Dangantalia

di frosty lily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il gioco ***
Capitolo 3: *** Free time- 1 ***
Capitolo 4: *** Free time-2 ***
Capitolo 5: *** First victim (+EXTRA) ***
Capitolo 6: *** Investigation ***
Capitolo 7: *** Let the first trial begin! ***
Capitolo 8: *** First execution (+EXTRA) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~~E’ estate e c’è un sole piacevole a Kyoto. Né troppo caldo né troppo freddo.
Ma avviciniamoci, cari lettori, e osserviamo. Osserviamo quelle due figure in kimono che passeggiano nel parco. Quei due ragazzi dai capelli corvini. Si, loro due. Proprio loro.
Come dite? Perché improvvisamente si affrettano verso l’uscita? Ve lo dico io: si sono appena accorti di essere in ritardo per una riunione importante. Cosa stranissima per quei due ragazzi dai nomi e dai visi così simili. Ma del resto l’estate a Kyoto è così bella…
Eccoli, si precipitano verso casa (la stessa, invero) per cambiarsi. Non sbirciamo che è maleducazione.
Ora escono per dirigersi verso l’edificio dove si terrà la riunione. Una trappola per topi, in realtà. Ma loro, ignari di ciò, entrano. Ed ecco il mondo intorno a loro farsi confuso e sbiadito, come un quadro a contatto con la trementina.
E il mio gioco ha inizio. La disperazione regnerà su questo edificio, su queste sedici nazioni e sul mondo!!!
Solo a pensarci inizio a sbavare… ops…
Beh, che il gioco degli omicidi abbia inizio!!

 


*Angolino dell’autrice*
Che dire?? Era da secoli che volevo fare questa cosa. SECOLI.
Chi conosce Danganronpa o Dangantalia avrà già capito. Chi non li conosce capirà nel prossimo capitolo…
Questo breve prologo apre ufficialmente le danze per questa… cosa.
Nel primo capitolo scoprirete i partecipanti e le regole di questo ‘gioco’.
AVVISO IMPORTANTE: Leggete solo se volete spezzarvi il cuore e sbriciolarlo in mille pezzettini, perché ci sarà da piangere. Tanto.
Ditemi nelle recensioni se è il caso di alzare il rating.

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Capitolo 2
*** Il gioco ***


~~Kiku si svegliò nel buio più totale. Era sdraiato su qualcosa di liscio e freddo. Un tavolo, forse, oppure… un banco?
Si alzò e cercò a tentoni la porta. Non fu facile e rimediò una serie di ginocchiate dolorose, tanto che a un certo punto fece un bel capitombolo. Ma riuscì in qualche modo a raggiungere la porta e aprirla. Fuori c’era tanta luce, e ciò gli permise di vedere bene quel posto. Era una classe. Sul cartellino vicino alla porta era scritto: 2-B.
Aveva saputo in precedenza che dovevano trovarsi in una ex scuola, e la cosa lo rassicurò. Dopotutto, se era lì voleva dire che non era stato portato da un’altra parte. Meglio così.
Però, gli sembrava che mancasse qualcosa. Qualcosa di importante… ecco!!
Dov’era Miku? Era con lui quando erano entrati, ne era sicuro. Controllò bene la classe, ma non c’era traccia di sua sorella. Uscì, dunque, e percorse il corridoio.
Prese un mezzo infarto quando una vocina stridula si fece sentire da un altoparlante.
“Upupupupu!! Vedo che siete tutti svegli bastardelli!! Riunitevi in palestra, per favore. Anzi, senza ‘per favore’, andateci e basta!!! Passo e chiudo.”
Kiku era ancora mezzo scioccato. Inoltre gli sembrava di riconoscere quella voce e quel modo di parlare, ma era come se i suoi ricordi fossero stati annebbiati e cancellati.
Dal momento che non aveva la più pallida idea di dove si trovasse la palestra, stabilì di andare a caso.
Svoltando un angolo, si trovò davanti una faccia familiare. E spaventosa. Natalia Arlovskaiya stava in piedi in mezzo al corridoio.
“Hai visto mio fratello?” fu la sola cosa che gli chiese.
“No, mi dispiace Belarus-san.”
“Mph”
“Allora siete qui anche voi?” esclamò una voce alle loro spalle. La voce di Roderich Edelstein.
“Così pare, damerino.” ridacchiò Gilbert Beilschmidt.
“Frefreeee!!! HO PAURAAAA!!”
“Piantala di aggrapparti, pesi.”
Le voci di Charlotte Kirkland e Freja Bondevik si fecero sentire da un corridoio poco lontano.

Poco dopo, l’esiguo gruppetto si dirigeva verso la palestra, nella direzione indicata da una planimetria trovata per strada.
Si trovarono finalmente davanti a quella porta grande e robusta. Gilbert spinse il maniglione ed entrarono finalmente nella palestra.
Ad accoglierli, dei volti familiari.
C’era Elizaveta Hedervary, che appena vide Roderich si fiondò da lui.
C’era Ivan Braginski, che diventò bianco come un cencio nel momento esatto in cui Natalia entrò nel suo campo visivo.
C’era il ‘trio romeno’, Vladimir e Dasha Lupei accompagnati da Andrei Stoev.
C’erano Erin e Richard Kirkland, a debita distanza l’uno dall’altro.
C’erano Lukas Bondevik ed Emil Steilsson, più composti nelle reazioni ma ugualmente sorpresi.
E c’era Miku, stava bene, era lì. Kiku si sentì più sollevato. Ma qualcosa non andava. La ragazza aveva un’aria preoccupata, per qualche ragione.
Veloce le si portò vicino “Qualcosa non va, Miku-san?”.
“Onii-chan… questa situazione non ti ricorda qualcosa?”
“In effetti si ma… non riesco a ricordare cosa…”
“Io si, invece. Per questo mi preoccupo… davvero non ti ricordi di Danganronpa?”
Giappone sussultò. Tutto, tutto ma non Danganronpa!!! Erano in guai seri.
Miku lo guardò preoccupata “Che facciamo??”
“Non lo so, non lo so!!! Se è davvero come pensiamo, allora siamo in guai seri.”
“Di cosa discutete?”
Il trio romeno al gran completo era sbucato alle loro spalle.
Magnifico. Nessuno dei due giapponesi proferì parola. Parlare o non parlare?? Se le loro preoccupazioni fossero state infondate?? E se anche fossero state fondate, ci avrebbe pensato il mastermind a spiegarle per bene.

