Take a chance on me

di Marra Superwholocked
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prequel o Una Bimba Particolare ***
Capitolo 2: *** Sequel o Cosa Farai Da Grande? ***



Capitolo 1
*** Prequel o Una Bimba Particolare ***


CAPITOLO I

Prequel

o

Una Bimba Particolare

 

Bastano due parole per cambiare tutti i tuoi progetti: Sono incinta.
Se poi si è un demone – il re, per giunta – è ancora più sconvolgente, no?


Universo.Via Lattea. Sistema Solare. Terra. Mesopotamia.
Duemilaseicento anni fa.
Uno splendido angelo dal viso severo e autoritario sedeva davanti al piccolo focolare della casa momentanea che il suo compagno le aveva trovato. Naomi, questo era il nome dell'angelo, aveva lasciato il Paradiso soli pochi mesi prima per sbrigare delle commissioni ordinarie e stava per tornarvici quando scoprì di essere in dolce attesa. Non era preoccupata per la gravidanza, ovvio che no, ma era certa che Crowley, il suo compagno – anch'egli momentaneo, probabilmente – avrebbe reagito non troppo pacificamente. Eppure si sbagliava.
«Diventerò padre...» Crowley sognava ad occhi aperti come un tenero bambino. «Cioè, in teoria lo sarei già, ma ora sarebbe diverso... Sarebbe per metà demone, giusto?» chiese a Naomi, entusiasta.
Lei non era troppo felice, dopotutto. Sì, la creaturina sarebbe stata metà demone e metà angelo, una strana Nephilim, insomma. Era questo a preoccuparla: metà luce e metà oscurità... Se avesse vinto l'oscurità? Ma non poteva interrompere la gravidanza. E se il Paradiso non l'avrebbe perdonata, be', sarebbe scappata con la neonata – sapeva che era una femmina – lontana dalla sua famiglia.
«Sì, Crowley» rispose lei con un sorriso. «Che nome vogliamo darle?» chiese poi.
Crowley si guardò attorno, ma non gli veniva in mente alcun nome decente per una bambina di quell'importanza. Avrebbero potuto chiamarla Hope, come simbolo di speranza per una nuova alleanza... Oppure Victoria, perché era così che Crowley si sentiva: vittorioso... Ma storceva il naso ad ogni nome che pensava... Poi, all'improvviso, il demone ricordò un desiderio della sua amata moglie, quella con cui aveva cresciuto il suo primo figlio Gavin: Se sarà femmina, vorrei chiamarla Annabeth, gli aveva confidato. Annabeth: "Dolce e amaro". Era quello il nome giusto.


Sette mesi e cinque giorni dopo angelo e demone facevano il primo bagnetto ad Annabeth. La bimba stringeva il pollice del padre forte tra le sue dita. Gli occhietti stretti e le lacrime di coccodrillo pronte a fare stragi. La prima volta che Crowley la vide le sembrò bruttissima e bellissima allo stesso tempo; poi, però, cominciò a cambiare e ad assomigliare sempre di più a Naomi. Stava diventando una vera principessina.
Naomi finì di risciacquare la figlia e l'avvolse in un grande telo azzurro. La bimba si ciucciava la mano e fissava suo padre. Ed all'improvviso eccoli: gli occhi di Annabeth mutarono. Fu come se la pupilla si ingrandisse a disimisura, superando i confini dell'iride, colorando tutto il bulbo di un nero-blu da brividi. Crowley sorrise; Naomi si spaventò. Poi la bimba fece tornare i suoi occhi come prima e rise di gusto.


La prima pappa non si scorda mai. È quella che ti fa fare l'aeroplanino ma tanto sai che poi l'areoplanino precipita sulla tua maglietta. Infatti successe proprio questo.
Crowley ebbe l'onore di dare il via al cambiamento. Annabeth era seduta sulle ginocchia di Naomi, lui di fronte a loro due. Il re sembrava essere tornato umano, da come si comportava da sciocchino. I versetti che faceva furono davvero imbarazzanti. Insomma, tutto pur di far mangiare tua figlia...
«L'aeroplanino arriva...» disse Crowley. Annabeth teneva la bocca aperta, ma quando il cucchiaino fu vicino alle sue labbra... lei le serrò. «Dai, Anna, apri la bocca, fai la brava! Aeroplanino!»
Ma lei non intendeva dargli ascolto. Le avevano preparato un surrogato del semolino ed era davvero schifoso! Sentiva il puzzo e voleva prendere in giro suo padre, ovviamente.
«Avanti, Annabeth!» la incitò Crowley. Naomi rideva e con un dito cercò di aprire la bocca di Annabeth, ma non ci fu nulla da fare. Quella bimba era già una forza della natura.
Crowley, dunque, arrivò all'esasperazione: forzò la bocca della bimba col cucchiaino, ma Annabeth odiava quella pappetta: aprì la bocca e soffiò così forte che il cucchiaino rimase privo di pappa poiché si riversò tutta sul completo nero del padre. E quanto risero madre e figlia!


