Histoire- momenti di ordinario

di Fe_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Picnic ***
Capitolo 2: *** Il campione del popolo ***
Capitolo 3: *** Scommessa ***
Capitolo 4: *** Ricordi ***
Capitolo 5: *** Le leggende di Europa: Lutto ***
Capitolo 6: *** L'uccellino spicca il volo ***
Capitolo 7: *** Ne oubliez pas de moi ***



Capitolo 1
*** Picnic ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: Picnic
Personaggi: Sud Italia {Lovino Vargas}, Belgio {Renée A. Maes}
Rating: Verde
Note: Gakuen Hetalia.
Molto semplicemente, un momento fuori dalle lezioni.
Probabilmente ci saranno altre Gakuen!AU, ambientate nei club o durante le lezioni, insomma, è una bella Au no?



La belga stese le gambe sulla coperta, sorridendo in direzione del ragazzo.
Lovino era il suo migliore amico da più o meno sempre e, anche se a volte qualcuno chiedeva se ci fosse altro, i due non avevano la minima intenzione romantica.
Si conoscevano benissimo e avevano uno splendido affetto familiare, ma nulla di più.
-Cosa mi hai portato?- chiese Renée, sporgendosi verso di lui, e l'italiano scosse una mano.
Era ormai un'abitudine consolidata, per l'ultimo giorno di scuola, che i due si trovassero insieme per un picnic; non sapendo quanto si sarebbero visti durante l'estate, salutarsi bene era d'obbligo.
Lovino portava da mangiare, Renée il dolce. Che di solito significava waffle o un qualsiasi dolce al cioccolato.
A volte era stato complesso, come quella volta in prima che aveva iniziato a diluviare e loro erano rimasti ugualmente. Avevano passato la settimana successiva a letto, chiamandosi e starnutendo.
-Insalata di riso, Ren. Waffle?- rispose. Per questo adorava Lovino. Aveva quell'aria burbera e scontrosa, ma con le ragazze si scioglieva. Era così leale... forse avrebbe potuto fidarsi totalmente di lui.
-Sì. Lovi... io vorrei dirti una cosa.- disse, perdendo un attimo l'allegro sorriso che la contraddistingueva.
“Oddio”, si disse Lovino. Non aveva mai dato peso a quell'idiota di Antonio, che a volte insinuava di una possibile cotta della ragazza nei suoi confronti. Ma vederla così, apparentemente timida ed imbarazzata...
Spostò lo sguardo dalle guance di lei, che stavano prendendo la sua stessa sfumatura rossastra.
Nel parco della scuola non c'era quasi più nessuno, solo alberi e pista rossa per correre, e Kiku e Mei che scherzavano insieme, in una rispettosa distanza, senza toccarsi o fare troppo rumore.
-Anche io dovrei. È piuttosto urgente.- ribatté. Forse, se gli avesse rivelato il suo imbarazzante segreto... e se lo avesse preso in giro? Se non lo avesse accettato, come non si era accettato lui per anni?
Mentre lui osservava a disagio il prato, la belga si sfiorò una ciocca bionda.
-Io mi sono innamorata, Lovino. Siamo amici da così tanto tempo, ma non ti ho detto che...- iniziò, e l'italiano fissò gli occhi color oliva sul suo viso.
Era la sua migliore amica. Era piuttosto bella, tutto sommato, morbida, dolce. Se avesse finto? Con lei...
Scosse la testa. No. Non sarebbe stato giusto. Lui non era così, e non voleva ingannarla.
-Sono gay.- disse in fretta, senza lasciarla finire. Se l'avesse detto qualche secondo prima, ormai quelle parole stavano per uscire dalle labbra sempre sorridenti.
-... mi sono fidanzata con Eliza.- concluse.
Si guardarono per qualche secondo.
“Lovino è gay!” pensò la belga, mentre l'italiano spalancava gli occhi.
“Ren sta con una ragazza?”
Si guardarono, per qualche secondo, incerti.
Avrebbe cambiato le cose?
Renée scoppiò a ridere, lasciando Lovino di stucco. Rideva così di gusto che cadde sul prato, con le mani sullo stomaco e le lacrime agli occhi.
Lovino non era sicuro di come prenderla, se sentirsi offeso o sollevato.
Nel dubbio, prese una manciata d'erba e gliela tirò in faccia. Non rallentò troppo le risa della ragazza, ma fu sufficiente a farle riprendere contegno.
-Scusa, è che...- disse, asciugandosi una lacrima -... hanno ragione, siamo una coppia praticamente perfetta!-
Lovino la guardò sospettoso qualche secondo, per poi lasciarsi andare ad un lieve sospiro di sollievo.
Renée non lo giudicava. Lo accettava. Accettava sé stessa. Si era addirittura fidanzata con Elizabeta, del consiglio studentesco.
-Quindi... Eliza?- chiese, per cambiare discorso.
La ragazza gli sorrise.
-Non è carinissima? E poi è così vitale!-
-Magari ti farà perdere quella pancetta da gatto che dorme sul divano.- la prese in giro, e questa volta fu la belga a lanciargli una manciata d'erba.
-Non ho affatto la pancetta!-
-Certo, come no..-
Continuarono così fino a ritrovarsi sporchi di verde e terra, per poi firmare una specie di tregua per il pranzo.
Mangiarono l'insalata di riso ed effettivamente waffle al cioccolato che, nonostante la belga insistesse a definire “decisamente migliorati” a Lovino parevano buoni come l'anno prima. E quello prima ancora. E... insomma, ci siamo capiti.
E poi tornarono a casa, nonostante la belga avesse cercato di convincere Lovino a portarla a fare shopping ricevendo una mezza bottiglietta d'acqua versata in testa come risposta.



