Dipingimi distorto come un angelo anormale, che cade di kiliaduicaps (/viewuser.php?uid=850954)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - to die by your side... ***
Capitolo 2: *** 2 - in the lonely light of morning, in the wound that would not heal ***
Capitolo 3: *** 3 - hips do lie ***
Capitolo 4: *** 4 - and if bridges gotta fall ***
Capitolo 5: *** 5 - when i sleep about you ***
Capitolo 6: *** 6 - regardless of what they say ***
Capitolo 1 *** 1 - to die by your side... ***
Titolo: Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
Fandom: Captain
America
Personaggi/Pairing: Bucky
Barnes, Steve Rogers, vari; Steve/Bucky
Genere: Angst!
Angst!
Angst! No skè. Ma se conoscete la Destiel saprete che di
fluff non si abbonda.
Avvertimenti: dopo
svariate
sudate per convincermene... Dean!Steve, Cas!Bucky
(e Sam!Sam
\o/ Solo io trovo divertentissima la cosa?)
Parte: 1/?
Rating: Per
ora,
verde/giallo
Conteggio Parole: 420
Riassunto: (...) vorrebbe
chiedergli se ricorda di tutte le volte che ha desiderato per lui una
fine
migliore per un Angelo del signore. Se ha mai trovato l’album
pieno zeppo di
suoi ritratti. Raccolta
Destiel!Stucky senza né come né perché.
Note: Avete
letto bene: una raccolta con tema le mie due coppie oggetto di
queerbaiting preferite <333 Non è bellissimo? (No,
Francesca, hai una
maturità da affrontare, allontanati dal PC, deficiente.)
Come prima fanfiction abbiamo una robetta leggere ambientata
nell’Endverse,
tanto per non farvi già rimpiangere di averla letta senza
nemmeno averlo fatto.
Il titolo della raccolta viene da Luna
ed è la frase più Destiel!Stucky che
mai leggerete.
Il titolo del capitolo/della ficlet è del tutto a caso ed
è una citazione degli
Smiths, no, non di Skin, grazie,
sì.
Siete carichi? Siete fichi? E allora readyyy... gggooo!!!
Ciao.
Dipingimi
distorto come un angelo anormale,
che cade
1
– to die by your side...
Steve
non guarda fuori dal finestrino.
Piove talmente violentemente da riuscire a vedere a malapena la strada
che
stanno percorrendo; nonostante questo, Bucky ingrana la terza con una
sicurezza
inquietante, come se avesse già guidato in situazioni simili
o come se non gli
importasse molto di riuscire a farlo o meno. “Smettila di
agitarti, ragazzone,
sei più al sicuro con me che con il leader senza macchia e
senza paura.”
Ogni tanto gli scappa una risatina. Ogni tanto ingoia una pillola.
Steve lo fissa. Non può farne a meno. Ha i capelli lunghi e
sporchi, poco
curati, e la barba sfatta, ma profuma d’incenso e non sembra
aver freddo
nonostante non indossi niente sopra la camicia. Vorrebbe essere
sorpreso da
quanto lo faccia star male l’assenza del trench e la presenza
del braccio di
metallo. Vorrebbe essere compiaciuto da come Buck abbia acquisito un
senso dell’umorismo.
L’unica cosa che vuole, però, è tornare
a casa.
Quindi guarda avanti e pensa all’orgia. Pensa che vorrebbe
chiedergli se
ricorda di tutte le volte che ha desiderato per lui una fine migliore
per un
Angelo del signore. Se ha mai trovato l’album pieno zeppo di
suoi ritratti. Se
ha più parlato con Sam dall’ultima volta che
l’ha visto o se anche fra di loro è
stato impossibile tornare in contatto senza aver paura del futuro. Gli
prudono gli
occhi. Se li strofina. “Sei finito proprio in basso,
amico.”
Buck ferma la macchina.
C’è qualcosa di feroce, nei suoi occhi, una volta
che incontrano i suoi, lo
stesso fuoco che anima quelli del Bucky del suo tempo. Ha paura di aver
detto
la cosa sbagliata, di essere lasciato per strada o, peggio, di dover
viaggiare
col se stesso del futuro, di vederlo realizzare di non voler
più niente a che
fare con qualsiasi versione nell’universo di Steve Rogers -
di fare qualcosa di
diverso dall’afferrarlo per il collo della maglia e
avvicinarsi e premere le
labbra contro le sue.
Ed è brutale, è violento, è disperato
e lui lo afferra per le spalle e ricambia
fino a che non sente i polmoni bruciare a causa della mancanza di
ossigeno ed è
costretto a riprendere il respiro.
