Il veleno nella vita

di Hikari_Sengoku
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La morte di Kagome ***
Capitolo 2: *** Il nome: Shinichi ***
Capitolo 3: *** Rinascita ***
Capitolo 4: *** Sette anni dopo... ***
Capitolo 5: *** Parentesi sugli alberi ***
Capitolo 6: *** Il ciclo della vita ***



Capitolo 1
*** La morte di Kagome ***


La morte di Kagome

Kagome e Inuyasha stavano finalmente tranquilli sulla collina davanti al villaggio. Erano passati ormai due anni dal ritorno di Kagome e uno dal loro matrimonio. Inuyasha abbracciava Kagome da dietro, accarezzando con le mani artigliate il grembo gonfio di vita. “Inuyasha, come pensi di chiamarlo se sarà femmina?”
“è un maschio” rispose categorico lui.
“Non lo puoi sapere finché non lo vedi. Allora?”
“E allora… Sento odore di demoni”
“Inuyasha… non cambiare argomento!”
Ma lui non le rispose. Si era alzato, e scrutava il terreno come se ne dovessero spuntar fuori mostri.
“Kagome scappa… Sono demoni serpente, non è prudente che ti vedano nelle tue condizioni!”
“Va bene, vado ad avvertire Sango e Miroku!” Kagome prese a correre.
“No! Non ce n’è bisogno! Li distruggerò in un colpo solo!”
Appena vide che Kagome era in salvo, si girò dove sapeva esserci il demone. “E ora a noi due! Esci fuori, vigliacco!”
E appena lo disse, dalle pendici del monte si erse una creatura dall’enorme corpo di serpente e dalla testa di drago, dalle lucenti squame smeraldo solcate di cicatrici che brillavano al sole. Soffiò, saggiando l’aria con la sua lingua biforcuta, e puntò il suo unico occhio sano, giallastro come la palude, sul mezzodemone. L’altro occhio era bianco, e ruotava senza alcuna logica nell’orbita. Era una vista disgustosa.
“Mi hai ssssss… Chiamato?” disse sibilando.

Dopo un combattimento di appena cinque minuti, il demone serpente era già a terra, la gola tagliata che sprizzava sangue rosso brillante. Col sangue fuoriuscì anche un sibilo: “Sciocco… Non lo sai che noi demoni serpenti viaggiamo sempre in coppia? Perché non vai a cercare la tua compagna… invece di guardarmi morire?”
Inuyasha spalancò gli occhi, sentendo distintamente le grida di Sango urlare il nome di Kagome.
Incontrò un piccolo demone simile ad un orco in miniatura, la pelle verdastra, gli artigli grondanti del sangue di Kagome. Non si diede neanche pena di lui, lo schiacciò sotto i suoi piedi come se non esistesse, uccidendolo.
Corse, veloce come il vento, ma era tardi. Kagome era nella capanna di Kaede, da cui provenivano forti grida di dolore. Il cuore di Inuyasha stava scoppiando, straziato da quelle grida. Miroku gli si parò davanti.
“Inuyasha… lo so che vorresti correre da lei, ma fidati, peggioreresti solo la situazione. Aspettiamo la somma Kaede, lei saprà darti qualcosa da fare per aiutarla”
Prima che lui potesse ribattere, dalla capanna uscì Kaede, con la faccia scura come il cielo dei poli d’inverno.
“Kaede… si salveranno, non è vero?”
“Inuyasha… le abbiamo somministrato l’antidoto, dovrebbe funzionare, ma in quel caso vostro figlio morirà. Ci ha chiesto di tirarlo fuori da lei prima che il veleno lo raggiunga, ma è un’operazione rischiosa, potrebbe non sopravvivere” Il cuore di Inuyasha si spaccò in due. Se la sua amata Kagome si fosse salvata con l’antidoto, avrebbe ucciso suo figlio, ma facendolo uscire fuori per salvarlo, era lei a rischiare la vita.

