Interdictae Virtutes

di Danmel_Faust_Machieri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dimensioni della mente ***
Capitolo 2: *** Vivere per poter tornare indietro ***
Capitolo 3: *** Il giorno in cui tutto cambia ***
Capitolo 4: *** L'Uno e il Tutto ***



Capitolo 1
*** Dimensioni della mente ***


Questa nostra dimensione è una delle innumerevoli che ruotano in un orizzonte più ampio del limite del nostro universo. Ne abbiamo prova semplicemente quando pensiamo: i pensieri vagano nella nostra testa eppure non si trovano al suo interno; i pensieri sono altre realtà che per i nostri sensi non esistono eppure li possiamo percepire. Alcuni di questi sono nitidi, come un quadro dai colori accesi, altri invece sono fumosi, sospesi in una nebbia che li copre, come un velo, nascondendoli apparentemente da noi. Ecco che quindi la nostra mente diventa madre di molteplici dimensioni, dimensioni che alle volte iniziano a crescere indipendentemente da noi, alle volte senza controllo e assediano la nostra mente, altre volte ci implorano di aiutarle a crescere e poi ci sono quelle che ci abbandonano, di cui ci dimentichiamo piano piano. Eppure ci sono dimensioni che generiamo noi uomini ma che non possiamo comprendere con la nostra mente: mondi in cui le dimensioni spaziali si fermano a due o si estendono fino ad essere sette; mondi in cui vivono esseri che possiedono un senso per noi inesistente che gli fa percepire cose irraggiungibili per noi; mondi in cui esiste un colore che non abbiamo mai visto; mondi in cui le leggi fisiche non sono le stesse del nostro mondo... E altri mondi simili a questi appena abbozzati. Ma com'è possibile parlare di queste realtà? Solo i grandi sono in grado di descrivere con le parole queste dimensioni incomprensibili ed io, piccolo e misero narratore, non sono granda abbastanza per questa sfida quindi abbassero la mira e vi racconterò una storia narrata in una dimensione simile alla nostra. Esatto perché, come esistono dimensioni incredibilmente lontane dalla nostra, esistono anche dimensioni che divergono dalle nostre solo per una stella collocata in un punto diverso, un uomo morto un giorno diverso, un pensiero che si è sviluppato. La mia storia nasce in una dimensione che diverge dalla nostra soprattutto per due aspetti: gli esseri che la abitano e il potere dell'Aura; ma ora cerchiamo di proseguire per gradi iniziando col mio occultarmi dietro alle parole di questa dimensione che si è ribellata al mio pensiero e pretende di essere raccontata.

Esiste un universo incredibilmente simile al nostro: in questo la struttura dai corpi celesti è uguale ha quella degli stessi corpi che abitano la nostra dimesione ma esistono alementi mai visti dai nostri microscopi; in questo esiste un sistema solare in cui si trova un pianeta il cui nucleo e la cui crosta esterna è quasi identica alla nostra ma pende solo, senza altri pianeti da ossevare, seguito da stelle diverse per grandezza, luminosità e colori; in questo pianeta vivono esseri identici a noi chiamati Homines ma, oltre ad avere un "qualcosa" che noi possiamo solo immaginare, non sono gli unici ad abitare quel pianeta.
Questo è l'unico pianeta di cui abbiamo scienza in quella dimensione, l'unico parte di quella dimensione ad essere civilizzata; ed è per questo che la nostra storia deve prendere i passi da quel mondo.
Quel pianeta venne chiamato dai primi esseri che lo abitarono "Atlantis" e prosperò di vite in breve tempo.
Atlantis è abitato, oltre che da animali simili a quelli che abitano il nostro mondo, da sei razze diverse tra loro: gli esserei umani, denominati "Homines", esseri simili a noi uomini, unica razza in grado di risvegliare l'Aura; gli esseri demoniaci, denominati "Diaboli", esseri dall'aspetto simile agli Homines, che prediligono i luoghi oscuri e che si dividono in sei gruppi (Diavoli, Infidi, Vampiri, Licantropi, Incubi e Fantasmi); gli esseri fatati, denominati "Spiriti", esseri con aspetti diversi tra loro, che vivono prevalentemente immersi nella natura e che si dividono in sei gruppi (Fate/Spiriti, Golem, Centauri, Druidi, Elfi e Gnomi); gli esseri mitologici, denominati "Mythi", esseri dalle nature incredibilmente diverse tra loro, che abitano nature anche irraggiungibili per gli altri esseri; gli esseri acquatici, denominati Aquatiles, esseri che abitano nei corsi e negli specchi d'acqua ma che non sdegnano le terre ferme, si dividono in sei gruppi (Oceani, Mari, Serpenti Marini, Laghi, Fiumi e Sirene/Tritoni).
Atlantis è un mondo in cui esiste un'unica immensa isola principale circondata dalle acque e, la sua capitale, che si chiama Atlantis come l'isola stessa, si trova all'estremo nord dell'isola; la capitale Atlantis è la città più grande del mondo e in essa si trova il Palazzo del Consiglio: il Palazzo del Consiglio è il luogo in cui si svolgono le sedute del Concilium. Il Concilium è un'assemblea formata da un rappresentante di ogni razza, chiamato Senatores, ed esso è l'organo che detiene il potere legislativo; ad esso sono subordinati: l'Inquisizione, l'organo che detiene il potere esecutivo, e il Tribunale dell'inquisizione, l'organo che detiene il potere giudiziario. Il Palazzo del Consiglio è anche la residenza del Senatores degli Homines, l'unico dei Senatores che non viene eletto con un voto democratico degli altri esseri della sua stessa razza ma che eredita il titolo per successione dinastica. 
Le varie razze sono sempre vissute in armonia tra loro ma, per mantenere questo equilibrio, il Concilium, 313 anni dopo la fondazione della città di Atlantis e del Concilium stesso, dovette approvare la coiddetta "Lex contra Aurarum Originem" una legge che destò un incredibile scalpore tra gli Homines. La legge prevedeva che nessuno tra gli Homines potesse risvegliare l'Aura. Essa, come già detto, è un potere che si può sviluppare solo negli Homines e si manifesta come un fuoco che avvolge determinate parti del corpo; l'Aura ha un colore e un volume che varia a seconda dell'Homo a cui appartiene ed essa, una volta risvegliata, può essere utilizzata dall'Homo in cinque diversi modi denominati Virtute: l'Alchimia, la Virtus che permette di modificare la forma e la densità dell'Aura stessa; la Necromanzia, la Vitrtus che permette di instillare parte della propria Aura all'interno di cadaveri o di parti di cadaveri e di controllarli; la Magia, la Virtus che mediante l'Aura e la vita della natura circostante permette in parte di modificare quest'ultima; la Stregoneria, la Virtutes più potente fra tutte che, con un'Aura abbastanza vasta, permette di modificare l'ambientre circostante; la Demonologia, la Virtutes che permette di creare Incubi più o meno complessi con la propria Aura e di controllartli. Queste Virtutes, specialmente la Stregoneria e la Demonologia, erano considerate un serio pericolo per le altre razze che, con l'appoggio del Senatores degli Homines dell'epoca, decisero di vietarle mediante la legge sopra detta. Così le Virtutes vennero rinominate "Interdictae Virtutes" e da allora ogni "Praticante" (ossia ogni Homo che si avvaleva di queste) diveniva un ricercato e veniva giustiziato dall'Inquisizione. Ogni "Praticante", tra l'altro, aveva un "grado" che indicava la sua pericolosità ed esso era una stella che andava dalle due alle cinque punte. Gli Homines, secondo le fonti storiche dell'epoca, concordarono con il provvedimento ma pian piano due movimenti segreti di opposizione si vennero a creare: il primo a nascere era formato da Homines che volevano utilizzare le Virtutes per imporsi sulla società anche in modo violento viceversa il secondo, formato da più esponenti delle varie razze, optava per un'azione "meno diretta"; gli Homines di questo gruppo cercavano di utilizzare le Virtutes per aiutare gli altri esseri.

Così vivono i vari esseri ad Atlantis ed è in questo mondo che la nostra storia inizierà lentemente a muoversi.

Spero di non avervi tediato con questa lunga introduzione e, se alcune cose non vi fossero chiare, avvertitemi e vedrò di sistemarle, altre cose ancora sono volutamente occultate; spero che fino a qui, la storia, abbia un poco destato il vostro interesse.

