Zibaldone in similversi

di tillmorninghighway
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi di una stanza su un treno che va via ***
Capitolo 2: *** Non Umano ***
Capitolo 3: *** L'uomo che credeva a Lepanto ***
Capitolo 4: *** Ore piccole ***
Capitolo 5: *** Aerei ***
Capitolo 6: *** Plin ***
Capitolo 7: *** Vittoria ***



Capitolo 1
*** Ricordi di una stanza su un treno che va via ***


Versi nostalgici fra la maturità e l'inizio dell'avventura universitaria.


Ricordi di una stanza su un treno che va via


La porta si chiude

Mille Mondi si aprono
Nella mia stanza.
Vascelli, tempeste
Astronavi, galassie
Castelli, magie.
Un lenzuolo è un mantello
Una riga una spada
Una sedia è un trono.
La porta si è chiusa
Il bene vince
sempre
Nella mia stanza.

In quel cassetto
Mille Segreti raccontano
La mia vita.
Su quella mensola
I libri che ho letto
I film che ho amato
La musica che mi ha accompagnato
Raccontano la mia vita.
Quei peluches azzurri
Quel quadrante rosa
Quella sedia zoppa
Raccontano
Silenziosi
La mia vita

Un ultimo sguardo
Lo scorcio che vedo
Dal corridoio
Accanto alla mia valigia.
La finestra e il suo panorama
Noto come un sogno fatto mille volte
La scrivania e le sue scartoffie
I disegni tanto amati, i riassunti per l’ultimo esame
Il letto e le sue lenzuola colorate
Le mensole e i loro fumetti impilati
Disordinatamente
Come i ricordi
Di un ultimo sguardo.
La magia alle spalle,
il mondo avanti.
Andiamo valigia.
Ritorneremo
Presto.


 

Vecchie recensioni (e un enorme grazie a chi all'epoca le scrisse):

é fenomenale!!davvero bellissima!
Complimenti è scritta davvero bene!!!
è una poesia splendida complimenti!!!
Baci
Mary
@Mary_Whitlock

Temo di essermi commosso. Molto bella, specialmente per un nostalgico come me. :) Mi è piaciuto leggerla lentamente, dando ad ogni particolare di quella stanza il peso che meritava. Sì, si va avanti. Ciao!
@AhiUnPoDiLui

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Capitolo 2
*** Non Umano ***


Antropocentrismo? No, grazie.


Non Umano

Voglio essere una bestia che corre nei prati,

fra l’erba alta ed il vento che sferza i crini fulvi,
d’istinti, di sensi, ignara, forte, possente,
voglio aprire le fauci e ruggire,
gridare la mia libertà fra gli alberi vivi.

Voglio essere un albero che allunga i suoi rami nel cielo,
che piange rugiada e che ride usignoli,
voglio affondare le mie radici nel ventre della Terra,
e tremare,
e ascoltare il presente per l’eternità.

Voglio essere terra che gela in inverno e che secca in estate,
che veste di petali e foglie cadute,
che abbraccia radici e rifugia animali innocenti,
voglio il cielo stellato lassù
a guardarmi mischiare la vita di Tutto.

Voglio essere il cielo agitato da nubi e da venti,
davanti la vita, alle spalle l’immenso,
disteso su monti elevati e su mari profondi,
legato alla terra da un arco di pioggia,
lo sguardo vagante da valli e cascate
ad astri remoti e oscurissimi vuoti,
voglio riflettere luce di stelle
e celare alle stelle il mio piccolo mondo vitale.

E sotto le nuvole e sopra le terre
cammina l’eletta Creatura.

Le fiere rinchiuse in gabbie roventi,
gli alberi strappati dai secolari nidi,
la terra asfissiata da asfalto e da scorie,
il cielo offuscato e ferito da fumi e veleni.
Grande è l’opera dell’uomo e terribile,
come l’anima sua e la mente,
stagliate in stupende pretese blasfeme.
Possente e sicura ha la mano
Nel plasmare il Mondo
ma
Dio, ti prego
 tutto
ma non umano.

 
Vecchie recensioni (grazie infinite a chi all'epoca si è preso la briga di lasciarle! - E grazie ancora a @JustBigin45 e a @GingerHeart che hanno recensito la poesia precedente!):

ma che bella questa tua poesia! hai descritto tutte le peculiarità del mondo animale e vegetale con una tale grazie che era un piacere leggerla. con poche parole (d’istinti, di sensi, ignara, forte, possente presenti nella prima strofa) descrivi situazioni diverse fra loro, con caratteristiche significative e profonde. al posto di dilungarti in inutili perifrasi, concentri in poche espressioni il tuo pensiero.
davvero complimenti,
a presto,
Isaby94
@Isaby94

 

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Capitolo 3
*** L'uomo che credeva a Lepanto ***


C'è chi crede che l'amicizia valichi ogni confine. E poi c'è chi crede nella battaglia di Lepanto.