Angolo Autrice
Ecco.
Spero sia... insomma, ben scritto. IC.
Nelle note ho scritto più o meno tutto, qui ci metto le spiegazioni generali della storia.
Scrivo questa fanfiction e ho delle idee, ma accetto volentieri suggerimenti. Non saranno storie esclusivamente romantiche, se volete vedere un personaggio o una brOTP a me va benissimo.
Ma la cosa che più mi preme è l'avvertimento degli OC .
Se volete partecipare con un vostro OC, basta che mi mandiate una descrizione del vostro personaggio- carattere, aspetto fisico, le cose base- e il momento che vogliate descriva. Può essere qualsiasi cosa, sto scrivendo questa fanfiction per allenarmi, ma preciso che mi riservo il diritto di non accettare tutti gli OC- se mi mandate un personaggio che del paese che rappresenta non ha nemmeno il nome, insomma, non posso fare troppo.
Questo è tutto!
Baci e abbracci
Fe_

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Capitolo 2
*** Il campione del popolo ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: Il campione del popolo
Personaggi: Romania {Vladimir Haltrich}
Rating: Arancione
Note: Nicolae, nome con cui si riferisce Romania a sé stesso ma non quello scritto sopra.
Perché? Per il significato (Vittoria del popolo).
Anche perché partecipa alle rivolte, ma non potrebbe perché è uno stato, dovrebbe stare dalla parte del governo. Poi tanto gli stati seguono i voleri del popolo, quindi meH
L'evento descritto è la rivolta contadina del 1907, ultima rivolta popolare europea secondo gli storici.
Avverto pure che io il rumeno non lo so ma, per non alzare troppo il rating con il rude linguaggio di Romania, ho ugualmente inserito parole in rumeno. Sono (o vorrebbero essere) per lo più insulti e linguaggio scurrile che serve solo a rafforzare la sua posizione- arrabbiata e popolare. Tanto poi ho cambiato il finale, quindi il rating è arancione scuro.
Allora, la rivolta ebbe diverse sfumature, antisemitica in primis, e va segnalato che non furono i ceti più poveri a ribellarsi, ma quello medio contadino.
In secondo luogo, la polizia fu davvero durissima nella repressione. Scusate.
*Nonnina



Nemernicilor sângeroase!
Pensavano di poterlo vendere, quei riccastri, di poter sfruttare la sua terra e il suo popolo...!
I contadini erano la sua principale forza, erano mesi che si sentiva stanco quanto loro, sfruttati e sottopagati...
Gli si socchiusero gli occhi, al ricordo di quella stanchezza, ma una contadina dalla pelle bruciata dal sole, al suo fianco, lo scosse.
-Nicolae! Non ancora. Dormiremo quando non ci sfrutteranno, quando quegli ebrei se ne andranno!- le ultime parole non erano rivolte solo a lui, e la folla ruggì la sua approvazione.
Si guardò intorno. Era la prima volta che partecipava ad una di queste manifestazioni, iniziate appena qualche giorno prima, non era affatto preparato.
Sapeva che era rischioso, l'autorità a volte era dura, ma credeva fossero solo esagerazioni. Dopotutto, il governo non avrebbe mai ucciso i suoi cittadini, no?
Nulla di più sbagliato, si disse, dopo aver voltato l'angolo.
La contadina accanto a lui, così piena di vita e di forza, cadde a terra.
Fu la prima cosa che sentì, prima ancora dell'odore di sangue metallico o delle urla della sua gente, dello sparo dell'esercito.
Il rumore sordo del corpo di una rumena, una donna non troppo attraente o ricca, comune, cadere a terra. Non sentì nemmeno un fiato uscirle dalle labbra, tanta era stata la sorpresa.
La guardò con orrore, gli occhi rossi colmi di sgomento. Come era possibile?
Passò un secondo soltanto, un secondo che sarebbe rimasto impresso nella sua memoria e dilatato come la scena di un film drammatico.
Poi si guardò intorno: vide vecchi temprati dal lavoro nei campi proteggere con i loro corpi giovani che forse non erano nemmeno loro figli, ma avrebbero potuto esserlo.
Vide donne cercare di scappare, poté quasi udire il pianto dei bambini che non le avrebbero viste tornare a casa.
Vide giovani cercare di bloccare, con il coraggio e l'arroganza tipica della loro età, le armi dei soldati e finire boccheggianti a terra.
Con una nota di disperazione sulle labbra corse anche lui, perché se doveva morire voleva che fosse con il suo popolo.
Si avventò contro un uomo armato, cercando di strappargli dalle mani quello strumento di morte.
Poi sentì qualcosa di caldo e umido scorrergli sul ventre, un bruciore lancinante, le gambe cedere.
E cadde a terra, lo sguardo rivolto indietro, verso quella contadina di cui non avrebbe mai saputo il nome.