“Non sono mai stato con un uomo,” mormora.
Bucky distoglie lo sguardo. La pioggia ha smesso di cadere e permette a
Steve di
rendersi conto che sono arrivati a Detroit. Poco distante da dove sono
parcheggiati risuona uno sparo, qualche insulto e la portiera di una
macchina
che viene sbattuta.
“No,” conferma Buck. “Non ci sei mai
stato.”
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Capitolo 2 *** 2 - in the lonely light of morning, in the wound that would not heal ***
Titolo: Dipingimi distorto
come un angelo anormale, che cade
Fandom: Captain
America
Personaggi/Pairing: Bucky
Barnes, Steve Rogers, vari; Steve/Bucky
Genere: Angst!
Angst!
Angst! Ancora più della shot precedente!
Avvertimenti: dopo svariate
sudate per convincermene... Dean!Steve,
Cas!Bucky (e Sam!Sam \o/ Solo io trovo divertentissima la
cosa?)
Parte: 2/?
Rating: Giallo
Conteggio
Parole: 341
Riassunto: (...) vorrebbe
chiedergli se ricorda di
tutte le volte che ha desiderato per lui una fine migliore per un
Angelo del
signore. Se ha mai trovato l’album pieno zeppo di suoi
ritratti. Raccolta
Destiel!Stucky senza né
come né perché.
Note: Avevo detto che questa
sarebbe stata fluff?
L’avevo detto? L’avevo detto? (Sì.)
Ho mentito. Non vi
dovete fidare di me.
Titolo ripreso da Fallen.
Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
2 – in the lonely light of morning, in the wound
that would not heal
È
in piedi di fronte allo specchio, il dentifricio sullo
spazzolino e i pantaloni mezzi rotti del pigiama che gli scivolano
giù dai
fianchi, che realizza che Buck sta cadendo.
Non dovrebbe essere una sorpresa, eppure il riflesso del proprio volto
illuminato
dalla debole luce dell’alba lo rende consapevole dello
sgomento e del dolore
che contrae i suoi lineamenti. Steve non si è mai
considerato una persona
sveglia, e per un attimo lo coglie l’impulso di svegliare suo
fratello, nella
stanza d’hotel lì accanto, solo per sfogarsi con
lui e domandargli da quanto
tempo l’angelo avesse bisogno di dormire e perché
nessuno glielo avesse mai
fatto notare; l’attimo dopo si è già
ripreso, rendendosi conto di aver
preferito così, realizzarlo per conto proprio, avere il
tempo di
metabolizzarlo.
Gli tremano così tanto le mani che è costretto a
poggiare lo spazzolino sul
lavandino e ritornare a letto.
Bucky è un sagoma scura avvolta dalle coperte. Steve lo
osserva per un momento
dal bordo del letto, la barba leggermente più lunga rispetto
al solito, il
collo sporco, una guancia graffiata, e si rende conto di essersi
incantato solo
nel sentirlo borbottare nel sonno: “Steve, freddo,”
accigliandosi e rigirandosi
fra le coperte, come se non facessero trenta gradi all’ombra.
Ed è caldo, Buck, quando si decide a scivolare accanto a
lui, e ha la pelle
appiccicaticcia a causa del sudore. Gli sfiora i fianchi, dolcemente, e
la sua
schiena si incurva, percorsa da un brivido. Hanno passato gran parte
della
serata a cercare di dimenticare i due bambini quasi morti per mano del
fantasma
a cui hanno dato la caccia, rimasti senza genitori. Li hanno
ringraziati senza
l’ombra di un’emozione sul volto, stringendosi
l’uno all’altro, e Steve ha
speso metà dei propri risparmi in birra, è
tornato in stanza e ha spogliato
Bucky fino a spingerlo sul materasso e farci l’amore, in un
disperato tentativo
di non pensare più agli occhi tristi del più
grande dei due.
Ma
Buck è caldo, e odora,
proprio come un umano, e Steve si permette di piangere.
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Capitolo 3 *** 3 - hips do lie ***
Titolo: Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
Fandom: Captain
America
Personaggi/Pairing: Sam
Wilson, Bucky Barnes, Steve Rogers; Steve/Bucky
Genere: Comico!!!
Wow raga erano secoli che non scrivevo qualcosa di divertente. Is this
real life? Is it just fantasy?
Avvertimenti: dopo svariate sudate
per convincermene... Dean!Steve, Cas!Bucky (e Sam!Sam
\o/ Solo io trovo divertentissima la cosa?)
Parte: 3/?
