozioni in pochi minuti. Doveva riprendere respiro.
-Dovremo anche rinunciare al nostro viaggio in moto…-
Le disse con una punta di malinconia  e lei sospirò chiudendosi nelle spalle.
-Questo mi dispiace, ho sempre desiderato partire con il vento sulla faccia, adoro quella moto, specie dopo che l’hai messa a nuovo per me… -
-Beh, non dobbiamo per forza mancare anni e visitare tutta l’America, quando la bambina sarà più grandicella, possiamo sempre sbolognarla a qualcuno e farci un fine settimana in qualche paesino sperduto.-
-Ma nemmeno per idea!-
Esclamò lei guardandolo male.
-Primo, noi non sbologneremo nostra figlia, o nostro figlio, a nessuno.-
-No!?-
-NO! Secondo… secondo niente. Anzi sai che ti dico? Appena sarai in forma vai in garage e falle sparire tutt’e due.-
Rick si scostò da lei sbarrando gli occhi.
-Cosa? Perché?-
-Perché un giorno tua figlia, o tuo figlio, diventerà un adolescente con la testa dura. Sai cosa provoca una Harley Davidson nella mente di un adolescente?-
Lui corrucciò la fronte, non riusciva più a seguirla.
-Sembra che tu lo sappia.-
-Infatti lo so. Non capirà più niente, potrai incatenarla, impedirle di guidarla, ma prima o poi ti farà fesso…-
Lui sollevò le sopracciglia rendendosi conto che aveva cominciato a parlare del loro bambino al femminile, ma la parte divertente era il suo sproloquio.
-…la prenderà di nascosto anche se non avrà ancora l’età per guidare una moto di grossa cilindrata e passerai la notte ad aspettarla e quando tornerà non saprai se metterla in punizione in catene a vita o abbracciarla felice che sia tutta intera.-
Rick era sempre più confuso. Non era lui quello che farneticava senza nessuna ragione e lei quella tranquilla? Cos’era questa inversione di ruoli?!
-D’accordo, ma deve ancora venire al mondo…-
-Non importa, meglio togliere ogni tentazione fin da subito, quindi, falle sparire!-
-E poi quello paranoico con mia figlia sarei io?-
-Tu non sei paranoico, sei asfissiante.-
-Disse la donna anticonformista che tolse la libertà a sua figlia prima che nascesse…-
Kate sbuffò contrariata e si allontanò per guardarlo negli occhi.
-Mettiamola così Castle, mia madre non diceva soltanto ‘Katie, odio dover dire te l’avevo detto’ diceva anche ‘Katie, un giorno capirai, quando sarai madre’…-
Lui sollevò un sopracciglio divertito.
-E tu hai già capito?-
-Esatto.-
-Wow! Sei entrata proprio in modalità genitoriale! Kate, lo sai bene che un giorno si metterà nei guai comunque senza che tu possa fare niente e che, se vorrà, la moto può sempre comprarsela?-
-Certo che lo so, ma di sicuro non l’aiuterò a farlo e in quel caso, come madre, mi prenderò il diritto di dirle ‘odio dover dire te l’avevo detto’!-
Rick rise annuendo, le accarezzò il viso e lei gli prese la mano e la tenne stretta sul suo petto.
-Sono un po’ esagerata vero?-
-Solo un pochino…-
Le sussurrò all’orecchio, prima di baciarla.
-Sappi che sarò esagerato anche io… con te. Ti starò appiccicato e con il fiato sul collo.-
Lei annuì, stringendosi di nuovo a lui.
-Ti riempirò di attenzioni, ti toglierò la caffeina sostituendola con tisane e litri di latte…-
-Addirittura litri?-
Ridacchiò mentre lui annuiva.
-…ti chiederò di continuo come stai, ti chiamerò centinaia di volte quando sarai al distretto, ti farò mangiare solo cose sane e  nutrienti…-
Kate continuò ad annuire con il sorriso sulle labbra e il cuore gonfio di gioia.
-…ti coccolerò anche quando sarai nervosa, facendoti innervosire ancora di più e ti massaggerò i piedi anche quando non vorrai. Insomma sarò asfissiante anche con te.-
Lei non rispose, si limitò soltanto ad annuire sollevando la testa per guardarlo.
-Non mi rimproveri?-
Non rispose nemmeno stavolta, restò semplicemente incollata ai suoi occhi con il sorriso sulle labbra.
-D’accordo, dov’è mia moglie, quella vera? Chi sei tu?-
Gli accarezzò il viso, si soffermò sulle labbra e poi gli prese la mano e se l’appoggiò sulla pancia.
-Una donna sopravvissuta che sta per dare la vita ad una nuova vita…-
Gli occhi di entrambi si riempirono di lacrime, Rick le accarezzò la pancia e lei lo baciò.
-Ci meritiamo di essere felici Castle!-
-Si… direi proprio che ce lo meritiamo.-
 
