Peluche

di Elektrabit
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Routine interrotta ***
Capitolo 2: *** school ***
Capitolo 3: *** school ***
Capitolo 4: *** Presidenza ***
Capitolo 5: *** eyes ***
Capitolo 6: *** tremiti ***
Capitolo 7: *** Dolcezza ***
Capitolo 8: *** HOLA ***



Capitolo 1
*** Routine interrotta ***


Delle luci dai colori caldi si susseguivano all'interno delle mie palpebre, come quando si fissa il sole per troppo tempo e si chiudono gli occhi di scatto. Grugnì infastidita da quella luce anomala, schiusi leggermente gli occhi sbattendo più volte le ciglia per mettere a fuoco l'ambiente circostante, avevo lasciato le stramaledette persiane aperte la sera prima. Mi voltai verso il comodino afferrando il cellulare, erano le quattro e trenta del mattino. "Uccidetemi qui e ora" implorai. Mi lasciai andare sul letto, intontita dal sonno, strizzai gli occhi infastidita, per qualche attimo rimasi a fissare le travi del soffitto poi sbuffando mi gettai ancor più sotto le coperte infilando la testa sotto al cuscino nella vana speranza di non uscire mai da quel morbido tepore. Alle 6 la sveglia mi buttò fuori dal letto, in senso letterale visto che ruzzolai disordinatamente giù dalle coperte rischiando l'osso del collo. "Merda" biascicai a denti stretti, mi rialzai dolorante, mi infilai gli occhiali e mi diressi al bagno. "fantastico inizio scuola eh perdente" pensai fra me e me, quello in effetti sarebbe stato il primo giorno della mia terza liceo, nuova classe, nuove materie, stessa merda. Mi sciacquai la faccia, l'acqua gelida mi pungeva la pelle, provai ad alzare lo sguardo verso lo specchio, una smorfia mi si dipinse sul viso, i miei occhi quel giorno erano scuri e gonfi , i capelli corti sparati in aria e la pelle di un orribile color verdognolo "ma come siamo carine" biascicai allo specchio. Afferrai lo spazzolino, la fastidiosa fessura in mezzo ai miei denti non se ne era andata nonostante i molti anni di apparecchio, spazzolai velocemente, tornai in camera senza essermi pettinata i capelli, non ne avevo voglia, recuperai un magliettone dei nirvana e me lo infilai sopra l'intimo, mi misi dei jeans larghi da uomo e delle vans blu scuro stracciatissime, infilai le stringhe sotto ai piedi invece che allacciarle. Andai in cucina e aprii il frigor, vuoto, "merda" mimai con le labbra, non avevo fatto la spesa, guardai l'orologio da parete, "MERDA" stavolta urlai, afferrai di striscio la cartella e le chiavi, aprii la porta e mi gettai giù dalla scalinata. Corsi fino alla pensilina dell'autobus, lo vidi partire davanti ai miei occhi " fantastico" pensai "e adesso?" mi guardai in giro, niente auto, il prossimo pullman sarebbe passato dopo due ore, mi accovacciai sul marciapiede mettendomi le mani fra le ciocche blu elettrico "che giornata di merda" bisbigliai a mezza voce. Sentii un rombo sordo, poi come un rumore di ruote che stridono sull'asfalto, tesi le orecchie incuriosita ma non alzai il viso dalle ginocchia, un ombra scura bloccava la luce del sole che fino ad un attimo prima mi illuminava la pelle."hey dolcezza, serve un passaggio?" alzai lo sguardo "dolcezza?" dissi corrucciata, un ragazzo in moto si parava davanti a me, aveva il casco e non riuscivo a vedere il suo volto "dove devi andare?"..

