Magie e follie a Gotham City

di Enigmista12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scontro mortale ***
Capitolo 3: *** Una stranezza...tira l'altra ***
Capitolo 4: *** Il racconto di Laurie ***
Capitolo 5: *** Conigli e coltelli ***
Capitolo 6: *** Scontri e incontri ***
Capitolo 7: *** Botta... ***
Capitolo 8: *** ...E risposta ***
Capitolo 9: *** Fino all'ultimo incantesimo ***
Capitolo 10: *** Epilogo: La storia finisce (o forse no?) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


“Non si può andare avanti così!” Sbottò Fish Mooney. Falcone e Maroni annuirono, perfettamente d'accordo. Era una fredda mattinata a Gotham... come sempre. I tre mafiosi si trovavano a discutere nel locale della donna, Mooney. Davanti a loro stava una copia del giornale Gotham Gazette. Da qualche tempo in città avvenivano stranissimi fenomeni: la sera, in cielo, brillavano luci di tutti i colori come fuochi d'artificio, ma nessuno in città ne faceva uso. Alcune persone, vedevano saettare figure nel buio della notte, e temevano potesse trattarsi di qualche nuovo criminale stravagante che entrasse furtivo nelle case, anche se non c'erano segnalazioni di furto; in fondo, a Gotham City, tutto è possibile per il crimine. Questi fatti non avevano interessato granché i due mafiosi più potenti della città, don Carmine Falcone e don Salvatore, “Sal” Maroni. Tuttavia, negli ultimi giorni, erano stati recati danni anche molti edifici, tra cui alcuni di loro proprietà. Da cosa, era ancora da specificare: i muri si abbattevano come colpiti da una strana forza, ma non si capiva quale forza. Per questo si erano riuniti a discutere, nel locale del braccio destro di Falcone, la sensuale e spietata Fish Mooney. La sera prima un altro edificio, che da qualche giorno si stavano contendendo i due boss criminali, era stato danneggiato irreparabilmente.

“Secondo me” disse Maroni. “C'è di mezzo un complotto. Qualche settimana fa non è venuto qui in città quel nuovo mafioso... come si chiamava? “Z” qualcosa...”

“Zucco. Tony Zucco” spiegò Falcone. “Ma è troppo giovane e decisamente innocuo per fare danni di questo tipo.”

Mooney si era seduta e scrutava il giornale sul tavolo come se sperasse ne saltasse fuori qualche indizio.

“Se posso permettermi” disse a quel punto Frankie Carbone, l'uomo d'onore e migliore amico di Maroni. “Potremmo andare a vedere personalmente i danni recati all'edificio; magari scopriremo qualcosa di più che stare qui a consultare un giornale”.

“E' giusto” approvò Falcone. “E poi non è detto che sia una cospirazione contro di noi: potrebbe essere qualche nuovo criminale da strapazzo con la passione dei fuochi d'artificio esplosivi”.

Tuttavia, di nascosto agli altri, tutti e tre i mafiosi pensavano la stessa cosa: perché allora non avevano assaltato delle banche o posti con qualcosa di valore, piuttosto che vecchi edifici alla rinfusa? Tuttavia, il gruppo decise di uscire a controllare personalmente; per non dare troppo nell'occhio, decisero di potarsi dietro solo i loro uomini più fidati e pericolosi: sarebbero venuti anche Carbone, Butch Gilzean, il tirapiedi più fidato di Fish, e Victor Zsasz, selvaggio e folle sicario di Falcone.

Mentre uscì dal club, Mooney notò una figura insolita appoggiata al muro scrostato dell'edificio proprio accanto al suo elegante club: era una bambinetta di circa dieci anni, anche se, da com'era abbigliata, sembrava decisamente un maschio; portava pantaloni blu piuttosto larghi, scarpe grigie, una felpa azzurra e, calcato in testa, un berretto del medesimo colore, girato con la visiera sulla nuca. I capelli erano così corti che non si vedevano spuntare dal cappello. Quest'ultimo era adornato con un oggettino a dir poco bizzarro: una specie di nave in miniatura, con due occhi di un azzurro splendente grossi poco meno di un pugno; aveva anche due braccine che gli penzolavano ai fianchi. Sembrava uno di quei giocattoli di plastica da quattro soldi che si vedono in certe macchinette per bambini piuttosto che un gadget per il proprio cappello. Accanto alla ragazzina, per chiudere in bellezza, c'era un grosso cane, il cui muso sembrava quello di un mastino, con il pelo castano e cortissimo, occhi blu e un naso e orecchie neri. Inoltre l'animale aveva una curiosa macchia bianca sul muso che sembrava un'impronta di farina. L'insolita figura, insieme al suo strano compagno, sembrava scrutare proprio il club di Fish; quando quest'ultima ne uscì e la notò, non poté fare a meno di lanciarle un'occhiata incuriosita, che la ragazzina ricambiò con una inespressiva. In quel momento dal club ne uscirono anche Maroni, Falcone, Butch, Carbone e Zsasz, i quali, accorgendosi di ciò che Mooney stava guardando, si misero anch'essi a osservarla.

“Ragazzina, questo non è un posto dove stare. Va' da un'altra parte” disse alla fine Falcone.

La bambina non replicò. Si sistemò sulle spalle uno zainetto blu che prima non aveva notato nessuno, e fece un cenno al cagnone. Rivolse un'ultima, strana occhiata agli uomini in piedi davanti al club, e si allontanò, per poi sparire in un vicolo più avanti. Scrollando le spalle, i mafiosi e i loro scagnozzi si infilarono nelle loro macchine parcheggiate proprio di fronte all'edificio in cui si trovavano, e partirono sgommando. Nel frattempo la bambina si era rintanata nel vicolo cieco che aveva imboccato; si tolse lo zaino dalle spalle e lo appoggiò su un cassonetto dell'immondizia chiuso, per poi sedersi accanto, mentre il cane si accucciò a terra. Dopo un minuto di silenzio, l'animale emise un latrato. La ragazzina sospirò e gli disse, come se stesse conversando normalmente con qualcuno:

“Sì Steven, lo so che non abbiamo più molto tempo.”

A quel punto accadde l'impossibile: la nave in miniatura, che la ragazzina aveva sulla testa, si mosse, sbatté gli occhioni e, aprendo una bocca minuscola, sbottò:

“Molto tempo? Laurie, guarda che siamo a corto di tempo! Ma, anche se avessimo una Gira Tempo, non ce la faremmo mai! Quella brutta grassona è molto più forte di noi, causiamo solo danni alla città e insospettiamo i Babbani...”

“Lei” puntualizzò una terza voce saccente e sibilante che sembrava provenire dallo zainetto di blu lì appoggiato “Causssa danni alla città e insssossspettisce i Babbani! Noi due mica facciamo incantesimi!”.

“Titanic, Skales ha ragione” Ammise la bambina di nome Laurie.

La nave di nome Titanic alzò al cielo gli occhioni celesti.

“Abbiamo già ricevuto due lettere dal Ministero della magia di Londra. Londra! E siamo in America! Anche qui i maghi si lamentano, vogliono che ce ne torniamo in Europa, causiamo solo guai... e tutto per un vecchio e cencioso libro! Cioè, perché proprio noi? Harry non poteva affidare l'incarico a qualcun altro?”.

Laurie alzò le spalle.

“Si fida di noi. Ora, vediamo di fare qualcosa: Harry e i suoi amici verranno qui il prima possibile. Ho mandato loro un messaggio. Nel frattempo dobbiamo cercare di trovare quella schifosa figlia di voi-sapete-cosa, e riprenderci il libro. Non possiamo permetterci di dire a Harry che lo abbiamo perso”.

“Ssse per quessto” sibilò la voce di nome Skales dallo zainetto. “Neanche di dissstruggere Gotham”.

Laurie alzò gli occhi al cielo e abbozzò un sorriso.

“Vero. In fondo, a me piace qui!”.

“C'è più movimento qui che a Ninjago” borbottò Skales, facendo trapelare un pizzico di divertimento nella voce.

“Almeno qui non è bagnato” disse invece Titanic, più a se stesso che agli altri.

Il cane di nome Steven invece abbaiò. Laurie sorrise e le fece una carezza sulla testa.

“Steven, davvero per te va bene dovunque basta che ci siamo noi?” Chiese, e gli dette un croccantino, che il cagnone mangiò tutto soddisfatto.

Subito dopo Laurie si alzò e si mise lo zaino blu sulle spalle. Steven si mise anche lui in piedi, sbadigliando e Titanic tornò a irrigidirsi come uno strano giocattolo, sulla testa di Laurie. Poi la bambina, fianco a fianco dell'animale, si avviò al di fuori del vicolo, per poi perdersi fra le strade.

 

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Capitolo 2
*** Scontro mortale ***


“Questo...esalta le mie competenze!” Osservò Bullock sorseggiandosi il suo caffè. Lui e Gordon erano stati scelti per indagare sul caso del “muro sfondato” come lo chiamavano ironicamente alcuni poliziotti. Dapprima i due partner non avevano capito il motivo, ma ora che erano lì davanti non sapevano come altro definirlo: nel grosso edificio che si stagliava di fronte a loro c'era un buco enorme, come se avessero usato della dinamite. Però non c'erano segni di bruciature; sembrava che una mano gigantesca si fosse abbattuta sopra, sfondandolo. Era un palazzo disabitato, ma aveva importanza storica: nulla era stato trafugato, ma allora perché distruggere letteralmente quel muro? Da quando lo aveva visto Gordon si tormentava. Bullock stava per aggiungere qualche commento sarcastico quando arrivarono tre grosse limousine, dal quale scesero Falcone, Maroni e Mooney, ciascuno con il suo scagnozzo a seguirlo.

“Salve signori” salutò Falcone. Molti poliziotti salutarono frettolosamente e se ne andarono più disinvolti possibili; rimasero solo Gordon e Bullock (anche se quest'ultimo era stato trattenuto dallo stesso Gordon).

“Buongiorno signori. A cosa dobbiamo questa visita?” chiese educatamente Jim.

“Voci...” disse Mooney. “Ci siamo incuriositi a voler vedere questo “Buco nel muro”, niente di che.”

Bullock le rivolse un sorrisetto.

“Non c'è molto da vedere, Fish. Non abbiamo trovato neanche un indizio”.

Aveva appena finito di parlare che una voce eccitata si alzò.

“Detective! Ho trovato un indizio!” A parlare era stato Edward Nygma, l'eccentrico medico forense. Quando uscì dall'edificio passando attraverso il buco, rimase sorpreso a non trovare quasi più nessun poliziotto. Poi si accorse dei mafiosi.

“Oh! Buongiorno! Scusate, non vi ho sentito arrivare...”

“Cos'hai trovato, Ed?” Lo interruppe Bullock. Edward si avvicinò e mostrò lui un oggetto: sembrava un fiocchetto nero.

“A meno che il criminale che stiamo cercando non sia una bimbetta di cinque anni, dubito che possa minimamente aiutarci questo gingillo, Ed!” Sbottò Bullock.

Gordon gli fece segno di calmarsi, poi si rivolse a Nygma:

“Dove l'hai trovato?”

“Là. Insieme all'ammaccatura”. Disse Edward. Quando si accorse delle facce perplesse dei presenti si affrettò a dire:

“Ah, non sapevate? All'interno dell'edificio, nella parete proprio di fronte al buco, c'è una specie di ammaccatura, come se qualcosa ci fosse finito contro. Venite a vedere”.

Detto questo fece loro un cenno, e si fece seguire nell'edificio.

“Quindi... questo edificio sarebbe entrato in mano a qualcuno di voi?” Chiese nel frattempo Gordon a Falcone e Maroni. Questi annuirono.

“Ci stavamo ben mettendo d'accordo. Ma poi qualcuno l'ha praticamente rovinato. Ristrutturarlo costerà un occhio della testa” disse Maroni. Poi aggiunse, rivolto a Falcone:

“A proposito, su quell'edificio abbandonato sul porto... ho mandato un mio uomo a controllare che fosse proprio disabitato. Così poi vedrò bene cosa farmene di quella catapecchia che mi hai affibbiato!” Detto questo ridacchiò.

“Quale uomo?” Chiese Falcone.

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Oswald Cobblepot, detto Pinguino, scrutava l'edificio con i suoi grandi e pungenti occhi verde chiaro. Maroni lo aveva mandato appositamente a controllare che fosse completamente vuoto, prima di farlo sistemare: di solito, in posti come quelli, ci si nascondevano senzatetto o barboni; le porte venivano sempre chiuse a chiave, ma qualche tempo prima si erano accorti di un vetro rotto in una finestra. Accompagnato da due scagnozzi con pistole ben pronte nella cintura, il giovane si addentrò al primo piano. Quello sembrava a posto. Passò al secondo. E il terzo. E il quarto...

Mano mano che si avviava al sesto piano, l'ultimo, Oswald notò che i suoi uomini si facevano sempre più nervosi. Alla fine, irritato, si fermò in mezzo alle scale, girò e chiese:

“Posso sapere, signori, perché siete così agitati?”

“Nulla capo. E' solo che... girano delle voci: ieri sera si sono viste due di quelle figure volanti entrare qui, all'ultimo piano. E quindi...”

Oswald roteò gli occhi al cielo.

“Dio mio! Di cosa avete paura? Dei fantasmi? Siamo anche in pieno giorno!

Muovetevi, diamo solo un'occhiata e poi torniamo!”

Riprese a salire, zoppicando, le scale. Di tanto in tanto, avvertiva però una strana sensazione, come di essere osservato e seguito. Ma ogni volta si diceva che doveva essere frutto della sua immaginazione. Arrivò all'ultima porta, ruotò la maniglia e la spalancò, seguito dai suoi uomini. Si trovarono in una stanza quadrata e spoglia. In un paio degli angoli polverosi stavano ammucchiate alcuna casse di legno. Una finestra era rotta e schegge di vetro erano sparpagliate per tutto il pavimento. C'erano altre porte che conducevano in altre stanze, una per ogni parete. Oswald pensò di darci un'occhiata, ma mentre si avvicinava a quella che stava di fronte a loro, la sua attenzione fu attirata da qualcosa: seminascosto da un velo di alcune tende lì accanto, stava a terra un libro. Zoppicando gli si avvicinò e lo raccolse, esaminandolo con attenzione. Era un volume molto vecchio, quasi cencioso. Sopra si leggeva ancora il titolo: Pozioni Avanzate. Senza capire di cosa si trattasse, Oswald lo aprì. Era rovinatissimo: il proprietario ci aveva scarabocchiato così tanto i margini che era difficile riuscire a leggere qualcosa dai testi veri e propri. I due scagnozzi lo scrutavano perplessi. Nonostante non disdegnasse proprio i libri, Oswald non era un grande lettore. Eppure quel libro lo attirava in una strana maniera. Lesse le frasi scritte a mano sui margini: c'erano strane parole come “Levicorpus” o giù di lì, senza senso. Da come era stato scritto, sembrava un vecchio libro di chimica per la scuola. Solo che non si menzionavano nemmeno materiali usati per la chimica: c'erano ragni, bezoar, corna di unicorno, e tutte robe del genere. Un vecchio libro di fiabe per bambini? Ma lì di fiabe non ce n'erano. Solo ingredienti e ricette per pozioni stravaganti. Oswald non riusciva stranamente a staccarne gli occhi. Anche i due uomini si erano avvicinati per dare un'occhiata. Erano così assorti che non realizzarono nemmeno quanto tempo passasse. Dopo qualche minuto che esaminavano lo strano libro, sussultarono nel sentire una voce sconosciuta:

“Hem hem!”.

Tutti e tre alzarono di scatto lo sguardo, i due scagnozzi estrassero prontamente la loro pistola. Ma poi si bloccarono: di fronte a loro era apparsa una donna alquanto insolita: la prima cosa che Oswald pensò fu che somigliava a un flaccido, tozzo rospo. Vestiva interamente di un abito rosa acceso, orribile per la sua età, e fra i capelli corti, ricci e color topo, portava un cerchietto dello stesso colore. Pareva apparsa dal nulla, e se ne stava in piedi in mezzo alla stanza con uno strano sorrisetto. A Oswald pareva familiare, e di colpo realizzò dove l'aveva già visto: era il suo sorriso, quando stava per prendersi una cosa, e quando era sicuro al cento per cento che l'avrebbe ottenuta. Quindi non prometteva nulla di buono.

“Signora questa è una proprietà privata. Lei non può stare qui.” Disse Oswald in tono fermo e chiudendo il libro con un colpo secco. La donna ridacchiò in una maniera chioccia.

“Oh, mi perdoni tanto signor... come si chiama?”

“Oswald Cobblepot”.

“Be', signor Cobblepot, sono molto dispiaciuta di ciò che ho fatto. Però dovevo assolutamente recuperare il mio libro” detto questo indicò con lo sguardo il grosso volume tenuto in mano da Oswald. Normalmente lui glielo avrebbe dato senza troppe cerimonie. Ma quella faccia... c'era qualcosa che non lo convinceva in quella donna, nonostante l'aspetto affabile. E quel libro aveva un che di strano anche lui. Meglio non rischiare.

“Scusi, ma non sono sicuro che questo libro sia suo, signora” disse con fermezza.

“Pertanto, di chi è veramente questo libro?”. La donna sorrise amabilmente.

“Gliel'ho detto: è mio, appartiene alla mia famiglia da generazioni.”

“Curioso... che ci faceva questo suo libro in un questo edificio?”

“Ci sto vivendo qui, per adesso”.

“Questa è proprietà privata, signora, lei non può stare qui” ripeté Oswald ancora sospettoso. “E poi la chiave per entrare ce l'abbiamo solo noi; ha rotto una finestra per caso?”

La donna sembrava si stesse spazientendo: non sorrideva più.

“Allora, potrei riavere il mio libro signor Cobblepot? Lei non ha alcun diritto di tenerlo.” Oswald represse una risata.

“Mi perdoni, signora, ma lei lo sa che lavoro per Salvatore Maroni? Sa chi è don Maroni, vero?”

“Ne ho sentito parlare. Mi sono appena trasferita a Gotham”. Rispose la signora. Tese la mano come per prendere il libro, ma Oswald non glielo dette.

“Devo avere prove che sia suo e della sua famiglia, signora. E poi che razza di libro è?!”

Questa volta la donna non rispose: mise una mano in una tasca, e i due scagnozzi tirarono la sicura delle rispettive pistole pronti a far fuoco; ma la signora tirò semplicemente fuori un corto bastoncino. Gli uomini abbassarono le armi, mentre la donna puntava lentamente il legno verso di loro.

“Il libro signor Cobbelpot...adesso.”

“Altrimenti? Mi infilza?” La prese in giro Oswald, e i due uomini ridacchiarono.

Ma per poco: la donna disse delle parole che non riuscirono a comprendere. Si alzò un lampo di luce verde... e gli scagnozzi caddero a terra. Oswald si girò a guardarli senza capire, si chinò e li colpì senza ottenere alcun risultato: erano morti. Molto lentamente, il ragazzo alzò la testa verso la donna che ora puntava il bastoncino su di lui. Ma non lo guardava: borbottava tra se' e se' qualcosa su “Il Ministero non lo saprà mai” e “Questa feccia di Babbani se lo meritano” e “Basta far sparire i corpi come sempre, e andrà tutto a posto”. Oswald si rialzò e infilò la mano in tasca per pi estrarre il cellulare: non aveva armi, era la sua unica possibilità. Ma aveva appena iniziato a comporre un numero, che la donna rialzò improvvisamente la testa ed esclamò:

“Accio telefono!”

Il telefono di Oswald volò letteralmente via dalla sua mano per finire in quella della donna che buttò a terra e calpestò fino a distruggerlo. Oswald non sapeva cosa dire, fare o pensare. Per la prima volta non sapeva come cavarsi fuori da quella situazione. Il cervello gli si era come spento, non riusciva a pensare o fare nulla. Le gambe presero a tremargli. La donna lo fissò gelidamente.

“Suppongo... che adesso dovresti darmi quel libro. Avanti dammelo ragazzo, e ti farò andare via illeso.” Oswald fu tentato di darglielo, ma si bloccò: dal tono capì che la donna, indipendentemente da cosa avrebbe fatto, non l'avrebbe mai lasciato vivo. E allora non sarebbe morto come un debole, dandogli quello che voleva.

“No” sbottò così. “Non le darò questo libro. E segnati le mie parole: la pagherà cara per questo affronto. La pagherà cara!”

La donna sorrise diabolicamente. Poi levò in aria il suo bastoncino, puntandomela contro. Oswald si preparò, tremando, al lampo verde e alla morte. Ma invece, quando abbassò il legno, la donna pronunciò un'unica parola:

“Crucio!”

L'effetto che ne seguì fu atroce: Oswald di colpo sentì un dolore tremendo colpirlo in ogni parte del corpo, un dolore così atroce che non ne aveva mai provato in tutta la sua vita. La vista gli si annebbiò, cadde a terra e urlò, urlò come non aveva mai urlato prima. Si strinse il corpo con le braccia senza smettere di gridare. Forse ad un tratto supplicò di ucciderlo e farla finita, ma la tortura non cessò. Il libro gli era sfuggito di mano, ma non riusciva neanche a vederlo, e non gliene importava nulla. Ad un tratto il dolore cessò di colpo come era venuto. Oswald si abbandonò a terra, respirando affannosamente per recuperare l'aria che aveva buttato fuori con le urla, e che non aveva ripreso. La donna fissò con interesse il proprio bastoncino, poi si avvicinò e raccolse il libro. Sfinito, Cobblepot allungò le braccia sul pavimento... e sentì qualcosa di freddo. Era una delle pistole dei suoi uomini. La donna nel frattempo aveva sollevato lo sguardo.

“Bene” disse. “Credo che non avrò più bisogno di lei. Avada Ke...”