Il sole era ormai tramontato.
Il dolore allo stomaco era scomparso già da qualche minuto, ma lui non riusciva ad alzarsi.
In quel buio, nella piazza dove erano entrati, i cadaveri erano stati quasi tutti portati via.
Non vedeva nemmeno più la sua amica, piangendo una giovinetta- forse sua figlia- l'aveva portata via insieme ad un uomo.
Era rimasto immobile, sperando che servisse a mitigare il dolore che sentiva al petto, poi si rese conto che non sarebbe passato.
Era il dolore del suo popolo, il suo cuore.
Si alzò, macchiato di sangue suo ed altrui, e zoppicò fino al cadavere di un ragazzo più giovane di lui.
Una donna anziana, dell'età di una nonnina, cercava faticosamente di portarlo via.
Che sconfitta.
Però non possiamo arrenderci. Le cose devono cambiare.

Quel pensiero non gli dava alcuno spirito di rivolta, alcun sollievo.
-Grazie, ragazzo.- gli disse la nonnina, quando prese il ragazzo tra le braccia.
-Il mio Alin era così simile a te... lui avrebbe preferito morire che vedere la sua Romania in questo stato. Ma questo prezzo...!- si lamentò.
Chinò il capo.
Per il suo popolo.
-Non ci arrenderemo, bunicuță*. Nessuno sarà morto invano.-
No, non si arrenderanno.
Per il popolo, per quel ragazzino, per quella donna, per tutti.
Non ci arrenderemo.



Angolo Autrice
Ecco, ci ho provato.
Come più o meno promesso, ecco il capitolo che cerca di essere storico si Romania.
Scusate, mi sono impegnata un sacco. Il capitolo è richiesto da Saroyan
Il prossimo capitolo parlerà dei fratellini italiani, ma in versione 2p! come richiesto da Dream_eyes
Mi sono dimenticata di dirlo--- sì, Saroyan, il titolo è incompleto. Manca un aggettivo, ma non trovo nulla che mi piaccia.
Doveva essere momenti di ordinario straordinario che in un primo momento mi era piaciuto, poi... meh. Spero in un colpo di ispirazione, sennò resta tronco.
Mi raccomando, proponete nuovi capitoli! Io scrivo per voi e per esercitarmi (?)
Baci e abbracci
Fe_

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Capitolo 3
*** Scommessa ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: Scommessa
Personaggi: 2p!Nord Italia {Luciano Vargas}, 2p!Sud Italia {Flavio E. Vargas}
Rating: Verde
Note: Non si parla abbastanza dei fratellini, eh?
Quindi eccoli, belli loro.
Slice of life, modo internazionale per dire che io, in una scena di tutti i giorni, li vedrei bene così.
Quindi... vi lascio all'amorevole affetto di Flavio e quello decisamente meglio nascosto di Lucianino. Perché Luciano è il fratello minore, non è lui che comanda a casa.



Luciano assottigliò gli occhi, guardando fisso il fratello maggiore. Aveva un ghigno che gli macchiava il viso, e questo lo trovava estremamente irritante.
Come se... fosse certo di aver già vinto. Ma Luciano non aveva ancora mostrato tutte le sue carte.
Con una mossa rapida sbatté a terra la mano sul tavolo, gioendo nel vedere la faccia del fratello sforzarsi di nascondere un leggero infastidimento.
Tutto secondo i piani, eh Flavio? pensò divertito Luciano, scostando le dita con lentezza inaudita per mostrare quella carta che avrebbe potuto segnare la sua scalata verso la nuova supremazia.
Non appena riuscì a capire di che carta si trattava, però, Flavio sorrise beffardo.

Non poteva crederci, Luciano.
Flavio lo aveva battuto al suo stesso gioco...!
Il biondo sorrise, sistemandosi gli occhiali da sole sugli occhi fin troppo sensibili alla luce. Perfino la poca luce del soggiorno era troppa per lui, quindi Luciano non aveva nemmeno pensato di farglieli togliere per il loro gioco.
Non pensava sarebbe servito, ma...
Forse avrebbe fatto meglio. Dopotutto, era lui quello che doveva rinunciare ai suoi amati coltelli per un'intera settimana.
Pensava sarebbe stato facile batterlo, tanto che aveva perfino scommesso: coltelli contro sciarpe.
Dopotutto era ridicolo le usasse perfino in estate, per quanto non fosse particolarmente calda...
E ora si ritrovava così, si sentiva quasi indifeso, nonostante anni di lavoro nell'esercito lo avessero temprato non solo nella mente, ma anche nel fisico asciutto e allenato.
-Flavio...- mugugnò un'ultima volta, lamentoso come solo un fratello minore avrebbe saputo essere.
-Per l'ultima volta, Lu, no: hai perso e la scommessa resterà valida fino a mercoledì!- esclamò allegramente.
Effettivamente non sopportava di saperlo sempre armato, perfino a casa.
E poi, era colpa sua: solo perché la briscola è un tipico gioco veneto, lui non aveva mai detto di non saperci giocare!