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Capitolo 2
*** school ***


"Cazzi miei" dissi alzandomi, lui rimase di stucco, non si mosse, l'unica cosa che fece fu fissarmi. Io molto semplicemente girai i tacchi e camminai nella direzione dove si trovava la mia scassatissima scuola. Era una bella giornata di settembre, sembrava ancora piena estate, il sole faceva risplendere i miei capelli e mi scaldava le ossa, il cielo era di un azzurro stupendo e la strada era deserta, mi stiracchiai pigramente e mi scappò un sorriso "per fortuna che almeno il tempo è dalla mia parte" pensai. Non sopportavo la pioggia, ne tantomeno le giornate grigie e buie, le trovavo deprimenti e noiose. Finalmente dopo una ventina di minuti a passo svelto riuscii a raggiungere il liceo, era composto da un agglomerato di edifici bianchi, contornati sulla parte più bassa da una striscia verde menta sbiadito, mi ricordava un ospedale. Sorpassai la cancellata d'acciaio e mi diressi al mio edificio. Gli studenti erano suddivisi in edifici e poi in classi, c'erano 5 edifici, quest'anno ero nel "C-3", quarto piano prima porta a destra. Il liceo il primo giorno è un po' come una trincea, ci sono quelli che preferiresti evitare, quelli che proprio non puoi vedere ed in fine ci sono i primini. Giuro che non ho nulla contro i nuovi arrivati, per carità ci siamo passati tutti, ma dio quanto li odio. Sono bassi, rumorosi, fastidiosi… venni improvvisamente spintonata, mi girai di scatto " ma che cazz.." un ragazzino sui tredici anni era con il culo in terra davanti ai miei piedi, aveva i capelli castani chiaro e degli occhi azzurri molto belli, lo guardai storto "levati sottospecie di hobbit" ringhiai, lui non si spostava, continuava a fissarmi con quell'aria da cerbiatto impaurito, quanto odio quando la gente mi fissa a quel modo, sbuffai alzando gli occhi al cielo e lo scavalcai. Un immenso fiume di studenti si riversava nei corridoi, non era facile raggiungere le scale, sgomitai un po' e mi appiccicai il più possibile alla parete, era talmente ruvida che mi graffiai la pelle prima di riuscire ad arrivare al primo gradino. Finalmente su attraversai la soglia dell'aula, i miei compagni erano già tutti dentro, si stavano salutando e abbracciando, alcune ragazze stavano piangendo "vi prego no " roteai gli occhi al cielo, sperando di raggiungere il mio banco senza essere notata. "HEY DOLCEZZA!" sentii qualcuno urlare alle mie spalle, mi bloccai sorpresa, di solito nessuno mi rivolgeva la parola mentre ero a scuola, mi girai incuriosita sorvolando sul nomignolo con cui il ragazzo aveva richiamato la mia attenzione, un tizio alto dai capelli blu elettrico e gli occhi chiari mi fissava con un sorriso ebete stampato in faccia, portava una magliettona completamente nera, senza maniche, e degli skinny jeans strappati. Aspettai che dicesse qualcosa ma rimase semplicemente imbambolato a guardarmi, la cosa mi irritò parecchio, "che cazzo vuoi?" sputai aggressiva , lui sembrò riprendersi dal coma " sei la ragazza di stamattina, giusto? " e sfoderò un sorriso ancora più smagliante del precedente, "..Eh?" lo guardai storto, cosa voleva da me quel deficiente con i pantaloni da donna, " sono il ragazzo della moto " disse gentile, improvvisamente i miei neuroni collegarono la cosa "oh perfetto " pensai sempre più infastidita, " ah, ciao, che vuoi?" dissi annoiata " Nulla a dire il vero" disse messo un po' a disagio dalla risposta apatica " Sono Michael, molto piacere" sorrise, porgendomi la mano, il mio sguardo passò dalla sua faccia alla sua mano e poi di nuovo alla sua faccia, "Leo" dissi semplicemente, sorpassandolo e sedendomi al mio banco.

