Una piccola via di Parigi

di pamina71
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ouverture ***
Capitolo 2: *** Duca? Duca! ***
Capitolo 3: *** Richieste ed ordini ***
Capitolo 4: *** Il Capitano nella neve ***
Capitolo 5: *** Camera con vista ***
Capitolo 6: *** Lettere ***
Capitolo 7: *** Buon vicinato ***
Capitolo 8: *** Vita di Caserma ***
Capitolo 9: *** Trappola per topi ***
Capitolo 10: *** Monasteri ***
Capitolo 11: *** Un brutto pomeriggio ***
Capitolo 12: *** Colpe e colpevoli ***
Capitolo 13: *** Venne il gatto quatto quatto ***
Capitolo 14: *** Una cena interessante ***
Capitolo 15: *** Una giornata senza Oscar ***
Capitolo 16: *** Una giornata senza André ***
Capitolo 17: *** Ritrovarsi ***
Capitolo 18: *** Parenti serpenti ***
Capitolo 19: *** Un posto dove non sono mai stata ***
Capitolo 20: *** Mosaico ***
Capitolo 21: *** Prelievi di denaro ***
Capitolo 22: *** Perquisizioni ***
Capitolo 23: *** Le perquisizioni proseguono ***
Capitolo 24: *** Soda di Spagna, allume di rocca e pece greca ***
Capitolo 25: *** Novità ***
Capitolo 26: *** Essere genitori ***
Capitolo 27: *** Pochi ricordi e un nome ***
Capitolo 28: *** Privato e familiare ***
Capitolo 29: *** Dal privato al pubblico ***
Capitolo 30: *** Il processo ***
Capitolo 31: *** 31 dicembre 1788 ***
Capitolo 32: *** Buon anno! ***
Capitolo 33: *** Ventagli e lanterne ***
Capitolo 34: *** Sospetti ***
Capitolo 35: *** Febbraio ***



Capitolo 1
*** Ouverture ***


Siccome, oltre ai protagonisti e ad una schiera di personaggi del manga /anime, già noti ai più, ne compaiono parecchi del tutto nuovi, si premette una

Introduzione ai personaggi.

 

Famiglia Jarjayes (mia personalissima genealogia, sempre la stessa):

Josephine (n. 1754, sposata con Louis Antoine Savinien de Liancourt – due figlie maritate ed un figlio quasi ventenne);

Hortense (n. 1752), sposata con Maxence Reymond De La Rolancy – madre di Loulou);

Louise Hélène (n. 1751, sposata al marchese di Norpois due figli maschi ed una figlia già maritata);

Constance (n. 1750, sposata a Lord Henry Middleton ed ha due figli gemelli, Jules e James, tredicenni, ed un figlio diciottenne, Paul);

Geneviève (n.1748, vedova, 3 figli maschi e due figlie femmine).

Lo zio Théophile Alphonse François De Jarjayes, secondogenito, di due anni più giovane del Generale, ha girato il mondo nel suo ruolo di Ammiraglio nella Marina Reale.

 

Caserma

Capitano Pellerey (nome preso da un romanzo di Malvaldi, dove era un tenente simpatico, ora diviene un capitano spocchioso ed intollerante).

 

Rue Guillome

Monsieur Brassens: risiede nel palazzo di fronte a quello di Oscar ed André, in Rue Guillaume angolo Quai D'Orleans; notaio della famiglia Jarjayes; serio ed educato.

Madame Brassens: pettegola ufficiale della via, moglie del notaio. Dama curiosa, ma di grande umanità.

Léonie Bavardisson: moglie di un impiegato della Municipalité di Paris, amante dei tarocchi, influenzabile da zingare e presagi; donna affascinante. Abita al numero 4 con marito e figli.

Pascal Bavardisson: figlio ventenne di Léonie.

Nicolas Leblanc: chimico, personaggio storico, inventore del processo per l'ottenimento della soda e medico della famiglia Orleans. Nella ff risiede all'angolo tra Rue Guillome e Rue Saint-Louis-en-l'Ile.

Mademoiselle Faustine Paroi: ex- residente della via, che si é trasferita a Dieppe, dopo aver trovato marito. Risiedeva di fronte a M.me Bavardisson.

Marie Marguerite Biheron: (personaggio storico) anatomista francese e celebre studiosa. Il suo manichino di donna in cera con tutti gli organi rimovibili è considerato straordinario e aiutò notevolmente il progresso in campo ginecologico. Nella finzione abita di fronte a Leblanc, all'angolo con Rue Saint-Louis-en-l'Ile

Virginie Legrand: ex- cantante lirica, intelligente ed interessante, presto assunta da un teatro di Chartres.

Soeur Marie-Ange Paroi: sorella di Faustine Paroi, monaca benedettina al convento di Montmartre.

Mathieu e Marianne Legrand, nipote di Virginie, commericante di pellami e consorte. Risiedono poche via più in là.

Madamoiselle Françoise Doucereux: una zitella agée, educata e riservata, risiedeva al piano terra del palazzo ove vive M.me Bavardisson. Ha trovato impiego in un collegio a Nancy.

Monsieur Cassel: pittore, che arriva a vivere nell'appartemento lasciato libero da Mademoiselle Paroi. Uomo attivo ed interessante, entra di diritto nella vita della via di Parigi.

Il Curé Benôit: prelato amante della buona tavola e del buon vino. Risiede al numero 3.

Monsieur Jacques Cavallier (il nome è quello di un profumiere vivente, colui che ha creato Opium), profumiere che sta cominciando a diventare famoso e di moda. Anche lui risiede al numero 3, sopra al curato. Vanitoso, astuto, frequenta solo che può essergli d'aiuto nell'ascesa sociale.

Servitù di Palazzo Jarjayes-Grandier: non mi dilungo, nessuno di loro è assassino o vittima.

 

1. Ouverture

 

- Donna di spade.

La mano elegante e curata di Madame Léonie Bavardisson posò un altro tarocco sulla tovaglia ricamata, sorridendo alle sue amiche.

- Fante di Coppe. Interessante.

Pescò con calma dal mazzo e depose solennemente una terza carta.

- La ruota. - Sospirò.

- Come prevedevamo. Anche se, certo, fare le carte a chi non è presente è sempre molto complesso. Possiamo dedurre altre grosse novità in arrivo per la coppia del palazzo all'angolo.

La sua amica, Virginie Legrand, una dama pettoruta che da giovane aveva avuto un discreto successo come cantante lirica, batté le mani con entusiasmo infantile.

- Ma che belle novità, tutte insieme. Prima l'Ammiraglio lascia il palazzo per trasferirsi al caldo ed al suo posto é arrivata questa coppia...sono così belli da vedere, e lei è così...così...eccentrica! Poi Mademoiselle Paroi che trova marito addirittura a Dieppe, ed al suo posto arriva a vivere nientemeno che un pittore! Ora non resta che attendere per vedere chi verrà ad abitare nell'appartamento lasciato libero da Madame Doucereux!

- Erano anni che non succedeva nulla di così emozionante in Rue Guillaume1! - concluse Madame Brassens, moglie del notaio che occupava la casa d'angolo con Quai d'Orleans sul lato destro.

- Dobbiamo conoscerli meglio, quei due, sono quello che hanno arrestato il Lupo alcune settimane fa...e poi… - proseguì abbassando la voce con fare cospiratorio – non credo nemmeno che siano sposati...

 

***

Il Capitano Grandier2 uscì dalla dal suo ufficio, posto nell'ala ovest della caserma, ed affacciato sulla pubblica via. Bussò piano alla porta dirimpetto alla propria, e si sentì rispondere:

- Entra un attimo, finisco un controllo di turni che non quadrano ed arrivo.

André superò la scrivania dove Oscar, china alla luce del lume, cancellava e riscriveva nomi da una tabella, per poi ricopiarli in bella copia. Nel frattempo lui osservava dalla finestra affacciata verso l'interno della Caserma gli ex-commilitoni che rientravano per il rancio. Doverli comandare lo faceva sentire in una situazione particolare, e gli spiaceva aver perso la confidenza con alcuni di loro. Alain, naturalmente, aveva deciso di infischiarsene sonoramente della promozione e non aveva cambiato una virgola nei loro rapporti. Anche con Gérard e François, i compagni del viaggio in montagna, non era cambiato molto. Ma con altri le cose erano drasticamente variate.

Nello stesso tempo gli ufficiali non vedevano di buon occhio un roturier balzato da soldato semplice a Capitano per un solo episodio. Pareva essere una costante della sua situazione, troppo per gli uni, troppo poco per gli altri. Ma ormai la cosa non lo toccava più. La promozione lo aveva reso felice per l'implicito riconoscimento del suo ruolo nel caso del Lupo, e della sua intelligenza e per quanto aveva significato agli occhi del padre di Oscar. Ma la carriera militare non era la sua massima aspirazione.

Oscar posò la penna, sparse la polverina assorbente sui fogli e si levò dalla sedia.

- Scusa se ti ho fatto attendere. Il capitano Pellerey è un arruffone, ha di nuovo rimesso le stesse persone per i turni notturni. Si stancano troppo.

- Secondo me finge di essere pasticcione, ma il suo è un proposito. Prova a farci attenzione. Con lui i turni di notte capitano sempre alle stesse persone. Piccole vendette private. Prova a fare il conto di quante ne assegna ad Alain, ad esempio.

Lei lo guardò allibita. André fece un segno affermativo col capo, tirando su un angolo della bocca in una smorfia di disprezzo.

- Ci penserai domani. Stasera ci godiamo la prima.

Disse, aprendo la porta e cedendole il passo.

 

Giunsero a teatro con una vettura di piazza, nelle ultime settimane era divenuto poco prudente muoversi la sera con carrozze recanti stemmi araldici: alcune erano state attaccate, soprattutto in alcuni quartieri più popolari, come il Fauburg Saint-Antoine.

Il teatro non era vuoto come il giorno in cui vi erano stati per interrogare Monsier Chéron3, ma gremito come l'evento richiedeva: la prima esecuzione di un'opera di Cherubini4, composta dopo il suo trasferimento da Londra. André ed Oscar si sedettero nel palco che l'impresario aveva appositamente riservato loro, grato per il ritorno della sua primadonna. Erano decisamente curiosi, sia di vedere la Chéron che il marito nei panni della giovane Ircile e del re Demofonte, sia di capire se i difetti di cui avevano sentito i cantanti lamentarsi fossero reali o presunti.

Ascoltarono la dolce ouverture ed il primo atto, accolto dal pubblico con affettata freddezza, trovandovi dei pregi, nonostante i difetti che gli stessi cantanti avevano rimarcato durante le prove. Nell'intervallo uscirono nel foyer, in cerca di Josephine, che non avrebbe perso una prima per nulla al mondo, non solo per la musica ma per quel suo amore per la mondanità che la distingueva così tanto dalla sorella minore; scherzando diceva di averlo ereditato in dose doppia, rubando anche la parte di Oscar.

Ma non arrivarono ad incontrarla. Furono intercettati da Madame Legrand, una delle residenti di Rue Guillome. Dato il suo passato come soprano, spesso riusciva ad ottenere un posto per le prime rappresentazioni, nonostante la sua misera rendita da vedova.

Oscar la trovava piacevole, per la sua cultura musicale e per la sua dignitosa vita senza lussi, che conduceva con una reputazione che si avvolgeva addosso come un vecchio mantello.

Dopo alcuni convenevoli, la vedova colse l'occasione per informarli della novità:

- Sapete, mi trasferirò tra due giorni. Ho avuto un'occasione che non posso perdere. Un teatro a Chartres ha richiesto la mia collaborazione per la preparazione del coro. Purtroppo dovrò fare i bagagli in fretta e furia, ma non sono nelle condizioni né di rifiutare né di temporeggiare.

André le offrì gli aiuti dei loro domestici per prepararsi alla partenza, ed entrambi la salutarono con dispiacere. Nelle settimane che avevano trascorso in Rue Guillome, era stata una compagnia piacevole.

I saluti furono interrotti dal campanello che annunziava l'inizio del secondo atto.

Si recarono rapidamente verso il loro palco, ma appena richiusa la porta5 André la bloccò prendendola per il gomito.

- Mi avevi fatto una promessa. - Un soffio all'orecchio, mentre scioglieva i cordoni dei tendaggi in velluto che separava l'uscio dal balconcino.

- Ma… ma è pieno di gente… - una debolissima opposizione, mentre già i bottoni degli alamari stavano saltando uno ad uno. Poi un bacio servì a farla tacere e cedere nello stesso tempo. Se una cosa riusciva sempre a lusingarlo, era la facilità con cui tendeva ad abbandonarsi a lui ed ai suoi desideri. Se fosse proprio per lui, se per temperamento o per la scoperta tardiva del piacere, non era ancora riuscito a decifrarlo. Sapeva solo che gli piaceva come null'altro al mondo.

 

Nel palazzo che occupava l'angolo sinistro della via, Oscar era affacciata al balcone della biblioteca, osservando i contrafforti dell'abside della Cattedrale di Notre Dame. Quelle vetrate al tramonto erano una vista in grado di affascinarla e di compensare i piccoli svantaggi della nuova casa. Usciva spesso ad ammirarle, nonostante il freddo di inizio dicembre.

L'altra scoperta un poco spiazzante per lei era stato possedere dei vicini di casa. O meglio, delle vicine. Signore borghesi, gentili, ma dotate di parecchio tempo libero e di una capacità di pettegolezzo che non vedeva dai tempi di Versailles. Spesso in quei primi giorni arrivavano in visita, oppure proponevano inviti che era sempre più difficile eludere. Una di loro le aveva addirittura proposto di leggerle il futuro nelle carte. Le scappò un mezzo sorriso, all'idea.

André era più accondiscendente, la sua innata gentilezza era sempre presente ed ormai era più che evidente che aveva almeno un paio di attempate ammiratrici. Oscar invece non riusciva a farsele piacere più di tanto, a parte la soprano che era partita il giorno prima. Le pareva assurdo iniziare delle amicizie che avessero come base la semplice casualità di un indirizzo comune.

Stirò le spalle mantenendo le mani sulla balaustra e si girò verso l'interno della stanza.

- Oggi hai scritto molto. Fai attenzione, non rovinarti la vista, ora che i nuovi turni ti creano meno problemi..

André alzo gli occhi e la guardò divertito.

- Volevo approfittare del fatto di non avere nessuno in visita.

Il sorriso di lei si allargò ancora, mentre gli scostava il ciuffo dall'occhio sinistro con un gesto molto delicato.

- Sei tu che sei così gentile con le vedovelle e le damigelle attempate, e le incoraggi…

- Ah, secondo te sarebbe colpa mia? E chi invece si è portata come cameriera la fidanzata di Alain, cosicché ce lo troviamo piantato in casa come un comò tutte le volte che non è di servizio?

Le chiese, abbracciandola alla vita con il braccio sinistro e trascinandosela quasi addosso.

- Allora diciamo che abbiamo un problema nella gestione delle visite. Dobbiamo andare a lezione da mia nonna e da tua sorella Josephine.

Oscar gli mise il braccio attorno al collo, ridendo e concordando sul fatto di avere assoluta necessità di aiuto.

Mentre gli si sedeva sulle ginocchia, André la informò che in realtà nella via abitavano anche due personalità decisamente interessanti. All'angolo con Rue Saint-Louis-en-l'Ile viveva Madame Biheron6, l'anatomista che avevano conosciuto per l'autopsia della povera Milagros.

E quasi di fronte alla scienziata viveva un medico, Nicolas Leblanc, che stava da alcuni anni lavorando al metodo per estrarre dal sale marino il carbonato di sodio per produrre il sapone7.

- Quindi è lui la causa di quegli odori sgradevoli che si sentivano stamattina. Mi stavo giusto chiedendo da dove venissero.

- Probabile. E sai quale è la cosa più notevole? Ti ho già detto che è un medico. Indovina? Lavora per il Duca D'Orleans.

Oscar sospirò. Possibile che saltasse sempre fuori?

1 Ora si chiama Rue Budé.

2 Promozione nel Cap. 30 di Con gli occhi del lupo.

3 Dal Cap. 5 di Con gli occhi del lupo.

4 Il Demofonte di Cherubini debuttò il martedì 2 dicembre 1788 a Parigi, avendo effettivamente tra i suoi interpreti la soprano Chéron ed il marito.Non andò benissimo, per motivi legati al libretto ed alle difficoltà di Cherubini del musicare in francese.

5 Come avevo già detto in Con gli occhi del lupo non conosco gli interni del teatro, mi rifaccio ad altri veduti e conosciuti.

6 Cap. 21 di "Con gli occhi del Lupo". Licenza poetica per quanto riguarda la sua abitazione.

7 Nel 1775, l'Accademia della Scienze Francese offrì un premio a chi avesse trovato il modo di produrre carbonato di sodio a partire dall'economico sale marino . Nicolas Leblanc vi riuscì nel 1791, con un procedimento che richiedeva due passaggi. Qui immagino che sia già a buon punto con le sue ricerche. Successivamente, un'industria di sua proprietà, fu in grado di produrre 320 tonnellate di carbonato di sodio l'anno. Il processo Leblanc diventò obsoleto nel XIX secolo, superato dal più redditizio processo Solvay.

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Capitolo 2
*** Duca? Duca! ***


2. Duca? Duca!

 

Oscar terminò di compilare i turni per la settimana, e appose la data con la sua grafia elegante: lunedì 7 dicembre 1788.

Poi riprese in mano quelli preparati nelle settimane precedenti dal Capitano Pellerey, per trovare conferma alle insinuazioni di André. Per scrupolo, non gettava i fogli se non dopo un trimestre; più volte quella abitudine le era tornata utile.

Ed anche quel giorno poté constatare che, dall'arrivo di Pellerey, che aveva sostituito in ottobre il Capitano Racine, i nomi di alcuni soldati (tra cui François Armand, Gérard Lassalle e specialmente Alain), ricorrevano con allarmante frequenza nelle ronde notturne. E riguardandoli non le pareva più frutto di semplice distrazione. André aveva ragione, astio o altre ragioni erano all'origine di quelle anomalie. Si alzò, avviandosi alla porta per raggiungerlo nell'ufficio di fronte al proprio. Era quasi giunta all'uscio quando udì bussare. Senza nemmeno invitare ad entrare, aprì il battente. Si trovò di fronte una delle nuove reclute.

- Comandante, ci sono due persone che chiedono di Voi e del Capitano Grandier.

- Bene, falli accomodare nella sala Verde, mentre io provvederò ad avvisare il Capitano.

Bussò all'uscio di quercia, attendendo che la voce familiare la invitasse ad entrare.

Fu accolta da un sorriso rilassato.

- Ciao. Hai bisogno di qualcosa?

- Ero venuta per parlarti di Pellerey, ma dovremo rimandare. Pare che due persone cerchino di noi.

André aggrottò la fronte. Quella situazione gli ricordava un episodio analogo.

- Andiamo, allora.

Lasciarono l'ufficio e si recarono alla Sala Verde, poche decine di passi più in là lungo lo spoglio corridoio, ove ad attenderli trovarono un uomo di una trentina d'anni, abbigliato con una sobria eleganza borghese, ed una donna un poco più giovane, con un abito di stoffa blu, con delicati ricami di mughetti.

- Sono Mathieu Legrand, e commercio in pellami. Questa è mia moglie Marianne.

Dopo i saluti ed i convenevoli di rito, Oscar li invitò ad esporre il motivo della loro visita.

- Sappiamo che avete risolto brillantemente il caso del Lupo. E siamo venuti a conoscenza che da poco risiedete nei pressi della casa di nostra zia, madame Virginie Legrand.

- L'abbiamo anche conosciuta. In maniera molto superficiale, ma abbiamo avuto modo di conversare con lei. - Aggiunse André.

- Ma ora pare si sia trasferita a Chartres: E' stata assunta per dirigere un coro, se non vado errato. - Riprese Oscar.

- Ecco, Comandante, è proprio questo il punto. E' avvenuto tutto troppo precipitosamente. L'offerta dal Thèatre Du Seuil1, la lettera, la vendita della casa e del mobilio. Anzi, è andata via affidando le ultime suppellettili ad una delle vicine, con l'incarico di provvedere a liquidare le ultime cose.

- Immagino non potesse lasciarsi scappare una simile occasione…- suggerì André.

- Lo capisco, davvero; ha lasciato la carriera, e da allora non ha più avuto se non qualche sporadico allievo; comprendo perfettamente che il posto sia interessante, ma mi chiedo: perché non noi? Non la avremmo certo derubata, con le vendite…

- Quindi? Cosa vorreste che facessimo? - Chiese il Capitano.

- Una indagine informale, qualche domanda nel vicinato...vorrei capire cosa le è accaduto. Perché secondo me le è capitato qualcosa. E se poteste chiedere al Teatro se è stata davvero assunta, se è arrivata.

I due ufficiali si guardarono, sospirando. Una sensazione di déja vu li oppresse per un attimo. Non era forse cominciata così anche l'avventura del Lupo?

Ma Legrand sembrava davvero preoccupato. Forse valeva la pena dargli un poco di fiducia.

Così accettarono di fare qualche controllo e di inviare una richiesta formale a Chartres. Fu André ad occuparsi della lettera, una volta congedati i visitatori, mentre Oscar, dopo avergli detto di Pellerey, si sarebbe recata ad ascoltare i soldati che parevano subirne le vessazioni. Avevano ritenuto una scelta migliore far raccogliere le informazioni da un suo superiore, piuttosto che da un pari grado, sebbene la confidenza di André con i soldati fosse maggiore.

 

- Soldati, parlatemi di Pellerey - Esordì oscar, accavallando le gambe e poggiandosi allo schienale dalla poltroncina.

I tre si guardarono.

- E' un Capitano, fa quello che fa un Capitano. - Rispose titubate Gérard.

- E lo fa bene o lo fa male?

- Comandante – disse Alain – finiamola di girarci intorno.

- Bene, finiamola. Parlamene tu.

François fece un gesto come per fermarlo, ma Soisson prese la parola.

- E' un gran pezzo di merda, se posso esprimermi liberamente. Formalmente è inappuntabile, fa tutto secondo le regole. Nella realtà se decide che qualcuno non è di suo gradimento lo tormenta sino a sfinirlo. O troppe ronde notturne, o un accumulo di lavori umilianti come la pulizia delle latrine, oppure affida un incarico che non pare mai portato a termine adeguatamente e viene fatto ripetere all'infinito.

- E perché non siete venuti a parlarmene? Non vi fidate più?

- Perché è furbo. Sa farlo in modo da essere inattaccabile. - Riprese Gérard. - E se ascoltate me, tenete d'occhio anche André. Noi gli stiamo antipatici, ma lui, lo odia.

Oscar si allarmò. A parte la grammatica, il messaggio del solato era decisamente chiaro. E preoccupante.

- Ho modificato io gli ultimi turni, e d'ora in poi farò in modo di controllarli sempre.

Poi si chinò a scrivere qualcosa, e tese un foglio ad ogni soldato.

- La prossima volta che lo vedete comportarsi così, e io sono in caserma, uno di voi tiri fuori quest'ordine di servizio in cui vi convoco da me, e venga ad avvisarmi. Chiaro? Ora andate.

I tre soldati fecero il saluto e si congedarono. Sulla porta, Alain si girò.

- Grazie.

 

Nel pomeriggio iniziò una leggera nevicata. André si affacciò all'ufficio di Oscar.

- Dobbiamo andare a casa, prima che la neve impedisca ai cavalli di muoversi. Domani è un giorno di festa, non vorrai trascorrerlo qui?

- Certo che no. - Rispose lei prendendo il mantello. - Mi stavo pregustando una giornata tranquilla con te già da un poco di tempo. Piuttosto, credi che le mie sorelle riusciranno a venire stasera?

- Se hanno trascorso la giornata a palazzo Liancourt come previsto, faranno come noi e arriveranno persino in anticipo. Quindi sbrighiamoci.

 

***

 

- Duca, Vi auguro la buonasera.

L'uomo, che indossava la lussuosa giacca di velluto nero luccicante di ricami dorati che tanto amava indossare, si volse

- Duca, proprio Voi! - disse ad un uomo abbigliato in maniera pacchianamente elegante, decisamente bello, il tipo che riusciva sempre a piacere alle donne. - Mi hanno detto che mi cercavate.

- Già, mi chiedevo come avete reagito alle novità susseguenti l'episodio del Lupo.

- Come volete che abbia reagito? So quando è il caso di fermarsi. La Jarjayes è salva, il suo attendente é stato promosso per intervento reale, Bertier è morto. Attenderò occasioni più propizie.

- Io ho gettato nella Senna gli oggetti che aveva portato da me quando ha lasciato palazzo Jarjayes. Speriamo solo che il fratello non parli.

- Non parlerà. Farlo reintegrare nel suo ruolo all'Intendance è stato più che sufficiente a garantire il suo silenzio per i secoli a venire. - Disse il duca ridacchiando. Poi tolse un pelo inesistente dalla giacca nera, e si avviò verso il piano superiore.


1  Licenza Poetica. Il teatro di Municipale di Chartres risale al 1859, non ho avuto modo di aver conferme di un edificio precedente, sebbene sia decisamente probabile; il nome è quello di una compagnia teatrale attualmente attiva a Chartres.

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Capitolo 3
*** Richieste ed ordini ***


3. Richieste ed ordini

 

André entrò nel guardaroba che separava le loro due stanze. Gettò con noncuranza la giacca da Capitano sulla panca imbottita, per sceglierne una di un blu profondo.

Si affacciò dalla porta per osservare Oscar che si era lasciata cadere, esausta sul divanetto verde di quella che, formalmente, era la camera del Capitano Grandier ma che condividevano sin dal primo giorno del trasloco. La nonna aveva tanto insistito e strepitato sul fatto che la “decenza” imponesse l'esistenza di due stanze distinte da farli capitolare, temendo per la salute dell'anziana signora.

Andrè la raggiunse e si sedette. Oscar gli si accoccolò sulla spalla e rimasero per un poco ad osservare i fiocchi bianchi che cadevano lenti fuori dai vetri, imbiancando il piccolo cortile del Palazzo.

Ogni tanto lui volgeva lo sguardo verso una nicchia incassata nella quale vi era un quadro di una Madonna con bambino. Una donna giovane, con i capelli neri che le ombreggiavano amorevolmente le gote, con un timido sorriso. Il quadro che da anni stava in una cappelletta laterale nella chiesa di Anzin-Saint-Aubin1 e che Oscar aveva comprato dal curato del misero villaggio come regalo di compleanno per André. E come regalo per i poveri della parrocchia, visto che aveva offerto una cifra assolutamente sproporzionata. Eppure le era parso doveroso che anche André avesse un ricordo della propria famiglia, visto che la sua incombeva sulle loro vite sia nel bene che nel male. Quindi aveva fatto di tutto per averlo, ed offrirglielo insieme agli altri due regali più usuali: un rasoio dal manico in argento per il suo nuovo ufficio ed un orologio in cui, complice la gratitudine, Madame Vigée-Le Brun aveva dipinto il volto di lei in tempi rapidissimi.

Udirono un leggero bussare alla porta. Era Marie Armand, la cameriera personale di Oscar, che li avvisava del fatto che fossero arrivati i musicisti.

Una cosa che amavano della nuova casa, era poter organizzare delle piccole cene seguite da un breve concerto, cosa che al Generale non era mai piaciuta molto. Invece l'idea a loro piaceva moltissimo, scoprire nuovi strumentisti e godersi un concerto lontano dalla calca. Quella sera avevano in programma i primi due concerti per flauto di Mozart2, con un giovane flautista accompagnato al cembalo (improponibile scritturare un'orchestra).

Oscar annuì:

- Falli sistemare e fai loro offrire la cena. Tu vai a casa prima che la neve te lo renda impossibile. O, se preferisci, puoi passare la notte qui.

- Come desiderate. Andrò a casa. Alain aveva detto che sarebbe passato per accompagnarmi.

E richiuse l'uscio.

Oscar si sollevò ridacchiando:

- E' ora che mi prepari…- si stiracchiò unendo le mani dietro la schiena per sciogliere le scapole.

- E bravo il nostro Alain! Se continua così ci saranno delle nozze da organizzare.

André le sorrise sornione.

- Era ora. Non ti pare?

 

La cena si sera svolta in modo sereno. Constance e Sir Henry erano gentili e sorridenti come al solito, con al seguito i due vivaci gemelli. Il figlio maggiore si era recato a cena da una famiglia con tre figlie in età da marito, che provvedeva ad invitarlo con militaresca puntualità.

Hortense aveva condotto, oltre al marito, anche la piccola Loulou, con lo scopo di migliorarne la cultura musicale. Le sue domande ingenue ma acute avevano punteggiato tutta la conversazione.

Josephine, seduta accanto ad André che ne costituiva il complemento ideale in tali occasioni, aveva punteggiato la serata di battute argute che il Capitano rintuzzava con regolarità.

- Poi l'altra sera a teatro non siete nemmeno venuti a cercarmi!

- Ma sì, invece. Però siamo stati bloccati da Madame Legrand. Ve la ricordate? Era una soprano famosa una quindicina di anni fa.

- Sì, me la ricordo. Una bella voce, anche se a me non piaceva granché. Tutta virtuosismi, ma poco espressiva. - Disse Hortense. - Quando si ritirò dalle scene, ci fu un mezzo scandalo. Pare che l'impresario le avesse rubato oltre la metà dei guadagni. Non mi ricordo i dettagli, ma gli fece causa senza ottenere nulla. E voi come la conoscete?

- Abitava qui accanto, poche case più avanti. Ma ora pare abbia accettato un incarico presso un teatro a Chartres e si è trasferita.

- Come, pare? - Si intromise Josephine, sempre curiosa ed attenta ai dettagli.

- Ecco, sono venuti i nipoti da noi stamane, e non paiono convinti della cosa.

- No, un momento, fatemi capire: si ricomincia con una storia di donne scomparse?

- Spero di no, dovrebbero esser solo dei nipoti sospettosi e forse un poco troppo interessati all'eredità.

- Sarà meglio, spero davvero che non andrai ad impelagarti in un altro caso disgraziato come il precedente.

E su quella nota un poco amara si concluse la serata.

 

Il mattino del nove dicembre, prima del rientro in Caserma, Capitano e Comandante decisero di recarsi nel palazzo di fronte, per conferire in via informale con il Notaio Brassens, dei cui servigi faceva uso da anni il Generale Jarjayes. Anziano, ligio al dovere e molto mattiniero (Oscar si rammentava incontri fissati col padre alle sei del mattino), era già al lavoro nel suo studio, ingombro di carte e faldoni, e non ebbe difficoltà a riceverli. Li accolse in veste da camera, dopo essersi sistemato rapidamente il parrucchino sulla testa calva.

- Scusate l'ora poco urbana. - Esordì André.

- Nemmeno da dirsi, nemmeno da dirsi. Ormai soffro di insonnia da anni. Sono al lavoro da un paio d'ore. E solo perché mia moglie altrimenti mi rimprovererebbe, altrimenti sarei qui almeno dalle quattro. Ma ditemi, ditemi.

- Ecco, abbiamo ricevuto in Caserma la visita di Mathieu Legrand, il nipote di Madame Legrand che viveva nella via. La conoscevate?

- Ma certamente. Una bella voce, ai suoi tempi. Ed una cara persona, molto ammodo. Ci faceva piacere riceverla alle nostre cene, peccato si sia trasferita. Ma, d'altra parte, per una donna con poche sostanze come lei, quell'impiego a Chartres è stato una vera manna dal cielo. Ma cosa avrebbe potuto volere da Voi il nipote?

- Ecco, gli pare troppo precipitoso il trasferimento della zia. E trova sospetto che si sia rivolto a Madame Bavardisson per la vendita, anziché a lui.

- Ah, lo conosco, lo conosco da tempo. Seguo i suoi commerci, sapete. Ebbene, un sospettoso come pochi. Non mi stupisce che sia perplesso. Ma sospettare di Madame Bavardisson, suvvia! Quella brava signora, così ammodo! Sempre pronta ad aiutare gli altri, così nella vendita dei Mobili della Legrand, come a trovar marito a Mademoiselle Paroi. Tipico suo, aiutare gli altri.

- Quindi secondo Voi nulla di losco si nasconde dietro la scelta di affidare la vendita alla Bavardisson?

- Ma nulla, nulla! Anzi il contratto è stato stipulato da me, é stato. La Bavardisson si impegna ad inviare il denaro ove indicato dalla Legrand, tramite i miei servigi, tramite. Quindi tutto regolare. Tutto regolare.

Con quelle conferme i due ufficiali ringraziarono e si avviarono verso la Chaussée D'Antin, ridendo.

- Mi ero dimenticato del vezzo di Brassens di ripetere le parole. Ancora dieci minuti e mi sarebbe venuta l'orticaria. - Disse André salendo a cavallo.

Oscar scosse la testa, ilare.

- Già. Terribile.

Ma la loro allegria non durò molto. Appena lasciata l'Ile Saint-Louis, attraversare Parigi, con i mendicanti, i bambini scalzi nella neve, la miseria così evidente sotto quel cielo corrusco avrebbe rattristato chiunque.

Quando giunsero in caserma, si trovarono di fronte ad un nuovo ordine di servizio.

Il venerdì successivo, giorno 12 dicembre, si sarebbe sciolta la Seconde Assemblée des Notables3. La Guardia Metropolitana sarebbe stata incaricata di occuparsi della sicurezza dei membri dell'Assemblea provenienti da sud, riaccompagnandoli per almeno una giornata di viaggio. Altri reggimenti avrebbero gestito il rientro dei membri provenienti dalle altre province.

Ritrovo per tutte le compagini di fronte all'Hotel des Menus Plaisirs il venerdì a mezzogiorno con le salmerie per il pernottamento in campo aperto.

Rimanevano due giorni per organizzare la scorta, decidere chi sarebbe rimasto di stanza in città. Ed Oscar aveva un'ulteriore preoccupazione. Il gelo4.

- Ma davvero credono che i soldati possano dormire in tenda con questo freddo?

- Credo che la cosa non preoccupi affatto gli alti Comandi, Oscar.

- Dobbiamo scortare solamente sette delegati. Pochi venivano dalla provincia, e solo una parte dal sud. Inoltre alcuni resteranno a Parigi. Direi che una dozzina, inclusi gli ufficiali, sia più che sufficiente. I delegati dormiranno certamente in una locanda. Quindi anche i soldati. Me ne prendo la responsabilità. Facciamo venire anche Pellerey, voglio osservarlo da presso. Qui D'Agôut sarà più che sufficiente.

- Certo che questo spreco di forze e denaro per un'Assemblea che si chiude senza aver deciso se fare o no il raddoppio del Terzo Stato… - Chiosò André.


1  Da Il Gigante armato cap. 6

2  Numero 1 in Sol maggiore, K313 e Numero 2 in Re maggiore K314.

3 "Louis XVI convoque la première Assemblée le 29 décembre 1786. L'Assemblée des notables, dont les membres sont nommés par le Roi, comprend les 7 princes du sang majeurs, (le comte de Provence, d'Artois, le duc d'Orléans, le prince de Condé, le duc de Bourbon le duc d'Enghien, le prince de Conti) et 7 archevêques, 7 évêques, 6 ducs et pairs, 6 ducs non pairs, 8 maréchaux de France, des intendants, des parlementaires, des députés des pays d'états, des représentants des corps de ville des plus grandes cités du royaume soit au total 147 personnes.

La seconde se déroula aux Menus Plaisirs du 6 novembre 1788 au 12 décembre suivant. Ce fut pour traiter quelques questions préliminaires sur l'organisation des États généraux que le roi convoqua la seconde Assemblée des notables. Il s'agissait de savoir quel y serait le rôle du tiers, s'il obtiendrait une représentation égale en nombre à celle des deux premiers ordres, la noblesse et le clergé, si on délibérerait par tête ou par ordre, et si le tiers état n'aurait qu'une seule voix contre les deux voix de la noblesse et du clergé. L'Assemblée des notables se déclara contre le doublement du tiers, mais la Cour, cédant à l'opinion publique, décida le contraire le 27 décembre 1788.»

Cher la Guardia Metropolitana si occupasse della sicurezza dei membri è una mia scelta personale.

4  Mi limito a rammentare che quello del 1788/89 fu uno dei più freddi inveri da quando si tiene traccia delle temperature in modo scientifico. " -6.8°c de température moyenne (Observatoire de Paris) pour le mois de décembre 1788 ; ce mois est, depuis au moins 1757 le second mois le plus froid en France ; le record est attribué à décembre 1879 avec, toujours à Paris, une moyenne de -7.9° "

 

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Capitolo 4
*** Il Capitano nella neve ***


4. Il Capitano nella neve.

 

I cavalli avanzavano lentamente nella poltiglia di neve e fango che le ruote dei carri avevano rimestato nella carrareccia . I rami degli alberi che fiancheggiavano la strada si curvavano sotto il peso del ghiaccio formando in lontananza una navata candida che riluceva sotto il gelido sole che non arrivava a sciogliere i pendagli da abete di natale che decoravano i platani sotto cui passavano.

La compagna era silenziosa. Nelle due carrozze, i deputati dell'Assemblea sedevano infreddoliti e corrucciati per come si erano conclusi i lavori. Inoltre erano male assortiti nella loro disposizione, e aristocratici, membri del clero e della nobiltà parevano poco disposti sia a riprendere argomenti già discussi infinite volte, sia a fare conversazione da salotto.

I soldati, dal canto loro, procedevano immusoniti sulle loro cavalcature. Oscar era in testa alla piccola parata, insieme ad Alain, cui aveva intenzione di parlare degli ultimi sviluppi nell'ambiente della Caserma, appena avessero fatto un poco di strada, e gli animi un poco rilassati. Chiudevano il corteo i due Capitani, Grandier e Pellerey.

Il primo stava ripensando a quando aveva percorso quella strada sei mesi prima, ed a come fosse cambiata la sua vita in quel periodo. Un amore infine corrisposto, una nuova casa, una promozione, la speranza di un figlio. Molto, moltissimo. Abbastanza da sopportare le occhiate con cui era stato accolto, tra l'ammirazione per il “colpaccio” che ritenevano fosse riuscito a compiere ed il disprezzo per le umili origini. Solo Fersen, stupendo molti, gli si era rivolto amichevolmente, poche ore prima, quando la Compagnia B, come altre, era andata a recuperare il proprio carico di deputati da scortare. Solamente il Conte aveva compreso, con lo spirito di chi conosce malignità e mormorazioni, rimarcando quelle similitudini che già aveva avuto modo di evidenziare.

Pensieri simili ma con verso opposto occupavano la mente di Pellerey, impegnato a chiedersi se e come avrebbe potuto scalzare André non dal cuore ma dal letto del Comandante, e quali benefici ne avrebbe ricavato, in tal caso. Il Capitano immaginava una infatuazione passeggera, una passioncella da poco che avrebbe avuto breve durata, subito cancellata da quella successiva.

Oscar stava ancora ripensando alla conversazione avuta con Girodelle poco prima della partenza. Non poteva sapere che, come accaduto al rientro dalla missione per recuperare Monsieur 121, il Maggiore si era soffermato ad osservare la sua andatura, sempre eretta, ma meno rigida ed impettita e, come allora, gli aveva ricordato una danzatrice. Ma non era riuscito a reprimere un moto di rabbia per il fatto che, a risvegliare quella parte sopita fosse stato un roturier. Per spirito di classe, più che per gelosia. Per questo susseguirsi di pensieri le si era rivolto con fare quasi sprezzante, dicendole che non avrebbe mai pensato che avrebbe gettato alle ortiche la sua reputazione.

Oscar ripensò alla propria, secca, risposta:

- Non ho una reputazione. Non in quel senso, almeno. Nessuno mi ha mai chiesto né di essere una ritrosa ragazza da marito, né una seduttrice impenitente. Ho una reputazione militare da difendere. Null'altro.

E si dispiacque, perché non aveva accennato al fatto, che se pure ne avesse avuta una, questo non l'avrebbe fermata. Non era mai stata tanto sicura di una propria scelta.

Il pomeriggio stava lentamente declinando. Presto avrebbero dovuto cercare una locanda. Non sarebbe stato sicuro proseguire col buio. Ne trovarono una nei pressi di Étampes, dal promettente nome di “Le lièvre gourmand”. Per fortuna era semideserta a causa della stagione, poiché le diciannove persone tra soldati e deputati la occuparono pressoché completamente. I tre aristocratici del gruppo storsero il naso all'idea di cenare con quei soldatacci e ancora di più all'idea che avrebbero dormito in camere adiacenti. Oscar colse gli accenni e si fermò di fronte a loro, le mani sui fianchi e l'aria seccata.

- La scorta è sotto la mia responsabilità. Non ho intenzione di perdere uomini per una polmonite presa dormendo in tenda. Se non volete dividere il tetto con i miei soldati, state pure fuori. Il posto non manca. Le tende nemmeno.

Poi si voltò ed iniziò a dare ordini. Stabilì turni di sorveglianza da due ore, tra le dieci di sera e le sei del mattino, da trascorrere presso l'ingresso. Non avrebbe davvero saputo cosa attendersi, se una notte ed un secondo giorno di viaggio pacifici e rilassati, un attacco ai deputati in quanto tali o semplicemente un tentativo di rapina ad una carovana evidentemente danarosa.

Organizzato tutto, disse ai soldati che potevano andarsi a sistemare per la notte, in attesa della cena, ma tenendo comunque gli occhi aperti. Salì a propria volta nella stanza che aveva deciso di dividere apertamente con André. In fondo tutti i militari avevano camere perlomeno doppie, quella sera, ed inoltre la convivenza in Rue Guillome non era certo un segreto, per cui ritenevano entrambi puerile nascondesi dietro ad un dito.

Una volta in camera, si lasciò cadere esausta su una poltroncina accanto al camino, per scaldare le mani diacce. André si sedette sul bracciolo e le cinse le spalle. Rimasero un momento senza parlare, in un abbraccio caldo che si nutriva di una confidenza di anni.

Dopo alcuni minuti si udì bussare alla porta. Una robusta cameriera di mezza età portava due bicchieri di coccio con vino caldo speziato, che André aveva avuto la premura di richiedere. Con il camino e il liquido scuro che si scavava un cammino rovente dietro lo sterno, Oscar si sentì infine rinfrancata.

Si sistemò, decidendo che non avendo più necessità di cavalcare per quella sera si sarebbe sfilata le fasce, si spazzolò e capelli ed entrambi scesero per una cena molto rustica, a base di zuppa di cipolle (che fece storcere non poco il naso ai tre aristocratici che scortavano), stufato di cacciagione ed un rugiadoso formaggio fresco.

La sala era arredata con molti piccoli tavoli, quindi si sedettero con Pellerey. Entrambi ebbero la curiosa impressione che il suo atteggiamento verso Oscar stesse mutando. Come se tentasse di fare buona impressione, od addirittura come se vi fosse un accenno molto vago di corteggiamento.

Fu un poco per quello un poco per la stanchezza accumulata che il Comandante decise di ritirarsi presto, lasciando André alle chiacchiere con i commilitoni di un tempo, mentre l'altro Capitano preferì intrattenersi con i tre aristocratici da scortare.

Oscar iniziò a salire le scale verso il piano superiore mentre la porta di ingresso si apriva, lasciando entrare un gruppo di nerboruti contadini e boscaioli del luogo, assieme ad una ventata di aria gelida mista a nevischio. Il giorno dopo si sarebbe festeggiata Santa Lucia, un giorno di pace nelle loro indaffarate e dure esistenze. Li osservò entrare nella grande sala da pranzo, poi riprese la strada verso la propria camera.

Una volta entrata, si chinò a ravvivare il fuoco. La stanza era piccola, e la temperatura salì in fretta. Prese i due scaldini che erano poggiati ai lati del camino e li infilò sotto le coltri, interponendone uno anche dalla parte di André. Si sedette sul materasso, sfilò la giacca ed allentò la camicia. Nella sua strana posizione di donna che comandava un battaglione maschile, aveva pensato di dormire abbigliata, per essere meno in imbarazzo se avesse dovuto scendere di corsa. Si sfilò gli stivali e si sistemò nel letto.

Le parve che i rumori dal piano di sotto stessero in realtà aumentando; probabilmente erano arrivati altri contadini per un bicchiere di vino. Si sistemò meglio e cominciò lentamente ad assopirsi. Venne richiamata di soprassalto dal dormiveglia da un forte trambusto. Si rimise gli stivali e si gettò alla bell'e meglio la giubba sulle spalle, poi si precipitò al piano inferiore.

Nella sala pareva vi fossero due fazioni opposte. Da un lato i suoi soldati, in piedi attorno al gruppo che scortavano. Notò in particolare il Marchese di M., nascosto dietro le spalle di Alain. Dall'altro gli abitanti del luogo, apparentemente inferociti proprio contro il Marchese.

Un paio di contadini stava sbraitando all'indirizzo del nobiluomo, puntandogli un dito verso il volto, mentre André stava evidentemente tentando di placare gli animi. Una tavola giaceva rovesciata ai piedi dei coltivatori, che si erano evidentemente alzati precipitosamente.

Oscar entrò a passo spedito:

- Cosa sta succedendo, qui?

Il suo ingresso attirò gli sguardi di tutti.

- Una donna? Non solo difendete questi inutili damerini, ma vi fate comandare da una donna?

Disse l'uomo che puntava il dito, evidentemente il capo della compagnia.

Invece quello più vicino a lei, un tipo tracagnotto con pochi denti e lo sguardo le si avvicinò, sorprendendola perché non la aggredì come si sarebbe attesa, così come si attacca un uomo, ma allungando una mano tra la batista della camicia e la giacca ancora aperta, artigliandole il seno sinistro con una stretta feroce.

Lei reagì con un violento calcio al ventre che lo fece piegare su se stesso, mentre André, lasciate le vesti di paciere, scavalcò il tavolo con un balzo, sguainò la spada e gliela puntò alla gola con la mano destra, mentre con la sinistra lo chiudeva al collo, sollevandolo e lasciandolo con i piedi vergognosamente penzoloni. L'uomo, poco avvezzo ai militari, si rese conto che non avrebbe avuto gioco facile come credeva, anche perché i suoi compagni, visto l'evolvere della situazione, stavano poco alla volta indietreggiando verso la porta.

Il Capitano Grandier fece altrettanto e, procedendo all'indietro, si fece largo sino all'uscita, per scaraventare lo sbruffone nella neve. Poi, piantato a gambe larghe di fronte a lui, gli intimò di andarsene.

Rientrato vide Oscar, rossa di imbarazzo, chiedere spiegazioni e consigliare a tutti di ritirarsi. I membri dell'assemblea, un poco scossi, obbedirono come se si trattasse di un ordine. I soldati fecero altrettanto mentre Gérard, cui toccava il primo turbo, risollevò la tavola e si preparò alla guardia.

La raggiunse .

- Ti accompagno di sopra?

Lei annuì.

- Erano dei violenti non organizzati. Non penso che torneranno. - Disse André.

- Presumo anche io. - Gli rispose.

