The last one, I promise

di ChrisAndreini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Pacifist ***
Capitolo 2: *** 1° Genocide ***
Capitolo 3: *** 2° Pacifist ***
Capitolo 4: *** 3° Pacifist ***
Capitolo 5: *** 4° Pacifist ***
Capitolo 6: *** 2° Genocide ***
Capitolo 7: *** 10° Genocide ***
Capitolo 8: *** 13° Pacifist ***
Capitolo 9: *** Ultima pacifist ***
Capitolo 10: *** 1° Pacifist ***



Capitolo 1
*** 1° Pacifist ***


The last one, I promise.

 

1° Pacifist

Non sapeva che fare…

Aveva sempre avuto problemi con gli altri umani, ma una volta liberati i mostri e diventata l’ambasciatrice ufficiale… le cose erano solo peggiorate.

Aveva dodici anni quando era caduta, ed ora ne aveva a malapena tredici e già iniziava ad odiare quello che la sua vita era diventata.

Rimpiangeva il sottosuolo, rimpiangeva quei mostri che l’avevano uccisa innumerevoli volte.

Allora non aveva avuto paura, e perché in quel momento si?

Perché un pugno di un umano la spaventava mille volte di più rispetto alle lame e alla magia di un mostro, che avrebbe potuto assorbire la sua anima in ogni momento?

Perché tutto, in superficie, sembrava mille volte più difficile?

La pioggia le rigava il viso, confondendosi con le sue lacrime.

-Sei solo una sporca traditrice!- aveva urlato uno dei ragazzi che l’avevano appena picchiata.

-Avresti dovuto ucciderli tutti!- aveva esclamato un altro, tirandole l’ultimo pugno sul viso che lei non era riuscita a schivare.

-E invece li hai portati qui- un altro l’aveva spinta nel fango, fango dove ora lei era seduta, con le ginocchia al petto e lievi contusioni alle ossa.

Sans avrebbe potuto fare tante battute al riguardo.

Pensare a Sans gli fece male, molto male.

Lei gli voleva bene, voleva bene a tutti quanti i mostri, che erano ormai diventati la sua famiglia.

Cercò di farsi forza pensando a loro, per superare il tutto, ma non sapeva se ci sarebbe riuscita.

Il sottosuolo era così semplice, così prevedibile, ormai.

Gli mancava, gli mancava tantissimo.

E poi, lei era sempre stata con i mostri quando avevano avuto bisogno di lei. Non aveva mai ucciso nessuno, nemmeno per autodifesa, neanche una volta.

Era tornata indietro quando Flowey le aveva dato la possibilità di farlo, solo per salvarli, e loro dov’erano, quando era lei ad averne bisogno?

Davanti a lei comparve un pulsante: 

“Reset”

Le lacrime si asciugarono per un attimo, non aveva mai pensato che avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Distolse lo sguardo dal pulsante luminoso. Non poteva farlo.

Poi pensò al dolore che avrebbe provato per il resto della sua vita. A tutti gli umani che l’avrebbero per sempre detestata, picchiata, allontanata.

Le venne un impulso che non credeva di avere.

Tutti gli umani la guardavano come se fosse inferiore, ma lei aveva un potere enorme, un potere che nessuno poteva utilizzare, umano o mostro che fosse, oltre a lei.

Beh, lei e Flowey.

Ma ora aveva lei il potere supremo, e Flowey non poteva fermarla.

La sua determinazione l’aveva portata a fare determinate scelte, che l’avevano portata in quella direzione, a quel dolore.

Forse non erano state giuste.

Forse sarebbe stata meglio se avesse semplicemente fatto l’umana, invece di tentare di essere un eroe.

Forse avrebbe potuto semplicemente uccidere i mostri che, in un modo indiretto, le stavano rovinando la vita, e non la stavano neanche cercando nonostante fossero passate ore dal rientro previsto.

Forse non era lei che stava avendo quei pensieri, forse era spinta da qualcosa, o qualcuno, ma decise di premere quel pulsante.

Forse era stata debole, forse era stata la paura a spingerla a non fare del male a nessuno per timore delle conseguenze, ma lei poteva fare tutto quello che voleva, e resettare ancora e ancora.

Magari se avesse provato a fare del male sul serio, avrebbe smesso di avere paura degli umani… o avrebbe potuto distruggerli tutti.

Sans le aveva detto che aveva mantenuto una certa bontà nel suo cuore, e che uccidere la avrebbe allontanata dai sentimenti, dai rimpianti.

Forse all’inizio sarebbe stato difficile, ma poi si sarebbe distanziata. 

E non avrebbe più sofferto.

Premette il pulsante.

Per un attimo le sembrò di vedere Sans in mezzo alla pioggia, che sembrava correre verso di lei. 

Probabilmente era solo un’illusione provocata dal reset, o dai pugni ricevuti.

 

-Frisk, Frisk! Dove si sarà cacciata?- Sans aveva il cappuccio premuto bene sulla testa, e si stava infradiciando sotto la pioggia. Erano tutti molto preoccupati. Erano ore che Frisk non tornava a casa. Speravano fosse solo un contrattempo stupido, o che si fosse addormentata su una panchina o cose del genere.

-Frisk!- la chiamò ancora una volta, ma il rumore della pioggia sovrastava la sua voce.

-Diamine, il freddo le entrerà nelle ossa se non la troviamo in fretta- ridacchiò della sua stessa battuta, anche se si rese presto conto che era più una battuta per uno scheletro che non per un essere umano.

Ciò non cambiava il fatto che era parecchio preoccupato, perché era insolito per Frisk non farsi sentire.

Tentò per l’ennesima volta di chiamarla al cellulare, ma risultava essere spento.

Sospirò, e si strinse la felpa addosso, mentre prendeva una strada alternativa che passava dietro la scuola di Frisk.

Fece per chiamare Papyrus o Undyne per chiedere loro notizie, ma un’immagine lo bloccò dove stava.

-Frisk?- chiese a bassa voce, così bassa che non si sentì nemmeno lui, mentre osservava la ragazzina seduta per terra in mezzo al fango, con la mano su un pulsante che vide per meno di un istante e che poi scomparve.

“No…” non riusciva a crederci, forse era solo un’illusione provocata dalla pioggia.

Il cappuccio gli si tolse dal cranio quando iniziò a correre verso di lei.

Ma non si era affatto sbagliato.

Si fermò e si guardò intorno terrorizzato mentre tutto sembrava sbiadirsi intorno a lui.

Guardò le sue stesse mani che sparivano, con una sola domanda in testa, che non sembrava trovare risposta.

“Perché? Cosa abbiamo fatto di sbagliato?”

Reset

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Solo io posso avere un’idea per una one shot ed uscirmene con una long di 67 pagine.

Comunque, questa storia avrebbe dovuto chiamarsi Reset, ma visto che ce n’è già un’altra con questo titolo, non mi andava che ci fossero confusioni.

Avevo anche pensato di chiamarla Odi et Amo, ma non rendeva poi così bene l’idea, credo.

E doveva anche essere con un solo POV, ovvero quello di Sans.

Ma tralasciando quello che questa fanfiction doveva essere, pensiamo invece a quello che è.

Ovvero una fanfiction scritta con tantissima, ma davvero tantissima, dedizione.

Incentrata sui personaggi, sulle emozioni, sui sentimenti di Frisk e di Sans, attraverso varie linee temporali, che si susseguono una dopo l’altra.

Una fanfiction che mi ha preso emotivamente, e che spero faccia lo stesso con voi.

Per citare John Green, mi sono innamorata di questa coppia come ci si addormenta, lentamente, e poi tutto in una volta.

Non so bene che altro dire di questo capitolo, visto che è solo il prologo.

Spero davvero che la fanfiction vi piaccia, pubblicherò un capitolo al giorno perché l’ho già scritta tutta e non credo che ci saranno altre note se non alla fine.

Quindi vi auguro una buona lettura, e mi auguro davvero che la storia vi piaccia.

Un grande bacione e alla prossima :-*

 

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Capitolo 2
*** 1° Genocide ***


1° Genocide

-Ciao, io sono Flowey, Flowey… Oh, andiamo, come se non ti ricordassi di me. Cosa è successo, Frisk? Ti sei già annoiata?- la accolse di nuovo nel Sottosuolo la voce allegra e squillante di Flowey.

Frisk si controllò il corpo per constatare che il dolore era sparito, e che era tornata nel corpo della se dodicenne.

Non che fosse cambiata molto in quell’anno, però fece un certo effetto.

-Sempre molto loquace, vedo- commentò il fiore, scuotendo la testa piena di petali.

-Beh, se sei tornata per sentirti nuovamente una grande eroina ci vediamo direttamente alla barriera- commentò il fiore, scomparendo nel terreno.

-Non credo- commentò solo Frisk.

Se avesse aumentato i suoi LOVE si sarebbe distaccata, ed era tutto quello che voleva.

Chissà come avrebbero reagito i suoi compagni di classe se fosse tornata dalla barriera con un coltello affilato in mano e polvere addosso.

Non era del tutto sicura di riuscire a farlo, ma poteva sempre resettare.

Non si era mai resa conto di quello che poteva fare prima di allora. Non era stata del tutto certa del suo potere, e invece poteva fare tutto quello che voleva, perché non c’erano conseguenze irreparabili.

Forse, in questo modo, sarebbe stata più felice.

-Oh, cielo!- un’esclamazione proveniente da una voce fin troppo conosciuta fece sollevare di scatto la testa di Frisk.

-Salve, bambina mia. Io sono Toriel, e mi occupo delle rovine. Ogni giorno vengo qui per vedere se qualche umano è caduto. Vieni con me, ti mostrerò le catacombe- le porse la mano, ma Frisk non la prese.

Sentiva ancora su di se il dolore dei pugni ricevuti, mille volte peggiori dei dardi della morte che l’avevano colpita nella sua avventura la prima volta.

Non guardò nemmeno la capra negli occhi, limitandosi ad annuire.

Avrebbe cambiato, e al massimo avrebbe resettato di nuovo, fine della storia.

Non doveva essere poi così difficile essere sicura di sé e smettere di temere ogni sua azione.

Aveva il controllo, il pieno controllo.

Sentì una presenza alle sue spalle, che si era presentata anche la prima volta che era arrivata lì.

Questa volta decise di non allontanarla.

Chara, immaginò che fosse. Se era davvero come Asriel l’aveva descritta probabilmente poteva aiutarla.

Era pronta, nessuno l’avrebbe fermata.

 

Sans la stava aspettando alla fine del corridoio, con il cappuccio sollevato.

Si era svegliato poche ore prima con una domanda in testa, ed era sempre più convinto di doverla fare, perché era sicuro che fosse un brandello del ricordo che sicuramente gli era rimasto da un reset con quella bambina.

No, quella non era una bambina, era un demone, una sporca assassina di fratelli, niente di più.

Aveva ucciso ogni singola anima, e Sans si chiedeva solo una cosa:

“Perché?!”

Cosa, cosa avevano fatto di sbagliato?!

Sans era sicuro che il sé della linea temporale precedente avesse fatto tutto il possibile, ma probabilmente quell’assassina non era altro che un’anima irrecuperabile.

Sentì dei pesanti passi, e alzò la testa, togliendosi il cappuccio per guardarla bene.

-Eheh, sei stata parecchio impegnata ultimamente, vero?- chiese, con le mani nelle tasche, guardandola con una maschera che nascondeva tutta la confusione che si portava dietro da quando si era svegliato.

-Comunque, ho una domanda per te…- 

“Perché?” avrebbe voluto chiedere, ma decise di astenersi dal farlo, e attenersi al dialogo originale. 

-Pensi che anche la persona peggiore possa cambiare?- chiese infatti. A lui non interessavano le ragioni di quella megalomane. Non doveva preoccuparsi per lei, se lo avesse considerato un amico a questo punto non sarebbero lì.

Frisk rimase con sguardo fisso verso di lui, il volto completamente inespressivo.

-Già…- commentò solo lo scheletro, distogliendo lo sguardo e posandolo sulla finestra, per ammirare il paesaggio.

New Home era davvero bella, pure quando non c’era più nessuno vivo al suo interno.

-Ho una domanda migliore- disse poi, mentre le sue pupille sparivano per lasciare due orbite vuote e nere.

-Vuoi passare un brutto momento? Perché se farai un altro passo avanti… te ne pentirai davvero- l’orbita sinistra si illuminò di azzurro, e Sans si preparò a combattere, a lungo e dolorosamente.

Vide qualcosa, però, prima che la sua, forse un tempo amica, facesse un passo avanti entrando in combattimento.

I loro sguardi si incrociarono, e lei disse due semplici parole, che lo scossero nel profondo.

-Soffrivo, Sans- 

Era per caso la risposta alla domanda che non aveva mai posto?

Sans osservò con attenzione i suoi occhi, freddi e vuoti, che però avevano una traccia di rimorso che lui, forse, avrebbe potuto cacciare fuori.

Ma non poteva permettersi di fare il sentimentale e provare a giustificare quella assassina.

Loro non soffrivano? 

Loro non avevano un’anima a loro volta?

Quella magalomane si credeva l’essere più importante dell’universo solo perché non poteva morire definitivamente e perché tutti i loro destini e ricordi erano legati a lei.

Ma il suo ego aveva bisogno di una sveglia.

E Sans gliel’avrebbe data.

Appena la bambina fece un passo avanti, lui l’attaccò con uno dei suoi migliori attacchi, al quale lei perì subito.

Ma Frisk tornò, e tornò ancora, e ancora.

Sembrava proprio non voler arrendersi, ma neanche Sans l’avrebbe fatto.

L’ultima volta Sans non sapeva sarebbe stata l’ultima, anzi, per lui era come se fosse la prima.

-La tua espressione… non la commenterò nemmeno- al primo attacco la bambina schivò senza difficoltà, e via così, un attacco dopo l’altro, senza venire ferita quasi affatto.

E mano a mano che entrambi schivavano, il rimorso negli occhi di Frisk sembrava farsi più grande.

Forse, in cuor suo, nemmeno lei voleva farlo davvero.

Arrivato al suo attacco speciale fatto di nulla, Sans non riuscì a trattenersi molto, e si addormentò senza controllo.

 

Frisk vide il pulsante di combattimento non troppo lontano, e Chara iniziò a spingerla a premerlo, a sforzarsi. Era finita, il suo percorso era concluso, ed ora lei era molto più forte, si era distanziata abbastanza… anche troppo.

Premette con il massimo della forza all’estremità dell’arena di combattimento, ed essa iniziò a spostarsi.

Rimase ferma un attimo, senza sapere bene cosa fare.

Sembrava che la vittoria fosse a pochi centimetri di distanza, ma era davvero quello che voleva?

Tutta la sua determinazione stava sparendo.

Aveva ucciso Toriel, sua madre, i suoi migliori amici, tutti i mostri che fino a poco prima erano come una famiglia per lei, e per cosa?

Arrivò al pulsante, ma esitò, osservando il volto addormentato di Sans. Anche nel sonno non era in pace, e Frisk si chiese se mai lo sarebbe potuto essere pure se lei avesse resettato.

Aveva ormai capito che lui ricordava. Certo, non tutto, ma qualcosa la sentiva, nelle ossa.

“Forza, premi quel pulsante!” la incoraggiò Chara, spingendo la mano.

Sans schivò il primo colpo.

-Dovresti tentare meglio di…- Frisk però aveva la mano ancora sul pulsante, ed il secondo colpo non tardò ad arrivare, colpendolo in pieno.

Tutto il suo distacco scomparve, mentre vedeva l’espressione del suo… amico? Come poteva pensare a lui in questo modo ora?!

Tolse di scatto la mano, mentre delle calde lacrime iniziavano a rigarle le guance.

-I_immagino che ormai sia così… non dire che io non ti avevo avvertito- Sans si accasciò, con Ketchup che usciva dal suo corpo.

L’armatura che Frisk si era costruita grazie all’aiuto di Chara si abbatté completamente.

-Beh… io vado da Grillby. Papyrus… vuoi qualcosa?- Sans cercò di allontanarsi il più possibile, prima di scomparire in un cumulo di polvere, davanti allo sguardo incredulo di Frisk.

“E’ fatta!” esclamò Chara esaltata.

Frisk non riusciva a pensare lucidamente.

Era fatta? Ma cosa era fatta?! Cosa aveva fatto? Più ci pensava, più quello che aveva fatto sembrava il capriccio di una ragazzina che si credeva il capo del mondo.

Tutti soffrivano, e perché mai lei avrebbe dovuto ferire il resto del mondo solo perché…

“Che stai facendo?!” esclamò allertata Chara quando il pulsante di reset comparve di nuovo davanti alla dodicenne.

Frisk sollevò la mano verso quel pulsante.

“NO! Non farlo!” Chara cercò di persuaderla, ma Frisk aveva già la mano sul pulsante.

-Te lo prometto, Sans, è l’ultima volta!- disse, gettando il coltello a terra per asciugarsi gli occhi, mentre il mondo si scomponeva davanti a lei.

Ci credeva, ci credeva davvero.

Reset 

 

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Capitolo 3
*** 2° Pacifist ***


2° Pacifist

-Frisk, Frisk!!- Sans la stava chiamando nella pioggia, preoccupato.

Sentiva nel petto una sensazione di deja-vu, come se in un’altra linea temporale quello fosse stato il momento di reset di Frisk.

Non ne era sicuro, dato che non ricordava nulla, ma lo sentiva, ed era preoccupato.

Non sapeva perché era preoccupato, forse temeva che la bambina avrebbe resettato nuovamente o forse aveva paura di quello che l’aveva portata a premere il pulsante la prima volta. L’unica cosa che sapeva è che voleva trovarla, per impedire la prima cosa e risolvere la seconda.

-Frisk!- la chiamò nuovamente, correndo in giro nei pressi per la scuola con il cappuccio sollevato in modo da non bagnarsi il cranio.

Sentì qualcuno singhiozzare a qualche metro di distanza, nascosto in un vicolo buio, e non ci mise molto a riconoscere la voce.

-Frisk!- esclamò preoccupato, raggiungendola in enormi falcate.

Lei aveva la testa sepolta nelle ginocchia, e la sollevò di scatto, sorpresa.

-Quindi c’eri davvero- sussurrò tra sé.

Sans cercò di non pensare al significato nascosto di quella frase, e si limitò a prenderle il volto tra le mani per esaminare le sue condizioni.

Il suo cuore perse un battito quando vide che l’occhio sinistro era completamente circondato dal nero e che numerosi graffi e lividi le coprivano tutto il corpo.

-Chi è stato?- chiese, a denti stretti.

-Non… non è nulla Sans- cercò di sminuire lei, voltandosi dall’altra parte.

Sans aveva da un po’ iniziato a pensare che dovesse aver fatto qualcosa di molto brutto in un precedente reset, perché in quella linea temporale lo evitava parecchio, e sembrava avere difficoltà a guardarlo negli occhi.

Però non si sarebbe di certo dato per vinto.

La prese per le spalle e la girò verso di lui.

-Frisk, parlami. Chi è stato?- ripeté, in tono fermo.

Lei rimase zitta, a sguardo basso, ma non ci fu bisogno della sua risposta perché Sans lo scoprì da solo.

-Guardate, ragazzi, è ancora qui e ha attirato uno dei suoi schifosissimi animaletti da compagnia- disse una voce dall’entrata del vicolo.

Frisk sobbalzò e si strinse a Sans, come cercando protezione nel suo abbraccio.

Lo scheletro si irrigidì, e voltò la testa per osservare un gruppo di cinque ragazzini molto più grandi di Frisk che li guardavano bloccando ogni via di fuga, credendosi migliori solo perché erano umani.

Sans odiava le persone così, e se ferivano Frisk, li odiava anche di più.

Ma decise di tentare un approccio diplomatico, dato che non doveva peggiorare i rapporti già instabili tra le due razze.

Si alzò in piedi con la massima tranquillità, e si mise davanti alla bambina, che lo guardò preoccupata.

-Salve, siete voi che avete dato fastidio a Frisk?- chiese tranquillo, mettendo le mani in tasca.

-Sans, lascia perdere- gli consigliò la ragazza, prendendogli da dietro il lembo della felpa per fermarlo.

Lui le diede la stessa attenzione che avrebbe dato ad una zanzara, e dato che non aveva pelle e sangue questa attenzione era davvero molta poca.

-Si, e allora? Che vuoi fare, spaccarci le ossa?- chiese il più grosso dei cinque, probabilmente il capo, ridacchiando poi insieme agli altri.

-Bella, questa, Scott! Scommetto che non ha il fegato di farlo- aggiunse un altro, scatenando un’altra scroscia di risa.

Sans ridacchiò leggermente, e si disse che gli sarebbero pure stati simpatici se non fossero stati così idioti, chiusi di mente e soprattutto se non avessero ferito e fatto piangere la sua carissima Frisk.

Peccato per loro.

-Pure se vecchie queste battute rendono sempre, ma tornando seri per un secondo, sarei disposto a chiudere un occhio sul vostro comportamento fino ad oggi per amor dell’integrazione dei mostri, ma se fate di nuovo male a Frisk, vi prometto solennemente che passerete un brutto momento- li minacciò, con l’occhio che si illuminava.

I ragazzi non rimasero impressionati, ma Frisk spalancò gli occhi, e attirò lo scheletro verso di sé.

-Loro non possono tornare in vita, Sans!- esclamò, senza badare a quanto questa frase potesse suonare strana alle orecchie dei ragazzi. 

Sans però capiva tutto, e la preoccupazione di Frisk fu tutt’altro che piacevole per lui, visto che confermava solo l’idea che in una diversa linea temporale Frisk avesse davvero ucciso… 

Sospirò, e decise di non pensarci. Aveva resettato, questo era l’importante.

Sperava che avesse imparato la lezione.

-Tornare in vita? Quindi oltre che traditrice e debole, è anche pazza, questa pu…- il capo della banda, Scott, non ebbe il tempo neanche di finire la frase che venne preso da una morsa telecinetica e sbattuto nel fango con una forza tale che probabilmente avrebbe sentito dolore alla spina dorsale per almeno un paio di settimane.

Sans non si era trattenuto, non dovevano osare trattare così la sua bambina! 

Gli altri quattro, senza un capo a guidarli, fecero qualche passo indietro, spaventati.

-Che aspettate, attaccatelo!- urlò Scott, cercando di sollevarsi ma rimanendo completamente bloccato al terreno.

Uno di loro fece un passo avanti prendendo una stecca da terra, ma un osso comparve davanti a lui e non lo colpì per due centimetri scarsi. La sorpresa lo fece cadere a gambe all’aria.

Allora due di loro provarono a prendere Sans in due angoli diversi, e lo scheletro lasciò andare Scott per prenderli entrambi e sbatterli contro i due muri del vicolo.

Il capo, rialzandosi, insieme all’ultimo rimasto, a quel punto provarono a prenderlo di sorpresa vedendolo concentrato sui due di prima, ma Sans fece comparire un gaster blaster che li terrorizzò a morte.

Nessuno, però, venne colpito o ferito, ad eccezione di qualche botta di poco conto.