 
L'uomo che credeva a Lepanto

Che mai nomate con quel motto, maestro?
Che mai intendete con quest’amicizia
Di cui parlate sovente destro
Ma ch’ancor suona avventizia
 
Al mio scettico e accorto orecchio?
Insieme si marcia fra mille fatiche
Sì, lotta e s’acciglia l’ormai fiero vecchio
Ma se speme lo piglia a cercar dita amiche
 
Che trova, cercando, se non dita uguali?
O saggio, son fors’io nell’error perso?
Ma il lupo e l’agnello non giacciono qui.
 
Che rispetto mai sorge su bui ancestrali?
O stesso, quando mai hai colto il diverso?
No, il lupo e l’agnello non giacciono qui.

 
Vecchie recensioni:

NONA CLASSIFICATA al contest "E lasciatemi divertire!"

Grammatica: Dal punto di vista della grammatica e dell’ortografia non ho trovato nessun difetto, hai fatto un buon lavoro!
5/5

Stile: Ho apprezzato il tentativo di proporre una poesia scritta con un linguaggio arcaico, tuttavia ho trovato delle imperfezioni dal punto di vista dello stile e dei vocaboli, o dei dettagli che a mio parere hanno reso meno scorrevole la lettura, che ora elencherò:
Che mai nomate con quel motto, maestro?: oltre ad essere un po’ troppo ostico per la presenza di due forme auliche (“nomare” e “motto” inteso come “parola”) in posizione molto ravvicinata, questo verso presenta il verbo “nomare” inteso in un’accezione un po’ impropria: mi pare, e chiedo scusa per eventuali errori di interpretazione, che tu lo usi come “definire”, mentre in genere quel verbo veniva usato per “assegnare il nome, chiamare con il proprio nome, menzionare qualcuno nominando” e non come “definire”. C’è insomma una sottile differenza tra “nomare” e “chiamare”, ed io consiglierei, anche per semplicità, di usare qui il secondo verbo.
Vorrei inoltre chiederti – ma questa è una mia domanda personale che non ha influito sul punteggio qui – in quale accezione usi il termine “avventizia” al verso 4: “incerta” o “imposta da fuori”?
Una seconda, piccola cosa, che può sembrare davvero una stupidaggine ma a cui io in realtà tengo, è la seguente: tu scrivi “Oh saggio, son fors’io nell’error perso”, e sotto anche “Oh stesso”. Ora, un consiglio che do sempre è quello di adoperare, nel vocativo, l’interiezione “o” e non “oh”. In italiano, “oh” corrisponde più ad un’esclamazione di stupore (chiedo scusa se non mi sto esprimendo bene, ma è una cosa difficile da spiegare), mentre – anche storicamente, anche nel periodo al cui stile ti sei rifatta tu – è usata la semplice “o”, in versi come: “O frati", dissi, "che per cento milia/ perigli, oppure O notte, a me più chiara e più beata. Pertanto, anche per coerenza con l’italiano dell’epoca che hai scelto di usare – e che comunque sei sempre riuscita a mantenere senza cadute di stile –, suggerirei l’uso della sola “o”.
Per il resto, ho notato un uso delle rime e del ritmo molto buono, e ho apprezzato molto la metafora del lupo e dell’agnello inserita in questo contesto, a mio parere davvero molto significativa.
A volte la musicalità si perde, secondo me, per l’eccessiva artificiosità di alcuni passaggi, ma nel complesso ho apprezzato lo stile ed il linguaggio, anche riferiti al tema, che hai deciso di utilizzare.
11/15

Originalità: Ho trovato la tua poesia originalissima. Hai saputo riferirti, tramite la citazione di un fatto storico e l’uso di un’ambientazione “sospesa” tra il passato e il presente (il linguaggio rimanda a quello cinquecentesco, ma non è chiaro se la poesia sia anch’essa ambientata all’epoca), ad un tema attualissimo – il conflitto tra Oriente e Occidente –, su cui è stato scritto molto, con una notevole originalità. Già il titolo ha saputo colpirmi, e i riferimenti alla battaglia, la citazione biblica e soprattutto il punto di vista cha hai scelto di adottare mentre scrivevi, hanno contribuito notevolmente a farmi mantenere questa prima impressione, tanto che per questi motivi ho deciso di assegnarti il punteggio pieno in questo parametro. Hai affrontato il tema in modo davvero notevole, complimenti!
5/5

