Spazio
dell'autrice:
gioa_in_blu: Ti ringrazio per contnuare a seguirmi! In effetti, come
vedrai fra poco, i guai ci sono stati, eccome...
HermioneForever92: A dir la verità, Sirius come
organizzatore di feste è davvero il massimo, ma qui il
problema è un altro, cioè contenerlo! E questo
procurerà non pochi problemi... Spero che questo capitolo ti
piaccia, grazie!
lyrapotter: Ne vedremo delle belle eccome! Spero che le disavventure
che stai per leggere ti divertano. A presto!
Capitolo
1 - Colluttorio e caffeina
“Ancora
uno”.
“Non ce la
faccio più”
gorgogliò l’altro, verde in volto.
“Devi.
C’è il mio onore in mezzo”
grugnì Sirius Black,
passando al suo migliore amico l’ennesimo caffè
forte.
“Gli
verrà un’ulcera con tutto quel
caffè” suggerì Peter,
pigolando incerto dal suo angolo.
“E’
per questo che ci sono le ciambelle” fece Black
“Avanti,
prendine una”.
Guardò James
ingioiare il quinto dolcetto lottando contro la
nausea e sbadigliò per l’ennesima volta. Il
silenzio della loro camera
d’albergo, immersa nel buio delle tre della mattina, era
appena venato dal
rumore delle mascelle in attività di James e del filo
interdentale che lavorava
alacremente nella cavità orale di Remus.
Lo sapeva, quando aveva
accettato quella stupida scommessa,
che era un compito al di sopra delle sue forze…
Dopo le prove aveva fatto
in modo di essere
irrintracciabile.
Nessuno trovò
la cosa strana, semmai vagamente inquietante.
Remus ricordava ancora con un brivido la festa che organizzò
per i diciassette
anni di James. Aveva bevuto così tanto che non ne ricordava
precisamente i
dettagli; sapeva solo che quando era tornato sobrio aveva dovuto
scrivere per la McGrannitt cinquecento
volte, insieme con gli altri, Le torte di
compleanno nella società civile non sono alte due metri e
non contengono al
loro interno una spogliarellista.
Le aspettative sulla festa
del secolo erano piuttosto alte.
James aveva passato
le ultime
ventiquattro ore nella sua camera d’albergo saltellando su e
giù come un
ottenne in attesa della sua prima visita al luna park, certo che il suo
migliore amico non l’avrebbe deluso.
Fino a qualche ora prima,
anche il suo migliore amico era
convinto che non l’avrebbe mai deluso, ma mentre bussava alla
sua camera si
ritrovò a sospirare pensando che quella sera, oltre a
distruggere ogni speranza
di una faraoinica festa, sarebbe stata messa in serio pericolo anche
una
solidissima amicizia, una volta che James avesse appreso che il suo
addio al
celibato non avrebbe previsto neanche la minima goccia di alcool.
Un sorriso a trentadue
denti gli diede il benvenuto, una
volta aperta la porta.
“Eccoti
finalmente!” cinguettò esaltato James Potter
“Sono
pronto! Allora, dove si va?”.
“Beh…”
tossicchiò Black, tentando di darsi un contegno
“Ehm,
preparati amico! Si va al Dragonfly!”.
Vide gli occhi di James
allargarsi e farsi tondi tondi come
le sue lenti.
“Al Dragonfly?!
Mitico!” ululò felice, saltellando sul posto.
Sirius si esibì
nella brutta imitazione di un sorriso
entusiastico. Certo, il Dragonfly
era
davvero un bel locale per essere Babbano, ed era famoso sia per la
selettività
e la chilometrica lista d’attesa per accedervi, sia per una
nutrita squadra di
giovin signore in offerta – in vendita, più che
altro – per il gaudio del
gentile pubblico. Ma una volta che avesse piazzato James su un
divanetto in
pelle, cosa gli avrebbe fatto fare? Bere e donne erano off limits. Nel
taschino
interno della giacca aveva riposto un mazzo di carte, ma dubitava
fortemente di
poterlo intrattenere con una partita a Sparaschiocco, come a lezione di
Storia della
Magia, anni prima.
“Bene,
allora” esalò “Andiamo, Remus e Peter ci
aspettano là
davanti”.
Remus Lupin stava
guardando corrucciato l’entrata del locale
dell’appuntamento, scuotendo sconfitto la testa.
Già la facciata del locale
inquietava, con quel neon a forma di un’ammiccante e procace
signorina. Avrebbe
dovuto prevdere che lasciare la cosa in mano a Sirius era troppo
pericoloso. Doveva
smetterla di sperare che prima o poi la maturità e il
raziocinio sarebbero
arrivati anche per lui.
Immerso in tali pensieri,
non si accorse subito dell’arrivo
dei due; e se fosse stato più attento,
l’espressione men che lieta
dell’organizzatore di quella buffonta avrebbe dovuto metterlo
in allarme.
“Allora James,
come ti senti?”.