Passarono due ore prima che la capanna si riaprisse. Ne uscì Kaede. Una sola lacrima solcò il viso rugoso dell’anziana sacerdotessa. Inuyasha era terrorizzato.
Entrò. Il silenzio riempiva la stanza insieme alla penombra, le uniche luci ai suoi occhi le silenziose lacrime sui visi di Sango e Miroku e i capelli di ferro di un neonato fra le braccia di Sango.
Davanti alla porta, un futon insanguinato, e sopra… il corpo di Kagome, vuoto. Inuyasha cadde in ginocchio accanto a lei, gli occhi vuoti, la voce un sussurro strozzato e sofferente, di chi non riesce più a respirare: “Andate via. Vi prego. Lasciatemi so…lo” Disse, la voce spezzata.
Appena furono usciti strinse i denti con tanta forza che avrebbero potuto spezzarsi, i palmi si riempirono in poco tempo di sangue.
Si avvicinò a lei, e la prese, con la delicatezza con cui si tocca un oggetto di cristallo, per le spalle. La testa si riversò all’indietro verso di lui, gli occhi nocciola aperti, spenti e vuoti, la bocca socchiusa come in un ultimo bacio, i capelli d’ebano sfioravano morbidi il futon.
Inuyasha tremava. Le lacrime sgorgarono, e lui crollò la testa sulle bianche vesti di lei, sui suoi tenerissimi pantaloni gialli a fiorellini rosa che tanto l’avevano fatto sorridere…
Strinse con forza il suo corpo, unendo le sue lacrime al sangue scuro e al veleno violaceo che usciva dai tre lunghi segni di artigli che le solcavano la pelle, dalla spalla fin oltre la clavicola, quasi fino allo sterno. Il sangue misto al veleno colava senza tregua, macchiando le vesti e il pavimento, ma lui non se ne curava, continuava a stringerla, spasmodicamente, quasi volesse, stringendola, riportarla alla vita. Le strinse la mano. Il dolore arrivò con tutta la sua potenza, dilaniandolo, distruggendolo, spezzandolo in mille frammenti. Era morta, era morta, era morta… se lo ripeté fino alla nausea, ma non ci credeva ancora… Era morta…
 




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Capitolo 2
*** Il nome: Shinichi ***


Il nome: Shinichi Erano ormai passati tre giorni da allora, e Inuyasha non voleva saperne di lasciarla andare, guardando chiunque si avvicinasse con gli occhi rossi di rabbia demoniaca. Il corpo era rimasto intatto. Era la particolarità di quel veleno: le sue vittime morivano, ma il loro corpo era preservato dal veleno stesso, cosa che rendeva ancora più difficile ad Inuyasha staccarsi, vedendo che in lei non vi era alcun sintomo di morte se non la pelle gelida e bianca in modo innaturale e la mancanza di respiro e battito. Sango e Miroku si fermarono sulla soglia. Inuyasha vide con la coda dell’occhio il petto di un fagottino tra le braccia di Sango alzarsi e abbassarsi, tranquillo. “Inuyasha… Lo sappiamo che soffri molto, ma dovresti almeno vedere tuo figlio, e scegliergli un nome. Non è colpa sua se la Divina Kagome è…” ma la voce di Miroku si spezzò. “No, non è colpa sua. Ma io… non so se ce la faccio…” ma prima che potesse finire la frase Sango gli mise davanti un fagottino avvolto in una copertina violetta, tremendamente simile al neonato di Naraku, gli occhi chiusi, imperturbabile. Ma appena sentì il padre vicino, parve rianimarsi. Spalancò gli occhi castano chiaro, in cui rilucevano pagliuzze dorate, e aprì la bocca in un sorriso sdentato così dolce e luminoso… il sorriso di Kagome. Il bimbo mosse le manine, e afferrò con i piccoli ditini artigliati i capelli di Inuyasha. Lui ne rimase sorpreso, e chiese a Sango: “Ma lui cos’è?” “è un mezzodemone in tutto e per tutto, proprio come te, niente di più, niente di meno. Il sangue demoniaco in lui si è subito preso metà del suo essere. È come te” Inuyasha rimase stupito, mentre osservava il piccolo bimbo felice. “Ho deciso… si chiamerà Shinichi, Unica Realtà, perché sarà l’unica realtà che vivrò” “D’accordo… benvenuto nel mondo, piccolo Shin!” disse Miroku accennando il timido sorriso che Inuyasha non voleva esprimere.​


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Capitolo 3
*** Rinascita ***


