K. Die Revolte.

di TheIrishKiss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciottesimo ***
Capitolo 20: *** Capitolo diaciannovesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventesimo ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventunesimo ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventiduesimo ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitreesimo ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattresimo ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinquesimo ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventiseiesimo ***
Capitolo 28: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Moltissimo tempo fa, molto più di quanto possiate immaginare, quando gli uomini, i vampiri e tutte le altre razze del mondo non esistevano ancora, le poche anime che popolavano la Terra erano governate dagli Dei.

Potenti e inarrestabili gli Dei vigilavano sull’universo e mantenevano un clima di tranquillità e serenità.

Alcuni erano saggi e dall’animo buono e generoso, altri invece, purtroppo, erano crudeli e vendicativi.

Uno di questi era Ozil, Dio del vento e delle tempeste.

Nominato dalla sua schiera di infedeli il Re dei Sette Cieli, cercava in tutti i modi di conquistare le terre degli altri Dei per imporre a tutti la sua supremazia.

Sua figlia, la principessa Kiara era la Dea della Sapienza

Dotata di una bellezza incredibile, la giovane principessa subiva ogni giorno la visita di milioni di pretendenti che supplicavano Ozil per averla come sposa.

Il burbero e crudele padre nemmeno prendeva in considerazione le proposte e un giorno, per impedire ad altri giovani di giungere ancora al suo castello, fece imprigionare la figlia in una torre molto alta all’interno di un bosco inabitato.

Così la povera Kiara dovette passare i suoi anni rinchiusa in quella torre senza via di fuga.

L’unico suo passatempo era cantare.

Cantava con una voce talmente soave che chiunque l’avesse ascoltata avrebbe provato la pura gioia di vivere.

Un giorno, un giovane cacciatore di nome Kooro, si trovò casualmente a cacciare nei pressi della torre e sentendo il suo canto si innamorò perdutamente di lei.

Riuscì a raggiungerla, nella parte più alta della torre,e quando i loro occhi si incrociarono all'istante entrambi capirono che si sarebbero amati per sempre.

Sicuro di riuscire a convincere Ozil a fargli sposare sua figlia, Kooro giunse al suo castello ma quando chiese al Dio la mano della principessa, il terribile Ozil lo cacciò dicendogli che se lo avesse visto ancora da quelle parti lo avrebbe fatto uccidere.

L’amore però è la forza più grande del mondo e Kooro e Kiara non riuscirono a stare lontani nemmeno un giorno.

Così iniziarono a vedersi di nascosto.

Il loro amore trionfò, fino a quando Ozil li scoprì.

La sua ira fu talmente devastante che maledisse i due giovani.

Kiara fu condannata ad una vita mortale e a perdere tutti i suoi poteri, invece, Kooro fu maledetto a vagare per l’eternità, privato dell’anima, nutrendosi solamente con il sangue dei mortali.

I due amanti erano così destinati a distruggersi a vicenda.

Non potendo più stare insieme ma amandosi perdutamente decisero di firmare con il proprio sangue un accordo che sanciva che le loro due razze non avrebbero dovuto mai e poi mai combattersi.

Per salvaguardare il loro patto istituirono inoltre due ordini: I Guardiani e Le Sacerdotesse.

Essi erano creati per proteggere la propria razza.

Da allora, la sorte del mondo, è tutta nelle loro mani.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo primo ***


Le urla. I lamenti. I ruggiti animali.

Il suono delle lame che squarciano la carne. L'odore del sangue fresco.

Gli attacchi continui. La pelle che si rimargina sempre meno velocemente.

La battaglia che non accenna a concludersi.

E poi una voce.

La sua voce.

Che supera tutto il resto. Che invoca il suo nome.

- Sascha!!! -.

Può essere ancora tutto così reale?

 

 

Si svegliò di soprassalto.

Spalancò gli occhi nell'oscurità mentre faticava a respirare.

Se avesse avuto ancora un cuore battente nel petto lo avrebbe sentito esplodere.

Riprese fiato.

Era solo un incubo. Sempre lo stesso incubo.

E quel dolore, così dannatamente famigliare, tornò inesorabilmente a farsi sentire.

Quel dolore che non sarebbe mai andato via.

Perché non poteva tornare indietro?

All'improvviso, un rumore squarciò la notte.

Era flebile, e lontano.

Ma lui riuscì a sentirlo. Lui riusciva a percepire ogni singola cosa.

Era stato creato per farlo.

I suoi sensi reagivano cento volte più velocemente di un umano.

In un attimo era già sul tetto di un palazzo.

Ora i rumori erano molto più forti. Riusciva chiaramente a distinguere le voci.

Si mise in ascolto, appostandosi dietro il cornicione del tetto.

Ogni muscolo del suo corpo era in allerta.

Ci mise un solo attimo per capire quello che stava per succedere, quello che quelle creature avevano intenzione di fare.

E capì che non c'erano alternative.

Andavano fermati. Subito.

Solo allora si rese conto di avere fame, ma non c’era tempo per nutrirsi. Doveva combattere.

Nell’oscurità apparsero brillanti due occhi scarlatti, felini.

Aprì la bocca in un ringhio animale e mise in mostra i suoi canini bianchi, perfetti, aguzzi come lame affilate.

Alzò lo sguardo alla luna e, raccogliendo tutte le sue energie, balzò nel vuoto.

 

 

Gli attacchi giungevano da ogni direzione.

Lui era debole, la testa gli girava velocemente, un po' per la fame un po' per le ferite subite.

Non poteva andare avanti così. Doveva chiedere aiuto.

E doveva nutrirsi, altrimenti non sarebbe sopravvissuto ancora a lungo.

Fu colpito al fianco e rischiò di cadere ma spostando il peso in avanti riuscì, con il pugnale stretto nella mano destra, a procurare al nemico una ferita mortale alla gola.

Lanciò un grido e fece un balzo fino al tetto di un altro palazzo.

Iniziò a correre, saltando da un tetto all’altro, fino a quando non scivolò all’interno della finestra aperta del suo appartamento.

In un attimo la sua pelle si ambientò all’ambiente buio e confortevole.

La prima cosa da fare era chiedere rinforzi.

Si sbrigò a raggiungere la scrivania.

Spinse un bottone sulla parte sinistra del mobile e la pianta di Berlino proiettata sul muro gli illuminò il viso dai lineamenti sottili.

Abbassò lo sguardo ed armeggiò con una tastiera digitale apparsa sul piano della scrivania.

Pian piano l’immagine cominciò a cambiare fino a formare i confini della Germania.

Studiò la rappresentazione con i suoi occhi verdi, tornati al loro aspetto normale.

Inviato il messaggio di allarme si concesse finalmente un momento per nutrirsi.

Le vene del collo pulsavano terribilmente e la testa gli girava sempre di più.

Con passo incerto tornò in cucina e aprì il frigorifero.

Scelse una delle tante sacche di liquido rosso che lo riempivano, lo chiuse e, aprendo la sacca, ne versò il contenuto in un bicchiere preso dal mobiletto della cucina.

Si portò con voracità il bicchiere alla bocca e sentì il liquido corposo e freddo scendergli in gola.

La testa smise di girargli e sentì i suoi sensi tornare pian piano alla normalità.

Con calma raggiunse una delle sedie del tavolo e si sedette per poter controllare al meglio le ferite subite durante il combattimento.

Quando aveva deciso di attaccare era ignaro della loro potenza.

Per la seconda volta in vita sua non era riuscito a terminare un combattimento, e questo bruciava molto di più delle ferite che aveva sul corpo.

La ferita sull’avambraccio sinistro si era già rimarginata e quella che gli aveva procurato un enorme strappo nei jeans all'altezza della coscia destra sarebbe sparita entro pochi istanti.

Evitando di alzarsi si tolse la maglietta, ormai ridotta in brandelli, e si esaminò le escoriazioni.

Non erano niente di grave.

I muscoli ben allenati erano quasi completamente ricostruiti.

Entro poco di quelle ferite non ne sarebbe rimasto neanche il ricordo.

All'improvviso un ombra passò davanti alla finestra aperta.

Si girò di scatto ma non vide niente.

Sentiva una presenza. I suoi sensi si misero di nuovo in allerta.

E se lo avessero seguito?

All'istante i suoi occhi tornarono scarlatti.

- Sascha, amico mio.. -.

Non ci mise nulla a riconoscere la sua voce.

Sorrise, senza voltarsi, mentre il suo viso tornava normale.

- Ti sento un po' nervoso. Dovresti rilassarti un po' -.

A quelle parole si voltò.

La figura alta e slanciata lo fissava sorridendo.

La luce si accese.

- E poi questo vizio di stare sempre con la luce spenta.. - lo canzonò Patrick con la mano ancora sull'interruttore - Lo sai, vero, che hanno inventato l'elettricità? -.

Sascha lo guardò per un attimo senza rispondere alla sua ironica provocazione, poi si alzò e lo raggiunse per salutarlo con una presa salda sull'avambraccio destro.

- Non è il momento di scherzare -.

A quelle parole Patrick divenne improvvisamente serio - Raccontami cosa è successo -.

Lui gli indicò una delle sedie, invitandolo a prendere posto e gli offrì da bere riempiendo un altro bicchiere di vetro con il sangue della sacca che aveva utilizzato poco prima.

Si avvicinò al tavolo, dove l’amico si era appena seduto, e porgendogli il bicchiere colmo iniziò a raccontare.

- Poche ore fa sono stato svegliato da alcuni rumori non molto distanti da qui. Sono andato in perlustrazione e ho scoperto che provenivano dal vecchio magazzino Heinzel. Erano una banda di vampiri -.

- Quanti erano? -.

- Circa una decina. Ma ho paura che diventeranno sempre di più -.

- Pensi che sia una rivolta? -.

- Ne sono certo - rispose - Hanno visto che sono un Guardiano ma mi hanno attaccato comunque. Credo che abbiano in mente qualcosa.. - .

Patrick si soffermò a pensare alle sue parole, poi afferrò il bicchiere e lo svuotò in un solo sorso.

- Cosa hai intenzione di fare? - chiese, tornando a guardarlo.

Sascha si alzò e facendo qualche passo raggiunse il mobile della cucina dove si appoggiò con la schiena, incrociando le braccia al petto nudo.

- Inanzi tutto direi di andare ancora in perlustrazione..- disse - Fare qualche foto e convocare il Consiglio. Anche volendo noi due soli non riusciremmo a fermarli -

- Sono così forti? - chiese Patrick incredulo.

Annuì in risposta.

Sascha lo vide soffermarsi a pensare per un breve istante, prendere fiato, poi alzarsi e aggiustarsi il giubbotto di pelle che indossava sopra la maglietta bianca.

- Bene, allora andiamo a dare un occhiata a questi supereroi! -.

 

 

L'interno del magazzino abbandonato Heinzel era completamente al buio ma i due vampiri riuscivano a distinguere le figure che l’occupavano come fosse stato pieno giorno.

Appostati oltre il cornicione del tetto, Sascha e il suo compagno osservavano quasi increduli la scena.

Aveva ragione. Stavano continuando ad aumentare.

Stava scattando foto con la sua macchina digitale a raggi X quando la sua attenzione fu richiamata dal centro dell’enorme sala.

Le creature senza anima si erano voltate all’unisono verso un uomo, che aveva ottenuto la loro attenzione urlando qualcosa e alzando le braccia.

Sascha osservò l’uomo nei minimi dettagli ma niente di lui gli faceva credere di averlo mai visto prima.

I capelli neri tagliati molto corti e gli occhi di un chiarissimo color azzurro gli donavano un aspetto che incuteva un enorme rispetto.

Era alto con spalle larghe e muscolose e mentre parlava muoveva lentamente la bocca, scandendo ogni singola sillaba.

Tutto in lui faceva apparire chiaro che si trattasse del capo, colui che aveva dato inizio a quella ormai assicurata rivolta.

- Riesci a sentire ciò che si dicono? - gli chiese Patrick.

Sascha ci provò ma stranamente non ci riuscì - Purtroppo no. Il magazzino deve essere insonorizzato -.

Appena l'uomo finì di parlare, un piccolo gruppo di cinque vampiri si apprestò ad uscire dal magazzino.

I due Guardiani si nascosero nell'ombra per evitare di essere visti.

Il gruppo si mosse velocemente e sparì in una strada oltre la loro visuale.

Non servì dire nulla per far sì che entrambi partissero al loro inseguimento.

 

 

Crystal e Nora uscirono dal locale ridendo a squarciagola.

Rabbrividirono al contatto della loro pelle nuda con la fredda aria notturna.

Compirono i primi passi della strada deserta, illuminata solo da pochi lampioni gialli, e rischiarono di cadere dalle scarpe dal tacco molto alto che avevano indossato per la serata.

Avevano decisamente bevuto troppo. Tornare a casa sarebbe stata un impresa.

Si avviarono barcollando verso la fermata dell'autobus, cercando di tenersi in piedi a vicenda.

A un certo punto Nora alzò lo sguardo sulla strada e vide delle figure nere che camminavano verso di loro.

Seppur la sua vista fosse sfuocata riuscì a percepire il contorno di cinque figure maschili.

All'inizio pensò fosse un'illusione ma, man mano che il tempo passava e la quantità di strada tra loro e il gruppo diminuiva, si rese conto che non era così.

Una folle paura iniziò a farsi strada dentro di lei.

Cerchiò di chiamare l'amica ma lei, persa nel mondo creato dell'alcool, cantava il ritornello della canzone che avevano appena sentito all’interno del locale e non le prestava ascolto.

- Crystal! - chiamò ancora, senza ottenere alcuna risposta.

Il gruppo intanto continuava ad avvicinarsi e la ragazza iniziò a tremare.

Gli uomini ora correvano verso di lei. In un secondo le furono addosso.

La buttarono a terra e mentre due di loro la tenevano ferma per le braccia,un terzo apparve nella sua visuale.

I suoi occhi erano rossi e inumani e quando aprì la bocca si rese conto che per lei era la fine.

Iniziò a gridare cercando di difendersi ma poteva già sentire i suoi canini sfiorarle il collo.

Chiuse gli occhi.

Improvvisamente non sentì più niente.

Né il peso della creatura sul corpo né la pressione delle mani che la tenevano ferma.

Prese coraggio ed aprì gli occhi.

Poco distante da lei un ragazzo lottava con due figure avvolte dall’oscurità.

Il cuore le batteva impazzito del petto.

Si guardò in torno e capì che i ragazzi accorsi ad aiutarla erano due.

Era totalmente nel panico, non sapeva cosa fare.

Solo allora si ricordò di Crystal.

Si voltò e fu allora che la vide.

L'amica era stesa a terra, immobile.

Provò ad alzarsi e si meravigliò della facilità con la quale ci riuscì.

Corse verso l’amica, incurante di ciò che le succedeva intorno e si inginocchiò al suo fianco.

Iniziò a chiamarla, scuotendola per le spalle, ma Crystal non rispondeva.

Le prese il volto tra le mani, affondando le dita nei suoi ricci biondi, e continuò a chiamarla facendo perdere la propria voce nell’aria.

Nora iniziò a piangere e solo allora si accorse che l'amica non respirava più.

Due segni rossi le segnavano il collo candido.

La strinse forte a sé, continuando a piangere e gridò il suo nome più forte che poteva.

In quel momento sentì una mano sfiorarle la spalla.

Urlò spaventata e, lasciando l'amica, iniziò a colpire alla cieca con i pugni chiusi.

- Calma! Calma! Non voglio farti del male! -.

Due mani l'afferrarono per le spalle e guardando in faccia chi aveva detto quelle parole si rese conto che era il ragazzo che l'aveva salvata.

Nora guardò il suo volto per un attimo, poi sentì le forze abbandonarla.

Si lasciò cadere a terra, sorretta dalle sue braccia.

L'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi furono gli occhi verdi del suo salvatore.

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo ***


Sascha si guardò intorno nell'enorme sala dove il Consiglio aveva deciso di riunirsi.

Era chiamata la "Sala dei Vincitori" e seppur fosse la stessa stanza dove si riuniva il Consiglio da milioni di anni, entrarci incuteva in lui sempre lo stesso effetto.

L’enorme sala ottagonale presentava su sei lati bellissime vetrate di Boemia raffiguranti combattimenti mitologici, contornate da ricche cornici d’oro e rubini che risplendevano alla luce delle torce incastrate nei capitelli decorati con pampini e foglie d’alloro delle colonne corinzie che occupavano l’angolo tra un vetrata e l’altra.

Un enorme piattaforma in legno occupava tutta la prima parte del pavimento, per poi sollevarsi leggermente fino a formare la superficie rialzata sul quale si trovava l’enorme trono dai cuscini foderati di velluto rosso.

Alle sue spalle c'era una grande porta dalla maniglie laccate d'oro.

Se si aveva il coraggio di alzare lo sguardo, si poteva ammirare l’interno della splendida cupola che sormontava l’intera sala, decorata da fitte iscrizioni e disegni tribali appartenenti a popoli ormai scomparsi.

Sascha iniziò a vagare con lo sguardo, fino a raggiungere la porta dalla quale circa una mezz’ora prima era entrato.

Speculare all’altra porta era però più piccola e meno decorata.

Per Sascha il paragone era sensato.

Rispecchiava la ridotta importanza delle persone che da lì facevano il loro ingresso, talmente inutili e insignificanti, in confronto a tutto ciò che veniva presentato ai loro occhi.

Raggiunse con il proprio sguardo Patrick, che si stava lentamente avvicinando.

- Ehi! Tutto ok?! - gli disse, notando la sua espressione.

Tutte le volte che era entrato in quella sala, Sascha, aveva provato la netta sensazione di oppressione.

Come se tutto ciò che lo circondava cercasse di schiacciarlo con il peso della propria potenza.

Eppure avrebbe dovuto sentirsi importante.

Era un Guardiano, uno tra i più esperti.

Ma non ci riusciva.

L’importanza e il prestigio degli eroi che avevano messo piede in quel luogo prima di lui era talmente sproporzionata da farlo sentire piccolo come un insetto.

Non sapeva se Patrick e gli altri avessero mai provato la stessa emozione.

Non avendo mai avuto il coraggio di esporre il suo problema, non ne aveva fatto parola con nessuno.

Seppur fosse passato moltissimo tempo dalla prima volta che era entrato in quella sala, quello era l’unico luogo dove si ricordava ancora cosa voleva dire provare paura.

Mandò giù a vuoto e annuì in risposta a Patrick.

Cercando di contenere il proprio disagio, si guardò intorno e osservò il volto degli uomini che riempivano la stanza.

Ne contò sessanta.

I Segretari dovevano essere aumentati di numero.

Il suo sguardo fu attirato di nuovo da Patrick, che aveva alzato la mano destra in segno di saluto.

Si girò verso quella direzione e vide Ty rispondergli allo stesso modo, per poi girarsi verso di lui e rivolgerli un ulteriore saluto.

Sascha gli rispose con un gesto del capo e osservandolo mentre proseguiva il suo cammino verso la parte centrale della sala, riuscì ad intravedere il segno di riconoscimento dei Guardiani; la lettera “K” impressa nella parte destra del collo.

Ty era il più giovane tra i Guardiani, ma questo non voleva dire che fosse inesperto.

Sotto il suo controllo, Dresda, era risultata negli ultimi decenni la città più sicura di tutta la Germania.

Era anche un ragazzo simpatico.

Spesso Sascha lo aveva criticato per il suo aspetto decisamente troppo alternativo.

A suo avviso, i piercing e i tatuaggi non si addicevano alla loro posizione.

Ma infondo era un bravo ragazzo.

Sascha spostò lo sguardo altrove, alla ricerca degli altri Guardiani.

Georg, dall’alto della sua maggiore esperienza, era l’unico che aveva avuto il coraggio di avvicinarsi alla piattaforma rialzata del trono, alla quale si appoggiava con un braccio.

Lui era il più anziano dei diciotto Guardiani, ed era anche quello che era stato trasformato in età più avanzata.

Il suo corpo tarchiato, dalla corporatura robusta, rispecchiava l’età in cui per sempre aveva abbandonato la vita mortale.

Il fisico, per quanto lui cercasse di tenersi in costante allenamento, appariva poco tonico e leggermente appesantito dagli anni.

Inoltre il suo volto sembrava appartenere a un uomo stanco e non ad un vampiro che ogni giorno e ogni notte si impegnava a proteggere una città importante come Amburgo.

All'improvviso il vecchio vampiro scoppiò a ridere e la risata risuonò tra le pareti della sala.

Sascha si fermò a guardarlo per un attimo poi scosse la testa.

Quel tipo non gli era mai andato molto a genio.

Gli era sempre sembrato un po’ troppo strafottente nei loro confronti e addirittura nei confronti di Kooro, ma se il Capo confidava in lui la fiducia tale per riservargli una carica così importante, sicuramente c’erano delle buone ragioni.

Kooro non si sarebbe mai circondato da uomini che non fossero stati degni del proprio compito.

Sascha individuò gli altri suoi compagni sparsi nella sala.

Alain e Eitle, parlavano tra loro vicino ad una colonna, Bjorn si prendeva gioco di un giovane Segretario, mentre Joas sembrava perso nella sua caratteristica aria assorta.

Malte, Lars e Amos si tenevano un po' a distanza, come loro solito.

Moritz fissava il pavimento. Camill giocherellava con una sigaretta.

Holm. Isaak. Olfred. Dieter..

Sascha si fermò, confuso.

Ne mancava uno.

E non uno qualsiasi.

Mancava lui.

All'improvviso l'attenzione generale fu richiamata dalla porta più piccola.

Qualcuno aveva scostato uno dei battenti per entrare all’interno della sala.

Tutti i presenti si voltarono, curiosi di scoprire chi avesse osato arrivare con così tanto ritardo ad una riunione così importante.

Appena Sascha lo vide entrare, sentì un brivido attraversargli la schiena.

James.

Non lo vedeva da quella notte. Quella maledetta notte.

 

Non so cosa sia successo, Sascha! Credimi!”

 

All'istante la rabbia tornò ad accendersi dentro di lui.

Lo vide rivolgere un sorrisino divertito ad alcuni giovani Segretari, pavoneggiandosi come solo lui sapeva fare.

Con un gesto atletico richiuse la porta alle sue spalle, si spostò indietro un ciuffo di capelli scuri e riposizionandosi gli occhiali da sole, si avviò tranquillo verso Ty per salutarlo in un modo decisamente esagerato.

Sascha distolse lo sguardo da lui mentre tutti continuavano a guardarlo, in un misto di ammonimento e divertimento.

Tutti conoscevano James, sapevano com'era fatto.

Da lui ci si poteva aspettare di tutto.

E Sascha lo sapeva meglio di tutti.

- Quel tipo non cambierà mai, eh? - gli chiese Patrick, scuotendo la testa.

Non gli rispose e si mise a guardare con impazienza la porta più grande, pregando con tutto sé stesso che la riunione iniziasse velocemente.

Da quando lui era entrato, l'aria era diventata irrespirabile.

Come per voler assecondare il suo desiderio, in quell'istante i due battenti si scostarono.

I presenti si voltarono all’unisono verso il trono, aspettando in rispettoso silenzio l’entrata di Kooro.

Dopo pochi istanti apparve alla loro vista Gaesh.

L'ometto di modesta statura, calvo e dal viso cereo si posizionò alla destra del trono.

Da quando esisteva il Consiglio, Gaesh occupava la carica di Barone.

Il suo compito era quello di occuparsi di tutte le attività che riguardassero in qualche modo il Consiglio o Kooro stesso.

Era una sorta di segretario personale.

Colui a cui il Capo affidava la sua più profonda fiducia.

La sua entrata faceva presagire quella imminente di Kooro.

Infatti pochi secondi dopo la porta si aprì nuovamente e da essa emerse l'imponente figura del Capo dei vampiri.

Il mantello nero, legato al collo da un sottile nastro, seguiva la curva delle spalle e ricadeva lungo tutto il suo corpo, lasciando intravedere la veste dello stesso colore.

Con passo fiero e spedito, raggiunse la parte anteriore della piattaforma e si posizionò di fronte al trono, mostrando a chi gli stava davanti la propria potenza.

L’uomo, dalla considerevole altezza e dai lunghi capelli neri tenuti raccolti in una coda di cavallo, conservava in ogni suo gesto la saggezza e l’onore ottenuti in tutti i millenni vissuti.

Sulle sue braccia, apparivano evidenti i segni e le cicatrici lasciate dalle numerose lotte combattute nella sua vita mortale e gli occhi neri sembravano raccogliere in sé la vita dell’intero universo.

Seppure avesse l’età del mondo stesso, mostrava un fisico curato e scultorio e il proprio volto riassumeva i tratti caratteristici di un ragazzo che non aveva superato i trent’anni d’età.

I presenti al suo ingresso avevano abbassato lo sguardo e portato il pugno chiuso al cuore, come segno di eterno rispetto e reverenziale ubbidienza.

- Alzate lo sguardo, fratelli miei! - disse con voce profonda, aspettando che tutti lo guardassero prima di continuare - Miei cari Segretari e miei fedeli Guardiani! Sono onorato di potervi incontrare all’interno di queste mura, anche se ciò che ci ha portato a riunirci non mi dona assolutamente la stessa gioia -.

Iniziò a camminare lentamente, seguendo il perimetro della piattaforma rialzata e guardando negli occhi ognuno dei presenti.

- Sono stato informato che questa notte Berlino è stata inesorabilmente colpita da un aggressione compiuta da un gruppo di vampiri. Attaccando i civili, essi hanno volontariamente disubbidito al contratto sancito da me stesso prima della comparsa del mondo sulla quale viviamo. Ciò mi porta a considerare tali elementi non più degni di conservare l’onore di essere vampiri e quindi assolutamente banditi da tale gruppo di eletti -.

- Essi hanno inoltre attaccato, senza alcun timore, due miei Guardiani, allontanandosi così da qualsiasi forma di perdono e restrizione della colpa che avrebbe potuto graziarli in seguito ad un loro eventuale pentimento -.

Kooro si riavvicinò al trono e una volta raggiunto si appoggiò ad esso con una mano, come per sostenere la sua elevata altezza.

Il silenzio creato nella sala fu spezzato solo quando riprese a parlare.

- Dai dati che mi sono stati consegnati, ho potuto constatare che il mandante di tale gruppo di traditori è un vampiro i cui trascorsi lo hanno già fatto conoscere al Consiglio come individuo irrispettoso del potere. Molti secoli fa la sua presenza in alcuni territori aveva fatto temere al Consiglio l’incolumità dei civili. Il suo volontario allontanamento dal paese aveva poi sfatato questo pericolo, ma fin da subito era apparsa chiara ai nostri occhi la possibilità di un suo ritorno. Ora è diventato più forte ed è molto più determinato. Il suo gruppo di seguaci è potente e non sembra temere ciò a cui sta andando incontro. Bisogna essere assolutamente cauti nei loro confronti -.

Kooro prese fiato e quando riprese a parlare, le sue parole sembravano avere assunto un tono ancora più grave.

- Termino il mio discorso, esortandovi ad aumentare il controllo sulle vostre città, da quelle più grandi, sottoposte ai miei fratelli Guardiani, a quelle più piccole, cui voi, miei cari Segretari, avete sempre assicurato la massima protezione. I traditori potrebbero avere l’intenzione di attaccare più città contemporaneamente -.

Scostandosi dal trono, Kooro si avvicinò ai presenti.

- Ora, miei fedeli Segretari, siete liberi di tornare ai vostri incarichi. L’Oracolo vi apparirà se ci saranno cambiamenti in proposito. Vi esorto inoltre a segnalare qualsiasi tipo di problema. In questo periodo anche l’allarme più insignificante potrebbe nascondere qualcosa di molto più pericoloso. Andate ora! -.

I Segretari fissarono il loro Capo con umile reverenza, e dopo essersi portati il pugno al cuore, uscirono in silenzio dalla porta che li avrebbe ricondotti ai loro incarichi.

- Miei Guardiani, prego, avvicinatevi! -.

I vampiri si affrettarono a raggiungere il loro Capo, che nel frattempo si era slacciato il mantello e preso posto sul trono.

- Figli miei, ora che siamo rimasti soli possiamo liberamente parlare di questa situazione - disse osservando le sue creature - Come sapete, per quanto io mi fidi dell’operato dei Segretari, in momenti di pericolo come questo preferisco parlare direttamente con voi, che siete coloro che in prima persona dovrete risolverlo -.

Allungò una mano verso Gaesh e afferrò la cartellina che il Barone aveva sostenuto dall’inizio della riunione.

Dopo aver osservato per qualche istante i fogli in essi contenuti, Kooro ricominciò a parlare guardando la fila formata dai Guardiani.

- Come già ho detto, il capo dei traditori è una vecchia conoscenza del Consiglio. Il suo nome è Ewan. Vampiro dalla sottile intelligenza e astuzia fin dal primo momento ha sempre cercato tutti i modi per sovrastare il potere da me rappresentato. Da ciò che ho potuto conoscere di lui ho intuito che esso può vantare di una potente e pericolosa capacità di persuasione, per questo non mi sorprende il suo repentino arruolamento di un numero così elevato di seguaci -.

Kooro si alzò nuovamente dal trono e iniziando a camminare lungo il perimetro della superficie riuscì a guardarli ad uno ad uno negli occhi.

- Dobbiamo essere molto cauti nei suoi confronti. La sua mente corrotta potrebbe avere in serbo un piano alternativo per distruggerci definitivamente. Ricordatevi che con un individuo del genere non si può pensare di poterne prevedere le mosse. Per quanto riguarda i suoi seguaci, da quello che mi è stato riportato da i nostri compagni Sascha e Patrick, sono molto forti e determinati - disse guardandoli - Essi, combattendo con onore, hanno debellato un piccolo gruppo di traditori che avevano attaccato due giovani donne, uccidendone una. Per questo sono degni del nostro rispetto. Ma da soli non potevano di certo sconfiggere il nemico..-.

- Interveniamo noi! - lo interruppe Georg, pieno di rabbia – I diciotto Guardiani insieme rappresentano un forza che nessuno potrebbe sconfiggere! -.

Alcuni vampiri iniziarono ad acclamare il vecchio Guardiano per la proposta data, ma furono subito fermati dalle parole di Kooro.

- Calmatevi, compagni miei! Non è questo il caso di farci prendere gioco dalla rabbia! -.

Quando nella sala scese nuovamente il silenzio, riprese a parlare.

- Come ho già detto, Ewan potrebbe avere l’intenzione di colpire più città contemporaneamente, quindi non è prudente abbandonare le città della quale siete Guardiani. Già Patrick è andato incontro a questo pericolo abbandonando Colonia, ma lo ha fatto per rispondere ad una richiesta di aiuto. Ho accuratamente studiato la situazione e c’è solo una soluzione plausibile..-.

I Guardiani tenevano lo sguardo fisso sul loro Capo aspettando che li informasse del piano da seguire.

- Attaccando la razza umana - riprese Kooro - I nostri nemici hanno sì disubbidito alla Legge Suprema, ma lo hanno fatto nel modo a noi più vantaggioso. Nello stesso istante in cui il gruppo questa notte ha colpito le due giovani donne, i “Cuori di Cristallo” sono entrati in azione. In questo momento saranno sicuramente alla ricerca delle nuove Sacerdotesse. L’unica cosa che per ora possiamo fare è attendere di essere raggiunti dal potere dei Cristalli. I miei due cari Guardiani...-.

Sascha sentì lo stomaco annodarsi appena Kooro puntò la mano su di lui e Patrick.

- Andranno alla ricerca delle Sacerdotesse, e una volta raggiunte le addestreranno per sconfiggere il nemico. Esse rappresentano la nostra unica possibilità. Io provvederò a trovare qualcuno che li sostituisca alla custodia delle loro città e voi, figli miei, resterete in all’erta nel caso ci fossero nuovi sviluppi, dei quali dovrete informarmi immediatamente! Dovrete inoltre tenervi pronti ad accorrere in nostro aiuto nel caso ci fosse la necessità! -.

Kooro prese fiato, osservando i propri Guardiani.

- Considero terminata questa riunione del Consiglio! Così è stato deciso! Ora andate! -.

La sua uscita, accompagnata dal saluto dei Guardiani, fu seguita da Geash che richiuse la porta alle loro spalle.

Sascha continuava a guardare il vuoto di fronte a sé senza riuscire a muoversi di un passo.

La sua mente e il intero corpo erano bloccati alla decisione che il suo Capo aveva preso.

Non era riuscito a percepire nient'altro, né la sua uscita, né quella degli altri Guardiani e neanche Patrick che gli si era avvicinato.

- E ora che si fa? -.

Sascha cercò di riprendere fiato ma per la prima volta in vita sua era nel panico.

- Sascha?! Va tutto bene?! -.

Non poteva farlo!

No! Non un altra volta!

E prima che Patrick avesse il tempo di fermarlo era già sparito oltre la porta.

 

 

L'ufficio di Kooro era molto più oscuro e opprimente di quanto si ricordasse.

Sascha fece qualche passo nell'ombra fino a raggiungere la scrivania illuminata da lampade ad olio.

Il suo Capo era seduto sulla grande poltrona. Il mantello nero appoggiato sullo schienale e la testa piegata sulle carte sparse sul tavolo.

Il Guardiano aspettò in silenzio per qualche minuto prima che Kooro alzasse gli occhi su di lui.

Rimase a guardarlo per qualche istante e poi tornò a concentrarsi sul suo lavoro.

- Sentivo che saresti venuto a parlarmi, Sascha..-.

Lui abbassò lo sguardo.

Sapeva che un colloquio personale con Kooro veniva concesso solo in casi eccezionali, ma sapeva anche che quella era decisamente un emergenza.

- Io non posso farlo..- disse - Non di nuovo..-.

A quelle parole, Kooro tornò a guardarlo.

Lasciò cadere la penna d'oca e unì le mani.

- Sascha..- gli disse guardandolo negli occhi - Io so quello che hai passato -.

A questa frase lui non potè fare a meno che abbassare di nuovo lo sguardo.

- Capisco che, tornare a doversi occupare delle Sacerdotesse dopo quello che è successo può essere duro, soprattutto per te, ma..-.

Aspettò che il Guardiano avesse sollevato gli occhi prima di continuare.

- Ma tu sei un vampiro! Anzi sei molto di più di questo, sei un Guardiano! Uno dei più bravi e sei motivo di estremo orgoglio per me e per la tua razza! - esclamò - Non puoi permettere ai sentimenti di mettersi tra te e la tua missione! Chiaro?! -.

La sua voce era così dura e potente che Sascha non ebbe più il coraggio di rispondere.

Lo vide rilassarsi e appoggiarsi con la schiena all'enorme poltrona.

- Sono sicuro che ne sarai più che capace -.

Kooro lo guardò ancora un attimo poi gli indicò l'uscita con un gesto della mano.

- E ora vai -.

Lui rimase fermo ancora per un secondo poi abbassò lo sguardo e si portò il pugno al petto per poi voltarsi e raggiungere lentamente la porta di uscita.

La decisione di Kooro era irremovibile.

E lui avrebbe fatto ciò che il suo Capo gli diceva di fare.

Il vero problema erano i suoi sentimenti.

E se non gli era consentito spegnerli, allora avrebbe fatto finta che fosse così.

Sarebbe stato come tutti si aspettassero che fosse.

Insensibile.

Infondo, lui era un vampiro.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo ***


Quella mattina Ali venne svegliata dalla luce del sole proveniente dalla finestra spalancata della sua camera da letto.

Si stiracchiò lentamente, strofinandosi con delicatezza gli occhi, e nel movimento fece cadere il blocco con i suoi disegni che la sera prima aveva abbandonato ancora aperto sul letto.

Si allungò per raccoglierla e sistemò i fogli sparsi alla rinfusa per poi richiuderla e appoggiarla sul comodino.

Controllò l'ora sulla sveglia rosa a forma di gatto e dopo qualche istante si decise ad alzarsi e infilarsi in bagno, che per pura comodità era stato costruito all'interno della stanza.

Dopo qualche minuto tornò in camera e raggiunse la finestra.

Era una bella mattina.

Il sole splendeva nel cielo limpido d'inizio estate, due farfalle bianche si posavano sui fiori del giardino di fronte a casa sua e la Signora Dawe, dall'altra parte della strada, brontolava come al solito prendendosela con il postino che aveva involontariamente sgualcito la sua posta.

Tutto procedeva esattamente come doveva procedere.

E Ali non poté fare altro che sorridere.

Prese un respiro profondo e si voltò per raggiungere l'armadio.

Aprì entrambe le ante e si mise ad esaminare con cura ogni indumento per scegliere cosa indossare, con calma, senza fretta.

Infondo era in vacanza.

Un altro lunghissimo anno scolastico si era finalmente concluso.

E poi era certa che Sam quella mattina non si fosse presa la briga di alzarsi molto presto.

Anzi, era pronta a scommettere che l'avrebbe trovata ancora persa nel mondo dei sogni.

Dopo ancora un attimo di indecisione, estrasse un paio di pantaloncini e una maglietta che indossò velocemente per poi tornare in bagno e legarsi i lunghi capelli biondi in una coda di cavallo.

Una volta pronta si avvicinò alla scrivania dove la sera prima aveva abbandonato la sua borsa.

L'afferrò, ci infilò il blocco da disegno e affrettò ad uscire e raggiungere il piano inferiore.

Appena superò l'angolo della scalinata le apparve l'enorme salotto dalla quale, attraverso una grande porta finestra di vetro si accedeva al giardino posteriore.

Sentì alcuni rumori provenienti dall'angolo cucina e quando lo svoltò si trovò di fronte il viso sorridente di sua madre.

- Buongiorno, tesoro! -.

- Buongiorno, mamma - la salutò, scoccandole un tenero bacio sulla guancia per poi mettersi a sedere su una sedia e concentrarsi sul tavolo riccamente imbandito.

Afferrò la bottiglia del latte per versarsene un po' nella tazza e in quel momento sentì qualcosa sfiorarle una gamba.

Abbassò lo sguardo per capire cosa fosse e vide Zen, il suo gatto nero, strusciarle addosso, facendo le fusa.

Ali lo accarezzò e capendo quali fossero le sue vere intenzioni, afferrò la bottiglia del latte e ne verso un poco in una ciotolina.

Gliela mise per terra e se ne versò un po' nella tazza che aveva davanti per poi afferrare un paio di biscotti e iniziare a mangiarli con una tranquillità che poteva concedersi solo quando era in vacanza.

Quando ebbe finito si alzò e informò la madre che fino all'ora di pranzo sarebbe stata con Sam.

Controllò di aver preso tutto e uscì dalla porta.

Il vento tiepido le accarezzò il viso mentre seguiva il sentiero formato da grosse piastrelle grigie fino al cancellino di legno bianco.

Superò il cancello e se lo chiuse alle spalle per poi lanciare un'occhiata alla strada completamente deserta.

Il paesino dove abitava si chiamava Evalaz e si trovava nel Lander tedesco della Bassa Sassonia.

Era davvero un paesino microscopico, contava appena trecento abitanti.

Si poteva tranquillamente dire che li si conoscessero tutti.

E tutti si volevano bene. All'incirca.

Ali amava profondamente quel posto.

C'era un po' di strada da fare per raggiungere la casa di Sam, costruita sulla collina che sormontava il paese, ma ad Ali piaceva camminare e trovava rilassante compiere quella strada a piedi.

Così si avviò, perdendosi quasi subito nei suoi pensieri.

 

 

Ali seguì la leggera curva della strada circondata dal bosco e si trovò di fronte il bellissimo cancello di ferro battuto di casa Blade.

Ali aveva sempre adorato quella casa.

Era assolutamente perfetta.

Né troppo piccola né troppo grande.

Abbastanza isolata per poter stare tranquilli ma non troppo per sentirsi emarginati.

Insomma, il luogo perfetto in cui vivere.

Se non fosse stato per il fatto che fosse completamente circondata da boschi, cosa di cui comunque si faceva presto l'abitudine.

Aveva sempre amato trascorrere le sue giornate in quella casa e poteva farlo ogni volta che lo desiderava, per i genitori di Sam non c'erano mai stati problemi.

Infondo la conoscevano fin da quando era piccola.

Teresa e Jack Blade erano le persone più gentili che Ali avesse mai conosciuto.

Teresa era una scrittrice.

Aveva i capelli lunghi, ricci e incredibilmente scuri, che le donavano un aria sempre un po' incasinata.

Jack, invece, era un architetto.

Aveva progettato e realizzato lui quella casa.

Si sentiva molto la sua mancanza.

Ebbe giusto il tempo di raggiungere il cancello di entrata che subito fu accolta dall'abbaio cupo del pastore tedesco che accorse a salutarla.

- Ciao, Lou - lo salutò - Mi dispiace, non ti ho portato niente oggi..-.

Così dicendo si decise a suonare il campanello e dopo poco meno di un minuto il cancello le si aprì davanti.

Ali si apprestò a superare la soglia e a chiudersi il cancello alle spalle, mentre Lou le saltava intorno, abbaiando e muovendo la coda.

Percorse il sentiero di piastrelle grigie sulla leggera salita che portava all'entrata principale e quando vide con la coda dell'occhio il cane sparire dietro la casa decise di seguirlo e passare direttamente dalla porta sul retro.

Infondo, sapeva che per Teresa non ci sarebbero stati problemi.

Costeggiò la casa lungo tutto il muro e poi scese i gradini che l'avrebbero portata al grande spiazzo esterno dove la famiglia Blade aveva già posizionato gli ombrelloni e le sedie pieghevoli per poter prendere il sole durante quella lunga estate.

Raggiunse la porta, l'aprì e si infilò nel piano inferiore della casa, dove si trovava la camera di Sam e quelle delle sue sorelle.

Ali conosceva quella casa come le sue tasche. Avrebbe potuto orientarsi ad occhi chiusi.

A passo sicuro raggiunse la sua camera e quando aprì la porta scoprì che come al solito era avvolta dall'oscurità.

Sam amava dormire con le persiane chiuse, nel buio più totale.

Ali non l'aveva mai capita.

Non aveva mai trovato niente di affascinante o poetico nell'oscurità.

Anzi, le aveva sempre fatto un po' paura.

Si affrettò ad attraversare la stanza, cercando di non inciampare nei numerosi oggetti abbandonati a terra e una volta raggiunta la finestra la spalancò, illuminando l'ambiente con la luce aranciata del sole.

Si voltò verso l'amica che ancora giaceva a letto, con il leggero lenzuolo azzurro avvinghiato intorno al corpo e la sentì mugugnare irritata contro chi l'aveva svegliata in un modo così violento.

Sam si portò le mani agli occhi e dopo aver sbadigliato un paio di volte si decise ad aprirli lentamente.

Ci mise un attimo per mettere a fuoco la figura di Ali, in piedi vicino alla finestra spalancata, e non poté fare a meno di sbuffare.

- Brutta guastafeste! - l'apostrofò con la bocca ancora impasta dal sonno.

Ali sorrise, incrociando le braccia al petto.

- Buongiorno, amica mia! Io sto bene, grazie, e tu? -.

Sam decise di non raccogliere la sua ironia e si mise a sedere sul letto, sbadigliando ancora e passandosi una mano tra i capelli scompigliati.

Poi le puntò un dito contro con fare accusatorio, stringendo gli occhi in una smorfia di profonda irritazione.

- Mi ha appena rovinato un sogno bellissimo! - esclamò.

- Davvero? -.

- Si! Mi stavo baciando con il tipo più figo sulla faccia della terra! -.

Ali scoppiò a ridere.

- Ah, si?! E com'era?! -.

- Oh, bellissimo! - esclamò Sam - Alto, moro, dalle spalle larghe.. assomigliava un po' a lui..-.

Si voltò per indicare il poster di Johnny Depp appeso sopra il suo letto e Ali non potè a fare a meno che scoppiare a ridere.

- Bhè allora era proprio un sogno! -.

- Si, infatti..-.

Sam sorrise e dopo aver aspettato ancora qualche attimo si decise ad alzarsi dal letto.

Ali si apprestò a seguirla mentre varcava la soglia della sua camera e si infilava in bagno.

Tutta la casa era immersa nel silenzio.

A detta di Sam da qualche mese a questa parte ce n'era fin troppo in quella casa.

Da quando Agnes si era trasferita a Monaco per studiare.

E da quando suo padre non c'era più.

Sam fissò per un attimo la sua immagina riflessa nell'enorme specchio.

Si guardò attentamente negli suoi occhi scuri come se volesse provare a leggerci dentro.

Ma quello che vide per un attimo la spaventò, quindi distolse velocemente lo sguardo.

Iniziò a prepararsi mentre Ali non smetteva neanche un attimo di parlare.

A Sam non dava fastidio, neanche se si era appena svegliata.

Le piaceva ascoltarla. La sua voce la calmava.

E poi Ali aveva la fantastica capacità di far sembrare le cose mille volte più belle di quanto lo fossero davvero.

Era sempre stata così, anche da bambina.

Era capitato spesso che descrivesse a Sam qualcosa che avevo visto, qualcosa di talmente incredibile da non farla resistere dal desiderio di vederla a sua volta, e, quando gliela mostrava, Sam si accorgeva che infondo quella cosa non era poi un granché.

All'inizio si arrabbiava.

Pensava che non fosse giusto che l'amica avesse questa visione del mondo così perfetta mentre lei lo percepiva in modo del tutto diverso.

Ma poi si era fatta una ragione.

Ali era speciale. Lo aveva sempre creduto.

E quando erano insieme poteva vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Anche solo per un attimo.

In effetti, loro due erano completamente diverse.

Anzi, a pensarci bene erano proprio ai due opposti.

Ma fin da subito, fin da quando erano piccolissime, c'era sempre stato qualcosa, qualcosa di inspiegabile, che le legava indissolubilmente.

Un legame profondo che, Sam era sicura, le avrebbe unite per tutta la vita.

Sam si guardò ancora un attimo allo specchio e dopo essersi passata del leggero trucco sul viso e aver dato una sistemata ai capelli neri tagliati all'altezza del mento, uscì dal bagno e tornò in camera.

Cercò di non considerare l'estremo disordine in cui si trovava la sua stanza e proseguì verso l'armadio.

Indossò una canotta scura e dei pantaloncini e dopo essersi infilate le infradito, tornò, sempre seguita da Ali, nella sala principale.

Si guardò intorno alla ricerca della sua borsa e la vide abbandonata sul divano.

Fece per raggiungerla ma all'improvviso una piccola ombra nera sfrecciò davanti ai suoi piedi, facendola spaventare.

Lanciò un urlo portandosi una mano al petto, dove il cuore martellava per lo spavento.

- E quello che cos'era??! - esclamò Ali, con gli occhi fuori dalle orbite.

Sam riprese fiato, voltandosi a guardarla.

- È il nuovo ratto di mia sorella! - esclamò per poi iniziare a guardare per terra per vedere dove si era cacciato.

- Come ratto??! - esclamò l'amica sul punto di scappare a gambe levate.

Sam raggiunse il mobile verso il quale lo aveva visto scappare e si inginocchiò a terra.

- Ma si.. criceto.. o quello che è..- disse piegandosi e allungando una mano sotto il mobile - In questa casa manca solo il bue e l'asinello e poi siamo a posto! -.

Ali la vide rialzarsi, stringendo tra le mani il piccolo criceto marrone, raggiungere la porta della camera della sorella minore e bussare con, anche troppo, vigore.

- Marie!!! - la chiamò - Il tuo ratto è scappato un altra volta! -.

In quell'istante la porta si spalancò e apparve il volto ricoperto di lentiggini della bambina di sette anni, dai capelli scuri tenuti legali in una coda di cavallo.

La bambina si voltò verso la sorella e la guardò male, incrociando le braccia al petto.

- Non è un ratto! È un criceto! -.

Sam roteò gli occhi per poi tornare a guardarla.

- Se fossi in te lo terrei d'occhio - le consigliò - Se non vuoi che si trasformi in una frittella! -.

La bambina la guardò ancora per un attimo poi sbuffò e dopo aver preso in mano l'animaletto sparì nella sua stanza, chiudendosi con un tonfo la porta alle spalle.

Sam sbuffò rumorosamente e finalmente recuperò la sua borsa per poi uscire insieme ad Ali dalla porta sul retro.

Il sole caldo le colpì la pelle mentre metteva piede sul piazzola in cemento.

Si guardò intorno e non le volle molto per sentire il suo cagnone abbaiare per salutarla.

- Lou! - lo chiamò - Ciao, bello! -.

Lo accarezzò per salutarlo e lui le leccò le mani continuando a scodinzolare felice.

Sollevandosi, Sam si perse a scrutare l'immenso giardino che circondava la casa, ma pochi secondi dopo la voce di Ali la riscosse.

- Ah, Sam! - la chiamò - Guarda che cosa ho fatto ieri! -.

Lei si voltò a guardarla e la vide estrarre dalla borsa il suo blocco da disegno.

Ali scorse le pagine fino a quando trovò ciò che cercava e lo mostrò sorridendo all'amica.

Sam si sporse leggermente e vide il disegno dei muso grigio di un gattino.

- Ti piace?! -.

- Mmm.. si..- rispose - È.. carino..-.

A quelle sue parole il sorriso di Ali sparì.

- Detto così non sembra un complimento..- convenne.

- No, no, è bello! - si affrettò a correggersi Sam - È molto.. nel tuo stile! -.

Le sorrise e si avviò velocemente a salire i gradini mentre Ali si soffermava a guardare per un attimo il suo disegno.

- A me piace..- disse alzando le spalle per poi ritirare il blocco e raggiungere Sam fino alla porta del piano superiore.

Appena entrarono le due ragazze si accorsero che la mamma di Sam era già sveglia e sedeva su una delle sedie della cucina con in mano una tazza ricolma di caffè.

Sam le si avvicinò per salutarla con un bacio sulla guancia e mentre Ali si sedeva su una delle altre sedie, si allungò per afferrare dal mobiletto della cucina la sua solita barretta energetica.

Le tre iniziarono a chiacchierare tranquillamente quando ad un certo punto furono interrotte da un edizione straordinaria del telegiornale.

- Cosa è successo?! - disse Teresa mentre un giornalista in giacca e cravatta appariva sullo schermo del loro televisore.

- Questa notte a Berlino è avvenuta una violenta aggressione ad una giovane ragazza, Nora Federman, fuori dal locale "Limitless". Osserviamo le immagini e la sua testimonianza..-.

Il volto del giornalista lasciò il posto alle riprese di una strada illuminata solo da pochi lampioni, riempita da macchine della polizia e da un'ambulanza nella quale si trovava la ragazza.

La coperta che aveva sulle spalle lasciava intravedere il corto vestito nero che aveva indossato per la serata, i capelli scuri e ricci gli ricadevano scompigliati oltre le spalle e il trucco degli occhi azzurri era colato sulle guance prive di colore.

- Povera ragazza! È stravolta.. - osservò Teresa.

Un microfono era apparso vicino alla bocca della ragazza e lei cercava di raccontare tra i singhiozzi la scioccante scena.

- Erano in cinque.. correvano verso di me.. due mi hanno buttato per terra.. un terzo mi era sopra...-.

A quel punto scoppiò a piangere e la trasmissione tornò al giornalista nello studio televisivo.

- La signorina Federman, fortunatamente, non ha riportato alcuna ferita grave ne alcun segno di violenza. La ragazza ha rilasciato inoltre una testimonianza alla polizia nella quale dichiara di essere stata salvata da un ragazzo dagli occhi verdi. Si fanno ipotesi sul fatto che lei non sia stata sola al momento dell'aggressione. Vi aggiorneremo appena saremo a conoscenza di nuovi sviluppi..-.

Per un lungo attimo nella stanza scese il silenzio, poi Sam si riscosse.

- Che cosa agghiacciante! - esclamò scuotendo la testa e decidendosi a finire la colazione.

Una volta finito, raccolse la sua borsa abbandonata a terra nel salotto e dopo aver salutato la madre uscì insieme ad Ali per recarsi in paese.

Durante il tragitto le due ragazze cercarono di non parlare dalla notizia appena sentita ma era chiaro che entrambe fossero rimaste fortemente scioccate.

Pensare che avrebbe potuto capitare anche a loro una cosa del genere le faceva accapponare la pelle.

Percorsero la strada che portava in paese e quasi senza accorgersene arrivarono di fronte alla casa dei Meyer.

Johnathan e Hans Meyer erano i loro migliori amici.

Si conoscevano da quando erano piccoli e il loro legame era diventato sempre più forte man mano che crescevano.

Osservando che le imposte del piano superiore della casa dall'intonaco ocra erano aperte decisero di andare a salutarli.

Attraversarono il giardinetto privo di fiori e bussarono.

La porta si aprì immediatamente e quasi si spaventarono ritrovandosi faccia a faccia con Hans.

Il ragazzo di un anno più giovane di loro, le salutò sorridendo e scoccandole un bacio sulle guance.

Le due ragazze lanciarono un occhiata al piccolo atrio pieno di borse e valigie e capirono che Hans doveva essere stato impegnato a riordinare quella confusione.

I due fratelli avevano la leggera differenza di età di un anno ed erano veramente molto uniti, anche se erano molto diversi, a partire dall'aspetto fisico.

Johnathan, il maggiore, era alto e aveva i capelli scuri che teneva lunghi fino alle spalle, mentre Hans aveva i capelli chiari e li portava molto corti.

Abitavano con il padre nel pese dove erano cresciuti ma ogni anno passavano le vacanze estive dalla madre, che dopo il divorzio si era sposata con un dentista di Amburgo, dove viveva in una lussuosa villa con piscina.

- Domani si parte! - esclamò Hans fingendo entusiasmo.

Era contendo di passare l'estate con la madre ma non sopportava la costante presenza del suo secondo marito.

- Nooo! Mi mancate già! - disse Sam buttandosi al suo collo fingendosi disperata.

- Per favore! Rimandiamo l'addio a domani! Se no mi fate piangere...-

La voce proveniva da in cima alle scale, che occupavano quasi tutto l'atrio.

I ragazzi alzarono lo sguardo e videro che Johnathan stava scendendo le scale, reggendo con la mano destra una sacca di tessuto grigio.

Arrivato nell’atrio, la buttò nel mucchio che Hans cercava di mettere in ordine ed espose trionfante al fratello - E questa è l’ultima!! -.

- Meno male! - rispose lui con lo stesso entusiasmo - Stavo quasi pensando di dovermi spostare fuori dalla porta! -.

Le ragazze risero alla battuta e salutarono Johnathan come avevano fatto con il fratello.

- Ora vi lasciamo sistemare - disse Ali - Volevamo solo dirvi se questa sera vi andava di venire al "Malakya", sapete, per festeggiare! - .

Johnathan le sorrise, furbo - Mi sembra che ieri ci siamo divertiti abbastanza... -.

- Ma cosa centra! - irruppe Sam - Stasera festeggiamo l'ultima sera insieme! -.

- Allora ci stiamo! -.

- Bene! Alle 20 al "Malakya"! -

I ragazzi si salutarono e le due amiche tornarono ad immergersi nel caldo estivo del paese.

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto ***


Ali lanciò un occhiata all'orologio.

Erano le 20.20.

Come al solito era in ritardo!

Possibile che neanche una volta poteva essere puntuale!! E per fortuna che era pronta!

Afferrò la sua borsa e si affrettò ad uscire.

La strada stava per essere illuminata dai lampioni e dal vialetto di casa poteva già sentire la musica che proveniva dal bar.

Si avviò quasi correndo verso quella direzione e il vestito bianco che indossava svolazzò intorno al suo corpo ad ogni suo movimento.

A differenza di quella mattina aveva tenuto i capelli sciolti e il trucco che aveva scelto era molto più spesso e appariscente.

Sam l’aspettava a braccia conserte fuori dall'entrata del locale, battendo impaziente un piede per terra.

Appena la vide avvicinarsi, allargò le braccia, sconsolata.

- Come sempre ti devo aspettare delle ore! - la canzonò.

- Scusa! - disse Ali arrivandole d'avanti.

Sam la guardò per un attimo poi sbuffò rumorosamente e, voltandosi di spalle, si affrettò ad entrare, seguita ovviamente dall'amica.

L'interno dell'unico bar del paese non era certo gremito come la sera precedente, ma quasi tutti i tavoli del locale erano occupati da gruppi di ragazzi che parlavano e ridevano tra di loro.

Sam lanciò un'occhiata dietro il bancone e vide, con risentimento, che al posto del suo adorato Bob c'era Vincent, il proprietario del bar.

L’uomo alto, calvo e dai piccoli occhi azzurri, non le era mai piaciuto.

Ma del resto, lui non aveva mai fatto nulla per farsi piacere.

- Bob? - chiese senza nemmeno salutarlo e ricevendo in risposta nient'altro che un cupo grugnito, accompagnato da un veloce cenno del capo verso il centro della sala.

Sam distolse alla svelta lo sguardo da lui e, voltandosi verso la direzione che gli aveva indicato, vide Roberto, da tutti conosciuto come Bob, incastrato tra i mille fili di una cassa che non voleva funzionare.

Sam ancora si ricordava bene il giorno in cui il ragazzo era arrivato in paese, con sulle spalle uno zaino e in faccia l'aria di chi non aveva la minima idea di dove andare.

Era appena emigrato dal Portogallo e non parlava molto bene la loro lingua.

Sam era solo una ragazzina ma ci aveva subito fatto amicizia e aveva convinto Mikaela, la figlia di Vincent, a trovargli un lavoro al Malakia.

Erano passati ormai tre anni e loro continuavano ad essere molto amici.

Gli si avvicinò e salutandolo con un sorriso, si lanciò nell'impresa di dargli un bacio sulla guancia.

Essendo Bob ben più alto di lei, dovette alzarsi il più possibile sulle punte e il gesto fece alzare la canotta nera paiettata che indossava sopra i jeans strappati e intravedere il ventre piatto.

Ali, che intanto aveva raggiunto Johnathan e Hans ad un tavolo, osservava attenta la scena.

Da quando il padre di Sam non c'era più, la ragazza aveva subito un cambiamento radicale, sicuramente causato in parte della grave perdita.

Da ragazza introversa e solitaria era diventata socievole, esuberante e qualche volta anche un po' irascibile.

Usciva tutte le sere, con gente che prima non aveva mai voluto frequentare e se qualcuno glielo faceva notare, lei rispondeva male e si richiudeva nel suo silenzio carico di rancore.

In quando a ragazzi, ne aveva avuti una decina in un anno e continuava a cercarne di nuovi.

Il cambiamento era stato letteralmente sconvolgente, soprattutto per Ali.

Certe volte si sentiva come se la sua migliore amica non esistesse più.

Come se quella persona che aveva davanti non fosse più la stessa di prima.

Questo per Ali era impossibile da sopportare.

Quando finì di salutare tutta la gente che conosceva, Sam si decise a raggiungere i suoi amici.

Salutò Johnathan e Hans e si sedette nel posto libero vicino ad Ali dove l'aspettava un bicchiere gigante di Coca Cola con ghiaccio.

I quattro amici iniziarono a parlare da più e del meno, quando ad un certo punto, Ali si sentì rifilare una poderosa gomitata su un fianco.

- Ahia! Sam! - esclamò portandosi una mano sul punto dolorante e voltandosi verso l'amica che però era impegnata a guardare qualcosa vicino all'entrata del locale.

- Eccolo! - disse Sam, prendendo in bocca la cannuccia della Coca Cola.

Ali si scostò per poter vedere meglio e proprio in quel momento il corpo magro e atletico del ragazzo biondo fece il suo ingresso all'interno del locale.

Non riuscì a trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo.

Marcus Schmidt!

Ancora lui!

Il bel diciannovenne era il figlio del sindaco di Envalaz, Frederic Schmidt.

Frequentava la loro stessa scuola ed era considerato come una sorta di “Casanova” del paese.

Del resto, la bellezza non gli mancava, anche se Ali non lo aveva mai considerato un granchè, a differenza di tutte le altre ragazze dei dintorni e, per sua sfortuna, anche di Sam, che da qualche mese aveva dimostrato un evidente e, a dir poco, insopportabile, interesse nei suoi confronti.

Ali lo seguì con lo sguardo mentre attraversava il locale, scherzando animatamente con il suo gruppo di amici, per prendere posto al loro solito tavolo e non si stupì nemmeno un po' quando sentì l'amica esclamare..

- Mamma mia quanto è bello!! -.

Non riuscì a contenere una smorfia.

- A me non sembra proprio il massimo.. - convenne per l'ennesima volta, tornando a concentrarsi sulla sua Coca Cola, che era certo più interessante che stare a fissare quello lì e ci volle poco prima di sentire l'occhiataccia di Sam.

- Stai scherzando vero??!! - esclamò scioccata.

- Per me è solo un bellimbusto senza sostanza...-.

Ali alzò lo sguardo verso Johnathan che aveva improvvisamente deciso di intervenire e gli sorrise, ringraziandolo mentalmente per l'appoggio, mentre Sam gli rifilava un'altra occhiataccia carica di offesa.

- Ma cosa ne vuoi sapere di ragazzi tu??! - lo apostrofò indignata per poi sbuffare rumorosamente, alzarsi in piedi ed estrarre dalla borsa un accendino azzurro metallizzato e un pacchetto di sigarette light.

- Visto che qua nessuno mi capisce..- disse plateale - Me ne vado fuori a fumarmi una sigaretta! -.

E prima che qualcuno potesse dirle qualcosa, superò la sedia di Ali e fuggì a passo spedito fuori dalla porta.

Questo era un altro cambiamento in lei che Ali non riusciva a capire.

La lontananza della sorella maggiore e il fatto che la madre, da quando era morto il marito, non uscisse nemmeno più di casa, aveva concesso a Sam la libertà di fare tutto ciò che voleva, anche prendere le decisioni più sbagliate e finire sulla cattiva strada.

Doveva pensarci lei a farla ragionare.

Si alzò dalla sedia.

- Scappi anche tu? - chiese Johnathan, fissandola.

Lei lo guardò negli occhi

- No.. vado a cercare di salvarla..- rispose voltandosi e sparendo oltre la porta.

 

 

Sentiva il fumo penetrargli nei polmoni e poi uscirle dalla bocca in una nuvola candida che si perdeva nella penombra della sera.

La prima volta che aveva fumato l’aveva fatto solo per provare ed ora non poteva più farne a meno.

Era un modo per non pensare a niente.

Per pochi attimi poteva spegnere il cervello e lasciare che il mondo continuasse a girare senza contare su di lei.

Si spostò una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio e continuò a guardare il panorama che si vedeva dalla panchina su cui era seduta, posta fuori dal locale.

La strada era deserta e gli unici suoni che poteva sentire provenivano dall’interno del bar.

All'improvviso sentì un rumore, si voltò di scatto e vide la signora Abatte intenta a tirare giù la saracinesca della sua cartoleria.

Senza nemmeno guardarla, la vecchia signora dai biondi capelli legati in uno chignon, raccolse la sua borsa e sparì dietro l’angolo.

Negli ultimi tempi sembrava che sempre più persone si comportassero come quella signora..

Se ne andavano senza nemmeno guardarla.

- Ehi, fuggitiva! -.

Sam si voltò di scatto e si ritrovò a guardare il volto sorridente di Ali.

Si fermò a guardarla per un attimo poi le fece cenno di sedersi accanto a lei e tornò a concentrarsi sul mozzicone che gli rimaneva in mano.

- Pensavo che avessi smesso.. - disse Ali dopo essersi seduta.

Sam non rispose.

- Lo sai che ti fai del male.. -.

- Esistono cose che fanno molto più male di questo.. -.

- E questo sarebbe un buon motivo per autodistruggersi? -.

Per la seconda volta tra loro calò il silenzio.

Sam la sentì prendere fiato e metterle una mano tra i capelli.

- Sam ,ascoltami, lo so che ti manca tuo padre...-

- Non mettere in mezzo mio padre! - disse Sam alzandosi di scatto - Lui non c'entra nulla con tutto questo! -.

Nella sua voce c’era una rabbia cieca. Ali poteva percepirla chiaramente.

Sam soffriva, soffriva moltissimo per la morte di suo padre, per il modo in cui se n'era andato e la rabbia che provava non dava segno di voler scemare.

Abbassò gli occhi. Non riusciva mai a guardarla quando faceva così.

Sam cercò di riprendere fiato, poi tornò a guardarla.

Si rese conto che l'aveva ferita, ancora.

Ed era l’ultima cosa che non aveva intenzione di fare.

Buttò a terra la sigaretta e si raccolse vicino alle sue gambe, prendendo le sue mani tra le sue.

- Scusami Ali, d’avvero. È solo che sono.. così incasinata! -.

