Un mese da ricordare

di Ale_R
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


AVVERTENZA: questa storia sarà scritta tutta, eccetto casi particolari, in italiano per facilitare la lettura e la stesura; detto ciò i dialoghi avverranno in lingua italiana sebbene Evan Peters non penso che ne conosca nemmeno una parola.

 

 

  1. Capitolo 1

 

GIORNO I.

Parte 1

 

Quel giorno a Torino mi sarei aspettato una delle solite giornate noiose di università, ma certo non mi sarei aspettato di incontrare il mio idolo in giro per la città... eppure a volte succedono strane cose, impossibili da spiegare.

Cavolo, ma non mi sono nemmeno presentato: mi chiamo Alessandro e ho ventiquattro anni e mezzo e si trovo molto importante anche specificare il “e mezzo”; abito abbastanza distante da Torino, un oretta circa in treno o in macchina, ma sono costretto a fare la vita da pendolare perchè studio all'università. In realtà diverse volte ho anche pensato di trasferirmi in città, ma voi lo sapete quanto costa un affitto a Torino anche solo per 20 mq? Lasciamo perdere.

Come dicevo studio a Torino e sono iscritto al primo anno di specialistica in scienze storiche, ho scelto questo indirizzo perchè la storia praticamente è l'unica cosa che mi appassiona, anche se spesso mi dicono che non lavorerò mai, ma su questo mi preoccuperò una volta laureato.

Sono bravo all'università, ho la media del 29, ma semplicemente perchè mi impegno e anche perchè so che prima finisco e prima posso sposarmi con la mia fidanzata, con la quale sto da quasi quattro anni... davvero un sacco di tempo non trovate?

Ma torniamo alla storia, anche perchè devo raccontarvi una cosa incredibile che mi è successa il sette Giugno di quest'anno... il 2016.

 

Ero appena uscito dall'università: erano le 5:37 circa e sapevo che avevo tutto il tempo per riuscire a prendere il treno delle sei e un quarto per Bardonecchia. La lezione di recupero di latino era durata meno del solito, ma era una cosa abbastanza normale dato che oramai Giugno era iniziato e i professori, allo stesso modo degli alunni, ero stanchi e desiderosi di una vacanza; per sfortuna però durante il secondo semestre la professoressa di latino aveva dovuto prendersi dei giorni di vacanza a causa di un convegno a Palermo e poi per un brutto raffreddore che aveva iniziato a girare nell'Ateneo e nei corridoi di Palazzo Nuovo da metà Aprile, quando io ero da poco uscito da una brutta influenza, e quindi la conclusione delle lezioni era stato spostato dal 25 Maggio ad oggi.

Ero libero e potevo godermi l'Estate anche se sapevo bene che avrei dovuto studiare per l'esame della lingua morta, esame che però avrei rimandato a Settembre... o magari Novembre.

Dopo aver posato il cellulare nella borsa e aver mandato un messaggio al mio migliore amico mi avviai alla fermata del pullman più vicina ovvero quella situata tra via Po e via Sant'Ottavio, ma quando vi arrivai non rimasi deluso nel trovarla affollata.

In fondo è una bella giornata, il Sole splende dietro la Gran Madre e fa caldo, perchè mai dovrei rinchiudermi su un mezzo pubblico come una sardina in una scatoletta quando ho tutto il tempo per andare a piedi?”.

Spesso facevo la strada dalla mia università alla stazione di Porta Nuova a piedi, sia perchè amavo camminare, sia perchè Torino ha un fascino che lo puoi toccare solamente se lo respiri e su un 61 o un 55 invece puoi respirare solamente odore di studenti sudati e puzzolenti.

Iniziai quindi ad avviarmi sotto i portici di via Po anche se già dopo pochi metri il piede sinistro iniziò a dolermi a causa di un'operazione per l'espulsione di una verruca fatta due settimane prima.

Non so: il termine verruca mi mette un sacco in imbarazzo e volevo condividere questo con tutti voi, forse non sono l'unico.

Alessandro...” vi starete chiedendo voi “... ma quindi non solo ti sei preso la febbre ad Aprile, ma anche una verruca a Maggio?” ebbene sì! Sono una calamita per i germi e funghi e batteri più strani.

Comunque anche se mi faceva male non le diedi molta importanza, e me ne sarei pentito la sera, ma continuai a camminare, cioè in verità adesso sono fermo ad un semaforo che è rosso... ancoro rosso... ancora rosso... rosso...(va beh sta parte la salto va, tanto non succede nulla di interessante).

Ok adesso è verde e posso quindi attraverso le strisce e continuare la mia camminata accedendo a piazza Carlo Alberto: so che questa in realtà non è una storia storica (storia... storica? Cioè ma è come dire un gelato gelato), ma se mai verrete a Torino vi consiglio di fare un salto in questo luogo in quanto su di esso si affaccia sia la biblioteca Nazionale d Torino, sia palazzo Carignano (al cui interno è nato Vittorio Emanuele II... il primo re d'Italia).

Fu lì che mi venne un batticuore e dovetti più volte convincermi che stava succedendo quello che pensavo.

Mi sedetti su una panchina e cercai il suo nome su Internet per poi sfogliare le fotografie... era lui.

Non ancora convinto controllai su Instagram... era lui per davvero.

Mi avvicinai senza darlo a notare e lo sentii blaterare in un perfetto inglese/americano.

  • Ma dove diavolo sono? Ma come si legge sta cosa-

era senza alcun dubbio lui!

Davanti ai miei occhi c'era la mia fissazione di quel (e questo) momento: Evan Peters.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


  1. Capitolo 2

 

7 Giugno.

Parte 2.

 

Io in realtà non sono bravissimo con l'inglese, ma posso dire che me la so cavare, anche perchè da poco mi sono iscritto ad app come Duolingo e Memrise proprio perchè desidero, dopo l'estate, provare a fare il test per l'acquisizione del PET (Prelimary English Test). Ecco, un'altra cosa da fare durante l'estate, oltre il latino, è studiare l'inglese.

Comunque non era stato difficile riconoscerlo anche se indossava degli occhiali da sole granata: lo “stalkeravo” (ma con ingenuità ovviamente) su tutti i social network e conoscevo benissimo la sua voce.

Aveva in mano una cartina di Torino (tenuta storta) e da ciò che avevo capito si era perso... potevo aiutarlo... dovevo aiutarlo... era lui... era lì... davanti a me.

  • Scusa, posso aiutarti?- pronunciai timidamente con il mio strano inglese, - mi è sembrato di aver capito che ti sei perso.-

  • Ah, parlavo così forte.- mi rispose lui scherzando.

Sorrisi debolmente, intimidito dalla sua presenza, dovendo abbassare lo sguardo dopo che i miei occhi incontrarono i suoi da dietro le lenti colorate.

Ebbi un fremito e dovetti trattenere un lungo respiro per riprendere il controllo di me.

Nel frattempo mi guardava con attenzione come se si aspettasse che dovessi svenire da un momento all'altro, ma non c'era nessun rischio, e capendo che non avrei risposto decise di continuare lui il discorso.

  • Comunque sì. Ho preso un taxi nel pomeriggio dall'aeroporto di... Casele?- chiese interrogativo per poi continuare vedendo da parte mia un cenno di affermazione. - Ok. E sono andato all'albergo nel quale alloggio, sai non sono di qui.-

Mi sorrise ed io, se avessi potuto, mi sarei sciolto lì: non perchè ho strane tendenze omosessuali, ma perchè è senza alcun dubbio il mio attore preferito; non perchè sia bello, ma semplicemente perchè sebbene giovane, soli ventinove anni, rappresenta quello che a mio parere è un attore completo.

  • Beh si... io so benissimo chi sei.-

Sembrava sorpreso, ma nemmeno troppo. Non smise di sorridere, ma anzi si tolse gli occhiali e subito notai come i suoi occhi marroni avessero iniziato a scrutarmi.

  • X-Men?-

  • American Horror Story principalmente.-

  • Capisco. Beh, comunque mi hanno insegnato le buone maniere quindi...- e allungò la mano, - Evan Peters.-

Gliela presi senza però riuscire a stringerla con troppa forza e rimasi imbambolato a farle dondolare.

  • Invece tu ti chiami?-

  • Ah si...- dissi riprendendo coscienza di cosa stesse succedendo, - io sono Alessandro.-

  • Bene.- continuo lui godendosi il momento, - ti stavo comunque dicendo che sono arrivato all'albergo e dopo aver lasciato le valigie ho chiesto una cartina e mi sono allontanato; solo che adesso vorrei tornare lì dato che ho fame, ma non ho il portafoglio e non ho potuto nemmeno comprare una sim italiana quindi non posso utilizzare internet e nemmeno chiamare... e sto morendo di fame.-

Ripensai al mezzo panino che avevo in borsa, ma mi sembrò estremamente stupido offrirglielo... guadagnava migliaia di dollari all'anno.

