forbidden love

di sony_97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Salve a tutti! Ecco il piccolo elaborato di una mente un tantino perversa>.< Premetto che non penso esista realmente una relazione incestuosa tra i due gemellini, però…diciamo che ho dato libero sfogo alla fantasia. Ad ogni modo spero che vi piaccia e la troviate romantica e pucciosa*-* Buona lettura!


 

 

CAPITOLO 1

 

-non possiamo continuare così...-

-perché no?-

Domandò Bill, con sguardo avvilito. Neanche riusciva ad arrabbiarsi, poiché sapeva benissimo che Tom aveva ragione.

-non siamo più dei bambini. Non è più un gioco. La cosa sta degenerando.-

-degenerando?-

Quella parola che conferiva un'accezione così negativa al loro amore lo feriva.

-se si stesse evolvendo invece?-

-allora dobbiamo scegliere!-

Esclamò Tom, palesemente frustrato.

-questo non può più restare un segreto. O diventa realtà o altrimenti la dobbiamo finire...e abbandonare per sempre quella parte della nostra vita.-

Bill teneva la testa bassa, spaventato dalla freddezza del fratello.

-tu saresti pronto a dimenticare tutto?-

Domandò Bill, con un filo di voce.

Tom scosse la testa e, stringendo i pugni per evitare di piangere, disse, con voce tremante:

-certo che no...-

Bill sospirò, in parte sollevato.

-allora cosa facciamo?-

Tom si prese la testa tra le mani e Bill poteva vedere il suo volto contorcersi una smorfia di dolore.

-non lo so...non lo so!-

Gridò, sferrando un pugno sul muro. Bill trasalì.

Rimase a guardarlo, con la testa contro la parete, tanto forte fuori quanto fragile dentro. Allora si alzò dal letto per andare ad abbracciarlo.

-no...-

Sbuffò Tom.

-se proprio dobbiamo farla finita devi almeno concedermi un addio.-

Ironizzò Bill. Non ci volle molto a far cedere il fratello, che si girò all'istante per abbracciarlo.

-stammi bene a sentire...-

Esordì Tom, stringendo forte bill.

-se per caso dovesse finire davvero...sappi che non potrò mai dimenticare...mai.-

Mormorò. Bill sorrise, felice che il fratello condividesse i suoi sentimenti.

-neanche io. Mai.-

-mai...-

Sospirarono entrambi, ormai sconsolati. Con l'età arrivano le responsabilità, e la gente comincia a darti etichette, a studiarti, e nascondere diventa sempre più difficile. Per i ragazzi normali con la maggiore età arrivano le possibilità: si può finalmente andare in discoteca, avere la ragazza, guidare, essere liberi. Loro invece perdevano gradualmente la libertà che l'infanzia aveva loro concesso. Bambini, ancora innocenti e innamorati della vicinanza dell'altro. Ma le cose cambiano. Adesso non sapevano più cos'erano, o meglio, cosa volevano essere.

-tu pensi che sia sbagliato?-

Domandò Bill, con voce tremante.

-certo che lo è...-

Rispose Tom. Divorato dalla confusione e dalla rabbia si sciolse dall'abbraccio e iniziò a ciondolare senza meta per la stanza. Bill si appoggiò al muro, guardandolo mentre si disperava per lui. Bill era sempre stato quello ingenuo, quello tra le nuvole, che "non capisce", come diceva sempre Tom. Lui invece sentiva l'avversione della gente, già si vedeva ripudiato dalla madre e disprezzato dagli amici. Temeva, temeva di dover rinunciare all'unica persona che avesse mai amato, e l'unica che non avrebbe mai potuto amare. Un figlio omosessuale forse sarebbe stato accettato, ma questo...mai. Nessuno l'avrebbe mai accettato, perché era innaturale. Tom lo sapeva e ne soffriva, mentre Bill era troppo perso nel suo mondo per permettere alla realtà di distaccarlo dai suoi sentimenti. Ma anche lui capiva. Vedeva il dolore negli occhi di Tom e lo condivideva pienamente. Era complicato. Anzi, era impossibile.

-deve finire.-

Disse Tom, fermandosi davanti a Bill, che adesso davvero non capiva. Ma Tom non scherzava. Non era l'ennesimo proposito vano.

-dico sul serio.-

Continuò, trattenendo le lacrime.

-eravamo solo dei bambini, era un gioco...che è diventato qualcosa di malato. Ora però deve finire.-

Bill si staccò dal muro, destato dalla rabbia. Non poteva sentirsi dire che il suo amore era malato, sbagliato, innaturale.

-eravamo dei bambini? Anche settimana scorsa eravamo SOLO dei bambini? Adesso che abbiamo diciotto anni!-

Esclamò Bill, alzando gradualmente il tono di voce.

-non è questo il punto! Andava bene prima ma adesso è sbagliato!-

-perché?...perché!-

Ripeteva Bill.

-maledizione svegliati Bill!-

Gridò Tom, con una rabbia negli occhi che mai aveva mostrato prima.

-devi guardare in faccia la realtà: siamo fratelli!-

-ma siamo innamorati...-

Mormorò Bill.

-non basta.-

Rispose Tom, puntando i pugni sul muro, di fianco a lui.

-perché no?-

Insistette Bill, come un bambino ingenuo. Tom ridacchiò, commosso dalla sua innocenza.

-devi considerare anche la società Bill, il mondo reale, non bastano i sentimenti per far funzionare una relazione.-

Bill fece spallucce. Ancora non riusciva a prenderlo sul serio. Era convinto che presto tutto sarebbe tornato alla normalità.

-forse è vero. Però i sentimenti possono costruire la nostra realtà.-

Disse, poggiando la mano su quella di Tom, e costringendolo a sciogliere i pugni.

-non è sempre facile...-

-ma magari è possibile.-

Tom sorrise, incapace ormai di riesumare la rabbia.

-smettila di fare così.-

Disse Tom, ridacchiando. Adesso nemmeno lui credeva più di fare sul serio.

-così come?-

Chiese Bill, scivolando lentamente verso di lui, sempre con la schiena al muro.

-con quegli occhi...seducenti-

Bill sorrise, orgoglioso dell'effetto che aveva su Tom.

-la dovremmo smettere.-

Sentenziò Tom, con tono poco autoritario.

