Kotodama

di quirke
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Perdersi ***
Capitolo 2: *** 2. Per primo ci sei tu ***
Capitolo 3: *** 3. Non esagerare mai ***
Capitolo 4: *** 4. Parola cuscino ***
Capitolo 5: *** 5. Anelito ***
Capitolo 6: *** 6. Le favole che racconti per non piangere ***



Capitolo 1
*** 1. Perdersi ***


 
Piccola raccolta magica che sprofonda nella mia intima visione di certi aspetti della vita che contribuiscono al mio sfociare nella scrittura. libera!
perdonate il mio perpetuo riversamento nella cultura giapponese, perdonate e siate indulgenti

Spero abbiate notato la nota musicale: tutto si intensificherà se ascoltate la playlist!! bacioniii, e se vi va, lasciatemi un vostro prezioso parere :)
 
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Kotodama

1.  Perdersi
 

 

 

Perdersi tra le ferrovie, tra stralci di sorrisi sudici, e brevi, ma intensi. 
Ruotare e rallentare, vagare tra il fogliame districato dei miei pensieri. Perdersi.
Perdersi ancora, senza fermarsi. Alcuna ancora a rallentare le mie perpetue spavalderie, frenare le mie irrequietezze.
Baciarmi la pelle ruvida, accarezzare i miei rancori e cullarmi tra l'insonnia ricorrente e l'apatia. Ricoprire le mie amarezze di grigie nubi, appesantire i miei nodi con sofferenti e perpetui sospiri. Dissolvere la solitudine, annebbiare l'amaro. Stringere il colore.
Lontano, schiarito. Schiarirmi sempre di meno. 
Senza colori, né a stringermi le mani. 

 

Image by Meg

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Capitolo 2
*** 2. Per primo ci sei tu ***


 
per primo ci sei tu, ma amarti m'affatica dio che rabbia!
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Kotodama

1.  Per primo ci sei tu


"quando prima di spogliarti dici che,
di me tu ti vergogni e cambi espressione e dici amami più forte e fai tremare il mondo,
ma non capisci che, non esiste il mondo, perchè per prima esisti tu."

 

 

Mi fanno venire l’orticaria le ceneri dei tuoi sorrisi che c’ho sulla pelle. Mi fanno venire le bolle che non so scoppiare, mi fanno senso. E tutti gli altri sensi bruciano di noi.
Io lo so che ci ho persi, non ripetermelo. Non ripetermelo cazzo e non guardarmi con quegli occhi che l’ho già visti così tante volte che, diamine!, non mi basta, okay?
Ma quando ti stancherai di me?
Sono sdraiato su di te ed il respiro mi manca. In realtà, mi mancano certi determinati atteggiamenti che assumi quando meno me lo aspetto.
Ti aspetto da me questa sera, va bene?
O ci aspettiamo nel solito posto. Nei soliti bar di seconda mano, le mani nei posti in cui meglio ci sentiamo?
Non riesco a starti dietro e definire ogni tua reazione. Sei una molecola difficile da comprendere, scomporre, studiare e dividere pure dalla coscienza o dai miei pensieri, dai dubbi del lunedì mattina.
Sei sempre stato silenzioso e quieto, una di quelle anime un po’ fuoriposto dovunque, un po’ anni sessanta, divani in pelle rossa e rock’n’roll, ma a volume bassissimo.
Con i capelli spettinati, le labbra strette e ferme e gli occhi silenziosi e ferrei in qualsiasi situazione, sei riuscito ad inserirti lentamente nei sorrisi di qualcuno, e sopratutto dentro di me.
Sei un mare morto, decisamente. E non é questione di abbandonare e scegliere, ma di affogare in quel mare morto, dentro di te e le tue schifose abitudini laceranti.
Gli occhi azzurri, i maglioni, la sigaretta sull’orecchio destro e le carezze, dannazione, le carezze bastarde nel divano bucato del pub.
E della pelle che assorbe, nasconde, e piange in silenzio.
Sei anche un pacchetto di sigarette, di merda. Hai scritto in fronte che sei un pericolo per tutti, sorridi innocentemente, e vaffanculo.
M'inceppo, ti blocchi, magari fuori piove e finalmente riusciamo a dividerci pure.