“Bilancio delle vittime predefinito?”
“Una decina, se sono come gli altri. Se ci va meglio, anche tutti e sedici.”
“Perfetto.”

“Upupupupu~”
Tutti e sedici avvertirono un brivido correre lungo le loro schiene.
“Salve, bastardelli!!! Bando alle ciance, è meglio che vi spieghi subito le regole di questo magnifico gioco!!”
Oh no…
“Scommetto che volete tutti uscire da qui, non è verooo?? Bene, però prima dovete fare una cosa…”
Non dirlo, non dirlo…
“Una cosa semplice… per uscire dovete semplicemente uccidere qualcuno!!”
Inutile dire che i sedici andarono nel panico e i fratelli Honda più di tutti.
“COSAA???” nemmeno Roderich riuscì a mantenersi composto.
Si diffuse in pochi secondi un mormorio confuso, Charlotte si buttò al collo di Freja. Letteralmente.
Richard fece un passo avanti.
“Due cose.  Uno: non me la racconti giusta; due: DOVE SEI???”
Gli altri quindici dovettero dargli ragione. La voce non si era mostrata.
“Se proprio insistete… lo so che tutti muoiono dalla voglia di vedere la mia bellissima faccia…”
Da dietro un piedistallo che nessuno aveva notato sbucò quello che sembrava un orso di peluche. Metà del corpo era bianco, con gli occhietti neri e un sorrisino da peluche. L’altra metà… era completamente nera, a eccezione dell’occhio rosso e del ghigno sadico. Inquietante…
“Il mio nome è Monokuma e sono il vostro adorabile preside! Upupupu…”
Erano tutti scioccati, un balsamo per gli occhi dell’orsettto.
“Ma! Torniamo ai discorsi importanti… in effetti il nostro Richard aveva ragione. Non è così semplice… se qualcuno viene ucciso dovrete indagare e discutere i risultati in un processo.
E se il colpevole viene scoperto sapete cosa succede??” il ghigno dell’orso si allargò smisuratamente “Viene punito.”  Monokuma si prese un’altra pausa a effetto e poi aggiunse: “Con la pena capitale.”

 


*Angolino dell’autrice*

Zalveeee!!! *schiva gli arpioni*
Che c’è? Volete uccidermi perché mi sono inventata di trascinare alcune nazioni in un gioco simile??
Fate pure  u.u  
Danganronpa e Hetalia non mi appartengono.
Addio.  *esce di scena*

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Capitolo 3
*** Free time- 1 ***


~~Kiku sospirò. Dopo averli gentilmente congedati (“E ora smammate, bastardelli!!”), Monokuma era sparito. E gli altri si erano sparsi per il primo piano, l’unico di quel gigantesco liceo a cui avessero accesso.
Qualcuno però non ce la faceva. Come lui, per esempio, a cui era bastato esplorare la propria camera.
La verità era che la situazione era troppo pesante per lui. Soprattutto perché la conosceva fin troppo bene.
Forse, pensò, avrebbe fatto meglio a parlare un po’ con gli altri, per tranquilizzarsi.
Si alzò e uscì, alla ricerca di… chiunque gli fosse capitato sotto tiro.

Qualcuno però non era dello stesso avviso.
Alcuni di loro, che non erano riusciti a superare il trauma iniziale. Non volevano avere relazioni di nessun tipo con gli altri, per paura di ritrovarsi davanti il cadavere di un amico. Purtroppo per loro, molte relazioni esistevano già.
La cosa divertiva molto Monokuma… ma torniamo al nostro protagonista.

Uscito dalla camera, Kiku si era trovato nei corridoi della scuola. Immensa. Smisurata. Cinque piani, e loro per il momento avevano accesso unicamente al primo. Mah.
Purtroppo lui sapeva già come funzionava. Dopo ogni processo, un nuovo piano veniva aperto. Sfortunatamente, processo significava minimo due morti (la vittima e l’assassino, oppure l’intero gruppo).
Era consapevole che qualcuno non avrebbe mai visto gli altri piani, e faceva male. Perché avrebbero voluto uscire da lì tutti insieme.

Pensando e camminando, si ritrovo chissà come nell’area ristorazione, altrimenti chiamata ‘mensa’.
C’erano due o tre persone lì, chi seduto ai tavoli e chi in esplorazione.
Kiku, però, notò per primo Emil. Lo notò soprattutto per lo stranissimo fatto che era solo. Come era riuscito a eludere la strettissima sorveglianza dei fratelli maggiori?? Mistero.
L’islandese (probabilmente il più giovane tra tutti e sedici) sedeva ad un tavolo in disparte, esaminando con sospetto una tazza di tè. Annusava il contenuto, probabilmente per accertarsi che fosse sicuro bere.
Giappone gli si portò vicino. Non dovette dire nulla, perché lui iniziò a parlare per primo.
“Tu che dici, è sicuro?” gli chiese, senza staccare gli occhi dal liquido ambrato.
“Vuoi che qualcuno di loro stia già pensando di avvelenarti? Credo che, una volta scoperto il colpevole, se la dovrebbe vedere con i tuoi fratelli…” 
E non dev’essere piacevole…  
A Emil scappò una risatina. I Bondevik erano noti per essere particolarmente iperprottettivi nei confronti di Islanda. E anche piuttosto vendicativi.
“Non è di loro che mi preoccupo, infatti.” replicò infine il più giovane “Io mi preoccupo di quell’orso…”
La sua schiena fu scossa da un brivido. Monokuma doveva averlo terrorizzato. E non poteva dargli torto, l’orsetto bicromatico era a dir poco inquietante.
Kiku lo tranquillizzò: “Non può ucciderti senza che tu abbia fatto qualcosa che viola le regole o ucciso qualcuno. Persino lui ha delle regole da rispettare. E in ogni caso opterebbe per un’esecuzione in pubblico, non per il veleno…”
A quel punto Emil assunse un’aria interrogativa. “E tu come le sai tutte queste cose?”
Ci avrei scommesso…
Il giapponese prese fiato e gli spiegò tutto: Danganronpa, Monokuma e il gioco degli omicidi.
Gli occhi viola dell’islandese erano sempre più spalancati. “Pazzesco” disse infine “quindi tutto questo era già successo…”
“Se è quello che penso… sì, è già successo.”
“Oh, no…” Emil affondò il viso tra le mani.
Kiku si pentì vagamente di averlo spaventato in quel modo. Ma aveva bisogno di parlare con qualcuno di quel dubbio. E il primo che gli era capitato a tiro era lui. La sorte si stava divertendo parecchio.
“Beh…” Emil si alzò. “O-ora… credo di dovermi riposare…”
Più pallido del solito, lasciò lì il tè ed uscì.
Ops. Non credevo si spaventasse così…
Kiku si allontanò dal tavolo. Meglio parlarne con qualcun altro. Che fosse in grado di incassare il colpo, però…