-sì. Dovremmo.-

Confermò Bill, che aveva già cominciato a baciargli il collo. Tom chiuse gli occhi e appoggiò le braccia sulle sue spalle. Ormai non ricordava neanche più di che cosa stavano parlando il minuto precedente. Rinunciò e si lasciò andare, travolto da quella passione irrefrenabile. Bill sorrideva dentro di sé, lieto di aver nuovamente abbandonato la realtà per concedersi ai sentimenti. Tom gli prese la testa tra le mani e, incurante di ogni preoccupazione morale, lo baciò. Bill ricambiò entusiasta il bacio e si lasciò cullare dall'amore del ragazzo che amava. Era questo per lui, e sempre lo sarebbe stato: la persona che amava. Nulla di più, nulla di meno. Bill non avrebbe mai concesso a sé stesso di riconoscere che si trattava di suo fratello, gemello per lo più (anche se con il trucco e i capelli lunghi non somigliava per niente a Tom). Come sempre, Bill si lasciò condurre sul divano. E tutto procedette come sempre era stato dalla prima volta.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Serena stava nella hall dell'hotel. I gemelli si stavano riposando nelle loro stanze (così pensava l'ignara ragazza) e gli alti due, Georg e Gustav, erano in giro a visitare Los Angels. Avrebbero passato lì ancora una notte, per riprendersi dal concerto del giorno prima e visitare la città, poi sarebbero tornati in Germania. E Serena era preoccupata. Era da tempo palese la sua cotta per Tom, e lui sembrava ricambiare (si era illusa lei). Avrebbe dovuto dirgli addio e tornare tristemente alla vita del college. Suo padre era in collaborazione con il loro manager e aveva avuto la possibilità di conoscere la band. Adesso però doveva lasciarli. Lasciare Tom.

Sbuffò, accoccolandosi nella poltrona. Si annoiava, e voleva passare un po di tempo con lui. Un momento, Tom è qui, soltanto qualche piano più in sù!

Si ricordò. Impulsivamente, decise di andare a bussare alla sua porta, senza preoccuparsi di disturbarlo.

Risoluta, si alzò e saltò nell'ascensore. Osservava i numeri dei piani illuminarsi, in attesa di raggiungere il 21esimo piano. Quando finalmente le porte si aprirono saltò fuori e si precipitò davanti alla sua porta. Fece un respiro profondo e bussò.

All'improvviso notò che non aveva idea del perché fosse venuta, o meglio, non aveva una scusa plausibile per disturbarlo. Rinunciò a formulare una motivazione quando si accorse che nessuno rispose. Forse dormiva, pensò. Erano le due di pomeriggio, ma forse dopo una serata di baldoria era normale. Sospirò rassegnata, ma poi si ricordò che Bill alloggiava nella stanza accanto. Pensò di bussare da lui, che magari era meno pigro del fratello. Bussò, ma si accorse subito che la porta era aperta. Che sbadato Bill. Pensò. Aprì la porta, annunciandosi.

-Bill? Posso entrare?-

Ma era già entrata. Non fece in tempo a domandasi da dove provenissero quei rumori che, voltato l'angolo...li vide.

Nudi. Sul divano proprio di fronte a lei. Bill stringeva il tessuto del divano fino a conficcarvisi le unghie e teneva la bocca socchiusa. Tom… Sopra di lui. Fu il primo a vederla.

Si fermò all`istante e saltò giù dal divano barcollando. Afferrò con gesti convulsi un cuscino per coprirsi, mentre il suo volto diventava rosso d`imbarazzo, ma soprattutto, di paura. Il respiro affannoso e la confusione gli impedivano di aprire bocca. Quindi rimase lì in silenzio a guardare tremante il volto di Serena, mentre Bill si raggomitolava su sé stesso alla ricerca del lembo di un qualsiasi indumento e nascondeva il volto sul cuscino che gli sosteneva il volto.

Serena, disgustata da sé stessa per essere rimasta a guardare abbastanza da cogliere il loro imbarazzo, si girò, e uscì immediatamente dalla stanza. Aumentò progressivamente il passo, finché non si ritrovò a correre. Non capiva, non capiva cosa avesse appena visto. Era imbarazzata, confusa, forse (benché non volesse ammetterlo) un po’ disgustata da ciò che aveva visto. Un misto di emozioni ineffabili e una miriade di domande martoriavano la sua testa. Tom…era lui, vero? E l`altro era veramente Bill? Sono fratelli…oppure no? Cosa…

-Serena!-

Si sentì chiamare mentre correva nel corridoio verso la finestra.

-Serena!-

Ripeté Tom. A stento riconobbe la sua voce. Era così confusa, quasi spaventata. Serena aveva bisogno di schiarirsi le idee, aveva bisogno d`aria. Non si fermò nonostante l`insistenza di Tom. Corse finché non raggiunse la finestre, e girò la maniglia. Ma la finestra non si aprì. Maledizione! 

Continuò a tirare, ma senza ottenere alcun risultato. In quel momento notò la presenza di Tom alle sue spalle, che la scostò per afferrare la maniglia. La tirò con un colpo secco e immediatamente si aprì. Serene si sporse il più possibili e inspirò profondamente un paio di volte prima di ricomporsi. Ancora non era tutto chiaro nella sua mente e sapeva che avrebbe avuto bisogno di tempo per riflettere, ma non voleva. Pensò che fosse meglio parlarne all`istante, con il diretto interessato. Quindi represse l`impulso di correre giù per le scale e si girò, tenendo lo sguardo sul pavimento. 

-Serena…-

Disse Tom, con tono più basso, ma tremante.

Serena osò alzare lo sguardo, decisa a guardarlo negli occhi. Si vergognava, benché fosse consapevole che erano lui e Bill a dover provare vergogna.

-ascolta…-

Sospirò Tom. Adesso si guardavano negli occhi. Serena poteva cogliere nei suoi una tenebra che mai aveva visto prima. L`emozione più spontanea sarebbe stata l`imbarazzo, ma no, non era l`imbarazzo che lo affliggeva: era la paura. Terrore. Il terrore più spietato: quello verso sé stessi.

Tom deglutì, palesemente intenzionato a parlare, ma non riusciva. Allora Serena pensò di prendere in mano la situazione nel tentativo di debellare il silenzio.

-cosa…-

Deglutì.

-cosa significa? -

Sbottò, quasi ridacchiando dall`incredulità.

-siete o no fratelli? È una balla, c`è sotto qualcosa o è semplicemente…incesto?-

Mormorò, sentendosi quasi in colpa per aver formulato quelle ipotesi.

Tom scosse la testa.

-no cosa?-

Domandò Serena, che dallo shock stava diventando logorroica. 

-no non siete fratelli o no, non è incesto, oppure quello non era Bill e.. Dio! Ti prego dimmi che non è vero, non potete, insomma, se siete davvero fratelli è un bel casino perché non potreste proprio, in alcuni stati penso che sia addirittura illegale quindi è come se avessi appena assistito ad un crimine…cazzo…-

Disse, mettendosi le mani nei capelli. Il suo tono si era affievolito verso la fine della frase, assumendo il tipico ritmo rallentato dall`ebbrezza.

-che cazzo significa? Cosa sta succedendo tra di voi! Io non capisco più niente, cosa…-

-okay, ascoltami adesso!-

Esclamò Tom, afferrandola per le spalle. Sospirò e si accinse a spiegare.

-siamo innamorati.-

Confessò, lottando con le lacrime. 

-e siamo…fratelli gemelli.-

Pareva quasi tremare da quanto quella consapevolezza lo distruggeva. Stringeva la mascella, facendo contrarre il suo viso in un`espressione di dolore.