 

car, red, and grunge image

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Capitolo 3
*** 3. Non esagerare mai ***


 
fidati e sii spavaldo e vero e abbracciami il cuore
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Kotodama

3.  Non esagerare mai

"come funzionano le cose
quale peso preciso abbia l'ansia
la velocità delle lacrime
non fidarti ti prego 
della gente senza errori"

 

 

 

Riempilo di stronzate il tuo bicchiere e poi vienimi a parlare.
Parlami di quante mutande sporche hai lasciato marcire in un angolo, a quanto dista la lavanderia, a quanti debiti stai accumulando e se ti piace il mio nuovo anello. Parlami. Dimmelo.
Lo vedi che ti sto ascoltando? Che ti sto urlando con gli occhi ed i sospiri rumorosi di cambiare compagnia, di portare il tuo bicchiere pieno di stronzate, il tuo culo e la tua sedia barcollante qui da me, vieni?
Fammi sentire tutto quello che hai da dire, fammi sentire la musica che ti piace, sforzati di parlare, fatti sentire. Hai i muscoli deboli e parli tanto ma non dici mai un cazzo.
Hai detto che Tommaso ha dei gusti di merda, ma tu non ci hai mai parlato della musica che tu ascolti con le tue orecchie. Sei sbagliato? Funzioni al contrario? Hai paura di spogliarti?
Due mercoledì fa parlavi di come gli uomini debbano sentirsi liberi di spogliarsi, e lo stesso valeva per le donne, naturalmente.
Siria ha cominciato a togliersi gli strati d’indumenti che le appesantivano il petto e d’un tratto qualcuno ti chiama al telefono, devi scappare. Ma tu sei qualcuno d'intraprendente?
Allora parlami di te, parlami delle tue mani, del peso delle tue ansie, se ti fanno male se fanno due gradi. Ma sei timido?
Io mi sento che devo restare fra chi se la sente, resto, e sento la tua angoscia salire. La misuro col ritmo del tuo petto e le dita contro il legno del tavolo. Non mi fido della tua apparente tranquillità. Ma sei pure vergine?
Parlami, discutici con me, litigaci, urlami contro e poi gioca coi miei capelli fino a quando non mi vedi dormire perché questo locale è troppo piccolo per dirtelo. E’ stretto, e poi tutto rimbomba. Magari te lo dico, anche se i conti non tornano mai e tu, di sbagli, ne fai tanti. Magari te lo dico, sì, e queste parole insicure rimbombano perché sbattono contro le pareti troppo strette e mi ritornano indietro.
Ma t’immagini il dolore che poi mi tocca sentire?
Voglio riuscire, in queste serate estive dove c’è troppa gente nei momenti dove io e te, da soli, siamo già troppi, a parlarti per bene. A spiegarti come sono fra noi le cose, che se sorrido alle tue battute scadenti non è perché facciano ridere. Guardami, fissami, consumami con i tuoi occhi. Che ci sono, io.
Sono fredda. E mi perdo in mille discorsi. Mi perderò in mille discorsi.
Ma i discorsi che non tornano mai li preferisci alle lezioni di filosofia, me l’ha raccontato Siria.
All’Università ci vai tanto per avere dove dormire. I tuoi genitori non ci sono per te ma apri gli occhi che qualcuno c’è, ad accoglierti.
Ma sei vergine?
Io ti voglio vedere nel divanetto rosso del locale, nell’altra stanza a torso nudo. Voglio vederti il torso bianco e le mie paranoie che sbottano come ciminiere. Io voglio scriverti sulla tua pelle la mia storia per riderci insieme. Voglio incastrare i miei respiri veloci tra le tue costole e chiudere gli occhi solo per stendermi sulle tue nuove clavicole e sulle rughe sulla fronte. Ci scomodiamo tanto per accomodarci meglio tra le fiamme.
Le tue braccia troppo bianche per le cose perfette. Tutto sembra così perfetto che dobbiamo metterci d’impegno per rovinarle una ad una e sono fatta così. Ma non sono vergine. Tu sei vergine?