Angolo Autrice
Ecco qui il capitolo richiesto da Dream_eyes , sui fratellini italiani.
Spero sia apprezzabile, perché io mi sono divertita a scriverlo!
Apro di nuovo le proposte, perché non so ancora su cosa verterà il prossimo capitolo (forse su Ungheria e Erszébet?)
Ah, inoltre il prossimo capitolo non sarà mercoledì prossimo, perché sarò via, ma quello dopo ancora!
Vi lascio anche un'immagine dei fratellini~
Mi sembrava un'idea carina inserire le immagini dei personaggi, sarà più utile in caso di Oc e 2p poco conosciuti...

testo

Flavio E. Vargas, 2p!Sud Italia


testo

Luciano Vargas, 2p!Nord Italia



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Capitolo 4
*** Ricordi ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: Ricordi
Personaggi: Ungheria {Elizaveta Héderváry}, Erzsébet Báthory, Liechtenstein {Elisewin “Lili” Vogel}
Rating: Arancione
Note: Lo storico mi alza il rating, sorry not sorry.
Che poi non è davvero una storica, diciamo metà e metà.
Vediamo quindi una nazione e un suo personaggio storico! Non ho molto da dire, i miei cleri stanno sotto.



Elizaveta osservò, affascinata, la gocciolina di sangue che lenta ed implacabile scavava la propria via sulla sua pelle chiara.
Era incredibile come quel minuscolo rivolo la portasse indietro, nel corso dei suoi secoli di storia, durante le battaglie vinte e quelle perse, sempre giovane e bella nell'orrore.
Ma non era l'unico orrore al quale aveva assistito, ben meno decantato. Ben peggiore, nella sua follia.
Bastava pensare al sangue, vederlo sulla sua pelle chiara, per riportarla ad un momento tremendo in cui aveva compiuto quell'errore che avrebbe costato la vita a tante giovani donne come lei.

Non ricordava cosa avesse fatto.
Non lo ricordava, e quel fatto non era sopravvissuto alla storia, ma la vicenda ad esso collegata era ancora viva e la si poteva leggere facilmente, se sapevi dove cercarlo.
Innanzitutto lei non era una serva, era stata mandata dalla contessa Báthory per imparare le buone maniere dalla nobildonna. Elizaveta era sempre stata un tantino selvatica, speravano che una donna di polso potesse raffinarla.
Era una donna dura, estremamente protettiva nei confronti dei figli ma spietata con gli altri.
E per chissà quale mancanza l'aveva svegliata nel cuore della notte, appena tornata da un'incontro con Dorka.
L'aveva schiaffeggiata, senza nemmeno spiegarle il motivo, talmente forte da farle uscire il sangue dal naso. Le era perfino schizzato sulle mani, alla contessa, il suo sangue di giovane.
Si era pulita la mano e aveva osservato la pelle, perdendo immediatamente interesse per lei.
Quasi spaventata, l'ungherese si era ritirata mentre la contessa ancora osservava la propria mano.

Quando finalmente le denunce di sparizione raggiunsero la chiesa cattolica, finalmente Erzsébet venne fermata.
Ma Elizaveta lo sapeva, avrebbe sempre convissuto con colpa di aver iniziato quella sua follia.
Era talmente disgustata da lei, da sé, da aver rifiutato persino quel nome della sua terra, adottandone una forma più slava.
Anche se una parte di lei, pensò osservando il sangue scivolare indisturbato lungo il suo polso, una parte di lei credeva che potesse esserci del vero nella mente malata di Erzsébet. E questo le faceva odiare ancora di più quella donna.
Dopotutto, lei era una nazione. Per sempre giovane e bella, poso diversa da quando l'aveva incontrata. E del sangue di quanti innocenti si era bagnata?
Magari, se ne avesse assaggiato abbastanza di corrotto, anche lei avrebbe potuto invecchiare.
Pensò alle nazioni e al dolore che provavano quando i loro capi, personaggi, cari... i loro umani morivano.
E quella era la loro punizione, forse?
-Eliza! Eliza, stai bene?- chiese Liechtenstein, allarmata.
Era andata fuori a cogliere qualche mela, per la marmellata che stavano facendo. L'ungherese tagliava le fragole, e mentre faceva quello la lama era scivolata e le aveva lasciato un taglietto sulla pelle.
Si era persa ancora nei ricordi, come sempre. Scosse la testa.
-Sì, scusa Lili. Mi sono solo persa nei...-
-... ricordi- continuò la piccola. Era una nazione, anche lei.
Per quanto apparentemente giovane, anche lei subiva la stessa pressione psicologica.
-Ricordi, sì. Come sempre.-