-è questa la verità…-

Sospirò, rivolto più a sé stesso che a Serena.

-è la verità…-

E ora nella sua voce si avvertivano i tipici tremiti del pianto. Infatti non riuscì più a trattenersi. Picchiò i pugni sulla parete e vi tirò perfino dei calci. Lanciò un grido soffocato, così roco e profondo da fare paura. Serena, paralizzata dall`impotenza, rimase a guardarlo. Venne attirata poco dopo dai passi di Bill, che indossava i suoi soliti pantaloni neri e una delle maglie di Tom (era percettibilmente troppo grande per lui). 

-no! No, ti prego, aspettami lì!-

Gli ordinò Tom, con un tono tanto severo e dispotico che Bill non osò controbattere, e obbedì. Serena vedeva il mascara colare sulle sue guancia insieme alle lacrime. Le rivolse uno sguardo avvilito che sembrava domandare pietà, e poi tornò nella sua stanza. 

Tom si rigirò verso Serena, e adesso pareva più composto.

-ti prego, di non dirlo a nessuno.-

Disse.

-l`intera band sarebbe distrutta se qualcuno lo scoprisse…-

Continuò.

-ehi, tranquillo.-

Disse Serena, prendendogli le mani.

-non lo dirò a nessuno. Mai. Te lo prometto.-

Sentenziò, guardandolo negli occhi. Tom accennò un sorriso, e sottrasse le mani alla presa di lei.

-grazie, davvero.-

Si asciugò gli occhi.

-sei l`unica a saperlo.-

Aggiunse.

-ci credo, non mi sembra una cosa facile da comunicare al mondo.-

Tom annuì. Serena cominciava a provare pena per loro, così belli e giovani…e così tristi.

-quando è cominciata?-

Domandò Serena.

-da sempre…-

Rispose Tom, ridacchiando. 

-è stato sempre così, ma ora deve finire. Non possiamo nasconderci per sempre.-

Ammise, più a sé stesso che a Serena.

-hai ragione.-

Confermò lei. Per qualche strano motivo, la delusione per aver perso ogni possibilità di iniziare una relazione con Tom non la sfiorava minimamente. Quello che la preoccupava era Bill, che sicuramente stava piangendo tutto solo nella sua stanza.

-andiamo da lui.-

Propose Serena, e si incamminò. Tom la seguì, sempre tenendo la testa bassa e stringendo i pugni. 

Serena entrò nella stanza e trovò Bill sul divano, avvolto in una coperta che piangeva. Serena sentì improvvisamente il suo cuore riempirsi di compassione. Si sedette al suo fianco, mentre Tom si appoggiò al muro con le braccia incrociate. 

-Tom mi ha spiegato tutto.-

Esordì.

-non lo dirai a nessuno, vero? Ti scongiuro, ti prego Serena, noi…-

-no, no, tranquillo, non ne farò parola con nessuno.-

Ripeté. Bill annuì e si asciugò le lacrime.

-quindi…-

Singhiozzò.

-…abbiamo coinvolto qualcuno in questa nostra relazione perversa.-

Affermò Bill, guardando Tom, che solo allora ricambiò il suo sguardo. 

-non vi preoccupate, io posso sparire se volete, mi tirerò fuori dall`intera faccenda se vi fa sentire più sicuri…-

-no…non farlo.-

Disse Tom, sorprendendo Serena.

-potrebbe aiutarci avere qualcuno con cui parlarne. Certo se a te non pesa.-

-oh no, assolutamente, sarei più che felice di…-

-aiutarci a fare cosa, Tom? A farla finita, non è vero?-

La interruppe Bill.

-che c`è? Ancora non lo capisci? Non vedi quanto è sbagliato?-

Ribatté Tom, sbuffando. Bill si mise le mani tra i capelli, palesemente disperato.

-torniamo sempre allo stesso punto: vorremmo smetterla ma la verità è che…non vogliamo.-

Concluse Tom. Serena respirò profondamente, e posò la mano sulla spalla di Bill.

-come posso aiutarvi?-

Domandò. Tom allargò le braccia.

-non ne ho idea.-

Serena rivolse allora lo sguardo verso Bill, in attesa della sua risposta.

-non lo so…-

Disse anche lui.

-allora abbiamo un problema, ragazzi. Un grosso problema.-

 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


 

CAPITOLO 3 



 

-piacere.-

-salve.-

Si salutarono Tom e il signor Wittmore, lo psicologo. Ebbene, l`unico aiuto che una studentessa di psicologia, quale Serena era, avrebbe potuto consigliare, non poteva che essere una seduta psicoterapeutica. Quindi eccolo qui, Tom si era fatto convincere. Serena non era bastata evidentemente, erano state le suppliche di Bill a convincerlo, il quale ormai aveva ammesso di aver bisogno di aiuto. «Non possiamo andare avanti con questi sensi di colpa» aveva detto, confessando che anche lui, nonostante vivesse più sulle nuvole che sulla Terra, provava un enorme rimorso dopo ogni rapporto con Tom; solo che non lo dava a vedere, tanto meno lo ammetteva a sé stesso. Solo i suoi occhi gonfi di lacrime avevano convinto Tom a farsi visitare. Bill sarebbe arrivato subito dopo di lui per parlare col signor Wittmore. Serena aveva consigliato loro di sottoporsi separatamente alle sedute di modo da poter esprimere i loro sentimenti individuali riguardo alla loro relazione, anziché parlare esclusivamente della relazione. 

Quindi eccolo qui adesso, più determinato che mai a non spiaccicare parola. Innamorato come un folle, questo sì, ma mai meno orgoglioso. 

-accomodati.-

Disse il dottore, indicandogli una poltrona. Tom obbedì.

-allora, Serena mi ha parlato della tua situazione. Ha giurato di avere avuto il tuo permesso e ha detto che era necessario che fosse lei a mettermi al corrente perché tu non mi avresti detto niente. Aveva ragione?-

Domandò.

-pienamente.-

Sentenziò Tom.

-d`accordo, ma allora perché sei qui?-

Tom cominciava già a non poterne più di domande. Si muoveva continuamente sulla poltrona in cerca di una posizione comoda. 

-lo sa già, no?-

Ribatté.

-conosco la tua situazione, ma non so quali aspetti di questa relazione ti preoccupano maggiormente. Questo devi dirmelo tu.-

-non ci conti.-

Disse, sbuffando e alzandosi. Girò dietro la sedia e guardò fuori dalla finestra.

-okay, ci arriveremo con il tempo.-

Tom annuì, con un`espressione beffarda.

-c`è qualcosa in particolare che vuoi dirmi?-

Insistette il dottore. Ma Tom era cocciuto.

-dove siete nati?-

Domandò il dottore, che aveva capito che non sarebbe stato facile.

-in Germania.-

Rispose Tom, cercando di restare il più vago possibile.

-dove di preciso?-

-diciamo Lipsia.-

Lo psicologo annuì.

-e com'è stata la vostra infanzia?-

Tom sbuffò.