Rinascita

Erano passati sei mesi. Inuyasha aveva scavato sotto la capanna una botola, aveva costruito un alto letto di pietra, e vi aveva deposto il corpo di Kagome. Lo vegliava ogni notte. Di giorno ormai si era convinto che fosse inutile vivere nel passato, e si occupava della sua casa e di suo figlio, finendo puntualmente sgridato da Sango, che aveva già quattro figli e un quinto in arrivo. Di giorno nel villaggio ormai risuonavano solo le grida di Sango ed il pianto del bambino.
“Inuyasha, smettila! Così..”
“Sango, smettila tu! Non ne posso più! E da mesi che non fai altro che urlarmi contro!” Inuyasha era esasperato, con Shinichi frignante in una mano, una fascia nell’altra, e il piede premuto contro lo sgabuzzino stracolmo.
Sango sorrise. Dopo mesi che lei e Miroku si occupavano di Shinichi da soli, era arrivato Inuyasha assicurando che d’ora in avanti si sarebbe occupato lui di Shin.



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Capitolo 4
*** Sette anni dopo... ***


Sette anni dopo… Inuyasha e Shinichi giocavano insieme nel fiume, schizzandosi a vicenda. Shin era cresciuto, ed era identico al padre in tutto e per tutto, se non per il carattere e lo splendido sorriso di Kagome, i capelli color ferro e gli occhi nocciola con le pagliuzze dorate, ma gli arrivava appena all’anca. Unico particolare, una sorta di ricamo violaceo su tutto il braccio destro, segno del veleno che aveva ucciso la madre. Era quello stesso segno a renderlo invulnerabile al veleno, dandogli un aspetto particolare, quasi mistico. Il ricamo violaceo era privo di senso, ma affascinava molti, tranne suo padre, che invece odiava quel segno. Shinichi aveva sempre notato che dietro allo sguardo fiero e felice del padre c’era sempre quell’ombra… una tristezza che lui non gli aveva mai tolto. Ad un certo punto, Inuyasha sentì un forte odore di lupo, ed un vortice avvicinarsi veloce. “Koga…” sospirò. Ogni cosa che gli faceva ricordare Kagome gli procurava una stilettata al cuore. Il dolore non era mai diminuito, era solo lui ad essersene abituato. E Koga era uno di quei ricordi, e per quanto non lo sopportasse, non poteva fargli assolutamente nulla. “Ehi, botolo ringhioso, dov’è Kagome? Ero venuto a salutarla…” Le parole gli si spensero in gola quando vide Shinichi. “Chi è? … è figlio tuo e di Kagome, vero?” lo disse con una nota di rammarico nella voce. “Si, e si chiama Shinichi, lupastro” non aveva potuto fare a meno di rispondergli. “Ma lei non dovrebbe essere con voi qui? Dov’è?” Shin si nascose dietro a suo padre. Si ricordò bene quanto suo padre si fosse arrabbiato quando zio Miroku aveva nominato il nome della mamma, ed aveva paura per il simpatico lupo. “Lei… è morta” disse sofferente. “Come? Non è possibile…” gli occhi azzurrissimi dello youkai lo guardavano tristi. “Io ero venuto qui per dirle della nascita del figlio mio e di Ayame, ma non pensavo ad un addio così drastico… e tu, ragazzino, semmai questo botolo non ti andasse più bene come padre, ricordati che nella nostra casa c’è sempre un posto libero…” la tristezza l’aveva preso, e poi aveva visto in Shin il carattere di Kagome, e si era subito affezionato. “Complimenti, lupastro…ma non la smetti mai con queste proposte?!?!?!?!?!?!?!?!” urlò Inuyasha, mentre un vortice spariva nel bosco. “Zia Sango, zio Miroku! Che bello vedervi! Ma dove sono Eri, Hikari, Yoichi, Hidao e Hiroshi?” Shinichi era sempre felice di vedere la sua bella zia e il suo strano zio che veniva sempre picchiato. “Shinichi! Sono andati a giocare sul Goshimboku! Aspetta che li vado a chiamare!” Disse Sango prendendolo in braccio. Eri e Hikari erano gemelle, le prime figlie di Sango e Miroku. Hidao e Yoichi erano venuti ad un anno di distanza l’uno dall’altro, mentre Hiroshi aveva l’età di Shinichi, ed era il suo migliore amico, ed era identico al padre per aspetto e istinto protettivo per la madre e le sorelle, ma aveva il carattere serio e posato, ma anche molto vivace di Sango. “Bambini, a pranzo!” Zia Sango chiamò.