Rating: Giallo
Conteggio
Parole: 458
Riassunto: (...) vorrebbe
chiedergli se ricorda di tutte le volte che ha desiderato per lui una
fine migliore per un Angelo del signore. Se ha mai trovato
l’album pieno zeppo di suoi ritratti. Raccolta
Destiel!Stucky senza né come né perché.
Note: Spoiler ahead per
chi non avesse capito la fanfiction, evidenziate per leggere: Sam
pensa che le mutandine ritrovate appartengano ad un presunto flirt di
Steve, che però ha una relazione sana ed equilibrata con
Bucky, perciò pensa che lo stia tradendo – le
mutande sono in realtà un kink del nostro Cap preferito. E
di Dean Winchester.
Ho
scritto qualcosa di leggero dopo una vita e mezzo che non lo facevo e
mi sono ricordata perché usavo scrivere prevalentemente ff
comiche. I’m back, bitches. (Disse, mentre aveva una Stucky
orribilmente angst in canna.)
Titolo ironico riferito a quella canzone di Shakira che manco vi linko.
Buona lettura \o/
Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
3
– hips do lie
Sam le trova mentre tira fuori i
colorati dalla lavatrice, fra uno sbuffo e l’altro. Hanno
accumulato così tanti vestiti da pulire che si complimenta
con se stesso per essere stato capace di farceli entrare tutti insieme;
il problema è la violenza con la quale precipitano fuori e
cadono sul pavimento una volta finito il lavaggio e aperto
l’oblò.
Sono bianche, anzi, lo
erano: il paio di mutandine finito in mezzo al resto dei panni
è ora di un delicato rosa, che ne accentua la delicatezza del
tessuto di pizzo. Sam le raccoglie da terra e si gratta la testa. Poi
immagina la conquista di turno di Steve avere tanta fretta di andarsene
da dimenticarsi il proprio intimo.
Gli viene da ridere
solo finché non si ricorda di Bucky.
Quando raggiunge la
loro stanza li trova seduti al tavolo. Steve è frustrato
dalla sua incapacità di giocare a scacchi, come suggerisce
l’intensità con la quale sta fissando il re
dell’ex angelo e il sorriso divertito che curva le labbra del
suo avversario. Sono talmente concentrati – Steve
è talmente concentrato che lo saluta con un grugnito, prima
di farsi mangiare l’ennesima pedina e provocando in Bucky una
risata malcelata. Sam scosta una sedia e si unisce a loro.
Quindi butta le
mutandine sulla scacchiera.
“Bucato
interessante, no?” Suo fratello è sbiancato. Sam
sospira e si porta una mano alla fronte, stanco ancora prima di aver
iniziato a parlare. “È che non capisco. Non
capisco perché devi sempre rovinare le cose buone che ti
ritrovi fra le mani. Perché lo hai fatto? Pensavo fossi
felice, con lui.” Scuote la testa. “Non
c’è limite alla delusione, a quanto
pare.”
Bucky continua a
rigirarsi l’indumento fra le mani.
“Hmmm,” borbotta. “Quando le ho indossate
io erano bianche.” Le rimette sul tavolo, imperturbabile.
“A cosa ti riferisci? Scusa, non stavo ascoltando.”
Il suo interlocutore lo
fissa. Non si fida della sua faccia da poker. “Indossate tu?”
“Sì. Steve era... ispirato.”
“Amico,” lo avverte Sam,
guardandolo per un’ultima volta sia lui che il fratello e
uscendo dalla stanza. È sicuro del fatto che gli stiano
nascondendo qualcosa, ma preferisce lasciarli stare. “Troppe
informazioni. Troppe.”
“Stava dipingendo.”
"È
così che si dice, ora?"
Qualche ora dopo, Bucky
sta accarezzando i fianchi di Steve e meditando di levargli di dosso il
paio di mutandine che indossa, quando lo sente mormorare:
“Figlio di puttana.”
Si ferma, alzando la
testa per vedere la sua faccia. “Sei così bravo a
fingere che stavi abbindolando perfino me.” Ha la bocca
allargata in un sorriso quasi inquietante e una scintilla maniacale
nello sguardo, come se non credesse alla persona che ha davanti.
“Ora sarò costretto a dipingerti sul serio,
dannazione.”
“Te lo faccio
vedere io, il costretto,” gli risponde, e lo
fa.
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Capitolo 4 *** 4 - and if bridges gotta fall ***
Titolo: Dipingimi distorto come un
angelo anormale, che cade
Fandom: Captain America
Personaggi/Pairing: Bucky
Barnes, Steve Rogers, vari; Steve/Bucky
Genere: Dai.
È quel verse. Lo sapete.
Avvertimenti: dopo svariate
sudate per convincermene...