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Capitolo 2
*** Vivere per poter tornare indietro ***


Le ultime stelle della notte svanirono annunciando la prima alba di Muin: il mese della Vigna. Oscar continuava a condurre il carro nonostante il sonno stava per prendere il sopravvento. La testa gli dondolava su e giù seguendo l'andamento della strada sterrata che stavano percorrendo; gli occhi gli si stavano chiudendo quando una mano si poggiò sulla sua spalla facendolo sobbalzare per lo spavento. Il negromante si voltò di scatto e vide Filippo, tirò un sospiro di sollievo e chiese ridendo "Vuoi farmi sbandare a caso?"
L'alchimista si sedette accanto al posto di guida e disse all'amico "Hai guidato tutta notte, sarai sfinito oramai. Vai a dormire un po'; qui ci penso io"; Oscar gli passò le redini del cavallo e lo ringraziò mentre si sedeva difronte a Giacomo che dormiva ancora.
Il carro stava attraversando proprio in quel momento un boschetto in cui filtrava una tenue luce attraverso le fronde degli alberi mentre la natura iniziava a svegliarsi con i suoi rumori: gli uccelli iniziavano a canticchiare mentre qualche animale brucava l'erba accanto alla strada. Il vento suonava le fronde accompagnando il canto del primo risveglio. Erano passate ormai cinque ore da quando Oscar e Filippo si erano dati il cambio e si erano fatte quasi le undici; allora Giacomo si svegliò e, estratte due pagnotte da una sacca insieme a due bottiglie di vetro, si sedette accanto all'alchimista, "Giorno Filo!" lo salutò. 
"Oh, Jacky ti sei svegliato!" disse lui voltandosi per guardarlo.
"Tieni; vuoi fare uno spuntino?" gli chiese il mago porgendogli una pagnotta e una bottiglia.
"Molto volentieri, grazie" disse afferrando le provviste offerte dall'amico.
"Certo che ci siamo messi in una situazione del cavolo…" disse Giacomo addentando la pagnotta.
"Già… Tra Alfonso e l'attacco di ieri sera del suo cameriere molte cose sono cambiate per noi…" aggiunse Filippo aprendo la bottiglia.
"A proposito del cameriere: di che colore aveva l'Aura?" chiese il mago.
"Awww… Viola… Perché questa domanda?" rispose Oscar in uno stato di dormiveglia.
"Beh è per capire la forza dei nostri avversari" iniziò a spiegare Giacomo "Come sai l'Aura ha due caratteristiche fondamentali il colore e l'estensione; i colori sono moltissimi e possono essere "misti" tra loro, come avviene nelle nostre Aure che hanno una sfumatura di un altro colore, ma ci sono Aure "pure", ossia di un solo colore, senza sfumature, che vengono considerate più forti delle altre; ma non interessa solo la presenza o meno di un colore "secondario" ma è altrettanto importante il colore "primario". È normale trovare Aure rosse, verdi, blu, gialle, eccetera ma quattro colori di Aura sono incredibilmente rari: il bianco, il nero, l'oro e l'argento e perciò queste Aure sono considerate più potenti delle altre. L'estensione invece da la possibilità di utilizzare più a lungo la propria Virtutes poiché, come ben saprete, ogni volta che essa viene utilizzata consuma parte dell'Aura, che impiega del tempo a rigenerarsi; per questo più un'Aura è estesa più essa può sfruttare la sua Virtutes poiché, e saprete sicuramente anche questo, nel momento in cui l'Aura viene totalmente consumata avviene la combustione spontanea. Per questo è necessario conoscere l'Aura dei propri sfidanti, in questo modo si può comprendere la loro forza"
"Grazie per la spiegazione maestrino" disse Oscar voltandosi dall'altro lato.
"Ehi sei stato te a chiedere chiarimenti" disse Filippo ridendo.

Dopo un'altra mezz'ora di viaggio i tre arrivarono in un piccolo paesino sviluppatosi in una radura. Lasciarono il carro da uno stalliere e pagarono 10 scrupoli per la cura di esso fino alla mattina dopo.
"Sei sicuro che sia saggio fermarci qui per oggi?" chiese Filippo.
"Sì; anche se Alfonso ci avesse aggiunto al registro dell'Inquisizione la notizia non sarebbe trapelata dalle mura di Atlantis quindi ponziamo concederci un giorno di tregua prima di ripartire" rispose Oscar sgranchiendosi le gambe.
La stalla era poco lontana dalla piazza e, quando i ragazzi la raggiunsero, videro il paese pronto a festeggiare la giornata della Vigna. Appese alle porte di ogni casa c'erano corone formate dall'intreccio di rami di vigna e di grappoli di uva viola.
"Mi ero dimenticato che oggi è il giorno della vigna" disse Giacomo prendendo qualche acino di uva dalle botti pieni di grappoli sparsi per la piazza. 
I tre entrarono in una locanda per affittare una stanza per la notte e mettere qualcosa sotto i denti. Giunti davanti al bancone vennero accolti da un simpatico locandiere salamandra.  Le salamandre sono creature dal busto umanoide, una testa a metà tra l'umana e la rettiliforme con squame al posto dei capelli che sembrano fiamme accese mentre, dalla cintola in giù, hanno il corpo di un serpente con squame dal colore molto variabile: bronzeo, rosso, giallo o addirittura nero. Questa particolare salamandra aveva la "carnagione" bronzea, vestiva tipicamente come un locandiere, aveva dei lunghi baffi color cremisi e degli occhi dalle iridi scarlatte.
"Buon giorno ragazzi! Mi chiamo Fugis e sono il proprietario do questa locanda! Cosa vi serve?"
"Beh, noi vorremmo aff…"
"Oh scusatemi!" disse Fugis interrompendo Filippo "Oggi è il giorno del Vigna e non vi ho ancora offerto un calice di vino; tenete!" Ed offrì ai ragazzi tre bicchieri di vino rosso.
"Grazie mille!" risposero i tre all'unisono.
"Non c'è bisogno che voi ringraziate, le festività sono importanti per il nostro paese! Comunque, tornando a voi, cosa vi serve?"
"Vorremmo affittare una stanza per la notte e mangiare un qualcosa" disse sereno Giacomo.
"Molto bene; allora, la stanza viene una dracma a notte mentre, per il pranzo, sedetevi pure a quel tavolo e vi porto io qualcosa, ok?"
"Perfetto!" disse Filippo e, dopo che i tre ebbero preso i loro calici, si spostarono a un tavolo libero al centro della sala da pranzo. Fugis dopo una decina di minuti gli portò tre piatti di gnocchi di zucca con spezzatino. Nella locanda c'erano solo i tre giovani quindi Fugis si sedette al tavolo con loro per parlare un po'.
Discuterono allegramente del più e del meno come se non fossero un locandiere e tre futuri ricercati ma quattro amici. Parlarono del più e del meno, delle tradizioni per festeggiare il giorno della Vigna, dell'affluenza dei clienti in quella locanda e del piccolo paesino che appresero avere il nome di Marfino. Ad un certo punto una giovane salamandra di nome Metta si avvicinò al locandiere e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. 
"Eccellente! Ragazzi la vostra camera è pronta se volete già sistemarvi siete liberi di farlo"
"Oh, grazie mille Fugis! Quanto ti dobbiamo per il pranzo?" domandò allora Oscar finendo il suo spezzatino.
"Oh, facciamo 15 scrupoli totali" rispose lui.
I tre frugarono nelle tasche finché non ebbero trovato il necessario e, salutato il cordiale locandiere, si recarono in camera. Dopo aver poggiato i propri bagagli e essersi riposati per qualche minuto si sedettero ad un tavolo e, estratta una mappa dalle bisacce di Oscar, si misero a valutare la situazione.
"In questo momento noi ci troviamo qui" disse Oscar indicando un punto sulla mappa "Abbiamo percorso da Atlantis circa 400 chilometri, e ne mancano ancora 300 per arrivare a Libitrum. Quindi se partiamo domani mattina dovremmo arrivarci nel primo pomeriggio"
"A quel punto potremmo cercare Samadeo nel pomeriggio e poi aspettare di incontrare il professore dopodomani" osservò Filippo.
"Allora oggi possiamo davvero goderci la giornata… Sembra assurdo da dire nel nostro caso ahahahah" disse Giacomo per abbassare la tensione della loro "fuga" interrotta.
In quello stesso momento qualcuno bussò alla porta della loro camera.
"Chi è?" chiese Oscar.
"Sono io, Fugis; volevo dirvi che oggi, in piazza, c'è il consueto torneo di tarocchi quindi, se cercate qualcosa per passare il pomeriggio, vi consiglio di parteciparvi"
"Grazie mille Fugis, probabilmente ci faremo un salto" gli urlò Giacomo da dietro alla porta.