L’amica la guardò negli occhi per un lungo istante.

Sapeva che avrebbe fatto di tutto per aiutarla se solo gliene avesse dato modo.

Ma la verità è che nessuno poteva farlo, nemmeno lei.

Sam la guardò ancora per un attimo in quei suoi occhi grandi e azzurri e poi si lasciò sfuggire un sorriso.

- Senti, facciamo come se non fosse successo nulla e godiamoci la serata. Ci stai? -.

Ali ricambiò il suo sguardo e poi le sorrise, perdendo lo sguardo all’orizzonte.

- Si sta bene qua fuori.. -.

Sam annuì e si rimise in piedi per rimettersi seduta vicino a lei.

- Allora stiamo un po’ qui.. -.

Rimasero in silenzio per un lungo tempo, quando all’improvviso sentirono rombo di un motore in lontananza.

Le due amiche si guardarono, stupite.

- Cosa diavolo è? - chiese Sam.

Il suono diventò sempre più forte fino a quando una macchina nera di grossa cilindrata entrò nel loro campo visivo.

Di macchine del genere se ne vedevano poche da quelle parte.

Quelle di quel tipo appartenevano ai funzionari comunali e la sera erano guidate dai figli che girovagavano per il paese con la musica a tutto volume.

Ma quella macchina aveva qualcosa di strano.

Innanzitutto non aveva la musica e poi aveva i vetri oscurati.

Molto insolito per gente che vuole farsi riconoscere.

La macchina aggirò la grande rotonda sormontata dalla statua del fondatore e si fermò poco distante l'entrata del bar.

Qualche istante dopo la portiera del passeggero si aprì e ne uscirono due lunghe gambe candide infilate in un paio di scarpe con il tacco alto.

La bella ragazza castana uscì del tutto dalla macchina mostrando il fisico snello racchiuso in un leggero vestito di cotone viola.

La sconosciuta girò lungo i lati della macchina e si piegò verso il finestrino metà aperto del guidatore.

Scambiate due parole, si staccò da esso e si indirizzò verso l’entrata del bar con camminata sinuosa e seducente.

Passò vicino alle due ragazze, senza nemmeno guardarle, per poi infilarsi all’interno del locale.

Loro, invece, l’avevano guardata fin troppo bene.

- E questa da dove cavolo salta fuori?! - disse Sam indignata.

Ali si strinse nelle spalle - Non lo so. Non l’ho mai vista da queste parti -.

- Nemmeno io - disse Sam affrettandosi ad alzarsi - Vieni, andiamo a vedere cosa succede dentro -.

Una volta dentro, le due ragazze si diressero verso il tavolo degli amici, entrambi girati verso la nuova arrivata.

- Avete visto che.. - iniziò a dire Hans, ma captando gli guardi omicidi delle due amiche si affretto a correggersi - ..belle luci che ha messo Bob questa sera! -.

Salvandosi sul finale Hans distolse gli occhi dalla ragazza e si concentrò sul suo bicchiere ormai vuoto, mentre Sam e Ali studiavano attente le sue mosse.

Aveva ordinato un mojito e lo attendeva, appoggiandosi con una mano al bancone.

All'improvviso una mano le cinse la vita.

La ragazza si voltò, sorrise e si strinse al ragazzo che l’aveva avvicinata.

- Marcus?!! - disse Sam con il volto che passava dal rosa carne al rosso intenso - Come fa Marcus a conoscere quella lì??!!! -.

Tutti e quattro gli amici si girarono ad osservare e videro il ragazzo portare al suo tavolo la bella sconosciuta e presentarla tranquillamente ai suoi amici.

- Sarà una sua amica.. - ipotizzò Johnathan alzando le spalle.

Si.. una sua amica..” pensò Sam fingendo di tornare a guardare il bicchiere di Coca Cola mentre sentiva il sangue ribollirle nelle vene.

- Su ragazzi brindiamo! - esclamò Hans per cambiare discorso, sollevando il bicchiere in aria - All’ultima serata insieme prima del nostro ritorno! -.

Johnathan e Ali si unirono al brindisi mentre Sam alzava il bicchiere, non riuscendo però a togliere gli occhi dalla coppia che si sorrideva.

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto ***


Sentiva il vento tiepido scompigliarle i capelli.

Tutti i suoi muscoli erano in tensione.

Le sue mani stringevano con forza le briglie di cuoio.

Sotto di lei il cavallo nero cavalcava spedito lungo il perimetro del giardino.

Sam amava cavalcare.

Amava il vento tra i capelli, il sole che le scaldava la pelle e sentire i muscoli del suo fidato cavallo sotto le gambe.

Continuava ad amarlo anche se le faceva pensare a suo padre.

D’improvviso un ricordo le investì la mente.

Era una calda giornata di Agosto, quel giorno compiva otto anni e suo padre le aveva fatto una sorpresa.

La guardò negli occhi.

- Vuoi venire a vedere il tuo regalo, Samantha? - le disse, sorridendo.

La portò alla stalla che aveva costruito pochi mesi prima per ospitare il suo cavallo.

Le era sembrata la camminata più lunga della sua vita da quanto era agitata!

Ma una volta arrivati.. eccolo lì.

Il regalo più bello che avrebbe mai potuto ricevere.

Un giovane e atletico puledro dal manto corvino come i suoi capelli, l’aspettava correndo lungo tutta la recinzione di legno.

Quello era stato il più bel giorno della sua vita.

Poteva ancora vedere il volto di suo padre che le sorrideva.

Suo padre..

Si riscosse all’improvviso sentendo le lacrime rigarle le guance.

Suo padre era morto.

Che senso aveva pensarci ancora?

Nulla aveva più senso.

Decise di tornare alla stalla. Non aveva più voglia di cavalcare.

Una volta arrivata alla staccionata di legno aprì il cancello e portò dentro il suo cavallo.

Appena aprì la porta della stalla sentì il cavallo baio di suo padre sbuffare e battere gli zoccoli a terra come per incitarla a portarlo fuori, ma quel giorno Sam proprio non se la sentiva.

- Bravo, Cookie..- lo riprese per poi condurre Vancouver fino al suo box, togliergli la sella e salutarlo con un bacio sulla fronte.

Dopo aver controllato che fosse tutto a posto, si apprestò ad uscire e, senza guardare, allungò una mano per aprire il cancellino.

All'improvviso sentì qualcosa di freddo sfiorarle le dita.

La ritrasse immediatamente e guardò cosa avesse toccato.

Attorcigliato all’asse più alta del cancellino di legno c’era una lunga catenina d'argento dal quale pendeva un piccolo ciondolo.

Sam lo studiò attentamente.

Era un ciondolo molto strano, dalla forma molto complessa.

Il corpo centrale era formato da un pietra ovale di uno strano colore, in certi punti sembrava simile all’acqua marina mentre in altri punti arrivava fino alle tonalità del celeste.

La pietra, dal modo in cui brillava al sole, sembrava essere molto preziosa.

In tutta la sua vita, Sam non aveva mai visto niente del genere.

La struttura complessa era formata da un sottile filo di metallo che creava intorno alla pietra disegni concentrici e delicati e su un lato di essa formavano una lettera...

La lettera “K”.

Dopo averlo guardato a lungo si chiese come mai non l’avesse visto prima, quando lo aveva aperto per far entrare il cavallo.

Eppure era sicura che prima attaccato al cancellino non c’era niente.

Se ne sarebbe sicuramente accorta.

E poi chi lo aveva messo lì?

Si guardò intorno.

Magari sua madre aveva deciso di farle un regalo anticipato.

Poteva anche essere.

Infondo solo lei e sua madre frequentavano la stalla perché quella peste di Marie aveva paura dei cavalli.

Era stato un bel gesto da parte sua, anche se non riusciva a capire il motivo del dono.

Il suo compleanno sarebbe stato solo due mesi dopo.

Sam lo guardò ancora per un attimo poi alzò le spalle e si apprezzò a slegarlo.

Se lo passò lentamente tra le mani, studiandolo in ogni suo piccolo particolare.

Non riusciva a capire perché, ma c'era qualcosa in quell'oggetto che l'attraeva come mai nulla aveva fatto prima.

Non riuscì a resistere alla tentazione di indossarlo.

La catena era molto lunga e Sam non dovette nemmeno aprirla per infilarsela.

Non appena il ciondolo toccò la sua pelle parve illuminarsi all'improvviso!

Per un attimo tutto fu invaso da una leggera luce azzurra, stranamente famigliare.

Sam sentì il suo corpo pervadere di una energia che mai aveva provato in precedenza.

Nelle sue orecchie percepì il suono lontano di un canto.

Cosa le stava succedendo?!

Scosse la testa e tutto tornò normale.

Sam prese fiato, appoggiandosi al cancello per non rischiare di cadere.

Si portò una mano alla fronte per sentire se aveva la febbre ma sembrava stare bene.

Forse aveva solo esagerato un po’ con la cavalcata sotto il sole. Doveva riposarsi un po'.

Uscì dal recinto e si assicurò di aver chiuso bene il cancellino prima di allontanarsi.

Iniziò a camminare verso casa con passo deciso. Non vedeva l’ora di buttarsi sul letto.

Arrivata nella parte inferiore della casa decise di salire al piano superiore per ringraziare sua madre del regalo inatteso.

La trovò in camera sua, intenta a scrivere qualcosa sul suo computer portatile seduta a gambe incrociate sul suo letto.

- Ciao, tesoro – disse, sorridendole mentre varcava la soglia.

Sam le si avvicinò.

- Grazie! - disse scoccandole un bacio sulla fronte.

Sua madre si tolse gli occhiali da lettura e si fermò a guardarla, perplessa.

- Per cosa? - chiese - Che bel ciondolo! Dove l’hai preso? -.

Sam la guardò interdetta.

- L’ho trovato vicino alla stalla.. ne sai qualcosa? -.

Sua madre si avvicinò per guardarlo meglio, poi scossa la testa.

- No.. non mi sembra di averlo mai visto - disse tornando al suo libro.

Questa storia stava diventando sempre più strana.

- Va bene, mamma. Grazie lo stesso -.

Fece per uscire ma appena raggiunse la soglia la voce di sua madre la fece fermare.

- Sam? -.

Si voltò a guardarla e la vide sorridere.

- Sarà un regalo del destino! - le disse sorridendo.

Sam ricambiò con un sorriso stanco e uscì dalla porta.

Il destino..

Peccato che lei a quelle cose non ci credesse.

Si fiondò verso le scale.

Ad ogni gradino il ciondolo rimbalzava sulla sua pelle leggero come piuma.

Sembrava quasi essere stato creato per starle addosso.

Marie era seduta a gambe incrociate sul divano rosso con un grembo un enorme vasetto di gelato alla panna e fissava con sguardo assorto un film d’azione sul grande televisore al plasma.

Le passò dietro le spalle e allungò una mano per darle una veloce carezza.

Infondo, molto infondo, le voleva bene, anche se spesso la faceva imbestialire.

La bambina però neanche se ne accorse e continuò a seguire concentrata una scena d’inseguimento.

Sam si diresse in camera sua e si chiuse la porta alle spalle.

Si tolse le scarpe e richiuse la porta dietro di sé.

Infine si buttò sul letto disfatto ma appena la sua schiena colpì il materasso sentì un dolore lancinante.

- Ahia!! -.

Portò una mano nel punto esatto del colpo e da sotto il lenzuolo bianco estrasse il suo cellulare.

Lo aveva lasciato lì prima della cavalcata e non se ne era più ricordata.

Si spostò in posizione prona e lo accese.

Appena lo schermo si illuminò di fronte al suo viso non riuscì a contenere lo stupore.

Venti chiamate perse!

Non si chiese nemmeno chi fosse.

Solo una persona poteva chiamarla così tante volte nel giro di mezz’ora.

- Ali! - esclamò sconsolata sprofondando con la testa nel materasso.

Le voleva un mondo di bene ma l'amica sapeva essere molto logorroica alcune volte.

Poco dopo arrivò un messaggio. Ovviamente era suo. Lo aprì.

 

Questa notte vieni a dormire da me! Non sai cosa mi è successo oggi!!!!!

 

- Di sicuro non più sorprendente di ciò che è successo a me...-

 

 

Il rumore delle lame che si scontravano.. i ruggiti animali.

Sascha!”

E poi all'improvviso..

Una luce celeste.. fortissima.. luminosa..

Il suono lontano di un canto di donna..

Il volto di una ragazza dai capelli neri..

 

Sascha si svegliò di soprassalto.

Si sollevò a sedere, si guardò intorno.. e si sentì raggelare.

Il suo bellissimo, pulito e sempre in ordine appartamento.. era divento un letamaio!

Il letto nella stanza aperta alle sue spalle era disfatto e cosparso delle cose che Patrick aveva portato con sé, ogni superficie della cucina era ricoperta da bicchieri sporchi e sacche di sangue mezze aperte e, come se non bastasse, il salotto era letteralmente invaso da lattine e bottiglie di birra.

Di fianco a lui sul divano, Patrick fissava alla televisione un programma sportivo di cui Sascha non conosceva neppure il nome, con i piedi nudi appoggiati sull’unico spazio libero del tavolino di vetro dell’età Vittoriana, in una mano il telecomando e nell’altra una lattina di birra.

Percependo il suo guardo si voltò a guardarlo e gli sorrise.

- Ehi! - esclamò - Dormito bene? -.

Sascha deglutì, cercando di calmarsi.

Per fortuna di Patrick non aveva tempo per arrabbiarsi.

Aveva scoperto una cosa troppo importante.

- I “Cuori di Cristallo” si sono attivati! -.

Patrick per poco non ci rimase.

Strabuzzò gli occhi e si mise a sedere, voltandosi a guardarlo.

- Dove? - chiese con insistenza.

- Envalaz, Bassa Sassonia -

- Sai come arrivarci? -.

- Ovviamente -.

Patrick si alzò di scatto e nel movimento fece cadere a terra due lattine di birra.

- E allora cosa stiamo aspettando?! -.

Sascha scosse la testa, disperato, e si alzò per prepararsi al viaggio che li aspettava.

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto ***


Ali rimase di sasso quando vide Sam ferma sulla soglia della sua camera.

La bocca spalancata, la mano ancora sulla maniglia della porta.

Non poteva crederci.

Sam la fissava con sguardo interrogativo.

- Allora?! - esclamò - Mi fai entrare si o no?! -.

Cercò di riscuotersi e senza dire nulla, si scansò per lasciarla passare.

- Si può sapere cosa ti è preso? - chiese Sam una volta seduta a gambe incrociate sul lenzuolo rosa del letto.

Ali chiuse la porta e si girò lentamente verso di lei.

- Non è possibile.. - disse biascicando le parole.

Sam iniziava a spazientirsi - Cosa c’è ??!! -.

Ali si riscosse e senza dire niente si avvicinò al letto e ci si coricò sopra per raggiungere il comodino posto dall'altra parte.

Aprì il cassetto e senza dire niente mostrò all’amica ciò che teneva nella mano.

Questa volta fu Sam a rimanere senza parole.

Entrambe fissarono il ciondolo che Ali teneva stretto in pugno.

Era identico a quello che Sam portava attaccato al collo.

Per un attimo lo fissarono incredule.

- Dove l’hai trovato? - le chiese Sam.

- Questa mattina sono uscita in giardino per disegnare un po', mi sono seduta sul grandino esterno e mi sono messa a disegnare la palizzata di legno quando all'improvviso ho sentito Zen miagolare, l'ho chiamato ma lui continuava, allora sono andata e cercarlo e l'ho visto grattare sotto una delle travi. Ho pensato che fosse qualche suo giocattolo che era rimasto impigliato ma quando mi sono chinata e ho allungato la mano.. ho tirato fuori.. questo! - disse tutto d'un fiato - E tu dove hai trovato il tuo? -.

Sam corrugò le sopracciglia poi scosse la testa.

Non riusciva a smettere di pensare a quanto tutto quello fosse alquanto strano.

- Ero a cavalcare con Vancouver e ho trovato il ciondolo legato al cancello del recinto. All’inizio ho pensato fosse un regalo di mia madre ma lei non ne sapeva niente e ora... - .

Ali non si era mossa di un centimetro.

Continuava a tenere lo strano ciondolo nel palmo della mano.

- L’hai già indossato? - chiese Sam guardandola negli occhi - Indossalo..-

Così Ali prese coraggio e, senza distogliere lo sguardo dal ciondolo, aprì con entrambe le mani la catenina argentata.

Lentamente l’avvicinò al collo e l’allacciò dietro la nuca.

In quell'istante una luce fortissima le accecò entrambe e chiudendo gli occhi le due amiche si strinsero le mani.

Lo stesso canto che Sam aveva sentito la prima volta le risuonò nuovamente nelle orecchie, questa volta molto più forte.

Pur chiudendo gli occhi le due ragazze continuavano a vedere la luce accecante che diventò sempre più vicina fino a che le travolse.

Si ritrovarono in una stanza, illuminata da una strana luce azzurra.

Appariva tutto molto confuso e l’unica cosa che riuscirono a vedere furono i milioni di cristalli che sembravano formare le pareti della stanza.

All’improvviso apparve una donna.

Dal viso candido e dagli occhi blu come l’oceano.

Le sue labbra si mossero per dire qualcosa che le ragazze non riuscirono a capire.

Alla fine quella donna bellissima sorrise e il suo sorriso sembrò arrivare dritto ai loro cuori.

Veloce come era arrivata, la visione sparì.

Le due ragazze si guardarono negli occhi, incredule e anche un po’ spaventate.

Alla fine si abbracciarono.

Non erano impazzite. Avevano entrambe visto la stessa cosa.

Rimasero così a lungo, poi Sam si riscosse, lasciò l’amica seduta sul letto ed iniziò a camminare lungo il perimetro della stanza, tenendosi la testa tra le mani.

- Tutto questo è incredibile.. - convenne Ali.

- Tutto questo è impossibile! - precisò Sam fermando all’improvviso la sua camminata ossessiva.

- Tesoro, adesso si esce! Ho decisamente bisogno di qualcosa di forte! -.

 

 

Il “Malakya” era quasi completamente deserto.

Bob era dietro al bancone, intento ad asciugare alcuni bicchieri.

- Buonasera, bellezze! - le accolse lui con uno dei suoi sorrisi migliori.

Le due ragazze lo salutarono, ancora visibilmente scosse.

Il barista le osservò per un attimo e Sam sperò che non facesse domande, ma poi vide il suo viso illuminarsi.

- Che bei ciondoli che avete! - esclamò - Dove li avete presi? -.

Sam sospirò.

- Storia lunga - tagliò corto - Senti, Bob è stata un giornata molto stressante e abbiamo urgentemente bisogno di qualcosa di alcolico -.

Il portoghese le guardò per un attimo e poi sorrise.

- Va bene.. ma solo perché siete voi! -.

- Grazie Bob! - disse Ali prima di aggrapparsi al bancone e sedersi su uno degli sgabelli.

Per qualche minuto rimasero in silenzio sorseggiando il loro drink ma poi furono distratte dal motore di un auto che sfrecciava sulla strada e si fermava a pochi metri dal locale.

Le due ragazze si guardarono.

Si stavano sbagliando o quella era la stessa macchina della sera prima?!

No, non si sbagliavano.

Dopo pochi minuti, infatti, la ragazza, strizzata in un microscopico vestitino nero, varcò la soglia del bar.

E quella sera non era sola.

A seguirla, c’erano tre ragazzi, alti, dal fisico asciutto e muscoloso e un paio di occhiali scuri a coprirgli gli occhi.

Il piccolo gruppo, capeggiato dalla ragazza, si avviò verso il fondo del locale.

Al loro passaggio Ali e Sam sentirono tutti i loro occhi osservarle nei minimi dettagli.

Senza farsi vedere, riuscirono a seguirli con lo sguardo fino al tavolo nel quale si sedettero.

Camminavano lentamente, guardando dritto di fronte a sé, senza profferire parola.

Tre di loro si sedettero sulle sedie mentre la ragazza e un ragazzo rimasero in piedi.

Dopo aver bisbigliato qualcosa ai compagni, uno dei ragazzi si diresse al bancone per ordinare, mentre la ragazza si fermò ad osservare gli altri prima di voltarsi di scatto verso le due ragazze, come se avesse precipito la loro presenza solo in quel momento.

Nei suoi occhi passò fulmineo un lampo scarlatto.

Camminando in equilibrio sui tacchi si avvicinò alle ragazze, mostrando a loro un sorriso smielato.

- Ciao! - disse quando fu abbastanza vicina.

Sam si sentì raggelare.

Non è stata già abbastanza difficile questa giornata?! Ci mancava solo questa gatta morta volenterosa di fare amicizia!!!” pensò rivolgendole un gesto con il capo e concentrandosi sul suo drink.

- Ciao! - rispose Ali ricambiando il sorriso.

L’amica era sempre stata più tollerante verso le persone.

La ragazza ricambiò il sorriso appoggiandosi con il braccio magro al bancone.

I suoi occhi nocciola erano grandi e incredibilmente lucenti.

Come si fa ad essere così bella?!!” pensò Sam sentendo il proprio sangue ribollire nelle vene.

- Il mio nome è Ali - disse l’amica, allungando una mano verso la nuova arrivata.

- Mi chiamo Monike - disse lei stringendo con forma la mano della ragazza per poi spostare lo sguardo su Sam, aspettandosi il suo saluto. Ma rimase con l’amaro in bocca.

- E questa gran chiacchierona è Sam! - intervenne Ali per salvare la situazione.

Monike si lasciò scappare un sorrisino e poi tornò a concentrarsi su di lei.

- Vi ho visto qui anche ieri sera. Siete del paese? - chiese.

- Si, siamo praticamente nate qui -.

- Sentite, conoscete un posto dove io e..- si girò a guardare il suo gruppo che intanto finiva i loro drink in silenzio -.. i miei fratelli possiamo passere la notte? Siamo solo di passaggio e non conosciamo ancora bene il posto -.

A sentire quelle parole Sam corrugò le sopracciglia.

Se erano solo di passaggio e non avevano un posto dove stare, dove avevano dormito la notte precedente?!

- No, mi dispiace..- rispose Ali - Ma come potete vedere il paese è molto piccolo e purtroppo non ha un posto dove accogliere i visitatori. Anche perché voi siete i primi visitatori che appaiono da queste parti da diverso tempo. Mi dispiace molto ma..-.

All'improvviso le venne un’illuminazione.

- Potete provare a Hoznag! Lì, se non ricordo male, ci dovrebbe essere una piccola locanda! -.

Il viso di Monike si illuminò - Grazie mille! Lo dirò subito ai miei fratelli! -.

Ali aveva ormai attaccato bottone e orgogliosa del successo della sua informazione continuò a tartassare Monike con altre domande per parecchi minuti.

Allo scoccare del decimo minuto, Sam aveva finito il suo drink e anche la pazienza per ascoltarle.

- Scusate ma vi lascio per un secondo, ho un impellente bisogno di concedermi una sigaretta. Piacere di averti conosciuto, Monike! Ali, ti aspetto qua fuori! - disse quando ormai aveva metà del corpo fuori dal locale.

Finalmente si sedette sulla panchina e si accese tranquilla la sigaretta.

Il sole appena tramontato, disegnava sui tetti delle case leggere ombre dorate.

Nel cielo, le nuvole aranciate, formavano divertenti forme, sulle quali si stagliavano stormi di uccelli in volo.

Improvvisamente il silenzio fu rotto da un rumore il lontananza.

Oh no, ancora!” pensò disperata “Ma perché proprio in questi giorni hanno tutti così voglia di visitare questo paesino sperso nel nulla??!!”.

Alla fine del viale alberato che le stava d’avanti riusciva a vedere due minuscoli puntini.

Avvicinandosi, i minuscoli puntini, diventarono i fari di due moto nere, che seguirono la curva della rotonda, per poi fermarsi ai piedi dell’enorme statua di bronzo del fondatore.

Il primo a scendere fu il pilota della seconda moto.

L’aderente giubbotto nero lasciava intravedere il fisico muscoloso della figura alta e snella del motociclista.

Si tolse il casco e lasciò liberi i folti capelli neri di un ragazzo di circa vent’anni.

Per un istante si voltò verso di lei, poi si apprestò a raggiunge l'altro guidatore, che era ancora seduto sulla moto e indossava ancora il casco.

Sembrava che la stesse fissando. Ma forse era solo una sua impressione.

Sam rimase a guardarlo per lungo attimo e quando anche lui si tolse il casco capì che non si sbagliava.

Aveva i capelli biondi e gli occhi, che anche da così lontano, si potevano distinguere estremamente verdi.

Fu nell'esatto istante in cui incrociò il suo sguardo che Sam si sentì mancare.

Si aggrappò alla panchina per non cadere, mentre il corpo le tremava e si sentiva mancare il fiato.

Provò a respirare, ad abbassare lo sguardo, a fare qualsiasi altra cosa ma non ci riusciva.

Non poteva fare altro che perdersi in quegli suoi occhi verdi.

 

 

Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei.

La testa gli girava e tutto intorno a lui diventò improvvisamente buio.

L’unica cosa che rimaneva vivida era la figura della ragazza seduta sulla panchina.

Sascha non sentiva più le gambe e le vene del collo sembravano scoppiargli.

Sentì un dolore acuto colpirli il petto.

Si portò istintivamente la mano al cuore.

Non era possibile.

Il suo cuore aveva battuto.

Una sola e impercettibile volta.

Erano passati quasi due secoli da quando il suo cuore aveva smesso di battere..

E ora..

Sentì la mano di Patrick posarsi sul suo avambraccio.

La voce del compagno gli appariva distante, quasi impercettibile.

- Ehi!! Cosa ti succede?! -.

Lottando contro tutto il proprio corpo, cercò di chiudere gli occhi, ma gli risultò impossibile.

Vide la ragazza diventare bianca, diafana.

Aveva smesso di respirare.

Non sentiva più il suo battito cardiaco.

Cercò di riprendere possesso del proprio corpo.

Respirò, ma l’aria gli bruciò nei polmoni.

Patrick ora lo teneva per le spalle e lo chiamava con forza per farlo reagire.

Improvvisamente.. tutto svanì.

Sascha chiuse gli occhi e si aggrappò al braccio dell’amico.

 

 

Sam lasciò cadere la testa in avanti, riprendendo fiato.

Il suo corpo tremava ancora.

Che cosa le era successo?

Il cuore le batteva forte nel petto e dovette respirare profondamente per riprendersi.

La sigaretta, nella mano destra era diventata un mozzicone di pochi centimetri.

La buttò a terra.

Non osava alzare lo sguardo per vedere se i due motociclisti erano ancora lì.

Il battito cominciava a regolarizzarsi e pian piano il suo corpo smise di tremare.

Sollevò lentamente gli occhi e vide che non si erano mossi.

Il ragazzo moro teneva l’altro per una spalla, dicendogli qualcosa.

Il ragazzo sulla moto respirava profondamente.

Sembrava aver subito la sua stessa cosa.

- Che fai? - chiese una voce alle sue spalle.

Sam si portò una mano al cuore, sentendolo ricominciare a battere all’impazzata.

- Ali! - gridò - Ma ti sembra questo il modo di apparire dietro alle persone?! Così mi fai venire un infarto! -.

La ragazza non rispose ma guardò la strada fino a raggiungere con lo sguardo i due motociclisti.

- Ahh! Ecco cosa stavi facendo! Carini! - disse, sorridendo furba.

Sam guardò verso di loro, timorosa di farsi vedere.

Seppure non avesse cambiato la propria posizione, il ragazzo parlava con calma al compagno che gli stava di fronte.

Sembrava essersi ripreso del tutto.

Le rispose con un leggero sorriso, iniziando a fissare le sue scarpe da ginnastica.

Non avrebbe parlato all’amica di ciò che aveva appena passato.

Almeno fino a quando non l’avesse capito lei stessa

In quell'istante Ali sentì una mano sfiorarle la schiena.

Si girò di scatto.

Monike, accompagnata dai suoi fratelli, la salutò con un gesto della mano.

- A presto! - le disse sorridendole, mentre si incamminava verso la macchina nera parcheggiata poco distante.

Una volta saliti, il motore di grossa cilindrata sparì seguendo la strada che portava al poco distante paese di Hoznag.

Dopo essersi detti pochi parole, i due motociclisti s’infilarono il casco, accesero il motore delle loro moto e sparirono dietro le case, seguendo la stessa strada della macchina nera.

Sentendo il motore delle moto allontanarsi dal paese, Sam alzò gli occhi e si concentrò sul volto dell’amica.

- Ti prego, Ali..- le disse coprendosi il volto con le mani - Portami a casa, per favore! Ho il disperato bisogno di dormire..-

 

 

L’enorme cartello di legno, decorato da un piccola balconata stracolma di gerani rossi, determinava l’entrata nel ridente paese di Hoznag.

Le due moto si fermarono a pochi passi da esso e osservarono la macchina nera continuare la sua corsa all’interno del paese.

Sascha scese dalla moto e si sfilò il casco.

Si aprì leggermente il giubbotto di pelle firmato Harley Davidson che indossava sopra la maglietta nera, e aspettò che Patrick dicesse qualcosa.

Le parole dell’amico non tardarono ad arrivare.

- Perchè i cattivi sono sempre un passo avanti ai buoni? -.

Sascha sorrise lievemente.

La sua sottile ironia lo aveva sempre colpito.

- Non siamo sicuri che siano cattivi.. - disse, girandosi a guardarlo - Per ora sono solo da tenere sotto controllo -.

Patrick annuì, poco convinto - Chiunque siano, penso che non faranno niente questa notte..-.

Sascha gli si avvicinò e si appoggiò con una mano al motore della sua moto.

- Lo penso anche io - convenne perdendo lo sguardo sulle finestre accese di alcune case poco distanti.

Sentì la sensazione gli occhi di Patrick su di sé e quando si voltò verso di lui scoprì di avere ragione.

- Cosa c’è?! - chiese, corrugando la fronte.

- Quando ti deciderai a dirmi cosa ti è successo prima? - gli chiese serio.

Sascha si scostò dalla moto e si allontanò per raggiungere la sua.

- Ehi, Sascha!! - lo richiamò lui - Non puoi fare così, capito?! Noi siamo compagni! Tra di noi non ci devono essere segreti - .

Sascha iniziò ad armeggiare con il casco, per evitare di guardarlo.

Anche lui non avrebbe voluto che tra di loro ci fossero dei segreti, ma quello che gli era capitato andava ben oltre la sua comprensione.

Non gliene avrebbe parlato. Almeno non ancora.

Non fino a quando non lo avrebbe capito anche lui.

- Quando sarà il momento..- disse guardandolo – Ok?! Ora mettiti il casco! Ti porto in un posto che credo ti piacerà..-.

 

 

- Ora spiegami cosa ti ha fatto pensare che questo posto mi sarebbe piaciuto!!-.

Sascha si voltò verso Patrick sogghignando, poi si guardò intorno.

- Bhè dai.. non è poi così male!! Diciamo che è molto.. caratteristico! -.

Patrick lo guardò allibito, con gli occhi spalancati e un espressione scioccata dipinta sul volto, e Sascha non poteva fare altre che sorridere divertito.

Non riusciva a smettere di pensare alla faccia che aveva fatto quando gli aveva detto che avrebbero dormito in un cimitero.

Prendersi gioco di quel ragazzo diventava ogni volta più divertente.

Sascha sorrise ancora, scuotendo la testa e si guardò di nuovo intorno.

Le grandi lapidi di marmo creavano forme scure sul prato con la luce della luna che brillava alta e piena nel cielo.

Non si sentiva il minimo rumore.

Si avvicinò lentamente ad una di esse e si lasciò cadere a terra per appoggiarsi con la schiena alla sua superficie.

- Infondo.. - disse tornando ad osservare Patrick che stava cercando in tutti i modi di sedersi alla base di un faggio senza sporcarsi troppo i pantaloni firmati – Questo non dovrebbe essere il nostro habitat naturale?! -.

Lui gli lanciò un occhiata ancora più scioccata.

- Per i vampiri comuni forse!! - obbiettò – Ma noi siamo Guardiani! Dovrebbe esserci una camera d’albergo riservata a nostro nome in ogni paese della Germania! Invece siamo costretti a “dormire” in un lurido cimitero di provincia! -.

A quelle parole, Sascha si fece serio.

- Oh, mi perdoni, mia Principessa, se non sono stato abbastanza ligio al dovere per i vostri desideri ma, sapete, non ci sono molti alberghi che accolgono viandanti senza volere un documento d’identità, che per la cronaca il Signor “Sono Troppo Importante Per Dormire In Un Cimitero” ha dimenticato in mezzo alla sporcizia creata in un solo giorno nel mio splendido appartamento!! -.

Patrick si fermò a guardarlo per un attimo poi decise di distogliere lo sguardo e rimane in silenzio.

Non aveva voglia di fare discussioni e sapeva che se avesse ribattuto sarebbero andati avanti fino all’alba.

- Ah, a proposito “Mister Importanza”! - rincarò Sascha, aspettando che si girasse - Cerca di smettere di bere della birra! Non ci farà male, ma scavalcando il portone d’ingresso ti ho visto un po’ affaticato! -

Altra classica frecciatina di Sascha.

Non c’era verso, contro di lui perdeva sempre.

- Torniamo al lavoro che è meglio! - esclamò tornando a guardarlo - Le Sacerdotesse! Finalmente sappiamo chi sono..-

Sascha sentì un brivido passargli lungo la schiena.

Vedeva ancora gli occhi della ragazza fissare i suoi..

Scosse la testa, cercando di riprendersi.

Quant’era stupido!

Un errore gli aveva rovinato la vita per sempre.

Non ne avrebbe di certo compiuto una altro.

- Sai qualcosa di più su di loro ora che le hai viste?! - chiese Patrick rompendo il silenzio che si era improvvisamente creato.

Sascha tornò a guardarlo e annuì lievemente prima di fermarsi a pensare.

Il suo cervello si mise all'istante in moto.

In pochi secondi aveva tutte le informazioni di cui aveva bisogno.

- La Sacerdotessa bionda si chiama Alice Wollas, diciassette anni, data di nascita, 20 Maggio 1995. È sempre vissuta qui ad Envalaz. Abita con la madre, Elise Doray, casalinga e il padre, Albert Wollas, idraulico. È figlia unica. Ha appena finito di frequentare il terzo anno della scuola professionale di Hoznag ed è uscita a piena voti. Da grande vuole fare la scenografa. Fisicità.. da migliorare.. ma non partiamo da pessimi standard. In quanto a mentalità.. ha un buon cervello. È intelligente e ha buone capacità se ben migliorate. Punto debole.. senza dubbio la mancanza di carattere. Temo che non possa avere un grande sangue freddo..-.

Patrick lo vide prendere fiato e rimase a fissarlo a bocca aperta.

- Mi devi ancora spiegare come puoi controllare il tuo cervello come fosse un computer all’avanguardia! - esclamò - L’unica cosa che non riesci ancora a fare è mandare e-mail! -.

Sascha sorrise alla battuta.

- Passa ancora un paio di secoli come Guardiano e lo scoprirai da solo! -.

Patrick sorrise malinconico.

Quanto avrebbe voluto essere come lui per certi aspetti.

- La moretta, invece? - tornò a chiedergli, curioso.

Sascha sentì una pressa fermargli lo stomaco e dovette deglutire il groppo che gli si era creato in gola prima di rispondergli.

- Si chiama Samantha Blade. Data di nascita 2 Agosto 1995. Anche lei è sempre vissuta qui. Vive con la madre, Teresa Linvberg,scrittrice, e la sorella più piccola Marie Anne. Ha anche una sorella più grande, Agnes, che vive da quattro anni a Monaco e studia scienze politiche all'università. Suo padre, Jack Blade, è morto quasi un anno fa. È stato ritrovato affogato nel fiume Leine, con il corpo e il volto completamente sfigurati. Era un architetto e ha eretto molti palazzi in paese -.

Sascha alzò gli occhi per guardare Patrick che lo fissava con un espressione seria dipinta sul volto.

- Cavolo! Brutta storia! - esclamò scuotendo la testa - Povera ragazza, chissà quanto deve aver sofferto..-.

Quanto ancora soffre..”

Sascha aveva sentito tutto il suo dolore, quella prima volta in cui i loro occhi si erano incrociati.

E poteva sentirlo ancora, chiaro e distinto dentro di sé, come se appartenesse anche a lui.

Ma questo Patrick non poteva saperlo.

Abbassò gli occhi per un breve istante poi si riscosse e riprese a parlare.

- Anche lei frequenta la stessa scuola di Alice. Sono molto unite, fin da quando erano molto piccole. Direi che la sua fisicità è buona anche se bisognerà lavorarci. Ha decisamente cervello e anche parecchio carattere. Penso possa avere anche un buon sangue freddo, ma, in compenso potrebbe farsi prendere gioco dall'istinto. E bisogna decisamente dargli una regolata! -.

Patrick tornò a guardarlo e si lasciò scappare un sorriso - Ti riferisci al fumo? -.

- Anche..-.

L'amico lo guardò per un altro attimo poi annuì accontentandosi della sua frase lasciata in sospeso.

- Pensi che se la caveranno? -.

La sua domanda fu così improvvisa che Sascha alzò il volto di scatto per fermarsi a guardarlo.

Lo guardò in silenzio per un lungo attimo, poi prese fiato.

- Devono..-.

Non le avrebbe perse un altra volta.

 

 

Un forte rumore alle sue spalle lo fece svegliare dal sonno vigile in cui era caduto.

All'istante si mise in allerta. I suoi occhi brillarono scarlatti nell'oscurità.

Patrick si guardò intorno, scrutavano le tenebre e all'improvviso vide un ombra passargli davanti.

Si voltò di scatto, pronto ad attaccare ma si rilassò immediatamente quando vide che si trattava di Sascha.

L’amico lo invitò con un gesto a fare silenzio mentre con sguardo attento scrutava attraverso i rami dell'albero qualcosa alle sue spalle.

Patrick si alzò senza fare rumore e si mise ad osservare anche lui la scena.

Strazianti urla provenivano da poco distante la loro posizione.

Un gruppo di figure nere, sicuramente vampiri, stava trascinando lungo il sentiero di ghiaia e terriccio un povero uomo con le vesti logore e strappate, che dimenandosi, cercava di liberarsi inutilmente dalla loro presa.

I quattro vampiri posizionarono la vittima su una tomba di granito spoglia e all’unisono si voltarono alla loro destra.

Una figura femminile li seguiva con passo lento, vestita con una tunica nera che si muoveva sinuosa ad ogni suo passo.

Una volta raggiunta la tomba, la ragazza si girò di scatto verso i due Guardiani, che con i massimi riflessi riuscirono a nascondersi velocemente dietro l’albero.

Anche da quella posizione Patrick era riuscito a scorgere il colore dei suo occhi.

Un incredibile color nocciola.

Era la stessa ragazza che avevano visto al bar.

Il gruppo intanto si avvicinava pericolosamente alla povera vittima che ormai aveva perso i sensi.

Patrick si preparò ad attaccare, in attesa di un cenno dal compagno.

Ma il suo via non dava segno di voler arrivare.

- Perchè non attacchiamo?! - gli chiese sorpreso.

- Non è ancora il momento giusto - disse Sascha senza nemmeno guardarlo.

Patrick lo guardò sgomento, poi tornò ad osservare la scena ma gli ci volle poco per capire che ormai era troppo tardi.

Il piccolo gruppo sparì nell'ombra, lasciando il corpo senza vita del senzatetto abbandonato tra la polvere, sotto lo sguardo incredulo del Guardiano.

Con la coda dell'occhio vide Sascha spostarsi e camminare lentamente fino a raggiungere la lapide contro la quale fino a poco prima era stato seduto.

Patrick rimase in piedi, a fissarlo sbalordito.

Non riusciva a crederci.

Un umano era appena morto di fronte ai loro occhi e loro non avevano fatto nulla per impedirlo.

Continuò a guardare il compagno sperando di ricevere una spiegazione quando lui tornò a guardarlo.

- Sarebbe morto questa notte comunque..- lo informò piatto - Almeno non sfogheranno la propria fame contro altri civili -.

Patrick lo guardò ancora per un attimo poi annuì. Aveva capito.

Attaccandoli si sarebbero fatti scoprire, e solo per salvare una vittima che sarebbe morta lo stesso.

Doveva fidarsi di Sascha. Ne era sempre più convinto.

Prese fiato e si rimise seduto.

- Allora, adesso sappiamo con certezza che il gruppo di vampiri fa parte dei traditori...-.

Sascha annuì - Dobbiamo stare attenti. Sono già venuti a contatto con le Sacerdotesse, non dobbiamo permettergli di farlo di nuovo -.

- Quando pensi che entreranno in azione? -.

Lui alzò le spalle.

- Penso che questa notte non agiranno ma domani chissà.. -.

Patrick annuì.

Sarebbero stati pronti.

Salvare le Sacerdotesse era la loro priorità.

Avrebbero anche sacrificato la propria vita per farlo.

Sentì Sascha rilassarsi contro la lapide e respirando tornò a sedersi ai piedi dell'albero, mentre tutto in torno a loro tornava ad essere silenzioso.

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo ***


Sam raggiunse con fatica il portone di casa sua quella sera e trovò a malavoglia la forza di alzare il braccio per suonare il citofono.

Lou arrivò all'istante per salutarla e lei lo accarezzò lievemente per poi varcare il cancello e risalire fino alla porta di casa.

Dopo quello che aveva passato non desiderava altro che sdraiarsi a letto e dormire profondamente all'interno della sua conosciuta e terribilmente prevedibile casa.

Richiuse la porta alle sue spalle e prese un respiro profondo prima di voltarsi e incrociare lo sguardo di sua madre che se ne stava tranquillamente seduta sul divano a guardare un film alla televisione.

- Tesoro! Come mai sei a casa? - le chiese, osservandola stupita - Non dovevi rimanere a dormire da Ali? -.

Sam le si avvicinò lentamente, trascinando i piedi sul pavimento in cotto e portandosi per un attimo le mani al volto.

- Non mi sentivo molto bene..-.

La madre si voltò per guardarla meglio e le prese il volto tra le mani.

- In effetti sei un po' pallida.. cosa ti senti? -.

Nausea, spossatezza, un enorme blocco all'altezza dello stomaco.. per non parlare della testa completamente vuota e incredibilmente confusa..

E il tutto da quando aveva incontrato lui..

Sam scosse la testa.

- Nulla di che.. sono solo un po' stanca.. - le disse, per evitare di preoccuparla - Vado a letto, di certo domani starò meglio..-.

Prima che sua madre intuisse che stava mentendo si affrettò a darle un bacio, augurarle la buonanotte e scendere la scale per raggiungere la sua camera.

Ebbe giusto il tempo di raggiungere il letto, prima di addormentarsi con ancora i vestiti addosso.

Il suo sonno però non fu molto rigenerante.

La sua mente era tormentata da immagini incessanti.

Il ciondolo, la donna che le era apparsa nella visione, Ali, Monike, quegli strani uomini che si fingevano essere i suoi fratelli, i motociclisti, quei suoi occhi verdi che la fissavano..

Si svegliò di soprassalto, madida di sudore.

Cercò di prendere fiato e lanciò un occhiata all'orologio attaccato alla parete. Segnava le 3.02.

Era sicura che, anche volendo, con tutte quelle cose che le passavano per la mente di certo non sarebbe riuscita a dormire, così decise di alzarsi, prese una sigaretta dalla borsa e uscì.

L'aria fredda le colpì il viso appena mise piede nel grande spazio di marmo del giardino avvolto dal bosco.

Lou dormiva, disteso vicino ad una delle sedie a sdraio.

Appena sentì i suoi passi alzò il muso e iniziò a battere con la coda a terra per salutarla.

Sam gli si avvicinò lentamente e lo accarezzò per poi sedersi sulla sedia vicino a lui.

Perse per un lungo attimo lo sguardo nell'oscurità di fronte a sé, poi prese fiato e si accese la sigaretta.

Il fumo le invase lentamente i polmoni, mentre cercava di non pensare a tutto quello che stava succedendo, alla quale non riusciva a trovare una soluzione.

Sembrava che la sua vita fosse cambiata all'improvviso, in un modo che per quanto si sforzasse non riusciva ancora a capire.

E soprattutto non riusciva a capire perché lo avesse fatto.

Istintivamente si portò una mano al ciondolo che ancora teneva ancorato al petto.

Seppur avesse quasi timore a toccarlo non era riuscita a toglierlo.

Quello stano senso di appartenenza che aveva sentito quando l'aveva trovato era diventato più forte, quasi irresistibile.

Come se avesse percepito che quell'oggetto doveva essere suo, e di nessun altro.

All'improvviso le vennero in mente le parole di sua madre..

Sarà un regalo del destino..

E se davvero era così? Se era davvero il destino a fare girare il mondo?

Se ogni uomo avesse in qualche modo un percorso già prestabilito da seguire?

Se quel oggetto in qualche modo apparteneva al suo?

Scossa la testa.

Lei non ci credeva al destino. Non credeva a nulla di superiore agli uomini.

Perché se ci fosse stato qualcuno o qualcosa che controllava il mondo.. avrebbe impedito a suo padre di morire..

Ma, infondo, dopo quella giornata tutto ciò a cui aveva o non aveva creduto prima sembrava cominciare a svanire per sempre.

Dove l’avrebbe portata l’oggetto che stringeva nella mano?

Cosa avrebbe ancora potuto scoprire per mettere in dubbio le sole poche certezze che aveva nella vita?

All'improvviso sentì la necessità di fare due passi.

Si alzò così di scatto che persino Lou scattò in piedi spaventato.

Spense la sigaretta e nascose il mozzicone nella tasca dei jeans prima di risalire al pieno superiore.

Il giardino era completamente silenzioso e avvolto nell'oscurità.

Sam non aveva paura.

Non aveva mai temuto il buio.

Non aveva mai creduto che qualcosa potesse nascondersi al suo interno.

Fece qualche passo, calpestando l'erba da poco tagliata.

Al suo fianco Lou la seguiva annusando l'aria.

Ad un certo punto lo vide drizzarsi e alzare le orecchie in allerta, scrutando qualcosa oltre il cancello d'entrata.

Sam lo sentì ringhiare e iniziare ad abbaiare furiosamente.

- Lou! Che succede?! Cosa ti prende?! -.

Cercò di capire cosa fosse a farlo reagire così ma dalla sua posizione non riusciva a vedere nulla.

Si spostò quindi, di qualche passo, in modo da riuscire a vedere, mentre il cuore iniziava batterle più forte nel petto.

Dovette avanzare quasi fino al cancello per riuscire a vederlo.

Una figura scura era in piedi nel cono di luce formato dall'unico lampione attaccato alla colonnina che sorreggeva il cancello.

Le dava le spalle e si appoggiava con un braccio allo colonna, mentre la testa e le spalle erano lasciate cadere in avanti.

Sam dovette lottare contro la parte di sé che le urlava di scappare via mentre cercava di capire di chi si trattasse.

Lou raggiunse di corsa il cancello e continuò ad abbaiare contro la figura che però non aveva ancora fatto il minimo movimento.

Sam rimase a guardarla per un attimo e capì che a giudicare dall'altezza e dalla corporatura doveva trattarsi di un uomo.

- Chi sei?! Cosa vuoi?! - esclamò con la voce leggermente inclinata e fu allora che lui si voltò.

Appena lo riconobbe, Sam non potè fare a meno che spalancare gli occhi, incredula.

- Marcus!! -.

Il ragazzo si fermò a guardarla senza dire nulla, tenendosi ancora aggrappato alla colonna.

Sam lo guardò negli occhi. Li vide spalancati e terribilmente rossi.

Il suo volto era pallido e sconvolto, come se avesse appena avuto un incidente o avesse appena visto qualcosa di terribile.

Sam si guardò intorno ma vide che non c'era nessuno a parte il ragazzo che continuava a guardarla.

Lou nel frattempo non aveva ancora smesso di abbaiare.

Sam lo raggiunse e afferrandolo dal collare lo allontanò dal cancello, cercando di capire quello che stava succedendo.

Cosa ci faceva Marcus Schmidt fuori da casa sua, a quell'ora di notte e soprattutto in quelle condizioni?

All'improvviso lo vide tossire e sputare un grumo di saliva, tendosi con una mano il petto.

- Marcus..- lo chiamò - Stai.. stai bene? Hai bisogno di aiuto? -.

Lui tornò a guardarla per un attimo, con gli occhi e la bocca ancora spalancati, poi si riscosse e cercando di mettersi dritto, si guardò intorno, confuso.

- Io.. io.. no.. io..- disse - Io.. devo.. devo andare..-.

Sam rimase a guardarlo sgomenta mentre lui cercava in qualche modo di riprendersi e si guardava di nuovo intorno, spaesato per poi lanciarle un'ultima occhiata e sparire nella notte, lasciandola sola a chiedersi cosa diavolo stava succedendo.

 

 

Rispose al messaggio di Ali con un semplice - .... -.

Era riuscita a prendere sonno solo quando era già mattino e per tutta la giornata era rimasta impigliata in un dormiveglia catatonico.

Prona sul letto, con la testa abbandonata sul cuscino, teneva il cellulare stretto tra le mani.

Controllò l’ora. Le 20.07.

Poco prima Ali le aveva mandato un messaggio:

 

Questa sera ancora Malakya??

 

Se proprio doveva essere sincera non aveva molta voglia di uscire di casa.

Si sentiva stanca, spossata e ancora terribilmente confusa.

Ogni volta che provava ad alzarsi dal letto le girava la testa e le gambe non la reggevano.

Ma Sam sapeva perfettamente che non aveva molta speranza di scappare dalle grinfie di Ali.

La sua migliore amica non era certo una ragazza dal carattere molto forte, ma, per qualche strano motivo, quando si metteva una cosa in testa, niente e nessuno riusciva a farle cambiare idea.

Non si stupì minimamente quando, circa un ora dopo, la vide varcare la porta della sua camera da letto.

- Allora? - le chiese, incrociando le braccia al petto - Hai intenzione di trascorrere tutta la vita a letto? -.

Sam mugugnò, lasciando ricadere la faccia sul cuscino.

Sentì il suo peso quando si sedette sul bordo del letto.

- Sam..- la chiamò teneramente - Qualcosa non va? -.

A quella frase, Sam alzò di scatto la testa dal cuscino e le lanciò un occhiata.

- Mi vuoi far credere che quello che è successo ieri è perfettamente normale??! -.

Si alzò a sedere incrociando le gambe e la guardò dritto negli occhi.

- Allora.. ricapitoliamo! - esclamò - Per prima cosa, troviamo due ciondoli identici che sembrano essere comparsi praticamente dal nulla, poi, dopo averli indossati entrambe, ci appare la visione di una di una donna dalle sembianze angeliche, che per qualche strana ragione, voleva dirci qualcosa..-.

Per non parlare della reazione che ho avuto con quel ragazzo..”

Le bastò solo ripensare a quella scena per sentire quella terribile sensazione tornare dentro di sé.

Ogni volta che pensava a lui.. si sentiva soffocare.

E una morsa strettissima le bloccava lo stomaco.

Non si era mai sentita così prima. E la cosa non le piaceva per niente.

Soprattutto perché, per quanto cercasse in tutti i modi di non farlo, non era ancora riuscita a smettere di pensare a lui.

Abbassò lo sguardo, prendendo un respiro profondo e quando tornò a guardare l'amica si accorse che anche lei continuava ad indossare il ciondolo.

- Insomma, Ali..- le disse, guardandola negli occhi - È tutto questo che non va..-.

Ali rimase a guardarla per un attimo poi si alzò e si avvicinò alla libreria dove Sam teneva le sue fotografie.

Le aveva viste mille volte ormai, ma guardarle in quel momento le dava il tempo per riflettere.

All'improvviso si voltò, così di scatto che Sam quasi si spaventò.

- E se fosse tutto scritto?! - chiese d’impulso - Si, insomma, se tutto ciò che ci sta capitando succedesse per una ragione precisa?! -.

Sam la guardò con aria poco convinta.

Si, forse anche lei ci aveva pensato per un attimo.. ma, andiamo!

Era davvero stupido!! Credere a certe sciocchezze!

Sam era una persona concreta, che credeva solo a quello che poteva vedere e soprattutto capire.

Non era mai stata capace di credere nell'assurdo.

A differenza di Ali.

A lei quelle cose erano sempre piaciute.

Sam la vide avvicinarsi, sedersi di nuovo sul letto e prendere le mani tra le sue.

- Sam, ascoltami! - le disse, guardandola negli occhi - Sono sicura che prima o poi avremo la risposta a tutte le nostre domande! Basta solo avere pazienza! -.

Un altra cosa che Sam non aveva mai avuto.

La guardò per un breve istante poi prese fiato e annuì - Va bene...-.

Ali le sorrise, poi si alzò dal letto e batté le mani.

- Quindi? Cosa facciamo ancora qui? Andiamo! -.

Sam le lanciò un altro occhiata, poi sospirò, rassegnata.

- Ok..- disse, costringendosi ad alzarsi - Ma al “Malakya”, no! Ti prego! Sia mai che incontriamo di nuovo quella Monike e quei suoi fratelli! -.

Ali la guardò di sbieco, mettendosi le mani sui fianchi.

- Sam.. tu hai sempre avuto il brutto vizio di giudicare le persone senza nemmeno conoscerle! - esclamò - Se solo le dessi una possibilità, scopriresti che Monike non è tanto male! -.

- Sì.. come un infarto..- aggiunse, sarcastica e Ali non poté fare a meno di ridere.

- Sei proprio irrecuperabile! - esclamò tra le risate, avvicinandosi e lanciandole le braccia al collo - Ma è anche per questo che ti voglio così tanto bene, mia piccola Grinch!! -.

Ali la strinse a sé, scoccandole un grosso bacio sulla guancia e Sam, fingendosi irritata, la spinse via per poi sorriderle e raggiungere l'armadio.

Diede un occhiata al suo interno e dopo poco si voltò di nuovo verso di lei.

- Ah, comunque, per tornare ai nostri piani per stasera che ne dici di andare a casa tua e osservare la faccia della signora Dawe mentre apre la porta di casa e si trova davanti una schiera di vecchietti desiderosi di giocare a bingo?! - le chiese sorridendo con uno strano tono perfido nella voce.

Ali scoppiò di nuovo a ridere, felice della sua ritrovata allegria.

- Ci sto!!! -.

E forse in piazza ci saranno ancora i due motociclisti..” pensò Sam tremando al solo pensiero di rivederlo.

 

 

Era un serata stranamente fredda per essere metà Giugno e Sam si strofinava le braccia lasciate scoperte dalla leggera maglietta a maniche corte, recriminandosi di non aver portato con sé qualcosa di più pesante.

La strada che portava al paese era per un certo tratto completamente al buio e gli alberi creavano strane ombre alle luci dei lampioni lontani.

Ali conosceva quella strada a memoria ormai e non aveva mai avuto paura ad attraversarla anche ben dopo il tramonto, ma quella sera, per qualche strano motivo, non vedeva l’ora che quel breve tratto finisse.

Quando raggiunsero il marciapiede lastricato di lampioni, riprese fiato, ringraziando questa grande invenzione.

Si era spesso fermata a pensare a come facevano le donna a camminare per strada di sera prima dell'invenzione dell'elettricità.

Scosse la testa, sorridendo tra sé e sé.

Di certo le donne dell’epoca erano molto più fortunate di loro e potevano contare su qualche prode spasimante sempre pronto a proteggerle.

Qualche minuto dopo, finalmente, raggiunsero la staccionata bianca della casa di Ali.

La ragazza si mise alla ricerca delle chiavi misteriosamente scomparse all’interno nella borsa mentre Sam saltellava da un piede all’altro, cercando di scaldarsi.

All’improvviso un forte rumore le sorprese alle spalle e le ragazze si voltarono di scatto, spaventate, per poi prendere un lungo respiro di sollievo quando incrociarono il volto abbronzato di Bob.

- Scusate, ragazze, non volevo spaventarvi..- disse il ragazzo, avvicinandosi.

- Ah, Bob! Sei tu..- esclamò Ali, riprendendo fiato - Che spavento che ci hai fatto prendere! -.

- Scusate ancora..- disse lui, lasciandosi scappare un sorrisino e indicando il cassonetto dei rifiuti, proprio dietro di loro - Sono venuto a buttare la spazzatura del locale..-.

Sam si fermò per un attimo a guardarlo, corrugando le sopracciglia.

- Perchè sei venuto fino qui a buttare la spazzatura? - chiese, confusa - Non c'è un cassonetto proprio vicino al bar? -.

A quella domanda, Sam lo vide per un attimo irrigidirsi.

Il suo volto di solito sempre solare le parve tingersi per un attimo di un espressione scocciata, quasi arrabbiata.

Poi all'improvviso tornò normale.

- Si, ma.. si è rotto! - esclamò Bob, scoppiando in una risata - Si, insomma, non si apre più! Infatti oggi Vincent ha chiamato il sindaco per informarlo..-.

Sentendo la parola “sindaco” nella mente di Sam si formò istantanea l'immagine del volto di Marcus.

Per un attimo aveva pensato di raccontare ad Ali quello che era successo quella notte, ma poi aveva cambiato idea.

Non lo avrebbe fatto. Almeno fino a quando non avesse capito qualcosa.

Si riscosse, quando all'improvviso sentì le mani calde di Bob sulle braccia.

- Caspita, Sam! Sei gelata! - esclamò, iniziando a fregarle le braccia, per poi voltarsi verso Ali e vedere che era nella stessa condizione.

- Mi è venuta un idea!!! - esclamò all'improvviso - Che ne dite di venire con me al bar?! Ho appena perfezionato una ricetta della mia famiglia. Si tratta di un liquore non molto alcolico che però ti riscalda come se aveste acceso un falò all’interno dello stomaco! Vincent me lo farà vendere se riscuoterà successo e voglio assolutamente farvelo assaggiare! Sono sicuro che vi piacerà e bhè..-

Alzò le spalle.

- Credo proprio che vi serva una bella riscaldata!! -.

Bob scoppiò a ridere e si mise le mani sui fianchi spostando lo sguardo da una all'altra.

- Allora.. ci state? -.

Ali si fermò per un attimo a guardarlo.

- Bhè.. in realtà noi..-.

- Se non venite mi arrabbio seriamente! - la interruppe lui - E voi non mi conoscete quando sono arrabbiato!!! -.

Ali lo vide incrociare le braccia e fingere un espressione terribilmente furiosa che però non gli riusciva molto bene e non riuscì a trattenere un sorriso.

Spostò il suo sguardo su Sam, che doveva stare proprio male per non aver ancora detto nulla, e capì che l'unica cosa di cui l'amica aveva bisogno era un posto caldo, che fosse casa sua o il bar non faceva molta differenza, l'importante era che non stesse fuori ancora a lungo.

Dopo un attimo tornò a concentrarsi su Bob, che ancora la guardava speranzoso, e alzò le spalle.

Che male poteva esserci se lo accontentavano?

- E va bene! - esclamò, osservando il sorriso tornare sul volto del ragazzo - Però poi ci lasci tornare a casa! -.

Bob la guardò per un attimo poi si portò la mano al cuore.

- Lo prometto sulla mia vita! -.

Ali gli sorrise ancora una volta e si apprestò a seguirlo insieme a Sam fino all'interno del locale.

Mentre lui si perdeva a spiegarle la complessa storia del liquore della sua famiglia, Sam poté finalmente sedersi su uno degli sgabelli del bancone e iniziare a risaldarsi.

Stava per riacquistare la sensibilità alle dita delle mani quando la colpì l'improvvisa sensazione di essere osservata.

La morsa allo stomaco si fece man mano più stretta e dovette riprendere fiato prima di trovare il coraggio per voltarsi lentamente.

Quando i suoi occhi caddero di nuovo su di lui, Sam si sentì raggelare.

Era seduto ad un tavolo in penombra.

Fissava con sguardo assorto il bicchiere ripieno a metà di un liquido ambrato.

Indossava ancora lo stesso giubbotto di pelle, che teneva slacciato sopra la maglietta scura che gli fasciava il torace.

L'altro motociclista, seduto al suo fianco, gli parlava animatamente, ma lui non sembrava nemmeno ascoltarlo.

Ancora una volta, Sam, non riusciva a smettere di guardarlo.

O forse questa volta, non voleva farlo.

Da quella posizione poteva vedere solo il suo profilo, perfetto e disegnato.

Alcune ciocche dei capelli biondi gli ricadevano sulla fronte, creando piccole ombre sul suo viso.

Sam si fermò a pensare che avrebbe potuto rimanere ore a guardarlo.

Non aveva mai visto nulla del genere.

Non aveva mai provato nulla del genere.

All'improvviso se sentì meglio.

Tutto il malessere che aveva provato in quel giorno era magicamente sparito.

E tutto solo perché lo aveva rivisto.

Lo vide allungare una mano e afferrare il bicchiere di fronte a sé e solo allora si accorse che al pollice portava un anello.

Sam si fermò ad osservarlo, strizzando gli occhi per vederlo nei particolari.

Era un anello in metallo, molto probabilmente argento, traforato in modo da creare disegni concentrici e complessi.

A giudicare dall'aspetto doveva essere molto antico.

Lo vide portarsi il bicchiere alla bocca e prendere un grande sorso e in quell'attimo la sua attenzione venne attirata dall'altro ragazzo, che ora gesticolava animatamente, dimostrando a pieno la drammaticità del discorso e osservandolo per un attimo, Sam si accorse che anche lui portava lo stesso anello.

Iniziò a chiedersi quale significato avesse quando il tocco della mano di Ali la riportò alla realtà.

Si voltò di scatto verso di lei e vide Bob porgergli due bicchierini con all'interno un liquore lattiginoso dal profumo molto intenso.

- Assaggiate! - le esortò - Poi mi dite che ne pensate..-.

Sam alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi.

Per un attimo le parve di vedere un lampo rosso attraversarli.

Scossa la testa.

La stanchezza le giocava davvero dei brutti scherzi.

Si avvicinò la cannuccia alla bocca e ne prese un bel sorso.

Il liquido era tiepido e corposo, e sapeva di uno strano mix di menta, mandorla e vaniglia.

Ci volle solo qualche attimo prima di sentire il corpo invadersi di un forte calore che la fece scaldare all'instante.

Ali spalancò gli occhi.

- Bob, ma è buonissimo!! - esclamò - Devi venderlo assolutamente! -.

- Concordo!! - aggiunse Sam - E, cavolo, avevi ragione sul fatto che ti scaldasse!! -.

Non riuscì a trattenere una risata e il barista sorrise compiaciuto.

- Sono contento che vi piaccia, ragazze! - disse - Sono.. estremamente contento..-.

Il ragazzo le guardò ancora per un attimo, con uno strano sorriso dipinto sul volto e poi si affrettò ad allontanarsi nel retro, seguito a vista dallo sguardo attento dei due Guardiani.

La sua missione era compiuta.

 

 

Sam svuotò fino all'ultima goccia il bicchiere che aveva davanti.

Quel liquore era davvero fantastico.

Non aveva mai assaggiato nulla di così buono.

Si voltò verso Ali e vide che anche lei aveva fatto lo stesso e che, addirittura, ci stava passando un dito dentro per poi portarselo alla bocca e pulirlo con cura.

Era una scena così buffa che non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere.

Ali si voltò a guardarla stupita e le bastò vederla ridere così di gusto per scoppiare anche lei.

Ben presto le lacrime iniziarono a riempirgli gli occhi e il petto quasi le faceva male ma per qualche ragione non riuscivano a smettere di farlo.

Sam era talmente fuori che neanche si ricordava che lui era ancora lì, seduto da qualche parte alle sue spalle, e che magari la stava anche guardando.

Si sentiva.. leggera. E anche terribilmente stupida.

Continuando a ridere, vide Ali cercare di alzarsi ma finì per inciampare e le finì addosso provando un altro fiume di risate.

Per quanto ci provassero non riuscivano a controllarsi.

- Forza.. andiamo.. - le disse Sam, sorreggendola e mettendosi in piedi.

Cercando in qualche modo di tenersi in piedi a vicenda, le due ragazze uscirono nella notte che riecheggiò della loro assurde risate.

Barcollando, riuscirono a raggiungere il cancellino di casa di Ali, ma appena si avvicinarono Sam la trascinò via.

- Noo! Non andiamo subito a casa! Facciamo un giretto!! -.

Ali le rispose con un mugugno e si apprestò a seguirla lungo la strada che avevano percorso poco prima.

Si sentivano incredibilmente euforiche e spaesate.

