Camelie.

di Janta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. ***
Capitolo 2: *** Maschere. ***



Capitolo 1
*** Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale. ***


A Seokjin non era mai piaciuta l'idea di fare il fioraio. Non che avesse qualcosa contro i fiori, che li odiasse o ne fosse allergico. Semplicemente, il fatto di fare un lavoro così strano per un uomo, non gli era mai andato giù. In fin dei conti, succedeva anche troppo spesso che un nuovo cliente, arrivato nel negozio, vedendosi comparire davanti un uomo, strabuzzasse gli occhi pieno di stupore. Lo stereotipo che si era creato da secoli sul fatto che le fioraie potessero essere solo donne era duro a morire anche per i suoi clienti abituali, figuriamoci per i novellini.
Tuttavia, nonostante questi piccoli incidenti di percorso - a cui si andava ad aggiungere il fatto che lui, il fioraio, non lo facesse di sicuro per scelta, ma per necessità - alla fine aveva iniziato ad apprezzare il suo lavoro. Riusciva, tramite quell'occupazione, a coltivare la sua vera passione: la psicologia. Infatti non c'era cliente che, nell'entrare nel suo negozio, non esprimesse le sue emozioni. Queste a volte uscivano fuori tramite la voce e la sua intonazione, altre invece tramite lo sguardo. Impercettibili o chiare, esse risultavano sempre visibili a Seokjin che, in tal modo, riusciva ogni volta a soddisfare i desideri della clientela. C'era chi entrava nel negozio con aria mesta e occhi lucidi, e allora Seokjin aveva l'educazione di non chiedere i motivi per cui volesse quei fiori. Altre volte, capitava qualcuno davvero contento. Ma, in realtà, i suoi clienti preferiti erano quelli che entravano un po'impacciati, con l'aria imbarazzata e titubante. Quando arrivavano quelle persone lì, a Seokjin veniva sempre voglia di sorridere: anche se non lo dimostrava mai, lui era un tipo davvero romantico, e si emozionava per i gesti più piccoli. In conclusione, si poteva dire soddisfatto del lavoro che faceva, perchè passava intere giornate a chiedersi su quale emozione avrebbe portato con sè il suo prossimo cliente.

Per questo motivo Seokjin, quando vide arrivare un cliente totalmente apatico, non potè non stupirsi. Per quanto cercasse la più impercettibile emozione da parte di quest'ultimo, non riusciva a trovare altro oltre ad una forte sensazione di... vuoto. Nulla che gli facesse capire perchè quello si trovasse lì, niente che gli facesse conoscere un pezzo della vita del suo cliente. Alzò un sopracciglio, perplesso. Questa sconfitta non gli andava giù, per quanto fosse un tipo decisamente paziente era anche estremamente curioso e il fatto di non capire nulla di una persona lo feriva nell'orgoglio. Suo malgrado, dopo aver atteso titubante per qualche secondo che il cliente iniziasse a parlare, chiese con gentile freddezza:
-Ha bisogno?-
Nonostante il cliente fosse di poco più giovane di lui - o almeno, così sembrava, secondo la stima di Seokjin - lui aveva imparato che l'educazione era sempre importante, e che era meglio partire sempre con il ben più cortese tono del lei, piuttosto che quello amichevole del tu. Che il cliente si sentisse a disagio per tutta questa sua formalità, personalmente non gli importava granchè.
Quando quella domanda giunse alle orecchie dell'interlocutore, quest'ultimo sembrò risvegliarsi dai suoi ignoti pensieri, e rispose.
-Ah... Ah, sì. Avete delle camelie?- Chiese. -Rosa.- precisò poi. Quel tono più marcato che aveva usato per precisare il colore delle camelie a Seokjin parve decisamente importante. Sapeva bene che cosa significassero quei fiori, e nello specifico anche quel colore. Erano simbolo di mancanza, una mancanza impossibile da cancellare. Quindi il fioraio reputò che non fosse proprio argomento su cui indagare, e lasciò perdere. La sua curiosità finiva lì, un attimo prima di invadere la privacy della gente. A lui bastava conoscere i sentimenti delle altre persone, non indagarne a fondo fatti personali.
-Certo, ne vuole una o un mazzo?- rispose quindi. Aveva avuto la conferma che, ancora una volta, le sue abilità di psicologo erano valide quanto bastava per permettergli di essere sicuro delle sue capacità, e tanto gli bastava.
-Va bene un mazzo, grazie.-
Senza aggiungere una parola, si diresse verso il luogo dove si trovavano le camelie, e dopo aver scelto quelle che avevano l'aspetto migliore, si dette da fare per creare un bouquet. Quando lo finì, sorrise soddisfatto ammirando il piccolo capolavoro che gli stava tra le mani. Senza falsa modestia, doveva ammettere che gli era venuto proprio bene. Dopo aver pagato, il cliente se ne andò da dove era venuto, con la medesima espressione apatica. Seokjin alzò le spalle e, decidendo di non curarsene più, ritornò al suo lavoro.