  • E dove alloggi? Magari posso aiutarti.-

  • Emh...- iniziò a riflettere come se avesse dimenticato una battuta (Evan Peters non dimentica le sue battute, è una cosa alla quale non posso credere).

  • Non avere paura, non ho intenzione di dirlo a qualche giornale scandalistico e ai paparazzi.-

  • No, no...- sapevo bene che non era convinto, ma alla fine mi guardo con aria vittoriosa, - Prinsipi dai Piemondè?-

Iniziai a ridere abbassando lo sguardo.

  • Si ok! Lo conosco il Principi di Piemonte; è qui vicino.-

  • Ottimo, me lo indicheresti?- e mi allungò la cartina.

  • E rischiare che ti perda? Di nuovo? Io devo andare in quella direzione, se vuoi ti accompagno fin lì.-

Non sembrava molto convinto e io non volevo insistere, ma alla fine accettò.

I primi passi, tempo di uscire dalla piazza, li facemmo in silenzio e questo mi disturbò non poco: ero lì con lui, era la mia occasione di passare qualche minuto dal vivo con lui dopo le intere giornate che avevamo passato insieme, ma divisi da uno schermo e nelle quali lui neanche sapeva della mia insistenza.

 

 

Il mio rapporto con Evan Peters, se di rapporto si può parlare, era iniziato nel gennaio di quell'anno, quando per la prima volta Angelo, il mio migliore amico, mi aveva proposto di guardare American Horror Story; la prima stagione, Murder House, la guardammo praticamente assieme, ma quelle successive le continuai da solo.

Questo telefilm - il cui autore è Ryan Murphy, un genio a mio parere, ricordato per celebri serie televisive come Glee, Nip/Tuck e Scream Queens – ha la particolarità di cambiare le vicende da una stagione all''altra, la trama, senza però mutare il proprio cast e il signorino Peters aveva partecipato a tutte.

Ed eccolo lì, dal primo episodio quel ragazzino biondiccio di poca importanza: Tate Langdon. Non mi diede molto, ma la serie in sé non era malvagia, anzi. E poi iniziai la seconda stagione: Asylum... Kit Walker.

Wow... la stagione più bella a mio parere e lì c'era lui, Kit, un personaggio eccezionale e così diverso da quell'adolescente così insopportabile che mi ero sorbito nella stagione precedente.

Lo amai, non c'erano dubbi, e fu da lì che iniziò l'ossessione “Evan Peters”.

Ma poi iniziò la terza stagione, Coven, ed Evan era di nuovo un adolescente noioso e inutile, Kyle Spencer, ma almeno la serie in sé era bella e in realtà Evan mostrò che il potenziale c'era.

Freak Show fu noiosissima, ma Jimmy Darling era un qualcosa di sorprendente: un ragazzo con le mani da aragosta che desiderava solamente avere una vita normale... ed Evan era in grado di rappresentare ogni sfaccettatura del disagio, della paura, del desiderio di essere libero...

E infine Hotel, la serie che aveva ricevuto più critiche.

In sé le meritava per il fatto che era lontanissima da ciò che è American Horror Story, ma James Patrick March... no, non ci sono parole per spiegare l'entusiasmo che quel personaggio, che quel ragazzo poco più che adolescente rappresentava in maniera sublime, mi dava.

Avevo amato ogni aspetto di lui e ne avevo fatto il mio sfondo Facebook/ WhatsApp per settimane.

Come detto avevo iniziato questa serie a gennaio... per finirla ad aprile e sarebbe una bugia negare che la guardavo, non esclusivamente, per lui.

L'avevo poi anche visto in X-Men: Giorni di un futuro passato... ma compariva appena, quindi nessun giudizio; adesso mi mancava solo l'ultima pellicola con Pietro Maximoff.

Comunque adoravo Evan, assolutamente!

 

 

Cosa potevo fare però per non perdere l'occasione?

Mi schiarii la gola e provai ad aprire un dialogo.

  • Quindi sei in Italia come turista o per lavoro?-

  • No no, sono qui come turista, avevo bisogno di staccare un po' dalla vita frenetica americana; avevo bisogno di ritrovare un po' me stesso... e la pace.-

  • Capisco.-

E capivo veramente.

Il 18 maggio, quindi nemmeno un mese prima, si era lasciato con la sua ragazza, con la quale stava da tre anni: Emma Roberts.

Anche la Roberts è un'attrice interessante e capace, ma non l'ho mai vista degna di stare al fianco di Evan e quando si erano lasciati avevo gioito, mentre lui ne era uscito distrutto: un viaggio in Italia non poteva che fargli bene.

Guardandolo, sorrisi debolmente e mi intenerì: quei capelli castani, ma che ero abituato a vedere anche biondi (sebbene penso che castani gli stiano decisamente meglio), quel volto da bambino e uomo allo stesso tempo... mi ero affezionato a lui nel corso di American Horror Story, mi ero innamorato dei suoi personaggi e avevo imparato a stimarlo... avrei voluto abbracciarlo per poi dirgli che tutto si sarebbe risolto, ma forse era meglio evitare.

In fondo tutti coloro che hanno guardato la serie televisiva si sono un po' sentiti in dovere di proteggere Tate... e Kit... e Kyle... e Jimmy... e March, no forse March no!

Decisi invece di incoraggiarlo.

  • Hai fatto bene a venire in Italia, vedrai che quando tornerai a Los Angeles sarai più tranquillo.-

  • Penso starò prima un po' dai miei a...-

  • a St. Louis.-

Si fermò leggermente spaventato e poi sorrise divertito.

  • Tu non sei un semplice spettatore di Ahs vero? Sei decisamente un mio fan!-

  • Beh a dir la verità si.-

  • È ovvio! Altrimenti non mi avresti nemmeno riconosciuto poco prima.- e mi diede una pacca sulla spalla.

  • Beh si mi piace molto il modo che hai di recitare.-

  • E solo quello direi...- disse guardando la mia fedina, - cioè non sei innamorato di me o cose del genere spero?-

  • Amo come reciti... davvero molto.-

  • Si, ma insomma... non hai fantasie su di me... vero?-

Non risposi subito, ma semplicemente perchè la situazione mi stava divertendo e volevo mantenere quella suspance ancora per qualche secondo, ma alla fine lo rassicurai: ero al cento per cento eterosessuale.

  • No, ma io non ho problemi con i gay; assolutamente, ma sai, volevo capire chi avevo davanti.-

  • E ora lo sai.-

Fece un movimento affermativo con la testa mentre io ero felice che quel silenzio fosse oramai caduto.

  • Quindi American Horror Story eh? Cosa ti è piaciuto così tanto?-

  • Beh tutto, ma tu sei stato sorprendente.-

  • Ahahah troppo gentile; è solo il mio lavoro.-

A quanto pare è, o finge di essere, anche una persona molto umile... ma magari invece sta recitando anche in questo momento”. Questo pensiero mi colpì come un fulmine: quand'è che un attore smette di recitare?

Cercai di scrollarmi questo pensiero mentre ne sopraggiungeva un altro.

  • Ma a proposito! Ma che ci fai tu qui? In questo periodo non dovrebbero esserci le riprese della sesta stagione?-

  • Sono cominciate proprio oggi a dir la verità, ma per il momento non hanno bisogno di me da quello che mi hanno detto, ma non so altro.-

  • Spero solo che non ti pongano su un secondo piano come hanno fatto nella scorsa.-

  • Pensi che in Hotel mi abbiano messo un po' da parte?- mi chiese mentre guardava il cielo da dietro i suoi occhiali da sole che, ora potevo leggere, erano di una celebre marca italiana; ma non mi diede tempo di rispondere perchè subito riprese la parola. - Direi che hai ragione, ma sai dovevano dare più spazio ai nuovi membri del cast.-

  • Intendi Lady Gaga e Matt Bomer?-

  • Si, ma non solo.-

  • Beh, comunque ho adorato March.-

  • In effetti è stato un personaggio che mi è proprio venuto bene, chissà che magari prima o poi non ricompaia.-

  • Lo spero proprio anche io.-

Il discorso sembrava essersi concluso e uno strano imbarazzo ci stava avvolgendo; notai che avevamo da poco superato la Rinascente, il che voleva chiaramente dire che eravamo quasi arrivati.