Poi arrivarono le coccole. Annabeth aveva ormai sette mesi e Crowley amava sdraiarsi sul prato e giocare con lei. Se la metteva sdraiata sul suo petto, poi la prendeva e faceva finta di falra volare. Ma un giorno, ahimè, lo fece subito dopo il pranzo e...
Annabeth, povera stellina, aveva appena mangiato...
Sì, l'abito nero di Crowley si rovinò di nuovo.


Le settimane passavano allegre e disastrose come sempre. Annabeth sembrava averci preso gusto a far del padre uno splendido fenomeno da baraccone. Lui, tuttavia, non intendeva fermarla: gli piaceva sentire la sua risata e godeva di ogni attimo possibile come se dotesse finire tutto lì, all'improvviso, dall'oggi al domani.
Ma arrivò infine l'ultimo giorno in cui Crowley vide la sua piccina.
Stavano rincorrendosi l'un l'altro dentro un immenso campo di grano. Annabeth aveva da poco compiuto tre anni e sgambettava felice, cercando di seminare la madre, quando all'improviso un corvo le tagliò la strada volando a pochi centimetri dalla sua faccia.
Annabeth si infuriò. Puntò il dito contro il volatile con rabbia incontrollabile e il poveretto prese fuoco. I suoi genitori assistettero alla scena impotenti. O meglio: Naomi e Crowley non intervennero per due motivi diversi: lui era mezzo orgoglioso della figlia; Naomi era rimasta non poco esterrefatta. Ma entrambi capirono subito che la parte oscura della piccola stava prendendo il sopravvento.


«Cosa?!»
«Non darò a te l'opportunità di farla crescere come un mostro!»
«Naomi, devi renderti conto che non sarà mai come te o come me» le ribadì Crowley.
«Lo so, ma non posso correre questo rischio» disse l'angelo. «La cosa giusta da fare è che io ed Annabeth ce ne andiamo via per un po'. Giusto il tempo per sistemare le cose.»
«No!» urlò Crowley, più triste che mai. «Non posso permettertelo!»
«Troppo tardi» sussurrò con le lacrime agli occhi. Poi volò via, portando Annabeth con sé e lasciando che Crowley sfogasse la sua rabbia sul terreno intorno a lui.

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Capitolo 2
*** Sequel o Cosa Farai Da Grande? ***


CAPITOLO II

Sequel

o

Cosa Farai Da Grande?

 