La piazza del paese nel pomeriggio si riempì di bancarelle e passante, la popolazione si aggirava intorno ai 200 abitanti quindi non c'era troppo movimento ma alcuni mercanti provenienti dalle città vicine cercavano di vendere i loro prodotti e, esattamente al centro della piazza c'era una bancarella presso la quale ci si poteva iscrivere al torneo a coppie di tarocchi.
"Ehi ragazzi, che dite? Ci iscriviamo al torneo?" Chiese Filippo rivolto agli amici.
"Mpf… Partecipatevi voi, sapete che il gioco dei tarocchi a me non piace affatto" Disse stizzito Oscar.
"Dici così solo perché non hai mai imparato a giocarci!" lo canzonò Giacomo.
"So giocare ma lo trovo un gioco privo di senso!" rispose il necromante.
"Vabbé… Comunque, Filo, io ci sto! Iscriviamoci!" accettò il mago.
Allora i due giocatori si recarono al banco delle iscrizioni mentre Oscar guardava varie bancarelle alla ricerca di qualcosa di utile, o almeno, questa era la scusa che adduceva con gli altri quando voleva vedere se, in giro, ci fosse una qualche bella ragazza.
"Bene per iscrivervi dovete scrivere qui i vostri nomi" Disse una ragazza Homines prima di andare ad accogliere un'altra coppia di partecipanti.
"Jacky ma, secondo te, dovremmo firmarci con i nostri veri nomi o usarne di falsi?" Domandò Filippo subito prima di firmare l'iscrizione.
"A dire il vero non saprei… Lo stesso problema sorgerà domani quando lasceremo la locanda e dovremo firmare il registro dei pernottanti… " disse Giacomo posando un attimo la penna già imbevuta di inchiostro.
"Già… Ma se dovessimo diventare dei veri ricercati non possiamo permetterci di mettere in pericolo altri esseri com Fugius… Sarà meglio usare due nomi falsi" concluse l'alchimista.
"Hai ragione… Vediamo… Mi firmerò… Mario Rossi!" propose.
"Ma che diavolo di cognome è Rossi? Non si è mai sentito in tutta Atlantis; e poi Mario è un nome che neanche mio nonno usa più… Ci serve qualcosa di credibile!" gli disse Filippo.
"Ok, ok… Allora… Jake… Turner… Jake Turner mi sembra perfetto!"
"Già e io mi firmerò… Niccolò Niger!"
Dopo aver firmato le carte per l'iscrizione i due ragazzi vennero accompagnati al tavolo dove avrebbero disputato la prima partita.
La festa andò avanti finché i primi raggi della luna non presero il posto di quelli del sole; il torneo di tarocchi era finito dopo un paio d'ore e i due ragazzi erano usciti alle semifinali imprecando tra loro perché non avevano avuto una carta decente. Dopo essersi ritrovati con Oscar che stava cercando altre corde per la sua cythara (terminologia utilizzata per la ricerca di una signorina interessante) decisero di concedersi una cena sotto al tendone che era stato allestito da un paio di Golem e tre Druidi. Filippo e Giacomo se ne erano accorti giocando contro vari avversari e Oscar se ne era accorto cercando le sue "corde": in quel paese c'erano esseri appartenenti a più e più razze, c'erano Golem e Druidi, Gnomi e Licantropi e, Oscar giurava, d'aver visto anche un Fiume; Atlantis era ben diversa come città: la maggior parte degli abitanti erano Homines mentre solo raramente di vedevano esseri delle altre  razze.
"È bello vedere un paese così accogliente" osservò Oscar addentando una patata al cartoccio.
"Già… Credo di non aver mai visto un Golem nelle zone di Atlantis" disse Giacomo.
"E io credo di non aver mai visto un Licantropo prendere un buffetto da uno gnomo" scherzò Filippo e i tre scoppiarono a ridere.
Dopo la cena si aprirono le danze: un gruppo iniziò a suonare le musiche tipiche delle feste di paese; tutti si alzarono da tavola e iniziarono a ballare allegramente. Un Druido che faceva parte del gruppo, vedendo sulla schiena di Oscar la sua cythara, lo invitò a suonare con loro mentre Filippo e Giacomo iniziarono a piroettare sulla pista. Giacomo si ritrovò a ballare per metà della serata con un'affascinante ragazza dai capelli biondi mentre Filippo dopo aver ballato per una mezz'oretta si sedette ad un tavolo a parlare con uno Gnomo che si stava bevendo un calice di vino e una Homines coi lunghi capelli scuri.
Quando la festa finì i ragazzi si offrirono di dare una mano a smontare tutto e scoprirono che Fugis era tra gli organizzatori della festa. Giacomo ad un certo punto sparì seguendo la ragazza dai capelli biondi mentre Filippo e Oscar lo ingiuriavano per averli lasciati in due a trasportare tutte le botti di vino rimanenti nella locanda. 
L'alchimista, il negromante e il locandiere, al termine del lavoro, si sedettero ad un tavolo della locanda bevendo finché il mago non ricomparve dalla porta.
"Ci devi spiegare come fai con le ragazze!" disse ridendo Filippo.
"Eh vabbé non vale… Ha discendenze nobili il signorino" sbuffò Oscar sorridente.
"Ah il signorino è nobile?" chiese Fugis "Allora il conto della camera passa a 20 dracme e paga tutto lui!" e tutti scoppiarono a ridere.

La notte trascorse in un turbinare di stelle e di sogni, il vino fermentava nelle cantine e l'upupa intonava i suoi canti accompagnata da un'orchestra di alberi e persiane lasciate aperte a sbattere. Tutto passò in una notte nella quale tre ricercati avevano finto di non dover fuggire. Tutto si era perso in una sera di vino e di danze finché l'alba non ruppe l'incanto ricordando la triste verità. I tre ragazzi si vestirono e decisero di lasciarsi dietro tutto quel mondo con nomi che non erano i loro. Tutto svaniva in lontananza mentre il carro ricominciava la sua corsa.
"D'ora in avanti tutti le nostre giornate saranno così? Ogni uomo che conosceremo resterà relegato in un unico ricordo?  Vivremo sempre così: senza mai poter tornare indietro? " domandò Giacomo mentre dipingeva il volto della ragazza della sera prima.
"Non è così" disse Filippo mentre scriveva un qualcosa su una pergamena "Vivremo per poter tornare indietro"
I tre sorrisero già nostalgici mentre un sole timido mandava i suoi raggi sospesi tra le ombre del bosco verde che il carro stava attraversando.

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Capitolo 3
*** Il giorno in cui tutto cambia ***