Era come se il loro cervello si fosse improvvisamente bloccato.

Compirono quel lungo tragitto, barcollando, ridendo e cantando a squarciagola ma quando raggiunsero il bosco ad Ali cedettero le gambe e cadde a terra.

Sam, non avendo più l'appoggio, cadde a sua volta sopra di lei, liberando altre risate.

Rimasero sedute al centro della strada per alcuni minuti quando il vento freddo cominciò a farle riprendere lentamente.

- Meno male che il liquore non era molto alcolico! - si lasciò scappare Sam, cominciando a riacquistare lucidità.

Anche se era seduta le girava la testa e sapeva che non sarebbe riuscita ad alzarsi, ma per qualche motivo sentiva che non era una buona idea rimanere lì.

Si voltò verso Ali. Anche lei stava iniziando a riprendersi.

All'improvviso sentì un rumore alle sue spalle.

Si voltò di scatto.

I suoi occhi non videro nulla ma sapeva che non se l'era immaginato.

Sam si sentiva ancora terribilmente intontita ma nonostante questo gli era chiaro cosa doveva fare.

Dovevano andarsene il più velocemente possibile da lì.

Incrociò ancora per un attimo gli occhi di Ali, che ora erano incredibilmente spaventati, e allora trovò la forza per costringersi ad alzarsi.

Dovette lottare contro le proprie gambe che le facevano resistenza, ma riuscì a mettersi in piedi.

Le si avvicinò barcollando, l'afferrò per le braccia e l'aiutò a fare lo stesso.

Le due ragazze iniziarono a camminare nell'oscurità più totale, più velocemente che potevano.

Ma non era abbastanza. Erano comunque troppo lente.

Sam sentì Ali scivolare nuovamente a terra, ma era troppo debole per aiutarla.

Cadde a sua volta e in quell'istante sentì Ali lanciare un urlo.

- Ali!!! -.

Si guardò intorno ma l'oscurità era troppo fitta e non riusciva a vedere nulla.

Allungò una mano verso dove era caduta l'amica ma non sentì altro che l'asfalto freddo.

Qualcuno l'aveva presa.

Il cuore di Sam iniziò a battere all'impazzata nel petto mentre cercava inutilmente di capire cosa stesse succedendo.

Intorno a sé sentiva delle presenze, degli occhi che la guardano, ma lei riusciva a vedere solo delle ombre scure che le passavano davanti agli occhi.

All'improvviso si sentì afferrare le braccia e trascinare indietro.

Iniziò ad urlare e sbraitare ma non era abbastanza forte per resistere a ciò che la stava portando via.

Calde lacrime le riempirono gli occhi mentre il suo corpo strisciava sulla superficie ruvida dell'asfalto.

Improvvisamente si fermò e la presa sulle sua braccia svanì.

Sam mosse la testa da una parte all'altra, cercando di riprendere fiato.

Alle orecchie le giunsero indistinti i suoi di una lotta.

Rochi lamenti animali riecheggiavano in ogni direzione e lei chiuse gli occhi, cercando in qualche modo di proteggersi.

Avrebbe solo voluto che tutto quello finisse.

In quell'attimo si ricordò di Ali.

Non sentiva più le sue urla e pregò con tutta sé stessa che non le fosse successo nulla.

Avrebbe tanto voluto alzarsi e cercarla ma il suo corpo non glielo permetteva.

All'improvviso intorno a lei tornò il silenzio e Sam sentì le proprie forze abbandonarla completamente.

Poco prima di svenire sentì due mani toccarle la vita.

Con un ultimo sforzo aprì gli occhi e la sola cosa che riuscì a vedere prima di richiuderli fu il suo volto che la guardava.

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo ***


La prima cosa che Ali sentì quando si svegliò fu il freddo della superficie dura sulla quale era sdraiata.

Aprì gli occhi lentamente e fu accecata da una luce abbagliante.

Coprendosi con una mano, cercò di riaprirli e capì che la luce proveniva da una lampadina appesa proprio sopra di lei.

Ogni centimetro del suo corpo le faceva male. Quasi non riusciva a muoversi.

Sollevò un braccio e vide che era pieno di escoriazioni che sanguinavano e pulsavano dolorosamente.

Tutta la parte di pelle che aveva trascinato sull'asfalto era percorsa da graffi e ferite profonde.

Stare distesa in quella posizione le procurava un dolore lancinante, quindi provò ad alzarsi lentamente.

Emanando un flebile lamento riuscì a mettersi seduta, ma la testa le girò e dovette appoggiarsi al bordo della superficie d'acciaio sulla quale si trovava per evitare di cadere.

I suoi occhi si erano ormai abituati alla luce e riuscì a guardarsi intorno.

Si trovava in una piccola stanza dalle pareti in cemento, riempita solo dal piano dove era seduta e dalla lampadina appesa al filo della luce.

Di fronte a lei c’era una porta blindata, chiusa.

L’unica via d'uscita.

L’aria entrava attraverso una ventola posta sopra di essa che produceva un fastidioso rumore metallico.

Dove si trovava? Che posto era quello? E come aveva fatto a finire lì?

L’unica cosa che si ricordava era di essere stata strappata da Sam da una figura nera che l’aveva trascinata lungo l’asfalto.

Improvvisamente non aveva più sentito la sua presa ed era caduta a terra.

Era scoppiata in lacrime e si era raggomitolata su sé stessa per cercare di proteggersi da ciò che le stava succedendo intorno.

Sentiva dei versi, simili a ruggiti animali, che sfrecciavano intorno a lei.

Tremava e non riusciva a muoversi.

Poi era svenuta e si era svegliata in quella stanza.

Iniziò a fissare la porta.

Sembrava chiusa dall'esterno e sicuramente in quel momento non avrebbe avuto la forza necessaria per aprirla.

All’improvviso sentì dei rumori provenire da dietro di essa.

Si spinse con la schiena contro il muro e raccolse le gambe al petto, mentre il cuore iniziava a batterle forte nel petto e la paura tornava a farsi sentire dentro di lei.

E se chi le aveva attaccate era riuscito a rapirle?

Chiuse gli occhi, desiderando che fosse soltanto un incubo.

Sentì la porta aprirsi lentamente, con un sordo cigolio.

Non aveva il coraggio di riaprire gli occhi.

Si strinse più forte le gambe al petto mentre le lacrime tornarono a rigarle le guance.

Un leggero tocco freddo le sfiorò la spalla.

Ali lanciò un urlo, spaventata, e istintivamente si fiondò nella direzione opposta, finendo oltre la superficie di acciaio.

Poco prima che cadesse a terra due mani l'afferrarono per la vita.

- Ehi, ehi calmati! -.

Ali iniziò a dimenarsi per districarsi dalla presa e lui la lasciò andare solo dopo essersi assicurato che riuscisse a stare in piedi.

Le gambe le facevano male e tremavano visibilmente insieme a tutto il resto del corpo.

Non la ressero e finì per cadere a terra.

Ali cercò di riprendere fiato e controllare il battito del cuore che ora correva all'impazzata e solo dopo un lungo attimo trovò il coraggio per alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi.

Era un ragazzo, di poco più di vent'anni, alto e dai forti capelli scuri.

Gli occhi erano grandi e azzurri e con un taglio stranamente mediorientale.

La guardava, fermo, in piedi vicino alla lettiga.

In mano teneva una strana boccetta di vetro scuro.

- Ti sei fatta male? - le chiese, cercando di avvicinarsi.

Vedendolo avanzare, lei si allontanò di scatto e allora lui si fermò nuovamente, per mantenere una certa distanza.

Ali lo vide alzare le mani in segno di resa.

- Non voglio farti del male, te l'assicuro! - le disse - Voglio solo sapere se stai bene..-.

Ali continuò a guardarlo per un lungo attimo, senza dire nulla.

Non riusciva a capire il perché ma per qualche ragione c'era qualcosa in lui che la tranquillizzava.

Nonostante tutto quello che aveva passato, dentro di sé sapeva di potersi fidare di lui.

Sensazione su cui Ali non era sicura di poter contare.

In fin dei conti, lui era sempre un estraneo, che, a quanto sembrava, l'aveva rinchiusa in quella stanza.

- Tu chi sei? - chiese, corrugando la fronte.

Lui si fermò a guardarla per un attimo, poi le sorrise.

- Oh, è vero! Che sbadato che sono! Non mi sono ancora presentato..-.

Questa volta non si mosse quando lui fece qualche passo verso di lei e si accovacciò sulle gambe per poter essere alla sua stessa altezza.

Lo vide sorridere un'altra volta e allungare lentamente una mano verso di lei.

- Piacere, io sono Patrick..-.

Ali rimase a guardarlo negli occhi prima di abbassare lo sguardo sulla sua mano.

Aveva delle belle mani, affusolate e sottili, e al pollice portava un anello riccamente decorato.

Stranamente le ricordò il suo ciondolo..

Il ciondolo!

Istintivamente si portò una mano al petto e con un respiro di sollievo si accorse di averlo ancora.

Non immaginava cosa avesse fatto se qualcuno glielo avesse portato via.

Lo strinse per un attimo nella mano per poi tornare a guardare il ragazzo che non si era ancora mosso.

Lo vide tornare a sorridere e senza smettere di guardarlo allungò lentamente la mano.

Quando le loro mani si toccarono, Ali sentì un brivido percorrerle la schiena.

Aveva la pelle terribilmente fredda.

- Ali..- si presentò a sua volta con un filo di voce.

- Ali..- ripeté lui, sorridendole soddisfatto e lasciandole la mano per sedersi sul pavimento di fronte a lei.

Patrick la guardò ancora per un attimo poi abbassò lo sguardo sulla boccetta di vetro che teneva tra le mani.

- Ti ho portato questo..- disse, mostrandogliela - Aiuterà a far guarire velocemente le tue ferite -.

Indicò le escoriazioni che aveva praticamente su tutto il corpo.

- Posso darti un occhiata? -.

Percepiva ancora un senso di titubanza in lei ed era del tutto comprensibile, visto quello che aveva passato e tutta la confusione che doveva provare, ma sentiva anche che in qualche modo era riuscito a farla fidare di lui.

Quello era il primo passo.

La ragazza continuava a guardarlo negli occhi senza dire nulla e lui, ricambiando il suo sguardo, si portò la mano destra al cuore.

- Ti giuro sul mio onore che non ho alcuna intenzione di farti del male -.

Lei non disse nulla ma Patrick poteva sentire che si era finalmente tranquillizzata e che il battito del suo cuore era tornato normale.

Lentamente le si avvicinò.

Le ferite erano ancora gonfie e sanguinanti.

Non si sarebbe mai perdonato per essere arrivato così tardi.

Scosse la testa, cercando di ricacciare la rabbia dentro di sé e aprì il contenitore per raccoglierne una buona parte con le dita.

Ali si riscosse quando sentì di nuovo il suo tocco freddo sulla pelle, ma poi lasciò che gliela spalmasse sulla ferita che aveva sul braccio e tutte quelle che aveva sul resto del corpo.

Quando ebbe finito, il ragazzo si allontanò da lei e tornò seduto.

- Ecco fatto..- disse - Ora starai meglio -.

Ci volle solo qualche secondo prima che Ali se ne rendesse conto.

In un attimo il bruciore era completamente sparito.

Abbassò lo sguardo sul suo braccio e quasi ci rimase quando vide che la profonda ferita era quasi completamente rimarginata.

Spalancò gli occhi, incredula.

Com'era possibile??!

Ali tornò a guardarlo, con la bocca spalancata.

- Come hai fatto??! - chiese, mostrandogli il braccio.

Patrick le sorrise.

- È un farmaco molto speciale -.

Ali lo guardò ancora per un attimo senza riuscire a capacitarsi di quello che era successo, poi si guardò di nuovo intorno.

- Dove mi trovo? -.

Tornò a guardarlo e lo vide farsi improvvisamente serio.

- Questo lo scoprirai tra poco. Devi solo avere un po’ di pazienza - le disse - L’unica cosa su cui non devi dubitare sono le mie parole.. ti puoi fidare di noi...-

Noi?”.

Ali stava per chiedergli spiegazioni, quando all'improvviso sentì un urlo provenire dal corridoio.

- Sam! -.

Si alzò di scatto e si accorse che ora le gambe le permettevano di reggersi in piedi.

Sascha! Cosa diavolo stai combinando?!!” pensò Patrick prima di sparire oltre la porta

 

 

 

- Tu chi diavolo sei?!! -.

Da quando si era svegliata e lo aveva visto in piedi vicino a lei, Sam non aveva fatto altro che urlare.

- Calmati! Non voglio farti del male! -.

- Calmarmi??! Non so chi sei!! Non so dove mi trovo!! Non so cosa diamine mi sta succedendo!! Perchè diavolo dovrei calmarmi??! -.

Sascha cercò di pensare ad un modo per calmarla, anche se ormai aveva provato di tutto senza però riuscirci.

Lei continuava ad urlare isterica, con la schiena appoggiata alla parete.

La guardò per un attimo.

Sentì tutto ciò che stava provando.

Paura, rabbia, smarrimento, confusione.

Ogni singola emozione sembra esplodere da quanto era forte.

Sentì il battito del suo cuore accelerare sempre di più e i polmoni espandersi alla ricerca dell'aria che sembrava sempre meno.

Doveva calmarla.

E conosceva solo un modo per poterlo fare.

Sam fremette quando i suoi occhi tornarono a guardarla.

Anche da quella distanza, non poteva fare altro che perdersi in loro.

All'improvviso però, li vide cambiare.

In un istante i suoi grandi occhi verdi diventarono enormi.

Il colore iniziò lentamente a mutare, scurendosi sempre di più, fino a arrivare al nero più profondo.

Sam spalancò gli occhi mentre il puro terrore s'impadroniva di lei.

- Oh mio Dio!!!! Fatemi uscire di qui!!! -.

Proprio in quel momento l'altro ragazzo entrò di corsa dalla porta spalancata e raggiunse Sascha, il cui volto, ora era tornato normale.

- Cosa succede qui?! - esclamò, afferrandolo per un braccio e costringendolo a guardarlo negli occhi - Si può sapere cosa hai combinato?! -.

- Sam!!! - urlò Ali correndo a raggiungerla e stringendola tra le braccia mentre lei tremava e cercava di prendere aria.

Patrick la guardò per un attimo e vedendola così fuori di sé sentì un nodo di rabbia salirgli allo stomaco.

Si voltò a guardare il compagno, lanciandogli un occhiata che esprimeva chiaramente tutta la sua irritazione e per la prima volta lo vide abbassare lo sguardo.

- Avevo iniziato a curarle le ferite, quando si è svegliata e ha iniziato ad urlare, allora ho provato a controllarle la mente ma..-.

- Controllarmi la mente???!! - lo interruppe Sam, sempre più fuori di sé.

Patrick lo guardò ancora una volta, torvo, poi scosse la testa e riprendendo fiato tornò a guardare le ragazze.

- Scusalo, Sam..- disse - Sascha..-.

Sascha..”

- Non sapeva cosa fare.. e si è fatto prendere gioco dall'istinto..-.

Gli lanciò un'altra occhiataccia.

- Avrei dovuto pensarci io! -.

Patrick la sentì riprendere fiato e quando tornò a parlare aveva un tono di voce leggermente più calmo.

- Si può sapere voi chi diavolo siete?!! -.

A quella domanda Patrick si voltò a guardare il compagno, questa volta con uno sguardo decisamente diverso, poi tornò a guardare le ragazze.

- Mi sa che è giunto il momento di spiegarvi tutto.. -.

 

 

La stanza dove si erano spostati era immensa.

Doveva essere una vecchia palestra a giudicare dalle pertiche ricoperte di ruggine attaccate alle pareti, dai macchinari da allenamento posti in fondo alla sala e i diversi materassini impolverati sparsi un po' ovunque sul pavimento.

Come le altre stanze non aveva finestre e l’aria entrava da diverse ventole poste sul soffitto.

L'unica porta presente era in metallo e blindata, identica a tutte quelle che le ragazze avevano potuto vedere lungo il corridoio.

Era sedute su uno dei materassini posti sul pavimento e osservavano in silenzio i due uomini di fronte al loro, appoggiati con la schiena all'unico tavolo della stanza.

Sam, dopo essere stata convinta da Ali a calmarsi, aveva permesso a Patrick di curarle le ferite, che ora erano completamente rimarginate.

Tutto quello era assolutamente folle, ma ormai, non aveva nemmeno più la forza per provare a cercare una spiegazione logica.

Aspettava solo che loro le dessero delle risposte.

Patrick guardò le ragazze ancora per un attimo poi si voltò verso Sascha e con un gesto del capo lo spinse a parlare.

- Inanzi tutto..- iniziò lui, dopo essersi schiarito la voce e aver allacciato le braccia al petto - Volevo chiedervi scusa se siamo.. sono.. stato troppo aggressivo..-.

Sam sentì in brivido quando lui la guardò negli occhi.

- Scusami.. veramente..-.

Incrociò il suo guardo ancora per un attimo poi distolse lo sguardo, senza rispondergli.

Sembrava sincero, ma c'era qualcosa in lui.. qualcosa che la spingeva a temerlo.

Sentiva di non potersi fidare completamente di lui.

Nonostante tutto il turbine di emozioni che provava anche solo ad averlo a pochi passi da lei.

Lo vide lanciare un occhiata al compagno che gli era di fianco e allora Patrick prese parola.

- Quello che stiamo per dirvi non è di immediata comprensione e molte cose forse non riuscirete a capirle ma vi prego di starci ad ascoltare e vi ripeto..- disse, diventando ancora più serio - Vi potete fidare di noi -.

Ali lo guardò.

Sapeva che non erano stati loro ad aggredirle ed era ormai certa che non le avrebbero fatto del male.

Sentiva di potersi fidare di loro.

Ma sapeva perfettamente che Sam non era dello stesso avviso.

Patrick fece un sospiro profondo.

Non si era mai sentito così in difficoltà prima di allora.

- Bene.. - disse tornando a guardarle e indicando sé e il compagno - Noi siamo Patrick e Sascha.. e siamo..-.

Si fermò a pensare per un attimo alle parole da usare, anche se in effetti non c'erano molti modi per dire la verità.

Il problema era farlo senza spaventarle a morte!!

- Noi.. siamo..-.

- Vampiri -.

Chiuse gli occhi, portandosi una mano al volto.

Ecco. Come non detto.

Sascha e il suo incredibile tatto.

Lentamente si voltò a guardarlo per rifilargli un'occhiata truce.

- Ti sembra questo il modo giusto per dirglielo?! - sibilò irritato, cercando di non farsi sentire dalle ragazze.

Lui si strinse nelle spalle.

- Non esiste un modo giusto..- disse - Questa è la verità. Tanto vale dirlo subito -.

Patrick scosse la testa rassegnato, e tornò a guardare le ragazze che ora lo fissavano con i volti pallidi e assolutamente terrorizzati.

- Ma non siamo vampiri qualunque!! - si afferrò ad esclamare - Si.. insomma quelli che vengono descritti dai libri o dai film! No, i vampiri reali sono completamente diversi.. su alcuni aspetti.. sì.. infondo beviamo sangue e tutto il resto.. ma..-.

- Ah, certo! Così è molto meglio! -.

Riprese di nuovo fiato mentre cercava di costringersi a non raccogliere l'ironia di Sascha e tornò a concentrarsi sulle ragazze.

- Ali.. Sam..- disse, guardandole negli occhi - So che vi sembra impossibile, ma.. vi prego di credermi.. non avete nulla da temere..-.

Sam si fermò a fissarlo mentre non sapeva più cosa pensare.

Non avete nulla da temere..

Oh, ma certo! Era rinchiuse una stanza chissà dove insieme a due.. vampiri.. che succhiavano il sangue e tutto il resto.. ma non avevano nulla da tenere! Come no!

Quello era uno scherzo! Ovviamente!

Due.. vampiri??!!

Non poteva che essere uno scherzo!

O molto probabilmente era un incubo!!

Un terribile scherzo della sua mente causato dallo shock avuto dopo l'aggressione!!

O magari aveva sognato anche quella!

No, bhè, quella era quasi certa di averla vissuta davvero.

Come era quasi certa di essere sveglia, ma chi lo sa, ormai non poteva più essere sicura di nulla!

D'accordo.. se quello era un sogno, allora voleva svegliarsi subito!

Non ci aveva mai provato, ma visto che ne parlavano tutti, allora forse funzionava..

Si portò una mano sul braccio e diede una pizzicata talmente forte che avrebbe potuto svegliare un bue.. ma che servì solo a farla rendere conto che era dannatamente sveglia!

- Oh, cielo!!! - esclamò portandosi le mani al volto.

Ali si voltò a guardarla.

Poteva comprendere la sua reazione, anche se, per qualche motivo sentiva di non condividerla a pieno.

Certo, lo shock c'era stato, eccome che c'era stato!

Ma era durato molto meno di quanto si sarebbe mai immaginata.

Due vampiri!! Wow!!!

Per tutta la vita aveva fantasticato sulla presenza di creature come quelle e ora ne aveva due esemplari proprio davanti a lei!

E la cosa dannatamente strana era che non aveva assolutamente paura.

Anzi, si sentiva elettrizzata come mai era stata in vita sua e non riusciva a fare a meno che guardarli con gli occhi pieni di incredulità ed eccitazione allo stesse tempo, sperando che Patrick riprendesse a parlare e che le desse la risposta alle mille domanda che in quei pochi minuti erano arrivate ad affollarle la mente!

Incrociò gli occhi del ragazzo solo per un attimo prima che lui lo abbassasse, preparandosi a continuare.

- L’avevo detto che non era d’immediata comprensione..- disse - Ma se ci state ad ascoltare capirete. Innanzi tutto dovete venire a conoscenza di una leggenda.. senza questa sarebbe tutto incomprensibile! -.

Nel preciso istante in cui il vampiro terminò le sue parole, una sonora risata rimbombò tra le pareti della sala.

Ali si voltò stupita verso Sam e la vide continuare a ridere istericamente, portandosi le mani alla pancia, mentre lacrime d'ilarità le andavano a riempire gli occhi.

Lentamente la vide alzarsi in piedi e fare qualche passo.

- No, aspettate..- disse, tra le risate - Non solo mi volete far credere che voi siete due.. vampiri.. ma anche che tutto quello che sta succedendo si può spiegare con una semplice storiella da quattro soldi??!! -.

Rise ancora una volta poi si fermò a guardarli e scosse la testa.

Non ce la faceva più.

Le sembrava di impazzire.

L'unica cosa che voleva fare era andarsene da lì.

E quello era proprio ciò che avrebbe fatto.

Si affrettò a raggiungere Ali e afferrarla stretta per un braccio.

- Forza, Ali, andiamo! - esclamò - Non ho nessuna intenzione di rimanere qui un minuto di più! Se è vero che non vogliono farci del male, ci lasceranno andare! Dai! Alzati! -.

L'amica la guardò negli occhi per un breve istante poi qualcosa alle sue spalle attirò la sua attenzione.

Sam vide il suo volto farsi pallido e i grandi occhi azzurri sbarrarsi all'improvviso.

Lentamente ruotò con il busto fino a guardare nella sua stessa direzione e quando i suoi occhi lo videro il fiato le si fermò in gola.

Il volto di Sascha aveva improvvisamente cambiato fisionomia.

Gli occhi verdi si erano ridotti a due fessure, dalla quale apparivano scarlatti due iridi animali.

Due profonde rughe gli solcavano la fronte all'altezza del naso e della prima parte della fronte, deturpandogli la pelle, prima liscia e perfetta.

La bocca leggermente aperta, lasciava chiaramente vedere due lunghi e affilati canini bianchi.

Sam rimase a fissarlo con la bocca spalancata mentre quasi non riusciva a respirare.

Incrociò per un istante il suo sguardo prima che lui, rendendosi conto di aver ottenuto la sua attenzione, tornasse come niente alla normalità.

- Se volevi una prova, adesso ce l'hai..- disse, con tono piatto - Ora, se cortesemente puoi tornare al tuo posto, inizio a narrarvi la leggenda -.

Lei rimase a fissarlo per qualche istante, poi senza dire più nulla, tornò a sedersi vicino ad Ali.

Sascha annuì tra sé e sé, compiaciuto.

- Molto gentile..- disse - Allora, tutto iniziò ancora prima della comparsa del mondo stesso..-.

Le due ragazze rimasero in silenzio ad ascoltarlo raccontare quella storia incredibile.

Quella di due amanti e del loro amore eternamente dannato, dentro al quale improvvisamente si erano trovate anche loro.

Quando ebbe finito Sascha riprese fiato e si fermò a guardarle per un attimo prima di continuare.

- Noi siamo due dei nove Guardiani -.

Lanciò un occhiata a Patrick che senza bisogno che dicesse nulla si voltò come lui, in modo che le ragazze potessero vedere la “k” impressa nella parte destra del collo.

- Noi abbiamo il compito di proteggere le più grandi città tedesche..- riprese, lentamente, fermandosi a guardarle.

Nonostante cercasse in tutti i modi di rimanere il più neutrale e professionale possibile, poteva capire quello che dovevano provare.

Il minimo che potesse fare era dargli il tempo necessario per assimilare tutto.

- Le Sacerdotesse, invece..- riprese - Sono due mortali, che entrano in azione solo quando la razza umana è il pericolo, quando vengono raggiunte dai “Cuori di Cristallo”..-.

Quando sentì quel nome Ali trattenne istintivamente il fiato.

- Ciondoli.. creati dalle lacrime che versò Kiara.. per il suo amore perduto..-.

Le parole di Sascha le giunsero quasi distanti mentre nella sua mente si era già formata chiaramente la verità.

Lentamente si portò una mano al petto dove il ciondolo che le era misteriosamente apparso dal nulla qualche giorno prima restava ancora saldamente ancorato al suo collo.

Abbassò lo sguardo su di esso, ne studiò lo stano colore, la forma e quella lettera “k” che ora poteva vedere chiaramente.

Erano loro.

I “Cuori di Cristallo”.

- Noi siamo..-.

- Le nuove Sacerdotesse -.

La voce di Sascha che aveva interrotto il suo sussurro era dipinta di un leggero tono di ammirazione, come se dirlo creasse un lui una sensazione simile a quella che provava lei pensandolo.

Ali alzò gli occhi per posare lo sguardo sui due Guardiani.

Sascha teneva gli occhi fissi su di loro, con le braccia ancora saldamente ancorate al petto, mentre Patrick la guardò un attimo negli occhi e sorrise.

Lentamente la ragazza si voltò verso Sam, che era rimasta seduta al suo fianco, senza dire nulla, e vide che anche lei aveva preso il ciondolo tra le mani e lo fissava incredula.

Non si rendeva conto di tutto quello che le stava capitando.

Cercò di prendere fiato e lasciando ricadere il ciondolo si portò le mani al volto.

- Non è possibile..- disse - Non può essere vero..-.

Rimase così per qualche minuto mentre la stanza era improvvisamente invasa dal silenzio e trovò la forza per alzare lo sguardo solo quando Patrick riprese a parlare.

- Avete assunto un enorme potere dal momento che siete venute a contatto con i ciondoli - disse - Siete diventate la nostra unica speranza! -.

Sam lo fissò, sempre più allibita.

L'ultima speranza?! Lei non era l'ultima speranza di nessuno!

- Dovete aver sentito dell’aggressione di Berlino di un paio di giorni fa.. - disse Sascha lasciandole poi il tempo di pensare.

Ali annuì in silenzio.

Si ricordava di aver sentito la notizia a casa di Sam.

Aveva ancora negli occhi il volto della ragazza sconvolto dal terrore.

- Un gruppo di traditori, capeggiati da un vampiro rinnegato, hanno attaccato la giovane donna che avete visto e la sua amica, all’uscita di un locale. Noi siamo intervenuti ma purtroppo non siamo riusciti a salvare l’amica della ragazza - disse Sascha, scuotendo la testa pieno di risentimento.

In quell'istante Sam si ricordò della testimonianza della ragazza.

Aveva detto di essere stata salvata da un ragazzo dagli occhi verdi..

- Sei tu il ragazzo che l’ha salvata.. - si lasciò scappare inconsciamente, fermandosi a guardarlo negli occhi.

Lui incrociò il suo sguardo per un istante poi annuì lievemente, distogliendo lo sguardo.

- Dal momento che la razza umana è stata attaccata, i “ Cuori di Cristallo” si sono attivati e hanno scelto voi -.

Tra tutto quello che le era stato detto in quella stanza quella era per Sam la cosa più inspiegabile.

Perché? Perché proprio loro?

Esistevano miliardi di persone al mondo, perché proprio due adolescenti di provincia?

Un movimento improvviso di Sascha la fece rialzare lo sguardo su di lui e seguirlo mentre iniziava a camminare lentamente avanti e indietro davanti a loro.

- I traditori sono molto forti e l’unico modo per sconfiggerli è trovare il modo di entrare della “Caverna della Luce” e unire i vostri “Cuori”. Solo così potremo distruggerli. Per raggiungere questo obbiettivo dovremo però unire le nostre forze -.

Il vampiro alzò un braccio per indicare con un gesto la stanza.

- Qui, ci alleneremo, fino a quando saremo pronti per la battaglia. E poi..- disse fermandosi e guardandole negli occhi - Che il destino sia dalla nostra parte..-

Il destino..”.

Sam lo guardò mentre tornava al suo posto e incrociava un'altra volta le braccia al petto.

Distolse lo guardo da lui solo quando la voce di Patrick ruppe di nuovo il silenzio.

- Ora che Sascha vi ha spiegato tutto, siamo pronti a rispondere alle vostre domande - disse mostrando un lieve sorriso - Sono sicuro che ne avete molte da offrirci -.

Come previsto, fu proprio Sam ad iniziare.

- Prima di tutto dove ci troviamo adesso? -.

- Sotto le fondamenta di una vecchia chiesa sconsacrata poco distante da Envalaz. Siamo all’interno di un buncher della Seconda Guerra Mondiale -.

Si lasciò scappare un respiro di sollievo.

Sapere di essere vicino a casa la faceva sentire leggermente meglio.

All'improvviso le immagini della sera precedente si formarono nella sua mente e un brivido gelido le attraversò la schiena.

- Quelle creature che ci hanno attaccato...- disse di scatto - Erano.. vampiri? -.

Pronunciava quella parola come qualcosa di lontano, di inesistente.

Fino a poche ore prima non credeva minimamente alla loro esistenza e ora..

Ormai niente sembrava avere più senso.

- Si - rispose Sascha, annuendo - Un piccolo gruppo, capeggiato da una ragazza..-.

- Monike!! - lo interruppe Sam, voltandosi di scatto verso Ali per rifilarle sua solita gomitata.

- Ahia, Sam! -.

- Te l'avevo detto io!!! - esclamò - Lo sentivo che non dovevamo fidarci! -.

- A quanto pare devi fidarti del tuo istinto, Samantha..-.

Il suono del suo nome completo la fece bloccare all'istante.

Si voltò a guardarlo negli occhi e gli lanciò un occhiata carica di irritazione.

- Sam! - si affrettò a precisare - Mi chiamo Sam! -.

Lui ricambiò il suo sguardo poi annuì lievemente.

- Come dicevo, Monike e i suoi amichetti, vi tenevano d’occhio ancora prima del nostro arrivo - disse - Avevamo intuito che vi avrebbero attaccati ma non pensavamo che lo avrebbero fatto così presto -.

Ripensando al pericolo che aveva corso quella notte i pugni gli si serrarono automaticamente.

- Non avrebbero mai dovuto avvicinarsi a voi così tanto -.

- E per questo vi chiediamo scusa! .- intervenne Patrick - Il nostro compito è proteggervi e questa notte non lo abbiamo assolto al meglio -.

- Ma questo non capiterà più! - si affrettò a riprendere lui - I traditori sono stati completamente distrutti. Purtroppo la ragazza è riuscita a fuggire ma siamo sulle sue tracce e non ci sfuggirà ancora a lungo. Per quanto riguarda il barista...-.

- Bob?! - chiese Sam, incredula - Cosa centra...-.

Non fece nemmeno in tempo a finire la domanda che il quadro prese finalmente forma nella sua testa e tutto le apparve improvvisamente chiaro.

Il barista le aveva drogate!

Aveva inserito qualche strana sostanza all’interno del liquore in modo che le ragazze fossero più deboli e che Monike potesse attaccarle molto più facilmente.

- Ma perchè?! - chiese - Per quale motivo avrebbe dovuto farlo! Noi..-.

- Noi ci fidavamo di lui! - concluse Ali, che era forse ancora più scossa di lei.

- Purtroppo questa è la verità..- disse Patrick, dopo aver scosso la testa - In questo momento non potete fidarvi di nessuno, nemmeno di chi credete vostro amico..-.

- Soprattutto se è un vampiro..- aggiunse Sascha, con tono leggermente ovvio.

- Un vampiro???!! - esclamò Sam, spalancando gli occhi - No! Bob non era un vampiro! Questo è assolutamente impossibile! -.

Lui non disse nulla e lei guardandolo negli occhi capì che non stava scherzando.

Era tutto vero.

Bob. Un vampiro.

Com'era possibile?!

Lo conosceva da tre anni! Era uno dei suoi più cari amici!

Come mai non l'aveva capito prima?!

In quell'istante le tornarono alla mente alcuni immagini.

Il suo modo di comportarsi, incredibilmente strano e insolito, il lampo rosso che per un attimo aveva visto nel suo sguardo..

E tutto solo la sera in cui erano state aggredite.

- Non era un vampiro da molto, vero? -.

Sam alzò di nuovo gli occhi su di lui e lo vide annuire, confermando la sensazione che aveva avuto.

- È stato Monike a trasformarlo - disse - Le serviva per il suo piano, doveva avvicinarsi a voi il più possibile e l'unico modo per farlo era usare qualcuno di cui voi potevate fidarvi -.

All'improvviso Sam sentì una forte rabbia farsi largo dentro di sé e dovette resistere per non scoppiare.

Prese fiato prima di tornare a guardarlo e trovare il coraggio di chiedergli ciò che gli interessava davvero.

- Cosa ne hai fatto di lui? -.

Lo chiese direttamente a lui, guardandolo negli occhi, perché in qualche modo sentiva che era lui a dovergli dare quella risposta.

E lui rispose, serio, guardandola negli occhi.

- Doveva pagare per ciò che aveva fatto - disse - Nessuno deve pensare di potersi avvicinare a voi. Non glielo permetteremo -.

Sam rimase a guardarlo negli occhi mentre diceva quelle parole, così sincere, così vere, che per un attimo le sembrò vedere qualcosa muoversi dentro di lui, qualcosa che per un certo verso, si mosse anche dentro di lei.

Lentamente abbassò lo sguardo e annuì, mentre nella stanza cadeva il silenzio.

Silenzio, che ancora una volta, fu spezzato poco dopo dalle parole di Patrick.

- Ragazze, è impossibile che non abbiate più niente da chiedere! -.

Ali, che fino ad allora era rimasta in silenzio, si fermò a pensare un attimo, poi corrugò le sopracciglia, confusa.

- Avete detto che i vampiri non posso attaccare gli umani. Allora da dove prendete il sangue con cui vi nutrite? -.

- Banche del sangue. La maggior parte di noi trova nutrimento lì - rispose Patrick stringendosi nelle spalle - Ma alcuni prendono il sangue da piccoli animali del bosco o cose del genere..-

- Vegetariani! - aggiunse Sascha, facendo un smorfia di disgusto.

A quell'esclamazione Ali si lasciò scappare una risata.

Sam le lanciò un occhiataccia.

Come faceva a ridere in un momento del genere?!

Lei ancora cercava di capire cosa stava succedendo!

- Possiamo tornare ai fatti per favore?! - esclamò irritata - Si insomma, Ali, scusami ma per quanto sia interessante scoprire tutti i particolari del loro nutrimento siamo sempre state aggredite ieri notte.. o questa notte.. insomma non so neanche che ore sono.. e francamente vorrei saperne un po’ di più! -.

Tornò a guardare i due vampiri.

- Avete detto di essere sulle tracce di Monike.. ma siete sicuri che lei non sia più un pericolo per noi?! -.

- Ne sono certo- rispose Sascha - Ho fatto alcune ricerche e ho scoperto che la ragazza, Monike per l’appunto, è una vecchia conoscenza del Consiglio -

Percepì gli sguardi interrogativi delle ragazze e si affrettò a spiegarsi.

- La riunione dei Guardiani e dei Segretari, che sono i protettori delle città più piccole.. - poi riprese - E dopo il suo attacco mi sembra ovvio il suo legame con i piani di Ewan, il leader del gruppo di traditori. Sta tornando da lui in questo momento quindi non dovrebbe darci più fastidio, almeno fino a quando resteremo in questa zona-.

- Ora dove si trova? - chiese Patrick che non era ancora stato informato della sua ricerca.

Lo vide soffermarsi un attimo per poi rispondere - Nei pressi di Colonia -.

- Come a Colonia?! - esclamò alzandosi di scatto.

Sascha lo guardò negli occhi.

- Non ti preoccupare, Patrick. Geash ha più esperienza di noi due messi insieme - lo rassicurò - Se dovesse accadere qualcosa sarà sicuramente in grado di controllarla -.

Patrick cercò di riprendere fiato e appoggiò di nuovo la schiena al tavolo, anche se le sue parole non lo avevano completamente tranquillizzato, e quando tornò a guardare le ragazza intuì che non avevano capito nulla della loro conversazione.

- Sono il Guardiano di Colonia - si affrettò a spiegare - E mi crea non poca preoccupazione aver lasciato la mia città ad un altro, anche se è uno dei vampiri più esperti che io conosca! -.

Si fermò per un attimo a pensare poi si riscosse e gli mostrò un sorriso.

- Ma dovevo venire da voi -.

Ali gli sorrise di rimando, mentre Sam scosse per l'ennesima volta la testa.

- Perché proprio voi?! - esclamò - Si insomma non ci deve essere qualcuno specializzato nel nostro.. addestramento? -.

Vampiri.. addestramento..

Quello che stava dicendo non aveva davvero più senso.

Ancora una volta fu Sascha a rispondere.

- È Kooro a scegliere chi dovrà occuparsi delle Sacerdotesse, e questa volta è capitato a noi -.

La guardò negli occhi.

- Spero che la nostra presenza sia di vostro gradimento..-.

Anche troppo..” pensò Sam limitandosi ad annuire lievemente e abbassare lo sguardo.

- Kooro è ancora vivo?!! - gli chiese Ali - E Kiara?! -.

- Kooro esiste ancora, naturalmente, essendo immortale..- rispose lui - Kiara, invece, purtroppo è morta molto tempo fa, ma il suo spirito rivive attraverso i “Cuori di Cristallo” -.

- Quindi non la potremo vedere? - chiese Ali, dispiaciuta.

- Kiara appare alla sue Sacerdotesse attraverso visioni o sogni - rispose Patrick - Penso che presto apparirà anche a voi -.

All'improvviso Ali si ricordò della donna che avevano visto quando entrambe avevano indossato il ciondolo.

Era sicura che fosse lei.

Il silenzio scese per un lungo attimo nella grande sala.

Erano state dette così tante cose che Sam sentiva la testa completamente svuotata.

- Bene..- disse Sascha, dopo aver lanciato un occhiata all'orologio da polso - Si sta facendo tardi. E meglio che andiate a riposare un po’ e a pensare a tutto ciò che è stato detto oggi -.

Prese fiato, guardandole negli occhi.

- In quanto a noi, vi aspettiamo qui oggi pomeriggio alle quattro per iniziare l’allenamento -.

- E se noi non volessimo venire? -.

La domanda di Sam fu come un fulmine a ciel sereno.

Sascha si bloccò per un attimo per poi voltarsi verso di lei e guardarla dritto negli occhi.

- Allora ci saranno ben poche possibilità di fermare i traditori - rispose - E l’intera umanità cadrà sotto il loro dominio -.

Sam sostenne il suo sguardo con una forza che solo allora forse si scopriva di avere.

- Credo non abbiate altre possibilità...-.

 

 

Ali si svegliò dolcemente, avvolta nel leggero lenzuolo rosa del suo letto.

Si stiracchiò lentamente e allungò una mano verso la parte di letto in cui Sam si era addormentata, ma non sentì altro che la superficie liscia del copri materasso.

Dopo un attimo di stordimento si sollevò a sedere e guardandosi introno nella stanza illuminata dal sole la trovò seduta sul piccolo divanetto posto sotto la finestra spalancata, con indosso la camicia da notte che le aveva prestato, le gambe raccolte al petto e lo sguardo perso nel vuoto.

- Sam.. -.

Continuò a guardarla aspettando una risposta ma lei non si voltò nemmeno a guardarla.

- Sam.. va tutto bene? - le chiese - Se hai dei problemi lo sai che puoi parlarmene tranquillamente, io..-.

Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase.

La vide alzarsi di scatto, voltarsi verso di lei e guardarla con gli occhi spalancati.

Non li aveva mai visti così carichi di rabbia.

- Se io ho dei problemi??! - le urlò contro - Vuoi davvero sapere se io ho dei problemi??! -.

La vide spalancare le braccia e scoppiare nell'ennesima risata isterica per poi tornare a puntare gli occhi su di lei.

- Vuoi farmi credere che tutto che sta succedendo sia totalmente normale??! Che tutto quello che abbiamo sentito non sia completamente folle?!! -.

Ali rimase a guardarla per un lungo attimo poi abbassò lo sguardo.

Era sconvolta. Lo poteva capire.

Ma ancora una volta sentiva di non condividere i suoi stessi sentimenti.

Quello che era successo lei lo vedeva in un modo completamente diverso.

- Abbiamo avuto la spiegazione..- disse, tornando a guardarla negli occhi - Te l'avevo detto che prima o poi sarebbe arrivata..-.

Sam si bloccò a fissarla con gli occhi ancora spalancati.

- Ah, e questa sarebbe la spiegazione??! Mi stai dicendo che per te è tutto sistemato?! - esclamò, incredula - Oh, ma certo!! Per te è sempre tutto così semplice da accettare!! -.

Le puntò un dito contro.

- Ma, Ali, fammi un piacere! Per una buona volta smettila di fare la parte di quella a cui va tutto bene!! Smettila di fingerti di essere quella che può sistemare tutto con uno stupido tocco di bacchetta magica! Smettila! Questo non è un gioco, Ali!! -.

Si portò le mani al volto e cercò di prendere fiato.

Non si rendeva nemmeno più conto di quello che stava dicendo.

Era completamente fuori di sé.

- Ti rendi conto di quello che sta succedendo??! Di quello che quei.. quei.. merda! Non riesco neanche a dirla la parola “vampiro”!!! -.

La guardò di nuovo negli occhi.

- Bob è morto! - sputò con tutta la rabbia che aveva dentro - Noi abbiamo rischiato di morire!! E tu stai lì tranquilla come se non fosse successo nulla! -.

Lanciò un urlo, soffocandolo con le mani, per poi voltarsi e raggiungere la sedia dove aveva lasciato i suoi vestiti.

Ali rimase a guardarla mentre si vestiva velocemente e le sue accuse rimbombavano ancora nella sua testa.

Quando disse quelle parole, la voce che aveva non sembrava nemmeno la sua.

Ma ormai era chiaro, che lei non fosse più la stessa.

- Abbiamo delle responsabilità adesso, dobbiamo pensare solo a noi stesse - disse - Noi dobbiamo salvare il mondo e per farlo dobbiamo allenarci, per questo andremo in quella chiesa oggi..-.

Sam si voltò a guardarla.

Quasi non la riconosceva più.

Poteva davvero essere cambiata così tanto nel giro di una sola notte?

- No! - esclamò senza più rabbia nella voce ma solo una fredda sicurezza - Io non andrò in quella chiesa oggi! E tanto meno salverò il mondo! Questa cosa non centra nulla con me e non ho intenzione di farmi mettere in mezzo! -.

Raccolse le sue cose e si affrettò a raggiungere con grandi passi la porta.

Aveva appena messo la mano la mano sulla maniglia quando la raggiunsero le ultime parole di quella che fino ad allora era stata la sua migliora amica.

- Sai cosa ti dico, Sam?! Fai quello che ti pare! Come hai sempre fatto! Scappa pure se vuoi! Io andrò a quell’appuntamento oggi e combatterò quando sarà necessario! Sappi solo che se non verrai, non aspettarti che io ci sarò ancora per te!! -.

Sam strinse la presa contro la maniglia, chiuse gli occhi, poi aprì la porta ed uscì sbattendola alle sue spalle, chiudendo insieme a lei ciò che era stata la sua vita prima di quel momento,

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Capitolo 10
*** Capitolo nono ***


Sam fissò l'orologio appeso al muro della sua camera.

Osservò le lancette avanzare lentamente, segnando il trascorrere incessante del tempo, mentre non riuscita a fare altro che rivedere la discussione con Ali di quella mattina.

In tutti gli anni che si conoscevano non avevano mai litigato in quel modo.

Tutto le sembrava così incredibilmente assurdo.

La ultime parole di Ali ancora le risuonavano chiaramente nella testa.

Avrebbe davvero rinunciato alla loro amicizia se lei non fosse andata a quella chiesa?

Avrebbe rinnegato tutti gli anni passati insieme solo per quello?

Com'era possibile?

Ali non avrebbe mai nemmeno osato dire una cosa del genere.

Non la Ali che conosceva.

Non quella che era stata la compagna della sua vita e che fino a quel giorno era sicura lo sarebbe stata per sempre.

Eppure lo aveva fatto..

Sam si rendeva conto che anche lei non si era comportata bene nei suoi confronti, dicendole quelle cose, ma non avrebbe mai messo in discussione la loro amicizia.

Non riusciva a credere che lei lo avesse fatto.

Non riusciva a credere a nulla di quello che le stava capitando.

Riprese fiato e si decise ad alzarsi dal letto.

Abbandonato sulla sua scrivania c'era il suo iPod bianco.

Lo afferrò e uscì dalla porta per raggiungere il giardino posteriore.

Il flebile sole schermito dalle nuvole, le illuminò il viso mentre prendeva posto su una delle sedie a sdraio.

Si guardò intono, costringendosi a prendere di nuovo fiato.

Perse lo sguardo sul profilo frastagliato degli alberi e sul prato verde che si stendeva infinito di fronte a lei.

Con i gesti che ormai le appartenevano, si infilò le cuffie e accese il dispositivo.

Il segnale della batteria l'avvisava che era quasi scarico.

Succedeva spesso. Molte volte la musica era l'unica cosa che l'aiutasse.

Selezionò sovrappensiero i “Brani casuali” e dopo pochi secondi fu invasa dalle prime note di una canzone del suo gruppo preferito.

Abbassò lo sguardo sul display e appena lesse il titolo che ben conosceva le venne quasi da ridere.

Vampires Will Never Hurt You”

Era incredibile! Anche i My Chem sembravano prenderla in giro!!

Lasciò cadere l'iPod sulle sue gambe e permise alla voce rotta di Gerard di avvolgerle l'anima, quando all'improvviso percepì un movimento alla sua destra.

Si voltò di scatto e vide Marie, la sua sorellina, correre inseguita da Lou, che abbaiava cercando di raggiungerla.

- Prendila, Lou! Prendila! - esclamava la bambina, muovendogli davanti al muso una vecchia corda colorata.

Sam si fermò per un un attimo a guardarla giocare.

I lunghi capelli le svolazzavano intorno al viso arrossato e segnato dal suo luminoso sorriso.

Era solo una bambina.

Che ne poteva sapere lei degli sbagli e delle follie del mondo.

A lei importava solo giocare. A lei importava solo vivere.

Dovette mandar giù a vuoto la saliva per cercare di sciogliere il nodo che le si era formato alla gola.

Un unico agghiacciante pensiero le affollava la mente.

Se tutto fosse stato vero..

Tutto ciò in cui aveva dubitato per anni e che per uno strano scherzo delle sorte le era stato buttato all'improvviso addosso.

Tutto ciò che le era successo. Tutto ciò che le sarebbe accaduto.

Se tutto il mondo fosse stato realmente nelle sue mani..

Quello che era successo a Berlino era una prova tangibile che qualcosa stava succedendo.

Qualcosa di pericoloso.

Una ragazza era già morta e un altra era scampata ad essa solamente per fortuna.

Tutta l’umanità sarebbe potuta morire.

Anche quella bambina innocente che correva in cortile..

In quell'esatto istante Sam spalancò gli occhi, come se all'improvviso si fosse svegliata da un sogno.

Non poteva dirsi sicura di nulla ormai, ma su una cosa non aveva alcun dubbio.

Nessuno avrebbe potuto fare del male alle persone che amava.

Non l'avrebbe mai permesso.

Con un gesto deciso si tolse le cuffie e senza nemmeno pensarci lasciò cadere l'iPod a terra prima di alzarsi di scatto e iniziare a correre.

 

 

Ali risalì i tre gradini e si fermò di fronte alla grande porta di legno della chiesa.

Osservò ancora una volta l'ora sullo schermo del suo cellulare.

Le 16 in punto.

Si meravigliò di sé stessa. Per la prima volta in vita sua era in orario ad un appuntamento!

Prese un respiro profondo prima di alzare un braccio e bussare alla porta.

Quasi si spaventò quando, neanche un secondo dopo, la porta le si spalancò davanti e le apparve il volto sorridente di Patrick.

- Benvenuta, Ali! - esclamò, facendo un cenno con il braccio per invitarla ad entrare - Prego entra..-.

- G- grazie..- disse lei, varcando la soglia.

Fece qualche passo nella navata laterale mentre dietro di sé sentì il suono della porta che si richiudeva.

- Complimenti! Sei in perfetto orario -.

Si voltò verso di lui e sobbalzò quando vide che le era a pochi a centimetri.

Non si era accorta che si era avvicinato così tanto.

Si affrettò ad allontanarsi di qualche passo mentre lui continuava a guardarla, con uno strano sorriso dipinto sul volto.

Sembrava divertito.

Molto probabilmente aveva percepito tutta la sua terribile agitazione.

Emozione che di certo non migliorava ora che c'era anche lui.

Ali lo vide incrociare le braccia al petto e appoggiarsi con la schiena ad una delle panche di legno. Si costrinse a distogliere lo sguardo.

Iniziò a studiare l'interno della piccola chiesa, mentre cercava di non considerare la sensazione del suo continuo sguardo.

Intuì che dovesse trattarsi di una chiesa romanica, a giudicare dalla pianta e dalla costruzione sia interna che esterna.

Era decorata solo da alcune piccole vetrate a mosaico, che creavano raggi dalle sfumature colorate sulle pareti in mattoni.

A parte l'ambiente buio e austero c'era qualcosa che agli occhi di Ali appariva incredibilmente strano.

Ci mise qualche minuto ad accorgersene ma quando lo fece tutto le apparì assolutamente chiaro.

- Allora è vero!! - esclamò voltandosi di scatto verso Patrick che come previsto non aveva tolto un attimo gli occhi da lei.

L'imbarazzo ora era completamente sparito. La curiosità vinceva su tutto.

Lo sguardo interrogativo del ragazzo la spinse a continuare.

- Che i vampiri non posso venire a contatto con crocifissi, acqua santa o cose del genere?! - chiese, soffermandosi ancora ad osservare che l'interno della chiesa era stato completamente ripulito da ogni simbolo della cristianità.

Patrick annuì in risposta, mostrandole un altro sorriso.

- L’effetto di crocifissi e dell’acqua santa sui vampiri provoca momentaneo stordimento e accecamento, se diretti agli occhi -.

Ali non poteva fare altro che sorridergli, carica di entusiasmo.

Non riusciva a crederci.

Finalmente poteva esporre tutti i suoi dubbi e tutte le sue domande sull'argomento con qualcuno che, di certo, ne sapeva molto su quell'argomento.

- E il sole? - rincarò, incrociando le braccia al petto e decidendosi ad avvicinarsi a lui.

- Solitamente i vampiri bruciano se la loro pelle viene a contatto con la luce del sole ..questo può provocare ustioni di varia gravità e arrivare fino alla morte.. ma noi Guardiani siamo dotati di questo speciale anello...- disse, mostrandole l’anello che portava al pollice della mano destra e che Ali aveva già notato la prima volta che si erano incontrati - Kooro dà uno di questi anelli al nuovo Guardiano il Giorno della Formazione per proteggerlo dalla luce del sole, in modo che la sua supervisione della città non avvenga solo di notte..- .

Patrick la guardò negli occhi poi alzò le spalle.

- Ma non chiedermi come sia fatto e in che modo ci protegga! Io so solo che al sole non brucio! - esclamò - Per il resto devi chiedere a Sascha.. è lui il più vecchio...-

- A chi è che hai detto del vecchio?! -.

Ali si voltò di scatto e vide Sascha risalire i gradini che portavano ai sotterranei e avvicinarsi lentamente tenendo gli occhi su Patrick.

- A te - rispose lui, stringendosi nelle spalle - Sei o non sei il più vecchio?! -.

Ali vide Sascha appostarsi davanti a lui, incrociare le braccia al petto e rifilargli uno sguardo di sfida.

- Vedi di portare rispetto, ragazzino!! Sarò anche il più anziano ma sono quello dalle capacità più sviluppate, quindi se fossi in te, mi limiterei alla pura e semplice gelosia.. Buongiorno, Alice - disse voltandosi poi verso di lei e mostrandole un ombra di sorriso.

Ali sorrise di rimando.

- Quindi, se ho capito bene, nel mondo dei vampiri vige la legge del più vecch.. anziano?! - chiese, correggendosi all'ultimo.

- Esattamente - rispose Sascha - Ma avremo tempo per parlare di queste cose nelle lezioni che terremo insieme..-

- Faremo delle lezioni sull’argomento?! - chiese Ali elettrizzata.

Lui annuì e lei non poté fare altro che sorridergli.

Non vedeva l'ora!!

Patrick abbassò lo sguardo sul suo orologio.

Erano le 16 .15.. e Sam non era ancora arrivata.

- Che fine ha fatto Sam?- chiese con un tono di voce leggermente preoccupato.

In quell'istante il sorriso sul volto di Ali sparì.

Poteva ancora sentire le parole che le aveva detto quella mattina.

- Penso proprio che non verrà - disse, serrando la mascella.

Patrick si voltò a guardarla, allarmato.

- Non è possibile! Le Sacerdotesse devono essere..-

- Verrà - lo interruppe Sascha.

Ali scosse la testa.

- È stata molto chiara.. non ha nessuna intenzione di venire..-.

- Se non viene, per noi è finita! Non possiamo mica costringerla! - esclamò Patrick sempre più allarmato.

- Non fatevi prendere dal panico.. Samantha arriverà.. è solo in ritardo..-.

Patrick si fermò a guardare il compagno.

Sembra tranquillo.

Sospirò, sperando che non si sbagliasse.

Ma del resto non era mai successo.

Ali, abbassò lo sguardo, poco convinta.

Conosceva Sam, nonostante tutto. Sapeva com'era fatta.

Alzò gli occhi solo quando sentì la voce di Sascha chiamarla.

- Alice..- le disse - Avrei bisogno del tuo aiuto -.

Lei corrugò le sopracciglia, perplessa.

- Non è niente di pericoloso, non preoccuparti - riprese lui - È che ho un piccolo dubbio e vorrei cercare di sfatarlo in qualche modo, ma solo tu puoi permettermelo..-.

Ora iniziava seriamente a preoccuparsi.

- Avrei bisogno che tu mi permettessi..- continuò lui, guardandola negli occhi - Di entrare nella tua mente..-.

- Che cos'ha?! - esclamò, spalancando gli occhi.

- Sarà solo per pochi istanti! - cercò di tranquillizzarla - Non ti farò alcun male e ti assicuro che non ti controllerò in alcun modo -.

Ali si fermò a guardarlo confusa.

Si fidava di lui.. ma doveva davvero permettergli di entrare nella sua testa?!

Lo guardò ancora per un istante poi si voltò verso Patrick. Lo guardò negli occhi..

- Me lo permetti? -.

Ali prese fiato, perdendosi ancora per un attimo negli occhi azzurri del ragazzo, poi si voltò verso Sascha e annuì.

- Io mi fido di voi - ripeté, più a sé stessa che a loro.

Sascha le mostrò ancora quel suo flebile sorriso.

- Perfetto -.

Le si avvicinò e prendendola per le spalle la voltò verso di sé, in modo che i loro corpi fossero uno di fronte all'altro.

Si fermò a guardarla negli occhi e Ali trattenne istintivamente il fiato mentre si perdeva nei suoi occhi verdi.

In un istante li vide lentamente mutare fino a raggiungere il nero più profondo.

Durò solo un attimo, proprio come le aveva detto lui, poi lui chiuse gli occhi e lei si riscosse, riprendendo fiato.

- Grazie, Alice. Sei stata bravissima - le disse lasciandola andare mentre lei scuoteva la testa incredula.

Già fatto?!

Si era immaginata almeno un po' di confusione o stordimento, invece no, assolutamente nulla.

- Wow! - esclamò - Non ho sentito nulla! -.

- Te l'avevo detto! - tuonò Patrick - Ti puoi fidare di noi! -.

Ali sorrise e con la coda dell'occhio vide Sascha appoggiarsi alla panca vicino a Patrick.

- Hai sfatato il tuo dubbio? - chiese curiosa.

Lo vide pensarci per un attimo, poi annuire,

- In parte - rispose, rimanendo sul vago.

Ali continuò a guardarlo sperando che lui le dicesse qualcosa in più ma poi lo vide alzarsi e avvicinarsi di nuovo.

- Ora, Alice se vuoi andarti a cambiare negli spogliatoi, ho preparato per te qualcosa da metterti durante gli allenamenti -.

- Si.. certo..-.

- Perfetto, allora scendi le sale e gira a destra, la seconda porta è quella dei vostri spogliatoi -.

Ali lo guardò ancora per un attimo, poi sorrise, spostò lo sguardo tra i due vampiri e si avviò lungo le scale, lasciandoli liberi di parlarsi liberamente.

Appena la sentì allontanarsi Patrick si scostò dalla panca per avvicinarsi al compagno.

- Che dubbio avevi? - chiese, incrociando le braccia al petto.

Sascha divenne ancora più serio e lo guardò negli occhi.

- Quando abbiamo incontrato per la prima volta le Sacerdotesse, ho cercato di controllare la mente di Samantha per tranquillizzarla.. - spiegò - Ma come sai non ci sono riuscito. Questo mi ha dato da pensare.. -

Patrick annuì.

- Quindi hai voluto provare ad entrare nella mente di Ali per vedere se anche con lei succedeva la stessa cosa -

- Esattamente.. -.

- E quindi? -.

Sascha scosse la testa.

- Non ci sono riuscito.. neanche con lei..-.

Patrick corrugò la fronte.

- Non è che c’è un problema nelle tue capacità? -.

Lui scosse la testa e si scostò dalla panca per iniziare a camminare, come faceva sempre quando cercava una soluzione ad un problema.

- Non penso, altrimenti avrei degli scompensi anche in altri campi..-

- Quindi che cosa potrebbe essere? - chiese Patrick, seguendolo con lo sguardo - Ti sarai fatto sicuramente un idea..-.

Sascha si fermò a guardarlo.

- Solo con una persona mi è capitata la stessa cosa, molto tempo fa - disse - Si chiamava Irina ed era.. -.

Patrick rimase a guardarlo durante la sua pausa ad affetto.

- Una strega -.

A quella parola Patrick si riscosse.

- Tu pensi che le Sacerdotesse siano.. delle streghe?! - esclamò, incredulo.

Sascha si strinse nelle spalle.

- Non ne sono sicuro ma è l’unica pista da seguire - disse - Dovrei portarle da Irina, magari lei riuscirà a darmi delle risposte..-

L’amico annuì - Quando hai intenzione di portarle da lei? -.

- Sicuramente non molto presto. Abbiamo bisogno che stiamo qui ora e che si allenino - rispose - Troverò il tempo di portarle al Covo di Irina quando ce ne andremo da qui...-.

Patrick annuì, facendogli capire che era d'accordo con lui.

Sascha prese fiato e sciolse le braccia dalla sua stretta, riavvicinandosi a lui.

- Adesso, vai pure a cambiarti - gli disse - Io aspetterò l’arrivo di Samantha. -.

- D'accordo - disse Patrick indirizzandosi verso le scale.

- Ah, Patrick! - lo richiamò Sascha, facendolo fermare - Per ora è meglio non dire niente alle ragazze della mia presunta intuizione. Hanno già abbastanza cose da accettare. Non vorrei aggiungerne altre inutilmente. -.

- Si, certamente! - esclamò Patrick prima di sparire oltre le scale.

Sascha lo seguì con lo sguardo fino a che sentì i suoi passi allontanarsi oltre la porta del loro spogliatoio.

Poi si voltò per raggiungere la porta.

Era ora di farla entrare.

 

 

Sam si guardò per l'ennesima volta intorno, continuando a torturarsi con i denti la pellicina sul lato di un unghia.

Non sapeva con esattezza da quanto tempo era lì fuori, ma si rendeva conto che forse era giunto il momento di decidere.

Le alternative erano due.

Entrare o tornarsene a casa.

Dopo aver preso l'improvvisa decisione di andare a quell'appuntamento, era corsa a raggiungere la sua mountain bike nera, aveva pedalato il più velocemente possibile attraverso i campi che portavano a quella chiesetta sperduta ma una volta raggiunta e abbandonato la biki contro in albero.. si era bloccata.

Ed era rimasta lì, vicino alla sua bici, terribilmente indecisa su cosa fare.

Cercò di prendere un respiro profondo e dalla sua borsa a tracolla estrasse il suo fedele alleato; il pacchetto di sigarette.

Si accese una sigaretta, sperando che il tabacco fosse riuscito a schiarirle un po' le idee, e iniziò a camminare nervosamente creando un solco tra la ghiaia della strada che precedeva la chiesa.

- Non lo sai che il fumo uccide? -.

Sam si riscosse spaventata quando la sua voce la sorprese alle spalle e nel gesto improvviso la sigaretta cadde, andando a spegnersi sulla ghiaia.

Si voltò di scatto con il cuore batteva all'impazzata e quasi perse un colpo quando lo vide appoggiato con una spalla all'albero dove aveva messo la bici, con le braccia incrociate al petto e gli occhi verdi fissi su di lei.

Merda! Non lo aveva nemmeno sentito arrivare!

- Non le leggi mai le frasi che trovi sopra i pacchetti? -.

Sam si fermò a guardarlo per un istante, cercando con tutta sé stessa di ignorare come la maglietta scura gli segnava il petto, lasciando liberi i muscoli delle braccia, oppure il modo in cui, al pallido sole, la sua pelle sembrasse incredibilmente chiara..

Si costrinse a riscuotersi e lo guardò duramente.

- E tu non sai che non si dovrebbe arrivare in questo modo alle spalle della gente?! -.

A quella sua reazione, Sascha si fermò per un attimo a guardarla, poi, all'improvviso, sorrise, ironico, alzando solo un lato della bocca.

Se lo aspettava da lei. Era una ragazza dalla risposta pronta.

Ci sarebbe stato da divertirsi.

Sam continuò a guardarlo mentre lui si faceva di nuovo serio e lanciava un occhiata al suo orologio da polso.

- Sei in ritardo - le disse - E si da il caso che io non sopporto chi arriva in ritardo.. e tanto meno chi fuma..-.

Sam si strinse nelle spalle e fece qualche passo per avvicinarsi a lui, ostentando una sicurezza che forse nemmeno lei era sicura di avere.

Ma in quel momento era l'unica cosa che gli voleva dimostrare.

Non lo temeva. E voleva farglielo capire fin da subito.

- Cosa dovrei fare? - chiese, lanciandogli uno sguardo di sfida - Chiederti scusa? -.

L'aria si era fatta improvvisamente pesante.

La tensione tra di loro era palpabile, anche se entrambi non erano pienamente certi di che natura fosse.

Si sfidavano, l'uno con l'altra, guardandosi negli occhi, a pochi metri di distanza, per capire chi fosse il più forte, chi tra i due avesse resistito di più e chi invece avrebbe ceduto a tutto quello che sentivano dentro di sé e al quale, per ora, entrambi non volevano dare ascolto.

Sascha ricambiò il suo sguardo - Sarebbe il primo passo, se vuoi andare d'accordo con me -.

- Sono venuta qua per allenarmi, non per fare amicizia con te! -.

- E allora cosa ci facevi qua fuori? Cosa stavi aspettando? Un invito scritto? -.

- Posso stare qua fuori tutto il tempo che voglio! Tu..-.

Le parole le si bloccarono in gola quando all'improvviso se lo ritrovò davanti, il suo torace a pochi centimetri dal naso.