“Decisamente
troppo sobrio” rispose, l’esaltato
“Entriamo,
dai, così posso risolvere questa terribile
mancanza” continuò, dando una lieve
gomitata a Remus. Sirius, dietro di lui, si guardò
rapidamente intorno in cerca
di chissà quale aiuto divino.
Il locale era
già quasi pieno quando arrivarono. Nel giro di
pochi minuti tuttavia riuscirono a raggiungere, sgusciando tra la
folla, il
tavolo prenotato da Black.
“Ottimo”
sorrise James “Ottimo, amico. Sapevo di poter
contare su di te”.
Sirius scoprì
di avere la bocca totalmente secca e incapace
di articolare il minimo suono. Doveva inventarsi qualcosa di tranquillo
e
sicuro da fare per passare la sera, e alla svelta. E quello non era
decisamente
il suo campo.
“Ehm,
Lunastorta,” gracchiò “ti spiacerebbe
venirmi ad
aiutare con le ordinazioni?”.
Aspettò con una
certa impazienza che Remus riuscisse
finalmente a raggiungerlo e si diressero insieme al bancone.
“Ecco,
Sirius” cominciò Lupin, vagamente pedante
“già che
siamo in tema di alcool, posso provare a ricordarti, ora che puoi
ancora
capirmi, che James domani si sposa e dovrebbe arrivarci in uno stato
dignitoso?”.
“Ti posso
assicurare che stasera non abbiamo quel problema”
grugnì l’altro “Semmai, la questione
è un’altra”.
Mano a mano la spiegazione
di Sirius proseguiva, gli occhi
di Remus si facevano sempre più sottili.
“C’è
qualcosa su cui non hai mai scommesso, dannato idiota?”
sibilò.
“Non
è il momento della predica, professorino” fece
Sirius
“Dammi una mano! Sei tu lo specialista in passatempi lugubri
e sicuri”.
“Sai Sirius,
è bello vedere che sai ingraziarti le persone
di cui hai bisogno” rispose Lupin, scuro in volto
“Se volevi qualcosa di
tranquillo, sarebbe stato il caso di portarlo altrove, non
credi?”.
Sirius si
stropicciò le mani “Lo so… ma era tanto
che voleva
venirci. Ho pensato che.. beh… visto che non posso dargli la
festa che
desidera, almeno…”.
L’espressione di
Remus
si addolcì. “Sarà meglio
ordinare…”.
James Potter si stava
guardando intorno, estasiato di ogni
particolare, quando i suoi amici tornarono, con in mano due bicchieri
ciascuno.
“Ecco
qua” fece Black, eccessivamente pimpante, passando
agli altri due le ordinazioni, di un rosso cupo.
“Ottimo”
gongolò Potter “Cominciamo pesante, eh? Volete
proprio farmi ubriacare…”.
Prese un bel sorso, ad
occhi chiusi, pronto a sentire sulla
lingua il gusto famigliare. Nel centesimo di secondo di attesa, era
come se una
calda musica gli fosse entrata nella testa e lo avvolgesse: parlava di
gioia di
vivere, di forza, di mille esperienze, di amicizia.
Fu il tempo di una
frazione di secondo, e il liquido
raggiunse la lingua. Nella sua testa, la calda e avvolgente melodia fu
repentinamente sostituita da un rumore stridulo, come quando la puntina
del
giradischi di Lily strisciava sui vinili.
“Si
può sapere che cos’è questa
roba?” sputacchiò ovunque
James.
“Succo di
pomodoro” rispose placido Remus, sicuro che Sirius
non avrebbe avuto il coraggio di spiaccicare la minima risposta.
“Suc…
state scherzando?? Io credevo che fosse un Bloody
Mary!”.
“Beh
sì, sono la stessa bevanda, solo che qui non
c’è
alcol”.
“E ti sembra una
differenza da poco?!” esclamò James. Scosse
la testa incredulo, quando l’unica eventualità
possibile gli si affacciò alla
mente.
“Ah…
ho capito. Era uno scherzo!! Ve ne do atto, ci sono
cascato come un bambino, bravi. Ora però tirate fuori la
vera merce”.
“James,
amico…” iniziò Sirius “Non
è uno scherzo. Domani ti
sposi. Si suppone che tu ci debba arrivare in grado di intendere e di
volere”.
“E questo cosa
significa? Per un bicchiere, non morirò!”.
“James, tu sei
probabilmente la persona con la più bassa
soglia alcolemica mai esistita” si inserì
coraggiosamente Peter.
“Cosa vuoi
dire?”.
“Vogliamo dire
che persino Remus è riuscito a batterti,
quanto a resistenza. E più di una volta”
annuì convinto Black, ignaro delle
occhiatacce di Lupin “Quindi, vorremmo evitare di correre il
rischio di dover
dire lo voglio al posto tuo,
domani”.
“Questa storia
è assurda” sbuffò furioso James.
Guardò
ferito il suo migliore amico.
“Da te questo
non me lo sarei mai aspettato” annunciò con
voce sepolcrale, alzandosi.
“Dove
vai?” chiese Lupin.