- Certo che se il Marchese di M. si fosse evitato i commenti sul loro aspetto e la loro puzza tutto questo non sarebbe successo.

Aprì la porta e le cedette il passo. Quando furono all'interno la guardò negli occhi.

- Come stai?

- Sto bene, sul serio. Grazie. - Rispose, appoggiandogli una guancia sulla spalla destra e cercando conforto.

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Capitolo 5
*** Camera con vista ***


5. Camera con vista

 

La notte trascorse senza altri incidenti, e la mattina seguente la compagnia si avviò alla volta di Orléans, dove avrebbero lasciato i membri della disciolta Assemblea alle cure dei militari ivi di stanza.

Come il giorno precedente, la strada attraversò un paesaggio da fiaba nordica, candido e diaccio. Giunsero in città appena prima del tramonto, e lasciarono i loro sette protetti nella locale caserma, ove era stata preparata una serie di stanze sino al mattino dopo, quando alcuni di loro avrebbero preso le carrozze di posta ed altri sarebbero rientrati con mezzi propri.

Nessuno aveva previsto un alloggio per i soldati della Guardia, così scesero nuovamente in una locanda tra la Loira e la Cattedrale. Cenarono e stavano per ritirarsi, quando Oscar ebbe un'idea che si affrettò a comunicare ai sottoposti.

- Domani faremo un percorso differente, per rientrare. Vorrei evitare di trascorrere nuovamente la notte ad Etampes, ed inoltre, se rientrassimo da Chartres, potremmo informarci direttamente su Madame Legrand.

Alain prese la parola in maniera non troppo deferente.

- Madame Legrand? Cosa c'entra la Guardia con questa Madame Legrand? Mica le sarà successo qualcosa? Comandante, vorrete per caso ricominciare? Non mi piace fare l'uccello del malaugurio, ma vorrei ricordarvi cosa Vi è capitato l'ultima volta che avete dato la caccia ad un rapitore di donne indifese.

- Non c'è nulla di cui preoccuparsi, Alain. E' una donna sola che si è trasferita a Chartres da Parigi, anzi da una casa nei pressi della nostra. I nipoti sono preoccupati, penso più per l'eredità che per lei, per via della rapidità del trasferimento. - Lo rassicurò André.

- Nessuno da salvare, allora?

- Nessuno. Nemmeno io ho voglia di ripetere l'esperienza. - Rispose Oscar, alzandosi.

 

Senza il rallentamento causato dalle due carrozze, procedettero con un'andatura decisamente più spedita, e verso la metà del pomeriggio seguente entrarono nel caratteristico centro di Chartres. Occhieggiarono una locanda graziosa, in una vecchia casa à colombages, dal curioso nome di Les Vergers de la Tamise. Dopo aver sistemato i cavalli, recuperato i pochi bagagli e preso possesso delle stanze, André ed Oscar lasciarono la locanda ed i soldati, che potevano considerarsi liberi sino al mattino seguente, sebbene precisando che erano comunque attesi per la cena (che non avrebbero potuto permettersi con le loro finanze) per dirigersi verso il Thèatre Du Seuil. Invitarono anche Pellerey ad accompagnarli, che declinò con la scusa di essere troppo stanco.

Giunti a teatro, udendo un suono di prove giungere dall'interno, entrarono silenziosamente e chiesero ad un inserviente di poter parlare con la direttrice del coro.

Il giovane li guardò stupiti, sgranando i grandi occhi infantili:

- Direttrice del coro? Direttore, vorrete dire?

Fu la volta dei due militari inalberare un'espressione stupita:

- Madame Virginie Legrand non è impiegata qui da alcuni giorni?

- No, Signori. Non l'ho mai sentita nominare.

- Potremmo parlare con il direttore o l'impresario?

- Il direttore non è qui, l'impresario è Monsieur Calissons, quell'uomo, ehm, robusto seduto laggiù.

Seguirono con lo sguardo la direzione indicata dal ragazzo. Un uomo non solo in carne ma incredibilmente grasso sedeva scompostamente su una sedia ai piedi del palco.

Attesero di udire il maestro affermare che per quel giorno le prove erano terminate e si avvicinarono.

Dopo i convenevoli di rito, esposero il motivo della visita:

- … e quindi i nipoti di Madame Legrand si sono rivolti a noi per verificare la situazione. - Concluse André.

- E bene hanno fatto, direi! Come vedete qui non solo non è mai venuta, ma nemmeno ci occorre un direttore del coro, essendovi già a questo scopo Monsieur Bréton. Direi che la povera signora è stata giocata, ed in malo modo, anche.

Si alzò a fatica, puntellando una mano sullo schienale e l'altra ad un elaborato bastone da passeggio. - A questo punto spero che non la sia accaduto nulla di male. Era una bella voce, ai suoi tempi. Mi spiacerebbe davvero se avesse fatto una brutta fine.

E con questo prese congedo.

Oscar ed André rientrarono mestamente alla locanda, attraversando quella piccola città così differente da Parigi e chiedendosi quale avesse potuto essere la sorte della soprano. Davvero qualcuno avrebbe potuto farle del male per impossessarsi dei suoi averi?

Nonostante la preoccupazione, dovettero ammettere di essere impotenti. Se anche fosse stata vittima di un raggiro, o peggio, il fatto si era già svolto. Avrebbero dovuto cercare un colpevole, questa volta, non una donna rapita.

Con questo peso nel cuore, svoltarono in Rue des Ecuyers, ed entrarono nel Vergers de la Tamise. Né i soldati né Pellerey erano ancora rientrati, quindi decisero di salire nella propria camera ad attenderli, sotto lo sguardo perplesso dell'oste, che dopo aver visto una donna in divisa stava pensando che l'esercito fosse più quello di una volta...

 

Alain era curioso di scoprire se la Brigata B si sarebbe di nuovo trovata in un pasticcio come quello che li aveva travolti ad agosto. Pertanto, appena rientrato dal giro di esplorazione della città (o meglio, dalla disamina della qualità delle bettole cittadine), si recò verso la stanza di Oscar. Nel corridoio del secondo piano incontrò il Capitano Pellerey:

- Soldato, che fai qui?

- Voglio conferire con il Comandante Jarjayes per conoscere il risultato della visita a teatro.

- E a cosa si deve questa sollecitudine, soldato?

- Voi non eravate ancora presso la Brigata, Capitano, in agosto, quando, partendo da un banale caso come questo, ci siamo ritrovati nella complicata indagine del Lupo. Se devo essere sincero, sono preoccupato.

- Bene, capisco. Verrò con te e chiederemo insieme. - Rispose Pellerey, che non perdeva mai occasione per mostrarsi più sollecito di quanto non fosse realmente.

Alain dovette far buon viso a cattivo gioco.

Bussarono alla porta lucidata a cera, e si sentirono subito invitare ad entrare. Non sapevano che i due occupanti stavano attendendo la cameriera con il tè che avevano ordinato. Alain abbassò la maniglia ed entrò. Vide una scena che gli fece comprendere cosa intendesse il suo amico dicendo che amava la serate tranquille in casa, e gli fece desiderare di vivere simili atmosfere al più presto con la piccola Marie.

La stanza, pulita ed accogliente, era piccola, ed un bel fuoco nel camino aveva già provveduto a riscaldarla. Sulla sinistra, un letto accoglieva entrambe le giubbe delle divise.

Dinanzi alla porta il focolare, ai lati del quale erano stati posati gli stivali a riscaldarsi e dinanzi al quale stavano due bergères rosso scuro. In quella di destra André sedeva scompostamente, con la schiena poggiata ad un bracciolo e le gambe ciondoloni dall'altro. Stava scrivendo con un lapis su quel sempiterno taccuino foderato in blu che aveva sempre appresso.

Sulla poltrona di sinistra Oscar sedeva nello stesso modo, con in mano un libro. Più freddolosa, era avvolta in una maglia grigia, fabbricata ai ferri ed evidentemente troppo grande, probabilmente di André. Per scaldarsi meglio, si era sfilata le calze che aveva poggiato ad intiepidirsi sul parascintille e allungava i piedi e le caviglie nude alle fiamme.

Non appena si avvide che non era etrata la cameriera, ma avevano fatto il loro ingresso due suoi sottoposti, si affrettò a sedersi accoccolandosi sulla bergère, e coprendosi rapidamente le gambe con il maglioncino. Non così in fretta da non permettere a Pellerey di notare la pelle chiara e le caviglie sottili, sulla quali i malleoli spiccavano in un modo che al Capitano sembrò molto sensuale. Forse la conquista del Comandante non sarebbe solo servita a guadagnare qualche grado, ma avrebbe potuto avere dei risvolti divertenti.

- Volevo avere qualche informazione sulla visita a teatro – disse Alain – ma ne riparleremo a cena.

Disse, togliendo tutti dall'imbarazzo.

Quando i due militari ebbero richiuso la porta e se ne furono andati, Oscar abbassò lo sguardo.

- Mi spiace. - Disse, rivolgendo ad André quelle due parole con un tale carico di sottintesi, e così sottilmente femminili, che il soldato andò ad accoglierla nel cerchio delle braccia.

 

Scesi a cena, raccontarono quanto avevano scoperto.

Alain prese da un lato André, seduto accanto a lui:

- Ci siete già dentro fino al collo vero?

- Ovvio! - Gli rispose, prima di nascondere una mezza risata nel bicchiere di vino.

Il dialogo venne interrotto da François:

- Non immaginerete mai chi abbiamo visto prima in piazza!

- E chi mai?

- Ve lo ricordate quel tipo della locanda in montagna? Quello che ha malmenato la moglie e il Comandante gli ha quasi piantato il coltello nelle...ehm, insomma...beh, lui.

- Qui?

- Sì, e secondo me ha anche riconosciuto me e Gérard. Ci ha guardati con certi occhi. Ma non credo voglia attaccare briga. Con la lezione che gli avete dato!

 

La serata proseguì in una strana atmosfera cameratesca e festosa. Oscar però preferì ritirarsi quando cominciarono i canti. Non era il caso di rimanere ad ascoltare le disavventure “amorose” di Carlo Martello di ritorno dalla battaglia1. Aprì la porta ridacchiando proprio mentre il re agiva da gran cialtrone dileguandosi tra i glicini e il sambuco.

André invece rimase coi vecchi commilitoni, come ai vecchi tempi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1  Ho sempre pensato che questa canzone del Faber del 1963 (Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers) fosse esattamente il tipo di canto dissacratorio che sarebbe piaciuto alla Brigata B. La musica di De André si ispira ad un canto popolare francese, il testo di Paolo Villaggio sbeffeggia il merovingio Carlo Martello.

Oscar si riferisce al finale del canto.

Ciò detto agì da gran cialtrone

con balzo da leone

in sella si lanciò

frustando il cavallo come un ciuco

fra i glicini e il sambuco

il Re si dileguò.

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Capitolo 6
*** Lettere ***


I disegni di Sabre furono galeotti. Tinozza in arrivo.

 

6. Lettere

 

Il giorno seguente, lunedì, giunsero alla Caserma di Chaussée D'Antin nel pomeriggio.

Dopo aver preso informazioni sulla situazione a Parigi nei giorni appena trascorsi, Oscar si recò nel suo ufficio per sovrintendere ai turni di ronda e sbrigare vari dispacci.

Si avvide subito che i programmi settimanali preparati dal Colonnello D'Agôut apparivano più equi di quelli che ultimamente erano stati scritti da Pellerey. Nei giorni trascorsi in viaggio le era parso borioso ed arrivista, ma non era riuscita a comprendere le motivazioni per gli ingiusti trattamenti che faceva subire ad alcuni soldati, che peraltro in sua presenza aveva trattato come gli altri. Avrebbe dovuto indagare ulteriormente.

Poi preparò un messaggio per convocare Mathieu Legrand per il mattino seguente. Aveva bisogno di parlargli di persona per raccontare quanto scoperto a Chartres.

Trovò anche un breve biglietto che la sorella Josephine le aveva scritto da Palazzo Jarjayes. Lo lesse:

 

Oscar carissima, preparati ad un Natale difficile.

Per salutare nostra sorella Constance prima della partenza definitiva per l'Inghilterra, Louise Hélène ed il marito hanno deciso di onorarci con una delle loro rare visite.

Come se non bastasse, persino Geneviève raggiungerà la casa avita per tre giorni.

Se fossi in te, mi procurerei moltissimo lavoro da sbrigare proprio nel momento della loro visita. Non credo vorrai stare ad ascoltare le loro prediche per la tua immorale scelta di andare a vivere a Parigi con André.

Ho comprato tre casse di sapone di Aleppo. Te ne manderò una parte, perché tu non perda le buone abitudini che avevi da nostro padre.

Ti abbraccio forte.

Josephine.

 

Si appoggiò allo schienale con uno sbuffo. Ecco una cosa di cui davvero non sentiva il bisogno. I predicozzi di due sorelle ostili. Avrebbe aggirato il più possibile la cosa ostentando gli impegni dovuti all'esacerbarsi della situazione nella capitale. Poi riprese ad esaminare missive e dispacci.

Colpì la sua attenzione uno scritto di Monsieur Brassens:

 

Comandante De Jarjayes,

porgendovi i miei omaggi, Vi pregherei di passare presso il mio studio non appena possibile.

Alcuni sviluppi riguardanti la curiosa circostanza per cui mi avete fatto visita potrebbero interessarVi.

Henry Brassens, Notaio in Parigi.

 

Oscar rimase per un attimo pensierosa a fissare la carta intestata che recava quelle poche e volutamente vaghe parole. Chissà quale sviluppo aveva mosso l'anziano burocrate al punto da invitarli a passare da lui Tanto valeva farlo direttamente quella sera, al rientro.

Al termine degli impegni quotidiani, André attese che Oscar lo raggiungesse e, bussando leggera alla porta del suo ufficio, lo chiamasse per il rientro.

Attraversarono a cavallo le vie, non molte in verità,che separavano la caserma dall' Ile Saint-Louis. La luce livida del tramonto invernale rendeva quasi tetro l'aspetto delle strade, in cui la neve dei giorni precedenti si era ghiacciata in lastre fangose e di uno squallido colore limaccioso.
Pochi si attardavano per le vie, chi aveva un luogo più o meno caldo ove rifugiarsi per la notte si era già ritirato, sperando in un pasto caldo ed un ciocco di legno per scaldarsi.

Giunti a casa, lasciarono i cavalli alle cure di Jean Jacques, giovane ma attento cavallaro che si era trasferito da Palazzo Jarjayes, ed attraversarono rapidamente Rue Guillaume per recarsi presso lo studio del Notaio Brassens.

Dovettero attendere qualche minuto che l'ultimo cliente della giornata, evidentemente il segretario o l'intendente di qualche aristocratico, terminasse le proprie incombenze. Poi vennero fatti accomodare nello stipato ufficio del notaio, che li osservava dal lato opposto di una grande scrivania di ciliegio.

- Ah, bene, bene, sono contento che siate venuti, proprio contento.

- Pare abbiate delle novità riguardo a Madame Legrand.

- Oh, sì, mi è giunta una sua comunicazione che mi informa presso quale banca farle pervenire il denaro che verrà ricavato alla vendita, verrà.

- Perdonatemi, Monsieur Brassens – Disse André. - Ma dove si trova questa Banca?

- A Chartres, ovviamente! Perché me lo domandate?

- Perché durante una missione abbiamo fatta una deviazione, passando appunto dal teatro ove dovrebbe aver trovato impiego. E non solo non è mai giunta, ma non le hanno neppure fatto avere proposte di lavoro.

- Ma non ha senso, non ha!

- Ne avrebbe se Madame Legrand avesse mentito, anche solo parzialmente.

Propose Oscar.

- Ovvero?

- Potrebbe aver deciso di trasferirsi per motivi differenti da quelli ufficialmente dichiarati. Ed avere le sue ragioni per non rendere edotta la famiglia. Quindi ha chiesto aiuto a Madame Bavardisson per, diciamo, depistare il nipote. Se poi la sua amica sia al corrente o meno che il lavoro in teatro non è mai esistito, questa è un'altra storia.

- Ma quali motivazioni potrebbe avere, potrebbe? - Chiese il notaio.

- Non saprei. Azzarderei ragioni sentimentali.

- Una fuga d'amore? Suvvia, sono cose da romanzo! E Madame non era nemmeno giovanissima, azzarderei.

- Non saprei cosa dirVi, Monsieur. Domani parleremo sia col nipote che con la Bavardisson, poi torneremo a riferirVi. Potete ritardare l'invio della somma richiesta?

- Non ho motivazioni, non ho. La lettera è ineccepibile, e sulla richiesta di intermediazione a Madame Bavardisson c'è anche l'avallo del Curé Benôit. L'unica cosa che potrei fare, dato che non tutto è stato ancora venduto, è prendere tempo informandomi se preferiscono attendere ed essere saldati in toto, o ricevere un anticipo. Questo posso farlo, posso.

- Sarebbe un'ottima cosa, Monsieur Brassens. Ve ne ringrazio molto.

Si alzarono per accomiatarsi, e si apprestarono a rientrare a casa loro. I due portoni erano quasi affacciati, e quindi non si trattava che di compiere pochi passi. Avevano quasi terminato l'attraversamento quando l'attenzione di André venne attratta da un emaciato gatto nero, tutto inzaccherato ed infreddolito. Lo raccolse con l'evidente intenzione di portarlo a Palazzo.

- Madame Tatie si stava giusto lamentando per la presenza di topi nelle canine. Micio, sei assunto!

Oscar lo guardò sorridendo.

- E come lo chiamerai? Sempre che la cuoca lo voglia tenere, un gatto nero, superstiziosa com'è.

- Lo terrà per forza. Anzi – disse con un sorriso furbetto, di quelli che aveva da bambino – Se impressionabile, ho il nome adatto: Treize1!

- Sei sempre il solito! Io vado a togliermi le fasce, mentre tu ti diverti coi tuoi dispetti. Poi vieni su a suonare un poco?

Oscar si diresse nei loro appartamenti, e si liberò delle fasce. Poi chiese che le preparassero un bagno nel piccolo spogliatoio che di solito utilizzava allo scopo, un ambiente minuscolo, che poteva essere facilmente scaldato.

Nell'attesa che scaldassero l'acqua e la stanza, si apprestò a suonare. L'archetto aveva bisogno di una decisa passata di pece2, e si accorse che ne era rimasta poca. Iniziò pazientemente a sfregarla sui crini, ma le scivolò dalle dita, infrangendosi a terra in piccole briciole luccicanti.

Sbuffò seccata, era troppo tardi per inviare qualcuno ad acquistarla da un liutaio; avrebbe dovuto accontentarsi si un brutto suono o rinunciare.

Si intromise Marie.

- Posso Procurarvela da Madame Bavardisson, se volete.

- Non sapevo suonasse.

- No, infatti. Ma ha una grande passione per la cosmetica, e talvolta si prepara personalmente alcune pomate o saponi. Me lo diceva la sua servente. E mi raccontava appunto che usa anche la pece per un sapone estremamente delicato, dice che potrebbe far concorrenza a quello di Marsiglia.

- Bene, Marie, se andassi a chiederne un pezzetto ti sarei davvero molto grata.

Le porse qualche moneta.

- Chiedi quanto dobbiamo. Io nel frattempo provvederò al bagno.

La ragazza scese a cercare il proprio mantello e si avviò verso la casa situata a metà della breve via. Oscar raggiunse lo spogliatoio. La temperatura era già piacevolmente tiepida, e dopo aver buttato un altro ciocco di legno nel camino, si svestì e si lasciò scivolare nell'acqua. Prese il sapone dal piccolo ripiano in maiolica (quello di Aleppo che le procurava Josephine, in alcune cose amava viziarsi con piccoli vezzi femminili) ed iniziò a passarlo sulle braccia. Udì la porta alle sue spalle richiudersi ed un passo noto avvicinarsi.

Un sussurro leggero alle orecchie.

- Mi pare di vedere che Madame ha bisogno di aiuto…

Lei sorrise. - In effetti sono in estrema difficoltà.

Vide con la coda dell'occhio cadere gli abiti di André che si accostò prendendole di mano il cubetto verde. Iniziò a passarglielo sulla schiena, per poi insinuarsi sotto il pelo dell'acqua, mentre si accostava al collo che lei gli offriva per un bacio.

 

Più tardi, André era seduto nella piccola vasca, incastrato tra le gambe magre di lei, che gli stringeva le spalle e gli aveva poggiato il mento sui capelli. Si mise più comodo, afferrandole la caviglia sinistra e facendola poggiare sul bordo in rame.

- Allora, che ne è stato del gatto?

- Gli hanno dato un piattino di latte e le interiora del pesce che avremo per cena. Poi è entrata Madame Tatie. - Disse André, con un tono già sornione.

- E…?

- Appena lo ha visto ha cominciato a strillare che non voleva quel tizzone d'inferno nella sua cucina, facendosi il segno della croce. - Continuò ridendo. Oscar si mordicchiava il labbro inferiore, gli angoli degli occhi già sollevati in un'espressione ilare.

- Quando poi le ho detto che si chiamava Treize ha cominciato a lamentarsi che è finita nella casa di un miscredente, povera lei, che già viviamo nel peccato, e ci prendiamo in casa un animale diabolico.

Ormai la risata di André era irrefrenabile, ed anche lei iniziò a sussultare, immaginandosi la corpulenta matrona dalla voce acuta che inveiva contro di loro.

Risero della cuoca e di se stessi, dell'effetto che facevano al mondo, sino ad avere un lacrima all'angolo dell'occhio, sino a che gli addominali doloranti non li obbligarono a smettere. Avevano sempre saputo di esser fonte di critiche e commenti. Quella era la prima volta in cui riuscivano a buttarseli alle spalle senza dolore.

Il loro amore era cresciuto. Aveva imparato a ridere di se stesso3.

 

 

La piccola via ed i suoi abitanti si prendono un paio di settimane di vacanza. Ritorneranno il 23 agosto. Buona estate a voi.


1 Tredici. Omaggio ad una ff francese, di cui non sono riuscita a ritrovare titolo ed autrice.

2 I violinisti chiamano pece (o pece greca) la colofonia, una resina color ambra che viene passata sui crini dell'archetto per migliorare il suono perché modifica l'attrito con le corde.

3 Si cresce davvero la prima volta che si ride di se stessi" Ethel Barrymore.

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Capitolo 7
*** Buon vicinato ***


7. Buon vicinato

 

Oscar stava terminando di rivestirsi per la cena, raccontando ad André le novità riguardanti le visite delle sorelle.

- Capisco che vogliano anch'esse rivedere Constance, ma renderanno il periodo natalizio pesante.

- Ma di cosa ti preoccupi? Tra la caserma ed il fatto che ora abitiamo qui potrai sfuggire facilmente…

Le rispose André abbracciandola alle spalle e lei sorrise al pensiero della loro casa. Poi si voltò verso di lui forzando leggermente l'abbraccio.

- A proposito, stavo pensando…

- Quando esordisci così di solito mi devo preoccupare.

- Ma dai – rispose dandogli un piccolo pugno sull'omero – guarda che sono seria. Ora che sei Capitano, valuta la possibilità di andare nuovamente a parlare a mio padre.

André poggiò la fronte sulla sua.

- Non credo servirà a molto. Ma ci proverò. E mi lusinga molto che tu insista nel voler essere mia moglie.

- Certo che insisto!

Furono interrotti da un lieve bussare alla porta.

All'invito ad entrare si affacciò la giovane Marie con un involto in mano.

- Madame Bavardisson vi manda la pece, ed anche un sapone di sua fabbricazione, ed una pomata per l'incarnato.

La ragazza abbassò la sguardo sul vasetto in vetro azzurro storcendo leggermente il naso.

- Ha parlato di zoccoli di capra…

- La ringrazierò compitamente, senza azzardarmi a toccarlo.

André ridacchiava, ascoltando il dialogo, mentre giocava con Treize che si era infilato nella stanza seguendo non visto Marie.

- E non ha voluto denaro per la pece. Dice che se volete proprio sdebitarsi sarà felice di passare più tardi a bere un porto.

Oscar sospirò. Avrebbe preferito pagare.

- Però pensaci. Se vuoi conoscerla meglio per interrogarla senza fartene accorgere, è un'occasione d'oro. - Le disse André. - Giocheremo al pettegolezzo e scopriremo molte cose.

 

Nel frattempo, fuori dalla Caserma dalla quale stava uscendo il Capitano Pellerey al termine del proprio turno, un uomo si staccò dal muro cui era appoggiato e lo avvicinò.

- Buonasera. - disse con deferenza – Se permettete, avrei bisogno di chiederVi una cosa.

L'ufficiale squadrò il tipo robusto, con una certa aria aggressiva sebbene mascherata da un atteggiamento servile. Abiti modesti, ma non miseri.

- Ditemi

- Secondo la vostra opinione, il Comandante potrebbe prendersi la briga di occuparsi di una donna sola sfuggita ad un marito manesco? So che mia sorella aveva incontrato un gruppo di vostri soldati in missione, comandati da una donna, e che questa soldatessa l'ha difesa. Poi mia sorella è fuggita e pensavo potesse aver cercato rifugio da lei.

- Non saprei. E' il genere di cose che farebbe proprio il Comandante. Ma non la troverete qui. Di sicuro l'avrà messa in un convento. Il punto sarà capire quale. Potrei informarmi e vi farò sapere.

- Vi ringrazio moltissimo. Siete estremamente cortese. Vi auguro una buona serata.

Si inchinò e arretrò nella via.

 

- Madame, che piacere vedervi!

André accolse con un sorriso la vicina che stava facendo il suo ingresso nel salottino. Una donna che molti avrebbero definito piacente, nonostante un volto duro, con una spiccata personalità che la faceva subito emergere rispetto all'amica che la accompagnava, Madame Brassens, la compita e timida moglie del notaio.

- Scusate se mi sono permessa di invitarmi in questo modo. - Esordì – Ma ho veduto che non siete molto amanti delle attività mondate, e pare che siate anche molto impegnati. Cosicché non avevo ancora avuto occasione di presentarmi come si conviene. E me ne dolevo, poiché ritengo essenziale avere dei buoni rapporti di vicinato.

Fu Oscar a rispondere:

- Avete ragione, non siete la prima persona che mi rinfaccia di lavorare troppo.

- Ma siamo qui appunto per conoscerci meglio e fare due chiacchiere.

- Inoltre – si intromise Madame Brassens – da anni non arrivavano facce nuove, in questa via. Ed ora siete arrivati Voi, e il pittore, Monsieur Cassel. Sono stata nel suo studio, dipinge delle incantevoli scene di genere. Vorrei convincere mio marito ad acquistarne una per il nostro salotto.

- Andrò a vederle, allora. - Concesse Oscar.

- E non sarebbe stato possibile se Vostro Zio ed altre persone non avessero lasciato liberi i loro appartamenti rispettivi.

- Oh, sono andate via degli inquilini? - Si informò fintamente sorpreso André.

- Ma certamente! Madamoiselle Paroi, che ha trovato un ottimo partito a Dieppe, e Mademoiselle Doucereux, che ha un impiego a Nancy, in un collegio, mia pare. Già sapete di madame Legrand, la soprano. Lei ha trovato lavoro presso un teatro a Chartres.

- Ma davvero?

- Sì, ho ricevuto giusto oggi una sua lettera. O meglio, un biglietto, ha vergato solo poche righe. Mi scrive che è felicissima. - Concluse la Bavardisson.

Oscar alzò un sopracciglio, perplessa.

- Me ne compiaccio. Non molte donne amano lavorare, od essere costrette a mantenersi. Ne sono lieta per lei.

- Oh, ma quella è arte, non un lavoro! Sarei felice anche io se avessi una simile voce d'angelo! - Riprese Madame Brassens. - Mostrate il biglietto, lo avete riposto in tasca. - Continuò, esortando l'amica.

E Madame Léonie estrasse un foglio, che riportava un laconico messaggio di saluto.

 

Il mio cuore è colmo di gioia per la prospettiva di una vita differente.

Presto vi racconterò tutto nei dettagli.

Vostra Virginie Legrand.

 

Oscar lesse il biglietto con attenzione, cercando di memorizzare quanto scritto. Poi lo poggiò sul tavolino basso di fronte a loro. In quel mentre entrò una cameriera con un vassoio recante i bicchieri da liquore in vetro molato ed una bottiglia di porto.

- Poggialo qui. Ti ringrazio. - disse André indicando lo stesso mobile e dirigendo la ragazza in modo che il servizio coprisse il foglietto.

Poi si accinse a fare il padrone di casa, versando il liquido color rubino per le signore. Poi si alzò per versarsi un armagnac.

Stava per chiedere ad Oscar quale preferisse, quando Madame Legrand la apostrofò:

- Voi non avete figli, nevvero? A meno che siano già in età da accademia o collegio.

Parve non accorgersi del silenzio imbarazzato che seguì la domanda, e che venne saggiamente ricomposto da Madame Brassens, che intervenne con una frase di circostanza:

- Il Comandante avrà sicuramente una vita molto complicata…

Ma Madame Léonie non intendeva cambiare discorso.

- Io ho quattro figli, tre ragazzi ed una bambina piccola. Ma non è stato semplice. Prima di loro ho seppellito altri dieci figlioli, e tre gravidanze non sono andate a buon fine.

- Mi dispiace. - Rispose Oscar, che, poco avvezza al genere di discorsi, si trovava a corto di formule di cortesia.

- Ma sono stata fortunata. Quando ero ragazza, una zingara mi aveva predetto che sarebbe accaduto. Anzi, aveva predetto che sarebbero morti tutti.

- E Voi credete sia accaduto a causa della predizione?

- Certamente! Le carte non fallano mai, sapete? Io stessa mi cimento nella lettura dei tarocchi, talvolta. E debbo ammettere che sono più affidabili della gente, sapete? Anzi, volete che vi legga il destino? Li ho sempre su di me.

- Oh, beh, ecco...forse un'altra volta. Ci saranno sicuramente altre occasioni.

Il diniego fu occasione per iniziare la cerimonia dei saluti, che portarono al rientro a casa delle due Signore.

Appena furono oltre l'uscio, Oscar si lasciò cadere sul divanetto, portandosi la mano alla fronte.

- Leggermi i tarocchi? Ma andiamo!

- Cosa interessante, però. Un buon modo per influenzare animi semplici. Chissà se la Legrand ci credeva.

- A proposito, secondo te il biglietto era autentico?

- Lo sapremo presto. - Disse André, scostando il vassoio, sotto il quale era rimasto. - Chiederemo domani al nipote.

 

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Capitolo 8
*** Vita di Caserma ***


8. Vita di caserma

 

Il mattino seguente André ed Oscar giunsero in Caserma alla solita ora. Attraversando la corte interna, la loro attenzione venne attratta da una discussione a voce non troppo alta, ma con toni decisamente adirati. Guardando meglio sotto il portico, videro Alain e François impegnati in un litigio che pareva serio.

- Cosa sta succedendo?

- Nulla, Comandante. Questioni personali. - Rispose Soisson.

L'altro lo guardò da sotto in su, senza ombra di timore.

- Niente lo dici tu! - Poi si rivolse direttamente ad Oscar – Ieri sera è venuto a prendere mia sorella a casa vostra per riaccompagnarla a casa, e sono arrivati tardissimo! Mia madre era fuori di sé. Con tutto quello che accade nelle strade, era preoccupatissima.

- Ma era con me. Sai benissimo che non lascerei che le accadesse nulla.

Il Comandante prese il soldato Armand da parte:

- Sai benissimo che se siete preoccupati Marie può restare a dormire a Palazzo. Parlane con i tuoi genitori.

Il soldato annuì.

- Forse sarebbe meglio.

Nel frattempo André aveva letteralmente messo Alain con le spalle al muro:

- Cosa combini?

- Cosa vuoi che combini? Non posso sempre limitarmi a riaccompagnarla. Voglio anche passare del tempo con lei. Insomma, capiscimi.

- Lo sai, sì, che se le capita qualcosa prima la famiglia e poi Oscar ti faranno fuori?

- Mi spaventa di più la tua bella che tutti i fratelli di Marie messi insieme, non credere. - Rispose Alain con un mezzo sorriso.

Gli animi intanto si erano un poco rasserenati, ed i due soldati andarono a prepararsi per le esercitazioni mattutine. Mentre li guardavano allontanarsi, giunse il Colonnello D'Agôut, che si rivolse direttamente ad André.

- Capitano Grandier, vorrei che mi aiutaste a fare le verifiche per l'inventario di fine anno in armeria.

- Naturalmente. Possiamo cominciare anche subito.

E i due ufficiali si diressero verso il corpo di fabbrica ad est. Oscar convocò i soldati della brigata non impegnati nelle ronde per una sessione di allenamenti con la spada. Impegnò parecchio tempo osservando i movimenti delle coppie di duellanti, correggendo gesti maldestri, dando consigli e controllando la correttezza dei movimenti. Poi si fermò accanto ad una colonna, seguendo la lezione con aria compiaciuta.

Venne in breve raggiunta dal Capitano Pellerey, che aveva appena terminato le incombenze del mattino.

- In un primo tempo mi avevano descritto in termini terribili la Brigata B. Invece devo ammettere che state facendo un ottimo lavoro.

Oscar lo guardò perplessa.

- Conosco la fama dei miei soldati. Eppure devo dire che, a parte qualche difficoltà iniziale, non appena si è costituita una fiducia reciproca, hanno fatto enormi progressi su vari fronti.

Poi si voltò e si rimise ad osservare concentrata lo svolgersi degli allenamenti.

- Sembrate tenere molto ai vostri uomini. - Riprese Pellerey, caricando con la voce sull'ultima parola. Lei lo scrutò in tralice, chiedendosi dove volesse arrivare.

- Sono tutti molto giovani. E sotto la mia responsabilità.

- Solo questo?

- E cosa altro dovrebbe esserci?

- Altri interessi, suppongo...visto che nella vostra vita c'è un favorito scelto tra i sottoposti. Che ha avuto modo di dì far carriera.

Oscar voltò il capo verso di lui in uno scatto rabbioso che le fece ondeggiar i capelli come fosse una Gorgone. Rispose a bassa voce, con un sibilo rabbioso.

- Pellerey, siete del tutto in errore. Su di me, sul Capitano, e sul tipo di rapporti che ci legano. Siete qui da poco, quindi non intendo eccedere in severità. Sappiate che non sono avvezza a parlare di me e delle persone con cui ho dei legami. Farò un'eccezione solo per chiarire. Con il Capitano Grandier ci sono delle relazioni molto più radicate di quanto possiate credere. E non si tratta di una cosa passeggera. Quindi non pensiate di poter andare impunemente in giro a sparlare. Quanto alla promozione, non è venuta da me, ma da una richiesta delle famiglie coinvolte nel caso che ha risolto. Quindi potete anche tacere le vostre basse insinuazioni.

E tornò ad controllare gli allenamenti con una luce assassina nello sguardo.

- Ecco, l'ha fatta incazzare. Sarà una giornata luuuuunga.

Disse François con una smorfia al suo compagno, in un sussurro, mentre le dava le spalle.

- Chissà cosa le ha detto.

Dopo alcuni minuti di muta osservazione, Oscar si rivolse nuovamente all'ufficiale, che era rimasto immobile, senza ribattere e senza scusarsi.

- Capitano, continuate Voi, qui, vado a controllare la situazione negli uffici.

E partì percorrendo il portico a lunghe falcate nervose.

 

Giunse in armeria mentre André e D'Agôut stavano riponendo i faldoni dopo aver verificato le corrispondenze.

Non mancarono di notare la rabbia che la stava animando.

- Pellerey! Si comporta in una maniera del tutto inappropriata ed insopportabile. Si atteggia come se fosse ad una scampagnata.

Fu il Colonnello a rispondere:

- Viene da un Reggimento in comando ad un suo zio. Era evidentemente avvezzo a fare il buono ed il cattivo tempo. Quando il parente si è ritirato, il nuovo Comandante gli ha fatto trovare duro, quindi ha chiesto di esser trasferito. Credo che stia provando di nuovo a scavarsi una comoda nicchia.

- Vi ringrazio delle informazioni. Una comoda nicchia, eh? Gli farò trovare io la poltrona, allora.

Era ancora alterata, ma la compostezza del Colonnello e la vicinanza di André erano riusciti a placarla almeno in parte.

Chiusero l'armeria e si diressero verso gli uffici. L'ora del rancio si stava avvicinando, e nel primo pomeriggio sarebbero giunti i nipoti della Legrand.

Oscar fece in modo di trattenere un momento André nel suo ufficio.

Abbracciandolo per trovare conforto, gli raccomandò di fare attenzione al Capitano. Non entrò nei dettagli, ma gli disse che aveva fatto delle insinuazioni nei loro riguardi.

- Non ti agitare. Non è il primo e non sarà l'ultimo. Ha solo avuto l'impudenza di dirtelo in faccia.

 

Nel primo pomeriggio giunsero Mathieu Legrand e la moglie.

André riassunse i fatti, dalla visita al teatro sino al biglietto sottratto alla Bavardisson, passando per quanto aveva detto loro il notaio.

Il nipote pareva visibilmente turbato da quanto appreso.

- Escludo che mia zia abbia lasciato Parigi per motivi non legati al suo lavoro. O, almeno, non legati alla possibile ripresa dell'attività musicale. Non è certo tipo da colpi di testa, come lasciare tutto per fuggire con un uomo. E perché, poi? Non è giovane, non ha legami stretti, né genitori cui rendere conto. Avrebbe potuto iniziare una liaison anche qui, senza che nessuno la ostacolasse.

- Neanche Voi?

- Io? E per quale motivo? Non avrebbe dato scandalo nemmeno volendo, ormai alla sua età nessuno si ricorda più di lei.

- E la sua rendita?

- Poca cosa, ad essere sinceri. Potrebbe aver ingolosito giusto un ladro di polli, a dire le cose come stanno. A me non cambierebbe la vita. Ormai guadagno bene, perché macchiarmi di un delitto per così poco?

Rispose l'uomo con notevole cinismo.

André approfittò della chiosa per estrarre il biglietto sottratto la sera precedente e mostrarlo ai due.

La donna lo prese e lo osservò con attenzione.

 

Il mio cuore è colmo di gioia per la prospettiva di una vita differente.

Presto vi racconterò tutto nei dettagli.

Vostra Virginie Legrand.

 

- Questo non è un biglietto. E' la parte finale di una lettera indirizzata a me, giuntami alcune settimane fa, e dalla quale, stranamente mancavano i saluti.

Oscar si mise quasi saltando sul bordo della sedia.

- Ne siete sicura?

- Direi che sono sufficientemente sicura. Ho ricevuto questa missiva a cui mancava la conclusione. ho pensato che la zia, presa dall'entusiasmo o vittima dell'età, avesse dimenticato di inserire l'ultimo foglio.

- Ma ora le prospettive cambiano. O le è stato sottratto, oppure qualcuno, trovandolo, ha pensato di utilizzarlo per i propri scopi. - Concluse André.

- A questo punto urge verificare la vostra ipotesi, Madame. - Riprese, rivolgendosi alla Legrand, che stava tormentando un fazzoletto tra le mani.

- Inoltre, ora ho dei dubbi anche a proposito della lettera ricevuta dal Notaio. Mi pare di poter confidare nella buona fede di Brassens, ma se qualcuno avesse tentato di ingannare anche lui?

- A me sorge un altro dubbio. - Disse Oscar. - Le vedove o zitelle che hanno lasciato la via ultimamente sono due o tre, se non erro. A questo punto si tratta di capire se e soprattutto come l'abbiano lasciata.

- Bisognerebbe sapere se avessero parenti per poter parlare con loro.

Madame Legrand intervenne:

- Per quanto riguarda Mademoiselle Paroi posso aiutarvi io. Ha solamente una sorella ancora in vita, monaca benedettina al convento di Montmartre: Soeur Marie-Ange.

- Questo complica le cose. Dovremmo ottenere un permesso dalla Badessa.

Disse Oscar, sconsolata.

- Tu scrivilo ed invialo. - Le rispose, energico, André. - Intanto andiamo dal Notaio, per vedere la lettera, chiedere se anche le altre avessero lasciato delle indicazioni riguardanti il denaro. E sono disposto a scommettere che sua moglie conosce i parenti di Mademoiselle Doucereux. In base alle risposte, sapremo come muoverci. Io parlerei anche col curato.

- Mentre scrivo alla Badessa, invierò delle richieste di informazioni alle Généralité di Dieppe e Nancy, anche se comincio a temere che sarà uno sforzo inutile.

Congedarono i Legrand, dicendo loro che sarebbero passati a casa loro non appena avessero avuto informazioni.

- Io vado a scrivere le tre lettere. Tu avvisa D'Agôut del problema, e digli che ci allontaniamo. Penso che ormai possiamo considerarla una indagine ufficiale.

André trovò il Colonnello intento a discutere con Pellerey. Lo mise al corrente degli ultimi sviluppi di quello che stava diventando a tutti gli effetti un caso. Anche l'anziano ufficiale pareva condividere i timori già espressi da Alain.

- I casi di donne scomparse stanno divenendo una costante per questa Caserma. E non mi pare un bene.

Intervenne il Capitano:

- Credo che il Comandante prenda parecchio a cuore questo tipo di questioni. Mi dicevano che ha anche sottratto una donna alle grinfie di un marito manesco, per poi metterla in salvo al Saint-Cyr, non è così?

- Più o meno. - Rispose André sovrappensiero. - Al Saint-Joseph de la Providence, in realtà. Ma è il caso del Lupo cui si riferisce il Colonnello, e che è quasi costato la vita al Comandante.

André salutò e si avviò verso le scuderie. Sotto il portico venne raggiunto da Oscar, che gli si affiancò preoccupata.

Presero i cavalli e si diressero verso casa, ove li avrebbero lasciati per interrogare il Notaio ed eventualmente parlare con qualche altro residente della via. L'incontro al monastero benedettino era stato richiesto per il mattino successivo, quindi tanto valeva ottimizzare i tempi.

Lasciarono i cavalli nel loro cortile quadrato, per essere affidati alle cure di Jean Jacques, e salirono in casa per scaldarsi e decidere la linea da tenere con il Notaio.

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Capitolo 9
*** Trappola per topi ***


9. Trappola per topi

 

 

Furono accolti da Marie Armand con la consueta sollecitudine.

- La cameriera di madame Bavardisson ha portato un omaggio.

Oscar si voltò incuriosita. un dono da una possibile sospettata?

- E sarebbe?

- Una torta di mele.

Marie si sorprese della reazione dei padroni: lesse nei loro occhi un incomprensibile panico.

- Nessuno ne ha mangiato, vero?

- No, Monsieur, non oseremmo certo....

- Ebbene portala qui, senza toccarla. Tocca solo il piatto e fai lavare le mani a tutti.

La ragazza eseguì, sollecita; iniziava a comprendere cosa potessero temere. In fondo aveva visto Oscar quasi in fin di vita per una delle sue indagini.

- E ora?

- Bisognerebbe avere un assaggiatore sacrificabile. Chi si occupa delle trappole per topi in cantina?

- Non so Monsieur, credo sia Paul.

- Chiamalo.

Attesero qualche minuto in silenzio, fino a che il giovane arrivò compunto.

- Le trappole per topi che abbiamo in cantina sono a molla o a gabbietta?

- A gabbietta, Monsieur.

- Proprio quello che ci serve. Va a vedere se ce n'è una piena, e portala qui.

- Qui? - Chiese, con una nota stridula sulla vocale.

- Qui.

Quando il ragazzo arrivò con una trappola contenente un grosso topo grigio scuro, André prese un legnetto non ancora arso dal camino, e lo utilizzò per far cadere un frammento di torta nella gabbia, per poi gettare il bastoncino nella fiamma..

Il roditore si avventò sul boccone, mangiandolo avidamente.

- Ora andiamo dal Notaio, al ritorno sapremo se il dolce era avvelenato. Voi due non toccate il topo la torta, per nessun motivo.

 

Si presentarono dal notaio, chiedendo di essere ricevuti non appena possibile, e precisando che si trattava di una questione formale. Una persona era già in attesa, e dovettero aspettare che entrasse e terminasse i propri affari.

Quando infine furono fatti entrare nello studio, l'uomo li osservò sinceramente stupito.

- Credevo che fosse tutto chiarito, fosse.

- In realtà, se possibile, tutto è ancora più confuso.

- Non vi seguo.

- Le notizie contrastanti per cui madame Legrand potrebbe essere davvero a Chartres o non vi sia mai giunta si sommano ad un curioso biglietto che avrebbe data a madame Bavardisson, che però potrebbe non essere del tutto vero. Capisco che vi suoni confuso, ma al momento non posso essere più chiaro.

L'uomo sospirò.

- Quindi Vi chiedere un favore, Monsieur Brassens. - Riprese André.

- Mostrateci le indicazioni riguardo al denaro che Vi ha fornito la Legrand. Vorremmo confrontare le calligrafie dei due messaggi.

Il Notaio si alzò, si mise a scartabellare in una pila ordinata di faldoni posti sotto la finestra, e si risedette alla scrivania con un foglio piegato in tre.

- Ecco qui.

André estrasse dalla tasca destra quello sottratto le sera precedente e tutti e tre si chinarono ad esaminare i due scritti.

- Non potrei giurarci, ma mi parrebbero scritte dalla stessa mano. In caso fosse necessario, si chiederà una perizia1.

- Anche a me sembrano scritte della stessa persona..

- Quindi consideriamo che Madame Legrand abbia più o meno spontaneamente deciso di utilizzare la Bavardisson ed il curato come tramite.

- Pare che Madame Léonie abbia grande ascendente sulle sue amiche, abbia. Più di una volta ho ripreso mia moglie per la confidenza eccessiva che le accorda, eccessiva. - Rincarò il notaio.

- E se avesse usato questa eccessiva confidenza per farsi attribuire il governo dei suoi beni e poi le avesse eliminate?

L'anziano impallidì alle insinuazioni di André.

- E come avrebbe fatto ad eliminarla?

- Il sistema, diciamo, femminile più utilizzato risulta essere il veleno. - Rispose Oscar.

Il Notaio Brassens rimase in silenzio qualche attimo per assimilare l'informazione.

- Tutto considerato allora la sua passione per saponi e cosmetici potrebbe essere una copertura per procurarsi qualche tossico....

- Questo è un punto che vogliamo verificare. Come ci preme controllare se anche Mademoiselle Paroi abbia lasciato delle proprietà da vendere, e ne abbia affidato la gestione alla Bavardisson.

- A me non ha lasciato nessun incarico, non ha. Ma tenete conto che viveva in un appartamento in affitto. Non credo avesse stabili di proprietà. Potrebbe però avere lasciato da vendere mobilio o gioielli, potrebbe. Nel qual caso avrebbero fatto un accordo privato, suppongo.

Oscar si levò, ringraziando Brassens per le confidenze ed il tempo che aveva loro dedicato.

Uscendo dall'androne del palazzo, quasi si scontrarono con Monsieur Cassel, il pittore che aveva preso alloggio proprio nell'appartamento lasciato libero da Mademoiselle Paroi che che stava cominciando a farsi un nome.