Nel mondo di Atlantide era il 28 del mese di Coll, o mese del Nocciolo, (l'equivalente nel nostro mondo del primo di settembre). Una giornata splendida si era annunciata sin dal primo cantar del gallo: un cielo turchese chiamava chiunque fosse ancora assopito nel suo letto, rimproverandolo per non essersi ancora svegliato a godersi quell'alba che il sole chiamava con la sua luce.
La nostra storia ha inizio in questo giorno, ha inizio con il canto di quel gallo che avete sentito mescolato nella natura.
A qualche chilometro dall'immensa città di Atlantis, dove la natura regna sovrana ed esseri delle varie razze si dedicano all'agricoltura, tra le decine di fattorie che sorgono in quella zona, ce n'è una che richiede la nostra attenzione.
Questa fattoria si compone di: un casolare, campi dove crescono rigogliose spine di grano e verdure, qualche albero da frutto e un mulino con il tetto rotto ma perfettamente funzionante. Nel casolare abitano quattro persone che, guarda caso, saranno i protagonisti di questa nostra storia poiché le loro avventure sono divenute note in tutta Atlantis e potrebbero dare qualche spunto anche per gli abitanti di questo nostro mondo.
Uno di loro è il proprietario effettivo di tutta la fattoria, ha 63 anni e si chiama Andrea Mazziali. Andrea era un uomo che non dava troppo nell'occhio ma allo stesso tempo era incredibilmente energico: nonostante l'età, ogni giorno, si accertava che la fattoria fosse in ordine, che nei campi non ci fossero problemi ed era pronto a gettarsi sotto l'acquazzone pur di coprire con un telo il la falla nel mulino ed impedire così che la farina divenisse inutilizzabile. Dietro a quel vecchietto così simpatico e gentile, sempre vestito con una maglia grigia e dei pantaloni neri, si celava un abilissimo praticante nato sotto il segno della Stregoneria; possedeva un'Aura incredibilmente vasta e di color marrone. Era stato lui ad addestrare i tre ragazzi che vivevano con lui nelle Interdictae Virtutes ma di questo parleremo più avanti.
Il più grande dei tre ragazzi (anche se di qualche mese) era Giacomo Caeruleum. Giacomo aveva 18 anni, era un ragazzo molto portato per la pittura, discendente da una nobile famiglia che l'aveva cresciuto fino ai 12 anni offrendogli tutto ciò che la nobiltà ha da offrire; nato sotto il segno della Magia con un'aura blu dalle sfumature argentee. Lui aveva i capelli corti, lisci e marroni, un volto molto semplice e gli occhi marroni.
Oscar Rubedo era invece tutt'altra cosa. Oscar aveva 17 anni ma avrebbe compiuto i 18 di lì a qualche giorno. La sua famiglia era stata assassinata da un clan mai identificato quando era ancora molto piccolo, a quella strage sopravvissero solo lui e uno zio il quale lo tenne con se finché non compì 10 anni. Oscar era un abile musicista e suonava da anni una cythara che lo zio gli aveva donato il giorno della sua partenza; lui era nato sotto il segno della Necromanzia con un'aura rossa dalle sfumature nere. Aveva dei corti capelli ricci, gli occhi anche lui marroni e una barbetta corta che gli cresceva su tutto il mento. Ed infine troviamo Filippo Viriditas, il più giovane dei tre anche se, come specificato prima, tra lui e Oscar correvano solo 3 mesi esatti, quindi, come l'amico, aveva 17 anni. Non conobbe mai i suoi genitori e venne cresciuto da sempre dai suoi nonni fino a quando compì i 9 anni. Era un'appassionato di letteratura e poesia, passione che instillò in lui il nonno grazie alla sua immensa biblioteca. Filippo era nato sotto il segno dell'Alchimia con un'aura verde dalle sfumature nere. Aveva i capelli lunghi e castani, gli occhi verdi e un paio di occhiali tondi dalla montatura spessa.
I quattro si impegnavano per riportare le Interdictae Virtutes al loro splendore originale e per fare questo cercavano di aiutare gli altri avvalendosi di queste ma, salvo la riparazione di qualche aratro o la caccia di qualche animale che minava la prosperità dei campi vicini non erano riusciti a fare tanto altro.
Prima di continuare con la narrazione è corretto che io vi spieghi perché Andrea si è preso carico di questi ragazzi quando erano ancora piccoli. Come ho già detto l'Aura è un potere che alcuni Homines riescono a risvegliare ed è raro che dei bambini riescano in questo: non fu così difficile per i nostri tre ragazzi. Quando i loro tutori ebbero modo di accorgersi che ciò fosse accaduto (ed è una cosa molto palese come vi spiegherò poi) cercarono un modo per proteggerli e decisero quindi di affidarli ad Andrea perché li crescesse al sicuro. I tre ragazzi però non volevano abbandonare i loro poteri vedendo in questi un modo per aiutare gli altri e, convinto dal nobile ideale dei tre, Mazziali decise di aiutarli a sviluppare le loro Virtutes.
Ora cerco di spiegarvi rapidamente perché il risveglio dell'Aura è un qualcosa di evidente poi prometto che riprenderò la narrazione. L'Aura come ho già spiegato ha una natura propria (un colore e una vastità che ne indica anche la potenza) ed ha anche un Virtutes propria. Mi spiego meglio; quando un'Aura si risveglia è come se "scegliesse" lei la Virtutes che vuole sviluppare e l'Homines diventa in grado di utilizzare solo quella e, nel momento stesso del risveglio, compare, sul petto del Praticante in corrispondenza del cuore, un simbolo che attesta la Virtutes propria dell'Aura. I cinque simboli sono: un pentacolo che indica la Stregoneria, una stella a cinque punte che indica la Demonologia, una stella a sei punte che indica l'Alchimia, una croce che indica la Necromanzia e una spirale tripla che indica la Magia; ogni simbolo ha poi lo stesso colore dell'Aura che lo ha marchiato sul Praticante. 
Bene ora possiamo riprendere con la nostra narrazione.
Quando il famoso gallo delle prime righe svegliò il sole col suo canto i nostri protagonisti erano già in piedi e si stavano dedicando alle loro faccende: Oscar stava accordando la sua cythara seduto su una poltrona, Giacomo stava perfezionando una sua natura morta mentre Filippo sfogliava libri e trascriveva qualcosa su una pergamena sporca d'inchiostro.
"Ma qualcuno di voi sa dov'è finito il professor Mazziali?" chiese Oscar mentre sentiva se la corda del sol era perfettamente tesa e, sentendo quel suono perfetto, iniziò ad annuire con la testa.
"Sarà andato a prendere la posta come al solito" gli rispose Filippo mentre immergeva la penna, ricavata dalla piuma di un corvo, nell'inchiostro.
"Filippo ha ragione; vedrai che a breve rientrerà" concluse Giacomo mentre cercava la sfumatura giusta di arancione per creare i dettagli di un'arancia.
Giacomo aveva appena finito il suo discorso quando Mazziali entrò correndo nella stanza tutto trafelato. I ragazzi lo guardarono sorpresi e gli corsero incontro.
"Professore tutto bene? Cos'è successo?" gli chiese il necromante preoccupato.
"Abbiamo… Abbiamo…" balbettò il maestro dei ragazzi.
"Riprenda fiato professore" consigliò l'alchimista.
"Venga, venga professore; si sieda qui" disse il mago mentre avvicinava la poltrona sulla quale era seduto fino a poco prima Oscar ad Andrea.
Dopo qualche secondo seduto sulla poltrona l'anziano riprese fiato e forza.
"Professore si sente meglio?" domandò allora Filippo.
"Sì, sì… Grazie ragazzi" rispose Mazziali ancora con un leggero fittone.
"Ma perché era così agitato?" chiese nuovamente Oscar.
"Abbiamo… Abbiamo ricevuto questa lettera" disse estraendo dalla tasca dei pantaloni una lettera che presentava ancora il sigillo in ceralacca intatto.
"Ma quello…" iniziò a dire Giacomo stupefatto "Quello è il sigillo reale…"
"Il sigillo reale!?" sobbalzò Oscar.
"Sì… È il sigillo del Senatores degli Homines… Ma perché scriverci?" continuò il giovane pittore.
"Non ne ho idea… Tieni Filippo… Leggila tu…" disse il professore.
"Come vuole professore" acconsentì il più giovane dei tre mentre prendeva la lettera e spezzava il sigillo. Quando ebbe spiegata la pregiatissima pergamena iniziò a leggere "Credo che voi quattro signori abbiate già capito che questa lettera vi è inviata dal Senatores degli Homines, sua eccellenza Alfonso Albedo; ebbene sono venuto a conoscenza che voi quattro signori siete dei Praticanti" A quella dichiarazione ai quattro gelò il sangue nelle vene "Ebbene sono disposto a tacere sull'intera questione solo se nel giorno di oggi, 28 del mese di Coll, verrete presso al Palazzo del Concilium per concedermi il vostro aiuto riguardo a una questione della massima segretezza. Sappiate che se non vi presenterete alle 15:00 in punto al Palazzo vi denuncerò pubblicamente al Tribunale Dell'Inquisizione. Cordiali saluti Alfonso Albedo"
Filippo quando ebbe finito di leggere quella lettera guardò con gli occhi sbarrati gli altri.
"Certo che questo Alfonso è un bel pezzo di merda" disse Oscar sdegnato.
"Diciamo che non ci lascia molta possibilità di decisione" osservò Giacomo indispettito da quella lettera.
"Credo che non abbiamo molto da decidere…" iniziò a dire il professore "Preparatevi: alle 14:15 partiremo con il carro e saremo al Palazzo per le 15:00 in punto!"
I ragazzi allora cercarono di non pensare a tutta quella faccenda riprendendo le attività che avevano lasciato in sospeso. All'una mangiarono nel totale silenzio dei loro pensieri; tutti loro stavano ragionando sulle parole del Senatores, sapevano benissimo che poteva trattarsi di una trappola ma non avevano alternative. Al termine del pranzo ognuno andò nella propria stanza per darsi una sistemata. Andrea indossò semplicemente una giacca nera e una camicia bianca; Giacomo si mise una camicia azzurra con dei ricami in filo d'argento che i suoi genitori gli avevano regalato coordinata a una sciarpa con la quale era cresciuto sin da piccolo; Oscar indossò una maglietta tosa con un gilet nero e un cappello fedora con nastro rosso; Filippo invece si mise una giacca verde con una polo nera e un cilindro verde con nastro nero. Quando furono pronti si ritrovarono all'ingresso e salirono sul loro carro trainato da un cavallo tenuto alle redini da Oscar e partirono alla volta del Palazzo del Concilium.

Nel Palazzo del Concilium intanto si stava concludendo una seduta del Concilium alla quale avevano partecipato i Senatores delle varie razze: Lucifero, il Senatores dei Diaboli, un Diavolo vestito con una toga rossa e incappucciato in modo che si potesse intravedere solo il suo volto in cui brillavano due profondissimi occhi rossi, coronati da un ghigno sorridente e due lunghe corna; Angelica, la Senatores degli Spiriti, una Fata incredibilmente affascinante dai lunghi capelli biondi e con la testa coronata di ulivo; Caradrio, il Senatores dei Mythi, un essere che sembrava l'incrocio tra un gallo e un uomo con una lunga coda di scorpione vestito con un panciotto nero alto come un Homines qualunque; Tantlico, il Senatores degli Aquatiles, un vecchio Oceano, il più vecchio componente del Concilium, basso con due lunghi baffi arrotolati e pinne lungo il corpo; ed infine c'era Alfonso, il Senatores degli Homines, un ragazzo di 19 anni che era succeduto alla morte del nonno siccome il padre era morto prima di lui, aveva dei corti capelli neri, gli occhi azzurri e un sorriso infido come una serpe. 
"Dichiaro conclusa questa assemblea del Concilium" disse Alfonso alzandosi dal tavolo rotonda accanto al quale si erano ritrovati i Senatores "Ora vi invito ad andarvene perché ho un incontro importante tra poco"
"Arrivederci" disse Lucifero seccato sparendo in una fiamma rossa.
"Stia tranquillo giovinotto" disse Tantlico alzandosi e appoggiandosi al suo bastone nodoso "Non è nostra intenzione farle perdere tempo. Arrivederci colleghi" ed uscì dalla porta principale della stanza.
"Allora ci rivediamo il mese prossimo per la solita riunione. Arrivederci" disse Caradrio volando fuori dalla finestra.
Angelica invece si congedò con un inchino rivolto agli altri Senatores e volò anche lei seguendo Caradrio.
"Finalmente solo…" disse Alfonso stravaccandosi sulla poltrona "Danilo vieni qui!" disse chiamando il suo braccio destro: Danilo Cricium era il figlio dell'ex-maggiordomo della famiglia Albedo ed era subentrato al suo posto alla sua morte, Alfonso però lo considerava alla stregua di un fratello anche se spesso si avvaleva dei suoi servigi in quanto maggiordomo.
"Mi hai chiamato; Alfonso?" disse il ragazzo entrando nella stanza. Era molto più alto del Senator, aveva i capelli corti e biondicci e gli occhi marroni.
 "Sì mi puoi portare un bicchiere di vodka con tre cubetti di ghiaccio?"
"Certo Alfonso; comunque, da quello che ho potuto vedere, i suoi ospiti hanno appena varcato il ponte"
"Ahahah! Sapevo che non avrebbero rifiutato il mio invito" disse lui sorseggiando dal bicchiere "Danilo vai ad accoglierli e portali nel salone per gli ospiti"
"Certamente Alfonso" rispose lui con un profondo inchino.