Poteva sentire chiaramente la forte essenza del suo profumo.

Lentamente alzò gli occhi mentre il suo cuore ritornava a battere incredibilmente veloce e incrociò di nuovo i suoi occhi, gelidi e schermati.

Tutta la sua figura, alta e possente, incombeva su di lei.

Sam mandò giù a vuoto, mentre il fiato le si rompeva in gola.

- Senti, ragazzina! - le disse guardandola negli occhi - Non sono certo qui per farmi prendere in giro da te! Se sei venuta qua per fare come ti pare allora puoi benissimo tornartene a casa! Se invece sei venuta per allenarti allora cerca di avere un po' più di rispetto! Chiaro?! -.

Sascha la guardò ancora per un attimo negli occhi prima di allontanarsi da lei e avviarsi verso l'entrata della chiesa.

- Io ora vado a lavorare, tu fai pure quello che vuoi -.

Le mostrò le spalle mentre percepiva i suoi occhi che lo seguivano e a grandi passi raggiunse i tre gradini che precedevano l'entrata.

Aveva appena messo un piede sul primo quando la sua voce lo fermò.

- Sascha, aspetta! -.

Lui rimase fermo per un lungo istante in quella posizione prima di voltarsi lentamente e incrociare di nuovo il suo sguardo.

Lei era immobile, ferma nella stesso punto in cui l'aveva lasciata.

Con le mani stringeva la tracolla della sua borsa.

Lui si fermò a guardarla.

Osservò come alcune ciocche dei suoi capelli le ricadevano disordinate sulla fronte, come le guance le si erano leggermente arrossate, come il petto si alzasse a abbassasse seguendo il battito ritmico del suo cuore.

La guardò negli occhi per un tempo che sembrava infinito, poi senza dire niente, tornò a voltarsi e risalì i gradini per raggiungere la porta.

L'aprì con un braccio e fece per entrare ma poi si fermò e tornò a guardarla.

- Cosa aspetti ad entrare? -.

A quella sua domanda la vide scuotersi, come se l'avesse presa di sorpresa, poi sorrise, impercettibilmente, e iniziò a camminare a grandi passi verso di lui.

Appena gli fu di fronte, abbassò lo sguardo e fece per superarlo e trovare riparo nell'interno buio della chiesa, ma fu proprio allora che lui fece la sua mossa.

Prima che lei se ne accorgesse l'afferrò per un braccio e la costrinse a girarsi per guardarlo ancora negli occhi.

Non gli disse niente, si limitò a guardarla, mentre sentiva tutta la sicurezza che prima aveva aspramente ostentato svanire come polvere al vento.

Le lanciò un ultima occhiata poi la lasciò andare.

Aspettò di sentire i suoi passi scendere i gradini che portavano al sotterraneo prima di perdere un ultima volta lo sguardo verso i campi infiniti che circondavano la chiesa e sorridere.

Aveva vinto lui. Questa volta.

 

 

Patrick cercò di prendere fiato mentre sentiva tutta quella dannatissima tensione pesare sulle sue spalle e nello stesso momento si diede dello stupido!

Era un vampiro, cavolo! Poteva avere paura di “affrontare” due ragazzine??!

Eppure, era così! Aveva paura! Anzi, a dire la verità era completamente terrorizzato.

Non di loro, ovviamente, ma di tutta quella situazione.

Da quando era diventato Guardiano aveva ogni giorno dovuto prendersi enormi responsabilità, nei confronti di Kooro e soprattutto nei confronti della sua città.

Ma quello era assolutamente il compito più importante che gli era mai stato affidato.

Occuparsi delle Sacerdotesse, doverle formare per una battaglia che andava contro ogni immaginazione, avere tra le mani il futuro del mondo..

Era questo a terrorizzarlo!

E certo sentire gli occhi di Sascha continuamente puntati addosso non migliorava la situazione!

Anzi, rendeva tutto dannatamente più difficile.

Il suo compagno aveva fiducia in lui, e di certo non avrebbe fatto nulla per deluderlo.

Cercò di concentrarsi sulle ragazze, in piedi di fronte a lui.

Sentiva uno strano sentimento aleggiare tra di loro, come se avessero discusso.

Da quando erano entrate in palestra non si erano ancora degnate nemmeno di uno sguardo.

Si chiese cosa fosse successo ma durò solo per un attimo.

Per quanto gli dispiacesse e volesse aiutarle, in quel momento non aveva proprio tempo per farlo.

Aveva già i suoi bei problemi a cui pensare.

- Bene! - si decide ad esclamare, ponendo fine al pesante silenzio che si era fermato nella stanza - Siamo pronti per iniziare! Inanzi tutto vi spiegherò un po' quello che faremo nelle nostre lezioni..-.

Prese per l'ennesima volta fiato, costringendosi a mostrare un sorriso.

L'ironia era sempre stata la sua forza più grande, lo avrebbe aiutato anche questa volta.

- Come potete vedere io e Sascha non vestiti allo stesso modo..- disse voltandosi verso il compagno che se ne stava fermo con la schiena appoggiata al tavolo e con in dosso i suoi normali vestiti – Infatti, io vi insegnerò tutto ciò che riguarda l'addestramento fisico e seguirò il vostro allenamento, invece lui vi addestrerà in campo mentale e teorico. Naturalmente quando ne avremo bisogno parteciperà anche ai nostri allenamenti, ma per oggi si limiterà a guardare..-.

Mmm, bene!” pensò ironicamente Sam.

Non era già abbastanza difficile così, doveva anche continuare a sentire la sensazione di suoi occhi che scrutavano in silenzio ogni suo movimento!

Con indosso quella stupida tuta che era talmente stretta da mettere in risalto ogni curva del suo corpo e che la faceva sentire enormemente in imbarazzo!

Si preannunciava una giornata mentalmente complicata.

- Le particolari tute che vi abbiamo fatto indossare e che indosso a mia volta..- riprese Patrick come se avesse percepito in qualche modo i suoi pensieri - Sono costruite in maggior quantità da una speciale fibra metallica che permette ad essa di aderire perfettamente al corpo e quindi evitare l'ingombro di vestiti negli esercizi che faremo. Inoltre, questa fibra la rende molto resistente e evita di incorrere ad escoriazioni o lividi in seguito ad eventuali cadute. Per questo motivo la tuta è intera, lunga fino alle caviglie, con le maniche lunghe e il collo alto. L’unica cosa che la tuta non protegge è la testa.. quindi a quella cercate di badarci voi -.

Ali ridacchiò alla battuta e il suono per un attimo rimbombò nella stanza.

Sam alzò gli occhi, infastidita.

Chissà cosa aveva sempre da ridere!

Dove credeva di essere?! Al circo?!

Sbuffò, esasperata, incrociando le braccia al petto, mentre Patrick le lanciava uno sguardo per poi diventare serio.

- Un’altra cosa prima di cominciare..- riprese - Io cerco sempre di essere simpatico e di sdrammatizzare con voi su alcuni aspetti di questa situazione.. ma questo non è un gioco. Qui non stiamo giocando. Dovrete allenarvi seriamente e impegnarvi al massimo. Io ho il compito di impedirvi di prendere la cosa con leggerezza. Dal momento che entrate in questa palestra, d’ora in poi, dimenticatevi che io sia vostro amico. Qua dentro sono il vostro allenatore e pretendo da voi disciplina, buona volontà e rispetto! E soprattutto odio chi mi controbatte. Ciò che io dico, è legge! Quindi cercate di fare le cose appena vi vengono dette! Sono stato chiaro?! -.

Le ragazze si fermarono a guardarlo, entrambe stupite dal suo improvviso cambiamento.

- Sono stato chiaro??! - ripeté alzando il tono di voce e facendole scuotere.

- Sissignore!! -.

- Così va bene!! - urlò battendo le mani - Ora iniziamo! Forza! Tre giri di corsa della palestra!! Subito!! -.

Patrick osservò le ragazze guardarlo per un breve istante e poi partire di corsa, seguendo il perimetro della palestra, e dovette trattenersi dalla scoppiare a ridere.

Wow!! Non poteva crederci di esserci riuscito davvero!!

Istintivamente si voltò verso Sascha che era rimasto fermo nella sua posizione e si avvicinò a grandi passi per prendere posto vicino a lui, cercando con contenere quell'assurda eccitazione.

- Come sono andato? - gli chiese con il tono di voce più piatto che poteva, costringendosi a non guardarlo.

- Sei stato convincente. Bravo.. Mi piace il clima di terrore che hai creato -.

- Ho imparato dal migliore..-.

Così dicendo si affrettò ad allontanarsi mentre un sorriso di soddisfazione gli riempiva il volto.

Bravo..

Neanche si immaginava cosa volesse dire per lui sentirglielo dire.

Patrick tornò a seguire con lo sguardo le due ragazze mentre finivano la prima serie di esercizi e si fermavano di nuovo di fronte a lui.

Sam sembrava rilassata mentre Ali aveva già il fiato corto, si era piegata con il busto in avanti e appoggiava le mani alle cosce per riprendere fiato.

- Cerca di riprenderti in fretta, Ali! - la riprese, più duramente di quanto avesse realmente voluto - Abbiamo appena iniziato! -.

Ali sospirò profondamente.

Sapeva che sarebbe stata una giornata molto dura.

Lei non era mai stata una che amasse molto l'attività fisica.

E in più sentire continuamente addosso la tensione che si era creata tra lei e Sam, rendeva tutto ancora più difficile.

Ali sapeva che se fosse state unite tutto sarebbe stato più facile da sopportare.

Ma sapeva anche che era giunto il momento di dimostrarle una volta per tutte che poteva affrontare tutto quello anche da sola! Doveva farlo per sé stessa!

L’allenamento continuò con qualche minuto di stretching dove Patrick compiva a specchio tutti gli esercizi che le ragazze dovevano fare, poi il vampiro si riposizionò in stazione eretta e riprese parola.

- Bene! Ora che abbiamo completato la prima parte di allenamento è tempo di iniziare la mia parte preferita! Durante questa sezione nel corso delle nostre lezioni imparerete i movimenti e le tecniche che dovrete riutilizzare durante la battaglia! Oggi, dato che il vostro primo giorno d’allenamento inizieremo con i movimenti elementari. Voglio vedere a che punto siete e se avete una sufficiente conoscenza di esse per procedere al meglio -.

Senza aggiungere nulla raggiunse il centro della palestra, afferrò con una mano uno dei materassini e lo trascinò fino a portarlo di fronte alle ragazze.

- Gli esercizi fondamentali che dovrete essere in grado di eseguire sono la capriola avanti, la capriola indietro, la verticale e la ruota! -.

A quelle sue parole Sam non riuscì a fare a meno che ridacchiare.

Patrick si voltò a guardarla, stranito e anche leggermente irritato.

- Lo trovi divertente, Sam? - le chiese puntando gli occhi nei suoi.

La ragazza ridacchio per un altro attimo, poi si fermò a guardarlo.

- Si, abbastanza - rispose - Non credevo che si riuscisse a salvare il mondo con due capriole e quattro saltelli -.

La sua voce era affilata come un coltello e per un attimo Patrick ne fu quasi sorpreso.

Come si stupì del modo in cui sosteneva il suo guardo.

All'improvviso sentì di nuovo lo sguardo di Sascha addosso.

Quella ragazza era un osso duro.

Ma se credeva di poterlo spaventare con così poco, si sbagliava di grosso.

Si limitò a guardarla senza dire niente e poi spostò gli occhi su Ali che aveva uno sguardo decisamente diverso.

- C'è qualcosa che non va, Ali? - le chiese, notando la sua espressione.

- Si.. - rispose lei, imbarazzata - Io non ho mai fatto.. questi esercizi in vita mia.. insomma.. non sono capace a farne nemmeno uno -.

Lui si fermò a guardarla per un attimo mentre lei teneva lo sguardo basso e si portava le braccia a cingersi il corpo.

Era così.. adorabile.

Si, insomma, c'era qualcosa in lei che lo inteneriva al limite della decenza.

E fu proprio guardandola che capì cosa fare.

- Sam - esclamò tornando a guardarla - Perché non le fai vedere tu come fare? -.

Per un attimo Sam pensò di non rispondergli, oppure di mandarlo a quel paese e andarsene una volta per tutte da lì, poi ci ripensò, e sorrise.

Senza dire nulla si avvicinò al materassino e una volta raggiunto alzò di nuovo lo sguardo su di lui.

Lui ricambiò il suo sguardo poi si spostò fino a mettersi al fianco di Ali e incrociò le braccia al petto.

- Fammi vedere come fai la verticale - .

Sam distolse lo sguardo da lui, prese un sospiro, si piegò su se stessa, appoggiò le mani a terra e facendo spinta con una gamba si sollevò fino a riunire le gambe.

Tenne il corpo dritto in quella posizione per qualche secondo e poi raccolse le gambe e tornò a terra ritrovandosi girata dalla parte opposta di quella di partenza.

Quando tornò a guardarlo, lo vide annuire.

- Ora fammi la capriola in avanti e subito dopo quella indietro -.

Sam compì alla perfezione anche quegli esercizi e terminò la sua serie con una ruota eccelsa.

Una volta finito si mise in piedi, con un sorriso di estrema soddisfazione dipinta sul volto.

Sentì il Guardiano avvicinarla e fermarsi di fronte a lei.

- Niente male..- convenne, guardandola negli occhi - Ma non credere di essere la più brava di questo mondo, perché non lo sei! -.

Sam rimase immobile mentre lui le si avvicinava sempre di più fino ad esserle addosso.

Vide i suoi occhi azzurri puntarsi nei suoi.

- Non voglio più vedere sul tuo volto quell’espressione di strafottente superiorità!! Hai capito?!! -.

Patrick si fermò a guardarla negli occhi.

Pretendeva una risposta.

- Hai capito??! - ripeté, urlandole addosso.

- Si! -.

- E ora vai dove ci sono i macchinari e fammi cinque chilometri di corsa!!!- disse indicandole con un braccio il fondo della palestra.

Lei continuò a guardarlo, senza dare segno di volersi muovere.

- Subito!! -.

La ragazza sostenne un altra volta il suo sguardo, poi prese fiato e si apprestò a fare come gli aveva detto.

Patrick la seguì con lo sguardo mentre raggiungeva i macchinari, poi sposto lo sguardo su Ali.

- Ora tocca a te. Vieni qui, avanti -.

Ali dovette prendere fiato prima di avvicinarsi lentamente.

Le gambe le tremavano per la paura.

Era terrorizzata. E il motivo non erano solo quei semplici esercizi.

La sua improvvisa sicurezza iniziava a vacillare.

Se temeva di fare una capriola.. come poteva pretendere di combattere una guerra?!

Raggiunse il ragazzo, che la guardava attento, e prese posto sul materassino.

Sapeva che lui poteva sentire tutto quello che stava provando e questo la faceva sentire ancora peggio.

All'improvviso sentì la sua presa sul braccio quando si voltò la vide guardarla negli occhi.

- Tu uscirai da qui sapendo fare questi esercizi..- le disse - Te lo giuro -.

Ali lo guardò negli occhi e sorrise.

Il modo in cui la trattava, la faceva sentire.. bene.

Prese di nuovo fiato e si preparò per iniziare.

Lui l'aiutò passo per passo, fino a quando riuscì a posizionarla nella verticale.

Improvvisamente le lasciò le gambe, ma le riprese subito dopo vedendo che stava per cadere.

La tenne in quella posizione per qualche secondo per farle capire in che modo doveva tenere il suo corpo, poi la fece scendere.

La ripeté per due volte e la seconda volta era già quasi in grado di reggersi da sola e terminare l’esecuzione.

La sesta volta che ripeteva l’esercizio aveva definitivamente imparato a fare la verticale.

Ali scese da sola e quando si ritrovò seduta a terra, scoppiò in una fragorosa risata che rimbombò per tutta l’aerea della palestra.

Rendendosi conto degli occhi di Patrick su di lei cercò senza successo di contenersi.

- Non avrei mai immaginato di riuscirci!! - esclamò tra le risate.

Patrick si strinse nelle spalle.

- Niente è impossibile. Dovreste averlo capito ormai.. ma ora..- disse serio - Finiscila! E fai la capriola!! -.

La risata di Ali svanì in un istante, mentre Sam dal fondo della sala continuava a pentirsi di essere entrata in quella palestra.

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo ***


Non sarebbe dovuta andare in quella chiesa!!

Avrebbe dovuto starsene a casa e alla larga da quella situazione come il buon senso le diceva di fare!!
E invece no, aveva lottato contro sé stessa per andarci e per cosa?

Per essere trattata in quel modo!!

Mmm!! Che nervoso!!
Sam pedalava a tutta velocità per scaricare la rabbia incamerata in tutto quel lungo pomeriggio.

Non riusciva a fare altro di pensare al modo in cui loro si erano rivolti a lei.

Patrick e la sua improvvisa autorità, Ali e il suo insopportabile distacco e Sascha..

Bhè, lui era una storia a parte!

Cristo, come non lo sopportava!!

Odiava tutto di lui!
Quella sua ostentata aria di superiorità, il modo in cui la guardava, il fatto che volesse avere sempre e costantemente ragione lui e il suo modo di fare!

Odiava il suo tono di voce, così insopportabilmente superiore!

Odiava quando non faceva altro che stare in silenzio a fissarla, con quelle dannatissime braccia incrociate al petto!

E soprattutto.. soprattutto odiava tutto quel turbinio di emozioni che provava tutte le volte che le era vicino, che la guardava negli occhi, che sentiva il suo sguardo addosso, e che non facevano altro che confonderla ancora di più di quanto già non lo fosse.

Come se tutto quello che le stava succedendo non fosse già terribilmente difficile.

Aveva appena svoltato la piccola curva che formava l'entrata del paese quando all'improvviso si fermò.

Riprese fiato, con le mani ancora ancorate al manubrio della bici e gli occhi fissi sul ragazzo che era a pochi metri da lei.

Marcus.

Era seduto alla base della grande statua del fondatore, insieme al suo gruppo di amici.

Parlava animatamente con un ragazzo che era in piedi di fronte a lui e rideva alle sue battute.

Sam si fermò a guardarlo attentamente.

Non lo vedeva da quella strana notte in cui se l'era ritrovato di fronte al portone di casa.

Più volte aveva pensato a quell'episodio e aveva cercato di dargli una spiegazione.

Dopo essere venuta a conoscenza della verità aveva iniziato a pensare che centrasse in qualche modo Monike.

Quella era certo la spiegazione più logica e l'unica che le venisse in mente.

Per poterle avvicinare aveva bisogno di usare persone a loro vicine, come Marcus.. e Bob..

A quel pensiero Sam non poté fare a meno che abbassare lo sguardo.

Non riusciva ancora a sopportare l'idea che lui non c'era più, che il tutto era successo per colpa sua e che anche Marcus avrebbe potuto fare la stessa fine.

Tornò a guardarlo e lo vide sorridere.

Sembrava stare bene. Come se nulla fosse mai successo.

Forse avrebbe dovuto parlargli..

Si, ma per dirgli cosa?!

Ah, ciao Marcus! Come va?! Senti, credo di sapere cosa ti è successo quella notte! La colpa è una vampira che ti ha avvicinato perché voleva uccidermi!! Tutto chiaro adesso, no?!”

Si, certo!! Così l'avrebbe presa per pazza una volta per tutte!

No, era davvero un pensiero molto stupido.

E poi non aveva abbastanza confidenza per poter andare a parargli.

Sì, si erano un paio di volte a scuola ma nulla di più.

E poi fino a poco tempo prima non poteva nascondere il fatto che il ragazzo le era anche piaciuto molto.

Anche se adesso le cose era a dir poco cambiate.

Adesso c'era lui.

Scosse la testa, cercando di allontanare quegli stupidi pensieri e ricominciò a pedalare con l'assurdo desiderio di ritornare a casa e allontanarsi da tutti quei casini almeno per un po'.

 

 

Ali si lasciò cadere sul letto, liberando un gemito di dolore.

Ogni singola parte del suo corpo le faceva male.

Quella lezione era stata decisamente troppo faticosa per una come lei, che aveva passato tutta la sua vita seduta su un divano.

Se quella era la prima lezione e, a detta di Patrick, la più semplice, allora non osava immaginare come sarebbero state le altre.

Nonostante tutto però si sentiva estremamente fiera di sé.

Infondo, anche se con qualche difficoltà, era riuscita a compiere tutti gli esercizi.

Non era certo una vittoria, ma comunque un passo avanti.

Si lasciò scappare un sorriso e rilassando la testa contro il cuscino i suoi occhi caddero sul suo computer, riposto ordinatamente sul mobile di fianco al letto.

Lo usava pochissimo, non era certo una a chi piacesse molto la tecnologia, e infatti era praticamente nuovo.

Visto che in quel momento non aveva nulla di meglio da fare si allungò per afferrandolo e sollevandosi a sedere e appoggiando la schiena contro i cuscini se lo mise sulle gambe.

Una volta acceso, iniziò a vagare senza uno scopo preciso nella rete, quando ad un certo punto le venne in mente di dare un occhiata alla sua casella e-mail.

Anche quella la controllava pochissime volte, solo quando, come in quel caso, non aveva nulla da fare.

Iniziò a spulciare annoiata l'infinità pubblicità quando un segnale l'avvisò che le era arrivato un messaggio nella chat.

Appena lo lesse non poté fare a meno di sorridere.

 

Ehi, splendore!!”

 

Johnathan!

Non lo sentiva da quando lui e Hans erano partiti.

Si affrettò a rispondergli.

 

Johnny!! Come stai?? Come va ad Amburgo?! E Hans?! Sta bene?!”

 

Ali sorrise.

Già se lo immaginava, con il volto illuminato dalla luce del computer, che scoppiava a ridere per la sua solita seria infinita di domande.

 

 

Qui tutto bene, Hans sta bene, è sempre il solito rompiscatole! Ah, a proposito, ti saluta! Ma tu piuttosto, come stai?! E Sam?”

 

A leggere quel nome un leggero nodo andò ad imprigionargli lo stomaco.

Fino a quel momento si era costretta a non pensare a lei, semplicemente perché le faceva troppo male.

Era incredibile il modo in cui l'aveva trattata, con distacco e rancore, come se non avesse mai significato nulla per lei.

Per un certo verso riusciva anche a capirla.

Doveva ancora affrontare il dolore per la perdita improvvisa del padre quando le era stata buttata addosso una verità molto più grande di lei.

Ma questo non voleva dire che dovesse reagire così, ringhiando e mostrando i denti come un animale selvatico!

Si, aveva paura, ma anche Ali l'aveva.

Per lei, Ali aveva accettato tutto semplicemente, senza nessun problema, ma non era così.

Non era assolutamente così!

Anche per lei era stato uno shock!

Ma alla fine aveva accettato la verità.

Non aveva avuto altra scelta.

Ma Sam questo non lo capiva.

Era troppo egoista per farlo.

 

Ali, ci sei??”

 

Si riscosse.

Per un attimo pensò di dirgli tutto, sfogarsi con lui.

Sapeva che Johnathan era la persona adatta con cui confidarsi e che avrebbe di certo trovato un modo per aiutarla.

Ma non poteva..

 

Stiamo bene..”

 

Gli mentì.

Anche se era l'unica cosa che mai si era immaginata di fare.

Ancora una volta, non aveva alternative.

 

Bene.. mi mancate.. soprattutto tu..”

 

 

Ali si fermò a guardare quelle ultime parole e tutto il senso che esse nascondevano.

Johnathan..

Quanto le mancava.

 

Anche tu..”

 

Sorrise, immaginando che lui a chilometri di distanza stesse facendo lo stesso, e prendendo fiato, iniziò a chattare.

 

 

Il vampiro sentiva i pugni chiusi scontrarsi con furia contro la superficie di cuoio.

Allenarsi era l'unico modo per provare a smettere di pensare, provare a porre fine almeno per un attimo a quei terribili sensi di colpa, a quella sensazione di totale fallimento, alla rabbia che non aveva ancora smesso di logorarlo da quella maledetta notte.

 

Non è colpa mia! Non so cosa sia successo, Sascha! Credimi!”

 

Lanciò un urlo e colpì il sacco da box così forte che la catena che lo collegava al soffitto si staccò dal cardine e tutto il sacco cadde sul pavimento della palestra insieme ad una parte dell'intonaco che ricopriva il soffitto.

Cercò di riprendere fiato e di controllarsi mentre sentiva i canini premere per uscire fuori e liberare il furore che nascondeva dentro di sé.

I suoi occhi caddero sulle sue nocche insanguinate.

Vide le piccole ferite sparire sotto il suo sguardo, come se non fossero mai esistite.

- Non mi sembra il caso di rompere tutto -.

Sascha si voltò di scatto verso il centro della sala e vide Patrick in piedi che lo osservava.

Non l'aveva nemmeno sentito entrare.

Si fermò a guardarlo per un attimo, facendo un respiro profondo.

Aveva i capelli bagnati, segno che doveva essere appena uscito dalla doccia.

La maglietta grigia aderiva al suo petto umido e le mani tenevano stretto un asciugamano blu.

Sascha lo guardò ancora un attimo negli occhi poi scosse la testa, abbassando lo sguardo.

- Non volevo colpirlo così forte..-.

Il compagno non disse niente, ma lui sapeva che queste poche parole non gli sarebbero bastate.

Per quanto cercasse di nascondergli tutta la rabbia che provava, era impossibile che Patrick non la percepisse.

- L'attacco alla Sacerdotesse..- gli spiegò - Non avrebbero mai dovuto avvicinarle così tanto! -.

Infondo non gli aveva mentito completamente, anche se il vero motivo della sua rabbia era ben diverso.

- Lo so.. - disse Patrick, fingendo di accettare la sua spiegazione - Ma sono certo che non capiterà più, ci siamo noi a proteggerle adesso..-.

Sascha annuì, abbassando un'altra volta lo sguardo.

Non avrebbe fatto due volte lo stesso errore.

Non avrebbe permesso a nessuno di farle del male.

All'improvviso sentì qualcosa di bagnato colpirgli il viso.

Si riscosse e gli lanciò un occhiataccia, ritrovandosi tra le mani il vecchio asciugamano blu.

- Forza! Vai a farti una doccia! - esclamò, sorridendogli - Si sente il tuo tanfo fino a Colonia!! -.

Sascha gli lanciò un'altra occhiataccia e lo seguì con lo sguardo mentre spariva oltre la soglia della palestra.

Aspettò qualche istante prima di riscuotersi e decidersi a seguire il suo suggerimento.

L'acqua fredda gli scivolava sulla pelle e Sascha per un attimo si lasciò andare, provando a rilassarsi, cosa che in ogni caso non sarebbe mai riuscito a fare del tutto.

Quei pensieri e quel dolore non sarebbe mai andato via completamente.

Una volta asciutto e con in dosso una maglietta pulita, afferrò uno degli asciugamani riposti alla rinfusa in uno degli scaffali degli spogliatoi e iniziò ad asciugarsi i capelli quando all'improvviso lo raggiunse il suono lontano di una canzone.

Deciso a scoprire cosa la produceva, uscì dalla stanza e iniziò a camminare lentamente lungo i corridoi, seguendone la melodia.

Ora poteva sentirla chiaramente.

Era una vecchia canzone, di una nota cantante americana, di cui però non ricordava il nome.

Quando mise piede nella stanza e vide la nuca di Patrick apparire da sopra la poltrona grigia non riuscì a contenere un sorriso, ripensando alla faccia che aveva fatto appena gliela aveva mostrata e tutti gli accidenti che gli aveva mandato per avergliela tenuta nascosta fino a quel momento e averlo fatto dormire in un cimitero.

Era l’unica stanza arredata di tutto il buncher.

Era molto più piccola delle altre ma questo non faceva molta importanza.

A pochi passi dalla porta erano posizionate due grandi poltrone in tessuto grigio, separate da un tavolino di ferro.

Di fronte a loro, sul pavimento, era sistemato un antico tappeto persiano, sul quale appoggiavano una alta abajour degli anni venti e un elegante mobile in legno che supportava il giradischi, dal quale si diffondeva la canzone.

Di fianco ad esso, infine, c'era una libreria, piena di libri e dischi di ogni genere e un piccolo frigorifero.

Era da lì che, molto probabilmente, Patrick aveva estratto la sacca con cui aveva riempito il calice che teneva in una mano.

- Un attacco di nostalgia? - gli chiese Sascha, andando a sedersi sull'altra poltrona.

Patrick scosse la testa, osservando le sfumature che il liquido rosso assumeva attraverso il vetro.

- Avevo semplicemente voglia di sentire un suono diverso da queste dannate ventole! - esclamò indicandone una alle sue spalle.

Solo allora Sascha si accorse del bicchiere identico a quello che lui teneva in mano, appoggiato sul tavolino di fianco alla sua poltrona.

Lo afferrò, in silenzio, e ne bevve un sorso, assaporando il gusto corposo del sangue fresco.

- Si, lo so che non è il massimo, ma è tutto ciò che abbiamo a disposizione..-.

Sascha osservò per un attimo il calice, poi alzò le spalle.

- Certamente ho bevuto di meglio.. - convenne - Ma anche di molto peggio..-.

Patrick si girò a guardarlo.

Dalla sua espressione si capiva perfettamente che non intendeva continuare a parlare del gusto del sangue.

- C’è qualcosa che non capisco..- iniziò, dubbioso - Come hai fatto a convincere Sam ad entrare oggi pomeriggio? Mi sembrava di aver capito che non ne avesse alcuna voglia..-.

In quell'istante Sascha sentì un nodo stringergli lo stomaco.

Sam..

Un altro grosso problema.

Anzi, a dire la verità era il problema più grande che avesse, nonostante tutto.

Ancora non era riuscito a spiegarsi che cosa fosse successo la prima volta che l'aveva vista.

E dopo allora, mille altre incognite gli si erano presentata davanti senza che lui riuscisse a trovare una soluzione.

Come ad esempio il fatto che riuscisse a sentire i suoi sentimenti anche se non le era vicino, oppure il fatto che non solo lì percepisse chiaramente durante tutta la giornata ma che sembrasse facessero addirittura parte di lui, come se per qualche ragione li condividesse, o l'assurda sensazione di.. pace.. che sentiva tutte le volte che vedeva.

Tutto quello era terribilmente assurdo.

Non si era mai sentito così.

E non c'era nulla che lo spaventasse di più di non capire cosa stava succedendo.

- Diciamo.. - disse cercando di sembrare il più tranquillo possibile - Che ci è voluta solo un po' di determinazione.. e ha capito cosa doveva fare..-.

- Quindi l'hai costretta..-.

- Non l'ho costretta - precisò - Contrariamente a quello che vuol fare credere, lei vuole allenarsi, lei vuole essere una Sacerdotessa. Le serve solo qualcuno che glielo faccia capire -.

- E questo qualcuno ovviamente saresti tu..-.

Patrick si pentì di quella frase nell'esatto istante in cui la disse.

Forse avrebbe solo dovuto pensarlo.

Per fortuna Sascha non disse nulla, tornando a concentrarsi sul suo calice.

- Hanno litigato..- riprese Patrick, cambiando opportunamente discorso e rompendo il silenzio che si era per un attimo creato tra di loro - E la cosa non mi piace per nulla! -.

- L'ho notato..- disse lui - Ma non c'è da preoccuparsi..-.

Patrick si voltò a guardarlo incredulo.

- Come fai a dire così?!! -.

Sascha si voltò a guardarlo negli occhi poi si lasciò scappare un lieve sorriso.

Con un solo sorso svuotò il calice, lo appoggiò sul tavolino e si alzò per dirigersi verso il giradischi che, bloccandosi su un punto, ripeteva ossessionatamene due sillabe della canzone.

Con un dito alzò la punta di ferro per terminare l'estenuante riproduzione e la stanza fu nuovamente riempita dal fastidioso rumore metallico della ventola.

- Oh, Patrick, Patrick! - esclamò - Tu ti fai sempre prendere dal panico troppo facilmente! -.

Sascha si voltò nuovamente verso di lui e lo vide guardarlo, desideroso che gli spiegasse ciò che ovviamente aveva in mente.

- La prima cosa da fare domani.. - iniziò - È portare le Sacerdotesse nel posto in cui i “Cuori di Cristallo” possono essere attivati..-.

- Il Tempio di Kiara! - lo interruppe Patrick.

Sascha annuì in risposta, compiaciuto dalla sua conoscenza.

- Domani di buon ora lo raggiungeremo e una volta attivati i Cristalli, torneremo qui, dove ti chiedo di poter eseguire io una parte di allenamento..-.

- Certo - convenne Patrick - Ma sei sicuro che dopo quello che hai in mente tra di loro sarà tutto sistemato? -.

Sascha si fermò a guardarlo, alzando un sopracciglio.

- Ho mai avuto torto io?! - esclamò - E poi se non dovesse funzionare ci penserà Kiara a farle ragionare. La prima visione avviene la notte stessa dell’attivazione -.

Patrick lo guardò, compiaciuto e sorridendo alzò il calice in un brindisi di ipotetica vittoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo ***


Sam alzò lo sguardo verso lo schermo del televisore e osservò i titoli di testa del film che si stava preparando a vedere.

Quella mattina si era svegliata presto, dopo una notte praticamente insonne.

Alle sei era già appostata al tavolo della cucina, causando un forte spavento in sua madre, che mai al mondo si sarebbe aspettata di vederla in piedi così presto.

Verso le sette aveva deciso di andare alla stalla, per prendersi cura dei cavalli.

Appena l'aveva vista entrare, Vancouver, l'aveva accolta con un forte nitrito, incitandola ad una bella cavalcata, ma quella mattina non ne aveva molta voglia, quindi si limitò a strigliarli e a farli uscire nel recinto in modo da poter pulire le stalle.

Una volta finito, era tornata a casa e non avendo nulla di meglio da fare aveva deciso di vedersi un film, scegliendone uno senza nemmeno vederne il titolo.

Erano passati dieci minuti e lei ancora non era riuscita a concentrarsi sulla trama.

Aveva troppe cose per la testa.

Sospirando, lanciò un'occhiata all'orologio a muro.

L'appuntamento alle chiesa era per le 10.30.

Tornò a guardare lo schermo, osservò il protagonista del film discutere animatamente con il capo della polizia che cercava di incastrarlo e decise che si era stufata.

Alzò la mano che stringeva il telecomando, spense il televisore e, seppur di malavoglia, si alzò.

Aveva anche pensato di non andarci a quell'appuntamento.

Infondo, non è che ne avesse molta voglia, soprattutto se doveva essere trattata come il giorno prima!

Ma, poi si era ricordata di tutti i motivi che alla fine l'avevano spinta ad andare e aveva capito che non aveva scelta.

Seppur avrebbe voluto scappare, seppur avrebbe voluto far finta di niente..

Quella storia faceva parte di lei.

Frugò per qualche secondo nell'armadio, giusto il tempo per tirar fuori le prime cose che le capitavano a tiro, infilò le scarpe da ginnastica e salì le scale per uscire dalla porta principale, decisa a partire un po' prima.

Si chiuse il cancello alle spalle e dalla borsa estrasse il suo iPod, si posizionò le cuffie alle orecchie e lo accese prima di iniziare a camminare.

Era in anticipo e camminare con la musica alle orecchie, forse le avrebbe dato il tempo per pensare.

O meglio, per smettere di farlo.

Aveva davvero troppe domande, troppi dubbi, al quale non riusciva a darsi una risposta.

A partire da lui.

Tutto partiva da lui.

Senza nemmeno accorgersene era già arrivata al paese.

Come sempre la strada era deserta

Quando arrivava l'estate quel paese si svuotava.

Non che nel resto dell'anno ci fosse molta più gente, però in quei tre mesi sembrava ancora più desolato del solito.

Sam odiava quel paese.

Odiava il fatto che fosse così piccolo, odiava che si conoscessero tutti e soprattutto odiava che tutti fingessero di volersi bene, anche se era ovvio che non fosse così.

Aveva sempre immaginato il momento in cui se ne sarebbe andata da lì e un giorno lo avrebbe fatto davvero.

Proprio in quell'istante Sam, si ritrovò a passare di fronte alla casa dei Meyer.

Quasi non la riconosceva. Con le imposte chiuse e una terribile aria di tristezza.

Sembrava passato un secolo dal giorno in cui aveva salutato Hans e Johnathan.

Anche se erano passati solo pochi giorni, se pensava a quel periodo le sembrava come se appartenesse ad un altra vita.

E in effetti, per un certo verso era così.

In quei pochi giorni era cambiato tutto e lei era cambiata insieme a lui.

Non poteva più tornare indietro.

Una fitta al cuore la colpì nell’istante esatto in cui la vide.

Si stava sempre più avvicinando alla casa di Ali.

Quella casa era stata da sempre per lei come una seconda dimora.

Un posto dove rifugiarsi quando era triste e malinconica oppure felice e spensierata, dove avrebbe sempre ricevuto un amore semplice ma incondizionato.

Com’era possibile che tutto fosse cambiato così radicalmente?

Le parole di Ali la ferivano sempre di più.

Ogni volta che le sentiva ripetere nella sua testa, la colpivano come se fossero state delle pugnalate inflitte al suo cuore.

Le dispiaceva essersi comportata in quel modo il giorno prima, durante l’allenamento.

Ma l’unico modo per sopravvivere al dolore era fingere che non ci fosse.

Colpire chi la faceva soffrire, ripagandola della stessa moneta.

Quanto avrebbe voluto chiarirsi con lei!

Quanto avrebbe voluto tornare indietro e cancellare quella discussione!

Rivoleva la sua migliore amica. Quella che c’era sempre stata.

L’unica persona al mondo che l’aveva sempre capita realmente.

Ma se quella Ali non c'era più?

Se anche lei era cambiata e non era più la stessa di prima?

Se quelle parole che le aveva detto ora le pensava veramente?

Se era così, allora, anche se sarebbe stato come tagliarsi un braccio, o ancor meglio un parte del suo stesso cuore, avrebbe tagliato i rapporti con lei per sempre.

Non aveva bisogno del sostegno di nessuno per compiere la sua missione.

Ce l’avrebbe fatta da sola.

Ma forse stava mentendo a sé stessa.

Superò la casa di Ali senza rivolgerle nemmeno uno sguardo e continuò a camminare spedita concentrandosi sulle note metal della canzone che le riempiva le orecchie.

Era quasi giunta di fronte al “Malakya” quando una voce le giunse nello spazio di silenzio tra una canzone e l'altra.

Alzò gli occhi dall'asfalto e incrociò il viso crucciato di Vincent, che sfogava la propria frustrazione, spazzando con una scopa di paglia le foglie fuori dal locale.

- E dove lo trovo un altro barista io adesso, eh, me lo dite??! Maledetto di un portoghese che se n'è andato da un giorno all'altro senza dire nulla a nessuno!! Lo sapevo io che non dovevo fidarmi di lui!! -.

Sam abbassò di nuovo lo sguardo, cercando di non soffermarsi troppo sul cartello con scritto “cercasi personale” appeso alla vetrina del bar.

Ancora non le sembrava possibile.

Bob. Uno dei suoi più cari amici.

E tutto per colpa di quella Monike!

Sentì un nodo di rabbia e tristezza raggiungerle la gola.

Si costrinse a ricacciarlo indietro e alzò il volume della musica, prima di prendere la stradina sterrata che portava ad Hoznag e ai campi che circondavano il paese.

Per il resto della strada la musica l'aiutò a staccarsi da tutto il resto del mondo e giunse nei pressi della chiesa quasi senza accorgersene.

L'aria iniziava a farsi sempre più calda e afosa e il sole iniziava a picchiare sulla sua pelle.

Per trovare un po' di riparo, Sam risalì i primi gradini e andò a sedersi su quello che ancora per un po' sarebbe rimasto all'ombra.

Prese fiato e perdendo lo sguardo di fronte a sé decise di spegnere la musica.

Ripose l'iPod all'interno della borsa e nel farlo le venne la strana sensazione che le mancasse qualcosa.

Fissò per un istante il contenuto e all'improvviso un velo di terrore le passò la fronte..

Le sigarette!!!
Le aveva dimenticate a casa!!

Se sua madre le avesse trovate..

- Merda!! - esclamò, iniziando a scavare con le mani all'interno della borsa nel disperato pensiero che si fossero nascoste da qualche parte.

Era quasi sull'orlo di una crisi di panico, quando..

- Dimenticato qualcosa? -.

Sam lanciò un urlo, alzandosi di scatto e portandosi le mani al petto.

Si voltò con gli occhi spalancati e lo vide in piedi dietro di lei, vicino alla porta della chiesa, con addosso la solita maglietta nera e la stessa espressione seria sul volto.

- Merda!! - esclamò di nuovo, mentre il cuore continuava a battere all'impazzata, iniziando a gesticolare animatamente per accentuare il senso delle sue parole - Potresti smetterla di apparirmi alle spalle sempre in questo modo?!! Insomma!! Ho un cuore io!! Vuoi farmi venire un infarto per caso??!! -.

Sam lo vide fermarsi a guardarla per qualche istante e poi, senza che minimamente se lo aspettasse, sorrise.

Un sorriso breve e leggermente trattenuto, ma il più bel sorriso che lei avesse mai visto e che per un attimo riuscì a destabilizzarla completamente.

Si riscosse, cercando di recuperare velocemente il controllo.

Incrociò le braccia al petto e gli lanciò un'occhiataccia.

- E ora che cos'hai da ridere?!! -.

Sascha scosse la testa.

- Si vede che sei Italiana -.

A quelle parole, Sam corrugò le sopracciglia.

Come faceva a saperlo?

- Sono stato in Italia.. molto tempo fa..- le spiegò lui - E solo gli italiani gesticolano come fai tu -.

Sam lo guardò per un attimo poi distolse lo sguardo, slegò le braccia e risalì il gradino per rimettersi seduta e lasciarlo alle sue spalle.

- Non sono Italiana - precisò, senza nemmeno voltarsi a guardarlo - Mia madre lo è -.

- Oh.. perdonami..-.

Sam abbassò lo sguardo sui lacci bianchi delle sue scarpe da ginnastica.

Sapeva di comportarsi male nei suoi confronti, infondo non le aveva detto nulla per meritarsi una risposta così glaciale, ma c'era qualcosa in lei, come una specie di sesto senso, che nonostante tutto la metteva in guardia.

Infondo, lui era un vampiro.

E lei non era ancora del tutto sicura di potersi fidare di lui.

E soprattutto di tutto quello che provava, a cui ancora non riusciva a dare un nome, e che sembrava ancora più forte ora che erano da soli, immersi nel silenzio.

Con la coda dell'occhio lo vide avvicinarsi, passarle di fianco senza dire nulla, discendere i gradini e perdere lo sguardo nella strada.

Ne osservò la postura, solida e composta, come quella di un soldato.

Le gambe leggermente divaricate, le mani posizionate sui fianchi.

Studiò il suo profilo, perfetto e disegnato.

I capelli biondi e gli occhi che sembravano ancora più chiari alla luce del sole che gli illuminava la pelle.

E fu allora che Sam per la seconda volta, corrugò le sopracciglia.

- Ma tu non dovresti bruciare al sole?! -.

Lo esclamò così tanto di getto che lui si voltò di scatto, stupito.

- Come mai questa domanda? - chiese tornando a guardare la strada e incrociando le braccia al petto.

Lei alzò le spalle.

- Curiosità..-.

- Si..- rispose lui - Se non avessi questo..-.

Sam lo vide alzare la mano destra e il sole fece brillare l'anello che portava al pollice, lo stesso anello che aveva notato quella sera al locale.

Annuì, tornando a guardarsi le scarpe.

- E i crocifissi e quelle cose lì? - chiese - Funzionano? -.

A quella frase lo vide voltarsi nuovamente, con una strana espressione divertita sul volto.

- Dal tuo tono sembrerebbe che ti importi davvero saperlo.. -.

Lei alzò le spalle.

- Mha.. chi lo sa.. - disse - Potrebbe sempre essermi utile..-.

Sascha tornò a voltarsi e scuotendo la testa, si lasciò scappare un altro lieve sorriso.

Quella ragazzina l'avrebbe fatto impazzire.

- Avrai modo di imparare tutto quando inizieranno le lezioni di teoria..- disse - Per ora abbiamo molte cose da fare. Tra poco dovrebbe arrivare Patrick. È andato a prendere Alice -.

Sam cercò di nascondere la sua espressione, anche se con lui non aveva molte possibilità di farlo e si perse ad osservare i campi e le distese d'erba che circondavano la chiesa quando ad un tratto il silenzio fu rotto dal rombo del motore della moto.

Dopo qualche istante la vide spuntare da un lato della chiesa e fermarsi all'ombra di un albero poco distante.

Appena il ragazzo spense il motore, Ali staccò le braccia dal suo petto, alla quale si era tenuta durante il viaggio, e appoggiandosi ad una sua spalla scese dalla moto.

Con un gesto attento si tolse il casco e una volta libera, scollò la testa in modo che i lunghi capelli biondi tornassero al loro posto.

Sam rimase ad osservarla, mentre si voltava verso Sascha e lo salutava calorosamente mostrandogli un luminoso sorriso, e si costrinse a distogliere lo sguardo.

Non riusciva nemmeno più a guardarla.

Voleva solo iniziare l'allenamento, infondo era per quello che era venuta.

Sperando con tutta sé stessa che presto sarebbero entrati, si alzò, raccolse la sua borsa e si affrettò a raggiungere la porta d'ingresso, quando la voce di Patrick la fece fermare.

- Sam..- la chiamò - Cos'è? Non mi saluti? -.

Lei rimase ferma per qualche secondo prima di voltarsi e incrociare il volto sorridente del ragazzo, che vedendo la sua espressione, si fece improvvisamente seria.

- Ma..- iniziò, confuso, poi lo vide illuminarsi - Ah, è per quello che è successo ieri, vero? -.

Non gli rispose, rimase semplicemente a guardarlo.

Lui annuì.

- Ho capito.. te la sei presa..- disse - Allora sarà meglio che ti chieda perdono..-.

Sam riuscì a stento a trattenere la sorpresa quando lo vide risalire i gradini, allungare una mano verso di lei e guardarla dritta negli occhi.

- Ti chiedo scusa..- le disse - E ti giuro che d'ora in poi non farò più nulla per farti arrabbiare.. ovviamente se tu non farai nulla per fare arrabbiare me -.

Le sorrise e con la mano ancora tesa verso di lei la invitò ad allungare la propria e permettergli di afferrarla e portarsela alla bocca in un gesto di elevata galanteria.

- E ora.. - le disse, lasciandola - Me lo fai un sorriso?? -.

Lei si fermò a guardarlo negli occhi e non riuscì a fare a meno che assecondare la sua richiesta.

Infondo.. lui non era poi così male.. nonostante tutto..

Di certo era meglio di..

- Mh! Mh! - .

Sascha..

- Se abbiamo finito con tutte queste smancerie..- esclamò, con un tono stranamente un po' troppo irritato - Io direi che è ora di partire..-

- Partire?! - esclamò Ali, stupita - Dove andiamo?! -.

- Lo scoprirete da sole - esclamò Sascha, duramente, per poi prendere fiato e allontanarsi verso il retro delle chiesa, seguito dallo sguardo dubbioso di Sam e quello confuso di Patrick, che si interrogava su cosa avesse fatto di male.

 

 

Sam si affrettò a scendere dalla moto e riprese fiato, allontanandosi il più possibile da lui.

Stare così a stretto contatto per tutta la durata del viaggio si era rivelato più difficile di quanto avesse previsto.

Poteva ancora sentire il suo profumo inebriarle le narici.

Scosse la testa facendo ancora qualche passo e affrettarsi a togliersi il casco e slacciarsi il giubbotto.

Sentì un rumore alle sue spalle e voltandosi lo vide appoggiare il casco e il suo giubbotto sulla moto per poi affrettarsi a raggiungere Patrick, senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

Per qualche motivo percepiva anche in lui lo stesso senso di nervosismo.. ma forse era solo uno scherzo della sua mente.. malata.. questo era poco ma sicuro!

Fece finta di niente e raggiungendo la moto per riporre le sue cose, si guardò intorno.

Non c'erano né cartelli né indicazioni che le potessero far capire dove i due vampiri le avevano portate.

Intorno a lei non vedeva altro che alberi, che risalivano la pendenza della collina che le era di fronte e la piccola strada sterrata dalla quale erano arrivati.

Se c'era una cosa che le dava più fastidio di tutto, era quello di non sapere le cose!

Sbuffando esasperata, lanciò un'occhiata verso i due vampiri, che scambiavano due parole tra di loro e spostando lo sguardo si ritrovò ad incrociare gli occhi incredibilmente famigliari di Ali.

Sam rimase immobile, a fissare quegli occhi azzurri, del quale leggeva una profonda tristezza, poi li vide improvvisamente indurirsi e spostarsi verso un altro obbiettivo.

Sam prese fiato, abbassando lo sguardo sulla ghiaia della strada e rialzandoli solo quando sentì la voce di Patrick chiamarle entrambe per raggiungerlo.

Fece qualche passo verso di loro, cercando comunque di rimanere lontana da Ali il più possibile e ricacciando indietro il nodo di malinconia che era andato a serrarle la gola, si mise in ascolto aspettando che il ragazzo le spiegasse il motivo per il loro improvviso viaggio.

- Di certo vi starete chiedendo per quale motivo siamo venuti fin qui oggi.. -.

Ali rimase a guardarlo mentre faceva la pausa più lunga a cui avesse mai assistito.

Moriva letteralmente della curiosità!

Avrebbe voluto pregarlo di continuare e proprio quando stava per scoppiare vide Sascha riprendere.

- I “Cuori di Cristallo” non hanno solamente il compito di localizzare le Sacerdotesse ma donano ad esse enormi poteri. Questi poteri, accuratamente allenati, saranno fondamentali al momento della battaglia -.

Le ragazze lo videro voltarsi leggermente per indicare con la mano destra un punto indefinito sulla cima della collina.

- Su questa collina si trova il “Tempio di Kiara” - disse tornando a guardarle - O almeno ciò che ne rimane. Sotto di esso si cela da “Caverna della Luce” ed è lì che potrete attivare i vostri ciondoli e liberare il potere che risiede al loro interno -.

La mente di Ali si era fermata alla parola “poteri”.

Tra tutte le cose che ormai era pronta ad aspettarsi, quella di certo non se la sarebbe mai immaginata.

Rimase ferma per qualche istante, con gli occhi spalancati, poi si riscosse e non riuscì a fare a meno che sorridere.

Dei poteri!! Wow!!
Non vedeva l'ora di cimentarsi con essi!

Avrebbe dato tutto per raggiungere la cima di quella collina il più velocemente possibile.

- Ma! - esclamò Patrick, richiamando l'attenzione delle ragazze e rompendo per un attimo il vortice di eccitazione in cui Ali era caduta - C’è solo un modo per raggiungere la cima e, dato che non possiamo permetterci di sottrarre neanche un minuto al vostro allenamento, esigo che conquistiate il “Tempio di Kiara” di corsa, attraverso quel percorso -.

Ali lo vide indicare un sentiero sconnesso, appena visibile in mezzo a due alberi, e il suo sorriso improvvisamente sparì.

D'accordo, aveva desiderato di raggiungere il Tempio il più in fretta possibile, ma tra le varie possibilità, la corsa non era di certo quella che avrebbe preferito!

Già correre non le piaceva per niente, figuriamoci farlo seguendo un sentiero sconnesso in salita!

Si sentì raggelare non appena Patrick diede l'ordine di partire, precisando che se avessero fatto le furbe e smesso di correre lo avrebbero saputo subito, e non le rimase altro che prendere fiato e pregare Dio perché le facesse raggiungere la cima..

Viva, possibilmente.

 

 

Era circa a metà del percorso e Sam si sentiva già morire.

Il sudore le imperlava la fronte e i capelli scuri le si appiccicavano al viso.

Sentiva le gambe pensati come mattini e faceva fatica a respirare, come se i polmoni non volessero ubbidirle.

Appena Patrick aveva dato l'ordine di partire, si era fiondata verso il sentiero e aveva iniziato a correre alla velocità massima.

Voleva raggiungere il “Tempio di Kiara”.

Voleva ottenere i suoi poteri.

Voleva sapere cosa le avrebbero permesso di fare.

E voleva allontanarsi il più possibile da Ali.

Se le stava vicino rischiava di diventare più debole.

Quello era un percorso che aveva iniziato da sola e da sola lo avrebbe continuato.

Solo che ora, che era da sola ad arrampicarsi su un sentiero in salita immerso nel bosco, con la gola riarsa e le forze quasi a zero, si stava rendendo conto che forse non era stata la scelta più sensata.

Sarebbe stata un'impresa raggiunge la cima, che francamente non aveva idea di quanto ancora distasse.

Rallentò il passo, sentendo i muscoli indurirsi per lo sforzo e proprio in quel momento sentì un brivido percorrerle la schiena.

Percepiva una presenza alle sue spalle..

Ma non sprecò nemmeno la forza per girarsi e vedere chi fosse.

Sapeva perfettamente di chi si trattava.

- Vedi cosa vuol dire riempirsi i polmoni di fumo?! -.

Lo sentì affiancarla e quando si voltò per un attimo perso di lui, vide che la stava guardando con quella dannatissima espressione divertita sul volto.

Lo avrebbe ucciso!

Lo avrebbe strozzato in quel preciso istante!

Se solo avesse avuto ancora un briciolo di forza. E se lui non fosse stato un vampiro.

Si limitò a lanciargli un occhiataccia e continuare a trascinarsi ansimando su per la salita.

Si, d'accordo, magari lui poteva anche aver ragione.. ma di certo lei non lo avrebbe mai riconosciuto!

Il suo orgoglio era già abbastanza grande, non intendeva in alcun modo farlo crescere ulteriormente!

Dopo qualche istante lo vide superarla e avanzare di qualche metro, per poi voltarsi e rivolgerle uno dei suoi sorrisini.

- Ci vediamo in cima! - le urlò, prima di sparire all'improvviso nel nulla.

Sam si fermò a guardare il punto in cui fino a poco prima si trovava.

Chissà se i suoi poteri avrebbero permesso anche a lei di correre così?

Sempre se ci fosse arrivata sulla cima!

Mannaggia a me! Ma perché ho deciso di farlo??! Perché??!”

In quell'istante sentì il rumore di alcuni passi dietro di lei e si aspettò di vedere apparire Sascha, tornato per prendersi gioco di lei ancora un po', e per poco non inciampò quando invece vide Ali affiancarla e cercare di superarla, evitando di scontrarsi con gli alberi che circondavano il sentiero.

Incrociò il suo sguardo per un attimo poi la vide superarla.

Quando vide il suo corpo allontanarsi sempre più e poi sparire alla sua vista, sentì che da lì a poco avrebbe perso i sensi.

Come poteva una ragazza che dall’età di tre anni si era tenuta lontana dall’attività fisica come se fosse una malattia mortale, superarla così facilmente?!!

Scosse la testa.

Maledetto succhiasangue!!

 

 

Quando raggiunse la cima, il”Tempio di Kiara” le apparve come un miraggio.

E per qualche istante Sam temette che lo fosse davvero, a giudicare dalla vista sfuocata e dal caldo insopportabile che provava.

Con le ultimissime forze, superò un enorme masso di pietra, che doveva essere un tempo appartenuto ad uno dei muri del Tempio e l'unica cosa che riuscì a fare fu crollare a terra, sotto lo sguardo delle tre persone che era arrivata ad odiare con tutta sé stessa.

Bene.. ora posso anche morire..”.

Chiuse gli occhi, abbandonandosi sullo stuolo umido del prato verde e cercando in qualche modo di recuperare un respiro vagamente normale, quando sentì qualcuno avvicinarsi.

Ancora una volta non le volle molto per capire chi fosse.

- Ce l'hai fatta.. alla fine..-.

Era troppo stanca persino per provare fastidio.

Si limitò a stare in silenzio, a sentire il vento tiepido passarle sul viso.

- Forza.. alzati..-.

Sam aprì solo un occhio e vide che lui era in piedi proprio dietro di lei e la guardava dall'altro con la mani ancorate ai fianchi.

- Questa mi sembra una richiesta impossibile...- sibilò, con un filo di voce.

Sascha si fermò a guardarla.

Era sudata, con il volto arrossato, i corti capelli neri le aderivano al viso e le labbra erano screpolate per via della disidratazione.

Era esausta e letteralmente a terra, ma nonostante tutto aveva ancora quella forza che mai aveva percepito in un essere umano, nonostante tutti i decenni che aveva vissuto.

Quando all'improvviso lo vide sorridere, in quel suo lieve ma assolutamente perfetto modo, per un attimo Sam sentì sparire tutto.

La fatica, la rabbia, il dolore, la frustrazione, persino il suo tono di insopportabile superiorità.

Tutto era sparito nel nulla, risucchiato dal suo sorriso.

Lo vide chinarsi su di lei, porgergli una mano, e senza nemmeno pensarci troppo si aggrappò a lui e gli permise di sollevarla.

Quando fu in piedi però la testa le girò vorticosamente e cadde, finendo rovinosamente tra le sue braccia.

In quell'istante intorno a loro si fermò tutto, come se con il loro improvviso e impacciato abbraccio fossero riusciti a fermare il tempo.

Però il tutto durò solo un istante, prima che lui si riscosse e l'allontanò all'improvviso da sé.

La lasciò andare solo quando si rese conto che poteva stare in piedi e si affrettò ad allontanarsi.

Sam lo seguì con lo sguardo fino a quando raggiunse Patrick e Ali, seduti vicino ad uno degli altri grandi massi che occupavano la radura e scuotendosi a sua volta, si incamminò verso di loro.

Appena li ebbe raggiunti, Patrick le lanciò una bottiglietta di plastica.

Lo ringraziò con un gesto del capo e si allontanò di qualche passo per poi lasciarsi cadere sul prato umido e appoggiare la schiena ad uno dei massi di pietra.

Appena il liquido della bottiglia le toccò la lingua, non riuscì a contenere una smorfia di disgusto.

Quella non era acqua!!

- Tranquilla, non è veleno..- disse Patrick, sogghignando - Servirà a farti riacquistare le forze più velocemente -.

Sam lo guardò ancora per un secondo.

Non era molto convinta, ma alla fine bevve.

Infondo non era poi così male, e poi, ancora una volta, non aveva molte alternative.

Tra il morire per disidratazione e il fidarsi, preferiva mille volte la seconda, anche se doveva lottare contro sé stessa per farlo.

Entro poco tempo, quando sentì le sue forze tornare a farsi sentire, capì di aver fatto bene.

Sam rimase così per un po' di tempo avvolta nel silenzio di quella valle nascosta.

Lì, un tempo, era sorto il “Tempio di Kiara”, finché qualcosa o qualcuno lo aveva distrutto per sempre.

Lei non era mai stata una persona molto religiosa, ma per qualche strana ragione, lì, riusciva a sentirlo, quell'enorme senso di inspiegabile potere.

Forse era vero che esisteva qualcosa di molto più potente degli uomini.

Fu la voce di Patrick a farla tornare alla realtà.

- Bene! - esclamò il vampiro, alzandosi in piedi - Grazie alla vostra impresa siete giunte al “Tempio di Kiara” -.

Sorrise, guardandole entrambe negli occhi.

- E presto potrete acquistare i vostri.. poteri -.

Bastò quella semplice parola per farle scattare in piedi.

Con tutta la fatica che avevano fatto per un attimo se ne erano dimenticate.

Inconsciamente, Sam si voltò per Ali, pensando che la stesse guardando, ma così non era.

Lei continuava a guardare Patrick, con gli occhi che brillavano come pietre preziose e questo non fece altro che farla irritare ancora di più.

Quanto avrebbe voluto che non ci fosse.

- Purtroppo..- intervenne Sascha, facendola scuotere - A noi vampiri non è concesso di entrare nella “Caverna della Luce”, quindi dovrete accedervi da sole -.

Sam fece un sospiro di sollievo.

Meglio così.. peccato solo che in quel plurale includesse Ali.

- Ora vi spiego cosa dovrete fare - riprese Sascha - Dovrete posizionarvi sopra quella roccia sacra, al centro del Tempio, prendere in mano i vostri Cristalli e così entrerete nella Caverna. Una volta dentro troverete un altare di pietra con due fessure laterali. Posizionate lì i Cristalli e così otterrete i vostri poteri -.

Spostò lo sguardo su Sam, per un secondo, prima di perderlo altrove.

- Per tornare in superficie vi basta afferrarli contemporaneamente - disse - Noi saremo qui ad aspettarvi. Tutto chiaro? -.

Le vide annuire in risposta e fece a sua volta un cenno con il capo.

Patrick, che fino ad allora era rimasto in silenzio a seguire la sua spiegazione, si fermò a guardarle.

Si sentiva che erano entrambe molto ansiose di scoprire cosa le avrebbe riservato il destino una volta entrate nella “Caverna della Luce” ma per qualche ragione si stupì di non vederle muovere nemmeno un passo.

- Allora?! - esclamò - Cosa state aspettando?! Andate! -.

Le ragazze si riscossero e si avviarono a passo spedito verso il luogo indicato.

Rimase ad osservarle mentre si posizionavano una di fronte all'altra ed evitando accuratamente di guardarsi afferravano saldamente i “Cuori di Cristallo”
Quasi trattenne il fiato quando all'improvviso le vide sparire nel nulla.

 

 

Appena Ali riaprì gli occhi non poté fare a meno di spalancarli.

Non era possibile!!! Era appena stata teletrasportata!! Come in un film di fantascienza!!

E ancora più incredibile era in posto dove si trovava.

Si guardò intorno, completamente incredula.

Era una sorta di grotta, ma molto diversa da quelle che aveva visto di solito.

Il soffitto e il pavimento erano completamente bui, mentre le pareti erano tempestati da milioni di piccoli cristalli che inondavano la grotta di una brillante luce azzurrata.

Sentì Sam alle sue spalle scendere i tre gradini che la separavano dalla grotta, ma era troppo rapita per farci anche solo caso.

Si fermò ad osservare i cristalli rispondere di luce propria, quella luce così calma, così.. famigliare.

Per un attimo ebbe come l'impressione di essere già stata lì.

Le bastò solo qualche secondo prima che il suo voltò si illuminò.

- Ma questo è..-.

- Il luogo della visione!! - la interruppe Sam, avvicinandosi ad una delle pareti.

Lentamente allungò una mano per toccare la superficie illuminata e si stupì di scoprire che fossero incredibilmente caldi.

Ali la fissò per un attimo, ancora rapita, poi si riscosse e scese a sua volta i gradini.

Solo quando fu all'interno della grotta vide l'enorme altare di pietra, posto esattamente al centro di essa.

Era sicuramente quello di cui aveva parlato Sascha.

Fece qualche passo verso di esso ma Sam la precedette e lo raggiunse per prima.

La vide passare una mano sulla superficie scura della pietra alla ricerca della fessura e, quando la ebbe trovata, si portò una mano al collo, si sfilò il ciondolo e le rifilò uno dei suoi sguardi glaciali.

Ali non lo raccolse e distogliendo lo sguardo da lei raggiunse l'altare e fece la stessa cosa che aveva fatto lei poco prima.

Appena fu pronta tornò a guardarla, cercando di ripagarla con lo stesso sguardo.

- Al mio tre! - esclamò Sam, aspramente e lei non si preoccupò nemmeno di risponderle.

Entrambe, all'unisono, presero un respiro profondo.

Non sapevano cosa sarebbe successo dopo.

Avrebbe potuto venire fulminate vive, oppure essere teletrasportare in un mondo parallelo.

L'unica cosa che potevano fare era fidarsi, quindi si fidarono.

- Uno.. due.. tre..-.

I due “Cuori di Cristallo” scesero allo stesso momento, posizionandosi nel luogo che era stato da millenni a loro destinato.

In quell'esatto istante tutto la grotta si illumino di una luce quasi accecante, tanto che le due ragazze riuscirono a malapena a tenere gli occhi aperti.

Il pavimento, il soffitto e l'altare erano percorsi da scariche di luce celeste che viaggiavano a velocità impressionante.

Un vento tiepido le travolse, facendole smuovere i capelli.

Solo allora si accorsero che avevano cambiato colore.

Anche loro, come tutto in quella grotta, erano diventati azzurri.

L'antico carillon suonava la sua musica ipnotica e le sue ragazze non poterono fare a meno che stringersi le mani, spaventate da tutto quello che stava succedendo.

Poi, all'improvviso, tutto tornò come prima.

Ali cerco di prendere fiato, sconvolta da quello che era appena successo.