«Vuole un po' del suo whiskey preferito, sire?»
Crowley non voleva bere. Si sentiva strano, ma non voleva bere. Aveva perso sua figlia per la seconda volta, ma non voleva bere. Stava soffrendo, ma non voleva bere: non era quello il modo giusto per affrontare la situazione. La prima volta aveva incendiato mezzo bosco, forse era rrivato il momento di sfogarsi con l'altra metà. Tuttavia, l'unica cosa che voleva fare era poltrire sul suo trono.
Il demone di fronte a lui gli chiese di nuovo se volesse del whiskey. Crowley non aveva nemmeno voglia di rivolgergli uno sguardo omicida. Gli disse semplicemente di andarsene e di chiudersi la porta alle spalle: nessuno avrebbe dovuto infastidirlo fino a nuovo ordine.
Rimase infine da solo, solo coi suoi pensieri. Non credeva che quella ragazzina gli sarebbe mancata così tanto. Per poco non lasciò cadere una lacrima: se ne accorse appena in tempo e la ricacciò indietro all'istante. «Quanto sono stupido» si disse per poi afflosciarsi ancora di più. Passò in quel ridicolo stato giorni interminabili ed infiniti, fino a che non sentì battere forte sulle porte della sala del trono. Pensò fosse tornata sua madre, ma subito dopo ecco che udì una voce maschile urlare:
«Aprite! Per l'amor del cielo, aprite, sire!»
Crowley si coprì la faccia con le mani. «Perché sono così idioti?» si chiese mentalmente. Raggiunse poi le porte sbarrate e gli diede un colpo secco. Il demone dall'altra parte, ora, gli prestava certamente attenzione, così il re poté esclamare, nel tono più amichevolmente minaccioso che gli riuscì: «Vattene subito o spalanco le porte e faccio di te il mio nuovo giocattolo!»
«S-sire... Mi dispiace davvero tanto disturbarvi, ma c'è una cosa importante che credo sia meglio sappiate subito» disse timidamente il demone.
La voce era ovattata, ma Crowley avvertì comunque la paura nella sua voce. Sbuffò: forse se ne sarebbe pentito... Ma se l'avvesse mandavo via senza ascoltarlo, l'avrebbe rimpianto. Magari era importante... Crowley, dunque, aprì le porte e vide il suo suddito sobbalzare. Era da tanto che non assisteva ad una scena come quella. Fece dei suoi luminosi occhi delle piccole fessure ed invitò il tremante demone a proseguire.
«Sì, ecco, ehm... Ho sentito delle voci di corridoio, sire, quindi non posso confermarvi nulla, ma-»
«Vai al sodo!» esclamò il re facendo spaventare ancora una volta l'altro demone.
«Certo! Perdonatemi!» gli fece il demone impaurito. «Dicono che si sggiri per l'Inferno una ragazza assetata di sangue e che, chiunque la incontri, non riesca a sopravvivere!»
Crowley non credette alle proprie orecchie e rise, divertito. «Se nessuno sopravvive al rendez-vous, come ti sono giuste questi splendidi racconti?» lo prese in giro.
Il demone rimase interdetto; non sapeva cosa rispondere poiché il re aveva ragione... Eppure anche lui, ogni tanto, sentiva delle urla strazianti, diverse da quelle delle anime dei dannati. «Tutto ciò che posso dirvi, sire, è che molti di noi, in questi giorni, sono spariti e non sono più rintracciabili.» Cercò di assumere il controllo di sé e vi riuscì, ma ahimé incontrò gli occhi di Crowley e ricominciò a tremare.
«Nessun cadavere?» chiese Crowley?
«No, sire. O meglio...»
«O meglio, cosa?» gli fece eco il re, ora più vicino alla faccia dell'altro.
«È che più nessuno osa avvicinarsi al punto in cui sono iniziate le urla, sire. Me compreso. Chiunque si inoltri in quel corridoio non fa più ritorno.»
Crowley assottigliò le labbra. Ora era più credibile. Dunque qualcuno infestava casa sua spaventando la sua gente. Una ragazza, stando a quanto dicevano. Per un istante Crowley sperò che fosse lei, ma no, non poteva essere. Formulò allora una seconda ipotesi: per quanto ne sapeva, Sam Winchester aveva i capelli un po' troppo lunghi, ultimamente... «E va bene» disse infine, leggermente irritato. «Andrò io, se voi incompetenti non ne avete il coraggio.»
Il demone strabuzzò gli occhi, incredulo. Non osò fermarlo e si sentì anche un po' orgoglioso del suo re. Lo guidò quindi fino al famoso corridoio. «Okay» disse indietreggiando. «Buona fortuna, sire!» aggiunse e subito dopo scappò via a gambe levate lasciando che piombasse su Crowley un silenzio raggelante.