 


*Angolino dell’autrice*
La scelta a voi!!
Con chi parlerà il nostro Nihon per sfogarsi?? Scrivetemelo nelle recensioni   ^^
E scusate se ci ho messo parecchio a scrivere questo capitolo, e scusate per il povero Ice, e scusatemi per tutto. Il caldo mi dà alla testa.
Frosty

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Capitolo 4
*** Free time-2 ***


~~Con chi poteva parlare?  Miku sapeva già tutto, esattamente come lo sapeva lui.
Forse Vladimir, Dasha o Andrei potevano essere una buona scelta. Tutti e tre avevano una psiche abbastanza forte e un sorriso contagioso (soprattutto Vlad, se si andava oltre i lunghi canini).
Un’altra idea poteva essere Roderich o Elizaveta. Entrambi, di fronte a notizie come quella, avevano un autocontrollo invidiabile.
Optò infine per loro due; il primo che avesse trovato, a meno che non fossero in coppia al momento. Opzione probabile, tra l’altro.
Camminando per i corridoi, si imbatte in un terremoto forza 8 (ovvero Charlotte) che si trascinava letteralmente dietro una bambola di porcellana con la forza di un rinoceronte (alias Freja) in giro.
Erano le amiche più strane che avesse mai visto al di fuori di un anime. Soprattutto perché la norvegese sembrava perennemente seccata della sua presenza, ma nonostante ciò non faceva nulla per allontanarla. Boh.
Finalmente, quando entrò in biblioteca, riuscì a trovare Roderich, impegnato nella contemplazione di alcuni spartiti trovati in mezzo ai libri e alle carte. Elizaveta non era con lui.
“La tua musica è particolare.” esordì l’austriaco, vedendolo entrare “Ma mi piace molto.”
“Ne sono onorato, Austria-san.”
“E questa biblioteca è davvero ben fornita. Mi chiedo perché debba essere proprio in questo posto…”
“Hai ragione, ma questa una volta era una scuola superiore per studenti con talenti speciali.”
“Davvero? In tal caso non è poi tanto strano… anche se dovrebbero mettere una biblioteca così anche nei luoghi dei meeting. Ci sono libri in moltissime lingue, e sono archiviati in modo a dir poco eccezionale.”
“Sono lieto che ti piaccia. In ogni caso, possiamo parlare?”
“Di che cosa mi vorresti parlare?”
“Di questa situazione. Ecco… deve sapere che, in un… mondo parallelo, questa cosa era già successa.”
“Questa cosa che quello psicopatico chiama ‘gioco’? Ma cosa vai dicendo?”
“Credo... di sì… in ogni caso, credo che abbia capito anche tu quanto questa situazione sia tragica. E, se va come penso io, sarà estremamente tragica.”
“Spiegati.”
E lo fece.
Gli spiegò tutto, come lo aveva spiegato a Emil.
Lui non lo interruppe una sola volta. Ascoltò fino alla fine, finchè nella biblioteca non calò un silenzio di tomba. Nessuno dei due parlava. L’aria era anch’essa immobile e tesa.
“Capisco.” sentenziò infine Roderich “Quindi in poche parole… siamo nei guai fino al collo. Quante vittime hai detto che erano?”
“Una decina…”
“Maledizione. Mi chiedo…” si interruppe “No… non fa nulla…”
“Dimmelo, per cortesia.”
Austria esitò. “Ecco… mi chiedo chi sarà il primo.”


Dopo aver congedato Roderich ed essere uscito dalla biblioteca, Kiku si ritrovò di nuovo solo.
Bello.
Incrociò Natalia, che però non lo degnò di uno sguardo, visto che era alla ricerca di Ivan.
Incrociò Dasha, e anche lei lo ignorò, poiché era assorbita nella contemplazione di una finestra. Ovviamente sbarrata.
Incrociò anche Elizaveta, che gli chiese se aveva visto Gilbert. E, a giudicare dalla sua aura omicida, non era per prendere un tè insieme.
Certo che con le donne sei un fenomeno, Prussia-san.
Cammina cammina, si ritrovò nuovamente nei dormitori. Andrei, seduto in corridoio, leggeva un libro in una lingua per lui incomprensibile, probabilmente bulgaro.
Dopo pochi secondi impallidì e chiuse il libro.
“Macabro” sussurrò con la faccia di chi ha visto un fantasma “Troppo macabro.”
Alzò la testa verso di lui e commentò: “Questa roba spaventerebbe Russia, ma il titolo non c’entra nulla!!! È uno scherzo??”.
La sua faccia era diventata più bianca di prima.
“Ah.” fu il commento di Kiku.
“Puoi dirlo.” ironizzò Bulgaria, alzandosi in piedi “Come se la situazione non fosse già abbastanza critica. Incubi assicurati, stanotte.”
“Hai ragione, Bulgaria-san.”
Il silenzio calò nel corridoio. Ad un tratto Andrei cominciò a frugare nel taschino.
“Vediamo se… ah, sì.”
Estrasse dal taschino una piccola busta di plastica, che conteneva un qualche tipo di erba secca, triturata, di una gamma di colori che andava dal beige al rosso scuro.
“Cos’è?”
“Rose. Eh, sì. Sono petali di rosa essiccati. Li uso per tranquillizzarmi, hanno un buon odore.” spiegò, aprendo la bustina e avvicinandola al naso. Respirò un paio di volte l’odore dei petali, per poi espirare profondamente.
“…”
“Va già meglio” sentenziò infine.
Porse la bustina aperta a Kiku. Il giapponese avvicinò il naso e annusò rapidamente. Con lui non funzionava, per qualche ragione. Ne dedusse che probabilmente Bulgaria, noto amante delle rose, traesse sicurezza dalla loro vicinanza. Lui probabilmente avrebbe avuto bisogno dei fiori di ciliegio.
Si ripromise di mangiare qualche ciliegia più avanti. Magari avrebbe funzionato.
Congedò Andrei e tornò in camera sua. Si sentiva terribilmente stanco, aveva un bisogno urgente di riposare.
Ma non riuscì ad addormentarsi. Non faceva che ripensare alle ultime parole che aveva scambiato con Austria.
Chi sarà il primo? Già, Austria-san ha ragione. Non possiamo saperlo.
Kiku si ripromise di parlare con lui un’altra volta. Roderich aveva capito bene la situazione e aveva saputo mantenere il controllo.
Si girò a guardare il muro. Ci vedeva proiettati i volti delle altre nazioni, e si chiedeva chi sarebbe caduto per primo in quel gioco.
E, mentre le proiezioni continuavano infinite, lui sprofondò nel sonno.