Il carro guidato da Oscar varcò il cancello d'entrata che seguiva al ponte levatoio. Il castello sorgeva esattamente al centro della città di Atlantis, su un'isola artificiale protetto da alte mura di pietre che formavano un cerchio perfetto. Dentro dalle mura si estendeva, circondato dai giardini, un lungo viale alberato in acciottolato che conduceva dal ponte al corpo principale del Palazzo un lungo complesso che presentava, all'estremo destro e a quello sinistro, due alle che "risalivano" parte del viale.
"Signori dovete lasciare il carro qui e proseguire a piedi" disse una guardi appena varcato il cancello delle mura.
Allora i quattro scesero dal carro e camminarono finché non raggiunsero le porte del Palazzo. In quello stesso momento un Diavolo incappucciato vestito di rosso uscì dal palazzo e urtò distrattamente Filippo. 
"Oh; mi scusi signore" si scusò il ragazzo.
Lui lo squadrò rivelando i suoi occhi rossi poi spalancate le sue ali simili a quelle di un pipistrello si alzò in volo senza rispondergli.
"Professore chi era quello?" chiese allora Giacomo mentre l'alchimista seguiva il suo volo con gli occhi.
"Probabilmente quel Diavolo era Lucifero, il Senatores dei Diaboli" rispose Andrea "Si vede che oggi c'era una riunione o qualcosa del genere oggi" rispose lui sinteticamente.
Appena varcarono la porta si trovarono davanti a un lungo corridoio di marmo lucente lungo il quale correva un tappeto rosso accanto al quale si alternavano statue di tutti i Senatores che si erano alternati nel corso degli anni. 
"Cari signori!" disse una voce dalla loro destra. Loro si voltarono e videro un ragazzo vestito da maggiordomo diretto verso di loro "Mi presento, sono il maggiordomo del Senatores Alfonso, mi chiamo Danilo e mi ha espressamente chiesto di accompagnarvi da lui. Seguitemi prego" e li invitò con un gesto della mano.
Allora giunsero davanti a una porta e, aperta, si ritrovarono in un vasto salone tappezzato con tappeti preziosi, tre divani in velluto rosso si trovavano intorno ad un camino spento mentre su un tavolo erano disposte bottiglie di liquori diversi. Un ragazzo con un bicchiere stava osservando fuori dalla finestra.
"Bene arrivati cari Praticanti" disse lui senza voltarsi "Scusate per l'irruenza con cui vi ho convocati ma avevo urgente bisogno del vostro aiuto"
Appena si voltò i ragazzi distinsero il volto del Senator che avevano spesso visto rappresentato nei giornali da qualche mese a quella parte.
"È un piacere poter aiutare sua signoria" rispose umilmente Mazziali accennando un inchino "Se non le dispiace, ci può dire perché ha richiesto i nostri servigi?"
"Così mi piace!" disse finendo la vodka "Quando si va dritti al sodo! Come ben saprete sono diventato Senator qualche mese fa e mio nonno, il compianto Alberto Albedo, in letto di morte mi stava per dire qualcosa di importante ma purtroppo è morto prima di potermi comunicare il tutto e qui entrate in gioco voi: so che uno di voi è un Necromante e ho bisogno che lui mi metta in contatto con l'anima di mio nonno. Potete farlo?"
"Oscar ti senti in grado?" domandò Andrea rivolto al ragazzo con la cythara sulla spalla.
"Certamente professore; ma avrò bisogno di un qualcosa che apparteneva al defunto" disse lui rivolto a Alfonso.
"Tieni! Questo orologio da taschino era suo" e lo diede a Filippo, che era il più vicino a lui, perché lo desse a Oscar.
Quando l'alchimista lo ebbe in mano osservò una cosa: sull'orologio era inciso il simbolo della stregoneria: il pentacolo; da tempo quel simbolo non si vedeva in giro per quel mondo e trovarlo nel Palazzo del Concilium lo lasciava perplesso.
"Filippo?" lo chiamò Oscar "Tutto bene?"
"Sì, sì… Scusa, tieni" disse porgendogli l'orologio.
I cinque presenti nella stanza si misero in cerchio attorno ad Oscar che si era seduto a terra con l'orologio davanti e la cythara in mano. In un profondissimo silenzio il ragazzo bisbigliò "Requiem": le fiamme rosse e nere della sua Aura si accesero sulla punta delle dita e, mentre suonava una canzone molto lenta alla cythara, le corde vennero avvolte dalla sua stessa Aura. Sin dalle prime note un fumo iniziò ad uscire lentamente dall'orologio da taschino finché non aumentò pian piano e da quel fumo apparve lo spirito di Alberto.
"Nonno!" disse sorpreso Alfonso.
"Nipote mio… Finalmente ti rivedo…"
"Anche io sono felice di vederti… Nonno ti ricordi quello che mi stavi per dire prima di morire?"
"Certamente nipote"
"Bene puoi concludere il tuo discorso ora?"
"Certamente… Alfonso ascolta attentamente devi ritrovare la "Lama della Luce" e il "Caduceo di Hermes" questo è l'unico modo per riuscire nell'impresa che ti ho affidato. Mi raccomando trovali e quando avrai entrambi le parti tutto ti sarà chiaro"
"La "Lama della Luce" e il "Caduceo di Hermes"? Ma dove posso trovarli?"
"Io non ne ho idea… Ma tu potrai capire, ne sono certo… Ora devo andarmene… Questo è tutto ciò che ho da dirti… Addio" concluse l'ombra di Alberto mentre il fumo si affievoliva sempre più.
"Addio nonno" disse piano Alfonso chinando il capo.
Andrea aveva ascoltato attentamente il discorso dei due ed era rimasto terrorizzato da quelle parole.
Giacomo se ne accorse e gli chiese a bassa voce "Professore va tutto bene?"
"Dobbiamo andarcene da qui…" bisbigliò lui "e molto in fretta"
"Bene!" irruppe Alfonso facendo sobbalzare l'anziano "Ora che ho ascoltato le ultime parole di mio nonno siete liberi di andare e state tranquilli: il vostro segreto è al sicuro con me"
"G-g-grazie Senator Albedo… È stato un onore conoscerla…" disse Andrea sudando freddo e, raccolti i suoi ragazzi, uscì dalla porta.
"Aspettate un attimo" li fermò Alfonso.
Il cuore di Andrea mancò un battito.
"Non vi ho nemmeno dato una ricompensa, prendete, al volo!" disse lui lanciando un sacchetto pieno di Dracme al vecchio.
"Oh… Ehm… Grazie mille per la sua generosità; arrivederci" lo ringraziò Andrea voltandosi e pensando tra se e se "Un altro di questi spaventi e ci rimango secco.