-La prossima volta che volete confrontarvi in cinque contro uno, scegliete bene il vostro avversario!- disse loro, spedendoli tutti e cinque alla fine del vicolo con un’ultima magia telecinetica.

I cinque lo guardarono spaventati per qualche secondo, poi si voltarono per correre via.

Non fecero neanche un paio di passi che Sans si teletrasportò davanti a Scott, per prenderlo dalla giacca.

-Ah, e non pensate di prendervela con lei quando io non sono presente, perché se scopro che le avete fatto qualcos’altro vi verrò a cercare, e non ci andrò così leggero- li minacciò, prima di ritornare davanti a Frisk e controllare che non fosse stata colpita per sbaglio.

Lei era ad occhi sgranati e bocca semiaperta.

-Su, non guardarmi così. Non è che tu non abbia mai visto questa parte di me- osservò lui, distogliendo lo sguardo da lei e alludendo alla genocide che era sicuro lei aveva fatto almeno una volta.

-Torniamo a casa. Ce la fai a camminare?- Sans le porse la mano per aiutarla ad alzarsi, ma lei gli si gettò semplicemente tra le braccia, piangendo più forte.

-Tranquilla, tranquilla, non ti disturberanno più, non dovrai più resettare- tentò di rassicurarla, ricambiando forte l’abbraccio e prendendola in braccio, per trasportarla con più facilità.

-Coraggio, andiamo. Sono tutti preoccupati- 

Chissà, magari quello era il reset buono. Forse tutto sarebbe andato bene.

 

Dodici anni dopo Frisk era felicissima della sua vita.

Grazie a Sans i bulletti non l’avevano più sfiorata, anche se l’integrazione dei mostri procedeva sempre a rilento.

Ma quel giorno sarebbe stato il giorno buono in cui tutto sarebbe cambiato, lo sentiva, e solo per il meglio.

Infatti si sarebbe firmato un accordo con tutti gli stati dell’ONU per l’accettazione dei mostri fuori da Ebbott Town e l’integrazione immediata degli stessi in tutti quegli stati.

Finalmente non sarebbero stati obbligati a rimanere in quello stato e avrebbero potuto viaggiare altrove senza venire arrestati.

Undyne e Alphys avevano già progettato una bellissima luna di miele in Giappone che sarebbe durata un paio di mesi, e Papyrus si stava organizzando per andare in Italia a mangiare i migliori spaghetti insieme al fratello.

Avevano tentato di coinvolgerla, ma la ragazza aveva troppe cose da fare.

Anche se, dato che da qualche mese si vedeva con Sans non in modo strettamente amichevole e platonico, sarebbe stato davvero un bel viaggio e una grandissima opportunità per stare insieme senza che Toriel li guardasse in modo strano.

Effettivamente la situazione era alquanto bizzarra, dato che Sans si era visto per un periodo con Toriel, perciò il fatto che adesso ci stesse provando con la figlia adottiva sembrava piuttosto sbagliato ed era senz’altro imbarazzante, ma a Frisk non importava, dato che Sans era fin troppo importante per lei, e non aveva intenzione di tirarsi indietro. Per fortuna sua madre sembrava averlo capito, perché non intralciava in nessuno modo le loro uscite, anche se ogni volta che erano tutti e tre nella stessa stanza li osservava con attenzione per essere sicura che la figlia stesse bene.

Mentre pensava queste cose e si sistemava in camera sua il vestito che avrebbe indossato durante la stesura delle firme, una voce proveniente da dietro la porta socchiusa la fece sobbalzare.

-Toc toc- disse, accompagnandosi con un bussare di porta.

-Sans! Potresti almeno bussare adeguatamente alla porta di casa prima di intrufolarti al suo interno?!- esclamò la ragazza, chinandosi a recuperare l’orecchino caduto per lo spavento.

Si sentì una risata da dietro la porta.

-Toc toc- insistette lo scheletro come se non l’avesse sentita.

Frisk roteò gli occhi.

-Chi è?- chiese controvoglia, mettendosi l’orecchino.

-Sans- rispose lui, e Frisk si corrucciò, era strano per lo scheletro dire il suo nome veramente.

Forse era un trucco.

-Sans chi?- continuò, senza sapere bene cosa aspettarsi.

Lo scheletro spinse la porta, entrando nella visuale della ragazza.

-Sei SANSazionale, lo sai?- concluse la battuta, entrando nella stanza.

Frisk gli sorrise, arrossendo leggermente.

Sans era vestito elegante, con giacca e cravatta, e la guardava con una gioia e un’ammirazione che erano quasi troppo per Frisk, che rivolse nuovamente l’attenzione allo specchio per sistemarsi.

-Sai, continuo a sostenere che bussare alla porta sia meglio di teletrasportarsi direttamente qui, ma… a cosa devo questo complimento presentato sotto forma di battuta stupida?- chiese, lanciandogli un’occhiata divertita e prendendo la collana dal mobile per metterla.

-Eh eh, uno non può neanche complimentarsi con la propria ragazza per aver portato un risultato così grandioso- Sans le prese la collana e gliela allacciò, facendole venire un brivido lungo la spina dorsale.

-Già, finalmente i mostri avranno il loro lieto fine- commentò Frisk, cercando di non arrossire troppo vistosamente.

-Non sono d’accordo su questo- obiettò Sans, e Frisk si girò a guardarlo, confusa.

-Perché dici così, Sans?- chiese, guardandolo dritto negli occhi.

-Perché noi abbiamo già avuto un lieto fine, grazie a te. Questo è solo un continuo- si spiegò Sans, riferendosi alla fine della pacifist accaduta ben tredici anni prima.

Frisk sorrise, grata a Sans per il supporto, e poi lui le fece l’occhiolino, e continuò.

-Per questo sei Sansazionale- aggiunse, con un buffetto sulla guancia.

Frisk ribatté alzandosi in punta di piedi per dargli un bacio sulla fronte, poi si girò nuovamente verso lo specchio, osservandosi i capelli, che ormai le arrivavano poco sotto le spalle.

-Allora, come dovrei sistemarli?- chiese allo scheletro.

-Credi che io ne sappia qualcosa?- ridacchiò lui, alludendo al suo cranio scheletrico che non aveva mai visto traccia di capelli.

Frisk gli fece la linguaccia.

 

-Frisk?- Sans bussò alla porta della camera da letto della ragazza, preoccupato per lei.

L’umana non rispose, limitandosi a rimanere completamente avvolta nelle coperte e spalle alla porta.

Sans entrò, si avvicinò lentamente, e si sedette dall’altra parte del letto.

-Non è colpa tua, sai?- tentò di rassicurarla, posandole una mano sulla spalla seppellita dalle morbide coperte.

La figura iniziò a tremare, segno che stava piangendo.

Sans le si avvicinò.

-Lo so che sei distrutta, lo sono anche io, ma… ma…- non sapeva bene cosa dire, quello che era accaduto era spaventoso.

Si prospettava una così perfetta giornata, quella delle firme dell’ONU, e invece si era rivelata una tragedia.

Dei fondamentalisti anti-mostri avevano nascosto una bomba all’interno dell’edificio, e nessuno dei presenti l’aveva notata.

Tranne Frisk. 

Era stata questione di un attimo.

Aveva preso il cellulare, e si era accorta di un’interferenza.

Quando aveva avvertito Sans e gli altri responsabili della sicurezza era ormai troppo tardi, e solo alcuni dei presenti erano riusciti a salvarsi, tra cui Sans e Frisk stessi, Undyne, Toriel...

Ma non Papyrus, né Asgore, o Alphys.

E da lì le cose erano crollate.

Undyne aveva dichiarato apertamente guerra al gruppo degli anti-mostri senza tenere nascosto il suo intento di ucciderli tutti, gli accordi erano saltati e l’ostilità tra mostri e umani si era riaperta come una ferita profonda e incapace di venire cancellata.

E Frisk, la sua Frisk, si sentiva responsabile, quando molta della colpa era di Sans.

Aveva portato fuori quanta più gente poteva, ma Papyrus… sarebbe dovuto essere il suo primo obiettivo, invece quella figura davanti a lui lo aveva preso completamente.

Si era distratto a controllare che lei stesse completamente bene per qualche minuto di troppo, e quando aveva provato a ritornare era ormai troppo tardi.

E, dannazione, era uno dei controllori della sicurezza, insieme a Papyrus e Undyne!

Avrebbe dovuto trovarla subito, quella dannatissima bomba, e non quando ormai...

Se c’era qualcuno che doveva prendersi la colpa, quello era lui, e se in quel momento non avesse dovuto cercare in tutti i modi di aiutare Frisk, probabilmente si ritroverebbe nella sua stessa situazione, buttato sotto le coperte senza volere nessuno accanto per anni interi.

Ma così andava la vita, e non si poteva cambiare… non si doveva cambiare.

-Sans… io posso sistemare tutto- sussurrò Frisk in un sussurro, con la voce impastata.

Il cuore di Sans perse un battito, e si sporse ancora di più fino ad essere sdraiato del tutto affianco a lei.

-Frisk, non devi farlo- le disse preoccupato, cercando di agganciare il suo sguardo che sembrava fisso verso qualcosa, qualcosa che Sans non voleva assolutamente che esistesse ancora.

-Il nostro lieto fine è davvero venuto con la liberazione. Non devi fare altro per noi, non devi…- cercò di persuaderla, iniziando a sudare freddo, e girandola verso di sé.

Frisk lo guardò come se non lo vedesse, gli occhi rossi di pianto e lo sguardo vuoto, triste e senza scopo.

-Prima o poi tutto si sistemerà, il lutto fa parte della vita- continuò Sans, infilando le braccia nelle coperte per prendere le mani della ragazza tra le sue, in segno di conforto e in modo che lei non potesse premere nulla.

-Ma Papyrus… Alphys…- lucciconi comparvero sui suoi occhi, e una lacrima le rigò la guancia.

Sans le lasciò una mano per asciugarla, e poi la trattenne sul viso.

-Possiamo ricominciare, uniti. Non devi tornare indietro di così tanto, la vita deve andare avanti, non ricominciare ogni volta daccapo- non era del tutto sicuro di quello che diceva, probabilmente se avesse avuto lui il potere di Frisk avrebbe fatto di tutti per riportare indietro Papyrus, ma non poteva permettere alla ragazza di farlo, perché non era giusto, non era corretto, Papyrus non l’avrebbe voluto.

-Anche quando sono io ad ucciderlo?- il tono di Frisk era così vuoto e tetro che Sans si tirò leggermente indietro senza neanche accorgersene, ma subito trovò la risposta giusta.

-Si trattava di una manciata di giorni, e poi in quel caso la colpa era davvero tua. Come ti ho già detto, il nostro lieto fine lo abbiamo avuto, ora è tutto nelle nostre mani, non devi essere responsabile di tutto ciò che accade- provò a rassicurarla, riavvicinandosi e cominciando ad accarezzarle i capelli in segno di affetto.

Voleva davvero bene a quella ragazza, a prescindere da quello che aveva fatto, ed avrebbe provato in tutti i modi a non farla stare male, a proteggerla, e non c’erano motivi contorti che gli imponevano ciò, semplicemente la amava, un amore strano, confuso, poco comprensibile anche a se stesso ma che c’era, e che ci sarebbe sempre stato, lo sentiva.

Frisk lo guardò per qualche secondo, come soppesando le sue parole, poi gli fece un sorrisino triste, ed eliminò le distanze tra loro stampandogli un profondo bacio.

Sans rimase di stucco, aveva ricevuto degli innocenti bacetti a stampo, ma mai quello.

Chiuse gli occhi e dischiuse la mascella partecipando a quel gesto che avevano rimandato a lungo, troppo a lungo, per quanto riguardava Sans.

Lasciò del tutto andare le mani di Frisk per prenderle il volto e avvicinarlo ulteriormente al suo, come alla ricerca di qualcosa, un conforto, forse una partecipazione.

Entrambi stavano soffrendo, e quella sembrava una temporanea e meravigliosa evasione dalla terribile realtà che li circondava.

-Ti giuro che è l’ultimo- gli sussurrò Frisk quando si separarono un attimo per riprendere fiato.

Sans spalancò gli occhi.

Cosa?!

Con uno scatto afferrò il braccio che Frisk aveva a tradimento allungato dietro di sé, ma era troppo tardi.

-Frisk…- fece in tempo a dire, ferito, prima che il mondo cominciasse nuovamente a distruggersi intorno a lui.

Davvero non capiva quanto ciò lo facesse soffrire?

Davvero non capiva che cercando di fermarla lui la proteggeva da sé stessa e aiutava il libero arbitrio degli altri mostri?

Strizzò gli occhi, cercando di rassegnarsi all’idea.

Forse sarebbe stato per il meglio, doveva fidarsi di lei.

Sperava solo non ci prendesse l’abitudine.

Reset

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Da qui le cose iniziano a farsi più interessanti ;)

 

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Capitolo 4
*** 3° Pacifist ***


3° Pacifist

-Co… cosa diavolo è successo, Frisk? Saranno passati dodici anni? No, aspetta, tredici. Perché sei tornata?!- esclamò Flowey, guardandola incredulo.

-La prossima volta magari passa ad avvisare, mi sono preso un colpo quando l’universo è resettato- aggiunse poi, guardandola seccato.

Frisk si guardò incerta e quasi spaventata.

Davvero era così piccola quando aveva dodici anni? Non se lo ricordava quasi più, era passato tanto di quel tempo.

-E’ bello sapere che il pulsante funziona ancora- commentò solo.

-Sul serio, Frisk. Mi sono spaventato, insomma, se avessi avuto un’anima mi sarei spaventato. E poi non avevi il tuo lieto fine? Perché resettare?- chiese Flowey, confuso.

-Il lieto fine ci sarà quando verranno firmati gli accordi dell’ONU, poi la vita andrà avanti, ed io e Sans…- si interruppe, abbassando lo sguardo.

Avrebbero dovuto ricominciare daccapo? Forse lui si ricordava qualcosa. Ma in questo caso l’avrebbe perdonata?

-Spazzatura sorridente?- chiese Flowey incredulo. -Davvero ti sei andata a mettere con Spazzatura sorridente. Tu sei davvero un’idiota- commentò Flowey, alzando gli occhi al cielo.

Frisk lo guardò dall’alto in basso, incrociando le braccia.

-Cosa vuoi dire con questo?- lo sfidò, decisa a difendere la sua spazzatura sorridente da ogni accusa.

-Insomma, magari avresti potuto scegliere un mostro che non finge di essere tuo amico solo perché ha paura che tu possa resettare da un momento all’altro. Credi davvero che ti protegga perché tiene a te? Perché dovrebbe volere bene ad una mina vagante che potrebbe distruggerlo in qualsiasi momento e che lo ha già fatto in passato?- chiese, con una semplicità che fece battere forte il cuore di Frisk, che però rimase ferma sulle sue idee.

-Solo perché tu non provi sentimenti non significa che altri non ne possano provare, sai?- Frisk fece per superarlo, ma Flowey continuò, e lei si fermò, ascoltando suo malgrado.

-Appunto perché non ho sentimenti guardo la situazione con un po’ di logica. Comunque, hai intenzione di fare un’altra pacifist o devo aspettarmi sorprese come l’altra volta?- chiese, cambiando velocemente discorso.

-Sono tornata solo per impedire un attacco terroristico che provocherebbe tra tredici anni una nuova guerra tra umani e mostri- rispose Frisk, seccata dall’allusione del fiore.

-Bene, allora ci vediamo alla barriera, dove prenderò le anime, cercherò di distruggere il mondo e bla bla bla- Flowey scomparve, e Frisk pensò a quello che aveva detto.

Non alla parte riguardante Sans, che era solo assurda e senza logica, ma allo spavento che aveva provocato a Flowey. Forse c’era un modo per dare anche a lui un po’ di pace, una specie di lieto fine? 

Iniziò a pensare alla soluzione, mentre ricominciava per la quarta volta la sua avventura nel Sottosuolo.

Dopo aver superato le rovine con la più grande cura possibile ed aver riscoperto cose che si era completamente dimenticata, Frisk raggiunse Snowdin, ed il suo cuore iniziò a battere ferocemente mano a mano che si avvicinava al ponte dove avrebbe incontrato Sans.

Non appena sentì dei passi dietro di sé, trattenne il fiato, senza sapere bene cosa aspettarsi.

-Hey, umano. Vuoi incontrare un nuovo amico?- chiese con voce tonante.

Frisk si girò di scatto, con un sorriso che non riusciva a trattenere, e strinse fortissimo la mano di Sans, producendo il solito rumore molesto.

Sans però non procedette da copione.

Si staccò di scatto da lei e la guardò sorpreso.

-Ma quanti anni…?- cominciò a chiedere, tra sé.

Poi sbattè gli occhi, scosse la testa, e recuperò il sorriso da Sans.

-Cioè, eh eh, lo scherzo del cuscino pernacchione nella mano, è sempre divertente- disse, ridacchiando con poca convinzione.

-Tu… tu sei un umano, giusto?- chiese poi, come al solito.

Il sorriso di Frisk si spense.

Doveva immaginarlo. Sans non ricordava, lui vedeva ed intuiva osservando lei.

E lei, beh, ne aveva di anni sulle spalle, rispetto alla bambina che doveva impersonare.

Immaginò che avrebbe dovuto aspettare prima di poter stare con Sans come un tempo.

Non credeva che sarebbe stato così difficile il reset. Un conto era un anno, un conto tredici.

-Devo farti il discorso o lo sai già a memoria?- chiese incerto Sans, mettendo le mani in tasca e guardandola con espressione indecifrabile.

-Ho avuto un’ottima ragione, Sans. Fidati eri d’accordo anche tu- mentì, e Sans la guardò con espressione eloquente.

-Allora era senz’altro un Sans diverso da me. Su, nasconditi dietro la lampada, prima che arrivi Pa…- ma Frisk lo interruppe subito, correndo verso lo scheletro che arrivava in quel momento.

-Papyrus!- esclamò emozionata.

Era vivo, era vivo e vegeto, e lei capì vedendolo che aveva fatto la scelta giusta.

-Sans, ma quello è… è un umano?!- chiese, indicando la figura che lo guardava con occhi brillanti -E come sa il mio nome?- 

Sans studiò bene Frisk, e tra i due ci fu uno scambio di sguardi. Poi lo scheletro più basso alzò le spalle, e tornò a sorridere.

-Non saprei, Paps. Su, sottoponiamolo a tutti i puzzle eccetera- propose, e i due fratelli procedettero nella zona successiva.

Frisk sorrise, e si preparò a dare il meglio di sé.

Sperò solo di non dimenticarsi quella dannatissima bomba, perché altrimenti tutto sarebbe stato inutile.

 

Una sveglia che suonò colse del tutto impreparato Sans, che sobbalzò e si staccò da Frisk per voltarsi il direzione del telefono della ragazza.

-Me ne stavo quasi dimenticando- commentò lei, tirandosi una manata in testa.

-Cosa?- chiese lui, guardandola un po’ preoccupato.

Erano sul divano del salotto della casa che i due condividevano ormai da due anni.

In quella linea temporale avevano iniziato a vedersi per veri appuntamenti abbastanza presto, e le cose procedevano davvero molto bene.

-Niente, ho una cosa da fare, una cosa importante. Non so quando torno, ma ti prego, se Papyrus ci porta degli spaghetti finiscili tutti prima che arrivi- Frisk si alzò da Sans e prese il cellulare, togliendo la sveglia.

Lo scheletro ridacchiò, un po’ incerto a dire il vero.

Sentiva che c’era qualcosa che Frisk non gli diceva, e anche che quella notte, o forse la mattina dopo, sarebbero stati giorni molto importanti e decisivi per un possibile nuovo reset.

-Se Papyrus ti sentisse ne sarebbe distrutto- rise, senza però biasimare la ragazza, che fece altrettanto.

-Almeno fammeli trovare nel microonde, anche se potrei decidere di mangiare qualcosa fuori oggi. Comunque non mi aspettare alzato- prese la giacca e si avvicinò allo scheletro per dargli un ultimo bacio prima di andare via.

Sans non sapeva se chiederlo o no, ma decise di non lasciare questioni in sospeso.

-Riguarda il motivo per cui hai resettato l’ultima volta?- chiese, in un sussurro.

Lei si irrigidì leggermente, e distolse lo sguardo, girandosi di spalle per prendere la borsa.

-Me lo puoi dire, sai? Posso aiutarti.- si offrì lui, con un sorriso incoraggiante, prendendole una mano.

La amava davvero tanto, e sapeva che il sentimento era ricambiato.

Si fidava di lei, con tutto il cuore, e sentiva che qualsiasi fosse stato il motivo che l’aveva spinta a resettare fosse stato più che comprensibile.

Solo che avrebbe preferito conoscerlo.

Lei gli sorrise un po’ tristemente.

-Non è nulla di grave, tranquillo. Solo… non preoccuparti per me, domani tutto sarà risolto, ci saranno le firme dell’ONU e tutti saranno felici e in pace- lo rassicurò lei, dandogli un ultimo bacio sulla fronte prima di uscire.

Sans avrebbe potuto lasciarle fare, dopotutto sapeva bene come era fatta e quante cose avrebbe potuto fare ancora e ancora.

Ma l’idea che affrontasse quello che era senz’altro un grosso problema da sola… non gli piaceva affatto.

Lui l’aveva protetta da sempre, e anche se ora era grande ed era davvero forte, non riusciva a fare a meno di volerla aiutare in qualsiasi modo, anche per capire esattamente a cosa andava incontro.

Per questo decise di seguirla, e si teletrasportò mano a mano nei vari luoghi che lei raggiungeva, senza farsi vedere.

Se l’avesse scoperto lo avrebbe odiato, ma non poteva proprio farne a meno.

Dannazione, proteggere Frisk era ormai diventato una droga per lui.

Una droga che si rivelò fatale.

 

Come aveva intuito, l’attentatore stava lavorando proprio di notte, in modo da essere difficilmente scoperto.

Frisk aveva messo la sveglia per quel momento sul cellulare non appena era uscita dal sottosuolo, e per poco non lo dimenticava, troppo concentrata su Sans.

Oh, Sans.

Flowey si sbagliava di grosso.

Sans era diventato parte importante se non fondamentale del suo mondo.

Un appiglio immutabile e fermo su cui si era aggrappata in ogni momento della sua vita.

Come quando i compagni di classe l’avevano presa in giro.

Frisk era rimasta tranquilla perché sapeva che Sans l’avrebbe aiutata.

E che prima o poi l’avrebbe amata, cosa che era successa.

Era la cosa bella del conoscere così tanto una persona, anche se a volte la prevedibilità sembrava un fardello e una noia.

Entrò nella stanza con circospezione.

La sua intenzione era scoprire dove fosse la bomba e toglierla o disinnescarla non appena l’attentatore fosse andato via, ma purtroppo quella situazione non fu poi così prevedibile.

Infatti non aveva la più pallida idea di chi fosse il tipo che aveva, in un’altra linea temporale, distrutto tutta la sua vita.