Fu svegliato intorno alle 8 di mattina da un annuncio di Monokuma. Il buongiorno.
Si presentò in caffetteria.
C’erano quasi tutti.
Mancavano i due norvegesi, Romania, Austria, Russia e Miku.
Lì per lì non ci badò più di tanto. Se fosse mancata solo una persona si sarebbe preoccupato eccome.
Però c’era qualcosa di strano. Sapeva che Miku impiegava parecchio tempo per vestirsi, che Vladimir aveva notevoli problemi d’insonnia (ma no?), che Ivan preferiva mangiare da solo per evitare Natalia e che Lukas e Freja mangiavano molto presto e probabilmente erano già in giro per la scuola.
Ma il ritardo di Austria non riusciva a spiegarselo. Non era da lui.
Un’ansia crescente gli afferrò lo stomaco.
“Ohayo” disse Miku entrando. Sembrava parecchio stanca, probabilmente anche lei non era riuscita ad addormentarsi subito.
Elizaveta, poco più in là, era preoccupatissima. Doveva essere arrivata alla sua stessa conclusione.

Kiku, finita in fretta e furia la fetta di dolce alla frutta che aveva preso a colazione, si alzò scusandosi. Voleva andare a cercare Austria. Ungheria lo seguì, senza nemmeno finire i suoi cereali integrali. Andrei e Natalia, che avevano finito da un pezzo, si alzarono e uscirono con lui.
Quel gruppetto di ricerca mal assortito (soprattutto perché Natalia voleva solo trovare Ivan) si mosse per i corridoi del primo piano.
Nei dormitori non ottennero risultati. Vladimir stava ancora dormendo e Ivan si rifiutava di rispondere, Roderich però non era lì.
Incrociarono i Bondevik nell’aula di musica. Nessuno dei due sapeva nulla.
E via via le possibilità si riducevano.
Elizaveta era vicina a un attacco di panico. A ogni stanza che scartavano, la sua faccia diventava sempre più bianca e il suo respiro sempre più corto. Sembrava sul punto di impazzire.
Spalancarono la porta della biblioteca.
Sapevano che Roderich era solito frequentare solo le sezioni di musica, storia e geografia.
Nelle prime due non ottennero risultato.
Quando entrarono nella sezione di geografia, si bloccarono lì dov’erano.
Il respiro di Kiku rallentò fino a fermarsi.
Non è possibile…
Elizaveta si portò le mani alla bocca, una lacrima silenziosa le solcò la guancia.
Andrei fissò quello spettacolo senza aprire bocca.
Natalia mosse un passo incerto. Prese il polso marmoreo del ragazzo abbandonato sulla sedia e poggiò il pollice dove la vena della vita pulsava.
E da come li guardò, capirono.
Era successo davvero. La prima vittima.
Roderich Edelstein era morto.

 


*Angolino dell’autrice*
Ta-ta-ta-daaaan!!!
Ebbene si. È successo davvero.
Povero Rod   T.T
Non ho altro da dire. Recensite, se volete.

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Capitolo 5
*** First victim (+EXTRA) ***


~~Elizaveta si accasciò sulle ginocchia, immediatamente soccorsa da Andrei.
La castana allontanò con un debole gesto il bulgaro, che capì e si rialzò sconsolato.
Non c’era più nulla che si potesse fare.
Natalia si rialzò e chinò leggermente la testa, in rispetto del defunto e della sua ex-moglie. Ex, ma lo amava ancora moltissimo, era così evidente.
“Cosa è su-?” i Bondevik ammutolirono entrambi di fronte a quello spettacolo. Negli occhi di ghiaccio dei due passò una scintilla di ansia, preoccupazione, forse addirittura panico.
Il cervello di Kiku, intanto, si era semplicemente staccato dalle orecchie. Si sentì sudare freddo, mancare il respiro, cedere le gambe*.
Riconosceva i sintomi: era bassa pressione e debolezza polmonare. E non era affatto sorprendente, viste le circostanze. Miku ne soffriva, quindi sapeva bene cosa fare. Tuttavia, era enormemente più complicato applicare quelle azioni a sé stesso, piuttosto che a sua sorella. Stavolta l’infortunato era lui.
Lukas ci mise poco a riprendersi. Tirò leggermente la sorella per la manica, e si allontanarono per chiamare gli altri. Non che fosse necessario.
“Pim-pom-pam-pooom… è stato ritrovato un cadavere!! Tra un po’ di tempo avrà luogo il processo di classe, quindi vi consiglio di usare bene il vostro tempo per l’investigazione.”
Con un tremendo fischio dal microfono, il messaggio si chiuse.