L'uomo si inchinò cerimoniosamente:

- Permettetemi di presentarmi, mi chiamo Cassel ed ho preso uno studio poco più avanti. Sarei lieto se voleste farmi l'onore di venire a visitarlo.

Oscar colse al volo l'occasione, considerando che l'artista occupava uno degli appartamenti delle probabili vittime e che il palazzo in cui si trovava era affacciato su quello della Bavardisson.

- Curiosamente abbiamo alcune ore libere. Potremmo salire anche ora.

Cassel fu ben felice della cosa. Magari avrebbe potuto vendere qualcosa, e se anche non fosse riuscito la prospettiva di un giudizio positivo dei due ufficiali alle loro conoscenze sarebbe stato comunque una buona cosa.

Li accompagnò per una scala modesta, non troppo larga, ed entrarono in un appartamento del secondo piano. Quello che era nato come uno spazioso salotto appariva ora ingombro di tele accatastate negli angoli; solo alcune si trovavano sui cavalletti, evidentemente quelle che il pittore riteneva meglio riuscite. In un canto, un tavolo era coperto dai mortai, dalle spatole, dal necessario per preparare i colori.

Girovagarono per la stanza. Cassel dipingeva scene di genere: qui un gruppo di giocatori all'osteria, là due bambine vestite di rosa giocavano con un cagnolino, in un angolo una robusta fantesca spennava un fagiano. Nonostante la tecnica decisamente buona, non trovarono nulla che li convincesse all'acquisto.

Oscar ritenne doveroso promettergli un invito non appena avesse ricevuto le sorelle. Nel frattempo si avvicinò alla finestra e guardò fuori. Vide Rue Guillome e la casa di Madame Bavardisson, con le finestre coperte da una leggera mussola che non lasciava modo di osservare all'interno. D'altra parte si trovavano nel bel mezzo della città, non era come a Palazzo Jarjayes, ove l'intimità garantita dal parco permetteva di lasciare le finestre prive della protezione delle tende.

Diresse nuovamente la sua attenzione verso la stanza. Un mobile da cucito in un canto le parve stranamente curioso. Il pittore colse la direzione del suo sguardo.

- Ho acquistato il mobilio dalla Demoiselle che lasciava l'appartamento. A quanto pare si stava per maritare con un buon partito, quindi ho fatto un discreto affare.

- Curioso che una donna concluda i propri affari da sé. - Osservò André con noncuranza.

- Ovviamente si è fatta consigliare da un'amica e dal curato. Credo avrebbe trovato disdicevole agire in completa autonomia. ma l'ho trovata tutt'altro che sprovveduta. Ho anche ritenuto saggio che non si sia fatta consegnare denaro, che in un viaggio in diligenza non è mai al sicuro, ma abbia fatto in modo che io preparassi un fido al curato che glielo avrebbe poi trasferito.

- Una donna accorta, quindi.

- Direi di sì.

Il discorso si trascinò ancora per qualche momento, poi Oscar ed André presero congedo dall'atelier.

Scendendo le scale, si consultarono.

- Io sarei curioso di conoscere il curato. Tu no?

- Anche io. Per oggi però è tardi, quindi domani sarà la giornata del clero. Io direi di cercarlo domani pomeriggio, all'incirca per i vespri.

- A me va bene. Sai, mi sento un poco stanca.

André la osservò in tralice, senza commentare. Ma appena giunti in casa diede disposizioni perché le preparassero una tazza di cioccolata.

Poi rimase a tenerle compagnia mentre la sorbiva, accoccolata sul divanetto verde della loro camera (ovvero quella di André, formalmente). Guardarono il crepuscolo invernale scendere rapido sulla città infreddolita, entrambi covando un'ipotesi che non osavano formulare ad alta voce.

1  Vedasi La scrittura giudicata. Perizie grafiche in processi romani del Primo Seicento di L. Antonucci in "Scrittura e Civiltà" 13 (1989) per l'esistenza della figura del perito.

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Capitolo 10
*** Monasteri ***


10. Monasteri

 

Il Capitano Pellerey, stretto nel mantello per tentare di contrastare almeno un poco il freddo pungente di quel mattino nebbioso, vide avvicinarsi un'ombra al cancello della Caserma che stava per varcare.

- Ah, voi. Mi sono informato.

- Ebbene?

- Vostra sorella si trova al Saint-Joseph de la Providence. Sapete arrivarci?

- Lo troverò. Vi ringrazio infinitamente.

L'uomo si inchinò e si incamminò, sparendo nella nebbia fitta.

 

Quasi nello stesso momento, Oscar stava per varcare la soglia del parlatorio in un altro monastero, quello delle Benedettine sulla collina di Montmartre. Dopo un confronto con André, avevano deciso che sarebbe stato meglio che Soeur Marie-Ange vedesse una donna, per quanto abbigliata in modo inconsueto. Lui avrebbe atteso in una guinguette poco distante.

Il pesante portone le si richiuse alle spalle. Si trovava in un atrio vasto e gelido. Da una finestrella si vedeva il chiostro, e dalle arcate del portico alcuni ghiaccioli lucevano al sole che brillava sulla collina, mentre al di sotto Parigi era ancora avvolta in una grigia bruma. La monaca che la aveva accolta scivolò silenziosamente oltre un piccolo uscio, per poi tenerlo accostato per permetterle di entrare.

Oscar si trovò in una stanza spoglia, imbiancata a calce. Solo un grande crocifisso sulla parte opposta fungeva da decorazione. Una grata decorata la divideva in due dal soffitto al pavimento. Le ricordò dapprima una prigione, anche se dopo il colloquio con Soeur Marie Ange avrebbe cambiato idea: era un cancello per tenere fuori le brutture del mondo, quelle con cui le si scontrava ogni giorno1.

Vide comparire oltre le sbarre di ferro una donna minuta, che quasi scompariva nel saio e nella cocolla. A guisa di saluto, con una voce debole ma ferma, la monaca enunciò:

- Laudetur Jesus Christus.

- Nunc et semper. - La risposta venne spontanea.

- Volevate parlarmi di mia sorella? - Chiese la monaca, gentilmente. Se anche avesse giudicato Oscar per l'aspetto o l'abito, lo stava dissimulando perfettamente. Nessuno sguardo scandalizzato, nessun rimprovero.

- Vedete, ben tre donne residenti nella via si sono allontanate, cambiando addirittura città, nelle ultime settimane. I parenti di una di queste hanno sollevato dei dubbi su questo trasferimento, ed in effetti non è mai stata convocata per il posto di lavoro che diceva di aver trovato. Per farla breve, temiamo che le possa essere accaduto qualcosa.

Fece una pausa. La benedettina attendeva con aria ascetica.

- Quindi sono venuta a chiedervi cosa pensate del matrimonio di vostra sorella e se avete ricevuto notizie da Dieppe.

Soeur Marie-Ange sospirò.

- Per me è facile rispondere alla seconda domanda. Non ho ricevuto alcuna notizia e questo mi preoccupa. Non è da lei. La risposta alla prima è molto più complessa. Non so davvero cosa pensare. Da un lato sono felice che si sia infine sistemata. Dall'altro non so nulla di quest'uomo, se non il poco che mi aveva comunicato, e il fatto che abbia lasciato Parigi non mi tranquillizzava. Ed ora Voi mi sottoponete questi dubbi e la cosa mi spaventa. Vi autorizzo a scoprire che ne sia stato di lei. Io pregherò per la buona riuscita delle vostre indagini.

Ora il labbro inferiore le tremava.

Si alzò dalla seggiolina e posò su Oscar uno sguardo leggero.

- Che Dio vi benedica.

Poi uscì, mentre il Comandante ripercorreva a ritroso il percorso già fatto, montava a cavallo e raggiungeva André.

 

Nella guinguette dal curioso nome di Au Lapin Agile2 André ingannava il tempo spiluccando lentamente una semplice colazione di formaggi e pane. Stava pensando alla torta del giorno prima. Il topo era sopravvissuto all'assaggio. Potevano quindi fidarsi di madame Léonie? Non ne era del tutto convinto.

Oscar arrivò accanto a lui come una folata di gelido vento montano, mentre roteava il mantello per sfilarlo.

Mentre ancora stava sedendosi di fronte a lui già lo aggiornava su quanto appreso al monastero.

- Calma, perché tutta questa fretta?

Le chiese, facendo cenno all'oste di portare anche a lei da mangiare.

- Perchè ho troppe cose da fare ed a cui pensare. - Rispose sospirando. - E mi pare di non riuscire a portare a termine nulla.

- Lo so, questa nuova indagine proprio non ci voleva. Non dopo quanto è accaduto col lupo.

Replicò André guardandola intensamente e notando gli occhi segnati, l'espressione delusa. Invece lei si sentì riconfortata da quell'abbraccio senza tocco che le tributavano quelle iridi color sottobosco e rispose con un piccolo sorriso.

Più tranquilla, si accinse infine a mangiare prima di rientrare in Caserma, dove una serie di piccoli tafferugli ed incidenti svoltesi in città la obbligarono ad un lavoro intenso e privo di pause per poter uscire in tempo per raggiungere la casa del Curé Benôit prima che questi uscisse per celebrare i vespri.

Trovarono il religioso nella sua abitazione al numero 3 di Rue Guillome. Ad un primo sguardo, non lo si poteva certo definire un asceta. Il ventre decisamente prominente testimoniava un amore ardente per i piaceri della tavola.

Oscar pensò che in qualche maniera le ricordava il Cardinale di Rohan, Poi si riscosse, attenta a che una somiglianza non la indirizzasse verso un pregiudizio di colpevolezza.

Dopo pochi convenevoli, vennero senza troppi preamboli al motivo della loro visita,

- L'avallo alla richiesta di intermediazione di madame Bavardisson alla Legrand? Ma certamente. Non vedo per quale motivo avei dovuto rifiutarmi. Sono due care persone. La Bavardisson è molto devota alla Vergine, ed è una donna gentile ed accorta. Mi porta spesso certi suoi biscotti al cioccolato che sono davvero deliziosi. Curioso che sia lei stessa a cucinarli, e non la sua fantesca, ma in fondo ognuno ha le sue piccole stranezze, e fare dolci non è certo disdicevole. Quanto alla cara Legrand, nonostante abbia lavorato come cantante, mi è parsa una donna avveduta e corretta. Pertanto ho deciso di aiutarla in queste transazioni.

Nulla da eccepire al discorso del curato.

Inattaccabile.

Eppure… eppure qualcosa nell'atteggiamento non li aveva convinti del tutto.

- Ed avete ricevuto da Monsieur Cassel de denaro per Mademoiselle Paroi?

- Certo. Ha pagato puntualmente e io le ho trasferito i soldi il giorno dopo.

- Dove?

- Presso un banchiere che ha uffici sia qui a Parigi che a Dieppe.

- Potete farci avere il nome?

- Attendete un momento.

L'anziano curato si allontanò con una candela, facendo ondeggiare sui fianchi pesanti la tonaca scura. Tornò dopo alcuni minuti con la ricevuta. Un istituto solido, affidabile.

Eppure qualcosa pareva poco chiaro.

Si accomiatarono e si allontanarono inquieti e facendo i pochi passi che li separavano dalla loro abitazione ebbero modo di incontrare proprio la Bavardisson che si intratteneva con Monsieur Leblanc, medico e chimico. Il pensiero dell'avvelenamento fece di nuovo capolino. Anzi, guardando la donna in piedi, decisamente più bassa di Oscar, si convinsero che, se davvero avesse eliminato le tre scomparse, avrebbe potuto farlo solamente in quel modo. Da escludere un assassinio basato sulla forza. Ne erano sempre più convinti.

Si fermarono per farsi un'idea più completa riguardo alla donna.

Dopo i convenevoli di rito, vennero presentati al medico.

- Monsieur Leblanc è il Medico del Duca D'Orleans! - Si premurò di informarli la donna.

- Anche se la mia passione sono le ricerche. Da alcuni anni ormai lavoro ad un progetto per conquistare un premio bandito dall'Accademia delle Scienze e credo di essere ormai giunto al termine3.

- E cosa riguardano le vostre ricerche?

- Produrre carbonato di sodio in modo economico. Sarebbe una grande spinta per le industrie di sapone che si trovano a Marsiglia e che ora sono costrette ad usare la barrilla4.

- Mi pare interessante. - Rispose compitamente André.

- E Madame Bavardisson, che ama fabbricarsi i cosmetici, mi aiuta sperimentando le mie produzioni. Mi è davvero molto utile.

- Immagino. - Riprese Oscar. - E suppongo che per le vostre creme vi occorra ben altro, vero Madame? Vi saranno sicuramente ingredienti ben più costosi e preziosi.

- Meno di quanto crediate. Non sono come Monsieur Cavallier, che utilizza solo merci rare per i suoi profumi. Anche le cose semplici come la cera d'api, gli zoccoli di capra, il grasso di animale danno ottimi risultati. Voi come avete trovato il sapone che vi ho mandato?

- Molto delicato. - Mentì il Comandante, che lo aveva relegato in un cassetto. - Mi piacerebbe venire a vedere il vostro laboratorio casalingo, uno di questi giorni. - Aggiunse poi.

- Ne sarei lieta. Vi aspetto in qualsiasi momento.

André gongolò dentro di sé. Ottima mossa. Ed anche l'amicizia con il medico sarebbe stata de verificare. Chi meglio di lui avrebbe procurare un tossico od un veleno? Si stavano avvicinando alla soluzione, forse.

Furono interrotti da Alain, che arrivò al galoppo:

- Comandante! Vi ricordate la donna di Briançon, quella che avete fatto ospitare al convento di Saint-Joseph de la Providence? Ebbene, il marito è andato, ha fatto il diavolo a quattro e lei si è lasciata convincere a seguirlo. Il figlio è rimasto al convento, lei non si sa dove sia.

- Cercatela! - Disse Oscar.

Alain portò una mano alla fronte.

- Agli ordini! - E partì.

- Mi chiedo come abbia fatto a trovarla. - Aggiunse lei meditabonda.


1  Per la descrizione del parlatorio mi rifaccio a quello di un monastero in cui ho incontrato delle Monache Clarisse.

2  Erano le taverne appena fuori Parigi (all'epoca Montmartre era una collina fuori dalle mura daziarie) ove quindi il vino era meno costoso. Il nome che ho scelto era uno dei locali preferiti degli artisti all'inizio del XX secolo, frequentato da Picasso, Modigliani ed altri.

3 Nel 1775, l'Accademia della Scienze Francese offrì un premio a chi avesse trovato il modo di produrre carbonato di sodio a partire dall'economico sale marino. Nicolas Leblanc vi riuscì nel 1791, con un procedimento che richiedeva due passaggi. Successivamente, un'industria di sua proprietà, fu in grado di produrre 320 tonnellate di carbonato di sodio l'anno

4  Soda di Spagna.

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Capitolo 11
*** Un brutto pomeriggio ***


11. Un brutto pomeriggio.

 

Oscar si svegliò a fatica. Aveva dormito di sasso, le ultime giornate erano riuscite a spossarla.

Si prese ancora alcuni istanti per godersi il tepore delle coltri e dell'abbraccio di André. Pensò che in quell'inverno gelido era forse l'unica persona di Parigi ad avere meno freddo degli inverni precedenti, ora che poteva condividere il letto con lui. Anzi, con lui e con Treize, che in quei pochi giorni di permanenza a casa loro aveva ben presto imparato a sgattaiolare dalle porte semiaperte e la sera si installava nei loro appartamenti, per poi passare le ultime ore della notte al fondo del loro letto, scaldandolo come un trapuntino.

Si rigirò, svegliando sia André che le sorrise, sia il micio che balzò sul pavimento con aria offesa.

Mentre scendeva e si rivestiva rabbrividendo, si mise a parlare del caso, che ormai la tormentava. Entrambi erano concordi nel considerare ormai le donne come vittime di qualcosa. Non avevano prove, solo qualche labile traccia. Eppure era il caso di indagare.

Decisero che in Caserma avrebbero di nuovo riassunto tutti i dati in loro possesso nella stanza verde e, con le idee più chiare, avrebbero deciso come agire. Si diedero un appuntamento per la tarda mattinata, dopo aver sbrigato le formalità quotidiane richieste dal governo della Brigata B.

 

Oscar firmò e datò l'ultimo documento. 18 dicembre 1788.

Poi si sgranchì alzandosi dalla scrivania e si diresse verso l'ufficio di fronte quella di André. Non lo trovò, e si diresse dunque verso la Sala verde, teatro delle precedenti indagini, con in mano fogli e calamai per iniziare i lavori, certa che fosse già lì.

Invece la stanza era vuota. Posò i fogli, ritornò sui propri passi e si accinse a cercarlo. Era ora di iniziare.

Sulla soglia incontrò Pellerey e gli si rivolse in modo asciutto:

- Avete visto il Capitano Grandier?

- Sì, Comandante.

- Ebbene?

- Non più di mezz'ora fa è venuta a cercarlo una donna. Una bella donna, se posso permettermi. Ha preso il mantello e sono usciti dalla Caserma. Non ne so di più.

Oscar avrebbe voluto chiedere altro, ma preferì non scoprirsi con Pellerey.

- Vi ringrazio.

Anni di dissimulazione a Corte le avevano appreso a non tradirsi mai. Il Capitano, che invece aveva sperato in una reazione, lasciò cadere un'ultima frase, con un sorrisetto sornione.

- Parevano conoscersi da parecchio tempo. E anche bene, direi.

Lei lo salutò con un cenno del capo e si richiuse nel proprio ufficio.

André era uscito dalla Caserma con una donna. Senza dirle nulla. Per quanto volesse far sembiante che le parole di Pellerey non le importassero, le ronzavano in testa come le api di un alveare.

Prese un plico di fogli riguardanti le spese per la fureria e cominciò ad esaminarli. Ma le cifre non le dicevano nulla.

Si chiedeva cosa fosse accaduto. Perché mai non le avesse detto nulla. Dalle parole di Pellerey non pareva un incontro riguardante le indagini. Anzi.

Provò nuovamente a prestare attenzione alle colonne di numeri, ma le si confondevano davanti agli occhi che si stavano riempiendo di pianto.

Sapeva benissimo che André piaceva alle donne. Ne aveva avuto la prova per anni, ed era fatto abituale che attirasse sguardi e sorrisi. Sapeva anche che il suo corpo aveva conosciuto quello di altre donne, prima di lei. Ma non se ne era mai preoccupata. Non fino a quel momento.

Doveva ammetterlo. Era gelosa e furente. E spaventata.

Che non la volesse più?

Che l'avesse amata solo fino a quando si era negata?

Aveva fatto male a concedersi in modo così assoluto?

Condividendo casa e letto?

Lasciandosi stregare dalla passione?

Accondiscendendo alle sue richieste?

O si era infine accorto che non era bella? Perché lei sapeva di non esserlo. Aveva una coscienza esatta di quanto fosse differente dalle prosperose donne che sorridevano da stampe e dipinti.

Ormai le lacrime le stavano rigando le gote e si accorse che stava singhiozzando. Fosse entrato qualcuno non avrebbe saputo come giustificarsi.

Questo pensiero le diede un minimo di lucidità. Si alzò ed andò nella stanza accanto, dove una brocca di acqua gelida era posta accanto al catino. Si sciacquò il volto e si ricompose. Gli occhi erano ancora rossi, ma avrebbe potuto raccontare di essere raffreddata. Guardò l'orologio. Le tre passate da un pezzo. Non si era nemmeno accorta del trascorrere delle ore.

Decise di uscire e cercare notizie. Sarebbe andata dai soldati, da quelli in cui aveva fiducia.

Alzò e riabbassò di colpo le spalle, espirando con forza.

Poi uscì. Percorse il corridoio e si infilò nel portico.

Alain e François erano di corvée e stavano spalando la piazza d'armi per togliere gli ultimi residui di neve. Si diresse verso di loro:

- Non è ancora rientrato André? - Non si curò neanche di chiamarlo con il nuovo grado.

I due soldati alzarono gli occhi e videro che era tesa.

- No, Comandante. - Rispose Alain.

- Ma non dovete preoccuparvi. - Aggiunse François.

Oscar si voltò verso il faccino lentigginoso e solare del ragazzo con aria interrogativa.

- Vostra sorella è arrivata con una vettura di piazza, non con una carrozza con le insegne di famiglia. E poi è pieno giorno, ancora. Non penso corrano rischi.

Si stava evidentemente riferendo agli attacchi subiti da alcuni aristocratici che si muovevano con lussuose carrozze, ed aveva frainteso lo sguardo velato di ansia del Comandante. Che si diede mentalmente della stupida. Aveva patito le pene dell'inferno per un intero pomeriggio, fidandosi delle parole di Pellerey. Che non conosceva sua sorella, ed aveva equivocato, forse a bella posta.

Il dolore fu sostituito da una rabbia sorda e rancorosa. E dal rimorso per essersi fidata di uno che aveva già espresso pesantemente ciò che pensava di André.

Alain rincarò la dose:

- Inoltre Madame Liancourt ha detto che organizzare un ricevimento non è uno scherzo, e che quindi avrebbe trattenuto il Capitano per tutto il tempo necessario.

Ad Oscar scappò da ridere. Ora che il terrore era passato, si sentiva leggera e sollevata. Pensò che un simile atteggiamento era tipico di Josephine. Vide poi con la coda dell'occhio arrivare Pellerey che si accostò deferente:

- Comandante. - Disse eseguendo il saluto. - Vede che siete di ottimo umore.

- Stavo ridendo alle spalle del Capitano Grandier, assoldato in missione “ricevimento” da mia sorella.

- Ah, ehm...vostra sorella.

- Visto che siete un suo ammiratore, appena rientra vedrò di presentarvela.

- Ma André gliel'ha presentata!- Interruppe François.

Pellerey lo guardò con una stizza mal dissimulata. Ormai le sue carte erano state scoperte.

Il discorso venne interrotto dall'arrivo di Gérard Lassalle con la nuova recluta Hervé Pepinot. La coppia era stata inviata alla ricerca dell'uomo di Briançon e della moglie sottratta al convento.

Smontarono da cavallo e si diressero verso il gruppetto. Sbatterono i tacchi e fecero il saluto.

- Nulla da riferire, Comandante. Abbiamo controllato nelle taverne attorno al Monastero, ma nessuno pare lo abbia visto. Invece, come supponevamo, è stato visto girare qui attorno. Resta da capire come abbia saputo che la moglie si trovava al Saint-Joseph de la Providence. Tutti noi eravamo avvisati di fare attenzione. - Concluse il soldato.

Pellerey si stava esaminando con attenzione la punta degli stivali.

- Ti ringrazio. - Riprese Oscar. - Attendiamo quelli che si sono recati a chiedere notizie alla cinta daziaria, anche se non so quanto ci saranno utili le loro informazioni. Ormai potrebbero essere ben lontani.

Furono nuovamente interrotti dallo sferragliare di una carrozza che faceva il suo ingresso.

André scese e porse la mano a Josephine, avvolta in un lungo mantello color vinaccia bordato di pelliccia bianca. La dama scese con atteggiamento indaffarato, come se la gestione delle feste di fine anno fosse la più grave delle incombenze. Si avvicinò ad Oscar che le prese le mani e le sorrise.

- Sono esausta! - trillò la dama. - Non puoi capire che fatica ho fatto! - Continuò mentre André alzava gli occhi al cielo.

- Lo posso immaginare. - Rispose il Comandante, con un sorriso. - Ma in questo momento sono terribilmente impegnata. Facciamo una cosa. Vai a casa mia, ti riposi e ti prendi un bel thé caldo. Poi informerai Madame Tatie che ti fermerai da noi per cenare e che passerai la notte nella stanza cinese. Io ed André dobbiamo ancora lavorare un paio d'ore, od anche meno, poi saremo da te.

Così dicendo, la accompagnò verso la vettura e la aiutò a salire.

Poi si rivolse ad André:

- Vieni, andiamo a fare il punto della situazione in Rue Guillome. Alain, vieni anche tu. François, fatti aiutare da Pepinot per terminare il lavoro.

E si avviarono verso la Sala Verde.

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Capitolo 12
*** Colpe e colpevoli ***


12. Colpe e colpevoli.

 

I documenti che Oscar aveva portato la mattina, pochi in realtà, erano rimasti sul tavolo.

Alain si incaricò di ravvivare subito il fuoco nella saletta divenuta gelida e si sedettero poco distante.

Come la volta precedente, André prese un grosso foglio ed iniziò a stilare una tabella. Tre colonne, una con i nomi delle vittime, una con il motivo dell'allontanamento da Parigi, ed una che lasciò senza titolo, che recava le eventuali stranezze e perplessità.

 

Nome della presunta vittima

Motivo ufficiale della scomparsa

 

 

Faustine Paroi

 

Matrimonio a Dieppe

Vendita mobilio con pagamento tramite curato.

Sorella poco convinta.

Amica di M.me Bavardisson

 

Françoise Doucereux

 

Collegio a Nancy

Nessun parente

Nessun movimento di denaro

Nessuna notizia

Amica di M.me Bavardisson

 

Virginie Legrand

 

Maestra di coro in un teatro a Chartres

Il teatro non la ha mai assunta.

Nipoti sospettosi

Biglietto dubbio

Amica di M.me Bavardisson

Trasferimento denaro tramite M.me Bavardisson e curato

 

 

Appesero lo scritto alla parete, come la volta precedente. Nessuno lo disse, ma speravano che non si ripetessero le sciagure personali che aveva portato il Lupo.

Si fermarono ad osservare gli indizi in mano loro. Poca cosa, in realtà.

Per la Doucereux non ve ne era nessuno, a voler essere sinceri.

Esaminarono le lettere, in particolare quella che Monsieur Legrand aveva fatto pervenire in mattinata: si completava perfettamente con il biglietto sottratto da André. Era autografa, ma evidentemente sottratta alla scrivente in qualche modo. Da una finta amica, forse?

André diede voce al dubbio che albergava in tutti e tre.

- Diamo per scontato che siano state eliminate per accedere ai loro denari. Dobbiamo capire come e se fosse la sola motivazione.

- In generale il metodo più usato dalle donne è il veleno, come già abbiamo avuto modo di valutare.

Rispose Oscar.

- Abbiamo avuto anche alcuni casi in cui le donne si sono servite di un pugnale. - Aggiunse Alain.

- Hai ragione, non sarebbe del tutto dal escludere.

- Il soffocamento con un cuscino?

- Plausibile da un punto di vista teorico, anche considerando il fatto che le tre donne abitavano da sole, e suppongo che le loro donne di servizio tornassero a dormire a casa. Mi pare più difficile che la Bavardisson, moglie e madre, riuscisse ad allontanarsi la notte. Mi sentirei di escluderlo.

- Scusate – Intervenne Alain – Ma siamo sicuri che siano state eliminate da una donna? Io terrei anche conto del curato...o di altri uomini che bazzicano quelle case.

- Le tre donne hanno sempre “lasciato” casa loro di mattina. Quindi è presumibile che si fossero recate a casa della Bavardisson per salutare e lì siano state eliminate. Lei ha un marito.

- Se decidiamo di partire con un'indagine ufficiale possiamo interrogare la cameriera della Bavardisson. Se si fossero effettivamente recate nell'appartamento, potrebbe averle vedute. E verificare che Monsieur Bavardisson fosse effettivamente al lavoro. Mi pare sia impiegato presso l'Intendance Générale.

- E come si è sbarazzata dei cadaveri? O si sono sbarazzati?

- Oscar, ti sei dimenticata dove abitiamo?

Lei guardò perplessa André:

- A Parigi.

- Più correttamente, su un'isola, circondata dal miglior modo per disfarsi di qualcosa. La Senna.

- Avrebbero trovato i corpi. Le lavandaie, i pescatori, le guardie.

- Non necessariamente, con questo freddo. Potrebbero essere rimasti intrappolati nelle gelate. Ed il freddo potrebbe aver rallentato la decomposizione. Questa sarebbe una domanda per madame Biheron.

- Le potrei anche chiedere stasera. Abbiamo Josephine a cena, vediamo se lei, il pittore e qualcun altro fossero liberi. E da domani si parte ufficialmente.

André sospirò.

- Ci sarebbe un'altra questione che mi preoccupa.

Alzò gli occhi per guardare Oscar in volto.

- Credo sia colpa mia se il mercante di Briançon è riuscito a riprendersi la moglie.

- Come può essere colpa tua?

- Due giorni fa, martedì abbiamo incontrato D'Agôut con Pellerey. Quando ti sei allontanata, il Capitano mi ha chiesto qualcosa a proposito dei casi di donne scomparse, e mi ha accennato ad una donna che tu hai messo in salvo al Saint-Cyr. Io l'ho corretto, dicendogli che era al Saint-Joseph de la Providence. Temo che sia stato lui a passare l'informazione al marito.

Abbassò il capo.

- Mi spiace.

- Inutile dolersi. Hai dato fiducia ad una persona che non lo meritava. E magari, dico magari, persino Pellerey era in buona fede. La colpa non è tua, André. Alain, vai a chiamare il Capitano e il Colonnello e vediamo di chiarire questa storia.

Quando il soldato fu uscito dalla stanza, Oscar gli si avvicinò, carezzandogli una spalla.

- Pellerey è astuto ed arrivista. Sa vedere i punti deboli di chi lo circonda ed utilizzarli per i suoi fini. Oggi mi ha giocata in un modo di cui mi vergogno, dicendomi che eri uscito dalla caserma con una donna.

André sollevò gli occhi con aria interrogativa e fu la volta di Oscar di avere l'aria imbarazzata.

- Sapeva benissimo che si trattava di mia sorella, ma ha taciuto il dettaglio di proposito, per farmi arrabbiare con te.

- E ci è riuscito?

- No, non mi ha fatta arrabbiare, ma mi sono sentita malissimo. Ero gelosa, e ferita. Mi sono fatta domande dandomi risposte terribili.

Stava per avvicinarsi ad André e prendergli la mano, quando si udì bussare alla porta, con i colpi secchi tipici del Colonnello D'Agôut.

- Entrate.

- Comandante, ci avete fatti chiamare?

- Capitano Pellerey, due giorni fa avete chiesto informazioni al Capitano Grandier riguardo una donna che io avrei aiutato a rifugiarsi in un monastero?

- Si, Comandante.

- E per quale motivo?

- Perché fuori dalla Caserma sono stato avvicinato dal fratello della donna, anzi ora che lo so dovrei dire dal sedicente fratello, che mi ha detto di volerla ritrovare.

- E non avete ritenuto opportuno chiedere informazioni al sedicente fratello?

- Nossignore.

- Né vi è parso il caso di parlare all'interno della Caserma per chiedere se fosse il caso di dare questa informazione?

- No, Comandante.

- E, soprattutto, quando avete sentito che alcuni gruppi di soldati erano stati inviati a cercarla, non avete pensato fosse il caso di avvisare che avevate involontariamente messo il marito sulle sue tracce?

- No, non l'ho fatto.

- Da domani parteciperete alle ricerche. Deciderò in seguito se farvi avere una nota di biasimo. Ora andate.

Oscar attese che uscisse, poi si rivolse a D'Agôut chiedendogli di tenerlo d'occhio. Il Colonnello assentì deferente, poi si voltò e mise la mano sul pomolo della porta per uscire. Fu distratto da un rumore di sedia smossa che lo fece di nuovo guardare verso il Comandante

Oscar aveva evidentemente tentato di alzarsi, ma un capogiro o qualcosa le aveva fatto perdere l'equilibrio e giaceva sulla sedia scompostamente, con il capo appoggiato all'indietro tra il bracciolo e lo schienale. Il Colonnello vide André affannarsi a sollevarla per sdraiarla sul tappeto che, essendo la stanza destinata anche agli ospiti, si trovava dinanzi al camino.

Era pallida e pareva faticasse a respirare. D'Agôut disse che sarebbe andato a cercare qualcosa per farla rinvenire ed uscì rapidamente. Rimasto solo, André slacciò gli alamari della giacca, sfilò la camicia dalla culotte e, con l'aiuto della punta della spada, che impugnò dalla lama, ferendosi leggermente, tagliò le fasce che pensava la stringessero troppo.

Il Colonnello, rientrando, la trovò sveglia ma ancora un poco intontita. Le porse un cordiale che aveva recuperato nel proprio ufficio:

- Su, questo vi aiuterà a stare meglio. - Aiutandola a berlo con gesti gentili.

Poi si rivolse ad André:

- Capitano, portatela a casa e vedete che ci rimanga anche domani.

- Ma io… - provò ad articolare flebilmente Oscar, prontamente zittita.

- Ha ragione il Colonnello. Andiamo a casa, in carrozza, e guai a te se protesti.

La sollevò, avvedendosi che ancora le tremavano le mani, e la aiutò ad indossare la giacca, per poi coprirla col mantello ed accompagnarla verso la carrozza, sorreggendola con delicatezza.

 

François Armand stava continuando a spalare neve. Pellerey aveva sostenuto che il lavoro non era stato eseguito a dovere e lo aveva rimandato nella Piazza D'Armi, sebbene nel pomeriggio invernale non si vedesse che poco o nulla. Quando il soldato aveva fatto rapporto dicendo di avere concluso, il Capitano, dopo un controllo sommario, lo rispedì una terza volta a ripulire uno spiazzo già in ordine.

François, che ormai il freddo stava cominciando a rendere debole, quando vide passare Alain, lo chiamò e gli chiese se avesse ancora quel foglio preparato dal Comandante, giorni prima. Quello in cui c'era scritto di recarsi da lei al più presto.

- Sì, ce l'ho. Ma è andata via perché non stava bene. Oggi non puoi usarlo per scampare a Pellerey.

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Capitolo 13
*** Venne il gatto quatto quatto ***


Da questo capitolo inizieranno i riferimenti al caso reale cui mi sono ispirata.

Come dico nella presentazione, i fatti ed i discorsi più stravaganti che troverete non sono farina del mio sacco. Ci avevano pensato il colpevole ed i testimoni del processo, all'epoca, a dire/fare cose “particolari”.

 

13. Venne il gatto quatto quatto

 

Scesi dalla carrozza, André accompagnò Oscar nella loro stanza, ingiungendole di starsene buona e seduta sull'ottomana, in compagnia di Josephine che nel frattempo li aveva raggiunti.

- Io vado a vedere se Madame Biheron può darci qualche lume sul caso e, magari, potrebbe dare anche uno sguardo alla nostra malata.

- Non sono malata! Stanca, esausta e nervosissima, piuttosto. E poi, scusa tanto, ma io sono viva. Madame si occupa di anatomia, di cadaveri, no?

- Per poi applicare le scoperte ai vivi. Credo che potrebbe visitarti senza sezionarti tutta.

Oscar gli fece una smorfia. Era riuscito a farle tornare un po' di forze e di buonumore

Josephine lo salutò assicurandogli che avrebbe badato lei alla sorella, ed accennando vagamente ad alcuni preparativi da decidere con lei.

Andrè, percorse le poche decine di passi che lo dividevano dalla magione di madame Biheron, si fece introdurre dal valletto che era giunto ad accoglierlo, poi fu fatto accomodare in un piccolo salotto attiguo all'ingresso, dove una grossa sfera armillare occupava il posto d'onore. Non aveva mai avuto modo di comprendere come funzionassero, ma le trovava assolutamente affascinanti. Un bel simbolo, nella casa della scienziata, pensò.

- Buonasera. - Disse Madame Biheron, entrando nel salottino con la solita grazia pacata.

- Spero che vi portino da me questioni più piacevoli rispetto a quelle che hanno permesso che ci conoscessimo.

- Buona sera a Voi, e grazie per avermi ricevuto. - Le rispose André con un inchino.

- Purtroppo anche questa volta abbiamo una indagine sgradevole. Forse persino peggiore della precedente. Per questo vorremmo chiedervi delucidazioni su alcuni punti.

- E il Comandante? Parlate al plurale ma non la vedo.

- Poco fa ha avuto un leggero mancamento. Mi è parso meglio non esporla nuovamente al freddo.

- Avete fatto bene. Ma...Vi farebbe piacere se passassi a controllare come sta?

- Non vorrei che Vi disturbaste troppo.

- Nessun disturbo. Un attimo e sono da Voi.

Dopo alcun minuti, André e quella donna pratica e decisa già percorrevano la strada a ritroso. Poco prima del portone di casa, il Capitano vide il micio di casa, riconoscibilissimo per il pelo completamente nero, scavare nella neve, dove un mucchietto di pattume sporgeva parzialmente.

- Treize! Ma cosa combini!

Poi si chinò per raccogliere il gatto.

Madame Biheron si mise a ridere per l'irriverenza del nome, ma smise subito quando André le mostrò cosa aveva attratto l'attenzione del gatto.

- Entriamo.

 

***

 

- Caro Duca, mi si dice che vostra moglie stia organizzando un ricevimento magnifico!

- Di solito lascio a lei questo tipo di questioni. E' talmente brava nello spendere il mio denaro!

Rispose l'uomo con un certo sarcasmo, che l'altro colse appena.

- E ditemi, ci sarà anche sua sorella? Sapete, sarei davvero curioso…

 

***

 

André posò a terra Treize, mentre chiedeva ad una cameriera di passaggio un panno per riporre quanto Madame Biheron aveva avvolto nel mantello.

Si guardarono, sospirando pesantemente, sotto lo sguardo curioso della ragazza che era tornata portando quanto richiesto.

- E' quello che temo? - Chiese il Capitano.

- Dipende da cosa temete. Andiamo dal Comandante, controllerò come sta e se è in grado di discutere la questione.

 

Dopo una decina di minuti da quando si era chiusa con Oscar, il medico aprì la porta ed accennò a Josephine ed André che potevano entrare.

- Nulla di preoccupante. Un poco di debolezza. Si è strapazzata parecchio negli ultimi giorni, anzi negli ultimi mesi. Dovrebbe imparare a riguardarsi di più, e magari a non accollarsi certe indagini.

Madame Biheron indicò la Duchessa di Liancourt con un sguardo ed Oscar si affrettò a rivolgersi a lei:

- Josephine, se vuoi puoi andarti a preparare per la cena. Pare che il pittore abbia accettato il nostro invito.

- Come se non avessi capito che dovete discutere del caso senza di me. - Rispose la sorella, fintamente offesa, alzandosi.

- A più tardi, e non stancarti. Chiosò.

Appena la porta si fu richiusa ed i tre furono soli nel salottino attiguo alla stanza, André si affrettò a riassumere alla scienziata quale fosse il caso (ormai potevano definirlo tale) che stavano seguendo, quali le donne scomparse e come si temesse non un rapimento ma un omicidio a scopo di lucro.

Madame Biheron annuì.

- Temo che il ritrovamento di oggi confermi i vostri dubbi.

Oscar allargò gli occhi in un'espressione stupita.

- Il vostro gatto, frugando tra i rifiuti, ha trovato un osso1. Dovrei fare dei controlli più accurati, e se volete vi redigerò un verbale. Ma direi con una certa sicurezza che si tratta di una parte di calotta cranica. Umana. E le parti piccole sono denti d'avorio o d'osso2. Quindi potrei azzardarmi a dire che stiamo parlando di una persona non giovanissima.

André sospirò.

- Se la vittima è stata colpita con tale violenza da fratturare una parte di cranio, difficile immaginare una donna come unico colpevole.

Si udì un lieve bussare alla porta.

- Avanti – Disse André, affrettandosi a nascondere i ritrovamenti.

Si affacciò Marie Armand.

- Perdonate, ma Madame Bavardisson, avendo saputo del malore del Comandante, manda un vassoio di biscotti.

La ragazza entrò e pose sul tavolo un grosso piatto rotondo, sul quale erano disposti con cura dei dolcetti bruni, probabilmente al cioccolato.

Oscar si rivolse alla ragazza dicendo di inviare qualcuno a ringraziare. Ma non toccò i biscotti. Si fermò pensosa.

- Domani dovremo sentire il marito della Bavardisson, e magari qualche altro abitante della via…

- Tu non sentirai proprio nessuno. Mi farai il piacere di stare a casa e riposarti. Ho ragione, Madame?

Il medico annuì.

- Parigi andrà avanti anche se Vi prendete un giorno di riposo, sapete? - Rispose con un sorriso furbo. - E poi, dovrete cominciare seriamente a pesare se vorrete vivere così faticosamente ancora a lungo. Certo, se tornaste ad avere un incarico par quartier3, come alla Guardia Reale...

Oscar abbassò lo sguardo.

- Dopo aver risolto questo caso riconsidererò parecchie cose, come ho già promesso a me stessa e non solo a me.

- Questo è parlare. Ora devo davvero rientrare.

- Fermatevi a cena, ne saremmo davvero lieti.

- Vi ringrazio, ma non è il caso. Ho molto lavoro che mi attende, a cui aggiungerò l'esame di questi dettagli. Vi farò pervenire domani i miei esiti.

Madame Biheron si alzò e si accomiatò. André la scortò sino alla porta della sua casa. Entrando, il medico gli raccomandò ancora di “fare attenzione, questa volta”, prima di chiudersi alle spalle il pesante portone.

Rientrò a palazzo osservando la via con occhi nuovi. Ogni piccolo cumulo di sporcizia, ogni mucchietto di neve accantonata ora gli appariva come un potenziale indizio. I portoni non gli infondevano sicurezza, ma dubbi. Le finestre erano occhi malevoli e pericolosi.

Se non avesse risolto al più presto quel caso, non avrebbe più sentito come casa propria la dimora in cui stavano alloggiando al momento. Pensò così. Alloggiare, non abitare. Era bastato così poco per fargli cambiare la percezione delle cose?

Mentre entrava nel portone, ricacciò indietro quei pensieri cupi ed atteggiò il volto ad un sorriso da presentare ad Oscar.


1 Nel caso reale da cui prendo spunto, il ritrovamento venne effettuato espurgando un pozzo nero, non tra i rifiuti.

2 All'epoca usavano appunto denti sostitutivi recuperati da cadaveri o da persone disposti a venderli, oppure fabbricati in avorio od osso, sebbene proprio a Parigi nel 1788 pare sia stata fabbricata la prima dentiera in porcellana da un certo Dubuois de Chénant, che si basò su un lavoro di Alexis Duchateau di Saint-Germain-en-Laye.

3 Devo a Lucy71 ed a Madame Anna la scoperta di questo tipo di scansione temporale degli incarichi alla Reggia, costituita da blocchi di tre/quattro mesi di lavoro e pausa alternati.

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Capitolo 14
*** Una cena interessante ***


Dedico il capitolo ad un'amica che festeggia l'anniversario di matrimonio; ed anche a Damanera ed Orny81: le buone notizie (e quelle forse buone) vanno festeggiate.

 

14. Una cena interessante

 

La cameriera si sedette al grande tavolo della cucina attorno al quale altri domestici stavano consumando una frettolosa cena prima che fosse servita quella dei padroni al piano superiore. Si servì il pane, la zuppa di verdure ed adocchiò il vassoio di biscotti posato al centro del desco.

- Cosa sono quelli? - Chiese.

- Biscotti che Madame Bavardisson ha mandato al Comandante ma che lei non vuole. - Rispose Marie Armand.

- Già l'altro giorno hanno sprecato quella magnifica torta! Ma davvero credevano che fosse avvelenata?

- Sì. In effetti è già capitato che seguissero un caso relativo ad alcune donne scomparse e lei ha rischiato di morire.

_ Ma questi sono avvelenati?

- Non penso proprio, altrimenti non ce li avrebbero mandati. Ma lei non vuole avere nulla a che fare con ciò che le offre Madame Bavardisson.

La cameriera, che si chiamava Germaine ed era giunta a palazzo da poco, assunta per i nuovi padroni, cominciava a capire.

Abbassò la voce ed assunse un tono cospiratorio.

- Sapete che Monsieur Grandier è entrato in casa con la dottoressa che sta in fondo alla via? Avevano raccolto qualcosa, che lei aveva nascosto nel mantello. Mi hanno chiesto un panno per metterceli dentro.

Fece una pausa ad effetto, per attirare l'uditorio, ed infatti molte teste si girarono verso di lei.

- Sembravano ossa.

Gli astanti ebbero bisogno di un momento per assimilare la notizia. Infine madame Tatie, la cuoca, esclamo:

- Ma facci il piacere! Ossa, raccolte per la strada! Sei ancora giovane, imparerai che non tutto è come sembra.

Germaine tacque piccata. Per consolarsi, assaggiò un biscotto. Era davvero buono. Sapeva di cioccolato, ma era più fondente dei biscotti che aveva rubacchiato nella casa dove aveva lavorato in precedenza. Lì, nessuno mandava dei biscotti alla servitù.

In quel momento, si udirono dei colpi alla porta secondaria, quella che si apriva su Rue Guillome dal corridoio della servitù. Marie si levò per aprire; già immaginava chi potesse essere: Alain che era giunto per accompagnarla a casa, e che si organizzava sempre in modo da arrivare a cena terminata , per sgraffignare un frutto o un pezzo di formaggio.

- Salve a tutti! - Salutò rumorosamente.

In fondo Alain risultava simpatico al gruppo dei domestici, e c'era sempre abbastanza cibo da poter soddisfare anche lo stomaco vorace del soldato.

Afferrò uno dei biscotti e lo addentò.

- Buono! Madame Tatie, davvero particolare!

- Non sono opera mia. Li ha mandati una delle vicine, Madame Bavardisson.

- Chiii? - Chiese Alain, rischiando di strozzarsi. Si trattenne in tempo, stava per dire “la nostra indiziata”, ma ebbe il buon senso di non lasciarsi sfuggire l'informazione.

- Una donna che abita più avanti. Ha saputo del malore del Comandante. - Riassunse Marie.

- A proposito, come sta?

- Debole, ma bene, anche se il Capitano vuole che domani rimanga a casa.

- Ottima notizia per lei e per noi. Quella donna ha dei ritmi da matta e a noi tocca starle dietro. Almeno rifiatiamo.

Un campanello risuonò nell'ambiente.

Madame Tatie si alzò ripulendosi le mani nel grembiule.

- L'ultimo ospite è arrivato. Al lavoro.

 

Al piano nobile, il pittore Cassel era stato fatto accomodare nel Salotto delle Rose, una stanza in cui la parete opposta al camino era dipinta con un trompe l'oeil che raffigurava un arco ricoperto di rose rampicanti. Ad accrescere l'aspetto da giardino nonostante la stagione inclemente, vasi di ciclamini color porpora ravvivavano gli angoli.

I padroni di casa lo attendevano insieme a Josephine, con una chemise à la reine color avorio che alla luce dei doppieri la faceva apparire elegante e quasi eterea.

Anche la tavola era stata approntata nella stessa stanza, che ad Oscar piaceva molto e che per una cena informale come quella si prestava bene.

Monsieur Cassel si era rivelato un brillante conversatore, con argomentazioni leggere ma non prive di intelligenza, ed aveva saputo intrattenerli con aneddoti arguti sulla storia dell'arte. Poi lui e Josephine avevano portato il dialogo sul pettegolezzo da salotto, chiacchierando di nobili e nobilastri di comune conoscenza.