Ci misero qualche istante a riprendersi e quando lo fecero e si accorsero di avere le mani unite si staccarono di scatto l'una dall'altra, allontanandosi di qualche passo dall'altare.

Ali era ancora scossa e aveva le mani e le gambe che le tremavano.

Si portò una mano al petto e si stupì enormemente di vedere che il suo Cristallo aveva ripreso il suo posto.

Cercando di calmarsi, si guardò un altra volta intorno.

Era tutto tornato come prima, come se nulla fosse successo.

All'improvviso si ricordò di una cosa.

Si afferrò una ciocca di capelli e vide che erano biondi, come sempre.

Se l'era sognato, oppure li aveva visti azzurri?!

No, non era stato un sogno..

Sul lato destro, in mezzo alle altre, c'era una sottile ciocca di capelli di un incredibile colore azzurro!!

La prova che tutto quello era successo davvero.

Si voltò verso Sam e la vide fare lo stesso.

In mezzo al nero corvino dei suoi capelli c'era una ciocca azzurra, identica alla sua.

Quella, però, era l'unica differenza che potevano constatare.

Sam si controllò ancora una volta il corpo alla ricerca di qualche cambiamento, ma non c'era nulla, niente che poteva darle prova di aver realmente acquisito dei poteri.

Si sentiva esattamente come quando si era svegliata quella mattina.

Sbuffò, sbattendo le mani contro le cosce.

Lo sapeva che non era possibile!

Dei poteri!! Ma andiamo!!

Come aveva potuto crederci?!
Se lo sentiva che non avrebbe dovuto fidarsi di quei due!

L'avevano presa in giro!!
Furiosa, si affrettò a risalire i gradini e si voltò a guardare Ali.

- Voglio uscire da qui! -.

Ali si fermò per un attimo a guardarla poi distolse lo sguardo e la raggiunse.

Non servì nemmeno contare, le due ragazze afferrarono i Cristalli allo stesso tempo e come promesso si ritrovarono fuori, a faccia a faccia con i due vampiri che erano rimasti ad aspettarle.

Sam si voltò a guardarli, fuori di sé.

Si era presi gioco di lei! E questo non glielo avrebbe fatto passare!

Stava per scoppiare e dirgli in faccia tutto quello che pensava quando, senza che minimamente se l'aspettasse, li vide fare qualche passo verso di loro e inginocchiarsi ai loro piedi, portarsi il pugno al petto e abbassare lo sguardo in segno di venerazione.

Sam rimase a bocca aperta per quella improvvisa reazione e si fermò a guardarli con un espressione leggermente scioccata sul volto.

- Cosa state facendo??! -.

Sascha alzò lo sguardo per guardarla negli occhi.

- Offriamo il nostro servizio alle Sacerdotesse - disse - Regine supreme della razza umana -.

Per la prima volta in vita sua Sam si ritrovò senza parole.

- Co- cosa sono tutte queste cerimonie?! - esclamò - Che sta succedendo?! -.

- Non dipende da noi - rispose Patrick - I Guardiani sono stati creati per essere al servizio delle Sacerdotesse -.

- Il nostro compito è proteggervi - aggiunse Sascha - Anche a costo della vita -.

Sam lo guardò negli occhi mentre diceva quelle parole.

Sentiva che celavano qualcosa.

Qualcosa che lui cercava di nascondere in tutti i modi.

- Voi siete la cosa più importante.. - disse - Voi venite prima di tutto..-.

Lei lo guardò ancora per un attimo poi scosse a testa.

- Non riesco a capire! - esclamò - Perchè prima di entrare lì dentro ci comandavate a bacchetta e ora siete così servizievoli?! Cos’è cambiato? -.

Patrick si fermò a guardarla.

Era la prima volta che aveva a che fare davvero con le Sacerdotesse e solo in quel momento capiva tutto ciò che questo compito volesse dire.

- Voi siete cambiate - disse - Percepiamo il vostro potere -.

- Ma quale potere?! Io non sento alcun potere! -.

- Devi avere pazienza, Samantha..- riprese Sascha - I poteri vanno allenati prima di poter funzionare correttamente. Ma noi possiamo percepirli. Percepiamo l'enorme potere che si cela dentro di voi -.

Sam rimase immobile quando lui la guardò negli occhi.

- Per questo ci inchiniamo di fronte a voi -.

Lo guardò ancora per un attimo poi prese fiato e distolse lo sguardo.

Tutta quella situazione l'aveva messa visibilmente in imbarazzo, anche se cercava in ogni modo di non darlo a vedere.

Ali, che per tutto il tempo era rimasta in silenzio, ad osservare la loro reazione si avvicinò di qualche passo.

- Grazie, ragazzi - disse, sorridendogli - Ma credo che adesso possiate anche alzarvi -.

Sascha si voltò a guardarla, iniziando a rimettersi in piedi quando all'improvviso s'immobilizzò.

La bocca semiaperta, gli occhi fissi sulla ciocca azzurra che spiccava tra i suoi capelli dorati.

Senza che riuscisse a fermarlo in quell'istante un ricordo gli riaffiorò alla mente.

Per un attimo gli parve addirittura di rivederla, in piedi di fronte a sé.

Il suo volto angelico, dagli zigomi alti, la labbra rosee e i luminosi occhi azzurri.

I capelli biondi che le ricadevano sulle spalle, coperte solo dalle leggere maniche bianche della veste che indossava, e in mezzo a loro la stessa ciocca azzurra..

Si riscosse solo quando sentì la mano di Patrick afferrargli una spalla.

- Ehi, Sascha, che succede? - gli chiese a bassa voce per evitare di farsi sentire.

Lui scosse la testa e riprese fiato prima di decidersi a rimettersi in piedi.

Non si preoccupò nemmeno di rispondergli e si allontanò a grandi passi verso il sentiero.

Era la prima volta che la ricordava così nitidamente.

Era passato così tanto tempo che il suo volto appariva sfuocato nei suoi ricordi.

Non riusciva a credere che fosse sembrato tutto così reale.

Si fermò alla base della radura, sentì per un attimo i loro sguardi addosso, poi li sentì scuotersi e apprestarsi a raggiungerlo.

Con la coda dell'occhio li vide superarlo e iniziare a discendere il sentiero.

- Quindi..- sentì Sam ipotizzare - Dato che noi siamo tecnicamente più importanti di voi, non ci farete più trottare come marionette sotto il vostro controllo..-.

- Puoi scordartelo, Sam! - esclamò in risposta Patrick - Siamo sempre i vostri allenatori, non dimenticarlo! -.

La sentì sbuffare rumorosamente e scuotendo la testa, prese un altro respiro profondo e si affrettò a seguirli, cercando, ancora una volta, di lasciarsi tutto il passato dietro alle sue spalle.

 

 

Quando Sam varcò la porta della palestra, per poco non le venne un infarto.

Sascha era in piedi, di spalle, con le braccia come al solito incrociate al petto e con in dosso la sua stessa tuta.

Solo che a lui stava mille volte meglio.

Il tessuto leggero aderiva perfettamente al suo corpo rendendo visibile ogni singolo muscolo.

Mandò giù a vuoto e si costrinse a distogliere lo sguardo da lui e avanzare fino al centro della sala dove Ali già era posizionata di fronte a lui.

Quella cosa doveva finire.

Non poteva reagire così ogni volta che lo vedeva o aveva a che fare con lui.

Doveva trovare un modo per controllarsi, altrimenti presto sarebbe andata fuori di testa.

Appena ebbe preso posto e tornò a sollevare gli occhi su di lui lo vide annuire lievemente e prepararsi a parlare, mentre Patrick osservava la scena da poco distante, con la schiena appoggiata al muro.

- Come avrete intuito..- disse - Sarò io a guidarvi nell'allenamento di oggi. E dato che è già passata quasi mezza giornata, direi di iniziare subito -.

Le ragazze lo videro alzare un braccio e indicare una delle scalette attaccate al muro.

- Avvicinatevi a quella scaletta - disse iniziando a camminare e condurle fino al punto indicato.

Una volta arrivato, lanciò uno sguardo verso il soffitto e quando le ragazze fecero lo stesso si accorsero per la prima volta della novità.

Attaccate ad esso infatti, erano state posizionate diverse piattaforme in metallo.

Ali si chiese a cosa sarebbero servite ma subito si rese conto che forse non avrebbe voluto conoscere la risposta.

- Come potete notare, sono state posizionate a una distanza di tre metri delle piattaforme. Il vostro compito oggi sarà quello di raggiungere la prima piattaforma e da quella saltare su quella successiva, fino all’ultima, da dove scenderete attraverso l’altra scaletta -.

Ecco.. appunto..

Ali per un attimo si sentì mancare mentre Sam spalancò gli occhi e si fermò a guardarlo come se avesse appena parlato in una lingua straniera.

- Noi dovremmo fare cosa?! -.

Sascha si voltò a guardarla.

- Mi sembra di essermi espresso correttamente - esclamò piatto - Comunque, Patrick vi mostrerà l'esercizio. Prego, Patrick, puoi andare -.

Le ragazze videro il giovane vampiro spostarsi dalla sua salda posizione, raggiungerli e lasciare un occhiata al soffitto prima di piegare le gambe e con un salto raggiungere la prima piattaforma.

- Ovviamente voi salite la scaletta! - esclamò, ridacchiando mentre le ragazze lo guardavano a bocca spalancata.

Lo seguirono con lo sguardo mentre si posizionava sul bordo e trattennero il fiato quando lo videro volare sopra le loro teste e atterrare come nulla fosse sulla piattaforma successiva.

Patrick ripeté l'esercizio fino ad arrivare all'ultima, poi scese e tornò verso di loro, fresco e riposato come se non avesse fatto nulla.

- È tutto chiaro adesso? - chiese Sascha tornando a guardarle.

Sam corrugò le sopracciglia, ancora incredula da quello che i suoi occhi avevano appena visto e ancora più sbigottita al pensiero che avrebbe dovuto fare lo stesso.

Saltare su una piattaforma distante tre metri a quasi sei metri da terra???!

Quei due erano proprio fuori di testa!!

 

- Voi pensare seriamente che io possa fare questa cosa??! - chiese esasperata.

- Non lo penso..- rispose Sascha.

- Ah, bhè! -.

- Lo so - chiarì lasciandola senza parole - E se ora hai finito con tutte queste storie sarebbe tempo di iniziare l'esercizio -.

Sam cercò di capire se stesse scherzando o meno ma lui ricambiò il suo sguardo di sfida.

- È un ordine -.

Sam lo guardò ancora per un attimo in quegli occhi che non ammettevano scuse e lanciandogli un ultima occhiata, sbuffò rumorosamente e non le restò altro da fare che avvicinarsi alla scaletta e iniziare a salire.

Durante tutta la salita per la prima volta in vita sua si ritrovò a pregare.

Se lassù c'era davvero un Dio, non poteva farla morire a soli sedici anni, spiaccicata sul pavimento di una vecchia palestra di un bunker del dopo guerra!

Non poteva davvero finire così!!

Solo quando lei fu in cima Ali iniziò a prendere in considerazione di seguirla.

Guardò per un ultima volta Sascha, in cerca di pietà, ma il vampiro la guardava più impaziente del solito.

Allora decise di giocare la sua ultima carta con Patrick, infondo lui era decisamente il più comprensivo tra i due, ma appena incrociò il suo sguardo, lui abbassò il proprio e quindi dovette arrendersi.

Prendendo un lungo respiro si avvicinò alla scaletta e, aggrappandosi con le mani, iniziò a salire i gradini di corda verso quella che sarebbe stata la cosa più difficile che aveva mai dovuto fare in vita sua.

Quando raggiunse la piattaforma vide Sam a pochi centimetri dal bordo.

Appena abbassò lo sguardo, la ragazza si sentì mancare.

Era molto ma molto più alto di quanto si era immaginata!

La fronte le si imperlò di sudore e la bocca le divenne improvvisamente secca.

- Tu lo sai che io soffro di vertigini, vero?! - gridò per farsi sentire da Sascha.

- Allora se fossi in te eviterei di guardare giù -.

A quelle parole un nodo di rabbia le raggiunse lo stomaco.

Ma chi si credeva di essere quello lì??!

Non faceva altro che comandarla a bacchetta e pretendere, pretendere, pretendere!!

Ma cosa credeva?!

Era umana lei! Non poteva fare certe cose!

Era fisicamente impossibile!

Gli lanciò un'altra occhiata e lo vide guardarla con lo sguardo di chi le intimava di darsi una mossa.

Quanto non lo sopportava!!

Ma insieme alla rabbia dentro di sé Sam sentì crescere anche l'orgoglio.

Se lui era orgoglioso, lei lo era altrettanto.

Se avesse mollato, se fosse scesa da quella piattaforma e fosse corsa a casa come una parte di sé le urlava di fare, allora avrebbe vinto lui.

E, per Giove, mai al mondo glie l'avrebbe data vinta!

Gli avrebbe fatto vedere cosa volesse dire mettersi contro di lei!

Anche se fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto!

Oh, buon Cielo, aiutami!!”

Sam guardò dritta di fronte a sé, fissò la superficie liscia e metallica della piattaforma che le aveva davanti.

Lentamente si piegò sulle gambe, trattenne il fiato e, prima che avesse il tempo di ripensarci.. saltò.

Il suo cuore smise di battere quando nella frazione di un secondo si ritrovò a voltare nell'aria.

Quando atterrò sulla piattaforma come se fosse niente non riuscì a fare a meno che spalancare gli occhi, incredula.

- Oh mio Dio!!! - urlò - Ce l'ho fatta!! Ce l'ho fatta!! -.

Non era possibile! Era ancora tutta intera!!

- Io te l'avevo detto..-.

La sua voce le arrivò lontana, quasi come se non volesse farsi sentire.

Si voltò a guardarlo e nei suoi occhi questa volta non vide ironia.

Vide soddisfazione. E sorrise.

Ali si fermò a guardarla senza dire una parola.

Se lei ce l'aveva fatta, allora poteva farcela anche lei.

Solo che aveva paura! Aveva una paura folle!

Cercò di riprendere fiato e di ricordarsi che ora non era più una ragazzina qualsiasi.

Ora era una Sacerdotessa.

E non poteva fermarsi di fronte a così poco.

Prese un ultimo respiro e con una forza che non avrebbe mai creduto di avere, saltò.

Atterrò sulla piattaforma a qualche centimetro da Sam e per un attimo non riuscì a crederci.

Urlò entusiasta e sentì Sascha congratularsi con entrambe ed esortarle a continuare.

Continuarono così fino alla penultima piattaforma.

Anche se i loro poteri ora le permettevano di eseguire esercizi di quel genere, i loro corpi non erano ancora abbastanza allentati e ora, dopo la fatica, iniziavano a sentirsi stanche, i muscoli tiravano per lo sforzo e il respiro era sempre più affannato.

- Questa è l'ultima, coraggio! - esclamò Sascha che aveva continuato a seguire con lo sguardo per tutto il tempo senza muoversi dalla sua posizione.

La prima a partire fu Sam e seppur atterrò in modo molto meno aggraziato, riuscì a terminare l'esercizio.

Si sentiva enormemente fiera di sè.

Aveva dimostrato di essere forte, di potercela fare.

A sé stessa e a lui, che le lanciò una veloce occhiata prima di tornare a concentrarsi su Ali che si stava preparando a saltare.

Ali era tesa.

Continuava a fissare lo spazio che divideva le due piattaforma senza trovare il coraggio per partire.

Sapeva di potercela fare, aveva saltato le altre piattaforme senza problemi.

Solo che adesso si sentiva stanca e aveva le gambe che tremavano.

Fece un respiro profondo.

Sentiva lo sguardo degli altri su di sé.

Non poteva deluderli.

E soprattutto non poteva deludere sé stessa.

Non poteva mollare.

Si raggruppò leggermente sulle gambe, prese la spinta e saltò.

Capì subito che qualcosa non andava.

Non aveva saltato abbastanza lontano.

Allungò le mani in avanti e riuscì ad afferrare il bordo della piattaforma.

Sentì il proprio corpo penzolare nel vuoto, a circa sei metri dal suolo.

Si fece prendere dal panico.

Iniziò a dimenarsi per cercare di risalire la piattaforma ma così facendo non fece altro che aumentare la pressione sulle mani, che iniziavano a scivolare sulla superficie liscia del metallo.

Sam si sporse leggermente e la guardò negli occhi.

Quei suoi occhi grandi e spaventati che le chiedevano disperatamente aiuto.

Sapeva cosa avrebbe dovuto fare.. ma non lo fece.

Il suo volto immobile fu l'ultima cosa che Ali vide prima di cadere nel vuoto.

Un grido le uscì dalla gola mentre compiva quei metri in caduta libera.

Quando capì che mancava poco al suolo, chiuse gli occhi e trattenne il fiato.

Ad un certo punto non sentì più nulla, a parte due braccia fredde che l'afferrarono.

Non riuscì a trattenersi e scoppiò a piangere, aggrappandosi al corpo di Patrick e affondando il volto nell'incavo del suo collo.

Sam era rimasta immobile, con gli occhi fissi nel vuoto.

Non aveva il coraggio di guardare giù.

Sentiva i singhiozzi strozzati di Ali e la voce di Patrick che cercava di rassicurarla.

Sapeva che stava bene.

Ma non riusciva a muoversi di lì.

Come privata di ogni sua volontà, lanciò un guardo verso il basso e la prima cosa che vide furono gli occhi di Sascha.

Si capiva perfettamente che era arrabbiato.

Il vampiro non dovette dire niente perché Sam capisse che doveva scendere.

Scese i pioli di corda lentamente e quando mise entrambi i piedi a terra se lo ritrovò addosso.

Trattene il fiato mentre il corpo di lui la schiacciò completamente con la sua potenza.

Si sentiva incredibilmente piccola, molto più piccola di quanto in realtà fosse.

Lui la fissava senza dire nulla, ma infondo non c'era bisogno di dire niente.

Il suo sguardo diceva già tutto.

E Sam non poteva fare altro che tremare, fissando i suoi occhi tingersi di rosso e le vene sulla fronte gonfiarsi leggermente.

Era a un passo della trasformazione.

- Perchè?! - le gridò a due centimetri dal viso e lei strinse gli occhi a vedere i canini che premevano per uscire - Voglio saperlo! Perchè?! Perchè non l'hai aiutata?! Perchè l'hai fatta cadere?! Poteva morire, te ne rendi conto?! -.

Sascha prese un respiro profondo, cercando di riprende il controllo.

Si girò verso Patrick e lo vide aiutare Ali a rimettersi in piedi.

Quando tornò a guardare Sam , vide che non riusciva a guardarlo.

- Sapevo che avevate litigato - disse con un tono leggermente più calmo - E sapevo anche che lei non sarebbe riuscita a compiere l’ultimo salto! Ma ciò a cui non avrei mai pensato era che tu non avresti fatto nulla per aiutarla! Questo proprio non me l’aspettavo! Mi hai deluso, Samantha! -.

Le ultime sue parole furono come un fulmine che le trafisse il cuore.

Non riusciva a fare niente.

Non riusciva a reagire in alcun modo.

E assolutamente non sarebbe riuscita a sostenere il suo sguardo.

Sascha incrociò le braccia, prendendo un altro respiro.

- Quello che voglio farvi capire è l’importanza della vostra unione! Le Sacerdotesse devono essere unite! Là fuori nessuno vi offrirà privilegi di alcun genere! Anzi, colpiranno soprattutto voi! E non sempre io e Patrick potremmo proteggervi durante la battaglia! Dovete contare l'una sull’altra! È questo l’unico modo che avete per sopravvivere! E perché tutta la razza umana sopravviva! -.

Si passò una mano sugli occhi e sulla fronte per poi guardare prima Sam e poi Ali, che ora teneva anche lei lo sguardo basso.

- Ora andate! Abbiamo finito! -.

Sam aspettò che tutti furono usciti per alzare lo sguardo.

Rimase ferma, immobile in quella posizione fino a quando non sentì Ali salutare i due vampiri e salire le scale per uscire dalla chiesa.

Allora si mosse, camminò trascinando i piedi fino allo spogliatoio.

Chiuse la porta a chiave dietro di sé.

Si spogliò completamente e abbandonò i vestiti sul pavimento.

Entrò nella doccia e aprì l’acqua.

Girò la manopola dell’acqua calda fino a farla diventare bollente.

Chiuse gli occhi, abbandonandosi al dolore.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo ***


Sascha si sedette in silenzio sul primo gradino della chiesa e fece un profondo respiro.

Le nuvole nere all’orizzonte preannunciavano un imminente temporale.

Il vento freddo gli colpì il volto e lui istintivamente rabbrividì.

Era da molto tempo che la sua pelle non poteva più percepire la temperatura, ma per qualche motivo lui continuava a farlo lo stesso.

Quando c'era il sole gli sembrava di sentirsi risaldare dai suoi caldi raggi, mentre quando il tempo era brutto, rabbrividiva, come se il freddo potesse davvero arrivargli ancora alle ossa.

Non aveva mai cercato di capire fino in fondo il motivo per il quale il suo corpo reagiva ancora in quel modo. Forse era solo questione di abitudine.

Un piccolo stralcio della sua vita mortale che non voleva sparire insieme a tutto il resto.

Infondo era questa la sua dannazione.

Non poter abbandonare del tutto il ricordo della sua vita umana.

Anche se avrebbe dato tutto per poterlo fare.

Molte volte aveva desiderato di potersi lasciare tutto alle spalle, di non rimpiangere più niente.

Abbandonare ogni singolo sentimento.

Ma non poteva.

Purtroppo era molto più umano di quanto non sembrasse.

Alzò gli occhi e vide la luna sbucare da due nuvole spostate dal vento e si chiese come sarebbe stata la sua vita se non fosse diventato un Guardiano.

Molto probabilmente sarebbe morto molto tempo prima, dopo aver vissuto una lunga vita umana.

Avrebbe avuto una moglie, dei figli, forse, e molto probabilmente sarebbe stato felice.

O avrebbe anche potuto diventare un vampiro comune e viaggiare solo di notte per l’eternità.

Avrebbe potuto spegnere ogni sentimento, cancellare tutto e non avere più rimorsi.

Ma era inutile pensare alle varie possibilità.

Lui era un Guardiano.

Questa era la realtà.

Ogni giorno e ogni notte si concentrava completamente sul suo compito in modo che non avesse tempo di pensare al passato.

Pensare a tutto quello che aveva perso, prima e dopo essere diventato un vampiro.

Era l'unico modo che conosceva per tenere a freno la rabbia che portava dentro.

Una rabbia lacerante, che ogni giorno che passava lo schiacciava sempre di più, ricordandogli ciò che aveva fatto, ricordandogli la sua colpa.

In quell'istante un nome gli si proiettò nella mente.

Laila.

Quel nome così famigliare, che racchiudeva tutto ciò di cui si recriminava.

Era bellissima, Laila.

Aveva lunghi capelli biondi che si ostinava a portare sciolti sulle spalle anche se i costumi dell'epoca imponevano di tenerli raccolti.

Lei non aveva mai accettato di stare alle regole.

Era ostinata e incredibilmente caparbia, e il suo sorriso era capace di illuminare qualsiasi cosa.

In quei suoi grandi occhi azzurri si vedeva la vita.

La vita che lui aveva abbandonato da anni.

Insieme a lei, si era sentito di nuovo vivo.

Ma era durato tutto troppo poco.

Riprendendo di nuovo fiato, infilò una mano sotto la maglietta nera e attraverso l'apertura del collo ne estrasse una collanina in metallo.

La indossava solo quando poteva nasconderla sotto la maglia.

Non voleva che nessuno la vedesse.

Si fermò ad osservare il ciondolo, che teneva appoggiato sul palmo della mano.

Era una piccola pietra azzurra a forma di cuore, con intorno un supporto in argento.

 

Sascha!!”

 

Per un attimo gli sembrò di sentire davvero la sua voce.

Lo chiamava, ridendo come solo lei sapeva fare.

E in un attimo fu trascinato indietro tra i ricordi, in un profondo buco nero che sembrava senza fine.

 

Laila corre sul prato a piedi scalzi.

Lui è sulla cima di una collina, la osserva attentamente, controllando che non si faccia male.

È sempre così con lei.

È talmente precipitosa in tutto quello che fa che il più delle volte finisce per ferirsi in qualche modo.

E lui questo non lo deve permettere.

Sascha la vede correre e ridere, chiamandolo per raggiungerla.

Il leggero vestito bianco svolazza ad ogni suo movimento, rendendola quasi una creatura eterea.

In quel momento le sembra la cosa più bella che lui abbia mai visto.

Sorride e la raggiunge, ma appena le è vicino, lei scappa, incitandolo a seguirla.

Lui la rincorre per un lungo tratto, mentendosi alla sua andatura e ad un certo punto la vede fermarsi all'ombra di un grosso albero.

Laila gli da ancora per qualche attimo le spalle, poi si volta lentamente a guardarlo.

Ora il suo sguardo è diverso.

È incredibilmente serio e c'è quasi una nota spaventata nei suoi occhi.

Sascha rimane a guardarla mentre lei si porta una mano al collo e con un gesto deciso stacca una delle sue catenine.

Gli si avvicina senza dire niente, gli prende la mano, glie l'appoggia sul palmo per poi richiudergliela.

- Promettimi che lo te lo terrai per sempre - gli dice, guardandolo negli occhi.

- Te lo prometto -.

Solo allora lei torna a sorridere.

Gli si avvicina lentamente e posa le labbra sulla sua guancia per poi scappare via, ridendo.

Lui sorride, apre la mano e vede il piccolo ciondolo azzurro a forma di cuore.

 

Sascha si riscosse e richiuse con rabbia il pugno intorno al ciondolo.

Quel giorno ancora non sapeva quello che sarebbe successo.

Quanto era stato stupido a pensare di poter avere un futuro con lei.

Lui non si meritava di essere felice, ora lo sapeva bene.

Sentì un rumore alle sue spalle e ebbe appena il tempo di nascondere il ciondolo sotto la maglietta prima che Patrick uscisse dalla porta della chiesa.

- Ehi.. - gli chiese quando fu poco dietro le sue spalle - Posso sedermi? -.

Sascha annuì senza nemmeno voltarsi e tornando a fissare i fulmini che ogni tanto illuminavano l'orizzonte.

Sentì il compagno prendere posto vicino a lui e sospirare, come aveva fatto lui poco prima.

- Giornata impegnativa, eh?! - gli disse strofinandosi gli occhi.

Non ottenendo risposta, Patrick si voltò a guardarlo, cercando per l'ennesima volta di capire cosa gli passasse per la testa.

Erano molti anni che si conoscevano ormai e nonostante la loro amicizia, che andava ben oltre il ruolo che condividevano, non era mai riuscito a capirlo fino in fondo.

C'era sempre quella parte di lui che rimaneva avvolta nell'ombra e che lo allontanava da tutti.

Patrick sapeva qualcosa sul suo passato, ma non tutto.

Sascha non gliene aveva mai parlato e lui non aveva mai insistito perché lo facesse.

Ma qualsiasi cosa fosse successa quella lontana notte, continuava a tormentarlo nonostante tutti gli anni che erano passati.

- Sascha..- lo chiamò - So che ci sono molte cose di cui non mi vuoi parlare e ti capisco. Ognuno ha i suoi segreti. Però.. vorrei poter fare qualcosa per aiutarti, ma se tu non mi spieghi cosa succede non potrò mai farlo -.

Alzò gli occhi su di lui ma vide che non si era mosso e continuava a fissare l'orizzonte.

- Sascha..- riprese - Tu lo sai quanto sie stato importante per me nei momenti della mia Formazione, vero? Te l'avrò detto mille volte! -.

Patrick abbassò lo sguardo.

Ripensare a quei momenti lo faceva ancora stare male ma aveva bisogno che lui capisse.

- Sai.. molti dissero che lo facevi perché ti sentivi in colpa, perché ti sentivi responsabile di quello che stavo passando. Altri, invece, dissero che lo facevi solo per sostituire Jam..-.

Sascha non lo fece nemmeno finire la frase.

Si voltò di scatto e gli puntò un dito sotto il mento.

- Non pronunciare quel nome! -.

Il suo tono di voce era piatto ed impassibile come sempre ma nei suoi occhi Patrick poteva vedere tutto il furore che provava.

Alzò le mani come per scusarsi e aspettò che Sascha si rilassasse e tornasse a fissare il vuoto prima di riprendere a parlare.

- Quello che voglio dirti è che io non ho mai creduto alle loro parole..- disse - Tu mi hai salvato, mi hai dato una ragione per lottare! È solo grazie a te se sono così oggi! -.

Si fermò per un attimo, sperando che Sascha dicesse qualcosa ma lui continuava a rimanere in silenzio.

Lentamente, Patrick sollevò una mano per appoggiargliela sulla spalla e lo sentì irrigidirsi sotto il suo tocco.

- Dammi una modo per restituiti il favore! Dimmi come posso fare per pagare il mio debito nei tuoi confronti! -.

Il silenzio cadde inesorabile tra i due, mentre dal cielo ora completamente coperto di nuvole iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia.

Sascha si voltò lentamente verso il compagno, lo guardò per un attimo negli occhi poi si alzò lentamente, risalì i gradini e si fermò con il volto rivolto alla porta della chiesa.

- Non hai alcun debito verso di me, Patrick..- gli disse senza voltarsi - Sono io che devo ancora pagare -.

Patrick rimase a guardarlo mentre riprendeva fiato e spariva all'interno della chiesa.

In quell'attimo, forse per la prima volta, si rese davvero conto del peso che Sascha doveva portare dentro di sé.

Un peso che lentamente lo stava distruggendo.

Nessuno poteva aiutarlo.

O almeno non lui, purtroppo.

Lui non poteva fare nulla.

La pioggia iniziava a scendere copiosa quando il vampiro decise di alzarsi e rientrare.

Chissà se sarebbe riuscita a cancellare i fantasmi del loro passato.

 

 

Sam si strinse stretta la sciarpa intorno al collo.

Il vento freddo soffiava forte e presto sarebbe piovuto.

Non si era resa conto di quante ore stava passando sotto la doccia.

Era rimasta lì, immobile, con gli occhi chiusi, sotto l'acqua bollente che gli feriva la pelle fino a quando non aveva sentito più nulla.

Era proprio così che si sentiva.

Un essere insensibile, svuotato di ogni sentimento.

Ad un certo punto aveva aperto gli occhi ed era uscita.

Si era rivestita lentamente, aveva piegato la tuta sulla panca di legno degli spogliatoio e aveva fatto per uscire.

Sulla soglia per poco non era inciampata su qualcosa abbandonato a terra.

Quando si era chinata per raccoglierlo si era accorta che si trattava di una sciarpa, lunga, di lana nera.

Si era guardata intorno, ma non vedendo altro che il corridoio vuoto, l'aveva stretta tra le mani ed era uscita dalla chiesa.

Fuori il vento freddo la colpì immediatamente e lei si avvolse la sciarpa intorno al collo, ringraziandolo mentalmente.

Sapeva che era stato lui. Ma non voleva pensarci.

Fece appena in tempo a tornare a casa che il temporale scoppiò con un furore inaudito.

Sam varcò la soglia di casa e non si sorprese nel vedere sua madre in piedi vicino al tavolo della cucina.

L'aspettava con le braccia conserte, un espressione arrabbiata sul viso e il pacchetto di sigarette appoggiato sul piano del tavolo.

Sam si fermò a guardarla negli occhi per un istante.

- Puoi anche bruciarle.. non le voglio più vedere..- le disse con tono piatto prima di sparire oltre le scale, lasciandola senza parole.

Entrò in camera, si chiuse la porta alle spalle e si coricò sul letto.

Verso sera sua madre bussò alla porta per chiederle se stesse bene e per informarla che la cena era pronta.

Lei rispose che non aveva fame e dopo qualche istante la sentì allontanarsi.

Sam rimase in quella posizione fino a notte fonda, al buio, con gli occhi spalancati.

Fuori il temporale non accennava a smettere e i fulmini illuminavano di tanto in tanto la stanza con la loro luce.

Il rumore della pioggia che batteva sulla finestra l'aiutava a liberare la mente.

L'unica cosa che sentiva era il dolore alla parte le pelle che era stata più a lungo a contatto con l'acqua bollente, ma anche a quello non faceva molto caso.

Se lo meritava.

Quando ormai il temporale era finito e la luna iniziava a farsi largo tra la spessa coltre di nuvole, la stanchezza ebbe la meglio e Sam si addormentò.

Non ci volle molto prima che il suono del canto la raggiunse.

Aprì gli occhi istintivamente e si accorse di non essere più in camera sua.

La luce di milioni di cristalli la travolse e Sam capì all'istante dove si trovasse.

La “Caverna della Luce” si aprì con tutti il suo splendore intorno a lei e per la prima volta in quella giornata si sentì bene.

Si sentiva.. a casa.

Un lieve rumore la fece voltare e appena la vide non riuscì a fare a meno che trattenere il fiato.

Una figura alta, slanciata, avvolta da un alone di luce, camminava lentamente verso di lei, accompagnando ogni passo a un movimento della leggera veste bianca che le copriva il corpo.

Sam dovette schermirsi gli occhi con una mano per non venire accecata dalla sua luce e così facendo riuscì a distinguerne il viso.

Era una giovane donna, poco più che ventenne, dalla pelle bianchissima, le labbra rosee appena disegnate e dagli occhi grandi e incredibilmente azzurri.

Intorno al volto affiorava una cascata di capelli lunghissimi, di un'incredibile color tra il bianco e l'azzurro più chiaro, tempestati qua e là da piccoli cristalli che contribuivano ad accrescere la luce che già naturalmente emanava.

Sam non poteva fare a meno che rimanere immobile di fronte a tanta meraviglia.

La vide avvicinarsi lentamente e appena le fu abbastanza vicina le sorrise.

- Benvenuta, Samantha..-.

La sua voce era bassa e delicata.

Una voce degna di una Dea.

- Sto sognando..- disse Sam, con un filo di voce.

- No, è tutto vero..- disse lei per poi alzare un braccio e indicarle qualcosa alle sue spalle - Prego, prendi posto vicino ad Alice -.

Sam si voltò lentamente ed ebbe la prova che quello non si trattava di un sogno quando vide Ali, seduta sul primo gradino di marmo, con le gambe piegate al petto.

Incrociò per un attimo il suo sguardo ma la vide schermirsi e allora abbassò gli occhi prima di prendere posto al suo fianco.

Appena Sam tornò a guardarla e lei capì di avere la loro completa attenzione, Kiara le mostrò un altro splendido sorriso.

- Non sapete quanto io sia felice di vedere le nuove Sacerdotesse dopo tutto questo tempo! - esclamò, riuscendo a malapena a contenere la gioia - Anche se, purtroppo, le circostanze che vi portano da me non hanno niente di cui rallegrarsi -.

Il sorriso sul suo volto sparì, lasciando posto ad un espressione incredibilmente seria.

Le ragazze la videro fare qualche passo verso di loro e poi all'improvviso lasciarsi cadere a terra per sedersi sul pavimento.

Fu un gesto così inatteso che entrambe si alzarono di scatto ma furono subito raggiunte dalla mani della Dea.

- No, no, ragazze, state pure sedute! Va tutto bene! Sedetevi -.

Kiara le sorrise e aspettò che si fossero tranquillizzare prima di iniziare a parlare.

- Qui non avete nulla da temete. Nessuno potrà venire a disturbarvi in alcun modo - disse - Nessuno può entrare qui dentro a parte voi due -.

Le ragazze la videro guardarsi intorno.

- Questo posto è stato così tanto triste da quando..- disse, per poi bloccarsi all'improvviso e tornare a guardarle - Oh, ma adesso ci siete voi, giusto?! -.

Kiara scoppio a ridere e loro non poterono fare a meno che mostrarle un sorriso.

- Che bei sorrisi che avete!! Proprio degni di due Sacerdotesse! -.

Ali scoppiò a ridere.

Parlava con lei solo da pochi minuti, ma già non poteva fare a meno che adorarla.

- Bhè, come penso abbiate già capito..- riprese - Io sono Kiara! -.

Anche se loro lo avevano chiaramente capito, la conferma per un attimo le sconvolse.

- Quindi, lei è.. un fantasma? - chiese Ali.

- No, Alice, non sono un fantasma.. - le disse sorridendo e allungando una mano verso di loro - Provate a toccarmi..-.

Lentamente le ragazze avvicinarono una mano a quella di Kiara e quando la sfiorarono si resero conto che era di carne ed ossa.

- Visto?! - disse lei ritirando la mano.

Sam si fermò a guardarla, confusa.

- Ma tu, cioè lei.. non era morta?! -.

A quelle parole il sorriso di Kiara sparì lasciando posto ad un espressione corrucciata.

- Vedo che non vi perdete in convenevoli voi?! - esclamò per poi recuperare il suo sorriso - Mi piace! Vuol dire che siete delle ragazze concrete! Bhè, si, in effetti sono morta.. e moltissimo tempo fa per la precisione, ma dopo la mia morte sono ritornata ad essere la Dea che ero e da allora vivo qui, nel mio Tempio, e qui vivrò per sempre come Dea immortale -.

Si lasciò scappare un sospiro rassegnato.

- Non che qui ci siano molte cose da fare. Ci si annoia moltissimo in questa caverna. Non c'è mai nessuno con cui parlare.. meno male che siete arrivate voi! - esclamò, battendo le mani - Ma, ora che ci siamo presentate come si deve, esigo che mi diate del “tu”! Non sono mica la vostra regina! D'accordo, Ali e Sam?! -.

La dure ragazze annuirono in risposta.

- Che bei nomi avete!! - esclamò - Ma adesso, basta con le chiacchiere! Ho molte cose da dirvi e presto vi sveglierete, quindi cerchiamo di non sprecare tempo -.

- Svegliarci? - chiese Sam - Quindi stiamo dormendo?! -.

- Certo! - rispose Kiara - Per potervi incontrare ho dovuto farvi addormentare entrambe. Posso anche apparirvi attraverso alcune visioni, ma solo se devo recapitarvi un messaggio importante. Per parlare con voi devo apparire nei vostri sogni. Ah, non vi darò fastidio, non temete. Appena vi sveglierete vi sentirete fresche e riposate come due bambine!-.

Sam sorrise. Era davvero irresistibile.

- Allora..- riprese lei - So che Sascha vi ha già raccontato la mia storia..-

A sentire il suo nome Sam, sentì un brivido attraversarle la schiena.

Non riusciva ancora a togliersi dalla mente il modo in cui l'aveva guardata quel pomeriggio.

- È un bravo ragazzo Sascha, vero? Eh si! Non l’ho mai conosciuto personalmente perché, come sapete, ai Guardiani non è permesso entrare nel Tempio, ma è come se lo conoscessi. Sapete, ho sempre pensato alle Sacerdotesse come delle figlie e ai Guardiani come dei figli. Li conosco come le mie tasche! E Sascha è proprio un bravo ragazzo! Ha sofferto molto in passato e questo lo ha cambiato profondamente ma comunque mi fido di lui e sono sicura che sia stato del tutto esaustivo nel raccontarla..-.

Fece una pausa e i suoi occhi si tinsero di un velo di malinconia.

- Mio padre era un uomo malvagio e crudele, ma io non ho mai smesso di volergli bene, di cercare di capirlo. Persino quando mi rinchiuse in quella dannata torre o quando minacciò a morte l’amore della mia vita. Ma un giorno iniziai ad odiarlo. Fu il giorno in cui ci maledisse a combatterci a vicenda. Una cosa che lui non sapeva però è che l’amore è più forte di qualunque cosa. Credetemi ragazze, ve lo dice una donna che ama lo stesso uomo da più di settemila anni.. -.

Kiara sorrise, alzando la mano destra e mostrandola alle ragazze.

Al dito indice portava un grosso anello di rubino, dal colore acceso, sanguigno, che sembrava completamente scostante da tutto il resto della sua figura.

- Questa è l’unica cosa che mi rimane di lui. Il dono che mi fece poco prima di lasciarmi per sempre - disse tornando a guardarle - Kooro ha un mio ciondolo, o almeno spero che ce l’abbia ancora. È un ciondolo d’argento a forma di cuore, con una pietra azzurra al centro -.

Kiara scosse la testa, sorridendo triste e le due ragazze capirono quanto le dovesse mancare.

La Dea si piegò in avanti e mise le mani sulle loro gambe.

- Voi siete importanti ragazze! - esclamò guardandole negli occhi - Avete il compito di far sì che il nostro sacrificio non sia vano! Noi vogliamo che le nostre due razze continuino a vivere in pace e voi dovete impedire a chiunque abbia osato andar contro a questo volere di sopravvivere. So che ce la potete fare! Insieme! -.

I suoi occhi mutarono espressione e si tinsero con una vena di tristezza.

- Ma io lo vedo che tra voi non va come dovrebbe andare. Avete litigato, lo sento. Per favore ragazze cercate di reprimere la rabbia che vi affligge. Dovrete essere unite in questa lotta, altrimenti non ce la farete.. -.

Le ragazze la videro abbassare lo sguardo, poi alzarsi lentamente e fare qualche passo verso il centro della sala.

Quando lei si voltò a guardarle, loro videro che a stento tratteneva le lacrime.

- Vi voglio raccontare una storia, ragazze. Una storia vera, purtroppo. Parla delle ultime Sacerdotesse..-.

A quelle parole entrambe trattennero il fiato.

Sapevano che quella storia le avrebbe sconvolte per sempre.

- Erano due ragazze semplici, bellissime, proprio come voi - riprese Kiara - Erano appena ventenni, dotate della forza che la giovinezza sa donare. Non si conoscevano. Arrivavano da due paesi diversi, molto distanti. Ma dal primo momento che i loro occhi si incontrarono capirono di appartenere una all’altra, e fin da subito iniziarono a sentirsi come due sorelle. Il nemico che dovevano sconfiggere era molto forte e pericolo ma il giorno della battaglia si sentivano pronte, erano sicure che avrebbero vinto. Ma purtroppo non fu così. Seppur dotate di enormi poteri, gli stessi poteri che ora possedete voi, rimanevano pur sempre delle mortali. Una di loro venne colpita al cuore. Morì all’istante. E l’altra la seguì. Perché è questo ciò che lega le Sacerdotesse più di qualsiasi altra cosa. Vivono la stessa vita, se muore una, muore anche l’altra.. -.

Sam e Ali la fissavano con gli occhi spalancati. Non sapevano cosa dire.

Lentamente Kiara le avvicinò e si inginocchiò di fronte a loro.

- Per favore, ragazze, fatelo per me! Mettete da parte i vostri rancori e proteggetevi a vicenda - le guardò entrambe negli occhi - L’umanità non merita di passare ciò che ha già passato! -.

Le si lanciò al collo e le abbracciò forte.

- Voi ce la potete fare! Io lo so! Ma solo se state insieme! -.

Si staccò, anche se loro non avrebbero più voluto lasciarla andare.

- È giunto il momento di separarmi da voi ragazze, anche se mi dispiace - disse accarezzandole le guance.

- Non, non voglio che te ne vada! - disse Ali quasi scoppiando a piangere.

- Ah, ma io non me ne vado..- le disse con dolcezza alzandosi in piedi - Siete voi che dovete svegliarvi. Ma non temete, ci rivedremo presto -.

Le sorrise ancora una volta.

- Mi raccomando, fate tutto ciò che vi dicono i vostri Guardiani! - disse - Ricordatevi che l'unica cosa che vogliono è il vostro bene -.

E veloce come era apparsa, Kiara sparì con un ultimo sorriso.

Sam si svegliò all’improvviso.

Si guardò intorno spaesata poi si alzò di scatto.

Ora sapeva cosa doveva fare.

Aveva smesso di piovere. Il vento freddo le colpì il viso quando si chiuse il portone di casa sua alle spalle, prima id iniziare a correre.

Voleva andare da lei.

Voleva abbracciarla e chiederle di perdonarla.

Perché le mancava e ora sapeva che senza di lei non ce l'avrebbe mai fatta.

Svoltò di corsa la curva che la separava dal paese e si fermò all'istante.

Sotto la luce del primo lampione, avvolta nella sua felpa rosa, c'era lei.

Ali. La sua migliore amica.

Ali la guardò per un attimo poi sorrise e Sam non riuscì a resistere.

Le corse incontro e la travolse con il suo abbraccio.

Una tra le braccia dell'altra le due ragazze non riuscirono a trattenere le lacrime.

- Mi dispiace! Mi dispiace, Ali! - esclamò Sam tra i singhiozzi - Mi dispiace di averti detto quelle cose! Di averti trattato male! E mi dispiace di averti fatto cadere!! -.

- Shh! Tranquilla! Non importa, è passato! -.

Sam annuì da sopra la sua spalla prima di scostarsi, guardarla per un attimo negli occhi e scoppiare a ridere.

- Hai una ciocca di capelli blu! - esclamò tra le risate.

- Lascia stare!! I miei genitori me ne hanno dette di tutti i colori quando l'hanno vista! Non sapevo cosa inventarmi per spiegarglielo! - esclamò - Tua madre cos'ha detto?! -.

- Niente! Era troppo impegnata con le sigarette..-.

- Oddio! Ti ho scoperto?! -.

- Non fa nulla.. ho smesso..-.

Ali le sorrise prima di lanciarsi di nuovo al suo collo.

A quel contatto Sam non riuscì a contenere un gemito di dolore.

- Che hai? - chiese Ali guardandola.

- No.. nulla..- mentì lei stringendola di nuovo a sé - Mi sei mancata -.

- Anche tu.. tantissimo..-.

Le due ragazze rimasero così, strette in quell'abbraccio di cui entrambe avevano un assurdo bisogno, mentre il resto della notte passava intorno a loro e il sole sorgeva per far nascere un nuovo giorno.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo ***


Patrick uscì dalla porta della chiesa e respirò a pieni polmoni.

Era una splendida mattinata.

Il sole splendeva alto nel cielo azzurro privo di nuvole.

Forse davvero la pioggia era riuscita a lavare via tutto.

Sicuramente per Sascha era cosi.

Non lo aveva più visto dalla loro conversazione della sera prima, ma immaginava che quella mattina sarebbe ricomparso come se niente fosse accaduto.

Era bravo a lasciarsi tutto alle spalle.

O meglio, a far credere agli altri di esserci riuscito.

Si sedette su un gradino ed aspettò l'arrivo delle ragazze.

Quando sentì le loro risate non poté fare a meno che sorridere.

Anche questa volta, quel maledetto di Sascha aveva avuto ragione.

Appena le vide avvicinarsi, si alzò in piedi per accoglierle con un sorriso.

- Oh, finalmente insieme! -.

Ali gli sorrise.

- Si.. - disse lanciando un breve occhiata a Sam - Kiara ieri ci ha parlato e ci ha fatto capire quanto stavamo sbagliando -.

- Meno male! Sono proprio contento, ragazze - disse Patrick, sorridendole ancora e spostando lo sguardo su Sam che stranamente non aveva detto ancora nulla a parte un flebile saluto.

Non ci volle molto per capire qualcosa non andava.

Aveva il volto pallido e le guance stranamente arrossate.

Nonostante facesse già abbastanza caldo indossava una felpa larga e pesante che le arrivava quasi fino alle ginocchia.

- Va tutto bene, Sam? - le chiese, lievemente preoccupato.

- Si.. si..- rispose lei, anche se in un modo non troppo convincente - Possiamo entrare? -.

- Certo.. ma devo avvisarvi che c'è una novità..-.

- Quale?! - chiese Ali, curiosa.

- Oggi iniziando le lezioni di teoria di Sascha -.

- Wow!! Davvero??! Fantastico! - scoppiò Ali, non riuscendo quasi a non contenere l'eccitazione.

- Mi fa piacere che tu sia così entusiasta, Ali! - esclamò lui con un altro dei suoi sorrisi - Allora, non sprechiamo altro tempo.. Sascha vi aspetta..-.

Così dicendo si apprestò a risalire i gradini fino all'entrata della chiesa, ma lo sguardo alquanto scettico di Sam lo fece fermare.

- È proprio necessario fare questa cosa? No, perchè, io avrei appena finito la scuola e..-.

- Sam..-.

- D'accordo, ok.. la smetto..-.

Le ragazze seguirono il vampiro lungo uno dei corridoi del sotterraneo fino a quando si fermò di fronte ad una porta aperta.

Sam lo superò per entrare e appena vide cosa c'era al suo interno, rimase completamente senza parole.

- Wow! Questa sì che è..-.

- Una collezione di armi?! Si, in effetti non c'è male..-.

Sam spostò per un attimo lo sguardo su Sascha che era in piedi di fronte a un tavolo totalmente ricoperto da armi di ogni genere, forma e dimensione, per poi perdere di nuovo lo sguardo a contemplare l'intera stanza.

Ogni angolo era occupato da mobiletti e contenitori di armi, persino le pareti dalla quale sporgevano antiche balestre e marchingegni di cui non conosceva nemmeno il nome.

Non aveva mai visto così tanti arnesi di distruzione di massa in una volta sola.

Rimase ad osservare la scena incredula per qualche istante poi, prima che lui le dicesse qualcosa, si affrettò a sedersi ad una delle sue sedie, mentre Ali si apprestava a seguirla e a fare lo stesso e Patrick rimaneva accuratamente in disparte, con la schiena appoggiata al muro e le braccia incrociate al petto.

Sascha aspettò che le ragazze si furono sistemate per iniziare a parlare.

- Bene. Come penso Patrick vi abbia già detto, oggi iniziano le lezioni di teoria...-.

Lanciò una breve occhiata verso Sam, che però non aggiunse niente, limitandosi a stare seduta con le mani all'interno della grande tasca della felpa.

- Forse vi sembrerà una cosa inutile, una scocciatura..- disse - Ma fidatevi che non lo è. Per sconfiggere un nemico bisogna prima imparare a conoscerlo. E questa cosa non si impara in palestra -.

Spostò lo sguardo da una all'altra e si mise dritto, puntando i piedi sul pavimento e incrociando come al solito le braccia al petto.

- Inanzi tutto, partirò dal principio..- disse - Come nasce un vampiro -.

Ali si fermò a guardarlo con lo sguardo completamente ammagliato.

Non riusciva a crederci!

Un vampiro che teneva lezioni sui vampiri!

Non si era mai divertita così tanto in vita sua!!

Anche se doveva sforzare con tutta sé stessa di darsi un contegno.

Era pur sempre una cosa importante.

Quello che avrebbe imparato durante quella lezione avrebbe potuto salvarle la vita un giorno.

- Penso voi sappiate cosa sia un vampiro..- riprese lui - Un vampiro è una creatura senza anima che vaga sulla terra bevendo sangue. Come sapete bene, attaccare gli umani viola la Legge Suprema, quindi i vampiri devono trovare un altro modo per nutrirsi. La maggior parte di noi attinge il loro sostentamento dalle cosiddette “banche del sangue”, che per noi sono una specie di supermercato..-.

Ali sorrise alla battuta mentre Sam rimase a guardarlo attenta.

- Alcuni invece preferiscono nutrirsi con il sangue di animali, che però non è abbastanza nutriente per permettere ad un vampiro di alimentare le sue capacità innate. I vampiri che bevono sangue animale sono spesso stanchi e deboli, ed è per questo che riescono a mischiarsi con la popolazione umana e vivere una vita pressapoco normale -.

Sascha riprese fiato, dando alle ragazze il tempo per assimilare ogni informazione.

- La Formazione di un vampiro può avvenire in due modi - continuò - Il primo modo, è quello che possiamo dire essere il più sicuro, perché la percentuale di fallimento è praticamente nulla. Il creatore prosciuga il corpo del suo prescelto da un singola goccia di sangue e infine lo alimenta con una parte del proprio. Il secondo invece, è quello più rischioso. Il prescelto in questo caso è già morto, però da non più di un minuto, e il sangue del creatore deve entrare il circolo prima che sopraggiunga la morte completa. Con questo modo si va incontro ad un incognita e non sempre la Formazione ha atto. Per questo che nella maggior parte dei casi, e anche per quanto riguarda Guardiani, la formazione avviene nel prima modo -.

Le due ragazze lo seguivano in silenzio, ascoltando ogni sua parola e memorizzando ogni concetto.

- Dal momento della sua Formazione, il novizio passa due settimane in cui la trasformazione ha atto. È un periodo lungo e difficile, spesso di può definire addirittura straziante. Un novizio tende a dimenticarsi di tutto ciò che ha provato nella propria vita e a spegnere ogni sentimento. Si diventa insensibili e la rabbia cieca porta a diventare incredibilmente crudeli - disse - È tutto nelle mani del creatore. È lui che decide il destino dell'essere che ha creato. È suo compito stargli vicino, insegnandogli a controllare i propri istinti e regolarsi con la sua nuova realtà. Ma se il creatore è una persona come Monike, potete capire quale sarà il suo futuro..-.

Si fermò a guardarle.

- Come è successo al vostro amico Bob..-.

Capiva quanto fosse difficile e doloroso per loro ripensare alla fine che il loro amico aveva fatto, ma era necessario che loro capissero quello che voleva dire e che diventassero abbastanza forti per poter affrontare quello che era successo e quello che ancora sarebbe accaduto.

Quindi, dopo essersi fermato un attimo, riprese con la sua lezione.

- I vampiri comuni non possono uscire al sole, altrimenti finirebbero carbonizzati. Però, più anni si passano come vampiri e più si acquista esperienza. E l'esperienza porta a migliorare le capacità che si posseggono e acquistarne di nuove. I più esperti, infatti, possono uscire al tramonto, oppure quando è nuvoloso o piove, perché negli anni hanno acquistato una specie di tolleranza ai raggi del sole più leggeri -.

Sam si fermò a guardarlo.

Grandioso!! Addio speranza che almeno durante il giorno si fosse al sicuro!

Qualcuno avrebbe dovuto dirlo ad Hollywood di smetterla di illudere le persone.

- I poteri che un vampiro acquista..- lo sentì riprendere - Sono sia fisici che psichici. I primi ad essere sviluppati sono quelli fisici. Un vampiro di cento anni ha completato il proprio sviluppo fisico -.

Sascha fece un altra pausa e iniziò a camminare avanti e indietro davanti al tavolo.

Ali, guardandolo, si stupì di constatare che Sam faceva lo stesso quando doveva cercare le parole giuste per esprimersi.

- Un vampiro, raggiunta un adeguata esperienza, può riuscire a controllare la mente degli umani, ovviamente tenendo sempre conto della Legge, oppure leggere il pensiero e molte altre cose, che se messe nelle mani sbagliate possono diventare molto pericolose -.

Sascha tornò a fermarsi di fronte al tavolo e appoggiò le mani sulla superficie di legno.

- Quindi, ricapitolando, i vampiri più “anziani”, anche se questa non è proprio il termine corretto da usare, sono più forti - disse - Faccio un esempio pratico.. in un eventuale scontro tra me e Patrick, difficilmente vincerebbe lui..-.

- Ma.. ehi!! - esclamò Patrick, in protesta.

Sascha si strinse nelle spalle.

- È la verità..- convenne - Ma solo perché solo il più esperto -.

Patrick borbottò qualcosa che Sascha fece finta di non capire, tornando a concentrarsi sulle ragazze.

Ali lo fissava cercando di capire quanti anni dovesse avere.

A vederlo così non dimostrava più di venticinque anni, ma a giudicare dal modo in cui si comportava e dalla capacità che aveva dimostrato di avere, doveva averne decisamente di più.

Avrebbe dovuto chiederglielo. Prima o poi.

Forse quando avrebbe smesso di temerlo così tanto.

- Nel nostro caso e quindi analizzando i nostri nemici, che infondo è la cosa che ci interessa di più. Mi sento di poter dire che Monike ha un'esperienza abbastanza elevata - riprese Sascha - Per quanto riguarda Ewan, invece, ho potuto osservarlo troppo poco per avere un idea chiara di lui ma da quello che è stato detto durante il Consiglio deve essere un vampiro molto antico e di conseguenza molto forte. È lui di certo il nostro maggiore problema. Bisognerà fermarlo prima che decida di agire, altrimenti per noi sarà molto difficile sconfiggerlo -.

Sascha si fermò per un attimo, cercando di raccogliere i pensieri.

Voleva informarle di ogni fatto.

Era giusto che capissero fino in fondo a cosa stavano andando incontro.

- Il resto del gruppo mi preoccupa molto meno - continuò - La maggior parte sono novizi, che avranno da poco superato la trasformazione. Saranno quindi più vulnerabili e più portati a farsi prendere gioco dall'istinto, questo potrebbe essere un fattore da voltare a nostro favore, ma in ogni caso non devono essere sottovalutati. Sono sempre vampiri. Sono stati creati per uccidere. E senza contare che saranno di certo superiori di numero -.

Sam mandò giù a vuoto la saliva.

Se il suo discorso voleva terrorizzarla a morte allora ce la stava facendo alla grande.

Non riusciva a capire che cosa la tratteneva da scappare via e andare a rinchiudersi in una grotta da qualche parte fino alla fine dei suoi giorni.

- Per questo dovrete essere pronte a tutto.. - disse lui, tornando ad incrociare le braccia al petto - E la cosa fondamentale che dovrete imparare è una sola...-.

Le guardò negli occhi.

- Come si uccide un vampiro -.

A quelle parole Ali trattenne il fiato e lo osservò mentre superava il tavolo per avvicinarsi a loro e si appoggiava con i fianchi contro la sua superficie.

- Anche in questo caso esisto due alternative. La prima, quella che molto probabilmente tutti conoscono..-.

Sascha allungò una mano per afferrare uno strano oggetto di legno e lo sollevò per mostrarglielo.

- Il paletto di legno di pioppo, ovviamente ben appuntito. Conficcato nel cuore -.

Le ragazze lo videro muovere il paletto nella mano, osservando la punta affilata, per poi posarlo e afferrare un altro arnese che, a vederlo così sembrava un'antica scure.

- Il secondo modo per uccidere un vampiro è per mezzo della decapitazione. Effettuata tramite lame rigorosamente d'argento - disse, manovrando abilmente la scure con solo l'ausilio di due dita - Le armi da utilizzare per questo scopo sono molteplici. Alcune sono più maneggevoli, altre meno, ma uno dei vostri obbiettivi è quello di essere capaci di utilizzarle tutte -.

Sascha si fermò per un attimo ad osservare il volto delle ragazze poi si alzò, ripose l'arma e tornò nella sua posizione di prima.

- Come avete già notato, le armi che abbiamo a disposizione sono notevoli. Alcune sono nuove, alcune molto antiche.. e altre sono anche molto speciali..-.

La ragazze lo osservarono attentamente mentre si allungava per afferrare quella che sembrava una vecchia pistola dall'impugnatura in avorio e la canna d'orata.

- Come questa..-.

Senza che minimamente se l'aspettassero, Sascha puntò l'arma di fronte a sé e fece fuoco, facendo rimbombare la stanza del colpo cupo dello sparo.

- Oh, porca merda!! - esclamò Sam, alzandosi di scatto e osservando la pistola che ancora fumava tra le sue mani.

Lo vide apprestarsi ad abbassarla e indicare la pallottola conficcata nel muro di fronte a lui.

- Pallottole di legno - disse, semplicemente, per poi riporre l'arma al suo posto.

Sam si fermò ancora per un attimo a guardarlo, poi scoppiò a ridere.

- Cristo, che figata pazzesca!!! -.

Senza neanche pensarci si affrettò a raggiungere il tavolo e afferrare la pistola.

- Posso provarla??! - chiese, puntandola di fronte a sé e stringendo gli occhi come per mirare.

Aveva appena avvicinato pericolosamente il dito al grilletto quando Sascha gliela tolse accuratamente dalle mani.

- Piano.. - la riprese, posando l'arma il più lontano possibile da lei - È ancora troppo presto..-.

- Tranquilla, Sam, avrai modo di cimentarti quanto vuoi con questi aggeggi quando sarà ora..- disse Patrick, avvicinandosi - Ora, però, se Sascha ha concluso, è ora di concentrarsi sull'allenamento -.

Sam sbuffò, allontanando i suoi sogni di gloria e fece per seguire Patrick e Ali fino in palestra quando la voce di Sascha la fece fermare.

- Samantha..-.

Sam si bloccò appena prima di varcare la soglia e uscire in corridoio, senza il coraggio di voltarsi a guardarlo e tanto meno quello di ripetergli che non voleva essere chiamata in quel modo.

Aveva ancora davanti agli occhi la reazione che aveva avuto il giorno prima e soprattutto quello che le aveva detto.

Non era per nulla sicura di essere in grado di guardarlo negli occhi.

Lentamente si voltò e lo vide rifilarle una delle sue occhiate tremendamente inespressive prima di avvicinarsi, superarla e dirle di seguirlo.

Lei lo seguì in silenzio lungo il corridoio fino a raggiungere una porta identica a tutte le altre.

Lo vide aprirla, facendo forza con una spalla ed entrare.

Sam fece qualche passo titubante e sbirciò per un attimo all'interno prima di decidersi a seguirlo dentro.

Era una sorta di magazzino, pieno di mobiletti e scaffali ricolmi di vari oggetti e alcuni vecchi scatoloni accatastati in un angolo.

Lo vide avvicinarsi ad uno dei mobiletti, aprirne un anta con uno stridulo scricchiolio, afferrare qualcosa per poi voltarsi e porgerglielo.

- Metti questo sulle scottature -.

A quelle parole Sam si riscosse.

Aveva fatto di tutto per coprirsi ed evitare che qualcuno se ne accorgesse.

Per tutta la lezione aveva cercato di ignorare il bruciore che provava sulla pelle e di controllare i brividi.

Ma nonostante tutto lui in qualche modo se n'era accorto.

Sam incrociò per un attimo i suoi occhi prima di abbassare lo sguardo e afferrare sommessamente la boccetta che lui le porgeva.

Sascha non aggiunse nulla, nemmeno le chiese per quale motivo si trovasse in quello stato, come se in qualche modo già lo sapesse.

Si limitò a voltarsi, chiudere il mobiletto e superarla per uscire dalla porta.

Appena sentì i suoi passi superare la soglia della stanza, Sam si voltò verso di lui.

- Kiara ci ha parlato delle Sacerdotesse.. quelle prima di noi..-.

A questa sua frase lo vide fermarsi di scatto.

Il silenzio scese un'altra volta tra di loro fino a quando lui si voltò a guardarla.

- Allora penso che tu abbia capito adesso -.

Sam lo guardò per un lungo attimo negli occhi, quasi trattenendo il fiato per tutto quello che sembrò leggerci dentro.

Quel grande mistero che nascondevano e che avrebbe voluto conoscere più di qualsiasi altra cosa al mondo.

Annuì e lo vide fare altrettanto, prima di allontanarsi lungo il corridoio.

Sam rimase ferma qualche altro istante, in silenzio, osservando i bordi sbeccati della boccetta di vetro, poi si riscosse e si affrettò ad uscire e raggiungere la palestra.

Era ora di lavorare.

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo ***


Ali vide con la coda dell'occhio la figura alle sue spalle.

Prese fiato, stringendo la presa contro il paletto di legno.

Con uno scatto improvviso si voltò e lanciando un urlo conficcò con forza il paletto al centro del suo petto, dritto nel cuore.

Dalla ferita aperta vide fuoruscire la paglia umida dell'imbottitura.

Il fantoccio cadde inerme sul pavimento della palestra, accompagnato dall'applauso di Patrick.

- Brava, Ali! Era perfetto! -.

Ali si voltò a guardarlo e sorrise, asciugandosi le mani contro il tessuto della tuta.

- Oh, finalmente!! -.

Si girò verso Sam e la vide seduta a gambe incrociate sul tavolo, con al suo fianco Sascha nella sua solita posizione.

- Ci ha messo un bel po' ma alla fine ce l'hai fatta! -.

Era passato più di un mese da quando la loro vita era radicalmente cambiata.

Durante le lezioni avevano imparato a compiere esercizi che mai e poi mai si sarebbero immaginate di fare.

E Ali si era da subito trovata incredibilmente in difficoltà, a partire da imparare a manovrare il paletto appuntito senza farsi male oppure capire quale fosse il punto da colpire per conficcarlo esattamente nel cuore.

Cosa che Sam, invece, aveva imparato nel giro di due settimane.

Cosa che non tardava mai a farle notare.

- Dopo tre settimane di allenamento, finalmente l'hai imparato..-.

- Ci vuole il tempo che ci vuole, Sam.. - la riprese Patrick, apprestandosi a sfilare il paletto dal corpo del fantoccio di paglia per poi sollevarlo e riposizionarlo al suo posto - Non tutti hanno la stessa capacità di apprendimento -.