Mentre tornavano verso la loro fattoria varcando le vie cittadine con il carro, Giacomo domandò a Mazziali "Professore, ma  cosa le è preso prima davanti ad Alfonso?"
"Ragazzi ci siamo cacciati in un guaio immenso" iniziò a dire lui.
"Cosa intende dire?" chiese Filippo.
"Vedete, molto tempo fa circolava la voce che la famiglia Albedo tramasse qualcosa contro le altre razze di Atlantis. Quando il nonno di Alfonso divenne Senator a lungo cercò di evitare il Concilium e provò a prendere le decisioni a nome di tutti con provvedimenti assurdi. Ad un certo punto rischiò di scoppiare una mezza guerra civile e solo ad allora Alberto abbandonò i suoi piani dispotici. L'unico all'interno della famiglia che avrebbe cercato di riportare l'ordine fra le diverse razza sarebbe stato il figlio di Alberto ossia il padre di Alfonso. Il problema fu che lei scomparì prematuramente, prima ancora della morte del padre, e quindi, alla sua morte, salì al potere Alfonso. Secondo la stampa la sua morte prematura fu un incidente ma circolarono voci secondo le quali il futuro Senator venne assassinato"
"Sta scherzando vero?" domandò preoccupato Oscar mentre conduceva il cavallo.
"Mi piacerebbe ma queste voci poco note sono molto attendibili. Quando prima lo spirito di Alberto ha parlato al nipote ne ho avuto conferma. Se ricordate lui ha chiesto al nipote di trovare due oggetti la "Lama della Luce" e il "Caduceo di Hermes"; secondo le leggende antiche sono due artefatti che risalgono alla fondazione di Atlantis da parte dei Primi Esseri, e si dice che, colui che ne entrerà in possesso, guadagnerà poteri che affondano le loro radici nell'inizio dei tempi"
"E quindi, secondo lei, Alfonso utilizzerà quegli strumenti per portare a compimento il piano del nonno defunto?" chiese allora Filippo.
"Esattamente; tra l'altro si racconta che la famiglia Albedo vanti una discendenza di Praticanti"
"Cosa?!" dissero i tre ragazzi all'unisono.
"Esatto: Alberto fu accusato più e più volte di essere un Praticante dedito alla Stregoneria ma si salvò sempre grazie a testimoni che spuntavano sempre fuori quando le cose prendevano una brutta piega per i suoi interessi"
"Ora che ci penso" iniziò a dire Filippo "Ho notato che sull'orologio del nonno di Alfonso era inciso il simbolo della Stregoneria"
"Purtroppo tutte le strade portano a quella conclusione… Per quanto ci riguarda sarà meglio stare a vedere che piega prenderà l'intera faccenda e poi… Beh vedremo…"
Con queste parole i nostri protagonisti terminarono il viaggio arrivando sani e salvi a casa rintronati per la scorrazzata in carro e per le nuove informazioni che Andrea aveva dato ai tre ragazzi.

"Il vecchio sa! Ne sono sicuro" Hai visto come tremava quando tuo nonno ha pronunciato il nome di quei due artefatti?! Non capisco perché non li abbiamo eliminati mentre ne avevamo la possibilità!" Danilo era furioso e continuava a ripetere queste parole mentre Alfonso sorseggiava un altro bicchiere di vodka, questa volta, senza ghiaccio.
"Li avremmo dovuti uccidere qui, dici? Certo li avrei potuti eliminare in tre secondi con la mia Stregoneria ma poi come avremmo spiegato al Concilium che noi due soli saremmo riusciti a uccidere quattro Praticanti?! Quante volte te l'ho detto che dobbiamo restare celati finché non metteremo in atto il nostro piano!?" disse allora Alfonso.
"Ha… hai ragione, scusami… ma questa cosa mi ha lasciato i nervi a fior di pelle" spiegò allora Danilo lasciandosi cadere su un divanetto.
"Non scusarti Danilo… Comunque ho un piano. Come sai io faccio fatica a lasciare il Palazzo quando voglio ma tu invece… Questa sera raggiungerai la loro fattoria e li ucciderai"
"Ma non possiamo usare il Tribunale per farli condannare ed aspettare che sia l'Inquisizione ad eliminarli?"
"Servono delle prove per accusare qualcuno e noi non ne abbiamo"
"Hai ragione… Quindi sarebbe meglio attenersi al tuo piano ma, come li ucciderò? Mi darà dei soldati o qualcosa di simile?"
"No, daremmo troppo nell'occhio. Quando sarai davanti alla loro fattoria utilizzerai i tuoi poteri"
Danilo allora sorrise "Ahahahah! È da molto che non uso la mia Demonologia… Era ora di sgranchirsi un po' ahahahah!"

La notte era calata sulle campagne e i nostri protagonisti si erano già addormentati da tempo, tutti tranne Oscar che preferiva restare sveglio a lavorare alla sua musica per un po'. Era l'una circa quando Danilo giunse a cavallo presso la fattoria "Iniziamo" iniziò a dire, porse avanti le mani che si accesero delle fiamme viola della sua Aura "Assedio" sussurrò e allora degli strani esseri si alzarono dal suolo. Erano Incubi alti circa un metro e mezzo formati da un solo occhio centrale e quattro arti con tre artigli ciascuno.
Ritaglio a questo punto un breve spazio dove vi parlo un attimo degli Incubi. Gli Incubi appartengono alla razza dei Diaboli ma, come già detto, possono essere creati dai chi utilizza la Demonologia. Essi sono esseri di diversa forma ma che si stingono per un tratto fondamentale: gran parte del loro corpo è formato da occhi incredibilmente grandi; più occhi ha un Incubo più è forte. Gli occhi degli Incubi sono legati tra loro da una sorta di rami nodosi e contorti, della consistenza della carne umana, di colore blu scuro e rosso questo particolare tessuto forma anche arti che gli incubi utilizzano per combattere. Una volta che veniva distrutto "l'occhio nucleo" dell'Incubo esso spariva.
Oscar guardò fuori dalla finestra e vide quello che stava succedendo quindi urlò "Ragazzi svegliatevi! Ci stanno attaccando" non riuscì nemmeno a finire la frase che un Incubo sfondò la porta e gli si scagliò addosso. Lui fece divampare la sua Aurea intorno alle sue dita e si mise a suonare un pezzo abbastanza movimentato e disse "Gavotte!" A quelle parole delle mani scheletriche ruppero le assi del pavimento e afferrarono le gambe dell'Incubo bloccandolo allora altre mani fluttuanti gli afferrarono le braccia e lo iniziarono a tirare verso l'alto finché l'occhi non si spezzò in due facendo scomparire l'occhio.
"Ragazzi vi muovete!?" disse Oscar uscendo di corsa dalla fattoria per accertarsi della situazione all'esterno. Grazie alla luce della luna riuscì a contare venti Incubi che avanzavano verso la struttura e un uomo a cavallo con le mani tese che li doveva controllare. Eliminò altri tre incubi utilizzando la stessa tattica.
Da una delle finestre della fattoria divampò una fiamma azzurra con sfumature argentee allora Giacomo urlò "Fauves!" affacciandosi dalla finestra: le radici di un albero di ciliegio si tinsero di quello stesso colore e iniziarono a muoversi, poi si scagliarono contro quattro Incubi trapassando i loro occhi ed eliminandoli.
Filippo si lanciò fuori dalla finestra e lasciò divampare la sua Aura verde e nera intorno alla mano sinistra. Quando atterrò la mosse come per tirare un manrovescio e urlò "Ignavi!" allora delle piccole scintille di Aura si staccarono dalla mano e si scagliarono a una velocità inaudita diventando quasi solide contro quattro Incubi ai quali bucarono ripetutamente gli occhi facendoli svanire.
L'Aura marrone di Mazziali accese col suo colore le pale del mulino che si staccarono da esso e, ruotando a una velocità incredibile, attraversarono i campi eliminando tutti gli incubi rimasti.
Allora Oscar e Filippo corsero verso il ragazzo a cavallo che però fuggi non appena li vide avanzare si diede alla fuga. Nel fuggire però gli cadde il cappuccio e, senza che Danilo se ne accorgesse, i due ragazzi lo riconobbero.
I quattro si ritrovarono allora davanti alla porta di casa.
"Era Danilo… Il cameriere di Alfonso" disse Oscar affaticato.
"Quindi è un Praticante anche lui…" osservò Giacomo mentre porgeva agli altri due ragazzi due bottiglie di vetro contenenti mezzo litro di idromele a bassa gradazione.
"Probabilmente è stato mandato qui da Alfonso per eliminarci a causa di quello che abbiamo sentito oggi…" continuò a dedurre Filippo dopo aver stappato la bottiglia.
"Eh già… Oramai questo non è più un luogo sicuro per noi…" iniziò a dire Mazziali "Ragazzi dovete partire"
I tre ragazzi lo guardarono confusi con un'espressione che gridava "Che cazzo sta dicendo?!"
"Ascoltatemi, se restiamo qui Alfonso ci troverà senza problemi, dobbiamo fuggire, trovare un nuovo posto in cui restare ma per farlo dobbiamo dividerci, saremo meno rintracciabili"
"Ma… Professore…" sussurrò Filippo.
"No! Non voglio contraddizioni! Voi tre prenderete il carro, io invece sellerò un cavallo. Ascoltatemi attentamente, non molto a ovest di qui si trova un paese di nome Libitrum, dovete cercare un bibliotecario di nome Samadeo, ditegli che vi mando io e lui saprà cosa fare. Noi ci ritroveremo in quello stesso paese tra tre giorni siamo intesi?"
I tre annuirono con riluttanza.
"Ragazzi non preoccupatevi per me; sarò in grado di farcela anche senza di voi, sono vecchio ma robusto!" concluse sorridente "Mi raccomando, prendete le cose che vi servono da casa tra mezz'ora partiamo"
Dopo mezz'ora ognuno aveva pronto il suo bagaglio: Andrea aveva due bisacce attaccate alla sella del suo cavallo, lo stesso aveva fatto Oscar mentre Filippo aveva una borsa marrone simile a quelle che usano i professori e Giacomo uno zaino marrone.
"Ragazzi" iniziò a dire il professore "Ci rivediamo tra tre giorni" e poi partì a cavallo nella direzione opposta rispetto ai ragazzi "Arrivederci professore" urlarono loro e lui sollevò la mano per salutarli senza voltarsi.
Loro caricarono un po' di scorte sul carro e partirono, con il favore della notte, diretti verso il paese indicato da Mazziali ancora rintronati a causa di tutti gli eventi di quel giorno che era finito solo da qualche ora.