Infine il discorso era scivolato sugli abitanti di Rue Guillome.

- Certo che la via è minuscola1, ma offre un campionario umano di tutto rispetto: una scienziata famosa, una matta che fa profumi e legge le carte, un curato che si cura solo della tavola, un profumiere di grido, Voi che risolvete i casi più truci della città...

André si schermì con un gesto della mano:

-Non esageriamo.

- Nessuna esagerazione, dico sul serio. E, infine, un medico di Corte. Che poi, detto tra noi, Monsieur Leblanc è un tipo ben singolare. Sapete che fa quelle ricerche per ottenere il premio dell'Accademia delle Scienze.

Gli altri annuirono

- Ebbene, compie molti esperimenti in casa si fa portale interi carretti di sale, e strane damigianette di liquidi trasparenti. Lavora fino a tarda notte, si vedono le fiamme di una piccola fornace nel cortile. E usa molto carbone, ed una strana pietra. Poi al termine delle operazioni, rimangono delle polveri che fa portar via col carretto da un apprendista. Spesso la sera io rincaso da qualche cena e vedo il ragazzo che regge la carriola andando verso la Senna, dove butta tutti gli avanzi.

Oscar spalancò gli occhi, e si rivolse ad André.

Una carriola di detriti! Portata di notte verso la Senna! Pensarono quasi all'unisono.

La cena, che avrebbe dovuto essere in leggero diversivo, li aveva riportati nel bel mezzo del caso.

Un cameriere entrò recando un carrello di distillati e digestivi, che interruppero la conversazione, che da Leblanc si spostò sulle vigne e sulle cantine del Generale Jarjayes, e sul loro interessante contenuto.

Circa un'ora più tardi, Monsieur Cassel si accomiatò. Josephine si allontanò verso le sue stanze, promettendo nuovamente che il giorno dopo avrebbe vegliato su Oscar.

André si affacciò ancora una volta su Rue Guillome. Una figuretta magra spingeva un carrettino lungo il selciato scivoloso di ghiaccio.

- Guarda! - disse, chiamando Oscar con un cenno.

Lei sorrise.

- Penso che domattina avrò bisogno di un consulto a proposito del mio mancamento. E chi meglio del Medico del Duca D'Orleans?

 

André si risvegliò alla solita ora. Si concesse di rimanere ancora cinque minuti sotto le coperte. Voleva godersi un poco quei momenti di pace antelucana, prima di buttarsi nella frenesia e nel fastidio di una giornata di indagini. Quegli attimi in cui poteva stringere il corpo tiepido della donna amata, compensavano la durezza quotidiana della vita militare. Ancora più ora, nel momento in cui forse poteva cominciare a sperare che di nuovo lei portasse un figlio in grembo.

Si ripromise che non avrebbero fatto errori, questa volta. Non avrebbero corso rischi. Si sarebbero tenuti lontani dai guai. Ripensò alle parole di Oscar la sera prima, che avevano riportato alla mente la promessa di lasciare la divisa in caso di...nemmeno riusciva a pensarlo.

Per il momento, superata quella giornata, il peggiore dei problemi all'orizzonte sarebbe stato l'arrivo di Louise Hélène e di Geneviève l'indomani e il peso dei rapporti con loro.

Avrebbe anche di nuovo provato a parlare con il Generale per ottenere la mano di Oscar, se le circostanze fossero state positive.

Sciolse lentamente l'abbraccio che circondava le spalle di lei, tentando di non svegliarla, ma si accorse che invece era sveglia e si stava muovendo.

- Ritorna presto.

Gli sussurrò.

Poi gli cinse il collo con le braccia:

- Ho sognato il bambino. Era un maschio che si chiamava come tuo padre.

Gli diede un lieve bacio e sprofondò nuovamente tra le coltri.

 

 

In accordo ad alcune richieste, ripubblico l'elenco personaggi che potete comunque sempre facilmente trovare al Cap.1

Famiglia Jarjayes (mia personalissima genealogia, sempre la stessa):

Josephine (n. 1754, sposata con Louis Antoine Savinien de Liancourt – due figlie maritate ed un figlio quasi ventenne);

Hortense (n. 1752), sposata con Maxence Reymond De La Rolancy – madre di Loulou);

Louise Hélène (n. 1751, sposata al marchese di Norpois due figli maschi ed una figlia già maritata);

Constance (n. 1750, sposata a Lord Henry Middleton ed ha due figli gemelli, Jules e James, tredicenni, ed un figlio diciottenne, Paul);

Geneviève (n.1748, vedova, 3 figli maschi e due figlie femmine).

Lo zio Théophile Alphonse François De Jarjayes, secondogenito, di due anni più giovane del Generale, ha girato il mondo nel suo ruolo di Ammiraglio nella Marina Reale.

 

Caserma

Capitano Pellerey (nome preso da un romanzo di Malvaldi, dove era un tenente simpatico, ora diviene un capitano spocchioso ed intollerante).

 

Rue Guillome

Monsieur Brassens: risiede nel palazzo di fronte a quello di Oscar ed André, in Rue Guillaume angolo Quai D'Orleans; notaio della famiglia Jarjayes; serio ed educato.

Madame Brassens: pettegola ufficiale della via, moglie del notaio. Dama curiosa, ma di grande umanità.

Léonie Bavardisson: moglie di un impiegato della Municipalité di Paris, amante dei tarocchi, influenzabile da zingare e presagi; donna affascinante. Abita al numero 4 con marito e figli.

Pascal Bavardisson: figlio ventenne di Léonie.

Nicolas Leblanc: chimico, personaggio storico, inventore del processo per l'ottenimento della soda e medico della famiglia Orleans. Nella ff risiede all'angolo tra Rue Guillome e Rue Saint-Louis-en-l'Ile.

Mademoiselle Faustine Paroi: ex- residente della via, che si é trasferita a Dieppe, dopo aver trovato marito. Risiedeva di fronte a M.me Bavardisson.

Marie Marguerite Biheron: (personaggio storico) anatomista francese e celebre studiosa. Il suo manichino di donna in cera con tutti gli organi rimovibili è considerato straordinario e aiutò notevolmente il progresso in campo ginecologico. Nella finzione abita di fronte a Leblanc, all'angolo con Rue Saint-Louis-en-l'Ile

Virginie Legrand: ex- cantante lirica, intelligente ed interessante, presto assunta da un teatro di Chartres.

Soeur Marie-Ange Paroi: sorella di Faustine Paroi, monaca benedettina al convento di Montmartre.

Mathieu e Marianne Legrand, nipote di Virginie, commericante di pellami e consorte. Risiedono poche via più in là.

Madamoiselle Françoise Doucereux: una zitella agée, educata e riservata, risiedeva al piano terra del palazzo ove vive M.me Bavardisson. Ha trovato impiego in un collegio a Nancy.

Monsieur Cassel: pittore, che arriva a vivere nell'appartemento lasciato libero da Mademoiselle Paroi. Uomo attivo ed interessante, entra di diritto nella vita della via di Parigi.

Il Curé Benôit: prelato amante della buona tavola e del buon vino. Risiede al numero 3.

Monsieur Jacques Cavallier (il nome è quello di un profumiere vivente, colui che ha creato Opium), profumiere che sta cominciando a diventare famoso e di moda. Anche lui risiede al numero 3, sopra al curato. Vanitoso, astuto, frequenta solo che può essergli d'aiuto nell'ascesa sociale.

Servitù di Palazzo Jarjayes-Grandier: non mi dilungo, nessuno di loro è assassino o vittima.


1 L'Ile Saint Louis é 250 m per 500m circa. Rue Guillome la taglia lungo il lato corto, e si ferma a metà. Sono circa 100 m.

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Capitolo 15
*** Una giornata senza Oscar ***


15. Una giornata senza Oscar

 

Un sole gelido e pallido accompagnò il percorso tra Rue Guillome e la Caserma di Chaussée D'Antin. Il cavallo di André era rimasto nelle scuderie militari, la sera precedente, avendo accompagnato Oscar in carrozza, per cui il Capitano aveva deciso di prendere nuovamente una vettura di piazza.

Giunto al cancello della Caserma, scese velocemente, attraversò la piazza D'Armi e si recò direttamente dal Colonnello D'Agôut per informarlo delle condizioni di Oscar. Non si trattava semplicemente di un gesto dovuto al grado. Il militare, vedovo ed antico commilitone del Generale Jarjayes, si era sinceramente affezionato alla donna che lo comandava, preoccupandosi per le pesanti condizioni di quell'incarico forse più di quanto facesse il padre.

I due ufficiali decisero che André avrebbe continuato ad occuparsi delle donne scomparse, soprattutto alla luce del ritrovamento di frammenti ossei avvenuto la sera prima. In questo sarebbe stato coadiuvato dal soldato Soisson.

Al Capitano Pellerey sarebbero toccate, insieme ad alcuni soldati, come disposto il giorno prima, le ricerche della donna di Briançon, della quale dovettero andare a cercare il nome nei fascicoli. Curioso come quella moglie sottomessa sfuggisse ai ricordi ed alla memoria, come se fossero l'oblio e la sudditanza le uniche evidenti caratteristiche che la contraddistinguevano.

Il Colonnello uscì per l'appello e le prime incombenze ella giornata, mentre André si incamminò verso la Sala Verde per iniziare le attività della giornata. Mentre percorreva assorto il breve tragitto venne interrotto da Alain:

- Non sembri di certo uno preoccupato per la salute della fidanzata!

Gli venne spontaneo sorridere:

- Perché non c'è nulla di cui preoccuparsi. E' soltanto molto stanca, e ieri qualcosa l'ha turbata, anche se in serata a causa degli ospiti e delle ultime novità riguardanti il caso non sono riuscito a chiederle conto degli eventi.

- Se lo dici tu… a me pare che qualcosa non torni. Comunque mettiamoci al lavoro e raccontami di questi sviluppi.

Rispose Alain convinto che, prima o poi, avrebbe capito cosa gli pareva non quadrasse in quel dialogo.

Una volta entrati nella Saletta, André aggiornò rapidamente il soldato sul ritrovamento, sul fatto che Madame Biheron stesse esaminando i reperti, e su quanto avevano saputo a proposito del medico, Monsieur Leblanc.

Decisero che la cosa migliore sarebbe stata quella di non trascurare nessuna delle piste possibili. Soprattutto dal momento che ormai pareva quasi certo fossero di fronte ad una serie di omicidi.

Pertanto, André preparò due richieste di informazioni per le Généralités di Nancy, dove si presumeva che Françoise Doucereux avesse trovato impiego in un collegio, e per quella di Rouen (da cui dipendeva la città di Dieppe, residenza del fantomatico fidanzato della Paroi).

Poi decisero di recarsi all'Intendance di Parigi, ove era impiegato Monsieur Bavardisson; sarebbe stato utile scoprire se si fosse assentato proprio nei giorni delle sparizioni.

Durante il tragitto, ebbero modo di discutere ulteriormente del caso.

- Certo che quello che hai scoperto sul medico smuove le acque in altre direzioni. - Disse Alain, che quando si trovava in privato con l'amico continuava a rivolgerglisi familiarmente.

- Non solo. Il Duca presso il quale presta i suoi servigi ha già coperto altre volte fatti criminosi, sebbene per quel che ne sappia io fossero sempre a sfondo politico. Inoltre ha un passato di pessimi rapporti con Oscar, che potrebbe portarlo ad ostacolarci per partito preso.

- Quanto a cattive relazioni, voglio proprio vedere la faccia di Bertier quando ci vedrà arrivare all'Intendance. Penserà che stiamo per arrestarlo di nuovo. - Rise il soldato.

- Sai benissimo come la penso quanto al suo reintegro. Un errore. Anzi, un enorme sbaglio tipico del nostro apparato burocratico. Ma ormai è fatta, non possiamo certo opporci. Dobbiamo interagire con lui nel miglior modo possibile.

André tacque un attimo. Nel miglior modo possibile. Senza pensare che Bertier aveva coperto un fratello che gli aveva fatto perdere un figlio e messo a rischio la vita di Oscar. Senza ricordarsi che Bertier aveva cercato di salvargli la vita. Senza rammentarsi di aver sparato al fratello di Bertier. Non sarebbe stato un incontro facile.

Giunsero rapidamente alla Généralité. Scesero da cavallo, lasciando Droit ed Alexandre nel cortile interno.

- Sono il Capitano Grandier della Guardia metropolitana. Ho urgente bisogno di conferire con Monsieur Bertier de Sauvigny.

- Riferirò. - Disse il piantone cui André aveva declinato le proprie generalità e la richiesta.

Il soldato riapparve dopo pochi minuti.

- L'Intendente Generale vi attende nel suo ufficio.

I due militari salirono lo scalone e si ritrovarono di fronte all'ufficio che avevano devastato pochi mesi prima.

Bussarono e furono fatti entrare. Le boiseries erano state riportate allo stato originario, ed una confusione di carte e fascicoli regnava nuovamente sulla scrivania e gli scaffali.

Bertier li accolse con un'affabilità che nascondeva malamente il timore per la visita.

- Siamo qui per un Vostro impiegato – Esordì il Capitano. - Monsieur Bavardisson. Ci interessa sapere se è mancato dal suo ufficio in alcune mattine specifiche.

- Su questo posso rispondere in maniera rapida. Abbiamo un registro su cui sono riportati gli ingressi e le uscite. Ma posso dirvi, anche senza consultarlo, che Bavardisson non ha mai fatto un giorno di assenza.

Mentre parlava, suonò un campanello. Comparve un usciere, cui parlò sottovoce. L'uomo riapparve poco dopo, con un volume rilegato in nero tra le mani. Verificò, giorno per giorno, sino alla prima data presunta di una sparizione, il 20 ottobre. Presente. Sempre, come aveva affermato Bertier.

Ringraziarono in maniera formale ed uscirono. Nemmeno una parola sul passato. Non un accenno alla serie di dolori incrociati che si erano momentaneamente ricomposti in quella stanza ingombra.

Appena risaliti a cavallo, fu Alain ed esprimere i dubbi:

- Se il marito non era in casa, possiamo escludere la Bavardisson, quindi?

- Ha pur sempre un figlio praticamente adulto, anzi più di uno. E ti dirò una cosa: dopo aver visto per anni il lavoro delle cameriere posso assicurarti che non è il caso di sottovalutare la forza fisica delle donne.

- Quindi non abbiamo fatto progressi.

- Non molti, no. Ma dobbiamo ancora indagare su Monsieur Leblanc, e visto che abbiamo tempo, subito dopo pranzo ho intenzione di recarmi agli uffici della banca per quelle somme da riscuotere. Ma adesso ho fame, si è fatto tardi e sono quasi le due. Non vale la pena di tornare in caserma. Fermiamoci qui, offro io.

Il luogo indicato era una osteria dall'aria pulita non lontana dalla chiesa di Saint-Germain-dès-Prés, frequentata dalla borghesia.

- Mi stupisce che tu non abbia voluto passare da casa tua per vedere come sta il Comandante. - disse Alain, prendendo un pezzo di pane dalla tavola.

- Ma allora non mi credi. Sta bene. Inoltre sono sinceramente convinto che una giornata con la sorella, che parlerà di piccole cose inutili con la sua tipica leggerezza, la distrarrà da questo caso, e le farà meglio di qualsiasi altra cosa.

- A me Madame De Liancourt, scusa se te lo dico, pare un'ochetta vuota.

- Ti sbagli. - Rispose Andrè, restando col bicchiere a mezz'aria. - E' una specie di Arlecchino. Ha addosso una perenne maschera di allegria per nascondere un dolore enorme. Troppo dignitosa per mostrare al mondo di essere infelice. In questo lei ed Oscar sono molto simili. Solo che una ha scelto la durezza, l'altra la levità.

Poi bevve un sorso e cambiò discorso, tornando al caso.

 

Quando giunsero agli uffici della banca le tre erano passate da un pezzo. Nelle vie strette della città il sole non giungeva quasi più a riscaldare i poveri che si accalcavano stremati dalla fame e del gelo. Per i due militari era uno spettacolo doloroso, che accentuò ancora di più la transizione con la sala lussuosa, i divani foderati in velluto cremisi, le dorature che accompagnarono le loro attese.

Il funzionario li accolse solerte.

- Il pagamento a Madame Legrand, dite?

Per un paio di minuti scartabellò in un piccolo archivio.

- Ah, certo, ora rammento. Avallo del Curato Benôit, stilato dal notaio Monsieur Brassens, meticoloso ed affidabile. Possibilità di ritiro per Madame Léonie Bavardisson. Ebbene, per quale motivo questo pagamento, tutto sommato modesto, desta l'interesse della Guardia Metropolitana?

- Non si riesce a rintracciare Madame Legrand. Non è mai stata contattata per il posto di direzione corale per il quale ha lasciato Parigi. E non è l'unica donna residente in quella via ad essere sparita. Tre donne, quasi senza parenti, con alcune amicizie in comune. Dobbiamo comprendere.

Rispose André.

- Sparita? Però il pagamento è stato ritirato.

- Quando?

- Tre giorni fa.

- E da chi? - la voce di André salì un poco, nervosamente, nel porre la questione.

- La firma è illeggibile.

E mostrò uno scarabocchio pieno di svolazzi.

- Prendiamo noi la ricevuta.

Il Capitano intascò il foglio, e salutò rapidamente.

Un altro evento che, anziché chiarire le cose, le rendeva ancora più nebulose.

Quando raggiunsero i cavalli lasciati all'ingresso, si rivolse ad Alain:

- Io vado a casa. Devo pensare, e vorrei passare un po' di tempo con Oscar. Tu sei ufficialmente fuori servizio da ora. Libera uscita.

- Pensi che il Comandante potrebbe lasciare la serata libera a Marie? Potrei passare a prenderla.

Ad André scappò un mezzo sorriso.

- Serata accordata. Vieni direttamente con me, allora.

E salì agilmente in sella ad Alexandre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Una giornata senza André ***


16. Una giornata senza André

 

Per la prima volta da settimane, Oscar poté poltrire a letto e recuperare un poco le forze. Quando si svegliò per la seconda volta, mentre guardava il sole decembrino che luccicava attraverso la finestra, dovette ammettere con se stessa che le aveva fatto bene. Si sentiva ristorata come non le accadeva da tempo.

Chiese a Marie di Josephine, e la ragazza rispose che Madame Liancourt aveva preferito attenderla per la colazione.

Oscar diede allora disposizione di preparare nella biblioteca. Amava molto quella stanza, con le grandi finestre affacciate sulla Senna, da cui si intravvedeva anche l'abside di Notre-Dame. Era ancora affacciata ad osservare il panorama, quando la sorella fece il suo ingresso nella stanza. Indossava un semplice abito blu notte, e, come sempre, appariva perfettamente elegante. Oscar pensò che aveva ereditato dalla madre la grazia nelle movenze ed il gusto negli abiti, senza rendersi conto di quanto anche lei le somigliasse nel portamento.

Davanti ad una tazza di cioccolata, infine trovò l'agio di chiedere dove avesse trascinato André il giorno prima.

- Un po' ovunque. Ho intenzione di dare un ballo in maschera a Palazzo Liancourt, per l'ultimo dell'anno, ed avevo necessità di organizzare le cose come si deve. Non capitava da anni che tutte noi sorelle fossimo a Parigi, ed è un evento da celebrare.

Oscar sorrise. Non sarebbe stata una riunione facile. Louise Hélène e Geneviève non avrebbero di certo apprezzato le sue scelte; ma Josephine, nonostante la sua vita fosse stata segnata da avvenimenti cupi, rimaneva un'ottimista che sperava di poter appianare molte cose con una serata piacevole.

- E voi due dovrete partecipare. Proprio per questo sarà in maschera. Potrai venire con un abito da ballo senza crearti troppi problemi.

La sorella scosse le mani aperte davanti al petto, significando un diniego.

- Non provare neanche a dire di no! Lo so che a Gravelines sei andata ad un ballo1.

- Ma non è la stessa cosa! Là non mi conosceva nessuno!

- Invece è la stessa cosa. E sai da chi ho saputo del ballo? Da André. Ne parla come di un gesto che lo ha reso davvero felice. E a volte dovresti pensare maggiormente a rendere felici le persone che ti amano, e te stessa, invece di pensare sempre ai tuoi doveri o al giudizio del mondo.

Oscar abbassò lo sguardo sul fondo di cioccolata che sporcava la tazza. Le spiaceva ammetterlo, ma sua sorella non aveva torto. Per un attimo il colore caldo della bevanda le rammentò la giacca di velluto bruno che Andrè aveva indossato quasi fosse una divisa. Non la livrea della servitù, ma un sobrio segno del suo ruolo.

- E' inutile che tu dichiari di non vergognarti di lui, che veniate ad abitare insieme qui se poi ti contraddici da sola evitando di mostrarti in pubblico.

La sorella cominciò a tormentare il polsino destro della camicia.

- Io non mi vergogno di lui. Sono io ad essere inadeguata.

Josephine si alzò, trascinò la sedia accanto a quella si Oscar e si risedette vicina. Poi le prese una mano. Era rimasta sorpresa dall'affermazione della sorella. In primo luogo perché non pensava che nascondesse simili insicurezze, e perché mai si sarebbe attesa una confidenza. Da quasi venticinque anni attendeva il giorno in cui sua sorella si sarebbe svelata, ed era ormai convinta che non sarebbe giunto. Ed invece ecco un piccolo, prezioso spiraglio.

Oscar rimase un attimo con la mano abbandonata in quella di Josephine, poi si alzò di scatto ed andò verso la finestra. Assorta, osservava senza vedere la Senna che scorreva lucente al sole, come composta da mobili frammenti di vetro.

Provò a spiegarsi tenendo gli occhi fissi su quello spettacolo, come parlando a se stessa.

- Ieri ho avuto un momento di sgradevole amarezza. Lo so, non significa nulla. Non è una frase razionale, ma non saprei come altro dirlo.

Pensò ancora che, in fondo, aveva colto una piccola occasione per piacergli, a Gravelines, e lui aveva mostrato di apprezzare. Sarebbe stato tanto grave ripeterlo? Alla luce dei timori del giorno prima, forse sarebbe stato grave lasciar correre. Sebbene avesse ripetuto più volte che a lui non serviva un abito per ammirarla…forse Josephine la sapeva più lunga.

- Il fatto é che… - e di nuovo Oscar fece una lunghissima pausa.

Troppo. Perché prima che potesse concludere la frase venne interrotta da un bussare all'uscio. L'attimo andò perduto.

So voltò verso la porta e fissò un attimo le dorature.

- Avanti. - Non era una parola, era un sospiro.

Si affacciò, solerte, Marie Armand.

- Madame Bavardisson è giunta in visita. Dice che ha saputo del vostro malore ed è venuta per arrecarvi conforto.

- Onestamente, fatico a vederla come un conforto. Però potrebbe aiutarci nelle indagini. Magari in un salotto è più disposta a raccontarsi, rispetto a quanto farebbe durante un vero interrogatorio. Josephine, ti va di indagare con me?

La sorella sorrise.

- Ma certamente! Cosa dobbiamo fare?.

Poco mancava che si mettesse a battere le mani come una bambina.

- Nulla di spettacolare, in realtà. Devi ascoltarla, fare domande si ti vengono in mente e poi darmi le tue impressioni sulla persona, sulla sincerità, eccetera.

Madame De Liancourt sorrise, ed Oscar si rivolse alla cameriera.:

- Falla accomodare.

Poi tornò a sedersi sul divanetto, prese una coperta ed assunse l'aria della dama pronta a farsi compatire.

La porta si aprì nuovamente e fece il suo ingresso Madame Léonie. Robusta, seria, con un'espressione tesa a ricercare l'apprezzamento della donna che aveva di fronte. Dava l'idea di essere affidabile, e forse era quella la cagione della facilità con cui pareva stringere nuove amicizie.

Oscar la salutò:

- Benvenuta. Scusatemi se non mi alzo, ma mi è stato raccomandato di rimanere a riposo, per oggi.

- Anzi, scusate me se vengo ad importunarvi con la mia preoccupazione per la vostra salute.

- No, no, penso invece che qualche distrazione mi farà bene. Vi presento mia sorella, la Duchessa De Liancourt.

La donna fece una riverenza:

- Molto onorata di fare la Vostra conoscenza.

Josephine rispose con un cenno del capo ed un saluto.

Madame Bavardisson sedette, infine, ed iniziò la conversazione con banali commenti sul tempo.

- Per Voi sarà almeno piacevole rimanere in casa, con questo bel tepore, anziché uscire e passare la giornata in una caserma gelata.

- Devo dire che ho questo incarico da molto tempo, ed ormai l'abitudine prevale sui disagi.

- Oh, siete molto risoluta, ma deve essere una maniera ben dura di condurre le proprie giornate. - Commentò Léonie.

- Vi sono in effetti incarichi più agevoli, ma suppongo che alcuni lavori umili siano molto più pesanti. Penso ad esempio alle lavandaie della Senna.

- In fondo avete ragione. Ma ve lo dicevo perché mi preoccupo per Voi ed anche perché, vedete, il minore dei miei figli maschi ha espresso l'intenzione di arruolarsi. E questo mi preoccupa moltissimo. Con i tempi che corrono, le proteste, potrebbe essere pericoloso.

Oscar la osservò per un attimo, prima di rispondere.

- Non nego che le cose siano peggiorate, ultimamente. Per quanto riguarda la mia brigata, posso affermare con orgoglio che è sempre riuscita a risolvere questo tipo di situazioni senza vittime, da nessuna delle parti. So che non è la regola, purtroppo.

- Scusatemi se vi parlo con una franchezza quasi brutale, ma le vostre sono parole dei una donna che non è mai stata madre.

Oscar accusò il colpo, ma non lo diede a vedere. Ancora una volta, dissimulò con consumata maestria.

- Se conosceste il timore che accada qualcosa al frutto del vostro ventre, non parlereste con cotale leggerezza. Credo vostra sorella possa capirmi, nevvero?

Josephine aveva compreso quanto quella frase avesse colpito duramente. Non avrebbe voluto dare ragione alla donna, ma le parve di intuire che molto si nascondesse dietro a quel genere di affermazioni.

- Non direi che il Comandante – calcò volutamente sul termine – abbia parlato con leggerezza. Semplicemente conosce meglio di noi quali siano i rischi reali e quali siano frutto di immaginazione. In fondo, ricopre questo ruolo da quasi vent'anni. Sa esattamente di cosa stia parlando.

- Avete ragione, sono stata avventata. Ma, nonostante i figli crescano, li si vorrebbe sempre proteggere. Soprattutto per chi, come me, ne ha perduti più di una decina2. Così come Teti tentò di proteggere il figlioletto Achille immergendolo nelle acque prodigiose, così vorremmo fare tutte noi.

Fu Josephine a rispondere.

- Ma il mito ci insegna appunto che non ci è dato riuscirvi, così come non vi riuscì Teti: un insignificante punto di debolezza, così come fu il tallone, vanificherà ogni nostro sforzo.

Madame Bavardisson aveva forse meditato a lungo sul paragone, ma non era certamente avvezza ad argomentare se non con timide vicine propense a darle ragione, per cui non seppe cosa ribattere.

Madame De Liancourt ne approfittò per cambiare agilmente argomento, offrendole il thé e ringraziandola per i biscotti inviati la sera prima. La donna si rianimò:

- Una mia ricetta speciale. Oltre al cioccolato, vi è un altro ingrediente, molto nutriente, che li rende molto adatti in caso di debolezza, non solamente deliziosi.

- Dovete assolutamente fare avere la ricetta alla mia cuoca. Ne sarei entusiasta.

- Non so se posso rivelare il mio segreto.

- Suvvia, vi prego; Madame. - Continuò Josephine con insistenza. Da vero animale da salotto, preferiva blandire blandire chi le era di fronte.

- Non saprei, fatemici pensare e vi dirò.

- Ma non tardate.

La donna si alzò.

- Ora devo proprio lasciarvi. Debbo sovrintendere alla preparazione del pranzo.

Si accomiatò con molte formule di cortesia, debitamente ricambiate da Josephine.

Appena uscita, le due sorelle si guardarono. Si intesero immediatamente.

- Che te ne pare? - Chiese Oscar.

- Certo che è un tipo particolare, per non dire altro. Voleva darsi un tono, con quei discorsi mitologici, ma non pare molto colta. Se aggiungiamo i tuoi racconti sulla lettura delle carte ed altro, ne esce un ritratto stravagante. Da qui a poterti confermare i tuoi sospetti...no. Non ha detto nulla di davvero compromettente.

- Hai ragione. Non mi convince del tutto, anche se da ieri sera vorrei anche parlare con il Dottor Leblanc. Anzi, sai cosa ho pensato? Lo faccio chiamare: il malessere è un'ottima scusa per parlargli senza insospettirlo. Tu hai detto di voler partire appena dopo pranzo, ed io avrò tutto il pomeriggio a disposizione.

- Ne sei davvero sicura? Non sarà rischioso?

- Se anche fosse lui il colpevole, io non sono una donna sola che nessuno cercherebbe. Non rientro nel modello di vittima. Sono conosciuta, in una caa piena di domestici. Non mi accadrà nulla.

Josephine rimase ad osservarla pensierosa.

Invece Oscar si alzò sorridendo:

- Chissà cosa hanno preparato per pranzo. Sto morendo di fame.

 


1  Riferimento alla OS Dune mosse.

2  V. Capitolo 7.

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Capitolo 17
*** Ritrovarsi ***


Una curiosità di Lucy71 potrebbe trovare risposta nell'ultima parte del capitolo. Forse.

 

17. Ritrovarsi

 

Oscar si accomodò sul piccolo divano della biblioteca, che aveva fatto avvicinare al camino. Si sfilò le scarpe, sollevando i piedi sulla seta del rivestimento che le parve gelido, e si pose una coperta sulle gambe. Aveva fatto avvisare il dottor Leblanc del malore, quindi, dovendo fingersi più malata di quanto fosse, tanto valeva godersi il pomeriggio leggendo al calduccio.

Aveva avuto modo di procurarsi una copia de “Le mensogne excusable”, di Guillemain1. Una commedia, leggera a suo modo, ma che la riportava al mondo da cui provenivano i suoi soldati e le permetteva di conoscere il pensiero del popolo della città.

Una cameriera comparve sulla soglia.

- E' Arrivato il dottor Leblanc?

- No, un ufficiale della Vostra caserma.

Oscar si sistemò meglio sulla seduta, infilò le scarpe e gettò di lato la coperta.

- Fatelo passare.

Un ufficiale? Che fosse accaduto qualcosa?

- Con permesso.

La voce di Pellerey, che comparve sulla soglia la sorprese non poco.

- Prego, accomodatevi. Portate notizie della donna scomparsa? L'avete ritrovata?

Chiese Oscar. Non vedeva altri motivi per quella venuta improvvisa.

Il Capitano si prese un attimo prima di rispondere, per non mostrare il suo stupore nel vedersi dinnanzi Oscar abbigliata con delle culottes color vinaccia ed il gilet coordinato, da cui sbucavano le maniche di una camicia di seta color avorio. Era seriamente convinto che in casa indossasse abiti femminili, e che riservasse le uniformi e le tenute maschili per la vita militare. Anzi, si era quasi atteso di trovarla, come spesso accadeva per le dame che avessero avuto un mancamento, con un leggero negligé. Quella era la ragione della visita. Se per fare carriera era necessario passare dal suo letto, gli era parsa occasione propizia, con Grandier fuori casa.

- Volevo semplicemente sapere come Vi sentite.

- Meglio, come vedete. - Rispose Osca, fredda.

- Ve ne sono molto grata, ma ritengo non fosse il caso di abbandonare i Vostri incarichi per una visita di cortesia durante l'orario di servizio.

Pellerey provò a giustificarsi. Il suo gesto si stava rivelando non solo inutile, ma controproducente.

- Ero di passaggio mentre seguivamo una pista. Non ho sottratto più di cinque minuti al servizio.

- Molto bene. Spero che la pista sia fruttuosa.

Il Capitano comprese con frustrazione di essere stato congedato. Sull'attenti, salutò ed uscì.

Oscar si affacciò alla finestra, vedendo che una volta in strada, sfogava la sua stizza sul proprio cavallo, a colpi di frustino.

Ritornò al divano, ma le ci volle qualche minuto per togliersi dalla mente quell'irritante conversazione. Dopo le risposte avute da Pellerey, le era fastidiosamente chiaro quale fosse il suo scopo. E la cosa non le piaceva. Non le piaceva per niente.

Inquieta, suonò i campanello per farsi portare della cioccolata. Fu Germaine ad arrivare con il vassoio recante la chicchera.

- Prego. Sono venuta io perché Ninette sta ancora pulendo la macchia di sangue di stamattina.

Oscar alzò uno sguardo interrogativo: - Sangue?

- Si. Madame Bavardisson stamane ha avuto un accesso di tosse ed uno sbocco di sangue. Sono cadute alcune gocce sull'intarsio del parquet davanti alle scale. E' un legno pregiato, e non si riesce a togliere il segno.

- Uno sbocco di sangue?

- Già. Molto sangue. La sua cameriera mi aveva detto che ne era soggetta. Ma non pensavo fossero così. Credevo esagerasse quando diceva che a volte non riescono a rimuovere le macchie.

Ad Oscar non interessava particolarmente il discorso sulle chiazze, ma registrò meccanicamente la malattia della donna. Poi congedò Germaine, troppo chiacchierona per i suoi gusti.

Sorseggiando la bevanda profumata e calda, riuscì a concentrarsi nella lettura per un'oretta. Venne nuovamente interrotta da Marie Armand che annunciava l'arrivo del Dottor Leblanc.

Una visita accurata gli permise di giungere alle medesime conclusioni di Madame Biheron: stanchezza eccessiva, freddo.

- A meno che – continuò – non vi sia altro di cui non mi avete parlato. O di cui non abbiate certezza.

Oscar evitò di rispondere ponendo un'altra domanda.

- Siete da molto al servizio del Duca D'Orleans?

- Alcuni anni. Debbo mantenere la famiglia e mi interessa portare avanti le mie ricerche.

- Già, le vostre ricerche. Ne avevate accennato. Ma in cosa consistono, esattamente?

- Manterrete il segreto?

- Certamente. E' il mio mestiere.

- E' importante, credo di essere vicino alla soluzione, che mi permetterebbe di vincere il premio in denaro dell'Accademia delle Scienze, e di liberarmi dal lavoro presso il Duca.

- Potete fidarvi. D'altro canto, confesso che potrei anche non capirci nulla.

- Non è così difficile. All'inizio si mescola il sale marino con olio di vetriolo2. Va fatto in una fornace, a temperatura molto alta, quasi alla temperatura a cui fonde l'argento, per darvi un'idea.. Questo passaggio dà una polvere. Questa, mescolata con il carbone e con una roccia fortemente triturata, viene ancora riscaldata nella fornace. Il prodotto che si ottiene alla fine va ancora sottoposto a lisciviazione.

- Molto chiaro. Nulla a che vedere con le storte gli alambicchi in vetro che ho veduto a casa di Monsieur Lavoisier, dunque.

Il medico sorrise

- Tutto molto più prosaico: Fornaci, secchi di polveri e di oli corrosivi. Più materiale, e volto a diventare una produzione su larga scala. La scienza mi affascina, ma preferisco i suoi usi concreti alle pure speculazioni. Deve essere un supporto alle industrie. Deve aiutare il popolo a non essere così misero. La soda che produrrò dovrà servire alle nostra fabbriche di sapone di Marsiglia, al posto della barrilla3, esageratamente costosa.

Oscar lo ascoltava stupendosi di trovarsi di fronte un idealista. O forse non era il caso di sorprendersi, se frequentava il Palais Royal. Quando vi era stata, vi aveva trovato molti intellettuali colmi di ideali4. Ma si chiese anche se invece non fosse un bravo attore. Se il tutto non mascherasse una via comoda per compiere delitti e disfarsi dei cadaveri.

- Avrete il vostro bel daffare a liberarvi di tutte le polveri di scarto.

- Oh, sì. Ho un apprendista, Jean5, che si occupa di eliminarle gettandole nella Senna. Certo, con questo gelo, è una seccatura. Ne fa dei cumuli che lascia accanto al ponte.

Oscar si annotò mentalmente che era il caso di controllare.

- Ora, se non vi spiace, devo salutarvi, a causa di impegni presi precedentemente. Riguardatevi.

- Vi sono molto grata per essere passato. Vi auguro una buona serata.

Quando fu sola guardò l'orologio sulla mensola del camino. Le quattro e mezza. Pensò che André non avrebbe tardato e diede disposizioni per scaldare l'acqua necessaria ad un bagno, e per accendere il camino nel piccolo spogliatoio. Sarebbe tornato intirizzito per il freddo, ed avrebbe apprezzato il pensiero.

Non passò molto tempo prima di riconoscere il rumore familiare dei suoi passi sulle scale. Si alzò per andargli incontro, felice come se non lo vedesse da settimane.

Appena entrò nella biblioteca, lo abbracciò mettendogli attorno al collo le braccia tese. Andrè la trasse a sé ponendo le mani sui fianchi.

- Dovrei andare più spesso in Caserma senza di te, se l'accoglienza al ritorno è questa. - Celiò con un sorriso compiaciuto.

- Sei gelato. Ti ho fatto preparare un bagno caldo.

- Sono anche molto stanco. Avrò bisogno di aiuto, non posso farcela da solo.

Ma il sorriso sornione contraddiceva l'affermazione sulla stanchezza. Una volta nel guardaroba, si lasciò aiutare a liberarsi dei vestiti, e si immerse nell'acqua calda e profumata. Vide Oscar prendere una pezzuola per passargli il sapone sulla pelle.

- Ti bagnerai la camicia. Dovresti toglierla.

Lei inclinò il capo di lato e lo guardò di sbieco.

- Ti preoccupi della mia camicia? Non sei credibile.

André la guardò come se fosse stato preso con le mani nella marmellata.

- Toglila così posso guardarti.

- Ecco, questo mi pare molto meglio.

Sfilò l'indumento e si accinse a passargli la pezzuola sulle braccia, sul collo, sul petto. Poi scivolò alle sue spalle e ad insaponargli lentamente la schiena, fino a che, con gesti morbidi ed ampi, fece passare le braccia sotto le sue, immergendole in acqua. Appoggiando il seno alle scapole, proseguì verso l'ombelico, per poi superarlo e scendere ancora.

 

Avvolto in un telo di lino per asciugarsi, André si sentì chiedere come avesse trascorso la giornata.

- Ho indagato su alcuni fronti, ma non ho concluso molto. Però stasera vorrei parlare d'altro. Tu che hai fatto?

- Ho indagato un poco anche io.

- Cosa?

- Madame Bavardisson è venuta in visita, ed ho approfittato del malore per chiedere un consulto a Leblanc. Ma parliamone domani. Hai ragione tu.

Rispose lei, con una mano sugli abiti per rivestirsi.

André le fermò la mano.

- Ho dato disposizioni che ci portassero la cena in camera, quando suoneremo, e che se ne vadano subito. Non ci disturberà nessuno. Mettiti una veste da notte, di quelle che mi piacciono.

Oscar sorrise ed annuì. Era quanto di più simile alla richiesta di indossare un abito le avesse mai fatto. Ed era una risposta ai suoi dubbi.

Mentre si sistemava il soffice indumento, si rivolse di nuovo a lui:

- Sai che oggi la cioccolata mi ha fatto pensare a te?

Non le chiese perché, come si sarebbe aspettata. La abbracciò, mettendo il proprio collo accanto alla bocca di lei:

- Se vuoi mangiarmi, sono a tua disposizione.

Come tutta risposta, un morsetto alla giugulare e una risata. Poi Oscar gli poggiò il capo su una spalla. Come stava bene. Quell'intimità scherzosa, la condivisione di momenti seri e persino pericolosi in Caserma, la passione delle notti, i ricordi che li legavano, tutto contribuiva a rendere finalmente felice e piena la sua vita. L'indomani non si sarebbe certo fatta guastare la giornata dall'ottusità delle sorelle. Non avrebbe ceduto come le era capitato il giorno prima con Pellerey.

Dopo alcuni attimi, André la scostò e suonò il campanello. In breve comparvero due cameriere, che rapide ed alacri apparecchiarono la tavola, posta accanto al camino, per poi sparire, lasciando accanto al desco alcune portate poggiate su una console.

Si sedettero e iniziarono una serata che avrebbero ricordato come meravigliosa. Mangiarono (poco) e parlarono (molto). Ogni tanto André lasciava vagare un dito sulle gote o sul collo di lei, una piccola carezza. Dopo un paio di bicchieri di Sauternes passò la mano tra la seta della scollatura e la calda morbidezza della pelle. Verso la fine della cena ardì arricciare in mano l'orlo della veste per raggiungere un ginocchio e la morbidezza delle cosce.

Lei si levò per andare a sederglisi sulle ginocchia:

- Non ho ancora avuto la mia cioccolata. - Gli disse con un sorriso mordicchiandogli il labbro inferiore.

 

- Ieri ho avuto un momento in cui mi sono sentita inadeguata e gelosa.

Disse Oscar, parlando nell'oscurità che le permetteva di svelarsi pur celandosi. Aveva appena spento le candele del doppiere, per poi chiudere le tende del baldacchino e rifugiarsi nell'abbraccio caldo di pelle e coperte.

- Di tua sorella? - Chiese André, davvero stupito.

- No, non di lei. Di un….fantasma. Mi avevano detto – glissò su chi glielo avesse riferito - che una bella donna fosse venuta a cercarti. Ho temuto di non essere all'altezza di ...loro, delle tue avventure passate.

- Hai detto bene. Passate. Sono state un pezzetto di passato, alcune un soffio e nulla più. Tu sei il presente. Tu sei il futuro.

- Mi ero ripromessa di non farmene cruccio6, eppure ieri ho ceduto alla paura del passato.

André le pose una mano sul capo, carezzandola come avrebbe fatto con un bambino.

- Basta confronti: Hai passato la vita a cercare di somigliare ad un ideale imposto da tuo padre. Non fare l'errore di cominciare a tentar di essere simile ad un ideale di donna che non esiste. Io amo e voglio te, non un simulacro immaginario.

Parole rassicuranti, ancor di più in quella stretta serena ed amorevole dopo la passione. E, soprattutto, parole vere. Si sentì, per la prima volta da quell'amaro pomeriggio, in pace con se stessa e chiuse gli occhi lentamente.

 


1 Charles Jacob Guillemain (1750-1799), fu uno scrittore di commedie e pantomime, i cui temi vertevano sul mondo proletario parigino. L'opera che sta leggendo Oscar è del 1783. Non saprei dire se le sue opere fossero censurate o meno.

2  Acido solforico.

3  Soda di Spagna

4  Mi riferisco perlopiù alla scena del manga.

5  Personaggio fittizio, non riferibile alla realtà.

6  Capitolo 9 de Il Gigante Armato

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Capitolo 18
*** Parenti serpenti ***


18. Parenti serpenti

 

Quel sabato mattina, dopo un risveglio tardivo, Oscar sedeva in carrozza aspettando che André la raggiungesse. Erano attesi a Palazzo Jarjayes dove si sarebbero trattenuti sino all'indomani. Durante la giornata sarebbero infatti giunte a Parigi le due sorelle che ancora non avevano salutato Constance di rientro dall'America, ossia Louise Hélène da Nevers e Genéviève, che da quando era rimasta vedova viveva una vita molto ritirata presso Compiègne e si muoveva di rado.

Il freddo ed il piccolo svenimento che aveva colto Oscar il giovedì precedente avevano convinto André della necessità di utilizzare una carrozza. Arrivò con il suo passo elastico, salì rapido e chiuse lo sportello rabbrividendo. Lei fu rapida a fargli posto sotto la calda coperta di pelliccia che serviva a tenere almeno un poco lontano il freddo pungente di quei giorni.

Il ritmico battere degli zoccoli sui selciati di Parigi prima e sulle carrarecce innevate poi fu il contrappunto sonoro al racconto delle rispettive occupazioni del giorno precedente.

André si preoccupò non poco per la visita di Madame Bavardisson e per l'alzata di ingegno con la quale Oscar si era fatta visitare da Leblanc, mentre poté in parte sfogare la frustrazione per le poche informazioni recuperate il giorno precedente.

Appena la carrozza giunse dinanzi all'ingresso del palazzo, ne uscì Loulou, veloce come se fosse stata sparata da un cannone. Saltellando e ridacchiando, li trascinò in casa, eccitata per la novità della grande riunione di famiglia, non immaginando quale apprensione suscitasse invece in alcuni degli adulti che vi avrebbero partecipato. In realtà Oscar era preoccupata anche per il Natale, che sarebbe arrivato da lì a quattro giorni. Lo considerava in qualche modo il “primo” Natale con André e non aveva la benché minima intenzione di farselo rovinare.

Nell'atrio furono accolti da Madame Marguerite, che stava scendendo il grande scalone, ed indossava un sobrio ma elegantissimo abito in seta marezzata azzurra. Li salutò con la dolcezza materna che la distingueva. Dopo aver dato la mano a Loulou, li accompagnò verso la sala delle vetrate, come veniva chiamato il salotto a piano terra, dove si trovava buona parte della famiglia.

Entrando, Oscar vide passare due cameriere con i loro bagagli:

- Metteteli entrambi nella mia vecchia stanza. - Dispose.

Infine superò l'uscio, che già Madame ed André avevano varcato. Vi si trovavano le tre sorelle che avevano trascorso l'estate a Palazzo, insieme a Monsieur Henry ed a Maxence de la Rolancy. Mancavano i tre figli di Constance che erano usciti per andare a pattinare ed il Generale stava intrattenendo con l'intendente di una delle tenute. Su un divanetto vicino al camino era seduta Génèvieve, giunta già la sera precedente. Rigida ed impettita, in un abito di un colore marrone castagna, inalberava un'aria di severità e superiorità che avrebbe tranquillamente potuto superare il cipiglio austero del Generale. Squadrò con attenzione la sorella ed André, vestiti una in azzurro polvere e l'altro in velluto blu notte, impeccabilmente eleganti eppure con una nota così evidentemente poco aristocratica, quasi borghese.

Fu Oscar a salutare per prima:

- Buongiorno, sorella. Vi trovo molto bene. Spero abbiate fatto buon viaggio.

- Voi invece avete l'aria un poco stanca. Non credo che la vita che state conducendo ora vi faccia bene.

- In effetti, ho un incarico molto pesante. Per fortuna non sono sola a sopportare questo peso.

E rivolse uno sguardo grato ed amorevole ad Andrè, che colse il momento per salutare a propria volta Génèvieve.

- Buona giornata, Madame. - le disse mentre si inchinava, cortese.

- A te. - Una risposta cortese, ma fredda.

Josephine si intromise, rivolgendosi ad Oscar per interrompere quello scambio educatamente ostile.

- Sei riuscita a riprenderti un poco dalla stanchezza?