Quando uscì dal negozio era già buio. Questo gli mise addosso un po'di malinconia. Odiava il buio, la sensazione che gli provocava il non sapere che cosa si nascondesse dietro ogni angolo del mondo che lo circondava lo lasciava in un perenne stato d'angoscia. Lui era già un adulto, eppure non riusciva a togliersi di dosso quella paura che, di solito, i bambini si lasciavano alle spalle una volta finite le elementari. Faceva freddo quel giorno d'autunno, le foglie secche ricoprivano le grigie strade, e tutto trasmetteva una certa malinconia. Come se l'inverno avesse deciso di portarsi via tutt'a un tratto i bei colori vivaci tipici dell'autunno. Seokjin scacciò dalla mente questi pensieri, quando improvvisamente si accorse di una cosa: aveva ripreso a pensare allo strano cliente di quella mattina. Nonostante avesse deciso di non pensarci più, non riusciva ad evitare di ammettere il fatto che l'avesse terribilmente incuriosito. In realtà non sapeva bene nemmeno lui cosa l'avesse davvero attirato di quella persona, ma c'era qualcosa che lo spingeva a... volerlo conoscere più a fondo. Forse era quell'aria di mistero che si portava appresso, Seokjin non avrebbe saputo dirlo, ma si ritrovò a sperare di incontrarlo ancora, anche se sapeva benissimo che tutto ciò fosse altamente improbabile.

Namjoon amava la notte. Si avvicinò alle grandi finestre del suo alloggio. Nel completo buio di quella casa, poteva osservare ogni piccolo dettaglio di ciò che succedeva nella frenetica Seul, città che non era in grado di dormire nemmeno quando il mondo le imponeva di farlo. Guardò con occhi vuoti le luci della città, e ascoltò il viavai delle auto per la strada. Tutto quello gli dava una sensazione di calma perenne, come se il tempo non andasse né avanti, né indietro, e lo consolava. Perchè il suo tempo aveva smesso di scorrere da più di un anno, ormai. E provare, almeno una volta al giorno, la gradevole sensazione di non essere lasciato indietro da tutto ciò che lo circondava, lo tranquillizzava. Per questo amava la notte. Era l'unico momento in cui lui era capace di vivere con serenità, come un giovane della sua età avrebbe dovuto effettivamente fare.
Si diresse verso la credenza accanto a lui, e con occhi vuoti passò lo sguardo sulle foto incorniciate che erano state appoggiate sopra. Non aveva mai avuto il coraggio di toglierle. Ogni volta che si perdeva ad osservarle, non poteva fare a meno di pensare ad una frase di una poesia che a lei piaceva tanto.

E ora che non ci sei, è il vuoto ad ogni gradino.

Così recitava quella poesia così malinconica, e Namjoon poteva tranquillamente dire che, effettivamente, gli calzava a pennello. Per lui, da quando lei se n'era andata, era tutto incredibilmente vuoto. Non capiva più quale fosse il motivo che lo tenesse in vita. Vuoto era il mondo, pieno di gente buona soltanto a pensare ai suoi interessi, vuote erano le giornate così prive di senso, vuota era la vita, vuoto era Namjoon stesso, privato dei suoi sentimenti che lei, scomparendo, aveva portato con sé.
Sospirò, decidendo di mettere fine a quei pensieri da mal di testa. Dormire era ciò che gli serviva di più in quel momento.