Gradimento personale: Ciò che ho apprezzato di più di questa poesia, come ho già lasciato intendere prima, è stato il contenuto, davvero profondo e per nulla banale. Dal punto di vista della forma, ho notato però delle imperfezioni – nonostante il tuo modo di scrivere mi sia parso notevole e molto personale – che hanno un po’ ostacolato la mia comprensione del senso: alcuni versi mi hanno colpito per la loro immediatezza, altri mi sono parsi artificiosi e mi sono tuttora oscuri.
Non la prendere come una critica troppo dura: so bene quanto sia difficile equilibrare in uno scritto linguaggio aulico e semplicità, io stessa sono molto scettica sul mio saperlo fare, quando scrivo una poesia del genere, e ritengo che sia una cosa che si perfeziona solo con la pratica. Ti invito perciò a continuare a scrivere in rima, perché questi primi risultati sono stati già piuttosto buoni, e puoi solo migliorare!
Di certo, quello che hai scelto di trasmettere con questo scritto mi è arrivato in modo molto forte, e mi rimarrà impresso in mente. 
9/15

Eventuali punti bonus: Non ho potuto darti tutti i punti bonus qui perché, mentre è presente la suddivisione in strofe tipica del sonetto, i versi non sono tutti endecasillabi come questo tipo di componimento richiederebbe. Non so se volessi farli tutti di metrica uguale, ma nell’eventualità del caso ti faccio una breve analisi metrica di ciò che hai scritto: gli unici versi che ho contato come endecasillabi sono 2, 10 e 13, e il 5 se contato senza sinalefe (è un po’ difficile contarlo senza, però, se volessi farlo endecasillabo io metterei almeno “ed” al posto di “e”). Il quarto verso è un ottonario, e stona un po’ con il ritmo generale della strofa, mentre il precedente è decasillabo. Hanno tredici sillabe i versi 8 e 12, mentre gli altri sono tutti dodecasillabi (anche “il lupo e l’agnello non giacciono qui”, dato che presenta l’accento sull’undicesima). Se non era tua intenzione utilizzare una metrica regolare, ti chiedo scusa per questa parentesi inutile.
1,5/2

Per un totale di 31,5/42 punti

@Amahy

 

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Capitolo 4
*** Ore piccole ***


Non hai visto l'ora? Che ne diresti di chiudere quella bella boccuccia?

 
 
Ore piccole

Supponiamo che sia notte, 

Che le stelle su dal cielo 
Faccian luce con lor flotte, 
Che la luna, il mozzo stelo, 
ier ha perso le sue scotte, 
che i serotini nel gelo 
abbian chiuso loro lotte. 
Ti dicessi a bruciapelo 
Che “ora basta, buonanotte” 
Meravigli per davvero 
Di sorprese sì bazzotte? 
Un arcano ti rivelo, 
Per le perle tue più edotte, 
Solo a letto ci vuol zelo 
S’ è passata Mezzanotte. 

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Capitolo 5
*** Aerei ***


Pillole da valigia
 

Aerei

In questo aereo che traballa
E che ci porta
Te a casa
Me all’agrodolce ultima cena
Ci incrociamo
Ci lasciamo
E ci promettiamo un domani.
In questo aereo che traballa
E che ricorda
A te la culla
A me il nocchiero andato
Parliamo tanto
Raccontiamo tanto
E ci scambiamo grani
Di sibilante tempo.
In questo aereo che traballa
E che atterra obliquo
Nel vento,
Ritrovo nel niente il tutto
Nel tutto il niente
E ai due lati di un finestrino
Il caro vecchio
Immenso.

 

Vecchie recensioni (e grazie a chi le ha lasciate):