 

grunge, bar, and house image

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Capitolo 4
*** 4. Parola cuscino ***


 
mi ha detto che aveva una ragazza per dirmi che ce n'erano di migliori; esclusa 
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Kotodama

4.  Parola cuscino

 

 

Va bene se mi vuoi del male. Come vanno bene le montagne irregolari di stoviglie sopra i comodini ai lati del tuo letto, e ti ci stringi dentro per ore senza chiudere occhio, a ripensare e pensare un'altra volta. Pensi ancora?
Come fai a pensare con quegli accumuli di piatti sporchi, pensieri sudici vicino a te? Con la puzza dei calzini di sette canzoni fa e i bicchieri eleganti di vino sporchi di birra economica e sbavi di rossetti scuri?
Perché mi vuoi adesso, se non ti ci fermi mai a regolarizzare i tuoi respiri e non mi baci spesso?
Senti, lo so che vado male, lo so che sono migliore riciclato, o modificato. Meglio ancora rifiutato, ma chi ti ha rifiutata prima, eh?
E mi guardi di soppiatto, i capelli umidi di pianti nascosti, le scosse interne, i terremoti forti e silenziosi. Il tuo petto che vibra, le labbra che traballano e le mani che tremano.
Ma gli occhi fermi, mai a lasciarti scoprire di sfuggita, o le parole mai dette se non soffocate. Il corpo immobile, il passo veloce. La voce cristallina e i sorrisi forzati, la fronte imperlata e il cuore che balla, traballa ma non é mai contento.
Ti faccio schifo, no? Mi odi sempre, passi a vedere ogni mia foto sempre e mi aspetti ancora più di prima. Non ti stanchi mai di lanciare qualche occhiata al mio profilo Facebook, buttare nella spazzatura i tuoi minuti preziosi, e corromperti l'anima, sbriciolarti per un secondo davanti alla mia vita che corre come un corridore, ed esplode ogni minuto di vita come i vulcani in India, e gli uragani nel Texas, e i maremoti in Giappone. E vado avanti anche se non ci sei, ma non ci sarai mai. Lo sai.
Ma mi ami, se ci provi e stritoli le tue ossa tra le tue mani ruvide, mi ami ancor più di prima.

 

 

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Capitolo 5
*** 5. Anelito ***


 
questi cambi di stagione mi danno la testa e tu me la squarci con un'occhiata
anelito*: soffio vitale, aspirazione, forte desiderio
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Kotodama

5.  Anelito


"ti sei rinchiusa dentro una casa
con la paura di rovinare tutto
perchè i tuoi sogni
non ti somigliano più" 
 

 