Quando lo vide in faccia, con espressione concentrata, vestiti scuri e una pistola in mano, non riuscì a trattenere un gemito di orrore, che purtroppo venne sentito.

Scott, il capo dei bulli che sempre l’avevano bersagliata da piccola si girò verso di lei, e la vide nell’oscurità prima che lei potesse proteggersi in alcun modo.

Ci furono circa due millisecondi di sorpresa, poi Scott sparò, e il tempo sembrò fermarsi.

Frisk cercò di indietreggiare, mettendo le mani davanti al viso come a fermare un possibile proiettile, chiudendo gli occhi. 

Sentì un rumore di uno scatto, ma nessun dolore, poi un urlo di terrore, tanti altri proiettili lanciati, ed infine il silenzio.

Aprì lentamente gli occhi, e il mondo le crollò nuovamente addosso.

-S_ Sans… - sussurrò incredula, mentre le lacrime iniziavano a risalire.

Il suo scheletro era piegato a terra, in una figura tremolante che sembrava stesse per trasformarsi in polvere da un momento all’altro.

-No, no, Sans, ti prego, no!- si gettò contro di lui, cercando di aiutarlo in qualsiasi modo.

Scott, che aveva finito tutti i proiettili, gettò via la pistola e scappò, probabilmente ricordando la paura che aveva provato quando Sans lo aveva affrontato la prima volta.

Lo scheletro alzò la mano, come a volerlo intercettare, ma era troppo debole per fare alcunché, e crollò semplicemente tra le braccia di Frisk, che ancora non riusciva a credere ai suoi occhi.

La sua vita si reggeva su un filo sottilissimo.

La mano sollevata verso Scott finì sul volto della ragazza, che la prese con la sua.

-Non… res..ettare- le sussurrò lui, supplicante.

-Come puoi chiedermelo?!- esclamò, lei, con le lacrime che le uscivano dagli occhi senza che potesse trattenerle.

-Ti prego… Frisk- 

La ragazza non capiva il suo punto di vista. Perché voleva morire pur di non farla resettare, quando in una qualsiasi genocide ce l’aveva messa tutta per farglielo fare?

-Non puoi lasciarmi. Hai capito, Sans? Non puoi andartene così!- urlò, con tutto il fiato che aveva in corpo, piangendo tutte le sue lacrime.

Sans aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ce la faceva più a resistere, e semplicemente si disintegrò in un cumulo di polvere, tra le mani impotenti di Frisk.

-Sans…- sussurrò lei.

Il pulsante di reset le comparve nuovamente davanti, e questa volta lei non ebbe molte incertezze.

Non riusciva a pensare lucidamente, ed il senso di colpa la stava uccidendo.

Sans era la sua roccia, Sans l’aveva sempre protetta, il minimo che lei potesse fare era fare in modo che non morisse, non di nuovo.

Lei lo amava, lei aveva bisogno di lui, ed era davvero convinta che lui provasse altrettanto, e che l’avrebbe ringraziata, una volta che avesse capito.

-E’ l’ultimo- sussurrò, rivolta alle ceneri del suo amato.

Premette il pulsante, ed il mondo iniziò a scomparire.

Sentì in un ultimo sprazzo di vita dei passi incerti dietro di sé, probabilmente appartenenti a Scott.

Oh, gliel’avrebbe fatta pagare carissima.

Reset












(A.A.)
Breve ma intenso. Credo che questa sia una delle pacifist più felici che Frisk e Sans avranno. 

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Capitolo 5
*** 4° Pacifist ***


4° Pacifist

-Frisk, perché l’hai fatto?- Sans guardò con attenzione gli occhi della tredicenne che aveva appena dovuto riprendere da scuola in anticipo perché aveva beccato una sospensione di qualche giorno.

Quando l’insegnante aveva detto a Sans che Frisk aveva picchiato violentemente un compagno di scuola fino a farlo sanguinare avrebbe voluto riderle in faccia.

Frisk che faceva a botte? La sua Frisk, che non aveva torto un pelo neanche per sbaglio ad un mostro e che non appena l’aveva visto la prima volta le era saltata addosso come se avesse resettato per non farlo morire?

Solo l’idea che avesse picchiato qualcuno era assurda, ma non appena aveva visto l’espressione sul volto della piccola la realtà lo aveva colpito come un pugno nello stomaco.

Aveva firmato per riprenderla ed ora la stava accompagnando a casa sostituendo Toriel, che era impegnata nella scuola dei mostri.

Era triste vedere che una cosa che univa tutti come la scuola era comunque divisa, ma non era il tipo che giudicava. E poi erano ritornati in superficie solo da un anno, era normale che gli umani ancora non li accettassero.

Frisk era in silenzio, non sembrava volergli dire nulla, e questo dava parecchio fastidio allo scheletro, che voleva rassicurarla e capirla, ma proprio non ci riusciva.

Sapeva che era successo qualcosa di davvero brutto in una precedente linea temporale, perché lo aveva letto negli occhi della bambina, ma non riusciva ad intuire cosa.

Dopotutto, lui non credeva di essere importante per lei, o di esserlo stato. Almeno non tanto da farla resettare.

-Frisk, ti prego, parlami- la supplicò lui, facendo per metterle una mano sulla spalla ma ripensandoci e seppellendola in tasca.

Stare con Frisk da soli gli dava una sensazione non molto positiva, sentiva qualcosa per lei che non riusciva a spiegarsi e che lo faceva sentire malissimo, sporco e ripugnante.

Dopotutto era una bambina.

Lei sospirò, con sguardo basso.

-E’ una cattiva persona- disse solamente, a mezza voce.

Questa semplicità colpì Sans. La Frisk che conosceva non si sarebbe mai giustificata con questa banale scusa, e di certo non avrebbe fatto del male a qualcuno solo perché era una cattiva persona.

Tanti mostri aveva risparmiato perché era stata empatica, perché aveva visto tutte le loro sfumature e le aveva capite ed accettare.

E gli umani avevano anche più anima di loro.

-Che ha fatto?- insistette, per nulla convinto. Voleva una risposta, anche perché era convinto di esserci dentro molto più di quanto avrebbe voluto.

Frisk evitò il suo sguardo.

-Che ha fatto?- ripeté lui, lasciando perdere ogni decenza e prendendole le spalle per guardarla dritta negli occhi.

Dannazione quanto gli venne voglia di baciarla!

E dannazione quanto si sentì sporco per questo!

-Ti ha ucciso- cedette infine Frisk, sputando quelle parole come veleno, con le lacrime agli occhi.

Sans la lasciò andare, sobbalzando.

Aveva resettato per questo?

-Cosa?- chiese, confuso.

-Voleva sparare a me e tu hai preso… è una cattiva persona. Avrei dovuto ucciderlo, non solo picchiarlo- sussurrò tra i denti, senza trattenere le lacrime.

Queste parole non erano affatto da Frisk, ma questa nuova Frisk che si stava formando, quella vera probabilmente, temprata da moltissimi anni che le si leggevano in faccia, diedero una sensazione di familiarità a Sans, a cui sembrò di conoscere quella donna dietro la bambina da anni.

Forse era lei quella che attirava Sans come una calamita, facendolo sentire uno schifo.

-Non dirlo, Frisk, nessuna vita è meno importante di un’altra- le disse un po’ spaventato, asciugandole le lacrime e trattenendo un po’ troppo a lungo la mano sulla sua guancia.

Ma che gli prendeva?! Era una bambina di tredici anni!

La tolse subito, rimettendo le mani in tasca.

-La tua vita è importante, Sans. E’ importantissima per me, è più importante della mia, e userò ogni reset possibile, per evitare che tu muoia- quella rassicurazione sembrava quasi una minaccia, e a Sans venne un groppo in gola.

-Non dire così Frisk, la vita è fatta anche di morte, e nel caso mi dovesse accadere qualcosa, non voglio che tu… insomma, la vita va avanti, ed io non sono e non voglio essere qualcuno per cui valga la pena resettare- avanzò a testa bassa, ma Frisk rimase ferma, e lui fu costretto a girarsi.

-Frisk…- fece per richiamarla, ma la sua espressione lo ammutolì.

-Smettila, Sans. Smettila!- gli urlò contro, a pugni chiusi.

Lo scheletro indietreggiò di un passo, e fece per dire qualcosa, ma Frisk lo interruppe.

-Tu non capisci proprio! A voi non cambia niente se resetto, avete solo un futuro migliore, quindi smettila di decidere per me, di dirmi chi vale la pena salvare e chi no!- Sans avrebbe avuto molto da ridire su quello, visto che resettando lei era la prima che decideva per loro e che programmava il loro futuro, ma la bambina si stava facendo pericolosamente vicina, e le parole gli morirono in bocca, insieme al fiato, e alla saliva.

Così Frisk continuò:

-E smettila di pensare che la tua vita non valga, perché io… io ho bisogno di te… io…- gli si avvicinò ulteriormente, e lui indietreggiò fino a rimanere bloccato con la schiena al muro.

-Frisk…- sussurrò tra sé. Sperava davvero che la bambina non decidesse di dire quelle parole, perché lui non sapeva se si sarebbe trattenuto, e lei era una bambina di tredici dannatissimi anni.

-…io ti amo- gli prese il volto tra le mani e gli premette la fronte sulla sua.

Se in quel momento fosse passato qualcuno a caso Sans si sarebbe trovato in cella nel giro di dieci secondi. Certo, probabilmente Frisk poi avrebbe resettato, ma Sans non sapeva quale fosse la possibilità peggiore, se rimanere tutta la vita in carcere o la possibilità di un altro reset.

Per qualche secondo Sans si abbandonò a quella sensazione, chiudendo gli occhi e pensando a lei come a quella persona che probabilmente nel giro di qualche anno sarebbe diventata, quella che probabilmente in un’altra vita era stata qualcosa di ben lontano da una semplice amica.

I loro respiri si mischiarono, e le labbra di lei si avvicinarono pericolosamente alla sua mascella.

Prima che accadesse qualcosa di cui sicuramente si sarebbe pentito, Sans tornò in sé, ed allontanò la bambina.

Diamine, era una bimba minuscola, non poteva provare quelle sensazioni nei suoi confronti.

Lei sembrò delusa, ma lui la superò senza dire una parola, diretto verso casa.

-Sarà il caso di andare, Papyrus ci sta aspettando e Toriel ha quasi finito a lavoro. Rimarrà delusa- cercò di fingere che quello che era appena accaduto non fosse mai successo, ma era davvero difficile.

Diamine, non avrebbe dovuto insistere sull’argomento, o forse avrebbe dovuto mandare Papyrus.

-Sans, almeno dì qualcosa- Frisk lo seguì, con tono ferito, ma Sans non aveva parole per esprimere quello che provava, almeno non parole che fosse disposto a dire ad una bambina di tredici anni.

-Facciamo questo discorso tra qualche anno, ok?- disse solo, cercando di non sentirsi un verme e procedendo per la sua strada.

Frisk sembrò capire.

 

E a capire aveva capito, solo che aveva capito male.

Quando era tornata a casa Toriel era rimasta molto delusa, e tutto quello che Frisk aveva iniziato a pensare era che Sans davvero non tenesse a lei come Flowey le aveva detto.

Pensare a Flowey le aveva fatto venire in mente che lui era l’unico che ricordasse tutto e questo l’aveva portata a scendere nel sottosuolo e metterlo in un vaso per portarselo a casa.

Inizialmente il fiore era rimasto completamente seccato, aveva quasi tentato di ucciderla.

Poi aveva iniziato a capire che forse c’era qualcosa di buono in quella situazione, perché rimanere per anni e anni in un sottosuolo vuoto iniziava a diventare deprimente, anche se sentire gli scleri di una ragazzina lamentosa amante dei reset non era poi meglio.

Comunque Flowey iniziò a farci l’abitudine, anche se Toriel, la sua vecchia madre, lo guardava sempre un po’ storto.

Quando Frisk si era trasferita nella nuova casa le cose erano andate un po’ meglio per lui.

Non molto meglio per Frisk.

-Esco, torno tardi, se qualcuno mi cerca di digli che non ci sono e di riprovare domani- il famoso giorno prima delle firme dell’ONU, Frisk prese la giacca, e si preparò ad uscire con la certezza che quella volta Sans non sarebbe venuto con lei.

-Non sono il tuo segretario. Già mi tratti da diario segreto, non iniziare a credere che…- iniziò a lamentarsi Flowey, ma Frisk lo interruppe.

-D’accordo, d’accordo, ho capito, comunque io vado- si ricordò con nostalgia quando quel discorso l’aveva fatto a Sans, e la cosa le fece venire un blocco allo stomaco.

In quella linea temporale il loro rapporto era cortese e bello, ma gelido, sotto molti punti di vista.

Forse era lei che si era allontanata, o forse era lui che era imbarazzato per quello che era accaduto alcuni anni prima.

Fatto sta che non condividevano niente di più che un rapporto platonico, anche se con un minimo di speranza Frisk aveva notato che il suo scheletro aveva respinto ogni tentativo di approccio di Toriel.

Forse aspettava, ma cosa? Cosa sapeva lui, cosa non sapeva? Aspettava che lei gli dicesse che non sarebbe più morto, o forse sapeva già che tutto sarebbe finito durante le firme e stava solo aspettando quel momento?

Frisk non lo sapeva, ma nutriva speranze, ed era convinta che Sans non fosse stato con lei tutte quelle volte solo per non farla resettare, come Flowey sosteneva.

Prese la giacca, ed uscì.

Raggiunse il luogo con facilità. Aveva tenuto, per ogni evenienza, il vero coltello che aveva con sé da quando era uscita dal sottosuolo, anche se, almeno in quella linea temporale, non l’aveva mai usato.

Certo, sapeva che era comunque macchiato del sangue e della polvere del suo amato Sans, ma era l’arma migliore che potesse mai recuperare, e quel tipo orribile meritava quello ed altro.

Entrò con circospezione, decisa a non ripetere lo stesso errore della volta passata, ed era sollevata dal fatto che di Sans non doveva preoccuparsi.

O almeno così credeva.

Non appena raggiunse il luogo dove sarebbe dovuto trovarsi Scott, si sorprese nel trovarci lo scheletro, che lo teneva ancorato al muro con una magia telecinetica, parlargli tranquillamente.

-Ciao Frisk, ti stavo aspettando. E’ lui che doveva uccidermi, no?- la salutò con la mano libera, e lei rimase a bocca aperta, colta di sorpresa.

-Frisk? Ah, immaginavo, la parassita!- esclamò lui, e ottenne solo di venire sbattuto con violenza al muro di fronte.

-Sans, cosa ci fai qui?- chiese la ragazza allo scheletro, iniziando ad avere paura per lui.

-Dovevo morire qui, no? Ti dimostro che non è vero, che non succederà- disse lui con semplicità.

Che idiota! 

Frisk non riusciva a credere quanto fosse risposto a rischiare pur di non vederla resettare.

Voleva dimostrare di poter cambiare il destino? Sans non poteva farlo! Era Frisk che aveva questo potere.

-Vattene subito!- esclamò, correndogli incontro temendo ancora per la sua incolumità.

-Lo farò non appena arriverà la polizia!- disse Sans, deciso.

Frisk rimase ammutolita.

-Hai chiamato la polizia?- chiese, spaventata. Come diavolo avrebbe spiegato il fatto che sapeva dell’attentato a dei poliziotti?! Certo che a volte Sans era stupido.

-No… ma tu l’hai fatto, giusto?- perché lo dava per scontato?

Lo scheletro si voltò a guardarla, confuso dal suo silenzio.

-Frisk, tu sapevi per certo che questo qui voleva rovinare le firme dell’ONU…- si interruppe di scatto, osservando la sua espressione.

-Frisk, sul serio?!- esclamò poi, dandole tutta la sua attenzione e lasciando cadere a terra Scott, che iniziò a strisciare verso la pistola.

Sans fece comparire un Gaster blaster che gli si mise davanti, spaventandolo a morte, e guardò Frisk a braccia incrociate.

-Che intenzioni avevi? Volevi fare l’eroina? Ma vuoi capire che non ne abbiamo bisogno! Tu…- spalancò gli occhi ed indietreggiò non appena vide l’impugnatura del coltello uscire dalla tasca di Frisk.

Lei fece del suo meglio per nasconderlo, ma purtroppo il danno era fatto.

-Sans, posso spiegare…- iniziò a dire, mentre lui si allontanava, dimenticando completamente l’attentatore, che riuscì a sgusciare lontano dal Gaster blaster e a prendere la pistola, con mani tremanti.

La ragazza non si accorse di nulla, troppo concentrata sullo scheletro.

Sans rimase immobile, fissando il coltello, come se ricordasse qualcosa.

Prima che Frisk potesse continuare e spiegarsi, sentì un colpo, un dolore incredibile alla schiena, e poi crollò in avanti, dritta tra le braccia di Sans, che la prese al volo, sconvolto, e puntando lo sguardo sulla figura armata, pronta a fare nuovamente fuoco.

Sans non gli lasciò possibilità di fare alcunché, prendendolo nuovamente nella morsa telecinetica.

Dopo il dolore iniziale, Frisk non sentiva nulla, e i sensi le si stavano annebbiando.

-Frisk, resta con me!- Sans la adagiò a terra delicatamente.

Lei non aveva forza neanche per parlare, e Sans si rivolse a Scott.

-Tu non hai idea di quello che hai fatto!- esclamò, furente, avvicinandosi.

E Frisk capì, pur se erroneamente.

In quei pochi secondi prima di perdere del tutto i sensi capì che Flowey aveva sempre avuto ragione.

Sans non aveva mai tenuto a lei, ma solo ai reset.

Aveva cercato di farla felice così da non spingerla a resettare. Era stato con lei solo per far restare tutti sul binario giusto.

E lei, come una stupida, si era innamorata di lui.

Ed ora, anche ora che per colpa di Sans, perché era senz’altro colpa sua, stava per morire, allo scheletro della sua morte importava relativamente.

Non era triste perché lei sarebbe morta, ma solo perché avrebbe resettato.

Le comparve il pulsante di Reset davanti, ma era troppo debole per premerlo.

Purtroppo perse i sensi prima di poter capire appieno la situazione.

 

-Grazie al cielo sei salva!- esclamò Sans, non appena ebbe visto la ragazza aprire gli occhi.

Aveva chiamato la polizia e l’ambulanza non appena era riuscito a trovare un telefono, e subito dopo aver fatto quello che non era proprio riuscito a non fare, nonostante fosse andato contro ogni suo principio.

Dannazione, non sapeva cosa gli era preso, fatto stava che vedendo la sua Frisk a terra, priva di sensi, in procinto di morire, non era riuscito a fare la cosa giusta e ad aspettare che qualcuno la facesse per lui.

Almeno, su quell’umano, non aveva fatto nessuna promessa a Toriel.

Per fortuna Frisk era ancora viva, anche se aveva perso moltissimo sangue.

Lei lo guardò senza emozioni, con sguardo annebbiato ed espressione lievemente confusa.

-Dove sono?- chiese, con voce impastata.

-In ospedale. Toriel è fuori, che parla con il medico. Non hanno lasciato entrare Papyrus e Undyne, ma ti portano i loro saluti. Sono davvero preoccupati- la informò lui, avvicinandosi e sedendosi sul letto accanto a lei.

-E perché tu sei qui?- chiese lei, in tono sgradevole.

Lui cadde dalle nuvole. Cosa le prendeva? Probabilmente era solo molto scossa, lo era anche Sans.

-Effettivamente non mi volevano far entrare, ma sono riuscito ad introdurmi- disse cauto lui.

-Per controllare che non resettassi, vero?- chiese lei, guardandolo con accusa.

Lui rimase senza parole.

-Tranquillo, Sans, non temere, sono viva- aggiunse poi, facendo per alzarsi, ma non riuscendosi.

Spalancò gli occhi, e Sans si affrettò ad allungare le braccia cercando di calmarla.

-Frisk, non credo che sia il caso. Il proiettile è andato in profondità, hai perso molto sangue e…- non sapeva se sarebbe riuscito a dargli la brutta notizia. Lui per primo non riusciva ad accettare la cosa, e le lacrime stavano cominciando a farsi sentire di nuovo.

Ma si era ripromesso di essere forte, per Frisk.

-Non mi sento più le gambe… perché non mi sento più le gambe?- chiese, quasi con curiosità, come se fosse semplicemente un’interessante informazione da conservare per il futuro.

Sembrava aver perso tutta la determinazione che l’aveva sempre caratterizzata, e questo era semplicemente spaventoso per Sans, che non sapeva bene come rispondere.

-Sembra che il proiettile… abbia colpito la spina dorsale…- disse in un sussurro. Frisk lo osservò piegando la testa.

-Ma tu non manchi certo di spina dorsale, quindi ehm… non credo sarà… ecco…- la battuta accennata non smosse Frisk dalla sua indifferenza, e di certo non aiutò lui.

-Comunque Toriel riuscirà a fare qualcosa. Lei è davvero brava a curare. Sicuro riuscirà a rimediare, sempre che il dottore le permetta…- cominciò a rassicurarla, ma Frisk lo interruppe.

-Già, così non resetterò più, vero? E’ questo che ti interessa, no?- gli disse in tono d’accusa, facendolo sobbalzare.

-Cosa? Di che stai parlando? Puoi smetterla di parlare di reset?!- le chiese, portandosi una mano alla testa, come a riordinare le idee.

Non capiva proprio cosa stesse passando nella mente di Frisk, e non gli piaceva il tono, l’espressione e soprattutto l’impassibilità che stava assumendo, come se cercasse di distanziarsi dalle emozioni, cosa che Sans non credeva fosse in grado di fare, dato che era qualcosa che si assumeva con le genocide.

Arrivò alla conclusione come se si fosse appena svegliato, in un botto.

-Frisk…- sussurrò, guardandola negli occhi -Qualsiasi cosa tu stia pensando di fare, parliamone prima. Non devi farlo per forza- la supplicò.

-Già, potevi pensarci prima di usarmi solo per non farmi resettare- guardò qualcosa alla sua destra, qualcosa che Sans non poteva vedere.

-Ti prego, Frisk, non è come credi. Io voglio solo aiutarti, davvero. Io ti…- ma lei lo interruppe, premendo il pulsante.

-Non osare dirlo, tanto lo so che non lo pensi!- esclamò, con i pugni chiusi, e con una lingua tagliente come un rasoio.

Sans non riusciva a crederci, sentì come se tutta l’aria se ne andasse dai suoi polmoni inesistenti. 

Era impotente, spaventato e confuso da tutto quello che stava succedendo, perciò, mentre il mondo si distruggeva intorno a lui, non oppose la minima resistenza quando Frisk gli prese il cranio tra le mani e gli diede un fugace bacio a stampo.

-Ci vediamo dall’altra parte, scheletruccio. Non vedo l’ora che tu proverai nuovamente ad uccidermi- gli fece l’occhiolino.

Sans abbassò lo sguardo, sentendo qualcosa spezzarsi dentro di sé.

E tutto finì, di nuovo.