  • Chissà, magari mentre sono qui incontro anche Berlusconi.-

  • Lo conosci?-

  • Tutti gli americani lo conoscono; è un uomo molto divertente.-

  • Già, peccato che non sia un comico.-

  • Attualmente è ancora il vostro uomo di sedia?-

  • Il cosa?-

  • L'uomo di sedia.-

Non stavo assolutamente capendo cosa stesse dicendo.

  • Chairman means president.-

  • Ah! No... no... non è più il nostro presidente.-

  • Ok.-

Mi sentii un sacco in imbarazzo per quella gaffe, ma mi incoraggiai ricordandomi che anche i migliori possono sbagliare.

  • Ah, ma siamo arrivati...- disse lui guardando le spalle dell'albergo, - beh non posso far altro che ringraziarti.- e mi diede un abbraccio del tipo “bella zio... stasera spacchiamo tutto”.

Sapevo bene che non avevo molte possibilità di rincontrarlo a Torino, ma sarebbe stata la cosa che più avrei desiderato.

Si staccò e mi sorrise sentendosi probabilmente in imbarazzo come me, sapendo che ci saremmo dovuti dividere: gli arrivederci e gli addii hanno sempre un qualcosa di strano al loro interno.

  • Beh io andrei allora.-

  • Aspetta!- gridai un po' troppo forte, sapevo bene che sarebbe stato umiliante, ma se fosse andata male non sarebbe mutato nulla, - guarda, come ti dicevo prima sono un tuo grande fan e... non so... magari hai bisogno di compagnia nei prossimi giorni... anche per non perderti... e qualcuno che ti faccia visitare Torino: io lo farei gratis, ti porterei nei posti migliori e non ti farei mai annoiare...-

  • Vorresti essere quindi la mia squillo non a pagamento?-

  • Non intendevo quello...- risposi sorridendo,- potrei essere una specie di... amico.-

  • A bro...- sembrava tentennante,- lasciami il tuo numero, mi farò sentire te lo assicuro... mi serve solo una sim italiana, poi ti contatterò-

  • Lo prometti?-

  • Certo.-

  • Evan... voglio sentire le parole “lo prometto” uscire dalla tua bocca.-

  • I promise.-

Presi il telefono e gli scrissii i miei dati.

  • Vedi che ho messo anche l'e-mail... almeno puoi con il wifi utilizzare internet e scrivermi...-

  • Hai fatto bene.-

  • Mi fido eh... quindi non ti chiedo nè una foto nè un autografo visto che ci rivedremo.-

  • Certamente!- rispose lui sorridendo, poi si allontanò verso la struttura, mentre io continuavo il mio viaggio verso la stazione di Porta Nuova.

     

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

7 Giugno.

Parte 3.

 

Dall'albergo a cinque stelle alla stazione ci voleva poco; bastavano appena cinque minuti per accedere da una hall tranquilla e di classe ad un ingresso affollato e pieno di gente strepitante.

Giunto alla stazione notai subito che avevo perso il treno delle 6:15 per Bardonecchia, ma poco male, avrei preso quello successivo, che era già pronto al binario.

Ancora non riuscivo a credere alla fortuna che avevo avuto, ma allo stesso tempo mi reputavo un idiota perchè avevo permesso ad Evan di andarsene senza nemmeno una foto o un autografo... forse non mi sarei dovuto fidare. Eppure era una parte di me: mi fidavo sempre delle persone, era più forte di me.

E inoltre l'aveva promesso, quindi sicuramente si sarebbe fatto vivo!

Posai lo zaino a quadri verde della Jansport su un sedile e mi sedetti su quello accanto tirando fuori dalla tasca dei pantaloncini il mio cellulare, un Samsung S5, e delle cuffie azzurre che subito attaccai, per poi staccarle frettolosamente.

Il vagone era vuoto ed io avevo un gran bisogno di parlare con qualcuno: entrai su WhatsApp e cliccai sulla chat del mio migliore amico: rimasi qualche istante a fissare l'ultimo accesso... 14:27.

Sapevo che doveva essere in giro con la fidanzata, ma decisi comunque di cliccare sul tasto del microfono per registrare un audio:

Hola... guarda, è un sacco difficile da spiegare, ma.... HO INCONTRATO EVAN PETERS!! AHAHA ok, ok so che non ci crederai, ma ci siamo incontrati per caso in giro e siamo stati circa venti minuti... si venti minuti penso” e rimasi un attimo muto a riflettere concordando poi con un cenno del capo convinto che dovevano essere stai venti, fantastici, minuti, “abbiamo parlato e riso e scherzato e ora lui ha il mio numero e spero solo che mi contatti!!!

Va beh, fammi sapere cosa ne pensi!”.

Mandato l'audio scrissi subito un messaggio sotto.

Ascoltalo quando puoi :)”

Poi entrai in un'altra chat denominata Marvel nel quale scrissi che che dovevano ascoltare il vocale che stavo mandando, quindi inoltrai il messaggio creato poco prima.

La Marvel beh, penso che tutti sappiano cosa sia, ma in questo caso si trattava di un gruppo su WhatsApp nel quale si trovavano due ragazze, fra cui la mia migliore amica, e un altro ragazzo.

Era stato creato nell'Estate nel 2013 quando Ilaria aveva invitato me, Luis e Fabi (la mia migliore amica per l'appunto) a prendere un gelato, così da poterci vedere tutti e quattro prima dell'inizio della scuola.

Avevamo passato una bella serata e infine quel gruppo sull'app era rimasto e spesso accadeva che ci vedessimo ancora dal vivo e che parlassimo di vari argomenti in esso.

 

LUIS: “Ma chi è Evan Peters?”

FABI: “E' la nuova fissazione di Alessandro. Adesso si è inventato che l'ha incontrato. Tu fumi caro mio!!”

L: “Ahahaha Ale si fa le canne!!!!”

Io: “Raaaaagaaaaa vi assicuro che ci siamo incontrati; fidatevi cavolo!”

ILARIA: “Dai racconta un po... cosa avreste fatto a Narnia?”

 

Sbuffai insoddisfatto, poi raccontai in breve l'incontro e tutto il resto facendo sembrare Evan un eroe della Grecia antica che nulla aveva da invidiare ad un Eracle o ad Enea.

Cavolo... devo studiare latino!!”

 

I: “Quindi in questa tua bellissima storia mi stai dicendo che non hai nemmeno una foto/autografo o cose del genere? Beh si allora ci credo...”

Io: “Aspetto mi contatti lui!!!”

I: “Ah si già. Sicuramente...”

 

Continuammo così per un po', ma sapevo bene che non sarebbe cambiato nulla: non erano convincibili; la mia migliore amica addirittura mi scrisse in chat privata dicendomi di non fare l'idiota, ma ero troppo arrabbiato per risponderle in quel momento.

Ilaria però aveva ragione: me n'ero andato così senza nemmeno una foto... mi ero forse fidato troppo?

Decisi di non pensarci e mi concentrai sul resto del viaggio in treno: i palazzi e le luci della città si stavano allontanando, sostituite da campi in mietitura e paesini sempre più piccoli e caratteristici.

Quando scesi alla mia fermata fui subito attaccato da un vento impetuoso, ma noi della Val Susa ne eravamo oramai abituati.

Un cane in lontananza abbaiava contro il cielo che si stava facendo sempre più cupo e guardando verso Torino notai alcuni lampi dietro alla Sacra di San Michele, un complesso architettonico simbolo del Piemonte.

Mentre salivo sulla mia piccola macchinina guardai distrattamente il telefono sperando di trovare qualcosa di suo, ma la schermata mi indicava solo l'ora, mentre dietro, sullo lo sfondo, un Guilmon mi guardava confuso.

Il resta della serata fu silenziosa e stranamente noiosa: avevo bisogno di una svolta, ma niente.

Pensai di parlarne con la mia ragazza, ma sapevo benissimo che in quel momento era impegnata con altre cose e non poteva starmi dietro, inoltre mi sentivo troppo nervoso e avevo paura di prendermela con lei e aggredirla solo per sfogare tutto lo stress che sentivo in corpo.

Com'era possibile che una giornata iniziata normalmente divenisse poi fantastica e infine stressante e ricca di ansia, paura e insoddisfazione?

Mi sdraiai nel letto e accesi la televisione mentre la speranza si stava affievolendo: erano oramai passate più di quattro ore e se avesse voluto scrivermi l'avrebbe fatto.

Magari si è addormentato a causa del jet lag” pensai scusandolo, ma mi sembrava una scusa così debole.

Su Fine Living davano “Spie al ristorante”, eppure non riuscivo a godermi il programma.