- Si, per lunedì sarò di nuovo del tutto a posto. Seguire le indagini e gestire la Caserma non è propriamente facile, anche perché alla Guardia Metropolitana non abbiamo l'abbondanza di ufficiali che c'è alla Guardia Reale. Ma dopo questi giorni di riposo andrà decisamente meglio.

- Ci sono sviluppi nelle indagini?

- Pochi, ma sto imparando che in questo tipo di ricerche anche un frammento che parrebbe irrisorio potrebbe avere grandi ripercussioni.

Intervenne André.

- Lunedì dovremmo ottenere alcuni chiarimenti fondamentali.

- Ma tenete conto che il Natale si sta avvicinando. Non vi permetteremo certo di lavorare!

- Spero che anche il nostro colpevole la pensi come te. - Riprese il Capitano.

-”Il”? Quindi è un uomo? - Chiese ancora Josephine.

- Non lo sappiamo per certo. In fondo, sai che tra i principali sospettati c'è una donna, però la forza fisica che presupponiamo serva per sbarazzarsi dei corpi porta più facilmente a pensare sia di sesso maschile.

- Oh, ma dobbiamo proprio parlare di cose così orribili? - Intervenne Genéviève. - Colpevoli, indagini e sospettati?

- Certamente no, sorella. - Rispose Oscar. Contenuta, ma si sarebbe potuta sentire una nota acida nella voce.

- Raccontateci di Compiègne.

- Non vi è molto da dire. Sapete bene che conduco una vita assolutamente ritirata. L'unica novità di rilievo in città è stato il termine dei lavori del castello1. Questo ha provocato del malcontento per la mancanza di lavoro che si è venuta a creare. Il popolo non sa fare altro che lamentarsi.

Oscar dovette trattenersi per non rispondere in molo modo alla sorella. Per sua fortuna, vide giungere la carrozza con le insegne dei Norpois.

- E' arrivata Louise Hélène. - Annunciò.

L'arrivo dell'ultima sorella, accompagnata dal marito e dai due figli maschi (la figlia, sposatasi da poco, era rimasta per le feste con i suoceri), dotata di un considerevole bagaglio, provocò un certo trambusto. Saluti, abbracci, ordini alla servitù si succedettero per alcuni minuti. Solo la discesa dalle scale del Generale ebbe il potere di tranquillizzare il gruppo, che fu ben felice di accogliere l'invito del pater familias e spostare le conversazioni nella sala da pranzo.

Madame Marguerite, con il suo solito garbo, aveva fatto in modo che la nonna di André non dovesse servire alla tavola alla quale sedeva il nipote, ed inoltre aveva argutamente disposto i commensali in modo che spiriti poco affini non si trovassero vicini, cosicché Oscar ed André vennero a sedersi praticamente al capo opposto del tavolo rispetto a Génèvieve e Louise Hélène. Erano invece vicini a Lord Middleton, che li intrattenne con molti racconti sui suoi viaggi. Parlare con il gentiluomo inglese era sempre piacevole ed istruttivo, ed il pranzo trascorse in maniera rilassata.

Nel primo pomeriggio, André venne trascinato fuori da Loulou e dai due gemellini, Esule e Esame, per una partita a palle di neve. I ghiaccioli scintillavano al sole dalle siepi ordinate del giardino, e dagli alti alberi che si stagliavano dal prato reso immacolato dallo strato di neve caduto precedentemente.

Oscar rimase per un poco ad osservarli divertita dall'ingresso del palazzo, mentre scavavano solchi nel candore intatto per preparare i loro proiettili, poi dovette arrendersi al freddo pungente di quei giorni, e rientrare in casa intirizzita.

Ritornò nella sala delle vetrate, ove le sorelle si erano sedute per chiacchierare, talune con le mani impegnate in un ricamo, altre in un tranquillo ozio. Madame Marguerite non era presente, si era ritirata per riposare un poco. Si sedette in modo da poter vedere fuori, le piaceva osservare la scena che si svolgeva all'esterno, e nello stesso tempo cercava di tenersi lontana da discorsi che avrebbero potuto portare a battibecchi, incomprensioni, o, peggio, rotture insanabili.

Fu Louise Hélène, con la quale non aveva scambiato che poche parole di saluto, a cercare il confronto con lei. La avvicinò, si sedette nella poltroncina gemella, anch'essa posta in modo da permettere di ammirare il giardino.

- Quando vi siete fermati da me a Nevers2 Vi ho suggerito di stare attenta. - Oscar notò che ora Louise le si rivolgeva utilizzando il voi, a differenza di quanto aveva fatto nel maggio precedente.

- Invece vi siete lasciata convincere a buttar via nome e reputazione per uno che non è altro che roturier, per quanto colto ed affascinante.

- Non ho buttato nulla, e nessuno ha dovuto convincermi a fare alcunché. - rispose con astio la sorella minore, continuando a guardar oltre il vetro con ostentata calma.

- E come chiamereste il fatto di essere andata a vivere con lui nel Palazzo di Parigi?

- Un trasloco? - fu la replica sarcastica.

Le altre figlie del Generale volsero lo sguardo verso le due impegnate in quello che pareva destinato a diventare un aspro duello verbale.

Un attimo di silenzio rotto solo dallo scoppiettio del legno nel camino preparò la risposta.

- Potete scherzarvi sopra, ma di fatto Vi ha convinta a lasciare la casa avita.

Oscar si voltò con una luce pericolosa negli occhi.

- Ed a vivere alle vostre spalle. - aggiunse Genéviève, giunta accanto a loro.

Il Comandante strinse le mani attorno ai braccioli imbottiti, per poi sollevarsi in piedi, irata.

- Non Vi permetto simili vili insinuazioni! André si mantiene benissimo da sé.

- Non mentite a Voi stessa. Per quanto oculato possa essere, quando può avere di rendita? Non si può mettere da parte molto denaro con gli emolumenti da attendente.

- Infatti. Ma vi sono altre attività che gli garantiscono guadagni ben maggiori3.

A Josephine scappò un sorrisetto sornione. Solo lei aveva compreso l'allusione.

- Ma non importa. - Riprese nuovamente Oscar. - Non ho intenzione di cadere nella trappola del Vostro modo di pensare. A me non interessa quanto guadagna. Non è per questo che lo amo. Non è il motivo per cui l'ho scelto. Perché io ho scelto. Io ho potuto scegliere. Con la fatica di essere un militare, ho guadagnato il diritto di scegliere. Il diritto di non essere una bambolina in vetrina, pronta per essere comprata dal primo acquirente, o dal più ricco.

Era ormai avanzata di un passo, sovrastando Louise Hélène con i pugni serrati, dardeggiante rabbia e sdegno. Tacque e lasciò ricadere le mani ai fianchi. Si girò ed uscì a grandi passi dalla stanza, dirigendosi decisa verso le scale.

 

Nello stesso tempo, al numero 1 di Rue Guillome, una domestica inviata da Madame Biheron recava un plico di carta.

- La mia padrona manda questa relazione come convenuto.

 


1  I restauri, iniziati nel 1750 da Luigi XV, sovrintesi dall'architetto Gabriel, furono ultimati proprio nel 1788 da suoi allievi

2  Capitolo 21, Il gigante armato

3  Capitolo 26, Il gigante armato

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Capitolo 19
*** Un posto dove non sono mai stata ***


19. Un posto dove non sono mai stata1

 

Dopo lo scambio di vedute tra Oscar e la sorella, la riunione familiare era continuata in maniera apparentemente pacifica, anche se la sensazione che un fuoco continuasse a covare sotto la cenere permaneva sottilmente.

La domenica pomeriggio, dunque, dopo aver salutato tutti con la promessa di ritornare per il cenone della Vigilia di Natale, André ed Oscar risalirono sulla carrozza e si diressero a Parigi, verso Rue Guillome. Solo allora la donna si accorse di quanto fosse rimasta in tensione durante quei due giorni. SI appoggiò con la nuca allo schienale, cercò la mano di André e si permise di rilassarsi e di godersi il momento.

Arrivarono nel cortile di casa poco prima del tramonto. La carrozza entrò nel piccolo cortile selciato, ed entrambi scesero in fretta ed entrarono rapidamente in casa, pregustando una tranquilla ed intima serata.

Una volta nel salottino privato, li accolse Marie Armand, che recava su una guantiera in argento il messaggio di Madame Biheron. Oscar lo prese in mano, indecisa se aprirlo od attendere. La ragazza proseguì:

- In cucina ci sarebbero il soldato Soisson e mio fratello François. Sono venuti perché dovrebbero parlare con Voi in via privata. A proposito della donna sparita dal convento. Ma se non volete incontrarli dirò di tornare in altro momento.

- No – rispose André, dicendo mentalmente addio alla serata di riposo – dì pure loro che salgano.

Si sedette sul divanetto, battendo una mano sull'imbottita per indicare ad Oscar di raggiungerlo. Si era appena accomodata, quando i due soldati in divisa fecero la loro comparsa sulla porta, battendo i tacchi nel saluto.

- Venite e sedetevi, qui siamo a casa. - Disse Oscar. - Cosa avete scoperto?

Alain prese la parola:

- François ha visto la donna, sa dove si trova. Ma non è nel gruppo di ricerca. Non sapeva se venire da Voi od informare Pellerey di cui, per farla semplice, non si fida.

- Parla, allora, dove si trova?

- Beh, ecco… - iniziò il ragazzo, arrossendo sino alla radice dei capelli – ieri sera ero con un gruppo di commilitoni e...insomma...siamo andati da… ecco….da Madame Lionette.

Oscar lo guardò in maniera interrogativa.

- Una taverna?

Alain, per rompere gli indugi, decise che era meglio chiarire la faccenda una volta per tutte, o la vergogna del compagno avrebbe protratto all'infinito il discorso.

- Un bordello, Comandante.

- Era tra le ragazze, l'ho riconosciuta.

Oscar si prese un momento per assorbire l'informazione e per familiarizzare con l'idea, fino ad allora solo teorica, che i suoi soldati si recassero in”quei” posti.

- E come ci è finita?

- Probabilmente il marito l'ha venduta. Dubito fortemente che vi sia andata da sola. – Intervenne André.

- Allora, andiamo a prenderla. - Disse Oscar.

André la fermò, ponendole una mano sulla spalla.

- Tu, no. Resta qui e riposati.

- Sto bene, posso venire.

- Dammi retta, non è il caso. Sul serio. Non è posto per te.

Si intromise Alain:

- Comandante, lasciate stare.

- Non è che ci tenga particolarmente ad entrare in un bordello. Ma quella donna si era fidata di me. Ci devo essere io.

Una frase che non ammetteva repliche.

Così partirono, a cavallo. Il percorso fu breve, si trattava solo di attraversare la Senna sul Pont de la Tournelle, raggiungendo la rive gauche e poi dirigersi verso il Collège des Bernardins. Lì nei pressi, in un edificio poco appariscente, la sedicente Madame Lionette gestiva i propri affari.

I quattro soldati fecero il loro ingresso. Oscar ed André si erano cambiati d'abito, indossando le loro divise. La porta immetteva in un corridoio angusto, che conduceva verso una tenda di velluto rosso, oltre la quale si indovinava una sala illuminata e vociante.

Oltrepassato il velo in tessuto, Oscar si trovò in una stanza illuminata solo in alcuni angoli. L'ingresso di quattro nuovi possibili clienti fece alzare pigramente lo sguardo agli astanti. Numerosi divanetti foderati in rosso erano sistemati lungo le pareti ed raccolti al centro, intervallati da qualche tavolino. Su di essi erano adagiate alcune ragazze, talune sistemate in modo da mostrare le caviglie e parte della gamba, massima loro bellezza, altre sporgevano il petto, con i seni quasi scoperti dal corsetto, anzi una aveva la parte superiore dell'abito del tutto aperta.

Oscar distolse lo sguardo da una coppia costituita da un uomo robusto e da una giovane seduta sulle sue ginocchia, che intrattenevano i loro rapporti carnali nella sala comune.

Più in là, due ragazze giovanissime si contendevano le attenzioni di un giovane, col viso butterato dal vaiolo. Ma ben vestito, probabilmente di condizione agiata. Ragione in più per entrare nelle sue grazie, per le prostitute che gli sono accanto.

In un canto, su una poltrona che pareva un trono, una donna corpulenta dalla bellezza ormai fané, sedeva osservando il suo personale regno.

Alain riconobbe la donna che stavano cercando. Seduta in disparte, era evidente che non aveva alcuna intenzione di mostrare le proprie grazie, né di attirare clienti. La indicò agli altri.

L'ingresso dei quattro soldati fu salutato da sorrisi compiaciuti. Le ragazze erano abituate a vedere entrare gruppi di uomini in divisa. La penombra del luogo non permetteva di indovinare che il Comandante fosse una donna, quindi non si peritarono ad inviare sorrisi languidi nella loro direzione, mentre avanzavano verso Madame Lionette, che li accolse con saluti e moine come si s'addiceva a clienti abituali e ben conosciuti.

Avendoli vicini poté notare che uno di loro era una donna. Certo era l'ufficiale di cui aveva udito raccontare dai soldati, ma certo non si sarebbe aspettata di vederla lì come….cliente? Non che qualcosa potesse più stupirla. Né che qualcosa potesse impedirle di chiudere un affare. Qualsiasi cosa avessero chiesto, l'avrebbe concesso. Ovviamente, mercanteggiando un po'.

André fu il primo ad interrompere i convenevoli ed a parlare.

- Vogliamo quella donna, l'ultima arrivata da voi.

La donna alzò lo sguardo, sorniona:

- Tutti e quattro insieme, la volete?

- Non fate la furba. La portiamo via. Sarei solo curioso di sapere quanto avete dato a chi ve l'ha portata. A chi ve l'ha venduta, suppongo.

- Quanto ho pagato, non vi deve interessare. Qualsiasi cifra fosse, era troppo. Non li vale.

- Perché, tu pensi di valere qualcosa? - Chiese Oscar, squadrandola con rabbia.

- Ah, io sì, conosco bene il mio valore. Quando ero più giovane, ero molto richiesta. E tu, carina? Piaci, vestita così?

Il Comandante non le rispose, ma avvicinò il volto a quello eccessivamente imbellettato della donna.

- Verrà via con noi. E questo è tutto.

- Per quel che vale quella lì, potete pure prendervela. Non sarà mai adatta a fare il mestiere. Ma rivoglio il mio denaro.

- Io non ci conterei. - Le sibilò André. - Verrà con noi senza tante storie, o potrei sempre sguinzagliare una decina dei miei soldati per demolire questa baracca.

Lionette arretrò.

- Senza un posto, non potrai più assoldare le ragazze. Dovrai tornare a fare la vita in prima persona. E, guardandoti bene, non credo che ci faresti molto denaro.

Si voltò e fece un cenno ad Alain, che andò a prendere l'oggetto del contendere. Oscar già stava uscendo a grandi falcate, ed André si affrettò a raggiungerla.

- Tutto a posto?

Lei emise un profondo sospiro e fece un cenno affermativo con la testa.

- Portiamola al convento, da suo figlio. Domani darò incarico a D'Agôut di provvedere al trasferimento. Che solo lui sappia dove si trova.

Andrè annuì mestamente, mentre i soldati arrivarono con la donna e la piccola colonna si incamminò.

Alain diede un'occhiata indietro. Porco Giuda! Dopo questa nessuno di noi potrà più metterci piede! I ragazzi mi uccideranno!

 

Più tardi, Oscar sedeva rannicchiata sul divano posto di fronte al camino della loro camera, con una tazza di cioccolata tra le mani. André la raggiunse e le si sedette protettivo accanto. Lei poggiò la testa sulla sua spalla.

Attese che fosse lei a parlare, con il mento posato sui suoi capelli.

- Oggi ho avuto una piccola discussione con Louise Hélène, e parlando di te le ho detto che io ho potuto scegliere, che non ero una bambolina in vendita. Intendevo parlare del matrimonio, poi la scena di questa sera mi ha fatto rendere conto che c'è ancora di peggio. E probabilmente vi saranno cose ancora più turpi di quelle vedute stasera. Non è un buon affare nascere femmina.

Concluse pensosa.

 

1  Un posto dove non sono mai stato è il titolo di un meraviglioso libro di David Leavitt.

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Capitolo 20
*** Mosaico ***


20. Mosaico

 

Il mattino seguente; André ed Oscar uscirono di casa verso due differenti direzioni.

Il Capitano Grandier venne raggiunto da Alain e François, con cui aveva concordato la sera prima l'incarico, per recarsi verso la Senna e cercare tra i cumuli di polveri scaricate dal dottor Leblanc se vi fossero frammenti ossei.

La lettura del messaggio ricevuto da Madame Biheron, infatti, aveva dato nuova forza alla pista: il biglietto, infatti, confermava la natura umana del pezzetto di osso ritrovato dal micio, ma aggiungeva l'inquietante possibilità che il frammento fosse stato trattato con “calore e sostanze”.

Oscar sarebbe andata nuovamente da Soeur Marie-Ange, al convento. Aveva intenzione di chiedere se sapesse che la sorella si fosse fatta impiantare uno o più denti d'osso.

 

I tre militari non faticarono ad individuare le scorie così come Leblanc le aveva descritte ad Oscar. Piccoli mucchi disordinati di polveri bianco-grigiastre occupavano una zona della riva tra i pilastri del ponte ed il fiume. Armati di pale, le sparsero per tutto l'argine, attenti a non lasciarsi sfuggire nulla. In un angolo del pilone, proprio in uno dei cumuli più nascosti, accanto ad alcuni escrementi di gatto, François vide un frammento solido, un cilindretto che misurava meno di un paio pollici di lunghezza, dal diametro simile a quello del mignolo di un bambino.

- Venite a vedere!

Raccolsero l'oggetto. Che fosse un frammento di osso non vi erano dubbi. Qualcosa di piccolo, una falange, forse.

Ad André corse un brivido lungo la spina dorsale, al pensiero che tre giorni prima Oscar fosse rimasta da sola facendosi visitare da un sospetto che ora pareva essere davvero un pluriomicida.

Lo posero da parte, e cercarono con ancora maggiore attenzione nei dintorni. Ma non trovarono altro.

Dopo aver setacciato tutti i dintorni, si recarono alla dimora di Madame Biheron.

- E' in casa Madame? Sono il Capitano Grandier. Avrei urgente bisogno di conferire con lei.

- Sta lavorando. Vado a vedere se è possibile disturbarla. - Rispose il valletto che aveva aperto loro la porta.

Tornò dopo qualche istante e li condusse al piano superiore1. Qui, in quello che avrebbe potuto essere un salone da ballo, erano raccolti numerosi modelli del corpo umano, che la cera con cui erano modellati rendeva simili a persone dormienti2. Alcuni erano aperti per mostrare gli organi interni, alcuni mostravano il percorso colorato delle vene e delle arterie. Altri i fasci di muscoli.

I soldati si misero a curiosare, sotto lo sguardo divertito della Biheron, con un'aria tra il disgustato e l'affascinato.

Fu Alain ad esprimere in modo colorito il proprio pensiero:

- Madame, non manca che la puzza di cadavere3!

La scienziata si mise a ridere, poi li invitò ad avvicinarsi al grande tavolo centrale, su cui stava modellando quello che pareva un fegato.

I soldati posero il piccolo frammento osseo, ed attesero.

Madame Biheron lo prese in mano, esaminandolo con cura.

- Ebbene? - Chiese André.

 

Oscar lasciò il cavallo dinnanzi al portone del monastero. Entrò, ed attese Soeur Marie-Ange nella stessa stanza disadorna della volta precedente. La monaca arrivò con il medesimo volto pacificamente rassegnato.

- Laudetur Jesus Christus.

- Nunc et semper.

- Avete trovato mia sorella? O sapete qualcosa?

- No, purtroppo. Nessuna notizia della tre donne. Però…- e qui si interruppe. Era una notizia dura da dare, ma era necessario ottenere una qualche conferma.

- Però, lungo la strada dove abitavano sua sorella e le altre donne di cui non si ha più notizia, è stato trovato un frammento osseo.

La monaca si segnò, e sussurrò una preghiera tra le labbra. Oscar continuò.

- Ed anche un dente in osso, di quelli che servono a sostituire quelli perduti od estratti. Sapete se vostra sorella ne avesse?

- No. Non ne aveva. Ne sono sicura perché aveva avuto dei problemi, ed era andata a farsi cavare un dente. Le dispiaceva che parlando la cosa si notasse, e mi ricordo che mi aveva detto che invidiava la cantante, sapete quella che abitava poco avanti per la via. – Oscar annuì. - Provava invidia perché quella donna poteva permettersi i denti in osso ed io…- Soeur Marie-Ange fu scossa da un singhiozzo - ...l'ho rimproverata dicendole che l'invidia è un peccato. L'ultima volta che ci siamo viste io l'ho rimproverata!

Oscar provò una sincera compassione per la monaca.

- Non dovete farvene un cruccio. Le discussioni con le sorelle sono una cosa molto comune. Ma non scalfiscono affetti solidi.

 

Nel frattempo, il Capitano D'Agôut si era recato al Saint Joseph de la Providence, a recuperare la donna ed il bambino, utilizzando una carrozza di piazza.

Era già pronta, unico bagaglio un piccolo baule, che conteneva un abito di ricambio, un poco di biancheria e i panni di lino per il bambino. Salutò con uno sguardo circolare i luoghi che l'avevano accolta in quei mesi, e che avevano assistito alla nascita del piccolo Joseph, che ne aveva preso anche il nome.

Il Colonnello, galante, la aiutò a salire in carrozza e rimase con lei per le tre orette del viaggio. Un sole luminoso li accompagnò lungo le strade innevate, luccicando sugli alberi coperti di brina e sui canali completamente gelati.

Il militare la intrattenne parlando di piccole banalità, fino all'arrivo. Il luogo in cui era attesa era una pieve di campagna, verso ovest rispetto alla città. Un anziano curato necessitava di una aiuto in casa, e non aveva obiezioni al fatto che avesse un bambino.

D'Agôut scese, aprì lo sportello e la fece scendere.

- Io vi lascio qui. Buona fortuna.

- Grazie, Colonnello. E ditelo anche al resto della caserma.

- Addio, Madame. - Si fermò un attimo. - Sapete, non conosco il vostro nome.

- Adeline. Mi chiamo Adeline.

Poi si voltò, sempre tenendo il piccolo al petto, e si avviò verso la piccola canonica, lasciando dietro di sé una fila di orme regolari.

 

Oscar, dopo avere lasciato il monastero, si diresse verso il magazzino ove Monsieur Legrand conduceva il proprio commercio in pellami.

Lo trovò intento a trattare l'acquisto di una partita di pelli per sellerie, e dovette attendere che l'affare fosse concluso.

- Avete novità? - esordì infine quando poté dedicarle la propria attenzione.

- Non buone, temo. Ma mi servirebbe una conferma. Sapete se vostra zia avesse avuto modo di farsi preparare uno o più denti sostitutivi in osso?

- Si, credo di sì. Ne aveva parlato mia moglie, che ne ha voluto uno anche per sé. Ma perché me lo chiedete?

- Vedete, non è una buona notizia, ma sono stati fatti dei ritrovamenti. Un frammento osseo e un dente artificiale in osso.

L'uomo impallidì.

- Ma allora….

- Al momento non posso dirvi che appartengano a vostra zia, né ad una delle altre donne scomparse. Però questo ritrovamento ha rafforzato l'ipotesi che sia loro accaduto qualcosa.

Monsieur Legrand si mise una mano davanti agli occhi.

- Fino a che non avete una certezza, vi prego di non dirlo a mia moglie. Si turberebbe troppo.

Ad Oscar non rimase che annuire.

 

Il funzionario di banca che aveva parlato con André il venerdì precedente si presentò poco prima di mezzogiorno alla Caserma, chiedendo di conferire con lui.

Il piantone, vedendolo elegantemente abbigliato, e deciso nel chiedere udienza, lo fece accomodare nella sala d'attesa, avvisandolo però che non sapeva a che ora sarebbe giunto.

- Non importa. Devo comunicargli un fatto della massima importanza. Aspetterò.

Disse l'uomo, sedendosi su una poltroncina e traendo da una tasca un piccolo volume che si mise a leggere con espressione assorta.

 

Il Notaio Brassens alzò gli occhi dalla lettera che stava leggendo e che era giunta quella mattina stessa.

- Sacrebleu! Questa sì che è una novità, che è! - Esclamò, passando la mano destra sulla testa sudata, mentre sollevava il parrucchino con la sinistra.

Rilesse i dettagli sorridendo, poi prese un foglio nuovo, intinse la penna ed iniziò a vergare i documenti necessari. In fondo, gli faceva davvero piacere che qualcuno potesse trascorrere un Natale davvero felice. Portare buone nuove era il lato che preferiva del proprio mestiere.

 


1 Come dicevo nell'introduzione, ho deciso di ubicare in questa via la dimore di Madame Biheron, ed anche il logo in conservava i suoi modelli in cera, che mostrava al pubblico, a pagamento, il mercoledì. Il suo manichino di donna in cera con tutti gli organi rimovibili è considerato straordinario. I modelli furono poi acquistati dall'ambasciatore russo per Caterina II.

2 Fino a tutto il secolo scorso, i volti erano modellati come statue, a cui si aggiungevano capelli e parrucche per dare un aspetto più realistico.

3 Battuta a attribuita a John Pringle in visita al Cabinet della Biheron.: “Il n'y manque que la puanteur!”

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Capitolo 21
*** Prelievi di denaro ***


21. Prelievi dei denaro

 

Madame Biheron sollevò lo sguardo, con una luce divertita nelle iridi azzurre.

- Miei cari, sono felice che siate venuti direttamente da me. Posso chiarire subito una cosa.

Fece una pausa. Le spiaceva quello che stava per dire ai soldati.

- Non è un frammento osseo umano. Penso sia felino, o canino. Ma penso che questa sia una distinzione del tutto ininfluente.

André sentì la tensione, che fino a quel momento lo aveva sostenuto con la certezza di essere ad un passo dalla cattura del criminale, abbandonare i suoi muscoli.

Un'altra mattina persa! Che rabbia! Pensò. Avrebbe volentieri preso a calci uno di quei grossi tavoli che gli stavano dinnanzi.

Non rimaneva che tornare alla Caserma.

Salutarono Madame Biheron, che comprese dai loro sguardi afflitti quanto fosse frustrante quell'inseguire vanamente minuscoli indizi senza trovare nulla di definitivo. Recuperarono i cavalli che erano stati ricoverati nelle stalle del piccolo palazzo Jarjayes e si avviarono verso la Chaussée D'Antin. Il grigio della giornata era perfettamente intonato all'umore di André, ed alla sua delusione. Il cielo plumbeo pareva aumentare il freddo, ed una volta di più attraversare le vie miserabili della città, con il loro popolo lacero ed affamato non faceva che aumentare il suo scoramento.

Arrivati in Caserma, Alain e François si recarono a raggiungere gli altri soldati ed André si avviò alla ricerca di Oscar. Il Colonnello D'Agôut lo avvisò che si trovava nella sala verde assieme ad un uomo giunto in mattinata per parlare del caso. Incuriosito, si affrettò a raggiungerla.

La trovò seduta nella parte che fungeva da salottino con quello che solo dopo un attimo riconobbe essere il funzionario della banca con cui aveva parlato il venerdì precedente. In mezzo a loro, sul tavolino basso, un vassoio con un bricco di caffè e tre tazze (sorrise mentalmente: Oscar aveva incluso anche lui) e due fogli.

- André, vieni. Abbiamo qui un solerte impiegato della Banca1 che hai visitato l'altro giorno, Monsieur Malaussène2.

Il Capitano salutò e si sedette. Si versò una tazza di caffè e, mentre si scaldava le dita diacce attorno alla tazza, si pose in ascolto delle novità.

Il mattino stesso, appena gli uffici avevano aperto, qualcuno era andato a richiedere il pagamento di una somma di denaro, non particolarmente ingente. Quello che aveva allertato il funzionario, era stato il nome sulla richiesta di pagamento. Virginie Legrand. Con la postilla che sarebbe stato possibile pagare la cambiale a Virginie Legrand od al Curato Benôit. Aveva provveduto al pagamento, non sarebbe stato possibile fare altrimenti. Ma, appena conclusa l'operazione, si era precipitato alla caserma. La firma, anzi lo sgorbio, sulla ricevuta era lo stesso che aveva visto sul talloncino poi consegnato ad André.

Ora i due fogli erano sullo stesso tavolo. Non vi erano dubbi. Le firme erano identiche. E stavolta Monsieur Malaussène avrebbe potuto confermare l'identità di chi aveva riscosso il denaro

 

Josephine si era recata a Palazzo Liancourt in mattinata, per provvedere personalmente ai preparativi per la festa in maschera che andava organizzando per Capodanno. Era felice di poter dare una festa indimenticabile per quella riunione delle sorelle che, con tutta probabilità,sarebbe stata l'ultima occasione in cui si sarebbero trovate tutte insieme. L'ultima festa francese di Constance prima del viaggio di ritorno. E, nello stesso tempo, la prima vera festa da ballo di Oscar. Non sapeva dell'unica volta in cui aveva partecipato ad una festa alla reggia in abiti da donna, e non intendeva contare la festa popolare a Gravelines3. Non che avesse accettato, ma dopo la loro ultima conversazione era sicura che si sarebbe presentata.

In quel momento, agitata per gli ordini impartiti, preoccupata per la puntualità dei fornitori, gli inviti spediti e non ancora confermati, nervosa come se da quel ricevimento dipendesse la sua stessa vita, stava ansiosamente consumando un rapido pasto nel salottino dei suoi appartamenti, sperando che il cibo le calmasse almeno in parte il mal di capo. All'improvviso la porta si aprì ed entrò Louis Antoine Savinien de Liancourt4, suo legittimo consorte. Sobbalzò per l'ingresso maleducato ed inaspettato. Poi alzò lo sguardo. Per quanto lo odiasse, ogni volta che lo vedeva restava ancora stupita della sua bellezza, da quel volto quasi angelico, che le aveva fatto pensare di essere fortunata, all'annuncio del loro fidanzamento. Lei, che si riteneva irrimediabilmente mediocre, amata da un uomo così avvenente. Ma fin troppo presto aveva appreso a diffidare di quell'amore insano.

- Vedo che state organizzando un ricevimento a mie spese, mia cara.

- E' nel mio diritto. La mia dote ha contribuito in maniera non indifferente alle vostre rendite.

- Certo, certo. Ma forse il marito ha diritto di sapere cosa fa la moglie sotto il suo tetto.

- Non se è stato diffidato dalla famiglia da cui proviene di starle il più lontano possibile. Inviterò chi mi farà piacere, e Voi mi farete la cortesia di non mettervi becco.

- Insolente! Come osate rivolgervi a me con queste parole?

- Oso, e oserò sempre! Ed ora, andatevene!

- Come desiderate, Madame. - Rispose, con un inchino beffardo.

- Ma non pensate di liberarvi di me con una simile facilità. Questo palazzo mi appartiene. Verrò al ricevimento.

- Non potete!

- Posso, eccome. Dimenticate, l'ho detto poc'anzi e lo ripeto, che questo palazzo mi appartiene! E quindi parteciperò. Sono molto curioso di vedere come sono cambiate negli anni le vostre sorelle. Soprattutto una con cui ho un certo conticino in sospeso…

- Non è detto che riusciate a togliervi la curiosità. Io per prima non scommetterei un solo Luigi sul fatto che le persone cui avete conti in sospeso verranno.

Detto questo, Josephine ostentò tutta la calma di cui era capace e riprese il pasto interrotto, anche se ormai le si era chiuso lo stomaco e faticava ad inghiottire anche l'acqua. Liancourt si girò sui tacchi, andandosene nella maniera più rumorosa e plateale possibile.

 

André ed Oscar, accompagnati da Alain, si trovavano in Rue Guillome, e certamente non per un rientro a casa anticipato sul solito. Dopo una discussione avuta appena Monsieur Malaussène era uscito dalla Caserma, avevano deciso di procedere con una perquisizione, con il duplice scopo di cercare altre pezze d'appoggio riguardanti i movimenti di denaro delle vittime (ormai avevano preso a chiamarle in tal modo nei loro confronti) e di vedere se un sano spavento avrebbe potuto portare ad una confessione.

Non fecero ricorso ad un ingresso violento, bensì bussarono e vennero accolti da una delle due serventi della casa.

- Cosa sta succedendo?

Una figura emerse da una delle porte che si aprivano a sinistra dell'angusto corridoio che attraversava l'appartamento in tutta la sua lunghezza. Un'espressione tra il preoccupato ed arrabbiato albergava sul suo volto.

- Nulla di particolare. Un semplice controllo.

- Un controllo? E riguardo a cosa, di grazia?

- Immagino che lo sappiate. - Rispose Oscar, avvicinandosi ed estraendo due fogli coperti di fitta grafia.

- Non capisco.

- Non capite? Eppure non dovrebbe essere difficile immaginare che la propria firma su una ricevuta per il prelievo del denaro di una donna scomparsa, probabilmente defunta sia un indizio abbastanza grave.

- Ma io….

- Ma Voi?

- Io non ho ucciso proprio nessuno? Come potete anche solo sospettarlo?

- Sono le vostre azioni che fanno pensare che Voi possiate essere colpevole. - Riprese Oscar.

- Uno dei maggiori moventi in questo caso è rappresentato della cupidigia.

Aggiunse André. Tacque un attimo, in modo che l'informazione venisse assorbita in tutta la sua importanza.

- Uccidere quelle tre donne per impadronirsi delle loro sostanze. Nemmeno troppo consistenti, a dire la verità. Credo che i giudici potrebbero considerarla un'aggravante.

- Ma io…

Questa volta nessuno rispose al patetico tentativo di giustificarsi.

- Io non ho fatto altro che ritirare il denaro per conto altrui e poi consegnarlo!

La voce aveva assunto un tono stridulo.

- Anzi, questa perquisizione è un bene, per me! Dimostrerà che non ho nulla qui! Ho già consegnato tutto!

- Meglio per Voi, dunque.

Riprese Oscar.

- L'accusa potrebbe decadere, da omicida a semplice complice.

Poi volse le spalle alla figura affranta, che si era rattrappita su una sedia nel corrodio, e, seguita da André ed Alain, varcò l'uscio.

- Cominciamo da qui.

 

 

 

1 Secondo l'Enciclopedia Larousse: “ La France ne possède ni banque d'État ni Bourse. C'est là, principalement, le résultat d'un état d'esprit : tous les « trafics d'argent » sont assimilés à l'usure condamnée par l'Église. Le troc règne partout, organisé selon un vrai code coutumier, et sert à couvrir les besoins courants.”

2  Omaggio a Daniel Pennac ed al suo meraviglioso protagonista.

3  V. La Oneshot Dune Mosse

4  Nella mai personale genealogia, Josephine è sposata col fratello minore del vero Duca de Liancourt (quello del racconto di Lucy71 Inutile Negarlo, e quello che annunciò al re l'inizio della rivoluzione).

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Capitolo 22
*** Perquisizioni ***


22. Perquisizioni

 

Dalle porte limitrofe, attratti dalla particolarità di veder entrare tre militari in quella casa, stavano uscendo i vicini incuriositi.

Che tre abitanti di Rue Guillome fossero scomparse era ormai una voce diffusa, fonte di chiacchiere tra le servette al più vicino mercato, pettegolezzo costante tra le loro padrone all'ora del thé, persino tra gli uomini la storia era circolata più volte, al caffè di Rue Saint Louis.

All'interno dell'abitazione, Alain ed André stavano continuando a setacciare la stanza con cui avevano cominciato la perquisizione, un piccolo studio, ma non particolarmente carico di libri. Pochi scaffali ordinati, con alcuni volumi su ogni ripiano. Li avevano aperti tutti, senza trovare nulla di interessante.. Dopodiché erano passati ai quattro cassettini della scrivania. In quello alto della fila di destra, solo materiale per scrivere. In quello sottostante, nemmeno chiuso da una chiave, un paio di luigi. Il dubbio che venne ai due soldati fu quello che fosse l'unico denaro che si trovasse nella dimora.

Nel tiretto a sinistra in basso, un grosso fascio di fogli. Li aprirono. Era una serie ordinata di vecchi sermoni, disposti secondo la cadenza delle domeniche del calendario liturgico. In cima, quello relativo al giorno precedente, la quarta domenica di avvento. “Il Vangelo di Matteo racconta che...”. Ma il foglio era evidentemente vecchio, e parecchio utilizzato. André sorrise. Il curato riprendeva le omelie. Patetico, ma inutile alle loro ricerche.

Anche il cassetto sovrastante conteneva alcuni fogli. Più interessanti, però. André sollevò il primo, ed Alain si pose sopra la sua spalla a leggere.

Il primo foglio era una copia di un documento avallato dal notaio Brassens, in cui si faceva garante del denaro di Madame Leblanc, garantendo che ne avrebbe gestito i prelievi in maniera da far pervenire tutte le cifre ritirate alla stessa Leblanc.

Decisero quindi di informare Oscar, che si era separata da loro circa mezz'ora prima per setacciare la stanza da letto del curato. La trovarono intenta a battere le assi del pavimento, per vedere se vi fosse un qualche nascondiglio. Era evidente che nella stanza, poveramente arredata con un letto in noce, del quale oscar aveva rivoltato il materasso, una cassapanca che conteneva le tonache del religioso, un tavolo su cui erano poggiate una brocca e pochi oggetti da toeletta, un pitale posato sotto il letto, non vi erano nascondigli. Alla parete solo un crocifisso, nemmeno un quadro sotto cui celare qualcosa.

Le mostrarono il documento.

- Benissimo. Alain, parlagli tu. Vedi se la tua stazza lo impressiona. Noi intanto controlleremo la stanza da pranzo.

In effetti, la casa era finita li. La sala da pranzo consisteva in un tavolo rotondo, con quattro sedie che avevano visto tempi migliori. Una piattaia appesa al muro mostrava quello che restava di un servizio che aveva qualche pretesa di eleganza. Una bergère ed un poggiapiedi erano sistemate accanto al camino. Nessun nascondiglio. E nemmeno fogli arsi nel focolare. Anzi, forse neppure la legna vi ardeva, ultimamente.

Nel frattempo, il soldato Soisson si era seduto accanto al curato.

- Allora, che ci potete dire di quei documenti trovati nello studio?

- Cosa volete che vi dica? Che ci sono caduto come un fesso!

Disse, stringendosi il capo tra le mani.

- In cosa, siete caduto?

Alain avrebbe dovuto fare il duro ma comprese che in quel momento forse offrire un appiglio sarebbe stata la cosa migliore.

- Nella rete di quella arpia di Madame Bavardisson. E' stata lei a portarmi con la Leblanc dal notaio, per firmare quelle carte. Ed è di nuovo stata lei a chiedermi di prendere quei soldi in banca.

Sospirò.

- E il denaro?

- L'ho data alla Bavardisson. Ha detto di sapere con certezza dove fosse la Leblanc e che glie l'avrebbe fatto avere.

- Voi credete a questa affermazione?

- E perché non dovrei? Erano amiche, e Madame Léonie è una brava persona. Non penso proprio che abbia ucciso nessuno. Se volete saperlo, penso che stiate prendendo una solenne cantonata.

- Ah, sì?

- Certo che sì. - Il curato si stava infervorando.

- Secondo voi, una donna riesce da sola ad uccidere altre donne ed a farle scomparire così? Ma andiamo! Perché non andate piuttosto a rivoltare la casa di Leblanc? Con il fumo e la puzza che fa…. - Il curato si esibì in una pausa ad effetto, come quelle che probabilmente era abituato a fare dal pulpito. Poi parlò sottovoce.

- Non mi stupirebbe che le avesse eliminate lui, e fatte sparire con quei suoi intrugli!

Poi incrociò le braccia al petto, e si appoggiò soddisfatto allo schienale. Era visibilmente orgoglioso della denuncia appena fatta.

Alain sospirò. Poi si levò dalla sedia puntando le mani sulle cosce, con un gesto stanco.

In silenzio si avviò verso lo studiolo, dove entrò chiudendosi la porta alle spalle.

- Ebbene? - Chiese Oscar.

- Sostiene di aver dato il denaro alla Bavardisson, e per parte mia gli credo. Ma ritiene che la donna sia innocente, e che celi il nascondiglio delle amiche sparite. Secondo lui i colpevole è il Dottor Leblanc.

- Se non perquisiamo quelle due case non abbiamo nessuna speranza di uscire da questa impasse.

Interloquì André.

- Hai perfettamente ragione. Ma ormai è buio. Con una perquisizione a lume di candela rischiamo di farci scappare qualche dettaglio importante. - Riprese il Comandante.

- Però – aggiunse Alain - tutti sanno cosa è accaduto qui oggi. Se non hanno osato trafugare qualcosa alla luce del giorno, perché gli occhi di tutta la via erano attenti, lo faranno questa notte.

- Hai ragione. - Rispose André. - E' assolutamente necessario mettere dei piantoni, sia all'interno delle due case che all'esterno.

Fece un rapido calcolo. - Doppio turno, fa troppo freddo. Uno per ogni casa e due per la via. Otto soldati.

Si rivolse verso Alain.

- Vai in caserma e manda otto guardie. Poi vai pure a riposare.

- Preferirei tornare. - Rispose il soldato.

André lo guardò stupito. Poi comprese: Marie.

- Qui abbiamo finito, ed ancora una volta ci troviamo con un pugno di mosche. Comincio a trovare esasperante questa situazione. - Concluse.

Oscar sbuffò, mentre si richiudeva alle spalle. Si poggiò al battente ed alzò lo sguardo alla porzione di cielo limpido che si vedeva tra i tetti della via.

- Avrei sperato di chiuderla entro Natale. Ma domani già ne avremo 23.

- Non ti preoccupare. In due giorni possono accadere molte cose.

- Ma non ho voglia di chiudere un caso di fretta, e male, solo per poter festeggiare in pace. E se sbagliassimo?

- Non ho detto questo. Non posso garantirti che lo chiuderemo. Ma Non sappiamo cosa troveremo domani in quelle case.

- Comandante, il Capitano ha ragione. Potremmo trovare delle prove schiaccianti.- le rispose Alain, e corse via, per recuperare il cavallo e rientrare con i compagni.

André ed Oscar, nonostante il freddo non rientrarono a casa. Decisero di attendere l'arrivo dei soldati.

Osservando le due porte su cui si sarebbero concentrati l'indomani, provarono a riassumere ciò che sapevano.

Leblanc era un medico relativamente noto, serviva persino una famiglia vicina al Re. Nello stesso tempo, portava avanti esperimenti per tentare di vincere un premio in denaro. Ambizione o necessità? I suoi esperimenti parevano emetter odori sgradevoli, e provocavano parecchi residui, cosa che aveva insospettito sia loro sia i locatari che vivevano in Rue Guillome.

Madame Bavardisson era amica delle tre donne, a tal punto da aver ottenuto delle deleghe per far giungere loro il denaro, ed aveva partecipato attivamente alla vendita dei loro beni. In aggiunta a ciò era stravagante, leggeva i tarocchi, pareva amasse la pasticceria e producesse dai sola i suoi dolci (in fondo aveva un'unica cameriera), amava disperatamente i figli sopravvissuti all'ecatombe di aborti e morti premature. Non troppo bella, ma carismatica, nel gruppo delle amiche era il “capo” indiscusso. Curiosa anche la malattia che ne provocava sbocchi di sangue, eppure non pareva delicata di costituzione.

- Chissà se domani verremo a capo di questo mistero. - Si chiese André.

Oscar gli pose una mano sul braccio.

- Spero di sì.

Gli sorrise, guardandolo negli occhi. Se non fossero stati sulla pubblica via, lo avrebbe baciato.

Rimasero qualche istante sospesi in quella bolla di affetto, nel gelo della sera di dicembre, poi udirono gli zoccoli dei cavalli dei soldati che arrivavano.

La caserma era vicina, erano arrivati in poco più di mezz'ora.

Oscar diede gli incarichi.

François a casa di Monsieur Leblanc, Gérard da Madame Bavardisson. Louis e Paul sulla via.

Alain, Jean, Gustave e Maurice sarebbero stati a casa loro sino al cambio turno.

Poi si avviarono verso il palazzetto, che solo Alain aveva già veduto. Appena entrati, i tre soldati si guardarono attorno con stupore. Per un aristocratico non era una dimora ampia, ma ai tre popolani pareva enorme, e lussuosa.

Oscar li guardò.

- Io mi ritiro un attimo, sino alla cena.

I ragazzi notarono che aveva l'aria stanca.

- Non preoccuparti, farò io gli onori di casa. - Le rispose André, che fece installare gli ex commilitoni nel salotto delle rose, piccolo e facile da scaldare. Diede disposizioni, spiegando che i soldati avrebbero cenato con loro, e più tardi ne sarebbero arrivati altri da rifocillare.

In attesa della cena, li fece sedere ed ordinò che venisse portato vino caldo con le spezie.

 

***

 

Il Duca di Liancourt sedeva in una taverna non lontana dal Palais Royal. Di fonte a lui un uomo alto e segaligno, con una logora giacca di un grigio indefinito lo ascoltava con attenzione.

- La sera del 31 ci sarà un ballo in maschera nel mio palazzo. Interverranno molte persone, tutta la famiglia di mia moglie, anche Oscar François. Il Comandate delle Guardie Francesi.

- So chi è.

- Benissimo. Sarà sicuramente in uniforme, molto riconoscibile. Non ha mai indossato maschere. Quella stupida, sempre ad atteggiarsi da uomo.

Aggiunse con una smorfia.

- Non sbaglierò. Cosa devo fare?

- Eliminala. Nel modo che più ti aggrada. Se prima tu ed i tuoi volete anche divertirvi con lei, fate pure.

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Capitolo 23
*** Le perquisizioni proseguono ***


Piccola citazione di un personaggio dal nome specifico, per ringraziare l'autrice della trecentesima recensione: Jane-Jeanne

 

23. Le perquisizioni proseguono

 

François entrò in casa di Monsieur Leblanc e spiegò che avrebbe dovuto trascorrere la notte lì, per evitare fughe o distruzioni di prove, e che più tardi sarebbe arrivato il cambio.

Il Medico lo guardò apatico.

- Fate pure. Io sarò nel mio studio. Devo affinare qualche calcolo, poi me ne andrò a letto.

E lo lasciò nel corridoio freddo.

Il soldato si sedette su una sedia, e si accinse ad attendere.

 

Nello stesso momento, Gérard veniva accolto in tutt'altra maniera presso l'altro appartamento da controllare. Quando il soldato entrò in casa, Monsieur Bavardisson era rientrato da poco, e tutta la famiglia stava per cenare. Una volta servito il desinare, la cameriera sarebbe tornata a casa propria. Un bambino la attendeva, il figlio avuto quattro anni prima, che passava l'intera giornata con una vicina di casa, e la sera aveva sempre fretta di uscire ed avviarsi.

