I've got a Blurryface and she is a Crybaby

di Strange_Guy99
(/viewuser.php?uid=328308)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C.1 ***
Capitolo 2: *** C.2 ***
Capitolo 3: *** C.3 ***
Capitolo 4: *** C.4 ***
Capitolo 5: *** C. 5 ***
Capitolo 6: *** C.6 ***
Capitolo 7: *** C.7 ***
Capitolo 8: *** C.8 ***
Capitolo 9: *** C.9 ***
Capitolo 10: *** C.10 ***
Capitolo 11: *** C.11 ***
Capitolo 12: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** C.1 ***



Crybaby era seduta sull'altalena, a ciondolare pigramente come era solita a fare.
I suoi genitori le avevano permesso di uscire, a patto di mantenere il suo eterno sorriso.
I vicini non avrebbero mai dovuto capire che lei era perennemente triste.
O la maschera della famiglia perfetta da cui tutti sembravano ossessionati sarebbe andata in frantumi.
Ma nessuno era nei paraggi e Crybaby aveva finalmente dato sfogo alle lacrime che erano ormai diventate parte integrante delle sue giornate.
Singhiozzava da sola, sotto il cielo disseminato di nuvole.
Non aveva amici, la sua famiglia stava cadendo a pezzi e non aveva nessuno da amare.
Tutto ciò che le era rimasto era il pianto.
Le voci dei suoi coetanei continuavano a risuonarle dentro la testa.
"Bambina lagnosa, bambina lagnosa".
Voleva smettere di piangere e far capire loro che era una bambina grande.
Ma tutto ciò che riusciva a fare era ridere tra le sue lacrime.
Rideva di se stessa, per sentirsi parte del gruppo, ma contemporaneamente piangeva poiché non poteva farne a meno.
«Ma non me ne frega un cazzo.»sibilò tra sé e sé, cercando invano di autoconvincersi.
Crybaby era una bambina lagnosa; lo diceva persino il suo nome.
Una lacrima cadde a terra mentre un singhiozzo usciva dalla sua bocca e le voci cominciarono a risuonarle in testa.
Era possibile annegare tra le proprie lacrime?
E proprio mentre formulava questo pensiero una mano nera come il carbone agguantò la catena dell'altalena accanto alla sua.
Crybaby alzò lo sguardo, terrorizzata, mentre le sue labbra si piegavano in sorriso forzato.
Era uno spettacolo raccapricciante, lo sapeva, ma doveva farlo.
Generalmente una ragazza che sorride è uno spettacolo per tutti i maschietti, ma Crybaby era diversa.
A lei stavano bene le sue lacrime.
Si voltò per osservare lo straniero, ma l'unica cosa che notò furono due occhi rossi come il sangue che la scrutavano con sguardo penetrante.
La minuta ragazza non poté minimamente sostenere quello sguardo e decise di coprirsi il pallido viso con le mani.
Magari si sarebbe magicamente svegliata nel suo letto e la sua vita sarebbe stata perfetta.
Il ragazzo si limitò a piegare la testa di lato, sorridendo in un modo a dir poco enigmatico.
Quella ragazza sarebbe stata perfetta per abbattere l'autostima di quello sfigato di Tyler.
Manipolarla sarebbe stata una tra le cose più facili al mondo, bastava farle dire qualcosa che potesse offenderlo.
«Mi chiamo Blurryface»si presentò lui con  un ghigno a dir poco sbilenco.«e mi importa di ciò che pensi.»
Ed iniziò a dondolarsi allegramente sull'altalena, non potendo fare a meno di staccare gli occhi da quella bizzarra ragazza.
Voleva metterla a suo agio per poi farsi pugnalare.
Far pugnalare Tyler.
Avere il controllo.
Crybaby si creò uno spiraglio tra le dita, osservando quel ragazzo inquietantemente attraente.
Ispirava tutt'altro che fiducia eppure quegli occhi che non le si staccavano di dosso avevano un ché di magnetico.
Da dove arrivava quello straniero? Crybaby non l'aveva mai visto qui d'intorno.
Viveva nel suo quartiere? Era un altro vicino? Doveva indossare la sua maschera da bambola?
Si asciugò le lacrime, scoprendo il viso dagli occhi enormi.
Se quel ragazzo era un vicino, doveva essere educata.
E soprattutto sorridere. Sorridere sempre.
«Ciao, Blurryface»salutò la ragazza.«il mio nome è Crybaby.»
Lo sconosciuto abbozzò un saluto con la mano mentre continuava a dondolarsi sull'altalena.
Indossava un cappello dello stesso colore degli occhi che attirò immediatamente l'attenzione di Crybaby.
Solo dopo un'occhiata più attenta notò che il collo e gli avambracci di quello strano ragazzo erano neri come il cielo notturno.
Non erano della stessa tonalità delle persone di colore che suo padre malediva sempre sottovoce.
Era come se quel ragazzo si fosse immerso in una vasca di oscurità pura e quelli fossero i residui del terrificante bagno.
«Ci siamo appena trasferiti.»spiegò Blurryface, intuendo lo sguardo interrogativo della ragazza.
«Ci siamo?»domandò Crybaby piuttosto interdetta.
Il ghigno sul volto di Blurryface si allargò così tanto che Crybaby non poté fare a meno di chiedersi se le estremità della bocca non avessero collegato le orecchie. 
Sembra lo Stregatto, pensò lei.
«Io e Tyler.»iniziò, come se fosse la cosa più semplice al mondo.
Crybaby piegò leggermente la testa di lato, prestando particolare attenzione alla spiegazione del ragazzo dal cappello rosso.
«In un certo senso si può dire che siamo fratelli.»disse lui con un tono di voce che fece accapponare la pelle della piccola ragazza.
«Anche io ho un fratello!»rispose di rimando lei che, ovviamente, non voleva essere da meno.
«Il mio è diverso.»la interruppe bruscamente Blurryface.«È un idiota che non ha nemmeno il coraggio di uscire di casa.»
La ragazzina non rispose, deludendo le aspettative dello sconosciuto.
E dai bambolina, pensò lui, di' qualcosa di cattivo.
Ma sembrava come assente.
Infondo Crybaby voleva bene a suo fratello, anche se le urlava di doversi tappare quella cazzo di bocca.
Suo fratello sapeva essere davvero scortese e cattivo con lei, ma non avrebbe mai osato dargli dell' "idiota".
Seguì un silenzio imbarazzante, interrotto solamente dal cigolare delle catene dell'altalena di Blurryface.
«Credo di dover andare a casa.»annunciò solennemente Crybaby, mordendosi le labbra carnose.
Non era vero, aveva mentito. Ma quel ragazzo la metteva a disagio.
Si alzò dall'altalena, scuotendosi dei fastidiosi sassolini dal vestito rosa confetto mentre l'inquietante sconosciuto arrestava il suo moto.
Le suole delle sue scarpe stridettero a terra, alzando una fine polvere.
«Oh, no»disse lui seriamente dispiaciuto, agguantando con una certa possessività i polsi della ragazzina«di già?»
Crybaby osservò per un attimo i profondi occhi scarlatti del ragazzo.
Quello sguardo sprizzava malvagità pura, eppure qualcosa le imponeva di restare.
Durante quella breve compagnia non le era venuto da piangere nemmeno una volta.
Era come se ci tenesse a lei.
Ed era vero. Blurryface la voleva.
Era la preda perfetta, avrebbe preso il controllo di Tyler grazie a lei.
Bastava usarla nel modo giusto.
«Ti prego, resta.»
Crybaby non poté resistere a quelle parole.
Qualcuno voleva che restasse? Davvero?
Sentì le lacrime partire dal fondo della sua anima.
Era così triste che solo una persona, in tutto l'arco della sua vita, le avesse chiesto di restare.
Era davvero penosa.
Immatura e penosa.
Blurryface rivolse uno sguardo stranito alla ragazza.
Qual era il senso di quelle lacrime? Infondo gli sembrava di aver detto qualcosa di carino.
Sbuffò.
Forse Crybaby non era tutto questo granché.
Ma non poteva rincasare. Non adesso.
Tyler aveva il pieno controllo. Quell'idiota stava scrivendo a qualcuno di salvare la sua "sporca anima corrotta" e, finché avrebbe provato quell'insulsa sicurezza, Blurryface doveva tenersi lontano da lui.
Erano i loro patti.
Tyler scriveva; Blurryface doveva starsene alla larga.
Tyler non scriveva; Blurryface si divertiva.
La sua intera vita era dedita alla distruzione di quel ragazzo.
Voleva prendere il controllo del suo corpo.
Voleva essere vivo.
Tyler aveva il corpo e Blurryface lo voleva.
«Perché piangi?»domandò lui, cercando di sembrare cortese.
«Io piango sempre.»rispose quasi brutalmente.  Crybaby tra un singhiozzo e l'altro.
«Non è una cosa normale.»osservò Blurryface piegando la testa di lato.
Crybaby si zittì, accusando quel colpo in silenzio.
Non era normale. Lo sapeva.
Non c'era bisogno di ribadirlo.
"Bambina lagnosa, bambina lagnosa"
Una lacrima le rigò con dolcezza il viso per poi cadere a terra, sparendo.
La piccola ragazzina teneva il capo chino, non doveva farsi vedere in lacrime.
Decise di voltare i tacchi ed andarsene.
Avrebbe veramente voluto iniziare a correre fino a perdere il fiato per arrivare chissà dove.
Ma non poteva.
Doveva tornare a casa, oppure la mamma si sarebbe preoccupata.
Si incamminò con passo lento; voleva allontanarsi il più possibile da quel ragazzo così misteriosamente cattivo.
Blurryface capì di aver esagerato.
Cioè, non lo capì. 
Piuttosto lo intuì dall'espressione così triste della ragazza.
Non voleva ferirla, davvero non voleva.
Non voleva ferire nessuno che non fosse Tyler.
Blurryface non era cattivo. Voleva solamente vivere come una persona vera.
Ma c'era Tyler.
Quello sfigato era il suo unico ostacolo e lo avrebbe abbattuto. 
Cazzo, lo avrebbe fatto.
«Mi dispiace.»sussurrò a Crybaby prima che se ne andasse.
Non era sicuro che gli dispiacesse veramente.
Ma quelle lacrime grandi come palloni gli avevano smosso qualcosa all'interno e quella sensazione lo faceva stare male.
Che strani quei due.
Erano così diversi l'uno dall'altra.
Non c'era veramente niente che potesse legarli.
Veramente niente.
Niente di niente.
Niente.
Vero?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** C.2 ***



«Che cosa hai fatto?!»
«Ho solamente fatto amicizia.»
Tyler poggiò le fredde mani sulle tempie, massaggiandole con una certa violenza.
Non ci poteva credere.
Blurryface se n'era veramente andato a zonzo per dare fastidio ai vicini?!
Credeva di poterlo tenere sotto controllo per lo meno mentre scriveva, non pensava che quel mostro potesse girovagare per conto proprio.
A quanto pare stava prendendo potere ad una velocità impressionante. 
Ma Tyler sapeva spiegarselo.
Il trasloco era stato uno shock per quel povero ragazzo.
Non aveva niente di importante in quella squallida cittadina eccetto che per una persona: Josh.
Josh era il suo migliore amico, nonché l'unica persona a sapere del suo piccolo problemino con Blurryface.
Erano diversi, ma erano molto legati.
Tyler era un tipo emotivo e lasciava che gli altri controllassero la sua vita -primo tra tutti Blurryface-. Non riusciva ad imporre la sua personalità e preferiva isolarsi.
Josh era l'opposto. 
A lui non fregava un cazzo di niente e nel non aveva alcun genere di limite.
Evidentemente era per questo motivo che Josh aveva una così buona influenza sul Tyler.
Doverlo abbandonare è stata una tra le cose più difficili da fare.
E Blurryface ha colto la palla al balzo, minando più che mai la psiche del ragazzo così emotivo in quel momento di difficoltà.
Tyler non credeva di poter vincere contro quel mostro che lo tormentava da tempo immemore, ma avrebbe dato tutto se stesso per riuscirci.
«Devo andare a scusarmi con quella ragazza.»concluse Tyler parlando più con se stesso che con Blurryface (il che, tra l'altro, era un po' la stessa cosa).
«No, non puoi farlo.»replicò seccamente Blurryface seduto sulla piccola scrivania in legno della camera al piano di sotto.«Lei ti odia.»
Gli ci volle un attimo per assimilare quell'affermazione.
Odiare? Come era possibile?
Non aveva mai visto quella ragazzina, come faceva ad odiarlo?!
«Stai mentendo.»concluse lui con tono solenne.
Era l'unica spiegazione plausibile.
Un punto per te maledetto stronzo, pensò Blurryface abbassando lo sguardo.
Era stato beccato.
Tyler non voleva assolutamente uscire dalla sua casetta per andare a parlare con una completa sconosciuta, ma doveva farlo.
Altrimenti l'altro avrebbe vinto.
Sospirò profondamente mentre cercava di ignorare quel demone che continuava a ripetergli "non andare, non andare, non andare".
Scese giù in garage con quel monotono coro impresso nelle orecchie.
«Ti stai rendendo ridicolo.»gli disse mentre agguantava Silver, la sua vecchia bicicletta.
Blurryface scoppiò a ridere.
La risata sprezzante che solo lui sapeva fare.
La risata che tormenta Tyler da sempre.
«Vuoi veramente andare con quella?!»domandò Blurryface con tono sarcastico.
Tyler guardò la bici arrugginita, mordendosi il labbro inferiore con veemenza.
«Cos'ha che non va?»chiese in un sussurro con tono insicuro.
Il volto inespressivo del demone si piegò nel suo consueto ghigno diabolico che fece accapponare la pelle di Tyler.
Ce l'aveva in pugno.
Era suo.
«Ma non ti ricordi quello che ti dicono tutti?! "Svegliati, devi andare a far soldi!"»
Tyler serrò le labbra.
I suoi genitori gli e lo dicevano sempre.
Doveva crescere. Era un immaturo.
"Quando te ne andrai via e vivrai la tua vita?!" 
Gli sembrava che sua madre fosse lì accanto a lui, a rimproverarlo per l'ennesima volta.
Voleva essere un fratello migliore, un figlio migliore.
Voleva essere di buon esempio.
Ma in realtà era solamente una delusione per ogni membro della famiglia.
Tyler raccolse ogni briciola di coraggio che aveva in corpo per rispondere a quella beffa.
«Dimmi solamente dove vive quella ragazza.»
Blurryface rimase spiazzato.
Da dove arrivava tutta quella spavalderia?
Quel ragazzo stava acquistando davvero troppa sicurezza e Blurryface non voleva che i suoi sforzi venissero vanificati.
Urgeva fare qualcosa.
Ma qualcosa di grosso.
Doveva inventarsi un piano che distruggesse definitivamente quello sfigato.
Il trasferimento era stato un' ottima opportunità, ma aveva bisogno di tempo per guardarsi intorno, in modo tale da ideare una strategia.
Poco ma sicuro: Crybaby sarebbe stata parte centrale del "piano".
Non sapeva in che modo, ma era convinto la sua presenza sarebbe stata fondamentale.
Per ora si limitò solamente a scortare Tyler al parco nel quale aveva incontrato la bizzarra ragazzina.
A quell'ora del giorno era piuttosto affollato; le lezioni erano terminate e le madri stressate avevano deciso di portare i bambini a svagarsi.
Tyler si guardò intorno, leggermente destabilizzato.
Tutta quella gente lo turbava ed il pensiero della sua camera si insinuò nella sua mente.
Perché si era allontanato da quelle quattro mura così protettive? 
Quella gente lo stava fissando, facendolo sentire dannatamente fuori posto.
Tyler riusciva quasi a sentire i pensieri delle persone lì presenti.
Che cosa ci fa questo ragazzo in un posto del genere?
Non è un po' cresciuto per i parchi?
Perché non vive la sua vita?
Blurryface se ne accorse.
Agguantò il polso di Tyler, poggiando le sue gelide labbra sull'orecchio del fragile ragazzo.
«Perché non ce ne andiamo a casa, eh?»domandò con tono suadente.«Sono sicuro che ci divertiremo.»
Tyler lo spinse via, in un moto di repulsione.
Quella cosa lo disgustava.
Voleva che sparisse. 
Voleva che lo lasciasse in pace.
«Qual è la ragazza?»domandò in un sussurro, mantenendo lo sguardo vitreo davanti a sé.
Non voleva vederlo.
Magari sarebbe scomparso.
Blurryface sgranò i suoi occhi scarlatti per poi indicare con un dito ossuto una ragazzina seduta in disparte nella vasca con la sabbia.
Non giocava con gli altri.
Se ne stava lì, a costruire un piccolo castello di sabbia.
Tyler notò immediatamente che i suoi occhi erano lucidi e le sue labbra stavano tremando.
Sembrava sul punto di piangere.
Sospirò profondamente, preparandosi mentalmente un' ipotetica conversazione.
Fece cenno a Blurryface di seguirlo e si incamminò verso un'ancora sconosciuta Crybaby.
Non sembrava pericolosa.
Tutt'altro.
I due si infilarono nella vasca della sabbia, costringendo i bambini più minuti ad andarsene.
Crybaby alzò lo sguardo, incrociando gli occhi scuri di Tyler che troneggiava sopra di lei.
Solo in un secondo momento si accorse la presenza di quel parassita di Blurryface.
Tyler abbozzò un timido saluto con la mano destra, rivolgendole un sorriso sbilenco.
«Tu somigli a lui.»annunciò Crybaby mentre i suoi occhi giganti guizzavano da Tyler a Blurryface.«Eppure non siete identici.»
Ed era vero.
Erano assai simili, ma non uguali.
Solo Crybaby si era accorta di quella differenza finora.
«Volevo chiederti scusa per il suo atteggiamento.»disse solennemente Tyler, puntando l'indice verso Blurryface, senza il minimo ritegno.
Crybaby rimase leggermente interdetta da quel gesto, lei non avrebbe mai indicato qualcuno in pubblico in un modo così brutale.
I suoi genitori le avevano insegnato cosa fosse l'educazione.
Certo, i loro modi non erano sicuramente convenzionali, ma, in un modo o nell'altro avevano funzionato.
«So che ti ha fatto piangere.»continuò il ragazzo somigliante all'amico di Crybaby.«E poi non ti ha detto cose particolarmente gentili sul mio conto.»
«Che cosa ti ho detto su di lui, Crybaby?»domandò Blurryface ridacchiando maliziosamente.
La stava incalzando.
«Che è un idiota!»esclamò la ragazzina, contenta di aver dato soddisfazione all'amico.
Blurryface sorrise, contento delle parole della ragazzina, e le batté un cinque.
Era così obbediente, come un animaletto.
Tyler, invece, era spiazzato.
Avrebbe voluto scavare una buca in quella minuscola vaschetta di sabbia e sotterrarsi per sempre.
Voleva morire.
Perché l'altro vinceva sempre? Che cosa stava sbagliando?
«Ma a me non sembra così idiota.»aggiunse infine Crybaby, usando la sua paletta in plastica rosa per smuovere la sabbia.
Tyler sorrise amabilmente, avrebbe voluto abbracciare la ragazzina dagli occhi giganti, ma si trattenne.
Stavolta aveva vinto lui. Il controllo era suo.
Si voltò verso il suo demone, rivolgendogli un occhiolino per stuzzicarlo.
Esattamente come faceva lui.
Blurryface andò in bestia. 
Avrebbe voluto prendere quell'idiota e strangolarlo con le sue stesse mani finché la vita non avrebbe abbandonato quell'insulso corpo.
Il corpo che lui desiderava con tutto se stesso.
«Vi andrebbe di venire a casa mia?»domandò timidamente Crybaby, intuendo la tensione nell'aria.
Sapeva che non avrebbe mai dovuto chiamare nessuno nella sua casetta e sicuramente sarebbe andata incontro ad una punizione.
Si morse il labbro inferiore con una certa violenza mentre le lacrime cominciarono ad affiorare. Di nuovo.
Non avrebbe dovuto farlo.
Cominciò a maledirsi mentalmente dopo che Tyler accettò felicemente l'invito.
Stupida bambina immatura.
Stupida stupida!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** C.3 ***