-sta cercando un qualche trauma infantile o balle del genere?-

Domandò, con aria da sbruffone.

-no, voglio solo sapere com'è stato fin dall'inizio il rapporto con tuo fratello.-

Tom ciondolava a destra e a sinistra, palesemente ansioso e agitato.

-eravamo bambini, che dovevamo fare?-

-giocare, magari.-

Tom sorrise ai ricordi di quei giorni spensierati e in cui la loro relazione era così pura e perfetta: amicizia. Innocente e spensierata amicizia. Perché non è rimasto tutto com'era prima?

Si domandò sconsolato.

-qual era il vostro gioco preferito?-

Tom dovette pensarci per un po’; ce n`erano così tanti.

-ci piaceva...arrampicarci sugli alberi.-

Disse.

-e a chi non piace.-

Ribatté lo psicologo, sorridendo. Tom continuava a guardare fuori dalla finestra.

-avevate una casa sull'albero?-

-no.-

Tom deglutì, teso.

-nostro padre ci lasciò prima ancora di prometterci che ce l'avrebbe costruita. Ma lui non è mai stato un problema. Bill e mamma sono sempre stati tutto quello di cui avevo bisogno.-

-okay.-

Disse il dottore.

-non mi soffermerò a chiederti di tuo padre quindi.-

Mentì. Sospettava che ci fosse qualcosa sotto dato che non ne voleva parlare, ma sbagliava. Il problema erano solo lui e Bill.

-quindi cosa facevate, vi dondolavate dai rami, vi fingevate scimmie...-

Tom rise, ma era più una risata nervosa che sincera.

-no, facevamo a gara a chi arrivava più in alto, e poi restavamo sdraiati sui rami a guardare il cielo e parlare.-

-di cosa parlavate?-

Tom fece spallucce.

-cose da bambini, come…-

Si girò, pensiero, e tornò a sedersi sulla poltrona.

-come...-

Ripeté, passandosi una mano sulla testa.

-onestamente, parlavamo del nostro futuro. Sognavamo di diventare famosi, di cantare e girare il mondo.-

-avete realizzato i vostri sogni, allora.-

-già...-

Annuì Tom, immerso nei ricordi.

-e poi, ci rilassavamo dalla scuola.-

-molto impegnativa a quei tempi!- 

Ironizzò il dottore. 

-eravate alle elementari, suppongo…?-

Chiese. Ma Tom era serio.

-per Bill non è stato facile. Né alle elementari, né alle medie. Veniva sempre deriso e ridicolizzato, e io mi sono fatto espellere una decina di volte per aver picchiato quegli stronzi che lo maltrattavano.-

Il dottore prese a scrivere sul suo blocco degli appunti.

-e perché lo deridevano?-

-perché era diverso. Lui...è sempre stato più sensibile ed emotivo, e quindi veniva sempre chiamato "femminuccia", "frocio" e con tutti quei nomignoli offensivi. Poi si truccava e si vestiva sempre di nero.-

Tom tornò a quei momenti con la memoria. Ricordò tutte le volte che lo aveva consolato, tutti i giorni che avevano bigiato le lezioni perché Bill aveva paura, tutte le lacrime che aveva versato sulla sua spalla. Il suo povero fratellino ne aveva passate tante, troppe per un ragazzo così sensibile, e meritava per lo meno di trovare un amore che lo rendesse davvero felice. "Non me..." Pensò.

-e tu lo proteggevi?-

-si, sempre.-

-tu invece non venivi deriso?-

-beh naturalmente, ma non mi importava. Io rispondevo con pugni e insulti mentre Bill si chiudeva in sé stesso e soffriva in silenzio. Io stavo bene, era lui che aveva bisogno di aiuto.-

-pensi che adesso sia lo stesso?-

Tom poggiò i gomiti sulle ginocchia e piegò la testa di lato.

-che vuole dire?-

-pensi che anche in questa relazione che avete adesso sia solo Bill ad avere bisogno di te, oppure…-

-no, no, non è solo lui. Anche io.-

-anche tu cosa?-

Voleva farglielo dire, lo stronzo.

-anche io...provo...qualcosa per lui.-

Disse, sforzandosi. "Ma perché cazzo devo dirlo a te!" Disse al dottore, dentro alla sua mente.

Lo psicologo continuò a scrivere mentre Tom cercava con lo sguardo un orologio, non vedeva l'ora di andarsene.

-quali altri giochi facevate?-

Tom si mise a pensare. Queste domande innocenti gli piacevano, gli permettevano di ricordare la sua infanzia, il periodo più bello della loro relazione.

-nascondino. Era il nostro preferito quando fuori pioveva e non poteva arrampicarci sugli alberi.-

-capisco.-

Annuì il dottore.

-e come lo facevate voi? So che ci sono un sacco di versioni diverse del nascondino.-

-Mmh...-

Rifletté.

-uno contava fino a 30, e doveva andare a cercare l'altro che nel frattempo si era nascosto, e quando lo trovava...-

"Bene, e ora cosa gli dico? Dai, pensa in fretta, pensa in fretta!" Si disse Tom, che voleva aggirare la verità di cui si era dimenticato.

-quando lo trovava?-

Lo incitò il dottore.

Tom riprese a muoversi nervosamente sulla sedia.

-senta eravamo bambini, okay? Non sapevamo quello che stavamo facendo.-

-e cosa stavate facendo?-

"Insistente." Pensò Tom.

-se quello che si era nascosto veniva trovato prima di 30 secondi allora quello che l`aveva trovato poteva decidere la "punizione", che consisteva in...-

Ridacchiò, imbarazzato.

-ad esempio un bacio sulla guancia, una carezza sul collo, o sulla mano... Ma eravamo solo bambini, era un gioco innocente!-

-capisco. Punizioni peculiari, tuttavia.-

Disse lo psicologo. Tom annuì.

-a quel tempo non ci sembrava. Ci piaceva, e non vedevamo per quale motivo non avremmo dovuto farlo.-

Tom si prese la testa tra le mani e ormai era quasi deciso a vuotare il sacco.

-è dopo che le cose sono cambiate...o meglio, si sono evolute in una direzione sbagliata.-

-raccontami.-

 

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

 

-un giorno...avevamo 13 anni, e stavamo giocando a nascondino. Eravamo un po' grandi per quel gioco forse, ma a noi piaceva. Eravamo da soli in casa, come spesso capitava. Nostra madre doveva lavorare e noi non avevamo molti amici, quindi stavamo spesso soli. Io ero nascosto nel nostro armadio e avevo lasciato l'anta socchiusa nella speranza che Bill mi trovasse.-

Si interruppe un secondo per meravigliarsi di quanto stesse parlando con sincerità. Decise di continuare, pensando che magari gli avrebbe fatto bene.