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Capitolo 5
*** Parentesi sugli alberi ***


Parentesi sugli alberi Da quando Kagome era morta, Inuyasha ogni notte visitava la sua tomba, e le parlava. Erano ormai passati diciassette anni da quel giorno. Shinichi non aveva mai festeggiato il compleanno con il padre. Lui quel giorno spariva sempre. Così, Shin si abituava alla compagnia degli zii e dei ragazzi, e al regalo del padre alla mezzanotte, senza che lui si accorgesse del suo passaggio. Era sempre qualcosa di bello, e lui li conservava tutti. Erano tutti ricordi della madre, ed era come ritrovare un pezzo di lei. A dieci anni, aveva chiesto alla zia la storia della mamma, e ora lui sapeva tutto. Shinichi era cresciuto ormai,ed era alto quanto Inuyasha. Lui e Hiroshi giocavano sempre insieme, dondolando sui rami del Goshimboku, prendendo in giro Eri e Hikari, che, ormai ventunenni, si vantavano con loro come oche giulive dei mariti che avevano trovato. Yoichi era diventato un libertino scansafatiche, mentre Hidao un serioso monaco di diciannove anni che viveva solo girando il paese esorcizzando demoni, ed ogni tanto tornava a casa a salutare i genitori, i fratelli e gli amici. Ed infine, c’era Hachimitsu, la piccola Miele, che era la preferita di Shin, ed aveva appena tre anni. “ Vieni qui, piccola Miele!” “Arrivo, Koi!” Hachimitsu chiamava sempre così Shin, e a lui non dispiaceva. Koi era il modo in cui Sango e Miroku si chiamavano, e poiché loro si volevano bene, e lei ne voleva a Shin, allora lei lo chiamava così. “Ragazzi, ve lo ricordate quella volta che andammo a fare il bagno nel fiume gelato, e Hachimitsu, che aveva appena un anno, ci ha seguito, e cadendo nell’acqua si buscò il raffreddore?” Disse Hiroshi sorridendo appollaiato con Shin sul ramo più grande del Goshimboku, il loro ritrovo. “Si, la mamma ci sgridò per due ore, e ad ognuno di noi applicò una punizione diversa! Shin invece fu punito da suo padre. Qual’era la tua punizione, Shin?” disse Hidao. “Mio padre mi fece fare la guardia per una settimana intera senza dormire e mangiando pochissimo una volta al giorno al villaggio. Sapete quanti demoni ci attaccarono in quella settimana? VENTISEI. Ventisei demoni, senza un briciolo d’aiuto!” Shinichi quasi cadde dall’albero, ripensando alla fatica fatta. “A me fece stare ogni giorno dalla mattina alla sera al pozzo, a portare l’acqua a tutti coloro che venivano a prenderla, il che significa tutto il villaggio! Meno male che a prenderla ci venivano quasi tutte ragazze…” Disse Yoichi, con un sorriso lascivo stampato in faccia. Eri e Hikari, che passavano lì sotto in quel momento, gli tirarono i loro ventagli, lasciandogli l’orma sulla guancia. Conoscevano troppo bene loro fratello, per non riconoscere quella faccia. “Pervertito!” Dissero, ancheggiando e allontanandosi velocemente dall’albero, sotto le risate di tutti i ragazzi, mentre Yoichi si massaggiava la guancia. “Eh, ormai si sono sposate… A loro la mamma tolse tutti gli abiti, lasciandogliene uno solo, piccolo, marrone, vecchio e stracciato, e l’aveva costrette a fare tutti i lavori di casa! Ricordi le loro facce?” Disse Shin ridendo. “Oh, si! La stessa di Hiroshi, quando la mamma gli disse che doveva andare per tre giorni alla palude a cercare le sanguisughe! Che risate, se ci ripenso!” Disse Hidao, finalmente di buonumore. “Fossi in te non riderei troppo. Ti ricordo che fosti tu quello che la mamma costrinse ad accompagnare Mayumi alla festa come suo fidanzato!” Gli rispose pronto Hiroshi. “è vero, all’epoca non la sopportavo!” Hidao si sarebbe sposato presto con una ragazza dotata del potere spirituale di una miko, con un grande talento nel tirare con l’arco, come diceva il suo nome. “Però … certo che l’abbiamo fatti dispera…” Ma Shin non fece in tempo a finire la frase che: “SHINICHI! FIGLIO DEGENERE!! RAZZA DI LUCERTOLA MALCRESCIUTA!!! CRETINO SENZA SPERANZA!!!! BAKA!!!!!VIENI SUBITO QUI, PRIMA CHE TI STRANGOLI CON LE MIE MANI!!!!!!” “Ciao ragazzi! Ci vediamo dopo! Credo che sia perché ho tinto il fodero di Tessaiga di rosa!” Disse Shin, scendendo dall’albero e cominciando a correre.


