Qualcosa d'Inaspettato

di Amber_ G_ Keldridge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Brucianti ricordi d'infanzia ***
Capitolo 3: *** Una flebile speranza: Parte Prima ***
Capitolo 4: *** Una flebile speranza: Parte Seconda ***
Capitolo 5: *** L'esilio ***
Capitolo 6: *** 5. Risveglio su Midgard ***
Capitolo 7: *** 6. Don't you cry tonight..... ***
Capitolo 8: *** 7. Lies and first words.... ***
Capitolo 9: *** 8. Lies, words unspoken and goodbyes.... ***
Capitolo 10: *** 9. One more try ***
Capitolo 11: *** 10. Angel of Mercy, Devil of Sorrow... ***
Capitolo 12: *** 11. Nuovi sentieri, vecchie minacce.... ***
Capitolo 13: *** 12. Piccoli segreti, pericoli imminenti e rivelazioni dolorose. ***
Capitolo 14: *** 13. Di nuovo uniti, così vicini alla verità. ***
Capitolo 16: *** 14. "Rivalità passate e decisioni difficili, e una scelta." ***
Capitolo 17: *** 15. Una situazione complicata ***
Capitolo 18: *** 16. Un inizio non proprio facile. ***
Capitolo 19: *** 17. Ciò che non uccide fortifica sempre? ***
Capitolo 20: *** 18. Pericoli scampati e difficili collaborazioni... ***
Capitolo 21: *** 19. Percorso verso la battaglia. ***
Capitolo 22: *** 20. Is this the end or a new path? ***
Capitolo 23: *** 21. Trying to raise up from ashes ***
Capitolo 24: *** 22. Change doesn't come easy, but.... ***
Capitolo 25: *** 23.Seeking forgiveness/Pain will come ***
Capitolo 26: *** 24. Behind these dark clouds... ***
Capitolo 27: *** 25. Recalling forgotten memories ***
Capitolo 28: *** 26. Vecchi segreti tornano a galla ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


                                                                       --->Cover by Amber_G_Keldridge





Ci sono storie, che vanno raccontate. Avvenimenti i quali mai dovrebbero essere dimenticati. 

Questa è una storia vera e accadde molti anni or sono; segnò il destino del popolo di Midgard e di tutti gli altri regni a noi conosciuti. 
È una storia che parla di eroi, redenzione , perdono e amore. Un amore grande come il tempo e che ha saputo guardare oltre le apparenze e l'odio, padre infame e meschino di ogni discordia e peccato. Io stesso ne rimasi ciecamente vittima, fu proprio a causa sua che presi il sentiero sbagliato, anche se le leggende che tanti di voi conoscono raccontano di come un giorno avrei portato le venefiche nebbie del Caos ad Asgard, provocando la disfatta e rovina del Padre degli Dèi, di Thor, e tutti gli altri.
Vi chiederete sicuramente chi si cela dietro queste parole che state leggendo. Be', sono proprio colui che assistette agli eventi narrati in questa storia che voglio raccontare, e che sto affidando alle fedeli pagine di un libro.
Io sono colui che diede origine alla nascita degli Eroi Più forti della Terra. 
Io sono colui che provocò la guerra e, a modo suo, la risolse.
Sono il padre del feroce lupo Fenrir, del leggendario stallone Sleipnir, del gigantesco serpente -nonché abile mutaforma- Jǫrmungandr, e della terribile Hel.
Sono colui che fu recuperato tra le macerie di un tempio a Jötunheimr molto tempo fa dallo stesso Odino. 
Io sono Loki. Di certo avrete sentito parlare di me. Il dio degli Inganni o l'Ingannatore, il dio del fuoco... sono tanti i nomi che a me vengono attribuiti, e vi assicuro che ognuno di essi corrisponde alla verità, o quasi.
Vi racconterò una storia, la mia storia, di come persino io -certe volte- fallisca clamorosamente i miei calcoli e previsioni; vi racconterò di come incontrai la persona che è stata capace di rendermi in un certo senso migliore senza però snaturare ciò che sono.
Non tralascerò nulla, tranquilli. Tutto è importante.
Per capire fino in fondo le mie azioni, dovremo tornare a molto tempo addietro. 
Per l'esattezza quasi duemila anni fa, quando ero solo un bambino... 



 

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Capitolo 2
*** Brucianti ricordi d'infanzia ***


                                         






Un pallone di cuoio leggero colpì l'esile schiena di Loki.
Se ne stava sotto l'ombra di un albero a leggere uno dei suoi libri preferiti sulla magia donatigli dalla madre, ed era così immerso nella lettura da non sentire cosa gli altri ragazzini gli stessero dicendo, anche se urlavano.
Un'ombra di sagoma umana calò sul gracile bambino dai lunghi capelli neri e la pelle diafana.
Loki si decise ad alzare lo sguardo e quando lo fece
vide un ragazzo un po' più grande di lui torreggiargli addosso. Gli stava dicendo sgarbatamente e in tono canzonatorio: “Scusa, strambo, potresti ridarmi il pallone, magari senza toccarlo più di tanto?”
Il timido ragazzino, dopo aver guardato per qualche secondo il coetaneo
i propri grandi occhi (fra il verde e l'azzurro in maniera interrogativa), si guardò attorno e quando vide il pallone lo restituì con mani tremanti al proprietario. Questi, il quale aveva un seguito di tre o quattro elementi, glielo strappò dalle mani e disse: “Ti ci è voluto per capire, eh? Non capisci la lingua forse? O hai bisogno del tuo fratellone per parlare, perché sennò non hai la bocca per farlo?”
Seguirono risate prepotenti, meschine e canzonatorie al tempo stesso.
Quelle parole ferirono Loki, come sempre del resto.
Sentì
gli occhi bruciare per l'impulso di piangere e la vista si stava sfocando. Dovette sbattere le palpebre per riuscire a vederci di nuovo con chiarezza, e calde lacrime scesero lungo le sue morbide guance d'infante.
I ragazzini, incoraggiati dalla sua reazione, continuarono a infierire: “Oh, poverino! Piangi! Perch
é non vai dalla mammina, a rifugiarti dietro le sue gonnelle? Oh, si! Dimenticavamo che tu non hai una vera madre! Sei un orfano allevato in casa reale! Strambo, orfano e anche straniero! Dovresti tornartene da dove sei venuto, non c'è posto per quelli come te qui! Asgard è fatta solo per chi ne fa davvero parte!” ringhiò con odio e disprezzo il ragazzo. Lo spintonò, facendolo sbattere con la testa contro il tronco dell'albero. Risero tutti di nuovo.

A un tratto,
però, la voce di una bambina, aggressiva e tenace, risuonò da poco più in là.
“Ma non vi vergognate
di prendervela con quelli più piccoli? E in più di casa reale?”
Uno dei bulletti le sbraitò contro:“Ah, sta' zitta! Lo sai che non è veramente figlio di Odino, sei anche amica di Thor!”
La bambina, che Loki ricordò chiamarsi Sif, disse, con il bel faccino contratto dalla rabbia: “Che cosa stai insinuando!? Come ti permetti di parlare a quel modo del tuo principe!?
Lui è figlio di Odino quanto lo è Thor! Non osare più mettere in dubbio la sua discendenza!
Il ragazzo ribatté, schernendo con lo sguardo Loki che restava a piangere lì silenziosamente e a testa bassa, ormai aveva imparato a non ribellarsi: “Ma quale principe? Io vedo solo una mezza calzetta che piange come una mocciosa, e di certo nemmeno un futuro guerriero, non sa neanche usare una spada!”
Sif, ora davvero arrabbiata, sbottò: “Lui non è una mezza calzetta, chiaro?! Vale molto più di te! E poi, non saprà usare un'arma, ma conosce molti incantesimi potenti, potrebbe anche farvi sparire tutti se volesse!”
Il ragazzo che per primo aveva preso in giro Loki,
rimbeccò canzonatorio: “E allora perché se ne sta lì a piangere come una femminuccia?” e detto questo, lo strattonò per i morbidi capelli neri, costringendolo ad alzarsi. Il bambino emise un grido sommesso di dolore ed esclamò quasi a mo' di supplica : “Lasciami in pace!” e Sif gli fece eco per poi lanciarsi contro quel piccolo lestofante, ma quello le diede uno spintone facendola cadere a terra e sporcare di terriccio e foglie.
Proprio i
n quel momento arrivò Thor, il fratello maggiore di Loki.
Cosa sta succedendo qui?” tuonò il ragazzo. Tutti si fermarono e lo guardarono. Appena il principino biondo (il quale aveva qualche anno di differenza con il fratellino) vide Loki in mano a uno dei ragazzi, si incupì e sibilò minacciosamente:”Lascialo subito. Altrimenti te ne farò pentire.”.

Immediatamente il ragazzino lasciò i capelli del povero Loki, che cadde rovinosamente a terra, mentre si massaggiava con una mano la testa. Thor si rivolse
a lui e Sif: “State bene?”
Annuirono. Il biondo fece scorrere ancora lo sguardo sul branco di bulletti.
Mosse due passi verso di loro, che indietreggiarono impauriti.
Il forte e massiccio piccolo principe prese per il colletto della veste quello che aveva osato mettere le mani addosso al fratellino e, con un gesto fulmineo e deciso, gli diede un pugno in pieno viso, terrorizzando ancora di più gli altri del gruppetto.“Che vi serva da lezione! Guai a voi se oserete toccare di nuovo mio fratello o uno dei miei amici, chiaro?!” e quelli, dopo aver annuito, se la diedero a gambe, per ultimo quello che si era beccato il pugno.
Thor si voltò verso Loki e, dopo averlo aiutato ad alzarsi, lo abbracciò con affetto. Loki ricambiò l'abbraccio e il biondo disse in un sussurro, il fiato caldo che soffiava appena fra i capelli corvini del fratello minore: “Quante volte ti ho detto di non lasciarti sopraffare da nessuno? Ti ho anche insegnato i modi per respingerli! Lo sai che io non posso esserci sempre, e stavolta sei stato fortunato, dato che sia io che Sif eravamo nei paraggi. Ma non puoi continuare così, Loki! Devi reagire! Sei un principe, mio fratello, figlio di Odino! Devi farlo!”
A quel punto Loki si scostò dall'abbraccio bruscamente, quasi spintonando via il fratello, e preso il suo libro, se ne andò
di corsa senza una parola.
Sif e Thor si guardarono, poi lui le chiese con tono e viso confusi : “Ma che ho detto di male?”
Sif gli raccontò tutto quello che era successo da quando era intervenuta. Alla fine, Thor era furente: “Ma come osano insultare così mio fratello? Io li-” ma venne ripescato dai suoi
cupi e furenti pensieri di vendetta dalla ragazzina che lo riprese con una certa severità: “Non servirà a nulla fargliela pagare a quelli là! Devi parlare con lui e dirgli che ciò che gli hanno detto sono bugie! E lo sono!”
Thor, dopo essersi passato una mano ancora delicata tra i capelli color del sole, disse: “Va bene ci parlo ora! Se riesco a trovarlo!” e andò a cercare il fratello, cacciatosi chissà dove.

Cercò dappertutto, nelle sue stanze, in quella del trono.
Niente.
Poi gli venne in mente un posto nel quale aveva notato
Loki rifugiarsi sempre quando voleva stare da solo a rimuginare sui suoi pensieri: la capanna vicino alle scuderie.
Non perse altro tempo, anche perch
é il sole stava tramontando e i loro genitori, non vedendoli in giro, si sarebbero allarmati non poco.
Corse lungo i corridoi della reggia, senza mai stancarsi,
passando accanto a colonne colossali e splendenti.
Giunse alla porta della capanna, in legno scuro e un po' consumato, e l'aprì delicatamente.
Lo trovò lì, immerso nei suoi pensieri.
Non lo sentì arrivare, e Thor ne approfittò per osservarlo: i capelli erano scomposti, la schiena incurvata in avanti e le braccia e la testa posati sulla superficie di un tavolo di legno, dove si era seduto. Thor cercò con lo sguardo il libro che il fratello aveva con sé prima, e lo trovò.
Sembrava fosse stato
scagliato lontano con forza, e infatti aveva rotto alcuni oggetti, stando ai pezzi di vetro e cocci sparsi per il pavimento.
Si decise a parlare.
“Loki.” sussurrò.
Il bambino, preso alla sprovvista, rizzò le spalle e girò la testa nella sua direzione. Sul viso era impressa un'espressione di
sofferenza indescrivibile. Gli occhi -di solito imperscrutabili- erano arrossati e gonfi. Doveva aver pianto fino a poco fa. 
Povero fratellino, è così fragile. Pensò Thor.
Si avvicinò
e gli posò una mano sulla spalla. L'altro non sembrò reagire a quel contatto, pareva tormentato da mille e più pensieri, ed era ancora tanto giovane. Tuttavia fu proprio Loki, dopo alcuni secondi di incessante e profondo silenzio, a rompere il ghiaccio: “E' vero che non sono tuo fratello?” chiese con voce tremante.
A Thor la domanda fece male come una pugnalata. 

Se metto le mani addosso a quelli, giuro che rimpiangeranno di essere nati!

Rispose nella maniera più affettuosa che la sua natura indelicata e materialmente pratica era in grado di concedergli: “Certo che no! Sei mio fratello, chiaro?”
Il minore non parve convinto affatto e continuò: “Allora perchè non sono forte, bello e coraggioso come te o…” non riuscì a terminare la frase. Se lui non era figlio di Odino, allora chi era davvero?
Thor rispose: “Loki, non siamo tutti uguali! Io ho avuto il dono della forza, è vero, ma tu sei intelligentissimo e scaltro, sai fare incantesimi ch
'io mi sognerei la notte! Questo ti sembra poco? E' tantissimo! Sei perfetto esattamente come sei, non vorrei mai un fratello diverso da quello che ho di fronte!”
Loki, che sembrava essere di nuovo sul punto di piangere per la frustrazione, si asciugò con velata rabbia una lacrima ritardataria lungo la pallida guancia.
Decise di vuotare il sacco definitivamente: “Allora rispondi a questo: perché la mia pelle è perennemente fredda , oppure, ancora, non avverto il gelo dell'inverno? Che cosa ho di diverso da te, o chiunque altro qui? Che cosa sono veramente? Chi sono davvero?
Perché quello lì mi ha definito straniero?
“Sei mio fratello…” tentò
di nuovo il maggiore non riuscendo proprio a capire il motivo di quell'improvvisa crisi esistenziale del minore. Cosa mai sarebbe potuto essere se non Loki, principe di Asgard?
“E cosa più di questo?” incalzò ancora il moro, senza guardarlo. I pugni erano serrati, le labbra ora contratte in una posa irritata, gli occhi in tempesta.
A tale domanda Thor non seppe proprio cosa rispondere, ma l'espressione dipinta sul volto disperato del fratello reclamava una risposta capace d'estinguere ogni dubbio nella sua giovane mente tormentata. Perciò tentò di far capire al fratello che ciò che quei prepotenti gli avevano detto era frutto di lingue velenose. Così, rispose: “Loki, io e te sappiamo che sei mio fratello. Io ti voglio bene e i nostri genitori ti amano. Non so rispondere a tutte queste domande che mi fai. So solo che quello che oggi ti hanno detto è una menzogna: non sei uno straniero, non sei un orfano e sei un cittadino di Asgard, anzi il principe e non devi più permettere a nessuno di dirti che non è vero! Hai capito?” lo prese delicatamente per le spalle, le quali tremavano, come se il corpo fosse in preda a una febbre che ne scuoteva ogni fibra vitale.
Loki annuì, abbracciando il fratello come
temendo potesse scomparire da un momento all'altro.
Voleva dimenticarsi di tutto quello che quel giorno era successo, voleva dimenticarsi di ogni domanda che gli affollava la mente. Dimenticarsene e tornare a quello che era fino al giorno prima: un principino con una famiglia e ogni cosa che
avrebbe mai potuto desiderare.
Sapeva che un giorno quelle domande sarebbero riaffiorate prepotentemente, proprio come un fiume in piena, o che da troppo tempo è stato segregato in una diga, e, appena libero da essa, travolge ogni cosa…
ma nulla importava quando era fra le braccia del suo amato fratello, l'unico che forse riusciva a capirlo meglio di tutti, per quanto a volte si comportasse come un animale e fosse dotato della stessa delicatezza di un Pentapalmo. Ma era proprio questo a tener vivo nel suo cuore l'amore incondizionato che provava nei suoi confronti. Era il suo Thor, il suo fratellone protettivo ed impulsivo, e gli piaceva così com'era.

Erano abbracciati da qualche minuto, quando Thor, per alleviare la tensione, decise di giocare d'umorismo: “Ehi,”disse con un sorriso sghembo e beffardo, “una delle cose più strane e forti che io abbia mai visto fino ad oggi è stata vedere Sif prender le tue difese! Specie quando a malapena vi sopportate l'un l'altra!” rise di gusto. Lo stesso fece Loki, deciso più che mai a dimenticarsi di quella storia.
In verità lui non aveva mai capito perch
é Sif ce l'avesse con lui, e il fatto che oggi lo avesse difeso a spada tratta lo confondeva ancora di più.
Un giorno o l'altro lo avrebbe scoperto.

Rispose, mettendo su il sorriso più raggiante e divertito di cui disponeava: “Sì, ora che ci penso è davvero strano! Chissà cosa hanno in testa le femmine! Comunque, credo che dovremmo tornare alla reggia, si sta facendo buio e… be' lo sai, Madre si arrabbierà.”
“Sì, hai ragione! Andiamo allora! E comunque, basta con queste domande, chiaro fratellino?” aggiunse Thor.
Il moro annuì ed entrambi tornarono a casa, tenendosi per mano e giocandosi a vicenda ogni tanto scherzi, ridacchiando come scemi.


Loki ricordava bene quel giorno, come se fosse accaduto ieri, e non poté fare a meno di pensare a quanto era stato stupido a credere a ciò che Thor gli aveva detto…
'Tu sei mio fratello' aveva sproloquiato il dio del tuono, o forse l'epiteto giusto era Il dio dei Babbei.
“Sì, come no! Fratello un beneamato corno!” sussurrò fra i denti, un sibilo ferino a dir poco.
In quel momento, niente gli sembrò più falso di quelle poche parole. A parte tutti i salamelecchi sul fatto che la famiglia non fosse un fatto di sangue soltanto, ma anche di cuore, e bla bla, lui era stato preso in giro per tutti quegli anni, da tutti quelli che credeva di amare di più.
Avevano ragione quei ragazzini: Odino non era suo padre, Frigga non era sua madre, Thor non era suo fratello, e lui, Loki, non era il principe di Asgard. Anzi, non era nient'altro che un misero fallito, date le attuali pessime circostanze a dir poco vergognose.
Perché? Si trovava in una angusta cella, la peggiore fra tutte, in attesa del giudizio che sarebbe dovuto arrivare nel giro di un mese, quando Odino avrebbe deciso cosa farne di un traditore come lui, ovvio che quella fosse una situazione vergognosa, perdinci!
Ma, in fondo, quello era ciò che lui doveva essere, no? Il traditore. Il padre degli inganni, dei tradimenti, e del male, nulla avrebbe potuto cambiare le cose. Si augurava di essere condannato a morte, non gli interessava riflettere su quello che aveva fatto. Lo sapeva già perché aveva scelto quella strada e non intendeva di certo tornare sul discorso. Non gli andava proprio di invecchiare lì dentro! E poi di cosa doveva pentirsi? Di aver voluto tentare di dare un senso alla sua triste e noiosa vita? Era una colpa inseguire il proprio destino? 
Già, ma il destino può cambiare, come tutto. Disse una scocciante vocina nella sua mente.
“Ah! Fandonie, quisquilie e roba da saltimbanchi!” sussurrò adirato per aver pensato qualcosa di così assurdo.
La cosa più brutta della prigionia era il fatto che però potesse ricevere visite.
Così avrebbe dovuto sopportare Thor, o chi altri per lui, che gli sciorinava una smielata quanto fastidiosa paternale al sapore di 'Perché lo hai fatto?' oppure peggio ancora 'Sei ancora in tempo per cambiare te stesso' e altre assurdità che ci si sarebbero potute aspettare da un energumeno che, nonostante tutto, provava ancora affetto per lui. Che razza d'altisonante imbecille…
Non gli è sicuramente bastata la pugnalata che gli ho sferrato nell'ultima battagliapoco ma sicuro. Se solo potessi uscire da qui gliela farei vedere io la volontà di cambiare. Cambiare tipologia di pugnale, però. Accidenti a me.
Decise di dormirci su, tanto non aveva nulla di meglio da fare, oltre a sciocche elucubrazioni che non portavano a niente d'utile.

 



 

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Capitolo 3
*** Una flebile speranza: Parte Prima ***


                                                                          





Erano le prime ore del mattino e Loki non era riuscito a chiuder occhio.
Sentiva crescere dentro di lui una sorta d'agitazione a cui non sapeva dare un nome preciso. Era un misto di inquietudine e forte senso di solitudine, e per lui quella era una cosa ridicola.
Perché mai sarebbe dovuto sentirsi solo? Lui, che anni di rifiuti e inganni, fatti o subiti, lo avevano forgiato, facendolo diventare quello che era in quel momento?
Cosa sono, se non un traditore, un assassino, un reietto? Non so più nemmeno a quale popolo appartengo.

Non riusciva proprio ad identificarsi con la rozzezza e stupidità dei Giganti di Ghiaccio, anche se ricordava fin troppo bene cosa gli aveva detto Odino quella dannata sera in cui gli rivelò che lui non era davvero suo figlio: suo padre era l'ormai defunto Laufey. Sì, il re che non lo aveva accettato perché troppo piccolo e gracile per essere davvero degno del nome di Gigante. Forse qualcuno sarebbe anche potuto chiedersi perché mai Loki avesse ucciso colui che aveva in sé il suo stesso sangue. Be', non lo sapeva con certezza nemmeno lui. L'idea più ovvia era che uccidere Laufey facesse parte del suo piano per dimostrare a Odino che lui, avendolo salvato, era il figlio degno della corona.
Una ragione che il dio degli inganni non aveva mai voluto esaminare, per codardia, paura del passato o chissà cos'altro, era il fatto che volesse vendicarsi a tutti i costi di chi lo aveva abbandonato a un destino di morte certa.
C'era anche però da dire che se lui era vivo, era grazie a Odino.
Sì, peccato però che lo sforzo sia stato inutile, dato che ho mandato in fumo ogni buona aspettativa che lui aveva nei miei confronti, se mai c'è stata.
Forse una delle cose che più lo avevano ferito era stato il fatto che Odino gli avesse mentito su tutto.
Anche in quel modo non gli aveva risparmiato molte sofferenze: era cresciuto come un bambino odiato da tutti, senza mai saperne la ragione, e l'unico scoglio al quale si era sempre aggrappato in quella burrasca che era la sua vita, anch'esso era crollato alla fine.
Si era sentito come un corvo in mezzo a molte immacolate colombe.
Un escluso, uno privo di radici, di una storia alle spalle.

Mentre era perso nei suoi pensieri, un rumore catturò la sua attenzione. Proveniva proprio fuori dalla sua cella.
Una voce molto familiare risuonò nell'ambiente: “Sono Thor, desidero parlare con il prigioniero.”
Oh, no! Ci mancava Thor per rendermi ancora più tediosa la prigionia. Spero proprio mi condannino a morte, almeno non sentirò più i suoi ragionamenti da quasi completo beota. Be' una piccola vendetta su di lui ce l'ho avuta, anche se infruttuosa. Riesco solo a immaginare come sarà infuriato Thanos con me! Credo che se solo ne avesse l'occasione, di certo mi ucciderebbe senza pensarci due volte. Sarebbe già una cosa interessante!
Il dio degli inganni sentì la serratura della pesante porta girarsi, e poi un raggio di luce entrò dallo spiraglio apertosi, facendosi sempre più vasto.
A forza di starsene in quasi totale oscurità, gli occhi gli fecero male qualche secondo, poi mise a fuoco la figura che stava ritta di fronte a lui, immobile.
Avrebbe riconosciuto quella sagoma fra mille.
Era lui: Thor.
L'Ingannatore rimase lì a guardarlo impassibile, una lievissima incurvatura beffarda sulle labbra sottili. 
Non dette un cenno d'interesse nell'iniziare una qualsiasi conversazione.
Di cosa mai avrebbero potuto parlare? Di come gli avesse schiaffato addosso una museruola buona solo per dei cagnacci rabbiosi e trascinato al cospetto di quel vecchio rimbambito e compagnia bella? Nossignore, in quel caso poteva pure alzare i tacchi e tornarsene da dov'era venuto.
Dato che quel silenzio cominciava a infastidirlo non poco, Loki infine esordì con un mezzo sorriso tutt'altro che amichevole: “Come mai da queste parti, 'vostra eminentissima e tonante maestà'?” lo schernì.
Il dio del tuono non si lasciò scoraggiare da tale comportamento ostile e sussurrò in risposta: “Fratello…”
Non riuscì a dire altro.
Loki, a sentirsi chiamare con quell'appellativo, contenendo a malapena la cieca ira che saliva da dentro e un rancore mai sopito, ruggì: “Ma non hai ancora capito che quel nome per me non ha più significato?! Io non sono tuo fratello, né mi importa di ciò che sono stato fino a poco tempo fa! Perciò smettila di fare il sentimentale, una buona volta! Io e te siamo nemici, chiaro il concetto? E spero che tu sia venuto qui a dirmi che verrò giustiziato il prima possibile, così la finiremo con questa storia! Inizio sul serio a stancarmi di starmene qui dentro a marcire! Volete tagliarmi la testa? Ben venga! Sono pronto a scoprire il collo e a dar un po' di sano lavoro a quel grassone d'un pigro boia!”
Si alzò da terra, e, come venne verso il biondo, le braccia furono strattonate dalle pesanti catene indistruttibili. Con esse aveva purtroppo ben poca libertà di muoversi. Immaginò come dovesse essere terribile il suo aspetto: i capelli, una volta ben pettinati, sicuramente erano scarmigliati e i vestiti ridotti in stracci buoni ormai solo per pulirci i pavimenti. E in più, a guardarlo lì davanti con compassione e dolore negli occhi, vi era quell'idiota di Thor. Odioso cane bastonato e melenso!
Non poteva andare di certo peggio, e la morte sarebbe stata addirittura piacevole al solo pensiero di non vedere più la sua brutta faccia.
Va bene, va bene, non brutta ma… dah, insomma! Chi se ne importava!


Il dio del tuono tirò un lungo sospiro, poi, ravviandosi i capelli con frustrazione, disse: “So che tra noi sono successe troppe cose perché tutto possa ormai tornare come un tempo, e so che ora tu mi odi più che mai. Ma ti dico questo: mi dispiace per tutto quello in cui posso aver mancato come fratello, e solo ora mi rendo conto di non averti mai dato molto spazio e di esser stato sempre e solo io al centro dell'attenzione, nonché purtroppo di averti così facendo lasciato in una strada buia e dolorosa. Ti chiedo perdono, anche se so che non ti interessa, non importa. Sono venuto a pregarti solo di una cosa: ammetti le tue colpe e vedrai che sarai perdonato, nonostante ciò che hai fatto sia grave. Oppure ti verrà al massimo assegnata una pena minore della morte. Ma ti scongiuro, non sottopormi al dolore di vedere la tua testa recisa dal corpo o peggio. Hai ancora una possibilità, se solo ti deciderai a pentirti. Rinuncia al tuo cieco orgoglio e convinzione di aver ragione, Loki! In nome di tutto quello che eravamo una volta!”
Loki non si fece abbindolare da quelle parole e con un lieve ghigno arrogante replicò sfacciatamente: “Rinunciare al mio cieco orgoglio, eh? Pentirmi, dici? E perchè mai dovrei rinnegare ciò che sono? Non me ne faccio nulla del tuo perdono, né del tuo dolore. Non mi importa niente di continuare a vivere. Chiaro? Meglio morto piuttosto che schiavo d'una sciocca ed ormai putrescente menzogna. Schiavo di un patetico amore verso la sciocca maschera che sempre sono stato costretto a portare.”
Thor perse il controllo e lo scosse per le braccia, quasi urlando: “Ma non capisci che ti viene offerta una possibilità e tu la stai buttando via?! Se non ti importa niente degli altri, fallo per te stesso! Dov'è il Loki che conosco io? Perché sei dovuto cambiare? Perché hai gettato al vento tutto quello che io e te eravamo?!”
Loki, per come gli fu possibile, si divincolò dalla sua stretta e ringhiò, incollerito: “E tu che ne sai di ciò che voglio per me stesso? Se proprio vuoi saperlo, il tuo Loki è morto molto tempo fa! E non sono cambiato, avevo solamente trovato il modo di farmi valere e dimostrare quello di cui sono capace!” le ultime parole furono un sibilo. Thor rimase silente per qualche istante, infine: “Oggi parlerò con nostro padre e stabiliremo la sentenza!”
Nostro. Padre? Ma allora è più stupido di quanto abbia mai pensato! Pensò Loki . “Non vedo l'ora!” rispose sarcasticamente con un sorrisetto, allargando teatralmente le braccia. “Sarò qui buono buono ad aspettare. Quando sarà l'ora della chiacchierata famigliare fa' un fischio.”
Il dio del tuono se ne andò dalla cella senza un'altra parola. Sbatté la porta con inaudita violenza, colto dalla furia di fronte a tanta caparbia insolenza. Lasciò così Loki di nuovo piacevolmente solo.
Finalmente quella sottospecie di divinità se n'è andato! Credevo si sarebbe fermato pure a dormire qui dentro. Pensò il dio degli inganni.   

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Capitolo 4
*** Una flebile speranza: Parte Seconda ***


                                                                      





“Vi prego, padre! Dategli un'altra possibilità!” esclamò Thor.
“Mi dispiace, figlio mio, ma la legge è chiara: Loki deve pagare con la morte per ciò che ha fatto.” gli rispose Odino, inflessibile e severo.
Thor, stringendo i pugni talmente forte quasi da conficcarsi le unghie nei palmi delle mani, gridò con le lacrime agli occhi e la voce tremante: “Ma è mio fratello! Come potete dire una cosa simile?”
“E' anche mio figlio! Ma non posso cambiare le leggi antiche, ed esse parlano chiaro!”
Il dio del tuono non cedette e continuò nell'intento di salvare la vita a Loki: “Dev'esserci un altra pena da fargli scontare per ciò che ha fatto! Voi, quando ero ancora arrogante e avido, mi mandaste su Midgard, dove imparai ad essere umile ed un saggio re. E se provaste a fare la stessa cosa con Loki? Nonostante tutto credo ancora in lui! Credo nell'idea che possa redimersi!”
Odino, che non aveva fatto altro che camminare avanti e indietro per la sala del trono, si fermò di colpo e massaggiandosi la nuca dalla frustrazione tirò un sospiro per poi rispondere: “Ci ho già pensato. Ma non possiamo rischiare che combini qualche altra sciocchezza! E non è detto che funzioni con lui! Non possiamo fidarci , sebbene mi dolga dirlo! È un criminale agli occhi sia della legge di Asgard che quella di Midgard ! E che mi dici se gli umani di quella organizzazione lo trovassero di nuovo tra di loro? Penserebbero che sia tornato per attaccarli di nuovo!”

In effetti, Thor a questo non ci aveva pensato.
Cosa avrebbe detto a Nick Fury? E se quelli della S.H.I.E.L.D avessero trovato Loki, di certo lo avrebbero ucciso.
Doveva mettersi in contatto con Fury e avvertirli, semmai suo padre avrebbe accettato la sua idea.
Deglutì: “ A questo ci penserò io. Contatterò Fury e lo avvertirò di quello che è accaduto! E per quanto riguarda l'altra questione, non è detto che non funzioni. E poi, senza poteri, non credo potrebbe mai nuocere! Gli rimarrebbe soltanto l'uso della sua abile lingua, ma senza la magia non riuscirebbe a far nulla di male.”
Odino rifletté un attimo e poi disse: “ Va bene, così sia allora. Ma semmai facesse anche solo una minima azione pericolosa nei confronti degli umani, tornerà ad Asgard e la sentenza sarà la morte!” .
Thor abbracciò il padre più forte che poté, e sussurrò pieno di felicità: “Grazie, padre! Io stesso veglierò su di lui!”
“Ora va. Domani si riunirà il consiglio, e lì pronuncerò quanto abbiamo deciso.”
Il giovane dio si recò nelle prigioni, per parlare con suo fratello.
Probabilmente Loki mi odierà a morte per un bel po' di tempo, ma sono certo che, se ciò funzionerà, un giorno mi ringrazierà. Pensò, e intanto era arrivato alle porte delle carceri.

Che razza di idiota, quel Thor! Pensò Loki.
Come faceva a dire simili assurdità che rispondevano ai nomi di perdono e redenzione?
Cosa poteva importargli di esser perdonato o redimersi?
E se anche l'avesse fatto, non sarebbe cambiato nulla, ormai il fatto di non appartenere alla famiglia di Thor era chiaro come il sole e doloroso, e tornare a casa sarebbe stata una ridicola e fallimentare recita.
Solo il ripensare alla delusione negli occhi di Odino lo riempiva di amarezza e rabbia.
E poi, avrebbe dovuto abitare di nuovo sotto lo stesso tetto con Thor…

Whoah! Non se ne parla neanche, preferisco decisamente la morte che condividere solo un altro minuto della mia esistenza con quell'essere che si trova sulla linea di confine tra un babbeo e un animale!
Nulla poteva cancellare ciò che Loki aveva fatto e chi lui era!
Lo avevano chiamato 'mostro' e lui si era comportato come tale!
Poi tutto a un tratto spunta fuori il signor 'Tuoni e fulmini dei miei stivali' con quella sua faccia da cane bastonato e il cuore pieno di sciocchi e schifosamente buoni propositi nei miei confronti, e mi chiede di cambiare e tornare quello di un tempo?! Be' ci ha pensato tardi, il piagnucolone, a farmi la predica! Io ho intenzione invece di peggiorare sempre di più, perciò possono anche sottopormi a tutte le torture che vogliono o quant'altro, ma mai mi piegherò! 
Diede un pugno al muro, più forte che poté. Poi un altro, e un altro ancora. Non poteva fare diversamente per scaricare la rabbia. Si nascose la testa fra le mani, nella quale sentiva un dolore atroce.
Perfetto, ora mi è venuta anche l'emicrania! Peggio di così non può andare poco ma sicuro…

In preda a una forte stanchezza e al dolore alla testa, cadde in un sonno agitato e privo di bei sogni.
La sua mente rievocò alcune immagini della battaglia contro i Vendicatori.
Quanto odiava quel gruppetto di pagliacci in calzamaglia!
Bramava vendetta, questo era poco ma sicuro. E per avere un'occasione avrebbe venduto il suo cuore, pur di vedere finalmente quei bambocci stramazzare ai suoi piedi implorando di aver salva la vita, e lui da magnanimo avrebbe posto fine alle loro sofferenze.
Se solo avesse avuto ancora il Tesseract e quel dannato scettro…
Mentre si trovava in una condizione di quasi dormiveglia, venne destato ancora dallo stesso rumore di quella stessa mattina.
Se è di nuovo Thor, stavolta giuro che lo prendo a calci, dovessi spezzare queste catene!
Quando entrò Thor nella cella, avrebbe voluto gettarsi da un dirupo, pur di non trovarsi di fronte quell'allocco.
Perfetto, proprio quello che mi ci voleva come visione ristoratrice! In questo momento preferirei trovarmi al cospetto di Thanos in persona!
Thor non disse nulla, e si limitò ad appoggiarsi alla parete, di fronte a Loki, con le braccia conserte e uno sguardo indecifrabile negli occhi azzurri.
Lo fissò per un po', finché infastidito dalla sua presenza Loki sbottò con tono acido e di sfida: “Insomma, sono anche bello, ma se sei venuto qui per rimirarmi penso proprio tu abbia scelto il luogo e il tempo sbagliati, sai? Che ne dici di ritornare… diciamo… mai?”
Il biondo incurvò la bocca nel suo solito sorrisino beffardo, da volerlo prendere a schiaffi: “La tua lingua tagliente vedo che non si è arrugginita affatto!” osservò e poi tornò serio, “Abbiamo preso una decisione.”
“Perfetto, era anche ora!” commentò sarcastico Loki, “Quindi?” lo incalzò scocciato ed impaziente.
Thor fece un respiro profondo eppure appena percepibile: “Quindi, fratellino caro, domani ci sarà la sentenza ufficiale, ma per evitarti un'intera notte in preda all'ansia, te lo dirò in anticipo…”
“Oh, che tenero che sei… vi ringrazio, sire, della vostra benevolenza! E di grazia, potreste allora rivelarmi codesta decisione? Siate magnanimo!” lo prese in giro Loki, più incattivito che mai.
Per un attimo Thor sembrò, per l'ennesima volta forse, amareggiato da quel tono di scherno, ma non lo diede a vedere più di tanto. Da un lato il suo orgoglio ruggiva e gli ripeteva di non dare alcuna soddisfazione all'ego ferito e velenoso dell'altro. Dall'altro pensava che se non avesse fatto a quel modo, di certo lo avrebbe raggiunto e preso a schiaffoni fino a farlo rinsavire, avesse dovuto continuare fino alla fine dei tempi. “Ebbene, domani all'alba verrai portato al cospetto di Odino, e da lì verrai mandato da lui stesso su Midgard. In esilio per un tempo imprecisato, o almeno fin quando non metterai la testa a posto e la pianterai con i piani di distruzione e conquista! E non è tutto, sarai privato di tutti i tuoi poteri, e con essi l'immortalità: vivrai come un essere umano. Perciò cerca di accantonare i discorsi sulla superiorità e altre idiozie, non ti sarebbero d'aiuto laggiù. Come hai già potuto constatare coi tuoi stessi occhi, mal tollerano la gente che si ritiene superiore o, addirittura, un dio sceso in terra.”

La faccia di Loki rimase impietrita, il volto già pallido normalmente divenne d'un bianco spettrale quasi trasparente, gli occhi verdi lucidi come vetro, e un sussurro spezzato sulle labbra: “C-cosa?!” balbettò, credendo di aver capito male, molto male. Decisamente male.
Thor sollevò un po' il viso come a voler imporre pure con i gesti la propria volontà: “Hai capito benissimo, Loki”.
Quest'ultimo, dopo essersi ripreso, disse infuriato: “Vuoi forse dirmi che dovrò stare in mezzo a quegli esseri?! Io con quegli esseri più che inferiori?! Quella feccia! L'anello mancante tra la razza di esseri intelligenti e le comuni bestie! Io non mi ridurrò a essere un mortale come loro, meglio la morte di sicuro!”
“Come non detto sulla questione della superiorità.” borbottò tra sé Thor passandosi due dita sugli occhi, poi schiarì la voce, “Ehm-ehm… peccato comunque che quelli ad avere il coltello dalla parte del manico siamo noi e non tu. E per giunta, sei un prigioniero ormai. Pertanto, di te possiamo farne quello che vogliamo. Dunque non pensare di farla franca! In nessuna maniera. Vale a dire…” e si mise a contare con le dita il seguente elenco, “… Niente inganni, niente violenze, di nessun tipo. Io stesso ti controllerò quasi sempre, quindi non fare nulla di sbagliato o pericoloso per te e chi ti starà intorno; tieni pure bene a mente che ci saranno gli altri Vendicatori a controllarti! E lo S.H.I.E.L.D. Quindi ti converrà comportarti bene, imparare le buone maniere e mettere la testa a posto. Sennò verrai riportato ad Asgard e condannato a morte o reclusione a vita. Penso di esser stato abbastanza chiaro e meticoloso nell'esporre il concetto, vero fratellino?” e si avvicinò al viso del fratello, a pochi centimetri di distanza.
Loki sentì una rabbia bollente salirgli fino in gola, come un ruggito, e disse in tono minaccioso, un sibilo nell'aria umida della cella: “Questa me la paghi, Thor, insieme a tutto il resto! Vedrai! Tornerò anche contro la vostra volontà, e di certo non mi sarò pentito di nulla! Quel giorno, della vostra gloriosa Asgard rimarranno solo macerie, e tu diverrai il re dei miei stivali! E per l'ultima volta: non sono tuo fratello! Mettitelo bene in quella tua sentimentale e vuota testa!”
Thor si limitò a sorridergli. Poi disse, in procinto di andare via: “Vedremo come farai a tornare senza i tuoi poteri e la tua immortalità. Ti ricordo che potrai riaverli solo quando avrai cambiato atteggiamento. E ora, se non ti dispiace, devo andare ad avvertire Heimdall di sorvegliarti, una volta atterrato su Midgard. Sogni d'oro, Loki!”
Detto ciò, uscì dalla cella, lasciando il dio degli inganni a crogiolarsi nella rabbia e il senso di impotenza.
Quella era la pena peggiore che sarebbe potuta capitargli.
Razza d'imbecille babbeo! Ti detesto, Thor!

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Capitolo 5
*** L'esilio ***


Loki Pov


Quella notte Loki, a dispetto dell'augurio di Thor, non chiuse nemmeno per un secondo occhio, rimuginando continuamente sul modo di vendicarsi -per quella punizione fin troppo crudele- di Thor e tutti gli altri.
Non riusciva a immaginare pena peggiore di quella. Cos'avrebbe dovuto fare una volta atterrato sul territorio Midgardiano? E poi, sicuramente quelli dello S.H.I.E.L.D sarebbero venuti a cercarlo per metterlo di nuovo in una gabbia, o peggio. Oppure avrebbe incontrato uno di quegli esseri inferiori, e senza i suoi poteri non aveva speranze di combattere contro i buffoni calzamagliati.
Dovrò sicuramente trovare un posto dove nascondermi, o credo che passerò il resto di questo stupido esilio in una cella o chissà dove!
Di una cosa era certo: Thor e gli altri lo sottovalutavano. Grosso e madornale errore, anche se prevedibile. Li avrebbe ingannati facendo finta di pentirsi e poi, una volta tornato ad Asgard, si sarebbe divertito. Tale pensiero bastò a far comparire uno dei suoi soliti ghigni che non promettevano niente di buono.
Ve la darò io la redenzione…

L'alba giunse in sfumature di pallido arancio e rosa, calda e piacevole. Mentre si godeva quello spettacolo (che sempre lo aveva affascinato) dall'unica finestra irraggiungibilmente alta, venne ripescato dai pensieri dall'aprirsi della porta della cella. “Loki, il processo comincerà tra poco, e tu dovrai essere presente.” disse una guardia. Lo liberò dalle catene e gliene mise un altro paio, poi lo strattonò guidandolo verso la sala del trono, dove si trovavano Odino, Thor, Frigga e tutti quelli che una volta considerava suoi pari, e che in quel momento invece non rappresentavano nulla per lui. Un branco di sconosciuti, ecco cos'erano.
Quando si aprirono le porte nella sala piombò il silenzio. Vi erano i membri più illustri e nobili della corte. Gente pomposa e che lo seguiva con lo sguardo tra lo sprezzante e il compassionevole. C'era chi mormorava 'Ma quello è Loki! È ancora vivo? ' oppure 'Non dovevano condannarlo a morte? ' od ancora 'No, ho sentito che verrà fatto imprigionare '.
Loki non poté che sorridere amaramente di tutto quello che stava sentendo: vi era anche chi per lui aveva riservato parole di compassione. Ma cosa poteva importargliene?
Finalmente si trovò di fronte al trono, dove era seduto Odino, con a fianco Thor e Frigga, la quale guardò Loki con un'espressione colma di dolore. Odino, dopo qualche minuto passato a osservarlo, parlò con voce stentorea e ferma.

 

Thor Pov


Intanto, mentre Odino pronunciava la sentenza di cui tutta la famiglia reale era già a conoscenza ormai, la mente di Thor era immersa nei suoi pensieri, mentre osservava il fratello minore, che ancora lui si ostinava a chiamar tale, il quale, se prima sulla sua bocca era comparso un sorriso privo di felicità ma colmo di amarezza, in quel momento era serio e calmo, come se non gliene importasse nulla di venire esiliato.
Se erano arrivati purtroppo a quel punto, la colpa era solo di Thor e nessun altro. Se lui fosse stato più vicino a Loki, forse tutto questo sarebbe stato solo un incubo notturno, una catastrofe irrealizzabile. Se lui non avesse pensato solo al suo ego, ma a dare anche spazio al fratello invece, a quest'ora sarebbero stati seduti ad un banchetto o a cavallo, a ridere, scherzare e sognare come sempre avevano fatto.
Lui, Thor, avrebbe continuato a volergli bene e a difenderlo, e Loki non sarebbe finito di certo in catene di fronte alla corte, in attesa della sentenza.
Perdonami, fratello, per tutto quello che ti ho fatto, per ogni cosa non detta, ogni sorriso non regalato, ogni lacrima versata invano. Ti chiedo perdono! Lacrime calde scivolarono sulle sue guance, finendo nella bionda barba incolta. E come se avesse letto nei suoi pensieri, il volto di Loki, si voltò ad incontrare il suo, un'espressione leggermente perplessa sul viso pallido e scavato. Gli occhi che luccicavano quasi. Un sussurro impercettibile: “Thor...” e per la prima volta dopo tanto tempo, anche Loki versò una lacrima.

 

Loki Pov


Odino, Padretutto, aveva quasi terminato la sentenza, ma Loki non aveva ascoltato nemmeno mezza parola.
Era immerso nei propri pensieri. Trovava divertente il fatto di essere protagonista di una scena simile a un'altra vista in precedenza: quando Thor era stato esiliato. Solo che quella volta vi era solamente lui, Loki, ad assistere, mentre invece in quel momento vi erano più di duemila individui ad attendere con ansia il verdetto. C'era chi era rimasto deluso del fatto che Odino lo avesse solo condannato all'esilio, e c'era anche invece chi era stato felice di esserselo comunque tolto di torno, dicendo che si sarebbe anche meritato di peggio.
Poi, in mezzo a quell'indistinto brusio nella sala, una voce nella sua mente risuonò familiare, quasi come un balsamo, nonostante la odiasse con tutto il suo cuore: quella di Thor. 
Perdonami, fratello, per tutto quello che ti ho fatto, per ogni cosa non detta, ogni sorriso non regalato, ogni lacrima versata invano. Ti chiedo perdono!
Dannati poteri telepatici!
La frase risuonò in un eco senza fine nella sua testa. Non era la prima volta che lo sentiva parlar di perdono eppure era diverso. Vi era veramente afflizione e dolore. Forse avrebbe anche potuto mettere da parte l'odio e il rancore o…
O forse no! Che diavolo mi salta in mente?! Non mi piegherò alla volontà di nessuno! Pensò.
Però quelle poche parole erano bastate a confonderlo e, con suo stesso disappunto, a farlo piangere dopo tanto tempo.

Aveva dimenticato che effetto facesse sentire le lacrime che rigavano le guance. E tutto mentre si trovava di fronte a una vera e propria corte marziale.
Dalla sua bocca, contro la sua stessa volontà, sfuggì un nome appena sussurrato, ma percettibile… Thor.
Bene, pensò Loki, ora anche io sono diventato uno stramaledetto sentimentale. Ma cos'è, una malattia contagiosa, per caso?!
Thor doveva averlo sentito perché ricambiò il suo sguardo e, di nuovo per la prima volta, negli occhi di ambedue non vi era né odio né disprezzo, ma solo dolore e confusione. Proprio in quel momento, una guardia lo scosse da quel contatto visivo, e Odino disse: “Fate avvicinare il prigioniero”
Loki fu strattonato in malo modo dalla guardia , e si ritrovò ancora più vicino all'anziano dio. Non volle guardarlo in viso, non provò nemmeno a guardare in quei occhi saggi dove sicuramente vi avrebbe letto delusione e rammarico. Udì soltanto la sua voce: “Loki, io ti condanno all'esilio, fino a quando non ti sarai pentito di ciò che hai fatto. Perciò ti tolgo i poteri!”
E con un gesto della mano, agitò leggermente il martello Mijolnir, rivolto verso di lui,e un lampo investì Loki. Non sentì dolore, ma un senso di privazione, come se fosse stato indebolito.
“Che ti venga tolta anche l'immortalità, in nome di Odino!" continuò il sovrano. Ripeté il gesto. Loki si sentì completamente prosciugato delle sue forze. Cadde a terra, in ginocchio. Un rivolo di sudore attraversò il suo viso.
Volse lo sguardo verso Thor. Vide in lui uno strazio malcelato.

 

Thor Pov


Il dio del tuono cominciò a pensare che forse la sua non fosse stata una grande idea. Guardò Loki: appariva stremato, dopo che era stato privato dei poteri. Ma non poteva fare nulla per aiutarlo, erano nel bel mezzo di una condanna e alla fine l'idea era stata sua.
Serrò i pugni con forza. Doveva resistere all'impulso di prendere Loki tra la braccia e abbracciarlo forte.
Poi, Odino gli tolse anche l'immortalità.
Questa volta, Loki crollò di fronte al sovrano, privo di forze come non mai. Lo vide ansimare, sembrava l'avessero prosciugato d'anni di vita. Era ancor più pallido ed emaciato di prima.
Thor non riuscì a resistere oltre e, preso dall'istinto di fratello maggiore, con pochi passi si trovò di fronte al fratello. Lo guardò con compassione, poi sussurrò “Loki, ti prego, sei ancora in tempo…
Quello, rimettendosi in piedi con gran fatica, rispose: “
No, Thor.”
Ma perché suo fratello doveva essere così cocciuto? Perché non voleva evitare l'esilio? Perché non provava a cambiare?
Thor era costernato.

 

Loki Pov


Si ritrovò di fronte Thor che gli disse, per quello che poteva capire, dato che si sentiva scombussolato, di essere in tempo per cambiare.
Che sciocchezza, non sarebbe mai cambiato! Proprio non voleva capire che lui era quello che era?! Riuscì a rispondergli solo con un debole ma secco 'No '.
Si rimise in piedi dato che lui, un re, non si sarebbe mai più inginocchiato a nessuno.
Anche se era il re del nulla, come ricordò a sé stesso.
Odino tuonò: “Thor, sta' al tuo posto!”
Thor rispose, come una bestiolina domestica obbedisce al padrone: “Sì, padre”e si allontanò da Loki, che trovò ancora la forza di sogghignare ed emettere una bassa risata ricolma di divertito e macabro scherno.
Odino emise l'ultima sentenza: “Infine, verrai mandato su Midgard, con le condizioni dateti prima.” con un altro gesto del martello lo investì di nuovo in una luce abbagliante, e l'Ingannatore si sentì catapultato in un tunnel, letteralmente risucchiato. Come quando si veniva trasportati dal potere del Bifr
öst. 
Dopo alcuni minuti interminabili, atterrò pesantemente e rovinosamente su di una superficie dura. Tentò di rialzarsi nonostante ogni muscolo stesse implorando disperato riposo.
Fece saettare debolmente gli occhi attorno a sé.
Era un paesaggio strano: si trovava su di una distesa verde e giallognola, viscida e fresca. Vi erano anche degli... alberi, ricordandosi il nome che i Midgardiani avevano dato alle piante.
Sondò ancora ciò che lo circondava e si accorse della presenza -di fronte a lui- di un edificio semplice: era bianco e illuminato all'interno, dato che da quello che poteva capire Loki, su Midgard era invero sera.
L'ex dio cadde di nuovo per terra, non riusciva proprio a stare in piedi e, tanto per cambiare, un tuono risuonò nel cielo: Thor si stava prendendo gioco di lui a quanto pareva.
Seguì la pioggia che lo investì violentemente.
Stremato, Loki perse i sensi.

 

Thor Pov


Loki era appena sparito dalla sala, mandato chissà dove su Midgard.
Avrebbe dovuto rintracciarlo, per assicurarsi che stesse davvero bene e sapeva già a chi chiedere: Heimdall, che tutto vedeva e tutto sentiva.
Lo trovò dove sempre se ne stava: di guardia, sulla parte rimanente del
Bifröst dopo il crollo causato da Thor in persona. Lo stesso punto dal quale tempo prima il dio del tuono aveva visto precipitare suo fratello. Se ancora ripensava a come il cuore gli era andato in frantumi in quel fatale momento, una morsa asfissiante serrava nelle proprie soffocanti spire il suo cuore. Aveva sofferto grandemente per la perdita, poi aveva scoperto che Loki era sopravvissuto alla caduta ma stava ahilui facendo strage di Midgardiani e anche del proprio onore sulla Terra, e il sollievo si era trasformato in orrore e rabbia.
Scosse il capo a quel ricordo.
Heimdall naturalmente lo aveva già visto e lo precedette dicendo: “So perché sei qui. Vuoi sapere se lui sta bene e dove si trova attualmente, non è vero?”
“Mi conosci bene.”
“Loki si trova su un continente di Midgard, che porta il nome di America, che tu hai già avuto modo di conoscere.”
Thor annuì, e dopo una riflessione: “Devo andare anch'io su Midgard, per parlare con Fury ed anche con mio fratello. Ma temo la risposta di mio padre.”
“Non angustiarti, accetterà la tua richiesta. D'altra parte, sei stato tu stesso a promettergli che avresti vegliato su Loki.”
“Grazie del consiglio, hai ragione. Vado subito.” e si recò di nuovo nella sala del trono, dove Odino stava parlando con la moglie.
Ma prima di conferire col padre, Thor volle salutare dall'alto il fratello con un possente tuono che squarciò il cielo.
La sua ennesima promessa che questa volta non lo avrebbe abbandonato né lasciato solo.

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Capitolo 6
*** 5. Risveglio su Midgard ***


Salve a tutti/e! Eccomi di nuovo con un altro capitolo di questo delirio! XDD Dunque, vorrei precisare che la narrazione sarà solo da parte di un personaggio solo, questa volta, e che, in caso il nostro Loki risultasse sdolcinato o OOC non esitate a farmi alcuna critica o commento, non possono che farmi piacere, mi permettono di migliorare! Detto questo, buona lettura!


Era sprofondato in un sonno agitato, popolato dai fantasmi del passato e dal caos. Sognò di venire giustiziato. Gli stavano per tagliare la testa. La gente stava urlando e gli inveiva contro. Qualcuno gli tirò anche delle pietre. Mentre passava fra di loro, sentì insulti, minacce e quant'altro. Venne poi condotto finalmente al patibolo, dove ad attenderlo c'era il boia, nero e minaccioso nella sua veste. Si inginocchiò , e zac!!
 

Si svegliò tutto sudato. Si resse con le braccia sulla morbida superficie dove era stato adagiato. Ma... dove sono? Si chiese, con in testa la più completa confusione. Si guardò incontro, in cerca di indizi che potessero aiutarlo a fargli capire dove si trovava. Era in una piccola stanza. Le pareti erano color pesca, e il pavimento in legno. L'arredamento era modesto: un letto dal morbido materasso e candide lenzuola bianche, un armadio in legno chiaro, un lungo specchio dove ci si poteva osservare interamente e una finestra. Era ancora notte fonda. Ma perchè si trovava lì? Dov'era la prigione? Dov'erano Odino e Thor, e tutta la corte? Prima che potesse porre a se stesso altre domande, sentì dei passi provenire da dietro la porta bianca. Erano leggeri e delicati. Entrò una giovane donna: doveva avere al massimo venticinque anni. I capelli, lunghi e castani, ricadevano dolcemente sulle spalle in onde come quelle del mare sul quale era sospesa Asgard. Il fisico della ragazza aveva le forme sui punti giusti, quasi perfetto, non fosse stato per la statura non proprio imponente. Ma aveva sicuramente il suo fascino. Gli parlò, la voce che sembrava un dolce suono di campanelle di cristallo : “Allora, ci siamo decisi a svegliarci? Come ti senti” e gli rivolse un sorriso, dolce e premuroso. In quel momento lui fu catturato dai suoi occhi: erano grandi, di un castano chiaro, quasi ambrato, e sembrava oro liquido in due pozzi profondi. Non dimenticarti che è un'inferiore mortale! Ricordò a sé stesso. Ma poi si ricordò di essere stato trasformato a sua volta proprio da Odino in mortale. Era stato bandito, rimembrò. Decise di non essere scontroso, infondo, lei lo aveva aiutato. “Bene.... grazie” aggiunse poi, sforzandosi di sorridere, nonostante avvertisse dolori a tutte le articolazioni. Era caduto a una distanza di metri considerevole, e di certo non su di un cuscino. Ricordò la pioggia,e di essere svenuto. Ricordò un tuono che rimbombava nel cielo. Thor. E rammentò che doveva trovare una vendetta da pianificare. Ma in quel momento, desiderava solo riposare, essendo stanco e affamato. L'umana, presa una sedia, si sedette al suo capezzale, e disse: “Sai, mi sono spaventata quando ti ho trovato di fronte a casa mia, sotto la pioggia, svenuto. Ti ho portato in casa mia e messo a letto. Avevi anche la febbre. Ma mi dici come mai eri nel mio giardino?”. Loki, essendo ancora piuttosto diffidente e volendo liquidare l'umana, disse: “Se te lo dicessi, penseresti che sia pazzo...” . Lei sembrò ancora più interessata ma disse: “ Se non ti va di dirmelo, non sei obbligato!”. Loki provò una fastidiosa sensazione di essere stato un benemerito maleducato e, cosa rara, cercò di scusarsi: “Scusa, è solo che mi sono capitate troppe cose, e non mi va di raccontarle ora....” “Ehi, tranquillo! Non preoccuparti!”. Loki sorrise. Nessuno lo aveva fatto mai sentire a proprio agio come quella ragazza. “Allora, puoi dirmi almeno il tuo nome, visto che ti ho salvato la vita?” chiese lei con un sorriso raggiante: “Loki..” rispose lui. Lei disse, porgendogli amichevolmente la mano: “Io sono Carey Flitch. Piacere!” e strinse quella di Loki in un gesto tipico degli umani. “Senti, Loki, lo sai che la tua faccia non mi è nuova? Mi sembra di averti già visto da qualche parte... Sei forse un attore o qualcosa di simile?”. Loki si allarmò. Se scopre chi sono, telefonerà alla polizia, o peggio! E poi che cosa è un attore? Riuscì solo a sorridere nervosamente: “Magari assomiglio a qualcuno che hai visto in televisione! Io... non sono di queste parti... proprio....” “Oh, certo, scusami, che sfacciata! Beh per riparare, se non ti dispiace, vorrei proporti di restare qui un po' di tempo, a quanto pare non hai dove andare perciò... “ “Oh, te ne sarei grato!” rispose lui, sorridendo a malapena. Sono riuscito ad aggirare l'ostacolo, ma scoprirà chi sono molto presto. Ma che mi prende poi? Come mai tutto quest'essere mansueto e cordiale? . Mentre stava rimuginando, Carey continuò a parlare: “Oh, allora non ti dispiace nemmeno se ti presto dei vestiti nuovi, sai... Quelli che hai indosso sembrano malconci.... E anche strani, aggiungerei...” “Nessun problema, fa' pure.”. Carey uscì dalla stanza: “Bene allora vado a prenderti degli abiti di.... mio …..marito.” Le ultime parole suonarono a Loki quasi forzate, e la voce di lei tremante, quasi a nascondere un dolore. In effetti, negli occhi suoi aveva notato sin dall'inizio una punta di amara tristezza. Ma non era di certo un suo problema. Carey tornò nella stanza con un paio di vestiti umani. Erano composti da una giacca nera in pelle, dei pantaloni che Loki ricordò chiamarsi “jeans” scuri e una maglia bianca a maniche lunghe. Lo lasciò nella stanza alle prese con i nuovi abiti. Gli andavano perfettamente. E doveva dire che gli stavano anche bene. Così, uscì dalla stanza e trovò, oltre ad altre stanze, una rampa di scale. Le scese. Vi trovò quello che gli umani chiamavano “soggiorno”, abbastanza accogliente,e una cucina. Si sentivano le voci da lì di Carey e anche un bimbo. Perfetto! Ci mancava un moccioso petulante in mezzo ai piedi! Pensò acidamente Loki mentre entrava nella sala. Lì trovò Carey alle prese con la preparazione di un cibo: “Pensavo che fossi affamato e quindi ti sto preparando qualcosa! Oh, questo è Jonathan, mio figlio, soffre di insonnia e per questo è ancora sveglio a quest'ora!” aggiunse Carey sorridendo. Loki concentrò le sue attenzioni sul marmocchio: doveva avere si e no nemmeno 3 mesi : aveva già dei lucenti capelli neri e occhi come la madre, ambrati. Sembrava tranquillo nonostante fosse piccolo e si limitò a fissarlo con sguardo incuriosito. “Jony, non fissare il signore , non è educazione!” lo rimproverò dolcemente la madre. Il bambino allora distolse lo sguardo da Loki. È curioso, il piccoletto. Commentò fra sé quest'ultimo. “Scusami, è molto curioso ed è già abbastanza intelligente, anche se non ha nemmeno un anno.” “ Oh, nessun disturbo! Piuttosto.. se non sono indiscreto... dov'è suo padre?”. Carey, a quella domanda si fermò di colpo. Gli occhi luccicarono e sembrò che stesse per piangere, ma poi invece riacquistò il controllo di sé, e disse, la voce tremante: “Oh, lui... Andrew è... è morto qualche tempo fa... a dire il vero da poco...” “Non immaginavo... Spero di non averti offesa!”. Ma si può sapere perchè sto diventando un allocco peggio di Thor! Ma che mi sta succedendo! Si rimproverò. A lui non sarebbe dovuto importargliene nulla di ferirla o meno. Era un'inferiore mortale e basta. Carey continuò a parlare: “Non è colpa tua, solo che non è stato facile per noi... è accaduto tutto velocemente, e Jonathan non era nemmeno nato, quando successe il disastro a New York...” “N-New York?” chiese impallidendo Loki. Non è che si riferisce al disastro provocato da me?! “Sì, non lo sai? Tre mesi fa un pazzo ha cercato di conquistare la terra con un esercito di alieni. Ma fortunatamente I Vendicatori sono arrivati in tempo per salvare la città... Ma Andrew, visto che lavorava come poliziotto lì, morì nel fare il suo lavoro. E mi è stato detto che è rimasto ucciso proprio in una esplosione causato da quello strano uomo, che alcuni dicono sia un dio, come l'altro Vendicatore biondo. Non so i loro nomi, ma si dice siano molto potenti. Io fortunatamente mi ero recata da mia madre, quindi scampai al pericolo. Ma molta gente morì quel giorno. Ed Andrew era fra queste.” Loki provò un forte senso di colpa. Solo allora si rese conto del male che aveva fatto a tante, troppe famiglie. Quanti aveva separato per sempre, con i suoi capricci infantili? Erano troppi da elencare. Il peso di migliaia anime gravarono sulla sua coscienza, che credeva avesse ormai perduto da tempo. Per la sua pazzia molti innocenti avevano pagato con la vita. E lui si trovava lì, di fronte a una giovane moglie e madre, resa vedova dai piani malvagi di una canaglia; lui conosceva il nome di quella canaglia: rispondeva al nome Loki. Cioè lui. Riuscì a deglutire a fatica,e con voce strozzata, le chiese: “E- E che fine ha fatto quel... quel pazzo?” “E' stato portato via dall'altro dio, credo in prigione.”. Quanto si sbagliava Carey. Il pazzo sanguinario si trovava di fronte a lei,e non in una cella ad Asgard. Loki seppe dire solo: “Oh, capisco. Deve essere stato orribile, vero?” “Si, e poi avrei dovuto partorire di lì a poco, dato che ero ancora incinta di Jonathan. È stato brutto non aver nessuno, oltre ai tuoi genitori, che assistesse alla nascita del tuo primo e unico figlio. Ed è spaventoso immaginare un bambino crescere senza un padre... Ma io, nonostante sia ancora giovane, non ho intenzione di risposarmi, amavo troppo Andrew.”. Eccone un'altra che crede nell'amore! Sarebbe andata d'accordo con Thor! Pensò cinicamente Loki, non riuscendo a farne proprio a meno. Ma posso capire cosa potrà provare il bambino crescendo: non avere una famiglia al completo o, come nel mio caso, non averla affatto. Ma ricordò a sé stesso di avere cose ben più importanti di cui occuparsi, invece di stare a sentire i sentimentalismi di una donna umana. E poi, la guerra portava sempre quel genere di disgrazie, non era la prima né l'ultima. Ma allora perchè prima aveva sentito nel profondo del suo essere qualcosa che assomigliava molto a vergogna, rimorso, compassione? Cos'era ciò che lui negava a sé stesso? Di avere dei sentimenti? Di possedere un cuore ancora funzionante e non che pompava odio e rancore come aveva ultimamente pensato? Perchè quella donna lo aveva colpito così profondamente? Eppure, non aveva nulla di speciale. Ma in lei c'era qualcosa che lo riscaldava, come se fino ad allora fosse stato di ghiaccio, e poi fosse arrivata lei, tra una tempesta e l'altra, come un raggio di sole a scioglierlo fin nel profondo. Ce ne voleva per far sentire il dio delle malefatte come un monello della peggior specie. E questo non era mai successo nemmeno con Odino in persona, quando per lui rappresentava ancora una figura paterna. Doveva escogitare un modo per andarsene da Midgard al più presto, o sarebbe finito come Thor: sdolcinato e smidollato fino alla nausea, ed era proprio quello che voleva evitare.
Quella notte, dopo una cena consumata insieme alla donna piuttosto silenziosa e imbarazzante, Loki si ritirò nella stanza dove si era risvegliato poche ore fa. Ma né lui né Carey quella notte riuscirono a dormire.


Allora come vi è sembrato Loki? OOC oppure rientro ancora tra i canoni della sua mente tortuosa? Mi raccomando non esitate a fare critiche nelle recensioni! Spero comunque di aver fatto un lavoro accettabile anche stavolta! XDD Snow.

P.S: per l'abbigliamento nuovo di Loki mi sono ispirata allo splendido attore che più di una volta lo ha impersonato: Tom Hiddleston. L'idea mi è venuta mentre guardavo una sua intervista! XDD
 



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Capitolo 7
*** 6. Don't you cry tonight..... ***


Bentrovati miei cari! Vi chiedo umilmente perdono per avervi fatto aspettare così tanto! Ma ho avuto qualche impegno e non trovavo mai un po' di tempo per scrivere questo capitolo in santa pace! Beh, alla fine eccomi qua, di nuovo, a rompere le scatole! XDDD

Alcune ore prima ad Asgard......

Thor aprì le porte della sala del trono. Dentro non c'era più nessuno, tutti erano andati via dopo che Loki era stato mandato su Midgard. I soli che erano rimasti dentro la sala erano Odino e Frigga, e la scena che si presentò a Thor non fu molto piacevole, anzi non lo fu affatto: la regina stava piangendo sulla spalla del padre degli dei. Il volto nascosto sul suo petto, la schiena squassata dai singhiozzi. Oh, madre! Vi prometto che farò tutto il possibile perchè Loki ritorni a casa da voi.... Da me. Odino disse alla moglie: “Suvvia, Frigga! Non è accaduto nulla di male a Loki!” “Ma è il secondo figlio che mandi in esilio, Odino!” “L'ho fatto solo per il bene di Loki, e del nostro popolo. Saprà cavarsela, non è più un bambino ormai, e sai bene perchè si trova in esilio, non negarlo. Ha mosso guerra contro Midgard, ha quasi raso al suolo una intera città, e ha ucciso molte persone. In più aveva stretto un'alleanza con un popolo pericoloso, e che sicuramente dopo la disfatta reclamerà il sangue di Loki! Non è detto che non lo andranno a cercare, ma se così fosse saremo pronti a difenderlo! È pur sempre nostro figlio, e per ciò che ha commesso l'esilio è una punizione clemente.” Dopo il discorso fattole da Odino, Frigga si scostò e, in silenzio, uscì dalla sala, senza nemmeno degnare di uno sguardo Thor, rimasto a guardare la scena impietrito fino a quel momento. “Thor!” lo chiamò suo padre. Lui si avvicinò al padre degli déi e disse, schiarendosi la voce: “Padre.... sono venuto a chiedervi di concedermi di andare sulla terra. Ci sono questioni da risolvere e chiarire, e …...” “E vuoi parlare con Loki, vero?”, Odino completò la frase per lui. Il vecchio e saggio re disse, sospirando: “Ah, non so cosa fare, figlio mio. Vostra madre è in pena per Loki, teme che la punizione sia stata troppo severa e che lui non torni più..... Io spero tanto che le sue preoccupazioni siano infondate, perchè se Loki dovesse.... attaccare di nuovo Midgard, temo che dovremo condannarlo a morte.”. Thor annuì gravemente. Loki deve assolutamente tornare! I nostri genitori lo amano ancora! Come può non essersi mai accorto di quanto fosse importante? Disse con un filo di voce: “Ed è per questo che vi chiedo di poter raggiungere Midgard! Voglio assicurarmi che lui stia bene e non combini guai. E anche perchè devo avvertire gli alleati Midgardiani che Loki si trova sulla terra per scontare l'esilio.” “Spero che tu riesca a farlo tornare in sé. Manca a tutti. Allora.... vai!”. Con un gesto della mano, Odino richiamò il martello, e con un fulmine Aprì un varco nella stanza dove si poteva andare su Midgard. Thor abbracciò il padre “Grazie, padre! Vedrete, riuscirò a riportare Loki ad Asgard!” e con questo oltrepassò il portale. Venne scaraventato su un terreno duro e umido. Aveva piovuto. Riconobbe la casa a pochi metri da dove si trovava lui: era la casa di Jane, la sua Jane. Non perse altro tempo e andò a suonare quello che i mortali chiamavano “campanello”. Fu Jane ad aprire la porta. Quando lo vide, gli occhi le si illuminarono. Come sempre era felice che Thor fosse andato a trovarla, dato che erano alcune settimane che non si faceva vivo. “Thor!” esclamò gettandogli le braccia al collo. Lo baciò teneramente, accarezzando con la punta delle dita la barba ruvida e incolta color del grano. Thor, per tutta risposta le carezzò i capelli, beandosi di come fossero morbidi e lisci quasi come seta. Le cinse la schiena in un delicato abbraccio, come se fosse stata di finissimo cristallo. Quanto le era mancata, nonostante fosse passato pochissimo tempo. Poi si ricordò che però quella non era una visita di piacere. Sciolse l'abbraccio e le disse: “Tesoro, ho bisogno di un favore” "Cosa c'è Thor? Sembri strano! È successo qualcosa di brutto ad Asgard? “ chiese lei con tono preoccupato. Lui, guardandola in quei dolci occhi, rispose: “Si tratta di mio fratello...” “Loki....” sussurrò lei, con il sangue che le si gelava nelle vene solo a pronunciare il nome. Thor continuò: “Ti ricordi quando, qualche mese fa, Loki venne qui, sulla Terra per conquistarla? “ “Si, e mi ricordo che venne sconfitto e riportato da te ad Asgard” “Si. Il punto è che abbiamo deciso di dargli un'altra possibilità, e per farlo gli abbiamo tolto i poteri e l'immortalità, rendendolo un comune essere umano. “ Jane lo fissò inorridita. Non poteva credere che quel mostro si trovasse di nuovo sulla Terra. Thor la fissò serio in volto, sospirò e disse: “Lo so che è difficile se non impossibile fidarsi di chi tenta più di una volta di minacciare il tuo pianeta, ma sento che mio fratello, in fondo, non è davvero cattivo, e ora ha bisogno di tutto l'aiuto possibile, e sono venuto questa sera da te per chiederti consiglio: dovrei trovarlo e parlarci, oppure stare a osservare come si comporterà?”. Jane, comprendendo lo stato di costernazione in cui si trovava il suo amato dio del tuono, cercò di distendere i muscoli tesi come corde di violino, e gli disse, posando affettuosamente una mano sulla possente spalla: “Credo che tu debba parlargli, Thor! Se davvero c'è una speranza per lui, devi tentare di farlo tornare sui suoi passi! È vero, Loki mi fa paura e non mi fido di lui, non dopo ciò che ha fatto a New York, ma mi basta sapere che tu tenterai di farlo ragionare per essere tranquilla!”. Il dio biondo alzò gli occhi verso di lei: due finestre aperte su un limpido cielo estivo. Lo baciò intensamente, amandolo in quell'istante più che in ogni altro.

 Ritornando a Loki.....

Loki quella notte non aveva dormito quasi per niente, era talmente confuso da tutta quella situazione: l'esilio, l'incontro con Carey, la sua tragica storia avevano quasi contribuito a estinguere in lui il poco di lucidità mentale rimasto. Ciò che veramente lo aveva sconvolto era il fatto che lui si stava comportando come un comune mortale, vale a dire molle, debole, inondato da stupidi sentimenti inutili e altre cose che non facevano parte della sua gelida natura. Insomma, quando mai a lui era importato della storia di una vedova con a carico un figlio piccolo da crescere? Quando mai gli era importato di vedere gli altri soffrire, o di offendere qualcuno con parole scontrose o di scherno? Era tutto tremendamente sbagliato! A quell'ora sarebbe dovuto stare su di un glorioso trono, con lo scettro datogli da Thanos in mano, a governare quei patetici esseri umani..... Ricordò le parole che rivolse alla folla di persone urlanti di terrore quando si era palesato in Germania, quando quegli allocchi dei Vendicatori lo avevano catturato.... Voi siete nati per essere governati..... Alla fine, vi inginocchierete sempre! Parole ormai vane al vento. Il suo sogno di vendetta verso tutti era svanito come la gelida neve si scioglie ai caldi e letali raggi del sole..... Lui si era sciolto di fronte alla potenza di Thor, era stato messo lui in ginocchio come al solito, era sempre stato così, fin dal principio! Forse aveva ragione l'agente che lui aveva ucciso mesi addietro....Coulson, se non ricordava male.... Lui aveva detto che Loki non avrebbe mai vinto, mancando di convinzione..... A Loki bruciava da impazzire quanto egli avesse avuto ragione. E anche il mostro al quale aveva chiesto in prestito l'esercito di Chitauri aveva ragione: la sua voglia di guerra e vendetta nasceva da un desiderio infantile. Sì, Loki aveva sempre sognato un giorno di poter far vedere a tutti di cosa fosse davvero capace! Aveva subito umiliazioni e offese, resistendo solo grazie al pensiero che lui formulava ogni volta “Un giorno me la pagherete...” . E poi, quando era all'apice del suo progetto, ecco che era venuto qualcosa a rovinare i suoi sforzi, e come sempre in mezzo a quel qualcosa c'era anche Thor. I suoi pensieri tornarono a un episodio successi anni prima, quando era ancora un principino nemmeno adolescente. Loki chiuse gli occhi, richiamando alla mente ogni momento di quella scena.

Quel giorno Loki ci aveva messo tanto tempo a imparare un nuovo incantesimo. Esso consisteva nel riuscire a creare una sua copia. Si era concentrato al massimo, e rivoli di sudore scendevano dalla bianca fronte. Il processo era quasi terminato, la copia si stava materializzando poco a poco. In pochi secondi Loki si era ritrovato di fronte un gemello. Esso non parlava ma si muoveva e basta. Sul viso di Loki si era stampato un sorriso genuino e felice. Era stato un traguardo più che ambito per un ragazzino di undici anni. Ma all'improvviso si sentì la voce prepotente e e stentorea di un altro ragazzo: era Thor. Uno schianto della porta della camera di Loki. “Fratellino, hai sentito?Domani io e Padre andremo sulla terra!”. Loki sgranò gli occhi. Perchè lui non era stato avvertito? Perchè Odino doveva sempre lasciarlo a casa? Perchè Thor doveva sempre essere il figlio preferito? Non era anche lui figlio di Odino? Nonostante fosse contrariato e ferito da quelle gioiose parole del fratello maggiore, aveva abbozzato un sorriso e detto: “Sono contento per te! Ora se non ti dispiace, vorrei dedicarmi ai miei incantesimi. Ci vediamo nella sala dei banchetti questa sera a cena!”. Quello stupido del fratello lo aveva deconcentrato, e la sua copia era sparita come fosse nient'altro che nebbia, in una pallida e flebile luce verde. In preda alla sofferenza per l'ennesimo accantonamento da parte di Odino nei suoi confronti, il piccolo e fragile Loki crollò in ginocchio, la testa toccava il pavimento, i pugni che sbattevano sulla superficie fredda, sempre più forte, le lacrime che scendevano copiose dalle pallide e delicate guance, e la schiena scossa dal pianto silenzioso.

Loki riaprì gli occhi, aveva rivisto abbastanza il suo passato. Quello era il dolore mai confessato che si portava dietro da troppo tempo. Il dolore. Troppo forte da sopportare per un bambino, ma forse troppo poco da morirne per un adulto. Già, morire no, ma impazzire... Quello sì. Era quasi impazzito nel vedere Thor ricoperto dalla luce e dall'ammirazione di tutti, mentre lui sprofondava sempre più giù negli abissi oscuri dell'ombra, e diveniva freddo come il ghiaccio. Sì, al ghiaccio lui apparteneva. E niente avrebbe potuto cambiare questo. E poi, quando ormai lui aveva smarrito la strada, vendendo la propria vita in cambio di una sete di vendetta insaziabile e insaziata, ecco che gli era stata concessa una seconda chance, una via di fuga dalla follia che lo stritolava tra le sue fredde e micidiali spire. Era stato mandato su Midgard, a imparare a vivere. Era stato ospitato da una delle creature che più aveva disprezzato fino a poco tempo prima, che voleva sottomettere, uccidere, far strisciare ai suoi piedi implorando la più crudele grazia che portava il nome di “morte”. Una midgardiana lo aveva preso in casa, senza sapere che era un pazzo, un mostro e anche colui che le aveva portato via il compagno. Non sapeva che vicino al suo figlioletto sedeva, silenzioso e calcolatore, quello che aveva privato suo figlio di un padre e una vita normale. Non sapeva niente di tutto ciò, e lui si era approfittato di questa sua ignoranza in maniera spregevole e meschina. E la cosa più ironicamente insopportabile e bizzarra era il fatto che a lui di questo importava. Lui, il dio degli inganni, delle malefatte, dei litigi e e delitti compresi nella schiera delle disonestà, si vergognava di quello che aveva sempre fatto fin da quando aveva memoria: mentire e agire per il proprio interesse.
Quella mattina, dopo una notte di insonnia ed elucubrazioni, aveva deciso di alzarsi e vestirsi. L'alba non era ancora giunta. La casa era silenziosa e buia. Tranne che per una luce che veniva dal soggiorno. Ne oltrepassò la soglia, e vide, con sgomento, che sul divano  stava seduta Carey. Portava un pigiama bianco e non pesante. I capelli erano scomposti, e il viso coperto da tutte e due le mani. Stava piangendo. In un primo momento Loki non seppe cosa fare. Aveva già dimostrato abbastanza debolezza comportarsi come quello stramaledetto bietolone di Thor, tutto cortesia e premure, e ci mancava che si mettesse a consolare l'umana. Lui non ne era nemmeno capace. Era abituato a infischiarsene della sofferenza altrui. Ma le sue gambe si mossero, come comandate da una volontà propria. Arrivato di fronte a lei, ad alcuni centimetri di distanza, mentre la sua testa lo stava spronando a rialzarsi e filare via prima di commettere qualche errore, e invece si inginocchiò di fronte a lei, e sussurrò: “Carey..”. Lei alzò la testa. Il viso aveva l'espressione di una ragazzina scoperta a compiere qualche marachella: sorpresa e vergogna le dipingevano sul viso una espressone sconvolta, e che Loki, chissà perchè, malapena riusciva a sopportare di vederla in quel modo. “Loki, scusa ti ho svegliato.... Non volevo.. E' che...” “No, non mi hai svegliato.....” riuscì a rispondere lui. Cosa si doveva dire a una donna che piangeva? “Perchè piangi?”. Lei sgranò gli occhi arrossati e lucidi, e disse con la voce tremante, quasi paonazza in volto per l'imbarazzo: “N- non sto piangendo.... E' solo che...” ma una lacrima ribelle rese vano il tentativo di spiegarsi. Se la asciugò dal viso, e disse: “ Lo ammetto, sto piangendo. Ormai lo faccio quasi sempre la notte da quando Andrew è morto.... Vivere senza di lui non è più sopportabile! E se penso che Jonathan dovrà crescere senza suo padre..” , non finì la frase ma riscoppiò a piangere, posandosi sul petto di Loki. Fantastico! Ora mi ritrovo un'umana fra le braccia piangente e a farle da sostegno morale! Cosa dovrà accadere ancora?! Thor, se ti metto le mani addosso ti.... Ma nonostante gli ribollisse il sangue nelle vene per la rabbia e frustrazione di una situazione talmente assurda come quella, lasciò che Carey si sfogasse sul suo petto, le sue mani che le abbracciavano la schiena che tremava per l'irrefrenabile pianto.


Ok, ammetto che dopo avervi fatto aspettare tutto questo tempo il risultato possa essere deludente, ma spero siate clementi e perdonerete la mia cialtroneria! Alla prossima, e speriamo il più presto possibile, Snow.

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Capitolo 8
*** 7. Lies and first words.... ***


Quello era stato il risveglio più strano e paradossale che Loki avesse mai avuto. Una donna umana che piange come una bambina sulla mia spalla. Proprio un bell'inizio per la mia vita da mortale..... , pensò causticamente. No, non andava proprio bene tutto ciò. Era tutto tremendamente e palesemente sbagliato. Lui non avrebbe dovuto trovarsi lì, né tanto meno su quello squallido ed insulso pianeta. Non avrebbe dovuto avere tra le braccia una creatura piangente ed indifesa come quella. Odiava sé stesso, per esser stato sconfitto dai Vendicatori, per essersi cacciato in quella situazione, nella quale aveva la sensazione ci avrebbe lasciato un braccio o tutte le penne. Odiava Thor e Odino per quella punizione. Odiava Asgard, sulla quale probabilmente, nonostante fantasticasse di tornarci con le armi, non vi avrebbe più messo piede. Odiava quell'umana perchè lo faceva sentire a disagio e disarmato come un marmocchio. Odiava tutto. Ma quell'odio non gli impedì di scostare con delicatezza Carey da sé, e di guardarla negli occhi dicendole gentilmente come quello smielato essere ributtante di Thor, che gli aveva sempre reso la vita un'inferno: “Dai, non pensarci più.... Anche se tu piangessi ininterrottamente, lui non tornerà più, e tu verseresti lacrime inutilmente...”. Fantastico, bravo!! Ora ci mettiamo pure a fare la paternale amorevole all'umana! Ma che stai facendo!?!? Che ti prende?!!? ammonì rabbiosamente sé stesso. Stava complicando la situazione più di quanto già non lo fosse. La cosa più dannatamente snervante era che non poteva farci niente di niente. Era come se la mente e il resto del corpo andassero in direzioni opposte. E se non li avesse riuniti, di sicuro sarebbe sì tornato ad Asgard, ma sarebbe stato internato sicuramente! Perciò, avrebbe trovato un modo per farla finita di fare il rammollito a tempo perso. “Scusami di nuovo, Loki! N- non so cosa mi sia preso! Ti conosco da pochissimo tempo e già ti traumatizzo con i miei piagnistei! Sono proprio senza speranza! Avevano ragione quando i miei compagni di scuola quando mi dicevano di essere una piagnucolona e una debole....” disse asciugandosi le lacrime Carey, guardandolo a malapena negli occhi, tanto era il suo imbarazzo. Loki, tanto per essere coerente con quello a cui stava pensando, le rispose, un fastidio che gli saliva dal petto fin oltre la gola: “Non è vero, Carey! Non sei affatto una piagnucolona! Anzi, sei la donna più forte che abbia mai incontrato! Insomma, ti sembra poco il fatto che dopo la morte di tuo marito tu sei andata avanti comunque? Conosco altri che sarebbero stati messi in ginocchio da una situazione del genere! Tu invece sei stata forte e coraggiosa! E ti ammiro, se lo vuoi sapere!”. Ecco , con questo aveva rovinato ogni maligno proposito che aveva formulato fino a un secondo prima. Da dove gli arrivavano quelle parole? Perchè si comportava in quel modo? Loki era più confuso di prima. Carey era rimasta totalmente stupita da quello che aveva appena sentito. Nessuno, tranne Andrew, le aveva rivolto parole con tale ardore. Non riuscì a dire nulla, ma, assalita da un disperato bisogno di conforto, abbracciò Loki, il quale, a giudicare da quella posa statica in cui era rimasto, era sorpreso del suo comportamento. “Ti conosco da poco, ma.... Sento che di te mi posso fidare, Loki...”. Quelle parole lo ferirono come una lama arroventata, dritte al cuore che pensava aver gettato nel più profondo e nero degli abissi. Poté solo abbracciarla di rimando,mentre la vista gli si appannava, come se fosse calata sugli occhi una nebbia. Erano lacrime quelle che scendevano sul suo viso. Silenziosa linfa, quello che dentro di sé provava in forma liquefatta: dolore, confusione, rabbia, angoscia, vergogna, paura. Mai si era sentito così male dentro di lui come in quel momento. Era un dolore, quello, senza nome che potesse descriverlo. Carey si accorse delle sue lacrime e sussurrò: “Loki.... Stai... Stai piangendo?” “No-non sto piangendo! Ho solo un po' gli occhi stanchi tutto qui! Nient'altro!” le rispose lui, ritornando ad essere freddo e distaccato come prima. Loki si alzò. “Dove vai?” gli chiese Carey “A prendere un po' d'aria fuori” “Ma sono le quattro e mezza della mattina!” “Non importa, mi farà ancora meglio!” disse lui, chiudendosi la porta alle spalle in un tonfo sordo e secco, lasciando Carey da sola. Allibita e confusa da quel comportamento strano e privo d'apparente senso, la ragazza decise di farsi una doccia e vestirsi. Per lei e Loki, a quanto pareva, era già iniziata una “bella giornatina”. L'aria era fredda e umida, e penetrava nei leggeri abiti di Loki come tantissime piccole affilate lame, toccandolo fin nel profondo delle sue ossa. Lui respirava velocemente, cercando di calmare i propri nervi. Si sentiva mancare come quando Odino gli stava dicendo la verità sulle sue origini. Gli mancava il respiro, sentiva una morsa soffocante al petto. Fuori era freddo, ma dentro di lui era accesa una fornace, inestinguibile. Non sapeva cosa gli stava succedendo. Era come se fosse vittima di un incantesimo,dal quale desiderava liberarsi, eppure provava un piacere sinistro nel torturarsi in quel modo. Sì, per lui era una tortura stare vicino a quella donna. . Era un tormento la battaglia che stava avendo luogo nella sua testa, nel suo cuore. Non riusciva a credere che Thor fosse cambiato grazie alla convivenza con i midgardiani. Tutti loro facevano quell'effetto sugli abitanti di Asgard, sommando quelli acquisiti, come lui? Ne poco tempo che lui si trovava qui, non aveva trovato pace. Aveva avuto ragione a pensare che l'esilio fosse peggiore della condanna a morte. Nemmeno le peggiori pene e torture che Thanos gli aveva promesso sarebbero state più insopportabili di quella. Lui non si sentiva più padrone della sua mente, si sentiva dimezzato, annientato. Si sentiva..... umano. Dopo esser stato per un'ora o più fuori a rimuginare e a camminare avanti e indietro per tutto il giardino ricoperto di brina, Loki si decise a rientrare. Aveva anche stabilito che una volta o l'altra avrebbe raccontato a Carey cosa lui era, e cosa aveva fatto. Del resto, prima o poi sarebbero giunti quelli della S.H.I.E.L.D, ad avvertire la ragazza del pericolo che correva a stare nella stessa casa con uno degli esseri più pericolosi e fuori di testa della galassia. Ma avrebbe aspettato. Non se la sentiva proprio di raccontarle alcunché sul suo passato e le sue malefatte, e su come fosse la causa del suo dolore. Tanto, ne avrebbe sofferto comunque, in ogni momento. Trovò Carey che stava nutrendo il piccolo Jonathan. Era incredibile come quel bambino fosse obbediente. Era taciturno, forse anche troppo per quanto era piccolo. Anche lui come Carey, aveva un effetto disarmante su Loki. Lui, che una volta avrebbe ucciso senza pensarci due volte un marmocchio come quello che stava in braccio a Carey, a malapena riusciva a guardare quello scricciolo senza che non fosse invaso da una strana sensazione, di quelle che scaldano il cuore. Si stava ammorbidendo, nonostante fosse solo un giorno che era atterrato su Midgard. La verità, così spaventosa e destabilizzante per Loki, stava lentamente venendo a galla. Lui non era veramente crudele, né cattivo. Era solo il risultato di una continua e dolorosa emarginazione, era un rinnegato, non un condannato. E per la prima era volta in tutta la sua vita, si sentì un nulla, perdendosi in quei grandi ed innocenti occhi d'ambra. Il bambino lo notò e rimase lì ad osservarlo, quello strano ed oscuro uomo che era arrivato dal nulla. Un piccolo movimento su quelle minuscole labbra d'infante, un rumore appena percepibile: “Lo- ki”. Quel bambino aveva pronunciato il suo nome! La madre, sentendo suo figlio parlare, gli parlò dolcemente: “Come hai detto, tesoro?” “Lo-ki” ripeté il bambino. Carey voltò la testa verso di lui. Lo guardò stupefatta. Era la prima volta che Jonathan parlava. La sua prima parola era il nome di una persona che a malapena conoscevano. Loki era sempre più sbalordito, si sentì quasi mancare. Come ha fatto questo moccioso a imparare il mio nome?! I suoi occhi verde giada erano spalancati per lo stupore. Ricambiò lo sguardo della ragazza, anch'essa confusa ma felice. Jonathan guardò la madre e poi disse, con la voce delicata di ogni bimbo: “Loki pa-pà...”. Loki, se prima si sentiva mancare, in quel momento sentì il cuore che gli stava quasi uscendo dal petto, tanto batteva veloce. Non credeva a quello che aveva appena sentito. Quell'umano in miniatura aveva chiamato lui, dio degli inganni e delle malefatte.... Papà?! Carey era il doppio  stupefatta, e disse al bambino che continuava a guadare Loki con espressione curiosa: “No, amore! Loki non è il papà! È un amico!”. Ma prima che potessero parlare ancora di quello che era appena accaduto, qualcuno suonò al campanello. Loki, chissà come mai, sapeva già di chi si trattasse. “Vado io...” disse in un sussurro strozzato. Aprì la porta e la sua espressione passò dallo sconvolto allo scocciato.