Angolo Autrice
Mi sono sempre chiesta perché Ungheria non avesse un nome ungherese, allora ho fatto ricerche ed è saltata fuori la Báthory.
E mi sono detta “Eh, nemmeno io vorrei il nome di una delle mie serial killer”
Questa richiesta di Sayoran capita proprio a fagiolo!
Anche se di Erzsébet ha poco ed è più introspettiva che altro. Spero di non aver mandato Ooc quella gran donna di Eliza.
In caso, scusate.
Eh... no, in realtà erano solo questi i miei scleri.
Il prossimo capitolo sarà parte de Le leggende di Europa, una serie nella serie che tratta le varie leggende europee come fossero reali, in una terra non troppo immaginaria (Europa, appunto)
Se vi interessa, consigliatemi pure di quelle. Altrimenti solo idee random per le shot, vorrei inserire degli Oc ma non solo i miei eh---
Basta, su, vi lascio a questa immagine di Ungheria che la conoscete tutti ma è bella.

testo

Elizaveta Héderváry, Ungheria

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Capitolo 5
*** Le leggende di Europa: Lutto ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: Le leggende di Europa: Lutto
Personaggi: Nyo!Austria {Anneliese S. Edelstein}; Nyo!Prussia {Julchen Beilschmidt}
Rating: Giallo
Note: Le leggende di Europa!
Parte uno. Ora vi spiego.
Europa è il (non tanto) immaginario paese in cui si ambienta la vicenda, paese in cui la magia è vista come qualcosa di esistente ma anche con diffidenza dalla gente che non la pratica. I boschi sono territorio del Piccolo Popolo, che spazia dalle minuscole fate alle belle ninfe, passando per unicorni e centauri. Draghi e grifoni sono più rari, si trovano nelle parti montuose del paese, sirene e creature marine sono sulla costa, a seconda del clima, nord, sud o ovest.
La piantina è come quella europea, vi sono solo molte meno città e molte più foreste.
Questa è ambientata in uno dei castelli nobiliari del centro del paese, ovviamente.
Le leggende di Europa saranno sempre ambientate in questa ambientazione, non la ripeterò ogni volta.