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Capitolo 3
*** school ***


La sedia scricchiolò dolorosamente sotto il mio peso, accarezzai con il pollice le incisioni del banco color nocciola ,fatte chissà quando e chissà da chi, mi girai verso la finestra evitando volontariamente il suo sguardo, lui sbuffò divertito e si sedette nel posto di fianco al mio "è ostinato l'idiota eh" pensai senza voltarmi, "Leo, bel nome, è abbreviativo di..?" si sporse leggermente verso di me, potei sentire il suo sguardo penetrante attraversarmi il corpo e passare oltre,un brivido mi scosse la spina dorsale, scrollai le spalle per levarmi di dosso quella brutta sensazione, strizzai forte gli occhi e digrignai i denti, quel tipo mi faceva imbestialire, perché non si levava dalle scatole come tutti gli altri "solo Leo" sbottai, lui sorrise un poco rattristato. "Ti dò proprio fastidio eh" sospirò, aprii gli occhi sorpresa, non mi aspettavo lo dicesse apertamente. Stava guardando fuori dalla finestra, il suo sguardo era vuoto ed incolore, "beh mi spiace per te " scrollò le spalle, " ma ormai ho deciso che sei simpatica, quindi voglio conoscerti" e sorrise. Mi girai un po' confusa " scusa perché dovrei essere simpatica?" , lui aggrottò le sopracciglia "beh perché l'ho deciso io", mi scappò un sorriso "tu sei tutto scemo", "forse questo tizio non è così male in fondo" pensai. "Salve ragazzi" una fastidiosa voce nasale mi giunse alle orecchie. L'insegnante di lingue entrò in classe ciabattando, era un uomo alto e secco, piuttosto anziano dalla pelle cadente e gli occhi spenti, sembrava perennemente in punto di morte, portava un disgustoso maglioncino color salmone slavato e dei pantaloni di velluto prugna… diciamo che non era il ritratto della simpatia. Per qualche strana ragione ignota a noi poveri mortali, inoltre, mi odiava. Un odio che solo un professore può provare nei confronti di una sedicenne sfrontata. "E.. quello ..?" Michael sembrava scioccato dall'aspetto poco rassicurante dell' insegnante. Sbuffai divertita gustandomi la sua espressione, "diciamo che è l'uomo della mia vita" sogghignai, lo odiavo a morte quel vecchiaccio. Alcune delle mie compagnie si lasciarono andare a gridolini di felicità, salutando il professore con baci e abbracci "pff lecchine" brontolai, " che ti ha fatto di tanto tremendo ? " Michael sembrava incuriosito dalla mia reazione disgustata " è un pedofilo, ecco che mi ha fatto, dà i voti in base alla taglia di seno, mi fa imbestialire "dissi con una smorfia in volto, Michael si mise a ridere di gusto "quindi immagino che fornita come sei tu prenda sempre 2" sfoderò il sorriso più idiota che io avessi mai visto, "ma sai che hai proprio una bella faccia da sberle" ringhiai assestandogli un cazzotto sulla spalla. il ragazzo dai capelli blu fece un mezzo sorriso stringendo il braccio dolorante "sei violenta uffa" si lamentò divertito, "te la sei cercata" dissi stizzita, Michael continuava a sogghignare, "ti va se ti faccio vedere una cosa divertente?" mi girai incuriosita facendo un cenno di approvazione con la testa. "Allora" iniziò "prendi una penna, una di quelle che vanno con il pulsante a scatto", frugai nell'astuccio e tirai fuori una penna rossa con quei requisiti, "bene ora metti la punta della penna davanti ad uno dei tuoi occhi e fissa il professore" lo feci, " quale sarebbe la parte divertente scusa?" ero perplessa, stavo facendo una cosa stupidissima mettendomi in ridicolo solo perché quell'idiota me l'aveva chiesto, "clicca il pulsante", pigiai il lato tondo della penna e il minuscolo meccanismo al suo interno fece scattare la punta a sfera che andò a trafiggere la testa del vecchiaccio, o almeno così sembrava dal mio punto di vista, era un'illusione ottica "tse" sorrisi, "che cosa scema" pensai. "Signorina Hemmings, lei come ha passato l'estate? Anzi non me lo dica, immagino sprecando tempo come al solito" il vecchiaccio roteò teatralmente gli occhi al cielo per poi fissarmi beffardo, "stronzo" ,pensai, mi dipinsi un ghigno tremendo in viso " Salve anche a lei prof, non ha ancora tirato le cuoia?". "Ed è così che sono finita qui da lei", il preside mi guardava rassegnato.