Salve a tutti! Scusatemi ancora per avervi fatto aspettare tanto per l'altro capitolo! Spero che abbiate ancora voglia di leggere i miei vaneggiamenti! XDDD Recensite e criticate, mi raccomando!
Snow



 

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Capitolo 9
*** 8. Lies, words unspoken and goodbyes.... ***


Loki si trovò di fronte chi meno desiderava di vedere di quell'intera combriccola di fenomeni da baraccone soprannominati “Vendicatori”. Era Thor. Che cosa vuole adesso? Perchè non mi da pace, ci ha preso gusto a rompere le scatole, come quando eravamo piccoli?! Alzò gli occhi al cielo sbuffando: “Che vuoi tu?!” sbraitò. Lui gli puntò i suoi occhi azzurri nei suoi di giada. “E' bello rivederti, fratellino!” disse, un sorriso impertinente stampato sul bel volto. Non sembrava affatto offeso dall' “accoglienza” poco cordiale di Loki. “ Volevo sapere come...Come va?”. Ahhhh!!!! Ancora con questa storia del fratello! Ma non impara mai!?!?! Lasciamo perdere, sennò gli stacco all'istante la testa! Pensò il moro. Stava per rispondere in malo modo, quando arrivò Carey con in braccio Jonathan: “Salve, possiamo aiutarla?” chiese quando vide Thor. Quest'ultimo disse, sempre sorridendo: “Oh, salve! Stavo cercando mio fratello” e indicò Loki, che nel frattempo era diventato rosso, sia per la vergogna che per la rabbia. Thor, non fosse stato per la ragazza, si sarebbe messo a ridere come un matto. Era incredibile quanto fosse snervante quell'essere rozzo e vanaglorioso! “Oh! È tuo fratello? Non mi avevi detto nulla su di lui, Loki!” esclamò strabuzzando gli occhi Carey, voltandosi verso Loki. Le rispose, un sibilo mentre guardava Thor come se volesse ucciderlo e farlo a pezzi: “E' il mio fratellastro.... Non so cosa sia venuto a fare qui....” “Te l'ho detto Loki, volevo sapere come andava la tua vacanza, tutto qui...” “Beh, allora perchè non viene dentro signor..... Scusi come si chiama?” domandò infine Carey, ignorando il comportamento poco amichevole di Loki. “Oh, mi chiamo Donald.....” “Cosa ma che stai d-” esclamò stizzito Loki. Ma Thor gli tappò la bocca appena in tempo,e disse a Carey con un sorriso raggiante: “Scusi, io mio fratello dobbiamo scambiare una parola da soli, spero di non offenderla!” “No, no! Fate pure! Intanto vado a preparare un thè caldo per tutti.” rispose lei, anche se un po' confusa. Thor trascinò Loki, ancora con la bocca tappata, nel giardino. Finalmente, quando furono abbastanza lontani dalla casa, lo lasciò andare, e lui gli si rivoltò contro come un serpente innervosito: “Ma mi spieghi perchè sei qui? Come vuoi che io stia? Come pensi che vada?” disse allo sciocco dio del tuono “Mi avete mandato su questo insulso pianeta, esiliato da Asgard, senza poteri né immortalità, costringendomi a vivere come un misero mortale! E ora, tu, bellimbusto, mi vieni a chiedere queste fesserie, vestito con queste ridicole vesti a quadretti umani?! “ “Allora, fratellino.. Innanzitutto, non sono stato di certo io quello ad aver minacciato Jotunheim e Midgard con pazzi piani di conquista, alleandomi con una razza pericolosa come quella dei Chitauri. Seconda cosa, dovresti ringraziarmi e baciare il terreno dove cammino! Se non sbaglio, sono stato io a implorare per te salva la vita! Invece tu, zuccone caprone, non hai fatto altro che lamentarti e pestare i piedi per terra come un bambino da quando hai saputo che saresti stato esiliato! Io avrei fatto i salti di gioa, al posto tuo! E, rispondendo alla tua ultima domanda, le vesti che indosso mi sono state date da Jane, chiaro! Comunque..... Ti viene offerta una possibilità e....” “Io non voglio una possibilità!!!” urlò Loki coprendo la voce di Thor con la sua, tremante e incerta: “ Io..... Io ho sempre e solo voluto essere all'altezza di tutti voi ad Asgard! Ho sempre voluto essere come voi! Ho tentato in tutte le maniere di farmi accettare....” “Loki, ascoltami, io.....” “No, stavolta sei tu che devi ascoltare me! Per tutta la vita mi sono sentito sempre messo da parte! Tu eri il figlio che tutti avrebbero desiderato avere, mentre io quello che doveva sempre fare la parte dell'ombra e dell'emarginato! Se ho attaccato Jotunheim, l'ho fatto solo per riuscire a vedere, almeno una volta nella vita, un po' di orgoglio nei suoi occhi quando mi avrebbe guardato, e non avrebbe visto più solo il figlio più debole ed incapace! E per quello che riguarda Midgard, ho attaccato questo patetico pianeta per dimostrarvi, a tutti, che io, Loki sono sempre stato capace di grandi cose! Che anche io sarei stato capace di conquistare terre e pianeti come te o come Odino! Poi sei arrivato tu con i tuoi patetici amichetti a rovinare tutto! Lo hai sempre fatto! E, per coronare il tutto, hai deciso poi di farmi mandare sulla terra! Dimmi, ora, fratellastro, era nei tuoi piani anche farmi provare vergogna e disprezzo per me stesso facendomi conoscere quell'umana? Sei stato tu a decidere tutto, o è solo coincidenza! PARLA!” gridò quasi, mentre delle calde lacrime di rabbia gli scendevano lungo il viso pallido e scarno. Thor tacque alcuni istanti, poi disse guardando negli occhi il fratello minore, afflitto reso pensoso da quelle parole nelle quali giaceva una verità che per troppo tempo era stata sotto terra: Loki non si era mai sentito amato, e ora sia lui stesso che il dio delle malefatte ne stavano pagando l'alto prezzo. “Loki.... Non sai quanto mi dispiace per tutto questo e... Solo ora mi rendo conto di quanto anche io ne abbia colpa..... Solo ora mi rendo conto di quanto tu abbia sofferto in questi anni, e nulla potrà cancellare quelle note d'amarezza nella tua vita. E ti dico, ti giuro anzi, che non c'entro niente però con il tuo incontro con Carey.... Forse è il destino.... Ma so per certo che se ci fosse un modo per cancellare tutto questo, lo farei all'istante! È vero, come fratello sono stato una pena, ma se c'è ancora una speranza di ricominciare tutto d'accapo, io....” “No, Thor....Non c'è nessuna possibilità! A me non ne è mai stata data una, e non ricominciare con la storia dell'esilio, ti prego..... Voglio che tu sappia che, se anche cambiassi, non credo potrei mai più sentirmi a casa ad Asgard. Lì ad aspettarmi ci starebbe una folla inferocita e basta. Per me non c'è mai stato spazio. Mai. Perciò, è inutile che tu voglia trovare una soluzione a qualcosa priva di essa in partenza. io.... Io non tornerò mai più ad Asgard, questo è un addio Thor.... Stavolta lo è davvero...” . Loki voltò le spalle. Un tuono rimbombò nel cielo, seguito da gelida acqua piovana, che li bagnò entrambi. Odino stava guardando la loro discussione e di certo ciò che stava vedendo non gli piaceva affatto. “Lokiii!!! Ti prego, fratello!!!!” urlò alle spalle del moro Thor, la voce coperta quasi dai tuoni e dall'acqua. Loki si voltò, il viso corrucciato e stanco. “Per ultima cosa, rinuncio ai miei poteri, all'immortalità. Non so cosa farmene....” e detto questo voltò le spalle a Thor, che continuava incessantemente a urlare il suo nome. “Addio, Thor!” sussurrò Loki, mentre le sue lacrime si mescolavano alla pioggia, fredda e inclemente. Volse gli occhi al cielo tempestoso. Un fulmine gli illuminò il viso. “Addio padre”. Un tuono fu l'unica risposta. Loki rientrò in casa, lasciando Thor sotto la pioggia, con il cuore spezzato e la vista offuscata dalle lacrime. “Addio... Loki.... fratello mio....”.

Ok, ho toccato i limiti della drammaticità più assurda e patetica di tutta la galassia. XDDD Siete liberi tutti di insultarmi, ne avete tutto il diritto! Scusate la brevità del capitolo, ma serviva proprio, sennò sarebbe risultato poi troppo lungo e noioso! XDD Un bacio, Snow.

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Capitolo 10
*** 9. One more try ***


Salve a tutti! Spero di non aver fatto aspettare troppo per il nono capitolo di questa folle storia! Spero che questo chap vi piaccia anche questa volta e di non avervi deluso! Vi prego, recensite e commentate! :D Snow

POV LOKI

Loki si chiuse la porta alle spalle. Il tonfo fu leggero, debole e quasi impercettibile. Dentro di sé sentiva un gran vuoto, un freddo penetrante lo attanagliava. Si era messo a nudo con Thor, aveva svelato tutto il dolore e il rancore che per anni si era portato dietro, ciò di cui non aveva mia osato parlare con nessuno lo aveva rivelato a chi considerava ormai un nemico. E lo aveva poi lasciato lì, sotto la pioggia, con il suo nome sulle labbra, un grido disperato. Una supplica per tornare indietro. Per ricominciare. Per la prima volta, da quando tutto quello era iniziato, sui lembi spezzati del Bifrost, con lui sospeso e a un passo dal cadere nell'infinito dello spazio, lui desiderò che tutto quello non fosse mai accaduto. Desiderò con tutto se stesso non aver mai fatto entrare gli Jothun ad Asgard, non aver mai rovinato l'incoronazione di Thor, non averlo mai spinto ad andare a Jotunheim facendolo esiliare. Desiderò non esser stato preso da Odino come suo figlio ed esser morto di stenti quando era un neonato. Sarebbe dovuta essere quella la fine della sua vita cominciata male già dal principio. Crollò in ginocchio, continuando a piangere come faceva da bambino, silenziosamente. Ogni lacrima che scendeva gli procurava fitte indescrivibili a parole al cuore. Le lacrime erano irrefrenabili. Vide venire dalla cucina, nonostante gli occhi velati dal pianto, Carey. La sua espressione era preoccupata. Doveva essere in uno stato davvero penoso. I capelli corvini gocciolavano di pioggia come i vestiti. “Loki! Cosa è successo? Cosa erano quelle urla fuori?”. Loki, dopo essersi dato una calmata, cercando di respirare, rispose, con la voce arrochita: “Io e....mio fratello abbiamo litigato...” “Cos...Ma perchè?” “Voleva che.... che tornassi a casa con lui...”. Carey era davvero confusa a quel punto. Non ci stava capendo più nulla in quella storia già di per sé poco chiara: “Sei scappato di casa o cosa?” . Loki tacque qualche istante. Non posso dirle la verità, non mi crederebbe mai... Devo mentirle... “In un certo senso... si, sono scappato. Vedi, noi avevamo avuto una discussione sulla... nostra eredità, e diciamo che io, arrabbiatomi con lui perchè non riuscivamo a trovare un accordo, me ne sono andato di casa...” “Ma allora come sei finito nel mio giardino?” . Loki non sapeva come rispondere a questa domanda, ma ci provò comunque: “Mi... mi ero perso e vedendo le luci della tua casa pensavo di chiederti qualche indicazione su dove andare...” “Oh, capisco...Ma quindi... come andrà a finire tra te e tuo fratello?”. Non lo so nemmeno io.... So solo che da questo momento io ho chiuso con Asgard, con i miei poteri e con Thor.... Spero solo che giunga Thanos a uccidermi, così la farò finita una volta per tutte.... “Non so cosa dirti, Carey.... Probabilmente non ci vedremo per un bel pezzo...” si limitò a rispondere. Non aveva più voglia di pensare a Thor, né a tutto il resto. Si alzò e, senza proferir parola, si rinchiuse nella stanza dove lo aveva sistemato Carey per dormire. Lasciò la ragazza lì, ancora in ginocchio dove si trovava lui prima. Loki si gettò su letto e cadde in un sonno profondo e agitato.

POV THOR

Suo fratello lo aveva lasciato lì. Sotto la pioggia, ad urlare il suo nome. Quando aveva visto che si era chiuso la porta alle spalle, senza voltarsi, senza una parola in più, aveva smesso di chiamarlo. Ormai era tutto inutile. Non sapeva cosa fare, dove andare, con chi parlare di quello che era appena successo. Non sarebbe andato da Jane, era già occupata con il suo lavoro e non voleva stressarla più di quanto avesse già fatto. Poi, un lampi di luce nella mente. Sarebbe andato alla base della S.H.I.E.L.D. Avrebbe parlato con Nick Fury, come si era riproposto di fare da prima che atterrasse sulla Terra. Rinfrancato nello spirito e già con un'idea in mente, rievocò con un gesto della mano il suo martello,e si rivestì nella sua tenuta asgardiana. In un soffio di vento, si librò in aria e, nonostante la pioggia, arrivò a destinazione atterrando in un tonfo pesante. La base era ancora sotto riparazione, dopo il crollo avvenuto per colpa dell'energia sprigionata dal Tesseract. Ma gran parte di essa era già stata ultimata. Non perse tempo a guardarsi intorno, e venne fatto passare dalle guardie che lo riconobbero senza problemi come un Vendicatore. Trovò Fury mentre stava parlando con l'agente Maria Hill. “Nick Fury!”. Questo si voltò e vedendolo, il voltò acquistò un espressione leggermente stupita “Thor?! Ma che ci fai qui? Non dovresti essere ad Asgard, a processare Loki per ciò che ha fatto?”. Thor, che fino a quel momento aveva sorriso, si rabbuiò e disse, con una nota di preoccupazione e tristezza: “E' questo il problema.... Abbiamo deciso di mandarlo in esilio sulla terra, privo di poteri, perchè imparasse a non fare più del male agli altri. In cambio di ciò, sarebbe poi potuto tornare ad Asgard, a patto che nel suo cuore non sarebbe rimasta una briciola di malvagità...” “Thor, questa è stata una scelta pericolosa! Ma non posso contraddire le decisioni di un dio... Comunque, non ha funzionato?” “Il problema è proprio questo! Ha perso totalmente la volontà! Lo vedo nei suoi occhi: sono spenti, pieni di malinconia, e saranno secoli che non lo vedo sorridere! Io credo che abbia qualcosa che non vada!” “Oh, se ti riferisci al fatto che sia uno psicopatico che ha tentato di fare fuori l'intera umanità, non vi è nulla di nuovo sotto il sole! “ commentò ironicamente Fury. Si guadagnò un'occhiataccia da parte del dio e disse, schiarendosi la voce: “Thor, capisco la tua preoccupazione, ma...” “Nick, ho bisogno che tu e la S.H.I.E.L.D mi promettiate che non vi farete vivi agli occhi di Loki se non per ragioni di pericolo, non credo che apprezzerebbe la “visita” e temo che renderebbe le cose più difficili di quanto non lo siano...” “Thor, sai cosa stai chiedendo? Dimentichi che pochi mesi fa ha fatto una strage di innocenti e per poco non ha messo in ginocchio la Terra! Come potremmo fidarci di lui?”. Thor, che non faceva altro se non fare avanti indietro nella stanza delle riunioni, dove intanto erano arrivati mentre parlavano, disse sedendosi su una delle poltroncine presenti in sala: “Anche Jane mi ha detto le stesse cose... Ma io sono convinto che sotto quello strato di malvagità e freddezza, si celi un cuore buono, il cuore del fratello che ricordo io..... E non parlo solo per una cosa personale.... I nostri genitori, più di ogni altro, desiderano che lui torni fra le loro braccia, e non potrei mai tornare ad Asgard senza di lui... Ho fatto una promessa ed intendo rispettarla ad ogni costo....Vogliamo tutti che Loki torni come prima.... Manca a tutti.... Manca a me...” . Fury lo fissò per minuti che gli sembrarono interminabili, i suoi occhi fissi sul volto corrucciato e triste dell'asgardiano. “Dopo tutto quello che ha fatto... Dopo che ha approfittato della tua fiducia per i suoi scopi personali.... Tu lo hai perdonato.....Mi chiedo come sia possibile.” Thor alzò lo sguardo verso di lui: “Io amo mio fratello come la mia stessa vita. Quando era ancora un bambino in fasce, promisi, malgrado fossi un bambino, che lo avrei sempre protetto e non avrei mai permesso che gli accadesse nulla di male.....Non voglio più infrangere quella promessa... E' una questione di onore e fraternità.” disse, gli occhi che gli luccicavano improvvisamente. Il capo dello S.H.I.E.L.D non aveva mai visto in quel modo Thor. Si, voleva davvero bene a quel pazzo dispotico di suo “fratello”. “Va bene, Thor. Accetto le tue condizioni, ma Loki non dovrà torcere un capello a un solo umano oppure potrai dire addio all'accordo e sarò costretto ad agire drasticamente al tuo posto. Sono stato chiaro? “concluse severamente Fury. Thor annuì, “Lo controllerò io stesso, puoi starne certo!”. Detto questo, con un cenno il dio del tuono uscì dalla sala. Era intenzionato a non arrendersi con suo fratello più che mai. Loki si sarebbe redento, a costo di perderci interi anni di vita su Midgard., fratello, fosse l'ultima cosa che faccio, ti farò cambiare idea.

POV CAREY

Loki era la persona più strana che mai avesse conosciuto, e il fratello non era da meno. Si erano messi a litigare sotto la pioggia, quando un attimo prima sembravano tranquilli. Era curiosa di sapere cosa fosse successo tra quei due. Questo pensava Carey mentre saliva piano le scale della casa, diretta alla camera del suo strano ospite, tutto segreti e poche parole. Quando entrò nella stanza, ciò che vide in un primo momento la preoccupò, pensando che fosse potuto svenire. Ma, accostandosi al letto senza fare rumore, poté vedere il suo petto alzarsi ed abbassarsi. Le braccia erano abbandonate lungo i fianchi, inerti, e il capo era leggermente ruotato da un lato. Sul viso,anche se vi lesse alcune tracce di tensione, l'espressione era principalmente distesa. Qualcosa lo preoccupava, tuttavia riusciva a mascherarlo anche nel sonno. Carey si sentiva strana, mentre lo guardava dormire. C'era qualcosa che l'affascinava in quell'uomo. Qualcosa in quel viso senza tempo la faceva sentire in maniera strana, come se il suo cuore saltasse un battito. Era persa nei suoi pensieri quando lo sentì agitarsi nel sonno. “Thor... No!” si lamentava. Stava facendo un incubo, era certo. Una lacrima scese dal suo bel viso addormentato. Per un istinto quasi materno, Carey si avvicinò al letto e, senza svegliarlo, gli prese una mano fra le sue. Gli carezzò quei morbidi capelli corvini. Le dava una bella sensazione toccarlo, sentire quella pelle fredda al tatto e accarezzare quel viso perfetto. Ma notò poi che era ancora tutto bagnato dopo essere stato fuori sotto quell'acquazzone. Devo prendere una coperta o stavolta si prenderà seriamente un malanno. E così fece, prese una coperta in pile, morbido e caldo, perfetto per l'occasione, e lo stese sul corpo magro di Loki. Gli strinse un'altra volta la mano, poi disse: “A, dopo, Loki....”. Spense la luce e uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle.

POV LOKI

Stava facendo un incubo terribile: era tornato ad Asgard. La città in fiamme, gli abitanti che scappavano o combattevano contro i nemici che avevano osato attaccarla. Lui faceva fatica a passare tra la folla, tutti lo spintonavano qua e là, la folla completamente impazzita. Il cielo tinto di rosso sangue. Grida disperate. In quella confusione, riconobbe una razza i mostri che ormai gli era ben nota: i Chitauri. L'esercito di..... Thanos! Preso da un forte presentimento, si diresse alla reggia di Odino. Tutto era stato messo a ferro e fiamme. C'erano cadaveri di abitanti innocenti e anche guerrieri. Tra questi gli amici di Thor. “No..” mormorò scuotendo la testa Loki. Sperava che Thor si fosse salvato. E Odino e Frigga? Dov'erano? Stavano bene? Una voce lo chiamava. Era la voce di Thor. “Fratello, aiutami!”. Non sapeva da dove venisse la voce, ma una forza strana lo portò nella sala del trono semidistrutta. Anche qui cadaveri, fiamme, oggetti spaccati a terra. Era il caos. Thor era lì. E stava combattendo contro Thanos in persona. Era un energumeno dalle sembianze di un mostro, e Thor sembrava non avere chance con lui. Preso da un ardore che non credeva potesse più sentire, Loki si armò di coraggio e una spada caduta a chissà chi e andò verso Thanos. “Oh! L'asgardiano traditore! Pagherai per aver perso miseramente contro Midgard!” “E tu pagherai per aver distrutto la mia città!” rispose lui con foga. Iniziarono a combattere,ma a un certo punto il mostro gli conficcò la punta dello scettro nell'addome. Cadde per terra, la voce di Thor che gli rimbombava nelle orecchie. Sangue. Buio.
 

“ Nooo !” . Loki si svegliò urlando a squarciagola. Il respiro era affannato mentre tentava di calmarsi. Era solo un incubo. Un altro dannato incubo!! Questi maledetti sogni finiranno per uccidermi! pensò con rabbia. Per quanto era stato assopito? Allora tutto quello che era successo con Thor era reale? Lo era e questo pensiero gli fece venire l'amaro in bocca. Come aveva fatto a finire in quel modo? Esiliato, senza patria... Solo. Ma ho Carey. Si, gli rimaneva la fragile umana, ma come avrebbe reagito quando avrebbe scoperto chi era lui veramente? Probabilmente, non lo avrebbe più voluto vedere. E questo pensiero gli procurò una fitta al petto, talmente forte da farlo ricadere giù sul cuscino. Gli stava succedendo qualcosa? Ma cosa? Quella era la domanda che gli rimbombava nella mente a suon d'orologio. Forse, la risposta era più chiara e facile di quanto lui stesso non credesse. Gli venne un'idea pazza, malsana, assurda, non da lui proprio: e se avesse provato a vivere come un vero umano? Se si fosse lasciato tutto quello che lui era stato, la sua vita, le sue malefatte, i suoi tormenti? Era davvero un'idea pazza, ma perchè non provarci? Cos'aveva da perdere ormai? Mentre pensava questo, scattò dal letto come una molla: ci avrebbe provato. E avrebbe prima di tutto tentato di riferire la verità a Carey. Non voleva più prenderla in giro. Non voleva più mentirle. Era stanco di ingannare, e per lasciarsi il passato alle spalle doveva prima assicurarsi che fosse ben sigillato. Ma avrebbe aspettato l'occasione adatta. Non poteva di certo scendere giù, e dirle con un bel sorriso: “Carey, lo sapevi che io sono il pazzo squilibrato che ha tentato di conquistare la terra e ti ha portato via tuo marito?”, la sua reazione sarebbe stata a dir poco come quella di un vero cataclisma. Doveva rivelarle tutto con discrezione e delicatezza. Voleva che lei si fidasse di lui. E ora sapeva cos'altro voleva veramente: essere amato per quello che era. Senza più piani di conquista folli, ovviamente! Ma il non più principe di Asgard non sapeva che cosa sarebbe successo in seguito a questa sua prima decisione onesta...



Spero che il capitolo non sia troppo corto e vi sia piaciuto!
Un bacione,
Snow.


 

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Capitolo 11
*** 10. Angel of Mercy, Devil of Sorrow... ***


Salve! Questo capitolo l'ho scritto mentre ascoltavo incessantemente la bellissima canzone “Mercy” degli One Republic. Spero di non aver scritto una schifezza boiata al massimo, e di non risultare noiosa o patetica con i miei vaneggiamenti da rimbambita cronica! XDD Detto questo, sperando di non essere inseguita da pomodori e uova, vi lascio alla lettura! *sparisce alla velocità della luce in un polverone* XDD

POV CAREY

Si stava chiedendo che fine avesse fatto Loki. Era da quando si era addormentato nella sua camera che non lo vedeva. Lo aveva osservato dormire, e quella era stata una delle cose più belle e strane avesse mai fatto. Non c'erano uomini come lui, oppure ce n'erano estremamente pochi. Lui era diverso, totalmente differente ai ragazzi che aveva frequentato, persino ad Andrew, la sua dolce metà scomparsa. Come le mancava lui. Ricordava tutto con non poca sofferenza. Non aveva raccontato tutto a Loki riguardo al giorno la sua vita era cambiata drasticamente. Aveva tralasciato il fatto che lei fosse andata da sua madre perchè aveva avuto una lite con Andrew. Quel giorno era iniziato tutto dalla parte sbagliata. E se lei ora era una giovane vedova con un figlio che non avrebbe mai incontrato il proprio padre, era solo colpa sua. Se avesse cercato di calmare le acque con Andrew, se non lo avesse schiaffeggiato e non gli avesse detto che avrebbe preferito morire piuttosto che passare un altro giorno con lui, forse lui non sarebbe andato mai a New York, a casa di un suo amico, dato che lo aveva sbattuto fuori di casa. Lei si era recata da sua madre in aperta campagna solo perchè non voleva stare da sola a causa di una inquietudine che l'attanagliava da un paio di giorni, e per sfogare il dolore per la lite con suo marito. Poi venne la chiamata della polizia. Andrew era stato ritrovato in un mucchio di macerie di un grattacielo, morto schiacciato dal peso delle pietre. Ricordava come aveva avuto la sensazione di precipitare in un pozzo nero senza fondo, di essere inghiottita dall'oscurità. Ricordava che per poco non aveva sentito il suo cuore rompersi in miliardi di pezzi. Era caduta per terra, i suoi genitori che gridavano aiuto. Erano seguite le doglie. Ricordava sangue, sudore,un dolore lancinante che le attraversava il corpo e la colonna vertebrale. Poi un pianto, un grido disperato di un piccolo essere umano. I suoi piccoli polmoni che gridavano aria, e di come quello le fosse sembrato il più bel canto intonato in onore della vita. In un solo giorno, aveva subito la più grande perdita e la sua più grande conquista: un marito morto incidentalmente e un figlio nato dalle ceneri della tragedia. E l'unica testimonianza di un ricordo così dolce amaro, era Jonathan. Se non fosse stato per lui, sarebbe precipitata nella disperazione e poi nella depressioni totali. Se fino a quel momento era andata avanti, lo aveva fatto solo per suo figlio, la sua unica ragione per vivere, per stringere i denti, per sopportare le difficoltà richieste dal gestire una piccola famiglia come la loro. Fortunatamente, il giorno che Loki era entrato nella sua vita, vale a dire nemmeno un giorno e mezzo fa, aveva chiesto al proprio capo due settimane di vacanze, e lui gliele aveva concesse. Ripensò allo spavento che aveva provato nel vedere una sagoma esanime nel proprio giardino e al risveglio dello strano e ombroso uomo che portava il nome di Loki. E ripensò anche al fratello. Anche lui non era niente male, e se non si sbagliava a ricordare il suo nome era Donald. Anche lui era proprio uno bel tipo dai modi gentili. Le faceva venire in mente un gigante buono. Certo, non si sarebbe mai aspettata un fratello più diverso dal serio quanto interessante Loki: capelli lunghi fino alle spalle e barba incolta biondo grano, fisico possente e muscoloso, e due occhi azzurri che rispecchiavano sia genuina bontà che provocante spavalderia. E cosa leggeva negli occhi di Loki invece? Non ne era certa. A volte apparivano imperscrutabili, freddi e distaccati, altre vi scorgeva malinconia struggente e malcelata, e un animo buono anche se non abituato a mostrare quanto potesse essere gentile e premuroso. Loki era sfuggente, e quando l'aveva tenuta fra le braccia, mentre lei piangeva come faceva da bambina fra quelle di suo padre, l'aveva sorpresa di come lui fosse rimasto immobile, come se stupito di ricevere un simile gesto d'affetto. Sembrava fosse stato abituato a non mostrare i propri sentimenti agli altri, una personalità repressa. E quello che l'aveva sorpresa ancor di più, era stato che Loki si fosse messo a piangere, malgrado l'avesse negato orgogliosamente, come se anche lui avesse sentito un peso sul cuore, dal quale disperava potersene liberare attraverso silenziose lacrime. L'avevano tradito il respiro impercettibile, ma affannoso, il suo leggero tremore nelle braccia e la schiena. Avrebbe potuto ingannare qualcun altro, ma non di certo Carey. E lei non poteva ingannare sé stessa: lui le suscitava oltre che attrazione, anche una estrema tenerezza. Mentre pensava e scavava nei propri pensieri e ricordi, ebbe la sensazione come se due occhi la stessero fissando. Una cosa strana quasi istintiva. E inevitabilmente giusta. Loki era ritto in piedi, le braccia conserte, e stava appoggiato al muro. Era leggermente spettinato, reduce da una notte di incubi. Il suo sguardo era fisso su di lei, gli occhi di giada, profondi quanto intensi, concentrati sul suo viso. “Loki... Come ti senti?” gli chiese, mentre si alzava dal divano, volendo porre fine a quel silenzio che nella sua testa era quasi paradossalmente come un rumore assordante. Lui si riscosse,e i suoi occhi verdi si tuffarono in quelli ambrati di lei. Sembrava stanco. Parlò, la voce leggermene roca, mesta anche se tranquilla.

POV LOKI

Non ricordava da quanto tempo non ammirava la bellezza di un soggetto femminile. Anzi, non ricordava proprio di averlo fatto, perso nei suoi sogni utopici di giovane principe, affannato nell'intento di essere all'altezza del proprio fratello. Ma non si soffermò troppo su quei ricordi, troppo tristi e dolorosi e che avrebbero riaperto una ferita che stava tentando di rimarginarsi, anche se molto, molto lentamente. Quella ragazza era la creatura più incantevole e leggiadra che avesse mai visto nella sua intera, oscura e malinconica vita. Solo ora si accorgeva di come sembrasse che una luce debole e delicata la circondasse. L'intera sala sembrava rischiarata dalla sua presenza. Le ricordava quella creatura alata che gli umani chiamavano comunemente angelo. Un angelo senza ali, caduto sulla terra per un'ingiusta sentenza divina. Il suo contrario. Lui era quella creatura oscura e sinistra che i Midgardiani chiamavano con orrore “demone”. Un demone che non avrebbe dovuto nemmeno avere il diritto di stare al cospetto di un angelo, e che al solo tocco di quelle bianche, candide e pure mani si sarebbe sciolto come neve al sole. Non aveva il diritto di guardarla come stava facendo in quel momento: la stava studiando, affascinato da quel connubio di grazia e fascino immacolato. Lei era l'angelo che poteva trasformare Loki a sua volta in un suo simile, che avrebbe saputo cosa fossero la bontà e il perdono. E gli avrebbe potuto benissimo imparare cosa fosse l'amore. Cosa volesse dire sentire come se la propria vita, senza chi desiderava più in assoluto, non potesse andare avanti. Lei era a chiave di una porta che lui aveva sempre agognato e al tempo stesso esitato ad aprire: quella della felicità. Da quando era atterrato su Midgard, la sua vita era cambiata. In poco più di un giorno, aveva visto vacillare tutte le sue convinzioni e i suoi loschi propositi di amara vendetta. Tutto era stato accantonato da una mortale. Lei gli aveva aperto il cuore, come il sole che squarcia un cielo che per troppo tempo è stato nuvoloso. E lei, la sua salvatrice, gli parlò, dolce e premurosa come sempre, nonostante sembrasse lacerata da tristi pensieri e ricordi. “Loki...Come stai?”. La sua voce era un balsamo, rinfrescante e rassicurante. Si cullò in quel dolce suono melodioso, limpido quanto delicato come un cristallo puro, mentre l'osservava alzarsi in piedi. Le rispose malinconicamente: “Ho un po' di mal di testa, il cuore a laceri e minuscoli brandelli, ma sono vivo...”. Aveva tentato di ironizzare, ma, per la prima volta in tutta la sua burrascosa vita, il risultato ottenuto era a dir poco pessimo e patetico. “Loki, sapessi quanto mi dispiace per quello che è successo fra te e tuo fratello! Se posso aiutarti in qualche maniera...” rispose lei, con gli occhi lucidi e una espressione leggermente preoccupata sul bel volto. Loki eliminò la distanza fra loro con pochi passi, e le posò l'indice sulla bocca rosea, facendola delicatamente tacere. “Tu stai già facendo abbastanza ospitandomi e prendendoti cura di me, non serve che ti crucci ulteriormente...” le disse, un sussurro dolce. Loki non resistette oltre, non volle più dare ascolto alla voce nella sua testa che lo stava frenando dal compiere l'azione che aveva in mente. Era stanco di dare ascolto alla ragione, e mai al cuore. La baciò, dolcemente, teneramente. Un bacio casto, per delle labbra così pure. Un bacio che solo ad un angelo come lei si poteva riservare. “Loki... Cosa stai..” “Shhh... Non parlare, mio angelo....” la frenò lui. Così, Carey ricambiò il bacio, aprendogli il suo cuore ferito.

POV CAREY

In quel momento, Carey dimenticò il dolore, l'angoscia, il tormento e i sensi di colpa. Sentiva solo qualcosa salirle su dal petto: un grido disperato del suo cuore, un grido dolce amaro. Il suo cuore reclamava amore.

POV LOKI

Loki, in quell'istante, dimenticò l'odio, la tristezza, la rabbia, l'inquietudine che si portava dietro da anni ed anni. Sentiva, nel petto, come un rumore di serrature arrugginite che si aprivano cigolando, facendo eco. Non era il rumore del ricordo della sua cella ad Asgard che si apriva, ma quello delle porte del suo cuore che, dopo aver patito per troppo tempo la pena della solitudine e della disperazione, veniva verso la luce, assaporandone la brillantezza, ubriacandosi di purezza e di una gioia mai provate prima. Il suo cuore aveva incontrato la sua più enorme paura: la paura dell'amore.

Proprio mentre i loro baci si facevano più lunghi e intensi, le orecchie di Loki udirono un pianto sommesso, una voce di infante. Era la voce di Jonathan, che reclamava le attenzioni della propria madre dalla cameretta. Sorrisero all'unisono, l'uno contro la bocca dell'altro. “Credo che tuo figlio ti stia cercando” le disse lui scherzosamente, privo della sua solita acidità. “Credo che dovrei andare da lui” gli rispose Carey. Si staccò dall'abbraccio nel quale si erano stretti, e si diresse nella camera del figlioletto, mentre lui la guardava camminare, sentendo nel cuore una pace mai provata prima.

Vi prego, non ammazzatemi se il capitolo risulta troppo sdolcinato o penoso! Spero comunque di aver fatto un lavoro accettabile! Recensite, mi raccomando! Un bacione, Snow

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Capitolo 12
*** 11. Nuovi sentieri, vecchie minacce.... ***


Ed eccomi di nuovo a rompere l'anima! XDD Un nuovo capitolo, un po' ingarbugliato, vi aspetta! Le cose incominciano a movimentarsi! ;D Spero che non sia troppo lungo e noioso tanto da addormentare! XDD Recensite e commentate, mi raccomando! Vi lascio alla lettura!
Snow

 
POV THOR

Il dio del tuono era tornato dalla sua amata Jane, per rifocillarsi e riposarsi. Appena arrivato, le aveva raccontato tutto quello che era successo nel poco tempo che era trascorso da quando si erano visti. “... e dopo avermi detto tutto questo, mi aveva lasciato sotto alla pioggia, solo e disperato. Immagina quale dolore si possa provare a sentire tuo fratello dirti “Rinuncio all'immortalità e a tornare a casa.... Non mi è stata mai data una possibilità.... Ho sempre voluto essere alla vostra altezza!” “Thor, ammetto che Loki mi fa ancora molta paura, però credo, da quanto mi hai raccontato, che lui abbia sofferto molto in tutti questi anni! Non è bello non sentirsi mai all'altezza delle persone che ami, sai! E poi, anche se ti ha detto queste cose, io credo che ti voglia ancora bene.... E avevi ragione a dire di volergli dare un'altra possibilità! E questa è proprio la volta adatta per concedergliela! Secondo me dovresti riprovare a parlarci, tranquillamente, senza ironizzare. Non devi gettare la spugna! Sono sicura che ti ascolterà e che....”. Ma in quel momento Thor assunse un'aria preoccupata. Come se sentisse un rumore nella testa. Jane lo scosse piano per le spalle: “Thor.... Cosa succede? Perchè hai quell'espressione?” “Jane, sento la voce di Heimdall nella testa.... Mi sta dicendo di tornare su Midgard.... Sono..... Sono stati attaccati da..... Dannazione non lo sento più ora!”. Jane era sconvolta: “Cosa?!” chiese allarmata. Thor si alzò di scatto “Devo tornare ad Asgard! Deve essere successo qualcosa di veramente grave! Appena avrò scoperto cosa succede, sistemerò la faccenda e tornerò su Midgard per Loki!” . Impugnò il suo martello, e mentre usciva dalla casa di Jane per volare verso il suo pianeta, lei lo fermò e lo baciò con passione: “Ti prego! Stai attento, Thor!”. Lui sorrise teneramente: “Lo sono sempre... E poi devo tornare dal mio fratellino!”. Detto questo agitò il martello, e si librò in aria come un fulmine a ciel sereno, scomparendo poi fra le alte nuvole. “Ti, amo, Thor....” sussurrò mestamente Jane.

POV LOKI

Loki si svegliò, dopo aver dormito, nonostante avesse fatto il medesimo incubo: Asgard in fiamme e Thanos che lo uccideva. Qualcosa dentro di lui gli diceva che quelli fossero sogni premonitori, ma non poteva dare nulla per certo, e fece di tutto pur di non pensarci. Scese per la colazione e trovò Carey, già vestitasi di tutto punto, che stava sorseggiando la bevanda che i terrestri chiamavano con il nome strano di “caffè”. E, mentre beveva, guardò un attimo l'orologio. Non lo aveva visto. Sgranò gli occhi: “Oh, mio Dio! Devo nutrire Jonathan e poi fare un salto a New York!” ma, mentre si girava e per posare la tazzina sulla superficie in metallo della cucina, si ritrovò davanti Loki, e per poco non gli versò addosso il caffè. “Oh, scusa Loki, ma sono in ritardissimo, e ho tanto da fare!” e fece per andare fuori dalla cucina, ma poi sembrò ricordarsi di avere ancora in mano la bevanda, e si girò di nuovo, stavolta lasciando la tazza nelle mani di Loki, confuso per quello strano comportamento, e anche un po' infastidito. Ma decise di non farci caso, e disse, borbottando ironicamente: “Buongiorno, Carey!”. Sentì la voce della ragazza chiamarlo dal piano di sopra. La trovò nella cameretta di Jonathan, intenta ad allattare al seno il figlioletto. Fu una scena che lo riempì di una sensazione piacevole e al contempo stranissima. Provava affetto per quei, due esseri umani. Anzi, qualcosa di più di semplice affetto, ammise con sé stesso. La osservò mentre nutriva quella incantevole creaturina. Poi gli disse, mentre si risistemava la maglia: “Ascolta, Loki, io devo andare a New York oggi,e porterò con me anche Jonathan, se per te va bene!”. Loki le sorrise amabilmente e rispose: “Non preoccuparti! Vai pure!”. Quella sera Loki e Carey, dopo che lui aveva passato una giornata intera a leggere e rimuginare, mentre lei era stata fuori casa fino a sera, avevano comunque trascorso una serata tranquilla, e per la prima volta, Loki aveva tentato di aprirle il proprio cuore. Ma ancora, sfortunatamente, non trovava la forza di confessarle chi era e cosa aveva fatto. E nonostante la malsana e spregevole idea di non raccontarle nulla gli stesse martellando nel cervello in maniera a dir poco snervante, ripeteva a sé stesso che avrebbe dovuto farlo, presto o tardi, più ci pensava e più si sentiva incapace di dirle una sola parola riguardo al disastro che lui aveva combinato. Si era davvero rammollito, pensò ironicamente. Però,da quando era atterrato su Midgard, si era sentito cambiare sempre di più in maniera positiva. E questo gli piaceva assai. Ma se voleva veramente essere accettato, avrebbe dovuto dirle la verità. Non poteva prenderla in giro a questo modo, non sarebbe stato carino nei confronti di chi lo aveva accolto e aiutato, e non poteva farsi amare per chi non era realmente. Si, un giorno non molto lontano, forse anche più presto del previsto, avrebbe vuotato il sacco. Dopo aver rimuginato riguardo a ciò per tutta la durata di quello che Carey aveva chiamato “film” in “TV”, un certo “Cavaliere Oscuro” dove si vedeva uno strano tipo vestito di nero che combatteva contro un altro ancor più strano tizio con la faccia dipinta e 30 volte più psicopatico dello stesso Loki. Ma era comunque una cosa accettabile. Ma non era nulla in confronto alla vista dei celi stellati di Asgard. . Si, aveva giurato di non pensare più al proprio passato, dopo aver detestato alla massima potenza la città che mai lo aveva accettato, ma un pensiero, anche da prima che fosse finito su Midgard, prima ancora della condanna, durante addirittura la battaglia contro i Vendicatori, glielo aveva riservato. E non poteva fare a meno di pensarci senza dolore e rabbia. Purtroppo, questi sarebbero rimasti, erano parte di lui, e nemmeno ciò che provava per Carey avrebbe potuto attutire l'eco che essi provocavano nella sua anima tormentata. E forse era fu proprio perchè ripensò ai celi di Asgard che, quella notte, invece di andare a dormire nella sua camera, dopo aver dato la buona notte a Carey e Jonathan, uscì di casa con un telo di stoffa nera che aveva trovato in un armadio, e, stesolo per terra, vi si sdraiò sopra, ammirando il firmamento, che in qualche maniera eguagliava quello di Asgard, la sua amata odiata città. Stette lì per molte ore, fino a che non vide il cielo rischiararsi nei colori rosa ed arancio, sempre magnifici. Dopo aver visto nascere l'aurora, si alzò e, senza fare il minimo rumore, si ritirò nella sua stanza, per dormire qualche ora dato che aveva passato l'intera notte in bianco. E, mentre se ne stava sul letto, in attesa di prendere sonno, i suoi pensieri volarono da Thor,e più precisamente all'ultima volta che lo aveva guardato, prima di voltare le spalle, rifiutando ciò che un tempo erano stati. Ma ormai non poteva più tornare indietro. Aveva deciso di non fare più ritorno ad Asgard, si era auto esiliato e l'esilio per lui sarebbe stato molto, molto lungo. Eterno. Chiuse gli occhi, per scacciare le immagini della sua infanzia, della giovinezza che, in fin dei conti, non gli appartenevano. Non voleva ricordare. Non più. Voleva solo guardare avanti. Voleva, per una volta, sentirsi come tutti gli altri, e non più un mostro, dal quale tutti rifuggivano, inorriditi e disgustati. Sarebbe cambiato. E con questo proposito, lasciò che la sua mente scivolasse tra le cascate e gli arcobaleni dei sogni. Per una volta, il suo fu un sonno tranquillo.

POV CAREY

Quella sera, dopo una intera giornata di frenetico andirivieni a New York (in banca e poi al supermercato, per fare “provviste” ), dove ancora vi erano i lavori di ricostruzione di tutti i grattacieli andati distrutti nella battaglia dei Vendicatori, era stata a dir poco divertente e piacevole. Loki, mentre cenavano, le era sembrato abbastanza tranquillo e a suo agio. Qualcosa in lui stava cambiando. E tutto dopo quel bacio che si erano scambiati. Era stata una sensazione magica e dolce. E, doveva ammetterlo, non aveva mai provato nulla di simile nemmeno con Andrew. Carey, con suo grande stupore, cominciava a pensare che avrebbe fatto meglio forse a lasciarsi quella triste storia alle spalle, e di ricominciare a vivere. E, cosa più importante, doveva dare a Jonathan un padre. Suo figlio non sarebbe cresciuto senza di esso, non se lo meritava proprio. Meritava il meglio. Meritava di avere un padre che lo aiutasse a fare i compiti, o che lo portasse agli allenamenti di football, o al parco per una passeggiata. Aveva bisogno di un padre che lo avesse ascoltato quando avrebbe avuto i primi problemi in fatto di ragazze e cuori infranti. Ma soprattutto, aveva bisogno di una figura maschile che gli servisse da esempio sul quale costruire la sua vita. E lei, aveva bisogno di amore e protezione. E aveva la netta sensazione che quest'uomo dei suoi sogni fosse più vicino di quanto lei non pensasse, bastava solo guardare con i giusti occhi ciò che alla normale vista era invisibile. E mentre fantasticava, accarezzava la testolina di Jonathan con dolce delicatezza. I suoi capelli neri erano così morbidi, e stavano cominciando ad inanellarsi, assomigliando molto a quelli di suo padre Andrew. Il petto, piccolo e fragile come il resto del corpo, si alzava ed abbassava regolarmente, facendola quasi sprofondare in un ipnosi, era talmente un incanto guardarlo dormire pacificamente. Si abbassò sul box, e gli diede un bacio sulla piccola guancia candida. Poi uscì dalla stanza chiudendo la luce, e trovò Loki ad aspettarla sulla soglia. Ripensò a quando stavano guardando il film. Sembrava quasi come se non ne avesse mai visto uno in vita sua. Le era sembrata una cosa talmente buffa, che non potè fare a meno di sorridere. Però, mentre sedevano sul divano a guardare lo schermo, lei aveva scoccato di tanto in tanto qualche occhiata a Loki. Le prime volte le aveva sorriso, poi però Carey aveva notato come la sua espressione divenisse sempre più mesta, e non potè non pensare che la mente di quell'uomo fosse altrove, persa nei ricordi di una vita burrascosa, da come lui le aveva raccontato del litigio con suo fratello. Aveva l'impressione che Donald gli mancasse molto. E questo le lasciava in retrogusto amaro, nella dolcezza del ricordo di quel bacio che si erano scambiati poche ore fa. Avrebbe veramente voluto trovare un modo per aiutarlo. “Carey... Volevo dirti... Grazie per tutto quello che stai facendo per me....E..” ma non fece in tempo a finire che lei lo baciò teneramente. “Mi basta questo... Buona notte, Loki....”. Lui sembrava leggermente imbabolato, ma riuscì a parlare, rispondendo: “B- Buona notte, mio angelo...”. E andarono ognuno nelle proprie stanze. Ma quella notte, Carey ebbe molte difficoltà a chiudere anche solo un occhio. Quante cose le erano successe in un solo anno, e soprattutto in due giorni. La sua vita era cambiata decisamente.

POV NICK FURY

Il capo dello S.H.I.E.L.D stava continuando le sue solite attività di spionaggio, quando fuori dalla base si sentì un grande tonfo, come se fosse caduto sul terreno un grande macigno, che aveva quasi provocato un terremoto. Fury si affrettò ad uscire dalla base, per controllare cosa fosse successo. Ma, mentre stava per varcare la soglia del suo ufficio, si ritrovò di fronte a Thor. Egli aveva un'aria sconvolta e abbastanza malconcia, nonostante fosse un semidio. Gli abiti erano in alcuni punti laceri e imbrattati di polvere. Sembrava reduce da uno scontro feroce. E ciò non piacque per nulla a Fury, che si limitò a fissare il biondo dio del tuono con aria tra lo sconvolto e il preoccupato. Thor crollò con le ginocchia a terra, reggendosi in avanti con le braccia per impedire a sé stesso di cadere del tutto, e disse ansimando : “Fury... Ci hanno attaccati... Asgard è in pericolo..... I-I Chitauri.... S-sono tornati con un nuovo comandante....”. Ma non fece in tempo a finire la frase, che svenne, e Fury lo prese appena in tempo. Lo scrollò per le spalle: “Thor! Thor mi senti!”, ma non ottenne risposta. Doveva essere accaduto qualcosa di veramente terribile perchè il semidio fosse talmente conciato male. E il capo della S.H.I.E.L.D ebbe la spiacevole sensazione che presto avrebbe avuto di nuovo bisogno dei Vendicatori. Forse, un nuovo nemico minacciava il loro piante. “Ma insomma, la terra ora va di moda attaccarla, o cosa!?” mormorò seccato fra sé. Le cose presto si sarebbero messe male, ne era certo. “Ehi, venite a darmi una mano, presto!” gridò sporgendosi dalla soglia dell'ufficio. Si presentarono due guardie che pattugliavano l'area. Fece portare Thor in infermeria, mentre lui andava alla scrivania. Prese il telefono e chiamò un numero di chi sperava non avrebbe più dovuto vedere per un po': Tony Stark, alias Iron Man. “Pronto, sono Nick Fury. Devo parlare con il signor Stark. È più che urgente, si sbrighi!” disse incalzando la segretaria che rispose dall'altro capo della linea.

Anche questo capitolo è finito, aspetto le critiche, con annessi pomodori, uova e rifiuti! XDDD Snow

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Capitolo 13
*** 12. Piccoli segreti, pericoli imminenti e rivelazioni dolorose. ***


Ecco un nuovo capitolo! Si, non c'è bisogno di dire nulla, lo so che ho fatto aspettare un po', ma è stato un “parto” più lungo e ostacolato del previsto, dato che non ho quasi mai avuto tempo ultimamente di scrivere. Alla fine eccomi di nuovo qui, con la mente un po' stanca e anche il cuore a pezzi dopo un'amara delusione, a dirla tutta, ma non per questo meno motivata a continuare la storia, anzi il contrario! Perciò, se c'è ancora qualcuno che non si è stancato di questa storiella e che ha ancora un po' di fiducia nei miei confronti, gli auguro che anche questo capitolo possa piacergli! Un bacio, e mi scuso, anche se non basterà, ancora per il mio pauroso e inglorioso ritardo!
 Snow.

POV TONY STARK

Stark stava passando una bellissima e lunga vacanza da quando erano riusciti a sconfiggere il rockettaro molto arrendevole e il suo esercito di mostriciattoli. E queste attese vacanze le stava passando in una lussuosa villa a qualche chilometro da Miami, fatta costruire da lui in persona qualche mese prima, e con lui c'era la sua amata Pepper, con la quale, dopo il pericoloso scontro con Loki, si era avvicinato ancora di più. In quel momento, lui si stava gustando uno dei soliti drink, e Pepper si stava godendo i raggi del sole nella spiaggia deserta. Tutto sembrava perfetto. Ma quell'attimo di pace durò poco. Il telefono squillò, e Stark fu più che tentato di non rispondere. La voce di Jarvis risuonò nella stanza: “C'è una chiamata per lei signore....” “Ma insomma! Mi sembrava di esser stato chiaro quando ho detto di voler starmene in santa pace dopo tutto quel casino!” replicò lui leggermente infastidito dalla notizia. Jarvis non parve farci caso, e continuò: “Signore, la chiamata viene dal suo ufficio... Sembra importante!”. Tony sbuffò e, dopo aver posato il bicchiere ormai vuoto, cedette: “Va bene, passala pure...”. La voce della segretaria del suo ufficio risuonò allarmata: “Signor Stark! C'è una chiamata da parte del signor Fury! Dice che è una questione importante le passo la chiamata?”. Allora era quel dannato pifferai magico di Fury a rompere le scatole per l'ennesima volta. Preferiva quando era Coulson a chiamarlo, pensò con una punta di amarezza, ricordandosi che l'agente Phil era morto per mano del “piccolo cervo”. “Ah, e va bene! Tanto oggi sembra un passaparola a tutto tondo!” rispose lui, inacidito. Stavolta fu la voce di Fury a risuonare: “Stark, abbiamo un problema!” “Che genere di problema?” chiese lui di rimando, non volendo ironizzare visto il tono di voce preoccupato di Fury. “E' una lunga storia.... Ma ti basti sapere, fin quando non verrai alla basa dello S.H.I.E.L.D, il che sarà tra breve, che Thor, il dio nordico, è tornato sulla Terra in condizioni pietose, semitramortito e con brutte notizie da Asgard...”. Tony ebbe un tuffo al cuore. “Non è che Loki è scappato, o roba del genere? Perchè se è così, credo di dover avvisare i paparazzi che vi è un nuovo rockettaro pronto a essere immortalato sulle pagine e rispedito a calci nel didietro in prigione, dove dovrebbe stare!” scherzò, tentando di nascondere con la solita insolenza la preoccupazione. “Stark, non mi sembra il momento di scherzare questo! Probabilmente la terra è in pericolo di nuovo, perciò tu e i tuoi compagni tornerete presto in azione! Ti conviene quindi cominciare a rintracciare tutti, ad iniziare da Rogers!” “Ma.... Ma come faccio a trovarlo?! E poi in che senso ci sarà di nuovo bisogno di noi? E c'entra qualcosa in tutto questo Loki o no?” disse Tony, al quale il comportamento schivo e sbrigativo di Fury cominciava a dare sui nervi. Si alzò e si riempì di nuovo il bicchiere, sorseggiando poi la bevanda mentre ascoltava la risposta: “Stark! Ti ho appena detto che non c'è tempo di spiegare tutto con una telefonata! Oh, e sappi che il caro vecchio Loki si trova di nuovo sulla terra! Ma non c'entra nulla lui, a quanto mi ha detto Thor!”. A Tony andò quasi di traverso il drink. Quel pazzo era davvero di nuovo libero sul loro pianeta? Ma a Thor era andato di volta il cervello o cosa, per caso?. “Vi aspetto alla base, Stark... Ora devo andare.” e detto ciò Fury riattaccò al telefono, lasciando dall'altra parte un Tony Stark imbambolato e incredulo: “Miseriaccia!” commentò soltanto. Finì il drink in un solo altro sorso, e si diresse verso la spiaggia, per avvertire Pepper del loro improvvisato ritorno in anticipo.

POV LOKI

Erano da poco passate le prime luci del mattino, quando Loki fu svegliato da un pianto infantile. Aprì gli occhi, che vagarono nella camera leggermente illuminata. Si chiese da dove venisse quel pianto, ma poi realizzò. Doveva essere il figlio di Carey a piangere, non c'era altra spiegazione. Devo andarla ad avvertire che suo figlio sta piangendo.. Possibile che non lo senta? Pensò fra sé, leggermente perplesso dal fatto che non fosse accorsa subito dall'infante. Così, dopo essersi finito di svegliare, ancora intorpidito dalle tracce della notte insonne che aveva passato, si diresse nella camera di Carey. Tirò un sospiro, poi bussò. Era incredibile. Aveva imparato a comportarsi cortesemente in due giorni sulla terra più che una vita intera ad Asgard. Beh, era stato allevato come un principe, ricordò a sé stesso. Da dietro la porta sentì come se qualcuno stesse chiudendo un cassetto pesante, e stesse correndo verso la porta. Cosa stava combinando Carey? Chiamò il nome della ragazza, essendo sia preoccupato che incuriosito. Poi, finalmente venne ad aprire. Aveva i capelli leggermente scomposti, e sotto i bei occhi vi erano le tracce, a dir poco invisibili, ma che non potevano sfuggire ad un occhio attento come quello di Loki, di occhiaie. Anche lei non aveva dormito molto, a quanto pareva. “Si, Loki?”. Lui si schiarì la voce, poi disse, indicando la stanza di Jonathan: “Ehm... Jonathan sta piangendo, volevo avvertirti, visto che pensavo non avessi sentito...” “Oh! È vero, scusa! Spero non ti abbia svegliato! Stavo per andarci!” rispose lei, un po' imbarazzata, arrossendo lievemente: “No, non mi ha svegliato... Hai l'aria un po' scossa, è successo qualcosa?” chiese Loki, anche lui non sapeva cosa dire. “No, non è successo nulla... Stavo solo guardando alcune.... vecchie fotografie.... Tutto qui...” . Cosa diamine sono le fotografie? Pensò Loki, non sapendo di cosa stesse parlando Carey. Lei parve leggergli in volto il suo disappunto, e aggiunse: “Sai, quelle immagini che catturano un determinato istante che vuoi ricordare e conservare per sempre, le metti in cornice o, come me, le tieni in un cassetto, al sicuro... Qualche volta ho l'impressione che tu davvero venga da un altro pianeta!” gli disse scherzosamente. A volte nemmeno io so cosa sono davvero... rimuginò Loki, imbarazzato di essere talmente ignorante sulle usanze midgardiane. Ad Asgard pensavano di essere superiori, quando invece i terrestri sotto molti punti di vista avevano una cultura più avanzata. Ma lui si limitò a risponderle: “Ah, si! Lo so cosa sono, solo che.. mi chiedevo come mai allora avevi un'aria così sconvolta...”. Lei sembrò esitare a rispondere, come se Loki avesse toccato un tasto più che dolente: “Ecco.... Il punto è che quei momenti che avevo immortalato, ora si sono trasformati nella peggiore delle torture....” rispose poi, con i dolci occhi divenuti improvvisamente lucidi come vetro. Era incredibile quanto fosse sensibile e fragile quella ragazza, e Loki quasi si intenerì di ciò. “Credo che abbiano a che fare con tuo marito....” “Si... E' così...” disse lei. Sembrava sul punto di versare lacrime. Loki, non sopportando di vederla in quel modo, le sussurrò: “Vieni qui...” e aprì le braccia, che accolsero il fragile corpo di Carey. La strinse forte a sé. Non ricordava di aver mai provato un simile sentimento. Sentiva il dovere di proteggerla. Dal suo passato doloroso, da sé stesso, probabilmente. Ma voleva farlo. Lei ricambiò la stretta, singhiozzando quasi, mentre poggiava la testa sulla spalla di Loki. Restarono così per alcuni secondi, che sembrarono a Loki interminabili. Poi, lei si staccò piano da quell'abbraccio, e gli chiese, asciugando gli occhi: “Posso chiederti un favore, Loki?” “Si?” “Potresti andare tu da Jonathan... Io.... Sono molto stanca...”. Loki rimase un po' sorpreso da quella richiesta. Cosa ne sapeva lui di come si accudisse un bambino? Non se ne intendeva proprio. Era sul punto di dirle che non poteva farlo, che non ne sapeva nulla, ma poi vide che il suo stato non era dei migliori, così rispose, annuendo: “Va bene... Tu... Allora, riposati...”. Carey lo baciò sulla guancia. “Grazie, Loki...”, poi tonò nella stanza. Così, Loki si diresse verso la camera del bambino. Raccolse tutto il coraggio possibile. Il fatto che avesse più timore di cavarsela con un lattante che di un intero esercito di mostri alieni, i quali stavano sicuramente setacciando tutti i pianeti per portarlo al cospetto di Thanos, era una cosa pazzesca e anche ridicola, dovette ammettere con sé stesso. Però si sentiva davvero impreparato per quel compito. Entrò nella stanza. Jonathan non smise di piangere quando lo vide. Eppure gli era sembrato un bambino talmente tranquillo. Quando si avvicinò al box, il pianto del si affievolì un po', poi cessò del tutto. Il minuscolo essere umano lo squadrò con quei occhietti vispi, così simili a quelli della madre. Loki gli parlò dolcemente, convinto che l'infante potesse capirlo benissimo: “Tranquillo, sono io, Loki.....”. Il bambino si stropicciò gli occhioni arrossati di pianto, poi disse con la solita vocina: “Pa-pà?”. Miei dei, è ancora convinto che io sia suo padre! Credevo fosse un bambino più intelligente! Pensò forse con un po' di cattiveria Loki. “No, non sono tuo.... Non sono il papà....” gli disse nella maniera più dolce che poteva. Tu guarda cosa mi tocca dire! . Jonathan stava quasi per rimettersi a piangere, ma Loki, che non avrebbe più potuto tollerare di sentirlo piagnucolare, lo prese tra le braccia. Il bambino si acquietò. Una sua manina si poggiò sulla spalla di Loki, e un'altra strinse una ciocca dei suoi capelli corvini, senza tirarli.. Lui fu a dir poco sorpreso. Quel bambino lo aveva realmente preso per uso padre! Lo squadrò con i suoi occhi verdi, mentre quelli d'ambra del piccolo vi si tuffarono come piccole gemme in uno specchio d'acqua marina. Quell'esserino lo stava spiazzando decisamente. E pensare che, fosse stato un bambino asgardiano, sarebbe morto di paura a ritrovarsi fra le braccia di un essere pericoloso come Loki. Che ironia amara! Loki non resistette all'impulso, dettato da cosa non lo sapesse, di accarezzare quella testolina, quei morbidi capelli di seta. Era il bambino più bello che avesse mai visto. “Allora volevi solo un po' di attenzioni, dico bene?” chiese a Jonathan. Questo sorrise con quella sua boccuccia rosea, le paffute guance che si alzavano, dando spazio a delle fossette. Evidentemente capiva davvero ciò che Loki gli stava dicendo. Anche lui sorrise di rimando. E, tenendolo sempre fra le braccia, andarono in camera di Carey, la cui porta era ancora aperta. La trovarono che stava cercando qualcosa per terra; Loki aggrottò un po' le sopracciglia “Non eri stanca?” le chiese semplicemente, ma con tono alquanto inquisitorio. Lei, che stava per terra, a quattro zampe, a cercare quel qualcosa sotto il letto matrimoniale, alzò la testa in sua direzione e gli rispose, arrossendo vistosamente: “Si, è vero sono stanca! Però mi sono accorta che mi manca una fotografia, e non la trovo da nessuna parte!” e, detto ciò, ritornò a guardare sotto il letto, il viso una maschera di preoccupazione. Doveva tenerci molto a quella.... Come l'aveva chiamata?.. Fotografia. Loki sogghignò, e, posato Jonathan sul letto, le disse: “Ti aiuto io!” “No, no! Non serve Loki! E poi....” ma mentre stava protestando, come se dovesse nascondergli qualcosa, lui fu più lesto, e trovata la fotografia smarrita, gliela porse, con un sorrisetto sfrontato stampato in volto: “Era questa, per caso?” le chiese. Lei sembrava sorpresa: “C-Come... Cioè, dove l'hai trovata?”. Loki strinse le spalle e con noncuranza rispose: “Era lì, sotto l'armadio....”. Lei gli strappò letteralmente dalle mani la foto, come se volesse sbrigarsi a farla sparire. “Ah... Eh... Comunque.. Grazie per averla ritrovata.... e...” sbuffò come, da quel che poteva intuire la mente indagatrice per natura di Loki, se stesse rimettendo a posto le idee nella mente. Tirò poi un sospiro, puntandogli addosso lo sguardo dorato: “ Scusa, Loki... E' solo che.... E' una vecchia foto.... Di quando io e Andrew ci siamo sposati.... E avrei preferito non vederla più...” “Capisco... Ma permettimi una domanda: cosa è successo, oltre all'incidente mortale, che ti ha spinta a detestare il suo ricordo? Sempre se non sono indiscreto...”. Lei sembrò titubante. Non poteva più fingere. Sottrasse il proprio sguardo a quello di lui, poi rispose: “Ecco..... Quando lui è morto.... Non era al lavoro.... Ho omesso qualche particolare...Era andato a trovare un amico a New York perchè io lo avevo cacciato di casa.... Avevamo litigato.... Io andai invece a casa dei miei genitori... Ricevetti una chiamata.... Mi dissero che era morto schiacciato da delle macerie di un grattacielo... A causa dell'attacco di un pazzo criminale alieno.... Così mi fu descritto il mostro che mi portò via Andrew...”. A Loki si gelò il sangue nelle vene..... Non gli piacque per niente la parola mostro riferita a lui sulla bocca di Carey.... Tentò di rimanere lucido, e le chiese, titubante: “Ma nessuno ti ha riferito il suo nome? Nessuno ti ha... Accennato alle altre malefatte di... quel tipo?”. Carey sospirò: “No... Sono stata io, a dir la verità, a non voler sapere nient'altro.... Mi era bastata la notizia che mio marito fosse morto, e sapere anche il nome di quel pazzo assassino non mi sarebbe servito a nulla... Non avrei potuto di certo vendicarmi o cose del genere....”. Temo che sarà molto più difficile di quel che pensavo raccontarle tutto.... Mi domando se sarà in grado di perdonarmi.... Spero proprio di sì.... Pensò Loki mentre tentava di celare la sua espressione rabbuiata, ascoltando le parole della giovane. Il tempo della verità sarebbe giunto molto presto. Ne era certo. Ma non era così sicuro, in ogni caso, che lei avrebbe mai potuto capire, e il pensiero di perderla come aveva perso tutto il resto della propria vita passata lo trapassò da parte a parte come una gelida lama. Il fatto che lei, quasi sicuramente, non avrebbe più voluto vedere il suo volto, una volta scoperto chi era lui veramente, era snervante e lui di fronte a tutto ciò si sentiva detestabilmente impotente. Se anche lei lo avesse abbandonato, a quel punto la sua vita davvero non avrebbe più avuto senso, e tanto sarebbe valso allora che lo avessero trovato gli scagnozzi di Thanos. Avrebbe accettato con gioia le torture e la morte seguente. Non gli rimaneva che pregare l'intero Valhalla che Carey trovasse una buona ragione per perdonarlo di tutto il male che le aveva procurato. Ma quella era solo una debole e trasparente speranza, ridicola e patetica per la sua infantilità.... E quello che in quell'istante sentiva per Carey era qualcosa che non riusciva proprio a identificare in nessuna delle tante parole che conosceva. Sapeva una cosa solo: se negli occhi di Carey, appena le avesse confessato tutto, vi avrebbe letto orrore, disgusto e dolore per essere stata tradita, ingannata e delusa, avrebbe voluto morire strafulminato in quel medesimo istante. Era questo tutto ciò che sapeva. “Loki? Ti senti bene?”la voce di Carey lo riportò alla realtà. “Eh?” chiese lui, mugugnando appena. “Va tutto bene, Loki?” gli ripeté lei, mentre gli porgeva la propria mano su una guancia, facendogli voltare il viso verso il suo, occhi contro occhi. “Si, è solo che... Anch'io sono un po' stanco....Tutto qui” le rispose, accennando a un sorriso finto. Stai solo prendendo inutilmente e pateticamente tempo.... E non ti servirà a nulla ritardare ciò che ormai è inevitabile. Si ammonì. Sì, raccontarle tutto sarebbe stata la cosa più difficile che lui avesse mai fatto nella sua insignificante e, solo per un istante, felice vita. Carey gli chiese poi di Jonathan e del perchè stesse piangendo prima. Lui rispose, accarezzando la testolina del bambino che riposava tranquillo tra le sue braccia e che gli stringeva con le piccole dita il palmo di una mano: “Ecco... Credo volesse solo un po' di attenzioni.... Ho dovuto prenderlo in braccio e giocarci un po' per tranquillizzarlo. Comunque ora vedo che sta di nuovo bene. Eppure io pensavo di non piacere ai bambini...”. Carey gli sorrise: “Beh, a quanto vedo ti sbagliavi.... Sei il solo, oltre a me, con il quale abbia un buon rapporto...” “Oh, bene! Allora sono fra le grazie del giovane principino!” ironizzò Loki, cercando di ignorare la tristezza che sempre di più lo stava opprimendo. “Credo proprio di si, Loki!” e dicendo ciò lei gli stampò un bacio in fronte, che riscaldò come in una fredda giornata invernale. Sentiva che senza di lei non poteva più stare,e la cosa lacerante era che presto lo sarebbe stato. Quella notte e la mattina dopo, insomma, nessuno in quella casa era riuscito a dormire, ma almeno si erano chiarite molte cose e altre, invece, si erano paradossalmente complicate più del dovuto.

POV NICK FURY

Il dio del tuono era in stato d'incoscienza da diverse ore, anche se le ferite, seppure ore fa erano sembrate alquanto profonde, si erano rimarginate quasi completamente. Ma era svenuto, e ancora non si era risvegliato. Ciò, da parte di un dio, era una cosa tanto strana quanto incomprensibile, e qualunque cosa fosse successa ad Asgard doveva avergli prosciugato le immortali energie e questo era un segno più che brutto e preoccupante per il capo dello S.H.I.E.L.D, il quale sedeva al capezzale di Thor, gli occhi scuri impregnati di preoccupazione fissi sul viso graffiato incorniciato da lunghi biondi capelli i quali, per quanto sudore colava dalla fronte, erano appiccicati alle guance e alla testa. Il dio giaceva incosciente su uno dei letti presenti nell'imponente infermeria della loro base spionistica. Il petto muscoloso, che in altre circostanze sarebbe stato prova di grande forza, si alzava ed abbassava a intervalli irregolari, come se Thor fosse preda del suo stesso sonno, come se nella mente inquieta stesse rivivendo le atrocità che, probabilmente, aveva incontrato nella sua città. Ma doveva risvegliarsi, ed in fretta anche. Fury aveva bisogno di sapere tutto quello che potesse servire a prepararsi ad un eventuale nuovo attacco alla terra da parte dei Chitauri, come se, oltretutto, quello avvenuto tre mesi prima non fosse stato abbastanza disastroso! Dovevano essere tutti pronti, non si potevano più sacrificare così tante vite innocenti. Il dio del tuono assunse un'espressione ancora più corrucciata di prima, sofferente e dalla bocca si erse un gemito di dolore soffocato. Poi aprì gli occhi lentamente, a fatica. Le iridi azzurre come il cielo, così piene di vita di solito, apparivano spente e gli occhi, nel complesso, stanchi. Fury non lo aveva mai visto ridotto in quel modo. Thor si guardò intorno spossato e impaurito.

POV THOR

Thor sentiva dolore in ogni parte del corpo. Non riusciva a muoversi. Era in stato di semi incoscienza, ma la sua mente era in grado ugualmente di rievocare le immagini orribili dell'attacco alla sua città. Asgard era stata messa a ferro e fuoco. Dai Chitauri. Però questa volta erano capitanati da un avversario ben più temibile di suo fratello: un mostro orribile come l'anima che risiedeva in quel mostruoso corpo. Avevano distrutto quasi tutta la città, e Thor era riuscito a mettere in salvo solo pochi, fra i quali vi erano sua madre e i suoi amici, tornati poi indietro a combattere per la propria patria. Suo padre Odino stava ancora combattendo contro il mostro quando Thor era riuscito a tornare sulla terra. Cosa volevano quei mostri dalla sua città? Anche la Terra era in pericolo? E Loki? Che fine aveva fatto suo fratello? Dov'era? Era lui che volevano quei mostri? Lo avevano già preso senza che lui, Thor, dio del tuono, suo fratello, avesse potuto fare nulla per fermarli? Thor si guardò intorno per un attimo, tentando di mettere a fuoco il più possibile la stanza dove si trovava. In quella camera vi era solo grigio, bianco e azzurro pallido. Vi erano armadi e letti come quello dove giaceva lui. E focalizzò un volto che lui conosceva benissimo: Nick Fury. Egli lo stava guardando in apprensione e con il fiato sospeso. Cercò di parlare, ma dovette forzare un po' la voce prima di far venire fuori un solo misero rumore, come una cornacchia. Schiarì la voce, e infine parlò: “Co- Cosa è successo? Perchè sono qui? Cosa è successo a Asgard?”. Fury lo guardò in maniera profonda ed imperscrutabile, una di quelle occhiate che di solito nascondevano dietro una forte preoccupazione o frustrazione: “Questo è quello che vorrei sapere io, a dir la verità! Ricordi, sei tornato sulla Terra, e mi sei caduto ai piedi, privo di sensi. Thor, sta succedendo qualcosa di nuovo, vero?”. Thor in quel momento ricordò quello che li era accaduto. Era tornato su Midgard per chiedere aiuto ai suoi alleati terrestri, ma doveva essere ridotto molto male per essere svenuto. Ricambiò lo sguardo di Nick, che attendeva paziente una risposta precisa: se stava iniziando una nuova battaglia o no. “I Chitauri ci hanno attaccato e messo a ferro e fuoco Asgard, in cerca di Loki presumo. E penso che non tarderanno ad arrivare anche qui su Midgard. E io non voglio né che facciano del male a coloro che sono sotto la mia protezione né tanto meno a Loki, nonostante lui sia la causa principale se non unica di tutto ciò. Credo che presto inizierà uno scontro, ben più temibile della scorsa volta, e ho paura di essere sicuro che chiunque cerchi mio fratello non avrà pace finché non lo vedrà ai suoi piedi agonizzante. E io di certo non permetterò che accada, l'ho quasi perso una volta e non intendo correre di nuovo lo stesso rischio.”. Nick Fury annuì , tirò un sospiro e si accasciò mollemente sulla sedia, massaggiandosi una tempia con le dita della mano destra. “Allora credo proprio di aver fatto bene a chiamare Stark. Gli ho detto di cercare anche Rogers, io mi occuperò degli altri. Ma sappi che non lo faccio per Loki. Lo faccio per risparmiare migliaia di vite innocenti, per salvare il mio mondo. E riguardo al fatto che ora il signorino mezzo psicopatico si trovi sulla Terra mi sprona a stare ancora di più sull'attenti, perciò un passo falso e questa volta la giustizia umana prevarrà su quella asgardiana, non importa con quali conseguenze. Se Loki farà del male all'umanità, noi lo faremo fuori, quindi ti consiglio di avvertire tuo fratello di comportarsi bene. Qui le regole le facciamo noi, intesi?”.Thor aveva gli occhi sbarrati, gocce azzure che si tuffavano negli occhi di Fury, pozzi senza fondo neri come la pece. Stava parlando sul serio. Doveva impedire a Loki a tutti i costi di compiere atti sconsiderati e stupidi, ne valeva della pace fra Asgard e Midgard. E soprattutto, convincerlo a redimersi, tornando un dio, e a schierarsi dalla loro parte. Aveva bisogno dei suoi arguti consigli e delle sue stupefacenti macchinazioni da stratega, di cui lui, pur essendo forte e possente, era stato sempre privo. Ma, soprattutto, aveva bisogno che lui tornasse ad essere quello di un tempo: il suo amato fratellino. Il suo Loki. “Va bene, so già come fare. Rintraccerò Loki e gli parlerò, contate su di me.” disse poi Thor, mentre si alzava dal letto e si metteva in piedi. Poi, scalzo e con un solo camice bianco addosso, si diresse verso la porta. “Dove stai andando?” “Mi pare chiaro: a rivestirmi. Partirò immediatamente. Non c'è più tempo.”. Detto questo, oltrepassò la soglia della porta, lasciando Fury da solo nella sterile stanza. “Certo che in quella reale famiglia non ce n'è uno un po' normale di individuo" lo  sentì brontolare Thor mentre si stava allontanando.

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Capitolo 14
*** 13. Di nuovo uniti, così vicini alla verità. ***


Salve a tutti, miei cari lettori! Eccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo ricoperto di sudore, dato che è stato scritto in questi afosi giorni estivi! Spero che il capitolo sia abbastanza lungo, e premetto che la storia comincia a svilupparsi da sola automaticamente, ne ho perso il controllo! Qui i toni forse saranno a tratti un po' smielati e malinconicamente patetici, ma tra qualche capitolo le cose cambieranno un po'! Spero che anche questa volta questo chappy sia accettabile e non un'emerita schifezza! So che è un po' tardi (o presto, bah) per dirlo, comunque voglio ringraziare tutti quelli che hanno seguito la mia storia fino ad ora, sopportando con immensa pazienza i miei ritardi nell'aggiornare i capitoli e nel rompersi le scatole con i miei deliri fanatici da seguace incallita di Loki! XDDD Grazie ancora di cuore a chi c'è stato e ci sarà fino alla fine della storia! E con questo spero di non avervi nauseato! Vi lascio al capitolo,e mi raccomando recensite se potete! ;D..... *si dilegua alla velocità della luce*.


POV THOR

Thor, dopo esser riuscito a recuperare dei vestiti da comune mortale che gli potessero stare decentemente, rubati da una delle tante stanze dei dormitori presenti nella base spionistica, decise di organizzare ed esaminare bene ciò che doveva fare: innanzitutto, doveva assolutamente rintracciare Loki, che quest'ultimo volesse aver a che fare con lui o no, e lo avrebbe convinto a schierarsi dalla loro parte in caso di una battaglia contro quei mostri, o, per il bene di tutti, sarebbe stato costretto a rinchiuderlo in una prigione, lontano da chiunque avesse potuto aiutarlo a fuggire. Ma Thor era più che convinto che Loki avesse ritrovato un po' di buon senso alloggiando presso quell'umana. Il dio del tuono trovava buffo che una fragile umana come quella ospitasse un dio pericoloso come Loki, il quale, anche se privato dei poteri e dell'immortalità, restava un pericolo non indifferente per quello che riguardava la manipolazione mentale mediante l'uso ingannevole delle parole. Ma Thor, ciononostante, aveva la sensazione che la piccola umana di nome Carey fosse la chiave di volta che si era sempre cercata per il cuore di Loki. Si, lei lo avrebbe cambiato, se già non lo aveva fatto. Richiamò il martello Mijolnir con un cenno della mano, e quando questo arrivò, come se trasportato da veloci ali invisibili, lo agitò in aria, lasciando che poi lo trascinasse con se tra la nuvole, in una ben precisa direzione: Loki. Stavolta Thor non avrebbe ceduto alle parole del fratello. Lui voleva che Loki tornasse quello di un tempo, a costo di compiere chissà quali sacrifici.

POV LOKI

Un'altra giornata era cominciata. Loki non aveva chiuso occhio per tutte le ore che avevano seguito l'alba, non a causa di un incubo o dell'insonnia, ma solo perchè si era perso nell'osservare Carey dormire sul suo petto. Lei, dopo quel dialogo di poche ore prima, lo aveva pregato di restare con lei, perchè non riusciva ad addormentarsi, e lentamente era poi scivolata nel mondo dei sogni, riposando come una neonata con la testa sul petto di un rapito e, ormai compromesso sentimentalmente, Loki. L'aveva ascoltata mentre respirava quasi impercettibilmente, aveva assaporato il suo profumo, inspirandolo profondamente, gustandosi il momento che sapeva sarebbe stato fra non molto tempo solo un bel ricordo. E mentre le accarezzava la testa, passando una mano fra quei capelli morbidi come seta, la convinzione che presto avrebbe ricevuto una brutta notizia, insieme a una visita spiacevole, si stava radicando nella sua mente, come una pianta rampicante affonda le proprie radici e i nodosi rami nelle pietre del più invalicabile muro, così quei pensieri e quell'angoscia senza nome lentamente penetravano fin negli angoli più remoti della sua mente, iniziando piano piano a non dargli tregua. Era una tortura ben peggiore di qualsiasi altra il pensiero che presto non avrebbe più rivisto quel dolce viso, che sembrava appartenere a quello di una creatura al di là del mondo degli umani, di quella giovane donna, o che non avrebbe più stretto fra le braccia il corpicino fragile e caldo di Jonathan. Quando era stato bandito da Asgard e condannato a restare sulla Terra finché non fosse cambiato, e anche molto prima, aveva pensato che nulla avrebbe mai potuto ricondurlo sulla retta via, ma poi sulla sua strada oscura aveva incontrato una luce che gli aveva cominciato a illuminare il cammino: Carey, insieme anche a suo figlio. E tra non molto sarebbe stato condannato di nuovo a vagare nell'oscurità, ad essere cieco di nuovo. Lo sentiva, ne era certo, e tale certezza lo logorava, provocandogli una lancinante fitta al petto e allo stomaco. Era angoscia quella che provava,e forse anche una certa disperata consapevolezza stava nascendo nel suo cuore che lentamente stava di nuovo marcendo: avrebbe perso Carey, Jonathan, e la sua vita stessa. Non ci sarebbe stato un ritorno da quel viaggio travagliato che era stata la sua vita. Avrebbe perso anche stavolta. Come sempre. Per lui non ci sarebbe stato alcun lieto fine, non c'era mai stato. Era destinato a perdere, sempre e comunque. Invece quei buoni a nulla dei Vendicatori, e in particolare quell'emerito idiota con un titolo di studio in Stupidologia di Thor, sarebbero tutti tornati dai propri cari, a casa, tra le braccia di chi amavano. Lui, che finalmente aveva trovato una ragione nuova per esistere, avrebbe perso tutto, per l'ennesima volta. E quello non solo sarebbe stato un nuovo fallimento con il suo nome inciso a grandi lettere sopra, ma sarebbe stata la sua disfatta. Thanos era il cavaliere mortifero che lo avrebbe condotto alle porte dell'Inferno. Era lui che sicuramente sarebbe giunto tra non molto, per reclamare ciò che ormai gli apparteneva come da accordo: la vita di Loki, il suo sangue, in caso di una sconfitta. Ciò che Loki sperava era che una volta che avrebbe preso la sua vita, avrebbe lasciato in pace la Terra. Non che gli interessassero più di tanto tutti gli abitanti del rozzo pianeta, ma perchè su questo si trovavano gli esseri viventi ai quali lui teneva più che alla sua stessa vita,e il solo pensiero che sarebbero stati in salvo lo rasserenava non poco, addolcendo una pillola altrimenti troppo amara da mandare giù. Ma se maledettamente Thanos, o chi per lui, avrebbe torto un solo capello a Carey e Jonathan, Loki lo giurò in quel momento a sé stesso, lui sarebbe tornato dal mondo dei morti per vendicarli, a costo di corrompere la déa Hel *, signora del regno dell'aldilà. Sarebbe tornato in qualche maniera e Thanos a quel punto non avrebbe più avuto scampo, non potendo uccidere uno che è già morto. Si, avrebbe fatto di tutto perchè Carey fosse al sicuro. Mentre rimescolava i propri tristi pensieri, che mal si sposavano con l'atmosfera di totale tranquillità presente in quel momento. Sentì un gemito leggero provenire dalla bocca chiusa di Carey, la quale, dopo aver aperto lentamente gli occhi assonnati, disse, la voce impastata dal torpore del sonno: “Loki, sei davvero rimasto con me fino ad ora! E io che credevo fosse solo un sogno dormire fra le tue braccia! Da quanto tempo ti sei svegliato?”. Loki, trattenendo un sospiro, continuando ad accarezzarle i morbidi capelli, le rispose: “A dire la verità non ho proprio chiuso occhio!” “Oh, no! Ti ho fatto passare una notte in bianco, di nuovo! Scusa, se avessi saputo che non saresti riuscito a riaddomentarti non te l'avrei chiesto! Sono un completo disastro” rispose lei, rossa per l'imbarazzo, sentendosi una rompiscatole piagnucolona. “Sai, il fatto è che quando ero piccola ed ero triste o preoccupata per qualcosa, quando veniva il momento di andare a dormire, chiedevo sempre a mio padre di rimanere con me, fin quando non mi fossi addormentata. Lui mi faceva stare bene, e sapevo che mi avrebbe protetta. Mi sentivo al sicuro,e la stessa sensazione la provo con te ora! Sono proprio infantile e....” ma, prima che potesse terminare la frase, Loki le poso delicatamente l'indice sulla bocca, facendola tacere di colpo, e le disse, con un sorriso sghembo e affettuoso: “Non devi scusarti di nulla, Carey! Sono rimasto sveglio solo perchè mi piaceva guardarti dormire, cosa molto più gradevole ed appagante del dormire, credimi! E poi, se anche non fosse stato così, non devi sentirti in colpa! Sono abituato a passare le notti in bianco,e fino ad ora questa è stata l'unica che io ricorderò con immenso piacere! Una goccia pura di sogno in un mare di incubi, un arcobaleno in un cielo buio...”.  Ma cosa sto farfugliando?!  Pensò Loki, volendosi spiaccicare una mano in faccia. Carey sorrise, rinfrancata e tranquillizzata da quell'affermazione: “Sei molto poetico comunque per un essere reduce dall'insonnia!” disse poi con un sorrisetto. Loki ricambiò sorridendo altrettanto, accarezzandole una guancia, assaporando il calore tenue della pelle, mentre le sue dita si beavano della morbidezza di quella guancia. Non ho diritto di farle del male... Ma allora perchè non ce la faccio a confessarle tutto? E soprattutto... come faccio a dirle che... che la amo? Che diritto ho io di distruggerle di nuovo il cuore? Vorrei tanto proteggerla da me stesso, da ciò che sono, da ciò che sono stato, dal mio passato... Però l'unico modo che ho è lo stesso con il quale l'annienterei sicuramente.... Non posso dirle che l'amo, non glielo dirò.... È l'unico doloroso modo che ho di non farle del male, ha già sopportato abbastanza sofferenze, e non voglio di certo aggiungergliene altre... E poi, anche se glielo dicessi, dubito che cambierebbe qualcosa quando le confesserò di essere la causa del suo più grande dolore.... Arriverà ad odiarmi, e a poco servirebbe dichiararle che la amo se poi le spezzo io cuore subito dopo... Nonostante questi pensieri, non poté resistere all'impulso di baciarle la testa, e poi le labbra. La verità era che voleva bearsi di quel poco di Paradiso, prima di sprofondare di nuovo e per sempre nell'Inferno. Forse era egoismo anche, ma la sua sete di amare, un po', aveva bisogno di placarla. E quella bevanda talmente rinfrescante ma anche dolce, che dissetava ma faceva tornare di subito la sete che era andata a placare, apriva la strada a un circolo vizioso, dal quale Loki sarebbe uscito poi a calci nel sedere, probabilmente. Ma continuò comunque a baciarla, come se la sua vita dipendesse da quello scambio di fiato e sentimento. Di solito si dice che ambasciator non porta pena, ma quella era un'eccezione: Loki era ambasciatore di una notizia gravosa quanto dolorosa, e di pena ne portava molta sulle spalle. Un senso di colpa schiacciante, che poche volte aveva provato. Ingannare una creatura così pura come Carey, lo faceva sentire spregevole, un verme. Un verme che aveva osato rosicchiare una mela perfetta, al di sopra della sua portata. E per questo ne avrebbe pagato le amare ed inevitabili conseguenze. Aveva cercato di attrarre con l'inganno Carey, ma sarebbe finito più solo di prima, oltre che morto stecchito. Poi Carey gli chiese: “E tu? Che mi dici di tuo padre? Anche tu eri un tenerone che stravedeva per il proprio padre?”. A quella domanda Loki sentì mozzarglisi il respiro, una morsa gli attanagliava la gola. L'ultimo argomento di cui avrebbe preferito parlare era proprio suo padre,e guarda un po' cosa gli chiede Carey? La mia solita fortuna sfacciata, eh?! Pensò ironicamente, anche se ci trovava ben poco da scherzarci. Non poteva parlarle di Odino quando ancora non le aveva rivelato la propria vera identità. Un ricordo riaffiorò prepotentemente nella sua testa, e più tentava di ricacciarlo nei profondi abissi delle cose archiviate, più questo veniva a galla con sempre più facilità. E il ricordo venne seguito da molti altri, uno più fastidioso dell'altro.

1° RICORDO

Un tuono risuonò dal cielo, seguito da un fulmine che per un secondo rischiarò il nero e torbido cielo di tempesta, rimbombando nelle sale del palazzo reale di Asgard, e in una in particolare qualcuno era quasi morto di paura dallo spavento. Il giovane Loki, principino “figlio” di Odino e fratello di Thor, a quel tempo era solo un bambino di sei anni, e ancora non era abituato a questi fenomeni atmosferici, anche se essi erano provocati da suo padre in persona. Il bambino si rifugiò ancora di più sotto le coperte del letto, mentre fuori infuriava il temporale. Poi non ce la fece più, e allora, scalciate via le morbide lenzuola, sguscia fuori dalla camera, con l'intento preciso e disperato di correre nella stanza del fratello per rifugiarsi fra le sue forti braccia. Mentre attraversava i corridoi, ogni tanto il suo cammino veniva rischiarato da un fulmine,e ogni volta lui stentava a non sobbalzare. Poi, quando ormai mancava molto poco alla stanza di Thor, andò a sbattere contro qualcosa di duro e anche imponente. Il suo cuore saltò diversi battiti,e un ennesimo fulmine illuminò ciò contro cui era andato a sbattere il povero fanciullo: suo padre in persona. Loki cerca di deglutire, a fatica. Sa che suo padre non vuole che loro vadano in giro da soli la notte nei corridoi del palazzo. “Loki, cosa ci fai sveglio a quest'ora? Perchè sei in giro?” gli chiede il padre, stranamente paziente e calmo. Loki rispose balbettando quasi, tanto era intimidito da Odino: “E-ecco... Io ho avuto paura... I fulmini...”. Mentre Odino ascoltava la sua risposta un sospiro si leva dalla sua bocca, seguito da una leggera scossa di testa “Loki, sei figlio di un dio e re,e per giunta un dio in possesso dei tuoni e fulmini, dovresti essere abituato e non spaventato da loro! Devi imparare a esserlo se vuoi dimostrarmi di poter governare e proteggere un regno! Devi prendere esempio da tuo fratello Thor!”. Quelle parole ferirono il povero fanciullo come una lama affilata. Perchè suo padre doveva sempre fare i paragoni con suo fratello? Perchè non era mai fiero di ciò che Loki era e stava diventando? Perchè per suo padre doveva contare solo suo fratello, mentre in Loki vedeva solo un ragazzino ancora troppo inesperto? Il ragazzino tentò di rispondere al padre, la voce quasi del tutto incrinata come vetro infranto, un singhiozzo che gli saliva dalla gola alle labbra, in attesa di uscire al posto delle parole. Ma riuscì a dire qualcosa: “Padre.... Io... mi dispiace... Non voglio deluderti!”, e intanto sentiva lo sguardo severo del padre su di sé.., penetrante come una lama. “Se veramente non vuoi deludermi, dimostrami di essere grande. Torna nella tua stanza e affronta questa tua sciocca paura! Come puoi pensare di governare il tuono se ne hai il terrore?! Credo di far davvero bene a riporre molte delle mie speranze in Thor!”. A queste dure parole, il piccolo Loki, prima alzando il capo guardando il padre con degli occhi tristi e pieni di dolore per un simile discorso, abbassò poi la testa e voltandosi fece lentamente ritorno alla sua stanza, mentre ormai fuori dalle finestre il temporale era completamente passato, lasciando spazio alla luna, mesta e silenziosa compagna dei dolori segreti del piccolo principe di Asgard.


2° RICORDO

Loki , a quel tempo un ragazzo poco più che diciottenne, correva lungo il giardino della reggia, sempre più forte. Le ginocchia gli bruciavano ancora per la brutta caduta, il sangue non smetteva di sgorgare dal naso e dalla bocca. L'occhio destro riusciva a malapena ad aprirlo senza provare fastidio o dolore. Lo avevano conciato proprio male quei bastardi! Se solo lui non fosse stato così gracile, si sarebbe vendicato all'istante. E invece no! Era dovuto arrivare di nuovo, per l'ennesima volta quel guastafeste senza cervello di suo fratello. Lo aveva di nuovo difeso, anche se sapeva benissimo che a Loki non piaceva che lui lo trattasse ancora come un bambino piccolo. Nella sua testa poteva già sentire la ramanzina del padre. Sicuramente lo avrebbe rimproverato, un'altra volta, per non aver ancora imparato a difendersi come un uomo. Che avrebbe dovuto smetterla con lo stare sempre e solo sopra i libri muffiti a leggere, studiare e riempirsi la testa di sciocchezze da intellettuali. Anche se Loki era il più bravo studente di tutto il regno in Arti Magiche, a suo padre il fatto che lui volesse diventare un Maestro di magia non era ancora andato giù fino in fondo, e forse non lo avrebbe mai fatto. Qualunque cosa Loki facesse, Thor lo superava sempre, era sempre meglio di lui, in tutto e per tutto. E ormai era chiaro chi sarebbe salito al trono. E di certo Loki non rientrava nella lista dei candidati. Il prescelto era Thor, lo era sempre stato. Odino aveva sempre preferito lui a Loki, essendo grande, forte, possente, anche se privo di un briciolo di buon senso, lucidità, ingegno o tolleranza. Queste erano qualità di cui invece Loki si era sempre vantato. Lui aveva dalla propria parte la materia grigia, Thor la forza bruta, la quale, per quanto utile, era davvero limitante in un uomo il cui quoziente intellettivo era pari a quello di un bambino di cinque anni... Tuttavia, Loki cominciava sempre più a provare una certa invidia nei confronti di quell'energumeno biondo privo di ogni buon criterio e umiltà. Dietro Loki, una voce possente risuonò nell'aria primaverile: “Loki, fermati, ti prego!”. Era proprio quella di Thor, e ciò fu per l'aspirante mago un motivo in più per accelerare la corsa. Voleva stare da solo, non voleva più vedere nessuno. Provava come... un odio nei confronti di tutti,e quest'odio stava aprendo sempre di più una voragine nel suo petto. Odiava tutti. Era stanco di tutti. Ormai Loki aveva seminato Thor, ma non rallentò e con un ultimo sforzo arrivò alle scuderie, dove, stremato per la fatica e il dolore e la rabbia, si accasciò contro una colonna, scendendo con le ginocchia fino a toccare terra, nonostante queste gli bruciassero in un modo inverosimile. Giurò a sé stesso, in quell'istante, che avrebbe trovato un modo per farla pagare a tutti, e ai primi posti si trovavano quei presuntuosi insolenti che lo avevano picchiato per l'ennesima volta. Erano i soliti ragazzi di corte burloni ed immaturi, dediti ad alzare troppo le mani con le persone sbagliate. E Loki era una di queste, anche se quel giorno aveva potuto constatare di essere la loro vittima preferita. Era inaccettabile che lui, un principe, dovesse venir picchiato da coloro che, alla fine dei conti,erano pur sempre suoi sudditi. Si approfittavano del fatto che Loki non raccontasse mai delle loro molestie per paura che Odino lo rimproverasse. Ma Loki avrebbe trovato il modo di vendicarsi ben bene. Soprattutto di quella stupida ragazzina dai capelli biondi. Sif. Ella era una giovane che si divertiva a combattere e allenarsi come un maschiaccio, e non era mai andata a genio a Loki, e la cosa era reciproca, nonostante lei una volta, quando erano ancora dei bambini, lo avesse difeso contro i soliti ragazzi più grandi che lo prendevano in giro. Dopo quell'episodio, erano tornati ad odiarsi più di prima, e il perchè sarebbe rimasto un mistero per sempre. Oh, sì! Le avrebbe fatto un bel tiro mancino! Sarebbe stata la prima sulla lista di quelli di cui vendicarsi! E aveva già in mente qualcosa! Lei teneva molto ai suoi bei lunghi capelli.... E se un giorno svegliandosi non li avesse più ritrovati al loro posto, ma spariti, chissà dove? Le avrebbe tagliato quelle belle ciocche, e allora sì che avrebbe avuto un motivo per odiarlo! ******************************************************************************** Il piano era andato magnificamente! Era sgattaiolato nella sua camera da letto. Si era fermato a guardarla dormire, constatando che, nonostante fosse una ragazza di sgradevole carattere, fosse comunque di innegabile bellezza. Poi le aveva tagliato ogni singolo capello biondo, con un sadico sorriso stampato sul volto, mentre lei dormiva tranquilla,e a tratti chiacchierava pure. Aveva così scoperto che la giovane aveva una cotta per Thor, e la cosa gli sembrò esilarante. Le lasciò una testa da vero maschio, con corti capelli a spazzola. Gli avevano raccontato che quando si era svegliata quella mattina, avesse urlato come una pazza. E il bello era che i capelli le stessero piano piano ricrescendo neri, grazie a una formula speciale trovata da un brillante medico. Loki si era trattenuto dal ridere come un matto. E il bello era che non avrebbero mai scoperto che era stato lui a tagliarle i capelli. Li aveva riposti in una scatola, e seppelliti sotto un'asse del pavimento della capanna che ancora usava da rifugio qualche volta. E Sif non aveva prove per incolparle. Doveva ammettere di essere un genio matricolato!