Kiku stentava a crederci. Chissà quante volte aveva pensato a Danganronpa e alla vita reale.
Ora erano davvero tutti là, in quella enorme palestra, a sentirsi spiegare le regole del processo da un orso psicopatico.
È persino peggio di quanto pensassi… e questo dice qualcosa.
Non aveva scelta. Con le gambe che tremavano sempre di più, si avvicinò al cadavere.
La più probabile causa della morte era una ferita sul lato sinistro della testa, probabilmente inferta con un oggetto appuntito. E, guarda caso, un enorme vocabolario di tedesco giaceva poco più in là.
Uno degli spigoli era sporco di sangue ancora fresco. Un indizio importante.
Ma stabilì di chiamare Andrei, più esperto di lui in medicina. Forse avrebbe saputo stabilire l’ora del decesso.
“Bulgaria-san.” Gli toccò una spalla per attirare la sua attenzione. Il ragazzo si girò di scatto. Probabilmente lo aveva appena riscosso dai suoi pensieri.
“Forse ti sto chiedendo troppo, Bulgaria-san… ma potresti…” si interruppe. Non voleva dire nulla di sbagliato, come sempre. Prese un respiro “…eseguire un’autopsia?”
Temette che crollasse il mondo. O almeno la Bulgaria. Invece Andrei si limitò a rispondere un flebile “Certo.” e a dirigersi verso l’austriaco.
Nell’attesa del suo giudizio, Kiku decise di fare un giro intorno e chiedere agli altri. Aveva giocato milioni di volte a quel gioco, non era difficile…
Ma allora perché le sue gambe non volevano obbedire?
Ripenso a Naegi e Hinata*. Come erano riusciti a mantenere la calma? Come avevano fatto a non impazzire? In quel momento si sentiva più vicino a coloro che avevano perso la lucidità e ucciso, piuttosto che ai protagonisti…

Ungheria era seduta poco lontano. Natalia, in ginocchio davanti a lei, le aveva preso le mani e cercava di arginare il fiume delle lacrime che uscivano dai suoi occhi, ma era evidente che stava fallendo. Kiku girò la testa. Era orribile vederla così: anche una donna forte come Elizaveta poteva crollare davanti a una simile, improvvisa morte.
Nessuno era al sicuro.
Kiku non se la sentì di parlarle. Girò sui tacchi e decise di investigare un po’ per conto suo.

“Giappone!!” lo chiamò Andrei. Non c’era bisogno di dire altro.
“Hai scoperto qualcosa, Bulgaria-san.”
“Si. E mi solleva sapere che Roderich non ha sofferto…” mentre pronunciava queste parole, la sua voce e la sua testa si abbassavano sempre di più.
Non c’era bisogno di chiedere cosa intendesse. La ferita parlava chiaro.
“La morte” aggiunse appena si fu ripreso “è sicuramente avvenuta da non più di un paio d’ore. C’è ancora del sangue fresco.”
Era evidente che Andrei stava perdendo il coraggio. Faticava a continuare.
“Va bene. Non sei obbligato a parlare se non te la senti…”
Era un modo insolito di parlare per lui. Ma quella situazione ERA insolita, per non dire tragicamente sbagliata.
“Aspetta” sussurrò Andrei “C’è un’altra cosa…”
Kiku si sporse in avanti. Bulgaria prese un bel respiro; lo lasciò andare, spezzato e rantolante.
“L’assassino non ha spostato nulla.” mormorò “Non ci sono scie di sangue, gocce sparse, nulla. Probabilmente è stato un atto di rabbia, ed è scappato subito dopo…”
Il silenzio avvolgeva la biblioteca. Elizaveta aveva smesso di piangere e fissava il muro con gli occhi vuoti. Non tutti erano là. Solo lei, Natalia, i Bondevik, Kiku, Andrei e Richard.
Kiku salutò con un cenno del capo il bulgaro e uscì.


EXTRA #01

Vash strinse i pugni.
Nella sala era sceso il silenzio.
Le nazioni fissavano lo schermo con gli occhi sgranati. Dall’inizio di quel gioco non si erano mossi da quella sala, nemmeno per dormire. Tutti volevano tenere d’occhio amici e parenti, intrappolati in una scuola che aveva già ospitato molti omicidi, molti litri di sangue, molte grida, lacrime, tradimenti.
Vash abbassò lo sguardo, Ucraina si mise a piangere, al povero Finlandia si piegarono le ginocchia. Nessuno ne era immune, eppure nessuno osò parlare. Nemmeno America, e suo fratello gliene fu grato.
La famiglia britannica non aveva mosso un muscolo, Scozia aveva smesso di fumare (!!!).
Ma tutti sapevano che non era il gioco o la morte di Roderich a ucciderli dentro, no.
La cosa peggiore era non poterli aiutare in alcun modo. Avevano chiamato tutte le forze dell’ordine possibili e immaginabili, loro stessi avevano provato a irrompere. Niente.
Svizzera si morse il labbro. Non restava loro altra scelta che continuare a guardare.

 

 

*Angolino dell’autrice appena risorta dalle ceneri *
SCUSATEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!   *si inginocchia e inchina più volte*
Io volevo aggiornare prima lo giuro ma l’estate lo studio i film i pettirossi whatsapp qualcosa   *Lily calmati pls. E usa la punteggiatura correttamente*
Sisi… grazie narratore   :3       *prego u.u*
Comunque, non ho voglia di scrivere tutto qui adesso  <3     Ma posso provvedere info in MP   :3
(in caso qualcuno fosse interessato ai motivi del mio improponibile ritardo. Nulla di interessante.)
Per farmi perdonare ho aggiunto un extra  :3
Because I luv u      <3
Potrei farlo ancora… forse   ;)
A presto   (spero)
Lily    :)       


*a volte soffro di questi sintomi   :P

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Capitolo 6
*** Investigation ***


 
 
//Bella genteeeee!!!!
Scusate il gigantesco buco tra una pubblicazione e l’altra, ma dopo lo scorso capitolo mi sono depressa per l’assenza di recensioni. Vi chiedo perdono    *inchino*
Vi lascio al capitolo, perché se avete aperto questa pagina mi sa che lo volete leggere  ; )   //
 

 
 