Ma non terminò la frase, che Oswald, con lo scattò più veloce che gli riuscì, le sparò un proiettile che la colpì nella mano sinistra, che reggeva il libro. La donna, che non se lo aspettava, gridò, e buttò in aria il libro, per poi addossarsi al muro alle sue spalle con la mano che gli sanguinava. Oswald tentò di rimettersi in piedi e al contempo di uccidere la donna sparando due colpi, ma perse l'equilibrio e mancò il bersaglio. Riuscì a rialzarsi e afferrò il libro, per poi tentare di sparare un colpo definitivo, ma si accorse che aveva finito i proiettili. La donna a quel punto gli puntò nuovamente contro il legno e provò a colpirlo con qualche lampo luminoso; chissà come, Oswald li schivò e riuscì ad arrivare alla porta più vicina. Ruotò la maniglia e si chiuse nella stanza.

“Apra, signor Cobblepot!” Urlò la donna dall'altra parte con voce stridula.

“Apra o abbatterò la porta!” Seguì una strana esclamazione, seguita da una voce, una voce diversa... e subito dopo, nella stanza in cui si trovava ancora la donna sembrò accadere il finimondo: schiocchi, grida... sembrava che ci fosse un combattimento in corso. Oswald affannosamente si guardò intorno, nella speranza di fuggire, ma scoprì che non c'erano altre porte. Si avvicinò a una finestra e si affacciò, ma era tropo alto, anche cadendo in acqua ci avrebbe rimesso la pelle. Ad un tratto, appoggiato a una cassa lì accanto, vide una vecchia bottiglia scheggiata; gli venne un'illuminazione: poteva prenderla... e tentare di accoltellare la donna quando sarebbe entrata nella stanza. Se fosse stato abbastanza veloce...

Decise di provare, così si nascose il libro sotto la camicia, per poi avvicinarsi e afferrarla. Ma appena lo fece... provò una stranissima sensazione: fu come se un gancio invisibile lo afferrasse e trascinasse ruotando vorticosamente, finché... non cadde di schiena su un prato; per un attimo rimase a fissare il cielo bianco a bocca aperta, senza sapere cosa fosse successo. Poi, lentamente si rialzò. Decisamente, quella era la giornata più strana della sua vita. Si sistemò i vestiti, tirò fuori il libro e rivolse lo sguardo tutt'attorno; non molto distante c'era quella che riconobbe come la Villa Wayne. Bene, avrebbe chiesto un telefono e avrebbe chiamato immediatamente a don Maroni. Anche se sicuramente non gli avrebbe creduto. Ma non fece neanche un passo che una voce fin troppo familiare disse:

“Fermo dove sei”. Oswald alzò le braccia e si girò. La donna era in piedi, come sbucata dal nulla. Aveva i capelli in disordine, qualche graffio sul viso, e pareva molto arrabbiata. Brutto segno.

“Accio libro!” Esclamò. Oswald tentò di tenere il volume con tutte le sue forze, ma questo volò ugualmente in mano alla donna, che ora sorrideva trionfante.

“Finalmente... resta ancora lì caro. Sarò buona, condividerò questo divertimento con te” disse sorridendo in quella maniera sdolcinata. Poi aprì il libro e lo sfogliò. Pareva molto interessata. Ogni tanto agitava il bastoncino o borbottava qualche strana parola tra se' e se'. Oswald nel frattempo si guardava attorno cercando una possibile via di fuga. E di colpo si ricordò della sua tasca segreta. Qualche tempo prima si era fatto cucire all'interno della giacca una tasca nascosta che conteneva una minuscola ma letale pistola. Il problema ora era tirarla fuori senza farsi notare. Cercò di far scivolare la mano nel vestito nella maniera più neutrale possibile, come se dovesse prendere un fazzoletto. Ma poi...

“Bel tentativo Cobblepot” cinguettò la donna facendolo sobbalzare. Prima che il ragazzo potesse estrarre l'arma, lei roteò il bastoncino e, leggendo rapidamente qualcosa sul libro, esclamò, puntandoglielo al torace:

“Sectumsempra!”

**********************************************************

“Quello che dici non ha alcun senso!” Sbottò Bullock rivolto a Edward. Erano ancora davanti all'edificio bucato, ma la situazione per risolvere il mistero non si era mossa di un millimetro. Ad un tratto Edward aveva proposto che potesse essere stato qualcuno con una palla demolitrice, anche se, come stava facendo notare Bullock, una palla demolitrice che se ne va in giro per una città avrebbe attirato l'attenzione, anche se la città era Gotham. A un tratto a Gordon suonò il telefono. L'uomo controllò di chi era la chiamata.

“Ah” disse perplesso. “Alfred.” Rispose.

“Pronto? Ciao Alfred, cosa posso fare per te....che cosa hai detto??”.

Mentre parlava, Bullock finì di bere il caffè ormai freddo, Mooney, Falcone e Maroni, con Carbone, discussero a bassa voce su come sistemare la questione dell'edificio, mentre Butch e Zsasz contemplarono incuriositi Edward che continuava a scribacchiare punti interrogativi sul suo taccuino. Ad un tratto Gordon mise giù e si rivolse a Maroni e Carbone.

“Scusate, dove dovrebbe trovarsi Pinguino?”.

“Lui? Ah, doveva controllare che nell'edificio al porto est della città non ci fossero entrati barboni, sai che si intrufolano sempre dappertutto...”

“Forse è meglio che andiamo a fare una visitina a Villa Wayne” lo interruppe il poliziotto.

“Alfred e Bruce lo hanno trovato in giardino, ferito da un'arma da taglio”.

Pochi minuti dopo, il gruppo si trovava di fronte alla possente villa dei defunti coniugi Wayne, ora in possesso nel figlio tredicenne Bruce, accudito dal maggiordomo Alfred. Quest'ultimo, quando li ricevette, non sembrò molto contento di far entrare dei mafiosi, ma Gordon gli fece capire che era meglio non discutere. Era venuto anche Edward, per vedere se sarebbe riuscito a sistemare la ferita dal momento che non si poteva andare in un ospedale, essendo il ferito un lavoratore di un potente boss mafioso: andare là metteva troppe vite in pericolo. Oswald stava in una camera al piano di sopra, assistito da Bruce, in uno stato pietoso: aveva il petto squarciato da un'ampia ferita che sembrava, proprio come aveva detto Alfred, inflitta da un'arma da taglio molto grossa come una spada; neanche un coltello poteva causarne una simile.

“Ehy Pinguino ma che ti è successo?” chiese Maroni avvicinandosi al letto in cui si trovava il ragazzo. Oswald, in evidente stato di shock, mosse le labbra fino a riuscire a dire qualcosa:

“Era...una...una don...don...donna. Il li...libro, p...poi c'era quel...quel legno...faceva... faceva male, ahhh...” gemette portandosi una mano al torace. Bruce scosse la testa.

“Continua a parlare di una donna, un libro e un legno...ma non parla di armi da taglio.”

“Come lo avete trovato?” Chiese Bullock.

“Abbiamo sentito delle urla e uno sparo; quando sono andato a vedere l'ho trovato in questo stato e con un'arma di fuoco in mano; non c'era nessun altro. Allora ho chiamato Alfred che lo ha portato qui e ha telefonato al detective Gordon” snocciolò Bruce. Mooney e Carbone se ne stavano in disparte, e avevano una strana faccia, come se ce la stessero mettendo tutta per non sorridere. Falcone scuoteva la testa con aria grave.

“Perché lui? E' un avvertimento?” chiese a Maroni, il quale scrollò le spalle. Poi quest'ultimo si rivolse a Oswald:

“Pinguino, dovevi andare all'edificio del porto est, come mai invece ti trovavi qui?”

“La...la...donna...l'ho...in...incon...incontrata...lì” riuscì a dire Oswald.

“E ti ha portato qui lei?” Volle sapere Falcone. Oswald tentò di rispondere ma non gli venne fuori nulla. Aveva la faccia bianca come un panno appena lavato.

“Penso che basti. Il signor Cobblepot ha perso molto sangue, una quantità impressionante. Meglio non sforzarlo troppo per ora” interruppe Alfred.

“Ma chi può aver fatto una cosa simile?” Mormorò tra se' e se' Gordon, premendosi le tempie.

“Un ottimo carnefice” rispose Zsasz abbozzando un sorrisetto.

“Un malato di mente?” suggerì Edward.

“Un amante della tortura” osservò Butch.

“O forse” risuonò a quel punto una voce che nessuno riconobbe “Tutte e tre le cose?”

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Capitolo 3
*** Una stranezza...tira l'altra ***


Tutti sobbalzarono e si voltarono verso il punto da cui era provenuta la voce. Comodamente seduta sul cornicione della finestra lì accanto, stava una ragazzina di circa dieci anni, abbigliata come un maschio. Portava un berretto azzurro girato con la visiera all'indietro, e sopra aveva un buffo gingillo che rappresentava una nave in miniatura con occhi e braccia. Indossava una felpa turchina con la punta delle maniche rimboccate perché troppo grossa di alcune taglie. Anche i pantaloni parevano sformati e sulle spalle teneva uno zainetto blu. Li fissava in una maniera quasi beffarda.

“Chi sei? Come come hai fatto ad arrivare lì?” sbottò Bullock.

“Ehi, io la conosco: era la mocciosa che stava davanti al mio club! Lo immaginavo che aveva qualcosa che non andava! Ci spii per caso?” esclamò Mooney scrutandola minacciosa. La bambina ridacchiò.

“Eh, quante domande! Mi chiamo Laurie”.

“Che ci fai lì? Come hai fatto? Hai scalato la casa?” domandò Alfred arrabbiato anche lui.

“Perché hai detto quella cosa?” chiese invece Gordon.

“Perché io penso di sapere qualcosa che vi interessi” rispose Laurie.

“Andiamo, Jim! E' solo una ragazzina di strada che tenta di rendersi interessante! Ma hai visto com'è vestita?” disse Bullock all'amico. Anche i mafiosi la sembravano pensare allo stesso modo.

“Giusto. Stacci bene a sentire, se sei qui solo per burlarci di noi, ti consiglio di andartene via subito; non hai idea di chi siamo noi!” minacciò Maroni. Laurie lo guardò in modo innocente.

“Signor Maroni, so benissimo chi siete voi, in verità.” Lui sgranò gli occhi, ma a quel punto parlò Zsasz.

“Non è che siamo proprio nessuno a Gotham City. Poi se ci spiava fuori dal club, è ovvio che ci conosca.”

“Va' via ragazzina, che qui abbiamo da fare.” Disse a quel punto Falcone.

“Non vi interessa neanche sapere che potrei curare il signor Cobblepot?” Chiese a quel punto Laurie.

“Via subito da qui!!” Urlarono immediatamente Mooney e Carbone a una sola voce. La ragazzina alzò gli occhi al cielo.

“E, va bene, se la mettete così addio”. Detto questo gettò le gambe dall'altra parte della finestra, dove c'era il vuoto, e saltò giù.

“Ferma!!” Strillarono Gordon, Alfred e Bruce, mentre gli altri emisero un'esclamazione atterrita.

“Cosa?” Chiese Laurie, facendo spuntare la testa dall'altra parte della finestra. Tutti la fissarono a bocca aperta.

“Ma allora mi volete ascoltare, sì o no?!” Sbottò la ragazzina spazientita. Afferrò il cornicione e si issò su, saltando a piè pari sul lucido pavimento della casa. Poi si sporse fuori dalla finestra e tirò dentro qualcos'altro: il grosso cane con il pelo castano corto e gli occhi blu. Alfred lo guardò a metà tra lo sbalordito e malamente.

“Capisco le sue preoccupazioni Alfred, ma le assicuro che Steven è un cane buonissimo, non farà cadere neanche un pelo per terra” disse tranquillamente Laurie come se gli avesse letto nel pensiero. E, da come Alfred la fissò sbigottito, doveva essere proprio così.

“Come hai fatto a non cadere?” chiese Edward sorpreso.

“Il balcone al piano di sotto Ed, il balcone” Borbottò Bullock.

“Sì, ma come ha fatto a portare il cane...” fece per dire Edward, ma Bullock lo interruppe con un'occhiata. Mooney, Falcone e Maroni continuavano a fissare Laurie scettici, pensando, probabilmente che la risposta di Bullock era ragionevole.

“Ok, dacci una buona ragione per cui delle persone come noi dovremmo ascoltare una come te, con quella specie di orrido giocattolo in testa!” Disse beffarda Mooney. Non lo avesse mai detto! Appena terminò la frase, la nave che stava sulla testa di Laurie sbatté gli occhi e li fissò furente.

“Giocattolo? GIOCATTOLO?” Strillò con la sua acuta voce da bambino.

“Titanic...” iniziò Laurie, ma l'oggetto saltò giù dalla sua testa e si diresse, compiendo grandi balzi, verso i tre mafiosi, i quali lo fissavano esterrefatti.

“Chiariamo una cosa signori: voi potete essere benissimo i re del crimine di Gotham, per quel che mi riguarda potete anche essere i presidenti degli Stati Uniti, ma sappiate una cosa: NESSUNO può permettersi di chiamarmi giocattolo! E orrido, pure! Avete di fronte il lussuosissimo transatlantico britannico di classe Olympic del 1912! Certa gente ha speso ben 870 sterline per avere un posto su di me!”. Mooney, Falcone e Maroni, troppo sbalorditi per parlare, si addossavano al muro sempre di più mano a mano che la nave si avvicinava, come se fosse una bomba ad orologeria sul punto di esplodere; anche tutti gli altri non riuscivano a muoversi dallo stupore. Nel frattempo la nave continuava a trapanare i timpani a tutti con le sue urla acute. Ora aveva tirato fuori, chissà come, una telecamera con tanto di cavalletto da una piccola botola sul suo dorso, e la agitava minacciosamente.

“...E vi dirò di più! Se vi azzardate ancora a chiamarmi “giocattolo” vi faccio ingoiare questa telecamera, siamo ben chiari?”.

Normalmente, chiunque si azzardasse a parlargli in quel modo, i tre mafiosi lo avrebbero trattato allo stesso modo (uccisione immediata) senza alcun battito di ciglia. Tuttavia, l'essere minacciati di morte con una telecamera da una nave poco più grande di una batteria fu troppo anche per loro, e non gli venne da controbattere; si presero una sedia da un tavolo lì vicino e si asciugarono la fronte madida. Laurie si avvicinò e raccolse l'oggetto parlante ancora arrabbiato da terra, tenendolo sul palmo della mano.

“Ehm, lui è Titanic, la nave parlante; o meglio, il modellino di una nave parlante. Però si comporta come se fosse la vera nave.” Spiegò con semplicità la bambina. Nessuno disse una parola.

“Ora mi credete?” Domandò allora Laurie. Alcuni come Gordon ed Edward annuirono ma altri parevano, incredibilmente ancora dubbiosi.

“Il fatto che tu abbia un giocattolo parlante non vuol dire che dici la verità” sbuffò Carbone. Titanic strillò ancora di rabbia, mentre Laurie chiuse le mani a coppa su di lui, e guardò gli uomini.

“E va bene; cosa devo fare per farmi credere?”

“Tira fuori Skales!” strillò la voce attutita di Titanic. Laurie aggrottò la fronte, ma aprì le mani e si rimise la nave sul cappello.

“Va bene” disse.

Poi si tolse lo zaino dalle spalle e iniziò ad aprirlo, sotto lo sguardo vigile di tutti.

“Ehi...che stai tirando fuori da lì?” chiese Butch con la voce che tradiva un pizzico d'ansia. Laurie non rispose e disse, rivolta all'interno dello zaino:

“Skales, vieni pure fuori: è ora che ti mostri”.

“Ah, finalmente!” sbottò una voce dallo zaino. Poi qualcosa ne uscì... e scoppiò il caos: Fish strillò. Maroni e Falcone saltarono in piedi con una violenza tale da capovolgere le sedie su cui erano seduti. Alfred con uno scatto si piazzò di fronte a Bruce. Edward lanciò un gridolino e buttò all'aria il taccuino che aveva in mano. Oswald sussultò, portandosi una mano al petto. Gordon, Bullock, Butch, Zsasz e Carbone, invece, tirarono fuori le proprie pistole e le puntarono contro la testa che spuntava dallo zaino. Era molto grossa, e sembrava quella di un cobra; la pelle squamosa era blu, gli occhi enormi, rossi e con pupille e centri concentrici neri. Due denti bianchi e affilati spuntavano dalla bocca, e il muso era appiattito, come se fosse finito contro un muro. Sui cappucci aveva due spirali gialli. Si guardò attorno, e non sembrò minimamente preoccupato delle pistole che aveva puntate sulla faccia.

“Alleluja! Lo sssai da quanto tempo sssono chiussso qui?” sbottò l'essere. Laurie però non lo ascoltò: si era buttata a braccia aperte di fronte a lui ed esclamò agli uomini:

“Ehy, ehy, ehy!! Che vi è preso? Skales ha un'aria pericolosa, ma mica vi mangia!”

“Beh...” borbottò l'essere alzando le spalle e guardando Butch come se fosse un gigantesco hot dog. Questo indietreggiò e tirò la sicura della pistola.

“Skales, piantala di scherzare! Vuoi venire coperto di proiettili? Solo perché sei un cartone animato non vuol dire che non senti dolore!” disse Laurie a bassa voce, furibonda rivolta all'essere. Quest'ultimo ridacchiò. La bambina sospirò, poi lo prese da sotto le braccia e issò fuori dallo zainetto. Era molto piccolo, arrivava poco più sotto della vita di Laurie. Il corpo era rettangolare, come una scatola, blu e sul torace aveva dei segni gialli che sembravano una colonna vertebrale. Le braccia grigie erano sottili e le mani sembravano quelle dei giocattoli lego; anche le gambe, corte e blu, erano simili a quelle di giochi della marca. Inoltre, per lineamenti e colore, non pareva di questo modo: sembrava uscito da un televisore. Ora gli uomini avevano messo via le pistole. Gordon aveva un miliardo di domande che gli si accalcavano in testa, ma non riuscì a farne neanche una. A giudicare dalle loro facce, anche le altre persone in quella stanza erano nelle stesse condizioni.

“Ok: ora tu ci spieghi chi sei tu, cosa sono quegli affari e... e come riesci a fare quelle cose!” riuscì a farneticare Bullock. Laurie si sistemò Skales sulla spalla destra e fece un passo verso il letto con sopra Oswald.

“Lo farò” disse “ma prima devo curare il signor Cobblepot”.

“No: prima spiegaci!” sbottò Mooney. Laurie la guardò aggrottando la fonte.

“Ma scusa, tu vuoi che il signor Cobblepot sopravviva, sì o no?”.

“...Certo” disse Mooney con una faccia che diceva il contrario.

“Però Fish ha ragione: prima spiegaci cosa sta succedendo” disse a quel punto Falcone. Laurie scosse la testa e continuò ad avvicinarsi al letto. Tutti a quel punto notarono che camminava in modo strano: si trascinava la gamba destra, piegata in modo innaturale. Zoppicava proprio come Oswald.

“Primo lo devo sistemare: non c'è altro modo per curarlo.” A questo punto Carbone si avvicinò, l'afferrò per un braccio, prese la pistola e gliela puntò in testa.

“Dacci-delle-risposte!” sillabò. Bruce, Gordon, Bullock e Alfred scattarono, ma Laurie li precedette: tirò fuori dalla tasca un bastone allungato, lo puntò contro Carbone ed esclamò:

“Levicorpus!” Prima che si rendesse conto di quello che succedeva, Carbone fece una capriola, e restò appeso a mezz'aria per una caviglia, come se ci fosse un gancio invisibile.

“Frankie!” esclamò Maroni saltando in piedi. Zsasz puntò la pistola contro Laurie, ma questa disse, puntando il bastoncino:

“Expelliarmus!”.

La pistola volò via dalla mano del sicario, e finì in mano a Skales. Tutti li fissarono allibiti.

“Altri problemi?...Come pensavo.” disse tranquillamente Laurie. Skales rilanciò la pistola a Zsasz, e la bambina si mise accanto a Oswald, sfiorandogli il petto bendato col bastoncino.

“T...t...tieni quel...quel...quell'af...affare lo...lonta...lontano d...da m...me!” balbettò Oswald cercando di tirarsi indietro.

“Quella brutta racchia ti ha fatto male, eh? Tranquillo, ora ti rimetterò a nuovo.” affermò la bambina. Titanic si rivolse a Bruce:

“Per favore, togli il bendaggio?”. Bruce si sporse e tolse dal torace di Oswald il bendaggio bianco macchiato di rosso che lo copriva; la ferita, orribile a vedersi, continuava a sanguinare. Laurie tese il bastone e si mise a dire qualcosa a bassa voce, come una canzone. Il sangue si arrestò subito. Poi la bambina riprese a dire qualcosa e uno strato di pelle fresca coprì lo squarcio. Oswald riprese a respirare normalmente e fissò la bambina incredulo.

“...Prego, non ringraziarci, tanto ti abbiamo solo salvato da una morte lenta e dolorosa per dissanguamento, che vuoi che sia in fondo?” disse a quel punto Titanic in tono sarcastico.

“Ah, sì... grazie” disse allora Oswald. Poi si mise seduto e provò ad alzarsi; dopo l'iniziale senso di vertigine scoprì di stare bene in equilibrio. Si girò verso Laurie.

“Ma questo è un miracolo! Ma senti, non puoi fare niente per...” e accennò alla sua gamba storta. Laurie scosse il capo e ammiccò alla sua gamba difettosa. Oswald parve deluso, ma comunque non stette troppo a pensarci.

“Ok, hai curato Pinguino, ora dacci delle risposte.” disse in quella Gordon, che ormai quasi non faceva più caso alle stramberie innaturali della ragazzina.

“Certo” disse Laurie. “Su cosa inizio?”.

“Facciamo, con te e i tuoi amichetti: chi cavolo siete?” rispose Falcone.

Laurie ci pensò un minuto, poi si sedette sulle ginocchia di Oswald che si era a sua volta riseduto sul letto. Il ragazzo la fece immediatamente scendere, e la bambina così si mise accanto a lui, mentre Steven si accucciò ai suoi piedi.