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Capitolo 4
*** L'Uno e il Tutto ***


Il carro continuava lungo la sua via condotto dai cavalli aggiogati da Oscar. 
Filippo e Giacomo intanto si stavano concedendo una partitella a tarocchi dove Giacomo era in netto vantaggio. 
"Ragazzi inizio a intravedere la città!" urlò Oscar agli altri due che nel mentre avevano terminato la partita e si sporgevano dal carro per vedere l'affacciarsi delle mura cittadine.
Libitrum era una cittadella di pianta circolare fondata in cima a una collinetta cinta da delle massicce mura. Le leggende narravano che quel luogo era in origine un forte di resistenza durante il "Laude Dignum Bellum". 
Mentre i nostri protagonisti arrivano in città e si sistemano in una locanda a basso prezzo vi parlerò di questo "Laude Dignum Bellum": essa fu una cruenta guerra che si concluse nell'anno 0 (313 anni dopo la fondazione Atlantis). Questa guerra imperversò tra la crudele stirpe dei Senza-Nome, stirpe tirannica che fino ad allora aveva detenuto il potere su tutte le razze di Atlantis, e la stirpe degli Albedo, la famiglia che, come sappiamo, ancora oggi detiene il titolo di  "Senator" degli Homines presso il Concilium, e che, durante quel sanguinoso scontro, riuscì a liberare Atlantis dal giogo tirannico.
Avremo modo di approfondire più avanti questa vicenda ma ora riprendiamo la nostra narrazione perché i tre ragazzi hanno appena finito di pranzare e stanno chiedendo al locandiere dove si trova la biblioteca cittadina.
"Ah… la biblioteca… Un momento, forse ricordo…" iniziò a dire il proprietario della locanda (un Homines come loro sulla sessantina) "Una volta che raggiungete la piazza mi sembra che dobbiate proseguire sulla via principale, girate alla terza a sinistra e, dopo una decina di metri, troverete una scalinata che conduce esattamente alla biblioteca"
"Grazie mille signore" dissero i ragazzi e si incamminarono seguendo la strada appena esposta. 
Libitrum era una città incredibilmente pittoresca: gli abitanti passeggiavano sereni tra le vie in acciottolato, dalle finestre delle case pendevano vasi ricolmi di fiori dai mille colori e voci e luci si univano al profumo del pane appena cotto e della frutta matura che pendeva dagli alberi. Era un'atmosfera quasi magica. I tre voltarono alla terza a sinistra ma non trovarono le scalinate indicate dal locandiere, tornarono indietro e cercarono quella maledetta scalinata e capirono che non era la terza strada a sinistra ma la quinta. Salite le scale arrivarono davanti alla porta logora di un edificio di media grandezza a due piani. Quando i tre ragazzi aprirono la porta gli sembrò di entrare in un mondo: ogni scaffale era perfetto, i pavimenti erano pulitissimi e i libri, per quanto antichi, erano conservati alla perfezione. 
"Clienti! Clienti!" si sentì urlare da sopra le scale e quell'urlo fu seguito da il rumore di un qualcosa che rotolava giù dalle scale. I ragazzi si affrettarono a raggiungere il luogo da dove era provenuto tutto quel fracasso e trovarono steso per terra e dolorante un caradrio con le piume color smeraldo, la coda cremisi e il gli occhi gialli come il becco; indossava un panciotto nero e portava un monocolo sull'occhio sinistro.
"Ahí… Ahí…" iniziò a dire rialzandosi in piedi e scrollandosi di dosso la polvere con le ali "Oh… Oh… Scusate per questo piccolo "inconveniente"… Mi presento: mi chiamo Samadeo e sono il bibliotecario. Di cosa avete bisogno?"
"Lei è Samadeo?" chiese Filippo.
"Sì… Perché me lo chiedete?" rispose il Mythus.
"Vede…" iniziò a spiegare Giacomo "Il nostro professore Andrea Mazziali ci ha detto di venire da lei"
"Oh Andrea! Mi sembra passata una vita!" disse Samadeo sorpreso "Voi dovete essere i suoi allievi"
"Lei sa che noi siamo… Dei Praticanti?" domandò Oscar timoroso.
"Sì; Andrea ed io non ci vediamo da degli anni ma abbiamo continuato a scriverci e mi ha raccontato tutto di voi"  dopo  aver spiegato questo, Samadeo iniziò un secondo discorso "Se voi siete qui adesso vuol dire che i nostri sospetti riguardo Alfonso hanno trovato la loro conferma"
"Cosa intende dire?" chiese Giacomo.
"Vedete io e Andrea abbiamo sempre sospettato che il nostro Senator stesse tramando qualcosa per questo lui si è stabilito in una zona relativamente vicina al Palazzo del Concilium; per tenere d'occhio Alfonso. Ci eravamo anche messi d'accordo che, nel caso in cui i nostri sospetti avessero trovato conferma avrebbe mandato da me delle persone di cui si fidava ciecamente"
"Ma perché ci ha mandato da lei?" domandò Filippo.
"Ve lo mostro immediatamente" e dicendo questo Samadeo estrasse dal cassetto di una scrivania un piccolo cofanetto in legno che conteneva un pezzo di carta ormai logoro "Ecco qui!"
I tre ragazzi si avvicinarono alla scrivania per vedere quell'antico foglietto e riuscirono a leggere il breve testo che così recitava "Quando l'uno incontrerà il tutto la via sarà rivelata". I tre si guardarono confusi.
"Cosa vuol dire?" chiesero i ragazzi all'unisono.
 "Vedete io e Andrea eravamo venuti a conoscenza di un'antica profezia secondo la quale sarebbe scoppiata una guerra per la salvezza di Atlantis e, durante le nostre ricerche a questo proposito, ci siamo imbattuti in questa biblioteca in cui abbiamo trovato questo enigma dietro alla rilegatura di un libro. Abbiamo creduto da subito che la chiave dell'enigma si nascondesse in questo edificio per questo sono rimasto da allora qui a guardia di esso"
"E non sei mai riuscito a risolvere l'enigma?" chiese Oscar confuso.
"A dire il vero Andrea mi ha chiesto di non pensarci… Voleva tenere questo enigma in serbo per valutare le abilità dei nostri alleati"
"Vuoi dire che il professore ora ci sta mettendo alla prova?" chiese Giacomo stupito.
"Eh già ragazzi"
"Va bene!" disse Oscar battendo il palmo della mano destra sulla scrivania "Dimostreremo al professore che siamo i più abili studenti che abbia mai avuto!"
"Credo che noi siamo stati i soli studenti che abbia mai avuto…" disse Filippo ridendo "Ma ci sto! Dimostriamo quanto valiamo!"