Reset

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)
Quel "scheletruccio" non mi convince molto.
Se solo Frisk riuscisse a capire...
E ci tengo un attimo a sottolineare che Frisk ha un'età mentale molto alta, adesso. (giusto per evitare accuse di pedofilia verso Sans, non si sa mai).

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Capitolo 6
*** 2° Genocide ***


2° Genocide

Forse non avrebbe dovuto farlo, non era obbligata, in fondo. Poteva sempre vendicarsi di Sans in altri modi, ma non riusciva a pensare ad altro che al dolore provocato dallo scheletro che aveva amato e che l’aveva solo usata.

-Frisk!!- le urlò contro Flowey, non appena lei gli comparve davanti.

-Avevamo un accordo, ricordi?! Se ti veniva da resettare, ne parlavi prima con me!!- esclamò lui, furente.

Lei lo guardò senza emozioni. Quel fiorellino la infastidiva e basta.

Sentì la presenza di Chara vicino a lei.

-Ero in ospedale ed avevo perso l’uso delle gambe. Scusami se non ti ho avvertito, quando mi è venuto in mente di resettare. Tanto non mi avresti fatto cambiare idea- gli disse seccata. Lui sobbalzò.

-Ok, ma non mi avresti fatto venire un colpo, almeno. Quelle firme dell’ONU fanno perdere più di quando valgano- commentò, stizzito.

-Tranquillo, non credo ci saranno, almeno non in questa linea temporale- commentò Frisk, facendo entrare Chara nella sua mente e superando Flowey, che però le comparve di nuovo davanti.

-Come, scusa?- chiese, spaventato.

-Mi hai sentito. Non ci saranno. Ci vediamo, credo, a casa di Asgore, oppure direttamente alla fine, o no. Non so, fa come vuoi, io voglio solo arrivare alla Sala del giudizio ed uccidere Sans- disse, stringendo forte il bastoncino che aveva sempre ogni volta che ricominciava.

Flowey spalancò gli occhi.

-Ah, capisco- commentò, prima di sparire.

“Finalmente sei tornata in te” commentò Chara nella sua mente, divertita.

-Non prenderti libertà. Sono io che comando- mise subito le cose in chiaro Frisk, raggiungendo Toriel, che la accolse sorpresa e felice, come sempre.

Frisk si sentiva già male per quello che le avrebbe fatto, ma se Sans aveva usato certi mezzucci per evitare che resettasse, significava che la considerava davvero cattiva, e lei… lei sarebbe diventata esattamente quello che lui voleva.

Nel peggior dei casi, se si fosse pentita, avrebbe resettato di nuovo.

 

-Vedo che sei troppo furba per cadere nello scherzo del cuscino pernacchione nella mano. A quanto pare non tutti riescono ad apprezzarlo- commentò Sans, mettendo le mani in tasca, quando l’umano si rifiutò di stringergliele.

-Ciao Sans- lo salutò lei, con un tono che fece venire i brividi allo scheletro, che però decise di non perdere la calma. Forse era una bambina un po’ strana, con parecchi anni sulle spalle e decisamente un grande desiderio di vendetta, ma non poteva aver perso tutti quegli anni che le si leggevano in faccia in genocide, e Sans sentiva che era salvabile, sentiva che, che… non sapeva bene cosa, ma era qualcosa di grande che gli premeva nel petto.

Avrebbe capito cosa stava spingendo la bambina a fare quello che stava facendo, che avrebbe fatto e che forse avrebbe pure deciso di rifare, e le avrebbe fatto cambiare idea.

Lei sorrise, come se gli leggesse nel pensiero.

-Sappi solo che tutto quello che è accaduto e che accadrà è colpa tua- gli disse, prima di superare il ponte. Sans la seguì, proprio mentre arrivava anche Papyrus.

E l’espressione che la bambina lanciò al fratello, che non sembrò neanche accorgersi di lei mentre si lamentava con Sans, terrorizzò lo scheletro oltre ogni dire.

Cosa aveva fatto in un precedente reset?

Doveva essere qualcosa di davvero orribile, se quella bambina sembrava odiarlo tanto.

-Senti, eh eh, non credo che ci sia bisogno di giungere a conclusioni drastiche. Se c’è qualcosa che ho fatto di cui vuoi parlare potremmo sempre discuterne da Grillby, oppure…- cercò in qualche modo di risollevare la situazione. Pensare di vedere il fratello morire a causa di quell’umana. Morire perché lui l’aveva fatta arrabbiare… era davvero troppo.

Lei lo guardò, sorridendo crudelmente divertita, ed avvicinandosi a lui, fino a trovarsi a pochi centimetri di distanza dal suo viso.

Lui era come congelato, senza sapere bene cosa stesse succedendo.

Doveva davvero aver fatto qualcosa di orribile all’ennesima potenza per meritare quello sguardo e quell’odio.

Ma cosa? Perché lei non glielo diceva e basta?

E perché il cuore, che effettivamente non aveva, gli batteva così forte tra le costole?

-No, non mi va, potrei sempre decidere di darti ascolto e perdermi di nuovo tra le tue bugie, tra le tue finte. Solo… mi dispiace un po’ dover uccidere Papyrus, è un amico così dolce. Ma ho ucciso mia madre, probabilmente ci riuscirò. A dopo scheletruccio- gli diede un buffetto sull’apertura del naso, e procedette.

Bugie? Finte? 

Sul serio, che diavolo aveva fatto in un precedente reset?!

 

-Ti prego, ragazzina, dimmi che ho fatto di male? Posso rimediare! Puoi resettare, e fingeremo che tutto questo non sia mai accaduto. Sento che dentro di te c’è una buona persona che vuole uscire. Ti supplico, non continuare con questa, con questa farsa. Non lo dico solo per me, ma anche per te- era l’ultimo attacco di Sans prima di quello finale, e nonostante Frisk fosse morta una ventina di volte, ricordava abbastanza quel combattimento, ed era certa di riuscire a sopravvivere a quell’ultimo attacco, e poi la sua vendetta si sarebbe compiuta.

Ma a quale scopo? Che avrebbe fatto poi? 

Certo, avrebbe potuto finire la genocide, uccidere Asgore ed uscire, ma voleva davvero farlo? Non è che nel mondo umano fosse felice, prima di scendere nel sottosuolo.

Però non voleva ritornare alla falsità e finzione, anche perché i sentimenti che provava per lo scheletro davanti a lei che stava per uccidere erano ancora forti, e premevano sul suo petto.

Sperava di essersi distanziata, ma non era abbastanza.

Attaccò senza dire una parola, e Sans schivò, come sempre.

Ed arrivò l’ultimo attacco, e lei riuscì a sopravvivere.

E lui poi rimase fermo.

-Bell’attacco speciale- commentò lei, rimanendo in piedi a fissarlo.

Il pulsante di reset le comparve davanti, ma lei non aveva intenzione di premerlo.

Si mise a braccia incrociate ed aspettò.

-Sai che ti ucciderò, come l’ultima volta, quindi perché tirarla tanto per le lunghe?- chiese. Certo, lei aveva sempre amato osservarlo, lo avrebbe fatto anche per ore intere, quando cercava anche di capire bene come la magia funzionasse sul suo corpo scheletrico, ma in quel momento, mentre cercava di odiarlo con tutte le sue forze, voleva solo ucciderlo, per vedere se fosse abbastanza per farla stare meglio.

Certo, avrebbe potuto farlo anche senza ammazzare il resto del sottosuolo, ma sapeva che non c’era niente di più doloroso per Sans che vedere che ai suoi amici veniva fatto del male a causa sua.

Fino allo scorso reset lei stessa aveva seriamente creduto di essere tra quelle persone che Sans voleva in tutti i modi proteggere, ma si sbagliava di grosso.

-Ti ho fatto del male? Ti ho… non lo so, fatto una violenza di qualche tipo? Ho ucciso qualcuno a cui tenevi davvero tanto?- iniziò a chiedere Sans, con sguardo basso.

-Mi hai usata- commentò solo Frisk, alzando le spalle. Perché Sans doveva curarsi di quello che era successo, dato che stava per morire?

-In che modo?- chiese lui, guardandola con espressione talmente ferita che Frisk dovette distogliere lo sguardo.

Era stanco, provato, distrutto dagli eventi e dal combattimento, ma allora perché non si addormentava.

Frisk iniziò a canticchiare una canzoncina sottovoce, ma abbastanza forte perché lui la sentisse.

-Questa è…- cominciò a dire lo scheletro, ma le parole gli morirono in bocca.

-Si, la ninna nanna che canti sempre a Papyrus. Era il primo reset dopo la mia prima genocide, ed eravamo tutti in una piccolissima casa che Toriel aveva rimediato, prima che iniziassimo a farci accettare dagli umani. Lei dormiva nell’unica camera da letto insieme a me, e tu e Papyrus vi eravate sistemati sul divano. Io avevo avuto un incubo, ed ero corsa in cucina perché non volevo che Toriel si svegliasse. E tu eri lì, stranamente sveglio, non ho idea del perché. Mi hai preso in braccio, mi hai consolata, e mi hai cantato questa canzoncina. Non mi sono mai sentita più al sicuro in vita mia- raccontò, con voce malinconica e spenta, ricordando quel momento di sicurezza con nostalgia.

Sans non sembrava capire, ed effettivamente Frisk non voleva che lo facesse.

-Cosa significa?- chiese, confuso, con le lacrime agli occhi.

Anche Frisk dovette asciugarsi un luccicone, e ricominciò a cantare, sempre senza guardarlo se non con la coda dell’occhio.

-Ti prego, prima di uccidermi, almeno dimmelo- la supplicò, con un singhiozzo, ma i suoi occhi si stavano chiudendo, senza che potesse evitarlo.

Frisk conosceva gli strani poteri soporiferi di quella bellissima canzone, avendoli sperimentati in prima persona. Certo, Sans non aveva una voce angelica, ma era stato così dolce, al tempo.

“Si è addormentato, uccidilo!” la incoraggiò Chara, con trepidazione.

Frisk sapeva che avrebbe dovuto spingersi fino al pulsante, ma usò il coltello per aprirsi direttamente un varco, ed uscire dal box di combattimento.

Si avviò poi tranquillamente verso la sua destinazione.

Che non era quella che Chara si aspettava.

“Che fai?! Hai superato il pulsante! E’ da quella parte!”

Frisk non le rispose, e si ritrovò faccia a faccia con Sans, che dormiva beatamente, a bocca semiaperta.

I loro volti distavano pochi centimetri l’uno dall’altro, Frisk sentiva il respiro regolare dello scheletro che le sfiorava il viso.

Perché si era dovuta innamorare di lui così profondamente? Così profondamente che ucciderlo si stava rivelando difficile anche dopo tutto quello che stava facendo per farlo soffrire quanto lui aveva fatto soffrire lei, anche se, nel suo caso, probabilmente era stato involontario.

Già, lui non voleva che lei scoprisse il complotto che aveva architettato alle sue spalle.

L’espressione, pur se addormentata, sembrava disturbata, come se si aspettasse di morire da un momento all’altro.

Cosa che, effettivamente, sarebbe accaduta presto.

Ma Frisk voleva prendersi qualche altro secondo per osservarlo.

Lacrime le rigarono le guance senza che potesse trattenerle, e si diede mentalmente della stupida per essere così debole.

Forse era Chara a parlare, ma comunque credette fosse vero.

Ma con Sans così vicino a lei e due reset di astinenza, non ce la fece a resistere.

La sua bocca era lì, invitante, a pochi centimetri dalla propria. Il pulsante di lotta facilmente raggiungibile allungando il braccio.

Si preparò a premerlo con la sinistra, e con l’altra mano prese il volto dello scheletro e annullò le distanze tra loro.

Sans si svegliò di scatto, e se dapprima rimase immobile, quasi ricambiando quel gesto inaspettato, gli ci vollero pochi secondi per riprendersi ed allontanarla.

Lei premette in tutta fretta il pulsante di Lotta, mantenendo la mano su di esso.

Come da copione, Sans schivò il primo attacco, ed alzò una mano come a prenderla in una morsa telecinetica, o far comparire un Gaster Blaster.

Invece la mano tremò, come se al suo posto stesse vedendo qualcun altro, e nulla comparve.

Chiuse gli occhi, aspettandosi il colpo successivo, e si lasciò prendere in pieno.

Chara esultò, felice come una pasqua, mentre Frisk osservò semplicemente lo scheletro guardare oltre di lei, mentre si disintegrava.

-Mi dispiace, Papyrus- disse, con l’ultimo fiato.

Con le lacrime che uscivano senza ritegno, la ragazza si maledisse per essere ancora così debole.

Il suo cuore sembrava distrutto nel petto, e non aveva la più pallida idea di cosa avrebbe fatto. Non si era affatto distanziata, almeno non come avrebbe voluto.

Il pulsante di reset le comparve nuovamente davanti.

“Non ci pensare nemmeno! Siamo quasi alla fine, andiamo a sconfiggere Asgore!” esclamò Chara.

-No, devo distanziarmi, forse rifacendolo ce la farò a non provare più nulla per lui!- cercò di convincere se stessa, premendo il pulsante.

“NO!” esclamò Chara furiosa, ma era troppo tardi.

Reset

E inoltre, non servì a nulla, se non a rafforzare il suo dolore, la sua rabbia, la sua voglia di farla finita.

La determinazione, ad ogni genocide che fece, le venne sempre meno.

Continuò a lungo a resettare e ad uccidere, senza mai superare la morte di Sans.

Fino ad una particolare genocide.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Quello di prima era il capitolo che segna metà storia, mi sono dimenticata di dirlo.

E… beh, Frisk sarà anche mentalmente una cinquantenne, ma sotto sotto è ancora una bambina.

E siccome so che questo capitolo lascia molto con l’amaro in bocca e non è molto corposo, domani aggiornerò un po’ prima, verso le sette invece che verso le otto. Anche perché è uno dei capitoli che preferisco.

E volevo solo precisare, così, per sfizio, che i paragrafi si alternano in modo che ogni capitolo ne abbia tre, ad eccezione del prologo e dell’epilogo e che i POV di Frisk e Sans si susseguano uno dopo l’altro.

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Capitolo 7
*** 10° Genocide ***


10° Genocide

Perché continuava a farlo?!

Sans non lo capiva, non ricordava i reset, e ogni volta cercava di trovare la verità, che però gli sfuggiva sempre di più, mano a mano che le linee temporali si susseguivano una dopo l’altra.

E ogni volta che vedeva il volto di quella bambina, un sentimento sempre più forte iniziava ad animarlo.

I sensi di colpa, la voglia di capirla, il pensiero costante che fosse salvabile venivano lentamente rimpiazzati da altro.

Quel briciolo di consapevolezza di un passato felice con lei iniziava a scomparire dalla sua mente.

E Sans iniziava, lentamente, ad odiarla.

Si sa, tra l’amore e l’odio il confine è sottilissimo.

E ogni volta, sempre di più, ciò che lo spingeva ad andarci piano, quell’esitazione che la prima volta lo aveva fermato dall’uccidere la bambina, scemava.

Non vedeva più una ragazza dal meraviglioso sorriso e dagli occhi pieni di bontà, ma solo uno sguardo vuoto e dei vestiti impolverati, impolverati di suo fratello, dei suoi amici, della sua gente.

E perché continuava?!

Sans se lo chiedeva di continuo, con rabbia e disgusto.

Dove la trovava, in quella desolazione, la determinazione per continuare. 

In quel momento Sans stava cercando in tutti i modi di scalfirla, ma lei sembrava conoscere tutti gli attacchi a memoria, e li evitava quasi annoiata, con sguardo basso, e attaccandolo ogni volta.

Lui non le parlava più, non ce la faceva, e sapeva per certo che lei conosceva già tutto quello che aveva da dire.

Arrivato al suo attacco speciale, che consisteva nel nulla, le lanciò un’occhiata, triste.

-Non so ancora cosa io ti abbia fatto, ma spero davvero che sia qualcosa di orribile, perché te lo meriti. Ti odio- le sussurrò, mettendo le mani in tasca.

Sembrava solo un finale come tanti.

Ma il prossimo reset sarebbe stato diverso.

Sarebbe stato il decimo reset di fila, e Sans iniziava a non avere più dubbi sulla cattiveria di quella umana.

Non avrebbe avuto esitazioni di nessun genere. 

Avrebbe cercato di finirla prima ancora che iniziasse.

Quando Frisk lo uccise di nuovo, Sans era quasi felice.

 

E Frisk notò la sua gioia.

“Bene, resetta di nuovo, adesso” commentò Chara annoiata. Odiava quella situazione quasi quanto Flowey, che li osservava spaventati e non aveva esitato ad esternare il suo pensiero petulante.

Frisk guardò Sans, iniziando a capire che quel comportamento non aveva portato a nulla.

Sans la odiava più di prima, aveva ucciso l’unica famiglia che aveva mai avuto e comunque non aveva ottenuto niente, continuava ad amarlo, a soffrire vedendolo morire, a soffrire vedendo morire tutti, e non trovava via di uscita.

La sua determinazione vacillava.

Ormai ad ogni reset non moriva, ma stava iniziando a credere che se fosse successo, lei non avrebbe avuto il coraggio di continuare, probabilmente si sarebbe arresa definitivamente.

Avrebbe dovuto farsi uccidere da Sans, oppure… 

Superò il pulsante di reset senza premerlo, sorprendendo Chara, e Flowey che la spiava nascosto dietro una colonna.

“Che stai facendo?”

-Vado da Asgore, voglio farla finita- rispose Frisk, scuotendo la testa, e asciugandosi le lacrime che ancora una volta erano riuscite a scendere e superare la barriera dei suoi occhi.

“Farla finita in che senso?!” insistette Chara, quasi spaventata.

-Non lo so- superò la porta incerta, e Chara approfittò del suo momento di debolezza, per far prevalere la sua determinazione.

Frisk non sentì più il controllo del suo corpo.

-Che sta succedendo?” provò a chiedere, ma le parole non le uscirono.

Sentì le sue labbra piegarsi in un sorriso, mentre avanzava senza volerlo verso Asgore, che la guardò confuso.

-Oh, salve, tu sei quella di cui i fiori mi hanno avvertito?- chiese.

“Chara, sei tu? Non puoi prendere il controllo al posto mio!” provò ad esclamare, ma non uscì un fiato.

-Che mostro sei, non lo riesco a dire- continuò a dire Asgore, facendo rimanere Frisk di stucco.

Cosa era diventata? Un mostro? No, non era un mostro, era qualcosa di molto, molto peggio. 

Entrarono in un combattimento, senza che Frisk potesse controllarlo.

Voleva premere il pulsante di reset, ma non poteva muoversi.

“Chara, smettila, smettila!” le ordinò, ma ormai il demone aveva pieno controllo del suo corpo.

Cosa aveva fatto? Avrebbe tanto voluto piangere, urlare, tornare indietro, resettare, ma non aveva la possibilità di fare nulla. Era impotente, di fronte ad un essere molto più determinato di lei che aveva preso il controllo.

Quell’impotenza era terribile, e mentre Asgore cercava di convincerla a non attaccarlo, confuso sulla situazione che non aveva mai vissuto, e Frisk sentiva di ucciderlo con le proprie mani che non poteva controllare, si disse che Sans aveva ragione, meritava di soffrire, meritava di non essere amata. E si promise che non avrebbe mai più permesso al potere, alla rabbia e alla disperazione di farla ritornare in quella situazione, sempre che fosse riuscita ad uscirne, in qualche modo.

Prima di riuscire a finire Asgore, dei petali lo colpirono, e poi distrussero la sua anima.

Flowey? Perché la aiutava?

-Chara, sei tu?- chiese, spuntando da dietro a dove prima si trovava il re, con un sorriso spaventato.

Frisk rimase zitta.

-Lo sapevo che l’avresti controllata, prima o poi. Come vedi io sono dalla tua parte, io sono sempre dalla tua parte. Sono il tuo migliore amico- era spaventato? Spaventato da Chara? Perché?

Frisk non capiva il terrore nel suo sguardo, e gli sembrò di notare anche una nostalgia e una speranza.

Frisk si sentì avvicinarglisi, ed in quel momento tutto quello che aveva fatto iniziò a crollarle addosso.

“No, non fare del male a Flowey” disse, conscia di non poter parlare, ma con la speranza che lei la sentisse, e si fermasse.

Il fiore fece indietreggiare la testa.

-Chara, siamo migliori amici… ti prego… ti prego…- la sua faccia assunse l’espressione di Asriel, ed iniziò a piangere.

-Ti prego non uccidermi!- supplicò, piangendo copiosamente.

“Ti prego, non ucciderlo!” esclamò Frisk, che avrebbe volentieri pianto a sua volta, se solo avesse potuto.

Ma la sua mano lo pugnalò, e lo pugnalò ancora, e a ancora, finché non rimase più nulla di lui.

Già nel combattimento contro Sans sentiva i suoi peccati scivolarle addosso come serpenti lungo la spina dorsale, ma in quel momento, mentre la sua mano uccideva quello che teoricamente era sempre stato il vero nemico, e che ora era la vittima, la sua vittima, le fece davvero male.

Lei e Flowey si erano punzecchiati tantissimo, odiati, lui l’aveva uccisa numerose volte, ma era stato il suo confidente, il suo aiutante. 

Nell’ultima pacifist da lei fatta aveva direttamente saltato la parte iniziale del suo combattimento ed era passato alla parte in cui doveva salvare i suoi amici, giustificandosi con il fatto che lo annoiava ripetere ogni volta la stessa storia, ma probabilmente anche perché, in fondo, iniziava a tenere a lei.

E se tutti gli altri avrebbero dimenticato quello che lei aveva fatto in quelle ultime linee temporali, Flowey no, lui avrebbe ricordato tutto, e non l’avrebbe potuta perdonare, non l’avrebbe dovuta perdonare.

-Flowey…- sussurrò, e mentre crollava a terra, riprendendo possesso del suo corpo. Davanti a lei una figura comparve, ridendo come una matta.

-Tu sei davvero un’idiota! Per poco mandavi a monte tutto. Ma ora che Asgore è morto posso uscire da questo buco infernale e distruggere anche il resto dell’umanità, e solo grazie a te. Quanti anni hai, Frisk? Una cinquantina? E sei davvero così idiota da sollevare questo putiferio per un amore mancato?- chiese, crudele, ridacchiando come una matta.

Avevano la stessa età fisica, ed erano anche molto simili, Frisk capì perché Flowey si era confuso, nella prima pacifist.

Frisk si diede mentalmente della stupida per essere stata così ingenua. Ora che Chara era uscita dalla sua mente, tutto quello che aveva fatto, tutto il dolore che aveva causato, tutto era molto più reale ai suoi occhi.

Come aveva potuto? Perché l’aveva fatto?

-Ok, ammetto di essere leggermente responsabile per aver influenzato un po’ la tua mente, ma devo dirlo, non tanto come avrei pensato. Eri proprio fuori di testa, ragazza mia, anche più di me. Ed è stato noiosissimo stare ad ascoltare i tuoi scleri su quello scheletruccio, che, tra parentesi, ti amava davvero, e solo un idiota come Flowey ne avrebbe dubitato. Hai visto il modo in cui ti guardava, nella prima genocide, o forse dovrei dire seconda, visto che avevi tentato di farne una già una quarantina di anni fa- mentre Chara parlava, Frisk restava immobile ad ascoltarla. 