Kiku fissò il pavimento. Era esattamente come aveva detto Andrei. Tutto lasciava pensare a un atto di rabbia incontrollata.  Ma cosa l’aveva causata, e chi aveva ceduto agli impulsi?
Era stato riluttante fino a quel momento, ma ora non aveva scelta. Reprimendo ogni istinto di scappare, piangere o vomitare, si avvicinò al cadavere per esaminarlo di persona.
La ferita era profonda. Cercò di ignorare i “particolari anatomici” che si potevano intravedere dietro il sangue secco. L’arma era indubbiamente il vocabolario poco lontano.
Chiunque avesse vibrato il colpo, riflettè guardando il taglio, doveva essere più alto di Roderich, e più forte di qualunque ragazza in quel gruppo. La rosa dei sospettati perdeva petali velocemente.
Fece mente locale: i ragazzi che corrispondevano alla descrizione erano pochi. Ivan, Gibert, Richard e… basta. Alcune ragazze avrebbero potuto farcela solo se rialzate, ma sembravano meno probabili.
Gli esclusi per certo erano Lukas, Emil, Freja, Miku (troppo bassi), Erin, Dasha, Vlad e Andrei (troppo deboli per un simile colpo, sebbene più alti).
Ma se ne sarebbe discusso durante il processo.
Per il momento poteva solo ipotizzare. Bramava il momento della verità e allo stesso tempo lo temeva, poiché la sua morale e il legame con gli altri vincevano sulla curiosità umana.
Rabbrividì e si guardò intorno. Natalia aveva accompagnato Elizaveta in camera sua, e nel frattempo erano arrivati quasi tutti. La scena del crimine l’aveva investigata. Ora toccava alla stanza della vittima e all’inceneritore.
Stabilì di cercare prima nell’inceneritore. Non sembrava esserci nulla, a un primo sguardo. Osservando meglio, però, qualcosa si poteva vedere. Cenere.
Ne prese una manciatina tra le mani. C’era parecchia cenere, come se avessero bruciato qualcosa di grande. Probabilmente era così, forse un vestito.
Non c’era nient’altro, e il giapponese si diresse in camera di Roderich, per accorgersi che non era vuota.
Erin aveva deciso di investigare lì, a quanto pareva. La ragazza si girò di scatto quando entrò, puntandogli contro un tagliacarte appoggiato sulla scrivania.
“Oh? Oh, s…scusa…”  Erin appoggiò l’arma con una certa esitazione  “credo di avere le paranoie. I…insomma….”
“Capisco.”
“Ne sono felice.”
Lei sospirò, appoggiandosi alla scrivania per sorreggersi.
“Non ce la faccio. È già troppo ed è solo l’inizio…”
“Bisogna andare avanti. Troveremo una soluzione.”
“Ci conto” sorrise Erin. La curva delle sue labbra aveva un che di amara disperazione. Erin stava al gioco del mastermind così. Kiku si ripromise di cancellare la sfumatura amara dai sorrisi delle altre Nazioni. Al più presto.
 
“Uh?”
Erin aveva trovato qualcosa. Un bigliettino.
 
“TROVIAMOCI IN BIBLIOTECA DOMANI MATTINA PRESTO.
    È IMPORTANTE.     VIENI ALLE 5:30”

 
 
Ogni parola che sarebbe potuta uscire dalle loro bocche venne stroncata sul nascere dalla voce gracchiante di Monokuma.
 
 
“Ok, pupetti, mi sono stufato!! Siete pregati di presentarvi nel luogo indicato dal vostro cellulare*, altrimenti verrò a prendervi io!!!  Upupupu~”
 
 
 
 
 
*Angolino della piccolina*
 
Dun dun DUUUUUN!!! Il primo processo di classe si avvicina: tremate!!!
C’è da dire che il caso non sarà complicato come quelli che si trovano generalmene in Danganronpa… ma io ci ho provato.
Au revoir fanciulli/e!!!
Recensite pls, d’ora in avanti entra in vigore il limite di recensioni. Se non ricevo almeno una recensione non pubblicherò. Scusate, ma ho bisogno di sapere che questa storia interessa a qualcuno…
Bye bye!!!
 

Lily  💖
 
*nello scorso capitolo ho dimenticato di aggiungerlo: Monokuma ha modificato i cellulari per passare informazioni utili. Gomen nasai!!

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Capitolo 7
*** Let the first trial begin! ***


“CHRIST!!” strillò Erin, cadendo in panico.
“Calma… calma…”  Kiku la tenne ferma per le spalle “Sapevamo che sarebbe successo, no?”
La ragazza non sembrava ascoltarlo, ansimava parole in una lingua che non sembrava nemmeno inglese. Questo finchè non ebbe la bella idea di sbattere la mano sinistra sulla scrivania, procurandosi un taglio lungo due centimetri buoni con il tagliacarte che lei stessa ci aveva appoggiato.
Restarono entrambi fermi immobili, in silenzio, per qualche secondo.
L’unica cosa che si muoveva era la goccia di sangue che cominciava a scendere lungo le dita di Erin.
……
All’improvviso lei si riscosse. Sospirò rumorosamente, cercando di tamponare la ferita con la manica della giacca verde. Inutilmente.
“Forse dovremmo andare…”
 
Proprio come si aspettava, l’ascensore che li avrebbe portati alla loro destinazione era già aperto e pieno di gente: mancavano solo loro.
Richard sbuffò: “Stavate per farvi portare qui a forza da un orsetto bicromatico…”   Solo dopo notò il sangue.  “What’s with your hand, Erin?” chiese. Possibile? Era quasi… preoccupato. Strano, considerato il loro rapporto complicato. Amore fraterno?
“None of your business.”  replicò gelida. Okay, forse era più complicato di quanto pensasse.
Nessuno parlò.
A tradimento, l’ascensore si chiuse, portandoli sempre più giù, verso il primo processo.
Sopra la porta comparve una scritta luminosa:
 
                                    LET THE TRIAL BEGIN!
 
Sul serio?
 