E’ che lui riesce a dire tutto quello che voglio sentire.
Un artigiano di sogni, durante qualche lezione privata, può fare tante cose. Lo dico per esperienza ed esperienze. Un utopico scultore di trentasette anni saprebbe fare quelle tante cose anche bene. Ma se hai le guerre dentro, può pure farti urlare, ma i mostri ammuffiti non se ne vanno. Restano.
Io li chiamo rimorsi e delusioni.
E tutto quello che mi fa morire.
Ho sulla pelle tutto il fuoco che brucia, e non mi basta ancora. Allora ho caldo, mi copro e mi scopro. Io ho paura che non ci sarà nel mio futuro.
Mia madre non lo sa. Lei ci parla tre volte all’anno con lui, questo è il secondo anno. Ha detto che è un bravo pittore. Io l’ho visto bravo solo sotto un altro punto di vista.
E sa sentire i miei respiri anche se siamo a chilometri.
Mio padre mi ha detto che quest’anno, io e la matematica, siamo diventati finalmente amici. Sono stata zitta. Mi vergogno a dirgli che io e i numeri non siamo soltanto amici.
Mia sorella dice che gli uomini con le mani grandi, spesso, sono degli apatici stronzi. L'artista è freddo solo quando lo facciamo, il sesso intendo, però poi diventa dolce e mi riempie le orecchie dei viaggi che faremo insieme.
Una settimana fa mi sono fermata ad origliare. L’ho sentito parlare con un collega di aver perso una montagna di soldi ad azzardo.
Io sono sicura che il viaggio che ha in mente è qualcosa tipo bohémien. Magari vuole ripulirci dallo smog quotidiano e portarmi a vivere tra la natura. Ho sempre voluto un’avventura del genere, soprattutto con un
uomo più grande. Come se fossimo l’unica cosa.
Lui non fuma perché dice che fa male. Nemmeno io lo faccio. Cioè, ho smesso solo quando l’ha detto mercoledì a lezione. Voglio essere pulita per lui.
Elliot è un modello ed è il mio migliore amico. Quando gli ho rivelato il mio segreto, sto parlando della relazione clandestina che ho col professore, eravamo in uno studio in periferia. Stava posando e mi stava ascoltando. Degli altri non c’importava.
Io mi ricordo la sua reazione solo perché è rimasto indifferente. I muscoli si sono un po’ tesi perché era a torso nudo, ma non ha spiccicato parola.
Però, poi, mi ha baciata. Capite? Ha incollato le sue labbra contro le mie con fervore ed impazienza, mi ha stretto il cranio tra le sue mani tozze e sentivo la sua lingua bruciarmi la gola.
Non andava bene, è il mio migliore amico.
Cioè, di amici ce ne ho tanti ma lui è il migliore. Solo che quella volta si è lasciato guidare dall’istinto. Ma siamo tutti animali ed è normale. L’ho perdonato subito.
Un mese fa io ed il professore siamo andati in un Lunapark. Nella ruota panoramica ho sentito nelle gambe nude subito la sua mano calda e ruvida.
L’ho allontanato, ad Elliot dico, e gli ho detto che avevo una relazione da rispettare, che amavo il mio professore. Poteva baciarmi quanto voleva, lui, ma non avrei sentito nulla. Non mi dispiaceva.
Dovrebbe dispiacerci solo quando mentiamo. Io non l’ho fatto.
Però forse mi sto accerchiando solo di persone sbagliate, una. Magari la più sbagliata. Ma ci amiamo, giuro.
Ho visto i suoi occhi brillare contro l’enorme quantità di luce. Voglio solo restare chiusa in campane di vetro e riflettere su quanti errori sto commettendo ed a quanti chilometri dovrei essere lontana da chiunque.
La settimana dopo, durante una lezione del mio amato professore, quest’ultimo è rimasto con un paio d’occhiali da sole per tutte le due ore. Ha detto che l’oculista gli ha messo delle gocce, e gli occhi gli bruciavano se la luce gli arrivava troppo forte.
La sera, quando abbiamo fatto sesso, aveva l’occhio destro viola e le nocche rossissime. Non gli ho domandato cos’era, già lo sapevo. E’ per questo che odio i dottori, se sbagliano, a loro, tanto, non succede mai niente.
Elliott non l’ho più rivisto e mi sta cominciando a mancare. Ma c’è il signor Norton ad aiutarmi, vero? Vero?