Dean!Steve, Cas!Bucky (e Sam!Sam \o/ Solo io trovo
divertentissima la
cosa?), End!Verse
Parte: 4/?
Rating: Arancione
Conteggio
Parole: 1676
Riassunto: (...) vorrebbe chiedergli se ricorda
di
tutte le volte che ha desiderato per lui una fine migliore per un
Angelo del
signore. Se ha mai trovato l’album pieno zeppo di suoi
ritratti. Raccolta Destiel!Stucky senza
né
come né perché.
Note: Io vi giuro
che era partita come una flashfic come le altre. Non so
cos’è successo. Non so
come mai c’è del mezzo p0rn e perché
sembro essere particolarmente affezionata
alla Steve che fa bocchini/Bucky che non riesce a ricevere un bocchino
come si
deve (vedi).
Mi volete bene lo stesso? :*
Il titolo è ripreso da Until We
Bleed.
Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
4 – and if bridges gotta
fall
Lasciano New York come ultima
città in cui tornare.
Dum Dum sta indossando
un paio di occhiali da sole vecchi di anni, senza una
lente. “Alla faccia della Grande Mela,”
commenta, sorridente, la faccia sporca di fuliggine. Gli è
caduto l’ennesimo
dente, fatto saltare dal gruppo di croats
nascosti dentro l’ultimo diner che hanno saccheggiato. La
donna responsabile
della gomitata sulla sua mascella ha avuto giusto il tempo di vederlo
sputare e
sorridere, le labbra macchiate di sangue, prima di cadere a terra a
causa del
proiettile che le ha perforato il cranio. “Ah, Francia
mia,” sospira, senza
terminare la frase.
Bucky non può
fare a meno di pensare a quanto, ora più che mai, assomigli
davvero ad una grande mela - da cui è stato strappato un
morso. Il sole di
giugno, impietoso, scintilla sui cumuli di ruggine e ferro, sui bidoni
devastati, sugli edifici divelti come sullo scheletro di un cadavere in
putrefazione. La Cherokee si lamenta ad ogni metro, gli ammortizzatori
e le
sospensioni affaticate dalle strade distrutte, e il radiatore
è sul punto di
cedere. Alla radio mandano Wish You Were
Here. Morita,
alla guida, lo considera fottutamente divertente, soprattutto
perché è in ripetizione da ore, il conduttore
probabilmente ucciso o infettato
dal virus.
Seduto al suo fianco,
Steve scruta la mappa nelle sue mani e aggrotta le
sopracciglia, lo sguardo scuro, mentre un muscolo della sua mascella si
contrae. Non è mai stato un tipo emotivo, il loro capitano: di questi tempi il suo stato
d’animo lo si intuisce dalla
violenza con la quale si reprime e chiude in se stesso.
“Bushwick Ave. Lì ci
separeremo. Ci si rivede alla macchina alle cinque di questo pomeriggio
e non
più tardi.”
Nessuno commenta,
perché, in tempi come quelli, far tardi non vuol dire nulla
di positivo. Bucky aspetta che la macchina si fermi e scivola via,
silenzioso,
scassinando la prima automobile abbandonata in cui si imbatte e
sperando per la
sopravvivenza di tutti e tre. Per come la racconta da sempre Steve, New
York
era una città talmente rumorosa da dar fastidio, sempre in
movimento, piena di
vita: gli bastano due ore per verificare la gravità dello
sterminio avvenuto e
avere i brividi a causa del silenzio innaturale, della desolazione e
del
terrore che aleggia nell’aria, come se la città
fosse stata evacuata e i suoi
abitanti non avessero mai passato anni ad uccidersi a vicenda.
È facile mettere
da parte una quantità più che sufficiente di
provviste, così facile che si
chiede come se la cavino gli altri con il loro lavoro.
L’ora di
pranzo lo trova a staccare morsi al proprio panino. Puzza di bruciato,
Boerum Hill, e il formaggio è andato a male, così
decide di non rischiare e si
prepara per un ultimo giro di ricognizione prima di tornare al punto di
partenza. La Subaru su cui ha messo le mani ha ancora il serbatoio
carico di
benzina e la Beretta riposa tranquilla nella sua fondina, inutilizzata;
è andata
meglio del previsto, si dice, prima di sentire un urlo e il rumore di
uno sparo
provenire dalla casa di fronte alla quale è parcheggiato.
Jim è contro
il muro, la canna di un fucile contro la sua tempia. “Cosa ci
fa
una bambola come te in un posto del genere?” domanda,
sornione, le braccia
rilassate ai suoi fianchi, una smorfia ironica a contorcergli il viso.