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Capitolo 6
*** Il ciclo della vita ***


Il ciclo della vita Quando Hachimitsu aveva ormai otto anni, Shin era partito per un lungo viaggio con il padre, che con il diminuirsi degli incarichi domestici, veniva troppo spesso preso dalla malinconia, ed era voluto partire. Ma nel cuore della bambina era rimasta incisa a fuoco la figura del ragazzo dai capelli di ferro. Otto anni dopo, Shinichi era tornato, cresciuto, ed aveva incontrato una Miele anche lei cresciuta, più grande della bambina che ricordava, ma che aveva imparato ad amarlo, così simile alla zia Rin, prima che si mettesse col freddo ma anche generoso zio Sesshoumaru. Aveva lunghi capelli color del cioccolato come i grandi occhi dallo sguardo dolce e caldo come il suo nome, il corpo piccolo e formoso, le labbra piccole e soffici, chiare da sembrare anemiche. Lui e Miele si erano incontrati, e non si erano più lasciati. Inuyasha non poteva essere più felice per la scelta del figlio, ma ormai si era reso conto che il dolore lo stava uccidendo, e non volendo che gli amici lo vedessero morire lentamente, partì. Tornava ogni tanto, ma solo di notte, per parlare con Kagome, ed osservare suo figlio, la nuora e i nipoti in arrivo. Dopo molti anni, Inuyasha morì, solo, nella caverna in cui viveva, ma quelli del villaggio affermavano sempre che di notte, uno spettro dai capelli d’argento e gli occhi di miele venisse al villaggio a visitare la tomba della somma Kagome, che col suo potere spirituale, anche da morta proteggeva il villaggio. Shinichi finché visse, e visse a lungo, raccontò la storia d’amore di suo padre e sua madre, e questa storia viaggiò per secoli, fino a raggiungere, un giorno di gennaio del presente, un giovane mezzodemone con un paio di dolci orecchiette da cane. Esatto, lui era il discendente di Inuyasha e Kagome, si chiamava Kaito, ed era l’ultimo mezzodemone. Aveva i lunghi capelli color della notte raccolti in una coda bassa, e due immensi occhi color dell’argento vivo. Aveva uno splendido corpo scolpito, fasciato da uno splendido Kariginu antico, blu notte, che fu una volta del primo figlio di Shinichi, Akihiko, suo nonno, il grande Principe erede del suo prozio Sesshoumaru, che non aveva avuto discendenti. La sua mano era avvolta da un ricamo violaceo, che svaniva poco aldilà del polso, unico ricordo del veleno che uccise la sua antenata. Sapeva tutto dei suoi antenati. Sapeva anche che Kagome proveniva dalla sua epoca. Se si fosse sbrigato, magari avrebbe potuto parlare con lei. Ma non fece in tempo. Kagome era appena partita, quando lui si trovò al tempio. La madre di Kagome si girò. Kaito non riusciva proprio ad immaginare come quella donna che viveva nella sua stessa epoca fosse una sua antenata! La donna gli sorrise. Forse aveva intuito. “Chi sei?” “Mi chiamo Kaito. Sono il pro-nipote di vostra figlia.” Alla donna vennero le lacrime agli occhi abbracciandolo. E da allora Kaito ebbe una nuova famiglia, che, abituata alle spacconate di Inuyasha, si abituò presto a quel giovane che gli assomigliava tanto, sia nel carattere sia nell’aspetto. Fu così che una parte di Kagome e Inuyasha, ma anche di Sango e Miroku, era tornata a loro, sotto forma di quel mezzodemone dai capelli di tenebra e gli occhi di luna.


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