La casa di Crybaby sembrava una reggia.
Era una gigantesca villa a due piani e tutto era curato nei minimi dettagli.
Il porticato, il giardino, persino la porta era spaventosamente perfetta.
Tyler era leggermente inquietato da quella casa delle bambole.
Blurryface, invece, adorava l'aria oscura che si respirava. Riusciva a percepire la malvagità che aleggiava in quel luogo.
Quanto a Crybaby, lei era terrorizzata.
Aveva paura di quello che avrebbe trovato dietro quella porta.
Già sentiva i lamenti di sua madre che, probabilmente, era già ubriaca.
E suo fratello? Quale nuovo tipo di droga stava sperimentando nella sua camera?
Suo padre?
Beh, suo padre sicuramente non era in casa. 
Tornava solamente per i pasti e poi partiva per stare con chissà quale donna.
Crybaby odiava la sua vita.
La odiava tanto.
Una bambina normale non doveva vivere in una casa come quella. Una bambina normale sarebbe andata a scuola, non si sarebbe fatta istruire da una madre alcolizzata.
Una bambina normale si sarebbe divertita con suo padre, non avrebbe dovuto ascoltare le sue innumerevoli conquiste.
Una bambina normale avrebbe condiviso i segreti con suo fratello, non ne sarebbe stata terrorizzata.
Ma Crybaby non era una bambina normale.
E proprio mentre formulava questo pensiero una lacrima sbucata dai recessi della sua anima si frantumò a terra.
I due ragazzi se ne accorsero, ma fu Tyler a poggiare una mano sulla spalla della ragazzina, in segno di conforto.
Non conosceva il motivo di quella lacrima così densa, ma voleva starle vicino.
Infondo lei era stata così gentile con quei due.
Blurryface alzò un sopracciglio con fare circospetto, ma non agì in alcun modo.
Stava solamente osservando.
Avrebbe illuso Tyler.
Gli avrebbe lasciato prendere le redini per un po'; gli avrebbe fatto credere di star vincendo.
Gli avrebbe lasciato il tempo per affezionarsi e poi lo avrebbe pugnalato.
Oh, sì, avrebbe fatto tanto male.
Le sue labbra si piegarono in un ghigno compiaciuto.
Lo avrebbe distrutto.
Crybaby si decise ad aprire la porta ed entrò, seguita a ruota dai due ragazzi.
Blurryface si richiuse la porta alle spalle per poi inspirare profondamente, sentendosi più vivo che mai.
L'aria di pura malvagità che si respirava in quel luogo lo faceva stare bene.
La maggior parte delle persone non faceva caso all'eccessivo odore di candeggina che aleggiava nell'aria; si limitavano a guardarsi attorno, stupefatti, e a complimentarsi del bell'aspetto di quella casetta.
Ma Blurryface non faceva parte della "maggior parte", lui era la malvagità.
Lui riusciva ad avvertire quell'odore di cadavere in decomposizione che la candeggina cercava di nascondere.
Riusciva ad avvertire la puzza di morte sotto quella maschera di profumo.
«Mamma!»chiamò Crybaby con voce cantilenante, sperando vivamente che non si sarebbe fatta vedere.
Seguì un tonfo sordo.
Evidentemente aveva appoggiato la bottiglia sul tavolo con la sua solita grazia.
«Che c'è?!»domandò di rimando una voce gracchiante e bassa.
Tyler rabbrividì.
Non sembrava affatto la voce di una donna, era più un lamento.
Un qualcuno che implorava la morte.
«Abbiamo ospiti.»replicò la ragazzina con un sussurro.
«Ospiti?»
La voce gracchiante di prima era totalmente cambiata.
Adesso aveva un tono acuto, molto signorile e risoluto.
Si udì lo stridore di una sedia a terra, seguito dal tonfo dei tacchi della proprietaria di casa.
Si stava dirigendo verso di loro.
Proprio quello che Crybaby voleva evitare.
Una donna dall'aspetto elegante, vestita in una maniera impeccabile e dal portamento degno di un regale fece capolino nel salotto.
Blurryface non poté fare a meno di chiedersi se la voce gracchiante di poco tempo fa appartenesse veramente alla madre di Crybaby.
Tyler, ovviamente, si fermò solamente all'apparenza.
Era una donna così bella, quasi quasi voleva che fosse sua madre.
«Crybaby, sai che devi avvisare quando ci sono ospiti.»disse lei con tono melenso mentre si sorreggeva allo stipite della porta, evidentemente troppo brilla per stare in piedi.
Ecco, quello era un modo molto velato per dirle "Brutta testa di cazzo, nessuno deve entrare in questa casa, mai".
«Mi dispiace, mamma.»balbettò lei tenendo lo sguardo basso.«Ma staremo in camera mia senza disturbare. Tu potrai fare tranquillamente qualunque cosa tu stessi facendo.»
Sua madre non parve apprezzare particolarmente quell'ultima frase, infatti guardò la figlia con un misto di disgusto e odio.
«D'accordo.»replicò infine con tono neutro.«Divertitevi ragazzi.»
«Arrivederci signora!»gridò Tyler scuotendo la mano esageratamente.
Aveva un sorriso così innocente stampato sulla faccia.
Era completamente ammaliato dalla bellezza di quella casa e dai modi di quella donna. Si era innamorato di quel posto.
Blurryface gli lanciò uno sguardo torvo.
Possibile che fosse davvero così stupido?
Non aveva ancora intuito tutta la sofferenza di Crybaby?
Lui era riuscito a capirla. Ma non gli importava.
Non voleva risollevare il morale di quella ragazza, a meno che non fosse servito per annientare Tyler.
In quel caso l'avrebbe resa la ragazza più felice della terra.
I tre salirono al piano di sopra, accompagnati da un silenzio tombale.
Non avevano niente da dirsi.
I loro occhi parlavano per loro.
Percorsero un piccolo corridoio fino ad arrivare all'ultima porta a destra.
Crybaby la spalancò con un gesto meccanico per poi invitare i due ad entrare nella sua piccola cameretta.
Una sola parola balzò nella mente di Blurryface e Tyler: infantile.
Ogni cosa lì dentro era maledettamente infantile, a partire dagli innumerevoli peluches sparsi sul pavimento fino al letto -che era più una culla gigantesca-.
Crybaby non si preoccupava dell'arredamento, tutto quello per lei era la normalità.
Si sedette a terra, iniziando a giocare con dei cubi con delle lettere intagliate sopra.
Gli altri due esitarono e solo Tyler decise di raggiungere la ragazzina. 
Le sembrava così triste.
Il ragazzo emotivo si sedette a terra, prendendo un treno giocattolo per poi iniziare a passarlo sul tappeto color rosa confetto.
Troppi pensieri cominciarono a passargli per la testa che si riassumevano con una parola: ansia.
L'ansia di non essere abbastanza.
L'ansia di rimanere solo.
L'ansia della quale Blurryface si nutriva.
Il parassita sorrise soddisfatto, non aveva fatto niente.
Tyler poteva benissimo distruggersi da solo.
«Non sembri felice.»la voce delicata di Crybaby distrusse quel muro di magico silenzio mentre le sue dita erano intente ad agguantare cubi giocattolo.
Tyler alzò lo sguardo, piuttosto sorpreso di quell'affermazione.
«Nemmeno tu.»replicò lui, smettendo di giocare con il piccolo treno.
«Ma io non sono mai felice.»rispose la ragazzina, scaraventando via un cubo con intagliata sopra un'inutile "Q".
«Stavo solamente pensando alla solitudine.»
Tyler si sorprese della rapidità con la quale aveva ammesso ciò che pensava.
Persino Josh doveva farsi pregare per farsi dire che cosa passasse nella mente dell'amico.
Tyler aveva letto da qualche parte che le persone tendono a fidarsi degli sconosciuti e non poteva essere più d'accordo.
«Ma non sei solo.»osservò Crybaby, piegando la testa di lato.«Tu sei con me e poi c'è anche lui.»
E puntò un dito contro Blurryface.
Sì, stava indicando, ma era in casa quindi era perdonabile.
Tyler osservò il suo demone, soffermandosi sugli occhi rossi come quelli di un demone per poi spostare lo sguardo su Crybaby.
«Sai, preferirei che non ci fosse.»sussurrò alla ragazzina.
Blurryface doveva intervenire.
Non gli piaceva la piega che la situazione stava prendendo.
Quei due insieme lo indebolivano, ma Blurryface sapeva che dal male poteva nascere del bene.
Crybaby era un'occasione.
Il demone si stese sul tappeto, poggiando la testa sulle cosce di Tyler, guardandolo dritto negli occhi. 
«Fatto sta che io sono qui.»disse con fare risoluto.«E non me ne andrò mai.»
Tyler sgranò gli occhi, terrorizzato da quella risposta breve ma assai esplicativa.
Non se ne sarebbe mai liberato, avrebbe continuato a vivere la sua vita affiancato da quel parassita che lo avrebbe consumato lentamente.
Sarebbe morto con Blurryface.
Crybaby ridacchiò innocentemente, tappandosi la bocca con la mano come avrebbe fatto una signora.
Due paia di occhi si voltarono a guardare la ragazzina con sguardo interrogativo.
Che cosa c'era di divertente?
«Siete quasi carini.»disse lei ridacchiando.«E vi voglio bene anche se vi odiate.»
Ed era vero.
Crybaby voleva davvero bene a quei due ragazzi anche se li conosceva appena.
A lei piaceva considerarli i suoi primi amici.