La
ragazza scuote la sua testa bionda con violenza, ma le sue dita
rimangono
lontane dal grilletto e, nel vederlo fare irruzione nella stanza, ha
l’espressione
di chi sa già di aver perso in partenza. Quando il fucile le
scivola dalle mani
Bucky è costretto a chiudere gli occhi. “Prevenire
è meglio che curare,” gli ricorda
Morita, mirando al petto della sconosciuta e fissandone il corpo andare
giù con
un tonfo secco, definitivo.
Kuebiko, pensa. Quando sono diventato
così umano? Sospira.
“Non dovresti essere
qui. Non dovremmo essere qui.”
“Dammi tregua,
Barinael,” risponde, chiamandolo con un nome che non gli
appartiene più. “I newyorkesi sono stati talmente
impegnati ad uccidersi l’un
l’altro che non ho trovato né armi né
munizioni. Forza, dammi una mano a
perquisire anche qui.”
Bucky si guarda intorno.
Non è rimasto nulla, dal 1983, che faccia pensare a
Sarah, al marito e ai suoi due figli, all’incendio in cui
è morta, anche
perché, in fin dei conti, non c’è
niente che testimoni la presenza di esseri
umani. Osservando le tende ingiallite svolazzare ai lati delle finestre
spalancate, gli sembra non sia passato molto, dalla tragedia che si
è consumata
all’interno dell’appartamento, seppur le pareti
rovinate dall’umidità
raccontino il contrario: i mobili sono ancora intrisi di sangue, col
tavolo con
le gambe rotte finito dall’altra parte rispetto al punto in
cui era
originariamente e le pagine dei libri caduti dalla libreria
sparpagliate sul
pavimento. Il suo scarpone fa troppo rumore, pestando i resti del
televisore
distrutto.
“Ehi, hai mai provato l’LSD?” gli chiede Morita, dopo qualche minuto. Fa finta di ignorarlo.
Bucky è nel
letto a dormire.
Steve lo sa
perché, oltrepassando il vuoto che c’è
al posto della porta del suo
alloggio, lo scuote ripetutamente per fargli riprendere coscienza,
chiamandolo
forte, con fretta. La stanza è abbastanza quieta da rendere
rumoroso il fruscio
del cuscino nel momento in cui viene sollevato e inquietante la
rimozione della
sicura della Glock accanto al punto caldo in cui si trovava la testa
dell’uomo
precedentemente sdraiato. Si è tirato a sedere, Bucky,
all’erta ma disorientato.
Non è estraneo alle situazioni di emergenza, ma per aver
portato il leader
senza macchia e senza paura in casa sua deve trattarsi di qualcosa di
incredibilmente urgente. “Che succede? I croats sono qui?
Cosa?”
L’altro ride - di gusto, addirittura,
buttando la testa all’indietro e scuotendo la testa, il primo
segno di qualcosa
che non va, il suono distorto e derisorio, un vago ricordo della sua
felicità. Alzandosi
in piedi, barcollando e ricadendo sul materasso, ancora assonnato,
Bucky si
rende conto che gli è talmente vicino da impedirgli di
allontanarsi dalla
posizione in cui si trova, e quando i loro sguardi
s’incontrano la flebile luce
della notte gli permette di rendersi conto delle sue pupille dilatate
all’inverosimile.
“Hai rimesso assieme il mio corpo,” gli risponde,
senza senso, un singhiozzo a
scuotergli il corpo e gli occhi divertiti. Ha bisogno di toccarlo. Sghignazza: “Io
vorrei solo cadere a pezzi nelle tue
mani,” confessa, mordendosi un labbro, incontrando di nuovo i
suoi occhi. Non
riesce più a ricordarsi per quale motivo ci sia ancora
così tanto spazio fra di
loro, perché siano così lontani, quando ha
così bisogno di lui - l’unica
ragione che lo fa ancora rimanere in piedi, combattere, non perdere le
speranze
- e appena la sua mano entra in contatto con un lato del suo viso
smette di
tremare e sorride, sorride, sorride.
Perciò, con
un movimento veloce, fa in modo che le loro labbra si incontrino.
Bucky sente qualcosa
scivolare sulla sua lingua e si costringe ad ingoiare, a
fatica. La bocca di Steve è prepotente, vorace, ingorda e
non gli lascia il tempo
di riflettere, mentre lo spinge sulla branda e lo copre col proprio
corpo. Lui
lo lascia fare, improvvisamente del tutto sveglio e sconvolto dal suo
comportamento
e dalla propria incapacità di reagire. Gli sembra di essere
consumato da un
fuoco lento e che ogni terminazione nervosa sia in procinto di
esplodere,
lasciandolo in balia della propria mente e amplificando ogni tocco,
ogni
rumore, ogni odore.