Aveva ancora il coltello in mano. Forse non poteva uccidere Chara, ma lei era un bersaglio molto più semplice, e tutti i suoi dolori sarebbero finiti.

Lo strinse forte.

-Beh, basta parlare. Tempo di distruggere la barriera e tutti gli umani. Mi serve solo un po’ di Determinazione. Ma dove ho la testa, ne è una bella scorta proprio qui davanti a me- Chara le si avvicinò, e Frisk alzò il coltello, piantandoselo dritto nel cuore.

Chara alzò le spalle, e prima di morire Frisk la sentì solo dire.

-Beh, mi hai reso le cose più facili-

Per un po’, forse pochi secondi, o tentissimi anni, Frisk non sentì che il nulla, quello che di solito precedeva una voce che le imponeva di continuare e non arrendersi.

Quella volta, sentiva che non avrebbe potuto fare niente.

Sans aveva ragione, se lo meritava. Meritava il dolore, la morte, tutto quello che era successo non era stata che colpa sua, colpa della sua insicurezza, dei suoi timori. 

Probabilmente se non avesse mai fatto un reset, a quel punto sarebbe stata felice, meno insicura, ed i suoi amici sarebbero stati vivi, o forse no, ma avrebbero visto la luce del sole almeno una volta.

I suoi amici.

Vide un bagliore talmente fugace che forse fu solo una svista, un colpo agli occhi.

Non che li avesse, probabilmente.

I suoi amici… i suoi amici erano morti, per colpa sua.

Un altro lampo, era difficile che fosse solo la sua immaginazione.

Ed ora… anche gli umani stavano per morire, sempre che non lo fossero già… per colpa sua.

Il bagliore si fece presente, e Frisk voleva raggiungerlo.

Doveva rimediare, sempre che potesse farlo.

Non le importava quello che gli altri avrebbero pensato di lei, non doveva importarle.

Anzi, loro dovevano odiarla, perché era quello che meritava.

Ma doveva fare qualcosa per salvarli!

Il bagliore si fece più forte.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa fosse in suo potere per salvarli.

Il bagliore si fece più vicino.

Era determinata a dare tutto per loro, la sua vita, la sua determinazione stessa.

-La tua anima?- le chiese una voce fin troppo conosciuta, appartenente ad una figura davanti al bagliore.

Teneva tra le mani un cuore rosso, che Frisk riconobbe come il proprio.

Alle sue spalle, che emanava il bagliore, c’era il pulsante di reset.

-Facciamo una cosa, Frisky amante dei rischi, io mi tengo quest’anima, e tu in cambio potrai resettare tutte le volte che vorrai. Non è un ottimo patto?- chiese, con un sorriso incoraggiante, e molto malvagio.

Frisk osservò l’anima che Chara accarezzava con brama.

-Perché?- le chiese, confusa. Aveva già tutto quello che voleva, perché permetterle di resettare.

-Mi annoio- commentò lei, alzando le spalle.

-Va bene- acconsentì lei, asciugandosi le lacrime.

Chara si spostò, e Frisk riuscì a premere il pulsante.

Reset

 

???

Quando Sans si svegliò di scatto, con i brividi lungo la schiena, cercò di tenere vivido il ricordo delle ultime cose che aveva fatto nella precedente linea temporale, e si teletrasportò direttamente all’inizio delle rovine, oppure, come piaceva a Sans chiamarlo, il ritrovo degli sbadati, visto che un sacco di feccia umana era caduta lì.

I suoi sogni si rivelarono completamente fondati, e non appena arrivò vide una bambina seduta a terra, con la testa sepolta dalle ginocchia.

Aveva deciso, sarebbe finita, una volta per tutte, o almeno lui sarebbe stato il primo a farla finita, senza dover stare a guardare il resto del mondo che veniva raso al suolo per uno stupido tentativo di vendetta nei suoi confronti.

La bambina non diede segno di averlo visto, non diede segno di aver visto nulla, e rimase nella sua posizione.

Se Sans non avesse imparato a conoscerla in quei reset avrebbe detto che stava piangendo, ma gli sembrava improbabile.

Lo scheletro fece comparire un Gaster Blaster, senza però colpire, ed osservò un attimo la stanza, notando un fiore giallo nascosto dietro ad un muro, che osservava l’umana spaventato a morte, tremando visibilmente.

I loro sguardi si incrociarono per un secondo, poi il fiore scomparve.

-Umana!- esclamò, Sans, facendo sobbalzare la bambina, che alzò la testa e lo guardò a bocca spalancata.

Sans avrebbe voluto ridere di lei e prenderla in giro per il fatto che non si aspettava di certo quel cambio di programma, ma la parole gli morirono in bocca, quando vide il suo sguardo, e i suoi occhi rossi e pieni di lacrime.

-Cosa è successo?- chiese, dimenticando in un attimo i propositi di vendetta, e piegandosi per vederla meglio.

-Stammi lontano!- esclamò lei, portandosi le mani al petto. La cosa che colpì Sans fu che non sembrava cercare di proteggersi da lui, ma di proteggerlo da lei.

E la cosa non aveva alcun senso, soprattutto visto quello che aveva fatto nelle ultime linee temporali.

Poteva lasciar perdere e tornarsene a Snowdin, sembrava la scelta più logica. D’altro canto, mentre i ricordi si facevano sempre più sfocati e sembravano sempre meno importanti, Sans iniziava a pensare di dover cercare di aiutarla.

Anche se non aveva alcun senso, dopo tutto quello che lei aveva fatto a loro!

-Cosa è successo?- chiese ancora lo scheletro, mantenendosi a distanza.

-Perché non mi hai ancora ucciso, Sans? Ne avresti tutto il diritto- sussurrò lei, singhiozzando.

Sans fece scomparire il Gaster Blaster.

-Se diventa un lavoro sporco che tu vuoi che io faccia non ne ho la minima intenzione- incrociò le braccia, e guardò la bambina con odio.

La sua facciata non durò molto, perché il modo in cui lei continuava a tenersi le mani al petto, come se mancasse qualcosa, con quell’espressione distrutta e vuota di chi non vede vie di uscita… non riusciva a non preoccuparsi per lei. E le si relazionava, anche.

Certo, lui si sentiva in trappola proprio per colpa sua, ma forse se Sans avesse aiutato lei, l’uscita si sarebbe trovata per entrambi.

Forse c’era ancora un briciolo di speranza, quella speranza che Sans credeva di aver perso da tempo.

Le si avvicinò, e lei si ritrasse ulteriormente, scuotendo la testa.

-No, Sans, non ti avvicinare, ti farò solo del male, di nuovo. Non voglio farti del male. Non voglio, non voglio, non voglio…- iniziò a dire, singhiozzando più forte e prendendosi la testa tra le mani.

Sans rimase sorpreso da quella reazione.

Allora aveva capito bene, lei era davvero spaventata per lui.

O forse era un trucco.

Si avvicinò ancora, tenendosi sempre pronto a scattare nel caso fosse accaduto qualcosa di improvviso.

Ma la bambina sembrava così fragile.

-Ehi, calma, calma, piccola. Qualsiasi cosa sia successa, qualsiasi cosa tu abbia fatto, mettiamoci un osso sopra- scherzò, cercando di smorzare la tensione, ed arrivandole a mezzo metro di distanza, con gli occhi alla sua altezza per non sembrare una minaccia e per guardarla bene.

Lei rimase congelata sul posto, spalancando gli occhi.

Per qualche secondo Sans sperò di aver raggiunto l’obiettivo e di aver interrotto le lacrime, ma dovette ricredersi, perché subito dopo lei iniziò a singhiozzare più forte.

Sans non sapeva bene come comportarsi.

Aprì la bocca per parlare, ma poi la richiuse, non trovando argomenti di conversazione.

-Erano sette linee temporali che non mi facevi una delle tue battute. Oh, Sans, mi dispiace, mi dispiace così tanto- lei gli si gettò al collo, e Sans non riuscì a non irrigidirsi sentendo quel contatto.

Ci furono parecchi sentimenti contrastanti muoversi dentro di lui, una parte di sé voleva confortare e tranquillizzare la bambina con tutte le sue forze, un’altra parte, che premeva di più, era decisa ad allontanarla con violenza, o a pugnalarla alle spalle per quello che lei gli aveva fatto.

Alla fine fu la prima parte a vincere, ed iniziò cautamente ad accarezzarle la schiena, per darle conforto.

D’altra parte non era ancora deciso a fidarsi, ed era sempre pronto a schivare qualsiasi attacco.

Frisk si godette l’abbraccio come se fosse la cosa più bella del mondo, e anche Sans si permise di chiudere gli occhi ed isolare la mente.

L’odore della bambina, di caramelle, fiori e qualcosa che non sapeva definire bene ma che nella sua mente ricevette l’appellativo inconscio di “frisk”, gli portò alla mente ricordi lontani di avvenimenti che non aveva mai vissuto.

Alcuni piacevoli, altri del tutto agghiaccianti, ed andavano e venivano nella sua mente a loro piacimento.

Prima che potesse accorgersene, anche dai suoi occhi iniziarono a scendere delle lacrime, e fu come se l’umana le avesse passate a lui, perché lei smise di piangere, e si separò, guardandolo grata, ed asciugandosi l’ultima traccia.

Poi cercò di asciugare anche quelle di Sans, ma lui spostò la testa, e la allontanò, facendolo da solo.

Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non trovava le parole.

Non riusciva a credere che ogni volta ricadeva negli stessi errori.

Era andato lì per affrontarla subito, ed era finito per rassicurarla. 

Ma rassicurarla per cosa?! Era lei quella che aveva ucciso lui e tutta la sua razza per tantissimi reset.

Si alzò e le diede le spalle. Ora che la bambina era tranquilla, avrebbe preferito lasciarla nel suo dolore.

-Non meriterò mai il tuo perdono, e non lo voglio. So di aver fatto cose che non dovrebbero neanche essere pensate, ma… ma farò tutto per darvi il lieto fine che meritate, anche se non potrà mai ripagare quello che ho fatto in queste ultime linee temporali, anche se so, che tu continuerai ad odiarmi- fu lei ad interrompere il silenzio, abbassando la testa.

-Odiarti?- chiese Sans, quasi tra sé.

Magari l’avesse odiata! Tutto sarebbe stato molto più semplice.

Invece in quel momento la rabbia e l’odio che si portava dietro da tempo stavano già scomparendo.

E non era giusto! Frisk non lo meritava!

Ma Sans era fatto così, credeva negli altri, anche se non come Papyrus.

-Frisk…- sospirò, girandosi nuovamente a guardarla e accennando un sorriso.

Ricordando quel nome si diede dell’idiota senza speranza per essere stato così cotto da aver persino classificato nella sua mente un odore da associare a lei.

Diamine, perché le cose erano così complicate?!

Le si avvicinò, e le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Chi sono io per giudicare?- disse, alzando le spalle. -Il passato è passato. Ora pensiamo a questa linea temporale, ok?- il suo sorriso di incoraggiamento si espanse, e lei annuì, sorridendo a sua volta, in maniera molto più timida.

Sembrava fosse il primo sorriso dopo anni, e chissà, forse era davvero così.

Sans vide qualcosa accendersi nei suoi occhi, qualcosa che era certo non c’era stato per molto tempo.

La fiamma della speranza aveva iniziato a farsi nuovamente sentire, così come la determinazione.

-Ti amo, Sans- gli sussurrò, facendolo sobbalzare.

Si tappò immediatamente la bocca, conscia di non potersi permettere di dirgli quelle parole.

-Sans, mi dispiace, non intendevo…- iniziò a dire, ma per fortuna i passi di Toriel nella stanza accanto la interruppero, e non diedero occasione a Sans di ribattere, cosa che non aveva nessuna voglia di fare.

-Ci vediamo a Snowdin, bambina- disse solo, prima di teletrasportarsi.

Sperava solo che quello sarebbe stato l’ultimo reset, finalmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Mega salto temporale.

Scusate ma non succedeva nulla di interessante, ed ora il ritmo inizia ad essere molto più serrato.

Infatti anche il prossimo capitolo avrà un megagigante salto temporale, e sarà, secondo me, molto bello. O almeno, a me scriverlo è piaciuto molto.

Tre giorni e la storia finisce.

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Capitolo 8
*** 13° Pacifist ***


13° Pacifist

-Ma tu non ti annoi?- chiese a sorpresa Flowey, una mattina soleggiata.

Le firme dell’ONU erano passate da cinque anni, ma ci erano voluti molti reset per arrivare a quella situazione. Diciotto anni dalla liberazione dei mostri, e Frisk era felice di poter dire che tutti erano salvi, avevano un fantastico futuro ed erano allegri e spensierati.

Certo, non Sans, e neanche Flowey, ma Frisk stava cercando un modo di rendere felici entrambi.

Per Flowey cercava di fargli vivere reset sempre diversi, mentre Sans era un tantino più complicato da capire.

Comunque tutto era perfetto, anche se Frisk era preparata all’eventualità che qualcosa sarebbe potuto accadere, ma era ugualmente certa che il reset sarebbe stato lì, pronto a dare a tutti un futuro migliore.

-No, anzi, questa relazione su come l’arrivo dei mostri ha migliorato la vita anche agli umani è davvero bella da scrivere, soprattutto con la prospettiva della festa di compleanno di Gorey- rispose Frisk con un sorriso.

Gorey era il figlio adottivo di Alphys e Undyne. Era stato il primo caso di adozione umana da parte di due mostri donna, ed era stato motivo di scalpore.

In alcune linee temporali gli umani avevano cercato di riprenderlo con la forza, ed Undyne aveva fatto scattare una guerra, di nuovo, ma in quella, per fortuna, erano tutti contenti, il bambino in primis.

Era stato nominato per Asgore, e Frisk ancora rideva fino alle lacrime ricordando la sua faccia al sentire quel nome.

E quel bellissimo giorno avrebbe compiuto cinque anni.

Alphys ed Undyne l’avevano adottato solo tre anni prima, subito dopo nuove leggi sull’accettazione e l’integrazione dei mostri.

-Non mi riferivo a questo- commentò Flowey, ruotando la testa -E poi ammettilo che non vedi l’ora di andare al compleanno solo per vedere Sans- la prese in giro, con un’espressione schifata.

-Fai progressi, non lo chiami più spazzatura sorridente- commentò lei, ridacchiando, ed arrossendo sommessamente.

-Bah, comunque non hai risposto alla mia domanda- Flowey cercò di far cadere l’argomento, ed il sorriso di Frisk scomparve, per venire rimpiazzato da un’espressione un po’ abbattuta.

-Ogni tanto si, mi annoio, ma non credo che fare un’altra genocide e ucciderti sia un buon metodo per scacciarla- commentò perfida, e Flowey sobbalzò.

-Non è che l’unico modo per scacciare la noia sia mettersi ad uccidere la gente, sai? Potresti anche decidere di smettere di resettare- obiettò, seccato.

-Ma ho smesso di resettare, questo è l’ultimo reset- affermò la ragazza con convinzione -A meno che non accada qualcosa di davvero davvero orribile- aggiunse, quasi tra sé.

L’espressione che Flowey le lanciò non le piacque per niente.

 

Quel punch aveva un sapore un po’ strano, ma era improbabile che alla festa di un bambino lo avessero corretto, giusto?

Anche se, effettivamente, era riservato solo agli adulti.

Ed il punch aveva davvero un sapore strano.

Sans però continuò a bere comunque, gli sembrava uno spreco non finire il bicchiere.

Quando Frisk gli si avvicinò, iniziò a pensare che un bicchiere non sarebbe stato abbastanza.

-Gorey è proprio dolce, vero?- commentò la ragazza, con un gran sorriso, appoggiandosi al muro accanto a lui.

-Già, il nome non gli rende giustizia- commentò lui, senza trovare molte altre parole da dire.

Frisk ridacchiò, sembrava felice.

Ma Sans ormai viveva nella costante ansia che accadesse qualcosa, perché al minimo accenno di guai Frisk era sempre pronta a resettare.

Cercava comunque di godersi la vita, e continuava ad essere amico della ragazza...

-Il punch è corretto?- chiese lei, osservando la sua espressione.

…che lo conosceva troppo bene per i suoi gusti.

Infatti era passato un anno e mezzo dall’ultimo punto in cui aveva resettato, secondo i calcoli di Sans, e lei riusciva a vedere che il punch era corretto solo osservando la sua espressione un po’ annebbiata.

-Forse un tantino- commentò Sans, bevendone un altro sorso -Decisamente- si corresse, sentendo il sapore chiaro dell’alcool.

-Oh…- commentò Frisk, senza trattenere un sorriso -Forse sarebbe meglio avvertire gli altri- aggiunse, allontanandosi verso Undyne.

-Non ci sperare, ragazzina- le disse Sans, puntandole un dito contro.

Wow, un bicchiere e già iniziava a sentire gli effetti.

Frisk lo guardò con espressione fintamente innocente. 

-Sperare in cosa?- chiese, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita, con fare confuso.

Ma anche lui la conosceva molto bene.

-Sai benissimo cosa- rispose lui, in tono accusatore, prima di bere un altro sorso.

Lei abbassò lo sguardo e si morse le labbra, con un sorrisino colpevole.

-Vado ad avvertire Undyne, spero per la salute del responsabile che non venga beccato, anche se io scommetterei su Jerry- disse solo, prima di andare nella zona dove i bambini giocavano.

Amici, ormai teoricamente erano solo questo.

Amici che scherzavano, che parlavano, uscivano insieme a bere qualcosa

…e che ogni tanto si lasciavano andare in baci appassionati all’esterno dei locali dopo un bicchierino di troppo.

Mannaggia a lei, e mannaggia a Sans che non riusciva a staccarsi, da lei.

E mannaggia a chiunque avesse corretto il punch con una roba tanto forte, perché quella notte forse avrebbe ceduto di nuovo.

-Sans, ti ho visto parlare con Frisk- Papyrus comparve con sguardo cospiratore, distogliendolo dai suoi pensieri.

-Qualcuno ha corretto il punch- disse solo Sans, finendo il bicchiere.

Se sapeva che avrebbe ceduto, perché continuava a bere?

E perché in quel momento stava prendendo un altro bicchiere?

Mannaggia a lui!

-Sembrate molto affiatati, sai?- continuò Papyrus, come se non avesse detto nulla, e Sans sbuffò, prendendo un altro sorso dal nuovamente pieno bicchiere.

-Pensa che cosa bella, mio fratello e la mia migliore amica- Papyrus sembrava parecchio emozionato, e Sans non amava distruggere i suoi sogni.

-Si, si, Paps, comunque non bere questa roba, è molto più forte di quanto sembri- cambiò nuovamente argomento lo scheletro più basso, chiedendosi cosa ci fosse dentro.

Non è che era stato corretto da più persone? Sembrava troppo forte per contenere un solo tipo di alcolico.

Il fratello gli prese il bicchiere di mano, e Sans non fece poi molti sforzi per trattenerlo.

-Stai bene?- gli chiese, preoccupandosi -E’ la festa di un fantastico bambino di cinque anni, dovresti essere allegro. Non che mi manchino le tue tristi battute, ma…- 

-Certo, Paps. Sono solo stanco- lo rassicurò Sans, con un grande sorriso poco convincente -E comunque l’intrattenimento in questa festa è ridotto all’osso- scherzò poi, guadagnandosi un’occhiataccia dal fratello, che decise di rinunciarci.

-Basta, lascio perdere. Era meglio la tua versione depressa- commentò irritato, andando nella stanza con i bambini, e buttando il punch di Sans nel cestino.

Sans fece per prendere un altro bicchiere, ma poi decise di non farlo. Doveva resistere alla tentazione, anche se l’idea delle braccia di Frisk intorno al suo collo e le sue labbra sulla propria mascella era davvero invitante.

Doveva però iniziare a disintossicarsi da quella terribile droga su gambe (e che gambe!), ed avrebbe iniziato da quella notte.

Sempre che la bambina, ormai non più tanto bambina, non avesse deciso di resettare in quei giorni.

-Ciao Sans, com’è il punch?- chiese una voce alle sue spalle che lui conosceva come le sue tasche.

-Ciao Tori, non ti conviene prenderlo, è stato abilmente corretto- commentò Sans, con un sorriso, girandosi a guardare la donna capra.

-Se te ne sei accorto non è stato così abilmente- commentò lei con una risatina, per poi accorgersi di cosa significava nel profondo -Oh, ma chi farebbe una cosa del genere alla festa di un bambino?- chiese, sconvolta.

-Io penso possa essere stato Jerry, visto che non è stato invitato- suppose Sans, riempendo il bicchiere che aveva preso di semplice acqua.

-Beh, si potrebbe dire che…- la battuta di Toriel venne interrotta dal suo cercapersone che suonava.

-Qualche problema?- chiese Sans, osservando la sua espressione contrita alla vista del messaggio.

-Si, c’è un’emergenza in ospedale, sembra sia molto grave. Puoi avvertire tu Frisk?- gli chiese, prendendo le chiavi dell’auto e posando il bicchiere sul tavolo.

Non diede segno di accorgersi che la mascella di Sans si era contratta, ma forse fu meglio così.

-Vuoi un passaggio?- chiese però lo scheletro, alludendo al suo teletrasporto.

-No, non serve. Goditi la festa. Io prendo l’auto- declinò l’offerta lei, con un sorriso.

-Ci vuole fegato, con quei ragazzini urlanti, ed io ne sono sprovvisto- scherzò lui, ridacchiando.

-Almeno non ti manca la spina dorsale di fare queste battute- rispose lei, ridacchiando a sua volta, e sparendo attraverso la porta.

Toriel era sempre la stessa, e le sue doti curative avevano dato una spinta fondamentale all’integrazione dei mostri.

Sans era orgoglioso di lei, e le voleva molto bene.

Ma non poteva innamorarsi di una persona così, invece che di quella bambina?!

Se solo avesse potuto controllare i suoi sentimenti.

 

Quando Undyne aveva scoperto la faccenda del punch aveva istintivamente fatto comparire una lancia magica e si era messa ad urlare chiedendo chi fosse il responsabile di una tale stupidaggine.

Farlo nel bel mezzo di un gruppo di bambini di cinque anni non era stata però una buona idea.

Per sopprimere una possibile causa di reset sul nascere, Frisk riuscì a trasformare il tutto in un divertentissimo gioco di ruolo, ed i bambini se la stavano spassando anche più di prima.

Un po’ meno si stavano divertendo alcuni adulti che erano sulla lista di possibili perpetuatori del crimine.

Frisk era seduta a bere un po’ di quel “filtro avvelenato”, come era stato chiamato dai bambini, quando Sans venne ad avvertirla della partenza di Toriel.

-Grazie dell’informazione. Dirò ad Alphys e a Undyne che le saluta- Frisk gli sorrise, prendendo un sorso.