- Si, lo so.. lo so.. - esclamò lei - Solo che adesso possiamo passare al livello superiore?! Sono stanca di fare sempre le stesse cose!! -.

- Si, direi che adesso possiamo passare all'allenamento con le lame - disse Sascha, mettendosi in piedi - Sempre che Patrick sia d'accordo..-.

Lui annuì con assenso.

-Si.. certo..-.

- Oh, sia lodato! - esclamò Sam, saltando a terra e affrettandosi a seguire Sascha che intanto stava per uscire dalla porta della palestra - E magari, Ali, questa volta vedi di non metterci così tanto per favore..-.

Ali rimase a guardarla mentre lei le rifilava la sua ultima frecciatina e spariva oltre la soglia.

Mentre il silenzio scendeva nella sala sentì l'impressione di due occhi che la guardavano.

Si voltò verso Patrick e vide che la stava fissando.

Incrociò per un attimo i suoi occhi azzurri che la guardavano con comprensione poi abbassò lo sguardo e si affrettò a seguire Sam fuori dalla stanza.

 

 

Era tardo pomeriggio quando Ali aprì la porta a vetri per uscire in giardino.

Era una bella giornata, con i cielo privo di nuvole e un vento tiepido che smuoveva le fronde degli alberi.

Prese fiato respirando a pieni polmoni e, stringendo in una mano il suo blocco da disegno, si mise a sedere sul primo gradino.

Prese lo sguardo nel vuoto alla ricerca di qualcosa da immortalare e dopo avversi fermata un attimo suoi fiori bianchi che riempivano il suo giardino decide di iniziare a disegnarne uno.

Mentre la matita scorreva veloce sulla carta bianca, Ali si sentiva come in un altra dimensione e ben presto senza che quasi se ne rendesse conto si era immersa così tanto nel suo mondo da escludersi da tutto il resto.

Per poco non le venne un infarto quando all'improvviso sentì la sua voce spezzare il silenzio di quella calma giornata estiva.

- Non sapevo che disegnassi -.

Ali si voltò di scatto spaventata e fece un profondo sospiro di sollievo quando incrociò il volto sorridente che ormai aveva imparato a conoscere a memoria.

- Patrick! - esclamò, portandosi una mano al petto - Non ti ho sentito arrivare.. come mai sei qui? -.

Lui alzò le spalle, guardandosi introno per poi avvicinarsi.

- Così.. - rispose - È una bella giornata.. avevo voglia di fare un giro -.

Ali lo seguì con lo sguardo mentre le si avvicinava per prendere posto vicino a lei e perdeva lo sguardo di fronte a sè.

Il sole gli illuminava il viso e gli rendeva gli occhi ancora più chiari di quanto già fossero.

Patrick si voltò a guardarla per sorridere di nuovo, poi indicò con un cenno del capo il blocco che lei aveva davanti.

- Posso vedere? -.

Lei lo guardò per un attimo poi abbassò lo sguardo sul blocco, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

- Non è niente di che..-

- Lascia che giudichi da solo -.

Ali alzò di nuovo lo sguardo su di lui e lo vide guardarla insistente, quindi si arrese e gli porse il blocco in modo che lo potesse esaminare.

- Wow! - esclamò lui, spalancando gli occhi - È molto bello! -.

- Lo dice solo perché sei gentile..- disse lei abbassando lo sguardo.

- Lo dico solo perché è vero! -.

Lei si fermò a guardarlo e vedendolo sorridere non riuscì a fare altrettanto.

Sospirò, chiudendo il blocco e appoggiandolo sul gradino vicino a lei.

- È forse l'unica cosa che so fare...- si lasciò scappare - A giudicare da tutto il resto..-.

Patrick rimase in silenzio a guardarla mentre lei fissava un punto indefinito vicino ai suoi piedi.

Sapeva cosa intendeva dire.

Infondo era quella il motivo per cui era andato da lei.

- Ali, se ti riferisci a quello che ha detto Sam stamattina..-.

- Oh, no, non è quello - lo interruppe lei - Conosco Sam da molto tempo, so che non lo fa con cattiveria, è proprio il suo modo di fare. Ormai ci sono abituata -.

Ali sospirò ancora una volta, sentendo il suo sguardo su di sé.

In un attimo sentì il bisogno di sfogarsi con qualcuno e in qualche modo sapeva che al suo fianco aveva la persona giusta.

- Il fatto è che è sempre stato così..- sbottò - Fin da quando eravamo piccole. Sam è sempre stata quella con qualcosa in più. La più simpatica, la più intelligente, la più bella, la più dotata. In qualsiasi campo, lei è sempre stata la prima. E io.. sono sempre arrivata dopo -.

Patrick rimase a guardarla mentre lei si perdeva in quel suo piccolo sfogo.

Mai come prima si rendeva conto di capire a pieno quello che stava provando.

Infondo anche lui aveva sempre provato le stesse cose, nel suo paragone con Sascha.

Ali percepì il suo sguardo e si voltò verso di lui.

- Non è questione di gelosia, eh, assolutamente! Io le voglio un mondo di bene solo che...-.

- Lo so.. - la interruppe - So cosa intendi dire..-.

Ali lo vide abbassare lo sguardo, come aveva fatto lei poco prima e poi tornare a guardarla.

- Ma sai cosa ti dico, Ali?! - esclamò, guardandola negli occhi - Magari non saremo i migliori, ma di certo siamo unici -.

Le sorrise.

- E magari anche un po' speciali, perché no! -.

Ali rimase immobile mentre lui si sporgeva verso di lei per darle un bacio sulla guancia.

Sentì le sue labbra fredde toccarle la pelle.. e poi lo sentì ridere quando qualcosa di morbido e peloso si fece spazio tra di loro.

- Ehi, e tu chi sei?! - esclamò Patrick, mentre il gatto nero gli si strusciava su un braccio facendo le fusa.

- L-lui è Zen..- disse Ali dopo essersi schiarita la voce, cercando di nascondere il rossore che le era andato a colorare le guance - Il mio gatto -.

Patrick scoppiò a ridere quando il gatto nero gli andò addosso, strofinando il muso contro la sua maglietta.

- Mi sa che gli piaccio - disse.

Ali sorrise.

- Strano, non lo fa con tutti..-.

Lui le sorrise nuovamente e rimase per un po' a giocare con Zen prima di illuminarsi e tornare a guardarla.

- Mi è venuta un idea!! - esclamò - Perché non mi fai un ritratto?! -.

- Un ritratto?! - esclamò Ali, spalancando gli occhi.

- Si! Perché no?! - disse lui - Sarebbe bello..-.

Lei lo guardò per un attimo poi scosse la testa.

- No.. è meglio di no..-.

- Perché?! Credi forse che non valga la pena disegnarmi?! -.

- No! Assolutamente! Non è questo! - chiarì lei - È che non ne ho mai fatto uno..-.

- Beh, c'è sempre una prima volta...-.

Ali si fermò a guardarlo.

Lo vide sorridere come sempre con quel suo sorriso aperto e contagioso e non poté fare a meno di dargliela vinta.

- E va bene! - si arrese - Però non ti assicuro nulla..-.

Patrick rise nuovamente, contento di aver vinto e Ali afferrò il blocco e la matita per poi tornare a guardarlo.

Osservò attentamente il suo profilo, il modo in cui arricciava le labbra mentre sorrideva e come alcune ciocche di capelli gli ricadevano sulla fronte.

E nel sole di quel tardo pomeriggio estivo, iniziò a disegnarlo.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo ***


Sam salì le scale di casa e iniziò a cercare disperatamente il suo cellulare che aveva dimenticato da qualche parte.

La stanza era deserta, la televisione era accesa ma con il volume al minimo e poteva sentire alcuni rumori provenienti dalla camera da letto, segno che sua madre doveva essere lì.

Stava frugando in mezzo ai mobili del salotto quando lo schermo della televisione attirò la sua attenzione.

Una giornalista dai cappelli raccolti e un vestito grigio parlava alla telecamera da quello che sembrava essere il giardino anteriore di una casetta a schiera.

All'improvviso la visione si spostò sulla porta della casa, dalla quale stavano uscendo due paramedici, che sorreggevano una barella di ferro dal quale si intravedeva una figura umana coperta da un telo bianco.

Sam rimase immobile ad osservare le cinque figure che una dopo l'altra uscivano da quella porta aperta e riuscì a riscuotersi solo quando le riapparve il volto della giornalista e in sovrimpressione venne riportato il nome della città in cui era successo il fatto.

- Merda! - esclamò, affrettandosi a recuperare il telecomando, che per qualche dannata ragione sembrava essere sparito anche lui nel nulla - Mamma??! Dov'è il telecomando??! -.

- Non lo so, tesoro. Sarà lì, sul divano -.

Sam si fiondò sul divano e smosse ogni cuscino nel tentativo si trovarlo.

- Ma è possibile che non debba trovare mai niente io??! -.

Quando finalmente lo ebbe trovato, conficcato tra i cuscini dello schienale, lo puntò verso lo schermo e alzò il più possibile in modo da riuscire a sentire.

- Era una normale giornata in questo quartiere nella periferia di Colonia, quando all'interno della casa alle mie spalle sono stati ritrovati i corpi senza vita della famiglia Stöer, Paul, quarantasei anni, era un architetto, Kirstina, quarantanni, un insegnante. Erano sposati da dieci anni e avevano tre figli Cory, Jilian e Karim, di nove, sette e quattro anni..-.

- Mio Dio..- si lasciò scappare Sam, osservando i volti sorridenti riportati in una foto di quella che fino a quel giorno era stata una normale famiglia felice.

- L'atroce spettacolo che ha accolto questa mattina la nonna materna, venuta come ogni giorno a portare la colazione, è forse il più macabro che si sia visto in questo tranquillo quartiere. I cinque membri della famiglia sono stati brutalmente uccisi e il loro corpo orrendamente mutilato. Le cause della morte sono ancora da accertarsi ma quella più probabile è il dissanguamento. Per ora è tutto, linea allo studio..-.

Il volto della giornalista lasciò spazio a quello impassibile di un suo collega all'interno di uno studio televisivo.

Appena ricevuta la linea il conduttore cedette la parola al suo unico ospite, un uomo stempiato e con dei grossi occhiali in bilico sul naso.

- Questa cosa è davvero indecente!! - esclamò l'uomo, fuori di sé - Non è la prima volta che si sentono casi del genere negli ultimi tempi, per non parlare dei numerosi casi di aggressioni o sparizioni che da notti colpiscono la città! Questa è una situazione di emergenza! Mi chiedo perché la polizia non abbia ancora fatto nulla a riguardo!! -.

- La polizia non può fare nulla..-.

- Cosa, tesoro? - le chiese sua madre, entrando nella stanza con il cesto dei panni da stirare.

- Nulla, mamma..- disse lei scuotendosi e lanciando ancora un occhiata alla televisione per poi affrettarsi a recuperare la sua borsa e raggiungere la porta.

- Vado da Ali, passo con lei tutto il pomeriggio, ci vediamo questa sera, ti voglio bene..- esclamò tutto d'un fiato prima di chiudersi la porta alle spalle.

Per tutto il tragitto non fece altro che pensare a quello che stava succedendo e quasi si spaventò quando la voce di Ali la raggiunse.

- Hai sentito?! - le chiese avvicinandosi.

- Si, è terribile..-.

- Dobbiamo dirlo ai ragazzi! - esclamò Ali riprendendo a camminare.

- Già, ma.. pensandoci.. non credo che non sia giusto chiamarli “ragazzi”.. infondo, per essere precisi, non lo sono..-.

- E cosa dovrei dire? “Dobbiamo dirlo ai vampiri”?! Qui, in mezzo alla strada?! -.

Sam si voltò a guardarla.

- No... forse hai ragione..-.

Le due ragazze continuarono a camminare il più velocemente possibile lungo lo strada che le avrebbe condotte alla chiesa, ma quando si trovarono a passare di fronte al “Malakya” uno strano canto le fece fermare all'istante.

- Junge, brich deichner, mutter nicht das Mers, es ist noch nicht zu spät, dich an der Uni, einzushreiben, Du bast dich doch früher so für tiere interessiert, wäre das nichts für dich, eine eigene Praxis? Junge..-.

- Mikaela!! - esclamarono all'unisono mentre il volto sorridente della giovane ragazza usciva dalla porta del bar.

- Sam! Ali! Che bello rivedervi, ragazze!! -.

La ragazza corse verso di loro per abbracciarle e poi fermarsi a guardarle sorridendo, mentre loro facevano altrettanto.

Non era cambiata molto da quando, circa tre anni prima, era partita per cercare lavoro a Colonia, se non forse per qualche piercing o tatuaggio in più.

Mikaela era sempre stata una ragazza al quanto alternativa, con entrambe le braccia completamente tatuate, i capelli biondi raccolti in dread e i lobi delle orecchie largamente dilatati.

Alle ragazze era sempre stata molto simpatica, soprattutto a Sam, che aveva sempre ammirato il suo modo di vivere e che aveva stretto con lei un rapporto molto stretto per via della sua amicizia con sua sorella maggiore, Agnes.

- Miky! Cosa ci fai qui?! Sei tornata?! - esclamò Sam entusiasta.

- Si, sono tornata per dare una mano a mio padre al bar, visto che si è ritrovato da solo..- disse, sorridendole - E poi, ad essere sinceri, dopo un po' che si è via da casa inizi a sentirne la mancanza..-.

- Mikaela!!!! - urlò Vincent dall'interno del bar.

La ragazza alzò gli occhi al cielo.

- Soprattutto senti la mancanza di questo! - esclamò sorridendole e scoccando ad entrambe un bacio sulla guancia prima di affrettarsi a rientrare e lasciare le ragazze libere di continuare a loro strada, pensando a quello che dovevano dire e soprattutto alla reazione che avrebbe avuto Patrick.

 

 

- Io vado a Colonia! -.

- Patrick..-.

- No, Sascha! Non puoi chiedermi di rimanere in disparte e non fare nulla mentre intere famiglie vengono uccise nella mia città! È una cosa che non posso fare! -.

Patrick si voltò di scatto per raggiungere la porta ma la mano del compagno gli afferrò il polso, costringendolo a fermarsi.

- Patrick.. calmati..- gli disse, guardandolo - Capisco quello che provi, davvero, ma noi abbiamo una missione qui e non possiamo certo abbandonarla in questo modo -.

Rendendosi conto di essere riuscito a calmarlo, Sascha lo lasciò andare.

- L'unica cosa che possiamo fare..- riprese, dopo aver fatto un respiro profondo - È contattare l'Oracolo e chiedere chiarimenti sulla situazione..-.

Patrick si fermò a guardarlo per un attimo poi si voltò lentamente verso le ragazze che poco prima lo aveva avvisato di quello che aveva sempre temuto da quando quella storia era iniziata, ma che non si sarebbe aspettato che arrivasse così presto e che ora li osservavano sedute su uno dei materassini sul pavimento della palestra

- D'accordo..- disse, riprendendo fiato e tornando a guardare Sascha - Però voglio farlo subito! Non posso resistere un secondo di più senza sapere cosa sta succedendo davvero! -.

Sascha lo guardò per un attimo, poi annuì.

- Va bene..-.

Sam e Ali rimasero in silenzio ad osservarli, mentre Patrick andava a recuperare una boccetta dal magazzino e Sascha spostava il tavolo in modo che fosse nella posizione giusta.

Quando Patrick fu tornato, videro Sascha afferrare la boccetta, aprirla e appoggiarla sul tavolo per poi apprestarsi a sfilarsi l'anello.

Con movimenti lenti e rituali lo appoggiò sulla superficie del tavolo e afferrò la boccetta dalla quale estrasse una minima quantità di quella che sembrava essere una strana polvere verdastra.

Appena la sostanza venne a contatto con l'argento, dall'anello si sollevò una coltre di fumo, denso e scuro che andò lentamente a depositarsi lungo la parete della palestra.

Sotto lo sguardo incredulo delle ragazze, il fumo iniziò a cambiare colore fino a prendere la forma di una specie di specchio trasparente.

Per poco non lanciarono un urlo quando all'improvviso apparve il volto dell'uomo, che a quanto dicevano i due vampiri, doveva essere l'Oracolo.

Era un uomo di mezza statura, dal corpo robusto coperto da una tonaca rossa, riccamente decorata.

In testa portava in copricapo dello stesso tessuto della veste e sulla fronte appariva uno strano simbolo che sembrava essere formato dalla sua stessa pelle.

Ma la cosa che più le sconvolse di lui, furono i suoi occhi.

Erano completamente bianchi, come se la pupilla fosse stata coperta da una specie di spessa membrana,

A detta di Sam, quel tipo era parecchio inquietante.

Quando l'immagine fu completamente nitida e il contatto creato correttamente, i due vampiri si spostarono di fronte al tavolo, in modo da farsi vedere.

- Guardiano Sascha. Guardiano Patrick - disse l'Oracolo, dopo averli osservati per un attimo - Qual'è il motivo della vostra visita..-.

- Grande Oracolo.. - disse Sascha dopo essersi portato il pugno chiuso al cuore come segno di saluto - Vi abbiamo convocato per..-.

- Ci sono giunte alcune voci..- lo interruppe Patrick - Riguardo ad alcuni episodi successi in questi giorni a Colonia e vorremmo sapere com'è davvero al situazione..-.

Dopo aver ascoltato le sue parole, l'Oracolo rimase un attimo in silenzio, come se dovesse valutare prima di rispondergli e poi riprese a parlare.

- Si, sono successi alcuni spiacevoli episodi in questi giorni. Il Barone Geash ha avuto qualche problema a controllare il gruppo di rivoltosi ma Kooro ha agito con prontezza, inviando in suo aiuto una delle sue più valide conoscenze. Posso affermare con convinzione che ora la situazione è sotto controllo -.

- Siete assolutamente sicuri? - esclamò Patrick - Perché se ci fosse bisogno io potrei partire immediatamente! -.

- No, Guardiano Patrick! - lo riprese lui - Il tuo compito ora è quello di addestrare le Sacerdotesse. Al resto ci penseranno i tuoi superiori -.

Patrick lo guardò per un attimo, non ancora del tutto convinto, prima di annuire e abbassare lo sguardo.

- D'accordo..-.

- Vi ringraziamo, Grande Oracolo - riprese parola Sascha.

- Dovere..- concluse lui prima che i Guardiani lo salutassero e la visione lentamente sparisse.

Le ragazze videro Sascha raccogliere l'anello, ripulirlo da qualche residuo di polvere, infilarselo di nuovo al dito e tornare a guardare il compagno.

- Visto? Non c'è da preoccuparsi..-.

- Si, però..- rincarò lui - Non sono ancora totalmente tranquillo.. -.

- Potresti parlare con Mikaela..-.

Entrambi i vampiri si voltarono di scatto verso Sam che aveva improvvisamente deciso di prendere parola.

- Sono tre anni che vive a Colonia, è tornata solo oggi, forse potrebbe dirti qualcosa di più su quello che sta succedendo..-.

Patrick si fermò a guardarla poi si lasciò scappare un sorriso.

- È una buona idea..-.

- Si.. d'accordo..- convenne Sascha - Domani andremo da questa Mikaela in modo che tu posa parlare con lei..-.

Fece qualche passo verso di lui e gli posò una mano sulla spalla come per informarlo del suo appoggio.

- Ora, però, procedi con l'addestramento. Adesso che il gruppo a deciso di iniziare ad attaccare non possiamo più permetterci di perdere nemmeno un minuto -.

Patrick riprese fiato poi annuì in risposta.

- Si, hai ragione..- disse tornando a concentrarsi sulle ragazze e battendo le mani come per incitarle ad alzarsi - Forza, ragazze, iniziamo..-.

 

 

Sam si lasciò cadere sulla panca di legno dello spogliatoio e riprese fiato, inarcando indietro la schiena, mentre le parole di Ali le giungevano distanti, ovattate da tutto quello che aveva nella mente.

- Quel tipo era un po' strano, però devi ammettere che è stato incredibile! Vero, Sam?! -.

- Eh? Ah, si, si.. certo..-.

Proprio in quel momento sentirono bussare alla porta.

- Ragazze, se siete pronte.. vi riaccompagno a casa..-.

- Si, Patrick, arriviamo..- disse Ali, affrettandosi a raccogliere le sue cose.

Fece per raggiungere la porta quando vide che Sam non dava segno di volerla seguire.

- Non vieni? - le chiese, voltandosi a guardarla.

- Mm.. no.. preferisco andare a casa a piedi..-.

- Sei sicura? È già buio..-.

- Si, tranquilla..-.

Ali si fermò a guardarla per un attimo a guardarla, poi alzò le spalle.

- Come vuoi.. a domani, tesoro..-.

- A domani..-.

Sam la seguì con lo sguardo mentre usciva dalla porta e aspettò di sentire la sua voce e quella di Patrick allontanarsi prima di decidersi ad alzarsi.

Non aveva voglia di tornare a casa. Non ancora, almeno.

Quello che aveva saputo quella mattina continuava a vorticarle nella mente.

Un'intera famiglia era stata brutalmente uccisa da quello che da un mese era diventato un nemico sordido e infimo che non dava segno di volersi fermare e che sembrava diventare ogni giorno più forte e pericoloso.

L'unica cosa che in quel momento aveva voglia di fare era allenarsi, esercitarsi con qualsiasi strumento che le capitasse a tiro, sentire i muscoli in tensione e scaricare almeno per un po' la rabbia che sentiva dentro.

Aveva appena conficcato un coltello all'altezza della giugulare di un fantoccio quando sentì i suoi occhi che la guardavano.

Non diceva nulla, rimaneva a guardarla, in piedi nel centro della sala.

Sam riprese fiato e si scostò un ciuffo di capelli sudati dalla fronte, aspettando che lui le chiedesse cosa ci faceva ancora lì, o qualsiasi altra cosa ma lui non disse nulla.

Si limitò a guardarla per un altro attimo e poi, facendole un cenno con il capo, fare qualche passo e avvicinarsi al sacco da box appeso al soffitto.

- Dai, vieni..-.

Sam rimase ad osservarlo per un attimo poi fece qualche passo verso di lui.

Quando lo ebbe raggiunto, lo vide spostarsi dietro il sacco e afferrarlo ai lati.

- Forza, colpisci..-.

Lei corrugò le sopracciglia, dubbiosa.

- Perchè? -.

- Avanti, colpisci! - esclamò lui, guardandola negli occhi - Sarà banale.. ma è il modo migliore che conosco per sfogare la rabbia..-.

Sam lo vide alzare lo sguardo sul soffitto e quando fece lo stesso vide un grosso buco dove prima doveva esserci stato il gancio che sorreggeva il sacco.

- Ma io non sono arrabbiata! - esclamò tornando a concentrarsi su di lui.

- Non mentirmi, Samantha.. io lo sento..-.

A quelle parole Sam dovette fare di tutto per cercare di non dare a vedere come il suo cuore aveva iniziato a battere, anche se ormai si stava arrendendo al fatto che fosse impossibile nascondergli qualcosa.

- E va bene! - esclamò - Forse un po' lo sono..-.

- E allora, avanti, cosa aspetti? - la incitò lui - Colpisci! -.

Sam si fermò a guardarlo negli occhi prima di decidersi ad assecondarlo.

Era la prima volta che picchiava un sacco da box ma appena le sue nocche toccarono la pelle tesa capì che forse, per l'ennesima volta, lui aveva ragione.

Ben presto si lasciò andare, colpendo il sacco sempre più forte e sentendo il corpo di lui assecondare ogni colpo.

Lanciò un urlo, colpendolo più forte che poteva e quasi le si ruppe il fiato in gola quando se lo ritrovò davanti, a pochi centimetri da lei e completamente trasformato.

Il silenzio scese nella sala mentre lei sollevava lo sguardo fino a ritrovare il suo viso e ne studiava i particolari, come le profonde rughe che gli solcavano la fronte, gli occhi che ora erano ridotti a due fessure scarlatte o i canini che sporgevano affilati dalla sua bocca leggermente aperta.

Sam rimase a guardarlo senza riuscire a fare un passo, mentre il cuore le batteva forte nel petto, un po' per lo spavento, un po' per la sua troppa vicinanza.

- Non hai paura di me..-.

Anche la sua voce aveva qualcosa di diverso. Era più cupa e leggermente più rauca.

Lei mandò giù un sorso di saliva, mentre non riusciva a fare altro che guardarlo negli occhi.

- Perchè? Dovrei? -.

- Sono un vampiro.. vedi tu..-.

Sam rimase a guardarlo e in quel momento si sorprese che era così. Non aveva paura.

Perchè nonostante tutto, nonostante fosse un vampiro, nonostante fosse pericoloso, nonostante una parte di lei le urlasse di scappare.. quello che aveva davanti era sempre lui.

E di lui certo non poteva davvero avere paura.

- Tu non puoi farmi del male..-.

Lo disse quasi in un sussurro e per un attimo lo vide soffermarsi prima di fare un passo indietro.

Sam riprese fiato quando vide il suo volto tornare lentamente normale.

- È vero..- convenne lui - Ma non tutti là fuori sono come me. Anzi, la maggior parte vuole ucciderti, e uno dei miei compiti è insegnarti come impedirgli di farlo -.

La guardò negli occhi.

-Tu sei brava, Samantha.. - disse - Impari in fretta.. però.. c'è ancora una cosa che devi imparare..-.

Sam rimase ferma quando lui le si avvicinava di nuovo fino ad esserle quasi addosso.

- Senza questo..-.

Lentamente Sascha alzò una mano e la avvicinò alla sua fronte e lei sentì un brivido quando sentì il suo tocco freddo sulla pelle.

- Non puoi fare nulla.. - continuò, lentamente – Devi essere concentrata.. altrimenti la fisicità da sola non serve a niente..-.

Sam continuò a guardarlo negli occhi mentre il suo profumo diventava sempre più forte e intenso e per un attimo le sembrò ancora che il tempo potesse fermarsi intorno a loro.

L'unica cosa che poteva sentire era il suo cuore batterle nel petto e incredibilmente forte legame che in qualche modo sembrava unirla a quell'uomo bellissimo che aveva di fronte.

Rimase immobile mentre la mano di lui scendeva lenta lungo il suo volto fino a fermarsi all'altezza della gola.

Non si accorse nemmeno di trattenere il fiato mentre lui non smetteva di guardarla negli occhi, facendo vacillare ogni singola parte della sua mente.

Quasi perse l'equilibrio quando lui si riscosse all'improvviso e si affrettò ad allontanasi da lei.

- Dai.. ti accompagno a casa..-.

Sam cercò di riprendere fiato e lo seguì con lo sguardo mentre si avviava verso la porta, senza nemmeno voltarsi a guardarla e, annuendo tra sé, si affrettò a seguirlo.

 

 

Sam aspettò che la sua moto sparisse oltre la curva della strada prima di voltarsi e attraversare il cancello di casa.

Risalì la pendenza della collina e diede una veloce carezza a Lou prima di affrettarsi ad entrare.

Aveva appena chiuso la porta alle sue spalle quando una voce la fece sussultare.

- Era una moto quella??! -.

- Agnes!! - esclamò voltandosi di scatto e incrociando il volto corrucciato di sua sorella maggiore - Cosa ci fai qui?! -.

La ragazza rimase a guardarla per un attimo, con le braccia incrociate al petto, poi si lasciò scappare una smorfia di irritazione.

- Oh, ma che bel modo che hai di accogliere tua sorella dopo mesi che non la vedi!! È tipico si te, Sam! -.

Sam la vide rifilarle un'altra sua classica occhiata piena di disapprovazione e portarsi una mano ad aggiustarsi i grossi occhiali dalla montatura viola.

- Comunque.. ti sembra questa l'ora di tornare a casa?! -.

Sam si fermò a guardarla per un attimo poi alzò le spalle e lasciò cadere la sua borsa sul pavimento.

- Ero da Ali e la mamma lo sapeva..-.

- Ah, davvero?! A me non sembra che qualcuno nella famiglia di Ali abbia una moto!! -.

- Oh, Agnes!! Sei appena tornata e già parti con uno dei tuoi interrogatori??! Dammi almeno il tempo di prendere fiato, diamine!! -.

- Ragazze, non litigate..- le riprese con voce tranquilla la madre che proprio in quel momento ritornava in cucina.

- Io non ho fatto proprio nulla!! - protestò Agnes - È lei che per ogni minima cosa urla e sbraita come un'ossessa! -.

- Non sono certo io quella che ti ha attaccato quando ancora avevo un piedi fuori dalla porta! -.

- Coosaa??! - esclamò la ragazza, indignata - Io sono stata qui tutta sera ad aspettarti e questo è il ringraziamento??! -.

- Ragazze, l'importante è che non sia successo nulla..- disse la madre per smorzare i toni - Però, solo una cosa, Sam, la prossima volta porta sempre dietro il cellulare. Mi sono preoccupata..-.

Sam si fermò a guardarla per un attimo, poi sospirò e annuì.

- Hai ragione, mamma, scusa..- disse - Ora però vorrei andare a dormire.. Buonanotte, mamma. Buonanotte.. Agnes! -.

Così dicendo si affrettò a sparire lungo lo scale prima che sua sorella avesse tempo di aggiungere ancora qualcosa.

Si infilò nel buio della sua camera e chiuse la porta alle spalle per poi appoggiarcisi con la schiena e riprendere fiato.

Continuava a pensare a quello che era successo poco prima, a tutto quello che aveva provato ad averlo così vicino, ad essere da soli, loro due, e alla sensazione del suo tocco freddo sulla pelle.

- Chi è che ha spostato le cose in camera mia??!! -.

Si riscosse, richiamata alla realtà da un altro tipico lamento di sua sorella.

Si portò le mani al volto, scuotendo la testa.

Ci manca solo lei!

 

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Capitolo 17
*** Capitolo sedicesimo ***


Erano quasi le undici di sera quando Ali e Sam raggiunsero il “Malakya” e si misero ad aspettare i due Guardiani fuori l'entrata del locale.

Non dovettero attendere molto prima di sentire il rumore del motore delle due moto che si avvicinavano.

- Eccoli, sono arrivati - disse Ali seguendoli con lo sguardo mentre si fermavano a pochi metri dal locale e scendevano dalle moto.

Il primo ad avvicinarsi fu Patrick, seguito a qualche passo di distanza Sascha.

- Bene.. possiamo andare?! - chiese il ragazzo dopo averle salutate.

Ali annuì in risposta e si avviò per raggiungere l'entrata del locale quando la voce di Sascha la fece fermare.

- Aspettate..-.

I tre si voltarono a guardarlo e lo videro guardarsi intorno.

Non riusciva a capire cosa ma percepiva che qualcosa non andava.

- Tu e Alice andare dentro..- disse tornando a guardare Patrick - Fai le domande che devi e torna fuori. Io e Samantha vi aspettiamo qui..-.

Sam stava per chiedergli per quale motivo dovevano farlo, visto che l'idea di rimanere di nuovo da sola con lui la terrorizzava ancora di più dell'ipotetico motivo della sua decisione, ma prima che avesse il tempo di farlo, Ali e Patrick erano già spariti all'interno del locale, lasciandoli soli nel silenzio della notte.

Sam riprese fiato e vedendolo avvicinarsi al vicolo che fiancheggiava il locale non le rimase che seguirlo.

Il solito pesante silenzio scese tra di loro mentre Sam si appoggiava con la schiena al muro e tornava a guardalo.

Continuava a guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcosa.

Si chiese per quale motivo si stesse comportando in quel modo e per qualche ragione il suo sesto senso le diceva che stava per succedere qualcosa.

 

 

La strana figura sedeva ad un tavolo in penombra.

Teneva il volto basso e nella mano stringeva il bicchiere di gin ancora completamente pieno.

Sembrava totalmente persa nei suoi più profondi pensieri ma in realtà l'unica cosa a cui riusciva a pensare erano i due ragazzi che ridevano tra di loro e al sangue che scorreva nelle loro vene.

Il ragazzo era alto e con i capelli biondi ricoperti dal gel, la ragazza, invece aveva i capelli scuri sciolti sulle spalle e indossava un vestitino aderente nero.

La figura continuò a guardarli mentre lui le diceva qualcosa all'orecchio per poi salutare il suo gruppo di amici e, cingendole la vita, affrettarsi a varcare la soglia del locale.

In un attimo era già in piedi e li stava seguendo fuori, con il bicchiere di gin ancora pieno abbandonato sul tavolo.

 

 

- A me non è mai successo nulla, per fortuna, ma so di gente che ha vissuto davvero dei brutti episodi in città! Non è sicuro uscire di notte in questo periodo! Anche se molta gente se ne frega e lo fa lo stesso..-.

Patrick si fermò a guardare per un attimo la ragazza dietro al bancone mentre con la coda dell'occhio vedeva la strana figura alzarsi dal tavolo ed uscire.

Le sorrise e fece per alzarsi dallo sgabello sul quale si era seduto per parlare con lei.

- Grazie, Mikaela, sei stata veramente molto gentile -.

- Oh, figurati, per cosi poco -.

Mikaela gli sorrise di rimando e lo seguì con lo sguardo mentre la salutava e raggiungere la porta.

- Carino il tuo amico, Ali..- disse squadrandolo dalla testa ai piedi - Sai mica se è fidanzato? -.

- No.. credo di no..- rispose lei alzandosi a sua volta.

- Bene.. Portalo qua qualche altra volta..-.

Ali stava per scoppiare a ridere osservando al reazione più che lecita della ragazza quando la voce di Patrick la richiamò.

- Ali, andiamo? -.

- Si.. arrivo..- gli disse sorridendo a Mikaela un ultima volta e voltandosi per raggiungerlo.

Quando incrociò il suo sguardo il sorriso le si smorzò sul viso.

Stava per succedere qualcosa.

 

 

Erano parecchi minuti che Sascha se ne stava in quella posizione, a saggiare l'aria come un vecchio segugio senza dire una parola, e Sam stava iniziando a spazientirsi.

- Si può sapere che diamine sta..-.

Il fiato le si ruppe in gola quando se lo ritrovò addosso.

Sascha la spinse contro il muro e avvicinò il volto al suo così tanto che alle loro labbra sarebbe bastato un nulla per toccarsi.

Sam rimase immobile quando lo vide farle segno di stare in silenzio e osservare i due ragazzi passare di fronte al vicolo seguiti da una figura nera.

Riuscì a riprendere a respirare solo quando lui si allontanò per uscire dal vicolo e guardarsi intorno.

Un secondo dopo Patrick lo raggiunse.

I due vampiri si scambiarono solo un veloce sguardo prima di partire all'inseguimento.

Sam si affrettò ad uscire dal vicolo e vide sparire in direzione del bosco.

- Ma quello non è Marcus?? - esclamò Ali dopo averla raggiunta.

Sam scosse la testa, cercando ancora di capire cosa stesse succedendo.

- Non lo so.. forza, seguiamoli..-.

 

 

Marcus sapeva di aver bevuto troppo.

Sentiva la testa leggera e i sensi ovattati dall'alcol.

Ma non se ne preoccupava molto.

Era già successo altre volte.

E l'unica cosa che veramente gli interessava era il corpo di quella bellissima ragazza che rideva cercando di non inciampare dietro di lui.

Prendendola per la mano la condusse nel bosco che circondava il paese, il posto più appartato che conoscesse.

Lì non li avrebbe visti nessuno.

La spinse contro un albero e la guardò per un attimo prima di iniziare a baciarla sulla bocca e sul collo fino a quando sentì il suo corpo iniziare a fremere sotto le sue mani.

Quando si accorse che non erano soli era ormai troppo tardi.

Una forza sovraumana lo spinse a terra con così tanta violenza che per un attimo la vista si appannò e un dolore lancinante gli colpì la schiena.

Doveva ancora rendersi conto di quello che stava succedendo quando sentì la ragazza gridare di terrore.

Marcus cercò di alzarsi, nonostante il dolore e quando fu in piedi si guardò intorno nel buio completo del bosco illuminato solo dalla flebile luce della luna.

Lanciò uno sguardo nel punto dove poco prima aveva lasciato la ragazza e fu allora che vide la figura nera china sul suo corpo steso a terra.

- Ehi! Lasciala stare! - gridò facendo d'istinto qualche passo verso di lui.

Si bloccò all'istante quando la creatura alzò lo sguardo su di lui e il fiato gli si ruppe in gola mentre sul suo viso si formava un espressione di puro terrore.

Continuò a guardare quel volto disumano per quella che sembrò essere un eternità fino a quando sentì alcuni rumori intorno a sé e si decise a fare l'unica cosa che la sua mente gli urlava di fare.

Scappare.

 

 

Sascha si fiondò sul vampiro, buttandolo ad alcuni metri dal corpo steso a terra della ragazza.

I due corpi si rotolarono tra le foglie del bosco ma non ci volle molto prima che il Guardiano riuscisse ad imporre la sua forza sull'altro, bloccandolo a terra con un braccio all'altezza della gola.

Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Patrick partire all'inseguimento del ragazzo che stava scappando attraverso il bosco.

- No, Patrick, lascialo andare! Vieni qui! Tienilo fermo! - gli urlò prima di affrettarsi a raggiungere la ragazza.

Era ancora viva.

Sascha si sporse su di lei e la vide cercare aria mentre la profonda ferita sul collo sanguinava copiosamente.

Senza perdere tempo si portò un dito alla bocca, lo morse per fare uscire un po' di sangue e lo passò sulla ferita che all'istante si richiuse come se non fosse mai esistita.

Tornò a concentrarsi sul suo viso.

Era pallido. Presto avrebbe perso i sensi.

Doveva agire subito.

Le prese la testa tra le mani e la sollevò in modo che lei lo guardasse negli occhi per quei pochi istanti che gli servivano per soggiogarla.

I suoi occhi erano appena tornati normali quando la ragazza svenne definitivamente tra le sue braccia.

La lasciò cadere delicatamente e si risollevò.

Sarebbe stata bene. E soprattutto non avrebbe ricordato nulla di quello che le era appena successo.

- Lei sta bene..- disse voltandosi per tornare verso il vampiro - Ora pensiamo a te! -.

Con un colpo secco lo afferrò per la maglietta scusa che indossava e spinse con forza contro un albero.

Patrick lo raggiunse e lo aiutò a tenerlo fermo, bloccandogli le mani, mentre il vampiro si divincolava con forza per liberarsi, soffiando e mostrando i denti ancora sporchi del sangue di quella povera ragazza.

- Ehi, ehi, ehi, calmati novellino!! - esclamò Sascha dopo aver osservato che era poco più di un novizio - Potrei staccarti la testa dal collo ancor prima che tu abbia il tempo di ritirare i denti -.

- Ti conviene ascoltarlo..- intervenne Patrick - Non è uno a cui piace scherzare -.

Il vampiro spostò lo sguardo da un all'altro per qualche istante poi smise di muoversi e il suo volto cambiò lentamente fisionomia fino a tornare ad essere quello di un ragazzo di poco più di vent'anni.

- Ecco.. così va meglio..- disse Sascha.

- Voi chi siete?! -.

Sascha sogghignò fermandosi per un attimo a guardarlo, poi si voltò per mostrargli il simbolo che portava sul collo.

- Questa ti dice qualcosa? -.

- Guardiani! - sibilò lui.

- Oh, vedo che tuo creatore qualcosa te l'ha insegnato – proruppe Patrick.

- A proposito di creatore..- riprese Sascha - Vogliamo sapere chi ti ha formato! E soprattutto per quale motivo ti ha mandato qui! -.

- Io non vi dirò un bel niente! -.

- Eh, no, ragazzo, così non va bene! -.

- Forse non hai ancora ben capito con chi hai a che fare..-.

Patrick sorrise, con uno strano lampo che gli per un attimo gli attraversò gli occhi.

Senza aggiungere nulla allungò una mano verso la tasca interna del suo giubbotto di pelle e ne estrasse una bustina trasparente.

Appena il vampiro vide cosa conteneva spalancò gli occhi dal terrore.

Non era stato formato da molto tempo ma abbastanza da sapere cosa fosse la verbena.

Riprese a divincolarsi con tutta la forza che aveva in corpo quando vide il Guardiano estrarne un pezzetto, stando attento a non toccarla, e avvicinargliela alla pelle.

Il bruciore fu subito insopportabile e divenne sempre più lancinante pian piano che la pianta entrava in contatto con la pelle.

Riuscì a resistere solo pochi minuti prima di cedere al loro volere.

- Basta! Basta! Ve lo dico! -.

Solo dopo aver sentito quelle parole Patrick decise di smetterla e ritirare la pianta all'interno della bustina.

Il vampiro riprese fiato mentre la profonda ferita iniziava a rimarginarsi e lanciò un occhiata ai due Guardiani che lo fissavano in attesa di risposte.

- Mi ha formato Monike -.

- Chissà come mai me l'ero immaginato! - esclamò Patrick.

- Mi ha mandato qui per controllare le Sacerdotesse -.

- E invece tu ti sei rovinato da solo pensando di farti uno spuntino - disse Sascha.

- Non sei molto intelligente, amico! - esclamò Patrick - Però penso che tu sappia cosa succederà adesso..-.

Patrick sorrise di nuovo malignamente e si portò una mano dietro la schiena dove teneva il suo paletto, ma ancora una volta la voce di Sascha lo fermò.

- No, Patrick, aspetta..- gli disse - Forse questa spia potrebbe ancora esserci utile -.

- Parli sul serio?! - esclamò incredulo.

- Come ti chiami, ragazzo?! - chiese Sascha tornando a concentrarsi su di lui.

- Adalrich..-.

- Adalrich?!! - esclamò Patrick - E che razza di nome è?! -.

- Bene, Adalrich..- riprese Sascha - Sai cosa facciamo adesso? Noi ti lasciamo andare..-.

- Ma.. come??! - protestò il compagno.

- Così puoi tornartene da Monike - continuò - E potrai dirle esattamente quello che ti dico. Tu sei venuto qui ma delle Sacerdotesse e dei Guardiani non c'era traccia. Se ne sono andati, chiaro? E da ora in poi voglio sapere tutto quello che succede nelle file della tua creatrice. Quanti vampiri forma, quanti civili uccide, dove si nasconde, cosa fa e cosa pensa. Voglio sapere ogni singola cosa. E tu me lo dirai -.

Patrick si voltò a guardarlo, scettico.

- Sascha, sei sicuro di poterti fidare di lui? -.

- Stai tranquillo..- disse guardandolo per un attimo - Sono sicuro che il nostro amico qui abbia capito come deve comportarsi. Soprattutto dal momento che da questo momento in poi sarà seguito a vista. Saprò ogni sua mossa e soprattutto se agirà a nostro favore oppure no -.

Lo spinse ancora con più forza contro l'albero, guardandolo negli occhi.

- E se per caso pensa di fregarci..- concluse - Gli conviene sapere che non mi limiterò solo a infilargli un paletto nel cuore -.

Patrick scoppiò a ridere e lo afferrò per il collo per avvicinare il volto al suo.

- Hai capito.. Rich??! -.

Aspettò che lui annuisse con convinzione prima di decidersi a lasciarlo andare e fare qualche passo indietro.

Rich fece qualche passo, scrollandosi per riprendersi e lanciò un ultima occhiata ai due Guardiani prima di sparire nel nulla.

Patrick si guardò per un attimo intorno poi si voltò verso le ragazze che per tutto il tempo erano rimaste in silenzio nascoste dietro ad un grosso albero.

- Ali.. Sam.. state bene?! - chiese avvicinandosi.

- S-si..- disse Ali.

- Vi siete spaventate? -.

Sascha la vide scuotere la testa con convinzione.

- Meno male..- disse - Perché questo era solo un assaggio di quello che succederà d'ora in avanti..-.

Per un attimo sentì la sensazione dei suoi occhi che lo guardavano.

Si voltò verso di lei e incrociò il suo sguardo.

Per fortuna non le era successo nulla.

- Ora, andiamo..- disse scostando lo sguardo da lei - Vi accompagniamo a casa..-.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassettesimo ***


 

Sam fermò la bici di fronte al grande cancello di ferro e si fermò a guardare la bellissima villa a due piani costruita poco fuori il paese.

Non era mai stata nella casa del sindaco e aveva dovuto pensarci molto su prima di raggiungerla.

Era passata qualche settimana dalla comparsa di Rich e quello che era successo quella notte nel bosco.

Per tutte quelle settimane aveva cercato di intercettare Marcus in giro per il paese o al “Malakya” ma il ragazzo non si era più visto.

Il giorno prima Sam aveva finalmente trovato il coraggio di parlare con uno dei suoi amici e lui gli aveva detto che da un po' di settimane Marcus non voleva uscire di casa.

- Un giorno è venuto ad incontrarsi con noi ed era molto strano. Era pallido, sembrava avesse la febbre. Da quel giorno ha iniziato a dire strane cose su strane creature che attaccano le persone.. -.

Era dopo aver sentito quella frase che Sam aveva deciso di andarlo a trovare.

Voleva sapere come stava.

Legò la bici ad una delle colonne della recinzione e si avvicinò al campanello per suonare.

Dopo pochi minuti il cancello le si aprì davanti e lei seguì il sentiero fino alla porta di ingresso dove venne accolta da una donna di mezz'età con i capelli biondi che doveva essere la moglie del sindaco.

- Sei un amica di Marcus??! - le chiese sorridendole, senza darle nemmeno il tempo di rispondere - Prego entra! Marcus è in camera sua. Sarà contento di vederti! Sali le scale, la sua stanza è la prima porta a destra -.

Sam le sorrise di rimando e stringendo tra le mani la cinta della tracolla si avviò a salire la scale.

Una volta raggiunta la porta che le aveva indicato la signora Schmidt rimase un attimo a fissarla e dovette prendere un profondo respiro prima di bussare.

Appena la sua mano colpì il legno la porta si socchiuse lentamente di fronte a lei emanando uno cigolio.

Lentamente Sam avanzò di qualche passo, sbirciando prima di entrare completamente.

L'interno della stanza era terribilmente caldo e completamente buio se non per la luce che entrava dalle spesse tende tirate.

- M-marcus? - lo chiamò - Posso.. posso entrare? -.

Fu solo quando mise anche il secondo piede nella stanza che lo vide.

Era seduto su una sedia, rivolto verso la finestra, con la testa inclinata in avanti.

- Chiudi la porta - le disse senza nemmeno voltarsi.

Lei lo osservò per un lungo attimo poi fece come le aveva detto e tornò a guardarlo.

- Marcus.. - disse - Stai bene? -.

Solo a quella frase lui sembrò riscuotersi.

Lentamente si voltò verso di lei.

Sam lo guardò in volto.

Era scavato e anche con il buio si capiva che fosse molto pallido.

Doveva essere da molto tempo che non si dava una ripulita, a giudicare dalla barba che portava sul viso e dalla maglietta terribilmente sporca che indossava.

- Sam..- disse, mostrandole un lieve sorriso che venne subito sostituito da un'espressione amareggiata – Sei venuta a vedere se quello che si dice in giro è vero? -.

- Perché.. cosa si dice in giro? -.

A quella domanda Marcus si fermò a guardarla poi all'improvviso scoppiò in una risata incredibilmente amareggiata.

Lo vide alzarsi di scatto e raggiungere la finestra.

Per un attimo pensò che volesse scostare le tende ma invece rimase fermo ad osservare la luce che filtrava attraverso il tessuto.

- Che l'unico figlio del sindaco Schmidt è andato fuori di testa.. - disse - Così si dice in paese..-.

Sam quasi si spaventò quando lui si voltò di scatto e le vi avvicinò fino ad esserle addosso.

- Ma io so quello che ho visto, Sam! - esclamò puntandole un dito contro - Io so cos'è successo quella notte nel bosco! Ero ubriaco si, ma non così tanto!! Eppure tutti dicono che non è successo nulla! Persino quella ragazza, Sarah! Anche lei dice che non è successo niente! Che si è semplicemente risvegliata nel bosco dopo una brutta sbornia! Ma io so che non è così!! -.

Lo vide portarsi le mani al volto, esprimendo tutta la sua frustrazione.

- Forse sono davvero pazzo..-.

- No, non lo sei..-.

Marcus rimase per un attimo immobile prima di scostare le mani dal volto e tornare a guardarla.

Sam lo guardò negli occhi.

Lo capiva perfettamente. Capiva cosa stava provando.

Sapeva cosa voleva dire scoprire che il proprio mondo non era come si era sempre creduto.

Sapeva cosa voleva dire credere di essere diventati matti.

Di certo non poteva dirgli la verità, ma non avrebbe permesso che si distruggesse ancora di più semplicemente per aver visto quello che non avrebbe mai dovuto vedere.

Lo afferrò per le braccia e lo guardò negli occhi.

- Io so cosa vuoi dire. Io so..- gli disse - E credimi.. tu non sei pazzo..-.

Il due ragazzi si guardarono negli occhi per un istante che sembrò infinito quando l'improvviso suono del cellulare di Sam li fece riscuotere.

Fece qualche passo indietro e aprì la borsa per afferrare il cellulare.

Era un messaggio di Ali.

 

Vieni alla chiesa! Subito!

 

Sam si affrettò a richiuderlo e a ributtarlo in borsa prima di tornare a guardarlo.

- Ora devo andare..- disse. mostrandogli un breve sorriso e guardandolo ancora per un attimo prima di voltarsi e raggiungere la porta.

Aveva appena messo la mano sulla maniglia quando le giunse la sua voce.

- Verrai anche domani? -.

Sam rimase ferma per un attimo, poi si voltò lentamente.

- Certo..- disse, sorridendogli un ultima volta prima di affrettarsi ad uscire.

 

 

Ebbe appena il tempo di mettere piede oltre la soglia della palestra prima che la sua voce la raggiunse.

- Dove sei stata?! -.

Sam si voltò a guardarlo, corrugando le sopracciglia.

- Come, scusa? -

Da quando in qua doveva dirgli dove andava o cosa faceva?!

E soprattutto da quando in qua gli importava?!

Sascha si fermò a guardarla per un attimo, con il suo solito sguardo terribilmente superiore, poi incrociò le braccia al petto.

- Sei in ritardo - la riprese.

- Si.. scusate.. dovevo fare una cosa..- disse - È successo qualcosa? -.

- In effetti si..- disse Sascha indicandole con un gesto una sedia posta vicino a quella dove già sedeva Ali.

I due vampiri aspettarono che prese posto prima di decidersi a spiegare quello che era successo.

- Il nostro amico Rich si è fatto sentire - esclamò Patrick guardandole.

- Il gruppo di Monike si sta spostando - continuò Sascha - Vuole raggiungere Berlino e unirsi al gruppo di Ewan -.

Il Guardiano si fermò a guardarle entrambe negli occhi mentre il suo volto si faceva automaticamente più grave.

- Dobbiamo partire -.

- Quando? - chiese Sam di getto.

- Il prima possibile - rispose lui - Tra una settimana al massimo. Una volta riuniti potrebbero decidere di attaccare in ogni momento. Noi non possiamo permetterci di ritrovarci impreparati -.

- Il momento è arrivato, ragazze..- aggiunse Patrick.

Sam si fermò a guardarli entrambi prima di voltarsi verso Ali.

I loro oggi si incrociarono per un lungo istante ed entrambi ripresero fiato prima di alzarsi e iniziare l'allenamento.

 

 

- Dobbiamo assolutamente inventarci qualcosa! - esclamò Sam, lanciando in aria una pallina e riafferrandola al volo mentre sentiva le dita di Ali battere incessanti sulla tastiera del suo computer appoggiato al piano della scrivania.

Una volta finito l'allenamento aveva chiamato sua madre per informarla che quella notte avrebbe dormito da Ali e ora era da quasi in ora che se ne stava sdraiata sul suo letto a giocare con quella pallina aspettando che le venisse qualche idea.

Non avevano molto tempo e dovevano inventarsi qualcosa in più presto possibile.

- Ma insomma! - protestò, frustrata - Non deve essere poi così difficile trovare un modo per convincere dei genitori a far partire per qualche giorno le loro figlie adolescenti, no?! -.

Ali si voltò a guardarla ruotando sulle ruote della sedia del computer e sbuffò incrociando le braccia al petto, mentre un suono del suo computer la informava di avere ricevuto un messaggio.

- Non mi viene in mente nulla..-.

- Forse ci verrebbe se quel coso la smettesse di suonare!! - esclamò Sam riferendosi al computer che non dava segno di smetterla - Si può sapere chi è?! -.

A quella domanda Ali sembrò improvvisamente irrigidirsi.

- Ehm.. niente! - esclamò con esagerata enfasi, abbassando lo sguardo e portandosi una mano ad arricciarsi i capelli.

- È un po' troppo insistente per essere “niente”.. chi è? -.

- Ti ho detto che non è niente! -.

- Ali!! -.

- Oh, e va bene!!! - esclamò arrendendosi all'interrogatorio.

Alzò gli occhi su di lei e la vide con la testa appoggiata ai cuscini e lo sguardo carico di attesa.

Aveva persino smesso di giocare con quella pallina.

Era proprio vero che a Sam non sarebbe mai riuscita a nascondere nulla.

Si fermò a guardarla ancora per un attimo e dovette prendere un respiro profondo perché quello che stava per dirle ora sembrava più difficile di quanto avesse previsto.

- È...- disse lentamente – Johnny..-.

Istintivamente abbassò di nuovo lo sguardo e lo rialzò solo quando la reazione di Sam tardava ad arrivare.

La vide soffermarsi su quello che aveva detto, confusa, poi lentamente alzarsi a sedere sul letto.

- Johnny? - chiese - Il nostro Johnny? -.

- Ehm.. si..-.

- E da quando in qua Johnathan Meyer ci scrive quando è in vacanza??! - esclamò, incredula - Quello a malapena si ricorda di noi quando è qui!! -.

- In effetti non da molto... - disse Ali, distogliendo un altra volta lo sguardo - Qualche settimana fa abbiamo iniziato a scriverci e da allora ci sentiamo.. ogni tanto..-.

- Ogni tanto, quanto?! -.

- Praticamente tutti i giorni..-.

Un'altra volta il silenzio scese nella stanza ed Ali non ebbe il coraggio di alzare gli occhi su Sam.

Per qualche motivo aveva sempre temuto la sua reazione ed era per questo che aveva deciso di non dirglielo subito.

Anzi, se non fosse stato per quello stupido computer non glie l'avrebbe detto nemmeno allora.

Rimase in silenzio aspettando che l'amica dicesse qualcosa, anche urlarle dietro se voleva, ma Sam continuava inspiegabilmente a non dire nulla.

Quasi non ci credette quando la vide scoppiare a ridere.

Rideva cosi di gusto che presto le lacrime le andarono a riempire gli occhi e dovette aspettare qualche secondo per riprendersi prima di parlare.

- Tu.. e Johnny.. insieme!!! - esclamò tra le risate - Chi l'avrebbe mai detto!! -.

- Ma noi non stiamo insieme!! - esclamò Ali spalancando gli occhi.

- Si come no.. - la canzonò lei - Tutto il giorno a fare i piccioncini al computer..-.

- Noi non facciamo i piccioncini!!! - esclamò mentre sentiva il viso accendersi come una lampadina.

La vide mettersi in piedi, ridacchiando tra di sé per cercare qualcosa nella sua borsa abbandonata ai piedi del letto ed allora il suo viso cambiò subito espressione.

- Ma a proposito di piccioncini.- disse, incrociando le braccia al petto e guardandola sogghignando - C'è per caso qualcosa che vorresti dirmi, Sam? -.

- In che senso? - chiese l'amica alzando gli occhi su di lei.

- Cosa c'è tra te e Sascha?! -.

Quello fu il momento di Sam per irrigidirsi.

Rimase per qualche istante immobile poi lentamente tornò a guardarla e il volto si tinse di un espressione scioccata.

- Tra me e chi??! - esclamò - Cosa ci dovrebbe essere tra me e quel montato pieno di sé, scusa?! -.

- Mah.. non saprei.. ho notato alcune cose..- rispose Ali - Vi mantenete sempre a distanza ma c'è come una specie di strana sintonia tra di voi.. come se vi comprendesse anche senza bisogno di parlare.. oppure il modo in cui vi guardate..-.

- Io non lo guardo proprio in nessun modo!! - la interruppe Sam per evitare che aggiungesse altro.

- Oh, Sam, avanti! Io ti conosco! -.

- No a quanto pare no, Ali! Non riesco a credere che tu possa pensare una cosa del genere! - esclamò fuori di sé - Io.. e.. lui!! Insomma.. è ridicolo!!! -.

Sam abbassò lo sguardo, bloccandosi in piedi in mezzo alla stanza.

Era davvero ridicolo.

- È un vampiro, Ali.. - disse guardandola negli occhi – Ti sembra una cosa possibile? -.

- Noi stiamo andando a salvare il mondo, Sam.. ti sembra una cosa possibile? -.

Sam rimase a guardarla negli occhi per un lungo istante poi si riscosse.

- Oh! Smettila! - esclamò - E non rigirare la frittata! Stavamo parlando di te! -.

Il sorriso di Ali svanì all'istante quando la vide avvicinarsi al computer.

- Fammi un po' vedere..-.

- Oh, no, no, no! - esclamò cercando di fermarla.

- Oh, si, si, si! - esclamò lei parandosi davanti allo schermo - Ormai ci sono dentro! Voglio sapere tutto! Allora vediamo un po'.. “Ciao, splendore..” splendore??! Oh, cielo!.. “Mi manchi tantissimo.. vorrei che tu fossi qui..” -.

Sam si fermò di scatto appena ebbe finito di leggere quella frase.

Lentamente si voltò verso Ali e incrociò il suo sguardo.

- Stai pensando la stessa cosa che sto pensando io?! - esclamò sorridendole.

Ali fece lo stesso e scoppiando a ridere le due ragazze si batterono in cinque, trionfanti.

- Grande!! - esclamò Sam, tornando a sedersi sul letto - Il fatto di raggiungere Johnny e Hans ad Amburgo per qualche giorno ci sta.. il problema rimane convincerli a farci partire con.. quei due..-.

- Già..-.

- Di certo, da sole non possiamo andarci.. - disse Sam, sospirando - Per mia madre non dovrebbero esserci problemi.. però per i tuoi genitori..-.

Ali si fermò per un attimo a guardarla poi si portò le mani al volto.

Amava i suoi genitori, ma certo non erano le persone più permissive del mondo.

Non che avessero tutti i torti, in fondo aveva solo diciasette anni ed era la loro unica figlia, era ovvio che si preoccupassero per lei, ma in quel caso la mettevano in una brutta situazione.

- Dovrò inventarmi qualcosa..- ammise.

- Devi, proprio..- aggiunse Sam - Altrimenti l'alternativa sarebbe scappare di casa.. e non credo che sia molto opportuno..-.

Ali la vide recuperare la pallina e lanciarla contro la parete e allora sospirò rassegnata prima di tornare a concentrarsi sul suo computer.

 

 

- Cos'è questa storia di Amburgo?! -.

Sam si fermò con la forchetta a mezz'aria e la bocca aperta in attesa del cibo.

Lentamente alzò lo sguardo dal piatto e vide Agnes seduta dall'altra parte del tavolo che la guardava con quel suo solito sguardo inquisitore.

- Non c'è nessuna storia..- disse, stringendosi nelle spalle , Johnathan e Hans hanno proposto a me e ad Ali di passare qualche giorno da loro.. -.

- Questo lo so.. ma sei davvero convinta che vada bene che tu ci vada? -.

- Mamma ha detto così -.

- Mamma non sa quello che dice! -.

- Se non te ne sei accorta io sono qui..- prese parola la madre, seduta al suo solito posto - Sam me lo ha chiesto e io le ho detto che va bene -.

- Glielo hai detto senza chiedere informazioni in più però! - esclamo Agnes - Ad esempio in che modo ha deciso di andarci?! E soprattutto, chi l'accompagna?! Di certo lei e Ali non possono andare da sole fino ad Amburgo! -.

- Ci accompagnano due nostri amici..- aggiunse Sam, senza nemmeno guardarla e tornando a concentrarsi sulla sua cena.

- Ah! E scommetto che questi due amici hanno delle moto!! -.

- Si! Ce le hanno! - scoppiò Sam - E mamma lo sa! Quindi non vedo perché devi fare tutto questo casino! -.

Agnes spalancò gli occhi, incredula, poi si voltò verso la madre.

- Ah, quindi, tu lo sai e non hai detto nulla??! -.

- Non c'è nulla da dire, tesoro - rispose lei, serafica - Per me non ci sono problemi. Mi fido di Sam..-.

- Forse non dovresti farlo! -.

- Cosa intendi dire, scusa?!! - esclamò Sam. guardandola male.

- Dico che hai sedici anni..-.

- Ne avrò diciassette tra qualche giorno! -.

- Sedici, diciassette, non fa molta differenza! Sei ancora una ragazzina! Non dovresti poter fare tutto quello che vuoi! -.

- E tu non dovresti sempre metterti in mezzo nella mia vita!! Io ce l'ho già una madre! -.

Le due sorelle si squadrarono l'un l'altra mentre un silenzio pesante scendeva in quella cucina, spezzato solo ogni tanto dalla tintinnio della forchetta di Marie che aveva continuato a mangiare in silenzio come se nulla fosse.

Agnes rimase a guardarla per un attimo poi scosse la testa.

- Scusa se mi preoccupo per te..- disse lasciando cadere le posate e allontanando il piatto vuoto - Sei mia sorella, infondo.. -.

Sam la vide riprendere fiato e tornare a guardarla.

- Vorrei solo che fossi un po' più controllata, tutto qui..- disse per poi voltarsi verso la madre - Va bene, può andare ad Amburgo per qualche giorno ma almeno potrebbe farci conoscere chi l'accompagna.. sarebbe il minimo! -.

- Si, Agnes, ha ragione..- disse la madre.

- Ma.. mamma? - protestò Sam guardandola.

Era tutto sistemato! Aveva già attenuto il permesso!

E ora saltava fuori quella clausola!

E tutto per colpa di quella guastafeste di Agnes.

- Si.. è deciso.. - aggiunse con una decisione che non le apparteneva - Puoi andare, ma prima ci farai conoscere i tuoi amici.. d'accordo? -.

Sam si fermò a guardarla per un attimo poi sospirò arresa.

- Va bene..- disse - Ve li farò conoscere..-.

Prima che Agnes avesse il tempo di aggiungere ancora qualcosa, Sam si affrettò ad alzarsi dalla sedia salutarle e raggiungere la sua camera.

Appena ebbe varcato la soglia, si chiuse la porta alle spalle e raggiunse il letto dove aveva lasciato il suo cellulare.

Distrattamente selezionò il numero di Ali e lei le rispose al primo squillo.

- Allora, com'è andata con i tuoi? Li hai convinti? -.

- È stato difficile, ma alla fine non è andata poi così male! Non posso dire di averli convinti al cento per cento.. però non hanno detto nemmeno no. Anche se ho dovuto raccontare un sacco di bugie..-.

- Del tipo? -.

- Patrick da oggi è tuo cugino..-.

- Oh, mamma! - esclamò non riuscendo a trattenersi dallo scoppiare a ridere.

- Lascia stare, guarda.. non avrei mai immaginato di poter arrivare a mentirgli così tanto.. non avrei mai voluto farlo..-.

- Lo so, tesoro.. lo so..-.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciottesimo ***


Era una bella serata.

C'era la musica giusta, le luci, un enorme cocktail colorato e un sacco di risate.

Ma Sam non riusciva a divertirsi.

Non riusciva a trovare nulla per cui essere felice, anche in quella serata.

Erano quasi le undici e mezza quando uscì dal locale, salutò Ali con un bacio sulla guancia, dopo che lei le aveva fatto per l'ennesima volta gli auguri e salì sulla macchina di Agnes per tornare a casa.

Dopo averla salutata velocemente, ringraziandola per aver organizzato quella serata nonostante tutte le loro incomprensioni si era affrettata a rifugiarsi in camera sua dove aveva finito per rimanere sdraiata sul letto, avvolta dal silenzio.

Era più di un ora che fissava il vuoto quando capì che non c'erano speranze di riuscire a dormire.

Allora si alzò lentamente e uscì in giardino.

Era una notte calda e non aveva freddo anche se indossava solo una leggera maglietta e dei pantaloncini corti.

Come al solito Lou le corse incontro e la seguì scodinzolando fino a quando lei prese posto sulla vecchia panca accostata al muro.

Sam riprese fiato perdendo lo sguardo nel vuoto e giocherellando inconsciamente con il cordino dei pantaloncini.