Per quanto continui a
fidarsi di Steve vorrebbe chiedergli cosa diavolo gli
abbia appena fatto. Sentendosi sfilare la cintura e i pantaloni emette
un
ansito, spaventato. “LSD,” risponde lui, come ad
avergli letto nel pensiero,
una nota euforica nel suo tono di voce. Sembra ringiovanito di qualche
anno.
Bucky sente il principio di un mal di testa - non sapeva nemmeno di
riuscire a
provarla, la nostalgia. “Starai
bene,” continua, quasi ironico, levandogli di dosso
l’intimo, lasciandogli un
bacio sulla mascella e scomparendo dalla sua vista.
Ginocchioni ai piedi del
letto, in mezzo alle sue gambe, l’Uomo Giusto osserva
il suo cazzo con la stessa concentrazione di un tiratore scelto sul
campo, come
se dopo anni di domande avesse finalmente trovato una risposta. Non
c’è traccia
di esitazione in lui, mentre si avvicina al suo bacino: il primo
contatto con le
sue labbra lo lascia talmente senza fiato che è costretto a
chiudere gli occhi
e a respirare profondamente. Gli gira la testa, come se nel suo
cervello
stessero scoppiando dei fuochi d’artificio. La lingua di
Steve lo avvolge senza
pietà, esperta. Ricorda una conversazione passata, una
velata allusione al bisogno
di soldi in gioventù e l’amarezza di dover
nascondere alla famiglia i soldi che
conservava per i vari compleanni di Sam, e all’improvviso non
riesce più a
pensare perché poi―
Poi―
È un rumore
così acuto che a malapena riesce a percepirlo. Ha la testa
talmente
dolorante che gli sembra di averla rotta e i suoi timpani sono in
condizioni
addirittura peggiori - è abbastanza sicuro che il calore che
sente scivolare
lento sul suo collo sia provocato dal sangue che scende dalle sue
orecchie.
Bucky se ne rende a malapena conto, abbagliato. Era convinto di aver
dimenticato qualsiasi cosa non riguardasse la sua forma corrente, che
il
proprio cervello umano non riuscisse a sopportare il semplice ricordo
del prima, e si sente a un passo dalla
morte, ma lo splendore dei giardini del Paradiso è lo stesso
di quando gli era
permesso di camminarci e le voci dei suoi fratelli risuonano potenti
nella sua
testa, tanto da lasciarlo in dubbio. Si sente così alieno, in
quell’involucro che non gli appartiene, lontano dalle
schiere celesti, che allunga una mano e apre gli occhi, sicuro di star
avendo
un’allucinazione ma speranzoso del contrario: è
così che l’illusione si spezza
e lo riporta alla realtà, sulla Terra, mortale, solo.
Non commenta, Steve,
mentre i suoi stivali risuonano delicati sul pavimento e
se ne va. Bucky osserva il buio, indifferente alle lacrime che gli
scorrono
sulle guance, svuotato di qualsiasi emozione: gli pare di vederci le
chimere
create dalla propria immaginazione.
|
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Capitolo 5 *** 5 - when i sleep about you ***
Titolo: Dipingimi distorto come un
angelo anormale, che cade
Fandom: Captain America
Personaggi/Pairing: Bucky
Barnes, Steve Rogers; onesided!Steve/Bucky
Genere: #chevedevodì
Avvertimenti: dopo svariate
sudate per convincermene...
Dean!Steve, Cas!Bucky (e Sam!Sam \o/ Solo io trovo
divertentissima la
cosa?), End!Verse
Parte: 5/10
Rating: Arancione
Conteggio
Parole: 796
Riassunto: (...) vorrebbe chiedergli se ricorda
di
tutte le volte che ha desiderato per lui una fine migliore per un
Angelo del
signore. Se ha mai trovato l’album pieno zeppo di suoi
ritratti. Raccolta Destiel!Stucky senza
né
come né perché.
Note: Wow. Quante
volte ancora parlerò di persone che si svegliano o si
addormentano? Chi lo sa,
chi lo sa.
Sono dei giorni che vorrei scrivere, scrivere e scrivere e invece
nclpf, ma
stasera mi sono impegnata. E ho deciso che questa raccolta
avrà dieci capitoli.
Five to go! \o/
Settata sempre nell’End!Verse, ma agli inizi veri e propri,
quando la
separazione da Sam è ancora fresca. Spero di aver fatto un
lavoro migliore in
questo capitolo rispetto all’altro dello show,
don’t tell e che si sia compreso tutto.