La mente di Loki decise di tornare al presente. Carey lo guardava aspettando una risposta alla sua domanda. Gli aveva chiesto di suo padre: “Ecco, vedi Carey... Mio padre è uno di quelli che, per quanto una persona possa fare, se la considera indegna, tale rimane... È un tipo molto severo... Ecco...” disse infine. Non voleva parlare assolutamente di suo padre. “Oh, capisco.... Mi dispiace di avertelo chiesto, non volevo renderti di nuovo triste...”. Loki le prese il volto tra le mani, accarezzandole con i pollici le guance: “Ma che dici? Non mi hai reso triste, solo che non... non sono abituato a parlare della mia....della mia famiglia con gli altri...” . Carey gli sorrise, piegando i lati della bocca nel modo che tanto amava Loki. Lasciarla andare sarebbe stata la cosa più difficile e dolorosa al mondo.

POV STARK

Fury lo aveva lasciato con un preciso incarico: rintracciare Rogers, alias Capitan America. In sé per sé la cosa non sarebbe stata molto difficile, se a complicarla non fosse stato il fatto che Capitan Ghiacciolo si era dileguato a cavallo di una motocicletta, diretto chissà dove. Poi però ebbe un lampo di genio, mentre pensava seduto su una poltroncina del suo jet privato in compagnia di Pepper, che l'osservava mentre era perso nei meandri della sua geniale mente: la soluzione era scoprire i posti dove si sarebbe potuto dirigere quell'attempato in lucida calzamaglia iper aderente. Certo che fra lui e il rockettaro fanno a gara per detenere il premio di Costume dell'anno! Pensò con un sorrisino, mettendo a confronto Loki e Steve. Chissà cosa stava combinando quel pazzoide con gli occhi di vetro. O meglio, chissà dove si trovava. Di sicuro c'era sotto qualcosa perchè non avesse ancora sferrato un attacco alla Terra. Tony si fidava di quello che aveva detto Thor a Fury, ma non si fidava di certo di Loki: perchè mai tutto questo amore e rispetto ritrovati per i terrestri? Cosa lo aveva talmente cambiato? Fu Pepper a interrompere le sue elucubrazioni: “Tony, a cosa pensi?” “Oh, pensavo al vecchietto a stelle e strisce, e a dove si potrebbe essere cacciato...” “Beh, credo che sarebbe potuto andare dove vi sono i suoi più vividi ricordi: qualche campo di concentramento, un cimitero, la sua vecchia casa d'infanzia...”. In quel momento Tony ebbe davvero un'idea. Ma certo! Se ricordava bene ciò che suo padre Howard gli raccontò una volta riguardo il suo amico Steve Rogers, era che aveva perso un compagno in battaglia, al quale era sempre stato molto affezionato come a un fratello, un certo Bucky, e forse aveva avuto una relazione con una certa Peggy Carter. Avrebbe fatto delle ricerche su questa certa Peggy, per sapere se fosse ancora viva o no. In caso favorevole, Steve sarebbe potuto andarla a trovare da qualche parte. Si risvegliò dalle sue macchinazioni: “Jarvis!” “Sì, signore?” “Presto, ho bisogno che tu faccia una piccolissima ricerca sul conto di una certa Peggy Carter. Voglio sapere tutto su di lei. Fai in fretta!”. Dovette attendere qualche minuto, in cui Pepper lo guardò con sguardo fiero e un sorrisino stampato sul bel volto incorniciato dai fulvi capelli, poi la voce di Jarvis interruppe il contatto visivo tra i due piccioncini, riportandoli a questioni ben più serie: “Signore, Peggy Carter si dice sia stata la prima e ultima “compagna” di Capitan America, e dopo la sua scomparsa tra i ghiacci cadde in stato di shock e attualmente vive in una casa a Brooklyn, la città originaria di Steve Rogers, e le sue condizioni, per quanto prima potessero essere buone, non sono delle migliori: ora è in stato di demenza, e ha una nipote di nome Sharon.*”. Stark sorrise nel suo solito modo impertinente, e poi disse ironizzando come era solito frae: “Bene, bene, Ghiacciolino, non mi avevi mai detto nulla su Peggy Carter, ma ora so dove pescarti. Jarvis, mi serve solo l'indirizzo di questa Peggy e poi ci dirigeremo lì seduta stante, voglio fare quattro chiacchiere con l'attempato!”. Jarvis fornì l'indirizzo,e poco dopo invertirono la rotta verso Brooklyn. A quel punto Strak digitò il numero speciale dello S.H.I.E.L.D, e gli rispose la solita voce seria del pifferaio Fury.

POV NICK FURY

In quel momento il telefono del suo studio suonò e Nick non perse tempo e corse a rispondere: la voce nella cornetta arrogante e allegra allo stesso tempo di Stark lo rassicurò stranamente, anche se il più delle volte lo innervosiva. Forse aveva trovato notizie su Rogers o lo aveva trovato e lo stava per ricondurre alla loro base. “Allora, Stark! Hai trovato Rogers?” “A dir la verità no, ma ho scoperto qualcosa che potrebbe farci avvicinare a lui: una certa Peggy Carter. Sicuramente lui sarà andato a trovarla, e noi siamo diretti a Brooklyn. Il pesce più grosso è preso, ora mancano gli altri 3 e poi siamo al completo. E il principino vanaglorioso con manie di grandezza che intenzioni ha? Si unisce con noi alla festa o preferisce guardarla via cavo da una delle televisioni delle vostre prigioni di massima sicurezza?” chiese infine Stark, con una punta di astio: ancora non gli era del tutto passata la storia della sua torre nuova di zecca ridotta quasi a macerie dal signorino in gonnella verde. Insomma, gli aveva distrutto il lavoro di tanto tempo di costruzione in un solo giorno! Fury parlò, con un tono meno teso: “Riguardo a Peggy Carter, per fare una parentesi, conosco sua nipote Sharon, lavora per noi, e ora si trova in missione. Riguardo a Loki invece non so dirti nulla, Stark. Thor è andato a cercarlo, ma ancora non ho ricevuto notizie da lui. Spero solo che per una volta Loki faccia la scelta giusta e ci dia una mano: si tratta di un nemico comune e che lui conosce bene! Il suo contributo potrebbe risultare indispensabile. E se non funziona con le maniere buone, useremo le cattive: faremo in modo di costringerlo, facendo leva su qualcosa alla quale tiene ancora. Dovrà pur esserci, no? E poi, Thor, se non ricordo male, credo mi abbia parlato di una certa ragazza umana con un bambino. Lei tutt'ora ospiterebbe Loki e se lui fino ad ora non le ha fatto del male un perchè logico deve esserci. Si tratterebbe di un opportunismo troppo banale, e non sarebbe nel suo stile. C'è sotto qualcosa, ne sono certo! E scoprirò di cosa si tratta. Devo andare, sembra sia arrivata una nuova informazione. Vi aspettiamo alla base, Stark. Fate presto!” e riattaccò. Tony rimase per un po' a fissare un punto imprecisato di fronte a sé. Quelle sì che erano notizie abbastanza straordinarie: Loki che si insedia a casa di una donna?! Ma che diavolo era successo a quel pazzoide per fare una cosa non proprio così da lui? Stark era sicuro che avrebbe ottenuto risposta solo da Thor, e in quel momento era più curioso che mai di sapere i dettagli di quella faccenda che cominciava davvero ad avvicinarsi alla completa assurdità.

POV STEVE ROGERS

Era passato poco tempo da quando era arrivato in casa di Peggy e non riusciva a credere a quanto tempo fosse passato da quando aveva visto per l'ultima volta Peggy, sentito la sua voce. Aveva scoperto che era ancora viva, anche se molto vecchia ormai. Aveva trovato il suo indirizzo andando a ficcanasare tra i fascicoli dello S.H.I.E.L.D, e di ciò neppure Fury era a conoscenza. Aveva trovato l'indirizzo attuale di Peggy e, dopo aver girato a lungo sulla sua motocicletta, percorrendo molte strade dell'America, si era deciso di farle visita, anche se aveva letto sulla cartella che lei era caduta in stato di shock in seguito alla notizia della sua morte. E sebbene vi era l'informazione che in quel momento ella era in stato di demenza, i documenti si sbagliavano di grosso: Peggy era lucidissima come sempre. Lo aveva riconosciuto, anche se era ìno passati anni e anni, e ormai lei era quasi centenaria. Tuttavia, non gli era sembrata assolutamente una persona affetta da demenza o chissà cos'altro. “Ti ho aspettato, per 70 anni... Non ho fatto altro che aspettarti, in attesa di quel ballo... Ma ormai sono troppo vecchia per ballare!”. Avevano poi parlato dei Vendicatori, di Loki e il suo pazzo piano di conquista. Lei aveva ascoltato ogni sua parola, rapita dalle vicende. Nei suoi occhi splendeva ancora la fiamma che vi intravedeva quando era giovane. E, nonostante il bel volto fosse stato modellato e cambiato dalle profonde rughe, nonostante i capelli fossero bianchi come la neve invece che castano scuro, l'amava ancora. E avrebbe continuato a farlo per sempre. Avevano continuato a parlare per ore, giorni, mentre lei lavorava a maglia. Lei gli aveva raccontato di sua nipote Sharon, delle sue missioni per lo S.H.I.E.L.D, e di come raramente la venisse a trovare, essendo sempre in viaggio. Ma Steve era sicuro che Sharon fosse tanto forte e tenace quanto lo era stata da giovane Peggy.

POV TONY STARK

Ormai era arrivato di fronte alla casa di Peggy Carter, a bordo di una macchina presa a noleggio, una Porsche, tanto per cambiare. Tony scese dall'auto, dopo averla parcheggiata vicino al marciapiedi, e si diresse verso la porta della casa. Suonò il campanello, e attese.

POV STEVE ROGERS

Steve posò le due tazze da tè sul tavolino del soggiorno,e, mentre stava per chiedere a Peggy come mai sul suo rapporto fosse scritto della sua demenza, il campanello suonò,e Steve disse gentile come sempre a Peggy: “Vado io, Peggy, non preoccuparti! Torno subito!” concluse sorridendo. Con pochissime falcate raggiunse il corridoio principale e la porta di ingresso, aprì e si trovò davanti la persona che sperava non avrebbe più dovuto vedere per un bel pezzo: in un completo impeccabile e alla moda come sempre, armato di sorrisone, occhiali scuri da sole e parole arroganti come sempre, stava in piedi Tony Stark, o Iron Man, che dir si voglia. Steve dovette fare un respiro profondo, prima di dire, mantenendo la sua solita calma composta: “Stark, che ci fai qui? Come...” “Come ho fatto a trovarti, Capitano Luccicante?” lo interruppe lui, iniziando già a dargli sui nervi. Era insopportabile come sempre. Steve rispose secco: “Si”. Tony sospirò, e si tolse gli occhiali da sole, negli occhi una espressione leggermente preoccupata. Steve conosceva quello sguardo, e non prometteva nulla di buono o che si potesse definire o paragonare a una visita di piacere. “Guai in vista? È successo qualcosa?” chiese. “Ehm, è una storia un po' lunga, ma te la riassumerò: Fury mi manda con una notizia non proprio piacevole: sembra che ci sia una nuova minaccia, molto più temibile del rockettaro molto arrendevole,e stavolta, apparentemente, lui non c'entrerebbe nulla. Oh, è stato esiliato dagli Asgardiani indovina un po'? Proprio qui, sulla terra! E si trova in casa di una donna!”. A quelle informazioni, Steve quasi spalancò la bocca come un pesce. Non era possibile che Loki si trovasse di nuovo sulla Terra, doveva trattarsi sicuramente di uno degli scherzi di pessimo gusto che Stark era solito tirargli. Ma allora perchè quest'ultimo era così maledettamente serio? Probabilmente era tutto vero. Ma Steve non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che Loki gironzolasse sulla Terra a piede libero. Dopo tutto quello che aveva combinato mesi prima? E per quale motivo non c'entrava nulla con la nuova minaccia? Guarda caso questo pericolo era venuto fuori proprio con il suo arrivo sulla Terra, e secondo Rogers non era una coincidenza. Secondo lui, che ormai era divenuto un malpensante a tutto tondo nei confronti di quelli come Loki, il pazzoide con le idee di egocentrismo c'entrava eccome in tutta quella faccenda! Thor doveva proprio essersi fuso il cervello a forza di sparare fulmini e saette a destra e a manca! Come gli era venuto in mente di esiliare un tipo pericoloso e completamente fuori di testa come Loki? Però doveva esserci una valida spiegazione per cui Loki era stato esiliato sulla terra, rifletté poi tentando di mettere in ordine i propri pensieri, che in quel momento volteggiavano nella sua testa come un uragano. “Perchè Loki è stato mandato qui da noi? E perchè stranamente lui non c'entra nulla con questa fantomatica nuova minaccia? Se hai risposte, ti prego di rendermene partecipe!” disse a Stark, il quale lo fissava negli occhi con espressione mesta, cosa rara per uno come lui. Poi gli rispose: “Ascolta, nemmeno io so perchè Loki si trova qui, né che cosa sia questa minaccia! Fury non mi ha detto quasi nulla sulla faccenda. So solo che dobbiamo arrivare alla base dello S.H.I.E.L.D il prima possibile, dove probabilmente si trovano già gli altri, a parte Banner e Thor. E, per una strana ragione, sento che Loki questa volta davvero non c'entra nulla. E forse potremmo convincerlo a stare dalla nostra parte. Non dimenticare che è un dio!”. Rogers guardò Stark come se stesse vaneggiando, poi balbettò: “C- Cosa?! Vorresti chiedere aiuto a quel pazzo che non desiderava altro se non ucciderci e schiavizzarci tutti?! E poi sarà pure un dio, ma l'ultima volta mi pare di ricordare che è stato strapazzato ben bene da Hulk, e non credo quindi che abbia tutta quella forza, anche se quando abbiamo combattuto a Stoccarda picchiava molto forte!”. Stark lo interruppe: “So che è pazzesca la mia idea, ma non abbiamo molta scelta, e ci serve tutto l'aiuto possibile! E Loki o no, ce l'abbiamo fatta una volta, ce la faremo di nuovo! Ora andiamo, ho già un jet che ci porterà allo S.H.I.E.L.D!”. Steve si ricordò che Peggy si trovava ancora nel soggiorno,e si diresse nella stanza per salutarla: “Peggy, devo andare! Hanno bisogno di me gli altri Vendicatori, non posso spiegarti tutto! Ti chiamerò non appena sarò arrivato!” e le stampò un bacio casto su una guancia coperta di rughe e segni del tempo. Peggy gli rispose: “Va', Steve, non preoccuparti, non soffrirò di solitudine!” concluse con un sorriso. Steve a quel punto partì con Stark, mentre questo continuava a raccontargli della sua conversazione con Fury.



*Informazioni prese da altre fonti e un po' modificate per la mia storia, anche perchè la storia di Cap è molto più complicata sui fumetti rispetto che sui films, compreso quello del 2011. non linciatemi please! XDD

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Capitolo 16
*** 14. "Rivalità passate e decisioni difficili, e una scelta." ***


Salve! Premetto che questo capitolo mi ha fatto dannare come nessun altro prima d'ora a causa di questo caldo che ha decimato i pochi neuroni che erano rimasti nel mio cervello già poco funzionante e limitato di suo... XDD Spero di aver sfornato qualcosa di decente e non aver fatto un bell'arrosto carbonizzato! XDD Un bacione, e godetevi questa schifezza! ;D
 Snow

POV STEVE ROGERS

Il viaggio fu davvero una cosa insopportabile, o proprio al limite del termine. Appena erano saliti su quel jet iper attrezzato e con ogni comodità, che Steve reputava superflue e pacchiane, lui e Tony avevano iniziato di nuovo a discutere e a prendersi in giro, sembrando due bambini di quattro anni come al solito. “Allora Capitan Fusto Surgelato, ora andiamo con quelle molto più grandi? Non mi dirai che stai pensando di diventare un toy boy di professione!” lo canzonò “l'uomo di metallo”, mentre Steve stava pensando al passato, navigando tra i ricordi della sua mente. Appena ebbe sentito queste parole, sentì come una specie di rabbia crescergli dentro, e cercò di tenerla a bada, tentando di rispondere al provocatore: “Senti, Stark, ciò che faccio io non ti compete, va bene? Ero solo andato a fare visita a una vecchia.. “ deglutì, dovendo toccare un tasto dolente,e poi conluse: “..amica. Sai, lei è quella con la quale avevo un appuntamento, al quale sono mancato. E così ho deciso di riparare non appena ho saputo che lei era ancora viva. Fine della storia.”. Stark non si era scoraggiato affatto a quanto pareva, anzi dava l'aria d'essere più che mai curioso di sapere di più sulle vicende amorose del compagno di battaglia, ma decise di lasciar perdere, rendendosi conto che Steve non era proprio dell'umore giusto per litigare con lui e rispondere ai suoi continui punzecchiamenti. Bene, è proprio il caso che Stark lasci perdere, se non vuole ritrovarsi scaraventato fuori da questo suo marchingegno, o peggio spiaccicato su una delle pareti! Pensò acidamente Steve. Stettero senza parlare per qualche minuto, in cui il Capitano era più felice di trovarsi, poi la situazione fu di nuovo stimolata da Stark, che ruppe la quiete, per l'ennesima volta: “Sai, Rogers, devo confessarti che sono un po' agitato per questa storia di Loki e della nuova minaccia! E poi mi innervosisce non poco il fatto che quel mattacchione di Loki si trovi proprio su questo pianeta, chissà dove! Vorrei proprio sapere chi è quella povera matta che ha il coraggio di ospitarlo in casa propria!” “Probabilmente lui l'ha abbindolata con i suoi bei giri di parole, e sai quanto lui sappia usarle bene per i propri scopi! Spero solo che tutto questo si chiarisca presto, non ne posso più di stare all'oscuro di tutto, ci stavo già per conto mio e ora ci mancava Fury con i suoi soliti rebus!” rispose il biondo, con una punta di fastidio nella voce. Quella storia li stava mandando tutti fuori di testa, poco ma sicuro. Verso la sera arrivarono alla base dello S.H.I.E.L.D, dove ad attenderli fuori dal jet trovarono Fury. Il momento della verità stava per arrivare, e presto anche gli altri sarebbero arrivati.

POV NICK FURY

Ormai era passato un giorno da quando lui è Stark si erano sentiti per telefono,e Nick cominciava davvero a sentire una leggera pressione per tutta quella faccenda. Ricapitolando tutto, la situazione era davvero un disastro totale: Loki di nuovo sulla terra, e per giunta non si sapeva nemmeno dove si trovava di preciso, senza contare che era un completo pazzoide e avrebbe potuto comunque fare qualcosa di sconsiderato anche da umano. Già, gli erano stati tolti i poteri, ma rimaneva pericoloso, e Fury non si fidava affatto di lui, anche se Thor aveva detto che era stato ospitato da una donna, infatti forse si sarebbe servito di lei fino a che gli sarebbe stata utile e poi l'avrebbe magari uccisa o peggio. E in ogni caso ho avvertito Thor che se Loki avesse solo fatto un passo falso lo avremmo sistemato secondo la legge terrestre. Spero solo che abbia già trovato quello squilibrato e stia tornando con lui. E Loki non era l'unico problema impellente, c'era pure il fatto che la Terra sarebbe potuta essere attaccata da un qualcosa di molto pericoloso e molto forte: i Chitauri, insieme al loro fantomatico capo, il quale era, come almeno tutti speravano, l'ex alleato di Loki. E, ciliegina sulla torta, coloro che avrebbero dovuto proteggere la terra in quel momento si trovavano chissà dove, in un punto imprecisato del globo. E lui non era ancora riuscito a contattare due tra i suoi migliori agenti, oltre ad essere parte del gruppo dei “Vendicatori”: Clint Barton e Natasha Romanoff . Per non parlare di Banner, il quale sicuramente era tornato in India o chissà dove, alla ricerca di una tranquillità utopica. Si, praticamente erano tutti a un punto morto. “Basta poltrire, bisogna passare all'azione!” sibilò Nick, e alzatosi dalla poltrona del suo ufficio, si diresse verso la sala di controllo principale, dove era sicuro di trovare Maria Hill. “Agente Hill, voglio che si metta in contatto immediatamente, assolutamente e con ogni mezzo con gli agenti Romanoff e Barton!” “Si, signore!” rispose quella, obbediente e fedele al suo capo come sempre. In quel mentre, gli arrivò una comunicazione: Stark e Rogers erano finalmente arrivati. Si diresse verso l'ingresso, dove trovò i due che stavano scendendo da un piccolo jet. Per un momento provò un po' di sollievo, come una boccata di aria fresca dopo esser stato in apnea per tanto tempo. “Signor Fury” lo salutò con un tono leggermente secco Steve, il quale a malapena nascondeva la propria tensione, invece Tony fu come sempre molto brioso e ironico: “Ci si rivede Fury, eh? Non sembri invecchiato di un giorno! Cosa usi per mantenerti in una forma così smagliante? Crema per le rughe? Qualche siero speciale? Massaggi shatzu?”. Nick lo guardò di sbieco: “Rogers, ben arrivato, e scusa per il disturbo, quanto a te Stark, per un minuto soltanto, cerca di essere serio! Non trovo nulla su cui scherzare ora come ora! Bene, ora che siete qui, vi pregherei di seguirmi nella sala delle riunioni, tra poco forse arriveranno anche Romanoff e Barton.”. Detto ciò, pochi minuti dopo, si trovarono seduti sulle poltroncine della sala sopracitata. Il silenzio regnò per quasi un'ora, poi finalmente Fury ruppe il ghiaccio: “Sapete a malapena perchè siete stati richiamati, e credo che sarebbe opportuno dissolvere ogni dubbio o almeno provarci.... “ e allora Stark l'interruppe: “Bene, allora vorrei sapere, anzi non solo io, ogni cosa sul vero motivo per cui ci troviamo qui, esattamente come tre mesi e mezzo fa!”. E proprio nel momento in cui Fury sembrava stesse per rispondere, Maria Hill fece irruzione nella sala, attirando l'attenzione dei tre: “Signore, siamo appena riusciti a contattare gli agenti Romanoff e Barton. Si trovavano tutti e due in Egitto, dove erano andati per cercare un po' di relax evidentemente... Quanto a Thor e Loki, ancora nulla...” e detto questo, l'agente Hill tacque, aspettando il prossimo ordine o direttiva del proprio capo. Fury, tirando un lungo sospiro, lanciò una breve ma intensa occhiata ai due Vendicatori che sedevano vicini a lui, poi disse rivolgendosi alla Hill: “ Molto bene...Speriamo che Thor si sbrighi, credo che non abbiamo più molto tempo per prepararci.... Quanto agli altri due, entro quanto potranno rientrare?” “L'agente Romanoff, con la quale ho parlato, mi ha detto che sarebbero tornati massimo tra un giorno o due...” . Fury strabuzzò gli occhi. Due giorni era un tempo troppo lungo, e la situazione non era per nulla tranquilla. Cercò di mantenere la sua solita rigidità e compostezza, e disse: “Bene... Fammi sapere quando arrivano...” e detto questo l'agente Hill uscì dalla sala, che rimase completamente silenziosa. “Signor Fury, doveva parlarci del perchè siamo qui... Anche se ancora non siamo tutti, la prego di illuminarci un po' su questa storia...” disse poi alla fine Steve. Fury annuì, ancora mezzo assorto nei propri pensieri. “Come vi stavo per dire prima, la storia è da ricollegare a ben prima dell'esilio di Loki... Sapete tutti che non ha combinato tutto quel casino da solo, no? Sapete che c'era qualcun altro oltre a lui dietro all'invasione aliena di New York... Io e Thor crediamo che si tratti di un essere molto potente, il quale comanda i Chitauri e quasi sicuramente aveva stretto un patto con Loki. Ora, dato che quest'ultimo ha fallito il suo piano di conquista, quest'essere sicuramente tenterà di reclamare il suo alfiere perdente, e a quest'ora lo starà sicuramente cercando in ogni dove,e presto raggiungerà probabilmente la terra. Il nostro compito è assicurarci che né lui né i suoi mostriciattoli torcano un solo capello a un essere umano, a costo di morire nell'intento. L'impresa è disperata più dell'altra volta, ma io, noi tutti anzi, credevamo nel Progetto Avengers e ancora ci crediamo. Io ho fiducia in voi e voglio che sistemiate i Chitauri a dovere per l'ennesima e ultima volta, rimandarli a calci nel didietro da dove vengono e a seguire anche Loki, se sarà necessario!” e Stark loo interruppe di nuovo: “Ok, va bene! Ma Loki cosa diamine c'entra di nuovo? Lì ad Asgard si bevono il cervello a colazione invece della solita spremuta? Hanno dimenticato forse che lui era quello che voleva assoggettare l'intera umanità?!” “E infatti è proprio di questo che volevo parlarvi! Non so molto di questa storia, Mister Fulmine me l'ha appena accennata, ma posso dire che Loki è stato mandato sulla Terra perchè potesse redimersi dagli errori commessi, e gli Asgardiani di certo si sono presi la responsabilità di una decisione del genere. Ma Thor ha anche detto che Loki è privo dei suoi poteri, è al pari di un essere umano qualsiasi, ma le sue facoltà mentali sono rimaste ovviamente, ed è per questo che non mi fido. E in tutto ciò è rimasta coinvolta a quanto pare una donna. Quello che possiamo fare è solo aspettare che Thor torni con Loki, il quale dovrà badare a come si comporta e a schierarsi dalla parte giusta, se non vuole tornarsene a casa con la mordacchia e due “bei” occhi neri, o magari una nuova bella strapazzata da parte di Banner, di cui non sappiamo ancora nulla. Confido nel fatto che Loki possa ragionare come si deve per una volta, e non sono l'unico a farlo. Bene, per oggi basta con le informazioni. Potete ritirarvi nelle vostre stanze.”. Detto ciò, Fury seguì con l'occhio sano i due eroi che, alzatisi all'unisono, si recarono in silenzio nelle proprie camere, incapaci di parlare e con in testa mille pensieri.

POV TONY STARK

L'uomo di ferro non ce la faceva più ad aspettare che la principessina elettrica bionda e il suo fratellino schizzato metallaro si facessero vivi, e anche i due agenti non si erano fatti ancora vivi, insieme al Dr. Verdastro, era inconcepibile un' attesa del genere. Insomma, vada per i due che erano in Egitto, e anche il caro Banner al quale piaceva giocare a nascondino, ma per quanto riguardava gli altri, anche se Loki avesse fatto storie, ci sarebbe voluto tanto prenderlo per un orecchio e trascinarlo a forza allo S.H.I.E.L.D ?! Dopotutto, se Tony non ricordava male Hulk lo aveva malmenato ben bene in quel palazzo, e per Thor non sarebbe stato così difficile, dato che anch'egli possedeva una forza considerevole! Credo proprio che dovrò agire per conto mio! Basta con l'aspettare qui, sono già passati altri due giorni, cribbio! Si alzò dal letto dove stava sdraiato a poltrire, immaginandosi di stare ancora su quella spiaggia, su una comoda sdraio, intento a sorseggiare un drink ghiacciato in compagnia di Pepper, che era tornata di malavoglia al suo lavoro, dovendo qualcuno mandare avanti l'azienda. Se Fury crede di avermi scomodato in questa maniera, di avermi sottratto a dellle vacanze meritate, e poi di tenermi segregato qui in attesa di quei due dèi capricciosi come due bambini di due anni si sbaglia di grosso! Ha preso un grosso granchio! E, uscito dalla stanza, si diresse verso il corridoio della base per uscire da lì ed andare a cercare di sua spontanea volontà Thor e il suo amichetto pazzoide. Sentì la voce di Steve gridargli quasi dietro: “Stark, dove credi di andare?” “Mi pare ovvio, a cercare i due reali in gonnella!” “Ma tra poco arriveranno Natasha e Clint, dobbiamo esserci!” replicò il biondo, come sempre il secchione iper responsabile e con un'insopportabile e fin troppo eccessivo senso di giustizia. Stark non lo stette a sentire,e, raggiunta la porta del corridoio principale, riuscì ad aprirla, avendo fornito lui il modello che era stato cambiato quando la base era stata rimessa a posto e ricostruita. Sapeva la combinazione,e uscire fu un gioco da bambini. Aveva chiamato un po' di ore prima Pepper, dicendole di mandargli una delle macchine che avevano nel gigantesco nuovo garage, insieme alle chiavi. Aprì lo sportello del guidatore, e partì. La destinazione già la sapeva. Era riuscito a farsi dire da Fury, tramite delle banali domande trabocchetto, dove il principino cornuto si trovasse esattamente. Era una cittadina vicino a New York. Non ci sarebbe voluto molto. Stark guidò per tutto il tragitto, accompagnato dalle “fusa” della macchina,e dalla voce di Jarvis, alla quale stava rivelando ciò che aveva intenzione di fare.

POV LOKI

Ormai era trascorso quasi più di un mese da quando Loki era arrivato sulla Terra, e ormai era inutile negare l'evidenza Loki era diventato un altro. Lui e Carey si stavano avvicinando sempre di più, mentre la verità taciuta diveniva un fardello sempre più pesante per Loki da portare sulle spalle. Lui ormai sapeva bene cosa provava per Carey e Jonathan: amava lei e voleva bene al bambino. Un giorno, mentre lui stava raccontando una favola che ricordava aver sentito quando era ancora un bambino e un cittadino Asgardiano a Jonathan, vide Carey che li guardava sulla soglia del salotto, mentre Loki teneva sulle ginocchia il piccoletto con delicatezza. Lei gli sorrise e disse, sedendosi accanto a lui sul divano: “ Senti, Loki, stavo pensando... dato che è una così bella giornata, ti andrebbe di venire a fare una passeggiata con me e Jonathan al parco qui vicino?”. Loki guardò per un attimo Carey negli occhi, insicuro sulla risposta da darle. Poi decise che non ci sarebbe stato nulla di male nel fare una passeggiata,e a lui non avrebbe fatto altro che bene. “Si, certo, perchè no!” “Bene, allora io e Jony ci andiamo a preparare. Non credi che dovresti metterti una giacca anche tu?” gli chiese infine lei. Lui si squadrò e poi le disse sorridendo: “Penso proprio che dovrei!” e così corsero entrambi verso le diverse stanze. Alla fine Loki indossò un semplice giubbotto di pelle nera. Quando si furono preparati, uscirono di casa, dirigendosi a piedi verso il parco che si trovava a pochi metri di distanza. Jonathan era entusiasta,e sorrideva contento tra le braccia della madre, mentre questa e Carey stavano parlando, alternando le parole a qualche bacio di sfuggita. “Allora , volevo farti questa domanda da tanto.... Hai... Hai mai avuto una ragazza prima di me?”. Loki si sentì preso in pieno petto, e non seppe come rispondere, sentendosi in imbarazzo non tanto per la domanda, ma quanto per il fatto che provava vergogna di dirle di non aver mai avuto una donna prima. Bene, proprio una bella figura,eh? Pensò acidamente. “Ehm...A dir la verità no, non ho mai avuto una... ragazza...” disse infine, quasi arrossendo. “Allora io sarei in pratica la tua prima fiamma, giusto?” “Beh... si, proprio così..” “Però devo dire che hai una esperienza sul come parlare al cuore di una donna che non tutti posseggono...” disse poi lei, alludendo a quando quella sera si erano scambiati il primo bacio, tra una parola dolce e l'altra, il momento migliore che Loki avesse mai vissuto. Loki non rispose a quella affermazione e la tirò un po' a sé. La fissò intensamente in quegli occhi ambrati, dolci e innocenti. Dopo aver esitato qualche attimo, sussurrò: “Carey... io... ti amo...”. Lei sorrise amabilmente: “Lo so, e anch'io ti amo tanto... Sai, non mi sono mai sentita come mi sento ora nemmeno con Andrew... ed è una sensazione bellissima... anche se un po' mi fa paura...”. Loki si rabbuiò: “Perchè hai paura?”. Lei esitò un po', poi disse con un filo di voce tremante, il sorriso cancellato dal volto: “Ecco.... Io ho paura che tu possa andartene da un giorno all'altro come lui... Ho paura di perderti e rimanere di nuovo sola... Sai, da quando ho capito di amarti ho sentito che tu saresti stato il... padre perfetto per Jonathan.... Ho visto come ti comporti con lui,e non ho mai visto bambino più felice!”. Loki, che di certo non era tipo da lasciarsi troppo andare dal sentimentalismo, in quel momento sentì le lacrime prepotentemente salirgli agli occhi , incontrollabili mentre scorrevano sulle sue guance, come lava bollente. E la convinzione di essere un essere davvero spregevole e impenitente si fece più forte che mai. Devo dirle la verità, non posso più mentirle, non posso giocare con lei e i suoi sentimenti così puri! Ma sarà la cosa èiù giusta e dolorosa che io abbia mai fatto in tutta la mia misera vita.... Coraggio Loki, per una volta di' le cose come stanno! E mentre i pensieri gli frullavano nella testa come api in un alveare, la zittì posandole delicatamente una mano sulla bocca: “Carey” sussurrò “c'è.... C'è qualcosa che devo dirti.. Qualcosa che avrei dovuto rivelarti fin dall'inizio e che invece ho tentato, non so nemmeno io il motivo, ad ogni costo....”. Carey lo guardò, sorpresa, confusa : “Loki, perchè hai quel tono così grave? Cosa mi avresti mai nascosto di così grave?” gli disse, iniziando a spaventarsi anche, guardando la malcelata espressione di dolore sul bel viso di Loki. È come temevo! Si sta spaventando! Non sarà per niente piacevole dirle una cosa del genere! Pensò, volendo cancellare le sue ultime parole, desiderando trovarsi ancora sul letto di Carey, mentre le accarezzava i capelli e la baciava dolcemente. Quale ricordo dolce per un momento così triste... “Vedi.... Carey.... Io...” ma mentre stava per rivelarle il suo segreto, sentì una voce che, dietro di lui, chiamava il suo nome, una voce che tutto avrebbe potuto desiderare meno che sentirla in un momento simile! “Loki?” ripeté la voce. Era Thor indubbiamente. E ora cosa vuole quel guastafeste a tempo pieno?! Ci mancava proprio lui, proprio quando stavo per dire a Carey una cosa così importante! Accidenti!

POV THOR

Era arrivato in quella piccola cittadina vicino a New York da poco più di un'ora e purtroppo non riusciva proprio a ricordarsi dove fosse la casa di quella donna... Come aveva detto di chiamarsi? Carey. Era davvero una cosa imbarazzante che Thor, il dio del tuono, non si ricordasse di una cosa talmente banale come l'indirizzo o almeno la casa dove si trovava Loki. Loki, farai meglio a non fare storie, dopo tutto il tempo che ci sto mettendo a cercarti! Gironzolò per la città ancora una volta, e intravide con la coda nell'occhio, nel piccolo parco, due figure: una donna molto graziosa, con capelli mossi e lunghi e con in braccio un bambino e un uomo dai lunghi capelli all'indietro neri. Era senza dubbio Loki, e Thor non perse tempo e si diresse immediatamente verso la coppia, la quale si trovava in quel momento seduta su una panchina. Thor provò a chiamare suo fratello, incrociando le dita perchè quella volta lo ascoltasse. “Loki!” ripeté. Vide le sue spalle irrigidirsi leggermente, cosa che non prometteva nulla di bene. Thor si avvicinò comunque di più.

POV LOKI

Loki si voltò a malincuore, sperando di aver sentito male. Ma il volto che scorse a pochi metri dalla panchina dove si erano seduti lui e Carey spense quella speranza come una folata di vento gelido avrebbe fatto con una fragile fiamma. Occhi azzurri, lunghi capelli biondi, barba incolta. Era Thor. Cosa voleva di nuovo? Non era stato chiaro l'ultima volta sul fatto di non voler più sapere niente di niente riguardo Asgard e tutto il resto? Cosa era sfuggito a Thor del suo discorso? Eppure, anche il suo cervello elementare avrebbe dovuto comprendere ogni cosa che Loki aveva detto quella piovosa sera. Il ricordo, riaffiorato prepotentemente, ebbe un effetto inaspettato su di lui: provava dolore, rabbia e una punta di rimorso. A Loki non andava di litigare di nuovo con Thor, non poi davanti a Carey e suo figlio. “Loki, fratello, ti prego! Dobbiamo parlare assolutamente di una questione urgente! E stavolta non puoi tirarti indietro!” disse con voce incrinata Thor, il quale secondo Loki stava ricordando come lui la loro ultima discussione. Loki aveva ferito molto Thor, ne era consapevole, ma da quando si era lasciato ogni cosa, o quasi, alle spalle, si era sentito ogni giorno meglio, ogni giorno sentiva che qualcosa di nuovo, di.... bello stava nascendo dentro di lui, e non aveva alcuna intenzione di tornare fra le tenebre di Asgard, a vivere nell'ombra di Thor e della sua quanto immeritata grandezza. Sarebbe dovuto essere Loki quello al posto di Thor, con lo scettro in mano e l'amore e il rispetto che lui sempre aveva cercato di migliaia e migliaia di sudditi. Se solo Odino gli avesse concesso una possibilità, sarebbe stato il re che lui sempre aveva cercato. Ma ormai Loki non ci pensava più, voleva dire basta al passato e lasciarselo alle spalle. Ma il destino evidentemente sapeva il fatto proprio e non stava scegliendo così per Loki. Voleva catapultarlo di nuovo nella sofferenza della prigionia, o peggio a stretto contatto con Thor il principino viziato. Ma Loki dal canto suo non ci pensava nemmeno ad arrendersi così! Era già abbastanza messo male con Carey a causa di quello che le aveva nascosto, e poi risaltava fuori Thor con i suoi discorsi smielati e con i piagnistei. Se quella giornata gli si era prospettata pesante, l'aveva sottovalutata di molto: quella sarebbe presto stata una giornata da dimenticare, ne era certo. Loki deglutì a fatica, un rivolo di sudore gli scese dalla tempia lungo il collo, facendolo rabbrividire quasi. Carey stava guardando lui e Thor interrogativamente, confusa più che mai. Jonathan era ancora tranquillo, ma per quanto sarebbe durata? Loki e Thor avrebbero litigato, era più che evidente. Nell'aria una scia di scarica elettrica li avvolse. Loki decise di parlare a Thor: “Mi pareva di averti detto” iniziò, scuro in volto “di non cercarmi più! O mi sbaglio, forse? Ti ricordo che mi sono tagliato fuori da ogni cosa che riguardasse me, te e i tuoi amichetti! Cosa ti è stato così difficile da capire, dimmi Th-Donald!” e si corresse appena in tempo, dato che stava per rivelare il nome di quel combinaguai. Non era il momento adatto per la sua confessione a Carey, doveva prima sistemare le cose con Thor una volta per tutte. Ma non potevano parlare di fronte a Carey e suo figlio, sarebbe stata solo una ennesima fonte di confusione. Doveva trovare una scusa. Si voltò verso Carey e le disse, nel modo più calmo, dolce e suadente che poté: “Carey, io devo sistemare una cosa con Donald... “ e lanciò una occhiata di sbieco a Thor, che attendeva dietro di loro “E per farlo dobbiamo parlare da soli, ti dispiace aspettarmi a casa insieme a Jonathan? Ti spiegherò più tardi...” . Notò che Carey si stava sforzando di sorridere: “Non preoccuparti Loki, farò come dici tu, mi fido di te...” e lo baciò delicatamente su una guancia. Altra fitta al cuore. E alzatasi si diresse verso la strada di casa, con in braccio il figlioletto. A quel punto, Loki e Thor erano davvero soli. “Ebbene, altezza, a cosa devo questa spiacevole visita?” domandò Loki con sarcasmo tagliente. “Loki, abbiamo un problema, un grosso e impellente problema. Asgard è stata attaccata dai Chitauri, l'hanno rasa al suolo e quasi sicuramente il potere del Tesseract è di nuovo nelle loro mani.” disse Thor con fare gravoso. Loki era rimasto alquanto turbato da quella notizia, non che non si aspettasse che i Chitauri non avrebbero mollato l'osso, ma sentire che quei suoi sospetti erano divenuti realtà lo lasciava non poco preoccupato: “E allora cosa dovrei fare io, secondo te? Te l'ho già detto, io non voglio più avere niente a che fare con Asgard, e poco mi importa se è stata rasa al suolo da quei mostri, è la stessa cosa che avrei fatto io al posto loro!” e dicendo ciò mentì spudoratamente. Aveva ormai abbandonato i desideri di vendetta nei confronti di Thor e i suoi sudditi, ma di certo non lo avrebbe dato a vedere all'energumeno in persona, non voleva che Thor avesse la soddisfazione di esser riuscito a cambiarlo mandandolo sulla Terra. L'unica cosa davvero positiva per Loki era stata trovare Carey. “Loki, qui non si tratta solo di Asgard, ma anche di Midgard e tutti gli altri mondi! Se non ci aiuterai a fermare quei mostri, distruggeranno ogni cosa, non te ne rendi conto?”. Loki, con un sorrisetto stampato in faccia, rispose in tono arrogante e provocatorio: “E tu allora saresti venuto da me, colui che voleva sottomettere Midgard, che ha fatto strage di uomini, per chiedermi di aiutare te e i tuoi amichetti in calzamaglia a fermare i miei ex alleati?” “Si!” rispose convinto Thor “E qualcosa mi dice che lo farai!” “Oh, e cosa te lo farebbe pensare,se la mia domanda è lecita e non indiscreta?” “Il fatto che tu sei molto legata a quell'umana e suo figlio, e non dire il contrario. È così! Se tu tieni veramente a lei, allora vuol dire che faresti tutto pur di tenerla al sicuro, e sai anche che questo comporterebbe salvare Midgard! Puoi mentirmi su tutto ciò che vuoi, ma non negare l'evidenza!” . Loki rimase un po' colpito. Non pensava che Thor potesse fare pensieri tanto complessi e articolati,e tanto meno leggere negli occhi di Loki la verità. Attese qualche secondo prima di rispondere, doveva pesare ogni singola parola: “I miei complimenti, non pensavo fossi diventato così bravo a pensare! Ma dimmi, di grazia... Se anche decidessi di aiutarvi, cosa dovrei fare, e cosa ci guadagnerei?”. Thor non rispose subito. Secondo Loki, la sua domanda lo aveva preso di sorpresa, non credeva fino in fondo che Loki avrebbe accettato. “Devi dirci ogni cosa riguardo ai Chitauri, dirci quali potrebbero essere i loro piani, e il modo per fermarli, dato che erano tuoi alleati. E aiutarci a sconfiggerli se mai si verificasse una battaglia. E proprio qui sta il guadagno, come dici tu: riavresti indietro i tuoi poteri, la libertà, e in più avresti la libertà di scegliere se restare su Migard o tornare con me ad Asgard. E cosa più importante, salveresti Carey!”. Questa è una pazzia bella e buona! Thor e gli altri devono essere davvero disperati per chiedere aiuto a me! Se hanno deciso di ridonarmi i poteri la situazione è davvero grave! Sto andando contro la mia stessa promessa, quella di non aver più niente a che fare con Asgard, o Thor.

POV THOR

Thor era rimasto in silenzio dopo quelle parole, in attesa di una risposta di Loki, il quale aveva distolto lo sguardo da lui, e osservava un punto imprecisato a terra. Stava studiando la sua risposta, nei riguardi di cui Thor era ottimista: aveva colpito nel segno, e Loki non si sarebbe rifiutato. Poi Loki, dopo interminabili secondi, alzò il capo e i suoi occhi verso Thor e disse: “Va bene, vi aiuterò, ma non lo faccio per voi, né per tutti gli altri insulsi e meschini umani: lo faccio per Carey, per proteggerla, sia ben chiaro!” sputò infine, alquanto seccato,e con un filo di rossore sul viso perennemente pallido. Un fenomeno alquanto raro, e che Thor volle godersi al massimo: “ Ah- ah! La lingua batte dove il dente duole, eh fratellino?” disse con un sorrisone e in tono da presa in giro. “Ah, sta zitto, Thor!”, ribatté Loki, ormai sull'orlo di una tremenda furia impellente. Per tutta risposta, Thor lo abbracciò forte, impedendogli di scansarlo o fare qualsiasi altro movimento, e poi gli sussurrò: “ È bello riaverti dalla mia parte,vicino a me, Loki!”. Quest'ultimo sibilò indispettito: “Non farti illusioni, appena scampato il pericolo, vedrai che a te e i tuoi amichetti mascherati vi sistemo come si deve! Sai, ancora non mi è passata quella storia di essere stato malmenato e sballottato qua e là come uno straccio!” . Il moro si dimenò ancora, volendo allontanarsi da Thor ad ogni costo.

POV LOKI

Si liberò finalmente con uno sforzo estremo dalla stretta presa del biondo, abbraccio del quale per Loki equivaleva a essere rinchiuso in uno di quei congegni di tortura umani.... La vergine di ferro. Si, quando quelle muscolose forti braccia lo avevano avvolto, mille e mille pensieri e ricordi lo avevano trafitto come lame acuminate, ricordi incrinati di un passato non proprio lontano, ma che Loki ormai riteneva anni luce da lui, ricordi simili a uno specchio rotto, dove Loki vedeva sé stesso, anche se a stento riconosceva la figura: chi era diventato davvero lui? Cosa era diventato, e perchè? Il liberarsi dalla stretta di ferro di Thor gli portò un po' si sollievo amaro. Non voleva più pensarci. Li avrebbe aiutati, ma solo per Carey, per lui il resto del mondo poteva benissimo bruciare e diventare nient'altro che cenere. E se il pericolo al quale gli umani stavano andando incontro era Thanos in persona, Loki avrebbe accettato ogni sofferenza e la morte con piacere, sapendo che Carey si trovava da qualche parte al sicuro insieme a Jonathan. Loki sapeva solo una cosa in quel momento: prima che tutto iniziasse e finisse voleva ancora specchiarsi in quell'ambra liquida e dolce di quei occhi, quelle pozze piene di oro fuso dove lui vedeva il proprio riflesso in ogni istante in cui le guardava. Ma sarebbe stata l'ultima volta che probabilmente avrebbe guardato quegli occhi: pochi minuti addietro aveva già avuto un assaggio della reazione di quella povera giovane donna che lui aveva biecamente preso in giro. In quei occhi non vi avrebbe più visto il fuoco e l'ardore di un amore puro come quello di Carey, ma paura, disgusto, incredulità, dolore. Era sicuro che non sarebbe riuscito a resistere a una vista simile, all'essere guardato come un mostro dall'unica persona che era riuscita a sciogliere il ghiaccio dentro di lui. O forse avrebbe resistito, ma come aveva detto un tizio truccato in maniera bizzarra in un … film? che lui e Carey avevano guardato tempo addietro, “Ciò che non ti uccide ti rende più strano”. Si, avrebbe tentato allora di costruire di nuovo attorno al suo cuore quella superficie ghiacciata. O forse si sarebbe creato una bara di ghiaccio dove si sarebbe rintanato, lontano da tutti e tutto, da mondi che mai lo avevano accettato per quello che era, lontano dalla sofferenza e dal rimorso per non esser riuscito contemporaneamente a non essere ciò che era in realtà: un bugiardo ed emerito meschino. Nemmeno lui riusciva ad accettare sé stesso, e non ce l'avrebbe mai fatta a farlo. Lui era fatto per stare solo, e il sicuro al 90% abbandono di Carey ne sarebbe stato la prova. Lei sicuramente non lo avrebbe più voluto vedere e lui non si sarebbe certo opposto o offeso, aveva ragione lei, ma avrebbe continuato a vegliare su quella splendida creatura dovunque si sarebbe rifugiato, l'avrebbe osservata, cibandosi della sola vista, non potendo più averla. Si sarebbe saziato della sua felicità, magari giunta per merito di un altro uomo al posto suo. Voleva solo che lei fosse felice. Meritava più di uno come lui, poco ma sicuro, lei meritava il meglio da ogni cosa. Mentre parlava con Thor, lui stava bluffando come non mai. Nutriva ancora rancore nei suoi confronti per diversi e svariati motivi, ma al tempo stesso non riusciva più ad odiarlo come poco tempo prima. L'esperienza con Carey lo stava cambiando profondamente, stava imparando qualcosa che mai era riuscito ad accettare nel suo ormai marcio cuore: il perdono, il dare una seconda occasione. Lui l'aveva avuta, con Carey, e la stava per perdere. Forse sarebbe riuscito a darla a Thor, o forse no, ma lui sentiva che qualcosa stava cambiando nei confronti del muscoloso ex fratello: forse era il rimpianto per troppe cose non dette, lasciate a metà, o omesse. Vi era anche un desiderio di correre fra le sue braccia come da bambini, come da fanciulli, quando erano ancora due giovani principi spensierati che si volevano bene, nonostante le nascenti rivalità in ogni campo e per l'amore del padre, per avere da lui un'occasione. Sì, erano sempre le occasioni non colte che combinavano i disastri. Ogni verità taciuta tra lui, Thor e Odino aveva contribuito a creare la situazione in cui si trovavano in quel momento, dalle origini di Loki alla vita di questo all'ombra del fratello, fino alla lotta per un regno che era destinato a un solo erede. Alla fine, tutti avevano avuto una colpa in quella storia. Proprio in quel momento, mentre era piombato un silenzio di tomba tra i due, arrivò, con la velocità che andava diminuendo, e poi fermandosi del tutto di fronte a loro, un'auto di quelle all'ultima moda, costosa e veloce. Essa aveva i vetri oscurati e non si riuscì a vedere il conducente finché quest'ultimo non decise di scendere dalla macchina. Chi Loki si trovò davanti lo fece quasi sobbalzare. Oh, no! Tutti, ma tranne lui!! È il babbeo di metallo!! Ora si che mi sento davvero bene!! In certi momenti preferirei trovarmi di fronte Thanos in persona! Pensò Loki, con una improvvisa voglia di vomitare che gli stava salendo addosso. Quando Stark si trovò di fronte a loro, nessuno dei tre osò dire una parola, la tensione era alta, un campo di elettricità peggiore di quello di prima fra Loki e Thor si estese. Loki sentiva che da un momento all'altro la situazione fra lui e Stark sarebbe esplosa.

POV TONY STARK

Dopo qualche ora di viaggio, Tony Stark era finalmente giunto in quel paesino vicino a New York. Non aveva dovuto faticare più di tanto, dato che appena era arrivato in quella cittadina si era torvato vicino al parco, dove aveva intravisto due individui alti, uno biondo e l'altro moro, entrambi capelloni come delle rockstars, e i quali stavano discutendo in modo leggermente animato. Erano Thor e Loki non c'era alcun dubbio. Non perse altro tempo e accostò subito accanto al marciapiedi, a soli due metri di distanza dai due, che stavano cercare di capire chi lui fosse, a causa dei vetri oscurati. Sarebbe stata una bella sorpresa per Loki! Scese lentamente dall'auto con un movimento felino, e si ritrovò di fronte a un Thor confuso, e a Loki che a stento conteneva l'astio nei suoi confronti, il quale era più che leggibile nei suoi occhi. Stettero in silenzio per un po'. Tony voleva dare loro il tempo di fare ogni singola domanda, e anche lui era li per fare domande e avere ancora più spiegazioni di quante non ne aveva già avute da Fury. Il primo a parlare, con gli occhi fiammanti e la lingua velenosa, fu Loki, che quasi lo aggredì, ruggendo: “Cosa ci fai qui, uomo di metallo?”. Stark gli sorrise di rimando con insolenza. Non gli faceva paura quel farabutto egocentrico: “Calma, Occhi di Gatto! E io che pensavo che la mia visita sarebbe stata gradita!”. Loki sgranò gli occhi. Ora era davvero inviperito, e sbraitò contro l'ancora sorridente Stark: “Lo sai bene che la tua stessa presenza non mi è gradita! E non chiamarmi con i tuoi assurdi e ridicoli nomignoli, lattina con le gambe!” . Il principino cornuto non era cambiato affatto, e Tony si domandava come diamine avesse fatto quella donna che lo aveva ospitato fino ad allora a restare viva. Stark notò con la coda dell'occhio che Thor si era spiaccicato un palmo della mano sul viso, mormorando sconsolato: “Ecco, ci risiamo! Bell'inizio della collaborazione!”. E aveva ragione. “Dunque, piccolo cervo” e a queste parole Loki sbuffò infastidito “hai deciso di unirti a noi alla lotta contro il male?”. Loki lo ignorò, e Thor rispose per lui, nonostante la faccia contrariata del moro: “Stark, Loki ci aiuterà a combattere contro i Chitauri, gli ho posto una condizione che non ha potuto rifiutare. Ma cosa ci fai tu qui? Non dovevi essere alla base di Fury?” “Beh, sai Thor, il fatto è che ero stanco di aspettare lì senza fare assolutamente nulla di utile e costruttivo, perciò ho deciso di venire a controllare com'era la situazione! Sai mi stavo preoccupando!” disse Stark, lanciando un'occhiataccia a Loki, che ricambiò. “Ma, ora che vi ho finalmente trovati, credo fareste meglio a salire in auto e venire con me allo S.H.I.E.L.D!” continuò Stark. “Io accetto di venire alla vostra base, ma prima c'è una cosa che dovrei fare!” disse Loki, con una smorfia di disprezzo sul volto. E detto ciò, senza un'ulteriore spiegazione, si diresse verso un luogo che oramai conosceva bene: la casa di Carey. Stark chiese a Thor: “E ora dove va? Ti fidi a lasciarlo andare?” “Certo che sì! Suvvia, Stark, in fondo è stato da solo su Midgard per tanto tempo!”. “ È proprio quello che mi preoccupa!” bofonchiò Tony, osservando Loki allontanarsi.

POV STEVE ROGERS

Ormai Stark era partito da quasi un giorno e non era ancora tornato. Steve non aveva potuto fermarlo, ma Fury si era infuriato lo stesso. Odiava quando Stark agiva di testa sua, lo sapevano tutti. A quel punto dovevano solo sperare che tornasse con i due Asgardiani, uno dei quali si sperava con delle intenzioni non pericolose. Anche perchè ci avrebbe pensato Steve in persona a ricacciarlo a calci nel sedere nelle prigioni di Asgard, e stavolta per l'eternità. Se c'era una cosa che lui aveva imparato da quel mondo così cambiato dalla sua passata realtà degli anni '40, era che bisognava essere duri con chi se lo meritava, e Loki era uno di questi. Steve decise di recarsi nella palestra, per tentare di scaricare un po' di nervi.

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Capitolo 17
*** 15. Una situazione complicata ***


Salve e bentrovati, miei prodi lettori, nobili anime che permettete ai miei vaneggiamenti di rubare un po' del vostro tempo prezioso. Dunque, premetto che in questo capitolo ci sarà una scena un po' …....... ehm, ehm! Credo abbiate capito! Quindi premetto che descrivere certe scene non è il mio forte e ho cercato di rendere la cosa il più accettabile possibile. Ho deciso di lasciare il rating verde perchè non è niente di serio ! Grazie di cuore a chi ha avuto fino ad ora la pazienza di aspettare questo capitolo, spero di non deludere le vostre aspettative! Un bacione!
XD Snow.
P.S. Recensite mi raccomando è importante per farmi sapere su cosa devo migliorare!



POV CAREY

Carey si chiuse la porta alle spalle, finalmente tornata a casa. Quella che sembrava fosse solo una tranquilla passeggiata nel parco si era rivelata una strana situazione imbarazzante e che nella sua mente aveva lasciato non pochi interrogativi: cosa voleva dirle Loki? Perchè quando era ricomparso suo fratello lei era stata mandata subito a casa, come se dovessero parlare di una cosa della quale Carey non poteva sapere? Cosa Loki non le aveva detto di così importante e terribile? Nei suoi occhi verde giada aveva letto tanta malinconia e frustrazione mentre le parlava e tentava di confessarle qualcosa per lui tanto grave. E lei si era spaventata proprio per questo. Il comportamento di Loki l'aveva allarmata e anche fatto paura a un certo punto. Ma lei proprio non riusciva a capacitarsi di cosa volesse parlarle. Insomma,le era sembrato all'inizio un po' bizzarro, ma aveva sempre pensato che l'uomo che fino a quel momento si era trovata di fronte fosse una brava persona, buona e gentile sotto un aspetto freddo e distaccato.
Jonathan emise un “mamma” balbettante, e lei gli sorrise dolcemente, baciando quella piccola e morbida testolina. Doveva avere sicuramente fame. Così, andata in cucina, lo sistemò sul seggiolone. Si, il bambino era stato svezzato da pochissimo, e, a parte qualche capriccio iniziale, aveva gradito il passaggio dal latte materno agli omogeneizzati di carne, frutta e anche verdura, insieme alle classiche minestrine. Era davvero un bambino d'oro, e Loki aveva contribuito molto a ciò. Jonathan con lui si comportava due volte meglio che con la madre. Con Loki non faceva mai storie, e quello dal canto suo lo trattava sempre più come fosse davvero suo figlio. E lei sapeva che Jony aveva bisogno di un padre con cui crescere, e che Loki rispondeva a questa necessità perfettamente. Il suo bambino era felice come non mai, e lei ormai era sicura che ciò che provava per Loki non era una semplice infatuazione, o comunque un sentimento passeggero, ma era vero amore, pure e semplice. La passeggiata di quel giorno sarebbe dovuta servire a dissipare ogni dubbio tra di loro e a mettere in luce la faccenda. Ma il destino non era stato dalla loro parte a quanto poteva sembrare. E Carey aveva la sensazione spaventosa che avrebbe scoperto presto ciò che Loki voleva dirle, e lo avrebbe dovuto scoprire da sola. E la cosa peggiore di tutte era che qualcosa dentro di lei sapeva che non sarebbe stata una cosa bella e piacevole, e in lei si stava formando la paura tremenda di uscirne con il cuore a pezzi, completamente e per l'ennesima volta sola, nel corso di un anno. Quel giorno sarebbe stato l'ultima volta che avrebbe amato Loki, prima di un disastro senza ancora un nome preciso. Lei e suo figlio si sarebbero trovati di fronte a un'altra perdita. Carey scosse la testa, non voleva più avere pensieri per lei così agghiaccianti, sicuramente era troppo pessimista come il suo solito. Prese dalla credenza una ciotolina e un cucchiaino e versò il contenuto di un barattolino al suo interno. Mescolò e poi iniziò a imboccare Jonathan, che aveva cominciato a protestare per la fame. Poi, finita la pappa, cambiò il bambino e mise il piccolo assonnato nel box. Chiuse la luce e la porta. Si lasciò scivolare contro di essa e, inaspettatamente e senza una ragione apparente, pianse. Pianse come la sera che Loki l'aveva cullata fra le sue braccia. Ma in quel momento lui non c'era. Lei era sola, di nuovo, come sempre. Sentì il campanello suonare. Si ricompose subito, asciugandosi gli occhi rossi e gonfi di pianto. Quando aprì la porta, si trovò davanti Loki.

POV LOKI

Durante il breve tragitto di ritorno verso casa di Carey, Loki pensò più e più volte a una buona e convincente scusa per il pasticcio di pochi minuti prima. Ma ogni possibilità gli sembrò patetica e superficiale. Aveva bisogno di dirle quella cosa con calma, e quello non era di certo il momento più adatto, dato che l' Idiota di latta e Thor lo stavano aspettando,e sicuramente il nanerottolo con il pizzetto stava pestando i piedi a suon d'orologio. Quando fu finalmente di fronte alla porta di casa, tirò un sospiro, più dalla tensione che chissà cos'altro. Sperava che Carey non lo tempestasse di domande e accettasse di parlare di quella situazione in un momento più calmo, senza ulteriori rotture di scatole di latta o con un martello. La mano di Loki tremava leggermente mentre stava suonando il campanello in maniera debole e alquanto incerta. Un rivolo di sudore ghiacciato gli percorse un lato del collo. Doveva mantenere il controllo di sé e risultare il più convincente possibile, o l'esito di tutto ciò sarebbe stato un vero disastro in piena regola. Lei venne ad aprire dopo un minuto o più. Notò che aveva qualcosa di strano: gli occhi erano arrossati e gonfi, come se avesse pianto molto, tremava leggermente e i capelli erano leggermente scomposti. Le era successo qualcosa di male, era più che certo. Loki la guardò per istanti che sembrarono secoli e millenni, ma, quando lui stava per rompere il silenzio agghiacciante e paradossalmente rumoroso alle loro orecchie, lei lo abbracciò, togliendogli il respiro. Nonostante non ci fosse tempo per quelle tenerezze, lui la lasciò fare, pensando che il bene di Carey valeva cento volte ancora quello dell'intera razza umana. Se lei aveva bisogno di lui, anche se ci fossero stati i Chitauri in quel momento a radere al suolo l'intero globo, non gli sarebbe importato. Carey veniva prima di ogni altra cosa. “Loki! Ti prego stai con me, non te ne andare! Non lasciarmi anche tu!” “C-CArey! Angelo mio, perchè dovrei lasciarti?”. La situazione stava prendendo una brutta, bruttissima piega. Forse lei aveva scoperto o intuito qualcosa? “Loki.... Quando nel parco mi stavi parlando di quella cosa che dovevi confessarmi ho avuto tanta paura! Ho paura anche adesso che quella cosa sia una cosa terribile e per questo ci lascerai anche tu!”. Era come temeva! Aveva capito che ciò che Loki doveva dirle non era nulla di buono. Ma come poteva lui in quel momento dirle la verità, mentre stava indifesa e fragile fra le sue braccia, quando aveva bisogno di essere abbracciata , ascoltata e confortata? Non poteva spezzarle il cuore in quel momento, non lì, non in quel modo, non in quella situazione mera e scomoda. Doveva rimandare di nuovo il momento della verità, non c'era alcun dubbio. Sarebbe tornato al più presto e le avrebbe detto ogni cosa, ecco cosa avrebbe fatto. Stavolta ingannarla avrebbe giovato a lei e a tutto il resto. Lei lo avrebbe odiato per questo e altro, ma si sarebbe consolato con l'aver fatto del bene a qualcuno oltre sé stesso. Così, mentì a Carey, di nuovo: “Carey, io non ti lascerò mai, chiaro? Devo solo sistemare una faccenda veloce, e dovrò stare via qualche giorno, ma poi ritornerò appena finito tutto, promesso!” e la strinse forte, accarezzandole dolcemente i capelli, beandosi della loro morbidezza e del loro delicato profumo al narciso, un olio naturale che lei usava sempre quando faceva il bagno. La baciò dolcemente sulle labbra e, quando stava per staccarsi da lei, Carey lo bloccò, sussurrandogli nell'orecchio: “No, resta ancora un po' con me! Ho bisogno di te, voglio che tu mi tenga stretta! Come ora!” e lo baciò, un bacio umido di lacrime calde e salate, rese ancora più amare dal sapore di un addio imminente. Posò le sue piccolo mani calde e sottili attorno al suo collo, senza mai interrompere il contatto fra le loro bocche. Lui, quasi ormai dimentico dell'impegno con Stark e Thor, la prese in braccio come una bambina, e, chiusa la porta con un calcio leggero ma deciso, la trasportò fino al divano. Andò giù con lei, sprofondando nella morbida stoffa. Continuarono a baciarsi con sempre più passione e ritmo frenetico, ma, quando lei stava per togliergli la giacca e la maglia, lui la fermò, sussurrandole un po' imbarazzato: “Carey, forse è meglio che ci fermiamo qua, non è il caso....” “Shh, Loki... Io ti amo, e sono sicura di quello che sto facendo insieme a te. So cosa provo per te. Voglio donarti tutta me stessa, completamente. Voglio essere tua, e so che anche tu lo vuoi, te lo leggo negli occhi.” Infatti, Loki desiderava Carey più di ogni altra cosa, ma non gli sembrava giusto prenderla per i fondelli fino a quel punto, non lei che si era fidata, fin dal principio, di lui, del mostro che era in realtà. Sarebbe stato davvero troppo. Ma prima che lui potesse replicare, lei gli stava togliendo i vestiti, lasciandogli addosso solo i pantaloni scuri. Lei si liberò di pantaloni e maglioncino, rimanendo in biancheria intima. Loki ormai aveva messo da parte ogni indugio, e lasciò che a guidarlo fosse la passione e il sentimento per quella giovane donna dal dolce sguardo. Ripresero a baciarsi, iniziando a toccarsi a vicenda. Quella sera, fu la prima volta che Loki fece l'amore con una donna. Per lui fu un piacere indescrivibile a parole. Gli sembrava di stare nel Valhalla, in preda a una piacevole estasi, fra le braccia di una gradita agonia. Lui e Carey si amarono come non mai, e quando entrambi furono giunti all'apice, Loki non riuscì a trattenere le lacrime. Guardò negli occhi Carey, la donna che più amava al mondo, e si chiese come potesse l'amore essere l'altra faccia della medaglia dell'inganno. Si chiese perchè quando si giunge alla massima felicità si debba subito sprofondare di nuovo nell'abisso. Perchè l'amore era così vicino al dolore, o addirittura erano la stessa cosa? Perchè amare e provare sofferenza si trovavano nel suo cuore? Si sentiva davvero uno schifo. “Ti amo” sussurrò Carey, sfinita e con un sorriso serafico sulle labbra. Loki cercò di rimandare indietro nella gola il singhiozzo che gli stava salendo nella bocca. Tentò di rispondere: “A-anch'io ti amo....” ed esausto e con il morale improvvisamente a pezzi per tutte quelle emozioni accumulate nel tempo, posò il capo sul petto di Carey, e lei, in un gesto un po' materno, glielo cinse con le mani, accarezzandogli delicatamente i capelli corvini, stampandogli un bacio in fronte. Si accorse delle lacrime cristalline che scendevano dal suo pallido viso, e preoccupata disse: “Loki.... Perchè piangi?”. Loki disse, con la voce un po' incrinata: “Non sto piangendo, Carey, tranquilla.... È solo che mi sento un po' strano: mi sento felice e triste allo stesso tempo....” “Perchè?” “Non lo so.... So solo che non vorrei più andarmene e restare ancora un po' con te...” “ E non possiamo stare ancora un po' insieme?” “Temo di no, ci sono alcuni miei conoscenti che hanno bisogno di parlare con me riguardo a un loro problema, e dobbiamo andare un po' lontano per qualche giorno.....” “Ti prego, non lasciarmi sola!” “Carey, via! È... È solo per qualche giorno, poi tornerò da te, promesso.... “E mi dirai finalmente quella cosa tanto terribile che dovevi dirmi?”. Loki attese qualche secondo prima di rispondere : “Si.... Mi dispiace che tu debba aspettare così tanto, e anche a me non va di lasciarti sola... Ma devo andare....”. Carey non rispose, lo baciò soltanto. Qualche secondo dopo, erano di nuovo vestiti, ancora un po' storditi e stanchi. “Come vorrei restare qui con te e Jonathan..... Sento già la vostra mancanza e sono ancora qui...” disse lui, abbozzando un sorriso, per cercare di spegnere quel forte senso di vuoto dentro di lui, un misto di malinconia, rimpianto e amaro amore. “Ti prego, torna presto Loki... Ho bisogno di te!” e detto questo, dopo un forte abbraccio e una carezza sulla testolina addormentata di Jony, Loki uscì di casa, terribilmente in ritardo, dopo quasi un'ora e mezza che era partito dal parco. Stark avrebbe avuto sicuramente di che rimbrottarlo, quel grosso pallone gonfiato! E Thor avrebbe insistito certamente per sapere il motivo per cui Loki ci aveva messo tutto quel tempo. E in più lui in quel momento sentiva la tristezza e il rimorso sempre di più dentro di lui, nonostante avesse passato quasi un'ora d'amore con Carey. Forse era proprio quest'ultima la causa di quel malessere. Loki aveva varcato una soglia molto pericolosa, si era spinto troppo lontano e le conseguenze di questa sua mancanza sarebbero state ancora più nere e insopportabili di quanto sarebbero state prima. Se prima Carey non lo avrebbe più voluto rivedere, in quel momento sarebbe stato un miracolo se non lo avesse fatto fuori a suon di calci e pugni. Era stato uno... stronzo. Conosceva quella parola perchè una volta Carey l'aveva pronunciata per sbaglio, e stava a significare una persona spregevole, a quanto poteva aver capito Loki. Non meritava l'amore e la fiducia di Carey, poco ma sicuro. Povera ragazza, non aveva avuto un briciolo di fortuna a incontrare uno come lui. Dopo qualche lungo minuto arrivò di nuovo al parco,e poté vedere che Stark si era seduto sul sedile dell'auto con lo sportello del guidatore aperto,e stava immerso nei suoi pensieri, anche se ogni due secondi controllava l'orologio. Thor stava seduto su una panchina invece, con le braccia conserte e lo sguardo completamente perso nel vuoto. Che coppia eloquente! Quando lo videro arrivare, Stark saltò in piedi fuori dall'auto, sbattendo con forza e rabbia malamente repressa lo sportello, e fu un miracolo se non ruppe il vetro del finestrino. L'Uomo di latta lo aggredì come una belva inferocita, sbraitandogli contro velenosamente: “Hey, bell'imbusto! Potevi avvertirci che la visita sarebbe stata un po' lunga! Ci saremmo organizzati meglio e non saremmo stati qui ad aspettare per oltre un'ora come due babbei! Ti faccio presente che il tempo a nostra disposizione è pochissimo e tu ti perdi nei sentimentalismi! E poi vai a dire di tuo fratello, capretto col mantello!” “Calma, Lattina, smetti di arruffarti le penne, sennò dal pavone con le belle piume in ordine che sei diverrai un cespuglio! Te l'ho detto che dovevo prima fare una cosa e quindi è per questo che ci ho messo così tanto, va bene???” disse Loki, roteando gli occhi infastidito e alterato non poco per l'arroganza di Tony. Solo il patto che aveva stretto con quell'idiota di Thor lo frenava dallo strangolare quel pezzo di ferro strafottente! “Calma ragazzi! Non è il caso di litigare, ci sono cose più importanti a cui pensare!” intervenne il dio del tuono, stanco delle continue litigate fra Stark e Loki. “Loki, ora che hai salutato quella giovane, dobbiamo andare assolutamente!”. Loki sbuffò, e disse: “Ah, va bene! Ma vi avverto! Ho promesso a Carey che sarei tornato nel giro di tre giorni o più! Quindi dovrò trovarmi qui fra quattro giorni al massimo.” “Oh, bene! Il signorino cornuto ora ha anche le scadenze urgenti! Santo cielo che uomo impegnato!” ironizzò Tony con un velo di disprezzo. Loki, prima che potesse rispondergli, venne spinto a forza in macchina da Thor, che salì accanto a lui, mentre Tony guidava verso la base dello S.H.I.E.L.D.
Quel viaggio non sarebbe stato piacevole, poco ma sicuro.

POV CAREY

Loki se ne era andato ormai da più di un'ora e già Carey non sopportava più la sua assenza. Quello che avevano fatto quella sera aveva sigillato la loro relazione fortificandola, ma in tutto quel cielo azzurro l'unica nube scura era quella cosa misteriosa che Loki aveva urgenza di dirle. E il fatto che Loki stesse piangendo poco dopo che avevano fatto l'amore la insospettiva. C'era qualcosa dietro tutta quella malinconia, e la soluzione dell'enigma si trovava proprio in quello che Loki voleva rivelarle. Se solo avesse potuto avere un indizio per capire di più su quella faccenda!

Ore dopo, fu presa dalla noia. Jonathan dormiva ancora beato, e lei era sola a casa. Decise di andare al computer, dopo tanto tempo che non lo utilizzava. Voleva sapere di più sul conto di Loki. Di lui sapeva solo che aveva un fratello con il quale non aveva un buon rapporto. Così, curiosa di scoprire se quest'ultimo avesse un blog personale o anche un profilo su un network, aperto Google, digito' il nome “Loki”. La prima cosa che comparve fu Wikipedia, dove si spiegava l'origine del nome: Loki era una divinità norrena, padrone dell'inganno e di altre scelleratezze. Ecco perchè le era suonato tanto familiare il nome. Uscita dal sito, continuò la ricerca. Ne trovò altri che parlavano sempre del dio norreno, ma nessuno che accennasse al Loki che conosceva lei. Evidentemente lui non aveva nessun blog, poteva anche essere plausibile. Gettata la spugna, un pensiero malsano e masochista le pervase la mente: voleva sapere di più sulla semi-catastrofe avvenuta tre mesi prima. Voglio...Voglio sapere chi è stato a provocare quel disastro. Digitò “catastrofe New York”. Le si presentarono articoli su articoli di giornali online, insieme anche a diversi servizi giornalistici in formato video. Tutti parlavano di un pazzo criminale altamente pericoloso che aveva minacciato l'umanità con il proposito di conquistare il mondo e governarlo come monarca. Ma fu un video in particolare a richiamare la sua attenzione. Esso intitolava: “Pazzo terrorizza Stoccarda durante all'ingresso di una mostra”. Su un articolo, Carey aveva letto che il misterioso personaggio che voleva conquistare la Terra, il quale si professava un monarca e un dio, sarebbe stato lo stesso che aveva messo a soqquadro Stoccarda . Carey aveva un presentimento alquanto negativo e sconosciuto. Sentiva che quel video le avrebbe finito di distruggere il cuore. Nonostante ciò, cliccò sull'icona. Il video partì. Si vedeva che era stato filmato da un cellulare, anche se la visuale era più che decente. Era sera a Stoccarda e chi aveva registrato quel filmato, della durata di diversi minuti, si trovava di fronte a un edificio, di fronte al quale era steso un tappeto rosso. Dalle porte di vetro uscivano persone in preda al panico totale, e, dopo circa due minuti, si intravide una figura che lentamente avanzava tra la folla, la quale fuggiva da essa come se fosse la creatura più temibile che avessero mai incontrato. La figura era abbastanza vicina, verso il minuto 4:30, perchè si potesse capire di chi o cosa si trattasse: era un uomo abbastanza alto. Portava dei vestiti ,da guerra sicuramente, molto strani. Un mantello verde strisciava dietro l'uomo. Egli portava un copricapo simile alla testa di un montone o anche un cervo, e in mano stringeva uno scettro che emetteva una luce blu. Il viso fu ciò che scioccò di più la povera Carey, che, stoppata la registrazione, fissava attonita lo schermo. Lunghi capelli neri sporgevano dal copricapo ed incorniciavano un volto molto familiare: viso di un pallore notevole, un po' scarno, occhi verde giada guardavano verso Carey, fissando chissà cosa in lontananza. In quei occhi vi era qualcosa che mai vi aveva visto prima: follia, malvagità, sadico e spregevole divertimento. Gli occhi erano incorniciati da occhiaie violacee, e il viso, nel complesso, per quanto avvenente, non prometteva nulla se non grossi guai. “Lo-Loki....” sussurrò con le lacrime agli occhi. Come poteva un uomo gentile come Loki, commettere atti talmente disumani? Come poteva quel folle individuo essere colui che lei, appena un'ora fa, aveva stretto fra le sue braccia, baciandolo mentre gli confessava il proprio amore? Come poteva Loki essere allo stesso tempo la causa e la cura del suo male? Mandò avanti il video. Ad un certo punto Loki fece sbandare e ribaltare un'auto della polizia agitando solamente lo scettro. Poi si sentì la sua splendida voce ordinare imperiosa “Inginocchiatevi.” Avendo visto che la gente non dava segni di ascoltare i suoi ordini, ripeté il comando, stavolta urlando, sbattendo più forte l'estremità inferiore dello scettro a terra: “IN GINOCCHIO, ORA!!!”. Intanto, mentre la folla si inginocchiava impaurita,erano comparse diverse copie di Loki, come se fossero ologrammi. Poi parlò, un sorriso da completo pazzo stampato sul viso: “Non vi sembra semplice? Non è questo il vostro stato naturale? È la verità taciuta dell'umanità: voi bramate l'asservimento, il luminoso richiamo della libertà riduce la gioia della vostra vita ad un folle combattimento per il potere, per un'identità. Voi siete nati per essere governati, alla fine vi inginocchierete sempre.” Ma cosa stava blaterando Loki? Era un completo discorso da uno fuori di sé? Come avrebbe potuto governare il mondo intero? Poi, mentre Loki sembrava gongolare per chissà cosa, ghignando spregevolmente, si sente la voce di un uomo anziano dire coraggiosamente: “Non davanti a uomini come te!”. Per un momento Loki apparve rabbuiato, pur sempre mantenendo un sorrisetto, come se considerasse le parole dell'uomo pure idiozie, infine ribatte: “Non esistono uomini come me.” Ma quale uomo? Sei un mostro, ecco cosa sei! Un mostro che fino ad ora non ha fatto altro che prendermi per i fondelli! Pensò con risentimento e rabbia Carey. Loki le avrebbe dovuto non poche spiegazioni, e logiche anche! Il vecchio uomo disse: “Esistono sempre uomini come te”. “La voce saggia del popolo! Che lui sia d'esempio!” e detto questo puntò lo scettro in direzione dell'anziano, deciso a colpirlo con un raggio di luce. Ma il colpo rimbalzò su Loki, il quale cade a terra. La visuale del video si spostò, inquadrando le spalle di un uomo alto con indosso una tuta familiare, di quelle che si vedono nelle figurine d'epoca. Quello era Capitan America, con il suo scudo! Carey aveva sempre amato la figura di quell'eroe! Ma come poteva essere? Dopo tutti quegli anni era ancora un aitante giovane tutto muscoli? Carey non ci stava capendo più nulla. Era sicura di una cosa: Loki le aveva mentito su molte cose e omesso molti particolari sulla propria identità. E il fatto che lei fosse innamorata persa di quell'efferato criminale mezzo squilibrato, che lo avesse baciato e ospitato nella sua casa, la faceva rabbrividire, mescolando poi il tutto al ribrezzo e all'orrore che egli fosse colui che gli aveva portato via Andrew. Per la prima volta nella sua vita, Carey sentì nel cuore una fiamma accendersi: quella della brama di vendetta. Loki doveva pagare per quello che aveva commesso. Non le importava cosa ci facesse ancora sulla terra, desiderava solo che Andrew e molti altri non fossero morti invano. Voleva giustizia, per sé e il resto dell'umanità. Ma sapeva anche che lei era impotente di fronte a un dio come lui, e anche il solo pensiero di distruggerlo o conciarlo male era pateticamente sciocco. Sapeva solo che quando Loki sarebbe tornato, lo avrebbe obbligato a sputar fuori ogni cosa, a costo di torturarlo. Finalmente quella famosa cosa che lui le aveva tenuto nascosta era venuta fuori! Lei fino a poche ore fa aveva fatto l'amore, vissuto con la causa della scomparsa di suo marito Andrew. Aveva permesso a quel mostro di toccare suo figlio, lo stesso bambino innocente al quale lui aveva privato di crescere insieme a un padre. E lei che aveva voluto far crescere Jonathan con quell'essere inumano! Che stupida era stata! Poi, in preda alla rabbia, alla confusione, al dolore, crollò sulla scrivania, nascondendo il viso tra le braccia poggiate sulla superficie di legno scuro. Pianse come mai aveva fatto prima. Pianse per essere stata presa in giro, pianse per aver permesso a quel figlio di buona donna di rovinarle fino in fondo la vita, per aver donato la propria anima e il proprio corpo a quello che le aveva portato via una delle cose a lei più care al mondo. E quell'essere aveva avuto il coraggio di piangere anche per quello che aveva combinato, ora si spiegavano le sue lacrime di alcune ore prima. Ma non l'avrebbe passata liscia, non di nuovo. Doveva pagare per quello che le aveva fatto, che aveva fatto a suo figlio, all'intera umanità. Carey continuò a piangere, a sfogarsi, battendo i pugni sulla scrivania, sempre più forte, fino a farsi quasi male. Con i testa pensieri martellanti d'odio e vendetta atroci e nel cuore un dolore e un rancore troppo grandi per essere contenuti da una sola persona. Tutto era stato solo una presa in giro, una questione di facciata. Si era approfittato della sua ospitalità, l'aveva manipolata per ogni suo scopo. E chi era suo fratello veramente a quel punto? Ogni cosa finì per divenire torbida in Carey. Quella che prima era un angelo, si era trasformato in un demonio pieno di rancore e desiderio di vendetta verso Loki.

POV NATASHA ROMANOFF

Non potevano allontanarsi un attimo dallo S.H.I.E.L.D senza che succedessero nuovi pasticci. L'agente dai capelli rossi era al limite della pazienza. Da Maria Hill aveva saputo soltanto che Loki era tornato sulla Terra e che una nuova minaccia era alle porte, e il tempo per preparare un contrattacco e una difesa sufficienti era minimo se non nullo. Ovviamente sarebbe potuta andare peggio, ma questo non la rassicurava affatto. La cosa aveva allarmato persino Clint, il quale di solito affrontava le cose in maniera fredda e precisa, senza lasciare spazio al panico o altro. Se Loki si trovava di nuovo sulla terra, questo era sinonimo di grossi, grossissimi guai in arrivo, o almeno così la pensava la Vedova Nera. Avevano dovuto abbandonare il loro fantastico viaggio in giro per le piramidi e le sfingi a causa di quell'arrogante pallone gonfiato pazzo furioso di Loki, aggiungendo il fatto che a Natasha ancora non era andato tanto giù l'epiteto che gli aveva dato il dio delle malefatte: “vulvetta lamentosa”. Quello era più che un nomignolo dispregiativo e degradante, e lei era stata più che felice di aver dato, insieme ai Vendicatori, in particolare Hulk, una bella lezione a quel dio capriccioso. Alla fine si era vendicata più che bene, e quella famosa nota rossa stava lentamente sbiadendo, e il far parte di nuovo del team di Vendicatori ne avrebbe cancellato le tracce. Così lei e Barton avevano preso il primo volo disponibile per l'America, e in quel momento stavano per atterrare all'aeroporto di New York, e dovevano sbrigarsi, ogni minuto che passava era prezioso e non potevano permettersi di far perdere altro tempo a Fury e gli altri. Natasha voltò il viso verso Clint, che osservava fuori dal finestrino dell'aereo il cielo con lo sguardo perso e la mente chissà dove. Lei sapeva che Barton, a volte, ancora rimuginava sul periodo in cui era stato sotto l'influsso del Tesseract e di Loki, e ancora si dava colpe che non aveva: ormai doveva aver capito che non era stato a causa sua se molte persone erano state vittime dell'invasione a New York. Si sentiva in colpa per aver aiutato inconsapevolmente Loki a prendere quella forma di oscura energia illimitata dalla forma di cubo. Natasha gli mise una mano sulla spalla: “Tutto bene Clint?”. Quello, ridestatosi dai pensieri, rispose accennando un sorriso: “Si, sto bene, Nat.” Parlarono poi di quella nuova storia, facendo congetture su ciò che gli avrebbe riferito Fury, e, scesi dall'aereo, trovarono un'auto nera ad attenderli all'aeroporto, all'interno della quale vi erano due agenti dello S.H.I.E.L.D. Sia lei che Barton capirono di dover salire nell'auto, e così fecero. Il viaggio, di circa un'ora o più, fu affrontato silenziosamente, l'ansia dei due agenti era palpabile, entrambi si stavano perdendo in mezzo a mille domande. Furono riportati nel mondo reale quando l'auto finalmente si fermò. Scesi dal mezzo di trasporto, si ritrovarono di fronte alla base dello S.H.I.E.L.D, e per non perdere altro tempo entrarono nell'edificio. Venne loro incontro Fury.

POV NICK FURY

“Bentrovati, agenti. Mi dispiace avere disturbato le vostre vacanze, ma qui abbiamo un serio problema.” “Cosa sta succedendo precisamente?” chiese Natasha mentre anche Barton le faceva eco: “ Venite con me, c'è molto di cui parlare e presto ci saranno tutti gli altri.” rispose Fury sospirando, visibilmente rincuorato però che altri due membri della squadra dei Vendicatori fossero arrivati finalmente dopo oltre due giorni di attesa. Però mancavano, di nuovo, Stark e Thor, il quale era andato a parlare con il fratello pazzo. Il fatto che Stark fosse partito nonostante gli avvertimenti di Steve aveva fatto infuriare sia il Primo Vendicatore, che Fury, il quale stava facendo una immane fatica a recuperare ogni membro della squadra, e loro decidevano di andarsene di nuovo a zonzo chissà dove. Ma che pensavano che la storia di una seconda invasione dei Chitauri fosse una scampagnata o addirittura una panzana?! Non c'era tempo per altre quisquilie e pinzillacchere, possibile che fra tutti non lo avevano ancora capito? E poi se tutto fosse filato liscio, non bisognava dimenticarsi che anche Loki sarebbe stato questa volta fra di loro, cosa che non rincuorava per nulla i poveri nervi tesi di Nick Fury, il quale temeva che il dio con le corna potesse seminare zizzania da un momento all'altro, mandando all'aria tutto. Non bisognava nemmeno scordarsi che Loki era stato un alleato dei Chitauri, e che avrebbe potuto esserlo anche in quel momento. Dopotutto era il dio degli inganni! Sarebbe stato perfetta come occasione per vendicarsi della sconfitta ricevuta mesi fa. Quando furono arrivati nella sala delle riunioni, la stessa dove giorni prima il capo dello S.H.I.E.L.D aveva parlato con Stark e Rogers. Lì Fury ripeté le stesse cose che aveva riferito agli altri due Vendicatori. Alla fine del discorso, Natasha e Clint non credevano alle proprie orecchie: “Cooosaa?? Loki è veramente qui, sulla terra, in casa di una donna, privo di poteri? Ma metterlo in una prigione normale, umida, buia e fredda come tutte, ad Asgard, era una fatica così insormontabile?! Insomma, l'idea di mandare quel pazzoide assassino sulla Terra mi sembra abbastanza bislacca, ridicola e pericolosa? Ci siamo scordati che voleva sottomettere l'intera umanità?! Come possono sperare in una redenzione di Loki, insomma solo a guardarlo si capisce subito che è una battaglia persa!” esclamò alla fine la Romanoff, una espressione sbigottita e quasi infuriata sul bel volto. Aveva ragione, era una cosa da pazzi sperare in una collaborazione di quel dio tutt'altro che ragionevole, ma forse anche lui aveva un punto debole in tutta quella faccenda e Fury sentiva che Thor era riuscito a scoprire quale fosse. Ora tutto stava nell'aspettare che Tony tornasse con entrambe le divinità e che una di queste non si mettesse a fare i capricci e collaborasse per una sacrosanta volta. “Agente Romanoff, non abbiamo altra scelta se non fidarci di Loki e sperare che ci dia una mano... Tutto questo è pazzesco, e io sono il primo a pensarlo, dato che sono sempre io il primo a non riporre fiducia in Loki e nelle sue parole, ma è l'unica speranza che abbiamo al momento. Il destino della Terra, mi fa male ammetterlo, ma è nelle sue sole mani. Tutto dipende dal lui e da dove sceglierà di schierarsi.” “Tutto questo è orribile e rassicurante allo stesso tempo.... E noi dovremo lavorare al suo fianco, dopo che ci ha presi in giro e raggirati come calzini? Siamo davvero disperati....” lo interruppe Natasha. Barton, che fino a quel momento era stato silente ad ascoltare la conversazione tra Fury e Natasha, disse con voce pacata e ferma: “Non mi interessa per quali ragioni Loki si potrebbe schierare dalla nostra parte, ciò che conta è che ora noi dobbiamo poter contare non solo più sulle forze di noi Vendicatori e dello S.H.I.E.L.D.... E se è il suo aiuto e contributo che ci serve, ben venga, sono pronto a mettere da parte, o per lo meno a mettere da parte l'astio nei suoi confronti. Il destino della Terra mi interessa più dei miei conti in sospeso con Loki.” Fury sorrise lievemente, volgendo il viso verso Clint: “ Eccellente Barton, proprio le parole che volevo sentire pronunciare da tanto tempo! Romanoff da te mi aspetto lo stesso...”. La rossa annuì, debolmente, chinando il capo e sospirando impercettibilmente: “Si, capo...” aggiunse infine “Ora se volete scusarmi un attimo...” e detto questo, congedatasi da Fury e Clint, si diresse verso una delle molte stanze assegnatale, sparendo dalla loro vista in fretta e furia.

POV NATASHA ROMANOFF

Mentre delle lacrime le sfuggivano dagli occhi, lacrime troppo a lungo represse, lei camminava lungo il corridoio. Non voleva di nuovo a che fare con quel delinquente in gonnella e dagli occhi a semaforo verde di Loki. Di tutti i nemici che sperava non avrebbe più visto, lui era quello in cui riponeva di più questa speranza. Non voleva di nuovo guardare negli occhi quel mostro che aveva senza pietà riaperto in lei una vecchia ferita. Come aveva osato parlarle di suo padre e di tutto il resto? Come aveva osato dire che lei lavorava per assassini, quando lui aveva fatto fuori troppe persone per poterle contare sulla punta delle dita? Da quale pulpito marcio e nero come la notte veniva quella predica ingiusta, eppure così vera, maledettamente crudele e fredda come la verità? Si sapeva che lo spionaggio non era un campo molto pulito, e c'era anche il rischio di incorrere in delitti, ma perchè proprio un essere ben oltre ai limiti dell'umanità veniva a rinfacciarle contro tale argomento? Chi si credeva di essere quel pazzo supercriminale per giudicarli tutti dall'alto? Si credeva tanto migliore? Questo era ciò che avrebbe voluto dirgli quella volta, quando lui aveva osato chiamare Banner “mostro”. Banner non distruggeva per divertimento e sete di vendetta e potere come lui! Lui non aveva scelto di diventare un mostro, al centro del suo dono e sofferenza vi era solo un errore di formule e provette. E ora lei e gli altri avrebbero dovuto lavorare insieme a quel furfante? Certo che Fury era strampalato forte! Ma c'era anche da dire che le redini lì le teneva lui, e lei era pur sempre un agente sottoposta ai suoi ordini e come tali doveva eseguirli. Mentre stava per raggiungere le scale che l'avrebbero condotta alla sua stanza, sentì una voce che veniva da dietro le sue spalle: “Natasha!”. La Vedova Nera si girò, e riconobbe la figura alta e muscolosa di Steve Rogers. Il soldato indossava un paio di pantaloni lunghi scuri e una canottiera bianca. Forse era reduce da un allenamento nelle palestre sotterranee. “Finalmente anche tu e Barton siete arrivati!” “Si, infatti....” “Qualcosa non va?” chiese Steve preoccupato, vedendo la sua espressione cupa e gli occhi arrossati. “Niente, niente...” “Nat a me non sembra niente.... Cosa ti è successo?”. Natasha tacque qualche istante, poi rispose: “E' per via di Loki...” “Ah, quello... Ti capisco benissimo, nemmeno io voglio che lui stia nella nostra squadra, ma purtroppo è indispensabile. Conosce i Chitauri e chi li comanda più di ogni altro. Consoliamoci con il fatto che appena sarà finita questa storia lui se ne tornerà ad Asgard con Thor, o almeno lo spero.” “Si hai ragione.... E' che non mi fido di lui e ho paura che faccia il voltagabbana....” “Non lo farà, non sarebbe una mossa intelligente da parte sua!” “Già hai ragione.... Beh, grazie per avermi un po' consolata. Ora me en bado un po' in camera, sono molto stanca....” “Va bene. A dopo Nat.”