Era un vicolo cieco, ma fortunatamente tutti i corridoi erano dotati di torce sulle loro pareti umide. Crowley non sapeva quanto mancasse alla sorpresa, ma si teneva pronto poiché il puzzo dei cadaveri cominciava a farsi davvero pesante. Poi, prima che potesse accorgersene, calpestò la mano di una donna. Era morta ed in condizioni, diciamo, buone. Una sola ferita al petto indicava la causa della morte. Le strade erano due soltanto: o un Winchester o un angelo.
«Ehilà?» chiamò il re, ma nessuno rispose. Proseguì a camminare, sempre più lentamente e cautamente, evitando di calpestare gli altri cadaveri. Poi, proprio quando gli sembrò che fosse solo uno stupido scherzo per farlo scendere dal suo trono, notò qualcosa in fondo al corridoio, sulla parete di fronte a lui.
«Castiel?» sussurrò appena; aveva quasi paura che l'incantesimo di sua madre non fosse svanito del tutto. «Avanti, bello, non fare sciocchezze.» Esitò. Si fermò. Le torce erano finite e mancavano sì e no dieci metri all'obiettivo, il quale si mosse quasi impercettibilmente. Era rannicchiato su se stesso, ai piedi del muro, con un'arma posta davanti a sé come scudo. Non sembrava pericoloso, chiunque egli fosse. In più Crowley sentì che era affannato, stanco. Forse anche umano, chissà? Ma come era arrivato fin lì? E perché uccidere così tanti demoni?
«Senti» parlò ancora Crowley. «Lo so che sei confuso e probabilmente anche impaurito, ma possiamo parlarne! Sai quanto mi stai costando? Hai ucciso più di venti demoni e, se si conta una media di trecento anni ciascuno di duro lavoro, è come se tu abbia gettato al vento circa seimila anni di urla e torture.»
Dall'altra parte provenì una specie di verso soffocato e, come si risvegliasse dopo un incubo, Crowley riconobbe la sagoma che lo fronteggiava ed ebbe subito la conferma di ciò che stava pensando: la sagoma parve rilassarsi e mettersi in piedi. Era vero, era una ragazza. Con la fioca luce delle lontane torce, il re fu in grado di distinguere i capelli, ricci come pochi. E poi, d'un tratto, la ragazza parlò e dalla sua bocca provenì una singola parola:
«Papà?»


Annabeth tremava dalla testa ai piedi. Nemmeno lei riusciva a capacitarsi di quanti demoni avesse ucciso. Aveva tutti quei cadaveri ai piedi e li guardava senza riuscire a dire nulla. Suo padre avvertì il suo senso di colpa e la affiancò.
«Non ti preoccupare» le disse. «Sono sicuro che avevi un ottimo motivo, per farlo. Molto probabilmente, ti sentivi in pericolo e ti sei solo difesa... A proposito: dove hai messo quell'arma? Non sono riuscito nemmeno a vederla.»
La ragazza indossava una felpa viola con maniche larghe oltre che pesanti. L'arma l'aveva nascosta proprio lì; la fece scivolare fuori e...
«È una lama angelica!» esclamò Crowley. «A chi l'hai rubata?»
«Non l'ho rubata. Quando mi sono risvegliata, mi sono trovata in quel corridoio fatiscente con la lama già con me» rispose Annabeth fissando i cadaveri uno ad uno. «Avevo paura, non sapevo dove mi trovassi. Non volevo ucciderli, ma mi attaccavano e io avevo la possibilità di difendermi!»
«Shh, Anna! Non preoccuparti!» Crowley l'attirò a se, l'abbracciò forte e le accarezzò i capelli senza spettinarli troppo. Ma c'era una cosa che non riusciva a capire: era sicuro che fosse morta. «Come hai fatto a tornare indietro, sana e salva? Ho provato a cercarti ovunque, ma-»
«Non ricordo» lo interruppe lei. «So che ero in pace, ma non ero felice: ero con te, ma non col vero te. Mi ero ancorata ad un ricordo vissuto in quell'altro universo e... Avrei solo voluto qualche bel ricordo di te da rivivere in quella dimensione!» La ragazza sentì suo padre sussurrare qualcosa per poi vederlo allontanarsi. «Cosa?»
Crowley dava le spalle ad Annabeth; deglutì. Era tornata dal Paradiso, ovviamente, quindi non aveva più alcun dubbio: «È stato Dio.»
«Non può essere!» esclamò Annabeth mettendo via la sua lama angelica e tornando di fronte al padre. «A che scopo?!»
Crowley sbuffò dal naso, increspando così le labbra. «Non ne ho idea» disse e poi la oltrepassò, andando a sedersi sul suo trono per pensare.