Il telefono si illuminò e un balzo mi toccò il cuore ridandomi speranza, ma era solamente Angelo.

A: “Evan Peters eh?”

Chiese con un tono di voce che sapevo essere ironico.

 

Io: “Lascia stare; tanto non posso provarlo e so bene che nemmeno tu mi credi!!”

A: “Io vorrei crederti, ma capisci anche tu che è impossibile no? Mettimi nei miei panni dai...”

Io: “Lo so bene che non è facile e mi sto odiando perchè nemmeno un autografo gli ho chiesto, eppure in quel momento mi sembrava la cosa più giusta: fidarmi di lui. Forse ho sbagliato. Eppure in lui ho visto qualcosa e ci ho sperato...”

A: “Sperato cosa esattamente?”

Io: “Di diventare amici... ok adesso mi sento un idiota...”

A: “Amici eh? Beh è un pensiero cercare amici... ma sembra tanto che adesso tu te ne sia inventato uno!!”

Io: “Va beh dai... tanto è inutile pensarci... ”

A: “Dai!! Non te la prendere”.

 

Non risposi a quel messaggio, non ne avevo voglia, decisi invece di andare in bagno a lavarmi i denti per poi andare a letto... uscito dalla stanza il cellulare sul letto iniziò a vibrare, ma io non potevo sentirlo.

 

Io sono sicuro che lui fosse Evan e serberò di questo pomeriggio un bel ricordo, ma avrei voluto che la nostra storia durasse di più! Va beh... fine dei giochi.” pensavo distrattamente mentre mi spazzolavo i denti.

Feci un sorriso al mio riflesso che mi rispose con uno sguardo molto semplice, ma dal quale potevo leggere le parole “SEI UN IDIOTA!”

Rientrai in camera mia e notai che la spia del mio cellulare lampeggiava: una chiamata persa.

Il numero iniziava con 011- quindi si trattava di Torino o periferia, ma chi mi aveva chiamato? Il cervello gridava un nome, ma non volevo ascoltarlo e farmi altre illusioni. Poi nuovamente vibrò: una email.

 

Ciao Alessandro...

senti: ti ringrazio per il bel pomeriggio trascorso insieme, è sempre fantastico incontrare un fan anche perchè senza di voi a sostenermi e a volermi bene io beh... non sarei nulla.

Comunque ho pensato alle tue parole prima di lasciarci – e anzi ti ringrazio ancora per avermi ricondotto all'hotel – e una mail te la dovevo, anche solo per salutarti, te lo avevo promesso.

Quindi tornato in camera ho subito disfatto la valigia e poi ci ho pensato lungamente... e mi sono addormentato – stupido jet lag!” sorrisi pensando che era come pensavo, “e volevo dirti che a me sta benissimo vederci ancora in giro per Torino e avere una guida che è anche fan, almeno avrò un trattamento migliore e mi mostrerai il meglio. Ho provato a chiamarti, ma non hai risposto, magari dormi anche tu, non lo so. In qualunque caso guarda, io domani sbrigo alcune faccende, e mi compro anche una sim, poi ti scrivo e ci mettiamo d'accordo su quando vederci e simili questioni.

Grazie ancora per oggi... bye

E.P”

 

Lo sapevo. Ne ero certo!

Inoltrai l'email a tutti, era la mia vendetta – anche se ancora non bastò in quanto dopo l'email mi chiesero prove più tangibili come foto e cose così! -.

Decisi di rispondere brevemente e poi tornai a guardare la televisione: “Spie al ristorante” era ad un tratto molto divertente.

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

8 Giugno.

 

16:53

Era stressante, era terribilmente stressante, ma avevo pensato che scaricare tutta la mia ansia su Altair mi avrebbe dato una calmata... mi sbagliavo.

Dopo l'ennesimo salto delle fede andato a male spensi la mia X Box e mi gettai sul letto.

Sono in vacanza cavolo...” pensai distrattamente guardando il gran numero di libri e fumetti che dalla libreria mi osservavano sperando che prima o poi li leggessi, “...dovrei godermi questa libertà invece di morire dall'ansia.”

Ansia... se c'è una sensazione che mi rappresenta al 100% è sicuramente l'ansia: ogni cosa mi trasmette l'ansia e vivo di essa portandomela in giro come se fosse una collana o una sciarpa.

...

  • Che cosa le posso dare oggi?-

  • Guardi, mi dia un chilo di ansia.-

  • Solo per oggi abbiamo in sconto anche un etto di paranoia.-

  • Ma si dai, perchè no?!- ”

Sorrisi debolmente divertito da quel dialogo mentale sapendo in fondo che giunto alla cassa avrei pagato un prezzo troppo alto, ma in fondo sono fatto così, che cosa possa farci?

E quindi anche quel pomeriggio aveva in se la sua ansia e i videogiochi non erano stati nemmeno in grado di darmi una calmata...

Mi dava un'ansia non descrivibile trovarmi fermo su quel letto in attesa, senza sfruttare quel tempo, che in realtà lo stavo vivendo con ansia... e quindi avevo ansia per la mia ansia.

Evan Peters... era tutta colpa sua, ma che potevo farci.

Potevo non incontrarlo!” pensai sbattendo la testa sotto il cuscino mentre scalciavo sulle coperte, ma subito mi pentii di quel pensiero, “Scherzavo!! Scherzavo...” come se qualcuno potesse sentirmi.

Non avevo ancora parlato con i miei di questa situazione e con i miei amici la situazione era cambiata di poco: solo la mia migliore amica aveva deciso di mettere da parte la sua diffidenza convinta dal fatto che la mail fosse scritta troppo bene per essere un falso. Ne ero felice.

E quindi adesso aspettavo che si facesse vivo nuovamente, ma ero convinto – una parte di me era convinta – che no... non si sarebbe fatto più vivo.

Insicurezza... avevo così poco stima di me? Probabilmente si.

Tutta colpa del bullismo... il bullismo, in tutte le sue forme: che sia bullismo di strada o cyberbullismo...

Da bambino, ma non solo, avevo qualcuno che faceva il bullo con me; non si trattava solo di botte o soprannomi, anche se non mentirò dicendo che sono un gran rottura; la cosa peggiore, per le vittime del bullismo, è che ogni volta che succede ti viene rubato un piccolo pezzetto di quello che sei e poi, se capita spesso, a poco a poco si diventa sempre meno della persona che si desidera essere... e questo non è bello.

E tante volte, alle vittime di bullismo, viene rubata la propria identità solo per il ridicolo.

E l'unica cosa che si può fare è aspettare e andare avanti... avere pazienza e vivere una giornata alla volta con le poche forze che sono rimaste... arrendersi significherebbe stare al loro gioco.

Wow... pensieri profondi” pensai tra me e me.

Decisi di alzarmi e mettere qualcosa sotto i denti: quell'attesa era snervante.

 

18:27

 

Quell'attesa era assolutamente snervante!

Non avevo mangiato nulla, ma sapevo benissimo che aperto il frigorifero lo avrei richiuso, nulla poteva entrare nella mia bocca... stomaco chiuso... sudore continuo... batticuore ad ogni singolo rumore. Ansia.

Digitai un numero...

Il telefono squillava, ma nessuno rispondeva; poi una voce: lei.

  • Ehy... ciao.-

Sembrava felice... ciò mi fece sorridere.

Appena avevo sentito la sua voce subito mi ero calmato e adesso mi sentivo decisamente meglio.

Si trattava di Ambra, la mia ragazza da quasi tre anni... un sacco di tempo.

La storia che coinvolgeva me e lei è molto lunga e tormentata e meriterebbe un racconto che chissà, magari qualcuno scriverà.

  • Ehy tesoro... senti c'è una cosa che dovresti sapere...-

E così subito iniziai a raccontarle ogni cosa del pomeriggio precedente: l'incontro, la chiacchierata fatta, la paura di averlo perso e infine quella email...

  • e adesso ansia.-

La sentii ridere dall'altro capo del telefono prima di rispondere.

  • Tu e la tua ansia. Stai tranquillo e aspetta, sicuramente ti scriverà appena potrà; come ti ha detto ieri sera.-

  • Forse hai ragione.-

Continuammo a parlare per alcuni minuti e alla fine staccai la chiamata.

Mi mancava già un sacco.

 

20:18

 

Dovevo andare a mangiare, la cena era pronta, ma il telefono stava squillando e non potevo vivere con l'insicurezza di aver perso una sua chiamata... non di nuovo.

"È una star.”

Risposi timidamente in italiano...

  • Si...-

  • Ciao Ale...- mi rispose lui in americano, - allora come va?-

Mi presi un attimo per respirare.