POV THOR

Il viaggio non fu affatto piacevole. Ogni due minuti Loki e il soldato di latta trovavano un motivo per discutere, anche il più futile, e la cosa peggiore di tutte per Thor era starli a sentire. Vi era già abbastanza tensione per la nuova guerra alle porte e loro oltretutto perdevano tempo a litigare su ogni cosa invece che parlare dei Chitauri e del modo in cui si poteva fermarli. Thor non sapeva proprio chi fosse tra i due il più infantile. “Se la prossima volta hai intenzione di farci tardare così tanto è bene che ce lo comunichi, così ci organizziamo Caprone!” “Hey, sottospecie di ferro vecchio, non osare chiamarmi caprone chiaro?! Io non devo proprio dire niente a nessuno, tanto meno a uno come te!” “Oh, certo, dimenticavo! Tu sei il signore della Terra, fai quello che vuoi, noi tutti ci dobbiamo inginocchiare a te, e così via! Quindi questo ti da il diritto di sparire per più di un'ora quando noi siamo venuti solo per te?? Sai, se riguarda la ragazza, sappi che c'è sempre tempo per i romanticismi! E non credo che ai Chitauri interessi la tua vita privata, e anzi faresti meglio a pensare a un piano per scacciare quelle canaglie, invece che stare a fare gli occhi dolci alla tua fidanzata!”. Ecco ora sì che Loki lo butta fuori dall'auto con un pugno! Ma Stark quando imparerà a stare zitto e farsi i fatti suoi??? Pensò Thor, spiaccicandosi il palmo della mano in faccia. “Quello che io faccio con Carey non ti riguarda, Imbecille spara laser! E non c'entra proprio niente il fatto che io sono superiore a voi terrestri! E io sì, ho il diritto di sparire quando, come, e dove mi aggrada, spero che il concetto ti entri in quella testa di ferro bacato che ti ritrovi! E se c'è qualcuno che qui non ha la più pallida idea di come fronteggiare Thanos sei proprio te, razza di rincitrullito!” sbottò Loki, irritato. Thor sapeva che non gli piaceva che si mettesse in mezzo alla discussione Carey. “Oh! Finalmente sappiamo il nome di chi è sempre stato dietro all'invasione di mesi fa! Questo si chiama progresso collaborativo!” disse Tony con un sorrisetto da schiaffi stampato in faccia. Quell'uomo era davvero snervante, doveva ammetterlo anche Thor. Non lo sorprendeva affatto che Loki lo avesse scaraventato giù dalla Stark Tower, avrebbe fatto anche lui la stessa cosa! “Che stai blaterando??” chiese spazientito Loki dal modo di fare di Stark: “Sto dicendo che finalmente hai deciso di collaborare con noi per la sconfitta di quei mostriciattoli che tu hai amichevolmente attirato verso la Terra come il miele con le mosche!” “Bastava chiederlo, senza farmi saltare in nervi, sai?!?!” rispose esasperato Loki. “Beh, non è facile avere a che fare con un ex nemico,e avevo bisogno di vedere se dovevamo cavarti le informazioni con le pinze, ma a quanto ho potuto vedere non hai problemi a confidarti con noi.” concluse Stark. A quel punto ci fu un po' di tregua, di cui Thor si beò. Mentre Stark guidava guardando la strada di fronte a sé, Loki osservava il cielo fuori dal finestrino, plumbeo come non mai. Nuvole di quel genere non mettevano certo il buonumore. “Dimmi, uomo di latta, potresti spiegarmi perchè quando ho tentato di impossessarmi del tuo cuore e della tua mente quella volta nella tua orrenda torre sei risultato immune ai poteri del mio scettro?”. Stark voltò il viso verso Thor: gli stava chiedendo con gli occhi se poteva fidarsi a raccontare il suo segreto a Loki. Thor fece un cenno d'assenso e Stark si voltò di nuovo verso il moro, che sempre guardando fuori dal finestrino aspettava una risposta: “Vedi, il mio cuore è risultato... immune diciamo, grazie a una placca di metallo.... Sai, impedisce a una scheggia di penetrare nel mio cuore ed è grazie a quella placca se sono ancora vivo.” “Oh, tutto si spiega allora.... E io che per un attimo avevo davvero pensato che quello scettro avesse qualcosa che non andava!” “Beh, sono stato un po' troppo arrogante dicendoti che poteva aver fatto cilecca, te lo concedo, ma dovresti imparare a controllare la tua rabbia, ragazzo mio! Non puoi sempre scaraventare fuori da un a finestra ogni persona che tenta di fare la simpatica con te!” “Non stavi facendo il simpatico mi stavi prendendo per i fondelli!” replicò Loki, di nuovo sulla difensiva. “Ok, va bene, va bene.... Finiamola qui, per favore! Siamo quasi arrivati, finalmente!” disse Stark, volendo mettere fine alla discussione. Mezz'ora dopo, si trovarono nei piani sotterranei dello S.H.I.E.L.D, dove venivano tenuti i mezzi di trasporto. “Eccoci qua! Casa dolce casa!” ironizzò Stark. Scesero tutti e tre, non vedendo l'ora di non trovarsi più così vicini.

POV LOKI

Se intraprendere un viaggio con quel buffone con il pizzetto e quel citrullo di Thor gli era sembrata una cosa ben oltre il sopportabile, dopo essere sceso da quel mezzo infernale gli parve un miracolo esser riuscito a sopportare la vicinanza di Thor e non essere ceduto alla tentazione di strozzare quell'individuo insopportabile con il cuore meccanico. Si guardò intorno, ricordandosi che già un'altra volta era stato lì. Ah, ora ricordo. Qui è dove sono scappato con il Tesseract. Quando tutto questo inferno è cominciato. Averlo saputo prima non mi sarei mai sognato di allearmi con quel mostro ripugnante di Thanos. Loki avrebbe preferito non aver mai finto di suicidarsi, di non essere incappato in quel popolo di mostri avidi. Ma ormai era tardi per rimuginare sui propri errori. Doveva porre fine a quella storia, doveva farlo per sé stesso, per Carey e il piccolo Jonathan. E l'unico modo di farlo era collaborare con i Vendicatori. A Loki questo non faceva molto piacere ma non vi era altra scelta: o si alleava con loro, o per lui e i nove mondi sarebbe stata la fine. “Hey, Piccolo Cervo, che ne dici di andare a salutare i tuoi nuovi compagni?” lo schernì Stark. “Senti inutile ferro vecchio faresti meglio a piantarla di tirare la corda con me chiaro?” gli rispose Loki, con il sangue che cominciava a ribollirgli pericolosamente nelle vene. Doveva cercare di calmarsi, o avrebbe fatto a pezzi con le sue stesse mani Tony, ne era certo, e non voleva grane, ricordandosi che se avesse fatto del male anche solo a un terrestre sarebbe tornato subito nelle prigioni Asgardiane. Anche se, pensandoci bene, quella era una minaccia che non lo turbava quasi per nulla, dato che Asgard era stata attaccata dai Chitauri. “Loki, Stark, smettetela con queste sciocchezze, ci sono cose ben più serie di cui parlare!” li interruppe Thor, evidentemente scocciato dalle loro discussioni. “Ben detto, Martellino! Avanti, andiamo a salutare Fury e gli altri!” disse Stark, senza smettere di fare le sue solite battutine. Loki e Thor rotearono entrambi gli occhi, chiedendosi come un uomo così arrogante potesse essere un eroe. Nemmeno il dio del tuono, con il quale Stark aveva combattuto, era riuscito a risolvere quel mistero. Loki fu condotto da Thor e Tony per delle scale, che portavano direttamente all'interno della base dello S.H.I.E.L.D. Era venuto per tutti il momento di mettere da parte i rancori, e unirsi contro una minaccia comune. Appena finite le scale, si trovarono lungo un corridoio, dove si trovavano alcune guardie. “Le misure di sicurezza non sono mai abbastanza.” commentò Stark che aveva notato l'espressione perplessa di Loki. Quando le guardie videro i tre, puntarono le loro armi contro Loki: “Calma, ragazzi, è con noi!” li avvertì Stark. Le guardie ritrassero i proiettili, allontanandoli dal viso del dio dai capelli corvini, che le guardava con malcelato disprezzo. Come sono patetici questi agenti! Davvero credono di impaurirmi? Sempre i soliti presuntuosi non imparano mai. “Andiamo, Signore del Martello e Bambi, probabilmente ci staranno già aspettando!” incalzò Tony. “E chi diamine sarebbe Bambi?!” chiese sospettoso Loki. Non amava che Stark lo chiamasse con dei stupidi nomignoli. “Oh, Bambi è un piccolo cervo, proprio come te! Su di lui hanno fatto dei film, libri eccetera eccetera!” rispose Stark con un sorrisetto. Loki strabuzzò gli occhi dall'irritazione: quell'arrogante di un miliardario stava tirando davvero troppo la corda! Insomma cosa aveva di così ridicolo il suo elmo? Thor ne aveva uno con delle ali ai lati dopotutto ! Promemoria, promemoria per me: tirare un bel pugno in faccia a Stark, così impara a prendere poco in giro, e a Thor per avermi tirato dentro questa storia fin dall'inizio: se mi trovo su Midgard la colpa è solo sua! Lui e le sue idee strambe! Pensò Loki, livello del quale di sopportazione era ormai giunto al culmine. Giuro che se mai sopravvivessi e riottenessi i poteri tornerò ad Asgard e Carey e Jonathan verranno con me, anche a costo di caricarmeli sulle spalle contro la loro volontà! Preferisco sopportare Thor che passare la mia intera esistenza con questo buffone!
Stark li condusse alla sala delle riunioni. “Pronto per l'incontro?” “Si!” rispose secco Loki. Si avvicinarono alla porta ed essa si aprì.

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Capitolo 18
*** 16. Un inizio non proprio facile. ***



Salve cari! Eccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo, e il cuore nuovamente in mille pezzi.... Nonostante ciò spero che sia venuta una cosa accettabile e che lo sconforto e la tristezza non abbiano preso il sopravvento sulla storia. Con questa premessa non volevo rattristarvi né togliervi il buonumore, in fondo non sono nessuno per guastarvi la giornata, se sono una stupida è solo colpa mia. So di avervi fatto aspettare, ma desideravo rendere il capitolo decente,e spero di essere riuscita nell'intento.
Ok, meglio che vi lasci alla lettura.
Oh, dimenticavo! Spero che non sia prolisso né troppo breve!
Goodbye, my dears. <3


POV LOKI

Mentre la porta scorreva velocemente, Loki sentì come se il cuore gli fosse finito nello stomaco, una sensazione nauseante a dirla tutta, e spiacevole. Era ansia? Non sapeva dirlo. Quando la porta era ormai sparita dalla sua vista, si ritrovò davanti a coloro che lo avevano sconfitto tempo addietro, ai suoi ex (?) nemici. Il primo che vide fu il soldato con la sua ridicola divisa, che lo squadrò attentamente, come se dietro una apparente calma vi fosse un uomo sospettoso che non aspettava altro se non che Loki facesse la mossa sbagliata per sbatterlo di nuovo e per sempre in gatta buia. Il Capitano era seduto su di una sedia in maniera composta e in una tensione altera. Non si fidava di Loki era più che evidente.
Loki fece scorrere ancora lo sguardo,e i suoi occhi si fissarono sulla figura in disparte di Occhio di Falco, il quale si trovava appoggiato alla parete, con le braccia conserte e gli splendenti occhi blu puntati su di lui, guardandolo con malcelata antipatia e ribrezzo. L'agente ancora era arrabbiato con lui per aver usato il giochetto del controllo mentale su di lui. Com'era infantile, ancora stava rosicchiando quell'osso! Ma, mentre Loki stava sorridendo mentalmente per il risentimento di Barton, la sua attenzione fu catturata dalla ragazza dai capelli fulvi e gli occhi di ghiaccio, la sua “amichetta”, l'agente Romanoff. Oh, sì, come la ricordava bene! Le aveva tirato un bello scherzetto rinfacciandole il suo passato, senza tralasciare il suo orribile piano che lui aveva tenuto da parte per Barton. Doveva ammettere di aver goduto molto allora dell'espressione impietrita e spiazzata della ragazzina. Il tono impaurito con cui l'aveva chiamato mostro. Ma si sbagliava. Lui non era il mostro, era stato solo uno stuzzichino prima della portata principale. E quella portata rispondeva al nome di Thanos. Quello sì che sarebbe stato un nemico problematico non solo per loro, ma anche per lui. La ragazzina dai capelli rossi sedeva con le gambe accavallate e le braccia distese sui braccioli della sedia. Apparentemente tranquilla, fu tradita dai suoi occhi, rabbuiatisi come un mare in tempesta, segno di una mente non proprio serena, ma preoccupata ad alti livelli. Loki e Natasha si scambiarono reciprocamente occhiate dal significato ben diverso: lui incuriosito e al contempo restio, lei un raggio di ghiaccio colmo di odio e risentimento. Probabilmente il fatto che lui l'avesse chiamata “vulvetta lamentosa” e le avesse gettato contro un'amara mistura di ricordi e malvagi e crudeli propositi nei confronti del suo amico, non le era ancora andato giù. E se da una parte Loki provava piacere per questo, dall'altra in quel momento non gli era utile affatto, dato che avrebbero dovuto collaborare l'uno con l'altro.
Fu Stark a salvare Loki da quel momento di imbarazzo e smarrimento, e per una volta, Loki gliene fu grato: “Ragazzi! Da quanto tempo! Non ci salutate nemmeno?”. Ciò che seguì il suo esordio pessimo, fu un silenzio atroce. Quella volta anche Stark aveva fatto cilecca. Evidentemente, anche lui si stava trovando decisamente male per tutta quella situazione. Si schiarì un po' la voce, e ritentò: “Ehm, come potete vedere, alla fine sono riuscito a..... eh... condurre al nostro nido operativo il Principino. Lui...” e detto questo tirò per un braccio Loki costringendolo a farsi avanti e ad avvicinarsi al gruppo silenzioso: “... Lui ha promesso solennemente di aiutarci nella nostro missione per salvare la Terra.... Perciò.... Dovremmo cominciare a fare un po' più di amicizia e cominciare a collaborare come una squadra....”. “E chi ci assicura che non stia mentendo e non sia una delle sue messinscene per distruggerci dall'interno e aiutare il suo alleato alieno?” interruppe la Vedova Nera, squadrando Loki con disprezzo. Ma quando Tony stava per rispondere alla domanda, Loki lo fece per lui, cercando di mantenere la calma, dato che aveva sentito quelle parole come una provocazione: “Vediamo, agente Romanoff, forse il fatto che io sia innamorato di una terrestre e quindi voglia proteggerla non ti dice nulla? O forse ancora il fatto che non potrei mai allearmi di nuovo con Thanos, perchè lo scopo di suddetta creatura ora come ora è quello essenzialmente di distruggermi e farmi passare atroci sofferenze? O anche il fatto che se la terra venisse distrutta anche la mia Carey morirebbe con essa? Ti pare abbastanza o devo continuare????” concluse con marcato tono offeso. La rossa era rimasta letteralmente a bocca aperta. Naturalmente non si aspettava una risposta simile da uno come Loki. E stava pensando che uno come lui non potesse avere delle ragioni simili. Ma quello che lei pensava poco importava. Loki sapeva per chi stava facendo tutto quello e ciò bastava e avanzava. “A me basta che tu non faccia brutti scherzi proprio nel momento in cui i Chitauri ci attaccheranno, poi le ragioni personali non mi interessano. “ rispose secca e irritata Natasha, e detto questo interruppe il contatto con gli occhi di Loki, voltando il viso da un'altra parte come un bambino che sa di avere torto ma vuole per forza avere ragione. Loki era stato sincero, e se la Romanoff non gli credeva peggio per lei, non sapeva cosa farle.
“Senti, Principino, che ne diresti di sederti comodo con noi e spiegarci bene la dinamica degli eventi e il modo per far sì che la sorte stia dalla nostra parte?” gli propose Stark, dandogli una pacca sulla spalla, provocando in Loki irritazione a causa del nomignolo. Thor fino a quel momento non aveva fiatato, lasciando a Loki la responsabilità di sbrigarsela da solo. Loki si sedette su una delle poltroncine vicino al tavolo, in maniera composta e regale, come era solito fare, e Thor si mise accanto a lui, senza perderlo d'occhio nemmeno un secondo, osservando ogni sua mossa. Il biondo asgardiano era visibilmente preoccupato dell'incontro che si stava svolgendo all'interno della sala, come del resto in fondo lo era anche Loki stesso.
Stark si guardò attorno, scrutando uno ad uno i volti dei presenti, e poi si rivolse a Loki, con tono serio, mettendo da parte l'ironia: “Allora, Loki, sai perchè sei qui: abbiamo bisogno di te per combattere contro i Chitauri, e ….” ma in quel momento si aprì di nuovo la porta, dalla quale comparse Fury insieme a un nuovo arrivato: il professor Banner, alias Hulk. Loki potè sentirne la rabbia, la violenza repressa continuamente dal lontano posto dove si trovava. Lo sentiva come fosse stato un odore stantio, un qualcosa di marcio all'interno di un frutto. Era incredibile come lo avessero scosso la violenza e la furia di quell'uomo non uomo, quella bestia metà uomo e metà mutante. Ricordava il dolore che gli aveva fatto formicolate tutto il corpo quando finalmente, dopo pochi secondi che erano sembrati millenni, la creatura “ottusa”, come lo aveva chiamato uqella sfortunata volta, lo aveva messo giù, e lasciato tra le macerie, ridotto quasi a una bambola di pezza sgualcita, privo di forza dopo essere stato sbatacchiato da ogni parte possibile. Ricordava il dolore atroce che aveva sentito alle gambe, e più ancora su di una, da dove lo aveva preso Hulk per malmenarlo. Ora che ci ripensava il dolore qualche volta si era fatto risentire. Il suo ginocchio era stato più che slegato, quasi staccato dal resto della gamba, e lui, se solo avesse chiuso gli occhi, avrebbe potuto avvertire di nuovo quel pulsare delle contusioni e della slogatura.
Tutto questo gli riaffiorò alla mente quando guardò negli occhi di quell'uomo dall'apparente aspetto calmo e serafico, sotto la quale si sprigionavano una violenza e forza inaudite. Quell'uomo era simile a un vulcano, uno di quelli che all'apparenza sono spenti, ma sotto quella crosta di pietra e cenere ribolle continuamente della lava incandescente, pronta a fuoriuscire di nuovo e distruggere ogni cosa. Loki fissò quell'uomo, il quale ormai suscitava in lui antipatia e rancore, non potendo scordare quella umiliazione. Lui, un dio glorioso, messo al tappeto da una creatura povera d'intelletto come quell'Hulk. Era una cosa davvero imbarazzante.
“Loki, non so se sia un piacere o meno vederti, ma spero che il tollerare di averti fra di noi porti a risultati soddisfacenti. Penso che tu già conosca il professor Banner e non abbiate bisogno di “stringervi la mano”, credo ci abbia pensato già lui a fare conoscenza con te qualche tempo fa.” disse Fury con un sorrisetto. Stark si lasciò pure sfuggire una risatina. Loki si voltò verso di lui, con un a espressione di odio e impotenza allo stesso tempo. Odiava essere preso in giro. E dire che si trovava lì in buona fede e per propria volontà. Se mai avesse riottenuto i poteri si sarebbe dovuto ricordare di manomettere con qualche incantesimo la sua armatura, e avrebbe sì avuto una bella lezione quel pallone gonfiato con il pizzetto.
“E così, Loki, ti sei deciso a tornare in te e stare dalla parte giusta, eh?” disse Banner, facendo di nuovo voltare Loki verso di lui. Loki si sforzò di sorridere. Un sorriso forzato e assassino, che non aveva in sé nulla di positivo e gentile, e in realtà ricordava più il ghigno di un lupo inferocito. “Come ho detto ai tuoi compagni” disse Loki evidenziando ogni singola parola con tono marcato “ mi trovo qui solo per proteggere coloro a cui tengo!” “Oh ,e da quando ti interessi delle sorti di noi miseri mortali, forme di vita nate per essere governate? Non eri forse tu il primo a disprezzarci e crederci esseri inferiori a te? E ora, solo perchè ti hanno esiliato su questo povero sfortunato pianeta, credi che noi dovremmo fidarci ciecamente di te? Dopo che hai quasi distrutto un intero pianeta e quasi condannato alla schiavitù, mi vieni a dire di voler proteggere coloro che ami? Non si diventa così degli eroi sai? Non si riscatta il proprio debito con la legge e l'universo in questo modo! Non credo tu sappia qualcosa di sacrifici e lotte continue in nome della libertà del proprio popolo, e tanto meno sai cosa sia l'amore e la bontà! Dimmi quand'è che hai mai pensato ad altri oltre che a te stesso?” sbottò quasi perdendo il controllo Banner. La stana rimase silenziosa, nessuno osò fiatare. Ciò che Banner aveva appena detto era crudelmente e terribilmente vero. E Loki, con suo stesso grande stupore, non seppe cosa rispondere, schiacciato quasi da quelle parole pesanti e cariche di verità. Non biasimava Banner e gli altri per essere diffidenti, perchè era chiaro che gli altri Vendicatori, forse anche Thor, erano d'accordo. Dopo ciò che aveva combinato era un miracolo se si trovava lì invece che a marcire in qualche cella buia di Asgard. Ma in quel momento desiderò tornarci, lasciare perdere tutto, scappare dalla verità, come sempre aveva fatto. E mai prima di quel momento, si era sentito così solo. Una stanza piena di persone, ma che in realtà era come vuota. Sentì un bruciore negli occhi. Delle lacrime stavano per sgorgare da quelle due pietre preziose in quel suo pallido cranio. Sentiva di non farcela davvero più. Si sentiva schiacciato, inerme di fronte a quelle persone un tempo nemiche. Ma poi, con suo grande stupore ma in un certo senso pure aspettandoselo, la mano di Thor si posò sulla sua spalla, così calda da infondergli sicurezza malgrado Loki non volesse ammetterlo.
“Banner, direi che mio fratello è troppo stanco per rispondere, e ha bisogno di riposo. Vi chiedo perdono amici, ma devo accompagnare Loki in una stanza per far sì che recuperi le forze.” disse Thor, sbalordendo tutti, Loki compreso che lo guardò scioccato e con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca semi aperta.
“Va bene, Thor, Loki può riposarsi, ma dovrà vedersela con il resto della squadra e collaborare con noi, o avrà il benservito, parola mia!” disse Fury. Thor spinse con una mano dietro la sua schiena Loki, che era ancora imbambolato. Ma prima che sparissero dalla stanza, Fury li richiamò, costringendoli a voltarsi di nuovo nella sa direzione: “Oh, ehm... Loki!” e quest'ultimo fece un gesto che stava a significare “Cos'altro c'è ora?”. Fury sorrise compiaciuto e in maniero un po' mefistofelica: “Stai bene vestito da umano sai!”, e seguirono delle risatine divertite. Che razza di idioti! Pensò Loki, ormai al limite. A quel punto Thor lo prese per una spalla piano ma saldamente e lo condusse fuori dalla stanza.
Loki non poteva credere che Thor lo trattasse ancora come il suo fratellino minore. Era in grado di difendersi da solo! “Guarda che stavo per rispondere a quella specie di mutante, era questione di secondi, sai!” cominciò Loki, riferendosi alla discussione con Banner, arrossendo leggermente per la rabbia e l'imbarazzo. “Oh, sì, certo, ho visto infatti come stavi per rispondere! Con le lacrimucce!” “Io non stavo piangendo, chiaro?!” ribatté infuriato Loki, mentre Thor lo trascinava in un corridoio. “Loki, piangere non è da deboli sai? Né da stupidi! Anzi, significa che la permanenza sulla terra ha davvero giovato alla tua persona! Vedo che Carey ti ha rimesso in riga!”. A sentire quel nome Loki ebbe un tuffo al cuore. Carey lo stava ancora aspettando, per sapere la verità, e lui perdeva tempo con dei buffoni! Doveva sbrigarsi a dire loro tutto quello che sapeva su Thanos e tornare da lei il prima possibile, non poteva lasciarla con il fiato sospeso.
“Stai bene?” gli chiese Thor nella sua solita maniera schifosamente apprensiva e appiccicosa, forse avendolo visto sovrappensiero . Non riusciva a sopportarlo, non più. Non dopo aver passato anni e anni a sentire ogni sua idiozia e mancanza di intelligenza. Non dopo essere finito in quel pasticcio anche grazie a lui. Non dopo che Loki era cambiato così tanto da quello che era un tempo. Da principe a rinnegato. Da rinnegato a nemico. E poi? Cosa sarebbe diventato dopo aver aiutato quel branco di babbei a salvare il loro prezioso pianeta? Cosa ne sarebbe stato di lui dopo la battaglia decisiva contro il mostro Thanos. E sarebbe riuscito a veder gioire i Vendicatori? O il suo destino era tragicamente segnato, e sarebbe sprofondato nell'oscurità del mondo dei morti? Chi poteva saperlo. E sebbene nella sua testa turbinassero tali pensieri, si limitò a rispondere, con un tono secco e freddo: “Sì. Sto bene.” In quel momento arrivarono finalmente a una stanza. Essa aveva un mobilio essenziale: un letto con lenzuola azzurre. Un comodino di metallo lucido, e vicino a questo un armadio dello stesso materiale duro e resistente. Non vi erano finestre e la stanza sembrava una prigione, più che una camera da letto. Certo che Fury ne aveva di gusto nell'arredamento! Pensò Loki con ironia. Loki entrò nella stanza, con passi lenti e cadenzati. Poteva ancora sentire che Thor era vicino a lui, a pochi centimetri di distanza. Sul volto di Loki si disegnò un sorrisetto compiaciuto e si voltò: “Guarda che non c'è bisogno di accompagnarmi fin sopra il letto, sai? So cavarmela da solo, sai?” “Non è questo.” ribatté Thor scuotendo leggermente il capo. Loki pe tutta risposta alzò le braccia facendole poi ricadere ai fianchi: “E allora cos'è? Hai paura che scappi, forse? In questo caso non devi preoccuparti, sai? Non fuggirò, non ne avrei motivo! E sarò pure il dio degli inganni, o lo ero, ma se decido di rispettare un patto lo faccio senza indugi!”. Thor abbassò il capo, colpevole. Ho fatto centro! pensò Loki. “È così.... Perdonami, volevo solo....” “Non chiedermi perdono. Non ora. Non serve più oramai. È tardi per chiedere scusa e comunque le parole sono inutili ora come ora. Con il tuo permesso, sono stanco e vorrei riposare e stare da solo. Se non ti dispiace!” e gli fece cenno di andarsene con la mano, indicando con fermezza la porta. Thor annuì, senza protestare. Ma quando fu sul punto di andarsene, si voltò e sorridendo debolmente disse: “Loki?” “Cosa c'è ancora?” “ È bello riaverti accanto a me, come ai vecchi tempi.”. E Loki poté notare che si era formata una lacrima cristallina sull'angolo di un occhio del biondo. Loki scosse la testa, scocciato. “Sentimentale!” sussurrò e freddo e distaccato lo spinse fuori dalla soglia della camera, e la porta si chiuse con un tonfo sordo.
Ma chi glielo aveva fatto fare? Di confondersi di nuovo con quel citrullo di Thor che ancora era illuso che tutto potesse tornare come un tempo! Loki si buttò sul letto,e si passò le mani sul viso, massaggiandosi le tempie. Cercò di riposare,e ci riuscì, cadendo inaspettatamente in un sonno profondo.

POV THOR

L'incontro di Loki con i Vendicatori era stato più ostico del previsto e di certo la sua conversazione con Bruce non aveva aiutato a calmare le acque già agitate. E, nonostante Loki lo avesse appena cacciato fuori dalla stanza sgarbatamente, Thor non riusciva a non provare un po' di felicità nel riaverlo accanto a sé. Dopo tanto tempo erano di nuovo uniti, di nuovo dalla stessa parte. Non erano più nemici. E Thor non avrebbe permesso che Loki sprofondasse di nuovo nell'abisso del male e della inquietitudine. Anche se lui appariva duro e freddo, Thor sapeva bene che la sua motivazione principale per cui aveva deciso di aiutarli era l'amore per Carey, la giovane donna che lo aveva accolto durante il suo esilio. Loki, nonostante le scelleratezze che aveva commesso, era riuscito a provare il sentimento più puro che ci fosse al mondo: l'amore. E se esso doveva essere la sua ragione per combattere, Thor ne era ben felice. Ma per nessuna ragione Loki doveva tornare dalla parte oscura. Non voleva più perderlo. Non importava cosa dicevano, era sempre suo fratello. Sospirò, e si accinse a tornare di nuovo nella sala delle riunioni, o meglio delle liti.
“Allora, sua maestà sta facendo il riposino?” ironizzò Stark, il quale, come gli altri, non trovava piacevole la presenza di Loki allo S.H.I.E.L.D. Thor non riuscì a trattenersi: “Bada a non prendere n giro mio fratello! Sebbene abbia sbagliato su molte sue azioni, non merita il vostro scherno! Voi non...” e si fermò un attimo. Stava rischiando di rivelare troppo sul passato di suo fratello. Un passato che Thor sapeva feriva Loki in maniera profonda. I Vendicatori si misero sull'attenti, incuriositi dalle parole dell'Asgardiano. “Noi cosa? Avanti, bel principe azzurro, continua!” continuò Stark, che, sedutosi, appoggiò il gomito alla scrivania, e posando il mento sul palmo. “Thor c'è qualcosa che dovremmo sapere riguardo a Loki? Ha a che fare con la minaccia?” lo incalzò Fury. Thor deglutì, spostando lo sguardo nervoso su ogni persona nella stanza. Si fece coraggio: “ Non è nulla a che vedere con la minaccia dei Chitauri... Ma è comunque una cosa che credo abbia segnato mio fratello.... E proprio per questa cosa ho detto che non merita alcun genere di scherno.... Quando.... Quando eravamo bambini... Li di solito veniva preso di mira dagli altri giovani Asgardiani: forse per il carattere, forse per l'aspetto o i modi di fare, o forse per il semplice fatto che apparisse più fragile degli altri. Più di una volta gli capitò di tornare negli appartamenti reali dove io e lui dormivamo con gli abiti sporchi di terra, un occhio nero, o il naso sanguinante, o ancora le ginocchia sbucciate. Quei bambini pestiferi trovavano ogni motivo possibile per rendergli la vita maledetta. Ma poi, ci fu una volta in cui passarono il limite e gli dissero ciò che anni dopo sarebbe corrisposto alla verità. Lo chiamarono “mostro”, accusandolo di non essere Asgardiano, di non essere figlio di Odino e altre cose che non riuscirei a ripetere, tanto erano terribili da dire a un bambino fragile e sensibile come Loki. Io l'ho sempre protetto, o almeno ho tentato di farlo. Ciò che è successo alcuni mesi fa è la prova del mio fallimento.
Ora sapete perchè non voglio che vi comportiate così con lui. So cosa ha combinato, c'ero anche io a combattere contro di lui, ma non voglio che si arrechino danni al suo animo già abbastanza logorato. Se volete che collabori, dovete prima cercare di fidarvi di lui e mettere da parte le antipatie e i rancori. Abbiamo un nemico comune da abbattere. Anche l'altra volta all'inizio siamo stati separati, e purtroppo è servito il sangue di Coulson per unirci. E ora? Serve un altra morte, deve essere versato altro sangue prima che ci decidiamo a essere una vera squadra!?” e mentre pronunciava queste parole la sua voce si alzava sempre di più. Il silenzio regnò nella stanza per qualche minuto. Ogni eroe rivolse all'altro uno sguardo tra il sorpreso e il mesto. Il discorso di Thor era stato sincero e passionale, e soprattutto convincente. Il primo a parlare fu Banner, che toltosi gli occhiali da intellettuale disse a Thor: “Thor... Io.... Mi dispiace per quello che ho detto a Loki poco fa..... Ma non sono riuscito a trattenermi, avevo bisogno di dirgli ogni cosa... Non è facile ammettere di dover lavorare fianco a fianco con un ex nemico come lui, devi capire anche noi! Non puoi aspettarti che dopo quello che ha fatto noi ci fidiamo così sui due piedi!” “Ma Loki è cambiato, Bruce! Se solo voi riusciste a vedere come i suoi occhi splendono di una luce diversa, una luce...buona! Lui è stato mandato su Midgard per questo! Perchè tutti potessero vedere che in lui c'era ancora qualcosa di positivo! Dannazione, si è persino.... Si è persino innamorato di una donna! Che altra prova vi serve!?” “Ah, ecco! Quindi lui sarebbe animato da pensieri e sentimenti nobili?” lo interruppe Steve, incredulo alle parole di Thor. “Se è così che vuoi vederla, sì!” rispose l'Asgardiano. “Lui ha dato la sua parola, a me in persona, che avrebbe contribuito a salvare Midgard solo per proteggere la donna che ama!” e Bruce lo interruppe, con in viso una espressione scettica: “Perciò prima non stava bluffando?” “Eh?!” ribatté Thor, non sapendo cosa significasse bluffare, essendo una parola tipicamente midgardiana. Bruce si espresse meglio: “Intendo dire.... Stava quindi dicendo la verità sul fatto di proteggere chi ama?” “Sì, esatto! So che può apparire impossibile, ma è così! E credo che questa sia un motivo più che valido per fidarsi della sua parola. Non oserà lasciare che i Chitauri facciano del male a quella donna!” “ Resta comunque il fatto che sia il dio degli inganni!” disse Natasha. “ Credimi, se avesse voluto ingannarci, non si sarebbe spinto fino al punto di darmi la sua parola! E in ogni caso è privo dei suoi poteri! È un comune essere umano come voi! È soggetto alle regole midgardiane! E sa bene che un suo tiro mancino nei nostri confronti potrebbe valergli la condanna a morte! E non è di certo uno stupido che oserebbe scavarsi la tomba da solo! Lo conosco e so com'è fatto! Possiamo fidarci!” concluse Thor. Fury, che era stato ad ascoltare ogni singola parola della discussione, finalmente parlò: “ Mi pare di capire che a Loki serva solo una possibilità. Perciò, da domani, inizierà a collaborare con noi per prepararci al meglio contro quei mostri.” Thor, ricompostosi, annuì. La parte peggiore era passata, e finalmente avrebbero pensato alle cose davvero serie.
“In quanto ad Asgard, non so dire quando il mio popolo potrà mandare i suoi rinforzi. La città è ancora sconvolta dall'attacco di quelle orrende creature. E perciò credo che dovrò tornare lì per avere notizie.” “Quando puoi partire?” domando Fury. “Posso farlo anche domani stesso!” “Bene. Ma quello che mi preoccupa è la durata della tua assenza. Spero che tu possa andare e tornare in due o tre giorni, non possiamo perdere altro tempo prezioso e il lavoro è molto!” “Cercherò di tornare più in fretta che posso.” “ Bene. Dopo questo, direi che la conversazione per oggi è conclusa. Potete rompere le righe” annunciò infine Fury.
Thor fu il primo ad andarsene silenziosamente, senza dire una parola a nessuno. E per ritirarsi nella propria camera, dovette passare davanti a quella dove si trovava Loki. Si fermò, e, attento a non far rumore, si fermò ad ascoltare. Non vi era rumore nella stanza, forse Loki stava dormendo. Si avvicinò alla porta ed essa si aprì. E infatti il moro giaceva sul letto su di un fianco, immerso in un sonno profondo e rilassato. Il suo viso era disteso, ogni traccia di espressione cancellata temporaneamente da quel viso senza età. I capelli corvini e lunghi che incorniciavano il pallido volto, e che ricadevano morbidamente ormai ben oltre le spalle. Il petto magro ma atletico che si abbassava ed alzava tranquillamente. La bocca serrata ma che non mostrava tensione. Thor non riuscì a trattenersi, e, avvicinatosi al letto, sfiorò la guancia di Loki con il dorso della mano, nel modo più delicato che poté. La pelle era liscia e levigata, come marmo. Passò poi la mano sui capelli morbidi e neri. Si ricordò quante volte, in un gesto di tenerezza, Frigga li aveva accarezzati allo stesso modo, ogni sera, prima di addormentarsi. Si ricordò quanto amore lei e Odino avevano donato ad entrambi, senza mai avere preferenze. E lo amareggiò ripensare a quanto Loki si era sbagliato sul conto di Odino, e sul fatto che lui gli avesse nascosto le sue vere origini.
Thor passò il palmo di nuovo su quella guancia scavata, prima di interrompere il contatto, avendo paura che Loki si svegliasse di scatto, e trovandolo lì, si arrabbiasse come non mai. Thor guardò di nuovo il fratello immerso nel sonno, poi uscì dalla stanza, lasciando Loki da solo nel mondo dei sogni.

POV NARRATORE ONNISCENTE

Quella sera, tranne per Loki e Thor, al resto dei Vendicatori fu quasi impossibile chiudere occhio. Troppi pensieri occupavano il loro cervello.
Steve, che passò metà della sera a rigirarsi tra le coperte, arrendendosi all'insonnia, decise come sempre di andare ad allenarsi nella palestra, per tentare di allontanare per qualche ora le preoccupazioni che ronzavano come insetti nella sua mente. Accese le luci della palestra, senza preoccuparsi di indossare i guantoni, iniziò a tirare pugni al sacco. Un colpo, due, tre, dieci, cento. E via così, consumando con la violenza l'ansia che portava nel cuore.
Per Banner la situazione non fu migliore: non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto perdere il suo autocontrollo nella discussione con Loki. Non riusciva a credere di aver agito con così tanta impulsività. E con la sua brillante espressione di parere aveva mandato a farsi benedire l'equilibrio già precario del gruppo. Non fosse stato per Thor, forse Loki si sarebbe ritrovato di nuovo sbattuto ripetutamente a terra da un bestione verde che dentro di sé aveva la violenza di mille interi branchi di ippopotami impazziti. Thor aveva ragione: dovevano mettere da parte la diffidenza e il rancore e stare uniti. Ne valeva il bene di tutta l'umanità.
Stark mandò giù un altro sorso del suo drink. Non era andata poi così male dopotutto quel primo incontro. Sarebbe potuto andare molto peggio. A quell'ora forse, se fosse andata peggio, avrebbero dovuto fare il turno di notte e giorno in infermeria, al capezzale di Bambi. Oppure Banner sarebbe potuto finire in una gabbia sotto stretta osservazione, o ancora dover fermare Loki dallo strozzare Occhio di Falco con l'arco dell'eroe. E invece avevano finito per scoprire i segreti più intimi di Loki. Tutto ciò sembrava una soap opera in versione leggermente più dark. E ciò divertiva e innervosiva Stark allo stesso tempo. Tony sorseggiò di nuovo il suo drink, prima di addormentarsi sul letto.
Natasha e Clint passarono l'intera notte a parlare sugli avvenimenti della giornata. Ciò che Thor aveva raccontato a proposito del passato di Loki li aveva un po' convinti a fidarsi di lui. Ma non riuscirono comunque a estinguere la loro diffidenza nei suoi confronti. Non avevano abbastanza tempo per decidere se fidarsi o meno di Loki, il giorno seguente lui avrebbe iniziato a lavorare con loro per fermare la minaccia dei Chitauri e il tempo degli indugi era ormai finito. Restava solo cercare di fidarsi di lui. Loki, dovettero ammettere, era la loro sola speranza ormai.

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Capitolo 19
*** 17. Ciò che non uccide fortifica sempre? ***


Salve! Ecco il nuovo capitolo della ff, spero che sia decente e degno della vostra lettura! ^.^ Mi scuso ancora per aver pubblicato il capitolo precedente un po' in ritardo, sono davvero sconclusionata! XD Chiedo di nuovo perdono, e imploro la vostra più mite indulgenza, scusandomi per l'attesa e per il capitolo un po' corto!
Snow.

POV THOR

La notte prima della sua partenza per Asgard, Thor riuscì a dormire solo quelle che sembravano un paio d'ore.
Era ancora notte quando decise di alzarsi e camminare un po', forse anche prendere una boccata d'aria fresca . Così, rivestitosi, uscì dalla propria stanza attento a non fare rumore e non svegliare tutti gli altri, ricordandosi anche che alcuni agenti stavano facendo il turno notturno nella sala principale.
Percorse i lunghi corridoi, accompagnato dal solo lieve rumore dei suoi passi sul pavimento metallico, fino ad arrivare finalmente alla porta dalla quale si poteva accedere ad una specie di cortile, ben recintato, dove di solito degli agenti andavano ad allenarsi quando era bella giornata con l'arco, o anche nella lotta corpo a corpo, o magari per provare una nuova arma.
Varcata la soglia, una lieve brezza notturna lo accolse, pungente e fresca. Nonostante durante il giorno vi erano state delle nuvole che non promettevano bel tempo, con grande stupore di Thor il cielo era adornato di lucenti e splendide stelle, che rendevano meno buia la notte. Le ammirò come se fosse stata la prima volta che le vedeva, come lui e Loki facevano sempre ad Asgard da bambini, quando ogni cosa aveva un vero senso. Tutto quello che si era verificato dal ritorno di Loki avvenuto su Midgard in poi, sembrava solo un brutto incubo, un ramo distorto delle loro vite. Ricordava come ieri quando lui e suo fratello restavano ore e ore a guardare il firmamento dalla terrazza della camera di Loki.Thor chiuse gli occhi, mentre una immagine stava riaffiorando dai suoi tanti ricordi insieme a Loki.

Quella sera il cielo era più bello e stellato che mai: sembrava una infinita distesa di velluto sul quale stavano adagiate morbidamente e in ordine sparso migliaia e migliaia di diamanti. Se qualcuno avesse dovuto chiedere quale fosse il passatempo preferito dei due principi, la risposta sarebbe stata sicuramente osservare le stelle brillare nel cielo, cercare le costellazioni e tentare di dare ad ogni corpo celeste un nome inventato e buffo.
“Guarda, quella sembra il carro che l'altro giorno ho fatto accidentalmente finire nello stagno nel giardino!” esclamò Loki, estasiato e con un sorriso furbetto stampato in faccia. “Io non credo che sia stata una cosa accidentale quella, caro Loki!” rispose Thor, fingendo di avere un'aria sospettosa ma ridendosela anche lui sotto i baffi. “Giuro che non era mia intenzione! Solo credo di aver messo troppa grinta nell'Incantesimo Elevatore!” “Cosa? Stai scherzando? Io direi più Incantesimo per far finire un oggetto con violenza in acqua!” “Avanti, Thor! Sarò pure un aspirante dio delle malefatte, ma posso giurare che è stato un semplice incidente! Ho ancora bisogno di un po' di pratica nella magia!” ribatté Loki, fingendosi offeso. “Beh, basta che non ti venga mai in mente di fare pratica sul sottoscritto, chiaro?” disse Thor, trattenendo una risatina. Dopo qualche minuto passato in silenzio, Loki chiese a Thor: “Credi.... Credi che nostro padre porterà mai anche me su Midgard?”. Thor lo rassicurò, sorridendo e posandogli una mano sulla spalla: “Sì, ne sono più che certo Loki. Ma credimi, non è nulla di speciale! Sai, basta che fai esplodere una tempesta o rimbombare qualche tuono perchè gli umani lo venerino e gli dedichino qualche sacrificio!” “Sono così prevedibili!” esclamò Loki, riferendosi ai Midgardiani, e Thor rispose: “Non temere, fratellino, un giorno Padre porterà anche te su Midgard!” e gli fece l'occhiolino. Loki sorrise, abbracciando forte il fratello maggiore.



Quei ricordi fecero quasi venire le lacrime agli occhi a Thor. Perchè non poteva tornare tutto come prima? Perchè non potevano continuare a volersi bene ed essere fratelli? Perchè erano accaduti tutti quei spiacevoli fatti? Possibile che il suo rapporto con Loki fosse perduto per sempre?
Thor sospirò, sedendosi per terra e continuando a guardare il cielo.
La sua attenzione fu catturata da una sagoma in lontananza. Una sagoma familiare: Loki. Cosa ci faceva lì sveglio a quell'ora? Thor l'osservò mentre scrutava il cielo malinconicamente, il volto illuminato dal pallido chiarore lunare, che faceva sembrare la sua pelle ancora più candida. Loki non parve accorgersi della presenza di Thor. Doveva mancargli molto l'umana, quella Carey. E poi sono io il sentimentale,eh? Pensò Thor sorridendo tra sé.
Andò verso di lui, e pronunciò il suo nome, palesandosi: “Loki?”. Questo si voltò verso di lui, sul viso una espressione scocciata. Chissà quali pensieri doveva aver interrotto Thor.

POV LOKI (CIRCA MEZZ'ORA PRIMA ...)

Loki si era addormentato da più di un'ora quando il suo sonno venne disturbato da un terribile incubo......

Era stata data la possibilità a Loki da parte di Fury per andare a trovare Carey, dopo un duro addestramento prima della battaglia contro i Chitauri.
Loki si affrettò ad andare a casa di Carey, accompagnato in macchina da Stark, dopo che questo era stato pregato da lui con insistenza.
Era notte e si sarebbe dovuto far perdonare da Carey il fatto di tornare dopo tutti quei giorni senza mai aver dato notizie, oltre al fatto di svegliarla a quell'ora.
Appena arrivati sul marciapiede vicino all'abitazione, Loki scese di corsa dall'auto, dicendo a Stark di aspettarlo in macchina, e si diresse verso la porta. Ma qualcosa lo allarmò: la porta era semi-aperta, come se fosse stata aperta dall'interno e poi qualcuno si fosse scordato di chiuderla bene. Il cuore di Loki si fermò un attimo. Del sudore freddo scivolò sul suo collo. I battiti ripresero, divenendo sempre più veloci finchè non sentì il cuore battergli nelle orecchie quasi. Spinse la porta piano, attento a non farla cigolare. Non era successo nulla di buono in quella casa, e qualcosa sicuramente non andava. Qualcosa o qualcuno era ancora lì. E Carey e Jony? Dov'erano?
Stavano bene?
C'era solo un modo per scoprirlo. Loki si fece coraggio e avanzò per il corridoio buio, con il solo suono dei suoi passi come compagni. Dalle finestre veniva una fioca luce lunare, che permetteva a Loki di distinguere solo a malapena ciò che si trovava di fronte e intorno a lui. Passò oltre la cucina, nella quale vi era un trambusto allucinante. La tavola era rovesciata, e ogni cosa era in disordine. Loki notò, prima di passare alle altre stanze, che a terra, in mezzo al vetro e ai cocci vari, vi era un coltello, sporco di un liquido scuro, violaceo, a quanto poteva distinguere. Sembrava.... sangue. E di certo non di Carey, la quale sicuramente aveva tentato di difendersi da qualcuno. Lì era successo qualcosa di orribile. Lì vi era ancora qualcosa che lo stava osservando sicuramente. Esaminò meglio il coltello, pensando a chi o cosa potesse appartenere una linfa così strana. Sentì ad un tratto un rumore, come un grido soffocato, provenire dalle stanze al piano di sopra. Forse era Carey? Doveva controllare, non c'era altro da fare. Salì piano scalino per scalino, con il cuore che galoppava lontano dalla paura e l'angoscia che cominciavano ad attanagliare l'animo di Loki. Non voleva nemmeno pensare a cosa avrebbe trovato lì sopra, desiderava solo che Carey stesse bene.
Finite le scale, sentì un rumore venire dalla stanza da letto di Carey, un rumore come se una voce venisse soffocata. Loki prese coraggio e aprì la porta. Al centro della stanza vi era Carey,a terra. Le sue ginocchia stavano sanguinando e sul viso imbavagliato vi erano tracce di contusioni, e graffi. Doveva essere stata portata in quella stanza con la forza. Da.... chi? Ma non perse tempo a farsi altre domande e piombato vicino alla ragazza, le tolse il bavaglio, accarezzandole i capelli. Le chiese: “Cos'è successo, Carey? Chi ti ha fatto questo?!”. Lei iniziò a piangere, urlando quasi: “Loki, stai attento! È - è una trappola! Lui vuole ucciderti!”. Loki a quelle parole scosse il capo, non sapendo a chi si riferisse Carey: “Chi? Lui chi?!” “Lui è lì, dietro la porta!!” “Cosa?!” chiese sbigottito Loki. Poi capì: Thanos era giunto a casa di Carey per lui. Per ucciderlo! Quando si voltò per fronteggiarlo, riuscì solo a guardarlo di sfuggita, e, senza avere il tempo di gridare, sentì un colpo di arma laser al petto, poi il buio.


Loki si svegliò di colpo, reggendosi sulle mani, respirando affannosamente. La fronte grondava di sudore. Un altro di quei maledetti incubi, e guarda caso proprio dopo aver rivisto Thor. Quell'idiota non gli faceva proprio un bell'effetto.
Quell'incubo era così dannatamente reale e orribile. Se Thanos fosse riuscito a fare del male a Carey? E se fosse davvero quella la sua fine? Poi però, tentando di ragionare lucidamente, si accorse che una cosa del genere non era possibile. Thanos non sapeva nulla di Carey, né del fatto che Loki vivesse con lei. Carey era al sicuro. Almeno per il momento.
Per scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione che l'incubo gli aveva lasciato, si alzò dal letto, deciso a fare quattro passi, e magari prendere una boccata d'aria. S'incamminò lungo il corridoio, appena illuminato, attento a non attirare l'attenzione delle guardie del turno notturno.
Vide che una porta era completamente aperta, e da essa entrava una fresca brezza notturna. Uscì e il venticello gli scompigliò un po' i capelli corvini. Lui accolse la carezza dell'aria come un toccasana, dopo quell'incubo claustrofobico. Quella notte il cielo era coperto di stelle, che splendevano come gemme lucenti, insieme alla loro regina, la luna, sua silenziosa confidente di tante pene e dispiaceri. Si ritrovò ad osservare il cielo rapito, come non faceva da tanto tempo, e subito i suoi pensieri si volsero a Carey. Cosa stava facendo? Le mancava quanto lei a lui? Forse in quel momento stava osservando il firmamento esattamente come lui? Loki lo sperava tanto. Sperava di andarsene presto dallo S.H.I.E.L.D, di rifugiarsi nel calore delle sue braccia, di riabbracciare l'unica creatura che gli dava ancora la forza per vivere, la sua unica ragione per sopportare tutto quello che in quel momento gli stava accadendo: gli scherni dei Vendicatori e di Fury, le dure parole di Banner, il comportamento melodrammatico di Thor. Tutto solo per lei. “Ah, Carey...” disse sussurrando Loki con un sospiro, abbassando gli occhi verso terra. Quanto gli mancava, era come se in quel momento fosse di nuovo vuoto, come se una parte di lui mancasse. Quella ragazza gli era entrata fin dentro le ossa. Poi, ad un tratto, Loki sentì dei passi venire verso di lui. “Loki?” disse la voce di Thor. Non era possibile! Di tutte le scocciature, quella era la peggiore di tutte! Andava all'aria aperta per rilassarsi e si ritrovava quello sbavante scocciatore a tempo pieno iper-premuroso. Loki si voltò, non potendo fare altrimenti. Cercò di rendere il proprio volto il più eloquente possibile, per far notare a Thor che il vederlo era tutt'altro che cosa gradita. Attese che fosse lui il primo a parlare, non avendo lui nulla da dire.

POV THOR

Loki gli rivolse uno sguardo interrogativo, che poteva esser tradotto come un “Ebbene, cosa vuoi?”. Thor si inumidì le labbra, e poi disse, con tono calmo e pacato: “Loki, io... Volevo solo dirti che quello che è successo oggi... Con Banner, e gli altri....” “Thor, ti prego, non ricominciare. Non voglio più parlare di questa faccenda, e se è per questo che hai disturbato la mia momentanea quiete, temo proprio di dover dirti che è un motivo... diciamo abbastanza idiota!” lo interruppe Loki acidamente. Ma il dio del tuono non si dette per vinto, e continuò: “ Volevo dirti che non hanno detto quelle cose con cattiveria, solo che... come dire...” “Stentano a fidarsi del mostro?” azzardò Loki ironicamente, facendo una smorfia che sarebbe dovuta somigliare a un sorriso, ma senza allegria. Thor sentiva che al dio degli inganni arrecava dolore parlare di sé stesso a quel modo, anche se non lo dava a vedere: “Beh, non è proprio come la intendevo io, però sì, non si fidano ancora di te....” “E cosa dovrei fare per dimostrare che non ho cattive intenzioni? Andarmene di nuovo nelle prigioni di Asgard di mia volontà? O consegnarmi a Thanos?” “No, gli occorre solo un po' di tempo per abituarsi all'idea. Tutto qui.” “Tutto qui? Allora, se non ti spiace, io mi ritirerei nella mia stanza...” disse Loki. Ma quando stava per andarsene, Thor lo fermò, afferrandolo piano ma anche con fermezza per un polso, costringendolo a voltarsi: “No! C'è dell'altro!” “Bene, ma sbrigati, sono stanco!” ribattè Loki alzando gli occhi al cielo esasperato. “Sai, da quando sei stato mandato su Midgard, non c'è stato un giorno che negli occhi di nostro padre non vi fosse speranza che tu tornassi sano e salvo e con la testa a posto,e anche la paura che l'averti dato una possibilità si potesse rivelare un buco nell'acqua....” e a quelle parole il volto di Loki trasfigurò, anche se di poco. Nei suoi occhi lucidi vi fu un bagliore di grande tristezza e nostalgia, pochi secondi in cui Thor riuscì a vedere oltre la barriera che lui aveva eretto per sembrare freddo e distaccato. “Nostra madre non ha passato un giorno, fino a quando non sono arrivati i Chitauri, senza che versasse lacrime amare per quel figlio tanto amato e che forse non sarebbe tornato più. E non è quel mostro l'unica ragione per cui mi trovo qui. Sono qui anche per far sì che tu ritorni dalla parte dei giusti e successivamente a casa, dove ti aspettano due genitori con la pena, il dolore e la speranza disperata nei loro cuori. Se tu tornassi a casa, tutti noi avremmo modo di dimostrarti quanto tu ti sia sbagliato su ogni cosa. Per dimostrarti che tutti noi ti abbiamo sempre voluto bene, e che non è mai tardi per tornare a essere quello di prima. Sono sicuro che il Loki che conosco io è ancora qui dentro, seppellito sotto strati di ghiaccio, e che una semplice mortale ha contribuito a ridestare. Fino a quando non avevo saputo che tu ti trovavi su Midgard e intendevi conquistarla, io sono vissuto con il rimorso di essere stato un pessimo fratello, di non esser riuscito a salvarti. Ma non voglio più ripetere i miei errori! C'è del buono in te, ne sono certo!”. Loki, che stava fissando il biondo stupito e incredulo a ciò che aveva sentito, sogghignò, dicendo arrogantemente, ma con voce tremante: “E come fai a dire una simile sciocchezza!?” “Non è una sciocchezza! Chi è davvero malvagio e senza possibilità di redenzione non potrebbe mai provare l'amore per qualcun altro! Tu ami quell'umana, che appartiene a una razza che consideravi inferiore solo mesi fa! E questo tu non lo chiami una dimostrazione che in te c'è ancora della luce, e non solo ombra? Per proteggere Carey sei disposto a rischiare andando contro il mostro con cui prima ti eri alleato, e dubito che uno davvero cattivo farebbe una cosa così avventata e coraggiosa! Loki, nonostante tutto quello che è successo, non è passato un giorno, un istante in cui il bene fraterno che provo per te si è affievolito! Non ho mai smesso di credere in te, in ciò che sei veramente!” “Un mostro di ghiaccio odiato da tutti? Il figlio di Laufey? ” “Mio fratello, il secondo non meno amato figlio di Odino! Colui grazie al quale sono diventato una persona più saggia e umile! Non sei un mostro, te lo dissi tanti anni fa e te lo ripeto ora, lo dirò all'infinito finchè non ti sarà chiaro! Sei un asgardiano, un principe! Non importa se sei adottato o meno, non sono i legami di sangue quelli che contano! Io ti ho voluto subito bene fin da quando ho il primo ricordo del tuo volto! Ti ho sempre considerato un fratello, e non ho mai smesso di farlo! Non importa cosa è successo, o succederà ancora, ci saremo sempre noi, la tua famiglia, a riaccoglierti a braccia aperte!”. A quelle parole Loki distolse gli occhi, rompendo il contatto visivo. Thor riuscì a vedere una lacrima solcare la sua guancia. Ciò che gli aveva detto aveva colpito il dio degli inganni fino al cuore. Thor gli porse delicatamente una mano sulla spalla all'improvviso tremante, e lo rassicurò con delle parole dal tono dolce e calmo:“Loki, fratello, nostro padre non ha smesso un giorno di pensare a quello che tu stavi facendo dopo il tuo arrivo sulla terra, non c'è stato giorno in cui non fosse preoccupato per te!”. Loki lo guardò di nuovo, gli occhi umidi, la bocca tremante, come incapace di parlare. Si scostò bruscamente da Thor, come per allontanarsi da una belva ostile. E, senza guardarsi indietro, ritornò dentro, lasciando da solo Thor, il quale era rimasto non poco male per il modo in cui il fratello lo aveva guardato. Uno sguardo di incredulità, di tristezza, di un male al cuore troppo a lungo sopito. Loki non poteva credere alle parole di Thor, non dopo che Odino senza batter ciglio lo aveva mandato in esilio. Loki aveva da molto perso la fiducia nel padre degli déi, e ciò che il dio del tuono gli aveva appena detto di certo rendeva ancora più amara la cosa. Cosa avrebbe dato Thor per vedere Loki tornare a stare bene, a essere quello di prima. Sospirò mestamente, ravviandosi i capelli, e decidendo di ritornare nella sua stanza. L'indomani avrebbe dovuto affrontare il viaggio verso Asgard.

POV LOKI

Se l'era data a gambe. Era stata la sola cosa che aveva potuto fare in quel momento, quando aveva sentito crollare di nuovo qualcosa dentro di lui. Forse le riserve e il rancore nei confronti di Odino? Ma sapeva che le parole di Thor lo avevano turbato come non mai. Ormai non sapeva più cosa pensare su chi. Come poteva Odino amarlo come un figlio dopo tutto quello che aveva fatto? Dopo che lo aveva quasi consegnato nelle mani di Laufey, dopo che aveva tentato di ingannare tutti? E soprattutto, dopo aver affrontato il suo processo con rigidità e assenza di quasi ogni singola emozione? Sembrava un incubo tutto ciò. Cosa pensava di ottenere Thor con quel discorso strappalacrime? Loki non avrebbe dimenticato mai di aver passato anni della sua vita all'ombra del dio del tuono. Se Odino davvero lo avesse amato, Loki non avrebbe mai dovuto leggere nei suoi occhi la delusione, mentre lui e Thor si trovavano a un passo dal cadere dal Bifrost. E, nonostante Loki non credesse fino in fondo alle parole del biondo, era riuscito a fare un po' breccia nella sua corazza. Era vero che lui era riuscito a provare l'amore, ma ciò non cancellava chi era né cosa aveva fatto, e non poteva credere a quando Thor aveva detto che in lui c'era del buono. In lui non vi era più nulla, o se c'era qualcosa, era stato ciò che provava per Carey a riempirlo di nuovo, a dargli uno scopo per esistere. Non fosse stato per il fatto che il bene di Carey era legato a quello della Terra, Loki avrebbe fatto a meno sicuramente di immischiarsi nell'impresa per salvare quel pianeta dalla distruzione.
Si asciugò gli occhi, tentando di fermare le lacrime, senza riuscirci. Odiava apparire così fragile, e tanto meno se con lui vi era quel sempliciotto di Thor. Odiava quando tanti ricordi, tristi e felici, riaffioravano alla sua mente. Odiava come si sentiva in quel momento, senza riuscire a pensare a nulla fuorché al dolore che gli causava ripensare a come si era sentito messo da parte in tutti quegli anni. Certo per Thor era facile parlare e fare bei discorsi, ma non sapeva cosa si provava a sentirsi sempre quello sbagliato, il meno amato, quello che non riusciva a splendere di luce propria senza che quella del “fratello” venisse ad affievolirla. A causa sua Loki non era mai riuscito a rendere davvero fiero Odino. Aveva sempre dovuto reggere al confronto con il fratello maggiore, il figlio eletto. Come poteva Loki non avere complessi di inferiorità? Thor era il più bello, il più forte, il buono della situazione. E lui? Lui cos'era stato per tanto tempo? Il fratellino minore, l'ombra dietro la possente figura del dio del tuono, colui dal quale era meglio stare lontani. Mai nella sua vita, a parte da sua Frigga e, malgrado tutto Thor, , aveva ricevuto un gesto di affetto sincero e puro, un abbraccio che riuscisse a infondergli del calore fin dentro le sue ossa. Nessuno, al di fuori della sua famiglia, lo aveva mai amato, ed era stato necessario minacciare la sicurezza dei Nove Mondi perchè riuscisse a trovare qualcuno che lo apprezzasse e lo amasse. Ma Carey lo amava per l'uomo che lui aveva finto di essere, non per chi era in realtà, e dubitava che lei avrebbe continuato ad amarlo scoperta la verità. Sarebbe rimasto davvero solo. Quindi, come poteva Thor pensare di convincerlo a tornare ad Asgard, dove Loki sapeva che non c'era posto per quelli come lui, per una pecora nera. Loki non poteva più tornare quello di un tempo. Tutti i cambiamenti erano irreversibili, di sola andata, e Loki non poteva certo sfuggire a questa legge inflessibile. No, non sarebbe tornato ad Asgard, sotto gli occhi compassionevoli di Thor e della regina e quelli severi di Odino, che un tempo Loki chiamava padre, e che ormai l'ex dio degli inganni aveva deluso. A dir la verità, Loki non aveva creduto nemmeno a una parola di quello che Thor gli aveva detto poco fa. Loki aveva vissuto per anni e anni di bugie e omissioni, perchè quella volta sarebbe dovuto essere diverso? Lui non si fidava più di nessuno, la verità era quella, tanto meno di coloro che gli erano stati più vicino. La prospettiva attuale era di aiutare i Vendicatori, dire la verità a Carey prima della battaglia, e affrontare infine Thanos, e se doveva morire, era sicuro che non avrebbe avuto alcun rimpianto. Il riscatto era solo verso sé stesso, era provare che forse in lui vi era dell'altro. Ma di tornare nella prigione dorata di Asgard non se ne parlava. Lì avrebbe solo conosciuto di nuovo sofferenza e tristezza. Per lui là non vi era gioia, e sicuramente se anche fosse tornato dubitava che gli Asgardiani lo avrebbero accolto a braccia aperte, e voleva risparmiarsi tutto ciò. Forse, per lui non vi era posto da nessuna parte, era qualcuno o qualcosa di sospeso fra i mondi, un continente privo di nome, sperduto in mezzo all'oceano, impossibile da trovare. Forse questo era Loki. Forse il suo destino avrebbe anche preso una piega diversa, ma in quel momento ciò rimaneva solo una pallida speranza.
Loki si appoggiò al muro, scivolando poi fino al pavimento, con la schiena che strisciava sulla parete. Respirò profondamente, riuscendo a calmarsi, e a scacciare per un po' quei pensieri. Avrebbe preferito la condanna a morte al posto di ascoltare altre assurdità venir fuori dalla bocca di Thor, poco ma sicuro. In quel momento il suo odio per lui si riaccese un po'. Lo odiava per avergli messo in testa più dubbi di quanti non ne avesse già da prima. Voleva andarsene dalla base spionistica, ma per farlo vi era solo un modo: collaborare con quella banda di “creature smarrite”, come li aveva chiamati tempo addietro. Da domani avrebbe dovuto lavorare con loro, e poi sarebbe tornato da Carey, per dirle tutto.
Si trascinò fino al letto, riuscendo, dopo un po', a riprendere il sonno, e per una volta gli incubi gli dettero tregua.

POV NICK FURY

La “riunione” con Loki non era andata come sperava Fury. Nessuno di loro si sarebbe mai aspettato che Loki dicesse sul serio quando parlava del motivo per cui voleva aiutarli. E loro si erano lasciati prendere la mano. Pensandoci bene non era bene che lo prendessero in giro a quel modo, non quando era così ben disposto nei loro confronti. E la conversazione con Banner non aveva fatto altro che alzare il livello di tensione. Se davvero Loki voleva aiutarli, avrebbero avuto di che scusarsi. E dopo ciò che aveva raccontato Thor Fury involontariamente aveva sviluppato nei confronti del dio del caos e degli inganni una certa compassione. E domani entrambe le (semi) divinità avrebbero agito a seconda dei propri compiti. Thor sarebbe dovuto tornare in fretta da Asgard, con notizie si sperava belle, e Loki avrebbe iniziato a dare loro ogni informazione sugli alieni che sarebbero giunti nel giro di poco tempo.
L'agente Hill riportò Fury alla realtà, fuori dai pensieri. “Signore come...” “Come è andata intendi? Diciamo che ci vorrà un miracolo per riuscire a mettere d'accordo quei soggetti...” “Ma non c'è più molto tempo.... È sicuro che Loki non stia mentendo solo per tenderci una trappola?” “Hill, capisco il tuo sospetto, ma punto primo: non abbiamo scelta. Punto secondo: neanche lui ce l'ha, e in più è privo di poteri, come ha affermato Thor. Punto terzo: le parole di Loki suonavano sincere e prive di inganno. E come ti ho detto, in ogni caso lui è l'unica speranza che ci resta.” “E se l'aiuto di Loki.... se non fosse abbastanza per sconfiggere i Chitauri questa volta?” . Fury si girò verso l'agente, accennando un sorriso: “Agente Hill, non è il caso di essere pessimisti. Li abbiamo presi a calci una volta e lo faremo di nuovo! Vedrai che con Loki dalla nostra parte non avranno speranza! Lui conosce ogni cosa su di loro.”. Maria Hill annuì: “Bene.” e detto questo, andò via dalla sala riunioni, lasciando Fury da solo. “Almeno, spero che con Loki quei mostri non abbiano speranza....”sussurrò il capo dello S.H.I.E.L.D, alzandosi da una delle poltrone e ritirandosi nella sua cabina, per riposare prima di tutto il lavoro che li aspettava l'indomani.

POV CAREY

Ormai era passato più di un giorno da quando Loki se ne era andato, e Carey da quando aveva scoperto chi era lui in realtà non riusciva a non piangere disperatamente ogni tanto. Ricordava incessantemente tutti i momenti intensi che avevano condiviso, il loro primo “incontro”. Doveva averlo capito dall'inizio che c'era qualcosa che non quadrava in lui, dai vestiti strani che portava e da quel nome tanto familiare, e soprattutto dal fatto che fosse come piombato come dal nulla nel suo giardino. Quando sarebbe tornato, prima gli avrebbe fatto confessare tutta la santa verità, e poi cacciato fuori di casa sua per sempre, non gli interessava che fine avrebbe fatto, per lei potevano anche riportarlo in quello strano mondo da dove veniva, ma doveva sparire dalla sua vita e da quella di Jonathan. Lei avrebbe trovato il modo di ritirarsi su, anche se con il cuore a pezzi, ma doveva farlo, per il bene proprio e di suo figlio. Se lui davvero l'avesse amata, le avrebbe detto la verità dall'inizio, sarebbe stato sincero, e non l'avrebbe abbindolata con quelle sue belle parole. E lei avrebbe dovuto lasciarlo nel giardino a morire di gelo e di febbre. Non avrebbe dovuto aiutarlo, né permettergli di entrare nella sua vita, nel suo cuore a quel modo. Si era lasciata alle spalle Andrew per lo stesso mostro che glielo aveva portato via. Sperava proprio che gli alieni che lo avevano aiutato a invadere New York in quel momento lo stessero cercando, almeno avrebbe avuto la punizione che meritava. Ormai, per lei Loki era sia un nemico che un estraneo.

POV THOR

Il dio del tuono si svegliò all'alba. Era terribilmente teso per ciò che temeva di trovare ad Asgard, e cercò in tutti i modi di non pensarci, anche se risultava quasi impossibile. Si diresse nella sala di controllo, dove vi trovò Fury: “È tempo di andare, Fury. Temo quello che potrei trovare ad Asgard, ma devo sapere quanto il mio popolo è disposto ad aiutare voi Midgardiani. Tornerò appena avrò chiara la situazione!” “Bene, ora siamo anche nelle tue mani, Thor. Mi raccomando, sii prudente, e non stare via tanto a lungo, abbiamo bisogno di te anche qui. Sai, non sono sicuro di quanto potrei sopportare l'arroganza di tuo fratello!” rispose Fury con un sorriso. “Riguardo a Loki, vi prego, cercate di prenderlo per il verso giusto. Non possiamo permetterci una divisione interna, e sarebbe la fine se non riuscissimo a collaborare tutti insieme, Loki compreso.” “Tranquillo, faremo del nostro meglio!” disse Nick, dando una pacca sulla spalla a Thor.
Thor non perse altro tempo, e, uscito dalla base dello S.H.I.E.L.D, richiamò il martello. Il Bifrost era stato ricostruito e perciò, incrociando le dita, Thor tentò di chiamare Heimdall, sperando che non fosse successo nulla al guardiano dopo la battaglia contro i Chitauri. “Heimdall! Mi senti? Devo tornare ad Asgard!”. Nessun raggio di energia venne in risposta. Thor richiamò di nuovo il guardiano, ma non ottenne di nuovo alcuna risposta. Non gli rimaneva che volare con il Mjolnir alla volta di Asgard. La situazione doveva essere davvero grave,e Thor iniziò ad essere davvero preoccupato.

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Capitolo 20
*** 18. Pericoli scampati e difficili collaborazioni... ***


Salve miei cari! Vi ho promesso che sarei presto tornata con un altro capitolo e così ho fatto! Spero che vi piaccia come quelli precedenti, perdonatemi se è un po' breve.... Ancora è presto per i ringraziamenti ma me ne infischio XD …. Grazie a chi ha recensito e mi ha anche sostenuto, soprattutto Red_sayuri, MsShakira e SenzaNome, e a tutti gli altri ovviamente! :DD Okkei, dopo questo attimo strappalacrime, godetevi il capitolo! Aspetto le vostre recensioni!
Un bacione, Snow.

POV LOKI

Loki si svegliò la mattina presto, dato che la sua mente era affollata da troppi pensieri perchè potesse continuare a dormire. Appena i suoi occhi furono del tutto aperti, rimase seduto sul suo letto, e osservò, guardandosi il petto e le gambe che indossava gli stessi vestiti da quasi due giorni. Doveva decisamente cambiarsi, e il modo migliore per cominciare era fare una bella doccia rinfrescante. Perciò, si alzò dal letto e, uscito dalla stanza, o cabina, presa una direzione, la seguì, fino a quando si accorse di non sapere dove fossero le docce, né dei vestiti di ricambio, anche se ciò avrebbe significato indossare delle divise da agente, come quel Phil che aveva ucciso, o peggio come quella di Occhio di Falco.
Ma prima la doccia. Però questo vuol dire che dovrò chiedere a qualcuno dove si trovano i bagni in questa infernale struttura spionistica! Oh, ecco quel citrullo del soldato senza tempo. Mi rivolgerò a lui. Pensò Loki, notando che Rogers stava arrivando verso la sua direzione, assorto nei suoi pensieri e con un sacco da pugilato sulle spalle muscolose. Forse stava andando ad allenarsi. Ma Loki, guardandolo meglio, potè constatare che Steve era coperto di sudore. Doveva essersi allenato a tirare pugni a quel sacco tutta la notte.
“Che ci fai qui, sveglio a quest'ora?” gli chiese gelidamente il soldato: “Oh, non avevo sonno e ho deciso di alzarmi.... E volevo chiederti cortesemente” rispose Loki sottolineando la parola cortesemente “se potessi dirmi dove si trovano le docce.” disse infine, sforzandosi di sorridere, anche se quello che ne uscì sembrò di più il muso di una belva digrignante. Era da quando si erano scontrati quella sera a Stoccarda che Loki non aveva preso in simpatia quel super uomo. “Non devi sforzarti di essere gentile con me, Loki.... Riguardo a ieri sera, volevo chiedere scusa a nome di tutti i miei compagni, non intendevamo offenderti...” “ Ti prego, risparmia le scuse, non me ne faccio nulla. Io sono qui solo per ragioni personali collegate al vostro pianeta, ma ciò non significa che vi consideri amici. Una volta che avrò detto tutto quello che c'è da dire sui Chitauri e chi li guida, me ne andrò da questo posto, e tornerò dove mi trovavo fino a due giorni fa. E ora se non ti spiace, vorrei mi dicessi dove si trovano le docce...” concluse Loki, non volendo più tornare sulla storia della sera prima, per la quale aveva già discusso con Thor. Steve annuì debolmente, poi disse: “Hai ragione... Ma dato che dovremo lavorare insieme per un po', direi di provare a familiarizzare gli uni con gli altri.... Seguimi, ti mostro le docce, tanto ci stavo andando anche io.” “Fantastico!” borbottò Loki scocciato. Non gli andava di iniziare la giornata in quella maniera, ma non aveva scelta. Si rammentò che presto se ne sarebbe andato da lì.
Dopo aver percorso almeno tre corridoi, arrivarono in silenzio presso una porta, sulla quale vi era una scritta nera “Avengers”. Rogers, schiaritasi la gola, proferì: “Ehm, questa è la sala docce creata apposta per i Vendicatori, una cosa conferitaci da Fury come premio, diciamo, dopo la tua sconfitta, se mai ci fosse stata la necessità di ritrovarci uniti allo S.H.I.E.L.D....” e, aperta la porta, si ritrovarono di fronte ad altre due: una sala per uomini, un'altra per le donne. Ovviamente entrarono in quella per uomini, e ci che si presentò agli occhi di Loki superava le sue carenti aspettative. Vi era una fila di docce, almeno una quindicina, tutte munite di vetro opacizzato e separate, per la privacy dovuta. Di fronte vi erano poi i lavandini, di marmo, con tanto di specchio sopra. E più in là, ancora, i gabinetti, ognuno appartato rispetto all'altro. “Devo dire che Fury vizi molto i suoi animaletti.” ironizzò Loki, con un mezzo ghigno stampato in faccia. “Beh, sai, credo che dal tuo punto di vista questa sala sia povera, in confronto allo sfarzo dove un tempo eri abituato a vivere.....” “Non azzardarti a insinuare che io sia un principino viziato!” replicò infastidito Loki, a denti stretti, voltandosi verso il soldato biondo. “Okay, okay, sei tu che hai cominciato a fare il simpaticone, non io! E poi sto solo dicendo la verità!” “Io credo che tu non sappia proprio nulla di come vivevo io ad Asgard. Sai, contano pochi i lussi quando ti ritrovi senza cervello come Thor!” “Via, tuo fratello non è poi così male!” “Non chiamarlo a quel modo! Non è mio fratello, intesi? Non è mai stato nulla per me!”. Steve alzò le mani in segno di resa. Era inutile mettersi a discutere con Loki, lo aveva capito anche lui. “Beh, non volevi farti una doccia? Che aspetti” gli chiese Steve. Loki spalancò gli occhi, scioccato: “Come osi?! Io dovrei spogliarmi di fronte a te? Non se ne parla proprio! Prima fuori dai piedi!” “Hey, maestà, qui siamo sulla Terra e in ogni caso si da il caso che sei tu quello a essere ospitato qui dentro, non io!” “Beh, io vorrei comunque un momento per spogliarmi lontano da occhi indiscreti, se non ti spiace!” “Va bene! Come vuoi! Vuol dire che aspetterò fuori 10 minuti!” disse Steve infine, esasperato, e uscì dalla sala, sbattendo quasi la porta alle sue spalle, lasciando Loki solo. Finalmente! Pensò Loki, iniziando a togliersi di dosso i vestiti che gli aveva dato Carey, cioè una camicia bianca e dei pantaloni neri. Azionò il getto d'acqua, e vi si pose al di sotto. L'acqua penetrò in mezzo ai suoi lunghi capelli corvini, appiccicandoglieli al collo e alla parte superiore della schiena. Il suo corpo si sentì rigenerato dall'acqua calda, e, aprendo gli occhi, scorse da un lato della doccia un flacone di sapone. Lo prese e cominciò a spargerselo su tutto il corpo, e anche sui capelli, risciacquandosi infine. Chiuse il getto d'acqua, e, preso l'asciugamano che aveva posto lì vicino, se lo avvolse intorno alla vita. Si accorse che il soldato era ancora sotto la doccia. Ne approfittò per guardarsi un attimo allo specchio. Il riflesso non era una bella visione. Nonostante si fosse sempre nutrito e curato ultimamente, il viso era scarno più del solito e pallidissimo, e di certo i capelli bagnati non aiutavano a camuffarlo, e sotto gli occhi, che sembravano essere più grandi e verdi del solito, vi erano due impercettibili occhiaie, che forse sarebbero sfuggite a un umano comune, ma non a lui. Il resto del corpo non era messo meglio: sul petto, seppur abbastanza atletico, risaltavano un po' le costole. Su viso, una espressione insofferente e malinconica. Il legame con quella giovane donna lo aveva talmente vincolato da fargli questo effetto quando non si trovavano insieme? La sua felicità era a tal punto collegata dalla presenza di Carey? Forse. O forse era anche per il fatto che Loki in quel momento stava ripensando alle parole di Thor della notte prima. E per questo si odiò in quel momento. Se non gli importava più nulla di quel rompiscatole con il martello perchè allora non poteva fare almeno di pensare alla loro discussione senza che ai suoi occhi affiorassero delle lacrime, come in quel preciso istante?
“Allora, ti sei rinfrescato un po' le idee e l'animo?” chiese Steve. Loki non si era accorto che il rumore dell'acqua che stava scorrendo si era placato e l'eroe si trovava vicino a lui, anch'egli solo con un asciugamano attorno ai fianchi. E guardandolo di sfuggita Loki, per la prima volta, provò un senso di invidia dal punto di vista fisico. Invidia per quei muscoli marmorei, per quegli arti possenti e così diversi dai suoi, al confronto gracili. Però poi sorrise ripensando a come gliele aveva comunque suonate quella volta a Stoccarda,e si rinfrancò un pochino. Non doveva permettere a sé stesso di sentirsi inferiore. Era stanco di non sentirsi all'altezza degli altri, e così rifuggì dal riflesso nello specchio di quel fisico statuario. E forse un'altra cosa che invidiava era il fatto che il cuore di quello Steve, anche se era stato sepolto nel ghiaccio per anni e anni, era ancora puro, stracolmo di bontà, e il peggio era che all'incirca lui e Loki avevano la stessa età. Il cuore di Loki era ben diverso, plasmato da anni e anni di risentimenti, rabbia sopita, disperazione e sete di vendetta. Forse era stato addormentato dalla dolcezza e ingenuità di Carey, o forse dalla rassegnazione di non poter essere quello amato e rispettato. Qualcosa dentro di lui era cambiato. Ma sarebbe stato sufficiente? Loki sperava di sì. “Che c'è? Brutti ricordi?” chiese Steve, vedendolo pensieroso. “No, non ho niente, ho... ho dormito poco, ecco tutto.” tagliò corto Loki. Non voleva comprensione né gentilezza da Steve né nessun altro dei Vendicatori, gli bastava la pena che provava lui per sé stesso. Loki si ricordò di doversi vestire, e chiese, secco e senza espressività: “Dove sono tenuti i vestiti?” “Oh, ehm... Lì dentro, in quell'armadio.”. Loki si diresse dove aveva detto Steve. Aprì le ante e vi trovò diverse divise, come quelle di Coulson, o come quelle degli agenti, sia blu che nere. Ma fu una ad attirare la sua attenzione. Era completamente nera, non aderentissima, e chiusa da una zip fino al collo. Aveva degli spazi appositi dove mettere delle armi da fuoco e le munizioni, cosa di cui Loki non aveva bisogno al momento. Infilò la divisa, e gli stivali vicini ad essa, e si asciugò i capelli, tamponandoli con l'asciugamano. “Oh, mi dimenticavo di dirti che Thor non ci sarà per un giorno o forse due...”. Loki, che stava per uscire dal bagno, si voltò verso Steve: “E dove è andato?” “Ieri sera, dopo che ti aveva accompagnato nella tua stanza, è tornato nella sala delle riunioni e ci ha detto di dover ripartire alla volta di Asgard, per sapere in che condizioni si trova la città dopo l'attacco di quei mostri dallo spazio....” “Benissimo, così dovrò aspettare quel citrullo per iniziare le lezioni su Chitaurologia?!” disse Loki causticamente seppur anche con ironia. “Beh, non necessariamente, ma...” “Bene.” lo interruppe Loki, e detto questo uscì dalla stanza, lasciando Steve senza parole.
Perfetto! Era davvero magnifico! Ora doveva pure attendere che il signorino testa gialla tornasse dalla sua ispezione asgardiana! Così sarebbe tornato da Carey tra un centinaio di anni se tutto fosse andato bene! Incredibile, doveva sempre mettergli i bastoni fra le ruote quell'allocco! E poi, come se non fosse chiaro che fine avesse fatto Asgard sotto il violento attacco di Thanos. Lì non c'erano stati sicuramente i Vendicatori a difendere la città, quindi Thor stava sprecando solo il suo tempo. A quell'ora erano già tutti belli che morti. E, malgrado volesse reprimerlo, Loki al solo pensiero sentì il cuore restringersi. Ma a lui cosa importava se Asgard era stata distrutta o meno? Lì nessuno lo voleva, né mai lo avevano voluto davvero, per quanto Thor facesse il melodrammatico smielato come era solito fare. “Ah, al diavolo!” sibilò Loki, scacciando quei pensieri, e si diresse verso la sala di controllo, dove sicuramente stava Fury. La giornata era già cominciata storta, e di certo non poteva finire che peggio.

POV THOR

Finalmente atterrò sul ponte Bifrost ricostruito. Era in ginocchio, e quando si rialzò, di fronte a lui si presentò un paesaggio terrificante: la reggia, dove risiedeva Odino insieme alla corte, era stata rovinata in moltissimi punti. Si avvicinò di corsa, e quando entrò dentro le porte della città spalancate la visione fu ancora più agghiacciante: l'interno della città era stato quasi completamente raso al suolo, ancora da molte case veniva su del fumo, resti di un incendio. Regnava un silenzi di tomba. Nessuno era nei paraggi, a parte i corpi dei cittadini qua e la. Si diresse di corsa alla reggia: le porte erano state buttate giù. Anche lì vi erano diversi corpi esanimi, di cortigiani e servitori.
Percorse i corridoi, diretto alla sala del trono. Arrivato, notò che esso era stato rovesciato, ed era andato in pezzi. E anche lì, a parte delle guardie a terra morte, non vi era nessuno. Ma dove erano finiti i suoi genitori, Lady Sif, Hogun, Fandral e Volstagg?
Poi, qualcosa nella sua mente si accese improvvisamente. Un ricordo, molto sfocato, di quando, prima di partire per Midgard, suo padre gli aveva detto.... “Se, tornato da Midgard, non dovessi trovarci nella reggia, cercaci al di sotto delle segrete.”. Ma certo! Suo padre parlava dei passaggi segreti sotto le prigioni, che una volta aveva mostrato a Thor e Loki quando erano dei fanciulli. “Ricordate figli miei! Se dovessero attaccare la città e non ci fosse possibilità di resistenza, avete l'obbligo morale, non solo chi regnerà, ma anche chi rimarrà un principe, di mettere in salvo più persone possibili. L'amore verso il proprio popolo si misura con i sacrifici che siete disposti a fare per esso, non scordatelo.” Già, Odino si era raccomandato a Thor e Loki di proteggere il popolo e di essere uniti fra di loro, e invece ecco com'era andata a finire. Suo fratello esiliato sulla Terra, un mostro con un esercito altrettanto di mostri e Asgard semi distrutta. A quell'ora, suo fratello e lui potevano trovarsi entrambi di fronte a un fuoco nella sala dei banchetti, magari tutti e due sposati e con dei figli. Potevano ancora scherzare e parlare fra di loro affettuosamente, guardare le stelle nel cielo, andare a caccia, allenarsi con la spada, oppure Thor poteva godere dello spettacolo mozzafiato di Loki che si allenava con gli incantesimi, o osservarlo mentre era immerso nella lettura, su mondi a Thor sconosciuti. Quello avrebbero dovuto essere, non due ex nemici che a malapena riuscivano a parlare senza litigare. Il tono tagliente e freddo della voce di Loki lo feriva, come lo aveva ferito vederlo piangere la notte prima quando Thor gli aveva detto quelle cose su Odino e Asgard. Lui era suo fratello maggiore, e il suo compito sarebbe stato quello di non farlo soffrire e di renderlo felice con ogni mezzo in suo potere, e aveva fallito miseramente. Malgrado ciò, Thor sperava sempre in un perdono, anche parziale, da parte di Loki, per vedere di nuovo sul suo volto quel sorriso spontaneo e ilare che aveva sempre avuto, e veder sparire quella espressione malinconica o quei ghigni privi di gioia che aveva ultimamente adottato.
E intanto, percorreva i corridoi delle segrete, umidi e semibui, non fosse stato per le torce sempre accese. Poi, arrivò in quello dove suo padre gli aveva detto esserci una botola, che portava, mediante una scala, a dei piani ancora più sotto delle segrete normali. Gli spazi erano abbastanza areati e molto vasti, come una città sotterranea. Quando scese nella botola, Thor sperò solo che suo padre e sua madre fossero sotto le segrete con gli altri. E le speranze furono ripagate. Qualcuno gli saltò al collo appena ebbe finito di scendere la scala. Era sua madre, che lo stava stritolando per quanto lo abbracciava forte. “Madre, sei salva!” disse Thor, ricambiando l'abbraccio. Sentì una mano poggiarsi saldamente sulla sua spalla. Era la stretta di Odino ne era certo. “Padre! Anche voi siete vivo!” esclamò Thor, voltandosi e sorridendo. “Sì, figlio mio, siamo riusciti a salvarci e a portare qui più gente possibile.” rispose Odino, indicando la folla alle spalle di Thor, il quale si voltò e, con felicità, vide che i sudditi salvatisi erano in molti: la maggior parte erano donne e bambini, vi erano poi molti anziani e anche uomini giovani. E lì in mezzo, scorse anche Heimdall, alquanto malridotto, ma che ancora riusciva a stare in piedi. “Heimdall, sono felice che anche tu sia salvo! Quando non ho ottenuto risposta, temevo il peggio!” disse Thor, sorridendo al guardiano dall'armatura d'oro, che ricambiò, silente come sempre. Il sollievo di Thor fu immenso. La sua gente, o almeno gran parte, era salva, e anche la sua famiglia. Ma.... I suoi amici? “E dove sono Sif e gli altri?”. Il sorriso di Frigga si spense, e un'espressione addolorata si dipinse sul volto: “Vieni con me, figlio mio....” e, presolo per mano, lo condusse in mezzo alla folla. Arrivarono in un punto dove, in un angolo, vi era il medico reale. Lì vicino, stesi e sofferenti per le ferite, vi erano Sif e gli altri suo amici. “Fandral...” sussurrò Thor. “Maestà, i vostri amici si sono battuti con coraggio per salvare la città. Sono ridotti un po' male, ma non sono in pericolo di vita. Hanno solo bisogno di riposare ed essere curati.” “Bene....” rispose Thor, e sua madre gli strinse ancora di più la mano. “Thor... Loki...?”. Thor esitò prima di rispondere. Sul viso una espressione mesta, che fece preoccupare Frigga: “Oh! Non sarà...” “No, madre! Tranquilla, sta bene! È solo che non sembra intenzionato a voler tornare qui ad Asgard....” la rassicurò Thor, risparmiandole il fatto che Loki credesse che nessuno lì lo avesse mai veramente amato. Sarebbe stato davvero troppo. “Ma la cosa positiva, è che aiuterà me e gli eroi midgardiani a sconfiggere il mostro che ha attaccato la nostra città. E....” “Cosa? Parla Thor!” “Beh... Non ci crederai, ma si è innamorato di una midgardiana, come me... E farebbe di tutto per farla star bene.... Anche se ho come l'impressione che le abbia omesso molte verità sul proprio conto e anche sul mio.....” “A me basta sapere che lui è felice, anche se non vuole tornare ad Asgard, noi lo ameremo sempre, anche da lontano.” “Oh, madre! Quanto vorrei che tutte le cose successe con lui non fossero mai avvenute!” disse Thor, quasi con le lacrime agli occhi, facendosi abbracciare dalla madre come quando era bambino.
Più tardi, Thor e Odino parlarono di quello che era successo ad Asgard: “Quando tu partisti per Midgard, la situazione peggiorò drasticamente. Il palazzo, come avrai visto, è stato distrutto o quasi, e molti sono rimasti uccisi nel tentativo di salvare le proprie case e i propri cari. Eravamo quasi impreparati,e perciò non vi erano truppe che potessero difendere i cittadini. Così, senza alcun'altra via di uscita, ho fatto scendere tutti quelli che potevo qui sotto, in attesa che tu tornassi. E presumo che ormai quei mostri se ne siano andati.” “Si, Padre.... Ma hanno lasciato dietro di loro devastazione e morte.... So che è una richiesta un po' assurda da fare ora, ma su Midgard abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile per sconfiggerli una volta per tutte.... Ora abbiamo anche Loki dalla nostra parte...” “Loki?” lo interruppe, scettico Odino, non potendo credere che Loki fosse veramente cambiato durante l'esilio: “Si, padre, Loki è cambiato... grazie a una midgardiana e per proteggerla è disposto ad allearsi con me.... Forse con lui non tutto è perduto come pensavamo....” rispose Thor sorridendo e guardando il padre, si accorse che egli aveva gli occhi lucidi, malgrado la solita compostezza potesse ingannare. “Mi pare di capire che avete bisogno anche delle forze rimaste di Asgard..... Va bene, così sia. Ma dovrò chiedere presso gli altri sei mondi se possono unirsi a noi. Solo il nostro esercito non sarebbe sufficiente....” “Noi...?” “Non crederai che Jotunheim, dopo l'uccisione del loro capo, venga ad aiutarci?” “Potremmo almeno provare a chiederglielo? Forse siamo noi a sbagliarci....” “Ah..... E va bene.... Ma con gli Jotuns nulla è garantito....” “Sarò io stesso a parlare con il loro nuovo capo! Partirò domani stesso, e, prima di tornare su Midgard, verrò da voi!”. Odino gli pose una mano sulla spalla, gesto più affettuoso e paterno di quanto si potrebbe pensare, e Thor lo sapeva. Stava rendendo fiero suo padre, e nulla poteva renderlo più felice, a parte riacquistare la fiducia e l'amicizia di Loki, si intende.
Erano state portate delle provviste nel momento della fuga, così alcune donne si misero a cucinare per tutti,e Thor consumò il povero pasto insieme ad altri mille e più asgardiani, mentre il padre gli raccontava di altri particolari di quel sanguinoso assalto dei Chitauri. E l'informazione che preoccupò di più Thor, fu che il Tesseract era stato probabilmente preso. Perciò la situazione era ancora più drammatica di quanto potesse essere stata prima. Doveva davvero sbrigarsi a tornare su Midgard per avvertire gli altri di questa scoperta agghiacciante.
Poi si mise vicino ai suoi amici, vegliando su di loro, mentre ancora erano privi di sensi, fino a quando non si addormentò.

POV NICK FURY

 

Thor era partito da un pezzo oramai, e Fury sentiva già l'ansia e l'apprensione crescere nel suo cuore. “Hill, manda a chiamare i Vendicatori e il nostro amico Loki, è ora di darsi da fare! Di' loro di raggiungermi nella sala riunioni, come sempre. ” esclamò Nick autoritario all'agente che, senza perdere altro tempo, si dileguò. Ci vorrà un miracolo per evitare che quelli lì si sbranino tra di loro come al solito, e poi non ci scordiamo che stavolta c'è anche Loki, e la situazione potrebbe mettersi anche peggio. Fury si diresse verso il luogo dove ci sarebbe stato lo “scontro”. “Ci ha mandati a chiamare?” esordì Rogers, il quale era insieme a tutti gli altri membri del super gruppo. C'erano tutti, tranne.... “Dov'è Loki?” chiese bruscamente Fury, preoccupato che quello potesse davvero fare un scherzetto di pessimo gusto come quello di piantarli in asso, nonostante le raccomandazioni di Thor. “Eccomi, ci sono anche io.” fece eco la voce vellutata di Loki, che comparì dalla porta, vestito con una divisa da agente segreto. “Oh, vedo che gli agenti cominciano a starti simpatici, visto che ti vesti come loro!” disse Stark canzonandolo per come era vestito. In effetti era strano vedere Loki con indosso una divisa dello S.H.I.E.L.D. Loki per tutto punto incenerì Tony con lo sguardo: “Oh, veramente è solo perchè non avevo nulla di meglio da mettermi, sennò avrei evitato...” rispose secco fingendo un sorriso, che svanì mezzo secondo dopo. “Oh, tutto si spiega! Di solito vai in giro vestito come Shakespeare o un principe della Disney, mi sembrava un po' strano che ti fossi convertito alla squallida divisa di un comune agente!” “Cosa sarebbe la Disney e come osi poi prendere in giro il mio modo di vestire, Uomo di Metallo! Io...” replicò Loki irritato, avvicinandosi pericolosamente a Stark, quasi puntandogli contro un pugno in faccia. “Hey, Stark, non ti ho chiamato qui per fare lo stilista né tanto meno per iniziare una lite, chiaro?” li interruppe Fury, esasperato. Certo che quelli erano peggio di due bambini dell'asilo! “Ma Nick, io ho solo espresso un parere, è lui che è permaloso!” “Io sarei il permalo...” “Okay, ora fatela davvero finita!” esclamò Natasha, che venne guardata da entrambi con espressione sbigottita stile cartone animato. Scena comica. “Ma vi siete visti? Sembrate due bambini, proprio infantili!” disse infine, prima di andarsi a sedere su una sedia. Loki e Stark si ricomposero, imbarazzati ed entrambi gorgoglianti come pentole sul fuoco. Barton era stato intanto ad osservare la scena in silenzio, e secondo Fury era per trattenersi da fare commenti troppo duri nei confronti di una scena simile. “Bene, Fury, ora che ci siamo tutti calmati....” ruppe il ghiaccio Banner, lanciando una occhiata eloquente a Loki e Stark: “Direi che possiamo cominciare con il metterci giù ed elaborare un piano come si deve, non credi?” “Hai ragione Banner.... Loki, dicci tutto quello che sai su quei mostri.”. Loki, lanciata un'ultima occhiataccia a Stark, cominciò a parlare, camminando intanto per la stanza. “Thanos come ben sapete presto sarà qui, e potrebbe attaccare da un momento all'altro, potreste pensare voi. Ma vi dico che vi sbagliate. Ci sono ben precise ragioni se i Chitauri non sono ancora giunti qui: la prima, stanno sicuramente reclutando più milizie possibili da altri mondi. La seconda ragione, hanno bisogno di abbastanza energia per creare un varco da dove poter passare, simile a quello che io aprìì mediante il Tesseract. La terza possibilità, e che io temo sia la più probabile, è che si siano impossessati del Tesseract....” “Non è possibile! Il tesseract si trova...” lo interruppe Steve: “... ad Asgard! Ma vi ricordo che Asgard è stata attaccata da Thanos. E dubito sia stato solo per trovare me. Thanos vuole vendetta dai Midgardiani per via della mia passata sconfitta, e per metterla in atto deve arrivare qui sulla Terra. L'unico strumento che possa farlo è appunto il Tesseract, e non credo che se lo siano lasciato scappare. Dunque ciò che ci rimane da fare è reclutare più forze possibili e potenziare ogni nostra arma e tecnica di combattimento, insieme a una buona dose di volontà e coraggio.” “Al reclutamento di alleati, a quanto ne so, ci sta pensando Thor...” “Oh, ne sono stato informato... Quanto al metodo di combattimento dei Chitauri, posso dire che basano tutta la loro forza sull'elettricità e ogni altro campo energetico simile. Perciò, esattamente come l'altra volta, dovrà essere distrutta la loro base per distruggere l'intero esercito. Ma il problema è che, anche se i Chitauri venissero sconfitti, c'è il problema degli altri eserciti, che non saranno dipendenti dall'energia del Tesseract. Quindi, anche se non sono uno stratega, suggerirei di arrivare prima alla base, esattamente come ha fatto l'altra volta Stark, e poi di eliminare senza pietà gli altri.” “Credo sia l'unica cosa possibile da fare...” “Un momento.... Cosa useremo per combattere contro l'imponente esercito del tuo amichetto? Insomma, non possiamo tirargli contro rose e margherite, giusto?” “Acuta osservazione, Uomo di metallo, ed è a questo punto che entri in gioco tu. Da quanto ho capito, possiedi armi in quantità più che industriali... Quindi, non credo che sorga il problema di cosa usare per combattere” rispose Loki a Stark, sorridendogli antipaticamente. Stark sbuffò, poi disse: “Se proprio insisti...” “Via, Stark, ne costruirai altre di armi! Sei strapieno di soldi, non credo tu abbia problemi!” incalzò Fury. Stark fece spallucce, non volendo replicare, cosa che sembrò divertire assai Loki, che ghignò perfidamente verso il miliardario. Devono proprio darsi una calmata. Pensò Fury. 