_____________________________________________

Angolo autore(?)
Allora, sì, questo capitolo è particolarmente corto e non è niente di particolare.
Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito questa storia, non credevo davvero che fosse così interessante lol.
Vi giuro che con il prossimo capitolo proverò a farmi perdonare!
Strange_Guy99.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** C.4 ***



Crybaby aprì lentamente i suoi occhi.
Era stordita e stanca.
La luce filtrò e la ragazzina si rese subito conto che qualcosa non andava.
Non sapeva esattamente cosa, ma c'era qualcosa di dannatamente sbagliato.
La testa le girava ed aveva un sapore amaro in bocca.
Mise a fuoco lentamente l'ambiente che la circondava e capì di non essere a casa sua.
Era stesa sulla nuda terra.
La poca erba che cresceva su quel terreno grullo le carezzava il viso, facendole il solletico.
Si tirò su a sedere lentamente, cercando di reprimere un coniato di vomito che avvertì non appena si mosse mentre il panico esplodeva nella sua testa con la violenza di una bomba.
Dove era finita? Come era arrivata lì?
Ma soprattutto, perché non ricordava niente?
Tyler e Blurryface l'avevano salutata, se ne erano andati...e poi il vuoto.
Niente di niente.
Sentì il vomito salire dalle sue viscere e, in tutta risposta, iniziò a piangere.
Non le importava se i suoi singhiozzi fossero stati fragorosi o se le lacrime le avessero macchiato il vestito.
Non sapeva dove cazzo fossero andati i suoi ricordi.
Si guardò attorno, strappando dei ciuffi d'erba dal nervosismo.
Non capiva nemmeno dove si trovasse, intorno a lei c'erano solo erbacce e rifiuti.
Un flash.
Suo padre che rientrava in casa, accompagnato da schiamazzi e risate.
Smise immediatamente di singhiozzare.
Magari i suoi ricordi sarebbero affiorati lentamente.
Si asciugò le lacrime, cercando di consolarsi.
Era sola. 
Era stata abbandonata e non sapeva dove si trovasse.
Inutile dire che le lacrime tornarono ad affiorare.
Ma che cosa era successo?
Voleva urlare, voleva maledire quella stronza di sua madre.
Non sapeva perché, ma sapeva che infondo era colpa sua.
Lanciò via i ciuffi d'erba e decise di alzarsi in piedi.
Le sue gambe vacillarono pericolosamente.
C'erano state delle urla.
Suo padre aveva gridato qualcosa come:«Lo chiami un culo quello?! Noi lo chiamiamo silicone!»
La ragazzina si portò le mani sulla nuca, cercando di reprimere la fortissima emicrania.
Non era più così sicura di voler ricordare.
Iniziò a camminare, senza una destinazione in mente; infondo non sapeva nemmeno dove si trovasse.
Dopo quelle che sembravano ore un cartello sembrò sbucare dal nulla e Crybaby non poté fare a meno di chiedersi se quell'insegna esistesse veramente, magari stava anche soffrendo di allucinazioni.
“Luna Park! Ti aspettiamo!”
E l'enorme dito indice di un ridente clown che indicava alla sua destra.
La piccola bambina guardò quel cartello così sbiadito con aria circospetta, per poi voltare lo sguardo verso la direzione che indicava quel gigantesco dito.
Le sue labbra si piegarono in un innocente sorriso non appena vide la forma di una gigantesca ruota panoramica in lontananza.
Un sorriso che si spense non appena l'immagine di sua madre e suo padre che gridavano balenò nella sua mente.
C'era anche un'altra donna che puntava l'indice verso la mamma ridendo come non mai.
Ma che diavolo era successo?
Un brivido percorse la schiena di Crybaby che iniziò a correre verso il parco dei divertimenti ad una velocità impressionante.
Aveva un disperato bisogno di svagarsi.
I ricordi spuntavano come funghi dopo una notte di pioggia e si facevano sempre più terrificanti.
Voleva reprimerli con tutta sé stessa.
Stava molto meglio senza di essi.
Era tutto così contorto.
Altre urla. Spinte. Calci. Un bagliore. Sangue.
Crybaby iniziò a gridare, cercando di cacciare tutti quegli orribili ricordi.
«Basta! Basta!»urlò lei colpendosi più volte la testa.
Non era mai stata così disperata.
Non aveva mai pianto tanto quanto quel giorno.
Avrebbe voluto morire.
Vide il tappeto del salotto macchiato di sangue con due corpi stesi a terra, realizzando con orrore che uno apparteneva a suo padre.
Quell'orribile scena era governata da sua madre, che sovrastava i due corpi impugnando un coltello e che guardava i due cadaveri con sguardo disumano.
Il ricordo si interruppe bruscamente.
Crybaby stava tremando, le sue gambe vacillavano e lei si sentiva come vuota.
Aveva bisogno di sapere che cosa avesse spinto sua madre a compiere quel gesto, ma soprattutto aveva bisogno di sapere come fosse finita in quel luogo.
Ma un'altra domanda lampeggiava nella sua mente: chi era quella donna che scherniva in così malo modo la mamma?
Alzò lo sguardo e vide che l'insegna luccicante con su scritto "Luna Park" non era così distante.
Ma non le importava adesso.
Aveva troppe preoccupazioni per la testa e non riusciva a concentrarsi su altro che non fosse la misteriosa donna.
Sgranò gli occhi.
«Stupida bambina idiota!»gridò lei, maledicendosi.
Era ovvio che fosse l'amante di suo padre!
Quel coglione doveva averla portata in casa, ma non pensava minimamente di trovare l'amabile mogliettina sveglia.
Affondò il volto tra i palmi delle mani.
Perché non poteva crescere in una famiglia normale?
Che cosa aveva aveva fatto per meritarsi tutto questo?
Si guardò intorno spaesata.
Tutte le luci delle attrazioni la urtavano e rasserenavano allo stesso momento.
Voleva godersi quella piccola gita al luna park, ma c'erano così tante preoccupazioni nella sua testolina.
Camminò a vuoto, senza incontrare anima viva, continuando a disperarsi.
Io non sono una bambina normale, pensò lei mentre una lacrima le carezzò la guancia destra.
Poi una mano calda le afferrò gentilmente il mento, costringendola ad alzare lo sguardo.
Ciò che vide fu il colore del ghiaccio.
Poi si rese conto che erano due occhi, che erano puntati dritti verso i suoi come se volessero leggere la sua anima.
I due occhi glaciali appartenevano ad un ragazzo tanto bello da sembrare finto.
I capelli color grano erano ritti sulla sua testa, la sua pelle era così bianca da sembrare quella di un dio e aveva una corporatura molto muscolosa.
Tutti i pensieri, i ricordi e le preoccupazioni svanirono col contatto di quel meraviglioso ragazzo.
«Perché piangi?»domandò lui con voce calda e suadente.«C'è solo una regola in questo posto: le lacrime sono vietate.»
E le sue fini labbra rosee di piegarono in un sorriso enigmaticamente malizioso.
Crybaby non era in grado di replicare; era rimasta abbagliata da così tanta bellezza.
Si limitò a balbettare qualcosa di incomprensibile mentre la grande mano dello sconosciuto avvolse la sua, coprendola quasi totalmente.
Crybaby non oppose la minima resistenza e si lasciò trascinare dal misterioso ragazzo del luna Park. 

*

Blurryface si stava annoiando, tantissimo.
Tyler stava scrivendo qualcosa tipo che "stava cadendo", aveva "pensato troppo" e "stava prendendo tempo".
Non che gli importasse qualcosa di quello sfigato, ma quando lo stronzo scriveva lui non poteva fare niente.
Così aveva optato per una passeggiata andando in perlustrazione per il piccolo paesello, ma finendo con l'imbattersi in un luna park poco dopo fuori città.
Non aveva niente di meglio da fare così decise di buttarsi in questa piccola avventura.
Ma era tutto così bizzarro.
Le attrazioni funzionavano, la musica suonava e le luci lampeggiavano con i loro vari colori benché non ci fosse nessuno.
Era solo. 
Solo con un'altra presenza che continuava a seguirlo, urtandolo non poco.
Era un uomo dalla faccia grigia che continuava a sbucare da ogni angolo, scrutandolo attentamente con i suoi grandi occhi inesistenti.
Avrebbe voluto colpirlo, ma sembrava una persona innocua e poi lo affascinava.
Sembrava l'anima di quel posto.
Continuò a girovagare, osservando attentamente le attrazioni.
Quel posto era misteriosamente interessante, sembrava tutto un'allucinazione.
Era tutto così dannatamente effimero.
L'uomo dalla faccia bianca passò accanto a lui, di nuovo.
Blurryface lo seguì con lo sguardo, per capire che cosa cazzo volesse ed in tutta risposta lui gli fece cenno di seguirlo.
Il demone lo guardò, interdetto.
Seguirlo? Perché?
Aveva sentito molte storie che iniziavano così e non finivano mai bene.
L'uomo si fermò a qualche passo di distanza, osservando Blurryface con i due buchi neri che si trovava al posto degli occhi.
Il mostro non si fece intimorire minimamente e decise di buttarsi.
Le sue gambe, scure come la notte si mobilitarono, e seguirono quella bizzarra creatura del luna park.
La sua andatura era molto lenta, ma sapeva benissimo dove doveva andare.
È come se avesse voluto invitare Blurryface a godersi il paesaggio circostante e non impuntarsi solo sulla meta.
Beh, Blurryface non era questo genere di persona.
Lui voleva tutto, subito.
In poco tempo giunsero ad uno splendido carosello: enorme, luminoso che girava ad una velocità impressionante.
E girava e girava in un moto ipnotico che sembrava non fermarsi mai.
L'uomo dalla faccia grigia di fermò lì davanti, guardando dritto davanti a sé, come se si fosse assentato.
Era evidente che voleva portare Blurryface proprio lì.
Ma perché? C'era solo quel velocissimo e bellissimo carosello.
Poveri ragazzini che girano così velocemente, pensò lui.
Effettivamente la velocità di quella giornata era insolitamente elevata.
Avvertì un grido decisamente troppo familiare provenire da uno dei cavalli colorati e non appena vide una striscia di capelli bicolore capì che l'unica altra forma di vita in quel Luna Park era Crybaby.
I loro destini erano inesorabilmente intrecciati.
Non capì immediatamente che cosa stava succedendo; si guardò intorno spaesato e vide il ragazzo dai capelli di grano che stava osservando il carosello ridendo come non mai.
Che cosa aveva fatto a Crybaby?
Doveva pensare in fretta.
Non che volesse aiutarla, ovviamente, a lui serviva.
Serviva per annientare Tyler.
Si diresse quindi verso quel ragazzo troppo perfetto per esistere veramente.
«Ferma questa fottuta giostra.»ringhiò lui con tono minaccioso.
Gli occhi azzurri del ragazzo si fermarono su Blurryface guardandolo con un misto di scherno e superiorità.
I suoi nervi saltarono immediatamente.
«Sono cattivo fino all'osso.»sussurrò lui, serrando la mano scura attorno al collo del ragazzo, stringendo sempre di più con un sorriso malvagio impresso in volto.«Ho visto le strade che percorri, e ti conviene essere buono con me.»
Il ragazzo sgranò gli occhi, cercando di liberarsi dalla presa così salda del demone, ma quel sorriso lo inquietò non poco.
Tutto muscoli e niente cervello, pensò Blurryface.
«Va bene.»sussurrò il ragazzo del Luna Park con voce strozzata.
Il demone lo lasciò è quello sconosciuto si diresse verso una leva di metallo per poi abbassarla, con aria sconfitta.
Blurryface avrebbe voluto ucciderlo lì, in quel fottuto Luna Park.
La giostra si fermò con un cigolio e Blurryface si diresse verso il cavallo di Crybaby sorridendo per schernirla.
Infondo quel ragazzo era geniale.
Aveva legato mani e piedi della ragazzina al cavallo, per farle godere quell'infinito giro.
La cattiveria del biondo era notevole.
Blurryface sciolse i nodi, liberando la ragazzina macchiata di lacrime e vomito color rosa fluorescente.
Era in uno stato pietoso.
Guardò Blurryface con fare supplicante sussurrando un "grazie" tra un singhiozzo e l'altro.
Il demone la guardò, per nulla impietosito per poi prenderle la mano e andarsene da quel miraggio.

_

Yo, you bulletproof. Okay, vi voglio dire che sì, questo capitolo non ha molto senso, ma sono abbastanza soddisfatto perché amo le cose così oscure.
C'è qualche riferimento alle canzoni di Mel e dei Tøp (non sono i primi ovviamente lol) e voglio vedere se li trovate.
Ciah.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** C. 5 ***



I giorni passavano alla svelta e la vita del nostro "più-duo-che-trio" procedeva nella sua inconsueta normalità.
Crybaby era tornata nella sua casetta ed aveva risolto il problema con sua madre.
Una soluzione un po' forzata, certo, ma era pur sempre una soluzione e la bambina ne era più che contenta.
Blurryface continuava il suo piano di distruzione e Tyler ne era sempre più spaventato.
Stava perdendo il controllo ed il campanello d'allarme era stato proprio l'episodio del Luna Park.
Blurryface non poteva compiere azioni umane.
Lui non poteva andarsene in giro e salvare ragazze dalle giostre impazzite.
Era inutile negarlo, il controllo stava passando in mano al demone.
La paura iniziava a controllare il povero Tyler.
Ma poteva contrastarla.
In quel periodo scriveva una quantità industriale di piccoli poemi che si divertiva a mettere in musica e ciò attenuava leggermente l'influenza del mostro.
Ma aveva scoperto un altro antidoto contro la paura.
Crybaby.
Sì, la ragazzina lo aiutava a sua insaputa.
Ma al tempo stesso aiutava anche Blurryface.
Il ragazzo si era affezionato, ma affezionandosi si era esposto.
Era il veleno e l'antidoto.
Odio et amo.
Come sarebbe finita non lo sapeva nessuno dei due, sapevano solamente che quella ragazza serviva ad entrambi.

*

Tyler percorse il vialetto di casa sua, tenendo due buste piene di cibo e bevande.
Era triste. Molto triste.
Blurryface lo stava torturando da quelle che sembravano ore solo perché aveva rovesciato un cartone di latte.
Non aveva nemmeno la forza di reagire, si stava spegnendo.
Tutto ciò che voleva era che quel mostro si tappasse quella cazzo di bocca e rimanesse in silenzio per sempre.
Invece no.
Continuava a parlare e parlare, senza fermarsi.
Magari si stancherà, pensava il ragazzo emotivo.
Ma non aveva capito che meno reagiva, più lui prendeva potere.
«Incredibile.»disse per l'ennesima volta Blurryface con il suo consueto ghigno impresso sulla faccia«Ti stavano guardando tutti!»
Ma Tyler non lo ascoltava più; un piccolo biglietto bianco attaccato con dello scotch alla porta di casa sua aveva attirato la sua attenzione.
Lo prese delicatamente tra le mani.
«Vuoi tapparti quella boccaccia?!»sbottò.
E il parassita fu costretto ad obbedire.
Il biglietto era scritto in una calligrafia tanto infantile quanto elegante che collegò immediatamente a Crybaby.
Diceva: “Non lo sopporto più, oggi alle 4 venite a fare merenda da me ed aiutatemi a sbarazzarmi di lui.
Baci, Crybaby."
Appunto.
Ma che cosa voleva dire? Chi non sopportava più? Perché voleva sbarazzarsi di lui?
«Oh, deve parlare del suo ragazzo.»disse Blurryface da dietro la spalla di Tyler con una punta di amarezza nella voce.
Tyler sgranò gli occhi, stupefatto ma anche leggermente ferito.
«Ragazzo?»chiese cercando di mantenere un tono disinteressato.«Non l'ho mai vista con nessun ragazzo!»
«Io sì.»replicò seccamente lui.«Erano al parco insieme, mentre tu scrivevi.»
Tyler voleva piangere e non sapeva perché.
Crybaby aveva un ragazzo. Lui non aveva una ragazza.
Sapeva che non doveva importargli, ma questa sensazione di inferiorità lo feriva profondamente.
Forse era stupido ma credeva di avere una sorta di legame con la bambina.
Quanto a Blurryface, non lo avrebbe mai ammesso, ma anche lui infondo all'anima era leggermente ferito.
Il che era un bene per lui, significava che si stava avvicinando al provare sentimenti umani e che, quindi, stava prendendo il controllo.
Sorrise non appena percepì la tristezza del ragazzo.
La sua intuizione era giusta, Crybaby gli serviva.
«È così triste.»sussurrò Blurryface all'orecchio di Tyler.«Per lei non vali niente.»
Tyler serrò le labbra, cercando disperatamente del coraggio.
«Se vuole liberarsene è perché le cose non vanno bene.»fu l'unica risposta che gli venne in mente.«E poi è nostra amica, dobbiamo aiutarla.»
«Io l'aiuterò.»rispose con orgoglio il parassita.«Tu osserverai e basta, come sei solito a fare.»
Seguì un attimo di silenzio.
«Non questa volta.»sussurrò Tyler accartocciando il biglietto.
Merda, pensò Blurryface.