“Al bagno. Ho
abbastanza resistenza per questo, secondo
voi?” rispose sprezzante.
Gli diedero un quarto
d’ora, il giusto lasso di tempo per
calmarsi. In quei lunghi quindici minuti al tavolo era caduto un
silenzio
pesante.
“Su con la vita,
Sir” fece Lupin, battendogli amichevolmente
una mano sulla spalla “Hai fatto la cosa giusta. Certo, lo
hai fatto solo per
una stupida scommessa e per il tuo smisurato ego, ma hai agito
bene”.
“Hai sempre le
parole per tirarmi su, Lunastorta” grugnì
mogio Black.
“Oh, dai.
Capirà che l’abbiamo fatto per il suo bene.
Però
ora sarà il caso di andarlo a recuperare”.
“Vado
io” sospirò Sirius.
Si diresse depresso verso
una procace cameriera per chiedere
la direzione delle toilette.
“Là
in fondo, caro” rispose quella.
Dovrebbero
selezionare
meglio lo staff si disse distratto Sirius, impressionato dal
tono
baritonale della dipendente.
Fu un attimo. Mentre si
stava dirigendo nella direzione
indicata, qualcosa entrò fugacemente nel suo spazio visivo.
Niente di concreto,
solo un’impressione di famigliarità, la sensazione
di dovervi volgere lo
sguardo. Fu un attimo, e si volse a vedere lo straccio
d’uomo, che una volta
era stato il suo migliore amico, riverso sul bancone del bar
biascicando di
volere un altro giro.
“Idiota,
maledetto idiota…” imprecò tra i denti.
Quando lo raggiunse James
era così ubriaco da metterlo a
fuoco con difficoltà.
“Amico!”
miagolò con espressione ebete “Amico mio! Dai,
facciamoci un bicchiere… Ehi!” urlò al
barista “Lui è il mio migliore amico!”.
“Felice per
te” rispose quello, senza alzare gli occhi dai
boccali che stava servendo.
“Vieni qui,
idiota” ripetè furioso Sirius, prendendolo per
un braccio “Forza”:
Remus aveva ragione, non
avrebbe dovuto portarlo lì. Remus
aveva ragione, aveva sempre ragione. Remus… Remus
stava limonando con Miss Sorpresa Sotto la Gonna??
“E’ un
incubo” esalò, terrificato.
“Sirius!”
si sentì chiamare da dietro. Era Peter.
“Ti stavo
cercando” fece, con un mezzo fiatone.
“Ah
sì?” rispose l’altro stridulo.
“Beh…
lì non potevo restare. Mi sembrava di essere di
troppo”.
Non
hai idea di cosa
ci sia di troppo in quei due pensò disperato Black
prima di riuscire ad
arpionare Lupin per un braccio e trascinare tutti fuori da quel covo di
matti.
Per un qualche miracolo,
era riuscito a trovare una
caffetteria aperta ventiquattro ore su ventiquattro, dove fece un
rifornimento
senza pari di caffè (“Bello forte, mi
raccomando!”) e di ciambelle assortite.
Raggiunto l’albergo, posizionò James al sicuro su
una poltrona, e diede inizio
al rituale anti-sbornia.
Remus, dal canto suo,
venuto a conoscenza del piccolo quanto
fondamentale dettaglio che, complice la musica alta e
l’oscurità, da
solo non aveva notato, si era precipitato
in bagno a frugare nelle cose di James, e in pochi minuti aveva
già terminato
l’intero tubetto di dentifricio,
oltre ad aver ridotto a mera polvere l’innocente spazzolino.
“Ma se lo
sapevi, perché non mi hai fermato?”
belò per
l’ennesima volta a Peter.
“Pensavo volessi
provare qualcosa di diverso. Poi, per una
volta che ti sei lasciato andare… non volevo rovinare tutto.
Sai, una bella
scossa. La tua vita è triste” constatò
candido prima che Lupin, livido, si
rifugiasse di nuovo in bagno a consumare la bottiglia di colluttorio.
Sirius sospirò
e guardò il suo migliore amico.
“Ancora
uno”.
“Non ce la
faccio più”
gorgogliò Potter, verde in volto.
“Devi.
C’è il mio onore in mezzo”
grugnì, passandogli
l’ennesimo caffè forte.
“Gli
verrà un’ulcera con tutto quel
caffè” suggerì Peter,
pigolando incerto dal suo angolo.
“E’
per questo che ci sono le ciambelle” fece Black
“Avanti,
prendine una”.
Guardò James
ingioiare il quinto dolcetto lottando contro la
nausea e sbadigliò per l’ennesima volta. Il
silenzio della loro camera
d’albergo, immersa nel buio delle tre della mattina, era
appena venato dal
rumore delle mascelle in attività di James e del filo
interdentale che lavorava
alacremente nella cavità orale di Remus.
Lo sapeva, quando aveva
accettato quella stupida scommessa,
che era un compito al di sopra delle sue forze… ma
gliel’aveva fatta vedere a
quella saputella della McKenna, oh se gliel’aveva fatta
vedere!
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