-infatti mi trovò molto presto. Ridemmo insieme e Bill entrò nell'armadio con me. Giocammo un po' con i vestiti, ci facemmo qualche scherzo e poi... Volevo darli un bacio sulla guancia, ma lui si girò proprio in quell'istante e... Beh, ha capito insomma. Rimanemmo entrambi turbati. Dopotutto eravamo giovani, non sapevamo se potevamo, tanto meno se ci era piaciuto. Ci guardammo in silenzio per un attimo e poi tornammo a ridere insieme, facendo finta di niente.-

Tom sospirò, come affaticato dal peso di quelle parole.

-da quel giorno però qualcosa cambiò. Quando giocavamo o ci salutavamo...-

Esitò un secondo.

-ecco...per noi era diventato normale salutarci con un bacio.-

Disse tutto d'un fiato. Nascose la testa tra le mani.

-e mi piaceva, io...gli volevo bene e…volevo sentirlo vicino. Pensavo che fosse…normale, o una semplice fase. Andando avanti però ho avuto bisogno di sentirlo sempre più vicino a me, sempre di più...-

Sospirò.

-nessuno vi ha mai detto niente quando vi baciavate?-

-nessuno ci ha mai visti, suppongo. Non si è mai posto il problema.-

Rispose Tom, sbrigativo.

-quindi se lo nascondevate agli altri, vuol dire che pensavate che c'era qualcosa da nascondere.-

Tom sospirò e cambiò posizione sulla sedia.

-si. Io, per lo meno. Ma non ci ho mai voluto pensare gran ché. Come ho detto credevo che fosse una fase, o qualcosa del genere…-

-quindi non pensavate che fosse normale, non tutti e due per lo meno.-

-non pensavamo!-

Esclamò Tom, con tono leggermente adirato.

-non pensavamo e basta…-

-capisco.-

Ripeté lo psicologo.

-quando avete avuto il primo rapporto?-

Domandò il dottore. Tom cominciò a stringere i pugni.

-a 16 anni.-

-e fino a quel momento come è stata la vostra relazione?-

-si è...evoluta, fino ad arrivare a quello. Non è stato da un giorno all'altro evidentemente, è stato un processo graduale di baci e...manifestazioni d'affetto che adagio adagio diventavano normali per noi. Ma non avevamo mai pensato di star avendo una storia fino a quel momento. A noi piaceva, e non ci importava altro.-

-e fino a quando non vi è importato altro?-

Chiese.

-scusi?-

-quando ti sei reso conto della direzione che stava prendendo la vostra relazione?-

Insistette il dottore.

-a 16 anni, quando...beh, lo sa.-

-io lo so, voglio che lo sappia tu.-

Tom rimase basito davanti a quelle parole. Aveva capito quindi, aveva notato che lui aveva difficoltà a mostrare a sé stesso la realtà.

-quando abbiamo avuto il primo rapporto sessuale, contento adesso?-

Esclamò, irritato. Iniziava a sentirsi stanco, quasi demoralizzato, oltre che imbarazzato, evidentemente. Sospettava di essere diventato tutto rosso, dato che sentiva caldo sul volto.

-e com`erano i ruoli nel rapporto?-

Tom sgranò gli occhi a quella domanda. Si lasciò sfuggire una risata nervosa e riprese a muoversi sulla sedia.

-sta cercando di farmi innervosire?-

Domandò, palesemente infastidito.

-è solo una domanda. Penso che potrei capire qualcosa in più riguardo alla tua personalità se sapessi…-

-sono fatti miei, okay! Adesso sta esagerando!-

Esclamò, alzandosi. Ciondolò per un po’ davanti alla poltrona, coprendosi il viso con le mani. Questo è troppo. Pensò.

-sai che niente di quello che mi dici uscirà da questa stanza, non è vero?-

-non è questo il problema! Tanto immagino che l`unica persona a cui potrebbe importare qualcosa è Serena e con lei non ho molti segreti.-

-allora qual è il problema? Pensi che sia ingiusto verso tuo fratello?-

Tom chiuse gli occhi, rimandando indietro le lacrime. Ecco, era quello il problema, quella piccola parola che dentro di sé racchiudeva una consapevolezza straziante: fratello. È tuo fratello, cazzo! Gridò a sé stesso.

-Tom, puoi anche non dirmelo se non te la senti, non intendo forzarti.-

Tom annuì, calmandosi un po’. Però non poteva ignorare la curiosità.

-che cosa le direbbe sulla mia personalità?-

Chiese. Il dottore accennò un sorriso.

-beh, da come ne parli sembri quello passivo in questa relazione, dal punto di vista emotivo, dato che sei quello più razionale, quello che, come mi hai detto, cercava di nascondersi. Tuo fratello invece sembra quello attivo, che ti sprona a fare qualcosa che tu riconosci come sbagliato e che quindi probabilmente non faresti se non ci fosse lui a proportelo. Ecco, volevo solo sapere se i ruoli che ho evidenziato sono gli stessi anche durante il rapporto.-

Tom abbassò lo sguardo, studiando disinteressatamente i lacci delle sue scarpe. Come cavolo faceva a parlare di quelle cose senza imbarazzarsi minimamente? Tom era diventato tutto rosso, ed era determinato a non rivelare dettagli, però era ancora curioso.

-e se non lo fossero? Cosa significherebbe?-

Domandò, senza alzare lo sguardo.

-in quel caso penso che dovresti riconoscere di non essere molto più razionale di tuo fratello.-

-la smetta!-

Gridò Tom a denti stretti. Non aveva saputo trattenersi, e adesso avrebbe dovuto spiegare.

-di fare cosa?-

-di ricordarmi che è mio fratello.-

Ammise.

-ma è quello che è. È tuo fratello.-

Tom scosse la testa, sempre più spaventato da quella consapevolezza.

-anche tu hai qualche problema con la realtà. Magari sei quello più razionale nel senso che ti preoccupi che nessuno vi veda, ma certamente non sei stato trasportato in questa relazione, al contrario la dirigi.-

-ma di che diavolo sta parlando?! Nessuno dirige niente, è reciproco! Pensavo l`avesse capito… Non sto cercando di dare la colpa a Bill, assolutamente. So di non essere passivo…ma neanche lui lo è. È reciproco.-

Concluse con tono basso, quasi sussurrando. Si risedette sulla poltrona e sospirò.

-a questo punto hai risposto alla domanda che tanto ti imbarazzava.-

Tom alzò lo sguardo, incuriosito.

-ah si? E quindi?-

-attivo.-

Concluse il dottore, e Tom non poté negare. Rivolse nuovamente lo sguardo alla finestra, sconsolato. Ebbene, era questa la sua realtà: tanto felice quando era solo con Bill quanto triste quando doveva confrontarsi col mondo. Una condanna ingiusta, per entrambi.

-tu come definisci la vostra relazione adesso?-

Esordì il dottore, dopo un eloquente silenzio.

-complicata, impossibile e… sbagliata.-

Ammise Tom.

-e pensi che si potrebbe fare qualcosa per renderla "giusta"?-

-che vuole dire?-

Domandò, corrugando la fronte.