∞∞∞
 
-Sarà così la nostra vita d’ora in poi?-
Kate sussulta tornando alla realtà, sposta gli occhi velocemente per guardasi intorno. L’alberello sulla parete di un lavanda leggermente più scuro delle altre tre, spicca con la sua scimmietta che dondola da un ramo, mentre gli altri animali la guardano gioiosi. Un gruppo di peluche fa capolino dalla cesta di vimini bianca e anche la culla è al suo posto e, cosa più importante, la sua bambina esiste.
Sospira e si passa le dita sugli occhi velocemente, sperando che lui non si accorga di quelle lacrime.
Da quanto tempo è chiusa nei suoi ricordi? Non si è nemmeno resa conto di piangere.
-Allora? E’ questo che faremo ogni giorno?-
-Questo… cosa?-
Gli chiede senza voltarsi consapevole di avere bisogno di un fazzoletto, mentre lui fa un paio di passi dentro la camera gesticolando.
-Noi che guardiamo Lily dormire… certo, in quei venti minuti continui che dorme, perché per il resto la guardiamo stare sveglia… molto sveglia!-
Scoppiano a ridere insieme, ma lei continua a non voltarsi, tenendo una mano sul mento e i capelli che le coprono il viso.
-Che succede Kate?-
Eccola la domanda tanto attesa.
Credeva davvero che non l’avrebbe scoperta?
Si gira verso di lui che le si è seduto accanto sul puff con la faccia di elefante e la proboscide schiacciata. E’praticamente affossato sull’animale morbidoso, tanto da essere parecchi centimetri più basso di lei e costretto a guardarla dal basso in alto.
-Non succede niente, perché?-
-Occhi lucidi, ciglia umide, naso rosso… dimentichi che sono un segugio con gl’indizi!-
Lei storce le labbra e guarda la loro bambina nella culla.
-Niente, guardavo Lily dormire e… mi sono commossa, non perché è carina quando dorme, ma proprio perché è difficile vederla dormire…-
-Già, non è una gran dormigliona, chissà da chi ha preso?-
Scoppiano di nuovo a ridere e Rick le prende la mano.
-C’era tristezza nel tuo sguardo, non commozione.-
Lei sospira e torna a guardarlo.
-La scusa degli sbalzi ormonali non funziona più?-
-Dopo tre mesi? Mhhh…-
Risponde storcendo le labbra, senza smettere di guardarla. Lei gli accarezza il viso sorridendo mesta, trascina la carezza sul collo e con entrambe le mani gli sbottona la camicia.
-Oddio capitano, qui davanti alla bambina, io mi vergog…-
Il dito di Kate sulle labbra lo zittisce e senza fiatare gli apre la camicia all’altezza del petto. Lo sfiora con un dito facendolo rabbrividire, accarezza la cicatrice, su e giù, con dolcezza. Rick abbassa lo sguardo su quel movimento lento e deglutisce tornando a guardarla.
-Kate… che c’è?-
Lei continua con quella carezza e sospira.
-Vedo questa cicatrice ogni giorno. L’ho vista cambiare, dal rosso intenso ad essere quasi invisibile, l’ho accarezzata, baciata…-
Alza lo sguardo e si perde nei suoi occhi, sorridendo.
-…l’ho amata… è un segno di vittoria. Devo amarla.-
Rick corruccia la fronte, non capisce ancora cosa le stia succedendo.
-Non ho mai pensato a quel giorno… quando siamo tornati a casa credevo che mi sarei sentita soffocare, pensavo che avrei dovuto fare i conti con incubi e paure, invece…-
Deglutisce perdendosi nello sguardo serio di Rick.
-…invece non è successo niente di tutto questo, è come se avessi cancellato tutto, come se non fosse mai successo, ma non in senso negativo, voglio dire, non era una negazione per non soffrire, era proprio che non  mi faceva male!-
Rick le stringe le mani e sorride inclinando la testa.
-E adesso?-
Lei scuote la testa girandosi a guardare la bambina.
-Ho messo Lily nella culla e sono rimasta a guardarla e ad un tratto…-
Chiude gli occhi deglutendo.
-…ad un tratto la culla era vuota, la stanza era vuota. Niente pupazzi, niente pareti colorate, niente di niente. Ho rivissuto quei giorni attimo per attimo e non so… non mi sono resa conto nemmeno di stare piangendo.-
Si gira a guardarlo, di nuovo con le lacrime che le rigano il viso.
-Lily poteva non esistere… tu potevi non…-
Si ferma quando Rick le mette la mano sul viso e lei inclina la testa per assaporare la sua carezza, baciandogli il palmo.