Intorno a lei c'era solo silenzio e lei non riusciva a fare altro che pensare a quello che l'aspettava il giorno dopo, il viaggio che l'avrebbe portata ad affrontare la cosa per la quale in quegli ultimi mesi aveva continuato incessantemente ad allenarsi ma che sembrava ancora incredibilmente più grande di lei e che in realtà la spaventava come nessuna altra cosa in vita sua.

Era davvero pronta per affrontare tutto quello?

O più precisamente, si poteva mai essere pronti?

All'improvviso lo sentì.

Si voltò di scatto e un secondo dopo Lou iniziò ad abbaiare contro la figura nera in piedi a pochi metri da lei.

Sam si riscosse e afferrò Lou per il collare prima che decidesse di attaccarlo.

Tra i due di certo il cane non avrebbe avuto la meglio.

- Basta, Lou!! - esclamò trascinandolo con tutta la sua forza fino al lato esterno della casa dove c'era la sua gabbia e chiudendolo dentro in modo che smettesse.

Lentamente tornò sui suoi passi e vide che lui era ancora lì, immobile nella sua posizione, con una strana scatolina stretta tra le mani.

- A quanto pare non gli sto molto simpatico -.

Lei alzò le spalle.

- Non ci sono molte persone che gli stiano simpatiche..-.

- Come qualcuno che conosco -.

Sam si fermò a guardarlo per un attimo, costringendosi a non raccogliere la sua frecciatina, poi distolse lo sguardo e si rimise seduta.

- Cosa ci fai qui? - chiese senza nemmeno guardarlo.

Sascha non rispose e aspettò qualche secondo prima di avvicinarsi.

- Ti ho portato questo..- disse, porgendole il pacchetto - È un regalo. Da parte di Patrick.. e mia..-.

Sam alzò gli occhi su di lui, stupita.

Poi spostò gli occhi sul pacchetto e senza dire nulla lo afferrò.

Con la coda dell'occhio lo vide prendere posto vicino a lei e facendo finta di niente si apprestò a strappare la carta colorata che avvolgeva il pacchetto per scoprire cosa i due ragazzi le avessero regalato.

Appena si trovò davanti il regalo non poté fare a meno che rimanere incredibilmente sorpresa.

Era una spilla, grande e completamente nera, con sopra un enorme sorriso disegnato e una scritta bianca.

- Sorridere non nuoce alla salute..-.

Si fermò a guardarla per un attimo poi si lasciò scappare un sorriso.

Si voltò a guardarlo e gliela mostrò.

- Potrei anche decidere di riciclarla, però..-.

Lui si fermò a guardarla, cercando di capire cosa volesse dire poi corrugò le sopracciglia.

- Io sorrido!! - protestò.

Sam lo guardò storto.

- A volte.. - aggiunse lui distogliendo lo sguardo.

Lei sorrise lievemente, tornando a guardare il regalo.

- È carina.. comunque..- disse - Grazie..-.

Sascha non disse nulla, lasciando che il silenzio prendesse ancora una volta posto tra di loro.

Rimasero così per qualche minuto fino a quando all'improvviso Sam scoppiò a ridere.

Una risata incontrollata e incredibilmente amara.

Lui si voltò a guardarla, stranito, cercando di capire il motivo della sua improvvisa reazione e la vide portarsi una mano al volto per asciugarsi le lacrime che le si erano fermate ai lati degli occhi.

- È completamente assurdo! -.

- Cosa? -.

- Tutto questo!! - sbottò lei - Insomma, guardami!! Ho 17 anni! Le mie uniche preoccupazioni dovrebbero essere quelle di che colore mettere lo smalto oppure come pettinarmi i capelli! Non quella che da un secondo all'altro potrebbe saltare fuori qualche creatura pronta ad uccidermi!! E tanto meno dovrei avere tutto il mondo nella mie mani, cristo!! -.

Sascha si fermò a guardarla in silenzio mentre per la prima volta lei sfogava ogni sua emozione con lui e fu allora che si rese conto che quella ragazzina non era poi così forte come voleva far credere agli altri.

Ma infondo, questo lui lo aveva sempre saputo.

- Lo so..- disse - Capisco quello che vuoi dire. La tua vita è cambiata all'improvviso e in un modo che mai ti saresti immaginata. So cosa si prova..-.

Distolse lo sguardo, prendendosi una pausa.

- Hai paura. È comprensibile. Tutti l'avrebbero se fossero nella tua posizione..-.

- Ma non c'è qualcun altro! Ci sono io! - lo interruppe - E non credo di esserne all'altezza..-.

- Lo sei -.

- E questo chi lo dice? Tu? -.

Sam si voltò a guardarlo.

- Non sono ancora sicura di potermi fidare di te -.

- Hai delle alternative, forse? -.

Sam si fermò a guardarlo negli occhi per un tempo che sembrò infinito poi si riscosse e scosse la testa, distogliendo lo sguardo.

Lo sentì muoversi lievemente sulla sedia poi schiarirsi la voce e fare per alzarsi.

- Cerca di dormire stanotte - le disse - Domani sarà una giornata importante -.

Fece per allontanarsi lentamente e aveva già percorso qualche metro quando la sua voce lo fermò.

- Te ne vai? -.

Non fu la domanda in sé a far cambiare le cose all'improvviso, ma il modo in cui la pronunciò, come se lei avesse finalmente abbassato le sue difese e gli mostrasse chiaramente di aver bisogno di lui.

E quello che Sascha provò in quel momento fu più forte di tutto quello che aveva provato da molto tempo.

All'improvviso qualcosa si mosse nuovamente dentro di lui e lo spinse a dirle quello che mai prima di allora avrebbe voluto farle sapere.

Lentamente si voltò a guardarla e la vide guardarlo con quei suoi occhi che sembravano ancora più scuri e grandi alla luce della luna.

- Io devo andare..- disse - Ma posso sentirti.. se hai bisogno.. ti basta chiamarmi.. e io ti sentirò..-.

Si fermò a guardarla per un lungo attimo poi si affrettò ad allontanarsi, prima di non essere più in grado di farlo.

 

 

Era piena notte quando si svegliò di scatto.

Si sollevò a sedere sul letto e si guardò intorno con gli occhi spalancati, cercando di riprendere fiato e frenare il terrore che si era improvvisamente fatto strada dentro di lei.

Non riusciva quasi a respirare dal peso che sentiva sul torace e il cuore batteva così forte nel petto che sembrava potesse schizzarle fuori da un momento all'altro.

Senza nemmeno pensarci si alzò e corse fuori.

Il tempo era cambiato. Un vento freddo smuoveva le fronde degli alberi e iniziavano a cadere lente alcune gocce di pioggia ma Sam era troppo sconvolta per rendersene conto.

C'era solo una cosa a cui riusciva a pensare.

Aveva bisogno di lui.

- Sascha!!!! -.

La sua voce spezzata risuonò nell'eterno silenzio della notte.

- Sascha!! - ripete con il fiato che aveva in gola, sperando che lui avesse detto sul serio, che non erano storie e che lui davvero l'avrebbe sentita.

Si guardò intorno per qualche secondo mentre il cuore non dava segno di voler rallentare e quasi le cedettero le gambe quando sentì la sua voce.

- Samantha! -.

Si voltò di scatto e lo vide in piedi a pochi metri da lei.

Non ci pensò nemmeno un secondo e gli corse incontro.

Lui quasi si riscosse quando se la ritrovò tra le braccia ma non poté fare a meno che stringerla a sé.

La sentì affondare il volto sul suo petto e tremare visibilmente mentre il suo cuore batteva così forte che sembrava rimbombare.

La strinse più forse a sé cercando di calmarla e rimasero così in silenzio per un lungo istante fino a quando lei si allontanò leggermente.

Sam alzò lo sguardo sul suo volto e incrociò i suoi occhi che ora erano l'unica cosa che avesse bisogno di vedere e finalmente riprese fiato.

- Rimani con me questa notte..- gli chiese con un filo di voce - Ho bisogno di te..-.

Sascha si fermò a guardarla, con le braccia ancora strette intorno al suo corpo esile e fragile e guardandola negli occhi non riuscì a non cadere in quel profondo buco nero che celavano.

Senza nemmeno accorgersene finì per seguirla.

Rimase a guardarla mentre si stendeva a letto aspettando che lui la raggiungesse.

Lentamente si avvicinò e si stese di schiena, alzando gli occhi a fissare il soffitto.

Un istante dopo la sentì avvicinarsi e stendersi contro il suo fianco, appoggiandogli una mano e il volto sul petto.

Rimase immobile a sentire il suo cuore battere ritmico e il suo respiro farsi sempre più pesante fino a quando capì che si era addormentata.

Una parte di sé gli stava urlando di non farlo, che tutto quello era terribilmente sbagliato, che lui non avrebbe dovuto essere lì, con lei..

Ma lui non riusciva a sentirla, schermato da tutta la pace che in quel semplice momento si stava impadronendo di lui, una pace che mai e poi mai si sarebbe immaginato di poter provare di nuovo.

E fu così che, senza neanche se ne accorgesse, si lasciò improvvisamente andare e finì per addormentarsi, con la sensazione del suo corpo a contatto con il suo.

 

 

L'ombra entrò lentamente, attenta a non fare nemmeno il minimo rumore.

Camminò cauta fino a raggiungere il letto dove Sam e quella creatura dormivano profondamente.

Rimase a guardarli per un lungo attimo prima di decidersi a costeggiare il letto e avvicinarsi a lui.

Si fermò a guardarne il volto, studiandone i lineamenti e scendendo con lo sguardo fino a raggiungere la mano destra appoggiata sul petto.

L'anello di argento brillava alla luce della luna

Lei rimase a fissarlo per qualche istante poi decide di agire.

Lentamente si avvicinò e sfilò l'anello con una facilità che per un attimo la lasciò senza parole.

Poi, come era arrivata, si affrettò ad uscire stringendo tra le mani quello che aveva ottenuto.

Sam aprì leggermente gli occhi, risvegliata da quegli strani rumori ed ebbe solo il tempo di vedere la porta richiudersi lentamente prima di riaddormentarsi.

 

 

Sascha ci mise qualche istante per capire che qualcosa non andava.

Si svegliò lentamente e capì quello che stava succedendo solo quando vide il leggero fumo salire dal suo braccio seguito dal bruciore più lancinante che avesse mai sentito.

Lanciò un urlo così forte che Sam si svegliò di scatto.

- Che succede??! - esclamò allarmata.

- Il mio anello!!! Dov'è il mio anello?! -.

- Il tuo anello?! - ripeté, confusa.

Anche lei ci mise un attimo per capire, ma tutto le fu chiaro quando vide la sua parte di pelle esposta ai raggi del sole che provenivano dalla finestra iniziare a carbonizzarsi con atroce lentezza.

- Oh, merda!! - esclamò alzandosi e cercando disperatamente quel dannatissimo anello che sembrava essere sparito nel nulla.

Nel frattempo Sascha si era alzato dal letto per cercare di ripararsi in qualche modo ma le zone di ombra nella piccola stanza erano decisamente troppo poche e, per quanto ci provasse, una parte del suo corpo rimaneva sempre alla merchè dei raggi del sole.

Sam alzò gli occhi su di lui e lo vide correre da una parte all'altra della stanza, in cerca di riparo.

Sarebbe stata una scena molto divertente se non le fosse ben chiaro quanto realmente fosse grave e quanto lui stesse soffrendo.

- Merda! Merda! Merda! Merda! - ripeté, frustrata continuando a cercare tra le coperte, sul pavimento e in qualsiasi altro posto dove l'anello potesse essersi nascosto.

Per la prima volta in vita sua maledisse il suo assurdo disordine.

Ma per quanto cercasse, l'anello non era da nessuna parte.

- Qua non c'è! - esclamò.

- Trovalo!! -.

- Ci sto provando!! -.

Solo allora Sam si ricordò del sogno aveva fatto quella notte.

Quella strana ombra che entrava nella sua stanza e poi spariva senza dire nulla.

All'improvviso capì che non si trattava di un sogno. Ora le era tutto chiaro.

- Marie! -.

In un attimo corse fuori e si precipitò su dalle scale.

Sua madre e Agnes parlavano del più e del meno sedute al tavolo della cucina e Marie se ne stava in silenzio al suo posto ad osservare lo strano oggetto che stringeva tra le mani.

Sam le corse incontro e in un gesto di rabbia le strappò l'anello tra le mani.

- Dopo facciamo i conti! - esclamò guardandola male.

- Tesoro, che succede? -.

- Ti spiego dopo, mamma, ora non posso! -.

Senza darle il tempo di chiedere una spiegazione si affrettò a ritornare nella sua stanza.

- Sascha..- lo chiamò appena aprì la porta e vide che all'improvviso non c'era più – Sascha, dove sei!? -.

Sam si guardò intorno, stranita.

Ma dove si era cacciato?! Di certo non poteva essere uscito di lì in pieno giorno!!

Stava iniziando seriamente a preoccuparsi quando vide un anta del suo armadio aprirsi lentamente.

- Sono qui..-.

Sam si voltò a guardarlo e vide i suoi occhi apparire nell'ombra del suo armadio.

- Ma che ci fai lì dentro?! - esclamò.

- O questo.. o morire carbonizzato..-.

La sua voce era bassa e affaticata e Sam capì quello che aveva appena rischiato quindi si costrinse a non ridere e si affrettò a consegnarli l'anello.

Lui aspettò qualche istante prima di uscire e appena fu allo scoperto riprese fiato.

Le ferite pian piano si stavano rimarginando ma se l'era vista davvero brutta.

- Chi me lo ha preso? - chiese serio, voltandosi a guardarla.

- Mia sorella Marie..- rispose Sam - A quanto pare questa notte è entrata in camera mentre.. stavamo dormendo.. e te lo ha sfilato.. -.

Sam lo vide annuire e riprendere fiato e fece altrettanto, ringraziando che alla fine non fosse successo nulla.

- Come stai? - chiese guardandolo.

Lui si soffermò per un attimo poi tornò a guardarla.

- Sto bene..-.

Lei annuì, abbassando lo sguardo per un attimo e poi tornando a guardarlo.

- Ora però, prima che tu vada, ti devo chiedere di fare una cosa..-.

- Cosa? -.

- Conoscere la mia famiglia..-.

 

 

- Vuoi una tazza di caffè, Sascha?! -.

- La ringrazio, signora Blade, ma..-.

- Ma ora deve proprio andare! - esclamò Sam, afferrandolo con un braccio e trascinandolo verso la porta di uscita.

- È stato un piacere - aggiunge lui.

- Piacere mio! -.

Una volta fuori Sam lo lasciò andare e chiude la porta di casa alle sue spalle.

Incrociò le braccia al petto e lo osservò mentre si guardava introno e riprendeva di nuovo fiato.

- Sascha..- lo richiamò dopo un lungo attimo di silenzio - Mi dispiace per quello che è successo..-.

- Non devi, non è colpa tua..-.

La colpa era sua. Ancora una volta.

Aveva deciso di cedere, di abbassare le sue difese e quello era stato il rischio.

Si era fatto cullare della sensazione beata di pace che aveva provato stando con lei e aveva finito per rilassarsi così tanto da cadere in un sonno così profondo da non accorgersi del pericolo.

Dove avrebbe potuto portarlo tutto quello?

No, aveva sbagliato.

Non avrebbe mai dovuto rimanere.

- Non so cosa sia successo..- riprese Sam, richiamandolo dai suoi pensieri - Non capisco per quale motivo Marie possa aver fatto una cosa del genere..-.

- Lo scopriremo - disse, schietto - Ora devo andare..-.

Alzò per un attimo lo sguardo su di lei poi lo distolse.

- Ti veniamo a prendere tra un ora. Fatti trovare pronta -.

- Va..-.

Sam non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che lui era già sparito nel nulla.

Rimase a fissare il vuoto per qualche istante, senza trovare la voglia di rientrare.

Continuava a pensare a quello che era successo quella notte.

Al suo abbraccio, alla sensazione del suo corpo vicino al suo e tutto quello che in quelle poche ore aveva provato.

Quelle emozioni che mai avrebbe pensato di poter provare, con qualsiasi altra persona ma soprattutto con lui e che invece si scopriva a sentire ogni giorno di più.

Prese fiato cingendosi il corpo con le braccia e scosse la testa tra sé, pensando a quanto tutto quello fosse stupido e sbagliato.

Ma la verità era che, per quanto sbagliato o stupido fosse, lei non poteva sfuggirne.

Non importava quanto ci provasse.

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Capitolo 20
*** Capitolo diaciannovesimo ***


Ali strinse le braccia intorno al corpo di Patrick mentre la sua moto viaggiava ad altra velocità, allontanandosi sempre di più dal posto in cui era cresciuta.

Non riusciva a smettere di pensare ai suoi genitori, al modo in cui li aveva salutati qualche ora prima, al fatto che avesse dovuto trattenersi con tutta sé stessa per non scoppiare a piangere.

Ali, tesoro! Cosa sono quegli occhi lucidi?! Vai via solo per una settimana!” aveva esclamato sua mamma, stringendola forte a sé, mentre il nodo che lei sentiva alla gola diventava sempre più stretto.

Forse per lei quelle lacrime non avevano proprio senso, ma in verità erano più che comprensibili.

Sua madre non poteva sapere quello che stava succedendo, il vero motivo per cui stavano partendo e il pericolo che stavano per correre.

Lei non poteva sapere che forse non si sarebbero più viste.

Ali si riscosse quando all'improvviso la moto frenò e accostò a lato della strada.

Liberò Patrick dalla stretta e si guardò intorno, stranita.

Si erano fermati ai piedi di un grosso albero che fiancheggiava la strada sterrata che stavano percorrendo.

Si trovavano in mezzo ad una grande pianura, a giudicare da quello che poteva vedere intorno a sé.

Non aveva idea di dove fossero ma di certo quella non era la loro destinazione finale.

Sentì la moto di Sascha fermarsi a pochi metri da loro e si affrettò a scendere e a togliersi il casco.

Patrick aveva fatto lo stesso e si era allontanato di qualche passo per ricongiungersi agli altri.

- Perchè ci siamo fermati? - esclamò Sam, che ancora una volta era riuscita ad anticiparla.

- Perchè da qui in poi le nostre strade si dividono -.

- Cosa??! -.

Questa volta era stata Ali la prima a reagire, quasi scioccata da quello che Patrick aveva appena detto.

- Come “si dividono”? - gli chiede, raggiungendolo e guardandolo negli occhi.

- Tranquilla, Ali.. - la rassicurò lui - Solo per qualche ora..-.

Ali lo guardò ancora per un attimo, prima di annuire ed abbassare lo sguardo.

- Ho alcune cose da controllare prima di continuare il viaggio - continuò a spiegare lui - E non è sicuro che voi veniate con me -.

- Per cui noi dovremmo andare a Berlino.. da sole?! - esclamò Sam, scettica.

- Non sarete sole, ci sarà Sascha, ovviamente - rispose Patrick - E poi la nostra prima meta non è Berlino, ma un posto scelto per terminare l'allenamento, io vi raggiungerò lì questa sera stessa -

- Nel frattempo - riprese dopo una piccola pausa - Sascha vi porterà in un posto..-.

- Che posto?! - esclamò Sam, spostando lo sguardo tra i due Guardiani.

- Ve lo spiegherà lui - le rispose Patrick, sorridendo - Ora è tempo per me di andare -.

Senza aggiungere nulla scambiò un veloce cenno d'intesa con il compagno e si affrettò a raggiungere la moto, accendere il motore e sparire lungo la strada sterrata.

Ali lo seguì con lo sguardo fino a quando la sua figura non fu più visibile per poi voltarsi verso gli altri.

Sam riprese fiato, incrociando le braccia al petto e puntò i suoi occhi scuri contro Sascha che stranamente non aveva ancora detto una parola.

- Allora?! - esclamò - Cos'è tutta questa segretezza?! Si può sapere dove ci vuoi portare?! -.

Il suo tono di voce era decisamente irritato e lei sapeva perfettamente che a Sascha non piaceva quando si rivolgeva a lui così.

Ma poco le importava. Anche a lei non piaceva l'atteggiamento che lui aveva da quella mattina, come se, dopo quello che era successo, fosse diventato ancora più freddo e distaccato del solito.

E poi lei era davvero molto irritata!

Non le piacevano i cambi di programma improvvisi!

E soprattutto non le piaceva non sapere cosa le sarebbe successo o dove sarebbe andata!

Sopratutto in quella situazione! Ne aveva tutti i diritti, infondo!

Forse per questo lui sembrò non farci troppo caso.

O forse perché era stufo di prendersela per una cosa che non sarebbe cambiata mai.

- State tranquille, non ho intenzione di portarsi in nessun posto che possa nuocere in qualche modo alla vostra sicurezza - disse - Anzi, penso che non esista in tutto il paese posto più sicuro di quello -.

Le ragazze si fermarono a guardarlo in attesa di una spiegazione e lui si prese qualche altro istante prima di parlare.

- Sempre per motivi di sicurezza però, è meglio che voi non lo sappiate. Lo scoprirete una volta che saremo arrivati -.

Sam lo guardò ancora per un attimo e non riuscì a trattenere una rumorosa sbuffata.

Tipico! Era troppo bello pensare di poter avere qualche anticipazione senza doversi buttare alla cieca!

- Ok, d'accordo! - esclamò rassegnata - Però spiegami un po' come facciamo a raggiungerlo visto che siamo in tre e abbiamo solo una moto! -.

- Non useremo la moto. La lasceremo qui. Verrò a riprenderla quando sarà possibile -.

- E allora come pensi di andarci? Volando?! -.

Sascha si fermò a guardarla e nel suo volto passò un leggero sorriso.

- Non servono le ali quando hai a disposizione un vampiro..-.

Sam corrugò le sopracciglia, dubbiosa, ma le bastò guardare quel suo leggero sorriso diventare sempre più visibile per capire cosa stava per succedere, e farsi prendere totalmente dal panico!
- Oh, no!! - esclamò riscuotendosi - No! No! No! No! Toglitelo dalla testa! Io quella cosa non la faccio!! -.

- Puoi sempre andare a piedi..- disse lui, stringendosi nelle spalle - Però potresti metterci un bel po'..-.

Sam gli lanciò un occhiata carica di rancore e si lasciò scappare un altro sospiro.

Possibile che con lui non avesse mai potuto averla vinta?!!

Con la coda dell'occhio vide Ali fare qualche passo per raggiungerla.

Si voltò a guardarla negli occhi.

Era un po' spaventata, ma c'era anche quella strana luce.

Quella strana eccitazione che aveva da quando quel mondo si è impadronito di loro.

Una sensazione che lei non avrebbe mai potuto provare.

Sam prese fiato e si spostò per mettersi al suo fianco.

In un attimo Sascha era dietro di loro.

- Vi conviene chiudere gli occhi -.

Ebbe giusto il tempo di sentire la sua mano poggiarsi sul suo fianco prima di stringere gli occhi e trattenere il respiro.

 

 

Fu questione di un secondo. Anche meno forse.

Il tempo di un battito di ciglia.

Successe tutto così in fretta che Sam quasi non se accorse se non fosse stato per quello che vide una volta riaperti gli occhi.

Trattenne il fiato, piegandosi istintivamente sulle gambe e aprendo le braccia come per attutire una caduta e si guardò intorno con gli occhi e la bocca spalancati.

Quello era il posto più incredibile che avesse mai visto!!

E negli ultimi mesi di cose incredibili ne aveva viste anche più di quanto in realtà desiderasse!

Erano all'interno di una specie di grotta, o almeno così le sembrava a giudicare dalle pareti e dal freddo che le raggiungeva la pelle.

Una strana luce verdognola proveniva da una fonte che non riusciva ben ad identificare ed illuminava l'assurda quantità di oggetti posti sulle numerose mensole e su ogni altra superficie.

C'erano boccette di ogni forma, colore e dimensione, alcune sembravano essere state mosse di recente mentre altre sembravano essere lì da secoli, e molti strani contenitori trasparenti pieni di oggetti al quale Sam temeva di dare un nome.

Numerose ragnatele scendevano dal soffitto e andavano ad appoggiarsi sui pochi mobili di legno antico, dove piccoli ragni neri zampettavano senza sosta concentrati nel loro interminabile lavoro.

Infine, al centro della sala, che sarebbe stata decisamente più grande se qualcuno si fosse apprestato a fare un po' di pulizia, c'era un enorme pentolone, il più grande che Sam avesse mai visto!

Era difficile dirsi di quale materiale fosse fatto ma di certo era molto antico, nero e anche lui con una buona dose di ragnatele.

Qualsiasi posto fosse quello, non le piaceva per nulla!!

Per quale motivo Sascha avrebbe dovuto portarle lì?!!!

Si guardò un'altra volta intorno, cercandolo, e lo trovò pochi passi dietro di lei.

Al suo fianco Ali fissava incredula tutto quello che le circondava, con i grandi occhi azzurri che brillavano di un assurda meraviglia.

Vedendola Sam non riuscì a trattenere l'irritazione.

Stava per inveire contro entrambi per i diversi motivi quando all'improvviso una porta si aprì dal fondo della sala, infondendo nell'ambiente il suo inquietante cigolio.

Le ragazze rimasero immobili quando la figura femminile apparve nella penombra.

Un vestito scuro le arrivava fino ai piedi e lunghi capelli grigi lasciati sciolti le arrivavano ben oltre le spalle.

Camminava lenta, sondando l'aria di fronte a lei con le dita prima di avanzare.

La videro fare qualche passo verso di loro e poi fermarsi, come se fosse incredibilmente sorpresa.

Per poco a Sam non le venne un infarto quando la sentì scoppiare a ridere.

- Ma guarda un po' chi si vede!!! - esclamò, facendo rimbombare la sua voce tra le pareti della grotta - Il Guardiano Sascha in persona!! Questa si che è una sorpresa!! -.

- Irina - la salutò lui con un gesto del capo e avanzando per raggiungerla - È un piacere rivederti -.

- A chi lo dici! Saranno passati, quanti?, almeno cinquant'anni!! -.

Si fermò a guardarlo e sorrise compiaciuta.

- Vedo che non sei cambiato di una virgola.. ma del resto non mi dovrei stupire, giusto? -.

- Anche tu sei sempre la stessa, Irina. Bella come cinquant'anni fa -.

- Oh, vedo che non è cambiata nemmeno la tua galanteria! - esclamò lei - Bene! È una cosa che mi è sempre piaciuta di te -.

Irina lo guardò ancora per un attimo poi si riscosse e batté le mani.

- Oh, ma lasciamo perdere i convenevoli! Non penso che tu sia venuto qui in onore dei vecchi tempi! -.

- No, in effetti il motivo della mia visita è un altro - disse voltandosi finalmente verso le ragazze che avevano assistito alla scena in silenzio - Loro sono Samantha e Alice, le nuove Sacerdotesse dell'ordine di Kiara -.

Ali quasi rabbrividì quando Irina si voltò verso di loro.

Rimase a guardarle per un lungo attimo senza dire nulla poi la videro annuire.

- Si, mi sono giunte voci sulla rivolta e sui fatti degli ultimi mesi - disse, tornando a guardarlo - Però, il fatto che tu le abbia portate da me mi fa immaginare che questo non si l'unico termine con cui tu ti senti di descriverle, o sbaglio? -.

Sascha annuì in risposta - Pensavo che tu potessi aiutarmi a capire qualcosa di più -.

A quella frase Irina si lasciò scappare un altro sorrisino compiaciuto.

- Mi fa piacere che tu sappia ancora riconoscere determinate capacità nonostante tutto il tempo passato - disse, tornando a spostare lo sguardo sulle ragazze - Bene, vediamo un po' cosa mi hai portato -.

Ali e Sam rimasero immobili mentre lei si apprestava a raggiungerle.

Ora che le era davanti potevano chiaramente vedere il suo viso.

Era una donna anziana, minuta e dalla costituzione in apparenza molto fragile.

Il volto era ricoperto di profonde rughe ma nell'istante in cui incrociarono i suoi occhi in essi videro una luce così forte che quasi dovettero trattenere il respiro.

Ali dovette sforzarsi con tutta sé stessa per non tremare di fronte alla sua forza.

Incrociò i suoi occhi solo per un istante prima che lei le mostrasse un sorriso e proseguisse verso Sam.

Quando le fu davanti si fermò a guardarla.

Sam cercò di guardarla negli occhi e sostenere il suo sguardo come era solita fare ma quando vide quella strana espressione tingersi sul suo viso per la prima volta non seppe davvero come reagire.

Irina corrugò per un altro attimo le sopracciglia e poi si voltò di scatto verso Sascha, che era rimasto fermo nella sua posizione.

- Lei?! - esclamò quasi incredula - Davvero?! -.

Irina si voltò a guardarla ancora una volta poi scoppiò di nuovo a ridere.

- Questo non me lo sarei mai aspettato!! -.

Sam si guardò intorno spaesata, non riuscendo a capire il senso di quelle sue parole.

Cercò di incrociare gli occhi di Sascha almeno per un attimo ma lui era troppo impegnato a concentrarsi sulla donna che scuotendo la testa, estremamente divertita, faceva qualche passo all'interno della stanza.

- Certo che voi vampiri alle volte siete terribilmente prevedibili - riprese dopo quell'attimo di silenzio - Questo fatto di rimanere immutati del tempo può non essere proprio un punto a vostro favore -.

Irina si soffermò un attimo come se stesse pensando a qualcosa poi ridacchiò tra sé e si strinse nelle spalle.

- Sarà per questo che per noi è così facile sconfiggervi! -.

Scoppiò di nuovo a ridere ma poi incrociò lo sguardo di Sascha.

- Sto scherzando.. no, bhè non del tutto.. e tu Sascha, sei forse l'unico vampiro che mi sia stato un po' simpatico - disse - Anche se non è sempre stato così.. -.

Si voltò di nuovo a guardare le ragazze.

- Dovete sapere, ragazze, che la prima volta che io e il vostro Guardiano ci siano incontrati il nostro rapporto non stava andando proprio nella direzione giusta. Anzi, diciamo che stava proprio per scoppiare uno di quelli scontri in piena regola! Vero, Sascha? -.

- Oh, si.. - convenne lui - La verità era che quando ero un vampiro non mi era mai successo di trovare qualcuno che non avesse assolutamente paura di me, pur sapendo perfettamente cosa fossi -.

- Già! Mi ricordo ancora la tua faccia quando provasti a controllarmi la mente e non ci riuscisti! Eri.. completamente scioccato! - esclamò - Da allora mi ha tormentato per mesi per riuscire a scoprire cosa fossi! -.

- Cosa.. fossi?! -.

Irina si voltò verso Sam, che fino ad allora era rimasta incredibilmente in silenzio ma ora iniziava a sentire il bisogno di avere delle risposte.

- Si.. certo..-.

La donna si fermò per un attimo a guardarla poi il suo volto si tinse di un espressione stupita.

- Oh, non ditemi che non lo avete già capito?! - esclamò - Pensavo che tutti potessero facilmente riconoscere il covo di una strega quando ne vedono uno -.

- Una strega?! - esclamò Ali, completamente incredula.

- Una strega??!!!! - ripeté Sam, completamente fuori di sé.

Si guardò intorno, con gli occhi e la bocca spalancati, poi puntò con forza il dito indice contro Sascha.

- Tu ci hai portato nel covo di una strega??!! - esclamò facendo qualche passo verso di lui - Ma si può sapere che cos'hai nella testa?!! -.

- Bhè, di certo ha del carattere.. devo dargliene atto..-.

Sam lanciò un occhiata verso la donna.

Iniziava ad essere stanca del fatto che continuasse a parlare senza spiegare quello che stava dicendo!

A quanto pare le streghe facevano cosi!
Una strega!! Oh, signore!!

- Comunque, non avete nulla da temere - riprese Irina - Le streghe non sono cattive come si cerca di descriverle, a meno che qualcuno si metta contro di loro, allora quella è un altra storia! E poi state pur certe che Sascha non vi avrebbe mai portato in un luogo in cui potreste anche solo avere una possibilità di essere in pericolo -.

Su questo ho ancora i miei dubbi..” pensò tra sé Sam prima di riprendere fiato e cercare di calmarsi.

- Quindi tu sei una strega?! Una vera strega?! - esclamò Ali che ancora non riusciva a crederci.

- Certo, mia cara! - rispose lei, sorridendole - Anche perchè le streghe finte sono solo quelle che girano il 31 ottobre! -.

Ali rise alla battuta e si guardò ancora una volta intorno, meravigliata.

- Wow! Incredibile! -.

- Oh, Ali, non iniziare con i tuoi entusiasmi per favore! - la riprese Sam - Il punto è che siamo state portate qui, nel covo di una strega!! E se tanto mi da tanto ci deve essere un motivo! Un motivo che mi farebbe davvero molto piacere conoscere, se fosse possibile! -.

A quelle parole Sascha finalmente di riscosse.

- Hai ragione, Samantha - disse - Credo che sia ora di darvi una spiegazione -.

Le ragazze si misero in ascolto e lui aspettò qualche altro secondo prima di parlare.

- Come già sapete, tra le capacità che un vampiro acquista durante la sua crescita c'è anche quella di poter controllare la mente degli umani - iniziò - Alle volte però ci si può trovare di fronte ad alcune difficoltà che impediscono di attuare questo particolare potere. Come appunto Irina vi ha già detto, quella prima volta io non riuscì a controllarle la mente, e se ci volessi riprovare non ci riuscirei nemmeno adesso. La risposta, in quel caso, era chiara una volta che lei mi disse di essere una strega -.

Si fermò per fare una pausa e poi tornò a guardarle.

- Per il resto della mia vita non mi è mai più successo di incontrare un altra persona con cui avessi questo particolare problema.. prima, però, che incontrassi voi..- disse - All'inizio del nostro allenamento ho dovuto provare ad entrare nella vostra mente, però senza riuscirci. Ed è questo il motivo per cui vi ho portato qui -.

Il silenzio scese per un lungo istante in seguito alle sue parole e Sam ebbe il tempo di capire cosa aveva appena detto.

- No, aspetta..- disse - Quindi vuoi dire che credi che noi possiamo essere.. delle.. streghe?!! -.

- Oh, quella è solo una delle alternative, cara! - esclamò Irina - Una cosa che Sascha non penso sappia è che noi streghe non siamo l'unica razza con cui ai vampiri non è permesso leggere della mente -.

Le ragazze si fermarono a guardarla mentre faceva qualche passo verso di loro.

- Però non ha sbagliato del tutto sulla sua previsione..-.

Ali la vide fermarsi di fronte a sé. Incrociò di nuovo i suoi occhi e sentì la necessità di riprendere fiato.

- È sempre bello trovare un proprio simile in mezzo a tutto questo mondo. Benvenuta tra noi, Alice -.

Per un lungo attimo Ali non seppe come reagire.

Rimase a guardarla negli occhi che tanto l'avevano subito impressionata, pensando di aver capito male, di aver dato un interpretazione sbagliata a quello che aveva appena detto.

- C-cosa? - chiese con la voce ridotta ad un sussurro - I-io.. una..-.

- Non devi essere spaventata, mia cara - le disse Irina, sorridendo - Non c'è niente da temere a scoprire quello che si è -.

Ali si fermò a guardarla ancora per un attimo poi scosse la testa.

- Ma.. ma com'è possibile?! -.

Irina le sorrise ancora una volta poi le prese la mano e la condusse con sé fino ad una delle pareti della sala.

La fece sedere al suo fianco sopra una panca foderata di tessuto nero.

Ali rimase in totale silenzio mentre lei le raccontava l'origine della magia e di come si fosse sparsa nel mondo con lo trascorrere dei secoli.

- Esistano almeno un centinaio di famiglie al mondo che conservano in loro il gene magico, che è stato tramandato geneticamente da un generazione all'altra fino ai giorni d'oggi -.

Ali la vide soffermarsi a pensare e il suo volto tingersi di una tremenda tristezza.

- Purtroppo per la nostra razza non sono sempre stati giorni felici. Intere dinastie venero distrutte durante le persecuzioni e altre invece per paura di essere scoperte e uccise deciso di chiudere definitivamente con la magia e non farne più parola con nessuno - spiegò - Ecco perché molte streghe non sanno di esserlo e molte arrivano alla fine della proprio vita senza averlo mai scoperto -.

Irina si fermò a guardarla e sorrise.

- Di certo non tutti hanno la fortuna di incontrare un vampiro così sveglio da portarli verso la loro strada! -.

Ali sorrise di rimando mentre lei scoppiava a ridere e prendeva rumorosamente fiato prima di rialzarsi in piedi.

- E ora passiamo a te, Samantha - disse, raggiungendola - Dimmi un po'.. hai mai sentito parlare di cacciatori di vampiri?! -.

- Di che cosa??! - esclamò, allibita.

- Immaginavo.. - convenne lei - Però penso che con un po' di fantasia tu possa capire da sola che cosa siano..-.

- Delle.. persone.. che uccidono vampiri..- ipotizzò.

- Bene! Sei sveglia! Un'altra dote a tuo favore! Si, penso che “persone” sia il termine più adatto per descriverli, visto che si tratta di umani, che non hanno nessuna specifica capacità, se non fosse per un odio innato nei confronti della razza del nostro Guardiano, gene che si trasmette anche questo caso da generazione a generazione - disse - Sono i loro nemici giurati. Un po' come sono per noi i cacciatori di streghe, che però, per fortuna, sono quasi estinti -.

Sam si fermò a guardarla per un attimo, poi scosse la testa.

- Ok, d'accordo - disse - Ma.. non riesco a capire cosa possa centrare questo con me -.

Irina si voltò a guardarla e sbuffò.

- L'impazienza. Questa non è una buona caratteristica invece! - esclamò per poi fare un gesto con la mano per invitare a seguirla.

Sam la vide allontanarsi e raggiungere una alta libreria piena di libri impolverati e aspettò ancora qualche istante prima di seguirla.

- Se c'è una cosa che più fra tutte amplifica la diffidenza che scorre tra streghe e vampiri è il fatto che noi siamo a conoscenza di una cosa a cui loro farebbe decisamente comodo..-.

Sam rimase a guardarla mentre scorreva il dito suoi numerosi libri e si allungava sulle punte per afferrare quello che stava cercando.

- Ecco a te! - esclamò, posandoglielo di fronte - I nomi di tutti i cacciatori di vampiri -.

Sam la guardò ancora per un attimo poi posò gli occhi sul libro.

Non era molto grande, ma era molto antico a giudicare dalle crepe sul cuoio blu della copertina e dal forte odore di muffa che saliva dalle pagine ingiallite.

- Aprilo..- la incitò Irina, osservando il suo viso.

Con la coda dell'occhio vide un piccolo movimento, quasi impercettibile che lei aveva notato all'istante.

- Non ci provare, Sascha! Stai fermo dove sei! - esclamò, lanciandogli solo un veloce sguardo - Lo sai che non ti è permesso -.

Lui alzò le mani in segno di resa e lei tornò a concentrarsi su Sam che ancora rimaneva immobile a fissare la copertina del libro.

- Avanti, Samantha, non hai nulla da temere..-.

Sam prese fiato un ultima volta prima di decidersi a scostare la copertina.

C'erano solo due pagine all'interno, a differenza di quello che invece le era sembrato, e sopra di esse c'erano scritti almeno una settantina di nomi.

Scorse ad una ad una le lettere nere impresse in modo indelebile su quelle pagine e quando i suoi occhi lessero quel nome per poco le gambe non le cedettero e dovette aggrapparsi al superficie del tavolo per non cadere a terra.

- Jack Blade.. - disse con solo un filo di voce - Mio padre..-.

Il fiato quasi le mancava, il cuore sembrava quasi aver smesso di batterle nel petto.

- Mio padre era.. un cacciatore di vampiri..-.

Non era sicura che la sua fosse una domanda, un affermazione o solo un modo per estraniare il pensiero che le si era formato in testa e che sembrava totalmente impossibile anche se le prove erano lì di fronte a lei, impresse su un vecchio libro.

- Si, e neanche uno qualunque - disse Irina - Uno dei più bravi, di certo anche il più temuto -.

Si fermò a guardarla.

- Samantha, tuo padre non era un semplice cacciatore, ma il cacciatore! - disse - E tu porti dentro il suo sangue. Sangue di cacciatrice -.

Le sue ultime parole arrivarono distanti, ovattate da tutto quello che in quell'attimo le stava passando per la testa.

Cercò di riprendere fiato ma le era quasi impossibile.

Aprì la bocca alla ricerca di aria e alzò gli occhi per cercare quelli di Sascha e questa volta li trovò.

Rimase a guardarlo attraverso la luce verdastra che illuminava la stanza mentre all'improvviso nulla sembra avere un senso.

A parte lui, che la guardava a sua volta e in qualche modo sembrava capire tutto quello che in quel momento stava provando.

 

 

Patrick si avvicinò al muro incompleto del palazzo in costruzione e si fermò ad osservare l'intera città.

Guardò le luci che provenivano dall'interno delle case, le due guglie gemelle dell'antica cattedrale stagliarsi contro il cielo scuro.

Ora era tutto tranquillo.

- Sapevo che ci saremmo rincontrati un giorno..-.

La voce gli giunse alla spalle, improvvisa e inattesa come un fulmine in un cielo sereno.

La riconobbe subito, nonostante tutto, nonostante non la sentisse da moltissimo tempo, era impressa all'interno di lui o lo sarebbe sempre stata.

Quella voce riportò alla galla mille ricordi, che gli graffiarono la pelle, ma dall'interno, come piccoli spilli conficcati nella carne.

E oltre ai ricordi fece riaffiorare anche un altra cosa.

L'odio.

Patrick serrò la mandibola e continuò a guardare il cielo per qualche istante prima di voltarsi a guardarlo.

Aveva sempre la stessa postura, lo stesso modo di fare fermo in piedi, con le gambe lievemente distanti e i piedi ben puntati a terra, le spalle indietro, il busto in avanti.

Anche i corti capelli ingrigiti sulle tempie erano rimasti immutati, come la durezza dipinta sul suo volto.

Un tempo quell'uomo era stato capace di incutergli terrore anche solo guardandolo negli occhi, ora invece, sentiva di provare molte cose ma non di certo la paura.

Quella cosa era cambiata.

Forse perché era cambiato lui, o il suo modo di guardarlo.

- Samuel..-.

- Ciao, figliolo..-.

Suo padre.

O almeno, questo era quello che era stato fino a molto tempo prima, a quel maledetto giorno in cui tutto era cambiato.

Poi per lui non era stato più nemmeno quello, aveva addirittura smesso di esistere.

Quel giorno, proprio davanti a lui, aveva giurato che non avrebbe più voluto rivederlo, però in qualche modo anche lui sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato.

Quando l'oracolo lo aveva informato che Kooro aveva mandata qualcuno ad aiutare Geash nel controllo di Colonia aveva intuito che si trattasse proprio di lui, ma aveva fatto di tutto per non pensarci troppo e concentrarsi sulla sua missione, se non sarebbe corso lì per cacciarlo dalla sua città, nel quale non avrebbe mai voluto che lui centrasse qualcosa.

Non aveva potuto farci nulla però, aveva dovuto ancora una volta sottostare a voleri più alti.

Aveva dovuto stare zitto e farsela andare bene.

Anche se questo gli aveva pesato come nulla prima.

- Come puoi vedere, ora è tutto tranquillo..-.

- Vuoi forse un ringraziamento? -.

La sua voce era fredda e tagliente come una lama di rasoio e il padre la percepì chiaramente.

- No, non ricerco ringraziamenti - convenne - In fondo è il mio dovere -.

- Il tuo dovere..- ripeté Patrick non riuscendo a trattenere un sorriso incredibilmente amato – Questa frase non mi è nuova -.

Samuel si fermò a guardarlo.

I loro occhi si incrociarono nei metri che li separavano.

Patrick strinse i pugni abbandonati lungo il corpo.

Suo padre lo guardò ancora per un attimo poi scosse la testa.

- Pensavo che il tuo risentimento si fosse leggermente attenuato con lo scorrere degli anni..-.

- E cosa avrebbe potuto fartelo pensare? -.

- Il buon senso! - rispose - Infondo sono sempre tuo padre..-.

Fu allora che non ci vide più.

La rabbia che per quei primi minuti era riuscito in qualche modo a contenere ora aveva superato gli argini e scorreva furiosa e incontrollata con l'unico intento di uscire fuori.

- Ah si?! Davvero?! - esclamò - Un padre avrebbe fatto quello che tu hai fatto a me?!! -.

- Ancora con quella storia..-.

- Quella storia??! Come puoi chiamarla semplicemente “quella storia”??! - esclamò, sempre più fuori di sé - Tu hai rovinato la mia vita!! -.

- Io non te l'ho rovinata!! -.

Ora urlava anche lui.

La sua voce impostata rimbombava tra le pareti incomplete della grande sala.

- Possibile che tu ancora non lo capisca?! -.

Patrick si fermò a guardarlo e sul suo volto si formò un altro sorriso amaro.

- Oh, io capisco.. - disse - È vero. Tu mi hai.. salvato. Mi hai dato una nuova vita. Tutto quello che un uomo potrebbe mai desiderare.. -.

Puntò gli occhi dritti nei suoi.

- Ma sai cosa vedo io, padre?! - sibilò - Una lunga vita immortale fatta di rimpianti e rimorsi per essere ancora qui mentre loro non ci sono più!! -.

A quelle parole gli sembrò di vederlo cedere per un attimo ma poi sparì subito, ricacciato indietro da una forze di volontà infinitamente più grande.

- Era giusto così..- disse e Patrick sapeva che lo pensava davvero.

- Era.. giusto??!! Come puoi dire una cosa del genere!! - urlò - Tu non c'eri!! Tu non li hai visti morire uno dopo l'altro sapendo di non poter fare nulla per aiutarli!! Sapendo che tu saresti sopravvissuto e loro no!! Tu non le hai provate quelle cose! Io si!! E non era una cosa che avevo scelto io!! -.

- Nessuno sceglie il proprio destino, Patrick!!! - urlò lui - Nessuno può farlo e nessuno può sfuggirgli!! Tanto meno tu!! -.

Samuel prese fiato.

- Un giorno lo capirai da solo. Allora smetterai di odiarmi solo per averti portato ad essere quello che era scritto che diventassi -.

Patrick si fermò a guardarlo.

La rabbia e l'odio ora erano incontrollabili.

La mandibola era sempre più serrata, le nocche erano quasi bianche per la presa dei pugni, i canini iniziavano e premere per volere uscire.

Per un attimo fu quasi sul punto di attaccarlo, trasformarsi e porre fine a tutto quello una volta per tutte.

Molto probabilmente avrebbe avuto la peggio, considerando che suo padre era più vecchio e più potente di lui, ma avrebbe anche potuto accettare di morire anche solo per provare ad ucciderlo.

Poi però si ricordò delle ragazze.

Pensò a loro, alla missione, alla guerra che stava per compiersi e allora lasciò andare tutto.

Lo avrebbe ucciso, ma non quel giorno.

- Non potrò mai smettere di odiarti - sibilò - E ora vattene dalla mia città! -.

Il padre si fermò a guardarlo per qualche istante poi distolse lo sguardo.

- Va bene.. come vuoi..-.

Patrick lo seguì con lo sguardo mentre si prendeva qualche altro attimo prima di voltarsi.

Fece qualche passo per allontanarsi, poi all'improvviso si fermò.

- Ah, dimenticavo..- disse, voltandosi - Sono rimasto per darti questo -.

Patrick vide l'oggetto metallico volare verso di lui e atterrare all'interno della sua mano.

Si fermò ad osservarlo.

Era un braccialetto di argento, semplice e non molto decorato.

Lo vide brillare alla luce della luna che si stagliava alle sue spalle e all'improvviso gli fu terribilmente famigliare.

- Era di tua madre.. penso che lo voglia avere tu -.

Fu allora che la rivide.

Rivide il suo volto, giovane e sorridere, sentì di nuovo il profumo dei suoi capelli neri che le scendeva sul viso, sentì il calore del suo abbraccio e il brillare del suo braccialetto allacciato al suo polso.

Non si sarebbe mai immaginato che lo avrebbe rivisto.

Patrick alzò di scatto lo sguardo e si guardò intorno.

Lui non c'era più.

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Capitolo 21
*** Capitolo ventesimo ***


Ali si chiuse la porta di legno alle spalle e iniziò a camminare sul sentiero che precedeva la casa.

Qualche ora prima Sascha le aveva portate lì e lì erano rimaste fino a quando il sole era tramontato.

Era una specie di baita di legno, costruita all'interno di un folto bosco a qualche miglia a nord est da Berlino.

Un forte vento soffiava da nord andando a smuovere le fronde dei grossi alberi e il cielo era cosparso da minacciose nuvole nere.

Faceva freddo ma Ali non aveva voglia di tornare in casa.

Aveva bisogno di stare da sola e pensare a quello che era successo.

Lentamente camminò fino a raggiungere un vecchio tronco caduto.

Lo sorpassò e si sedette sulla sua superficie, perdendo lo sguardo nell'oscurità.

Era tutto così incredibile che anche lei, che era sempre stata affascinata da quel mondo, sdentava a credere che fosse davvero reale e soprattutto che stesse succedendo tutto proprio a lei.

All'improvviso un lieve fruscio la sorprese alle spalle.

Ali si voltò di scatto spaventata ma poi nell'ombra riconobbe il suo viso.

- Patrick - esclamò sollevata - Sei arrivato..-.

Ali si fermò a guardarlo aspettando che lui si voltasse a guardarla e le sorridesse come faceva sempre ma lo vide continuare a guardare il vuoto di fronte a sè, in piedi a qualche metro da lei.

Ali rimase immobile a guardarlo mentre una strana sensazione si faceva largo dentro di lei.

C'era qualcosa di diverso in lui.

Quello che aveva di fronte non era più il ragazzo che aveva salutato quella mattina.

E per la prima volta da quando l'aveva conosciuto, Ali per un attimo iniziò a pensare di dover avere paura di lui.

- Patrick..- lo richiamò, con la voce quasi ridotta ad un sussurro - Va tutto bene? -.

Solo allora lui si voltò a guardarla, così di scatto che lei trattenne il fiato quando i suoi occhi chiari si fermarono nei suoi.

Per alcuni minuti, che ad Ali sembrarono infiniti, lui non disse nulla, limitandosi a guardarla attraverso l'oscurità che li circondava, poi lo vide riprendere fiato, scuotersi lievemente e fare qualche passo per raggiungerla.

Continuò a guardarlo mentre prendeva posto vicino a lei e si perdeva nuovamente a guardare il vuoto di fronte a sé.

Fu in quell'attimo che iniziò a parlare.

All'improvviso e furiosamente, come un fiume in piena che non riesce più a contenere tutto quello che porta dentro.

In un attimo, le raccontò tutto.

- Io sono ebreo.. - disse - O almeno, i miei genitori lo erano e i loro genitori prima di loro. La mia famiglia era molto numerosa. Avevo quattro sorelle e due fratelli. Io ero il più grande, il primogenito. Abitavamo in una piccola casa a sud di Dussendolf. Mia madre era una sarta, mio padre un operaio edile. Lavorava molto per poter mantenere la famiglia. Non c'era quasi mai, tornava solo la sera molto tardi. Io a volte lo sentivo rientrare, altre volte invece lo vedevo solo la mattina, di sfuggita quando mi svegliavo e lui doveva tornare al lavoro. Lo stimavo molto per quello che faceva per noi.. -.

- Un giorno, però, non tornò. All'inizio cercavamo di non preoccuparci troppo perché alle volte, anche se non così tanto spesso, succedeva che lui decidesse di non tornare a casa per fare dei turni extra al lavoro e guadagnare qualcosa in più. Ma poi ci dissero che al lavoro non era mai arrivato -.

Ali lo vide abbassare lo sguardo per un attimo per poi continuare.

- Quello fu un periodo molto difficile per noi. Mia madre dovette iniziare a lavorare giorno e notte per guadagnare il necessario per darci da mangiare e alla fine finì per ammalarsi. Io ero l'unico tra i miei fratelli che fossi abbastanza grande per lavorare quindi toccò a me occuparmi di tutto, era tutto sulle mie spalle, io dovevo occuparmi della mia famiglia, e lo avrei fatto fino a quando avessi vita! Mi sei ucciso per loro! Ma poi un giorno.. tutto cambiò..-.

- Iniziavano a giungerci strane voci, parlavano di persecuzioni nei confronti della popolazione ebraica e di altre minoranze, di intere famiglie deportate chissà dove. Io cercavo di non darci troppo peso, di tranquillizzare tutti dicendo che non era possibile e che molto probabilmente si trattava solo di voci. Quella notte ero sdraiato nel letto del mio fratellino più piccolo perché lui aveva paura. Non riuscivo a dormire e fissavo le assi di legno del soffitto. Fu quella stessa notte che scoprì la verità -.

- Mio padre non era morto. Era diventato un vampiro. Non per errore o per sbaglio solo per sua scelta. Non so neanche come sia avvenuta la sua Formazione o come abbia fatto a venire in contatto con questo mondo, non l'ho mai saputo e non ho mai voluto scoprirlo. Sta di fatto che lui scelse quella vita. decise di abbandonarci. Lo fece per egoismo, per lui era troppo forte il richiamo dell'immortalità -.

Patrick sospirò lievemente mentre il pensiero di tutto quello che era successo faceva tornare in superficie ogni singola emozione provata allora e dopo e che la sua nuova vita non era riuscita ad affievolire.

- Ma non si limitò a fare solo quello - riprese - In quei pochi mesi non era solo riuscito a trasformarsi ma era riuscito a dimostrare varie caratteristiche che lo avevano portato direttamente tra le schiere di Kooro, tra le persone di sua fiducia. Lì aveva assistito ai primi scontri tra i Guardiani e i vampiri che sfruttato quel periodo di guerra per rivoltarsi contro il potere. In una di queste battaglie, il Guardiano di Colonia era stato ucciso e lui.. ha pensato di consigliare a Kooro di scegliere me -.

In un attimo mi ritrovai dall'essere disteso in quel piccolo letto caldo ad essere brutalmente trasformato all'interno di un enorme stanza gelida, strappato dalla vita e condannato per sempre all'oscurità -.

Patrick abbassò e aprì lentamente la mano nel quale non aveva ancora smesso di stringere il braccialetto.

Lo vide brillare alla luce della flebile luna che ogni tanto sbucava dalle nuvole nere.

Ali non aveva ancora detto nulla, limitandosi ad ascoltarlo e guardarlo in silenzio, ma infondo nulla bisognava dire in un momento come quello.

- Sono passati molti anni da quel giorno - riprese - Da quando ho visto la mia vita dissolversi e la mia famiglia distruggersi lentamente. Ho visto mia madre e i miei fratelli più piccoli morire per fame, freddo o malattia. Ho visto i miei fratelli e sorelle salire sui treni e venire deportati nei campi di concentramento. Alcuni non ne sono usciti mai, degli altri invece non ho più saputo nulla. Ma credo che ormai, in ogni caso, si siano tutti spenti. Tutti tranne io -.

- Io che avrei dovuto e voluto essere il primo ad andarmene sono stato l'unico a sopravvivere. E la cosa peggiore è che non ho potuto fare nulla per cambiare le cose. L'impotenza. È questa la cosa che fece più male -.

Non riuscì a staccarsi nemmeno per un attimo da guardare quel braccialetto, che così tante volte aveva visto e così tanti ricordi belli portava con sé, prima che tutto venisse sostituito dal dolore e dall'odio.

Per la centesima volta in vita sua si chiese cosa sarebbe successo se le cose sarebbero andate in modo diverso.

Si riscosse all'improvviso quando sentì il suo tocco sulla pelle.

Si voltò di scatto a guardare la piccola mano di Ali che si allungava e scendeva sicura a stringere la sua, inattesa, ma incredibilmente famigliare.

Dovette riprendere fiato prima di voltarsi a guardarla.

Si fermò a guardarla negli occhi, quei suoi occhi grandi, chiari e tremendamente sinceri, dai quali ogni singola emozione scaturita dalla sua storia scorreva fuori, diretta e incontrollabile.

Tristezza, compassione, dolore, come se anche lei potesse in qualche modo provare tutto quello che aveva e stava ancora provando lui.

Fu guardando i suoi occhi che all'improvviso si sentì meno solo.

Un rumore improvviso lo fece voltare di scatto.

Si rilassò solo quando vide che si trattava di Sascha.

Lo seguì con lo sguardo mentre camminava lentamente verso la parte frontale della casa e incrociò solo per un attimo il suo sguardo prima che il compagno aprisse la porta di legno e sparisse all'interno.

Patrick rimase a guardare per un attimo la porta di legno poi si riscosse.

Sfilò la mano da sotto della di Ali e infilò il braccialetto all'interno della tasca del giubbotto.

- Ho saputo quello che è successo oggi - disse, dopo essersi schiarito la voce, come se nulla fosse successo.

- Già..- disse Ali, abbassando lo sguardo - Ancora stento a crederci..-.

- Lo sapevo che tu eri davvero speciale -.

Ali si voltò di scatto verso di lui e rimase immobile mentre si chinava su di lei per sfiorarle con le labbra la pelle della guancia.

Non riuscì a trattenere un sorriso imbarazzato pensando a quanto in realtà anche lui lo fosse.

Ali prese fiato, respirando l'aria che ora che lo aveva vicino sembrava improvvisamente meno fredda e senza aggiungere più nulla si limitò a sistemarsi sul tronco e guardare insieme a Patrick qualcosa di indistinto nell'oscurità che li circondava.

 

 

Ho scoperto di essere un cacciatore nell'esatto momento in cui ho visto gli occhi di quella creatura.

Se ci ripenso posso ancora rivederli. Erano grandi e rossi come il sangue che bramavano.

Non erano poi molto diversi da quelli che mi trovai ad incrociare molte volte durante la mia vita però mi sono rimasti impressi. Forse perché si trattavano dei primi o perché mi fu subito chiaro che qualunque cosa fosse, chiunque potesse avere degli occhi del genere non doveva avere assolutamente nulla di umano.

Ma fu quando per la prima volta conficcai il paletto appuntito all'interno del suo cuore inattivo e lo vidi dissolversi come semplice polvere davanti ai miei occhi che capì che quella era la mia missione.

Da allora ho studiato ogni loro singola mossa, messo a punto tecniche e stratagemmi per sfruttare i loro pochi punti deboli a mio favore e mi sono allenato fino al limite della resistenza per rendermi abbastanza forte da poterli combattere.

In questi anni ho potuto notare che la maggior parte di loro vive indisturbata tra di noi, mischiandosi tra la popolazione e spostandosi di posto solo quando chi li circonda inizia a chiedersi per qualche motivo il passare del tempo non li scalfisca minimamente.

Non sono pericolosi, al meno all'apparenza.

Ma la realtà è un'altra.

Sono vampiri. Creature senza anima che si nutrono di sangue umano, animali che non ci penserebbero un minuto prima di togliere la vita ad un intera famiglia, e questo alle volte succede, molto più spesso di quanto si possa immaginare.

Non importa quanto possano sembrare “umani”, non lo sono, e non lo saranno mai.

E fino a quando avrò vita in corpo farò di tutto per fermare questa terribile piaga che rischia di distruggerci tutti!

Ucciderò ogni singolo vampiro che mi troverò davanti.

È questa la mia missione..”

 

Il suono improvviso della porta che si apriva la fece riscuotere.

Sam si voltò di scatto e vide Sascha entrare nella baita e chiudersi la porta alle spalle.

Incrociò i suoi occhi per un attimo prima che lui abbassasse lo sguardo.

Lei si fermò a guardarlo, nella luce del fuoco che ardeva nel vecchio camino, dalla nicchia rialzata nella quale si trovava il letto, con le mani ancora ferme sulla superficie di cuoio del diario di suo padre che Irina le aveva dato qualche ora prima e un piede appoggiato su uno dei gradini della scaletta di legno.

Era sudato. Alcune gocce di sudore gli scendevano dalla fronte.

Su un lato della bocca era sporco di sangue.

Intuì che lei doveva averle notate e si affrettò a pulirsi con un mano.

Sam non ci tenne a sapere da dove provenisse.

Cercando di non farsi vedere, lo seguì con lo sguardo mentre lui raggiungeva la piccola rientranza che precedeva la cucina.

Sul vecchio fornello c'erano ancora i resti dei due panini che lei ed Ali si erano preparate e che entrambe avevano finito solo per assaggiare.

Sam lo vide voltarsi per darle le spalle, piegarsi leggermente sulle gambe e saltare per aggrapparsi con le mani alla tubo di ferro collegato ai due stipiti di legno, che cigolò sotto il suo peso ma che era abbastanza stabile per poterlo sostenere.

Rimase a guardarlo mentre continuava i suoi esercizi, tenendo le gambe unite e leggermente piegate e flettendo le braccia per avvicinarsi e allontanarsi ritmicamente dal soffitto.

I muscoli si contraevano e rilassavano, guizzando da sotto la solita maglietta scura.

Sam si costrinse a distogliere lo sguardo e tornò a concentrarsi sulle pagine ingiallite del diario e sulle lettere nere che le riempivano.

Non avrebbe mai potuto confondere quella scrittura con mille altre, così trascinata e un po' confusa, non poteva non trattarsi di quella di suo padre.

Anche se ancora non riusciva a credere che fosse stato proprio lui a scrivere quelle cose!

Che fosse davvero un cacciatore di vampiri!!

Com'era possibile?!! Come aveva fatto a non accorgersi mai di nulla?!!

E soprattutto, quante cose avrebbe ancora dovuto scoprire su di sé e il mondo che la circondava?

Sospirò profondamente, portandosi le mani al volto e lasciando cadere il diario che andò a richiudersi sulle sue gambe.

Gli unici rumori nella stanza erano la legna che scoppiettava nel camino e il cigolare ritmato della tubatura di ferro.

Trattenne per un attimo il fiato prima di riabbassare le mani e voltarsi di scatto a guardarlo.

- Davvero tu non ne sapevi nulla? -.

Lo disse all'improvviso anche se era una domanda che già da un po' si stava facendo, da quando, appena dopo aver scoperto la verità lo aveva guardato negli occhi, e per la prima volta li aveva visti in qualche modo increduli, spaesati, come se quella notizia avesse particolarmente colpito anche lui.

Tra tutto, quella, era stata davvero la cosa che l'aveva stupita di più.

Lui però non ne sembrò sorpreso dalla sua domanda, come se in qualche modo già se la stesse aspettando.

- Si..- le rispose - Ai vampiri non è permesso conoscere il nome dei cacciatori. Se così fosse nessuno potrebbe fermarci dal trovarli e ucciderli ad uno ad uno, fino ad estinguerli. E questo, come direbbe Irina, sarebbe contro natura. Non sarebbe giusto..-.

- E invece è giusto uccidere vampiri che non hanno mai attaccato un umano solo perché loro non lo sono, come fanno i cacciatori?! -.

C'era uno strano tono nella sua voce.

Sascha lo percepì chiaramente.

Si sollevò un ultima volta sulle braccia poi tornò a terra e si voltò a guardarla.

- Ognuno combatte le proprie battaglie. Non sta agli altri dire se esse siano sbagliate o meno -.

Si fermò a guardarla per un attimo negli occhi, mentre il silenzio tornò a scendere tra loro, poi si riscosse e fece qualche passo per raggiungere la porta.

- Ora ti conviene dormire - le disse senza nemmeno voltarsi a guardarla - Domani ci aspetta l'ultima parte dell'allenamento -.

Sam rimase a guardarlo per un attimo poi annuì e lo vide sparire oltre la porta.

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Capitolo 22
*** Capitolo ventunesimo ***


Appena mise piede fuori dalla baita, Sam non poté fare a meno che rabbrividire.

Indossava solo la tuta che aveva indossato durante quei mesi di allenamento, e che intuiva avrebbe indossato anche durante la battaglia, e il leggero tessuto non era decisamente abbastanza per riuscire a scaldarla.

Si guardò intorno, fregandosi le braccia con le mani e iniziando a spostarsi da un piede all'altro.

Era appena mattina.

Il sole appena sorto filtrava appena percettibile attraverso la leggera nebbia che che si diradava dagli alberi e rendeva quel posto ancora più inquietante e sconosciuto di quanto già fosse.

Una pioggerellina fredda scendeva dal cielo, rendendole umida la pelle e incollandole i capelli al viso.

Di certo quello era l'ultimo posto nel quale in quel momento avrebbe voluto essere.

Se avesse potuto scegliere. Ovviamente.

Con la coda dell'occhio vide Sascha e gli altri iniziare a camminare per addentrarsi nel bosco e si affrettò a seguirli.