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Capitolo 21
*** 19. Percorso verso la battaglia. ***


Salve! Eccomi qua, ora sono passata alle pubblicazioni lampo, e chiedo scusa se non mantengo il ritmo! XD *rullo di tamburi* : eccoci arrivati finalmente allo sblocco della situazione! Oh, quasi perchè sì, Loki finalmente tornerà dalla sua Midgardiana, ma attenzione perchè scoprirete quello che accadrà fra i due piccioncini solo nel prossimo capitolo! Si avete il mio permesso di rincorrermi con asce, lance, spade e frecce! Lo so sono malefica! Ah ah! *risata malvagia*..... Bene miei cari, vi lascio al capitolo, e spero sia della lunghezza giusta! :D Recensite mi raccomando, anche se potreste odiarmi dopo questo scherzetto degno del dio degli inganni! XDDD
Lokisses, Snow.


POV THOR

Thor si svegliò molte ore dopo essere sprofondato in un sonno profondo. Aprendo gli occhi si accorse che Frigga lo stava contemplando e intanto gli accarezzava i capelli dolcemente, come se ancora fosse un bambino di pochi anni. “Ben svegliato, figlio mio....” “Madre, hai vegliato su di me tutto questo tempo?” “Si, Thor... Ti sono stata accanto fino ad ora.” “Non dovevi stare sveglia per me....” “Oh, sciocchezze.... È il minimo che possa fare per te.....”. Thor si alzò dal suo giaciglio improvvisato. Sentì una voce un po' rauca alle sue spalle: “Thor...” era Fandral, e Thor si fiondò vicino al giovane, tenendogli la mano: “Amico mio, come stai'?” “Oh, a parte aver subito una bella strapazzata da parte di mostri provenienti da un luogo sconosciuto, direi che sto bene...” rispose Fandral con una punta di scherzosità. Tentò di tirarsi su appoggiando a terra i gomiti. “No, riposati... Ancora non è bene che tu ti alzi, il medico ha detto che...” “Ah, lascialo parlare quell'intellettuale impolverato! Sto benissimo e.... Ah!” gemette all'improvviso. “Fandral! Tutto bene?” disse Thor avvicinandosi di più all'amico: “Sì.... Forse ha ragione l'intellettuale.... Devo restare sdraiato per un po'...” concluse infine il guerriero. Thor sorrise della tenacia di Fandral. Poi, con la coda nell'occhio si accorse che gli altri tre suoi compagni erano spariti dai loro rispettivi giacigli. “Ma... Sif, Hogun e Volstagg?” “Oh, loro si sono risvegliati da un pezzo e già messi in piedi da qualche ora.... Io sono l'ultimo a essere fermo qui sotto le coperte come un lattante!” “Via, Fandral, non deprimerti!” disse una voce dietro Thor. Il dio del tuono si girò e si ritrovò di fronte a Sif, che aveva parlato, e gli altri due compagni. “Amici! Che bello vedere che state bene!” “Non quanto te, Thor. Ci sei mancato molto!” disse Volstagg. “Thor...” disse semplicemente Hogun, sorridendo per una volta. Anche lui non riusciva a trattenere la gioia per rivedere l'amico e principe a cui tanto era fedele.” “Sono così felice di vedervi qui, temevo che...” “Oh, non basterà un'orda di mostri a fermarci!” disse fiero Volstagg. “Amici, da questo momento Asgard è alleata di Midgard per sconfiggere quelle bestie... Ma non basteranno solo le nostre forze a sconfiggerle.... Ed è per questo che ora dovrò partire come prima destinazione per Jotunheim....” “Cosa?! Vuoi convincere gli Jotuns ad allearsi con noi? Gli Jotuns, che hanno attentato alla vita di Padretutto e alla sicurezza di Asgard? Che avevano stretto un patto con Loki?” “ Sì, Fandral, è così. Ci serve tutto l'aiuto possibile, non potremmo mai farcela da soli. Per quello che riguarda Loki, non c'è alcun pericolo. È cambiato da quando è stato esiliato, e ha promesso di aiutarci a sconfiggere i Chitauri...” “Thor..... Io sinceramente non mi fido di Loki e non l'ho mai fatto, ma credo nelle tue parole.... E se proprio devi partire, stai attento ai Giganti di Ghiaccio.... Ricorda cosa è successo l'ultima volta che siamo stati a Jotunheim.... Se la loro risposta dovesse essere particolarmente negativa non indugiare e....” “Tranquillo Volstagg, lo so, devo essere prudente e andarmene subito se la situazione si mette male.... Ma fidatevi di me.... Stavolta andrà bene, me lo sento...”. I guerrieri annuirono tutti e quattro. “Addio... Per ora... Ci rincontreremo tra qualche giorno.... o anche più....”. Disse e si avviò verso la scala che conduceva ai piani superiori. Ma poi venne fermato dal padre: “Thor.... Stai attento, figlio mio....” “Tranquillo, Padre, non vi deluderò!” “Sii prudente, mi raccomando Thor!” disse poi Frigga, abbracciandolo stretto a sé. “Sì, madre...” concluse il giovane con un sorriso.

Percorse tutte le scale, finchè non si ritrovò ai piani superiori del palazzo reale. Giunto poi al Bifrost, scorse la figura composta di Heimdall. “Devi andare a Jotunheim, vero?” “Sì, e stavolta, si spera, per una alleanza....” “Si, so tutto...” disse tranquillamente Heimdall. “Allora, puoi darmi un passaggio di nuovo per il Regno dei Ghiacci?” “Sempre, mio principe.” .


Prima di scomparire nel raggio, Thor ringraziò il guardiano: “Grazie, Heimdall.” “Per me è un dovere aiutarti.”. Thor dopo questo venne risucchiato dall'energia, che lo trasportò fino alla fredda Terra dei Ghiacci.

Atterrò sul terreno bianco coperto di neve perenne. L'aria era gelida e pungente, forse più della vola scorsa, ed era buio, non fosse stato per la luce lunare. Thor si incamminò verso dove ormai sapeva si trovasse chiunque fosse a capo degli Jotuns. E intanto, mentre camminava, dei flashback gli riaffiorarono nella mente.

*******************************************************************************

Quel giorno, mentre Thor aspettava con ansia il ritorno di Odino dalla battaglia contro Il regno dei Ghiacci, arrivò una lettera da parte del padre:

“Figlio mio,
la guerra si è conclusa con successo, abbiamo vinto e stretto una pace con Jotunheim. Tornerò molto presto, e ti attende una sorpresa.
Odino Padre degli dei.”
Suo padre aveva vinto e sarebbe tornato, e in più con una bella sorpresa per Thor. Era una notizia bellissima per un bambino di appena quatto anni e mezzo.
 Il giorno dopo, appena fu giunta la notizia che suo padre era tornato a palazzo, Thor si precipitò in nella sala del trono. Lì c'era sua madre: “Padre dov'è?” chiese impaziente il piccolo dio, saltellante quasi per la gioia. “Via, Thor, calmati!” lo apostrofò dolcemente Frigga, accarezzandogli la testa. Proprio in quel momento le porte si aprirono, e subito comparve il Padre degli dei con ancora indosso l'armatura. Fra le braccia stringeva due fagotti, uno dalla forma squadrata, l'altra dalla forma più allungata, ma sempre piccolo. Odino posò a terra il fagotto quadrato. Thor allungò una manina per sbirciare tra le stoffa, ma Odino lo rimproverò senza essere duro: “Non toccarlo, Thor! È pericoloso!”. Evidentemente non era quella la sorpresa. Ma allora a quel punto essa si celava in quell'altro mucchio di stoffe! Thor non resisteva più all'eccitazione, si stava contenendo appena.
Odino porse il fagotto a Frigga che si sporgeva per vedere cosa fosse dentro. Quando lo ebbe tra le braccia, emise un grido di stupore, e guardò meravigliata Odino: “Dove.... Dove l'hai trovato?” Il re degli dei la tirò da una parte, lontano da Thor, come se il bambino non dovesse sentire la conversazione. E infatti il fanciullo restò imbambolato a osservare i due adulti che parlavano sussurrando. Poi, dopo qualche minuto, tornarono da lui. “Thor, ricordi che ti avevo promesso una sorpresa?” “Si, padre.” “Bene, figlio mio. Questo è tuo fratello....” e Frigga si chinò fino ad essere al livello del bambino, e gli avvicinò il fagotto. Thor poté finalmente osservare ciò che si celava dentro l'involucro. Il suo viso fu una espressione sia di stupore, sia di gioia infantile: un minuscolo fragile esserino pallido come la neve, e con pochi capelli scuri sulla testolina dormiva placidamente. Il suo petto così piccolo e magro, si alzava e abbassava tranquillamente. “E come si chiama?” chiese il piccolo Thor, con ingenua curiosità, sorridendo. “Il suo nome è.... Loki.” concluse il padre, guardando il bambino con una espressione indecifrabile e profonda. Thor puntò di nuovo gli occhi sul bambino. Sporse una manina per accarezzare la testolina, “Attento, è molto piccolo...” disse Frigga dolcemente. Thor accarezzò piano il capo di quella innocente e incredibile creatura. “Loki...” sussurrò,e come se già sapesse il suo nome, il neonato aprì gli occhioni, rivelandosi essere di un bel verde giada. Il piccolo Loki guardò il fratello con curiosità, e Thor continuò: “Io sono tuo fratello Thor... E ti prometto che ti proteggerò sempre... Non sarai mai solo, te lo giuro. Ti voglio già tanto bene.” e sorrise al fratellino, che con espressione seria scrutava i tre attorno a lui. “Sono fiero delle tue parole figliolo. Dovrai vegliare su Loki e insegnargli tutto.” “Sì, Padre.” “Ora credo sia meglio che il tuo fratellino riposi un po', è ancora piccolo e debole, e ha bisogno di cure...” disse poi Frigga, e rialzatasi, portò Loki fuori dalla stanza, probabilmente per affidarlo alle levatrici. Thor la seguì, felice come una pasqua di avere un fratello.

I giorni seguenti Thor non smise un attimo di guardare Loki dormire nella culla, di giocare con lui, di prenderlo in braccio e parlargli. E il piccolo sembrava come se lo capisse, gli occhi intelligenti e profondi che lo scrutavano come a volergli entrare nell'anima. Era il bambino più tranquillo che Thor avesse mai visto: non un pianto, né un capriccio, solo uno sguardo curioso.
Quando Thor portò il piccolo amico Fandral a vedere il fratellino, il ragazzino rimase scioccato. “Lo sai? Non ti assomiglia per niente...” “Beh, non siamo gemelli!” “No, però intendevo che non ha preso nulla dai tuoi genitori.... Insomma gli occhi sono verdi e i capelli scuri... Non offenderti, ma sei sicuro che sia tuo fratello?” “Che domande, Fandral, certo che è mio fratello!”. Ma in effetti il suo amico aveva ragione. Dopotutto, Thor non aveva mai notato alcun cambiamento in sua madre, e il fatto che il piccolo Loki fosse sbucato fuori all'improvviso, in più arrivando fra le braccia di Odino, stava piantando alcuni dubbi nel suo giovane cuore. Dubbi che però lui tenacemente ricacciò indietro, non volendo farsi domande simili. Loki era suo fratello, e nessuno, nemmeno Thor, avrebbe dovuto mai metterlo in discussione.
“Se la metti così....” disse Fandral, e all'improvviso Loki aprì gli occhi, e allungata una piccola mano la chiuse attorno a un dito del ragazzino, che arrossì improvvisamente, e sorridendo disse: “Beh, però devo dire comunque che è un bel bambino, sì! Proprio dolce!” “Ah ah ah ah! Oh, Fandral! Ora è bastato mio fratello per farti arrossire?” “Ma che dici? Io non sto arrossendo!” “Ma se sei rosso come la mia casacca!” “Sciocchezze!” “Va bene è come dici tu!” disse Thor arrendendosi , senza smettere di sghignazzare. Poi sul visino paffuto di Loki si aprì un sorrisetto, di quelli che poi lo avrebbero caratterizzato sempre, e una risatina di neonato venne fuori da quelle labbra rosse come il sangue.
“Loki sta ridendo!” “Beh, perchè non hai mai visto un bambino ridere?” chiese stupito Fandral: “Ma no! È che però non ho mai visto Loki ridere! È la prima volta che lo fa!” “Oh, beh! Buon per lui, credo dovrai insegnargli a godersi di più la vita tra qualche anno!” “Oh,se i miei genitori lo faranno morire di sonno sopra i libri e con quei maestri pomposi dubito che ci riuscirà!”.


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Ormai era tutto il giorno che Loki se ne stava rinchiuso in biblioteca con la testa tuffata nei libri con un dito di polvere sulla copertina, saltando con lo sguardo dalle pergamene piene della sua scrittura alle parole di libri vecchi e stravecchi. Thor non ce la faceva più a guardarlo concentrato su quei barbosi incantesimi. Non capiva cosa ci trovasse Loki di interessante nel saper far comparire e scomparire gli oggetti, nel mutare forma alle cose e gli animali, a compiere trasformazioni su sé stesso addirittura.
A un certo punto Thor sbuffando esclamò: “Insomma, Loki, è tutto il santo giorno che te ne stai a leggere e scrivere, non potremmo andare a caccia, o magari semplicemente a fare una passeggiata a cavallo, o giocare alla guerra?” “Oh, Thor, non fai che lamentarti! Se solo tu provassi a simpatizzare con questi oggetti che tu stesso consideri noiosi e che portano il nome di “libri” non staresti a lamentarti come stai facendo in questo preciso istante...” “Non mi sto lamentando!” “Va bene, stai esprimendo il tuo disagio di trovarti a contatto con la cultura...” “Non ho un disagio, solo che non capisco tutta questa importanza di starsene tutti i santi giorni a far impallidire la propria pelle e sprecare il fiato, poi, a recitare quelle scemenze di incantesimi, che sembrano più che altro filastrocche scritte da un medico ubriacone in una taverna!” “Vedrai quando un giorno non mi servirà più recitare le formule e gli incantesimi verranno fuori dalla punta delle mie dita a mio piacimento! La magia è la forza più utile che esista, e nemmeno la forza bruta alla quale sei talmente fedele e affezionato potrebbe reggerne il confronto....” “Si, ma prima giocavamo sempre fuori alla guerra, con le spade, e poi improvvisamente... Puf! Scoppia il tuo amore per questi stupidi cosi qui!” esclamò piagnucolando Thor, indicando un libro. A quel punto Loki alzò il capo e lo sguardo su di lui, gli occhi di giada puntatigli addosso, imperscrutabili e intelligenti come sempre: “Oh, Thor, non piangere come un bambino! Ripeti con me, si chiamano libri, non è difficile la pronuncia come potrebbe sembrare!” “Uffa! Odio quando fai così!” “Non sto facendo nulla! Provo a fare il simpatico!” “E devo dire che il risultato è pessimistico...” borbottò Thor, che ancora a quattordici anni suonati non aveva imparato a parlare senza dire assurdità, e in questo veniva battuto da Loki, che a soli dieci anni già sapeva parlare come un ventenne intellettuale. “Pessimo, fratellone, pessimo...” lo corresse Loki, facendo diventare improvvisamente rosso Thor. Detestava quando il fratello minore lo correggeva: “Si, quello che è!” “Sei così originale, Thor!” disse Loki divertito dal vedere il fratello imbarazzato. “Va bene, vuol dire che oggi può anche bastare con lo studio! Dai, andiamo a prendere i nostri cavalli!” disse Loki, volendo accontentare Thor. “Ti seguo!” esclamò il futuro dio del tuono, sorridendo radiosamente e raggiungendo il fratello.
Sulla scrivania della biblioteca era rimasto un libro aperto e su di una pagina c'era il titolo di una formula magica: “L'incantesimo del ghiaccio.”


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Erano passati diversi giorni da quando Loki era precipitato nel vuoto, e Thor non si dava pace. I sensi di colpa lo attanagliavano. Aveva promesso a Loki che ci sarebbe stato sempre per lui, che lo avrebbe difeso e aiutato in ogni situazione, e invece era colpa sua se Loki era morto. Se fosse stato un fratello più presente e meno propenso ad essere egoista e troppo sicuro di sé, se non avesse sprecato tanto tempo a ricordare a Loki di dover stare al suo posto in quanto fratello minore, lui sarebbe stato ancora vivo. Non si sarebbe lanciato nel buio e nel vuoto. Thor era responsabile dell'accaduto. Thor si sentiva l'unico colpevole del dolore presente negli occhi dei suoi genitori. Era a causa sua che tutti erano in lutto. Era colpa sua se non avrebbe più rivisto Jane, né Midgard, che aveva giurato sarebbe stata sotto la sua protezione.
Un giorno, mentre se ne stava seduto sull'orlo del Bifrost, che ancora non era stato ricostruito, con le gambe che penzolavano sul vuoto, rivedeva all'infinito il volto di Loki contratto dal dolore, i suoi occhi. Quella lacrima sulla guancia. La sua presa che si allentava dalla lancia del padre. Il suo volto che si allontanava sempre più, fino a scomparire. Le grida disperate di Thor. Il pianto di sua madre quando ella aveva scoperto cosa era successo a Loki. I funerali solenni e silenziosi. I giorni a contare i secondi, i minuti, le ore senza più suo fratello. Una vita vuota e di solo rammarico.
Quel giorno dunque, suo padre lo fece chiamare per dirgli una cosa di estrema importanza. “Figlio mio.... Per molto tempo, tu e Loki avete vissuto insieme, come due fratelli. Ma oramai è inutile nascondere tutto. Loki.... Loki non era davvero chi tu credi fosse....” “Cosa? Non capisco padre? Loki mi aveva accennato di questa cosa ma pensavo fosse dettata dalla rabbia....” “E invece è proprio così.... Loki è il tuo fratello adottivo, è uno Jotun, figlio del defunto Laufey. Quel giorno di tanto tempo fa, quando io tornai a palazzo con in braccio Loki, raccontai a tua madre delle origini di quel bambino, ma decidemmo di crescerlo come un figlio ugualmente. Non potevo raccontarti una cosa del genere all'epoca, eri solo un bambino, e così pure Loki. Temevo che se avessi detto la verità, Loki non sarebbe potuto crescere come gli altri bambini,e sarebbe stato emarginato solo per le sue origini nemiche. Ma ho paura di aver fallito ugualmente...” “Padre, Loki per anni è cresciuto venendo maltrattato e preso in giro dagli altri perchè si sospettava non fosse davvero un asgardiano. Ciò vuol dire che gli altri sapevano chi fosse lui veramente?” “No, Thor, ma penso lo sospettassero...”. In quel momento tutto fu chiaro agli occhi di Thor. Loki era sempre stato preso in giro per il suo aspetto fisico, gracile e non adatto al combattimento, i capelli scuri e gli occhi verdi avevano contribuito a far nascere in tutti il dubbio che eglu non fosse davvero figlio di Odino. Infatti, tutti gli asgardiani erano biondi e con gli occhi azzurri, in tutte le sfumature, ma mai uno di loro era stato come Loki. E in quel momento capì come si fosse sentito scoprendo le sue vere origini.
Ma nonostante Loki fosse figlio del loro nemico non riusciva a smettere di volergli bene, di amarlo come solo un fratello potrebbe fare. Non importava chi fosse veramente, per lui era sempre suo fratello, il fratello che per colpa sua non era più in vita. Avevano permesso che l'odio e l'ansia di governare entrambi li allontanasse e li rendesse nemici, gli stessi giovani uomini che erano cresciuti insieme. Dannazione, Thor gli aveva promesso nella culla di proteggerlo e non di scaraventarlo un giorno giù dal Bifrost! E tutto quello che era rimasto di suo fratello era il Ponte dell'arcobaleno spezzato, ricordo del collegamento con la Terra interrotto, e l'elmo, l'unica parte dell'armatura che Thor era riuscito a recuperare dopo l'esplosione. E gli occhi di Loki, la sua espressione colma di sofferenza per non essere stato il figlio che Odino aveva sempre voluto, per non esser riuscito a rendere fiero il padre, nel comprendere che era stato di nuovo Thor a batterlo, ancora una volta il dio del tuono si trovava una spanna al di sopra di lui. La sua mano che allentava di colpo la presa sulla lancia di Odino. Thor avrebbe dovuto fare di più per lui, avrebbe dovuto essere un fratello migliore.
“Thor, se qualcuno qui ha una colpa, quello sono io.... Avrei dovuto essere un padre migliore, avrei dovuto forse rivelare subito a Loki la verità.” “Padre, voi siete sempre stato un re saggio e un padre giusto.... Non avete colpa... O forse siamo tutti, in fondo, colpevoli di non aver mai compreso Loki...” “Si, credo tu abbia ragione.”.
La morte di Loki rappresentava il più grande fallimento del dio del tuono e del Padre degli dei. Il fallimento di un padre e di un fratello. Il fallimento di Asgard.


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Finalmente Thor arrivò al cospetto del nuovo capo di Jotunheim: Bylstir, figlio di Laufey. Fratello di Loki, si rese conto Thor. No, sono io suo fratello, sono io quello che lo ha visto crescere, io che quando era solo un bambino innocente lo ha stretto fra le braccia meravigliato come una creatura potesse essere perfetta come lo era lui. Io sono suo fratello, e le sue vere origini non cambieranno nulla.
“Cosa ci fai qui, Asgardiano?” disse una voce per nulla simile a quella del predecessore. Era una voce di un giovane, un coetaneo di Thor forse. Era Bylstir a parlare. Infatti arrivato nella “sala del trono” di ghiaccio, si trovò di fronte a un gigante di ghiaccio seduto sul trono, che lo guardava con le iridi rosso fuoco. Non era sospettoso né minaccioso, ma incuteva comunque un certo timore.
“Bylstir, so che i nostri popoli hanno avuto contrasti in tempi recenti e anche molto più antichi, ma sono giunto a te con una disperata richiesta di alleanza.”. A queste parole un altro gigante di ghiaccio si fece avanti, somigliante assai al sovrano, chiese: “Non abbiamo intenzione di stringere altre alleanze con voi, c'è bisogno di ricordare cosa ha fatto a nostro padre tuo fratello Loki?” “Loki ha già pagato per i suoi errori, e qui c'è una questione ben più importante di una faida tra due popoli! Si tratta di...” “Oh, certo, ma noi non sappiamo per quale ragione dovremmo aiutare chi...” “Basta così, Helblindi! Fai silenzio!” esclamò imperioso Bylstir, il quale si rivolse di nuovo a Thor: “Principe Asgardiano, perdona mio fratello, ma soffre ancora per la scomparsa di nostro padre Laufey. Hai parlato di una questione ben più grave e complicata. Cosa intendevi?” “Una minaccia proveniente da luoghi sconosciuti sta per arrivare su Midgard, e ha già attaccato Asgard, e con molte probabilità attaccherà gli altri otto mondi, e la tua Jotunheim è fra questi bersagli! Se non ci uniremo per fermare questa minaccia, sarà la fine per tutti. Ed è per questo che sono qui, per chiedere la disponibilità tua e del tuo esercito per combattere. Se accetterai, non saremo comunque i soli a essere contro i Chitauri, presto andrò sugli altri mondi per ottenere il loro contributo bellico.” “Se le cose stanno davvero così, accetto di battermi al tuo fianco per la salvezza del mio popolo.” “Apprezzo la tua scelta, Bylstir.” “Possiamo anche fidarci di Loki?” “Ti do la mia parola che Loki è dalla nostra parte e non farà del male né a te né alla tua gente!” “In questo caso.... Cosa dovremmo fare precisamente?” “Mi duole dire che non ne ho idea, vedi sarà proprio Loki a organizzare l'esercito. Ma appena sapremo cosa fare verrò io stesso o un messaggero a riferirlo.” “Bene, Asgardiano, abbiamo un accordo.” “Credo di sì. Ora perdonami, ma devo continuare il mio viaggio.”. Bylstir annuì, e Thor si diresse verso l'uscita di quel palazzo di ghiaccio. Era il primo incontro con Jotunheim in cui era riuscito a comportarsi diplomaticamente, ed era fiero di sé. Però quello che lo lasciava perplesso era il fatto che apparentemente i figli di Laufey non sapessero chi fosse in realtà Loki, e di certo non sarebbe stato Thor a dirglielo.
“Heimdall, devo tornare ad Asgard!”. La prossima tappa sarebbe stata Alfheim, dimora degli elfi bianchi, creature sagge e ragionevoli.

POV NATASHA ROMANOFF

Natasha e gli altri, tranne Loki, si trovavano insieme in uno di quelli che sembrava essere un salotto, alquanto futuristico per la verità, e da quasi un'ora stavano discutendo di Loki, e anche Thor. “Sentite, sembrerà anche avere buona volontà nei nostri confronti, ma io ancora sono sospettosa, non posso farne a meno.” “Natasha, credimi, io questa mattina mi sono ritrovato nelle docce insieme a lui, ed è davvero un'altra persona, o dio, o qualunque cosa sia. È davvero animato dall'amore per quella fantomatica ragazza. Inoltre ha detto che una volta ci avesse rivelato tutto sui Chitauri se ne sarebbe andato, anche se confido nel fatto che anche lui parteciperà alla battaglia, non penso si tirerà indietro, in fondo è stato lui a mettere in ballo questa storia!” disse Steve, e Stark lo seguì: “Hey, Capitan Polaretto hai ragione! Ma.... aspetta un secondo..... Avete fatto la doccia insieme?!” “Oh, Stark, ma cosa hai capito! Abbiamo fatto la doccia separatamente, sembra tenere molto alla sua privacy!”, ribattè Steve, paonazzo, e Natasha non potè fare a meno di roteare gli occhi: “Oh, mi hai fatto venire un colpo! Beh, in ogni caso il rockettaro è sembrato anche a me ragionevole, non vuole avere grane, è più che evidente. Piuttosto, ma che diamine di fine ha fatto Thor? Non doveva tornare in un giorno o due?!” chiese Stark: “Forse sta cercando altri rinforzi...” intervenne Occhio di Falco. “Può darsi che sia su altri pianeti a convincere le popolazioni a darci una mano...” “Spero sia così...” concluse Natasha, sospirando. Appena finita tutta quella faccenda si sarebbe presa una bella vacanza, sarebbe tornata in Egitto con la speranza di godersi il breve congedo.
“Qualcuno di voi nelle ultime ore ha visto Fury?” chiese Banner, cambiando discorso. Ma nessuno fece in tempo a rispondere, perchè il capo dello S.H.I.E.L.D entrò improvvisamente nella stanza. “Allora, miei eroi, non è meglio forse che andiate ad allenarvi, invece di stare qui a fare congetture?” “Oh, Fury, siamo stati a solleticarci il cervello con i discorsi su Loki, Thor e i Chitauri....” “Via, Stark, non vorrai dirmi che sei stanco? E io che avevo un piccolo compito per te!” “Non so perchè, ma quando sorride in questa maniera mi fa paura!” disse Stark ai suoi compagni. “In ogni caso, credo Tony che sarebbe meglio che tu iniziassi a dare un'occhiata a ogni genere di prototipo di arma che hai in cantiere o che devi ancora progettare.” “Perchè devo essere sempre il genio bello e facoltoso della squadra?” esclamò Stark, alzando gli occhi al cielo in un gesto teatrale. “Beh, ragazzi, devo lasciarvi per andarmi a divertire con equazioni e circuiti.... Fate i bravi mentre non ci sono, non ordinate né pizza né film senza di me!” concluse scherzando.
“Quanto a voi, credo fareste bene ad andare in palestra e rinfrescare i muscoli, non vi pare? A parte Banner, perchè credo che insieme a Stark il tempo delle progettazioni si ridurrà quasi più della metà.”. I Vendicatori annuirono, e ognuno seguì la propria strada.

POV LOKI

Era stato per ore nella sua cabina, finchè a un certo punto, stufo di star a rimuginare, non decise di uscire.

“Sono già tutti all'opera dopo aver ricevuto i miei preziosi consigli?” chiese a Fury, arrivato in una specie di salotto. “Beh, diciamo che li ho mandati a fare un po' di riscaldamento per non perdere la concentrazione.” “Stark sta già lavorando alle armi?” “Ha cominciato questa sera.” “E....” Loki deglutì: “Thor?” “Oh, tuo fratello come ben sai è partito questa mattina con l'intento di scoprire cosa fosse successo ad Asgard, e probabilmente sta cercando rinforzi in altri mondi....”.
Quindi potrebbe essere anche a Jotunheim. Mi chiedo chi ne sia a capo, dopo che io ho ucciso Laufey.
“Beh, farà meglio a sbrigarsi, non credo che Thanos ci darà tutto questo tempo.” “Lo so, Loki, ma stiamo tutti facendo tutto quello che è in nostro potere.”.
Una cosa che mi preoccupa davvero è il fatto che senza i miei poteri in battaglia sarò inutile. Non ho scelta se non tornare ad Asgard. Ma come faccio? Di certo non mi permetteranno di giungere sul Bifrost come un Asgardiano qualsiasi. Devo aspettare per forza Thor, non ho scelta. Se solo Fury mi permettesse di andare da Carey, per non farla più aspettare.
“Dato che il mio compito per ora è sospeso.... Non è che potrei finalmente recarmi per un po' a casa....” “Della ragazza, dico bene?” “Esatto.” “Beh, Loki....Penso di sì, così potrai finalmente sistemare la faccenda con lei... Due miei agenti ti daranno un passaggio, e per richiamarli, dato che si troveranno nei paraggi, usa questo premendo il pulsante.” disse Fury, porgendogli un telecomando con un unico pulsante rosso. “Ti basterà questo perchè i miei uomini ti possano riportare qui allo S.H.I.E.L.D. Tutto chiaro?” “Sì. Quando posso partire?” “Direi anche ora.” “Bene, vado a mettermi dei vestiti normali, non vorrei che lei pensasse qualcosa di strano.” .
Corse nella sua cabina, togliendosi la tuta speciale e infilandosi i vestiti vecchi, compreso il giubbotto di pelle che Carey gli aveva dato e che lui si era portato lì. Finalmente avrebbe riabbracciato Carey, le avrebbe potuto spiegare tutto. L'avrebbe potuta baciare di nuovo.
Trovò fuori dalla cabina due agenti che lo scortarono fino a un'auto.
Salito, iniziò a contare i minuti, o le ore che lo separavano dal rivedere la sua amata Carey, e fortunatamente sarebbe arrivati di prima mattina, dopo l'alba.

POV CAREY (ore dopo...)

Carey ormai era più di un giorno che non riusciva a chiudere un occhio. Per colpa di Loki, il maledetto Loki, aveva perso il sonno e l'appetito.
Guardò fuori dalla finestra. Erano le sei e mezza della mattina, e solo una flebile luce si intravedeva dal cielo plumbeo. Quelle nuvole promettevano solo tanta pioggia. Mentre ripensava al video che ritraeva Loki mentre si comportava da emerito pazzo, il campanello suonò. Forse era proprio lui.

POV LOKI

Sceso dalla macchina, che poco dopo si dileguò, Loki si precipitò al campanello della casa di Carey, con il cuore che per quanto batteva forte gli stava per uscire dalla cassa toracica e andare a farsi una bella corsa.
La porta venne aperta.
Era il momento.

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Capitolo 22
*** 20. Is this the end or a new path? ***


Allora, miei cari! Finalmente ho il tempo per aggiornare e smettere di farvi stare sulle spine! :D Il capitolo non è molto lungo ma ho tentato di renderlo più decente possibile! Chiedo scusa per il ritardo, mea culpa di nuovo! Spero di esser perdonata come molte altre volte, implorando la vostra indulgenza!
Bene, poi volevo dire una cosa riguardo all'entrata in scena di nuovi personaggi eluoghi: confesso di aver preso un po' di ispirazione da Tolkien e la saga cinematografica del Signore degli Anelli, e anche un po' dalla mitologia norrena, ma ho comunque tentato di dare una impronta personale a ciò che sta in questo capitolo, e spero vi piaccia davvero!
  Bene, vi lascio al capitolo! Fatemi sapere che ne pensate con delle recensioni, anche se non le meriterei affatto! XD
Snow.

POV CAREY

Carey aprì la porta, e incontrando due occhi verdi si rese subito conto che era Loki. Carey lo fissò scura in volto: “Carey è... è successo qualcosa?” chiese lui titubante, facendo il finto tonto. “Sei davvero un bugiardo lo sai?” “Cosa? Non credo di capi...” “Voi siete nati per essere governati. Alla fine vi inginocchierete sempre.” rispose lei, simulando la voce e le movenze di Loki. Lui la guardò ad occhi sbarrati, mettendo le mani avanti: “Carey.... Non è come sembra...” “Ah, davvero?!” “Posso spiegarti....” “Che cosa? Non c'è niente da spiegare!” urlò quasi lei, schiaffeggiandolo in pieno viso con un unico gesto secco e carico di rabbia: “Sei un maledetto assassino, un bugiardo e un vigliacco!” “Carey, ti giuro che non era mia intenzione di....” “Cosa? Di sfruttarmi per i tuoi comodi? Di ingannarmi? Di prenderti gioco dei miei sentimenti?” sbraitò lei, sempre più innervosita, notando che gli occhi di Loki stavano diventando lucidi per delle imminenti lacrime: “Oh, adesso piangi! È quello che ti meriti! Io ho pianto mille volte più di te per aver perso Andrew! Sei stato tu a provocare quel disastro a New York! Sei stato tu a spazzare via la mia vita! Sei stato tu a infondermi questo dolore! Non ti bastava aver quasi distrutto il nostro mondo? Perchè mi hai mentito? Perchè mi hai fatto credere che tu fossi ciò che non sei? Chi ti ha dato il diritto di giocare con la vita degli altri? Rispondi!” “Io.... Io all'inizio..... Non avevo intenzione di innamorarmi di te..... Appena avessi trovato il modo di tornare nel mio mondo sarei sparito dalla tua vita.... Ma poi.... Dopo tutto quello che è successo... Non ce l'ho fatta.... Non ho potuto dirti la verità! Temevo di perdere l'unica persona che mai avessi amato! Lo so, son stato egoista, ma se tu potessi perdonarmi....” “Ah, e così il tuo amore per me ti avrebbe spinto a mentirmi?? È così? Beh , ho una lezione per te, se si ama davvero qualcuno, si dice sempre la verità!” “Carey, io...” ma Carey a quel punto lo interruppe, e con voce ferma e fredda, disse: “Loki, io voglio che tu sparisca dalla mia vita..... Voglio che tu mi lasci in pace, e non vedere più il tuo volto.... E anzi, spero proprio che gli alieni tuoi amici ti prendano e ti facciano patire tutto quello che ho sofferto io, se non peggio!” “Ti prego, Carey... Dammi una possibilità....” “No Loki, quelli come te non possono avere una possibilità.... No, Loki....” rispose lei, distogliendo lo sguardo.

POV LOKI

Quelle parole gli ricordarono quelle di suo padre, mentre lui si trovava con una mano aggrappata alla lancia di Odino e ad un passo dal cadere nel vuoto. Provò di nuovo la sensazione di qualcosa che dentro di lui stava morendo. Si sentiva con il cuore spezzato, anche se sapeva che sarebbe finita in quella maniera. Se lo aspettava, eppure stava soffrendo lo stesso. Un altro rifiuto, e stavolta si trattava di un rifiuto impossibile da mandar giù. Negli occhi di Carey vi aveva letto odio, risentimento, angoscia, frustrazione, e altri sentimenti negativi, ognuno peggio dell'altro. La sua Carey era scomparsa per sempre. L'avrebbe odiato per sempre, l'avrebbe dimenticato con qualcun altro, cancellando ogni suo ricordo. Al solo pensiero di non vedere più né lei né il suo figlioletto Loki provava dolore, un dolore più forte di qualunque altro, insopportabile. Sentiva un grande peso sulla coscienza. Era imminente una grande battaglia e lui sarebbe sicuramente morto con lo sguardo carico d'odio di Carey impresso negli occhi e nei ricordi. Non aveva mai voluto che finisse in quel modo. Aveva perso la cosa più grande che avesse: l'amore sincero di qualcuno per lui, un amore che lui ricambiava.
“Vattene, Loki, e non tornare mai più.” ripeté in maniera più ferma Carey, le parole rasoi affilati che gli squarciarono di nuovo l'anima. Loki si diresse verso la porta. Si girò un'ultima volta, sussurrando, mentre calde lacrime amare scendevano sulle guance e sul mento, negli occhi una sguardo affranto e pieno di dolore. Era in piena agonia. “Carey..... Mi dispiace..... Perdonami, per tutto quello che ti ho fatto....” e tentò di toccarle un'ultima volta il volto. Lei si scostò violentemente, indicando la porta. A quel punto, Loki varcò la soia, incamminandosi sotto la pioggia fredda, piangendo sempre più forte. Era finita. Quello era davvero un addio.

POV CAREY

Appena la porta si richiuse, Carey crollò reggendosi ad essa, piangendo a terra, la schiena scossa da singhiozzi. Si sentiva tradita, confusa ma anche pentita. Lo sguardo di Loki, l'ultimo prima di andarsene, l'aveva trafitta. Non aveva mai visto tanto dolore come in quei occhi. E più ci pensava, più piangeva fino allo sfinimento, gemendo forte. Lo odiava per averle mentito, come odiava sé stessa per essere stata così ingenua. Odiava ogni cosa di lui: gli occhi nei quali tante volte si era specchiata, la bocca che tante volte aveva visto aprirsi in un sorriso da mozzare il fiato e che aveva tante volte baciato, le sue mani che l'avevano sfiorata, la sua voce vellutata e dolce, rivelatasi poi illusoria e ingannatrice. Si sentiva tradita, delusa e con il cuore a pezzi. Eppure non riusciva a non pensare a lui, più provava a toglierselo dalla testa, dicendo a sé stessa che era solo un malefico bugiardo dio con manie di distruzione, e più lei si chiedeva come fosse possibile che tutto quello che c'era stato fra di loro, quel rapporto così speciale e unico, fosse tutta una messinscena. Lui le aveva detto di essersi innamorato di lei, ma era la verità? Il cuore di Carey urlava “Sì!” ma la testa invece la rimproverava, dicendole che lui aveva solo voluto abbindolarla, che era il dio degli Inganni e per questo non ci si poteva fidare di lui. Carey non sapeva a cosa dare ascolto.
Ripensò allo sguardo di Loki affranto e con delle speranze che vi morivano, alle ultime sue parole, con le quali tentava di implorare il suo perdono, un perdono che lui sapeva forse non sarebbe mai arrivato. Nonostante il risentimento e l'odio, Loki le mancava, come nemmeno Andrew le era mai mancato. Ma in lei un cieco orgoglio, la rabbia per una scoperta così atroce, le impediva di pensare al perdono nei confronti di Loki. Le serviva tempo. Tempo per pensare, per affrontare la cosa a sangue freddo. Poi un pensiero, come un presentimento, si formò nella sua mente: e se non ci fosse stato molto di quel tempo che le serviva? Se dovesse meditare in fretta, perchè forse non ne avrebbe più avuto occasione? E se non fosse stato troppo tardi per far rinascere qualcosa di buono nei confronti di Loki dalle ceneri di quell'incendio di furia e lacrime? Ma lei era anche consapevole che le sarebbe servito qualche giorno almeno per pensarci. E se a quel punto Loki non volesse parlarle, troppo addolorato per quello che lei gli aveva detto? C'era anche quella possibilità.
Carey nascose il viso fra le mani, singhiozzando senza sosta. Era davvero la fine dell'idillio fra lei e Loki.... Il dio degli inganni.

POV LOKI

Loki camminava. Camminava sotto la pioggia incessante e inclemente. Il cielo accompagnava il suo pianto disperato, il pianto di un cuore in frantumi e in agonia, con le sue fredde e pungenti lacrime. Loki non riusciva a pensare se non allo sguardo furente e disperato di Carey, il momento in cui lo aveva schiaffeggiato, o quando, indicandogli la porta, lo aveva “esortato” a sparire.
Se lo aspettava, ma non per questo il dolore che provava diminuiva, anzi si acuiva sempre più. Per un attimo aveva pensato che Carey potesse perdonarlo, ma poi, guardandole negli occhi un'ultima volta, aveva capito che non avrebbe mai ricevuto il perdono. Aveva sentito dire che l'amore umano fosse una delle cose più potenti al mondo, ma come ogni medaglia aveva un retro. Era uno dei poteri che insieme donava gioia e dolore, ricchezza e povertà. L'amore per Carey infatti lo aveva reso felice come mai avrebbe pensato, ma poi, dopo aver toccato con la punta delle dita le nuvole del paradiso, era ripiombato nell'inferno. L'amore lo aveva arricchito come nemmeno tutti gli dèi e dee potessero mai sognare, come nessun re era mai stato, facendogli capire il significato di sacrificarsi per qualcuno che contava più della sua stessa persona, ma poi, quando aveva pensato di essere l'essere vivente/immortale più ricco e felice, ecco che ogni cosa era diventata semplice polvere, nient'altro che cenere, dissoltasi poi nel vento. “Oh, Carey.... Se solo tu potessi comprendere quanto mi sento in colpa!” mormorò tra sé. Il freddo pungeva la sua pelle, la pioggia penetrava nei suoi capelli e nei vestiti, senza dargli tregua, eppure l'unica sofferenza che sentiva veniva da dentro di lui, tutto il resto era pari al tocco di una piuma, percettibile ma sopportabile. Camminava sul marciapiede, quando una macchina ,molto familiare si accostò al punto dove stava lui. Sentì una voce chiamarlo dall'interno dell'auto: “Hey, principino, non è un po' troppo presto per i gavettoni?” disse la voce di Stark, abbassando il finestrino. Loki abbassò il capo, volendo andarsene per la propria strada, ma venne fermato da Tony. Era sceso dalla macchina e lo tratteneva per un braccio, incurante della pioggia. “Va.... Va tutto bene?” . Loki attese un po' prima di rispondere, sentendo le lacrime riaffiorare di nuovo agli occhi, ma riuscì a ricacciare indietro un singhiozzo, e parlò, con voce roca. “ È successa una cosa brutta, ed è solo di nuovo colpa mia...” “Riguarda la ragazza?” “Sì..... Ha scoperto tutto quello che le avevo nascosto, non ha reagito bene e mi ha detto chiaro e tondo di non volermi più vedere....” “ Oh beh, non posso dire che tu non l'abbia fatta grossa.... Ma credimi se ti dico che sono certo che in qualche modo la situazione si risolverà.... Me lo sento... Ho il cuore ricoperto di metallo ma è pur sempre di carne, sangue e passione, e credimi so cosa vuol dire perdere una persona....” “Davvero?” “Sì, puoi starne certo. Senti, stavolta non è una minaccia, ma solo un invito da uomo a uomo.... Che ne diresti se andiamo alla Stark Tower nel mio ufficio e ci prendiamo insieme quel famoso drink che ti devo, al caldo e all'asciutto? Così mi racconterai meglio!” .


“Eccoci di nuovo qui..... Siediti....” gli disse Stark indicando il salottino in fondo alla stanza. Loki a passi lenti raggiunse una poltrona e vi si sedette quasi come farebbe una bambola di pezza. Restò a guardare un punto imprecisato di fronte a sé, fino a quando Stark non si sedette di fronte a lui. In mano aveva una coperta, che Loki si avvolse intorno per asciugarsi, e due bicchieri pieni di un liquido dorato, che assomigliava all'idromele, che ai banchetti di Odino si era soliti bere. Ma quando Loki provò a bere il contenuto del bicchiere, notò che il sapore era tutt'altro che dolce come la bevanda divina, e anzi rinunciò a berlo, non essendo di suo gradimento. “Per curiosità... Tu cosa ci facevi da queste parti?” chiese Loki: “Oh, dovevo passare qui alla Stark Tower per prendere qualche congegno...Allora.... Cosa è successo precisamente?” chiese poi Stark serio: Loki aveva l'impressione che fosse preoccupato per lui. Forse vederlo in quello stato era nuovo per lui? Forse sì. Loki sospirò. Doveva raccontare tutto dall'inizio. “Quando.... quando tornai ad Asgard in catene, dopo la battaglia contro di voi a New York, venni imprigionato nelle segrete. Ma Thor, come al solito, pensava che un cambio di vita mi avrebbe fatto mettere la testa a posto. Così, il giorno della sentenza, venni fatto esiliare qui, su Midgard.” “Midgard?” lo interruppe Stark, aggrottando le ciglia: “Sì, è il nome nordico della Terra. Comunque, quando capii a cosa ero stato condannato... beh, ad essere sincero, non ne ero affatto felice, avrei preferito la morte per decapitazione o essere incatenato per l'eternità.... Poi pensai che la mia permanenza qui sarebbe servita a formulare un piano per tornare ad Asgard e stavolta distruggerla. Ero carico di odio e risentimento ancora e pensavo solo alla vendetta su Thor e gli altri. Ma il problema era anche che se non avessi dimostrato di essere diventato una divinità.... diciamo per eufemismo benevola, non sarei mai tornato ad Asgard. Questa condizione mi parve insormontabile. Non potevo fingere di essere ciò che non ero, e non potevo ingannare Odino.... Forse Thor, ma non Odino, né Heimdall. Non avevo speranza di tornare ad Asgard e realizzare la mia vendetta....
Dopo il mio esilio, atterrai di fronte a una casa, in un giardino per essere esatti. Ero indebolito perchè i miei poteri mi erano stati tolti, e non avevo forza di rialzarmi, e in più ricordo che pioveva incessantemente, come oggi. Rimasi al buio e al gelo finché non venni raccolto e portato in casa da qualcuno. Risvegliandomi scoprii che una giovane di nome Carey mi aveva ospitato in casa sua, avendomi trovato fuori privo di sensi e con la febbre alta. All'inizio fui scostante e altezzoso con lei, e in più, venendo a sapere che aveva un figlio, la situazione per me era ancora più insopportabile. Poi, con il passare dei giorni, e delle settimane il nostro rapporto migliorò sempre di più, fino a quando tutti due capimmo l'uno di amare l'altra. E, la sera in cui tutto mi fu chiaro, compresi, oltre all'amore, una cosa triste: saremmo stati felici fin quando non le avessi rivelato il mio segreto. Vedi, io fin dall'inizio le nascosi il fatto che fossi il mostro che aveva distrutto New York e causato purtroppo la morte di suo marito. Dopo ciò, un peso sulla coscienza crebbe sempre di più dentro di me, fino a quando, nello stesso istante in cui tu e Thor trovaste noi al parco, non decisi di rivelarle tutto. Ma, con il fatto che dovessi venire con voi, constatai fosse meglio rimandare tutto al mio ritorno, quando le avrei spiegato tutto con calma. Purtroppo, lei deve poi aver scoperto tutto durante la mia assenza, e per questo, infuriata, mi ha detto di non volermi più vedere. E io ora mi sento solo un verme....” dopo aver concluso il suo racconto, Loki sentì di nuovo le lacrime agli occhi. Odiava mostrare la propria debolezza, ma non poté farci nulla. Stark sospirò, posandogli una mano sulla spalla. “Mi dispiace Loki.... Capisco come ti senti, sul serio.... Ma Carey non poteva non reagire così. Anche lei si è sentita ferita perchè tu le hai nascosto la verità. Si fidava di te, ti amava, ma pensava tu fossi sincero. Con una scoperta del genere, non poteva non essere arrabbiata.”. Loki annuì a queste parole, sapendo che ciò che Stark gli stava dicendo era giusto. Aveva tradito la fiducia di Carey, e questa era la sua punizione. “Però, la speranza è l'ultima a morire, no? Potrebbe anche darsi che un giorno di questi sistemerete tutto, in un modo o nell'altro.... Ma ora non è il momento di farsi prendere dallo sconforto, c'è una battaglia alle porte. Abbiamo bisogno del tuo aiuto, non possiamo combattere da soli. Ora più che mai devi tirare fuori gli artigli. Se Thanos vincesse, né Carey né nessun altro avrà scampo. Mondi interi verranno distrutti o assoggettati , e la Terra sarà la prima. Devi farti forza, è brutto da dirsi a qualcuno in uno stato simile, ma è così. Se perderemo, moriremo tutti per niente. E a quel punto, se anche ci fosse una possibilità per te di riparare con Carey, sarebbe una cosa irrealizzabile.... Loki, i Chitauri non aspetteranno che le tue lacrime cessino.”. Loki annuì, asciugandosi gli occhi in maniera nervosa e infastidita: “Hai ragione, ora devo pensare a sistemare Thanos una volta per tutte....” e puntò i verdi occhi di giada iniettati di rosso a causa delle lacrime: “Prendi il necessario per le tue armi e poi portami allo S.H.I.E.L.D, c'è molto da preparare....”.

POV THOR

Era da molto tempo che vagava per le lande fiabesche di Alfheim, e, a parte qualche villaggio pittoresco di semplici pastori dalla pelle d'alabastro e capelli d'ebano e oro, non aveva ancora raggiunto il palazzo reale. Di questo mondo conosceva solo racconti e leggende, ma mai, a parte alcuni avventurosi, un asgardiano si era spinto fino alla Terra degli Elfi bianchi.
A un certo punto, mentre stava perdendo la speranza di trovare la città di quelle eteree quanto prudenti creature, giunse ai piedi di altissime montagne. Era come una barriera, invalicabile. Un punto morto, pensò Thor. Scese da cavallo per controllare più da vicino e notò come se su di una roccia vi fosse una scritta coperta di polvere. Thor con una mano strofinò la fredda superficie grigio scuro, e potè così notare che era elfico. Si ricordò di sapere ancora qualcosa di quella lingua strana e alquanto difficile. Suo padre aveva insistito perchè la studiasse quando era ancora un ragazzo, dicenso che un giorno avrebbe potuto servirgli. A quel tempo Thor aveva riso di quelle parole di Odino come fossero state sciocchezze, ma in quel momento si sentì stupido per averlo fatto.

“Questo è il passaggio che conduce alla città di luce
Potrai entrare solo se il tuo cuore non avrà in sé alcun pensiero truce Vai avanti per la tua strada se le rocce si sposteranno
Ma se nulla accadrà corri il più lontano per evitar doloroso danno.”
Fu questo ciò che lesse a voce alta. E l'ultima frase lo lasciò abbastanza preoccupato. Ma prima che potesse pensare altro, sentì la terra tremare. Il suo cavallo nitrì spaventato e lui cadde per terra, non riuscendo a stare in piedi, ma riuscì comunque a vedere che le rocce della montagna si stavano separando, come se la catena di montagne si stesse spaccando in due. Poi, dopo alcuni minuti, gli scossoni cessarono finalmente, e il dio del tuono si ritrovò di fronte a una specie di caverna buia. Salì in groppa al cavallo ed entrarono nel lungo passaggio cavernoso. All'improvviso le pareti naturali si illuminarono. Erano infatti comparse delle torce appese alle mura, e il cammino del dio poté continuare in maniera più sicura.
Percorsero quella che si rivelò una galleria lunga e alquanto fredda e umida, e Thor durante il tragitto ebbe come compagno solo il rumore degli zoccoli del cavallo e il suo cuore che batteva, nient'altro. Le ombre sue e del destriero si proiettavano sulla parete come delle strane creature venute da un incubo, e quando finalmente Thor riuscì a vedere, oltre lo svincolo della caverna, uno spiraglio di luce provò un grande sollievo.
Appena uscito dalla grande e lunga grotta, la prima cosa che l'asgardiano vide fu un panorama ben più bello e incantato di quello che si era lasciato alle spalle. Oltre il burrone, profondo centinaia e centinaia di metri, nel quale scorreva un fiume placido e cristallino in mezzo a degli arbusti acquatici, e oltre il bosco che si estendeva al di là del massiccio ponte di legno che serviva ad attraversare lo strapiombo, c'era una bellissima città arroccata. Essa giaceva in mezzo a delle montagne bianche e splendenti come cristallo e dalla forma di stalagmiti gigantesche. La città era interamente di colore bianco, e oltre le case si ergeva il palazzo più bello che Thor avesse mai visto. Un castello al cui confronto il Valhalla era la gelida terra di Hel, di quello che si poteva vedere solo nelle fiabe, o in un sogno bellissimo.
Thor era incantato da una tale bellezza architettonica, ma non era lì per un viaggio di piacere. Doveva radunare un esercito, ricordò a sé stesso.
Percorse quindi al galoppo il ponte di legno, e dovette fermarsi alle mura di cinta, in cima alle quali vi erano delle guardie. Una di loro, dai lunghi capelli fra il biondo e il bianco, disse con fare autoritario, munito di balestra: “Chi va là?” “Sono Thor, figlio di Odino! Giungo per conferire con il vostro re e signore!” “Puoi passare!” disse la guardia, abbassando l'arma e facendo un cenno a qualcuno che doveva trovarsi a terra, al di là delle porte della rocca. Thor sentì un rumore di qualcosa di pesante e vecchio strisciare nel terreno, e le porte poco a poco si aprirono. Thor potè finalmente entrare, ma prima di passare, chinò il capo in segno di rispetto alla guardia, che ricambiò.
La città era bellissima, luminosa, ricca e florida. Un cuore palpitante di esseri semi- divini, dall'aspetto quasi evanescente. Tutti apparivano giovani, ma solo il colore dei capelli rivelava la loro reale età: coloro che avevano una chioma bionda come l'oro, o rossa come la fiamma, o castana come un tronco d'albero, o ancora nera come la pece, erano nel pieno della loro giovinezza, la quale andava dalla nascita a quasi 900 anni. Quelli le cui capigliature erano striate di argento avevano dai 1000 anni ai 1500 e chi ormai aveva i capelli color del giglio avevano la veneranda età fra i 1600 i 2000 anni. Ma erano tutti accomunati dalla folgorante bellezza, con le loro orecchie a punta, gli occhi grandi e da cerbiatta, i volti cesellati e femminei e una espressione a volte di esuberanza, altre volte di coraggio giovanile, altre di grande saggezza. I maschi erano comunque l'esempio della compostezza e della cordialità, e le femmine di una affascinante grazia e dote di seduzione.
Thor arrivò finalmente alle porte del castello, che gli furono aperte, come se il suo arrivo fosse atteso. Un elfo dai candidi capelli e la pelle nivea li venne incontro all'ingresso interno del castello. Il luogo era interamente bianco, e dava la sensazione di trovarsi in un sogno una allucinazione potentissima.
“Thor, figlio di Odino, il nostro re ti aspettava con ansia.” “Sapevate che sarei venuto?” chiese Thor sorpreso. L'elfo sorrise placidamente: “Sì. Il nostro re sa molte cose, più di quanto tu possa immaginare. Bene, vieni con me.” e Thor lo seguì senza fiatare.
Il corridoio continuava fino a finire di fronte a un gigantesco portone di roccia bianca. L'elfo aprì questo, con un semplice gesto della mano, come un incantesimo. Le porte di aprirono silenziosamente nonostante fossero pesantissime.
“Vieni avanti, nobile Asgardiano!” disse una voce oltre le porte. Il tono era serio, ma cordiale, seppur con una punta di imperiosità. Thor avanzò, ritrovandosi in una stanza che definire ampia sarebbe stato riduttivo. Era colossale, anche se priva di sfarzo. Il pavimento era di un colore azzurro come il cielo, e rifulgeva come se sotto di esso si racchiudesse una qualche sorta di magia. In fondo alla sala vi erano tre troni, e quello al centro, fatto come di un marmo azzurro e bianco, era il più imponente, mentre gli altri due, anche se di uguale strana pietra, decisamente più piccoli. Il re sedeva composto e autoritario, i capelli corvini, sui quali era adagiata morbidamente una corona d'argento, semplice e leggera, avevano delle ciocche argentee qua e là, ricadevano sulle spalle ampie ma non muscolose. Gli occhi erano di un azzurro più che limpido, quasi le iridi fossero fatte della stessa acqua che scorreva nel fiume al di sotto del ponte di legno, e il volto possedeva lineamenti nobili e aggraziati. Le mani affusolate giacevano sui braccioli del trono. Le vesti erano semplici e di colore grigio, e lunghe, come un mantello.
Thor sapeva il nome di quel sovrano, di cui aveva tanto sentito parlare nelle storie che suo padre a volte gli raccontava: il suo nome era Galdor.
Al fianco destro del re sedeva una creatura eterea e magnifica: lunghi capelli biondi ricadevano ben oltre la schiena, e portava una corona di fili d'argento intrecciati, come fossero stati sottilissimi e piccoli ramoscelli, ed essa cingeva la fronte alta e pallida, al centro della quale rifulgeva un diadema di medie dimensioni. Gli occhi erano di un colore tra il glicine e l'azzurro pallido, due gemme dalle tante sfaccettature e la bellezza del viso di quella creatura era indescrivibile a parole, un misto di dignità, nobiltà, e grazia, e a Thor venne subito in mente una stella, lucente e splendida, e le vesti rafforzavano l'idea: un lungo vestito, stretto fino alla vita, e che poi diveniva sempre più largo, come le maniche, era argenteo, come ricoperto di diamanti e neve.
Era la leggendaria regina Aranel.
Al fianco destro, invece, del re, sedeva una giovane, avrà avuto si e no780 anni, che corrispondevano ai 17 anni Asgardiani e Terrestri. La fanciulla non portava alcuna corona, ma non per questo era di minore bellezza rispetto ai genitori, anche se di aspetto singolare. Infatti, la chioma non era né bionda né corvina, ma di un rosso fulgido, e si estendeva fino a metà schiena in morbide onde, un mare di fuoco, e gli occhi, color topazio e incredibilmente grandi, intelligenti e profondi, erano incorniciati da un viso più che splendido: era un viso giovane, fresco, quasi ancora da bambina, e le gote, leggermente rosee, erano in netto contrasto con la carnagione chiara e quasi trasparente come vetro. Le labbra piene e piccole ricordavano un bocciolo di rosa, e l'espressione del viso era tranquilla e gentile. La principessa Losille, questo era il nome della leggiadra creatura, portava un vestito blu notte, costellato di diamanti, richiamando la volta celeste notturna.
“Benvenuto nella mia dimora, possente Thor.” esordì con voce calda e tranquilla Galdor, guardandolo fiducioso e sorridente: “Mi è stato detto che mi stavi aspettando....” “Sì, è così. Vedi, conosco molte arti, e una di queste è l'innato dono della preveggenza. Sapevo che saresti giunto.” “E conosci pure il motivo di tale mia visita?” “Certo.... Alfheim sarà pure difficile da trovare, o anche irraggiungibile, ma noi Elfi della luce stiamo al passo con il mondo esterno. So che un popolo barbaro e crudele giungerà da un posto sconosciuto per assoggettare i nove mondi, e conosco anche la fama di tuo fratello, il principe Loki.” disse poi Galdor, e in quel momento il suo sguardo si fissò in un punto imprecisato del pavimento, uno sguardo al contempo mesto ma anche perso chissà in quale luogo mistico.
“Saggio Galdor, sono giunto qui per chiedere il tuo appoggio e quello del tuo esercito di guerrieri nella grande battaglia contro quei mostri che hanno fatto scempio di Asgard, la mia casa, e anche della mente di Loki!”. Galdor in quel momento tornò a guardare Thor, una espressione seria e tesa sul volto: “Figlio di Odino, la mia mente è lungimirante, e a volte può portarmi a scoprire cose che avrei fatto a meno di conoscere. Io e il mio popolo aiuteremo i Midardiani, ma sappi.... che la vittoria sui Chitauri sarà possibile solo grazie a un fatto tutt'altro che lieto, e ti porterà alla sofferenza. Sei dunque disposto a mettere in gioco ciò che ami? ” “Farei qualunque cosa per mantenere la pace e la sicurezza dei Nove Regni!” “Sapremo quando entrare in azione io e il mio esercito senza bisogno che venga comunicato!” concluse Galdor, cercando di mantenere un aspetto calmo, anche se negli occhi limpidi erano subentrate nubi di tempesta. Qualcosa tutto d'un tratto affliggeva l'animo del sovrano, qualcosa che riguardava Thor, e il dio del tuono ebbe un presentimento fastidioso. Cosa sarebbe dovuto accadere perchè la sorte potesse essere dalla sua parte? Qualcosa in cuor suo diceva che se lo avesse chiesto al re, difficilmente egli gli avrebbe rivelato i pensieri che lo stavano attanagliando.
“Dimmi, Galdor, credi che se mi rivolgessi agli abitanti custodi del regno Svartálfaheim mi conferirebbero il loro appoggio?” “I nani sono creature estremamente diffidenti e a volte violente, figlio di Odino. Purtroppo, devo confessarti che le mie visioni del futuro sono del tutto casuali e non dipendono dalla mia volontà. Non posso dunque assicurarti che risponderanno al tuo appello d'aiuto, o se lo faranno sarà difficile convincerli. Non aspettarti una calda accoglienza da loro, né gentili parole e tanto meno riverenze.” “C'è anche un altro problema..... Ci sono storie secondo cui in tempi molto più antichi di questi i nani siano stati condannati a restare sottoterra, senza poter mai uscire dalle viscere del suolo, a meno che non volessero essere trasformati in pietra dalla luce del sole...” “Sì, le storie sono vere.... Ma questo è un incantesimo che può essere contrastato, almeno per un certo periodo di tempo..... Ma serve il permesso di tuo padre per farlo....” “Sono sicuro che mio padre accetterà!” “Ma lo farò solo se i nani accetteranno di combattere insieme a noi, ma se invece rifiuteranno continueranno a essere condannati, senza la pausa che potrebbero avere con la mia magia....”.
Poi a parlare fu la regina, che, sorridendo amorevolmente, come avrebbe potuto farlo Frigga, disse, la voce un canto melodioso: “Nobile Thor, permettimi di concedermi di invitarti a rifocillarti e a riposare per qualche ora.... Devi essere molto stanco dopo tanto viaggiare!” “Ben detto, mia saggia Aranel!” intervenne Galdor.
“Sono ben felice di accettare, regina Aranel.” rispose Thor, con un inchino.
“Bene allora, vieni, ti mostrerò una stanza, e poi un servitore ti porterà del cibo!” disse dunque il re, alzandosi dal trono e invitando il dio del tuono a seguirlo con un gesto della mano affusolata. L'unica a non aver parlato era stata la principessa Losille. Si era limitata a sorridere radiosa, ma nemmeno una parola. Doveva essere alquanto timida e silenziosa.
“Eccoci arrivati!” disse con un sorriso Galdor, indicando una porta a sinistra di un corridoio luminoso e bianco. Quando aprì la porta, Thor rimase più che incantato: la stanza era più che magnifica nella sua semplicità ed eleganza. Un fuoco era acceso nel camino di pietra intagliato. Era ben lontano dalle strutture massicce dei palazzi asgardiani, ma stupenda lo stesso. Appena Galdor se ne fu andato chiudendosi la porta alle spalle, Thor si gettò sul letto, stanco per il lungo viaggio e per i molti pensieri.
Ma non riuscì a dormire.
Possibile che tutto quello che si stava verificando fosse a causa dell'eredità al trono di Asgard, per una incomprensione tra due fratelli, passati dall'amore sincero tra familiari a un odio profondo? Evidentemente era possibile, pensò in conclusione Thor con rammarico. Però aveva la sensazione che prima o poi il risentimento di Loki nei suoi confronti si sarebbe sopito. Da parte di Thor vi era già stato il perdono per ogni cosa suo fratello avesse fatto, anche se non vi era una reciprocità.
E mentre formulava questi ultimi pensieri, i suoi occhi finalmente si chiusero lentamente, trovando un po' di tregua.

POV TONY STARK

Il tragitto a bordo della lussuosa macchina del miliardario era iniziato da quasi mezz'ora, e Loki, in quell'arco di tempo, non aveva fatto altro che osservare le sue mosse per pilotare l'auto, o guardare fuori dal finestrino, lo sguardo perso nel vuoto, verso una meta imprecisata, gli occhi verdi lucidi, quasi fossero fatti di vetro. Sembrava disarmato e a tratti sofferente. La sofferenza non veniva però dal corpo, e Stark lo sapeva bene. Il dio delle malefatte, o ex dio più propriamente, era incappato nella malattia e allo stesso tempo farmaco in cui tutti i comuni mortali cadevano: l'amore, arma tanto potente quanto fragile, tanto fecondatrice quanto distruttrice. Il suo era un amore di quelli che Stark aveva sentito parlare solo in antiche leggende e vecchi racconti di mitologia greca: l'amore tra un dio, anche se questo nome era difficile da ritenere appropriato, e una donna mortale. Un amore tragico, che in molti casi non finiva bene. Nonostante ciò, per la prima volta si ritrovò a fare il tifo per Loki. Se quella ragazzo era riuscita nell'intento in cui avevano fallito Tony, Thor e gli altri, allora qualcosa di speciale e importante c'era sul serio in quella ragazza di provincia.
Tony ripensò poi a cosa aveva detto Thor riguardo al passato del fratello, o fratellastro. Loki aveva avuto una infanzia a tratti felice e anche difficile. Aveva sentito dire da Thor anche qualcosa sul fatto che il loro padre, Odino con la barba da Babbo Natale, aveva passato molto tempo nel pieno rammarico di non essere stato un bravo genitore. E i suoi pensieri andarono anche al rapporto suo con Howard Stark, il genio dal quale aveva preso tutta la sua intelligenza e anche caparbietà. Il buon amico di Capitan Ghiacciolo. Anche per Tony a volte la vita insieme al padre non era stata rosea. Anche lui a volte si era sentito come non fosse stato il figlio che il padre voleva, e si rese conto di capire perfettamente o comunque abbastanza ciò che Loki aveva sentito in cuor suo: la voglia tenace, bramosa, anche spregiudicata di dimostrare a un genitore, e forse sé stessi, che potevano sempre dare di più, cercando di essere migliori fra tutti gli altri.
Tony si schiarì così la voce, pensando che condividere le loro esperienze e il loro passato potesse essere una buona idea: “Loki.... Io.... So come ci si sente nel non sentirsi amati, di non sentirsi mai abbastanza e con le spalle al muro, ma questo non è un motivo per pensare che non si può essere migliori di così....” “ No Stark, non puoi capire, invece..... Vedi, Padretutto non è davvero mio padre....e sono sicuro che non sai cosa significa venire a sapere tutto a un tratto di essere il figlio di chi ritenevi il tuo peggior nemico, l'erede di una razza di mostri!” disse Loki, sputando queste parole acidamente ma Stark, mordendosi le labbra, non si arrese: “Sì a dire la verità ce l'aveva già det..... accennato Thor” “ Che cosa?!” esplose quasi Loki, con gli occhi saettanti: “Ci ha detto che sei stato adottato, e....” “Oh! Vedo che Thor è stato più che meticoloso nel narrarvi il mio triste e oscuro passato....” lo interruppe Loki, parlando con ironia, ma poi digrignò i denti ridiventando quasi furioso: “Quel.... Quella sottospecie di Pentapalmo senza cervello! Come ha osato!” “Ah, via! Non è poi così grave!” “E invece sì, lo è e tanto, anche! Non lo aveva autorizzato nessuno a dire una cosa così privata sul mio conto! …... Oh, beh! Tanto ormai, rotto per rotto.... Sai anche a quale stirpe di mostri mi riferivo prima?” “No, questo non mi è stato detto.” “Discendo dal grazioso popolo dei Giganti di Ghiaccio! Ora dimmi, ti senti ancora così simile a me? Dubito che ti sia capitato di sentirti, nel momento in cui scopri le tue origini, come se non appartenessi a nessun luogo né popolo, di essere un..... figlio bastardo.” “Ma perchè chiamarti bastardo scusa?! E a ogni modo vedila come ti pare riguardo a Thor e alle sue informazioni, però lasciami finire il discorso! Ti sbagli dicendo che non ti capisco! Magari non sono stato adottato e magari non so cosa voglia dire essere figlio del nemico numero uno! Però Loki, non conta da dove veniamo o di chi siamo figli, ma cosa facciamo e chi diventiamo! E per quanto riguarda il fatto che non ti senti amato o altro, credimi sulla parola se ti dico che a Thor, quando parla di te, si illuminano gli occhi! Tiene più a te che a tutta Asgard e alla Terra stessa!” “Oh, quanto sei profondo! È strano sentire questi discorsi uscire dalle tue labbra, sai?”. Stark strinse le spalle: “ Hey, non sono mica solo il bellissimo riccone simpatico della comitiva!” “Io...... cioè....” sbuffò Loki, impacciato in una maniera che a Stark apparve comica, “.... Volevo dirti..... Accidenti! Grazie.... Ecco!” “Di nulla, cerbiattino, è sempre bello aiutare delle creaturine smarrite a tornare sul proprio sentiero!”. Loki si rabbuiò un attimo: “Senti, puoi però farla finita con il prendermi in giro per il mio elmo?!” esclamò non reggendo più i nomignoli di Stark, il quale sghignazzò: “Va bene, la smetto, Bambi!” e si beccò di nuovo una occhiata contrariata da Loki: “Ah, va bene! Basta sul serio!” disse infine Tony facendo la croce sul cuore come simbolo di promessa.
E il loro viaggio continuò, l'aria meno tesa e più rilassata. Era proprio vero: a volte un piccolo dialogo può cambiarti la giornata!

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Capitolo 23
*** 21. Trying to raise up from ashes ***


Allora, miei cari! Finalmente, dopo un attimo di smarrimento (povera me -.-” ) sono tornata sui miei passi, e ho trovato la forza per pubblicare questo capitolo che non si decideva a venir fuori! Avete ogni diritto, e anzi il dovere, di insultarmi, tirarmi rifiuti, e anche picchiarmi direttamente dallo schermo del PC per tutto il tempo che vi ho fatto deliberatamente aspettare! Me lo merito sul serio! Spero proprio che il capitolo, nonostante sia tutto tranne che lungo, sia all'altezza di tutto il tempo che ho fatto aspettare e che possiate perdonarmi, non sapete quanto sia forte il mio imbarazzo e senso di colpa! :(
Un bacio, Snow.


POV LOKI

Arrivarono alla base dello S.H.I.E.L.D un'ora e mezza dopo esser partiti dalla colossale Torre di Tony.
Per tutto il tragitto Loki e Stark non parlarono d'altro se non di come si potesse neutralizzare al massimo l'esercito di Thanos rendendolo innocuo come un gregge di agnellini: Tony pensava di dover ricorrere ad armi necessariamente non nucleari, per la salvaguardia del territorio dove i mostri avrebbero attaccato, e a puntare a formare un esercito il più possibile compatto e renderlo a dir poco invincibile. C'era sempre una piccola, forse minima parte che Loki e i Vendicatori potessero essere sconfitti, e ormai il malinconico Padre degli Inganni aveva imparato a non farsi troppe illusioni, restare con i piedi per terra ma contemporaneamente tenere gli occhi puntati sul traguardo e affrontare la situazione da uomo e non più giovane doppiogiochista e ingannatore. Dopo ciò che era successo con Carey aveva imparato una lezione: la verità, in un modo o nell'altro, viene sempre a galla, e per quanto si tenti di nasconderla, camuffarla o ignorarla essa riaffiorerà presto o tardi. Inevitabilmente ciò che lui aveva fatto gli era poi ricaduto addosso come pioggia gelida, la stessa che era stata testimone di uno dei più grandi dolori che avesse mia provato.
Ma non era il momento di abbandonarsi al pessimismo, bisognava agire e in fretta.

“Dunque tu proponi di usare armi potenti ma, come io ho aggiunto, non nucleari per non devastare il territorio?” “ Si, Uomo di latta, esattamente!” “Beh, è una sfida! Ma le sfide dopotutto mi sono sempre piaciute e questa sarà ricordata come la più grande delle battaglie nell'universo, almeno dopo il secondo conflitto mondiale....” “Il cosa?” lo interruppe Loki, non sapendo a cosa si stesse riferendo Stark, ed egli, gesticolando con una mano, chiarì le parole che all'Ingannatore sembravano così prive di significato: “Vedi, voi Asgardiani non avrete sentito parlare di questa storia successa quasi più di mezzo secolo prima, ma invece mio padre, il quale è venuto a mancare, e in particolare Steve, se lo ricordano bene, come fosse ieri. Una guerra durata anni, costata vite su vite, sacrifici e sofferenze atroci a milioni di persone, a causa di un fanatismo che stava dilagando in quegli anni, e in tempi paralleli intanto il Teschio Rosso stava cercando il Tesseract, che ricorderai bene.... Beh, stavo dicendo che, se da una parte questa sarà una guerra di proporzioni mastodontiche, dall'altro spero che coinvolgerà il minore o nullo sacrificio di vite innocenti di civili. A quel punto sarebbe inutile anche una schiacciante vittoria, se non rimanesse più nulla né nessuno.”; Loki annuì. In effetti, aveva sentito parlare da Odino di una cosa simile anni e anni prima, ma non si era mai interessato più di tanto, essendo ancora il suo disprezzo e senso di superiorità nei confronti degli umani più che vivi nel suo animo.
“Sarà un compito difficile ma nulla per Tony Stark è impossibile, ricordalo bene Bambi!” “Stark, ti ho già detto che...” “Che non devo chiamarti Bambi, né con altri nomignoli ridicoli ! Lo so, scusa non ho resistito!” disse Stark imitando la voce di Loki e la loro cadenza in maniera perfetta. Loki, dopo averlo squadrato male e con disapprovazione marcata, sospirò, alzando gli occhi al cielo: “Oh, per tutti i tuoni, fa' come ti pare, non mi importa più come mi chiami!” “Oh, bene, allora da questo momento potrò abusare di tale permissione?” “NO!!” tuonò Loki esasperato: “Possiamo parlare di cose serie!? Stiamo sull'orlo di una guerra con i Chitauri, per la barba di Odino!” “Va bene, la pianto davvero!” “Bene!” sbottò infine Loki, sfiancato dal nervoso che gli procurava lo scienziato. Era davvero impossibile! Di quel passo Stark non sarebbe mai arrivato a vedere il giorno della guerra perchè Loki lo avrebbe fatto fuori prima! Devo mantenere i nervi saldi o questo qui mi farà prendere un esaurimento nervoso! Avanti Loki, non puoi perdere le staffe per un imbecille del genere! Ritorna in te!


Percorsero di nuovo la sala principale dello S.H.I.E.L.D e arrivarono infine nella sala riunioni, dove erano raccolti tutti i membri, tranne Thor, il quale era partito in missione.
“Allora, come è andata la visita?” chiese ingenuamente Steve, il quale, come gli altri tranne Stark e Loki, era del tutto all'oscuro di quello che era successo con Carey. A quella domanda Loki si rabbuiò e non ebbe il coraggio di rispondere, sentendo le stesse corde vocali tremare per la voglia di piangere ancora. Ma invece, in un attimo di orgoglio, chinò il capo e tacque. Tony, capito il messaggio, rispose per lui, sospirando: “Diciamo che... L'incontro romantico è diventato una seduta per cuori infranti....” “Cioè?” fece di nuovo Steve, continuando a non capire quel linguaggio ermetico per lui, ma semplice per chi era nato nel XXI secolo. Tony alzò gli occhi al cielo, come a dire “Ti prego, non farmi rigirare il coltello nella piaga no!”: “Per farla breve, è andata male!” “Oh, non immaginavo che...” ribattè Rogers imbarazzato, e con gli occhi di tutti, Loki compreso, puntati su di lui. “Non fa niente, ormai è andata.” disse Loki, riacquistato il possesso della voce. Tutti lo stavano guardando con un misto di compassione, malinconia e biasimo. Il dio degli inganni allargò le braccia, sforzandosi di sfoggiare uno dei suoi soliti sorrisetti: “Cosa c'è da guardare? Allora, vogliamo salvare questa dannata Midgard o stare a guardare mentre Thanos ci ammazza tutti?! Eh?!”, ma gli altri lo guardarono ancora più intensamente: “Qual'è il vostro problema? Abbiamo un lavoro da svolgere, o sbaglio? Perchè continuate a fissarmi come se fossi il parente di un defunto appena tornato dal funerale? Sentite.... Se non avete intenzione di collaborare, me ne ritorno nella mia stanza e rimango lì fino a che quel dannato mostro non viene a prendermi, così la faccio finita una volta per tutte!”. Non ottenendo risposta, nemmeno dallo stesso Fury, innervosito si scaraventò fuori dalla stanza, dirigendosi alla sua cabina con passo pesante e un gran peso sul cuore.
Giunto alla cabina, chiusasi la porta automatica, la bloccò con un comando che serviva da serratura.

POV A.C. (ALL CHARACTERS)

Con loro grande sorpresa, erano dispiaciuti per Loki e, con loro stessa meraviglia per lui provavano una forte compassione. Forse per quello, o per il fatto che ancora non aveva digerito la storia, Loki se ne era andato via dalla sala come la Furia in persona, o forse perchè sapeva che in realtà ciò che gli altri vedevano in lui corrispondeva alla verità: era triste, infelice e, soprattutto, nonostante volesse far credere di essere concentrato solo sul da farsi per la guerra, tutti sapevano che la sua testa era da tutt'altra parte, oltre New York, in un quartiere di periferia. In quel momento avrebbero preferito che Loki fosse quello che avevano conosciuto tempo fa: meschino, ingannatore, pazzo e crudele, a quello attuale, malinconico e totalmente immerso nell'autocommiserazione. Ci mancava che si rifiutasse di collaborare e poi sarebbe stata fatta una bella frittata, e gli ingredienti però sarebbero stati loro!
“Qualcuno deve andare a parlargli.” disse poi, dopo un profondo silenzio, Natasha, attirando su di sé l'attenzione di tutti. “Non pretenderete di aspettare che ritorni lui da noi?” “Sei un'abile manipolatrice, perchè non vai tu? Sei una spia, è il tuo lavoro persuadere e carpire informazioni.” ribattè Stark, con fredda ironia. Natasha le lanciò un'occhiataccia: “Non credo di stargli molto simpatica, e sicuramente più che aprirmi la porta mi disintegrerebbe! Non dimenticatevi che voleva farmi distruggere dallo stesso agente Barton! E poi non me la sento di essere magari chiamata di nuovo con simili termini....” “Intendi quando ti ha detto v....” “Si, intendo quello. Non ci penso nemmeno ad andare a parlargli.” “Se solo ci fosse Thor...” disse malinconico Steve, ma Fury lo disilluse: “Non credo che se ci fosse stato Thor sarebbe cambiato qualcosa. Ora come ora Loki detesta Thor e di certo farlo parlare con lui non avrebbe migliorato la situazione. Credo che a questo punto andrò io. Che razza di vigliacchi! Non avete paura di battervi contro un esercito di mostri alieni, e poi per parlare con un dio privo di poteri fate tutte queste storie! Pazzesco!”. E detto questo, la Spia uscì dalla sala, lasciando i Vendicatori da soli.

POV LOKI

Tirò l'ennesimo pugno al muro, ancora più forte delle altre volte, per scatenare tutta la sua rabbia fino ad allora repressa. Rabbia per ciò che aveva fatto a Carey, per averla fatta soffire. rabbia per ciò che era.
 Poi si accasciò infine contro il muro, le ginocchia raccolte in prossimità del petto,sentendo di voler piangere, sebbene nemmeno una lacrima cadesse dai suoi occhi. Si mise una mano fra i lunghi capelli corvini, sospirando amareggiato. Non avrebbe mai pensato di finire in quel modo. Senza una via da percorrere, senza radici, senza passato, né presente né futuro, costretto in esilio, imprigionato da catene che aveva forgiato con le proprie azioni. Forse era proprio insito nel suo sangue il termine “perdente, eterno debole, sempre secondo e ultimo in tutto”. Forse era una maledizione che si portava dietro da quando era nato, da quando era stato abbandonato dalla sua vera famiglia, la quale si era vergognata sicuramente di avere un individuo simile nel proprio cerchio. Lui era stato una vergogna anche per la famiglia che lo aveva accolto, ad Asgard. Una coppia di sovrani lo aveva accolto come figlio loro, e lui non aveva fatto altro che deluderli. Poi, dopo aver appreso la verità, era sprofondato in un vortice, iniziato con l'odio per Thor, Odino e ogni Asgardiano, oltre ai Terrestri. In seguito, dopo il suo “esilio”, aveva avuto una nuova occasione per dimostrare di valere qualcosa, con il Tesseract. Ma anche quel tentativo di colmare la voragine che lo inghiottiva era stato vano, fallendo miseramente. Era dovuto tornare ad Asgard come prigioniero, fuggito dalle proprie responsabilità dovute ai suoi intrighi, e affrontare gli sguardi di delusione di tutti, come segnato da un marchio di vergogna indelebile. Ma soprattutto, aveva provato delusione e disprezzo per sé stesso, per essere stato un incapace, sempre. Ma improvvisamente, quando la speranza sembrava persa, un essere celestiale era venuta a tirarlo fuori dalle sabbie mobili in cui stava sprofondando. Una midgardiana lo aveva aiutato, migliorato. Ma anche in quel caso non era stato capace di tenere a sé quello che aveva di più caro. Anche in quel caso, la sua natura di bugiardo, di malvagio aveva preso il sopravvento, causandogli di nuovo repulsione per sé stesso. E tutto era da ricollegarsi a una sola parola: la sincerità. Nella sua vita, fin dall'inizio, questo era mancato. E ora, ne subiva le conseguenze.
Non era riuscito a essere un vero cattivo, un malvagio, un vero sovrano e condottiero, come sperava dunque di avere una speranza nell'intento di salvare un intero pianeta dall'ira di un mostro proveniente dalle galassie più remote? Era solo patetico, come era sempre stato. Un buono a nulla, capace di causare disgrazie, dolori e vergogna a sé stesso a a chi gli stava intorno. Sarebbe stato meglio se Odino quel lontano giorno a Jotunheim lo avesse lasciato a morire di fame, stenti e pianto. Sarebbero stati tutti meglio, lui in primis.
Un ricordo spiacevole si riaccese in lui, e, per quanto Loki tentasse di scacciarlo, esso prese il sopravvento.

Quella sera, Loki fu mandato a chiamare da suo padre. Mancava poco tempo a quando Odino doveva decidere chi dei due figli dovesse divenire il principe reggente.
Loki, dal canto suo, pur volendo bene a Thor, sperava di essere scelto. Per anni aveva agognato al trono di Asgard. Aveva passato anni e anni a studiare, ad acculturarsi in ogni campo, a seguire ogni insegnamento di Odino, a differenza di Thor, che invece aveva preferito concentrarsi sul suo aspetto di guerriero, trascurando la parte diplomatica del ruolo di futuro re. Loki era invece pronto per essere re, e se solo suo padre gli avesse dato una possibilità glielo avrebbe dimostrato.
Arrivato al cospetto di suo padre, nella sala del trono, appena le porte si richiusero dietro di lui, Odino, che si trovava in piedi accanto al trono, lo chiamò : “Vieni avanti, Loki.”. La voce aveva una punta di amarezza, pur essendo tranquilla e pacata. Loki si avvicinò lentamente.
“Mi avete mandato a chiamare, padre?” “Si” rispose Odino, e dopo una breve pausa, continuò: “Loki, sai quanto io ami te e tuo fratello, vero?” “Beh, si padre, certamente!” rispose Loki, confuso. Odino annuì lievemente, e continuò, mentre Loki ascoltava: “Sai anche che dovrò scegliere a chi affidare il regno, prima o poi.” “Si, padre.” “Bene. È giusto di questo ciò di cui volevo parlarti. Siediti pure sul trono se vuoi.” “Ma, padre, non avete mai permesso né a me né a Thor di sederci sul vostro trono, perchè ora...” “Non fare domande Loki, fa' come se fosse una seggiola qualunque.”. Loki era più confuso che mai per il comportamento del padre, ma fece comunque come gli era stato chiesto, o meglio quasi ordinato, a giudicare dal tono che non ammetteva altre repliche.
“Bene, è giunto il momento che io riveli finalmente chi di voi due diverrà principe reggente...” e a queste parole Loki ebbe un tuffo al cuore, che cominciò a battere freneticamente nel petto, sentì che gli occhi stavano per luccicare come gemme nel suo cranio.
“Ebbene, figlio mio, ora avrai una risposta. Ma prima, voglio chiederti di chiudere gli occhi, disporti come un vero re su questo trono, e immaginare di essere il sovrano di Asgard. Voglio che tu mi dica le prime cose che ti vengono in mente, pensando di essere finalmente il re di Asgard.”. Quella era una delle più strane cose che suo padre avesse mai chiesto, ma Loki obbedì. Chiuse gli occhi, e, rilassando la mente, immaginò di essere re, come un sogno ad occhi aperti. Vide cose piacevoli, ma anche cose agghiaccianti.
“Vedo... distruzione, un potente esercito, conquiste di altri mondi, grida e fiamme, suono di spade che si scontrano... La.... lancia Gungnir nelle mie mani, sta scagliando un potente raggio... contro dei popolani ribelli... Vedo anche.... leggi, riforme, condanne. Alcuni mi chiamano despota, dittatore...” “Basta così, Loki. Apri gli occhi, ora.”. Loki riaprì gli occhi, e vide negli occhi di Odino quello che sembrava preoccupazione, paura, confusione. Non doveva essergli piaciuto ciò che Loki aveva visto e riferito.
“Loki, io... credo che tu non sia adatto a regnare. Ed è per questo che sarà Thor a divenire re, quando verrà il momento.”. Loki sentì il proprio cuore andare in frantumi, come i propri sogni e le aspettative. Sentì delle lacrime salirgli agli occhi, e di non poter quasi parlare. “Co-cos- cosa?” chiese attonito, recuperata un po' di forza. Aveva sentito benissimo, ma sperato anche di aver capito male, malissimo. Ma Odino non esitò a vanificare i suoi dubbi: “Mi dispiace,figlio mio, ma credo che sia meglio così. Ciò che prima hai riferito mi ha fatto capire che consegnarti nelle mani un regno non sarebbe affatto saggio. Ti sfugge il vero senso del regnare, e non posso permettere che Asgard cada nelle mani sbagliate.” “Ma, padre... Io ho impiegato anni su anni per prepararmi a regnare su Asgard! Ho imparato tutti i vostri insegnamenti fino allo svenimento, solo per dimostrarvi di essere degno di un tale compito! Ci ho messo tutta la buona volontà per darvi prova di quanto tenessi a ciò! Ma per voi non è stato abbastanza! Io non sono mai stato abbastanza, nonostante i miei sforzi per esserlo!” “Loki, ascoltami...” “No, padre! Non vi ascolterò più! Non è valso a nulla ascoltarvi per tutti questi anni! Sono sempre stato messo per secondo, sempre dopo Thor! Lui non ha fatto tutti i sacrifici che IO ho fatto per cercare di essere degno del trono! Mai voi lo avete sempre preferito a me, e questa ne è la prova! Ma sapete cosa vi dico, caro padre? Verrà anche il MIO momento, in cui sarò io a trionfare, e né voi, né Thor, potrete fare nulla per imperdire che accada! Tutti vi renderete conto di chi avete di fronte, parola mia! E sarà lì che vi renderete conto, Padretutto, dello sbaglio madornale che avete fatto, e implorerete a me di perdonarvi, ma sarò io a negarvi tutto!” “Loki...I tuoi occhi.... Sono... !” sussurrò Odino, bloccando di colpo Loki, che infuriato si trovava vicino alle porte, pronto per andarsene sbattendole dietro di sé. Il principe notò che negli occhi lucidi del padre vi era allarme e sorpresa. Sapeva di averlo ferito, ma non si rendeva conto di quanto lui avesse ferito Loki con quelle parole.
Ma perchè stava tentando di dire qualcosa sui suoi occhi? Cosa mai potevano avere di strano? Ed è con quelle domande che Loki, non sopportando la vista di suo padre e del suo sguardo, si gettò fuori dalla sala del trono, lontano da suo padre e le sue crudeli parole.
Non bastò a Loki una settimana intera per scrollarsi di dosso il pensiero di vendicarsi di suo padre e di Thor. E fu proprio dopo l'annuncio dell'incoronazione di Thor che mise in atto un piano per far saltare tutto. Avrebbe aiutato i Giganti di Ghiaccio a entrare ad Asgard, così l'incoronazione sarebbe saltata, e sicuramente e prevedibilmente Thor, in preda alla furia, avrebbe voluto dare una lezione ai Giganti, e con questo Odino lo avrebbe punito, e Loki sperava pesantemente.
In lui si era instaurato il seme maligno di vendetta e rancore. Ormai, desiderava ardentemente solo una cosa nel profondo del suo cuore: vedere Thor, insieme al suo stupido ego, la sua idiozia e la sua arroganza insopportabile,cadere in rovina.