  • Va tutto bene direi, e tu?-

  • Fantastico.- e rise contento, - Finalmente ho comprato una sim, anche se è stato imbarazzante andare in giro con un dizionario di italiano, fortunatamente ho incontrato un venditore che parlava bene la mia lingua e quindi ce la siamo cavata entrambi.-

  • Ottimo.-

Mi infastidiva dover rispondere a monosillabi, ma d'altra parte sentivo l'ansia dentro di me.

  • Hai mangiato?-

  • In realtà non ancora... e tu invece?-

  • Beh qui in albergo i pasti sono deliziosi, dico davvero, ma sento la mancanza del cibo spazzatura, solo che andare da solo per i fast food non mi piace, lo trovo deprimente. Preferisco mangiare in compagnia e...-

  • Evan... è un appuntamento?-

Lo sentii ridere dall'altro capo del telefono e mi rilassai ritrovando la mia solita, imbarazzante, spigliatezza.

  • Mi farebbe piacere che ci incontrassimo domani Ale.-

  • Beh ho un appuntamento con Jennifer Lawrence...-

  • Ah Raven...-

Co... cosa? Ah si giusto X-Men”

  • Beh si, ma penso che potrò darle buca per uscire con te.-

  • Eccezionale! Dico davvero. A che ora allora?-

  • Dimmi te a che ora ti fa comodo Evan ed io farò in modo di prendere un treno.-

  • Tu arrivi a Porta Nuova giusto? Attorno alle tre?-

  • Potrei essere lì a meno un quarto.-

  • Fantastico!! A domani allora.-

  • A domani...- e aspettai che chiudesse la chiamata.

Il giorno dopo avrei rivisto Evan Peters!!

Poi ecco che arrivò... ansia!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


9 Giugno.

 

Non avevo pensato molto a come vestirmi e come farmi i capelli... no non è vero: avevo passato l'intera mattinata a mettere e togliere magliette nella speranza che, una volta guardato allo specchio il mio riflesso mi dicesse...

Wow che gaggio!!”

Era complicato da spiegare, ma quell'uscita, la nostra prima uscita ufficiale era molto importante per me: ammetto che forse il mio atteggiamento è stato un po' troppo da pazzo, ma ci tenevo veramente a far colpo su Evan Peters e sembrare un tipo apposto era il primo passo.

Ma lo conquisterà ciò che ho dentro... e diventeremo grandi amici”...

Avevo l'abitudine di correre troppo e già nella mia testa avevo creato castelli e fantasie... avevo creato delle aspettative.

Comunque alla fine optai per un look abbastanza normale da ragazzo ventenne e mi fiondai in stazione parcheggiando la mia macchinina sotto un albero e lasciando i finestrini leggermente aperti.

La salutai – come mia abitudine, come se io e il mio veicolo fossimo amici di lunga data – e mi allontanai per accedere, pochi minuti dopo, su un mezzo di trasporto più rapido e comodo.

Il treno ci avrebbe messo poco più di quaranta minuti, tempo che decisi di dedicare chiamando la mia fidanzata aspettando che la calma prendesse possesso di me.

 

Non avevamo deciso dove incontrarci e giunto al binario sperai con tutto me stesso di incontrarlo davanti a me, ma non c'era.

Mi ha dato buca...”

Mi avviai nei corridoio della stazione mentre un forte odore di cibo giungeva dal Mc Donald's, decisi di entrare e prendere il solito milkshake alla fragola e nel frattempo mandai un messaggio ad un contatto che avevo salvato con il nome di E.P...

I'm to Mc Donald's

Sono al Mc Donald's”

Nessuna risposta.

Presi il frullato e decisi di aspettarlo fuori, sarebbe sicuramente arrivato.

 

Le quattro erano oramai passate da alcuni minuti e del signorino Peters nessun segno.

È una star...”

Certo che è una star, ma questo non lo scusava: aveva preso un impegno e doveva rispettarlo e non farmi aspettare venti minuti.

Se fosse stato qualcun altro sarei stato più calmo, ma la paura che non si sarebbe presentato mi stava chiudendo lo stomaco.

Decisi di chiamarlo, ma al secondo squillo chiuse la chiamata.

  • Ale! Scusami ti prego.-

Era davanti a me con il suo metro e ottanta: gli lanciai uno sguardo di puro odio, ma dentro sentivo l'ansia e la paura sciogliersi.

  • Tranquillo; non importa.-

Sorrisi debolmente, ma dentro sentivo un grande disagio, poi ecco un pensiero che avevo ignorato: sono davanti ad una star di Hollywood.

  • Fragola?-

Guardai il milkshake nella mia mano: era quasi finito, ma il bicchiere era tutto sporco della sostanza rosa.

  • Beh sì.-

  • Adoro la fragola.-

  • Non lo sapevo.- e sorrisi.

E non lo sapevo veramente; eppure avevo passato tutto il giorno precedente, quei momenti dove non c'era l'ansia ad uccidermi, a cercare tutto sulla vita di Evan.

  • Ne vuoi un po'?- e allungai il bicchiere.-

ALE!!! Se vuole se lo compra!! Cosa non hai capito di 3 milioni di dollari? Sto ragazzo ha un patrimonio che tu ti sogni la notte! E non ha nemmeno trent'anni!”

Mi guardò... lo guardai imbarazzato mentre il mio braccio rimaneva teso.

  • Ma si perchè no!-

Prese il bicchiere e si ficcò la cannuccia in bocca.

  • Non mi hai ancora spiegato perchè tutto questo ritardo.-

Si tolse il pezzo di plastica dalla bocca e si leccò le labbra.

  • Adoro la fragola!- esclamò. - Comunque ho finito il milkshake; spero non ti dispiaccia. Se vuoi te ne comprò un altro.- e si avvicinò ad un sacchetto dell'immondizia.

  • Non buttarlo!-

Mi guardò con aria stupita.

Decisi di mentire spudoratamente.

  • Qui in Italia sono strani e...- e ripresi il bicchiere di plastica,- … prima di buttare un oggetto bisogna lavarlo se è possibile e quindi...- lo misi nella borsa a tracolla, -... ci penso io tranquillo.-

  • Va bene.- mi rispose ridendo.

Sapevo bene che non avrei mai potuto vendere quell'oggetto su Ebay, ma rimaneva un ricordo e, per quanto mi facesse un certo senso, la cannuccia era stata nelle sue labbra ed era un ottimo ricordo di quella giornata.

  • Andiamo?-

  • Certo.-

E ci incamminammo.

 

  • Comunque prima mi hai chiesto perchè ho tardato no? Beh mentre venivo ho incontrato delle ragazze che mi hanno riconosciuto e mi hanno fermato per foto e cose così. È proprio difficile essere famosi a livello mondiale.-

Decisi di omettere il fatto che in realtà il nome “Evan Peters” non significa nulla per molte persone in Europa e decisi invece di iniziare un racconto approfondito dei portici torinesi. Non smetteva di fare foto.

  • Ma davvero ti interessano queste cose?-

  • Diciamo di sì. Più che altro sono in Italia e voglio godermela al cento per cento!-

  • Va bene. Io invece ho proprio la passione per la storia e cose del genere e anche se sono italiano non sono riuscito mai ad allontanarmi da Torino; eccetto un viaggio a Roma.-

  • Ah Roma! Ne parlano tutti così bene... io ci sonno stato sai?-

  • Davvero?-

  • Si... per circa cinque minuti.- e scoppio a ridere, - sai ho fatto il cambio aereo.-

  • Ma allora non vale!- e gli detti uno spintone mentre lui continuava a ridere.

Erano questi i momenti che amavo... i momenti in cui Evan Peters era semplicemente Evan: un ragazzo poco più grande di me che si sapeva divertire e fare l'idiota e non il grande idolo che io avevo creato nella mia testa.

  • Che cosa è quel palazzo laggiù in fondo?-

Seguii il suo dito e vidi che cosa indicava: in fondo a via Roma e nel centro di piazza Castello si ergeva Palazzo Madama.

Iniziai una descrizione del luogo e una volta giunti nella piazza, la principale di Torino, gli raccontai anche la storia dei palazzi che ci circondavano.

Guardando la struttura al centro della piazza pensai alla buffa tradizione che avevo creato con i miei amici e pensai per un attimo di proporla anche ad Evan, ma prima di aprire bocca pensai che in fondo noi eravamo poco più che conoscenti ed era inutile fare il cretino.

  • Wow! Torino è fantastica! C'è così tanta storia!-

Interruppe i miei pensieri. Notai dal finestrino di un taxi di avere uno sguardo preoccupato e di aver passato l'ultimo minuto chiuso in me stesso.