Il soldato fu quindi invitato ad accomodarsi con loro, e gli venne offerta della zuppa. La famiglia parlò con lui in maniera educata, e gli parve che una futura perquisizione in quella casa fosse del tutto fuori luogo. Ma, in fondo, chi era lui per discutere gli ordini?

 

La cena Tra Oscar ed i soldati si svolse in un'atmosfera tranquilla e rilassata. Solo Alain aveva già conosciuto il Capitano ed il Comandante in vesti diverse, mentre per gli altri si trattava di una piacevole novità. Conobbero due persone amichevoli e sorridenti, nonostante la preoccupazione per il caso.

Lei si era presentata con un sobrio completo azzurro polvere, lo stesso che si era portata nel viaggio verso l'Italia, che come allora non le dava l'aria aristocratica, bensì un solido aspetto borghese. I soldati erano stupiti dall'abbondanza dei cibi e dall'eleganza, a loro sconosciuta, della tavola. Gustave osservava stupito come André ed il Comandante riuscissero a conversare con loro e, nello stesso tempo, a tagliare con la forchetta ed il coltello il cappone che era stato servito, senza far rumore e senza quasi guardare, mentre per lui l'impresa di gestire le posate era quasi titanica e l'imbarazzo stava per guastargli il piacere dei cibi.

Ben presto il discorso era nuovamente caduto sul caso che li aveva portati lì.

Alain era un convinto sostenitore dell'innocenza sia del curato che di Madame Bavardisson, propendendo per la colpevolezza del medico. Adduceva come motivazione soprattutto l'incapicità femminile di compiere del male. Invece Andrè era decisamente più possibilista:

- Ti stupirebbe sapere con quante donne dalla cattiveria quasi diabolica abbiamo avuto a che fare. Un paio di anni fa abbiamo scovato una dama1, che uccideva giovani di bell'aspetto per utilizzarne il sangue per mantenere intatta la propria bellezza. Quindi alla crudeltà aggiungeva una motivazione futile.

Oscar intervenne:

- Anche Jeanne Valois non ha esitato ad uccidere, pur di arricchirsi. Le donne non sono immuni.

-Sarà, ma non sono del tutto convinto. Mi paiono eccezioni – Ribatté il soldato Soisson.

Invece Maurice, dopo aver assorbito l'informazione su Jeanne, disse, senza riflettere:

- Allora siete Voi l'amica della Regina di cui parlano le memorie?

Poi si rese conto di cosa avesse chiesto, viste le insinuazioni che quelle memorie facevano, e si coprì la bocca con la mano.

Ma il Comandante non si arrabbiò, anzi rispose pacatamente di sì.

La curiosità ebbe allora il sopravvento, e Gustave intervenne:

-Allora conoscete bene Maria Antonietta?

- Direi di sì, per quanto bene si possa conoscere qualcuno della famiglia reale.

- Che strano. - Commentò il taciturno Jean, che sino ad allora non aveva detto nulla, svelando invece un linguaggio forbito ed una parlata compita - Voi siete così liberale, siamo addirittura seduti qui al vostro desco. Mi pare impossibile che vi definiate addirittura un'amica dell'Austriaca.

Oscar lo guardò in tralice.

- Mi spiace per lei che il popolo la conosca solo per sentito dire. E che le voci siano crudeli nei suoi confronti. E' una donna molto dolce, una buona madre, una amica sincera. Che molto speso viene sfruttata da chi la attornia, la usa e poi la calunnia.

La difese senza alzare la voce, con un tono triste che risultò convincente anche per i militari. Forse non era vero, ma compresero che era così che il loro Comandante vedeva la Regina, senza giudicarla.

Poi Oscar emise un piccolo sospiro stanco.

- Io mi ritiro. Vi auguro la buona notte.

André le sorrise.

- Ti accompagno un attimo.

I soldati augurarono la buona notte a loro volta, e si riempirono nuovamente i bicchieri per occupare l'attesa. Alain guardò Maurice:

- Certo che fare una domanda come quella!

- Mi è scappata…- Rispose l'altro, mortificato.

- Comunque il Comandante è proprio particolare...una contraddizione in tutto – Riprese Jean.

- Vorrei vedere te! Se ti avessero messo una gonna da bambino, Jeannette! - Lo canzonò Alain, dandogli una bonaria pacca sulle spalle.

- In ogni caso – Riprese Maurice – stasera era diversa da quando è in caserma. Ma proprio diversa. Si vedeva perfino che ha le tette.

La risata che seguì alleggerì la tensione. Venne fatto un brindisi al Comandante, anzi...a un dettaglio specifico, e fu così che André li trovò rientrando.

 

La notte non aveva portato avvenimento degni di nota.

Il mattino presto, appena la luce fu giudicata sufficiente per poter esaminare le due abitazioni con cura, quattro soldati freschi giunsero dalla caserma.

Alain, invece di rientrare con gli altri, chiese di rimanere ancora.

- Ci tieni davvero a questo caso. - Commentò André.

- No, voglio la giornata libera a Natale! - Scherzò l'altro, anche se in realtà era davvero ansioso di risolvere quella storia una volta per tutte.

- Allora vai con Oscar, e controlla che non si stanchi troppo.

Il soldato, dopo averlo guardato con tanto d'occhi per via di quell'affermazione si avviò con il Comandante ed altri due verso la casa di madame Bavardisson.

Il Capitano, invece, andò con i due rimanenti da Monsieur Leblanc.

La casa era sobriamente elegante. Mostrava una certa quale ricchezza, nonostante il medico si lamentasse di non aver denaro a sufficienza, e per questo cercasse di ottenere il premio dell'Accademia delle Scienze.

André annotò mentalmente l'incongruenza e proseguì.

Si occupò personalmente dello studio, mentre inviò i due soldati a perlustrare la casa partendo dal solaio, alla ricerca di prove degli omicidi. Lui invece si accinse ad esaminare i documenti, i contratti e le carte del laboratorio che fungeva da studio.

Era una stanza ampia, con grandi tavoli coperti da alambicchi ed altra vetreria disposti in maniera ordinata, accanto a piccoli bruciatori ad olio sui quali crogioli in ceramica poggiavano su minuscoli treppiedi, così come aveva veduto a casa di Lavoisier mesi prima.

In aggiunta, in un canto, un forno, dalle dimensioni di un comune forno da cucina, così come se lo ricordava da Palazzo Jarjayes.

Piccoli cumuli di minerali per gli esperimenti erano ordinatamente disposti su un lungo ripiano in legno.

Uno scrittoio, con parecchi cassetti ai lati della seduta, era coperto do carte disposte in pile e raccolte in faldoni. Osservare i fogli uno ad uno lo tenne impegnato, senza alcun costrutto, per un paio d'ore.

Si trattava di appunti sui procedimenti, con passaggi e correzioni, appunti medici con annotazioni argute su alcuni casi osservati, e una serie di conti economici, che valutavano le spese già sostenute od ancora da affrontare per i singoli esperimenti; un paio di fogli addirittura mostravano il progetto di una fabbrica di soda, e un sommario, esorbitante, dei costi di apertura. Talvolta, una nota a margine indicava “Chiedere prestito al Duca?”.

Non trovarono altro, nonostante l'accuratezza delle ricerche.

André dovette concludere che, o il medico era decisamente molto furbo e aveva fatto sparire ogni prova da tempo, o lui stesso aveva ne appena provato l'innocenza. Assestò un pugno sul legno dello scrittoio, maledicendo quel caso che comunque agissero pareva non portare mai da nessuna parte.

 

Oscar, con Alain ed i due soldati si trovò invece dinanzi ad uno scenario del tutto differente. Una casa tutto sommato piccola, e particolarmente male illuminata, per via della brutta esposizione. A piano terra si apriva la cucina con le dispense, ed una scala stretta saliva immediatamente al piano superiore, sul quale si affacciavano un piccolo salotto che fungeva da sala da pranzo, ed una camera da letto, quella dei padroni di casa. Al piano ancora superiore, le camere dei figli. Un'ultima rampa pareva condurre ad un sottotetto. Tutto molto piccolo, scuro e in qualche modo più misero del resto della abitazioni della via. Chissà perché, Oscar si era immaginata diversamente la dimora di quella energica donna.

Nessuno studiolo da controllare, quasi nessun libro, il salottino aveva solo due mobili chiusi, una piattaia ed un piccolo contromobile che, una volta svuotati delle stoviglie, non mostrarono altro. Oscar decise di occuparsi della stanza dei padroni di casa, mentre Madame Bavardisson protestava rumorosamente.

- Non si entra così nella stanza di una Signora! Vi facevo ben diversa! Mi ero anche fidata di Voi, mi sono occupata di Voi quando non vi siete sentita bene!

Il Comandante dovette farla rinchiudere nel salottino, guardata a vista da uno dei due soldati. Pensò che fosse stata una fortuna che Alain avesse voluto rimanere, altrimenti sarebbe stato difficile condurre la perquisizione in due solamente.

Entrò nella stanza, sempre con il sottofondo delle lamentele della signora. Un letto, due piccoli comodini, un comò a quattro cassetti ed un armadio. Sul comò un portagioie in velluto, piccolo ma molto pieno, tanto che il coperchio non riusciva a poggiare per chiudersi completamente. Le venne la curiosità d controllare. Le pareva che il loro numero contrastasse con la casa. Non che ci fosse poi molto da stupirsi. A Versailles aveva veduto vendere castelli par acquistare una collana.

Aprì il cofanetto, e ne estrasse un numero considerevole di ciondoli appesi a sottili catene d'oro. Ne prese uno, un cammeo delicato raffigurante il profilo di quella che le pareva una musa, poiché era accompagnata da un flauto. Euterpe? Si chiese.

Lo voltò. E non ebbe più dubbi.

 


1  Riferimento a “La contessa dell'Abito nero”, che fa parte del ciclo delle Storie Gotiche della Ikeda, ispirata al personaggio di Erzsébet Bàthory (1560 -1614), considerata fra i peggiori serial killer della storia

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Capitolo 24
*** Soda di Spagna, allume di rocca e pece greca ***


Il caso da ora prende la piega seguita dal caso originale.

 

24. Soda di Spagna, allume di rocca e pece greca

 

Oscar sospirò. Sul retro del cammeo, incisa sull'incastonatura, campeggiava una dedica.

A Virginie, l'usignolo del mio cuore. F.

A parte la banalità delle parole, quella breve scritta indicava chiaramente che il medaglione era appartenuto alla soprano Virginie Legrand.

E gli altri? Appartenevano forse alle altre donne scomparse, od alla cantante? Avrebbe dovuto mostrarli ai parenti. Li prese tutti, infilandoli in uno dei suoi guanti come se fosse un sacchettino. Anche chiedere all'unica servetta di casa avrebbe potuto portare qualche indicazione. Li avrebbe mostrati più tardi per il riconoscimento.

Continuò ad osservare il mobile. Non vi erano molte cose, nei cassetti. Calze, camiciole un corsetto. I due tiretti inferiori contenevano la biancheria di Monsieur Bavardisson, che osservò con un leggero disgusto, annusando l'odore non proprio fresco che ne usciva.

L'armadio conteneva pochi abiti maschili da un lato, e, le venne da pensare, troppi abiti femminili dall'altro. Un'altra incongruenza di cui tenere conto.

Decise di uscire e di andare a parlare con la fantesca e poi con Madame Bavardisson. Mentre si avviava, notò che, mentre il parquet delle scale e dell'ingresso mostrava delle macchie, che erano probabilmente le tracce delle emottisi di cui le aveva parlato Marie, quello della stanza dove si trovava era intonso. Eppure, a rigor di logica, i segni avrebbero dovuto essere più presenti proprio nella camera da letto.

Sovrappensiero, uscì dalla stanza e scese gli scalini, osservando i segni che recavano. In effetti pareva che gli aloni indelebili di sangue fossero numerosi. Ai piedi dell'ultimo gradino, pareva vi fosse stata una grande macchia, non del tutto cancellata. Un po' troppo estesa per delle semplici emottisi. Si diresse quindi verso la cucina, alla ricerca della servetta, ma dove trovò invece Alain inginocchiato a terra, che esaminava con cura i segni tra le piastrelle in pietra che pavimentavano l'ambiente.

- A me questo pare sangue. - Disse ad Oscar vedendola arrivare.

- Parrebbe anche a me. Ve ne sono tracce anche sulle scale. Mi avevano riferito che Madame Léonie ha spesso degli sbocchi di sangue, ma questi segni coprono una superficie molto ampia.

- Per fare una cosa così estesa, non basta tossire, ma, parlando con rispetto, dovrebbe aver vomitato del sangue. - Riprese Alain.

- Su questo possiamo informarci. E poi io noterei un'altra cosa. Di solito le signore della borghesia non vengono in una cucina. E' vero che la Bavardisson è particolare, ama fare dolci e viene qui per la pasticceria e per preparare i suoi cosmetici ed i suoi intrugli, ma proprio per questo, se davvero lo fa per diversivo, perché recarsi in un ambiente buio e poco accogliente quando sta male? DI solito ci si dedica ad uno svago in un momento sereno.

- Avete ragione. - rispose il soldato, pensieroso.

- Ci sono parecchie piccole incongruenze nel comportamento di questa donna. Nulla di particolarmente eclatante, però ora che sono qui ho come la sensazione che vi siano delle cose fuori posto. Non saprei spiegarlo meglio.

- Ti spieghi benissimo. Guarda cosa ho trovato io.

Ed estrasse i monili, mostrando in particolare il cammeo con la dedica.

Ad Alain scappò un fischio.

- Sacrebleu! Questo sì che è un ritrovamento! E potrebbe dare un significato nuovo alle mie macchie.

- Direi che sarebbe il caso di parlare con la fantesca. - Riprese Oscar. - Credo potrebbe chiarire molte cose. Vai a cercarla, e falla venire.

Rimasta sola, rimase a bighellonare in quell'ambiente angusto, così diverso dalle cucine di Palazzo Jarjayes. Certo, ormai non vi andava da molto tempo, era un'abitudine che aveva da ragazzina e per la quale veniva sempre aspramente rimproverata. Gli aristocratici non devono scendere in certi ambienti, le veniva detto. Però si ricordava il calore, fisico ed affettivo, della grande stanza con i camini, i rami appesi e scintillanti, i profumi delle erbe che la cuoca utilizzava in abbondanza, le ragazze che chiacchieravano sgranando piselli.

Si riscosse, e si rese conto che stava osservando alcuni barattoli di vetro, con l'imboccatura larga chiusa da un tappo di sughero. Contenevano una farina grigiastra.

Non sapeva nulla di cucina, ma le parve una delle cose meno appetitose della terra.

Un vasetto più piccolo, invece, conteneva una polvere più grossolana, di un color marrone scuro. Lo prese e lo aprì. Aveva un odore particolare, dolciastro. Non era cioccolata.

Subito dopo, sulla mensola, una polvere gialla in un sacchetto di iuta mal chiuso.

Non era convinta, ma non aveva le conoscenze per dire di cosa si trattasse. E nemmeno voleva chiedere alla servetta. Se ci fosse stato sotto qualcosa di losco, e se lei fosse stata complice, avrebbe certamente mentito.

Si affacciò dunque alla porta, e chiamò uno dei soldati.

- Vai nel primo palazzo della via. Io abito lì. Fatti aprire e chiedi che la cuoca, Madame Tatie, vena immediatamente qui.

Intanto vide Alain arrivare con la ragazza, una biondina magra e timorosa, che alzò a malapena il capo quando Oscar la salutò.

- Da quanto lavori qui?

- Quasi un anno. Sono arrivata lo scorso febbraio.

- E ti trovi bene?

La ragazza si voltò verso la porta.

- Non preoccuparti, puoi rispondere serenamente. Madame Léonie non ci sentirà e noi non riferiremo nulla. Il segreto fa parte del mestiere.

- Il lavoro non è pesante, però Madame è rabbiosa, a volte! Si arrabbia, urla, mi spintona….poi in altri momenti è molto gentile, mi fa dei regalini, oppure mi manda a fare la spesa al mercato e mi dice che posso girare per la città fino all'ora di pranzo.

Aveva un tono cantilenante, un poco infantile. Oscar pensò suo malgrado che non le pareva troppo sveglia.

- E questo capita spesso?

- No, non molto spesso. Però di solito coincide con i giorni in cui prepara i suoi saponi e le creme, e vuole essere lasciata in pace. Ed è strano, perché per fare il sapone usa una grossa pignatta che sta di là in dispensa, e mi verrebbe da pensare che non possa farlo da sola, mettere tutto, mescolare, badare al fuoco. Invece non vuole nessuno. Mi ha detto Louise che perfino Monsieur Leblanc vuole aiuto quando fa i suoi sperimenti, mentre lei preferisce stare sola.

- E poi?

- Beh, lei preferisce usare il maiale alla vecchia maniera, non fa il sapone con l'olio, dice che è troppo costoso e rovina la pelle. E fa bollire un sacco di roba, la carne e le ossa, e poi nella pentola resta una roba densa che poi faceva portare al figlio nella Senna. Però da quando sono iniziate le gelate non ha più fatto il sapone. E meno male, dico io, perché fa una di quelle puzze! Ti resta attaccato addosso!

Oscar rammentò l'odore dolciastro che l'aveva colpita nei primi giorni della nuova casa. Eco cosa era! Non le era mai capitato di sentirlo, quando abitava a palazzo Jarjayes.

- Già, e in effetti viene fuori un sapone morbido. Poi alcune delle ossa che avanzano, che sono tutte lisce e bianche dalla bollitura, pesta nel mortaio e ci fa quella farina lì.

- Quella che?

- Quella farina. La usa poi per fare i biscotti, come quelli che vi ha mandato.

Oscar sospirò di sollievo per non averli mangiati, mentre Alain fu colto da un conato di vomito.

Nel frattempo, arrivò Madame Tatie.

- Venite, prego. . La accolse il Comandante.

- Mi occorre una consulenza. - Disse ancora alla donna che si guardava intorno disgustata.

- Ditemi.

- Potrei sapere cosa sono quelle tre polveri?

La donna prese il sacchetto di iuta, e rispose senza esitare.

- Granturco, farina di granturco.

Poi il vasetto con la polverina bruna. Lo aprì e lo odorò.

- Sangue rappreso tritato. Serve per il sanguinaccio dolce1. SI farebbe con il sangue fresco, ma alcuni lo conservano così.

- Invece non so cosa sia questa farina grigiastra.

- La ragazza dice che è farina di ossa.

- Potrebbe essere, in effetti.

- Grazie, Madame. Il soldato vi riaccompagnerà a casa.

Mentre parlava, prese uno dei barattoli e lo mise in mano all'esterrefatto militare.

- Mentre torni qui, portalo a Madame Biheron, e chiedile di farci sapere cosa ne pensa. La mia cuoca ti mostrerà dove abita.

Poi si rivolse alla ragazza.

- Per oggi tornatene a casa, senza dire nulla a Madame Bavardisson.

La servetta si inchinò e stava per uscire, quando Oscar si ricordò di una cosa.

- Quando sono arrivati qui questi gioielli? Sono tutti di Madame?

- Si, sono tutti suoi. Ma alcuni sono un regalo di addio delle sue amiche. Questo – e sollevò il cammeo – glielo ha dato Madame Legrand come ricordo. Questo era di Madame Paroi – indicò un monile con una piccola croce – e questo – sollevò un anello con una corniola ovale - glielo ha dato la Doucereux.

- Ti ringrazio molto. Ora vai a casa.

Quando la ragazza fu uscita, Oscar sospirò e si rivolse ad Alain.

- Cosa ne pensi?

- Nulla di buono, ma proprio nulla. Ho quasi paura di dirlo. La ragazza non ha capito nulla, ma io credo che sia tutto spaventosamente evidente.

In quel frangente arrivò André, che aveva terminato la perquisizione da Leblanc. Fu aggiornato sugli sviluppi. Quando sentì cosa poteva essere accaduto alle tre donne sbiancò. Uccise, fatte a pezzi e rese sapone e ingredienti per dolci.

Poi si diresse deciso verso la dispensa, e ne emerse trascinando il pentolone. Poi fece un altro viaggio e tornò con tre cassettine in legno, che recavano stampato sopra il nome del contenuto: Barrilla (soda di Spagna), pece greca e allume di rocca. Il necessario per fare sapone.

- Dubito abbia fatto da sola. La pignatta è pesante, con dentro l'acqua ed una parte di corpo depezzato possiamo pensare che pesi tra le settanta e le cento libbre.

- Andiamo a parlarle?

- Aspettate! - li interruppe Oscar. Qualcuno ha esaminato il solaio?

- No – Rispose Alain.

- Allora va fatto prima di parlarle.

- Andiamo noi due. Tu resta qui. - Le disse André, e sparì per le scale.

La porta che conduceva al sottotetto non era neppure chiusa a chiave. Un gioco di aperture tra i mattoni al colmo del tetto, che permetteva l'areazione, dava anche luce all'ambiente.

Dalle travi pendevano corone di aglio e cipolla. Su un tavolo in un angolo erano allineate una decina di mele.

Accanto alla porta, una serie di fogli di gazzetta erano aperti e poggiati al suolo. Erano intrisi di colature brunastre, che il gelo di quei giorni aveva preservato ed indurito.

Li sollevarono.

Pareva sangue. Avrebbero dovuto chiedere conferma ma non ebbero dubbi.

Scesero portandoli con sé.

Li distesero sul pavimento della cucina, davanti ad Oscar.

- Andiamo a parlarle.

Quando fecero il loro ingresso nella stanza, Madame Léonie si voltò. Aveva uno sguardo rabbioso e soddisfatto, negli occhi.

Fu Oscar a parlare.

- Vi dichiariamo colpevole degli omicidi di Faustine Paroi, Françoise Doucereux e Virginie Legrand, e dell'occultamento dei loro cadaveri.

La donna li guardò con aria di sfida.

- Non credevo lo avreste capito.

- Non negate, dunque?

- No. perché dovrei? Anzi, ho fatto molto più di quanto le donne solitamente facciano.

- Vale a dire? - Chiese, ingenuamente Alain.

- Ebbene me le ho mangiate le mie amiche, se volete essere mangiato anche voi, son pronta a divorarvi2

 

 

 

________________________________________

 

Ed ora un po' di spiegazioni:

 

Il titolo del capitolo è un omaggio al volume che mi ha fornito moltissime informazioni preziose sul caso: “Soda caustica, allume di rocca e pece greca – Il caso Cianciulli” di Balloni, Bisi, Monti, edizioni Minerva.

 

Il caso cui mi sono ispirata (bravissime le lettrici che hanno compreso) è quello di Leonarda Cianciulli (Léonie Bavardisson, da cianciare = bavarder), la cosiddetta Saponificatrice di Correggio. Fu accusata, e si autoaccusò dell'uccisione di tre donne (e del tentato omicidio di una quarta, che ho preferito tralasciare), nel 1941. Fu un caso che sconvolse l'Italia e che mi ha davvero impressionata.

 

La Cianciulli aveva una personalità particolare. Ebbe davvero quattro figli viventi e 13 morti o abortiti. Davvero fu lei ad esprimere il concetto che ho citato capitoli fa, delle madri che vorrebbero proteggere i figli come fece Teti con Achille. Credeva alla profezie, o almeno così sosteneva. Pare che una zingara le avesse detto: « Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi. ».

Nelle memorie scrisse anche: « Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l'altra dalla terra nera... per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli. »

 

Nel caso fu davvero coinvolto un sacerdote, Don Adelmo Frattini (frate - benedetto/benedettino =. Benôit).

Nei capitoli seguenti riassumerò le occorrenze processuali, per spiegare come si arrivò alle condanne. E vi devo raccontare dei nostri due eroi, quindi la storia non è per nulla conclusa.

Per i nomi delle povere vittime:

Nome reale e scusa che venne addotta per la sua sparizione

Nome nella ff

Scusa addotta per la sua sparizione nella ff

Faustina Setti

marito a Pola

Faustine Paroi

(paroi= setto, divisore)

Marito a Dieppe

Francesca Soavi

collegio a Piacenza

Françoise Doucereux (douce=soave)

Collegio a Nancy

Virginia Cacioppo

ex cantante lirica

Virginie Legrand

(non ho trovato una traduzione che rendesse il cognome)

Impresario teatrale Tours

 

1  Ingredienti per questo raccapricciante dolce: 1 l di sangue maiale, 2 l di latte, 700 g di cioccolato fondente, 100 g di cacao, 800 g di zucchero, 80 g di farina, 30 g di strutto, Vaniglia, Cedro, Cannella, Sale

2  Affermazione attribuita alla colpevole, e riportata dall'Agente di Polizia Valli, nel vero caso, di cui più sotto vi darò conto: « Ebbene me le ho mangiate le mie amiche, se vuole essere mangiato anche lei, son pronta a divorarlo [...], le scomparse me le avevo mangiate una in arrosto, una a stufato, una bollita.. »

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Capitolo 25
*** Novità ***


25. Novità

 

Madame Bavardisson era appena stata condotta al carcere de la Petite Force1, che distava circa trecento passi accompagnata da due dei soldati che avevano assistito attoniti agli ultimi sviluppi della vicenda. Con lei era stato condotto anche il Curé Benôit, accusato di connivenza, e destinato all'attigua prigione della Grande Force. Uno degli altri soldati della Brigata B era stato inviato in Caserma con un breve dispaccio, per chiedere due militari di supporto.

Infatti, in accordo alle supposizioni di André, che riteneva impossibile che Madame Léonie avesse ucciso, depezzato e saponificato le amiche senza un aiuto esterno, e dopo aver escluso l'intervento del marito, avevano ritenuto necessario arrestare Pascal Bavardisson, il figlio maggiore della coppia. Sarebbe rientrato a breve per il pranzo, e non volevano farsi trovare impreparati.

Ancora una volta, i due soldati semplici inviati per lo scopo furono François Armand e Gérard Lassalle. Erano giunti da poco, quando Pascal, in ossequio alla quotidiana abitudine di essere a casa per il pranzo poco dopo che le campane di Notre Dame avessero battuto il mezzo tocco, fece la propria comparsa all'angolo tra Rue Saint Louis e Rue Guillome. Percorse distrattamente i pochi passi che lo separavano dall'abitazione, e si accinse a colpire la porta per annunciarsi. Aveva appena sollevato la mano destra, quando si sentì afferrare e sbattere violentemente contro l'uscio.

- Siete in arresto per complicità con Vostra madre in tre omicidi.

Si trovò con le mani chiuse in manette dietro la schiena, sospinto verso il legno del portone, con la guancia destra premuta contro il battente in bronzo, che gli lasciò un segno violaceo appena sotto lo zigomo.

- Ma, cosa?

Nelle case lungo la via cominciavano a comparire volti alle finestre, attratti dell'insolito clamore. Qualche porta si era anche aperta, lasciando intravvedere le cuffiette delle cameriere.

- Verrete condotto alla Grande Force.

Dai palazzi circostanti si cominciarono ad udire bisbigli.

Gli furono bloccate le mani diìetro la schiena con una manetta di ferro e venne spinto verso l'imbocco dalla via dai due soldati, che lo tenevano saldamente all'altezza dei gomiti.

Qualche fantesca uscì per vedere meglio. Oscar si girò e si diresse a passo deciso verso la propria abitazione, seguita dai due soldati. Non appena il terzetto superava una delle domestiche incuriosite, questa svelta si recava a raggiungere le amiche ed a discutere dei fatti.

Pur non sapendo nulla di preciso, le illazioni volavano di bocca in bocca. Qualcuna già parlava di andare a trovare la cameriera di Madame Bavardisson a casa, per chiedere lumi.

Madame Brassens, la moglie del notaio, addirittura inviò Marianne, la propria cameriera personale, a seguire i soldati che stavano portando via Pascal Bavardisson, con l'incarico di attenderli all'uscita e provare a farsi raccontare qualche dettaglio.

 

Entrata nel salotto al primo piano, Oscar si lasciò cadere stancamente su una delle poltroncine. André le si accomodò accanto avvicinandone una seconda ed Alain un poco discosto, sul lato destro del divanetto. Quasi immediatamente apparve una solerte cameriera, cui chiesero del caffè.

- Non saremo stati troppo frettolosi? - Si chiese André. - Con gli arresti, intendo.

- Non direi. - Rispose Oscar. - Anzi, abbiamo atteso molto prima di cominciare le perquisizioni, se no forse ce ne saremmo accorti prima.

- Ma oggi abbiamo tratto le conclusioni in pochi minuti. E sono talmente particolari che…

- Anche a me paiono folli. - Si inserì Alain – Ma sono le uniche compatibili con le prove che abbiamo trovato.

- Io oggi andrò dai nipoti della soprano e dalla sorella di Mademoiselle Paroi. Vedremo se riconoscono i gioielli e gli abiti. - Riprese il Comandante.

André disse che sarebbe andato da Madame Biheron a chiedere conferma e magari avrebbe chiesto sia a lei che a Leblanc se la loro ipotesi fosse corretta o troppo azzardata.

Decisero che si sarebbero ritrovati alla Caserma nel pomeriggio. Era l'antivigilia di Natale, e restavano ancora parecchie cose da fare per poter lasciare la Caserma per un paio di giorni. Oscar voleva sbrigare più incombenze possibili in quelle poche ore.

 

Così fu. Il sole invernale era già tramontato quando Oscar giunse in carrozza alla Caserma. Il sedile di fronte a lei recava parecchi abiti. Due di essi erano stati riconosciuti dalla moglie di Monsieur Legrand come appartenenti alla soprano, un sontuoso abito di velluto verde ed uno alla polonaise, già un poco consunto, di un colore rugginoso. La donna aveva anche riconosciuto il medaglione con il cammeo, ed una coppia di orecchini di giaietto.

La monaca aveva invece riconosciuto la croce appartenuta alla sorella. Aveva detto che Mademoiselle Faustine aveva abiti modesti, che poco avrebbero interessato la Bavardisson.

Le parole della servetta erano state confermate, ed ora quegli oggetti stavano per essere portati nella sala verde, ove André aveva già fatto condurre i barattoli, gli ingredienti per il sapone, i fogli di gazzetta intrisi di sangue, per conservarli definitivamente come prove.

Mentre i soldati spostavano abiti e gioielli, ragguagliò André ed Alain su quanto aveva saputo. A sua volta, il Capitano Grandier disse che Madame Biheron aveva confermato che la farina grigiastra era in effetti ottenuta da ossa trattate e triturate. Non aveva però potuto confermarne la natura umana. Anche Leblanc aveva confermato il tipo di trattamento. Erano esattamente gli ingredienti che si utilizzava per la saponificazione casalinga.

Decisero ancora che il mattino dopo sarebbero andati a parlare un'ultima volta alla Bavardisson, per poi dedicarsi ai festeggiamenti per il Natale e per il Compleanno di Oscar.

Il resto del pomeriggio fu occupato dalla firma dei permessi per i giorni di festa, la compilazione dell'autorizzazione speciale per le visite della Vigilia di Natale, che avrebbe coinvolto la maggior parte dei soldati della brigata B, ed eccezionalmente si sarebbero tenute nel grande refettorio.

Oscar ormai sapeva che molti dei suoi sottoposti apparteneva agli strati più umili della popolazione, che molti dei loro parenti pativano la fame. Ora che li conosceva, desiderava che almeno per un giorno all'anno non ci fossero fame e freddo nella loro vita. Voleva che le loro famiglie non si limitassero a passare qualche minuto, o qualche ora, nel freddo ed austero refettorio della caserma, ma vi trovassero fuoco e cibo.

Aveva calcolato, per i centoventi soldati della Compagnia B, di far preparare almeno cinquecento pasti caldi da offrire ai parenti. Non era certo una prassi usuale. Ma in fondo nemmeno le visite regolari con il medico lo erano. Oscar sapeva molto bene che spesso le cose nate da pratiche poco abituali erano le migliori. In fondo, la sua intera vita non era stata altro che una prassi anomala. Terminò di organizzare l'acquisto delle derrate, stabilendo quali far arrivare direttamente in Caserma, e quali far giungere a quello che lei chiamava palazzo Jarjayes Grandier, la casa in Rue Guillome. Il giorno seguente, la Vigilia, lei ed André sarebbero tornati a Palazzo Jarjayes, e la servitù avrebbe avuto liberi i due giorni successivi. Così aveva precettato il personale di cucina per la mattina seguente, per la preparazione di una parte dei pasti.

Solo dopo aver concluso in maniera soddisfacente questa serie di incombenze, decise che la giornata poteva considerarsi conclusa e depose il calamo, chiuse il contenitore dell'inchiostro, riordinò i fogli, prese il mantello e lasciò la stanza.

Bussò lievemente alla porta dell'ufficio di Andrè, che stava ultimando il controllo degli inventari delle armerie.

- Ne hai ancora per molto? Torniamo a casa?

- Ultimo foglio – rispose lui, sventolando quello che aveva in mano. - tra minuti, non di più.

- Ti lascio tranquillo. Ci vediamo alle scuderie.

E si incamminò con passo elastico verso l'esterno. Passando, diede un'occhiata agli uffici degli altri ufficiali. Dalla porta socchiusa del Colonnello D'Agôut filtrava la luce tremula delle candele, dall'uscio dei Tenente si udivano alcune voci. Solo quello di Pellerey appariva chiuso e silenzioso. Ancora una volta pensò che sarebbe stata abbastanza felice se avesse chiesto un trasferimento. Era palese che volesse far carriera e che quello non fosse posto per lui.

Al termine del corridoio, si arrestò per indossare il mantello, poi si accinse a scendere. Era a metà dello scalone, quando venne raggiunta da André, che era giunto attraversando il corridoio a grandi falcate.

Insieme si recarono alla scuderie, per recuperare la carrozza con la quale Oscar era giunta nel pomeriggio. Salirono ed il cocchiere fece partire i cavalli al passo, poiché il gelo rendeva scivolose anche le strade cittadine.

Si erano seduti sullo stesso lato, ed appena lasciata la Caserma lei pose la testa sulla spalla di André, che le circondò la schiena con un braccio.

- Ultimamente pare che la quantità di orrori che vediamo stia aumentando.

Lui attese in silenzio che continuasse dopo quella premessa.

- Me ne sto stancando. E non sono sicura che mi piaccia vivere a Parigi.

- E quindi, cosa vorresti fare?

- Non lo so ancora, ci sto pensando, ma non ne ho idea. Tu ci hai riflettuto?

- Non molto, in verità. L'ultimo caso mi ha lasciato poco tempo.

- Ad ogni modo, io ho sempre in mente quanto ho detto dopo che il Lupo mi ha fatto perdere il bambino. Attenderò ancora qualche giorno, per essere sicura che nemmeno questa volta mi si presentino le mie regole. Allora potremo ritenerci ragionevolmente sicuri che io sia incinta. In tal caso, tutto andrà valutato con più attenzione.

- Io ho anche intenzione di parlare nuovamente con tuo Padre. Chissà che non abbia mutato opinione riguardo al matrimonio.

- Chissà, forse potresti dirgli dell'eventuale nipotino…- rispose lei ridacchiando.

Poi restarono in silenzio sino all'arrivo.

Giunti in casa, si attardarono nell'atrio per togliere i mantelli, che vennero raccolti da una delle cameriere più giovani.

Si fece incontro Marie, con in mano una guantiera d'argento su cui era poggiata una lettera.

- Monsieur Brassens ha detto di consegnarla a Voi, Monsieur Grandier, non appena foste tornato.

André prese la missiva.

- Dice semplicemente di avere delle comunicazioni importanti per me. Per me solo.

Oscar lo guardò preoccupata.

- E specifica che nulla hanno a che vedere con le sparizioni. Affari privati.

- Vai a sentire cosa vuole. Non credo sia una faccenda lunga.

- Che tuo padre abbia deciso qualcosa riguardo a noi?

- Impossibile a dirsi. Vai.

 

André venne ricevuto nel solito studio ingombro.

- Ah, Buonasera. Venite, venite, Via attendevo, Vi.

- Buonasera, Monsieur Brassens. Debbo dire che mi avete grandemente incuriosito.

- Bene, bene, siete curioso, siete. E fate bene.

André si sedette. Questa volta trovava irritante, anziché divertente, il vezzo del notaio.

- Ve lo pongo come domanda di rito, anche se conosco la risposta. Conoscete Voi L'Ammiraglio Théophile Alphonse François De Jarjayes?

- Certamente.

- Benissimo. Ecco, ho qui una sua lettera autografa, che segue tutta una serie di documenti che ci siamo scambievolmente inviati nelle ultime settimane, ci siamo.

- Sapete anche che non ha moglie né eredi.

- Ma gli é accaduto qualcosa?

- No, nulla del genere. Ma è lodevole che ve ne preoccupiate.

- Dunque?

- Dunque Monsieur l'Ammiraglio Vi rende noto tramite la mia persona che ha preso la decisione di adottarvi2.

Questa volta André non seppe davvero cosa rispondere.

 

 

 

 

 

La prossima settimana non garantisco la pubblicazione, o la puntualità della pubblicazione. Vi ringrazio moltissimo per la vostra attenzione, per le recensioni, per le letture silenziose.

Vi auguro Buon Anno.

Pamina

 


1  Nel 1780 il Re acquistò l'hôtel de Brienne, una parte del più antico hôtel de La Force, edificato nel 1533. Fece erigere una nuova ala e le due parti furono trasformate in un crcere diviso in due prigioni : la Grande-Force per gli uomini e la Petite-Force per le donne. Si trovava nel quartiere del Marais, in quella che ora è Rue Mahler.

2  A questo punto occorre precisare che il fatto che André sia orfano semplifica molto le cose, ed allo stesso tempo ha reso possibile la sua accoglienza a Paazzo Jarjayes da piccolo. Non so se la Ikeda si fosse informata, ma nel XVIII secolo, la condizione di orfano e quella di illegittimo erano molto differenti, aprivano la via a differenti orfanotrofi ed a differenti educazioni e status.

Da Histoire croisée des orphelins et de l' adoption di Y. Denéchère: “Un récent ouvrage consacré aux orphelins de Paris aux XVIe-XVIIIe siècles montre qu’il existe de nombreux secours organisés pour leurs venir en aide. Les hôpitaux pour orphelins sont des établissements spécialisés auxquels les familles confient des enfants qui n’ont plus ni père, ni mère. Ces maisons (Saint Esprit, Enfants-Rouges, etc.) insistent bien sur la légitimité des enfants accueillis, qui ne doivent pas être confondus avec les enfants abandonnés, bien plus (trop) nombreux et ne suscitant pas la même compassion. Les familles ne se désintéressent pas des orphelins ainsi placés et leurs conditions de vie (alimentation, soins…) sont bien meilleures que celles des enfants abandonnés recueillis par le bureau des Enfants-Trouvés.

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Capitolo 26
*** Essere genitori ***


26. Essere genitori

 

Oscar sedeva nella biblioteca, accanto al fuoco acceso e con un lume poggiato sul tavolino alla sua destra. Ma era ormai la quarta volta che riprendeva la stessa pagina, senza comprendere esattamente cosa vi fosse scritto.

Dovette ammettere con se stessa che la convocazione di André la stava preoccupando ben più di quanto volesse riconoscere. Che ci fosse dietro lo zampino di suo padre? Che fossero sorti dei problemi?

Rimase ad osservare la fiamme che si muovevano ipnoticamente nel camino, riuscendo infine a placare almeno in parte la tensione che la costringeva a tendere i muscoli dell'addome ed a contrarre le mani.

Quando udì la porta della stanza aprirsi e richiudersi, si voltò di scatto verso André che stava giungendo.

- Ebbene? - Gli chiese, pur notandone il viso sereno e quasi sorridente.

Lui si sedette di fronte, poggiando i gomiti sulle ginocchia e curvandosi in avanti sino a prenderle le mani nelle sue.

- Tu lo sposeresti un cugino?

- Sii serio. Ti ho chiesto quali siano le novità dal notaio.

- E io ti sto rispondendo.

- In maniera alquanto enigmatica, devo dire. Quale motivo avrei per andare in sposa ad un qualche cugino?

- Facciamo l'ipotesi che fossi io, questo fantomatico parente che ti chieda in sposa…

Oscar lo guardò con tanto d'occhi. Poi un vago, lontanissimo dubbio, cominciò a farsi strada.

- Cosa ti ha detto, esattamente, il notaio? - Chiese, sorridendo.

- Pare che lo zio Ammiraglio abbia fatto approntare i documenti necessari per adottarmi.

- Oh...quindi diventeresti sul serio un mio cugino! Questa sì che è una notizia!

Rispose abbracciandolo.

- In effetti mi fa molto piacere, per due motivi. In primo luogo perché è un grande attestato di stima da parte dell'Ammiraglio. In punto secondo, significa che tuo padre non avrà più obiezioni alle nostre nozze.

Le disse, tenendole sempre le mani tra le proprie e baciandole i dorsi.

- Però...NO!

Esclamò lei, sollevandosi di scatto e facendo due rapidi passi verso il camino.

André la osservò esterrefatto. Oscar tornò indietro, gli passò alle spalle e lo abbracciò, poggiando il mento sulla sua spalla destra.

- Non devi accettare per me. Per me non è così importante sposarti. O meglio, lo è, ma non al punto da farti perdere l'unico concreto lascito della tua famiglia, ovvero il tuo nome.

Lui le pose le mani sugli avambracci. Era felice che avesse avuto un pensiero tanto delicato su di lui. Ma in fondo era sempre la stessa che aveva comprato in una chiesa il ritratto di sua madre.

Chinò il capo verso destra, poggiandolo sull'abbraccio che lo cingeva.

- Non lo faccio solo per noi due. Le nozze sono importanti per sancire il nostro amore, ma lo sono ancora di più per il bambino che forse porti in grembo. Per lui sarebbero la grande differenza tra essere un illegittimo oppure nascere da un'unione legittima. Sai benissimo quanto sia differente l'atteggiamento delle persone, in tutti i ceti, verso i nati fuori dal matrimonio. L'Ammiraglio sta offrendo un'occasione a lui, non a me. E io devo coglierla, per lui. Anche questo è essere genitori.

- Hai ragione. - Dovette ammettere lei. - Però, potresti chiedere a mio zio di farti mantenere anche il tuo nome.

- Ma, Oscar! - sorrise André – Non penso proprio di essere nelle condizioni di mercanteggiare.

Talvolta gli pareva che lei non avesse del tutto chiara la situazione delle differenti classi sociali, non quanto lui che aveva dovuto confrontarvisi sin dalla più tenera età.

- Scriverò io allo zio, allora.

- Ti hanno mai detto che sei incontentabile?

- Quando si tratta di te, lo sono, eccome!

Rispose Oscar, che gli scivolò di lato, baciandolo sulla destra, nel punto in cui la mandibola piega verso l'orecchio.

Andrè la trasse a sé, facendole perdere l'equilibrio sino a che se la trovò seduta sulle ginocchia. Rimasero per un poco fronte contro fronte, come a volersi scambiare i pensieri. Poi un bacio, gravido di speranze e promesse venne a suggellare il momento.

La passione prese il sopravvento sulla complicità. Una mano rapida a slacciare i bottoni sui fianchi, gli stivali sfilati a calci e strattoni, e lei si ritrovò a farsi sfilare le culottes per rimanere con la camicia e le lunghe calze. Si sciolse dall'abbraccio per andare a chiudere a chiave la porta, ed André rimase ad osservarla, affascinato da quella striscia di pelle liscia che scorgeva tra i due lembi di stoffa e che da sempre gli pareva ancora più seducente per il contrasto con la camicia di taglio maschile. Quando tornò a lui, a rapidi passi rabbrividenti sul parquet gelato fu il primo punto ove posò una carezza.

 

La mattina della Vigilia, era ancora di servizio.

Ma, prima di passare in Caserma per gli ultimi dettagli, Oscar ed André fecero una deviazione al Carcere della Petite Force, per parlare con Madame Bavardisson. Volevano fugare i propri dubbi su quanto udito e dichiarato.

- Cosa volete? - Chiese la donna quando, superata la serie di porte e corridoi, le furono dinanzi.

- Mi avete arrestata, non vi basta?

- Vorremmo sapere cosa davvero avete fatti dei tre corpi. - Le chiese André, con il suo tono pacato.

- Ne ho fatto quello che si dice. Le ho smembrate e bollite. Il sangue mi è servito per darlo ai miei figli1.

- Ma perché tanta crudeltà? Per prendere i loro pochi denari sarebbe stato sufficiente ucciderle e far ritrovare il corpo. Perché tanto odio? - Incalzò ancora.

- Ma io non ho ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre2. Temevo troppo di perdere gli altri miei figli, come è accaduto per quelli che sono morti. La zingara mi aveva predetto che sarebbero morti tutti, e quando Pascal ha dichiarato di volersi arruolare ho temuto che la sorte, cui erano scampati fino ad allora, sarebbe tornata a bussare alla mia porta. Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l'altra dalla terra nera... 3. Non volevo che succedesse ancora. Poi, una notte, mi apparve in sogno la Madonna, che mi disse che solo il sangue avrebbe potuto salvare il mio Pascal. Sangue in cambio della sua vita. Mi è parso un cambio ragionevole.

Né André né Oscar ebbero il coraggio di ribattere a simili affermazioni.

Si guardarono e si alzarono all'unisono per andarsene.

- Voi non potete comprendere. Bisogna essere genitori, per capire.

 

Una volta fuori, l'aria gelida ed il sole che brillava sui ghiaccioli che pendevano dai tetti diede loro l'impressione di essere usciti da un incubo.

Nella prigioni pareva che la donna avesse mostrato quei brandelli di follia che nella vita quotidiana erano stati accuratamente nascosti e si erano rivelati solo con innocenti sedute di divinazione e lettura dei tarocchi, cui nessuno aveva dato peso e che invece avevano portato a quelle tre fini così atroci.

Si dissero che il processo sarebbe stato foriero di grandi rivelazioni, ed immaginarono da subito quale morbosa curiosità avrebbe suscitato nei gazzettisti e nelle popolazione di Parigi.

Fu con questi pensieri che giunsero alla Chaussée d'Antin, dove per loro fortuna i soldati erano già eccitati per la “festa” del pomeriggio, felici di vedere i parenti e di sapere che vi sarebbe stato cibo anche per loro, gioiosi per la prospettiva di alcuni giorni di licenza.

Oscar raggiunse l'ufficio, dove concluse gli ultimi preparativi per lasciare due giorni la caserma. Firmò gli ultimi permessi, organizzò i turni. Sorrise quasi al pensiero che l'ufficiale in Comando in quei due giorni sarebbe stato Pellerey. In fondo era l'ultimo arrivato, le usanze erano quelle. Ma nel caso di quel particolare ufficiale, con la sua supponenza ed i suoi piccoli dispetti, non le dispiacque poi molto che si perdesse i festeggiamenti per il Natale.

Poi udì la campana che segnalava l'ingresso per i visitatori. Uscì dall'ufficio, e dallo scalone centrale rimase a godersi la vista dei genitori e dei fratellini entusiasti, che entravano alla spicciolata. Molti soldati erano molto giovani, solo pochi tra loro erano già sposati e padri.