La grande stanza in cui si trovava Anneliese era gelida in quella notte d'inverno.
Un grande quadro che ritraeva lei e le sue cugine troneggiava sopra il caminetto ormai spento, le braci ancora spargevano un lievissimo chiarore ma nulla potevano contro il gelido vento che muoveva le tende e le gelava le ossa.
Si strinse nelle morbide coperte, rimpiangendo la più calda estate e persino gli oziosi pomeriggi passati a suonare mentre Julchen la importunava.
Julchen...
Gettò un'occhiata al quadro, dove vide la sua bruna figura sorridere composta al pittore mentre questo immortalava la sua bellezza, persino quegli occhi viola tanto inusuali e il piccolo neo di bellezza al lato inferiore del labbro. Accanto a sé sua cugina Monika non sorrideva e, se non fosse stato per quello e i capelli corti, sarebbe sembrata una principessa: bionda, bianca, con penetranti occhi azzurri che bucavano persino la tela del quadro.
L'ultima era proprio Julchen.
I lunghi capelli bianchi erano più ordinati di quanto non li ricordasse, ma gli occhi rossi e il sorriso aguzzo erano stati ritratti alla perfezione.
Quando era morta, vederla esangue e spenta su una bara era stato quasi troppo per lei.
Non erano amiche... questo no, mai, ma i suoi comportamenti rozzi da popolana, il modo in cui le faceva perdere la calma, in cui si sfidavano... le sarebbe mancato.
Non era la sua amica, era la sua rivale, e una parte di Anneliese era morta con Julchen.
Questo pensava la nobile, con le coperte tirate fino a coprire il nasino freddo.
Ma poi... sentì un rumore pesante, come di una persona che cadeva.
Aprì un occhio, visto che la fonte del frastuono era proprio nella sua stanza, e quel che vide la turbò non poco.
Al centro, con i piedi nudi sul pavimento in pietra, brillava di luce propria una donna completamente vestita di bianco.
Era di spalle e un velo candido e luminoso come la luna le copriva i capelli e parte della schiena.
Quando s' voltò, però, Annelie capì che non si trattava affatto di un velo: la giovane donna aveva una cascata di capelli bianchi tanto lisci e luminosi da sembrare liquidi, oltre ad un aspetto etereo che in vita non aveva mani nemmeno potuto sognare.
In vita, sì, perché quella che aveva davanti era...
-Julchen?-
Il fantasma sorrise, un sorriso affilato e sarcastico e le fece perdere all'istante tutta la sua aria misteriosa ed estatica.
-Da quanto tempo, nobilastra.- disse, accompagnando il saluto con una sgraziata risata.
-Tu sei...- continuò Anneliese, a metà tra lo sconvolto e la convinzione di star sognando. In effetti, solo in sogno Julchen avrebbe potuto essere una figura angelica, come le era parsa per qualche secondo. Prima che aprisse bocca, in pratica.
-... qui.- concluse seccamente l'albina.
Ricordava perfettamente il modo in cui era morta, i lunghi capelli nascosti sotto un elmo mentre a spada tratta difendeva uno dei castelli della sua famiglia.
Perso il castello, persa la vita, s'erano resi conto che il temibile cavaliere che aveva ucciso tanti nemici altri non era che la ragazza.
Aveva consolato la piccola Monika, che aveva visto appena dodici primavere, per la tragica morte di sua sorella maggiore.
Sorella maggiore che ora si trovava accanto a lei e pareva rifiutare la sua stessa fine.
-Perché?-
-Perché torniamo?- chiese, ed alzò le spalle.
Più leggera di quanto non fosse stata in vita, scivolò oltre la porta.
D'istinto Annelie si alzò e le corse dietro, i capelli castani che le scendevano in un groviglio mai visto lungo le spalle sottili, il corpo tremante appena coperto da una camicia da notte.
Appena aprì la porta vide la figura evanescente di Julchen sparire in fondo, sulle scale.
La seguì, resa un po' più sicura dal debole chiarore che emanava lei e la candela che aveva in mano. Non l'aveva notata, prima, ma era innegabilmente stretta tra le sue dita affusolate.
Raggiunse la stalla dei cavalli, uno dei luoghi preferiti dalla cugina quando era in vita. Le bestie rendevano l'aria tiepida con i loro corpi e i respiri, e solo una volta chiusa la porta smise di tremare.
A tentoni, senza la luce della luna e delle stelle a guidarla, ci mise qualche minuto a ritrovare la cugina.
Eppure era lì, lasciava gocciolare la cera dalla candela sulle crini di una giumenta argentea, per poi passare le dita tra di essi e intrecciarli.
-Ce ne hai messo di tempo, Soph.- la prese in giro la ragazza.
-Quando voglio cavalcare, il mio cavallo viene condotto a me già sellato. Io non vengo nelle stalle.- rispose Anneliese, con sul viso un'espressione da altezzosa nobilastra che fece sogghignare l'albina.
Detestava le stalle, il puzzo di cavallo e sudore, la paglia sporca sui pavimenti che le sfiorava le caviglie e l'orlo della preziosa camicia da notte.
-Non conosci i pericoli delle stalle. Però conosci le leggende. Hai chiesto perché sono qui, ma già lo sai.-
Anneliese aggrottò le sopracciglia, poi con un brusco movimento indietreggiò.
-La morte di...- non finì la frase, vide lo sguardo triste di Julchen e urtò contro un cavallo.
Quello s'impennò e Anneliese vide le sue forti zampe venire verso di sé.
-La morte di un nobile...- sentì sussurrare Julchen, vicinissima al suo viso, un gelido brivido le percorse la schiena e pensò di essere spacciata.
Chiuse gli occhi ed aspettò la fine.

Quando riaprì gli occhi, si trovava nella sua stanza.
Il sole brillava oltre le tende, ed Anneliese sospirò.
Scese dal letto nello stesso istante in cui una domestica bussava alla porta.
-Signorina Edelstein, mi duole disturbarla... è per sua cugina Monika...-
Annelie spalancò gli occhi. Impigliato sul fondo della camicia da notte vi era un filo di paglia sporcato di cera.



Angolo Autrice
Sì, sono una persona orribile.
No, Monika non era Nyo!Germania, era Nyo!HRE. Infatti è morta, bimba.
No, non penso siano la stessa persona.
Il primo che indovina a quale leggenda è ispirata vince il prossimo capitolo (?) e nulla, ho solo un'idea suggerita quindi spero che qualcuno proponga.
Anche perché sennò vi butto una coppia het con un mio Oc, e questo non lo vuole nessuno, no?
Bravi bravi, recensite e fate una Fe felice.

testo

Anneliese Edelstein, Fem!Austria e Julchen Beilschmidt, Fem!Prussia

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Capitolo 6
*** L'uccellino spicca il volo ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: L'uccellino spicca il volo
Personaggi: Svizzera {Vash Zwingli}; Liechtenstein {Elisewin Vogel}; Seychelles {Jacqueline Laroche}
Rating: Giallo
Note: La mia prima one-shot romantica!
Ed è una shojo-ai. Patatine belle.
Non mi pare ci sia molto da chiarire, è un'altra Gakuen!Hetalia perché... beh, era il modo più semplice per farle incontrare. Avrei potuto anche ambientarla al meeting annuale delle nazioni femminili- che io immagino come un pigiama-party- ma sarebbe stato molto più dispersivo.
Per la cronaca: Vogel=uccello.
“Chen” è un suffisso tedesco che si usa per fare il diminutivo. Quindi Vögelchen vuol dire uccellino, è il soprannome che userà Vash per la sorellina.
I personaggi sono probabilmente OOC, me ne sono resa conto ma penso che viste le nazioni possano andare bene ugualmente. In caso, sgridatemi.
Quindi sì, questo è. Sotto c'è il mio angolo-cose-a-caso.