  • E l'America invece?-

  • Cosa vuoi sapere?-

  • Com'è vivere sulle spiagge di Malibù? O parlami di New York... Miami...-

  • Hai l'aria sognante...-

  • Lo so...-

  • Beh sono tutti luoghi eccezionali e penso che tutti dovrebbero vederli... prima o poi. Da quando mi sono trasferito nella città degli angeli la mia vita è completamente cambiata... prima ero solo un ragazzino brufoloso del Missouri... mentre ora sono tantissime persone differenti e vivo una vita che nessuno si sarebbe mai aspettato.

    Ogni mattina mi sveglio e vedo l'oceano... sento l'odore della sabbia e dell'Estate...

    Ma certe cose le devi vedere per capirle.-

  • Mi piacerebbe davvero moltissimo visitare quei luoghi.-

  • Prima o poi lo farai... verrai a casa mia e vedrai tutte queste cose...-

  • Evan... caro e dolce Evan... tu parli così ora, preso dal momento, ma in fondo non siamo poco più che estranei?-

  • Ma no! Tu sei Ale, il mio fratello di Torino.-

Scoppiai a ridere mentre sentivo qualcosa dentro di me gonfiarsi: io... amico di Evan Peters?

  • Ne riparleremo quando te ne andrai dai, ora godiamoci la città.-

 

Le sue parole continuavano a rimbombare nella mia testa... sapevo che se non facevo attenzione ci avrei creduto e mi sarei illuso di qualcosa che non c'era; ma in fondo illudersi è una cosa così semplice, soprattutto se quella cosa la si vuole.

Sono un fallimento” pensai tra me contando i difetti, numerosi come i capelli.

  • Questa è la vostra via commerciale?-

  • Beh... in un certo senso.-

Via Giuseppe Garibaldi, la via in cui si mescolano tutti i gusti di Torino e dove puoi trovare ogni genere di cose: dagli occhiali da Sole più bizzarri alle tovagliette che raffiguravano il lenzuolo della...

  • Ho apprezzato la visita alla Sindone. In realtà tutti mi vedono come l'attore di film horror, ma io sono molto cattolico.-

Rimasi un istante a riflettere su cosa rispondere, ma alla fine cercai di cambiare discorso per non impantanarmi su un discorso religioso, ma fu molto difficile anche perchè in fondo, chi viene in Italia, visita soprattutto chiese e musei con all'interno quadri a sfondo religioso.

Decisi così di usare quella carta a mio favore.

  • Torino è una città occulta.-

  • Occulta?-

  • In un certo senso si...-

Forse dovrei stare zitto... ma in fondo sono qui in veste di guida... quindi...”

  • Devi sapere che ci sono due... triangoli si, penso che li possiamo definire così: quello delle città della magia bianca – Torino, Lione e Praga – e quello delle città della magia nera – Torino, Londra e San Francisco.

    Nella prima metà del '500 Nostradamus... sai chi è Nostradamus?- chiesi e subito mosse il capo in segno affermativo: avevo la sua attenzione, - Beh Nostradamus venne a Torino e la definì la città dove c'è il Paradiso, il Purgatorio e l'Inferno: i tre stadi dell'Aldilà in un solo luogo. Ovviamente Nostradamus non fu l'unico turista esoterico che la città vide soggiornare e tutti quelli che vi sonno venuti e che vi vengono lo fanno per rendere omaggio al “Grande Vecchio”: il conoscitore di tutti i segreti che soggiorna in una fortificazione in collina; ma sono ipotesi, la gente comune racconta storie, mentre chi deve parlare resta zitta... ovviamente. Rimane però il fatto che se si visita la collina si sente un'atmosfera funerea che ti ghiaccia dentro... ci sono tombe ai piedi della collina, fino alla sommità e su tutto il percorso.

    È una città a metà, che non sa decidersi. Poco fa abbiamo superato la piazza e li vicino c'è la fontana dei Tritoni... il cuore bianco della città. Mentre se si continua a camminare per questa via si arriva a piazza Statuto dove c'è invece il cuore nero.

    Pensa che anche i due papi precedenti sono rimasti stupiti dalla città e hanno pronunciate parole che sembrano presagire che loro sanno che Torino è una città di lunghi combattimenti, dove le forze del bene sembrano almeno per il momento schiacciate e sfinite.

    E infine c'è la Sindone... al centro della città. Non ti starò spaventando?-

Tremava come una foglia e potevo vedere nei suoi occhi l'orrore più puro: ero riuscito a spaventare chi per lavoro era protagonista di una serie televisiva che giocava tra occultismo e ragione?

  • No... non sono spaventato, eppure sento che questi discorsi non mi piacciono anzi, magari avrò anche problemi a dormire...- e rise guardando la via.

  • Non era mia intenzione inquietarti.-

Non rispose: sembrava un fantasma silenzioso che camminava senza meta: avevo davvero messo ansia ad Evan Peters!

Ci misi qualche secondo per rendermi conto che avevo continuato a camminare lasciando il ragazzo dietro di me, fermo, a fissare la vetrina di un negozio.

  • Cosa guardi?-

Non fu difficile capirlo: davanti a noi c'era una maglietta con il volto di “scheletro Tate Lagdon” e una scritta:

All monsters are human

  • Ma quello sono io...-

  • Certo che sei tu... non ti aspettavi gadget di American Horror Story in giro per l'Italia?-

Rise capendo che avevo ragione.

Fissai la t shirt e subito me ne innamorai: la frase in sé aveva un senso strepitoso e l'avevo amata fin dal primo momento in cui l'avevo sentito pronunciare... ma poi sopra quella c'era il volto di Evan Peters!

Feci un lungo sospiro e mi concentrai su di lui... che era lì davanti a me e non sopra del cotone nero.

  • Comunque è proprio una bella maglietta... prima o poi la comprerò!-

  • Già... hai ragione. È proprio bella.-

Entrò nel negozio e iniziò a guardare i vari prodotti finché non la trovò.

Magari vuole comprarla per sé... in fondo è roba sua... diciamo” pensai mentre dal cellulare guardavo le ultime notifiche di Facebook

  • Che taglia porti?-

Alzai gli occhi dal cellulare e lo guardai.

  • Co... cosa?-

  • Che... taglia... porti?-

Ripeté più lentamente pensando che non avessi capito la sua domanda in americano.

  • Non me la vorrai prendere spero!-

  • Che taglia porti?-

  • Non te lo dico.-

Mi guardò in silenzio... da capo a piedi... “Cavolo! Mi sta studiando”… Sorrise... “Cosa avrà da sorridere?”

  • XXL direi allora.- e prese una maglietta.

  • Ma non dire idiozie! Porto la M!-

  • Si lo so... ma volevo esserne sicuro.- e si avvicinò alla cassa.

  • Evan non farlo!-

La cassiera ci fissava con aria confusa: due ragazzi che parlavano americano tra di loro... e uno dei due aveva un'aria familiare...

Dopo aver pagato la ragazza lo guardò ed esplose dalla gioia...

  • MA TU SEI LUI!- ed indicò la maglia.

  • WHAT?-

  • Ti ha chiesto se sei Evan Peters...- gli dissi, poi guardai lei e le risposi in italiano: - si è lui.- e le sorrisi.

  • Me lo può fare un autografo?- mi chiese allungando un'Uniposca nero al ragazzo.

  • Chiede un autografo.-

  • YES! Of course...-.

La ragazza parve capire e si tolse la canottiera azzurra rimanendo in intimo, Evan non ne parve turbato – chissà quante ragazze gli lanciavano le proprie magliette e simili - mentre io mi sentii subito in imbarazzo.

  • E tu Ale? Lo vuoi un autografo?- ed indicò la maglietta appena pagata.

  • Certo, perchè no?-

La firmò molto velocemente, ma con estrema cura e me la porse: aprii la tracolla per metterla dentro e notai il bicchiere che avevo conservato qualche ora prima come ricordo di quella giornata.

  • Aspetta qui un attimo...- e tornai nella via avvicinandomi ad un immondizia, presi il contenitore di plastica e la cannuccia e li buttai... non ne avevo più bisogno.

 

  • Mi sono molto divertito con te sai? È bello aver già fatto conoscenza con un italiano e poi tu sai un sacco di cose.-

  • O forse tu ne sai molto poche...-

  • Ahahaha Ale mi fai un sacco ridere! Senti: ti va se ci vediamo anche domani? Io non ho nulla da fare, ma capirei se non ti andasse... magari hai altri di impegni. Pensavo che potevamo mangiare qualcosa assieme e passeggiare sul fiume che avete qui da voi. Potremo vederci in mattinata no?-

  • Innanzitutto si chiama Po... comunque va benissimo. Mi va alla grande.-

Latino aspetterà!”