“Be'... io ve lo dico: sono una strega”. Rispose poi dopo un attimo di esitazione. Cadde il silenzio.

“Certo: e io sono Frank Sinatra!” disse a quel punto Maroni. Tutti si misero a ridere. Laurie lo ignorò e alzò il bastoncino.

“Questa qui...è una bacchetta magica; e così riesco a fare cose tipo questa. Liberacorpus!” E puntò la bacchetta contro Carbone, ancora appeso a testa in giù, il quale rovinò a terra. Mentre si rialzava, aiutato da Maroni, Gordon indicò Titanic e Skales.

“Loro due cos... chi sono, esattamente?” chiese.

“Titanic era un modellino della vera nave che avevo da piccola; ne avevo un sacco di giocattoli come questo. Poi un giorno, quando avevo tre anni, gli ho dato vita per sbaglio con un incantesimo sfuggito al mio controllo. I modellini hanno acquisito capacità come provare sentimenti, avere uno spazio interno a loro che equivale alla dimensione del vero oggetto da cui sono tratti e sviluppare i caratteri come se fossero i veri oggetti. Allora gli altri giocattoli se ne sono andati per conto proprio, senza che riuscissi a fermarli, ma Titanic è voluto rimanere. Skales invece è un cartone animato: non so se conoscete la sua serie, si chiama “Ninjago”. Lo tirai fuori per sbaglio da piccola, e lui preferì restare con me.”

“Scusa ma... non esistono le streghe. E nemmeno i cartoni o la magia” osservò a quel punto Bruce. Skales roteò gli occhi rossi e neri.

“Ci rissssiamo! I bambini di oggi non credono più in queste cossssse, nemmeno sssse gliele sssi sssbatte in faccia! Ma come educate i vossstri bambini, qui a Gotham? Ssscommeto che questo qui non ha mai vissto neanche un film Disssney!” esclamò guardando in maniera accusatoria sia Bruce che gli adulti lì attorno.

“Non darmi del bambino, per favore. E comunque no, non li guardo i cartoni, li trovo ridicoli” rispose Bruce. Skales emise un lamento esasperato.

“Ok, mettiamo che crediamo alla vostra storia; perché siete qui? Cosa ne sapete di quello che sta succedendo?” chiese a quel punto Gordon.

“Ah, questo è molto più lungo e difficile da spiegare; senza contare che è terribilmente illegale per me, Titanic, Steven e Skales. Ci metteremo in guai grossissimi, ma dobbiamo farlo. Però dovrete promettere che ciò che vi diremo non lo direte mai, e dico MAI a nessuno. Proprio nessuno, nessuno. Siamo chiari?” li guardò un per uno. Tutti annuirono.

Laurie si sistemò il cappello e rivolse lo sguardo ai presenti.

“Va bene.” disse. “State bene a sentire”.

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Capitolo 4
*** Il racconto di Laurie ***


“Allora” iniziò Laurie. “Per cominciare dovete sapere che il mondo è suddiviso da gente magica e non-magica. Noi maghi chiamiamo i secondi “Babbani” ovvero persone, appunto, senza poteri magici. Nel mondo i maghi e le streghe non sempre sanno da sempre di essere quello che sono, ma lo scoprono.”

“Scusa, ma come fa uno a capire se è un mago o meno?” chiese Bullock.

“Be' causa, involontariamente, strani fenomeni, del tipo spostare oggetti o far ricrescere capelli o piante rapidamente. E poi, quando si compiono undici anni, si va ad una scuola dove si perfezioneranno le arti magiche. Io sono di origine inglese, ed è in Gran Bretagna, Scozia precisamente, dove si trova la maggior scuola di questo tipo: la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts; ogni mago o strega, a undici anni riceve una lettera che l'informa di doverla frequentare.”

“Aspetta un momento” la interruppe Oswald che sembrava ancora un po' intontito e afferrava le parole con un certo di ritardo. “Hai detto che voi maghi chiamate la gente non-magica “Babbani”?”.

“Proprio così” confermò Laurie.

“Quella donna che mi ha aggredito ha parlato di Babbani! E anche un Ministero della magia...” aggiunse pensieroso.

“Ah sì: in Inghilterra abbiamo un Ministero della Magia. E di quella donna ci arriveremo più tardi, perché è il motivo per cui vi sto raccontando queste cose.” disse Laurie.

“Ma...suvvia! I maghi ci sono solo in Inghilterra? Perché qui noi non ne abbiamo mai visti” replicò Bullock.

“Scherzi? I maghi sono dappertutto! Però, naturalmente facciamo molta attenzione a nasconderci agli occhi Babbani, e lo facciamo piuttosto bene”. Spiegò Laurie.

“Come mai vi nascondete agli occhi Babbani?” chiese Mooney. A questo puntò rispose Titanic.

“Perché si nascondono...ma è ovvio! Scusi signora Mooney, a lei non piacerebbe avere una bacchetta magica per punire chi le ha fatto un torto, o anche conquistare sempre più potere o, semplicemente, risolvere tutti i suoi problemi?” chiese.

“Be'... sì” ammise la donna.

“Appunto! Ma solo i maghi possono fare magie, però se i Babbani lo scoprissero vorrebbero anche loro farle, e scoppierebbe un putiferio! E poi padroneggiare la magia non è così facile”. Concluse la nave.

Falcone intanto osservava con interesse la bacchetta di Laurie.

“E dimmi, ragazzina: se io entrassi in possesso di una bacchetta...cosa potrei fare?”

“Direi nulla. Anche un mago principiante se entrasse in possesso di una bacchetta non sarebbe in grado di fare incantesimi, senza pratica, a parte magari far esplodere qualche cosa; e poi è la bacchetta a scegliere il mago, se qualcuno fregasse la bacchetta di qualcun altro non funzionerebbe a dovere. Quanto alla mia... diciamo che è molto speciale.” Detto questo la bambina sorrise furbescamente.

“Che intendi?” domandò Maroni.

“Skales, la prima volta che ci siamo incontrati mi ha rubato la bacchetta e ha provato a farmi un incantesimo” disse Laurie. Skales rabbrividì.

“Ci ho messsso un messsse per guarire completamente dalle ussstioni” gemette.

Gordon annuì, molto interessato.

“Ok, fin qui credo che ci siamo tutti. Ora: parlaci di quella donna che ha aggredito Pinguino.”

“Con calma, con calma.” lo interruppe Laurie.

“Prima devo spiegarvi un'altra cosa: la purezza di sangue dei maghi.”

“Purezza di sangue?” chiese Edward.

“Sì; nel mondo dei maghi, questi possono essere di tre tipi: Purosangue, Mezzosangue e Nati Babbani. I Purosangue sono quelli che provengono interamente da famiglie di maghi; i Mezzosangue invece hanno almeno un parente Babbano, come solo la madre o il padre, o anche i nonni. Infine ci sono i Nati Babbani: sono coloro che non hanno parenti maghi ma hanno capacità magiche. Ho detto capacità magiche!” ripeté interrompendo sul nascere la domanda di Bullock che parve alquanto deluso.

“Scusa ma... questo che importanza ha?” Non poté trattenersi dal chiedere Carbone.

“Ha importanza eccome: i maghi Purosangue spesso considerano inferiori i Nati Babbani e gli stessi Babbani. Un po' come fra Babbani quando delle persone bianche considerano inferiori quelle nere” spiegò Laurie scegliendo accuratamente le parole.

“Ed è da questa ideologia che parte la storia che devo spiegarvi, che ha luogo in Inghilterra. Poi arriveremo fino a qui, ma vi assicuro che c'è un collegamento.”

Laurie lanciò un'occhiata a Titanic e Skales.

“State molto attenti, perché è una spiegazione lunga e complicata. Fate pure domande se ci sono”. Attese un momento, poi iniziò.

“Ora, in Scozia, come vi ho già detto,si trova, da più di mille anni, Hogwarts, probabilmente fra le scuole di magia più importante di questo mondo; tanti anni fa, un mago giovane e talentuoso frequentò questa scuola. Il suo nome era Tom Orvoloson Riddle. Riddle era rimasto orfano alla nascita, ma aveva la madre strega e il padre Babbano; quest'ultimo aveva abbandonato la moglie quando era incinta, e questa, distrutta, era morta al parto senza provare a salvarsi. Riddle uscì da Hogwarts con grandi aspettative; ma quelle che seguì furono le peggiori” Laurie scosse tristemente la testa, proseguendo. “Scoprì come il suo insulso padre Babbano lo avesse lasciato con la madre, così lo scovò e uccise insieme ai nonni paterni. Poi iniziò a intraprendere un lungo viaggio, seguendo la strada del male. Trovò dei maghi che fossero disposti a seguirlo, e furono chiamati “Mangiamorte”, maghi forti, malvagi, pronti a seguirlo alla sua ascesa. Riddle si rinominò con un nome che un giorno avrebbe fatto rabbrividire ogni mago al suo suono: Voldemort. Voldemort stava riuscendo a prendere il potere: molti maghi provarono a fermarlo, e lui li uccise e torturò in maniera terribile. Una notte, si diresse verso la casa di due maghi molto dotati che erano contro di lui: James e Lily Potter. La coppia aveva un figlio, Harry. Voldemort uccise i coniugi e provò ad assassinare anche il piccolo, ma Lily, che era morta per salvarlo, lasciò su di lui una protezione indistruttibile. La maledizione che Voldemort scagliò sul neonato gli si rivolse contro, e lo ridusse a poco più che un'ombra, costretta a fuggire. Le cose si ristabilirono, tutto tornò come prima; poi... anni dopo, quando Harry Potter iniziò a frequentare Hogwarts, Voldemort si scontrò con lui più e più volte, e poi tornò. La situazione ripartì da capo, come la prima volta. Altro sangue versato, altri morti... Voldemort prese il potere del Ministero. E con i suoi seguaci fece cose terribili...”

“Cosa?” Non poté trattenersi dal chiedere Gordon.

“Se la prese con tutti i maghi Nati Babbani. Si disse infatti che la magia potesse essere passata solo per via riproduttiva; tutte bugie. Ma il Ministero era ormai sotto l'effetto di Voldemort e dei Mangiamorte, e così tutti i Nati Babbani che non riuscivano a mostrare di avere almeno un parente mago, venivano processati sotto l'accusa di aver rubato una bacchetta magica a un mago o una strega.”

“Ma è una cosa inaudita!” non poté trattenersi dall'esclamare Bruce.

“Già!” Sbottò Bullock. Tutti parevano sconvolti. La bambina comunque proseguì:

“Voldemort, come ho detto, si impadronì del Ministero. I Nati Babbani venivano portati ad Azkaban, la prigione dei maghi.”

“Prigione?” chiese Oswald. “Ah, venivano solo mandati in prigione?”

“Solo?! Tu non capisci!” Esclamò Titanic girandosi verso di lui.

“I guardiani di Azkaban sono i Dissennatori! Mio Dio...” gemette come se solo l'idea gli desse il terrore.

“Dissenna-cosa?” chiese Butch confuso.

“Dissennatori: creature alla guardia di Azkaban. Sono terrificanti; quando ne incontri una ti fa un effetto orribile, come se tutta la felicità sparisse dal mondo. Più uno ha brutti ricordi, più i Dissennatori si sentono attratti da lui. Per loro puoi essere anche innocente, basta solo avere felicità da succhiare. Senza contare del tremendo Bacio del Dissennatore, quando ti succhia l'anima attraverso la bocca. Un destino molto peggiore della morte.”

Gordon poté sentire l'angoscia nella voce di Laurie e non mise in dubbio le sue parole.

“Quindi: Voldemort aveva preso controllo nel Ministero e incarcerava Nati Babbani, a guardia di questi esseri mostruosi. Ma ora continua”.

“Harry Potter, che nel frattempo aveva compiuto diciassette anni, insieme agli amici era diventato un latitante (il Ministero gli dava la caccia) e, dopo un'altra ardua battaglia combattuta ad Hogwarts, anche questa sotto il dominio di Voldemort, e nel quale persero la vita molte persone, riuscirono finalmente a uccidere definitivamente Voldemort, riportando la pace nel nostro mondo.” Dopo aver finito Laurie fece un sorrisone. Anche Gordon si sentì sollevato per il lieto fine.

“...Va bene, è stata una storia magnifica, ma...cosa c'entra?” domandò a quel punto Bullock.

“Ora ci siamo: durante il periodo in cui Voldemort aveva preso possesso del Ministero, c'era una persona che aveva il compito di assicurarsi il processo e l'incarcerazione dei Nati Babbani. Il suo nome era... Umbridge. Dolores Umbridge”.

Laurie fece una smorfia come se avesse ingoiato un limone intero. Dentro la testa di Oswald scattò qualcosa.

“Aspettate un secondo” disse. “Per caso quella donna sembra...”

Laurie, Titanic e Skales conclusero la frase insieme a lui.

“Un flaccido e tozzo rospo vestito tutto di rosa”.

“Sì era lei” rispose Laurie da sola.

“Ah! Per caso di solito porta questo gingillo?” domandò Edward, tirando fuori il fiocchetto nero e porgendolo alla bambina. Questa annuì.

“Sì è suo. Ma prima farei meglio a spiegarvi tutto per bene. La Umbridge lavorava al Ministero già prima dell'ascesa di Voldemort. Quando quest'ultimo prese il potere, la donna mostrò il suo carattere crudele, razzista, senza pietà. Aveva molto in comune con i Mangiamorte. Così prese a lavorare al Ministero influenzato da questi. Quando Voldemort fu ucciso, lei venne rinchiusa ad Azkaban per crimini contro Nati Babbani. Ma, riuscì a fuggire. E si nascose, indovinate un po' dove?”

“Hogwarts?” Tirò a indovinare Alfred.

“Esatto. Si rifugiò in una stanza, la Stanza delle Necessità, che compare solo a chi ne ha veramente bisogno, durante le vacanze estive, così da non venire scoperta. Ma non aveva cambiato le idee. E, purtroppo, la Stanza delle Necessità si occupa di farti trovare tutto ciò che ti occorre, che tu sia buono o meno. E così, mentre si era nascosta, trovò una nuova bacchetta magica, più un libro speciale, abbandonato tempo prima dallo stesso Harry Potter. Il libro si usava per la lezione di pozioni, e si chiamava...”

“...Pozioni avanzate” concluse Oswald. “E' quello il libro che la Umbridge voleva.”

“Come, prego?” chiese Gordon confuso.

“Ci arriviamo dopo, ci arriviamo dopo” lo interruppe Laurie.

“Come stavo dicendo, quel libro di Pozioni avanzate era un semplice libro di scuola. Perché mai era così importante? Il fatto era che era appartenuto a un geniale studente di pozioni; si faceva chiamare Principe Mezzosangue, ma il suo vero nome era Severus Piton. Un vero eroe della battaglia contro Voldemort in cui perse la vita, eh già.” Laurie annuì solennemente, seguite da Titanic, Skales e persino Steven.

“Comunque sia, in questo libro, il Principe aveva spiegato come preparare bene diverse pozioni, meglio persino delle istruzioni del libro stesso, e ci aveva aggiunto scarabocchi su incantesimi da lui inventati. Tutto questo poteva diventare molto pericoloso, e la Umbridge lo sapeva. Voleva acquistare nuovamente potere lei; un giorno fu scoperta, e le toccò scappare. Harry Potter capì a cosa mirava e, conoscendo gli incantesimi racchiusi nel libro del Principe, decise di nasconderlo. Ma la Umbridge lo trovò, e preferì scappare momentaneamente dall'Inghilterra e trasferirsi per un po' nella città del crimine, ovvero...

“Gotham City.” la frase fu conclusa da tutti i presenti.

“Harry capì che doveva essere recuperato quel libro, e così mandò delle persone affinché lo recuperassero. E quelle persone siamo noi quattro”. Detto questo Laurie indicò se stessa e i suoi tre amici.

“Scusa, quel Harry Potter ha davvero affidato un incarico del genere quasi dall'altra parte del globo a una bambina?” Domandò Bullock.

“Già... e poi, non dicevi che i maghi, per migliorare le proprie arti magiche ed entrare in possesso di una bacchetta devono avere almeno undici anni per poi frequentare una scuola di magia?” proseguì Gordon. Di colpo, Laurie, Titanic e Skales parvero diventare nervosi.

“Ecco...il fatto è che io...non sono normale nemmeno per una strega.” Ammise Laurie.

“Sono una Nata Babbana, eppure fin da quando mi ricordo ho sempre posseduto una bacchetta magica. I miei genitori erano sempre fuori per lavoro, e io facevo magie in loro assenza. Ma le magie erano incredibili! A tre anni facevo già, piuttosto goffamente, magie di maghi adolescenti ...parlavo correttamente, e gli incantesimi che ho fatto per dare vita a Titanic e tirare fuori Skales dalla televisione, nessuno c'era mai riuscito, nessuno!”

“Cioè, eri una specie di genio” osservò Falcone, abbastanza colpito.

“Quindi...era una cosa positiva. No?” chiese Edward. Laurie scosse la testa.

“No, per niente. Quando il mondo magico ha scoperto che c'era una Nata Babbana che faceva questi incantesimi a tre anni, è scoppiato lo scandalo. Quando i maghi sono piccoli riescono a fare incantesimi ma contenuti: magari fanno levitare oggetti se non ci arrivano per prenderli, al massimo fanno scoppiare qualcosa; ho sentito che Harry Potter, da piccolo, si era fatto ricrescere i capelli in una notte che gli zii gli avevano tagliato a zero. Ma solo questo. Il fatto era...che c'era un altro mago abbastanza “prodigio” da bambino. Ed era Tom Riddle!” Tutti sussultarono.

“Appunto! Lui già prima di avere una bacchetta sapeva far fare agli animali quello che voleva lui, faceva anche male agli altri bambini...i miei poteri, erano anche superiori. Mi studiarono per un sacco di tempo. Molti suggerirono di sequestrarmi la bacchetta, altri di chiudermi ad Azkaban, tipo. Potevo diventare troppo pericolosa. Ma poi è arrivato Harry. Assicurò lui al Ministero che avrebbe provveduto a sistemarmi, e poi mi ha mandato qui per recuperare il libro. Ma...non è affatto facile” abbassò la voce.

“La Umbridge è molto potente pure lei. Noi quattro abbiamo passato giorni a cercarla, e la notte ci scontravamo per i cieli. Mi sa che anche voi Babbani ci avete visto.”

“Ehi: i lampi colorati nei cieli e le ombre volanti! Non erano voci!...Aspettate: quindi...eravate voi a rompere gli edifici!” sbottò Maroni.

“Be' sì... ma mica facevamo apposta! Era quando una scagliava l'altra contro un edificio!” si difese Titanic.

“Qualche giorno fa... dopo uno scontro notturno ci siamo appostati di fronte al club Mooney per capire se stavamo dando veramente nell'occhio, il Ministero della Magia doveva rispondere alle lamentele dei maghi americani che dicevano che avremmo messo allo scoperto il nostro mondo; poi cercammo un altro po', e pensammo di aver localizzato l'edificio abbandonato nella quale si nascondeva la Umbridge, così da recuperare il libro; vedemmo anche il signor Cobblepot che stava entrando...scusa, posso darti del tu?” chiese all'improvviso a Oswald.

“Ehm...va bene, ma perché...”

“Splendido! Come stavo dicendo, vedemmo Oswald che stava entrando e provammo a seguirlo, ma c'erano degli incantesimi apposta per noi che ci sbarravano la strada; così ci mettemmo vari minuti per cancellarli.”

“Ehy, un momento: non potevate urlare per avvertirlo?” Sbottò Bullock a quel punto.

“Come no, Laurie poteva fare così: “Signore non entri, quello è il covo di una pazza vestita di rosa armata di bacchetta magica!”. Di sicuro ci avrebbe creduto, non l'avrebbe chiamato l'ospedale psichiatrico o il 118!” disse Titanic ironico. Laurie proseguì:

“Quando entrammo, vedemmo Oswald chiudersi in una stanza con un libro; allora provammo a combattere con la Umbridge, ma questa... mi ha fatto un incantesimo”.

Detto questo Laurie ammiccò alla sua gamba difettosa.

“Ma poi... non capisco una cosa: come hai fatto a sparire da quella stanza e a ricomparire nel giardino di questa villa?” domandò poi la bambina a Oswald.

“Io...io non lo so: c'era una bottiglia di vetro scheggiata su un tavolo; l'ho presa per provare ad accoltellare quella donna alla prima occasione, ma ho avvertito una stranissima sensazione e...e sono atterrato nel giardino”. Concluse. Gordon alzò un sopracciglio, ma Laurie parlò prima che potesse farlo lui:

“Per caso hai provato una sensazione del tipo essere afferrato da un gancio invisibile e trascinato in un vortice?”

“Ehm...sì! Come lo sai?”

“Passssaporta...” borbottò in risposta Skales.

“Ecco come quell'arpia viaggiava da una zona di Gotham all'altra: con una Passsssaporta!”

“Potreste tradurci in Babbanese, per caso?” domandò ironico Bullock.

“La Passaporta è un mezzo che usano i maghi per spostarsi da un luogo all'altro; hanno le sembianze di oggetti di uso comune, anche un po' malconci, così non attirano l'attenzione dei Babbani.” spiegò Titanic con semplicità.

“La Umbridge deve averle usate per spostarsi da una parte all'altra di Gotham, così che per noi sia più difficile individuarla. Però ne tiene sempre una in quello che è il suo covo, almeno può svignarsela appena può. Piuttosto astuta la racchia” ammise alla fine.

Ci fu un momento di silenzio, nel quale i presenti digerirono ciò che i quattro insoliti personaggi gli avevano raccontato. Poi Laurie si alzò.

“Potrei usare il bagno?” chiese. Alfred annuì, così la bambina ci si diresse zoppicando, e portandosi dietro i tre amici. Quando la porta si chiuse alle loro spalle, Gordon si rivolse agli altri.