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Capitolo 4
*** Presidenza ***


Phil Carter era il preside del mio liceo, un signore sui trenta piuttosto basso con i capelli neri, lucidi di brillantina, ed un gran sorriso, sembrava essere uscito da una boy band anni settanta. Ormai eravamo diventati conoscenti data la mia spiccata passione per far casini, era un tipo a posto, niente da ridire. "Hemmings cosa devo fare con te?" i suoi occhi color nocciola vagavano fra il disperato e il divertito, " se te ne esci con queste stupidaggini ogni volta che hai lingue finirai per farti bocciare ", "non sono stupidaggini, ero seriamente preoccupata per la salute del mio insegnante preferito" dissi sarcastica mentre osservavo interessata un neo sul mio braccio sinistro , Carter mi guardò in modo più serio "ragazzina non sto scherzando, rischi l'anno se continui così" roteai gli occhi al cielo per poi piantarli nei suoi "d'accordo eviterò di andare contro al vecchiaccio" lui sorrise "e non chiamarlo più così, puoi tornare in aula adesso", mi alzai dalla sedia e aprii la porta "forse.." sussurrai di modo che fossi l'unica a percepirlo. La campanella risuonò in tutta la scuola, "stupido marchingegno spaccatimpani", il corridoio si riempì di studenti "di nuovo" dissi frustrata, odio i luoghi affollati, odio le folle, odio le persone e tutto ciò che la loro presenza comporta."Hey dolcezza" una voce familiare mi giunse alle orecchie, mi girai " senti Michael se davvero vuoi conoscermi non chiamarmi mai più dolcezza, potrei staccarti la faccia" dissi con il tono più mieloso che riuscii a trovare, il ragazzo dai capelli blu si mise a ridere " e che hai sempre da ridere?" roteai gli occhi al cielo e mi voltai continuando a camminare verso la mia aula, " no scusa, è che la visione di te che mi stacchi la faccia deve essere comica" e continuò a ridere, " perché?" dissi iniziando a trovare quella risata continua molto irritante "beh perché sei alta un metro e tre biscotti, tappetta" disse formando un cuore con le mani e storpiando il suo viso in un broncio tenero, "brutto pezzo di merda" gli tirai un montante dritto nello stomaco, per mezzo secondo sembrò smetterla di fare il cretino poi ricominciò a ridere tenendosi le mani sul ventre per il male. "Ti diverti a prenderle per caso? " dissi stizzita, "No, mi diverto a farti incazzare però" sorrise ancora piegato in due. "Tutto bene comunque?" disse preoccupato per il mio colloquio con il preside "si si, io e quell'uomo siamo soci, lo vedo talmente tante volte che ormai nel suo ufficio c'è una sedia con scritto Hemmings"sorrisi,"ed io? Mi sono persa qualcosa?" lui si raddrizzò un poco, i suoi occhi vagarono verso l'angolo sinistro nell'atto di pensare "evidentemente sto sottoponendo il suo cervello da primate ad uno sforzo eccessivo "pensai, "beh niente di che in effetti" rispose in fine "solo la mia presentazione da rubacuori " sorrise ammiccando, scoppiai a ridere. "Beh che c'è? Mi guardavano tutte con la bava alla bocca" disse fingendosi offeso, " senti coso sarai anche grande e grosso ma non farai sbavare nessuna con quella faccia a patata che ti ritrovi" dissi mentre con le mani gli tiravo le guanciotte "quanto puoi essere stronza da uno a stronza?" disse fra l'incazzato e il divertito "ma se sono adorabile " dissi sbattendo le ciglia, lui scoppiò a ridere e mi stropicciò i capelli con le mani "scema".