****

nda: concedetemi solo di dire che fare il fioraio sia un lavoro strano per un uomo, please ahahah non so se lo sia effettivamente ma per me lo è, quindi... quindi niente ahah

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Capitolo 2
*** Maschere. ***


Il giorno dopo Seokjin venne svegliato dal trillo del suo cellulare. Ancora mezzo addormentato, lesse il contenuto del messaggio che gli avevano inviato.
Ti va di vederci?
Non aveva bisogno di leggere il mittente, c'era un unica persona che, a quell'ora del mattino, fosse capace di chiedergli cose del genere. Il suo ragazzo. Sorrise, rispondendogli, e si preparò frettolosamente ad uscire. Quello era il suo giorno libero, ed era ben felice di spenderlo con una persona così importante per lui. Fece a ritroso la strada che aveva percorso la sera prima, quella che conduceva verso il suo negozio, ma proprio poco prima di arrivarci svoltò a destra: prese un vicolo che conduceva ad un parco. Quando si incamminò nel viottolo, gli venne spontaneo sorridere. Amava quel posto così appartato e dall'aria perennemente magica, indipendentemente dalla stagione in cui ci si trovasse. Era un angolino appartato e tranquillo in quel mondo caotico e frettoloso, e proprio per questo motivo Seokjin l'amava. Non si era nemmeno mai chiesto se al suo ragazzo andasse bene di incontrarsi sempre lì. Era stato l'unico capriccio di Seokjin, imporsi su una decisione così apparentemente stupida. Era sempre stato così lui: si affezionava alle piccole cose, ci si attaccava disperatamente esattamente come faceva con le abitudini, senza staccarsene più. E questo valeva, ovviamente, anche per il vicolo. Quando fu più o meno a metà lunghezza del viottolo, lo vide. Se ne stava appoggiato al muro di una vecchia abitazione che gli faceva da sfondo, e non sembrava averlo ancora notato. Era troppo indaffarato a guardare qualcosa sul cellulare. Si avvicinò piano, attento a non far rumore, e quando gli fu davanti, ottenne l'effetto desiderato: il suo ragazzo alzò la testa, leggermente spaventato, per poi riconoscerlo. A quel punto, anche l'espressione del viso si rilassò. Fino a pochi istanti prima aveva la fronte corrugata e uno sguardo decisamente preoccupato, questo a Seokjin non era sicuramente sfuggito. Ciononostante, decise di non dire nulla. A suo tempo, avrebbe scoperto tutto. Ovviamente, però, sperava che questo avvenisse il più presto possibile. Appoggiò le sue grandi labbra su quelle sottili del suo ragazzo: il loro fu un bacio veloce e fresco, di saluto. Non c'era molto desiderio d'intimità in quel gesto, che per loro era diventato ormai di rito.
-Allora, c'è qualche posto in particolare in cui vuoi andare?- disse quindi il moro, spezzando il silenzio che era calato tra loro due.
-No... Nessuno a dir la verità. Avevo solo voglia di vederti.-
-Bene. Quindi... Ti va se giriamo un po'senza meta?-
E così fecero. Per qualche ora, vagarono per le strade vuote tra la gente di fretta. Alcune persone si giravano a guardarli, squadrandoli d'invidia per la loro beatitudine. Seokjin si ritrovò a pensare a quanto sarebbe stato bello se il mondo fosse andato solo un po'più lentamente. Tutti avrebbero sicuramente vissuto meglio. La ricetta per la felicità, secondo lui, era insita nella tranquillità. Ed era per questo motivo che lui la ricercava costantemente. Ma ancora non sapeva che, di lì a poco, qualcosa - o meglio, qualcuno - questa tranquillità l'avrebbe poco a poco distrutta.