-Siamo tornati a casa con troppe novità Kate, avevamo in testa solo il pensiero di cambiare tutto, eliminare le tracce di un cadavere dalla cucina, scegliere i colori per la cameretta, fare bene attenzione che fosse lavanda chiaro e lavanda scuro e non diventasse ciclamino, perché il ciclamino poi tende al rosa e il rosa è da bomboniera…-
Lei ride mordendosi il labbro. Lo aveva fatto ammattire con quei colori, non le piaceva mai l’intensità, non era quella giusta e lui che fingeva di non poterne più era adorabile, come sempre.
-…siamo stati impegnati a vivere e i cocci si sono riuniti senza che ce ne accorgessimo. Tra qualche giorno sarà un anno… è normale che ci hai pensato adesso, ma… guardati intorno. Io sono qui e Lily esiste…-
Lei annuisce, prendendogli la mano tra le sue e lui sospira in modo teatrale.
-…e non dorme mai!-
Si gode la sua risata, la bacia a fior di labbra e corruccia la fronte.
-Una cosa abbiamo sbagliato comunque in questa camera.-
Kate solleva un sopracciglio contrariata. La cameretta di Lily è perfetta, non c’è niente di sbagliato.
-Questo puff!-
Lei lo guarda con la stessa espressione e lui cerca di sistemarsi meglio.
-È troppo morbido, si affloscia con il peso, sono praticamente seduto a terra,  mi ci vorrà una gru per alzarmi.-
-Castle! E’ un puff per bambini fino a 3 anni, tu pesi un po’ di più!-
-Stai cercando di dirmi che sono grasso?-
Lei si morde le labbra per non ridere scuotendo la testa.
-Sto solo dicendo che sei adulto Castle, nonostante il tuo fisico asciutto e atletico, pesi sicuramente di più di un cucciolo di 3 anni…-
Rick la guarda in cagnesco e imbronciato, ma torna serio quando lei all’improvviso, gli mette la mano sul viso.
-E tu? Sei mai tornato a quei momenti fingendo di stare bene per non allarmarmi?-
Rick abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate e annuisce.
-I primi tempi. Mi succedeva di svegliarmi d’improvviso, ma non in preda ad incubi, mi mancava l’aria e mi svegliavo…-
-Ed io non me ne sono mai accorta, ero così tranquilla che non ho capito. Perché non mi hai mai svegliata, so quanto sono brutti questi risvegli, io…-
Rick la costringe a non parlare baciandola  e quando lei resta in silenzio a guardarlo, scuote la testa sorridendo.
-Non era necessario svegliarti o parlarne, tu eri lì. Abbassavo lo sguardo e dormivi sul mio cuore, su quel cuore che continuava a battere nonostante tutto e  non avevo bisogno di altro.-
Le accarezza il viso asciugandole, con i pollici, le ultime lacrime scese.
-E lo stesso è stato per te. Eri serena perché avevi me. C’era Lily dentro di te che ti riempiva la vita, non avevi motivo di aver paura.-
Lei annuisce sapendo che ha ragione, l’amore e le attenzioni di suo marito ed il pensiero della sua bambina l’hanno aiutata a superare tutto.
-Se quattro anni fa non ti avessi allontanato da me, gli incubi non mi avrebbero divorato per mesi.-
Rick scuote la testa stringendole le mani.
-Ricordi quando ti ho detto che ogni cosa che ho pensato, deciso, vissuto mi ha portato qui, a stare con te, oggi?-
Lei annuisce con attenzione.
-Vale anche per te. Quattro anni fa avevi bisogno di stare sola, il tuo cuore ha deciso così e, giusto o sbagliato che fosse, ti ha reso quello che sei oggi. Quella separazione e quella sofferenza sono un altro tassello che ci ha portato fin qui, insieme… con Lily.-
Fa segno verso la culla e anche Kate si gira a guardare la loro piccola Lily che dorme tranquilla. Sorride perdendosi ancora nei ricordi. Aveva ragione lui, al quinto mese avevano scoperto che era una femminuccia e quel giorno finì la sua pace, perché si divertiva a ripeterle almeno una decina di volte al giorno ‘te l’ave vo detto!’ rinnovando, in  maniera sempre più colorita, la sua teoria.
Sente le braccia di Rick cingerle le spalle e torna al presente, davanti a quella culla con dentro la sua bambina.
-E’ bellissima!-
Sussurra ridendo radiosa.
-E splendida!-
La tonalità calda e roca di quel sussurro le fa capire che suo marito non si riferisce alla bambina, si gira mordendosi il labbro e si trova addosso quell’azzurro intenso che la fissa.