  • Beh Evan... allora ciao...-

  • Aspetta Ale! Non abbiamo nemmeno fatto una foto assieme!- e tirò fuori il suo cellulare, - sorridiii!-

Cercai di fare del mio meglio, ma avere la sua mano sulla mia spalla mi metteva un sacco in imbarazzo... la foto comunque non venne nemmeno così male; me la inviò subito su WhatsApp mentre io già cercavo di capire come salutarlo, ma fece tutto lui: mi sorrise e mi abbracciò molto teneramente, ma le mie mani rimasero ferme ad indicare il pavimento non pronte a quel momento. Sembrò comunque non notarlo.

  • Allora a domani?-

Risposi sì con la testa.

- Certo! A domani...- e lo fissai mentre si allontanava sempre di più da me.

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
 
10 Giugno.
 
Avevo passato il giorno precedente ad ammirare quella maglietta quasi non potendo credere alla fortuna che avevo avuto nel riceverla; avrei voluto indossarla subito, ma dopo una leggera pioggia era giunto un caldo afoso che mi convinse che sarebbe stato più opportuno mettermi addosso qualcosa di meno disturbante.
Non era l'unica cosa alla quale non riuscivo a credere, forse dovevo esserne abituato, ma la presenza di Evan Peters nella mia vita aveva un non so che di cosi sorprendente che faticavo a crederci. Avevo deciso comunque di abituarmi a quella realtà cosi scomoda, ovvero io davanti ad una star, e trattarlo come uno dei tanti...
“Desidero solo vivere questo con lui al mille per mille...”
Pensavo ciò mentre camminavo sul marciapiede del binario 20 di Torino Porta Nuova, mi aspettava e appena mi vide con la mano mi salutò allegramente... che poi come poteva essere così allegro? Erano appena le 10.
 
 
Avevo passato gran parte della sera precedente a messaggiare sia con Evan, per decidere l'orario e creare una scaletta di ciò che ci aspettava, ma non trascurai nemmeno gli amici: raccontai a costoro e ad Ambra quella giornata e non mi stupii di percepire della gelosia.
Le foto del pomeriggio con lui e altre fatte alla maglietta erano state subito caricate su Facebook ed Instagram e mi sorpresi di trovare quella stessa foto (il nostro selfie) su quest'ultimo social network con una scritta in inglese:
 
“Un fan fortunato assieme al nostro caro Evan Peters nella città di Torino... l'attore si trova in Italia, come potete notare dagli scatti che ha caricato sulla sua pagina Twitter.”
 
Sotto si potevano vedere un sacco di commenti di persone gelose di me o che semplicemente ponevano cuoricini senza nessuna frase significativa... poi, verso la fine di quei miseri otto commenti (in quattro minuti) ecco qualcosa di strano:
 
“Mi pare ben di un fan eh... ho visto anche le altre foto e qui qualcosa puzza...”
 
Per curiosità entrai sulla pagina Twitter dove Evan aveva caricato le foto sperando che il fatto di non avere un profilo su quel social network non fosse un problema... a quanto pare non lo era: vi erano diversi suoi selfie e altre foto in cui c'ero io visto da lontano con dietro vari luoghi di interesse della città.
“Non mi ero accorto che aveva fatto queste foto.”
Persi alcuni secondi a leggere qualche commento anche lì, ma non c'era nulla che attirasse la mia attenzione.
Tornai al commento e iniziai a riflettere se la gente pensasse che fossimo molto amici, parenti o addirittura, e questo un po’ mi spaventava, una coppia gay.
“Pensieri inutili suvvia…”
Chiusi il tutto e mi concentrai sul giorno successivo; non sapevo con esattezza cosa gli avrei fatto vedere, ma qualcosa mi sarebbe venuto in mente e poi l'importante era che noi stessimo assieme.
Sapevo che stavo trascurando la mia ragazza, ma speravo che avrebbe capito: stavo vivendo un mio piccolo sogno e non capitava tutti i giorni ciò che stava capitando a me; inoltre da lì a poco sarebbe arrivato il week end e l'avrei vista e mi sarei fatto perdonare.
Andai a letto con questo pensiero e mi addormentai molto dolcemente...
 