-Allora, che sta succedendo qui? La situazione sembra molto movimentata- Sans si sedette accanto a lei, osservando i ragazzini, mostri e umani, correre in giro ridacchiando e cercando qualche sospettato.

Era bello osservare che i sospetti stessi erano sia umani che mostri, aumentando la sensazione di eguaglianza tra le due specie che iniziava finalmente a sentirsi davvero.

-Io sono una volontaria per constatare i terribili effetti che il veleno ha dato al filtro, ed in questo modo i bambini potranno trovare il troll che lo ha avvelenato- spiegò Frisk ridacchiando.

-Allora, qualche sospetto?- chiese Sans, con le mani in tasca.

-Vuoi favorire e darmi anche la tua opinione?- propose Frisk, porgendogli il bicchiere.

-Nah, non mi pare molto educato ubriacarsi in una festa per bambini. Comunque credo che sia stato corretto da più persone- rifiutò Sans, cercando poi cambiare argomento.

Frisk capì tutti i significati nascosti di quella frase, ormai per lei Sans era un libro aperto di cui conosceva la trama ed i personaggi così bene da saperlo quasi a memoria prima ancora di leggerlo.

-Capisco- commentò -E’ anche vero però che non beviamo qualcosa insieme da più di un anno- provò ad insistere, un po’ tra sé.

-Credo di voler provare a diventare sobrio- concluse il discorso lui, prima di alzarsi e raggiungere Alphys per chiacchierare un po’.

Frisk rimase a bocca aperta.

Doveva sapere che quel giorno sarebbe arrivato, ma la sola idea la terrorizzava.

Cercò di calmare il battito del suo cuore.

Dopotutto Sans l’aveva detto un sacco di volte, nei vari reset, che voleva finirla, ma non era mai accaduto.

Certo, si erano allontanati, e Frisk capiva ed accettava i motivi che lo avevano spinto. Ma qualcosa c’era ancora, lei lo sentiva, e sapeva che Sans provava lo stesso.

Stava cercando in tutti i modi di rimediare, e Sans doveva capirlo.

Sospirò, ed una voce che veniva da dietro il divano la fece sobbalzare.

-Allora, cara, da quanto tempo andava avanti?- chiese, in un sussurro curioso.

-Mettaton? Ma che ci fai qui?- chiese Frisk, girandosi, imbarazzata.

-Mi nascondo ovviamente. Se Undyne sapesse che sono stato io a correggere il punch con dello scotch, mi distruggerebbe pezzo pezzo- rispose Mettaton, con semplicità -Allora, da quanto tempo andava avanti?- chiese poi, con tono da gossip.

Frisk arrossì.

-Siamo solo amici- disse, prendendo l’ultimo sorso dal bicchiere come a far cadere il discorso.

-Capisco, amici con benefici- commentò Mettaton sogghignando, e beccandosi una spruzzata di punch corretto in faccia -Ehi, sono pur sempre un robot- si lamentò poi, asciugandosi con il fodero del divano, ridacchiando malizioso.

Frisk tossì, per rimuovere ogni traccia di punch corretto dai polmoni.

-Ma cosa vai dicendo?!- chiese diventando più rossa dei capelli di Undyne.

Magari avessero avuto quel tipo di rapporto. Invece lei e Sans non avevano mai fatto nulla del genere. Nei reset in cui Frisk ne aveva avuto l’opportunità, era tornata sempre indietro prima di avere un’occasione concreta, anche se lei e Sans ne avevano parlato, alcune volte.

Solo il pensiero la imbarazzò parecchio, e la rattristò.

-Dai, lo hanno capito tutti. Alphy ha anche creato un gruppo su Overnet di sostenitori della vostra ship- commentò lui, spuntando maggiormente dal divano. -Non sai quante fanart e fanfiction sono comparse- 

Frisk non ce la faceva più a sentire quelle supposizioni che purtroppo non sarebbero mai state vere, e si alzò, per andare a buttare il bicchiere.

In un desiderio di vendetta lieve avvicinò Undyne, e le indicò il divano, dal quale la testa di Mettaton scomparve in un attimo.

-Traditrice!- le sembrò di vederlo sussurrare, ma secondo il suo modesto parere se lo meritava.

Stava per decidere di prendere un altro bicchiere ed affogare i suoi problemi nell’alcool quando una chiamata la riscosse.

-L’ospedale?- si chiese, confusa, prima di rispondere.

Se sua madre avesse voluto dirle qualcosa l’avrebbe chiamata, a meno che…

Impallidì, e rispose con le mani tremanti.

-Pronto?- chiese in un sussurro.

-Parlo con Frisk Dreemurr, il contatto di emergenza di Toriel Dreemurr?- chiese una voce professionale dall’altra parte della cornetta.

Frisk spalancò gli occhi, ed abbandonò velocemente la stanza, attirando l’attenzione di Sans, che la seguì.

-Si, si, sono io, è successo qualcosa?- chiese preoccupata, raggiungendo l’uscita.

-Mi duole informarla che Toriel Dreemurr è rimasta vittima di un grave incidente stradale. Abbiamo fatto tutto il possibile per aiutarla ma… sarebbe il caso che lei venga subito qui, così da parlarle di persona- le disse la voce, con il tono che Frisk con il tempo aveva imparato ad associare alle notizie di lutto.

-Tutto bene? E’ successo qualcosa?- le chiese Sans, raggiungendola.

-Toriel è morta- sussurrò Frisk.

Sans rimase di sasso.

-Come… come è successo?- chiese, sconvolto.

-Un incidente- rispose lei, rimanendo quasi impassibile.

Ormai era quello il suo modo di reagire alle brutte notizie.

Sospirò.

-La prossima volta accompagnala- sussurrò poi a Sans, che spalancò gli occhi.

-Frisk, non farlo!- la supplicò.

Ormai era una prassi.

-Anzi, eviterò che prenda la strada per l’ospedale. Magari farò in modo che stia già lì- rifletté lei, pensando alle possibilità.

-Frisk!- cercò di attirare la sua attenzione Sans, prendendole con forza un braccio.

Sarebbe stato davvero bello se invece di avere quel discorso si trovassero dove Mettaton e il resto dei loro shipper li credevano.

Purtroppo non era così.

Frisk sospirò nuovamente.

-Posso evitarlo, e lo farò. Ma è l’ultimo reset, promesso- disse lei, con un sorriso incoraggiante.

Sans strinse la presa, e la spostò verso di sé, per guardarla negli occhi.

La sua espressione era la stessa comparsa sul volto di Flowey, poche ore prima.

-Non farlo- ripeté, in tono più duro.

-Sans, mi stai facendo male. Non tutti sono degli ossi duri come te- sussurrò lei, un po’ infastidita.

Il pulsante di reset le era apparso davanti. Ormai compariva con tantissima semplicità.

Ma Sans, tenendola così, le impediva di premerlo comodamente.

Lui la lasciò andare, ed abbassò lo sguardo.

-Frisk, se premi quel pulsante, è finita per sempre tra di noi, in tutti e per tutto- le disse, in un tono serio e con gli occhi senza pupille.

Un paio di lacrime uscirono, e lui le asciugò velocemente.

Frisk portò la mano al pulsante, decisa.

Sans le aveva fatto già questo ammonimento, ormai non lo prendeva più molto sul serio.

Premette il pulsante, e Sans alzò la testa, con l’occhio sinistro improvvisamente brillante.

-E’ una promessa, Frisk!- aggiunse, e lei lo guardò sconvolta.

-Cosa?- chiese, mentre il mondo iniziava a scomparire.

La ragazza sapeva quanto Sans odiasse promettere. Non le aveva mai promesso nulla e l’unica promessa di cui lei era a conoscenza era quella fatta a Toriel, ed era una promessa che davvero aveva cercato di tenere fino a quando non aveva più avuto scelta.

Se le aveva promesso questo, forse… forse quella volta faceva sul serio.

A Frisk vennero i sudori freddi, mentre tutto si faceva vuoto e confuso, mentre ai suoi piedi cominciava di nuovo a rivedere i fiori gialli dell’inizio delle rovine.

Ma chi era Sans per decidere per lei?

…E chi era lei, per decidere per tutti…

Reset

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Mi spiace, ma Frisk ha resettato tantissime volte, e ormai Sans, a ragione, non ne può più.

Le promesse di Sans è difficile che le rompa.

Chissà se Frisk finalmente capirà quanto fa male resettando…

E comunque scrivere la parte di Mettaton mi ha fatto troppo ridere xD

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e soprattutto vi abbia strappato un sorriso per cose tipo Mettaton o Papyrus, perché il prossimo… sarà lunghissimo (19 pagine circa)… e molto meno allegro.

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Capitolo 9
*** Ultima pacifist ***


Ultima Pacifist

Sans non ricordava, ovviamente, tutto, ma Frisk aveva sempre sottovalutato quello che lui sentiva.

Certo, forse non ricordava, ma sapeva, e questo, benché sembrasse la stessa cosa, era molto diverso.

E sapeva di aver fatto una promessa alla bambina che in quel momento non significava nulla per lui, e l’aveva mantenuta per diversi anni, pur rimanendo davvero ferito nel farlo.

Ma almeno, in questo modo, era ferita anche lei, e in un certo senso aveva ottenuto la sua vendetta.

Ma perché allora, se la odiava tanto, non starle vicino faceva così male?

Forse era uno strano istinto masochista, che gli imponeva di continuare a stare vicino ogni volta alla persona che non faceva altro che resettare e cambiargli la vita a suo piacimento.

Ma quella volta, quella volta non glielo aveva permesso, e ormai erano passati diciotto anni dalla liberazione dal sottosuolo e Sans era stato lontano il più possibile da Frisk, passando tempo con lei solo in compagnia di altra gente e rivolgendole la parola solo quando era strettamente necessario.

Se Frisk all’inizio aveva cercato in tutti i modi di avvicinarlo, anche solo come amico, con il passare del tempo aveva iniziato a fare lo stesso, e per anni si comportarono tra di loro come perfetti estranei.

Sans sperava che potesse essere meglio per lui, ma non lo era affatto, si sentiva vuoto e senza scopo, e ogni secondo era convinto che tutto sarebbe nuovamente resettato.

Frisk, al contrario, sembrava tranquilla e felice, e a Sans questo dava un gran dolore al petto, come se la sua anima stesse crollando in mille pezzi.

E tutto per colpa di quella bambina, una bambina ormai donna.

Il fatto che non aveva resettato ancora significava di certo che l’assenza di Sans non la toccava, e forse tutti gli sforzi di farla stare bene nei vecchi tentativi erano stati inutili e Sans avrebbe potuto evitare di innamorar… di affezionarsi a lei.

Perché i ricordi se ne andavano, i sentimenti no.

In quel momento era alla festa dei cinque anni di Gorey, il dolcissimo figlio di Undyne e Alphys, e beveva punch nella zona riservata ai genitori.

Punch che conteneva senz’altro scotch, whiskey e qualche altro alcolico un po’ troppo fortino.

Chissà quante persone avevano avuto la stessa idea? Almeno tre sicuramente.

Sans bevve comunque, tanto che importava? Secondo quello che sentiva, era a poche ore da quando la bamboccia aveva resettato l’ultima volta, quindi da lì in poi ogni momento sarebbe potuto essere l’ultimo, prima di precipitare nuovamente in una spirale di nulla che li avrebbe riportati all’inizio.

Un ciclo senza fine, una catena che ogni volta si allungava e veniva fatta rigirare.

Un libro al quale, dopo ogni rilettura, veniva aggiunto un piccolo pezzo.

Sans era stufo, stufo marcio, di quella situazione, e niente sembrava meglio di un bel po’ di punch corretto per isolarlo un po’ dalla realtà.

Ed era già un bel po’ brillo quando lei arrivò, con un po’ di ritardo.

Salutò Undyne, e disse che Toriel non sarebbe potuta venire, perché aveva un turno con dei bambini all’ospedale.

Sans poteva giurare che avesse previsto tutto lei, glielo leggeva negli occhi.

Povera Toriel, un burattino nelle sue mani, come tutti gli altri mostri.

Prese un altro bicchiere.

Quella roba era fantastica!

Poteva sentire tutti i suoi problemi venire soffocati.

Certo, forse avrebbe fatto meglio a non presentarsi alla festa e basta, invece di decidere di ubriacarsi, ma andava bene anche così.

L’importante era non fare nulla di cui potersi pentire e non far capire che era a conoscenza del fatto che il punch era corretto, così si sarebbe potuto giustificare con il fatto che non si era accorto di niente.

-Sans, il punch è corretto- gli disse Frisk, prima di superarlo e cominciare a parlare con Asgore, per spiegare l’assenza della ex moglie.

E tanti cari saluti alla sua copertura.

Ma tanto che gli importava, se tutto sarebbe resettato, prima o poi?

Non le rispose neanche, e si limitò a prendere un altro bicchiere, e ad allontanarsi.

Prima che potesse rendersene conto, sbattè contro qualcosa nella zona dove stavano i bambini.

-Sans, hai un pessimo aspetto, cosa diavolo ti è successo in questi cinque minuti che non ti ho visto?!- esclamò Papyrus, l’essere contro cui aveva sbattuto.

-Ho bevuto punch- rispose Sans, alzando le spalle.

Undyne, che stava parlando con lo scheletro ed aveva il figlio in braccio, spalancò gli occhi.

Posò delicatamente Gorey, e fece comparire una lancia magica.

-Hai corretto il punch?!- chiese a Sans, che scosse la testa.

-No, ma lo hanno fatto almeno tre persone- rispose lui -Forse quattro- si corresse, riflettendo.

La mente iniziava ad annebbiarsi parecchio.

Undyne trattenne un’imprecazione per amor del bambino, e si avviò nella zona adulti, per chiarire la situazione.

Sarebbe senz’altro volata qualche testa, ma a Sans non importava. Tanto prima o poi tutto sarebbe resettato.

-Stai bene, fratello?- chiese Papyrus, preoccupato, prendendolo in braccio e controllando le sue condizioni.

Sans finì il bicchiere, ed alzò le spalle.

-Sono solo stanco e credo un po’ ubriaco- rispose.

Papyrus si rabbuiò.

-E’ per via di Frisk, vero? Ogni volta che andiamo da qualche parte e c’è anche lei tu fai così- commentò, pensieroso.

Sans sbuffò.

-No, non è per Frisk. O forse si, non è importante. Forse dovrei solo andare a casa- commentò, giocherellando con il bicchiere di plastica.

-Eh, no, Sans. Tu adesso vai da lei e socializzi! E’ una ragazza fantastica, e voglio che mio fratello e la mia migliore amica si chiariscano e facciano amicizia!- sempre tenendolo in braccio a mo’ di sacco di patate, si diresse nella zona adulti, dove Frisk parlava con una madre umana, probabilmente illustrando le proprietà benefiche del cibo magico dei mostri, a giudicare da come teneva un pezzo di torta e dall’espressione seria.

Frisk era stata la prima umana che Sans aveva visto, e ogni volta che la guardava rimaneva sorpreso dalla coincidenza che fosse anche l’umana più bella che avesse mai incontrato.

Vicino a quella madre che aveva più o meno la sua stessa età, Frisk splendeva, e non c’era confronto.

E diamine, Sans voleva ci fosse! Voleva poter almeno dire che, anche se Frisk gli aveva rubato il cuore, era una donna come un’altra, non più bella né più brutta. 

-Ambasciatrice! Mio fratello, qui, deve essere tenuto sott’occhio. Sembra che qualcuno abbia messo qualcosa nel punch e lui ne ha bevuto un sacco- Papyrus interruppe la conversazione, e dalla faccia dell’umana, Sans arrivò alla conclusione che lei fosse una dei responsabili.

Decise di tenerselo per sé.

-Oh, beh, ambasciatrice, meglio che io vi lasci soli, comunque è stata illuminante- commentò, prendendo un pezzo di torta e dileguandosi, con un sorrisino divertito.

Frisk guardò Papyrus con un grande sorriso.

Che bel sorriso!

Sans si diede dello stupido, per pensare ancora una cosa del genere.

-E devo essere proprio io?- chiese lei, un po’ a disagio, senza guardare lo scheletro più basso.

-Già, io ho affari importanti da sbrigare- lo posò accanto a Frisk e scomparve nella zona dei bambini.

Frisk si morse il labbro inferiore, e guardò Sans, che sentì di avere urgentemente bisogno di un alto bicchiere di punch.

-Ehm, quanti bicchieri hai bevuto?- chiese lei, per fare conversazione.

-Non credo sia affar tuo- rispose Sans schivo.

-Ok- 

Rimasero qualche minuto in silenzio, senza sapere bene cosa fare.

-Vado in bagno- disse poi lui, scappando via da quella situazione fin troppo imbarazzante.

Riuscì a trovare il filtro miracoloso in un cassetto segreto sotto un tavolo.

Probabilmente Undyne lo voleva nascondere in modo che nulla rovinasse la festa di suo figlio, ma non avrebbe avuto nulla da ridire se Sans ne avesse preso un altro bicchiere.

Altri due bicchieri…

Tutta la ciotola…

Fu abbastanza utile, questo Sans dovette ammetterlo.

Frisk lo trovò quasi per caso, quando si piegò sotto al suddetto tavolo per cercare un orecchino che le era caduto.

-Sans?! Ma cosa ci fai qui, con il punch… Sans!- lo rimproverò, non appena lo vide, oltre la tovaglia.

-Smettila, Frisk!- Sans si girò dall’altra parte.

si sarebbe volentieri alzato, o teletrasportato, ma non credeva di averne la forza, e l’ultima cosa che voleva era essere talmente tanto fuso da trasportarsi per sbaglio a Snowdin o a casa di Frisk.

L’ultima possibilità sembrava davvero plausibile.

E non voleva affatto che lo fosse.

-Smetterla? E di fare cosa, sentiamo!- lei scivolò sotto il tavolo, ed incrociò le braccia, guardandolo seccata -Fino a prova contraria sei tu quello ubriaco. E non sto facendo altro che preoccuparmi per te!- 

-Appunto, smettila!- urlò lui.

La tovaglia si sollevò nuovamente, facendo comparire la faccia preoccupata di Alphys. 

-Va tutto bene qui so…- spalancò gli occhi nel vederli così, ed arrossì parecchio -Oh, oh, scusate, non intendevo disturbarvi- fece per riabbassare la tovaglia, ma Frisk la interruppe.

-Tranquilla, non hai disturbato nulla. Sans ha bevuto tutto il punch corretto e volevo solo aiutarlo, ma a quanto pare se la cava da solo- Frisk uscì e la testa di Sans spuntò da sotto il tavolo.

-Ce la faccio eccome- disse, alzandosi, e beccandosi una craniata che lo stese di nuovo.

Alphys lo guardò preoccupata.

-Ma che gli succede? Perché ogni volta che siete insieme alla stessa festa lui fa così?- chiese lei.

Sans non ne poteva più di persone che continuavano a ripeterlo.

-Chiedetelo a lei- disse con voce impastata, indicando Frisk, che lo fece scivolare da sotto il tavolo e lo alzò di peso.

-Lo porto fuori a prendere un po’ d’aria- disse ad Alphys, senza riuscire nemmeno a fingere di sorridere.

-Mi ucciderai e poi resetterai, bambina?- chiese Sans, a voce un po’ troppo alta.

Alphys, rimase a bocca aperta.

-Wow, ha bevuto davvero davvero tanto. Speriamo che si riprenda- commentò, un po’ incerta -Vuoi che vi accom…- la sua proposta venne fermata dal bambino che la chiamava.

-Arrivo Gorey! Per qualsiasi cosa rivolgiti a me. Undyne sarebbe capace di ucciderlo se lo scoprisse in queste condizioni- l’idea la fece sospirare quasi sognante, prima di dirigersi nella zona bimbi.

-Andiamo, mucchietto d’ossa- lo incoraggiò Frisk, uscendo.

-Ce la faccio a camminare, lasciami!- si lamentò lui, scansandosi e quasi cadendo di faccia.

Frisk lo riprese, scuotendo la testa.

-Non capisco perché tu sia così cocciuto!- commentò, infastidita.

-Ho il cranio duro!- lui si diede delle botte in testa, che causarono un rumore parecchio molesto.

Frisk sospirò.

Arrivarono presto fuori, e Sans vomitò senza riuscire a trattenersi in un cespuglio lì vicino.

Frisk lo guardò a denti stretti.

-Io faccio quello che devo. Perché non riesci a capirlo?!- esclamò, a sorpresa.

Evidentemente aveva capito, come sempre, tutto quello che lo aveva spinto a scolarsi l’intera ciotola del punch.

Però stranamente non sembrava capire che era proprio questo fatto ad irritarlo più di qualsiasi altra cosa.

-Eh eh, sei tu che non capisci, Frisk. Tu sei una dannatissima drogata!- le urlò contro, alzandosi in piedi ed avviandosi nella sua direzione, con passo traballante, e tenendosi bene al muro.

-Cosa?! Ma che ti salta in…?!- fece per chiedere lei, ma Sans continuò, dando libero sfogo a tutto quello che pensava da qualche reset a questa parte e che si era sempre tenuto dentro.

-Non ti rendi conto di avere una dipendenza dal controllo?! E non sei felice se non riesci a controllare ogni nostra azione. Tutta la nostra vita è programmata minuto dopo minuto da te, e non ti fermerai finché non avrai scoperto ogni possibile soluzione. Per ogni piccola modifica noi siamo obbligati a dipendere da te, dalle tue azioni, dal tuo umore. Ti senti un dio su questa terra e finché non lo capirai saremo sempre soggetti alla tua dittatura senza neanche poterci ribellare. Resetterai così tante volte da perdere il conto, e non ti fermerai mai. Toriel, Papyrus, il resto dei mostri, tu sei un’eroina per loro, ma gli bastava semplicemente che tu li liberassi, il resto dovrebbe essere nelle loro mani, e tu glielo impedisci. Potremmo avere davvero una vita fantastica senza di te che detti regole, ma tu non ce lo permetti, non me lo permetti, non mi fai… io non… tu sei...- conscio che probabilmente stava davvero andando per la tangenziale e che tutto quello che aveva detto non aveva neanche senso compiuto, Sans, si lasciò scivolare sul muro, e si sedette a terra, prendendosi tra le mani la testa, che girava come una trottola.

-Lascia stare, tanto non puoi cambiare. Le dipendenze sono così, e la tua mente malata non si potrà curare- scosse la testa, sussurrando quelle parole a denti stretti, come se in parte sperasse non fossero vere.

Ma lui ne sapeva qualcosa di dipendenze, la sua era lì davanti, ed era da diciotto anni certi e probabilmente anche da qualche altro che non ricordava che lottava con tutte le sue forze per liberarsene.

-Questo era l’ultimo reset!- esclamò la ragazza con convinzione, sedendosi accanto a lui. 

Sans la guardò scettico.

-Magari io non ricorderò le varie linee temporali, ma fatti questa domanda: quante volte hai detto la stessa cosa?- le chiese Sans, lasciandola senza parole.

-Vorrei che tu non fossi mai esistita- disse infine, pentendosi nel momento stesso in cui aveva aperto bocca ma senza riuscire a negare la veridicità di quella frase.