*

Crybaby aveva appoggiato la testa sulla sua mano, osservando il suo bellissimo Johnny mentre parlava e parlava, ma non emetteva alcun suono.
Quando lui parlava il cervello di Crybaby si scollegava e tutto quello che poteva fare era osservare quel ragazzo di porcellana.
Era insopportabilmente carino.
Era saccente, tremendamente noioso e esageratamente orgoglioso delle sue doti intellettuali.
Ma era così affascinante. E odioso.
I sentimenti che Crybaby provava erano contrastanti, ma doveva liberarsi di quello stronzo.
Almeno per un po'.
Johnny schioccò ripetutamente le dita per attirare l'attenzione della bambina.
«Hey, mi senti?!»domandò sarcastico lui.
Crybaby mugugnò un grugnito d'assenso a annuì senza troppa convinzione.
«Un po' di portamento!»disse lui con voce lamentosa. Si lamentava sempre.«Non sei una bestia...oh, le bestie. Sai qual è la mia bestia preferita? Il leone. Devi sapere che il leone...»
Ed iniziò un altro dei suoi sproloqui, vomitando su Crybaby una quantità industriale di parole di una difficoltà indescrivibile.
La ragazzina prese qualche cubo di legno, iniziando a compitare la sua frase preferita.
Due semplici parole, una soddisfazione immensa.
"Fuck you". "Fottiti".
Quel ragazzo pensava di essere più intelligente di lei, con tutte le sue orribili poesie e il suo alfabeto così forbito e aulico.
Beh, lei voleva solo mandarlo a fanculo.
Non appena pose l'ultimo cubo con intagliata una "U" il campanello suonò ed un gigantesco sorriso comparse sulla bocca della ragazzina.
«Chi è?»domandò Johnny, sgranando gli occhi scandalizzato non appena si accorse dell' "opera letteraria" di Crybaby.
«I miei amici!»esclamò lei, balzando in piedi per poi dirigersi verso la porta.
«Non doveva essere un appuntamento?»
«Appunto, DOVEVA essere un appuntamento.»rispose soddisfatta lei per poi spalancare la porta.
Assalì letteralmente i due ragazzi identici, avvolgendo le braccia ai loro colli.
«Vi prego.»sussurrò Crybaby con gli occhi che brillavano.«Mandatelo via.»
«Va bene, va bene.»Blurryface sorride soddisfatto, rimboccandosi le maniche per mostrare i muscoli ed entrare in casa.«Dove si trova quest'idiota?!»
«Fermati.»ordinò Tyler con tono insicuro.
Non sapeva perché lo avesse fatto.
Non era per ricordare a Blurryface chi avesse il controllo.
No, stavolta non era lui la persona a cui voleva dimostrare il suo coraggio.
Il suo bersaglio era Crybaby.
Voleva dimostrarle che anche lui avrebbe potuto salvarla da una giostra impazzita.
Si chiama orgoglio maschile.
«Vorresti pensarci tu?»domandò il demone con tono di scherno, guardando Crybaby.«Lui non riesce nemmeno a sfogliare un libro senza tagliarsi con la carta.»
Ma gli occhi di Crybaby erano rivolti verso Tyler adesso.
Quel ragazzo così introverso stava cercando di essere coraggioso e la ragazzina stava apprezzando davvero tanto quel gesto.
«Lo batterò al suo stesso gioco.»sussurrò il ragazzo prima di prendere posto nella sala accanto, vicino al suo nemico.
«Ciao.»si presentò allegramente lui.«Io sono Tyler.»
«Tyler: "T", "Y", "L", "E", "R". Troppo facile.»ridacchiò il ragazzino, facendo uno spelling correttissimo del nome del ragazzo emotivo.«Il mio nome è Johnny.»
Com'è superbo, pensò Tyler alzando gli occhi al cielo.
Odiava le persone come lui: bello, ma senza alcuna qualità.
Un finto intellettuale.
«Johnny: "J", "O", "H", "N", "N", "Y", giusto?»domandò, facendo uno spelling perfetto in un tempo assai minore impiegato dal ragazzo di Crybaby.
«Giustissimo.»sibilò in tutta risposta, offeso nel profondo nell'anima.
La gara aveva ufficialmente avuto inizio.
I due ragazzi iniziarono una forbitissima e all'apparenza normalissima conversazione.
Ma non c'era niente di normale in quella situazione; quella era una vera e propria competizione di conoscenza.
Era poco più di un gioco a chi ne sapeva di più.
Tyler non aveva la più pallida idea di ciò che stava facendo, non si considerava un ragazzo intelligente né tantomeno scarso.
Ma per esiliarsi leggeva un sacco di libri, metteva parole in poesia e questo era un modo per allenare la sua mente.
«Potresti andartene?»domandò infine, orgoglioso della sua interminabile tesi sul suo argomento preferito: la sua mente contorta.
«Come scusa?»domandò Johnny, scuotendo la testa come un idiota.
Era confuso da tutte quelle frasi e quella domanda riuscì a spiazzarlo ulteriormente.
È divertente avere il controllo, pensò Tyler ridacchiando divertito.
«Andartene.»ripeté con tono gentile.«Sai, Crybaby non ti sopporta più e vorrebbe un po' di tempo.»
Crybaby scosse la testa, ridestandosi dai suoi pensieri che esplosero come una sottile bolla di sapone.
Ciò che diceva Johnny non la toccava minimamente, gli argomenti di Tyler, al contrario, avevano un ché di affascinante.
Si vedeva che parlava con i sentimenti e che non aveva solamente imparato mozioni a memoria.
La ragazzina sorrise incantata non appena sentì chiamare il suo nome dalla voce di Tyler che si era fatta così calda e protettiva.
«Oh.»Johnny l'intruso annuì perplesso per poi alzarsi e prendere la giacca.«Certo, certo.»
Continuò ad annuire con quell'espressione da idiota stampata in volto mentre Tyler lo scortava gentilmente fuori dalla deliziosa casa.
Non appena la porta si chiuse delle labbra calde di poggiarono sulla guancia del ragazzo emotivo, schioccando un sonoro bacio.
Crybaby sorrise in un certo senso imbarazzata.
«Grazie.»sussurrò quasi impercettibilmente.
Blurryface osservava, più infuriato che mai.
Come aveva osato?!
Serrò i pugni fino a farsi male.
Il sangue ribolliva, facendo pulsare violentemente le vene.
No! Non poteva essere dimenticato!
Doveva vivere!

___________________

Okay, il capitolo è particolarmente corto ma a me piace tantissimo lol. Cioé, è il nonsenso e a me piace.
Poi boh, ditemi voi :p

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** C.6 ***



Crybaby agguantò il telefono con mano tremante.
Perché lo stava facendo? Lo odiava. Ma aveva tanto bisogno di qualcuno.
E poi era dannatamente bello.
Lo voleva.
Compose il numero con una lentezza che la spaventava.
Non appena il telefono squillò cacciò un sospiro per cercare di allontanare la tensione ed appoggiò la schiena sul bordo della vasca piena di bolle.
Guardò la saponetta.
Certo, dopo si sarebbe punita, ma ora voleva divertirsi un po'.
Al terzo squillo la sua voce non si fece ancora sentire e Crybaby iniziò a scoraggiarsi.
Forse lo aveva trattato troppo male.
«Joooohnnyyy.»lo chiamò con voce infantile, ignorando il fatto che non potesse essere udita.«Jooooohnnyyyyy.»
Un altro squillo, ancora senza risposta.
Scosse la testa mentre una lacrima cadde nella vasca, fondendosi con l'acqua e il sapone.
«Pronto?»domandò una voce profonda e calda, ma al tempo stesso molto insicura.
«Hey Johnny.»la ragazzina salutò, balbettando dalla felicità. Quasi non ci credeva.«Vorresti venire a casa mia?»
Seguì un attimo di silenzio che a Crybaby sembrò durare una vita.
Ti prego Johnny, supplicò lei mentalmente.
«Sì.»la sua voce suadente si fece risentire e la ragazzina si morse il labbro inferiore.
Era così dannatamente eccitante.
«Certo.»
Non ci poteva credere.
L'amava ancora? Dopo il modo in cui l'aveva trattato?
Dio, era così felice! Avrebbe voluto farsi stringere tra le sue braccia e, sì, avrebbe anche voluto baciarlo.
Era pronta per farlo.
Sentire le sue labbra così candide premute sulle proprie sarebbe stata la realizzazione di un sogno.
«Okay.»rispose lei cercando di mantenere un atteggiamento distaccato.«Ci vediamo dopo.»

*

Tyler e Blurryface erano diretti verso casa di Crybaby.
Non era passato molto tempo dalla loro ultima visita, ma volevano farle una sorpresa.
Persino Blurryface aveva voglia di vedere la ragazzina.
Certo, l'ultima volta non era andata bene, ma non aveva alcuna intenzione di farsi mettere di nuovo i piedi in testa da quello sfigato di merda.
Sarebbe stato lui il protagonista stavolta, non Tyler.
Il ragazzo lanciò un rapido sguardo al demone per poi piegare le sue labbra in un raggiante sorriso.
Era così dannatamente felice.
Era riuscito a vincere. Per una volta nella sua vita aveva battuto quell'insulso parassita.
Si sentiva bene.
Crybaby era una lacrima nel suo cuore.
Lo faceva sentire vivo, lo portava in alto.
La sua unica paura è che un giorno lo avrebbe lasciato cadere, facendolo sfracellare a terra.
Paura che gravò su di lui nel momento in cui i due incrociarono Johnny nella loro strada.
Era bagnato e si guardava intorno con fare ossessivo.
«Sembra un pulcino spaventato.»osservò Blurryface ridacchiando con fare sprezzante.
Johnny abbozzò un sorriso imbarazzato non appena incrociò lo sguardo degli altri due.
«Sai, ero da Crybaby.»pronunciò con fare solenne, guardando dritto negli occhi il povero Tyler.
Stavolta non riuscì a sostenere quello sguardo così orgoglioso.
I suoi occhi puntavano fissi a erra mentre nella sua mente malata cominciò a sfrecciare una quantità indefinita di pensieri.
Johnny e Crybaby? Perché è bagnato? Cos'ha Crybaby? Perché era a casa sua? Cosa è successo tra quei due?
Per poco la scatola di biscotti che aveva comprato lei non gli cadde dalle mani.
Voleva sparire e non tornare più. Voleva tornare a casa sua.
Blurryface era molto combattuto.
Quella era l'occasione d'oro; Johnny sarebbe stato un punto cardine nella distruzione di Tyler.
L'unica nota dolente è che quel ragazzino era una tra le persone più odiose che conoscesse.
In conclusione: avrebbe distrutto Tyler senza di lui.
Blurryface e Crybaby erano una squadra completa.
Non avevano bisogno di Johnny.
Ma il demone ignorava che persino Tyler e Crybaby erano una squadra.
Quei tre erano il più bizzarro triangolo che si sia mai visto.
«Non ricordo che qualcuno te lo abbia chiesto, pivello.»ringhiò Blurryface verso l'intruso che si fece immediatamente piccolo.«Sparisci.»
E, come un cane ubbidiente, se ne andò strisciando.
Gli occhi di Tyler si incrociarono con quelli del demone che lo interruppe non appena fece per aprire bocca.
«Non ti sto aiutando, sfigato.»disse agguantando il ragazzo emotivo per la maglietta.«Io ti distruggerò, ma lo farò da solo.»
Fu così che i dubbi di Tyler vennero schiariti prima ancora che nascessero.
I due non si scambiarono una parola finché non arrivarono a casa di Crybaby. Non che fosse una cosa insolita, quei due non parlavano mai.
Fu Tyler a rompere quell'insopportabile silenzio non appena notò che la porta era aperta.
«Dovremmo entrare?»domandò quasi con un sussurro.
Il demone non si degnò nemmeno di rispondergli: spalancò la porta ed entrò senza farsi alcun genere di problema.
Il ragazzo sospirò. Persino il suo demone lo snobbava.
La casa era completamente deserta e nemmeno le mosche si azzardavano ad interrompere quel surreale silenzio.
«Crybaby!»chiamò Blurryface con tono tutt'altro che rassicurante.«Dove cazzo sei?!»
Si sentì un rumore bizzarro e poi dei tonfi che dovevano essere dei passi molto pesanti, infine una porta al piano di sopra sbatté con una violenza che lascio sbigottiti entrambi i ragazzi.
I due corsero al piano di sopra, iniziando a smanettateci con ogni maniglia di ogni fottuta porta.
Ma di Crybaby nemmeno traccia.
Non era in camera sua, né in quella dei genitori, né tantomeno in quella del fratello.
Una singola serratura non scattò quando Tyler provò ad aprire la porta. Quella del bagno.
«Andate via!»una voce gracchiante si fece sentire dall'altra parte.
«Crybaby, vedi di aprire questa schifosa porta!»Blurryface scostò Tyler in malo modo, iniziando a bussare con il suo solito fare minaccioso.
Persino lui si stupì della sua preoccupazione nei confronti della ragazzina.
Perché le importava così tanto di lei? Era solo uno strumento.
Un inutile strumento.
«Non credo che così la convincerai ad aprire la porta.»sussurrò Tyler in quello che sembrava un moto di gelosia.
Dal bagno si sentì un singhiozzo che si tramutò rapidamente in un rumore gutturale che fece accapponare la pelle ai due.
«Crybaby, ti prego.»implorò Tyler cercando di aprire la porta inutilmente.«Siamo qui per te. Vogliamo aiutarti.»
Dall'altra parte la ragazzina si alzò dalla vasca insaponata, facendo gocciolare un misto tra acqua, lacrime e bava sul pavimento.
Nella mano destra teneva la saponetta con la quale si puniva quando diceva qualcosa di sbagliato.
E aver pronunciato la parola "amore" era dannatamente sbagliato.
Johnny l'avrebbe solamente fatta stare male, ma ne n'era accorta solamente quando ormai era troppo tardi.
Aveva bisogno di qualcuno. Aveva bisogno dei suoi amici.
Non si degnò nemmeno di vestirsi quando aprì la porta del bagno.
Era nuda come un verme. Questa cosa imbarazzò non poco Tyler, mentre Blurryface sembrò apprezzare lo spettacolo.
Dopo l'iniziale sbigottimento il ragazzo emotivo entrò nel bagno, agguantando un asciugamano color acquamarina per poi avvolgerlo attorno al corpo di porcellana della ragazzina in lacrime.
Il demone, invece, sfilò la saponetta consumata dalla mano delicata di Crybaby.
Sapeva che era un momento drammatico e il suo sarcasmo e la sua vera natura non sarebbero stati tollerati in una situazione del genere.
Cercò di tirare fuori il suo lato umano.
Osservò quel piccolo pezzo di sapone, non connettendo la sua correlazione con l'aspetto devastato della ragazza.
Poi i suoi occhi scarlatti si soffermarono sulle labbra candide della ragazza.
Oltre alla bava che colava in modo disgustoso c'erano anche delle piccole bolle.
E capì da dove provenivano quegli strani segni sulla saponetta.
«Perché lo hai fatto?»domandò Blurryface con tono serio, guardando dritto negli occhi giganti la ragazzina.
«È colpa di Johnny.»sussurrò Crybaby stringendosi nell'asciugamano, cercando di placare i brividi.«Le sue labbra avevano un sapore disgustoso.»
«Perché lo hai chiamato?»domandò Tyler con tono comprensivo, stringendo il corpo fragile della ragazza che scoppiò immediatamente in lacrime.
«Ero sola.»rispose lei in un flebile sussurro, stringendosi tra le braccia dell'amico che sorrise, nonostante fosse il momento meno adatto.
Quel contatto fisico era bizzarro, ma gli piaceva.
«Ma tu hai me.»replicò Blurryface, prendendo il dolce viso della ragazza, costringendola a guardarlo negli occhi.«Non sei mai sola.»
Tyler si sentiva di troppo adesso.
Tyler si sentiva di troppo sempre, ma in quel momento quella sensazione aveva toccato livelli fin troppo alti.
«Hai noi.»sussurrò il ragazzo emotivo, temendo di distruggere quel momento così intimo tra i due.
Blurryface spostò i suoi occhi scarlatti verso Tyler e sorrise.
O meglio, il suo volto si piegò in uno sbilenco e malato ghigno.
La ragazzina indietreggiò, spaventata.
Non era stato un gran consolatore.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** C.7 ***



“E spero vivamente che riuscirai a venire alla mia fantastica festa.”
Crybaby sorrise soddisfatta, lasciando la sua sbilenca firma in fondo al foglio di un color rosa pastello.
Era eccitatissima.
Tra qualche giorno sarebbe stato il suo compleanno e tutto doveva essere perfetto.
Aveva già tirato fuori gli addobbi: i cappellini, i festoni, le trombette... Aveva persino iniziato a preparare la torta.
Tutto sarebbe stato magico.
I suoi amici sarebbero venuti e le avrebbero portato un sacco di regali.
Tutti si sarebbero divertiti e l'avrebbero adorata.
"Crybaby questa è una tra le migliori feste del mondo!"avrebbero detto "Sei la mia migliore amica."
Riusciva quasi a sentire le loro voci nella sua testa.
Sorrise, saltellando fuori la sua casetta, diretta verso la cassetta delle lettere.
Non c'erano dubbi, sarebbe stato il giorno più bello della sua vita.
Imbucò le curatissime lettere ed alzò l'asticella rossa della cassetta della posta.
Il suo primo impulso fu quello di aspettare il postino per dirgli esattamente cosa fare e di minacciarlo di morte nel caso in cui avesse rovinato una singola missiva.
Ma poi si rese conto che aveva ancora una marea di cosa da fare e saltellò di nuovo dentro casa sua.
C'erano così tanti preparativi da svolgere.