Vide Alain, la cui sorellina Diane non era ancora arrivata, andarle incontro.

- Comandante, speravo che mi avreste dato la libera uscita a partire da mezzogiorno. Invece il mio permesso inizia domattina.

- Lo so, l'ho fatto di proposito. Tu e François oggi sarete qui, così potrai finalmente incontrare il padre della tua futura fidanzata. E' ora che tu inizi a fare le cose come si deve.

Non era facile riuscire ad ammutolire Alain, ma questa volta la sua espressione basita, con la bocca semiaperta, era davvero impagabile. Dovette seriamente trattenersi dal ridergli in faccia. Gli batté una mano sulla spalla, ed iniziò a scendere le scale. Aveva veduto André comparire dal corridoi di sinistra, e si apprestò ad andargli incontro.

Durante il percorso, venne salutata da inchini, cui rispondeva con cenni del capo.

A metà dell'atrio venne invece fermata da un uomo, rosso di capelli, che teneva per mano due bambini magri ed altrettanto lentigginosi.

- Volevo ringraziarvi per aver preso a domestica da Voi mia figlia Marie. So che in casa Vostra non deve temere il freddo e la fame, né di venire punita in modo eccessivo.

- Non dovete ringraziarmi di nulla. Avevo bisogno di qualcuno da assumere, e Marie é seria ed affidabile. Lei fa il suo dovere e viene pagata. Ecco tutto.

- Non è poco di questi tempi. Inoltre, so che date anche una controllata a quel giovane che le fa la corte. Non sapete quanto questo mi rassicuri. Essere un genitore crea molte preoccupazioni, sapete.

 

Un paio d'ore più tardi, André scese da cavallo dopo averlo fermato dinanzi all'ingresso di Palazzo Jarjayes, per poi aiutare Oscar a smontare.

Le sorelle erano radunate nella sala delle vetrate, e persino Madame aveva chiesto alla Regina un permesso per trascorrere due giornate a casa. I ragazzi giocavano eccitati a nascondino, in tutte le stanze della grande casa.

André ed Oscar ebbero appena il tempo di venire salutati ed essere accolti con una tazza di cioccolata calda per scacciare dalle ossa il gelo della cavalcata in quella limpida giornata, che un valletto venne ad annunciare che il Generale attendeva André nel suo studio.

- Arrivo subito.

Anche Oscar si alzò.

- Vengo con te.

- No. Ha chiesto di me, ed andrò io. E poi, sappiamo di cosa vuole parlarmi. Ne abbiamo parlato ancora, io e te, venendo qui. E' una decisione che ho preso.

Le toccò le mani, il gesto più intimo che avesse mai compiuto di fronte ai parenti di lei.

Poi si girò e lasciò la stanza per raggiungere lo studio del Generale.

 

 

 

 

 

 

 

1  Qui si inserisce quanto dichiarò la Cianciulli al processo. Ovvero di avere agito da sola, non per denaro, ma solo per proteggere il figlio dalla chiamata alle armi (si era durante la seconda guerra mondiale). Versione che apparentemente convinse i giudici.

2  Frase attribuita alla Cianciulli.

3  Frase estratta dal memoriale della Cianciulli. Inesatta riguardo al periodo storico della mia ff, riguardo al colore della bara per bambini di ceto sociale non troppo elevato, ma molto evocativa, purtroppo.

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Capitolo 27
*** Pochi ricordi e un nome ***


27. Pochi ricordi e un nome

 

Il Generale sedeva alla sua scrivania, in una posa sempre composta, ma ad André parve molto più rilassato di quanto lo avesse veduto negli ultimi tempi. Lo trovò quasi sorridente.

- Immagino tu sappia perché ti ho convocato. Dovresti già avere ricevuto dal notaio la proposta di mio fratello.

- Ovviamente sì.

- Suppongo tu abbia deciso di accettare. E' un'ottima occasione per te.

- Non posso dire che sia stata una scelta semplice. Non per me, ma per Oscar. Rimango dell'idea che vi ho espresso alcuni mesi fa. Potrebbero esserci momenti in cui essere aristocratico sarà pericoloso. Essere sposata ad un roturier avrebbe potuto essere un vantaggio, per lei. In questo modo, non le sarò d'aiuto.

- Non credo che le cose saranno così catastrofiche. Ci saranno delle rivolte, ma nulla di così terribile come dici.

- Dio voglia che abbiate regione, Signore.

- E cosa ti ha convinto, se credi che sia un pericolo? In fondo, già vivete insieme.

- L'ipotesi di un figlio. Se dovesse arrivare, non voglio sia considerato un illegittimo. Anche se rimango dell'idea che, anche per lui, il nome di una famiglia aristocratica possa non essere vantaggioso.

- Vedo che non hai preso alla leggera la situazione. Hai valutato tutto con attenzione. Ammirevole, pure se non concordo con la tua analisi sulla situazione della Francia.

 

Intanto, al piano inferiore, Oscar era stata presa da parte da tre delle sorelle, Hortense, Constance e Josephine, che le avevano chiesto quali novità si profilassero all'orizzonte. Raccontò brevemente dell'adozione, e di come lei non ne fosse del tutto soddisfatta.

- Ma si tratta di un'occasione d'oro!

- Lo so, lo so… però… non è così linearmente semplice. Essere adottati significa perdere le proprie origini. Ed io non lo posso permettere. Io ho una famiglia potente, numerosa ed ingombrante. Ad André non rimangono che pochi ricordi ed il nome, di suo padre. Non posso e non voglio toglierglielo.

- Ma, Oscar! E'… un cavillo!

- Non è un cavillo. E' importante. Talmente tanto che stamane ho scritto all'Ammiraglio per chiedere di lasciargli mantenere il suo, di nome. Ora devo solo attendere la risposta.

Le sorelle non seppero che rispondere.

- Anzi, devo andare a parlare a nostro padre.

Detto ciò, partì a grandi passi verso lo studio del Generale. Bussò con energia, ed entrò senza attendere l'invito.

- Non sono d'accordo a che André debba accettare l'adozione affinché voi gli concediate la mia mano.

Il Generale la guardò fermo, senza mostrare particolare ira. Anzi, pareva quasi divertito.

- Temo che ciò che tu pensi non abbia più importanza. Gli accordi sono stati presi. Sempre che tu non preferisca rinunziare alle nozze.

- Io non dico che preferisco rinunziare alle nozze. Ma io non mi vergogno delle origini di André.

Ad ogni frase la voce le si alzava.

- Non mi vergogno di prendere il nome di suo padre. Non posso e non devo chiedergli di perderlo. E Voi, che tanto siete legato al Vostro, dovreste comprendere più di chiunque altro cosa intendo!

Il Generale alzò una mano, a chiedere silenzio.

- Invece di irrompere in questo modo, alzando anche la voce, avresti potuto attendere che il tuo promesso sposo ti ragguagliasse.

Lei era talmente irosa, lanciata nella propria tirata da non accorgersi completamente del significato di quanto il padre le aveva appena detto. Solo quando si accorse che il Generale non riprendeva il discorso, attendendo con aria quasi divertita una reazione, ebbe la lucidità di fermarsi un attimo a riflettere.

- Avete infine dato il vostro assenso al matrimonio?

- Sì. Ho avuto modo di riflettere. In fondo, già avervi concesso il Palazzo di Parigi ha dimostrato che mi ero sbilanciato parecchio. D'altro canto, la mia pretesa di far credere alla Corte che tu fossi mio figlio è crollata da anni. Se, dunque, tutti sanno che sei una donna che presta servizio nell'esercito, a quale scopo impedire queste nozze?

La notizia penetrò lentamente nella mente e nel corpo di Oscar, come una ondata calda che le si fermò sullo stomaco, risalendo alle gote ed alla mente, un tepore felice che cresceva, mentre il respiro le si faceva affannoso e il battito aumentava come il ritmo di un hanter dro1.

Si voltò a guardare André, che la osservava con occhi amorevoli ed un poco lucidi.

Fu il Generale, però, a parlare.

- Sapevo da tempo dell'idea di mio fratello. So che la ho fatto per aiutare voi, convincendo me. Ma, come ho spiegato prima ad André, questo non ha influito sulla mia decisione. Ammiro il modo in cui André ha valutato pro e contro, ed ha scelto per il bene di un eventuale figlio. E apprezzo la tua difesa del suo nome. Per quanto mi concerne, avevo deciso di dare l'assenso alle nozze indipendentemente dall'adozione.

- Grazie. - disse Oscar con voce flebile, quasi non pareva la sua.

- Non sono la sola persona da ringraziare. Tempo fa ho ricevuto una missiva che mi autorizzava, anzi che mi spingeva a farlo. Che garantiva che l'autorità reale non si sarebbe opposta.

- Maria Antonietta.

- Già. Hai saputo conquistarti un'amicizia solida e duratura. Ora andate, svelti.

Una volta congedati ed usciti dallo studio, André le prese le mani. Non sapevano cosa dirsi. Tutte le loro richieste erano state esaudite. Lei poggiò una gota sulla spalla, abbracciandolo.

Un rumore di passi li riscosse. Una cameriera, Claudine2, passò lungo il corridoio, fingendo di non vederli.

Oscar lo guardò:

- Vai a dirlo a tua nonna. Merita di saperlo per prima.

 

Oscar uscì dalla vetrata, per riprendersi dalle emozioni nell'aria gelida del tramonto. Il cielo si stava lentamente tingendo di un azzurro scuro che ricordava le piume dei pavoni. Un piccolo spicchio di luna si stagliava la centro della porzione di firmamento che riusciva a vedere.

Sentì una manina infilarsi nella sua.

- Guarda, c'è già una stella. - disse Loulou.

- Non è una stella, sai, è un pianeta. Ma non mi ricordo mai se sia Venere o Giove. Dovresti chiedere ad André, è lui quello bravo in queste cose.

- E lì se ne sta accendendo un'altra. Guarda, è ancora quasi spenta.

Oscar sorrise. Le piaceva l'immagine della stella in accensione, riuscì ad figurarsi un minuscolo lampionaio3 che passava lungo la via lattea ad illuminare le fiammelle una dopo l'altra.

- Se vuoi, dopo torniamo a vedere quante sono. Adesso rientriamo, o prenderai freddo.

Accompagnò la ragazzina nella sala delle vetrate, ove le sorelle non avevano ancora mutato posizione. Louise Hélène e Geneviève stavano riponendo i ricami, con l'arrivo del crepuscolo, mentre Hortense ripuliva i pennelli e sistemava gli acquerelli.

Giunse Joaquim con un vassoio colmo di tazze da tè.

La sua presenza parve rammentare qualcosa a Louise Hélène .

- Sapete, Oscar, l'altra sera ci siamo recate ad ascoltare un concerto per violino, immagino vi sarebbe piaciuto.

- Che musiche eseguivano? - chiese di rimando il Comandante.

- Quel compositore creolo, Chevalier de Saint-George4. Immagino lo conosciate bene.

- In realtà non l'ho mai incontrato di persona, né ho mai approfondito le sue composizioni. Lo trovo un tantino lezioso. Di solito amo lavori più energici, o più strutturati.

La sorella la osservò stupita.

- Ero davvero convinta che vi frequentaste. Anche per via di quella sua composizione che ha intitolato La fille garçon. Credevo che l'avesse dedicata a Voi.

La voce di Oscar si indurì. Non capiva se Louise Hélène fosse davvero così ingenua o se cercasse sottilmente di offenderla.

- Spiacente di deludervi, ma temo di non aver mai ispirato alcunché. Quel lavoro è dedicato al Chevalier d'Eon 5.

Nel frattempo giunse presso di loro Josephine, seguita da Hortense. La guardò con aria interrogativa, ed Oscar rispose con un assenso sorridente. Un tacito accordo per un racconto in un momento migliore.

 

Intanto, Claudine era giunta nelle cucine.

- Sapete, ho visto André che abbracciava la figlia del Conte, sopra, in un corridoio.

- Devi dire Monsieur André – la redarguì la cuoca – il Padrone si è raccomandata.

- Si, va bene, sbuffò. Però è quello che ho visto.

- E che sarà mai - aggiunse Minette, sempre pungente. - Se vivono insieme farà ben altro che abbracciarla!

La servitù rise di gusto a quell'uscita.

- Claudine, non ci vorrai far credere che non sai come funziona?

- Claudine è solo gelosa. Vorrebbe essere lei, quella che Monsieur André abbraccia! - Ribatté Jeanne. Gli muore dietro da un sacco di tempo-

 

La cena trascorse serena, senza le punzecchiature e le cattiverie che avevano tenuto Oscar sul chi vive per tutta la durata del convivio.

Per la mezzanotte tutta la famiglia e tutta la servitù era attesa nella cappellettta di Palazzo per la messa. Il Generale, per il rientro di Constance, aveva voluto dare ancora più rilevanza alla funzione, aveva voluto la cerimonia solenne con tre officianti, tra cui un Gesuita di spicco.

Era la maniera di Augustin De Jarjayes, per il resto poco incline alle smancerie ed ai sentimentalismi, di celebrare la gioia per avere, un'altra volta nella vita, tutte le figlie riunite sotto il proprio tetto.

E le loro voci, anche per merito di anni di studio della musica, riunite in un coro gentile di canti natalizi, seppero riportarlo a tempi passati, quando ancora erano piccole e le preoccupazioni per loro parevano ancora molto lontane.

 

 

 

 

 

 

1 Danza popolare bretone.

2 E' quella che già in precedenza aveva commentato apertamente la relazione tra André ed Oscar.

3 Cosa vi ricorda?

4 Joseph Boulogne Chevalier de Saint-George (1739-179), fiorettista, virtuoso del violino e compositore, maestro del Concert des Amateurs e più tardi direttore della Reale Opera di Luigi XVI.

5 Charles-Geneviève-Louis-Auguste-André-Timothée d'Éon de Beaumont, noto come Chevalier d'Éon (1718-1810), spia, soldato, massone, diplomatico. Molto di lui/lei arriva dalla sua autobiografia, spesso ritenuta dubbia. Disse di essere nato femmina, ma cresciuto dal padre come maschio perché solo così avrebbe ereditato dal suocero.


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Capitolo 28
*** Privato e familiare ***


28. Privato e familiare.

 

Oscar si svegliò a mezzo, a causa del freddo. Si rese conto che André, rigirandosi nel sonno, le aveva portato via gran parte delle coperte. Lo raggiunse, strattonò l'ammasso di tessuti fino a coprirsi e poi lo abbracciò, appiccicandoglisi il più possibile per scaldarsi. Lui, riscosso suo malgrado dal torpore, si voltò e la circondò a sua volta con le braccia, con il preciso intento di tenerla ferma e poter dormire ancora.

Lei si accoccolò in quella pace fatta da un braccio che le pesava sulla vita e di un respiro leggero che le solleticava la nuca e si riappisolò sino a che la luce del giorno non iniziò a scintillare sulle aiole innevate del giardino.

Quando si ridestò, si accorse che André aveva discostato parzialmente le pesanti tende del baldacchino per far entrare un poco della luce di quel mattino luminoso. Era sveglio, ma si godeva la sensazione di poltrire al calduccio. Si rigirò per vederlo in volto, con le membra ancora intorpidite dal sonno.

- Buon Compleanno! - lo sentì dire, mentre lo salutava con un bacio lieve.

- Grazie! Buongiorno a te. E Buon Natale.

- A forza di dormire insieme a me stai diventando una pigrona di prim'ordine.

A quelle parole lei saltò giù svelta dal letto, per infilarsi nel piccolo guardaroba, che uno scaldino aveva già reso tiepido. Nonostante ciò, si rivestì in fretta, felice di cominciare la giornata, soprattutto perché immaginava che durante il pranzo il padre avrebbe formalizzato il loro fidanzamento. Avevano concordato che non ci sarebbe stata una vera e propria festa, avrebbero solo fatto un annuncio in famiglia.

Ai due promessi la cosa non importava, ed il Generale avrebbe evitato di dare troppo spiegazioni in società. Aveva dato il suo consenso alle nozze per la stima che riponeva nel futuro marito, ma non poteva nascondere a se stesso che la prospettiva di quel matrimonio e delle reazioni che avrebbe suscitato a Corte lo rendeva inquieto. Avrebbe incaricato Josephine di diffondere pubblicamente che la regina stessa aveva appoggiato quell'unione, cosa peraltro vera, ma che avrebbe distratto forse un poco le pettegole attenzioni degli aristocratici.

André la raggiunse, ormai vestito, annunciando che aveva già chiesto la colazione. Lo guardò, elegante e signorile nel giustacuore di velluto in un profondo color vinaccia.

Si avvicinò e gli prese una mano tra le sue.

- La tua presenza in questa stanza rende questo compleanno il più felice della mia vita. Ci sei sempre stato, ma questa volta è differente.

Le baciò le nocche.

- Ti amo da tempo. L'unica differenza è che ora te lo posso dire. E posso sentirtelo dire.

La abbracciò, poggiando il mento sul capo biondo. Non c'era sensualità in quella stretta. Solo una promessa.

Rimasero allacciati sino a che una cameriera bussò per annunziare la colazione.

 

Per la giornata di Natale, il Generale e sue moglie avevano voluto fare le cose in grande come per la sera precedente.

Non un semplice pranzo, ma quello che avrebbe potuto definirsi un banchetto, con la lunga tavola apparecchiata con un'eleganza ancora superiore a quella già rinomata delle cene di Madame, e un quartetto di archi ad accompagnare il pasto.

Il Generale, che aveva studiato ed amato il violino, passione che aveva trasmesso alle figlie, apprezzava particolarmente Haydn, che sarebbe stato l'unico compositore i cui quartetti sarebbero stati eseguiti quel giorno, dai più vecchi, sino ai più recenti, sebbene i suoi preferiti fossero i cosiddetti Prussiani1.

Le sorelle di Oscar erano scese alla spicciolata, accompagnate dai mariti, e chiacchieravano con la pigrizia tranquilla dei giorni di festa. La piccola Loulou correva in giro, mostrando eccitata le strenne che aveva ricevuto, e felice più per un piccolo modello del sistema solare che per l'ennesima bambola, a differenza di Jules e Jim che, dall'alto dei loro dodici anni e mezzo, mostravano un sussiegoso distacco.

Hortense si avvicinò ad André.

- E' stata una bella idea regalarle il modello astronomico. E' mia figlia, ma sono sempre molto indecisa quando debbo farle un dono. Vedo la sua intelligenza, e mi rendo conto che è al di sopra della mia, e persino di quella di mio marito. Vorrei che potesse viverla al meglio, capisco benissimo che per lei una vita come quella che ho avuto io, incentrata sulla ricerca e la cura di un figlio non sarebbe sufficiente. Eppure… eppure l'idea di farla vivere in un altro modo mi spaventa. Sai benissimo quanto abbia patito Oscar.

André ascoltò attento lo sfogo materno di Hortense.

- Non sono genitore, ma posso comprendere i vostri assilli. Vi assicuro che una vita secondo le proprie inclinazioni e senza sacrificare la felicità è possibile anche per le donne. Avete voi stesso conosciuto Madame Biheron, e anche la sposa di Lavoisier, Madame Paulze. I suoi genitori hanno trovato nelle nozze con un uomo erudito un modo per farla studiare e nello stesso tempo tenerla al sicuro. Sono certo che la vostra lungimiranza saprà a tempo debito fare la scelta migliore per Loulou.

- Dici? Io sono talmente insicura riguardo al suo futuro.

- Credo che sia un'ottima cosa. Porsi delle domande, intendo. Non darla per scontata. Penso che potrebbe essere il modo migliore per garantirle una vita serena.

Si avvicinò Louise Hélène:

- Di cosa state conversando?

- Di Loulou e della sua prontezza d'intelletto. - Rispose André, leggermente sulla difensiva.

- Non ritengo l'intelletto un dono per una donna - rispose la Marchesa. - Non è utile per una tranquilla vita coniugale.

- La bellezza serve alle donne per essere amate dagli uomini. La stupidità per amare gli uomini2. O certuni uomini, almeno. - Si intromise Josephine.

- Oh, andiamo. Il matrimonio per amore è un'illusione. - La rimbeccò la sorella.

- Nella maggior parte dei casi. Ma talvolta è possibile. E quando ciò accade è un piccolo miracolo.

- Siete davvero una sciocca sentimentale, Josephine! Queste cose accadono solo nei romanzi. Immagino che persino André sia d'accordo con me. Quanti matrimoni d'amore hai veduto?

- Pochissimi. Ma solo perché tra i soldati prevale la convivenza more uxorio: sposarsi costa troppo3, per le loro tasche. - Rispose invece lui, offrendo il destro ad uno degli acidi commenti di Louise Hélène sulla sua, di convivenza. Ma la sorella minore la prevenne, cicalando qualcosa sulla noia di quei discorsi e interrompendo sul nascere qualcosa che avrebbe potuto condurre a discussioni sgradevoli, per poi appendersi al braccio di André e farsi accompagnare a cercare qualcosa da bere.

 

Evitato per un soffio l'incidente quasi “diplomatico” tra le due fazioni familiari, il banchetto trascorse lento e pigro come questo tipo di festeggiamenti presuppongono, tra un commento sul cibo, le chiacchiere sugli ultimi avvenimenti a Corte, racconti sui parenti più o meno lontani di cui erano arrivati biglietti di auguri.

Al termine del convivio il Generale si levò in piedi, con l'intenzione evidente di prendere la parola per un annuncio od un discorso.

Oscar incrociò le caviglie sotto il tavolo, stringendo con forza i muscoli, ed obbligandosi a mantenere un atteggiamento calmo e composto. Rivolse lo sguardo ad André, che le pareva non meno rigido e che in quel momento si stava chiedendo se il rumore del sangue che gli martellava nelle orecchie gli averebbe permesso di udire le parole che stavano per essere pronunciate.

Augustin, come suo uso, non perse tempo in inutili preamboli. Uomo di azione e non di parola, rimaneva fedele al principio militare per cui sia difficilissimo parlare senza dire qualcosa di troppo. Senza contare un leggero imbarazzo per quanto stava per concedere. Fu, dunque, più conciso del solito. Dopo aver espresso la gioia sua e della moglie Marguerite per avere tutte le figlie riunite, annunziò senza giri di parole di aver autorizzato le nozze tra André e la figlia minore.

- Inoltre, mio fratello ha offerto allo sposo l'adozione. So che non ha ancora deciso se accettarla o meno, per una serie di motivi. Ma io ho scelto di dare il mio assenso indipendentemente da questo punto, tanto più che persino Sua Maestà mi ha fatto giungere pressioni in proposito.

Dicendo questo, volse lo sguardo verso Louise Hélène e Genéviève, che sedevano vicine e inalberavano espressioni furibonde.

Compresero il significato dell'occhiata paterna, e non si lasciarono andare a proteste evidenti. Semplicemente, non si unirono alle felicitazioni che si udivano, agli abbracci che si stavano vedendo, alla confusa commozione che albergava nella sala. Avrebbero espresso più tardi ed in altro modo il loro disaccordo.

 

 

 

 

 

 

 

1  Haydn perfezionò la forma del quartetto per archi. Ne compose moltissimi, circa ottanta, di solito divisi in gruppi omogenei. Quelli che il Generale preferisce sono i sei quartetti Op.50, dei 1787, dedicati a Federico Guglielmo II di Prussia, buon violoncellista. Gli ultimi che potrebbero essere arrivati a Palazzo Jarjayes sono quelli dedicati al violinista Todd, del 1788, Op. 54 ed Opera 55. Per il Natale del 1788 sarebbero una golosissima novità.

2  Aforisma di Coco Chanel.

3  In realtà, le famiglie regolarmente costituite su base matrimoniale erano relativamente scarse; tra i poveri e le classi più basse della popolazione dominava il concubinaggio. Il matrimonio, che la chiesa imponeva come sacramento, era di fatto impedito dal clero che pretendeva tariffe esose per la sua celebrazione; tariffe tali da escludere del tutto i meno abbienti. La situazione cambiò solo dopo il 1791, e da allora il numero dei matrimoni andò crescendo anche nel periodo del Terrore.

Scoperta che mi aveva già colpita tempo fa, e che mi aveva anche suggerito un'idea nella mia primissima ff Il cimento di vivere.

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Capitolo 29
*** Dal privato al pubblico ***


29. Dal privato al pubblico

 

André ed Oscar erano rientrati la sera di Santo Stefano nella loro casa, accampando la scusa che il mattino seguente avrebbero dovuto essere in Caserma di buon'ora, per accompagnare i soldati a Versailles. In realtà, avrebbero potuto farli condurre da Pellerey, ma, nonostante l'affetto familiare, avevano preferito passare la notte nell'intimità del palazzo di Parigi, ben sapendo che la politica ed il processo alla Bavardisson li avrebbero tenuti parecchio occupati, nei giorni a venire.

Si temevano infatti disordini. La Compagnia B sarebbe stata a Versailles1 per il timore che si scatenassero tafferugli. Era difatti attesa la Riunione del Conseil du Roi per affrontare due questioni spinose: il numero di rappresentanti del Terzo Stato (si chiedeva che fossero in numero pari alla somma dei rappresentanti del Clero e della Nobiltà) e se votazione avrebbe dovuto avvenire per testa o per ordine2.

In quel momento, nell'alba di un gelido sabato mattina, si stavano recando proprio alla Chaussée D'Antin per unirsi ai soldati, e dar loro le ultime indicazioni. Esattamente come i loro uomini, speravano che il re accondiscendesse alle richieste, che ritenevano giuste, del Terzo Stato, cosa che avrebbe evitato disordini e scontri.

L'altra metà della compagnia, agli ordini del Colonnello D'Agôut, avrebbe controllato le vie di Parigi.

Quando giunsero, i soldati stavano ultimando i preparativi per la giornata. I primi, fucili in spalla e aspetto preoccupato, stavano già raggiungendo la piazza d'armi per l'appello. Tra questi, Alain si avvicinò al suo amico, chiedendogli come fossero trascorsi quei giorni di festa.

André che, nonostante la tensione di quei momenti, aveva buoni motivi personali per gioire, gli sorrise:

- Non ci crederai mai. A febbraio ci sposiamo|

- Ah, questa poi! Cosa hai fatto, per convincere il terribile genitore?

- Diciamo che qualcuno lo ha spinto.

- Perché, esiste qualcuno in grado di convincerlo a fare qualcosa che non gli aggrada del tutto?

- Qualcuno esiste. Non ti dico chi, non mi crederesti mai.

- Chiunque fosse, hai ottenuto il tuo scopo! Congratulazioni! Ma…

- Ma?

- Nulla, nulla…- Alain non osò chiedere davvero se avrebbe voluto continuare così, con una moglie che comandava una brigata, che rischiava la pelle più volte l'anno, che aveva perso un figlio per un'indagine. C'erano domande che nemmeno lui avrebbe ardito porre.

I preparativi imminenti posero fine alla conversazione, che non poté essere ripresa né durante il viaggio verso la Reggia, né durante la mattinata, a causa delle ronde attorno alle cancellate dei giardini, mentre la Guardia Reale garantiva la sicurezza all'interno.

Era passata da poco l'ora di pranzo quando il Royal-Suédois diede loro il cambio. Un'ora per rifocillarsi e recuperare un poco di calore nelle furerie, poi avrebbero cominciato la sorveglianza interna al giardino. Oscar, accompagnata da André, incrociò il Conte di Fersen che lo comandava, e si fermò a parlare con lui per dargli notizie sui pattugliamenti del mattino. Dopo il passaggio di consegne, approfittando del fatto che i soldati li avessero superati per andare a riscaldarsi con il meritato pasto, fu lo svedese a chiedere, con aria complice:

- Avete delle novità?

- Di che tipo? - Rispose André, chiedendosi cosa sapesse il Conte

- So che da Versailles, da lei, è partita una lettera che avrebbe dovuto, diciamo, ammorbidire il Generale su certe questioni. Ha sortito l'effetto sperato?

I due interlocutori si guardarono con un sorrisetto.

- Potete confermarle che lo scopo è stato ottenuto.

- Credo che oggi pomeriggio Vi vorrà vedere, Oscar. Potrete dirglielo di persona. E congratulazioni.

Ora devo entrare in servizio, ma verrò volentieri in visita per farmi raccontare i dettagli.

E, accennando un saluto, si voltò e si allontanò rapido, accompagnato dallo svolazzare del mantello azzurro polvere della divisa.

André ed Oscar si allontanarono nella direzione opposta, lungo il corridoio gelato, ormai segnato dal fango di innumerevoli paia di stivali sporchi che vi erano transitati. Camminavano appaiati, e lui protendeva il capo di lato, per udire cosa gli stesse dicendo, con un sorriso birichino sul volto, mentre lei lo guardava di sguincio, attenta anche a cosa le accadeva intorno.

Fu così che li vide arrivare un piccolo gruppo di ufficiali, tra cui alcuni che prestavano servizio nella Guardia Reale, ed erano stati agli ordini di Oscar. Alcune voci erano giunte tra le loro fila, a proposito del trasferimento nella dimora in città, ed alcuni sguardi curiosi li squadrarono con l'intento di cogliere conferma dei pettegolezzi, di scoprire se le dicerie che erano tornate a girare dopo anni fossero vere.

Tra gli ufficiali era presente il Maggiore Girodelle che li osservava con aria critica. Non vedeva Oscar da tempo, e dovette ammettere che, come l'ultima volta che l'aveva incontrata, gli pareva meno rigida, nella postura e nei gesti rispetto ai tempi della Guardia Reale. Non poteva certo dire di esserne innamorato, anche se più di una volta aveva fatto un pensiero (anche più di uno) su quelle gambe lunghe così straordinariamente esposte dalle braghe della divisa. Eppure, per quanto lo infastidisse, si accorgeva di essere irritato dal fatto che tale cambiamento di atteggiamento avesse come causa un qualsiasi roturier. O, meglio, non uno qualsiasi, ma uno che aveva avuto la fortuna di un'educazione migliore di tante altre, di una particolare indulgenza del padrone, della fortuna di essere ammesso nei migliori salotti, persino a Corte. Fortuna, non merito.

Pertanto, dopo qualche convenevole, le chiese, non senza una certa acidità nella voce, come si trovasse a vivere nella confusione della città di Parigi, dopo la pace di Palazzo Jarjayes e delle campagne circostanti.

- Non così male, se si escludono certi vicini.

- Ah, sì, la notizie sono arrivate anche qui. Ma proprio per questo, perché rimanere sull'Ile, un quartiere così poco alla moda, che ormai sta perdendo lo stile?

- Per la vista sulla cattedrale di Notre-Dame. E per la comodità impagabile di abitare nei pressi della Caserma. Quanto alle mode, sapete bene che non mi hanno mai interessata.

Si intromise André: - Per non parlare della praticità di avere la colpevole che viene direttamente in casa con le prove del delitto su un vassoio. In senso letterale.

Il Capitano D'Aubry prese la parola:

- Ah, domani ho intenzione di assistere al processo. Mi pare un caso talmente intrigante!

E prese da parte André, per farsi raccontare maggiori dettagli.

Il gruppetto si sciolse, cosicché il Maggiore Girodelle rimase con Oscar, avendo agio di parlarle senza essere udito dagli altri due, che si erano allontanati di qualche passo.

- Non è mio uso intromettermi, ma dovreste fare prestare maggior attenzione al modo in cui vi esprimete riguardo al fatto di esservi trasferita in città. Da come parlate, dal modo in cui permettete ad André di esprimersi – e qui un sopracciglio di Oscar si alzò, mentre gli occhi le si stringevano di rabbia repressa – alcuni potrebbero intendere che viviate in concubinato.

Oscar lo guardò.

- Intenderebbero esattamente. Dunque, perché preoccuparmi?

- Ma… le voci, la reputazione?

- Credo di avervi già detto una volta che queste cose passano senza toccarmi. E, francamente, in queste vostre parole colgo più una preoccupazione di censo, più che una reale apprensione per me. Come se avessero invaso un territorio di cui non vi importa, ma ritenete sia di diritto legato ai vostri interessi.

E si avvicinò ad André, che ancora stava intrattenendo l'ufficiale, ma vedendola s'interruppe:

- Ma tu devi sederti e mangiare! Senza scuse. Voi avete già desinato, Capitano D'Aubry?

- In realtà no. Mi unirei volentieri a voi, sono davvero curioso di sapere altro su questo caso.

- Ben volentieri. - Rispose Oscar, che lo aveva sempre ritenuto più simpatico di quanto fossero in generale gli ufficiali.

Girodelle si scusò dicendo di avere altri impegni, e non si aggregò al gruppo. Rimase un momento perplesso a quell'uscita riguardo al cibo, come se celasse qualcosa che gli sfuggiva, e fosse più di semplice sollecitudine.

Ma non seppe dare un nome a quella sensazione sfuggente, e con un rapido cenno del capo ed un'alzata di spalle tra sé e sé la catalogò tra i dettagli insignificanti.

Osca, André e D'Aubry erano ancora seduti al tavolo degli ufficiali, davanti ad un caldo spezzatino, quando arrivò trafelato un soldato da fuori.

- Il Re ha acconsentito al raddoppio del terzo Stato!3

Un boato di applausi, piedi pestati e grida accolse la notizia. I soldati della Compagnia B furono felicemente sorpresi. Non ci avrebbero scommesso un soldo delle loro misere paghe, su una simile risultato!

Oscar era felice per loro, e per il sollievo di sapere che quel giorno a Parigi nono ci sarebbero stati scontri4, oltre che per la gioia che vedeva anche negli occhi di André.

Un piccolo passo verso l'eguaglianza, finalmente!

 

 

 

 

 

 

1  Per la ff mi occorrevano i soldati a Versailles. Ho quindi approfittato degli eventi storici del 27 dicembre 1788.

2  Ovvero se ogni stato avrebbe espresso un unico voto o se ogni deputato avrebbe potuto esprimere il proprio parere. Ovviamente per il Terzo Stato le cose sarebbero cambiate radicalmente, nel secondo caso.

3  Ho deciso di far giungere la notizia nel momento a me più consono. Il doublement du Tiers portò il numero dei rappresentanti del Terzo Stato alla pari con la somma degli altri due. Questo fece pensare che ogni deputato avrebbe avuto diritto ad un voto, anche se poi così non fu. 

4  A Parigi giunsero voci che negavano il doublement, quindi scoppiarono comunque dei disordini.

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Capitolo 30
*** Il processo ***


30. Il processo

 

André ed Oscar attraversarono lentamente la Senna sul Pont Marie. Quel mattino non si sarebbero recati in Caserma, ma avrebbero raggiunto subito il vicino Tribunale dello Châtelet ove si sarebbe svolta le prima udienza1 del processo a Madame Bavardisson.

I soldati che avevano partecipato all'ultima perquisizione sarebbero giunti più tardi. Per fortuna, pensò Oscar. La città era stata attraversato di zuffe e piccole rivolte, il giorno precedente, alla notizia, poi rivelatasi infondata, secondo la quale Luigi XVI non aveva concesso il doublement du Tiers. La cosa le aveva fatto prendere definitivamente coscienza della rabbia popolare, e di quanto sarebbe potuta essere feroce se altre notizie l'avessero raggiunta, o se gli Stati Generali non avessero avuto l'esito sperato.

Nel momento in cui a Parigi erano scoppiate le sommosse, e mentre i suoi soldati pattugliavano i giardini, lei si trovava negli appartamenti di Maria Antonietta, a guardare due dei suoi figli che giocavano sereni, mentre il Delfino sedeva stanco e febbricitante su un piccolo divano. Non poté fare a meno di pensare che la tubercolosi ossea se lo stava mangiando lentamente, come un crudele tarlo che lo rodesse dall'interno. Ieri era inorridita al proprio stesso pensiero, mentre si chiedeva se non sarebbe stato meglio essere divorato in un sol boccone da una fiera, piuttosto che subire quell'affronto e quel dolore da un nemico tanto subdolo.

Si immaginò al posto della Regina, che vedeva il figlio declinare inesorabilmente, senza poter far nulla per aiutarlo, se non inutili palliativi. Si rese conto che non sempre si può combattere, che vi sono avversari che non si possono sconfiggere. Per la prima volta, rivolse al Cielo una preghiera per il figlio che ormai era quasi sicura di portare in grembi, perché non venisse toccato da una simile sciagura. La riscosse da questi pensieri l'arrivo allo Châtelet. Oscar trasse un profondo respiro. Non aveva un bel ricordo delle aule dei tribunali, dai tempo del processo per lo scandalo della Collana. Smontò da cavallo ed entrò.

L'aula era gremita di gente, nonostante fosse ancora presto. Il caso, attraverso le gazzette, era ormai ben conosciuto in città. Una morbosa curiosità riguardo alla maniera in cui erano state fatte sparire le povere vittime era quasi palpabile nell'aria greve della sala. I disegnatori che ritraevano usualmente le scene per i fogli stampati che circolavano in città erano già sistemati nei punti dai quali si godeva una visuale migliore, e gruppi di donne con uncinetti e ferri da calza si apprestavano a rendere la giornata all'udienza anche produttiva, oltre che uno svago. L'ingresso della Bavardisson fece piombare la sala in un silenzio quasi affascinato.

Un giornalista , chino sul taccuino, stava scrivendo senza pause: “C’è una morbosa sete di vederla e sentirla: vedere quella faccia che taluni hanno descritto torva e altri insignificante, e sentire ciò che racconterà dei suoi delitti e con quale accento. Ad acuire la curiosità intanto si conferma che in carcere la strega ha tentato di suicidarsi ingoiando alcuni chiodi e cocci di vetro. Questo stomaco di criminale ha digerito chiodi e vetri, e allora tentò di impiccarsi lacerando a strisce una coperta. Ma tutto si ridusse a un danno della Amministrazione carceraria. Ha mani piccole – continua a scrivere Moggi – ma devono essere robuste se maneggiò nei suoi crimini una grossa scure da spaccalegna e una pesante mazza.”2

Oscar rimase colpita dal modo tranquillo in cui si poneva la Bavardisson, dalla cura con cui si era abbigliata e pettinata, dalla calma con cui si guardava in giro.

Interrogata, l'accusata continuava a proclamarsi innocente. Il denaro? Non lo aveva mai tolto alle sue vittime, derubandole. I gioielli ed il denaro le erano stati dati in deposito. Gli abiti? Le erano stati affidati.

Il pubblico inorridì quando Madame Léonie si preoccupò di spiegare che il corpo delle sue vittime era stato generosamente donato a vicini e conoscenti, nelle varie forme possibili, dai biscotti, alle torte , ai sanguinacci.

I giornalisti letteralmente impazzirono di entusiasmo di fronte alla sua ultima dichiarazione, prima di essere condotta via al termine della mattinata. Una serie di affermazioni che avrebbero garantito la vendita delle gazzette per parecchi giorni: “Soltanto io e Dio possiamo sapere quel che è successo. Dopo due giorni misi la mia amica a pezzi nella caldaia a bollire nella soda caustica. Quando vedevo la carne sciogliersi, esultavo. Io mescolavo il liquido e ci toglievo con un mestolo la schiuma, con la quale ci facevo la cera.”

Dopo la pausa per il pranzo, i soldati e i due ufficiali vennero chiamati uno ad uno a testimoniare:

- Cosa vi ha fatto immaginare che i vasi in cucina contenessero polvere di ossa umane carbonizzate?

- La consistenza. Troppo particolare. Cosa che ci ha fatto ritenere utile chieder il parere di un'anatomista.

- E il sangue?

- Per quello abbiamo dapprima domandato un parere ad una cuoca, in realtà. Ha riconosciuto fosse sangue. In grande quantità.

Seguirono domande sui gioielli rinvenuti e fatti riconoscere ai parenti delle donne uccise. E poi ancora questioni sui denari, sulle firme e sugli avalli.

Infine, la questione che si agitava nell'aria sin dal mattino:

- Captano Grandier, ritenete che l'imputata abbia potuto far tutto da sola?

- Debbo fare una premessa. Ho veduto molte donne lavorare duramente, spostare pesanti secchi e faticare come uomini. Vedo quotidianamente il Comandante allenare e battere uomini che la sorpassano in altezza e muscolatura. Detto questo, immaginare che la Bavardisson abbia da sola spostato quel pesante calderone, soprattutto se pieno d'acqua, depezzato le vittime, le abbia infilate nel liquido corrosivo, e poi abbia svuotato il rimanente nella Senna, il tutto senza aiuto od almeno senza la connivenza di riempire e svuotare il recipiente mi risulta davvero difficile. Ancora più arduo è pensare che nessuno abbia compreso o perlomeno sospettato qualcosa, dai suoi movimenti, dallo spostamento delle attrezzature, dagli odori.

L'accusa ringraziò André, che poté infine tornare al suo posto, accanto ad Oscar. Le curiose che assistevano al processo commentarono con sorrisetti il suo passaggio, così come avevano sussurrato all'indirizzo di quella strana donna in divisa.

Fu la Bavardisson ad interrompere le loro chiacchiere, alzandosi in piedi in un modo non rituale.

- Non è assolutamente vero! Ho fatto tutto da sola! Nessuno mi ha aiutata, tantomeno mio figlio!

- Silenzio! - ordinò il giudice, mentre il suo avvocato tentava di rimetterla a sedere.

- Anzi, se volete, posso dimostrare in quest'aula che posso squartare una persona e farla a pezzi in venti minuti!3

- Ma cosa state blaterando? Tacete – urlò il magistrato.

- Datami un cadavere e ve lo mostrerò!

- Ma come osate! Fuori, conducetela fuori! E per oggi la seduta è chiusa!

Ci vollero alcuni minuti perché il pubblico, ormai infiammato dalle ultime dichiarazioni della donna, si calmasse almeno in parte ed iniziasse a defluire fuori dalla sala.

Oscar rimase seduta accanto ad André, fino a che la maggior parte dei posti non furono vuoti. Questo diede agio ad uno degli illustratori di ritrarre i loro profili vicini, mentre si scambiavano opinioni a bassa voce. Se avesse potuto udirli, avrebbe scoperto che, avendo testimoniato e potendosi considerare liberi da impegni, stavano decidendo di non seguire più le ulteriori udienze4 dal vivo. Se ci fosse stata necessità li avrebbe riconvocati il magistrato. Ma concordarono di tenersi lontani da quel caravanserraglio, per i giorni a venire.

In fondo la Bavardisson era rea confessa, si trattava solo di comprendere bene i fatti e di decidere la pena.

Quando l'aula fu semideserta, si levarono, presero i mantelli e si recarono a recuperare i cavalli. Si diressero verso casa in silenzio. La giornata era stata colma di affermazioni macabre, che avevano riportato alla luce ricordi sgradevoli e offerto all'immaginazione tetre figurazioni. Oscar lo aveva immaginato si dal risveglio, eppure la giornata era stata più cupa ancora di quanto avesse previsto.

Giunta a casa, si fece preparare un bagno, con l'idea di lavarsi di dosso i cattivi pensieri. Da un paio di giorni aveva in mente di parlare con calma ad André, per raccontargli che ormai per il secondo mese consecutivo le sue regole non si erano presentate, e quindi si sentiva in grado di affermare di essere nuovamente incinta. Però non voleva farlo con quella fosca nuvola che le opprimeva la mente. Nè voleva attendere il capodanno e la festa. Forse sarebbe stato meglio, però… un annuncio in un giorno lieto. Prima di recarsi al ballo. Con indosso già l'abito. Solo l'abito, senza la maschera. E, prima ancora di prendere una decisione definitiva, si addormentò nell'acqua calda, col capo che poggiava sul bordo in rame ripiegato.

 

 


1  Diciamo che mi sono presa una certa licenza poetica riguardo la celerità dei processi al tempo….

2  Frasi tratte dagli articoli del giornalista Moggi per il Resto del carlino all'epoca del processo Cianciulli.

3 Sempre dagli articoli di Moggi: “Essa ha dichiarato al presidente di essere pronta a dimostrare che in venti minuti può uccidere e squartare una persona; l’eccellentissimo magistrato ha naturalmente lasciato cadere la proposta”

4  Nella realtà le udienze furono in totale quindici.

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Capitolo 31
*** 31 dicembre 1788 ***


31. 31 dicembre 1788

 

Dopo l'udienza del 27 dicembre, Oscar aveva trascorso i tre giorni successivi nella Caserma di Chaussée-d'Antin cercando di ritornare alle abitudini precedenti senza farsi troppo influenzare da quanto fosse accaduto.

Difficile, in realtà. L'ultimo caso che aveva seguito aveva avuto una profonda influenza sul suo stato d'animo, per quanto tentasse di non farlo trasparire e cercasse di cancellare il ricordo di quanto udito in tribunale.

Per di più, la sgradevolezza di quelle emozioni si andava a sommare al ricordo di quanto accaduto in estate, quando il caso del Lupo le aveva procurato un aborto. Sola nel suo ufficio, ripensava a quanto dolore le avesse causato e soprattutto le ritornava in mente una conversazione con la sorella Josephine durante la quale si era ripromessa di lasciare l'esercito se le fosse accaduto di rimanere nuovamente incinta. Ed ormai era un eventualità quasi concreta.

Mentre tentava di concentrarsi su documenti nei quali vedeva soltanto vermicelli neri di inchiostro su fogli bianchi, continuava a tornare col pensiero a come avrebbe fatto per confermare ad André che quel loro piacevole sospetto stava diventando certezza.

Era sicura che avrebbe accolto la notizia del bambino con estrema gioia. Sapeva anche che sarebbe stato felice di lasciare l'esercito. Nonostante il grado di Capitano che aveva raggiunto, non poteva certo dire che fosse nato per quella vita. A lui piaceva creare, piuttosto che comandare.

Il libro che aveva scritto aveva avuto un buon successo ed ora stava lavorando ad un altro, pur continuando a condurre una vita che in qualche modo era stata scelta per lui dalle circostanze di tutta un'esistenza, ma sapeva con certezza che i suoi desideri più veri andavano verso altre direzioni. Sentiva di doverli, in qualche modo, assecondare.

Per una volta, volta sarebbe stata lei a piegare la propria vita verso la direzione che lui le avrebbe indicato. Questo pensiero ebbe in qualche modo il potere di placare le preoccupazioni che per tutta la mattinata le avevano tenuto compagnia.

Si rese conto con stupore che queste elucubrazioni le avevano portato via l'intera mattinata.

A breve sarebbe stato il momento di rientrare per i preparativi necessari per il ballo della serata. Preparativi che sarebbero stati necessariamente lunghi.

Aveva deciso, infatti, di presentarsi con un abito femminile, sentendosi in qualche modo protetta dalla maschera che avrebbe indossato e che avrebbe nascosto a molti la sua vera identità. Se a Corte non erano stati in grado di riconoscerla con il volto scoperto quando vi si era recata con un abito, questa volta con la mascherina di pizzo e pietre preziose sul volto non l'avrebbero riconosciuta nemmeno nella dimora di una delle sue sorelle.

Questa specie di anonimato la rendeva in qualche maniera più sicura. Non che si vergognasse di partecipare al ricevimento in compagnia di André, che la associassero a lui non la turbava minimamente.