Il titolo è preso da Things Are Different Now Than
They’ve Ever Been.
Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
5 – when i sleep about you
Passano esattamente dieci minuti
prima che il restante
della pinta abbandonata di Bucky, mezza piena, finisca nel suo stomaco.
Steve
lo sa con certezza, lo sguardo incollato all’orologio,
perché è stato lui a far
cenno a Dolores di avvicinarsi e a pagarle l’intera notte
assieme all’ex angelo.
Si somigliano quel tanto da averlo divertito immensamente -
è una tipa sveglia,
sfacciata al punto giusto da averlo posto nella posizione di dover
rifiutare,
seppur riluttante, le sue avance; poi Buck aveva smesso di fissare
l’orlo del
proprio boccale di birra e aveva alzato gli occhi sulla ragazza, e non
è come
se ci avesse parlato molto, ma Steve aveva l’impressione che
fosse abbastanza
pratica della propria professione da non arrossire con
facilità.
“Ciao,”
aveva mormorato, seria, offrendogli la mano. Bucky non ha nulla che lo
renda appariscente, tende sempre a passare inosservato, ma la curva
delle sue
labbra, sollevata in un sorriso degno di Hollywood, continua a
tormentare Steve
e a fargli chiedere dove sia finito il verginello con la quale è entrato lì
dentro. “Mi raccomando, sesso sicuro,” aveva
scherzato (più o meno), osservando
il suo migliore amico sbuffare, alzarsi in piedi e allacciare le
proprie dita a
quelle della ragazza.
Lo dovrebbe rassicurare,
la consapevolezza di aver affidato la sua prima volta
a qualcuno con la quale è in sintonia, eppure non
è il retrogusto della Corona
a lasciargli l’amarezza in bocca.
Al barista alla quale si
avvicina per pagare il conto basta uno sguardo per
fargli poggiare il panno con la quale sta pulendo il bancone e scuotere
la
testa, afflitto. “Con le donne,” afferma, come
fosse la risposta ad una domanda
già posta: “devi solo dormirci su.” Ha
la bocca stretta in un’espressione
afflitta, mentre Steve gli passa i soldi, e lo lascia con una pacca
gentile
sull’avambraccio. Non si preoccupa di correggerlo.
È troppo stanco per farlo.
Quando apre la porta
della camera dell’albergo l’alcol ha fatto il suo
effetto
e il letto è l’unica cosa che riesce a desiderare.
La rete scricchiola, provata
dalla violenza con la quale si lascia cadere sul materasso, e con due
calci al
vuoto ben assestati gli scarponi volano via dai suoi piedi.
Asciugandosi il
sudore dalla fronte si rende conto di avere freddo, ma la finestra
è lontana:
scivola sotto alle coperte e si raggomitola su se stesso, la testa
pesante. Gli
torna in mente Sam, come dubitasse della sua capacità di
sentirsi male per una
sbronza o se fosse direttamente allo stadio di alcolista funzionante.
“Sucamelo,”
mormora, ridacchiando, prima di ricordarsi di essere solo, e tace,
chiudendo
gli occhi.
È svegliato,
qualche ora dopo, dal rumore della chiave nella toppa. Con la luce
spenta Steve non è in grado di vedere
l’espressione sulla faccia di Buck mentre
richiude la porta dietro di sé. “Passato una buona
serata?” domanda,
strofinandosi un occhio e sbadigliando, ma Bucky rimane in silenzio,
avvicinandosi alla finestra e fermandosi lì, osservando la
notte, così Steve
non dice nulla, troppo assonnato per comprendere la natura del suo
silenzio. “Puoi
accostare la finestra?” gli chiede, invece, grattandosi la
testa. “Fa freddo.”
Bucky annuisce,
ubbidendo, e Steve lo osserva il silenzio mentre si spoglia,
rimanendo in camicia e pantaloni. “Non è successo
nulla,” mormora, rispondendo
alla prima domanda, e poi si avvicina al suo letto, alza un capo della
coperta
e scivola al suo fianco.
Le sue labbra sono
appiccicose, dal sapore innaturale di fragola, prova
tangibile di come sia
successo
qualcosa, e sa che è stupido concentrarsi su particolari
come quelli, perciò
smette di pensarci. Bucky bacia bene, nonostante la mancanza
d’esperienza,
senza nessuna riserva, lasciando che le loro lingue si sfiorino e
stringendolo
a sé. Gli ultimi indumenti se ne vanno via con un fruscio,
mentre Steve pesca
la vaselina dal cassetto accanto al comodino, scansando la Bibbia.