*

Tyler rientrò in casa.
Era scosso. Molto scosso.
Blurryface era andato in giro da solo e, per quanto potesse sembrare una liberazione, non era una buona cosa.
Di solito se lo portava sempre in giro, come se fosse un cane molto molto seccante.
Quella volta, invece, il parassita era rimasto a casa. 
Aveva avuto la forza di opporsi agli ordini di Tyler.
Il potere che il demone stava acquisendo lo stava spaventando.
Non voleva essere rimpiazzato.
Singhiozzò al solo pensiero, lottando contro le lacrime.
Serrò i pugni mentre il suo corpo veniva colpito da violenti scossoni.
Non voleva essere rimpiazzato. Non voleva essere rimpiazzato.
Non voleva! Cazzo, non lo avrebbe permesso.
«Le tue lacrime sono sempre uno spettacolo magnifico.»la voce soddisfatta del demone fece capolino dalla stanza del ragazzo emotivo che non esitò minimamente a raggiungerlo.
Era vestito in un modo dannatamente formale: il cappellino rosso era stato tolto e messo nella tasca posteriore di un paio di pantaloni fin troppo eleganti per lui, la t-shirt sgualcita era stata sostituita da una maglia a tinta unita dalle maniche lunghe e un paio di vans a scacchi avevano preso il posto delle scadenti sneakers.
Tyler era perplesso. Dannatamente perplesso.
«Cosa stai facendo?»gli domandò, cercando di dimostrarsi sicuro di sé.
«Non è evidente?!»rispose il demone di rimando.«Mi sto preparando, idiota. Si dà il caso che io abbia una festa.»
Tyler sgranò gli occhi e scosse la testa.
Una festa? Come sarebbe a dire?!
Non poteva andare da nessuna parte senza di lui.
Era un fatto inconcepibile!
Blurryface stava veramente diventando più popolare di lui?
Questa cosa era dannatamente degradante.
Il ragazzo abbassò lo sguardo, chiudendosi in un totale mutismo.
Blurryface sghignazzò, orgoglioso del suo lavoro.
Adesso non era più così sicuro di sé quello stronzo.
Lo avrebbe buttato giù, lo avrebbe umiliato come non mai.
«Già, il compleanno di Crybaby. Non te lo avevo detto?»chiese il demone con il tono più falso del mondo.
Aveva elaborato il piano più cattivo che gli potesse venire in mente dopo che il postino si era presentato alla porta di casa.
«Ha invitato anche te, stupida testa di cazzo.»continuò, indicando l'invito color giallo acceso poggiato sulla mensola.
Tyler si buttò letteralmente sulla piccola lettera e la aprì, non mostrando il minimo rispetto per la busta.
L'intero invito servì a infondergli speranza.
Crybaby gli voleva ancora bene! Non preferiva il suo demone a lui.
Sorrise, felice di constatarlo, finché non arrivò alla data.
«Ma è oggi.»sussurrò, alzando lo sguardo verso Blurryface che iniziò immediatamente a sghignazzare.
«Ops.»si scusò lui, per niente dispiaciuto.«Mi sono dimenticato di avvisarti.»
Lo sorpassò, colpendolo alla spalla per poi dirigersi verso la porta.
Agguantò un vistoso pacchetto regalo con un enorme bigliettino che recitava quattro parole solenni: "con affetto da Blurryface".
Il nome di Tyler non era nemmeno menzionato.
«Beh, non credo che tu possa presentarti senza regalo, giusto?»domandò il demone sghignazzando mentre apriva la porta.«Ci si vede, sfigato.»
E uscì.
Tyler era senza parole. I suoi occhi puntavano fissi sul pavimento e non riusciva a finire di formulare un pensiero che subito un altro compariva.
Aveva perso? La sua vita era finita così? A causa di un invito nascosto?
Si morse il labbro inferiore, quasi fino a farselo sanguinare.
Era ovvio che non potesse farcela da solo. Aveva bisogno di un aiuto e Crybaby al momento non sembrava molto disponibile.
Non aveva alternative.
Agguantò il suo cellulare, guardandolo con un certo fare nostalgico.
Aveva paura di disturbarlo. Chissà cosa stesse facendo in quel momento.
Magari era in difficoltà anche lui.
Non essere stupido Tyler, lui non è mai in difficoltà.
Ricordò le dolci parole del loro patto, stretto prima che il ragazzo emotivo dovesse partire.
"Se tu dovessi mai essere in difficoltà, chiamami. Per qualunque stronzata."
Aveva già esitato abbastanza.
Digitò il numero e si portò il telefono all'orecchio.
In una frazione di secondo la sua voce calda e sicura si fece sentire e Tyler non poté fare a meno di sorridere come un ebete.
«Pronto?»
«Josh.»sussurrò lui.«Ho bisogno di te.»

*

Crybaby se ne stava in piedi.
Il pavimento era disseminato di pupazzi sventrati, la torta era spiaccicata sui muri, lo striscione era stato fatto a pezzi.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani, macchiate di glassa e cioccolato mentre le lacrime zampillavano copiose dai suoi occhi.
Nessuno si era presentato.
L'avevano lasciata completamente sola. Abbandonata a sé stessa.
Di nuovo.
Ma perché? Dove aveva sbagliato questa volta?
Voleva sparire.
Non riusciva a capire. Ogni anno si impegnava per pensare a giochi sempre più divertenti e, puntualmente, ogni anno nessuno si presentava.
Ma quel giorno aveva dato il peggio di sé, non si era limitata alle lacrime.
Aveva sfogato la sua rabbia, accanendosi contro qualunque cosa fosse alla sua portata.
Era così stanca di essere considerata nessuno.
Singhiozzò sonoramente mentre qualcuno iniziò a smanettare con la serratura della porta.
«Tanti auguri alla mia bimba.»disse Blurryface sempre più stranito mano a mano che entrava in casa.«Ma che diavolo è successo?!»
Crybaby corse verso il demone, abbracciandolo come se fosse la sua ancora di salvezza.
Poco le importava se gli stava appiccicando glassa ovunque.
Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno di chiunque.
«Non posso credere che tu sia venuto!»esclamò la ragazzina, sorridendo nel modo più candido possibile.
Anche Blurryface sorrise non appena si sciolse dall'abbraccio.
Non aveva paura. 
Tyler non poteva rubargli la scena ed avrebbe potuto godersi Crybaby tutto da solo per una volta nella vita.
Era felice per quella che sembrava la prima volta della sua vita.
«Non dovevo?»rispose ridacchiando per poi porgerle il pacchetto regalo.«Questo è per te. Buon compleanno, bambola.»
E le diede un tenero bacio sulla fronte, facendola arrossire.
Crybaby spacchettò immediatamente il suo agognato regalo e spalancò gli occhi dalla sorpresa non appena si rese conto che in una scatola erano state confezionate due bambole esattamente identiche a lei e Blurryface.
Tutto era rifinito nei minimi dettagli: i capelli bicolore di lei, il cappello rosso fiammante di lui.
Non si chiese nemmeno dove le prese.
Erano perfette.
«Sono bellissime.»sussurrò lei, mordendosi il labbro inferiore mentre teneva lo sguardo puntato su quel bellissimo dono.
Era tutto così perfetto.
Aveva un regalo, aveva un amico, casa sua non aveva il miglior aspetto, ma infondo cosa importava se si aveva un amico al proprio fianco?
Blurryface sorrise soddisfatto di sé. 
Non era un ghigno malefico, era un sorriso carico di sincerità.
«Tyler non è venuto?»domandò la ragazzina, alzando gli occhi verso il demone.
Il suo sorriso si spense immediatamente.
«No.»rispose seccamente.«Qui ci sono io.»
Crybaby annuì, per niente offesa o spaventata; ormai lo conosceva abbastanza.
Sorrise candidamente mentre una voce del tutto fuori luogo si fece sentire al di fuori della casa della ragazzina.
«UNO! DUE! TRE! QUATTRO!»
E poi quello che sembrava il suono di una batteria iniziò a diffondersi.
Il primo pensiero di Crybaby fu: speriamo che il vicinato non si arrabbi.
Il primo pensiero di Blurryface fu: li uccido.
Voleva ucciderli veramente.
Avvolgere le mani nere attorno ai loro colli e vedere la vita che li abbandonava lentamente.
Lo sfigato e l'imbecille.
Tyler e Josh.
Crybaby guizzò alla finestra, notando con piacere che una batteria era stata installata nel suo giardino e che un ragazzo dai capelli dallo stesso colore dello zucchero filato la stava suonando con foga.
Tyler era in piedi a pochi metri da lui, aveva un microfono in mano e se ne stava immobile.
Poi iniziò a cantare.
"Sometimes you got to bleed to know that you're alive and have a soul."
Parole belle, che continuavano a migliorare mano a mano che Tyler andava avanti.
Crybaby spalancò la finestra, poggiandosi al balcone tenendo gli occhi chiusi.
Era completamente inebriata da quella canzone che era il suo regalo di compleanno.
Tyler salutò timidamente la ragazzina mentre continuava a cantare, vomitandole addosso i suoi sentimenti sotto forma di canzone.
Sì, Crybaby lo faceva sentire vivo.
Blurryface si stava tappando le orecchie, implorando che le corde vocali del ragazzo emotivo sarebbero saltate in aria.
Quell'infame aveva rubato il SUO momento.
Per una volta stavamo parlando di Blurryface e Crybaby; non di Tyler, Blurryface e Crybaby.
Gli e l'avrebbe fatta pagare, a lui e a Josh.

_________________________

Non pensate che sia finito qui! Il Pity Party è solo all'inizio lol, ci sarà una seconda parte. Figuratevi se Josh rimane per così poco.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** C.8 ***



Alla fine di quell'esibizione improvvisata Tyler si buttò tra le braccia dell'amico batterista.
Era soddisfatto di quello che avevano fatto; il regalo di Crybaby era stato un successo.
«Di quello che hai fatto.»gli sussurrò Josh all'orecchio con un sorriso.«Questo è tutto merito tuo, io sono solo il sottofondo.»
Tyler alzò gli occhi, incrociando lo sguardo del batterista.
«Rimarrai per un po'?»domandò speranzoso.
«Rimarrò giusto per la festa di quella ragazza.»rispose Josh con un sorriso.«Sembra speciale.»
«Lo è, Josh.»rispose il ragazzo emotivo con un sorriso candido stampato sulle labbra.«Lo è eccome.»
«Allora va' da lei!»esclamò il batterista, sciogliendo l'abbraccio.«Io sarò alle tue spalle, sempre.»
Tyler osservò per un attimo l'amico con fare incerto.
Non voleva abbandonarlo, non dopo tutto questo tempo.
Ma voleva anche stare con Crybaby.
Sospirò, voltandosi e vide la ragazzina correre verso di lui a una velocità impressionante.
Spalancò le braccia, pronto ad accoglierla nel proprio petto.
Erano entrambi così felici.
La bambina si tuffò letteralmente su di lui, serrando le braccia attorno al suo collo e le gambe attorno ai suoi fianchi.
Tyler vacillò pericolosamente per un attimo per poi scoppiare a ridere e stringerla tra le sue gracili braccia.
Sembrava un orsetto di peluche.
«Grazie, grazie, grazie!»gridò euforica Crybaby, nascondendo la testa sul petto del ragazzo. 
«Buon compleanno, Crybaby.»sussurrò lui imbarazzato, carezzando con premura i capelli della ragazza.
Blurryface uscì di casa, raggiungendo quel quadretto felice.
Era di troppo, ovviamente, ma non gliene importava un emerito cazzo.
Quei due avevano ucciso il suo momento con Crybaby e lui era determinato ad assassinare brutalmente il loro.
Josh assottigliò lo sguardo non appena il demone osò avvicinarsi.
«Sparisci.»sibilò il ragazzo dai capelli rosa.«Non c'entri un cazzo in tutto questo.»
«Non sono qui per te, finocchio.»rispose di rimando Blurryface.«Piuttosto, Tyler, non ti sembra scortese imbucare un ospite indesiderato ad una festa di compleanno?»
Tyler deglutì.
Non ci aveva minimamente pensato. Forse doveva avvisarla, ma l'effetto sorpresa dove sarebbe andato a finire?
Chissà cosa avrebbe pensato Crybaby.
«Perché non lo chiedi direttamente all'invitata, invece che a lui?»domandò Josh di rimando mentre Blurryface cominciava a rendersi conto di non poter vincere finché Josh sarebbe rimasto con loro.
«Non è un problema.»rispose la ragazzina con fare incerto e lasciò andare Tyler, arrossendo vistosamente.«Infondo più siamo meglio è.»
I quattro rientrarono in casa.
Nessuno dei ragazzi si rese conto del casino che aleggiava in casa di Crybaby, o meglio, fecero finta di non rendersene conto.
Josh passò un dito sul muro, esattamente nel punto in cui la torta era stata lanciata per poi portarselo alle labbra.
«Sarebbe stata un dolce squisito.»disse tra sé e sé.
Tyler scoppiò a ridere, come se avesse sentito la battuta più divertente del mondo.
Adorava Josh con tutto se stesso.
Seguì un interminabile silenzio, interrotto solamente dai ticchettii dell'orologio a muro dalla forma di gatto.
«Tutto quello che avevo programmato è andato distrutto.»sussurrò Crybaby con voce tremante.«Questa festa fa schifo.»
«Non è vero.»replicò Tyler, rivolgendole un sorriso sincero.«Sono sicuro che ci inventeremo qualcosa.»
«Già, sono sicuro che ci inventeremo qualcosa.»annunciò Blurryface con fare acido, facendo il verso a Tyler.«Forza, idiota, inventati qualcosa!»
Tyler assottigliò lo sguardo.
Non era solo, aveva sia Crybaby che Josh. Quel giorno era invincibile.
Non aveva paura.
«Potrei farti fare un balletto, cantare una canzone o farti vestire da clown.»rispose il ragazzo non più molto emotivo.«Ti ricordo che sei roba mia e sono io ad avere il controllo.»
Crybaby si alzò in piedi.
«Vado a vedere se trovo qualche stuzzichino.»annunciò lei per poi andarsene in cucina.
Era ferita nel profondo.
Quello era il SUO compleanno.
La persona che doveva risplendere era LEI.
Non Tyler. Non Blurryface. Crybaby.
Ma non sembravano volerselo mettere in testa, era una continua gara tra loro due e non riusciva più a sopportarlo.
Singolarmente erano persone fantastiche, ma insieme erano insopportabili.
«Mi dispiace per il loro atteggiamento.»una voce totalmente fuori luogo fece capolino dalla porta della cucina.«La loro è una situazione un po' complicata.»
«Sono ingenua, non stupida.»rispose lei, versando dei biscotti confezionati in una ciotola.
Non aveva altro.
Josh sorrise cordialmente; aveva un temperamento strano, quella lì, ma gli piaceva.
«Cerca solamente di capirli.»disse il ragazzo dai capelli color zucchero filato.«Sono due opposti in continua lotta.»
Crybaby scosse la testa, guardando dritto negli occhi Josh.
Cosa si aspettava? Cosa voleva da lei?
Non lo conosceva nemmeno, ma qualcosa lo spingeva a fidarsi di lui.
Era magnetico.
«Voglio darti questo.»pronunciò come se avesse letto la ragazzina nel pensiero.
Le porse una piccola bottiglia di vetro con dentro uno strano liquido azzurro come il ghiaccio.
La bambina piegò la testa di lato, passando l'indice sopra il tappo di sughero, guardando la boccetta con sguardo interrogativo.
«Sono sicuro che capirai quando usarlo.»le sussurrò Josh, rivolgendole un enigmatico sorriso.«Buon compleanno, Crybaby.»