Se lei non fosse mai esistita Sans non sarebbe stato così male per lei, non si sarebbe innamorato di lei, non l’avrebbe odiata, non sarebbe lì seduto distrutto e seccato per via dell’alcool.

Forse sarebbero ancora nel sottosuolo, o forse ci sarebbe stato un altro umano come Frisk che li avrebbe liberati, ma di certo lui non dovrebbe convivere con quell’emozione che ogni volta lottava per raggiungere quella ragazza.

Non dovrebbe convivere con la consapevolezza di quanto amasse colei che aveva rovinato numerose volte la sua vita e quella di tutte le persone a cui lui teneva.

Frisk lo guardò senza emettere un fiato, e lui decise di teletrasportarsi via, sempre più convinto che avrebbe dovuto lasciar perdere e non venire alla festa.

Perché l’alcool era così dannatamente liberatore?!

E perché lui, che aveva troppe cose che voleva tenere per sé, ne aveva bevuto così tanto?!

Si aspettò un reset da un momento all’altro, ma stranamente non venne.

 

Le parole di Sans le erano rimaste in testa in maniera fastidiosa, in quegli ultimi giorni in cui aveva cercato di vivere normalmente.

L’avevano fatta soffrire come non avrebbe mai voluto ammettere, e la parte peggiore era che più ci pensava, più riconosceva della verità in quelle parole.

E l’ultima frase…

Frisk aveva fatto una profonda analisi interiore, ed era arrivata ad una conclusione agghiacciante, ma necessaria.

Dopotutto, ne aveva fatte di follie di quel calibro in passato.

Ed aveva promesso sulla propria tomba, quando era morta in modo quasi permanente, che avrebbe fatto di tutto per proteggere gli altri e per far avere loro una vita tranquilla.

Perciò aveva elaborato un bel modo per proteggerli dai suoi reset, e da lei stessa.

Se non poteva trovare il modo di non esistere, almeno non sarebbe più esistita nelle loro vite da quel momento in poi.

-Frisk, non osare portare quel fiore vicino a me!- esclamò Flowey mentre la ragazza portava dentro un vasetto con un bellissimo fiore dell’eco che Undyne le aveva portato dopo una spedizione nel sottosuolo con la moglie ed il figlio.

Lo aveva chiesto lui, come regalo di compleanno, e solo quel weekend le due coniugi erano riuscite ad esaudire il suo desiderio.

La trentenne lo guardò alzando gli occhi, e portando il fiore oltre a lui per posarlo sul tavolo della cucina.

-Pessimo posto. Se vengono ospiti a cena il fiore implode- commentò Flowey, acido come sempre.

-Sarà utilissimo per quello che voglio fare- commentò lei, accarezzando i petali luminosi e prendendo un contenitore di vetro che sarebbe servito a coprirlo.

-Cosa vuoi fare?- chiese Flowey, piegando la testa.

Frisk sospirò, con sguardo basso.

Sentiva ancora le parole di Sans in testa come se un fiore dell’eco gliele stesse ripetendo in loop all’orecchio.

“Frisk, tu sei una drogata! Non ti rendi conto di avere una dipendenza dal controllo?!”

Sospirò di nuovo, e prese un foglio di carta, per scrivere un paio di parole per impostare un discorso.

-Lo vedrai. Succederà domani, se tutto va bene… Spero che Sans si presenti, vorrei almeno salutarlo prima di andarmene- la voce era impastata e ferma.

Flowey sobbalzò.

-Andartene? Di che stai parlando?- chiese, leggermente preoccupato per quanto un fiore senz’anima possa preoccuparsi per qualcuno. 

Frisk sospirò.

-Sans ha ragione, io non riesco a fermarmi, e se devo decidere di darci un taglio a questa storia dei reset voglio allontanarmi dalle loro vite quando non ho ancora nulla da cambiare- alzò le spalle, con espressione impassibile, e continuò a scrivere.

-Non avevi detto che questo sarebbe stato l’ultimo reset?- chiese Flowey, che non capiva e non credeva di voler capire a cosa alludesse Frisk con partenza e allontanamento.

-Sai, lo pensavo anche io, ma… l’ho sempre pensato, ogni volta- ricordò Frisk, mentre finiva di scrivere una lettera in brutta copia.

-Ma…- provò ad obiettare Flowey, ma Frisk gli fece cenno di fare silenzio, con un’espressione che al fiore ricordò fin troppo quella di Chara.

Ancora tremava, al pensiero di quello che era accaduto nell’ultima genocide della ragazza.

E a quello che lei ogni tanto diventava quando si arrabbiava parecchio e la lasciava uscire allo scoperto da dentro di lei.

-Devo registrare un messaggio per Sans e non credo di riuscire a farlo una seconda volta, quindi ti prego non interferire- gli disse con voce un po’ spezzata.

Si avvicinò al fiore dell’eco, e lesse il messaggio che aveva scritto, per poi chiudere il fiore nel contenitore di vetro in modo che il messaggio non venisse cancellato accidentalmente.

Infine distrusse la lettera, e prese il cellulare.

-Frisk…- sussurrò Flowey, sconvolto, ma lei non gli badò.

Scrisse un messaggio a Sans, ricordando il suo numero a memoria anche se in quella linea temporale non se l’erano scambiati.

“Ti prego, vieni. Ho bisogno assolutamente di parlarti. Poi non ti scoccerò mai più, promesso. Frisk”

E attese pazientemente l’arrivo dello scheletro, con la speranza che venisse, perché altrimenti non ce l’avrebbe fatta a fare come voleva.

Sperava anche che dopo una settimana avesse smaltito i pustumi della sbornia, perché non le andava di farsi urlare contro di nuovo, anche se forse, se fosse stato un po’ annebbiato, sarebbe stato più semplice per lei dirgli addio.

Nell’attesa si appisolò sul divano, ed era arrivata la sera quando Sans suonò al campanello, quando ormai Frisk si era rassegnata al fatto che non sarebbe venuto.

Cadde per la sorpresa, ed andò subito ad aprire ad uno scheletro in felpa blu che la guardava confuso come a chiedersi cosa avesse in mente.

-Grazie di essere venuto- lo salutò lei, cercando di mantenere un tono normale e di non far trasparire tutte le emozioni che le roteavano nel petto alla vista dello scheletro, che nonostante gli anni era sempre uguale.

Sans aveva le mani in tasca, ed alzò le spalle.

-Papyrus ha visto il messaggio, e credeva non fosse carino da parte mia rifiutarmi. Si chiede cosa devi dirmi che non può essere riferito a lui invece che a me. Se è a proposito di qualsiasi cosa sia successa l’altra sera, sappi che non ero in me, quindi se abbiamo fatto qualcosa che…- iniziò a dire Sans, molto a disagio.

-Speravo che Papyrus non lo scoprisse- commentò Frisk preoccupata. Non voleva che qualcuno sapesse che aveva parlato con Sans prima di sparire, non voleva metterlo nei guai.

-Comunque non hai fatto nulla di cui poterti pentire, mi hai solo urlato in faccia il tuo odio nei miei confronti, e sta tranquillo, lo conoscevo già- il tono di Frisk le uscì più tagliente di quanto avrebbe voluto.

Ma in realtà non ce l’aveva minimamente con Sans per quello che le aveva detto, semmai il contrario.

Le aveva aperto gli occhi, e lei gli era grata per questo, anche se per farlo aveva davvero sofferto.

-Allora cosa vuoi, Frisk?- le chiese Sans, squadrandola come se vedesse all’interno della sua anima, e la ragazza si fece da parte per farlo entrare.

-Non voglio metterci troppo, dimmi solo cosa vuoi- Sans non fece segno di voler entrare, ma Frisk insistette, cercando di non avere la voce rotta.

-Ti prego, ci vorranno solo cinque minuti, ma non voglio rischiare che qualcuno ci veda- lo supplicò, indicando l’interno della piccola casa solitaria che condivideva con Flowey.

Sans la scrutò, come a chiedersi quale fosse il motivo di tanta agitazione, e dopo qualche secondo, decise di entrare.

-Se hai ucciso qualcuno e hai bisogno di aiuto per seppellire il cadavere credo che il tuo amico fiorellino sociopatico sia più indicato per aiutarti- entrando Sans salutò con un cenno sarcastico il fiore che spuntava dalla cucina, che lo guardò storto.

-E’ un dispiacere anche per me vederti, spazzatura sorridente- rispose Flowey a denti stretti. Frisk gli lanciò un’occhiata ammonitrice.

-Ma lo trovo improbabile, visto che avresti resettato in quel caso. Allora, cinque minuti passano in fretta, cosa vuoi dirmi?- chiese Sans, senza guardarla direttamente ma fissando un punto del muro dietro di lei.

Il coraggio di Frisk stava scemando. Era tutta disordinata e con i capelli spettinati per essersi addormentata in una posizione scomoda ed inoltre non era del tutto sicura che Sans potesse capire quello che lei stava cercando di dire, e se anche fosse stato, probabilmente la situazione sarebbe stata anche peggiore.

Per diciotto anni erano stati completamente lontani, e lei sapeva che lui la odiava, perciò come mai avrebbe dovuto…

-Sto aspettando- Sans incrociò le braccia, seccato e… a disagio?

Forse, nonostante i reset e quegli anni, qualcosa dell’affetto che aveva provato per lei era rimasto? 

Frisk sapeva che Sans sapeva, altrimenti non l’avrebbe aggredita in quel modo da ubriaco, ma il problema era che questo significava che conosceva molto più di quanto lei aveva creduto, seppur non ricordando esattamente i particolari e con la vista confusa.

-Ho pensato alle tue parole di quella notte- cominciò lei, osservandosi con grande attenzione i calzini bianchi che indossava.

Sans rimase zitto.

Aveva già detto di non ricordare nulla di quello che aveva detto, ma probabilmente intuì a grandi linee l’argomento, perché assunse un’espressione molto più seria, e parecchio più a disagio.

Frisk decise di continuare.

-E… so come sistemare le cose. Andrò via, così non potrò sapere nulla di quello che fate e non sarò tentata di cambiare nulla- spiegò lei, e Sans spalancò gli occhi, scioccato.

-Cosa?- chiese, confuso. Quello che diceva non aveva il minimo senso.

-Comunque non ti ho chiamato per spiegarti quello che ho intenzione di fare, ma per chiederti un favore. Per fare quello che devo fare, ho bisogno… io vorrei…- non sapeva bene come chiederlo, leggermente imbarazzata.

Fece l’errore di incontrare lo sguardo di Sans, ed il suo cuore fece una capriola vedendolo così spaesato, che sembrava studiarla come per entrare nella sua testa e capire cosa intendesse fare.

Probabilmente non ci sarebbe mai arrivato, e Frisk non voleva che ci arrivasse.

Distolse nuovamente lo sguardo, arrossendo.

-Vorrei chiederti…- continuò, a bassa voce -…se puoi fingere di non odiarmi il tempo di un abbraccio. Un solo abbraccio di addio- chiuse gli occhi, convinta in un rifiuto, ma non accadde nulla.

Quando li riaprì Sans la guardava confuso e senza parole.

-Sans, per fare quello che devo fare ho bisogno di un po’ di determinazione, e l’unico modo in cui io… ogni volta che non ne avevo, tu… noi...- gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime. Diamine, non piangeva da una decina di reset, e Sans doveva saperlo, perché sobbalzò, e fece uno scatto verso di lei come mosso da un istinto che però soffocò subito, e si ritirò. Tutto durò meno di una manciata di istanti.

-Io non… non so se riesco a… insomma è…Il momento della mia vita in cui ero più devastata l’unica cosa che è riuscita a darmi determinazione era stato un tuo abbraccio, e… e pensavo...- Frisk si portò la mani al viso, crollando a terra incapace di trattenersi, e poco dopo sentì una forte presa attorno al suo corpo, che bloccò le lacrime.

Aprì gli occhi, e si ritrovò a pochi centimetri dal cranio di Sans, che la stava abbracciando, ad occhi chiusi come se se ne stesse già pentendo.

-Frisk, non fare sciocchezze- le disse a denti stretti, tradendo una sorta di preoccupazione, che causò a Frisk un nodo allo stomaco, forse a causa del senso di colpa, o forse perché dopo tanti anni, Sans era accanto a lei e sembrava ancora preoccuparsi per lei.

Lui l’aveva sempre protetta, e solo ora Frisk se ne accorgeva pienamente.

Pianse più forte, seppellendo il volto nella sua felpa e ricambiando l’abbraccio che aspettava da diciotto anni.

-Sans, mi dispiace, mi dispiace tanto- non sapeva bene a cosa si stesse riferendo, se a quello che aveva fatto o a quello che avrebbe fatto di lì a poche ore, probabilmente entrambe le cose.

Sans l’abbracciò più forte, in un bisogno quasi ossessivo, come se anche lui, come lei, si fosse trattenuto troppo a lungo prima di stringerla finalmente tra le braccia.

Frisk respirò a pieni polmoni l’odore di Sans, un misto di hot dog, ketchup e neve, che era sempre uguale, nonostante tutto.

Amava quell’odore.

Piano piano, in quella stretta che sembrò durare ore ma allo stesso tempo essere brevissima, si calmò, e smise di piangere.

Rimase però abbracciata allo scheletro, e, forse per la stanchezza della giornata, o forse per il senso di pace che gli trasmetteva in un momento terribile per lei, gli disse due semplici parole, che causarono una reazione a catena che lei non si sarebbe mai aspettata, che non avrebbe mai voluto accadesse ma che fu un canto del cigno perfetto per una vita che per sempre avrebbe dovuto lasciare.

-Ti amo- sussurrò, e Sans si irrigidì di scatto, allentando la presa come a lasciarla.

Lei si pentì subito di averlo detto. Non poteva riferirgli una cosa del genere in un momento simile, e soprattutto non poteva accorgersi di quanto fosse vera proprio adesso, quando tutto stava per finire.

Si separarono, pur rimanendo uno di fronte all’altro sul freddo pavimento.

Sans la guardava senza sapere bene cosa pensare, e Frisk abbassò lo sguardo.

-Scusami, non dovevo dirlo- commentò, con rimpianto.

Poi accadde una cosa che non si sarebbe mai aspettata, nemmeno in un milione di anni.

Sans si sporse verso di lei e le prese il viso, baciandola come se non si potesse trattenere, e Frisk spalancò gli occhi, incredula, per poi rispondere con altrettanta foga, cingendo il collo con le sue mani.

Ci furono momenti di assoluta confusione, il loro cervello si annebbiò completamente e prima che Frisk se ne potesse rendere conto si ritrovò sdraiata a terra, con Sans sopra di lei in una posizione equivoca e con la maglia quasi del tutto sollevata dalle sue scheletriche mani.

La felpa di Sans era stata levata e gettata in un angolo vicino al divano con foga… era stata Frisk?

Non le importava, voleva solo continuare, ma Sans sembrò accorgersi dell’errore che stavano commettendo, che lui aveva iniziato a commettere, e si staccò di scatto da lei, allontanandosi il più possibile fino ad appoggiarsi al muro, sempre seduto a terra.

Si guardava intorno come annebbiato, come se non stesse capendo fino in fondo i suoi sentimenti e quello che stava davvero succedendo, e avrebbe voluto tanto farlo.

Frisk era nella sua stessa situazione, ma aveva alcune consapevolezze in più, che le fecero tornare le lacrime.

Si alzò, cercando di non farle vedere a Sans, e si avviò in cucina, convinta che lui si sarebbe rimesso in piedi, avrebbe preso la felpa e sarebbe andato subito via, invece rimase nuovamente sorpresa, quando sentì una mano scheletrica posarsi sulla sua spalla.

Sobbalzò, e si girò di scatto, facendo cadere una sedia che prontamente venne afferrata da Sans, che la rimise a posto, fissando lei con uno sguardo indecifrabile.

-Cosa vuoi fare, Frisk?- le chiese.

Lei non rispose, e guardò il fiore dell’eco conservato nella teca.

-Non fare nulla di stupido- le ordinò lui in tono quasi supplichevole, mettendole entrambe le mani nelle spalle e portando il volto alla sua altezza per farle capire la sua serietà.

Frisk vide nei suoi occhi qualcosa che ormai credeva spento da tempo.

Era spaventato, spaventato per lei, e non di lei e di quello che poteva fare grazie ai reset.

-Sans, senza di me avrete una vita tranquilla. Te l’ho promesso, questo qui…- indicò la realtà intorno a sé -…era l’ultimo, e sarà per sempre l’ultimo. Sarai finalmente in pace- delle lacrime iniziarono ad uscire dai suoi occhi, ma Sans scosse la testa, incapace di accettare quello che pensava di aver capito.

Frisk sperava che non avesse afferrato fino in fondo il vero significato della sua partenza.

-Una vita senza di te non ha senso viverla, Frisk. Questo reset senza di te, non ha avuto senso viverlo- le disse, cogliendola del tutto di sorpresa, riscaldandole il petto e aumentando senza saperlo i sensi di colpa.

Poi le prese nuovamente il volto tra le mani e la baciò, con desiderio e passione.

Frisk sapeva che non era affatto corretto nei suoi confronti, ma non riuscì a tirarsi indietro da quel bacio, e da quello dopo, e da quello dopo ancora.

Si erano trattenuti troppo a lungo, in quella gara di indifferenza che non aveva portato a nulla se non a quello sfogo finale fin troppo disperato.

Si amavano, si odiavano, nessuno sapeva esattamente cosa provavano, ma una cosa era certa, erano legati, legati da qualcosa da cui non riuscivano a staccarsi, per quanto ci proveassero.

E tra i baci, gli abbracci e il desidero a lungo represso, questa volta nessuno dei due riusciva a fermarsi, nessuno dei due voleva fermarsi.

Sans la prese in braccio e la posò sul tavolo, in modo da averla in una posizione più comoda.

Quando Frisk urtò il fiore dell’eco rischiando di farlo cadere, sobbalzò, e fu un momento decisivo per lei.

La sua mente si schiarì abbastanza da fare una scelta.

Poteva allontanare Sans, rimanere sul binario che si era prefissata, oppure poteva rinunciare all’idea, magari distruggere il fiore, continuare, vivere appieno quello che quel gesto stava pian piano ricostruendo.

Ma non poteva fargli questo.

Fece una terza scelta, una scelta che non avrebbe dovuto fare, lo sapeva.

Dopo tanti anni era ancora egoista.

Si alzò dal tavolo, e spinse Sans lontano dalla cucina.

Se questa doveva essere la sua ultima notte con lui, anche se non era corretto, voleva, aveva bisogno, di passarla e di viverla appieno.

E così fecero.

Il mattino dopo Frisk venne svegliata dalla luce che proveniva dalla finestra lasciata aperta della sua camera da letto.

Era sdraiata sul materasso, con le coperte addosso e stretta nell’abbraccio di Sans, che dormiva profondamente e le solleticava il collo con il suo respiro regolare e profondo.

Frisk si girò a guardarlo, facendo attenzione a non svegliarlo, e lo osservò con un triste sorriso.

Lo aveva visto addormentato poche volte, la maggior parte delle quali erano pochi secondi prima che lei lo uccidesse, e si sorprese nel notare un’espressione di pace nel suo viso.

Gli diede un lieve bacio sulla mascella, e lui sembrò sorridere leggermente, pur rimanendo profondamente addormentato.

Poi si scansò dal suo abbraccio e si vestì in fretta, prima di avviarsi in cucina, per preparare quello che da giorni pensava di fare.

Prima di arrivare a destinazione, però, venne fermata da una felpa blu buttata alla rinfusa vicino al divano.

La prese titubante, e respirò profondamente il suo odore, chiudendo gli occhi per gustarsi il momento.

La indossò, decisa a sentire quel soffice tocco familiare fino alla fine, e la chiuse fino alla fine della cerniera.

Le stava enorme, ma era comunque perfetta.

-Ben svegliata. Tu e Spazzatura sorridente siete stati disgustosi!- commentò Flowey quando lei entrò in cucina.

-Tranquillo, non dovrai farci l’abitudine- commentò Frisk, con voce sottile, stringendosi la felpa addosso pensando a Sans.

Flowey sembrò impallidire.

-Non… non credevo che… pensi ancora di farlo?- chiese, sorpreso, e preoccupato.

Frisk annuì.

Prese un biglietto che aveva nascosto nella scatola dei cereali e lo mise davanti alla teca col fiore dell’eco. 

-Frisk, sei sicura?- chiese nuovamente Flowey, per niente convinto.

Frisk respirò nuovamente l’odore di Sans, ottenendo quel briciolo in più di determinazione che gli serviva per fare quello che doveva fare, e annuì, sorridendo tristemente.

 

A Sans sembrò di sentire un suono attutito provenire dalla cucina, ma era troppo addormentato per farci caso.

Si rigirò nel letto, emettendo suoni incomprensibili, poi la sua mente sembrò tornare lucida, e si alzò a sedere di scatto, provocandosi un brutto giramento di testa.

Diamine, ci era cascato con tutte le scarpe!

Beh, le scarpe erano state levate quasi subito, ma il senso della frase era un altro.

Si portò una mano sul viso, non riusciva a credere di essere crollato e di aver fatto… quello che aveva fatto.

Sul serio, da ubriaco le urlava contro, e da sobrio si metteva ad infrangere promesse fatte a sé stesso?! Sarebbe dovuto essere il contrario!

Ma che gli era saltato in mente? Ignorarla per diciotto anni e poi cedere così malamente.

Si rigettò sul letto, incapace di riflettere, e rivedendo nella sua mente immagini della notte appena trascorsa.

Imprecò sommessamente, non avrebbe mai dovuto farlo, eppure, dannazione, non se ne pentiva affatto. Se fosse tornato indietro era sicuro che l’avrebbe rifatto.

Probabilmente da un momento all’altro Frisk avrebbe resettato, o forse non lo avrebbe fatto più, come gli aveva promesso.

Sans interruppe il pensiero, spalancando gli occhi nel ricordare la conversazione avuta con la castana la sera prima.

Tutto quello che Frisk gli aveva detto lo disturbava. Non aveva capito cosa intendesse dire con il partire, l’andarsene e l’abbandonare tutti, ma sperava davvero non avesse fatto qualcosa di troppo drastico. Forse avrebbe dovuto indagare di più, farsi promettere un po’ di tempo per convincerla a non fare nulla di quanto aveva detto.

Sempre se avesse già fatto qualcosa, forse era stato un trucco per attirarlo, per farlo crollare tra le sue braccia come in tutti gli altri reset, e Sans ci era cascato come l’ultimo degli idioti.

Si alzò dal letto e si vestì, notando che la felpa non c’era, probabilmente rimasta in salotto.

Faceva un po’ freddo a rimanere solo in maglietta, così Sans decise di dirigersi lì per prendere la felpa, e poi magari scappare via, o indagare?

Non sapeva bene che fare, aveva appena infranto tutte le promesse che si era fatto a sé stesso dall’ultimo reset, e non aveva la più pallida di come avrebbe reagito di fronte a Frisk, se l’avesse vista.