«Ho spazzato a terra, tolto le ragnatele, lucidato i tuoi attrezzi, fatto l'inventario di tutte le anime, tre volte, ho dato da mangiare ai cerberi e mi sono assicurata che nessuno dei tuoi intralciasse i Winchester» elencò Annabeth con aria assente ed annoiata.
E Crowley lo percepì: era la sua bambina, dopotutto. «Ma?» le chiese con mezzo sorriso.
La ragazza espirò rumorosamente l'aria. «Ma... Penso che non sia questo lo scopo per cui Dio mi ha rispedita sulla Terra. Rimanere qui sotto... seppur amata e rispettata...» Annabeth incontrò gli occhi preoccupati del padre. «No, papà, non sto dicendo che l'Inferno non mi piace, ma che sento il bisogno di uscire di qui e fare qualcosa di diverso
Al che Crowley si massaggiò le tempie così forte da sentire più male di prima. Essere genitore è così stressante! Figli, non sanno mai quello che vogliono... «Okay, senti» disse riaprendo gli occhi. «C'è qualcosa che potresti fare, visto che non ti manderai mai da sola in giro per la Terra, a vagare senza meta.» Guardò la figlia, la quale aspettava con ansia qualsiasi cosa lui le stesse proponendo; si sentì così fiero ed orgoglioso della sua piccolina! «L'Inferno è pieno di demoni, obbedienti o ribelli che siano, ma qui causano pochi problemi: il peggio avviene sulla Terra e, se esagerano, devono essere giustiziati. Quindi ecco la mia idea: catturali e sfogati un po'!»
Annabeth si rabbuiò all'istante. «Dovrei fare la cacciatrice di taglie?»
«In sostanza, be'... Sì. Ti do i nomi, tu li becchi e li fai fuori per me.»
«E questo renderebbe l'Inferno un luogo migliore?»
«Senz'altro più ordinato!» esclamò, felice che la figlia avesse afferrato il nocciolo della questione.
«Ci sto. Ma ad una condizione» disse Annabeth.
Crowley sorrise. «Sentiamo!» la esortò.
«Questa.» Tirò fuori la sua lama angelica. «Non mi piace!»
Il re si alzò dal trono e prese l'arma dalla mano di Annabeth. «Tranquilla: ci penso io.»


Gli bastarono solo poche ore, il tempo necessario per far fondere – e non fu nemmeno tanto facile – la lama e poi far lavorare il metallo ottenuto da essa per creare un'arma che Annabeth avrebbe senza alcun dubbio amato. «Anna?» la chiamò e lei subito balzò giù dal trono come un grillo.
«Scusa, scusa, scusa! Non volevo, giuro, ti prego, perdon-»
«Fermati, scheggia!» esclamò Crowley. «Sei mia figlia: puoi fare ciò che vuoi.» Vide l'espressione stranamente euforica della ragazza; egli cercò di fare il padre autoritario – e per la cronoca: durò davvero ben poco – e aggiunse: «Nel limite del possibile, ovvio.»
Annabeth ghignò e abbassò lo sguardo. Crowley notò che qualcosa, forse il morire ed il tornare in vita, l'aveva cambiata. Aveva accettato l'incarico senza batter ciglio. All'inizio non ci aveva pensato, ma probabilmente stava iniziando una nuova era, per l'Inferno.
«Allora?» chiese l'impaziente Annabeth. «Cosa nascondi dietro la schiena? La mia nuova arma, non è così?»
Annabeth era così raggiante che Crowley si sorprese ad ammirarla come se fosse la prima volta che la vedesse, ma l'età dei pannolini e delle pappe era finita: adesso la sua bambina non vedeva l'ora di spaccare il culo a quelche demone ribelle!
«Spero ti piaccia» disse Crowley tirando fuori la nuova arma appena forgiata.
Gli occhi di Annabeth si riempirono di lacrime di gioia. Avava passato ormai da tempo l'età adolescenziale, tuttavia si sentì proprio come una ragazzina la mattina del suo compleanno. «È bellissima!» urlò al padre poco prima di prendere in mano la sua nuova amica. Il manico in legno era stato ricoperto da vari pezzi di pelle nera di qualità diverse e da borchie tali da permetterle una presa più sicura. In cima al manico, lungo novanta centimetri, spiccava un metallo forgiato alla perfezione. Esso era luminoso, liscio ed estremamente affilato. Annabeth non aveva mai visto un'ascia più maestosa di quella che reggeva tra le mani. Saltò tra le braccia del padre e, mentre stringeva forte la sua ascia, già pensava a come catturare le sue vittime.