-ti sto ripetendo la domanda che ti ho fatto all'inizio: perché sei qui? Cosa speri di ottenere? Vuoi una pozione magica che spenga l'amore che hai per Bill o vuoi riuscire ad accettare questa relazione?-

Tom si alzò di nuovo e cominciò a girare per la stanza. Cominciava ad innervosirsi, di nuovo.

-cosa speri di ottenere, Tom? Quale credi che sia la soluzione a questa relazione incestuosa? Cos'è che vuoi?-

-nulla, perché tanto non si può fare niente.-

-ma non è questo che pensi.-

-invece si!-

Insistette.

-cos'è che vorresti davvero? Tom, cosa vorresti cambiare della vostra realtà?-

Ogni domanda faceva crescere la rabbia dentro di lui. Prese a camminare più svelto su e giù per la stanza, prendendosi la testa tra le mani.

-cos'è che vuoi? In che modo potresti smettere di odiarti per quello che provi? Tom, cos`è che vorresti?-

-vorrei che non fossimo fratelli!-

Gridò Tom. E finalmente aveva smesso di mentire a sé stesso. Finalmente aveva detto la verità alla persona che più di tutto l`aveva da sempre rifiutata: sé stesso. Lui non voleva smettere di amare Bill o porre fine alla loro relazione, come invece aveva ripetuto più volte, bensì voleva sciogliere il loro legame di sangue per poter concedere a sé stesso di amarlo; poiché la sua morale non poteva convivere con l'amore per suo fratello, ma solo con l'amore per Bill.

 

Nulla di più impossibile…

 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


 

CAPITOLO 5

 


-alla prossima, allora.-

Disse il dottor Wittmore, stringendo la mano a Tom, che varcava la soglia dello studio. Non appena si voltò vide Bill seduto nella sala d'attesa. Si fermò, con gli occhi gonfi delle lacrime che aveva appena versato. Azzardò qualche passo verso di lui, incerto su come comportarsi. Doveva dirgli qualcosa? Doveva ignorarlo?

Bill si alzò, tenendo la testa bassa, anche lui incerto sul comportamento da tenere. Quando gli passò a fianco Tom lo fermò, parandoglisi davanti. Non poteva lasciarlo andare senza dirgli niente.

-può concederci qualche minuto?-

Chiese Tom, rivolgendosi al dottore.

-certo.-

Rispose lui, con un sorriso.

-ti aspetto dentro, Bill.-

Disse, e chiuse la porta alle sue spalle.

Bill non fece in tempo a chiedergli che cosa volesse che Tom lo abbracciò. Lo sorprese con un caloroso abbraccio pieno di emozioni.

-senti...-

Esordì Tom.

-adesso vai lì dentro e di tutta la verità, tutto quello che vuoi: su di me, di noi, le tue paure, i miei errori, tutto quello che ti pare. Ma poi torna immediatamente da me, okay?-

Mormorò. Bill rimase attonito davanti a quella cascata di emozioni: non era certo da Tom. Evidentemente aveva nascosto i suoi sentimenti troppo a lungo, ed era arrivato il momento di liberarsene. Il peso di tutte quelle confessioni lo attanagliava e aveva bisogno del conforto che solo Bill poteva dargli. Al diavolo la realtà, al diavolo tutto, un abbraccio non è nulla di male. Si disse Tom, per giustificarsi.

Bill si limitò ad annuire, incapace di capacitarsi dell'accaduto. Così Tom lo salutò con un bacio sulla fronte, e si incamminò verso l'uscita.

 

I piani erano cambiati. Per consultare il signor Wittmore avevano deciso di trattenersi cinque giorni a Los Angels, con la scusa di voler vedere la città. Georg e Gustav ne erano stati più che entusiasti. Anche Serena era felice che avessero prolungato la loro permanenza, così avrebbe avuto più tempo per parlare con Bill e Tom, e possibilmente aiutarli. 

Adesso se ne stava fuori dallo stabile che ospitava lo studio del dottore, in attesa di Bill. Nel frattempo fumava nervosamente una sigaretta che le aveva dato una sua amica. Non aveva mai comprato un pacchetto, però quando le veniva offerta non diceva mai di no. Dopotutto una ogni tanto non può fare poi così male. Si ripeteva.

Bill uscì dallo studio sconsolato, con la testa bassa e le mani in tasca. Si incamminò verso il parco lì di fronte: aveva bisogno d'aria.

-Bill!-

Lo chiamò Serena.

-ciao!-

Lo salutò, felice che l`attesa fosse finita.

-com'è andata? Stavo aspettando Tom ma è corso fuori così velocemente, non mi ha dato neanche il tempo di salutarlo.-

Bill accennò un sorriso. "Non si smentisce mai." Pensò.

-non è cambiato molto.-

Disse Bill mestamente, mentre si incamminavano verso il parco.

-di cosa avete parlato? Se ti va di dirmelo...-

-si sì, certo.-

Si affrettò a replicare.

Ormai Serena era diventata la loro confidente. Entrambi gradivano la sua presenza e nutrivano molta fiducia in lei. Persino Tom, prima di andare dallo psicologo, aveva parlato a lungo con lei. Bill non sapeva di cosa avessero parlato, ma non gli dispiaceva: era giusto far entrare una terza persona nella loro relazione intricata. Gli faceva bene parlare l'uno dell'altro.

-allora cosa ti ha chiesto?-

-ha cominciato chiedendomi della nostra infanzia, di com'era il nostro rapporto da bambini...-

E sorrise a quel pensiero.

-e io gli ho raccontato alcuni episodi della nostra infanzia.-

Arrivarono ad una panchina e Serena gli fece cenno di sedersi.

-ti va di raccontarli anche a me?-

Chiese Serena. Bill annuì, con un sorriso. Si sentiva davvero a suo agio con lei: non lo giudicava, ma ascoltava e si sforzava di capire.

-era estate. La nostra casa era molto piccola ma nostra madre aveva fatto di tutto per farci avere una di quelle piccole piscine gonfiabili. E noi ci passavamo giornate intere. Una volta ci annoiavamo e così abbiamo pensato bene di...-

Si lasciò scappare una risata.

-pensammo di insegnare a nuotare al nostro criceto.-

Anche Serena rise, divertita.

-prima lo abbiamo messo sopra ad una paperella di gomma e gli abbiamo spiegato come si fa a nuotare. «Ora devi usare le zampe posteriori per remare» gli dicevamo, come se potesse capirci. Poi lo abbiamo messo in acqua e... Non la smettevamo più di ridere! Era così buffo quando nuotava. O per lo meno ci provava!-

Risero entrambi, liberandosi momentaneamente dal peso della realtà.

-poi però si è attaccato al bordo per uscire e ha bucato la plastica! Allora io e Tom siamo corsi in casa a cercare lo scotch e abbiamo tentato di soffiare dentro l'aria e tappare il buco. Nostra madre si è arrabbiata tantissimo quando ha visto cosa avevamo combinato! Ma le è passata presto e si è messa a ridere anche lei.-

-siete sempre stati una famiglia molto unita, non è vero?-

Bill annuì.