D’altra parte, era preoccupato, e quindi era molto meglio investigare un po’, partendo dal salotto.

Oppure, più semplicemente, avrebbe potuto chiedere a Flowey, era impossibile che non sapesse qualcosa.

Certo, l’idea di parlare con quel fiore assassino era nauseante, ma in quel momento confrontarsi col fiore era meglio che farlo con Frisk, per via di ben chiare ragioni.

Si avviò sbadigliando verso il salotto, camminando attraverso i corridoi come se un tempo fossero stati come una casa (e forse era stato davvero così) e arrivò subito a destinazione, notando con confusione che la sua felpa non era lì.

Si guardò intorno per cercarla, prima a destra, verso il divano, poi a sinistra, verso la cucina. 

E non appena osservò la porta aperta che conduceva lì, il suo cuore sembrò fermarsi, così come il resto del suo corpo.

Ci fu un attimo di completo ghiaccio, come se stesse per esserci un nuovo reset, che però non venne.

-Frisk…- sussurrò con il poco fiato che aveva in gola, facendo qualche incerto passo verso la porta della cucina, dalla quale si vedeva chiaramente un braccio in felpa blu a terra e immobile.

“Andrò via” gli aveva detto lei.

Ma non credeva si riferisse a questo.

-No…- sussurrò così piano che non si sentì neanche lui, mentre accelerava il passo. La cucina sembrava distante chilometri, e Sans sembrò metterci ore ad arrivarci.

“Senza di me avrete una vita tranquilla” ricordò le parole di Frisk.

Le lacrime iniziarono a uscire prima ancora che raggiungesse la porta, e quando lo fece, distolse immediatamente lo sguardo dalla figura distesa a terra, chiudendo gli occhi con la massima forza, incapace di guardarla.

-Perché?- chiese con voce impastata, appoggiandosi allo stipite della porta per non cadere a terra.

“Questo qui è l’ultimo, e sarà per sempre l’ultimo” gli aveva promesso.

Ma a quale prezzo?

Sans scivolò lungo lo stipite con le mani alla bocca e gli occhi annebbiati dalle lacrime, senza credere a quello che vedeva.

Se quella a terra era davvero Frisk, perché il mondo non era resettato?

Ormai sarebbe stata ora!

“Sans, mi dispiace, mi dispiace tanto” si riferiva a quel gesto, in quel momento?

Sans si avvicinò carponi verso di lei, incapace di alzarsi, visto che tutto il suo corpo tremava convulsamente.

Non voleva crederci, non poteva crederci.

Raggiunse il corpo della trentenne e fece per smuoverla.

-Frisk!- la chiamò, con voce impastata ma abbastanza forte da farsi sentire da lei.

Sempre che lei potesse ancora sentirlo.

Il volto era così sereno, così in pace. Sembrava dormisse.

Sollevò il busto della ragazza verso di lui, per sentire se il suo cuore batteva ancora, se la sua anima era ancora viva al suo interno.

-Non lo è- gli disse una voce in tono secco e inespressivo.

Sans si girò di scatto a guardare Flowey, stringendo Frisk a sé, incapace di accettare la questione.

-Tu! Cosa le hai fatto?!- chiese Sans, incapace di accettare l’idea che fosse stata Frisk stessa a porre fine alla propria vita.

Perché era di questo che si trattava, ormai Sans l’aveva capito, e si diede dello stupido per non esserci arrivato prima, quando ancora poteva fare qualcosa.

-Io non le ho fatto nulla. Sei tu che le hai fatto venire questa idea. Ha pensato che l’unico modo per combattere la sua dipendenza e salvare tutti voi fosse seguire il cammino di Chara- indicò con viso il pezzo di torta sul tavolo, e Sans lo guardò incredulo.

-Non… non è vero! Tu menti!- lo accusò, stringendo Frisk così forte che se fosse stata viva sicuramente si sarebbe fatta male e lo avrebbe scansato, facendo una trista battuta sul fatto che non tutti erano ossi duri come lui.

Singhiozzò pensando a ciò, e Flowey continuò il suo discorso scoraggiante.

-Se non credi a me, credi a lei- ed indicando la lettera e il fiore dell’eco.

Sans si alzò titubante, lasciando per un momento andare il corpo di Frisk per prendere la lettera.

“Sans, spero davvero che sia tu a leggere questa lettera. Apri la teca che contiene il fiore dell’eco, ma ti prego, non far sentire a nessuno quello che sentirai. Non voglio che gli altri soffrano. Frisk”

Sans lanciò un’occhiata al corpo senza vita ancora a terra seppellito nella sua felpa, e con mani tremanti, alzò la teca del fiore dell’eco.

-Sans, avevi ragione su di me. Sono una maniaca del controllo, e non me ne sono neanche accorta fino ad ora. Il fatto è che ho questo potere che mi ha dato alla testa, e non ho un modo per fermarlo, per fermarmi… almeno non restando viva- Sans dovette trattenersi dal risponderle, perché altrimenti avrebbe cancellato il resto del messaggio, ma si prese la testa tra le mani, come a cancellare dalla memoria quello che stava sentendo -Forse è egoista da parte mia, lo so. Come sempre d’altronde. Spero comunque che sentirai questo messaggio, non so se verrai qui, sai. Non so neanche se avrò il fegato di mangiare… insomma, forse il fatto che non sono uno scheletro mi aiuterà con questo-

Aveva fatto una battuta?

Aveva davvero fatto una battuta sugli scheletri che non hanno fegato mentre lasciava un messaggio suicida?! 

Che pensava, che Sans avrebbe riso?! Che l’avrebbe perdonata?!

-Io ci ho provato, sai, a non resettare, ma hai ragione tu, è più forte di me, ed ora potrete vivere tutti una vita dieci volte migliore, e soprattutto completamente vostra. Spero che tu possa perdonarmi- Sans trattenne un singhiozzo tra le mani completamente bagnate dalle sue lacrime, mentre prendeva il fiore tra le mani e lo stringeva al petto, come se fosse al suo interno la Frisk che avrebbe voluto riavere indietro -Forse così non sarà, ma vorrei tanto non aver mai resettato. Chissà come si sarebbero evolute le cose. Forse ora saremmo insieme, felici, con un futuro… anche se probabilmente a quest’ora sarei già morta. Non ho fatto il conto di quanti anni dovrei avere, ma di certo sono più di trenta. Sans… il nostro non è stato un rapporto normale, lo so, ma volevo dirti, con assoluta sincerità… che ti amo, ti ho sempre amato, e in una vita futura, se esiste, ti amerò. Sei sempre stato la mia certezza, e questa linea temporale… mi ha fatto capire tante cose. La mia vita senza di te è terribile, e anche per questo con il mio gesto ho deciso di cambiare definitivamente tutto. La mia anima è tua, per sempre, anche se l’ho già venduta a Chara come prezzo per cercare di fare ammenda dei miei peccati. Comunque volevo dirti che quello che mi hai detto l’altra sera mi ha fatto capire...-

Sans non sentì altro, non aveva la forza di sentire altro. 

Gettò con forza il fiore a terra, distruggendolo completamente e facendo sobbalzare Flowey, poi seppellì il volto tra le mani.

-Divertente, Frisk, molto divertente- commentò, con una risata forzata.

-E’ una lezione che vuoi darmi? Beh, hai ragione, ok? I tuoi reset sono utili, ora però fanne un altro, l’ultimo!- la incoraggiò, puntando lo sguardo spezzato verso di lei, che però rimase immobile, completamente inerme sul freddo pavimento.

Aveva sempre vissuto con la consapevolezza e la paura che da un momento all’altro qualcuno vicino a lui sarebbe potuto morire, ma mai pensava che sarebbe stata Frisk, non così!

Lei avrebbe sempre resettato, questo era ovvio, si era arreso all’idea, anche se non l’accettava.

-Tu… tu… non puoi farmi questo!- esclamò, furente e completamente distrutto, avvicinandosi nuovamente a lei e scuotendola ancora, senza accettare la dura verità.

Ed ora lei si era uccisa, perché Sans le aveva urlato contro da ubriaco?! Non solo lo aveva abbandonato, ma gli aveva pure detto implicitamente che era colpa sua?!

-Davvero mi odi così tanto?!- urlò, alzandosi in piedi ed iniziando a fare avanti e indietro per la stanza, sotto lo sguardo confuso di Flowey, che lo guardava senza capire i suoi sentimenti, così estranei a lui che non aveva un’anima. -Frisk! Non puoi… fare questo… dopo…- si interruppe, ripensando alla nottata passata insieme.

Ancora una volta Frisk aveva deciso per lui, modificandogli la vita in modo definitivo. Perché si ostinava a fare così? Perché continuava a ferirlo ogni volta? Cosa le aveva fatto Sans di male?

-Ti prego, ti prego, Frisk, resetta! Non mi da fastidio, lo accetto, lo prometto. Io… io voglio riaverti indietro… devo riaverti indietro. Io… non… posso…- e crollò ancora, stavolta sedendosi sul tavolo, e seppellendo la testa tra le braccia.

-Sans, non eri tu quello che diceva sempre che bisognava lasciare le cose come stavano, senza modificarle?- chiese Flowey, confuso.

Sans gli lanciò uno sguardo che avrebbe potuto ucciderlo, letteralmente.

-Stai scherzando?! Ti sembra naturale questo?! Ti sembra che Frisk, che il suici…- la voce gli si spezzò -Almeno gli incidenti capitano, si sa, ma questo…- Sans indicò la trentenne ai suoi piedi, senza riuscire ancora a metabolizzare bene quello che stava succedendo, senza riuscire nemmeno a nominare quello che lei aveva fatto.

-Non è colpa tua, sai?- disse il fiore, quasi controvoglia.

Avrebbe tanto voluto incolpare Spazzatura sorridente, ma non era giusto, e sapeva che Frisk non l’avrebbe voluto.

-Cosa le ho detto quella notte? Cosa potrebbe giustificare un tale…- ogni volta che posava lo sguardo su di lei doveva assolutamente spostarlo subito.

Non ce la faceva proprio a guardare, ogni occhiata sembrava lacerargli l’anima pezzo dopo pezzo.

-Non credo che tu lo voglia sapere- commentò Flowey, un po’ tra sé -Credo dovresti chiamare qualcuno- disse poi, a voce più alta.

Venne preso in una morsa telecinetica senza avere il tempo di fare un commento acido sul fatto che se l’avesse tenuta lì ancora un po’ avrebbe iniziato a puzzare, e fu davvero felice di non averlo detto.

-Dimmelo!- gli ordinò Sans, con l’occhio che brillava.

Flowey non lo guardò, quando gli rispose.

-Che aveva una dipendenza dal controllo, che è una drogata, che non sarebbe mai riuscita a cambiare…- Sans spalancò gli occhi -… che è una dittatrice che controlla la vostra vita come una burattinaia, che…- Flowey si interruppe.

-Che…- lo incoraggiò Sans, con la mano che iniziava a tremare.

-…che non avresti mai voluto che lei esistesse- cedette infine il fiore, e subito dopo cadde a terra, per fortuna senza che il vaso che lo conteneva si rompesse.

Sans crollò a terra, accanto a lei.

Non aveva parole per giustificarsi, neanche a sé stesso.

Quante volte lei gli aveva detto ti amo, e lui non aveva mai risposto.

Non lo ricordava, ma lo sapeva, così come sapeva tante cose che avrebbe preferito non conoscere.

Ed era questa la sua risposta finale?

Che preferiva che lei non fosse mai esistita?

Non aveva la forza neppure per piangere, non aveva la forza per fare nulla.

Con una frase aveva distrutto la propria vita e quella di una delle persone a lui più care.

-E’ tutta colpa mia…- disse, in un sussurro.

Flowey abbassò la testa.

Non avrebbe dovuto dirglielo, avrebbe dovuto mentire.

Iniziò quasi a sentire un’empatia nei confronti dello scheletro. In parte anche lui teneva a Frisk, ed ora che non c’era più, si sentiva un po’ più vuoto a sua volta.

-Mi dispiace tanto…- sussurrò Sans, rivolto al corpo senza vita della ragazza, ed abbracciandolo con forza.

-Frisk, ti prego, ti scongiuro, torna da me…- provò a supplicare, seppellendo il volto tra i suoi capelli, con ancora una flebile speranza che tutto si potesse sistemare, che lei sarebbe potuta tornare.

Era sussurrata come una preghiera.

-Ti amo, Frisk, ti amo molto più di quanto io possa mai amare qualsiasi altra persona in questo mondo. Ti supplico, torna da me, non lasciarmi solo…- chiese alla donna che, nonostante tutto, sarebbe sempre stata l’unica per lui.

Ma nessuno rispose.

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Scusatemi tanto.

Domani ci sarà l’epilogo con un angolo autore probabilmente più lungo del capitolo.

Ora, non ce la faccio.

Non voglio rovinare l’atmosfera.

Scusatemi ancora.

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Capitolo 10
*** 1° Pacifist ***


1° pacifist

Quando la bambina lo aveva visto, erigersi davanti a lei, con quel sorriso poco raccomandabile, il suo primo istinto era stato quello di scappare a gambe levate.

Però c’era una grata lì davanti, e il fatto che le sbarre sembravano troppo grandi forse era solo un trucco per attirarla in trappola, e quello scheletro grottesco davanti a lei era un modo per farcela finire come un topolino.

Gli aveva stretto la mano, e non appena aveva sentito il rumore del cuscino pernacchione, tutta l’ansia che l’aveva divorata da quando era uscita dalle rovine si sciolse come neve al sole, e lei era scoppiata a ridere, senza potersi trattenere.

Lo scheletro le aveva sorriso, soddisfatto.

L’aveva aiutata con il fratello fanatico cacciatore di umani, e le sue battute l’avevano conquistata subito.

Non aveva creduto che avrebbe incontrato qualcuno con cui si sarebbe sentita al sicuro quanto con Toriel, ma Sans, Sans le aveva trasmesso sicurezza, no, anzi, qualcosa di ancora migliore.

Ogni volta che lo aveva incontrato, nel corso della sua avventura, le aveva dato qualcosa di inspiegabile.

Era un misto di sicurezza, calma, e qualcosa che l’aveva lasciata ogni volta con il sorriso, e con determinazione.

I suoi scherzi, le sue battute, erano stati il carburante che l’aveva spinta ad andare avanti.

Almeno dopo che ci parlava o che ci usciva.

Inizialmente, soprattutto le prima volte che lo aveva visto, aveva temuto che lui la attaccasse.

Perché quasi tutti i mostri che aveva incontrato l’avevano attaccata.

Eppure Sans, pure se era in grado, questo Frisk lo sapeva, non lo aveva fatto, non sembrava volerlo fare.

Sans era sempre stato un mistero, e anche quando lei aveva scoperto che non aveva la minima intenzione di affrontarla per via di una promessa fatta a Toriel, Frisk non aveva capito bene il suo comportamento.

Se non voleva affrontarla perché le stava vicino? Per proteggerla, sembrava, ma non aveva mai fatto nulla per evitare che morisse, quindi forse sapeva che lei non poteva, ma allora perché continuava ad essere così gentile con lei pur mantenendo quell’aura di mistero.

Le parole che le aveva detto, alla fine del suo percorso, poco prima che affrontasse Asgore, le fecero capire tutto.

Lui l’aveva osservata, per vedere se era davvero una brava persona, ed alla fine aveva capito che lo era.

O che almeno aveva provato ad esserlo.

La determinazione che le permise di affrontare e poi sconfiggere Asgore, venne tutta da quell’ultima conversazione finale.

Sans era stato, fin dall’inizio, un mostro davvero importante per lei.

Forse il più importante di tutti.

E forse, in fondo al cuore, si era comportata così bene proprio perché non voleva deluderlo.

Perché sapeva che non ci sarebbe voluto molto per farlo.

E nei suoi ultimi momenti, anni e anni dopo, Frisk si chiese, così come se l’era chiesto per tutto quel tempo, cosa avesse fatto per meritarsi Sans.

Lo aveva ferito, ucciso, aveva usato tutti i reset del mondo, eppure lui non era riuscito a staccarsi da lei in maniera definitiva. Aveva continuato ad aiutarla, a sostenerla, a proteggerla e a cercare in tutti i modi di non permettere che niente di male le accadesse.

Perché, tra tutte le persone e mostri che Sans poteva avere, aveva scelto lei, una drogata di reset egoista che non aveva fatto altro che farlo soffrire, una linea temporale dopo l’altra?

Sans era intelligente, divertente, tutti lo conoscevano e lo adoravano.

Eppure, alla fine, in mezzo a molti, lui aveva scelto lei.

E lei lo aveva ferito ancora, e non si sarebbe mai perdonata per questo.

 

Quando Sans l’aveva vista per la prima volta, era stato a dir poco terrorizzato.

Un’umana, l’ultima umana, e lui doveva proteggerla, per una promessa fatta a Toriel.

Proteggerla, lui?

Era così piccola, era spacciata in quel mondo.

Come non fosse morta era un mistero.

Anche se suo padre gli aveva parlato di come la determinazione umana fosse potente, forse persino più potente della morte.

Aveva visto il terrore nei suoi occhi, la paura di una nuova morte, ed aveva capito.

Quella dodicenne minuscola era capace di badare a lei, ma chissà a quale prezzo.

Le aveva sottoposto lo scherzo del cuscino nella mano, e quando l’aveva sentita ridere con quella naturalezza, era rimasto basito, ed aveva ridacchiato a sua volta.

Chissà che umana sarebbe stata?

Forse li avrebbe salvati? Forse era quella della profezia?

O forse li avrebbe uccisi tutti?

Sans sapeva solo che quella risata era un suono davvero molto bello, e la sentì ancora, e ancora.

Quando le mise trenta hot dog in testa, e lei li tenne in equilibrio con maestria, aveva già capito che era una bambina davvero speciale.

E fu grato a Toriel di avergli fatto fare quella promessa.

Perché osservarla, vedere i suoi combattimenti, le sue amicizie, tutto quello che stava facendo nella maniera corretta, pur morendo molte volte… fu davvero bello, per lui.

Si era imposto di osservarla e basta, ma alla fine si era ritrovato a parlare con lei più volte di quante avrebbe voluto.

E quando poi lei li aveva liberati, li aveva salvati, in quel momento era davvero stato felice, perché si era reso conto di aver avuto ragione su di lei.

Ad ogni nuovo reset però la sua speranza aveva iniziato a scemare.

E la bambina che fin da subito aveva adorato alla follia era sempre più triste, e vuota.

E Sans sapeva di essere il suo appoggio.

Lo vedeva nei suoi occhi, e non capiva.

Non riusciva a capire perché una bambina così forte e potente potesse aver bisogno di lui così disperatamente, e questa responsabilità lo aveva spaventato a morte.

Si chiese cosa potesse, una persona umana così speciale, trovare in lui.

Lei era bella, intelligente, sveglia e divertente, poteva avere chiunque al mondo, mostro o umano che fosse. Era un’eroina per entrambe le razze.

Ed aveva scelto lui, uno scheletro che non era mai stato del tutto sincero con lei, almeno la prima volta.

Anche se, alla fine di quella, una sensazione meravigliosa gli era nata nel petto, grazie a lei.

Quella minuscola bambina, dallo sguardo innocente e leggermente spaventato, era davvero un angelo sceso nel sottosuolo per liberare loro.

 

 

Un angelo che troppo presto, o troppo tardi, era dovuto tornare in paradiso

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un epilogo corto corto, che teoricamente non ci sarebbe nemmeno dovuto essere, dato che nella mia idea iniziale la storia sarebbe finita con l’ultima frase del capitolo scorso.

Solo che mi andava di concludere la storia da dove è partita, e far finire il ciclo in questo modo.

Spero solo che in questo modo non vi abbia fatto troppo sperare, perché non era mia intenzione. :(

So che ci sono molti punti di domanda aperti, per esempio cosa succederà ora che l’ambasciatrice è morta. Cosa farà Sans, cosa faranno tutti i mostri, che fine ha fatto Chara…

Ma alla fine questa one shot (perché teoricamente doveva trattarsi di una one shot) si basava principalmente sul rapporto di Sans e Frisk, quindi mi sembrava giusto farlo finire così.

E ammetto che in testa avrei anche in mente quello che può essere successo in seguito, e devo dire che inizialmente pensavo di fare che l’anima di Frisk usciva dal suo corpo e Sans stesso la prendeva per provare a resettare, ma l’anima di Frisk è di Chara, quindi Sans non può fare nulla.

Come potete vedere in questa fanfiction ci ho messo davvero l’anima per renderla bene, nello stile, nell’IC dei personaggi e soprattutto nel finale, che in realtà è stato scritto, lo ammetto, quasi subito, circa dopo aver scritto la prima genocide. Doveva finire così, e anche se in mente avrei anche un finale allegro che avrei potuto scrivere ho deciso di attenermi al piano originale.

Lo so, mi odiate tutti.

Un piccolo appunto su Frisk, che dai commenti ho visto che in molti l’hanno detestata, o almeno non si sono molto immedesimati.

Premettendo che non voglio giustificarla perché lei ha fatto malissimo a resettare tutte quelle volte, potete notare che, soprattutto le prime volte (ad esclusione della primissima ma in quel caso era piccola), ha resettato solo per salvare gli altri, e dato che nessuno ricorda nulla, pensava che non fosse poi un così grande problema, e che Sans avrebbe capito. In una stessa situazione, con un potere così sconfinato, credo che tutti avrebbero fatto la stessa cosa.

Poi per un paio di capitoli è impazzita, e credo anche perché stava rivivendo ogni volta le stesse cose anche per salvare Sans e Flowey le aveva messo la pulce nell’orecchio che forse non era stata la scelta giusta. Poi ha perso l’anima, e credo che in tutte le pacifist senz’anima fosse un po’ complicato capire appieno tutto quello che faceva, con Chara che continuava a sussurrarle all’orecchio.

Comunque è stata davvero una st… insomma, avete capito.

Credo però che pensasse che Sans sarebbe stato meglio senza di lei, e l’ultima notte che hanno passato insieme fosse un po’ un biglietto d’addio.

E a proposito di quello, io ammetto e confesso di non aver mai scritto niente del genere, quindi perdonatemi se non ho messo dettagli scottanti ma non le so fare queste cose e non ci voglio neanche pensare a dire il vero, mi imbarazza alquanto.

Comunque, se avete domande di alcun genere o commenti da fare le recensioni sono davvero davvero gradite, anche perché è una storia a cui tengo particolarmente.

Riguardo al capitolo di ieri però devo dire un’ultima cosa: scrivere di Sans ubriaco è stata la vita. Mi sono troppo divertita a farlo e spero che vi sia piaciuto.

Credo sia il mio paragrafo preferito.

Anche se tutto l’ultimo capitolo mi piace particolarmente.

Ma dato che esaltandomi da sola non ottengo nulla, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, spero davvero che la storia vi sia piaciuta pure se il finale è parecchio amaro e spero mi facciate sapere quanto mi odiate per il finale con una bella recensioncina :3

Scherzo ovviamente, un grande bacione a tutti e grazie ancora :-*

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