 
Alzai lo sguardo e il suo sorriso mi contagiò: nella mano un milkshake, probabilmente alla fragola, aveva un non so cosa di terribilmente tenero e allo stesso tempo preoccupante.
  • Vedo che stai facendo una tradizionale colazione all'italiana...- dissi divertito indicando il bicchiere che aveva in mano.
  • Oh no, ho appena iniziato; ti aspettavo per andare in un bar e prendere cappuccino e brioche. -
  • Ma io... in realtà...- non amavo spendere soldi e nemmeno potevo permettermelo: ero una persona molto spendacciona quando avevo qualche banconota, ma se rimanevo con pochi fondi li difendevo fino alla fame.
  • Muoviti dai! -
Mi disse ridendo. Mi aspettavo che mi prendesse per mano e iniziasse a correre come negli anime giapponesi, ma fortunatamente non lo fece e ripensando a quella immagine capii subito che avrei dovuto guardare meno televisione e che necessitavo di uno psicologo. Probabilmente più la seconda.
Uscimmo subito dalla stazione – decisi di ignorare i bar super costosi all'interno – e mi diressi sotto i portici di via Roma; mi soffermai nel spiegargli che il nome “via Roma” era stato voluto da Mussolini per la via centrale delle principali città italiane.
  • … tutte le strade portano a Roma- dissi ridendo.
  • In che senso? -
  • Lascia stare. -
E lo fece.
La colazione fu breve e veloce, sia perchè erano le dieci passate, sia perchè mangio poco la mattina e sia perchè invece lui mangiava ad una velocità sorprendente.
Pagò lui. Provai ad arrabbiarmi, ma mi zittì con un sorriso e si allontanò.
  • Devi smetterla di pagarmi ogni cosa- gli dissi con fare affannato dopo averlo raggiunto con una camminata veloce.
  • Tu sei mio ospite Ale. -
  • No. A dire il vero sei tu che sei ospite qui… in Italia… e a Torino! La MIA città. -
  • Non pensavo fosse tua. -
  • Ah ah... non fai ridere. Smettila solo dai. -
  • Sei uno studente. Io lavoro. E probabilmente guadagno in un mese quello che tu non guadagnerai in tutta una vita, ed è un vero peccato perchè sei una persona in gamba. Quindi, finchè esci con me, fatti viziare. -
Non ribattei. Non accettavo quel discorso, ma sapevo che era vero.
  • E poi Ale, non dimentichiamo che sei la mia guida turistica personale, quindi è giusto che ti pago per il tuo lavoro...-
  • … quindi sono una escort? -
  • In un certo senso sì dai. - e rise divertito, - Seriamente dai, ti pago le cose perchè sei un mio amico e... -
  • … quindi compri la mia amicizia? –
Si fermò sotto un portico e mi sembrò offeso.
  • Non compro la tua amicizia anche perchè io penso che tu sei qui non perchè vuoi che ti pago un caffè, cappuccino o succo di frutta, ma perchè sei un mio amico e ci tieni a stare in mia compagnia. -
Mi fermai anch’io senza dire una parola… lo sguardo preoccupato.
Se ne accorse.
  • Tutto bene? -
  • Certo... certo. - dissi con un filo di voce e ricominciammo a camminare.
Non potevo dirgli quello che pensavo, non era pronto a conoscere quella parte di me; la parte ansiosa, paranoica, in molti casi appiccicosa e asfissiante, ma come poteva dire cose del tipo “sei un mio amico”, “ci tieni a stare in mia compagnia” se ci conoscevamo da quanto? Nemmeno una settimana. Che valore dava alla parola “amicizia”.
Decisi di non pensarci e di godermi la giornata: erano pensieri di nessuna utilità.
Lo portai in una delle mie fumetterie preferite e mentre lui girovagava intorno ai manga mi soffermai a fissare gli spillati della DC Comics.
  • Sono più un tipo da Marvel sai? -
  • E questo lo dice Evan Peters o Quicksilver ?-
  • Giusta osservazione Ale. -
Era strano, ma mi dava un certo brivido ogni volta che diceva “Ale”; mi sembrava quasi come un abbraccio fraterno.
  • No io sono fan della DC e adoro...-
  • Batman giusto? -
  • No... Lanterna Verde ahaha. -
  • Non è molto famoso sai? Non come Batman almeno...-
  • Nemmeno Quicksilver lo è... -
  • Beh si... effettivamente. Quindi cosa vuoi che ti compro? -
Lo disse ridendo e non capii se era serio o stesse scherzando, ma lo ignorai (sebbene avrei voluto possedere gran parte del materiale che mi circondava... che bello deve essere poter essere ricchi?).
  • Andiamo va...-
Uscimmo da lì e guardai l'ora...
  • Si è quasi fatto mezzogiorno... dove vorresti mangiare? -
  • Oh non lo so... come dicevi tu prima “questa è la MIA città” quindi dimmi tu.-
Lo osservai in silenzio, forse per qualche secondo in più visto il suo sguardo turbato, ma non riuscivo a capire se come persona mi piacesse o meno.
  • Salterei il Mc Donald's te che ne dici? E oltretutto ancora aspetti che ti porto sul Po'... ho una idea. -
Arrivammo in Piazza Castello: gruppi di ragazzini stavano intasando ogni metro cubo del luogo e i pochi spazi liberi erano pieni di skater e di venditori ambulanti. Questa era la Torino che proprio non mi piaceva, ma in fondo non potevo farci nulla.
Mi avviai verso la via che ci avrebbe condotto al Po' ma mi resi conto di non essere più seguito: voltando lo sguardo notai Evan intento a farsi fotografare con alcune ragazzine dalle acconciature decisamente bizzarre, lo salutarono ed una di loro, con dei lunghi capelli rosa, si sporse e gli dette anche un bacio sulla guancia (e la cosa mi infastidì non poco). Mi avvicinai, ma davanti a me passarono alcuni metallari che si misero in posa: guardando da dove erano arrivati notai che si era formata una piccola fila di fan desiderosi di fare una foto con il proprio idolo.
Alzando lo sguardo notai che mi fissava con aria colpevole e potei leggere sulle labbra la parola “sorry”.
Più gente se ne andava e più gente arrivava, ma ne approfittai per rispondere a qualche messaggio sul cellulare e dopo cinque minuti per andare in giro su Facebook
Dopo circa un quarto d'ora era di nuovo mio.
  • Ahahah voi italiani siete proprio delle persone divertenti. -
Detestavo tutto quella gioia… detestavo essermi alzato così presto la mattina… e detestavo quella ragazza dai capelli rosa, ma non lo detti a notare e sorrisi debolmente.
Ripensai alla ragazza: cosa mi aveva infastidito così tanto? Non era amore quello che provavo per Evan, ma paura che lui potesse un giorno frequentare qualcun altro a Torino e preferire questa persona a me. Ero geloso di ciò che era mio.
  • E quindi dove andiamo a mangiare? -
Non risposi, ma presi una via parallela al traffico di Torino e iniziai ad avvicinarmi al Po. Non parlammo per qualche minuto, ma non mi sembrò dispiaciuto e se questo inizialmente ferì i miei sentimenti – e il mio egocentrismo – alla fine mi godetti anche io quel silenzio improvvisato.
Sapevo benissimo quale fosse la mia direzione e lui invece rimase attimi interi a fissare e fare foto alla Mole Antonelliana, oramai a pochi passi da noi.
  • Cosa mi sai dire? -
  • Sulla Mole? -
  • Ah si chiama Mole? Interessante-
  • Beh si trova sui due centesimi.- risposi ridendo e iniziando a chiedermi se forse non mi sbagliavo e fosse invece sul centesimo.
Gli detti una spiegazione abbastanza veloce – avevo frequentato all'università un corso di storia dell’arte contemporanea – e poi mi avvicinai alla mia meta.
  • Questo invece è Palazzo Nuovo; io vengo qui a lezione. -
Era un luogo trasandato frutto di lavori continui e ancora non finiti, ma era la mia università ed io l'amavo così com'era.
  • Mangeremo qui? -
  • Pensi solo a mangiare? -
  • Beh sì. Ho fame! -
Mi sembrava di essere entrato in uno di quei manga in cui il protagonista aveva come unico pensiero il cibo invece di salvare il mondo – e in realtà anche il dormire non era posto su un piano secondario – e subito, come in un film, vidi davanti ai miei occhi Gokù, Luffy....
  • No, non mangeremo qua; pensavo di portarti a pescare sul Po...-
  • Ma non ho portato la canna da pesca con me! -
La sua ingenuità era così carina che decisi di non essere ironico: non si può pescare nel Po!
  • E allora ci inventeremo qualcos'altro mi sa. -
Entrammo in un locale thailandese – o almeno penso – e prendevo delle porzioni di noodles al curry e poi ci avviammo verso il fiume e ci sedemmo li a mangiare.
  • Beh dai, questo fiume non è male... per essere in città. -
Guardai il liquame scorrere e pensai all'acqua limpida dei ruscelli di casa mia... non era la stessa cosa!
  • C'è di meglio fidati. Ma come posto non mi dispiace sai? È un luogo caratteristico e romantico. -
  • Romantico eh Ale? -
Mi guardò sorridendo: aveva degli spaghetti infilati tra le labbra che gocciolavano nella scatola di cartone. Sorrisi.
  • Sono fidanzato lo sai...-
  • Ah già vero...-
Lo sguardo era triste e percepii rammarico e rabbia nella sua voce.
  • Vuoi parlarne? Intendo... di Emma. -
  • Ah lo sai? -
  • Lo sanno tutti. Le notizie girano veloci. -
  • Capisco. -
Rimase a fissare il fiume ed io non parlai più. Non volevo insistere, ma sapevo che aveva un gran voglia di sfogarsi, ma magari ancora non si sentiva pronto.
Posò la scatola con il cibo sul marciapiede mentre andava a buttare una lattina vuota; io d’altra parte mi sentii fortemente in imbarazzo, ma cercai di riprendere il controllo e con occhio guardingo non lo perdevo di vista, ma non sembrava volesse fare pazzie.
Tornò e raccolse un sasso in silenzio.
  • Io l’amo ancora sai? – e lanciò la pietra in lontananza.
Fece un lungo arco e poi cadde a diversi metri da dove ci trovavamo.
  • La amo da pazzi, eppure siamo finiti così come ora siamo. -
Si sedette e non sembrò voler continuare il discorso. Da parte mia non avrei chiesto nulla.
Continuammo a mangiare in silenzio guardando le anatre che starnazzavano attorno a degli studenti che ogni tanto lanciavano pezzi dei loro panini in acqua.
Ad un tratto vedemmo alcune di esse alzarsi in volo mentre su una canoa alcuni ragazzi vogavano al suono di un quarantenne urlante. Il pensiero mi fece sorridere.
  • Eppure ci siamo lasciati. –
Aveva ripreso a parlare, ma subito si zittì.
  • Vuoi spiegarmi il motivo? –
  • Beh cosa posso dire? Siamo stati entrambi molto impegnati in quest’ultimo anno e così abbiamo iniziato ad allontanarci sempre di più il che all’inizio fu un bene perché capimmo quanto ci amassimo, ma dopo un po’ è diventato troppo… estenuante. I giornali dicono che ci siamo lasciati il che è vero anche se tutto è iniziato da una pausa… ma da quello che so lei si è già dimenticata di me. -
  • Wow amico… mi dispiace. –
  • No… non dispiacerti. Forse semplicemente non doveva andare così. In realtà in questi anni ci siamo lasciati e ripresi un’infinità di volte... anche se non sempre le informazioni sono trapelate. È così difficile a volte avere una vita privata! Ti invidio proprio. –
  • Tu invidi me? –
  • No aspe… fammi finire! È la prima volta che mi apro e…-
Fu in quel momento… su quel muretto, con le gambe dondolanti a poca distanza dall’acqua… mentre mangiavamo noodles… che io ed Evan diventammo veramente amici.
Per l’ora seguente mi raccontò per filo e per segno gli ultimi anni con Emma: di come si fossero amati fino a consumarsi, dei primi litigi dati da gelosie inutili o infondate e di molte altre cose.
Per l’ora seguente perse il suo sorriso e il suo perenne buon umore, ma soprattutto svanì quella lontananza sociale che rendeva lui famoso e me un semplice studente con un futuro incerto.
Per l’ora seguente si spogliò e rimase un semplice ragazzo poco più grande di me che desiderava semplicemente parlare di quella delusione amorosa.
E mentre era lì a insultarla ed elogiarla capii quanto in fondo fossimo simili e capii che non avevo nulla da temere, che non sarebbe scappato e che forse, ma ancora non ne ero sicuro, ci stavamo davvero legando l’uno all’altro.

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