“Voi ci credete a quello che ha detto?”.

“Io sì” affermò prontamente Oswald. Agli sguardi sorpresi spiegò:

“Tutto ciò che ha detto combacia con quello che ho visto e che mi è successo, senza contare ciò che sta succedendo a Gotham ultimamente. Io le credo.”

Falcone e Maroni si lanciarono un'occhiata dubbiosa. In quel momento si sentì suonare la porta. Alfred fece per andare, ma intervenne Bruce.

“Vado io Alfred, sto aspettando un'importante consegna.”

Poi scese di corsa le scale senza dare tempo di replicare al maggiordomo, il quale sospirò alzando gli occhi al soffitto.

Bullock nel frattempo aveva acceso la tv e girava a zapping tra i canali.

“Spegni quell'affare, Bullock, non è il momento!” disse Gordon. Il partner lo ignorò e continuò a girare, fino a fermarsi su un canale per bambini.

“Guardate un po'!” esclamò, indicando lo schermo. Era un cartone animato, dove i giocattoli lego erano personaggi viventi che combattevano forze oscure. In quel momento quattro personaggi vestiti di colori diversi si stavano azzuffando con degli esseri mezzi uomini e mezzi serpenti con la pelle blu e occhioni rossi incandescenti.

“E' lo stesso essere che la ragazzina si porta dietro” osservò impressionato Butch.

“Ma allora è tutto vero!”. Tutti si guardavano, senza sapere cosa dire. In quel momento si udirono dei passi salire le scale.

“Allora, signorino Bruce, è la consegna che aspettava?” chiese Alfred ad alta voce, spegnendo la televisione. In quella Bruce entrò nella stanza... solo che non era solo: dietro di lui, un uomo abbronzato e con capelli dorati gli teneva una bacchetta puntata dritta sulla nuca.

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Capitolo 5
*** Conigli e coltelli ***


Gordon e Alfred scattarono, ma l'uomo scosse la testa, premendo più forte la bacchetta sulla nuca di Bruce.

“Avvicinatevi” minacciò. “E gli faccio un bel buco nella sua testolina. Volete vedere se so farlo?” Nessuno parlò. Zsasz, Carbone e Butch estrassero ugualmente le pistole, ma i loro capi gli fecero un cenno e loro le rimisero a posto.

“Signore” iniziò Falcone. “Lei sa chi siamo noi tre?”. L'uomo ridacchiò.

“Come no. E scommetto che vuoi dirmi che mi caccerò in un mucchio di guai, se faccio un torto a voi o loro, vero? Be', non mi interessa. Potrei farvi fuori tutti in questa stanza con una sola parola o pensiero, prima ancora che voi possiate tirare fuori le vostre armi. Ho più potere io che la maggior parte di persone in questa schifosa città.” Li guardò ancora uno per uno, ma nessuno replicò perché sapevano che era vero. L'uomo si avvicinò al letto su cui sedeva Oswald, e ci spinse Bruce; poi si diresse verso Mooney. Bullock cercò ugualmente di sparagli alle spalle, ma la sua arma volò via dalla finestra prima ancora che potesse tirare la sicura. L'uomo si mise di fronte alla donna che non batteva ciglio.

“Allora signora; sto cercando una ragazzina con un cane e due strambi personaggi, una nave in miniatura e una specie di ibrido tra uomo e serpente cartoonesco. Non entrerò nel dettagli, perché tanto so che li conoscete benissimo. Be'...” puntò la bacchetta contro il suo stomaco. “Dove sono?”

“Che ci guadagno a dirglielo?” chiese in tono inespressivo Mooney. L'uomo abbozzò un sorrisetto.

“Ti faccio morire rapidamente.” Butch, alle spalle di Monney, cercò di avvicinarsi, ma l'uomo scosse nuovamente la testa. Rivolse uno sguardo ai presenti nella stanza.

“Nessuno ha qualcosa da dirmi?...No? Peggio per voi”. Concluse. Levò la bacchetta su Mooney, che strinse le labbra.

“Avad...”

“NO, EH!!! NON PROVARCI NEMMENO!” Urlò ad un tratto qualcuno. Un lampo di luce rosa attraversò la stanza e colpì l'uomo, il quale emise un grido lancinante. Si mise a ruotare su se stesso, risuonò nell'aria un forte schiocco... e poi sparì. Al suo posto, per terra, stava un coniglio dal pelo color oro. Non aveva però un aspetto normale: gli occhi erano ancora umani, color indaco, e un orecchio era rimasto normale. Gli mancava la coda, e in una zampa stringeva ancora la bacchetta. Butch scattò in avanti, prese Mooney per le spalle, e la trascinò indietro. Tutti si girarono a guardare il punto da cui era provenuto il lampo rosa: dalla porta aperta del bagno stava Laurie, la la bacchetta protesa e un'espressione alquanto furiosa. Steven, Titanic e Skales fecero capolino.

“Uh, ssssi mangia?” esclamò Skales notando il coniglio. In quel momento, l'animale scattò e prese a correre in lungo e in largo per la stanza.

“Non uccidetelo! Ci serve vivo!” esclamò Titanic spaventato. Tutti presero a cercare di acchiapparlo, ma questo si muoveva a velocità fulminea. Steven allora si mise ad inseguirlo abbaiando e ringhiando. Ad un tratto il coniglio fece uno scarto talmente rapido che il cane non riuscì a seguirlo, e finì contro il muro. Dopodiché, provò a fuggire dalla porta che stava lì accanto, ma Laurie lo colpì con un'aurea di luce azzurrognola che lo fece sospendere a mezz'aria. La bambina, ancora arrabbiata, prese a farlo muovere violentemente su e giù, mentre il coniglio emetteva strani versi striduli che dovevano essere grida.

“Muovilo di più!” incalzò Skales, che sembrava divertirsi.

“Vi prego, qualcuno gli tolga la bacchetta!” Supplicò invece Titanic che pareva spaventato da ciò che succedeva. Gordon si avvicinò all'animale che teneva, chissà come, ancora il bastoncino fra la zampa, ma... ad un tratto si udì un altro schiocco, e il coniglio parve ingigantirsi, fino a tornare un essere umano, nonostante tutto coperto di peli corti e dorati. Furibondo sollevò la bacchetta, e Gordon sentì Laurie borbottare:

“Oh, oh”.

Infatti l'uomo urlò:

“Stuperficium!” un lampo di luce rossa fuoriuscì dalla sua bacchetta, colpendo la bambina in pieno petto. Titanic volò via dalla sua testa e colpì Edward dritto dritto sul naso, facendo risuonare un crack poco rassicurante. Laurie e Skales, invece, furono sbalzati all'indietro e finirono addosso a Oswald e Bruce. Il contraccolpo dell'incantesimo spinse il biondo fuori dalla finestra e, urlando, l'uomo precipitò. Gordon, Falcone e Maroni corsero a vedere, e scorsero l'uomo che correva via, lasciandosi alle spalle una scia di corti peli dai bagliori dorati. Maroni imprecò a bassa voce, e i tre tornarono con la testa dentro casa.

“Qualcuno è ferito?” chiese Gordon rivolto alle persone minacciate dal biondo.

“No” dissero Bruce e Mooney.

“Sì!” gemettero Edward e Titanic. Il primo si premeva le mani sulla faccia, e aveva del sangue proveniente dal naso rotto, che gli colava tra le dita, mentre il secondo aveva una fumaiola gialla tutta ammaccata, e l'albero maestro spezzato, che penzolava inerme. Laurie si spostò da Oswald massaggiandosi il torace, mentre Bruce si sollevò Skales di dosso.

“Vi abbiamo fatto male?” chiese Laurie.

“No, siete delle piume” rispose Oswald tastandosi il punto in cui prima c'era la ferita. Skales lanciò un'occhiata alla finestra.

“Ci ssscommetto lo scettro che quello era uno dei tirapiedi della racchia” borbottò irato.

“Almeno adesso ho la conferma che ci sono maghi anche in America” sospirò Bullock.

“Sicura di non esserti fatta nulla, Fish?” La donna scosse il capo.

“Scusatemi, ma l'incantesimo di trasformare una persona in un coniglio non mi è mai venuta bene del tutto. So rendere le persone scarafaggi, ma poi qualcuno poteva schiacciarlo e addio all'interrogatorio.” disse Laurie.

“Dovevi tirargli addossssso il coltello, La. Perché non l'hai fatto?” chiese accigliato Skales. Gordon la guardò.

“Coltello?”. Laurie in risposta, estrasse dalla manica della felpa un grosso coltello con la lama incrostata di qualcosa che pareva sangue disseccato.

“Che c'è? Io non uccido o faccio male alla gente con la bacchetta magica. Sarebbe da vigliacchi” sbottò vedendo le facce sconvolte.

“Come uccidere e far male?” chiese Alfred. Lai alzò le spalle.

“Siamo a Gotham City, bello. Una bambina deve sapersi difendere da sola, no? Non guardatemi così, mica vado in giro ad uccidere gente. Tranne se ci mettono le mani addosso...” borbottò poi tra se' e se'. In quel momento Edward emise un altro lamento di dolore.

“Forse dovremmo portarlo al pronto soccorso” osservò Bruce avvicinandoglisi e osservando da vicino il naso che continuava a sanguinare.

“Sì...ahi! Mi hai fatto malissimo!” Gemette Edward rivolto a Titanic.

“Scusi signor Edward, sono una nave fatta di metallo, che si aspettava?! Piuttosto, lei, perché ha le ossa della faccia così dure??” replicò la nave massaggiandosi la fumaiola ammaccata.

“Oh, io potrei provare a riparagli il naso, se vuole!” esclamò Laurie zoppicando per la stanza e andandogli di fronte.

“Togliti un po' le mani dalla faccia”. Edward obbedì, e quando lo fece un rivolo di sangue gli scese dal naso fino al mento. Skales, che aiutava Oswald a sistemarsi la giacca spiegazzata, disse ad alta voce:

“Occhio a non fare come quel tipo, Allock, che al ssssecondo anno di ssssscuola di Harry Potter, cercando di riparargli le osssssa del braccio, gliele ha fatte sssparire del tutto!”.

“Come??” chiesero all'unisono Gordon e Bullock, mentre Edward impallidiva. Ma Laurie stava già agitando la bacchetta.

“Epismendo!” si udì un forte scricchiolio, e Edward si portò le mani alla faccia con un'esclamazione di dolore. Ma quando se le tolse, le ossa erano tornate al suo posto.

“Grazie!” disse sollevato.

“Ehy, e io?” si lamentò Titanic.

“Reparo!” disse Laurie puntando la bacchetta su di lui. Davanti agli occhi di tutti, l'albero maestro e la fumaiola si aggiustarono perfettamente. La nave sorrise contenta.

“Facciamo attenzione: la Umbridge cercava noi, e manderà sicuramente altra gente a cercarci. E' meglio se ce ne andiamo, altrimenti non saremmo gli unici in guai grossi” disse Laurie.

“Aspetta: possiamo metterti sotto protezione, no? Puoi fare da esca, andiamo alla GCPD e quando quella arriva per prenderti noi la arrestiamo. Facile, no?” cercò di dire Gordon. Laurie, Titanic e Skales si misero a ridere.

“Scherziamo? Quella può far saltare in aria l'edificio, volendo! No, voi Babbani non potete fare nulla. L'abbiamo detto a voi perché ci servono degli alleati anche nel mondo non-magico. Harry Potter e i suoi amici, quando potranno, verranno qui ad aiutarci e sistemeranno le cose. Nel frattempo voi, occhi ben aperti e acqua in bocca. Non dovete dire nulla di ciò che è successo o vi abbiamo detto” spiegò Titanic.

“Perché no?” domandò Carbone, scettico come al solito.

“Certo, certo, parlate pure di tizi mutati in conigli, libri di pozioni e bacchette magiche; vi farete ridere dietro!” disse Skales in tutta risposta. Tutti non poterono fare a meno di pensare che in effetti era vero. Laurie alzò il cappello in segno di saluto; i capelli cortissimi, sotto, erano castani e arruffati. Per la prima volta, Gordon tentò di vederle il colore degli occhi, ma li aveva troppo stretti.

“Aspetta: e se quella tipa cerca di prendersela con noi?” esclamò ad un tratto Maroni. Laurie ci pensò su. Poi alzò la bacchetta e borbottò parole incomprensibili. Dei fasci di luce blu scaturirono dalla punta e andarono su ognuno dei presenti, avvolgendoli. Ciascuno senti molto freddo e molto caldo allo stesso tempo, poi la sensazione sparì. Tutti si guardarono a vicenda, ma non sembrava successo niente.

“Non è cambiato nulla” osservò Alfred. Laurie scosse la testa.

“Vi ho dato la mia persona protezione: ora nessun mago può nuocervi con nessun incantesimo. Siete a posto”. Tirò fuori dalla tasca un fischietto rosso e ci soffiò dentro. Un lampo, e una grossa scopa entrò dalla finestra e si mise in piedi vicino a lei. Aveva una specie di cesto agganciato al manico. Incuriosito, Zsasz la stuzzicò con un coltello, e la scopa si voltò, tirandogli una bastonata con il manico.

“Ahio!” esclamò l'uomo afferrandosi la mano.

“La scopa è viva!”

“Sì” ammise Laurie.

“Si chiama Onda. Anche lei non è normale per essere una scopa.” Ci montò sopra, mentre Skales rientrò nello zaino, Titanic le saltò sul cappello e Steven entrò, chissà come, nel cestino. Tutti e quattro si rivolsero ai presenti.

“Ci vediamo presto signori” salutò Laurie. Dopodiché, prima che qualcuno potesse dire qualcosa, la scopa schizzò fuori dalla finestra e, in men che non si dica, sparì nel cielo.

**********************************************************

Nel frattempo, in uno dei palazzi più alti di Gotham City, un uomo sedeva alla sua scrivania piuttosto nervoso. Nonostante non fosse molto vecchio (aveva tra i venti e trent'anni) il suo aspetto non lo diceva: i capelli erano scompigliati e color topo, assenti sulla fronte, mentre la faccia segnata da rughe. Gli occhi erano neri e lucidi come bottoni. Era in una grande stanza, seduto su una grossa poltrona, dietro una possente scrivania di legno. Al muro di fronte stava una mappa di Gotham. Alla parete sulla destra, invece, stavano delle foto; alcune di esse si muovevano, altre avevano una grossa croce disegnata sopra. Tra quelle intatte e immobili ce n'erano di Falcone, Maroni, Mooney, Gordon, Bruce; altre tre, che invece si muovevano, ritraevano tre ragazzi: uno aveva una gran massa di capelli neri arruffati, occhialoni rotondi sul naso, occhi verde chiaro e una strana cicatrice a forma di saetta sulla fronte; un altro aveva capelli rossi, occhi blu e molte lentiggini, mentre l'altra, una ragazza, capelli bruni e occhi scuri. L'uomo fissava le foto mugugnando tra se' e se' e tamburellando le dita sulla superficie di legno. A un tratto la porta lì accanto si spalancò e una figura rosa accesa entrò.

“Dolores! Finalmente!” scattò l'uomo. La Umbridge sorrise dolcemente.

“Tony, mio caro! Ci ho messo un po', scusami. Ma rallegrati! Guarda cos'ho qui!” detto questo sollevò il braccio, mostrando un libro polveroso e alquanto vecchio. Il tipo di nome Tony cambiò immediatamente espressione: la sua faccia divenne euforica.

“Meraviglioso! E' davvero potente come dicevi?” chiese esaminandolo da vicino. La donna sospirò.

“Te l'ho già detto Tony: non è il libro potente, ma ciò che c'è dentro!”.

“Va bene, va bene” disse distrattamente Tony.

“E quei tre tipi strambi?”.

“Oh, ho avuto alcuni problemini. Ma Johnny sta andando a sistemarli assieme a loro” e la donna accennò alle foto sul muro. “E a un altro paio di tipi che hanno visto e sentito troppo.” L'uomo sorrise contento e si lasciò andare sullo schienale imbottito delle poltrona.

“Ma ti rendi conto, Dolores? Una volta sbarazzati di quel Wayne,preso il controllo della sua azienda di famiglia, ed eliminata la concorrenza, nessuno ci potrà fermare! Domineremo Gotham, e io prenderò il posto di quel vecchio decrepito di Falcone e quel grassone di Maroni! Ah... Tony Zucco...il re di Gotham!” Esclamò sognante. La Umbridge sorrise.

“E naturalmente tu, cara Dolores, sarai la mia vice! Ti preoccuperai che a Gotham regni l'ordine e...quegli schifosi maghi Nati Babbani...hanno le ore contate!” dettò questo scoppiò a una risata stridula.

“Sai Tony, prima di conoscerti non immaginavo che ci fosse veramente un Babbano di cui potessi fidarmi e con cui sarei potuta andare d'accordo!” esclamò la Umbridge. L'uomo sorrise e fece per dire qualcosa, ma in quel momento la porta si spalancò ed entrarono un gruppo di persone; in testa c'era il biondo che aveva aggredito i protagonisti a Villa Wayne poco prima. Si stava ancora scrollando di dosso un bel po' di peli dorati che sembravano continuare ad apparire sul suo corpo.

“Johnny! Che è successo? Stai sporcando tutta la moquette!” disse arrabbiato Tony Zucco, saltando in piedi.

“Vi...vi spiego subito, miei signori. Ero...ero andato nella villa di quei ricconi, i Wayne; stavo per accopparli tutti quegli schifosi Babbani, ma... quella stupida, insulsa mocciosa con i suoi amichetti!” urlò furioso agitando le braccia e sparpagliando peli dappertutto. La Umbridge smise di sorridere e gli si avvicinò lentamente.

“Quindi...hai ucciso qualcuno? Mi hai portato prigionieri? Hai incantato qualcuno??”.

“N..no, mia signora” ammise Johnny. La donna si voltò verso Zucco.

“Abbiamo nuovi problemi” disse in tono irritato.

“Per la miseria! Già ci dovevamo occupare in aggiunta a quel poliziotto onesto, Gordon, e ora anche loro? Ce ne sbarazzeremo il prima possibile” disse alla fine in tono piatto. La Umbridge si avvicinò alla bacheca e appese altre fotografie apparse dal nulla, tra cui quelle di Bullock, Edward e Oswald. Quest'ultima la mise accanto a quella in movimento di Laurie, il quale ritratto, mostrato assieme agli inseparabili Steven, Titanic e Skales, guardava lo spettatore tenendo in una mano un coltello e nell'altra la bacchetta magica. La donna rivolse nuovamente la sua attenzione su Johnny.

“Hai fallito, caro” disse gelidamente.

“Ti avevo dato una chance, ma devi capire che qui errori di questo tipo non sono ammessi.” Con un rapido incantesimo, la bacchetta dell'uomo le volò in mano. All'unisono, Zucco fece un cenno agli altri suoi uomini nella stanza, i quali circondarono Johnny e presero a pestarlo. Ignorando i tonfi e le urla, il mafioso e la donna si avvicinarono all'enorme finestrone alle spalle della scrivania, e guardarono la città luminosa e attiva sotto di loro.

“Gotham, Gotham...mia dolce Gotham” sorrise Zucco.

“Io voglio solo averti completamente fra le mie braccia. Perché mi mandi contro tutti questi inutili e patetici ostacoli? Incontrarti, Dolores, è stata la maggiore delle fortune. Sapevo che avevamo molto in comune, e non temere: tutti questi...rifiuti viventi... che ci sbarrano la strada, uomini, donne, vecchi, bambini che siano...gli faremo fare la fine che meritano.”

“Anche coloro che mi hanno obbligato a venire qui” disse la Umbridge. “Devono pagare”.

“Ma certo” replicò Zucco. “E' una delle prime cose che faremo. Quel...Potter... e i suoi amichetti... pensa... a quando finiranno nella nostra morsa letale...quale gioia!”

E i due, con in sottofondo i lamenti del povero Johnny, presero a emettere una risata fredda, crudele e dura che risuonò in tutta la stanza.

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Capitolo 6
*** Scontri e incontri ***


Laurie si faceva largo per le strade affollate, con Steven alle calcagna che gli trotterellava dietro. Ad un tratto la bambina svoltò bruscamente in un vicolo, e l'animale la seguì. La stradina stava in mezzo a due edifici così alti che la luce del sole non riusciva a filtrare. Laurie continuò a camminare e svoltare nel dedalo di strade, e si fermò accanto a un grosso cassonetto. Sospirando, si tolse dalle spalle lo zainetto, e Skales ci saltò fuori. Anche Titanic prese vita e si stiracchiò le braccia.

“Dite che quei tipi saranno in pericolo?” chiese la nave.

“No, no, quell'incantesimo non ha mai fallito.” replicò Laurie, tirando fuori dalla felpa alcuni panini avvolti in carta stagnola.

“Come ssssono farciti?” interrogò Skales prendendone uno e sedendosi sul cassonetto.

“Prosciutto, tutti e tre” disse la bambina. L'essere parve soddisfatto, e gli diede un morso. Sempre dalla felpa, Laurie tirò fuori un pacchetto di carne che diede a Steven, prima di passare l'altro panino a Titanic e iniziare a sua volta a mangiare.

“Harry e i suoi verranno qui tra poco” spiegò nel frattempo ai compagni.

“E sistemeranno tutto per bene; a questo punto diremo loro di quei Babbani e, se necessario, cancelleranno la loro memoria, così che non si ricordino di noi, e fine della storia”.

“Per me non avremmo dovuto dirglielo, comunque” borbottò Titanic, masticando.

“Sapevano troppo. E sapete come sono con gli incantesimi di memoria, faccio schifo” rispose Laurie. Ad un tratto si sentì un cigolio metallico, e una figura agile saltò accanto a loro. Laurie sfoderò subito la bacchetta, ma la rimise via quando si accorse chi era.

“Ah, Selina” disse. “Puoi non saltarci accanto così all'improvviso?”.