Bella, bella, mi piace.
Vorrei anzitutto domandarti se l'hai scritta mentre eri in viaggio, se hai soltanto percepito qualcosa conservando il tutto per dopo (per quando avresti potuto scrivere), o se è frutto di un ripensamento successivo. Comunque sia, è una poesia molto dolce (e foneticamente aperta e scorrevole, perfetta per rappresentare quel viaggio breve e il suo traballare tra un verso e l'altro, senza strofe disgiunte) e ben costruita (perdona il brutto termine per una poesia!), in cui tu e una seconda persona siete pronti a separarvi, non per la prima volta probabilmente, per dirigervi verso circostanze così diverse - e si direbbe che la tua separazione sia meno piacevole, mettiamola così. C'è una promessa prima di lasciarsi, una promessa presumibilmente tacita, o magari anche esplicita, una promessa a cui t'affidi senza pensarci troppo. Ci credi, è un domani, un domani non vago, uno concreto, che sai verrà. In quell'aereo hai scambiato qualcosa di banale e di prezioso: hai scambiato parole su fatti nulla rappresentano se rapportati al mondo, al nostro angolo di universo; preziosi perché rappresentano tutto te stesso e perché al raccontare hai dedicato il tuo tempo (presente e passato, del raccontare e del raccontato), di meglio non puoi donare. Lo scambio è trasversale e rimanda ad una diversità che forse v'appartiene da sempre, che forse hai appena scoperto. Vorrei domandarti con chi tu abbia viaggiato.
La banalità del vivere va poi a scontrarsi con il cielo e con l'orizzonte che riempie il finestrino, che collide con l'incertezza interiore e con il sentirsi minuscoli, saturando tuttavia gli spazi vuoti dell'anima. Indefinibile il risultato, come si mescolano le sensazioni, come gli opposti si amalgamano: due persone diverse, due prospettive diverse, due direzioni diverse, due orizzonti diversi, partenza e ritorno, promesse e certezze, interiorità e cielo e mare, passato e presente, immensità e finitezza, tutto e niente. Il viaggio sfuma via.

Mi ha trasportato la tua poesia, ti faccio i miei complimenti.
@SparkInAFirework
La mia risposta:
Ciao Spark,

grazie per le belle parole, è sempre un piacere ricevere recensioni così ben argomentate! Passo a rispondere alle tue domande. Questa breve poesia è stata scritta qualche ora dopo l’atterraggio dell’aereo “traballante” che vi compare. È nata spontaneamente, frutto di percezioni delle quali, nel corso del viaggio, non ero nemmeno pienamente consapevole. Semplicemente, arrivata a casa, ho sentito il bisogno di scriverla, e si può quasi dire che ho capito quello che avevo pensato solo nel momento in cui l’ho visto scritto davanti ai miei occhi. Nulla di cui sorprendersi in ogni caso, in situazioni di stress è tipico per me perdere il filo delle mie emozioni.
Riguardo l’altra domanda… penso che rispondervi svelerebbe troppo il background della poesia, imponendovi la chiave di lettura dell’autore. Lasciando nel vago quest’informazione mi piace invece pensare che chiunque legga queste parole possa piegarle ai suoi desideri e al suo modo di sentirle, proprio come hai fatto tu con la tua bellissima interpretazione, per la quale ti ringrazio ancora.
Ci si legge,
ciao!

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Capitolo 6
*** Plin ***


"E il ragazzo ce l'hai?"
"Un attimo, prendo la mia cetra personale e ti rispondo."
 


Plin

Come le arpe i cuori

hanno i loro suonatori
Dovrei prendere lezioni
seguirle con costanza
applicarmi con impegno
lunga lista di improbabilità
Durerei un mese
poi vorrei suonare altro
o magari preferirei il silenzio
o ancora
la preregistrata melodia
d’un concerto d’arpe, cuori,
violini, anime
ed altri strani
strumenti a corda

 

Vecchie recensioni (grazie a chi le ha lasciate):
Ciao!
Ho letto la tua poesia incuriosita dall'introduzione.
Mi è piaciuta, poichè parla delle difficoltà dell'innamorarsi in maniera originale, attraverso le metafore musicali. notevole il pizzico di sarcasmo e ironia che non guasta mai, e che personalmente ho apprezzato moltissimo
@FedericaAlinari
 

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Capitolo 7
*** Vittoria ***


Vittoria?


Vittoria

La luna tramonta
Su questa neve rossa
Su questo mondo nero
Su questo fumo in cielo
Su questa terra rotta.
Lunghe ombre
Di sciacalli umani
Di sciacalli veri
Di rapaci neri
Di rapaci mani
Di umani e bestie
E di bestie ancora.
Cosa resta infine?
Una grande fossa
Da scavare in fretta
Da dare alle fiamme
Per donare al cielo
E alla nuova luna
Nuovo rosso ancora
Ed ancora
E ancora.



Vecchie recensioni (e grazie a chi le ha lasciate):

Questa poesia è molto struggente e malinconica ma bella perchè evidenzia una realtà drammatica che viviamo costantemente e cioè gli orrori che la guerra causa mietendo vittime innocenti con estrema leggerezza così come la rassegnazione che si ha nei brevi e fugaci momenti di pace.....Ben fatto !
@AngelRoses1987

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