È una prima
volta silenziosa, salvo per gli occasionali gemiti e per il rumore
soffocato che emette Bucky nel momento in cui viene, seguito da Steve,
che si
sfila il preservativo e lo getta sul pavimento. Lo sente sussultare.
“Stai
ridendo?”, lo accusa, e se fosse meno stanco si allungherebbe
e accenderebbe la
lampada, giustificandosi dicendo di voler vedere il delirio causato
dalla
propria bravura a letto, ma si ritrova a perdere coscienza ancor prima
di
sentire cos’ha da rispondere Bucky.
Non se ne accorge fino
all’alba, quando il sole esplode dietro alle sue
sopracciglia chiuse, quando si alza e non deve evitare di inciampare su
qualche
sporcizia, quando strofina i boxer sporchi di sperma. Mancano due ore
alla
colazione, al momento in cui Buck tornerà in stanza, lo
ringrazierà per il
cornetto e gli dirà di avere un aspetto terribile.
Osservandolo da sopra il
proprio caffè - i capelli spettinati e le guance
sporche di rosso - Steve lo liquiderà in fretta:
“Brutto sogno.”
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Capitolo 6 *** 6 - regardless of what they say ***
Titolo: Dipingimi distorto come un
angelo anormale, che cade
Fandom: Captain America
Personaggi/Pairing: Bucky
Barnes, Steve Rogers, Tony Stark; Bucky/Tony, Steve/Bucky
Genere: Nonsense.
...è un genere?
Avvertimenti: dopo svariate
sudate per convincermene...
Dean!Steve, Cas!Bucky (e Sam!Sam \o/ Solo io trovo
divertentissima la
cosa?), Crowley!Tony
Parte: 6/10
Rating: Verde
Conteggio
Parole: 299
Riassunto: (...) vorrebbe chiedergli se ricorda
di
tutte le volte che ha desiderato per lui una fine migliore per un
Angelo del
signore. Se ha mai trovato l’album pieno zeppo di suoi
ritratti. Raccolta Destiel!Stucky senza
né
come né perché.
Note: È un fottio
che non scrivo del (meta) nonsense, però per questa raccolta
almeno una volevo
scriverla e quindi ecco qua. Sì, Iron è Tony.
Sì, è Crowley. Perché?
Perché sì.
Lascio a voi eventuali interpretazioni, e se non ci capite nulla
tranquille: è
una nonsense. :D
Il titolo viene da Roads.
Dipingimi
distorto come un angelo anormale, che cade
6 – regardless
of what they say
Non è solo. Bucky non
è mai solo.
È illusione,
delirio, speranza e fede e salvezza - e gli uomini non possono
vederlo, perciò si nasconde nella notte, assieme a chi la
abita davvero, a quelli
con cui le menti più deboli lo confondono, succubi del
sublime evocato in loro
alla sua vista. Anche lì, fra quattro pareti senza finestre,
sente addosso i
loro occhi, studiosi e affamati ma prudenti, consapevoli di non
appartenere
alla luce, reietti, aborti, di quella debolezza inalterabile sinonimo
di trappola,
pericolo, con cui l’assassino fissa negli occhi la propria
vittima mentre le
muore fra le braccia.
La storia delle proprie
mani gli sussurra aneddoti di una pelle, una carne, delle
ossa di un corpo non suo, in cui è rimasto intrappolato, che
l’ha costretto a
manifestarsi. Chi è, cos’è lui,
davvero?
«Solo,»
sospira Iron, il completo scuro scompigliato dalla tramontana, sulla
soglia
della porta. Bucky lo segue.
C’è
la nebbia, fuori, e un singolo lampione che li pone in controluce,
sotto
alla quale Iron svanisce, diventa un’ombra evanescente
addosso alla parete dell’hotel,
fondendosi con la sua. Si ferma. «Ecco.» Sbatte gli
occhi. «Non ti voltare.» E
lui non lo ascolta.
La loro ombra non
c’è più.
«Puoi essere
quel che vuoi.» Ha gli occhi scuri, il Re dei Demoni,
improvvisamente vicino, i fari di un’auto lontana a
illuminargli il volto. I
suoi tratti sono così diversi dai suoi: gli appartiene,
quella forma, o
perlomeno era lui, molto tempo prima, a vedere allo specchio le prime
rughe, i
capelli bianchi, la barba crescere. Non si è mai nascosto.
Che bisogno ne
avrebbe avuto, con quel suo aspetto da preda e le intenzioni da
cacciatore? «Puoi
non essere.»
Bucky chiude gli occhi e
si concede un momento di debolezza.
Quando li riapre
è Steve a sorridergli.
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