 Mentre era immerso nei suoi pensieri, sentì bussare alla porta. Tentò di ignorarlo, non avendo voglia di parlare con nessuno, tanto meno qualcuno di quei perfettini di Vendicatori. Bussarono di nuovo, due volte.
“Chi è?” ruggì infine, adirato. La voce di Fury riecheggiò da dietro la porta. “Loki, apri la porta, dobbiamo parlare.” “Di cosa sentiamo? Di quanto la mia sceneggiata di prima sia stata patetica, oppure di come io sia un fallito? No, ci sono! Vuoi ricordarmi che c'è un pianeta da salvare! Beh, posso dirti che non mi importa più niente di niente. Per me Thanos potrebbe arrivare anche domani, e non farebbe differenza!” “Non ti importa nemmeno se finiremo tutti come schiavi, tu magari verrai giustiziato, e ogni cosa finirà nella disperazione e nel fuoco?” “Non aspetto altro se non una buona occasione per farla finalmente finita, e risolvere tutti i miei problemi! Non mi importa se tutto finirà male!” “ E che mi dici di quella donna, Carey? Non ti importa nemmeno di lei?”. Loki provò un tuffo al cuore a sentire il nome di lei. Non riuscì a parlare, il cuore riprese a fargli più male di prima, fitte al petto lo facevano tremare, e cadde in ginocchio di nuovo, incapace id respirare. Un profondo piacere e un intenso dolore contenuti in un semplice nome, nel ricordo di un volto. Riuscì a malapena a parlare: “Certo che la ricordo...” “E allora? Non ti importa se lei verrà uccisa, massacrata, violentata o chissà cos'altro? Possibile che tu sia così egoista da non curarti nemmeno di chi ami? Non ti ricordavo così codardo e meschino! Dov'è il Loki, quello vecchio, quello che fino all'ultimo ha conservato il proprio orgoglio, la propria forza di volontà, la faccia tosta di sentirsi superiore in ogni situazione, l'ambizione! Che fine ha fatto quel Loki? È morto insieme alla sua malvagità, un leone feroce ridotto a un misero gatto da salotto con tanto di fiocco al collo? È questo che ti ha fatto diventare il tuo esilio sulla terra? Allora sarebbe stato meglio se fossi rimasto a marcire in una cella ad Asgard, almeno un po' di dignità l'avresti conservata!”disse Fury, sbottando, rimproverandolo severamente, quasi come suo padre. E si sentì colpito da quelle parole, qualcosa in lui si risvegliò.
“Allora, vuoi stare a piangerti addosso lì dentro come una donnicciola, o verrai fuori e ci darai una mano in questo disastro, del quale, ad essere sinceri, la causa sei tu?! Sarebbe un bel modo di dimostrare un po' di maturità e buonsenso! Beh, se mai cambiassi idea, sai dove trovarmi.” concluse Fury. Loki sentì poi i suoi passi allontanarsi. Era la prima volta che aveva sentito Fury davvero infuriato. E gli bruciava ammettere che la Spia aveva ragione su tutto, tranne una cosa: lui non era affatto una donnicciola! E quello era davvero un brutto colpo, oltre al fatto che lo aveva messo di fronte al fatto che se la Terra cadeva, allora anche per Carey non ci sarebbero state speranze, e così per suo figlio Jonathan.
Si rese conto di dover smettere di piagnucolare e darsi da fare davvero.
Disinstallò il blocco alla porta, precipitandosi per il corridoio.

POV THOR

Era trascorso un giorno da quando si era fermato presso gli Elfi della Luce.
La mattina dopo il suo arrivo Thor venne chiamato a far colazione con la famiglia reale. Il cibo era come sempre leggero quanto squisito, e la compagnia non era di certo da meno. Thor mangiò tutto avidamente, mentre veniva osservato in maniera serafica dalla regina, con interesse e sguardo trasognato dalla principessa, e il re Galdor lo interrogava fin nei minimi dettagli sulla situazione ad Asgard e su Midgard. Il dio del Tuono non aveva potuto evitare di raccontare tutto senza una punta di amarezza, mentre narrava gli eventi precedenti a quella imminente guerra, i dissidi con Loki, la minaccia di Thanos, i Vendicatori.
“Ah, sono così dispiaciuto che tuo fratello abbia scelto la strada del male, Thor. Avevo sempre sentito parlare di lui come un ragazzo intelligente e astuto, e mi chiedo cosa abbia potuto spingerlo a provocare tutto questo.” “Vedi, Galdor, la colpa è stata anche mia... “ “Tua? E perchè mai?” “Perchè non mi sono comportato da fratello maggiore, sono stato egoista e non mi sono mai accorto dei suoi disagi e di quanto essi fossero profondi. Ha scelto la via del male, è vero, ma ora vuole redimersi. E tutto grazie all'esilio al quale lo avevamo condannato, su Midgard. Privo di poteri e di immortalità, ha imparato cosa sia la vera bontà e, credo, anche l'amore. Grazie ad una semplice umana. È difficile credere quanto possa essere potente questo sentimento...” “Già. Mio caro ragazzo, l'amore è l'arma più potente che ci sia, perchè a doppio taglio. Da una parte sta il sentimento buono e altri derivati, ma dall'altra parte esso spinge a volte alla violenza, alla passione spropositata. Può tanto fare del bene quanto del male, dipende dall'uso che ne facciamo. Ed è anche la risposta a tutto. Nemmeno tutta la saggezza e la sapienza del mondo valgono a nulla, se non c'è dietro di esse un cuore che vive di emozioni, sentimenti e passioni.” “Galdor, le tue parole sono ancora più sagge di quello che avevo sentito dire. Sai dare conforto a un'anima in pena e in conflitto con sé stessa, vorrei che anche Loki fosse qui, per ascoltarti. Sono sicuro che gli avrebbe fatto bene un po' di energia positiva come la tua.” “Puoi sempre riportargli tu le parole che io ho detto.” “Credo che nemmeno mi ascolterebbe. Purtroppo devo ammettere con rammarico che Loki mi odia come fossi il suo peggior nemico. E credo che non avrò mai il suo perdono, come credo che non sentirò più una sola sincera parola gentile uscire dalle sue labbra dirette a me.” “Vedrai che capirà, prima o poi. Credimi quando ti dico che un giorno non lontano ogni incomprensione verrà chiarita e tuo fratello sarà quello di un tempo, se non migliore.” “Vorrei poter avere le tue stesse sicurezze, Galdor.” “Non c'è bisogno di sicurezze. Ma di speranza. Pur non essendo mai abbastanza quello che speriamo, serve a mantenere in noi un po' di fiducia nel domani e nel prossimo, Thor. Non dimenticarlo mai. La speranza è tutto. Senza di essa, molte guerre non sarebbero state vinte e molti avvenimenti non sarebbero mai esistiti. Spera Thor, fino all'ultimo, anche quando tutto sembra un completo disastro e il tuo cuore è in frantumi. Spera.”.
Thor sorrise all'elfo, un sorriso sincero, come di qualcuno che, anche se ha il desiderio di piangere e spaccare tutto, tenta di restare calmo, di provare a vedere uno spiraglio di luce nell'oscuro tunnel di una faccenda spiacevole e dolorosa. Sorrise come chi, nonostante il peso sull'anima, non era ancora deciso a cedere.
“Grazie, Galdor! Grazie per l'ospitalità tua e della tua famiglia e del tuo popolo. Grazie per aver accettato di aiutarci nell'impresa per salvare Midgard!”. Galdor, a quelle sue parole, sorrise di rimando, mettendo una mano su una delle muscolose spalle di Thor, in un gesto quasi fraterno, e rispose: “Non c'è bisogno di ringraziare, amico mio. Saremo sempre pronti ad aiutare chi ne avrà bisogno!”. Thor scorse negli occhi dell'elfo qualcosa simile a tristezza, come se sapesse qualcosa che non riusciva a confidargli. Qualcosa di brutto e amaro. Thor distolse gli occhi, e un presentimento lo assalì.
“Galdor, dimmi... Riguardo ciò che ha detto ieri sul fatto che la vittoria sui Chitauri sarà possibile solo grazie a un fatto doloroso, in particolare per me... Sei sicuro di non poter essere più chiaro e specifico?”. Galdor,a quelle parole, lo guardò con occhi ancora più tristi, anche se il viso era rilassato e privo di tensione. Sembrava esitare e non sapere come rispondergli.
“Mi dispiace, Thor, ma le leggi elfiche sulle doti profetiche non mi permettono di rivelare il significato delle predizioni. Posso solo dirti che in battaglia perderai qualcuno a te molto caro.” “Chi?! Ti prego, dimmelo! Permettimi di impedire in qualche modo che accada! Deve esserci un'altra via! Galdor!” esclamò Thor, afferrando piano per le spalle l'elfo, che lo guardava in maniera compassionevole e malinconica, come se fosse impotente di fronte alle proprie capacità, e infine rispose al biondo guerriero: “Non sai quanto vorrei poterti dire che esiste un'altra via! Perdonami se non posso fare altro se non dirti che in quel momento dovrai essere molto forte e saper reagire...” “Ma sei sicuro di non aver visto altro? Niente dopo questo?” “No... Non ho visto nulla, e non sai come mi logora il non poterti dare una speranza. Non si può cambiare il destino, Thor. Nessuno può.”.
Thor si alzò di scatto, dirigendosi alle porte della sala per uscire.
“Dove stai andando, Thor?” “Ho una missione da compiere. Devo radunare i popoli degli altri sette mondi, e la strada è lunga da percorrere, e i Chitauri potrebbero attaccare da un momento all'altro.” rispose secco Thor, varcando le porte senza voltarsi indietro, lasciando un Galdor sbigottito, come la figlia. Invece la regina, Aranel, sembrava tranquilla,e parlò al marito con voce placida e dolce, quando questi stava per precipitarsi dietro all'Asgardiano: “Lascialo andare, Galdor, sa cosa deve fare e non puoi interferire.” “Ma devo andare con lui. Se si reca presso gli Elfi Oscuri ho paura che il suo carattere impetuoso possa essergli da ostacolo. Ci vuole qualcuno riflessivo al suo fianco. Io sono Galdor, il Saggio, e ora darò prova che quello che si dice su di me è reale!” rispose il re, deciso e sicuro nei suoi propositi, e detto questo si precipitò fuori dalla sala, lasciando madre e figlia sole.

Mentre stava sellando il suo cavallo, Thor sentì la voce di Galdor chiamarlo dietro le proprie spalle, appena a qualche metro di distanza.
“Thor! Volevo dirti che vengo con te!” “Che cosa?!” lo interruppe Thor, il viso contratto in una smorfia di confusione, come se non avesse capito bene ciò che l'elfo gli aveva appena detto. “Vengo con te, amico mio. Non puoi arrivare fino alla terra degli Elfi oscuri da solo, hai bisogno di una guida! E poi loro non sono di certo creature socievoli né troppo benevole e gentili, e deve esserci qualcuno disposto a parlare con loro con diplomazia e pacatezza!” “Non sono più il ragazzo egoista e testardo che ero una volta, Galdor, saprò gestire la situazione, credimi sulla parola!” rispose Thor, girandosi di nuovo verso il suo cavallo, allacciando le ultime cinghie della sella, e preparandosi a salire in groppa al destriero. Ma l'elfo non volle demordere, e proseguì nell'intento di convincerlo a portarlo con sé: “Thor, ascoltami, non dubito delle tue capacità, ma ho paura di cosa potrebbero farti quelle creature alla minima parola sbagliata o mal detta. Se tu mi porterai con te, avrai più speranze di convincerli ad unirsi a noi. Ti prego, lascia che ti aiuti!”. Thor roteò gli occhi verso il cielo, poi, tornando a guardare Galdor, disse: “E va bene. Prepara il tuo cavallo, partiamo subito!” “Contaci!” rispose l'elfo, e si diresse alle scuderie, atteso dal dio del tuono.

Partirono quando ormai era già pomeriggio. Durante il tragitto parlarono della minaccia di Thanos, pensando a delle strategie militari per sconfiggere il mostro una volta per tutte.
 Dopo un'altra ora, quando ancora c'era il sole in cielo, avevano già superato la grotta, ed erano arrivati al punto da cui era partito Thor. 
"Heimdall! Mi senti? Ho bisogno che tu apri il portale!". dopo alcuni istanti, un raggio scese dal cielo in direzione loro. "Straordinario!" sussurrò Galdor, estasiato. Thor sorrise lievemente, mentre venivano trascinati dal raggio, di nuovo verso Asgard.

POV CAREY

Erano circa le quattro del pomeriggio quando il telefono di Carey squillò. La ragazza, che intanto stava guardando un cartone animato per bambini insieme al piccolo Jonathan, mentre lottava contro le lacrime che ogni tanto, ripensando, anche involontariamente, a Loki e le sue bugie, le sgorgavano dagli occhi stanchi e gonfi, andò a rispondere, lasciando il figlioletto ipnotizzato dalle figure in televisione.
“Pronto?” “Carey, sono la mamma!” “Oh, ciao mamma... Co-come stai?” “Bambina mia, io sto bene come al solito! Piuttosto, la tua voce sembra un po' strana, è successo qualcosa?” “No, no! Tranquilla! È solo che sono un po' stanca ultimamente! Sai, sto anche cercando in giro un lavoro.” “Capisco, cara. Senti perchè tu e Jonathan non venite qui da noi, a casa nostra, per qualche giorno? È da tanto che non rivedo il mio nipotino!”. Carey ci pensò un po' su. L'idea in sé non era malvagia, ma se si fosse recata a casa dei suoi genitori, avrebbero notato che qualcosa sotto c'era, e lei avrebbe dovuto dare spiegazioni per gli occhi stanchi e la faccia smunta. Però era anche vero che suo figlio aveva bisogno di rivedere un affetto familiare solido come i suoi nonni, dopo la storia di Loki. “Va bene, mamma. Partiremo domani mattina e arriveremo il pomeriggio, ok?” “Va bene, Carey! Vi aspettiamo!” “Ciao, mamma, ti voglio bene!” “Anch'io, bambina mia, anch'io!”.
Appena riattaccato, Carey tornò in salotto, e notò che Jonathan si era addormentato sul divano. La ragazza, spento il televisore, prese in braccio il bambino e lo portò nella sua stanza, adagiandolo nel suo lettino dalle lenzuola color cobalto. Accarezzò i suoi capelli, morbidi e inanellati, corvini, così simili a quelli di suo padre, e anche a quelli di Loki. Ma come il dio degli Inganni affiorò nella sua mente, lottò con tutta sé stessa per ricacciare indietro i ricordi, per non affondare di nuovo il coltello in una piaga già troppe volte riaperta e sanguinante. Si asciugò una lacrima che stava scorrendo giù per la guancia, e, baciata la testolina del bambino, il quale riposava tranquillo ed innocente, uscì dalla cameretta.
Sì, un po' di ambiente familiare era proprio quello che serviva a lei e a suo figlio. Per dimenticare e stare in pace.

POV LOKI

"Nick! Nick, aspetta!" gridò quasi Loki, raggiungendo Fury che stava per rientrare nella stanza delle riunioni. La Spia si girò verso di lui, serio in volto.
"Ho pensato a quello che mi hai detto,e devo ammettere che... Hai ragione. Su tutto. E sono qui per dirti che da questo momento in poi mi concentrerò sulla questione di Thanos e tutto il resto, e prometto che farò tutto il possibile per rimediare a ciò che ho combinato. Fino alla morte, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. Non voglio che altri paghino per i miei errori. Io.... Vi chiedo scusa, a tutti."
Fury continuò a guardarlo serio, senza batter ciglio, e Loki non potè più sostenere il suo sguardo,e abbassò gli occhi verso terra.
Poi a un tratto, la Spia sorrise: "Bene allora! Benvenuto nella nostra squadra!" disse, dandogli una pacca sulla spalla. Entrarono insieme nella stanza.
"Allora, vogliamo darci da fare si o no? Abbiamo nove mondi da salvare!", esclamò Loki, mentre tutti lo guardavano sorpresi e, poi, sorridenti.
Forse c'era davvero una speranza per la Terra.




 

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Capitolo 24
*** 22. Change doesn't come easy, but.... ***


Salve a tutti! Eccomi qui, stavolta ho fatto in modo di rifarmi viva più presto del solito e con un nuovo capitolo, in cui tutti si danno un po' più una mossa! Spero sul serio che vi piaccia e che non mi tiriate le uova marce! XD Bene, detto questo vi saluto e vi lascio nelle mai del mio capitolo... Recensite mi raccomando!
Un bacione a tutti! :D
Snow.

POV THOR

Atterrarono sul pavimento dell'osservatorio di Asgard, dove li aspettava Heimdall, fedele come sempre a Thor.
“Heimdall, non abbiamo tempo per fermarci di nuovo ad Asgard, dobbiamo recarci subito presso gli Elfi Oscuri!”. Heimdall, a quelle parole, annuì, mentre osservava con i suoi occhi penetranti Galdor.
“ È un onore avervi qui, maestà.” si rivolse con rispetto all'elfo,il quale rispose con voce pacata, sorridendo leggermente: “L'onore è il mio di poter aiutare il vostro popolo e Thor, il minimo che io possa fare in questa situazione di emergenza.”.
“Heimdall dobbiamo andare ora! Ogni secondo potrebbe fare la differenza!” “Si, mio principe.” rispose il Guardiano, con un cenno di riverenza.
“Thor, stai attento. Gli Elfi Oscuri sono creature infide e dall'animo bollente. È fondamentale che tu faccia pressione con le parole su di loro e non con la forza.” “Grazie del consiglio, Heimdall...” rispose Thor, con un sorriso sincero, e il Guardiano concluse poi: “Buona fortuna. Ad entrambi.”. E detto questo, vennero trascinati via dal raggio trasportatore. Via verso lo Svartálfaheim, dove si trovavano gli Elfi Oscuri e i Nani.

Appena atterrati, Galdor e Thor si guardarono intorno, curiosi e allo stesso tempo con il cuore che batteva a mille.
Era una landa desolata quella, dove il sole mai tramontava e mai sorgeva. Solo notte e tenebra totale. Lì, in quel mondo dimenticato dagli dèi, da qualche parte vi erano il regno dei Nani e degli Elfi Oscuri. I primi, abitavano sotto terra, in miniere o in vere e proprie gallerie scavate nella terra e nella roccia, come vermi o talpe. I secondi, se ne stavano tra le montagne, in villaggi sperduti, e vivevano di caccia e allevamento di bestie particolare, abituate a vivere senza la presenza di luce. Erano animali privi di occhi, ciechi e che si orientavano con l'udito e l'olfatto, nutrendosi di piccole creature che, scavando, trovavano nel sottosuolo, come vermi, lombrichi, formiche, scarafaggi. Il nome di queste creature nessuno lo conosceva. Gli Elfi Oscuri erano un popolo riservato e schivo, e pochi conoscevano le loro usanze, i significati dei loro nomi, le loro leggi.

Dopo aver adattato gli occhi all'oscurità, sia Thor che il compagno riuscirono poco a poco a distinguere, mediante una luce fievole proveniente da chissà dove, il paesaggio che li circondava: erano in una pianura dove nulla cresceva, fredda e nebbiosa. All'orizzonte, potevano osservare sorgere, imponenti e nere come la pece in quello sfondo così spettrale, delle montagne, altissime e così appuntite da sembrare punte di frecce.
“Allora, da quali ci rechiamo per primi?” “Beh, la scelta deve essere tua, Thor. Ma se proprio insisti nell'avere un consiglio da me, direi di recarci prima presso gli Elfi Oscuri, qualcosa mi dice che siano più malleabili dei Nani.”. Thor annuì e disse: “Bene, allora, incamminiamoci. La strada è lunga e il tempo limitato!” “Si!” e, affidandosi all'istinto e prima ancora alle minacciose sagome in lontananza delle montagne, iniziarono il viaggio.

“Galdor....” “Si, Thor?” “Quante probabilità abbiamo di vincere secondo te?” chiese l'Asgardiano, che aveva messo da parte da un pezzo la formalità e l'obbligo di dare del “voi” a Galdor, preferendo un tono più confidenziale e amichevole. “Ah, Thor....Ti ho già detto di aver visto la nostra vittoria nel futuro....” “Si ma....” “Thor, mio caro ragazzo, so cosa vuoi realmente chiedermi. Ma la mia risposta è no, esattamente come qualche ora fa. Non posso rivelarti il nome di chi a te caro morirà nella battaglia. Non posso andare contro le Leggi Elfiche e quelle del Tempo e della Sorte. Non posso, sebbene la mia voglia di dirtelo sia più che grande.” “Però forse potresti disubbidire alle regole per una volta!” “No che non posso! Assolutamente no! Il futuro non posso rivelartelo, se non pochi indizi sibillini. Riceverei una punizione direttamente dal consiglio dei Nove Mondi, da tuo padre in persona!” “Ma....” “Thor, non se ne parla, e non puoi convincermi a sottrarmi a delle leggi che tutti dobbiamo rispettare e temere.... Però, forse, qualcosa posso dirti.” “Che cosa?” “Beh, è capitato a volte, anche tra noi Elfi della Luce, che qualcuno....” “Si? Parla, ti prego!” “....Beh, che qualcuno tornasse.....” “Cosa!? Da dove?” “Ma dalla morte, naturalmente! Può capitare che gli Inferi abbiano talmente tanta pietà per quell'anima e che così si decida di darle una seconda occasione, ecco. Però io non ho mai avuto occasione di assistere a una cosa del genere. L'ultima volta è stato moltissimi secoli fa, prima ancora che io nascessi, ai tempi di mio nonno. Comunque, non è detto che questa non sia solo una vecchia leggenda per piccoli elfi senza sonno. E forse è proprio così.” “Ma...” “Thor, ti prego non forzare le mie conoscenze sulle quali io stesso ho limitato potere. Ti ho già detto abbastanza, e con un'altra mezza parola potrei rischiare di venir punito severamente. Non mi è concesso spingermi più in la di così, e ti supplico di provare a comprendere la mia difficoltà.”. Thor, a quelle parole, tacque. Capiva perfettamente che quella di Galdor fosse una posizione molto scomoda e non voleva di certo farlo finire nei guai. Aveva ragione, non si poteva forzare la conoscenza del futuro, infatti essere al corrente di ciò che stava per accadere avrebbe potuto comportare anche un cambiamento degli eventi, o meglio uno sconvolgimento del tempo e delle sue regole. Non c'era altro da fare se non aspettare, pregare e sperare.
Continuarono il viaggio senza più dire una parola, ognuno perso nei propri pensieri e preoccupazioni.

Dopo ore di cammino, arrivarono finalmente ai piedi della montagna.
Capirono, a malincuore, che la dimora degli Elfi Oscuri si trovava in cima a quel monte appuntito, sul quale ben pochi, o forse nessuno, avevano mai osato scalare.
Iniziarono ad arrampicarsi, e l'Elfo si rivelò molto più forte di quello che poteva apparire in altre circostanze, ma, nonostante la resistenza fisica e la forza di volontà di livelli inimmaginabili, dovettero ammettere che quella scalata sarebbe stata molto faticosa. Le braccia a un certo punto cominciarono procurare dolore per lo sforzo a cui erano sottoposte, le mani, in particolari i palmi, portavano piccoli graffi sanguinanti, e il sudore sulle fronti del dio e dell'Elfo grondava copioso e freddo.
Dopo un tempo interminabile, in un modo o nell'altro si ritrovarono in cima alla montagna, ma ciò che videro li lasciò di stucco e senza parole.
Ad aspettarli vi erano migliaia di cadaveri già in putrefazione, di strani animali e quelli che sembravano Elfi Oscuri. Corpi imputriditi, armi sparse in ogni direzione e desolazione, ecco cosa trovarono Thor e Galdor. Si lanciarono entrambi sguardi increduli e disperati. Quel disastro poteva avere solo un nome. Solo un nome poteva essere stato in grado di tanta violenza: Thanos. Era già stato là, per proporre agli Elfi Oscuri di unirsi a lui, ma evidentemente quelli avevano fieramente rifiutato,e l'orrendo e spregevole mostro li aveva spazzati via. Nessuno era stato risparmiato, nemmeno il loro capo. Lo riconobbero, mentre camminavano tra i corpi, da un copricapo di legno, simile a una corona, ma molto più rozzo e semplice.
“Li ha trucidati, tutti. Non ha mostrato pietà per nessuno. Sono stati coraggiosi a sfidarlo. Troppo coraggiosi, ed imprudenti. E hanno pagato caro questo tentativo di rivalsa.” disse Thor, mestamente, guardando il re degli Elfi Oscuri, il quale giaceva nella polvere, una ferita proprio sopra il cuore, come se gli fosse stato strappato dal petto. Il re era morto nel suo stesso sangue sparso a terra, attorno a lui come tanti fiori scarlatti, il suo letto di morte e di eterno riposo. Era morto con gli occhi rivolti al cielo, e un'espressione corrucciata e di dolore sul viso. Aveva subito la punizione più severa di tutti.
Thor volse poi lo sguardo a Galdor, che ricambiò, gli occhi quasi lucidi e pieni di tristezza. “Galdor, credo che dovremmo.... Seppellire i corpi. Non mi va di lasciarli così. Meritano anche loro una degna sepoltura. Avanti, aiutami a scavare qualche fossa. Non ce ne andremo finchè ogni corpo non avrà un luogo di degno riposo.” “Si, Thor. Sono d'accordo con te.” “Poi andremo presso i Nani, sempre che Thanos non abbia raggiunto anche loro.” “Thor, dobbiamo riuscire assolutamente a trovare più alleati possibili, prima che lui ne trovi altri o massacri altre vite innocenti.”. Thor rispose a quelle parole con un cenno di assenso, lasciando che i suoi occhi parlassero per lui: era d'accordo, anche se il timore che Thanos avesse potuto raggiungere altri mondi era grande e non gli lasciava requie. E qualcosa gli diceva che, nelle viscere di quell'arida terra, da qualche parte nell'oscurità, anche i Nani avevano trovato una fine altrettanto violenta.

In un modo o nell'altro, riuscirono a scendere dalla ripida montagna, come non lo sapevano nemmeno loro. Una volta di nuovo ai piedi del monte, Galdor disse: “Permettimi di mostrarti alcune delle arti magiche che possiedo! Scaverò un tunnel e ...” “Credo che non ce ne sarà bisogno, Galdor. Guarda!” lo interruppe Thor, il quale aveva il viso voltato a sinistra, e lo sguardo fermo, diretto a migliaia di metri di distanza. Ma ciò che Galdor vide, girandosi, non necessitava di una vista da falco: un enorme cratere si estendeva per chilometri e chilometri. Non persero altro tempo e, montati a cavallo, si diressero alla cavità.

Quel cratere era l'incarnazione delle loro paure: Galdor e Thor, sporgendosi oltre il bordo di quel buco, videro un paesaggio del tutto simile a quello visto in cima al monte. Il mondo sotterraneo dei Nani, composto da ponti di legno, ferrovie, e casette sparse qua e la, era stato messo completamente sottosopra, e corpi massacrati costellavano quel luogo di desolazione. Anche lì, nessuno era stato risparmiato, almeno da quello che poterono dedurre Thor e l'Elfo.
“Pagherà per ciò che ha fatto! Quel mostro deve essere fermato! Andiamo, Galdor, non c'è più tempo! Dobbiamo recarci negli atri mondi, immediatamente, e non ci possiamo permettere soste! Non più! E se è arrivato qui, vuol dire che fra una settimana o massimo due raggiungerà la Terra, con chissà quanti altri alleati!” “Si, Thor! Hai ragione! Andiamo!” e Thor non perse tempo. Chiamò a squarciagola Heimdall, che rispose risucchiandoli nel vortice di luce.
Era certo.
Nessuno era più al sicuro, ormai.

POV LOKI

Corse a perdifiato lungo il corridoio, cercando di raggiungere Fury, il quale si trovava ormai a pochi passi dalla sala delle riunioni, dove lo aspettavano gli altri, rimasti lì speranzosi che con il loro capo ci fosse anche Loki.
Quando fu a un passo dalla Spia, Loki esclamò: “Nick! Nick! Ti prego, aspetta un attimo!” e gli si fermò appena alle sue spalle. Fury, si voltò, serio come non mai in volto, e lo sguardo di chi voleva dire “E adesso cosa c'è?”. Loki esitò un attimo, distogliendo i propri occhi da quelli della Spia, e fissando il proprio sguardo a terra: “Io.... Volevo scusarmi per il mio comportamento di prima... E volevo dirti che hai ragione, su tutto. È vero l'esilio mi ha cambiato, ma in meglio, e tutto ciò che voglio è dimostrarvelo.... Posso ancora aiutarvi, o è troppo tardi?” disse infine, concludendo con un sospiro. Poi una mano si posò sulla sua spalla, stringendo la presa leggermente, in modo amichevole: “ Certo che puoi, Loki. Non è mai troppo tardi per per fare la cosa giusta.” disse quindi, e quando Loki alzò lo sguardo notò che sul viso di Fury si era disegnato un lieve sorriso. Sorrise di rimando, un po' rasserenato.
“Andiamo ora, gli altri ci aspettano.”, e insieme, entrarono nella stanza.

Appena furono fecero di nuovo ingresso nella sala riunioni dello S.H.I.E.L.D, tutti si girarono verso di loro. Loki li guardò uno a uno, serio in volto, ma anche leggermente mortificato con suo stesso stupore, poi, schiarendosi la voce,parlò, facendosi avanti rispetto a Fury: “Vi....Vi chiedo perdono per il mio comportamento di poco fa.... È ... È solo che mi sono un attimo come se le mia spalle non potessero sostenere tutta la situazione, e allora.... Per mille tuoni! Non so dove cominciare, io....” “Non preoccuparti, Loki. Anche noi ti chiediamo scusa per come ci siamo comportati. Siamo stati troppo duri, e non riuscivamo a fidarci di te, a credere che tu potessi essere davvero diventato buono. Siamo noi a chiederti di perdonarci.” lo interruppe una fra le persone più impensabili: Natasha. Loki era sbalordito, non pensava che Natasha potesse pronunciare tali parole,lei che, pensava Loki, lo odiava con tutto il cuore, lei che Loki aveva insultato pesantemente e minacciato psicologicamente. Lei che fino a qualche momento fa sembrava non poterlo perdonare. In quel momento, Loki era stato costretto a ricredersi, e di tanto anche. E non potè fare a meno di fissare la ragazza dai fulvi capelli con aria sbigottita, la bocca leggermente aperta per lo stupore, le parole ormai morte in gola.

Dopo alcuni infiniti secondi di profondo silenzio, in cui si sarebbero potuti sentire il battito di tutti i loro cuori, fu Stark a parlare, a disagio in quel silenzio così ingombrante, così greve: “Allora, bel principino, ti sei deciso a perdonarci, mettere una pietra su tutto quello che è successo, e aiutarci?” “Si, Uomo di Metallo....” rispose quindi Loki, dopo aver riacquistato la facoltà di parlare. Mai, in tutta la sua vita, avrebbe mai pensato di poter essere in grado di chiedere scusa, di ammettere i sul serio i propri errori. Mai avrebbe pensato che l'esperienza su Midgard avrebbe reso così caro e prezioso per lui quel pianeta. Mai, in tutta la sua vita, avrebbe considerato o previsto che le sue un tempo vittime sarebbero state sotto la sua protezione, e che lui per loro avrebbe combattuto fino alla morte, e forse anche oltre.
Eppure, eccolo lì a fare tutto quello che per lui, tempo addietro, sarebbe stato impensabile. A rischiare il tutto per tutto, anche se,a rigor di logica, non gli era rimasto molto da perdere. “Bene,allora! Abbiamo molto da fare, signori!” esclamò Fury, attirando l'attenzione di tutti, compreso il pensoso Loki, su di sé.
“Da dove iniziamo però?” chiese Stark, e Loki gli chiese interrompendolo, uscendo dal suo silenzioso stato meditabondo: “Come procede il potenziamento delle tue armi da guerra, Stark? Spero che tu sia a buon punto, perchè fra pochi giorni credo avremo visite...” “Quanto tempo ci rimane secondo te, Loki?” chiese preoccupato Fury. Loki, serio in volto, rispose: “Non sono sicuro, ma credo.... Credo che tra una settimana o massimo due arriveranno sicuramente. Presto Thanos.... Quell'orribile mostro con cui ho barattato purtroppo la vita di noi tutti, presto sarà qui, e le sue intenzioni non sono affatto benevole....” “Che cosa vuole, di preciso?” . Loki, dopo aver taciuto per alcuni istanti, la gola all'improvviso diventata secca, le parole che stentavano ad uscire, intrappolate nella bocca dalla paura, una paura che conosceva bene, finalmente parlò: “Vuole, in primo luogo, me....Per punirmi come si deve per la mia sconfitta...” “Punirti?” lo interruppe Natasha, guardandolo confusa, e lui continuò: “Si. Vedete, quando strinsi un patto con lui e chi stava al suo servizio, fui avvertito che se avessi fallito e se il Tesseract non fosse stato consegnato, avrei conosciuto un dolore che andava oltre ogni altra immaginazione..... E si parla di vero e proprio dolore fisico.... Ma non è questo che mi spaventa! Non è l'aspetto più terrificante! Sta marciando contro la Terra e i Nove Mondi per soggiogarci tutti, farcela pagare per averlo combattuto e sconfitto e quindi messo in ridicolo. E ho paura che se non ci prepariamo bene.... Sarà la fine. Per tutti.” “Allora avrà una bella sorpresa quando arriverà qui! Non troverà un solo mondo a combatterlo, ma tutti! Non gli permetteremo di mettere gli artigli su questo pianeta né su nessun altro! Giusto ragazzi?” esclamò Steve, preso da un improvviso fervore, contrapposto all'apparente calma di pochi istanti prima. Tutti annuirono con decisione e carichi di coraggio.
“Io e Barton andiamo nella palestra, abbiamo un addestramento da conseguire!” disse Natasha, scattata in piedi insieme a Clint e Steve aggiunse: “Io vi seguo!”, uscendo quindi insieme agli altri due.
“Allora io mi aggrego a Stark!” “Oh, bene! Sarà un piacere averlo di nuovo al fianco, insieme al suo geniale intelletto, Bruce!” “Il piacere è mio di combattere con tutti voi, Stark!”. Ma prima che se ne andassero, Stark si girò di nuovo e disse, sorpreso: “Aspettate un secondo! E tu Loki, cosa farai?” “Io... Sarò qui con Fury, in caso abbiate bisogno di altre informazioni! Intanto io parlerò con lui su un eventuale piano di riserva.” rispose Loki a Stark, il quale annuì in segno di assenso e uscì dalla sala insieme a Banner.

Quando tutti se ne furono andati, Loki e la Spia rimasero da soli, guardandosi l'uno con l'altro in silenzio.
“Sai bene che non uscirai vivo da questa guerra, vero Loki?” chiese allora Fury. Loki, a quelle parole, ruppe il contatto con gli occhi di Nick.
Fury, infatti, aveva colpito nel segno: con ogni probabilità, senza i suoi poteri, senza la sua immortalità, valeva meno di zero in confronto a Thanos, e sarebbe di sicuro perito sotto di lui, come un verme. Ma in fin dei conti, se lo meritava: era stato lui a combinare quel disastro, e lui, e soltanto lui, doveva pagare.
“Si... Ho paura di si. E....” “E?” “Beh.... Ho intenzione di consegnarmi spontaneamente a Thanos, baratterò la mia vita in cambio di quella di tutti. Proverò a contrattare con lui per la salvezza di tutti, e soprattutto di Carey.”. A quelle parole, Fury sgranò gli occhi, come incredulo a ciò che aveva sentito. Probabilmente lo credeva pazzo per aver detto una cosa del genere, e, cercando di restare calmo, disse: “Ma Loki...” “So di non poter combattere contro di lui, e solo provarci sarebbe inutile! Devo agire diplomaticamente,e questa è l'unica via!” “Loki, non puoi contrattare con un essere simile! Ti ucciderà senza sentire tante condizioni!” “Lo so, ma devo rischiare! Non posso essere utile a nulla, non ho i miei poteri, sono esiliato da quella che credevo casa mia, la donna che amo, e l'unica che mai mi abbia amato, mi ha lasciato, e tutto ciò per colpa mia! Il minimo che io possa fare è cercare di trovare in accordo con Thanos!” “Loki, è una pazzia! Ma che dico, è suicidio, vano ed inutile per giunta!” “Lo so, e sono abbastanza pazzo da non arretrare di fronte a questa folle, disperata, idea!”.
Fury restò in silenzio, e solo dopo alcuni minuti, in cui tirò diversi sospiri di preoccupazione, parlò di nuovo: “Sai bene quanto me che Thor non permetterà mai che tu faccia una cosa del genere! Ti ama più di quanto tu possa pensare, anche se non ci credi!” “Nessuno ha mai però detto di doverlo dire per forza a Thor! Ed è per questo che non gli rivelerò il mio piano! Una cosa così lo distrarrebbe dalla battaglia,e sarebbe a quel punto la fine per tutti! Meglio che muoia io, piuttosto che tante altre vite innocenti sacrificate a causa dei miei stessi stupidi errori!”. Fury sospirò di nuovo: “Ascolta...” disse poi “Non ti chiedo di non farlo, anche perchè sei tanto testardo quanto lo è Thor, ma almeno pensaci! È una cosa rischiosa e potrebbe non portare a nulla! Se muori te, perderemo l'unico che sappia l'indispensabile riguardo a Thanos, oltre che un valido alleato! Come...” “Non temere, dirò ogni cosa che c'è da sapere su Thanos prima che inizi tutto!” “Ma....” “Agente Fury, so che non è facile darmi fiducia, ma almeno per questa volta.... Solo per questa volta, ti imploro di darmene!” lo zittì infine Loki, ottenendo il silenzio.
La Spia annuì, mestamente, guardandolo negli occhi: aveva capito che non sarebbe mai riuscito a distoglierlo dall'idea di sacrificarsi a quel modo inutilmente. Lo sapevano entrambi.

“Loki, in caso che tu.... Vuoi che la ragazza...” “Assolutamente no! Carey non dovrà mai sapere nulla, per il suo bene e perchè la mia anima possa riposare in pace negli Inferi, senza il rimorso di un cuore infranto più di una volta! Ha già... Sofferto abbastanza a causa mia! Non voglio infliggerle altri dolori che non merita!” “Bene, allora. Andiamo a controllare cosa combinano Banner è l'altro squinternato?” disse poi Fury, mettendo fine a quel discorso. Loki sorrise mestamente e seguì la Spia fuori nel corridoio.


“Allora, come procede il lavoro, Stark? Banner?” disse Fury, entrato nel laboratorio dove se ne stavano rinchiusi i due scienziati, parlando e riflettendo su formule e quant'altro.
“Oh, bene, anzi benissimo, Fury!” “Davvero Stark? Cosa avete scoperto quindi?” “Oh nulla! Solo che i prototipi delle mie armi potenziate di circa il settanta percento , una volta finito il progetto, con una produzione intensiva, saranno pronte fra massimo cinque giorni!” “Cinque giorni?! Non puoi garantirmi qualcosa di meglio e più rapido?” “Ehm, Capo, ti faccio presente che se le armi venissero potenziate al cento per cento della città non rimarrebbe nulla,e quando intendo nulla, voglio dire che le sole cose a essere presenti saranno le radiazioni, pericolose quanto basta a sterminare chiunque si avvicini nel raggio di dieci metri! Perciò, ho pensato che, per evitare ulteriori danni a una New York convalescente dall'ultimo attacco dei simpatici alieni suoi ex amici” disse Stark, indicando Loki, “avrei pensato ad attirare l'attacco da un'altra parte, ed è per questo che ora chiedo: dove potremmo trasferire l'attacco di quei mostri senza provocare comunque danni irreversibili?” “ Beh, questa sì che è una domanda difficile...” rispose pensoso Fury.
“Quando Loki hai mandato il Distruttore, dove l'hai diretto precisamente?” “Non so, mi sembra Nuovo Messico, ma la località precisa mi sfugge...” “Puente Antiguo è il nome della cittadina. Ma non credo vorrai coinvolgere questa piccola città in una battaglia di tali proporzioni?” “No, no! Il punto è che... Il Nuovo Messico sarebbe un territorio adatto! Se ci indirizzassimo verso la zona desertica e inabitata, sarebbe perfetto come terreno di guerra!” “E la fauna? La flora?” “Gli animali hanno uno spirito dell'autoconservazione che li spinge ad abbandonare un luogo se si sentono minacciati, e non ci sarebbe quindi alcun rischio per niente e nessuno!” replicò Stark a Fury, che non sembrava molto convinto: “Però come faremo ad attirare Thanos e il suo esercito?” “Non servirà doverli attirare. Basterà che localizzi me. Sono io una delle ragioni principali del suo attacco alla Terra, e come prima cosa vorrà sicuramente trovarmi e punirmi severamente. Possiede poteri inimmaginabili, e tra questi la lettura della mente e il poter captare il punto esatto del suo bersaglio.” “ E come fai a sapere che una volta che ti avrà trovato non ti ucciderà all'istante?” interruppe Loki Banner. Loki fece un mezzo sorriso, non allegro, ma mesto: “Perchè prima vorrà imprigionarmi, torturarmi, e solo quando implorerò la sua pietà, mi ucciderà, in maniera rapida e senza sbattere ciglio.” “E pretendi che lui ti prenda e ti porti via senza che noi facciamo nulla per impedirglielo?” “Ho un piano, Stark. Non dimenticare che, sebbene privo di poteri, resto il solo e unico dio degli inganni, delle malefatte e dei piani machiavellici. Ho un disegno ben delineato in testa, e spero funzioni.” “ E non è che magari puoi rendercene partecipi?” esclamò Stark, leggermente innervosito dal linguaggio sibillino di Loki, il quale volse lo sguardo a Fury, che ricambiò eloquentemente, come a vole dire: Ripensa a ciò che ti ho detto, non fare quella pazzia! Ma Loki era testardo, e non ascoltò quell'ennesimo consiglio: “No, Stark, non posso. L'unica cosa che posso dire, è solo di fidarvi di me. Non farei nulla per mettere a repentaglio la vita degli altri, posso assicurarlo.” e Banner, dopo aver taciuto un attimo, disse serio: “Dimmi che almeno Thor sa cosa frulla nel tuo cervello!” “No, Thor è il primo a non dover sapere il piano,o me lo manderà a monte come al solito!” “Va bene, vada per il fratellone iperprotettivo, ma ti prego di' almeno a noi cosa hai in mente!” sbottò Stark.
Loki tacque. Nessuno gli garantiva che poi Stark non lo avrebbe riferito a Thor. Ma, riflettendo meglio, non poteva agire senza consultarsi prima con gli altri,a parte Thor. Sospirò e infine, vuotò il sacco. Raccontò del suo piano a Stark e Banner, che lo guardavano senza dire una parola, stupiti e increduli. Quando Loki ebbe finito il discorso, Stark disse a Fury, con fare supponente: “Perchè ho l'impressione che tu, Nick, ne fossi al pieno corrente. Correggimi se sbaglio!” e, arrivando di fronte alla Spia, incrociò le braccia, trafiggendolo con lo sguardo.
Fury guardò sia Banner che Stark mantenendo perfettamente un comportamento calmo, poi, sospirando, parlò: “Si, è vero, lo sapevo. Loki me lo aveva detto un'ora fa, quando voi eravate andati via per lavorare ai prototipi, e mi aveva detto anche della sua intenzione di non dire nulla a nessuno di voi.”. A quel punto, l'attenzione di Tony e Bruce si trasferì su Loki, due sguardi inquisitori e severi: “ Loki, non puoi pensare di agire all'oscuro di tutti e tentare di tenerci nascosta una cosa del genere! E poi, questa storia del patto con Thanos, è assurda! Non capisci? Quello ti farà a pezzi appena ti vedrà, te lo dico io!” tuonò Stark, ma Loki, senza essere affatto scoraggiato, ribatté: “ È l'unico modo, Stark! Non capisci? Non potrei battermi con Thanos in ogni caso, non ho poteri, non ho l'immortalità, non ho la forza che avevo prima!” “A volte basta la sola volontà per attingere forza!” “Ma non è questo il caso! Almeno se morirò andrò nell'Oltretomba contento di aver cercato di fare qualcosa di utile!” “Ma non servi ai morti! Tu servi ai vivi, e se Thor, come certamente accadrà, dovesse scoprire il tuo trapasso perderemo anche lui! Non capisci?! La tua caduta è collegata a quella di noi tutti! Qui è come giocare a domino, bello mio, e se cade un tassello, cadono tutti gli altri, non dimenticarlo!” gridò Stark, sbattendo sulla scrivania il pugno completamente chiuso. Loki tacque, guardando il miliardario con meraviglia e confusione. Non sapeva per cosa essere più esterrefatto, se per la foga di Stark o per le sue parole.
“Stark! Se Loki ha preso una decisione è bene che...” “Allora tu Fury sei contento se lui si fa ammazzare inutilmente, come un agnello al macello in vista della Pasqua? Spiegami il tuo punto di vista, perchè io sinceramente stento a comprenderlo!” “ È una scelta sua, Stark, e noi possiamo dargli consigli, ma sta a lui scegliere come battersi, non possiamo imporci!” “Hey, pronto??? Qui si tratta di tutto il pianeta Terra! Non New York, non Stoccarda, né Tokyo! Tutto il mondo, ci senti?? Se il Principino Bambi delle Alte Foreste di Pazzigard salta in aria il boom lo facciamo tutti! Ma che cosa vi prende a tutti! È una pazzia l'idea di Loki, e se lui va fuori scena, per usare un eufemismo, perderemo la nostra Torre della scacchiera! E allora sarà la fine! Ma che diavolo vi dice il cervello?! E tu Banner non hai da dire nulla a riguardo?” si rivolse poi Stark a Banner, facendo sobbalzare quello dalla sedia sulla quale si trovava, assorto come se stesse pensando ad altro. “Beh... Ehm... Forse.... Dovremmo fidarci di Loki.... Ammetto che l'idea sia alquanto azzardata e rischiosa, ma …...” “Cosa?! Ma dico, sei impazzito anche te? Cos'è, l'effetto dei raggi gamma a scoppio ritardato?!” “ Volevo solo dire, se tu mi lasciassi parlare senza offendere, che forse dovremmo lasciare a Loki un po' più di carta bianca in questa faccenda....” “Carta bianca?! Ma dove credete di essere, a un corso di disegno e pittura per principianti?! Carta bianca! Dovremmo lasciare carta bianca a uno che vuole farsi ammazzare! È come trovarsi vicino a uno che vuole buttarsi da un ponte e dirgli “Bene, allora dammi la mano, ti aiuto a scavalcare il reggimano!”! Ma che diavolo vuol dire lasciargli carta bianca?!” “ Penso che se Thanos dovesse dare segni di voler attaccare Loki noi saremo lì a impedire che succeda l'irreparabile! Ecco cosa intendevo! Non voglio di certo stare a guardare mentre quel mostro tortura Loki fino alla morte!” lo interruppe Banner, con voce ferma. Loki era confuso da tutte quelle chiacchiere. Si perdevano in salamelecchi, sprecando tempo prezioso.
“Ora basta, tutti!” esclamò, irritato. Banner, Stark e Fury si voltarono verso di lui. Loki continuò, alterato: “Sentite, facciamo così: io parlerò di questa storia a Thor, va bene? Appena tornerà chiederò a lui cosa ne pensa!” “E come la metti con il fatto che potrebbe tornare anche allo scoccare della battaglia?” chiese Fury. Loki ci pensò un attimo. In effetti non lo aveva considerato, e decisioni del genere non andavano prese con leggerezza né tanto meno all'ultimo momento, e la possibilità che Thor potesse tornare a inizio battaglia era abbastanza alta, anche se non completamente probabile. E come l'avrebbe messa con il fatto che lui e Thor si erano lasciati non proprio pacificamente? Era un'altra cosa ancora da sistemare, non poteva di certo combattere al fianco di qualcuno che odiava. E poi, aveva la sensazione, una di quelle che si avvertono nello stomaco, nell'incavo del petto, nella gola, come se qualcosa nei confronti di Thor fosse cambiato in lui. Si accorse che quell'odio bruciante come una ferita aperta dentro di lui non era più così vivo, così forte da lasciarlo sempre senza fiato come prima, quando a volte permetteva a esso di esplodere, trasformandosi in rabbia concreta, rabbia che distrugge tutto quello che tocca. Non era più odio. Era... qualcos'altro. Qualcosa... Di amaro. Di, in un certo senso, malinconico. Era un desiderio, quasi sconfinato, talmente grande e pesante da trasformarsi in bisogno, necessità. Era il bisogno di pronunciare la parola perdono, parola che da troppo tempo aveva negato a sé stesso e a chi gli stava accanto, quando era ancora convinto di avere ragione su ogni cosa, quando si era sentito ingannato, ferito, tradito. Quando aveva voltato le spalle a tutti, senza guardarsi indietro, salvo alcune volte in cui, da solo, con la sola propria compagnia, i suoi pensieri vagavano, tornando, talvolta, a ciò che sempre aveva pensato di essere e che poi si era rivelato una menzogna dorata, quando si era reso conto che non tutto ciò che è d'oro è necessariamente reale.
Si rese conto anche, con sorpresa di sé stesso, di voler abbracciare Thor, stringerlo a sé come quando erano bambini, e ragazzi; come quando lui si rifugiava tra le forti braccia di suo fratello, e si sentiva protetto. Sì, voleva anche chiamarlo di nuovo, ancora una volta, e ancora altre cento, fratello.
Si rese conto che tutto quello che era successo, il suo animo ferito, il suo oscuro passato, tutte le menzogne, non erano riusciti a carpire l'ultimo brandello di affetto nei confronti dell'energumeno dai capelli dorati che tanti aveva odiato, che tanto, nella sua cella ad Asgard, qualche mese prima, aveva maledetto per la sua condizione e il suo stato di miseria e sconfitta cocente.
No, nonostante tutto, nel suo cuore c'era ancora una parte che rispondeva al nome Thor, collegandosi all'idea fraterna di esso.

Sì, sapeva cosa voleva fare, cosa andava fatto, e cosa sarebbe stato fatto.

“Andrò io da lui!”.

POV CAREY

La mattina del giorno seguente alla chiamata di sua madre, Carey si svegliò presto, per preparare i bagagli suoi e di Jonathan. Mentre rovistava fra le sue cose, trovò qualcosa che le fece venire in mente tristi ricordi: si trattava di un foglio sul quale Loki aveva scritto una poesia per lei. Titubante, avvicinò il foglio, e, pur non volendo, rilesse ogni singola parola, mentre, una lettera dopo l'altra, il cuore le si stritolava in petto.

Gli occhi come due stanze ricolme d'oro prezioso,
perle dal biancore di pallida Luna
tra due petali vellutati di rosa primaverile,
corpo di giovane ninfa splendida,
innocente fanciulla dal cuore di donna,
coraggio eguagliabile a quello di una regina guerriera,
animo dolce e amabile,
come una rosa tra i rovi,
tu, tenera Valchiria,
sei fiorita in bellezza e in virtù.
Un angelo caduto in terra,
in te ho trovato la mia roccia sostenitrice,
mi hai risollevato dalla polvere, hai fatto di me
tutto quello che mai avrei immaginato poter essere,
ed è con rammarico di non poter esprimere appieno i miei sentimenti
mediante semplici parole,
che ti dedico questa poesia,
mia dolce Carey,
mio sole,mio cielo.
Mio amore immortale.
Ti amo.


Lesse le ultime due parole con un nodo allo stomaco, mentre i singhiozzi le salivano in gola, come quella sera che lui se ne era andato.
Quanto era stata stupida a sottovalutare le parole di quella poesia, convinta che fossero solo semplici parole scritte per dirle quanto lui la amava. In realtà, in quella poesia, vi era molto di più. Vi erano le parole di un uomo, o di un dio, o di entrambi, che volevano trasmettere quanto grande fosse stato il cambiamento che lei aveva portato. Era impossibile che in parole come quelle scritte sul pezzo di carta che Carey teneva in mano vi fosse malvagità o falsità. Il sentimento che Loki provava per lei era davvero puro, era reale, lui non l'aveva usata, mai. Tutto quello che c'era stato tra di loro era reale, non frutto di un qualche opportunismo.
Era il pazzo che aveva distrutto la sua felicità, che aveva portato via a Jonathan suo padre, era a causa sua che Carey si ritrovava vedova. Si, Loki aveva colpa di tutto questo. Ma era anche colui che, sebbene avesse omesso la propria vera identità, aveva riportato per poco tempo nella vita di Carey e suo figlio una serenità, e anche una gioia, che si pensava non sarebbero mai più state presenti nella loro casa. Aveva riportato l'amore. Si, Loki era anche l' “uomo” che aveva risvegliato in lei la volontà di amare qualcuno al di fuori di suo figlio.
Loki era tutto questo.
Era vero, l'aveva ferita non dicendole la verità, ma quanto lei aveva ferito lui?
Ricordò i suoi occhi, mentre si trovava sulla soglia di casa, quando lei lo aveva cacciato. Uno sguardo ferito, rassegnato. Occhi ricolmi di dolore e speranze infrante. Il cuore di Loki era probabilmente spezzato quanto lo era quello di Carey, e lei se ne era resa conto solo in quel momento.
Nonostante tutto quello che era successo, per quanto la situazione fosse ormai disperata e forse irrecuperabile, lei lo amava ancora. Si, lo amava più che mai. Le aveva fatto del male, ma questo era inferiore al bene che anche le aveva arrecato.
E realizzò quanto in realtà lei avesse bisogno di lui. La sua vita, si rese conto, non sarebbe mai stata completa senza Loki. Aveva bisogno di rivedere di nuovo i suoi occhi di giada, belli e profondi, di sentire la sua vellutata voce risuonarle nelle orecchie, di sentire di nuovo la sua perfetta pelle sotto le proprie dita in una dolce carezza, percorrere le forme del suo viso con le labbra in dolci baci, e, soprattutto, desiderava di nuovo vederlo giocare con Jonathan, osservare come i suoi occhi guardavano con una strana espressione, tra il dolce e l'amaro, il bambino. Voleva sentire di nuovo la sua presenza in quella casa che sembrava ormai così vuota senza di lui.
Voleva che Loki tornasse. Niente di quello che era successo aveva più senso, niente poteva impedirle di amarlo, nemmeno quando lui le aveva mentito, ridotto la vita a brandelli, forse si era approfittato della sua ingenuità. Ma Carey sapeva, sapeva che il vero Loki era quello che lei aveva conosciuto, non quello che i telegiornali, i quotidiani del mondo intero, descrivevano, definendolo un pericolo, un mostro e un pazzo. Come disse Nietzsche, “tutto ciò che viene fatto per amore è sempre al di là del bene e del male”, e in quel caso, lei perdonava Loki, sapendo che il suo amore per lui era più grande dell'odio e del risentimento, più grande e più forte di ogni menzogna che lui le aveva raccontato. Forse, le aveva nascosto la verità per il semplice fatto che se l'avesse fatto, l'avrebbe persa per sempre. E anche se all'inizio tale supposizione si era rivelata esatta, ora qualcosa era cambiato, o meglio, riaffiorato.
Si, era una pazza ad amare ancora Loki, ma si dice che solo i pazzi sappiano davvero cosa sia l'amore e cosa voglia dire amare. E lei, sentendosi davvero folle, aveva scoperto che l'amore e il perdono, l'odio e poi la compassione, erano alla base dell'amore fra lei e quel pazzo di un dio, come si era definito lui stesso. A pensarci bene, non a caso in spagnolo l'aggettivo loco significava proprio pazzo, anche se forse la lingua nordica o come si chiamava non aveva alcun legame con la radice spagnola, per quel poco che Carey potesse sapere di lingue straniere o antiche.

Le venne poi in mente quella volta che, quasi una settimana prima, Loki e lei si trovavano in salotto.


Il film era finito da poco.
Lei e Loki lo avevano guardato dopo aver messo a dormire Jonathan e, per tutta la durata del lungometraggio, Carey era restata tra le braccia di Loki, mentre lui guardava con interesse lo schermo.
Alla fine, lui le aveva chiesto: “Come si intitola quella melodia che intonavano quei due giovani?” “Come what may *, credo.” “Le parole.....Quelle pronunciate da lei....Sono bellissime...” “Si, è vero....” “Vorrei saper intonare melodie come quel ragazzo.... Vorrei saper parlare dei miei sentimenti mediante il canto....” “Tutti possono cantare Loki, anche tu....” “Non credo di poter essere in grado....” “Secondo me si....” e Loki a quelle sue parole le aveva sorriso, uno dei suoi mezzi sorrisi mesti.
“Ballare?” “Come scusa?” le chiese, con il volto di chi pensava di aver capito male, “Sai ballare?” “Beh, un po' si....” “Davvero? Io non ho mai imparato.... Andrew aveva provato a insegnarmi qualche passo, ma sono sempre stata una frana e...” “Se vuoi, ti insegno io! Dai alzati,ti faccio vedere come io ho imparato a ballare!” “Loki, io non...” “Via, Carey! Siamo solo io e te! Tu non sai ballare e io non so cantare, ci completiamo no? Su, pigrona!” e, alzatosi dal divano, la trascinò delicatamente al centro della stanza. “Avanti, metti la mano destra sulla mia spalla e con l'altra tieni la mia di mano... È facile, vedrai!” e lei, quando ebbe fatto come le aveva detto lui, sentì la sua mano calda e affusolata posata delicatamente sui suoi fianchi. “Ora, segui i miei passi, e cerca di armonizzare i tuoi movimenti con i miei....” e le sorrise dolcemente, incoraggiandola. Iniziarono a ballare, in una specie di valzer, elegante, e le sembrò di stare su di una nuvola. Volteggiavano per la stanza come dei petali di fiori trascinati nel vento primaverile, e a un tratto, Carey iniziò a canticchiare, la voce melodiosa e cristallina.

Never knew I could feel like this
 Like I've never seen the sky before
Want to vanish inside your kiss
Every day I'm loving you more and more
Listen to my heart, can you hear it sing
Telling me to give you everything,
Seasons may change, winter to spring,
But I love you until the end of time,
Come what may
Come what may
I will love you until my dying day....


Continuarono a volteggiare, mentre lei teneva la testa poggiata sulla spalla di Loki.
All'improvviso, Carey sentì una voce cantare. Era quella di Loki, calda, piacevole come un mantello di velluto che scende sul corpo, carezzandolo. Una voce morbida, che Carey sentiva vibrare fin nel profondo del suo cuore.


Suddenly the world seems such a perfect place
Suddenly it moves with such a perfect grace
Suddenly my life doesn't seem such a waste
It all revolves around you


e Carey si unì a lui, guardandolo con amore e ammirazione negli occhi

And there's no mountain too high
No river to wide
Sing out this song and I'll be there by your side
Storms clouds may gather
And stars may collide
But I love you until the end of time...


Le loro voci si fecero più alte, e si sorrisero

Come what may
Come what may
I will love you until my dying day
Oh, come what may, come what may
I will love you,
I will love you,
Suddenly the world seems such a perfect place,
Come what may
Come what may
I will love you until my diying day
I will love you until my dying day!

Smisero di ballare. Carey non riusciva a smettere di sorridere, tutto era sembrato così magico, come un sogno. Loki la guardava con una espressione indescrivibile: sembrava emozionato, commosso, felice. Nei suoi occhi splendeva un bagliore nuovo, che lei mai aveva visto.
“Visto? Hai imparato a cantare!” “E tu a ballare!” le disse lui, prima di baciarla, abbracciandola poi stretta, tra le sue braccia delicate ma anche tanto forti. Si sentiva protetta, si sentiva bene, felice e di nuovo... completa. Niente e nessuno le avrebbe più tolto quella felicità. Niente poteva accadere che cambiasse quello stato di grazia in cui lei si trovava.
“Vieni, ti accompagno a letto, sei stanca e devi riposarti.” le disse lui sentendola a un tratto sbadigliare. Era vero, aveva sonno, ma si trattava di una sonnolenza dovuta a come si sentiva rilassata e in pace.
La prese in braccio, portandola fino alla porta della sua camera.
Si salutarono con un bacio, poi lei entrò nella stanza e disse: “Loki... Posso... Posso chiederti di restare con me...” “Carey io...” “Non fraintendermi, voglio solo che tu stia accanto a me e mi tenga stretta fra le tue braccia... Ti prego...”. Loki la osservò, gli occhi meditabondi. Poi, sussurrò: “Va bene.... Starò con te fino a quando non ti sarai addormentata.” “Ok...” e Carey sorrise.
Quella notte dormì bene, come se qualcuno la cullasse, tanto era bella la sensazione delle braccia di Loki attorno al suo ventre .
No, niente poteva separarli.



Già, niente avrebbe dovuto separarli, ma le cose avevano poi preso un corso diverso.
Ma Carey era pronta a iniziare tutto di nuovo. Non voleva più odiarlo. Voleva amarlo, come prima. E poco importava quello che era successo. L'amore non conosceva regole, né limiti. Come recitava la canzone, lo avrebbe amato fino al giorno della propria morte. E anche oltre. Gli avrebbe dimostrato che l'odio poteva essere cancellato da un sentimento puro come l'amore.

Piegò il foglio con la poesia fino a rimpicciolirlo abbastanza da farlo entrare nella tasca della felpa che indossava, e finì di preparare le valigie, mentre nella testa domande non le davano alcuna tregua.
Come e dove avrebbe trovato Loki? E soprattutto, avrebbe parlato di lui con i suoi genitori? Ma cosa avrebbe detto? Che era innamorata dello stesso individuo che le aveva distrutto la vita? Si diresse alla camera di Jonathan, e lo prese in braccio, dato che già era sveglio. Arrivata in cucina, lo nutrì, mentre sorseggiava una tazza di tè. Decise di non parlare di Loki ai suoi, non voleva dare loro preoccupazioni, né aveva voglia di raccontare per filo e per segno la storia dall'inizio alla fine. Accese un attimo la tivù della cucina, e si sintonizzò sul canale dove trasmettevano il telegiornale.

È appena arrivata una notizia sconvolgente e terribile dagli scienziati: è stata avvistata questa mattina poco prima delle cinque un gruppo di quelle che sembrerebbero migliaia e più di meteoriti, e sembrano essere dirette verso la Terra. Ecco cosa hanno detto i ricercatori:
« Secondo i calcoli, un gruppo di quelle che sembrano meteoriti, estremamente numeroso ed anomalo, formato da migliaia di elementi, si sta dirigendo a velocità stabile verso il nostro pianeta. L'impatto, che secondo noi potrebbe essere alquanto dannoso, dovrebbe essere previsto tra due settimane, massimo tre. Però non siamo ancora sicuri se siano davvero meteoriti oppure... qualcosa di alieno....» «Pensa che possa essere qualcosa di simile, o che abbia comunque a che fare, con l'attacco a New York di mesi fa?» «Non so cosa dirle.... Spero di no, speriamo tutti che non sia così.» «Cosa consiglia di fare nel frattempo?» «Solo una cosa: mantenere la calma, e niente panico. Se ci dovesse essere un pericolo, il nostro staff e il governo stesso provvederanno a far sì che nulla di male accada alla Terra né ai suoi abitanti.» «E se non bastasse?» «Abbiamo i Vendicatori. Tutti ci fidiamo di loro e sono certo che non mancheranno di rispondere al nostro appello d'aiuto. Se avremo bisogno, loro verranno.»
.
Carey spense la televisione, una espressione sconvolta disegnata sul viso. Quando si fu un po' ripresa da quello stato sconvolto, guardando l'orologio si accorse che era in ritardo per partire e andare dai suoi genitori. Nel tragitto avrebbe pensato a un modo per ritrovare Loki, per avvertirlo anche di ciò che aveva appena sentito alla televisione. E,sopratutto, dirgli che le dispiaceva e che lo amava ancora da impazzire, che non le importava più nulla di ciò che era successo tra di loro, di voler ricominciare da zero.
Quando ebbe fatto sedere Jonathan sul seggiolino sul sedile posteriore dell'auto, e caricati i bagagli, Carey partì, scossa e un po' pallida.

Mentre guidava e rimuginava, sentì all'improvviso suo figlio dire qualcosa, ma dato che si era prima persa nei pensieri propri, disse al bambino dolcemente,aggrottando la fronte: “Cos'hai detto, amore?”. E detto questo guardò nello specchietto retrovisore, osservano il figlioletto cercare di riformulare la parola che aveva pronunciato anche prima. Ci riuscì: “Lo-ki.”. Aveva di nuovo detto il nome di Loki, e Carey provò una strana sensazione nel petto, amarezza, tenerezza, forse anche un po' gioia, e quasi le vennero le lacrime agli occhi, mentre guardava quel bambino innocente, dagli occhi grandi e interrogativi, dorati come i suoi. Carey non riuscì a trattenere un sorriso, e rispose ancora più dolcemente al bambino, che con gli occhi sembrava voler dire "Perchè Loki non è più con noi, dov'è?" : “Loki, amore, è andato via per un po'. Ma lo troveremo, tesoro, lo prometto.” e Jonathan, come se avesse compreso perfettamente quello che le aveva detto la madre, sorrise contento.
Era ufficiale e chiaro come il sole nel cielo: sia Carey che suo figlio avevano bisogno di Loki.

N.D.A


*La canzone “Come what may”, per chi non lo sapesse, è tratta dal film Moulin Rouge, lo stesso che Loki e Carey hanno guardato.

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Capitolo 25
*** 23.Seeking forgiveness/Pain will come ***


Salve a tutti! Finalmente mi sono decisa ad aggiornare la storia! Spero che il capitolo sia all'altezza dell'attesa, e che non sia un fallimento completo XD
Ecco che finalmente ci siamo e la situazione si fa interessante! Mi raccomando recensite, mi fa piacere ed è importante per capire se devo migliorare ancora o no! :D
Grazie ancora a tutti!
White.


POV LOKI

“Scusa, cosa?! Ripeti perchè non credo di aver capito bene!” esclamò Stark, guardando Loki incredulo.
Loki strinse le spalle, fingendo nonchalance, anche se era il primo a essere stupito. “Andrò io da Thor.” “Ma-ma Loki, non sappiamo dove sia, e tu non hai i poteri. Come pensi di cavartela da solo in un qualche mondo lontano anni luce. E se atterrassi sul pianeta sbagliato? Ci hai pensato? Non possiamo permetterci di perderti proprio ora, lo sai!” “Stark, ti prego, è l'unico modo! So di non avere i poteri e di essere un bersaglio facile, senza pensare che potrei essere scovato da Thanos e ridotto in brandelli, ma devo farlo, devo almeno tentare! Non me la sento più di stare qui ad agitarmi pigramente con le mani in mano!” “Loki, io non ti permetterò di...” “Via, Stark, non sono un infante e so badare a me stesso, poteri o no!” “Ma...” fece per replicare Stark, prima di venire fermato da Fury. La Spia lo guardò eloquentemente: “Sono sicuro che Loki sa bene a cosa va incontro e del rischio che comporta una cosa del genere, Stark.” “Ho una richiesta da farti, Fury.” disse poi Loki, esitando, “Ti scongiuro... Quando sarà il momento... Fa' che lei e suo figlio siano al sicuro, lontano da tutto questo. Deve essere protetta a ogni costo... E....” fece una pausa, e poi continuò, la voce leggermente tremante ed incrinata, “Voglio che mi promettiate, tutti, che se Thanos dovesse... prendermi... Non mi veniate a cercare né a salvarmi. Per nessuna, ripeto nessuna ragione....” “Scusa, e cosa dovremmo fare? Stare con le mani in mano mentre quello ti massacra? E la ragazza, cosa le dovremmo dire? Spiacenti ma il tuo bel dio dell'inganno è andato a morire? Ti rendi conto di quante fesserie stai pianificando Loki?”, ma proprio quando stava per continuare la propria paternale, Loki lo guardò con una strana espressione. Sembrava che lo stesse pregando silenziosamente, uno sguardo supplichevole, il più eloquente che Tony avesse mai visto. E tutto a un tratto, capì perchè per Loki era importante andare in quella specie di missione ad alto rischio. Doveva trovare Thor, e riappacificarcisi, non c'erano altre ragioni valide, e Loki non era uno che rischiasse per niente.
Così, Tony tacque, rilassando i muscoli tesi sul proprio corpo dalla frustrazione, infine sospirò: “E va bene, Reindeer Games, se per te è davvero importante raggiungere Thor, allora l'unica cosa che a questo punto posso dirti è di fare attenzione, e tornare intero. Ci servi qui, ricordalo. E poi, non me la sento proprio di venire al tuo funerale, sarebbe troppo strano!” concluse cercando di ironizzare, anche se lui per primo ci vedeva ben poco da ridere in tutta quella faccenda.
Loki sorrise mestamente, senza smettere di guardare Stark con i grandi occhi di giada: “Grazie. È davvero... Importante per me...... C'è un conto in sospeso tra me e Thor, che va chiarito, e questa... Questa potrebbe essere la mia sola e unica occasione.... Sono sicuro che capite cosa voglio dire....” “Si, lo capiamo.” rispose per tutti Fury, che fino a quel momento era stato in silenzio, a braccia conserte.
“Beh, ora l'unico problema è: come troverai Thor, e come ci arriverai? Non hai i tuoi poteri, sei al pari di un mortale, ricordi?” disse Stark. A quello, Loki già ci aveva pensato.
“Se vi fidate di me, permettetemi di uscire dallo S.H.I.E.L.D da solo. Ho bisogno di un ampio spazio per quando verrà aperto il Bifrost.” “Ma cosa ti fa pensare che lasceranno usare il Bifrost? Si un criminale di guerra ancora in esilio, se non erro!” “Vero, ma finchè non possiedo i miei poteri non posso essere una grave minaccia, e Odino comprenderà la gravità della situazione.” “Va bene, allora. Vai, contiamo su di te.” “Si. Grazie.” e detto questo, sotto uno sguardo rassegnato di Stark, e quello preoccupato di Banner e Fury, Loki lasciò la stanza.

Percorse i corridoi, risalendo diversi scalini.
Finalmente, dopo aver superato i controlli dei vari agenti di guardia all'entrata e all'uscita della base, varcò le porte.
Superò il parcheggio, e si ritrovò infine sotto un cielo crepuscolare. L'aria era fresca, e soffiava un vento leggero tra i suoi lunghi capelli corvini. Assaporò quel momento, quasi magico. Forse, quella era l'ultima volta che avrebbe potuto godersi in libertà. Forse, quelli erano davvero i suoi ultimi giorni di vita. Forse, per lui non ci sarebbe stato davvero un lieto fine.
Chiuse gli occhi, ancora beandosi dell'aria fresca tra le ciocche corvine.
Pensò a Carey.
Carey, so che non puoi sentirmi, ma volevo comunque dirti che mi dispiace intensamente per tutto quello che ti ho fatto. Mi dispiace per tutto ciò che ho fatto alla tua gente, alla tua città, alla Terra. Mi dispiace per aver aggiunto altro dolore a un cuore come il tuo che già da prima era spezzato. Mi dispiace non essere l'uomo che pensavi fossi, e mi cruccia non poterti dare tutta la felicità che meriti. Mi chiedo se mai potrai perdonarmi. Mi chiedo se mai ci sarà il perdono per me. Mi chiedo se mai potrò rimettere piede ad Asgard come un vero Asgardiano. Come... un eroe, o una persona comunque benvoluta da tutti. Ne dubito, ma intanto voglio bearmi di questa speranza, per quanto flebile sia.
Poi alzò gli occhi al cielo, che si stava oscurando sempre più.
Odino, Padre degli dei, so che mi stai ascoltando. Ascolta le parole di un condannato pentito, di uno che farebbe volentieri ammenda per tutto ciò che ha fatto, che ha provocato. Se puoi concedermi un po' di misericordia, chiedo di poter raggiungere Thor, ovunque si trovi. Chiedo di poterlo raggiungere per... Per chiedergli perdono, e avvertirlo della situazione su Midgard.

E una lacrima scese lungo la sua guancia, come quando si trovava aggrappato alla lancia di Odino, a un passo dal cadere dal Bifrost. Poco prima di cedere la presa, Odino gli aveva detto una sola parola: “No, Loki.”.
Quel no significava che ancora una volta Loki non aveva fatto la cosa giusta, ancora una volta non era stato abbastanza, non era stato degno.
Ma questa volta era diverso. Non si trattava di provare a Odino di essere il figlio degno del trono di Asgard, ma di salvare Midgard.
Attese, senza che succedesse niente. Infine, abbassò il capo, sconfitto. Non era abbastanza, nemmeno questa volta. Ma quando stava per gettare la spugna, accadde qualcosa. Dei raggi di luce squarciarono il cielo, fino ad arrivare a Loki, trafiggendo poi il suo petto. Penetrando in lui.
Qualcosa dentro di Loki cambiò. Si sentì rinforzato, completo....immmortale. “No-non è possibile.... Non può essere!” sussurrò strabiliato, voltando gli occhi luccicanti di lacrime di nuovo al cielo. " Io...." ma prima che potesse dire di più, venne risucchiato da un raggio che conosceva bene.
Il Bifrost lo stava trasportando.
Dopo un po', atterrò su un terreno familiare.
Asgard.
Quella che una volta era casa sua.
Il luogo alla fine diventato il suo “cammino della vergogna”.
Si ricordava ancora di come tutti lo avevano squadrato e insultato solo con lo sguardo, quando Thor, dopo la sconfitta ad opera dei Vendicatori, lo aveva riportato ad Asgard. Di come tutti fossero meravigliati, increduli, stupiti, e infine disgustati alla vista di Loki, vedendolo in manette. Lì, il dio del tuono era stato accolto come l'eroe che riporta in gabbia l'orribile mostro criminale fuggito, e Loki era il mostro, che tutti adocchiavano con malcelato disprezzo, senza un'ombra di compassione negli occhi distanti e freddi.
Avrebbe dovuto capirlo fin dall'inizio di non far parte di quel mondo, di non essere un Agsardiano, non vivere in una bugia.
“Che vergogna!” “Guardate, è Loki, l'Ingannatore!” “Come può essere?” “Ma non era morto cadendo giù dal Bifrost?” “Ho sentito dire che ha attaccato Midgard!” “ È davvero un mostro!” “L'avevo sempre detto che avrebbe portato solo guai, quello!”. Ecco, questo era ciò che Loki aveva sentito mentre percorreva il suo “walk of shame”, in manette che Thor ogni tanto strattonava per dare l'impressione di disprezzarlo anch'egli, quando negli occhi aveva solo compassione, tristezza e dolore. E ciò Loki vide anche negli occhi di Frigga, che aveva poi cominciato a piangere, correndo verso di lui, fermata poi invece da Odino, che squadrava il “figlio” perduto con sì dolore, ma anche delusione. Non c'era compassione in quelle iridi color grigio azzurro come una tempesta, ma delusione, la stessa che Loki, quando ancora credeva di essere chi in realtà non era mai stato, aveva cercato di non far mai apparire negli occhi del Padre degli dèi. Di colui che una volta aveva chiamato “padre”. Suo “padre”. E con quanta dolorosa freddezza Odino aveva ordinato a Thor, dopo aver squadrato bene Loki, le catene e la mordacchia che portava: “Portalo via. Nelle celle più profonde. Verrà giudicato quando lo riterrò opportuno. Fino ad allora, marcirà in prigione. Nessuno, tranne me e te, potrà fargli visita.”. Ma Odino non era mai venuto a fargli visita.
Non una parola. Non un rimprovero, né una parola sprezzante, bruciante della stessa delusione che con intensità ardeva nei suoi occhi. Niente. Solo Thor gli aveva fatto visita, per quanto ciò avesse dato sui nervi a Loki. Alla fine, ogni volta che Thor usciva dalla sua cella, Loki, sotto il disprezzo, sotto il rancore, la rabbia, il dolore sopiti, gliene era grato. Sarebbe impazzito, se non fosse stato per il dio del tuono. Lo stesso che lo aveva scaraventato nell'abisso. E più di una volta Loki era stato meravigliato da come Thor si mostrasse ancora affezionato a lui, a come lo guardava con compassione, a come resistesse visibilmente dal voler stringere tra le forti braccia colui che, nonostante tutto, chiamava ancora fratello.
Loki scosse la testa, tentando di non pensare al passato, anche se esso era parte integrante del suo essere, anche se aveva forgiato chi lui era ora.
Camminò sulla superficie del Bifrost, ricostruita. Dietro di lui l'osservatorio, il quale era vuoto, e sembrava sul punto di cadere a pezzi. Gli era stato detto che Asgard era stata attaccata, ma mai avrebbe immaginato di poter assistere a una tale desolazione. Le porte, prive di guardie, erano vuote. Quella che gli si presentò agli occhi sembrava una città fantasma, un pallido riflesso di ciò che Asgard era stata. Ed era colpa sua. Tutta colpa sua. I mortali avevano avuto ragione a soprannominarlo con l'epiteto di “Portatore di Caos”. Lo era davvero, e solo in quel momento si rese conto di provare vergogna per questo. Quale ruolo ingrato era il suo nella città degli dèi eterni. Come crudele appariva il fatto che lui si sentisse a disagio per ciò di cui lui era creatore stesso. Una ironia davvero tetra.
Camminò nelle strade, assaporando con orrore e rammarico l'aria di desolazione. Case, taverne, e altri luoghi comuni completamente vuoti. La sola cosa a costellare il paesaggio qua e la erano i cadaveri, lasciati a marcire. Una fitta al cuore gli trafisse il petto.
Arrivato nei pressi della reggia, il paesaggio non migliorò, e con esso l'umore di Loki. Sembrava un incubo. Un terribile incubo. Le statue imponenti d'oro a guardia delle mura del palazzo era state spezzate, o rase al suolo. Interi luoghi distrutti, dove Loki si girava poteva vedere corpi di soldati, caduti per difendere la patria.
Poi, un allarme in lui risuonò: dove erano Odino, Frigga, e gli altri?
E infine, ricordò. Ricordò ciò che una volta gli era stato detto da Odino, riguardo al proteggere tutti quelli che poteva.
I sotterranei.
Capì all'improvviso. E di corsa, si diresse ad essi.

Percorse scale su scale, corridoi dopo corridoi, dentro il palazzo, sotto le fondamenta di esso. Poi, infine, trovò una botola. Vi entrò, trovando delle scale. Le seguì.
Si ritrovò in un ambiente simile a delle cripte, ma molto, molto più vasto, come un regno nel sottosuolo. Delle voci riecheggiavano nelle pareti illuminate da torce.
Loki si fece avanti.
Di fronte a lui, si ritrovò molti asgardiani, alcuni in piedi, altri seduti. Tutti meravigliati di vederlo, fissandolo senza parole.
“Loki!” esclamò una voce familiare. Era Frigga. Sua...madre. Lo abbracciò, saltandogli quasi al collo, tanto la sua presa era forte e quasi disperata. Come faceva ad abbracciarlo, dopo tutto quello che aveva fatto? Nonostante quanto era successo fosse a causa sua? “Ma-” sussurrò Loki, volendola chiamare madre, ma si corresse appena in tempo, “Frigga..” “Loki! Perchè mi chiami così?” esclamò la regina, prendendo il pallido ed emaciato volto di Loki tra le mani, accarezzandogli le guance come quando era un fanciullo. Loki era senza parole, e tentava di non incrociare lo sguardo di Frigga. Lei sorrise, un sorriso mesto, materno, e quasi gli ricordò Carey. “Loki, io sono tua madre, non importa quali siano le tue origini. Non importa cosa tu abbia fatto, o ciò che ti abbia spinto a commetterlo. Sarai sempre il mio Loki.”. Loki a quelle parole sentì gli occhi riempirsi di lacrime, che cominciarono a scorrergli sulle guance. Non resistendo un secondo in più, abbracciò Frigga, singhiozzando silenziosamente. Ciò che in quel momento provò era indescrivibile, ma una cosa è certa: una reazione simile potrebbe averla solo chi davvero prova affetto sincero per qualcun altro. E Loki, per quanto avrebbe avuto negarlo o reprimerlo, voleva davvero bene a sua madre.
Nella grande sala sotterranea un silenzio profondo era calato. Niente osò rovinare quel momento, che Loki desiderò durasse per sempre. Solo allora, infatti, si rese conto di quanto sua madre gli fosse mancata.
Poi, qualcun altro si fece avanti.
Odino.
Frigga si staccò dall'abbraccio del figlio, lasciandolo andare a malincuore, dopo tutto il tempo in cui Loki era stato lontano dalle braccia materne. Dalle braccia dell'unica Asgardiana per cui non aveva mai provato, nemmeno nella parte più oscura della sua vita, un briciolo di odio o risentimento, per la quale aveva sempre riservato l'amore che lui osava donare a ben pochi, lei che mai lo aveva guardato con delusione, nemmeno quando l'aveva visto tornare da Midgard in catene come un condannato e un fuggitivo qualunque. Lei ora lo aveva lasciato da solo a fronteggiare il padre degli dèi.
Odino lo stava guardando con una espressione indecifrabile: non arrabbiata, non delusa e nemmeno sprezzante, ma severa, profonda, forse leggermente commossa. Loki invece non riuscì a non guardarlo con espressione diffidente e anche un po' risentita. Non riusciva davvero a a pensare più a Odino come a un padre.
“Loki .... Sei infine tornato.” “Padre degli dèi. Sì, sono tornato. La domanda che non riesco a reprimere è.... Perchè hai permesso a un pericoloso criminale come me di rimettere piede ad Asgard? Io, il distruttore di mondi, portatore del caos, signore dei bugiardi!”.
La voce di Loki risuonò in tutta la sala, in un lieve eco.
 Odino a quelle parole tacque. E finalmente Loki vide nei suoi occhi qualcosa che assomigliava a dolore. Era ferito da quelle parole.
Non quanto io sono stato ferito dalle sue bugie! Pensò Loki, sentendo dentro di sé ribollire ancora l'amarezza, come nel giorno in cui Odino aveva confessato ogni cosa riguardo il suo passato. Come quando aveva scoperto di non appartenere a nessun luogo.
Odino infine rispose: “Perchè, nonostante tutto quello che è successo, tu resti sempre mio figlio, Loki. E resti un asgardiano.” “Non continuare a mentirmi, so cosa sono davvero e....” “Loki! Basta ora!” lo zittì Odino, e Loki tacque, preso alla sprovvista.
“Sei davvero un testardo, proprio come lo è a volte Thor! E questo basta e avanza a dimostrare che siete fratelli!” disse Odino serio, e Loki fu un po' indispettito di sentirsi chiamare testardo.
“Parliamo del vero motivo per cui sono qui, Padre degli dèi!” continuò Loki, cambiando discorso, “Sono qui per recarmi da Thor in uno dei Nove Regni, ma non so dov'è e ho bisogno dell'aiuto tuo e del lungimirante Heimdall! Non chiedo di riavere un posto qui, ad Asgard, voglio solo...” e si fermò un attimo.
Odino parve non essere sorpreso dalle parole di Loki, e attese in silenzio che quest'ultimo finisse la frase. Loki sospirò: “Voglio solo aiutare a riparare al danno che io stesso ho provocato.... Per salvare Midgard..” “E perchè mai saresti interessato a proteggere Midgard, Loki? Non ritenevi gli umani inferiori a te? Cosa ti ha fatto cambiare? O meglio.. Chi?” chiese Odino, sembrando, almeno agli occhi di Loki, malizioso, anche se continuava a mantenere una espressione seria.
“Perchè sono cambiato! Ecco tutto!” “E perchè?” “Perchè si, e basta!” disse Loki, innervosito dall'atteggiamento di Odino. Sembrava che il Padre degli dèi fosse a conoscenza di tutto quello che era capitato a Loki sulla Terra.
“Loki, so bene cosa ti ha permesso di cambiare.... Sei innamorato di una mortale, e per proteggerla faresti di tutto! Non tentare di ingannare me, Odino! E non negare ciò che è chiaro ai miei occhi. Ti abbiamo osservato, Thor ci ha riferito molte cose a riguardo di quella ragazza.” “E va bene, mi sono innamorata di una mortale! Ma non credo sia un problema, dato che anche io sono tale! Ora, posso sapere se Padretutto può permettermi” e sottolineò velenosamente la parola, “di raggiungere Thor?” “Loki,nonostante tutto, ho fiducia in te, e vedo nel profondo del tuo cuore un desiderio di riscattarti che tu tenti di nascondere. E sia, puoi andare! L'osservatorio sembra essere ancora funzionante anche se in pessime condizioni. Heimdall ti accompagnerà!”.
Dalla folla si fece strada il silente Heimdall, con indosso l'aurea armatura che riluceva alla luce delle torce che illuminavano i sotterranei. Il guardiano guardò Loki intensamente, poi si rivolse ad Odino: “Padre degli dei, mi avete chiamato?” “Si, Heimdall.” disse Odino, senza staccare gli occhi da quelli di Loki, “Voglio che tu accompagni all'osservatorio Loki e lo mandi da Thor, dovunque si trovi.” “Si, maestà.” rispose obbediente il guardiano. Fece un cenno di rispetto a Odino, poi invitò con lo sguardo Loki a seguirlo.
“Loki!” lo chiamò Odino.
Loki si girò verso il re degli dèi, e questo aggiunse, con quella che sembrava esitazione nella voce: “Non dimenticare chi sei veramente. Non lo abbiamo fatto, perciò non farlo nemmeno tu. E.... spero che.... un giorno o l'altro potrai perdonarmi... Voglio solo che tu sappia che non ho mai avuto intenzione di ingannarti, né ti ho mai considerato il mostro da cui i genitori mettono i bambini in guardia la notte. Se ho sbagliato in tutti questi anni, l'ho fatto solo perchè ti amavo esattamente come se fossi stato davvero mio figlio. Non ho mai preferito Thor a te, mai, Loki. Mai. E spero che tu, un giorno o l'altro, possa mettere da parte questo risentimento ed astio, che sento nella tua voce, nei miei confronti. E..” “Cosa?” lo incalzò Loki, tentando di suonare freddo e distaccato, al contrario degli occhi, che si stavano riempiendo di lacrime, divenendo lucidi e umidi. Avrebbe voluto voltare le spalle ed andarsene, smettere di ascoltare Odino, smettere di ascoltare i suoi patetici tentativi di ricucire qualcosa che si era irrimediabilmente strappato. Ma perchè allora si sentiva così, come se un macigno pesasse sul suo cuore? Perchè provava l'impulso di correre da Odino, gettarsi dai suoi piedi, e piangendo dirgli che lo perdonava, che per lui in fondo era ancora suo padre? Perchè voleva cercare di spiegare a Odino ciò che era successo nel suo cuore quel momento in cui Loki era sospeso sopra l'abisso, a un passo dal cadere nel vuoto?
Eppure, Loki si trattenne, restò in attesa, aggrottando le sopracciglia, tentando di non far cadere di un solo millimetro le lacrime. Restò fermo, cercando di non sembrare affatto toccato dalle parole del Padre degli dèi, sperando ardentemente che gli occhi non parlassero per lui, non in quel momento.
“Voglio che torni ad essere mio figlio, torni a pensare a me come a un padre, non un nemico da odiare, un sovrano da spodestare, o qualcuno da convincere del tuo valore, ma solo un padre che ti ama, che sempre ti ha amato. Nonostante tutto quello che è successo, che ti è successo, io, Frigga, Thor, continuiamo ad amarti, e spero che una volta tu possa capirlo.”.
Loki a quel punto era sul punto di scoppiare. Ma ancora una volta, cercò dentro di sé la forza di sembrare frigido: “C'è altro?” chiese, mentre Frigga e tutti stavano guardando lo scambio di battute tra Loki e il loro sovrano.
“No. Solo questo.” rispose Odino, alquanto amareggiato.
Loki, non resistendo più, voltò le spalle a Odino, dicendo seccamente: “Bene allora. Addio.” e sentì Odino dire: “Addio...”.
A quel punto, Loki ed Heimdall se ne andarono, dirigendosi attraverso i corridoi verso l'osservatorio.
Per tutto il tragitto, Loki versò lacrime silenziose, non potendo più reprimerle.
Heimdall non disse nulla, ma Loki sapeva che il guardiano ne era al corrente. Eppure, rimase silente. E Loki ne fu felice. Non voleva parlare di cosa stava succedendo dentro di lui. Si sentiva spaccato in due, una parte di lui si sarebbe voluta voltare e tornare da Odino, un'altra negava con fermezza questo impulso che considerava malsano e innaturale, e lo faceva avanzare nei corridoi, subito dietro Heimdall.
Poi, Loki disse: “Sapevi che sarei tornato, vero Heimdall?” “No. Non esattamente. Ti ho osservato Loki. Ti ho visto cambiare, ti ho visto evolverti, nella tuo esilio su Midgard. Ho visto il mostro che eri diventato arretrare di fronte alla luce che quella ragazza umana portava con sé, fino a scomparire del tutto. Sei cambiato, non sei più quello che eri prima. Non c'era malizia o superbia in te mentre parlavi non l'umana, mentre vivevi in casa sua. Ed è per questo motivo che Odino ti ha permesso di tornare qui, ad Asgard.” “Lo mettevi giornalmente al corrente di ciò che facevo quando non era Thor a farlo, non è vero?” “In un certo senso, sì. Ed è per questo che ci siamo fidati e ti abbiamo permesso di tornare.” “Allora, sai anche che mi sono alleato con i Vendicatori, e che...” “Che hai intenzione di stringere un patto con Thanos, il più crudele, assetato di potere e sangue, mostro di tutto i nove mondi e di tutte le galassie? Si, so anche questo. E qualcosa mi spinge a tacere, anche se avrei dovuto dirlo a Odino e Thor. Ma non l'ho fatto. Non sarebbe comunque servito a farti arretrare nel tuo scopo.” “Sai, Heimdall, sei il primo e unico che non mi abbia fatto la paternale per questo mio assurdo piano.” “Sei responsabile di ciò che fai, Loki, e sarebbe inutile darti consigli. Ne hai forniti tanti, ma non ne hai mai ascoltato nessuno.”Ciò farebbe di me una specie di antieroe pazzoide e con manie di protagonismo?” “No, ciò fa di te un individuo in realtà inaspettatamente nobile, coraggioso, altruista. Qualcosa di inaspettato da parte tua ti permetterà di riscattarti agli occhi di tutti, i miei compresi.” “Ah, tu dici? E come fai a saperlo, sai anche leggere il futuro ch'io sappia o cosa?” “No, semplicemente sono sicuro che sarà così. E dovresti crederci tu per primo. Ti aiuterebbe.” “Credo che ciò che potrà aiutarmi sarà una buona dose di astuzia e nervi saldi.”. E rimasero quindi in silenzio, finchè Heimdall parlò di nuovo: “A proposito, che cosa intendi fare con la ragazza?” “Nulla, voglio solo che sia la sicuro, lontana da me e dal disastro che ho trascinato insieme alla mia miserabile condizione.” “Davvero? E dire che, osservando un attimo come si svolgeva la sua vita, la situazione con te non sembrava così irreparabile?” “Ma che stai dicendo, Heimdall? Cosa vuoi dir- Un attimo? Hai spiato Carey?!” “Non l'ho spiata, ho solo voluto studiarla attentamente.” “E perchè mai?” “Perchè credo che tu stia facendo un buco nell'acqua con lei, e perchè credo che se entrambi tornaste sui propri passi si risolverebbe molto.”. Loki lo guardò confuso e incredulo: “Heimdall, ripeto ciò che dissi tempo fa: i tuoi sensi devono essersi affievoliti, e credo tu stia cominciando seriamente a perdere colpi!” “Può darsi, ma potrebbe anche essere che tu sia un testardo e ti stia solo piangendo addosso.” replicò Heimdall tranquillo, e Loki sospettò che stesse sorridendo.
Stettero in silenzio finchè non raggiunsero la fine dei lunghi passaggi segreti, sotto metri e metri le fondamenta del palazzo reale. Ripercorsero la città, osservando la devastazione dovunque si girassero. Si fermarono in un'armeria abbandonata, dove Loki prese una spada. Non si poteva mai sapere se ne avesse avuto bisogno o no.
Giunsero infine all'osservatorio. “Thor è in Svartálfaheim, la terra dei Nani e degli Elfi Oscuri.” “Bene allora, Heimdall. Apri il portale.” e senza dire nulla il guardiano obbedì.
“Fai attenzione, Loki.” furono le ultime parole di Heimdall, prima che il raggio del Bifrost risucchiasse Loki, portandolo a Svartálfaheim.
Da Thor.

Atterrò in una landa desolata e buia. Si guardò intorno, ma prima di poter studiare a dovere dove si trovasse, fu richiamato da una voce. Una voce potente e virile.
“Loki! Co-cosa ci fai, qui?!”. Era Thor, che lo stava fissando attonito, con al fianco quello che sembrava essere un elfo. A Loki sembrò di conoscerlo. Ma possibile che fosse lui, il mitico re Galdor, re degli elfi della luce? Il sovrano di Alfheim?
“Loki!” ripetè Thor, e Loki guardò sia lui che quello che sembrava essere Galdor, con una espressione imbarazzata.
Si aspettava una reazione anche peggiore, una delle solite che ci si aspetterebbe da Thor. Invece....
“Loki! Ti sto chiedendo perchè sei qui!” esclamò di nuovo Thor, avvicinandosi e afferrandolo per una spalla con una mano e per la nuca con l'altra. Lo guardò negli occhi disperato. Loki si sforzò di sorridere come faceva sempre per nascondere il disagio, fingendo una sicurezza che in quel momento non poteva fare a meno di non sentire.
“Sono qui per aiutarti, Thor. Insieme, ricordi?” disse, tutto d'un fiato.