-Io parlavo di Lily!-
-Anche Lily è splendida. E’ splendida due…-
Le passa le dita sulle labbra che si schiudono in un  sorriso.
-Ha le tue labbra, è splendida per forza.-
Gli occhi gli brillano così tanto che il loro azzurro cambia colore, diventando forte ed intenso. Gli mette le braccia al collo stringendolo forte a sé, affondando il viso nel suo collo.
-Mi sono innamorata…-
Rick si allontana per guardarla e lei sorride, accarezzandogli i capelli.
-…mi sono innamorata di te, di nuovo… adesso…-
Lui abbassa un attimo lo sguardo. Sua moglie aveva la scusa degli ormoni impazziti, ma lui che scusa avrebbe potuto avere? Sente un groppo in gola e sospira tornando a guardarla.
-Vorrei ben dire, ricordati che abbiamo ancora il maschietto da fare e bisogna essere molto innamorati per farlo bene, oltre che tutto il resto.-
Kate ride annuendo e gli accarezza le labbra, come ha fatto lui poco prima.
-Tornando alla tua teoria, credi che se c’impegniamo per bene, stavolta questo maschietto potrebbe venire con le tue labbra?-
Lui solleva le spalle.
-Possiamo sempre provarci… e visto che ci siamo, impegniamoci moltissimo perché questo maschietto dorma, dorma tanto…-
Sventola le mani facendola ridere, mentre Lily si sveglia piangendo.
-Ecco… come volevasi dimostrare…-
Borbotta Rick cercando di alzarsi, ma ruzzola via dal puff ritrovandosi seduto a terra, tra le risate di Kate e il pianto di Lily.
Si alza scocciato ed imbronciato, guardando male sua moglie che invece ride tenendosi lo stomaco. Impettito va alla culla e si china sulla piccola.
-Ciao Patatina! Hai dormito tanto stavolta!-
-Secondo me dorme poco perché ha l’incubo di diventare una patatina!-
Kate continua a ridere e Rick guarda la bambina.
-Invece le battute della mamma ti fanno ridere, vero Patatina?-
Prende Lily in braccio, che continua a disperarsi senza motivo e va verso l’albero che troneggia sulla parete, dondolandosi per cullarla. Con una mano gesticola, mostrando a Lily l’elefante che spruzza con l’acqua la scimmietta e la giraffa che saltella felice, le parla sottovoce, sfiorandole l’orecchio. La birichina smette di piangere, muove i piccoli pugni verso il muro e gorgheggia ridendo.
Kate resta a guardarli con il sorriso sulle labbra, si porta la mano sinistra al petto e con l’altra mano accarezza la fede.
I suoi ultimi ricordi, dalla nascita di Lily, inquadrano il suo scrittore davanti a quell’albero, seduto sulla sedia a dondolo, con un batuffolo avvolto in una copertina color lavanda sul suo petto.
Ogni sera una storia nuova sussurrata con dolcezza, mentre quella monellina che non dorme mai, lo osserva con gli occhioni spalancati, come se capisse le sue trame.
Ogni sera una storia nuova, mai uguale alla precedente.
Lui le racconta a Lily e lascia che il vento se le porti via.
Lei le registra in gran segreto per non lasciarle andare e… chissà che un giorno non le conoscano tutti i bambini del mondo…
Scuote la testa tornando alla realtà, quando Rick si gira a guardarla e le fa una linguaccia.
Torna a raccontare a Lily di animali che si arrampicano sugli alberi, le fa le smorfiette ed il solletico sul pancino e lei ride sdentata.
Lei si alza e stringe le braccia intorno alle spalle di Rick, che gira la testa per guardarla. Gli accarezza i capelli, dà un bacio sulla fronte alla sua Lily e si perdono ancora una volta nei loro sguardi.
 
Ci si può innamorare ogni giorno della stessa persona?
Si.
Ci si può innamorare e innamorare di continuo della stessa persona, se ogni volta che ti guarda ti fa sentire viva e ti penetra l’anima con un gesto nuovo, un sorriso diverso, uno sguardo triste, una mano che ti stringe, un abbraccio inaspettato, un’espressione meravigliata, un  silenzio pieno di parole…
Sempre!


Angolo di Rebecca:

Eccoci alla fine del primo anno di quei sette :p
I nostri tontoloni sono sempre innamorati e... prima o poi arriverà il maschietto se s'impegnano per bene *-*

Grazie per il vostro affetto mai immutato <3 dopo tanto tempo, non me lo aspettavo!

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