Temeva invece, molto di più, le solite voci che da sempre accompagnavano la sua persona, gli stessi pettegolezzi che la seguivano da anni e che un tempo non le avevano dato fastidio, ma che ora avevano il potere di farla sentire inadeguata e vulnerabile. Quei sussurri che la descrivevano come un essere a metà, come una donna “venuta male”, poco piacevole alla vista e poco affascinante per un uomo. Quelle voci che non voleva raggiungessero le orecchie di André.

Si alzò decisa e, dopo aver lasciato le ultime indicazioni al colonnello D'Agôut, e avergli rinnovato gli auguri per il nuovo anno, bussò alla porta dell'ufficio di André per fargli fretta per il rientro.

Si era infatti accordata con la sorella Josephine per recarsi direttamente da lei. L'abito che aveva scelto la stava già attendendo infatti a Palazzo Liancourt perché così la sorella e le sue cameriere avrebbero potuto aiutarla meglio con i preparativi, l'acconciatura, tutti i minimi dettagli necessari a renderla una dama non solo presentabile, ma addirittura perfetta per la grande serata.

Arrivati a Palazzo Liancourt, Josephine li accolse con entusiasmo. Fu lei stessa a condurli verso le due stanze comunicanti che aveva assegnato loro. Conoscendo le abitudini della sorella, aveva fatto in modo che una grande vasca in rame fosse già pronta nel guardaroba, mancava solamente l'acqua che le cameriere avrebbero portato non appena ne fosse stata fatta richiesta.

In quella che sarebbe stata la camera di Oscar, aveva già fatto in preparare una piccola tavola con un pranzo leggero per loro tre. La Duchessa era infatti in preda al nervosismo per la serata che stava organizzando. Da un lato, era la solita sottile tensione da padrona di casa, il desiderio che tutto andasse per il meglio, che la festa fosse un evento da ricordare, fonte di commenti nell'aristocrazia per i mesi a venire. Dall'altro si sentiva responsabile per quello che a buon diritto pensava di poter ritenere il debutto in società della sorella. Avrebbe dovuto essere una festa indimenticabile. Per Oscar, che avrebbe infine partecipato ad una vera festa, di cui sarebbe stata la vera regina. Per André, che si sarebbe goduto una notte con la propria donna infine abbigliata come meritava. Per gli invitati, per i quali aveva organizzato una serata indimenticabile. In fondo, il denaro era del Duca, e Josephine lo sperperava con una leggerezza che sapeva di ripicca, se non di vendetta.

Questi erano i pensieri che riempivano la testa di Madame de Liancourt, nel profondo della sua mente, mentre con levità chiacchierava amabilmente con i due ospiti spiluccando svogliata da un piatto di porcellana di Meissen.

Ad un tratto guardò l'orologio sulla mensola del amino, retto da un Atlante che lo sosteneva come fosse il mondo, e si levò rapida dalla sedia.

- Ora vado a riposare un momento. E dovreste farlo anche voi. Un ballo è una faccenda faticosa, sapete? Anche se le maschere nascondono i segni scuri sotto gli occhi. Torno più tardi.

E li abbandonò, salutandoli con un gesto infantile della mano.

Oscar sorrise, poi si allungò sulla sedia come un gatto, scalciando via gli stivali.

- Credo che mia sorella abbia ragione. Un paio d'ore di pigrizia non possono che farci bene.

Scalza si andò a sedere su un divanetto di seta a fiori che permetteva di vedere dalla vetrata il giardino innevato di Palazzo Liancourt. André la raggiunse, mettendosi al suo fianco e circondandole le spalle con un braccio. Rimasero qualche momento in silenzio, in quell'abbraccio che era sufficiente a se stesso. Un momento assolutamente perfetto, nella sua semplice familiarità. Aveva quasi paura di rovinarlo, mettendosi a parlare, seppur per dare una così entusiasmante.

Prese fiato.

- André.

Lui volse lo sguardo dal giardino innevato verso il viso di Oscar.

- E' passato un altro mese. Ora sono sicura. Sono incinta.

Le strinse ancora di più la spalla, attirandola a sé. Le poggiò le labbra sul capo, in un bacio silenzioso e tenero. Nulla di passionale. Era invece un grande affetto, un amore che prendeva l'aspetto di famiglia, una coperta calda che li avvolgeva.

Oscar si sentiva felice come non le accadeva da tempo, in quella stretta rassicurante.

- Appena rientrerò in Caserma il due gennaio, chiederò il congedo.

Le spiaceva parlare di cose concrete, ma voleva che André sapesse della sua decisione, che fosse sicuro che stavolta non avrebbe messo il bambino in pericolo.

- Ne sei sicura?

- Certissima. Non ripeterò gli sbagli passati. E, riguardo alla nostra vita, seguirò le tue scelte, sia che tu voglia rimanere nell'esercito, sia che tu decida di condurla diversamente.

- Io ci ho pensato molto, in realtà. Ma non sono ancora addivenuto ad una decisione.

- Non è oggi il momento di stabilire cosa fare della nostra esistenza. Oggi è il momento di festeggiare, e direi che abbiamo un ottimo motivo.

Lo baciò, tenendogli il viso con le mani. Poi sorrise con aria monella.

- Adesso devo farmi un bagno e prepararmi. Vai nella tua stanza, ci vedremo quando sarò pronta.

 

Qualche ora dopo, Josephine contemplava soddisfatta il “suo” capolavoro. Oscar indossava un abito relativamente semplice, ma di fattura estremamente curata. Era di un pesante raso di un bianco perlaceo, quasi grigio, una stoffa che Madame Bertin aveva utilizzato per un vestito della Regina Maria Antonietta1. Era un colore che ben si addiceva anche all'incarnato della sorella.

Il taglio era più lineare rispetto all'originale, in linea con lo stile sobrio di Oscar. Una serie di ricami argentei correva lungo il bordo della scollatura, e lungo il pizzo delle maniche.

Una mascherina dello stesso tessuto, decorata con piccoli cristalli che distoglievano l'attenzione dal volto, completava l'insieme.

I capelli raccolti sulla nuca, che le scoprivano anche la fronte più di quanto facesse di solito, le conferivano un aspetto insolito.

- Ma guardati! - Le disse Josephine. - Stai d'incanto!

Oscar si guardò nell'ampio specchio. Quella sera era molto femminile, e non aveva in sé quel senso di inadeguatezza che aveva provato andando al ballo a Versailles. Provava una sensazione di completezza differente. Per la prima volta, fece pace col proprio aspetto, senza sentirsi una donna a metà.

Josephine andò verso la porta.

- Vado ad accogliere i primi ospiti. Scendi tra una ventina di minuti.

Poi si rivolse ad una cameriera.

- Vai ad avvisare Monsieur Grandier. Può venire a prendere la sua dama.

André fece il suo ingresso nella stanza. Rimasero ad osservarsi un attimo. Lui indossava un abito la cui giacca, in un lucido velluto nero, pareva confondersi con le onde dei capelli.

Oscar pensò che fosse bello oltre ogni dire.

André la osservava affascinato a sua volta. Il corsetto metteva in risalto la vita, e accentuava le rotondità de seno. La gonna la faceva apparire paradossalmente ancora più alta.

Scambiarono qualche sorriso, e qualche parola prima che lui le porgesse il braccio, sul quale Oscar poggiò la mano guantata.

Scesero le scale, e fecero il loro ingresso nel salone da ballo.

 


1   L'abito di Maria Antonietta è questo: http://lehameaudemarieantoinette.blogspot.it/2015/03/un-abito-appartenuto-alla-regina.html. Mi sono ispirata solamente per il colore. E' decisamente eccessivo per lo stile di Oscar.

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Capitolo 32
*** Buon anno! ***


32.  Buon anno!

 

 - Che ore saranno? Quelli sono dentro a divertirsi e ballare e noi qui fuori a ghiacciarci il culo!

- Ma finiscila! Intanto il capo ci ha promesso parecchio denaro per questa cosa. Dobbiamo solo aspettare quella donna ed aggredirla. Non è una cosa particolarmente difficile.

- Lo dici tu! Io non ci credo affatto che sia una cosa facile.

- Stai tranquillo, sarà una passeggiata. Anche se indossa la divisa, è pur sempre una donna!

- E se fosse esattamente il contrario? Che se anche se una donna è brava con le armi, quindi ci fa a fettine? E noi ne usciamo mazziati e senza soldi?

- Certo che sei una bella noia!

E il compagno incrociò le braccia davanti al petto, disponendosi ad aspettare ancora l'arrivo della loro vittima predestinata.

Intanto, all'interno di Palazzo Liancourt la festa stava per raggiungere il suo culmine, visto che mancavano ormai pochi minuti alla mezzanotte.

I camerieri stavano preparando nuovi bicchieri e portando ulteriori bottiglie per festeggiare l'arrivo del 1789.

Di lì a poco, l'orchestra avrebbe smesso di suonare, e tutti si sarebbero recati nella sala della grande pendola per vedere i rintocchi, esattamente così come sarebbe accaduto nello stesso momento alla reggia di Versailles. Nell'attesa, Oscar era seduta su un divanetto, con André accanto. Voleva rifiatare un attimo dopo aver danzato parecchio.

Certo che le feste da ballo viste da quella prospettiva erano decisamente faticose! Divertenti, certo, ma ora riusciva a capire perché Maria Antonietta le trovasse così stancanti.

Non avevano intenzione di fermarsi ancora a lungo. Di certo non sarebbero rimasti fino all'alba, Volevano anche di festeggiare in privato lo arrivo del nuovo anno.

Anche se André aveva danzato con alcune delle sorelle di Oscar e quest'ultima aveva ricevuto parecchi inviti che avevano riempito i pochi spazi vuoti che lo stesso André aveva lasciato sul suo  carnet de bal, erano comunque rimasti un pochino in disparte, temendo di essere riconosciuti nonostante le sfarzose mascherine che coprivano la parte alta dei loro volti. Quando arrivò la mezzanotte, brindarono con gli altri, scambiarono cortesemente e lietamente gli auguri e furono ospiti piacevoli e sorridenti, ma sempre leggermente defilati. Dopo alcuni minuti, si allontanarono uscendo su una balconata, per scambiarsi un lungo bacio augurale.

Dal loro punto di osservazione nascosto nel giardino, le due figure che attendevano nell'ombra li videro e, commentarono tra loro quanto avrebbero preferito trovarsi all'interno della festa a baciare una bella dama, con parole e risate sguaiate.

Nel momento in cui André ed Oscar rientrarono all'interno della sala da ballo si accorsero che il marito di Josephine, il duca di Liancourt, aveva fatto il suo ingresso. Oscar si irrigidì, preoccupata, anche se  sapeva che era troppo attento alle apparenze per fare una qualsivoglia azione che avrebbe potuto gettare discredito sulla sua propria festa danzante, dando adito a chiacchiere che sarebbero durate settimane. Ciononostante, la sua presenza l'aveva messa in allarme. Temeva potesse infastidire o maltrattare la moglie.

Si avvicinarono alla coppia, che era in piedi accanto ad un tavolo carico di bicchieri e bottiglie,

- Vedi che avete utilizzato bene il mio denaro. Una festa di cui si parlerà a lungo.

- Si parlerà a lungo del mio buongusto, non del Vostro Denaro, mio caro Duca. Se aveste lasciato fare alla vostra ultima fiamma, si sarebbe riso a lungo. - Lo rimbeccò Josephine, con un sorriso civettuolo e una luce fredda negli occhi.

- Ad ogni buon conto, sono contento che abbiate dato lustro alla mia casata, ancora una volta.

E si girò, senza salutare, pronto a menar vanto della serata con gli altri ospiti.

Oscar guardò la sorella.

- Non preoccuparti. E' venuto a cogliere meriti non suoi. Il solito vanesio.

Poi la sua attenzione venne richiamata dal Marchese di Beuregard, cui aveva promesso il minuetto successivo, e si appese lieve al suo braccio per raggiungere il centro della sala.

Nel frattempo, il Dica stava conversando con alcuni ospiti, anche con l'intento di scoprire se il Comandante fosse già arrivata od avesse intenzione di partecipare alla festa.

- Mi spiace per mia moglie che Oscar de Jarjayes abbia disertato la serata.

Il Conte con cui stava conversando ribatté:

- Non credo possiate dire che abbia disertato. Immagino sia stata precettata nelle ronde notturne. Parigi è così pericolosa, di notte, ormai! Nemmeno Voi vorreste che anche i soldati fossero a festeggiare, anziché di pattuglia per le strade!

E Liancourt non poté che convenirne.

Salutò amabilmente e decise di recarsi al palazzo del Marchese di X., che lo stava attendendo. Lì la festa sarebbe stata ben più audace, e molto più intima, raccogliendo solo alcuni gentiluomini facili alla noia, ed alcune ragazze radunate all'uopo dal Marchese.

Mentre attendeva che un valletto gli recasse il proprio mantello, già convinto di aver sprecato il denaro per i due tirapiedi, la sua attenzione fu attratta da una delle coppie che danzavano. I volti erano coperti dalle maschere, ma alcuni particolari lo incuriosirono. Lei era particolarmente alta, e più esile di quanto non fossero le altre dame. Un dettaglio decisamente inusuale. Il suo cavaliere, altro fatto curioso, portava una lunga ciocca di capelli scuri a nascondere una parte del volto.

Che mi prenda un colpo! Pensò. Tutto avrebbe immaginato, tranne che vederla indossare una abito da sera.

Avrebbe anche potuto non essere lei, ma meglio non correre rischi. Avrebbe comunicato ai suoi scagnozzi chi cercare. Sarebbe stato ancora più facile. Erano entrambi disarmati. Se invece si fossero sbagliati, l'aggressione sarebbe semplicemente calcolata nel novero delle azioni violente che il popolo esasperato stava portando a segno in quei giorni.

Lasciò che il valletto, giunto nel frattempo, lo aiutasse ad indossare il mantello, ed uscì rapido, in uno svolazzo di tessuto nero.

Salì in carrozza poi, al cancello, fece fermare il cocchiere e, dal finestrino, fece un gesto verso l'ombra, dalla quale spuntarono due uomini. Sussurrò loro qualcosa, poi diede ordine al postiglione di ripartire.

 

Circa un'ora più tardi, André stava porgendo il braccio ad Oscar, per aiutarla a discendere l'ampio scalone. Entrambi indossavano ormai dei caldi mantelli, ed erano diretti verso la vettura di piazza che si vedeva pronta a farli salire.

Era ormai considerato maggiormente sicuro viaggiare su vetture anonime che utilizzare quelle di famiglia con gli stemmi, almeno dopo il tramonto.

Si sistemarono sugli stretti sedili, e i cavalli si mossero. Solo allora Oscar osò allentare il nastro che le fissava la mascherina sul volto. Anche André si liberò da quella costrizione, e si sorrisero.

- Ti sei divertita?

- Sì, e ben più di quanto mi aspettassi, a dire il vero. Anche se non quanto alla festa di Gravelines[1]. Più vera, meno formale.

- Con quell'abito sei un incanto.

- Davvero ti piace?

- E come non potrebbe? Molto elegante, eppure con un non so che di stuzzicante per certi pensierini…

Non concluse la frase, ma le rivolse uno di quei sorrisi monelli che tanto le piacevano.

Intanto, la vettura proseguiva senza fretta. Era giunta nei pressi della chiesa di Saint Jacques[2], ed ormai aveva percorso più della metà del tragitto che li avrebbe condotti a casa.

Nell'ombra dell'edificio sacro, un uomo attendeva la carrozza. Il vero postiglione giaceva legato ai suoi piedi, mentre il complice era salito a cassetta e si era recato a prelevare quella coppia così elegante a Palazzo Liancourt, secondo gli ordini del Duca.

All'interno del fiacre, i due clienti erano intenti a parlottare sottovoce, e non si curavano di sapere quale percorso stesse compiendo la vettura. Né la durata del viaggio aveva ancora avuto modo di impensierirli.

Il malfattore nell'ombra preparò un pugnale. Il suo compagno stava per arrivare.

Gli accordi presi erano semplici: avrebbe fermato la carrozza, avrebbero immediatamente ucciso l'uomo, e poi si sarebbero divertiti un poco con la dama, prima di farla fuori.

Che diamine! E' Capodanno anche per noi!

Avevano trascorso gran parte della notte ad attenderli. Erano certi che il Duca non avrebbe avuto nulla da ridire.

Preparò il pugnale, stringendolo meglio nella mano. La carrozza si stava avvicinano, vedeva la lampada fissata a cassetta oscillare ritmicamente accordandosi al movimento degli zoccoli dei cavalli, tenendo il tempo di quella musica tamburellante che gli zoccoli suonavano sul selciato. Poco alla volta iniziava a distinguersi il volto del suo compagno. Ancora pochi passi e avrebbe fermato la vettura.

Si fece avanti, uscendo dal nero dell'ombra formata dalla chiesa e dal campanile. In mezzo alla strada il lume di un lampione lasciava un piccolo cono di luce pallida e tremolante.

Si accostò gradatamente alla vettura, mentre l'improvvisato cocchiere stava lasciando che i cavalli rallentassero gradatamente da soli il loro passo.

Alzò la mano sinistra, per prendere la maniglia, mentre nella destra continuava a stringere il coltello.


[1]  Cfr. la mia OS Dune Mosse

[2]  Demolita nel 1797, durante la Rivoluzione, ora rimane solo il campanile  gotico, la Tour Saint Jacques,

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Capitolo 33
*** Ventagli e lanterne ***


Buongiorno a tutte.

Spero che il capitolo mi faccia perdonare il ritardo, dovuto ad un periodo di lavoro intenso.

Grazie a chi mi segue.

Un abbraccio da Pamina

 

33. Ventagli e lanterne

 

Oscar si accorse che la carrozza stava rallentando e cercò con gli occhi un riferimento conosciuto. Non trovandolo, si irrigidì leggermente sul sedile e poggio' la mano destra sulla spalla di André.
- La vettura si sta quasi fermando, - disse - ma non l'abbiamo ancora attraversato la Senna.

Anche lui gettò uno guardo fuori dal finestrino. Una morsa di preoccupazione lo avvolse, come una mano che gli stringesse gli addominali attorno all'ombelico. Tutti e due avevano udito e le voci riguardanti attacchi alle carrozze. E ora si trovavano in quella situazione, con Oscar disarmata e che per giunta indossava un abito femminile, che rendeva difficile la lotta e la fuga. Lui stesso, invece, non aveva la spada d'ordinanza ma soltanto uno spadino, una épée de court di pura rappresentanza, non innocua ma certo meno efficace.

Si guardarono, come era successo molte altre volte prima di un eventuale attacco. Rimasero fermi dove si trovavano, solo più eretti sui sedili in modo da poter reagire con maggior rapidità. Non sapevano se qualcosa stesse per accadere, e speravano che come tutto si sarebbe risolto in un nulla. André si accorse che qualcuno si stava avvicinando lentamente e silenziosamente allo sportello alla sua destra. Per come erano montate le cerniere, l'aggressore sarebbe stato rivolto verso di lui anziché verso Oscar. Nello spazio limitato in cui si trovava non avrebbe potuto sguainare la spada. Trattenne il fiato, contrasse gli addominali e si preparò ad agire.

All'esterno, l'aggressore stava per posare la mano sulla maniglia mentre con l'altra reggeva un pugnale. Al suo sguardo pareva che i due occupanti della carrozza non si fossero accorti di nulla, sedevano ancora l'uno di fronte all'altra in silenzio, Apparentemente ignari di quanto stesse per accadere, davano l'impressione di guardarsi l'un l'altro, inconsapevoli del mondo esterno, in realtà con i sensi all'erta su ogni minima variazione di suono o vibrazione.

L'uomo posò la mano sulla maniglietta in ottone, e, rapidamente e improvvisamente, aprì lo sportello della carrozza, per poi affacciarsi e tentando di introdursi nell'abitacolo.

Non si sarebbe certo aspettato la reazione di André, che, anziché farsi cogliere di sorpresa, lo raggiunse al petto con un doppio calcio, potendosi sostenere al sedile con entrambe le mani. L'aggressore cadde all'indietro, privo di fiato a causa del colpo che lo aveva preso in pieno sul plesso solare. André scese in fretta, estraendo lo spadino dal suo fodero.

Oscar, impacciata dall'abito, era rimasta nella vettura, certa che il cocchiere sarebbe subito accorso in loro aiuto. Seguiva quanto stava accadendo, sporta verso il battente rimasto aperto, dando le spalle all'altra porta ancora chiusa. Non sospettava neppure che il vero conducente della carrozza fosse stato assalito, legato e giacesse poco lontano, nascosto dalle ombre della chiesa di Saint Jacques. Quando, dunque, il complice che si era finto cocchiere comparve silenzioso nel finestrino alle sue spalle pronto a colpire, la colse alquanto di sorpresa.

L'abitudine alla lotta la fece voltare di scatto, pronta a reagire. Ma si trovò sprovvista di qualsiasi arma. Si mosse a tentoni nell'abitacolo, cercando il sedile per far leva con le mani. La sinistra incontrò un oggetto rigido. Non certo un'arma, ma forse qualcosa che avrebbe procurato dolore sufficiente a fermare l'assalitore, se usato con arguzia. Quando, dunque, l'uomo aprì lo sportello e si accostò per afferrarla, Oscar si mosse rapida e, con il ventaglio chiuso stretto nel pungo sinistro, mosse rapidamente il braccio, con lo stesso gesto che avrebbe utilizzato se nella mano avesse avuto un pugnale.

Pensando solamente a difendersi, aveva semplicemente sperato che l'avorio non si rompesse al primo urto. Invece le stecche sovrapposte si dimostrarono più resistenti del previsto, e la traiettoria della mano, discendente dal tettuccio al volto dell'uomo che si trovava all'altezza del suo petto, incontrò l'occhio destro del bandito. Udì un urlo di feroce dolore, si rese conto che l'aggressore, portatosi le mani al volto, stava ricadendo all'indietro, non più sostenuto ai montanti della carrozza. Per un attimo, che passò immediatamente, la scena la riportò indietro, ad un'altra notte di ferite e dolori. Ma si rese conto di non aver tempo da perdere. Lasciando l'uomo a terra, raccolse le gonne e si accinse a scendere dall'altro sportello, per vedere cosa stesse accadendo ad André.

Lo vide impegnato in duello impari, non solo per la differenza nello stile, grezzo e sleale, dell'avversario, né per la diversità dell'arma, che avrebbe dovuto favorire invece il Capitano, ma soprattutto perché si svolgeva in una zona decisamente poco illuminata. Era stato un luogo scelto appositamente, dopo aver ricevuto dal Duca informazione sui punti deboli delle vittime, per rendere più difficoltosa una eventuale reazione, come appunto stava accadendo. Il buio, infatti, stava rendendo più difficile il combattimento per André, che pur cercava di orientare i colpi in modo da rimanere nel cono di luce della lampada del fiacre, sospingendo per quanto possibile l'avversario nell'ombra.

La lotta era serrata, eppure non pareva che vi potesse essere una soluzione a breve.

Oscar si guardò attorno, e si sollevò sul predellino per prendere la lampada, ed avvicinarne la fioca luce ai contendenti. Vedeva André faticare e si sentiva inutile, in quel frangente. Osservò ancora un paio di fendenti, poi si avvide che, indietreggiando, il soldato mise in fallo il piede sinistro, cosa che gli fece perdere l'equilibrio e compiere alcuni passi scoordinati all'indietro. Se non avesse trovato dietro di sé il corpo docile del cavallo sarebbe certamente rovinato a terra. Ma l'avversario ne approfittò per avvicinarsi.

Lei non pensò neppure per un attimo. Utilizzò la sola cosa che aveva a disposizione , pronta a tutto pur di difendere André. Sollevò la mano destra e lanciò la lanterna contro l'altro uomo, colpendolo al gomito sinistro. L'olio si rovesciò lungo il mantello, e brevi fiammelle presero a lambire la lana spessa del tabarro, mentre altre gocce roventi colavano lungo la gamba e l'avambraccio. Quando se ne rese conto, il sicario tentò di spegnere le fiamme, ma i suoi movimenti scomposti ottenevano l'effetto opposto.

Battendosi la gamba per placare il fuoco ed il dolore, faceva ondeggiare il mantello, infiammando ancora di più la lana che lo costituiva, ed allargando ulteriormente la macchia d'olio che si stava spargendo sul tessuto. Lasciò stare la gamba, per tentare di aprire il fermaglio che lo fissava al collo, ma la paura gli faceva tremare le mani e rallentava l'operazione.

Il tutto non durò più di qualche secondo, ma agli occhi di André parve dilatarsi come in una eterna pantomima. Dopo aver osservato qualche attimo i vani e scoordinati tentativi dell'uomo, senza nemmeno trovare lo spirito per reagire, il Capitano lo vide muoversi e correr via in direzione del fiume, per provare a estinguere le fiamme.

Rimase immobile ad osservare la scena, poi parve realizzare quali fossero le cose più importanti, al momento.

Avevano certamente fatto rumore, probabilmente presto qualcuno sarebbe uscito a vedere cosa stese accadendo. Dovevano andar via da lì. Soppesò mentalmente la situazione. Non aveva tempo, e dovette confessarselo, nemmeno la voglia, di preoccuparsi dei due uomini, quello fuggito verso il fiume e quello che giaceva sull'acciottolato.

Si rivolse ad Oscar e le intimò di salire in fretta in carrozza. Lui fu svelto ad arrampicarsi a cassetta, fece schioccare il fustino ed il cavallo, docile, partì. Ormai Rue Guillome non distava molto, poco più di mezzo miglio. Il suo scopo era quello di ritornare alla sicurezza della loro casa nel più breve tempo possibile.

Il tragitto fu rapido, e quando arrivarono a casa André scese velocemente, aiutò Oscar a raggiungere la strada, ed afferrò il pesante battente in ottone per chiamare la servitù. Durante l'attesa, fece schioccare nuovamente la frusta per far partire il cavallo, affinché lo trovassero più lontano possibile dalla loro abitazione.

Fu Jean-Paul ad aprire, il marito della cuoca, Madame Tatie.

Rimase quasi senza parole, nel vederli sull'uscio appiedato:

- Ma, Monsieur!

Fu tutto quello che seppe dire.

- Buonasera, Jean-Paul. Il fuoco nella mia stanza è acceso?

- Certamente. Occorre solo ravvivarlo un poco. Provvedo subito. E faccio salire Marie per gli abiti.

- No. - lo fermò André. - Non occorre.

Poi porse il braccio ad Oscar, accompagnandola lungo fino alla scalinata, sino alla camera che condividevano.

Quando vi furono giunti, lei si lasciò scivolare su un divanetto accanto al fuoco, che qualcuno aveva già provveduto a rendere scoppiettante ed allegro. Una volta seduta, sospirò e sciolse il fermaglio argentato del mantello, con mani ancora un poco malferme.

Andrè aveva gettato il proprio senza far troppo caso a dove finisse, poi le si sedette accanto.

- Stai bene?

- Si , puoi essere tranquillo. L'ho colpito prima che potesse toccarmi. Non volevo che – un sospiro – che accadesse ancora.

- Ma eri armata? Mi pare improbabile che Josephine avesse pensato a qualcosa del genere per il tuo abito.

Oscar, nonostante tutto, ridacchiò.

- Non ci crederesti mai. L'ho colpito con il ventaglio. Le stecche di avorio, una sull'altra, possono essere robuste. L'ho colpito ad un occhio.

Si fermò ad osservarlo in tralice. Temeva che questa frase potesse addolorarlo.

Ma André stava seguendo il filo di altri pensieri.

- Parigi è molto pericolosa. Non so se l'aggressione sia stata casuale, a due aristocratici qualsiasi, o almeno così penso apparissimo, o se qualcuno ci volesse morti. Noi due in particolare. Cosa non infrequente, negli ultimi mesi.

Tacque un attimo.

- Tu e il bambino siete la cosa più importante. Sino a ieri ero dubbioso, mi chiedevo se non sarebbe stato meglio mantenere il ruolo di Capitano, per non allontanarti troppo dalla tua vita, perché tuo padre ha accettato le nozze con me anche perché il grado mi eleva al di sopra del mio rango di roturier, per non sottrarti del tutto al prestigio. Ma stasera il destino ha deciso per me. Ti devo portar via da qui.

Oscar lo guardò.

- Hai ragione. Ho sempre vissuto in questo modo, non ne conosco altri, ed adattarmi potrebbe essere difficile. Ma, per la nostra incolumità, non basta che io lasci l'uniforme. Occorre che ci trasferiamo.

Poi gli poggiò il capo sulla spalla, lasciandosi abbracciare.

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Capitolo 34
*** Sospetti ***


34. Sospetti.

 

Il due gennaio, Oscar sedeva nel suo ufficio asciugando un foglio coperto dalla sua grafia ordinata. Pareva un documento ufficiale, Si soffermò un attimo ad osservarlo, non come se cercasse un errore, ma come se volesse imprimerselo nella memoria.

Poi lo chiuse con un gesto rapido, lo sigillò con la ceralacca e lo pose in cima al mucchio dei dispacci ufficiali per la reggia e per la sede di Versailles delle Guardie Metropolitane.

Pochi momenti dopo, entrò un soldato, una delle ultime reclute, che prese il voluminoso plico per effettuare il trasporto. Una volta uscito il ragazzo, Oscar sospirò. Anche questa era fatta, aveva apposto la firma ed il sigillo sulla propria domanda di congedo, e su quella di André, che aveva avallato come suo Comandante.

Il pensiero di quello che ormai poteva considerare con il suo futuro marito le fece venire il desiderio di andargli a confermare che i due documenti erano ormai partiti, e che il meccanismo che li avrebbe liberati dalla divisa si era ormai messo in moto.

Mosse i pochi passi che la separavano dall'ufficio, e vide che la porta era solamente accostata. Stava per spingere il battente, quando udì delle voci dall'interno.

- Non è una buona notizia. Per ora preferirei non dirlo ad Oscar. Almeno fino a che non ne avremo la certezza. Non vorrei causarle pensieri inutili.

- Certo che non è un sospetto da nulla. - Rispose l'interlocutore, che lei riconobbe come Alain

- Vorrei esserne certo. L'uomo con le ustioni non è in grado di dire nulla, e l'altro non è stato trovato.

-Stiamo ancora battendo gli ospedali ed interrogando i medici, ma se è stato curato dal medico personale del mandante non scopriremo nulla.

- Sempre che non voglia liberarsi di un paio di testimoni scomodi. Non è certo tipo da farsi scrupoli.

- Io vado. Prima ci muoviamo e meglio è. - Concluse Alain, poi si congedò e si allontanò rapidamente.

Oscar fece un balzo all'indietro, fingendo di arrivare in quel momento. Lei ed il soldato si scambiarono il saluto, e mentre si allontanava Soisson si chiese se potesse aver udito qualcosa, ma ritenne che fosse troppo lontana e, scuotendo impercettibilmente il capo, continuò lungo il corridoio.

Lei rimase ancora un attimo sulla soglia, combattuta tra il sentimento piacevole che le veniva dal sapersi protetta e una sensazione rabbiosa dovuta al fatto di esser mantenuta all'oscuro di alcune indagini. Una parte del suo animo avrebbe voluto entrare ed aggredirlo, un'altra le suggeriva di mantenersi calma ed apprezzare il dono della pace che le stava offrendo. Le venne da pensare che troppe volte aveva ricambiato con ingratitudine e irritazione un gesto gentile. Decise di provare a contenere la stizza, consapevole che André prima o poi le avrebbe raccontano cosa stava sospettando.

Spinse quindi l'uscio, affacciandosi con un sorriso, per quanto un poco tirato.

- Posso disturbarti?

- Sai benissimo che non disturbi mai. - Fu la risposta che ottenne. - Stavo preparando degli ordini di servizio.

Lei gli rivolse uno sguardo interrogativo.

- Sto cercando di scoprire qualcosa di più sull'aggressione che abbiamo subito. Non sono tranquillo.

Quindi glielo stava dicendo. Oscar si diede della stupida, per essersi inalberata per nulla. E fu felice di non essere entrata come una furia.

- Pensi non sia stata casuale?

- Non so nemmeno io cosa pensare. Se da un lato è vero che ormai sono eventi quasi comuni, dall'altro non riesco a non pensare a tutti gli attacchi cui siamo stati sottoposti negli ultimi mesi. Mi pare plausibile che anche questo faccia parte della serie.

- E' un pensiero che è venuto anche a me. Hai sospetti sul mandante?

- Uno, ma troppo vago. Ma per ora preferirei tenerlo per me, almeno sino a che non avrò potuto confermarlo in qualche modo.

André tacque un attimo.

- La cosa che mi preoccupa di più è il timore che, chiunque sia, possa scoprire dove andremo a vivere.

Oscar sorrise.

- Difficile, visto che nemmeno noi sappiamo ancora dove andare.

- Anche se non ho accettato la sua offerta di adozione, potremmo andare in Provenza, nei pressi di zio Théophile. Per lui potrebbe essere piacevole la nostra presenza, si sentirebbe meno solo.

- Non saprei. O meglio, credo che sarebbe una buona idea passare in visita, e sarebbe anche un modo per depistare eventuali aggressioni. Ma non mi pare opportuno vivere ancora all'ombra della mia famiglia. Troppo ingombrante, per noi due. Tu hai la casa a Gravelines. Andiamo lì.

- Ma...è...piccola.

- Andrà benissimo.

- No, che non andrà benissimo. Sei abituata ad altro, e lo sai bene.

- Le abitudini possono cambiare. Se pensi così mi sottovaluti.

André le prese le mani.

- Non ti sottovaluto. Ma siamo stati in quella casa una settimana. E' ben diverso che rimanerci una vita. Poche stanze, poche comodità.

- Lo so. Ma lì nessuno conosce il nostro passato. Saremo liberi. E una casa piccola è più semplice da mantenere, con il denaro che abbiamo e con quello che arriverà dai tuoi libri. E se poi dovessi trovarmi davvero male, potremmo sempre cambiare.

André tacque un attimo, e lei ne approfittò per ripetere il programma.

- Dopo il matrimonio andiamo a sud, da mio zio, per rimanere un poco con lui e goderci già un poco di primavera. Poi, con calma, ripartiamo per Gravelines in modo da arrivarci per giugno. Così per la metà di luglio, quando nascerà il bambino, saremo sistemati. E non dire che mi stancherò troppo. Faremo con calma.

Lui dovette ammettere con se stesso che il progetto era allettante.

- Ma mi devi giurare una cosa.

- Cosa?

- Se nella casa di Gravelines, nel paese di Gravelines, nella vita che faremo a Gravelines dovessi trovarti male, se ti stesse così stratta da sentire la necessità di un cambiamento, dovrai dirmelo. Subito. Non dovrai permettere alla situazione di divenirti odiosa, altrimenti ne risentirà il nostro amore. Non dovrai rimanere per orgoglio in una vita che hai scelto senza conoscere. Non dovrai buttar via il nostro amore per una casa. Giuramelo.

Oscar comprese il senso della richiesta, che ad un primo ascolto avrebbe potuto apparire strampalata. E non poté che assentire.

- Lo giuro. Non c'è nulla al mondo che per me conti più di te e del nostro amore. Ma non dubitare, per me gli agi non hanno tutto questo valore.

Gli si avvicinò, abbracciandolo e poggiandogli il capo sulla spalla.

Si strinsero, rimanendo per un poco allacciati in quella posizione. Prima si staccarsi, suggellarono la promessa con un bacio.

Poi André parlò.

- Ti aspetto a casa tra non più di un'ora, non tardare. Io vorrei prima parlare con una persona per fugare o confermare un sospetto.

Le baciò il dorso della mano destra, e partì.

Oscar si diresse verso l'ufficio del Colonnello D'Agôut. Voleva spiegargli personalmente il motivo per cui abbandonava la Guardia. Glielo doveva.

 

André era abbastanza sicuro di trovare a casa il Dottor Leblanc, nel suo studio. Difatti, quando lo fece entrare, era intento ad elaborare i dati di uno dei suoi esperimenti sulla soda.

Venne accolto gentilmente, né si stupì troppo per la domanda. Che gli venne rivolta.

- Debbo dire che talvolta mi capita di curare qualche, diciamo, qualche losco personaggio per conto del Duca D'Orleans. Figuri che vengono foraggiati per compiti non proprio raccomandabili. Eppure il mio dovere di medico mi impone di curare chiunque. Ma non in questi giorni. Se, come dite, il complice di colui che cercate è in un ospedale, non vedo perché costui sia invece stato curato da un medico di qualche famiglia.

- Vedete, come vi accennavo prima, a causa di una serie di aggressioni precedenti, il dubbio che anche quest'ultima fosse specificamente diretta a noi mi ha colto più di una volta.

- Se dovessi incontrare qualche collega, cercherò di informarmi.

- Vi ringrazio. - Disse André – pronto a congedarsi.

 

Rientrato a casa, vi trovò già Oscar, che era rientrata abbastanza rapidamente. Stava leggendo un biglietto.

- Domani avremo tre delle mie sorelle in visita. Bisognerà organizzare una cena. - Gli disse sorridendo.

- Mi sembra una grande idea.

E si accomodò su una seggiola dall'altra parte del tavolino rotondo.

- Pensi di potermi raccontare qualcosa di tuoi sospetti, ora? - Chiese lei, ridiventando seria.

- Ti posso dire il sospetto che avevo. Ma che non ho potuto confermare.

- Ovverosia?

- Visti i trascorsi tra te e lui, e considerato il fatto che è affiliato al Grande Oriente di Francia, e tutte le altre cose che sai, mi ero persuaso che il Duca D'Orleans potesse essere il mandante di questa e delle altre aggressioni. Ho provato ad indagare tramite Leblanc, ma non ha curato nessuno, in questi giorni. Quindi mi sono sbagliato.

. Non è detto che tu ti sia sbagliato. Basterebbe che l'uomo fosse sacrificabile.

- Potrebbe riprovarci, se fosse come dici tu. - Riprese André.

- Vedi, allora, che diventa importante andare a vivere in un posto poco prevedibile.

Disse Oscar. Poi continuò.

- In fondo, tra poco più di un mese, saremo in viaggio per le coste del Sud.

- E sarai mia moglie. - Ribatté con un sorriso.

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Capitolo 35
*** Febbraio ***


35. Febbraio.

 

 

Oscar si voltò verso Loulou.

- Allora, ti interessa ancora?

- Sì, certamente. Mi metto il mantello a possiamo andare.

Attese pazientemente che la ragazzina fosse coperta, poi uscì di casa, voltando immediatamente a destra lungo Rue Guillome. Il fango stava cominciando a scomparire, ed il freddo che aveva pietrificato Parigi nei mesi precedenti stava iniziando a lasciare spazio ad un timido tepore. Entrambe percorsero i pochi passi che le separavano dalla casa di Madame Biheron, davanti alla cui porta Oscar si arrestò per far sbattere contro il portone il pesante anello in ottone sostenuto dalla bocca di un drago.

Un valletto le accolse deferente, per poi scortarle al piano superiore dopo aver preso i mantelli.

Loulou sgranò gli occhi quando si trovò nel grande laboratorio dell'anatomista. Si mise ad osservare i modelli in cera, senza turbarsi minimamente per il fatto di trovarsi dinnanzi a riproduzioni di corpi umani privati della pelle, od aperti a mostrare le viscere.

- Mia nipote, figlia di mia sorella Hortense. La chiamiamo familiarmente Loulou.

- La bambina pare particolarmente interessata al mio lavoro.

- E' molto intelligente. Anche i suoi genitori se ne sono accorti, e hanno intenzione di valutare quale possa essere la migliore scelta per il suo futuro. Per questo motivo le ho permesso di accompagnarmi. Vorrei che vedesse il lavoro di una donna che ha raggiunto la fama grazie al proprio sapere.

- Voi mi lusingate. - Rispose Madame Biheron. - La piccola potrebbe però prendere voi ad esempio, perché no?

- Non lo augurerei a nessuno. Io ho dovuto vivere nella finzione di essere un uomo, perché solo così avrei potuto ricoprire il ruolo che mi è stato assegnato dalla nascita. Vorrei invece che lei crescesse con la consapevolezza di essere una ragazza intelligente, e che può e deve far fruttare i suoi talenti.

- Nemmeno questa è una cosa facile. Ve lo posso garantire.

- Nulla è semplice, temo. - Rispose Oscar.

La scienziata sospirò.

- Immagino non siate venuta solo per questo, vero?

- No, in effetti. Volevo anche ringraziarvi per aver testimoniato al processo. Immagino sappiate come si è concluso.

- Si, mi sono tenuta informata tramite le gazzette, anche se suppongo che abbiano infarcito il racconto di esagerazioni.

- Non ho seguito che le prime udienze – La informò ancora Oscar – per cui non conosco i dettagli nemmeno io. E' stata condannata alla reclusione alla Petite Force1. Il giudice ha ritenuto che fosse consapevole di ciò che faceva, ma non completamente, e pertanto ha deciso che non meritasse la pena di morte, ma nemmeno fosse da rinchiudere alla Salpêtrière. Sentenza opinabile, forse.

- Sono un'anatomista, non un medico che si occupa di isteria. Eppure, mi sono chiesta anche io se non fosse una malata, una pazza, più che una folle assassina.

- Chissà se lo sapremo mai2. - Chiosò Oscar.

Rimasero un attimo in silenzio.

Poi Madame Biheron parlò.

- Le voci dicono che vi trasferirete.

- Vox populi, vox dei- rise lei di rimando – le dicerie hanno ragione. Dopo l'aggressione di Capodanno io ed André abbiamo deciso che potrebbe essere meglio vivere in un posto più tranquillo. Quindi andremo sulla costa.

La donna, abituata alla riservatezza, non chiese di più, e si allontanò per andare a dare qualche spiegazione alla piccola Loulou, mentre Oscar si sedette ad osservarle.

 

André sedeva con Alain nella biblioteca di quella che sarebbe stata casa sua ancora per qualche giorno.

- Davvero Marie potrà lavorare dalla sorella del Comandante...ehm, di tua moglie? - Si corresse in corsa.

- Certamente. Si è presa l'impegno di trovarle un nuovo impiego, e l'ha fatto. Inoltre, Josephine ha licenziato parecchie cameriere, e si trovava nella necessità di sostituirle.

- Ma, quindi, non è che potrebbe capitare anche a Marie? Di essere lasciata a casa di colpo?

- Non ti preoccupare. Non potrà mai accadere. Erano state assunte dal marito perché particolarmente, diciamo, compiacenti. Da quando, dopo l'aggressione subita circa un mese fa, il Duca di Liancourt è immobilizzato a letto, Madame Josephine si è liberata di parecchia gente scomoda. Non solo le cameriere, ma anche dei tipi loschi che suo marito pagava per portare a termine lavoretti poco puliti, se così si può dire.

Alain fischiò.

- Ne ha di fegato, questa sorella. Quei tizi potrebbero fargliela pagare.

- Anche per questo abbiamo fatto assumere Marie da lei. - Rispose André con un sorrisetto sornione. - Perché tu, passando a salutarla, tenga gli occhi aperti sulla casa.

- Potete contarci.

- Secondo il medico, il Duca non potrà più camminare, né parlare, e muove a stento il braccio destro. Quindi dubito che sarà ancora pericoloso. Ma meglio tenere gli occhi aperti.

- Sei davvero sicuro che sia stato lui ad organizzare l'agguato di Capodanno?

- Ne sono certissimo. Quando l'assalitore è stato fermato dalle ronde, non solo lo abbiamo riconosciuto (avremmo potuto prendere un abbaglio), ma ha anche confessato. Ha aggredito Liancourt per vendicarsi di aver dovuto essere il solo a pagare per le sue colpe.

- Che dire? Ora il Duca non farà più danno. Ha avuto quel che si meritava.

Il dialogo venne interrotto dall'ingresso di Oscar.

- Dove hai lasciato Loulou? - Le chiese André.

- Da Madame Biheron. Le sta tenendo una lezione, la farà riaccompagnare qui più tardi.

Lei si sedette accanto al marito, e si rivolse ad Alain.

- Mi ha fatto davvero piacere che voi soldati siate venuti in chiesa al nostro matrimonio.

Il militare sorrise con aria furba:

- Non ci saremmo persi per nulla al mondo lo spettacolo del Comandante con la gonna. - Disse, provocando l'ilarità di Oscar.

Poi il soldato tornò serio, e chiese:

- Quando partirete?

- Tra tre giorni. Anche Constance e la sua famiglia partiranno, ma verso Le Havre, per imbarcarsi, mentre noi andremo a sud, per goderci la primavera sulla costa.

- Cosa ha detto il Generale Vostro padre dell'idea di vivere nella casa di André a Gravelines?

- Per ora nulla. Non abbiamo ritenuto di dirglielo.- riprese lei.

- Ha appena finito di digerire l'idea delle nozze con un roturier, che non è nemmeno più il Capitano che lui sperava. Direi che non è il caso di turbarlo troppo. Lo avviseremo appena ci trasferiremo a nord.

Alain si alzò, e si preparò a congedarsi. Sapeva che non li avrebbe rivisti per mesi. Forse non li avrebbe incontrati mai più. Non era il tipo da commuoversi, eppure gli parve di avere un groppo in gola.

Un abbraccio con una pacca sulla spalla per André, una stretta di mano con Oscar, e se ne andò. Lei lo guardò uscire, e pensò che nei giorni seguenti avrebbe dovuto salutare moltissime persone, alcune delle quali molto care al suo cuore.

 

L'ultimo giorno di febbraio stava volgendo al termine.

Oscar sedeva serena sul sedile della berlina che si stava dirigendo verso sud. Ben presto avrebbero fatto tappa in una locanda per trascorrere la notte, non era prudente viaggiare con il buio. Si voltò a guardare André, che seguiva distrattamente il fluire deii filari di alberi che, ordinatamente disposti, fiancheggiavano la carreggiata. Quasi si rendesse conto di essere osservato, lui girò il suo sguardo color foglia verso di lei.

Oscar sorrise e trasse un profondo respiro.

- Siamo all'inizio di una nuova avventura. Del tutto diversa da quelle che l'hanno preceduta.

- Sei preoccupata?

- Niente affatto. Sono sicura che la vita con mio marito sarà la più mirabolante di tutte.

E si sporse per posargli un lieve bacio sulle labbra.

 

 

Eccoci infine all'epilogo.

Ringrazio infinitamente chiunque abbia letto, silente o recensore, chi ha apprezzato, chi non ha apprezzato, chi ha fatto congetture, chi ha indagato.

Come vedete, ho volutamente evitato di raccontare le nozze.

Ma, se foste curiosi della loro vita futura, ho in mente una mini-storia che ci farà vedere la loro esistenza nella casetta di Gravelines.

A presto.

Un abbraccio da Pamina.

 

 

1  Nella realtà la Cianciulli fu condannata al ricovero per almeno tre anni in un manicomio criminale e a trent'anni di reclusione

2  Sulla salute mentale della Cianciulli sono stati scritti numerosi testi, e se ne discute tuttora.

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