La ragazza arrivata doveva avere circa due o tre anni in più di Laurie. Aveva pantaloni e felpa neri, con un cappuccio in testa che copriva i capelli corti e ricci, biondo scuro. Aveva due occhiali con le lenti verdi sollevati sulla testa. Sorrise furbescamente, e si mise seduta sul cassonetto accanto a Skales.

“Lo so, ma adoro vedere le vostre reazioni.” disse, girandosi verso l'essere.

“Non me ne offri un po'?” gli chiese, indicando il panino.

“No” rispose secco Skales, infilandosi in bocca un frammento di prosciutto.

“Se tu mi dai del latte, io ti do un po' del mio” disse Laurie. Selina tirò fuori una bottiglietta bianca da sotto la felpa e la passò alla bambina, che invece le diede il proprio panino.

“Non capisco perché non usi la tua magia per far apparire del cibo” disse Selina mordendo il pane con appetito.

“Te l'ho già detto, non possiamo fra apparire cibarie, noi maghi. E tu non hai detto a nessuno quello che hai visto vero?” chiese ansiosa Laurie.

“No, quei soldi che mi hai dato per tacere sono andati bene. Ma, se la magia era tanto segreta, perché l'avevi fatta proprio davanti a me?” domandò Selina a sua volta.

“Quei teppisti ci avevano circondato. Se non usava la magia non ce l'avremmo mai fatta a sconfiggerli tutti” rispose Titanic in sua difesa.

“Meno male che non ssssa fare incantesimi di memoria, altrimenti ti avrebbe rivoltato la mente come un calzino” osservò Skales. Selina alzò gli occhi al cielo.

“Comunque, quando verranno qui i nostri superiori vedranno cosa fare. Mi spiace dirtelo, ma probabilmente ti dovranno cancellare la memoria” le disse Laurie.

“Prima dovrete prendermi” tagliò corto Selina. La bambina abbozzò un sorriso.

“Sai che non sei più la sola Babbana a conoscere i nostri segreti?” domandò a quel punto Titanic. Subito dopo, i tre si misero a raccontare quello che era successo e, quando terminarono, Selina esclamò:

“Per la miseria! Ma lo sapete che io quei tizi li conosco?”

“Sul serio??” disse incredula Laurie.

“Certo! Quel tipo, Gordon, una volta mi ha dato una mano con dei rapitori di bambini di strada. Poi ha cercato di chiudermi in un riformatorio, ma me la sono svignata!” aggiunse. I tre ridacchiarono.

“Quel ragazzo, Bruce... cosa ne pensi? Per te è carino?” chiese Titanic interessato.

“Abbastanza” disse Selina semplicemente, riprendendosi la bottiglia di latte da Laurie e bevendone un sorso.

“Uho-oh!” esclamò Skales sghignazzando e dandole una gomitata, ricambiata da un pugnetto.

“Lo sai? A La piace quel tipo, Oswald!” disse Titanic gettando alla bambina un'occhiata maliziosa. Laurie divenne tutta rossa in faccia.

“Piantala! Non è vero!” esclamò tirando un colpetto alla nave.

“Ma dai, Lalla! Ti ho visto come lo guardavi!” la prese in giro Titanic.

“Non chiamarmi Lalla!” lo rimbeccò Laurie.

“Perché no...Lalla?!” chiese beffarda Selina. Laurie si arrese e si mise a ridere anche lei.

“Perché non lo sopporto. Se vuoi chiamami La. E comunque va bene, un po' quel tipo mi piace. Ha dei begli occhi. E a te cosa piace di Bruce?”

“Non ho mai detto che mi piace!” sbottò Selina. “Solo che è carino.”

“Possssiamo parlare d'altro, prima che vomiti?” chiese a quel punto Skales, irritato.

“Va bene. Dimmi una cosa: io potrei fare qualche magia con la tua bacchetta?” domandò allora Selina.

“Te l'ho già detto: non è possibile fare magie, per i Babbani” rispose Laurie. Selina sospirò. In quel momento si sentirono dei passi. Subito Skales si buttò nel bidone più vicino, e Titanic si irrigidì, facendo cadere il proprio panino. Dalla curva di fronte a loro spuntò un uomo. Era piuttosto alto, e con i vestiti sudici; in mano aveva una bottiglia di vino mezza vuota.

“Ehi, che ci fanno delle dolcezze come voi in un posto così?” biascicò il tale. Tirò fuori un grosso coltellaccio e si avvicinò alle due ragazzine.

“Non avete caldo? Dai, toglietevi quei vestiti, io faccio lo stesso; ah, non mi piacciono le risposte negative.” aggiunse con un sorrisetto. Laurie lanciò un'occhiata a Selina.

“Non mi piace essere chiamata “dolcezza” e minacciata” disse. “Tu?”

“Nemmeno.” rispose. Le due si guardarono attorno: erano in un vicolo cieco, senza possibilità di fuga. L'uomo le fissava minacciosamente, protendendo il coltello. Non stava scherzando.

“Dopo tutto” disse improvvisamente Laurie. “Siamo solo due ragazze, e quest'uomo è grosso armato e pericoloso, no?”. Selina annuì, mentre entrambe facevano scivolare la mano nelle tasche in cui tenevano i coltelli.

**********************************************************

Poco dopo le due ragazze tornarono sulla via principale; Steven andava sempre dietro a Laurie, che teneva nuovamente Titanic sulla testa e lo zainetto blu sulle spalle.

“Grazie per il pranzo” disse Selina.

“Figurati” rispose Laurie con noncuranza.

“Dite che troveranno il corpo?” chiese Titanic a bassa voce, approfittando del fatto che la strada fosse vuota.

“E chissene importa” rispose Selina. Laurie alzò le spalle.

“Be', ci si vede in giro Cat. Vedremo quando Harry e i suoi amici arriveranno.”Selina ridacchiò.

“Allora buona fortuna per trovarmi, La” disse poggiandole la mano sulla spalla. Dopodiché si voltò e allontanò. Laurie per un po' la stette a guardare e sorrise tra se' e se' quando la vide fregare un portafoglio a un passante che nemmeno se ne accorse. Mentre faceva scorrere lo sguardo sulla strada, ad un tratto però, i quattro si accorsero di una cosa: una strana macchina argentata, parcheggiata poco distante; il guidatore, un uomo con grossi occhiali scuri e un cappello a dir poco bizzarro, pareva scrutare proprio loro. Laurie lanciò un'occhiata alle sue spalle, e Skales rientrò con la testa nello zaino. Subito dopo la bambina fece un cenno a Steven, si voltò e si allontanarono rapidamente.

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Edward camminava pensieroso sul marciapiede. Quello che gli era successo era decisamente troppo per lui. Le domande che non era riuscito a fare alla bambina e ai suoi bizzarri compari gli si affollavano nella mente, senza una risposta. Era così assorto che si scontrò con qualcuno.

“Attento, imbranato!” esclamò una voce irritata.

“Ah, mi scusi...” disse Edward sistemandosi gli occhiali. In quella si accorse che la voce apparteneva a Butch; accanto a lui Zsasz e Carbone, che sembrava stesse per entrare in un ristorante lì accanto, lo squadravano.

“Ehy: è il tipo di oggi!” esclamò Zsasz.

“Già...” borbottò Carbone.

“Ehm, so che potreste essere impegnati, ma... io non riesco a togliermi dalla testa quella ragazzina con i suoi buffi amici, e voi no?” chiese Edward.

“Ma basta! Era solo una bambinetta che faceva dei trucchetti di magia!” esclamò esasperato Carbone.

“Non eri dello stesso parere quando sei stato sollevato per una caviglia o quando quel tipo biondo ci ha attaccati” gli fece notare Butch.

Carbone non riuscì a rispondere: in quel momento una grossa macchina platinata accostò rapidamente dall'altra parte della strada, e ne uscirono quattro o cinque persone che portavano in testa un grosso passamontagna nero e reggevano in mano delle bacchette.

“Sono loro!” esclamò uno dei tali, indicandoli. Butch, Zsasz e Carbone estrassero le loro pistole e presero a sparare a raffica, mentre Edward si guardava attorno in preda al panico, cercando una via di fuga. I tizi pararono tranquillamente i proiettili, ed esclamarono all'unisono:

“Stuperficium!”.

Un lampo di luce rossa uscì dalle loro bacchette, virando verso i quattro, i quali urlarono, cercando di proteggersi la testa con le braccia. Ma all'improvviso si ritrovarono avvolti da un'aurea blu come quella dell'incantesimo scagliato su di loro d Laurie; i lampi rossi parvero rimbalzare sulle aure e vennero scagliati verso l'auto platinata, la quale saltò in aria con un'esplosione assordante. I tipi per un attimo restarono interdetti, ma poi si diedero alla fuga.

“...Cosa dicevi?” chiese Edward a Carbone, il quale aveva ancora un'espressione atterrita come Butch e Zsasz. Per risposta l'uomo gli diede un colpo sulla nuca, spinse la porta del ristorante ed entrò di corsa senza dire nulla.

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“Protetti?” ripeté Zucco protendendosi verso il gruppo di uomini che aveva davanti.

“Sì, don Zucco” confermò uno di loro. “Quando gli abbiamo scagliato gli incantesimi questi sono rimbalzati: quella mocciosa gli deve aver fatto un qualche tipo di magia per proteggerli.”

“Maledizione!” sbottò il mafioso, afferrando una pistola e sparando alla foto di Laurie appesa al muro. La figura si buttò di lato, evitando il colpo e sbucò nuovamente dalla cornice, facendo una pernacchia a Zucco, che divenne, ovviamente, ancora più furioso.

“Cosa c'è Tony?” chiese la Umbridge uscendo da una stanza lì accanto, con la faccia nascosta nel libro del Principe Mezzosangue, che stava leggendo.

“Dolores, quei deficienti sono protetti! Nessun proiettile o incantesimo può minimamente scalfirli!” esclamò Zucco.

“Purtroppo signora, non esiste incantesimo in grado di cancellarne uno così!” sospirò uno degli uomini. La Umbridge, alzò un dito e lo scosse, abbassando il libro e rivelando la faccia che sorrideva trionfalmente.

“Non esisteva, giovanotti” disse mostrando una pagina particolarmente scarabocchiata.

“Ma il nostro caro Principe ha provveduto per noi. Guardate un po' qui!” detto questo indicò una riga. Tutti si sporsero per leggere, e sulla faccia di Zucco comparve un orribile sorriso.

“Interessante...” mormorò sfregandosi le mani, compiaciuto.

“Davvero molto, molto interessante...”

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L'aeroporto era molto più affollato di quanto Laurie immaginasse. Era seduta su una seggiola, sfogliando una vecchia rivista Focus. In quel momento sentì Titanic esclamare tutto eccitato:

“Eccoli, eccoli!” la bambina le diede un colpetto per dirgli di non farsi vedere dai Babbani, poi chiuse la rivista e la lasciò sulla sedia accanto, infine si alzò e diresse verso tre ragazzi di circa diciotto, diciannove anni appena arrivati. Uno aveva capelli neri tutti arruffati, una strana cicatrice a forma di saetta sulla fronte, occhi verde chiaro e occhiali rotondi. L'altro aveva capelli rosso fuoco, occhi blu, una marea di lentiggini e una corporatura alta e smilza. Infine la terza era una ragazza con capelli castani e folti.

“Harry! Ron! Hermione! Che bello rivedervi!” esclamò Laurie avvicinandosi a loro. I tre sorrisero, e la salutarono a loro volta:

“Come va, Magic Four?” chiese il rosso di nome Ron in tono scherzoso.

“Magic Four?” ripeté Laurie confusa.

“Ron è così immaturo! E' un nomignolo che vi ha appioppato da qualche tempo, non fateci caso” replicò la ragazza di nome Hermione. L'occhialuto, Harry, alzò gli occhi al cielo sorridendo.

“Ma sì, mi piace!” disse Laurie contenta.

“Andiamo, allora? Penso che tu debba raccontarci alcune cosette...” parlò Harry a quel punto. Mentre uscivano rimasero su argomenti leggeri;

“Dovevi esserci, Laurie! E' stato bellissimo volare su quell'affare...l'alaplano, giusto?” disse Ron tutto eccitato: essendo un Purosangue non era mai salito su un mezzo Babbano come l'aeroplano.

“Non venivano anche Luna e Ginny?” chiese Laurie.

“No, questo lavoro è troppo complicato, non possiamo metterle a rischio.” rispose Hermione seriamente.

“Penso che possano cavarsela da sole, no?” osservò Laurie.

“Non, è questo, è che...sarà molto dura, meno persone coinvolgiamo e meglio è. Anche loro due comunque erano di questo parere: Ginny per poco non mi lanciava una fattura Orcovolante” disse Ron passandosi una mano tra i capelli rossi. Laurie tossicchiò imbarazzata.

“Ehm, a questo proposito sulle persone coinvolte...” dopodiché si lanciò nella spiegazione dettagliata di tutti fatti accaduti.

“Cosa?! Ma Laurie, sei impazzita? Adesso metà Gotham Ciy sa del nostro mondo!” sbottò alla fine del racconto Hermione.

“Lo so, ma...ho dovuto. Mi dispiace” rispose Laurie chinando la testa.

“Forse è meglio così: se la Umbridge gli aveva presi di mira, è meglio che sappiano cosa si devono aspettare. Adesso andremo da loro e aggiusteremo ben bene le cose. E poi, se sono mafiosi, sarà più facile, con loro dalla nostra parte, rintracciare la Umbridge.” replicò Harry. Hermione abbassò le spalle, perché in effetti era vero.

“Sai dove abitano quei tipi?” chiese la ragazza a Laurie.

“I mafiosi sì, meglio se andiamo prima da loro.” disse la bambina.

“Splendido! Prendiamo la Metropolvere.” disse Ron.

“Non c'è n'è bisogno, ci basta un taxi” rispose Harry. Ron fece una faccia confusa.

“Taxi? Come funziona?”.

**********************************************************

“E' tutto un complotto, ve lo dico io!” sbottò Maroni.

“Forse dovremmo avvertire qualcuno, no?” chiese Mooney pensierosa.

“Per farci ridere dietro? No grazie, fallo tu!” rispose Maroni.

“E poi ne vale anche la nostra sicurezza” osservò Falcone. Erano seduti lungo un tavolo alla villa di Falcone e discutevano su quanto successo poco prima. In piedi, dietro di loro, stavano Oswald, Carbone, Butch e alcuni uomini dei mafiosi. Butch e Carbone avevano già ripetuto la storia dell'attacco almeno tre volte. In quel momento Zsasz entrò nella stanza.

“Signori” disse. “Ci sono delle persone che...” non terminò la frase che Gordon e Bullock lo scostarono ed entrarono senza permesso.

“Vi avevo pregato di aspettare fuori” disse a denti stretti Zsasz.

“Sì, e noi ti abbiamo ignorato, perciò ora sta' zitto!” intimò Bullock. Gordon si rivolse ai mafiosi.

“Abbiamo sentito di quanto successo davanti al ristorante, e volevamo accertarci che andasse tutto bene.”

“Quella bambina ci deve ancora molte spiegazioni, la stiamo cercando per tutta la città” disse Mooney.

“Va bene ma... potremmo sapere cos'è successo esattamente?”.

Butch sospirò esasperato.

“Eravamo davanti al ristorante di Don Maroni; Carbone stava per entrare, io e Zsasz aspettavamo fuori. E' arrivata questa macchina platinata dal quale sono scesi delle persone, saranno state cinque ma ce n'erano altre nell'auto. Ci hanno indicato e noi gli abbiamo sparato, ma questi avevano delle bacchette, hanno parato i proiettili e hanno provato a colpirci con degli incantesimi. Cosa dicevano?” chiese a Zsasz che alzò le spalle.

“Sturp...stufer..stupe...bah!” borbottò il sicario. Carbone continuò.

“A questo punto siamo stati come circondati da una specie di...non so, aurea blu, qualcosa di simile, e gli incantesimi sono rimbalzati, e finiti sull'auto che è praticamente esplosa. I tipi se la sono data a gambe, e noi abbiamo avvisato i don.”

“Nient'altro?” chiese Gordon.

“No...aspetta! Non c'eravamo solo noi tre. C'era anche quel tipo occhialuto che oggi era a Villa Wayne. Come si chiamava? Edmondo?”

“Edward!” sbottò Bullock. “E adesso dov'è?”.

“Qui!” esclamò una voce proveniente dalla stanza accanto.

“Abbiamo preferito che venisse con noi, in quanto testimone” spiegò Falcone. Un uomo lo condusse nella stanza, e Edward si affrettò a mettersi accanto a Gordon e Bullock.

“Va bene” disse a quel punto Mooney.

“Dobbiamo trovare quella ragazzina e i suoi compagni, così da sistemare questa situazione”.

“Ma stiamo già facendo setacciare la città” sbottò Falcone. “E ancora non si trovano; chissà dove possono essere!”

“Cucù! Proprio qui!” esclamarono Laurie, Titanic e Skales apparendo all'improvviso con Steven sul mobile lì vicino. A Edward, Mooney e Oswald sfuggì uno strillo, mentre Maroni e Falcone, d'istinto, estrassero le loro pistole e spararono un colpo a testa verso di loro: uno andò a vuoto, mentre l'altro colpì Titanic il quale, per la forza del proiettile, prese a roteare rapidamente sulla testa di Laurie; quando si fermò tutti videro che uno dei suoi occhi, quello colpito, era scheggiato, come se fosse di vetro.

“La dovete finire di apparire così all'improvviso nelle case altrui!” sbottò Falcone irritato.

“Ahi! E' così che voi mafiosi accogliete gli ospiti? Ecco perché non avete mai visite!” esclamò Titanic in risposta, tenendo una mano sull'occhio scheggiato. Laurie lo prese in mano e gli puntò la bacchetta sul bulbo:

“Reparo!” L'occhio di Titanic tornò azzurro e lindo come prima.

“Abbiamo sssentito che ci sssstavate cercando, cosssì siamo venuti” disse Skales sogghignando.

“Sul serio?” chiese Bullock.

“No! In realtà volevamo farvi incontrare delle persssssone. Ssssono là fuori che asssspettano”

“Volevamo suonare, ma poi abbiamo sentito cosa dicevate, e allora vi abbiamo fatto uno scherzetto” spiegò Titanic.

“Ah-ah-ah, divertente!” esclamò Bullock sarcastico.

“Almeno noi non vi abbiamo scheggiato un occhio!” sbottò allora Titanic.

“Forse perché noi non abbiamo gli occhi di vetro?” chiese Bullock.

“Possiamo tornare al perché siete qui?” interruppe allora Gordon.

Laurie si girò verso la porta e chiamò:

“Harry, Ron, Hermione! Venite pure!”

“Qui siamo a casa mia, non in un bar tutti-entrano-ed-escono-a-piacimento!” disse irritato Falcone, il quale, tuttavia, fece cenno ai suoi uomini di lasciare entrare i nuovi arrivati. Laurie sorrise e, mentre tre ragazzi entravano dalla porta che dava all'ingresso, disse, rivolta ai presenti:

“Posso presentarvi, signori, i maghi inglesi più importanti del mondo magico?”

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Capitolo 7
*** Botta... ***


“Perché gli hai fatto questo scherzo, La?” disse Hermione accigliata, appena entrata.

“Ma dai, Hermione, non è sssstato nulla!” rispose Skales roteando gli occhi rossi.

“Scusate, voi sareste?” chiese Gordon a quel punto.

“Io sono Harry Potter. Loro sono i miei due migliori amici, Ronald Weasley e Hermione Granger” presentò Harry. “La vi avrà già parlato di noi, immagino.”

“Sì, in effetti” disse Bullock.

“Quindi...voi tre avreste salvato il mondo magico?” chiese Carbone squadrandoli da testa ai piedi e soffermandosi in particolare su Hermione.

“Sì, esattamente” rispose Ron mettendosi di fronte a lei.

“Dovremmo parlare circa quello che sta succedendo ultimamente” disse Harry.

“Chi di voi sono gli importanti boss mafiosi?” chiese Hermione.

Falcone aprì le braccia indicando se stesso, Maroni e Mooney:

“Proprio qui”.

“Ah, bene; sembra che i Magic Four abbiano fatto un po' troppa pubblicità riguardo la nostra storia” detto questo Ron rivolse un'occhiata a Laurie, Titanic, Skales e Steven, i quali fecero un'espressione colpevole.

“Chi?” chiese perplesso Butch.

“E' il loro soprannome” spiegò Ron.

“Perché in inglese Four vuol dire quattro, mentre Magic vuol dire...”

“Abbiamo capito, abbiamo capito!” sbottò Gordon impaziente.

“E' vero, ci hanno detto un po' di cose, ma è stato necessario: quella donna è pericolosa, e ci ha presa di mira” spiegò poi.

“Dovremmo cancellarvi la memoria; però, pensandoci bene, potreste esserci utili” disse Ron. “Cioè, con tre potentissimi mafiosi, i loro uomini e due poliziotti, cosa potrà mai andare storto? Poi siete protetti dall'incantesimo di Laurie, no?”

“Non c'è un contro-incantesimo; questa magia è una delle più potenti e recenti” osservò Hermione impressionata. Laurie sorrise imbarazzata, mentre Skales le diede un pugnetto amichevole sul braccio. In quel momento si udì una porta sbattere, e Bruce si precipitò nella stanza:

“Detective Gordon! Ho sentito che potevo trovarla qui, e...oh” si arrestò quando vide i presenti. Arrivò di corsa anche Alfred, ansimando visibilmente. Falcone alzò esasperato gli occhi al cielo e mimò l'atto di sbattere la testa sul tavolo.

“Come avete fatto a entrare senza che nessuno vi fermasse?”.

“Ah, i suoi uomini erano o privi di sensi o addormentati” rispose Alfred. Tutti si girarono a guardare i Magic Four.

“Ehm...tranquilli vi possssso sssspiegare: la colpa è tutta di Laurie!” esclamò Skales additandola.