*

Il compleanno si rivelò un evento memorabile per quella ragazzina perennemente triste.
Tyler e Blurryface avevano deciso di mettere da parte le loro divergenze almeno per quel giorno. Era stato Josh a convincerli.
Crybaby si era inventata qualche gioco e, per quanti infantili fossero, i ragazzi si erano divertiti da matti.
Ovviamente non erano mancate le frecciatine di Blurryface e le risposte dei due musicisti, ma la ragazzina ormai non ci faceva più caso.
Era felice.
Per una volta era orgogliosa di dire che era felice.
Quella festa si era rivelata un successo e voleva che non finisse mai.
Ma, come tutte le cose belle, anche quel giorno giunse alla fine e i ragazzi cominciarono a sbaraccare.
«Di già?»chiese Crybaby quasi supplicandoli.
«Dobbiamo proprio andare.»rispose Tyler sorridendole candidamente.
«Grazie di tutto, bambola.»
Blurryface abbracciò la ragazzina, stringendola forte tra le sue braccia.
«Grazie a voi.»sussurrò lei all'orecchio del demone.
Blurryface si sentiva bene, nonostante dovesse condividere la scena con quello sfigato.
Lasciò andare Crybaby di controvoglia, guardandola andare verso il suo nemico con un certo dispiacere.
Sospirò sonoramente quando lasciò un bacio sulla guancia di Tyler.
Era stato battuto, inutile negarlo.
Non era la prima volta e non sarebbe stata l'ultima, ma avrebbe lottato con tutte le forze.
Blurryface doveva vivere. Tyler doveva andarsene.
«Siete stati indimenticabili.»esclamò la ragazzina, mordendosi il labbro inferiore.
Il ragazzo emotivo non poté fare a meno di sorridere, felice.
«Era proprio questo l'obbiettivo.»
«E, Josh, è stato un piacere conoscerti.»spostò lo sguardo verso il batterista, con fare imbarazzato.«Grazie ancora per quella...cosa.»
Josh rivolse un buffo saluto militare a Crybaby, mostrando il petto con fare orgoglioso.
Tyler spostò gli occhi verso il suo compare.
Se ne stava andando. Di nuovo.
Non avrebbe retto, non ce l'avrebbe fatta.
I loro sguardi si incrociarono e Josh sospirò.
«Vieni qui.»disse spalancando le braccia con un gesto amorevole.
Tyler si avvicinò, titubante, per poi abbracciare stretto il suo compare.
Sentì una lacrima corrergli lungo la guancia destra e sperò vivamente che nessuno l'avesse notata.
Blurrryface li guardava, disgustato e sentiva il disperato bisogno di intervenire.
«Volete anche una foto?»domandò sarcastico.«Josh deve andarsene e purtroppo non può tornare.»
Josh assottigliò lo sguardo, fulminando il demone con gli occhi.
«Non ascoltarlo.»sussurrò al ragazzo emotivo prima di sciogliere l'abbraccio.«Io credo in te.
Poi salì sul furgone e Tyler sentì un tuffo al cuore non appena venne messo in moto.
Josh se ne andò, accompagnato da quel perenne sorriso così dannatamente magnetico.
Il ghigno malvagio di Blurryface ricomparve non appena quel furgone di merda voltò l'angolo.
Lo avrebbe annientato.
«Andiamo a casa, piccolo Tyler.»canticchiò il demone, agguantandogli un polso.«Abbiamo così tante cose di cui discutere.»
Il ragazzo non poté fare a meno di seguirlo, sentendo un incredibile vuoto crescere passo dopo passo.

*

Crybaby gettò i festoni e le decorazioni nel cestino fuori casa, sospirando sonoramente.
Pulire il tutto era stata dura, ma il risultato era stato più che soddisfacente.
Le bambole donate da Blurryface erano state riposte nella camera della casa delle bambole della ragazzina, il motivetto di Tyler non riusciva ad uscirle dalla testa e la strana boccetta di Josh si trovava nella tasca dell'abito di Crybaby.
La prese, scrutando il liquido azzurro all'interno con fare circospetto.
Ancora non riusciva a capire a che cosa potesse servirle una cosa del genere, ma era di un colore veramente bellissimo e non riusciva a separarsene.
Si pulì le mani alle calze, incamminandosi verso casa quando il camioncino dei gelati le sfrecciò davanti accompagnato dalla solita canzoncina.
Effettivamente Crybaby avvertiva un certo languorino e un gelato sarebbe stata la perfetta conclusione per quella giornata.
Decise così di andare verso il camioncino.
Era sola e l'uomo davanti a lei era stranamente familiare.
Gli sembrava di vederlo ovunque in quel periodo.
Non ci fece molto caso e domandò all'uomo dannatamente somigliante a un lupo una coppetta di gelato alla fragola.
Lui scosse la testa, rivolgendole un inquietante sorriso.
«Una signorina così carina di merita molto di più.»si accucciò, riemergendo poco dopo mentre teneva in mano un cono decisamente invitante.
Crybaby sorride soddisfatta e prese una manciata di dollari dalla tasca.
«No no no e no!»disse l'uomo lupo dei gelati, con quel sorriso impresso nelle labbra.«Offre la casa.»
La ragazzina non si fece troppi scrupoli, prese il gelato per poi allontanarsi allegramente, gustandosi il suo agognato pasto.
Passo dopo passo, il mondo attorno a lei sembrava scorrere più lentamente.
Tutto si faceva più scuro e le sue gambe sembravano pesare tonnellate.
Poi il buio più totale.
_______

I'm back, idiot hookers! Allora partiamo dal presupposto che non ho avuto voglia di rileggere il capitolo che sarà pieno di errori.
Scusate!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** C.9 ***



Tyler e Blurryface erano nel panico.
Nel panico più totale.
La loro amica si era volatilizzata da svariati giorni e i due non sapevano minimamente che cosa fare.
Non rispondeva al telefono, era sparita dal parco e le luci di casa sua erano perennemente spente.
Ma dove si era cacciata? Che fine aveva fatto?
Per un po' avevano pensato che si fosse semplicemente isolata, infondo non era esattamente una ragazza normale, ma non si faceva sentire da giorni.
«Crybaby, fammi entrare, porca puttana!»ringhiò Blurryface, percuotendo la porta della casa della bambina con rabbia, facendo tremare i cardini.
Era molto preoccupato, non poteva sopportare il fatto di essere stato tagliato fuori dalla vita di Crybaby senza nemmeno una spiegazione.
Voleva sapere perché li aveva abbandonati.
«Non è in casa evidentemente.»sussurrò Tyler con un filo di voce.
Stava pensando al peggio. Aveva paura che si fosse fatta male o che le avessero fatto del male.
Rabbrividì al solo pensiero. Era una ragazza così fragile, non poteva farcela.
Sospirò profondamente.
Sentiva il bisogno di dover fare qualcosa, ma tenere Blurryface sotto controllo non sarebbe stato facile.
Dopo la festa di Crybaby era diventato una bestia, il demone voleva distruggerlo con ogni mezzo possibile e adesso che la loro amica era sparita non si era di certo calmato.
L'unica cosa in cui i due combattenti potevano sperare in quel momento era un miracolo.
La comparsa di un bizzarro personaggio che avrebbe dato una svolta alla trama.

*

Crybaby non riusciva a respirare. 
Aveva paura, le lacrime non smettevano di scendere, non sapeva dove si trovasse e voleva solamente morire.
L'ultima cosa che si ricordava era quel gelato dal gusto pungente.
Poi niente.
Il vuoto più totale.
Al suo risveglio si era ritrovata in quello che sembrava uno stretto armadio, completamente riempito da peluches.
La ragazzina scostò un coniglio enorme che le impediva di respirare ed iniziò a bussare, sperando invano che qualcuno la liberasse.
«Aiuto!»gridò lei, col volto ricoperto dalle lacrime che bruciavano come non mai.«Aiutatemi!»
Vedeva la luce filtrare dalla serratura e iniziò a prendere a calci la base di quella porta che non sembrava volersi aprire.
Iniziò a smanettare disperatamente con la maniglia gelida che scattò in poco tempo.
Che sciocca! Si era fatta prendere così tanto dal panico che si era dimenticata come si aprono le porte.
Fuoriuscì da quell'inquietante sgabuzzino accompagnata da un tonfo, poi iniziò a guardarsi intorno con aria spaesata.
Quella non era casa sua.
Era pienamente nel suo stile, ma non era casa sua.
Alle pareti era stata attaccata una carta da parati pelosa di un color rosa pastello che andava sfumando fino alla moquette bianca come il latte.
Una piccola cucina era stata piazzata ad un angolo della stanza ed un tavolo troneggiava al centro.
Crybaby si avvicinò timidamente al piccolo frigo color azzurro pastello.
Qualcosa aveva attirato la sua attenzione, qualcosa che preferiva non aver visto.
C'era un biglietto sul frigorifero.
"Prepara i biscotti entro le 3 OPPURE".
Il respiro della ragazzina iniziò a farsi sempre più pesante.
Si sentiva svenire; più aria entrava nei suoi polmoni più il mondo attorno a lei sembrava sfumare nell'oblio.
L'unica cosa che rimaneva nitida come non mai era quell'inquietante calligrafia sbavata.
Oppure? 
Biscotti oppure cosa?!
Il biglietto le cadde dalle mani tremanti e cacciò un grido disperato non appena vide una telecamera montata sopra il frigo che puntava dritta verso di lei.
Si sentiva esposta. Completamente nuda davanti gli occhi di un malato sconosciuto.

*

Ma questa non è una storia normale e il bizzarro personaggio che tanto aspettavano non arrivò mai.
Aspettarono a lungo, ma nessun miracolo si manifestò, nessun mago si presentò alla loro porta porgendo loro una pozione magica che avrebbe risolto i loro problemi.
Come se non bastasse la situazione tra i due stava degenerando nell'odio più totale. Non che non ce ne fosse già, ma il nero del sentimento che aleggiava tra quei due era diventato quasi visibile.
«È tutta colpa tua, stupida testa di cazzo!»gridò Blurryface, agguantando il colletto della maglietta del ragazzo emotivo.
No, non era colpa sua, lo sapeva. Ma aveva bisogno di incolparlo.
La rabbia era divampata nella mente del parassita e non c'era niente che potesse fermarlo.
«Dov'è andata?! Perché lo hai fatto?! Volevi portarla via da me, ammettilo! Volevi Crybaby tutta per te, non è così, sfigato del cazzo?!»
Tyler, dal canto suo, non era mai stato così spaventato.
Non lo aveva mai visto così.
Lo voleva morto, voleva ucciderlo.
Non aveva la forza di reagire, le sue energie erano state completamente prosciugate.
Prima la scomparsa della ragazzina, adesso la furia del demone.
Era troppo.
Si portò le mani alle orecchie, premendole sopra di esse per poi serrare gli occhi.
Immaginò di essere con Josh e Crybaby, da solo, a ridere e a parlare dentro una casa bellissima.
«Guardami negli occhi mentre ti parlo, ameba!»Blurryface non voleva lasciarlo in pace.«Perché lo hai fatto, stupido coglione?!»
In tutta risposta Tyler iniziò a intonare un motivetto.
"Release me from the present,
I'm obsessing all these questions,
Why I'm in denial that they tried the suicidal session"
Magari il demone si sarebbe zittito, magari lo avrebbe lasciato in pace.
O magari no.
Blurryface era incazzato come non mai e più il suono della sua voce aumentava più Tyler cantava forte.
Arrivarono al punto in cui nella stanza non si riuscì a udire altro che grida indistinte.
Il caos regnava.
E Tyler era nella merda.

*

Biscotti. 
L'unico pensiero nella testa di Crybaby erano quei fottuti biscotti.
Doveva farli bene. Dovevano essere i migliori biscotti che quel depravato avesse mai mangiato.
Crybaby piangeva mentre mescolava l'impasto.
Le mani le tremavano e l'intruglio di uova, farina e latte continuava a schizzare sul tavolo.
Non era concentrata; non poteva esserlo, era stata rapita da un maniaco! Ogni fibra del suo corpo stava implorando aiuto.
Guardò la telecamera piazzata sopra il frigorifero.
La osservava. Aveva gli occhi puntati su di lei.
La voleva.
Le gambe della ragazzina vacillarono al solo pensiero e sentì un'improvvisa rabbia diffondersi dentro di lei con una velocità impressionante, come un virus.
Voleva fare del male a quell'uomo cattivo.
Le aveva strappato i suoi amici. Aveva rovinato la sua festa.
Voleva distruggerlo.
Cacciò un grido, non di disperazione, non di rabbia.
Doveva solamente allontanare la tensione.
Sbatté la scodella nella quale l'impasto veniva martoriato sul tavolo.
Non ce la faceva. Non poteva farcela.
Quei biscotti non sarebbero mai stati pronti e la fine sarebbe arrivata.
Ma poi la vide.
Era lì, stesa sulla moquette.
Crybaby se ne era completamente dimenticata.
Non aveva mai smesso di chiedersi quale potesse essere la sua utilità, ma adesso capiva.
Capiva tutto e non riusciva a smettere ringraziare Josh.
La boccetta dal liquido azzurro.
Forse la ragazzina era impazzita, ma credeva che quelle potesse essere la soluzione ai suoi problemi.
La prese, saggiandone il peso, assicurandosi di tenerla ben lontana dall'obbiettivo indiscreto della telecamera.
Solo qualche goccia, pensò tra sé e sé, non gli farà male.
Ma sperava che gliene avesse fatto, molto.
Tolse il tappo di sughero, gustandosi l'odore acre che emanava quel liquido.
Poi versò tutto il contenuto nell'impasto.
Che muoia quell'uomo di merda.

*

Nel frattempo Tyler se ne stava solo in casa, rannicchiato in un angolo buio della sua stanza.
Blurryface gli aveva ordinato di non muoversi da lì mentre lui sarebbe andato in giro chissà dove.
Crybaby, perché te ne sei andata? 
La sua vita era caduta nel baratro della disperazione da quando la ragazzina era sparita.
E pensare che era sparita da soli pochi giorni.
Era proprio un debole. 
Aveva perennemente bisogno di qualcuno; prima Josh, adesso Crybaby.
Da solo era un buono a nulla.
Si morse il labbro inferiore quasi fino a farlo sanguinare mentre dentro di lui una guerra divampava.
Voleva fare qualcosa, ma era paralizzato.
Lei diceva che non era solo, ma era pietrificato.
Aveva voglia di fare qualcosa, di aiutare, ma aveva così tanta paura.
Si alzò in piedi, cercando di riacquistare un po' di dignità ed iniziò a ciondolare in giro per la sua stessa casa.
Si sentiva a disagio, quasi come se fosse un estraneo.
Decise di fare qualcosa. Era una cosa da niente, certo, ma almeno ci avrebbe provato.
Agguantò la cornetta del telefono fisso ed iniziò a digitare per l'ennesima volta il numero di Crybaby.
Nessuno avrebbe risposto, idiota, perché continui a provare?
Si sentiva così stupido a chiamare una ragazza scomparsa.
Come se avesse potuto veramente rispondere. 
Stupido Tyler! Stupido!
«Pronto?»
Tyler strabuzzò gli occhi.
Quella non era Crybaby. Non poteva esserlo.
Quello era un animale. 
Aveva una voce profonda, maligna.
«Crybaby?!»domandò Tyler, balbettando, confuso come non mai.
Che cosa stava succedendo?!
Il lupo cattivo del gelato sghignazzò dall'altro capo della cornetta.
«Ho paura che tu abbia sbagliato numero.»replicò con un rantolo che fece accapponare la pelle del ragazzo emotivo.
«No no! Sono sicuro che sia quello giusto!»rispose Tyler, raccogliendo ogni briciolo di coraggio che aveva in corpo.
Non capiva. Non riusciva a capire, ma sapeva che c'era qualcosa di maledettamente sbagliato.
«Mi dispiace, Tyler.»
E attaccò.
Tyler rimase qualche minuto buono col telefono premuto sull'orecchio, mentre il fischio della cornetta continuava a rimbombargli nel cervello.
Non gli aveva mai detto il suo nome. Ne era sicuro, ci avrebbe scommesso la mano destra.
Ma come faceva a conoscerlo?!
Come poteva avere il telefono di Crybaby?!
Che cazzo stava succedendo?!