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Capitolo 5
*** eyes ***


Le cinque ore seguenti passarono piuttosto in fretta, tra nuovi professori e vecchie conoscenze io e Michael continuammo a parlare, scoprii così che era australiano e che si era trasferito da poco in America, suo padre aveva trovato lavoro in questa cittadina e così eccolo diventato il mio nuovo compagno di banco, era buffo da pensare, non avevo un compagno di banco dalla seconda elementare. Al termine delle lezioni attesi che tutti uscissero dall'aula, raccolsi la mia roba, feci un paio di passi incerti ragionando se fosse o meno un buona idea il fatto che quel ragazzo si fosse così tanto interessato a me, la cosa mi turbava, mi confondeva e più di tutto mi spaventava. mi sedetti su un banco e respirai lentamente, raggi di sole filtravano dai finestroni della scuola e illuminavano l'intero ambiente di un arancione sbiadito, rendeva tutto ovattato, distante, "sembra la scena iniziale di un film melenso" sospirai e chiusi gli occhi per un istante, godendomi il silenzio assoluto della scuola spopolata dalle sue bestie, "signorina deve lasciare l'edificio o rimarrà chiusa qui dentro" la voce del ragazzo con gli occhi di mare mi fece sobbalzare, mi girai ancora un poco intontita "si si arrivo.." Michael nel mentre si era avvicinato, mise le mani ai lati dei miei fianchi sul banco dove ero seduta, frapponendo i suoi occhi ai miei, mi fissava intensamente, mi sentii scoperta e impaurita distolsi lo sguardo, i suoi occhi mi facevano tremare, "hai gli occhi verde scuro con una punta di arancio attorno all'iride " disse "non l'avevo notato, sono molto belli" mi voltai a guardarlo, ma non riuscii a fissare i miei occhi nei suoi, così mi limitai ad osservare il piercing nero che brillava sul suo sopracciglio, "sono cangianti, probabilmente non l'avevi notato perché questo pomeriggio erano castani" mi guardò incuriosito "forte, sei tutta strana, mi piace" fece uno dei suoi sorrisi brillanti, io in risposta gli mostrai la lingua appoggiai una mano sulla sua faccia e spingendolo via recuperai il mio spazio vitale , "forza Clifford o qui rimaniamo chiusi davvero" lui annui e insieme ci avviammo all'uscita.

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Capitolo 6
*** tremiti ***


Usciti da scuola, la brezza leggera scompigliava in continuazione i capelli di Michael, era buffo mentre cercava di aggiustarsi quel ciuffo ridicolo, lo fissai divertita, continuava a strizzare gli occhi chiari ,era evidente che il sole lo infastidiva, "un ragazzo australiano con la pelle color latte che odia il sole, ma chi mi è capitato?" pensai sorridendo , lui roteò gli occhi dalla mia parte, "che hai da ridere da sola ?" , "nulla, sei tutto strano, mi piace " sorrisi, lui mi fissò sorpreso per poi rigirarsi soddisfatto in cerca delle chiavi nello zaino nero. mi soffermai su quest'ultimo, era carico di spille disegni assurdi e toppe di band dai nomi incomprensibili, una spiccava fra tutte " ti piacciono i Green Day Mikey?" lui si girò quasi imbarazzato "eh..? ah si" , ci fu un attimo di silenzio in cui l'unico rumore percepibile era quello delle chiavi pigiate nella serratura ,"canzone preferita ? " lo incalzai, questa volta si fermò un attimo a pensare "basket case credo"rimasi sorpresa, era una scelta piuttosto particolare, " perchè? ", lui non rispose subito, le sue mani tremarono quasi impercettibilmente " non c'è un motivo " il suo tono era pesante, quasi graffiante, era molto diverso dalla sua solita voce, allegra e un po' stupida. Roteai gli occhi al cielo "Clifford che fa il misterioso "lo presi i giro, non disse una parola ,continuava a darmi le spalle. Decisi di cambiare argomento " suoni qualche strumento?" mi spostai di modo da vederlo in viso, " si, chitarra elettrica, tu? " ci pensai un attimo " chitarra acustica, basso, sassofono, pianoforte e.. ah si ukulele " mi fissò sorpreso " esagerata, puoi formare una band da sola cazzo" scoppiai a ridere. Si infilò il casco per poi estrarne uno dal baule della moto e offrirmelo " vuoi un passaggio dolcezza? " ammiccò, accettai accennando un grazie, sfilai gli occhiali tirandomi i capelli, misi il casco e montai sulla moto dietro di lui. Innescò il motore, " mi raccomando stai attento, non voglio passare a miglior vita perchè un puffo con i jeans da donna ha deciso di sfracellarsi contro un auto " lui ridacchiò "aggrappati bene fifona" avvolsi il suo torace con le mie braccia "certo che sei proprio piatta"sbuffò deluso, strinsi la presa soffocandolo " come prego? " dissi mielosa, Michael tossì "no nulla, ho detto che sei strafiga "strinsi ancora di più facendolo annaspare " potresti ripetere, non ho capito bene" cinguettai con un tono di voce da far venire il diabete, "L-leo mi stai uccidendo" allentai la presa, "prova a ripeterlo e ti ammazzo sul serio" ringhiai, lui ridacchiò, fece manovra e finalmente partimmo.