“Cosa? Ma l'idea è stata tua, Skales!” replicò la bambina.

“Io non sarei mai voluto entrare in questa storia” borbottò invece Titanic. Steven emise quello che sembrava un gemito.

“Oh, e voi chi siete?” chiese Bruce guardando Harry, Ron ed Hermione.

“Tranquilli, gli ci parlo io” disse a bassa voce Ron agli amici. Dopodiché si girò verso il ragazzino e il maggiordomo e disse con noncuranza:

“Salve signori; io sono...Bilius...Grint. E loro sono i miei due assistenti. Rappresentiamo...un bossa mafioso dell'Inghilterra, e...”

“Ron lascia perdere, sono fra quelli che sanno già tutto” rispose Laurie. Le orecchie di Ron divennero scarlatte, mentre Harry ed Hermione ridacchiavano.

“Il punto è questo: bisogna trovare quella donna e consegnarla a noi; dopodiché la si riporterà in Inghilterra, dove avrà la giusta punizione. Per farlo avremo bisogno di alleati” Harry li guardò uno per uno. “Così potremo trovarla più facilmente. Se è vero che ha il libro del Principe Mezzosangue è ancora più potente di prima, e solo noi possiamo tenerle testa”.

“Va bene, concetto afferrato” disse Bullock.

“Noi siamo disponibili” affermò Falcone.

“Potrei fare delle ricerche” mormorò Bruce.

“Eh, no, signorino Bruce: noi ce ne staremo fuori da questa faccenda” decise Alfred.

“Ma, Alfred...” protestò Bruce.

“No, no, Alfred ha ragione: voi due dovete starne fuori, una volta catturata la Umbridge voi due sarete i primi a cui cancelleremo la memoria” disse rigidamente Hermione.

“Cancellare la memoria?” ripeté Mooney.

“Sì, ma solo i ricordi riguardanti noi e la magia, così che non possiate raccontare nulla” spiegò Harry.

“Di questo dopo ne parleremo” borbottò Maroni.

“Evvai!” esclamarono invece Laurie e Skales. “Andiamo a prendere la Umbridge a calci nel sedere!”

“Voi no!” disse in quel momento Ron. Il sorriso svanì dalla faccia dei Magic Four.

“Cosa?! Perché noi no?”

“Avete già fatto molto, e ve ne siamo grati. Ma adesso diventa troppo rischioso, non possiamo badare a nessuno” spiegò Hermione.

“Come, come? Ci avete mandato nella massima città criminale del pianeta per investigare su una pazza psicopatica vestita di rosa, e adesso vi rifiutate di farci finire il lavoro??” sbottò Laurie.

“E infatti, perché sapevamo che di te ci si poteva fidare, e inoltre non eri da sola; ma adesso ci siamo noi, e le cose cambiano. E' meglio se torni a Londra, o trovi un posto sicuro dove stare.” disse Harry. Laurie si guardò attorno, cercando qualcuno che gli desse ragione, ma nessuno fece nulla.

“...Bene! Allora, signori, noi ce ne andiamo! E vi facciamo notare che siamo stati noi a combattere con quella racchia e a fare quell'incantesimo di protezione “di magia avanzatissima” come hai detto tu, Hermione! Ora andiamo!” Laurie fece salire Skales sulla sua spalla e se ne andò a passo di marcia (o almeno provandoci, visto come zoppicava). Uno degli uomini di Falcone ridacchiò, e Laurie gli sferrò un pugno nello stomaco che lo fece abbattere al suolo; dopodiché se ne andò per la porta d'ingresso, seguito da Steven.

“Aspettate!” esclamò Bruce andandogli dietro.

“Bruce...” iniziarono Gordon e Harry.

“Ci ha pur sempre salvati” interruppe il ragazzino. Poi continuò a seguirli, e si sentì la porta d'ingresso chiudere.

“...Gli passerà” disse Ron. Falcone si mise seduto e fece cenno ai tre ragazzi di fare altrettanto.

“Bene, allora penso che noi adesso dovremmo parlare di alcune cose”.

***********

“Ragazzi! Ragazzi, aspettate!” Bruce attraversò di corsa tutto l'enorme prato di villa Falcone, sotto lo sguardo sospettoso e perplesso degli uomini del mafioso che parevano essersi svegliati, ma finì per fermarsi, quando vide che i Magic Four erano già diventati dei puntini nel cielo; probabilmente a cavallo della loro scopa volante. Bruce sospirò e si fermò per riposarsi. Ad un tratto, con la coda dell'occhio, notò uno strano movimento alla sua destra del giardino. Si guardò attorno e andò a vedere. Nonostante la lontananza con il palazzo, Bruce notò una grossa porta a vetri che dava alla cucina, dove si trovavano tutti a parlare. Evidentemente anche Alfred si era interessato, visto che non lo era venuto a cercare.

“Quella Laurie ci ha dato veramente un aiuto prezioso” pensò, mentre continuava a camminare.

“Ma è pur sempre una bambina. Anche con quei suoi amici, resta pur sempre una bambina. Non può compiere questi rischi, nonostante sia una strega, i tre ragazzi inglesi non dovevano dargli una responsabilità così grande...” in quel momento si bloccò vedendo due figure avanzare a fatica. Corse verso di loro, sparendo dal campo visivo della cucina. Erano un uomo e una donna, di un'età indefinita, ne' troppo vecchi, ne' troppo giovani. La donna aveva qualche ferita sul capo, e l'uomo la sorreggeva.

“Ehi, tu! Ragazzo! Ti prego aiutaci!”. Bruce dapprima si chiese da dove fossero entrati, ma poi vide una spaccatura nel cancello, in un punto non sorvegliato.

“Cos'è successo? Siete feriti?” chiese il ragazzino toccando la donna sulla spalla. Questa trasalì.

“C'è stato...un...un incidente. Mia moglie ha colpito la testa; io ho un forte dolore al ginocchio sinistro” l'uomo fece una smorfia. “Per...per favore, chiama aiuto. Noi non ce la facciamo”.

“Sì, sì” assicurò Bruce, guardando la donna. I capelli erano lunghi e neri, con alcuni nodi. Gli occhi scuri e dolci, le guance solcate da lacrime. L'uomo invece aveva capelli castani con riflessi chiari, occhi grigio perla e una bocca scarlatta, anche se forse era sangue. Il ragazzino, prima di andare, tirò fuori un fazzoletto dalla tasca, e tamponò il sangue dalle ferite della donna.

“Grazie...grazie di cuore” balbettò la donna con gli occhi che le si riempivano nuovamente di lacrime.

“Ma tu...vivi qui? Hai un'aria familiare...”

“No, no; forse mi vede familiare perché sono Bruce Wayne.”

“Ah; ma allora chi ci vive qui?”

“Il signor Carmine Falcone”

“Il mafioso? Ma...ci aiuterà?”

“Vedrete” assicurò Bruce. “Non può negarvi almeno un aiuto, state tranquilli.”

“Fai...fai presto, ti prego” gemette l'uomo tenendosi il gomito. Bruce si alzò e corse verso la villa, pensando alle cose da dire a Falcone. In quel momento però inciampò in qualcosa e cadde.

“Un serpente” pensò raggelato, sentendo qualcosa di lungo che gli si avvinghiava sulle caviglie. Ma quando guardò vide solo quella che sembrava una lunga corda di fumo. Un' altra gli legò le mani dietro la schiena. Fece per urlare, ma una terza gli si avvinghiò sulla bocca. A poca distanza i due coniugi si erano alzati. L'uomo puntava su di lui una bacchetta. La donna lo fissò pulendosi i tagli sulla tasta, che erano finti, così come le lacrime.

“Ben fatto Mike”

“Anche tu, Dolly.”

“E' davvero il figlio dei Wayne?”

“Controlla.” La donna tirò fuori un fucile e, sotto lo sguardo terrorizzato di Bruce, gliela puntò contro. Questo scosse la testa più e più volte, ma lo sparo echeggiò lo stesso. In quella, un'aurea blu avvolse il ragazzino e fece rimbalzare il proiettile. Dolly lo schivò agilmente.

“Ma non capisco una cosa: come mai sono riuscito a legarlo, se c'è quest'incantesimo di protezione?”

“Semplice, può solo proteggerlo da ferite, schiantesimi e uccisioni” disse la donna con un sorriso. "Se provassimo a toccarlo per rapirlo ci brucerebbe le mani".

“Ma l'incantesimo di protezione è molto recente” osservò nuovamente l'uomo.

“Come siamo certi che quello secolare del Principe possa annullarlo?”

“Provaci” incitò Dolly. Mike puntò contro Bruce la bacchetta e borbottò parole incomprensibili. Un fascio di luce rossastra scaturì dal legno e avvolse il ragazzino. Si udì un rumore come di vetro infranto, e poi tutto tornò normale. A quel punto Dolly si avvicinò a Bruce e tirò fuori un coltello. Poggiò la lama contro la sua tempia, e ci incise un lungo taglio. Bruce trasalì sentendo il bruciore e il sangue che gli scivolava giù sul collo. La donna si voltò esultante verso il compagno.

“E' fatta!” entrambi si batterono le mani, ridendo.

“Funziona! Possiamo terminare il lavoro!”.

Bruce, per quanto legato, cercò di tirare un calcio a Mike, riuscendoci per metà. Questo, irato, gli puntò contro di nuovo la bacchetta, facendone uscire un'altra corda di fumo che si avvinghiò attorno al collo di Bruce, mozzandogli il respiro. Ignorando i suoi lamenti, l'uomo si rivolse alla compagna.

“Adesso cosa facciamo, quindi?”

“Tutto ciò che era stato programmato. I testimoni vivi, gli altri morti. Semplice, no?”

“Va bene, ma dobbiamo rompere gli incantesimi di protezione prima, nel frattempo possono spararci, no?”

“Sì, ma basta solo fare attenzione”.

“Ok, aspetta che ti sistemo i tagli”

“Sì, grazie. Oh, e...Mike?”

“Cosa?”

“Il ragazzino. Deve essere vivo”. Mike sospirò e lanciò uno sguardo a Bruce legato che si dimenava, con la faccia diventata cianotica. L'uomo fece un gesto brusco con la bacchetta e il filo di fumo che stringeva il collo del ragazzo si dissolse.

“Come facciamo a essere certi che quei tizi ci facciano entrare?”

“C'è una porta sulla cucina; basta recitare la solita storia della tragica coppia finita fuori strada e gravemente ferita; solo, facciamo in modo che non si accorgano della cosa, e, tanto, come potrebbero sospettarlo?”. Mike terminò di ritoccare i tagli finti di Dolly, rendendoli ancora più cruenti e realistici. Poi la donna sollevò Bruce sulle spalle come un salame, e si avviò verso il buco nel cancello, ignorando i tentativi del ragazzino di liberarsi. Là, nascosto da un grosso albero, stava un furgone dipinto di verde mimetico: Mike aprì il retro, e Dolly ci gettò dentro Bruce senza tanti complimenti. Dopodiché lo richiusero e tornarono nel giardino. L'uomo mise un braccio attorno alla spalla della donna, come per sorreggerla, e lei si bagnò gli occhi e le guance come se fosse reduce da un pianto. Mano a mano che si avvicinavano alla finestra della cucina videro qualcosa che gli riempì di gioia maligna.

“Perbacco! Ma quelli sono...”

“Questa sì che è fortuna! Almeno non dovremo spostarci fino a Londra per prenderli! Avanti, mettiamo in atto il nostro piano”.

************

“Ehy, ma chi sono quei tizi?”

Tutti i presenti nella cucina alzarono lo sguardo, interrompendo il discorso: guardando fuori dalla porta-finestra videro una coppia avanzare barcollando. Alfred era sul punto di uscire a cercare Bruce, ma si fermò. In quel momento le due persone aprirono la finestra ed entrarono;

“Ehy! Come siete entrati nella mia villa?” chiese Falcone.

“Cos'è successo?” domandò al contrario Gordon.

“Incidente...terribile incidente con l'auto...c'era un buco nel cancello, siamo passati di lì...” disse l'uomo. Alfred dette una mano alla donna a sedersi, e Falcone sospirò.

“Vedrò di cercare un medico”.

Mentre parlava con uno dei suoi uomini per chiedergli di trovarne uno e Alfred si occupava della donna, sotto lo sguardo di Maroni e Mooney, l'uomo spiegava gesticolando di come la loro auto era andata fuori strada. Gordon provava ad ascoltare, ma continuava a distrarsi perché Harry gli tirava ripetutamente la manica.

“Che vuoi?” sbottò a bassa voce ad un certo punto. Quest'ultimo indicò di nascosto qualcosa che spuntava dalla tasca dei pantaloni dell'uomo: un bastoncino. Che però sembrava...

I due si scambiarono un'occhiata. Ma nessuno dei due fece nemmeno in tempo a prendere la pistola o bacchetta, che la donna fece uno scatto quasi disumano e si trovò a puntare un coltello alla gola di Alfred e Ron.

“Acc...” iniziò a dire Hermione, ma l'uomo la precedette: estrasse la bacchetta magica e la puntò contro Oswald pronunciando un incantesimo che emise una luce rossastra; la cosa che era successa con Bruce si ripeté, e si udì un rumore di vetri infranti.

“Stuperficium!” esclamò poi l'uomo sempre contro il ragazzo. La luce rossa lo colpì dritto allo stomaco, e un attimo dopo fu scagliato, come era successo con Laurie, lungo tutta la stanza. Solo che invece di finire su un letto picchiò la testa contro un mobile, e restò immobile a terra. Approfittandone dell'attimo di sbigottimento generale, l'uomo scagliò altri incantesimi, stavolta senza parlare, con una velocità impossibile, tanto che in poco tempo caddero a terra anche Alfred, Ron, Falcone, Maroni, Butch, Zsasz e Edward. Gordon, Harry, Bullock, Mooney, Hermione, Carbone e gli uomini di Falcone cercavano in tutti i modi di fermarli, ma quei due erano delle furie; alla fine anche gli ultimi caddero, a causa di un potentissimo incantesimo color giallo ocra che colpì Gordon e Harry come delle mazzate in testa. Subito dopo fu facile disarmare e mettere fuori gioco gli altri. Gli uomini di Falcone rimasero immobili e disorientati, e Dolly ne accoltellò un paio, mentre i rimanenti ci pensò Mike con l'Anatema che Uccide.

************

Poco dopo i due tipi attraversavano il campo con una sfilza di corpi galleggianti e inermi a seguirli. Dolly aprì la porta del furgone, e Mike ci fece gettare dentro tutti gli altri. Non si accorsero della figura che gli spiava nascosta nei cespugli; terminato il lavoro richiusero le portiere senza nemmeno accertarsi di come stesse Bruce, e ripartirono per la volta di Gotham City.

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Capitolo 8
*** ...E risposta ***


“Ma voi guardate! “Non potete venire, siete troppo piccoli!” E questo dopo averci mandato nella città numero 1 di criminalità del pianeta! Quei beoti!!”

Laurie non la finiva più di inveire. Erano nuovamente nel vicolo in cui avevano incontrato Selina. La scopa volante Onda era volata via nel cielo, e ora i Magic Four stavano seduti su un cassonetto, parlando male degli altri e mangiandosi un'enorme quantità di dolci: Laurie aveva in mano un sacchetto pieno di cioccolatini quadrati ripieni di caramello e con una nocciola al centro. Lei, Titanic e Skales ne tiravano fuori uno dopo l'altro, cacciandoseli in bocca; probabilmente il sacchetto era incantato, perché non finivano mai. Ogni tanto Laurie ne tirava una manciata a Steven, il quale aveva sicuramente dei poteri anche lui perché li mangiava senza problemi, mentre normalmente il cioccolato è una specie di veleno per i cani.

“Per me sono solo gelosi” borbottò Titanic.

“Ma dai, non è da loro; come farebbero a essere gelosi?” chiese Laurie. Steven aggrottò un sopracciglio a Titanic (o almeno, il suo muso si contrasse), mentre Skales non rispose, occupato a togliersi del caramello da uno dei suoi dentoni bianchi affilati. In quel momento si udì uno schiocco secco nell'aria, e, di fronte a loro, caddero a terra due ragazze. Laurie saltò in piedi, facendo un gesto ridicolo con le braccia nel tentativo di prendere contemporaneamente bacchetta magica e coltello, Skales fece lo stesso, mentre Titanic urlò:

“No! Fermi! Aspettate vi prego! Non prendetemi nulla! Ho degli amici: derubate loro, non me!”.

In quella, le ragazze si alzarono lentamente, spolverandosi i pantaloni.

“Ciao Magic Four!”

“Luna, perché gli chiami così?”

“Ginny! Luna! Grazie al cielo, siete voi!” esclamò Titanic sollevato. In quella si accorse che Laurie e Skales lo guardavano accigliati. “Ehm, ragazzi, naturalmente ho detto quella cosa, prima, perché sapevo che voi sapete benissimo difendervi, mentre io, ecco, sono un po' scarso! Non intendevo che dovevano derubare voi, ma solo...”

“Oh, falla finita Titanic!” esclamò una delle due ragazze. Erano sui diciotto anni, molto diverse fra loro: la prima aveva una grande massa di capelli rosso fuoco e lisci, lentiggini su tutta la faccia e occhi scuri e luminosi. La seconda invece aveva i capelli lunghi, di un biondo sporco, occhi sporgenti e dall'aria sognante, e una strana collana che sembrava fatta da tappi di bottiglie. La prima si chiamava Ginny Weasley, la seconda Luna Lovegood.

“Ragazze, che bello! Ma che ci fate qui? Credevo che Harry e Ron vi avessero detto...”

“Harry e Ron, per tua informazione, non possono decidere un bel niente per noi” sbottò Ginny tirandosi indietro i capelli fiammeggianti.

“Già, così abbiamo pensato di proiettarci direttamente da voi. Oh, Skales, hai due ghirigori in testa” disse invece Luna con tono sognante. Skales si toccò i cappucci blu da cobra con sopra due spirali gialle.

“E' bello anche per me rivederti, Luna, vedo che stai bene!” rispose.

“Dove sono Harry, Ron ed Hermione? Abbiamo preferito comparire da voi invece che da loro, perché avrebbero reagito malamente. Ma non è stato facile trasferirsi con un incantesimo dall'Inghilterra all'America” disse Ginny. Laurie gettò un'occhiata ai tre amici, dopodiché raccontarono tutto quello che era successo.

“...E così ora ci troviamo disoccupati!” sospirò Titanic mettendosi in bocca un cioccolatino.

“Può darsi che l'abbiano fatto solo perché avete fatto sapere troppo del mondo magico a tutti quei Babbani; sì, deve essere sicuramente così” affermò Ginny.

“Solo che non volevano dirvelo in questo modo, così hanno preferito in questo modo.”

“Mh, mh” mugugnarono Laurie e Skales con la bocca piena di cioccolato e caramello.

“Ne volete uno?” chiese Titanic porgendogli il sacchetto. Luna ne prese una manciata, ma Ginny li fissò riempirsi la bocca dei dolci.

“Che c'è? Siamo sconvolti, e quando siamo sconvolti il cioccolato ci fa stare meglio, va bene? Tipo con i Dissennatori” sbottò Laurie accorgendosi del modo in cui la ragazza la guardava.

“Ma guardatevi! Sembrate Ron!”

“Adessssso non nominarci tuo fratello” avvertì Skales.

“Ehy, guardate che anche noi ce l'abbiamo con loro, va bene?”

“Questi Falcone e Maroni sono italiani?” chiese invece Luna. Tutti la guardarono.

“Ehm, credo di sì, perché?” disse Titanic.

“In Italia ci sono un sacco di Melleri. Ti si intrufolano in testa mentre dormi passando dalle orecchie. Tu Laurie sei di origine italiana e ne sei piena. Questi due ne avranno la testa traboccante”.

“Ok...” borbottò Laurie interessandosi all'improvviso alle sue scarpe.

“Comunque, dicci allora dove sono” disse Ginny.

“L'ultima volta erano a casa di don Falcone, non so adesso cosa stiano facendo”.

“State tranquilli, non sono più là!” tutti sussultarono guardando in alto: da una scala antincendio del palazzo lì vicino si sporgeva Selina.

“E tu chi sei?” chiese Ginny.

“Ha uno gorghoschizzo che le ronza attorno” avvertì Luna.

“E' quella ragazza, Selina, di cui ti parlavamo” sospirò Laurie.

“Selina, loro sono Ginny Weasley, sorella minore di Ron e fidanzata di Harry, e Luna Lovegood, nostra grande amica”. Selina saltò agilmente a terra.

“Sono dei maghi? Mi stanno cercando per cancellarmi la memoria?” chiese sospettosa.

“Dovremmo, ma no, non ti vogliamo cancellare la memoria.” disse Ginny. Luna fece un gesto, come per scacciare una mosca invisibile dalla testa di Selina.

“Bene! Il gorgoschizzo se n'è andato!” disse soddisfatta. Selina la guardò come se avesse parlato in una lingua sconosciuta.

“Meno male che non volete cancellarmi la memoria: i vostri belli amici sono stati portati via. Villa Falcone è stata ripulita.”

“Cosa??” chiesero tutti in coro. Titanic lasciò cadere il sacchetto di cioccolatini a terra. Steven drizzò le orecchie.

“Ho visto due tizi trasportare una sfilza di persone addormentate via da lì. La maggior parte gli ho riconosciuti, ma c'erano anche tre ragazzi, due maschi e una femmina...”

“Erano loro” concluse Skales. “Dicci coss'è sssuccesssso essattamente”. Di solito l'essere parlava appositamente evitando la lettera “s” per come la pronunciava, ma dall'eccitazione non ci faceva più caso. Selina raccontò rapidamente di Mike e Dolly, come li avesse visti uscire da villa Falcone trasportandosi dietro i corpi privi di sensi, e andarsene con il furgone. Era lì, spiegò, perché pensava di riuscire a trovare qualcosa di interessante da sgraffignare vicino alla casa del più importante mafioso di Gotham. Aveva seguito il furgone saltandoci sopra, e questo era andato fino a uno dei palazzi più alti della città. A questo punto aveva pensato di informare i Magic Four nel caso sapessero qualcosa.