-cos'altro gli hai raccontato?-

Chiese Serena, curiosa.

-mi ha chiesto dei nostri giochi preferiti. Gli ho detto che adoravamo arrampicarci sugli alberi e giocare a nascondino...-

Lo sguardo di Bill si oscurò.

-e allora gli ho parlato di quando ci siamo baciati per la prima volta.-

Serena ascoltava in silenzio, con aria assorta.

-è stato così...strano. Ricordo di essermi sentito al settimo cielo, ma subito dopo ho letto negli occhi di Tom un enorme senso di colpa, e così ho pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato.-

Si strinse nelle spalle e accavallò le gambe.

-io non capivo. Tom ha ragione quando dice che non capisco. Io non vedo la realtà quando si parla di emozioni, in particolare d'amore. E quella volta rimasi più turbato dalla reazione di Tom che dalla mia.-

Sospirò, intento a grattare via lo smalto nero dalle sue unghie.

-da quel giorno qualcosa cambiò. L'affetto che nutrivo per lui cominciò ad aumentare sempre di più, e provavo il bisogno di sentirlo sempre più vicino. Negli anni avvenire passai sempre più notti nel letto di Tom. Non volevo più dormire da solo, avevo bisogno di sentirlo…fisicamente. Volevo abbracciarlo…-

Disse, cingendosi la vita con le braccia, sognando che fossero quelle di Tom.

-il giorno del nostro sedicesimo compleanno cercai di...-

Deglutì, nervoso, e forse un po' imbarazzato.

-cercai di sedurlo, ma lui non cedette. Vedevo che era confuso, e sapevo che avrei dovuto esserlo anche io, ma per me la situazione era molto semplice: mi ero innamorato. Qualche volta dubitavo che lui ricambiasse i miei sentimenti. Insomma...sapevo che mi voleva bene, ma non sapevo se anche lui gradiva i miei baci o se lo faceva solo perché vedeva che piaceva a me...-

Sospirò.

-ad un certo punto però cedette, e allora capii che anche lui mi amava. Da quel momento in poi divenne più facile ignorare il senso di colpa; era sempre leggibile sul suo volto, ma per lo meno mentre mi amava sentivo che si abbandonava completamente ai sentimenti, e allora non avevo più alcun dubbio.-

Sorrise, immergendosi di nuovo nel suo mondo in cui nulla era impossibile.

-mi amava, nello stesso modo in cui io amavo lui, però faceva più fatica ad accettarlo, ed era spesso triste e silenzioso…-

Serena vide che si stava rattristando e gli mise una mano attorno alle spalle per confortarlo. Bill la strinse e sospirò. Gli era di grande conforto sapere che non era più solo, che finalmente aveva confessato il suo più grande segreto. Il loro più grande segreto.

-con l'età diventò sempre più difficile nasconderci, e Tom cominciò a dire che dovevamo prendere una decisione. Ma evidentemente non lo facemmo mai...fino a ieri.-

-finché io non mi sono impicciata nella vostra vita privata.-

Sussurrò Serena, sentendosi leggermente colpevole.

-oh no, tu sei stata la svolta che aspettavamo! Io te ne sono grato, e sono sicuro che anche Tom lo è. Ci fa bene parlarne con qualcuno, i segreti sono una gabbia tremendamente angusta.-

Disse, rivolgendo a Serena un sorriso sincero.

-Tom ha ragione: non possiamo continuare così. Dobbiamo prendere una decisione...-

-tu cosa vorresti fare?-

Chiese Serena.

Bill sospirò e rimase a pensare per qualche istante. Poi si alzò ed illustrò a Serena i suoi sogni.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

 

 

Adesso era ora di andare.

Era il momento di tornare in Germania con gli altri membri della band. Tornare alla normalità, tornare ai sotterfugi, alle bugie, alle paure. Tom stava facendo le valige, rassegnato. Bill era stato molto distante negli ultimi giorni e Tom non poteva fare a meno di domandarsi cosa gli avesse detto lo psicologo. Forse si era convinto che la loro relazione era innaturale e doveva finire, e si sarebbe comportato di conseguenza. «È la cosa migliore» Continuava a ripetersi Tom, povero di convinzione. Voleva il meglio per Bill e che potesse essere veramente libero di lasciarsi guidare dal suo cuore, e con lui non poteva farlo. Tom aveva ormai ammesso a sé stesso di non volere che la loro storia finisse, ma aveva anche riconosciuto che era necessario. Dove sarebbero mai arrivati? Come avrebbero potuto nascondersi per tutta la loro vita? Non era possibile. Non era accettabile, ma tanto meno avrebbe potuto essere cancellato. Un amore così forte, così duraturo…niente l`avrebbe mai nemmeno scalfito. Forse avrebbero imparato a convivere con la finzione un giorno. Forse si sarebbero sposati, avrebbero avuto dei figli, ma avrebbero comunque continuato a vedersi di nascosto. Quest`ipotesi però rattristava Tom ancora di più, poiché significava ancora tradimento, altre menzogne, altre vite rovinate. E lui non voleva più ingannare nessuno. Voleva ridere con i suoi amici stringendo la mano del suo amato, voleva poter confessare a sua madre di essere gay e poter smettere quindi di fingere di correre dietro alle ragazze. Voleva smettere di vivere in una menzogna, ma questo avrebbe comportato l`abbandono dell`unico vero e sincero amore che aveva conosciuto nella sua vita, oppure la perdita della stima di tutti coloro a cui voleva bene, e tutto il loro disprezzo.

Chiuse le valige e le mise davanti alla porta, in attesa che il facchino venisse a prenderle. Poi andò a sedersi sul letto. Si prese la testa tra le mani e, in silenzio, lasciò che le lacrime gli rigassero il viso. Non era arrabbiato, né disperato: era rassegnato. Perché era successo a lui? Perché non poteva essere un`altra la sua vita? Perché non poteva decidere chi amare?

Sospirò e si sdraiò. Respirò a pieni polmoni, cercando di captare ogni effluvio del profumo di Bill; probabilmente sarebbe stata l`ultima volta che avrebbe sentito quell`odore sul suo letto. Si girò sul fianco, incapace di stare fermo. Si mise a sedere sul bordo del letto, facendo penzolare i piedi. Infine si alzò. Guardò giù dalla finestra, e notò Bill che rideva con Serena. Eccola, lei sarebbe stata perfetta per lui, avrebbe potuto renderlo felice. Nonostante lo conoscesse molto bene e sapesse che non avrebbe mai potuto rivolgere a lei i sentimenti che provava per lui, si convinse di aver scorto una luce speciale negli occhi di Bill quando lei sorrideva.

Tom sospirò e si sforzò di essere felice della conclusione della loro storia. «È giusto così, prima o poi doveva succedere. È giusto così…» Si ripeté di nuovo, riuscendo lentamente a crederci.