 
La porta dell’ascensore si aprì sulla sala del processo.
….oh no.
Aveva sperato che quello gli fosse risparmiato.
Invece ecco. In uno dei posti riservati a loro, svettava la fotografia di Roderich. Ed era segnata da una gigantesca croce rosso sangue. Impallidì. Sperava in cuor suo che non la prendessero troppo sul personale. Non che lui non l’avesse fatto, ma l’ultima cosa di cui avevano bisogno era un altro cadavere*.
“Upupupu~”
E il carnefice sembrava in vena di divertirsi.
“Benvenuti, signori e signorine, al primo processo di classe!!! Sono così emozionato!!!”
L’orsetto saltellò con aria infantile. Nessuno lo imitò.
“Uff, cosa sono questi musi lunghi? Non volete conoscere il colpevole?”
Silenzio.
“Che parliate o no, il processo inizia ora!!” sbuffò  “Quindi vi spiegherò le regole, una e una sola volta. In questo processo, metterete in campo gli indizi che avete raccolto e li confronterete. Vi consiglio vivamente di non tirare in ballo pregiudizi e sentimenti vari se volete salvarvi la pelle! Quando sarete pronti, voterete il presunto colpevole. Se la deduzione è corretta, solo il colpevole andrà al macello. In caso contrario, sarà l’unico a uscire vivo di qui. Eventuali complici esclusi. L’unico colpevole considerato tale è l’esecutore MATERIALE del crimine!! Bene, tutto chiaro? ….. OTTIMO!!! Allora, cominciate pure il dibattito.”
Monokuma si spaparanzò sfinito sulla sedia del giudice.
“A cosa serve tutto questo?” esplose Prussia. Incrociò le braccia al petto “Tanto sappiamo tutti che è stato Braginski.”
“Scusa, credo di aver capito male…” sorrise il suddetto “Chi sarebbe stato?”
“Basta, basta così.” intervenne Andrei  “Cerchiamo di basarci su indizi reali e fatti provati, per favore. Altrimenti finiremo solo per firmare la nostra condanna a morte.”
Gli altri, persino Gilbert, dovettero riconoscere che aveva ragione.
“Grazie.” sospirò il bulgaro “Ora, direi di partire dalla ferita. Quando abbiamo trovato… beh… non importa, il sangue non era del tutto secco. Ciò vuol dire che era fresca di un paio d’ore. E implica automaticamente che nessuno qui ha un alibi, a parte Norvegia e Svalbard, che sono stati insieme da quando si sono svegliati fino al ritrovamento.”
“Tuttavia” intervenne Islanda “mi sembra fisicamente impossibile che alcuni di noi possano aver inferto una ferita come quella. È piuttosto in alto, e decisamente profonda.”
“Ottimo punto.” convenne Natalia.
“Si, quindi direi che possiamo ridurre l’elenco dei sospettati.” disse Richard.
“Tu ci sei comunque dentro.” gli fece notare sua sorella.
“Troverò il modo di togliermici.”
“Dunque” fece mente locale Dasha “possiamo dire che i possibili sospettati siano Ivan, Gilbert, Richard, e meno probabilmente Charlotte o Natalia.”
“Eh?” 
Charlotte non stava ascoltando troppo bene, evidemente. Ma appena capì la situazione, si premurò di difendersi come poteva: “Ma io stavo dormendo della grossa!! Vero, Frefre?”
La norvegese sospirò, sentendosi tirata in ballo. “Questa prima delle sette e mezza non si sveglia neanche coi cannoni… ma ti faccio presente che non conta come prova.”
“……”
“Andiamo avanti.” intervenne Erin “Io ho trovato questo in camera di Austria.”  Tese in avanti il bigliettino e lo lesse ad alta voce.
“Me lo passi, per favore?” chiese Islanda. Erin fece passare il bigliettino per farlo arrivare al ragazzino.  Lui lo osservò per qualche secondo. Poi, inaspettatamente, se lo portò al naso.
…?
“Strano. Odora di… non saprei. Deodorante, forse?”
“Fa sentire.”  Prussia, nel posto accanto, annusò il biglietto a sua volta. “Kesese, ha ragione!”
Il biglietto fece un rapido giro, fino a capitare nelle mani di Miku.
“La scrittura è molto anonima, sembra quasi stampata.” osservò.
“Si, e io ho notato un’altra cosa.”  intervenne Vladimir “L’odore sul biglietto è un profumo da uomo.”
Tutti gli uomini presenti confermarono.
“Questo dovrebbe escludere le due signorine dai sospettati.” sorrise Ivan.
Le due tirarono un sospiro di sollievo.
“Upupupu!!! Nomino i tre sospettati principali nel caso: Ivan Braginski, Gilbert Beilschmidt e Richard Kirkland!! Congratulazioniiii…”
 
 
 
*Angolino dell’autrice*
…e va bene, non riesco a lasciarvi soli, anche se nessuno si fa vivo.
Mi spiace, mi dovrete sopportare.
(però se vi capita recensite, anche solo per dire che non vi piace. Pleeeease!!!  *occhioni da Gatto con gli Stivali*)
Dunque, siamo circa a metà del primo processo, il mio adorato piccolo Ice si fa valere (:3), gli uomini di Hetalia mettono il profumo ed Erin ha la maglietta sporca di sangue.
Se avete già indovinato il colpevole, niente spoiler per gli altri lettori!! Mi raccomando.
 

Glossario e note varie
Christ!!   :  letteralmente “Cristo!!”, in inglese è vagamente volgare quindi occhio a come lo usate!
What’s with your hand?  :   Che ha la tua mano?
None of your business.   :   Non sono affari tuoi.
*Questo si riferisce ovviamente a Junko Enoshima, che in Danganronpa aveva sfidato il perfido orsetto, guadagnandosi una decina di lance piantate nel corpo. Potrei fare svariati riferimenti a Danganronpa 1 e 2 ma tranquilli, li spiegherò!!
 

 
È tutto. Io e Onii-chan vi salutiamo   ^J^
Ivan: Ciao ciao   ^L^


Lily
 

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Capitolo 8
*** First execution (+EXTRA) ***