Rise piano, coprendosi la bocca con una mano. Come una principessina.
Jackie la guardò e sorrise, pensando a quanto fosse graziosa. Le aveva chiesto di incontrarla nella serra, durante l'ultima ora. Doveva parlarle, presto, Seychelles era una ragazza spontanea e sincera, ma quando si trattava di Elisewin...
Posò nuovamente la mano sul proprio grembo, la biondina, le gambe parallele e composta come una piccola lady in quella panchina.
-Cosa volevi chiedermi, Jackie?- chiese infine lei.
Era la domanda che la ragazza aveva temuto maggiormente.
Le aveva chiesto di trovarsi nella parte tropicale della serra, sperando che i grandi fiori e le piante umide tanto simili a quelle di casa sua le infondessero coraggio.
Sfiorò con un dito scuro un giglio delle paludi, inclinando i petali bianchi in modo da osservarne il cuore giallo come il sole.
Giglio... Lili. Fiore simbolo di purezza.
-Sì... noi ci conosciamo da tanto tempo, no?-
La liechtensteiner annuì, insicura, le sopracciglia leggermente inclinate
-E siamo molto amiche...- continuò.
-La mia migliore amica.- confermò la bionda, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Perché non riusciva a guardarla? Aveva forse fatto qualcosa di male?
Seychelles colse il giglio della palude, intrecciando distrattamente il gambo verde in un cerchio abbastanza largo da farci passare un dito.
-E sai, quando passi molto tempo con qualcuno inizi a provare forti sentimenti...-
La liechtensteiner sorrise, ma Seychelles non poteva vederlo.
-... e questi sentimenti sono difficili da ignorare...-
Liechtenstein annuì, posando una mano su quella più scura di Seychelles. La ragazza si bloccò e alzò lo sguardo.
-Ho capito cosa intendi. Ho capito.-

Svizzera sospirò piano, osservando le due ragazze uscire insieme dall'aula.
Lili aveva un'aria strana mentre la mora le rivolgeva un sorrisino imbarazzato.
Eppure... eppure Lili non era mai stata messa in punizione. Lei era sempre stata una ragazza d'oro, gentile e rispettosa.
Non aveva mai avuto un'ora di punizione... non era mai stata sorpresa nella serra quando avrebbe dovuto essere a lezione.
-Elisewin Vogel.- la chiamò, con il suo miglior cipiglio da sei-nei-guai-ragazzina.
Il sorriso si spense e salutò tristemente l'amica, andando verso il fratellastro.
-Mi dispiace, Vash...- mormorò contrita la ragazzina.
Lo svizzero osservò i fini capelli biondi scivolarle sugli occhi, mentre teneva il capo chino, le labbra sottili e strette in una smorfia di tristezza.
Poteva apparire gelido e stoico, ma lui amava davvero la sua sorellina. Le alzò il viso con delicatezza.
-Vögelchen... perché?- chiese semplicemente, lo sguardo nel suo, verde nel verde.
Come avrebbe potuto dirglielo?
Non poteva.
Senza dire una parola, alzò la mano sinistra.
Sull'anulare, bello e semplice, era intrecciato un fiore bianco dal cuore giallo come il sole.
Lo svizzero impallidì.
Era come un anello...



Angolo Autrice
E anche questo è fatto, pur con una settimana di ritardo.
Ringrazio tutti quelli che recensiscono (siete la gioia degli eterni insicuri come la sottoscritta) e... rinnovo la mia proposta di proposte! (???)
Insomma, ho finito tutte le vostre richieste e al 90% al prossimo capitolo compare un Oc- storico? Romantico? Comico? Vi propongo i cosetti sotto e magari mi dite chi vi interessa maggiormente.
Quindi... se avete richieste fatele pure, altrimenti datemi una dritta.
Rullo di tamburi...
Vaticano
2p!Vaticano
Stato Pontificio
État Français (Regime di Vichy)
Basta, mi vengono in mente solo questi e quindi vi lascio alle due belle cosette.

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Elisewin “Lili” Vogel e Jaqueline “Jackie” Laroche

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Capitolo 7
*** Ne oubliez pas de moi ***


Titolo: Histoire- momenti di ordinario
Titolo del capitolo: Ne oubliez pas de moi
Personaggi: État Français {Bérénice V. Pétain}, Francia {Francis Bonnefoy}
Rating: Verde
Note: ah, nulla. Avevo detto che volevo usare un mio Oc e l'ho fatto.
Ma siccome mi ero pure ripromessa di scrivere qualcosa su halloween e il giorno dei morti, ecco questa ideuccia. Se non vi sono chiare alcune cose chiedete, perché nella mia testa ha tutto perfettamente senso, ma magari fuori, per voi, no.