Si girò appena in tempo per vedere un individuo scagliarsi contro il suo ragazzo, e iniziare a prenderlo a pugni. Seokjin stava già per intervenire quando, di punto in bianco, il tizio si fermò. Gli occhi strabuzzati e il terrore nello sguardo, iniziò a fissarsi le mani come se non le riconoscesse come sue. Si era messo in ginocchio, e Seokjin non sapeva cosa fare. Voleva aiutare il suo ragazzo, ma anche quello che l'aveva attaccato non sembrava messo molto meglio. O almeno, sicuramente non psicologicamente. Ma quando lo sconosciuto si alzò per fuggire da quella scomoda situazione, Seokjin non ebbe più dubbi. Quell'istante gli era bastato per riconoscere nel volto dello sconosciuto quello del cliente che, il giorno prima, l'aveva incuriosito per l'assenza di emozioni che emanava. Era certo che fosse lui. In qualche modo quel viso dai tratti decisi e i capelli tinti di biondo dal taglio ribelle gli si erano fissati in testa come mai era successo per un altro cliente. Quindi, prima che ci potesse anche solo riflettere, si ritrovò all'inseguimento di quello strano tizio. Voleva vederci chiaro in quella situazione in cui era stato brutalmente messo in mezzo e aveva il sentore che avrebbe ottenuto più informazioni dal suo cliente che dal suo ragazzo. Quest'ultimo non parlava facilmente di sé, Seokjin aveva avuto modo di notarlo in più occasioni: non che si arrabbiasse, sapeva benissimo che ognuno aveva i suoi segreti e, proprio per questo, aveva sempre accettato quel lato più misterioso della sua dolce metà. Quando vide il suo cliente imboccare un vicolo che sapeva essere cieco, il moro esultò in silenzio. Era già senza fiato, nonostante non avesse corso a lungo. Si disse che, non appena avesse potuto, avrebbe ripreso a fare jogging. Era terribilmente fuori allenamento. Si fermò qualche secondo a prendere fiato e, quando si decise ad imboccare il viottolo in cui si era infilato lo sconosciuto, fu felice di constatare che era cieco come si ricordava. Arrivato alla fine, vide soltanto la schiena del ragazzo che aveva inseguito fin lì. Era intento a tirare pugni contro il muro che lo separava dalla libertà. Frustrazione e rabbia. Era tutto ciò che Seokjin riusciva a percepire dell'individuo. Si avvicinò a quest'ultimo, volendo rendere nota la sua presenza, ma quando lo vide scivolare fino a trovarsi inginocchiato per terra, si bloccò. La schiena, inarcata, aveva iniziato ad essere scossa da leggeri singulti. Stava piangendo. E, soltanto in quel momento, il moro si rese conto che, forse, non era stata una delle sue idee migliori andare lì. Istintivamente, allungò un braccio verso il ragazzo, sfiorandogli la spalla con una mano. Ma, quando pensò che forse non avrebbe dovuto farlo, era già troppo tardi. Lo sconosciuto smise di piangere, e si voltò verso di lui. Quando i piccoli e scuri occhi dell'individuo si scontrarono con quelli di Seokjin, quest'ultimo si sentì avvampare. Non aveva mai visto uno sguardo così profondo. Il moro si sentì improvvisamente assorbito da quei pozzi senza fondo, ipnotizzato dall'atteggiamento struggente che essi avevano. Non si sarebbe mai immaginato di venire investito da una così grande quantità di emozioni provenienti da un'altra persona. Si sentì così sminuito in quell'istante, lui con la sua vita così semplice, che gli venne istintivo abbassare lo sguardo. Non sarebbe riuscito a reggere ulteriormente quel contatto così distruttivo. Alzò gli occhi nuovamente puntandoli sul viso dello sconosciuto. Non poteva mostrarsi così debole. All'improvviso, esattamente come era comparso nella sua vita, lo strano individuo si alzò e se ne andò, lasciando da solo un Seokjin impegnato in una battaglia contro sé stesso.

Il moro rimase fermo in quella posizione per un po', in silenzio. Non avrebbe saputo dire per quanto tempo. Alla fine, si scosse leggermente, accorgendosi di essere rosso in viso. Si alzò, passandosi una mano sul viso improvvisamente stanco. E, mentre dei prematuri fiocchi di neve iniziavano a cadere dal cielo bianco, dovette ammettere a sé stesso che trovava l'espressione dello sconosciuto tanto struggente quanto... bella.
****
nda: bene, rieccomi qui con un nuovo capitolo: a dire il vero non mi soddisfa appieno e, se ci ho messo così tanto a pubblicarlo, è perchè volevo portare un po'più avanti la storia su word, prima di renderla leggibile. Tuttavia, non ci sono riuscita, e dato che tra pochi giorni vado al mare, ho deciso di partire lasciandovi a gustare questa schifezza questo capitolo.
Bye-

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