*

Quello che Tyler non sapeva è che quel santo ragazzo aveva creato l'occasione perfetta.
Crybaby non ne era cosciente, ma la telefonata del ragazzo emotivo aveva distratto il lupo cattivo del gelato che la osservava costantemente, lasciandole tutto il tempo di versare il veleno nell'impasto dei biscotti maledetti.
La ragazzina sghignazzò soddisfatta dopo aver tirato fuori i biscotti dal piccolo forno, mostrandoli con fare orgoglioso all'insistente obbiettivo della telecamera.
«Piccolo, piccolo.»chiamò lei, sperando con tutta se stessa che potesse essere sentita.«È il momento di scendere.»
Posizionò i biscotti su un piatto di ceramica, preparando anche un bicchierone di latte per il suo spasimante.
Poi si sedette di fronte al piccolo tavolo, aspettando pazientemente l'arrivo delle tre.
E, puntuale come un orologio svizzero, il lupo cattivo del gelato entrò nella stanza di Crybaby, accompagnato da tutta la sua orribile bruttezza.
Era disgustoso, più ripugnante del lupo di cappuccetto rosso.
Ma Crybaby non era più la bambina pietosa che doveva portare il cesto alla nonnina.
Lei era il cacciatore.
Quell'uomo ripugnante provò a carezzarle il viso e la ragazzina si scansò in tutta risposta.
Era qui per i biscotti, non per lei.
Il lupo si sedette nella sedia vicino alla bambina, osservando il suo fiero pasto con gli occhi dell'animale che era.
Prese un biscotto con fare violento, girandolo e rigirandolo tra le sue cicciute dita.
Crybaby trepidava dall'eccitazione.
Mettilo in bocca tesoro, pensava lei, gustalo lentamente.
E lui obbedì, trangugiandolo, poi un altro e un altro ancora.
Finché non capì che qualcosa non andava.
La sua pancia bruciava e persino la ragazzina riusciva a sentire i suoi rantoli di dolore.
Le pareti del suo stomaco si stavano corrodendo. Il sangue scorreva copioso.
L'emorragia incombeva.
Il lupo cattivo sgranò gli occhi e cercò di alzarsi dal piccolo sgabello, finendo solamente col cadere rovinosamente a terra.
La sua fine era vicina. La ragazzina non poteva esserne più contenta.
Gli versò il latte sul muso, ridacchiando. Si stava divertendo come non mai.
«Chi è la bambina lagnosa adesso?!»domandò lanciando il bicchiere vuoto sul petto del gelataio che nel frattempo aveva iniziato a schiumare dalla bocca.«Non io! Crybaby non è una bambina lagnosa!»
Serrò le sue piccole manine attorno al collo del lupo cattivo, sbatacchiando la sua testa sul pavimento.
Era questione di secondi.
I polmoni si muovevano appena e lo sguardo di quell'ignobile animale si faceva sempre più spento, mano a mano che il suo stomaco si riduceva ad una pappetta informe.
E dal momento in cui quell'essere spirò, la bambina cercò di ricomporsi, prese il suo golfino e se ne andò solo dopo essersi presa un piccolo pupazzetto di Ms. Potato Head che aveva adocchiato mentre preparava i biscotti della morte.

_____________________________________________
 
Allora amiketti, non dovete farvi domande su niente, perché non c'è una risposta.
Perché Josh sapeva dell'uomo cattivo del gelato? Boh.
Perché il gelataio ha il telefono di Crybaby? Boh.
Come fa a conoscere Tyler? Boh.
Free interpretation lol.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** C.10 ***




Blurryface era distrutto.
Si sentiva perso, vuoto.
Dopo aver ordinato a Tyler di starsene immobile nella sua camera aveva deciso di andare al parco.
Dove tutto aveva avuto inizio.
Si sedette sull'altalena sopra la quale Crybaby piangeva la prima volta che la vide.
Con lei si sentiva vivo. 
Ma vivo davvero.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che se ne fosse andata senza dire niente a nessuno.
Pensava che stesse bene con lui. Anche con Tyler, certo, ma soprattutto con lui.
Serrò le mani scure attorno alle catene dell'altalena, lo sguardo che scrutava il vuoto in cerca di risposte.
Perché? Perché, bambola?
Affondò la faccia nei palmi delle mani, reprimendo un urlo.
Perché non poteva essere felice?
La bambina, intanto, sbucò dalla nebbia. Aveva riconosciuto il suo amico, ma non si tuffò tra le sue braccia.
Stava piangendo copiosamente.
Lacrime pesanti come mattoni le solcavano il viso.
Era stata umiliata.
Si sedette sull'altalena accanto a quella del demone, singhiozzando sonoramente, mentre reggeva la testa di Ms. Potato tra le mani con fare ossessivo.
«Blurryface?»lo chiamò lei tra un gemito e l'altro.«Pensi che io sia bella?»
Aveva camminato molto ed era davvero stanca.
Anche lei ne aveva passate davvero tante.
Dopo essere scappata dal lupo cattivo del gelato aveva avuto uno sgradevole incontro niente di meno che con Johnny...e non era solo.
C'era una ragazza con lui. 
Come aveva osato quella troia? Prendere qualcosa che un tempo era stato suo?
Nessuno le aveva detto di stare lontana dalle cose che non le appartenevano?!
Ah, ma gli e l'aveva fatta pagare a quella lurida zoccola. Le aveva fatto capire chi era la femmina alfa.
Poi Johnny si era messo in mezzo.
Quello stronzo si era messo ad urlare contro la ragazzina, dicendole che era una pazza e che l'unico posto in cui doveva stare era in un cimitero.
Le aveva detto che era brutta, cattiva e che solo un miracolo avrebbe potuto salvarla.
L'aveva annientata e l'unico sfogo sul quale poteva sempre contare erano le sue lacrime.
Forse non era bella abbastanza? Magari una faccia più carina l'avrebbe fatta sentire bene.
Il demone nel frattempo osservava la bambina con fare stupefatto.
Come osava ricomparire così, dopo tutto quel tempo, senza nemmeno dare una spiegazione?!
Il primo istinto di Blurryface fu quello di scagliarsi contro di lei e soffocarla.
Avrebbe veramente voluto fargliela pagare.
Ma quelle lacrime così copiose lo inibivano.
Lo facevano stare male.
Gli facevano sentire qualcosa.
Non fece alcun gesto violento, semplicemente si alzò e, con molta calma, si pose davanti a Crybaby in tutta la sua mole imponente.
Poi la abbracciò.
Serrò le braccia attorno ai suoi fragili fianchi e la strinse a sé, con tutta la sua forza.
Non per farle male, assolutamente.
«Penso che tu sia la ragazza più bella di questo mondo.»sussurrò al suo orecchio.
Più un sibilo che un sussurro.
Crybaby provava una strana ed irrazionale paura, mescolata ad una sensazione di sicurezza.
Dentro querelle braccia scure si sentiva protetta, ma al tempo stesso le suscitavano un bizzarro disagio.
Si accoccolò sul petto del demone, singhiozzando sonoramente mentre cercava di reprimere quell'insolita sensazione.
Aveva bisogno di lui. 
Era suo amico, e gli amici si aiutano nei momenti di difficoltà.
«Johnny mi ha detto che sono brutta.»disse Crybaby tra un balbettio e l'altro.
Quel nome scaturì in lei una profonda tristezza, costringendola a stringersi ancora di più al suo amico Blurryface, che fu ben contento di accoglierla.
«Secondo te una faccia più bella mi farebbe sentire meglio?»
Il demone rimase interdetto da quella domanda.
Cambiare faccia? Non capiva.
Non era di sua competenza.
«La testa di Ms. Potato ha detto che una faccia nuova mi farebbe stare meglio.»spiegò la bambina, intuendo il disagio dell'altro.«Sai, chirurgia plastica.»
Blurryface aggrottò la fronte, piegando il viso in una smorfia contrariata che per un minuscolo momento fece sorridere Crybaby.
Lui abbassò lo sguardo, scrutando gli occhi giganti della ragazzina.
Chirurgia plastica? Per un viso così dolce?
Gli sembrava una reazione spropositata per una rottura con un ragazzo che non era nemmeno tutto questo granché.
Ma infondo era solamente una ragazzina che imparava a crescere e lui era il suo punto di riferimento.
Gli piaceva.
Essere il punto di riferimento di qualcuno.
«Non pensarci nemmeno, ragazzina.»le disse con fare serio, passandole il pollice al di sotto dell'occhio per asciugarle l'ennesima lacrima gigante.«Sei perfetta così come sei.»
Era una frase scontata che tuttavia uscì da un essere che non sarebbe dovuto nemmeno esistere.
Un essere che non era nato per provare emozioni vere.
Improvvisamente si rese conto che anche lui era un ragazzino che stava imparando a crescere.
Era nato. Si sentiva vivo.
Ma se lui era vivo, Tyler dov'era? Gli importava veramente qualcosa?
Beh, Tyler c'era ancora. Blurryface era in netto vantaggio, ma non aveva ancora vinto.
Non aveva ancora rubato la vita del ragazzo emotivo che, nel frattempo, aveva disobbedito per dirigersi proprio al parco.
Crybaby sorrise mentre le sue guance si tingevano di un rosso opaco.
Le aveva veramente detto che era perfetta? Si sentiva così lusingata.
Nessuno, nemmeno i suoi genitori, le avevano detto che era perfetta.
Ma di nuovo quella sensazione di disagio si fece sentire, unita stavolta ad uno strano desiderio.
Era combattuta.
Fare la follia? Restare pura?
Blurryface, invece, era avido di esperienze. Adesso che sentiva qualcosa voleva andare fino in fondo.
Voleva provare tutto.
Era eccitato.
I loro sguardi erano fissi l'uno su quello dell'altra.
Gli occhi di Crybaby si facevano lentamente convincere da quelli seducenti del demone.
Avanti Crybaby, si ripeteva mentalmente lei.
Alzò il volto dal petto del parassita, assicurandosi di mettere in bella mostra le labbra.
Carnose, sinuose, invitanti.
Blurryface le voleva.
Che cosa sarebbe successo dopo non lo sapeva né tantomeno gli importava.
Fatto sta che le possedeva.
Erano sue, quelle labbra gonfie di tristezza.
Non di Johnny.
Non di Tyler.
Se le era prese Blurryface.
E nel mentre che il demone poneva fine alla vita di Tyler baciando con passione quelle due labbra mozzafiato, quel piccolo briciolo di sanità mentale che era rimasto a Crybaby sfumò, come una manciata di sabbia al vento.
Era strano. Non era sicura che le piacesse.
Ma adesso non era più una bambina.
Era diventata il cappellaio matto.


*

In ogni favola che si rispetti si arriva al punto in cui il ragazzo buono perde tutto.
Quel momento in cui tutto sembra finito e che non ci sia più scampo.
Per Tyler la fine era veramente arrivata.
Non aveva più alcuna via d'uscita.
La sua favola era definitivamente giunta al termine, senza alcun lieto fine.
Il demone aveva vinto.
Le paure avevano preso il controllo della sua vita.
Chiudi le tende, apri la finestra, adesso emetti un suono.
Qualcuno avrebbe veramente potuto sentirlo?
Aveva assistito al bacio per intero.
Casualità delle casualità, si era presentato al parco proprio quanto Blurryface aveva poggiato le sue sporche labbra sulla candida bocca di Crybaby.
La realtà l'aveva colpito con la violenza di un treno in corsa e gli ci volle un attimo per capire l'amara verità: aveva perso Crybaby.
Non gli importava di aver perso la sua stessa vita, il suo primo pensiero andò alla ragazzina dai capelli bicolore.
La prima volta che l'aveva vista in quella vasca piena di sabbia aveva subito inteso che quella ragazza avrebbe lasciato un segno indelebile nella sua vita, ma non pensava minimamente che avrebbe sancito la sua distruzione.
Improvvisamente si sentiva messo in secondo luogo.
Crybaby si era dimenticata di Tyler.
Questo era sicuro.
Altrimenti perché si era rifugiata nelle labbra del suo demone?
Nel frattempo il ragazzo emotivo si era rifugiato in casa sua.
Non aveva molto tempo, Blurryface sarebbe arrivato tra non molto e lo avrebbe cacciato fuori dalla sua stessa dimora.
Tyler voleva passare i suoi ultimi momenti in quelle quattro mura che lo avevano protetto da tempo immemore dai pericoli dal mondo esterno.
Il mondo che da ora in poi avrebbe dovuto affrontare da solo.
Non si sentiva pronto. Non era pronto.
Agguantò il suo zaino e lo riempì in breve tempo con le prime cose che riuscì a prendere.
Qualche maglietta, delle foto, prese persino uno dei suoi modellini preferiti.
Quella roba non era più sua, lui non esisteva più.
Adesso apparteneva tutto a Blurryface e non c'era più niente che potesse fare.
Ma ciò che gli bruciava di più era l'aver perso Crybaby, perché l'aveva amata, inutile girarci intorno.
Aveva amato, amando si era esposto ed amando aveva perso.
Si odiava.
Dove aveva sbagliato questa volta? Che cosa avevano in più le sue paure di lui stesso?
Scosse la testa, affranto.
Non aveva né le forze né tantomeno la voglia di pensarci.
Voleva solamente parlare con l'unica persona che lo capisse veramente: Josh Dun.
Ma poteva veramente chiamarlo? Non lo avrebbe disturbato? 
Infondo Josh era un ragazzo così occupato. Aveva sempre qualcosa da fare.
Sospirò.
Era il suo unico amico, non aveva altre opportunità.
Non più.
Prese il telefono con mano tremante per poi digitare il numero del suo amico per la vita.
Aveva paura, l'ultima volta che aveva digitato il numero di una certa amica non era finita molto bene.
Non dovette aspettare molto, era come se Josh conoscesse alla perfezione tutte le insicurezze di Tyler.
La sua voce sicura si fece sentire, salutando candidamente il ragazzo emotivo che non riuscì a pronunciare altro che
«Aiutami.»

_________________________________________

Okay, vi chiedo scusa per avervi fatto aspettare così tanto e vi chiedo scusa per la cortezza(?) del capitolo, volevo solo pubblicarlo prima che i concerti iniziassero.
This is not the end.