Camminarono per qualche minuto, calpestando le foglie e i ramoscelli che si spezzavano sotto i loro piedi fino a quando raggiunsero quella che sembrava essere una piccola radura circondata da alti alberi.

Sascha aspettò che gli altri avessero creato un piccolo cerchio di fronte a sé prima di iniziare a parlare.

- Bene, come sapete siamo giunti alla fine dell'allenamento - disse - Anche se ci sarebbero ancora molte cose che dovreste imparare se solo si avesse il tempo per farlo. In ogni caso, durante questi mesi avete imparato le tecniche base per il combattimento e i vari modi per uccidere un vampiro. Ma ancora non avete potuto provare direttamente cosa davvero voglia dire trovarsi di fronte un vampiro -.

Sentendo quelle parole, Sam sentì un brivido passarle lungo la schiena.

In qualche modo aveva già intuito dove lui volesse parare.

- Per questa ragione vi abbiamo portato qui, all'aperto, in una condizione climatica sfavorevole e in un luogo a voi sconosciuto, in modo da potervi preparare a qualsiasi cosa vi potrà capitare durante la battaglia e mettere alla prova tutto quello che avete imparato - disse - Oggi combatterete contro di noi -.

Le ragazze si fermarono a guardarlo, stupite e anche leggermente allibite, mentre lui da dietro la schiena estraeva un paletto di legno appuntito, con una strana impugnatura in metallo.

- Useremo questi - disse fissando per un attimo la punta appuntita per poi puntarsela verso di sé.

Sam rimase a fissare il paletto che lui si stava lentamente avvicinando al cuore e per un attimo fu sul punto di gridare qualcosa per fermarlo.

Quando le sue braccia compirono l'ultimo scatto non riuscì a non trattenere il fiato.

Tornò a respirare solo quando si rese conto che la punta non l'aveva scalfito minimamente, andando invece a infilarsi nell'impugnatura.

- Sono finti - disse lui - Ovviamente non abbiamo intenzione di morire proprio oggi -.

Sam sospirò profondamente, lanciandogli un'occhiataccia e maledicendolo nella sua mentre mentre lui lanciava a lei e ad Ali le rispettive armi.

- Bene, ragazze - aggiunse - Fateci vedere di cosa siete capaci -.

Il Guardiano si voltò verso il compagno che fece un cenno con il capo per fargli capire che era pronto.

- Perfetto.. iniziamo..-.

Un secondo dopo i due vampiri erano completamente spariti.

Ali e Sam si guardarono intorno, stranite, cercando di capire dove fossero andati, mentre i loro cuori iniziarono automaticamente a battere sempre più veloce.

Dovettero aspettare qualche altro attimo prima di vederli. O meglio, di percepirgli.

Sfrecciavano intorno a loro così velocemente che era impossibile riuscire a vederli, se non di sfuggita, come due lampi fulminei.

Lanciavano ringhi e soffi felini, avvicinandosi e allontanandosi a loro piacimento, giocando come quello che in fin dei conti erano. Predatori, nelle vicinanze di una preda.

In un attimo ad entrambe sembrò di essere tornate a quella prima notte, quando Monike e il suo gruppo le aveva attaccate, e la paura iniziò a farsi sentire, infima e incontrollabile.

Sam cercò di recuperare il controllo, di riprendere fiato, ma non ci riusciva.

Il cuore le batteva troppo forte nel petto, tanto che non riusciva a sentire nessun altro rumore se non quello del proprio battito.

Le gambe le tremavano, come la mano che impugnava il paletto.

La testa le girava, tanto che le sembrò quasi di cadere, anche per via del continuo sfrecciare dei due vampiri che non davano segno di voler frenare la loro corsa.

Per un attimo le sembrò di essere tornata indietro, al punto di partenza.

Non aveva idea di cosa dovesse fare, o come dovesse reagire se loro avessero deciso di attaccare, come se tutti quei mesi non fossero mai esistiti, come se non avesse mai imparato nulla.

Poi, però, chiuse gli occhi.

La sua mente improvvisamente si svuotò, liberandosi da ogni pensiero, paura o emozione.

Iniziò a respirare profondamente, rallentando il battito e fu allora che tutto le apparve più chiaro.

Lo sentì. Percepì il suo corpo passarle dietro le spalle, sfiorandola ma senza toccarla.

Non aveva intenzione di attaccare per primo, giocava, aspettando che fosse lei a farlo.

Strinse il pugno sull'impugnatura così forte che le nocche le diventarono bianche.

E fu allora che agì.

Senza fermarsi a pensare si buttò sulla destra, fece un affondo e lanciando un breve grido conficcò con tutta la forza che aveva il paletto nel suo petto.

All'improvviso la radura si fece silenziosa.

Sam prese fiato e guardò la propria mano ferma sul paletto bloccato al centro del suo cuore.

Lentamente si voltò e vide Ali e Patrick fermi nella loro stessa posizione.

Quando si voltò di nuovo a guardarlo vide che Sascha stava sorridendo.

- Ora siete pronte -.

 

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Capitolo 23
*** Capitolo ventiduesimo ***


Ali non aveva mai visto Berlino.

Ma infondo non c'era molto da stupirsi.

I suoi genitori non erano soliti viaggiare molto e di certo mai al di fuori dello stato.

Quindi quando quel giorno si trovò per la prima volta di fronte a quella grande e bellissima città, piena di storia e cicatrici, non poté fare a meno che restare completamente ammagliata.

Rimase a fissare il panorama che si vedeva della finestra dell'appartamento di Sascha per un tempo indefinito.

Il sole era appena tramontato e il cielo era cosparso dalla sua luce aranciata.

All'improvviso si riscosse e si voltò verso l'interno dell'appartamento.

Non si era mai fermata a pensare a come potesse essere la casa di un vampiro ma in un certo senso si era ritrovata a sentirsi un po' sorpresa nel vedere che non fosse assolutamente diversa da qualsiasi altra normale abitazione.

A parte il fatto che quello fosse l'appartamento più più ordinato che avesse mai visto, e questo invece non la stupiva minimamente.

Da Sascha c'era sicuramente da aspettarselo. Come l'espressione chiaramente irritata che si lasciò sfuggire notando che Patrick aveva già contribuito a portare un po' di confusione nelle poche ore che si trovano lì.

Ali si fermò a guardare gli altri.

Il padrone di casa le dava le spalle ed era leggermente piegato con il busto sul piano della scrivania.

Digitava velocemente strani codici su una tastiera digitale, scorrendo con lo sguardo sulla cartina della città proiettata sul muro.

Patrick era seduto sul divano.

Il suo giubbotto di pelle era abbandonato di fianco a lui.

Teneva un piede impunemente appoggiato sul tavolino e giocherellava distratto passandosi un paletto tra le dita.

Sam, invece, era in piedi, con la schiena appoggiata alla parete vicino alla televisione.

Stringeva le braccia al petto e fissava con i suoi occhi scuri un punto indefinito sul pavimento.

Tutti sembravano totalmente persi nei loro diversi pensieri.

Ali sospirò e fece qualche passo per andare a sedersi su una delle sedie accostate al tavolo della cucina.

Dovettero aspettare almeno un'altra mezz'ora prima di percepire alcuni rumori fuori dalla finestra.

Sascha si voltò di scatto e si apprestò a raggiungerla.

Solo dopo aver controllato che si trattasse davvero di lui si decise ad aprirla.

- Sei in ritardo - lo riprese - Forza, entra -.

Rich si fermò a guardarsi un'ultima volta intorno e fece lo stesso anche quando fu entrato, come se ormai per lui fosse un abitudine quella di guardarsi le spalle.

- Oh, ma guarda un po' chi si vede! - esclamò Patrick - Devo ammettere di essere davvero stupito! Non immaginavo che saresti sopravvissuto così tanto a lungo -.

- È un vero miracolo se sono ancora vivo! - esclamò lui con la sua voce tipicamente isterica.

- Dovresti offrire qualche sacrificio agli Dei allora..- sogghignò Patrick, lanciandogli un occhiata divertita.

- Non c'è tempo per le chiacchiere! - esclamò Sascha, ristabilendo l'ordine - Avanti, Adalrich, dicci quello che che vogliamo sapere..-.

Rich si fermò a guardarlo per un attimo poi prese fiato prima di parlare.

- Il gruppo si nasconde nei sotterranei dall'Atles Museum - disse - È lì che ha portato Monike appena lasciata Colonia ed è lì che ci siamo nascosti fino ad adesso -.

- Quanti sono? - si affrettò a chiedergli Sascha - Nello specifico -.

- Ora che i due gruppi si sono uniti saranno una trentina, tra novizi e vampiri che hanno deciso di unirsi alla causa - rispose - Prima erano anche di più, ma, sapete come sono fatti i novizi, tendono a scontrarsi e uccidersi a vicenda per delle stupidate -.

- Parla quello che ha superato la Formazioni da mezzo secolo..- lo punzecchiò Patrick.

- Almeno io capisco cosa devo fare per tenermi lontano dai guai! Ci tengo alla mia pelle io!! - esclamò - E a proposito di questo, ora che vi ho detto quello che volevate sapere, io, se premettete, mi affretterei a scappare il più velocemente possibile fuori dal paese e lontano da tutta questa faccenda! Adios! -.

Aveva già quasi raggiunto la finestra quando la voce di Sascha lo fece fermare.

- Dove credi di andare.. - disse - Tu non hai ancora finito -.

- Cosa??! - esclamò lui, scioccato - Pensavo di avervi già dato quello che chiedevate da me! -.

- Pensavi male - rispose Sascha, semplicemente - Abbiamo ancora bisogno del tuo servizio -.

- Anche se sembra impossibile - aggiunse Patrick.

- State scherzando, vero?!! - esclamò Rich, fuori di sé, spostando ripetutamente lo sguardo da uno all'altro - Ma vi rendete conto di quello che mi state chiedendo di fare?!! Non potete neanche immaginare cosa mi potrebbero fare se venissi scoperto!! Voi non avete visto Ewan! Non sapete com'è fatto!! Monike, a suo confronto è solo un agnellino!! -.

Sascha si fermò per un attimo a guardarlo poi si lasciò lasciare un lieve sorriso.

Si strinse le braccia al petto e gli si avvicinò per guardarlo dritto negli occhi.

- Caro, Rich.. vorrei ricordarti che tu hai attentato alle vite di due giovani umani e io, in quanto Guardiano, avrei tutto il diritto, se non addirittura il dovere, di strapparti con una sola mano quel tuo misero cuore dal petto - disse - Se c'è qualcuno di cui davvero dovresti preoccuparti per la tua integrità, quello sono io -.

lo guardò per un altro attimo per sapere se quello che gli aveva appena detto gli fosse chiaro poi fece qualche passo per allontanarsi.

- Per cui, ora tu torni tra le tue file e trovi il modo di non farti scoprire fino alla battaglia - aggiunse - Sono sicuro che ne sarai più che capace -.

Rich si fermò a guardarlo, come per voler rendersi un altra volta conto di non avere altra scelta poi prese fiato, annuì e sparì alla loro vista.

- Non riesco ancora a capire come quell'allocco possa esserci utile - commentò Patrick, scettico.

- È più sveglio di quello che sembra - disse Sascha - E poi ha troppa paura di morire per rischiare qualche imprudenza -.

- Ora cosa hai intenzione di fare? - chiese Sam, rompendo improvvisamente il silenzio in cui si era chiusa fino ad allora.

Sascha si fermò a guardarla per un attimo prima di rispondere.

- Preparate le guide turiste - disse, sogghignando - Domani si fa un giro al museo -.

 

 

Il fischiettio della guardia notturna si diffondeva tra le pareti del museo mentre finiva di compiere la sua ultima ronda.

L'uomo si guardò intorno per controllare che fosse tutto a posto poi spense le luci e si avviò verso l'uscita.

Non si accorse minimamente della creatura che l'osservava, nascosta dietro una delle statue che circondavano la sala principale.

Monike sorrise compiaciuta mentre un lampo scarlatto le attraversava gli occhi nocciola, poi si voltò e iniziò ad allontanarsi.

I suoi passi rimbombavano tra i corridoi e sopra gli scalini che portavano al piano superiore.

Sapeva che lui era lì.

La porta era socchiusa.

Con una mano la schiuse lentamente e le bastò fare qualche passo per vedere la sua imponente figura voltata di spalle.

Teneva le braccia rilassate lungo i fianchi, le gambe leggermente divaricate con i piedi puntati saldamente al pavimento e lo sguardo rivolto la sala deserta attraverso la vetrata.

- Tutto procede come deve - disse lei, rompendo il silenzio.

Lui non aggiunse nulla quindi si affrettò a continuare.

- I Guardiani e le nuove Sacerdotesse dovrebbero già essere in città. Ma non c'è nulla da temere. Io le ho viste, sono solo due ragazzine -.

A quelle parole Ewan sembrò improvvisamente riscuotersi, come se solo in quel momento si fosse veramente accorto della sua presenza.

Si voltò lentamente a guardarla.

I suoi occhi incredibilmente chiari si puntarono duramente in quelli di lei.

Prima che potesse immaginarselo Monike se lo ritrovò davanti, con il volto a pochi centimetri dal suo.

- Se sono solo due ragazzine, allora per quale motivo non sei riuscita ad eliminarle quando ti è stato detto di farlo?! - sibilò, con la sua voce tagliente come un coltello - Se tu non avessi fallito, a quest'ora non saremmo nemmeno qui a parlarne! -.

Monike mandò giù a vuoto quando lui alzò una mano per appoggiargliela sulla spalla.

Sentì il suo tocco sulla pelle risalire lungo il collo e il suo pollice premere deciso contro la sua gola.

Iniziò ad immaginarsi il peggio quando inspiegabilmente lo vide sorridere.

- Ma non importa, amore mio - disse, lasciando lentamente la presa - Ora ci penserò io. E prima di quanto immaginiamo non ci sarà più nulla a dividerci dal potere. Ci saremo solo noi, io e te, insieme. Con tutto il mondo nelle nostre mani -.

Ewan guardò negli occhi la sua amante e le sorrise con gli occhi che brillavano di furore.

L'afferrò per la nuca e la spinse contro di sé per baciarla durante mentre la sua mente si soffermava su un unico pensiero.

La sua vendetta stava finalmente per compiersi.

 

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Capitolo 24
*** Capitolo ventitreesimo ***


- Domani arriveranno i nuovi reperti dalla Francia.. e poi bisognerebbe iniziare a dare una sistemata al magazzino. Ci puoi pensare tu? Ehi, Nora? Tutto bene? -.

Nora Federman si riscosse dai propri pensieri e si voltò a guardare la collega.

- S-si.. certo.. ci penso io -.

- Perfetto! Allora ci vediamo domani! - esclamò lei sorridendole e sfiorandole una spalla con una mano prima di allontanarsi.

Nora prese fiato tornando a guardare lo schermo acceso del suo computer.

La schiena iniziava a farle male per essere stata seduta troppo a lungo e la vista inizia ad appannarsi dietro gli occhiali da riposo.

Si portò le mani al volto per sfilarseli e fregarsi delicatamente gli occhi.

Erano quasi le sei e mezza del pomeriggio, il museo aveva chiuso da più di un ora.

Forse era il momento di andare a casa.

Costringendosi ad alzarsi, Nora spense il computer, raccolse le sue cose e fece per uscire.

Il sole le ferì gli occhi quando varcò la porta di uscita e ci mise qualche istante prima di abituarsi alla luce.

Iniziò a camminare, stringendo la sua grande borsa piena di opuscoli e lavoro che si ostinava a voler portare a casa.

Ma infondo non le pesava lavorare.

Lei amava il suo lavoro, amava l'arte, amava quel museo.

E avrebbe amato anche quella giornata.

Avrebbe sorriso uscendo e trovandosi di fronte il volto sorridente degli studenti che avevano sfruttato quella così bella giornata per studiare all'aperto, nelle panchine o nei prati che circondavano il museo.

Magari si sarebbe anche seduta tra di loro ad ascoltare le loro risate diffondersi nell'aria e lasciare che il sole le riscaldasse il viso.

Lo avrebbe fatto se tutto fosse rimasto uguale, se qualche mese prima tutta la sua vita non fosse totalmente cambiata.

Era incredibile come tutto il suo mondo si fosse capovolto dopo la notte dell'aggressione.

Ora l'unica cosa che desiderava era andare a casa e starsene da sola.

Aumentò il passo, tenendo lo sguardo basso e non si accorse di lui.

Era in piedi a pochi metri da lei.

Le dava le spalle, studiando con lo sguardo la zona circostante.

Il sole gli illuminava la pelle, facendola sembrare più chiara di quanto già fosse, e facendola risaltare a contrasto che gli abiti scuri che indossava.

Nora gli passo dietro le spalle, così vicino che non lo sfiorò solo per un soffio, poi velocemente si allontanò, persa nei suoi pensieri.

 

 

Era parecchi minuti che Sascha restava in silenzio a studiare attentamente la figura squadrata e regolare dell'Atles Museum.

Osservò la zona circostante, i prati curati, la grande fontana di fronte alla scalinata d'ingresso.

Guardò il volto dei giovani studenti che ridevano tra di loro con il viso fisso sui libri di testo appoggiati sulle gambe o direttamente sul verde dell'erba.

Niente dava segno che lì da qualche parte ci fosse nascosto un così alto pericolo.

Sascha sentì lo sguardo di Patrick e delle ragazze su di sé ma era troppo impegnato a pensare per darci peso.

Pensava a cosa stesse facendo Ewan in quel momento, a cosa stesse pensando lui.

Si chiese per quale motivo avesse proprio scelto di nascondersi in quel museo, di scegliere quella posizione.

E soprattutto per quale motivo ancora non aveva dato segno della propria presenza.

- Non vuole attaccare per primo..- disse all'improvviso, con la voce appena percettibile, come se si trattasse solo di un pensiero scappato via dalla sua testa.

- Eh?! - esclamò Patrick - Cosa hai detto?! -.

- Non vuole essere lui il primo ad attaccare - ripeté, voltandosi a guardarli - Sta aspettando noi. Vuole che siamo noi ad attaccare per primi -.

- E quindi cosa vorresti fare? Aspettare che lui esca allo scoperto? -.

Sascha si fermò a pensare per un attimo poi scosse la testa.

- No.. non aspetteremo..- rispose - Gli daremo proprio quello che vuole -.

 

 

Nora chiuse la porta del suo appartamento alle spalle e riprese fiato.

La luce era già accesa. Era la prima cosa che faceva quando entrava in casa.

Non le piaceva il buio.

Si guardò intorno. L'appartamento era ovviamente deserto.

Lasciò cadere la borsa sulla sedia vicino all'entrata e si apprestò a raggiungere la cucina.

Il suono del bollitore la fece riscuote all'improvviso.

Afferrò attentamente la maniglia di legno e versò un po' di acqua nella tazza dove già aveva posizionato la bustina di the.

Prese la tazza con entrambe le mani e tornò in salotto.

Il suo computer portatile era ancora acceso sul tavolino di fronte al divano.

Il salvaschermo si spostava lentamente cambiando di tanto in tanto colore.

Nora si sedette esattamente di fronte e appoggiò la tazza di fianco al portatile.

Fissò per qualche attimo il simbolo del salvaschermo prima di decidersi a farlo sparire.

Il sito era sempre aperto.

Lo consultava ogni sera, da mesi, esattamente dalla notte dell'aggressione, da quando televisioni, radio, giornali per qualche ora avevano parlato di lei e di quello che le era successo, dandole una popolarità che non aveva chiesto e di certo non avrebbe mai voluto.

Il titolo era scritto in grande e troneggiava con prepotenza sullo sfondo nero.

 

I vampiri esistono realmente?!”

 

Nora non si ricordava quasi nulla di quella notte.

Tutto era inesorabilmente avvolto da una nebbia scura.

Si ricordava solo di essere uscita da quel locale, il “Limitless”, di essersi resa conto di aver bevuto un po' troppo e di avere iniziato a camminare verso la fermata dell'autobus.

E poi più nulla, se non qualche confuso flash.

Per i primi tempi aveva anche cercato di dimenticare quel poco che si ricordava, cercando di ridurre il tutto ad una brutta esperienza che, per fortuna, alla fine non aveva avuto nessuna conseguenza.

Poi però una notte l'aveva visto.

Aveva rivisto il volto di quell'uomo, chino su di lei, mentre gli altri due la tenevano ferma.

Aveva rivisto i suoi occhi.. e quei due lunghi canini bianchi che si avvicinavano lentamente al suo collo.

Forse si trattava solo di un incubo, nulla di reale, nulla di inerente a quella notte.

Eppure sembrava tutto troppo vero..

Ancora non era riuscita a dirlo a nessuno, nemmeno allo psicologo da cui sua madre l'aveva spinta ad andare per superare lo shock.

Non sapeva come gli altri avrebbero reagito se lei avesse dato sfogo ai suoi pensieri.

Molto probabilmente non le avrebbero creduto, l'avrebbero presa per pazza.

Ma lei non era pazza, lei sapeva cosa aveva visto.

Allora aveva iniziato a fare ricerche, a cercare da sola di trovare delle risposte, di dissipare quella nebbia che le impediva di vedere la verità.

Ed era così che, in siti come quello, aveva trovato racconti, storie, testimonianze, “prove”, attacchi e aggressioni furiose ed inspiegabili.. molto simili a quella che aveva colpito lei.

Alcune persone sostenevano con tutta la loro convinzione che la risposta a quella domanda fosse positiva, alcuni credevano anche che negli strani eventi che avevano colpito Colonia nei mesi precedenti potesse esserci qualcosa di più di quello che i media volevano raccontare, che gli umani non fossero l'unica razza presente nel mondo..

Lei non sapeva cosa doveva pensare.

Sembrava tutto così assurdo!

Lei era un'archeologa, una scienziata!

Amava l'arte e la storia e non credeva a nulla che non potesse essere scientificamente provato!

Come poteva credere a certe cose??!

Il problema, però, era proprio quello.

C'erano troppe cose che non riusciva a spiegarsi.

Perché i suoi aggressori avevano deciso di lasciarla illesa?

Di chi erano quegli occhi verdi che aveva visto prima di svenire?

Era davvero da sola quella sera?

Lentamente si voltò verso la mensola attaccata al muro del salotto.

Si fermò a guardare la foto, circondata dalla cornice d'argento.

Erano lei e Crystal. Era stata scattata ad una festa qualche anno prima.

Anche allora avevano bevuto un po' troppo.

Nora finiva sempre per farlo quando era con lei.

Si vedeva dal fatto che avesse le guance arrossate e le pupille leggermente dilatate.

Crystal invece era bella come sempre.

Sorrideva luminosa, con i capelli biondi che le ricadevano in morbidi ricci ad incorniciarle il viso.

La sua scomparsa era stata denunciata dalla famiglia qualche giorno dopo la notte dell'aggressione.

Per molti mesi la polizia aveva cercato di trovare le sue traccie, ma la ragazza sembrava essere sparita nel nulla.

Nessuno l'aveva più vista. Nessuno sapeva più nulla di lei.

Poi erano successi i fatti di Colonia, il paese era entrato in fermento e la polizia aveva avuto cose più importanti a cui pensare che cercare una ragazza qualunque.

Alla fine di quella ragazza sorridente impressa in quella foto era rimasto solo un fascicolo dimenticato in uno schedario impolverato.

Nel giro di ventiquattro ore Nora aveva rischiato di morire e la sua migliore amica era scomparsa.

E niente era ancora riuscito a convincerla che le due cose non fossero collegate.

E che la risposta a quella domanda potesse davvero essere positiva.

All'improvviso iniziò a mancarle l'aria, come tutte le volte che pensava a quella storia.

Sentì bisogno di uscire, così si alzò raccolse la sua borsa e si precipitò fuori.

Era da molto tempo che non usciva di sera ma cercò di non pensarci troppo.

Cercò di concentrarsi solo sul camminare a passi veloci, tenendo la testa bassa.

Alcune persone sostavano fuori da un locale da cui proveniva della musica.

Nora sentì il loro vociare indistinto e il suono delle loro risate.

Si affrettò a superarle e si accorse del ragazzo che veniva della direzione opposta solo quando gli fu addosso.

- M-mi scusi..- si affrettò a dire, alzando velocemente gli occhi sul suo visto.

Fu quando incrociò i suoi occhi tutto sembrò bloccarsi.

Quegli occhi, di un verde così intenso che lasciava senza fiato, appena percettibili nella luce che proveniva dal locale.. erano quegli occhi.

Non avrebbe mai potuto confonderli con nessun altri.

Nora continuò a fissare il ragazzo per un tempo indefinito, incapace anche solo di pensare, poi una cieca paura si fece largo dentro di lei.

Ogni singola parte del suo corpo le diceva di scappare. E lei così fece.

Si voltò ed iniziò a correre più velocemente che potesse.

Correva a per di fiato per le vie avvolte dal buio senza sapere precisamente dove andare.

Sapeva che lui la stava inseguendo.

Ad un certo punto s'infilò in un vicolo ma capì di aver fatto un gravissimo errore quando si trovò di fronte il muro di un palazzo.

Non aveva via d'uscita.

Proprio in quel momento sentì qualcuno afferrarla per un braccio.

Lanciò un grido, liberandosi di scatto e aderendo con la schiena al muro.

La sua borsa cadde andando a rovesciare il contenuto ai suoi piedi.

- Ehi, calmati, calmati! Non voglio farti del male! -.

La sua voce era decisa ma allo stesso tempo bassa e controllata, come se volesse farle capire in ogni modo che quello che stava dicendo era vero.

Nora si fermò a guardare il suo volto, con il cuore che sembrava esploderle nel petto.

Sentì dei passi in lontananza, si voltò verso l'entrata del vicolo e vide che non era solo.

Con lui c'era un ragazzo alto, dai capelli scuri, con un giubbotto di pelle molto simile al suo e due ragazze molto giovani con lo sguardo spaesato, come se anche loro non stessero capendo quello che stava succedendo.

Sascha si fermò a guardare la ragazza.

Percepiva ogni sua emozione.

Capì che lei sapeva tutto.

- Tu sai cosa siamo, vero? -.

Nora continuò a guardarlo, con i suoi occhi che sembravano ancora più grandi nel buio della notte.

Si, lo sapeva.

Anche se era tutto così assurdo. Anche se non poteva essere vero.

Lo sapeva. Ora ne aveva la conferma.

E sapeva cos'era successo quella notte.

In un attimo rivide il corpo di Crystal, immobile tra le sue braccia.

I morbidi ricci che le incorniciavano il viso ricoperto di sangue.

E quei due buchi, piccoli e gonfi sul suo collo candido.

Si sentì mancare il fiato. Il petto le si abbassava e alzava un un movimento innaturale.

- No, no, stai calma, respira profondamente - disse lui facendo qualche passo verso di lei e mettendo le mani avanti - Noi non vogliamo farti del male, credimi -.

Nora si costrinse a riprendere fiato, senza riuscire a smettere di guardarlo.

Sapeva cosa fosse, sapeva che era pericoloso.

Ma per qualche ragione sapeva anche di potersi fidare di lui.

Infondo, era lui che l'aveva salvata, la notte dell'aggressione.

Lentamente si tranquillizzò.

Lui lo percepì. Si fermò a guardarla per un attimo poi il suo sguardo cadde sulla sua borsa rovesciata a terra, sui fascicoli sparsi sull'asfalto, sul nome di lei impresso sulla targhetta identificativa dell'Atles Museum.

All'improvviso seppe cosa fare.

- Io sono Sascha..- si presentò tornando a guardarla - Qual'è il tuo nome? -.

- Nora..-.

- Nora - ripeté - Ti ricordi qualcosa di quella notte? -.

Lei annuì in risposta e lui fece lo stesso, come una presa di coscienza.

- Il gruppo che ti ha attaccato fa parte di una schiera di rivoltosi. Assassini, fanatici seguaci di un uomo impiegato in una guerra contro il potere - iniziò a spiegarle - Da qualche settimana si nascondono all'interno dell'Atles Museum..-.

A sentire pronunciare quel nome lei non poté fare a meno che sentire un brivido attraversarle la schiena.

Aveva avuto il pericolo a stretto contatto per tutto quel tempo senza neanche rendersene conto.

- Noi abbiamo il compito di fermarli, di impedire che continuino nei loro intenti - riprese lui - Ma per farlo abbiamo bisogno qualcuno che conosca bene quel museo.. qualcuno come te..-.

Nora spalancò gli occhi.

Stava parlando troppo velocemente, dicendo troppe cose in troppo poco tempo e le ci volle qualche istante per afferrare il senso di quello che le aveva detto.

- No..- esclamò, scuotendo energicamente la testa - No! Io.. io non voglio. Non voglio centrare nulla in questa storia.. io..-.

Le parole le si bloccarono in gola quando se lo trovò davanti.

Il volto di lui a pochi centimetri dal suo.

- Nora, ascoltami..- disse prendendole le braccia con le mani - Quegli uomini.. quelle creature.. sono stati loro ad uccidere la tua amica.. e molte altre persone con lei -.

La guardò negli occhi.

- Non puoi permettere che la sua morte sia stata vana -.

Lei lo guardò negli occhi per un lungo attimo poi lo vide allontanarsi e fare qualche passo indietro.

Lo seguì mentre si avvicinava alle sue cose sparse a terra, si piegava per afferrare un foglio e una penna e si avvicinava al muro per scrivere qualcosa.

Questo è il mio indirizzo - le disse, porgendole il foglio e tornando a guardarla negli occhi - Ti aspettiamo domani sera -.

Nora non disse nulla, gli lanciò solo un ultimo sguardo prima che lui si voltasse per raggiungere gli altri e sparire oltre la soglia del vicolo, lasciandola sola con un mare di pensieri.

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Capitolo 25
*** Capitolo ventiquattresimo ***


- C'è una cosa che non ho capito - proruppe Patrick quando, la sera dopo, si trovavano tutti nell'appartamento di Sascha a discutere della situazione - Se Ewan non sta facendo nulla di male, almeno al momento, e, come dici tu, sta aspettando che siamo noi ad attaccare per primi, allora per quale motivo sei così ostinato a dover entrare lì dentro?!! -.

- Fa parte del combattimento studiare le mosse dell'avversario, cercare di prevederle, entrare nelle sua mente per provare a comprendere il suo pensiero. È un passo fondamentale, dovresti saperlo, Patrick. Alle volte arriva il momento in cui non si ha altro da fare che assecondare le sue mosse - rispose Sascha, incrociando le braccia al petto - Ewan ha deciso di nascondersi in un luogo pubblico come l'Atles Museum perché sapeva che per noi sarebbe stato difficile entrare, con tutta la sicurezza, gli allarmi e le telecamere. Sapeva che non avremmo voluto rischiare di farci scoprire e in questo modo coinvolgere la polizia. Questa è una nostra battaglia. I civili devono restarne fuori il più possibile -.

- Allo stesso tempo, però - riprese - Sa che noi troveremo il modo di entrare. Ed infondo è proprio quello che vuole.. -.

- No, aspetta, quindi vuoi dire che lui non vuole farci entrare.. ma vuole farci entrare?!! - chiese Patrick, confuso.

- Esattamente -.

Patrick si fermò per un attimo a guardare il compagno poi scosse la testa.

- Mi correggo.. ci sono diverse cose che non ho capito..-.

- Tranquillo, Patrick, ho già un piano -.

- Non so perché ma questa cosa non mi tranquillizza..- convenne.

- Invece dovrebbe, perché penso di averlo capito - disse Sascha - Ewan è un uomo scaltro e dalla sottile intelligenza. Qualsiasi sia il vero motivo per il suo comportamento di certo lo fa perché ha qualcosa in mente.. e state pur certi che io scoprirò di cosa si tratta -.

Ali si fermò a guardarlo mentre diceva quell'ultima frase.

Aveva una strana luce negli occhi, che gli faceva apparire stranamente più scuri.

Una parte di lei per un attimo si spaventò.

- E poi, in ogni caso - riprese lui, dopo una piccola pausa - Anche se si aspetta un nostro attacco non può sapere che noi agiremo così presto. E soprattutto che dalla nostra parte abbiamo qualcuno di interno al museo che può aiutarci ad entrare -.

- Sei davvero sicuro che lei verrà? -.

Sascha si voltò a guardare Patrick, dopo quella domanda che sembrava incredibilmente retorica e si lasciò scappare un sorriso.

- Abbi fiducia.. -.

Patrick lo vide avvicinarsi, dargli una forte pacca sulla spalla e sparire oltre la soglia della camera da letto.

Si fermò a fissare la superficie di legno scuro della porta chiusa dietro le sue spalle prima di voltarsi verso le ragazze, che si erano entrambe voltate a guardarlo.

- Tranquille ragazze - si affrettò a dire - Sono certo che lui sia convinto di quello che sta facendo -.

O almeno lo sperava!

Sperava con tutto sé stesso che Sascha avesse ragione, che fosse davvero l'unico ad essere riuscito a capire il contorto ragionamento di quell'assassino psicopatico, che tutto non era riposto solo nelle mani di una ragazza che forse non avrebbe mai accettato di aiutarli e soprattutto che non stavano compiendo un enorme errore entrando in quel museo!!

Le ragazze annuirono e lui sorrise, cercando di non fare intuire le sue preoccupazioni.

Sospirò tornando a giocherellare con il paletto di legno, in modo da smettere di pensare.

Quando, circa una mezz'ora dopo, sentì l'improvviso suono del campanello e si ritrovò di fronte il volto della ragazza, si rese conto che ancora una volta, diavolo!, aveva ragione lui! Per fortuna!!

- Vi aiuterò - disse Nora, incrociando tutti i loro sguardi per poi fermarsi in quello di Sascha - Lo farò per lei -.

Sascha si fermò a guardarla per un attimo poi le sorrise e con un gesto del braccio la invitò ad entrare.

 

 

Sam li guardava da lontano mentre loro parlavano di fronte al tavolo della cucina cosparso di carte.

Studiavano la cartina dell'Atles Museum, osservando le vie d'uscita, la disposizione delle sale e dei corridoi.

Lui era leggermente piegato in avanti, si appoggiava con le mani alla superficie del tavolo.

Lei gli era di fianco, parlava animatamente, spostando più volte lo sguardo dalle carte al suo viso.

Erano così vicini che non ci sarebbe voluto nulla per farli toccare.

Si costrinse a distogliere lo sguardo, cercando di non dare troppo peso alla morsa che le imprigionava lo stomaco.

Patrick era uscito circa dieci minuti prima per andare a prendere qualcosa da mangiare ed Ali erano parecchi minuti che non si faceva vedere.

Sam immaginava dove fosse andata.

A grandi passi raggiunse la camera da letto, con l'improvviso desiderio di prendere anche lei un po' d'aria fresca.

La porta del balcone era aperta e Ali era appena fuori dalla soglia.

Guardava le luci che si stagliavano nella notte, cingendosi il corpo con le braccia.

Sam riprese fiato, respirando l'aria fresca e il contatto con la sua pelle la fece leggermente riprendere, anche se quella morsa non dava segno di voler sparire.

- Quella non mi piace -.

Le ci volle nulla per scoppiare, perché anche se fino a quel momento si era trattenuta, con lei non riusciva proprio a tenersi qualcosa dentro.

- Chi? Nora? - chiese Ali, voltandosi a guardarla - E perché? -.

- Non lo so.. - rispose Sam, scuotendo la testa - C'è qualcosa in lei che non mi piace! È il mio sesto senso! Sarà colpa del mio.. sangue da cacciatrice! -

Ali si fermò per un attimo a guardarla poi si lasciò scappare un sorriso.

- Non credo che il tuo sangue centri qualcosa, almeno in questo caso.. - convenne - Io penso semplicemente che tu sia un po' gelosa -.

- Gelosa?! - esclamò Sam, scioccata - Io?!! -.

- Si, tu! - rispose Ali - L'ho notato anche io, sai.. la loro vicinanza, il modo in cui lei lo guarda..-.

- Ma.. ma cosa stai dicendo?!! - scoppiò Sam - Io non sono gelosa!! Non capisco neanche perché dovrei esserlo!! -.

Sam si fermò a guardarla poi abbassò lo sguardo e il suo volto si fece improvvisamente serio.

- E poi non mi sembra il momento di parlare di certe cose..-.

Ali sentì la necessità di riprendere fiato, capendo a cosa si riferiva.

- Vuole attaccare domani notte..-.

- Già..-.

- Domani..-.

Un inevitabile silenzio scese tra le due ragazze.

Entrambe si fissarono a guardare qualcosa di indefinito mentre le loro menti viaggiavano tra mille pensieri e mille domande.

Non c'era nulla di sicuro nel loro futuro, ma su una cosa potevano considerarsi certe.

Il giorno dopo si sarebbe deciso tutto. E niente sarebbe stato più come prima.

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Capitolo 26
*** Capitolo venticinquesimo ***


Quella sera faceva freddo.

O almeno, Sam sentiva molto freddo, ma non sapeva se poteva dare tutta la responsabilità alla temperatura.

Respirava profondamente, concentrandosi su ogni singolo respiro, e liberando la mente da qualsiasi tipo di pensiero.

Non c'era tempo per pensare.

Sentì il freddo della lama d'argento del pugnale a contatto con il polpaccio destro e strinse con le mani sull'impugnatura di uno dei cinque paletti che teneva agganciati in vita.

All'improvviso vide Sascha voltarsi di scatto.

La grande ascia che portava dietro la schiena oscillò pericolosamente, brillando nella luce della luna.

Tenne gli occhi verdi sul segnale che Nora gli stava dando per fargli capire che potevano partire.

- È tutto pronto.. andiamo -.

Sam prese fiato per un ultima volta mentre si apprestava a seguirlo lungo il portico esterno dell'Atles Museum.

Dietro di lei i passi decisi di Ali e Patrick erano appena percettibili.

Il momento era arrivato.

Non si poteva più tornare indietro.

Un secondo dopo erano dentro.

 

 

Ci volle veramente poco prima che gli altri si accorsero di loro, nella fioca luce del corridoio laterale.

Si voltarono di scatto a guardarli, leggermente sorpresi ma allo stesso tempo pronti ad attaccare.

Ali guardò i loro occhi accendersi e i canini bucargli automaticamente le gengive.

Le creature li guardarono ancora per un attimo poi lanciarono un grido e partirono all'attacco.

Il primo ad avvicinarla fu un ragazzo, o almeno questo era quello che era stato fino a qualche settimana prima.

Era alto, molto più alto di lei, ed era forte, ma non abbastanza veloce.

Ali parò tutti i suoi colpi e lui fece lo stesso, fino a quando compì il primo e ultimo passo falso e si ritrovò con un paletto infilato nel cuore.

Ali si fermò a guardarlo mentre il suo corpo scompariva lasciando posto solo ad una manciata di polvere, ma non aveva tempo per impressionarsi perché un nuovo attacco la sorprese ad un fianco.

I suoni delle lame che si scontravano le arrivavano alle orecchie insieme al suono simile a delle sfrecciate quando i vampiri si spostavano e i loro subili e ringhi animali.

Rich si era unito a loro nell'esatto momento in cui li aveva visti entrare e ora combatteva contro quelli che erano stati i suoi compagni fino ad allora.

Patrick era qualche metro dietro di lei.

Sentiva il suono della sua lunga spada tagliare l'aria e squartare la carne dei nemici.

Avrebbe voluto volarsi a guardarlo ma non aveva tempo per farlo.

Doveva solo pensare a sopravvivere, sperando che tutto quell'incubo finisse il prima possibile.

 

 

Patrick combatteva contro due vampiri contemporaneamente, stringendo due paletti in entrambe le mani.

Erano appena novizi. Si poteva notare dal modo confuso che avevano di muoversi ed attaccare, ma non per questo poteva permettersi di sottovalutarli.

Lanciando un grido saltò in alto, lanciò due calci a colpirli direttamente nello stomaco, facendoli cadere a terra.

In un attimo si ritrovò tra loro, piegato sulle gambe e con entrambi paletti conficcati nei loro cuori.

Guardò per qualche secondo le grandi piastrelle di granito scuro che formavano il pavimento e alzò lo sguardo solo quando sentì il suo sguardo su di sé.

Si fermò a guardarla, ancora fermo nella stessa posizione e con i due paletti fermi a mezz'aria.

Monike era in piedi a qualche metro da lui.

Lo guardava con i suoi occhi nocciola irradiati di scarlatto.

Gli stava sorridendo, con un sorriso maligno e glaciale.

Lentamente Patrick si alzò, continuando a tenere gli occhi su di lei.

I loro sguardi, incollati l'uno in quelli dell'altra, nei metri che li separavano.

Entrambi soffiarono, mostrando i canini candidi, che quasi brillavano nella fioca luce che li illuminava.

All'improvviso lei si decise ad attaccare.

Saltò in alto, sopra di lui, e Patrick la schivò, piegandosi sulle gambe e voltandosi per trovarsela di fronte.

I suoi colpi erano precisi e studiati.

Lei era forte e con un esperienza superiore alla sua.

Patrick iniziò presto a risentire la sua potenza e lei sfruttò il momento di confusione per colpirlo all'altezza del costato.

Lui lanciò un grido mentre una profonda ferita gli si apriva sul fianco.

Tornò a guardarla negli occhi.

Non aveva ancora smesso di sorridere.

Una rabbia cieca gli riempì il corpo.

Era ora di farla finita con lei e di toglierle quell'irritante sorrisetto dalla faccia.

Si lanciò contro di lei con tutta la forza che aveva, lei si scostò velocemente e sparì alla sua vista.

Patrick si guardò intorno, cercando di capire dove fosse, provando a prevedere le sue mosse.

Con la coda dell'occhio vide la sua figura passargli alle spalle.

Lanciò un ultimo grido, si voltò di scatto e conficcò il paletto, che andò a conficcarsi all'interno del muro, creando un profondo buco.

Patrick si guardò intorno, confuso.

Di Monike non c'era più traccia.

 

 

La battaglia stava durando più del previsto.

I nemici erano forti e Sam iniziava a sentire una leggera stanchezza intorpidirle il corpo.

Cercò di riprendere fiato mentre il combattimento non dava segno di voler terminare e si chiese per quanto ancora avrebbe potuto andare avanti così.

I nemici attaccavano da ogni direzione e una volta finito con uno ce n'era subito un altro da affrontare, in quell'assurda sequenza che sembrava senza fine.

La maggior parte erano maschi ma erano le donne quelle più ostiche da sconfiggere, perché non puntavano solo sulla forza ma anche sulla tattica e sulla velocità.

Apparivano e scomparivano come luce intermittenti e più volte Sam dovette arrivare a provare a prevedere le loro mosse per avere la meglio.

Si piegò sulle gambe per schivare il colpo della ragazza bionda che la stava attaccando e afferrò il pugnale.

Si voltò di scatto e glielo puntò alla gola, tranciandogliela quasi del tutto.

La testa bionda rimase attaccata al collo solo per un piccolo pezzo di pelle per poi dissolversi insieme a tutto il resto.

Sam si guardò intorno, riprendendo fiato.

Non si erano ancora spostati dal corridoio d'ingresso.

Intorno a lei rimbombavano i continui suoni della battaglia.

Si rese conto di avere qualcuno alle spalle solo quando sentì il dolore lancinante del colpo inferto alla schiena.

Il suo corpo venne scagliato a metri di distanza e si ritrovò stesa a terra al centro dell'altra sala.

Inarcò la schiena per il dolore mentre la vista le si annebbiava.

Cercò di alzarsi ma il colpo l'aveva completamente immobilizzata.

Capì che era davvero la fine quando se lo ritrovò addosso.

Vide il suo volto inumano, che si stagliava sopra di lei e il brillare argenteo della lama che scendeva sul suo collo.

 

 

- Sascha!! -.

Lo stesso grido.

La stessa situazione.

Gli stessi suoni della battaglia che si diffondevano intorno a lui.

Lo stesso modo di pronunciare il suo nome, gridandolo con la voce distorta dalla paura.

Ma non era la stessa voce.

Sam!

Si voltò di scatto e la vide.

Era a terra a molti metri da lui, molti di più di quanti avrebbe voluto.

Sopra di lei il vampiro la teneva ferma.

La lama del coltello era a pochi millimetri dalla sua gola.

In quell'attimo gli sembrò di rivivere tutto.

Le immagini che avevano tormentato le sue notti negli ultimi anni tornarono vive di fronte ai suoi occhi.

Quella volta non era riuscito a salvarla.. ma non sarebbe successo di nuovo.

Non con Sam. Lei non l'avrebbe persa.

 

 

Sam non aveva il coraggio di chiudere gli occhi.

Non voleva che quella fosse l'ultima volta che li teneva aperti, che il volto di quella creatura fosse l'ultima cosa che avesse visto.

All'improvviso sentì il suo grido esplodere all'interno della sala.

In un attimo era sulla creatura.

La spinse a terra, conficcò con tutta la sua forza la mano all'interno della sua carne e l'estrasse solo quando ebbe il suo cuore stretto nel pugno.

Sascha osservò la propria mano piena di sangue e il corpo della creatura dissolvere sotto di lui.

Poi si voltò a guardarla.

Era ancora a terra ma era riuscita a sollevarsi sulle braccia.

Lo guardava con i suoi grandi occhi scuri ancora pieni di terrore.

Corse da lei.

L'aiutò a rialzarsi e passò lo sguardo su ogni parte del suo corpo, per assicurarsi che non fosse ferita.

- Stai bene? - le chiese, con apprensione, guardandola negli occhi.

Lei ricambiò il suo sguardo e annuì, costringendosi a riprendersi.

- Si..-.

- Allora vai! Vai! -.

Non se lo fece ripetere due volte.

Iniziò a correre.

Ali era ancora nel primo corridoio.

Doveva raggiungerla, dovevano aprire la “Caverna della Luce” e porre fine a tutto quell'incubo.

Un altro piccolo gruppo apparì all'improvviso.

Sam sentì Sascha ringhiare e iniziare a difendersi dal loro attacco, ma loro erano troppi perché riuscisse a resistergli.

Lo colpirono alla schiena e gli procurarono una profonda ferita all'altezza dello stomaco.

Sam si voltò a guardarlo.

Lo vide cadere in ginocchio, mentre il sangue sgorgava copioso sulle sue mani.

Avrebbe voluto correre da lui, aiutarlo, perché sapeva che da solo non poteva farcela.

Ma non poteva.

In quel momento doveva solo correre.

Aveva quasi superato la soglia della stanza quando due figure le si pararono davanti, ostruendole il passaggio.

Sam si fermò di scatto, capendo di non avere più via d'uscita.

Il cuore le batteva incontrollabile nel petto e nelle orecchie.

Istintivamente afferrò l'ultimo paletto che le era rimasto.

Le due creature avanzavano e lei fece qualche passo indietro fino a ritrovarsi di nuovo al centro della sala.

Stava per lanciarsi all'attacco quando all'improvviso le luci si accesero.

Sam si portò una mano agli occhi, momentaneamente accecata dal cambio d'illuminazione e fu allora che l'intera sala rimbombò del suono inconfondibile di due mani che applaudivano.

Dovette aspettare qualche istante prima di riuscire a scorgere la sua imponente figura.

Camminava lentamente, tenendo gli occhi distintamente chiari fissi su di lei.

Sentì Sascha ringhiare, sollevarsi e cercare di liberarsi dalla presa delle quattro creature che lo tenevano fermo, senza però riuscirci.

Ewan continuò il suo percorso all'interno della grande sala circolare.

Sam rimaneva immobile senza riuscire a smettere di guardarlo.

- Bravi! Complimenti! - esclamò all'improvviso, rompendo il silenzio - Devo dire di essere particolarmente stupito. Da quello che mi era stato riportato non pensavo che foste un avversario così tanto temibile -.

Si voltò per un attimo a guardare Sascha che in risposta gli mostrò di nuovo i denti, lanciandogli uno sguardo di sfida.

- Ma del resto, con un maestro del genere, non potevo aspettarmi di meno -.

Lo guardò per un altro attimo poi gli voltò le spalle e riprese a camminare.

- Anche la mossa di trovare un aiuto interno per entrare qui dentro, è stata veramente azzeccata devo darvene atto -.

Ewan si guardò intorno nella grande sala.

Osservò le figure delle statue di marmo che li circondavano e li osservavano immobili.

- Questo posto è magnifico, non trovate? - chiese senza aspettarsi una risposta - In inno alla Grecia! Al mondo classico! Alla perfezione degli Dei. Che però infondo erano molto più umani di quando ci si aspettasse -.

Sam trattenne il fiato quando all'improvviso se lo ritrovò davanti.

Fissò i suoi occhi chiari bloccarsi nei suoi e sentì il sangue raggelarle le vene.

- Un po' come i vampiri.. vero, Samantha? -.

Sentendo il modo in cui aveva pronunciato il suo nome, un brivido le passò dietro la schiena.

Ewan continuò a guardarla, aspettando forse una sua risposta, o ancor meglio una sua reazione.

E quando la percepì uno strano lampo di soddisfazione gli passo negli occhi.

- Oh è vero, scusami! Mi dispiace, Sam - riprese - Non ti piace essere chiamata Samantha, vero? Ti ricorda troppo come ti chiamava tuo padre..-.

Fece un altro passo verso di lei, annullando lo spazio che li separava e Sam dove resistere all'incontrollabile desiderio di arretrare.

- Deve essere stato terribile vederlo sparire così, all'improvviso - sibilò - Deve mancarti molto.. chissà cosa daresti per poterlo vedere anche solo un ultima volta..-.

- Samantha..-.

La voce la raggiunse così all'improvviso che la spaventò.

Si voltò di scatto verso la sua destra e lo vide.

Fu allora che tutto sembrò fermarsi.

Non esisteva più nulla.

La battaglia, le Sacerdotesse, i Guardiani, i vampiri, il destino del mondo.. era tutto sparito.

C'era solo lui. In piedi a pochi passi da lei.

Il cuore di Sam perse improvvisamente un battito e dovette aprire la bocca per riuscire a respirare, mentre calde lacrime le riempivano gli occhi.

- Papà..-.

Suo padre. Suo padre era lì.

In quella stessa stanza, davanti a lei.

Camminava lentamente per raggiungerla.

Non poteva crederci. Non poteva crederci che fosse vero.

Suo padre..

Dopo tutti i mesi di dolore, dopo tutti i pianti fatti di nascosto per non essere vista da nessuno, da tutti i “perché” urlati al cielo con la voce rotta, dopo tutte le volte che aveva pregato perché tornasse da lei.

Ora era lì.

E le sorrideva, continuando ad avvicinarsi, con il suo incredibile sorriso.

- Ciao, piccola mia -.

- No! Sam! Quello non è tuo padre! È un vampiro!! Lui.. - urlò Sascha, cercando di avvertirla, ma uno dei vampiri che lo tenevano fermò gli assestò un altro colpo al fianco, facendolo piegare su sé stesso.

Sam sentì la sua voce raggiungerla ma era appena percettibile sotto tutto lo strato di emozione che provava in quel momento.

Non poteva fare altro che continuare a guardare gli occhi di suo padre che si faceva sempre più vicino.

Sam rimase immobile, incapace di fare un solo passo.

Sentì di nuovo il contatto del suo corpo, le sue braccia che la stringevano sempre più forte..

Un attimo dopo lo aveva pugnalato alla schiena, conficcando quell'ultimo paletto appuntito al centro del suo cuore.

Sam sentì il suo corpo irrigidirsi, scostarsi lentamente e lo vide per l'ultima volta negli occhi, prima che il suo corpo sparisse in una nuvola di polvere.

Strinse gli occhi, lasciando cadere il paletto a terra.

Il suono rimbombò tra le pareti della sala.

- Vai, Sam! Corri! -.

Questa volta lo sentì chiaramente.

Spalancò gli occhi, scuotendosi all'improvviso e senza più pensare a nulla, iniziò a correre.

 

 

Ali sentì i suoi passi giungere dall'ingresso del corridoio.

La guardò per un attimo e si apprestò ad agire.

Non c'era bisogno di dire nulla. Entrambe sapevano cosa fare.

Strinsero nello stesso istante i loro “Cuori di Cristallo” e chiusero gli occhi.

La “Caverna della Luce” si aprì all'improvviso di fronte a loro.

Corsero, corsero il più velocemente possibile, con le ultime forze che le rimanevano in corpo.

Con un cesto deciso infilarono i Cuori nelle loro fessure.

All'improvviso una forte luce azzurra invase le stanze e i corridoio dell'Atles Museum.

Le creature si portarono le mani agli occhi e si piegarono sulle gambe, accecate.

I quattro vampiri che tenevano Sascha lasciarono la presa e lui li fece fuori ad uno ad uno.

Si voltò verso il centro della sala e vide Ewan piegato sulle gambe.

Con una mano si teneva la testa e con l'altra si appoggiava al pavimento.

In un attimo gli fu addosso.

Lo spinse a terra e si posizionò sopra di lui.

La lama del suo pugnale si fermò all'altezza del suo collo.

Sascha si fermò a guardare il suo volto.

Non era trasformato.

La pelle della fronte era liscia e bianca e gli occhi chiari erano puntati nei suoi.

Non si dimenava, non cercava di alzarsi, come invece era prevedibile.

Continuava solo a guardarlo, con lo sguardo di uno che non aveva paura, nemmeno ad un passo dalla morte.

- Io non lo farei se fossi in te - disse, mostrando il suo pieno controllo - Non ti conviene uccidermi, Sascha -.

Lo guardò negli occhi.

- Io sono l'unico in grado di darti le risposte alle tue domande -.

A quelle parole Sascha si irrigidì.

Rimase immobile, a guardarlo.

Cercò di studiare i suoi occhi per capire se stesse mentendo o dicendo la verità.

Poi in essi vide qualcosa, qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere.

E lasciò andare il pugnale.

 

 

La battaglia era finita.

Sam fissava il vuoto all'interno della grande sala circolare, con le mani e parte del volto ancora sporchi di sangue.

Le gambe avevano smesso di tremarle, i muscoli di dolerle.

Aveva qualche ferita ma niente che non fosse solo superficiale.

Aveva anche smesso di provare dolore.

Percepì un movimento alla sua destra, si voltò e lo vide.

Passò lo sguardo sul suo corpo.

Aveva molti strappi sui vestiti ed era sporco di sangue ma tutte le ferite erano già ampiamente rimarginate.

Continuò a guardarlo nei metri in cui li separavano, senza dire nulla.

Lentamente lo vide avvicinarsi.

Le si fermò davanti, puntò i suoi occhi verdi nei suoi.

Poi, all'improvviso, aprì le braccia e la strinse a sé.

Non ci volle molto perché lei si lasciasse andare.

Ricambiò la stretta, stringendo tra le mani la stoffa della sua maglietta.

Affondò il viso nel suo petto e risentì il suo profumo.

Le sembrò come se fosse ossigeno.

E dopo qualche istante non riuscì più a trattenersi.

Stretta tra le sue braccia, Sam, scoppiò finalmente a piangere.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo ventiseiesimo ***


Sam si guardò intorno nella piccola sala impolverata e si chiese come aveva fatto in tutti quegli anni a non sapere che dietro quella piccola porta di legno della scuderia si nascondeva tutto quello.

Intorno a sé poteva vedere un'enorme quantità di diari, fogli, carte appunti, abbandonati sul grande tavolo di legno o accatastati sugli scaffali e le librerie.

C'erano anche alcune armi e degli oggetti presumibilmente magici.

Tutto quello che servisse ad un cacciatore di vampiri per compiere il suo lavoro.

Erano passati tre giorni dalla battaglia e andare lì era una delle prime cose che Sam aveva voluto fare una volta arrivata a casa.

Dopo la lotta tutto era tornato alla normalità.

Le persone avevano continuato la loro normale vita, senza sapere del pericolo che avevano rischiato di correre.

I ribelli erano stati uccisi tutti, a parte Monike che era riuscita a scappare.

- È uscita dai confini - le aveva informate Sascha - Non penso si farà viva molto presto -.

- Ed Ewan? -.

Lui l'aveva guardata negli occhi prima di rispondere.

- Lui non è più un problema -.

Ora che tutto era finito, Sam si chiese quante cose all'interno di quello studio, scritte su quei diari, impresse su quelle carte avrebbe dovuto ancora scoprire, quante invece avrebbe preferito non sapere e se sarebbe mai riuscita a tornare alla vita di prima.

Un rumore la sorprese alle spalle ma lei non si spaventò.

Sapeva che era lui. Ormai riconosceva il peso del suo sguardo.

Lentamente si voltò e incrociò il suo viso, illuminato dalla luce che entrava dalla porta aperta.

Lo vide guardarsi intorno.

- Dovresti distruggere tutto - le disse - Tua sorella, Marie Anne, già sente il richiamo del suo sangue. Se dovesse venire a contatto con tutto questo non riuscirebbe più a sottrarsi al suo destino -.

Si fermò a guardarla.

- Se tieni a lei, tienila lontana dal nostro mondo -.

Sam non disse nulla, ripensando all'episodio dell'anello.

Sascha aveva ragione. Come sempre.

Annuì, facendogli capire che aveva capito e lasciò che il silenzio d'intromettesse nuovamente tra di loro.

- Noi stiamo per partire..- disse lui, facendole alzare lo sguardo.

Sam rimase in silenzio e si apprestò a chiudere la porta dello studio alle sue spalle e seguirlo fino alla strada di fronte alla casa.

Dopo la battaglia le avevano portate a casa e avevano deciso di rimanere un altro paio di giorni, ma ora non c'era più motivo per rimanere.

Dovevano tornare alle loro città, alla loro missione.

Ali era già lì, guardava Patrick che era in piedi vicino alla sua moto con gli occhi di chi doveva dire addio a qualcuno che non avrebbe mai voluto salutare.

In quegli ultimi dieci minuti, da quando Sascha si era allontanato lasciandoli da soli, doveva aver mandato indietro le lacrime almeno un centinaio di volte.

Lui rise per l'ennesima volta, prendendola in giro, poi si fece improvvisamente serio.

Dalla tasca del suo giubbotto di pelle Ali lo vide estrarre il braccialetto d'argento.

. Apparteneva a mia madre - le disse guardandolo e poi alzando gli occhi su di lei - Vorrei che lo avessi tu..-.

Ali rimase senza parole mentre lui le afferrava una mano e glielo posava sul palmo.

- No, Patrick, io non..-.

- Oh, tranquilla! È solo in prestito - la interruppe lui - Un giorno me lo darai indietro -.

Lui le sorrise e lei fece altrettanto per poi lanciarglisi al collo e stringerlo a sé.

Sam li guardò da lontano e inconsciamente si voltò verso Sascha.

Incrociò il suo sguardo solo per un attimo prima che lui fuggisse, per guardare qualcosa lungo la strada.

Forse avrebbero dovuto dirsi qualcosa, una di quelle cose banali che si dicono per salutarsi.

O forse avrebbero dovuto abbracciarsi per un'ultima volta.

Sam avrebbe voluto con tutta sé stessa essere ancora stretta tra le sue braccia..

Ma non fece nulla.

Si limitò a restare ad osservare la ghiaia vicino ai suoi piedi, cercando di non guardarlo.

Infondo era meglio così.

Avrebbe rischiato di rendere tutto più difficile di quanto già fosse.

Sentì Ali e Patrick salutarsi ancora una volta, alzò gli occhi sul ragazzo per salutarlo e non riuscì a resistere dal voltarsi di nuovo verso di lui.

Vide i suoi occhi verdi per l'ultima volta prima che lui si infilasse il casco, salisse in moto e accendesse il motore.

Lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava velocemente, seguito a breve distanza dalla moto di Patrick.

Prese fiato solo quando lo vide sparire dietro il folto degli alberi.

Rimase così ancora per qualche minuto fino a quando sentì il tocco della mano di Ali sfiorarle un braccio.

Si voltò a guardarla ed incrociò i suoi grandi occhi azzurri.

Sapeva a cosa stava pensando.

Si affrettò a riscuotersi e a mostrarle un sorriso.

- Forza, andiamo in casa..- disse, affrettandosi a raggiungere il cancello.

Ali la seguì con lo sguardo mentre risaliva la lieve collina, con la testa bassa e le mani nascoste della tasca davanti della felpa.

Sospirò e si affrettò a seguirla, mentre il sole spariva lento dietro le colline, con la promessa di un nuovo giorno.

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Capitolo 28
*** Epilogo ***


Sascha camminò lentamente nel piccolo corridoio che precedeva lo studio del suo Capo.

Aveva dovuto insistere molto per ottenere udienza, ma aveva necessariamente bisogno di parlargli.

Non poteva più tenersi tutto dentro.

Kooro era seduto alla sua poltrona, come l'ultima volta che era stato lì, prima che tutto iniziasse, prima che gli eventi prendessero il sopravvento sul suo corpo e sulla sua mente, così abituata alla razionalità e ad rigore da rimanere inerme in mezzo al caotico miscuglio di emozioni che ora lo tormentava.

Kooro studiava le sue carte con fare di chi ha visto molto più di quanto si possa immaginare e dovettero passare un bel po' di minuti prima che si decidesse al alzare gli occhi sul suo Guardiano.

Sascha incrociò il suo sguardo e aspettò che lui gli desse il permesso prima di iniziare a parlare.

Sentì la necessità di riprendere fiato e senza pensarci neanche un minuto di più gli disse ogni cosa.

Ogni singola emozione, ogni singolo dubbio, domanda, risentimento, paura che l'aveva colpito in quegli ultimi mesi, da quando l'aveva conosciuta.

Disse che non si era mai sentito così confuso, così preso da non capire più nulla, da non sapere cosa fare, da non avere idea di quello che stava succedendo.

Pensava a lei ogni singolo istante, ogni secondo.

Qualunque cosa stesse facendo, a qualsiasi cosa stesse pensando, lei appariva sempre, come una specie di assurda e incredibilmente bella ossessione.

Per la prima volta in vita sua, sia quella mortale che quella da vampiri, aveva capito cosa volesse dire voler passare ogni momento con qualcuno, poter stare bene solo quando si stava con quella persona.

In poche parole.. amarla. Con ogni parte di sé.

Quando ebbe finito dovette riprendere fiato, sentendosi improvvisamente svuotato.

Il silenzio scese nella piccola sala illuminata dalle lampade ad olio.

Sascha teneva la testa bassa, aspettando che il suo Capo dicesse qualcosa.

All'improvviso lo vide alzarsi in piedi di scatto e scagliare il pugno chiuso contro la superficie di legno del tavolo di fronte a sé.

Alcuni oggetti caddero a terra per la forza del colpo.

I suoi occhi scuri ardevano di rabbia.

- Basta!! - esclamò facendo rimbombare la sua voce tra le fredde pareti - Nei miei anni ho sentito molte cose ma mai, mai mi sarei immaginato di sentire una cosa del genere!! E proprio da te, Sascha!! Tu che tra tutti i Guardiani sei quello che mi ha dato più soddisfazioni, quello in cui io ripongo la mia più cieca fiducia!! -.

Sascha strinse i pugni contro le gambe, improvvisamente pentito di quello che aveva appena fatto.

Riusciva a malapena a guardarlo.

- Sono disposto a fare finta di niente! A fare come se questo colloquio non ci fosse mai stato! A patto che tu ti tolga dalla testa tutte queste scempiaggini!! -.

Kooro gli lanciò un ultima occhiata carica di furore poi con un gesto deciso gli indicò l'uscita.

- Ora vai! Torna al tuo lavoro! Torna alla tua missione! Pensa al tuo dovere! Solo quello e nient'altro!! - esclamò – E non farmi pentire di aver deciso di conservarti il tuo ruolo!! -.

Sascha alzò per un attimo gli occhi su di lui e sentì la necessità di riprendere fiato.

Scempiaggini.. erano solo scempiaggini..

Sapeva che tutto quello era assolutamente sbagliato, lo aveva sempre saputo.

E la reazione di Kooro gliel'aveva confermato.

Non avrebbe mai dovuto parlarne.

Abbassò nuovamente lo sguardo, portandosi il pugno chiuso al cuore, per dimostrargli ancora una volta il suo reverenziale rispetto e la sua totale fedeltà, poi si voltò e iniziò a camminare verso l'uscita.

Avrebbe fatto come gli veniva detto, avrebbe ubbidito, come suo dovere.

Avrebbe continuato a fare il suo lavoro, avrebbe continuato la sua missione.

Avrebbe protetto la sua città a costo della vita come aveva fatto in tutti quegli anni.

E non avrebbe più pensato a lei.

Avrebbe ignorato tutto quello che provava.

Sarebbe diventato insensibile.

Non era poi così difficile.

Infondo, lui era un vampiro.

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