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Capitolo 7
*** Dolcezza ***


La corrente ghiacciata mi pungeva le guance facendole arrossare, gli occhi lacrimavano colpiti dal vento e mi fischiavano le orecchie, mi attaccai ancora di più a Mike cercando di proteggermi il viso. Che situazione irritante, perché ho accettato di appiccicarmi a questo marshmallow montato? Potevo andare a piedi. Arrivati alla via in cui avevo perso l’autobus la mattina stessa decelerammo piano fino a fermarci, il motore produceva dei rumori sommessi, come quelli di una grande bestia addormentata. Il sole scaldava nuovamente la mia pelle e sentii il sangue sciogliersi e riprendere a scorrere nel mio corpo, “ok, da che parte è casa tua ?” chiese capelli blu, lo guardai storto “lascia stare, vado a piedi” saltai giù dalla moto e mi tolsi il casco, i capelli mi si erano appiattiti sulla fronte, scrollai la testa con violenza fino a riportarli al loro caos originale, lui sgranò un poco gli occhi, “ho detto qualcosa di male?” sembrava sconsolato ma non volevo sapesse dove abitavo, mai che gli venisse la malsana idea di chiamarmi sotto casa. Mi sforzai di sorridere almeno un po’ “no..no tranquillo, ho delle commissioni da fare prima di andare a casa” ed in effetti dovevo ancora comprare da mangiare, non sembrò esserne troppo convinto, “davvero” dissi sorridendo in maniera più convincente, “Leo, se non mi vuoi fra i piedi dillo e basta, è inutile che ti sforzi di tirare gli angoli della bocca all’insù, non equivale a sorridere” lo guardai storto e tornai impassibile come al solito, lui sorrise “ora va meglio” girò le chiavi nel cruscotto e alzò la mano in segno di saluto prima di allontanarsi. Lo guardai finchè non scomparì fra i cunicoli delle case, mi voltai un po’ intontita, la mente che ancora visualizzava il suo sorriso esageratamente dolce, arrossii per poi scuotere la testa, “bleah..” mormorai, possibile che mi lascio fregare così da un puffo cresciuto. Voltai gli occhi in cerca del market più vicino, ne notai uno vicino alla stazione degli autobus, raccolsi lo zaino che avevo lasciato cadere saltando giù dalla moto e mi diressi verso il piccolo edificio arancione sbiadito incastrato fra un parcheggio e le case civili. Quando entrai la porta produsse un fastidioso scampanellio e subito la commessa del negozio si girò sorridente nella mia direzione, era una ragazza alta con i capelli rossicci legati in una coda troppo perfetta, non era particolarmente bella in viso ma aveva un fisico slanciato ed un aria benevola, “buona sera” disse tutta allegra, la fissai vitrea per qualche secondo ma lei non distolse lo sguardo, anzi si avvicinò mentre continuava a sorridermi , alzai gli occhi al cielo scazzata “salve” dissi secca, “posso aiutarla?”domandò gentilmente, nemmeno il mio tono di voce sembrava averle fatto capire di spiccicarsi di dosso e lasciarmi in pace “no grazie” dissi irritata, mi infilai in fretta fra gli scaffali alla ricerca di cibo economico, quella ragazza mi innervosiva era troppo dolce, troppo simile a lui. Le mie mani afferrarono automaticamente qualche barattolo di robaccia sottovuoto ed un pacchetto di patatine, non sapevo cucinare e non avevo orari fissi per i pasti, semplicemente quando avevo fame ingurgitavo cose a caso finche non mi sentivo sazia. Andai alla cassa, fortunatamente il market era semivuoto e non c’era fila così feci in fretta, mi mette ansia stare in piedi davanti agli altri, passai in fretta la spesa alla ragazza, “Susan” lessi mentalmente la targhetta attaccata alla divisa gialla, ha un bel nome però, “ecco a lei sono 7, 80$ ” le porsi i soldi mentre recuperavo la borsa di plastica, “grazie mille e arrivederci” mi fece un sorriso davvero dolce, scossi appena la testa in segno di saluto e uscii.

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Capitolo 8
*** HOLA ***


ehh allora questo non è un nuovo capitolo, volevo solo dirvi che se vi interessa ho continuato\modificato la storia su wattpad, questo è il link https://www.wattpad.com/story/74440267-peluche_michael-clifford ciau popolo <3

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