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** C.11 ***



Tyler gettò il suo zaino riempito fino all'orlo sul sedile posteriore del piccolo furgone di Josh.
Il ragazzo dai capelli color zucchero filato non aveva esitato un attimo: si era presentato alla vecchia casa dell'amico non appena aveva ricevuto la telefonata.
Tyler aveva perso.
Blurryface gli aveva letteralmente rubato la vita.
Non aveva più un posto dove stare e la sua ultima spiaggia era il suo migliore amico.
Si sentiva un verme; il non essere in grado di mantenersi da solo lo disgustava immensamente.
Josh continuava a ripetergli che non era un problema, che gli faceva solamente piacere, ma Tyler si sentiva di troppo.
Perché era dovuta finire così? Perché le sue paure lo avevano sopraffatto?
Un'unica e bruciante lacrima scese lungo la pallida guancia del ragazzo emotivo.
La sua storia non poteva finire in quel modo orribile.
Era impensabile che quello buono avesse perso.
Sentì le forti braccia di Josh avvolgersi attorno ai suoi fianchi, la testa del batterista si poggiò sull'incavo della spalla del cantante.
Gli sussurrava parole dolci che servirono solamente a peggiorare il suo umore.
Le lacrime adesso scendevano copiose e il povero Tyler singhiozzava disperato.
«Io non ti abbandono.»sussurrò Josh all'orecchio dell'amico. Persino il batterista si sentiva abbattuto.«Mettitelo bene in testa.»
Tyler rabbrividì di piacere non appena sentì le labbra dell'amico premute sul suo orecchio.
Abbozzò un triste sorriso.
«Ti voglio bene Josh.»sussurrò tra un singhiozzo e l'altro.
Il ragazzo emotivo si voltò, per guardare un'ultima volta la sua piccola dimora.
I suoi occhi carichi di tristezza si incrociarono con quelli del demone, che osservava la scena con soddisfazione dalla ex camera di Tyler.
Blurryface aveva vinto.
Era tutto suo e non poteva chiedere di meglio.
Si sentiva così fottutamente bene!
Il povero cantante serrò i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani.
Tremava.
Un misto di rabbia e disperazione.
Era come se la terra sotto di lui si stesse disgregando, lasciandolo cadere in un buio  e tetro abisso.
Era morto.
Non aveva senso vivere in quella condizione.
Adesso non riusciva più a controllarsi, era caduto in ginocchio, le lacrime rigavano il suo volto e gridava disperatamente.
Josh era straziato.
Assistere alla caduta del suo compagno era uno spettacolo orribile e più cercava di aiutarlo, più la situazione sembrava peggiorare.
Non si sentiva abbastanza.
Si inginocchiò accanto all'amico, stringendolo tra le sue braccia con tutta la forza che aveva in corpo.
Avvertì una calda lacrima solcargli il viso dai tratti duri, ma non lo diede a vedere.
Lui doveva essere forte. Per Tyler.
«Va tutto bene, campione.»sussurrò con fare pacato.«Va tutto bene.»
Ma Tyler non sembrava volersi calmare.
L'intensità del suo pianto diminuì notevolmente, ma il modo in cui il suo corpo era scosso dai tremori destabilizzava totalmente Josh.
Non sapeva più che cosa inventarsi.
Si morse il labbro inferiore non appena avvertì il ragazzo emotivo agguantare un lembo della sua maglietta mentre si stringeva a lui.
«Non te ne andrai mai, vero?»domandò Tyler con il suo così tenero fare insicuro.
«Smetti di domandarmelo.»rispose il batterista sorridendo.«Rimarrò al tuo fianco, per sempre.»
Ma ecco che la nostra Crybaby, con la puntualità di un orologio svizzero, attraversò la strada, intenta a dirigersi verso la casa degli amichetti.
Quella scena che in un certo senso le ricordò una statua italiana che aveva visto nelle foto di uno dei numerosi viaggi del padre la scosse particolarmente.
Non capiva.
Perché il ragazzo dai capelli di zucchero filato era lì, inginocchiato accanto al tenero Tyler? Ma soprattutto, perché il tenero Tyler era in lacrime?
Per un attimo trovò buffo quel fatto. Era sempre stata lei quella in lacrime.
Si fermò in mezzo alla strada deserta, osservando quei due con fare perplesso.
Che cosa era successo? 
Poco ma sicuro, il suo amico aveva bisogno di lei.
Corse verso il duo, ma venne fulminata dagli occhi scuri del batterista.
«Non sei desiderata qui.»sussurrò con fare maligno.
Crybaby rabbrividì, facendo un passo indietro.
Cosa era successo? Aveva sbagliato qualcosa?
«Non capisco.»rispose lei balbettando, la voce spezzata da un singhiozzo.
Non aveva più pianto.
Sapeva benissimo che cosa aveva fatto, non era una bambina stupida.
Fingeva solamente di negare, magari tutto sarebbe stato dimenticato.
Era tutta colpa del bacio con Blurryface.
Aveva rovinato tutto.
Non voleva assolutamente perdere Tyler e si era resa conto troppo tardi che Blurryface non era diverso da Johnny.
La usava.
Tuttavia non si pentiva di niente; in fondo al suo cuore provava dei sentimenti sinceri per quel demone.
Ma non era pronta a rinunciare ad una persona dal cuore grande quanto quello di Tyler. 
Era sempre stato comprensivo con lei: l'aveva aiutata con Johnny, l'aveva rimproverata quando si era lavata la bocca col sapone, ma soprattutto le aveva confessato i suoi veri sentimenti attraverso una bellissima canzone.
Non poteva gettarlo via come se fosse un orsetto di peluche.
Gli voleva troppo bene.
Ma Tyler non apprezzava la falsa innocenza della ragazza.
Scattò in piedi, tenendo lo sguardo incollato sugli occhi della bambina che assunse immediatamente un'aria colpevole.
«Non capisci?»domandò Tyler con un tono di voce esageratamente alto.
Crybaby chiuse gli occhi, le sembrava di sentire suo padre.
Ma sapeva di meritarselo. Se lo meritava tutto.
Tyler indicò senza ritegno la finestra dalla quale il demone osservava il tutto, ridendo senza sosta.
«Quella cosa mi ha portato via tutto!»gridò il ragazzo non più molto emotivo con tutta l'aria aveva nei polmoni.«La mia casa, le mie cose, la mia famiglia, la mia vita!»
I suoi occhi non si staccavano da Crybaby che assomigliava sempre di più ad un cerbiatto indifeso.
Ma doveva farle capire il suo errore. L'errore che aveva sancito la sua fine.
«Non ho più niente!»continuava ad urlare.«Sono un fottutissimo Goner!»
Il respiro di Tyler si faceva sempre più pesante, la sua cassa toracica continuava a muoversi su e giù.
I suoi occhi adesso incollati a terra.
Non aveva finito. C'era un altra cosa che doveva dire.
Una cosa grossa che tuttavia sentiva il bisogno di urlare al mondo.
«Ma soprattutto ho perso te, Crybaby.»scosse la testa per poi puntare nuovamente gli occhi su quella bambola di porcellana.«Perché ti amo, porca puttana!»
Seguì un attimo di silenzio durante il quale Tyler si sentì bene.
Si era tolto un peso enorme dall'anima e adesso si sentiva come alleggerito.
«Ti amo anche io, Tyler.»sussurrò la piccola e indifesa Crybaby.
Era giunto il momento di prendere una decisione.
Non poteva più esitare.
Doveva scegliere, ed aveva scelto Tyler.
Si rispecchiava in lui.
Entrambi avevano sofferto tanto ed entrambi avevano bisogno l'uno dell'altra per mantenere la sanità mentale.
Crybaby senza Tyler era debole.
Tyler senza Crybaby non era niente.
I loro cervelli erano malati, ma andava bene così.
Certo, era stata una decisione molto avventata, ma più Crybaby osservava il volto stupito di Tyler, più si convinceva che lui fosse quello giusto.
Era un bellissimo ragazzo, dolce, comprensivo, pronto a farsi in quattro per le persone a cui voleva bene.
Ma era veramente pronta a fare lo stesso per lui?
Certo che lo era.
Gli avrebbe portato i cerotti per quando le sue delicate mani avrebbero colpito la terra. Avrebbe tolto le rotelle dalla sua bicicletta. Lo avrebbe fatto maturare. Sarebbe rimasta con lui.
Avrebbe guidato la sua bici con lui, completamente svestita, verso nuovi orizzonti.
Con Tyler.
Perché aveva scelto Tyler.
«Fuggi con me.»
Furono le uniche parole che il ragazzo emotivo riuscì a sussurrare.
Non ci poteva credere.
È stato tutto così improvviso.
Crybaby lo amava. Nonostante ciò che era successo con Blurryface.
Il loro amore era simile a quello dei bambini.
Puro. Casto. Innocente.
Basta pronunciare due parole ed è subito felicità.
Tyler realizzò ciò che aveva detto e osservò Josh.
Infondo sarebbero stati da lui e imbucare un ospite da un amico senza permesso sarebbe stata una gran cafonata.
Josh si avvicinò a Tyler, assicurandosi di tenerlo ben vicino a sé, mentre osservava attentamente Crybaby.
«Lo ami davvero?»domandò il batterista con fare pungente.«Dopo tutto quello che hai fatto?»
La ragazzina annuì spasmodicamente.
«Ero triste e sola, Josh.»annunciò lei, mugolando.«Perdonatemi, vi prego.»
«Non hai risposto alla mia domanda.»replicò gelidamente il ragazzo dai capelli rosa.
Tyler si sentiva in imbarazzo, ma non fermò il suo amico.
Voleva vedere quanto Crybaby avrebbe combattuto.
«Lo amo!»gridò la bambina in tutta risposta.«Amo ogni cosa che fa! Amo quando mi aiuta, nonostante tutte le stupide stronzate che faccio.»
«E tu, Tyler? La ami?»
«Il mio cuore è un'armatura.»rispose Tyler con un sorriso stampato in volto, incapace di staccare gli occhi dalla sua piccola bambola.«E lei è una lacrima nel mio cuore.»
Josh sorrise, annuendo soddisfatto, per poi spingere il suo compagno dritto tra le braccia di Crybaby.
Tyler le rivolse un sorriso impacciato e la ragazzina non poté fare a meno di arrossire esageratamente.
Si guardarono per un po' di tempo dritti negli occhi, incerti sul da farsi.
Entrambi si desideravano, ma erano troppo timidi per fare la prima mossa.
Per ora bastava loro questo: l'essere l'uno tra le braccia dell'altra, mentre erano i loro sguardi a parlare per loro.
Josh li guardò intenerito; non si sentiva di troppo, affatto.
Se Tyler era felice, lui era felice.
Infondo, pensò, non sarà così male averli in casa.
Aprì la portiera anteriore e si sedette sul sedile, osservando l'immensa strada che si stendeva davanti a loro.
Qualcosa di nuovo stava per iniziare, per ognuno dei tre.
«Si parte!»gridò il batterista con fare euforico prima di mettere in moto il suo furgone.
Tyler prese timidamente la mano di Crybaby, per poi scortarla nella magica vettura di Josh, tenendola il più vicino possibile.
Si sedettero entrambi nella parte posteriore del furgone. Era stato Josh ad insistere.
Non appena il batterista ingranò la marcia, la ragazzina poggiò la delicata testa sul petto del cantante.
Si morse il labbro inferiore, insicura.
Era incerta sul proprio futuro.
Che cosa avrebbe fatto adesso? Che cosa avrebbero fatto insieme?
La loro vita sarebbe cambiata completamente, tutto sarebbe ricominciato da zero e non era sicura di essere pronta.
Aveva paura che la vecchia Crybaby potesse risorgere.
Non voleva essere conosciuta di nuovo come la bambina triste e frignona che era solita ad essere, lei era cambiata.
Si era trasformata: da Crybaby al Cappellaio Matto.
Sentì una mano forte ma insicura avvolgersi attorno al suo mento, alzò gli occhi e vide il volto rassicurante di Tyler.
«Hai paura?»le domandò con un sussurro intenso.
La ragazzina annuì, senza proferire parola.
L'intensità di quel momento era palpabile.
«Anche io.»rispose il ragazzo emotivo per poi piegare le fini labbra in un candido sorriso.«Ma finché siamo insieme, siamo invincibili.»
A quel punto non poterono più trattenersi.
Si baciarono.
Le loro labbra si fusero in una cosa sola.
Non potevano più resistere, quel bacio era un impulso naturale, come la fame e la sete.
Rimasero in quel modo per quelli che sembravano giorni, anni, ma a nessuno dei due importava niente.
Il tempo era come fermo.
Josh li vide attraverso lo specchietto.
Sorrise, soddisfatto, non potendo fare a meno di chiedersi quando avrebbe incontrato il suo vero amore.
Poi premette sull'acceleratore, guizzando via da quell'opprimente cittadina.

*

«Che stai facendo, bambola?!»si domandò Blurryface non appena vide Crybaby salire in quello schifoso furgone.
Mano nella mano con quello sfigato del cazzo?!
Qualcosa non quadrava.
Quella ragazzina non poteva permettersi di giocare con i sentimenti del demone per poi sparire.
Era inconcepibile!
Lui era stato scelto, non Tyler.
Era stato lui ad essersi preso per primo le labbra di Crybaby.
E chi primo arriva meglio alloggia, giusto?!
Crybaby gli apparteneva, era roba sua, non di Tyler.
Corse via da quella che era diventata la sua camera.
Una corsa spasmodica e disperata.
Doveva fermare quello scempio. Tyler stava commettendo un vero e proprio furto.
Quello era il suo giocattolo, la sua fonte di distrazione.
L'unica cosa che avesse mai amato nella sua vita.
Non poteva portargliela via!
Le mani scure agguantarono la maniglia della porta della sua nuova reggia, spalancandola con un colpo preciso.
Era veramente stato sostituito da Tyler? Perché?
Non era abbastanza per Crybaby? Aveva sbagliato qualcosa.
Si sentiva colpevole. Era sicuro di aver fatto qualcosa di sbagliato.
Ma come avrebbe potuto correggersi? Era nato da poco più di un giorno; fino ad allora poteva solamente immaginare come trattare gli essere umani.
Era sempre stato uno spettro, un parassita.
Aveva ferito la ragazzina in qualche modo? Non era sua intenzione farlo, ma non poteva capire di stare sbagliando.
Realizzò troppo tardi che l'auto era sfrecciata via.
Era solo.
Non aveva più Crybaby, non aveva più nemmeno Tyler.
Era questa la vita?
Un perenne sentimento di vuoto?
Se quello significava vivere, non voleva farlo.
Si sentiva male. Aveva bisogno di qualcuno.
Rimpiangeva la totale assenza di sentimenti con la quale aveva vissuto da quando ne aveva ricordo.
«Crybaby.»
Riuscì a dire solamente questa parola con un filo di voce.
Poi iniziò a gridare.
Un grido acuto, forte, carico di desolazione proveniente direttamente dalla sua anima.
Blurryface aveva tutto, tranne che l'unica cosa che voleva veramente.
Tyler non aveva niente, tranne che l'unica cosa che aveva sempre voluto.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Ringraziamenti ***



Allora,
Questa è la prima volta che finisco una storia e devi dire di essere leggermente scosso. È come se un capitolo di me si fosse concluso.
Vorrei ringraziare tutti coloro che sono arrivati fino qui, perdendo il loro tempo con questa piccola storia.
Inoltre vorrei ringraziare Sira, che ormai mi conosce fin tropo bene, e Gaia (aka Mr. Hahn, scusa my dear ma non ce la faccio a vederti come Gaia 😂), che nonostante non segua né i TØP che Melanie ha seguito questa storia.
Poi ci tengo a ringraziare Huntress of Artemis e IrenePlutone che hanno continuato a recensire OGNI FOTTUTO CAPITOLO (seriamente, ragazze, come fate?).
Ah, e vorrei lasciare il mio nick di Twitter (@littlefreak_2), tanto per tenermi in contatto con chi voglia tenersi in contatto con me. Dico davvero gente, se avete dei disegni e volete mandarmeli, se volete fare dei commenti in privato o semplicemente volete fare conversazione io ci sono, non siate timidi.
È una cosa a cui tengo particolarmente.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3464972