"Basta non ce la faccio più!" urlò Oscar mentre continuava a passare in rassegna le varie librerie. 
"Non ti lamentare! Abbiamo ispezionato solo la sezione di narrativa e quella di politica, prima o poi troveremo un indizio…" gli disse Giacomo mentre controllava se c'era un qualche indizio sulle pareti.
"Ragazzi è meglio iniziare ad ispezionare la sezione di storia" propose allora Filippo.
I tre ragazzi si spostarono nel reparto più a destra della biblioteca e notarono una cosa alquanto strana: tutti i libri delle altre sezioni erano alquanto  antichi e consumati viceversa i libri di storia sembravano molto più recenti, come se fossero stati scritti molto dopo rispetto gli altri.
"Dite che questi libri così nuovi centrino un qualcosa con il nostro enigma?" Domandò Giacomo.
"Non credo" iniziò a dire Oscar "Però questa sezione è veramente strana… Forse è qui che il professore e Samadeo hanno trovato l'enigma"
Quelle parole fecero scattare un qualcosa nella mente di Filippo "Ma certo!" esclamò.
"Cosa c'è Filo?" chiese allora Oscar.
"Ragionate un attimo: Samadeo ha detto di aver trovato l'indovinello dietro la rilegatura di un libro ma non ha specificato quale libro!"
"E questo cosa vorrebbe dire?"
"Quel libro nasconde sicuramente un secondo indizio!"
Giacomo e Oscar rimasero un po' scettici ma inseguirono l'amico quando corse verso Samadeo.
"Samadeo" iniziò "In quale libro hai trovato l'enigma?"
"In che libro?" rispose "In un libro di poesia se non sbaglio… Si intitolava… Ah sì: "Sario e il Drago"! Dovrebbe essere in una sezione al secondo piano"
Samadeo non aveva ancora finito di parlare che già i tre ragazzi si erano fiondati su per le scale.
"Trovato!" urlò Giacomo sventolando il libro.
I tre lo analizzarono: era un libro rilegato in cuoio marrone e sulla copertina, al di sotto del titolo, era inciso a fuoco il profilo di un cavaliere che trafiggeva un drago con la lancia.
"Ehi guardate qui!" esclamò Oscar indicando il petto del cavaliere.
Giacomo e Filippo osservarono attentamente il punto indicato dall'amico e videro, in corrispondenza del cuore del cavaliere, una piccola stella a sei punte: il simbolo dell'Alchimia.
 "Aspettate un attimo… Cosa ci fa il simbolo dell'alchimia su un libro di poesia?" chiese Giacomo confuso.
"Ora ricordo!" disse Filippo; gli amici lo guardarono incuriositi "Quando Samadeo ha nominato "Sario e il Drago" mi sembrava di averla già sentita come storia e ora mi sono ricordato! Questa storia racconta che un drago feroce stava tormentando un paese e per placarlo la popolazione decise di offrirgli due pecore al giorno. In breve tempo però il bestiame cominciò a scarseggiare e una ragazza di nome Silene decise di offrirsi al drago in sacrificio per quel giorno. Il paese riluttante accetta ma un giovane di nome Sario, innamoratosi della ragazza, non poteva accettare il suo sacrificio e, proprio qualche istante prima che il drago si cibasse di lei, ingaggiò uno scontro con lui e lo uccise. Dalle scaglie nere del drago fuoriuscì un fiume di sangue rosso e con esso il cavaliere riuscì a creare una rosa che donò alla ragazza"
"Interessante ma cosa centra con il simbolo e con il nostro enigma?" chiese Oscar spazientito.
"Vedi la storia in se è diventata un emblema dell'Alchimia stessa perché rappresenta la creazione della pietra filosofale, meta ultima di ogni alchimista"
"Ma perché dovrebbe riguardare il nostro enigma?" chiese allora Giacomo.
"Beh… Dato che l'enigma si trovava in un libro che cela con le parole l'alchimia… può essere che noi dobbiamo leggere le parole dell'enigma in chiave alchemica!" realizzò Filippo.
"Ho capito cosa vuoi dire!" disse il mago "allora nell'enigma si parla del' "Uno" e del "Tutto" e se non sbaglio in alchimia questi si rappresentano con due simboli molto precisi…"
"L'Uno si rappresenta con una falce di luna mentre il Tutto con un cerchio con al centro un punto" spiegò Oscar.
"Ecco cosa dobbiamo cercare! Dobbiamo trovare quei due simboli!" esclamò entusiasta Filippo.

Dopo mezz'ora abbondante di ricerche Giacomo riemerse da una catasta di libri stringendo in mano un libretto di color oro con inciso il simbolo del sole urlando "Ho trovato il primo!"
Dovettero passare altri quaranta minuti prima che Oscar potesse risalire le scale subffando "Se dovremo cercare altri libri giuro che scappo e mi consegno all'Inquisizione" mentre diceva questo lanciò un libro di color argento con l'incisione del simbolo della luna per terra.
I tre misero i libri uno accanto all'altro e li analizzarono: erano grandi quanto gli altri libri presenti nella biblioteca e i titoli erano semplicemente "Aurum" e "Argentum" ed erano dei semplici trattati riguardanti i due metalli.
"Ora che abbiamo i due simboli… Come li facciamo "incontrare"?" osservò Giacomo.
"Proviamo così" Filippo prese il libro "Argentum" e lo voltò appoggiandolo sull'altro in modo che i due simboli entrassero in contatto. Si sentì un rumore sordo provenire dal piano inferiore seguito da un urlo di spavento di Samadeo. I tre ragazzi corsero al piano di sotto e notarono che si era aperta una "botola" nel terreno che si tuffava nella più assoluta oscurità. I tre ragazzi si guardarono tra loro e senza aspettare nemmeno una parola da parte di Samadeo, senza dire nulla, iniziarono a scendere le scale che si immergevano nell'oscurità.

Al termine della ripida scalinata si trovava un'enorme stanza di forma ottagonale illuminata da fiamme colore viola. Al centro di essa si trovava un altare che ospitava un piccolo libro rilegato con un materiale bianco. I tre si avvicinarono all'altare.
"È una trappola lo sapete vero?" osservò Oscar cinico.
"Si però dobbiamo comunque prendere quel libro" disse Giacomo.
Filippo afferrò il libro pronto al peggio ma non accadde nulla.
"Ma… Niente? Siamo seri?" commentò Oscar guardandosi intorno.
I tre iniziarono a tornare verso le scale quando un qualcosa cadde davanti a loro. Lentamente si alzò quell'ammasso di ferro rivelando la sua essenza di Golem d'acciaio. 
"Oh!" sospirò Oscar soddisfatto "Eccola la tappola!"
Il Golem d'acciaio aveva la forma di un'armatura da cavaliere color nero con rifiniture in argento, alto circa 1 metro e 90, sopra l'elmo aveva un pennacchio color rosso e impugnava nella mano sinistra una lancia lunga due metri e mezzo.
"Spero che tu ora sia soddisfatto" disse Giacomo a Oscar.
"Puoi dirlo forte" gli rispose lui facendo divampare la sua Aura intorno alle dita e afferrando la sua cythara.
Il Golem scattò in avanti con un affondo di lancia. I tre ragazzi evitarono prontamente l'attacco e anche Giacomo e Filippo fecero divampare le loro Aure.
"Filo cosa dici di fare?" chiese Giacomo rivolto al compare.
"Oscar ascolta: io e te lo blocchiamo. Jacky te dopo cerca di menarlo male!" disse lui.
"Perfetto!" gridò Oscar e iniziò a suonare la sua musica e urlò "Gavotta!" delle mani scheletriche ruppero il suolo al di sotto del Golem e gli afferrarono le gambe.
Filippo concentrò la sua Aura intorno ai piedi e la fece "strisciare" fino al Golem e, quando questa toccò i piedi del nemico, il ragazzo disse "Violenti contro se stessi!" l'Aura si modellò a forma di radici che avvolsero il busto del Golem bloccandogli le braccia.
"Ora Jacky!" urlò Oscar.
L'Aura di Giacomo formò un cerchio nel suolo ed egli urlò "Cubismo!" e da esso si formò un insieme di stalagmiti acuminate dirette verso il Golem d'acciaio. Ma, in quello stesso momento, il nemico riuscì a liberarsi dalle insidie create dall'Alchimista e dal Necromante ed evitò prontamente l'attacco del Mago. Il Golem riprese l'assalto e si scagliò contro Filippo con un affondo il ragazzo disse "Ipocriti" e, proprio nel punto dove la lancia stava per trafiggere la sua carne, la sua Aura si condensò divenendo dura come l'acciaio; così il ragazzo riuscì a evitare l'attacco.
"Filo tutto bene?" domandò Oscar preoccupato.
"Sì, va' tranquillo! Ora però è meglio contrattaccare!" disse lui indietreggiando e preparandosi al nuovo attacco.
"D'accordo! Minuetto!" Urlò il Necromante e subito spuntoni di ossa comparvero al di sotto del Golem che venne colpito al fianco destro.
"Grande Oscar!" disse contento Giacomo "Vediamo di finirlo! Pittoresco!" l'Aura del Mago toccò il soffitto al di sopra del Golem crepandolo e provocando una frana sopra di lui. Il nemico si ritrovò sepolto dalle rocce. I tre si avvicinarono e vedendo il Golem privo di vita tirarono un sospiro di sollievo e riassalirono le scale.

"De Elementarum Bellum…" Sussurrò Samadeo osservando il libro e leggendone il titolo.
"Non c'è scritto nulla al suo interno" disse Oscar.
I quattro stavano osservando il libro quando un rumore di passi metallici irruppe in quel loro improvviso silenzio. Il Golem che poco prima sembrava morto era lì davanti a loro con la lancia ancora in mano. I tre ragazzi istintivamente fecero divampare le loro Aure ma l'essere d'acciaio posò la lancia "Non sono più qui per combattere" disse con una voce quasi distorta. I quattro lo osservarono incuriositi e lui riprese il suo discorso "Voi tre mi avete sconfitto, lo ammetto, ed ora mi presento a voi: mi chiamo Chaleyx e sono il protettore del "De Elementarum Bellum"; aspettavo che un giorno qualcuno risolvesse l'enigma e ora che mi avete battuto è il momento che io vi mostri la via"
Strinse la mano sinistra a pugno e i quattro videro un anello con sigillo sul suo anulare. Il sigillo presentava il simbolo dell'Uno unito al simbolo del Tutto. Chaleyx lo posò sulla copertina del libro e il simbolo venne impresso nel materiale bianco e, in quel momento stesso, un'accecante luce bianca balenò dal libro. Tutti tranne il Golem si dovettero coprire gli occhi temendo di venire accecati. Quando la luce diminuì tutti poterono vedere che il libro si era aperto alla prima pagina dove ora erano comparse delle strane scritte.

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