“Io vado a salvarli” disse Ginny senza esitazioni.

“Vengo con te” affermò Luna.

“Ci sono anch'io” disse Laurie. “Anche se mi pietrificate, trovo un modo per liberarmi e seguirvi.”

“Va bene” sospirò Ginny.

“So già che 'sta storia mi farà rimpiangere il fondo dell'oceano” borbottò Titanic. “Ma non posso non venire anche io”.

Steven abbaiò per aggregarsi.

“La mia norma da cattivo dei cartoni animati mi indica di fregarmene e andare a ssssssvaligiare il kebab più vicino” disse Skales. “Ma ssssiamo i Magic Four, e non possso perdermi una ssscazzottata quando c'è n'è una, perciò...andiamo ad ammazzarci!”

“Ottimo; qual è il piano?” fece Selina incrociando le braccia.

“Come? Vieni anche tu?” chiese stupito Titanic.

“Della maggior parte di loro non me ne può fregare di meno” (Skales gli fece un sorrisetto di approvazione) “...Ma Bruce...è Bruce. Perciò, andiamo a salvarlo”.

“Lo dicevo che ti piace! Ehy Laurie, magari anche tu hai fortuna con Oswald, no?” chiese Titanic scherzoso. Luna e Ginny si guardarono perplesse, mentre Laurie e Selina, all'unisono, prendevano Titanic e lo buttavano nel bidone più vicino.

“La Umbridge è una maga molto potente e pericolosa; Laurie almeno ha la bacchetta, ma...tu?” fece preoccupata Ginny.

“Sa cavarsela. E poi, qui non si parla solo della Umbridge, c'è anche lo zampino di qualche persona non magica.” osservò Laurie.

“Tutti quei collegamenti con Babbani... insomma, un mago o una strega non ne sarebbero così capaci.”

“E allora scopriamo cosa c'è sotto. Largo gente, le ragazze prendono la scena!”

*****************

Gordon aprì gli occhi con l'impressione di avere la testa in fiamme. Si toccò la parte destra della nuca e sentì un bernoccolo così grosso che sembrava avesse una palla da baseball sotto la pelle. Si tirò a sedere: era attorniato dagli altri. Avevano un'aria furiosa e imbronciata.

“Ehi?” chiese Gordon “Dove siamo finiti? Che è successo?” per risposta Bullock indicò qualcosa: delle sbarre. Erano in una specie di grossa gabbia di metallo, di quella usata negli zoo. Ma non erano in uno zoo: stavano in una colossale stanza cubica, con una parete fatta interamente di vetrate, che mostrava che si trovavano in un altissimo palazzo.

“Sono stati quei due tizi” informò Harry. “Quell'uomo era un mago straordinario; non capisco come abbia fatto a cancellare l'incantesimo di protezione di Laurie: l'unico che può cancellarlo è la persona stessa che l'ha scagliato”.

“Ci hanno tolto tutti i cellulari. E anche le armi, coltelli e pistole e bacchette” sbuffò Bullock.

“Non abbiamo nulla per aprire la gabbia?” chiese Gordon. Tutti scossero la testa.

“Ma...manca qualcuno” osservò all'improvviso Ron.

“Non vedo Hermione. E nemmeno quel tipo, Cobblepot”.

“Senza contare Bruce. Chissà cosa gli hanno fatto” borbottò cupamente Alfred.

“Siamo qui!” esclamò all'improvviso una voce. Tutti si girarono: non molto distante da loro c'era una specie di vetrata, che mostrava un'altra stanza, e una porta. Dalla vetrata Hermione, Oswald e Bruce gli osservavano.

“State bene? ” gridò Ron per farsi sentire.

“Sì, sì!” esclamò Hermione.

“Ma siamo chiusi qui”.

“Ma va'?” fece sarcastico Ron.

“Chi ha architettato un piano così ben congegnato?” chiese Mooney.

“Bella domanda” fece Harry.

“Questa non è tutta farina del sacco della Umbridge. C'è qualcun altro”.

In quel momento si sentì una porta aprirsi: dall'altra parte della stanza entrarono cinque persone. In testa c'erano Zucco e la Umbridge, seguiti da Dolly e Mike e da un malconcio Johnny, che ancora perdeva peli dorati e ogni tanto ne sputacchiava qualcuno.

“Tu!!” urlarono all'unisono Harry e Ron e Falcone e Maroni, i primi due riferiti alla donna, i secondi al mafioso. Di colpo si guardarono.

“Lo conosci??” fecero ancora contemporaneamente.

“Quel tizio, Zucco: è un mafioso, arrivato da poco. Tony, non eri nostro amico?” fece Falcone. Zucco ridacchiò.

“Vostro amico? Io? Ma figuratevi! Tutto quello che volevo era farvi una buona impressione!” rispose.

“Aspetta...lo credevate vostro amico?” chiese Harry a Maroni.

“Sì, perché?” disse lui. Harry, Ron ed Hermione si scambiarono un'occhiata.

“Oh...” borbottarono come se avessero capito qualcosa solo ora.

“Avete sempre collaborato?” chiese invece Gordon.

“Fin da quando ci siamo conosciuti” confermò Zucco.

“Pensavate davvero che mi sarei accontentato di starmene alla vostra ombra? Nossignore, per nulla. E adesso...” si girò verso Hermione, Oswald e Bruce “Vedrete. Tu!” esclamò indicando Bruce. “Mi servi, ragazzo.”

Zucco estrasse una pergamena e una penna d'oca dalla tasca.

“Cos'è?” chiese Alfred.

“Un semplice contratto nel quale il ragazzo mi cede la compagnia di suo padre, la Wayne Enterprises”. La Umbridge fece un risolino, e Gordon ed Harry provarono l'impulso di mollarle un pugno. Zucco scrollò le spalle, si avvicinò al vetro che dava alla stanza con all'interno i tre prigionieri, e aprì quella che sembrava una fessura per delle lettere nel muro, così ben mimetizzata che prima nessuno l'aveva notata. Ci fece passare la penna d'oca e il contratto, e la chiuse. Bruce li prese e osservò. Poi alzò lo sguardo.

“Se lo può scordare” disse tranquillamente.

“Suvvia ragazzo, così facendo stai dando a te e i tuoi compagni un'inutile sofferenza” disse dolcemente la Umbridge.

“Oh, certo, Bruce firma, poi sta sicuro che ci lasceranno andare, magari regalandoci un lecca-lecca per il disturbo!” fece ironico Ron. Zucco e la Umbridge lo fulminarono con lo sguardo.

“Hai preso il libro del Principe Mezzosangue” sbottò Harry alla donna.

“E' così che hanno potuto eliminare l'incantesimo di protezione”

“Era un peccato che stesse a marcire in quella stanza a Hogwarts, no? Così ho pensato...”

“...Di farlo passare per tuo!” interruppe bruscamente Oswald.

“Già!” Lo appoggiò Hermione. “E' la tua specialità! Già prima con quel medaglione... lo so che tua madre era una Babbana! E tu te ne vergogni così tanto che...”

“Zitti!!” strillò la Umbridge “Non mi faccio insultare da bastardi come voi, uno sporco Babbano e un'insulsa Sangue Marcio!”

Ora, né Gordon, né i suoi compagni Babbani avevano capito a cosa si riferisse Hermione con il medaglione citato, e neppure capito cosa voleva dire la Umbridge con la parola Sangue Marcio, ma capirono che doveva essere qualcosa di grosso: Hermione ammutolì diventando bianca e rossa come una mela, Harry si scagliò con tutte le sue forze contro le sbarre della gabbia e Ron sputò verso la Umbridge una sfilza di parolacce. Anche Bruce intuì che l'insulto era molto pesante, perciò gettò a terra la penna d'oca e strappò in due il contratto.

“Ora basta così!” esclamò Zucco.

“Voi tre!” indicò Falcone, Maroni e Mooney. “Venite con me. E anche tu!” additò Bruce.

“Se lo può scordare” sbottò Gordon. Maroni e Falcone incrociarono le braccia con aria di sfida, mentre Mooney giurò:

“Provate ad avvicinarvi e vi ucciderò in uno schiocco di dita.”

“Ehm, scusate, per caso abbiamo detto che ci importa qualcosa di ciò che pensate o che vi toccheremo?” domandò Zucco. Si girò verso Mike e Johnny, e fece un cenno. Entrambi sollevarono le bacchette, Johnny (con gran soddisfazione di tutti i prigionieri) sputacchiando qualche pelo dorato e inveendo contro “quella dannatissima ragazzina con i suoi amichetti”. Un attimo dopo Falcone, Maroni, Mooney e Bruce furono avvolti da un'aurea azzurrognola come quella scagliata da Laurie contro il coniglio-Johnny. Poi i quattro furono sollevati; prontamente i loro compagni tentarono di afferrarli o riportarli con i piedi per terra, ma senza successo: sempre avvolti in quell'aurea, furono come trascinati contro le sbarre (Falcone, Maroni e Mooney) e la parete (Bruce) ma, incredibilmente, la attraversarono come fosse un ologramma. Zucco,Mike, Dolly e la Umbrdige se ne andarono attraverso la porta portandosi dietro i mafiosi e il ragazzino, ignorando le proteste e minacce di questi e gli altri prigionieri.

“Li faccio a pezzi se fanno qualcosa a Bruce” sibilò Alfred afferrando le sbarre e premendole come per farle sparire. Johnny, rimasto con loro, sputò ancora dei peli dorati e se ne scrollò un po' via dai capelli, poi si sedette su una sedia lì accanto, scrutandoli torvo.

“Ma cosa combinano quei due?” borbottò improvvisamente Ron. Tutti guardarono verso la vetrata che dava alla stanza accanto: Hermione e Oswald stavano parlando a bassa voce, in maniera molto concitata. Poi entrambi fecero una faccia furente, e Oswald si voltò e schiacciò la fronte contro il vetro, mentre Hermione sparì dalla visuale.

“Lasciaci andare: potremmo esserti utile. E poi...poi potresti essere ricompensato” tentò di dire il ragazzo a Johnny.

“Bel tentativo” bofonchiò l'uomo. Oswald fece per aggiungere qualcos'altro ma poi la sua faccia si trasformò: guardò alle spalle di Johnny, verso la porta, e urlò:

“Presto, sbrigatevi! Li hanno portati nella stanza accanto! Muovetevi!!”

Johnny si girò così velocemente da rischiare di torcersi il collo, si alzò e corse verso la porta, girando nel corridoio e allontanarsi.

“Ma che diavolo...” borbottò Carbone. In quel momento la porta accanto alla vetrata si spalancò, e Oswald ed Hermione ne uscirono trionfanti.

“Come...come...” farneticò Edward. I due sorrisero, ed Hermione mostrò la penna d'oca che Bruce aveva gettato:

“Abbiamo parlato, e poi fatto finta di aver discusso, così che non da non farlo insospettire; poi Oswald lo ha fatto uscire con quello stratagemma, e io ho forzato la serratura.” spiegò.

“Ok: Hermione sei un mito!!” fece Ron eccitato. Oswald gli lanciò un'occhiata.

“Ehm, naturalmente anche tu, ma il fatto che Hermione ci ha già salvato un sacco di volte, e poi...”

“Sì, sì, parleremo un'altra volta delle vostre avventure, ora liberateci” sbottò Zsasz. Hermione e Oswald si avvicinarono, la prima con la penna in mano, pronti a scassinare la serratura. Ma in quel momento Mike apparve dalla porta in fondo alla stanza e urlò puntando contro di loro la bacchetta:

“Levicorpus!” Hermione e Oswald furono sollevati in aria, e si trovarono a strillare e scalciare appesi per una caviglia, come un da un gancio invisibile. Butch riuscì a raccogliere la penna, ma, prima che potesse nasconderla, Mike esclamò:

“Accio penna!”. L'oggetto volò per la sala e finì dritto in mano all'uomo. Dopodiché questo entrò, seguito dalla Umbridge e Johnny.

“Meno male che hai incrociato Mike, altrimenti le conseguenze del tuo errore sarebbero potute essere...spiacevoli.” fece la donna all'uomo. Poi si voltò verso i due appesi.

“Li rimetto nella stanza” disse Johnny con aria avvilita.

“Oh, no. Ho altro in mente per loro. I bambini cattivi devono essere puniti” disse la Umbridge con una luce di trionfo negli occhi.

“Che sta facendo a Bruce?” chiese Alfred.

“Nulla, Zucco sta cercando di farli ragionare. Dolly se ne intende di queste cose.” rispose Mike ridacchiando. In quel momento si sentì un urlo acuto, non si capiva a chi appartenesse.

“Bastardi!” sputarono Bullock e Ron all'unisono.

“Che ci farete?” chiese invece Hermione con tono quasi piatto. Oswald si portò una mano al petto.

“No, tranquillo caro, non sprecherò ancora quell'incantesimo su di te e la tua compare” rassicurò la Umbridge. Con la bacchetta li sospinse, sempre sospesi al a testa in giù, verso la parete a destra. Gordon notò che le loro facce stavano diventando rosse per il sangue che defluiva verso il basso. La Umbridge tirò fuori un paio di fogli e due penne d'oca alquanto insolite. Tutti i tre maghi sussultarono.

“Quella è...” fece con voce strozzata Harry.

“Sì” disse la Umbridge sorridendo in modo smielato. “L'ho solo perfezionata.”

Spinse con un incantesimo i fogli e le penne verso Oswald e Hermione.

“Forza, prendeteli” incitò la donna. Nessuno dei due si mosse.

“L'unica cosa che mi spingerebbe a prendere questa penna, sarebbe il cacciartelo in un occhio!” esclamò Oswald. La Umbridge scosse il capo e usò un incantesimo che obbligò le braccia dei due ragazzi a sollevarsi e prenderli.

“Ora scrivete “Babbani” ” ordinò. “Poi magari vi farò scendere. Voglio che vi rendiate conto di quale sporca specie apparteniate. Fate penetrare il messaggio. Se non lo fate voi vi obbligo io” aggiunse. Johnny e Mike si guardarono sghignazzando.

“Non lo fare” disse Hermione a Oswald.

“Perché hanno così paura?” chiese Alfred agli altri. La Umbridge puntò la bacchetta verso i due. Per Oswald il messaggio fu chiaro: seccato, prese la penna d'oca e il foglio e, un po' faticosamente perché sottosopra, scrisse in modo un po' malandato “Babbani”. Guardò la Umbridge che gli sorrise al contrario.

“Continua” incitò. “Fai penetrare il messaggio.” Oswald non capiva cosa intendesse, ma pensò di farla finita. Così continuò a scriverlo. Mentre lo faceva avvertì una strana sensazione di bruciore alla fronte; cercò di ignorarla, e continuò. Non sapeva che lì accanto Hermione aveva iniziato anche e lei e non poteva trattenersi dal tremare mentre scriveva: si ricordò di quando la Umbridge aveva insegnato momentaneamente a loro ad Hogwarts, alle sue punizioni. E quando sentì il bruciore alla fronte ripensò alle parole della donna “L'ho solo perfezionata”. Prima si limitava alla mano. Ma stavolta...

Mentre Oswald scriveva, notò faticosamente che Gordon le persone nella gabbia li fissavano allibiti. “Cos'hanno da guardare?” pensò infastidito. Ora, oltre il bruciore, sentiva anche qualcosa colargli sui capelli. Con un sospiro si interruppe per asciugarsi la fronte. E si bloccò quando vide quello che gli era rimasto sulla mano: sangue. Si girò verso Hermione, la quale si era fermata anche lei per rivolgergli uno sguardo triste. Sulla sua fronte spiccavano dei tagli sanguinanti, che formavano una scritta.

“Cos'è?” chiese Bullock.

“Babbani” lessero all'unisono Oswald e Hermione. I fogli e le penne caddero a a terra. Mike e Johnny si dettero il cinque. La Umbridge sorrise. In quella la porta si aprì ed entrarono Falcone, Mooney, Maroni e Bruce; camminavano in fila indiana, con dietro un uomo che puntava alle loro schiene una bacchetta magica. Era tarchiato, con capelli grigiastri e una barba mal rasata. Vestiva interamente di rosso e indossava, chissà perché, guanti bianchi. I mafiosi e il ragazzo, a parte qualche taglio sulla faccia e l'aria scombussolata, parevano stare abbastanza bene. Di nuovo vennero avvolti in una luce azzurrognola, per poi attraversare le sbarre della gabbia ed infilarsi dentro; con l'aggiunta di Bruce ora si stava decisamente stretti lì dentro.

“Come state? Che è successo?” Domandò Butch, accorso verso Mooney. Bruce invece fissò prima Oswald e Hermione con la fronte sanguinante, poi la Umbridge, e infine urlò:

“Cosa gli avete fatto?”.

“Una lezioncina” ribatté tranquillamente la donna. Gordon la fissò furente, desiderando, ardentemente, avere una pistola per sparargli. In quel momento, contemporaneamente e Bullock, Ron ed Harry, vide qualcosa: un'ombra che saettava davanti alla parete fatta a vetrate. Si convinsero di avere le allucinazioni.

La Umbridge li guardò, prima di parlare:

“Voi quattro non avete ceduto le vostre compagnie e territori; voi due avete disobbedito; voialtri siete terribilmente intralcianti. A questo punto non ci servite più: dovremo sbarazzarci di voi”.

Gordon, Bullock, Harry e Ron strinsero i pugni. Alfred abbracciò Bruce, Butch si mise davanti a Mooney, Zsasz a Falcone e Carbone a Maroni. Edward, Oswald ed Hermione si avvolsero le braccia sulla testa, come per parare un colpo invisibile. Ma all'improvviso, i secondi che ho citato, spalancarono la bocca fissando la finestra.

“Bel tentativo; ci credete così stupidi?” rise Mike.

“Neanche Johnny è così scemo da cascare per due volte di fila nello stesso trucc...” ma non terminò la frase. In quel momento la finestra esplose, e tre scope volanti entrarono, svolazzando per tutto il soffitto. Dallo stupore, nessuno riuscì a reagire. Un attimo dopo atterrarono, le prime due con grazia, la terza sbandando e quasi schiantandosi.

“Ahi! Selina, mi hai quasi rotto le costole!”

“Scusa, ma stavo per cadere!”

“Perché ogni volta accetto di prendere la scopa? Sono una nave posso...”

“Navigare da te? Sssta attento a quello che dici Titanic! Ricordati che tu sssei tu!”

“Arf!”

Tutti fissarono ammutoliti le quattro ragazze e gli strani esseri che parevano caduti dal cielo.

“Come va?” chiesero i Magic Four e Selina all'unisono mentre Ginny e Luna sfoderavano le bacchette.

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Capitolo 9
*** Fino all'ultimo incantesimo ***


Immagino sia inutile dirvi che tutti i presenti, amici o nemici che fossero, restarono letteralmente a bocca aperta.

“Voi?” fecero Gordon e Bullock a Selina e i Magic Four.

“Voi??” domandarono invece Harry e Ron a Ginny e Luna.

“Voi!!” urlò furente la Umbridge agli arrivati.

“Tu?” esclamò Bruce a Selina.

“Noi!” disse Titanic sfoderando un sorriso.

“Loro?” si chiesero a vicenda Butch e Zsasz.

“Cosa ci fate voi qui?” ripeté incredulo Ron a Ginny e Luna.

“Vi salviamo, ovviamente” disse Ginny.

“Andatevene via subito!!” strillò la Umbridge istericamente. “Anzi, no! Johnny, Mike, Samuel: prendeteli!”

I tirapiedi con un sorrisetto si fecero avanti. Le ragazze saltarono giù dalle scope; quelle di Luna e Ginny rimasero a terra come normali scope, mentre Onda schizzò via da sola dalla finestra rotta, verso il cielo. Titanic aprì una specie di minuscola botola che aveva sul dorso, e tirò fuori una telecamera con cavalletto, la stessa che aveva usato per minacciare Falcone, Maroni e Mooney quando questa lo aveva insultato. Selina estrasse invece un coltello.

“Cossssa?? Combatti con quello?” esclamò Skales.

“Ma quanti anni hai?”

“Tredici” disse un po' seccata Selina “Qualche problema?”

“Certo!” fece l'essere. “Sssei cosssì giovane: usssa quesssto!” detto questo infilò una mano dietro la schiena ed estrasse dal nulla una grossa spada dalla punta curva. Dai lineamenti e impugnatura sembrava uscire dallo stesso universo strambo dal quale era uscito Skales. Selina la prese incredula. Poi provò a fendere l'aria e sorrise.

“Mi piace! Grazie”.

“Ma sei pazzo a farla combattere con quella?!” sbottò Gordon.

“Già; e poi non è giusto: perché lei che è un'insulsa ragazzina, senza offesa Selina, può avere quell'arma superfiga mentre io devo accontentarmi di sta' stupida telecamera?” fece invece Titanic.

“Perché tu con le armi sssei meno di uno zero, Titanic; ricordi cosss'è ssssuccesssso l'ultima volta in Egitto con quel bazooka?”

“Ok, per cominciare non stavo mirando il naso della Sfinge, e poi sei stato tu a fregare quell'arma al governo!”

“Ahahaha, ragazzi, non è il momento di scherzare!” disse Laurie con una risatina falsa.

“Insomma,che aspettate, che partano prima loro?! Colpiteli!” sbottò la Umbridge ai suoi uomini. Johnny scrutò i Magic Four lieto di prendersi la rivincita, mentre Samuel alzò scherzosamente le mani guantate di bianco.

“Ehy, stiamo calmi, io non faccio del male a delle bambole!”.