Lei era lì. Non poteva vederla, con gli occhi chiusi, ma lo sapeva.
Halloween era sempre stato un momento delicato per le nazioni, la festa simbolo di occulto e morte risvegliava gli spettri peggiori a loro legati. Per quanto il francese cercasse di nasconderlo, lui non faceva eccezione.
Il momento di lei, poi, era l'alba e quando il sole aveva abbandonato le sue sfumature rosee per lasciar spazio al vero giorno lei tornava un triste ricordo.
-Francis... odiato sangue del mio sangue.- gli sussurò all'orecchio una voce fredda eppure morbida come petali di rosa.
Il suo cuore accellerò e dovette sforzarsi per non coprirsi infantilmente il viso con la coperta. Sarebbe stato inutile.
Socchiuse un'iride azzurra, e rivide una ciocca bionda, persino più chiara della sua, ed un luccichio violetto dei suoi occhi da pazza.
Francis rabbrividì.
-Sei tornata.- rispose semplicemente, e una figura polverosa prese a formarsi ai piedi del suo letto. Sembrava seduta, le mani elegantemente posate in grembo. Non c'era nemmeno una piega sulle lenzuola in cui stava e le gambe unite e leggermente piegate all'interno passavano attraverso l'intelaiatura. Non avrebbe potuto essere più incorporea di così, ma l'espressione di gelido, cortese odio che le increspava le labbra tinte era abbastanza concreto.
-Vengo a trovarti quando posso. Così si comporta una brava sorellina... e tu, vieni mai a portare fiori sulla mia tomba?- chiese. Le guance del francese persero ulteriore colore: no, non andava mai a visitare la sua tomba.
Era sepolta negli Champs Élysées, sotto il cemento dove passavo i turisti e le personalità importati, ma non lui.
I Campi Elisi, dove risposavano gli amati dagli dei. Dove riposava, ora e per sempre, la sua odiata sorella nata dal suo sangue.
-No, Bérénice. Io non vengo mai da te.-
La giovane scostò il capo, una ciocca morbida le sfuggì da dietro l'orecchio lasciando visibile il foro del proiettile che aveva sul lato della fronte.
Lì Francis le aveva sparato, condannando la portatrice di vittoria tedesca alla morte.
Eppure il suo viso era ancora bellissimo, con le labbra come petali, rosse come il sangue, e le guance pallide come il giorno che era caduta a Vichy, nella sua casa sempre calda tanto era vicina alle acque termali. Il fancese la guardò e sospirò.
-Perché torni ogni anno, Bérénice? Sei morta.-
-Preferiresti forse la tua eroina, quella che hai lasciato bruciare? O i re a cui hai lasciato tagliar la testa?- chiese, e il suo bel volto si contrasse in una grotesca espressione di rabbia. -Tu es un ingrat. Sei un ingrato.-
Sapeva che per ferirlo bastava nominare loro, e il francese in un moto di rabbia mosse la mano per colpirla.
La sua essenza era appena più solida della nebbia, altrettanto fredda e umida, e quando ritrasse l'arto sulla sua pelle c'erano centinaia di goccioline, come rugiada, ma color sangue.
La donna rise, e per un attimo i suoi lineamenti assunsero una posa affascinante. Avrebbe potuto usarla come soggetto per un quadro, se non avesse voluto cancellare tutti i segni della sua esistenza con eguale intensità-
-Perché torni ancora? Non abbiamo niente da dirci.- chiese un'ennesima volta. La sua sorpresa fu enorme quando Bérénice rispose.
-Non lo capisci? Sono una nazione. Come ogni nazione, a tenermi viva sono i ricordi... e l'unico che mi ricorda davvero sei tu.- disse con voce calma.
Se solo avesse potuto dimenticarla... dimenticare quei giorni, quella guerra, il francese sarebbe stato un uomo felice. O meglio, meno infelice.
-Allora al prossimo anno, sorella mia.- concluse alla stanza vuota.
Un raggio di sole illuminò il suo letto, dove il fantasma del fantoccio Stato Francese era solito sedersi.
La finestra si aprì, un lievissimo rivolo di vento portò una rosa secca e annerita, e Francis potè giurare di risentire il profumo dolciastro di Bérenice mentre un sussurro gli giungeva all'orecchio.
Ou revoir...


Angolo Autrice
Questa è in realtà stata scritta tra halloween e il giorno dei morti, ma sono pigra e non ho mai avuto voglia di copiarla da cartacea a digitale.
Fingiamo sia una cosa normale e non un semi-sclero ingarbugliato, così che possa dirvi che ho ripreso questa fanfiction con un po' di dignità.
Come sempre, se volete consigliarmi qualcosa- personaggio, tema, evento storico, coppia...- ditemelo senza problemi! Inserisco volentieri anche storie riguardanti i vostri Oc, se mi chiedete.



testo

Bérénice V. Pétain, État Français e Francis Bonnefoy, Francia

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