-allora, pensi di farcela entro oggi?-

La voce di Georg lo fece trasalire. «Ma perché cazzo dimentico sempre di chiudere la porta!» si rimproverò Tom.

-che vuoi?-

Domandò, leggermente irritato.

-vogliamo salutarti, amico.-

Si aggiunse Gustav. Tom increspò la fronte.

-salutarmi? Sbaglio o siamo diretti nella stessa nazione?-

Disse. Georg e Gustav ridacchiarono.

-qualcuno non è stato avvisato, la cosa è ancora più perversa di quello che sembra.-

Esclamò Gustav, dando una gomitata a Georg. Tom cominciava a preoccuparsi.

-la tua amichetta ha due biglietti aerei per un posto misterioso in cui potrai rilassarti dallo stress della vita da pop star…e a quanto pare anche Bill intende andare da qualche parte a cercare la sua anima gemella.-

Spiegò Georg, con quel sorrisetto beffardo.

Tom era confuso, ma capì subito che la risposta stava fuori dall`hotel, e si chiamava Serena.

-sospettavo che ci fosse qualcosa tra voi due, siete stati talmente appiccicati negli ultimi giorni!-

-chissà Bill invece dove va..-

-forse non lo sa ancora neanche lui.-

Chiacchieravano i due. Tom cercava di mettere insieme i pezzi del puzzle dai loro discorsi, ma ancora era perplesso.

«Serena. Sicuramente è lei l'organizzatrice di questo casino.»

Si disse Tom, e corse giù ignorando i due che discutevano. In un secondo si trovò di fronte a Bill e Serena che ridevano. Lei teneva in mano due biglietti aerei. Ma che diavolo aveva architettato?

-dovresti sbrigarti, o farete tardi.-

Esclamò Serena non appena lo vide.

-farete chi?-

Chiese Tom, mentre una parte di lui si stava aggrappando ad una speranza.

-tu e Bill, naturalmente.-

Disse lei, con un grande sorriso stampato sul volto. Diede un biglietto a Bill e lo abbracciò, sussurrandogli qualcosa all`orecchio che Tom non sentì. Poi andò verso Tom e gli porse il suo biglietto.

-sciogliere il vostro legame di sangue non è sfortunatamente possibile… Ma la soluzione di Bill di andare in un posto dove potrete essere qualcun`altro, è un`ottima idea.-

Disse Serena. Tom afferrò il suo biglietto, incapace di raccapezzarsi.

-meritate entrambi di essere felici, e se stare insieme è l`unico modo per esserlo, allora non potete fare altro che scappare.-

Concluse Serena. Il suo sorriso era caldo e confortante. Tom la guardò, poi guardò Bill, che sorrideva agitato come un bambino. Poi rivolse il suo sguardo nuovamente verso Serena; finalmente riuscì a comprendere la situazione: sarebbero scappati, avrebbero abbandonato il mondo in cui erano i gemelli Kaulitz per entrare in quello in cui erano due giovani innamorati. Pensare che gli era sempre sembrato così impossibile prima, mentre adesso questa giovane e fragile ragazza l`aveva reso realtà. Perché era per la maggior parte merito suo, era la svolta che stavano aspettando.

-buon viaggio.-

Disse Serena, e fece per andarsene, ma Tom l`afferrò per un braccio e la strinse forte in un caloroso abbraccio.

-grazie…grazie di tutto. Non ti dimenticheremo mai…-

Le sussurrò all`orecchio.

-è stato un piacere.-

Rispose lei, sciogliendosi dall`abbraccio.

-ciao…-

Dissero, all`unisono, scambiandosi un sorriso carico di emozioni. C'erano tante altre parole nella mente di entrambi. Tom avrebbe voluto esprimerle esplicitamente tutta la sua gratitudine e dirle quanto fosse stato importante il suo sostegno, Serena avrebbe voluto che sapesse che era stato veramente un onore aiutarli e lottare per il diritto secondo lei più importante: l`amore; ma non ce n'era bisogno. Con quel sorriso si erano intesi perfettamente. 

Tom ancora rimuginava sul programma precedente, su tutto quello che aveva pensato riguardo alla loro relazione, tornare a casa, tornare al passato. Adesso invece doveva salutare tutto e tutti. Era una grande sorpresa, avrebbe avuto bisogno di un po' più di tempo per capacitarsene, ma non ce n'era. E forse era meglio così: non aveva tempo per pensare ai lati negativi.

Arrivarono subito Georg e Gustav che li salutarono e augurarono loro buon viaggio. Serena si allontanò dicendo che si sarebbe fatta accompagnare all`aeroporto da un`amica, e con una stupida scusa riuscì a portarsi via anche Georg e Gustav.

A quel punto erano soli, finalmente.

Si guardarono, entrambi così pieni di parole che non sapevano da dove cominciare.

-quindi, è questo che stavate architettando.-

Esordì Tom. Bill annuì, sorridendo.

-volevo che fosse una sorpresa. Ma devo ammettere che è stato difficile starti lontano per tutti questi giorni.-

Disse Bill, incapace di dissimulare il suo entusiasmo.

-adesso non dovremo più nasconderci, saremo qualcun altro, saremo finalmente solo chi vogliamo essere!-

Continuò Bill.

-già...non dovremo più fingere...mai più.-

Ripeté Tom, incredulo.

-ancora non riesci a crederci, vero amore?-

Esclamò Bill, prendendogli la mano. Tom sorrise, abbassando la testa.

-siamo in pubblico Bill, dobbiamo trattenerci ancora per un po'. Qualcuno che conosciamo potrebbe vederci.-

-e allora? Anche se fosse ci vedrebbero per l`ultima volta.-

Disse Bill, e sfoderò nuovamente quel suo sorriso seducente. Cercò anche l'altra mano di Tom e gli si avvicinò

-siamo liberi, Tom, meglio che cominci ad abituartici.-

E lo baciò.

Benché nulla sarebbe cambiato tra loro se non la loro casa e probabilmente il cognome, pareva ad entrambi di star partendo per un nuovo mondo, per quel magico mondo dei sogni che Bill aveva sempre nutrito con le sue speranze. Adesso tutto ciò che aveva sempre sognato si stava realizzando. Il passato alle spalle e un futuro brillante e libero davanti agli occhi. Una fantasia? Una finzione? Solo un sogno ad occhi aperti? Irreale? Ma cos'è reale, se non ciò in cui decidiamo di credere?

Tom prese il volto di Bill tra le mani e ruppe il bacio. Lo guardò sorridendo, felice come mai prima era stato.

-sembra un sogno!-

Esclamò Bill, lasciandosi sfuggire una lacrima.

-no.-

Ribatté Tom.

-adesso è realtà.-

 

 

 

 

 

FINE <3 

E la storia dei nostri due innamorati è giunta a termine! Spero che vi sia piaciuta e che vi siate lasciati coinvolgere nella vicenda come io ho fatto scrivendola. Grazie a tutti per le recensioni e per aver dedicato un po' del vostro tempo alle mie parole:)

Ciao a tutti! 

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