 

 

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Capitolo 6
*** 6. Le favole che racconti per non piangere ***


 
nonostante tutto, lo trovi un modo per lacerarmi le viscere e baciarne i contorni, a tratti
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Kotodama

6.  Le favole che racconti per non piangere


"credo a quando sei in ritardo, 
quando pretendi di essere importante.
ma dimmi che se vieni prima non è per innamorarti" 

 

 

Non ho mai capito cosa possa vorticare in un cranio così perverso, e mai mi stancherò di farlo. Penso che non avrebbe più sapore agevolarsi le quotidianità, alleggerirsi le giornate già anoressiche per di loro. Non avrebbe, comunque, più sapore sopravvivere senza degnarsi almeno un minuto di compatire tutta quella algebra complicata che si cela dentro le sue viscere, già abbastanza intrecciate di loro.
Correre per i nostri quartieri, quando già ad accompagnarti c’è il solito scarrozzare di tutta quella roba tecnologica, non è più lo stesso, magari è già diverso, ma perfino questi nostri quartieri stanno perdendo vitalità. O è la giovinezza, non mi metterei a discutere se qualcuno mi proponesse, abbastanza sicuro di sé, questa opzione.
Non ci sarebbe bisogno di perdere il proprio peso, o il peso delle futili emozioni che ci scorrono davanti agli occhi, magari ci sorpassano trapassandoci anche. Comunque non ha più importanza, o almeno ce l’ha fin quando rimango in equilibrio tra i suoi stupidi presagi ed i momenti vivi che mi spintonano continuamente, quelli che non s’avvicinano per niente alle brezze mattutine.
Non so se ho bisogno di ritratti che mi ricordino di quel tempo speso, nonostante le lacrime spese e la non abbastanza spesa, con le mani congiunte ai nostri vari organi in bilico oppure se non ho più tanta urgenza di seguire le nostre pallide ombre imprigionate sui grattacieli in città, o rasi al suolo dalle nostre povere capacità.
Sinceramente non saprei bene come descrivertelo.
Non si tratta nemmeno delle autostrade, dei tunnel che brillavano di luci al neon, mai grandi abbastanza da imprigionarci, o se mi confondo ancora con le pareti, sempre di quei tunnel, che viaggiavano così veloci davanti ai miei occhi da rigarmi le palpebre e spiegarmi quanto veloci cambiamo e quanto lentamente ce ne accorgiamo. Sempre troppi tardi, comunque.
E’ la luna che a tratti differenti ci racchiude tra le nostre stesse e dissolte gabbie senza lasciarci il tempo di soffermarci un secondo, un attimo scarso, su di chi sia la chiave più giusta per librarci tra le solite folle della domenica mattina.
Sono io o sei tu. E sei tu perché sono sola e sento il bisogno di qualcuno o sei tu perché sei l’unico di cui abbia veramente voglia ogni sera prima di addormentarmi?
C’è sempre lo stesso orizzonte ma ne traiamo comunque differenti ed inutili spiegazioni, o le circonferenze difettose dei nostri abbracci miseri e limitati. Sempre le persone sbagliate intorno e mai quelle giuste in tondo.
Sempre lo stesso percorso tracciato dalle stesse persone in liquidi frammenti sulle nostre guance, mai abbastanza coraggiose, o pazienti o forti, da sopportare con i pugni serrati.
Sempre le mie mani, i nostri quartieri ed i miei capelli vuoti dai tuoi sussurri rochi e poco gentili, le lenzuola spoglie della tua saliva scortese e le mie arterie deserte del tuo stesso rozzo baciare. Quand’è che cambi? Quand’è che ritorni? Quand’è che ritorni ad annaffiare i semi, giusti, sbagliati, che hai sparso noncurante qui dentro? Se son buoni nasceranno, se non ritorni comunque brucia, brucia così tanto da lacerarmi le tue certezze perché sai come farti mancare nel peggiore dei modi. Occupi tutto così bene da farlo dimenticare a chiunque, di esistere.

Questa la dedichiamo ai ragazzi della metropolitana, che sembrano esseri fuori controllo sotto le luci dei lampioni e gonfi di paranoie e di sonno all'alba.

 

 

 

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