“Guarda bene! Guardati intorno! Pensi che questa follia cesserà con il tuo regno?!” gridò Thor, tenendo Loki per il collo. Il moro si guardò intorno, con espressione quasi disorientata. Sentì che il potere del Tesseract, una forza che lo stringeva quasi in una morsa invisibile, si stava affievolendo. Sentì che il vero Loki, disperato come non mai, stava uscendo dalla “prigione”.
“È troppo tardi! È troppo tardi per fermarlo...” disse Loki, la voce tremante. Si stava rendendo conto all'improvviso che ciò che lui aveva fatto andava oltre ogni limite e ragione logica. Solo allora vide di fronte a sé il frutto della propria pazzia, del proprio odio. Era l'odio che l'aveva condotti lì.
“No! Possiamo farlo, insieme!”.
E l'odio avrebbe determinato quello scontro. Ne sarebbe stato il fulcro.
Era troppo tardi, Loki aveva ragione. Non poteva tornare indietro, e la minaccia di Thanos vinse sul suo senso di colpa.
Il terrore delle torture lo accecò.
 Ma ancora, Loki sentì ancora il suo vero “Io” battere a perdifiato sulla barriera che si era costruito per permettere al potere di Thanos di entrare in lui.
Sentì il suo “Io” uscire da quella barriera. Sentì come se stesse tornando il vecchio Loki, che si era lasciato andare nel vuoto, non quello che aveva patito sofferenze presso Thanos, prima di accettare la sua proposta.
Sentì le lacrime sgorgargli dagli occhi.
No! Doveva portare a termine ciò che aveva iniziato! Non c'era nessun fratello Thor, non c'era nessuna casa ad attenderlo ad Asgard. Dopo che avrebbe aiutato Thor sarebbe stato sicuramente imprigionato e processato. No, non si sarebbe arreso. Non stavolta. Thor non avrebbe vinto di nuovo, stavolta sarebbe stato lui a cadere in ginocchio di fronte a lui. Stavolta sarebbe stato Loki a vincere.
E fu per questo che, tirato fuori dalla manica un piccolo pugnale, lo infilzò nella corazza del biondo, cercando ci conficcargliela in profondità. Perchè non lo avesse ferito a morte, non riusciva a spiegarselo. Che gli volesse ancora bene? Impossibile, si disse. Non provava affetto per lui.
“Sentimentale...” sussurrò Loki, e una lacrima riuscì a cadere dai suoi occhi. Ma fu questione di un attimo, prima che il potere di Thanos avesse di nuovo la meglio su di lui.
Di nuovo prigioniero.



Thor lo guardò stupito, strabiliato, a bocca aperta. Non lo aveva preso sul serio, pensò Loki. “Da-davvero?” “Certo. Perchè sarei qui, sennò, zuccone!” replicò Loki, cercando di mantenersi sprezzante, riuscendoci a malapena.
Gli occhi di Thor sembrarono inumidirsi e illuminarsi al contempo, e, in un attimo, il dio del tuono prese Loki in un abbraccio forte,caldo, pieno di sentimenti. L'abbraccio di un fratello. Loki, senza più barriere che gli impedivano di farlo, circondò le proprie braccia attorno alla schiena del dio, affondando il capo nello spazio tra la clavicola e il petto muscoloso di Thor. Lo strinse forte. Sentì le lacrime salirgli agli occhi.
“Quanti giorni e notti ho sperato in questo momento, Loki.... Perchè tu tornassi da me! Perchè tornassi ad essere mio fratello. Ed ora sei qui. Il mio fratellino.”.
Loki sentì un brivido lungo la schiena. Tutto gli sembrava irreale, come un sogno.
Da quanto non sognava? Da quanto la sua vita era solo stata un incubo?
“Ah, Thor.... Mi....Mi sei mancato....” sussurrò Loki con voce strozzata.
“Loki!” esclamò Thor, e si scostò dall'abbraccio, prendendo il volto del moro fra le mani: “Loki! Tu....” “Si, Thor. Fratello.” e il biondo a quell'ultima parola sembrò illuminarsi di più, un sorriso tra le lacrime. “Sei qui davvero per aiutarmi?!” “Si..” rispose Loki con un mezzo sospiro, e aggiunse: “E anche per dirti che presto le truppe di Thanos arriveranno. Arriveranno per prendere me... e la Terra. Uccideranno i Midgardiani, e dobbiamo impedire a costo della vita che accada.” “Quanto tempo ci rimane?” “Credo massimo due settimane, tre se va bene. Ma è relativamente poco tempo. Tutti si stanno preparando, Stark sta costruendo nuove armi. Manchi solo tu all'appello. Come va il reclutamento?” “Fino ad ora” rispose Thor ravviandosi i capelli, “solo Jotunheim eAlfheim hanno accordato . Qui, in Svartálfaheim, ho trovato solo desolazione e morte. Credo che Thanos sia giunto prima di noi e abbia ucciso tutti. Cercava di convincere gli Elfi Oscuri e i Nani a passare dalla sua parte, e devono aver rifiutato. Non ha lasciato nessuno.”.
Tutto questo per causa mia e soltanto mia. Quanto sangue sulle mie mani, quante vittime per la mia sete di vendetta.
“Loki, dobbiamo assolutamente recarci negli altri regni, prima che sia troppo tardi!” esclamò Thor, riportando Loki alla realtà, una mano sulla sua spalla. Loki annuì.
Fino a quel momento l'elfo era stato in silenzio, e Loki lo osservò. Capelli lunghi e corvini, striati qua e la di argento. Occhi azzurri limpidi e grandi. Lineamenti delicati come tutti gli elfi, ma che incutevano anche autorità e rispetto.
“Dimenticavo! Lui è Galdor, re degli elfi della luce!” esclamò Thor presentando l'eterea creatura. Allora era come Loki pensava, quello era davvero il re di Alfheim, di cui aveva tanto sentito parlare. Loki si limitò a fare un cenno con rispetto a Galdor, che disse con voce quasi melodiosa e pacata: “È un onore per me, principe Loki!”. Loki si limitò ad accennare un sorriso.
“Bene, ora che abbiamo fatto le dovute presentazioni, direi che siamo pronti.” proferì Thor, dando una pacca sulla spalla del fratello.
“Thor! Io...” “No. È tutto a posto. E andrà tutto bene.” lo interruppe Thor, con uno strano luccichio malinconico negli occhi.
Loki non rispose, camminando insieme agli altri due in silenzio.
No. Nulla sarebbe andato bene, almeno per quello che riguardava Loki.
Loki sentì Thor dire, mentre teneva un braccio intorno al suo collo in un gesto di affetto: “Vedrai che, appena finita e vinta la guerra, torneremo ad Asgard insieme, da eroi.”.
No, Thor. Non c'è più posto per me lì. Non posso più tornare ad Asgard,non appartengo a quella città, non sono mai stato un Asgardiano. E non potrei tornare nemmeno se lo volessi. Ho una missione da portare a termine, e una volta fatto tutto ciò, non potrò nemmeno esserci quando festeggerete la sconfitta di Thanos. Mi troverò in Hel. È lì dove merito di stare. Sono morto quel giorno che ho lasciato la casa di Carey.
Nonostante questi pensieri, Loki non disse nulla.

Proprio quando Thor stava per chiamare Heimdall, poco lontano da dove si trovavano i tre, si materializzarono delle sinistre figure, quasi un centinaio o più.
Tra loro spiccava una figura più losca delle altre: un mostro spaventoso, che Loki riconobbe con orrore, si fece avanti.
Era alto quasi più di due metri, la pelle viola, privo di capelli, dalla corporatura massiccia, titanica. Dai lineamenti estremamente duri e malvagi, dove spiccava un mento quadrato e prominente, si poteva dedurre che non fosse giovane, ma neppure vecchio, quasi indefinibile. Due occhi splendevano come tizzoni ardenti. Portava un'armatura con le spalle appuntite, dorata e azzurro scuro. In una mano, Thor e Loki riconobbero ciò che sarebbe dovuto trovarsi invece ad Asgard, protetto a dovere: il Guanto dell'Infinito.
Thanos, la minaccia vivente attuale di tutta la galassia, di tutti i Nove Regni, era diventato onnipotente.
“Thor.... Ti prego... Vattene da qui.... Subito!” sussurrò Loki, tremante dal terrore, ma Thor esclamò quasi, afferrandogli una spalla, facendolo voltare verso di sé: “No, Loki! Non ti lascerò in mano a lui! Non posso!” “Thor, non puoi competere con lui! Hai visto, ha il Guanto, e questo lo rende imbattibile, oltre ad accrescere i suoi poteri a livelli stratosferici! Come pensi di batterlo? E poi, lui vuole me! Lascia che mi consegni! Ti prego!” “Loki, abbiamo affrontato insieme cose ben peggiori, e non ti lascerò senza prima combattere! Non permetterò che tu ti consegni a Thanos così! Dovranno passare tutti sul mio cadavere!”. Loki lo guardò con gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime: “Thor, io.... Mi dispiace tanto! È tutta colpa mia!” “Non dire così! Basta! Pensiamo a fronteggiarli, piuttosto!” “Ma...” “Niente ma. Ce la faremo. Insieme!”.
Loki annuì, facendosi coraggio, e sfoderò la spada. Non aveva ancora riacquistato i pieni poteri, doveva recuperare energie per riaverli interamente e al massimo, ma avrebbe combattuto.
Il piano di consegnarsi apparentemente era fallito.
Il fatto era che non aveva un piano di riserva.
Thanos avanzò verso di loro, con passo minaccioso, e un'aria divertita: “Bene, bene, cosa abbiamo qui? Oh, sì, un semidio incapace di comandare un'armata pronto per essere punito, il suo stolto e poco intelligente fratello maggiore, e il mitico re Galdor, di Alfheim se non sbaglio? Dimmi, voi elfi siete tutti così effeminati?” e detto questo rise, un suono sgradevole, pieno di malvagità.
Galdor non sembrò scomporsi, anche se risultava evidente negli occhi divenuti più scuri che era molto preoccupato.
“Come osi parlare a noi a questo modo?” tuonò Thor, irritato, senza prestare attenzione a Loki che stava cercando di stritolargli quasi un braccio, come ad intimarlo a tacere. Prima che il mostro potesse rispondere a Thor, Loki si fece avanti: “Thanos! Non è necessaria tutta questa carneficina! Prendi me e lascia in pace loro, sono pronto a....” “No! Non se ne parla!” esclamò Thor.
“Ma tu guarda il destino! Loki, re caduto e inetto condottiero, si offre in cambio della salvezza dei propri nemici! Da dove viene fuori questo eroismo patetico, mh?” schernì Loki Thanos, mentre il moro, impotente, strinse i pugni con forza.
“Non ti riguarda, Thanos! Non deve importarti in che modo sono cambiato! Facciamola finita!” disse, mentre dentro di lui montava come una rabbia crescente.
“Se vuoi lui, dovrai prima battere noi!” “Thor..” “Non lascerò che lui l'abbia vinta così, fratello!” lo interruppe Thor, un tono che non ammetteva ulteriori repliche.
“E sia, allora! Vi pentirete di quest'insana scelta!” e detto questo, sollevò la mano sulla quale indossava il Guanto, come a dare un segnale ai propri scagnozzi, e Loki, Thor e Galdor si prepararono a fronteggiare centinaia di elementi, tra Chitauri e altre razze di mostri, la maggior parte dei quali era sconosciuta ai tre.
“Sistemate gli altri due, e lasciate a Iperratio* il traditore. Lo porterà da me.” ordinò Thanos, “Io torno alla Nave. Non provate a fare ritorno fino a quando entrambi quegli sciocchi non saranno morti.”. E detto questo, sparì.
La battaglia disperata iniziò.
Tre contro cento e più, questo sì che si poteva definire uno scontro sleale.
Ma Thor sapeva il fatto suo, e quelle creature non erano più forti dei Giganti di Ghiaccio che aveva affrontato l'ultima volta che era stato a Jotunheim. Il dio del tuono faceva volteggiare il martello Mijolnir da un mostro all'altro,uccidendone quanti più poteva.
Galdor era un maestro nelle arti magiche anche più potente di Loki in persona, e non ebbe difficoltà a destreggiarsi con esse contro gli scagnozzi di Thanos. Con potenti incantesimi respingeva gli attacchi nemici, e anche se combatteva disperatamente, sembrava quasi stesse danzando, tanto ogni suo movimento era aggraziato ed elegante.

In mezzo al trambusto e al caos dell'improvvisa imboscata di Thanos, mentre Galdor e Thor erano impegnati nel loro disperato tentativo di respingere l'attacco nemico del malvagio essere , Loki combatteva con ogni sua risorsa fisica e non contro gli scagnozzi di Thanos.. E la cosa che più costernava il dio, era il fatto che fosse tutta colpa sua.

All'improvviso, mentre si guardava intorno frustrato e spaesato, senza sapere più cosa fare, vide arrivare verso di lui con l'intenzione di attaccarlo una specie di mostro alieno, una razza che Loki mai davvero aveva visto: era un bestione di quasi tre metri, con la pelle squamosa e il corpo simile a un grosso lucertolone dal colore verde acido, che si reggeva sulle due zampe posteriori. Una lingua biforcuta usciva ed entrava a intermittenza dal lungo muso che terminava a punta, come quello di una lucertola, solo che l'estremità sembrava come più dura, come un becco, verde scura,e dalla consistenza che pareva quella di un osso. Il mostro, come Loki mai ne aveva visti di così orrendi e terrificanti, indossava una armatura spartana e senza tanti fronzoli, in ferro massiccio e con spruzzi di sangue invecchiato, simbolo di tante battaglie.

Il mostro, avvicinatosi con altri due passi pesanti a Loki che lo guardava impotente anche se con odio, avvicinò il muso al viso dell'Asgardiano, e parlò con voce viscida, emettendo una roca risata malvagia: "Ah, ah! E così tu saresti Loki, vero? Quello che il mio signore tanto bramava di rivedere! Sai, Thanos provava un tale desiderio di parlarti ed incontrarti, che non ho potuto fare a meno di non rifiutare quando mi ha chiesto esplicitamente di portarti da lui!" e rise di nuovo, una risata gelida e cattiva, che fece sobbalzare a Loki il cuore nel petto. Poi, riacquistando un po' di coraggio, Loki si sforzò di sorridere di rimando, un sorriso forzato e per niente amichevole, di scherno quasi e parlò con fare arrogante e provocatorio: " Ah, da quel che posso capire, avete fatto tutta questa fatica per cercarmi? Beh, mi dispiace che tu e la tua combriccola abbiate fatto tanta strada per niente, sai? Credo proprio che dovrò rifiutare l'invito di Thanos!" e sfilò la propria spada dal fodero appeso al fianco.
"Il mio padrone ha detto che non avresti collaborato. Ma ha anche detto che allora ti avremmo dovuto condurre da lui con la forza e le catene!" "Ah,si! Prova a prendermi prima però, bestione!" rispose con fare arrogante Loki, mettendosi in posizione, aspettando che il lucertolone facesse la sua mossa.
Con un verso che sembrava un ringhio di pura rabbia, il mostro sollevò la sua arma, una grande scure insanguinata, e vibrò il colpo verso Loki, che lo schivò appena in tempo. Il colpo venne riprovato, e sebbene Loki si fosse scansato, non fu abbastanza lesto, e sentì un bruciore alla spalla, la classica sensazione quando si viene feriti e si inizia a sentire il proprio sangue scorrere lungo l'avambraccio. . Loki urlò di dolore, affondando le dita della mano nel palmo, pur di non lasciare la propria spada. E quando guardò la propria spalla, vide che un pezzo di stoffa e armatura erano stati strappati via, lasciando solo carne scoperta e sanguinante. Questo fece scattare in lui una rabbia incontrollabile, e senza indugiare cominciò a effettuare affondi verso il mostro, che a malapena riusciva a schivare i colpi feroci di Loki. Poi, con sorpresa di Loki, il lucertolone riuscì a bloccare la spada tra le sue grinfie,e, strappandola via dalle sue mani, colpì la fronte di Loki con la propria testa. Il colpo fu talmente forte che Loki, dopo essere caduto in ginocchio, poi a gattoni, crollò definitivamente a terra . In pochi secondi, la sua vista si fece sempre più sfocata, e riuscì a sentire a malapena Thor, che era sopraggiunto nel frattempo, urlare il suo nome.

 

Infine, il buio.

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Una luce sugli occhi lo destò, accecante come il sole stesso. In un primo momento tentò di riparare il viso da quella fonte luminosa così fastidiosa e deleteria per la sua vista, poi lentamente, gemendo in maniera impercettibile e incontrollata, cercò di mettere a fuoco il luogo dove si trovava, scoprendo che si trattava di una cella, probabilmente in una prigione, che si sarebbe potuta dire futuristica: le pareti e il pavimento, dall'aspetto freddo e sterile, erano color grigio e madreperla, e apparivano fatti di un materiale molto simile all'acciaio e non vi erano nè finestre nè porte abbastanza agevoli da poter forzare per uscire. Sembrava la stanza di uno di quei ospedali futuristici che si potevano vedere benissimo in qualche serie televisiva su Midgard.
Si rese conto di stare sdraiato su di un letto piatto, da ospedale, freddo, senza lenzuola. Era ancora vestito con la sua armatura, che aveva recuperato quando era stato ad Asgard.
Girando il capo indolenzito e che ancora pulsava per la botta presa in battaglia e per lo stordimento che ne era seguito, notò che la sua ferita sulla spalla aveva smesso di sanguinare, anche se le sue condizioni apparivano pietose. Ma almeno il bruciore e il dolore erano spariti.
Ma dove sono? Perchè sono in questa stanza? Dove sono Thor e Galdor? Si chiese, mentre il cuore cominciava a battere di nuovo veloce fin quasi a uscirgli dalla cassa toracica.
Si sforzò di tirarsi su, sebbene si sentisse terribilmente pesante e mezzo stordito. Sceso da quella specie di letto, iniziò a camminare nella stanza, guardandosi intorno per trovare una via d'uscita a quel posto surreale. Ma si rese conto, con orrore, di essere in trappola.
Una sola porta si trovava in un angolo della stanza, massiccia, in materiale simile ad acciaio rinforzato, e con accanto ciò che sembrava essere un apparecchio per digitare una combinazione.
All'improvviso, arrivarono due creature, entrando dalla porta, che si spalancò con un rumore meccanico. Sembravano portare una specie di camice. Loki realizzò che quelli erano due Chitauri. E ciò significava che si trovava nel covo di Thanos. E dire che provò una fitta di terrore per tutta la spina dorsale sarebbe riduttivo.
Era dentro la Nave.
Quando i Chitauri lo videro in piedi, sembrarono impauriti, e fecero segno di volersene andare dalla stanza, per chiamare aiuto, ma Loki li stese con due pugni per uno, e passò dalla porta, che i due non si erano preoccupati di richiudere con la combinazione.
Ma la libertà durò poco. Infatti, sentì una voce venire dalla sua sinistra da un corridoio lungo: "Ah, Loki! Non impari mai, vero? Non scapperai mai da me!". Era Thanos, e Loki, girandosi verso di lui, vide il mostro affiancato da una dozzina di soldati, sempre Chitauri. "Thanos. Sapevo che mi avresti catturato, ma non pensavo mi avresti fatto curare anche." disse Loki, riferendosi alla stanza d'ospedale. Thanos sorrise malignamente e disse: "Loki, ti sfugge il vero senso delle mie decisioni. Vedi, non era mia intenzione farti curare o chissà cos'altro. E visto che ti sei svegliato, le cose saranno ancora più difficili. Vedi, avrei preferito risparmiarti una ulteriore sofferenza prima delle altre torture che avevo in mente per te, ma come al solito sei stato un incapace, e non hai saputo nemmeno rimanere addormentato. Beh,vorrà dire che sentirai un po' di dolore, anzi, più di un po'..." e i soldati acciuffarono Loki per le braccia, trascinandolo di nuovo nella stanza di prima, incatenandolo poi per i polsi e le caviglie al lettino, con una specie di laser come cinghie, dal colore violetto, incandescenti al tatto e che procurarono al primo impatto a Loki un dolore atroce, lasciandogli segni sui polsi come di ustioni.
Ma questo fu solo l'inizio.
Altri due Chitauri-medici si fecero avanti, uno con in mano una bacinella e un pezzo di stoffa bianca, un altro con un ago abbastanza grande anche se tutt'altro che spesso e attraversato alla base dell'impugnatura da un filo nero e non proprio sottile. La punta dell'ago sembrava incandescente,a giudicare da come era fumante e di colore vivo.
Appoggiata la bacinella su un tavolo vicino al letto, uno dei dottori bloccò la testa di Loki, insieme alle mascelle inferiore e superiore, tenendogli la bocca serrata. Quando Loki vide l'ago incandescente avvicinarsi alla sua bocca, tentò di dimenarsi in ogni modo, ma ogni tentativo risultò inutile, e quando l'ago perforò la sua carne, in quel momento conobbe un dolore che andava oltre ogni immaginazione e tortura.
Sentì la pelle appena sopra le labbra bruciare e sanguinare, l'odore di carne bruciata nelle narici,e, mentre veniva punito a questo modo, l'unica cosa che riuscì a fare fu gemere di dolore come avrebbe fatto chi veniva soffocato da un cuscino. Impotente, ascoltò i suoi stessi gemiti, mentre sentiva il filo ruvido e l'ago incandescente perforare ed attraversare da una estremità all'altra la carne appena sopra e sotto la bocca, e il sangue colava copioso sul mento, misto a lacrime amare e salate, mentre gli veniva negata la facoltà di parlare.
Thor, Carey, Jonathan..... Mi dispiace non esser riuscito a proteggervi! Mai avrei immaginato che sarebbe finita così! Pensò quando la tortura sembrò essere terminata.
"Mettetegli delle catene, e portatelo in una delle celle. Tra poco ci divertiremo con lui sul serio!" disse Thanos, mentre ormai Loki sembrava aver quasi perso i sensi e conoscenza per il dolore, e un' ultima lacrima gli rigava il volto, mescolandosi al sangue sulla bocca e il mento, che nessuno si era sprecato a ripulire. Vennero "sciolte" le catene incandescenti dai suoi polsi e dalle gambe, e, dopo che gliene misero altre di ferro, fu trascinato per le braccia fino a una cella, mentre le sue ginocchia e i piedi strisciavano per terra, il capo contro il petto, come una bambola di pezza. Fu buttato dentro l'angusta cella buia, fredda anche se non umida. E lì, perse i sensi completamente, un ultimo nome sulle sue labbra prima dell'oblio: Ca...Carey.

Venne risvegliato ore dopo da un calcio sullo stomaco di un Chitauro, un soldato. Fu trascinato, anche se non si opponeva, fino a una stanza vicina alla zona delle celle. Sulla porta vi era una scritta in lingua sconosciuta, ma quando entrarono nella sala tuttò a Loki fu chiaro: era la stanza delle torture. Ogni tipo di strumento di sofferenza possibile e immaginabile si trovava in quella stanza, da quella manuale a quella elettrica. E mentre veniva condotto al primo strumento il cuore sembrò scoppiargli: mai si era sentito così inerme e atterrito. E mai aveva provato un dolore tale come nelle ore che seguirono, nemmeno mentre gli era stata cucita la bocca.

Venne incatenato al soffitto come un animale prima del macello, e con la coda dell'occhio poté vedere il torturatore portare in mano una frusta da dodici code, tutte risplendenti come incandescenti, come dei laser, e quando vennero usate sulla sua schiena e le sue gambe, il contatto con la pelle provocò a Loki un dolore al di là di ogni possibile immaginazione. Non poté urlare nemmeno una volta a causa delle cuciture alla bocca, e il tenersi dentro la sofferenza senza potersi sfogare avrebbe potuto anche condurlo alla pazzia. Ma cercò di tenere duro. Ma più tentava, più risultava difficile riuscirci. Voleva cedere al dolce invito dell'oblio e dell'incoscienza, all'abbandonarsi alla sorte. Ma sapeva che quella sarebbe stata una strada senza ritorno, e quindi, ogni volta che stava per arrendersi ritornava in sé, e il dolore si acuiva di cento volte ancora.

Passarono quelle che a Loki sembrarono ore, poi venne slegato dal soffitto, e lasciato cadere a terra.
Non sentiva più le braccia, e respirare gli sembrava una impresa quasi impossibile. Aveva perso sangue, molto sangue, e si sentiva stremato, privo di forze.
Il corpo, che ormai era seminudo,e le parti intime coperte da stoffa lacera sporca di sangue, era un campo di ferite, contusioni, tagli di ogni tipo, oltre a diverse bruciature, e il sangue era misto al sudore, le lacrime copiose non smettevano di sgorgare dai suoi occhi stanchi.
Venne quindi trascinato come un sacco a uno strumento molto strano, che consisteva in una seggiola con cinghie sui braccioli, e sul sedile era posto un casco con dei fili che partivano dalla superficie esterna di esso. I fili si ricongiungevano alle dieci dita di un paio di guanti. Loki non voleva scoprire nemmeno come funzionasse quell'apparecchio, ma il torturatore non era della stessa opinione e un ghigno sinistro comparve sul suo volto.
Lo fece sedere come una bambola di pezza sulla seggiola di ferro, legandogli le mani, e poi posò il casco sulla sua testa. Mise quindi i guanti, e ciò che avvenne dopo fu qualcosa che Loki avrebbe per sempre ricordato: all'improvviso, sentì come se degli artigli fossero penetrati nel suo cranio e stessero rovistando nel suo cervello, in ogni anfratto di esso. Una sensazione dolorosa, orribile, troppo per essere vera.
Doveva essere una illusione. Doveva esserlo. Ma ciò non riuscì a distrarre Loki dalla sofferenza indicibile che gli procurava quel macchinario.
Mentre il suo carnefice si divertiva sadicamente, lui sulla seggiola si contorceva come un pesce che annaspa per cercare aria, scuotendo la testa per liberarsi da quella sensazione. Ma come provava a scuotere la testa, seguivano scariche elettriche, mentre il sudore colava sulla sua pelle, mescolandosi al sangue rappreso di prima.
Loki arrivò così al punto di non sentire quasi più il dolore,e si lasciò così torturare senza più opporre resistenza.

Quando tutto fu finito, mentre era crollato infine sulle ginocchia, tremante,impotente ed esausto, più morto che vivo, notò una figura che si stagliava su di lui, minacciosa e perfidamente compiaciuta: Thanos. "Allora, che ne dici, hai capito finalmente quanto il dolore che credevi di conoscere fosse in realtà nulla?" lo schernì, e lui, in tutta risposta, riacquistato un po' di ardore,anche dopo tutto quello che aveva passato, riuscì a sollevarsi da terra, e a sputargli in faccia.
Ciò che seguì quel gesto così sconsiderato e provocatorio è impossibile da descrivere o da immaginare, e si può solo accennare al fatto che tutte le torture di prima vennero di nuovo inflitte a Loki, dall'inizio alla fine, mentre Thanos sadicamente guardava. Loki non poteva urlare per alleviare il dolore che lo affliggeva di nuovo, riacutizzatosi dopo la prima ondata.

Quando Thanos sembrò soddisfatto, Loki venne gettato di nuovo nella cella, lasciato per terra nel suo stesso sangue e sudore.

ORE PIU' TARDI....

Era ancora in uno stato fra la vita e la morte, giacendo a terra in una pozza di sangue,sudore e lacrime, completamente nudo, non fosse stato per un panno arrangiato come biancheria intima, anch'esso imbrattato di sangue e sudore.
Tremava come una foglia, aveva la febbre alta, dovuta alla mancata cura delle ferite in seguito alle torture subite, per non parlare del fatto che non sentiva più la bocca, tanto gli facevano male le labbra che ancora sentiva come se quel filo impossibile da strappare stesse bollendo nella sua carne. Aveva i polsi doloranti per le catene infrangibili che a malapena permettevano al sangue di scorrergli nelle vene. Qualunque cosa stesse architettando Thanos, una cosa era certa: non era ancora giunto per Loki il tempo di morire, lo voleva vivo, per qualche suo spregevole e oscuro piano.
Fu in quel momento che si aprì la porta della cella, per poi richiudersi.
Non aprì gli occhi, non avendone le forze e avendo la vista completamente sfocata. Ma le sue orecchie funzionavano benissimo, e non gli ci volle molto per scoprire che qualcuno si trovava con lui. E, forse per un qualche istinto, intuì anche chi fosse: Thanos.
Sentì il mostro avvicinarsi a dove giaceva Loki, in un angolo, rannicchiato come una bestia sofferente da macello, in attesa del colpo di grazia del carnefice. Fermatosi a qualche centimetro di distanza, Thanos gli tirò un calcio dritto alle costole, facendolo gemere dal dolore, mentre la parte dolorante cominciava a pulsare febbrilmente.
"Ti avevo avvertito cosa sarebbe successo se tu avessi perso contro i terrestri, asgardiano. Sapevi benissimo cosa ti aspettava. Eppure, hai dato prova di quanto tu sia davvero incapace e inutile." lo schernì, la voce profonda e gelida, seguita da una risata che ghiacciò il sangue nelle vene a Loki. Quest'ultimo tentò, con un immane sforzo di mettersi in ginocchio, di rialzarsi, fallendo miseramente e guadagnandosi altre risa orrende da Thanos. Provò allora ad aprire gli occhi, e a parlare. Ma poi si ricordò con orrore, disperazione e avvilimento che gli era stata cucita la bocca. Aprendo gli occhi del tutto, e sollevando da terra il capo tremante per lo sforzo, vide sul volto del mostro sadico divertimento, odio e disprezzo, forse una punta di disgusto.
"Oh,giusto, non puoi parlare, ti ho fatto cucire la bocca! Sai, niente di personale, ma ero stufo di ascoltare le tue belle parole e il tuo doppiogiochismo. Vedi, sono stato molto dispiaciuto quando ho visto che tu ti eri schierato con i terrestri, e con Thor..... È stato davvero un colpo basso..." e gli tirò un altro calcio, ancora più forte, ma stavolta al basso ventre, e poi un altro ancora, dove si trovavano i polmoni, e poi allo stomaco, facendogli all'improvviso fuoriuscire un po' di sangue dalla fievole cavità lasciata tra le sue labbra, mentre cadeva in ginocchio sorreggendosi con le mani, e infine accasciandosi su un fianco a terra.
Poi Thanos continuò, iniziando a camminargli intorno come un orribile, spaventoso avvoltoio: "All'inizio ho pensato che sarebbe stato bello farti fuori subito e in fretta. Ma poi, mi sono detto: perchè non divertirsi un po? Vedi,se ti sei schierato con i terrestri deve esserci stato per forza qualcosa o meglio, qualcuno, a convincerti. E sono giunto alla conclusione che ucciderti non fosse la vera punizione per te, no! La vera punizione, e tortura, sarà quella di portarti via quel qualcuno per te tanto prezioso e caro da farti cambiare radicalmente idea.". Si fermò e, inginocchiatosi vicino al suo viso, poggiato per metà a terra, prese la sua mascella inferiore tra le dita, come Loki aveva fatto una volta con Stark, e lo costrinse a guardarlo negli occhi, rossi come il sangue: "Dato che non mi riveleresti mai a parole il nome di quel qualcuno, nemmeno se potessi, non mi resta altro da fare se non questo. Non ti dispiace se mi guardo qualche tuo pensiero e ricordo, vero?" e lo sentì piombare nella sua mente al pari di un terremoto, una sensazione spiacevole come solo essere immersi nel piombo fuso potrebbe provocare. Avvertì la sua presenza nello stesso tessuto cerebrale, nelle ossa craniche, una presenza abominevolmente pressante, e insieme ad essa un calore come fuoco liquido.
Poi, dopo qualche minuto, Thanos lasciò la presa, e si rialzò, con un sorrisetto tutto fuorchè rassicurante stampato nell'orrendo viso.
"Ah ah ah... Bene, vedo che si tratta di una terrestre e del suo dolce pargolo. Mhh, anche piuttosto carina devo dire.... Carey, che bel nome. Chissà se il suo sangue è allo stesso modo dolce. Che peccato se nessuno gli dicesse della dipartita imminente del suo amato asgardiano da strapazzo. E poi, c'è anche Thor, il caro fratello... Forse potrebbe darmi qualche problema, come gli altri pagliacci terrestri suoi amici.... Con loro, ad ogni modo, ho un conto in sospeso...." e rivolse lo sguardo a Loki, che ricambiò con odio e disperazione. "Beh, devo dirti che mi sei stato utile un'ultima volta. È un vero peccato che tu non possa assistere a quando arriverò dalla tua Carey e, dopo una lieve tortura, la ucciderò spaccandole tra le mani il cranio... Per non parlare di suo figlio.... Sarà un piacere darlo in pasto alle bestie feroci e sentirne le grida mentre lo fanno lentamente a pezzi. E non immagini che trattamento riserverò al tuo amato fratello e i suoi amici semplicioni.... Oh, beh, un peccato davvero..." fece con un gesto noncurante della mano, come a scacciar via i pensieri, e si diresse alla porta della cella. Prima di uscire, si voltò e disse, la voce un sussurro uscito direttamente dalle bocche dell'inferno: "Riposa bene, dolce principe... Mentre io massacro coloro che ami." e uscì, sbattendo la porta.
Loki non riusciva più a respirare: Carey e gli altri erano in pericolo, e tutto per colpa sua.
Sentì di nuovo le lacrime salirgli agli occhi, mentre i punti dove prima era stato colpito pulsavano ancora senza dargli tregua tra un singhiozzo silenzioso e l'altro. E il peggio era che non poteva fare nulla per impedire la strage che di lì a poco si sarebbe compiuta. Quella era davvero la fine sua e di tutti e tutto.
Se ne restò lì, rannicchiato e impotente, aspettando che si compisse il suo triste destino, come quello di tutti gli altri. Tutto era perduto. Nemmeno quella volta per lui ci sarebbe stato il lieto fine.
Prima di sprofondare nello sconforto totale, sentì Thanos dire alle guardie: "Fate in modo che non abbia requie, e badate a non ucciderlo. Lo voglio vivo. Voglio vederlo sprofondare nella pazzia e nel rimorso prima di dargli il colpo di grazia! Intanto, torturatelo. Lentamente. Con gli strumenti che lui teme." " Si, signore!" "Bene, e ora, andiamo a sistemare i suoi amichetti." e con questo se ne andò, allontanandosi a passo svelto insieme alla sua risata malefica.

Appena fu tutto quieto, dopo un 'ora la porta della cella si aprì di nuovo, e da essa comparvero due guardie. Lui, tentando di sottrarsi alla loro presa, strisciò indietro, sempre più indietro, fino a toccare il muro, negli occhi una paura folle di ciò che gli sarebbe accaduto. Intendevano torturarlo, e lui sospettava a malincuore come. Era un gigante di ghiaccio, e anche se indebolito, la sua genetica era immutata, e perciò il modo migliore per rendere la vita impossibile a un individuo di tale razza è il calore. Tanto, fatale, calore. Loki ricordava cosa gli era stato detto a riguardo: lo sventurato veniva gettato in una cella, ricoperta all'interno da pietra nera e porosa molto particolare, cioè quella che quando l'esterno della cella entrava a contatto con una qualsiasi minima fonte di calore, questa si trasmetteva all'interno della cella, e, grazie alla natura porosa della pietra, il calore emanato si propagava a livelli altissimi, rendendo l'atmosfera invivibile, soprattutto per creature abituate al freddo glaciale come i giganti di ghiaccio. Ciò che succedeva al poveretto si poteva con orrore immaginare benissimo, e fu quel pensiero a spingere Loki a lottare con tutte le forze in corpo, riuscendo persino a dare una bella testata a una delle guardie in piena fronte. Ciò che ricevette in cambio fu un pugno, che gli fece perdere molto sangue dalla bocca. Le guardie approfittarono di questa debolezza, e lo acciuffarono, trascinandolo fuori dalla cella, verso il luogo della sua orribile tortura.
Per tutto il tragitto Loki tenne gli occhi chiusi, tremando per il dolore, gli stenti per rimanere cosciente nonostante le forze nel suo corpo si stessero prosciugando vertiginosamente, e per il terrore di ciò che lo aspettava.
Nemmeno a Hel tali torture esistevano.

Venne gettato nella nuova cella.
"Buona sauna, principessina! Potrai uscire solo quando vorremo noi!" lo schernì una guardia, prima di chiudere con un tonfo la porta, che sembrava di portata granitica e imponente. Loki, nonostante rifiutasse con decisione l'idea solo di implorare la fine della pena, ancora tremava, e il tremore non si affievolì quando, dopo quelli che sembrarono minuti infiniti, un calore iniziò a propagarsi nell'ambiente, insieme al terrore nel cuore di Loki, facendo sparire ogni traccia di orgoglio rimasto. Ormai era una lotta solo per la vita, per sopravvivere. Il calore aumentò, un calore secco, come dentro una fornace o un forno crematorio, un calore che gli penetrava fin dentro le ossa, fino all'anima, che già stava gridando di dolore. Loki tentò disperatamente di respirare lentamente, cercando di tenere fuori dai polmoni e dall'interno del suo corpo il cocente calore. Ma era un tentativo vano. La sua pelle iniziò a sudare, copiosamente, i suoi occhi a lacrimare, il cuore a battere irregolarmente. Ma era solo l'inizio. La sua pelle, le sue ossa, sembrarono squagliarsi come ghiaccio nel deserto, gli organi interni si contraevano e rilassavano a intervalli irregolari, come se delle mani dentro di lui si divertissero a giocarci come con della materia molle. Una sensazione terribile, insopportabile, orrenda. Poi, venne il peggio. A un certo punto, aprendo di poco le palpebre, respirando sempre più affannosamente, si accorse con terrore che stava accadendo ciò che aveva temuto: stava trasudando sangue, da tutti i pori, dalla bocca e dal naso. Erano iniziate le varie emorragie interne. Esse non portavano alla morte, ricordò Loki, ma ne erano un preludio, oltre che simbolo di un indebolimento profondo del corpo di un gigante del ghiaccio e del suo progressivo collasso. A quel punto, Loki si rannicchiò su sè stesso, aspettando la sua fine, mentre atroci dolori e tremori gli affliggevano il corpo e la mente. Venne anche il tempo delle allucinazioni, e passato e presente si confusero, creando incubi, riportando alla luce paure sopite o mai svelate, in un vortice di disperazione continua. Poi, senza più farcela, Loki iniziò a gridare, o meglio gemere, per il dolore,le allucinazioni e per la consapevolezza che tutto quello che era successo e tutto ciò che stava succedendo era stata colpa unicamente sua. Un grido sordo, soffocato, che rimase dentro di lui, a causa delle labbra cucite.
Tentò di trovare un sollievo ripetendo a sè stesso che se lo meritava in fondo. Ma le ferite sulla sua pelle, le emorragie, il dolore e la disperazione riuscivano comunque a distrarlo. Quello era ciò che i Midgardiani chiamavano "girone infernale".

Passarono quelli che a Loki sembrarono secoli di interminabile agonia. Poi, il calore, come era arrivato, svanì poco a poco, riportando la stanza fredda come all'inizio. Il tremore di Loki si affievolì, anche se non sparì del tutto. Dentro di lui sentiva come se ogni organo fosse stato trasformato in qualcosa di informe e gelatinoso, e il suo intero corpo pareva esser stato prosciugato di ogni liquido. Si sentiva raggrinzito, sciupato come un vecchio straccio. Gli occhi gli bruciavano come fuoco nel cranio, e a malapena riusciva ad aprirli.
"Cosa c'è, non ti è piaciuta la sauna?" lo schernì la guardia che già prima lo aveva deriso. Seguirono due risate sguaiate, che fecero colare dagli occhi di Loki due lacrime roventi. Lacrime di vergogna, di umiliazione. Lacrime di chi non può far niente per porre fine alla propria condizione di sdegnosa inferiorità. Nel suo cuore, che bruciava pari al sole dalla rabbia per il proprio orgoglio ferito e violato, Loki immaginò di uccidere quelle due guardie in modi indicibili e mostruosi.
Me la pagherete cara.
Un improvviso moto di vendetta lo fece aggrappare con decisione alla vita. Non avrebbe lasciato che Thanos lo uccidesse a questo modo. Non avrebbe accettato di morire così, da vittima impotente.
Prima di morire, avrò la mia vendetta. È una promessa!

Venne trascinato dalle guardie di nuovo nella sua cella, mentre il poco di sangue rimastogli nelle vene ribolliva.

*Per il nome di Iperratio ho preso spunto dal vocabolo greco ὑπερρὲτης = servo.

POV THOR

Doveva tornare di corsa nelle segrete di Asgard.
Doveva cercare aiuto e avvertire.
Non poteva farcela da solo a convincere gli altri reami a unirsi alla battaglia.
E confidava nei suoi amici. Lui doveva andare a salvare Loki, e lo avrebbe fatto assieme ai Vendicatori, e a Galdor, che come lui si trovava in piena agitazione e turbamento per la sorte di Loki, e sembrava essere al corrente di qualcosa che non voleva assolutamente riferire a Thor. Ma il dio del tuono non poteva pensare a ciò che nascondeva l'elfo nella sua mente, ma solo a un modo per salvare il ritrovato fratello. Non lo avrebbe lasciato andare. Non più.

Quando furono sicuri di aver temporaneamente seminato i guerrieri di Thanos, Thor esclamò:“Heimdall! Apri il Bifrost, subito!” esclamò Thor, la voce quasi un lamento di disperazione.
Il Bifrost si aprì, e li trasportò immediatamente ad Asgard.

Il guardiano stava all'osservatorio, gli occhi imperscrutabili come sempre: “Dov'è Loki?” “È per questo che sono qui! Andiamo da mio padre così potrò raccontare ogni cosa!”. E si affrettarono, dirigendosi alle segrete in una corsa disperata contro il tempo. Ogni minuti, secondo che passava Loki sarebbe potuto essere fatale per Loki.
Di nuovo percorsero i corridoi sottoterra.
Il cuore batteva nel petto di Thor all'impazzata. Mai aveva provato una simile paura in vita sua. Era il terrore di perdere chi amava di più al mondo oltre ai suoi genitori e Jane: Loki.
Un pensiero, mentre correva a perdifiato, attraversò la sua mente già abbastanza tormentata: e se la persona di cui parlava Galdor, quella destinata a soccombere, fosse stata.... No! Assolutamente no! Non devo nemmeno pensarci a una cosa simile! Pensò, cercando di scrollarsi di dosso quel pensiero che gli gelava il sangue nelle vene. Suo fratello non sarebbe morto, e lui avrebbe fatto di tutto per impedirlo.
Arrivarono alla botola e, superatala, Thor, insieme a Galdor e Heimdall, piombò nella stanza. Tutti corsero verso di loro, incuriositi, e tra di loro vi erano Odino e Frigga. Quando si accorsero che mancava un componente tra coloro che era partito per Svartálfaheim, i due sovrani dall'espressione confusa e sorpresa passarono a essere quasi due maschere di cera, impallidendo e divenendo il ritratto dell'orrore e dell'angoscia.
“L'hanno preso!” esclamò Thor, guardando i genitori disperato e con la rabbia nel cuore.
“Loki...” disse Odino, con voce flebile. Thor continuò: “Thanos e i suoi seguaci hanno catturato Loki! Ci hanno teso un'imboscata mentre stavamo per tornare da Svartálfaheim! Ho-ho tentato, abbiamo tentato di combatterli, ma erano troppi, e abbiamo dovuto ritirarci e scappare! Mi dispiace,vi avevo promesso che lo avrei riportato a casa sano e salvo e invece... È arrivato quel mostro e l'ha portato da Thanos! Lo ucciderà padre e temo cosa gli farà prima! Dobbiamo andare alla Nave di Thanos e salvare Loki, prima che sia troppo tardi!” e il dio del tuono fu quasi sul punto di crollare in ginocchio, in lacrime, ma lo precedette Frigga, che aveva seguito tutto il racconto senza fiatare, alla fine, trattenendo un gemito di dolore straziante, si coprì il volto con le mani, cadendo sulle ginocchia. Era troppo da sopportare, anche per la moglie del Padre degli dèi. Odino, ancora pallido come un lenzuolo, prese la moglie tra le braccia, tentando di confortarla.
“Bene allora! Verrò anche io a riprendere mio figlio! Andremo lì immediatamente!” disse Padretutto, tentando di mantenere la voce ferma, anche se con grande sforzo.
“Prima di partire, io andrò su Midgard e tornerò poi con i miei amici Vendicatori, e insieme salveremo Loki!” “Veniamo anche noi, Thor!” disse Sif, facendosi strada tra la folla insieme ai Tre guerrieri. Ma Thor, guardandoli mestamente, rispose: “No, Sif! Voi dovrete andare nei regni rimasti e cercherete un'alleanza con i rispettivi popoli. Abbiamo bisogno di più soldati possibili!”. Dopo questo, i quattro annuirono, seppur non molto convinti della decisione del loro compagno e amico. Odino disse allora a Thor con veemenza: “Va' allora! Non abbiamo molto tempo!” . Il dio del tuono annuì, e insieme a Galdor e Heimdall, ripercorse i sotterranei, arrivando infine al Bifrost.
Heimdall,senza che Thor dovesse dire la meta, preparò il raggio trasportatore.
Thor e Galdor vennero fatti atterrare proprio vicino alla sede dello S.H.I.E.L.D.


 Il dio del tuono irruppe nella sala controlli, dove un agente, dopo aver guardato con curiosità Galdor, aveva detto loro dove si trovava Fury.

“Thor! Finalmente, cominciavo a preoccuparmi!” “C'è un problema! Un orrendo problema!”. Fury, dopo aver sgranato gli occhi, disse: “Loki?”, e vedendo che il dio aveva annuito gravemente, aggiunse: “Cos... Ci ha traditi? È tornato dalla parte di Thanos?!” “No. Thanos l'ha catturato. È successo mentre eravamo su Svartálfaheim. Lui era venuto a cercarmi, diceva di volermi aiutare, poi.... Un'imboscata, c'è stata una imboscata. Abbiamo cercato di combattere ma erano troppi, e mentre io e Galdor” continuò Thor indicando con una mano l'elfo al suo fianco, “stavamo combattendo, lui è stato preso!”.
Fury scosse la testa, preoccupato, sospirando: “Ah, sapevo che non dovevo correre il rischio di lasciarlo gironzolare per i Nove Regni in questo modo!” “Dobbiamo andarlo a salvare, o lo uccideranno! Per questo sono tornato! Ho bisogno di aiuto!” “Bene, gli altri sono nei laboratori e nella palestra. Li mando a chiamare.” e, tirando fuori una ricetrasmittente, ordinò a un agente di riunire i Vendicatori, immediatamente.
“Quante speranze abbiamo di trovarlo vivo una volta arrivati?” “Non lo so... Ma credo che prima vorranno torturarlo. Mi fa orrore parlare a questo modo, ma abbiamo ancora tempo prima che se ne vogliano sbarazzare.”.
I Vendicatori arrivarono tutti insieme, di corsa.
“Thor! Cos'è successo? Do-dov'è Loki?!” esclamò Stark, sbarrando gli occhi. “Thanos lo ha preso. E noi andremo a salvarlo.”. Tutti annuirono, e poi guardarono con interesse Galdor. L'elfo decise di farsi avanti da solo: “Permettetemi di presentarmi, eroi di Midgard: sono Galdor, signore di Alfheim, il regno degli Elfi della Luce, e vostri alleati in questa guerra per la salvezza di tutti.” “Siamo noi a essere grati agli altri regni per aiutarci a sconfiggere Thanos.” disse Rogers, offrendo una mano in segno di saluto tipicamente terrestre. L'elfo strinse la mano cordialmente, poi il Capitano chiese: “Dov'è che dobbiamo andare?” “Ce lo diranno Heimdall e mio padre, quando andremo ad Asgard.” “Bene allora. Cos'altro aspettiamo?!” disse allora Banner, e con questo si precipitarono fuori, seguendo Thor, che, assicuratosi che i compagni fossero tutti dentro il cerchio lasciato dal raggio del Bifrost, ordinò ad Heimdall di aprire il Ponte di Arcobaleno.

Stiamo arrivando Loki, tieni duro fratello, ti prego!

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Capitolo 26
*** 24. Behind these dark clouds... ***


Ok, so cosa state pensando...
Dopo tutto questo tempo mi sono decisa a rifarmi viva e ad aggiornare la ff... Avete ragione, sono in serio ritardo e mi ripresento con la cenere sul capo, e tutta l'umiltà di questo mondo.... Spero possiate perdonarmi anche questa volta.... Mi vergogno davvero ad aggiornare solo ora. Manco sul serio di serietà e me ne rammarico. Spero di esser riuscita a combinare qualcosa di decente, almeno.
A presto, un abbraccio a tutti quelli che hanno aspettato,
Snow.


CAREY POV

Finalmente era arrivata. Era dai suoi genitori, e lì avrebbe trovato conforto.
Durante il viaggio, Carey non aveva fatto altro che pensare a come poter cercare Loki, e al fatto di raccontare o meno ai suoi di lui. In un primo momento aveva pensato che fosse meglio tacere su Loki, e quello che c'era stato tra loro. Sapeva cosa i suoi pensassero riguardo alla morte di suo marito e allo “stramaledetto alieno che si era permesso di distruggere metà New York e portare via vite innocenti”, come suo padre aveva definito colui di cui Carey si era innamorata. Lei sapeva che se i suoi avessero appreso dell'identità di Loki non le avrebbero permesso di rivederlo per nessun motivo, temendo per la vita della propria figlia. E per questo Carey avrebbe preferito tacere. Ma far sì che i suoi genitori rimanessero all'oscuro di tutto sarebbe stata una cosa ignobile da parte di Carey. I suoi genitori le erano sempre stati vicini in ogni situazione, bella o brutta che fosse, e l'avevano aiutata come potevano purchè la loro unica figlia fosse serena e felice. Non erano riusciti a proteggerla dal male di rimanere vedova così presto,e a malincuore avevano permesso, quasi subito dopo la morte di suo marito, di tornare nella loro casa appena fuori città, sapendo che Carey era fragile e sull'orlo del baratro.
Per quella ragione, per la grande confidenza e onestà che sempre c'era stata tra lei e i suoi genitori, aveva deciso di raccontare loro di Loki e di tutto il resto, qualunque sarebbero poi state le conseguenze.
E fu con la convinzione di fare la cosa giusta che Carey scese dalla macchina, prendendo fra le braccia Jonathan che si era addormentato nel frattempo, e suonò al campanello della casa dei propri genitori.
Le venne ad aprire la madre.
Margaret Flitch era un'attraente donna di più di cinquant'anni, dall'aspetto cordiale e bonario. Aveva capelli biondi e lisci lunghi fino quasi alle spalle, anche se a volte li raccoglieva in uno chignon, e i suoi occhi erano blu, profondi e vivaci. I lineamenti della madre di Carey erano morbidi e dolci, come la sua personalità, e la donna avrebbe potuto vantarsi, se solo avesse voluto, di avere un fisico snello e in forma.
Carey e sua madre si abbracciarono strette, poi la signora Flitch esclamò: “Carey, finalmente! Eravamo in pensiero!” “Scusa, mamma, c'era tanto traffico!” “Oh, immagino!” rispose mrs. Flitch, e poi spostò la propria attenzione su Jonathan, che si era svegliato e stava guardando la nonna con interesse, gli occhioni fissi sulla donna: “Oh, ecco il mio Jony! Come sei cresciuto, tesoro!” e lo prese in braccio, mentre il bambino sorrideva per le attenzioni della nonna. Carey osservò la madre e il figlioletto mentre l'una solleticava l'altro, ricevendo come risposta gridolini di gioia infantili. E, in quel momento, da dietro la signora Flitch, comparve il signor Flitch, che vedendo Carey, la abbracciò, stringendo la figlia con affetto.
“Carey! Che bello vederti, bambina mia! Sei una gioia per questi vecchi occhi stanchi!” “Oh, papà! Smettila, non sei affatto vecchio! Per me sarai sempre giovane!” disse Carey guardando il padre con tenerezza. Aveva sempre avuto un rapporto speciale con lui, fin da quando ne aveva memoria, e nel tempo questo rapporto non aveva fatto altro se non cementarsi sempre più, e per suo padre il giorno in cui aveva dovuto lasciar andare la sua bambina per la propria strada era stato un po' difficile da accettare. E quando Andrew era morto, chi aveva saputo stare più vicino a Carey era stato proprio suo padre.
Il signor Flitch guardò Carey con amore, e le strinse la guancia con il palmo della mano, sorridendo appena.
Era un uomo sulla sessantina o poco più, Geoffrey Flitch, e nonostante avesse il volto segnato da rughe, lo spirito dentro di lui contribuiva a ringiovanirlo. Era un uomo dall'aria rispettabile e serena, abbastanza alto, e dalla corporatura per nulla robusta. I capelli grigi erano tagliati corti, e lo stesso colore era ripreso dai baffi che l'uomo orgogliosamente portava, di cui sempre era stato fiero. I suoi occhi erano azzurri, buoni e gentili. La voce profonda dell'uomo era l'unica cosa che poteva intimidire un poco, scura e stentorea. Ma, a parte questo, raramente il padre di Carey perdeva le staffe o risultava una persona poco malleabile.
Era un uomo che aveva sempre cercato di dare il meglio alla propria famiglia, per il quale il lavoro non aveva mia preso il posto degli affetti familiari, che metteva al primo posto.
“Avanti, entriamo, così porto una bella limonata a tutti!” disse la signora Flitch, invitando Carey ad entrare, mentre ancora portava in braccio Jonathan.

“Allora, Carey, come va?” chiese infine la signora Flitch, sedendosi sul divano nel salotto, in cui era presente tutta la famiglia al completo.
“Ecco... Il lavoro va sempre come al solito, anche se mi sono presa una pausa... Ma non voglio parlare di questo.... A proposito! Jonathan ha iniziato a parlare un po'!” disse Carey, guardando il figlioletto tra le proprie braccia che giocava con un peluche regalatogli dalla nonna.
La signora Flitch, annuendo alle parole di suo marito, che commentava la notizia di Carey con un discorso su quanto fosse felice che suo nipote avesse iniziato a parlare, rivolse la propria attenzione sul bambino: “Jony! Di' qualcosa, amore della nonna!”.
Il bambino guardò Carey, e poi la nonna, interrogativamente. Poi parlò, con la voce cristallina e pura di un bambino qualsiasi. Ma ciò che disse, allarmò non poco Carey, che aveva deciso di spostare il discorso su quel nome a più tardi.
“Lo-ki...” disse il bambino, sorridendo poi contento.
I genitori di Carey, l'uno accanto all'altra, si guardarono confusi. Si aspettavano che il bambino dicesse una parola come “mamma, nonna” o chissà che altro. Ma non si sarebbero mai aspettati un nome, per di più strano a quel modo.
“Scusa, tesoro, puoi ripetere?” disse esitante mrs.Flitch, ottenendo come risposta il nome di prima.
Loki.
La donna e suo marito guardarono Carey con espressioni preoccupate e stupite, oltre che allarmate.
La signora Flitch disse al marito: “Puoi portare Jony nella camera che abbiamo preparato per lui, Geoffrey?” ed egli fece come gli era stato chiesto, lasciando una Carey preoccupata da sola con la madre, tornando poi dopo qualche minuto, con una espressione seria che Carey aveva potuto vedere raramente dipinta sul volto di suo padre.

Quando si fu sistemato accanto alla moglie, di fronte alla figlia, la moglie parlò: “Carey... Puoi dirci perchè Jonathan conosce il nome di quel Loki?”.
La domanda lasciò Carey interdetta: sapevano chi era Loki. Si rese conto di dover dare molte spiegazioni.
“Beh, potrebbe aver sentito il nome su qualche telegiornale, o...” “Carey, tu stessa hai detto di non aver mia guardato un telegiornale negli ultimi mesi, da quando Andrew è morto.” la bloccò sua madre.
Carey guardò i genitori, e sospirando disse: “Ok... Ecco, Loki... È stato, per un certo periodo, ad abitare da me...” “Cosa??” esclamò suo padre, incredulo, ma lei lo fermò: “Non sapevo chi fosse davvero! Non mi aveva detto di essere chi era in realtà! L'ho solo scoperto da poco! Beh, fatto sta che l'ho ospitato in casa mia.”.
I suoi genitori la guardarono come se le fossero cresciute improvvisamente due teste.
Non riuscivano a credere a ciò che sentivano.
“Carey.... Ti prego, non dirmi che hai vissuto insieme a quel.. quel mostro?” “Ecco, si mamma, ma lui non è un mostro... O meglio lo era, ma poi è cambiato!” “Ti ha fatto del male? Se ti ha torto un capello, giuro che..” “E' tutto ok, papà! Non ha mai alzato un solo dito contro me. È sempre stato molto gentile . E io.... beh... Me ne sono innamorata.”.
I suoi genitori la guardarono ancor più in maniera stralunata, e in seguito si scambiarono occhiate tra di loro eloquenti.
Poi suo padre la prese per le spalle delicatamente, fissando i propri occhi in quelli di sua figlia.
“Promettimi che ciò che dici è vero, Carey. Promettimi che non ci stai mentendo, riguardo a quello, se ti ha fatto del male, o chissà cos'altro...” “Papà, ti giuro che lui non è come sembra! È vero, è un criminale, ma poteri o no, se avesse avuto la possibilità di nuocere a me o Jonathan, e ne ha avute molte, non credo che sarei qui ora sana e salva a raccontarvi tutto. Puoi credermi sulla parola, papà.” rispose Carey abbracciando il padre.
“Beh, ne parleremo comunque a cena stasera, signorinella! E se questo Loki se ne è andato, meglio così! Non voglio che mia figli si trovi insieme a un pericoloso ricercato alieno e assassino!” “Papà!” esclamò Carey.
Non disse a suo padre però che aveva intenzione di andare a cercare Loki. Non disse a suo padre che desiderava ardentemente ritrovarlo e trascorrere con lui ogni giorno della sua vita, chiunque fosse.
La signora Flitch, che era stata ad osservare la scena senza dire nulla, parve essere un po' insicura. Sembra nascondesse qualcosa, che voleva rivelare con disperata urgenza.
“Carey” chiamò la figlia, che scioltasi dall'abbraccio con il padre le fu vicina.
“Io.. Noi.... C'è qualcosa che avresti dovuto sapere molto tempo fa, e che io e tuo padre abbiamo tenuto nascosto per tanti anni. Temevamo che sarebbe stato troppo per te, e abbiamo voluto aspettare quando tu saresti stata abbastanza grande da comprendere una storia del genere...” “Mamma che stai... Che stai dicendo? Che cosa dovrei sapere?” replicò Carey, confusa.
Sua madre non disse nulla, ma si diresse in soffitta, e quando tornò aveva uno scatolone, coperto di polvere. Sembrava chiuso e sigillato con molto nastro adesivo, quasi come se i suoi genitori avessero voluto nascondere ad ogni costo qualunque cosa vi fosse all'interno.
Posò lo scatolone sul tavolino vicino al divano, e, preso un tagliacarte, ruppe il sigillo. Aperti i lembi della scatola, sotto gli occhi attenti e confusi di Carey e quelli alquanto ansiosi e strani di suo marito, la donna ne tirò fuori diversi oggetti.
Un piccolo libro rilegato in ciò che sembrava vero e proprio oro invecchiato con intarsi accurati e raffinati e quella che sembrava una borsa di cuoio, di quelle che non si vedevano da tempi antichi, e dal contenuto sconosciuto.
“Vedi, Carey, noi non siamo i tuoi veri genitori...” “Cosa? Che stai dicendo, mamma?” esclamò Carey, senza ancora capire, mentre apriva il piccolo libricino. Vi erano strani segni. Sembravano rune, o cose simili.
Guardò la madre: “Mamma... Cosa-cosa significa?”, sussurrò, le labbra tremanti. “Carey, diciamo che sei stata ecco... Adottata...” rispose la madre, con gli occhi azzurri intrisi di malinconia.
“Perchè non me lo avete mai detto?” chiese con un filo di voce la ragazza. “La verità è che non ne abbiamo avuto il coraggio....” rispose la signora Flitch, e prima che la figlia potesse ribattere, iniziò a raccontare, mentre Carey ascoltava senza fiatare.
“Io e tuo padre ti trovammo in Norvegia, mentre facevamo una escursione per il nostro viaggio di nozze, nell'estate di venticinque anni fa...

                                                                                                       Norvegia. 1987


“ Geoffrey! Geoffrey, aspetta! Rallenta un po' il passo!” “Oh, Marge! Via, un po'di sportività, forza!” “Credevo di trascorrere un bel viaggio di nozze rilassante, non un allenamento per una maratona!” “Ah, come sei brontolona!” replicò in maniera scherzosa Geoffrey Flitch e tornando indietro di qualche passo dalla moglie, le scoccò un bacio in fronte: “ È per questo che ti ho sposata!”.
“E adesso tenti di rabbonirmi! Sei davvero incor...” ma la donna si arrestò un attimo, sentendo qualcosa in lontananza. Sembrava il pianto di un bambino. “Hai sentito?” fece al marito, preoccupata. L'uomo, ascoltando a sua volta, rispose: “Si, Marge!Ma... Come può essere?”.
Si sentì di nuovo il pianto, ed entrambi, presi da qualche istinto, si diressero di corsa verso il punto da cui venivano i vagiti, struggenti e impossibili da sopportare senza fare nulla. Alla fine, seguendo la scia acustica, arrivarono in una radura illuminata qua e la dai raggi del sole caldo che filtravano dalle fronde degli alberi.
Nella radura, presso la radice di un grande albero secolare, avvolto in un fagotto di preziose stoffe d'oro ricamate di rosso, stava un neonato bellissimo, di pochi giorni.
Abbandonato.
Lasciato lì, a morire di stenti, freddo e fame.
Quando li vide, smise di piangere, e i due coniugi si avvicinarono ancora e Margaret, dopo aver esitato un po', prese in braccio la creaturina che si rasserenò, mentre il suo volto brillava rassicurato e felice.
Fu come amore a prima vista per Margaret, che si affezionò subito al neonato, e mentre accarezzava la testolina, la donna notò attorno al collo dell'orfano una collana d'oro, con un ciondolo simile a una piccola placca ricavata da una specie di pietra che somigliava al quarzo rosa. Sulla superficie del ciondolo, piccola ma lavorata finemente, stava una scritta, in quella che sembrava una lingua antica, runico sospettò Margaret.
Sembrava un nome, o così almeno intese la donna. Un nome dalla lingua incomprensibile. Il nome del neonato, si supponeva. Ma quando voltò la placca, Margaret notò che vi era un altro nome, o magari il cognome, scritto sempre in quella lingua, su di una pietra diversa, nera. La parola risultava leggermente più corta.
Che cosa significassero quelle lettere, nessuno dei due coniugi lo sapeva, ma sapevano però cosa fare di quel neonato.
Non potevano lasciarlo lì, era ovvio, e anche affidarlo a un orfanotrofio sarebbe stato fuori discussione, perciò decisero di portarlo con loro.
Sarebbe stato loro figlio, lo avrebbero allevato e amato senza mai fargli mancare nulla, accudendolo e amandolo.

Mentre stavano andando via dalla radura, guardando ancora quel simbolo nell'erba, scorsero un oggetto: sembrava una borsa da viaggio,sporca di terra ma ornata riccamente, in cuoio.
Sembrava piena.
Le macchie di terra sulla superficie sembravano voler quasi suggerire che chi la portasse avesse avuto fretta di sbarazzarsene.
Geoffrey esitò un po',ma infine raccolse la borsa.

Arrivati nel loro chalet, Margaret sistemò il neonato in un panno morbido e caldo, lavando e mettendo ad asciugare quello in cui il bambino era prima avvolto, e mentre faceva ciò, scoprì con gioia e delizia che in realtà quella fra le sue braccia era una femmina, la più bella che avesse mai visto in vita sua. Ed ora era sua figlia.
Un pensiero le venne in mente: avrebbe dovuto mai raccontarle delle sue origini, alquanto strane, oppure mettere tutto da una parte e fare finta di nulla?
Prima che potesse darsi una risposta, la sua attenzione venne catturata dalla bambina, che si era addormentata, e così la cullò, guardandola riposare serenamente.
La osservò con ammirazione: la pelle, molto chiara, quasi come se la luna le avesse ceduto alcuni dei suoi raggi e della sua luce pallidi ed evanescenti, e la testolina era incoronata da un ciuffetto di morbidi capelli biondo miele.
Poi, quando la creaturina aprì gli occhi, guardando Margaret con curiosità, la donna notò per la prima volta che le iridi erano dorate, come gioielli preziosi.
Era davvero la bambina più bella che avesse mai visto.
In quel momento, Margaret le diede un nome, il primo che le venne in mente guardandola: Carey. Dolce e meraviglioso come lei.
Carey sbadigliò, gesto a Margaret le fece stringere il cuore dalla tenerezza che provò, e così la donna lasciò riposare la bambina sul suo letto matrimoniale, e decise di scoprire cosa ci fosse in quella specie di borsa da viaggio, che era rimasta fino ad allora nell'ingresso dello chalet, da una parte.
Trovò un pettine d'oro, un sigillo d'oro con uno stemma, coperte simili a quella che avvolgeva prima la bambina, e un libricino rilegato in oro, dalla superficie finemente cesellata e intagliata in ghirigori.
Margaret focalizzò la propria attenzione su di esso, e lo sfogliò, e qualcosa le disse che fra le mani aveva un diario. Di chi, non lo sapeva.
Le parole in esso contenute erano tutte scritte secondo lo stesso alfabeto dei nomi incisi sul ciondolo. Incomprensibile e sconosciuta, la scrittura era precisa e ordinata, ma non bastava lo stesso per azzerare la confusione di Margaret.
Le pagine rilegate sembravano fatte di pergamena, e quelle riempite fino alla fine di inchiostro si interrompevano quasi bruscamente a metà libricino, quasi come chiunque vi avesse scritto non avesse più avuto occasione di scrivere, o ancora, come se il padrone del diario fosse stato interrotto mentre confidava i propri pensieri da una causa sconosciuta.
Quel diario e il ciondolo, insieme anche allo strano simbolo trovato nella radura, le suggerivano strane ipotesi, tutte l'una più fantasiosa dell'altra, e improbabili.
Quella bambina era speciale, ma cosa intendeva davvero Margaret con questo termine? E perchè, nel tenere fra le proprie braccia Carey aveva avuto una strana sensazione, che non sapeva spiegare?
Poi, una idea ancora più bizzarra si fece avanti nella sua mente: e se quella bambina non fosse di quel luogo? Se fosse stata di un altro mondo, magari?
Ma rise di sé stessa mentre pensava a tali assurdità, e accantonò tutto.
Era solo una semplice bambina dall'innocenza e la dolcezza disarmanti.
Ma poi?
Forse avrebbe davvero dovuto non dirle mai nulla riguardo la verità. Forse era meglio per Carey rimanere in tale ignoranza. Ma cosa ne avrebbe fatto di tali oggetti?
<< Credo sia meglio che li metta da una parte, dove lei non potrà mai trovarli.>>.
Decise di mettere tutto in un baule, dentro una scatola in soffitta, sigillata a dovere e nascosta in un armadio vecchio.
Quando Geoffrey tornò, non osò contestare la decisione della moglie, perchè non ci sarebbe tanto stato verso di farlo.
Dopotutto, il cuore di una madre è un profondo pozzo di segreti e misteri, e chi può veramente dire ciò che non è giusto o meno fare quando si tratta di figli e affini? Chi può veramente dare la colpa e giudicare? Forse nessuno.

E fu per questo che i coniugi Flitch mantennero il segreto per anni e anni, fingendo che il baule, il ciondolo e il diario non esistessero, senza mai più farsi alcuna domanda riguardo ad essi. Eppure, si aspettavano che un giorno o l'altro avrebbero dovuto raccontare ogni cosa.



La madre di Carey terminò di raccontare tutto, e fu con profonda amarezza che si accorse dell'espressione confusa e profondamente turbata della figlia.
“Ma-ma allora.... Chi sono io veramente?” “Sei nostra figlia,Carey!” “Ma non solo quello, e lo sapete! Sapevate che un giorno avrei potuto scoprirlo, perchè non dirmelo dal principio?” “Non potevamo caricarti di un peso simile quando eri una bambina, poi sei cresciuta, e con la morte di Andrew abbiamo deciso di non dirti nulla per non aggiungere altro sulle tue spalle da sorreggere.”. Carey sospirò, poi disse, rigirando tra le dita il ciondolo: “Devo scoprire cosa si nasconde in quelle pagine, e cosa c'è scritto su questa collana! Devo sapere, ne ho il diritto! E qualunque cosa io scopra, vi amerò sempre... Però ho bisogno di risposte...
 All'improvviso, tutto sembrò avere un senso, o almeno così parve alla ragazza.
I sogni strani che faceva da bambina su una città splendente come l'oro nel sole del crepuscolo.
I sogni in cui vi era un ragazzo dai capelli scuri a porgerle un ciondolo e che le sorrideva.
Gli incubi in cui era come se qualcuno la prendesse e portasse via da quella città splendente.
Non erano sogni comuni, ma ricordi.
Era stata strappata dalla sua vera famiglia, di cui non sapeva nulla.
E si sentiva amareggiata e confusa a riguardo.
Ma non poteva rinnegare i genitori che l'avevano cresciuta ed amata. La sua famiglia era quella che in quel momento la stava guardando affranta e con occhi pieni di malinconia, e paura.
Paura che lei potesse reagire male nello scoprire le proprie confuse origini, o che li potesse rinnegare tutto.
Ma non avrebbe mai potuto.
Era figlia di Margaret e Geoffrey Flitch, e niente avrebbe potuto cambiarlo.
Ma allora perchè si sentiva confusa e tradita, come se le fosse stata negata una cosa che era suo diritto aver saputo fin dal principio?
Perchè sentiva il bisogno impellente di andare via, di stare da sola?

Si alzò di scatto, e preso il cappotto e le chiavi della macchina e di casa sua, si apprestò ad uscire. Ma prima che potesse proseguire, le vennero dietro i suoi genitori, allarmati.
“Carey? Dove stai andando?” “Ho bisogno di stare da sola.... Mi-mi dispiace, ma è così... Ho-ho bisogno di tempo per riflettere e pensare.... Pensate voi a Jonathan, va nutrito quattro volte al giorno...” “Ma tu dove andrai? Carey!” la supplicò la madre, quasi con le lacrime agli occhi. La fermò, guardandola affranta.
“Scusa mamma... Scusa papà, ma devo stare sola, andare via per un po'...” “Ma...” “Vi prego, è necessario! Sento di poter soffocare, e ho bisogno di pensare!” tagliò corto Carey, uscendo dalla porta, avviandosi verso la macchina, incurante di sua madre che la chiamava.
Due lacrime le scesero per le guance.
Ma entrò nella macchina, senza voltarsi.
Lasciò sul sedile il diario rilegato in oro, e rigirò tra le mani il ciondolo che aveva stretto nel pugno forte fino a quel momento, guardando i strani simboli.
Quei due oggetti erano la testimonianza che nella sua storia vi fosse qualcosa che andava scoperto, e lei era ormai decisa ad andare a fondo di quella faccenda.
Mise in moto la macchina, e partì.
Per dove, non lo sapeva nemmeno lei, guidò soltanto, gli occhi fissi di fronte a sé, la mente altrove, salvo alcune volte in cui faceva balenare gli occhi al diario o al ciondolo, mentre nella testa sentiva la confusione.
Non si curò mai di stare attenta a dove si stesse dirigendo, ma fatto sta che si ritrovò nel viale di casa propria.
Quando spense il motore, restò un attimo ferma, come sospesa, tirando un sospira profondo, poi scese dalla macchina.
Ripercorse il solito giardino in ordine, e subito la invasero maree di ricordi, e tra questi, vide sé stessa inginocchiata nell'erba, sotto la pioggia incessante, mentre prestava soccorso a un uomo svenuto, alto dai lunghi capelli corvini e i vestiti di colore nero e verde, sgualciti e consumati.
Loki.
La prima volta che lo aveva visto, quando se lo era ritrovato nel giardino, come se fosse caduto dal cielo.
Già da allora le era sembrato strano e come se provenisse da un altra epoca, o meglio ancora, da un altro mondo.
Eppure, nel momento in cui lo aveva sollevato da terra e preso sopra le spalle, sorreggendo a malapena il peso di entrambi, aveva avuto una sensazione strana, una che non aveva mai avuto il coraggio di dire a Loki, nemmeno quando si erano accorti di provare l'uno qualcosa per l'altra. Nello stesso istante in cui aveva preso il suo corpo tra le proprie braccia aveva provato la sensazione di aver ritrovato qualcosa che la faceva sentire completa.
Come un magnete, aveva sentito verso Loki quella volta la sensazione di essere legata a lui, anche se non lo aveva mai visto prima d'allora.
Eppure, in quell'uomo svenuto vi era stato qualcosa che l'aveva colpita, come se assomigliasse a qualcuno... Qualcuno che lei aveva dimenticato....
Un pensiero le balenò in quel momento in testa, ma lo scacciò via subito...

Proseguì, e arrivò alla porta di ingresso. Cercò le chiavi nelle tasche del cappotto.
Poi, mentre le rigirava nella toppa della porta, e poi quando la aprì, rivide come un fantasma sé stessa che inveiva contro Loki, insultandolo, dicendogli di andarsene.
Rivide lui passarle accanto, proprio come uno spettro sbiadito, con gli occhi di giada pieni di lacrime e una espressione quasi insopportabile da guardare.
L'aveva ingannata.
Eppure, nonostante le bugie, nonostante le omissioni, e tutto il resto, lei e lo amava ancora. Era come se non potesse farne a meno, come se sentisse il bisogno di stargli accanto. Forse era masochista, o forse troppo stupida e ingenua, ma era così. E per questo aveva quasi litigato con i propri genitori, dai quali sentiva l'esigenza di avere risposte, risposte che sembrava però non avessero.
Sapeva che li avrebbe sempre amati in ogni caso, ma voleva comunque scoprire chi fosse sul serio, e da dove veniva.

Si buttò sul divano sospirando pesantemente, passandosi le mani sul viso. Lo stesso divano testimone dell'amore che lei e Loki avevano consumato per la prima volta.
Ci deve essere un modo per scoprire qualcosa in più su quella collana e quel diario...Rifletti, Carey... Se Loki è davvero chi ha proclamato di fronte a tutto il mondo di essere, se è davvero un dio norreno, dovrebbe sapere anche la scrittura, dato che, a quanto ne so, le rune erano l'alfabeto per eccellenza dei popoli nordici. E se lo andassi a cercare per riunirmi a lui e gli chiedessi di tradurre ciò che è scritto sul diario e la collana per me?

Però, pensò Carey, Loki poteva essere dovunque.
Decise allora di fare qualche ricerca, tanto per ammazzare il tempo mentre pensava sul da farsi.
Si diresse nel suo studio, e accese il pc. Digitò il nome “Loki”.
Oltre alle informazioni sul dio norreno, si concentrò, con sua stessa sorpresa, sul nome della mitica città o quello che era in cui abitavano gli dèi nordici.
Asgard.
Quel nome le fece scorrere un brivido lungo la schiena, facendole uno strano effetto.
Continuò a leggere, e scoprì che Loki, il dio delle malefatte e degli inganni, secondo la tradizione, aveva una moglie.
Sigyn.
Lesse il nome con un'ondata di invidia.
Perchè Loki non gliene aveva mai parlato?
Perchè non le aveva detto che era sposato?
Perchè nasconderle una cosa simile?

Spense il computer quasi con rabbia. E si fiondò fuori di casa.
Doveva trovare Loki. E chiedergli molte spiegazioni.
Ma, oltrepassata la soglia di casa, trovò di fronte a sé un uomo vestito di nero, con una benda nera su un occhio. Aveva l'aria di un leader, e sembrava molto serio.
Carey indietreggiò, e disse con un filo di voce: “D-desidera?” “Carey Flitch?” “Sono io...Ma..” “Mi chiamo Nick Fury, e sono qui per lei.”.


POV VENDICATORI

Toccarono finalmente il terreno di Asgard, e senza perdere un secondo in più, tutti seguirono a passo svelto Thor lungo i corridoi,venendo poi condotti nei sotterranei.
Trovarono ad attenderli un popolo impaurito, spaesato e ansioso e due sovrani con il fiato sospeso. Thor si avvicinò al padre, dicendo: “Padre, ho portato qui i miei amici e compagni! Possiamo partire!” “Molto bene!” “Sif e gli altri?” “Sono già partiti, Thor.” rispose Odino, rivolgendosi poi ad alcuni soldati: “Voi! Venite con me! Gli altri, aspettino qui, e che veglino sui cittadini. Noi andiamo a riprendere Loki!” e detto ciò, senza altri indugi, si diressero all'osservatorio, dove Heimdall era restato in attesa di esser di nuovo utile.
“Heimdall! Dicci! Cosa vedi? Riesci a vedere dove si trova Loki?” chiese Thor, impaziente. Il guardiano disse: “Si. Vedo esattamente dove si trova Loki. È nel regno di Niflheim, una delle terre più gelide e nebbiose di tutti i regni. Lì, sospesa nell'aria, si erge una specie di nave, solo molto più moderna e complessa. È bianca e grigia, e dalla forma di un gigantesco disco. Loki si trova in una delle prigioni della nave, e sembra soffrire....” “Heimdall! Come possiamo entrare lì dentro?” “Basterà aprire una cavità al di sotto della nave. Lì potete entrare senza farvi scoprire. Ma fate attenzione! Sembrano esserci molti soldati a bordo di questa nave!”

POV LOKI

Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quando la sua prigionia era iniziata, né tanto meno il motivo per cui, dopo tutto quello che gli era stato fatto, era ancora vivo. A quanto pareva, Thanos aveva dato nuovi ordini, ed essi dovevano prevedere torture peggiori di quelle che Loki aveva fino a quel momento aveva fronteggiato.
Però, nonostante il dolore e la sofferenza, la sola tortura che veramente lo stava annientando era il fatto di non poter più fare niente per coloro a cui teneva, per proteggere soprattutto Carey. E questo dolore gli permetteva di resistere a livelli inimmaginabili a tutto ciò che gli veniva inflitto dai soldati di Thanos, che stavano ben attenti a distanziare temporalmente una tortura dall'altra, in modo che Loki si potesse illudere che le pene fossero finite, per poi infliggergliene altre ancora più barbare.
Ormai, però, il dio degli inganni, per quanto potesse essere caparbio e restio alla resa, temeva di non potercela più fare fisicamente a sopportare tutto, e aveva cominciato quindi a essere sempre più meno reattivo alle torture, accettandole a testa bassa, senza tentare più nemmeno di combattere per la propria dignità. Aveva perso la volontà di reagire, sapendo che essa gli avrebbe fatto sentire più dolore, e ciò lo stava inevitabilmente portando alla rovina, a un grande indebolimento, e, forse, alla morte. Ma sapeva, sapeva che Thanos mai avrebbe permesso che lui perisse per le torture, e che invece il mostro avrebbe preferito dargli il colpo di grazia di proprio pugno.
Persino l'invulnerabilità, o meglio la forte resistenza e la lunga vita di un dio come Loki avevano dei limiti. Infatti, sembravano secoli da quando Loki si era nutrito di cibo asgardiano o dei frutti di Idunn, le mele dell'eterna giovinezza, che erano proprio esse a conferire a tutti gli asgardiani una vita molto lunga. E se avesse continuato a non nutrirsi più di tali cibi, nonostante Odino gli avesse riconferito i poteri, Loki sarebbe rimasto quasi al livello di un comune mortale, o poco più. E data la sua situazione, tale processo di indebolimento era già in atto.
Si, quella era la fine di chi un tempo era stato il potente e temuto Loki, il dio delle malefatte, Loki il creatore e il distruttore. Una fine tutt'altro che gloriosa, oltretutto, e ben al di sotto della minima decenza.
Mai avrebbe immaginato di decadere a questo modo, di finire così in basso e così disonorato.
Mai.
Eppure, lo aveva fatto.
Era piombato in uno stato di dormiveglia, o meglio semi-incoscienza, e lottava in una battaglia silenziosa contro i lancinanti dolori e tremori che gli pervadevano il corpo. Si sentiva vuoto e al contempo pieno di fuoco liquido, di lava bollente, e probabilmente aveva la febbre. Con la febbre, presto arrivarono le allucinazioni, non terribili come quelle che aveva avuto nella sala dove lo avevano torturato con il calore, ma anzi sembravano appartenere a una parte del suo passato che sembrava apparentemente aver dimenticato.
Vide sé stesso come un ragazzo, che non dimostrava più di quindici anni, affacciarsi ad una culla. Questa era ornata di splendide stoffe candide come la neve, e leggere come nuvole. Tra le stoffe, riposava pacificamente un neonato, il più splendido che Loki avesse mai visto, dai capelli color miele, e che risplendevano come oro. La bambina, che Loki non sapeva come avesse fatto a identificare come tale, aveva la pelle diafana e perfetta, e quando la creaturina aprì gli occhi, Loki potè osservare le iridi più dolci che mai avesse visto: erano color nocciola chiaro, quasi ambra, o oro liquido, e ricordavano tanto gli occhi di qualcuno che lui conosceva, ma non riusciva più a ricordare chi fosse, troppo stanco e affaticato anche solo per pensare lucidamente.
Il Loki ragazzo tirò fuori da una tasca qualcosa, e lo porse alla piccola, chiamandola gentilmente, un nome che il Loki adulto non riuscì a sentire bene. Il regalo della bambina si rivelò essere un ciondolo, dalla catenella d'oro, una pietra piatta e lavorata color rosa chiaro da una parte, e nera dall'altra: sulla parte rosa vi era inciso un nome, in alfabeto runico, e lo stesso dalla parte nera. Ma si trattò di un attimo, e Loki non riuscì a leggere nessuno dei due nomi.
La bambina, sorridendo felice, prese la catenella con una piccola mano, guardando il giovane Loki con una espressione indescrivibile.
Il Loki giovane sorrise di rimando alla bambina, e poi tutto scomparve.

Troppo presto! Loki voleva sapere di più! Voleva sapere chi fosse la bambina che aveva visto in quel ricordo!
Ma tutto era svanito, e lui stava ritornando alla realtà, quando sentì delle voci provenire da fuori la porta della sua cella, le voci dei suoi carcerieri, e anche di qualcun altro. Voci molto familiari. E poi, riacquistando un po' di lucidità, senza potersi però sollevare da terra dove giaceva pietosamente, prese coscienza di cosa stava succedendo là fuori.
Si sentirono dei raggi scoppiare, insieme a tuoni, e suoni metallici. Urla di soldati di Thanos, e anche molti doveva dire Loki. E ciò sentì per diversi minuti. Poi, il silenzio.
Infine, qualcosa fece scoppiare letteralmente la porta della sua cella, e ciò che Loki vide lo rincuorò ed allarmò allo stesso tempo.
I Vendicatori al completo stavano di fronte al buco lasciato dall'esplosione, e insieme a loro vi stavano quelli che Loki riconobbe essere come soldati asgardiani. E tra questi, con stupore maggiore, vi stava la figura austera di Odino.
Erano venuti a salvarlo. Tutti. Anche suo... Padre?
“Loki!” lo chiamò il sovrano, mentre quest'ultimo stava a terra, disteso su di un fianco, incapace quasi di muoversi, ricoperto di sangue rappreso,sudore, polvere, e diverse ferite che sembravano essere in pessimo stato.
Doveva avere un aspetto orribile, perchè quando Thor, e il resto della squadra, e anche Odino, si avvicinarono, quasi sobbalzarono alla vista del dio degli inganni.
“Loki... Figlio mio..” sussurrò angosciato e incredulo Odino, che, da quel poco che Loki riusciva a vedere attraverso la vista sfocata, si stava avvicinando a lui esitante, e con mani tremanti, una volta inginocchiatosi vicino a lui, lo aveva raccolto da terra, sollevato un poco, malgrado i muti gemiti di dolore di Loki, e preso sulle ginocchia, come avrebbe fatto con un bambino. Odino lo guardò con occhi che Loki potè riconoscere come velati di lacrime, e gli scostò una ciocca dal volto imperlato di freddo sudore.
“Cosa ti hanno fatto, figlio mio....” disse il padre degli dèi, mentre Thor si inginocchiava accanto lui, guardando Loki con dolore e rabbia.
E detto questo, Odino tirò fuori un pugnale. Per un attimo Loki sperò che volesse conferirgli la grazia di una morte veloce e priva di ulteriori sofferenze. Chiuse gli occhi, aspettando che l'arma compisse il proprio dovere. Invece, avvicinata la lama alle labbra del dio, Odino si limitò a tagliare il filo che gli teneva la bocca cucita e sigillata.

Loki sentì come se le sue labbra stessero andando a fuoco, pulsando dolorosamente, e potè avvertire il sangue sgorgare dalle ferite che non si erano mai cicatrizzate, e colare lungo il proprio mento. “Perdonami, fratello... Non ho saputo difenderti come avevo promesso, e ora... Ti hanno fatto questo!” disse il dio del tuono con voce a malapena contenuta.
Loki sospirò, finalmente potendo respirare,anche se a fatica dato il dolore lancinante ai polmoni, ancora doloranti per le diverse percosse subite, e disse con un filo di voce roca, mentre le labbra non si placavano: “T-Thor... Non è s-stata colpa tua... È mia, i-io ho provocato tutto questo... M-me lo merito....” “No! Non è vero, Loki! Non meritavi tutto quello che ti è stato fatto! Non meritavi di essere trattato come una bestia!” lo interruppe Thor, che sembrava sul punto di disperarsi.
Ma quando Loki provò a ridacchiare per la testardaggine del dio del tuono, l'ennesimo dolore lancinante alle vie respiratorie e ai muscoli del torace lo colse, e non potè trattenere i gemiti di sofferenza, terribili da sentire.
“Dobbiamo portarlo via da qui, prima che Thanos venga avvertito! Bisogna fare presto, o Loki morirà, padre!”.

ODINO POV

Odino guardò Loki con occhi intrisi di angoscia e dolore.
Mai il padre degli dei era sembrato più vulnerabile.
Guardò il proprio figlio prima perso poi ritrovato, con il quale aveva tentato di riappacificarsi, e che in quel momento più che mai stava rischiando di perdere per sempre.
Loki gemette di nuovo, un suono più angosciante di quello di prima, e che servì da sprono al sovrano.
Annuì verso Thor, che suggerì che sarebbe stato meglio se a portare Loki fosse stato Hulk, in quanto, secondo il dio del tuono, sarebbe stato più resistente in caso di un attacco nemico improvviso.
Quando Hulk prese di malagrazia tra le braccia il dio degli inganni, pur non avendolo fatto apposta, strappò al sofferente Loki gemiti di dolore.
Odino ebbe più che un tuffo al cuore sentendo le grida disperate di Loki.
“Andiamo, ora!” ordinò.

LOKI POV

Le sue condizioni non erano delle migliori, e chiaramente nel suo corpo doveva esserci più di una lesione grave agli organi interni, oltre alle tante ferite, escoriazioni ed ematomi su ogni centimetro del suo corpo, e nemmeno il suo bel viso sarebbe stato riconoscibile sotto tutto il sangue e il sudore rappresi.
Sentì Odino gridare vicino a lui: “Andiamo, ora!”.
Non sapeva se essere felice o meno di venir salvato da Odino, per il quale ancora sentiva qualcosa simile all'affetto, contrastato però da un forte risentimento.
Si sentì trasportare da Hulk, il quale aveva una presa forte e a tratti dolorosa.
Forse c'era speranza per lui. Ma era come se più Loki inseguisse tale speranza più essa si allontanasse dalle sue mani.
Stava morendo? Non ne era sicuro.
Solo, sentiva un gran dolore in ogni parte del corpo, e non sapeva quanto avrebbe potuto resistere.

AVENGERS POV

Quella che era cominciata come una spedizione di salvataggio si stava trasformando in una disperata corsa contro il tempo e la morte.
Percorsero più in fretta che poterono tutti i corridoi di quella specie di nave intricati come labirinti, tentando di non rivelare la loro presenza a nessuno dei soldati di Thanos,nè a lui in persona. Un solo errore avrebbe compromesso il destino di tutti, nessuno escluso.
E mentre correvano, Loki continuava a dimenarsi ogni tanto, aumentando la tensione di Odino e Thor.
Ad ogni modo, arrivarono finalmente nella sala del controllo dei motori di quella nave,dove era stata aperta una grande voragine nelle pareti di materiale simile all'acciaio, grazie ai raggi a propulsione di Stark.
Per qualche fortunato caso del destino, l'esplosione non era stata sentita, ma se la situazione fosse sicura o meno, non si poteva dirlo con certezza.
Per andare fuori dalla nave, Tony dovette trasportare uno ad uno i Vendicatori, e Odino stesso e i suoi soldati.
Era una operazione a lenta, ma non vi era altro modo e il tempo stringeva pericolosamente.
Una volta tutti a terra, mentre si apprestavano ad andarsene, sentirono sopra di loro delle voci provenire dalla nave.
Li avevano scoperti, e videro, voltandosi con orrore, che si stavano dirigendo verso di loro colpi di una specie di pistole laser.
Dovevano scappare al più presto.
Si avviarono velocemente verso il punto dove erano atterrati, trasportati dal Bifrost.
“Heimdall! Presto, apri il ponte! Svelto!” gridò Thor, incalzato da Odino.
Li avevano inseguiti, e mancava poco che li raggiungessero.
“Heimdall!” gridò Odino.
In quel momento, quando si stavano ormai preparando a combattere, il ponte d'arcobaleno venne aperto, e vennero risucchiati, verso Asgard.
Non c'era infatti tempo per tornare allo S.H.I.E.L.D , e Asgard era l'unico posto in cui c'era qualche speranza per Loki di guarire, dato che le cure di Midgard, per quanto avanzate, non erano lontanamente sufficienti, e non potevano fare nemmeno nulla di miracoloso con le ferite di Loki. Vi era bisogno di medicine di più alto livello e sviluppo.
Quando furono atterrati su Asgard, non persero altro tempo, correndo alle porte colossali spalancate della città, e i Vendicatori non poterono non provare un senso di desolazione nel vedere la mitica e gloriosa città di cui narravano i poemi ridotta in così desolate e pietose condizioni.
Mentre si affrettavano, Loki peggiorava sempre più, piombando da stati di lucidità a quelli di incoscienza alternativamente. Il dio si lamentava ad ogni minimo movimento o tocco delle mani di Hulk, o di Thor o Odino, e questi ultimi due cominciavano a sospettare che non sarebbero riusciti a salvare Loki.
Erano quasi arrivati nella Stanza della Guarigione, l'unica area del palazzo reale a non essere stata violata. Thor si diresse ai sotterranei, per recuperare tutti i guaritori reali che erano rimasti che, arrivati nella stanza, vedendo Loki, il principe perduto e poi ritrovato, e forse redento,ebbero un tuffo al cuore.
Nessun aesir passato sotto le loro mani era stato ridotto in così pessime condizioni, per non parlare poi di chi faceva parte della casa reale, o almeno così si pensava.
All'inizio tra i medici ci furono tentennamenti di fronte ai lamenti di Loki al minimo tocco su ogni parte del corpo da parte loro, ma nonostante ciò, tra i gemiti disperati del principe e il respiro affannoso, poterono ugualmente constatare che gli organi interni erano quasi tutti lesi e in gravissime condizioni, per non parlare poi delle ferite esterne, alcune delle quali fortunatamente non ancora a livello di infezione.
Il più vecchio tra di loro, dopo essersi accordato con i colleghi, si avvicinò al re e a Thor,mentre i Vendicatori stavano da una parte, guardando la scena in silenzio.
“Francamente, vostra maestà, lo stato di vostro... figlio.... è, ecco, disastroso. Non sappiamo quanto siano forti le possibilità di salvarlo, ma sono poche in ogni caso...” “Fate tutto quel che potete!”esclamò Odino, facendo trasalire quasi i guaritori per la reazione improvvisa.
Uno di loro, il più giovane, facendosi avanti, spostando nervosamente lo sguardo da Odino al pavimento, mentre il re era animato da una disperazione mai vista prima.
“Ci sarebbe qualcosa, maestà...” disse timidamente, e il re lo incalzò: “Parla, allora!” “Ecco... Esiste una medicina che potrebbe guarire vostro.... figlio.... Ma è piuttosto aggressiva e ci sono state volte in cui....Ecco, non ha funzionato...! “Spiegati, allora!” “Invece di guarire le ferite, interne o esterne che fossero, ha provocato la morte per violente emorragie, oltre ad arresto cardiaco... Dipende solo dal fatto se il corpo resista all'azione del farmaco.” “Che cosa?!” “E-ecco di solito la medicina funziona sugli Aesir... Quando abbiamo provato a somministrarla su qualcuno che non lo fosse, sui dei prigionieri, i risultati sono stati catastrofici...” confessò il medico.
Tutti sapevano ormai chi fosse in realtà Loki, e non era un asgardiano. Era un gigante di ghiaccio, una razza diversa, e il rimedio poteva agire in maniere inaspettate e sconosciute ai guaritori.
Tutti, sentendo tali parole, e Odino e Thor in particolare, si sentirono mancare. Il rischio era altissimo, ma cos'altro si sarebbe potuto fare, se non affidarsi alla sorte?
Una cosa era certa: Loki non poteva rimanere in quello stato, e sarebbe morto nel giro di poco.
Tutti si scambiarono esitanti sguardi di intesa, poi il padre degli dei parlò, la voce che stentava a rimanere impassibile: “ E sia, allora!” “Maestà?” “Date a mio figlio quella medicina, adesso!”.
Il giovane medico guardò i colleghi, esitante, poi si diresse infine nella “sala” dove tenevano le medicine, scaffali su scaffali di rimedi.
Giunse al punto dove erano relegate le medicine più potenti e pericolose, che erano usate solo in casi estremi.
In un cofanetto di bronzo invecchiato vi erano diverse piccole fiale di un liquido rosso scuro e dall'aspetto inquietante.
Il giovane medico ne afferrò una con mano tremante, le dita improvvisamente scaldate dal contenuto della fiala, che sembrava caldo e ribollente.
Su di essa vi era il nome del potente antidoto: in runico, a caratteri piccoli e sbiaditi dal tempo, vi era il nome “SANGUE DI DRAGO”.
Contrariamente a quello che ci si sarebbe aspettato dal nome, esso era un farmaco estratto da una pianta rarissima, la cosiddetta “Sanguinaria Fiammante” o anche “Dragaria” o “Drago di Hel”. Questa pianta, o meglio albero, era chiamata così a causa della sua forma simile a un drago di nodoso legno nero, perennemente avvolto da fiamme eterne e inestinguibili. Se si riusciva a lambire la sua corteccia, nonostante il fuoco, essa secerneva un liquido denso e rosso, che ricordava assai il sangue, e molto caldo.
Più che rara, era unica quella pianta, ed esisteva da millenni e millenni, e nessuno sapeva come fosse spuntata fuori.
Si trovava al confine tra la terra dei vivi e quella dei morti, da qui il nome “Drago di Hel”, e in pochi avevano osato avventurarsi fin laggiù.
Il suo liquido era molto ricercato e temuto, e non sempre funzionava. Alcuni sostenevano che tutto dipendesse dal livello di sopportazione di chi ne faceva uso, e di quanto fosse alta la sua soglia del dolore. Dopotutto, far ricrescere ossa, organi o altro in pochissimo tempo non era una impresa da poco, e di certo non piacevole.
Chi era sopravvissuto alla somministrazione aveva raccontato che, mentre si trovava tra la vita e la morte, aveva come sentito del fuoco scorrere in tutto il suo corpo, nelle ossa, nelle vene, negli organi.
Vere e proprie fiamme.
E nel caso di un Gigante di Ghiaccio, il quale preferiva il gelido inverno al fuoco, non si poteva dire se esso potesse essere portato a una morte atroce e lenta.
Il medico sperava che il principe Loki fosse abbastanza forte da superare la rischiosa cura, ne valeva anche della vita dello stesso guaritore.