Il silenzio scese nuovamente sui presenti. Il ritratto marchiato dalla croce di sangue faceva bella mostra di sé vicino alla sedia del giudice.
Un indizio… uno solo…
“Aspettate…” 
Gli occhi dei presenti si fissarono su Ungheria. Stava guardando il pavimento con occhi malinconici, persi. Disperati, addirittura.
Faceva male vedere una donna così forte in quelle condizioni.
“Io…”  mormorò, tirando fuori un pezzetto di qualcosa che sembrava stoffa. Era mezza incenerita, ma il colore era distinguibile. Era di un blu scuro familiare.
“Ho trovato questo nell’inceneritore.”
Prussia si irrigidì, mentre gli sguardi degli altri si fissavano su di lui.
“Io… non volevo…”   lasciò la frase a metà.
“Prussia-san… sei…”  Kiku esitò a finire la frase “…stato tu?”
“…..” Gilbert non rispose. Respirava a malapena, la gola stretta in una morsa.
Lui era l’unico dei sospettati vestito di blu, sia la sera prima sia quel giorno. Guardando con attenzione, era anche l’unico che si era cambiato, anche se il modello era quasi uguale e il colore identico.
“I-io…”
Gilbert crollò sulle ginocchia.
L’unico suono udibile era il suo respiro irregolare e spezzato, quasi singhiozzante.
Monokuma scoppiò a ridere come lo psicopatico che era.
“Allora? Votate o cosa?”
“Vo…tare?”  la voce di Erin si fece sentire.
“Mi sto annoiandoooo~  mi pare che ne siate venuti a capo, per cui vi prego di non farmi perdere altro tempo!! Voglio cominciare l’esecuzione!!”
“COSA??”  Gilbert si rialzò di scatto “Quello… non era uno scherzo?”
“Upupupu… no no.  Io non scherzo mai sulle regole.”
Kiku abbassò lo sguardo. Lui sapeva di tutto quello.
Ungheria si nascose il volto tra le mani. Ecco perché aveva tenuto nascosto l’indizio.
“Tu…perché?” gli chiese Andrei.
“Non lo volevo fare.” Singhiozzò l’albino  “Io… gli volevo parlare di questa situazione. Ma poi…”

                        “Non hai speranze. Hai visto come ti tratta, no?”

“…la discussione è caduta su Elizaveta.”
La suddetta alzò il capo, sgranando gli occhi: “Cosa?”
“Si… continuava a provocarmi e alla fine… ho perso le staffe.”
Elizaveta scosse la testa: “Non è possibile…”
Lasciò il suo posto e si avvicinò a Prussia. “Davvero? Stavate litigando…per me?”
“I-io… mi dispiace. Avrei dovuto dargli retta. Aveva ragione lui, dopotutto…”
Il volto di Gilbert era completamente stravolto, e così pure la sua voce. Non sembrava più lui. Si prendeva responsabilità di tutto, si scusava, DAVA RAGIONE AD AUSTRIA…
In altre circostanze avrebbe fatto ridere, ma non c’era nulla di divertente nella faccia di Prussia. Aspettava di morire, non aveva nemmeno il coraggio di guardare Ungheria.
“Monokuma…”   quello che doveva essere un tono sicuro uscì come un debole sussurro “Comincia pure.”
“Oh, finalmente!!” l’orsetto fece una piroetta “Dunque, ho preparato una punizione moooolto speciale per Gilbert Beilschmidt, aka Prussia.”
“Aspetta!!”  Elizaveta afferrò Gilbert per il colletto e gli stampò un bacio sulle labbra.
Prussia sgranò gli occhi. “No… non puoi farmi questo…”
Crollò nuovamente sul pavimento, portandosi le mani alla testa: “Perché? Ero pronto a morire!! Ora però… non voglio più… NO!!! NON VOGLIO!!!”
Si piegò in due sul pavimento: uno spettacolo pietoso, per lui.
Monokuma ridacchiò divertito: “Bene, ecco cosa volevo vedere!!! Dunque, mettiamocela tutta!!! IIIT’S… PUNISHMENT TIIME!!!”
 
 
                                                     Check the map
 
Una botola si aprì senza preavviso sotto Prussia e lo trascinò giù, giù, giù…
Allo stesso modo, gli altri furono spinti in un ascensore e lo seguirono. Miku si avvicinò al fratello: “Allora è proprio come…”
Kiku non rispose. Si sentiva male.
Quello che trovarono di sotto li sorprese non poco: un’enorme cartina dell’Europa, con la Germania in centro. E, dove un tempo si trovava la regione della Prussia, il suo rappresentante. Era legato saldamente alla cartina tramite mani e piedi.
Kiku non capiva bene, finchè non vide cosa c’era sopra di lui. Sembrava un gigantesco disco di metallo, ma a pensarci bene era una pressa industriale.
Oh no…
Qualcuno si girò, qualcuno rimase a fissare, i norvegesi raggiunsero il fratellino e gli coprirono gli occhi all’unisono.
La pressa si alzò, di lì a poco sarebbe ridiscesa e lo sapevano.
Ci fu un istante di silenzio. Prussia, paralizzato dalla paura, chiuse gli occhi.
Il disco rimase sospeso solo per pochi secondi. Poi, ricadde a velocità impressionante sull’albino.
 
Quello che si sentì dopo nella sala era un miscuglio di grida, singhiozzi e altri rumori del genere. Ma era destinato a peggiorare. La pressa si rialzò, rivelando una macchia rosso scuro che delineava perfettamente i confini dell’ex-Prussia.
 
 
 
 
 
 
 
*Angolino dell’autrice che nessuno voleva risentire*
 
Seriamente, sono da ricovero.
Spero che il capitolo vi piaccia, perché mi sono sentita malissimo a scriverlo.
Poi, ho scritto il titolo dell’esecuzione e sono dovuta tornare a scrivere il giorno dopo, dopo essermi praticamente drogata di tisana. Mi sentivo male, seriamente.
Prussia: *vomita nell’angolo*  Che schifo!! Non potevi prepararmi un’esecuzione più magnifica??
Io: SCUSAMIIII      TOT
OC: Sei malata.
Freja: E noi sappiamo pure tutto il resto…
Io: *le mette il dito davanti alle labbra* Ssssh!!! Niente spoiler!!!
F: Okay, okay…
Ciao ciao e buttatemi pure in manicomio
Lily   ;-;
 

 
 
 
Ecco un extra per farmi perdonare (anche se mi odierete ancora di più dopo):
 
 
Ludwig, rimasto in piedi durante tutto l’ultimo quarto d’ora, uscì dalla stanza di corsa.
“Germania!!” Feliciano lo seguì.
Lo trovò diverse stanze più in là, appoggiato al muro con due mani.
L’italiano era indeciso sul da farsi. Andarsene e lasciarlo solo, parlargli o semplicemente abbracciarlo?
Alla fine optò per l’ultima. Si alzò sulle punte e cinse il collo dell’amico, senza dire nulla. Ludwig, rassicurato dalla sua presenza, crollò per terra, piangendo come un bambino. Rimasero lì, senza dire una parola, mentre sullo schermo nell’altra stanza i prigionieri tornavano alle loro stanze.

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