Non l'avesse mai detto! Non terminò la frase che Ginny, rapidissima, le scagliò un incantesimo: i suoi vestiti andarono completamente a fuoco. Samuel lanciò un ululato, e prese a fare quella che sembrava una forma di danza della pioggia. Tutti non si trattennero e presero a sganasciarsi dalle risate, mentre Mooney batté le mani in segno d'approvazione. La Umbridge tentò di colpire Ginny, ma Luna dissolse il colpo. Selina saltò agilmente accanto a Mike e cominciò a parare tutti gli incantesimi che gli lanciava, con la lama, come se si allenasse con la spada da sempre. Skales sospirò.

“Entro in scena io, a quessssto punto.”

Mise una mano dietro la schiena ed estrasse uno strano oggetto: era uno scettro color oro, con la punta a forma di serpente cobra e una strana pietra blu con sopra una spirale gialla al centro. La roteò con abilità e saltò sulla spalla di Selina, aiutandola a contrattaccare. Johnny e la Umbridge cominciarono a combattere contro Ginny e Luna, mentre Laurie guardò i prigionieri.

“Chi libero?”

“Prima loro” disse prontamente Ron indicando Hermione e Oswald, ancora appesi. La prima si asciugò la fronte sanguinante, e urtò Oswald per schivare un incantesimo rimbalzato.

“Scusami” disse. Laurie si avvicinò, ma in quella Skales gli volò addosso: Mike fece indietreggiare Selina verso di lei, sollevando la bacchetta. Laurie gli puntò la propria contro e gridò:

“Obscuro!” una benda nera si avvolse sugli occhi di Mike.

“Ehi! Chi ha spento la luce??” urlò questo agitando le braccia davanti a se'. In quella dalla porta entrarono almeno altre sei persone, maghi , i quali si scagliarono subito nella rissa. Ad un tratto un tipo sulla quarantina con capelli simili a paglia fu spinto da un incantesimo di Luna contro la gabbia: Zsasz, approfittandone, lo afferrò e prese a sbatacchiarlo furiosamente contro le sbarre, fino a fargli perdere i sensi. Laurie nel frattempo aveva liberato Hermione e Oswald, e li fece sedere. Un tipo provò ad avventarsi alle sue spalle di nascosto, ma Laurie senza nemmeno voltarsi gli scagliò un incantesimo che cominciò a fargli spuntare orribili pustole giallastre su tutta la faccia.

“Dov'è la mia bacchetta? Voglio aiutarvi!” fece Hermione.

“No: voi adesso restate qui!” sbottò Laurie. Oswald provò ad alzarsi ma si sbilanciò e rischiò di cadere. Hermione lo aiutò a risedersi.

“Ci liberate, noi??” gridò Gordon.

“Bisogna aiutare Selina!” disse invece Bruce notando come la ragazza si scontrava con un tizio. Ad un tratto, però, Selina roteò abilmente la spada, tagliando così i pantaloni del tale, che restò in mutande, e rompendogli letteralmente in due la bacchetta che brandiva: l'uomo scappò via urlando in preda al panico.

“...Come non detto!” fece Bruce. In quella Titanic si avvicinò alla gabbia con un balzo.

“Ok: che devo fare?” fece.

“Rompi la serratura; facci uscire!” esclamò Bullock. La nave provò a usare una forcina per capelli che aveva tirato fuori dalla sua botola, ma questa si spezzò. Allora diede qualche colpo con il cavalletto della telecamera alla serratura, e questa scattò. Gordon balzò fuori, e quest'imprudenza per poco non lo fece colpire in pieno dalla maledizione Imperius; per fortuna Titanic parò in tempo il colpo. Ginny allora si avvicinò alla gabbia, tra uno scontro e l'altro.

“Rientrate nella gabbia” ordinò.

“Come? Vuoi scherzare?” sbottò Bullock tentando di uscire dalla stretta apertura. Luna si aggregò a loro, lanciando in aria un uomo con l'incantesimo di levitazione.

“Sono in troppi, non so se ce la facciamo” avvertì.

“Tranquilla Luna, ora ci penso io” disse Ginny con una strana luce negli occhi. Harry fece per ribattere, ma poi sembrò capire.

“Oh...va bene, restiamo dentro” disse, riportando Gordon e Bullock nella gabbia e chiudendo, anche se non a chiave.

“Adesso mi sbarazzo io di questi imbecilli” borbottò Ginny. In quella arrivarono Laurie, Steven, Skales e Selina; le due ragazze aiutavano Oswald ed Hermione.

“Che fate?” domandò Skales tirando un colpo di scettro a un tizio, proprio in mezzo agli occhi.

“E' il momento della Fattura Orcovolante” disse Ginny con un sorriso. Laurie si girò verso la gabbia, ma Mooney gli avvertì:

“Stiamo troppo stretti, ormai neanche la nave ci starebbe più, qui dentro.”

“Improvviseremo. E levati di dosso!” Hermione si girò e mollò un pungo in pieno viso a un uomo che l'aveva afferrata per le spalle.

“Bel colpo” fischiò Butch ammirato.

“E' la mia ragazza quella!” gli disse compiaciuto Ron.

Laurie si rivolse verso la gabbia e fece l'incantesimo di protezione che aveva usato contro i gothamiani. Poi lo ripeté sugli altri Magic Four, Luna, Selina, Hermione e Oswald. Infine lo fece su se stessa e si sedette a terra, imitata da Luna, Steven e Skales.

“Ma...lei no?” domandò Oswald indicando Ginny. Questa scrollò le spalle, si rivolse agli uomini della Umbridge rimasti che stavano per attaccare e gli puntò contro la bacchetta senza proferir parola. Un secondo dopo la stanza si popolò dal nulla di mostruosi esseri svolazzanti: demoni terrificanti, spettri ululanti, e anche di peggio. I gothamiani, ma anche Harry e Ron, nonostante ne fossero immuni, si allontanarono il più possibile dalle sbarre. Ginny rimase a guardare tranquillamente gli uomini della Umbridge urlare, portarsi le mani alla testa, cercare di allontanare le creature, senza successo. Nel mentre, Laurie e Luna si alzarono e presero a colpire con vari incantesimi i nemici. Alla fine i mostri sparirono, e la stanza risultò disseminata da corpi stesi a terra.

“Sono solo privi di sensi” disse Luna come per rassicurare gli altri.

“Non sarò mai più lo stesso!” gemette Edward, evidentemente molto provato. Finalmente i prigionieri poterono uscire, e Harry e Ron corsero ad abbracciare gli altri maghi.

“Ma...tu cosa ci fai con loro?” chiese perplesse Bruce a Selina, indicando con gli occhi i Magic Four.

“Amici miei” disse la ragazza mettendo un braccio attorno al collo di Laurie.

“Ssssai ragazza, non te la cavi affatto male con la sssspada. Sssse ti interesssssa, ssssei sssempre la benvenuta nel mio mondo, potresssti diventare una ninja” disse Skales a Selina con un sorrisetto.

“Ma Skales, i ninja sono tuoi nemici!” osservo Titanic. Gordon alzò gli occhi al cielo mentre i due battibeccavano, e disse rivolto a Hermione.

“Stai bene?”

“Sì, sì, non è nulla.”

“Anche io sto bene, grazie per l'interessamento!” aggiunse Oswald irritato.

“A me interessa se stai bene” disse Laurie a bassa voce.

“Non ti azzardatevi mai più a mettervi sotto pericoli come questi!” rimproverò nel frattempo Ron a Ginny e Luna.

“Ma sentitelo! Chi è che ha messo fuori gioco tutte queste persone, noi o voi?” ribatté Ginny al colmo dell'irritazione.

“Non fare così, solo si preoccupavano per noi” disse Luna con un sorrisetto.

“Infatti” ammise Harry, asciugando un po' del sangue che colava dalla fronte di Hermione.

“E a questo proposito...” si voltò verso i Magic Four.

“Vi devo delle scuse.” Titanic e Skales, che stavano ancora litigando riguardo a dei ninja ignoti, si bloccarono.

“Interessante... amo il pezzo delle scuse” sogghignò Laurie, tornando però seria.

“Dicci”

“Ecco...abbiamo davvero fatto male a mandarvi da soli in questa città. Ci siamo...convinti troppo che potevate cavarvela da soli. E poi...vi abbiamo tagliato fuori all'improvviso dalla cosa, perché...c'è stata una profezia che abbiamo sentito quando eravamo in Inghilterra, ed è anche la cosa che ci ha portato a venire qui così in fretta e furia”.

“Una profezia?” domandò Carbone, che stava ascoltando.

“Un profezia è una previsione del futuro” spiegò Edward.

“Lo so, cos'è una profezia!” sbottò Carbone.

“Appunto: diceva che... una persona amica avrebbe voltato le spalle” disse Ron.

“E...voi credevate potesse essere qualcuno di noi?” domandò Titanic incredulo.

“No, ma non volevamo correre rischi. Ma...adesso sappiamo che in realtà era Zucco, che Falcone e Maroni credevano loro amico.” sospirò Hermione.

“La vossstra non è ssstata una mosssa tanto intelligente: infatti poteva accadere che noi, arrabbiati com'eravamo per il bidone che ci avevate dato, potessssimo decidere di passssare dalla parte del nemico.” fece notare ragionevole Skales.

“La cosa più irritante è che ha sempre ragione! E' quasi come Hermione!” disse Ron a bassa voce a Harry, il quale si mise a ridere.

“Ronald!” fece irritata Hermione, dandogli un mezzo spintone. Gordon si girò e fece per dire qualcosa a Bullock, ma lo vide impegnato a fissare una scena alquanto comica:

“Voi dovete essere don Falcone e don Maroni, vero?” chiese Luna con il suo solito tono sognate.

“In persona” confermò Falcone. “Ci conosci?”

“Non proprio; avete un sacco di Melleri in testa, vi escono da tutti i pori”.

Istintivamente Falcone e Maroni si portarono una mano alla faccia.

“Oh, non preoccupatevi: è tipico degli italiani. E' segno di alta intelligenza.”

“Oh, ehm...grazie?” fece Maroni lanciando un'occhiata interrogativa a Falcone. Bullock e Ron presero a tossire violentemente in un tentativo vano di trattenere le risate. In quella però arrivò Zsasz, che fino ad ora aveva girovagato per la sala: aveva una faccia cupa.

“Signori, non mi piace interrompere la festa, ma ho dato un'occhiata ai corpi per terra: sono tutti uomini e un paio di donne giovani. Significa che la racchia se l'è svignata”.

“Questa è una cattiva notizia” borbottò Harry. In quel momento Gordon abbassò lo sguardo e vide Steven che scodinzolava, tenendo in bocca una specie di sacchetto.

“Laurie...” iniziò Gordon alzando la testa. La vide che stava colpendo delicatamente con la bacchetta magica la fronte di Oswald, cantilendando qualcosa. I tagli si stavano rimarginando, e il poliziotto notò Titanic che, di nascosto sul cappello della bambina, mimava con le mani dei cuori, e al contempo sbaciucchiava una persona invisibile.

“Ehm...Laurie?” ripeté Gordon.

“Ah, che c'è?” chiese Laurie interrompendosi.

“Il tuo cane...cos'ha in bocca?”

“Non so, guarda; dai, mica ti morde! Basta che non hai dita che somiglino a salsicce” Il cane, attraverso il sacchetto, abbaiò.

“Scusa, scusa” si affrettò a dire Laurie come se Steven l'avesse rimproverata. Gordon gli tolse di bocca il sacchetto e lo aprì: dentro c'erano una serie di armi e tre bacchette magiche.

“Le nostre cose!” riconobbe Mooney. Ciascuno si riprese le proprie, e le intascò. In quel momento, però Laurie aggrottò la fronte e strillò all'improvviso, puntando la bacchetta alle spalle degli altri:

“Stuperficium!” il suo lampo di luce rossa partì di scatto, cozzando contro un incantesimo verde che era arrivato loro alle spalle. Tutti si girarono in tempo per vedere la Umbridge sporgere dalla porta con la bacchetta protesa, mentre dietro la osservavano Zucco e Dolly. A Hermione sfuggì un urletto.

“L'Avada Kedavra! Figlia di puttana, volevi ucciderli!”. Harry e Ron sussultarono, visto che Hermione non insultava qualcuno in quel modo da quando si era imbestialita con Ron due anni prima. Tutti sfoderarono bacchette e pistole varie, ma Laurie li precedette: zoppicò in avanti furiosamente, si girò verso di loro ed esclamò:

“Protego!” uno specie di barriera protettiva comparve di fronte a loro; Titanic, Skales e Steven fecero appena in tempo a balzare dall'altra parte. Zsasz e Carbone tentarono ugualmente di sparare dei colpi, ma rimbalzarono inutilmente.

“E che cavolo! Voi quattro, COSA CREDETE DI FARE?” urlò Ron, mentre Gordon picchiava inutilmente con il calce della pistola lo scudo.

“State indietro! E' mia! E' mia!” ripeté Laurie furiosa, brandendo la bacchetta. La Umbridge non se lo fece ripetere due volte e partì all'attacco. Zucco e Dolly fecero per mirare con la pistola verso la bambina, ma questa spedì contro di loro un incantesimo lanciato dalla Umbridge; prima che si fossero ripresi, Titanic, Skales e Steven gli furono addosso.

“Sporca Sangue Marcio! Cosa credi, di potermi tenermi testa?” la derise la Umbridge, parano una sua mossa.

“Laurie, no!” gridò Harry sbattendopiù volte con le mani sullo scudo. Titanic, che osservava la scena dalla testa di Dolly, mentre questa cercava di staccarsi Steven dalla gamba, borbottò:

“Be'...di solito non incito la violenza, ma stavolta...” e urlò all'indirizzo di Laurie

“Dagli un calcio in quel sederone flaccido che si ritrova, La! Sei grande!! Falla a pezzi!”

La Umbidge lo sentì e provò a colpirlo con un incantesimo, il quale invece colpì Dolly alla testa.

“Dolores colpisci, avanti! E togliti di dosso, insulso invertebrato dalla lingua biforcuta!” esclamò Zucco, cercando di sbarazzarsi di Skales, il quale stava beatamente appollaiato sulla sua testa. La Umbridge lanciò un incantesimo giallastro verso Laurie, e queste per ripararsi usò uno degli scagnozzi stesi sul pavimento, usandolo a mo' di scudo. La Umbridge le tirò contro un altro incantesimo, che lo mancò di un centimetro.

“Attenta!” urlarono tutti.

“Ehy: bel colpo Dolores!” fece invece Zucco. Ma non aggiunse altro, perché Skales gli tirò un colpo con lo scettro dritto in mezzo alla fronte, facendolo crollare a terra assieme a Dolly.

“Arrenditi, storpia Sangue Marcio, e ti prometto una fine rapida senza maledizione Cruciatus. Cosa che non potrò giurare per loro” e la Umbridge rivolse un ghigno verso i prigionieri al di là dello scudo. E in quell'attimo Laurie colpì: un incantesimo color indaco partì alla carica peggio di un bisonte indiano inferocito; il lampo rosso della Umbridge fu sbalzato indietro, e la donna venne colpita sia dal suo che dall'incantesimo di Laurie. La bacchetta della donna si spezzò in due. E la bambina...

“Crucio!” sibilò, puntandole contro il bastoncino. Oswald, che conosceva bene gli effetti si lanciò un'occhiata d'intesa con Hermione: la Umbridge cadde a terra strillando e contorcendosi, come in preda a una terribile sofferenza; per un attimo Oswald provò addirittura pena per lei, ma poi si ricordò con quale razza di crudele sadismo l'aveva trattato, e non se ne preoccupò più. Laurie nel frattempo aveva negli occhi una luce folle. Non si accorse neppure che l'incantesimo di scudo aveva perso effetto. Alzò di nuovo la bacchetta:

“Avada Keda...”

“Ferma!” Harry corse da lei, la prese per le spalle e la fece voltare verso di lui, bloccandole la maledizione a metà frase.

“Basta così” intimò. La Umbridge se ne stava a terra agonizzante, ma nessuno ci fece caso.

“Non è il caso che ti metta un morto sulla coscienza. Soprattutto una come lei” a parlare era stato Alfred, che lanciò un'occhiata di disgusto alla donna.

“Va bene” borbottò Laurie a bassa voce. Ma sembrava non esserne veramente convinta, come notò Gordon. Ma fu solo un attimo: subito dopo si mise a sorridere:

“Sono andata bene?”

“Alla grande. Solo, non farlo più, almeno fino a quando ci avrai superato in altezza” disse Ron. Steven, Titanic e Skales li raggiunsero, e Laurie dette una carezza al primo e batté un cinque con gli altri.

“Dove andranno, adesso?” chiese Bullock ammiccando a Zucco e la Umbridge.

“Zucco ci pensiamo noi” dichiarò Falcone.

“No, no, no” interruppe Gordon.

“Lo porteremo in carcere”.

“La Umbridge ritornerà ad Azkaban, invece, dove merita di stare.” disse poi Hermione in tono fermo. Nessuno, nemmeno i mafiosi, replicò.

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Capitolo 10
*** Epilogo: La storia finisce (o forse no?) ***


“E' stato bello conoscervi”

“Anche per noi”

Harry, Ron, Hermione, Luna e Ginny strinsero la mano ai gothamiani; i Magic Four, invece, restarono in disparte, accanto a Selina.

“Grazie ancora per l'aiuto” disse Gordon. Il sole era in calo, tingendo tutto di un color arancione intenso; erano all'aeroporto, dove i maghi avrebbero fatto ritorno a Londra. Zucco era stato affidato alla polizia Babbana, mentre la Umbridge e i suoi sgherri maghi erano stati prelevati da alcune guardie magiche di Azkhaban, giunte appositamente a Gotham.

“Siete stati grandi nel combattimento” disse Bruce. Detto questo tese il collo e stampò un bacio sulla guancia di Selina. Al contempo Oswald strinse la spalla di Laurie, in segno gratitudine. Entrambe le ragazze diventarono rosso papavero, mentre Skales e Titanic si rotolavano dal ridere.

“Ci giurate che manterrete il segreto sul nostro mondo?” chiese Hermione.

“Vi ricordate, il Voto Infrangibile che vi abbiamo fatto stringere, no?”

“Sì, che se lo rompiamo moriamo” interruppe Carbone.

“Tenete d'occhio i Melleri” disse invece Luna a mo' di saluto rivolta a Falcone e Maroni.

“Sss...sì, contaci” borbottò Falcone stringendogli la mano. Ginny si girò verso Ron, ma lui stava parlando con Bullock e Butch.

“...Ma assolutamente, dovete provare le Gelatine Tuttigusti +1, che hanno un'infinità di sapori diversi!”

“Cioè, cioccolato, fragola, ciliegia...”

“Non solo! Ce ne sono anche di pesce, toast, erba fresca...una volta mi hanno detto che ce ne sono anche al gusto di vomito, caccole e cerume!”

“Ehm, allora penso che passeremo! Piuttosto, dicci ancora di quelle Cioccorane”

“Oh, sono fantastiche! Sono come rane vere ma di cioccolato, senza contare delle figurine che...”

“Mio Dio, Ronald!” sbottò Hermione, anche se sorridendo.

“Che c'è? Me l'hanno chiesto loro!”

“No, non è vero!”

“Ma sì che è vero!”

“Forse è meglio se andiamo” interruppe Harry, guardando l'orologio da polso.

“Aspettate! C'è...una cosa che dovremmo dirvi” disse però Laurie. Aprì bocca, ma Titanic la precedette:

“Restiamo qui.”

“Cooome??” esclamarono tutti i maghi.

“In che senso?” fece Luna.

“Be'...Gotham City ci piace come città. Non ci siamo mai mossi da Londra, e là la comunità dei maghi continuerà a guardarci con sospetto. Perciò, noi Magic Four vorremmo restare qui.”

“Ma...non potete!” esclamò Hermione.

“Hai...hai solo dieci anni, come faresti a...”

“Mi occupo io di lei” interruppe Selina avanzando.

“La potremmo ospitare” propose Bruce.

“No, grazie, Bruce, noi pensavamo di stare per le strade, con Selina”

“Ma...ma...non potete...non dovete...”

“Suvvia, Hermione! Sappiamo cavarcela, e siamo i Magic Four! Non saremo mai soli!” affermò Titanic con sicurezza.

“Infatti! Ssssta ssssicura, ci bado io a loro!” disse Skaels.

Hermione scosse il capo e lanciò un'occhiata a Harry e Ron. Parlarono per qualche secondo, poi si girarono.

“Al minimo problema, ce lo riferirete? Tu li terrai d'occhio?” chiese Harry prima ai Magic Four, poi a Selina. Tutti annuirono.

“Bene” sospirò il maghetto. “Così sia, allora.”

I saluti si prolungarono, con Hermione che fece a Laurie mille raccomandazioni che la fecero avvampare, e le diede abbracci come se dovesse andare in guerra. Finalmente, fra continui saluti con le mani, i maghi entrarono nell'aeroporto. Poco dopo si vide il loro aereo decollare e partire nel celo vermiglio.

“Bene” disse Gordon passandosi una mano fra i capelli.

“Così è finita” aggiunse Edward un po' dispiaciuto.

“Sì, certo...continuate a crederci” ghignarono Laurie Skales. Tutti li guardarono.

“Che intendete?”.

“Con noi in città non sssstate troppo a ssssperarci!” fece Skales. Tutti si lanciarono occhiate interrogative. Laurie si avvicinò a Oswald e gli disse qualcosa a bassa voce. Il ragazzo gli rispose, aggrottando la fronte. Parlottarono così per un po', poi la bambina tornò accanto agli amici e Selina.

“Ti diamo un passaggio?” le chiese.

“Certo che sì!” disse la ragazza, contenta. Laurie tirò nuovamente fuori il suo fischietto rosso e, dopo averci soffiato dentro, arrivò Onda. I Magic Fourc ci salirono sopra con Selina dietro, e strizzarono l'occhio agli altri gothamiani.

“Ci si vede in giro, gente!” ridacchiò Laurie. Un attimo dopo la scopa partì e, volando verso il centro di Gotham, si dissolse nella luce del tramonto.

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