La taglia sulla testa di Jeff era ormai divenuta estremamente alta. Tuttavia, invece che preoccuparsi per la sua vita, Jeff giocava a biliardo bevendo vino o birra tutto il santo giorno. Ogni tanto, per spezzare la routine, si allontanava dal bar in cui era diventato cliente abitudinario – dopo aver magari massacrato il proprietario e chi era lì presente – per dirigersi verso qualche piccola città limitrofa. Tutto ciò che voleva era divertirsi e creare caos, il che è anche ciò che vogliono tutti gli altri demoni, ma Jeff... Be', Jeff era un po' pazzo e mentalmente instabile. Per questo motivo il primo nome che Crowley affidò ad Annabeth fu proprio quello di Jeff.
Dal momento in cui Annabeth trovò finalmente la sua preda, il tempo le sembrò volare. Forse perché si divertì da matti, chissà?
La ragazza rubò un'auto e arrivò all'ultimo bar frequentato da Jeff. Era stato dato in pasto alle fiamme e, sicuramente, al suo interno vi erano almeno una decina di vittime non destinate a quella strage. Dunque ripartì, seguendo le tracce del demone fino ad un paesino poco distante. Trovò un vecchio fienile abbandonato ed era proprio lì che Jeff si nascondeva. Sentì poi delle urla provenire dal suo interno: era una donna.
Annabeth scese fulminea dall'auto rubata e si precipitò all'interno del fienile. Le urla si fecero più forti; Annabeth tirò fuori la sua ascia nell'esatto momento in cui vide Jeff nell'intento di violentare la donna, la quale la supplicò di aiutarla. Jeff se ne accorse e la lasciò stare; si sitemò poi i pantaloni e si allontanò dall'umana. Sorrise, provocando Annabeth.
«Hai forse intenzione di uccidermi con quella cosa? Sai, almeno, cosa sono?»
Annabeth sorrise. «Oh, eccome se lo so.» Fece segno alla donna di scappare. Ella l'ascoltò e, tra lacrime e ringraziamenti, lasciò il fienile. Alzò poi una mano, quella libera, e una trappola per demoni infuocata catturò Jeff, che rimase di sasso.
«Ma cosa...?» balbettò lui.
«Mi manda Crowley.»
«Fottiti» grugnì Jeff.
«Uh, maleducato!» esclamò la ragazza. «Maleducato, oltre che casinista, ribelle ed arrogante!»
Jeff rise. «E che intendi fare, strega?» Tremava; non sapeva chi avesse di fronte, la sua faccia non sembrava quella di un demone... Ma nemmeno quella di un angelo... E nemmeno quella di un'umana...
«Secondo te?» gli chiese Annabeth mostrandogli l'ascia. Subito dopo lo sentì ansimare. Gli si avvicinò e lo vide sudare. «Il sudore freddo della paura insaporisce ogni cosa. Peccato io ti abbia intrappolato col fuoco.»
«No, senti, possiamo trovare un accordo!»
«Mh-mh, non credo proprio» disse Annabeth facendo oscillare l'ascia davanti ai suoi stessi piedi; gli occhi iniettati di sangue e lo sguardo di una psicopatica che vuole una sol cosa: uccidere. Sapeva che la trappola per demoni non l'avrebbe né indebolita né catturata, ivi vi entrò. Era stufa delle chiacchiere; sebbene Jeff continuasse a supplicarla di fermarsi, Annabeth alzò l'ascia impugnandola con entrambe le mani e, con un colpo secco, tagliò via la testa a Jeff, godendosi il suo ruzzolare all'interno della trappola.
Annabeth vide poi il corpo di Jeff cascare a terra come un sacco di patate. Rise. Le piacque da morire quella nuova sensazione, la soddisfaceva. Prese la testa ed uscì dalla trappola senza nemmeno un graffio o un'ustione, aizzando subito dopo le fiamme per eliminare il corpo del demone giustiziato. Dopodiché, si diresse da suo padre, vittoriosa.
Finalmente Annabeth aveva trovato lo scopo del suo ritorno.

 


Angolo dell'autrice:
Ed eccomi di nuovo qui a picchiettare sulla tastiera di un pc lentissimo mentre mi godo l'aria condizionata-- No, che dico? L'aria condizionata è spenta T_T
Anyway xD HI THERE!!
Questa piccola e breve fanfic l'ho scritta perché mi sembrava che la mia Darkness and Light non avesse avuto un buon finale... (Anche perché una mia amica pretendeva per lo meno il sequel! xD) Annabeth in Paradiso? Be', sì, idea carina, ma-- ho pianto anche io, credetemi! Annabeth è stato uno dei miei personaggi meglio creati, meglio cresciuti! E meglio impazziti? Sì, anche quello! Eheheh ops xD
E niente... Dovevo accontentare un'amica e poi alla fine mi sono innamorata della mia sociopatica iperattiva <3
Speranzosa come sempre di avervi tenuto compagnia,


xoxo
Marra

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