Il medico tornò di corsa con in mano la fiala, mentre Thor e gli altri, impotenti, assistevano alle sofferenze di Loki.
“Allora?” chiese Odino impaziente al guaritore.
“Ho trovato l'antidoto, maestà... Siete ancora sicuro di-” “Tutto, purchè non soffra oltre!” rispose il re.
Il dottore annuì, e con mano tremante aprì la fiala e si avvicinò al corpo di Loki, che si trovava steso, sul giaciglio riservato agli ammalati. Delicatamente mise una mano dietro la testa di Loki e gliela sollevò, mentre quello respirava sempre più affannosamente. Sussurrò al principe, cercando di sembrare il più accomodante possibile, anche se la prospettiva di rischiare di uccidere il figlio del sovrano non giovava alla faccenda: “Bevete, principe... Vi sentirete meglio...”.
Loki sembrò ascoltarlo, perchè dischiuse le labbra così che il medico potesse versare nella bocca coperta di sangue il contenuto della fiala, lentamente e con la mano che stentava a rimanere ferma. Finito di somministrare il Sangue di Drago, tutti, il guaritore in primis, rimasero ad aspettare, col fiato sospeso.
Loki in principio sembrò impallidire ancor di più, se possibile, poi divenne visibilmente teso, i pugni e i muscoli di tutto il corpo che si contraevano sotto la pelle massacrata, il respiro irregolare, interrotto solo da urla di dolore.
Un nuovo rivolo di sangue colò giù dalle sue labbra, sotto gli occhi inorriditi di Odino, il quale esclamò, quasi in coro con Thor: “Cosa succede?!” “ È-è la medicina, maestà! Credo che stia guarendo il corpo di suo figlio, ma lui deve essere forte e resistere ai suoi effetti per superare la cura! E non dimentichiamo che lui non è proprio un asg-” “Silenzio! Non osare dirlo una volta di più, se ci tieni alla tua testa!” zittì il medico Odino, che fissava il figlio impotente.

Loki continuò così per quasi dieci minuti, o anche più, mentre tutti, assistevano, e più di una volta qualcuno, mal sopportando la scena, fu costretto a girarsi.
Gli unici ad osservare Loki senza distogliere lo sguardo vigile e preoccupato erano Thor e suo padre, i quali si sentirono un po' sollevati dal fatto che Frigga non fosse presente in quel momento. Poi, quasi di colpo, il dio degli inganni si acquietò, e faticosamente, aprì gli occhi, verdi e più intensi di come tutti li ricordassero.
Stava visibilmente meglio, o almeno così sembrò.
Loki fissò tutti i presenti, che lo guardavano meravigliati, lo sguardo spaventato e confuso che guizzava su tutti i volti che lo circondavano.
“Th-Thor... Dove mi trovo? Dov'è Thanos, e la prigione?” “Sei al sicuro ora, Loki!” rispose il dio del tuono, avvinandosi al capezzale del fratello, prendendogli una mano fra le sue, stringendola, combattendo all'impulso di piangere dalla gioia di vedere il dio degli inganni guarito.
“Perchè mi avete salvato? Avevo... Avevo detto a Stark di impedirvelo!” “Non potevamo lasciarti a morire, Loki!” lo interruppe Tony, avvicinandosi al giaciglio, “E gli alleati e gli amici non si abbandonano! Non è così che di solito ci si comporta!” “Ma-ma Thanos! Quando scoprirà che sono fuggito...” “Gli daremo una bella lezione, stanne certo! E lo faremo insieme, fratello! Combatteremo fianco a fianco, e poi tutto tornerà come prima! Prima di tutto quello che c'è stato negli ultimi tempi...” “ No, Thor...Tu non capisci... Niente torna. Il passato non torna, non si ripete. Non possiamo più essere come una volta...” “Perchè no, Loki?” “Non ha importanza....” rispose laconicamente Loki, prima di mettersi in piedi, in maniera affaticata, e avviarsi con passo malfermo verso la porta.
“Dove vai?” esclamò Thor, preoccupato. Loki si voltò verso di lui, e un mezzo sorriso senza malizia comparve sulle sue labbra: “A prepararmi. C'è una guerra alle porte, e io la combatterò. E se devo morire, così sia! Che muoia con un po' di onore e dignità!” e detto ciò, uscì dalla sala, lasciando tutti interdetti.
“Hey, ma cosa c'era in quella fialetta, oltre alla medicina?” disse Stark ironicamente.
Qualcuno si sforzò di sorridere.

“Non mi ha nemmeno guardato, né parlato...” sussurrò Odino.
“Padre... Sono sicuro che con Loki si sistemerà tutto...” “No, Thor... Non finchè non gli racconterò tutta la verità.... Non finchè non gli avrò spiegato ogni cosa. Solo allora, mi perdonerà.”.

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Capitolo 27
*** 25. Recalling forgotten memories ***


Salve, prodi lettori! Stavolta penso di aver aggiornato un po' prima e spero che l'attesa valga comunque qualcosa! Vi ringrazio per le recensioni puntuali, giuste e incoraggianti, sono la cosa principale che mi spinge a continuare questo percorso :'). Ringrazio di cuore tutti, ma proprio tutti!
Bando ai sentimentalismi!
Buona lettura! :D



NICK FURY POV

Erano passate due ore da quando i Vendicatori erano partiti, e ancora non si era visto nessuno, e Fury sempre più diventava impaziente a ogni minuto che passava.
Dov'erano finiti? Avevano trovato Loki, o il dio era morto, e con lui le speranze di molti? Fury decise di non pensare in maniera così negativa, ma era difficile da farsi.
Poi, mentre attendeva nella sala controlli, insieme agli altri agenti e suoi subordinati, l'agente Hill lo riscosse dallo stato pensoso e quasi assente in cui si trovava.
“Signore.... Lei non crede che sia meglio se portassimo la ragazza qui subito, invece che aspettare quando ce lo dirà Loki?” “Mhh, l'idea non è cattiva, Hill, ma quel Loki è già abbastanza confuso e in apprensione senza che noi ci intromettiamo nelle sue questioni.... Però, ripensandoci bene.... Se la missione di salvataggio fosse andata bene, e se lui fosse pronto a combattere, sapere che la ragazza è già al sicuro da prima che inizi la guerra potrebbe essere una preoccupazione in meno, e avrebbe meno possibilità di compiere sciocchezze suicide... No, questa è una buona idea, agente, te lo concedo! Avanti, allora! Cosa aspetti, fammi una ricerca approfondita su questa Carey, procurami l'indirizzo e andrò io stesso a prenderla in custodia...” “Ma, signore, se lei verrà qui, verrà a conoscenza dello S.H.I.E.L.D e tutto il resto, come...” “Non sarà un problema.... Qualcosa mi dice che la ragazza potrebbe tornarci utile qui... Ora, Hill, vai a prendere queste informazioni, e in fretta anche!” “Subito, signore!”.
Sì, quella era davvero una buona idea.
Fury sapeva che Loki, una volta in battaglia, se quella Carey non sarebbe stata al sicuro, non sarebbe stato capace di combattere come si deve, e avrebbe potuto fare una mossa sbagliata. Era meglio se la ragazza si fosse trovata lì fin da subito, almeno Loki avrebbe cessato una volta per tutte di piagnucolarsi addosso e di fare il sentimentale fino alla nausea. A dire il vero, Fury quasi sentiva la mancanza del Loki pazzo furioso con accessi d'ira e megalomania, quando era il nemico. Non si era abituato all'idea di lui come alleato, e forse mai ci sarebbe riuscito.

Hill tornò poco dopo, con un rapporto su un palmare e lo porse a Nick, che lesse cosa vi era scritto sulla superficie.
La ragazza si chiamava Carey Flitch, aveva venticinque anni, vedova e con un figlio. Viveva appena fuori New York.
“Bene, allora. Forza Hill, andremo a fare visita a Carey, e la porteremo qui.”. Il viaggio non fu particolarmente lungo, e Hill e Fury parlarono di come organizzare il resto dei preparativi per la guerra.
Poi, gli argomenti cambiarono. “Posso fare una domanda, signore?” “Parla, Hill.” “Ecco, lei pensa che insieme all'aiuto di Loki ce la faremo a salvare la Terra?” “Spero di si, agente, spero davvero di si... Affidarsi a Loki è stata una mossa azzardata, ma ha dimostrato che possiamo fidarci di lui, anche se mai avrei pensato di poterlo dire.”
Finalmente arrivarono a destinazione. La casa di quella Carey era nella norma e non aveva niente di speciale, anche se sembrava molto accogliente.
“Aspettami in auto, Hill.” “Si, signore.”.
Percorse il vialetto, e, tirando un respiro profondo, suonò il campanello.
Venne ad aprire una ragazza dall'aspetto dolce e raffinato, con lunghi capelli mossi color miele e occhi simili a topazi, la pella che sembrava di porcellana, tanto era perfetta e pallida, come se irradiasse luce.
E più la guardava, più Fury stentava a immaginare come una creatura simile a una mansueta cerbiatta potesse essersi innamorata di un lupo feroce come Loki. A dir la verità, sembrava che l'aspetto docile della giovane quasi andasse a completare il carattere e la persona di Loki, come un pezzo di puzzle, che si intersecava col suo giusto simile.
La ragazza lo stava guardando incuriosita ma vi era anche timore sul suo viso, e stanchezza.
Era giovane, ma sembrava al contempo adulta.
Gli chiese gentilmente cosa volesse.
Lui per tutta risposta domandò se il nome fosse quello giusto, poi, evitando inutili giri di parole: “ Mi chiamo Nick Fury, e sono qui per lei.”.
La ragazza apparve ancora più frastornata e confusa: “N-non capisco... È della polizia? O...” “Lavoro per una organizzazione chiamata S.H.I.E.L.D, che si impegna a proteggere la sicurezza del mondo e a mantenere la pace, oltre a essere specializzata in ricerca scientifica mirata al progresso.” “E cos'è che vuole da me?” chiese Carey, scettica.
Fury sospirò. Quella ragazza era testarda, e ora sapeva perchè stava tanto bene con Loki. Erano identici, caspiterina!
“Conosce Loki?” “Cosa? Loki? Cosa c'entra lui?” “Di sicuro saprà cosa ha fatto lui un po' di tempo fa... Del suo piano per conquistare il mondo, insieme a un'armata di alieni...” “Si, lo sapevo...” “Beh, ora, a quanto sembra, si è messo dalla nostra parte e ha promesso di aiutarci... Vede, incombe un'altra minaccia aliena, e ci serve l'auto di Loki per sconfiggerla.” “Si, ma non capisco cosa c'entri io...” “Il fatto è che siamo anche al corrente di ciò che c'è fra lei e Loki, della vostra relazione...” “Si, ma...” “La prego mi faccia finire... Loki, mentre stava cercando suo fratello su un altro pianeta, è stato catturato dai nemici...”.
Fury non riuscì a finire la frase, perchè la ragazza quasi cadde a terra in ginocchio. Gli occhi le si erano fatti vitrei e lucidi, e la pelle cerea.
“Cosa? Non è vero, non può essere...” “Stia tranquilla, i Vendicatori sono andati a salvarlo e torneranno con lui.” “La prego! Mi faccia parlare Loki, lo voglio vedere! Devo vederlo, ho così tanto da dirgli e spiegargli, e se muore...” “Signorina, si calmi, la prego! Può vedere Loki, ma deve venire con me. Vede, lui, prima di partire, ha parlato con me di lei...” “Di me?!” “Si, e mi ha fatto promettere che quando sarebbe stato il momento la avrei tenuta in salvo. E credo che il momento sia questo.” “Ma.... Mio figlio... Non posso lasciarlo, e i miei genitori...” “Penseremo a loro dopo, glielo giuro. Ma ora deve venire con me subito. Voglio che Loki sappia che lei è al sicuro.” “O-ok... Se questo mi porterà da Loki, così sia...” “Bene. Venga con me.” disse Fury, offrendole una mano, e accompagnandola alla macchina.
Hill le si presentò come un agente che si rispettasse, poi partirono.
Carey non disse una parola, per tutto il tragitto, e così i due agenti.
Tutti sembravano pensosi e persi nelle proprie menti.

POV CAREY

Non riusciva a non essere in pensiero. Sapere che Loki fosse chissà dove, in pericolo, forse ferito, le metteva l'angoscia e le impediva di pensare a mente lucida.
Aveva lasciato suo figlio e i suoi genitori senza nemmeno spiegare loro cosa succedesse.
Ma quell'uomo, Fury, aveva detto che poi sarebbero andati a riprendere pure loro.
Ora, ciò che importava era che Loki sapesse che lei era lì, con lui.

Loki, so che non puoi sentirmi.... Ma ti prego, qualunque cosa ti sia successa o ti stia succedendo, non mollare...

"Signor Fury, Loki è davvero vivo?" "Glielo posso assicurare. E lei è la motivazione principale per cui Loki combatterà questa guerra. Lo ha detto a me in persona, e mi ha fatto giurare che quando sarebbe stato il momento, avrei messo in salvo e al sicuro lei e suo figlio, e così sto facendo, solo un po' in anticipo rispetto a quello che pensava Loki. " "Lei... pensa che Loki..." "Se lui ne uscirà vivo? Devo essere sincero, si trova nel bel mezzo di uno scontro a fuoco incrociato, per riassumere la faccenda, e non so chi sopravvivrà e chi perirà, ma spero che anche Loki ce la faccia, per il bene suo, Carey, e di Thor." "Lo spero anche io... Ho una situazione in sospeso con lui... E..." ma invece di parlare, tirò fuori dalla borsa che si era portata il diario e il medaglione, mostrandoli a Fury. Lui prese gli oggetti, rigirandoli tra le mani, osservandoli attentamente.
"Sembra runico... Dove li ha presi?" "Mia madre li teneva in soffitta... Mi ha raccontato che erano con me quando mi trovò, in Norvegia. Ero appena nata,e stavo sola in un bosco..." "Quindi lei è di origini Norvegesi in verità?" "Non lo so... non capisco più cosa sono... Ma so che l'unico che potremme aiutarmi a trovare risposte è Loki stesso..." "Beh, allora le conviene sbrigarsi... La guerra potrebbe iniziare a momenti..." "Lo so... Sa, è come se sentissi verso di lui una specie di connessione, qualcosa che mi tiene legata indissolubilmente a lui, nonostante ora sappia chi è in realtà..." "Penso che quel libro e il ciondolo contengano le risposte a tutte le sue domande. E penso che Loki sia una di quelle risposte..." "Cosa intende dire?" "Beh, io non credo nel destino, e mai lo farò... Però a volte penso che tutto accada per un motivo. Se Loki è capitato proprio a casa sua, è successo perchè la sorte aveva un progetto..." "E io intendo scoprire qual è questo progetto.". Fury la scrutò, come se in un certo modo la ammirasse e rispettasse .
"Lei è molto determinata,e penso che qualunque cosa scoprirà, sarà straordinario." "La ringrazio...".
Intanto, erano arrivati a una specie di struttura gigantesca e dalla forma quasi futuristica.
"Venga con me... Aspetteremo insieme il loro ritorno. E sento che presto saranno qui.”.
 La condusse all'entrata di quella che sembrava la base dell'agenzia, e percorsero dei corridoi. Poi, arrivati a una stanza nella quale stavano un tavolo, lungo e spoglio, con circa una ventina di seggiole.
Fury la fece accomodare, e insieme attesero, senza più dire una parola.
Entrambi tesi, entrambi speranzosi.

LOKI POV

Se ne era andato da quella stanza, dove tutti, da quando era rinvenuto, non avevano fatto altro che guardarlo in maniera fissa, e Thor era ritornato alla carica con i suoi soliti discorsi. Il dio del tuono era l'incarnazione del detto “beata ignoranza”. Era ancora convinto che quando la guerra sarebbe finita, tutti e due sarebbero tornati a casa, ad Asgard. Thor da eroe, come sempre del resto, e lui... Lui sarebbe tornato come quello che, ripresosi dalla propria pazzia, aveva messo la testa a posto e si era deciso a fare la cosa giusta, una volta nella vita. Ma non era ciò che Loki voleva. Non lo era mai stato. Lui non voleva onore, gloria e potere, nonostante la messinscena coi Vendicatori, il disastro del Tesseract e le altre baggianate. No, tutto ciò che lui aveva sempre voluto era l'approvazione generale, il sentirsi orgoglioso di sé e delle proprie azioni, il sentirsi parte di un mondo che non era mai stato davvero suo. Aveva cercato di provare a sé stesso e a tutti che dietro il mostro dalla pelle blu e gli occhi scarlatti, o quello dal glaciale sguardo, il colorito niveo e i capelli corvini, qualcuno da ammirare e forse da prendere da esempio. Ma aveva fallito, aveva sbagliato nel suo cammino, aveva preso il sentiero errato. Ma del resto, Asgard, e poi tutti gli altri mondi, il proprio eroe biondo e dal cuore generoso lo avevano già. Ciò che tutti volevano vedere era un cattivo che rovinasse la festa al buono di turno, qualcuno su cui riversare la colpa di ogni disgrazia, e Loki li aveva accontentati. Aveva indossato una maschera, aveva finto.
Aveva indossato una maschera quando, per tanti lunghi anni si era fatto passare da individuo schivo e in un certo senso pericoloso nel suo essere silenzioso e calcolatore. Poi, aveva di nuovo recitato quando aveva dovuto conquistare Midgard. Ci aveva provato con tutto sé stesso, a essere un despota , un guastafeste malvagio e provocatorio, che si divertiva nel veder gli altri soffrire. Ma anche lì, la recita era dovuta finire.
E si era ritrovato senza più sapere dove fosse il confine tra la realtà e la finzione, si era ritrovato senza più un vero volto.
Ecco come si finiva a provare sempre ad essere ciò che gli altri volevano che lui fosse. Ecco cosa aveva ottenuto dall'agire nell'ombra, dall'indossare un viso finto. Era finito per essere senza identità.
Bel lavoro Loki. Proprio un bel lavoro.

Ma non sarebbe più stato così. Mai più.
Sarebbe stato ciò che desiderava essere. Ed era per quello che non sarebbe tornato ad Asgard con Thor, almeno non da vivo.
Avrebbe affrontato il suo destino a testa alta e fiera, con la propria armatura e il poco di onore rimastogli. Se fosse morto, sarebbe morto per una causa che lui riteneva giusta. Sarebbe morto per i soli che mai nella sua vita avesse amato. E non si parlava di Agsardiani. Né dei Vendicatori. Si parlava di comuni esseri umani, senza poteri né abilità specifiche, ma dalla capacità di amare davvero e in maniera disinteressata, e il minimo che lui potesse fare era morire nel tentativo di proteggerli.
Giunse a quelli che una volta erano i suoi appartamenti, almeno lo erano prima che lui si lasciasse cadere dal Bifrost.
Tutto era semidistrutto: i mobili, il letto, ogni centimetro delle diverse stanze.
Si diresse verso dove si trovava il guardaroba, e scoprì, con un certo fastidio, che i vestiti, nella loro maggior parte, erano strappati o messi male, pochi si salvavano.
Quei dannati soldati di Thanos dovevano aver razziato e ridotto in condizioni pietose tutto per puro sfregio.
I suoi abiti da cerimonia, quelli da viaggio o da vita di tutti i giorni... rovinati.
Trovò infine un completo simile a quello che indossò per andare a Jotunheim, solo più leggero, e di un verde scuro, con poche parti di colore nero o metalliche.
Mentre stava per indossarlo, guardò un attimo il proprio corpo, dove l'unico indumento era un panno intriso di sangue sui fianchi, simile a una tenuta da schiavo.
Andò allo specchio, scheggiato in diversi punti, ma in stato ancora decente, anche se rigato da crepe .

Di fronte a lui, nel riflesso non proprio limpido, come uno specchio d'acqua mosso dalle increspature, stava un uomo dai lunghi capelli corvini, la pelle di un pallore cadaverico e costellata da cicatrici, in gran parte sulla schiena e il torace e le gambe. Seguì il corso di una cicatrice con l'indice sulla gamba sinistra. Vide, chiudendo gli occhi, la lama arroventata della guardia di Thanos passare sull'arto con piacere sadico, mentre Loki gemeva in maniera soffocata, impotente, e il sangue colava e colava...
Riaprì di scatto gli occhi, e notò che la fronte si era imperlata di sudore. Solo il ricordare bastava a farlo soffrire come quando era prigioniero.
Guardò ancora il proprio riflesso con ribrezzo e incredulità: c'era sangue quasi su ogni centimetro di pelle, oltre alle cicatrici indelebili, testimonianze di ciò che aveva dovuto sopportare.
L'uomo, il dio, o chiunque sti trovasse davanti a Loki, era smagrito, le guance molto più incavate rispetto all'ultima volta in cui aveva avuto occasione di specchiarsi. Gli occhi erano più verdi di quanto non fossero mai stati, anche più grandi, vitrei e contornati da occhiaie scure e quasi violacee.
Era l'ombra di sé stesso, ben lontano ormai dal principe raffinato di Asgard che passava le giornate tra i libri e le pratiche con la magia. Si rivide come era solo tempo addietro: di bell'aspetto, taciturno sì, ma più tranquillo e soprattutto curato nei modi e nel vestire. Poi, da quando aveva fatto la conoscenza di Thanos, dopo la caduta dal Bifrost, aveva cominciato a lasciarsi andare, trascurano sé stesso e la propria immagine, diventando schiavo delle proprie manie e della brama.
E infine, eccolo lì, davanti a uno specchio, con l'aspetto di uno appena uscito da una sala di torture, i capelli scarmigliati e gli occhi febbrili.
Cosa avrebbe pensato Carey se lo avesse visto così?
Sentì il bisogno di farsi un bagno, di lavarsi di dosso il sangue rappreso e con esso i terribili ricordi che vi erano legati.
Chiuse ancora gli occhi, deridendo il proprio masochismo.
Avrebbe potuto giurare di poter sentire ancora la schiena bruciare per le ferite e le percosse, il dolore che seguiva il solo semplice atto di respirare, i polmoni che compivano il proprio dovere a fatica e ogni arto del corpo e ogni organo che pulsavano e dolevano fin quasi a condurlo alla pazzia. Poi, la stanza dove era stato torturato con il calore, dove si era sentito sciogliere, prosciugare di ogni cosa all'interno del suo corpo, oltre alla volontà.
Poi, ancora altre torture come quella alla gamba e altre percosse con altro sangue.
E la brama bruciante e martellante di vendetta, di farla pagare a tutti loro. A Thanos, che aveva minacciato di far del male a Carey e Jonathan, oltre che a Thor e gli altri.
Ora si sarebbe potuto vendicare, e eccome se lo avrebbe fatto.
Era il suo scopo principale, che risuonava nella sua mente come un allarme, o un mantra astioso che reclamava sangue.

Arrivato nel bagno spazioso, constatò che la vasca era ancora in condizioni sufficientemente decenti, e Loki dovette accontentarsi di un bagno con acqua fredda. Si immerse sott'acqua, riemergendo con i capelli fradici e gocciolanti, sentendosi quasi rivivere. Era una gioia quell'acqua fresca dopo il calore infernale della stanza dove il calore lo aveva quasi distrutto.
Ripulì a dovere ogni centimetro di pelle ancora sporco di sangue, finchè ogni traccia della sua prigionia non fu scomparsa, almeno in superficie.

Uscì dalla vasca tamponando i lunghi capelli, e se li pettinò all'indietro, come era sempre solito portarli.
Mise i vestiti, e quando ebbe finito, uscì dagli appartamenti, e si diresse alla stanza della guarigione, dove ancora vi erano Thor e tutti gli altri.
Non vi era tempo da perdere.
Dovevano tornare su Midgard, e prepararsi alla battaglia. E lui, ora era sicuro di ciò, doveva trovare Carey e metterla al sicuro, insieme a suo figlio.

Rientrò nella stanza della guarigione.
Tutti lo guardarono, mentre si avvicinava al centro della sala, a passo ancora un po' malfermo.
“Loki... Va tutto bene?” “Mi sento vivo come non mai, Thor. Allora, mi pare di avere un conto in sospeso con Thanos. Vogliamo andare o restare a poltrire un altro po'?” “Loki, non sei ancora in piena forma, sei appena guarito e...” “Thor! Non sono un ragazzino! Ora muoviamoci, non ho intenzione di invecchiare qui!”.
Odino si avvicinò a Loki, e quest'ultimo lo guardò con sentimenti indefinibili: vi era odio nei suoi occhi? O forse rabbia, o rimorso o la volontà semplice di voler recuperare qualcosa che stava andando a pezzi lentamente?
“Loki... Devo parlarti...” “Di cosa?” “C'è un discorso che non abbiamo mai potuto chiarire... Lasciato a metà... E che è stato causa di incomprensioni, di disastri e dolore, per tutti... Quando tu mi chiedesti la verità sulle tue origini, io ti dissi di averti preso con l'idea di costruire una pace attraverso te...” “Ricordo bene quello che tu dicesti...” “Ma non mi hai lasciato spiegare... Hai frainteso tutto...”.
Loki lo guardò stupito e incredulo, gli occhi spalancati. Poi, la sorpresa si trasformò in scherno e ostilità: “Oh, no! Ho capito molto bene, Padre degli dei! Ma lascerò che tu mi dica la tua versione degli eventi!” “Loki, non osare parlare a questo modo a nostro padre, lascia che...” “Basta, Thor! Loki ha ragione a diffidare dalle mie parole... E io ho il dovere di dissipare i dubbi che divorano il suo cuore.” “Ascolto, Padre degli dei.”.
Odino sospirò e voltandosi, iniziò a parlare, camminando lentamente: “Quel giorno, a Jotunheim, io ti trovai nel tempio...” “Questo lo so. La mia domanda è perchè...” “Ci arriveremo, Loki. Eri solo, minuscolo e gracile... Sapevo che il bambino che tenevo fra le braccia era il figlio di Laufey, il mio nemico... Ne ero stato informato, e la notizia che la moglie del re degli Jotuns avesse dato alla luce un terzo figlio era ormai risaputa in ogni regno. Ciò che non sapevo, era che Laufey avesse consegnato il proprio erede ancora in fasce al morso del perenne gelo di Jotunheim, nel tempio. Ti aveva abbandonato, è questa la verità, e solo quando parlai con lui, io seppi il motivo di tale azione, costringendolo a parlare.
“Disse che non eri degno di essere un erede di un sovrano, e che comunque non saresti stato una grave perdita, dato che aveva altri due figli in buona salute su cui contare.
Ma vi era un secondo motivo per cui ti aveva abbandonato.
Aveva deciso di sacrificare te per la libertà di tutti gli altri, con l'intenzione di stringere un patto con me.
Abbandonarti lì non era stata una questione di caso soltanto. Sapeva che io mi sarei recato lì per prendere lo Scrigno, e che non avrei avuto il coraggio di trucidare un bambino innocente, non dopo la tanta, troppa carneficina.
Voleva che prendessi suo figlio come mio prigioniero, o un ostaggio, e in cambio rendessi agli Jotun lo Scrigno, insieme alla libertà e alla promessa di una alleanza in caso di una guerra che interessasse uno dei due regni.
Risposi che non ti avrei tenuto come un prigioniero ma come un figlio, e che non gli avrei mai rivelato le tue vere origini. Ma lo Scrigno sarebbe restato con me come simbolo della loro lealtà e pegno dell'alleanza tra i due popoli. Non potevo rischiare di venire ingannato.
Laufey non la prese bene, ma lo minacciai di severe punizioni in caso di ritorsioni da parte della sua gente.
E fu così che tornai ad Asgard con te, Loki, tra le braccia, e questa è la mia dimostrazione che tu non sei mai stato una reliquia rubata. Mai. Se avessi voluto considerarti tale, ti avrei lasciato marcire in una prigione, come un prigioniero, in catene e sotto chiave . Ti ho salvato da una sorte tutto tranne che buona, ma non voglio che questo ti faccia sentire in debito verso di me. Un padre non farebbe ai sentire così un figlio.” “Dunque... I tuoi piani di cui avevi parlato? Sono una menzogna anche quelli! Non c'è niente!” “No, invece... Giorni prima dell'incoronazione di Thor, pensai a lungo riguardo il tuo avvenire...” “Però, ci hai pensato un po' tardi non credi?” “Fammi finire, Loki. Ti prego...” “Va bene.” “ Venni alla conclusione che il regno non poteva essere gestito solo da Thor, e che serviva una mente più diplomatica e riflessiva per gestire i rapporti di Asgard con gli altri nove mondi...” “Tutti sanno quanto io sia propenso a tessere intrighi, tu per primo...” “Ma sapevo anche che una parte di te avrebbe fatto di tutto pur di rendermi fiero... O mi sbaglio forse, Loki?” chiese Odino, con voce tranquilla e di chi sa di dire una cosa esatta, fissando il dio degli inganni.
Loki mantenne lo sguardo fisso negli occhi del sovrano, e ribattè, ironicamente: “Un tempo forse potevo prestare attenzione alla tua approvazione, ma non ha più importanza... Ti avevo offerto su un piatto d'argento il mio operato... Se ho mentito, ingannato e manipolato, l'ho fatto per te e per Asgard! Perchè ero stato l'unico ad accorgermi di quanto Thor fosse ancora impreparato per il ruolo di sovrano... Ho fatto in modo di far entrare gli Jotun ad Asgard solo perchè non ci dessero più problemi...” “Non avevi il diritto di distruggere però l'intera razza Jotun...” “No... Ho commesso un errore, e me ne sono accorto solo quando mi trovavo sospeso, a un passo dal cadere nel nulla. E quando mi sono reso conto di aver sbagliato tutto, leggendolo nei tuoi occhi, decisi di lasciarmi andare. Non di morire. Se non potevo avere il rispetto della gente di Asgard e degli altri regni, avrei avuto il loro terrore e odio. Volevo dimostrare di non essere più un principe nell'ombra, ma un re temuto e potente, con tutti ai propri piedi.”.
Odino lo guardò stupito: “ Mi domando quanta amarezza e solitudine ti possano aver condotto a tali azioni, Loki. E mi sento responsabile per questo.” “Oh, che consolazione... E ti sei sentito responsabile mentre mi guardavi in catene di fronte a te, quando sono tornato qui, ad Asgard? Mentre dicevi freddamente << Portatelo via>>? L'unica cosa che ho visto è stato lo sguardo deluso di un vecchio re rivolto a un traditore qualunque, non di certo suo figlio. Non una parola, neanche una visita in prigione. Niente da te. E ti aspetti che ora ti perdoni, anche dopo questa tua confessione commovente? No, mi dispiace, ma non è nel mio codice personale dimenticare. E questa è la mia ultima parola sull'argomento.” “Loki...” “Non puoi contestare la mia decisione Thor.”.
Odino parve incassare il colpo con calma, facendo cenno a Thor di tacere: “Come vuoi, Loki. Non posso forzarti a pensarla diversamente.” “Bene.”.

Tutti erano restati in silenzio ad ascoltare, guardando ora Loki, ora Odino, ora Thor.
“Beh, vogliamo andare adesso? Thanos potrebbe arrivare da un momento all'altro e non ci stiamo perdendo in inutili chiacchiere!” sbottò infine il dio degli inganni, uscendo fuori dalla stanza, seguito da tutti.
Thor raggiunse Loki a passo svelto: “Loki! Si può sapere cosa combini? Hai appena sputato in faccia a nostro padre!” “Thor! Voglio che tu impari una volta per tutte il mio nome completo...” “Cosa?!” “Com'è che mi chiamano tutti, Thor, figlio di Odino?”.
Thor guardò Loki turbato senza capire, mantenendo il passo accanto a lui, mentre si distanziavano un altro po' dagli altri, come se la conversazione non dovesse essere udita da nessun altro.
“Io, Thor, sono Loki, il dio degli inganni, e come tale devo fare la mia parte e interpretare il mio ruolo fino alla fine...” “Loki, non riesco... Non riesco a capire...” “Sai, mentre osservavo i mortali, annoiato dalla monotonia di Asgard di tutto ciò che la riguardasse, sono andato a sbirciare su Midgard, in vesti umane. Ricordo come fosse ieri che fosse il periodo che i Midgardiani chiamano comunemente “elisabettiano”. Mi recai nella città di Londra, e incuriosito, guardai un'opera di un poeta e scrittore, Shakespeare, e rimasi a pensare per tanto tempo al teatro, come lo chiamano gli umani tutt'ora, e a ciò che esso raccontava mediante a volte battute sagaci, versi pieni di amarezza o di allegria. Pensai a come calzasse a pennello la figura di un'opera teatrale con ciò che sono io.
Metaforicamente parlando, la mia vita è sempre stata come un teatro, in cui recitare, indossare una maschera, fingere di essere in una certa maniera sono sempre stati al centro del mio ruolo... Molte volte ho finto, ho preferito mentire piuttosto che ammettere delle verità a me scomode o dolorose, o che io faticavo ad ammettere, per quanto esse fossero evidenti...” “E con questo?” chiese Thor non capendo dove volesse arrivare a parlare con quel discorso sibillino Loki.
Il moro gli rivolse una fugace occhiata, poi tornò a fissare il cammino di fronte a lui: “Voglio dire, con questo, che, sapendo come sono fatto, non bisogna per forza credere a tutto ciò che esce da queste labbra sottili...” “Intendi dire che...” “Che ciò che ho detto a Odino, almeno in parte, corrisponde a una menzogna. Sì, è vero il discorso riguardo le mie motivazioni, che solo ora riconosco come le gesta di un disperato, ma...” “Ma lo hai perdonato... Non è così?” lo interruppe Thor, con espressione seria ma occhi che invece riflettevano una luce di felicità segreta e speranza ritrovata.
Loki, sospirando, confermò le parole del dio del tuono: “Sì, è così. È vero che ho odiato Odino per ciò che per tanti anni mi ha tenuto nascosto, ma nel profondo, mi è stato impossibile rinnegare la sua figura fino in fondo... Mi è stato impossibile lasciarmi dietro le spalle tutto... Ma al contempo il mio orgoglio mi ha impedito di perdonare apertamente il padre degli dei...” “Loki, chiamalo come eri solito fare... È tuo padre, chiamalo come tale... Non hanno importanza le tue origini...” “Posso farlo solo con te, Thor... Aspetterò finchè il mio orgoglio non sarà pronto a farsi da parte... E voglio che tu mi appoggi in questo... Voglio che tu per una volta sia complice della mia recita... Non voglio più che il mio sia un soliloquio.” “Va bene, Loki... Però sai? Credo che Odino sappia che nel tuo cuore è rimasto un briciolo di affetto nei suoi confronti... Un padre sa sentire l'amore di un figlio anche silenziosamente... E questa è una cosa che va oltre ogni parola ben calcolata o ogni recita curata fin nei minimi particolari... Tu sei il dio degli inganni, ma come ogni divinità, come me e tutti gli altri, hai una tua parola, e nemmeno tu sei venuto meno ad essa. Per quanto tu ami ingannare c'è sempre una parte di te che mira all'onore, in diverse sfaccettature. Ed è per questo che anche io devo chiederti una cosa... Presto ci sarà una guerra, e forse potrebbe essere l'ultima che combattiamo fianco a fianco, da fratelli... Io potrei cadere in combattimento, come te del resto, ma voglio che tu mi prometta...” “Cosa?” “Che qualsiasi cosa succeda su Midgard tra pochi giorni, qualsiasi sia l'esito, tu non mollerai... Anzi, giurami che quando la testa di Thanos verrà infilzata su di una lancia noi saremo lì per guardare la scena, insieme... E che poi torneremo insieme a casa, dimenticando tutto quello che è successo... Non saresti considerato un traditore né un meschino, non più... Tutti hanno capito che sei cambiato, io per primo...” “Come lo sai?” “Perchè il Loki che io stesso ho portato in catene fino ad Asgard non avrebbe esitato a fare del male a una ragazza innocente e a suo figlio, poteri o no. Avresti potuto ucciderla o chissà cos'altro, approfittarti della sua gentilezza e debolezza. Ma non lo hai fatto. E mai il Loki che tanto ho osservato attraverso delle odiose sbarre si sarebbe messo dalla parte di coloro che lo avevano sconfitto in cambio della salvezza di una umana qualsiasi. E tutto ciò è stato la prova, per me, nostro padre e tutti gli altri, di quanto tu fossi cambiato... E mi dispiace per te, ma nemmeno il dio degli inganni in persona può mascherare il proprio sguardo fino in fondo. Ho visto come guardavi Carey, ho sentito come ti rivolgevi a lei, e non vi era traccia di malizia o inganno. Nulla. E credimi ti conosco abbastanza bene, ormai, dopo tutto quello che è successo.” “Nessuno può conoscermi fino in fondo, nemmeno tu...” “Vero, ma se c'è qualcosa che tu mai ha saputo fingere, è stato l'affetto. Tu volevi bene a me, a nostro padre e nostra madre, ad Asgard stessa... Poi è successo tutto il resto, e ancora non riesco a capire a come si possa essere finiti a questo modo. Ma voglio che tu dimentichi tutto, voglio che tu ritorni a casa con me, ad Asgard, con la tua famiglia che ti ha sempre amato..." "Se mi amavate perchè mi avete lasciato marcire in una cella come un cane, come un delinquente qualunque?" "Voglio raccontarti una cosa, Loki... Quando tu cadesti dal Bifrost, io e i nostri genitori non smettemmo un attimo di pensare a te, e tutti, in cuor nostro, speravamo che u fossi ancora vivo, da qualche parte nei Nove Mondi. E quando scoprimmo che ti trovavi su Midgard, quando ci accorgemmo di ciò che stavi facendo, nostro padre mi mandò subito a prenderti, per riportarti a casa.... Mi disse: <<" Riporta tuo fratello ad Asgard... Non lo condannerò, e gli offrirò l'assoluzione da ogni suo crimine...>> . Ma poi... Tu rifiutasti di tornare, e scegliesti di essermi ostile, rinnegasti tutto, il tuo passato, la tua vita... E io non potevo far altro se non pensare a quanto ti stavi sbagliando sul conto di tutti, a quanto la rabbia e il dolore ti avessero reso cieco... E capii che la tua sconfitta fosse certa... E quando ti pregai per l'ultima volta di ragionare e tornare il fratello che conoscevo, provai pietà per te, per l'espressione nei tuoi occhi, da cui capii che non avevi scelta... Come me...". Loki lo stava guardando con occhi vitrei.
"Non cambi mai, Thor... Avrei potuto ucciderti, strapparti il cuore con le mie mani, e tanto saresti tornato dalle terre di Hel per dirmi che qualunque cosa io avrei fatto tu mi avresti perdonato lo stesso..." "Che fratello sarei sennò?".

In quel momento arrivarono da Heimdall.
"Guardiano, dobbiamo tornare subito su Midgard, la guerra è vicina!" esclamò Thor, e una volta che tutti si furono avvicinati, lui, Loki e i Vendicatori si prepararono a partire.
"Thor, una volta che avrò radunato gli altri popoli, compreso ogni guerriero di Asgard rimasto, vi raggiungeremo appena potremo!" "Padre... " "Andate ora! Non perdete altro tempo!" lo interruppe Odino, guardando prima Thor, poi Loki, soffermando lo sguardo su quest'ultimo. Il dio si sforzò di non alzare gli occhi sul Padre degli dei, e Thor dal canto suo parve trattenersi dal dare uno spintone sulla spalla del fratello.

Poi, furono trasportati dal ponte d'arcobaleno, un secondo prima che Loki si dirigesse vicino a Odino, per parlargli.

Di nuovo si ritrovarono di fronte alla base dello S.H.I.E.L.D, e si avviarono a passo svelto nella sala principale, dove vi era Hill.
Steve le chiese: “Agente, dove si trova Fury? Siamo tornati, e qui con non c'è Loki...” “Vivo il doppio ma simpatico la metà di prima!” si intromise Tony, guadagnandosi una occhiataccia da tutti, compreso Loki stesso.
“Vi aspetta nella sala delle riunioni... Ma..” “Grazie, agente Hill. Andiamo, ragazzi!” “Hey, Power Ranger, che ne dici di piantarla con gli ordini?” “Lo stesso giorno in cui tu Stark smetterai di dire fesserie, presumo...” rispose Steve, mettendo a tacere per un po' il milionario.
Era evidente quanto Tony riuscisse a dare sui nervi al supereroe in calzamaglia.
Ma a pensarci bene, dava sui nervi a tutti.

Loki fu l'ultimo ad entrare nella sala, insieme a Thor.
E quando riconobbe la ragazza seduta vicino a Fury, per poco non gli si fermò il cuore.
Carey era lì, a pochi metri da lui.
E il dio degli inganni non riuscì a fare nulla, se non boccheggiare quasi, sussurrando il nome della giovane.
Dopo tutte le torture, dopo essersi trovato a un passo dalla morte,lei era lì, a pochissimi metri da lei.

Carey si alzò di scatto, con gli occhi lucidi: “Loki...” si limitò a dire, prima di azzerare la distanza tra loro e abbracciare forte Loki, che ricambiò stringendola a sè, come se fosse fatta di sabbia e lui stesse lottando con tutte le forza per non farsela scivolare dalle mani, sotto gli occhi un po' commossi dei presenti.
Loki inspirò profondamente, affondando la testa tra l'incavo del collo e i soffici capelli di Carey. E si sentì come se da un momento all'altro potesse scoppiare a piangere.
Il litigio, il dolore, l'amarezza.
Erano spariti tutti nell'abbraccio che li legava in quell'istante.

Quando lui si scostò leggermente, le chiese con un filo di voce: “Perchè sei qui?” “Perchè un certo dio degli inganni ha disposto che quando sarebbe stato il momento io sarei dovuta stare al sicuro.” “Oh... È vero...” “ E perchè voglio delle risposte, che solo tu puoi darmi....” “Cioè?” “Ecco... Possiamo parlare in privato?”.

POV CAREY

Loki guardò Fury e gli altri Vendicatori, che annuirono, e condusse allora alla sua cabina Carey. 
La giovane non riuscì a non pensare, mentre seguiva il dio, a quanto fosse cambiato da quando se ne era andato. Era smagrito, e dall'aria di chi avesse patito chissà quale tortura infernale. E ciò le arrecò un po' di dolore. Forse, se non lo avesse cacciato, le cose sarebbero andate diversamente, o forse no, chi poteva dirlo?

Quando lei si fu seduta sul letto, iniziò a parlare: “Ero a casa dei miei genitori... Quando ho cominciato a raccontare loro di te, di come fossi apparso nel mio giardino e io ti avessi accolto... Gli ho detto di amarti, non importava cosa tu fossi, mostro o no... Poi, mia madre ha tirato fuori una scatola.... Vi erano una borsa da viaggio, delle coperte, un diario e una collana...”.

Improvvisamente Loki, che fino ad allora era rimasto ad ascoltare senza parlare guardandola con interesse, in quel momento parve cambiare : il viso corrugato, l'espressione corrucciata, come se improvvisamente gli fosse tornato alla mente qualcosa che aveva dimenticato.
“Hai detto un diario e... Una collana?” “Si... È come se fosse formata da due pietre diverse: un lato nero e uno rosa... Vi sono incisi due nomi... In runico credo, come nel diario... Ed è per questo che ti sto raccontando tutto... Voglio che tu mi aiuti a capire... Sono scappata di casa e venuta qui senza avvertire nessuno... Voglio che ne valga la pena...”.
Loki sospirò.
“Dove sono questi oggetti?” “Vuoi dire che mi aiuterai?” “Certo che sì... È il minimo che possa fare...”.
Carey non se lo fece ripetere due volte, e presa la borsa, tirò fuori il diario e il ciondolo, porgendoli a Loki, che li prese in mano come fossero reliquie.
Il dio guardò attentamente le pagine del diario, mentre la sua espressione si faceva sempre più stupita e incredula.
Quando poi si concentrò sulla collana, sembrò che avesse un flashback, qualcosa che gli era improvvisamente tornato alla mente.
Spostò gli occhi da Carey al ciondolo, e viceversa.
La ragazza si fece impaziente: "Allora? Cosa dicono?" "Cosa vuoi sapere prima?" "Cosa c'è scritto sulla collana?".
Loki parve esitare, una espressione indecifrabile sul viso scavato.
"Allora?" "Il nome sulla pietra rosa... E' Sigyn... Quello dietro, è... Loki. Il mio nome..." "Cosa?!" "E' la verità. E solo ora capisco e ricordo... Solo ora tutto è chiaro... Le allucinazioni di quando mi trovavo imprigionato, quel legame che sento con te...".
Fu come una secchiata d'acqua gelida per Carey, che finalmente riuscì a connettere tutto.
"Il ragazzo dai capelli corvini... Eri tu..." "Ecco..." "Quello che mi porgeva il ciondolo mentre ero ancora nella culla, che mi guardava con ammirazione e dolcezza..." "Ero io." finì la frase per lei Loki, che si sedette accanto a lei, il capo chino.
"Allora questo fa di me..." "Un'asgardiana... Sì." "Allora tu... Conoscevi anche i... Miei veri genitori?" "Si." "Puoi raccontarmi come è andata?" "Non è una bella storia, ma credo tu abbia il diritto di saperla.... Successe anni fa... Avevo quindici anni quando mi fu detto da... mio padre di andare a recare omaggio alla figlia più giovane nata da poco di Iwaldi, un nobile che ha servito sempre Odino con fedeltà.
Io, che non sapevo cosa recare in dono a una bambina in fasce, mentre mi trovavo sulla riva di un fiume, trovai due pietre piccole, una nera e l'altra rosa: le modellai con la magia e vi incisi i nomi "Loki" e "Sigyn", sapendo cosa mio Odino aveva in mente.
Ero stato destinato a sposarti, da prima che nascesti, e accettai la cosa di buon grado.
Quando ti vidi, nella culla, rimasi abbagliato. Non avevo mai visto un neonato più bello, e quando ti porsi la collana, tu la prendesti tra le tue piccole mani, e allora guardando quella dolce bambina, capii che ti avrei amato dal principio.
Ma poi, giorni dopo... Seppi che la bambina di Iwaldi era scomparsa, e che si era persa ogni sua traccia. Solo quando era passata una settimana dall'accaduto, si scoprì che era stato un pericoloso criminale da tempo in debito con la giustizia di Asgard, e che aveva compiuto il gesto come affronto verso la casa di Iwaldi e me in persona, con l'intenzione di rubare poi oggetti per ricavarne qualcosa, tra cui il diario, credo, la borsa e il resto. Si era recato su Midgard, convinto che non sarebbero riusciti a scovarlo. Quando lo trovarono, stava scappando, ma con lui non vi era nessuna neonata, nè le altre cose rubate. Disse di averle gettate via, ma non dove.

Io non volli rassegnarmi nemmeno dopo che era stato rivealto il colpevole, e decisi di cercarti su Midgard, ma Odino mi impedì di recarmi sulla Terra, affermando che non spettava a me prendere decisioni...
Purtroppo il tempo passò, e ogni anno che passava, riuscii a ricordare sempre meno te e il tuo rapimento... Fino a scordarmi completamente, perso nei miei pensieri di compiacere mio padre, della successione al trono e della magia. E mi duole ammetterlo." "Come è stato possibile che accadesse, Loki?" "Non lo so...".
"E... Iwaldi... Cioè, mio padre, è ancora vivo?" "Certo che sì... Ad Asgard si invecchia molto molto lentamente, o non si muore mai, nessuno ancora può dirlo con certezza... Sai, non si è mai rassegnato all'idea che tu potessi essere ancora viva, e anche sua moglie e le loro figlie." "Come si chiamano loro?" "Tua madre è Freya, e hai sei sorelle... Nanna, Syn, Lofn, Var, Snotra, e Hnossa*. Tutte leggermente più grandi di te...Tu sei la figlia più giovane di Iwaldi e di cui fino ad ora non si era saputo più nulla. Ma credo che sperino ancora che tu torni da loro..." "Cosa dovrei fare, a questo punto?" "Devi deciderlo tu, Car... Volevo dire, Sigyn." "No, mi chiamo Carey, non Sigyn. Il mio nome rimarrà quello con il quale sono cresciuta.".
Loki tacque, e guardò il ciondolo.
"Vuoi sapere cosa c'è scritto? Nel diario?" "Si.." "Bene allora.".
Il dio aprì il libricino e si soffermò sulla prima pagina.
"C'è scritto che apparteneva a tua madre. Freya." "Va' avanti, Loki." Beh... Vediamo... L'ultima pagina risale a solo un giorno prima che tu venissi rapita... Devo leggere?" "Si..." " La bambina è bellissima e ha già aperto gli occhi, di color oro. Si chiama Sigyn, la <
>, e abbiamo accordato con il Padre degli dèi che sposerà suo figlio, Loki, non appena sarà in età da marito. Il principe è venuto a farle visita quest'oggi, e le ha donato un ciondolo con i loro nomi. Ho come l'impressione che la bambina abbia preso in simpatia quel ragazzo, e ciò faciliterà le cose. Nonostante sia un po' solitario e schivo il principe, faremo comunque in modo che Sigyn stia la maggior parte del tenpo con lui, così da rafforzare il loro legame. Saranno una bella coppia, me lo sento. ".

Quando Loki ebbe terminato di leggere, alzò gli occhi verso Carey. La ragazza sembrava scossa. Troppe le informazioni da assimilare, e sembrava sul punto di svenire. Poi, lo guardò, pallida in volto: "Loki... Se io sono asgardiana, vuol dire che... Che devo venire ad Asgard, finita la guerra?" "Se lo vorrai, sì. Iwaldi e Freya ti aspettano da tanto, tanto tempo... Ma è davvero quello che vuoi? Tornare ad Asgard? Devo dirtelo, Carey, non è lo splendido posto che tutti pensano. Non è la città dei giusti nè tantomeno dei sinceri, anche se non sono nessuno per poterlo dire. Ma lassù non troverai nessuno per cui tu conti veramente qualcosa, se non è il buon nome della tua famiglia a precederti. Asgard è piena di ipocriti come di elementi validi, ma non è facile viverci. Vi sono etichette, regole, precetti di ogni genere. E poi..." "Cosa?" "Io non tornerò ad Asgard... Ma potrebbe sempre accompagnarti Thor... Se decidessi di restare ad Asgard, saresti per sempre sotto la sua protezione..." "Ma... Cosa ne sarà di mio figlio, e i miei genitori adottivi?" "Per questo ti sto dicendo di scegliere Carey... Se andrai ad Asgard, non li rivedrai più...." "Ma... Jonathan per metà è asgardiano, forse..." "Dubito che Odino ti farebbe una simile concessione... E poi, in ogni cosa, lasceresti tutto ciò che ami?" "No... Non credo..." "Allora non andare... Rimarrà una cosa fra me e te..." "E se cambiassi idea?" "Te l'ho detto, dirai a Thor come stanno le cose...".
Carey lo guardò indignata. Possibile che non volesse sul serio tornare mai più ad Asgard?
"Loki, è la tua casa... Come puoi affidarmi a Thor come se fossi un cane? Come puoi dirmi di andare da sola in un posto che tu stesso definisci un covo di serpi?" "Per questo ti sto dicendo di non andare! Resteremo qui, sulla Terra! Vivremo senza avere gli occhi di tutti puntati addosso! Non avremmo un attimo di tregua, non dopo quello che è successo! Il pentito e la ragazza ritrovata! Aspetteranno tutti che noi facciamo un minimo sbaglio, per etichettarci... Anzi, etichettarti!" "Ma saremo insieme, e questo conta più di tutto! Ti sosterrei, in ogni maniera!" "Ma non basterebbe! Tu lì verrai vista come mia moglie, e non ho una buona fama, nonostante il mio cambiamento! Agli occhi della gente resterò sempre un traditore della patria! Ed è questo ciò che vuoi essere? La moglie di un farabutto?" "No, voglio essere la moglie di Loki." "Ed è la stessa cosa..." disse infine Loki, scuotendo il capo, guardando il pavimento.
Carey sentì montarle dentro una grinta e una determinazione che non sapeva potesse possedere, e costrinse Loki a guardarla, prendendo il suo viso in una mano: "Ascoltami bene, dio degli inganni! Stai per combattere una guerra, in cui c'è molta probabilità di finire schiacciati da una potenza superiore, e stai mettendo a rischio la tua vita per noi tutti e... Quando sei arrivati sulla Terra, avresti potuto farci del male benissimo, ma non lo hai fatto! Forse sacrificherai te stesso per il bene degli altri, e vuoi dirmi di essere ancora un farabutto?!" "Poche buone azioni non servono a fare un eroe, o di me un essere migliore..." "Ma sono pur sempre importanti! Se andrai ad Asgard, sono sicura che nessuno oserà dire una parola sul tuo conto, e tutti ti guarderanno con rispetto! E io... Se questo ti aiutasse, io verrò con te... Porterò Jonathan, e Odino non dovrà azzardarsi a fiatare! Ci sarò io al tuo fianco, se solo me lo permetterai!" "Carey io..." "Cosa scegli, Loki? Una vita da reietto e da eterno esiliato, o un rientro a testa alta e fiera? Scommetto che il Loki che Thor conosceva sceglierebbe la seconda! Mostrami che quel Loki esiste ancora, il mitico dio degli inganni e del caos! Dimostra a tutti che nonostante tutto tu conservi ancora la tua dignità! Perchè vuoi lasciare andare tutto così? Perchè vuoi fargli credere di aver avuto l'ultima parola e vederti sconfitto? Se quello che mi hai raccontato è vero, da tua compagna quale sono sento il dovere di sostenerti e avere fiducia in te! Perchè vuoi deludermi?" sbottò Carey infine, prendendo Loki per le spalle, scuotendolo debolmente, fissandolo negli occhi.
Lui accennò un sorriso, ma esso si spense in un attimo.
Possibile che fosse così cieco da lasciarsi sfuggire la propria dignità tra le mani come fosse sabbia? Possibile che non volesse lottare?
Accarezzò la guancia incavata di Loki, lasciando che fossero gli occhi a parlare, e non le parole.
Lo stava implorando di non fare uno sbaglio come quello di non tornare ad Asgard.Solo in quella maniera l'avrebbe resa orgogliosa.
Avrebbe vinto insieme agli altri la guerra, e poi lei, lui e Jonathan sarebbero stati insieme, nella città Asgardiana.
"Promettimi che ci andremo insieme, una volta che tutto sarà terminato..." "E la tua vita? I tuoi genitori adottivi?" "Capiranno, ne sono sicura! Capiranno che questa è la scelta che voglio fare! E poi... Come potremmo essere mai felici sapendo che il nostro posto è altrove?" "Il mio posto non è con quegli ipocriti!" "Ma l'hai detto tu stesso che ci sono anche individui validi! Non possono essere tutti ipocriti!".
Loki scosse la testa.
Che razza di testardo.
"Facciamo così, decideremo appena finita la guerra, va bene? Promettimi che ci penserai, Loki!" "Va bene...".

Carey si alzò dal letto, e fece per uscire dalla stanza, ma venne fermata dal dio, che la richiamò indietro, l'urgenza nella sua voce: "Carey!" "Sì?" "Promettimi che se dovessi morire... Andrai ad Asgard ugualmente, anche senza di me!" "Questo non succederà, Loki! Non morirai, ne sono certa! Non riesco a immaginare il dio del caos morire in una guerra che in confronto al Ragnarok è un mucchietto di polvere..." "Come sai del Ragnarok?" "Ho studiato molte leggende sul tuo conto, sai?" rispose con un sorriso Carey, "Ma sai che ti dico? Non mi importa, qualunque cosa succeda o tu combini, da questo momento sarò sempre al tuo fianco, ti sarò fedele e sarò la compagna che il dio del caos merita!".
Loki si alzò di scatto, e direttosi verso Carey, la prese tra le braccia e la strinse a sè, senza parlare. La abbracciò e basta, come se non volesse più lasciarla andare. Come se fosse la sua unica ancora che gli permettesse di non sprofondare.
Carey ricambiò l'abbraccio, affondando il capo nel petto di Loki, e chiudendo gli occhi.
Non gli avrebbe permesso di lasciarla di nuovo, non avrebbe lasciato che qualcosa di molto più grande e oscuro di una semplice lite li separasse per sempre.
Non avrebbe perso di nuovo una persona che amava, nessuno le avrebbe portato via Loki.
Lui avrebbe combattuto, e avrebbe vinto.
Ne era sicura.
Lo avrebbe fatto per lei, per Jonathan, per tutti.
Non importava ciò che lui aveva detto o fatto.
Il passato era passato.
C'era da concentrarsi sul presente.

POV THOR

Mentre Loki e Carey erano usciti dalla sala, Thor era rimasto a parlare con gli altri.
La situazione era considerevolmente peggiorata con il salvataggio di Loki, e se prima Thanos era avido di vendetta nei confronti di Midgard, ora era davvero furente e con ogni probabilità la brama di distruggere tutto e tutti era aumentata, senza contare il suo vantaggio dal punto di vista dei soldati. Nonostante i Tre Guerrieri stessero reclutando tutte le forze che potevano da ogni angolo dei mondi rimasti, Thor era più che convinto che anche quella volta fossero in svantaggio. Stark stava progettando nuove armi e macchine da combattimento, era vero, ma non bastavano, non contro un potere come quello del Guanto dell'Infinito, contro il quale nulla poteva opporsi.

“Thor, prima che tornassimo qui, sulla Terra... Cosa vi siete detti tu e Loki?” gli domandò a un certo punto Steve, che era stato a parlare con Stark fino a quel momento.
Il dio del tuono alzò lo sguardo verso l'eroe a stelle e strisce, e tacque, invece di parlare.
Loki gli aveva fatto promettere che non avrebbe detto nulla a nessuno riguardo ciò che si erano detti, ma era il caso di mentire? Se lo avesse fatto, Loki avrebbe potuto risaperlo, e allora tutto quello che forse si stava ricostruendo con lui sarebbe andato perduto.
“Abbiamo parlato di come si sarebbe potuto muovere ipoteticamente Thanos dopo che abbiamo strappato mio fratello dalle sue prigioni... E di come accoglierlo propriamente una volta che giungerà qui...” mentì infine il dio, sospirando e lasciandosi cadere su una sedia.
Tutti, apparentemente, sembrarono credergli: “E allora? Cosa siete riusciti a dedurre?” chiese Fury, con un luccichio di speranza negli occhi.
“Con mio grande dispiacere nulla... E il tempo stringe sempre più, Thanos potrebbe arrivare da un momento all'altro, e noi non siamo preparati!” “A dire la verità, biondone bellimbusto, le mie macchine e le mie armi sarebbero quasi pronte, ma dubito che, per quanto potenti, qualche robot e fuoco d'artificio possano tenere occupato per molto Thanos, o sbaglio?” “Non sbagli, Stark, ed è per questo che i miei amici e compagni di battaglia sono andati a fare un rastrellamento di tutti gli abitanti dei mondi rimasti, e sono sicuro che torneranno ad Asgard tra non molto...”.
Stark annuì, poi sospirando chiese: “Fino ad ora quanti sono certi di stare dalla nostra parte?” Circa due o tre regni, tra i quali i Giganti di Ghiaccio e gli Elfi della Luce... Ma dobbiamo mettere in conto che già due popoli sono fuori dalla nostra portata... Thanos li ha sterminati senza pietà... Vi è solo un luogo dove ci è proibito andare, dove nessuno si è mai azzardato a mettervi piede... Le terre di Hel, il regno dei morti...” “Non c'era il Valhalla una volta se non ricordo male?” “Si, uomo di metallo, ma lì vi possono andare i defunti morti gloriosamente e dall'animo puro... È ad Hel che si riuniscono la maggior parte dei morti... Sono terre desolate, dove non cresce nulla, buie e nebbiose, come un campo in inverno in cui è sempre notte. La regina Hel regna su queste terre...” “E chi sarebbe?” “Non mi è dato saperlo... Gli unici a esserne a conoscenza sono Hel in persona e mio padre, Odino...” “E Loki? Scommetto che ne sa qualcosa quell'impiccione! Non sono la sua specialità gli intrighi?” “Glielo chiesi una volta, e mi rispose di saperne meno di me... Non capii mai se stesse mentendo o solo bluffando...”.
Stark smise di orbitare attorno al tavolo.
“E questa Hel non potrebbe che ne so darci una mano? Insomma, sarà forse uno scheletro che cammina ma qualcuno dovrà proteggere le sue terre e far sì che nessuno ne esca mai!” “Si racconta che non abbia né un esercito né altri a proteggere i suoi domini, o meglio... Si racconta che ci siano dei mostri a fare la guardia, ma nessuno sa se è vero, perchè nessuno torna mai da Hel... A meno che..." ma in quel momento Thor tacque, considerando una idea pazza e malsana quella che gli stava affiorando nella mente.
Era troppo rischioso andare da Hel, nella terra dei morti... Ed era proibito...

"A meno che cosa?" disse una voce, da dietro le loro spalle.
Loki e Carey erano tornati e a quanto pare avevano ascoltato le ultime parole del dio del tuono.
"No, niente... Non è contemplabile ed è troppo rischioso..." "Ma di' almeno di cosa si tratta, dannazione!" "Lascia stare, Loki... Io..." "Thor, sono o no il dio delle menzogne? Mi accorgo quando qualcuno mi sta nascondendo qualcosa!" "Oh, va bene! Stavo pensando di andare a chiedere aiuto a Hel!" "Che cosa?!" "Hai capito benissimo! Ma non è saggio e ci vorrebbe troppo tempo!" .
Loki sembrò diventare pensoso.
"Potrei andare io..." "Eh?! Stai scherzando?!" "Avanti, Thor! Il problema è solo saper parlare ad Hel con il metodo e le parole giuste! E chi meglio di me saprebbe farlo?" "Non se ne parla! Chi entra ad Hel non ne esce mai più, lo sai! Nessuno ci andrà, fine della storia!" chiuse il discorso Thor, la voce dura e che non ammetteva repliche, soprattutto da Loki.
"Bene, allora! Cosa proponi di fare, signor saputone?" "Sif e gli altri sono andati a radunare i popoli degli altri mondi, e presto saranno qui, Padre giungerà qui con i suoi soldati prima che la guerra inizi, e Galdor, Bylstir ed Helblindi lo stesso..." "Cosa? I figli di Laufey?! Ma..." "Tranquillo, hanno detto che la rivalità con Asgard a patto che tu non faccia altri danni, e aspettano solo un messaggero che li avverta, e Galdor è tornato alla sua città prima che tu guarissi per mettere insieme il suo esercito. Come vedi, Loki, un piano c'è!" "E secondo te degli eserciti mortali e delle armi midgardiane pensi riusciranno a fermare la furia distruttiva di Thanos? Sei fuori strada, devo dirtelo!" "Ma è la sola speranza che abbiamo!" replicò Thor esasperato.
Loki scosse la testa, e indietreggiando, uscì dalla sala, lasciando lì Carey, confusa e senza nulla da poter dire, e gli altri.
Thor lo seguì, correndogli dietro.
Loki si stava dirigendo verso l'uscita, e il dio del tuono sapeva bene cosa aveva in mente e doveva fermarlo.
Lo raggiunse, e lo prese per un braccio, facendolo voltare.
"Loki! Che cosa hai in mente, si può sapere?" "Di fare quello che tu non avresti mai il coraggio di fare! Vado a cercare rinforzi!" "Loki, non farlo! Non andare ad Hel! Non tornerai indietro, non vivo in ogni caso!" "Chi se ne importa! Devo tentare, va bene? Non posso starmene con le mani in mano! Sono stato imprigionato per un mese, poi esiliato sulla Terra, e imprigionato di nuovo con tanto di tortura! Sono stufo di starmene buono a non fare nulla, e di farmi comandare a bacchetta! Io faccio quello che voglio, ricordalo Thor!” rispose Loki, quasi ringhiando, e con uno strattone liberò il braccio dalla salda presa del fratello, e continuando quindi a camminare, mentre Thor lo seguiva cercando di farlo ragionare.
“Loki, ascoltami, è una impresa folle! Hel ti riderà in faccia! Non vorrà avere nulla a che fare con gli affari dei vivi, e per di più di Midgard! E sai che se anche accettasse di aiutarci, non lo farà senza nulla in cambio! E allora cosa farai? Baratterai con lei la tua vita, Asgard? Cerca di ragionare per una volta! Ascoltami!” “Mi pare che quello che non ha mai ascoltato fossi tu, Thor, e non di certo io! E se anche dovessi barattare la mia vita, così sia, non mi importa!” “E non ti importa nemmeno di Carey?” insistette Thor, facendo arrestare di colpo Loki, che si voltò appena. “Mi importa, e lo sai. Ed è per questo che se dovessi non tornare o morire in battaglia, tu la proteggerai e prenderai sotto la tua ala protettrice! E che la porterai ad Asgard, insieme a suo figlio!” “Ma lei è un'umana, come...” “No, lei è un'asgardiana.”.
Thor credette di aver sentito male: “Cosa?” “Carey è un'asgardiana. Ricordi la storia di quella bambina che si credeva fosse andata perduta? La stessa che era promessa in sposa a me?” “Credo di sì... Intendi dire che...” “Sì. È lei.” “Sigyn? La figlia scomparsa di Iwaldi? Ma come può essere?” “ Quando prima siamo andati a parlare in privato, è proprio questo quello che lei mi ha raccontato.” e il dio degli inganni raccontò la storia di Carey, il ritrovamento e tutto il resto, mentre Thor si sentiva sempre più confuso.
“Ora credo che tu capisca perchè ha il pieno diritto di tornare ad Asgard e di rimanerci, e tu dovrai assicurarti che non le manchi nulla, soprattutto l'affetto che le servirà se...” “Ma ci sarai tu con lei, Loki. Basta fare i pessimisti.” “E allora tu smettila di intralciarmi la strada, e lasciami andare da Hel. Vedrai che saprò convincerla! Nessuno sa resistere alle parole lusinghiere e piene di promesse dell'Ingannatore, soprattutto la superba Hel.”.
Thor non voleva lasciar andare Loki incontro a un salto nel vuoto come quello, ma ammetteva che il dio aveva ragione dopotutto. Non ce l'avrebbero mai fatta in quel modo, e Hel era una delle poche speranze rimaste.
“Va bene. Ma giura che tornerai. Che tornerai portando con te buone notizie.” “Lo farò, o tenterò almeno...” rispose Loki, e detto ciò, uscì dalla base dello S.H.I.E.L.D con gli occhi di Thor che lo guardavano allontanarsi.

Suo fratello era davvero cambiato.



N.d.A.

*Hnossa in realtà non sarebbe proprio la sorella di Sigyn ma non volevo complicare ulteriormente la faccenda. Sorry :)


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Capitolo 28
*** 26. Vecchi segreti tornano a galla ***


Buonsalve lettori! Scusate per l'ennesima volta il ritardo, sono deplorevole e io stessa condanno la mia inerzia... :/
Oook, detto questo, spero che il capitolo non risulti troppo breve nè ingarbugliato... Non esitate a farmelo
presente, sono qui anche per essere giudicata dopotutto e conto molto sul vostro parere :) .

Detto questo, vi lascio alla lettura, sperando che vi piaccia.
Alla prossima,
Un bacione,
Snow.

 

 

POV LOKI

 

Aveva giurato di tornare, sano, salvo e con buone notizie. Aveva promesso di fare di tutto per convincere Hel ad aiutarli.

Ciò che lo preoccupava, però, non era con quali parole avrebbe dovuto incantare la dea perchè cedesse, ma a come si sarebbe ripresentato.

Il suo motivo di tormento era uno solo: dopo tutti quegli anni passati nel silenzio, senza una parola, come avrebbe reagito Hel?

Era conosciuta per la sua crudeltà, circolavano leggende di ogni tipo sul suo conto, e nessuno mai l'aveva vista, nè era stato in grado di contemplarne il tetro regno così da poter riportare informazioni.

Sì, quelle leggende potevano essere vere e sibilline per Thor, ma per Odino non era così. E non lo era neanche per Loki.

Già, lui conosceva bene Hel, conosceva ogni minima sfaccettatura del suo carattere e dei suoi modi di fare, sapeva quanto lei potesse risultare meschina e orribilmente volubile, il tipo di dea che solo perchè le andava sarebbe stata capace di compiere un genocidio.

Non aveva mai avuto rispetto per i mortali, nè per gli altri mondi in generale, dai quali si era sempre sentita separata. Solo verso Asgard nutriva qualcosa simile al rispetto o meglio a un comportamento tanto docile quanto falso. Non avrebbe mai osato andare contro Asgard, contro Odino, colui che era stato capace di toglierle ciò che le era più caro, i suoi fratelli... Era stata molto legata a loro, a Fenrir il lupo e al mutaforma Jormnugard.

Odino era colui che aveva provveduto che fino all'età adatta per vivere da sola Hel fosse rinchiusa in una segreta, in compagnia solo della muffa e delle torce, dove nemmeno un raggio di sole aveva avuto la possibilità di entrare, lontana dalla madre e dai fratelli, spediti lontano, separati per sempre.

E come faceva a sapere tutto questo Loki? Beh la risposta era evidente. Hel era sua figlia.

Una figlia che a malapena aveva visto, come del resto valeva per i Jormungard e Fenrir.

Erano nati dall'unione, se così si poteva definire, tra lui e una gigantessa, Angrbroda. Nonostante il nome della sua razza avrebbe potuto rimandare a una immagine non proprio gradevole, parlando di lei non si poteva negare che fosse stata immancabilmente avvenente e giovane. Entrambi a quel tempo erano stati giovani e incoscienti.

Lui, un tipo riflessivo e che tendeva a ragionare, aveva finito col perdere la testa per la gigantessa.

Era stata la prima creatura femminile sulla quale lui avesse posato le mani, senza considerare lo scherzetto fatto a Lady Sif.

Quando Odino aveva scoperto cosa aveva combinato Loki era già troppo tardi, e vi erano in circolazione tre figli illegittimi del dio degli inganni, due dei quali mostruosi.

Fenrir era un imponente lupo, dalla stazza inimmaginabile, quasi il doppio di un lupo qualsiasi. Dal manto argentato e chiazzato qua e la di nero, le zanne candide e acuminate, e gli occhi tinti di sangue, Fenrir non era stato sempre una bestia feroce e ingestibile.

Da piccolo era stato docile e tranquillo come cucciolo, dotato del dono della parola, ma poi qualcosa nel suo istinto primoridale lo aveva spinto verso il suo destino e ad essere temuto da tutti gli dei, tranne Loki.

Per la sua eccessiva violenza il lupo era stato condannato a essere legato con una corda magica, detta di Gleipnir, e per tanto tempo si vociferarono le leggende più assurde, come quelle che un giorno avrebbe ucciso Odino, una delle cause principali per le quali si sarebbe scatenato il famigerato Ragnarok, al quale Loki non dava importanza, considerandole solo favolette da bambini. Non ci sarebbe stato alcun Raganarok.

Jormungard era il solo vero figlio meschino fra tutti e tre.

Un mutaforma e un appassionato di inganni, caratteristiche ereditate da Loki, ma che a differenza del padre preferiva agire guidato dall'orgoglio e dall'ambizione cieca, che non lo aveva portato da alcuna parte.

Poteva apparire come un enorme serpente, ma non disdegnava affatto sembianze divine di un giovane dai lunghi capelli rossi, occhi verdi e penetranti, e tratti cesellati, o qualsiasi altra forma che servisse per i suoi scopi.

Era stato mandato a fare la guardia all'albero che sosrreggeva i Nove Mondi , e lì era dovuto rimanere, nonostante a volte si allontanasse per andare a combinare ogni genere di intrighi. Era fin troppo evidenti chi fosse suo padre.

Eppure, nonostante i suoi figli fossero dei veri e propri mostri, li amava lo stesso. Non importava quanto Odino li avesse confinati lontano da lui.

 

 

Loki si guardò intorno, per rendersi conto di dove si trovasse e dove si dovesse dirigere per arrivare alla dimora di Hel.

Già, Hel. La signora dell'Oltretomba. Come la conosceva bene. E il perchè di ciò era semplice. Ella era il frutto di una relazione di molti anni fa tra Loki e una gigantessa, Angrbroda. Loki si era assunto le proprie responsabilità, in cambio del silenzio. Nessuno, tranne lui, la gigantessa e Odino, sapeva del legame loro con la dea dell'Oltretomba.

Certo, non si aspettava un trattamento di favore da parte di Hel solo perchè era suo padre, ma una cosa era certa: se c'era qualcosa che lei aveva ereditato da Loki era l'arguzia, una certa bravura nelle arti magiche, specie quelle oscure, e l'orgoglio, misto a una certa vena persuasiva e a una lingua che sapeva cosa dire e come dirlo. La cosa fondamentale da sapere su Hel era che non faceva mai nulla per niente, e Loki avrebbe dovuto stringere con lei un patto, o una certa penitenza da pagare, in cambio del ritorno nel mondo dei vivi, e Loki avrebbe fatto qualunque cosa pur di tornare da Carey, pur di avere una seconda possibilità da sfruttare al massimo delle probabilità.

Il problema era che Hel era pur sempre sua figlia, e anch'ella mostrava una certa tendenza all'inganno e alla manipolazione della mente, e purtroppo, cosa che andava oltre le potenzialità del padre, il quale era un potente mago, era anche capace di manipolare e anche torturare il corpo, o l'anima di chiunque.

Con Hel bisognava giocare bene le proprie carte, perchè si aveva una sola possibilità di fare centro dritto al bersaglio.

 

 

Era un paesaggio simile a dei resti di una foresta dopo che era passata la lava di un vulcano: una luce grigia proveniva da chissà dove e illuminava il paesaggio, come un sole scuro. Il posto ricordava molto anche un deserto. Vi era solo qualche roccia qua e là. Ma niente piante, né fiori di alcun tipo. Tutto si collegava al fatto di trovarsi in un mondo dove era la morte, l'ultraterreno, a comandare e tenere le redini. Lì tutto quello che si poteva definire vivo era bandito dal luogo. Regnava la morte, regnava la sterilità e anche la tristezza. A Loki quel luogo sembrò il proprio cuore qualche tempo addietro, quando era ancora vivo,e dentro di lui non vi era che disperazione, tristezza, dolore, morte e rabbia repressa.

Notò che nell'aria aleggiava una nebbia grigia, attraverso alla quale era possibile vedere solo lo stretto indispensabile.

“C'è qualcuno?” disse quasi urlando Loki, sentendosi stupido a pensare che qualcuno potesse rispondere. Si trovava nel mondo dei morti, e Loki considerò stupido il suo bisogno di sentire che ci fosse qualcuno nei paraggi.

Rassegnatosi al fatto che nessuno potesse sentirlo, si mise in marcia, senza una direzione precisa e cercando di camminare sempre dritto. Più di una volta ls preoccupazione che stesse girando intorno lo assalì, mentre scorgeva a ogni pazzo un paesaggio uguale e senza punti di riferimento.

Poi, dopo ore di cammino, la nebbia sembrò scomparire sempre più, fino a che non ne rimase affato, e Loki si trovò presso una reggia dall'aspetto sinistro e imponente, fatto di marmo grigio e nero, e illuminata da torce, le quali bruciavano di una fiamma verde la quale emetteva sulle pareti ombre e colori inquietanti, da dare ancor più la certezza di trovarsi nella terra dei morti.

Il palazzo era deserto. Nessun servitore. Corridoi vuoti e silenziosi, tortuosi come un labirinto. Ma Loki sentì come se sapesse già come moversi lì dentro, e con suo grande stupore, arrivò in poco tempo nella sala del trono.

“Loki Laufeyson. Finalmente ci incontriamo, dopo tanti secoli.” esordì una voce femminile, calda e sensuale, in confronto al ruolo che la frigida regina rivestiva da millenni.

Su un trono fatto d'ossa animali e umane, i cui braccioli erano fatti da grosse, lunghe, affilate zanne, sedeva in maniera composta e altera, una donna. Loki stentò a credere che quella fosse la bambina che, millenni prima, aveva incontrato una volta, quando Angrbroda lo aveva obbligato almeno a presentarsi alla propria figlia. Quella che si era lasciato alle spalle, era una ragazzina timida, spaventata e indifesa. Ciò che sempre lo aveva colpito di Hel, era che, mentre ci si poteva aspettare una creatura metà donna e metà scheletro o dalle orbite oculari vuote o chissà quali altre combinazioni raccapriccianti, ci si trovava invece di fronte a una giovane donna affascinante, piena di sé, provocante e sensuale. Ed era così che la vide Loki in quel momento, mentre avanzava sempre più vicino al trono d'ossa.

 

La regina si alzò dal trono, e fece qualche passo verso di lui, una camminata fiera e misurata, i tacchi vertiginosi che portava ai piedi risuonarono nel pavimento di marmo.

Era una bellissima donna: alta, formosa per non dire quasi giunonica, dote ereditata dalla madre, e con lunghi, morbidi capelli corvini, che incorniciavano un viso avvenente: pelle pallida, quasi trasparente, due occhi grandi di giada, con qualche accenno di azzurro, e tratti cesellati, con un naso ben disegnato e una bocca piccola e carnosa. Un volto divino, e che, modestamente parlando, pensò Loki, lui aveva contribuito a creare.

Hel indossava un lungo abito verde,con una fibbia d'oro e con accenni di nero qua e la sistemata sui fianchi. In realtà, pensò Loki, Hel era solo una serpe velenosa ammaliatrice e ipnotizzatrice, subdola come pochi.

Loki parlò con voce ferma e al contempo suadente, facendo un inchino: “Nobile Hel, signora dell'Oltretomba, sono qui per....” “... Perchè vuoi sconfiggere Thanos e proteggere la tua compagna e i tuoi nuovi amichetti e Thor." terminò la frase lei, che, sceso l'ultimo scalino del piano sul quale si trovava il trono, si avvicinò e lui, e guardandolo con un mezzo sorriso, uno di quelli che ricordavano Loki, sussurrò: “Alzati, Padre. Non serve che ti inchini a tua figlia.”. Loki alzò gli occhi verso di lei, e senza proferir parola, si alzò dalla posizione inginocchiata , ritrovandosi così alla stessa altezza di Hel, se non per dire che la superava di alcuni centimetri. Lei iniziò a camminargli intorno, senza distogliere i propri occhi da quelli del dio degli inganni.

“Dimmi, padre... Perchè io, signora dei morti, dovrei soddisfare questa tua innaturale e anche arrogante richiesta? Per un capriccio di un dio nei confronti di una fragile asgardiana, e dei semplici mortali? Gli umani sono come le foglie, Loki, prima o poi, cadono....” e infine, si fermò di fronte a lui, che paziente ascoltava. “Perchè dovrei prendermi una briga del genere per dei mortali, che tra decenni avvizziranno e lasceranno il mondo dei vivi? Cosa otterrei in cambio?” “Non ritorcermi contro le mie stesse arti, Hel! Sono sempre tuo padre!” disse con voce ferma e alquanto severa Loki.

Hel parve mutare espressione, il viso contratto in una smorfia spiacevole di rabbia o forse solo fastidio, e la voce ridotta a un sibilo: “Sei mio padre, eh? E dimmi, Padre, da quando ti sta a cuore la nostra parentela? Sai, mia madre Angrbroda è morta, appena qualche centinaio di anni fa, e tu ti sei rifiutato di presentarti al suo capezzale, addirittura rinnegando ciò che ci era stato tra lei e te, farabutto meschino! Lei che tu stesso hai abbandonato quando non ti serviva più e quando ormai aveva soddisfatto i tuoi impulsi più infimi! E ora rivendichi la tua paternità e il diritto di esercitarla su di me? Sai, hai imparato molto bene la lezione che il Padre degli dei ti ha impartito!” “Come osi?” “Io posso spingermi ad osare ben più lungi di questo, dio degli inganni.”.

 

Loki tentò di non perdere le staffe, ma era dura riuscirci.

“Ammetto di non essere stato l'esempio di padre modello, ma...” “Te l'ho detto, Loki, se non avrò un buon motivo per aiutarti non lo farò! Ripeto la mia domanda: cosa ci guadagnerei a farti scorrazzare su Midgard insieme a un ipotetico esercito offerto da me?” “Qualunque cosa.... Qualunque prezzo... Qualunque pena....” “Davvero? Non ti ricordavo così sentimentale! Il temibile, perfido Loki, che ha trucidato migliaia di mortali, si da pena per salvare dei mortali e la sua amata! Questa è la preghiera di un bambino, patetico!” e Loki riconobbe quelle parole, le stesse che lui aveva pronunciato alla spia di nome Natasha Romanoff. Si, lui era quello debole, ora. E con voce tremante, supplicò la gelida dea: “Ti prego.... Qualunque cosa. Tutto ciò che vuoi....”.

Hel si ritrasse, lanciandogli una occhiata sprezzante, e tornando sul trono.

“Bene, così sia. Sebbene l'ingresso di un vivo nel regno dei morti sia severamente vietato, tant'è che avrei dovuto infilzare la tua testa su una picca, io ti lascerò tornare nel mondo dei vivi. Da ora sei in debito con me, e se mai dovessi perire in battaglia, il tuo giudizio verrà sospeso. Fino al giorno in cui non deciderò di liberarti, resterai tra la vita e la morte, e dovrai subire una pena, che io ti imporrò. Bada a non lamentarti mai, né a chiedere alcuna grazia. Questa volta, Loki, non ci sarà nessun Thor a intercedere per te. Questa volta, sarai solo. Dovrai affrontare un supplizio per due anni. Un supplizio terribile. Per due anni, in un profondo burrone, verrai lasciato, solo, privo di armi, in balia di un mostro. Un orrendo serpente ti terrà stretto tra le sue spire, fin quasi a soffocarti. Ogni giorno, la stretta si farà sempre più insopportabile,e dovrai sopportarla fino allo scadere dei due anni. Il veleno del serpente colerà su di te sempre, in ogni momento, e dovrai sopportarne il bruciore. Nessuno sentirà le tue grida. Nessuno verrà in tuo soccorso. Poi, se vorrò, potrai tornare ad Asgard, Midgard o qualsiasi altro posto.

Sei sempre convinto di sopportare tutto ciò per amore, Loki? Per salvare dei mortali?” “Si.” “Bene allora! Tutto ciò che posso augurarti è di non morire, di cercare di rimanere vivo... In caso contrario, sai cosa ti aspetta. Ti presenterai al mio cospetto, e inizierà il tuo supplizio. Perciò, cerca di non darti uccidere, o se proprio non ti riesce, muori con dignità e onore, ammesso che ti siano rimasti.”.

Loki sapeva che Hel conosceva il suo avvenire, la verità. Ma non provò neppure a persuaderla dal dirgli nulla a riguardo, era già stata fin troppo clemente.

"Sarai a capo delle mie truppe personali finchè lo scontro non sarà finito. Se sarai vivo, basterà che tu rimandi indietro l'esercito, in caso contrario verrai con loro per andare incontro alle tue responsabilità. Sono stata chiara?" “Così sia, Hel. Abbiamo un patto, e pretendo che sia rispettato.” “Solo una cosa da aggiungere..... Vedi di non far sfigurare il mio esercito con il tuo modo inetto di comandare!”. Loki parve spaesato, “Tutti sanno come sei stato sconfitto pateticamente su Midgard, a capo di un imponente esercito di Chitauri! E fortuna che non sanno che sei mio padre!” spiegò lei con malcelato disgusto in faccia.

“Troverai l'esercito ad aspettarti qui fuori dai cancelli. Interminabili file di non morti al tuo comando, e un Destriero della Morte da cavalcare nella marcia verso Midgard. Ora va', prima che cambi idea!” e lo liquidò con uno sprezzante gesto della mano.

Loki non se lo fece ripetere due volte, e uscì dalla sala del trono quasi correndo. Aveva appena stretto un patto con Hel, dal quale non poteva sperare di fuggire. Però, lei aveva detto che il suo giudizio era sospeso, perciò.... Forse, c'era ancora una speranza flebile. Ma ci avrebbe pensato dopo, ciò che contava in quel momento era tornare su Midgard con l'esercito di non morti e liberarla una volta per tutte da Thanos. Quel mostro gliel'avrebbe pagata per ogni cosa. Per le torture che gli aveva inflitto e per ciò che voleva fare agli altri e a Carey.

E si sentì orgoglioso di esser riuscito a tener fede alla promessa fatta a Thor: che sarebbe tornato con buone notizie, o quasi. Avrebbe omesso il particolare riguardo la sua eventuale schiavitù presso Hel. Non voleva far preoccupare nessun all'infuori di sè stesso.

Varcò i cancelli e si ritrovò di fronte a un esercito che sembrava infinito composto da scheletri e anime. Uno spettacolo che di solito Loki avrebbe definito orribile, se non ripugnante, ma che in quel momento invece gli parve la cosa più bella in tutto l'universo, la sola ancora di salvezza di tutti.

Vide avvicinarsi un destriero dalla stazza quasi superiore a quella di Sleipnir. Un cavallo scheletrico, nero come la pece, occhi fiammanti rosso sangue, un muso sottile e affilato, criniera corvina e fluente. Dalle narici della bestia usciva ogni tanto una nuvola di vapore grigio. Nel complesso il cavallo della morte aveva un'aria più che sinistra.

Il cavallo si avvicinò ancora più a Loki, come a volerlo incoraggiare a salirgli in groppa. Loki, dopo qualche secondo di esitazione, in cui tutti i componenti dell'esercito stettero ad osservarlo in attesa dei suoi ordini, salì sulla bestia, poi gridò con tono di comando, nell'antica lingue asgardiana, quella delle antiche rune e delle leggende: “Avanti, guerrieri! In marcia verso Midgard! Verso Midgard! Viaa!!!!” e detto questo, spronato il cavallo, partì in corsa. Il cavallo sfrecciava come dotato di ali, a una velocità sovrumana, e Loki vide con la coda dell'occhio che tutti i guerrieri si erano trasformati in piccole sfere di luce verde che lo seguivano alla stessa velocità, stando al passo.

Ci volle relativamente poco tempo perchè risalissero dal profondo dell'Oltretomba, e quando infine si fermarono, Loki vide che erano arrivati alla fine del lungo tunnel che congiungeva e al contempo separava il mondo di Hel da quello di vivi.

La parte più difficile forse stava arrivando proprio allora: avrebbe dovuto attraversare più di un regno prima di arrivare su Midgard.

 

Loki chiuse gli occhi.

Heimdall... Heimdall, mi senti?”

Loki... cosa ci fai nella terra di Hel?!”

Non c'è tempo per spiegare! Io e il mio esercito dobbiamo raggiungere subito Midgard! Siamo la sola speranza che rimanga, oltre ai Vendicatori!”

Sai che cosa si rischia a fare un patto con Hel? Sei in debito per l'eternità!”

Forse no... E se anche fosse qui si tratta di qualcosa dio più importante di me!”

Va bene. Prima verrete trasportati ad Asgard, poi fino a Midgard. Dovrete affrontare un doppio viaggio. Loki, sai cosa vuol dire portare un'orda di anime su Midgard? Si tratta di forze incontrollabili che persino gli dei come noi temono!”

Non oseranno toccare gli umani! Non quando ho un patto con colei che li governa! Hel rispetterà l'accordo, credimi!”

Va bene. Spero che tu sappia quello che fai.”.

 

 

POV THOR

 

Loki ormai era partito da più di due ore, e ancora non si era saputo nulla. Nessuna traccia del dio degli inganni, niente di niente.

“Perchè ci mette tanto?! E se Hel lo avesse respinto? O peggio lo avesse fatto imprigionare o uccidere?! O se...” “Hey, Rambo dai capelli ossigenati, vuoi darti una calmata?! Vedrai che quella volpe è già arrivato a destinazione e forse starà anche tornando!” “Si, ma...” “Piuttosto, cerchiamo di prepararci ancora un po' come possiamo per la guerra imminente!” “Stark ha ragione, Thor. Loki sa badare a sé stesso, sa quel che fa, e non c'è bisogno di starsi ad agitare troppo, a meno che non abbia intenzione di tradirci e voltarci le spalle.” intervenne Steve, facendo ragionare Thor.

Fury si rivolse a Tony: “Stark, le armi a che punto sono?” “Sono belle che finite oramai. Mi dispiace non poter fare alcune prove prima di mandarle in campo, ma non abbiamo tempo.”

 

All'improvviso sentirono un tonfo sordo provenire da fuori, così forte da far tremare la struttura.

Corsero fuori, e restarono strabiliati e anche inorriditi da ciò che gli si presentò di fronte: un interminabile esercito di morti si trovava davanti a loro, e a capeggiarli c'era nientepopodimeno che Loki, in groppa a un massiccio e inquietante destriero.

“Allora, che ve ne pare? Riusciremo a vincere?” esordì il dio degli inganni sorridendo beffardamente.

Thor si trattenne dal fare una espressione raccapricciata: “Lo-Loki... Non vorrai dirmi...” “Sì, Thor. Sono tutti morti. Nessuno escluso. Anche questo magnifico esemplare lo è. Immortali nel vero senso della parola e micidiali nell'attacco.”.

Loki scese da cavallo e si avvicinò a Thor e gli altri.

“Come hai fatto a ottenere un simile esercito? Non credo che Hel abbia acconsentito a dartelo senza qualcosa in cambio...” “Ecco... Nulla che riguardi Asgard, Midgard, o voi...” “Gli hai ceduto la tua vita?!” “Non esattamente... Ho promesso che... In caso di morte, io subirò una specie di punizione, per due anni...” “Ti sei condannato Loki! Con le tue stesse mani!” “Non avevo scelta, Thor! Non avevo scelta, e tu lo sai!”.

Loki si voltò verso l'esercito.

Ordinò loro di stare lì per il momento, fin quando non sarebbe stata l'ora di combattere.

“Vado a cercare Carey, se non vi spiace.” “Loki, torna subito quì! Non abbiamo ancora finito il discorso, e...” “Lascialo andare, Thor.” “Uomo di Metallo, mio fratello ha appena ceduto sè stesso alla dea dei morti!” “Non credo che sia stato tanto sprovveduto da fare una cosa simile! Non è nel suo stile!” “Conosco Hel per sentito dire, ma posso dire che è una emerita carogna in fatto di accordi!”.

Stark fa spallucce: “Pensala come ti pare, voi Asgardiani siete troppo testardi per dare ascolto alle opinioni altrui.”.

 

Maria Hill irruppe nella discussione con una espressione preoccupata sul viso e si rivolse a Fury: “Signore! I nostri radar hanno localizzato una grande fonte di energia in avvicinamento! Credo che la guerra stia per avere inizio! Venga a vedere!”.

 

 

 

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